LUGLIO-AGOSTO 1978 ANNO XXX N. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio '! .. j ROMA ISTITUTO_ POLIGRAFICO E ZECCA-DEl:LO :ST,6.TO . : -~ 1978 ABBONAMENTI ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � .. � � � � � L. 15.500 UN NUMERO SEPARATO � � � � � � � � � � � � � � � � � 2.700 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia � Printed in ltal:y Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lusllo 1966 (8219385) Roma, 1979 -Istituto Poligrafico. e Zecca dello Stato P.V. ' ' INDICE Parte prima: GIURtSPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Gi�seppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco Favara) . pag. 40 I Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a curo del/'avv. Oscar Fiumara) . � Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (o curo dell'avv. Carlo Carbone) . � 409 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (o curo de/l'avvocato Adriano Rossi) . � 431 Sezione quinta: �GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (o curo del/'avv. Raffaele Tamiozzo) . � 459 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (o cura dell'avvocato Carlo Bof�/e) � 471 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (o curo del/'avv. Paolo Vittoria) � 505 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (o curo del/'avv. Paolo Di Tarsia Di Be/monte) � � 518 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO pag. 165 LEGISLAZIONE . CONSULTAZIONI � 172 INDICE BIBLIOGRAFICO . � 178 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; 'Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI C. BAFILE, Ancora sulla responsabilit� personale del liquidatore e dell'amministratore delle persone giuridiche I, 478 A. PAJNO, Provvedimenti di determinazione delle tariffe telefoniche e doppia tutela giurisdizionale I, 409 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO DI OPERE PUBBLICHE -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva dell'appaltatore -Interesse legittimo -Conf�gurabHit� di diritto soggettivo -Condizioni, SOS. -Reviisione dei prezzi -Situa:zlione soggettiva dell'appaltatore -L. 22 febbraio 1973 n. 37 -Possibilit� di configuraz~ one come dkitto sogjgetti� vo -Soppressione, SOS. -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva dell'appaltatore -L. 21 dicembre 1974 n. 700 -Trasformazione in diTitto soggettivo -Esclusione, SOS. -Rinnovazione delle operazioni di collaudo -Facolt� del committente Appartenenza all'Amministrazione concedente -Ammissibilit� -Condizioni, SlO. ATTO AMMINISTRATIVO -IHegittimit� -Mancata impugnativa -Effetti -Idoneit� ad incidere sud rapporti giuridici preesistenti Sussiste, 461. CIRCOLAZIONE STRADALE -Ordinanza ingiunzione prefettizia inf1igente sanzioni per violazione di norme di ciTcolazione -Applicabihlt� a .funzionari consolari -Condizioni, 433. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Accertamento preventivo di danni derivanti da omesso intervento della poloizia -Improponibilit� per difetto di giurisdizione, 441. -Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Determinazione del compenso revisionale -Incidenza di determinazioni attinenti allo svolgi Giurisdizione amministrativa -Sus siste, SOS. -Controversia relativa al diritto di riscatto di alloggi dell'ediili7Jia popolare ed economica -Giurisdizione dell'AiG.O. -Sussiste, 464. -Difetto assoluto di giurisdizione Interesse del cittadino alfa conservaziione de1le leggi in v~gore ed alla esclusione del loro assoggettamento a modifiche o abrogazioni -Tutela Insussistenza, 427. -Giudsdizione ordinaria ed amministrativa -Determinazione e criteri - Prospettazione dell'Jnteressato -Insufficienza, 426. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Importazioni ed esportazioni di animali -ControUi della P.A. sanitaria statale -Funzione -Interesse generale -Posizione giuridica del priivato di interesse legittimo, 428. -Regolamento di �giurisdizione -Giurisdizione ordina�ria ed amministrativa -Doppia tutela -Ammissibilit� Provvedimenti di determinazione delle tariffe telefoniche -Illegittimit� Giurisdizione amministrativa, con nota di A. PAJNO, 409. COMUNE -Organi dell'Amministrazione -Sindaco che agisce come ufficiale di governo -Equiparabilit� -Esclusione � Effetti ai fini del patrocinio in giudizio, 46S. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Concessioni di beni demaniali -Revoca -Congruit� della motivazione -[: fil Fattispecie, 466. Il CONTRABBANDO -Importazione di sostanze stupefa mento del rapporto -Impugnativa -centi -Omessa contestazione del . I INDICE DELLA GIURISPRUDENZA vn reato di contrabbando -Costituzione di parte civile dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato -Inammissibilit�, 518. . CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di �attribuzione -Termine per la proposizione del rkorso, 401. ELEZIONI -Eleggibilit� a deputato ed a senatore -Ineleggibilit� dei consiglieri regionali -Legittimit� costituzionale, 402. ESECUZIONE FORZATA -Mancanza del titolo esecutivo -Improcedibilit� -Rilevabi!lit� d'ufficio con sentenza -Appellabilit�, 431. BSPROPiRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Espropriazione parziale -Criterio di sllima differenziale -Presupposti di applicabilit�, 444. -Indennit� -Vincoli di inedificabilit� previsti per legge -Non indennizzabilit�, 444. -Proroga della occupazione di urgenza -Area destinata all'edilizia economica e popolare -Effetti dehla dichiarazione � ex lege � della indifferibilit� e urgenza, 469. -PJ:oroga della occupazione di urgenza -Area destinata all'edilizia economica e popolare -Motivazione della proroga con riferimento ad esigenze di perfezionamento della pratica espropriativa -Sufficienza, 469. FALLIMENTO � -Contributo J:egionale per pagamento degli interessi di un unitario contrntto del fahlito -Scioglimento del contratto per fallimento -Perdita del contrj,buto, 437. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Decisione di primo .grndo -Compensazione delle spese in tutto o in parte -Discrezionalit� -Estensione anche al caso di accolta infondatezza di una eccezione di controparte sulla giurisdizione -Sussiste, 469. -Giudizio di secondo grado -Eccezione di difetto di .giurisdizione Contrasto con la tesi' sostenuta in primo grado, Preclusione, 468. -Ricorso giurisdizionale -Appello P �roposizione -Legittimazione autonoma spettante all'Avvocatura dello Stato -Sussiste -Effetti, 466. -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di impugnazione -Appello avverso or�dinanza pronunziata sull'istanza di sospensiva -Termine .di 60 1giorni Applicabilit�, 459. -Ricorso .giurisdizionale -Giudizio di impugnazione -1Estensione dell'impugnabilit� alle ordinanze di sospensione -Ammissibi!lit� -Sussiste, 459. -Ricorso .gimiisdizionale -Giudizio di impugnazione -Ordinanze di sospensione -Procedura innanzi al Consiglio di Stato -Rito camerale -Necessit�, 459. -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione passiva -Cessione in propriet� di alloggi dell'edildzia popolare ed economdca -Legittimazione passiva dell'I.A.CiP. -Sussiste, 464. -Ricorso giurisdizionale -Necessit� della corrispondenza fra chiesto e pronunciato -Preclusione alla valut�zione di fatti nuovi non dedotti in giudizio -Effetti, 466. -Ricorso giurisdiziona:le -Ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato -ApplicabiUt� dell'i>stituto della iI'evocazione -Sussiste, 459. -Ricorso giurisdizionale -Ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato -Revoca per fotti sopravvenuti -Individuazione dell'organo giurisdizionale competente a pronunciare la revoca, 459. -R!icorso giurisdizionale -Ordinanza sulla sospensiva -Decisione del Consiglio di Stato in sede di appello Cessazione degli effetti, 459. -Ricorso giurisdizionale -Prnposizione -Legittimazione 11iservata a tutte le parti costituite nel �giudizio di primo grado -Sussiste, 466. -Ricorso giurisdizionale Ricorso cumuLativo -Esclusione -Condizioni. 468. vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Ricorso giurisdiziona1e -Riicol'SO cumulativo -Soggetto destinatario di pi� atti emanati contestualmente dallo stess<;> organo e aventi ad oggetto diverse deliberaziorui -Ammissibilit� del ricorso cumulativo -Sussiste, 468. IMPIEGO PUBBLICO -Ricevitori del lotto -Applicabilit� del t.u. sul pubblico impiego -Sanzioni Estensione -Limiti, 465. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Plusvruenza -Permuta -Riferimento al valore del bene permutato -Sussiste, 476. IMPOSTA SULLE SOCIETA -Esenzioni -Istituti di studio e di sperimentazione -Ente per la Celluiosa e la Carta -Non � tale, 501. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione -Imposte dirette -Responsabile di imposta -Liquidatore di soggetti tassabil! i in base a bilancio -Azione di accertamento negativo -Giurisdizione del giudice ordinario, con nota di C. BAFILE, 479. -Imposte dirette -Responsabile di imposta -Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento della iresponsabiUt� -Onere della prov:a, con nota di C. BAFILE, 479. -Imposte dirette -Responsabile di imposta -Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Liquidazione di fatto -Responsabilit� deWamministratore -Sussiste, con nota di c. BAFILE, 479. -Imposte dirette -Responsabilit� di imposta -Liquidatore di soggetti tassabili in base a bHancio -Contestazione dell'obbligazione tributaria -Difetto di le~ittimazione, con nota di c. BAFILE, 478. -Imposte dirette -Responsabilit� di imposta -Liquidatore di soggetti tassabiii ;in base a bilancio -Liquidazione di fatto -Responsabilit� degli amministratori -Sussiste, con nota di c. BAFILE, 478. -Imposte di11ette -Responsabilit� di imposta -Liquidatore di sog;gettii tassabili in base a bilancio -Natura della :responsabilit�, con nota di C. BAFILE, 478. -Imposte dirette -Responsabilit� di imposta -Liquidatore di sog;gettii tassabili ii.n base a bi.tlancio -Prova P, resunzioni -Ammissibilit�, con nota di C. BAFILE, 478. -Obbli:garione tributaria -Riserva di leg;ge -Fonti secondarie, 471. -Obbligazione tributar1a -Tributo istituito con decreto legge non convertito -Disciplina dei rapporti sorti -Successiva emanazione di norme regolamentari -Legittimit�, 471. LAVORO -Lavoro autonomo -Attivit� continuativa e coordinata -Crediti del lavoratore autonomo -Rivalutazione monetaria -Spetta, 407. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Appalto -Accordi -Domanda di restituzione -Domanda di ri�soluzione � implicita, 510. � -Appalto -Difformit� e v:izi dell'opera -Rii.conoscimento dell'appaltatore -Forma -Manifestazione tacita Sufficienza, 511. -Cfausola pena1e .prevista in capitolato generale -Potere di dduzione od equit� dell'A.G.O. -Sussiste, con nota di A. ROSSI, 445. PENSIONI. -Dipendenti statali -Orfani maggiorenni inabili al lavoro -Razionalit� delila normativa transitoria, 401. PREFETTO -Conferimento d'ufficio di esattoria comunale -!�stanza di sospensione del provvedimento -P�resupposti per l'accogl!imento -Individuazione, 459. PROCEDIMENTO CIVILE -Domanda -Qualificazione -Intervento adesiiv� dipendente -Condizioni, 510. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Intervento volontario -Adesivo. <li� pendente -P.roposizione congiunta nella citazione sottoscritta con l'at~ tore -Ammissibilit�, 510. PROCEDIMENTO PENALE -Parte civile -Omessa citazione -Nullit� -Impugnazione della parte offesa -� pre1iminare l'esame suHa legittimazione, 518. REGIONE -Provincia a statuto speciale -Dipendenti della provincia di Bolzano - Indenruit� integrativa speciale -Divieto di trattamento economico pi� favorevole a quello dei cliirpendenti statali, 405. REQUISIZIONE -Intervento del Sindaco nella qualit� di Ufficiale di Governo -Natura sussidiaria del .relativo potere -Limiti Effetti, 465. RICORSI AMMINISTRATIVI -Ricorso gerarchico -Facolt� dell'AmmIDi. sU'azione -Decisione ta11diva Preclusione, 461. -Ricorso gerarchico -Facolt� dell'Amminllistrazione -Decisione tardiva Preclusione -Relazione con l'rurt. 24 della Costituzione, Effetti, 461. -Ricorso gerarchico -Silenzio-rii.getto -Decisione esplkita tardiva Rapporto con il .giudizio instaurato avveI'so il. silenzro-ri!getto -Effetti, 461. -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto -Intervento d'ufficio di autorit� gerarchicamente sopraordinata -Ammissibilit� -Sussiste, 461. -Ricorso .gerarchico -Silenzio-rigetto P. rovvedimento emanato dopo la scadenza del termine di 90 giorni Natura -Atto confermativo, 461. -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto Tardiva decisione di accoglimento Effetti, 461. - Ricorso .gerarchico -Silenzio-rigetto � Termine di 90 giorni ex art. 6 d.P.R. i.199/1971 -Sfera di applica� zione -Estensione ai ricorsi in materia scolastica ex art. 11 1. B giugno 1969, n: 282 -Sussiste -Effetti, 461. SICUREZZA PUBBLICA -Detenzione di armi -Omessa denuncia -Punibilit� in pendenza del termine di sanatoria, 404. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 16 gennaio 1978, n. 2 . pag. 401 16 gennaio 1978, n. 3 . � 401 16 gennaio 1978, n. 5 . � 402 12 aprile 1978, �Il�. 26 . . � 404 20 aprile 1978, n. 45 . . . . . . . � 405 10 maggio 1978, n. 65 (ordinanza) . � 407 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 10 novembre �1976, n. 4125 . pag. 471 Sez. Un., 4 agosto 1977, n. 3457 � . � 409 Sez. III, 5 novembre 1977, n. 4723 . . � 4311 Sez. Un., 10 novembre 1977, n. 4834 . � 433 Sez. I, 11 novembre 1977, n. 4870 � . )) 437 Sez. Un., 18 novembre 1977, n. 5042 . )) 441 Sez. I, 29 novembre 1977, n. 5177 . )) 444 Sez. Un., 5 dicembre 1977, n. 5261 . )) 445 Sez. Un., 4 gennaio 1978, n. 11 . . )) 426 Sez. Un., 9 gennaio 1978, n. 53 . . � 427 Sez. I, 2 febbraio 1978, n. 462 . . )) 476 Sez. Un., 15 febbraio 1978, n. 694 . � 428 Sez. Un., 23 febbraio 1978, n. 888 . )) 505 Sez. l, 14 marzo 1978, n. 1273 . . )) 478 Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1488 . . . )) 501 Sez. Un., 10 giugno 1978, n. 2927 . � 479 Sez. I, 22 giugno 1978, n. 3080 . . )) 510 GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. PI., 20 gennaio 1978, n. 1 . . pag. 459 Ad. PI., 7 febbraio 1978, n. 4 . . � 461 Sez. IV, 10 gennaio 1978, n. 6 . � 464 Sez. IV, 24 gennaio 1978, n. 43 . 465 � INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 72 Sez. IV, 7 marzo 1978, n. 178 . Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 235 . Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 236 . GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 10 marzo 1978, n. 534 . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 465 � 466 )) 468 � 468 pag. 518 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -Delitti dei gestori del lotto verso l'era'.!1io -Garanzia del fondo Trattamento quiescenza e assegni straordiiinari al personale del lotto -Natura .giuridica, 172. DEMANIO -Demanio naturale -Demanio marittimo -Arenili -Sdemanializzazione Mutamenti naturali consoHdati -Natura del provvedimento, 172. EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE -Alloggi economici e popolaci -Cessione a norma del d;p. 27 gennaio 1959, n. 2 -Limiti di applicabilit� dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, sulila determinazione del pl'ezzo -Revisione del prezzo di cessione erroneamente determinato -Modaiit�, 172. -Alloggi economici e popolari -Cessione in propriet� -Quote di �riserva Limitazione dell'ambito soggettivo degli enti tenuti alla riserva, 172. -Alloggi economici e popolari -Costruzioni eseguite dal .governo militare. alleato di Trieste -Cessione in pro:Priet�, 172. -Alloggi economici e popolari -Costruzioni eseguite dal governo militare alleato di T�rieste -Regime, 173. -Costruzione di alloggi economici e popolari da parte dello Stato su terreni di propriet� di altri enti pubblici -Accessione -Esclusione Espropri�abilit� dell'area, 173. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Legge sulla casa -Accordi sull'indennit� di esproprio -Procedimento Applicabilit� all'esecuzione di piani di ricostruzione, 173. -Legge sulla casa -Cessione volontaria dell'immobile da parte del proprieta11io coltivatore diretto -D�terminazione del prezzo, 173. -Legge su11a casa -Comunicazione dell'offerta dell'indennit� provvisoria -Termine per la cessione volontaria del bene natura, 173. -Legge sulla casa -Decreto di esproprio -Subordinazione al pagamento dell'indennit� di esproprio -Indennit� ag,giuntiva in favor� del coltivatore diretto -Fittavolo -Mezzadro -Colono o compartecipante, 173. -Legge sulla casa -Deposito dellfodennit� presso la Cassa depositi e prestiti -Indennit� aggiuntiva in favore del fittavolo mezzadro colono o compartecipante, 174. -Legge sulla casa -E>secuzione di piani dri ricostruzione -Omissione della fase c!Ji determinazione delil'indennit� provvisoria -Illegittimit�, 174. -Legge sulla casa -Estensioni alle espropriazioni per opere �stataii dei criteri di determinazione dell'indennit� di esproprio fissati daHa c.d. legge sulla casa -Ambito del !rinvio, 174. -Legge su11a casa -Indennit� aggiuntiva d'esproprio a favore del coltivatore del terreno -Prova della qualit� soggettiva di coltivatore di� retto -H1:tavolo -Mezzadro -Colono o compartecipante, 174. -Legge sulla casa -Norme sopravvenute nella maggiorazione di offerte in caso di cessione volontaria dell'immobile, 174. IMPIEGO PUBBLICO -Enti pubblici diversi -Dipendenti Invalidi per servizio -Beneliici combattentistici previsti dal regolamento -E>stensibilit� -Limiti, 174. -Impiegato dello Stato -Trattamento economico -Indennit� di buonuscita -Corresponsione ritardata INDICE DELLE CONSULTAZIONI Xlii Interessi moratori e rivalutazione Spettanza -Esclusione, 175. -Retribuzione -Indennit� di rischio Presupposto, 175. -Vigili del fuoco -Disciplina -Regolamento -Espulsione da'1 corpo di pieno diritto -Sopravvivenza della relativa norma, 175. IMPOSTA DI BOLLO -Registri di contabHit� degli aippalti di opere pubbliche -Regime di bollo, 175. - Registri di imprenditori. commerciali utilizzati in rapporti interprivati -Regime di bollo, 175. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Co:rrispettJivi per servizi internazionali -Presupposti deHa qualificazione, 176. -LG.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Corrispettivi per ,servizi internazionali -Provvigioni ed ti.ntermediaxi di ditte estere -Prova del rapporto, �176. IMPOSTA VALORE AGGIUNTO -Rimborsi -Avviso di rettifica -Emergenza di fatti impeditivi non specifi camente previsti dalla legge -Ulteriori misure cautelari � Ammissibilit�, 176. -Rimbors,i -Garanzia fideiussoria Natura -Notifica avviso oltre annale -Sufficienza della garanzia, 176. ISTRUZIONE -Insegnanti -Attuazione dei provvedimenti comportanti spostamento di personale .gi� in serviziio di insegnamento -Limiti temporali -Differimento -Esecuzione di provvedimenti del giudice ,amministrativo -Modalit�, 176. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Contratto di fo:rnitura -Aggiiudicazione -Sopraggiunte difficolt� di approvigionamento -Modifica dei termini di pagamento e dei tempi e modi di consegna, 177. PREVIDENZA E ASSISTENZA. -Assistenza civile -Ciechi civili invalidi civili e sordomuti -Benefici economici -Revoca -Effetti -Irripetibilit� de11e somme -Limiti, 177. - Mutilati e invalidi civiii -Pensione o assegno -Presupposti -Retribuzione superiore -Coniuge lavoratore all'estero -Cumulo, 177. � XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE Il. -Questioni dichiarate non fondate pag. 165 III. -Questioni proposte )) 165 INDICE BIBLIOGRAFICO � 178 PARTE PRIMA I I ~ I I 11 I~: I ~: GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 2 -Pres. Rossi -Rel. Rossano -Bellinazzo (avv. Zavattaro) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Angelini-Rota). Pensioni � Dipendenti statali � Orfani maggiorenni inabili al lavoro -Razionalit� della normativa transitoria. (Cast., art. 3, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 86 e 272). Non contrastano con l'art. 3 Cast, gli artt. 86, comma primo, e 272 testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R 29 dicembre 1973, n. 1092,. dal momento che non � irragionevole la disparit� di trattamento tra gli orfani, che risultano inabili a proficuo lavoro alla data del 1� gennaio 1958, e gli orfani, che diventino inabili dopo tale data (1). (1) La sentenza � pubblicata in� Foro it., 1978, I, 281. L'impugnato art. 272 d.P.R. n. 1092 del 1973 riproduce il contenuto dell'art. 18 citata legge n. 46 del 1958, apportandovi le sole modifiche conseguenti alla sentenza n. 135 del 1971 della Corte costituzionale che aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale dello stesso art. 18 nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre condizioni, esclude dal diritto a. pensione i figli maschi celibi che alla data del 1� ,gennaio 1958 siano inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti. CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 3 -Pres, Rossi -.. Rel. Astuti -Regione Sicilia (avv. Aula) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Az:;::ariti). Corte costituzionale � Conflitto di attribuzione � Termine per la proposizione del ricorso. Il. termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso, stabilito dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, decorre dalla notificazion.e o dall'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato, e tale conoscenza pu� 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 402 ritenersi verificata con la consegna di un telegramma ministeriale agli uffici di un assessore regionale; n� pu� ammettersi, d'altra parte, che la tardiva comunicazione fatta dall'assessore alla Presidenza della regione, con l'invito a ricorrere, possa costituire evento idoneo a spostare la decorrenza del relativo termine, giustificando la notificazione dell'atto dopo quasi tre mesi (1). (1) La sentenza � pubblicata in Foro it., 1978, I, 1088; cfr. Corte Cost. 7 luglio 1976, n. 158, in questa Rassegna, 1976, 850 e 3 agosto 1976, n. 213, ivi, 1977, 1. CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 5 -Pres. Rossi� Rel. Bucciarelli Ducci -Tarsia lncuna (n.p.), Tatarella (Avv. Giannini) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Chiarotti). Elezioni -Eleggibilit� a deputato ed a senatore -Ineleggibilit� dei consiglieri regionali -Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3 e 51; d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 7). L'art. 7, quarto comma, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e l'art. 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 64, i quali dispongono la ineleggibilit� dei consiglieri regionali, dei presidenti di giunte provinciali e dei sindaci di comuni con pi� di 20.000 abitanti, rispettivamente a deputato ed a senatore, non contrastano con gli artt. 3 e 51 Cast. (1). (Omissis). -L'impugnato art. 7 del t.u. n. 361 del 1957 stabilisce chiaramente che i consiglieri regionali, i presidenti delle Giunte pro vinciali ed i sindaci dei Comuni con pi� di 20.000 abitanti sono ineleg gibili a deputato. Gli interessati possono, tuttavia, sottrarsi a tali cause di ineleggibi lit� cessando realmente dalle funzioni esercitate, previa presentazione delle dimissioni, almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera cui intendono candidarsi o sette giorni dopo il decreto di scioglimento in caso di elezioni anticipate. Per rafforzare tale ineleggibilit�, ed evitare inconvenienti sorti nella pratica, il legislatore ha sancito, nel 1956, la decadenza dagli uffici men (1) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1978, I, 1079, con nota di MESSERINI, Consiglieri regionali e ineleggibilit� parlamentare, ove tra l'altro si osserva che � � la prima volta che norme della legge elettorale politica vengono sottoposte al giudizio della Corte costituzionale: la competenza esclusiva delle Camere sulle controversie elettorali sancita dall'art. 66 Cost. e la diffidenza mostrata in pratica da questi 011gani ad un intervento nel procedimento di verifica delle elezioni di un organo estraneo al Parlamento, hanno costituito fino ad ora una insuperabile barriera rper il p�ssaggio di qualsiasi eccezione di costi� tuzionalit� sulle norme delle leggi elettorali politiche �. PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE zionati come effetto automatico della accettazione della candidatura alle elezioni politiche. Dalla interpretazione letterale e sistematica della norma impugnata, che configura una causa specifica di ineleggibilit�, emerge la relativa ratio, confermata anche dai lavori preparatori della legge elettorale del 1948, approvata dalla stessa assemblea costituente, e da quelli della novella del 1956. Si � voluto cio� impedire che i titolari di determinati importanti uffici potessero valersi dei poteri connessi alla loro carica per influire indebitamente sulla competizione el�ttorale, esercitando una captatio benevolentiae o un metus publicae potestatis nei confronti degli elettori. Ci� � dimostrato anche dalla prevista sanzione della decadenza che nella fattispecie avrebbe dovuto essere immediatamente dichiarata da parte dei competenti organi regionali. N� pu� ritenersi che il legislatore, al fine di tutelare l'anzidetto interesse pubblico sostanziale abbia adottato uno strumento eccessivo rispetto allo scopo perseguito. Non � infatti fondatamente opinabile che sarebbe stata sufficiente la sussistenza di una mera incompatibilit� tra le cariche di consigliere regionale e deputato al Parlamento, giacch� l'inompatibilit� assolve ad un suo proprio scopo -sostanzialmente quello di evitare la contemporanea titolarit� di due uffici validamente conseguiti -mentre l'ineleggibilit� che ha la funzione sopra menzionata deve operare fin dall'inizio della competizione elettorale. Quindi la previsione dell'art. 122 Cost. non vale ad escludere che la legge ordinaria consideri senz'altro i consiglieri regionali ineleggibili a parlamentari. -(Omissis). La prospettata violazione dell'art. 51 Cost. � stata direttamente collegata all'orientamento di questa Corte secondo cui l'eleggibilit� � la norma l'ineleggibilit� � l'eccezione, e �le cause di ineleggibilit� ... devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione deile esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate � (sentenza n. 46 del 1969). Tale affermazione deve per� essere coordinata con l'altra, pm volte formulata, secondo cui il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalit� politica pu� stabilire, per categorie generali ed astratte, cause di ineleggibilit� volte ad assicurare la libera e genuina espressione del voto popolare nonch� la primaria esigenza della autenticit� della competizione elettorale (sentenze nn. 38 del 1971 e 45 del 1977). Va pertanto riconosciuta, sulla scorta di tali criteri, la giustificazione della norma impugnata, in quanto sancisce l'ineleggibilit� alla Camera e a Senato del consigliere regionale presentatosi candidato in circoscrizioni elettorali comprese nell'ambito territoriale della Regione, come � avvenuto nel caso in esame. Detta ineleggibilit�, potrebbe, semmai, non apparire altrettanto giustificata secondo gli orientamenti giu 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO risprudenziali di questa Corte laddove produca effetti per tutto il ter ritorio nazionale anzich� nell'ambito della Regione nella quale il Con sigliere regionale eserciti il proprio mandato: ma siffatta questione non costituisce oggetto del giudizio sottoposto a questa Corte. Nemmeno sussiste la denunciata violazione dell'art. 3 Cast. perch� le situazioni comparate dal giudice a quo sono tra loro eterogenee. Sotto un primo profilo � pur vero che la qualit� di deputato o se natore non impedisce la partecipazione di essi alla competizione eletto rale regionale, tuttavia non � riscontrabile in dette qualit� un collega mento tanto penetrante fra funzioni attribuite ad ambito territoriali ove si svolge la competizione elettorale; da giustificare, di per s� solo, la configurazione di un'ulteriore causa di ineleggibilit�. Sicch� la mera incompatibilit� prevista per tale ipotesi assolve correttamente al suo scopo di evitare il cumulo di cariche considerate fra loro incompatibili. Neppure � pertinente la contrapposizione posta in evidenza dal giudice a quo, secondo cui il consigliere regionale che non riesce alle elezioni politiche perde ogni incarico, mentre il Presidente di Giunta provinciale o il Sindaco (dei Comuni con pi� di ventimila abitanti), in caso di insuccesso, rimane consigliere provinciale o comunale, e potrebbe es~ ere rieletto� all'ufficio prima ricoperto. -(Omissis). Rientra nella dis�rezionalit� del legislatore una valutazione differenziata delle funzioni comparate, attesa la minore importanza delle ultime due, e quindi la diversa possibilit� di un'indebita influenza sull'elettorato. CORTE COSTITUZIONALE, 12 aprile 1978, n. 26 -Pres. Rossi -Rel. Amadei � Colombari ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Carafa). Sicurezza pubblica -Detenzione di armi -Omessa denuncia -Punibilit� in pen,denza del termine di sanatoria. (Cost., art. 3; legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 36). Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 36 della legge 18 aprile 1975, n. 110 laddove sottopone a sanzione penale il detentore di arma trovato in possesso della stessa prima del decorso termine fissato per la denuncia (1). (Omissis). -La detenzione di armi �, invero, un reato a carattere permanente la cui natura non viene modificata dalla esistenza di una (1) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1978, I, 1075, con nota di richiami. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 405 norma che conceda, a determinate condizioni, una sanatoria. Ed infatti si ha la non p�nibilit� solo se venga ottemperato all'obbligo della denuncia prima dell'accertamento del reato. In altri termini tale accertamento fa venir meno la sanatoria e ci� perch� scattano, in quel momento, le conseguenze collegate con la natura permanente del reato stesso. Il legislatore con la norma di cui all'art. 36, primo comma, �legge 18 aprile 1975, n. 110 (vedi come identico precedente legislativo l'art. 8 della legge 2 ottobre 1967, n. 895) se ha inteso consentire ai detentori di armi di farne denuncia sia pure tardiva senza incorrere nelle sanzioni previste dalle disposizioni vigenti, ha pur voluto con ci� addivenire ad un controllo pi� esteso e app:i:ofondito possibile del fenomeno della quantit� di armi illegittimamente detenute. La previsione, pertanto, della non punibilit� del commesso reato, ove la denuncia abbia avuto luogo entro il termine fissato dall'art. 36, vuol premiare il �ravvedimento attivo� di chi siasi determinato alla denuncia delle armi possedute. Ma tutto questo non pu� sancire la non punibilit� di chi si sia trovato in possesso di armi non denunciate anche se il detentore avesse ancora, dinanzi a s�, margine di tempo per la denunzia. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 aprile 1978, n. 45 -Pres. Ross! -Rel. Oggioni -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Azzariti) e Provincia Autonoma di Bolzano (avv. Coronas). Regione -Provincia a statuto speciale � Dipendenti della provincia di Bol zano � Indennit� integrativa speciale � Divieto di trattamento econo mico pi� favorevole a quello dei dipendenti statali. (Cast., artt. 3, 36 e 117; delibera legislativa prov. 21 aprile 1976). Il principio posto dall'art. 2 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, per cui il trattamento di contingenza deve essere, in linea li massima, comune per tutti i lavoratori e comunque contenuto entro limiti determinati, rientra tra le � norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica �. Pertanto, � incostitu.zionale la delibera legislativp. regionale o provinciale che da tale principio si discosti (1). (1) L'importanza della sentenza � evidente: la Corte costituzionale non soltanto ha elevato al rango di � riforma economico-sociale della Repubblica � la disciiplina unitaria delila contingenza, ma ha anche superato quel principio de1 � trattamento pi� favorevole aJ aavoraitore � che -per i lavoratori diversi dai dipendenti stataili (questi ultimi sono da sempre retribuiti secomio disposizioni legislative cogenti) -ha costituito uno dei caridini del diritto del Iavoro. 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO (Omissis). -La questione sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ha per oggetto la legge provinciale di Bolzano riapprovata il 21 aprile 1976, concernente modifiche alla disciplina dell'indennit� integrativa speciale gi� attribuita ai dipendenti statali ed estesa con legge provinciale 12 novembre 1964, n. 16 ai dipendenti della stessa provincia. Si assume che, essendosi vietato con l'art. 67 della legge statale 10 febbraio 1953, n. 62, di disporre a favore del personale di ruolo regionale un trattamento economico pi� favorevole di quello dei dipendenti statali e non avendo la Provincia di Bolzano rispettato questo limite, che assumerebbe il valore di principio fondamentale dell'ordinamento dello Stato (art. 117 Cost.), e come tale, costituirebbe limite della potest� legislativa regionale in materia, ne conseguirebbe la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), nonch� la violazione del principio della proporzionalit� delle retribuzioni (art. 36 Cost.). Deve anzitutto darsi atto dei risultati dell'indagine conoscitiva disposta dalla Corte con l'ordinanza n. 116 del 1977, al fine di acquisire dati concreti di paragone e di confronto riguardanti l'attuazione effettuata dallo Stato, dagli enti pubblici in genere e da quelli territoriali circa l'aggiornamento dell'indennit� integrativa speciale e l'incidenza sul trattamento complessivo dei dipendenti. � risultato in sintesi che per gli enti pubblici in genere l'indennit� integrativa � corrisposta in misura pari a quella prevista per i dipendenti statali e cos� pure � disposto per i dipendenti delle regioni a statuto ordinario: che altrettanto � disposto per le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, mentre per le regioni Sicilia e Sardegna � previsto un diverso pi� favorevole trattamento, come pure per la regione TrentinoAlto Adige e per la Provincia di Trento. In proposito pu� rilevarsi che il risultato degli accertamenti com piuti consente di ritenere, per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, che l'attuazione delle esigenze economiche di aggiornamento delle retribuzioni � stata variamente interpretata e attuata, ma c�m prevalente difformit� dai criteri stabiliti per gli impiegati statali. (Omissis). La questione � fondata. Come questa Corte ha gi� rilevato nella sentenza n. 21 del 1978, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro potest� legislativa primaria, possono attribuire ai loro dipendenti retribuzioni differenziate rispetto a quelle ~he spettino ai dipendenti statali. In questo campo, infatti, i legislatori locali non sono tenuti al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato per ciascuna delle materie di competenza regionale o provinciale; e dunque non hanno l'obbligo di osservare il principio dettato dall'art. 67 della legge n. 62 del :~~ PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 1953; per cui le norme sul trattamento economico del personale di ruolo regionale � non possono disporre un trattamento economico pf� favorevole � di quello attribuito al personale statale. Tuttavia, ci� non comporta che la determinazione delle retribuzioni per i dipendenti delle Regioni o delle Provincie dotate di un'autonomia differenziata possa venire operata in modo arbitrario, senza tener conto del criterio ricavabile dal combinato disposto degli articoli 3 e 36 Cost., che fondamentalmente richiede la perequazione retributiva in corrispondenza alle varie specie di mansioni, sempre che dall'ordinamento risultino termini sicuri e comuni di raffronto fra situazioni omogenee. Pi� spesif�camente, ci� non comporta che urto strumento retributivo quale l'indennit� integrativa speciale, destinato per definizione a fronteggiare il costo della vita in una maniera equivalente per tutti i lavoratori indipendentement� dalla retribuzione da ciascuno percepita, possa essere legittimamente utilizzato per introdurre ulteriori disparit� di trattamento economico. Dall'ordinamento generale dello Stato, e in particolare dal d.l. 1� febbraio 1977, n. 12 (convertito nella legge 31 marzo 1977, n. 91) (v. anche di questo testo l'art, 2 ultimo comma), si ricava al contrario il principio -che potrebbe venir classificato fra le � norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica � -per cui il trattamento di contingenza deve essere, in linea di massima, comune per tutti i lavoratori interessati e comunque contenuto entro certi limiti. Pertanto � illegittima una legge provinciale che faccia leva sull'indennit� integrativa speciale -sia pure agganciandosi ad una legge provinciale precedente, determinativa di una base di riferimento diversa e pi� elevata di quella relativa ai dipendenti statali -per approfondire, anzich� colmare, il divario retributivo gi� esistente in tal senso fra il personale della Provincia di Bolzano e la generalit� dei dipendenti pubblici. Attraverso la violazione del principio che attualmente informa il trattamento di contingenza, la legge impugnata ha infatti violato lo stesso criterio perequativo, ricavabile dagli artt. 3 e 36 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1978, n. 65 (ordinanza) -Pres. Rossi -Rel. Maccarone -Massacci (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). Lavoro � Lavoro autonomo � Attivit� continuativa e coordinata � Crediti del lavoratore autonomo � Rivalutazione monetaria � Spetta. (Cost., artt. 3 e 35; cod. proc. civ., art. 429). L'art. 429 cod. proc. civ. (novellato) � applicabile anche alle controversie relative a taluni rapporti di lavoro autonomo quando la pre RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stazione di lavoro si sia concretata in una attivit� � continuativa e coordinata, prevalentemente personale � (art. 409, n. 3 codice procedura civile). (Omissis). -Considerato che, diversamente da quanto ritenuto nell'ordinanza di rimessione, la disposizione impugnata � applicabile anche alle controversie relative a taluni rapporti di lavoro autonomo quando la prestazione di lavoro si sfa concretata in una attivit� � continuativa e coordinata, prevalentemente personale)) (art. 409, n. 3 codice procedura civile); che, pertanto, la denunziata disparit� di trattamento tra crediti di lavoro autonomo e crediti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, nei termini generali in cui � stata prospettata dal giudice a quo, non sussiste poich� la legge ha voluto tutelare qualsiasi rapporto di lavoro, sia esso subordinato oppure autonomo, che abbia i -requisiti sopra indicati, al fine di riequilibrare la posizione di sfavore nella quale il lavoratore,-quale parte economicamente pi� debole, viene� in fatto a trovarsi nei confronti del proprio datore di lavoro; che la mancata applicazione dell'art. 409 codice procedura civile ai rapporti di lavoro autonomo che, come quello in esame, non si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata a carattere prevalentemente personale non � priva di razfonale giustificazione poich� in tal caso non ricorre quella posizione di debolezza del lavoratore rispetto al datore di lavoro nella quale si � visto consistere la ratio del particolare strumento di tutela apprestato da detta disposizione. -(Omissis). ..( SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 agosto 1977, n. 3457 -Pres. Caporaso -Est. Pieri -P. M. Del Grosso (concl. conf.) -Miliucci ed altri (avv. S. Di Giovanni, Cannada Bartoli, Cervati) c. Soc. SIP (avv. Sorrentino, M.S. Giannini, Tosato, Chiomenti), C.I.P., Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, Ministero dell'Industria, Presidente della Repubblica, C.I.P.E. (avv. Stato Azzariti). � Competenza e giurisdizione -Regolamento .di giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Doppia tutela -Ammissibilit� -Provvedimento di determinazione delle tariffe telefoniche -IlleW.ttimit� Giurisdizione amministrativa. � ammissibile il regolamento di giurisdizione con cui il ricorrente, avendo impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale un provvedimento di determinazione delle tariffe telefoniche, chieda la fissazione degli ambiti dell'eventuale doppia tutela delle proprie posizioni soggettive, e cio� la sussistenza, in relazione ad alcune. delle censure profilate con l'atto introduttivo, di una lesione di posizioni di diritto soggettivo (1). Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione del ricorso con cui l'utente del servizio telefonico chieda nei confronti della pubblica amministrazione l'annullamento del provvedimento modificativo delle tariffe, per avere la stessa male esercitato il suo potere. MOTIVI DELLA DEGISIONE (Omissis). -1) Nel ricorso per regolamento di giurisdizione, i difensori del Miliucci e dello Storri rilevano preliminarmente che i giudici ordinari, aditi in numerosi procedimenti relativi all'aumento delle tariffe telefoniche, non hanr�o mai negato la loro giurisdizione; e che anche questa (1) Provvedimenti di determinazione delle Tariffe telefoniche e doppia tutela giurisdizionale. I La decisione in rassegna presenta aspetti assai interessanti sia sotto H profilo pratico che da un punto di vista teorico. Essa, anzitutto se da una parte conferma il precedente indirizzo giurisprudenziale in base al quale la cognizione delle questioni relative all'impuignazione 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Corte Suprema, da tempo, ha riconosciuto la giurisdizione dell'A.G.O. nelle controversie tra utenti e S.I.P., anche laddove sia fatta questione della legittimit� dell'aumento delle tariffe telefoniche, sempre che si discuta dell'esistenza e dei limiti del potere della P.A. di determinare le tariffe. Osservano ancora i ricorrenti che, secondo la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 72 del 1969) il prezzo del servizio telefonico ha natura di prestazione patrimoniale imposta, soggetta come tale alla garanzia della riserva di legge. L'art. 232 del vecchio codice postale � stato riconosciuto costituzionalmente legittimo solo ed in quanto il potere del Governo di determinare le tariffe non � discrezionale ed arbitrario, ma deve adeguarsi alle delibere del C.I.P.; ed in quanto, a sua volta, il C.I.P. non ha in materia un potere illimitato, ma collegato a presupposti di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito. Le tariffe telefoniche stabilite mediante �d.P.R. -prosegl!ono i ricorrenti -si inseriscono automaticamente in un rapporto di natura privatistica (contratto di utenza), fonte di diritti soggettivi perfetti. Ma ci� che importa rilevare � che in ogni caso il sistema normativo in subiecta materia prevede un'attivit� amministrativa vincolata sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello sostanziale. Alla revisione tariffaria si giunge, infatti, attraverso un'istruttoria determinativa dei costi di esercizio, ed una decisione amministrativa destinata ad adeguare i ricavi ai costi accertati. In sostanza, il potere della P.A. ha come pre di provvedimenti tariffari spetta al giudice amministrativo, dall'altro contiene affermazioni di principio assai interessanti che in pratica comportano l'ampliamento della cognizione nella materia in questione, del giudice ordinario, in precedenza riservata alla sola controversia in cui si facesse questione, tra l'utente e la societ� concessionaria, dell'applicazione delle tariffe. La sentenza delle Sezioni Unite presenta poi un notevole interesse teorico, per i riferimenti espliciti che essa contiene ad alcuni dei pi� significativi criteri, elaborati in dottrina ed in rgiurisprudenza, ai fini della determinazione del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Sotto questo profilo, anzi, essa, utilizzando e sviluppando ulteriormente il criterio fondato sulla distinzione tra carenza e cattivo uso del potere da parte dell'Amministrazione, perviene ad ammettere in linea ipotetica, pur negandolo in relazione alla fattispecie concreta, la possibilit� dell'esistenza, per il cittadino, in relazione a provvedimenti di determinazione di tariffe, di situazioni sia di diritto soggettivo che di interesse legittimo; con ci� postulando l'esistenza di una doppia tutela, e riportando di conseguenza all'attenzione la omonima teoria, che elaborata un tempo dalla dottrina nel tentativo di ritenere coesistenti e fungibili le due possibilit� di tutela date dinanzi al provvedimento amministrativo, era stata successivamente abbandonata. II Nel caso di specie i ricorrenti, dopo avere adito il T.A.R. del Lazio deducendo l'illegittimit� dei decreti ministeriali che fissavano il nuovo ammontare delle tariffe telefoniche, avevano successivamente proposto regolamento preven PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 411 supposto del suo esercizio l'accertamento del costo di gestione del servizio, e come limite l'adeguamento dei ricavi ai costi accertati. Orbene, ove si metta in rapporto questo principio con quello della riserva della legge per le prestazioni patrimoniali imposte, risulta chiaro che la P.A. non ha il potere di tener conto di costi inesistenti; e che, una volta determinati i costi del servizio (inclusivi di un'equa remunerazione del capitale sociale) la P.A. non ha il potere di aumentare le tariffe in modo da consentire al concessionario introiti superiori a tali costi. Diversamente ragionando -soggiungono ancora i ricorrenti -si accorderebbe alla P.A. un potere esercitabile arbitrariamente, del tutto incompatibile con il principio della riserva di legge. In altri termini, il fatto che il potere della P.A. di determinare le tariffe del servizio telefonico sia limitato, ed il fatto che tale potere presupponga un'attivit� vincolata di accertamento, comportano il sorgere in capo agli utenti di una posizione di diritto soggettivo, e rion di interesse legittimo. Per altro verso -sempe secondo i ricorrenti -non pu� negarsi l'esistenza di un limitato potere discrezionale della P.A. nell'acquisizione e nella valutazione degli elementi che concorrono a determinare il costo di esercizio. Cos�, ad es., spetta alla P. A. determinare se, ed entro quali limiti, possano considerarsi elementi del costo del servizio le esigenze relative a nuovi investimenti nel settore, in relazione alla domanda degli utenti ed alle esigenze generali dell'economia del Paese; cos� ancora spetta alla P.A. valutare i prevedibili effetti dell'inflazione sui mutui contratti della azienda concessionaria; determinare la distri tivo di giurisdizione, affermando che alcune delle censure gi� prospettate dinanzi al giudice amministrativo integravano in realt� la lesione di posizioni soggettive perfette, per le quali, ovviamente, doveva dichiararsi la .giurisdizione dell'A.G.O. Adombravano comunque l'esistenza di una dopipia tutela ,giurisdizionale: la presenza, infatti, di una riserva di le~ge'per la determinazione delle tariffe telefoniche -discendente dalla circostanza che a queste deve riconoscersi natura di prestazione patrimoniale imposta -, il carattere vincolato dall'attivit� dell'Amministrazione nella materia in questione, ed infine la possibilit�, qualora accertata, di imposizione di tariffe non previste dalla legge, involgevano, secondo i ricorrenti, questioni di diritto soggettivo. III Di fronte a ci� la risposta della Cassazione � stata di negare, nell'ipotesi concreta sottoposta al suo esame, l'esistenza di posizioni soggettive che radicassero la competenza del giudice ordinario, ammettendo per� -e questo costituisce il significativo sviluppo giurisprudenziale nella materia in questione -in astratto la possibilit� dell'esistenza, di fronte ai provvedimenti di determinazione di nuove tariffe telefoniche, adottati nella carenza dei presupposti del potere o al di fuori dei limiti di esso, di situazioni giuridiche di diritto soggettivo. Se si considera lo stato �della giurisprudenza formatasi in relazione alle questioni afferenti ai provvedimenti di determinazione delle tariffe telefoniche, una RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ 412 buzione del costo globale del servizio sulle varie categorie di utenti, ecc. Da tutto ci� emerge, secondo i ricorrenti, l'esigenza di una doppia tutela giurisdizionale, a seconda della natura delle specifiche questioni sollevate dagli interessati. Infatti, dall'esistenza della riserva di legge, dalla normativa che disciplina il funzionamento ed i poteri del C.I.P., ed in sostanza dal carattere vincolato del potere della P.A. in materia emerge la necessit� che la determinazione delle nuove tariffe serva solo a riequilibrare la gestione economica aziendale; e ci� comporta l'esistenza di un diritto soggettivo del cittadino a non pagare una prestazione patrimoniale che vada al di l� dei limiti fissati dalla legge (e cio� a non pagare aumenti di tariffe che non corrispondono ad aumenti reali dei costi del serviziq). In questo senso, comporterebbero questione di diritto soggettivo: a) le imposizioni tariffarie non previste dalla legge; b) il difetto . assoluto di istruttoria da parte del C.I.P. e della Commissione Centrale dei Prezzi; e) la determinazione del deficit di gestione della S.I.P. sulla base di costi inesistenti. Comporterebbero invece questioni di interesse legittimo i problemi in relazione ai quali pu� riconoscersi alla P.A. una discrezionalit�, sia pur limitata. E cos�, ad es., l'omesso esame di elementi favorevoli agli utenti nella determinazione dei costi; la valutazione degli effetti qella � stretta creditizia�; la contradditoriet� o manifesta ingiustizia della determinazione delle singole voci tariffarie. Questa risposta del genere costituisce una autentica novit�. Sino ad ora, infatti, la giurisprudenza in materia si era sistemata su un versante, per dir cos�, tradizionale, fondato soprattruitto (anche se implicitamente) suHa cons,iderazione del:l'esistenza -o meno -del rapporto dedotto in causa, e non sull'indagine attorno al potere esercitato dall'Amministrazione: pi� precisamente, qualora si facesse questione (della legittimit�) dell'atto di imposizione delle nuove tariffe, si era concordi nell'affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, riservando pertanto la cognizione del giudice ordinario a quei casi in cui si facesse questione dei rapporti tra utente e Societ� concessionaria, anche quando gli stessi coinvolgevano il sindacato incidentale del provvedimento tariffario che, ove ritenuto illegittimo, veniva, in relazione al caso concreto, disapplicato. Un tale riparto della giurisdizione risultava, implicitamente ma chiaramente, fondato sulla considerazione che di diritto soggettivo potesse parlarsi (nel senso che soltanto in tale ipotesi ne era riconosciuta l'esistenza) allorch� fosse dedotto in causa il rapporto (contrattuale, e quindi di diritto privato) tra utente e societ� concessionaria, mentre .quando veniva direttamente attaccato il provvedimento amministrativo, la posizione soggettiva che il ricorrente faceva valere, era sempre da qualificarsi come interesse legittimo, facendosi questione in tali ipotesi della legittimit� dell'atto, e quindi, �correlativamente, del corretto esercizio del relativo potere di fissazione delle tariffe. Appare chiaro che il presupposto di una tale partizione giurisdizionale risultava fondata, come si � detto, piuttosto sulla considerazione dell'esistenza, o meno, di un rapporto di un diritto privato che sull'esame del potere (e delle sue concrete modalit� di esercizio) esercitato nel fissare le nuove tariffe. Ed in effetti la Cassazione era stata sino ad ora investita della questione di giurisdizione -quanto ai provvedimenti di fissazione delle tariffe telefo PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 413 Corte dovrebbe quindi analizzare le varie censure formulate nel ricorso, e distingu�re, in relazione ad ognuna di esse, se si faccia questione di diritto soggettivo o di interesse legittimo; e determinare la giurisdizione in esito al risultato di tale esame. In ogni caso, ad avviso dei ricorrenti, non dovrebbe essere dubbia la giurisdizione della A.G.O. in relazione all'imposizione di tariffe non previste dalla, legge, e tali da consentire introiti superiori ai costi accertati. Il punto centrale della questione � che il potere di aumentare le tariffe � condizionato all'adeguamento di esse a costi accertati; condizione che rappresenta la giustificazione costituzionale dell'intera disciplina normativa della materia. Nel caso di specie, gli organi amministrativi avevano accertato la necessit� di consentire aumenti di incasso del 30 % rispetto a quelli realizzati nel 1974, e concretamente dell'importo di circa Lire 300 miliardi; invece le tariffe, cos� come articolate, hanno consentito maggiori introiti per oltre 400 miliardi. In questo caso -concludono i ricorrenti -non si pu� parlare di cattivo esercizio di un potere esistente, ma di una vera e propria carenza di potere della P.A., cui corrisponde il diritto soggettivo degli utenti di non pagare prestazioni imposte oltre i limiti previsti dalla legge. 2) Prima di esaminare il ricorso nel merito, occorre prendere in considerazione un'eccezione di inammissibilit� del ricorso stesso, sol nkhe -sempre in relazione a controversie che vedevano come parti l'utente del �servizio telefonico e la societ� monopolista dello stesso, e nelle quali si affermava la necessaria connessione tra (l'eventuale) il1egittimit� del provvedimento ed il preteso inadempimento contrattuale. In tali ipotesi, infatti, la Cassazione aveva chiarito che il rapporto tra utente e societ� concessionaria doveva qualificarsi, nonostante esso presentasse anomalie, soprattutto a causa della determinazione autoritativa delle tariffe mediant� provvedimento . dell'Amministrazione, come un vero e proprio contratto di diritto privato (Cass., 28 ottobre 1965, n. 2281, in Foro lt., 1966, r, 1116; 15 ottobre 1975, n. 3330; id. 1975, I,: 2438); donde l'esistenza di posizioni di diritto so~ettivo, correlative all'affermazione del rapporto contrattuale, e la conseguenziale affermazione della giurisdizione dell'A.G.O. . Siffatto principio aveva poi, di recente, trovato concreta applicazione in alcune decisioni dei Pretori, i quali, richiesti della tutela �cautelare per l'interruzione del servizio dovuta a morosit�, avevano riaffermato la giurisdizione del1' A.G.O. in ogni questione collegabile al pagamento dell'utenza (e quindi anche in sede di provvedimenti ex art. 700 c,p.c.) (Pret. Roma, 30 novembre 1975; Pret. Brescia, 29 gennaio 1976). Con la sentenza in esame la Cassazione invece ha portato ancora pi� avanti la sua indagine ed, investita' per la prima volta della questione di giurisdizione non in relazione ad una controversia contrattuale, come per il passato, ma con riferimento all'impugnazione in sede di legittimit� del provvedimento tariffario, ha ammesso la possibilit� di configurare, a fronte dei provvedimenti tariffari, anche posizioni di diritto soggettivo. � A tale affermazione essa � pervenuta portando direttamente l'indagine sul potere esercitato dalla P.A. in sede di imposizione autoritativa delle tariffe, ed RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 414 levata dall'Avvocatura dello Stato, la quale rileva che il ricorso non mira ad accertare a quale giudice spetti di conoscere di una determinata controversia. � del tutto pacifico, infatti, il potere del T.A.R. e solo di esso -di giudicare sulla domanda di annullamento dell'atto amministrativo, che � stata proposta dal Miliucci e dallo Storri, giacch� in forza del disposto della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, arrt. 4 e 5, il giudice ordinario pu� disapplicare nel caso concreto l'atto amministrativo illegittimo, ma non pu� annullarlo. Il ricorso si risolve quindi nel quesito se alcuni dei motivi in forza dei quali l'annullamento dell'atto amministrativo � stato richiesto al T.A.R. siano ammissibili o no, e siano cio� valutabili o meno dal giudice adito. Sarebbe quindi carente la materia stessa del regolamento di giurisdizione. L'eccezione non � fondata. Essa sembra richiamarsi all'antica teoria detta �della prospettazione �, che faceva dipendere a giurisdizione del giudice unicamente dal modo con cui le richieste dell'attore o ricorrente erano prospettate, e cio� dava peso essenziale al petitum, trascurando la causa petendi. Superata tale antica teoria con quella pi� moderna, e generalmente accettata, del petitum sostanziale (secondo cui la giurisdizione va determinata tenendo conto sia della domanda, sia della natura sostanziale della controversia, dovendosi i due criteri integrare utilizzando, ai fini del riparto giurisdizionale, il criterio, divenuto ormai tradizionale nella sua giurisprudenza, fondato sulla distinzione tra carenza e cattivo uso del potere esercitato. Le Sezioni Unite, infatti, hanno precisato che anche il ,potere di determinazione delle tariffe telefoniche � condizionato, come .gli altri poteri della P .A., alla ricorrenza di determinati presupposti ed al rispetto di determinati limiti, che sono rispettivamente da identificarsi nell'accertamento preventivo dei costi del servizio, e nell'adeguamento delle tariffe agli stessi costi. Siffatti presupposti e limiti costituiscono pertanto quelli che la dottrina (NIGRO, Giustizia Amministrativa, 1976, pag. 163) <lenisce � fatti di legittimazione � del potere, i quali, condizionando con la loro presenza l'Amministrazione ad avvalersi del potere si risolvono in un elemento che determina addirittura l'esistenza o meno dello stesso potere esercitato. Se poi le Sezioni Unite hanno finito con il negare, in concreto, la ricorrenza della giurisdizione ordinaria, ci� � stato perch� si � ritenuto che non erano stati omessi i �fatti �di legittimazione� del potere n� travalicati i limiti di quest'ultimo; ma con ci� si � chiaramente affermato che, ove il provvedimento tariffario fosse stato posto in essere in assenza di una istruttoria o prescindendo deliberatamente dal rapporto tariffe-costi, ci si sarebbe trovati di fronte ad un atto esercitato al di fuori del potere di fissazione delle tariffe telefo� niche, con la conseguente sussistenza della violazione di un diritto soggettivo. IV Ma la Cassazione non si � fermata a queste affermazioni, che pure costituiscono nell'ambito delle questioni relative all'esercizio della potest� tariffaria, uno svfiuppo giurisprudenziale coerente con l'indirizzo seguito in materia di [ �������������---�ᥥ-���--����������������''""'.-�������������,,.-,,,-,�.�,-,-,,-.-,�.-r,-,.�-.�.-,,-,.,..-,�.�r.�c.-.-.�r.�.�,�.-.-.-.�,�,�,-, ,�,�,�,�,�,�,�.�,-,-,�,.-,�,�,�,�.�.�r.�,�,�.r.�,�.it.�.�.�:.�.�.�.�.�:.�,�,�.�.�.�,�,�r.--.�.�.�,�,�:�.�.�,�,�,�,�,-,~ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 415 a vicenda) non potrebbe pi� sostenersi una carenza di giurisdizione del giudice ordinario unicamente per il fatto che � stato chiesto in giudizio l'annullamento di un atto amministrat�vo, indipendentemente dalla valutazione della natura delle norme (di azione o di relazione) d~ cui si tratta. Cos� stando le cose, non si pu� ritenere che nella specie si sia fuori dell'ambito di un regolamento di giurisdizione. I ricorrenti, come si � visto, sostengono l'esistenza di una doppia tutela giurisdizionale, in quanto sussisterebbero, in relazione alle norme di cui si discute, posizioni sia di diritto soggettivo che di interesse legittimo; e chiedono a queste Sezioni Unite di fissare con precisione i limiti tra tali due tutele (riservandosi, implicitamente ma chiaramente, di far valere la tutela dei diritti soggettivi che si assumono violati dinnanzi all'A.G.O. con la proposizione di una idonea domanda, adeguatamente modificata per quanto concerne il petitum). Ora, tale richiesta non appare affatto incompatibile con la funzione di un regolamento di giurisdizione, spettando appunto alla Corte regolatrice affermare o negare l'esistenza della doppia tutela, ed, in caso affermativo, fissare i limiti tra le due giuridizioni. Spetter� poi al giudice del quale sia acclarata la giurisdizione dichiar�re,-se del caso, l'inammissibilit� di determinate domande, o l'impossibilit� di prendere in considerazione determinate censure. Analogo discorso deve farsi in relazione ad una eccezione di infondatezza del ricorso, sempre sollevata dall'Avvocatura dello Stato, e fondata anche essa sullo stesso presupposto, e cio� sulla considerazione discriminazione tra diritti ed interessi. Essa, infatti, � andata oltre, affermando che nella materia sottoposta al suo esame, si pu� parlare � dell'esistenza di una doppia tutela giurisdizionale�, cosicch� la tutela dinanzi all'A.G.0. (relativa ai casi in cui la pubblica Amministrazione agisca nella carenza dei presupposti o al di fuori dei limiti del potere esercitato) �si assommer�, a quella esperibile dinanzi ai giudici amministrativi in relazione a tutte l� doglianze che si riferiscano ad un esercizio viziato dal potere esistente �. Tale ulteriore affermazione non sembra possa essere condivisa, apparendo l'ammissione della possibilit� di una doppia tutela in contraddizione proprio con il criterio e con l'ordine concettuale seguito dalla Cassazione (carenza e cattivo uso del potere) per giungere ad ammettere la possibilit�, da parte del provvedimento tariffario, della lesione di un diritto soggettivo. ~ chiaro infatti che con tali affermazioni la Sezioni Unite hanno inteso -consapevolmente o inconsapevolmente poco importa -riportare in auge il corrispondente antico orientamento della � doppelrechtsweg �, che nelle varie forme che storicamente ha assunto, presenta in tutte come elemento comune, il tentativo di considerare ammissibili, per lo stesso � episodio di vita � sia la tutela dinanzi al giudice ordinario, sia quella esperibile dinanzi al giudice amministrativo. Un tale orientamento di pensiero, fondato in primo luogo sulla considerazione del petitum, e cio� su11a natura del provvedimento .giurisdizionale richiesto, mirava, come � noto, ad arrestare la progressiva erosione della competenza dell'A.G.O. a fronte di quella amministrativa: e che quindi le affermazioni della Cassazione si inquadrino in siffatto ordine di idee non pu� essere messo in dubbio, posto che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 416 della domanda proposta in giudizio dagli attuali ricorrenti. Osserva l'Avvocatura erariale che, anche volendo far rivivere la antica teoria della doppia tutela, nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo sarebbe certa sulla base del petitum, essendo stato richie: sto l'annullamento di un atto amministrativo, ed essendo cio� stata proposta una domanda esperibile unicamente di fronte al giudice degli interessi. Ora, � manifesto che anche questa eccezione si richiama alla superata teoria della prospettazione, che dava prevalente, od addirittura esclusivo peso al criterio del petitum; teoria che fu a suo tempo contrastata da una tesi opposta (secondo cui, sempre che la domanda fosse fondata sulla lesione di un diritto soggettivo, essa sarebbe stata proponibile in ogn! caso dinnanzi al giudice ordinario, anche se mirante all'annullamento di un atto amministrativo -salvo in tal caso il dovere del giudice di limitare la sua pronunzia alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto), fondata sulla prevalenza data al criterio della causa petendi; e che � stata poi superata, a partire da una celebre decisione dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato risalente al 1930, dalla teoria, attuamente in auge, del petitum sostanziale, che contempera i criteri del petitum e della causa petendi. In base a questa teoria, attualmente accettata da tutti, il giudice deve deliberare la questione, onde accertare se si verta effettivamente in tema di lesione di diritti soggettivi o di interessi legittimi, e deve porre il risultato di tale delibazione in relazione con la domanda proposta in causa. Ci� posto, non � dubbio -lo la decisione in esame, e pi� ancora l'affermazione dell'esistenza di una tutela ordinaria che si affianca a quella amministrativa, comportano certamente, nella materia tariffaria, un ampliamento della cognizione del giudice ordinario. N� ha molto rilievo, ad avviso di chi scrive, la circostanza che palesemente la Cassazione intenda la doppia tutela non nel senso che a fronte del provvedimento dell'amministrazione sia data al privato la possibilit� di adire indifferentemente l'uno o l'altro ramo della giurisdizione (con la conseguente deducibilit� come �diritto o interesse della posizione soggettiva vantata) ma nel signifi: cato che allo stesso provvedimento possa farsi risalire la lesione e di un interesse legittimo e ,di un diritto soggettivo; e ci� sia perch� la formulazione sopra indicata, per dir cos�, indifferente e qualunquistica, non pu� ritenersi quella tipica ed esclusiva della doppia tutela, (NIGRO, Giustizia Amministrativa, pag. 143 e ss.) dovendo quest'ultima co~siderarsi, piuttosto che una � teoria� nel senso proprio e ristretto della parola, un orientamento concettuale che accomuna alcuni fra i criteri elaborati per il� riparto ed il coordinamento delle giurisdi� zioni, sia perch� in ogni caso un tal modo di intendere costituisce sempre un elemento di contrasto con quanto in precedenza affermato circa l'esame sui presupposti e sull'esistenza del potere, e costituisce anzi un modo di rifarsi in qualche modo, alla c1d. teoria della prospettazione, pur ripudiata nella stessa decisione che si annota. Alla difesa dell'Amministrazione, che evidenziava l'inammissibilit� del ricorso e deduceva che in ogni caso la giurisdizione del giudice degli interessi doveva PARTB I, SEZ. III, GIURIS. SU QtJESTIONI DI GIURISDIZIONE 417 si ripete -che la domanda cos� come avanzata attualmente dal Miliucci e dallo Storri dinanzi a T.A.R. del Lazio non sarebbe riproponibile din� nanzi all'A.G.O.. Ma certo non sarebbe vietato ai ricorrenti -ove il presente ricorso fosse accolto -proseguire il processo dinnanzi al giudice amministrativo solo in relatizione a quella parte delle doglian� ze che concernono interessi legittimi e �nonne di azione; e proporre davanti aU'A.G.O. una nuova ed autonoma domanda, mirando ad ottenere la declaratoria di illegittimit� dell'atto amministrativo, e quindi la sua disapplicazione nel caso concreto (in relazione a quelle doglianze che concernano lesione di diritti soggetti e di norme di relazione). Occorre quindi passare all'esame del ricorso nel merito. 3) Al riguardo, occorre in primo luogo rilevare eh~ � del tutto irrilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che i giudici ordinari, aditi in numerosi procedimenti relativi al pagamento di tariffe telefoniche, non abbiano negato mai la loro giurisdizione; e che anche questa Cor.te suprema abbia da tempo riconosciuto la giurisdizione del1' A.G.O. nelle controversie tra utenti e S.I.P., nelle quali si discuta della legittimit� delle tariffe telefoniche. Infatti, � del tutto pacifico ormai che le tariffe determinate dalla P.A. si inseriscano automaticamente in contratti di diritto privato, da cui nascono diritti soggettivi. E le cause a cui i ricorrenti fanno riferimento sono, per l'appunto, cause contrattuali, vertite o vertenti tra utenti e S.I.P., e cio� tra le parti stipulanti del contratto. La preseente controversia, invece, � insorta tra soggetti considerarsi certa, avendo i ricorrenti fatto valere i diritti come interessi, la Cassazione ha infatti replicato che tali argomentazioni erano da ritenersi inconcludenti, rifacendosi esse all'ormai superata teoria della prospettazione. Senonch� � il caso di notare che proprio la teoria della prospettazione appartiene allo stesso ambito concettuale della doppia tutela, poi ammessa, sia pure in linea ipotetica, dalla Cassazione. Essa infatti, facendo dipendere la giurisdizione appunto dalla � prospettazione � che della posizione soggettiva dedotta in causa fa il ricorrente, si fonda in sostanza, sulla considerazione del petitum, come al petitum, e lo si vedr� tra poco, deve necessariamente (implicitamente o esplicitamente, non ha importanza) riconnettersi chi ammette la possibilit� che, per lo stesso episodio di vita si affianchino i due diversi tipi di tutela. Il fatto � -e questo costituisce il profilo pi� rilevante di critica -che non si vede, una volta affermata, come � stato fatto con la decisione in rassegna, la necessit� dell'indagine sull'esistenza o meno del potere (in relazione ai pre� supposti ed ai limiti di esso) al fine di effettual'e il riparto della giurisdizione, come si possa assommare, in relazione allo stesso provvedimento che costituisce estrinsecazione e puntualizzazione del potere esercitato, alla tutela del giudice amministrativo, quella del giudice ordinario, dal momento che o il potere esister�, (in quanto, ad eseID[)io esercitato nella ricorrenza dei suoi presupposti e nell'ambito dei limiti assegnatigli dalla legge) sia pure scorrettamente usato, o esso dovr� considerarsi inesistente, ed allora la tutela dinanzi all'A:G.O. sar� l'unica che potr� essere attribuita alla posizione sQggettiva vantata dal destinatario del provvedimento. 3 418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO assolutamente estranei al vincolo contrattuale, e cio� tra due utenti e la P.A. che ha determinato le tariffe; nessuna domanda � stata proposta -n� poteva esserlo -contro la f?.I.P.; non � stato richiesto l'adempimento di prestazioni contrattuali, o lamentato il loro inadempimento. I precedenti menzionati non sono quindi assolutamente in termini, e si riferiscono a situazioni completamente diverse. L'esistenza di una potest� tariffaria della P.A. si concreta nella determinazione autoritativa di clausole contrattuali, che si inseriscono di imperio in contratti in' cui la P.A. non � parte. Le tariffe cos� determinate vanno quindi a comporre clausole del contratto che il concessionario del pubblico servizio conclude col privao; e non per nulla nel contratto stesso (art. 4 della polizza) l'utente si impegna preventivamente ad accettare anche in corso di abbonamento le modifiche alle tariffe ed alle condizioni del servizio disposte dalla P.A. concedente, salva solo la sua facolt� di rinunziare all'abbonamento. Ci� posto, � manifesto che una controversia che abbia come unico oggetto la potest� tariffaria della P.A., e nella quale nessuna domanda sia rivolta contro il concessionario del servizio, non concerne situazione contrattuali, (tipicamente di diritto soggettivo), ma situazioni di soggezione, sia dal punto di vista del concessionario, sia da quello dell'utente. Nessuno dei due, infatti, in relazione a questa materia, � titolare di fronte alla P.A. di diritti soggettivi; al contrario, l� P.A. � investita dalla legge del potere di incidere con suoi provvedimenti �su di un rapporto giuridico privato intercorrente fra terzi. Il discorso ha un valore generale, non ristretto all'ambito Parlare quindi di doppia tutela, nel senso in cui si esprime la Cassazione, equivarr� pertanto, in ultima analisi, a far <dipendere la discriminazione della giurisdizione dalla prospettazione che della domanda faccia la parte. Cogliamo cos� il nesso che unisce prospettazione e doppia tutela, e conseguentemente l'intrinseca contraddittoriet� contenuta nell'ammissione di essa: giacch� se la parte allegher� l'inesistenza (dei presupposti o il mancato rispetto dei limiti) del potere esercitato, sar� competente l'autorit� giudiziaria ordinaria; se invece essa dedurr� l'esistenza di un vizio del provvedimento amministrativo, allora ci si trover� dinanzi alla postulazione della violazione di un interesse legittimo, ed alla conseguenziale sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo. N� si dica che il giudice ordinario, investito dell'eventuale violazione di un diritto soggettivo ad opera di un provvedimento tariffario, potr� sempre affermare l'esistenza del potere, in quanto esercitato nel rispetto dei limiti ad esso imposti ed alla presenza dei suoi presupposti storico-ambientali; in quanto ci� equivarr� alla negazione delle premesse, e cio� alla negazione dell'esistenza della doppia tutela: e ci� senza contare che, in una ipotesi del genere, dovrebbe forse correttamente affermarsi che l'eventuale pronuncia del giudice vada qualificata come pronuncia di merito e non come risoluzione di questione preliminare di giurisdizione. L'indagine effettuata in tali casi, si risolve infatti, piuttosto che nell'affermazione della esistenza del potere, nella negazione dell'esistenza del diritto sog '����.�.�.�r.-.�.�.�.-.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.-.�.�.�.�.�.--�-�:.�.�.�.�.�:.�.�.�:.�.�,�.�,�:.�!.�.�.�.�.�,�.".�.�.�,�.�,�.�.'.�.�!.�'.�.�.�.�.'.'.',".'!.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�,�.�: . .�:�.�'.�.�.�.�.�.�,�.�:�:�.�'.�.�'.�Z�:�'.�: .-.�c.r.�.�.-.�c,�.-.-.�r.�r.�.�.-.-.�r.�.�f.�rr.r.�r.�rr.-.�r.�r.�.�.-,..�.�.-:-:�:".-'.-'.� �����z�:�:�:�z.-:r:-:-:: PARTB I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 419 delle tariffe telefoniche; e non per nulla una abbondante giurisprudenza afferma costantemente la giurisdizione del giudice amministrativo ogniqualvolta si impugnino per illegittimit� o per eccesso di potere provvedimenti amministrativi tariffari, in tutti i campi in cui la legge riconosce alla P.A. il� potere di ingerirsi nei contratti privati fissando d'imperio prezzi di prodotti o tariffe di servizi (cfr. C. Cost., sentt. n. 103 del 1957 e n. 7i del 1969; Cass. S.U. n. _404 del 1958; Cas. n. 2260 e 2891 del 1960; Cons. Stato, decis., n. 423 del 1965). I ricorrenti cercano di superare l'ostacolo -come si � visto nella sommaria esposizione dei motivi del ricorso -facendo leva sulla nota distinzione tra errato o viziato esercizio, da parte della P.A., di un potere esistente (cui corrisponde per il privato una posizione di interesse legittimo) e carenza assoluta di potere della P.A. (cui non corrisponde invece per il privato una posizione di interesse legittimo). Una tesi del genere potrebbe ictu oculi apparire infondata e contradditoria, ove si consideri che nello stesso ricorso si d� per scontata e pacifica l'esistenza del potere, in capo alla P.A. di determinare le tariffe del servizio telefonico (potere che dei resto deriva direttamente da un serie di disposizioni legislative); talch� potrebbe sembrare che in realt�, per ammis gettivo invocato dalla parte; e dunque equivale ad una decisione di merito che respinge la domanda perch� inesistente � il diritto la cui violazione si invoca. Ci� che infatti appare intrinsecamente contraddittorio nell'ammissione di una � doppia tutela � nei termini in cui si � espressa la Cassazione -secondo cui la tutela dinanzi all'A.G.O. �si assommer� a quella esperibile dinanzi ai giudici amministrativi in relazione a tutte le doglianze che si riferiscano ad un esercizio viziato dal potere esistente � -� che ad un unico � episodio di vita �, ad un unico provvedimento di determinazione delle tariffe, possa ricondursi direttamente, prescindendo dall'inserzione del provvedimento tariffario nei contratti di utenza, la violazione sia di un diritto soggettivo sia di un interesse-legittimo. Esso infatti costituisce l'espressione 9i un unico potere, quello di determinazione delle tariffe; e se la determinazione della giurisdizione va fatta in relazione all'esistenza o meno del potere esercitato, � chiaro che o il potere esister�, ed allora ci si trover� di fronte ad un interesse legittimo, dipendente dall'eventuale scorretto uso di esso; o il potere non esister�, ed allora l'unica posizione soggettiva configurabile sar� quella di diritto soggettivo, con la conseguenziale (ed esclusiva) tutelabilit� dinanzi all'A.G.O. Affermare come hanno fatto i ricorrenti nel regolamento di .giurisdizione e come ha riconosciuto, sia pure in linea ipotetica, la Cassazione che lo stesso provvedimento possa, per certi aspetti generare la lesione di dirittti, e per altri la lesione di interessi, equivale a dire che il poter manifestatosi con il provvedimento nel contempo esiste (in relazione agli, interessi) e non esiste (con riferimento ai diritti); la qual cosa � palesemente contraddittoria. Posto che � l'analisi sull'esistenza del potere a determinare la presenza di diritti o interessi, dall'unicit� del potere esercitato discende necessariamente l'unicit�. della posizione sQggettiva scaturente dal .provvedimento, e quindi la unicit� della tutela esperibile in relazione ad esso. 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione degli stessi ricorrenti, ci si trovi di fronte ad una denunzia di uso viziato di un potere esistente. Ma cos� non �. Sia la dottrina che la giurisprudenza hanno infatti ampliato il concetto della carenza assoluta di potere (cui corrisponde la giudisdizione dell'A.G.O., vertendosi in ipotesi di lesione di diritti soggettivi), equiparando alla mancanza assoluta del potere la violazione dei presupposti del potere stesso, o degli elementi che lo delimitano (cfr. ad es. Cass. S.U. 9 gennaio 1974, n. 61). I suddetti presupposti ed elementi di delimitazione -� stato chiarito -sono, ad es., quelli che prevedono il soggetto pubblico o l'organo al quale � attribuito il potere, ed i destinatari sui quali o a favore dei quali il potere deve essere esercitato; non rientrano invece in questo ambi.to le condizioni che attengono soltanto alle modalit�, sia formali che sostanziali, relative al concreto esercizio del potere stesso. Il problema, a questo punto, si sposta, e si risolve in quello di accertare se ci si trovi di fronte, nella specie di causa, a doglianze concernenti violazione da parte della P.A. dei presupposti del potere ad essa attribuito, o di travalicamento assoluto e rad�cale dei limiti del potere stesso. Problema che deve essere risolto tenendosi conto del fatto che il travalicamento dei limiti del potere esistente deve essere, appunto, assoluto e radicale, perch� altrimenti si ricadrebbe necessariamente nel cattivo uso del potere esistente. V Il fatto � che la Cassazione, nella materia concernente i provvedimenti tariffari e la relativa impugnazione, � passata da una giurisdizione � sul rapporto �, quale era quella in sostanza alla base del precedente indirizzo giurisprudenziaile, ad una giurisdizione � suiL diritto � e quindi, sUJl � potere � esercitato dall'Amministrazione con il provvedimento; ci� � senz'altro ammissibile, a condizione che sia chiaro che mai, per lo stesso � episodio di vita� alla tutela del .giudice amministrativo si assommer� la tutela dell'A.G.O.; dal momento che l'affermazione dell'inesistenza del potere esercitato, nel caso di ricorrenza della giurisdizione ordinaria, elider� in radice la possibilit� di affermare, per lo stesso provvedimento la sua illegittimit�, e quindi la sussistenza contemporanea della giurisdizione del giudice amministratvo, e viceversa. Se vogliamo, di doppia tutela, nel senso in cui la intende la Cassazione, si potr� correttamente parlare in un'altra e diversa ipotesi, e cio� allorquando si affermer� la lesione di un diritto soggettivo in dipendenza di un atto amministrativo illegittimo; allora alla tutela degli interessi potr� eventualmente (e questo accertamento di merito sar� cli pertinenza dell'A.G.0.) affiancarsi la tutela dei diritti. L'ipotesi in cui ricorrer� un siffatto cumulo di tutela sar� .per� sempre connessa ad un provvedimento amministrativo illegittimo e quindi, per dirla con la Cassazione, in relazione ad un potere che, ancorch� malamente esercitato � tuttavia esistente; mentre invece nella� diversa ipotesi di inesistenza del potere, l'unica tutela possibile sar� quella da esperire dinanzi al .giudice ordinario. ALESSANDRO PAJNO PARIB I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE I ricorrenti osservano che il sistema normativo relativo alla determinazione autoritativa delle tariffe in questione prevede un'attivit� vincolata sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello sostanziale, dato che alla revisione delle tariffe si pu� giungere solo attraverso una istruttoria determinativa dei costi di esercizio, ed una decisione amministrativa destinata ad adeguare i ricavi del concessionario ai �costi accertati. In altri termini, presupposto del potere sarebbe l'accertamento dei costi del servizio, attraverso l'istruttoria; limite assoluto dell'esercizio del potere l'adeguamento delle tariffe, e quindi dei r�cavi del concessionario, ai costi. Ci� posto, devesi rilevare che � assolutamente pacifico in causa che un'istruttoria sui costi sia stata compiuta. Si discute se essa sia stata effettuata bene o male; se all'indagine sia stato dedicato il tempo necessario, od un tempo troppo breve; se siano stati adoperati all'uopo mezzi tecnici ed il personale necessario o no; se si sia compiuta, in certi momenti, un'indagine per relationem, acquisendo per buoni; senza controlli, dati provenienti da altri organi amministrativi (e cos� dal Ministero delle Telecomunicazioni, ecc.). Che tutte queste doglianze siano fondate o meno, � cosa che non interessa in questa sede, ma riguarda il merito della causa. Ci� che interessa rilevare, ai fini della giurisdizione, � il fatto che il presupposto del potere non � stato violato, perch� non si pu� affermare che l'istruttoria sia stata radicalmente omessa. Se la P.A., in esito ad una istruttoria compiuta con insufficiente cura, abbia tenuto conto di costi inesistenti, od abbia valutato m�lamente le entrate del concessionario, ci si trover� di fronte ad un tipico esempio di cattivo esercizio di un potere esistente; e quindi a posizioni di interesse legittimo. Il discorso non cambia quando si passi all'esame del limite costituito dall'adeguamento dei ricavi del concessionario ai costi del servizio (e cio� all'asserita carenza assoluta di potere della P.A. di determinare le tariffe in modo tale da consentire al concessionario degl� introiti non giustificati dai costi). Come risulta dagli atti -che questa Corte pu� esaminare, in funzione della deliberazione del merito necessaria ai fini della determinazione del petitum sostanziale -la P.A., nel caso di specie ha giustificato il proprio operato, per l'appunto, in funzione di tale presupposto, asserendo di aver autorizzato quegli aumenti tariffari che erano resi indispensabili dall'aumento dei costi. Che poi ci� sia vero o no, in pratica; che i calcoli siano stati eseguiti bene o male; che siano state o meno rettamente valutate tutte le poste contabili, tutto ci� � questione. che riguarda il merito (e cio� l'esercizio corretto o viziato di un potere esistente) e non gi� il problema della giurisdizione. Occorre tener presente che l'attivit� di accertamento dei costi del servizio non � affatto cos� rigidamente vincolata come vorrebbero soste RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 422 nere i ricorrenti. Basta al riguardo considerare che la valutazione sui costi non sono fatte a regime di prezzi costanti, e sulla semplice base . di dati riferiti al passato; occorre invece effettuare previsioni sui costi degli anni a venire, estrapolando dati dai consuntivi degli anni passati, elaborando ipotesi sugli introiti futuri, tenendo conto delle esigenze di nuovi investimenti, delle esigenze di finanziamento e dei relativi costi, dei mutamenti del costo de lavoro, degli effetti dell'inflazione (ad es. sui tassi bancari, sull'indennit� di contingenza e quindi sul costo del lavoro, ecc.). Ove si consideri tutto ci�, ci si rende facilmente conto di come ci si muova nell'ambito di una attivit� in parte caratterizzata da discrezionalit� tecnica, ed in parte da discrezionalit� pura. Il limite esiste, ed � costituito dal fine che l'attivit� della P .A. deve perseguire; ma l'attivit� stessa ha limiti estremamente elastici, proprio in conseguenza della discrezionalit� di cui si � detto. Il limite � vioiato in senso assoluto e radicale, s� da dar luogo a posizioni di diritto' soggettivo, laddove la P.A. o dichiaratamente rifiuti di rivolgere la propria attivit� a quel fine che ne costituisce il limite, o si comporti in modo tale da dimostrare in modo assolutamente manifesto di aver voluto disattendere totalmente tale finalit�. Ma si tratta, chiaramente, di casi limite, del tutto eccezionali; fin quando l'asserito superamento del limite del potere consista -come nella specie -nel fatto che la P.A., secondo le doglianze dei ricorrenti, abbia posto in essere un'attivit� viziata od erronea, pur nei perseguimento dei fini voluti dalla legge attributiva del potere, ci si trova di fronte a posizioni di interesse legittimo, e non di diritto soggettivo. La potest� tariffaria della P.A., nel particolare campo delle tariffe dei servizi pubblici in concessione, ha due . finalit� fondamentali: per un verso, quello di impedire che il concessionario tragga dalla sua posizione di monopolista lucri ingiustificati, abusando per trarne profitto dalla mancanza di una concorrenza; dall'altro quello di far s� che i ricavi del concessionario siano talmente bassi da rendere il servizio antieconomico, e da compromettere quindi l'esercizio e Io sviluppo, con danno per l'interesse pubblico. La carenza di potere, tale da dar luogo per i privati a posizioni di diritto soggettivo, pu� aversi quando tali fini siano chiaramente violati, o dichiaratamente, o implicitamente, ma in maniera assolutamente evidente. Ma non � questa -come si � detto -la situazione che ricorre nel caso di specie. Il discorso non cambia anche se ci si richiami, come fanno i ricorrenti, al principio costituzionale della riserva di legge per le prestazioni patrimoniali imposte. La Corte Costituzionale, nella nota sentenza n. 72 del 1969, richiamandosi ad una precedente decisione del 1957, ha affermato che il principio di cui all'art. 23 Cost. non � violato, pur avendo le tariffe di Un servizio pubblico essenziale (quale quello telefonico) natura di prestazioni patrimoniali imposte, e pur avvenendo la PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE determinazione delle tariffe stesse attraverso atti amministrativi, in quanto il potere della P.A. al riguardo non � illimitato, atteso che esso � limitato al dovere del Governo di adeguarsi alle deliberazioni del C.I.P., ed in quanto l'operato di tale organo � collegato ad elementi di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito. Orbene: � proprio da queste affermazioni che si pu� dedurre che il potere attribuito aalla-legge alla P.A. in materia non '� illimitato, n� sotto il profilo delle finalit�, n� sotto il profilo procedimentale, essendo indispensabile l'effettuazione da parte del C.I.P. della debita istruttoria; essendo ugualmente indispensabile che il Governo fondi la propria azione sui risultati dell'attivit� istruttoria del C.I.P.; e dovendo essere l'attivit� della P.A. ispirata a quelle finalit� di cui sopra si � discorso'. Ci� non significa, peraltro, che, una volta che questi limiti fondamentali siano rispettati, l'azione della P.A. debba ritenersi rigidamente vincolata; gi� si � vista come l'espletamento della istruttoria comporti tutta una serie di valutazioni caratterizzate da discrezionalit� tecnica o da discrezionalit� pura (e si tenga conto, al riguardo, che tra i costi del servizio che devono esser accertati rientra anche un'adeguata remunerazione del capitale impiegato; altro punto nel quale � sicuramente presente un notevole elemento di discrizionalit�). E gi� si � detto, per altro verso, come i limiti di cui sopra non siano stati nella specie superati, talch� tutto si riduce, in concreto, alla denunzia di un cattivo esercizio di un potere sicuramente esistente. E se � vero che il Governo non si � pedissequamente uniformato alle deliberazioni del C.I.P., � anche vero eh si � comunque ispirato alla attivit� di tale organo e ne ha tenuto conto (mentre � agevole osservare che se il Governo fosse rigidamente vincolato a� trasferire nel provvedimento finale le deliberazioni del C.I.P., senza mutarle di una virgola, sarebbe assolutamente inutile l'azione del Governo stesso, e tanto varrebbe attribuire direttamente al C.l.P. ogni potere in tema di determinazione delle tariffe). 4) I ricorrenti invocan�, peraltro, la violazione di diritti soggettivi I anche sotto un ulteriore profilo: nel senso che il decreto presidenziale impugnato conterrebbe disposizioni con le quali si impongono tariffe non previste dalla legge. E, data la natura di � prestazioni imposte � che deve riconoscersi alle tariffe telefoniche, con la conseguente riserva di legge, ci si troverebbe in una situazione analoga a quella che si verifi� cherebbe se con un atto amministrativo fossero istituite nuove impqste o tasse. In sostanza, si denunzia qui il trava,li�amento di un ulteriore limite assoluto del potere tariffario della P.A.; potere che sarebbe circoscritto alla variazione di determinate tariffe, tassativamente o specificamente indicate dalla legge. La tesi non � fondata, perch� la legge '(nella specie il c.d. �codice postale�) non prevede e specifica alcun tipo o specie di tariffa. � quindi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO errato il presupposto su cui la doglianza si fonda. Nel codice postale (t.u. 29 marzo 1973, n. 156) sono indicate varie categorie di utenze, e varie ipotesi di .prestazione del servizio telefonico; ma viene poi attribuito alla P.A. il potere di dederminare il corrispettivo per le prestazioni di servizio suddette, e di variarlo. Ci� premesso, � agevole osservare, che il d.P.R. impugnato non ha previsto nuovi tipi di contratti di utenza, n� nuovi tipi di prestazioni, e non ha quindi invaso il campo regolato dalla legge che disciplina la specifica materia. Non � quindi affatto vero che vi sia stata imposizione di nuove tariffe �non previste d�lla legge �, perch� la legge, appunto, non prevede tariffe: in questo senso, tutte le tariffe telefoniche, anche quelle vigenti prima del d.P.R. impugnato, e la cui legittimit� non � messa, in questa sede, in discussione, sono �non previste dalla legge�, o meglio, non direttamente disciplinate dalla legge. In particolare, i ricorrenti si dolgono dell'istituzione del c.d. � minimo garantito �, mediante la quale, a loro avviso, sarebbe stata introdotta una nuova imposta particolarmente gravosa per gfi utenti meno abbienti, in violazione della riserva di legge. Ma, una volta che si � rilevato che la legge non prevede e non disciplina direttamente le tariffe, ed attribuisce invece alla P.A. il potere� di determinarle (sia pure agendo entro determinati limiti e sulla base di determinati presupposti), tutto il discorso cade. E' poi agevole osservare che la doglianza appare di dubbia fondatezza anche a prescindere dalla considerazione generale di cui sopra, giacch� l'introduzione del c.d. �minimo garantito� ha esattamente lo stesso effetto (e la stessa natura) di una elevazione del canone base di abbonamento. Il quale pu� essere aumentato in tutta una serie di modi: con l'aumento del canone fisso; con l'introduzione di un minimo obbligatorio di telefonate da pagare comunque, anche se non effettuate; con l'introduzione di scaglioni, ecc. Tutto ci�, chiaramente, rientra nell'ambito della discrezionalit� tecnica della P.A., e non comporta l'introduzione di una nuova imposta, pi� di qu�nto non lo comporti il puro e semplice aumento delle tariffe-base. N� � vero che l'utente, in questo caso, debba pagare per un servizio che non riceve. Il solo fatto della installazione di un apparecchio telefonico e del suo allacciamento alla rete mette infatti a disposizione dell'utente un servizio, del quale l'utente pu�, quando voglia, giovarsi, essendo certo che determinati circuiti ed impianti restano a sua disposizione; ed inoltre il telefono, una volta allacciato, pu� sempre ricevere chiamate, senza scatti contatore. Una contropartita di servizio esiste dunque sempre -cos� come del resto, esiste, pacificamente, a fronte del pagamento del canone base. In ogni caso, poi -ed � ci� che rileva in questa sede -la eventuale illegittimit� della determinazione di questo tipo di tariffa non viola la riserva di legge, n� i limiti assoluti del potere concesso dalla legge alla P.A. in PAtm! I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI UI GIURISDIZIONE subiecta materia; e pu� quindi dar luogo a posizioni di interesse legit~ timo, e non gi� a posizioni di diritto soggettivo. Analogo discorso pu� farsi in relazione all'introduzione di una tariffa differenziata per le telefonate interurbane eseguite in determinate ore: non � vero che anche in questo caso ci si trovi di fronte a un'attivit� della P.A., posta in essere in situazione di carenza assoluta di . potere, o di travalicamento assoluto dei limiti del potere stesso. � vero che l'art. 306 del codice postale prevede semplicemente la possibilit� di riduzioni detle�tariffe�jntemrbane�:effettu:ate,~in:::d.�~rminate.<or~�. e non prevede all'inverso l'ipotesi delfaumento . delle tariffe per le telefonate interurbane effettuate in altre ore (quelle di punta). Ma a parte il fatto che il relativo potere � attribuito al Ministro, e non al governo una volta che sia assodato che spetta alla P.A. determinare la tariffa-base, non � chi non veda come l'aumento del prezzo delle interurbane effettuate nelle ore della mattina si risolve in pratica nella fissazione di una nuova tariffa. base (quella pi� elevata, appunto); .e nella concessione di riduzioni -come previsto dall'art. 306 -per le telefonate pomeridiane, e di ulteriori riduzioni pi� forti per le telefonate notturne e festive. D'altra parte -come esattamente � stato rilevato dalla difesa della S.I.P. -l'art, 306 del codice postale deve esser interpretato in correlazione con l'art. 15 dello stesso testo legislativo, che pone un divieto generale delle esenzioni o riduzioni delle tariffe (e ci� al fine di vietare abusi, largamente praticati in passato in favore di particolari categorie di utenti, comprendenti Enti, Autorit� e personaggi altolocati). Di fronte a tale divieto generale, l'art. 306 prevede determinate eccezioni, consentendo, appunto, che nelle ore in cui il lavoro � particolarmente scarso si pratichino riduzioni di tariffe, miranti ad invogliare gli utenti ad alleggerire il traffico nelle ore di punta. � chiaro quindi, anche sotto questo profilo, come l'art. 306 non ponga affatto un divieto generale di aumenti per le tariffe del servizio telefonico interurbano; e che il potere generale della P.A. di fissare le tariffe comprende sicuramente anche la facolt� di fissare tariffe differenziate per il servizio extraurbano, in relazione alle varie ore del giorno e della notte, ed alfintensit� del lavoro che usualmente si coinpie nelle ore stesse. In ogni c�so, anche in questa ipotesi si pofr� parlare, al pi�, di esercizio viziato od erroneo di un potere esistente; ma sicuramente non di carenza assoluta di potere dell� P.A., o di travalicamento assoluto dei limiti e dei presupposti del potere stesso. Analogo discorso pu� farsi, infine, per il c.d. � canone di superficie �, Anche in questo caso i ricorrenti, pur affermando di dolersi del superamento da parte della P.A. di un limite assoluto del suo tariffario, si dolgono, in realt�, di un asserito cattivo uso del potere attribuito alla 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO P.A. dalla legge. Sempre, comunque, si resta nell'ambito della giurisdizione del giudice degli interessi. 5) Riepilogando, si deve ammettere che nel ricorso sono contenute delle affermazioni teoriche esatte: � vero, infatti, che si pu� parlare dell'esistenza di una doppia tutela giurisdizionale, nel senso che laddove la P.A., nel determinare le tariffe di un servizio pubblico in concessione, agisca del tutto al di fuori dei poteri a lei attribuiti dalla legge (ad es., nell'ipotesi in cui la legge non consenta affatto alla P.A. di determinare .le tariffe di un determinato servizio), ovvero travalichi in modo assoluto i presupposti ed i limiti del potere a lei attribuito, agendo in modo del tutto arbitrario, si verificher� sicuramente la violazione di diritti soggettivi dei privati, con conseguente competenza giurisdizionale dei giudici ordinari. E tale tutela dinnanzi all'A.G.O. si assommer� a quella esperibile dinanzi ai giudici amministrativi, in relazione a tutte le doglianze che si riferiscano ad� un esercizio viziato del potere esistente. Ma nel caso di specie non ci si 'trova di fronte a carenza assoluta di potere della P.A., od a superamento dei limiti e dei presupposti del potere: tutte le doglianze prospettate impingono sempre, in sostanza, nell'ambito dell'asserito uso viziato od erroneo di un potere esistente. Dal che discende logicamente l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, che esattamente � stato adito. Il ricorso deve esser quindi rigettato. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1978, n. 11 -Pres. Trimarchi � Est. Lococo -P.M. Pedace (conci. conf.) -Ditta Pubblicit� Publigamma (avv.ti Valente, Bartoli) c. Azienda Nazionale Autonoma delle Strade Statali -ANAS {avv. Stato CavaUi). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Determinazione e criteri -Prospettazione dell'interessato -Insuffi. cienza. (!. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 2). Quando si controverta se la potest� giurisdizionale spetti all'A.G.O. o al Giudice amministrativo, per decidere se sia stato leso un diritto soggettivo od un interesse indirettamente protetto, � insufficiente la configurazione dell'interesse che l'attore prospetti mentre, invece, � necessaria un'obiettiva qualificazione della domanda da individuare con riferimento congiunto alla � causa petendi � ed al � petitum � e tenendo altres� conto anche delle deduzioni formulate e dei t�rmini in cui la questione risulta posta in concreto e relativamente alla disciplina legale della materia (1). (1) Giurisprudenza ormai costante cfr. per tutte Cass. Sez. Un. 9 luglfo 1974, n. 2006 in Giust. civ., Mass. 1974, 905. Per altri precedenti cfr. in Foro italiano 1978, I, 548. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 427 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 gennaio 1978, n. 53 -Pres. Giannattasio -Est. Bile -P. M. Gambogi -Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato La Porta) c. Giantonelli C. e Guerriero C. (n.c.). ' Competenza e giurisdizione -Difetto assoluto di giurisdizione � Interesse del cittadino alla conservazione delle leggi in vigore ed all'esclusione� del loro assoggettamento a modifiche o abrogazioni -Tutela � Insussistenza. (Cost., artt. 71, 75, 134; Cod. proc. civ., artt. 1, 37, 41; I. 25 maggio 1970, n. 352; I. 1 di �cembre 1970, n. 198). L'interesse del cittadino alla conservazione delle leggi attualmente in vigore ed all'eselusione del loro assoggettamento a future modifiche od abrogazioni di sospetta incostituzionalit� non � qualificabile n� come diritto soggettivo n� come interesse legittimo, in quanto esso non � tutelato in alcun modo dall'ordinamento giuridico (1). (Omissis). -La tesi del difetto assoluto di giurisdizione, sostenuta dai ricorrenti, � fondata. Con la domanda proposta al Tribunale di Catanzaro il sig. Cianfonelli ha inteso far valere l'interesse -che egli assume di vantare nei confronti dello Stato -a fruire della legislazione vigente in ur� determinato momento, in quanto conforme a costituzione, e, conseguentemente ad opporsi ad eventuali iniziative di modifica di essa tali, se attuate, da dar vita ad un sistema legislativo contrario ai principi sanciti dalla Carta fondamentale. Orbene, ai sensi dell'art. 71 Cost. l'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere, agli organi ed enti cui sia conferita da legge costituzionale, ed al popolo che la esercita mediante proposte presentare da almeno cinquantamila elettori; dal suo canto l'art. 75 Cost. prevede il referendum popolare per deliberare l'abrogazione total~ o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo richiedano cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. Sono esclusivamente queste le sedi in cui l'opportunit� di modificare le leggi dello Stato viene valutata ad un livello giuridicamente rilevante: e tale valutazione, in quanto implica l'apprezzamento di esigenze dell'intera collettivit� alla luce di criteri di politica generale, prescinde certamente dalla posizione soggettiva del singolo cittadino individualmente considerato. Naturalmente � funzionale al sistema la necessit� che l'ordinamento quale risulter� dalle modifiche proposte sia conforme a Costituzione. (1) L'interessante sent.enza � pubblicata anche in Foro it. 1978, I, 612 con nota di A ..PrzzoRusso. 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ma l'accertamento di siffatta conformit� -nel regime costituzionale vigente -pu� avvenire soltanto dopo che le modifiche legislative siano state effettivamente apportate, in quanto il sindacato di legittimit� costituzionale ha per oggetto le leggi e gli atti aventi forza di legge (art. 134 Cost.) e non anche le mere proposte legislative. Pertanto un interesse del cittadino alla conservazione delle leggi attualmente in vigore ed alla esclusione del loro assoggettamento a modifiche future di sospetta costituzionalit� non �' preso in considerazione da alcuna norma, n� in via diretta ed immediata, n� in occasione della tutela di un interesse pi� generale, onde non pu� -neppure in astratto -meritare la qualifica �di diritto soggettivo o di interesse legittimo. Ne deriva il difetto assoluto di giurisdizione, per l'improponibilit� della domanda davanti a qualsiasi giudice. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 febbraio 1978, n. 694 -Pres. Trimarchi -Est. Bile -P. M. Saja (conci. conf.) -Caroli (avv.ti Crapanzano, Stefanelli) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Baccari). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa Importazioni ed esportazioni di animali -Controlli della P.A. sanitaria statale -Funzione -Interesse generale -Posizione giuridica del privato di interesse legittimo. (r.d. 27 aprile 1934, n. 1265, artt. 32 e 61; d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, artt. 32, 45, 46, 49). I controlli della P.A. sanitaria statale sul bestiame oggetto d'importazione sono rivolti, immediatamente e direttamente, a salvaguardare l'interesse generale della collettivit� alfintegrit� del patrimonio zootecnico nazionale ed alla salute dei cittadini, e non anche l'interesse particolare dell'eventuale futuro acquirente all'integrit� fisica del bestiame importato; que;t'ultimo, pertanto, vanta una posizione di interesse �legittimo ai controlli sanitari in genere ed alla visita veterinaria di confine in particolare (1). (Omissis). -1. -Il ricorrente lamenta violazione dell'art. 2043 e.e., dell'art. 2 dell'allegato E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, degli artt. 32 e 61 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, degli artt. 32, 45, 46 e 49 del regolamento di polizia veterinaria approvato con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, nonch� difetto di motivazione: a suo avviso la Corte di Appello ha erroneamente escluso l'astratta configurabilit� del diritto dell'acquirente di bestiame importato a pre� ~= (1) Non risultano specifici precedenti in termini. ~ ;: i: I i= f ~ f f f. i - PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE tendere che la pubblica amministrazione eserciti le attivit� previste dalle leggi citate con la diligenza dovuta, pena il risarcimento del danno, ed inoltre non ha considerato che le norme in questione sono di relazione, in quanto disciplinano i rapporti fra la pubblica amministrazione ed i privati interessati all'importazione del bestiame ed alla sua successiva vendita. La censura � infondata. Essa propone la questione della natura della posizione soggettiva �da riconoscere al privato acquirente di animali importati nei confronti dell'attivit� che, in materia di importazione di bestiame dall'estero, deve essere svolta dall'Amministrazione sanitaria statale (� invece estranea al ricorso la domanda proposta dal Caroli contro il Comune di Brindisi, in quanto il capo di sentenza che ha statuito al riguardo non � stato impugnato). La materia � regolata dall'art. 32 del testo unico delle leggi sanitarie, che disciplina fra l'altro la. visita sanitaria degli animali aa importare nello Stato, ad opera di veterinari di confine o di porto, ed assoggetta tale visita alla percezione di un diritto fisso a carico degli importatori; ed ancora degli artt. 45,.46 e 49 del regolamento di polizia. veterinaria, concernenti rispettivamente le modalit� della visita di confine, i provvedimenti da adotare ove tale visita riveli l'esistenza di malattie infettive, e l'autorizzazione dell'Amministrazione sanitaria per le particolari ipotesi di importazione di ruminanti e suini. Dall'esame di tali norme si ricava che il controllo sulla sanit� del bestiame da importare avviene al confine in occasione della richiesta di importazione, ossia in un momento in cui il possibile successivo acquisto degli animali da parte di un terzo � circostanza affatto eventuale e la stessa identificazione dell'acquirente � problematica. D'altra parte il controllo � previsto dalla legge in funzione dell'interesse generale della collettivit� alla salvaguardia del patrimonio zootecnico nazionale ed alla sanit� dei cittadini, onde l'interesse che l'eventuale futuro acquirente del bestiame importato pu� vantare all'integrit� fisica di esso non � certamente tutelato dalle norme dianzi citate in modo immediato e diretto. E, in mancanza di siffatta tutela immediata e diretta da parte dell'ordinamento, si deve escludere che l'acquirente medesimo sia titolare di un diritto soggettivo verso la pubblica amministrazione in ordine al diligente svolgimento dell~ visita veterinaria di confine. Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario � perci� evidente. 2. -Le altre disposizioni invocate. dal ricorrente non consentono di pervenire a diverse conclusioni. Si tratta in primo luogo dell'art. 32 del regolamento di polizia veterinaria, il quale attribuisce alla pubblica autorit�, quando si verificano malattie infettive a carattere epidemico, il potere di disporre l'obbligo 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO della visita veterinaria per deter,minate specie di animali da trasportare all'interno del territorio dello Stato. Ancora una volta la disposiizone mira a tutelare direttamente il gi� ricordato interesse generale e non certo quello del soggetto che potr� eventualmente acquistare il bestiame nel luogo di destinazione. Altrettanto deve dirsi per l'art. 61 del testo unico delle� leggi sanitarie, concern�nte il compenso che spetta al veterinario condotto per la compilazione di certificati nell'esclusivo interesse privato: la norma � palesemente estranea alla materia delle visite veterinarie previste dalla legge nell'interesse pubblico, quali sono quelle finora considerate. Del pari irrilevante � infine il quarto comma dell'art. 32 del medesimo testo unico, sul diritto fisso dovuto all'Amministrazione in occasione della visita di confine, il quale -fra l'altro -� posto a carico dell'importatore e non incide quindi sulla posizione' soggettiva del futuro acquirente del bestiame. 3. -La sentenza impugnata ha pertanto esattamente ritenuto l'inconfigurabilit� in astratto del diritto soggettivo che il Carofi assumeva di vantare ed il conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 novembre 1977, n. 4723 -Pres. Sbroc ca -Est. Caleca -P. M. Leo (conf.) -Borghetti (avv. Giuffrida) c. Pre sidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Agr�) e Palange. Esecuzione forzata -Mancanza del titolo esecutivo -Improcedibilit� - Rilevabilit� d'ufficio con sentenza -Appellabilit�. (cod. proc. civ., art. 474). Il giudice dell'esecuzione deve rilevare d'ufficio l'inesistenza del titolo idoneo a legittimare la parte che procede esecutivamente dichiarando improcedibile l'azione esecutiva. Il provvedimento che aaotta a tal fine ha natura di sentenza che � appellabile investendo l'an della esecuzione (1). (Omissis). -Con l'unico motivo svolto il Borghetti denunzia, in relazione all'art. 360 n. 3, 4, 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione delle norme sulla proposizione della domanda, sulla legittimazione e sulla potest� del giudice di emettere pronunzie d'ufficio, nonch� la violazione dei principi disciplinanti l'esecuzione forzata ed il relativo contraddittorio (art. 99 ss., 474 ss. cod. proc. civ.). Rileva, innanzitutto, di avere proposto avverso lo stesso provvedimento anche appello in via ordinaria in considerazione del fatto che con la declaratoria di improcedibilit� il pretore avrebbe definitivamente chiuso il procedimento di esecuzione forzata presso terzi; di avere tuttavia, cautelativamente, proposto il ricorso per c~ssazione a norma dell'art. 111 della Costituzione per l'ipotesi in cui il reclamo proposto contro il primo provvedimento del Pretore (quello del 10 febbraio 1976) dovesse essere ritenuto �opposizione agli atti esecutivi�, con la conseguente inimpugnabilit�, in via ordinaria, d�lla relativa decisione. Fatta tale precisazione; il ricorrente sostiene: 1) che la pronunzia del Pretore, secondo la quale il titolo posto a base della espropriazione intrapresa non avrebbe forza esecutiva, sarebbe (1) Questione nuova, ,per quanto consta, e correttamente risolta. Non sembra dubbio, infatti, che il titolo esecutivo sia una condizione indispensabile per porre in essere l'azione esecutiva e che il suo difetto involga una questibne non solta.to di interesse del singolo assog;gettato all'esecuzione, ma altres� quello pubblico, non essendo pensabile che l'attivit� (giurisdizionale o amministrativa non occorre qui stabilire) sia posta in essere senza le condizioni minime formali indispensabili. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 432 errata, almeno per quel che attiene alla condanna della Gamet al pagamento delle spese di causa liquidate, nel titolo medesimo, in L. 650.000; 2) che non sarebbe stato considerato che la sentenza di condanna generica � cosa diversa dalla sentenza di mero accertamento e che, comunque, anche quest'ultima � suscettibile di passare in giudicato tanto formale che sostanziale; 3) che, inoltre, al giudice dell'esecuzione non era consentito di rilevare d'ufficio la carenza del titolo esecutivo, stante che la relativa eccezione, da sollevarsi nelle forme previste dall'art. 615 cod. proc. civ., spetta al convenuto debitore. Il ricorso � inammissibile. Il titolo in base al quale il Borghetti ha intrapreso l'espropriazione presso terzi, mediante pignoramento di crediti che la propria debitrice Gamet ha verso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del Tesoro, � costituito dalla sentenza depositata il 12 marzo 1973 (e non il 4 agosto 1973, come invece indicato in contrasto a quanto certificato dalla Cancelleria del giudice che l'ha pronunziata), con �la quale il Tribunale di Roma condann� la Gamet al pagamento, a favore del Borghetti, di un terzo della somma che alla stessa sarebbe � risultata spettare � da parte delle menzionate due Amministrazioni dello Stato, � quale valore delle azioni Lokris e del risarcimento dei danni relativi �. Ora, � in relazione proprio alle suddette statuizioni che il Pretore ha, d'ufficio, contestato al Borghetti il diritto a procedere ad esecuzione forz<:\.ta, avendo al riguardo considerafo: che il menzionato titolo era costituito da una sentenza non passata in giudicato n� provvisoriall).ente esecutiva, con la conseguenza che la relativa pretesa non risultava ancora fondata su un diritto certo, liquido ed esigibile come richiesto dall'art. 474 cod. proc. civ.; che, infatti, la formula adottata dal Tribunale costituiva una pronunzia di condanna generica, dato che rimetteva l'accertamento del quantum ad altra sentenza emanata tra la Gamet e le due Amministrazioni: sentenza, quest'ultima, che se pur gi� pronunziata in primo grado (pubblicata il 26 giugno 1970) non era, tuttavia, divenuta definitiva stante la pendenza del giudizio di impugnazione. � indubbio, pertanto, che il provvedimento del Pretore, anche se emesso nella forma di ordinanza, ha contenuto decisorio perch� definisce, con la declaratoria di improcedibilit�, l'esecuzione forzata intrapresa dal Borghetti. Trattasi, invero, della pronunzia sull'accertata inesistenza, nella specie, di un titolo idoneo a legittimare la parte istante ad agire esecutivamente: accertamento questo da farsi, a norma dell'art. 474 cod. proc. civ., anche d'ufficio, e la cui decisione, investendo I'an stesso dell'esecuzione, � suscettibile dell'ordinario gravame dell'appello e non del rimedi<> di cui all'art. 111 della Costituzione. Se � vero infatti, per fermo indirizzo di questa Corte Suprema, che � impugnabile ai sensi della PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 433 citata norma della Costituzione qualsiasi provvedimento decisorio emanato da un organo giurisdizionale o speciale, e che, ancorch� definito ordinanza o decreto, sia idoneo a produrre, con forza di giudicato, effetti di .diritto sostanziale o processuale sul piano contenzioso, tuttavia tale impugnazione pu� farsi solo se contro il provvedimenfo non sia dato alcun altro rimedio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 novembre 1977, n. 4834 -Pres. Maccarone -Est. Granata -P. M. Pedace (conf.) -Alberto Hesse (avv. Montesano) c. Prefetto Trieste (avv. Stato Zagari). Circolazione stradale -Ordinanza ingiunzione prefettizia infligente sanzioni per violazione di norme di circolazione -Applicabilit� a funzio~ nari consolari -Condizioni. (Convenzione di Vienna 24 aprile 1963 resa esecutiva con legge 9 agosto 1967, n. 804, artt. 43 e 58). E !llegittima perch� viola l'immunit� consolare l'ordinanza-ingiunzione emessa dal prefetto irrogante una sanzione amministrativa per violazione di norme sulla circolazione stradale nei confronti di un console onorario che utilizzi l'autoveicolo (compresa la sosta) per finalit� inerenti all'ufficio (nella specie � stata esclusa l'illegittimit� non essendo stato dimostrato l'uso dell'autoveicolo per servizio) (1). (Omissis). -1. -Le opposizioni dall'attuale ricorrente proposte contro i provvedimenti �prefettizi irrogativi di sanzioni pecuniarie ai sensi dell'art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317 al fine di far valere l'immunit� spettantegli, quale console onorario di uno Stato estero, ai sensi degli artt. 43 . e 58 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963 resa esecutiva in Italia con legge 8 agosto 1967, n. 804 sono state dal Pretore respinte, con la sentenza impugnata, sul duplice rilievo: a) che -in tesi -essendo le ingiunzioni prefetfrz:ie opposte provvedimenti amministrativi a carattere non giurisdizionale, non poteva giovare all'opponente l'invocata immunit� giurisdizionale; b) che -in ipotesi -le infrazioni stradali contestate all'opponente, comunque, non rientravano fra gli atti coperti dall'immunit� consolare. Avverso le due proposizioni suddette si appuntano le censure dall'Hesse svolte, rispettivam~nte, con il primo e con il secondo motiVo. Come subito si dir�, fondato � il primo e cos� pure, parzialmente, il secondo. Ma, dovendosi per contro rigettare quest'ultimo sul punto (1) Questione di notevole �tf.elicatezza quella risolta dal S.C. con la sentenz~ che si annota e, per quanto consta, nuova. Per qualche riferimento sui principi ispiratori della decisione v. Cass. 7 luglio 1977, n. 3007, in Giust. civ. 1977, I, 1914 con nota di G. d. F. 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -decisivo agli effetti della statuizione finale -della non sussistenza nella specie degli estremi di fatto necessari per l'applicabilit� della invocata immunit�, l'impugnata decisione va mantenuta ferma, correg l gendosene la motivazione in diritto nei sensi appresso indicati. t 2. -Con il primo motivo il ricorrente denunzia, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 43 della convenzione di Vienna sulle relazioni consolari ed omessa o insufficiente I motivazione su un punto decisivo della controversia. E deduce che l'ummunit� concessagli dall'art. 43 della Convenzione, riguardo alla giurisdizione tanto civile che penale, sia di cognizione che di esecuzione, � I stata da lui invocata con riferimento non al provvedimento amministrativo, ma -appunto -al procedimento esecutivo, che in base al provvedimento stesso, avente valore di titolo esecutivo, poteva essere iniziato nei suoi confronti. I La censura -si � gi� detto -� fondata. I La questione se, e sotto quale profilo, la materia delle sanzioni J amministrative, ed in particolare di quelle c.d. depenalizzate, irrogate Il dalle autorit� amministrativa attraverso procedimenti e con atti soggeti tivamente ed oggettivamente amministrativi, sia riconducibile all'area " I !delle immunit� consolari, pu� porsi, a ben guardare, sotto molteplici aspetti. Invero, , sembrerebbe lecito chiedersi se la Convenzione -quando all'art. 43.1 statuisce che i funzionari e gli impiegati consolari, per gli atti compiuti nell'esercizio delle funzioni consolari, �ne sont pas justiciables des autorit�s � (non solo) � judiciares � (ma anche) � administratives � intenda riferirsi con la seconda locuzione (autorit�s administratives) ! al giudice amministrativo, ovvero agli organi amministrativi veri e prol pri, cio� quelli di amministrazione attiva, cos� concedendo l'immunit� I I I non solo dalla potest� giurisdizionale, ma e in via diretta -anche dalla potest� amministrativa, almeno nei casi in cui questa si esplichi attra verso un procedimento paragiudiziale di accertamento della conformit� I o meno di un comportamento alla norma, e si concluda con l'irrogazione di misure, che, per la loro funzione sanzionatoria e repressiva del l 1 comportamento tenuto dal soggetto investito dell'officium consolare, ' possono risolversi anche esse in sostanziali compromissionr della libert� IIdi esercizio dell'ufficio stesso. E pur quando dell'immunit� consolare si �accetti la nozione limitata I alla sola giurisdizione, e non anche alla potest� amministrativa a concluI sioni non molto difformi potrebbe pervenirsi in via indiretta, scrutinando ' ~ se essa -affinch� possa realizzare a pieno le finalit� cui � ordinata non debba necessar�am:ente essere intesa almeno in guisa da sottrarre il soggetto attributario alla possibilit� non solo diretta, ma anche indi retta, di venire assoggettato alla giurisdizione, e se quindi l'immunit� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE stessa non debba essere riferita, nella J>rospettiva cos� delineata, pure a quelle manifestazioni di potest�, in s� non giurisdizionali, ma produttive di effetti, lesivi e comunque limitativi della sfera giuridica del soggetto, regolati dall'ordinamento dello Stato di soggiorno in modo tale da poter essere rimossi soltanto con l'intervento dell'autorit� giudiziaria, alla cui potest� l'attributario dell'immunit� viene cos� costretto a sottoporsi di propria iniziativa. Pertinente -e di per s� risolutivo -peraltro, si appalesa anche il profilo prospettato dal ricorrente, onde � con riferimento ad esso, tralasciandone ogni altro, che la questione pu� essere decisa. Il provvedimento, di cui all'art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317, costituisce ad un tempo titolo esecutivo e manifestazione della volont� del suo autore di porre il titolo stesso in esecuzione, ove l'ingiunto non presti spontanea obbedienza. Pertanto -valga, oppure no, per esso la qualificazione normativa di � atto iniziale del procedimento di coazione � attribuita dal t.u. 14 aprile 1910 n. 639 (art. 1) all'ingiunzione fiscale, al cui procedimento di esecuzione forzata la legge 317 citata rinvia (art. 13}, e quindi valga, oppur no, anche per l'ordinanza in esame la deroga alla regola secondo cui l'esecuzione ha inizio con il procedimento -certo � che, in conseguenza della sua notificazione al destinatario, questi diviene titolare dell'interesse attuale ad agire per sentire negare l'assoggettabilit� del proprio patrimonio alla esecuzione, e quindi -nel caso a far valere l'immunit� rispetto al minacciato processo esecutivo. E poich� l'unico strumento. processuale, approntato dalla legge sulla depenalizzaizone per reagire (non solo contro l'accertamento delfinfrazione, ma anche) contro l'ordine di pagamento, impartito con il procedimento, � l'opposizione prevista dallo stesso art. 9, legittimamente l'attuale ricorrente ha esperito tale rimedio, per fare dichiarare giudizialmente, in prevenzione, il proprio diritto all'immunit� dalla giurisdizione di esecuzione. 3. -Non pu� trovare, invece, accoglimento il secondo motivo. Con il quale -denunziandosi ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 43 della Convenzione, nonch�, omesso esame .di pilnto decisivo -si lamenta che il Pretore abbia negato, in principio, che il parcheggio dell'autovettura possa, pur quando connesso con un atto di ufficio, rientrare nell'ambito dell'immunit�, e per l'effetto abbia, in concreto, omesso di esaminare il fatto decisivo, pure dedotto, se nella specie il parcheggio fosse, o non, connesso l'esercizio delle funzioni consolari del ricorrente. Fondata quanto alla enunciazione di tesi formulata nella prima parte, la censura � invece da rigettare quanto alle implicazioni prospettate nella seconda. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 436 Come queste Sezioni Unite hanno di recente precisato (sentenza n. 3007 del 7 luglio 1977, Jorge Panoy Apostolo c. Rubin Marina) rientrano nell'ambito dell'immunit� garantita dalla Convenzione di Vienna non soltanto gli atti ufficiali, compiuti dal console nell'esercizio delle funzioni proprio dell'ufficio ricoperto, ma anche tutti gli atti e le attivit� che, pur non essendo di per s� tali, tuttavia siano strumentalmente o eziologicamente connessi al compimento di atti ufficiali, e riferibili, per il tramite dell'autore, allo Stato estero sotto il profilo pubblicistico. Pertanto � errato neg�re in linea di principio ch� l'immunit� consolare copra �anche attivit� materiali del console, quali la guida ed il parcheggio di un'autovettura, ben potendo queste presentarsi strumentalmente collegate, nel senso anzidetto, con la funzione. Per quanto in particolare riguarda la circolazione automobilistica e le sue vicende, anzi, una conferma della loro riconducibilit� nell'area dell'immunit� consolare � desumibile, sul piano del diritto positivo, dalla stessa Convenzione, che, prevedendo espressamente la soggezione alla giurisdizione � en cas d'actione civile ... intent� par un ties pour un dommage r�sultant d'un accident caus�... par un vehicule... � (art. 43,2-b) come deroga (� toutefois �) alla regola dell'immunit� sancita in generale (art. 43.1 citato), lascia intendere come senza tale puntuale disposizione l'immunit� varrebbe anche per la responsabilit� civile connessa alla circolazione dei veicoli, e quindi .indica che -fuori della specifica disposizione derogatoria -la circolazione stessa e le sue vicende possono rientrare nel- l'area dell'immunit�. Non vale, contr� la tesi qui recepita, l'argomentazione dal Pretore tratta, sulla premessa che, per principio pacificamente riconosciuto, al console non pu� mai competere, quanto ad immunit�, uno status migliore dell'agente diplomatico dall'art. 93 del vigente codice della strada che detta speciali disposizioni per gli agenti diplomatici e le loro vetture. Quanto meno perch� tale norma non �; essa, attributiva dell'immunit�, ma la presuppone, e proprio come reazione sostitutiva dell'impossibile inflizione diretta di una qualche sanzione prevede la speciale segnalazione per via diplomatica, dell'infrazione commessa dall'agente diplomatico estero al capo della missione di appartenenza. N� giova sottolineare le difficolt� di ravvisare nelle singole situazioni concrete il collegamento con la funzione: il rilievo, certamente esatto, non smentisce il principio, ma segnala unicamente la delicatezza della indagine ordinata alla sua applicazione, ed avverte come questa debba essere svolta con attenzione e prud�nza, tanto maggiori, quanto pi� generica ed anodina sia l'attivit�, di per s� non f�nzionale, del cui collegamento con atti ufficiali di volta in volta si discuta. Ed � proprio sotto quest'ultimo profilo, concernente l'accertamento in concreto nel nesso strumentale fra i parcheggi in zona vietata della w ili ~ ili I I I ~== ~:= I'~ ti t ~~ ~ I~ I @ [ ~ f. c. ~ & ~ ~ i?? ~j~ ~:= �:: 1:� i !i,. ~ ~ f: ~ f: �.-.�.-.�'-�z.rrr.-.-.�.-.-.�.-.-.�.;.-.�.�.�.�r.-.�r.�.rrr.�r.�.-.�r.�.�.�r.�.-.�.�.�ru.�.-.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�:.�.�.�.�.�:.�.�.�.-.�:.�.�.�.�.�.�.�.�.�1.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�-�.�.�.�:�.�.�-�.�.�.':�:�:�:�:�:.-:�'.�:-:�:�:�:�:�'.�'.�Z�:-:�:�'.�Z-:�:�:-:�z-:-:�z.-:-:�z�:�:.-:�z-:�z-:.-:-:� �.�.�.z.�.�.�.�.;.�.�-:-zr.�.�.z.�-:�������:��-:���:���:��<���:���:�����:"'�'.�'.�:-�-�.�.:-:-:-:-�-:���:�'.�'.�'.�'.�"�'.�"�'.�'.�"�'.-'.���: PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB autovettura conteslati all'�ttuale ricorrente e l'esplicazione del suo officium consolare, che il ricorso, come si � detto, non pu� essere accolto. Non � vero, infatti, diversamente da quanto nel motivo si assume, che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare tale punto decisivo. Pur se -nell'economia della tesi di diritto test� criticata -superfluamente, il Pretore si � dato carico, al contrario, della circostanza che l'opponente aveva chiesto di �provare con testimoni che le infrazioni (erano state) compiute nell'esercizio di funzioni consolari�; ma ha reputato -con apprezzamento di fatto incensurabile, e com4nque non censurato -� un tale capitolo di prova... inammissibile, per la sua estrema genericit� ed inconcludenza �, 4. -In definitiva, il dispositivo della sentenza impugnata, essendo conforme a legge, va tenuto fermo, mentre ne va emendata la motivazione, nel duplice senso (a) che il console, cui l'ordinanza-ingiunzione prevista dall'art; 9 legge n. 317 del 1967 abbia inflitto una sanzione pecuniaria per violazione delle norme sulla circolazione stradale, � legittimato a proporre opposizione avanti al Pretore al fine di far dichiarare la propria immunit� ai sensi della convenzione di Vienna 24 aprile 1963, resa esecutiva in Italia con legge 9 agosto 1967, n. 804, dal procedimento di esecuzione forzata, altrimenti esperibile nei suoi confronti sulla base di quel titolo esecutivo, ai sensi degli artt. 9 e 13 della legge 317 citata; e (b) che l'immunit� consolare riguarda anche le attivit� -comprese quelle concernenti la guida e la sosta di autoveicoli -che, pur non direttamente esplicative delle funzioni proprie dell'ufficio, siano per� strumentalmente ed eziologicamente connesse con atti ufficiali, e quindi anche esse riferibili allo Stato estero sotto il profilo pubblicistico. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1977, n. 4870 � l'res. Novelli -Est. Scanzano -P. M. Martini Ferraiuolo (diff.) -Fall.to Togniplast s.p.a. (avv. Ped�) c. Regione Trentino Alto Adige (avv. Stato Cavalli) nonch� contro I.M.I. (avv. Guazzugli�Marini). Fallimento � Contributo regionale per pagamento degli interessi di un mutuo contratto dal fallito . Scioglimento del contratto per fallimento � Perdita del contributo. (I. reg.le Trentino Alto Adige 7 marzo 1963, n. 10, artt. 1 e 6). Il provvedimento regionale che eroga il contributo per il pagamento degli interessi a favore dell'istituto di credito che ha concesso un mutuo ad un'impresa perde ogni effetto a seguito della sentenza dichiarativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 438 del fallimento dell'impresa mutuataria, che scioglie il contratto mutuo e sospende l'obbligo della corresponsione degli interessi (1). (Omissis). -Egualmente connessi fra loro sono il terzo motivo del ricorso del curatore e il terzo motivo del ricorso I.M.I. entrambi essendo diretti a sostenere la spettanza del residuo contributo rispettivamente a ciascuno di essi ricorrenti. La curatela denunzia violazione e falsa applicazione della ripetuta legge regionale in relazione ai principi generali del diritto, e lamenta che la Corte di merito, dopo avere, nel decidere la questione di giurisdizione sollevata dalla Regione, riconosciuto che, riguardo al contributo de quo, l'impresa finanziata era titolare di un diritto soggettivo, abbia poi negato che, sopravvenuto il fallimento, lo stesso diritto spettasse alla curatela. Soggiunge che, una volta accertato, come era stato accertato, che era stato soddisfatto l'interesse pubblico in relazione al quale il contributo era stato accordato (ed infatti erano state eseguite le opere cui si riferiva il finanziamento) non v'era ragione perch� dovesse venir meno il beneficio derivante dal concorso regionale, che aveva costituito motivo di affidamento per i creditori. Dal canto suo l'I.M.I., denunziando violazione dell'art. 6 della medesima legge, rammenta che, a tenore di esso, il contributo in parola bench� accordato a favore dell'impresa, doveva essere corrisposto direttamente ad esso finanziatore. Soggiunge che il corrispondente diritto soggettivo, in tal modo perfezionatosi nei suoi confronti, non poteva essere negativamente influenzato dal successivo fallimento della detta impresa, tanto pi� che nessuna ipotesi, legale o contrattuale, di decadenza o di revoca o di sospensione di quel diritto era ravvisabile nella specie: n� poteva una di tali evenienze ricollegarsi alla risoluzione del contratto di mutuo (derivata dal fallimento) e dall'esaurimento della relativa situazione. (1) Con questa sentenza il S.C. ha risolto favorevolmente all'ente regionale la delicata questione attinente agli effetti della dichiarazione di fallimento sul provvedimento concessione di un contributo finalizzato, accogliendo la tesi sostenuta dall'Avvocatura circa la cessazione degli effetti del provvedimento concessorio. La strada percorsa per giungere a tale conclusione � quella, gi� accolta in precedenti decisioni {v. da ultimo sent. 23 agosto 1972, n, 2796, in Giust. civ. 1973, I, 84 e 1009 con nota di GHIRARDI, Interpretazione della realit� del mutuo), secondo cui le finalit� perseguite dall'ente regionale �entrano� a far parte dell'atto di concessione con rilevanza �causale>>, sicch� in caso di mancata realizzazione .di tale finalit� il provvedimento perde ogni effetto. Anche se altre vie sembrano pi� correttamente percorribili, per giungere ad identico risultato, non pu� non sottolinearsi la importanza del principio affermato e la possibilit� di sua pi� ampia applicazione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE A questa considerazione si riallaccia il primo motivo dello stesso ricorso, con cui l'I.M.I. denuncia violazione degli artt. 1453 c. civ. e 55 I. fall. per sostenere: a) che il fallimento del mutuatario non comporta la risoluzione del contratto di mutuo ma, pi� esattamente, la decadenza dal beneficio del termine, ex. art. 1679 c. civ.; b) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, non esiste alcuna contraddizione tra il fatto che esso ricorrente, valendosi della disposizione ora citata, abbia chiesto ed ottenuto l'ammissione del suo residuo credito al passivo del fallimento, e la sua pretesa alla corresponsione di un residuo contributo legittimamente deliberato e mai revocato: pretesa -aggiunge -che rimane fondata ancorch� con la cosidetta risoluzione del mutuo possa venire meno il diritto agli interessi. Nella memoria poi chiarisce che tale diritto, in quanto accessorio ad un credito privilegiato, opera anche dopo il fallimento del debitore (al cui passivo, appunto, con provvedimento ormai passato in giudicato, � stato ammesso insieme col capitale), e che detta ammissione non incide sulla coobbligazione che al riguardo � stata assunta dalla Regione. Le censure non hanno fondamento. Si evince dalla sentenza impugnata, ed in particolare dai riferimenti al decreto di concessione del contributo, alla legge da cui questo � consentito, ed alla convenzione esecutiva prevista dalla stessa legge, che il contributo in parola viene concesso (ed � stato nella specie concesso) all'imprenditore che .con la sua iniziativa va ad incrementare le attiVit� industriali della Regione, e che il pagamento diretto all'istituto che ha erogato il finanziamento cui il contributo si riferisce � una modalff� esecutiva (dell'obbligo della Regione) che non modifica la titolarit� del diritto al contributo stesso, r'na attribuisce al finanziatore solo il diritto alla riscossione del relativo importo (se, ed in quanto dovuto). Riconoscere nell'imprenditore il destinatario del beneficio e nell'l.M.I. il titolare del diritto alla riscossione non risolve per� il problema n� a favore del primo (e per esso alla curatela fallimentare) n� a favore del secondo. Non lo risolve, in particolare, a favore della curatela, anche se la Corte di merito, nell'esaminare la questione di giurisdizione sol levata dalla Regione, abbia fatto riferimento ad un diritto soggettivo perfetto: � noto, infatti, che il giudizio emesso al riguardo considera la posizione soggettiva dedotta e la valutazione che di essa fa l'ordina mento, ma prescinde dall'esistenza in concreto dei requisiti di fonda tezza della pretesa che ne � oggetto. Va aggiunto che non giova ai ricorrenti il fatto che l'interesse pub blico cui si coordina il beneficio de quo sia stato gi� valutato all'atto della sua concessione con la constatazione della avvenuta esecuzione delle opere finanziate, e che in materia la Regione non abbia adottato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 alcun provvedimento di revoca o di decadenza. La soluzione adottata dalla Corte di merito si giustifica anzi proprio nel quadro di un'esatta visione di tale interesse, opportunamente coordinato con la ratio del beneficio e lo svolgimento del rapporto di finanziamento cui esso inerisce. � anzitutto evidente che, allorquando la Regione, valutato l'interesse pubblico connesso all'iniziativa programmata dalla Togniplast, si determin� ad accordare il noto contributo, non intese concedere un � premio �, cio� fare un'astratta elargizione che fosse fine a se stessa e svincolata dalle vicende della impresa: al contrario, consentendo di concorrere al pagamento degli interessi del mutuo contratto per la realizzazione di u.na 'determinata iniziativa industriale, volle accordare una agevolazione che, sul piano della politica economica, era necessariamente finalizzata alla creazione e allo sviluppo di un'impresa vitale e funzionante, e sul . piano giuridico si caratterizzava in base ad una precisa causa: quella di alleviare l'onere dell'imprenditore relativo al costo del denaro che col .fim1.nziamento. gli era stato erogato, e del quale, col differimento dell'obbligazione di restituzione, veniva ad acquisire l'utilit�. In tale situazione, avuto per fermo -giova ripet~re -che il contributo riguarda gli interessi, la finalit� del concorso regionale cos� concepito, entrava a far parte della struttura dell'atto di concessione con rilevanza causale, analogamente a quanto si verifica nei cosiddetti � mutui di scopo>>, di cui si � occupata questa corte con sentenza 8 agosto 1972, n. 2796. Ne deriva che, venuto meno, col fallimento del mutuatario, lo svolgimento fisiologico del contratto di mutuo (che col fallimento � automaticamente scaduto, divenendo il relativo importo immediatamente esigibile: art. 55 I. fall.) e sospendendovi il corrispondente obbligo dello stesso mutuatario di pagare gli interessi al titolo ori~inariamente previsto (cio� come corrispettivo del godimento del denaro), non v'� dubbio che sia venuto a modificarsi radicalmente il meccanismo cui era coordinata la corresponsione delle rate di contributo, e� che sia venuta meno la stessa causa di questo. Di tutto ci� � conferma il fatto che per effetto dell'immediata sca denza del mutuo (art. 55 I. fall. 2� comma)'. l'I.M.I. sia stato ammesso al passivo fallimentare per l'intero residuo del capitale mutuato. Che poi, con il capitale, siano stati ammessi al passivo anche i relativi inte ressi, � circostanza che non comporta le conseguenze invocate dall'I.M.I. Altra, invero, � la causa degli interessi pattuiti col contratto di mutuo e coordinati con lo svolgimento fisiologico, egualmente previsto, del rap porto di finanziam�nto, ed altri sono la causa ed il titolo degli inte ressi che, agli effetti del concorso, continuano ad esser dovuti ex art. 55, 1� comma I. fall. -E per evidenziare la differenza � sufficiente rilevare: PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 441 . a) che gli interessi di cui alla disposizione citata sono dovuti solo sui� crediti privilegiati (e nella specie sono stati ammessi �al passivo proprio e solo per la natura privilegiata del credito dell'I.M.I. laddove la finalit� del concorso accordato dal�a Regione prescindeva dalla natura del credito di detto Istituto e si ricollegava all'interesse dell'incremento delle attivit� economiche -regionali; b) che gli interessi dovuti ex art. 55 I. fall., siccome appunto previsti in relazione al procedimento esecutivo concorsua:le e ad un debito scaduto, sono dovuti fino alla data della vendlta dei beni� oggetto di privilegio e ad un tasso opportunamente variato (v. artt. 2749, 2788, 2855, c. civ.), con evidente coordinamento con le finalit� di detto procedimento e totale indipendenza dalle regole� che presiedono� al computo ed al corso degli interessi relativi al normale svolgimento del rapporto di mutuo, quale presupposto dal provvedimento regionale di concessione del contributo. Non. giova infine all'l.M.I. argomentare dal riferimento (in verit� sovrabbondante), fatto dalla corte di merito all'accollo. � evidente, infatti, che, se per ragioni attinenti alla causa del rapporto viene meno il debito d'interessi dell'obbligato principale come strutturato secondo il suo titolo originario, viene meno anche la relativa coobbligazione che si fosse assunta la Regione in via di accollo. Le considerazioni svolte determinano l'assorbimento del secondo mo tivo del ricorso della . curatela, diretto a censurare le ragioni in base alle quali la corte di merito ha escluso la possibilit� di cedere o scon tare le rate di coptributo scadute dopo la dichiarazione di fallimento. � chiaro, infatti, che venuto meno il diritto al contributo, perde rile vanza ogni questione che concerna il punto prospettato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 novembre 1977, n. 5042 -Pres. Giannattasio -Est. Vela -P. M. Pedace (conf.). -Ministeri dell'Interno e di Grazia e Giustizia (avv. Stato Zagari) c. Soc.r.l. Immobiliare Valmaggia. Competenza e giuridiziosne � Accertamento preventivo di danni derivanti da omesso intervento della polizia � Improponibilit� per difetto di giurisdizione. (cod. proc. civ., artt. 41, 692 e 693). � improponibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario il ricorso per accertamento preventivo dei danni derivanti da omesso intervento della polizia a tutela della propriet� privata (1). (1) La sentenza � conforme all'orientamento consolidato del S.C. che esclu< le l'esistenza di un diritto soggettivo perfetto del cittadino all'intervento della Autorit� pubblica� per prevenire danni alla sua incolumit� e ai suoi beni, pur 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Le Amministrazioni ricorrenti chiedono che sia dichia� rato il difetto assoluto di giurisdizione sotto un duplice profilo. Premesso che l'istanza di accertamento preventivo � � funzionalmen� te e teleologicamente connessa con una pretesa di danni�, che la societ� Valmaggia intende far valere nei loro confronti per non avere esse im� pedito l'abusiva occupazione dei suoi immobili, sostengono che: a) ri� spetto ai poteri di polizia che ha lo Stato per prevenire gli illeciti ed i reati, nessuna posizione di diritto soggettivo � accordata ai cittadini, essendo quella prevenzione condizionata dai mezzi finanziari e dagli organici del personale prestabiliti per legge, e dovendosi essa svolgere secondo scelte dipendenti da valutazioni assolutamente discrezionali; b) comunque, essendo stati denunciati fatti costituenti reati, la cogni� zione �piena� dei danni che ne sarebbero derivati � preclusa al giudice adito perch� spetta alla giurisdizione penale. Il ricorso (ammissibile, in quanto i procedimenti di istruzione pre� ventiva hanno natura soggettivamente ed oggettivamente giudisdizionale, sono disposti dal giudice ordinario, innanzi a lui si svolgono e concer� nono il compimento di atti istruttori da far valere in futuro processo civile: SS.UU. 10 ottobre 1964, n. 2564; 26 gennaio 1968, n. 239; 8 giugno 1968, n. 1748; 10 giugno 1968, n. 1766; 21 agosto 1972, h. 2689) � fonda~o solo in parte. Esattamente lo si � impostato considerando quale sia la posizione sostanziale di cui la Valmaggia intende chiedere tutela nel giudizio di risarcimento di danni preannunciato nel ricorso al Presidente� del Tri� bunale. La legittimazione all'istanza deriva, infatti, non da un generale ed autonomo potere di acquisire anticipatamente una prova -se cos� fosse, la questione di giurisdizione non sarebbe mai prospettabile ma dall'allegazione di un diritto soggettivo, a salvaguardia del quale ci si ripromette di agire, poi, innanzi al giudice ordinario. Ci� risulta testualmente dall'art. 693, primo comma, cod. proc. civ. (che indica il destinatario dell'istanza nel � giudice che sarebbe competente per la cau� sa di merito�) e si ricava dal carattere prodromico dell'istruzione pre� ventiva, che non � mai fine a se stessa, ma viene espletata in vista di un futuro processo ordinario (artt. 692, 696, 698, 699 cod. cit.). Ora, quella posizione soggettiva non �, nella specie, configurabile come diritto e quindi non pu� dar luogo ad un'azione in sede civile (art. 1 cod. proc. civ.). riconoscendo in materia un interesse legittimo al corretto uso da parte del� l'Amm.ne dei poteri discrezionali conferitile (v. fra tante sent. 14 ottobre 1972, n. 3060, in questa Rassegna 1972, I, 1058 con nota di richiami). La giurisprudenza del S.C. � altres� ferma all'ammissibilit� del regolamento di giurisdizione in relazione ai procedimenti di istruzione preventiva (v. da ultimo sent. 21 agosto 1972, n. 2689, in Giust. civ. 1972, I, 1687 ove richiami). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 443 Questo non perch� la cognizione della causa spetti al giudice penale. Il secondo motivo del ricorso, che adduce questa tesi, non solo solleva un problema di competenza anzich� di giurisdizione ed � quindi, prima che infondato, inammiss,ibile (SS.UU. 6 febbraio 1971, n. 316 e 6 luglio 1974, n. 1977), ma � anche fuorviante, nel senso che sposta i termini caratterizzanti della questione, consistenti in ci�, che la responsabilit� dei due Ministeri convenuti, lungi dall'essere desunta da fatti penalmente rilevanti compiuti dai rispettivi funzionari e da questi estesa loro a norma dell'art. 28 Cost.,r� invece collegata d�rettamente al dovere, che essi avrebbero, in quanto organizzazioni statali, di intervenire a tutela della propriet� privata. . _ Vero �, piuttosto, che tale dovere non esiste. Esso {dovrebbe essere l'~t!~.--~~--un_.~apportp ob1Jligatorio fra Stato e ~�l1.!~()l~~�;��-di m_~Q eh"'._verso costui il primo fosse . tc;:11utQ.. ~Q gp,_ fi~!!�rminat() com.portamento p-;~t~ttf;(); solo cos�, i~fatti, potrebbe considerarsi lo Stato re~;~n-e;--fo�'base al principio di causalit� giuridica (art. 40, secondo comma, cod. pen. e S.U. 14 ottobre 1972, n. 3060) dei danni da altri provocati al cittadino stesso. Invece, tanto la prevenzione dei reati quanto la cura dell'incolumit� personale o dei beni individuali, attengono allo svolgimento di funzioni pubbliche, perch� lo Stato vi provvede con atti autoritativi ed in vista delle esigenze di conservazione dell'intera compagine sociale, dopo aver predisposto nella competente sede i mezzi che ritiene opportuni ed adeguati in un determinato contesto storico, secondo scelte che necessariamente dipendono da valutazioni discrezio nali di numerosi fattori. Con questo non si vuole concludere che il cittadino mai abbia possibilit� di reagire sul piano giuridico di fronte alla carente o insufficiente esplicazione dell'azione amministrativa. Pu� egli abbisognare particolarmente dell'intervento della forza pubblica, pel fatto di trovarsi esposto ad uno specifico pericolo o, addirittura, a danni alla sua persona o ai suoi beni. In tale situazione, il suo interesse, �lungi dal confondersi con quello generale alla prevenzione ed alla repressione degli illeciti, assume una propria, peculiare individualit� ed una propria urgenza. Esso non � pi� di mero fatto, ma giuridico e, come tale, � tutelabile innanzi agfi organi di giustizia amministrativa. Contro siffatta conclusione, che corrisponde ad un orientamento gi� seguito da questa Corte (SS.UU. 16 lug�io 1955, n. 2285; 30 maggio 1966, n. 1417; 10 giugno 1968, n. 1769; 14 ottobre 1972, n. 3060) e che conduce, da un lato, a negare la giurisdizione del giudice ordinario, dall'altro a respingere la tesi estrema del difetto assoluto di giurisdizione, sostenuta nel ricorso, non potrebbe opporsi che la stessa giurisprudenza delle Sezioni Unite ha sempre ammessa l'azione risarcitoria contro lo Stato, quando sia stata rifiutata l'assistenza della forza pubblica all'ese RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 444 cuzione di provvedimenti giurisdizionali (per lo pi�, convalide di sfratti: sentt. 22 febbraio 1926; 6 settembre 1952, nn. 2859-2861; 29 ottobre 1958, n. 3560; 1 agosto 1962, n. 2299). Le fattispecie sono diverse. Quella che ha formato oggetto delle pronuncie appena citate � l'attivit� materiale necessaria per consentire all'organo esecutivo della giurisdizione -l'ufficiale giudiziario -di attuare contro l'inadempiente la sanzione stabilita dalla legge ed applicata dal giudice a salvaguardia di un diritto soggettivo, eh~ l'ordinamento riconosce e garantisce in quanto tale (cos� specialmente, le due sentenze del 1958 e del 1962). Nel caso ora ir� esame, al contrario, l'ordine di sgombero degli immobili della Valmaggia, emesso dal Procuratore della Repubblica, non era preordinato tanto alla protezione della propriet� privata, quanto ad impedire che producesse ulteriori conseguenze una situazione di illiceit� penale, lesiva, quindi, di interessi generali; ed all'autorit� di pubblica sicurezza era stata affidata una funzione di polizia giudiziaria (artt. 219, 220 e 232 cod. proc. pen.'l:.J Deve pertanto, essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinariz;-(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1977, n. 5177 -Pres. Iannuzzi -Est. Mancuso -P. M. Raja (conf.) -A.N.A.S. (avv. Stato D'amato) c. Buonanno (avv. Chiacchio). Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Criterio di stima differenziale -Presupposti di applicabilit�. (Cost., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39, 40, 41). Espropriazion~ per p.u. -Indennit� -Vincoli di inedificabilit� previsti per legge -Non indennizzabilit�. (l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 40 e 41). Affinch� sia applicabile il criterio di stima differenziale previsto dagli artt. 40 e 41 L. n. 2359 del 1865 occorre che fra la parte espro priata e quella non espropriata sussista un vero e proprio vincolo ob biettivo, in modo che il distacco di una parte dell'immobile influisca sull'utilit� della seconda (in senso positivo o negativo) (1). Non � indennizzabile il pregiudizio derivante alla parte residua di un fondo espropriato se tale pregiudizio deriva come cpnseguenza ge nerale od ineluttabile della esecuzione dell'opera pubblica (2). (1-2) La sentenza in rassegna conferma :principi ormai fermi nella giurisprudenza del S.C. H senso conforme alila prima massima v. da ultimo sent. 29 novembre 1977, n. 5185, nonch� 29 dicembre 1975, n. 4047. Nello stesso senso della seconda sent. 26 febbraio 1975, n. 765, Consiglio �!i Stato 1975, Il, 689 ove richiami. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 445 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 dicembre 1977, n. 5261 -Pres. Danzi -Est. La Torre -P. M. Gambogi (conf.) -Ministero Difesa (avv. Stato Baccari) c. Credito Italiano (avv. Molle) e Siciliani De Cumis (avv. De Seta). Obbligazioni e contratti -Clausola penale prevista in capitolato generale Potere di riduzione ad equit� dell' A.G.O. � -Sussiste. (cod. civ., art. 1384). La disposizione dell'art. 1384 cod. civ., che prevede la riduzione della penale manifestamente eccessiva tenuto presente l'interesse economico del creditore all'adempimento, si applica anche quando detta penale sia stabilita a favore della P.A. in forza di causala del capitolato generale richiamato nel contratto (1). (Omissis). -4. -La Corte di Napoli, confermata sull'an debeatur la sentenza di primo grado, l'ha riformata in ordine al quantum, riducendo equamente -in accoglimento della subordinata istanza dell'appellante Siciliani -l'ammontare della penale convenuta per il caso di inadempimento (e liquidata dal tribunale): dall'importo di oltre venti milioni di lire, pari al 10 % del valore della merce non consegnata, alla minore somma di L. 10.231.880, pari al 5 % di tale valore. Ci� ha. statuito, a norma dell'art. 1384 e.e., sul riflesso che � la facilit� con la quale l'amministrazione militare poteva rifornirsi della merce presso altri pastifici delle zone vicioniori, sia pure con una lieve maggiorazione del prezzo (,1) Con l'autorit� delle Sezioni ~nite si conferma l'indirizzo contenuto nella sentenza de!Na 1� Sezione 22 novembre 1976, n. 4386 (in Foro it. 1977, I, 382) in ordine al riconoscimento all'A.G.O. del rpotere di riduzione della penale stabilita nei contratti a favore della P.A. Malgrado l'alto insegnamento devesi ribadire il sommesso, ma fermo dissenso sulla conclusione cos� confermata (le precedenti decisioni del S.C. di diverso avviso n. 419 del 1974 e 2766 del 1969 sono pubblicate in� questa Rassegna rispettivamente 1974, I, 489 e 1969, 762). Occorre dare pienamente atto a1 S.C. dell'ampiezza delila motivazione, ma il punto di maggiore dissenso sta nella premessa dell'argomentare, l� dove si afferma che gli interessi della p.a., in quanto persegiliti attraverso un contratto di diritto privato e non in forza di un atto di autorit� � sono pubblici solo in senso mediato e indiretto �, come se lo strumento utilizzato possa degradare la natura dell'interesse perseguito (v. in senso contrario la pacifica giurisprudenza della S.C. a proposito dei c.d. � mutui finalizzati � dove addirittura si afferma la inclusione nello schema privatistico del fine pubblico: cos� da ultimo sent. 11 settembre �1977, n. 4870, in questa Rassegna 1978, I, 437). Tale affermazione prescinde, infatti, da una attenta considerazione, come la difesa dell'Amministrazione non aveva mancato di sottolineare, della particolare disciplina dettata a proposito d~li enti pubblici soggetti a quella che � stata da autorevole dottrina denominata dell'evidenza pubblica. Secondo tale normativa l'attivit� negoziale dell'ente pubblico �, per cos� dire, doppiata da una fase procedimentale di natura squisitamente pubblicistica che serve ad in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pattuito col Siciliani, e quindi il suo non rilevante interesse all'adempimento fanno apparire senza dubbio eccessiva la penale pattuita �. � questa la pronuncia che l'Amministrazione della difesa investe col secondo motivo del suo ricorso, censurandola per violazione degli artt. 4 e 5 legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, nonch� dell'art. 1384 e.e. Tale norma -afferma il ricorrente -attribuisce al giudice il potere di ridurre la penale quando l'ammontare di essa appare manifestamente eccessivo, avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento: ma una siffatta indagine, proprio per il riferimento a questo interesse, �non � ammissibile quando il contratto � posto in essere dalla pubblica amministrazione per l'attuazione di fini pubblici�. Cio infatti comporterebbe la possibilit�, preclusa all'a.g.o. (ex artt. 4 e 5 legge cit.), di una diversa valutazione dell'interesse pubblico che l'autorit� ha gi� insindac~bilmente compiuto nel determinare l'ammontare' della penale: il che �si risolverebbe inevitabilmente in una sostituzione non consentita della volont� del giudice a quella della puoblica amministrazione nella sfera di attivit� e di determinazioni discrezionali-ad essa riservate �. Tanto pi� quando -come nella specie -la penale sia prevista � nelle condizioni generali 'da osservarsi per gli acquisti delle forze armate dello Stato, approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35 e richiamate espressamente nell'art. 8 del contratto di cui si tratta�. Prima di prendere in esame il su riassunto motivo di ricorso, oc corre avvertire che la questione di diritto con esso prospettata, e cio� se la qualit� di p.a. di uno dei contraenti sia o no di ostacolo all'ap plicabilit� dell'art. 1384 e.e. (riduzione della penale ope iudicis), � stata finora risolta in modo contrastante dalle Sezioni semplici di questa Su prema Corte. Per la soluzione affermativa, e. in base agli argomenti qui richiamati dalla difesa erariale, si � pronunciata la Sezione I con le sentenze 23 luglio 1969, n. 2766 e 14 febbraio 1974, n. 419. Ma in dividuare l'assetto degli interessi che il contratto da stipulare deve presentare per essere conforme al pubblico intresse. Una volta che tale assetto di interessi viene delineato, questo viene tra dotto in negozio privato, che � sog;getto a tutte le norme di diritto comune circa la sua validit� od efficacia. Ma resta ben inteso che la regolamentazione contrattuale dipende, per quan to r1gua1da la sua applicabilit� all'Amministrazione, anche dal corretto for marsi della fase pubblicistica antecedente ed eventualmente susseguente alla conclusione del contratto di diritto privato. Ci� significa anche che ogni modifica dell'assetto di interessi cristallizzato nel contratto importa una modifica della fase procedimentale precedente, e per essere '\nincolante per l'ente pubblico deve essere da questo approvata secondo le forme procedimentali pubblicistiche. Ma se ci� � esatto, ne deriva che non pu� ritenersi applicabile alla P .A,. l'art. 1384 cod. civ., che consente all'A.G.0. di modificare l'assetto contrattuale adeguandolo all'interesse economico del crecHtore interno al contratto, posto che PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 447 nessuna delle due sentenze (pressoch� identiche nella motivazione, che sul punto � piuttosto scarna) si fa cenno -sia pure per disattenderlo .....: al contrario precedente del 21 aprile 1965, n. 699, col quale l� Sezione III -premesso che �l'interesse del creditore all'ademp�mento della prestazione garantita dalla penale attiene soltanto ai fini patrimoniali cui si connetteva l'obbligazione rimasta inadempiuta e alla realizzabilit� aliunde di tali fini, senza che possano venire in considerazione gli ulteriori scopi cui l'oggetto della prestazfone avrebbe dovuto essere destinato secondo l'intenzione del creditore� -aveva optato per la soluzione negativa: non essere cio� di ostacolo all'esercizio giudiziale del potere di riduzione della penale il fatto che questa sia prevista a favore di una p.a., a nulla rilevando che essa si avvalga del contratto come strumento mediato per il conseguimento delle sue fina lit� istituzionali. E in quest'ultimo senso, riesaminata ex professo la questione (in una fattispecie in cui, come nella presente, si trattava d� condizioni generali d'oneri per la fornitura all'amministrazione militare, approvate con d.m. 20 giugno 1930), � tornata a pronunciarsi, con la sentenza 22 novembre 1976, n. 4386, la stessa Sezione I, che, dopo una meditata revisione dell'indirizzo giurisprudenziale seguito in precedenza (con le sentenze n. 2766 del 1969 e n. 419 del 1974) e aderendo all'opposto tale potere finisce per modificare anche e soprattutto l'assetto degli interessi determinati dalla P.A. nella fase procedimentale pubblicistica. Non si tratta, quindi, di affermare la prevalenza di una norma regolamentare (q1.11eMa del capitolato che fissa J'ammontare deHa �pena) su di una fogge (art. 1384), ma di conciliare norme di pari grado tra loro incompatibili: l'art. 1384 cod. civ., dettato esclusivamente per i rapporti di diritto comune, e quelle contenute nella legge di contabilit� generale che disciplinano il funzionamento della P.A. e che hanno, come ha riconosciuto con giurisprudenza costante lo stesso S.C., non solo forza vdncolante a!ll'interno, e anche nei confronti delll� generalit�. E non sembra dubbio che la norma speciale (quella appunto di contabilit�), prevalga su quella generale come impone d'altronde l'art. 11 cod. civ., tenendo conto anche della diversa natura degli interessi perseguiti. N�, infine, pu� invocarsi il rpotere dell'A.G.0. di disapplicare l'atto amministrativo perch� l'esercizio di tale potere .presuppone l'illegittimit� dell'atto, ci� che nella specie � assolutamente da escludere, dovendosi negare il potere del, J.'A.G.O. di sindacare l'assetto degli �interessi che fAmrninistrazione ritiene di dover dare, nelil'interesse pubblico, ad un rapporto anche privatistico. Quanto osservato non esclude, ovv+iamente, che '1'interesse del contraente privato aLIJa riduzione della penalle non possa trovare -in caso di manifesta eccessivit� una sua tute1a. Ma tale tute1a va riservata al giudice degili interessi, venendo in considerazione e in conflitto con l'interesse delfa PA. al mantenimento del� }'assetto degli interessi da essa predisposto (interesse di natura certamente 'pubblica). A. R. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 448 orientamento (gi� tracciato con la sentenza della Sezione III n. 699 del 1965), ha enunciato il seguente principio di diritto: � La norma dell'art. 1384 e.e., che prevede la riduzione della penale manifestamente eccessiva, avuto riguardo all'interesse (economico) che il creditore aveva all'adempimento, si applica anche nella ipotesi in cui la penale medesima � stabilita a favore della p.a. in forza di clausola del capitolato generale allegato al contratto. Il suddetto art. 1384 e.e., che ha carattere di norma inderogabile, prevale, importandone la disapplicazione, sulla norma secondaria del capitolato, che impone la rigida applicazione della multa, la quale, per effetto della eterointegrazione del contratto, acquista per il soggetto cui viene imposta normat~vamente qualificazione (anche) negoziale, legittimando il giudice ad operare rispetto alla clausola stessa in tale sua configurazione negoziale (non venendo in considerazione per effetto della disapplicazione la norma regol~mentare di segno contrario) la valutazione dell'interesse stesso in termini esclusivamente patrimoniali; e senza quindi che rilevi in alcun modo l'interesse pubblico in cui si coordinano gli ulteriori scopi� mediamente perseguiti attraverso il conseguimento della prestazione restando di conseguenza esclusa la violazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E�. Per le ragioni che qui di seguito verranno a esporsi, queste Sezioni Unite sono dell'avviso che la soluzione favorevole all'applicab11it� dell'art. 1384 e.e. debba senz'altro prevalere sulla tesi contraria, che, a ben riflettere, � priva di fondamento, 5. -Al ;fine di circoscrivere l'area del contrasto giurisprudenziale e di centrare cos� l'indagine sul punto in cui le due tesi divergono, conviene subito richiamare l'attenzione su �quei dati che, anche per l'indirizzo opposto a quello qui accolto, non sono di ostacolo all'applicabilit� del- l'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali con la p.a. Non osta anzitutto il fatto che tale n01:ma, compresa fra le disposizioni del titolo II (libro IV del cod. civ.), sia priva di specifici riferimenti a un determinato tipo di contratto (nella specie: somministrazione), poich� � tutti i contratti... sono sotoposti alle norme generali contenute in questo titolo� (art. 1323 e.e.); n� conta che i contraenti abbiano omesso di richiamarla, poich� � il contratto obbliga le parti non solo a quanto � nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge� (art. 1374 e.e.). Neanche � in s� di ostacolo la personalit�-giuridica pubblica di uno dei contraenti, poich� la speciale normativa che regola taluni aspetti antecedenti e susseguenti .al sorgere del vinculum iuris (come l� formazione della volont� dell'ente pubblico, la scelta del privato contraente, la stipulazione e l'approvazione del contratto) non esclude che, a parte la deroga dello ius singulare e per quant'altro attiene alla vicenda contrattuale (esistenza, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE validit�, efficacia, interpretazione ed esecuzione del negozio), ogni questione ricada sotto il dominio del diritto comune. N� una norma di legge, come l'art. 1384 e.e., pu� essere validamente derogata da una norma regolamentare, atteso il ruolo subordinato che questa occupa rispetto a quella nella gerarchia delle fonti del diritto (art. 1 e 4 disp. prel. e.e.). Se poi si considera il carattere cogente dell'art. 1384 e.e. -quale norma dettatft a salvaguardia non solo dell'interesse particolare del debitore, ma anche e soprattutto dell'interesse generale, al cui servizio si pone il potere equitativo affidato al giudice per impedire sconfinamenti dell'autonomia contrattuale oltre certi limiti di equilibrio -� chiaro che n� ab externo, attraverso l'esercizio della potest� regolamentare dell'amministrazione (art. 4 disp. prel. cit.), n� ab interno, nello svolgimento .dell'autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 e.e.), si pu� giungere al risultato di rendere dispositiva una norma che � imperativa. Onde le condizioni generali d'oneri non possono comportare decadenza dalla azione giudiziaria di reductio ad aequitatem delle penali manifestamente eccessive, � giacch� esse, come fonti normative non aventi forza di legge, dovrebbero essere disapplicate se la comminassero, introducendo una non consentita restrizione alla funzione equitativa affidata al giudice dall'art. 1384 �. Cos� testualmente la sentenza n. 2766 del 1969, seguita dalla n. 419 del 1974, che, ci� malgrado, hanno escluso l'applicabilit� delrart. 1384 nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. E l'hanno esclusa sotto il riflesso che il giudice, dovendo esercitare il suo potere equitativo con riferimento all'interesse del creditore, non pu� svolgere una siffatta indagine in seno a un contratto posto in essere dalla p.a. � per l'attuazione dei suoi firii pubblici�, .poich� ci� �si risolverebbe in una valutazione dell'uso del potere discrezionale... ed in un sindacato di merito del capitolato generale che stabilisce le multe, cio� in un sindacato di merito di un atto amministrativo, non consentito dall'art. 5 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E� (v. sentenza n. 2766 del 1969). Starebbe in ci�, dunque, l'unico ostacolo -per cos� dire formale e indiretto -che impedisce al giudice l'esercizio della sua funzione equitativa: egli infatti non potrebbe sovrapporre la sua volont� a quella che la p.a. ha gi� espresso quando ha affidato al contratto la tutela del proprio interesse (per l'attuazione dei suoi fini pubblic�). Il che � quanto dire -invertendo i termini del rapporto -che in presenza di un soggetto particolarmente qualificato per la superiorit� degli scopi perseguiti, come l'ente pubblico, la valutazione unilaterale che questi abbia fatto del suo interesse contrattuale si sovrappone insindacabilmente alla diversa e pur imparziale valutazione che il giudice possa farne nell'esercizio del potere correttivo a lui conferito ,dalla legge (quale organo super partes e senza restrizioni a parte obiecti o a parte subiecti). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 450 Assunto, code,sto, che potrebbe essere condiviso solo a patto di .postulare: per un verso, la subordinazione di un contraente (soggetto privato) al potere poziore dell'altro (ente pubblico), con la conseguenza di una tutela contrattuale sbilanciata dalla parte di quest'ultimo anche nel settore di pertinenza del diritto comune; per altro verso la riserva al contraente favorito (p.a.) di una posizione di immunit� rispetto ai poteri decisori del giudice, che sarebbe libero quindi di esercitarli a carico di una parte (privata) ma non dell'altra (pubblica). Il che -per quanto ora si dir� -non � sostenibile. 6. -� noto cbe la pubblica amministrazione gode di poteri di supremazia nei confronti dei consociati e di una posizfone di (relativa) indipendenza dalla funzione giudiziaria (ex artt. 2, 4 e 5 legge n. 2248 del 1865, all. E) allorch� agisce iure imperii, -cio� nell'esercizio di quelle potest� di diritto pubblico che, non sulla base d�l consenso altrui, ma in forza dell'autorit� propria, le permettono di raggiungere in modo diretto e immediato le sue finalit� istituzionali. Ci� non toglie che essa, al pari di ogni altro soggetto dell'ordinamento, possa entrare in rapporto con i terzi agendo iure privatorum, cio� nell'esercizio della comune capacit� di diritto privato di cui � tipica espressione l'autonomia contrattuale (art. 1322 e.e.), che trova o rende uguali i soggetti che dell'accordo si avvalgono �per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale� (art. 1321 e.e.). Si capisce che anche in questo campo gli scopi della p.a., appunto perch� suoi, non possono essere che pubblici; ma appunto perch� perseguiti sulla base di un accordo e non in forza di un atto di autorit�, sono pubblici solo in senso mediato e indiretto: ci� perch�, dovendosi realizzare per il tramite di . un contratto di diritto privato, che offre una tutela paritaria e non privilegiata rispetto all'altro contraente, quegli scopi non rilevano n� sori.o protetti in quanto propri dall'ente pubblico, ma solo se e nella misura in cui lo consente il regolamento negoziale prescelto dalle parti per la composizione degli opposti interes~i. Questa fondamentale distinzione, fra � amministrazione-autorit� � (che agisce iure imperii) e �amministrazione-contraente� (che agisce iure privatorum), � indicativa del diverso statuto giuridico che fa capo all'una o alraltra delle due sfere di attivit�: dominate, rispettivamente, dal regime pubblicistico dell'atto amministrativo (ex art. 4 e 5 legge del 1865, cit.) e dalla disciplina privatistica del contratto (ex art. 1321 e seg. e.e.). � precisamente questo il dato da cui occorre procedere e sul quale occorre soffermarsi per inquadrare nei suoi giusti termini il problema che qui interessa. Quando la pubblica amministrazione, o perch� non vuole o perch� non pu� avvalersi della potest� di imperio per la realizzazione diretta e immediata delle sue finalit� istituzionali, queste persegue, ma in PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE via indiretta e mediata, attraverso l'esercizio della sua capacit� di diritto privato (per. es.: acquista un terreno invece di espropriarlo o di occuparlo; prende in locazione un immobile invece di requisirlo; commette in appalto un'opera invece di eseguirla in proprio, etc.), la scelta dello strumento contrattuale in luogo di quello autoritario la pone in una situazione giuridica del tutto diversa: sia di fronte ai privati, sia di fronte al giudice. Con tale scelta, infatti, la p.a. viene a collocarsi in una posizione di uguaglianza rispetto al soggetto col quale contratta, accettando per ci� stesso di assoggettarsi alle regole di diritto comune, come a ogn'altra conseguenza -favorevole o svantaggiosa -che da queste regole e da quella posizione deriva nei suoi confronti. E ci� senza che il giudice ordinario, chiamato a dirimere la controversia eventualmente insorta col privato contraente, incontri limiti alf'esercizio della sua potest� giurisdizionale o debba subordinare la sua pronuncia a una tutela preferenziale dell'ente pubblico. Pertanto, una volta che l'interesse della p.a. � stato affidato al contratto di diritto privato, che postula la cooperazione dell'altro contraente su un piano di parit� formale, � soltanto su questo piano e sul metro di questo contratto che quell'interesse pu� e deve essere giudizialmente misurato: al fine appunto di stabilire, nel quadro dell'invocata tutela negoziale, se sia fondata o meno (nell'an e nel quantum) la pretesa che la creditrice amministrazione ricollega al fatt<;> che l'altra parte non ha eseguito la prestazione promessa o l'ha eseguita tardivamente� Una siffatta pretesa potr� avere per oggetto �la risoluzione del contratto per inadempimento (art. 1453 e.e.) o la risoluzione di diritto per l'inutile scadenza del termine essenziale (art. 1457 e.e.) o il pagamento della penale pattuita per il caso di man�ato o ritardato adempimento (art. 1382 e.e.) e che � pu� essere equamente diminuita dal giudice � (art. 1384 e.e.): certo � che quest'ultimo, in tanto potr� pronunciare sull'una o sull'altra delle su indicate ist�nze, in quanto non gli sia inibita proprio quell'indagine di fatto che la legge gli impone di svolgere in merito. Si tratta precisamente di accertare, e con riferimento a tutti e tre i casi ora ipotizzati, l'interesse che aveva il creditore all'esatto adempimento della prestazione mancata o ritardata. Infatti: nel primo caso � il contratto non si pu� risolvere se l'adempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra� (art. 1455 e.e.); nel secondo 'caso il contratto s'intende risoluto solo � se,il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra� (art. 1457 e.e.); nel terzo caso -del quale qui specificamente si discute -la penale pu� essere diminuita equamente dal giudice se il suo ammontare � � manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento � (art. 1384 e.e.). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 452 Orbene, questo interesse -la cui valutazione � rimessa al giudice ed � indispensabile per risolvere la controversia -deve essere riguardato esclusivamente dal punto di vista contrattuale e oggetfivo. � Contrattuale � in quanto interno e non esterno al contratto, il quale non pu� tutelare altri interessi fuor di quelli che ineriscono alla sua struttura e alla sua funzione, concretandone la causa (cfr. artt. 1321, 1325, 1372, e.e.): per cui se, con l'attesa prestazione, taluna delle parti -soggetto privato o ente pubblico -intendeva perseguire scopi estranei o ulteriori o indiretti rispetto al contenuto del negozio posto in essere, di codesti fini, che trascendono il mezzo tecnico prescelto, non si pu� n� si deve tener conto. L'interesse, oltre che contrattuale, deve essere poi �oggettivo �, nel senso che l'esistenza e l'importanza di esso si giudicano dalla intrinseca natura dell'affare o dall'indole stessa della prestazione o, comunque, dalla co~une volont� delle parti quale risulta oggettivata nelle clausole contrattuali; non rileva quindi la mera considerazione soggettiva che, al di fuori di un diretto e controllabile aggancio alla realt� negoziale, il singolo contraente -privato o p.a. -ritenga di poter fare del suo interesse. Il quale, in definitiva, atteso il carattere patrimoniale del contratto (art. 1321 e.e.) e della prestazione che ne forma oggetto (art. 1174 e.e.), va commisurato al valore economico dell'attesa prestazione e al disvalore che la sua mancanza produce nel patrimonio del deluso creditore. Onde, a seconda che costui possa o no procurarsi aliunde il bene. promesso, la lesione dell'id quod interest si concreter� ~ispettivamente nel maggior costo della prestazione vicaria o nelle conseguenze economiche negative della prestazione mancata: senza per� che, nell'un caso o nell'altro, il creditore possa vantare e il giudice debba accertare l'esistenza di scopi eccedenti o ulteriori rispetto a quelli riconducibili alla nozione di interesse nel senso �contrattuale�, �oggettivo� ed �economico �, come innanzi precisato. Se questo e non altro, dunque � l'interesse che deve essere apprezzato dal giudice per stabilire se � l'ammontare della penale � manifestamente eccessivo� (art. 1384 e.e.), non si vede come una tale indagine possa essere impedita dal fatto che il creditore sia un ente pubblico. Dire che la pronuncia del giudice verrebbe in tal caso a coinvolgere o pregiudicare le finalit� pubblicistiche perseguite dall'ente, � proposizione della cui inesattezza, dopo quanto si � esposto, non pu� dubitarsi: si � gi� visto, infatti, che l'uso dello strumento contrattuale rende mediate e indirette quelle finalit�, mentre l'interesse pubblico che ad esse si riconnette � del tutto diverso e non coincidente con l'interesse contrattuale nel senso sopra chiarito. Non senza soggiungere che, a voler differenziare e salvaguardare la posizione contrattuale della p.a. in grazia di quell'interesse pubblico che sempre essa ha di mira (pur se in via mediata e indiretta), mai allora sarebbe possibile configuare un'attivit� PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE di diritto privato d�ll'ente pubblico, n� mai vi sarebbe una uguale dignit� degli interessi in conflitto davanti al giudice ordinario (cfr. sul punto, in motivazione, S.U. n. 1169 del 1973). Parimenti errata si rivela l'affermazione secondo cui il giudizio espresso dal magistrato, intorno all'ammontare (eccessivo o meno) della penale, verrebbe a invadere il campo della discrezionalit� amministrativa. Se con ci� si intende dire che il magistrato non pu� ridurre la misura di una penale gi� determinata dalla p.a. in una disposizione del capitolato generale, in quanto l'esercizio del potere giudiziale sarebbe: a) da un lato precluso dalla forza normativa di tale disposizione; b) dall'altro incompatibile 'con la scelta discrezionale da cui essa trae origine, � agevole replicare che, in realt�, non sussiste n� l'uno n� l'altro dei due prospettati ostacoli. Non il primo (sub a) perch� il contrasto fra una norma di legge, per di pi� inderogabile (come l'art. 1384 e.e.), e una norma regolamentare di segno contrario (come quella contenuta nel capitolato) si risolve con la prevalenza di quella su questa e non viceversa (artt. 1 e 4 disp. prel.); onde una disposizione eventualmente preclusiva del potere riduttivo concesso al giudice sarebbe senz'altro da disapplicare, in quanto non conforme alla legge (art. 5 legge n. 2248 del 1865, cit.). Rimosso il primo ostacolo, cade anche ilsecondo (sub b), poich� la scelta discrezionale sulla cui base l'autorit� ha fissato nel capitolato l'ammontare della penale, in via astratta e generale, non viene rimessa in discussione n� tanto meno intaccata dalla pronuncia del giudice. Questo infatti -senza esercitare alcun sindacato di merito sulla disposizione regolamentare, che in quanto tale non forma oggetto di revoca o di modifica, ma di semplice disapplica" zione per la parte contrastante con l'art. 1384 e.e. -si limita a statuire se nel caso concreto, e solo nel caso concreto, l'ammontare della penale .prevista dalla clausola corrispondente alla norma del capitolato (recepita o richiamata nel negozio) sia o no �manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento � (art. 1384): interesse che, ovviamente, non � sempre il medesimo, prestandosi a una differente valutazione secondo le mutevoli circostanze del caso. Oggetto dell'indagine giudiziale, dunque, non � la norma regolamentare in quanto tale ma in quanto inserita nel singolo rapporto per cui � causa, ossia la clausola contrattuale corrispondente. E poich� l'altro termine di confronto � l'interesse df'.l creditore all'adempimento, che -giova ancora ribadirlo -va inteso in senso �contrattuale, oggettivo, economico � e non gi� con riferimento all'interesse pubblico sotteso alla formazione del capitolato, o mediamente perseguito a mezzo del negozio, non v'� nulla da cui possa dedursi che il giudice, nello svolgere l'indagine e nell'emettere la pronuncia di cui all'art. 1384 e.e., venga a invadere il campo riservato alla discrezionalit� amministrativa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se poi si vuole sostenere che, cos� operando, il magistrato finisce col sostituire la sua volont� a quella che fu espressa dalla p.a. nello stipulare il contratto, la fragilit� dell'assunto risulta ancora pi� evidente. E sotto molteplici aspetti. Si deve in primo luogo osservare, tenendo presente la gi� sottolineata distinzione fra amministrazione �autorit�� (che agisce iure� imperii) e amministrazione �contraente� (che agisce iure privatorum), che i limiti posti al giudice ordinario nei confronti di quella non valgono nei confronti di questa: per cui, se la �volont� espressa m un atto amministrativo non .pu� essere modificata dall'a.g.o. (ex art. 4 legge n. 2248 del 1865, cit.), lo stesso divieto non si estende al contratto di diritto privato, che � interamente regolato -salvo speciali deroghe -dalla legge comune. � inoltre da osservare che, attesa la posizione di formale parit� in cui si trovano i due contraenti {soggetto privato ed ente pubblico) e considerata la sintesi negoziale cui d� luogo �T'accordo delle parti� (artt. 1321 e 1325, n. 1, e.e.), non vi � una volont� dell'un contraente che emerga o prevalga su quella dell'altra, . ma la �comune intenzione� di entrambi (arg. ex artt.� 1321 e 1362 e.e.): il che significa che il giudice, quando riduce la penale convenuta nel contratto, non modifica la volont� della (contraente) amministrazione pi� di quanto non modifichi la concorde volont� del contraente privato, l'una e l'altro essendo ormai fuse e indistinguibili nell'unit� della clausola contrattuale. Ed � appunto sul contenuto di questa clausola -espressione di' una volont� comune, non della sola amministrazione -che si esercita il potere equitativo previsto con norma inderogabile dall'art. 1384 e.e.; il cui scopo -come si � detto -� di consentire al giudice, a tutela di un interesse generale e anche contro l'accordo delle parti, la possibilit� di rivedere la misura della pattuita penale, rivalutarla nel contesto della singola vicenda contrattuale, confr�ntarla con l'interesse .leso e, se appare manifestamente e�cessiva, ridurne l'ammontare per riportarla ad equit�. Solo cos� si pu� mitigare l'asprezza di una pena privata che, se applicata nella sua totalit�, condurrebbe a sconfinamenti dell'autonomia contrattuale oltre certi limiti di equilibrio: limiti che la coscienza sociale, di cui il giudice si fa interprete e tutore, richiede invece siano salvaguardati mediante l'uso di quello strumento correttivo all'uopo predisposto dalla legge (art. -1384 e.e.). Strumento senza dubbio eccezionale, dato che la regola � la non modificabilit� dei patti ope iudicis; ma nei pur rari casi in cui la legge lo prevede, conferendo al magistrato un potere d'intervento sostitutivo o modificativo della volont� contrattuale (come nel caso appunto dell'art. 1384; cfr. anche l'art. 1526, comma 2, e.e.), l'esercizio di un tale potere non � condizionato ratione subiecti, n� incontra altre limitazioni fuor -di quelle stabilite dalla ni:>rma che lo legittima. E si � visto che il principio di parit�, su cui si fonda la disciplina giurisprivatistica del contratto, PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE non annette rilevanza alla qualit� soggettiva (privata o pubblica) del contraente che invoca o subisce il rimedio; onde l'art. 1384 e.e., come � applicabile nei confronti dell'uno (soggetto privato), cos� lo � nei confronti dell'altro (ente pubblico). 7. -Dopo quanto si � esposto per dimostrare che nessuno ostacolo si oppone all'applicabilit� dell'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali con la p.a., occorre ora darsi carico nei contrari rilievi che sono stati avanzati dalla difesa erariale nella memoria illustrativa del ricorso. Ma si tratta di rilievi che, gi� alla stregua delle considerazioni che precedono e con l'aggiunta di quelle che seguono, riesce agevole confutare, siccome infondati o inconferenti. A) Cos�, anzitutto, � a dirsi dell'obiezione secondo la quale la p.a. � non pu�, assumere � impegni o concludere contratti se non nei modi e nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti�: ci� infatti attiene ai presupposti di esistenza� e validit� del vinculum iuris che l'ente pubblico viene a stringere col privato contraente, ma la cosa non spiega alcuna influenza sul problema del -quale si discute. � chiaro che se ricorre una causa 'di invalidit� (sia essa prevista dal codice civile o dalle speciali norme che regolano la formazione e la dichiarazione della volont� dell'ente pubblico), il problema non sorge neppure, poich� il giudice, anche in una controversia fra due soggetti privati, in tanto pu� esercitare il potere di riduzione della penale (ex art. 1384) in quanto il contratto che la contiene sia giuridicamente valido ed efficace, solo un tal negozio essendo suscettibile di quella riduzione equitativa ape iudicis che, altrimenti, non ha modo di esplicarsi nei confronti di un contratto (che deve essere dichiarato) nullo e, come tale, improduttivo di qualsiasi effetto. B) Cos� pure � a dirsi dell'obiezione secondo cui, dovendo la p.a. far presente � a quali penali la controparte andra incontro � in caso di mancato o tardivo adempimento, � � giusto e doveroso che. lo faccia in inodo predeterminato con caratteri di generalit� e di uguaglianza... senza lasciare spazio a trattative specifiche su un punto cos� delicato�: affermazione senz'altro accettabile, ma del tutto irrilevante. Non s� dubita invero del potere che spetta alla p.a. di predeterminare nei suoi capitolati le condizioni generali di contratto e di imporle a chi vi aderisce senza poterla discutere; n� si dubita della validit� di tali condizioni, compresa quella che prevede la misura della penale. Si � appena ricordato, anzi, che la validit� della relativa clausola -corrispondente alla no:rma del capitolato -� proprio il presupposto in forza del quale si rende in pratica possibile la riduzione ape iudicis (ex art. 1384 e.e.). Ci� per l'appunto postulando un negozio, in s� valido e lecito, che la legge lascia al controllo e alla eventuale revisione equitativa del giudice. E si � in precedenza chiarito che, quando il magistrato riduce RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 456 la penale, ci� egli fa a seguito di una indagine che ha per oggetto diretto e immediato, da un lato, la clausola negoziale (non la corrispondente norma regolarmente), dall'altra le ripercussioni dell'inadempimento sull'interesse economico leso (non quindi su altri interessi); onde la sua pronuncia, legata a una puntuale valutazione delle circostanze che caratterizzano il caso preso in esame (e non tutti gli altri casi possibili), rimane circoscritta al singolo contratto, senza coinvolgere n� sindacare la misura della penale quale risulta fissata nel capitolato generale e che sar� suscettibile di integrale applicazione quante volte non si riveli � manifestamente eccessiva � avuto riguardo alle concrete e variabili circostanze del caso. C) Non giova obiettare che � il contratto, una volta stipulato, deve essere approvato dall'organo competente perch� vincoli la p.a. �: infatti, posta la distinzione fra l'atto e l'oggetto del controllo, una cosa � il provvedimento amministrativo cli� approva, altra � il contratto che viene approvato, solo su questo e non su quello incidendo la pronuncia equitativa del giudice. L'atto di approvazione, come non vale a sanare un contratto, se esso � viziato, cos� non vale a sottrarlo alla correzione ope iudicis quando questa -come nel caso appunto dell'art. 1384 e.e. -� ammessa dalla legge. N� � fondato il rilievo secondo cui l'a,g.o. non potrebbe esercitare un tal potere �senza influire sull'attivit� tipicamente amministrativa che precede e segue la stipula del contratto stesso, in spregio ai divieti posti dalla legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo �. Si � gi� spiegato, invero, che questi divieti non valgono per le controversie sui contratti di diritto privato: riguardo ai quali l'attivit� antecedente e susseguente che la p.a. svolge per valutarne da parte sua la regolarit� e la convenienza non toglie che l'a.g.o., nell'esercizio della sua potest� giurisdizionale e proprio al fine di dirimere la lite insorta fra i due contraenti (ente pubblico e soggetto privato), possa e debba pronunciarsi nelle forme repressive che sono tipiche di questa materia, come per es. annullando il contratto o dichiarandolo invalido o inefficace, qualora esso -malgrado il contrario avviso della p.a. -risulti privo di un elemento essenziale o viziato o contrario alla legge o esorbitante dai limiti posti all'autonomia contrattuale (cfr. nell'ordine gli artt. 1325, 1427 e seg., 1418, 1322 e.e.). E non si vede perch� il noto divieto, che in tutti questi casi e in altri consimili -come ammette la stessa difesa erariale -non pu� ratione materiae operare, dovrebbe essere di ostacolo, nella medesima materia, ad una pronuncia giudiziale del tipo previsto dall'art. 1384 e.e.: quando il magistrato, in forza di un potere di equit� conferitogli espressamente (e sia pure eccezionalmente) dall'ordinamento, � legittimato a un intervento sostitutivo o correttivo (anzich� repressivo) della volont� negoziale, per PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE togliere al contenuto di una clausola, in s� valida, quell'eccesso che la rende iniqua. Ma iniqua -� bene ribadirlo -in quanto viene giudicata t&le nella sua applicazione al caso concreto e � avuto sempre riguardo all'i.nteresse che il creditore aveva all'adempimento� del singolo contratto di cui si discute: non, quindi, in quanto venga criticata come condizione generale tipo o come norma regolamentare, dettata per una serie indefinita di contratti e suscettibile di utile applicazione in altre fattispecie. D) La difesa erariale si � poi richiamata alla giurisprudenza che esclude l'applicabilit� degli artt. 1341 e 1342 e.e. nei confronti dei contratti predisposti dalla p.a. -il cui operato si ispira a finalit� di interesse generale -per dedurne che analoga opinione dovrebbe valere anche per l'art. 1384 e.e. attesa l'identit� della ratio, consistente a suo avviso nel �sottrarre il contraente debole alla sopraffazione del contraente forte, il quale pu� profittare di tale sua qualit� per imporre all'altro condizioni inique �. Ma � una analogia che non regge. Scopo degli art. 1341 e 1342 e.e. � di attenuare la posizione di vantaggio economico in cui si trova la parte che predispone le condizioni generali di contratto, rispetto al contraente che ad esse aderisce senza discuterle e talora senza conoscerle: per questo il comma 2 dell'art. 1341 (richiamato dal comma 2 dell'art. successivo) stabilisce che � in ogni caso non hanno effetto,, se non sono specificamente approvate per iscritto>>, talune condizioni che la legge considera vessatorie, o perch� favoriscono la posizione del predisponente o perch� aggravano quella dell'aderente. Ora, a parte il duplice rilievo che fra tali condizioni non � compresa la clausola penale e che questa grava sul debitore della prestazione, il quale non sempre � il contraente pi� debole, sta di fatto che la funzione dell'art. 1341 si esaurisce nell'imporre l'onere della specifica approvaziqne scritta: soddisfatto quest'onere, null'altro occorre affinch� le condizioni approvate, e fra esse anche il patto pi� vessatorio, producano inter partes tutti i loro effetti (art. 1321, 1322, 1372 e.e.), senza che al giudice sia dato in alcun modo di impedirli o correggerli mediante una revisione equitativa del regolamento negoziale. Proprio questa, invece, � la funzione che l'art. 1384 e.e. assegna al giudice quando gli conferisce il potere di ridurre la penale �manifestamente eccessiva�: a nulla rileva che essa sia stata o no predisposta dal contraente pi� forte o che venga o no a gravare sul contraente pi� debole, perch� lo scopo della norma, a parte la tutela del singolo debitore, sta soprattutto nella salvaguardia di quell'interesse generale che, malgrado e contro l'accordo delle parti, esige -come si � detto -che non si verifichi uno sconfinamento dell'autonomia contrattuale oltre certi limiti di equilibrio. Ebbene, lo stabilire nel �caso concreto se, e di quanto, questa frontiera sia stata oltrepassata forma oggetto di una puntuale indagine di fatto, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La cui funzione equitativa, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO appunto perch� a lui affidata quale organo super partes, non pu� di certo essere prec;:lusa o impedita dalla qualit� soggettiva (pubblica o privata) dell'una o dell'altra delle due parti in causa. E) Dire che, nelle penali dei contratti stipulati dall'Amministrazione, il fine pubblico da questa perseguito fa s� che �l'elemento di coercizione all'adempimento � quanto meno prevalente, se non esclusivo, in ragione di un interesse non meramente patrimoniale � -come ancora afferma la ricorrente -non � un valido argomento per negare al giudice quel potere di riduzione della penale che la legge gli concede. Non lo � sotto il profilo della insindacabilit� del fine pubblico, al quale mira (ma in via mediata e indiretta) l'amministrazione �contraente�, perch� non � di questo fine -estraneo in s� alla causa del contratto -che deve occuparsi il magistrato, la cui i'ndagine verte esclusivamente sul rapporto fra l'ammontare della penale e l'interesse del creditore, inteso nel senso �contrattuale oggettivo economico� di cui sopra si � ampiamente discorso. Non lo � neppure sotto il profilo delle scelte discrezionali che l'amministrazione �autorit�� ha adottato nel formulare il capitolato generale contenente la penale, perch� questa, venendo in esame pel suo concreto inserimento nello specifico rapporto contrattuale, non perde il suo carattere di pena privata, che, come 'tale, � soggetta al controllo equitativo ape iudicis. Non lo � infine sotto il profilo della prevalenza che, per un tal genere di penali, dovrebbe riconoscersi alla funzione coercitiva o sanzionatoria rispetto a quella puramente risar�itoria, perch� ci� non toglie che la misura della pena pecuniaria possa ugualmente impingere in quel �manifesto eccesso� ad evitare il quale sta appunto la norma inderogabile da cui trae fondamento il potere correttivo del giudice. Cad�� cos� l'ultima obiezione che, con la memoria illustrativa del suo ricorso, la difesa dello Stato ha prospettato contro l'applicabilit� dell'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. -(Omissis). I !, 11 . . I SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. PI., 20 gennaio 1978, n. 1 -Pres. Uccellatore, Est. Catallozzi -Banco di Roma (avv. Sandulli) c. Prefetto di Salerno (avv. Stato Imponente), Comune di Cuccaro Vetere e Consoli (n.c.) Appello 'avverso ordinanza T.A.R. Campania 20 aprile 1977, n. 1748. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale � Giudizio di impugnazione -Estensione dell'impugnabilit� alle ordinanze di sospensione � Ammissibilit� -Sussiste. Giustizia amministrativa . Ricorso giurisdizionale � Giudizio di impugnazione . Ordinanze di sospensione . Procedura innanzi al Consiglio di Stato -Rito camerale � Necessit�. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ordinanza sulla sospensiva -Decisione del Consiglio di Stato in sede di appello -Cessazione degli effetti. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di impugnazione . Appello avverso ordinanza pronunziata sull'istanza di sospensiva -Termine di 60 giorni -Applicabilit�. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato -Applicabilit� dell'istituto della revocazione � Sussiste. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato � Revoca per fatti sopravvenuti Individuazione dell'organo giurisdizionale competente a pronunciare la revoca. Prefetto -Conferimento d'ufficio di esattoria comunale -Istanza di sospensione del provvedimento -Presupposti per l'accoglimento -Individuazione. Poich� l'ordinanza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale in camera di consiglio, che pronunci sull'istanza di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, riveste natura decisoria in quanto volta a dirimere la lite cautelare con effetti analoghi a quelli� della sentenza e con conseguente attribuzione, a favore di una delle parti, di posizioni di vantaggio tutelate dalla legge, non sussistono ragioni valide per escluderne l'appellabilit� al Consiglio di Stato ex art. 28, 2� co. L. 6 dicembre 1971, n. 1034 da parte del soggetto soccombente (1). (1-7) Sulla appellabilit� delle ordinanze di sospensione dei T.A.R. la Sez. IV con ordinanza 14 giugno 1977, n. 41 aveva ritenuto di dover deferire la relativa questione alla Adunanza Plenaria dopo essersi in precedenza espressa in senso RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 460 � richiesta la forma della pronuncia in' camera di consiglio in ordine alle decisioni da parte del Consiglio di Stato sugli appelli avverso le ordinanze con cui il T.A.R. abbi� pronunciato sulle istanze di sospensione proposte dai ricorrenti in primo grado (2). La decisione di sospensione del provvedimento impugnato, adottata dal Consiglio di Stato in sede di impugnazione avverso la pronuncia del T.A.R. sulla medesima istanza di sospensione cessa di produrre effetti non appena intervenga la pubblicazione della sentenza che decida il merito in 1� grado, pubblicazione comunque idonea, altres�, a far dichiarare la carenza sopravvenuta di interesse del procedimento cautelare che non risulti nel frattempo definito (3). Per la proposizione dell'impugnativa avverso le ordinanze del T.A.R. che pronuncino sulle domande di sospensione del provvedimento impugnato trova applicaztone lo stesso termine di 60 giorni previsto per l'appello avverso le sentenze del T.A.R. (4). Poich� l'ordinanza con cui il T.A.R. pronuncia sulla sospensione del provvedimento impugnato ha natura sostanziale di sentenza, nei confronti della stessa trova applicazione l'istituto della revocazione come disciplinato dagli a.rtt. 28, 1� co., L. 6 dicembre 1971, n. 1034 e 395-396 c.p.c. (5). Qualora il mutamento della situazione di fattq, che giustifichi la istanza di revoca del provvedimento adottato sulla domanda di sospensione dell'atto impugnato, sia intervenuto dopo l'inutile decorso del termine per appellare l'ordinanza del T.A.R. che .ha deciso sulla sospensiva, la domanda di revoca di quest'ultima dovr� essere presentata al T.A.R., mentre essa andr� presentata al Consiglio di Stato qualora il mutamento sia intervenuto dopo che detto organo, adito .in sede di impugnazione dell'ordinanza di sospensiva, si sia pronunciato in sede di appello sulla sospensione medesima (6). I presupposti per l'accoglimento della istanza di sospensiva di un decreto prefettizio di conferimento d'ufficio ad un istituto di credito dell'esattoria comunale in caso di vacanza esattoriale possono individuarsi affermativo con ordinanza 22 aprile 1977, n. 28 (in Il Consiglio di Stato 1977, I, 563), con la quale peraltro la Sezione si era posta in netto contrasto con il diverso orientamento delle Sezz. V e VI (delle quali ricordiamo le decisioni Sez. V, 12 luglio 1974, n. 386, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 958; 29 ottobre 1976, n. 1323, ivi, 1976, I, 1060; Sez. VI 14 marzo 1975, n. 107, ivi, 1975, I, 347; 3 giugno 1975, n. 183, ivi, 1975, I, 920). Sull'a:r:gomento in dottrina cfr. JANNOTTA R., Sull'appellabilit� del provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale in materia di sospensiva, in Riv. dir. proc. 1975, 160; SATTA F., Sospensione dJel provvedimento im'pugnato e doppio grado di ,giudizio, in Foro It. 1977, III, 233; GARGIULO, Sulla ammissibilit� della domanda di sospensione delle decisioni giurisdizionali amministrative, in Foro lt. 1948, III, 183. L'Adunanza Plenaria ha ritenuto impugnabile il provvedimento che decide sulla sospensione per effetto della natura decisoria del medesimo, in rispetto PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 461 nelle seguenti circostanze: a) non manifesta infondatezza del ricorso; b) sussistenza di danno irreparabile a causa della non risarcibilit� delle perdite subite per effetto dell'accoglimento del gravame proposto in prime cure; e) concreta possibilit� che l'interesse pubblico alla regolare percezione delle entrate comunali venga idoneamente garantito attraverso la nomina di delegati governativi per l'affidamento consensuale del servizio di esattoria (7). della interpretazione logico-sistematica degM artt. 125, 2� comma, 3, 0 1 comma, 100, 1� comma e 103, 1� comma, della Costituzione e in conformit�, altres�, al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui si era in passato ritenuto costantemente che fossero appellabili al Consiglio di Stato le pronunzie delle Giunte Provinciali Amministrative in sede giurisdizionale sulle domande di sospensione (che dovevano essere emanate con decreto motivato ai sensi degli artt. 8 I. 6837/1890; 8 t.u. 639/1907 e 11 t.u. 1058/1924) pur in assenza di una esplicita previsione normativa al riguardo (cfr. �d es. Sez. V, 30 aprile 1965, n. 468, in Il Consiglio di Stato 1965, I, 736). CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 7 febbraio 1978, n, 4 -Pres. Uccellatore Est. Caianiello -Soc. Otanid (avv. Prosperetti) c. Giunta Regionale Toscana (avv. Stancanelli) e Comitato provinciale caccia di Grosseto (n.c.); Aliano (avv. Troccoli) c. Provveditore agli studi di Bari (avv. Tarin) e Fiore ed altro (n,c.); Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Onufrio) c. Pannuti (avv. Bellini) e Baccellini (il.e.) -Appello T.A.R. Toscana 30 luglio 1974, n. 51 e T.A.R. Umbria 22 maggio 1976, n. 103. Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico . Facolt� dell'Amministra� zione � Decisione tardiva � Preclusione. Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Facolt� dell'Amministra� zione � Decisione tardiva � Preclusione � Relazione con l'art. 24 della Costituzione -Effetti. Atto amministrativo � Illegittimit� � Mancata impugnativa � Effetti � Ido� neit� ad incidere sui rapporti giuridici preesistenti � Sussiste. Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rig~tto � Provvedi� mento emanato dopo la scadenza del termine di 90 giorni � Natura � Atto confermativo. Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rigetto � Decisione esplicita tardiva � Rapporto con il giudizio instaurato avverso il silenzio- rigetto � Effetti. Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rigetto � Tardiva decisione di accoglimento � Effetti. 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATU~ DELLO STATO Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto -Intervento d'ufficio di autorit� gerarchicamente sopraordinata -Ammissibilit� Sussiste. Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto � Termine di 90 giorni ex art. 6 d.P.R. 1199/1971 -Sfera di applicazione -Estensione ai ricorsi in materia scolastica ex art. 11 I. 13 giugno 1969, n. 282' Sussiste -Effetti. In forza del principio generale del ne bis in idem, che esclude la possibilit� per l'Amministrazione di tornare sopra una decisione gi� emanata, principio applicabile anche ai comportamenti dell'Amministrazione qualificabili come decisioni vere e proprie, resta preclusa la possibilit� di emanare decisioni su ricorsi gerarchici dopo la scadenza del termine di 90 giorni di cui all'art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, poich� il silenzio mantenuto per detto termine concretizza un vero e proprio rigetto del ricorso, non gi� un semplice rifiuto di decisione (1). La circostanza che la scadenza del termine di 90 giorni, previsto dall'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 precluda all'Autorit� sopraordinata di pronunciare sul merito del ricorso non contrasta con l'art. 24, 1� co., della Costituzione, considerato che quest'ultimo � idoneo ad assicurare al cittadino la sola tutela giurisdizionale di legittimit�, non gi� quella di merito attuabile -nel silenzio della Costituzione -solo nei limiti ritenuti dal legislatore ordinario (2). Fatta eccezione per l'ipotesi di atto emanato da un organo ammini strativo che risulti carente in radice del potere di sacrificare, incidere in un diritto soggettivo, nelle altre ipotesi, malgrado l'atto amministra tivo risulti affetto da uno dei tre vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere, se non � stata proposta tempestiva, rituale impugna zione, esso, ancorch� invalido, � pur sempre efficace, imperativo e, conse guentemente, idoneo ad incidere sui rapporti giuridici preesist�nti (3). Poich� � da attribuire natura di atto meramente confermativo del rigetto tacito alla decisione su ricorso gerarchico, emanata dalla compe tente autorit� amministrativa successivamente alla scadenza del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, tale (1-8) Decisione esatta e pienamente da condividere, in quanto contribuisce, con ampia e chiara motivazione, ad eliminare -e forse definitivamente ~ molti dubbi sorti .in merito al coordinamento fra l'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e l'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; Sul rapporto .fra ricorso .gerarchico e ricorso giurisdizionale cfr. da ultimo Ad. pl. 27 gennaio 1978, n. 2, in Il Consiglio di Stato 1978, I, 8; Ad. pl. 3, febbraio 1978, n. 3, ivi 1978, I, 141. In dottrina cfr. FAVARA F., Il ricorso ammini� strativo dopo la istituzione dei Tribunali regionali amministrativi, in Riv. dir. proc. 1972, 619; MAFFEZZONI, Il ricorso gerarchico come presupposto di quello giurisdizionale e di quello straordinario al Capo dello Stato, in Foro amm.vo 1975, II, 493. PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA sopravvenuta, tardiva pronuncia -in difetto di tempestiva impugnazione avverso il silenzio-rigetto -non consente la riapertura del termine per proporre ricorso giurisdizionale amministrativo, fatta eccezione per l'ipotesi in cui dal contesto della motivazione della decisione esplicita tardiva non risultino lesioni di altre situazioni soggettive, idonee a legittimare una diversa impugnativa a carattere autonomo (4). Ove l'Amministrazione adita con ricorso gerarchico emani una decisione esplicita di rigetto successivamente alla scadenza del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n: 1199, e nel frattempo il soggetto interessato abbia comunque provveduto a proporre ricorso giurisdizionale amministrativo avverso il silenzio-rigetto, non sussiste alcuna esigenza per il privato di proporre anche impugnazione in sede giurisdizionale avverso la pronuncia esplicita di rigetto che resta assorbita non solo dall'oggetto della precedente impugnazione in sede giurisdizionale (oggetto coslitifito pur sempre dall'atto originariamente impugnato con il ricorso gerarchico), ma altres� dalla emananda sentenza dell'organo giurisdizionale adito, che si sovrappone al provvedimento tardivo di rigetto; n� quest'ultimo � idoneo a produrre la cessazione della materia del contendere, la quale, a norma dell'ultimo comma dell'art. 23 della legge n. 1034/1971, si verifica solo se risulti interamente soddisfatto l'interesse del ricorrente dedotto in giudizio (5). Ove l'Amministrazione, adita con ricorso gerarchico, emani una deci . , sione esplicita di accoglimento successivamente alla scadenza del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e nel frattempo il soggetto ricorrente abbia comunque provveduto a proporre ricorso giurisdizionale amministrativo avverso il silenzio-rigetto, la tardiva decisione di accoglimento si risolve in una revoca del silenzio-rigetto e pertanto -in difetto di controinteressati che possano far valere l'illegittimit� della stessa decisione tardiva di accoglimento -ben pu� essere pronunciata, ex art. 23, ultimo comma, L. 6 dicembre 1971, n. 1034, la cessazione della materia del contendere da parte dell'Organo adito .in sede giurisdizionale avverso il silenzio-rigetto; qualora, invece, vi siano controinteressati, ai medesimi ~ conferita la facolt� di proporre, nell'ordinario termine di decadenza, impugnativa in sede giurisdizionale avverso la decisione tardiva di accoglimento, al fine di farne valere l'illegittimit� in relazione alla emanazione avvenuta tardivamente e cio� dopo la consumazione del potere di reiezione e la conseguente produzione degli effetti del silenzio-~igetto (6). L'autorit� sovraordinata, che risulti anche titolare di poteri di intervento d'ufficio e che decida di esercitarli nei limiti e con le forme previste dall'ordinamento, ben pu� esplicare tale potere di intervento anche oltre il decorso del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, trattandosi di poteri che esulano da quelli attri 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S1ATO buiti dalla disciplina sui ricorsi gerarchici e quindi non potendosi rite nere applicabile ai primi i principi posti per detta disciplina (7). Ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 1199/1971 la disciplina posta da detto testo normativo appare applicabile ad ogni tipo di ricorso amministrativo (gerarchico proprio, improprio o atipico), eccezion fatta -come previsto dal 2� comma di detto art. 1 -per gli atti dei Ministri, di Enti pubblici o di organi collegiali, e pertanto tale disciplina trova applicazione anche alla categoria dei ricorsi previsti dall'art. 11 della legge n. 282 del 1969, che riguardano l'impugnativa dinnanzi alla Commissione provinciale di atti non. definitivi di organ� statali (capi di istituto, provveditori agli studi, etc.); ne consegue l'applicabilit� a tale categoria di ricorsi anche dell'art. 17 d.P.R. 1199/1971, a norma del quale debbono ritenersi abrogate � tutte le disposizioni contrarie al presente decreto e con esso incompatibili �, con l'ulteriore effetto dell'abrogazione tacita per incompatibilit� della disposizione contenuta nell'art. 11 della citata L. 282/1969 laddove viene previsto il pi� breve termine di 30 giorni per la qualificazione del silenzio come rigetto; anche nei confronti della Commissione dei ricorsi presso i provveditorati agli studi dovr� applicarsi il termine di 90 giorni, 'previsto dall'art. 6 d.P.R. 1199/1971, decorso il quale il ricorso si inten der� respinto (8). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 gennaio 1978, n. 6 -Pres. (ff) Pezzana, Est. Iannelli -Sciacca (avv. Conti) c. I.N.C.I.S. e I.A.C.P. di Roma (avv. Bertuccelli). Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Legittimazione passiva � Cessione in propriet� di alloggi dell'edilizia popolare ed economica � Legittimazione passiva dell'I.A.C.P. -Sussiste. Competenza e giurisdizione � Controversia relativa al diritto di riscatto di alloggi dell'edilizia popolare ed economica � Giurisdizione del1' A.G.O. � Sussiste. Sussiste la legittimazione passiva esclusiva dell'l.A.C.P. nei ricorsi re lativi alla materia della cessione in propriet� di alloggi dell'edilizia popo lare ed economica costruiti dall'I.N.C.I.S., e ci� in quanto l'I.A.C.P. � stato costituito destinatario del patrimonio immobiliare ex I.N.C.I.S. (1). I giudizi nei quali si controverte sul diritto al riscatto di un alloggio dell'edilizia popolare ed economica spettano al Giudice Ordinario in quan to sono normativamente predeterminati sia i presupposfi, il prezza, l'oggetto e le modalit� per aspirare aila cessione, sia la categoria dei soggetti destinatari della cessione (2). (1-2) Giurisprudenza costante per entrambe le massime. Cfr. ad es., sulla seconda massima, Sez. IV, 30 agosto 1977, n. 751, in Il Consiglio di Stato 1977, I, 1292. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 465 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 gennaio 1978, n. 43 -Pres. (ff.) Pezzana, Est. Scarascia Mugnozza -Russo (avv. Borgiani) c. Ministero Finanze (avv. Stato Azzariti). Impiego pubblico ; Ricevitori del lotto -Applicabilit� del t.u. sul pubblico impiego -Sanzioni. � Estensione � Limiti. Qualora venga irrogata una sanzione disciplinare a carico di un ricevitore del lotto a distanza di oltre quattro anni dalla contestazione dell'addebito, va pronunciata l'illegittimit� per eccesso di potere del provvedimento stesso poich� la particolare disciplina di cui al R.D. 25 luglio 1940 n. 1077 che regola tale categoria non esclude l'applicabilit� alla medesima dei� principi dettati dal T.U. 10 gennaio 1957, n. 3 per gli impiegati dello Stato (1). (1) Cfr. in termini, Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1042, in Il Consiglio di Stato 1964, I, 1696. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 72 � Pres. (ff.) Pezzana � Est. Schinaia � Sindaco di Genova (avv.ti Germani, Molle e Romanelli) c. Soc. Torrington (avv.ti Camilli e Minieri), Parodi ed altri (n.c.) Prefetto di Genova ed altri (n.c.). Appello T.A.R. Liguria 23 giugno 1976 n. 209. Comune� Organi dell'Amministrazione� Sindaco che agisce come ufficiale di governo � Equiparabilit� -Esclusione � Effetti ai fini del patrocinio in giudizio. Requisizione � Intervento del Sindaco nella qualit� di Ufficiale di Governo � Natura sussidiaria del relativo potere � Limiti -Effetti. Qualora il Sindaco agisca nella qualit� di Ufficiale di Governo, esso non va equiparato ad un organo dell'Amministrazione dello Stato, n� ad un dipendente statale in senso tecnico e pertanto non trovano applicazione nei suoi confronti le norme sul patrocinio erariale dell'Avvocatura dello Stato previste dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (1). (1-2) Nel caso di specie il Sindaco aveva richiesto il patrocinio erariale, che non era stato peraltro accordato non ricorrendo le condizioni che abilitano l'Avvocatura dello Stato ad assumere, eccezionalmente, il ;patrocinio del Sindaco; cosicch� il Sindaco di Genova aveva giustamente fatto ricorso al patrocinio di legali del foro libero. 6 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Qualora il Sindaco intervenga ex art. 7 L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E per la emanazione di provvedimenti di urgenza con i quali dispone della propriet� privata mediante requisizione ad es. di uno stabilimento industriale, egli agisce come Ufficiale di Governo in veste sussidiaria rispetto ai poteri spettanti al Prefetto ex art. 71, 1� co. l. 25 giugno 1865 n. 2359, al quale pu� legittimamente sostituirsi solo in presenza di ragioni di urgenza tali da precludere al Prefetto ogni effettiva possibilit� di tempestivo intervento, ragioni che non ricorrono quando l'ordinanza di requisizione di uno stabilimento industriale intervenga dopo la messa in liquidazione dello stesso, disposta da lempo con successiva, notoria occupazione degli impianti da parte dei lavoratori minacciati di licenziamento (�). Sulla esclusione della qualifica di dipendente in senso tecnico di una Amministrazione dello Stato in capo al Sindaco che eserciti funzioni statali sotto la dire.zione delle autorit� superiori dello Stato, anche nella ipotesi in cui, mancando nel Comune un apposito Ufficio di P.S., il Sindaco assuma la qualifica di autorit� locale di P.S., cfr. Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668, in Il Consiglio di Stato 1969, I, 2027. Sui limiti del potere di intervento sostitutorio del Sindaco in tema di requisizione cfr. Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 208, ivi, 1975, I, 110; Sez. IV, 19 aprile 1977, n . .405, in questa Rassegna 1977, I, 842. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 1978, n. 178 -Pres. Aru, Est. Giovannini -Ministero finanze ed altro (avv. Stato Terranova) c. United Seamen's Service (avv. Procaccini) -Appello avverso T.A.R. Campania 30 giugno 1976 n. 523. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Proposizione -Legittimazione riservata a tutte le parti costituite nel giudizio di primo grado -Sussiste. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Appello -Proposizione Legittimazione autonoma spettante all'Avvocatura dello Stato -Sussiste -Effetti. Concessioni amministrative -Concessioni di beni demaniali -Revoca Congruit� della motivazione -Fattispecie. Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Necessit� della corrispondenza fra chiesto e pronunciato -Preclusione alla valutazione di fatti nuovi non dedotti in giudizio � Effetti. Fermi i limiti relativi agli interventori ad adiuvandum, tutti gli altri soggetti evocati o intervenuti e comunque ritualmente costituiti sono ti i'fo i: -ISl/r~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 467 titolari del potere di adire il giudice di impugnazione avverso la decisione sfavorevole di 1� grado, ivi compresa l'Amministrazione, a nulla rilevando che la stessa sia titolare di posizioni soggettive aventi natura di pubbliche potest� (1). L'Avvocatura dello Stato, pur non disponendo dell'interesse pubblico sostanziale dedotto in giudizio, � peraltro titolare di una posizione di piena autonomia e indipendenza in ordine alle decisioni sulla condotta della causa e pertanto ben pu� proporre appello avverso una decisione di primo grado degli organi della giurisdizione amministrativa, fatta salva la preclusione all'adozione di iniziative processuali destinate ad incidere su interessi politico-amministrativi di particolare momento, la cui valutazione resta di esclusiva spettanza del Presidente del Consiglio (2). Legittimamente pu� essere revocata la concessione dell'uso di un immobile demaniale al fine di destinarlo a sede di un distaccamento di vigili del fuoco, qualora detta iniziativa di revoca risulti adottata dopo aver effettuato accertamenti in loco e ponderate valutazioni, che abbiano indotto a ritenere non contrastanti con il provvedimento concessorio il diverso uso del bene (3). Il Giudice, per effetto della regola della necessaria corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, ben pu� basare la propria decisione su un iter logico-giuridic9 diverso da quello prospettato dal ricorrente, pur se compreso -nei giudizi di legittimit� -nell'ambito delle norme invocate da quest'ultimo, essendogli solo precluso di superare il limite in cui la difformit� rispetto alla prospettazione del ricorrente si defJba necessariamente ricollegare a fatti nuovi che non risultino ritualmente dedntti (4). (1-4) Decisione esatta e pienamente da condividere; con essa la Sez. IV del Consiglio di Stato, con una motivazione limpida nei principi e dotta nei richiami giurisprudenziali, ribadisce, fra l'altro, l'autonomia e l'indipendenza di cmi. gode l'Avvocatura dello Stato nel decidere la condotta della causa, anche a :proposito della adizione del giudice di appello che costituisce per l'appunto tipico potere di natura difensivo-processuale e che andr� pertanto necessariamente ricompreso nell'ambito della suddetta sfera di autonomia e indipendenza decisionale (cfr. Ad. gen. 23 novembre 1%7, n. 1237, in Il Consiglio dli Stato 1967, I, 2349; contra in tema di patrocinio facoltativo, Sez. VI, 15 marzo 1977, n. 243, in questa Rassegna 1977, I, 661, con nota di commento). Sulle limitazioni degli interventori ad adiuvandum cfr. Sez. V, 26 ottobre 1976, n. 1319, in Il Consiglio di Stato 1976, I, 1050; sulla prima massima, in g~ nere, cfr. Sez. V, 20 maggio 1977, n. 461, ivi, 1977, I, 822; Sez. V, 11 marzo 1977, n. 167, ivi, 1977, I, 307. Sugli effetti della applicazione della regola della necessaria corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato cfr. Sez. IV, 5 aprile 1977, n. 335, ivi, 1977, I, 490; Cass. 4 settembre 1974, n. 2412, in Giust. Civ. Mass. 1974, 1091; Cass. 1� febbraio 1974, n. 277, ivi, 1974, 131; Cass. 14 luglio 1971, n. 2300, ivi, 1971, 1253; Cass. 28 marzo 1972, n. 1001; ivi, 1972, 537. RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STAIO 468 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 235 � Pres. (ff.) Pezzana, Est. Caianiello -Comune di Campi Salentino (avv. Sandulli) c. Regione Puglia e altro (n.c.). Appello avverso T.A.R. Puglia, 28 settembre 1975, n. 144. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale Ricorso cumulativo Esclusione � Condizioni. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ricorso cumulativo � Soggetto destinatario di pi� atti emanati contestualmente dallo stesso organo e aventi ad oggetto diverse deliberazioni � Ammissibilit� del ricorso cumulativo � Sussiste. Non pu� ritenersi ammissibile il ricorso cumulativo nei casi in cui risultino ricorrere, congiuntamente e contemporaneamente, [e seguenti circostanze; a) ricorrenti in numero maggiore di uno, i quali non risultino destinatari del medesimo atto; b) promanazione degli atti oggetto di impugnativa da Autorit� diverse; e) provvedimenti riguardanti rapporti non connessi fra loro (1). Ben pu� consentirsi il ricorso cumulativo tutte le volte in cui ci si trovi di fronte ad un soggetto che risulti destinatario di pi� �atti che siano stati emanati tutti nella stessa data dal medesimo organo e che abbiano per oggetto l'annullamento di deliberazioni diverse per un identicq motivo (2). (1�2) In tema di ricorso cumulativo cfr. Sez. V, 3 febbraio 1978, n. 176, in Il Consiglio di Stato 1978, I, 235; il T.A.R. del Lazio, II Sez., con la dee. 15 marzo 1978, n. 112, ha ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo solo quando � diretto contro atti tra loro obiettivamente connessi, laddove, qualora gli atti non risultino connessi, esso � ammissibile limitatamente alla parte relativa all'atto contro cui l'impugnativa risulti principalmente ed essenzialmente rivolta (cfr. I Tribunali Amministrativi Regionali 1978, I, 1349): tale insegnamento trova conferma in una dee. della Sez. VI, 30 maggio 1972, n. 272 (dn Il Consiglio di Stato 1972, I, 1144) ed � stato ribadito dal� T.A.R. della Lombardia nella dee. 1� febbraio 1978, n. 112 (in I T.A.R. 1978, I, 1452). Va dichiarato inammissibile anche il ricorso unitario a mezzo �del quale pi� ricorrenti intendano far valere interessi autonomi contro una pluralit� di atti distinti anche se contenuti in una unica ordinanza e anche se contrassegnati da una identica causa giuridica (cfr. in termini T.A.R. Lazio, II S�z., 25 gennaio 1978, n. 19, ivi, 1978, I, 456; T.AR. Lazio, II Sez., 22 marzo 1978, n. 136, ivi, 1978, I, 1354). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1978 n. 236 -Pres. Aru, Est. Lignani -Bernabei (avv.ti Simonetti e Saletti) c. Region� Toscana (avv. Predieri) e Comune di Roccastrada (avv. Bernardi). Appello avverso T.A.R. Toscana 15 gennaio 1976 n. 35. Giustizia amministrativa � Giudizio di secondo grado -Eccezione di difetto di giurisdizione -Contrasto con la tesi sostenuta in primo grado � Preclusione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 469 Giurisdizione amministrativa � Decisione di primo grado � Compensazione delle spese in tutto o in parte � Discrezionalit� � Estensione anche al caso di accolta infondatezza di una eccezione di controparte sulla giurisdizione � Sussiste. Espropriazione per pubblica utilit� � Proroga della occupazione di urgenza � Area destinata all'edilizia economica e popolare � Effetti della dichiarazione � ex Iege � della indifferibilit� e urgenza. Espropriazione per pubblica utilit� � Proroga della occupazione di urgenza � Area destinata all'edilizia economica e popolare � Motivazione della proroga con riferimento ad esigenze di perfezionamento della pratica espropriativa � Sufficienza. La parte che in primo grado abbia sostenuto la giurisdizione del Giudice adito non pu� sollevare in appello ec~ezione di carenza di giurisdizione e pertanto tale eccezione, se proposta, andr� dichiarata inammissibile per difetto di interesse (1). Non pu� ravvisarsi un vizio della sentenza qualora l'implicito rigetto di una eccezione di difetto di giurisdizione non risulti adeguatamente valutato dal giudice in punto liquidazione delle spese, posto che -ferma l'ampia discrezionalit� che caratterizza il potere di compensare in tutto o in parte le spese di causa -la integrale soccombet]za di una parte sussiste per effetto del totale rigetto del ricorso, indipendentemente dalla circostanza che alcune eccezioni avversarie si siano rivelate infondate (2). Il potere di disporre l'occupazione d'urgenza ai sensi dell'art. 71 . della legge 25 giugno 1865 n. 2359 � condizionato alla necessit� di eseguire opere indifferibili e urgenti (la dichiarazione di indifferibilit� e urgenza consegue ope legis all'approvaizone del P.E.E.P.) ed �� limitato nel tempo (ai sensi della legge del 1865: 2 anni,� ai sensi della legge del 1971: 5 anni); entro detto limite l'Autorit� gode peraltro di ampia discrezionalit� sia nel concedere all'occupante il termine massimo, sia nel fissare prima un termine inferiore salvo. poi raggiungere il termine pi� ampio� attraverso successive proroghe per le quali non � necessaria apposita motivazione posto che le questioni relative alla durata dell'occupazione attengono, beninteso entro i predetti limiti temporali, al merito e non alla legittimit� del provvedimento (3). E pienamente legittima la proroga dell'occupazione di urgenza di un'area per realizzare un piano per l'edilizia economica e popolare, che risulti motivata con riferimento alla necessit� di perfezionare la pratica espropriativa, e ci� indipendentemente dalla circostanza che l'opera risulti (1-4) Le prime due massime confermano anche per il ,giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato principi consol~dati per il giudizio civile (sul procedimento di appello in genere innanzi al Consiglio di Stato cfr. Se\Z. V, 22 aprile 1976, n. 669, in questa Rassegna, 1976, I, 779). 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO completamente realizzata, posto che il termine per l'occupazione e la eventuale proroga non vengono fissati solo con riguardo al compimento dell'opera, ma anche ad altri elementi; aggiungasi che la proroga dell'occupazione va cons�lerata illegittima solo quando, prima della sua emanazione, siano venuti meno i presupposti che avevano giustificato l'originario decreto di occupazione e, in particolare, sia venuto meno l'interesse all'esecuzione delle opere o le stesse non possano pi� ritenersi indifferibili e urgenti (4). La Sez. IV con dee. 17 giugno 1975, n. 594 (in Il Consiglio di Stato 1975, I, 729) ebbe gi� occasione di precisare che il decreto di proroga della occupazione di urgenza non abbisogna di apposita motivazione. ! .. . I SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1976, n. 4125 -Pres. Novelli -Est. Mazzacane -P. M. Serio (conf.) -Soc. Autostrade (avv. Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). Imposte e tasse in genere � Obbligazione tributaria -Riserva di legge Fonti secondarie. Imposte e tasse in genere � Obbligazione tributaria -Tributo istituito con decreto legge non convertito � Disciplina dei rapporti sorti -Successiva emanazione di norme regolamentari -Legittimit�. (Cost., art. 77; d.l. 27 agosto 1970, n. 621, art. 29; I. 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo unico). L'obbligazione tributaria sorge esclusivamente per effetto della legge quando un determinato soggetto venga a trovarsi con l'oggetto materiale dell'imposta nella relazione d� fatto o giuridica prevista dalla legge come presupposto dell'imposizione, anche se per la sua concreta realizzazione siano necessari ulteriori atti (decreto ministeriale) attribu�ti alla competenza della P.A. nella cornice della legge stessa (1). Nel caso che il tributo sia stato istituito con decreto legge non convertito e siano stati successivamente disciplinati ex art. 77 terzo comma della Costituzione i rapporti sorti in base ad esso confermandone la validit� (ipotesi dell'art. 29 del d.l. 27 agosto 1970 n. 621 e della legge 18 dicembre 1970, n. 1035), i provvedimenti regolamentari previsti per la concreta realizzazione del tributo possono essere adottati anche dopo la caducazione del decreto legge (2). (Omissis). -La societ� ricorrente, con unico motivo, denuncia la violazione dell'articolo unico della legge 18 dicembre 1970, n. 1035; anche in relazione all'art. 77, ultimo comma, della Costituzione. (1-2) Decisione di molto interesse che, sulla base di principi pacifici, apporta ulteriori contributi sul problema delle fonti dell'obbligazione tributaria. � ormai pacifico che unica fonte dell'obbligazione tributaria � la legge per effetto della quale l'obbligazione nasce al momento dell'avveramento del presupposto, quali che siano le successive vicende del procedimento di accertamento (Cass. 20 marzo 1976, n. 1804, in questa Rassegna, 1976, I, 803 e precedenti ivi richiamati); � del pari pacifico che non contrasta con il principio della riserva di legge (relativa) dell'art. 23 Cost. l'attribuzione alla Amministrazione di un limitato potere discrezionale per l'emanazione di fonti secondarie per completare ed attuare il .precetto di legge (v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, Il, 516). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 472 Sostiene: l'art. 29 del d.l. n. 621/70 (non convertito in legge) conteneva una previsione di obbligo inidonea di per s� a costituire un'obbligazione tri�utaria perfetta, in quanto le stesse possibilit� di adempimento e di sanzione -caratterizzanti l'obbligo giuridico -erano su bordinate al successivo provvedimento ministeriale. Questo, pertanto, non pu� essere assimilato -come ha ritenuto la Corte di merito -ad un atto del procedimento di accertamento del tributo, in quanto elemento costitutivo della fattispecie, condizionante l'esistenza o, quanto meno, l'ef I ficacia dell'obbligazione. La normativa di cui alla legge n. 1035/70 non pu� essere ritenuta quindi applicabile al caso in esame anche in consi I derazione del carattere eccezionale della disposizione e degli elementi ~ ermeneutici offerti dai lavori parlamentari riguardanti il progetto della legge di conversione (poi non emanati) i quali rendendo palese l'intenzione del legislatore (trasfusa nel successivo decreto convertito) di modificare la norma istitutiva del tributo, introducendo il diritto di rivalsa nei confronti degli utenti (sui quali doveva necessariamente gravare l'onere economico, per evitare che la tassazione si risolvesse in una partita di giro tra lo Stato e le societ� concessionarie). L'illegittimit� del decreto m_inisteriale -emesso molti mesi dopo la mancata conversione del d.l. n. 621/70 -� resa evidente pertanto da pi� elementi: caduta la norma istitutiva del tributo non residuavano validi rapporti tributari, onde doveva ritenersi inesistente qualsiasi potest� del Ministro in materia; inoltre il potere normativo del Ministro -in quanto attinente ad elementi costitutivi dell'obbligo tributario -aveva fondamento nel d.l. n. 621/70 e pertanto era venuto meno ex tunc con la mancata con- L'interesse specifico della prpnunzia sta nella precisazione che il momento della nascita della obbligazione � sempre quello dell'avveramento del presupposto anche quando l'obbligazione non � concretamente realizzabile perch� dovevano ancora intervenire i provvedimenti regolamentari di attuazione; dal che consegue che l'emanazione delle fonti secondarie, non dando luogo alla nascita dell'obbligazione, non sposta il momento dell'avveramento del presupposto e pu� quindi intervenire anche dopo che la norma primaria � caducata. Con ci� la teoria c.d. costitutiva dell'attivit� amministrativa tributaria � definitivamente ripudiata, essendosi esclusa la rilevanza costitutiva non solo del procedimento di accertamento ma anche degli atti amministrativi regolamentari con carattere di genericit� ed astrattezza. � Sul punto specifico della disciplina dei rapporti sorti sulla base di decreto legge non convertito, la successiva sentenza 6 ottobre 1977, n. 4262 (in questa Rassegna, 1978, I, 355), con riferimento aNo stesso d.l. 27 agosto 1970, n. 621, ha precisato che il legislatore ordinario non incontra limiti nella sua valutazione politica e ben pu� confermare pienamente Ia validit� delle obbligazioni nascenti dalfa norma poi caducata senza con ci� arttribuire ultra attivit� a;l decreto legge non convertito, appunto perch� i rapporti convalidati sono sorti (avveramento del :presupposto) nel tempo in cui la norma non aveva ancora perduto efficacia. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA versione in legge di esso; infine la legge n. 1035/70, salvaguardando gli atti e i provvedimenti adottati, esclude anche testualmente. la sopravvivenza di siffatto potere. La censura � infondata. Il problema riproposto in questa sede � quello della portata normativa dell'art. unico, primo comma, della legge 18 dicembre 1970, n. 1035 -emanata ai sensi dell'art. i7, ultimo comma, seconda parte, della Costituzione -per il quale � sono validi gli atti ed i provvedimenti adottati ed hanno efficacia i rapporti giuridici, compresi quelli tributari, sorti sulla base del decreto legge 27 agosto 1970, n. 621, con esclusione della disposizione contemplata dal secondo comma dell'art. 18 �. Esso, in particolare, si risolve nel quesito se il rapporto giuridico tributario concernente il diritto speciale istituito dall'art. 29 del d.l. n. 621/70 a favore dell'erario nella misura del dieci per cento dei pedaggi riscossi dai concessionari di autostrade fosse gi� sorto in tutti i suoi �lementi, e conservasse quindi efficacia, ai sensi della citata legge n. 1035/70, per il periodo .27 agosto-26 ottobre 1970, durante il quale rimase in vigore il d.l. n. 621/70 successivamente decaduto per mancata conversione in legge, o se, invece, il rapporto giuridico predetto fosse rimasto improduttivo di effetti in quanto l'obbligo tributario doveva ritenersi subordinato, nella previsione dell'art. 29 d.l. n. 621/70, alla emanazione di un apposito decreto ministeriale per stabilire i modi ed i termini per la presentazione della denunzia dell'ammontare lordo dei pedaggi e per il versamento del diritto speciale, ed in quanto tale provvedimento ministeriale non era tempestivamente intervenuto poich� adottato il 25 marzo 1971, allorch� il termine di vigenza del d.l. n. 621/70 era gi� scaduto. Il quesito � stato esattamente risolto, dalla Corte del merito, nel primo dei due sensi ora indicati. Il rapporto giuridico di imposta, quale correlazione di obblighi e di diritti fra pi� soggetti, sorge quando un determinato soggetto venga a trovarsi con l'oggetto materiale (condizione di cose o avvenimenti oggettivamente considerati) dell'imposta nella relazione (di fatto o giuridica) prevista dalla legge come presupposto della imposizione. In coerenza con tali principi questa Corte ha avuto gi� occasione di affermare che il rapporto giuridico tributario � si forma nel momento in cui si determina la situazione di fatto che la legge considera genera� trice del debito di imposta; in tale momento sorge l'obbligazione tributaria e, a tal fine, � sufficiente che la norma istitutiva del tributo ne specifichi la misura, ne identifichi il soggetto passivo e ne stabilisca la data di applicazione (Cass. sent. n. 1315/66; n. 2181/66; n. 1786/65). Nel caso in esame l'art. 29, primo comma, del d.l. 27 agosto n. 621, stabilendo che � i concessionari di autostrade sono tenuti a corri 474 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO spondere un diritto speciale pari al dieci per cento dell'ammontare lordo dei pedaggi riscossi � aveva determinato compiutamente tutti gli elementi specifici del rapporto giuridico di imposta: la situazione di fatto generatrice del rapporto (riscossione del pedaggio) i soggetti (concessionari di autostrade ed erario), la misura del tributo (dieci per cento dell'ammontare lordo dei pedaggi riscossi); per di pi� lo stesso art. 29 nei commi dal terzo al nono, aveva stabilito le sanzioni per le inadempienze, le disposizioni per procedere alla esazione coattiva, l'applicabilit� degli interessi moratori. La societ� ricorrente, per negare che il rapporto giuridico relativo al tributo de quo fosse sorto fin dal momento della entrata in vigore del d.I. n. 621/70, insiste, come si rileva dalla censura pi� sopra riassunta nella tesi, disattesa dalla Corte del merito, secondo cui l'obbligo tributario della corresponsione del diritto speciale doveva ritenersi subordinata, per effetto del secondo comma del citato art. 29 (secondo cui � con decreto del Ministrero per le Finanze saranno stabiliti i modi e i termini per la presentazione della denunzia dell'ammontare lordo dei pedaggi e per il versamento del diritto speciale�), alla emanazione di un apposito provvedimento ministeriale (che non era tempestivamente intervenuto in quanto adottato solo il 26 marzo 1972). L'assunto � infondato. L'obbligazione tributaria sorge validamente, se completa nei suoi elementi, anche quanto per la sua concreta realizzazione siano previsti successivi atti attribuiti alla competenza della P.A. (v. in motiv., Cass. sez. un. 22 giugno 1971, n. 1957): la legge cio� pu� stabilire che le modalit� di attuazione delle disposizioni tributarie siano determinate dall'autorit� amministrativa, alla quale pu� anche lasciare un certo margine di potere discrezionale. Infatti la concessione di tali poteri alla pubblica amministrazione non � conciliabile con il concetto della riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Costit.) quando essi; lungi dal costituire possibilit� di illimitato arbitrio (ipotesi qui del tutto esclusa per quanto si � detto avanti) vengono attribuiti nella cornice della legge stessa e proprio per meglio attuarne la realizzazione e gli scopi. In tale prospettiva va considerato il decreto ministeriale previsto dal 2� comma del citato art. 29. Esso aveva la funzione di determinare le modalit� di accertamento, di liquidazione e di esazione del tributo istituito dalla legge; a tale provvedimento era quindi subordinato l'adempimento di una obbligazione gi� sorta (in quanto completa, come si � detto, nei suoi elementi indispensabili) e non certo la nascita di essa. Le esposte argomentazioni portano a concludere che il rapporto giuridico relativo al tributo de quo, in quanto gi� sorto dal momento di entrata in vigore del d.l. n. 621/70, � stato esattamente ricondotto, dalla Corte del merito, nella disciplina della I. 28 dicembre 1970, n. I ' ~ ! I I I I i PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 1035, per effetto della quale esso ha quindi conservato efficacia durante il periodo di vigenza del d.I. n. 621/70; donde la permanenza dell'obbligo per i concessionari di autostrade del pagamento del tributo con riferimento ai pedaggi riscossi in quel periodo. Per contrastare tali conclusioni la societ� concessionaria oppone: a) il decreto ministeriale previsto dall'art. 29 del d.l. 621/70 non fu emanato durante il periodo di vigenza del d.I. predetto ma soltanto il 25 marzo 1971, dopo la caducazione di esso, di guisa che il Ministro aveva esercitato illegittimamente un-potere che pi� non gli spettava; b) il d.I. n. 621/70 non prevedeva, per mera svista, come invece il successivo d.l. n. 745/70, il loro diritto di rivalsa a carico degli utenti, con la conseguenza che il diritto speciale, se preteso per il periodo in contestazione, altererebbe il particolare regime di concessione secondo il quale gli introiti sono destinati all'ammortamento dei costi di costruzione. Ci� dimostra che la legge n. 1095/70 non ha inteso far riferimento al diritto � speciale sui pedaggi autostradali, i quali quindi non debbono ritenersi compresi fra i rapporti giuridici di cui � stata conservata l'efficacia. Le predette argomentazioni possono essere facilmente confutate. Sub-a) Il potere del Ministro delle Finanze di stabilire modi e termini per la presentazione della denuncia e per il versamento del diritto spciale, pur non avendo alcuna incidenza, come si � detto, sul momento della nascita dal rapporto tributario, si inseriva in questo quale atto esecutivo della norma impositrice. Pertanto, una volta conservato in vita il rapporto tributario, per effetto della legge n. 1035/70, deve ritenersi conservato, quale parte integrante di esso, anche quel potere, per il cui esercizio non era previsto alcun termine preclusivo. Sub-b) � esatto che l'esclusione del diritto di rivalsa nel d.I. n. 621/70 � stata conseguenza di una mera dimenticanza alla quale si � poi riparato con il successivo d.I. n. 745/70. Il rilievo, per�, si concreta, e si esaurisce, in un esame critico dei provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo. Esso non pu�, invece, indurre ad interpretare la legge n. 1035/70 nel senso che, per riparare alla indicata omissione, non abbia inteso conservare efficacia al rapporto tributario concernente il diritto speciale sui pedaggi autostradali. Infatti la formulazione dell'art. unico della legge n. 1035/70 � inequivocabile per la determinazione del suo ambito di applicazione. Deve aggiungersi che l'art. unico della legge n. 1035/70 ha espressamente escluso la conservazione dell'efficacia di determinati rapporti, come quello previsto nel secondo comma dell'art. 10 del d.l. n. 621/70 e ci� conferma, come esattamente ha rilevato la Corte del merito, che devono considerarsi conservati tutti rapporti non espressamente esclusi. (Omissis). RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA Dfil.LO STATO 476 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1978, n. 462 -Pres. Scanzano -Est. Battimelli -P. M. Del Grosso (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino) c. Soc. Gallia. Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenza -Permuta -Riferimento al valore del bene permutato � Sussiste. (t.u. 29 dicembre 1958, n. 645, artt. 100 e 106; e.e., artt. 2424 e 2425). Si verifica plusvalenza tassabile quando un bene, iscritto in bilancio per il valore corrispondente al suo costo, viene permutato e l'entit� della plusvalenza � costituita dalla differenza tra il valore iscritto in bilancio (o al suo costo non ammortizzato o riconosciuto ai fini della determinazione del reddito) e il valore normale del bene permutato (1). (Omissis). -Il ricorso -che, sebbene notificato oltre il sessantesimo giorno dalla notificazione della decisione, deve ritenersi tempestivo, a sensi del decreto. ministeriale 24 marzo 1975 sulla proroga dei termini di decadenza in conseguenza del mancato funzionamento degli uffici giudiziari -va riconosciuto fondato. Contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, infatti, si ha realizzo di plusvalenza non solo nel caso in cui un bene immobile sia trasformato in una certa somma di danaro (con esclusione, pertanto, delle ipotesi di permuta senza conguaglio di prezzo), bens� in tutti i casi in cui una determinata potenzialit� economica, fino a quel momento latente, venga evidenziata mediante una qualsiasi operazione economica dalla quale risulti in modo certo che il bene stesso ha un valore corrispondente al suo costo non ammortizzato o all'ultimo valore riconosciuto ai fini della determinazione del reddito agli effetti dell'imposta di R.M. (1) Decisione esattissima. Sul punto che la plusvalenza non presuppone la percezione di un prezzo, la giurisprudenza � ormai pacifica (da ultimo Cass. 16 febbraio 1978, n. 725 in questa Rassegna, 1978, I, 384, e, precedenti ivi citati). Ma interessante � la ulteriore considerazione che sul presupposto di eguaglianza dei valori dei beni oggetto della permuta, il valore in comune commercio (e che potr� essere quello accertato ai fini dell'imposta di registro) del bene ricevuto in permuta rappresenta il plusvalore rispetto al valore inferiore iscritto in bilancio o riconosciuto ai fini dell'imposta del bene �dato in permuta. La permuta cio� produce l'effetto del realizzo della ricchezza latente e ne determina la misura. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Per quanto attiene alle societ� indicate nell'art. 2200 del codice civile, infatti, i beni immobili da inscriversi a bilancio ai sensi dell'art. 2424 e.e., sono valutati, per il disposto del successivo art. 2425, su un valore non superiore al loro prezzo di costo, e delle risultanze del bilancio (ivi comprese quelle relative ai beni immobili) si teneva conto (in forza della normativa, qui applicabile, del t.u. n. 645 del 1958) per la tassazione ai fini dell'imposta di R.M.; conseguentemente, l'eventuale maggior valore che i beni potevano acquistare non veniva considerato ai fini della loro tassabilit�, costituente esso una forma di ricchezza latente. Detta ricchezza, peraltro, giusta la previsione dell'art. 100 del T.U., una volta concretizzatasi ed esteriorizzatasi, veniva considerata come una plusvalenza realizzata in un determinato momento (a sensi dell'art. 106) . e veniva tassata alla pari di qualsiasi altro reddito. Ci� posto, non � dubbio che un bene, fino ad un determinato momento valutato in bilancio in base all'originario prezzc;> di costo, se permutato con altro bene, alla pari, dimostra di possede un determinato valore di mercato, presuntivamente equivalente al valore di mercato del bene ricevuto in cambio, e che, di conseguenza, ove questo valore sia superi�re al prezzo di costo del bene originariamente posseduto, si abbia la manifestazione di una plusvalenza, ossia del realizzarsi, in . concreto, di una ricchezza fino a quel momento latente, con conseguente applicabilit� dell'imposta secondo le previsioni del citato art. 100. N� � a dirsi che in tal caso si verifica una plusvalenza meramente fittizia, in quanto ci� che conta, ai fini fiscali, � che un determinato bene, fino ad un determinato momento valutato in bilancio per un determinato valore, dimostri in concreto, mediante la sua utilizzazione come mezzo di acquisto di altro bene, di possedere un valore maggiore, effettivamente realizzato. A ci� non osta il fatto che nell'art. 100 del t.u. si faccia menzione del realizzo di un �prezzo� superiore al costo, in quanto la parola �prezzo�, come gi� questa Corte ha avuto in precedenza occasione di chiarire (ved. sentenza n. 1687 del 7 giugno 1974) va illterpretata, in base ad una interpretazione logica di tutta la norma, come sinonimo di � valore �, per cui le plusvalenze .devono ritenersi tassabili anche nell'ipotesi in cui esse non siano rappresentate da un corrispettivo in danaro; e, d'altronde, una simile interpretazione � confort~ta .dalla considerazione che sul punto il t.u. del 1958 non rappresenta altro, in base alla delega legislativa che ne � all'origine, che il coordinamento e la ristrutturazione organica della preesistente legislazione in materia, di cui norma fondamentale era quella contenuta nell'art. 20 della legge 5 gennaio 1956, n. l, che prevedeva, come componente del reddito imponibile delle imprese, i maggiori �valori� dell'attivit� delle imprese stesse. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 marzo 1978, n. 1273 -Pres. Caporaso -Est. Lipari -P. M. Caristo (conf.). Cordeschi (avv. Malorni) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Bafile). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Natura della responsabilit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta . Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Liquidazione di fatto � Responsabilit� degli amministratori -Sussiste. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Prova -Presunzioni � Ammissibilit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Contestazione dell'obbligazione tributaria -Difetto di legittimazione. (t.u. 29 gennaio 195&, n. 645, art. 265). La responsabilit� del liquidatore dei soggetti tassabili in base al bilancio nasce � ex lege � quando si verificano i tre presupposti dell' esistenza di un debito per imposte dirette facente capo alla societ�, della esistenza di attivit� nel patrimonio sociale in liquidazione, della distrazione di tali attivit� a fini diversi dal pagamento delle imposte. Tuttavia, il liquidatore non pu� essere considerato un responsabile di imposta obbligato in via sussidiaria al pagamento dell'imposta (della quale risponde soltanto il contribuente) giacch� egli risponde a titolo proprio non dell'imposta ma di una obbligazione civile di misura solo oggettivamente corrispondente all'imposta. La responsabilit� dei liquidatore non presuppone alcuna colpa ed � di carattere obiettivo non ammettendo prova dell'ignoranza del debito tributario (1). La speciale responsabilit� ex art. 265 del t.u. delle imposte dirette � riferibile oltre che al liquidatore e all'amministratore in carica al momento dello scioglimento della societ� quando non si sia provveduto (1-7) Ancora sulla responsabilit� personale del liquidatore e dell'amministratore delle persone giuridiche. 1) Dopo le recenti pronunzie 6 luglio 1977, n. 2972 e 2 agosto 1977, n. 3411 (in questa Rassegna 1977, I, 699 con nota cli C. BAFILE, Note sul.la responsabilit� PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 479 alla nomina dei liquidatori, anche al liquidatore di fatto, cioe all'am� ministratore che, anche in difetto di uno stato formale di liquidazione, abbia compiuto attivit� sostanziale di liquidazione. Tale responsablit� abbraccia tutti i debiti d� imposta del periodo della liquidazione, anche se sono l'effetto di intrapresa di nuove iniziative (2). La prova. dell'esistenza di un attivo so�iale pu� fondarsi anche su presunzioni, specialmente quando il liquidatore sia stato messo nella condizione di discolparsi e non abbia fornito prove contrarie alle pre� sunzioni (3). Il liquidatore che risponde dell'imposta accertata contro la societ� che ne � il soggetto passivo, non � legittimato in proprio per contestare l'obbligazione tributaria, spettando solo alla societ� (contribuente) esperire i rimedi ammessi nei modi e nei termini stabiliti per la controversia di imposta alla quale il liquidatore � estraneo. Egli � legittimato soltanto ad eccepire la carenza del titolo della sua responsabilit�, dimostrando I'inesistenza di attivit� sociali, ovvero di avere impiegato tutte le attivit� per il pagamento delle imposte (4). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 10 giugno 1978, n. 2927 � Pres. Trimarchi � Est. Granata -P. M. Berri (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Siconolfi) c. Giulivi (avv. Testa). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Imposte dirette � Responsabile di imposta -Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Azione di accertamento negativo -Giurisdizione del giudice ordinario. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 201, 208, 210, 265). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio � Liquidazione di fatto -Responsabilit� dell'amministratore -Sussiste. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta . Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento ro-�-~della responsabilit� � Onere della prova. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). Poich� il li.quida.tore di soggetti tassabili in base a bilancio dichiarato responsabile in proprio non � n� coobbligato n� responsabile dell'im personale del liquidatore e dell'amministratore delle persone giuridiche) la S.C. torna nuovamente sul problema apportandovi ulteriori interessanti chiarimenti. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO posta, ma solo responsabile per fatto proprio del mancato pagamento, la domanda da esso proposta per dimostrare l'inesistenza della sua responsabiit� (non l'inesistenza del debito tributario) non � una controversia di imposta, soggetta alla disciplina processuale propria di questa, ma una controversia civile devoluta alla giurisdizione ordina� ria (5). L'art. 265 del t.u. sulle imposte dirette fa riferimento alla liquidazione intesa in senso sostanziale di dispersione delle attivit� sociali. La responsabilit� personale colpisce quindi tutti i soggetti che hanno concorso a tale dispersione e cio� oltre al liquidatore anche l'amministratore che, pur in difetto di uno stato ,formale di liquidazione, abbia di fatto compiuto attivit� sostanziali di liquidazione (6). La responsabilit� del' liquidatore, se pure non pu� definirsi come sanzione amministrativa ha tuttavia natura sanzionatoria e per questo � accertata con provvedimento autoritativo assistito dalla presunzione di legittimit� contro la quale il responsabile ha l'onere di assumere l'iniziativa processuale; conseguentemente grava sul soggetto dichiarato responsabile l'onere di provare l'insussistenza dei presupposti di tale responsabilit� (7). I (Omissis). -3. Il motivo non � giuridicamente fondato. � stata affermata nella sentenza che la responsabilit� personale dell'amministratore in carica all'atto dello scioglimento, di societ� tassabile in base a bilancio per le imposte erariali dovute per il periodo della liquidazione e per quello anteriore non pagate con le attivit� della La pronunzia della Sezione semplice si snoda su un ventaglio di questioni, mentre quella delle Sezioni unite (che era stata preceduta da altra analoga decisione in data 3 giugno 1978, n. Z766 di oui si omette la pubblicazione) si incentra, oltre che sulla questione di giurisdizione, sul problema della liquidazione di fatto. Commentando le ,precedenti sentenze avevamo tentato di delineare i diversi aspetti della problematica della responsabilit� personale anche in relazione alla normativa vigente, proponendo delle soluzioni che le successive pronunzie hanno in buona parte convalidato. La seconda massima oltre a riaffermare la responsabilit� per la liquidazione di fatto, ha riconosciuto che nella speciale responsabilit� stabilita dalla norma tributaria va ricompresa anche la responsabilit� conseguente all'intrapresa di nuove operazioni; questa responsabilit� non � diversa da quella ordinaria (art. 2279 e 2449 e.e.), ma quanto ha per oggetto imposte sui redditi prodotti con le nuove operazioni intraprese viene accertata col procedimento amministrativo, oggi regolato dall'art. 36 del d.P.R. n ..602 del 1973. Di molta importanza � la quarta massima che chiarisce senza possibilit� di dubbio che il soggetto dichiarato responsabile in proprio non � legittimato a PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 481 liquidazione, quale risulta disciplinata dall'art. 265 comma 2 del t.u. delle imposte dirette nel 1958 (d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645), ora sostituito dall'art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (contenente le disposizioni sulla riscossione dele imposte sul reddito). Tale responsabilit� -che non ha natura fiscale, n� aquiliana da illecito (Cass. 6 luglio 1972 n. 2972), ma nasce ex lege, nei confronti non solo del liquidatore, ma pure qell'amministratore per la condotta tenuta nel corso della fase successiva allo scioglimento, anche iri via di mero fatto, della societ�, si correla all'obbligo di accantonare, avendone la disponibilit�, le somme necessarie al pagamento delle imposte dovute dalla societ� (ancorch� siano in contestazione davanti alle commissioni tributarie). E per sottrarsi ad essa il liquidatore (o amministratore) non ha altra scelta, una volta constatato che le attivit� sociali non consentono l'accantonamento delle somme necessarie al pagamento di debiti d'imposta ed al pagamento integrale dei creditori sociali, man mano che i rispettivi crediti giungono a scadenza, che la richiesta di fallimento della societ� (Cass. 29 ottobre 1974 n. 3259). L'analisi della fattispecie dell'art. 265 porta ad evidenziare tre presupposti della responsabilit� scaturente direttamente dalla legge: a) l'esistenza di un debito per imposte dirette, totalmente o parzialmente insoluto, facente capo alla societ� (o soggetto tassato in base al bilancio); contestate l'obbligazione tributaria (della persona giuridica) potendo solo eccepire la carenza del titolo della sua responsabilit�, ossia l'inesistenza dei presupposti sui quali essa si fonda. � appena necessario sottolineare l'importanza della seconda e della sesta massima che riaffermano, in modo da ritenere ormai definitivo, la responsabilit� personale dell'amministratore che abbia di fatto eseguito attivit� di liquidazione. Non si pu� ignorare che nelle singole situazioni non sar� facile stabilire se un'attivit� formalmente di normale amministrazione possa essere qualificata come di liquidazione {di fatto); ma sono ormai delineati i criteri in base ai quali si dovr� procedere. Ci sembra che possa utilmente orientare l'interprt;!te il, criterio da noi �proposto che � equiparato al liquidatore colui che amministra la persona giuridica al momento in cui, nell'osservanza formale della l�gge, si sarebbe dovuto deliberare lo scioglimento e nominare i liquidatori. Di rilievo � anche l'affermazione contenuta nellla prima massima che il soggetto chiamato a rispondere personalmente non � abilitato a provare l'ignoranza del debito tributario perch� (se pure non si voglia giungere ad affermare, con la sentenza, che la responsabilit� � di tipo obiettivo) si deve presumere che ogni liquidatore sappia che esistono le imposte dirette che gravano annualmente sulla persona giuridica. 2) Fin qui le conforme e il completamento di statuizioni gi� espresse o conte nute in embrione nelle precedenti pronuncie. Nuovo � invece l'argomento della terza e della settima massima concernenti la prova, problema che assume particolare rilievo nel caso della liquidazione di fatto. 1 111111111r11111r1111:11rrllflfilmt11111;11&11111111111r~1111rriill,ft1111111111111 482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) l'esistenza di �attivit� nel patrimonio� sociale in liquidazione, ovvero, se non sono stati nominati i liquidatori, di attivit� nel patrimonio della societ� che si � sciolta, ape legis od in via di fatto indipendentemente dall'apertura formale dello stato di liquidazione; e) la distrazione da parte del liquidatore (o dell'amministratore) di tali attivit� a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute. L'art. 265 sancisce la responsabilit� dei liquidatori (o amministratori) al pagamento delle imposte dovute dalla societ� a prescindere dalla colpa. Il problema, sul quale in precedenza questa Corte si era espressa in senso contrario (cfr. Cass. 952/64, 3021/71, 1484/72 ed anche 3411/77, ma quale obiter dictum) � stato affrontato ex novo con recente sentenza (n. 2972 del 1977) pervenendosi alla conclusione che si tratti di responsabilit� ex lege e non di responsabilit� aquiliana. � del tutto pacifico in giurisprudenza che la controversia tra liquidatori e finanza relativa alla sussistenza delll). responsabilit� ex art. 265 non � controversia di imposta (Cass. 1484/72), trattandosi di responsabilit� per fatto proprio che il liquidatore incontra nei riguardi dell'amministrazione finanziaria; pertanto egli non ha veste per adire le commissioni tributarie (Cass. 3021/71), n� � applicabile in materia il procedimento diretto a determinare l'esistenza e la misura dei presupposti delle obbligazioni tributarie nei confronti del debitore di imposta (Cass. 2259/74). I I I I=~ Sono da condividere ambedue le massime: l'una che riconosce la validit� delle presunzioni, l'altra che, sulla premessa dell'accertamento autoritativo della responsabilit� con atto amministrativo assistito da presunzione di legittimit�, pone l'onere della prova a carico del responsabile che agisce come attore per contestare l'accertamento. Sull'ammissibilit� delle presunzioni in generale nel rapporto tributario non pu� nascere dubbio (v; Relazione avv. Stato, 1970, 75, II, 546) specie quando il @ soggetto passivo non abbia adempiuto ai doveri formali del procedimento mettendo l'Amministrazione nell'impossibilit� di avvalersi dei pi� diretti mezzi d� fil prova, come nelle ipotesi di dichiarazione o di bilancio incompleti, di irregolare tenuta di scritture contabili ecc. (art. 38-41 d.P.R. n. 600, 1973). Una analoga situazione si verifica quando sia mancato un regolare procedi� mento di liqutdazione e si debba accertare se esistono attivit� sociali non utilizzate per il pagamento dei tributi (� questo il solo elemento da dimostrare, giacch� l'altro presupposto dell'esistenza di debito di imposte � sempre dimo/ strabile) e pi� ancora nell'espressa ipotesi del quarto comma dell'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973 riferita all'occultamento di attivit� sociali anche mediante omissione nelle scritture contabili. In queste situazioni il ricorso alle presunzioni � incontestabile ed anzi si deve ritenere che nellle ipotesi pi� gravi sia con*(:: 1: sentito, in applicazione delle norme sull'accertamento sopra citate, il ricorso � presunzioni (utrasemplici) prive del requisito dell'art. 2729 e.e. l! i � Riguardo all'onere della prova, senza nemmeno addentrarsi sulla qustione, che potrebbe destare perplessit�, della natura sanzionatoria della responsabilit� ! ~ ~ ~ 1~ tI f.'' ! PARTE I, SEZ�. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 483 Unico soggetto passivo dell'imposizione tributaria rimane la societ� cui sia l'accertamento, sia l'iscrizione a ruolo si riferiscono. L'obbligo dei liquidatori (o degli amministratori) per il pagamento delle imposte non crea solidariet� (in senso opposto si rinvengono isolate e superate affermazioni giurisprudenziali; Cass. 16 luglio 1936 n. 2541; 26 aprile 1938 n. 1420; 12 giugno 1940 n. 1936). Ed infatti la responsabilit� non sorge per il mero fatto del mancato pagamento, da parte della societ� di debiti di imposta, ma solo se al mancato pagamento si accompagna la distrazione delle attivit� della societ�, in tutto o in parte dalla finalit� di soddisfacimento del debito fiscale. Il liquidatore non pu� essere equiparato, pertanto, ad un responsabile di imposta (cos� come il cessionario d'azienda). Si deve postulare un rapporto di dipendenza fra l'obbligazione tributaria societaria e quella personale ed autonoma del liquidatore (o amministratore). Ma detta autonomia esclude la solidariet�, nonch� la sussidiariet�. � esatto, che dal lato obiettivo la prestazione cui pu� essere tenuto il liquidatore (o amministratore) sostanzialmente si identifica con l'ob bligazione tributaria a carico della societ� ma l'identificazione dell'oggetto (o, se si vuole, della misura della responsabilit�) non si risolve nella identit� della fonte e del contenuto. � L'imposta si ricollega in capo alla societ� come effetto della sussi stenza dei presupposti del tributo. L'avvenuto accertamento del tributo nell'ipotesi dell'art. 265 diventa fatto costitutivo di un diverso obbligo di pagare con l'attivit� della liquidazione, salvo a rispondere per il com in discorso, � sufficiente considerare che indubbiamente (ed oggi per l'espressa norma dell'atr. 36, 5� comma) � un vero e proprio accertamento (in senso tecnico) l'atto con il quale l'Amministrazione dichiara la responsabilit�, s� che ad esso � siouramente riferibiile da regola generate suN'onere della prova a carico dell'attore (o ricorrente) che contesta l'accertamento assistito da presunzione di legittimit�, come � giurisprudenza costante anche in materia diversa da quella sanzionatoria (v. Relazione avv. Stato, 1970, 75, II, 547). 3) Qualche ulteriore considerazione meritano la prima e la quinta massima. Quest'ultima � certamente condizionata dalla questione di giurisdizione, gi� pi� volte decisa e sulla quale� non era ragionevole tornare dopo che il problema � stato risolto dal legislatore. Per vero il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. riaf fiora sempre ed � proprio la sentenza delle Sezioni unite che nell'ultima parte (liettima massima) nel configurare la responsabilit� come sanzione accertata dal l'Amministrazione finanziaria con atto autoritativo, riporta la contestazione di questa responsabilit� nella controversia d'imposta. Ma della giurisdizione non vogliamo pi� discutere; ci interessa invece sot tolineare che l'intenzione di affermare che il liquidatore non � un responsabile di imposta � strumentale rispetto alla questione di :giurisdizione; e tale preoc cupazione ha influenzato anche la decisione della Sezione semplice, bench� abbia affrontato il problema ai fini sostanziali. Oggi, dopo che l'espressa norma del l'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973 ha proclamato che la responsabilit� � dichiarata dall'ufficio con un vero e proprio atto di accertamento contro il quale � con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO portamento omissivo tenuto, nella misura precostituita rappresentata, appunto, dall'ammontare del debito tributario. Quando nel sistema tributario vigente la legge ha voluto porre a carico dei liquidatori, o dei rappresentanti legali della societ�, una responsabilit� sociale tributaria, li ha dichiarati obbligati per la medesima obbligazione di imposta sulla base del solo presupposto dell'avere rivestito la rappresentanza organica dell'ente. Un argomento testuale a comprova della non ammissibilit� del liquidatore, che distrae attivit� sociali dal pagamento dei tributi, al coobbligato, si ritrae dall'art. 208 del medesimo t.u. delle imposte dirette il quale, nell'elencare i legittimati ad insorgere contro gli atti dell'esattore, menziona distintamente i coobbligati ed i liquidatori, il che vale a contrapporre appunto agli obbligati solidali coloro che non possono rientrare nella categoria. Nemmeno si potrebbe ritenere giuridicamente corretta la tesi dell'obbligazione solidale sub condicione (di cui alla circolare 3 settembre 1935 n. 4100 del Ministero delle finanze) secondo la quale si ipotizzano due debitori per le imposte dovute dalla societ� in liquidazione: l'ente sociale (debitore principale) e il liquidatore, o amministratore, debitore sub condicione. Non si tratta di responsabilit� solidale pura e semplice perch� non pagando la societ� non sorge automaticamente la responsabilit� del liquidatore: tale responsabilit�, tuttavia, trova nel liquidator~ sentito soltanto il ricorso alla Commissione, il problema pu� essere approfondito con maggiore libert�. Nell'affermare che il liquidatore (o l'ammintstratore) non � un condebitore obbligato in solido (sul che si consente), n� un sostituto di imposta (e ci� � evidente), n� un responsabile di imposta obbli:gato in via suss~diaria (su di che nascono perplessit�), d'un canto si rileva che presupposto della responsabilit� � la distrazione delle attivit� sociali dalla finalit� del soddisfacimento del debito di imposta, dall'altro che non opera a vantaggio del responsabile il beneficium escussionis. Su ambedue questi punti non si pu� pienamente consentire. La distrazione non � l'elemento pi� importante che caratterizza la responsabilit� e non � nemmeno un elemento necessario (cosicch� i presupposti della responsabilit� si riducono da tre a due). Nella definizione legislativa la responsabilit� presuppone soltanto la esistenza di attivit� sociali e l'inadempimento dell'obbligazione tributaria; non si .parla affatto di distrazione (se mai la distrazione � premessa necessaria solo per la responsabilit� del socio oggi introdotta dall'art. 36). � chiaro che se esistono attivit� sociali e l'inadempimento permane dopo la liquidazione della societ�, ne risulta che queste hanno avuto una qualche destinazione; ma la distrazione � una conseguenza di mero fatto non il titolo giuridico della responsabilit�. Non occorre infatti verificare se e quale ;destinazione le attivit� hanno avuto n� l'accertamento dell'ufficio deve motivare � sul punto; � sufficiente accertare l'esistenza di attivit�, quando l'obbligazione tributaria sia rimasta inadempiuta. )jl beneficio �di esoossione non � espressamente previ:sto n� nell'art. 265 n� ne11'art. 36, ma � oltrech� implicito nel si:stema, !imposto dailfa norma relativa PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 485 il suo necessario punto di riferimento e s� tratta solo di accertare se si sia verificata la condizione cui l'obbligazione � subordinata (e cio� la distrazione di attivit� esistenti). La tesi � viziata in radice giacch� postula la capacit� del presupposto di imposta di erigersi a fronte di due distinte obbligazioni tributarie a carico dell'ente e del liquidatore; ma un duplice fondamento siffatto mal si concilia sia con la responsabilit� posta a carico del liquidatore per le imposte anteriori all'apertura della liquidazione, sia con la stessa dizione dell'art. 265 che avendo riferimento al mancato adempimento dell'obbligo di pagare ricollega chiaramente a tale comport�mento omissivo la fonte della personale responsabilit� del liquidatore la cui misura � dalla legge determinata nel riferimento all'ammontare dei tributi. Il liquidatore risponde dunque a titolo proprio, e la prestazione corrisponde oggettivamente a quella cui sarebbe stata tenuta la societ�; ma ci� non significa che egli risponde di quello stesso debito di imposta (a titolo proprio di una obbligazione altrui), venendo a verificarsi una situazione di sussidiariet� (anche se diversa da quella pi� tipica, e non automatica). Non si pu� condividere invero il punto di partenza, l'identificazione ontologica fra il debito d� imposta ed il titolo della responsabilit� ex alla riscossione (art. 201 del t.u. del 1958; art. 46 d.P.R. n. 602/1973) che prevede la notifica dell'avviso di mora al coobbligato, ove per coobbligato si intende non il condebitore (contribuente, che � sempre stato parte del procedimento di accertamento ed ha gi� ricevuto la notifica della cartella di pagamento) ma colui che, senza essere contribuente, risponde dell'obbligazione di imposta. N� vale osservare che l'esecuzione infruttuosa sta solo a dimostrare che mancano beni sociali su cui soddisfare il credito, ma che la relativa prova pu� essere raggiunta per altra via; la preventiva notifica della cartella dei paigamenti al contribuente prima di notificare l'avviso di mora al coobbligato � una necessit� non eludibile e non surrogabile con altra prova dell'insolvibilit� dell'obbligato prindpale. Ma si deve aggiungere che la responsabilit� personale del liquidatore o dell'amministratore non � nemmeno pensabile finch� � ancora possibile l'adempimento da parte della persona giuridica, diversamente sarebbe incrinato il principio deHa responsabi1it� delle societ� di capita[f e delle persone giuridiche in genere (al quale le norme in esame apportano una eccezione, ma entro precisi limiti) e particolarmente si presenterebbe in termini ben rpi� difficili la responsabilit� degli amministratori per la liquidazione di fatto ove essa non avesse come presupposto l'oggettiva impossibilit� di adempiere dell'ente amministrato. Del resto tutto il costrutto, sul quale la stessa sentenza si basa (verifica dell'esistenza di crediti di imposta da adempiere, difetto di legittimazione del liquidatore per l'impugnazione del ruolo che spetta invece alla societ�, determinazione della misura della responsabilit� in relazione all'ammontare delle imposte insolute) presuppone l'iscrizione a ruolo a carico della societ� e la relativa escussione. Parallelamente la responsabilit� non sembra possa sorgere, per il sol fatto della distrazione, � anche se in ipotesi siano reperibili nel prosieguo della liquidazione altre attivit� �. Al liquidatore non � imposto di pagare i debiti tributari 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO art. 265 che scaturisce da un comportamento del responsabile sanzionato in una data misura pecuniaria coincidente con l'ammontare del debito di imposta. L'obbligazione sussidiaria si correla al beneficio di �scussione e scatta _per il solo fatto dell'esito negativo dell'azione esecutiva diretta nei confronti dall'obbligato principale. Ma la fattispecie dell'art. 265 si ricollega solo alla circostanza che le imposte dovute non siano state pagate, e non subordina il potere dell'amministrazione al previo infrut tuoso esperimento dell'azione esecutiva fiscale, ma alla circostanza della esistenza di attivit� non impiegate nella liquidazione. In altre parole il previo esperimento da parte dell'esatt�re dei necessari atti di esecuzione forzata nei confronti della societ� non costituisce un elemento essen ziale della fattispecie dell'art. 265 t.u. ii.dd. L'esecuzione infruttuosa sta a dimostrare incontroveFtibilmente che mancano beni sociali su cui il . fisco possa soddisfare i propri crediti; ma la relativa prova pu� essere raggiunta per altra via. Fondamentale � la distrazione dei beni (di parte dei beni) ricavati dalla liquidazione; e per ci� solo scatta la sanzione dell'art. 265 anche se in ipotesi siano reperibili nel prosieguo della liqui dazione, altre attivit�. con assoluta priorit�; il. suo dovere di adempiere va verificato al risultato finale, essendo ben consentito (ed in ci� il liquidatore ha indubbiamente dei poteri incensurabili) condurre le operazioni secondo il criterio pi� opportuno per una pi� efficace tutela dell'interesse dei creditori e dei soci. Non pu� cio� l'Amministrazione dichiarare la responsabilit� (magari all'inizio della liquidazione) sol perch� accerta che sono stati pagati alcuni crediti diversi da quelli tributari (eventualmente al momento non esigibili), mentre esistono ancora congrue attivit� sociali; la responsabilit� nasce quando sono state liquidate ,senza soddisfare i debiti tributari non alcune soltanto, ma tutte le attivit� sociali e non � pi� oggettivamente possibile (il che si accerta con il bilancio finale di liquidazione o con la totale liquidazione di fatto) che l'obbligazione tributaria sia adempiuta dal suo debitore. Sarebbe eccessivo chiamare alla responsabilit� pernonale il liquidatore o l'amministratore quando non � stato ancora constatato l'inadempimento dell'obbHgato prindpale. 4) Dopo queste precisazioni va riconsiderato il problema della sussidiariet�. Si afferma nelle sentenze in rassegna che il liquidatore non risponde del l'imposta ma del mancato pagamento �di essa e che oggetto della _sua responsa bilit� � una obbligazione (civile) personale ed autonoma che solo quanto alla misura � oggettivamente corrispondente all'obbligazione tributaria della persona giuridica. Nella precedente nota (n. 3) abbiamo tentato di chiarire che il liquidatore ri'IJonde in proprio di un'obbligazione di altro, come risulta per quest'ultimo accertata, s� che il credito di imposta conserva anche verso il liquidatore i suoi caratteri tributari, mentre esiste una stretta dipendenza tra obbligazione (prin cipale) della persona giurtdica e obbligazione (sussidiaria) del responsabile. Non sembra che le sentenze ora intervenute abbiano addotto sufficienti ragioni per avvalorare l'opposta conclusione. Qggetto della responsabilit� del liquidatore � l'imposta, ma non un'imposta propria bens� l'imposta della persona giuridica; per questo il liquidatore risponde in ragione del debito come risulta PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 487 La responsabilit� legale sancita dall'art. 265 si ricollega alla circostanza che le imposte dovute non siano state pagate nonostante la presenza di attivit� distratte ad altri fiBi (ad esempio per essere ripartite fra i soci) e il potere della finanza non resta subordinato al previo infruttuoso esperimento dell'azione esecutiva."" � Ove poi la sussidiariet� si voglia far dipendere dall'inquadramento del liquidatore (o amministratore) fra i responsabili di imposta la tesi trova la sua confutazione nella negazione di tale qualifica. Pu� soggiungersi che il responsabile � tenuto, in forza di disposizione di legge, al pagamento dell'imposta insieme con altri per fatti e situazioni esclusivamente riferibili a costoro, avendo diritto ad una rivalsa. Ma nella fattispecie dell'art. 265 la rivalsa non � nemmeno ipotizzabile; l'obbligazione a carico del liquidatore non si presenta quale conseguenza ineluttabile del mancato pagamento da parte della societ� (obbligata principale) come accade sempre in ogni ipotesi di responsabilit� di imposta in senso proprio, e l'interessato pu� evitare di incorrervi sul che si uniformi al comportamento che il legislatore gli impone, astenendosi dal distrarre le attivit� speciali e preoccupandosi eventualmente di presentare istanza di fallimento. accertato verso il contribuente ed in relazione alle vicende di esso (le variazioni del debito di imposta che pu� ridursi o estinguersi ovvero accrescersi si ripercuotono sulla responsabilit� del liquidatore). Esiste quindi un rapporto di accessoriet� che esclude l'autonomia. Se cos� non fosse sarebbe arduo giustificare come (quarta massima) al liquidatore sia precluso ogni potere di contestare il debito e come .per esso faccia stato il definitivo accertamento costituito verso il contribuente. � esatto che la fonte della responsabilit� del liquidatore � diversa da quella dell'obbligazione del contribuente (perch� il responsabile non � con~ tribuente), ma ci� non esclude che oggetto della responsabilit� sia l'obbligazione (di altri) per l'imposta, come accade in tutti i casi di responsabilit� dell'imposta basata su una fonte (ad esempio cessione di azienda, partecipazione a societ� di persona) diversa da quella dell'obbligazione tributaria di cui si � responsabili senza essere contribuenti. La S.C. adotta una nozione della sussidiariet� che appare eccessivamente limitata. � vero che in alcune ipotesi l'obbligazione sussidiaria .scatta per il solo fatto dell'esito negativo dell'escussione del debitore principale, il che non avviene per il liquidatore la cui responsabilit� presuppone anche (non la distrazione, come si � visto al n. 3) l'esistenza di attivit� sociali. Ma si pu� ben avere una responsabilit� di tipo sussidiario anche se ad integrarla concorre un presup.posto ulteriore; una volta che questo sussista la posizione del liquidatore viene ad essere uguale a quehla degli altri responsabili. Se, come si afferma nella sentenza, il liquidatore non risponde n� in solido n� in via sussidiaria, si deve concludere che egli risponde in via autonoma ed individualmente, senza cio� alcun collegamento con l'obbligazione del contri buente e quindi anche indipendentemente dall'e~cussione; ma non si pu� negare la stretta relazione tra l'obbligazione principale tributaria e la responsabilit� del liquidatore che oltre a nascere in conseguenza dell'inadempimento della prima, segue le sorti di essa e con essa si identifica nell'oggetto. La responsa :.,~'� :.,~'� 488 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 4. I liquidatori (o gli amministratori) rispondono a titolo proprio e diretto e non si tratta di ricondurre ~ale responsabilit� allo schema dell'art. 2456 cod. civ. riguardante genericamente la tutela di tutti i creditori sociali (e fra essi del fisco) dato che altrimenti la specifica disposizione dell'art. 265 del t.u. costituirebbe un inutile doppione, mentre essa si giustifica proprio perch� detta, esclusivamente nei confronti del fisco, una disciplina pi� favorevole in cui la nozione generica di colpa si scolora, prendendo rilievo un comportamento specifico, nella sua consistenza obiettiva, e cio� l'omissione del liquidatore (o amministratore) che non provvede a destinare al pagamento dei debiti fiscali l'attivo e per ci� solo, indipendentemente dalle motivazioni psicologiche del suo agire, incorre nella responsabilit�. L'applicabilit� dell'art. 2456 cod. civ., si verificher�, anche a favore del fisco, tutte le volte in cui, esulandosi dalla specifica fattispecie dell'art. 265 (distrazione delle attivit� sociali ai fini diversi del pagamento dei crediti tributari per imposte erariali dirette) il liquidatore non abbia provveduto alla totale realizzazione dell'attivo da destinare alla soddisfazione dei crediti sociali. La responsabilit� personale dei liquidatori non discende da una negligenza nell'individuazione oggettiva del debito e nella ricerca dei ere bilit� del liquidatore, se autonoma, dovrebbe sopravvivere al caducamento dell'obbligazione <principale o �alla sua riduzione, il che non appare sostenibile. Si deve quindi riaffermare il rapporto di sussidiariet�. Dal che consegue che il credito tributario � esercitabile verso il liquidatore responsabile con i suoi attributi (privilegi, mezzi di riscossione) e che tutte le vicende dell'obbHgazione tributaria si ripercuotono sulla responsabilit� del liquidatore. 5) Concludendo, si deve tornare a considerare il liquidatore (e l'amministratore) come un responsabile di imposta, come definito nell'art. 15 del t.u. del 1958 e nell'art. 64 del d.P.R. n. 600; con questa definizione trovano una giusta collocazione tutte le questioni trattate. La responsabilit� nasce da un rapporto particolare previsto dalla legge (nella specie di investitura nell'organo della persona giuridica) ed � determinata e delimitata da fatti o situazioni esclusivamente riferibili ad altri (il contribuente); � cio� una responsabilit� per obbligazione altrui rispetto a questa sussidiaria, in quanto il responsabile sopperisce all'inadempimento del contribuente, ma non contribuisce direttamente (secondo la sua capacit� contributiva). Per questo il liquidatore ha anche diritto alla rivalsa, anche se in concreto. essa si presenta difficilmente realizzabile. Il fatto che la responsabilit� del liquidatore possa non essere conseguenza ineluttabile dell'inadempimento dell'obbligato principale, non esclude, come ,si � visto, che si possa definire come responsabile di imposta chi nelle condizioni <previste dalla legge (anche ulteriori rispetto all'inedampimento) � obbligato insieme con altri, La possibilit� di non soggiacere alla responsabilit� presentando l'istanza di fallimento si risolve nella eliminazione della liquidazione (che cessa prima ancora di avere concreto inizio) e quindi non � un mezzo per sottrarsi alla responsabilit� sussidiaria, ma un rifiuto di compiere l'attivit� di liquidazione che elimina in radice ogni potenziale responsabilit�. CARLO BAFILE --��: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 489 ditori da soddisfare, e quindi da un comportamento colposo nello svolgimento delle relative indagini per la fondamentale ragione che i debiti fiscali per imposte dirette non possono sfuggire anche al pi� superficiale esame della contabilit� sociale, essendo strutturalmente connaturati alla esistenza della socie_t�. La responsabilit� dei liquidatori � obiettiva perch� non � ammessa da parte loro l'allegazione e la prova dell'ignoranza del debito fiscale, trovando tale qualificazione la sua razionale giustificazione proprio nella facilit� del controllo da effettuare 1n materia. Del resto l'art. 265 t.u.ii.dd., a differeF1za dell'art. 2456 comma 2 e.e., non menziona espressamente la colpa del liquidatore. Contro questi rilievi non varrebbe obiettare che la resp�nsabilit� per colpa costituisca la regola e quella senza colpa l'eccezione, perch� le considerazioni�che precedono mirano ad evidenziare il proprium della disciplina dettata dal legislatore in deroga alla responsabilit� colposa e perch� non � nemmeno esatto che le due forme di responsabilit� stiano sempre nell'ordinamento nell'ipotizzato rapporto, in quanto va prendendo sempre pi� spazio normativo la concezione della responsabilit� oggettiva, sicch� in principio la responsabilit� nol:\ si identifica pi� con la repressione dell'illecito. 5. Le disposizioni dettate dal primo comma dell'art. 265 per i liquidatori (rivestiti da tale qualifica formale) della societ� tassabili in base a bilancio si applicano, in forza di;ll'estensione espressamente contenuta nel secondo comma, anche agli amministratori in carica all'atto dello scioglimento della societ�, se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori. Nell'ipotesi del primo comma � quindi prevista una situazione formale di liquidazione; nella ipotesi del secondo comma si prescinde dalla apertura formale di una fase di liquidazione, e si pone l'accento sulla situazione della societ� che si � sciolta. Lo scioglimento sociale, come � noto, si verifica automaticamente nel concorso di date circostanze, fra cui la scadenza del termine e la deliberazione dell'assemblea. Questa Suprema Corte� con la cit. sentenza n. 3411 del 1977 ha ritenuto operante la norma dell'art. 265 comma 2 t.u. ii.dd. non solo quando lo scioglimento si sia verificato, ma anche rispetto all'amministratore il quale, pur in difetto di una delibera di scioglimento della societ�, provvede di fatto alla liquidazione della medesima. Il Collegio condivide questo assunto da cui consegue l'infondatezza delle censure sub a) e sub b) del primo mezzo. La legge fiscale ha riguardo all'attivit� di liquidazione in senso sostanziale e non meramente formale. L'art. 265 tende ad impedire l'evasione dell'obbligo di pagare le imposte gi� accertate a carico della societ� per evitare che il ricorso allo strumento sociale personificato, rinnovato per ogni singola iniziativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imprenditoriale, renda inesigibili i tributi dovuti, evenienza quanto mai probabile rispetto alle societ� immobiliari costituite per realizzare un immobile e venderlo ripartendo gli utili conseguiti ed esaurendo cos� ogni copertura patrimoniale. Liquidare, nel linguaggio tecnico commerciale, significa cessare l'attivit� formante l'oggetto sociale e realizzare l'attivo; per adeguare la norma alla realt� sociale occorre, quindi, applicarla a tutte le ipotesi di liquidazione. E quella realizzata dallo stess0 amministratore, pnma dello scioglimento formale della societ�, � ancora pi� pericolosa per il fisco stante !'.assenza cl.i ogni forma di pubblicit�, atta almeno in teoria a metterlo sull'avviso. Una volta intesa l'espressione �liquidazione� in senso sostanziale il secondo comma dell'art. 265 si configura come una mera conseguenza del primo, ed appare dettato esclusivamente allo scopo di fug�re ogni possibile dubbio interpretativo. Riferendosi agli amministratori in carica, all'atto dello scioglimento della societ� la legge ha avuto riguardo non solo alla �compilazione del documento che consacr� la volont� di scioglimento, o all'evento che ope legis la determina, ma addirittura al momento in cui di fatto si � deciso lo scioglimento, procedendo alla liquidazione. Orbene nel caso di specie la liquidazione � conseguita ope legis ex art. 2448 cod. civ. allo scioglimento per decorso del termine e sono mancati solo gli adempimenti conseguenziali ex art. 2449 cod. civ. Si versa quindi nell'ipotesi di applicazione de plano della norma, la quale postula la carenza di una fase formale di liquidazione, imputando all'amministratore inadempiente la stessa responsabilit� che sarebbe ricaduta sul liquidatore ritualmente nominato. La societ� dopo la scadenza del termine si � sciolta e come tale si trova, e non pu� non trovarsi, in fase di sostanziale liquidazione; la circostanza che vengano intraprese nuove attivit� si riflette sui rapporti con i terzi, rispetto ai quali essa deve ritenersi ancora esistente, ma non incide sull'effettivit� e persistenza dello stato di liquidazione, discendente ex lege come conseguenza del decorso del t�rmine. La previsione normativa dell'art. 265 per il raggiungimento dello scopo perseguito non consente scoperture. La liquidazione � una conseguenza dello scioglimento che assume rilevanza secondo la legge tributaria per effetto dell'evento medesimo indipendentemente dalla formaliz0 zazione, costituendo in capo all'amministratore in carica al momento del suo verificarsi la responsabilit� ex lege ove non accantoni le somme. E nemmeno rileva la circostanza che le imposte si riferiscono ad atti economici posti in essere posteriormente allo scioglimento durante la liquidazione e che dal punto di vista civilistico dovrebbero far capo esclusivamente e personalmente all'amministratore-liquidatore, senza poter essere riferita alla societ�. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA Nella responsabilit� ex art. 265 il presupposto � dato da uno stato di liquidazione anche di fatto, nel corso del quale siano sorte obbligazioni tributarie anche eventualmente riferite ad epoca precedente che risultino a carico della societ�. � l'accertamento tributario in �apo alla societ� che fa sorgere la responsabilit�: e nella prospettiva delf'artkolo 265, che investe l'amministratore personalmente, non rileva la sua inerzia nel reagire all'accertamento; il tributo dovuto � un dato da prendere in considerazione come tale, la cui debenza e la cui misura non possono essere messe in discussione, non trattandosi -come si �-rilevato -di controversia di imposta. N� rileva la circostanza che i tributi si riferiscano alla fase della liquidazione. La responsabilit� del liquidatore, o dell'amministratore, non riguarda soltanto le imposte degli esercizi anteriori allo scioglimento. La societ� in liquidazione produce redditi anche a prescindere dall'apertura di nuove operazioni. Comunque l'art. 265 va interpretato nel senso che la responsabilit� riguarda sia il periodo anteriore alla liquidazione che quello della liquidazione. In tal senso deponeva, del resto, l'art. 45 del r.d. 17 settembre 1931 n. 1608 contenente la stessa dizione di responsabilit� per le imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quello anteriore adottata per chiarire l'espressione non perspicua contenuta nell'art. 14 del r.d. 28 gennaio 1929 n. 360. La pretesa contraddittoriet� della sentenza non sussiste: la Corte si' � limitata ad osservare che non vi era stata la messa in liquidazione formale della societ�, lasciando peraltro chiaramente intendere che tale elemento formale non era costitutivo della fattispecie ex art. 205. Sempre su questo equivoco tra aspetto formale ed aspetto sostanziale della liquidazione ruota la censura sub b), la cui confutazione discende de plano dalla constatazione che la liquidazione di cui � chiamato a rispondere � l'amministratore � � sempre e necessariamente una liquidazione di fatto, poich� l'operativit� del secondo comma dell'art. 265 postula appunto che non siano stati nominati i liquidatori. 6: Nemmeno la censura sub c) coglie nel segpo. � esatto che l'art. 265 presuppone l'esistenza di attivit� della liquidazione da accantonare per destinarle al pagamento dei tributi. Ed in effetti la Corte d'Appello non ha disconosciuto in astratto detto presupposto, ma ha ritenuto che ne fosse stata provata in causa la sussistenza, desumendo tale prova in via presuntiva dal comportamento del liquidatore. Contro questo accertamento si� muovono due distinte doglianze. Si nega in diritto che la Corte potesse indagare ex post la sussistenza del relativo presupposto (ed al riguardo si deduce addirittura il vizio di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO extrapetizione). Ma la Corte non ha svolto alcuna istruttoria ex novo, limitandosi alla verifica dei presupposti legittimanti la dichiarazione di responsabilit� fra cui l'esistenza di attivit� che ha ritenuto sussistenti con ragionamento probatorio di tipo presuntivo. Ed anche su questo punto appare determinante la ratio legis, lo scopo perseguito della norma d1 frustrare i tentativi di eludere la corresponsione dei tributi omettendo la formale messa in liquidazione, nonch� trascurando la regolare tenuta delle scritture. Pertanto nella situazione di specie in cui l'amministratore di fronte alla contestazione di responsabiit� con invito a presentare i documenti ha opposto un netto rifiuto, gli accertamenti sulla sussistenza dell'attivo ben possono fondarsi su elementi presuntivi fra cui ragionevolmente si pone lo stesso comportamento negativo dell'amministratore che aveva tutto l'interesse a discolparsi dimostrando che non vi erano state operazioni liquidatorie, che non sussisteva un attivo da accantonare. E del resto per l'esistenza di attivit� deponeva sintomaticamente il fatto -messo in evidenza dalla Corte d'appello -dell'assunzione dell'appalto per la costruzione di un elettrodotto, che non poteva essere intrapresa_!>enza una congrua disponibilit� finanziaria. N� era necessario determinare l'esatto ammontare delle attivit� disponibili, non sussistendo nessun rapporto fra l'entit� del ricavato dalla liquidazione e la misura della responsabilit� dell'amministratore-liquidatore, che investe l'intero ammontare dei tributi purch� vi sia stata distrazione di una qualche attivit� sociale. Solo nella prospettiva aquiliana si potrebbe infatti ipotizzare un rapporto fra fatto dannoso e misura della responsabilit� da circoscrivere nell'entit� colposamente o dolosame~te sottratte. Del resto a tale prospettiva si riconduce pure l'accentuazione del pro filo dell'onere probatorio dell'illecito facente carico all'amministratore (o liquidatore). Una volta sganciata la responsabilit� degli schemi dell'illecito, per ricondurla alla legge, appare giustificata la prassi adottata dall'amministrazione di invitare l'interessato a presentare prove, a discarico della responsabilit�, che pu� essere ritenuta sussistente anche in via di presunzioni afferenti al presupposto dell'esistenza di attivit� distratte. Altrimenti si verrebbe a premiare l'amministratore che prescinda dalla documentazione dell'attivit� liquidativa, sia pure ridotta al suo minimo di ripartizione degli utili ricavati. Le presunzioni del resto, hanno cittadinanza nel nostro ordinamento (Corte cost. 99/68, 129/69) in materie di accertamento ffscale, ben possono operare perci� anche quando esulandosi dalla materia fiscale si tratti di r ~: affermare una responsabilit� ex lege. ~ !: i: !: � f: l� r: !� PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Si aggiunge che l'accertamento (sia pure meramente presuntivo) di redditi riferiti al periodo della liquidazione fa stato circa il conseguimento di elementi attivi da parte della societ�. In conclusione sul punto l'accertamento dell'attivit� � stato ritenuto dalla Corte d'appello con motivazione che si sarebbe potuta articolare pi� diffusamente, ma che viene corroborata da elementi di fatto inequivocabilmente evidenziati. E la distinzione dei suddetti elementi attivi �risulta in re ipsa dalla persistenza di debiti tributari che per tutta la durata della liquidazione (di fatto) restarono insoluti. La censura va quindi respinta sul duplice rilievo dell'ammissibilit� in punto di diritto delle prove presuntive circa la sussistenza di attivit�; e della globale idoneit� degli elementi presuntivi emergenti dall'impu gnata sentenza, non richiedendosi al riguardo alcun accertamento ad hoc -(Omissis). 10. Con il quarto mezzo, den~ciando la violazione o falsa applicazione degli artt. 123, 124 e 17Cl del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, nonch� la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza si sostiene che, comunque il Cordeschi non avrebbe dovuto rispondere del mancato pagamento delle imposte di R.M. e sulle societ� (e relative sopratasse) riguardanti gli anni 1960, 1961, in. quanto iscritte al ruolo nei confronti della, societ� medesima senza previo accertamento e, comunque tardivamente oltre i termini di cui all'art. 180. La Finanza eccepisce il difetto di legittimazione dell'amministratore (liquidatore), responsabile in proprio, trattandosi di questioni che riguar dano la societ� e formano oggetto di una tipica controversia di imposta che non potrebbe essere sollevata nemmeno dalla legittimata societ� direttamente davanti all'autorit� giudiziaria (ai sensi dell'art. 22 del r:d. 7 agosto 1936 n. 1639) e che comunque non sarebbe proponibile dopo l'inizio della esecuzione esattoriale contro la societ� (ex art. 208 t.u.ii.dd.) donde la decadenza della societ� stessa dalla possibilit� di far valere i propri diritti per non avere tempestivamente proposto ricorso contro il ruolo. L'eccezione � fondata. La responsabilit� del liquidatore od amministratore prevista dall'arti. colo 255, pur non essendo una responsabilit� da illecito, ma una responsabilit� ex lege si ricollega ad un suo personale comportamento, consistente nell'omesso pagamento delle imposte accertate nei confronti della societ�. Egli pertanto, non � legittimato a dolersi in proprio delle vicende dell'accertamento, direttamente davanti all'autorit� giudiziaria. L'accertamento nella specie � ormai divenuto definitivo per mancanza di opposizione al ruolo ex art. 188 t.u.ii.dd. che avrebbe dovuto essere proposta dalla societ� (tramite l'amministratore) e non pu� il punto essere rimesso in discussione nemmeno in via incidentale nel giudizio RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 494 riguardante la legittimit� dell'applicazione dell'art. 265 dall'amministratore in proprio, che risponde per l'esistenza di imposte ormai accertate definitivamente (od ancora in contestazione davanti alla Commissione) nei confronti della societ�. Unico soggetto passivo dell'imposizione rimane la societ�, cui sia l'accertamento che l'iscrizione a ruolo si riferiscono; il provvedimento intendentizio emesso nei confronti del responsabile non d� luogo ad una controversia di imposta devoluta alla cognizione delle commissioni tributarie (Cass. 3021/71, 1484/72, 3253). Del resto la mancata proposizione dell'opposizione contro il ruolo si riflette preclusivamente non solo dal punto di vista soggettivo sulla legittimazione dell'amministratore in proprio, che non avrebbe potuto farvi ricorso, ma in senso oggettivo sull'improponibilit� dell'azione davanti all'A.G.O., anche da parte del legittimato, senza la previa cognizione delle Commissioni medesime ex art. 22 r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 (cfr. Cass. 21 ottobre 1974 n. 2974). Ed � d'altra parte pacifico che nessuna azione � proponibile dopo l'inizio dell'esecuzione esattoriale. L'amministratore-liquidatore sol perch� l'imposta costituisce un pre supposto della responsabilit� personale ex lege, di cui all'art. 265, non pu� essere ammesso a contestarne in via incidentale 1a sussistenza senza incontrare quegli stessi ostacoli che gli sarebbero frapposti ove avesse agito quale organo della societ�. Ma pi� radicalmente nella fattispecie legale dell'art. 265 le obbligazioni tributarie insolute (definitivamente accertate o in corso di contestazione) non vanno rimesse in discussione nella loro consistenza, ed all'amministratore � consentito sotto questo aspetto puramente e semplicemente di eccepire la carenza del titolo della responsabilit� dimostrando di avere gi� pagato o negando il presupposto della effettiva esistenza di imposte erariali dirette (gi� accertate) a carico della societ� insolute, ma non pu� investire l'oggetto della sua responsabilit�, il tributo sociale contestando I'an o il quantum dell'accertamento. Se� ci� � esatto nella ottica della sussidiariet� della obbligazione dell'amministrazione, in cui si muove l'amministrazione finanziaria, di venta incontrovertibile a fortiori ove si spezzi il collegamento della sussidiariet� e si valuti la responsabilit� personale dell'amministratore con esclusivo riguardo al comportamento omissivo rispetto a obbliga zioni tributarie che questi avrebbe potuto contestare a suo tempo nello esercizio delle sue funzioni di amministratore ma non pu� in un secondo momento, contestare in proprio, essendo sotto questo profilo, estraneo alla obbligazione tributaria che non viene in considerazione come tale, ma quale misura della responsabilit� derivante dal suo comportamento omissivo, per aver distratto attivit� sociali della finalit� primaria del pagamento dei debiti sociali. -(Omissis). i I ���� ,,.,.,,.,.,.,.,.,. .... ,-.--..-.-.-� .-.rr� � .--.-c.--.-crc.r.,-.-.-.r.-r.r rrr.�.�.�,�.-.r,�.-.�.�r,-.�.-.-r} PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA II (Omissis). -Con i pnm1 due motivi di ricorso, l'Amministrazione finanziaria insiste sulla tesi della improponibilit� della domanda, e del conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo pendente l'esecuzione esattoriale e non avendo il Giulivi adito, prima del tribunale, le Commissioni tributarie: In particolare, con il primo motivo -denunziando, in relazione all'art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 201, 208, 209 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645; artt. 2 e 4 legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E -afferma che il liquidatore e l'amministratore obbligati ex art. 265 citato sono veri e propri � responsabili di imposta� e quindi � coobbligati �, anche se non condebitori solidali, ex art. 201 dello stesso t.u. del 1958 n . .645 e nega, criticando la contraria giurisprudenza di queste sezioni unite, che l'azione di a�certamento negativo ad istanza di un responsabile di imposta si sottragga, anche quando proposta soltanto contro , l'Amministrazione finanziaria, alla preclusione di cui agli artt. 208, e 209 del t.u. citato. Con il secondo motivo, poi, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, dell'art. 22 r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 e del difetto di giurisdizione, in relazione allo art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., critica la sentenza impugnata per avere escluso, sulla scia di precedenti pronunzie di queste Sezioni unite, che la controversia introdotta dal liquidatore o amministratore per negare la propria responsabilit� ex art. 265 citato abbia natura tributaria: a giudizio della ricorrente, infatti, tale responsabilit� si concreterebbe in un vero e proprio debito di imposta, come dimostrerebbe il fatto che non si renderebbe necessaria la costituzione di un titolo diverso dal ruolo, donde la improponibilit� della domanda davanti al giudice ordinario senza il previo esperimento del ricorso alle Commissioni tributarie. Entrambe le censure sono infondate, perch� basate sulla premessa, affatto erronea, della natura 'tributaria dell'obbligazione posta a carico, nella ricorrenza dei presupposti di legge, del liquidatore o dell'amministratore dei soggetti tassabili in base al bilancio dall'art. 265 pi� volte richiamato. Invero -come queste Sezioni hanno da tempo (Cass. 27 ottobre 1971 n. 3021; Cass. 16 maggio 1972 n. 1484) ed ancora recentissimamente (Cass. 3 giugno 1978 n. 2766) affermato -deve escludersi che il liquidatore o l'amministratore siano coobbligati o comunque responsabili di imposta, tali figure intendendosi nel significato tecnico loro proprio. In realt�, alla stregua della stessa formulazione dell'art. 265 citato, e prima ancora dell'art. 45 t.u. 17 settembre 1931 n. 1608 -in cui il previgente art. 14 r.d. 28 gennaio 1~29 n. 360 era stato trasfuso, peraltro chiarendosi, ,con opportune modifiche, che la responsabilit� del liquida RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 496 tore sussisteva soltanto nei limiti in cui le attivit� ricavate dalla liquidazione avrebbero consentito di pagare le imposte se destinate, come la legge gliene faceva obbligo, a tal fine -i menzionati soggetti non sono debitori del tributo, ma responsabili del mancato pagamento di esso: sono cio� responsabili per il fatto proprio, nel caso di esistenza di attivit� sociali (non impiegate nel pagamento dei debiti tributari della societ�) e nei limiti di tale attivit�. Sicch�, per un verso, la natura non fiscale dell'obbligazione rende estranea alla esecuzione esattoriale, e quindi all'area delle preclusioni a questa correlate, l'azione di accertamento proposta dal liquidatore o dall'amministratore per dimostrare l'inesistenza non del debito tributario, m� degli altri presupposti, da questo diversi, della responsabilit� che l'Amministrazione vorrebbe loro attribuire. E, per altro verso, proprio perch� questo ultimo, e non l'altro, � l'oggetto della controversia introdotta dal liquidatore o dall'amministratore, e non v'� materia da portare davanti alle Commissioni tributarie, che tali soggetti non sono legittimati ad agire neppure per contestare la pretesa tributaria, perch� debitore delfimposta � soltanto la societ� mentre la loro responsabilit� presuppone che il debito di questa sia di venuto definitivo. Gli altri due motivi di ricorso investono il tema di merito della causa. La Corte di appello ha giudicato non configurabile a carico di Giulivi la responsabilit� ex art. 265 t.u. del 1958 n. 645 sotto un duplice profilo: in fatto, negando che l'Amministrazione avesse fornito la prova del compimento, da parte di quello, delle operazioni di sostanziale liquidazione addebitategli; in diritto, escludendo die nella previsione di tale norma rientri anche il liquidatore di fatto. Contro quest'ultima proposizione motiva si rivolge il terzo mezzo di ricorso, con il quale l'Amministrazione -denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 265 t.u. 1958 n. 645, in relazione alYart. 360 n. 3 c.p.c. -deduce che la citata disposizione � applicabile, invece, a tutti coloro che, pur se formalmente non nominati liquidatori, in effetti compiano le singole operazioni di liberazione del patrimonio dalla soggezione al vincolo sociale, con conseguente pagamento dei a�biti ed assegnazione del residuo ai soci. La censura � fondata. E sul punto le Sezioni unite possono limitarsi a richiamare le argomentazioni svolte, . a suffragio dell'accoglimento della tesi oggi riproposta dall'amministrazione, in un recentissimo loro arresto (Cass. 3 giugno 1978 n. 2766), nel quale, facendo proprio il conforme indirizzo gi� adottato a Sezione semplice (Cass. 2 agosto 1977 n. 3411; Cass. 14 marzo 1978 n. 1273), hanno considerato che la responsabilit� di cui alla norma citata costituisce una sanzione, comminata per la violazione dell'obbligo di non distribuire ai soci (o comunque di non destin�re diversamente) le attivit� della liquidazione fino a quando non PARTE I, SEZ. VI,� GIURISPRUi>ENZA TRmUTARIA siano stati soddisfatti i debiti fiscali della societ�. Ora, il soggetto che pu� venire meno a tale obbligo � normalmente il liquidatore, e l'art. 265, nel primo comma, prevede tale ipotesi tipica; ma l'articolo non ha vo� luto limitarsi a tale ipotesi e nel secondo comma ha previsto i~ caso che �I liquidatore non vi sia, �e che la liquidazione venga fatta dall'ammini� stratore: come, per�,-nella prima ipotesi � compresa quella di pii� liquidatori, tutti responsabili, succedutisi nel corso della liquidazione, cos� tra la prima e la seconda ipotesi � compresa quella in cui l'attivit� di liquidazione venga iniziata dall'amministratore e conclusa dal liquidatore nominato ad operazioni gi� iniziate, o anche l'ipotesi in cui la liquidazione venga iniziata a patrimonio gi� liquidato, sicch� abbia solo un contenuto formale e tenda, attraverso un liquidatore di comodo, soltanto a trarre in inganno il Fisco. Del resto, proprio il carattere sanzionatorio della norma impone che la sanzione giunga a colpire quanti abbiano nella realt� disperso, o concorso a disperdere, le attivit� sooiaH1� Deve pertanto ritenersi che l'art. 265 parli di liquidatori in senso atecni� co, con riguardo all'attivit� di liquidazione in senso sostanziale e non meramente formale, ed � da rifiutare l'interpretazione che, facendo esclusivamente perno sul significato tecnico del termine attraverso un esasperato collegamento con l'istituto della liqu.idazione come regolato dal diritto civile, priverebbe la norma fiscale di qualsiasi concreta effettivit�, rendendone estremamente agevole la pratica elusione. Alla stregua di tale lettura della disposizione cennata rimane superato, come queste Sezioni unite hanno gi� sottolineato, il problema circa il carattere innovativo o interpretativo dell'art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Ed �n verit� tale disposizione, sul punto specifico della responsabilit� (anche) degli �amministratori che hanno compiuto... operazioni di liquidazione �, ha soltanto reso esplicito il contenuto precettivo dell'art. 265 t.u. del 1958, come sopra interpretat�, solo limitandone nel tempo (ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione) l'ambito di applicazione. Errata -come le considerazioni test� svolte dimostrano -sul punto della individuazione del principio di diritto regolante la fattispecie sostanziale, la sentenza impugnata neppure regge alle critiche mosse, con il quarto ed ultimo motivo di ricorso, avverso la concorrente argomentazione con cui i giudici di merito hanno negato la responsabilit� del Giulivi sotto il riflesso della mancata acquisizione al processo, per iniziativa dell'Amministrazione che avrebbe avuto l'onere di fornirla, della prova concernente l'effettivo compimento, da parte del Giulivi stesso, delle attivit� di liquidazione attribuitegli. Appunto con il menzionato motivo, l'Amministrazione -denunziando violazione e ,falsa applicazione dell'art. 2697 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. -rimprovera alla Corte di merito di avere, cos� ragionando, invertito l'onere della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prova: a suo avviso, infatti, dal sistema positivo si ricaverebbe che l'acclaramento e l'accertamento della insussistenza in concreto del presupposto in cui all'art. 265 sono curati dagli organi della Finanza, onde competerebbe al privato, che insorga contro le risultanze di tale operato, assistite dalla presunzione di legittimit�, l'onere di dimostrare che non sussistono i fatti costitutivi della sua responsabilit�. Anche tale censura �, nella sostanza, fondata. La responsabilit� del liquidatore (o amministratore) ex art. 265 citato ha -nel disegno legislativo -natura sanzionatoria, come queste Sezioni unite hanno gi� sottolineato, sulla scorta di una diffusa opinione dottrinale, nella recente sentenza pi� sopra ricordata (sent. n. 2766 del 1978), e come inequivocabilmente traspare dalla collocazione della norma, inclusa, sotto il titolo XI dedicato alle � sanzioni-�, nel capo II intitolato alle �sanzioni in sede di riscossione�, e dalla espressa definizione in tal senso data -ad essa ed a tutte le altre misure contemplate nel titolo -dallo stesso legislatore in molte delle � disposizioni comuni � dettate nel capo II dello stesso titolo (cfr. art. 267, 270 c. 1� e 270 c. 2�). In dottrina � stata avanzata, tra le altre, la tesi che tale responsabilit�, o meglio la � sanzione � che in essa si concretizza, avrebbe natura amministrativa e pi� propriamente fiscale. Se cos� fosse, la tesi della Amministrazione ricorrente gi� troverebbe sufficiente giustificazione in siffatta qualificazione, costituendo il proprium della sanzione amministrativa a definizione ed irrogazione di essa attraverso un procedimento autoritativo, che si conclude con un provvedimento idoneo ad apprestare unilateralmente la disciplina potenzialmente definitiva del conseguente rapporto, restando riservato all'iniziativa del soggetto colpito dalla sanzione l'onere di chiederne il controllo giurisdizionale, attrav�rso l'assunzione della veste formale e sostanziale di attore, con tutte le implicazioni, anche probatorie, conseguenti (sul punto specifico e pi� in generale sulla tematica delle sanzioni amministrative ed in particolare fiscali, cfr. le recentissime sentenze di queste Sezioni unite nn. 926, 928, 929, 930 in data 24 febbraio 1978). La tesi, peraltro, suscita non poche perplessit�, perch� la sanzione cos� qualificata si presenterebbe anomala rispetto alle tipiche sanzioni amministrative fiscali di contenuto pecu �niario (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3, 4, 5 e 61); in quanto non potrebbe essere considerata pena pecuniaria essendo dalla legge determinata in misura fissa e non in misura variabile tra un minimo ed un massimo, ma neppure concreterebbe una sopratassa, essendo il suo im porto quantificabile in ragione diretta dell'imposta, che si sarebbe potuto pagare con le� attivit� della liquidazione, se utilizzate a tal fine. Inoltre, ove la sanzione considerata avesse la natura ipotizzata, si dovrebbe negare l'incidenza del suo pagamento sulla estinzione fino alla concorrenza del credito di imposta, con il quale, quindi, il credito i . I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 499' relativo alla sanzione si cumulerebbe, in contrasto -almeno all'apparenza -con quanto la legge, chiamando il liquidatore (o l'amministratore) a � rispondere in proprio del pagamento delle imposte �, sembra chiaramente voler significare. Tuttavia, del tutto superflua si appalesa la verifica sul punto. Quand'anche, infatti, alla sanzione in discorso si riconoscesse, invece, natura civile e pi� propriamente risarcitoria (sicch�, tra l'altro, la prestazione di essa condurrebbe alla estinzione, per equivalente, dell'obbligazione � primaria, quella tributaria, rimasta inevasa), come in dottrina si � anche opinato e come sembrerebbe indicare pure il diverso criterio sistematico adottato dal legislatore del 1973, che ha estrapolato la responsabilit� del liquidatore e dell'amministratore (art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, collocato sotto il titolo I � riscossione delle imposte �) dal complesso delle norme dedicate alle �sanzioni� vere e proprie (artt. da 92 a 98 d.P.R. citato, collocati sotto il titolo III), egualmente ferme dovrebbero restare le conclusioni attinte in ordine all'accertamento amministrativo della violazione dell'obbligo imposto dall'articolo 265 (di destinare le attivit� della liquidazione primeriamente al pagamento delle imposte) ed alla precostituzione, in via autoritativa, del provvedimento idoneo a legittimare la pretesa esecutiva concernente la riscossione della somma oggetto della sanzione dalla legge comminata per quella violazione. Ci� perch� � la disciplina positiva che cos� inequivocabilmente statuisce. Sul piano dell'interpretazione storica, va rilevato infatti che, nella vigenza della legislazione precedente al 1929, la stessa Amministrazione finanziaria (cfr. circolare ministeriale n. 77 del 1925) non dubitava della necessit� di promuovere la d�Chiarazione giudiziale della responsabilit� e dell'obbligo di pagamento per poter agire esecutivamente contro gli amministratori e liquidatori per le imposte non pagate, e va insieme sottolineato che la disciplina speciale successivamente dettata con l'articolo 14 r.d. 28 gennaio 1929, n. 360 e poi con l'art. 45 r.d. 17 settembre 1931, n. 1608, mir� appunto, tra l'altro, ad affrancare la Finanza da tale onere. Ne fa fede, almeno quanto all'intento del legislatore, la relazione ministeriale al citato t.u. del 1931, in cui, nel dare atto del mancato accoglimento della proposta della Commissione parlamentare, intesa a sottoporre alla �procedura comune�, la pretesa della Finanza �di risarcimento dei danni � nei confronti dei liquidatori, testualmente si motiva nel senso che non vi era ragione per sottrarre alla Finanza la �possibilit�� -gi� spettantele, si dice, in forza di �una disposizione in vigore� (che non poteva essere altro che l'art. 14 citato) -�di esaIninare se la liquidazione sia stata o meno ben coi;idotta �, costringendola invece a � promuovere in merito un giudizio civile �. E non � 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO priva di significato la circostanza che sulla medesima linea si � posto, in termini questa volta espliciti, anche il legislatore successivo al t.u. del 1958, il quale, nel d.P.R. 29 �settembre 1973, n. 602, pur stralciando, come gi� si � rilevato, la responsabilit� dei liquidatori ed amministratori dal complesso delle sanzioni (oltre che penali) fiscali vere e proprie (pena pec;uniaria e sopratassa), espressamente attribuisce alla P.A. (articolo 36, penultimo comma) il potere di accertare tale responsabilit� attraverso un proprio atto autoritativo, per il cui controllo giurisdizionale rinvia poi, altrettanto esplicitamente, ai normali schemi del contenzioso tributario, secondo i quali, come � pacifico, il privato assume la posizione formale e sostanziale di attore, con tutte le implicazioni conseguenti, anche sul piano probatorio. Sotto il profilo letterale e sistematico, poi, la proposta interpretazione dell'art. 265 t.u. del 1958 n. 645 trova pieno conforto nel disposto dei susseguenti articoli 267 e 270, certamente riferentisi anche al predetto art. 265, che chiude il capo II del titolo XI, perch� inclusi nel sue-� cessivo capo III, intitolato �appunto � disposizioni comuni �. Invero, l'affermazione di principio, secondo cui � l'applicazione delle sanzioni � -compresa, per quanto test� osservato, quella relativa alla responsabilit� dei liquidatori ed amministratori -Ǐ regolata dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4 � (art. 267), implica non solo il rinvio alla disciplina autoritativa e pubblicistica del procedimento ivi previsto per l'accertamento delle infrazioni e per l'irrogazione delle sanzioni, ma anche l'assoggettamento del controllo giurisdizionale al regime processuale correlato a quel tipo di provvedimento, appunto incentrato, tra l'altro, sulla regola che addossa al privato l'onere della iniziativa giudiziale e quello della prova (citate decisioni nn. 926, 928, 929 e 930 del 1978). E, d'altro canto, l'indicazione neTia persona dell'Intendente di Finanza (arg. ex art. 270, 1� e 2� comma) dell'organo cui �spetta, in via normale, il relativo potere di accertamento e di irrogazione perfettamente si armonizza con il sistema normativo dell'epoca (citata legge n. 4 del 1929), che appunto all'Intendente di Finanza attribuiva il potere di porre in essere il �titolo � della sanzione, previo accertamento dei presupposti per la irrogazione di essa, e ancora conferma, quindi, l'assoggettamento al medesimo regime -amministrativo nella prima fase e giurisdizionale nella seconda, eventuale -anche di quella particolare sanzione costituita dalla misura in discorso. N� potrebbe ragionevolmente adombrarsi la tesi che tuttavia lo stesso art. 270 comma 2� prevede per talune sanzioni -tra cui potrebbe rientrare, in tesi, quella qui in discorso - la incompetenza dell'Intendente di Finanza e la conseguente necessit� per questo di rivolgersi al giudice, giacch�, come all'evidenza dimostra la formula normativa �denuncia il fatto all'autorit� giudiziaria"� l'ipotesi ivi prevista � solo quella di sanzioni penali non rientranti nell'aro~ I=�[ I~ E ~ I 1 ;".""'�:�;�.-.�.�.�.'.�.�.�.�.�.�.'.'.�.'.....................................�.�.�.'.�.���.�����.�.����.������������;�V'C'����;��--.�.,�.z .�:���zc�:�:�:�z�:�z�:�:�:cc�:�:�:�:��:�:�:�Z�Z�:�:�:�z�:�:� .�:�:�:�:�:�:.'�'.�:�:�ZCC<�Z�Z '.�'.�'.�'.�Z�'.�'.�'.�'.�Z�'.�'.�'.�Z�Z�'.�'.�'.�'.�'.�:;:�;�;�:�: ;�'.�Z�Z�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�:;;;.z;.J PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA bito della speciale competenza pure in questo settore attribuita dalla legislazione dell'epoca -poi caduta a seguito delle note dichiarazioni di incostituzionalit� -all'Illtendente di Finanza. Deve pertanto sul punto concludersi che, a differenza di quanto ritenuto da una parte della dottrina, la cui opinione ha trovato eco anche nella giurisprudenza di queste Sezioni unite (sent. n. 1484 del 1972 cit.), il c.d. accertamento di responsabilit� � atto intendentizio che trova la sua fonte di legittimazione non in mere esigenze di prassi, formalizzate in circolari amministrative, ma nel sistema legislativo delineato dalle citate disposizioni del t.u. del 1958, che appunto attribuisce all'Intendente di Finanza il potere di accertare i presupposti della responsabilit� e di porre in essere il titolo per l'attuazione della relativa pretesa sanzionatoria secondo moduli amministrativi ed attraverso provvedimenti autoritativi idonei a dettare la regola, potenzialmente definitiva, del rapporto e ad addossare al liquidatore o all'amministratore, cos� dichiarato responsabile, l'onere di assumere l'iniziativa processuale volta ad ottenere il controllo giurisdizionale e l'onere di fornire, nel giudizio cos� instaurato, la prova liberatoria. Sicch� in definitiva, rigettati i primi due motivi di ricorso, vanno accolti il terzo ed il quarto motivo, con . conseguente annullamento, in relazione alle censure cos� accolte, della sentenza impugnata e rinvio della causa ad atro giudice di pa~i grado, affinch� proceda, provvedendo anche sulle spese di questo giudizio di cassazione, a nuovo esame alla stregua dei seguenti principii di diritto: a) la responsabilit� di cui all'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 sussiste a carico anche dell'amministratore, che compia, prima della formale dichiarazione di scioglimento della societ�, attivit� di sostanziale liquidazione; b) dichiarata dall'Intendente di Finanza la responsabilit� del liquidatore o dell'amministratore ex art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, incombe sul soggetto cos� dichiarato responsabile l'onere di provare la insussistenza dei presupposti -diversi dal debito di imposta della societ� -di tale responsabilit�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1488 -Pres. Caporaso Est. La Torre -P. M. Minetti (conf.) -Ente per la Cellulosa e la Carta (avv. Antonini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Bafile). Imposta sulle societ� -Esenzioni -Istituti di studio e di sperimentazione ~ Ente per la Cellulosa e la Carta -Non � tale. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 151). Le cause di esonero dall'imposta sulle societ� previste dall'art. 151 del t.u. delle imposte dirette n. 645 del 1958 sono tassative s� che anche 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gli enti pubblici non economici sono soggetti all'imposta se non rientrano tra quelli espressamente dichiarati esenti. Non sono definibili come istituti di studio e di sperimentazione di interesse pubblico gli enti di intervento pubblico nell'attivit� economica quale l'Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Ente per la celluosa e per la carta, sostenendo di essere esente dall'imposta societaria in quanto annoverabile fra �gli istituti di studio e di sperimentazione di interesse generale non aventi fini n� attivit� di lucro� (art. 3, n. 9 legge 6 agosto 1954 n. 603, riprodotto nell'art. 151, lettera h, t.u. 29 gennaio 1958 n. 645), censura la contraria pronuncia della Commissione centrale per violazione di legge nonch� per errata e insufficiente motivazione. Ci� in quanto: a) � deve riconoscersi all'Ente lo svolgimento di una attivit� di studio e di sperimentazione di gran lunga prevalente, per il fatto che esso � chiamato a svolgere, oltre a una vasta azione di disciplina e di controllo di un particoare settore produttivo, qual � quello della cellulosa e della carta, anche una preponderante e non meno importante attivit� promozionale, tipicamente di sperimentazione colturale �; b) nel perseguire tali fini, che sono di interesse generale, l'ente non 502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gli enti pubblici non economici sono soggetti all'imposta se non rientrano tra quelli espressamente dichiarati esenti. Non sono definibili come istituti di studio e di sperimentazione di interesse pubblico gli enti di intervento pubblico nell'attivit� economica quale l'Ente Nazionale per la Cellulosa e la Carta (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Ente per la celluosa e per la carta, sostenendo di essere esente dall'imposta societaria in quanto annoverabile fra �gli istituti di studio e di sperimentazione di interesse generale non aventi fini n� attivit� di lucro� (art. 3, n. 9 legge 6 agosto 1954 n. 603, riprodotto nell'art. 151, lettera h, t.u. 29 gennaio 1958 n. 645), censura la contraria pronuncia della Commissione centrale per violazione di legge nonch� per errata e insufficiente motivazione. Ci� in quanto: a) � deve riconoscersi all'Ente lo svolgimento di una attivit� di studio e di sperimentazione di gran lunga prevalente, per il fatto che esso � chiamato a svolgere, oltre a una vasta azione di disciplina e di controllo di un particoare settore produttivo, qual � quello della cellulosa e della carta, anche una preponderante e non meno importante attivit� promozionale, tipicamente di sperimentazione colturale �; b) nel perseguire tali fini, che sono di interesse generale, l'ente non esercita in proprio alcuna attivit� commerciale di scambio o di produzione, n� percepisce � provvigioni � di sorta, poich� i � contributi � che gli spettano sull'importo delle fatture emesse dai produttori o importatori di carta e sulle quantit� di cellulosa destinata ad impieghi diversi hanno natura di tributi speciali e, non gi� di corrispettivo. Il ricorso non pu� essere accolto. Come risulta testualmente dall'invocata norma di favore, che in quanto eccezionale � di stretta interpretazione (art. 14 disp. prel.), l'esenzione tributaria di cui si discute ha natura mista o composita, poich� richiede il concorso di tre requisiti: deve innanzi tutto trattarsi di un istituto �di studio e di sperimentazione� (presupposto soggettivo), che sia inoltre di �interesse generale� (qualit� specifica) e che non abbia comunque �fini n� attivit� di lucro� (condizione oggettiva). Per cui, essendo necessaria la simultanea presenza di tutti e tre i requisiti, � chiaro che, se manca il primo, � inutile indagare sugli altri due, tanto bastando per escludere in radice l.'operativit� dell'esenzione. Ed � precisamente ci� che deve affermarsi con riferimento al caso in esame. (1) Decisione di evidente esattezza. Non constano precedenti specifici. La massima � rilevante anche ai fini della riduzione a met� dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche essendo riprodotta la stessa formula agevolativa nell'art. 6 lett. g) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Per stabilire se un dato ente rientra o no nell'ambito di una certa categoria soggettiva -quando questa � determinata non gi� in funzione di sicuri indici esteriori di appartenenza a una classe (come per es. le regioni, le provincie, i comuni, le camere di commercio, gli istituti autonomi per le case popolari, le societ� di mutuo soccorso ecc.: cfr. il citato art. 151 t.u., lettere d, f, g), ma in base a un criterio ontologico di raggruppamento -ci� che occorre ricercare, desumendolo dai fini istituzionali dell'ente, � l'elemento che ne caratterizza l'intrinseca natura e l'oggetto suo proprio, in modo da verificare se esso coincida o meno col connotato della categoria: elemento che, appunto nerch� caratterizzante, deve essere non soltanto presente ma anche essenziale (id quod dat essentiam rei). Onde, per l'appartenenza agli �istituti di studio e di sperimentazione�, non basta che l'ente svolga, insieme o subordinatamente ad altre attivit�, anche quella scientifica e sperimentale, ma _� necessario che proprio questa ~ia la sua attivit� esclusiva o almeno preminente: tale, cio�, eh~ ogni eventuale attivit� risulti strumentale o ausiliaria rispetto allo studio e alla sperimentazione, non viceversa. Ora, che ci� possa dirsi dell'ente in questione � senz'altro da escludersi alla stregua della legge 13 giugno 1935 n. 1453 ( � Costituzione dell'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta e determinazione dei suoi compiti e dei mezzi occorrenti per il suo funzionamento�), che, all'art. 2, assegna all'ente i seguenti scopi: 1) � Promuovere lo sviluppo della fabbricazione della cellulosa in Italia�; 2) �adottare provvedimenti atti ad agevolare la produzione e l'impiego di materie prime nazionali per la cellulosa�; 3) �curare la disciplina della produzione nazionale della cellulosa e la distribuzione della cellulosa importata fra le categorie consumatrici, nonch� la disciplina della produzione e vendita della carta, con particolare riguardo a determinate produzioni e determinati consumi�; 4) �provvedere in modo permanente alla conoscenza dello stato dell'industria della cellulosa e di quella della carta, mediante periodiche rilevazioni statistiche, alle quali tutte le aziende partecipanti debbono concorrere� (cfr. anche l'art. 3 dello statuto approvato col r.d. 26 settembre 1935 n. 1932, nonch� il r.d.l. 12 novembre 1936 n. 2189, conv. nella I. 7 giugno 1937 n. 2726 e modificato dalla I. 23 giugno 1940 n. 868). Inoltre, mediante la riscossione dei contributi obbligatori sulla carta in genere e attraverso le integrazioni di prezzo corrisposte alle aziende editoriali nel quadro delle provvidenze per la stampa, l'Ente per la cellulosa assolve una funzione regolatrice del mercato della carta in bobine (cfr., in aggiunta alle fonti normative sopra cit., la I. 28 marzo 1956 n. 168). Da quanto sopra esposto � agevole rilevare che l'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta, la cui natura � quella di un consorzio 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO obbligatorio con personalit� di diritto pubblico (Sez. Un. 14 luglio 1~54 . n. 2465), non � in alcun modo identificabile con un istituto � di studio e di sperimentazione�. N� vale a far mutare avviso il fatto che una tale attivit� -come deduce il ricorrente -venga posta in essere a mezzo dei due centri di Roma e di Casale Monferrato (operanti nel campo forestale e della pioppicultura), poich� una siffatta attivit�, sia per la sua importanza marginale in seno alla ben pi� vaste e complesse finalit� istituzionali dell'Ente, sia per il ruolo strumentale che esso svolge rispetto a questi compiti primari, non pu�. assurgere ad elemento essenziale e caratterizzante nel senso sopra precisato. Non' pu�, quindi, trasformare in istituto scientifico o culturale �di studio e di sperimentazione � un ente al quale invece la legge assegna compiti di indirizzo, di coordinamento e di controllo pubblico dell'economia nel settore della carta e della cellulosa. Una volta escluso il presupposto soggettivo dell'esenzione (ex art. 161, lett. h, del citato t.u. del 1958), tanto bastava -come si � accennato perch� questa fosse negata,. a nulla rilevando che i compiti dell'ente siano � di interesse generale � e non rivolti � a fini di lucro �. Di qui l'inutilit� dell'ulteriore argomento, addotto incidentalmente e ad abundantiam dalla Commissione centrale, secondo cui l'ente per la cellulosa percepisce una � provvigione percentuale � sugli importi delle fatture per la celsazione di carta e cartoni. E di qui, conseguentemente, l'inutilit� del pur esatto rilievo, contenuto nella censura sub b), secondo il quale il contributo percepito dall'ente non ha natura di provvigione ma di entrata tributaria (cfr. S.U. n. 2465 del 1954, cit.). Tale precisazione, infatti, pu� servire al pi� per� dimostrare che quello in questione � un ente pubblico non economico; �ma, �come ha giustamente osservato la Commissione centrale, sul riflesso che il presupposto dell'imposta societaria � �il possesso di un patrimonio (o di un reddito) da parte di soggetti tassabili in base al bilancio� (art. 145 t.u.) e che le cause di esonero dall'imposta sono tassative (art. 151 t.u.), � anch� gli enti non economici sono soggetti passivi di detta imposta se non rie.ntrano... tra quelli esenti �. Si pu� anzi aggiungere che quanto pi� si accentua la posizione di ente impositore o percettore di tributi, quali sono quelli .spettanti all'Ente cellulosa nell'esercizio delle sue funzioni di intervento pubblico sull'attivit� economica, tanto pi� si indebolisce la tesi che tende a configurare tale ente come un ~ero istituto � di studio e di sperimentazione �. Resta pertanto valido il rilievo conclusivo dell'impugnata decisione, doversi cio� escludere � che l'Ente per la cellulosa e per la carta sia da ricomprendere tra i soggetti che le cennate fonti normative dichiarano esenti dall'imposta sulle societ��. -(Omissis). ~ ! j: t '~ f f f ' ~ SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 febbraio 1978, n. 888 -Pres. Trimarchi -Rei. Falcone -P. M. Saja (conf.) -Impresa � C.C.C. � Cantieri Costruzioni Cemento Soc. p. az. (avv. Fortini e Rossini) c. Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto (avv. Mazzullo) e Ministero dell'agricoltura e foreste (avv. Stato Baccari). Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva dell'appaltatore -Interesse legittimo -Configurabilit� di diritto soggettivo -Condizioni. (d.l.C.P.S. 6 dcembre 1947, n. 1501, art. 1). Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva dell'appaltatore -L. 21 dicembre 1974 n. 700 -Trasformazione in diritto soggettivo -Esclusione. (I. 21 dicembre 1947, n. 700, art. unico; I. 21 giugno 1964, n. 463, art. 2). Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva dell'appaltatore -L. 22 febbraio 1973 n. 37 -Possibilit� di configurazione come diritto soggettivo � Soppressione. (I. 22 febbraio 1973, n. 37, art. 2; d.l.C.P.S., 6 dicembre 1947, n. 1501, art.. �1). Competenza e giurisdizione -Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Determinazione del compenso revisionale -Incidenza di determinazioni attinenti allo svolgimento del rapporto -Impugnativa Giurisdizione amministrativa -Sussiste. Ha natura di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo, la pretesa del privato diretta ad ottenere dalla pubblica amministrazione il provvedimento di revisione dei prezzi degli appalti delle opere pubbliche. La posizione soggettiva del privato assume la consistenza di diritto soggettivo, azionabile davanti al giudice ordinario, solo quando sia stato espressamente convenuto, in sede contrattuale -con patto �contrario� stipulato secondo l'espressa previsione contenuta nell'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501 -che, ve-rif�candosi determinate condizioni, si dovr� procedere alla revisione dei prezzi (1). (1-3) La prima massima � conforme a costante .giurisprudenza e, per quanto attiene ai riflessi defila inserzione di patti in ordine alfa revdisione, riflette l'assetto normativo anteriore alla I. 22 febbraio 1973, n. 37: nello stesso senso, cfr;, Cass. 27 febbraio 1976, n. 631, Foro it. 1976, I, 1898; Cass. 27 marzo 1975, n. 1157, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. unico della legge 21 dicembre 1974, n. 700, applicabile anche ai contratti in corso di esecuzione limitatamente alla parte di lavori eseguita dopo l'entrata in vigore della legge stessa, non ha configurato come diritto soggettivo la situazione giuridica dell'appaltatore in ordine alla revisione dei 'prezzi (2). . . La legge 22 febbraio 1973, n. 37, sopprimendo la possibilit� di patti contrari alla disciplina legislativa della revisione dei prezzi (gi� ammessi dal d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501), ha escluso, in relazione a qualsiasi presupposto o momento dell'attivit� amministrativa di revisione dei prezzi, la possibilit� che la revisione del privato possa assumere la consistenza del diritto soggettivo (3). Investe esclusivamente il procedimento revisionale ed appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo l'impugnazione di un ordine di servizio in cui l'Amministrazione espliciti le modalit� in cui proceder� alla revisione, ove l'appaltatore denunzi la illegittimit� di determinazioni attinenti allo svolgimento del rapporto e tali da incidere sulla misura del compenso revisionale. (Nella specie, l'appaltatore contestava la legittimit� della esclusione dal calcolo dell'aumento dei costi verificatisi in periodi successivi alla scadenza contrattuale, esclusione conseguente alla illegittima denegazione della rilevanza di cause imponenti la sospensione dei lavori e la proroga del termine finale) (4). (Omissis). -L'Impresa ricorrente chiede che sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle domande da essa proposte, in quanto entrambe introducono controversie attinenti alla Foro amm. 1976, I, 624 e Rass. Jlvv. Stato 1975, I, 444; Cass. 12 ottobre 1974, n. 2817, Giust. civ. 1975, I, 812 e Rass. Avv. Stato 1974, I, 1278; e, nella giurisprudenza amministrativa, da ultimo, Cons. St., Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 555, Cons. Stato 1977, I, 900. Sulla seconda massima non constano precedenti in termini. Diversamente orientato, in dottrina, CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano,� 1976, n. 490 bis, pag. 719. Sulla terza massima, cfr., nello stesso senso, TAR Lombardia 7 luglio 1976, n. 269 in Trib. amm. reg. 1976, I, 2801. (4) Per analoga decisione, cfr. Cass. 27 marzo 1975, n. 1157 cit. Pu� qui rilchiamarsi la diverisa so1uzfone raggiunta in casi in 'Cui, esercitato dall'Amministrazione il potere inerente allo stabilire se ricorriessero o non le condizioni dell'applicazione delle norme sulla revisione, le parti controvertevano su aspetti del rapporto obbligatorio cos� venuto ad esistenza: cfr., per varie fattispecie, Cass. 27 febbraio 1976, n. 631, cit.,� Cass. 12 ottobre 1974, n. 2817, cit.; Cass. 12 febbraio 1973, n. 410, Giust. civ. Mass. 1973, 210. Quanto alla inddenza sulla misura del compenso revisionale de1'1e questioni su cui si incentra il ricorso, cfr., per la esclusione della spettanza della revisione con riguardo al periodo successivo alla scadenza del termine per la consegna dei lavori, Cons. St., Sez. IV, 16 maggio 1978, n. 450, Cons. Stato 1978, I, 796; sulla rilevanza delle proroghe regolarmente concesse, Corte conti, Sez. contr. Stato, 3 dicembre 1976, n. 721, Cons. Stato 1977, Il, 667. PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI legittimit� di elementi costituenti il presupposto di esercizio della facolt� di concedere la revisione dei prezzi dell'appalto. Quanto alla controversia concernente. l'applicabilit� delle quote percentuali di incidenza sul costo complessivo dell'opera risultanti dalh� tabella n. 5 annessa al d.m. 22 giugno 1968, o di quelle indicate dalla precedente tabella n. 3, la ricorrente sostiene che le quote di incidenza assumono rilevanza sia per l'accertamento della sussistenza delle condizioni che alla revisione danno ingresso, sia per la corretta determina~ zione dell'ammontare degli acconti revisionali e del relativo saldo e che, pertanto, la controversia stessa non si sottrae in nessuno di tali momenti alla particolare disciplina cui � soggetta la materia revisionale. In relazione alla controversia riguardante l'illegittima esclusione dal calcolo dell'aumento dei costi verificatosi nel periodo della sospensione dei lavori disposta dall'amministrazione (per mancata disponibilit� dei fondi di finanziamento e ritardo nell'approvazione di P.erizia suppletiva) afferma che era stata posta in discussione non la legittimit� della. sospensione dei lavori, ma soltanto l'applicabilit�, negata dal Consorzio, del quarto comma dell'art. 1 del d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501, e quindi era venuto in contestazione un presupposto costituente condizione essenziale per l'esercizio della facolt� di revisione e per la corretta sua determinazione. Il Consorzio, nell'opporsi all'accoglimento del ricorso, sostiene, anzitutto, che debba essere dichiarata l'improponibilit� della pretesa fatta valere dall'Impresa, in quanto l'atto impugnato, non essendo terminativo del procedimento di revisione, non-avrebbe carattere definitivo; ma trattasi di tesi palesemente inaccoglibile, poich� l'asserita non definitivit� del provvedimento potr� costituire oggetto d'esame da parte del giudice amministrativo di cui, per le ragioni che saranno esposte, deve essere affermata la competenza giurisdizionale, ma non d� luogo a questione rilevante ai fini della decisione sulla giurisdizione. Passando all'esame dei motivi dell'istanza, essi risultano fondati e deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo. Questa Corte ha costantemente affermato il principio che, se non pu� contestarsi la natura di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo, della pretesa del privato diretta ad ottenere dalla pubblica amministrazione il procedimento di revisione dei prezzi degli appalti delle opere pubbliche, in quanto la revisione si configura come una facolt� attribuita all'amministrazione pubblica, il cui esercizio � in funzione della cura di interessi ed esigenze pubbliche secondo una valutazione discrezionale ad essa affidata, assume la consistenza di diritto soggettivo, azionabile dinanzi al giudice ordinario, la posizione soggettiva del privato stesso, quando sia stato espressamente convenuto, in sede contrattuale -con patto �contrario� stipulato secondo l'espressa pre 508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO visione contenuta nell'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501 (ratificata con la legge 9 mag~io 1950, n. 329) -che, verificandosi determinate condizioni, si dovr� procedere alla revisione dei prezzi (S.U. 27 febbraio 1976, n. 631; 12 ottobre �1974, n. 2817; 26 marzo 1968, n. 933). Ma nella specie � da escludere, procedendo alla interpretazione della volont� negoziale manifestata dalle parti, che queste Sezioni Unite devono compiere quali giudici anche del fatto ai fini della decisione della questione di giurisdizione, che una deroga alla disciplina legale della revisione dei prezzi sia stata convenuta dalle parti. Queste, infatti, nel contratto di appalto, richiamarono espressamente la disciplina legislativa della materia dichiarando che �l'eventuale revisione dei prezzi sar� effettuata a norma della legge 17 febbraio 1968, n. 93, e le relative quote d'incidenza sono quelle riportate nell'art. 24 del Capitolato speciale �, e ribadirono, nel capitolato stesso, che i prezzi erano fissi e invariabili, salvo l'osservanza delle vigenti disposizioni di legge :;;ulla revisione dei prezzi che sar� regolata dalla legge 21 giugno 1964, n . .463, aggiungendo che �a tal fine si riportavano di seguito gli indici di incidenza�, che erano quelli della tabella 3 del d.m. 22 giugno 1968. Le parti hanno inteso evidentemente e soltanto riferirsi alla disciplina dettata dalla legge in materia, sottolineando anzi, con l'espressa qualificazione della revisione come eventuale, l'esclusione di ogni comune intento di config�rarla quale diritto soggettivo, al verificarsi di specifiche condizioni, del resto non previste, e limitandosi a richiamare i criteri applicativi che ritenevano appropriati al tipo di lavori, qualora l'amministrazione avesse proceduto alla revisione. Le clausole contrattuali non contengono nulla pi� che la mera ricognizione della disciplina legale in materia, e manca la m;:tnifestazione di una volont� derogatoria dei presupposti o delle modalit� di computo della revisione, che (in . quanto tale) non poteva non essere univocamente espressa.. Queste conclusi�ni rimangono valide pur dopo la entrata in vigore dell'art. unico della legge 21 dicembre 1974, n. 700, applicabile anche ai contratti in corso di esecuzione limitatamente alla parte dei lavori eseguita dopo l'entrata in vigore della legge stessa (terzo comma), non potendo essere condivisa la tesi espressa dal Consorzio resistente, secondo cui detta legge, stabilendo che gli accqnti per la revisione dei prezzi, da corrispondere all'appaltatore unitamente ai pagamenti in conto per i lavori eseguiti, sono fissati nella misura dell'85% dell'ammontare dell'importo revisionale e che in caso di ritardo nella corresponsione degli acconti e della rata di saldo revisionale si applicano gli arti~ coli 35 e 36 del capitolato di appalto per le opere-pubbliche di competenza del Ministero dei Lavori Pubb�ici (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), ha configurato come diritto soggettivo la situazione giuridica dell'appaitatore in ordine alla revisione dei prezzi. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 509 Queste disposizioni, infatti, non sono incompatibili con la configurazione, accolta nella giurisprudenza ordinaria ed amministrativa e nella dottrina, della revisione dei prezzi negli appalti di opere pubbliche come espressione di un potere della pubblica amministrazione, il cui esercizio � vincolato nell'interesse pubblico, in quanto dirette soltanto a fissare, con ulteriori precisazioni, il contenuto tipico del provvedimento da emanare e le modalit� con cui lo stesso deve essere adottato. Con~rasta, inoltre, con la tesi prospettata, di un mutamento dell'essenza della revisione prezzi nel senso che essa si configuri come un vero e proprio obbligo legale contrattuale, cui la P.A. � tenuta come parte contraente e non pi� come � una facolt� � che la stessa amministrazione eserciti quale autorit� al di fuori del contratto, la considerazione che una siffatta portata innovativa dovrebbe essere attribuita alla legge n. 700 del 1974, sebben.e non emerga n� dalla lettera n� dalla � ratio cui essa appare informata, di disciplinare -modificando l'art. 2 della legge 21 giugno 1964, n. 463, e quindi nell'ambito del procedimento di revisione prezzi quale veniva regolato da questa legge -momenti ed aspetti ulteriori della procedura rispetto a quella prima regolati. Non senza rilevare che un'innovazione della po~tata sostenuta sarebbe stata introdotta con una legge del 1974 di modifica di una parte dell'anteriore disciplina dettata dalla legge del 1964 (art. 2), dopo che, con la legge del 23 ottobre 1973, n. 1481 (rectius, 22 febbraio 1973, n. 37), era stato espressamente disposto che la facolt� di procedere alla revisione dei prezzi � ammessa secondo le norme che la regolano, con esclusione di qualsiasi patto in contrario o in deroga. Dopo, cio�, l'emanazione di una legge la quale, nel sopprimere la possibilit� di patti contrari alla disciplina legislativa della revisione dei prezzi (gi� ammessi, come si � detto .dal d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501), aveva escluso, in relazione a qualsiasi presupposto o momento dell'attivit� amministrativa di revisione dei prezzi, la possibilit� che la posizione del privato potesse assumere la consistenza del diritto soggettivo e che la facolt� di procedere alla revisione potesse essere in qualche modo vincolata a tutela di interessi diversi da quelli (pubblici) affidati alla cura della pubblica amministrazione. Anche la seconda questione � stata correttamente portata innanzi al � giudice amministrativo. La ricorrente, infatti, non fa valere un diritto alla reintegrazione dei maggiori oneri sopportati per fatto dell'amministrazione, concretatosi in una sospensione dei lavori illegittimamente disposta per esigenze imputabili alla stessa e nel diniego della protrazione del termine finale, cio� una pretesa di risarcimento di danni, estranea alla disciplina della revisione legale dei prezzi. Essa contesta, invece, la legittimit� del modus operandi secondo cui l'amministrazione, nell'ordine di servizio con cui 510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ha ordinato la ripresa dei lavori, ha dichiarato che provveder� alla revisione dei prezzi: a) senza tener conto cio� della sospensione dei lavori, perch� illegittimamente disposta dopo la scadenza contrattuale e, quindi, con fittizia retrodatazione dei lavori posteriori alla sospensione, ad ogni effetto della revisione dei relativi prezzi; b) negando la proroga del termine finale dei lavori. La materia portata al giudizio del TAR, e costituente il tema della pronuncia sulla giurisdizione d� luogo a controversia che investe, pertanto, esclusivamente il procedimento revisionale: perch�, sotto il primo aspetto, riguarda la legittimit� della esclusione, dal calcolo, dell'aumento dei costi verificatosi nel periodo in cui non � stato possibil� procedere alla esecuzione dei lavori per ordine-dell'amministrazione, conseguente alla imprevidenza della stessa nell'assicurare il tempestivo finanziamento; sotto il secondo aspetto attiene alla legittimit� del diniego della richiesta proroga del termine finale, richiesta che si assume dipendente I dalla maggior durata dei lavori conseguente al rit~rdo di approvazione f: della perizia di variante, e come tale da qualificarsi quale protrazione necessaria del termine stesso e quindi non denegabile. In accoglimento dell'istanza, deve, pertanto essere dichiarata la giu l risdizione del giudice amministrativo. -(Omissis). I t i: li CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1978, n. 3080 -Pres. Rossi I I� Rel. Granata R. � P. M. La Valva (conf.) -Ferrobeton � Silm S.p.A. (avv. Ceci) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Gargiulo) e Ente autonomo acquedotto pugliese. Procedimento civile � Intervento volontario � Adesivo dipendente . Proposi I zione congiunta nella citazione sottoscritta con l'attore � Ammissi bilit�. i (cod. proc. civ., art. 105 comma secondo). I Procedimento civile � Domanda � Qualificazione . Intervento adesivo dipen~ 2 dente � Condizioni. i (cod. proc. civ., art. 105 comma secondo). ! f Appalto di opere pubbliche � Rinnovazione delle operazioni di collaudo -I Facolt� del committente � Appartenenza ali' Amministrazione concedente � Ammissibilit� � Condizioni. I (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 117). ! Obbligazioni e �ontratti � Appalto � Accordi -Domanda di restituzione Domanda di risoluzione . i!: implicita. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 511 Obbligazioni e contratti � Appalto � Difformit� e vizi dell'opera � Riconoscimento dell'appaltatore -Forma � Manifestazione tacita -Sufficienza. (cod. civ., art. 1667 comma secondo). Il soggetto abilitato ad intervenire ex art. 105 comma 2� cod. proc. civ., oltre che intervenire: in un processo gi� pendente pu� affiancarsi al soggetto, le cui ragioni ha interesse a sostenere, fin dall'atto introduttivo della lite da questo iniziata, essendogli inibito soltanto, per la natura secondaria e subordinata della sua legittimazione, di rendersi egli promotore del giudizio (1). Pu� essere qualificata come corrispondente a quella dell'interventore adesivo dipendente la posizione assunta in giudizio da una parte che, priva di legittimazione autonoma in relazione al rapporto in esso dedotto da altra parte unitamente alla quale ha promosso il giudizio, nelle conclusioni prese abbia costantemente omesso di specificare se le statuizioni domandate debbono essere pronunziate in suo confronto (2). La facolt� di disporre la rinnovazione delle operazioni di collaudo, accordata dall'art. 117 r.d. 25 maggio 1895, n. 350 alla P.A. committente, � elemento della disciplina del contratto di appalto. Se questo non contenga una pattuizione idonea a rendere rilevante in confronto dell'appaltatore il collegamento funzionale esistente tra appalto e concessione dei lavori per l'esecuzione dell'opera pubblica, l'anzidetta facolt� non � esercitabile dalla P.A. concedente, ma solo dal concessionario che abbia a sua volta appaltato i lavori. (Nella specie � stata ritenuta corretta la conclusione di ammettere la Cassa per il mezzogiorno all'esercizio della facolt� di disporre la rinnovazione del collaudo dell'opera appaltata da un ente suo concessionario, desunta dalla circostanza che il contratto d'appalto richiamava l'atto di concessione �assieme a tutte le altre condizioni riguardanti l'azione di controllo della Cassa e la sua interferenza nell'attivit� di collaudazione �) (3). (1) Non constano precedenti in termini. In dottrina -COSTA, Intervento (dir. proc. civ.), Encicl. del dir., Milano, 1972, XXII, pag. 461 ss., n. 10 e 11, ipag. 472 ss. -individua i presupposti specifici delil'intervento nelll:a qua1it� di terzo e nella pendenza della causa. Appare peraltro convincente, la conclusione, cui la Cassazione � pervenuta, di individuare piuttosto un presupposto negativo, costituito dal non poter l'interveniente dare lui inizio al processo. (2) Nel senso che spetti al giudice qualificare l'intervento spiegato lin giudizio, avendo riguardo a:Ha oggettiva valutazione della pretesa che ne costituisce il fondamento ed al contenuto della domanda, Cass. 19 novembre 1973, n. 3098, in questa Rassegna 1974, I, 632. Sui criteri di individuazione dell'intervento adesivo dipendente, cfr., Cass. 23 febbraio 1973, n. 533, Giust. civ. Mass. 1973, 269. (3) In argomento, per la distinzione dei rapporti di concessione ed appalto e la interferenza sul secondo di posizioni inerenti al primo dei due rapporti, cfr., Cass. 14 gennaio 1976, n. 111, Giust. civ. Mass. 1976, 55. 512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella domanda di restituzione delle somme corrisposte a titolo di acconto sul corrispettivo di un appalto � implicita quella di risoluzione del contratto (4). Il riconoscimento dei vizi dell'opera non � soggetto ad una forma determinata e pu� quindi esprimersi anche in forma tacita e manifestarsi. per facta concludentia, comprese le riparazioni eseguite dall'appaltatore sull'opera da lui realizzata (5). (Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la societ� Ferrobeton -sotto il �profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. e. dell'artt. 105 e 267 c.p.c.; dei principi della legittimazione ad agire e dell'art. 8 legge 10 agosto 1950, n. 646 modificata con legge 25 luglio 1952, n. 949 -lamenta che la Corte di appello, dopo avere, correttamente, negato alla Cassa per il Mezzogiorno la legittimazione attiva e passiva in ordine ai rapporti nascenti dal contratto di appalto, ed avere alla medesima riconosciuto ~oltanto la facolt� di spiegare nelle controversie relative, intervento adesivo dipendente, a fianco del committente EAAP, sull'esatto rilievo essere la Cassa medesima estranea al contratto stesso, intervenuto fra quest'ultimo, in veste di suo delegato, ed essa societ� ricorrente, ha poi in sostanza ritenuto erroneamente configurabile siffatto intervento nella causa promossa dalla EAAP e dalla Cassa, entrambi in veste in attori, con la citazione dell'8 gennaio 1969. Ed osserva che �l'intervento, al contrario, si verifica -per definizione -ad opera di un terzo in un processo gi� promosso tra altri soggetti: e ci� per una esigenza strutturale, confermata dalla lettera dell'art. 105 c.p.c. e dal modo che l'art. 267 stesso codice prescrive per l'attuazione dell'intervento, onde sarebbe �nconc;ifiabile -ad avviso della ricorrente -affermare che di due soggetti, i quali hanno promosso un giudizio come .attori con regolare citazione introduttiva e cos� lo proseguono, uno sarebbe interveniente. La censura � infondata. Non pu� essere condivisa, in principio, la tesi che il soggetto legittimato, rispetto ad una determinata controversia, soltanto a sostenere le ragioni di una dell� parti ai sensi dell'art. 105, comma 2� c.p.c., tale. iniziativa possa esplicare unicamente �dopo� che quella controversia sia stata radicata davanti al giudice. L'errore che siffatta enunciazione travaglia � lo stesso, in cui si incorrerebbe ove si pretendesse, di ne (4) Nello stesso senso, cfr. Cass. 4 ottobre 1976, n. 3247, Giust. civ. Mass. 1976, 1378. (5) Sul punto, cfr., L'appalto, Rassegna di giurisprudenza commentata, a cur. a di CARNEVALE E FERRATI, Giuffr�, Miilano, 1974, I, pag. 310; adde, Cass. 15 ottobre 1976, n. 3475, Giust. civ. Rep. 1976, appalto, 28. PARTE I, SEZ. VII, GIURJS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 513 gare, rispetto alle figure di possibili interventi delineati nel primo comm� dello stesso articolo, che i soggetti a� ci� legittimati possano agire in via autonoma. Al contrario, se � vero che ad entrambe le ipotesi configurate nelle due disposizioni � comune la postulazione di un processo gi� pendente, al quale si vuole consentire, con modalit� e per effetti determinati, la partecipazione successiva dei soggetti investiti di certe situazioni soggettive legittimanti, non � per� vero che con ci� si esauriscono i modi, nei quali tale partecipazione pu� legittimamente esplicarsi, la loro individuazione e delimitazione dipendendo soltanto daf tipo e dalla consistenza dei poteri connessi a quelle situazioni soggettive legittimanti. Sicch�, come il soggetto abilitato ad intervenire ex articolo 105, comma 1�, perch� dotato di una legittimazione autonoma, pu� -oltre che intervenire nel processo gi� pendente -promuovere egli stesso il giudizio nei confronti o di tutti i soggetti (prima ipotesi) che potrebbero essere parti del processo nel quale, se gi� promosso ad ini ziativa altrui, sarebbe legittimato ad intervenire, ovvero di alcuni sol tanto di essi (seconda ipotesi) ed in quest'ultimo caso assumendo l'ini ziativa sia in unione con gli altri sia da solo, cos� del par� il soggetto abilitato ad intervenire ex art. 105, 2� comma, pu� anch'egli -oltre che intervenire in un processo gi� pendente -affiancarsi al soggetto, le cui ragioni ha interesse di sostenere, fin dall'atto introduttivo della lite da questo iniziata, a lui essendo inibito soltanto, per la natura secon daria e subordinata della sua legittimazione, di rendersi egli promotore del giudizio. Nella specie, quindi, la circostanza che la Cassa si sia resa parte nel processo dall'inizio, utilizzando, insieme all'EAAP, il medesimo atto introduttivo, non � di per s� incompatibile con il riconoscimento della facolt�, in capo ad essa, di partecipare al giudizio in ragione della legittimazione adesiva dipendente prevista dall'art. 105, comma 2�. Al riguardo invece, il vero problema � un altro, rilevabile anche in ufficio perch� attinente alla legittimatio ad causam: � quello se siffatto riconoscimento sia compatibile con la veste processuale effettivamente assunta d�lla Cassa in ragione delle domande spiegate e dei poteri che essa ha in concreto preteso di esercitare nel giudizio. Questa Corte Suprema ha gi� invero fissato il principio che il po tere dovere del giudice di dare l'esatta qualificazione giuridica �lla do manda proposta e, in funzione di questa, alla posizione processuale assunta dalla parte, incontra un limite nella manifestazione di volon.t� assolutamente chiara ed univoca sul punto espressa dalla parte stessa. Donde la conseguenza, quanto al particolare problema della posi-� zione processuale di un soggetto, che se � ai giudice lecito attribuire a chi ha agito come attore la posizione di interventore volontario, adesi 514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vo, o viceversa, quando la domanda sia stata proposta in modo vago, equivoco, incerto, s� da non chiarire quale veste processuale la parte abbia voluto assumere, altrettanto invece non gli � consentito fare laddove la parte non solo abbia chiarito in modo indiscutibile quale posizione abbia inteso assumere nel processo, ma abbia addirittura insistito sul punto, dolendosi del fatto che di tali sue richieste non sia stato tenuto conto (Cass. 2 agosto 1975, n. 2949). Ora nella specie la Cassa -pur se si � resa autrice, insieme all'EAAP, dell'atto introduttivo della lite senza preoccuparsi di distinguere le rispettive posizioni processuali ed anzi dolendosi, ancora attraverso Io stesso atto di appello comune all'EAAP, della distinzione ravvisata dal Tribunale con l'attribuzione ad essa di una legittimazione dipendente -tuttavia, almeno per quanto riguarda il giudizio introdotto con la citazione in data 8 gennaio 1969, unicamente al quale si riferisce la censura della ricorrente, ha sempre concluso senza mai specificare i soggetti in favore dei quali si domandava la pronunzia delle statuizioni invocate e quindi senza mai chiedere alcunch� espressamente per s� medesima, onde mancano elementi sicuri per poter configurare quel comportamento processuale inequivoco, idoneo a vincolare il giudice alla corrispondente qualificazione giuridica, sicch� legittimamente la Corte di appello ha proceduto a qualificare� la veste processuale della Cassa stessa in base alla libera ed autonoma valutazione della posizione spettantele alla stregua del diritto. positivo. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 117 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, per avere la Corte di appello ritenuto che spettasse alla Cassa, pur riconosciuta terza rispetto al contratto di appalto stipulato dal suo concessionario EAAP con essa Ferrobeton, il potere, in concreto dalla Cassa stessa esercitato, di disporre la rinnovazione delle operazioni di collaudo a norma del menzionato art. 117, che tale potere, invece, ~ttribuisce all'Amministrazione appaltante. Anche tale censura � infondata. Indubbiamente il rapporto fra la Cassa e 'l'ente concessionario (nella specJe: l'EAAP) dei lavori per l'esecuzione dell'opera pubblica dal secondo, poi, commessa in appalto all'impresa (nella specie: la Ferrobeton) � -in s� considerato -res inter alias acta rispetto a quest'ultima. Concessione dei lavori ed affidamento in appalto dei medesimi sono, cio�, rapporti geneticamente e strutturalmente distinti, il cu.i innegabile collegamento funzionale, ordinato al risultato ultimo della realizzazione dei fini affidati alla cura della Cassa, in tanto pu� assurgere, per il soggetto partecipe del secondo, ma estraneo al primo, vale a dire per l'impresa appaltatrice, a livello di giuridica rilevanza, in quanto una norma, legale o pattizia, ci� imponga. ~~ ~ ! r: r: .]: f f f .-.�.�.-.-.�.�.-.-.-.-.-.-.-.-.-'-"'-"'-"������'-"����Nc.-.-Ncccc.cc.�.�ccca.�.�.-.�.�c.�.�.�.w.�.-.� ����.-.�-:-:-:-:�:�Y~�Z�Z�Z�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�Z�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�" �� � � � ᥥ�� �-� � � � ���� � � �ᥥ �ᥥᥥ� �� �"""' � � ��� � �����.-.� �� �� �� "� ���� �� ��.-.-.-.�.�.�-�-�.�:�.e�.�-�.�'.� ����.�-�. �� ��'-�'.�.�:��--J . PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 515 Esclusa la esistenza di una disposizione del primo tipo, rimane da scrutinare se il regolamento di interessi convenuto fra le parti del contratto di appalto abbia recepito, ed eventualmente in quale misura ed a quali effetti, le situazioni giuridiche poste in essere -all'esterno di esso ed all'interno del rapporto fra concedente e concessionario -dalla distinta ed auto.noma disciplina della concessione: cio�, se e come la volont� negoziale, che ha presieduto alla stipula dell'appalto fra ente concessionario ed impresa, abbia statuito la � entrata� nel rapporto contrattuale cos� istituito delle vicende e delle situazioni proprie del rapporto concessorio, corrente fra il committente ed il terzo concedente. E la relativa indagine ermeunetica � certamente riservata alla valutazione del giudice di merito (Cass. 14 gennaio 1976, n. 11, ma rectius, 111). Ora nella specie, chiaramente ed espressamente i giudici di appello hanno dato atto nella sentenza non definitiva che il contratto di appalto richiamava l'atto di concessione � assieme a tutte le altre condizioni riguardanti l'azione di controllo della Cassa e la sua interferenza .nell'attivit� di collaudazione � (pp. 14-15) ed induceva quindi a ritenere che � la Cassa, quale ente conced�nte, si riservava di interferire, anche in corso d'opera, nelle operazioni di collaudo�, (p. 21) sicch� appare del tutto in linea con tale ricostruzione della volont� negoziale -insindacabile in questa sede, come si � detto, comunque in concreto non� sindacata dalla ricorrente -la conclusione, dai medesimi giudici attinta, secondo la quale � quando il citato Ente � (cio� la Cassa) � dispose una nuova collaudazione, dopo avere negato l'approvazione del collaudo dell'ing. Ferretti, legittimamente si avvalse della facolt� concessagli dall'art. 117 � citato. Con il terzo motivo, la societ� ricorrente, denunziando in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c., errata e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e degli artt. 1667, 1668 e 1492 e.e., 2729 e 2724 n. 2 e.e., prospetta molteplici profili di' censura volti a criticare: (a) la pronunzia di risoluzione del contratto di appalto, sul rilievo che vi sarebbe ultrapetizione non essendo la relativa domanda mai stata proposta; (b) il diniego della decadenza della denunzia dei vizi, adducendosi che non sarebbe in tesi configurabile il principio del riconoscimento tacito o per facta concludentia de� vizi stessi; che nell'ipotesi comunque il preteso riconoscimento non sarebbe stato ravvisabile in concreto nelle modeste riparazioni eseguite per. correntezza dall'impresa appaltatrice; che infine, i vizi sarebbero stati ritenuti esistenti in base a semplici presunzioni, inammissibili di fronte alla prova documentale circa la esecuzione dell'opera; (c) il diniego della prescrizione del diritto alla garanzia, invece verificatasi, dovendosi il relativo termine computare a far tempo dalla esecuzione del primo collaudo in data 30 giugno 1958. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nessuna delle riassunte censure merita accoglimento. Quanto all'ultima (sub � c �) � sufficiente richiamare le considerazioni svolte in relazione al motivo precedente, all'esito delle quali � rimasta ferma la valutazione del giudice di appello circa la legittimit� della rinnovazione delle operazioni di collaudo ordinata dalla Cassa per il Mezzogiorno ai sensi dell'art. 117, r.d. 25 niaggio 1895, n. 350, onde, a termini dell'espresso disposto di tale norma, nessuna rilevanza giuridica pu� riconoscersi al primo collaudo, non approvato. Altrettanto brevemente, a confutazione della prima (sub �a�), pu� osservarsi,. in conformit� dell'opinione recepita dai giudici di appello, che la domanda di risoluzione del contratto, pur se espressamente proposta, non pu� non ritenersi implicita nella domanda di restituzione -fra l'altro -delle somme corrisposte a titolo di acconto sul corrispettivo di appalto, la ripetizione di queste postulando necessariamente la: risoluzione di qu�llo. Quando alla seconda (sub � b �) va innanzi tutto ribadito, in conformit� della giurisprudenza da questa Corte Suprema adottata-sia nel tema specifico dell'appalto (Cass. 6 novembre 1967, n. 2692; Cass. 2 maggio 1967, n. 809; Cass. 6 agosto 1965, n. 1889; Cass. 26 marzo 1964, n. 685), che nell'analoga materia della vendita (Cass. 29 luglio 1975, n. 2944; Cass. 18 aprile 1973, n. 1126; Cass. 21 ottobre 1969, n. 3438; Cass. 15 gennaio 1969, n. 68; Cass. 26 luglio 1969, n. 2706), il principio secondo cui il riconoscimento di vizi non � soggetto ad una forma determinata e pu� quindi esprimersi anche in forma tacita e man�festarsi per facta concludentia, comprese le riparazioni eseguite dall'appaltatore o dal venditore sull'opera realizzata o sulla cosa venduta (conformi, sul punto specifico, sent. n. 2692 del 1967 e n. 2944 del 1975, n. 1126 del 1973, n. 3438 del 1969, n. 68 del 1969; adde, in tema di vendita, Cass. 8 marzo 1968, n. 767; Cass. 23 agosto 1966, n. 2229). E nella specie p giudice di appello non ha ravvisato il riconoscimento di una isolata � riparazione ad un tubo '" come la ricorrente assume al fine di fare apparire incongrua ed insufficientemente motivata la relativa valutazione di merito, ma ha fatto riferimento � a tentativi di restauro ed a riparazioni della tubazione, eseguiti in pi� occasioni, nel 1961 e nel 1962 '" per di pi� apprezzando questo ripetuto comportamento nel pi� ampio contesto in cui storicamente si inseriva (rilievi circa i difetti dell'opera espressa dal primo collaudatore ing. Ferretti in sede di sopralluoghi e saggi, nonch� nella successiva relazione, pur se positiva, di verifica) e cos� fornendo adeguata ragione del proprio giudizio di fatto, non sindacabile in questa sede. A � presunzioni gravi, precise e concordanti >>, in fine, la Corte di appello ha fatto ricorso ancora per convalidare il giudizio affermativo sulla esistenza, appunto, del riconoscimento dei vizi onde inammissibile, perch� privo di ogni per- I ! I i II I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 517 tinenza alle ragioni della decisione impegnata.' si appalesa, a parte ogni rilievo critico sulla sua fondatezza, la residua doglianza circa la pretesa utilizzazione delle presunzioni con riferimento alla sussistenza ciei vizi. Con il quarto ed ultimo motivo, la societ� ricorrente -denunziando, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dei principi generali sulle prove, nonch� degli artt. 61 e 62, 113 c.p.c. -rimprovera alla Corte di appello di avere accettato, con la sentenza definitiva, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sebbene raggiunte in difformit� delle prescrizioni impartite con l'ordinanza collegiale, che aveva demandato al consulente medesimo, oltre all'esame degli atti contabili, anche l'effettuazione di sopralluoghi e saggi, invece omessi, nonch� viziate da intima contraddittoriet�, nella stessa relazione peritale essendosi dato atto avere la Ferrobeton eseguito l'opera secondo le prescrizioni del contratto. Nessuno dei due errori cos� denunziati, peraltro, sussiste nella realt�. Non il primo, perch� la sentenza definitiva motiva puntualmente e sufficientemente circa il convincimento maturato dal giudice di appello in ordine alla superfluit� dei sopralluoghi e dei saggi, che pure erano stati in precedenza commessi al consulente, cos�, per un verso, pervenendo alla revoca, in parte qua, del precedente provvedimento istrut~ orio, per s� del tutto legittima, e, per altro, verso, esprimendo un ragionato giudizio sulla situazione probatoria della causa, non sindacabile in questa sede. N� sussiste il vizio di contraddittoriet�, denunziato per secondo, avendo i giudici di appello diffusamente motivato, ancora nella sentenza definitiva, circa la radicale inidoneit� defl'opera realizzata dall'impresa sulla base di un progetto esecutivo redatto, per contratto, a proprio rischio; radicale inidoneit� gi� desumibile, secondo il giudizio del CTU fatto proprio dalla sentenza, dai rilievi critici espressi dal primo collaudatore ing. Ferretti circa la imperfetta realizzazione del rivestimento a gunite, e comunque confermata dai risultati delle indagini compiute presso il Centro di controllo di Napoli, congruamente com mentati ed apprezzati dalla sentenza stessa. Il ricorso della societ� Ferrobeton va dunque rigettato, con la condanna della stessa ricorrente alle spese, liquidate come il dispositivo. Il deposito va ~estituito, perch� non pi� dovuto (legge 18 ottobre 1977, n. 793). -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1978 n. 534 -Pres. Vigorita - Rel. Berlieri -P. M. Paolucci (conf.) -Rie. Amm. Firenze, P. M. e Cazandemore Dur Ren�. Procedimento penale -Parte civile -Omessa citazione -Nullit� � Impugna zione della parte offesa � t: preliminare l'esame sulla legittimazione. (cod. proc. civ., artt. 278 cpv. e 287 cpv.). Contrabbando . Importazione di sostanze stupefacenti � Omessa contestazione del reato di contrabbando � Costituzione di parte civile dell' Amministrazioqe Finanziaria dello Stato � Inammissibilit�. (cod. pen., art. 185, cod. proc. pen., art. 22; I. 20 ottobre 1954, n. 1041, art. 6). Preliminare all'esame dell'impugnazione proposta dalla parte offesa non costituitasi parte civile nel giudizio di merito per omessa citazione � l'esame sulla legittimazione all'impugnazione (1). L'Amministrazione delle Finanze dello Stato non � legittimata a costituirsi parte civile contro imputati del reato di importazione di sostanze stupefacenti, quando non sia stato contestato altres� il reato di contrabbando (2). Omissis. -A seguito di rapporto di denunzia del Comando del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano in data 16 e 17 luglio 1972 (integrati successivamente di una serie di rapporti suppletivi) ed in esito alla formale istruzione, conclusasi con sentenza -ordinanza del giudice istruttore presso il Tribunale di Milano in data 12 luglio 1973, i nominati Cazandebore Dur Ren�, cittadino cileno; Saracibar Aricata Jos� Luis, cittadino spagnolo; Measse Rogelio Adolfo (alias � Raul Duval Lo (1-2) Dalla lettura della motivazione della sentenza della Suprema Corte che si annota sembra di potersi trarre l'impressione di un � fin de non recevoir �. Il problema che era stato iporta'to all'attenzione della Cassazione, concerneva le conseguenze e la natura della nullit� derivante dalla omessa citazione della parte offesa dal reato, problema nel quale la dottrina ha offerto spunti che meriterebbero di essere esaminati in sede giurisprudenziale, specie dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1968 che ha travolto l'ostacolo temporale frapposto dall'art. 422 c.p.p. alla rilevabilit� della nullit� (v. in questa Rassegna, 1976, I, p. 163, DI TARSIA, La costituzione di parte civile in grado d'appello). La Corte di Cassazione non ha esaminato il problema, sostenendo che pre1liminare all'esame smla fondatezza dell'impugnazione � quello sulla legittimazione all'impugnazione (il che � esatto) ed escludendo nel caso di specie (il che non sembra altrettanto esatto) che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato I I I f: ~ � PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 519 pez �) cittadino argentino; nonch� il sedicente Catalan Gonzales Pedro German (alias Jorge Guillermo Salazar Pintos), di non sicura cittadinanza cilena vennero tratti a giudizio davanti al Tribunale anzidetto per rispondere -il Measse in stato di latitanza e gli altri tre Tn stato id detenzione preventiva -dei seguenti reati accertati in Milano tra il 14 e il 18 luglio 1972: A) tutti, di concorso nel delitto di importazione e detenzione a scopo di commercio di sostanze stupefacenti (kg. 4,600 di cloridrato di cocaina) previsto e punito dagli artt. 110 c.p. e 6 della legge 22 ottobre 1954 n. 1041; B) il Cazandehore, inoltre, del delitto di falsit� materiale commessa dal privato in certificati ammii;iistrativi (carta d'identit� italiana con fotografia intestata a Bellecchio Mario) previsto e punito dagli articoli 477 e 482 c.p.; C) il Saracibar, inoltre, di analogo delitto di falsit� materiale in carta d'identit� (con fotografia intestata a Escoieao Giorgio), nonch� della contravvenzione di detenzione abusiva di una pistola cal. 7,65 completa di caricatore con n. 7 cartuccie (art. 697 c.p.); D) il Measse, inoltre, di analogo delitto di falsit� materiale in carta d'identit� (con fotografia intestata a Raul Duval Lopez); del delitto di .false dichiarazioni a magistrato sulla propria identit� (art. 495, comma terzo, n. 2, c.p.); del delitto di resistenza ai militari della Guardia di Finanza (art. 337 c.p.); nonch� della contravvenzione di porto abusivo di un coltello di genere proibito (artt. 17 e 42 del Testo Unico leggi di P.S. 18 giugno 1931 n. 773). Con sentenza del 20 novembre 1973, il Tribunale. di Milano dichiarava il Cazandehore colpevole di entrambi i reati ascrittigli e lo condann� alla pena complessiva di anni 3 e mesi 4 di reclusione e L. 400.000 di multa; dichiar� il Saracibar ed il Measse colpevoli dei reati rispettivamente addebitati (ad eccezione del c�ncorso nel delitto di importazione fosse legittimata a costituirsi parte civile nel processo in cui si contestava il solo reato di importazione e detenzione per il commercio di sostanze stupefacenti, perch� da queste non avrebbe sub�to alcun danno. La motivazione della sentenza peraltro appare� ispirata a criteri troppo formalistici, basata com'� sostanzialmente .soltanto sulla distinzione fra il reato contestato e il reato di contrabbando, non contestato: in fatti, se � insegnamento costante della Suprema Corte, conforme a principi dottrinari di gran lunga prevalenti, che la lesione del bene protetto che costituisce l'essenza del reato ( c.d. danno criminale) pu� non coincidere con ii danno risarcibile, che parte offesa e parte lesa possono essere figure distinte e che non per questo il danno derivante dal reato (art. 185 c.p.) non consistente nella lesione dell'interesse protetto dalla norma incriminatrice � mediato e indiretto (per stabilire il rapporto di mediatezza occorre far ricorso invero al criterio della causalit�), non si comprende perch� l'importazione di stupefacenti senza autorizzazione sanitaria e perci� certamente senza pagamento dei diritti di confine, non possa aver provocato anche il danno -diverso dalla lesione che la norma dell'art. 6 L. n. 1041 del 1954 vuole evitare, ma pur sempre conseguenza diretta di quel reato -dell'evasione tributaria. 520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e detenzione di stupefacenti) e li condann�, rispettivamente, alle pene complessive di mesi 4 di reclusione e mesi 2 di arresto e di anni 1 e mesi 10 di reclusione e L. 50.000 di ammenda; assolse il Saracibar, il Measse ed il Catalan dall'imputazione relativa agli stupefacenti per insufficienza di prove. Emise le statuizioni conseguenziali ed ordin� la scarcerazione del Saracibar e del Catalan se non detenuti per altra causa. Avverso tale sentenza proposero appello tutti gli imputati, nonch� il Pubblico Ministero (limitatamente �ll'assoluzione del Saracibar, del Measse e del Catalan dalla pi� grave imputazione ad essi contestata). All'udienza del 28 febbraio 1977, svoltasi davanti alla Corte di Appello di Milano in contumacia di tutti gli imputati, compariva l'avvocato dello Stato Domenico Salvemini, il quale dichiar� di rinnovare la costituzione di parte civile (gi� effettuata nelle more del giudizio di appello presso la cancelleria) e, per quanto occorresse, di costituirsi in sede dibattimentale parte civile per l'Amministrazione delle Finanze, in persona del Ministro pro-tempore, al fine di conseguire dagli imputati l'integrale risarcimento dei danni subiti da detta Amministrazione a seguito dei reati commessi dai medesimi. Nella discussione seguitane, stante l'opposizione del difensore di fiducia del Cazandemore, il succitato Avvocato dello Stato, riportandosi ad una memoria precedentemente depositata, sostenne la tesi dell'ammissibilit� della costituzione di parte civile, per la prima volta, nel giudizio di secondo grado, in base al rilievo che l'Amministrazione Finanziaria -parte offesa rispetto al pi� grave reato ascritto ai prevenuti non solo non aveva ricevuto la comunicazione giudiziaria prevista dall'art. 304 c.p.p., ma non era stata neppure citata per il giudizio di primo grado, come prescritto dall'ultima parte dell'art. 408 del citato codice di rito. Detta tesi, per�, non fu accolta dalla Corte Milanese che con ordinanza dibattimentale resa in pari data dich�ar� inammissibile~ la costituzione di parte civile (ordinando procedersi oltre nel dibattimento), sul rilievo che la nullit� derivante dalia mancata citazione in primo grado dell'offeso del reato, essendosi verificata negli atti preliminari al dibattimento di primo grado, avrebbe dovuto essere dedotta dal P.M. immediatamente dopo il compimento delle formalit� di apertura del relativo dibattimento, ragione per cui, essendo mancata tale deduzione, la nullit� stessa doveva ritenersi sanata ai sensi dell'art. 422 c.p.p. N� era ammissibile la costitu~ione di parte civile in grado di appello, per l'espresso divieto di cui all'art. 93 stesso codice. Con sentenza pronunciata (all'esito del dibattimento) nello stesso giorno 28 febbraio 1977, la Corte di appello di Milano emise le seguenti statuizioni: a) dichiar� inammissibili i gravami del P.M. e dell'imputato Measse, rispettivamente, per rinunzia e per mancata presentazione dei motivi; b) in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiar� - PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE non doversi procedere a carico de Saracebar in ordine alla contravvenzione ascrittagli perch� estinta per prescrizione; e) conferm�, nel resto, la sentenza impugnata e condann� il Cazandehore ed il Measse, in solido, al pagamento delle maggiori spese processuali. Contro detta pronuncia hanno proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano e il difensore dell'imputato Cazandehore. Contro la sentenza stessa, nonch� contro l'ordinanza dibattimentale innanzi menzionata, si � gravata Cli ricorso anche l'Amministrazione delle Finanze, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato di Milano e dall'Avvocatura Generale dello Stato in Roma. MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorsi del P.M. e dell'imputato Cazandehore devono essere dichiarati inammissibili ai sensi degli artt. 208 e 209 c.p.v., avendo il primo rinunciato espressamente all'impugnazione (fol. 99) e non avendo il secondo presentato i motivi a sostegno del gravame, come da attestazione della Cancelleria del giudice a quo (fol. 100). Non resta, quindi, che esaminare il ricorso dell'Amministrazione delle Finanze, la quale, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, con unico assunto di censura, denunzia il vizio di inosservanza di norme del codice di rito penale stabilite a pena di nullit� (artt. 524 n. 3 c.p.p. in relazione agli artt. 304. 408 e 412 stesso codice), lamentando cfie erroneamente la Corte di Appello avrebbe dichiarato inammissibile, nella specie, a costituzione di parte civile effettuata per la prima volta nel procedimento di secondo grado. Al riguardo, giova preliminarmente rilevare eh~ la sentenza impu gnata, sviluppando i concetti sinteticamente espressi nella innanzi cen nata ordillanza dibattimentale, ha ritenuto che la domanda risarcitoria de qua fosse improponibile, nel giudizio di appello, per due ragioni: 1) per quanto riguardava l'asserita violazione dell'art. 304 c.p.p. perch� considerare equivalente, a tal fine, la conoscenza in re del procedi mento all'Amministrazione Finanziaria, quale, parte offesa, dovendosi considerare equivalente, a tal fine, la conoscenza �in re� del procedi mento in corso, rispetto a quella legale e formale (Cass. Sezione 26 aprile 1974, in Giust. pen. 1975, III, 173), e non potendosi revocare in dubbio che detta Amministrazione (e, per essa, il Comando Generale della Poli zia Tributaria e, di riflesso, gli uffici cenfrali e locali dell'Avvocatura dello Stato) fossero certamente venute a conoscenza, anche per la diffu sione datane dalla stampa, della complessa operazione di polizia che, nel luglio del 1972, aveva consentito di sequestrare, in Milano, oltre quattro chili e mezzo di cloridrato di cocaina e di trarre in arresto gli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO spacciatori, nonch� delle lunghe vicende dell'istruttoria giudiziale, che aveva rafforzato, con dati di alto livello sintomatico, la notoriet� della impresa criminosa, circostanze tutte, codeste, che avrebbero ben permesso all'Amministrazione dello Stato la formulazione tempestiva di quelle istanze che venivano ora avanzate solo nel giudizio di secondo grado contro i prevenuti; 2) per ci� che concerneva la nullit� Clel decreto di citazione per il giudizio di primo grado, nullit� sc�turente dalfa omessa partecipazione del decreto vocativo alla parte offesa del reato ai sensi dell'art. 408 e 412 c.p.p., perch�, trattandosi di una nullit� relativa e non assoluta (per sua intrinseca struttura), sarebbe stato obbligo del Pubblico Ministero, espressamente a ci� demandato dall'ordinamento, di rilevarla ed eccepirla immediatamente dopo compiute le formalit� di apertura del dibattimento (Cass. Sez. I, 26 marzo 1973 in Giust. Pen. 1975, III 222-227, e 30 gennaio 1974, ivi, III, 480A81), laddove nella specie, il promotore dell'accusa si era sottratto a codesto specifico dovere, ed anzi, inoltrata impugnativa contro tutti gli imputati, vi aveva successivamente rinunziato, con tale inerzia precludendo all'Amministrazione, per effetto della sanatoria V(frif�catasi ai sensi dell'art. 422 c.p.p., l'esercizio de:l diritto previsto dall'art. 93 stesso codice. Insorgendo contro le suesposte argomentazioni, la ricorrente Avvocatura dello Stato -nell'ampia ed elaborata trattazione delle censure formulate a sostegno del gravame -sottolinea, anzitutto, l'arbitrariet� dell'affermazione secondo c�i il Ministero delle Finanze, e cio� lo specifico organo al quale si sarebbe dovuto comunicare l'avviso ex art. 304 c.p.p. (a nulla rilevando l'eventuale conoscenza di fatto del procedimento da parte del Comando della Polizia tributaria o della stessa Avvocatura dello Stato) sarebbe stato � non avrebbe potuto non essere consapevole dell'esistenza di un processo a carico delle persone seguitamente indicate davanti l'Autorit� Giudiziaria di Milano. Ma ancora pi� decisamente, criticando l'interpretazione data dalla Corte di Appello ai precedenti giurisprudenziali sopra citati e richiaman. dosi all'opinione espressa da parte autorevole della dottrina sull'annoso problema del carattere assoluto o relativo dalla nullit� di cui all'art. 412 in relazione all'art. 408 (problema rimasto insoluto ed. oggetto di disputa anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale 20 dkembre 1968 n. 132, che ha dichiarato l'�llegittimit� costituzionale dell'art. 422 stesso codice, nella parte in cui prevede la sanatoria della nullit� in questione, con riferimento al precedente art. 408, anche nei confronti della parte civile, dall'offeso del reato e del querelante), la ricorrente Avvocatura dello Stato si duole del mancato accoglimento della tesi seconao cui la nullit� stessa sarebbe assoluta e non relativa, con la conseguenza che la deduzione di essa non incontrerebbe lo sbarramento dettato dall'ar;. ticolo 422 c.p.p., e con l'ulteriore conseguenza che l'offeso dal reato, non f: ~ I >f i ! ! i PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE citato per il dibattimento di primo grado, quale che sia l'atteggiamento del P.M. nel relativo dibattimento, potrebbe intervenire in qualsiasi fase del procedimento e, quindi, anche direttamente nel giudizio di secondo grado. Fissati, cos�, i termini della delicata e complessa questione riproposta in questa sede dalla ricorrente Avvocatura deITo Stato, � necessario resistere ai suggestivi richiami esercitati dall'interessante tema portato all'esame di questo Supremo Collegio, al fine di dare risposta ad un preminente interrogativo, che sorge spontaneo al cospetto di ogni ricorso per Cassazione: se, cio�, il ricorrente sia o meno legittimato all'impugnazione. La risposta, nel caso di specie, non pu� essere che negativa. � fuori dubbio che l'art. 195 c.p.p. (impugnazioni della parte civile), dichiarato costituizionalmente illegittimo nella parte in cui pone limiti a che la parte civile possa proporre ricorso per Cassazione contro le disposizioni che concernono i suoi interessi civili (Corte Costit. 15-22 gennaio 1970 n. 1), conferisce il potere di ricorrere per Cassazione anche alla persona offesa dal reato non ammessa, nelle varie fasi del giudizio di merito, a costituirsi parte civile (Cass. Sez. VI 30 gennaio 1973, � Locuratolo). Ma � pure vero che, per l'espresso disposto del quarto comma dell'art. 190 c.p.p. (regole generali relative alle impugnazioni), per proporre un qualsiasi mezzo di impugnazione � in ogni caso necessario avervi interesse; ed � evidente che l'interesse ad impugnare manca del tutto allorquando dall'accoglimento dell'impugnazione non possa derivare alcun giovamento alla parte che l'abbia proposta. Ci� posto, occorre domandarsi se, nella specie, l'accoglimento del ricorso possa condurre al riconoscimento del diritto dell'Amministrazione delle Finanze a costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico del Cazandehore e dei di lui coimputati g�acch� solo in tal caso l'accoglimento del ricorso potrebbe giovare all'Amministrazione stessa, ai fini del riconoscimento dei danni prodotti dai reati ascritti ai medesimi e da taluno di essi. All'uopo, � necessario rifarsi agli artt. 185 c.p. e 22 c.p.p., che rispet tivamente dispongono -fra l'altro -che ogni reato, il quale abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarci mento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono, rispondere per il fatto di lui; e che l'azione civile per il risarcimento del danno pu� essere esercitata dalla persona alla quae il reato ha recato danno, ovvero di chi la rappresenta e dal suo erede. Trattasi, del danno pu� essere esercitata dalla persona alla quale il reato ha figura di danneggiata dai reati contestati ai prevenuti o da taluno di detti reati. La Ilicorrente Avvocatura dello Stato, rendendosi conto dell'impor tanza del deliberato problema, non ha mancato di occuparsene nella RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 524 parte introduttiva dei motivi di ricorso (pag. 2), ma lo ha fatto in maniera alquanto imprecisa e piuttosto superficiale, osservando che il capo a) d'imputazione ascriveva ai prevenuti il fatto di avere importato in Italia e detenuto a scopo di commercio, in concorso tra loro, kg. 4,600 di cloridrato di cocaina (sostanza stupefacente) e che, essendo l'importazione degli stupefacenti preclusa in via assoluta ai privati, �era chiaro �come tale imp�tazione riguardasse anche il contrabbando di stupefa � centi, in quanto l'importazione di stupefacenti non pu� non essere, � al tempo stesso, contrabbando di stupefacenti �. Ci� premesso, la ricorrente ha concluso che l'Amministrazione delle F�nanze doveva �senza alcun dubbio� considerarsi parte offesa (rectius: parte lesa o danneggiata) in relazione al reato di contrabbando di stupefacenti �con relative evasioni fisca,li �. Ma non � chi non veda l'errore che si annida nelle proposizioni innanzi riportate. Altro �, infatti, il delitto di importazione e detenzione per il commercio di sostanze stupefacenti (art. 6, comma quarto, Legge 20 ottobre 1954 n. 1041), contestato ai giudicabili, altro il reato di contrabbando per introduzione di merci estere attraverso il confine o per detenzione delle stesse nel territorio dello stato (art. 282, lettere a ed f), D.P.R. 23 dicembre 1973 n. 43), reato che non � stato mai contestato agli imputati. Diverso � il bene giuridico offeso; diversi gli estremi delle due fattispecie delittuose; diversa l'obiettivit� giuridica delle medesime. Ne consegue che, nel procedimento in questione, l'Amministrazione delle Finanze non era attivamente legittimata all'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno coritro gli imputati; donae l'inammissibilit�, per mancanza di interesse, del ricorso proposto dall'Avvocatura dello Stato. Le considerazioni innanzi svolte precludono l'esame del motivo di gravame proposto dalla ricorrente e conducono alla condanna dell'Amministrazione finanziaria -in solido con l'imputato ricorrente -alle spese processuali, nonch� alla sanzione pecuniaria prevista dall'art. 549 c.p.p., che stimasi fissare in L. 50.000 per ciascuno di essi. PARTE SECONDA I I I l I LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE r.d. 12 ottobre 1936, n. 1364, art. 29 (an-tt. 3, 24, comma pr�llTio, ~01, comma secondo, 107, comma terzo, e 108, comma secondo, della Costituzione). Sentenza 20 liugliio 1978, n. 74, G. V. 26 liugllio 1978, n. 208. legge 13 ottobre 1969, n. 691, art. 4 (.artt. 3, 24, oomm.a primo, 101, comma secondo, 107, comma terzo, e 108, comma secondo, drehla Costituzione). Sentenza 20 lug1io 1978, n. 74, G. V. 26 luglio 1978, n. 208). III -QUESTIONI PROPOSTE Cod�ice civile, art. 1224, secondo comma (artt. 1, 3, 4 e 35 delJia Costituzicme). n. 243. PI'etore di MiLano, 011dinanza 25 g.ennaio 1978, n. 282, G. V. 30 agosto 1978, n. 243. codice civile, art. 2948, n. 4 (nel testo modificato dalla decisione n. 63 del 1� giugno 1966 della C. C.> (.artt. 3 e 24 deHia Oostituzione). Pretore di Roma, ordinanza 5 novembre 1977, n. 246/1978, G. V. 19 liuglio 1978, n. 201. codice di procedura civile, art. 152 disp. att., sost, legge 11 agosto 1973, n. 533, art. 9 (artt. 3 e 24 de~lia Costi!tuzicme). Pretore di Palermo, ordinanza 23 gennaio 1978, n. 258, G. V. 2 agosto 1978, n. 215. codice d�I procedura civile, artt. 409 e 429 (an-tt. 1, 3, 4 e 35 defila Costituzione). Pretore di Mi.!Jano, ordina~a 25 gennaio 197, n. 282, G. U. 30 agosto 1978, n. 243. codice di procedura civile, art. 413, secondo comma (art. 3 delJia Costituzione). Pretore di Oagliiari, ordinanza 17 gennaio 1978, n. 220, G. U. 5 liug1io 1978, n. 186. codice pena�le, art. 102 (art. 25 deHa Costituzione). Magistmto di sO/I"veglfa~a del Tr1buna1Je di Bo!Jogna, ordinanza 26 gien.naio 1978, n. 214, G. V. 5 lugldo 1978, n. 186. 166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codke penale, art. 342 (artt. 1, 3, 21, 101 delfa Costituzione). Pretore di Sassari, ordinanza 10 novembre 1977, n. 257, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. codice penale, art. 376 (art. 3 de11Ja Costitlizione). TdbunaLe di Reggio Oalabria, ondinanza 1 !Jugldo 1977, n. 221, G. U. 19 !Ju~lfo 1978, n. 201. codice penale, artt. 545 e 551 (artt. 2, 29, 31 e 32 della Costituzione). Tribuna:Le di CaLta:nissetta, ordinanza 22 febbra1o 1978, n. 248, G. U. 26 luglio 1978, n. 208. codice di pro,cedura ,penale, art. 177-bis {artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, delilia Costituzione). Preto11e di MiLaDJO, ordinamza 17 fobbraio 1978, n. 252, G. U. 26 !Jug1io 1978, n. 208. codice d�I procedura penale, art. 202, secondo comma ('art. 3 deHa Costituzione). Tribunale di Rov1go, ordinoom 2 marzo 1978, n. 219, G. U. 5 !Jugl!iro 1978, n. 186. cod1ice di pt"ocedura penale, artt. 554, n. 3, 576 e 57.8 (art. 3, oomma primo, deLla Costituzione). Pretorn di M~bano, ordinanza 27 liebbraio 1978, 111. 271, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. codice pena�le militare di pace, art. 180 (artt. 2, 3, 21, primo comma, 52, terzo comma e 97, primo 1oomma, deJJIJa Costituzione). GiJUdi:ce 1struttore del 1lr�Jbunale miLitare 00!1ritor1aJie di Padova, ordmanza 4 gennaio 1978, n. 272, G. U. 23 agosto 1978, n. 235. r.d. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 24, secondo e quarto comma (modif. r.d. 15 novembre 1938, n. 1802, art. 4) (art. 3 deLla Costituzione). TribUIJiaLe per i minorooni di Perug]a, ordmanza 1 febbraio 1978, n. 250, G. U. 2 1agosto 1978, n. 215. r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma (,art. 3 delilia Costituzione). Corte dei Conti, terza sezione girurisdizionare, due ordilnianre 17 novembre 1976, nn. 231 e 232/1978, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, c. In legge 6 luglio 1939, n. 1272 (modif. dalla legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 21 (artt. 3, comma. ;primo e secondo, 4, oomma primo e secondo, 37, comma primo, e 38, comma sec0111do, della Costituzione). P!1etore di Mi!iaDJO, ordinanza 6 febbraio 1978, n. 253, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. .........,....,,....,.. PARTE II, LEGISLAZIONE r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, c:omma quinto e sesto <m�odH. da legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 10) (art. 3 del!lia Costituzimre). Tribunalie di Lecce, ordinanm 31 ottobre 1977, n. 283/1978, G. U. 30 agosto 1978, ill. 243. r.d. 16 marzo 19.U, n. 267, art. 91, primo� e secondo c:omma (artt. 23 e 36, primo comma, delJLa Costituzione). Tr~bunaDe di :Santa Mariia Capua Vetere, ordi!l1anza 28 febbraio 1978, n. 263, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. d. legisl. luogotenenziale 18 gennaio 1945, n, 39, art. 3, primo c:omma, lettera a) (art. 3, primo com.ma, del\lia Costituzione). Breto11e di AJswlii Pioeno, ocdilllanza 23 fobbraio 1978, n. 256, G. Y. 2 agosto 1978, n. 215. d.P.R. '14 agosto 19'54, n. 676 (artt. 3, 53 e 11 defila Cost1tuzi0Ille). TribU111aDe di MiJJano, due ordmanze 1 dicembre 1977, nn. 244 e 255/1978, G. U. 19 liugl!io 1978, n. 201. cl.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15 (e:. in legge c:on modif. 2 luglio 19�57, n. 474) (art. 3 de!La Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 15 marzo 1978, n. 261, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905 (airtt. 3, 53 e 11 dehl:a Costituzione). Tri:bunalie di MHano, due ordinanze 1 dicembre 1978, nn. 244 e 255/1978, G. U. 19 .liuglrio 1978, n.201. �l~gge 13 novembre 1�960, n. 1407, artt. 5, c:omma terzo, e 8 (art. 3 deUa Costituzione). Pretore di Leoce, ordinanza 29 dicembre 1977, n. 217/1978, G. U. 5 liug1io 1978, n. 186. legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, sec:ondo c:omma (artt. 3, 29, 31, 36 e 38 dellDa Costituzione). Corte dei conti, �terza sezione giur~sdizionalie, oridinanza 15 dioemln;e 1976, n. 249/1978, G. U. 26 liugfilo 1978, n. 208. d.P.R. 30 giugno 196�5, n. 1124, art. 3 ~art. 3 delJLa Costituzione). P11etore di Pistoia, ord�illanza 9 gennaio 1978, n. 269, G. U. 23 agosto 1978, n. 235. d.P.R. 30 gfogno 1965, n. 1124, art. 213, primo c:omma, art. 205, terzo c:omma e art. 205, primo c:omma, lettera b) (airtt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, dclDa Costituzione). Pretore dii Modena, ordmanza 30 marzo 1978, n. 277, G. U. 30 agosto 1978, Il. 243. 168 RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 {airtt. 3, 4, primo e secondo comma, 10, primo comma, 36, primo comma, 37, primo comma, e 38, secondo comma, deLla Costituzione). Pretore di Volitri, oodinanza 2 diioembre 1977, III.. 265/1978, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. legge 3 maggi�o 1967, n. 317, art. 9 (airtt. 24 e 113 delll.a Costinmone). Pretore di Vwcehli, ordinanza 21 marzo 1978, n. 275, G. U. 19 1ugN.o 1978, n. 201. legge 9 ottobre 1967, n. 973 (artt. 3 e 53 deUa Costituzione). TribUillalie di Roma, ordinanza 20 dicembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 LugN.o 1978, n. 186. legge 5 novembre 1968, n. 1115, art. 8 (art. 3 del<1a Costituzione). TribunaLe di Miliaoo, ordmanza 1 dicembre 1978, n. 242/1978, G. U. 12 !Jugllio 1978, n. 194. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1, punto 1 ) ( artt. 3 e 53 deHa Cosmtuzi!cme). Tribunalie di Roma, ordinanza 20 dicembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 lugLio 1978, n. 186. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 15, terzo c:omma (art. 3 de1lia Costituzione). TribunaLe di Padova, oodililanm 14 IJugLio 1977, n. 264/1978, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89 (art. 3 della Costituz�O!ll.e). Tribunaile di Padova, Ol'dililanza 14 !Juglio 1977, n. 264/1978, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 Clegge 16 dicembre '1977, n. 904, art. 8) (art. 53, comma primo, de1La Costituzione). Commissione tributaria dri secondo grado di Udine, ordinanza 8 l�ebba'ario 1978, n. 251, G. U. 2 �agosto 1978, n. 215. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (modif. con d.P.R. 23 dic:embre 1974, n. 688) (art. 53, comma primo, cLeMa Costituzione). Commissione tributaria .di secondo grado di Udine, ordinanza 8 febbraio 1978, n. 251, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (con modif. legge 14 a.prile 1975, n. 103, art. 45) (1art. 3 dehl!a Costituzi!01I1e). Pretore di firen:zJe, ordinanza 20 dioemb11e 1977, n. 262/1978, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. legge reg. Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 25, art. 109 (sost. da legge reg. Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 26, art. 3�6) e tabella 8) (artt. 3 e 97 deLLa Costituzione). TribunaLe amministrativo regionalie per L'EmiLiia-Romagna, tre ordinanze 8 novembre 1977, nn. 228, 229, 230/1978, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 82 (airtt. 3 e 53 della Costituzione). Tdbuna:lie di Roma, ordinanza 20 dfoembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 lugliio 1978, n. 186. legge 30 novembre 1973, n. 766, art. 4, primo e terzo c:omma (artt. 3, !'['imo comma e 97, pI�no comma, della Costituzione). Tribuniare amministrativo regionale per la SiJciliia, ordinanza 20 diiaembre 1977, n. 227/1978, G. U. 12 1ugldo 1978, n. 194. legge 1,8 dicembre 1973, n. '877 (artt. 70, 72 e 73 delJia Costituzione). Pretooe di Sansepolcro, due ordinanze 20 febbraio e 13 mairzo 1978, nn. 254 e 255, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. d.P.R. 31 magg.io 1974, n. 420, artt. 24 e ,29, sesto c:omma (artt. 76 e 36, primo oomma, deLh:t Costituzione). Tribunale aimminiistriativo regDoDia1e per t!Ja Lombardia, ordinanm 12 ottobre 1977, n. 247/1978, G. U. 19 !Jugliio 1978, n. 201. d.I. 8 luqlio 1974, e:. in 'legge 1 O agosto 1974, n. 352 (1artt. 3 e 11 della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 12 gennaio 1978, n. 213, G. U. 5 ruglio 1978, n. 186. legge 17 agosto 1974, n. 384, art. 4 (artt. 3, 29, 31 e 53 de1La Costituzione). Commi:ssione tributaria di secondo grado di Torino, ordinanza 16 giugno 1977, n. 243/1978, G. U. 12 ruglio 1978, n. 194. legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (<art. 3, oomma pdmo, dehlia Costituzione). Tl'ibuna1e di BeLluno, ordinanza 31 ottobre 1977, n. 222/1978, G. U. 5 rugl!io 1978, n. 186. legge reg. Veneto 17 aprile 1975, n. 36, art. 18 (artt. 117 e 42 delh:t Costituzione). Tribunale ammmiist:mtivo regionale per il Veneto, ordinanm 3 d.irembre 1976, n. 259, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. legge 2�6 aprile 1976, n. 176, art. 7, ultimo c:omma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pescara, ordinanza 16 novembre 1977, n. 268/1978, G. U. 30 0Jgosto 1978, n. 243. legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 16 (artt. 5, 76, 116 e 138 dell!a Costituzione). P11esidentie della giunta regionale sidlilana, ricmso depositato iJ1 30 gi:ugno 1978, n. 15, G. U. 12 rugMo 1978, n. 194. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 170 legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). Pretore cli S. Don� del Piave, ordinanza 18 gennaio 1978, n. 215, G. U. 5 l!uglio 1978, tl.1. 186. I legge '10 maggio 197�6, n. 3l9, artt. 15, commi secondo, lettera a), ottavo e nono, 25, ultimo comma, e 26, primo comma (airtt. 3, primo comma, e 32, primo comma de.llLa Costituzione). Corte di Cassazione, ordinanza 20 maggio 1977, n. 274/1978, G. U. 12 !Jugl!io 1978, n. 194. legge 10 maggi�o 1976, n. 319, art, 2�5 (artt. 3 e 24 deMa CosthuZJione). Corte di Cassazionie, ordinanza 20 maggio 1977, n. 223/1978, G. U. 5 !Jugltio 1978, n. 186. legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24 deLlia Costituzione). Sezione istruttoria de.llLa corte d'appeli1o di Borogna, ordinanm 28 gennaio 1978, n. 267, G. U. 30 agosto 1978, n. 243. lec;ige 1~ novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 deHa Costituzione). CommiJssione tributaria di secondo grado di Torino, �ordinanza 16 giugno 1977, n. 243/1978, G. U. 12 ltugltio 1978, n. 194. d.I. 17 giugno 1977, n. 326 (conv. in legge 8 agosto 1977, n. 510) art. 1 (m't. 3 della Costituzione). Pretore di VoLtri, ordinanza 4 marzo 1978, n. 266, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. legge 8 agosto 1977, n. 556, art. 20. (1art. 32 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 23 novembre 1977, n. 270/1978, G. U. 23 agosto 1978, n. 235. legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53, primo comma, deHa Costituzicme). Commissione tdbutaria di secondo grado di Udine, ordinanza 8 febbraio 1978, n. 251, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. legge l gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24 e 103, primo comma, della Costituzione). Consigltio di Stato, quarta sezione, tre ordinanze 7 febbraio 1978, lliil. 224, 225 e 226, G. U. 5 lug1io 1978, n. 186. d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 48 (artt. 5, 76, 116 e.138 dehla Costituzione). Presidente .della giunta regionale sidliiana, ricorso depositato iJl: 30 giugno 1978, n. 15, G. U. 12 ruglio 1978, n. 194. PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 13 febbraio 1978 ,n. 1'80, artt. 2, ultimo comma, 3, p.-imo, terzo, quario e quinto comma, 4, 5, seco,ndo com,ma, e 8, teno comma (art. 20 delJio statuto speciaLe deL Trnntino-ALto Adige). Presidente delila giunta proviJnciale di Bo1zano, rko11so depositato il 23 giugno 1978, n. 14, G. U. 5 1ug1io 1978, n. 186. legge reg. Abruzzo, riappr. 14 giugno 1978, artt. 2 e 3, secondo comma (airtt. 117 e 128 della CostituZJione). Presidente del ConsiJgfu dei Milili,stri, rkol1So depositato L'll Lugldo 1978, n. 16, G. U. 19 luglfo 1978, n. 201. legge reg. Friuli-Venezia Giulia, riappr. 16 giugno 1978 (artt. 4, 5, .6; 7 e 54 deUo statuto speciale de1la iregione Friuli-Venezia Giulia). Presidente del Consiglio dei MililiJstri, rkorso depositato 1'11 Luglio 1978, n. 17, G. U. 19 Lugliio 1978, n. 201). legge r~g. Molise, riappr. 21 giugno 1978 (1art. 117 delilia Costituzione). Presidente deL Consigldo dei M�IIlistri, ricorso depositato fil 19 Luglio 1978, n. 19, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. legge reg. Fruili�Yenezia Giulia, riappr. '24 giugno 1978 (art. 81, quarto comma, deLLa Costituzione). Piresidente deL Consiglio dei mm1stiri, ricor.so depositato i'l 18 LugLio 1978, n. 18, G. U. 26 Luglio 1978, n. 208. legge prov. Bolzano, riappr. 4 luglio 1978 (ru:tt. 5 e 9 delLo statuto speciale per H Tirentino-Al1to Adige). Presidente de1 ConsiJgi]Jio dei Mostri, ricorso depositato H 29 LugLio 1978, n. 20, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. 'legge reg. Sicilia 1 agosto 1978, art. 35, teno comma (1artt. 3 e 41 deli!Ja Costituzione). CommiJssariJo delilo Stato per La I1egione siciLiamq, iic011so depositato i!l 17 agosto 1978, n. 21, G. U. 30 agosto 1978, n. 243. d.P.R. 31 ottobre 1967. n. 2401, debba richiedersi l'assenso della regione stessa (n. 296). d.P.R. 31 ottobre 1967. n. 2401, debba richiedersi l'assenso della regione stessa (n. 296). CONSULTAZIONI CONTABILITA GENERALE DELLO STATO Delitti dei gestori del lotto verso l'erario -Garanzia del fondo Trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto -Natura giuridica (articoli 17-18 legge 6 agosto 1967, n. 699). Se la garanzia prestata dal fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari al personale del lotto, per .i debiti verso l'erario costituiti dai gestori del lotto a motivo delle loro funzioni, abbia natura fideiussoria (con conseguente possibilit� di azione di regresso) ovvero natura assicurativa (n. 338). DEMANIO Demanio naturale -Demanio marittimo -Arenili -Sdemanializzazione -Mutamenti naturali consolidati -Natura del provvedimento (cod. nav. art. 35). Se nell'ipotesi in cui beni facenti parte del demanio naturale marittimo (arenili) per effetto .di mutamenti naturali consolidati nel tempo siano venuti a perdere la loro naturale funzione e destinazione agli usi pubblici del mare, il provvedimento amministrativo di sdemanializzazione, di cui all'art. 35 cod. nav., abbia valore dichiarativo anzich� costitutivo in virt� del principio di sdemaniaHzzazfone c.d. obbiettivo (n. 286). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Alloggi economici e popolari -Cessione a norma del d.p. 27 gennaio 1959, n. 2 Limiti di applicabilit� dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, sulla determinazione del prezzo -Revisione dlel prezzo di cessione erroneamente determinato Modalit� (d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 4 -legge 27 aprile 1962, n. 231, art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, art. 4). Sulla possibilit� di revisione del prezzo di cessione di alloggi economici e popolari ceduti a norma del d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, nei casi in cui risulti erroneamente determinato (n. 298). Alloggi economici e popolari -Cessione in propriet� -Quote di riserva -Limitazione dell'ambito soggettivo degli enti tenuti alla riserva (d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 3 -legge 27 aprile 1962, n. 231). Se 1gli enti e le amministrazioni non espressamente contemplati dall'art. 3 del d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, quale modificati con legge 27 aprile 1962, n. 231 -che stabilisce le quote di riserva delle concessioni in propriet� degli alloggi economici e popolari -sono tenuti aHa cessione in propriet� di tutti gli alloggi (n. 297). Alloggi economici e popolari -Costruzioni eseguite dal governo militare alleato di Trieste -Cessione in propriet� (d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 2401 -d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2). � Se per la cessione in propriet� degli alloggi economici e popolari costruiti dal governo militare alleato di Trieste, in pendenza del giudizio promosso dalla regione per ottenere la dichiarazione di disponibilit� agli effetti dell'art. 1 del PARTE Il, CONSULTAZIONI Alloggi economici e popolari � Costruzioni eseguite dal governo militare alleato di Trieste� Regime (d.p. 17 gennaio 1959, n. 2 � t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 1 t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 49 � t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 48). Se gli allo!!igi costruiti dal governo militare alleato di Trieste siano soggetti aMa cessione in propriet� in quanto di carattere economico e popolare (n. 295). Costruzione di alloggi economici e popolari da parte dello Stato su terreni di propriet� di altri enti pubblici � Accessione -Esclusione -Espropriabilit� dell'area (cod. civ., art. 936 -legge 22 ottobre 971, n. 865, art. 12 -d.l. 2 maggio 1974, n. 115, art. 6 -legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14). Se nel caso di costruzione da parte dello Stato (nella specie governo militare alleato di Trieste) di alloggi economici e popolari su terreno di propriet� di altri enti pubblici, questi acquisiscono la propriet� degli alloggi per accessione a norma dell'art. 936 e.e. (n. 299). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� Legge sulla casa -Accordi sull'indennit� di esproprio -ProcedJimento � Applicabilit� all'esecuzione di piani di ricostruzione (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865 legge 27 ottobre 1951, n. 1402). Se le norme dell'art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modifiche concernenti gli eventuali accordi sull'indennit� di esproprio -siano applicabili alle procedure preordinate all'esecuzione di piani di ricostruzioni regolate dall'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (n. 447). Legge sulla casa -Cessione volontaria dell'immobile dJa parte del proprietario coltivatore diretto -Determinazione del prezzo (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865 -art. 14 legge 28 gennaio 1977, n. 10). Se il prezzo deHa cessione volontaria di un terreno soggetto ad esproprio ed appartenente a coltivatore diretto si determini semplicemente triplicando l'ammontare dell'indennit� provvisoria ovvero aggiungendo all'importo cos� ottenuto una somma pari al cinquanta per. cento della detta indennit~ (n. 465). Legge sulla casa -Comunicazione dJell'offerta dell'indennit� provvisoria . Termine per la cessione volontaria del bene natura (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865. legge 28 gennaio 1977, n. 10). Se il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'offerta dell'indennit� provvisoria -stabilita dall'art. 12 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per convenire con l'espropriante la cessione volontaria degli immobili sotto es�proprio alle condizioni previste dalla stessa norma -debba ritenersi perentorio ovvero meramente sollecitatorio (n. 446). Legge sulla casa -Decreto di esproprio -Subordinazione al pagamento dell'indennit� di esproprio -Indennit� aggiuntiva in favore dJel coltivatore diretto Fittavolo -Mezzadro -Colono o compartecipante (qrt. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865 -art. 13 legge 22 ottobre 1971, n. 865). Se l'emanazione del decreto di esproprio, nel caso di terreno coltivato da coltivatore diretto, fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante, sia subordinata al pagamento dell'indennit� aggiuntiva in favore del coltivatore previsto dall'articolo 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 443). 174 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Legge sulla casa -Deposito dell'indennit� presso la Cassa alepositi e prestiti Indennit� aggiuntiva in favore del fittavolo mezzadro colono o compartecipante (art. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865). Se l'espropriante possa procedere al deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell'indennit� aggiutiva di espropri o prevista dall'art. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865, in favore del coltivatore diretto, fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante (n. 442). Legge sulla casa -Esecuzione di piani di ricostruzione -Omissione della fase di determinazione dell'indlennit� provvisoria -Illegittimit� (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865 -art. 9 legge 27 ottobre 1951, n. 1402). Se nelle procedure preordinate all'esecuzione di piani di ricostruzione, regolate dall'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, sia legittimo premettere la fase di determinazione dell'indennit� provvisoria (n. 448). Legge sulla casa -Estensioni alle espropriazioni per opere statali dei criteri di determinazione dell'indennit� di esproprio fissati dlalla c.d. legge sulla casa Ambito del rinvio (art. 11 legge 22 ottobre 1971, n. 865 -d.l. 2 maggio 1974, n. 115 -legge 27 giugno 1974, n. 247). Se il rinvio operato dalla legge 27 giugno 1974, n. 247 che ha convertito con modifiche il d.l. 2 maggio 1974, n. 115, recante norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale alle disposizioni del titolo Il della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (c,d. 'legge sulla casa) relative alla determinazione dell'indennit� di esproprio debba ritenersi estero alle norme che stabiliscono la comunicazione dell'indennit� provvisoria agli espropriandi (art. 11 stessa legge 22 ottobre 1971, n. 865) (n. 444). Legge sulla casa -. Indennit� aggiuntiva d'esproprio a favore del coltivatore del terreno -Prova della qualit� soggettiva di coltivatore diretto -Fittavolo Mezzadro -Colono o compartecipante (art. 2 legge 22 ottobre 1971, n. 865)�. Se 'la prova delle qualit� soggettive di coltivatore diretto, fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante, richieste dall'art. 17 della leg1ge 22 ottobre 1971, n. 865, per l'erogazione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio (che .gli interessati possono fornire con qualsiasi mezzo) possa essere fornita con atto notorio (n. 441). Legge sulla casa -Norme sopravvenute nella maggiorazione di offerte in caso di cessione volontaria dell'immobile (art. 19 legge 28 gennaio 1977, n. 10 -art. 14 legge 28 gennaio 1977, n. 10 -art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865). Se a seguito dell'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in materia di determinazione dell'indennit� di esproprio e dell'indennit� di occupazione, i giudizi gi� pendenti per opposizione all'indennit� possano essere definiti con la corresponsione, ai proprietari opponenti che ne facciano richiesta, della maggiora'zione del 50% dell'indennit� a suo tempo rifiutata (n. 449). IMPIEGO PUBBLICO Enti pubblici diversi -Dipendenti -Invalidi per servzzw -Benefici combattentistici previsti dal regolamento -Estensibilit� -Limiti (legge 1� luglio 1955, n. 565 -legge 15 luglio 1950, n. 539, art. 1, primo comma -legge 3 aprile 1958, n. 475, art. 5). Se al dipendente di ente pubblico, invalido per servizio, possano estendersi i benefici contenuti in una disposizione regolamentare dell'ente medesimo, concernente i mutilati e invalidi di guerra, emessa in attuazione della legge 1� luglio 1955, n. 565, che ha posto a carico di tutti gli enti pubblici comunque denominati il PARTE II, CONSULTAZIONI 17J dovere di emanare norme regolamentari necessarie per l'estensione a favore del proprio personale ex combattente dei 'benefici previsti a favore del personale, in possesso di benemerenze di guerra, dello Stato e degli enti pubblici locali e parastatali (n. 863). Impiegato dello Stato -Trattamento economico -lndJennit� di buonuscita -Corresponsione ritardata -Interessi moratori e rivalutazione -Spettanza -Esclusione (cod. proc. civ., art. 429, terzo comma -legge 11 agosto 1973, n. 533 d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1032, art. 26 -cod. civ., art. 1282). Se suH'indennit� di buonuscita corrisposta a dipendente statale cessato dal servizio siano da 'liquidare gli interessi di mora maturati e la svalutazione monetaria intercorsa durante il periodo di tempo tra la cessazione del servizio e l'effettivo pagamento in applicazione del principio posto dall'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533 (n. 866). Retribuzione -Indennit� di rischio -Presupposto (legge 15 novembre 1973, n. 734, art. 4 -d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, art. 1). Se il presupposto richiesto dall'art. 4 della leigge 15 novembre 1973, n. 734, e dall'art. 1 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, ai fini dell'indennit� di rischio, debba ritenersi sussistente nei soli casi in cui l'esposizione al rischio, oltre che diretta e continua, si protragga ininterrottamente per tutta la giornata lavorativa ovvero anche quando si riscontrino nell'arco della giornata, degli intervalli di non� rischiosit� (n. 862). Vigili del fuoco -Disciplina -Regolamento -Espulsione dal corpo di pieno diritto Sopravvivenza della relativa norma (r.d. 16 marzo 1942, n. 701, art. 57 -legge 13 maggio 1961, n. 469, art. 19 -d.P.R. 10 gennaio 1975, n. 3, art. 85). Se l'art. 57 del r.d. 16 marzo 1942, n. 701,. contenente il regolamento di disciplina del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ove � prevista l'espulsione di pieno diritto, con decreto del prefetto e senza parere della commissione di disciplina, a carico dei sottufficiali, vigili scelti e vigili condannati con sentenza passata in giudicato ,alla pena della reclusione per oltre quindici giorni, debba ritenersi ormai venno per effetto della l~gge 13 maggio 1961, n. 469, e, in particolare, per effet~o del generale rinvio che l'art. 19 di tale legge fa alle norme sullo statuto degli impiegati civili dello Stato (n. 865). IMPOSTA DI BOLLO Registri di contabilit� degli appalti di opere pubbliche -Regime di bollo (,d.p. 26 ottobre 1972, n. 642, art. 22, tariffa -r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 38 r.d. 25 maggio 1895, n. 35, art. 52). Se i registri di contabilit� degli appalti di opere pubbliche siano da sottoporre a bollo come registri obbligatori per legge o regolamento, secondo l'art. 22 della tariffa allegata al d.p. 26 ottobre 1972, n. 642 (n. 58). Registri di imprenditori commerciali utilizzati in rapporti interprivati -Regime di bollo (d.p. 26 ottobre 1972, n. 642). Se i registri tenuti dagli appaltatori e imprenditori commerciali utilizzati in rapporti con privati e comunque non :;oggetti alle norme sugli appalti delle opere pubbliche siano da sottoporre a bollo e quali artic_oli di tariffa siano appli cabili (n. 59). 176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Corrispettivi per servizi internazionali Presupposti della qualificazione (legge 9 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h). Se, ai fini di cui all'art. 1 lett. h) della legge 19 giugno 1940, n. 762 -secondo il quale non costituiscono entrata assoggettabile ad I.G.E. le somme introitate tra l'altro per � corrispettivi relativi a servizi internazionali � -sia sufficiente, per qualificare come internazionale un determinato servizio, per riferimento alla mera localizzazione delle prestazioni ad esso inerenti o alla nazionalit� o residenza all'estero della a cui favore queste sono eseguite ovvero sia necessaria l'esistenza di un'origanizzazione tecnica tanto nello stato estero quanto in Italia (n. 175). l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Corrispettivi per servizi internazionali Provvigioni ed intermediari di ditte estere -Prova del rapporto (legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h). Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 1, lett. h della legge 19 giugno 940, n. 762 che dichiara non assoggettabili all'I.G.E. tra l'altro, i �corrispettivi relativi a servizi internazionali � -la formalit� dell'iscrizione ad annotazione del Mod. VI dei mandati di rappresentanze e delle lettere di incarico rilasciate da ditte estere ai propri intermediari per la vendita di prodotti in Italia abbia carattere essenziale ovvero la prova dell'esistenza di tali rapporti possa essere fornita con altri atti (n. 176). IMPOSTA VALORE AGGIUNTO Rimborsi -Avviso di rettifica -Emergenza di fatti impeditivi non specificamente previsti dalla legge -Ulteriori misure cautelari -Ammissibilit� (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 50 e 75 -Legge 7 gennaio 1929 n. 4, art. 26 -Cod. pen., art. 189 -r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, 6� comma). Se, in materia di rimobrsi I.V.A., qualora ci si trovi in presenza di fatti impeditivi gravi che esulino dalle specifiche previsioni della legge (nella specie: procedimento penale a carico di amministratore di societ� per falso e truffa a danno dell'amministrazione finanziaria, per aver apposto falsamente il timbro a calendario sulla dichiarazione dii inizio di attivit� con indicazione di deposito) l'amministrazione 1possa valersi, oltre che della .notifica di avviso di rettifica, di ulteriori cautele e in particolare della facolt� di fermo amministrativo di cui all'art. 69 della legge di contabilit� ,generale dello stato (n. 13). Rimborsi -Garanzia fideiussoria -Natura -Notifica avviso oltre annale -Sufficienza della garanzia (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38). Quale sia la funzione della garanzia fideiusso�'ia prevista dall'art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di rimborsi I.V.A. e in particolare se tale garanzia possa ritinersi sufficiente cautela per l'amm.ne ove sia gi� decorso l'anno dalla dichiarazione al momento della notifica dell'avviso di rettifica al contribuente (n. 14). ISTRUZIONE Insegnanti -Attuazione dei provvedimenti comportanti spostamento di personale gi� in servizio di insegnamento -Limiti temporali � Differimento -Esecuzione di provvedimenti .del giudice amministrativo -Modalit� (legge 15 novembre 1973 n. 725 -d.l. 21 .settembre 1973, n. 567, art. 1). Se il principio del differimento dell'attuazione all'inizio del successivo anno scolastico dei provvedimenti che comportino spostamenti di personale gi� in servi PARTE II, CONSULTAZIONI zio di insegnamento adottati dopo il ventesimo giorno dall'inizio dell'anno scolastico, sancito dall'art. 1 d.l. 21 settembre! 973, n. 567, convertito in legge 15 novembre 1973, n. 727, si applichi anche in sede di esecuzione di provvedimenti del giudice amministrativo e, in caso mativo, se tale principio si applichi in ogni caso o solo agli ulteriori provvedimenti da adottarsi dall'amministrazione per il pieno ad~uamento della situazione al provinciato giurisdizionale (n. 54). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Contratto di fornitura -Aggiudicazione -Sopraggiunte difficolt� di approvigionamento -Modifica dei termini di pagamento e dei tempi e modi di conseg11a (cod. civ., artt. 1463, 1467 e 1468). Se l'aggiudicatario di fornitura di combustibile, adducendo difficolt� sopraggiunte nell'approvvigionamento del prodotto, possa chiedere una modifica dei termini di pagamento fissati nel contratto nonch� dei tempi e dei modi di consegna del prodotto quali pattuiti (n. 62). PREVIDENZA E ASSISTENZA Assistenza civile -Ciechi civili invalia'i civili e sordomuti -Benefici economici Revoca -Effetti -Irripetibilit� delle somme -Limiti (d.l. 23 dicembre 1976, n. 850, art. 3 ter -legge 21 febbraio 1977, n. 29). Se la disposizione dell'art. 3 ter del d.l. 23 dicembre 1976, n. 850, aggiunto con la l~ge di convenzione 21 febbraio 1977, n. 29, secondo cui la revoca dei benefici economici a favore dei ciechi civili, invalidi civili e sordomuti ha effetto solo a partire dal primo giorno del mese successivo alla data del provvedimento di revoca e sono irripetibili le somme dovute per effetto di revoche adottate prima dell'entrata in vigore dello stesso d.l. n. 850, siano applicabili anche nelle ipotesi in cui sia accertato che la sussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla concessione dei benefici economici sia stato il risultato di false dichiarazioni o di dolo del beneficiario (n. 128). Mutilati e invalidi civili -Pensione o assegno -Presupposti -Retribuzione superiore -Coniuge lavorante all'estero -Cumulo (d.l. 2 marzo 1974, n. 30, artt. 3, 1 comma e 8, 1 comma -legge 16 aprile 1974, n. 114 -legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 3, 3 comma -d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 3, 2 comma). Se, ai sensi degli artt. 3, 1� comma, e 8, 1� comma, del d.l. 2 marzo 1974, n. 30 (convertito con modificazioni in legge 16 aprile 1974, n. 114), siano da ritenere esclusi dal diritto alla pensione di invalidit� o all'assegno mensile quei soggetti il cui coniuge svolga attivit� lavorativa all'estero con retribuzione superiore ai limiti di l~ge attualmente previsti per i casi di cumulo (n. 129). INDICE BIBLIOGRAFICO delle upere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato ALPA G., Atipicit� dell'illecito. Giuffr�, Milano, 1977. Parte Il. BAJNO R., La Nuova Legge sui Suoli. Giuffr�, Milano, 1977. BELLINI V., L'Impiego pubblico nell'ordinamento regionale. 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