LUGLIO-AGOSTO 1978

ANNO XXX N. 4 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

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ROMA 
ISTITUTO_ POLIGRAFICO E ZECCA-DEl:LO :ST,6.TO . : -~ 

1978 




ABBONAMENTI 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � .. � � � � � L. 15.500 
UN NUMERO SEPARATO � � � � � � � � � � � � � � � � � 2.700 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltal:y 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lusllo 1966 

(8219385) Roma, 1979 -Istituto Poligrafico. e Zecca dello Stato P.V. 
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INDICE 

Parte prima: GIURtSPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
del/'avv. Gi�seppe Angelini-Rota e del/'avv. Franco 
Favara) . pag. 40 I 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a curo del/'avv. Oscar Fiumara) . � 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(o curo dell'avv. Carlo Carbone) . � 409 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (o curo de/l'avvocato 
Adriano Rossi) . � 431 

Sezione quinta: �GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (o curo 
del/'avv. Raffaele Tamiozzo) . � 459 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (o cura dell'avvocato 
Carlo Bof�/e) � 471 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (o curo del/'avv. Paolo Vittoria) 
� 505 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (o curo del/'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Be/monte) � � 518 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


pag. 165

LEGISLAZIONE . 

CONSULTAZIONI 
� 172 

INDICE BIBLIOGRAFICO . 
� 178 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Raffaele TAMIOZZO, 
Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe 

Orazio Russo, Lecce; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; 
'Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

C. 
BAFILE, Ancora sulla responsabilit� personale del liquidatore e 
dell'amministratore delle persone giuridiche I, 478 
A. 
PAJNO, Provvedimenti di determinazione delle tariffe telefoniche 
e doppia tutela giurisdizionale I, 409 

PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO DI OPERE PUBBLICHE 

-Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva 
dell'appaltatore -Interesse 
legittimo -Conf�gurabHit� di diritto 
soggettivo -Condizioni, SOS. 

-Reviisione dei prezzi -Situa:zlione soggettiva 
dell'appaltatore -L. 22 febbraio 
1973 n. 37 -Possibilit� di configuraz~
one come dkitto sogjgetti� 
vo -Soppressione, SOS. 

-Revisione dei prezzi -Situazione 
soggettiva dell'appaltatore -L. 21 dicembre 
1974 n. 700 -Trasformazione 
in diTitto soggettivo -Esclusione, 
SOS. 

-Rinnovazione delle operazioni di 
collaudo -Facolt� del committente Appartenenza 
all'Amministrazione 
concedente -Ammissibilit� -Condizioni, 
SlO. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-IHegittimit� -Mancata impugnativa 
-Effetti -Idoneit� ad incidere 
sud rapporti giuridici preesistenti Sussiste, 
461. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Ordinanza ingiunzione prefettizia 
inf1igente sanzioni per violazione di 
norme di ciTcolazione -Applicabihlt� 
a .funzionari consolari -Condizioni, 

433. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Accertamento preventivo di danni 
derivanti da omesso intervento della 
poloizia -Improponibilit� per difetto 
di giurisdizione, 441. 

-Appalto di opere pubbliche -Revisione 
dei prezzi -Determinazione del 
compenso revisionale -Incidenza di 
determinazioni attinenti allo svolgi


Giurisdizione amministrativa -Sus


siste, SOS. 

-Controversia relativa al diritto di 
riscatto di alloggi dell'ediili7Jia popolare 
ed economica -Giurisdizione 
dell'AiG.O. -Sussiste, 464. 

-Difetto assoluto di giurisdizione Interesse 
del cittadino alfa conservaziione 
de1le leggi in v~gore ed alla 
esclusione del loro assoggettamento 
a modifiche o abrogazioni -Tutela Insussistenza, 
427. 

-Giudsdizione ordinaria ed amministrativa 
-Determinazione e criteri -
Prospettazione dell'Jnteressato -Insufficienza, 
426. 

-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Importazioni ed esportazioni 
di animali -ControUi della P.A. 
sanitaria statale -Funzione -Interesse 
generale -Posizione giuridica del 
priivato di interesse legittimo, 428. 

-Regolamento di �giurisdizione -Giurisdizione 
ordina�ria ed amministrativa 
-Doppia tutela -Ammissibilit� Provvedimenti 
di determinazione delle 
tariffe telefoniche -Illegittimit� Giurisdizione 
amministrativa, con 
nota di A. PAJNO, 409. 

COMUNE 

-Organi dell'Amministrazione -Sindaco 
che agisce come ufficiale di governo 
-Equiparabilit� -Esclusione � 
Effetti ai fini del patrocinio in giudizio, 
46S. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Concessioni di beni demaniali -Revoca 
-Congruit� della motivazione -[:
fil 
Fattispecie, 466. 

Il 

CONTRABBANDO 

-Importazione di sostanze stupefa


mento del rapporto -Impugnativa -centi -Omessa contestazione del 

. I 



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA vn 

reato di contrabbando -Costituzione 
di parte civile dell'Amministrazione 
Finanziaria dello Stato -Inammissibilit�, 
518. . 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di �attribuzione -Termine 
per la proposizione del rkorso, 401. 

ELEZIONI 

-Eleggibilit� a deputato ed a senatore 
-Ineleggibilit� dei consiglieri 
regionali -Legittimit� costituzionale, 

402. 
ESECUZIONE FORZATA 

-Mancanza del titolo esecutivo -Improcedibilit� 
-Rilevabi!lit� d'ufficio 
con sentenza -Appellabilit�, 431. 

BSPROPiRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Espropriazione parziale -Criterio di 
sllima differenziale -Presupposti di 
applicabilit�, 444. 

-Indennit� -Vincoli di inedificabilit� 
previsti per legge -Non indennizzabilit�, 
444. 

-Proroga della occupazione di urgenza 
-Area destinata all'edilizia economica 
e popolare -Effetti dehla dichiarazione 
� ex lege � della indifferibilit� 
e urgenza, 469. 

-PJ:oroga della occupazione di urgenza 
-Area destinata all'edilizia 
economica e popolare -Motivazione 
della proroga con riferimento ad 
esigenze di perfezionamento della 
pratica espropriativa -Sufficienza, 

469. 
FALLIMENTO � 

-Contributo J:egionale per pagamento 
degli interessi di un unitario contrntto 
del fahlito -Scioglimento del 
contratto per fallimento -Perdita 
del contrj,buto, 437. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Decisione di primo .grndo -Compensazione 
delle spese in tutto o in 
parte -Discrezionalit� -Estensione 

anche al caso di accolta infondatezza 
di una eccezione di controparte 
sulla giurisdizione -Sussiste, 469. 

-Giudizio di secondo grado -Eccezione 
di difetto di .giurisdizione Contrasto 
con la tesi' sostenuta in 
primo grado, Preclusione, 468. 

-Ricorso giurisdizionale -Appello P
�roposizione -Legittimazione autonoma 
spettante all'Avvocatura dello 
Stato -Sussiste -Effetti, 466. 

-Ricorso giurisdizionale -Giudizio di 
impugnazione -Appello avverso or�dinanza 
pronunziata sull'istanza di sospensiva 
-Termine .di 60 1giorni Applicabilit�, 
459. 

-Ricorso .giurisdizionale -Giudizio di 
impugnazione -1Estensione dell'impugnabilit� 
alle ordinanze di sospensione 
-Ammissibi!lit� -Sussiste, 459. 

-Ricorso .gimiisdizionale -Giudizio di 
impugnazione -Ordinanze di sospensione 
-Procedura innanzi al Consiglio 
di Stato -Rito camerale -Necessit�, 
459. 

-Ricorso giurisdizionale -Legittimazione 
passiva -Cessione in propriet� 
di alloggi dell'edildzia popolare ed 
economdca -Legittimazione passiva 
dell'I.A.CiP. -Sussiste, 464. 

-Ricorso giurisdizionale -Necessit� 
della corrispondenza fra chiesto e 
pronunciato -Preclusione alla valut�zione 
di fatti nuovi non dedotti 
in giudizio -Effetti, 466. 

-Ricorso giurisdiziona:le -Ordinanza 
di sospensione del provvedimento 
impugnato -ApplicabiUt� dell'i>stituto 
della iI'evocazione -Sussiste, 459. 

-Ricorso giurisdizionale -Ordinanza 
di sospensione del provvedimento 
impugnato -Revoca per fotti sopravvenuti 
-Individuazione dell'organo 
giurisdizionale competente a pronunciare 
la revoca, 459. 

-R!icorso giurisdizionale -Ordinanza 
sulla sospensiva -Decisione del Consiglio 
di Stato in sede di appello Cessazione 
degli effetti, 459. 

-Ricorso giurisdizionale -Prnposizione 
-Legittimazione 11iservata a tutte 
le parti costituite nel �giudizio di 
primo grado -Sussiste, 466. 

-Ricorso giurisdizionale Ricorso 
cumuLativo -Esclusione -Condizioni. 
468. 


vm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Ricorso giurisdiziona1e -Riicol'SO cumulativo 
-Soggetto destinatario di 
pi� atti emanati contestualmente 
dallo stess<;> organo e aventi ad oggetto 
diverse deliberaziorui -Ammissibilit� 
del ricorso cumulativo -Sussiste, 
468. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Ricevitori del lotto -Applicabilit� del 

t.u. sul pubblico impiego -Sanzioni Estensione 
-Limiti, 465. 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Plusvruenza -Permuta -Riferimento 
al valore del bene permutato -Sussiste, 
476. 

IMPOSTA SULLE SOCIETA 

-Esenzioni -Istituti di studio e di 
sperimentazione -Ente per la Celluiosa 
e la Carta -Non � tale, 501. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giurisdizione -Imposte 
dirette -Responsabile di imposta 
-Liquidatore di soggetti tassabil!
i in base a bilancio -Azione di 
accertamento negativo -Giurisdizione 
del giudice ordinario, con nota 
di C. BAFILE, 479. 

-Imposte dirette -Responsabile di 
imposta -Liquidatore di soggetti 
tassabili in base a bilancio -Accertamento 
della iresponsabiUt� -Onere 
della prov:a, con nota di C. BAFILE, 

479. 
-Imposte dirette -Responsabile di 
imposta -Liquidatore di soggetti 
tassabili in base a bilancio -Liquidazione 
di fatto -Responsabilit� 
deWamministratore -Sussiste, con 
nota di c. BAFILE, 479. 
-Imposte dirette -Responsabilit� di 
imposta -Liquidatore di soggetti 
tassabili in base a bHancio -Contestazione 
dell'obbligazione tributaria 
-Difetto di le~ittimazione, con 
nota di c. BAFILE, 478. 
-Imposte dirette -Responsabilit� di 
imposta -Liquidatore di soggetti 
tassabiii ;in base a bilancio -Liquidazione 
di fatto -Responsabilit� degli 
amministratori -Sussiste, con 
nota di c. BAFILE, 478. 

-Imposte di11ette -Responsabilit� di 
imposta -Liquidatore di sog;gettii 
tassabili in base a bilancio -Natura 
della :responsabilit�, con nota di C. 
BAFILE, 478. 

-Imposte dirette -Responsabilit� di 
imposta -Liquidatore di sog;gettii 
tassabili ii.n base a bi.tlancio -Prova P,
resunzioni -Ammissibilit�, con nota 
di C. BAFILE, 478. 

-Obbli:garione tributaria -Riserva di 
leg;ge -Fonti secondarie, 471. 

-Obbligazione tributar1a -Tributo 
istituito con decreto legge non convertito 
-Disciplina dei rapporti 
sorti -Successiva emanazione di 
norme regolamentari -Legittimit�, 

471. 
LAVORO 

-Lavoro autonomo -Attivit� continuativa 
e coordinata -Crediti del 
lavoratore autonomo -Rivalutazione 
monetaria -Spetta, 407. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Appalto -Accordi -Domanda di restituzione 
-Domanda di ri�soluzione � 
implicita, 510. � 

-Appalto -Difformit� e v:izi dell'opera 
-Rii.conoscimento dell'appaltatore 
-Forma -Manifestazione tacita Sufficienza, 
511. 

-Cfausola pena1e .prevista in capitolato 
generale -Potere di dduzione 
od equit� dell'A.G.O. -Sussiste, con 
nota di A. ROSSI, 445. 

PENSIONI. 

-Dipendenti statali -Orfani maggiorenni 
inabili al lavoro -Razionalit� 
delila normativa transitoria, 401. 

PREFETTO 

-Conferimento d'ufficio di esattoria 
comunale -!�stanza di sospensione 
del provvedimento -P�resupposti per 
l'accogl!imento -Individuazione, 459. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Domanda -Qualificazione -Intervento 
adesiiv� dipendente -Condizioni, 
510. 


INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

-Intervento volontario -Adesivo. <li� 
pendente -P.roposizione congiunta 
nella citazione sottoscritta con l'at~ 
tore -Ammissibilit�, 510. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Parte civile -Omessa citazione -Nullit� 
-Impugnazione della parte offesa 
-� pre1iminare l'esame suHa 
legittimazione, 518. 

REGIONE 

-Provincia a statuto speciale -Dipendenti 
della provincia di Bolzano -
Indenruit� integrativa speciale -Divieto 
di trattamento economico pi� 
favorevole a quello dei cliirpendenti 
statali, 405. 

REQUISIZIONE 

-Intervento del Sindaco nella qualit� 
di Ufficiale di Governo -Natura sussidiaria 
del .relativo potere -Limiti Effetti, 
465. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico -Facolt� dell'AmmIDi.
sU'azione -Decisione ta11diva Preclusione, 
461. 

-Ricorso gerarchico -Facolt� dell'Amminllistrazione 
-Decisione tardiva Preclusione 
-Relazione con l'rurt. 24 
della Costituzione, Effetti, 461. 

-Ricorso gerarchico -Silenzio-rii.getto 
-Decisione esplkita tardiva Rapporto 
con il .giudizio instaurato 
avveI'so il. silenzro-ri!getto -Effetti, 

461. 
-Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto 
-Intervento d'ufficio di autorit� 
gerarchicamente sopraordinata -Ammissibilit� 
-Sussiste, 461. 

-Ricorso .gerarchico -Silenzio-rigetto P.
rovvedimento emanato dopo la 
scadenza del termine di 90 giorni Natura 
-Atto confermativo, 461. 

-Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto Tardiva 
decisione di accoglimento Effetti, 
461. 

- 
Ricorso .gerarchico -Silenzio-rigetto � 
Termine di 90 giorni ex art. 6 

d.P.R. i.199/1971 -Sfera di applica� 
zione -Estensione ai ricorsi in materia 
scolastica ex art. 11 1. B giugno 
1969, n: 282 -Sussiste -Effetti, 
461. 
SICUREZZA PUBBLICA 

-Detenzione di armi -Omessa denuncia 
-Punibilit� in pendenza del termine 
di sanatoria, 404. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

16 gennaio 1978, n. 2 . pag. 401 
16 gennaio 1978, n. 3 . 

� 401 
16 gennaio 1978, n. 5 . � 

402 
12 aprile 1978, �Il�. 26 . . 

� 404 
20 aprile 1978, n. 45 . . . . . . . 

� 405 
10 maggio 1978, n. 65 (ordinanza) . 

� 407 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 10 novembre �1976, n. 4125 . pag. 471 
Sez. Un., 4 agosto 1977, n. 3457 � . 

� 409 
Sez. III, 5 novembre 1977, n. 4723 . . 

� 4311 
Sez. Un., 10 novembre 1977, n. 4834 . � 

433 
Sez. I, 11 novembre 1977, n. 4870 � . 

)) 437 
Sez. Un., 18 novembre 1977, n. 5042 . )) 

441 
Sez. I, 29 novembre 1977, n. 5177 . )) 

444 
Sez. Un., 5 dicembre 1977, n. 5261 . )) 

445 
Sez. Un., 4 gennaio 1978, n. 11 . . )) 

426 
Sez. Un., 9 gennaio 1978, n. 53 . . 

� 427 

Sez. I, 2 febbraio 1978, n. 462 . . 

)) 

476 
Sez. Un., 15 febbraio 1978, n. 694 . 

� 428 
Sez. Un., 23 febbraio 1978, n. 888 . 

)) 

505 
Sez. l, 14 marzo 1978, n. 1273 . . 

)) 

478 
Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1488 . . . 

)) 501 
Sez. Un., 10 giugno 1978, n. 2927 . � 

479 
Sez. I, 22 giugno 1978, n. 3080 . . 

)) 

510 

GIURISDIZIONI AM.MINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. PI., 20 gennaio 1978, n. 1 . . pag. 459 
Ad. PI., 7 febbraio 1978, n. 4 . . 

� 461 
Sez. IV, 10 gennaio 1978, n. 6 . 

� 464 
Sez. IV, 24 gennaio 1978, n. 43 . 465

� 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 72 
Sez. IV, 7 marzo 1978, n. 178 . 
Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 235 . 
Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 236 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 10 marzo 1978, n. 534 . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 465 
� 466 
)) 468 
� 468 

pag. 518 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Delitti dei gestori del lotto verso 
l'era'.!1io -Garanzia del fondo Trattamento 
quiescenza e assegni straordiiinari 
al personale del lotto -Natura 
.giuridica, 172. 

DEMANIO 

-Demanio naturale -Demanio marittimo 
-Arenili -Sdemanializzazione Mutamenti 
naturali consoHdati -Natura 
del provvedimento, 172. 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Alloggi economici e popolaci -Cessione 
a norma del d;p. 27 gennaio 
1959, n. 2 -Limiti di applicabilit� 
dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, 
sulila determinazione del pl'ezzo -Revisione 
del prezzo di cessione erroneamente 
determinato -Modaiit�, 

172. 
-Alloggi economici e popolari -Cessione 
in propriet� -Quote di �riserva Limitazione 
dell'ambito soggettivo 
degli enti tenuti alla riserva, 172. 
-Alloggi economici e popolari -Costruzioni 
eseguite dal .governo militare. 
alleato di Trieste -Cessione in 
pro:Priet�, 172. 
-Alloggi economici e popolari -Costruzioni 
eseguite dal governo militare 
alleato di T�rieste -Regime, 173. 
-Costruzione di alloggi economici e 
popolari da parte dello Stato su 
terreni di propriet� di altri enti pubblici 
-Accessione -Esclusione 
Espropri�abilit� dell'area, 173. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Legge sulla casa -Accordi sull'indennit� 
di esproprio -Procedimento Applicabilit� 
all'esecuzione di piani 
di ricostruzione, 173. 

-Legge sulla casa -Cessione volontaria 
dell'immobile da parte del proprieta11io 
coltivatore diretto -D�terminazione 
del prezzo, 173. 

-Legge su11a casa -Comunicazione 
dell'offerta dell'indennit� provvisoria 
-Termine per la cessione volontaria 
del bene natura, 173. 

-Legge sulla casa -Decreto di esproprio 
-Subordinazione al pagamento 
dell'indennit� di esproprio -Indennit� 
ag,giuntiva in favor� del coltivatore 
diretto -Fittavolo -Mezzadro 
-Colono o compartecipante, 173. 

-Legge sulla casa -Deposito dellfodennit� 
presso la Cassa depositi e 
prestiti -Indennit� aggiuntiva in favore 
del fittavolo mezzadro colono 

o compartecipante, 174. 
-Legge sulla casa -E>secuzione di piani 
dri ricostruzione -Omissione della 
fase c!Ji determinazione delil'indennit� 
provvisoria -Illegittimit�, 174. 
-Legge sulla casa -Estensioni alle 
espropriazioni per opere �stataii dei 
criteri di determinazione dell'indennit� 
di esproprio fissati daHa c.d. 
legge sulla casa -Ambito del !rinvio, 

174. 
-Legge su11a casa -Indennit� aggiuntiva 
d'esproprio a favore del coltivatore 
del terreno -Prova della 
qualit� soggettiva di coltivatore di� 
retto -H1:tavolo -Mezzadro -Colono 
o compartecipante, 174. 
-Legge sulla casa -Norme sopravvenute 
nella maggiorazione di offerte 
in caso di cessione volontaria dell'immobile, 
174. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Enti pubblici diversi -Dipendenti Invalidi 
per servizio -Beneliici combattentistici 
previsti dal regolamento 
-E>stensibilit� -Limiti, 174. 

-Impiegato dello Stato -Trattamento 
economico -Indennit� di buonuscita 
-Corresponsione ritardata 




INDICE DELLE CONSULTAZIONI 
Xlii 

Interessi moratori e rivalutazione 

Spettanza -Esclusione, 175. 

-Retribuzione -Indennit� di rischio 
Presupposto, 175. 

-Vigili del fuoco -Disciplina -Regolamento 
-Espulsione da'1 corpo di 
pieno diritto -Sopravvivenza della 
relativa norma, 175. 

IMPOSTA DI BOLLO 

-Registri di contabHit� degli aippalti 
di opere pubbliche -Regime di bollo, 

175. 
- 
Registri di imprenditori. commerciali 
utilizzati in rapporti interprivati 
-Regime di bollo, 175. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione 
-Co:rrispettJivi per servizi internazionali 
-Presupposti deHa qualificazione, 
176. 

-LG.E. -Entrate sottratte all'imposizione 
-Corrispettivi per ,servizi internazionali 
-Provvigioni ed ti.ntermediaxi 
di ditte estere -Prova del 
rapporto, �176. 

IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

-Rimborsi -Avviso di rettifica -Emergenza 
di fatti impeditivi non specifi


camente previsti dalla legge -Ulteriori 
misure cautelari � Ammissibilit�, 
176. 

-Rimbors,i -Garanzia fideiussoria Natura 
-Notifica avviso oltre annale 
-Sufficienza della garanzia, 176. 

ISTRUZIONE 

-Insegnanti -Attuazione dei provvedimenti 
comportanti spostamento di 
personale .gi� in serviziio di insegnamento 
-Limiti temporali -Differimento 
-Esecuzione di provvedimenti 
del giudice ,amministrativo -Modalit�, 
176. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Contratto di fo:rnitura -Aggiiudicazione 
-Sopraggiunte difficolt� di 
approvigionamento -Modifica dei 
termini di pagamento e dei tempi 
e modi di consegna, 177. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA. 

-Assistenza civile -Ciechi civili invalidi 
civili e sordomuti -Benefici economici 
-Revoca -Effetti -Irripetibilit� 
de11e somme -Limiti, 177. 

- 
Mutilati e invalidi civiii -Pensione 

o assegno -Presupposti -Retribuzione 
superiore -Coniuge lavoratore 
all'estero -Cumulo, 177. � 

XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
Il. -Questioni dichiarate non fondate pag. 165 
III. -Questioni proposte )) 165 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 178 



PARTE PRIMA 



I 
I ~ 


I 
I 
11 

I~: 
I ~: 




GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 2 -Pres. Rossi -Rel. 
Rossano -Bellinazzo (avv. Zavattaro) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Angelini-Rota). 

Pensioni � Dipendenti statali � Orfani maggiorenni inabili al lavoro -Razionalit� 
della normativa transitoria. 

(Cast., art. 3, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 86 e 272). 

Non contrastano con l'art. 3 Cast, gli artt. 86, comma primo, e 
272 testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti 
civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R 29 dicembre 
1973, n. 1092,. dal momento che non � irragionevole la disparit� di trattamento 
tra gli orfani, che risultano inabili a proficuo lavoro alla data del 
1� gennaio 1958, e gli orfani, che diventino inabili dopo tale data (1). 

(1) La sentenza � pubblicata in� Foro it., 1978, I, 281. L'impugnato art. 272 
d.P.R. n. 1092 del 1973 riproduce il contenuto dell'art. 18 citata legge n. 46 del 
1958, apportandovi le sole modifiche conseguenti alla sentenza n. 135 del 1971 
della Corte costituzionale che aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale dello 
stesso art. 18 nella parte in cui, nel concorso di tutte le altre condizioni, esclude 
dal diritto a. pensione i figli maschi celibi che alla data del 1� ,gennaio 1958 siano 
inabili al lavoro proficuo e siano nullatenenti. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 3 -Pres, Rossi -.. Rel. 
Astuti -Regione Sicilia (avv. Aula) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Az:;::ariti). 

Corte costituzionale � Conflitto di attribuzione � Termine per la proposizione 
del ricorso. 

Il. termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso, stabilito 
dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, decorre dalla notificazion.e 

o dall'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato, e tale conoscenza pu� 
2 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

402 

ritenersi verificata con la consegna di un telegramma ministeriale agli 
uffici di un assessore regionale; n� pu� ammettersi, d'altra parte, che 
la tardiva comunicazione fatta dall'assessore alla Presidenza della regione, 
con l'invito a ricorrere, possa costituire evento idoneo a spostare 
la decorrenza del relativo termine, giustificando la notificazione dell'atto 
dopo quasi tre mesi (1). 

(1) La sentenza � pubblicata in Foro it., 1978, I, 1088; cfr. Corte Cost. 7 luglio 
1976, n. 158, in questa Rassegna, 1976, 850 e 3 agosto 1976, n. 213, ivi, 1977, 1. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 gennaio 1978, n. 5 -Pres. Rossi� Rel. Bucciarelli 
Ducci -Tarsia lncuna (n.p.), Tatarella (Avv. Giannini) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Chiarotti). 

Elezioni -Eleggibilit� a deputato ed a senatore -Ineleggibilit� dei consiglieri 
regionali -Legittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 3 e 51; d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 7). 

L'art. 7, quarto comma, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e l'art. 2 
della legge 27 febbraio 1958, n. 64, i quali dispongono la ineleggibilit� 
dei consiglieri regionali, dei presidenti di giunte provinciali e dei sindaci 
di comuni con pi� di 20.000 abitanti, rispettivamente a deputato ed a 
senatore, non contrastano con gli artt. 3 e 51 Cast. (1). 

(Omissis). -L'impugnato art. 7 del t.u. n. 361 del 1957 stabilisce 

chiaramente che i consiglieri regionali, i presidenti delle Giunte pro


vinciali ed i sindaci dei Comuni con pi� di 20.000 abitanti sono ineleg


gibili a deputato. 

Gli interessati possono, tuttavia, sottrarsi a tali cause di ineleggibi


lit� cessando realmente dalle funzioni esercitate, previa presentazione 

delle dimissioni, almeno 180 giorni prima della data di scadenza del 

quinquennio di durata della Camera cui intendono candidarsi o sette 

giorni dopo il decreto di scioglimento in caso di elezioni anticipate. 

Per rafforzare tale ineleggibilit�, ed evitare inconvenienti sorti nella 

pratica, il legislatore ha sancito, nel 1956, la decadenza dagli uffici men


(1) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1978, I, 1079, con nota 
di MESSERINI, Consiglieri regionali e ineleggibilit� parlamentare, ove tra l'altro si 
osserva che � � la prima volta che norme della legge elettorale politica vengono 
sottoposte al giudizio della Corte costituzionale: la competenza esclusiva 
delle Camere sulle controversie elettorali sancita dall'art. 66 Cost. e la diffidenza 
mostrata in pratica da questi 011gani ad un intervento nel procedimento di 
verifica delle elezioni di un organo estraneo al Parlamento, hanno costituito fino 
ad ora una insuperabile barriera rper il p�ssaggio di qualsiasi eccezione di costi� 
tuzionalit� sulle norme delle leggi elettorali politiche �. 

PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

zionati come effetto automatico della accettazione della candidatura 
alle elezioni politiche. 

Dalla interpretazione letterale e sistematica della norma impugnata, 
che configura una causa specifica di ineleggibilit�, emerge la relativa 
ratio, confermata anche dai lavori preparatori della legge elettorale 
del 1948, approvata dalla stessa assemblea costituente, e da quelli della 
novella del 1956. Si � voluto cio� impedire che i titolari di determinati 
importanti uffici potessero valersi dei poteri connessi alla loro carica 
per influire indebitamente sulla competizione el�ttorale, esercitando una 
captatio benevolentiae o un metus publicae potestatis nei confronti degli 
elettori. Ci� � dimostrato anche dalla prevista sanzione della decadenza 
che nella fattispecie avrebbe dovuto essere immediatamente dichiarata 
da parte dei competenti organi regionali. 

N� pu� ritenersi che il legislatore, al fine di tutelare l'anzidetto 
interesse pubblico sostanziale abbia adottato uno strumento eccessivo 
rispetto allo scopo perseguito. Non � infatti fondatamente opinabile che 
sarebbe stata sufficiente la sussistenza di una mera incompatibilit� tra 
le cariche di consigliere regionale e deputato al Parlamento, giacch� 
l'inompatibilit� assolve ad un suo proprio scopo -sostanzialmente 
quello di evitare la contemporanea titolarit� di due uffici validamente 
conseguiti -mentre l'ineleggibilit� che ha la funzione sopra menzionata 
deve operare fin dall'inizio della competizione elettorale. Quindi 
la previsione dell'art. 122 Cost. non vale ad escludere che la legge 
ordinaria consideri senz'altro i consiglieri regionali ineleggibili a parlamentari. 
-(Omissis). 

La prospettata violazione dell'art. 51 Cost. � stata direttamente collegata 
all'orientamento di questa Corte secondo cui l'eleggibilit� � la 
norma l'ineleggibilit� � l'eccezione, e �le cause di ineleggibilit� ... devono 
comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente 
indispensabile per garantire la soddisfazione deile esigenze 
di pubblico interesse cui sono preordinate � (sentenza n. 46 del 
1969). Tale affermazione deve per� essere coordinata con l'altra, pm 
volte formulata, secondo cui il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalit� 
politica pu� stabilire, per categorie generali ed astratte, 
cause di ineleggibilit� volte ad assicurare la libera e genuina espressione 
del voto popolare nonch� la primaria esigenza della autenticit� della 
competizione elettorale (sentenze nn. 38 del 1971 e 45 del 1977). 

Va pertanto riconosciuta, sulla scorta di tali criteri, la giustificazione 
della norma impugnata, in quanto sancisce l'ineleggibilit� alla 
Camera e a Senato del consigliere regionale presentatosi candidato in 
circoscrizioni elettorali comprese nell'ambito territoriale della Regione, 
come � avvenuto nel caso in esame. Detta ineleggibilit�, potrebbe, semmai, 
non apparire altrettanto giustificata secondo gli orientamenti giu



404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

risprudenziali di questa Corte laddove produca effetti per tutto il ter


ritorio nazionale anzich� nell'ambito della Regione nella quale il Con


sigliere regionale eserciti il proprio mandato: ma siffatta questione 

non costituisce oggetto del giudizio sottoposto a questa Corte. 

Nemmeno sussiste la denunciata violazione dell'art. 3 Cast. perch� 

le situazioni comparate dal giudice a quo sono tra loro eterogenee. 

Sotto un primo profilo � pur vero che la qualit� di deputato o se


natore non impedisce la partecipazione di essi alla competizione eletto


rale regionale, tuttavia non � riscontrabile in dette qualit� un collega


mento tanto penetrante fra funzioni attribuite ad ambito territoriali ove 

si svolge la competizione elettorale; da giustificare, di per s� solo, 

la configurazione di un'ulteriore causa di ineleggibilit�. Sicch� la mera 

incompatibilit� prevista per tale ipotesi assolve correttamente al suo 

scopo di evitare il cumulo di cariche considerate fra loro incompatibili. 

Neppure � pertinente la contrapposizione posta in evidenza dal giudice 
a quo, secondo cui il consigliere regionale che non riesce alle 
elezioni politiche perde ogni incarico, mentre il Presidente di Giunta provinciale 
o il Sindaco (dei Comuni con pi� di ventimila abitanti), in caso 
di insuccesso, rimane consigliere provinciale o comunale, e potrebbe es~
ere rieletto� all'ufficio prima ricoperto. -(Omissis). Rientra nella dis�rezionalit� 
del legislatore una valutazione differenziata delle funzioni 
comparate, attesa la minore importanza delle ultime due, e quindi la 
diversa possibilit� di un'indebita influenza sull'elettorato. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 aprile 1978, n. 26 -Pres. Rossi -Rel. 
Amadei � Colombari ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. Carafa). 

Sicurezza pubblica -Detenzione di armi -Omessa denuncia -Punibilit� in 
pen,denza del termine di sanatoria. 

(Cost., art. 3; legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 36). 

Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 36 della legge 18 aprile 1975, 

n. 110 laddove sottopone a sanzione penale il detentore di arma trovato 
in possesso della stessa prima del decorso termine fissato per la 
denuncia (1). 
(Omissis). -La detenzione di armi �, invero, un reato a carattere 
permanente la cui natura non viene modificata dalla esistenza di una 

(1) La sentenza � pubblicata integralmente in Foro it., 1978, I, 1075, con nota 
di richiami. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 405 

norma che conceda, a determinate condizioni, una sanatoria. Ed infatti 
si ha la non p�nibilit� solo se venga ottemperato all'obbligo della denuncia 
prima dell'accertamento del reato. In altri termini tale accertamento 
fa venir meno la sanatoria e ci� perch� scattano, in quel 
momento, le conseguenze collegate con la natura permanente del reato 
stesso. 

Il legislatore con la norma di cui all'art. 36, primo comma, �legge 
18 aprile 1975, n. 110 (vedi come identico precedente legislativo l'art. 
8 della legge 2 ottobre 1967, n. 895) se ha inteso consentire ai detentori di 
armi di farne denuncia sia pure tardiva senza incorrere nelle sanzioni 
previste dalle disposizioni vigenti, ha pur voluto con ci� addivenire ad 
un controllo pi� esteso e app:i:ofondito possibile del fenomeno della 
quantit� di armi illegittimamente detenute. La previsione, pertanto, della 
non punibilit� del commesso reato, ove la denuncia abbia avuto luogo 
entro il termine fissato dall'art. 36, vuol premiare il �ravvedimento 
attivo� di chi siasi determinato alla denuncia delle armi possedute. Ma 
tutto questo non pu� sancire la non punibilit� di chi si sia trovato in 
possesso di armi non denunciate anche se il detentore avesse ancora, 
dinanzi a s�, margine di tempo per la denunzia. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 aprile 1978, n. 45 -Pres. Ross! -Rel. 
Oggioni -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Azzariti) e 
Provincia Autonoma di Bolzano (avv. Coronas). 

Regione -Provincia a statuto speciale � Dipendenti della provincia di Bol


zano � Indennit� integrativa speciale � Divieto di trattamento econo


mico pi� favorevole a quello dei dipendenti statali. 

(Cast., artt. 3, 36 e 117; delibera legislativa prov. 21 aprile 1976). 

Il principio posto dall'art. 2 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, per 
cui il trattamento di contingenza deve essere, in linea li massima, comune 
per tutti i lavoratori e comunque contenuto entro limiti determinati, 
rientra tra le � norme fondamentali delle riforme economico-sociali 
della Repubblica �. Pertanto, � incostitu.zionale la delibera legislativp. 
regionale o provinciale che da tale principio si discosti (1). 

(1) L'importanza della sentenza � evidente: la Corte costituzionale non soltanto 
ha elevato al rango di � riforma economico-sociale della Repubblica � la 
disciiplina unitaria delila contingenza, ma ha anche superato quel principio de1 
� trattamento pi� favorevole aJ aavoraitore � che -per i lavoratori diversi dai 
dipendenti stataili (questi ultimi sono da sempre retribuiti secomio disposizioni 
legislative cogenti) -ha costituito uno dei caridini del diritto del Iavoro. 

406 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

(Omissis). -La questione sollevata dalla Presidenza del Consiglio 
dei ministri ha per oggetto la legge provinciale di Bolzano riapprovata 
il 21 aprile 1976, concernente modifiche alla disciplina dell'indennit� 
integrativa speciale gi� attribuita ai dipendenti statali ed estesa con 
legge provinciale 12 novembre 1964, n. 16 ai dipendenti della stessa 
provincia. 

Si assume che, essendosi vietato con l'art. 67 della legge statale 
10 febbraio 1953, n. 62, di disporre a favore del personale di ruolo regionale 
un trattamento economico pi� favorevole di quello dei dipendenti 
statali e non avendo la Provincia di Bolzano rispettato questo 
limite, che assumerebbe il valore di principio fondamentale dell'ordinamento 
dello Stato (art. 117 Cost.), e come tale, costituirebbe limite 
della potest� legislativa regionale in materia, ne conseguirebbe la violazione 
del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), nonch� la violazione 
del principio della proporzionalit� delle retribuzioni (art. 36 Cost.). 

Deve anzitutto darsi atto dei risultati dell'indagine conoscitiva disposta 
dalla Corte con l'ordinanza n. 116 del 1977, al fine di acquisire dati 
concreti di paragone e di confronto riguardanti l'attuazione effettuata 
dallo Stato, dagli enti pubblici in genere e da quelli territoriali circa 
l'aggiornamento dell'indennit� integrativa speciale e l'incidenza sul trattamento 
complessivo dei dipendenti. 

� risultato in sintesi che per gli enti pubblici in genere l'indennit� 
integrativa � corrisposta in misura pari a quella prevista per i dipendenti 
statali e cos� pure � disposto per i dipendenti delle regioni a statuto 
ordinario: che altrettanto � disposto per le regioni Friuli-Venezia Giulia 
e Valle d'Aosta, mentre per le regioni Sicilia e Sardegna � previsto un 
diverso pi� favorevole trattamento, come pure per la regione TrentinoAlto 
Adige e per la Provincia di Trento. 

In proposito pu� rilevarsi che il risultato degli accertamenti com


piuti consente di ritenere, per quanto riguarda le regioni a statuto 

speciale, che l'attuazione delle esigenze economiche di aggiornamento 

delle retribuzioni � stata variamente interpretata e attuata, ma c�m 

prevalente difformit� dai criteri stabiliti per gli impiegati statali. 


(Omissis). 

La questione � fondata. Come questa Corte ha gi� rilevato nella 
sentenza n. 21 del 1978, le Regioni a statuto speciale e le Province 
autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro potest� legislativa 
primaria, possono attribuire ai loro dipendenti retribuzioni differenziate 
rispetto a quelle ~he spettino ai dipendenti statali. In questo 
campo, infatti, i legislatori locali non sono tenuti al rispetto dei principi 
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato per ciascuna delle 
materie di competenza regionale o provinciale; e dunque non hanno l'obbligo 
di osservare il principio dettato dall'art. 67 della legge n. 62 del 

:~~ 


PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

1953; per cui le norme sul trattamento economico del personale di ruolo 
regionale � non possono disporre un trattamento economico pf� favorevole
� di quello attribuito al personale statale. 

Tuttavia, ci� non comporta che la determinazione delle retribuzioni 
per i dipendenti delle Regioni o delle Provincie dotate di un'autonomia 
differenziata possa venire operata in modo arbitrario, senza tener conto 
del criterio ricavabile dal combinato disposto degli articoli 3 e 36 Cost., 
che fondamentalmente richiede la perequazione retributiva in corrispondenza 
alle varie specie di mansioni, sempre che dall'ordinamento risultino 
termini sicuri e comuni di raffronto fra situazioni omogenee. Pi� spesif�camente, 
ci� non comporta che urto strumento retributivo quale 
l'indennit� integrativa speciale, destinato per definizione a fronteggiare 
il costo della vita in una maniera equivalente per tutti i lavoratori indipendentement� 
dalla retribuzione da ciascuno percepita, possa essere 
legittimamente utilizzato per introdurre ulteriori disparit� di trattamento 
economico. Dall'ordinamento generale dello Stato, e in particolare 
dal d.l. 1� febbraio 1977, n. 12 (convertito nella legge 31 marzo 
1977, n. 91) (v. anche di questo testo l'art, 2 ultimo comma), si ricava 
al contrario il principio -che potrebbe venir classificato fra le � norme 
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica � -per 
cui il trattamento di contingenza deve essere, in linea di massima, comune 
per tutti i lavoratori interessati e comunque contenuto entro 
certi limiti. 

Pertanto � illegittima una legge provinciale che faccia leva sull'indennit� 
integrativa speciale -sia pure agganciandosi ad una legge provinciale 
precedente, determinativa di una base di riferimento diversa e 
pi� elevata di quella relativa ai dipendenti statali -per approfondire, 
anzich� colmare, il divario retributivo gi� esistente in tal senso fra il 
personale della Provincia di Bolzano e la generalit� dei dipendenti pubblici. 
Attraverso la violazione del principio che attualmente informa il 
trattamento di contingenza, la legge impugnata ha infatti violato lo 
stesso criterio perequativo, ricavabile dagli artt. 3 e 36 della Costituzione. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1978, n. 65 (ordinanza) -Pres. 
Rossi -Rel. Maccarone -Massacci (n.p.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. Azzariti). 

Lavoro � Lavoro autonomo � Attivit� continuativa e coordinata � Crediti 
del lavoratore autonomo � Rivalutazione monetaria � Spetta. 
(Cost., artt. 3 e 35; cod. proc. civ., art. 429). 

L'art. 429 cod. proc. civ. (novellato) � applicabile anche alle controversie 
relative a taluni rapporti di lavoro autonomo quando la pre



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stazione di lavoro si sia concretata in una attivit� � continuativa e coordinata, 
prevalentemente personale � (art. 409, n. 3 codice procedura civile). 


(Omissis). -Considerato che, diversamente da quanto ritenuto nell'ordinanza 
di rimessione, la disposizione impugnata � applicabile anche 
alle controversie relative a taluni rapporti di lavoro autonomo quando 
la prestazione di lavoro si sfa concretata in una attivit� � continuativa 
e coordinata, prevalentemente personale)) (art. 409, n. 3 codice procedura 
civile); 

che, pertanto, la denunziata disparit� di trattamento tra crediti 
di lavoro autonomo e crediti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, 
nei termini generali in cui � stata prospettata dal giudice a quo, non 
sussiste poich� la legge ha voluto tutelare qualsiasi rapporto di lavoro, 
sia esso subordinato oppure autonomo, che abbia i -requisiti sopra 
indicati, al fine di riequilibrare la posizione di sfavore nella quale il 
lavoratore,-quale parte economicamente pi� debole, viene� in fatto a trovarsi 
nei confronti del proprio datore di lavoro; 

che la mancata applicazione dell'art. 409 codice procedura civile 
ai rapporti di lavoro autonomo che, come quello in esame, non si 
concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata a 
carattere prevalentemente personale non � priva di razfonale giustificazione 
poich� in tal caso non ricorre quella posizione di debolezza 
del lavoratore rispetto al datore di lavoro nella quale si � visto consistere 
la ratio del particolare strumento di tutela apprestato da detta disposizione. 
-(Omissis). 


..( 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 agosto 1977, n. 3457 -Pres. Caporaso 
-Est. Pieri -P. M. Del Grosso (concl. conf.) -Miliucci ed altri 
(avv. S. Di Giovanni, Cannada Bartoli, Cervati) c. Soc. SIP (avv. 
Sorrentino, M.S. Giannini, Tosato, Chiomenti), C.I.P., Ministero delle 
Poste e Telecomunicazioni, Ministero dell'Industria, Presidente della 
Repubblica, C.I.P.E. (avv. Stato Azzariti). 

� Competenza e giurisdizione -Regolamento .di giurisdizione -Giurisdizione 
ordinaria ed amministrativa -Doppia tutela -Ammissibilit� -Provvedimento 
di determinazione delle tariffe telefoniche -IlleW.ttimit� Giurisdizione 
amministrativa. 

� ammissibile il regolamento di giurisdizione con cui il ricorrente, 
avendo impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale un 
provvedimento di determinazione delle tariffe telefoniche, chieda la fissazione 
degli ambiti dell'eventuale doppia tutela delle proprie posizioni soggettive, 
e cio� la sussistenza, in relazione ad alcune. delle censure profilate 
con l'atto introduttivo, di una lesione di posizioni di diritto soggettivo 
(1). 

Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione 
del ricorso con cui l'utente del servizio telefonico chieda nei confronti 
della pubblica amministrazione l'annullamento del provvedimento modificativo 
delle tariffe, per avere la stessa male esercitato il suo potere. 

MOTIVI DELLA DEGISIONE 

(Omissis). -1) Nel ricorso per regolamento di giurisdizione, i difensori 
del Miliucci e dello Storri rilevano preliminarmente che i giudici ordinari, 
aditi in numerosi procedimenti relativi all'aumento delle tariffe telefoniche, 
non hanr�o mai negato la loro giurisdizione; e che anche questa 

(1) Provvedimenti di determinazione delle Tariffe telefoniche e doppia 
tutela giurisdizionale. 
I 

La decisione in rassegna presenta aspetti assai interessanti sia sotto H profilo 
pratico che da un punto di vista teorico. 
Essa, anzitutto se da una parte conferma il precedente indirizzo giurisprudenziale 
in base al quale la cognizione delle questioni relative all'impuignazione 



410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte Suprema, da tempo, ha riconosciuto la giurisdizione dell'A.G.O. 
nelle controversie tra utenti e S.I.P., anche laddove sia fatta questione 
della legittimit� dell'aumento delle tariffe telefoniche, sempre che si 
discuta dell'esistenza e dei limiti del potere della P.A. di determinare 
le tariffe. Osservano ancora i ricorrenti che, secondo la Corte costituzionale 
(cfr. sentenza n. 72 del 1969) il prezzo del servizio telefonico 
ha natura di prestazione patrimoniale imposta, soggetta come tale alla 
garanzia della riserva di legge. L'art. 232 del vecchio codice postale � 
stato riconosciuto costituzionalmente legittimo solo ed in quanto il 
potere del Governo di determinare le tariffe non � discrezionale ed arbitrario, 
ma deve adeguarsi alle delibere del C.I.P.; ed in quanto, a 
sua volta, il C.I.P. non ha in materia un potere illimitato, ma collegato 
a presupposti di natura tecnica che ne circoscrivono l'ambito. 

Le tariffe telefoniche stabilite mediante �d.P.R. -prosegl!ono i ricorrenti 
-si inseriscono automaticamente in un rapporto di natura 
privatistica (contratto di utenza), fonte di diritti soggettivi perfetti. Ma 
ci� che importa rilevare � che in ogni caso il sistema normativo 
in subiecta materia prevede un'attivit� amministrativa vincolata sia sotto 
il profilo procedimentale che sotto quello sostanziale. Alla revisione tariffaria 
si giunge, infatti, attraverso un'istruttoria determinativa dei costi 
di esercizio, ed una decisione amministrativa destinata ad adeguare i 
ricavi ai costi accertati. In sostanza, il potere della P.A. ha come pre


di provvedimenti tariffari spetta al giudice amministrativo, dall'altro contiene 
affermazioni di principio assai interessanti che in pratica comportano l'ampliamento 
della cognizione nella materia in questione, del giudice ordinario, in 
precedenza riservata alla sola controversia in cui si facesse questione, tra l'utente 
e la societ� concessionaria, dell'applicazione delle tariffe. 

La sentenza delle Sezioni Unite presenta poi un notevole interesse teorico, 
per i riferimenti espliciti che essa contiene ad alcuni dei pi� significativi criteri, 
elaborati in dottrina ed in rgiurisprudenza, ai fini della determinazione del riparto 
della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Sotto questo 
profilo, anzi, essa, utilizzando e sviluppando ulteriormente il criterio fondato 
sulla distinzione tra carenza e cattivo uso del potere da parte dell'Amministrazione, 
perviene ad ammettere in linea ipotetica, pur negandolo in relazione 
alla fattispecie concreta, la possibilit� dell'esistenza, per il cittadino, in relazione 
a provvedimenti di determinazione di tariffe, di situazioni sia di diritto soggettivo 
che di interesse legittimo; con ci� postulando l'esistenza di una doppia tutela, 
e riportando di conseguenza all'attenzione la omonima teoria, che elaborata 
un tempo dalla dottrina nel tentativo di ritenere coesistenti e fungibili le due 
possibilit� di tutela date dinanzi al provvedimento amministrativo, era stata 
successivamente abbandonata. 

II 

Nel caso di specie i ricorrenti, dopo avere adito il T.A.R. del Lazio deducendo 
l'illegittimit� dei decreti ministeriali che fissavano il nuovo ammontare 
delle tariffe telefoniche, avevano successivamente proposto regolamento preven



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 411 

supposto del suo esercizio l'accertamento del costo di gestione del servizio, 
e come limite l'adeguamento dei ricavi ai costi accertati. Orbene, 
ove si metta in rapporto questo principio con quello della riserva della 
legge per le prestazioni patrimoniali imposte, risulta chiaro che la P.A. 
non ha il potere di tener conto di costi inesistenti; e che, una volta 
determinati i costi del servizio (inclusivi di un'equa remunerazione del 
capitale sociale) la P.A. non ha il potere di aumentare le tariffe in modo 
da consentire al concessionario introiti superiori a tali costi. Diversamente 
ragionando -soggiungono ancora i ricorrenti -si accorderebbe 
alla P.A. un potere esercitabile arbitrariamente, del tutto incompatibile 
con il principio della riserva di legge. In altri termini, il fatto che il 
potere della P.A. di determinare le tariffe del servizio telefonico sia limitato, 
ed il fatto che tale potere presupponga un'attivit� vincolata 
di accertamento, comportano il sorgere in capo agli utenti di una posizione 
di diritto soggettivo, e rion di interesse legittimo. 

Per altro verso -sempe secondo i ricorrenti -non pu� negarsi 
l'esistenza di un limitato potere discrezionale della P.A. nell'acquisizione 
e nella valutazione degli elementi che concorrono a determinare il 
costo di esercizio. Cos�, ad es., spetta alla P. A. determinare se, ed 
entro quali limiti, possano considerarsi elementi del costo del servizio 
le esigenze relative a nuovi investimenti nel settore, in relazione alla 
domanda degli utenti ed alle esigenze generali dell'economia del Paese; 
cos� ancora spetta alla P.A. valutare i prevedibili effetti dell'inflazione 
sui mutui contratti della azienda concessionaria; determinare la distri


tivo di giurisdizione, affermando che alcune delle censure gi� prospettate dinanzi 
al giudice amministrativo integravano in realt� la lesione di posizioni soggettive 
perfette, per le quali, ovviamente, doveva dichiararsi la .giurisdizione dell'A.G.O. 

Adombravano comunque l'esistenza di una dopipia tutela ,giurisdizionale: la 
presenza, infatti, di una riserva di le~ge'per la determinazione delle tariffe telefoniche 
-discendente dalla circostanza che a queste deve riconoscersi natura di 
prestazione patrimoniale imposta -, il carattere vincolato dall'attivit� dell'Amministrazione 
nella materia in questione, ed infine la possibilit�, qualora accertata, 
di imposizione di tariffe non previste dalla legge, involgevano, secondo i 
ricorrenti, questioni di diritto soggettivo. 

III 

Di fronte a ci� la risposta della Cassazione � stata di negare, nell'ipotesi 
concreta sottoposta al suo esame, l'esistenza di posizioni soggettive che radicassero 
la competenza del giudice ordinario, ammettendo per� -e questo costituisce 
il significativo sviluppo giurisprudenziale nella materia in questione -in 
astratto la possibilit� dell'esistenza, di fronte ai provvedimenti di determinazione 
di nuove tariffe telefoniche, adottati nella carenza dei presupposti del potere o al 
di fuori dei limiti di esso, di situazioni giuridiche di diritto soggettivo. 

Se si considera lo stato �della giurisprudenza formatasi in relazione alle questioni 
afferenti ai provvedimenti di determinazione delle tariffe telefoniche, una 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

\ 412 

buzione del costo globale del servizio sulle varie categorie di utenti, ecc. 

Da tutto ci� emerge, secondo i ricorrenti, l'esigenza di una doppia 
tutela giurisdizionale, a seconda della natura delle specifiche questioni 
sollevate dagli interessati. Infatti, dall'esistenza della riserva di legge, 
dalla normativa che disciplina il funzionamento ed i poteri del C.I.P., ed 
in sostanza dal carattere vincolato del potere della P.A. in materia emerge 
la necessit� che la determinazione delle nuove tariffe serva solo a 
riequilibrare la gestione economica aziendale; e ci� comporta l'esistenza 
di un diritto soggettivo del cittadino a non pagare una prestazione patrimoniale 
che vada al di l� dei limiti fissati dalla legge (e cio� a non pagare 
aumenti di tariffe che non corrispondono ad aumenti reali dei costi 
del serviziq). In questo senso, comporterebbero questione di diritto soggettivo: 
a) le imposizioni tariffarie non previste dalla legge; b) il difetto 

. assoluto di istruttoria da parte del C.I.P. e della Commissione Centrale 
dei Prezzi; e) la determinazione del deficit di gestione della S.I.P. sulla 
base di costi inesistenti. Comporterebbero invece questioni di interesse 
legittimo i problemi in relazione ai quali pu� riconoscersi alla P.A. una 
discrezionalit�, sia pur limitata. E cos�, ad es., l'omesso esame di elementi 
favorevoli agli utenti nella determinazione dei costi; la valutazione 
degli effetti qella � stretta creditizia�; la contradditoriet� o manifesta 
ingiustizia della determinazione delle singole voci tariffarie. Questa 

risposta del genere costituisce una autentica novit�. Sino ad ora, infatti, la giurisprudenza 
in materia si era sistemata su un versante, per dir cos�, tradizionale, 
fondato soprattruitto (anche se implicitamente) suHa cons,iderazione del:l'esistenza 
-o meno -del rapporto dedotto in causa, e non sull'indagine attorno al 
potere esercitato dall'Amministrazione: pi� precisamente, qualora si facesse 
questione (della legittimit�) dell'atto di imposizione delle nuove tariffe, si era 
concordi nell'affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, riservando 
pertanto la cognizione del giudice ordinario a quei casi in cui si facesse questione 
dei rapporti tra utente e Societ� concessionaria, anche quando gli stessi 
coinvolgevano il sindacato incidentale del provvedimento tariffario che, ove ritenuto 
illegittimo, veniva, in relazione al caso concreto, disapplicato. 

Un tale riparto della giurisdizione risultava, implicitamente ma chiaramente, 
fondato sulla considerazione che di diritto soggettivo potesse parlarsi (nel senso 
che soltanto in tale ipotesi ne era riconosciuta l'esistenza) allorch� fosse dedotto 
in causa il rapporto (contrattuale, e quindi di diritto privato) tra utente e societ� 
concessionaria, mentre .quando veniva direttamente attaccato il provvedimento 
amministrativo, la posizione soggettiva che il ricorrente faceva valere, era sempre 
da qualificarsi come interesse legittimo, facendosi questione in tali ipotesi della 
legittimit� dell'atto, e quindi, �correlativamente, del corretto esercizio del relativo 
potere di fissazione delle tariffe. 

Appare chiaro che il presupposto di una tale partizione giurisdizionale risultava 
fondata, come si � detto, piuttosto sulla considerazione dell'esistenza, o 
meno, di un rapporto di un diritto privato che sull'esame del potere (e delle 
sue concrete modalit� di esercizio) esercitato nel fissare le nuove tariffe. 

Ed in effetti la Cassazione era stata sino ad ora investita della questione 
di giurisdizione -quanto ai provvedimenti di fissazione delle tariffe telefo



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 413 

Corte dovrebbe quindi analizzare le varie censure formulate nel ricorso, 
e distingu�re, in relazione ad ognuna di esse, se si faccia questione di 
diritto soggettivo o di interesse legittimo; e determinare la giurisdizione 
in esito al risultato di tale esame. 

In ogni caso, ad avviso dei ricorrenti, non dovrebbe essere dubbia 
la giurisdizione della A.G.O. in relazione all'imposizione di tariffe non 
previste dalla, legge, e tali da consentire introiti superiori ai costi accertati. 
Il punto centrale della questione � che il potere di aumentare le 
tariffe � condizionato all'adeguamento di esse a costi accertati; condizione 
che rappresenta la giustificazione costituzionale dell'intera disciplina normativa 
della materia. Nel caso di specie, gli organi amministrativi 
avevano accertato la necessit� di consentire aumenti di incasso del 30 % 
rispetto a quelli realizzati nel 1974, e concretamente dell'importo di circa 
Lire 300 miliardi; invece le tariffe, cos� come articolate, hanno consentito 
maggiori introiti per oltre 400 miliardi. In questo caso -concludono 
i ricorrenti -non si pu� parlare di cattivo esercizio di un potere 
esistente, ma di una vera e propria carenza di potere della P.A., cui 
corrisponde il diritto soggettivo degli utenti di non pagare prestazioni 
imposte oltre i limiti previsti dalla legge. 

2) Prima di esaminare il ricorso nel merito, occorre prendere in 
considerazione un'eccezione di inammissibilit� del ricorso stesso, sol


nkhe -sempre in relazione a controversie che vedevano come parti l'utente 
del �servizio telefonico e la societ� monopolista dello stesso, e nelle quali si 
affermava la necessaria connessione tra (l'eventuale) il1egittimit� del provvedimento 
ed il preteso inadempimento contrattuale. In tali ipotesi, infatti, la Cassazione 
aveva chiarito che il rapporto tra utente e societ� concessionaria doveva 
qualificarsi, nonostante esso presentasse anomalie, soprattutto a causa della 
determinazione autoritativa delle tariffe mediant� provvedimento . dell'Amministrazione, 
come un vero e proprio contratto di diritto privato (Cass., 28 ottobre 
1965, n. 2281, in Foro lt., 1966, r, 1116; 15 ottobre 1975, n. 3330; id. 1975, I,: 2438); 
donde l'esistenza di posizioni di diritto so~ettivo, correlative all'affermazione 
del rapporto contrattuale, e la conseguenziale affermazione della giurisdizione 
dell'A.G.O. . 

Siffatto principio aveva poi, di recente, trovato concreta applicazione in 
alcune decisioni dei Pretori, i quali, richiesti della tutela �cautelare per l'interruzione 
del servizio dovuta a morosit�, avevano riaffermato la giurisdizione del1'
A.G.O. in ogni questione collegabile al pagamento dell'utenza (e quindi anche 
in sede di provvedimenti ex art. 700 c,p.c.) (Pret. Roma, 30 novembre 1975; 
Pret. Brescia, 29 gennaio 1976). 

Con la sentenza in esame la Cassazione invece ha portato ancora pi� avanti 
la sua indagine ed, investita' per la prima volta della questione di giurisdizione 
non in relazione ad una controversia contrattuale, come per il passato, ma con 
riferimento all'impugnazione in sede di legittimit� del provvedimento tariffario, 
ha ammesso la possibilit� di configurare, a fronte dei provvedimenti tariffari, 
anche posizioni di diritto soggettivo. � 

A tale affermazione essa � pervenuta portando direttamente l'indagine sul 
potere esercitato dalla P.A. in sede di imposizione autoritativa delle tariffe, ed 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

414 

levata dall'Avvocatura dello Stato, la quale rileva che il ricorso non 
mira ad accertare a quale giudice spetti di conoscere di una determinata 
controversia. � del tutto pacifico, infatti, il potere del T.A.R. e 
solo di esso -di giudicare sulla domanda di annullamento dell'atto 

amministrativo, che � stata proposta dal Miliucci e dallo Storri, giacch� 
in forza del disposto della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, arrt. 4 
e 5, il giudice ordinario pu� disapplicare nel caso concreto l'atto amministrativo 
illegittimo, ma non pu� annullarlo. Il ricorso si risolve quindi 
nel quesito se alcuni dei motivi in forza dei quali l'annullamento dell'atto 
amministrativo � stato richiesto al T.A.R. siano ammissibili o no, e siano 
cio� valutabili o meno dal giudice adito. Sarebbe quindi carente la 
materia stessa del regolamento di giurisdizione. 

L'eccezione non � fondata. Essa sembra richiamarsi all'antica teoria 
detta �della prospettazione �, che faceva dipendere a giurisdizione del 
giudice unicamente dal modo con cui le richieste dell'attore o ricorrente 
erano prospettate, e cio� dava peso essenziale al petitum, trascurando 
la causa petendi. Superata tale antica teoria con quella pi� moderna, 
e generalmente accettata, del petitum sostanziale (secondo cui la 
giurisdizione va determinata tenendo conto sia della domanda, sia della 
natura sostanziale della controversia, dovendosi i due criteri integrare 

utilizzando, ai fini del riparto giurisdizionale, il criterio, divenuto ormai tradizionale 
nella sua giurisprudenza, fondato sulla distinzione tra carenza e cattivo 
uso del potere esercitato. 

Le Sezioni Unite, infatti, hanno precisato che anche il ,potere di determinazione 
delle tariffe telefoniche � condizionato, come .gli altri poteri della P .A., 
alla ricorrenza di determinati presupposti ed al rispetto di determinati limiti, 
che sono rispettivamente da identificarsi nell'accertamento preventivo dei costi 
del servizio, e nell'adeguamento delle tariffe agli stessi costi. Siffatti presupposti 
e limiti costituiscono pertanto quelli che la dottrina (NIGRO, Giustizia Amministrativa, 
1976, pag. 163) <lenisce � fatti di legittimazione � del potere, i quali, 
condizionando con la loro presenza l'Amministrazione ad avvalersi del potere 
si risolvono in un elemento che determina addirittura l'esistenza o meno dello 
stesso potere esercitato. 

Se poi le Sezioni Unite hanno finito con il negare, in concreto, la ricorrenza 
della giurisdizione ordinaria, ci� � stato perch� si � ritenuto che non erano 
stati omessi i �fatti �di legittimazione� del potere n� travalicati i limiti di 
quest'ultimo; ma con ci� si � chiaramente affermato che, ove il provvedimento 
tariffario fosse stato posto in essere in assenza di una istruttoria o prescindendo 
deliberatamente dal rapporto tariffe-costi, ci si sarebbe trovati di fronte 
ad un atto esercitato al di fuori del potere di fissazione delle tariffe telefo� 
niche, con la conseguente sussistenza della violazione di un diritto soggettivo. 

IV 

Ma la Cassazione non si � fermata a queste affermazioni, che pure costituiscono 
nell'ambito delle questioni relative all'esercizio della potest� tariffaria, 
uno svfiuppo giurisprudenziale coerente con l'indirizzo seguito in materia di 

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 415 

a vicenda) non potrebbe pi� sostenersi una carenza di giurisdizione del 
giudice ordinario unicamente per il fatto che � stato chiesto in giudizio 
l'annullamento di un atto amministrat�vo, indipendentemente dalla valutazione 
della natura delle norme (di azione o di relazione) d~ cui si 
tratta. Cos� stando le cose, non si pu� ritenere che nella specie si sia 
fuori dell'ambito di un regolamento di giurisdizione. I ricorrenti, come 
si � visto, sostengono l'esistenza di una doppia tutela giurisdizionale, in 
quanto sussisterebbero, in relazione alle norme di cui si discute, posizioni 
sia di diritto soggettivo che di interesse legittimo; e chiedono 
a queste Sezioni Unite di fissare con precisione i limiti tra tali due 
tutele (riservandosi, implicitamente ma chiaramente, di far valere la 
tutela dei diritti soggettivi che si assumono violati dinnanzi all'A.G.O. 
con la proposizione di una idonea domanda, adeguatamente modificata 
per quanto concerne il petitum). Ora, tale richiesta non appare affatto 
incompatibile con la funzione di un regolamento di giurisdizione, spettando 
appunto alla Corte regolatrice affermare o negare l'esistenza della 
doppia tutela, ed, in caso affermativo, fissare i limiti tra le due giuridizioni. 
Spetter� poi al giudice del quale sia acclarata la giurisdizione 
dichiar�re,-se del caso, l'inammissibilit� di determinate domande, o l'impossibilit� 
di prendere in considerazione determinate censure. 

Analogo discorso deve farsi in relazione ad una eccezione di infondatezza 
del ricorso, sempre sollevata dall'Avvocatura dello Stato, e 
fondata anche essa sullo stesso presupposto, e cio� sulla considerazione 

discriminazione tra diritti ed interessi. Essa, infatti, � andata oltre, affermando 
che nella materia sottoposta al suo esame, si pu� parlare � dell'esistenza di una 
doppia tutela giurisdizionale�, cosicch� la tutela dinanzi all'A.G.0. (relativa ai 
casi in cui la pubblica Amministrazione agisca nella carenza dei presupposti o al 
di fuori dei limiti del potere esercitato) �si assommer�, a quella esperibile 
dinanzi ai giudici amministrativi in relazione a tutte l� doglianze che si riferiscano 
ad un esercizio viziato dal potere esistente �. Tale ulteriore affermazione 
non sembra possa essere condivisa, apparendo l'ammissione della possibilit� 
di una doppia tutela in contraddizione proprio con il criterio e con l'ordine concettuale 
seguito dalla Cassazione (carenza e cattivo uso del potere) per giungere 
ad ammettere la possibilit�, da parte del provvedimento tariffario, della 
lesione di un diritto soggettivo. 

~ chiaro infatti che con tali affermazioni la Sezioni Unite hanno inteso -consapevolmente 
o inconsapevolmente poco importa -riportare in auge il corrispondente 
antico orientamento della � doppelrechtsweg �, che nelle varie forme che 
storicamente ha assunto, presenta in tutte come elemento comune, il tentativo 
di considerare ammissibili, per lo stesso � episodio di vita � sia la tutela dinanzi 
al giudice ordinario, sia quella esperibile dinanzi al giudice amministrativo. Un 
tale orientamento di pensiero, fondato in primo luogo sulla considerazione del 
petitum, e cio� su11a natura del provvedimento .giurisdizionale richiesto, mirava, 
come � noto, ad arrestare la progressiva erosione della competenza dell'A.G.O. a 
fronte di quella amministrativa: e che quindi le affermazioni della Cassazione si 
inquadrino in siffatto ordine di idee non pu� essere messo in dubbio, posto che 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

416 

della domanda proposta in giudizio dagli attuali ricorrenti. Osserva 
l'Avvocatura erariale che, anche volendo far rivivere la antica teoria 
della doppia tutela, nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo 
sarebbe certa sulla base del petitum, essendo stato richie: 
sto l'annullamento di un atto amministrativo, ed essendo cio� stata 
proposta una domanda esperibile unicamente di fronte al giudice degli 
interessi. 

Ora, � manifesto che anche questa eccezione si richiama alla superata 
teoria della prospettazione, che dava prevalente, od addirittura 
esclusivo peso al criterio del petitum; teoria che fu a suo tempo contrastata 
da una tesi opposta (secondo cui, sempre che la domanda fosse 
fondata sulla lesione di un diritto soggettivo, essa sarebbe stata proponibile 
in ogn! caso dinnanzi al giudice ordinario, anche se mirante all'annullamento 
di un atto amministrativo -salvo in tal caso il dovere del giudice 
di limitare la sua pronunzia alla dichiarazione di illegittimit� dell'atto), 
fondata sulla prevalenza data al criterio della causa petendi; e 
che � stata poi superata, a partire da una celebre decisione dell'adunanza 
plenaria del Consiglio di Stato risalente al 1930, dalla teoria, 
attuamente in auge, del petitum sostanziale, che contempera i criteri 
del petitum e della causa petendi. In base a questa teoria, attualmente 
accettata da tutti, il giudice deve deliberare la questione, onde accertare 
se si verta effettivamente in tema di lesione di diritti soggettivi 

o di interessi legittimi, e deve porre il risultato di tale delibazione in 
relazione con la domanda proposta in causa. Ci� posto, non � dubbio -lo 
la decisione in esame, e pi� ancora l'affermazione dell'esistenza di una tutela 
ordinaria che si affianca a quella amministrativa, comportano certamente, nella 
materia tariffaria, un ampliamento della cognizione del giudice ordinario. 

N� ha molto rilievo, ad avviso di chi scrive, la circostanza che palesemente 
la Cassazione intenda la doppia tutela non nel senso che a fronte del provvedimento 
dell'amministrazione sia data al privato la possibilit� di adire indifferentemente 
l'uno o l'altro ramo della giurisdizione (con la conseguente deducibilit� 
come �diritto o interesse della posizione soggettiva vantata) ma nel signifi: 
cato che allo stesso provvedimento possa farsi risalire la lesione e di un interesse 
legittimo e ,di un diritto soggettivo; e ci� sia perch� la formulazione sopra 
indicata, per dir cos�, indifferente e qualunquistica, non pu� ritenersi quella 
tipica ed esclusiva della doppia tutela, (NIGRO, Giustizia Amministrativa, pag. 143 
e ss.) dovendo quest'ultima co~siderarsi, piuttosto che una � teoria� nel senso 
proprio e ristretto della parola, un orientamento concettuale che accomuna 
alcuni fra i criteri elaborati per il� riparto ed il coordinamento delle giurisdi� 
zioni, sia perch� in ogni caso un tal modo di intendere costituisce sempre un 
elemento di contrasto con quanto in precedenza affermato circa l'esame sui 
presupposti e sull'esistenza del potere, e costituisce anzi un modo di rifarsi in 
qualche modo, alla c1d. teoria della prospettazione, pur ripudiata nella stessa 
decisione che si annota. 

Alla difesa dell'Amministrazione, che evidenziava l'inammissibilit� del ricorso 
e deduceva che in ogni caso la giurisdizione del giudice degli interessi doveva 



PARTB I, SEZ. III, GIURIS. SU QtJESTIONI DI GIURISDIZIONE 417 

si ripete -che la domanda cos� come avanzata attualmente dal Miliucci 
e dallo Storri dinanzi a T.A.R. del Lazio non sarebbe riproponibile din� 
nanzi all'A.G.O.. Ma certo non sarebbe vietato ai ricorrenti -ove il 
presente ricorso fosse accolto -proseguire il processo dinnanzi al 
giudice amministrativo solo in relatizione a quella parte delle doglian� 
ze che concernono interessi legittimi e �nonne di azione; e proporre davanti 
aU'A.G.O. una nuova ed autonoma domanda, mirando ad ottenere 
la declaratoria di illegittimit� dell'atto amministrativo, e quindi la sua 
disapplicazione nel caso concreto (in relazione a quelle doglianze che 
concernano lesione di diritti soggetti e di norme di relazione). 

Occorre quindi passare all'esame del ricorso nel merito. 

3) Al riguardo, occorre in primo luogo rilevare eh~ � del tutto 
irrilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che i giudici ordinari, 
aditi in numerosi procedimenti relativi al pagamento di tariffe 
telefoniche, non abbiano negato mai la loro giurisdizione; e che anche 
questa Cor.te suprema abbia da tempo riconosciuto la giurisdizione del1'
A.G.O. nelle controversie tra utenti e S.I.P., nelle quali si discuta della 
legittimit� delle tariffe telefoniche. Infatti, � del tutto pacifico ormai 
che le tariffe determinate dalla P.A. si inseriscano automaticamente in 
contratti di diritto privato, da cui nascono diritti soggettivi. E le cause 
a cui i ricorrenti fanno riferimento sono, per l'appunto, cause contrattuali, 
vertite o vertenti tra utenti e S.I.P., e cio� tra le parti stipulanti 
del contratto. La preseente controversia, invece, � insorta tra soggetti 

considerarsi certa, avendo i ricorrenti fatto valere i diritti come interessi, la 
Cassazione ha infatti replicato che tali argomentazioni erano da ritenersi inconcludenti, 
rifacendosi esse all'ormai superata teoria della prospettazione. 

Senonch� � il caso di notare che proprio la teoria della prospettazione 
appartiene allo stesso ambito concettuale della doppia tutela, poi ammessa, sia 
pure in linea ipotetica, dalla Cassazione. Essa infatti, facendo dipendere la giurisdizione 
appunto dalla � prospettazione � che della posizione soggettiva dedotta 
in causa fa il ricorrente, si fonda in sostanza, sulla considerazione del petitum, 
come al petitum, e lo si vedr� tra poco, deve necessariamente (implicitamente 

o esplicitamente, non ha importanza) riconnettersi chi ammette la possibilit� che, 
per lo stesso episodio di vita si affianchino i due diversi tipi di tutela. 
Il fatto � -e questo costituisce il profilo pi� rilevante di critica -che 
non si vede, una volta affermata, come � stato fatto con la decisione in rassegna, 
la necessit� dell'indagine sull'esistenza o meno del potere (in relazione ai pre� 
supposti ed ai limiti di esso) al fine di effettual'e il riparto della giurisdizione, 
come si possa assommare, in relazione allo stesso provvedimento che costituisce 
estrinsecazione e puntualizzazione del potere esercitato, alla tutela del giudice 
amministrativo, quella del giudice ordinario, dal momento che o il potere esister�, 
(in quanto, ad eseID[)io esercitato nella ricorrenza dei suoi presupposti 
e nell'ambito dei limiti assegnatigli dalla legge) sia pure scorrettamente usato, 

o esso dovr� considerarsi inesistente, ed allora la tutela dinanzi all'A:G.O. sar� 
l'unica che potr� essere attribuita alla posizione sQggettiva vantata dal destinatario 
del provvedimento. 
3 



418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

assolutamente estranei al vincolo contrattuale, e cio� tra due utenti e la 

P.A. che ha determinato le tariffe; nessuna domanda � stata proposta 
-n� poteva esserlo -contro la f?.I.P.; non � stato richiesto l'adempimento 
di prestazioni contrattuali, o lamentato il loro inadempimento. 
I precedenti menzionati non sono quindi assolutamente in termini, e 
si riferiscono a situazioni completamente diverse. 
L'esistenza di una potest� tariffaria della P.A. si concreta nella determinazione 
autoritativa di clausole contrattuali, che si inseriscono di imperio 
in contratti in' cui la P.A. non � parte. Le tariffe cos� determinate 
vanno quindi a comporre clausole del contratto che il concessionario del 
pubblico servizio conclude col privao; e non per nulla nel contratto 
stesso (art. 4 della polizza) l'utente si impegna preventivamente ad accettare 
anche in corso di abbonamento le modifiche alle tariffe ed alle 
condizioni del servizio disposte dalla P.A. concedente, salva solo la sua 
facolt� di rinunziare all'abbonamento. Ci� posto, � manifesto che una 
controversia che abbia come unico oggetto la potest� tariffaria della 
P.A., e nella quale nessuna domanda sia rivolta contro il concessionario 
del servizio, non concerne situazione contrattuali, (tipicamente di diritto 
soggettivo), ma situazioni di soggezione, sia dal punto di vista del 
concessionario, sia da quello dell'utente. Nessuno dei due, infatti, in relazione 
a questa materia, � titolare di fronte alla P.A. di diritti soggettivi; 
al contrario, l� P.A. � investita dalla legge del potere di incidere 
con suoi provvedimenti �su di un rapporto giuridico privato intercorrente 
fra terzi. Il discorso ha un valore generale, non ristretto all'ambito 

Parlare quindi di doppia tutela, nel senso in cui si esprime la Cassazione, 
equivarr� pertanto, in ultima analisi, a far <dipendere la discriminazione della 
giurisdizione dalla prospettazione che della domanda faccia la parte. 

Cogliamo cos� il nesso che unisce prospettazione e doppia tutela, e conseguentemente 
l'intrinseca contraddittoriet� contenuta nell'ammissione di essa: 
giacch� se la parte allegher� l'inesistenza (dei presupposti o il mancato rispetto 
dei limiti) del potere esercitato, sar� competente l'autorit� giudiziaria ordinaria; 
se invece essa dedurr� l'esistenza di un vizio del provvedimento amministrativo, 
allora ci si trover� dinanzi alla postulazione della violazione di un interesse 
legittimo, ed alla conseguenziale sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo. 


N� si dica che il giudice ordinario, investito dell'eventuale violazione di un 
diritto soggettivo ad opera di un provvedimento tariffario, potr� sempre affermare 
l'esistenza del potere, in quanto esercitato nel rispetto dei limiti ad esso 
imposti ed alla presenza dei suoi presupposti storico-ambientali; in quanto ci� 
equivarr� alla negazione delle premesse, e cio� alla negazione dell'esistenza 
della doppia tutela: e ci� senza contare che, in una ipotesi del genere, dovrebbe 
forse correttamente affermarsi che l'eventuale pronuncia del giudice vada qualificata 
come pronuncia di merito e non come risoluzione di questione preliminare 
di giurisdizione. 

L'indagine effettuata in tali casi, si risolve infatti, piuttosto che nell'affermazione 
della esistenza del potere, nella negazione dell'esistenza del diritto sog


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PARTB I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 419 

delle tariffe telefoniche; e non per nulla una abbondante giurisprudenza 
afferma costantemente la giurisdizione del giudice amministrativo ogniqualvolta 
si impugnino per illegittimit� o per eccesso di potere provvedimenti 
amministrativi tariffari, in tutti i campi in cui la legge riconosce 
alla P.A. il� potere di ingerirsi nei contratti privati fissando d'imperio 
prezzi di prodotti o tariffe di servizi (cfr. C. Cost., sentt. n. 103 del 
1957 e n. 7i del 1969; Cass. S.U. n. _404 del 1958; Cas. n. 2260 e 2891 del 
1960; Cons. Stato, decis., n. 423 del 1965). 

I ricorrenti cercano di superare l'ostacolo -come si � visto nella 
sommaria esposizione dei motivi del ricorso -facendo leva sulla nota 
distinzione tra errato o viziato esercizio, da parte della P.A., di un 
potere esistente (cui corrisponde per il privato una posizione di interesse 
legittimo) e carenza assoluta di potere della P.A. (cui non corrisponde 
invece per il privato una posizione di interesse legittimo). Una tesi del 
genere potrebbe ictu oculi apparire infondata e contradditoria, ove si 
consideri che nello stesso ricorso si d� per scontata e pacifica l'esistenza 
del potere, in capo alla P.A. di determinare le tariffe del servizio telefonico 
(potere che dei resto deriva direttamente da un serie di disposizioni 
legislative); talch� potrebbe sembrare che in realt�, per ammis


gettivo invocato dalla parte; e dunque equivale ad una decisione di merito che 
respinge la domanda perch� inesistente � il diritto la cui violazione si invoca. 

Ci� che infatti appare intrinsecamente contraddittorio nell'ammissione di 
una � doppia tutela � nei termini in cui si � espressa la Cassazione -secondo 
cui la tutela dinanzi all'A.G.O. �si assommer� a quella esperibile dinanzi ai 
giudici amministrativi in relazione a tutte le doglianze che si riferiscano ad 
un esercizio viziato dal potere esistente � -� che ad un unico � episodio di 
vita �, ad un unico provvedimento di determinazione delle tariffe, possa ricondursi 
direttamente, prescindendo dall'inserzione del provvedimento tariffario 
nei contratti di utenza, la violazione sia di un diritto soggettivo sia di un 
interesse-legittimo. 

Esso infatti costituisce l'espressione 9i un unico potere, quello di determinazione 
delle tariffe; e se la determinazione della giurisdizione va fatta in relazione 
all'esistenza o meno del potere esercitato, � chiaro che o il potere esister�, 
ed allora ci si trover� di fronte ad un interesse legittimo, dipendente dall'eventuale 
scorretto uso di esso; o il potere non esister�, ed allora l'unica posizione 
soggettiva configurabile sar� quella di diritto soggettivo, con la conseguenziale 
(ed esclusiva) tutelabilit� dinanzi all'A.G.O. 

Affermare come hanno fatto i ricorrenti nel regolamento di .giurisdizione 
e come ha riconosciuto, sia pure in linea ipotetica, la Cassazione che lo stesso 
provvedimento possa, per certi aspetti generare la lesione di dirittti, e per 
altri la lesione di interessi, equivale a dire che il poter manifestatosi con il 
provvedimento nel contempo esiste (in relazione agli, interessi) e non esiste 
(con riferimento ai diritti); la qual cosa � palesemente contraddittoria. 

Posto che � l'analisi sull'esistenza del potere a determinare la presenza 
di diritti o interessi, dall'unicit� del potere esercitato discende necessariamente 
l'unicit�. della posizione sQggettiva scaturente dal .provvedimento, e quindi la 
unicit� della tutela esperibile in relazione ad esso. 



420 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione degli stessi ricorrenti, ci si trovi di fronte ad una denunzia di 
uso viziato di un potere esistente. Ma cos� non �. Sia la dottrina che 
la giurisprudenza hanno infatti ampliato il concetto della carenza assoluta 
di potere (cui corrisponde la giudisdizione dell'A.G.O., vertendosi 
in ipotesi di lesione di diritti soggettivi), equiparando alla mancanza 
assoluta del potere la violazione dei presupposti del potere stesso, o 
degli elementi che lo delimitano (cfr. ad es. Cass. S.U. 9 gennaio 1974, 

n. 61). I suddetti presupposti ed elementi di delimitazione -� stato 
chiarito -sono, ad es., quelli che prevedono il soggetto pubblico o 
l'organo al quale � attribuito il potere, ed i destinatari sui quali o a 
favore dei quali il potere deve essere esercitato; non rientrano invece 
in questo ambi.to le condizioni che attengono soltanto alle modalit�, 
sia formali che sostanziali, relative al concreto esercizio del potere 
stesso. 
Il problema, a questo punto, si sposta, e si risolve in quello di 
accertare se ci si trovi di fronte, nella specie di causa, a doglianze concernenti 
violazione da parte della P.A. dei presupposti del potere ad essa 
attribuito, o di travalicamento assoluto e rad�cale dei limiti del potere 
stesso. Problema che deve essere risolto tenendosi conto del fatto che 
il travalicamento dei limiti del potere esistente deve essere, appunto, 
assoluto e radicale, perch� altrimenti si ricadrebbe necessariamente 
nel cattivo uso del potere esistente. 

V 

Il fatto � che la Cassazione, nella materia concernente i provvedimenti 
tariffari e la relativa impugnazione, � passata da una giurisdizione � sul rapporto 
�, quale era quella in sostanza alla base del precedente indirizzo giurisprudenziaile, 
ad una giurisdizione � suiL diritto � e quindi, sUJl � potere � esercitato 
dall'Amministrazione con il provvedimento; ci� � senz'altro ammissibile, 
a condizione che sia chiaro che mai, per lo stesso � episodio di vita� alla tutela 
del .giudice amministrativo si assommer� la tutela dell'A.G.O.; dal momento che 
l'affermazione dell'inesistenza del potere esercitato, nel caso di ricorrenza della 
giurisdizione ordinaria, elider� in radice la possibilit� di affermare, per lo stesso 
provvedimento la sua illegittimit�, e quindi la sussistenza contemporanea 
della giurisdizione del giudice amministratvo, e viceversa. 

Se vogliamo, di doppia tutela, nel senso in cui la intende la Cassazione, si 
potr� correttamente parlare in un'altra e diversa ipotesi, e cio� allorquando 
si affermer� la lesione di un diritto soggettivo in dipendenza di un atto amministrativo 
illegittimo; allora alla tutela degli interessi potr� eventualmente (e 
questo accertamento di merito sar� cli pertinenza dell'A.G.0.) affiancarsi la tutela 
dei diritti. 

L'ipotesi in cui ricorrer� un siffatto cumulo di tutela sar� .per� sempre 
connessa ad un provvedimento amministrativo illegittimo e quindi, per dirla 
con la Cassazione, in relazione ad un potere che, ancorch� malamente esercitato 
� tuttavia esistente; mentre invece nella� diversa ipotesi di inesistenza del 
potere, l'unica tutela possibile sar� quella da esperire dinanzi al .giudice ordinario. 

ALESSANDRO PAJNO 


PARIB I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

I ricorrenti osservano che il sistema normativo relativo alla determinazione 
autoritativa delle tariffe in questione prevede un'attivit� vincolata 
sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello sostanziale, 
dato che alla revisione delle tariffe si pu� giungere solo attraverso una 
istruttoria determinativa dei costi di esercizio, ed una decisione amministrativa 
destinata ad adeguare i ricavi del concessionario ai �costi accertati. 
In altri termini, presupposto del potere sarebbe l'accertamento 
dei costi del servizio, attraverso l'istruttoria; limite assoluto dell'esercizio 
del potere l'adeguamento delle tariffe, e quindi dei r�cavi del concessionario, 
ai costi. 

Ci� posto, devesi rilevare che � assolutamente pacifico in causa che 
un'istruttoria sui costi sia stata compiuta. Si discute se essa sia stata 
effettuata bene o male; se all'indagine sia stato dedicato il tempo necessario, 
od un tempo troppo breve; se siano stati adoperati all'uopo 
mezzi tecnici ed il personale necessario o no; se si sia compiuta, in 
certi momenti, un'indagine per relationem, acquisendo per buoni; senza 
controlli, dati provenienti da altri organi amministrativi (e cos� dal 
Ministero delle Telecomunicazioni, ecc.). Che tutte queste doglianze siano 
fondate o meno, � cosa che non interessa in questa sede, ma riguarda 
il merito della causa. Ci� che interessa rilevare, ai fini della giurisdizione, 
� il fatto che il presupposto del potere non � stato violato, perch� 
non si pu� affermare che l'istruttoria sia stata radicalmente omessa. 
Se la P.A., in esito ad una istruttoria compiuta con insufficiente cura, 
abbia tenuto conto di costi inesistenti, od abbia valutato m�lamente 
le entrate del concessionario, ci si trover� di fronte ad un tipico esempio 
di cattivo esercizio di un potere esistente; e quindi a posizioni di interesse 
legittimo. 

Il discorso non cambia quando si passi all'esame del limite costituito 

dall'adeguamento dei ricavi del concessionario ai costi del servizio (e cio� 

all'asserita carenza assoluta di potere della P.A. di determinare le 

tariffe in modo tale da consentire al concessionario degl� introiti non 

giustificati dai costi). Come risulta dagli atti -che questa Corte pu� 

esaminare, in funzione della deliberazione del merito necessaria ai fini 

della determinazione del petitum sostanziale -la P.A., nel caso di specie 

ha giustificato il proprio operato, per l'appunto, in funzione di tale 

presupposto, asserendo di aver autorizzato quegli aumenti tariffari che 

erano resi indispensabili dall'aumento dei costi. Che poi ci� sia vero 

o no, in pratica; che i calcoli siano stati eseguiti bene o male; che 
siano state o meno rettamente valutate tutte le poste contabili, tutto 
ci� � questione. che riguarda il merito (e cio� l'esercizio corretto o viziato 
di un potere esistente) e non gi� il problema della giurisdizione. 
Occorre tener presente che l'attivit� di accertamento dei costi del servizio 
non � affatto cos� rigidamente vincolata come vorrebbero soste

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

422 

nere i ricorrenti. Basta al riguardo considerare che la valutazione sui 
costi non sono fatte a regime di prezzi costanti, e sulla semplice base . 
di dati riferiti al passato; occorre invece effettuare previsioni sui costi 
degli anni a venire, estrapolando dati dai consuntivi degli anni passati, 
elaborando ipotesi sugli introiti futuri, tenendo conto delle esigenze 
di nuovi investimenti, delle esigenze di finanziamento e dei relativi costi, 
dei mutamenti del costo de lavoro, degli effetti dell'inflazione (ad es. 
sui tassi bancari, sull'indennit� di contingenza e quindi sul costo del 
lavoro, ecc.). Ove si consideri tutto ci�, ci si rende facilmente conto 
di come ci si muova nell'ambito di una attivit� in parte caratterizzata 
da discrezionalit� tecnica, ed in parte da discrezionalit� pura. Il limite 
esiste, ed � costituito dal fine che l'attivit� della P .A. deve perseguire; 
ma l'attivit� stessa ha limiti estremamente elastici, proprio in conseguenza 
della discrezionalit� di cui si � detto. Il limite � vioiato in 
senso assoluto e radicale, s� da dar luogo a posizioni di diritto' soggettivo, 
laddove la P.A. o dichiaratamente rifiuti di rivolgere la propria 
attivit� a quel fine che ne costituisce il limite, o si comporti in modo 
tale da dimostrare in modo assolutamente manifesto di aver voluto disattendere 
totalmente tale finalit�. Ma si tratta, chiaramente, di casi 
limite, del tutto eccezionali; fin quando l'asserito superamento del limite 
del potere consista -come nella specie -nel fatto che la P.A., secondo 
le doglianze dei ricorrenti, abbia posto in essere un'attivit� viziata od 
erronea, pur nei perseguimento dei fini voluti dalla legge attributiva del 
potere, ci si trova di fronte a posizioni di interesse legittimo, e non di 
diritto soggettivo. La potest� tariffaria della P.A., nel particolare campo 
delle tariffe dei servizi pubblici in concessione, ha due . finalit� fondamentali: 
per un verso, quello di impedire che il concessionario tragga 
dalla sua posizione di monopolista lucri ingiustificati, abusando per trarne 
profitto dalla mancanza di una concorrenza; dall'altro quello di far s� 
che i ricavi del concessionario siano talmente bassi da rendere il servizio 
antieconomico, e da compromettere quindi l'esercizio e Io sviluppo, con 
danno per l'interesse pubblico. La carenza di potere, tale da dar luogo 
per i privati a posizioni di diritto soggettivo, pu� aversi quando tali 
fini siano chiaramente violati, o dichiaratamente, o implicitamente, ma 
in maniera assolutamente evidente. Ma non � questa -come si � detto 
-la situazione che ricorre nel caso di specie. 

Il discorso non cambia anche se ci si richiami, come fanno i ricorrenti, 
al principio costituzionale della riserva di legge per le prestazioni 
patrimoniali imposte. La Corte Costituzionale, nella nota sentenza n. 
72 del 1969, richiamandosi ad una precedente decisione del 1957, ha 
affermato che il principio di cui all'art. 23 Cost. non � violato, pur 
avendo le tariffe di Un servizio pubblico essenziale (quale quello telefonico) 
natura di prestazioni patrimoniali imposte, e pur avvenendo la 



PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

determinazione delle tariffe stesse attraverso atti amministrativi, in 
quanto il potere della P.A. al riguardo non � illimitato, atteso che esso � 
limitato al dovere del Governo di adeguarsi alle deliberazioni del C.I.P., 
ed in quanto l'operato di tale organo � collegato ad elementi di natura 
tecnica che ne circoscrivono l'ambito. Orbene: � proprio da queste 
affermazioni che si pu� dedurre che il potere attribuito aalla-legge alla 

P.A. in materia non '� illimitato, n� sotto il profilo delle finalit�, n� 
sotto il profilo procedimentale, essendo indispensabile l'effettuazione da 
parte del C.I.P. della debita istruttoria; essendo ugualmente indispensabile 
che il Governo fondi la propria azione sui risultati dell'attivit� 
istruttoria del C.I.P.; e dovendo essere l'attivit� della P.A. ispirata a 
quelle finalit� di cui sopra si � discorso'. Ci� non significa, peraltro, 
che, una volta che questi limiti fondamentali siano rispettati, l'azione 
della P.A. debba ritenersi rigidamente vincolata; gi� si � vista come 
l'espletamento della istruttoria comporti tutta una serie di valutazioni 
caratterizzate da discrezionalit� tecnica o da discrezionalit� pura (e si 
tenga conto, al riguardo, che tra i costi del servizio che devono esser 
accertati rientra anche un'adeguata remunerazione del capitale impiegato; 
altro punto nel quale � sicuramente presente un notevole elemento 
di discrizionalit�). E gi� si � detto, per altro verso, come i limiti 
di cui sopra non siano stati nella specie superati, talch� tutto si riduce, 
in concreto, alla denunzia di un cattivo esercizio di un potere sicuramente 
esistente. E se � vero che il Governo non si � pedissequamente 
uniformato alle deliberazioni del C.I.P., � anche vero eh si � comunque 
ispirato alla attivit� di tale organo e ne ha tenuto conto (mentre � 
agevole osservare che se il Governo fosse rigidamente vincolato a� trasferire 
nel provvedimento finale le deliberazioni del C.I.P., senza mutarle di 
una virgola, sarebbe assolutamente inutile l'azione del Governo stesso, 
e tanto varrebbe attribuire direttamente al C.l.P. ogni potere in tema 
di determinazione delle tariffe). 
4) I ricorrenti invocan�, peraltro, la violazione di diritti soggettivi

I 

anche sotto un ulteriore profilo: nel senso che il decreto presidenziale 

impugnato conterrebbe disposizioni con le quali si impongono tariffe 

non previste dalla legge. E, data la natura di � prestazioni imposte � 

che deve riconoscersi alle tariffe telefoniche, con la conseguente riserva 

di legge, ci si troverebbe in una situazione analoga a quella che si verifi� 

cherebbe se con un atto amministrativo fossero istituite nuove impqste o 

tasse. In sostanza, si denunzia qui il trava,li�amento di un ulteriore limite 

assoluto del potere tariffario della P.A.; potere che sarebbe circoscritto 

alla variazione di determinate tariffe, tassativamente o specificamente 

indicate dalla legge. 

La tesi non � fondata, perch� la legge '(nella specie il c.d. �codice 

postale�) non prevede e specifica alcun tipo o specie di tariffa. � quindi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

errato il presupposto su cui la doglianza si fonda. Nel codice postale 

(t.u. 29 marzo 1973, n. 156) sono indicate varie categorie di utenze, e 
varie ipotesi di .prestazione del servizio telefonico; ma viene poi attribuito 
alla P.A. il potere di dederminare il corrispettivo per le prestazioni 
di servizio suddette, e di variarlo. Ci� premesso, � agevole osservare, 
che il d.P.R. impugnato non ha previsto nuovi tipi di contratti di utenza, 
n� nuovi tipi di prestazioni, e non ha quindi invaso il campo regolato 
dalla legge che disciplina la specifica materia. Non � quindi affatto vero 
che vi sia stata imposizione di nuove tariffe �non previste d�lla legge �, 
perch� la legge, appunto, non prevede tariffe: in questo senso, tutte 
le tariffe telefoniche, anche quelle vigenti prima del d.P.R. impugnato, 
e la cui legittimit� non � messa, in questa sede, in discussione, sono 
�non previste dalla legge�, o meglio, non direttamente disciplinate 
dalla legge. 
In particolare, i ricorrenti si dolgono dell'istituzione del c.d. � minimo 
garantito �, mediante la quale, a loro avviso, sarebbe stata introdotta 
una nuova imposta particolarmente gravosa per gfi utenti meno 
abbienti, in violazione della riserva di legge. Ma, una volta che si � 
rilevato che la legge non prevede e non disciplina direttamente le tariffe, 
ed attribuisce invece alla P.A. il potere� di determinarle (sia pure agendo 
entro determinati limiti e sulla base di determinati presupposti), tutto il 
discorso cade. E' poi agevole osservare che la doglianza appare di dubbia 
fondatezza anche a prescindere dalla considerazione generale di cui sopra, 
giacch� l'introduzione del c.d. �minimo garantito� ha esattamente lo 
stesso effetto (e la stessa natura) di una elevazione del canone base di 
abbonamento. Il quale pu� essere aumentato in tutta una serie di modi: 
con l'aumento del canone fisso; con l'introduzione di un minimo obbligatorio 
di telefonate da pagare comunque, anche se non effettuate; con 
l'introduzione di scaglioni, ecc. Tutto ci�, chiaramente, rientra nell'ambito 
della discrezionalit� tecnica della P.A., e non comporta l'introduzione 
di una nuova imposta, pi� di qu�nto non lo comporti il puro e 
semplice aumento delle tariffe-base. N� � vero che l'utente, in questo 
caso, debba pagare per un servizio che non riceve. Il solo fatto della 
installazione di un apparecchio telefonico e del suo allacciamento alla 
rete mette infatti a disposizione dell'utente un servizio, del quale l'utente 
pu�, quando voglia, giovarsi, essendo certo che determinati circuiti ed 
impianti restano a sua disposizione; ed inoltre il telefono, una volta allacciato, 
pu� sempre ricevere chiamate, senza scatti contatore. Una contropartita 
di servizio esiste dunque sempre -cos� come del resto, esiste, 
pacificamente, a fronte del pagamento del canone base. In ogni caso, 
poi -ed � ci� che rileva in questa sede -la eventuale illegittimit� 
della determinazione di questo tipo di tariffa non viola la riserva di 
legge, n� i limiti assoluti del potere concesso dalla legge alla P.A. in 


PAtm! I, SBZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI UI GIURISDIZIONE 

subiecta materia; e pu� quindi dar luogo a posizioni di interesse legit~ 
timo, e non gi� a posizioni di diritto soggettivo. 

Analogo discorso pu� farsi in relazione all'introduzione di una tariffa 
differenziata per le telefonate interurbane eseguite in determinate ore: 
non � vero che anche in questo caso ci si trovi di fronte a un'attivit� 
della P.A., posta in essere in situazione di carenza assoluta di . potere, o 
di travalicamento assoluto dei limiti del potere stesso. � vero che 
l'art. 306 del codice postale prevede semplicemente la possibilit� di riduzioni 
detle�tariffe�jntemrbane�:effettu:ate,~in:::d.�~rminate.<or~�. e non prevede 
all'inverso l'ipotesi delfaumento . delle tariffe per le telefonate interurbane 
effettuate in altre ore (quelle di punta). Ma a parte il fatto che il 
relativo potere � attribuito al Ministro, e non al governo una volta che 
sia assodato che spetta alla P.A. determinare la tariffa-base, non � chi non 
veda come l'aumento del prezzo delle interurbane effettuate nelle ore 
della mattina si risolve in pratica nella fissazione di una nuova tariffa. 
base (quella pi� elevata, appunto); .e nella concessione di riduzioni -come 
previsto dall'art. 306 -per le telefonate pomeridiane, e di ulteriori 
riduzioni pi� forti per le telefonate notturne e festive. 

D'altra parte -come esattamente � stato rilevato dalla difesa della 

S.I.P. -l'art, 306 del codice postale deve esser interpretato in correlazione 
con l'art. 15 dello stesso testo legislativo, che pone un divieto generale 
delle esenzioni o riduzioni delle tariffe (e ci� al fine di vietare abusi, 
largamente praticati in passato in favore di particolari categorie di 
utenti, comprendenti Enti, Autorit� e personaggi altolocati). Di fronte a 
tale divieto generale, l'art. 306 prevede determinate eccezioni, consentendo, 
appunto, che nelle ore in cui il lavoro � particolarmente scarso si 
pratichino riduzioni di tariffe, miranti ad invogliare gli utenti ad alleggerire 
il traffico nelle ore di punta. � chiaro quindi, anche sotto questo 
profilo, come l'art. 306 non ponga affatto un divieto generale di aumenti 
per le tariffe del servizio telefonico interurbano; e che il potere generale 
della P.A. di fissare le tariffe comprende sicuramente anche la facolt� 
di fissare tariffe differenziate per il servizio extraurbano, in relazione 
alle varie ore del giorno e della notte, ed alfintensit� del lavoro che 
usualmente si coinpie nelle ore stesse. In ogni c�so, anche in questa 
ipotesi si pofr� parlare, al pi�, di esercizio viziato od erroneo di un 
potere esistente; ma sicuramente non di carenza assoluta di potere 
dell� P.A., o di travalicamento assoluto dei limiti e dei presupposti del 
potere stesso. 
Analogo discorso pu� farsi, infine, per il c.d. � canone di superficie �, 
Anche in questo caso i ricorrenti, pur affermando di dolersi del superamento 
da parte della P.A. di un limite assoluto del suo tariffario, si 
dolgono, in realt�, di un asserito cattivo uso del potere attribuito alla 


426 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

P.A. dalla legge. Sempre, comunque, si resta nell'ambito della giurisdizione 
del giudice degli interessi. 
5) Riepilogando, si deve ammettere che nel ricorso sono contenute 
delle affermazioni teoriche esatte: � vero, infatti, che si pu� parlare 
dell'esistenza di una doppia tutela giurisdizionale, nel senso che laddove 
la P.A., nel determinare le tariffe di un servizio pubblico in concessione, 
agisca del tutto al di fuori dei poteri a lei attribuiti dalla legge (ad es., 
nell'ipotesi in cui la legge non consenta affatto alla P.A. di determinare .le 
tariffe di un determinato servizio), ovvero travalichi in modo assoluto 
i presupposti ed i limiti del potere a lei attribuito, agendo in modo del 
tutto arbitrario, si verificher� sicuramente la violazione di diritti soggettivi 
dei privati, con conseguente competenza giurisdizionale dei giudici 
ordinari. E tale tutela dinnanzi all'A.G.O. si assommer� a quella esperibile 
dinanzi ai giudici amministrativi, in relazione a tutte le doglianze 
che si riferiscano ad� un esercizio viziato del potere esistente. Ma nel 
caso di specie non ci si 'trova di fronte a carenza assoluta di potere 
della P.A., od a superamento dei limiti e dei presupposti del potere: tutte 
le doglianze prospettate impingono sempre, in sostanza, nell'ambito dell'asserito 
uso viziato od erroneo di un potere esistente. Dal che discende 
logicamente l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo, 
che esattamente � stato adito. Il ricorso deve esser quindi rigettato. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 gennaio 1978, n. 11 -Pres. Trimarchi 
� Est. Lococo -P.M. Pedace (conci. conf.) -Ditta Pubblicit� Publigamma 
(avv.ti Valente, Bartoli) c. Azienda Nazionale Autonoma 
delle Strade Statali -ANAS {avv. Stato CavaUi). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Determinazione 
e criteri -Prospettazione dell'interessato -Insuffi. 
cienza. 
(!. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 2). 

Quando si controverta se la potest� giurisdizionale spetti all'A.G.O. o 
al Giudice amministrativo, per decidere se sia stato leso un diritto 
soggettivo od un interesse indirettamente protetto, � insufficiente la configurazione 
dell'interesse che l'attore prospetti mentre, invece, � necessaria 
un'obiettiva qualificazione della domanda da individuare con riferimento 
congiunto alla � causa petendi � ed al � petitum � e tenendo 
altres� conto anche delle deduzioni formulate e dei t�rmini in cui la questione 
risulta posta in concreto e relativamente alla disciplina legale 
della materia (1). 

(1) Giurisprudenza ormai costante cfr. per tutte Cass. Sez. Un. 9 luglfo 1974, 
n. 
2006 in Giust. civ., Mass. 1974, 905. 
Per altri precedenti cfr. in Foro italiano 1978, I, 548. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 427 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 gennaio 1978, n. 53 -Pres. Giannattasio 
-Est. Bile -P. M. Gambogi -Presidenza del Consiglio dei Ministri 
e Ministero di Grazia e Giustizia (avv. Stato La Porta) c. Giantonelli C. 
e Guerriero C. (n.c.). 

' 

Competenza e giurisdizione -Difetto assoluto di giurisdizione � Interesse 
del cittadino alla conservazione delle leggi in vigore ed all'esclusione� 
del loro assoggettamento a modifiche o abrogazioni -Tutela � Insussistenza. 


(Cost., artt. 71, 75, 134; Cod. proc. civ., artt. 1, 37, 41; I. 25 maggio 1970, n. 352; I. 1 di
�cembre 1970, n. 198). 

L'interesse del cittadino alla conservazione delle leggi attualmente 
in vigore ed all'eselusione del loro assoggettamento a future modifiche 
od abrogazioni di sospetta incostituzionalit� non � qualificabile n� come 
diritto soggettivo n� come interesse legittimo, in quanto esso non � 
tutelato in alcun modo dall'ordinamento giuridico (1). 

(Omissis). -La tesi del difetto assoluto di giurisdizione, sostenuta 
dai ricorrenti, � fondata. 

Con la domanda proposta al Tribunale di Catanzaro il sig. Cianfonelli 
ha inteso far valere l'interesse -che egli assume di vantare nei 
confronti dello Stato -a fruire della legislazione vigente in ur� determinato 
momento, in quanto conforme a costituzione, e, conseguentemente 
ad opporsi ad eventuali iniziative di modifica di essa tali, se attuate, da 
dar vita ad un sistema legislativo contrario ai principi sanciti dalla 
Carta fondamentale. 

Orbene, ai sensi dell'art. 71 Cost. l'iniziativa delle leggi appartiene al 
Governo, a ciascun membro delle Camere, agli organi ed enti cui sia 
conferita da legge costituzionale, ed al popolo che la esercita mediante 
proposte presentare da almeno cinquantamila elettori; dal suo canto 
l'art. 75 Cost. prevede il referendum popolare per deliberare l'abrogazione 
total~ o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge, quando 
lo richiedano cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. Sono 
esclusivamente queste le sedi in cui l'opportunit� di modificare le leggi 
dello Stato viene valutata ad un livello giuridicamente rilevante: e tale 
valutazione, in quanto implica l'apprezzamento di esigenze dell'intera 
collettivit� alla luce di criteri di politica generale, prescinde certamente 
dalla posizione soggettiva del singolo cittadino individualmente 
considerato. 

Naturalmente � funzionale al sistema la necessit� che l'ordinamento 
quale risulter� dalle modifiche proposte sia conforme a Costituzione. 

(1) L'interessante sent.enza � pubblicata anche in Foro it. 1978, I, 612 con 
nota di A ..PrzzoRusso. 

428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma l'accertamento di siffatta conformit� -nel regime costituzionale 
vigente -pu� avvenire soltanto dopo che le modifiche legislative siano 
state effettivamente apportate, in quanto il sindacato di legittimit� costituzionale 
ha per oggetto le leggi e gli atti aventi forza di legge (art. 134 
Cost.) e non anche le mere proposte legislative. Pertanto un interesse 
del cittadino alla conservazione delle leggi attualmente in vigore ed alla 
esclusione del loro assoggettamento a modifiche future di sospetta costituzionalit� 
non �' preso in considerazione da alcuna norma, n� in via 
diretta ed immediata, n� in occasione della tutela di un interesse pi� 
generale, onde non pu� -neppure in astratto -meritare la qualifica 

�di diritto soggettivo o di interesse legittimo. 
Ne deriva il difetto assoluto di giurisdizione, per l'improponibilit� 
della domanda davanti a qualsiasi giudice. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 febbraio 1978, n. 694 -Pres. Trimarchi 
-Est. Bile -P. M. Saja (conci. conf.) -Caroli (avv.ti Crapanzano, 
Stefanelli) c. Ministero della Sanit� (avv. Stato Baccari). 


Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa Importazioni 
ed esportazioni di animali -Controlli della P.A. sanitaria 
statale -Funzione -Interesse generale -Posizione giuridica del privato 
di interesse legittimo. 


(r.d. 27 aprile 1934, n. 1265, artt. 32 e 61; d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, artt. 32, 45, 46, 49). 
I controlli della P.A. sanitaria statale sul bestiame oggetto d'importazione 
sono rivolti, immediatamente e direttamente, a salvaguardare l'interesse 
generale della collettivit� alfintegrit� del patrimonio zootecnico 
nazionale ed alla salute dei cittadini, e non anche l'interesse particolare 
dell'eventuale futuro acquirente all'integrit� fisica del bestiame importato; 
que;t'ultimo, pertanto, vanta una posizione di interesse �legittimo ai controlli 
sanitari in genere ed alla visita veterinaria di confine in particolare 
(1). 


(Omissis). -1. -Il ricorrente lamenta violazione dell'art. 2043 e.e., 
dell'art. 2 dell'allegato E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, degli artt. 32 
e 61 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con r.d. 27 luglio 1934, 


n. 1265, degli artt. 32, 45, 46 e 49 del regolamento di polizia veterinaria 
approvato con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, nonch� difetto di motivazione: 
a suo avviso la Corte di Appello ha erroneamente escluso l'astratta 
configurabilit� del diritto dell'acquirente di bestiame importato a pre�
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(1) Non risultano specifici precedenti in termini. ~ 
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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

tendere che la pubblica amministrazione eserciti le attivit� previste dalle 
leggi citate con la diligenza dovuta, pena il risarcimento del danno, ed 
inoltre non ha considerato che le norme in questione sono di relazione, 
in quanto disciplinano i rapporti fra la pubblica amministrazione ed i 
privati interessati all'importazione del bestiame ed alla sua successiva 
vendita. 

La censura � infondata. 

Essa propone la questione della natura della posizione soggettiva �da 
riconoscere al privato acquirente di animali importati nei confronti 
dell'attivit� che, in materia di importazione di bestiame dall'estero, deve 
essere svolta dall'Amministrazione sanitaria statale (� invece estranea al 
ricorso la domanda proposta dal Caroli contro il Comune di Brindisi, in 
quanto il capo di sentenza che ha statuito al riguardo non � stato 
impugnato). 

La materia � regolata dall'art. 32 del testo unico delle leggi sanitarie, 
che disciplina fra l'altro la. visita sanitaria degli animali aa importare 
nello Stato, ad opera di veterinari di confine o di porto, ed assoggetta 
tale visita alla percezione di un diritto fisso a carico degli importatori; 
ed ancora degli artt. 45,.46 e 49 del regolamento di polizia. veterinaria, 
concernenti rispettivamente le modalit� della visita di confine, i provvedimenti 
da adotare ove tale visita riveli l'esistenza di malattie infettive, e 
l'autorizzazione dell'Amministrazione sanitaria per le particolari ipotesi 
di importazione di ruminanti e suini. 

Dall'esame di tali norme si ricava che il controllo sulla sanit� del 
bestiame da importare avviene al confine in occasione della richiesta di 
importazione, ossia in un momento in cui il possibile successivo acquisto 
degli animali da parte di un terzo � circostanza affatto eventuale e la 
stessa identificazione dell'acquirente � problematica. D'altra parte il controllo 
� previsto dalla legge in funzione dell'interesse generale della 
collettivit� alla salvaguardia del patrimonio zootecnico nazionale ed alla 
sanit� dei cittadini, onde l'interesse che l'eventuale futuro acquirente del 
bestiame importato pu� vantare all'integrit� fisica di esso non � certamente 
tutelato dalle norme dianzi citate in modo immediato e diretto. 
E, in mancanza di siffatta tutela immediata e diretta da parte dell'ordinamento, 
si deve escludere che l'acquirente medesimo sia titolare di un 
diritto soggettivo verso la pubblica amministrazione in ordine al diligente 
svolgimento dell~ visita veterinaria di confine. 

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario � perci� evidente. 

2. -Le altre disposizioni invocate. dal ricorrente non consentono di 
pervenire a diverse conclusioni. 
Si tratta in primo luogo dell'art. 32 del regolamento di polizia veterinaria, 
il quale attribuisce alla pubblica autorit�, quando si verificano 
malattie infettive a carattere epidemico, il potere di disporre l'obbligo 


430 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della visita veterinaria per deter,minate specie di animali da trasportare 
all'interno del territorio dello Stato. Ancora una volta la disposiizone mira 
a tutelare direttamente il gi� ricordato interesse generale e non certo 
quello del soggetto che potr� eventualmente acquistare il bestiame nel 
luogo di destinazione. 

Altrettanto deve dirsi per l'art. 61 del testo unico delle� leggi sanitarie, 
concern�nte il compenso che spetta al veterinario condotto per la 
compilazione di certificati nell'esclusivo interesse privato: la norma � 
palesemente estranea alla materia delle visite veterinarie previste dalla 
legge nell'interesse pubblico, quali sono quelle finora considerate. 

Del pari irrilevante � infine il quarto comma dell'art. 32 del medesimo 
testo unico, sul diritto fisso dovuto all'Amministrazione in occasione 
della visita di confine, il quale -fra l'altro -� posto a carico 
dell'importatore e non incide quindi sulla posizione' soggettiva del futuro 
acquirente del bestiame. 

3. -La sentenza impugnata ha pertanto esattamente ritenuto l'inconfigurabilit� 
in astratto del diritto soggettivo che il Carofi assumeva 
di vantare ed il conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 
-(Omissis). 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 5 novembre 1977, n. 4723 -Pres. Sbroc


ca -Est. Caleca -P. M. Leo (conf.) -Borghetti (avv. Giuffrida) c. Pre


sidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Agr�) e Palange. 

Esecuzione forzata -Mancanza del titolo esecutivo -Improcedibilit� -

Rilevabilit� d'ufficio con sentenza -Appellabilit�. 

(cod. proc. civ., art. 474). 

Il giudice dell'esecuzione deve rilevare d'ufficio l'inesistenza del titolo 
idoneo a legittimare la parte che procede esecutivamente dichiarando 
improcedibile l'azione esecutiva. Il provvedimento che aaotta a tal fine 
ha natura di sentenza che � appellabile investendo l'an della esecuzione (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo svolto il Borghetti denunzia, in 
relazione all'art. 360 n. 3, 4, 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione 
delle norme sulla proposizione della domanda, sulla legittimazione 
e sulla potest� del giudice di emettere pronunzie d'ufficio, nonch� la 
violazione dei principi disciplinanti l'esecuzione forzata ed il relativo 
contraddittorio (art. 99 ss., 474 ss. cod. proc. civ.). 

Rileva, innanzitutto, di avere proposto avverso lo stesso provvedimento 
anche appello in via ordinaria in considerazione del fatto che 
con la declaratoria di improcedibilit� il pretore avrebbe definitivamente 
chiuso il procedimento di esecuzione forzata presso terzi; di avere tuttavia, 
cautelativamente, proposto il ricorso per c~ssazione a norma dell'art. 
111 della Costituzione per l'ipotesi in cui il reclamo proposto contro 
il primo provvedimento del Pretore (quello del 10 febbraio 1976) dovesse 
essere ritenuto �opposizione agli atti esecutivi�, con la conseguente 
inimpugnabilit�, in via ordinaria, d�lla relativa decisione. 

Fatta tale precisazione; il ricorrente sostiene: 
1) che la pronunzia del Pretore, secondo la quale il titolo posto a 
base della espropriazione intrapresa non avrebbe forza esecutiva, sarebbe 

(1) Questione nuova, ,per quanto consta, e correttamente risolta. Non sembra 
dubbio, infatti, che il titolo esecutivo sia una condizione indispensabile per 
porre in essere l'azione esecutiva e che il suo difetto involga una questibne 
non solta.to di interesse del singolo assog;gettato all'esecuzione, ma altres� quello 
pubblico, non essendo pensabile che l'attivit� (giurisdizionale o amministrativa 
non occorre qui stabilire) sia posta in essere senza le condizioni minime 
formali indispensabili. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

432 

errata, almeno per quel che attiene alla condanna della Gamet al pagamento 
delle spese di causa liquidate, nel titolo medesimo, in L. 650.000; 

2) che non sarebbe stato considerato che la sentenza di condanna 
generica � cosa diversa dalla sentenza di mero accertamento e che, 
comunque, anche quest'ultima � suscettibile di passare in giudicato tanto 
formale che sostanziale; 

3) che, inoltre, al giudice dell'esecuzione non era consentito di 
rilevare d'ufficio la carenza del titolo esecutivo, stante che la relativa 
eccezione, da sollevarsi nelle forme previste dall'art. 615 cod. proc. civ., 
spetta al convenuto debitore. 

Il ricorso � inammissibile. 

Il titolo in base al quale il Borghetti ha intrapreso l'espropriazione 
presso terzi, mediante pignoramento di crediti che la propria debitrice 
Gamet ha verso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero 
del Tesoro, � costituito dalla sentenza depositata il 12 marzo 1973 (e non 
il 4 agosto 1973, come invece indicato in contrasto a quanto certificato 
dalla Cancelleria del giudice che l'ha pronunziata), con �la quale il Tribunale 
di Roma condann� la Gamet al pagamento, a favore del Borghetti, 
di un terzo della somma che alla stessa sarebbe � risultata spettare � da 
parte delle menzionate due Amministrazioni dello Stato, � quale valore 
delle azioni Lokris e del risarcimento dei danni relativi �. 

Ora, � in relazione proprio alle suddette statuizioni che il Pretore 
ha, d'ufficio, contestato al Borghetti il diritto a procedere ad esecuzione 
forz<:\.ta, avendo al riguardo considerafo: che il menzionato titolo era 
costituito da una sentenza non passata in giudicato n� provvisoriall).ente 
esecutiva, con la conseguenza che la relativa pretesa non risultava 
ancora fondata su un diritto certo, liquido ed esigibile come richiesto 
dall'art. 474 cod. proc. civ.; che, infatti, la formula adottata dal Tribunale 
costituiva una pronunzia di condanna generica, dato che rimetteva 
l'accertamento del quantum ad altra sentenza emanata tra la Gamet e 
le due Amministrazioni: sentenza, quest'ultima, che se pur gi� pronunziata 
in primo grado (pubblicata il 26 giugno 1970) non era, tuttavia, 
divenuta definitiva stante la pendenza del giudizio di impugnazione. 

� indubbio, pertanto, che il provvedimento del Pretore, anche se 
emesso nella forma di ordinanza, ha contenuto decisorio perch� definisce, 
con la declaratoria di improcedibilit�, l'esecuzione forzata intrapresa 
dal Borghetti. Trattasi, invero, della pronunzia sull'accertata inesistenza, 
nella specie, di un titolo idoneo a legittimare la parte istante ad agire 
esecutivamente: accertamento questo da farsi, a norma dell'art. 474 
cod. proc. civ., anche d'ufficio, e la cui decisione, investendo I'an stesso 
dell'esecuzione, � suscettibile dell'ordinario gravame dell'appello e non 
del rimedi<> di cui all'art. 111 della Costituzione. Se � vero infatti, per 
fermo indirizzo di questa Corte Suprema, che � impugnabile ai sensi della 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 433 

citata norma della Costituzione qualsiasi provvedimento decisorio emanato 
da un organo giurisdizionale o speciale, e che, ancorch� definito 
ordinanza o decreto, sia idoneo a produrre, con forza di giudicato, effetti 
di .diritto sostanziale o processuale sul piano contenzioso, tuttavia tale 
impugnazione pu� farsi solo se contro il provvedimenfo non sia dato 
alcun altro rimedio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 novembre 1977, n. 4834 -Pres. Maccarone 
-Est. Granata -P. M. Pedace (conf.) -Alberto Hesse (avv. Montesano) 
c. Prefetto Trieste (avv. Stato Zagari). 

Circolazione stradale -Ordinanza ingiunzione prefettizia infligente sanzioni 
per violazione di norme di circolazione -Applicabilit� a funzio~ 
nari consolari -Condizioni. 

(Convenzione di Vienna 24 aprile 1963 resa esecutiva con legge 9 agosto 1967, n. 804, 
artt. 43 e 58). 

E !llegittima perch� viola l'immunit� consolare l'ordinanza-ingiunzione 
emessa dal prefetto irrogante una sanzione amministrativa per 
violazione di norme sulla circolazione stradale nei confronti di un console 
onorario che utilizzi l'autoveicolo (compresa la sosta) per finalit� 
inerenti all'ufficio (nella specie � stata esclusa l'illegittimit� non essendo 
stato dimostrato l'uso dell'autoveicolo per servizio) (1). 

(Omissis). -1. -Le opposizioni dall'attuale ricorrente proposte contro 
i provvedimenti �prefettizi irrogativi di sanzioni pecuniarie ai sensi 
dell'art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317 al fine di far valere l'immunit� 
spettantegli, quale console onorario di uno Stato estero, ai sensi degli 
artt. 43 . e 58 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 
24 aprile 1963 resa esecutiva in Italia con legge 8 agosto 1967, n. 804 
sono state dal Pretore respinte, con la sentenza impugnata, sul duplice 
rilievo: a) che -in tesi -essendo le ingiunzioni prefetfrz:ie opposte 
provvedimenti amministrativi a carattere non giurisdizionale, non poteva 
giovare all'opponente l'invocata immunit� giurisdizionale; b) che -in 
ipotesi -le infrazioni stradali contestate all'opponente, comunque, non 
rientravano fra gli atti coperti dall'immunit� consolare. 

Avverso le due proposizioni suddette si appuntano le censure dall'Hesse 
svolte, rispettivam~nte, con il primo e con il secondo motiVo. 
Come subito si dir�, fondato � il primo e cos� pure, parzialmente, 
il secondo. Ma, dovendosi per contro rigettare quest'ultimo sul punto 

(1) Questione di notevole �tf.elicatezza quella risolta dal S.C. con la sentenz~ 
che si annota e, per quanto consta, nuova. Per qualche riferimento sui principi 
ispiratori della decisione v. Cass. 7 luglio 1977, n. 3007, in Giust. civ. 1977, 
I, 1914 con nota di G. d. F. 
4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-decisivo agli effetti della statuizione finale -della non sussistenza 
nella specie degli estremi di fatto necessari per l'applicabilit� della 
invocata immunit�, l'impugnata decisione va mantenuta ferma, correg


l 

gendosene la motivazione in diritto nei sensi appresso indicati. t 

2. -Con il primo motivo il ricorrente denunzia, in relazione all'art. 360 
nn. 3 e 4 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 43 della 
convenzione di Vienna sulle relazioni consolari ed omessa o insufficiente 
I

motivazione su un punto decisivo della controversia. E deduce che 
l'ummunit� concessagli dall'art. 43 della Convenzione, riguardo alla giurisdizione 
tanto civile che penale, sia di cognizione che di esecuzione, � 

I 

stata da lui invocata con riferimento non al provvedimento amministrativo, 
ma -appunto -al procedimento esecutivo, che in base al provvedimento 
stesso, avente valore di titolo esecutivo, poteva essere iniziato 
nei suoi confronti. 

I 

La censura -si � gi� detto -� fondata. 

I 

La questione se, e sotto quale profilo, la materia delle sanzioni J 
amministrative, ed in particolare di quelle c.d. depenalizzate, irrogate 

Il 

dalle autorit� amministrativa attraverso procedimenti e con atti soggeti 
tivamente ed oggettivamente amministrativi, sia riconducibile all'area " 

I 
!delle immunit� consolari, pu� porsi, a ben guardare, sotto molteplici 
aspetti. 

Invero, , sembrerebbe lecito chiedersi se la Convenzione -quando 
all'art. 43.1 statuisce che i funzionari e gli impiegati consolari, per gli 
atti compiuti nell'esercizio delle funzioni consolari, �ne sont pas justiciables 
des autorit�s � (non solo) � judiciares � (ma anche) � administratives 
� intenda riferirsi con la seconda locuzione (autorit�s administratives) ! 
al giudice amministrativo, ovvero agli organi amministrativi veri e prol 
pri, cio� quelli di amministrazione attiva, cos� concedendo l'immunit� I 

I I

non solo dalla potest� giurisdizionale, ma e in via diretta -anche dalla 

potest� amministrativa, almeno nei casi in cui questa si esplichi attra


verso un procedimento paragiudiziale di accertamento della conformit� 

I

o meno di un comportamento alla norma, e si concluda con l'irrogazione 
di misure, che, per la loro funzione sanzionatoria e repressiva del l 

1

comportamento tenuto dal soggetto investito dell'officium consolare, ' 
possono risolversi anche esse in sostanziali compromissionr della libert� IIdi esercizio dell'ufficio stesso. 

E pur quando dell'immunit� consolare si �accetti la nozione limitata 

I 
alla sola giurisdizione, e non anche alla potest� amministrativa a concluI 
sioni non molto difformi potrebbe pervenirsi in via indiretta, scrutinando ' 

~ 

se essa -affinch� possa realizzare a pieno le finalit� cui � ordinata 


non debba necessar�am:ente essere intesa almeno in guisa da sottrarre 

il soggetto attributario alla possibilit� non solo diretta, ma anche indi


retta, di venire assoggettato alla giurisdizione, e se quindi l'immunit� 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

stessa non debba essere riferita, nella J>rospettiva cos� delineata, pure 
a quelle manifestazioni di potest�, in s� non giurisdizionali, ma produttive 
di effetti, lesivi e comunque limitativi della sfera giuridica del soggetto, 
regolati dall'ordinamento dello Stato di soggiorno in modo tale da poter 
essere rimossi soltanto con l'intervento dell'autorit� giudiziaria, alla cui 
potest� l'attributario dell'immunit� viene cos� costretto a sottoporsi di 
propria iniziativa. 

Pertinente -e di per s� risolutivo -peraltro, si appalesa anche il 
profilo prospettato dal ricorrente, onde � con riferimento ad esso, tralasciandone 
ogni altro, che la questione pu� essere decisa. 

Il provvedimento, di cui all'art. 9 legge 3 maggio 1967, n. 317, costituisce 
ad un tempo titolo esecutivo e manifestazione della volont� del suo 
autore di porre il titolo stesso in esecuzione, ove l'ingiunto non presti 
spontanea obbedienza. Pertanto -valga, oppure no, per esso la qualificazione 
normativa di � atto iniziale del procedimento di coazione � attribuita 
dal t.u. 14 aprile 1910 n. 639 (art. 1) all'ingiunzione fiscale, al 
cui procedimento di esecuzione forzata la legge 317 citata rinvia (art. 13}, 
e quindi valga, oppur no, anche per l'ordinanza in esame la deroga alla 
regola secondo cui l'esecuzione ha inizio con il procedimento -certo � 
che, in conseguenza della sua notificazione al destinatario, questi diviene 
titolare dell'interesse attuale ad agire per sentire negare l'assoggettabilit� 
del proprio patrimonio alla esecuzione, e quindi -nel caso a 
far valere l'immunit� rispetto al minacciato processo esecutivo. E poich� 
l'unico strumento. processuale, approntato dalla legge sulla depenalizzaizone 
per reagire (non solo contro l'accertamento delfinfrazione, ma 
anche) contro l'ordine di pagamento, impartito con il procedimento, � 
l'opposizione prevista dallo stesso art. 9, legittimamente l'attuale ricorrente 
ha esperito tale rimedio, per fare dichiarare giudizialmente, in 
prevenzione, il proprio diritto all'immunit� dalla giurisdizione di esecuzione. 


3. -Non pu� trovare, invece, accoglimento il secondo motivo. Con 
il quale -denunziandosi ancora violazione e falsa applicazione degli 
artt. 58 e 43 della Convenzione, nonch�, omesso esame .di pilnto decisivo 
-si lamenta che il Pretore abbia negato, in principio, che il parcheggio 
dell'autovettura possa, pur quando connesso con un atto di 
ufficio, rientrare nell'ambito dell'immunit�, e per l'effetto abbia, in concreto, 
omesso di esaminare il fatto decisivo, pure dedotto, se nella specie 
il parcheggio fosse, o non, connesso l'esercizio delle funzioni consolari 
del ricorrente. 
Fondata quanto alla enunciazione di tesi formulata nella prima parte, 
la censura � invece da rigettare quanto alle implicazioni prospettate 
nella seconda. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

436 

Come queste Sezioni Unite hanno di recente precisato (sentenza 

n. 3007 del 7 luglio 1977, Jorge Panoy Apostolo c. Rubin Marina) rientrano 
nell'ambito dell'immunit� garantita dalla Convenzione di Vienna 
non soltanto gli atti ufficiali, compiuti dal console nell'esercizio delle 
funzioni proprio dell'ufficio ricoperto, ma anche tutti gli atti e le attivit� 
che, pur non essendo di per s� tali, tuttavia siano strumentalmente o 
eziologicamente connessi al compimento di atti ufficiali, e riferibili, per 
il tramite dell'autore, allo Stato estero sotto il profilo pubblicistico. 
Pertanto � errato neg�re in linea di principio ch� l'immunit� consolare 
copra �anche attivit� materiali del console, quali la guida ed il parcheggio 
di un'autovettura, ben potendo queste presentarsi strumentalmente 
collegate, nel senso anzidetto, con la funzione. Per quanto in particolare 
riguarda la circolazione automobilistica e le sue vicende, anzi, 
una conferma della loro riconducibilit� nell'area dell'immunit� consolare 
� desumibile, sul piano del diritto positivo, dalla stessa Convenzione, 
che, prevedendo espressamente la soggezione alla giurisdizione � en cas 
d'actione civile ... intent� par un ties pour un dommage r�sultant d'un 
accident caus�... par un vehicule... � (art. 43,2-b) come deroga (� toutefois 
�) alla regola dell'immunit� sancita in generale (art. 43.1 citato), 
lascia intendere come senza tale puntuale disposizione l'immunit� varrebbe 
anche per la responsabilit� civile connessa alla circolazione dei 
veicoli, e quindi .indica che -fuori della specifica disposizione derogatoria 
-la circolazione stessa e le sue vicende possono rientrare nel-
l'area dell'immunit�. 

Non vale, contr� la tesi qui recepita, l'argomentazione dal Pretore 
tratta, sulla premessa che, per principio pacificamente riconosciuto, al 
console non pu� mai competere, quanto ad immunit�, uno status migliore 
dell'agente diplomatico dall'art. 93 del vigente codice della strada 
che detta speciali disposizioni per gli agenti diplomatici e le loro vetture. 
Quanto meno perch� tale norma non �; essa, attributiva dell'immunit�, 
ma la presuppone, e proprio come reazione sostitutiva dell'impossibile 
inflizione diretta di una qualche sanzione prevede la speciale segnalazione 
per via diplomatica, dell'infrazione commessa dall'agente diplomatico 
estero al capo della missione di appartenenza. 

N� giova sottolineare le difficolt� di ravvisare nelle singole situazioni 
concrete il collegamento con la funzione: il rilievo, certamente esatto, 
non smentisce il principio, ma segnala unicamente la delicatezza della 
indagine ordinata alla sua applicazione, ed avverte come questa debba 
essere svolta con attenzione e prud�nza, tanto maggiori, quanto pi� 
generica ed anodina sia l'attivit�, di per s� non f�nzionale, del cui collegamento 
con atti ufficiali di volta in volta si discuta. 

Ed � proprio sotto quest'ultimo profilo, concernente l'accertamento 
in concreto nel nesso strumentale fra i parcheggi in zona vietata della 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 

autovettura conteslati all'�ttuale ricorrente e l'esplicazione del suo officium 
consolare, che il ricorso, come si � detto, non pu� essere accolto. 

Non � vero, infatti, diversamente da quanto nel motivo si assume, 
che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare tale punto decisivo. 
Pur se -nell'economia della tesi di diritto test� criticata -superfluamente, 
il Pretore si � dato carico, al contrario, della circostanza che 
l'opponente aveva chiesto di �provare con testimoni che le infrazioni 
(erano state) compiute nell'esercizio di funzioni consolari�; ma ha reputato 
-con apprezzamento di fatto incensurabile, e com4nque non censurato 
-� un tale capitolo di prova... inammissibile, per la sua estrema 
genericit� ed inconcludenza �, 

4. -In definitiva, il dispositivo della sentenza impugnata, essendo 
conforme a legge, va tenuto fermo, mentre ne va emendata la motivazione, 
nel duplice senso (a) che il console, cui l'ordinanza-ingiunzione 
prevista dall'art; 9 legge n. 317 del 1967 abbia inflitto una sanzione 
pecuniaria per violazione delle norme sulla circolazione stradale, � legittimato 
a proporre opposizione avanti al Pretore al fine di far dichiarare 
la propria immunit� ai sensi della convenzione di Vienna 24 aprile 1963, 
resa esecutiva in Italia con legge 9 agosto 1967, n. 804, dal procedimento 
di esecuzione forzata, altrimenti esperibile nei suoi confronti sulla base 
di quel titolo esecutivo, ai sensi degli artt. 9 e 13 della legge 317 citata; 
e (b) che l'immunit� consolare riguarda anche le attivit� -comprese 
quelle concernenti la guida e la sosta di autoveicoli -che, pur non 
direttamente esplicative delle funzioni proprie dell'ufficio, siano per� 
strumentalmente ed eziologicamente connesse con atti ufficiali, e quindi 
anche esse riferibili allo Stato estero sotto il profilo pubblicistico. 
-(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 novembre 1977, n. 4870 � l'res. Novelli 
-Est. Scanzano -P. M. Martini Ferraiuolo (diff.) -Fall.to Togniplast 
s.p.a. (avv. Ped�) c. Regione Trentino Alto Adige (avv. Stato 
Cavalli) nonch� contro I.M.I. (avv. Guazzugli�Marini). 

Fallimento � Contributo regionale per pagamento degli interessi di un mutuo 
contratto dal fallito . Scioglimento del contratto per fallimento � 
Perdita del contributo. 

(I. reg.le Trentino Alto Adige 7 marzo 1963, n. 10, artt. 1 e 6). 
Il provvedimento regionale che eroga il contributo per il pagamento 
degli interessi a favore dell'istituto di credito che ha concesso un mutuo 
ad un'impresa perde ogni effetto a seguito della sentenza dichiarativa 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

438 

del fallimento dell'impresa mutuataria, che scioglie il contratto mutuo e 
sospende l'obbligo della corresponsione degli interessi (1). 

(Omissis). -Egualmente connessi fra loro sono il terzo motivo del 
ricorso del curatore e il terzo motivo del ricorso I.M.I. entrambi essendo 
diretti a sostenere la spettanza del residuo contributo rispettivamente 
a ciascuno di essi ricorrenti. 

La curatela denunzia violazione e falsa applicazione della ripetuta 
legge regionale in relazione ai principi generali del diritto, e lamenta che 
la Corte di merito, dopo avere, nel decidere la questione di giurisdizione 
sollevata dalla Regione, riconosciuto che, riguardo al contributo de quo, 
l'impresa finanziata era titolare di un diritto soggettivo, abbia poi negato 
che, sopravvenuto il fallimento, lo stesso diritto spettasse alla curatela. 
Soggiunge che, una volta accertato, come era stato accertato, che era 
stato soddisfatto l'interesse pubblico in relazione al quale il contributo 
era stato accordato (ed infatti erano state eseguite le opere cui si riferiva 
il finanziamento) non v'era ragione perch� dovesse venir meno il beneficio 
derivante dal concorso regionale, che aveva costituito motivo di 
affidamento per i creditori. 

Dal canto suo l'I.M.I., denunziando violazione dell'art. 6 della medesima 
legge, rammenta che, a tenore di esso, il contributo in parola bench� 
accordato a favore dell'impresa, doveva essere corrisposto direttamente 
ad esso finanziatore. Soggiunge che il corrispondente diritto soggettivo, 
in tal modo perfezionatosi nei suoi confronti, non poteva essere 
negativamente influenzato dal successivo fallimento della detta impresa, 
tanto pi� che nessuna ipotesi, legale o contrattuale, di decadenza o di 
revoca o di sospensione di quel diritto era ravvisabile nella specie: n� 
poteva una di tali evenienze ricollegarsi alla risoluzione del contratto di 
mutuo (derivata dal fallimento) e dall'esaurimento della relativa 
situazione. 

(1) Con questa sentenza il S.C. ha risolto favorevolmente all'ente regionale 
la delicata questione attinente agli effetti della dichiarazione di fallimento sul 
provvedimento concessione di un contributo finalizzato, accogliendo la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura circa la cessazione degli effetti del provvedimento concessorio. 
La strada percorsa per giungere a tale conclusione � quella, gi� accolta 
in precedenti decisioni {v. da ultimo sent. 23 agosto 1972, n, 2796, in Giust. 
civ. 1973, I, 84 e 1009 con nota di GHIRARDI, Interpretazione della realit� del mutuo), 
secondo cui le finalit� perseguite dall'ente regionale �entrano� a far parte 
dell'atto di concessione con rilevanza �causale>>, sicch� in caso di mancata realizzazione 
.di tale finalit� il provvedimento perde ogni effetto. Anche se altre 
vie sembrano pi� correttamente percorribili, per giungere ad identico risultato, 
non pu� non sottolinearsi la importanza del principio affermato e la possibilit� 
di sua pi� ampia applicazione. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

A questa considerazione si riallaccia il primo motivo dello stesso 
ricorso, con cui l'I.M.I. denuncia violazione degli artt. 1453 c. civ. e 
55 I. fall. per sostenere: 

a) che il fallimento del mutuatario non comporta la risoluzione 
del contratto di mutuo ma, pi� esattamente, la decadenza dal beneficio 
del termine, ex. art. 1679 c. civ.; 

b) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, 
non esiste alcuna contraddizione tra il fatto che esso ricorrente, valendosi 
della disposizione ora citata, abbia chiesto ed ottenuto l'ammissione 
del suo residuo credito al passivo del fallimento, e la sua pretesa alla 
corresponsione di un residuo contributo legittimamente deliberato e mai 
revocato: pretesa -aggiunge -che rimane fondata ancorch� con la 
cosidetta risoluzione del mutuo possa venire meno il diritto agli interessi. 
Nella memoria poi chiarisce che tale diritto, in quanto accessorio ad un 
credito privilegiato, opera anche dopo il fallimento del debitore (al cui 
passivo, appunto, con provvedimento ormai passato in giudicato, � stato 
ammesso insieme col capitale), e che detta ammissione non incide sulla 
coobbligazione che al riguardo � stata assunta dalla Regione. 

Le censure non hanno fondamento. 

Si evince dalla sentenza impugnata, ed in particolare dai riferimenti 
al decreto di concessione del contributo, alla legge da cui questo � consentito, 
ed alla convenzione esecutiva prevista dalla stessa legge, che il 
contributo in parola viene concesso (ed � stato nella specie concesso) 
all'imprenditore che .con la sua iniziativa va ad incrementare le attiVit� 
industriali della Regione, e che il pagamento diretto all'istituto che ha 
erogato il finanziamento cui il contributo si riferisce � una modalff� esecutiva 
(dell'obbligo della Regione) che non modifica la titolarit� del 
diritto al contributo stesso, r'na attribuisce al finanziatore solo il diritto 
alla riscossione del relativo importo (se, ed in quanto dovuto). 

Riconoscere nell'imprenditore il destinatario del beneficio e nell'l.M.I. 

il titolare del diritto alla riscossione non risolve per� il problema n� a 

favore del primo (e per esso alla curatela fallimentare) n� a favore 

del secondo. Non lo risolve, in particolare, a favore della curatela, anche 

se la Corte di merito, nell'esaminare la questione di giurisdizione sol


levata dalla Regione, abbia fatto riferimento ad un diritto soggettivo 

perfetto: � noto, infatti, che il giudizio emesso al riguardo considera 

la posizione soggettiva dedotta e la valutazione che di essa fa l'ordina


mento, ma prescinde dall'esistenza in concreto dei requisiti di fonda


tezza della pretesa che ne � oggetto. 

Va aggiunto che non giova ai ricorrenti il fatto che l'interesse pub


blico cui si coordina il beneficio de quo sia stato gi� valutato all'atto 

della sua concessione con la constatazione della avvenuta esecuzione 

delle opere finanziate, e che in materia la Regione non abbia adottato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

440 

alcun provvedimento di revoca o di decadenza. La soluzione adottata 
dalla Corte di merito si giustifica anzi proprio nel quadro di un'esatta 
visione di tale interesse, opportunamente coordinato con la ratio del 
beneficio e lo svolgimento del rapporto di finanziamento cui esso inerisce. 

� anzitutto evidente che, allorquando la Regione, valutato l'interesse 
pubblico connesso all'iniziativa programmata dalla Togniplast, si determin� 
ad accordare il noto contributo, non intese concedere un � premio 
�, cio� fare un'astratta elargizione che fosse fine a se stessa e svincolata 
dalle vicende della impresa: al contrario, consentendo di concorrere 
al pagamento degli interessi del mutuo contratto per la realizzazione 
di u.na 'determinata iniziativa industriale, volle accordare una 
agevolazione che, sul piano della politica economica, era necessariamente 
finalizzata alla creazione e allo sviluppo di un'impresa vitale e 
funzionante, e sul . piano giuridico si caratterizzava in base ad una precisa 
causa: quella di alleviare l'onere dell'imprenditore relativo al costo 
del denaro che col .fim1.nziamento. gli era stato erogato, e del quale, col 
differimento dell'obbligazione di restituzione, veniva ad acquisire l'utilit�. 

In tale situazione, avuto per fermo -giova ripet~re -che il contributo 
riguarda gli interessi, la finalit� del concorso regionale cos� concepito, 
entrava a far parte della struttura dell'atto di concessione con 
rilevanza causale, analogamente a quanto si verifica nei cosiddetti � mutui 
di scopo>>, di cui si � occupata questa corte con sentenza 8 agosto 
1972, n. 2796. 

Ne deriva che, venuto meno, col fallimento del mutuatario, lo svolgimento 
fisiologico del contratto di mutuo (che col fallimento � automaticamente 
scaduto, divenendo il relativo importo immediatamente 
esigibile: art. 55 I. fall.) e sospendendovi il corrispondente obbligo dello 
stesso mutuatario di pagare gli interessi al titolo ori~inariamente previsto 
(cio� come corrispettivo del godimento del denaro), non v'� dubbio 
che sia venuto a modificarsi radicalmente il meccanismo cui era coordinata 
la corresponsione delle rate di contributo, e� che sia venuta meno 
la stessa causa di questo. 

Di tutto ci� � conferma il fatto che per effetto dell'immediata sca


denza del mutuo (art. 55 I. fall. 2� comma)'. l'I.M.I. sia stato ammesso 

al passivo fallimentare per l'intero residuo del capitale mutuato. Che 

poi, con il capitale, siano stati ammessi al passivo anche i relativi inte


ressi, � circostanza che non comporta le conseguenze invocate dall'I.M.I. 

Altra, invero, � la causa degli interessi pattuiti col contratto di mutuo 

e coordinati con lo svolgimento fisiologico, egualmente previsto, del rap


porto di finanziam�nto, ed altri sono la causa ed il titolo degli inte


ressi che, agli effetti del concorso, continuano ad esser dovuti ex art. 55, 

1� comma I. fall. -E per evidenziare la differenza � sufficiente rilevare: 


PARTB I, SBZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 441 

. a) che gli interessi di cui alla disposizione citata sono dovuti solo 
sui� crediti privilegiati (e nella specie sono stati ammessi �al passivo proprio 
e solo per la natura privilegiata del credito dell'I.M.I. laddove 
la finalit� del concorso accordato dal�a Regione prescindeva dalla natura 
del credito di detto Istituto e si ricollegava all'interesse dell'incremento 
delle attivit� economiche -regionali; 

b) che gli interessi dovuti ex art. 55 I. fall., siccome appunto previsti 
in relazione al procedimento esecutivo concorsua:le e ad un debito 
scaduto, sono dovuti fino alla data della vendlta dei beni� oggetto di 
privilegio e ad un tasso opportunamente variato (v. artt. 2749, 2788, 
2855, c. civ.), con evidente coordinamento con le finalit� di detto procedimento 
e totale indipendenza dalle regole� che presiedono� al computo 
ed al corso degli interessi relativi al normale svolgimento del rapporto 
di mutuo, quale presupposto dal provvedimento regionale di concessione 
del contributo. 

Non. giova infine all'l.M.I. argomentare dal riferimento (in verit� 
sovrabbondante), fatto dalla corte di merito all'accollo. � evidente, infatti, 
che, se per ragioni attinenti alla causa del rapporto viene meno 
il debito d'interessi dell'obbligato principale come strutturato secondo 
il suo titolo originario, viene meno anche la relativa coobbligazione che 
si fosse assunta la Regione in via di accollo. 

Le considerazioni svolte determinano l'assorbimento del secondo mo


tivo del ricorso della . curatela, diretto a censurare le ragioni in base 

alle quali la corte di merito ha escluso la possibilit� di cedere o scon


tare le rate di coptributo scadute dopo la dichiarazione di fallimento. 

� chiaro, infatti, che venuto meno il diritto al contributo, perde rile


vanza ogni questione che concerna il punto prospettato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 novembre 1977, n. 5042 -Pres. 
Giannattasio -Est. Vela -P. M. Pedace (conf.). -Ministeri dell'Interno 
e di Grazia e Giustizia (avv. Stato Zagari) c. Soc.r.l. Immobiliare 
Valmaggia. 

Competenza e giuridiziosne � Accertamento preventivo di danni derivanti 
da omesso intervento della polizia � Improponibilit� per difetto di 
giurisdizione. 
(cod. proc. civ., artt. 41, 692 e 693). 

� improponibile per difetto di giurisdizione del giudice ordinario il 
ricorso per accertamento preventivo dei danni derivanti da omesso intervento 
della polizia a tutela della propriet� privata (1). 

(1) La sentenza � conforme all'orientamento consolidato del S.C. che esclu<
le l'esistenza di un diritto soggettivo perfetto del cittadino all'intervento della 
Autorit� pubblica� per prevenire danni alla sua incolumit� e ai suoi beni, pur 

442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Le Amministrazioni ricorrenti chiedono che sia dichia� 
rato il difetto assoluto di giurisdizione sotto un duplice profilo. 

Premesso che l'istanza di accertamento preventivo � � funzionalmen� 
te e teleologicamente connessa con una pretesa di danni�, che la societ� 
Valmaggia intende far valere nei loro confronti per non avere esse im� 
pedito l'abusiva occupazione dei suoi immobili, sostengono che: a) ri� 
spetto ai poteri di polizia che ha lo Stato per prevenire gli illeciti ed 
i reati, nessuna posizione di diritto soggettivo � accordata ai cittadini, 
essendo quella prevenzione condizionata dai mezzi finanziari e dagli 
organici del personale prestabiliti per legge, e dovendosi essa svolgere 
secondo scelte dipendenti da valutazioni assolutamente discrezionali; 
b) comunque, essendo stati denunciati fatti costituenti reati, la cogni� 
zione �piena� dei danni che ne sarebbero derivati � preclusa al giudice 
adito perch� spetta alla giurisdizione penale. 

Il ricorso (ammissibile, in quanto i procedimenti di istruzione pre� 
ventiva hanno natura soggettivamente ed oggettivamente giudisdizionale, 
sono disposti dal giudice ordinario, innanzi a lui si svolgono e concer� 
nono il compimento di atti istruttori da far valere in futuro processo 
civile: SS.UU. 10 ottobre 1964, n. 2564; 26 gennaio 1968, n. 239; 8 giugno 
1968, n. 1748; 10 giugno 1968, n. 1766; 21 agosto 1972, h. 2689) � fonda~o 
solo in parte. 

Esattamente lo si � impostato considerando quale sia la posizione 
sostanziale di cui la Valmaggia intende chiedere tutela nel giudizio di 
risarcimento di danni preannunciato nel ricorso al Presidente� del Tri� 
bunale. 

La legittimazione all'istanza deriva, infatti, non da un generale ed 
autonomo potere di acquisire anticipatamente una prova -se cos� 
fosse, la questione di giurisdizione non sarebbe mai prospettabile ma 
dall'allegazione di un diritto soggettivo, a salvaguardia del quale ci 
si ripromette di agire, poi, innanzi al giudice ordinario. Ci� risulta 
testualmente dall'art. 693, primo comma, cod. proc. civ. (che indica il 
destinatario dell'istanza nel � giudice che sarebbe competente per la cau� 
sa di merito�) e si ricava dal carattere prodromico dell'istruzione pre� 
ventiva, che non � mai fine a se stessa, ma viene espletata in vista di 
un futuro processo ordinario (artt. 692, 696, 698, 699 cod. cit.). 

Ora, quella posizione soggettiva non �, nella specie, configurabile 
come diritto e quindi non pu� dar luogo ad un'azione in sede civile 
(art. 1 cod. proc. civ.). 

riconoscendo in materia un interesse legittimo al corretto uso da parte del� 
l'Amm.ne dei poteri discrezionali conferitile (v. fra tante sent. 14 ottobre 1972, 

n. 3060, in questa Rassegna 1972, I, 1058 con nota di richiami). 
La giurisprudenza del S.C. � altres� ferma all'ammissibilit� del regolamento 
di giurisdizione in relazione ai procedimenti di istruzione preventiva (v. da 
ultimo sent. 21 agosto 1972, n. 2689, in Giust. civ. 1972, I, 1687 ove richiami). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 443 

Questo non perch� la cognizione della causa spetti al giudice penale. 

Il secondo motivo del ricorso, che adduce questa tesi, non solo 
solleva un problema di competenza anzich� di giurisdizione ed � quindi, 
prima che infondato, inammiss,ibile (SS.UU. 6 febbraio 1971, n. 316 e 6 
luglio 1974, n. 1977), ma � anche fuorviante, nel senso che sposta i termini 
caratterizzanti della questione, consistenti in ci�, che la responsabilit� 
dei due Ministeri convenuti, lungi dall'essere desunta da fatti 
penalmente rilevanti compiuti dai rispettivi funzionari e da questi estesa 
loro a norma dell'art. 28 Cost.,r� invece collegata d�rettamente al dovere, 
che essi avrebbero, in quanto organizzazioni statali, di intervenire 
a tutela della propriet� privata. . _ 

Vero �, piuttosto, che tale dovere non esiste. Esso {dovrebbe essere 
l'~t!~.--~~--un_.~apportp ob1Jligatorio fra Stato e ~�l1.!~()l~~�;��-di 

m_~Q eh"'._verso costui il primo fosse . tc;:11utQ.. ~Q gp,_ fi~!!�rminat() com.portamento 
p-;~t~ttf;(); solo cos�, i~fatti, potrebbe considerarsi lo Stato 
re~;~n-e;--fo�'base al principio di causalit� giuridica (art. 40, secondo 
comma, cod. pen. e S.U. 14 ottobre 1972, n. 3060) dei danni da altri 
provocati al cittadino stesso. Invece, tanto la prevenzione dei reati quanto 
la cura dell'incolumit� personale o dei beni individuali, attengono allo 
svolgimento di funzioni pubbliche, perch� lo Stato vi provvede con 
atti autoritativi ed in vista delle esigenze di conservazione dell'intera 
compagine sociale, dopo aver predisposto nella competente sede i mezzi 
che ritiene opportuni ed adeguati in un determinato contesto storico, 
secondo scelte che necessariamente dipendono da valutazioni discrezio


nali di numerosi fattori. 

Con questo non si vuole concludere che il cittadino mai abbia possibilit� 
di reagire sul piano giuridico di fronte alla carente o insufficiente 
esplicazione dell'azione amministrativa. 

Pu� egli abbisognare particolarmente dell'intervento della forza pubblica, 
pel fatto di trovarsi esposto ad uno specifico pericolo o, addirittura, 
a danni alla sua persona o ai suoi beni. In tale situazione, il suo 
interesse, �lungi dal confondersi con quello generale alla prevenzione ed 
alla repressione degli illeciti, assume una propria, peculiare individualit� 
ed una propria urgenza. Esso non � pi� di mero fatto, ma giuridico 
e, come tale, � tutelabile innanzi agfi organi di giustizia amministrativa. 

Contro siffatta conclusione, che corrisponde ad un orientamento gi� 
seguito da questa Corte (SS.UU. 16 lug�io 1955, n. 2285; 30 maggio 
1966, n. 1417; 10 giugno 1968, n. 1769; 14 ottobre 1972, n. 3060) e che 
conduce, da un lato, a negare la giurisdizione del giudice ordinario, dall'altro 
a respingere la tesi estrema del difetto assoluto di giurisdizione, 
sostenuta nel ricorso, non potrebbe opporsi che la stessa giurisprudenza 
delle Sezioni Unite ha sempre ammessa l'azione risarcitoria contro lo 
Stato, quando sia stata rifiutata l'assistenza della forza pubblica all'ese




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

444 

cuzione di provvedimenti giurisdizionali (per lo pi�, convalide di sfratti: 
sentt. 22 febbraio 1926; 6 settembre 1952, nn. 2859-2861; 29 ottobre 1958, 

n. 3560; 1 agosto 1962, n. 2299). 
Le fattispecie sono diverse. Quella che ha formato oggetto delle pronuncie 
appena citate � l'attivit� materiale necessaria per consentire all'organo 
esecutivo della giurisdizione -l'ufficiale giudiziario -di attuare 
contro l'inadempiente la sanzione stabilita dalla legge ed applicata 
dal giudice a salvaguardia di un diritto soggettivo, eh~ l'ordinamento 
riconosce e garantisce in quanto tale (cos� specialmente, le due sentenze 
del 1958 e del 1962). 

Nel caso ora ir� esame, al contrario, l'ordine di sgombero degli 
immobili della Valmaggia, emesso dal Procuratore della Repubblica, non 
era preordinato tanto alla protezione della propriet� privata, quanto ad 
impedire che producesse ulteriori conseguenze una situazione di illiceit� 
penale, lesiva, quindi, di interessi generali; ed all'autorit� di pubblica 
sicurezza era stata affidata una funzione di polizia giudiziaria (artt. 
219, 220 e 232 cod. proc. pen.'l:.J 

Deve pertanto, essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinariz;-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 novembre 1977, n. 5177 -Pres. Iannuzzi 
-Est. Mancuso -P. M. Raja (conf.) -A.N.A.S. (avv. Stato D'amato) 
c. Buonanno (avv. Chiacchio). 

Espropriazione per p.u. -Espropriazione parziale -Criterio di stima differenziale 
-Presupposti di applicabilit�. 

(Cost., art. 42; I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39, 40, 41). 

Espropriazion~ per p.u. -Indennit� -Vincoli di inedificabilit� previsti per 
legge -Non indennizzabilit�. 

(l. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 40 e 41). 
Affinch� sia applicabile il criterio di stima differenziale previsto 

dagli artt. 40 e 41 L. n. 2359 del 1865 occorre che fra la parte espro


priata e quella non espropriata sussista un vero e proprio vincolo ob


biettivo, in modo che il distacco di una parte dell'immobile influisca 

sull'utilit� della seconda (in senso positivo o negativo) (1). 

Non � indennizzabile il pregiudizio derivante alla parte residua di 

un fondo espropriato se tale pregiudizio deriva come cpnseguenza ge


nerale od ineluttabile della esecuzione dell'opera pubblica (2). 

(1-2) La sentenza in rassegna conferma :principi ormai fermi nella giurisprudenza 
del S.C. 
H senso conforme alila prima massima v. da ultimo sent. 29 novembre 1977, 

n. 5185, nonch� 29 dicembre 1975, n. 4047. 
Nello stesso senso della seconda sent. 26 febbraio 1975, n. 765, Consiglio 
�!i Stato 1975, Il, 689 ove richiami. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 445 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 dicembre 1977, n. 5261 -Pres. 
Danzi -Est. La Torre -P. M. Gambogi (conf.) -Ministero Difesa 
(avv. Stato Baccari) c. Credito Italiano (avv. Molle) e Siciliani De 
Cumis (avv. De Seta). 

Obbligazioni e contratti -Clausola penale prevista in capitolato generale Potere 
di riduzione ad equit� dell' A.G.O. � -Sussiste. 
(cod. civ., art. 1384). 

La disposizione dell'art. 1384 cod. civ., che prevede la riduzione della 
penale manifestamente eccessiva tenuto presente l'interesse economico 
del creditore all'adempimento, si applica anche quando detta penale 
sia stabilita a favore della P.A. in forza di causala del capitolato generale 
richiamato nel contratto (1). 

(Omissis). -4. -La Corte di Napoli, confermata sull'an debeatur la 
sentenza di primo grado, l'ha riformata in ordine al quantum, riducendo 
equamente -in accoglimento della subordinata istanza dell'appellante 
Siciliani -l'ammontare della penale convenuta per il caso di inadempimento 
(e liquidata dal tribunale): dall'importo di oltre venti milioni 
di lire, pari al 10 % del valore della merce non consegnata, alla minore 
somma di L. 10.231.880, pari al 5 % di tale valore. Ci� ha. statuito, a 
norma dell'art. 1384 e.e., sul riflesso che � la facilit� con la quale l'amministrazione 
militare poteva rifornirsi della merce presso altri pastifici 
delle zone vicioniori, sia pure con una lieve maggiorazione del prezzo 

(,1) Con l'autorit� delle Sezioni ~nite si conferma l'indirizzo contenuto nella 
sentenza de!Na 1� Sezione 22 novembre 1976, n. 4386 (in Foro it. 1977, I, 382) 
in ordine al riconoscimento all'A.G.O. del rpotere di riduzione della penale stabilita 
nei contratti a favore della P.A. Malgrado l'alto insegnamento devesi 
ribadire il sommesso, ma fermo dissenso sulla conclusione cos� confermata (le 
precedenti decisioni del S.C. di diverso avviso n. 419 del 1974 e 2766 del 1969 
sono pubblicate in� questa Rassegna rispettivamente 1974, I, 489 e 1969, 762). 

Occorre dare pienamente atto a1 S.C. dell'ampiezza delila motivazione, ma 
il punto di maggiore dissenso sta nella premessa dell'argomentare, l� dove si 
afferma che gli interessi della p.a., in quanto persegiliti attraverso un contratto 
di diritto privato e non in forza di un atto di autorit� � sono pubblici 
solo in senso mediato e indiretto �, come se lo strumento utilizzato possa 
degradare la natura dell'interesse perseguito (v. in senso contrario la pacifica 
giurisprudenza della S.C. a proposito dei c.d. � mutui finalizzati � dove addirittura 
si afferma la inclusione nello schema privatistico del fine pubblico: 
cos� da ultimo sent. 11 settembre �1977, n. 4870, in questa Rassegna 1978, I, 437). 

Tale affermazione prescinde, infatti, da una attenta considerazione, come 
la difesa dell'Amministrazione non aveva mancato di sottolineare, della particolare 
disciplina dettata a proposito d~li enti pubblici soggetti a quella che 
� stata da autorevole dottrina denominata dell'evidenza pubblica. Secondo tale 
normativa l'attivit� negoziale dell'ente pubblico �, per cos� dire, doppiata da 
una fase procedimentale di natura squisitamente pubblicistica che serve ad in




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pattuito col Siciliani, e quindi il suo non rilevante interesse all'adempimento 
fanno apparire senza dubbio eccessiva la penale pattuita �. 

� questa la pronuncia che l'Amministrazione della difesa investe col 
secondo motivo del suo ricorso, censurandola per violazione degli artt. 
4 e 5 legge 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, nonch� dell'art. 1384 e.e. 
Tale norma -afferma il ricorrente -attribuisce al giudice il potere 
di ridurre la penale quando l'ammontare di essa appare manifestamente 
eccessivo, avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento: 
ma una siffatta indagine, proprio per il riferimento a questo interesse, 
�non � ammissibile quando il contratto � posto in essere dalla pubblica 
amministrazione per l'attuazione di fini pubblici�. Cio infatti comporterebbe 
la possibilit�, preclusa all'a.g.o. (ex artt. 4 e 5 legge cit.), 
di una diversa valutazione dell'interesse pubblico che l'autorit� ha gi� 
insindac~bilmente compiuto nel determinare l'ammontare' della penale: 
il che �si risolverebbe inevitabilmente in una sostituzione non consentita 
della volont� del giudice a quella della puoblica amministrazione nella 
sfera di attivit� e di determinazioni discrezionali-ad essa riservate �. 
Tanto pi� quando -come nella specie -la penale sia prevista � nelle 
condizioni generali 'da osservarsi per gli acquisti delle forze armate 
dello Stato, approvate con d.m. 20 giugno 1930, n. 35 e richiamate 
espressamente nell'art. 8 del contratto di cui si tratta�. 

Prima di prendere in esame il su riassunto motivo di ricorso, oc


corre avvertire che la questione di diritto con esso prospettata, e cio� 

se la qualit� di p.a. di uno dei contraenti sia o no di ostacolo all'ap


plicabilit� dell'art. 1384 e.e. (riduzione della penale ope iudicis), � stata 

finora risolta in modo contrastante dalle Sezioni semplici di questa Su


prema Corte. Per la soluzione affermativa, e. in base agli argomenti 

qui richiamati dalla difesa erariale, si � pronunciata la Sezione I con 

le sentenze 23 luglio 1969, n. 2766 e 14 febbraio 1974, n. 419. Ma in 

dividuare l'assetto degli interessi che il contratto da stipulare deve presentare 

per essere conforme al pubblico intresse. 

Una volta che tale assetto di interessi viene delineato, questo viene tra


dotto in negozio privato, che � sog;getto a tutte le norme di diritto comune 

circa la sua validit� od efficacia. 

Ma resta ben inteso che la regolamentazione contrattuale dipende, per quan


to r1gua1da la sua applicabilit� all'Amministrazione, anche dal corretto for


marsi della fase pubblicistica antecedente ed eventualmente susseguente alla 

conclusione del contratto di diritto privato. 

Ci� significa anche che ogni modifica dell'assetto di interessi cristallizzato 

nel contratto importa una modifica della fase procedimentale precedente, e 

per essere '\nincolante per l'ente pubblico deve essere da questo approvata secondo 

le forme procedimentali pubblicistiche. 

Ma se ci� � esatto, ne deriva che non pu� ritenersi applicabile alla P .A,. 

l'art. 1384 cod. civ., che consente all'A.G.0. di modificare l'assetto contrattuale 

adeguandolo all'interesse economico del crecHtore interno al contratto, posto che 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 447 

nessuna delle due sentenze (pressoch� identiche nella motivazione, che 
sul punto � piuttosto scarna) si fa cenno -sia pure per disattenderlo .....: 
al contrario precedente del 21 aprile 1965, n. 699, col quale l� Sezione 
III -premesso che �l'interesse del creditore all'ademp�mento della 
prestazione garantita dalla penale attiene soltanto ai fini patrimoniali 
cui si connetteva l'obbligazione rimasta inadempiuta e alla realizzabilit� 
aliunde di tali fini, senza che possano venire in considerazione gli 
ulteriori scopi cui l'oggetto della prestazfone avrebbe dovuto essere 
destinato secondo l'intenzione del creditore� -aveva optato per la 
soluzione negativa: non essere cio� di ostacolo all'esercizio giudiziale 
del potere di riduzione della penale il fatto che questa sia prevista 
a favore di una p.a., a nulla rilevando che essa si avvalga del contratto 
come strumento mediato per il conseguimento delle sue fina


lit� istituzionali. 

E in quest'ultimo senso, riesaminata ex professo la questione (in 
una fattispecie in cui, come nella presente, si trattava d� condizioni 
generali d'oneri per la fornitura all'amministrazione militare, approvate 
con d.m. 20 giugno 1930), � tornata a pronunciarsi, con la sentenza 
22 novembre 1976, n. 4386, la stessa Sezione I, che, dopo una meditata 
revisione dell'indirizzo giurisprudenziale seguito in precedenza (con le 
sentenze n. 2766 del 1969 e n. 419 del 1974) e aderendo all'opposto 

tale potere finisce per modificare anche e soprattutto l'assetto degli interessi 
determinati dalla P.A. nella fase procedimentale pubblicistica. 

Non si tratta, quindi, di affermare la prevalenza di una norma regolamentare 
(q1.11eMa del capitolato che fissa J'ammontare deHa �pena) su di una fogge 
(art. 1384), ma di conciliare norme di pari grado tra loro incompatibili: l'art. 
1384 cod. civ., dettato esclusivamente per i rapporti di diritto comune, e quelle 
contenute nella legge di contabilit� generale che disciplinano il funzionamento 
della P.A. e che hanno, come ha riconosciuto con giurisprudenza costante lo 
stesso S.C., non solo forza vdncolante a!ll'interno, e anche nei confronti delll� 
generalit�. 

E non sembra dubbio che la norma speciale (quella appunto di contabilit�), 
prevalga su quella generale come impone d'altronde l'art. 11 cod. civ., tenendo 
conto anche della diversa natura degli interessi perseguiti. 

N�, infine, pu� invocarsi il rpotere dell'A.G.0. di disapplicare l'atto amministrativo 
perch� l'esercizio di tale potere .presuppone l'illegittimit� dell'atto, ci� 
che nella specie � assolutamente da escludere, dovendosi negare il potere del,
J.'A.G.O. di sindacare l'assetto degli �interessi che fAmrninistrazione ritiene di 
dover dare, nelil'interesse pubblico, ad un rapporto anche privatistico. Quanto 
osservato non esclude, ovv+iamente, che '1'interesse del contraente privato aLIJa 
riduzione della penalle non possa trovare -in caso di manifesta eccessivit� una 
sua tute1a. Ma tale tute1a va riservata al giudice degili interessi, venendo 
in considerazione e in conflitto con l'interesse delfa PA. al mantenimento del� 

}'assetto degli interessi da essa predisposto (interesse di natura certamente 
'pubblica). 
A. R. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

448 

orientamento (gi� tracciato con la sentenza della Sezione III n. 699 
del 1965), ha enunciato il seguente principio di diritto: 

� La norma dell'art. 1384 e.e., che prevede la riduzione della penale 
manifestamente eccessiva, avuto riguardo all'interesse (economico) che il 
creditore aveva all'adempimento, si applica anche nella ipotesi in cui 
la penale medesima � stabilita a favore della p.a. in forza di clausola 
del capitolato generale allegato al contratto. Il suddetto art. 1384 e.e., 
che ha carattere di norma inderogabile, prevale, importandone la disapplicazione, 
sulla norma secondaria del capitolato, che impone la rigida 
applicazione della multa, la quale, per effetto della eterointegrazione 
del contratto, acquista per il soggetto cui viene imposta normat~vamente 
qualificazione (anche) negoziale, legittimando il giudice ad operare rispetto 
alla clausola stessa in tale sua configurazione negoziale (non 
venendo in considerazione per effetto della disapplicazione la norma 
regol~mentare di segno contrario) la valutazione dell'interesse stesso in 
termini esclusivamente patrimoniali; e senza quindi che rilevi in alcun 
modo l'interesse pubblico in cui si coordinano gli ulteriori scopi� mediamente 
perseguiti attraverso il conseguimento della prestazione restando 
di conseguenza esclusa la violazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248 all. E�. 

Per le ragioni che qui di seguito verranno a esporsi, queste Sezioni 
Unite sono dell'avviso che la soluzione favorevole all'applicab11it� dell'art. 
1384 e.e. debba senz'altro prevalere sulla tesi contraria, che, a ben riflettere, 
� priva di fondamento, 

5. -Al ;fine di circoscrivere l'area del contrasto giurisprudenziale e 
di centrare cos� l'indagine sul punto in cui le due tesi divergono, conviene 
subito richiamare l'attenzione su �quei dati che, anche per l'indirizzo 
opposto a quello qui accolto, non sono di ostacolo all'applicabilit� del-
l'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali con la p.a. 
Non osta anzitutto il fatto che tale n01:ma, compresa fra le disposizioni 
del titolo II (libro IV del cod. civ.), sia priva di specifici 
riferimenti a un determinato tipo di contratto (nella specie: somministrazione), 
poich� � tutti i contratti... sono sotoposti alle norme generali 
contenute in questo titolo� (art. 1323 e.e.); n� conta che i contraenti 
abbiano omesso di richiamarla, poich� � il contratto obbliga le parti 
non solo a quanto � nel medesimo espresso, ma anche a tutte le 
conseguenze che ne derivano secondo la legge� (art. 1374 e.e.). Neanche 
� in s� di ostacolo la personalit�-giuridica pubblica di uno dei contraenti, 
poich� la speciale normativa che regola taluni aspetti antecedenti e susseguenti 
.al sorgere del vinculum iuris (come l� formazione della volont� 
dell'ente pubblico, la scelta del privato contraente, la stipulazione e l'approvazione 
del contratto) non esclude che, a parte la deroga dello ius 
singulare e per quant'altro attiene alla vicenda contrattuale (esistenza, 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

validit�, efficacia, interpretazione ed esecuzione del negozio), ogni questione 
ricada sotto il dominio del diritto comune. N� una norma di legge, 
come l'art. 1384 e.e., pu� essere validamente derogata da una norma regolamentare, 
atteso il ruolo subordinato che questa occupa rispetto a 
quella nella gerarchia delle fonti del diritto (art. 1 e 4 disp. prel. e.e.). 
Se poi si considera il carattere cogente dell'art. 1384 e.e. -quale norma 
dettatft a salvaguardia non solo dell'interesse particolare del debitore, 
ma anche e soprattutto dell'interesse generale, al cui servizio si pone il 
potere equitativo affidato al giudice per impedire sconfinamenti dell'autonomia 
contrattuale oltre certi limiti di equilibrio -� chiaro che n� 
ab externo, attraverso l'esercizio della potest� regolamentare dell'amministrazione 
(art. 4 disp. prel. cit.), n� ab interno, nello svolgimento 
.dell'autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 e.e.), si pu� giungere 
al risultato di rendere dispositiva una norma che � imperativa. Onde le 
condizioni generali d'oneri non possono comportare decadenza dalla 
azione giudiziaria di reductio ad aequitatem delle penali manifestamente 
eccessive, � giacch� esse, come fonti normative non aventi forza di legge, 
dovrebbero essere disapplicate se la comminassero, introducendo una 
non consentita restrizione alla funzione equitativa affidata al giudice dall'art. 
1384 �. Cos� testualmente la sentenza n. 2766 del 1969, seguita dalla 

n. 419 del 1974, che, ci� malgrado, hanno escluso l'applicabilit� delrart. 
1384 nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. E l'hanno 
esclusa sotto il riflesso che il giudice, dovendo esercitare il suo potere 
equitativo con riferimento all'interesse del creditore, non pu� svolgere 
una siffatta indagine in seno a un contratto posto in essere dalla p.a. � per 
l'attuazione dei suoi firii pubblici�, .poich� ci� �si risolverebbe in una 
valutazione dell'uso del potere discrezionale... ed in un sindacato di 
merito del capitolato generale che stabilisce le multe, cio� in un sindacato 
di merito di un atto amministrativo, non consentito dall'art. 5 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E� (v. sentenza n. 2766 del 1969). 
Starebbe in ci�, dunque, l'unico ostacolo -per cos� dire formale 
e indiretto -che impedisce al giudice l'esercizio della sua funzione 
equitativa: egli infatti non potrebbe sovrapporre la sua volont� a quella 
che la p.a. ha gi� espresso quando ha affidato al contratto la tutela 
del proprio interesse (per l'attuazione dei suoi fini pubblic�). Il che � 
quanto dire -invertendo i termini del rapporto -che in presenza di 
un soggetto particolarmente qualificato per la superiorit� degli scopi 
perseguiti, come l'ente pubblico, la valutazione unilaterale che questi abbia 
fatto del suo interesse contrattuale si sovrappone insindacabilmente 
alla diversa e pur imparziale valutazione che il giudice possa farne nell'esercizio 
del potere correttivo a lui conferito ,dalla legge (quale organo 
super partes e senza restrizioni a parte obiecti o a parte subiecti). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

450 

Assunto, code,sto, che potrebbe essere condiviso solo a patto di 

.postulare: per un verso, la subordinazione di un contraente (soggetto 
privato) al potere poziore dell'altro (ente pubblico), con la conseguenza 
di una tutela contrattuale sbilanciata dalla parte di quest'ultimo anche 
nel settore di pertinenza del diritto comune; per altro verso la riserva 
al contraente favorito (p.a.) di una posizione di immunit� rispetto ai 
poteri decisori del giudice, che sarebbe libero quindi di esercitarli a carico 
di una parte (privata) ma non dell'altra (pubblica). 
Il che -per quanto ora si dir� -non � sostenibile. 

6. -� noto cbe la pubblica amministrazione gode di poteri di supremazia 
nei confronti dei consociati e di una posizfone di (relativa) 
indipendenza dalla funzione giudiziaria (ex artt. 2, 4 e 5 legge n. 2248 
del 1865, all. E) allorch� agisce iure imperii, -cio� nell'esercizio di quelle 
potest� di diritto pubblico che, non sulla base d�l consenso altrui, ma 
in forza dell'autorit� propria, le permettono di raggiungere in modo diretto 
e immediato le sue finalit� istituzionali. Ci� non toglie che essa, 
al pari di ogni altro soggetto dell'ordinamento, possa entrare in rapporto 
con i terzi agendo iure privatorum, cio� nell'esercizio della comune capacit� 
di diritto privato di cui � tipica espressione l'autonomia contrattuale 
(art. 1322 e.e.), che trova o rende uguali i soggetti che dell'accordo 
si avvalgono �per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto 
giuridico patrimoniale� (art. 1321 e.e.). Si capisce che anche in questo 
campo gli scopi della p.a., appunto perch� suoi, non possono essere 
che pubblici; ma appunto perch� perseguiti sulla base di un accordo e 
non in forza di un atto di autorit�, sono pubblici solo in senso mediato 
e indiretto: ci� perch�, dovendosi realizzare per il tramite di . un contratto 
di diritto privato, che offre una tutela paritaria e non privilegiata 
rispetto all'altro contraente, quegli scopi non rilevano n� sori.o protetti 
in quanto propri dall'ente pubblico, ma solo se e nella misura in cui lo 
consente il regolamento negoziale prescelto dalle parti per la composizione 
degli opposti interes~i. 
Questa fondamentale distinzione, fra � amministrazione-autorit� � 
(che agisce iure imperii) e �amministrazione-contraente� (che agisce iure 
privatorum), � indicativa del diverso statuto giuridico che fa capo all'una 

o alraltra delle due sfere di attivit�: dominate, rispettivamente, dal regime 
pubblicistico dell'atto amministrativo (ex art. 4 e 5 legge del 1865, 
cit.) e dalla disciplina privatistica del contratto (ex art. 1321 e seg. e.e.). 
� precisamente questo il dato da cui occorre procedere e sul quale 
occorre soffermarsi per inquadrare nei suoi giusti termini il problema 
che qui interessa. 

Quando la pubblica amministrazione, o perch� non vuole o perch� 
non pu� avvalersi della potest� di imperio per la realizzazione diretta 
e immediata delle sue finalit� istituzionali, queste persegue, ma in 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

via indiretta e mediata, attraverso l'esercizio della sua capacit� di diritto 
privato (per. es.: acquista un terreno invece di espropriarlo o di occuparlo; 
prende in locazione un immobile invece di requisirlo; commette in 
appalto un'opera invece di eseguirla in proprio, etc.), la scelta dello 
strumento contrattuale in luogo di quello autoritario la pone in una 
situazione giuridica del tutto diversa: sia di fronte ai privati, sia di 
fronte al giudice. Con tale scelta, infatti, la p.a. viene a collocarsi in 
una posizione di uguaglianza rispetto al soggetto col quale contratta, 
accettando per ci� stesso di assoggettarsi alle regole di diritto comune, 
come a ogn'altra conseguenza -favorevole o svantaggiosa -che 
da queste regole e da quella posizione deriva nei suoi confronti. E 
ci� senza che il giudice ordinario, chiamato a dirimere la controversia 
eventualmente insorta col privato contraente, incontri limiti alf'esercizio 
della sua potest� giurisdizionale o debba subordinare la sua pronuncia 

a una tutela preferenziale dell'ente pubblico. 

Pertanto, una volta che l'interesse della p.a. � stato affidato al contratto 
di diritto privato, che postula la cooperazione dell'altro contraente 
su un piano di parit� formale, � soltanto su questo piano e sul 
metro di questo contratto che quell'interesse pu� e deve essere giudizialmente 
misurato: al fine appunto di stabilire, nel quadro dell'invocata 
tutela negoziale, se sia fondata o meno (nell'an e nel quantum) la pretesa 
che la creditrice amministrazione ricollega al fatt<;> che l'altra parte 
non ha eseguito la prestazione promessa o l'ha eseguita tardivamente� 
Una siffatta pretesa potr� avere per oggetto �la risoluzione del contratto 
per inadempimento (art. 1453 e.e.) o la risoluzione di diritto per l'inutile 
scadenza del termine essenziale (art. 1457 e.e.) o il pagamento della penale 
pattuita per il caso di man�ato o ritardato adempimento (art. 1382 
e.e.) e che � pu� essere equamente diminuita dal giudice � (art. 1384 e.e.): 
certo � che quest'ultimo, in tanto potr� pronunciare sull'una o sull'altra 
delle su indicate ist�nze, in quanto non gli sia inibita proprio quell'indagine 
di fatto che la legge gli impone di svolgere in merito. Si tratta 
precisamente di accertare, e con riferimento a tutti e tre i casi ora 
ipotizzati, l'interesse che aveva il creditore all'esatto adempimento della 
prestazione mancata o ritardata. Infatti: nel primo caso � il contratto 
non si pu� risolvere se l'adempimento di una delle parti ha scarsa importanza, 
avuto riguardo all'interesse dell'altra� (art. 1455 e.e.); nel secondo 
'caso il contratto s'intende risoluto solo � se,il termine fissato per la 

prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse 

dell'altra� (art. 1457 e.e.); nel terzo caso -del quale qui specificamente 

si discute -la penale pu� essere diminuita equamente dal giudice se il 

suo ammontare � � manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo 

all'interesse che il creditore aveva all'adempimento � (art. 1384 e.e.). 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

452 

Orbene, questo interesse -la cui valutazione � rimessa al giudice 
ed � indispensabile per risolvere la controversia -deve essere riguardato 
esclusivamente dal punto di vista contrattuale e oggetfivo. � Contrattuale
� in quanto interno e non esterno al contratto, il quale non pu� 
tutelare altri interessi fuor di quelli che ineriscono alla sua struttura e 
alla sua funzione, concretandone la causa (cfr. artt. 1321, 1325, 1372, e.e.): 
per cui se, con l'attesa prestazione, taluna delle parti -soggetto privato 
o ente pubblico -intendeva perseguire scopi estranei o ulteriori 

o indiretti rispetto al contenuto del negozio posto in essere, di codesti 
fini, che trascendono il mezzo tecnico prescelto, non si pu� n� si deve 
tener conto. L'interesse, oltre che contrattuale, deve essere poi �oggettivo
�, nel senso che l'esistenza e l'importanza di esso si giudicano dalla 
intrinseca natura dell'affare o dall'indole stessa della prestazione o, 
comunque, dalla co~une volont� delle parti quale risulta oggettivata nelle 
clausole contrattuali; non rileva quindi la mera considerazione soggettiva 
che, al di fuori di un diretto e controllabile aggancio alla realt� 
negoziale, il singolo contraente -privato o p.a. -ritenga di poter fare 
del suo interesse. Il quale, in definitiva, atteso il carattere patrimoniale 
del contratto (art. 1321 e.e.) e della prestazione che ne forma oggetto 
(art. 1174 e.e.), va commisurato al valore economico dell'attesa prestazione 
e al disvalore che la sua mancanza produce nel patrimonio del deluso 
creditore. Onde, a seconda che costui possa o no procurarsi aliunde 
il bene. promesso, la lesione dell'id quod interest si concreter� ~ispettivamente 
nel maggior costo della prestazione vicaria o nelle conseguenze 
economiche negative della prestazione mancata: senza per� che, nell'un 
caso o nell'altro, il creditore possa vantare e il giudice debba accertare 
l'esistenza di scopi eccedenti o ulteriori rispetto a quelli riconducibili 
alla nozione di interesse nel senso �contrattuale�, �oggettivo� ed �economico
�, come innanzi precisato. 
Se questo e non altro, dunque � l'interesse che deve essere apprezzato 
dal giudice per stabilire se � l'ammontare della penale � manifestamente 
eccessivo� (art. 1384 e.e.), non si vede come una tale indagine possa 
essere impedita dal fatto che il creditore sia un ente pubblico. 

Dire che la pronuncia del giudice verrebbe in tal caso a coinvolgere 
o pregiudicare le finalit� pubblicistiche perseguite dall'ente, � proposizione 
della cui inesattezza, dopo quanto si � esposto, non pu� dubitarsi: 
si � gi� visto, infatti, che l'uso dello strumento contrattuale rende mediate 
e indirette quelle finalit�, mentre l'interesse pubblico che ad esse 
si riconnette � del tutto diverso e non coincidente con l'interesse contrattuale 
nel senso sopra chiarito. Non senza soggiungere che, a voler 
differenziare e salvaguardare la posizione contrattuale della p.a. in grazia 
di quell'interesse pubblico che sempre essa ha di mira (pur se in via 
mediata e indiretta), mai allora sarebbe possibile configuare un'attivit� 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

di diritto privato d�ll'ente pubblico, n� mai vi sarebbe una uguale dignit� 
degli interessi in conflitto davanti al giudice ordinario (cfr. sul punto, 
in motivazione, S.U. n. 1169 del 1973). 

Parimenti errata si rivela l'affermazione secondo cui il giudizio espresso 
dal magistrato, intorno all'ammontare (eccessivo o meno) della penale, 
verrebbe a invadere il campo della discrezionalit� amministrativa. 

Se con ci� si intende dire che il magistrato non pu� ridurre la misura 
di una penale gi� determinata dalla p.a. in una disposizione del 
capitolato generale, in quanto l'esercizio del potere giudiziale sarebbe: 
a) da un lato precluso dalla forza normativa di tale disposizione; b) 
dall'altro incompatibile 'con la scelta discrezionale da cui essa trae 
origine, � agevole replicare che, in realt�, non sussiste n� l'uno n� 
l'altro dei due prospettati ostacoli. Non il primo (sub a) perch� il 
contrasto fra una norma di legge, per di pi� inderogabile (come l'art. 
1384 e.e.), e una norma regolamentare di segno contrario (come quella 
contenuta nel capitolato) si risolve con la prevalenza di quella su 
questa e non viceversa (artt. 1 e 4 disp. prel.); onde una disposizione 
eventualmente preclusiva del potere riduttivo concesso al giudice sarebbe 
senz'altro da disapplicare, in quanto non conforme alla legge (art. 5 
legge n. 2248 del 1865, cit.). Rimosso il primo ostacolo, cade anche ilsecondo 
(sub b), poich� la scelta discrezionale sulla cui base l'autorit� 
ha fissato nel capitolato l'ammontare della penale, in via astratta e 
generale, non viene rimessa in discussione n� tanto meno intaccata 
dalla pronuncia del giudice. Questo infatti -senza esercitare alcun 
sindacato di merito sulla disposizione regolamentare, che in quanto tale 
non forma oggetto di revoca o di modifica, ma di semplice disapplica" 
zione per la parte contrastante con l'art. 1384 e.e. -si limita a statuire 
se nel caso concreto, e solo nel caso concreto, l'ammontare della penale 
.prevista dalla clausola corrispondente alla norma del capitolato 
(recepita o richiamata nel negozio) sia o no �manifestamente eccessivo, 
avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento
� (art. 1384): interesse che, ovviamente, non � sempre il medesimo, 
prestandosi a una differente valutazione secondo le mutevoli circostanze 
del caso. Oggetto dell'indagine giudiziale, dunque, non � la norma 
regolamentare in quanto tale ma in quanto inserita nel singolo rapporto 
per cui � causa, ossia la clausola contrattuale corrispondente. E poich� 
l'altro termine di confronto � l'interesse df'.l creditore all'adempimento, 
che -giova ancora ribadirlo -va inteso in senso �contrattuale, oggettivo, 
economico � e non gi� con riferimento all'interesse pubblico 
sotteso alla formazione del capitolato, o mediamente perseguito a mezzo 
del negozio, non v'� nulla da cui possa dedursi che il giudice, nello 
svolgere l'indagine e nell'emettere la pronuncia di cui all'art. 1384 e.e., 
venga a invadere il campo riservato alla discrezionalit� amministrativa. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se poi si vuole sostenere che, cos� operando, il magistrato finisce col 
sostituire la sua volont� a quella che fu espressa dalla p.a. nello stipulare 
il contratto, la fragilit� dell'assunto risulta ancora pi� evidente. E sotto 
molteplici aspetti. Si deve in primo luogo osservare, tenendo presente 
la gi� sottolineata distinzione fra amministrazione �autorit�� (che agisce 
iure� imperii) e amministrazione �contraente� (che agisce iure privatorum), 
che i limiti posti al giudice ordinario nei confronti di quella 
non valgono nei confronti di questa: per cui, se la �volont� espressa 
m un atto amministrativo non .pu� essere modificata dall'a.g.o. (ex art. 4 
legge n. 2248 del 1865, cit.), lo stesso divieto non si estende al contratto 
di diritto privato, che � interamente regolato -salvo speciali deroghe 
-dalla legge comune. � inoltre da osservare che, attesa la posizione 
di formale parit� in cui si trovano i due contraenti {soggetto 
privato ed ente pubblico) e considerata la sintesi negoziale cui d� luogo 
�T'accordo delle parti� (artt. 1321 e 1325, n. 1, e.e.), non vi � una 
volont� dell'un contraente che emerga o prevalga su quella dell'altra, . 
ma la �comune intenzione� di entrambi (arg. ex artt.� 1321 e 1362 e.e.): il 
che significa che il giudice, quando riduce la penale convenuta nel 
contratto, non modifica la volont� della (contraente) amministrazione 
pi� di quanto non modifichi la concorde volont� del contraente privato, 
l'una e l'altro essendo ormai fuse e indistinguibili nell'unit� della 
clausola contrattuale. Ed � appunto sul contenuto di questa clausola 
-espressione di' una volont� comune, non della sola amministrazione 
-che si esercita il potere equitativo previsto con norma inderogabile 
dall'art. 1384 e.e.; il cui scopo -come si � detto -� di consentire 
al giudice, a tutela di un interesse generale e anche contro l'accordo 
delle parti, la possibilit� di rivedere la misura della pattuita penale, 
rivalutarla nel contesto della singola vicenda contrattuale, confr�ntarla 
con l'interesse .leso e, se appare manifestamente e�cessiva, ridurne l'ammontare 
per riportarla ad equit�. Solo cos� si pu� mitigare l'asprezza di 
una pena privata che, se applicata nella sua totalit�, condurrebbe a 
sconfinamenti dell'autonomia contrattuale oltre certi limiti di equilibrio: 

limiti che la coscienza sociale, di cui il giudice si fa interprete e 
tutore, richiede invece siano salvaguardati mediante l'uso di quello strumento 
correttivo all'uopo predisposto dalla legge (art. -1384 e.e.). Strumento 
senza dubbio eccezionale, dato che la regola � la non modificabilit� 
dei patti ope iudicis; ma nei pur rari casi in cui la legge lo prevede, 
conferendo al magistrato un potere d'intervento sostitutivo o modificativo 
della volont� contrattuale (come nel caso appunto dell'art. 1384; 
cfr. anche l'art. 1526, comma 2, e.e.), l'esercizio di un tale potere non 
� condizionato ratione subiecti, n� incontra altre limitazioni fuor -di quelle 
stabilite dalla ni:>rma che lo legittima. E si � visto che il principio 
di parit�, su cui si fonda la disciplina giurisprivatistica del contratto, 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

non annette rilevanza alla qualit� soggettiva (privata o pubblica) del 
contraente che invoca o subisce il rimedio; onde l'art. 1384 e.e., come 
� applicabile nei confronti dell'uno (soggetto privato), cos� lo � nei confronti 
dell'altro (ente pubblico). 

7. -Dopo quanto si � esposto per dimostrare che nessuno ostacolo 
si oppone all'applicabilit� dell'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali 
con la p.a., occorre ora darsi carico nei contrari rilievi che sono stati 
avanzati dalla difesa erariale nella memoria illustrativa del ricorso. 
Ma si tratta di rilievi che, gi� alla stregua delle considerazioni che 
precedono e con l'aggiunta di quelle che seguono, riesce agevole confutare, 
siccome infondati o inconferenti. 

A) Cos�, anzitutto, � a dirsi dell'obiezione secondo la quale la p.a. 
� non pu�, assumere � impegni o concludere contratti se non nei modi 
e nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti�: ci� infatti 
attiene ai presupposti di esistenza� e validit� del vinculum iuris che 
l'ente pubblico viene a stringere col privato contraente, ma la cosa 
non spiega alcuna influenza sul problema del -quale si discute. � chiaro 
che se ricorre una causa 'di invalidit� (sia essa prevista dal codice civile 

o dalle speciali norme che regolano la formazione e la dichiarazione della 
volont� dell'ente pubblico), il problema non sorge neppure, poich� il 
giudice, anche in una controversia fra due soggetti privati, in tanto pu� 
esercitare il potere di riduzione della penale (ex art. 1384) in quanto 
il contratto che la contiene sia giuridicamente valido ed efficace, solo 
un tal negozio essendo suscettibile di quella riduzione equitativa ape 
iudicis che, altrimenti, non ha modo di esplicarsi nei confronti di un 
contratto (che deve essere dichiarato) nullo e, come tale, improduttivo 
di qualsiasi effetto. 
B) Cos� pure � a dirsi dell'obiezione secondo cui, dovendo la p.a. 
far presente � a quali penali la controparte andra incontro � in caso di 
mancato o tardivo adempimento, � � giusto e doveroso che. lo faccia 
in inodo predeterminato con caratteri di generalit� e di uguaglianza... 
senza lasciare spazio a trattative specifiche su un punto cos� delicato�: 
affermazione senz'altro accettabile, ma del tutto irrilevante. Non s� 
dubita invero del potere che spetta alla p.a. di predeterminare nei suoi 
capitolati le condizioni generali di contratto e di imporle a chi vi 
aderisce senza poterla discutere; n� si dubita della validit� di tali condizioni, 
compresa quella che prevede la misura della penale. Si � appena 
ricordato, anzi, che la validit� della relativa clausola -corrispondente 
alla no:rma del capitolato -� proprio il presupposto in forza del quale 
si rende in pratica possibile la riduzione ape iudicis (ex art. 1384 e.e.). 
Ci� per l'appunto postulando un negozio, in s� valido e lecito, che 
la legge lascia al controllo e alla eventuale revisione equitativa del giudice. 
E si � in precedenza chiarito che, quando il magistrato riduce 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

456 

la penale, ci� egli fa a seguito di una indagine che ha per oggetto diretto 
e immediato, da un lato, la clausola negoziale (non la corrispondente norma 
regolarmente), dall'altra le ripercussioni dell'inadempimento sull'interesse 
economico leso (non quindi su altri interessi); onde la sua pronuncia, 
legata a una puntuale valutazione delle circostanze che caratterizzano 
il caso preso in esame (e non tutti gli altri casi possibili), 
rimane circoscritta al singolo contratto, senza coinvolgere n� sindacare 
la misura della penale quale risulta fissata nel capitolato generale e 
che sar� suscettibile di integrale applicazione quante volte non si riveli 
� manifestamente eccessiva � avuto riguardo alle concrete e variabili 
circostanze del caso. 

C) Non giova obiettare che � il contratto, una volta stipulato, deve 
essere approvato dall'organo competente perch� vincoli la p.a. �: infatti, 
posta la distinzione fra l'atto e l'oggetto del controllo, una cosa � 
il provvedimento amministrativo cli� approva, altra � il contratto che 
viene approvato, solo su questo e non su quello incidendo la pronuncia 
equitativa del giudice. L'atto di approvazione, come non vale a sanare 
un contratto, se esso � viziato, cos� non vale a sottrarlo alla correzione 
ope iudicis quando questa -come nel caso appunto dell'art. 1384 e.e. -� 
ammessa dalla legge. 

N� � fondato il rilievo secondo cui l'a,g.o. non potrebbe esercitare un 
tal potere �senza influire sull'attivit� tipicamente amministrativa che precede 
e segue la stipula del contratto stesso, in spregio ai divieti posti dalla 
legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo �. Si � gi� spiegato, 
invero, che questi divieti non valgono per le controversie sui contratti di 
diritto privato: riguardo ai quali l'attivit� antecedente e susseguente che la 

p.a. svolge per valutarne da parte sua la regolarit� e la convenienza non 
toglie che l'a.g.o., nell'esercizio della sua potest� giurisdizionale e proprio 
al fine di dirimere la lite insorta fra i due contraenti (ente pubblico e 
soggetto privato), possa e debba pronunciarsi nelle forme repressive che 
sono tipiche di questa materia, come per es. annullando il contratto o 
dichiarandolo invalido o inefficace, qualora esso -malgrado il contrario 
avviso della p.a. -risulti privo di un elemento essenziale o viziato o 
contrario alla legge o esorbitante dai limiti posti all'autonomia contrattuale 
(cfr. nell'ordine gli artt. 1325, 1427 e seg., 1418, 1322 e.e.). E non si 
vede perch� il noto divieto, che in tutti questi casi e in altri consimili 
-come ammette la stessa difesa erariale -non pu� ratione materiae 
operare, dovrebbe essere di ostacolo, nella medesima materia, ad una 
pronuncia giudiziale del tipo previsto dall'art. 1384 e.e.: quando il magistrato, 
in forza di un potere di equit� conferitogli espressamente (e sia 
pure eccezionalmente) dall'ordinamento, � legittimato a un intervento 
sostitutivo o correttivo (anzich� repressivo) della volont� negoziale, per 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

togliere al contenuto di una clausola, in s� valida, quell'eccesso che la 
rende iniqua. Ma iniqua -� bene ribadirlo -in quanto viene giudicata 
t&le nella sua applicazione al caso concreto e � avuto sempre riguardo 
all'i.nteresse che il creditore aveva all'adempimento� del singolo contratto 
di cui si discute: non, quindi, in quanto venga criticata come 
condizione generale tipo o come norma regolamentare, dettata per una 
serie indefinita di contratti e suscettibile di utile applicazione in altre 
fattispecie. 

D) La difesa erariale si � poi richiamata alla giurisprudenza che 
esclude l'applicabilit� degli artt. 1341 e 1342 e.e. nei confronti dei contratti 
predisposti dalla p.a. -il cui operato si ispira a finalit� di interesse generale 
-per dedurne che analoga opinione dovrebbe valere anche per l'art. 1384 

e.e. attesa l'identit� della ratio, consistente a suo avviso nel �sottrarre il 
contraente debole alla sopraffazione del contraente forte, il quale pu� profittare 
di tale sua qualit� per imporre all'altro condizioni inique �. Ma � una 
analogia che non regge. Scopo degli art. 1341 e 1342 e.e. � di attenuare la 
posizione di vantaggio economico in cui si trova la parte che predispone 
le condizioni generali di contratto, rispetto al contraente che ad esse 
aderisce senza discuterle e talora senza conoscerle: per questo il comma 
2 dell'art. 1341 (richiamato dal comma 2 dell'art. successivo) stabilisce 
che � in ogni caso non hanno effetto,, se non sono specificamente approvate 
per iscritto>>, talune condizioni che la legge considera vessatorie, 

o perch� favoriscono la posizione del predisponente o perch� aggravano 
quella dell'aderente. Ora, a parte il duplice rilievo che fra tali condizioni 
non � compresa la clausola penale e che questa grava sul debitore della 
prestazione, il quale non sempre � il contraente pi� debole, sta di fatto 
che la funzione dell'art. 1341 si esaurisce nell'imporre l'onere della specifica 
approvaziqne scritta: soddisfatto quest'onere, null'altro occorre 
affinch� le condizioni approvate, e fra esse anche il patto pi� vessatorio, 
producano inter partes tutti i loro effetti (art. 1321, 1322, 1372 e.e.), senza 
che al giudice sia dato in alcun modo di impedirli o correggerli mediante 
una revisione equitativa del regolamento negoziale. Proprio questa, invece, 
� la funzione che l'art. 1384 e.e. assegna al giudice quando gli conferisce 
il potere di ridurre la penale �manifestamente eccessiva�: a nulla rileva 
che essa sia stata o no predisposta dal contraente pi� forte o che venga 
o no a gravare sul contraente pi� debole, perch� lo scopo della norma, 
a parte la tutela del singolo debitore, sta soprattutto nella salvaguardia 
di quell'interesse generale che, malgrado e contro l'accordo delle parti, 
esige -come si � detto -che non si verifichi uno sconfinamento dell'autonomia 
contrattuale oltre certi limiti di equilibrio. Ebbene, lo stabilire 
nel �caso concreto se, e di quanto, questa frontiera sia stata oltrepassata 
forma oggetto di una puntuale indagine di fatto, che rientra nel 
potere discrezionale del giudice di merito. La cui funzione equitativa, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

appunto perch� a lui affidata quale organo super partes, non pu� di 
certo essere prec;:lusa o impedita dalla qualit� soggettiva (pubblica o 
privata) dell'una o dell'altra delle due parti in causa. 

E) Dire che, nelle penali dei contratti stipulati dall'Amministrazione, 
il fine pubblico da questa perseguito fa s� che �l'elemento di coercizione 
all'adempimento � quanto meno prevalente, se non esclusivo, in ragione 
di un interesse non meramente patrimoniale � -come ancora afferma 
la ricorrente -non � un valido argomento per negare al giudice quel 
potere di riduzione della penale che la legge gli concede. Non lo � sotto 
il profilo della insindacabilit� del fine pubblico, al quale mira (ma in 
via mediata e indiretta) l'amministrazione �contraente�, perch� non � 
di questo fine -estraneo in s� alla causa del contratto -che deve 
occuparsi il magistrato, la cui i'ndagine verte esclusivamente sul rapporto 
fra l'ammontare della penale e l'interesse del creditore, inteso nel senso 
�contrattuale oggettivo economico� di cui sopra si � ampiamente discorso. 
Non lo � neppure sotto il profilo delle scelte discrezionali che l'amministrazione 
�autorit�� ha adottato nel formulare il capitolato generale 
contenente la penale, perch� questa, venendo in esame pel suo concreto 
inserimento nello specifico rapporto contrattuale, non perde il suo carattere 
di pena privata, che, come 'tale, � soggetta al controllo equitativo 
ape iudicis. Non lo � infine sotto il profilo della prevalenza che, per 
un tal genere di penali, dovrebbe riconoscersi alla funzione coercitiva o 
sanzionatoria rispetto a quella puramente risar�itoria, perch� ci� non 
toglie che la misura della pena pecuniaria possa ugualmente impingere in 
quel �manifesto eccesso� ad evitare il quale sta appunto la norma inderogabile 
da cui trae fondamento il potere correttivo del giudice. 

Cad�� cos� l'ultima obiezione che, con la memoria illustrativa del 
suo ricorso, la difesa dello Stato ha prospettato contro l'applicabilit� 
dell'art. 1384 e.e. nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. 
-(Omissis). 

I !, 
11 

. . I 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. PI., 20 gennaio 1978, n. 1 -Pres. Uccellatore, 
Est. Catallozzi -Banco di Roma (avv. Sandulli) c. Prefetto di Salerno 
(avv. Stato Imponente), Comune di Cuccaro Vetere e Consoli (n.c.) Appello 
'avverso ordinanza T.A.R. Campania 20 aprile 1977, n. 1748. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale � Giudizio di impugnazione 
-Estensione dell'impugnabilit� alle ordinanze di sospensione � 
Ammissibilit� -Sussiste. 

Giustizia amministrativa . Ricorso giurisdizionale � Giudizio di impugnazione 
. Ordinanze di sospensione . Procedura innanzi al Consiglio di 
Stato -Rito camerale � Necessit�. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ordinanza sulla sospensiva 
-Decisione del Consiglio di Stato in sede di appello -Cessazione 
degli effetti. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Giudizio di impugnazione 
. Appello avverso ordinanza pronunziata sull'istanza di sospensiva 
-Termine di 60 giorni -Applicabilit�. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ordinanza di sospensione 
del provvedimento impugnato -Applicabilit� dell'istituto della 
revocazione � Sussiste. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ordinanza di sospensione 
del provvedimento impugnato � Revoca per fatti sopravvenuti Individuazione 
dell'organo giurisdizionale competente a pronunciare 
la revoca. 

Prefetto -Conferimento d'ufficio di esattoria comunale -Istanza di sospensione 
del provvedimento -Presupposti per l'accoglimento -Individuazione. 


Poich� l'ordinanza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale 
in camera di consiglio, che pronunci sull'istanza di sospensione della 
esecuzione del provvedimento impugnato, riveste natura decisoria in 
quanto volta a dirimere la lite cautelare con effetti analoghi a quelli� della 
sentenza e con conseguente attribuzione, a favore di una delle parti, di 
posizioni di vantaggio tutelate dalla legge, non sussistono ragioni valide 
per escluderne l'appellabilit� al Consiglio di Stato ex art. 28, 2� co. L. 
6 dicembre 1971, n. 1034 da parte del soggetto soccombente (1). 

(1-7) Sulla appellabilit� delle ordinanze di sospensione dei T.A.R. la Sez. IV 
con ordinanza 14 giugno 1977, n. 41 aveva ritenuto di dover deferire la relativa 
questione alla Adunanza Plenaria dopo essersi in precedenza espressa in senso 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

460 


� richiesta la forma della pronuncia in' camera di consiglio in ordine 
alle decisioni da parte del Consiglio di Stato sugli appelli avverso le 
ordinanze con cui il T.A.R. abbi� pronunciato sulle istanze di sospensione 
proposte dai ricorrenti in primo grado (2). 

La decisione di sospensione del provvedimento impugnato, adottata 
dal Consiglio di Stato in sede di impugnazione avverso la pronuncia del 

T.A.R. sulla medesima istanza di sospensione cessa di produrre effetti 
non appena intervenga la pubblicazione della sentenza che decida il 
merito in 1� grado, pubblicazione comunque idonea, altres�, a far dichiarare 
la carenza sopravvenuta di interesse del procedimento cautelare 
che non risulti nel frattempo definito (3). 
Per la proposizione dell'impugnativa avverso le ordinanze del T.A.R. 
che pronuncino sulle domande di sospensione del provvedimento impugnato 
trova applicaztone lo stesso termine di 60 giorni previsto per l'appello 
avverso le sentenze del T.A.R. (4). 

Poich� l'ordinanza con cui il T.A.R. pronuncia sulla sospensione del 
provvedimento impugnato ha natura sostanziale di sentenza, nei confronti 
della stessa trova applicazione l'istituto della revocazione come disciplinato 
dagli a.rtt. 28, 1� co., L. 6 dicembre 1971, n. 1034 e 395-396 c.p.c. (5). 

Qualora il mutamento della situazione di fattq, che giustifichi la 
istanza di revoca del provvedimento adottato sulla domanda di sospensione 
dell'atto impugnato, sia intervenuto dopo l'inutile decorso del termine 
per appellare l'ordinanza del T.A.R. che .ha deciso sulla sospensiva, 
la domanda di revoca di quest'ultima dovr� essere presentata al T.A.R., 
mentre essa andr� presentata al Consiglio di Stato qualora il mutamento 
sia intervenuto dopo che detto organo, adito .in sede di impugnazione 
dell'ordinanza di sospensiva, si sia pronunciato in sede di appello sulla 
sospensione medesima (6). 

I presupposti per l'accoglimento della istanza di sospensiva di un 
decreto prefettizio di conferimento d'ufficio ad un istituto di credito 
dell'esattoria comunale in caso di vacanza esattoriale possono individuarsi 

affermativo con ordinanza 22 aprile 1977, n. 28 (in Il Consiglio di Stato 1977, 
I, 563), con la quale peraltro la Sezione si era posta in netto contrasto con 
il diverso orientamento delle Sezz. V e VI (delle quali ricordiamo le decisioni 
Sez. V, 12 luglio 1974, n. 386, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 958; 29 ottobre 
1976, n. 1323, ivi, 1976, I, 1060; Sez. VI 14 marzo 1975, n. 107, ivi, 1975, I, 347; 
3 giugno 1975, n. 183, ivi, 1975, I, 920). 

Sull'a:r:gomento in dottrina cfr. JANNOTTA R., Sull'appellabilit� del provvedimento 
del Tribunale Amministrativo Regionale in materia di sospensiva, in 
Riv. dir. proc. 1975, 160; SATTA F., Sospensione dJel provvedimento im'pugnato e 
doppio grado di ,giudizio, in Foro It. 1977, III, 233; GARGIULO, Sulla ammissibilit� 
della domanda di sospensione delle decisioni giurisdizionali amministrative, 
in Foro lt. 1948, III, 183. 

L'Adunanza Plenaria ha ritenuto impugnabile il provvedimento che decide 
sulla sospensione per effetto della natura decisoria del medesimo, in rispetto 


PARIB I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 461 

nelle seguenti circostanze: a) non manifesta infondatezza del ricorso; 
b) sussistenza di danno irreparabile a causa della non risarcibilit� delle 
perdite subite per effetto dell'accoglimento del gravame proposto in prime 
cure; e) concreta possibilit� che l'interesse pubblico alla regolare 
percezione delle entrate comunali venga idoneamente garantito attraverso 
la nomina di delegati governativi per l'affidamento consensuale del servizio 
di esattoria (7). 

della interpretazione logico-sistematica degM artt. 125, 2� comma, 3, 0 1 comma, 
100, 1� comma e 103, 1� comma, della Costituzione e in conformit�, altres�, al 
consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui si era in passato ritenuto 
costantemente che fossero appellabili al Consiglio di Stato le pronunzie delle 
Giunte Provinciali Amministrative in sede giurisdizionale sulle domande di sospensione 
(che dovevano essere emanate con decreto motivato ai sensi degli 
artt. 8 I. 6837/1890; 8 t.u. 639/1907 e 11 t.u. 1058/1924) pur in assenza di una 
esplicita previsione normativa al riguardo (cfr. �d es. Sez. V, 30 aprile 1965, 

n. 468, in Il Consiglio di Stato 1965, I, 736). 
CONSIGLIO DI STATO, Ad. Pl., 7 febbraio 1978, n, 4 -Pres. Uccellatore Est. 
Caianiello -Soc. Otanid (avv. Prosperetti) c. Giunta Regionale 
Toscana (avv. Stancanelli) e Comitato provinciale caccia di Grosseto 
(n.c.); Aliano (avv. Troccoli) c. Provveditore agli studi di Bari 
(avv. Tarin) e Fiore ed altro (n,c.); Ministero pubblica istruzione 
(avv. Stato Onufrio) c. Pannuti (avv. Bellini) e Baccellini (il.e.) -Appello 
T.A.R. Toscana 30 luglio 1974, n. 51 e T.A.R. Umbria 22 maggio 
1976, n. 103. 

Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico . Facolt� dell'Amministra� 
zione � Decisione tardiva � Preclusione. 

Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Facolt� dell'Amministra� 
zione � Decisione tardiva � Preclusione � Relazione con l'art. 24 della 
Costituzione -Effetti. 

Atto amministrativo � Illegittimit� � Mancata impugnativa � Effetti � Ido� 
neit� ad incidere sui rapporti giuridici preesistenti � Sussiste. 

Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rig~tto � Provvedi� 
mento emanato dopo la scadenza del termine di 90 giorni � Natura � 
Atto confermativo. 

Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rigetto � Decisione 
esplicita tardiva � Rapporto con il giudizio instaurato avverso il silenzio-
rigetto � Effetti. 

Ricorsi amministrativi � Ricorso gerarchico � Silenzio-rigetto � Tardiva decisione 
di accoglimento � Effetti. 



462 RASSEGNA DELL'AVVOCATU~ DELLO STATO 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto -Intervento 

d'ufficio di autorit� gerarchicamente sopraordinata -Ammissibilit� 


Sussiste. 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico -Silenzio-rigetto � Termine di 
90 giorni ex art. 6 d.P.R. 1199/1971 -Sfera di applicazione -Estensione 
ai ricorsi in materia scolastica ex art. 11 I. 13 giugno 1969, n. 282' Sussiste 
-Effetti. 

In forza del principio generale del ne bis in idem, che esclude la 
possibilit� per l'Amministrazione di tornare sopra una decisione gi� 
emanata, principio applicabile anche ai comportamenti dell'Amministrazione 
qualificabili come decisioni vere e proprie, resta preclusa la possibilit� 
di emanare decisioni su ricorsi gerarchici dopo la scadenza del 
termine di 90 giorni di cui all'art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, 
poich� il silenzio mantenuto per detto termine concretizza un vero e proprio 
rigetto del ricorso, non gi� un semplice rifiuto di decisione (1). 

La circostanza che la scadenza del termine di 90 giorni, previsto dall'art. 
6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 precluda all'Autorit� sopraordinata 
di pronunciare sul merito del ricorso non contrasta con l'art. 24, 
1� co., della Costituzione, considerato che quest'ultimo � idoneo ad assicurare 
al cittadino la sola tutela giurisdizionale di legittimit�, non gi� 
quella di merito attuabile -nel silenzio della Costituzione -solo nei 
limiti ritenuti dal legislatore ordinario (2). 

Fatta eccezione per l'ipotesi di atto emanato da un organo ammini


strativo che risulti carente in radice del potere di sacrificare, incidere 

in un diritto soggettivo, nelle altre ipotesi, malgrado l'atto amministra


tivo risulti affetto da uno dei tre vizi di incompetenza, violazione di legge 

ed eccesso di potere, se non � stata proposta tempestiva, rituale impugna


zione, esso, ancorch� invalido, � pur sempre efficace, imperativo e, conse


guentemente, idoneo ad incidere sui rapporti giuridici preesist�nti (3). 

Poich� � da attribuire natura di atto meramente confermativo del 

rigetto tacito alla decisione su ricorso gerarchico, emanata dalla compe


tente autorit� amministrativa successivamente alla scadenza del termine 

di 90 giorni previsto dall'art. 6 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, tale 

(1-8) Decisione esatta e pienamente da condividere, in quanto contribuisce, 
con ampia e chiara motivazione, ad eliminare -e forse definitivamente ~ 
molti dubbi sorti .in merito al coordinamento fra l'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 
1971, n. 1199 e l'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; 

Sul rapporto .fra ricorso .gerarchico e ricorso giurisdizionale cfr. da ultimo 
Ad. pl. 27 gennaio 1978, n. 2, in Il Consiglio di Stato 1978, I, 8; Ad. pl. 3, febbraio 
1978, n. 3, ivi 1978, I, 141. In dottrina cfr. FAVARA F., Il ricorso ammini� 
strativo dopo la istituzione dei Tribunali regionali amministrativi, in Riv. dir. 
proc. 1972, 619; MAFFEZZONI, Il ricorso gerarchico come presupposto di quello 
giurisdizionale e di quello straordinario al Capo dello Stato, in Foro amm.vo 

1975, II, 493. 


PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

sopravvenuta, tardiva pronuncia -in difetto di tempestiva impugnazione 
avverso il silenzio-rigetto -non consente la riapertura del termine per 
proporre ricorso giurisdizionale amministrativo, fatta eccezione per l'ipotesi 
in cui dal contesto della motivazione della decisione esplicita tardiva 
non risultino lesioni di altre situazioni soggettive, idonee a legittimare 
una diversa impugnativa a carattere autonomo (4). 

Ove l'Amministrazione adita con ricorso gerarchico emani una decisione 
esplicita di rigetto successivamente alla scadenza del termine di 
90 giorni previsto dall'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n: 1199, e nel 
frattempo il soggetto interessato abbia comunque provveduto a proporre 
ricorso giurisdizionale amministrativo avverso il silenzio-rigetto, non sussiste 
alcuna esigenza per il privato di proporre anche impugnazione in 
sede giurisdizionale avverso la pronuncia esplicita di rigetto che resta 
assorbita non solo dall'oggetto della precedente impugnazione in sede 
giurisdizionale (oggetto coslitifito pur sempre dall'atto originariamente 
impugnato con il ricorso gerarchico), ma altres� dalla emananda sentenza 
dell'organo giurisdizionale adito, che si sovrappone al provvedimento 
tardivo di rigetto; n� quest'ultimo � idoneo a produrre la cessazione della 
materia del contendere, la quale, a norma dell'ultimo comma dell'art. 23 
della legge n. 1034/1971, si verifica solo se risulti interamente soddisfatto 
l'interesse del ricorrente dedotto in giudizio (5). 

Ove l'Amministrazione, adita con ricorso gerarchico, emani una deci


. , 

sione esplicita di accoglimento successivamente alla scadenza del termine 
di 90 giorni previsto dall'art. 6 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 e nel 
frattempo il soggetto ricorrente abbia comunque provveduto a proporre 
ricorso giurisdizionale amministrativo avverso il silenzio-rigetto, la tardiva 
decisione di accoglimento si risolve in una revoca del silenzio-rigetto 
e pertanto -in difetto di controinteressati che possano far valere l'illegittimit� 
della stessa decisione tardiva di accoglimento -ben pu� essere 
pronunciata, ex art. 23, ultimo comma, L. 6 dicembre 1971, n. 1034, la 
cessazione della materia del contendere da parte dell'Organo adito .in 
sede giurisdizionale avverso il silenzio-rigetto; qualora, invece, vi siano 
controinteressati, ai medesimi ~ conferita la facolt� di proporre, nell'ordinario 
termine di decadenza, impugnativa in sede giurisdizionale avverso 
la decisione tardiva di accoglimento, al fine di farne valere l'illegittimit� 
in relazione alla emanazione avvenuta tardivamente e cio� dopo la consumazione 
del potere di reiezione e la conseguente produzione degli effetti 
del silenzio-~igetto (6). 

L'autorit� sovraordinata, che risulti anche titolare di poteri di intervento 
d'ufficio e che decida di esercitarli nei limiti e con le forme previste 
dall'ordinamento, ben pu� esplicare tale potere di intervento anche 
oltre il decorso del termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 del D.P.R. 
24 novembre 1971, n. 1199, trattandosi di poteri che esulano da quelli attri



464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S1ATO 

buiti dalla disciplina sui ricorsi gerarchici e quindi non potendosi rite


nere applicabile ai primi i principi posti per detta disciplina (7). 

Ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 1199/1971 la disciplina posta da detto 
testo normativo appare applicabile ad ogni tipo di ricorso amministrativo 
(gerarchico proprio, improprio o atipico), eccezion fatta -come 
previsto dal 2� comma di detto art. 1 -per gli atti dei Ministri, di Enti 
pubblici o di organi collegiali, e pertanto tale disciplina trova applicazione 
anche alla categoria dei ricorsi previsti dall'art. 11 della legge n. 282 del 
1969, che riguardano l'impugnativa dinnanzi alla Commissione provinciale 
di atti non. definitivi di organ� statali (capi di istituto, provveditori agli 
studi, etc.); ne consegue l'applicabilit� a tale categoria di ricorsi anche 
dell'art. 17 d.P.R. 1199/1971, a norma del quale debbono ritenersi abrogate 
� tutte le disposizioni contrarie al presente decreto e con esso incompatibili
�, con l'ulteriore effetto dell'abrogazione tacita per incompatibilit� 
della disposizione contenuta nell'art. 11 della citata L. 282/1969 laddove 
viene previsto il pi� breve termine di 30 giorni per la qualificazione del 
silenzio come rigetto; anche nei confronti della Commissione dei ricorsi 
presso i provveditorati agli studi dovr� applicarsi il termine di 90 giorni, 
'previsto dall'art. 6 d.P.R. 1199/1971, decorso il quale il ricorso si inten


der� respinto (8). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 gennaio 1978, n. 6 -Pres. (ff) Pezzana, 
Est. Iannelli -Sciacca (avv. Conti) c. I.N.C.I.S. e I.A.C.P. di Roma 
(avv. Bertuccelli). 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Legittimazione passiva � 
Cessione in propriet� di alloggi dell'edilizia popolare ed economica � 
Legittimazione passiva dell'I.A.C.P. -Sussiste. 

Competenza e giurisdizione � Controversia relativa al diritto di riscatto 
di alloggi dell'edilizia popolare ed economica � Giurisdizione del1'
A.G.O. � Sussiste. 

Sussiste la legittimazione passiva esclusiva dell'l.A.C.P. nei ricorsi re


lativi alla materia della cessione in propriet� di alloggi dell'edilizia popo


lare ed economica costruiti dall'I.N.C.I.S., e ci� in quanto l'I.A.C.P. � stato 

costituito destinatario del patrimonio immobiliare ex I.N.C.I.S. (1). 

I giudizi nei quali si controverte sul diritto al riscatto di un alloggio 

dell'edilizia popolare ed economica spettano al Giudice Ordinario in quan


to sono normativamente predeterminati sia i presupposfi, il prezza, 

l'oggetto e le modalit� per aspirare aila cessione, sia la categoria dei 

soggetti destinatari della cessione (2). 

(1-2) Giurisprudenza costante per entrambe le massime. Cfr. ad es., sulla 
seconda massima, Sez. IV, 30 agosto 1977, n. 751, in Il Consiglio di Stato 1977, 
I, 1292. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 465 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 24 gennaio 1978, n. 43 -Pres. (ff.) Pezzana, 
Est. Scarascia Mugnozza -Russo (avv. Borgiani) c. Ministero Finanze 
(avv. Stato Azzariti). 

Impiego pubblico ; Ricevitori del lotto -Applicabilit� del t.u. sul pubblico 
impiego -Sanzioni. � Estensione � Limiti. 

Qualora venga irrogata una sanzione disciplinare a carico di un 
ricevitore del lotto a distanza di oltre quattro anni dalla contestazione 
dell'addebito, va pronunciata l'illegittimit� per eccesso di potere del provvedimento 
stesso poich� la particolare disciplina di cui al R.D. 25 luglio 
1940 n. 1077 che regola tale categoria non esclude l'applicabilit� alla medesima 
dei� principi dettati dal T.U. 10 gennaio 1957, n. 3 per gli impiegati 
dello Stato (1). 

(1) Cfr. in termini, Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1042, in Il Consiglio di Stato 
1964, I, 1696. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 72 � Pres. (ff.) Pezzana 
� Est. Schinaia � Sindaco di Genova (avv.ti Germani, Molle e 
Romanelli) c. Soc. Torrington (avv.ti Camilli e Minieri), Parodi ed 
altri (n.c.) Prefetto di Genova ed altri (n.c.). Appello T.A.R. Liguria 
23 giugno 1976 n. 209. 

Comune� Organi dell'Amministrazione� Sindaco che agisce come ufficiale 
di governo � Equiparabilit� -Esclusione � Effetti ai fini del patrocinio 
in giudizio. 

Requisizione � Intervento del Sindaco nella qualit� di Ufficiale di Governo 
� Natura sussidiaria del relativo potere � Limiti -Effetti. 

Qualora il Sindaco agisca nella qualit� di Ufficiale di Governo, esso 
non va equiparato ad un organo dell'Amministrazione dello Stato, n� ad 
un dipendente statale in senso tecnico e pertanto non trovano applicazione 
nei suoi confronti le norme sul patrocinio erariale dell'Avvocatura 
dello Stato previste dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (1). 

(1-2) Nel caso di specie il Sindaco aveva richiesto il patrocinio erariale, 
che non era stato peraltro accordato non ricorrendo le condizioni che abilitano 
l'Avvocatura dello Stato ad assumere, eccezionalmente, il ;patrocinio del 
Sindaco; cosicch� il Sindaco di Genova aveva giustamente fatto ricorso al patrocinio 
di legali del foro libero. 

6 



466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Qualora il Sindaco intervenga ex art. 7 L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E 
per la emanazione di provvedimenti di urgenza con i quali dispone della 
propriet� privata mediante requisizione ad es. di uno stabilimento industriale, 
egli agisce come Ufficiale di Governo in veste sussidiaria rispetto 
ai poteri spettanti al Prefetto ex art. 71, 1� co. l. 25 giugno 1865 n. 2359, 
al quale pu� legittimamente sostituirsi solo in presenza di ragioni di 
urgenza tali da precludere al Prefetto ogni effettiva possibilit� di tempestivo 
intervento, ragioni che non ricorrono quando l'ordinanza di requisizione 
di uno stabilimento industriale intervenga dopo la messa in 
liquidazione dello stesso, disposta da lempo con successiva, notoria occupazione 
degli impianti da parte dei lavoratori minacciati di licenziamento 
(�). 

Sulla esclusione della qualifica di dipendente in senso tecnico di una Amministrazione 
dello Stato in capo al Sindaco che eserciti funzioni statali sotto 
la dire.zione delle autorit� superiori dello Stato, anche nella ipotesi in cui, mancando 
nel Comune un apposito Ufficio di P.S., il Sindaco assuma la qualifica 
di autorit� locale di P.S., cfr. Sez. IV, 5 novembre 1969, n. 668, in Il Consiglio 
di Stato 1969, I, 2027. 

Sui limiti del potere di intervento sostitutorio del Sindaco in tema di requisizione 
cfr. Sez. IV, 25 febbraio 1975, n. 208, ivi, 1975, I, 110; Sez. IV, 19 aprile 
1977, n . .405, in questa Rassegna 1977, I, 842. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 1978, n. 178 -Pres. Aru, Est. 
Giovannini -Ministero finanze ed altro (avv. Stato Terranova) c. 
United Seamen's Service (avv. Procaccini) -Appello avverso T.A.R. 
Campania 30 giugno 1976 n. 523. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Proposizione -Legittimazione 
riservata a tutte le parti costituite nel giudizio di primo 
grado -Sussiste. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Appello -Proposizione Legittimazione 
autonoma spettante all'Avvocatura dello Stato -Sussiste 
-Effetti. 

Concessioni amministrative -Concessioni di beni demaniali -Revoca Congruit� 
della motivazione -Fattispecie. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Necessit� della corrispondenza 
fra chiesto e pronunciato -Preclusione alla valutazione di 
fatti nuovi non dedotti in giudizio � Effetti. 

Fermi i limiti relativi agli interventori ad adiuvandum, tutti gli altri 
soggetti evocati o intervenuti e comunque ritualmente costituiti sono 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 467 

titolari del potere di adire il giudice di impugnazione avverso la decisione 
sfavorevole di 1� grado, ivi compresa l'Amministrazione, a nulla 
rilevando che la stessa sia titolare di posizioni soggettive aventi natura 
di pubbliche potest� (1). 

L'Avvocatura dello Stato, pur non disponendo dell'interesse pubblico 
sostanziale dedotto in giudizio, � peraltro titolare di una posizione di 
piena autonomia e indipendenza in ordine alle decisioni sulla condotta 
della causa e pertanto ben pu� proporre appello avverso una decisione 
di primo grado degli organi della giurisdizione amministrativa, fatta salva 
la preclusione all'adozione di iniziative processuali destinate ad incidere 
su interessi politico-amministrativi di particolare momento, la cui valutazione 
resta di esclusiva spettanza del Presidente del Consiglio (2). 

Legittimamente pu� essere revocata la concessione dell'uso di un 
immobile demaniale al fine di destinarlo a sede di un distaccamento 
di vigili del fuoco, qualora detta iniziativa di revoca risulti adottata 
dopo aver effettuato accertamenti in loco e ponderate valutazioni, che 
abbiano indotto a ritenere non contrastanti con il provvedimento concessorio 
il diverso uso del bene (3). 

Il Giudice, per effetto della regola della necessaria corrispondenza 
fra il chiesto e il pronunciato, ben pu� basare la propria decisione su un 
iter logico-giuridic9 diverso da quello prospettato dal ricorrente, pur se 
compreso -nei giudizi di legittimit� -nell'ambito delle norme invocate 
da quest'ultimo, essendogli solo precluso di superare il limite in cui la 
difformit� rispetto alla prospettazione del ricorrente si defJba necessariamente 
ricollegare a fatti nuovi che non risultino ritualmente dedntti (4). 

(1-4) Decisione esatta e pienamente da condividere; con essa la Sez. IV del 
Consiglio di Stato, con una motivazione limpida nei principi e dotta nei richiami 
giurisprudenziali, ribadisce, fra l'altro, l'autonomia e l'indipendenza di cmi. gode 
l'Avvocatura dello Stato nel decidere la condotta della causa, anche a :proposito 
della adizione del giudice di appello che costituisce per l'appunto tipico potere 
di natura difensivo-processuale e che andr� pertanto necessariamente ricompreso 
nell'ambito della suddetta sfera di autonomia e indipendenza decisionale 
(cfr. Ad. gen. 23 novembre 1%7, n. 1237, in Il Consiglio dli Stato 1967, I, 2349; 
contra in tema di patrocinio facoltativo, Sez. VI, 15 marzo 1977, n. 243, in questa 
Rassegna 1977, I, 661, con nota di commento). 

Sulle limitazioni degli interventori ad adiuvandum cfr. Sez. V, 26 ottobre 
1976, n. 1319, in Il Consiglio di Stato 1976, I, 1050; sulla prima massima, in g~ 
nere, cfr. Sez. V, 20 maggio 1977, n. 461, ivi, 1977, I, 822; Sez. V, 11 marzo 1977, 

n. 167, ivi, 1977, I, 307. 
Sugli effetti della applicazione della regola della necessaria corrispondenza 
fra il chiesto e il pronunciato cfr. Sez. IV, 5 aprile 1977, n. 335, ivi, 1977, I, 
490; Cass. 4 settembre 1974, n. 2412, in Giust. Civ. Mass. 1974, 1091; Cass. 1� febbraio 
1974, n. 277, ivi, 1974, 131; Cass. 14 luglio 1971, n. 2300, ivi, 1971, 1253; Cass. 
28 marzo 1972, n. 1001; ivi, 1972, 537. 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STAIO

468 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 235 � Pres. (ff.) Pezzana, 
Est. Caianiello -Comune di Campi Salentino (avv. Sandulli) c. 
Regione Puglia e altro (n.c.). Appello avverso T.A.R. Puglia, 28 settembre 
1975, n. 144. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale Ricorso cumulativo 
Esclusione � Condizioni. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Ricorso cumulativo � 
Soggetto destinatario di pi� atti emanati contestualmente dallo stesso 
organo e aventi ad oggetto diverse deliberazioni � Ammissibilit� del 
ricorso cumulativo � Sussiste. 

Non pu� ritenersi ammissibile il ricorso cumulativo nei casi in cui 
risultino ricorrere, congiuntamente e contemporaneamente, [e seguenti 
circostanze; a) ricorrenti in numero maggiore di uno, i quali non risultino 
destinatari del medesimo atto; b) promanazione degli atti oggetto 
di impugnativa da Autorit� diverse; e) provvedimenti riguardanti rapporti 
non connessi fra loro (1). 

Ben pu� consentirsi il ricorso cumulativo tutte le volte in cui ci si 
trovi di fronte ad un soggetto che risulti destinatario di pi� �atti che siano 
stati emanati tutti nella stessa data dal medesimo organo e che abbiano 
per oggetto l'annullamento di deliberazioni diverse per un identicq motivo 
(2). 

(1�2) In tema di ricorso cumulativo cfr. Sez. V, 3 febbraio 1978, n. 176, 
in Il Consiglio di Stato 1978, I, 235; il T.A.R. del Lazio, II Sez., con la dee. 
15 marzo 1978, n. 112, ha ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo solo quando 
� diretto contro atti tra loro obiettivamente connessi, laddove, qualora gli atti 
non risultino connessi, esso � ammissibile limitatamente alla parte relativa all'atto 
contro cui l'impugnativa risulti principalmente ed essenzialmente rivolta 
(cfr. I Tribunali Amministrativi Regionali 1978, I, 1349): tale insegnamento trova 
conferma in una dee. della Sez. VI, 30 maggio 1972, n. 272 (dn Il Consiglio di 
Stato 1972, I, 1144) ed � stato ribadito dal� T.A.R. della Lombardia nella dee. 
1� febbraio 1978, n. 112 (in I T.A.R. 1978, I, 1452). 

Va dichiarato inammissibile anche il ricorso unitario a mezzo �del quale 
pi� ricorrenti intendano far valere interessi autonomi contro una pluralit� di 
atti distinti anche se contenuti in una unica ordinanza e anche se contrassegnati 
da una identica causa giuridica (cfr. in termini T.A.R. Lazio, II S�z., 
25 gennaio 1978, n. 19, ivi, 1978, I, 456; T.AR. Lazio, II Sez., 22 marzo 1978, n. 136, 
ivi, 1978, I, 1354). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1978 n. 236 -Pres. Aru, Est. 
Lignani -Bernabei (avv.ti Simonetti e Saletti) c. Region� Toscana 
(avv. Predieri) e Comune di Roccastrada (avv. Bernardi). Appello 
avverso T.A.R. Toscana 15 gennaio 1976 n. 35. 

Giustizia amministrativa � Giudizio di secondo grado -Eccezione di difetto 
di giurisdizione -Contrasto con la tesi sostenuta in primo grado � 
Preclusione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 469 

Giurisdizione amministrativa � Decisione di primo grado � Compensazione 
delle spese in tutto o in parte � Discrezionalit� � Estensione anche al 
caso di accolta infondatezza di una eccezione di controparte sulla 
giurisdizione � Sussiste. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Proroga della occupazione di 
urgenza � Area destinata all'edilizia economica e popolare � Effetti 
della dichiarazione � ex Iege � della indifferibilit� e urgenza. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Proroga della occupazione di 
urgenza � Area destinata all'edilizia economica e popolare � Motivazione 
della proroga con riferimento ad esigenze di perfezionamento 
della pratica espropriativa � Sufficienza. 

La parte che in primo grado abbia sostenuto la giurisdizione del 
Giudice adito non pu� sollevare in appello ec~ezione di carenza di giurisdizione 
e pertanto tale eccezione, se proposta, andr� dichiarata inammissibile 
per difetto di interesse (1). 

Non pu� ravvisarsi un vizio della sentenza qualora l'implicito rigetto 
di una eccezione di difetto di giurisdizione non risulti adeguatamente 
valutato dal giudice in punto liquidazione delle spese, posto che -ferma 
l'ampia discrezionalit� che caratterizza il potere di compensare in tutto 

o in parte le spese di causa -la integrale soccombet]za di una parte 
sussiste per effetto del totale rigetto del ricorso, indipendentemente dalla 
circostanza che alcune eccezioni avversarie si siano rivelate infondate (2). 
Il potere di disporre l'occupazione d'urgenza ai sensi dell'art. 71 
. 
della legge 25 giugno 1865 n. 2359 � condizionato alla necessit� di eseguire 
opere indifferibili e urgenti (la dichiarazione di indifferibilit� e urgenza 
consegue ope legis all'approvaizone del P.E.E.P.) ed �� limitato nel tempo 
(ai sensi della legge del 1865: 2 anni,� ai sensi della legge del 1971: 5 anni); 
entro detto limite l'Autorit� gode peraltro di ampia discrezionalit� sia nel 
concedere all'occupante il termine massimo, sia nel fissare prima un termine 
inferiore salvo. poi raggiungere il termine pi� ampio� attraverso 
successive proroghe per le quali non � necessaria apposita motivazione 
posto che le questioni relative alla durata dell'occupazione attengono, 
beninteso entro i predetti limiti temporali, al merito e non alla legittimit� 
del provvedimento (3). 

E pienamente legittima la proroga dell'occupazione di urgenza di 
un'area per realizzare un piano per l'edilizia economica e popolare, che 
risulti motivata con riferimento alla necessit� di perfezionare la pratica 
espropriativa, e ci� indipendentemente dalla circostanza che l'opera risulti 

(1-4) Le prime due massime confermano anche per il ,giudizio di appello 
innanzi al Consiglio di Stato principi consol~dati per il giudizio civile (sul procedimento 
di appello in genere innanzi al Consiglio di Stato cfr. Se\Z. V, 22 aprile 
1976, n. 669, in questa Rassegna, 1976, I, 779). 



470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

completamente realizzata, posto che il termine per l'occupazione e la 
eventuale proroga non vengono fissati solo con riguardo al compimento 
dell'opera, ma anche ad altri elementi; aggiungasi che la proroga dell'occupazione 
va cons�lerata illegittima solo quando, prima della sua emanazione, 
siano venuti meno i presupposti che avevano giustificato l'originario 
decreto di occupazione e, in particolare, sia venuto meno l'interesse 
all'esecuzione delle opere o le stesse non possano pi� ritenersi indifferibili 
e urgenti (4). 

La Sez. IV con dee. 17 giugno 1975, n. 594 (in Il Consiglio di Stato 1975, 

I, 729) ebbe gi� occasione di precisare che il decreto di proroga della occupazione 
di urgenza non abbisogna di apposita motivazione. 

!

.. . I 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 novembre 1976, n. 4125 -Pres. Novelli 
-Est. Mazzacane -P. M. Serio (conf.) -Soc. Autostrade (avv. Sorrentino) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani). 

Imposte e tasse in genere � Obbligazione tributaria -Riserva di legge Fonti 
secondarie. 

Imposte e tasse in genere � Obbligazione tributaria -Tributo istituito con 
decreto legge non convertito � Disciplina dei rapporti sorti -Successiva 
emanazione di norme regolamentari -Legittimit�. 

(Cost., art. 77; d.l. 27 agosto 1970, n. 621, art. 29; I. 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo 
unico). 

L'obbligazione tributaria sorge esclusivamente per effetto della legge 
quando un determinato soggetto venga a trovarsi con l'oggetto materiale 
dell'imposta nella relazione d� fatto o giuridica prevista dalla legge come 
presupposto dell'imposizione, anche se per la sua concreta realizzazione 
siano necessari ulteriori atti (decreto ministeriale) attribu�ti alla competenza 
della P.A. nella cornice della legge stessa (1). 

Nel caso che il tributo sia stato istituito con decreto legge non convertito 
e siano stati successivamente disciplinati ex art. 77 terzo comma 
della Costituzione i rapporti sorti in base ad esso confermandone la validit� 
(ipotesi dell'art. 29 del d.l. 27 agosto 1970 n. 621 e della legge 18 dicembre 
1970, n. 1035), i provvedimenti regolamentari previsti per la concreta 
realizzazione del tributo possono essere adottati anche dopo la 
caducazione del decreto legge (2). 

(Omissis). -La societ� ricorrente, con unico motivo, denuncia la 
violazione dell'articolo unico della legge 18 dicembre 1970, n. 1035; anche 
in relazione all'art. 77, ultimo comma, della Costituzione. 

(1-2) Decisione di molto interesse che, sulla base di principi pacifici, apporta 
ulteriori contributi sul problema delle fonti dell'obbligazione tributaria. 
� ormai pacifico che unica fonte dell'obbligazione tributaria � la legge per 
effetto della quale l'obbligazione nasce al momento dell'avveramento del presupposto, 
quali che siano le successive vicende del procedimento di accertamento 
(Cass. 20 marzo 1976, n. 1804, in questa Rassegna, 1976, I, 803 e precedenti 
ivi richiamati); � del pari pacifico che non contrasta con il principio della 
riserva di legge (relativa) dell'art. 23 Cost. l'attribuzione alla Amministrazione 
di un limitato potere discrezionale per l'emanazione di fonti secondarie per 
completare ed attuare il .precetto di legge (v. Relazione Avv. Stato, 1970-75, 
Il, 516). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

472 

Sostiene: l'art. 29 del d.l. n. 621/70 (non convertito in legge) conteneva 
una previsione di obbligo inidonea di per s� a costituire un'obbligazione 
tri�utaria perfetta, in quanto le stesse possibilit� di adempimento 
e di sanzione -caratterizzanti l'obbligo giuridico -erano su


bordinate al successivo provvedimento ministeriale. Questo, pertanto, non 
pu� essere assimilato -come ha ritenuto la Corte di merito -ad un 
atto del procedimento di accertamento del tributo, in quanto elemento costitutivo 
della fattispecie, condizionante l'esistenza o, quanto meno, l'ef


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ficacia dell'obbligazione. La normativa di cui alla legge n. 1035/70 non 
pu� essere ritenuta quindi applicabile al caso in esame anche in consi


I 

derazione del carattere eccezionale della disposizione e degli elementi ~ 
ermeneutici offerti dai lavori parlamentari riguardanti il progetto della 
legge di conversione (poi non emanati) i quali rendendo palese l'intenzione 
del legislatore (trasfusa nel successivo decreto convertito) di modificare 
la norma istitutiva del tributo, introducendo il diritto di rivalsa 
nei confronti degli utenti (sui quali doveva necessariamente gravare 
l'onere economico, per evitare che la tassazione si risolvesse in una partita 
di giro tra lo Stato e le societ� concessionarie). L'illegittimit� del 
decreto m_inisteriale -emesso molti mesi dopo la mancata conversione 
del d.l. n. 621/70 -� resa evidente pertanto da pi� elementi: caduta la 
norma istitutiva del tributo non residuavano validi rapporti tributari, 
onde doveva ritenersi inesistente qualsiasi potest� del Ministro in materia; 
inoltre il potere normativo del Ministro -in quanto attinente 
ad elementi costitutivi dell'obbligo tributario -aveva fondamento nel 

d.l. n. 621/70 e pertanto era venuto meno ex tunc con la mancata con-
L'interesse specifico della prpnunzia sta nella precisazione che il momento 
della nascita della obbligazione � sempre quello dell'avveramento del presupposto 
anche quando l'obbligazione non � concretamente realizzabile perch� dovevano 
ancora intervenire i provvedimenti regolamentari di attuazione; dal che 
consegue che l'emanazione delle fonti secondarie, non dando luogo alla nascita 
dell'obbligazione, non sposta il momento dell'avveramento del presupposto e 
pu� quindi intervenire anche dopo che la norma primaria � caducata. Con 
ci� la teoria c.d. costitutiva dell'attivit� amministrativa tributaria � definitivamente 
ripudiata, essendosi esclusa la rilevanza costitutiva non solo del procedimento 
di accertamento ma anche degli atti amministrativi regolamentari con 
carattere di genericit� ed astrattezza. � 

Sul punto specifico della disciplina dei rapporti sorti sulla base di decreto 
legge non convertito, la successiva sentenza 6 ottobre 1977, n. 4262 (in questa 
Rassegna, 1978, I, 355), con riferimento aNo stesso d.l. 27 agosto 1970, n. 621, 
ha precisato che il legislatore ordinario non incontra limiti nella sua valutazione 
politica e ben pu� confermare pienamente Ia validit� delle obbligazioni 
nascenti dalfa norma poi caducata senza con ci� arttribuire ultra attivit� a;l decreto 
legge non convertito, appunto perch� i rapporti convalidati sono sorti 
(avveramento del :presupposto) nel tempo in cui la norma non aveva ancora 
perduto efficacia. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

versione in legge di esso; infine la legge n. 1035/70, salvaguardando gli 
atti e i provvedimenti adottati, esclude anche testualmente. la sopravvivenza 
di siffatto potere. 

La 
censura � infondata. 

Il problema riproposto in questa sede � quello della portata normativa 
dell'art. unico, primo comma, della legge 18 dicembre 1970, n. 
1035 -emanata ai sensi dell'art. i7, ultimo comma, seconda parte, della 
Costituzione -per il quale � sono validi gli atti ed i provvedimenti 
adottati ed hanno efficacia i rapporti giuridici, compresi quelli tributari, 
sorti sulla base del decreto legge 27 agosto 1970, n. 621, con 
esclusione della disposizione contemplata dal secondo comma dell'art. 
18 �. Esso, in particolare, si risolve nel quesito se il rapporto giuridico 
tributario concernente il diritto speciale istituito dall'art. 29 del d.l. 

n. 621/70 a favore dell'erario nella misura del dieci per cento dei 
pedaggi riscossi dai concessionari di autostrade fosse gi� sorto in 
tutti i suoi �lementi, e conservasse quindi efficacia, ai sensi della citata 
legge n. 1035/70, per il periodo .27 agosto-26 ottobre 1970, durante il 
quale rimase in vigore il d.l. n. 621/70 successivamente decaduto per 
mancata conversione in legge, o se, invece, il rapporto giuridico predetto 
fosse rimasto improduttivo di effetti in quanto l'obbligo tributario 
doveva ritenersi subordinato, nella previsione dell'art. 29 d.l. n. 
621/70, alla emanazione di un apposito decreto ministeriale per stabilire 
i modi ed i termini per la presentazione della denunzia dell'ammontare 
lordo dei pedaggi e per il versamento del diritto speciale, ed in quanto 
tale provvedimento ministeriale non era tempestivamente intervenuto 
poich� adottato il 25 marzo 1971, allorch� il termine di vigenza del d.l. 
n. 
621/70 era gi� scaduto. 
Il quesito � stato esattamente risolto, dalla Corte del merito, nel 
primo dei due sensi ora indicati. 
Il rapporto giuridico di imposta, quale correlazione di obblighi e di 
diritti fra pi� soggetti, sorge quando un determinato soggetto venga 
a trovarsi con l'oggetto materiale (condizione di cose o avvenimenti 
oggettivamente considerati) dell'imposta nella relazione (di fatto o 
giuridica) prevista dalla legge come presupposto della imposizione. In 
coerenza con tali principi questa Corte ha avuto gi� occasione di affermare 
che il rapporto giuridico tributario � si forma nel momento in 
cui si determina la situazione di fatto che la legge considera genera� 
trice del debito di imposta; in tale momento sorge l'obbligazione tributaria 
e, a tal fine, � sufficiente che la norma istitutiva del tributo ne 
specifichi la misura, ne identifichi il soggetto passivo e ne stabilisca la 
data di applicazione (Cass. sent. n. 1315/66; n. 2181/66; n. 1786/65). 

Nel caso in esame l'art. 29, primo comma, del d.l. 27 agosto n. 621, 
stabilendo che � i concessionari di autostrade sono tenuti a corri



474 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

spondere un diritto speciale pari al dieci per cento dell'ammontare 
lordo dei pedaggi riscossi � aveva determinato compiutamente tutti gli 
elementi specifici del rapporto giuridico di imposta: la situazione di 
fatto generatrice del rapporto (riscossione del pedaggio) i soggetti (concessionari 
di autostrade ed erario), la misura del tributo (dieci per 
cento dell'ammontare lordo dei pedaggi riscossi); per di pi� lo stesso 
art. 29 nei commi dal terzo al nono, aveva stabilito le sanzioni per le 
inadempienze, le disposizioni per procedere alla esazione coattiva, l'applicabilit� 
degli interessi moratori. 

La societ� ricorrente, per negare che il rapporto giuridico relativo 
al tributo de quo fosse sorto fin dal momento della entrata in vigore 
del d.I. n. 621/70, insiste, come si rileva dalla censura pi� sopra riassunta 
nella tesi, disattesa dalla Corte del merito, secondo cui l'obbligo tributario 
della corresponsione del diritto speciale doveva ritenersi subordinata, 
per effetto del secondo comma del citato art. 29 (secondo 
cui � con decreto del Ministrero per le Finanze saranno stabiliti i modi 
e i termini per la presentazione della denunzia dell'ammontare lordo 
dei pedaggi e per il versamento del diritto speciale�), alla emanazione 
di un apposito provvedimento ministeriale (che non era tempestivamente 
intervenuto in quanto adottato solo il 26 marzo 1972). 

L'assunto � infondato. 

L'obbligazione tributaria sorge validamente, se completa nei suoi elementi, 
anche quanto per la sua concreta realizzazione siano previsti 
successivi atti attribuiti alla competenza della P.A. (v. in motiv., Cass. 
sez. un. 22 giugno 1971, n. 1957): la legge cio� pu� stabilire che le 
modalit� di attuazione delle disposizioni tributarie siano determinate 

dall'autorit� amministrativa, alla quale pu� anche lasciare un certo margine 
di potere discrezionale. Infatti la concessione di tali poteri alla 
pubblica amministrazione non � conciliabile con il concetto della riserva 
di legge in materia tributaria (art. 23 Costit.) quando essi; lungi 
dal costituire possibilit� di illimitato arbitrio (ipotesi qui del tutto 
esclusa per quanto si � detto avanti) vengono attribuiti nella cornice 
della legge stessa e proprio per meglio attuarne la realizzazione e gli 
scopi. In tale prospettiva va considerato il decreto ministeriale previsto 
dal 2� comma del citato art. 29. Esso aveva la funzione di determinare 
le modalit� di accertamento, di liquidazione e di esazione del tributo 
istituito dalla legge; a tale provvedimento era quindi subordinato l'adempimento 
di una obbligazione gi� sorta (in quanto completa, come si � detto, 
nei suoi elementi indispensabili) e non certo la nascita di essa. 

Le esposte argomentazioni portano a concludere che il rapporto 
giuridico relativo al tributo de quo, in quanto gi� sorto dal momento 
di entrata in vigore del d.l. n. 621/70, � stato esattamente ricondotto, 
dalla Corte del merito, nella disciplina della I. 28 dicembre 1970, n. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1035, per effetto della quale esso ha quindi conservato efficacia durante 
il periodo di vigenza del d.I. n. 621/70; donde la permanenza 
dell'obbligo per i concessionari di autostrade del pagamento del tributo 
con riferimento ai pedaggi riscossi in quel periodo. 

Per contrastare tali conclusioni la societ� concessionaria oppone: 

a) il decreto ministeriale previsto dall'art. 29 del d.l. 621/70 non 
fu emanato durante il periodo di vigenza del d.I. predetto ma soltanto 
il 25 marzo 1971, dopo la caducazione di esso, di guisa che il Ministro 
aveva esercitato illegittimamente un-potere che pi� non gli spettava; 

b) il d.I. n. 621/70 non prevedeva, per mera svista, come invece il 
successivo d.l. n. 745/70, il loro diritto di rivalsa a carico degli utenti, 
con la conseguenza che il diritto speciale, se preteso per il periodo 
in contestazione, altererebbe il particolare regime di concessione secondo 
il quale gli introiti sono destinati all'ammortamento dei costi di costruzione. 
Ci� dimostra che la legge n. 1095/70 non ha inteso far riferimento 
al diritto � speciale sui pedaggi autostradali, i quali quindi non 
debbono ritenersi compresi fra i rapporti giuridici di cui � stata conservata 
l'efficacia. 

Le predette argomentazioni possono essere facilmente confutate. 

Sub-a) Il potere del Ministro delle Finanze di stabilire modi e 
termini per la presentazione della denuncia e per il versamento del diritto 
spciale, pur non avendo alcuna incidenza, come si � detto, sul 
momento della nascita dal rapporto tributario, si inseriva in questo 
quale atto esecutivo della norma impositrice. Pertanto, una volta conservato 
in vita il rapporto tributario, per effetto della legge n. 1035/70, 
deve ritenersi conservato, quale parte integrante di esso, anche quel 
potere, per il cui esercizio non era previsto alcun termine preclusivo. 

Sub-b) � esatto che l'esclusione del diritto di rivalsa nel d.I. 

n. 621/70 � stata conseguenza di una mera dimenticanza alla quale si 
� poi riparato con il successivo d.I. n. 745/70. 
Il rilievo, per�, si concreta, e si esaurisce, in un esame critico dei 
provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo. Esso non pu�, invece, 
indurre ad interpretare la legge n. 1035/70 nel senso che, per riparare 
alla indicata omissione, non abbia inteso conservare efficacia al rapporto 
tributario concernente il diritto speciale sui pedaggi autostradali. 
Infatti la formulazione dell'art. unico della legge n. 1035/70 � inequivocabile 
per la determinazione del suo ambito di applicazione. Deve aggiungersi 
che l'art. unico della legge n. 1035/70 ha espressamente escluso 
la conservazione dell'efficacia di determinati rapporti, come quello 
previsto nel secondo comma dell'art. 10 del d.l. n. 621/70 e ci� conferma, 
come esattamente ha rilevato la Corte del merito, che devono considerarsi 
conservati tutti rapporti non espressamente esclusi. 


(Omissis). 


RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA Dfil.LO STATO

476 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1978, n. 462 -Pres. Scanzano 
-Est. Battimelli -P. M. Del Grosso (conf.). -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cascino) c. Soc. Gallia. 

Imposta di ricchezza mobile -Plusvalenza -Permuta -Riferimento al 
valore del bene permutato � Sussiste. 

(t.u. 29 dicembre 1958, n. 645, artt. 100 e 106; e.e., artt. 2424 e 2425). 
Si verifica plusvalenza tassabile quando un bene, iscritto in bilancio 
per il valore corrispondente al suo costo, viene permutato e l'entit� 
della plusvalenza � costituita dalla differenza tra il valore iscritto 
in bilancio (o al suo costo non ammortizzato o riconosciuto ai fini della 
determinazione del reddito) e il valore normale del bene permutato (1). 

(Omissis). -Il ricorso -che, sebbene notificato oltre il sessantesimo 
giorno dalla notificazione della decisione, deve ritenersi tempestivo, 
a sensi del decreto. ministeriale 24 marzo 1975 sulla proroga dei 
termini di decadenza in conseguenza del mancato funzionamento degli 
uffici giudiziari -va riconosciuto fondato. 

Contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, infatti, 
si ha realizzo di plusvalenza non solo nel caso in cui un bene immobile 
sia trasformato in una certa somma di danaro (con esclusione, pertanto, 
delle ipotesi di permuta senza conguaglio di prezzo), bens� in tutti i 
casi in cui una determinata potenzialit� economica, fino a quel momento 
latente, venga evidenziata mediante una qualsiasi operazione 
economica dalla quale risulti in modo certo che il bene stesso ha un 
valore corrispondente al suo costo non ammortizzato o all'ultimo valore 
riconosciuto ai fini della determinazione del reddito agli effetti dell'imposta 
di R.M. 

(1) Decisione esattissima. Sul punto che la plusvalenza non presuppone la 
percezione di un prezzo, la giurisprudenza � ormai pacifica (da ultimo Cass. 
16 febbraio 1978, n. 725 in questa Rassegna, 1978, I, 384, e, precedenti ivi citati). 
Ma interessante � la ulteriore considerazione che sul presupposto di eguaglianza 
dei valori dei beni oggetto della permuta, il valore in comune commercio 
(e che potr� essere quello accertato ai fini dell'imposta di registro) 
del bene ricevuto in permuta rappresenta il plusvalore rispetto al valore inferiore 
iscritto in bilancio o riconosciuto ai fini dell'imposta del bene �dato in 
permuta. La permuta cio� produce l'effetto del realizzo della ricchezza latente 
e ne determina la misura. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Per quanto attiene alle societ� indicate nell'art. 2200 del codice civile, 
infatti, i beni immobili da inscriversi a bilancio ai sensi dell'art. 2424 e.e., 
sono valutati, per il disposto del successivo art. 2425, su un valore 
non superiore al loro prezzo di costo, e delle risultanze del bilancio 
(ivi comprese quelle relative ai beni immobili) si teneva conto (in 
forza della normativa, qui applicabile, del t.u. n. 645 del 1958) per la 
tassazione ai fini dell'imposta di R.M.; conseguentemente, l'eventuale 
maggior valore che i beni potevano acquistare non veniva considerato ai 
fini della loro tassabilit�, costituente esso una forma di ricchezza latente. 
Detta ricchezza, peraltro, giusta la previsione dell'art. 100 del T.U., una 
volta concretizzatasi ed esteriorizzatasi, veniva considerata come una 
plusvalenza realizzata in un determinato momento (a sensi dell'art. 106) . 
e veniva tassata alla pari di qualsiasi altro reddito. 

Ci� posto, non � dubbio che un bene, fino ad un determinato momento 
valutato in bilancio in base all'originario prezzc;> di costo, se 
permutato con altro bene, alla pari, dimostra di possede un determinato 
valore di mercato, presuntivamente equivalente al valore di mercato del 
bene ricevuto in cambio, e che, di conseguenza, ove questo valore sia 
superi�re al prezzo di costo del bene originariamente posseduto, si 
abbia la manifestazione di una plusvalenza, ossia del realizzarsi, in . 
concreto, di una ricchezza fino a quel momento latente, con conseguente 
applicabilit� dell'imposta secondo le previsioni del citato art. 100. N� 
� a dirsi che in tal caso si verifica una plusvalenza meramente fittizia, 
in quanto ci� che conta, ai fini fiscali, � che un determinato bene, fino 
ad un determinato momento valutato in bilancio per un determinato 
valore, dimostri in concreto, mediante la sua utilizzazione come mezzo 
di acquisto di altro bene, di possedere un valore maggiore, effettivamente 
realizzato. 

A ci� non osta il fatto che nell'art. 100 del t.u. si faccia menzione del 
realizzo di un �prezzo� superiore al costo, in quanto la parola �prezzo�, 
come gi� questa Corte ha avuto in precedenza occasione di chiarire (ved. 
sentenza n. 1687 del 7 giugno 1974) va illterpretata, in base ad una 
interpretazione logica di tutta la norma, come sinonimo di � valore �, 
per cui le plusvalenze .devono ritenersi tassabili anche nell'ipotesi in cui 
esse non siano rappresentate da un corrispettivo in danaro; e, d'altronde, 
una simile interpretazione � confort~ta .dalla considerazione che sul 
punto il t.u. del 1958 non rappresenta altro, in base alla delega legislativa 
che ne � all'origine, che il coordinamento e la ristrutturazione organica 
della preesistente legislazione in materia, di cui norma fondamentale era 
quella contenuta nell'art. 20 della legge 5 gennaio 1956, n. l, che prevedeva, 
come componente del reddito imponibile delle imprese, i maggiori 
�valori� dell'attivit� delle imprese stesse. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 marzo 1978, n. 1273 -Pres. Caporaso 
-Est. Lipari -P. M. Caristo (conf.). Cordeschi (avv. Malorni) 

c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Bafile). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore 
di soggetti tassabili in base a bilancio -Natura della 
responsabilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta .
Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Liquidazione di 
fatto � Responsabilit� degli amministratori -Sussiste. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore 
di soggetti tassabili in base a bilancio -Prova -Presunzioni 
� Ammissibilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore 
di soggetti tassabili in base a bilancio -Contestazione 
dell'obbligazione tributaria -Difetto di legittimazione. 

(t.u. 29 gennaio 195&, n. 645, art. 265). 
La responsabilit� del liquidatore dei soggetti tassabili in base al bilancio 
nasce � ex lege � quando si verificano i tre presupposti dell' esistenza 
di un debito per imposte dirette facente capo alla societ�, della 
esistenza di attivit� nel patrimonio sociale in liquidazione, della distrazione 
di tali attivit� a fini diversi dal pagamento delle imposte. Tuttavia, 
il liquidatore non pu� essere considerato un responsabile di imposta 
obbligato in via sussidiaria al pagamento dell'imposta (della quale risponde 
soltanto il contribuente) giacch� egli risponde a titolo proprio 
non dell'imposta ma di una obbligazione civile di misura solo oggettivamente 
corrispondente all'imposta. La responsabilit� dei liquidatore 
non presuppone alcuna colpa ed � di carattere obiettivo non ammettendo 
prova dell'ignoranza del debito tributario (1). 

La speciale responsabilit� ex art. 265 del t.u. delle imposte dirette 
� riferibile oltre che al liquidatore e all'amministratore in carica al momento 
dello scioglimento della societ� quando non si sia provveduto 

(1-7) Ancora sulla responsabilit� personale del liquidatore e dell'amministratore 
delle persone giuridiche. 

1) Dopo le recenti pronunzie 6 luglio 1977, n. 2972 e 2 agosto 1977, n. 3411 
(in questa Rassegna 1977, I, 699 con nota cli C. BAFILE, Note sul.la responsabilit� 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 479 

alla nomina dei liquidatori, anche al liquidatore di fatto, cioe all'am� 
ministratore che, anche in difetto di uno stato formale di liquidazione, 
abbia compiuto attivit� sostanziale di liquidazione. Tale responsablit� 
abbraccia tutti i debiti d� imposta del periodo della liquidazione, anche 
se sono l'effetto di intrapresa di nuove iniziative (2). 

La prova. dell'esistenza di un attivo so�iale pu� fondarsi anche su 
presunzioni, specialmente quando il liquidatore sia stato messo nella 
condizione di discolparsi e non abbia fornito prove contrarie alle pre� 
sunzioni (3). 

Il liquidatore che risponde dell'imposta accertata contro la societ� 
che ne � il soggetto passivo, non � legittimato in proprio per contestare 
l'obbligazione tributaria, spettando solo alla societ� (contribuente) esperire 
i rimedi ammessi nei modi e nei termini stabiliti per la controversia 
di imposta alla quale il liquidatore � estraneo. Egli � legittimato 
soltanto ad eccepire la carenza del titolo della sua responsabilit�, dimostrando 
I'inesistenza di attivit� sociali, ovvero di avere impiegato tutte le 
attivit� per il pagamento delle imposte (4). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 10 giugno 1978, n. 2927 � Pres. Trimarchi 
� Est. Granata -P. M. Berri (conf.). Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato Siconolfi) c. Giulivi (avv. Testa). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Imposte dirette � 
Responsabile di imposta -Liquidatore di soggetti tassabili in base a 
bilancio -Azione di accertamento negativo -Giurisdizione del giudice 
ordinario. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 201, 208, 210, 265). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta Liquidatore 
di soggetti tassabili in base a bilancio � Liquidazione di 
fatto -Responsabilit� dell'amministratore -Sussiste. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Responsabile di imposta . 
Liquidatore di soggetti tassabili in base a bilancio -Accertamento 
ro-�-~della responsabilit� � Onere della prova. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 265). 
Poich� il li.quida.tore di soggetti tassabili in base a bilancio dichiarato 
responsabile in proprio non � n� coobbligato n� responsabile dell'im


personale del liquidatore e dell'amministratore delle persone giuridiche) la S.C. 
torna nuovamente sul problema apportandovi ulteriori interessanti chiarimenti. 



480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

posta, ma solo responsabile per fatto proprio del mancato pagamento, la 
domanda da esso proposta per dimostrare l'inesistenza della sua responsabiit� 
(non l'inesistenza del debito tributario) non � una controversia 
di imposta, soggetta alla disciplina processuale propria di 
questa, ma una controversia civile devoluta alla giurisdizione ordina� 
ria (5). 

L'art. 265 del t.u. sulle imposte dirette fa riferimento alla liquidazione 
intesa in senso sostanziale di dispersione delle attivit� sociali. La responsabilit� 
personale colpisce quindi tutti i soggetti che hanno concorso 
a tale dispersione e cio� oltre al liquidatore anche l'amministratore 
che, pur in difetto di uno stato ,formale di liquidazione, abbia di 
fatto compiuto attivit� sostanziali di liquidazione (6). 

La responsabilit� del' liquidatore, se pure non pu� definirsi come 
sanzione amministrativa ha tuttavia natura sanzionatoria e per questo 
� accertata con provvedimento autoritativo assistito dalla presunzione 
di legittimit� contro la quale il responsabile ha l'onere di assumere l'iniziativa 
processuale; conseguentemente grava sul soggetto dichiarato responsabile 
l'onere di provare l'insussistenza dei presupposti di tale responsabilit� 
(7). 

I 

(Omissis). -3. Il motivo non � giuridicamente fondato. 

� stata affermata nella sentenza che la responsabilit� personale dell'amministratore 
in carica all'atto dello scioglimento, di societ� tassabile 
in base a bilancio per le imposte erariali dovute per il periodo della 
liquidazione e per quello anteriore non pagate con le attivit� della 

La pronunzia della Sezione semplice si snoda su un ventaglio di questioni, mentre 
quella delle Sezioni unite (che era stata preceduta da altra analoga decisione 
in data 3 giugno 1978, n. Z766 di oui si omette la pubblicazione) si incentra, oltre 
che sulla questione di giurisdizione, sul problema della liquidazione di fatto. 

Commentando le ,precedenti sentenze avevamo tentato di delineare i diversi 
aspetti della problematica della responsabilit� personale anche in relazione alla 
normativa vigente, proponendo delle soluzioni che le successive pronunzie hanno 
in buona parte convalidato. 

La seconda massima oltre a riaffermare la responsabilit� per la liquidazione 
di fatto, ha riconosciuto che nella speciale responsabilit� stabilita dalla norma 
tributaria va ricompresa anche la responsabilit� conseguente all'intrapresa di 
nuove operazioni; questa responsabilit� non � diversa da quella ordinaria 
(art. 2279 e 2449 e.e.), ma quanto ha per oggetto imposte sui redditi prodotti 
con le nuove operazioni intraprese viene accertata col procedimento amministrativo, 
oggi regolato dall'art. 36 del d.P.R. n ..602 del 1973. 

Di molta importanza � la quarta massima che chiarisce senza possibilit� di 

dubbio che il soggetto dichiarato responsabile in proprio non � legittimato a 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 481 

liquidazione, quale risulta disciplinata dall'art. 265 comma 2 del t.u. delle 
imposte dirette nel 1958 (d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645), ora sostituito 
dall'art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (contenente le disposizioni 
sulla riscossione dele imposte sul reddito). 

Tale responsabilit� -che non ha natura fiscale, n� aquiliana da 
illecito (Cass. 6 luglio 1972 n. 2972), ma nasce ex lege, nei confronti 
non solo del liquidatore, ma pure qell'amministratore per la condotta 
tenuta nel corso della fase successiva allo scioglimento, anche iri via di 
mero fatto, della societ�, si correla all'obbligo di accantonare, avendone 
la disponibilit�, le somme necessarie al pagamento delle imposte dovute 
dalla societ� (ancorch� siano in contestazione davanti alle commissioni 
tributarie). E per sottrarsi ad essa il liquidatore (o amministratore) 
non ha altra scelta, una volta constatato che le attivit� sociali non consentono 
l'accantonamento delle somme necessarie al pagamento di debiti 
d'imposta ed al pagamento integrale dei creditori sociali, man mano che 
i rispettivi crediti giungono a scadenza, che la richiesta di fallimento 
della societ� (Cass. 29 ottobre 1974 n. 3259). 

L'analisi della fattispecie dell'art. 265 porta ad evidenziare tre presupposti 
della responsabilit� scaturente direttamente dalla legge: 

a) l'esistenza di un debito per imposte dirette, totalmente o parzialmente 
insoluto, facente capo alla societ� (o soggetto tassato in base al 
bilancio); 

contestate l'obbligazione tributaria (della persona giuridica) potendo solo eccepire 
la carenza del titolo della sua responsabilit�, ossia l'inesistenza dei presupposti 
sui quali essa si fonda. 

� appena necessario sottolineare l'importanza della seconda e della sesta 
massima che riaffermano, in modo da ritenere ormai definitivo, la responsabilit� 
personale dell'amministratore che abbia di fatto eseguito attivit� di liquidazione. 
Non si pu� ignorare che nelle singole situazioni non sar� facile stabilire 
se un'attivit� formalmente di normale amministrazione possa essere qualificata 
come di liquidazione {di fatto); ma sono ormai delineati i criteri in base ai quali 
si dovr� procedere. Ci sembra che possa utilmente orientare l'interprt;!te il, criterio 
da noi �proposto che � equiparato al liquidatore colui che amministra la 
persona giuridica al momento in cui, nell'osservanza formale della l�gge, si sarebbe 
dovuto deliberare lo scioglimento e nominare i liquidatori. 

Di rilievo � anche l'affermazione contenuta nellla prima massima che il soggetto 
chiamato a rispondere personalmente non � abilitato a provare l'ignoranza 
del debito tributario perch� (se pure non si voglia giungere ad affermare, con 
la sentenza, che la responsabilit� � di tipo obiettivo) si deve presumere che ogni 
liquidatore sappia che esistono le imposte dirette che gravano annualmente sulla 
persona giuridica. 

2) Fin qui le conforme e il completamento di statuizioni gi� espresse o conte


nute in embrione nelle precedenti pronuncie. 

Nuovo � invece l'argomento della terza e della settima massima concernenti 

la prova, problema che assume particolare rilievo nel caso della liquidazione 

di fatto. 

1 

111111111r11111r1111:11rrllflfilmt11111;11&11111111111r~1111rriill,ft1111111111111 



482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
b) l'esistenza di �attivit� nel patrimonio� sociale in liquidazione, 
ovvero, se non sono stati nominati i liquidatori, di attivit� nel patrimonio 
della societ� che si � sciolta, ape legis od in via di fatto indipendentemente 
dall'apertura formale dello stato di liquidazione; 
e) la distrazione da parte del liquidatore (o dell'amministratore) 
di tali attivit� a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute. 
L'art. 265 sancisce la responsabilit� dei liquidatori (o amministratori) 
al pagamento delle imposte dovute dalla societ� a prescindere dalla 
colpa. 
Il problema, sul quale in precedenza questa Corte si era espressa in 
senso contrario (cfr. Cass. 952/64, 3021/71, 1484/72 ed anche 3411/77, ma 
quale obiter dictum) � stato affrontato ex novo con recente sentenza 
(n. 2972 del 1977) pervenendosi alla conclusione che si tratti di responsabilit� 
ex lege e non di responsabilit� aquiliana. 
� del tutto pacifico in giurisprudenza che la controversia tra liquidatori 
e finanza relativa alla sussistenza delll). responsabilit� ex art. 265 
non � controversia di imposta (Cass. 1484/72), trattandosi di responsabilit� 
per fatto proprio che il liquidatore incontra nei riguardi dell'amministrazione 
finanziaria; pertanto egli non ha veste per adire le commissioni 
tributarie (Cass. 3021/71), n� � applicabile in materia il procedimento 
diretto a determinare l'esistenza e la misura dei presupposti delle 
obbligazioni tributarie nei confronti del debitore di imposta (Cass. 
2259/74). 
I 
I 
I 
I=~ 
Sono da condividere ambedue le massime: l'una che riconosce la validit� 
delle presunzioni, l'altra che, sulla premessa dell'accertamento autoritativo della 
responsabilit� con atto amministrativo assistito da presunzione di legittimit�, 
pone l'onere della prova a carico del responsabile che agisce come attore per 
contestare l'accertamento. 
Sull'ammissibilit� delle presunzioni in generale nel rapporto tributario non 
pu� nascere dubbio (v; Relazione avv. Stato, 1970, 75, II, 546) specie quando il @ 
soggetto passivo non abbia adempiuto ai doveri formali del procedimento mettendo 
l'Amministrazione nell'impossibilit� di avvalersi dei pi� diretti mezzi d� 
fil 
prova, come nelle ipotesi di dichiarazione o di bilancio incompleti, di irregolare 
tenuta di scritture contabili ecc. (art. 38-41 d.P.R. n. 600, 1973). 
Una analoga situazione si verifica quando sia mancato un regolare procedi� 
mento di liqutdazione e si debba accertare se esistono attivit� sociali non utilizzate 
per il pagamento dei tributi (� questo il solo elemento da dimostrare, 
giacch� l'altro presupposto dell'esistenza di debito di imposte � sempre dimo/ 
strabile) e pi� ancora nell'espressa ipotesi del quarto comma dell'art. 36 del 
d.P.R. n. 602/1973 riferita all'occultamento di attivit� sociali anche mediante 
omissione nelle scritture contabili. In queste situazioni il ricorso alle presunzioni 
� incontestabile ed anzi si deve ritenere che nellle ipotesi pi� gravi sia con*(:: 
1: 
sentito, in applicazione delle norme sull'accertamento sopra citate, il ricorso � 
presunzioni (utrasemplici) prive del requisito dell'art. 2729 e.e. 
l! 
i 
� Riguardo all'onere della prova, senza nemmeno addentrarsi sulla qustione, 
che potrebbe destare perplessit�, della natura sanzionatoria della responsabilit� ! 
~ 
~ 
~ 
1~ 
tI f.''
! 


PARTE I, SEZ�. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 483 

Unico soggetto passivo dell'imposizione tributaria rimane la societ� 
cui sia l'accertamento, sia l'iscrizione a ruolo si riferiscono. 

L'obbligo dei liquidatori (o degli amministratori) per il pagamento 
delle imposte non crea solidariet� (in senso opposto si rinvengono isolate 
e superate affermazioni giurisprudenziali; Cass. 16 luglio 1936 n. 2541; 
26 aprile 1938 n. 1420; 12 giugno 1940 n. 1936). Ed infatti la responsabilit� 
non sorge per il mero fatto del mancato pagamento, da parte della 
societ� di debiti di imposta, ma solo se al mancato pagamento si accompagna 
la distrazione delle attivit� della societ�, in tutto o in parte dalla 
finalit� di soddisfacimento del debito fiscale. 

Il liquidatore non pu� essere equiparato, pertanto, ad un responsabile 
di imposta (cos� come il cessionario d'azienda). Si deve postulare un 
rapporto di dipendenza fra l'obbligazione tributaria societaria e quella 
personale ed autonoma del liquidatore (o amministratore). Ma detta 
autonomia esclude la solidariet�, nonch� la sussidiariet�. 

� esatto, che dal lato obiettivo la prestazione cui pu� essere tenuto 

il liquidatore (o amministratore) sostanzialmente si identifica con l'ob


bligazione tributaria a carico della societ� ma l'identificazione dell'oggetto 

(o, se si vuole, della misura della responsabilit�) non si risolve nella 

identit� della fonte e del contenuto. � 

L'imposta si ricollega in capo alla societ� come effetto della sussi


stenza dei presupposti del tributo. L'avvenuto accertamento del tributo 

nell'ipotesi dell'art. 265 diventa fatto costitutivo di un diverso obbligo 

di pagare con l'attivit� della liquidazione, salvo a rispondere per il com


in discorso, � sufficiente considerare che indubbiamente (ed oggi per l'espressa 
norma dell'atr. 36, 5� comma) � un vero e proprio accertamento (in senso 
tecnico) l'atto con il quale l'Amministrazione dichiara la responsabilit�, s� che 
ad esso � siouramente riferibiile da regola generate suN'onere della prova a carico 
dell'attore (o ricorrente) che contesta l'accertamento assistito da presunzione di 
legittimit�, come � giurisprudenza costante anche in materia diversa da quella 
sanzionatoria (v. Relazione avv. Stato, 1970, 75, II, 547). 

3) Qualche ulteriore considerazione meritano la prima e la quinta massima. 

Quest'ultima � certamente condizionata dalla questione di giurisdizione, gi� 

pi� volte decisa e sulla quale� non era ragionevole tornare dopo che il problema 

� stato risolto dal legislatore. Per vero il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. riaf


fiora sempre ed � proprio la sentenza delle Sezioni unite che nell'ultima parte 

(liettima massima) nel configurare la responsabilit� come sanzione accertata dal


l'Amministrazione finanziaria con atto autoritativo, riporta la contestazione di 

questa responsabilit� nella controversia d'imposta. 

Ma della giurisdizione non vogliamo pi� discutere; ci interessa invece sot


tolineare che l'intenzione di affermare che il liquidatore non � un responsabile 

di imposta � strumentale rispetto alla questione di :giurisdizione; e tale preoc


cupazione ha influenzato anche la decisione della Sezione semplice, bench� abbia 

affrontato il problema ai fini sostanziali. Oggi, dopo che l'espressa norma del


l'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973 ha proclamato che la responsabilit� � dichiarata 

dall'ufficio con un vero e proprio atto di accertamento contro il quale � con




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

portamento omissivo tenuto, nella misura precostituita rappresentata, 
appunto, dall'ammontare del debito tributario. 

Quando nel sistema tributario vigente la legge ha voluto porre a 
carico dei liquidatori, o dei rappresentanti legali della societ�, una responsabilit� 
sociale tributaria, li ha dichiarati obbligati per la medesima 
obbligazione di imposta sulla base del solo presupposto dell'avere rivestito 
la rappresentanza organica dell'ente. 

Un argomento testuale a comprova della non ammissibilit� del liquidatore, 
che distrae attivit� sociali dal pagamento dei tributi, al coobbligato, 
si ritrae dall'art. 208 del medesimo t.u. delle imposte dirette il quale, 
nell'elencare i legittimati ad insorgere contro gli atti dell'esattore, menziona 
distintamente i coobbligati ed i liquidatori, il che vale a contrapporre 
appunto agli obbligati solidali coloro che non possono rientrare 
nella categoria. 

Nemmeno si potrebbe ritenere giuridicamente corretta la tesi dell'obbligazione 
solidale sub condicione (di cui alla circolare 3 settembre 1935 

n. 4100 del Ministero delle finanze) secondo la quale si ipotizzano due 
debitori per le imposte dovute dalla societ� in liquidazione: l'ente 
sociale (debitore principale) e il liquidatore, o amministratore, debitore 
sub condicione. Non si tratta di responsabilit� solidale pura e semplice 
perch� non pagando la societ� non sorge automaticamente la responsabilit� 
del liquidatore: tale responsabilit�, tuttavia, trova nel liquidator~ 
sentito soltanto il ricorso alla Commissione, il problema pu� essere approfondito 
con maggiore libert�. 

Nell'affermare che il liquidatore (o l'ammintstratore) non � un condebitore 
obbligato in solido (sul che si consente), n� un sostituto di imposta (e 
ci� � evidente), n� un responsabile di imposta obbli:gato in via suss~diaria (su di 
che nascono perplessit�), d'un canto si rileva che presupposto della responsabilit� 
� la distrazione delle attivit� sociali dalla finalit� del soddisfacimento del 
debito di imposta, dall'altro che non opera a vantaggio del responsabile il beneficium 
escussionis. Su ambedue questi punti non si pu� pienamente consentire. 

La distrazione non � l'elemento pi� importante che caratterizza la responsabilit� 
e non � nemmeno un elemento necessario (cosicch� i presupposti della 
responsabilit� si riducono da tre a due). Nella definizione legislativa la responsabilit� 
presuppone soltanto la esistenza di attivit� sociali e l'inadempimento 
dell'obbligazione tributaria; non si .parla affatto di distrazione (se mai la distrazione 
� premessa necessaria solo per la responsabilit� del socio oggi introdotta 
dall'art. 36). � chiaro che se esistono attivit� sociali e l'inadempimento 
permane dopo la liquidazione della societ�, ne risulta che queste hanno avuto 
una qualche destinazione; ma la distrazione � una conseguenza di mero fatto 
non il titolo giuridico della responsabilit�. Non occorre infatti verificare se e 
quale ;destinazione le attivit� hanno avuto n� l'accertamento dell'ufficio deve motivare
� sul punto; � sufficiente accertare l'esistenza di attivit�, quando l'obbligazione 
tributaria sia rimasta inadempiuta. 

)jl beneficio �di esoossione non � espressamente previ:sto n� nell'art. 265 n� 
ne11'art. 36, ma � oltrech� implicito nel si:stema, !imposto dailfa norma relativa 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 485 

il suo necessario punto di riferimento e s� tratta solo di accertare se si 
sia verificata la condizione cui l'obbligazione � subordinata (e cio� la 
distrazione di attivit� esistenti). 

La tesi � viziata in radice giacch� postula la capacit� del presupposto 
di imposta di erigersi a fronte di due distinte obbligazioni tributarie a 
carico dell'ente e del liquidatore; ma un duplice fondamento siffatto mal 
si concilia sia con la responsabilit� posta a carico del liquidatore per le 
imposte anteriori all'apertura della liquidazione, sia con la stessa dizione 
dell'art. 265 che avendo riferimento al mancato adempimento dell'obbligo 
di pagare ricollega chiaramente a tale comport�mento omissivo la fonte 
della personale responsabilit� del liquidatore la cui misura � dalla legge 
determinata nel riferimento all'ammontare dei tributi. 

Il liquidatore risponde dunque a titolo proprio, e la prestazione corrisponde 
oggettivamente a quella cui sarebbe stata tenuta la societ�; ma 
ci� non significa che egli risponde di quello stesso debito di imposta 
(a titolo proprio di una obbligazione altrui), venendo a verificarsi una 
situazione di sussidiariet� (anche se diversa da quella pi� tipica, e non 
automatica). 

Non si pu� condividere invero il punto di partenza, l'identificazione 
ontologica fra il debito d� imposta ed il titolo della responsabilit� ex 

alla riscossione (art. 201 del t.u. del 1958; art. 46 d.P.R. n. 602/1973) che prevede 
la notifica dell'avviso di mora al coobbligato, ove per coobbligato si intende 
non il condebitore (contribuente, che � sempre stato parte del procedimento di 
accertamento ed ha gi� ricevuto la notifica della cartella di pagamento) ma 
colui che, senza essere contribuente, risponde dell'obbligazione di imposta. N� 
vale osservare che l'esecuzione infruttuosa sta solo a dimostrare che mancano 
beni sociali su cui soddisfare il credito, ma che la relativa prova pu� essere 
raggiunta per altra via; la preventiva notifica della cartella dei paigamenti al 
contribuente prima di notificare l'avviso di mora al coobbligato � una necessit� 
non eludibile e non surrogabile con altra prova dell'insolvibilit� dell'obbligato 
prindpale. Ma si deve aggiungere che la responsabilit� personale del liquidatore 

o dell'amministratore non � nemmeno pensabile finch� � ancora possibile l'adempimento 
da parte della persona giuridica, diversamente sarebbe incrinato il principio 
deHa responsabi1it� delle societ� di capita[f e delle persone giuridiche in 
genere (al quale le norme in esame apportano una eccezione, ma entro precisi 
limiti) e particolarmente si presenterebbe in termini ben rpi� difficili la responsabilit� 
degli amministratori per la liquidazione di fatto ove essa non avesse 
come presupposto l'oggettiva impossibilit� di adempiere dell'ente amministrato. 
Del resto tutto il costrutto, sul quale la stessa sentenza si basa (verifica 
dell'esistenza di crediti di imposta da adempiere, difetto di legittimazione del 
liquidatore per l'impugnazione del ruolo che spetta invece alla societ�, determinazione 
della misura della responsabilit� in relazione all'ammontare delle 
imposte insolute) presuppone l'iscrizione a ruolo a carico della societ� e la 
relativa escussione. 

Parallelamente la responsabilit� non sembra possa sorgere, per il sol fatto 
della distrazione, � anche se in ipotesi siano reperibili nel prosieguo della liquidazione 
altre attivit� �. Al liquidatore non � imposto di pagare i debiti tributari 



486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

art. 265 che scaturisce da un comportamento del responsabile sanzionato 

in una data misura pecuniaria coincidente con l'ammontare del debito 

di imposta. L'obbligazione sussidiaria si correla al beneficio di �scussione 

e scatta _per il solo fatto dell'esito negativo dell'azione esecutiva diretta 

nei confronti dall'obbligato principale. Ma la fattispecie dell'art. 265 si 

ricollega solo alla circostanza che le imposte dovute non siano state 

pagate, e non subordina il potere dell'amministrazione al previo infrut


tuoso esperimento dell'azione esecutiva fiscale, ma alla circostanza della 

esistenza di attivit� non impiegate nella liquidazione. In altre parole il 

previo esperimento da parte dell'esatt�re dei necessari atti di esecuzione 

forzata nei confronti della societ� non costituisce un elemento essen


ziale della fattispecie dell'art. 265 t.u. ii.dd. L'esecuzione infruttuosa sta 

a dimostrare incontroveFtibilmente che mancano beni sociali su cui il 
. fisco possa soddisfare i propri crediti; ma la relativa prova pu� essere 

raggiunta per altra via. Fondamentale � la distrazione dei beni (di parte 

dei beni) ricavati dalla liquidazione; e per ci� solo scatta la sanzione 

dell'art. 265 anche se in ipotesi siano reperibili nel prosieguo della liqui


dazione, altre attivit�. 

con assoluta priorit�; il. suo dovere di adempiere va verificato al risultato finale, 
essendo ben consentito (ed in ci� il liquidatore ha indubbiamente dei poteri 
incensurabili) condurre le operazioni secondo il criterio pi� opportuno per una 
pi� efficace tutela dell'interesse dei creditori e dei soci. Non pu� cio� l'Amministrazione 
dichiarare la responsabilit� (magari all'inizio della liquidazione) sol 
perch� accerta che sono stati pagati alcuni crediti diversi da quelli tributari 
(eventualmente al momento non esigibili), mentre esistono ancora congrue attivit� 
sociali; la responsabilit� nasce quando sono state liquidate ,senza soddisfare 
i debiti tributari non alcune soltanto, ma tutte le attivit� sociali e non � pi� 
oggettivamente possibile (il che si accerta con il bilancio finale di liquidazione 

o con la totale liquidazione di fatto) che l'obbligazione tributaria sia adempiuta 
dal suo debitore. Sarebbe eccessivo chiamare alla responsabilit� pernonale il 
liquidatore o l'amministratore quando non � stato ancora constatato l'inadempimento 
dell'obbHgato prindpale. 
4) Dopo queste precisazioni va riconsiderato il problema della sussidiariet�. 

Si afferma nelle sentenze in rassegna che il liquidatore non risponde del


l'imposta ma del mancato pagamento �di essa e che oggetto della _sua responsa


bilit� � una obbligazione (civile) personale ed autonoma che solo quanto alla 

misura � oggettivamente corrispondente all'obbligazione tributaria della persona 

giuridica. 

Nella precedente nota (n. 3) abbiamo tentato di chiarire che il liquidatore 

ri'IJonde in proprio di un'obbligazione di altro, come risulta per quest'ultimo 

accertata, s� che il credito di imposta conserva anche verso il liquidatore i suoi 

caratteri tributari, mentre esiste una stretta dipendenza tra obbligazione (prin


cipale) della persona giurtdica e obbligazione (sussidiaria) del responsabile. 

Non sembra che le sentenze ora intervenute abbiano addotto sufficienti 

ragioni per avvalorare l'opposta conclusione. Qggetto della responsabilit� del 

liquidatore � l'imposta, ma non un'imposta propria bens� l'imposta della persona 

giuridica; per questo il liquidatore risponde in ragione del debito come risulta 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 487 

La responsabilit� legale sancita dall'art. 265 si ricollega alla circostanza 
che le imposte dovute non siano state pagate nonostante la presenza 
di attivit� distratte ad altri fiBi (ad esempio per essere ripartite 
fra i soci) e il potere della finanza non resta subordinato al previo 
infruttuoso esperimento dell'azione esecutiva."" � 

Ove poi la sussidiariet� si voglia far dipendere dall'inquadramento 
del liquidatore (o amministratore) fra i responsabili di imposta la tesi 
trova la sua confutazione nella negazione di tale qualifica. Pu� soggiungersi 
che il responsabile � tenuto, in forza di disposizione di legge, al 
pagamento dell'imposta insieme con altri per fatti e situazioni esclusivamente 
riferibili a costoro, avendo diritto ad una rivalsa. Ma nella fattispecie 
dell'art. 265 la rivalsa non � nemmeno ipotizzabile; l'obbligazione 
a carico del liquidatore non si presenta quale conseguenza ineluttabile 
del mancato pagamento da parte della societ� (obbligata principale) 
come accade sempre in ogni ipotesi di responsabilit� di imposta in senso 
proprio, e l'interessato pu� evitare di incorrervi sul che si uniformi al 
comportamento che il legislatore gli impone, astenendosi dal distrarre le 
attivit� speciali e preoccupandosi eventualmente di presentare istanza 
di fallimento. 

accertato verso il contribuente ed in relazione alle vicende di esso (le variazioni 
del debito di imposta che pu� ridursi o estinguersi ovvero accrescersi si ripercuotono 
sulla responsabilit� del liquidatore). Esiste quindi un rapporto di accessoriet� 
che esclude l'autonomia. Se cos� non fosse sarebbe arduo giustificare 
come (quarta massima) al liquidatore sia precluso ogni potere di contestare il 
debito e come .per esso faccia stato il definitivo accertamento costituito verso 
il contribuente. � esatto che la fonte della responsabilit� del liquidatore � diversa 
da quella dell'obbligazione del contribuente (perch� il responsabile non � con~ 
tribuente), ma ci� non esclude che oggetto della responsabilit� sia l'obbligazione 
(di altri) per l'imposta, come accade in tutti i casi di responsabilit� dell'imposta 
basata su una fonte (ad esempio cessione di azienda, partecipazione a societ� 
di persona) diversa da quella dell'obbligazione tributaria di cui si � responsabili 
senza essere contribuenti. 

La S.C. adotta una nozione della sussidiariet� che appare eccessivamente 
limitata. � vero che in alcune ipotesi l'obbligazione sussidiaria .scatta per il solo 
fatto dell'esito negativo dell'escussione del debitore principale, il che non avviene 
per il liquidatore la cui responsabilit� presuppone anche (non la distrazione, 
come si � visto al n. 3) l'esistenza di attivit� sociali. 

Ma si pu� ben avere una responsabilit� di tipo sussidiario anche se ad 

integrarla concorre un presup.posto ulteriore; una volta che questo sussista la 

posizione del liquidatore viene ad essere uguale a quehla degli altri responsabili. 

Se, come si afferma nella sentenza, il liquidatore non risponde n� in solido 

n� in via sussidiaria, si deve concludere che egli risponde in via autonoma ed 

individualmente, senza cio� alcun collegamento con l'obbligazione del contri


buente e quindi anche indipendentemente dall'e~cussione; ma non si pu� negare 

la stretta relazione tra l'obbligazione principale tributaria e la responsabilit� 

del liquidatore che oltre a nascere in conseguenza dell'inadempimento della 

prima, segue le sorti di essa e con essa si identifica nell'oggetto. La responsa




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488 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

4. I liquidatori (o gli amministratori) rispondono a titolo proprio e 
diretto e non si tratta di ricondurre ~ale responsabilit� allo schema 
dell'art. 2456 cod. civ. riguardante genericamente la tutela di tutti i creditori 
sociali (e fra essi del fisco) dato che altrimenti la specifica disposizione 
dell'art. 265 del t.u. costituirebbe un inutile doppione, mentre 
essa si giustifica proprio perch� detta, esclusivamente nei confronti del 
fisco, una disciplina pi� favorevole in cui la nozione generica di colpa 
si scolora, prendendo rilievo un comportamento specifico, nella sua consistenza 
obiettiva, e cio� l'omissione del liquidatore (o amministratore) 
che non provvede a destinare al pagamento dei debiti fiscali l'attivo e 
per ci� solo, indipendentemente dalle motivazioni psicologiche del suo 
agire, incorre nella responsabilit�. L'applicabilit� dell'art. 2456 cod. civ., 
si verificher�, anche a favore del fisco, tutte le volte in cui, esulandosi 
dalla specifica fattispecie dell'art. 265 (distrazione delle attivit� sociali 
ai fini diversi del pagamento dei crediti tributari per imposte erariali 
dirette) il liquidatore non abbia provveduto alla totale realizzazione 
dell'attivo da destinare alla soddisfazione dei crediti sociali. 
La responsabilit� personale dei liquidatori non discende da una 
negligenza nell'individuazione oggettiva del debito e nella ricerca dei ere


bilit� del liquidatore, se autonoma, dovrebbe sopravvivere al caducamento dell'obbligazione 
<principale o �alla sua riduzione, il che non appare sostenibile. 

Si deve quindi riaffermare il rapporto di sussidiariet�. Dal che consegue 
che il credito tributario � esercitabile verso il liquidatore responsabile con i suoi 
attributi (privilegi, mezzi di riscossione) e che tutte le vicende dell'obbHgazione 
tributaria si ripercuotono sulla responsabilit� del liquidatore. 

5) Concludendo, si deve tornare a considerare il liquidatore (e l'amministratore) 
come un responsabile di imposta, come definito nell'art. 15 del t.u. 
del 1958 e nell'art. 64 del d.P.R. n. 600; con questa definizione trovano una giusta 
collocazione tutte le questioni trattate. La responsabilit� nasce da un rapporto 
particolare previsto dalla legge (nella specie di investitura nell'organo della persona 
giuridica) ed � determinata e delimitata da fatti o situazioni esclusivamente 
riferibili ad altri (il contribuente); � cio� una responsabilit� per obbligazione 
altrui rispetto a questa sussidiaria, in quanto il responsabile sopperisce 
all'inadempimento del contribuente, ma non contribuisce direttamente (secondo 
la sua capacit� contributiva). 

Per questo il liquidatore ha anche diritto alla rivalsa, anche se in concreto. 
essa si presenta difficilmente realizzabile. Il fatto che la responsabilit� del liquidatore 
possa non essere conseguenza ineluttabile dell'inadempimento dell'obbligato 
principale, non esclude, come ,si � visto, che si possa definire come responsabile 
di imposta chi nelle condizioni <previste dalla legge (anche ulteriori 
rispetto all'inedampimento) � obbligato insieme con altri, La possibilit� di non 
soggiacere alla responsabilit� presentando l'istanza di fallimento si risolve nella 
eliminazione della liquidazione (che cessa prima ancora di avere concreto inizio) 
e quindi non � un mezzo per sottrarsi alla responsabilit� sussidiaria, ma un 
rifiuto di compiere l'attivit� di liquidazione che elimina in radice ogni potenziale 
responsabilit�. 

CARLO BAFILE 



--��: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 489 

ditori da soddisfare, e quindi da un comportamento colposo nello svolgimento 
delle relative indagini per la fondamentale ragione che i debiti 
fiscali per imposte dirette non possono sfuggire anche al pi� superficiale 
esame della contabilit� sociale, essendo strutturalmente connaturati alla 
esistenza della socie_t�. La responsabilit� dei liquidatori � obiettiva perch� 
non � ammessa da parte loro l'allegazione e la prova dell'ignoranza 
del debito fiscale, trovando tale qualificazione la sua razionale giustificazione 
proprio nella facilit� del controllo da effettuare 1n materia. Del 
resto l'art. 265 t.u.ii.dd., a differeF1za dell'art. 2456 comma 2 e.e., non menziona 
espressamente la colpa del liquidatore. 

Contro questi rilievi non varrebbe obiettare che la resp�nsabilit� 
per colpa costituisca la regola e quella senza colpa l'eccezione, perch� 
le considerazioni�che precedono mirano ad evidenziare il proprium della 
disciplina dettata dal legislatore in deroga alla responsabilit� colposa e 
perch� non � nemmeno esatto che le due forme di responsabilit� stiano 
sempre nell'ordinamento nell'ipotizzato rapporto, in quanto va prendendo 
sempre pi� spazio normativo la concezione della responsabilit� 
oggettiva, sicch� in principio la responsabilit� nol:\ si identifica pi� con 
la repressione dell'illecito. 

5. Le disposizioni dettate dal primo comma dell'art. 265 per i liquidatori 
(rivestiti da tale qualifica formale) della societ� tassabili in base 
a bilancio si applicano, in forza di;ll'estensione espressamente contenuta 
nel secondo comma, anche agli amministratori in carica all'atto dello 
scioglimento della societ�, se non si sia provveduto alla nomina dei 
liquidatori. 
Nell'ipotesi del primo comma � quindi prevista una situazione formale 
di liquidazione; nella ipotesi del secondo comma si prescinde dalla 
apertura formale di una fase di liquidazione, e si pone l'accento sulla 
situazione della societ� che si � sciolta. 

Lo scioglimento sociale, come � noto, si verifica automaticamente 
nel concorso di date circostanze, fra cui la scadenza del termine e la 
deliberazione dell'assemblea. Questa Suprema Corte� con la cit. sentenza 

n. 3411 del 1977 ha ritenuto operante la norma dell'art. 265 comma 2 
t.u. ii.dd. non solo quando lo scioglimento si sia verificato, ma anche 
rispetto all'amministratore il quale, pur in difetto di una delibera di 
scioglimento della societ�, provvede di fatto alla liquidazione della medesima. 
Il Collegio condivide questo assunto da cui consegue l'infondatezza 
delle censure sub a) e sub b) del primo mezzo. 
La legge fiscale ha riguardo all'attivit� di liquidazione in senso sostanziale 
e non meramente formale. 

L'art. 265 tende ad impedire l'evasione dell'obbligo di pagare le 
imposte gi� accertate a carico della societ� per evitare che il ricorso 
allo strumento sociale personificato, rinnovato per ogni singola iniziativa 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

imprenditoriale, renda inesigibili i tributi dovuti, evenienza quanto mai 
probabile rispetto alle societ� immobiliari costituite per realizzare un 
immobile e venderlo ripartendo gli utili conseguiti ed esaurendo cos� 
ogni copertura patrimoniale. 

Liquidare, nel linguaggio tecnico commerciale, significa cessare l'attivit� 
formante l'oggetto sociale e realizzare l'attivo; per adeguare la norma 
alla realt� sociale occorre, quindi, applicarla a tutte le ipotesi di liquidazione. 
E quella realizzata dallo stess0 amministratore, pnma dello scioglimento 
formale della societ�, � ancora pi� pericolosa per il fisco 
stante !'.assenza cl.i ogni forma di pubblicit�, atta almeno in teoria a 
metterlo sull'avviso. Una volta intesa l'espressione �liquidazione� in 
senso sostanziale il secondo comma dell'art. 265 si configura come una 
mera conseguenza del primo, ed appare dettato esclusivamente allo scopo 
di fug�re ogni possibile dubbio interpretativo. 

Riferendosi agli amministratori in carica, all'atto dello scioglimento 
della societ� la legge ha avuto riguardo non solo alla �compilazione del 
documento che consacr� la volont� di scioglimento, o all'evento che ope 
legis la determina, ma addirittura al momento in cui di fatto si � deciso 
lo scioglimento, procedendo alla liquidazione. 

Orbene nel caso di specie la liquidazione � conseguita ope legis ex 
art. 2448 cod. civ. allo scioglimento per decorso del termine e sono mancati 
solo gli adempimenti conseguenziali ex art. 2449 cod. civ. Si versa 
quindi nell'ipotesi di applicazione de plano della norma, la quale postula 
la carenza di una fase formale di liquidazione, imputando all'amministratore 
inadempiente la stessa responsabilit� che sarebbe ricaduta sul 
liquidatore ritualmente nominato. 

La societ� dopo la scadenza del termine si � sciolta e come tale si trova, 
e non pu� non trovarsi, in fase di sostanziale liquidazione; la circostanza 
che vengano intraprese nuove attivit� si riflette sui rapporti con i terzi, 
rispetto ai quali essa deve ritenersi ancora esistente, ma non incide 
sull'effettivit� e persistenza dello stato di liquidazione, discendente ex lege 
come conseguenza del decorso del t�rmine. 

La previsione normativa dell'art. 265 per il raggiungimento dello 
scopo perseguito non consente scoperture. La liquidazione � una conseguenza 
dello scioglimento che assume rilevanza secondo la legge tributaria 
per effetto dell'evento medesimo indipendentemente dalla formaliz0 
zazione, costituendo in capo all'amministratore in carica al momento 
del suo verificarsi la responsabilit� ex lege ove non accantoni le somme. 

E nemmeno rileva la circostanza che le imposte si riferiscono ad atti 
economici posti in essere posteriormente allo scioglimento durante la 
liquidazione e che dal punto di vista civilistico dovrebbero far capo 
esclusivamente e personalmente all'amministratore-liquidatore, senza poter 
essere riferita alla societ�. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

Nella responsabilit� ex art. 265 il presupposto � dato da uno stato 
di liquidazione anche di fatto, nel corso del quale siano sorte obbligazioni 
tributarie anche eventualmente riferite ad epoca precedente che risultino 
a carico della societ�. � l'accertamento tributario in �apo alla societ� 
che fa sorgere la responsabilit�: e nella prospettiva delf'artkolo 265, che 
investe l'amministratore personalmente, non rileva la sua inerzia nel 
reagire all'accertamento; il tributo dovuto � un dato da prendere in 
considerazione come tale, la cui debenza e la cui misura non possono 
essere messe in discussione, non trattandosi -come si �-rilevato -di 
controversia di imposta. 

N� rileva la circostanza che i tributi si riferiscano alla fase della 
liquidazione. La responsabilit� del liquidatore, o dell'amministratore, non 
riguarda soltanto le imposte degli esercizi anteriori allo scioglimento. 
La societ� in liquidazione produce redditi anche a prescindere dall'apertura 
di nuove operazioni. 

Comunque l'art. 265 va interpretato nel senso che la responsabilit� 
riguarda sia il periodo anteriore alla liquidazione che quello della 
liquidazione. In tal senso deponeva, del resto, l'art. 45 del r.d. 17 settembre 
1931 n. 1608 contenente la stessa dizione di responsabilit� per le 
imposte dovute per il periodo della liquidazione e per quello anteriore 
adottata per chiarire l'espressione non perspicua contenuta nell'art. 14 
del r.d. 28 gennaio 1929 n. 360. 

La pretesa contraddittoriet� della sentenza non sussiste: la Corte 
si' � limitata ad osservare che non vi era stata la messa in liquidazione 
formale della societ�, lasciando peraltro chiaramente intendere che tale 
elemento formale non era costitutivo della fattispecie ex art. 205. 

Sempre su questo equivoco tra aspetto formale ed aspetto sostanziale 
della liquidazione ruota la censura sub b), la cui confutazione discende 
de plano dalla constatazione che la liquidazione di cui � chiamato a 
rispondere � l'amministratore � � sempre e necessariamente una liquidazione 
di fatto, poich� l'operativit� del secondo comma dell'art. 265 
postula appunto che non siano stati nominati i liquidatori. 

6: Nemmeno la censura sub c) coglie nel segpo. 
� esatto che l'art. 265 presuppone l'esistenza di attivit� della liquidazione 
da accantonare per destinarle al pagamento dei tributi. Ed in 
effetti la Corte d'Appello non ha disconosciuto in astratto detto presupposto, 
ma ha ritenuto che ne fosse stata provata in causa la sussistenza, 
desumendo tale prova in via presuntiva dal comportamento del liquidatore. 


Contro questo accertamento si� muovono due distinte doglianze. 
Si nega in diritto che la Corte potesse indagare ex post la sussistenza 
del relativo presupposto (ed al riguardo si deduce addirittura il vizio di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

extrapetizione). Ma la Corte non ha svolto alcuna istruttoria ex novo, 
limitandosi alla verifica dei presupposti legittimanti la dichiarazione di 
responsabilit� fra cui l'esistenza di attivit� che ha ritenuto sussistenti 
con ragionamento probatorio di tipo presuntivo. 

Ed anche su questo punto appare determinante la ratio legis, lo 
scopo perseguito della norma d1 frustrare i tentativi di eludere la corresponsione 
dei tributi omettendo la formale messa in liquidazione, nonch� 
trascurando la regolare tenuta delle scritture. 

Pertanto nella situazione di specie in cui l'amministratore di fronte 
alla contestazione di responsabiit� con invito a presentare i documenti 
ha opposto un netto rifiuto, gli accertamenti sulla sussistenza dell'attivo 
ben possono fondarsi su elementi presuntivi fra cui ragionevolmente 
si pone lo stesso comportamento negativo dell'amministratore che aveva 
tutto l'interesse a discolparsi dimostrando che non vi erano state operazioni 
liquidatorie, che non sussisteva un attivo da accantonare. E del 
resto per l'esistenza di attivit� deponeva sintomaticamente il fatto -messo 
in evidenza dalla Corte d'appello -dell'assunzione dell'appalto per 
la costruzione di un elettrodotto, che non poteva essere intrapresa_!>enza 
una congrua disponibilit� finanziaria. N� era necessario determinare 
l'esatto ammontare delle attivit� disponibili, non sussistendo nessun rapporto 
fra l'entit� del ricavato dalla liquidazione e la misura della responsabilit� 
dell'amministratore-liquidatore, che investe l'intero ammontare 
dei tributi purch� vi sia stata distrazione di una qualche attivit� sociale. 

Solo nella prospettiva aquiliana si potrebbe infatti ipotizzare un 
rapporto fra fatto dannoso e misura della responsabilit� da circoscrivere 
nell'entit� colposamente o dolosame~te sottratte. 

Del resto a tale prospettiva si riconduce pure l'accentuazione del pro


filo dell'onere probatorio dell'illecito facente carico all'amministratore 

(o liquidatore). 

Una volta sganciata la responsabilit� degli schemi dell'illecito, per 
ricondurla alla legge, appare giustificata la prassi adottata dall'amministrazione 
di invitare l'interessato a presentare prove, a discarico della 
responsabilit�, che pu� essere ritenuta sussistente anche in via di 
presunzioni afferenti al presupposto dell'esistenza di attivit� distratte. 
Altrimenti si verrebbe a premiare l'amministratore che prescinda dalla 
documentazione dell'attivit� liquidativa, sia pure ridotta al suo minimo 
di ripartizione degli utili ricavati. 

Le presunzioni del resto, hanno cittadinanza nel nostro ordinamento 

(Corte cost. 99/68, 129/69) in materie di accertamento ffscale, ben possono 

operare perci� anche quando esulandosi dalla materia fiscale si tratti di r 

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affermare una responsabilit� ex lege. ~ 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Si aggiunge che l'accertamento (sia pure meramente presuntivo) di 
redditi riferiti al periodo della liquidazione fa stato circa il conseguimento 
di elementi attivi da parte della societ�. 

In conclusione sul punto l'accertamento dell'attivit� � stato ritenuto 
dalla Corte d'appello con motivazione che si sarebbe potuta articolare 
pi� diffusamente, ma che viene corroborata da elementi di fatto inequivocabilmente 
evidenziati. E la distinzione dei suddetti elementi attivi 
�risulta in re ipsa dalla persistenza di debiti tributari che per tutta la 

durata della liquidazione (di fatto) restarono insoluti. 

La censura va quindi respinta sul duplice rilievo dell'ammissibilit� 

in punto di diritto delle prove presuntive circa la sussistenza di attivit�; 

e della globale idoneit� degli elementi presuntivi emergenti dall'impu


gnata sentenza, non richiedendosi al riguardo alcun accertamento ad 

hoc -(Omissis). 

10. Con il quarto mezzo, den~ciando la violazione o falsa applicazione 
degli artt. 123, 124 e 17Cl del t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, nonch� la 
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza si sostiene 
che, comunque il Cordeschi non avrebbe dovuto rispondere del mancato 
pagamento delle imposte di R.M. e sulle societ� (e relative sopratasse) 
riguardanti gli anni 1960, 1961, in. quanto iscritte al ruolo nei confronti 
della, societ� medesima senza previo accertamento e, comunque tardivamente 
oltre i termini di cui all'art. 180. 
La Finanza eccepisce il difetto di legittimazione dell'amministratore 

(liquidatore), responsabile in proprio, trattandosi di questioni che riguar


dano la societ� e formano oggetto di una tipica controversia di imposta 

che non potrebbe essere sollevata nemmeno dalla legittimata societ� 

direttamente davanti all'autorit� giudiziaria (ai sensi dell'art. 22 del r:d. 

7 agosto 1936 n. 1639) e che comunque non sarebbe proponibile dopo 

l'inizio della esecuzione esattoriale contro la societ� (ex art. 208 t.u.ii.dd.) 

donde la decadenza della societ� stessa dalla possibilit� di far valere i 

propri diritti per non avere tempestivamente proposto ricorso contro 

il ruolo. 

L'eccezione � fondata. 

La responsabilit� del liquidatore od amministratore prevista dall'arti. 
colo 255, pur non essendo una responsabilit� da illecito, ma una responsabilit� 
ex lege si ricollega ad un suo personale comportamento, consistente 
nell'omesso pagamento delle imposte accertate nei confronti della 
societ�. Egli pertanto, non � legittimato a dolersi in proprio delle vicende 
dell'accertamento, direttamente davanti all'autorit� giudiziaria. 

L'accertamento nella specie � ormai divenuto definitivo per mancanza 
di opposizione al ruolo ex art. 188 t.u.ii.dd. che avrebbe dovuto essere 
proposta dalla societ� (tramite l'amministratore) e non pu� il punto 
essere rimesso in discussione nemmeno in via incidentale nel giudizio 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

494 

riguardante la legittimit� dell'applicazione dell'art. 265 dall'amministratore 
in proprio, che risponde per l'esistenza di imposte ormai accertate 
definitivamente (od ancora in contestazione davanti alla Commissione) 
nei confronti della societ�. Unico soggetto passivo dell'imposizione rimane 
la societ�, cui sia l'accertamento che l'iscrizione a ruolo si riferiscono; 
il provvedimento intendentizio emesso nei confronti del responsabile 
non d� luogo ad una controversia di imposta devoluta alla cognizione 
delle commissioni tributarie (Cass. 3021/71, 1484/72, 3253). 

Del resto la mancata proposizione dell'opposizione contro il ruolo 
si riflette preclusivamente non solo dal punto di vista soggettivo sulla 
legittimazione dell'amministratore in proprio, che non avrebbe potuto 
farvi ricorso, ma in senso oggettivo sull'improponibilit� dell'azione davanti 
all'A.G.O., anche da parte del legittimato, senza la previa cognizione 
delle Commissioni medesime ex art. 22 r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 (cfr. 
Cass. 21 ottobre 1974 n. 2974). Ed � d'altra parte pacifico che nessuna 
azione � proponibile dopo l'inizio dell'esecuzione esattoriale. 

L'amministratore-liquidatore sol perch� l'imposta costituisce un pre


supposto della responsabilit� personale ex lege, di cui all'art. 265, non 

pu� essere ammesso a contestarne in via incidentale 1a sussistenza senza 

incontrare quegli stessi ostacoli che gli sarebbero frapposti ove avesse 

agito quale organo della societ�. 

Ma pi� radicalmente nella fattispecie legale dell'art. 265 le obbligazioni 
tributarie insolute (definitivamente accertate o in corso di contestazione) 
non vanno rimesse in discussione nella loro consistenza, ed 
all'amministratore � consentito sotto questo aspetto puramente e semplicemente 
di eccepire la carenza del titolo della responsabilit� dimostrando 
di avere gi� pagato o negando il presupposto della effettiva esistenza 
di imposte erariali dirette (gi� accertate) a carico della societ� 
insolute, ma non pu� investire l'oggetto della sua responsabilit�, il 
tributo sociale contestando I'an o il quantum dell'accertamento. 

Se� ci� � esatto nella ottica della sussidiariet� della obbligazione 

dell'amministrazione, in cui si muove l'amministrazione finanziaria, di


venta incontrovertibile a fortiori ove si spezzi il collegamento della 

sussidiariet� e si valuti la responsabilit� personale dell'amministratore 

con esclusivo riguardo al comportamento omissivo rispetto a obbliga


zioni tributarie che questi avrebbe potuto contestare a suo tempo nello 

esercizio delle sue funzioni di amministratore ma non pu� in un secondo 

momento, contestare in proprio, essendo sotto questo profilo, estraneo 

alla obbligazione tributaria che non viene in considerazione come tale, 

ma quale misura della responsabilit� derivante dal suo comportamento 

omissivo, per aver distratto attivit� sociali della finalit� primaria del 

pagamento dei debiti sociali. -(Omissis). 

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I 

���� ,,.,.,,.,.,.,.,.,. .... ,-.--..-.-.-� .-.rr� � .--.-c.--.-crc.r.,-.-.-.r.-r.r rrr.�.�.�,�.-.r,�.-.�.�r,-.�.-.-r} 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

II 

(Omissis). -Con i pnm1 due motivi di ricorso, l'Amministrazione 
finanziaria insiste sulla tesi della improponibilit� della domanda, e del 
conseguente difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo pendente 
l'esecuzione esattoriale e non avendo il Giulivi adito, prima del 
tribunale, le Commissioni tributarie: 

In particolare, con il primo motivo -denunziando, in relazione 
all'art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 201, 
208, 209 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645; artt. 2 e 4 legge 20 marzo 1865 n. 2248, 
all. E -afferma che il liquidatore e l'amministratore obbligati ex art. 265 
citato sono veri e propri � responsabili di imposta� e quindi � coobbligati 
�, anche se non condebitori solidali, ex art. 201 dello stesso t.u. del 
1958 n . .645 e nega, criticando la contraria giurisprudenza di queste sezioni 
unite, che l'azione di a�certamento negativo ad istanza di un responsabile 
di imposta si sottragga, anche quando proposta soltanto contro 

, l'Amministrazione finanziaria, alla preclusione di cui agli artt. 208, e 209 
del t.u. citato. Con il secondo motivo, poi, sotto il profilo della violazione 
e falsa applicazione dell'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, dell'art. 
22 r.d. 7 agosto 1936 n. 1639 e del difetto di giurisdizione, in relazione allo 
art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c., critica la sentenza impugnata per avere escluso, 
sulla scia di precedenti pronunzie di queste Sezioni unite, che la controversia 
introdotta dal liquidatore o amministratore per negare la propria 
responsabilit� ex art. 265 citato abbia natura tributaria: a giudizio della 
ricorrente, infatti, tale responsabilit� si concreterebbe in un vero e proprio 
debito di imposta, come dimostrerebbe il fatto che non si renderebbe 
necessaria la costituzione di un titolo diverso dal ruolo, donde la 
improponibilit� della domanda davanti al giudice ordinario senza il previo 
esperimento del ricorso alle Commissioni tributarie. 
Entrambe le censure sono infondate, perch� basate sulla premessa, 
affatto erronea, della natura 'tributaria dell'obbligazione posta a carico, 
nella ricorrenza dei presupposti di legge, del liquidatore o dell'amministratore 
dei soggetti tassabili in base al bilancio dall'art. 265 pi� volte 
richiamato. Invero -come queste Sezioni hanno da tempo (Cass. 27 ottobre 
1971 n. 3021; Cass. 16 maggio 1972 n. 1484) ed ancora recentissimamente 
(Cass. 3 giugno 1978 n. 2766) affermato -deve escludersi che 
il liquidatore o l'amministratore siano coobbligati o comunque responsabili 
di imposta, tali figure intendendosi nel significato tecnico loro 
proprio. 

In realt�, alla stregua della stessa formulazione dell'art. 265 citato, 
e prima ancora dell'art. 45 t.u. 17 settembre 1931 n. 1608 -in cui il previgente 
art. 14 r.d. 28 gennaio 1~29 n. 360 era stato trasfuso, peraltro 
chiarendosi, ,con opportune modifiche, che la responsabilit� del liquida



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

496 

tore sussisteva soltanto nei limiti in cui le attivit� ricavate dalla liquidazione 
avrebbero consentito di pagare le imposte se destinate, come la 
legge gliene faceva obbligo, a tal fine -i menzionati soggetti non sono 
debitori del tributo, ma responsabili del mancato pagamento di esso: 
sono cio� responsabili per il fatto proprio, nel caso di esistenza di attivit� 
sociali (non impiegate nel pagamento dei debiti tributari della 
societ�) e nei limiti di tale attivit�. Sicch�, per un verso, la natura non fiscale 
dell'obbligazione rende estranea alla esecuzione esattoriale, e quindi 
all'area delle preclusioni a questa correlate, l'azione di accertamento 
proposta dal liquidatore o dall'amministratore per dimostrare l'inesistenza 
non del debito tributario, m� degli altri presupposti, da questo 
diversi, della responsabilit� che l'Amministrazione vorrebbe loro attribuire. 
E, per altro verso, proprio perch� questo ultimo, e non l'altro, � 
l'oggetto della controversia introdotta dal liquidatore o dall'amministratore, 
e non v'� materia da portare davanti alle Commissioni tributarie, 
che tali soggetti non sono legittimati ad agire neppure per contestare 
la pretesa tributaria, perch� debitore delfimposta � soltanto la societ� 
mentre la loro responsabilit� presuppone che il debito di questa sia di 
venuto definitivo. 

Gli altri due motivi di ricorso investono il tema di merito della causa. 

La Corte di appello ha giudicato non configurabile a carico di Giulivi 
la responsabilit� ex art. 265 t.u. del 1958 n. 645 sotto un duplice 
profilo: in fatto, negando che l'Amministrazione avesse fornito la prova 
del compimento, da parte di quello, delle operazioni di sostanziale liquidazione 
addebitategli; in diritto, escludendo die nella previsione di tale 
norma rientri anche il liquidatore di fatto. 

Contro quest'ultima proposizione motiva si rivolge il terzo mezzo 
di ricorso, con il quale l'Amministrazione -denunciando violazione e 
falsa applicazione dell'art. 265 t.u. 1958 n. 645, in relazione alYart. 360 n. 3 

c.p.c. -deduce che la citata disposizione � applicabile, invece, a tutti 
coloro che, pur se formalmente non nominati liquidatori, in effetti compiano 
le singole operazioni di liberazione del patrimonio dalla soggezione 
al vincolo sociale, con conseguente pagamento dei a�biti ed assegnazione 
del residuo ai soci. 
La censura � fondata. E sul punto le Sezioni unite possono limitarsi 
a richiamare le argomentazioni svolte, . a suffragio dell'accoglimento 
della tesi oggi riproposta dall'amministrazione, in un recentissimo loro 
arresto (Cass. 3 giugno 1978 n. 2766), nel quale, facendo proprio il conforme 
indirizzo gi� adottato a Sezione semplice (Cass. 2 agosto 1977 

n. 3411; Cass. 14 marzo 1978 n. 1273), hanno considerato che la responsabilit� 
di cui alla norma citata costituisce una sanzione, comminata per 
la violazione dell'obbligo di non distribuire ai soci (o comunque di non 
destin�re diversamente) le attivit� della liquidazione fino a quando non 

PARTE I, SEZ. VI,� GIURISPRUi>ENZA TRmUTARIA 

siano stati soddisfatti i debiti fiscali della societ�. Ora, il soggetto che 
pu� venire meno a tale obbligo � normalmente il liquidatore, e l'art. 265, 
nel primo comma, prevede tale ipotesi tipica; ma l'articolo non ha vo� 
luto limitarsi a tale ipotesi e nel secondo comma ha previsto i~ caso che 
�I liquidatore non vi sia, �e che la liquidazione venga fatta dall'ammini� 
stratore: come, per�,-nella prima ipotesi � compresa quella di pii� liquidatori, 
tutti responsabili, succedutisi nel corso della liquidazione, cos� 
tra la prima e la seconda ipotesi � compresa quella in cui l'attivit� di 
liquidazione venga iniziata dall'amministratore e conclusa dal liquidatore 
nominato ad operazioni gi� iniziate, o anche l'ipotesi in cui la liquidazione 
venga iniziata a patrimonio gi� liquidato, sicch� abbia solo un 
contenuto formale e tenda, attraverso un liquidatore di comodo, soltanto 
a trarre in inganno il Fisco. Del resto, proprio il carattere sanzionatorio 
della norma impone che la sanzione giunga a colpire quanti 
abbiano nella realt� disperso, o concorso a disperdere, le attivit� sooiaH1� 
Deve pertanto ritenersi che l'art. 265 parli di liquidatori in senso atecni� 
co, con riguardo all'attivit� di liquidazione in senso sostanziale e non 
meramente formale, ed � da rifiutare l'interpretazione che, facendo esclusivamente 
perno sul significato tecnico del termine attraverso un esasperato 
collegamento con l'istituto della liqu.idazione come regolato dal 
diritto civile, priverebbe la norma fiscale di qualsiasi concreta effettivit�, 
rendendone estremamente agevole la pratica elusione. 

Alla stregua di tale lettura della disposizione cennata rimane superato, 
come queste Sezioni unite hanno gi� sottolineato, il problema 
circa il carattere innovativo o interpretativo dell'art. 36 d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602. Ed �n verit� tale disposizione, sul punto specifico della 
responsabilit� (anche) degli �amministratori che hanno compiuto... operazioni 
di liquidazione �, ha soltanto reso esplicito il contenuto precettivo 
dell'art. 265 t.u. del 1958, come sopra interpretat�, solo limitandone 
nel tempo (ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione) 
l'ambito di applicazione. 

Errata -come le considerazioni test� svolte dimostrano -sul punto 
della individuazione del principio di diritto regolante la fattispecie sostanziale, 
la sentenza impugnata neppure regge alle critiche mosse, con 
il quarto ed ultimo motivo di ricorso, avverso la concorrente argomentazione 
con cui i giudici di merito hanno negato la responsabilit� del 
Giulivi sotto il riflesso della mancata acquisizione al processo, per iniziativa 
dell'Amministrazione che avrebbe avuto l'onere di fornirla, della 
prova concernente l'effettivo compimento, da parte del Giulivi stesso, 
delle attivit� di liquidazione attribuitegli. Appunto con il menzionato 
motivo, l'Amministrazione -denunziando violazione e ,falsa applicazione 
dell'art. 2697 e.e., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. -rimprovera 
alla Corte di merito di avere, cos� ragionando, invertito l'onere della 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prova: a suo avviso, infatti, dal sistema positivo si ricaverebbe che 
l'acclaramento e l'accertamento della insussistenza in concreto del presupposto 
in cui all'art. 265 sono curati dagli organi della Finanza, onde 
competerebbe al privato, che insorga contro le risultanze di tale operato, 
assistite dalla presunzione di legittimit�, l'onere di dimostrare che non 
sussistono i fatti costitutivi della sua responsabilit�. 

Anche tale censura �, nella sostanza, fondata. 

La responsabilit� del liquidatore (o amministratore) ex art. 265 citato 
ha -nel disegno legislativo -natura sanzionatoria, come queste 
Sezioni unite hanno gi� sottolineato, sulla scorta di una diffusa opinione 
dottrinale, nella recente sentenza pi� sopra ricordata (sent. n. 2766 del 
1978), e come inequivocabilmente traspare dalla collocazione della norma, 
inclusa, sotto il titolo XI dedicato alle � sanzioni-�, nel capo II intitolato 
alle �sanzioni in sede di riscossione�, e dalla espressa definizione 
in tal senso data -ad essa ed a tutte le altre misure contemplate nel 
titolo -dallo stesso legislatore in molte delle � disposizioni comuni � 
dettate nel capo II dello stesso titolo (cfr. art. 267, 270 c. 1� e 270 c. 2�). 

In dottrina � stata avanzata, tra le altre, la tesi che tale responsabilit�, 
o meglio la � sanzione � che in essa si concretizza, avrebbe natura 
amministrativa e pi� propriamente fiscale. Se cos� fosse, la tesi della 
Amministrazione ricorrente gi� troverebbe sufficiente giustificazione in 
siffatta qualificazione, costituendo il proprium della sanzione amministrativa 
a definizione ed irrogazione di essa attraverso un procedimento 
autoritativo, che si conclude con un provvedimento idoneo ad apprestare 
unilateralmente la disciplina potenzialmente definitiva del conseguente 
rapporto, restando riservato all'iniziativa del soggetto colpito dalla sanzione 
l'onere di chiederne il controllo giurisdizionale, attrav�rso l'assunzione 
della veste formale e sostanziale di attore, con tutte le implicazioni, 
anche probatorie, conseguenti (sul punto specifico e pi� in generale 
sulla tematica delle sanzioni amministrative ed in particolare fiscali, 
cfr. le recentissime sentenze di queste Sezioni unite nn. 926, 928, 
929, 930 in data 24 febbraio 1978). La tesi, peraltro, suscita non poche 
perplessit�, perch� la sanzione cos� qualificata si presenterebbe anomala 
rispetto alle tipiche sanzioni amministrative fiscali di contenuto pecu
�niario (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3, 4, 5 e 61); in quanto non potrebbe 
essere considerata pena pecuniaria essendo dalla legge determinata 
in misura fissa e non in misura variabile tra un minimo ed un 
massimo, ma neppure concreterebbe una sopratassa, essendo il suo im


porto quantificabile in ragione diretta dell'imposta, che si sarebbe potuto 
pagare con le� attivit� della liquidazione, se utilizzate a tal fine. 
Inoltre, ove la sanzione considerata avesse la natura ipotizzata, si dovrebbe 
negare l'incidenza del suo pagamento sulla estinzione fino alla 
concorrenza del credito di imposta, con il quale, quindi, il credito 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 499' 

relativo alla sanzione si cumulerebbe, in contrasto -almeno all'apparenza 
-con quanto la legge, chiamando il liquidatore (o l'amministratore) 
a � rispondere in proprio del pagamento delle imposte �, sembra 
chiaramente voler significare. 

Tuttavia, del tutto superflua si appalesa la verifica sul punto. Quand'anche, 
infatti, alla sanzione in discorso si riconoscesse, invece, natura 
civile e pi� propriamente risarcitoria (sicch�, tra l'altro, la prestazione 
di essa condurrebbe alla estinzione, per equivalente, dell'obbligazione � 
primaria, quella tributaria, rimasta inevasa), come in dottrina si � 
anche opinato e come sembrerebbe indicare pure il diverso criterio 
sistematico adottato dal legislatore del 1973, che ha estrapolato la responsabilit� 
del liquidatore e dell'amministratore (art. 36 d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 602, collocato sotto il titolo I � riscossione delle imposte
�) dal complesso delle norme dedicate alle �sanzioni� vere e 
proprie (artt. da 92 a 98 d.P.R. citato, collocati sotto il titolo III), egualmente 
ferme dovrebbero restare le conclusioni attinte in ordine all'accertamento 
amministrativo della violazione dell'obbligo imposto dall'articolo 
265 (di destinare le attivit� della liquidazione primeriamente al 
pagamento delle imposte) ed alla precostituzione, in via autoritativa, 
del provvedimento idoneo a legittimare la pretesa esecutiva concernente 
la riscossione della somma oggetto della sanzione dalla legge 
comminata per quella violazione. 

Ci� perch� � la disciplina positiva che cos� inequivocabilmente statuisce. 


Sul piano dell'interpretazione storica, va rilevato infatti che, nella 
vigenza della legislazione precedente al 1929, la stessa Amministrazione 
finanziaria (cfr. circolare ministeriale n. 77 del 1925) non dubitava della 
necessit� di promuovere la d�Chiarazione giudiziale della responsabilit� 
e dell'obbligo di pagamento per poter agire esecutivamente contro gli 
amministratori e liquidatori per le imposte non pagate, e va insieme 
sottolineato che la disciplina speciale successivamente dettata con l'articolo 
14 r.d. 28 gennaio 1929, n. 360 e poi con l'art. 45 r.d. 17 settembre 
1931, n. 1608, mir� appunto, tra l'altro, ad affrancare la Finanza da tale 
onere. Ne fa fede, almeno quanto all'intento del legislatore, la relazione 
ministeriale al citato t.u. del 1931, in cui, nel dare atto del mancato 
accoglimento della proposta della Commissione parlamentare, intesa a 
sottoporre alla �procedura comune�, la pretesa della Finanza �di risarcimento 
dei danni � nei confronti dei liquidatori, testualmente si 
motiva nel senso che non vi era ragione per sottrarre alla Finanza la 
�possibilit�� -gi� spettantele, si dice, in forza di �una disposizione 
in vigore� (che non poteva essere altro che l'art. 14 citato) -�di esaIninare 
se la liquidazione sia stata o meno ben coi;idotta �, costringendola 
invece a � promuovere in merito un giudizio civile �. E non � 


500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
priva di significato la circostanza che sulla medesima linea si � posto, 
in termini questa volta espliciti, anche il legislatore successivo al t.u. 
del 1958, il quale, nel d.P.R. 29 �settembre 1973, n. 602, pur stralciando, 
come gi� si � rilevato, la responsabilit� dei liquidatori ed amministratori 
dal complesso delle sanzioni (oltre che penali) fiscali vere e proprie 
(pena pec;uniaria e sopratassa), espressamente attribuisce alla P.A. (articolo 
36, penultimo comma) il potere di accertare tale responsabilit� 
attraverso un proprio atto autoritativo, per il cui controllo giurisdizionale 
rinvia poi, altrettanto esplicitamente, ai normali schemi del contenzioso 
tributario, secondo i quali, come � pacifico, il privato assume la 
posizione formale e sostanziale di attore, con tutte le implicazioni conseguenti, 
anche sul piano probatorio. 
Sotto il profilo letterale e sistematico, poi, la proposta interpretazione 
dell'art. 265 t.u. del 1958 n. 645 trova pieno conforto nel disposto 
dei susseguenti articoli 267 e 270, certamente riferentisi anche al predetto 
art. 265, che chiude il capo II del titolo XI, perch� inclusi nel sue-� 
cessivo capo III, intitolato �appunto � disposizioni comuni �. Invero, l'affermazione 
di principio, secondo cui � l'applicazione delle sanzioni � 
-compresa, per quanto test� osservato, quella relativa alla responsabilit� 
dei liquidatori ed amministratori -Ǐ regolata dalla legge 7 gennaio 
1929, n. 4 � (art. 267), implica non solo il rinvio alla disciplina autoritativa 
e pubblicistica del procedimento ivi previsto per l'accertamento 
delle infrazioni e per l'irrogazione delle sanzioni, ma anche l'assoggettamento 
del controllo giurisdizionale al regime processuale correlato a 
quel tipo di provvedimento, appunto incentrato, tra l'altro, sulla regola 
che addossa al privato l'onere della iniziativa giudiziale e quello della 
prova (citate decisioni nn. 926, 928, 929 e 930 del 1978). E, d'altro canto, 
l'indicazione neTia persona dell'Intendente di Finanza (arg. ex art. 270, 1� 
e 2� comma) dell'organo cui �spetta, in via normale, il relativo potere 
di accertamento e di irrogazione perfettamente si armonizza con il sistema 
normativo dell'epoca (citata legge n. 4 del 1929), che appunto 
all'Intendente di Finanza attribuiva il potere di porre in essere il �titolo 
� della sanzione, previo accertamento dei presupposti per la irrogazione 
di essa, e ancora conferma, quindi, l'assoggettamento al medesimo 
regime -amministrativo nella prima fase e giurisdizionale nella 
seconda, eventuale -anche di quella particolare sanzione costituita 
dalla misura in discorso. N� potrebbe ragionevolmente adombrarsi la 
tesi che tuttavia lo stesso art. 270 comma 2� prevede per talune sanzioni 
-tra cui potrebbe rientrare, in tesi, quella qui in discorso -
la incompetenza dell'Intendente di Finanza e la conseguente necessit� 
per questo di rivolgersi al giudice, giacch�, come all'evidenza dimostra 
la formula normativa �denuncia il fatto all'autorit� giudiziaria"� l'ipotesi 
ivi prevista � solo quella di sanzioni penali non rientranti nell'aro~ 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

bito della speciale competenza pure in questo settore attribuita dalla 
legislazione dell'epoca -poi caduta a seguito delle note dichiarazioni di 
incostituzionalit� -all'Illtendente di Finanza. 

Deve pertanto sul punto concludersi che, a differenza di quanto 
ritenuto da una parte della dottrina, la cui opinione ha trovato eco anche 
nella giurisprudenza di queste Sezioni unite (sent. n. 1484 del 1972 cit.), 

il c.d. accertamento di responsabilit� � atto intendentizio che trova la 
sua fonte di legittimazione non in mere esigenze di prassi, formalizzate 
in circolari amministrative, ma nel sistema legislativo delineato dalle 
citate disposizioni del t.u. del 1958, che appunto attribuisce all'Intendente 
di Finanza il potere di accertare i presupposti della responsabilit� 
e di porre in essere il titolo per l'attuazione della relativa pretesa 
sanzionatoria secondo moduli amministrativi ed attraverso provvedimenti 
autoritativi idonei a dettare la regola, potenzialmente definitiva, del 
rapporto e ad addossare al liquidatore o all'amministratore, cos� dichiarato 
responsabile, l'onere di assumere l'iniziativa processuale volta ad 
ottenere il controllo giurisdizionale e l'onere di fornire, nel giudizio cos� 
instaurato, la prova liberatoria. 
Sicch� in definitiva, rigettati i primi due motivi di ricorso, vanno 
accolti il terzo ed il quarto motivo, con . conseguente annullamento, in 
relazione alle censure cos� accolte, della sentenza impugnata e rinvio 
della causa ad atro giudice di pa~i grado, affinch� proceda, provvedendo 
anche sulle spese di questo giudizio di cassazione, a nuovo esame alla 
stregua dei seguenti principii di diritto: 

a) la responsabilit� di cui all'art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 
sussiste a carico anche dell'amministratore, che compia, prima della 
formale dichiarazione di scioglimento della societ�, attivit� di sostanziale 
liquidazione; 

b) dichiarata dall'Intendente di Finanza la responsabilit� del liquidatore 
o dell'amministratore ex art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, 
incombe sul soggetto cos� dichiarato responsabile l'onere di provare 
la insussistenza dei presupposti -diversi dal debito di imposta della 
societ� -di tale responsabilit�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1488 -Pres. Caporaso Est. 
La Torre -P. M. Minetti (conf.) -Ente per la Cellulosa e la Carta 
(avv. Antonini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Bafile). 

Imposta sulle societ� -Esenzioni -Istituti di studio e di sperimentazione ~ 
Ente per la Cellulosa e la Carta -Non � tale. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 151). 
Le cause di esonero dall'imposta sulle societ� previste dall'art. 151 
del t.u. delle imposte dirette n. 645 del 1958 sono tassative s� che anche 


502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
gli enti pubblici non economici sono soggetti all'imposta se non rientrano 
tra quelli espressamente dichiarati esenti. Non sono definibili come 
istituti di studio e di sperimentazione di interesse pubblico gli enti di 
intervento pubblico nell'attivit� economica quale l'Ente Nazionale per la 
Cellulosa e la Carta (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Ente per la celluosa e 
per la carta, sostenendo di essere esente dall'imposta societaria in quanto 
annoverabile fra �gli istituti di studio e di sperimentazione di interesse 
generale non aventi fini n� attivit� di lucro� (art. 3, n. 9 legge 
6 agosto 1954 n. 603, riprodotto nell'art. 151, lettera h, t.u. 29 gennaio 1958 
n. 645), censura la contraria pronuncia della Commissione centrale per 
violazione di legge nonch� per errata e insufficiente motivazione. Ci� in 
quanto: 
a) � deve riconoscersi all'Ente lo svolgimento di una attivit� di 
studio e di sperimentazione di gran lunga prevalente, per il fatto che 
esso � chiamato a svolgere, oltre a una vasta azione di disciplina e di 
controllo di un particoare settore produttivo, qual � quello della cellulosa 
e della carta, anche una preponderante e non meno importante 
attivit� promozionale, tipicamente di sperimentazione colturale �; 
b) nel perseguire tali fini, che sono di interesse generale, l'ente non 
502 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
gli enti pubblici non economici sono soggetti all'imposta se non rientrano 
tra quelli espressamente dichiarati esenti. Non sono definibili come 
istituti di studio e di sperimentazione di interesse pubblico gli enti di 
intervento pubblico nell'attivit� economica quale l'Ente Nazionale per la 
Cellulosa e la Carta (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Ente per la celluosa e 
per la carta, sostenendo di essere esente dall'imposta societaria in quanto 
annoverabile fra �gli istituti di studio e di sperimentazione di interesse 
generale non aventi fini n� attivit� di lucro� (art. 3, n. 9 legge 
6 agosto 1954 n. 603, riprodotto nell'art. 151, lettera h, t.u. 29 gennaio 1958 
n. 645), censura la contraria pronuncia della Commissione centrale per 
violazione di legge nonch� per errata e insufficiente motivazione. Ci� in 
quanto: 
a) � deve riconoscersi all'Ente lo svolgimento di una attivit� di 
studio e di sperimentazione di gran lunga prevalente, per il fatto che 
esso � chiamato a svolgere, oltre a una vasta azione di disciplina e di 
controllo di un particoare settore produttivo, qual � quello della cellulosa 
e della carta, anche una preponderante e non meno importante 
attivit� promozionale, tipicamente di sperimentazione colturale �; 
b) nel perseguire tali fini, che sono di interesse generale, l'ente non 
esercita in proprio alcuna attivit� commerciale di scambio o di produzione, 
n� percepisce � provvigioni � di sorta, poich� i � contributi � che 
gli spettano sull'importo delle fatture emesse dai produttori o importatori 
di carta e sulle quantit� di cellulosa destinata ad impieghi diversi 
hanno natura di tributi speciali e, non gi� di corrispettivo. 

Il ricorso non pu� essere accolto. 

Come risulta testualmente dall'invocata norma di favore, che in 
quanto eccezionale � di stretta interpretazione (art. 14 disp. prel.), l'esenzione 
tributaria di cui si discute ha natura mista o composita, poich� 
richiede il concorso di tre requisiti: deve innanzi tutto trattarsi di un 
istituto �di studio e di sperimentazione� (presupposto soggettivo), che 
sia inoltre di �interesse generale� (qualit� specifica) e che non abbia 
comunque �fini n� attivit� di lucro� (condizione oggettiva). Per cui, 
essendo necessaria la simultanea presenza di tutti e tre i requisiti, � 
chiaro che, se manca il primo, � inutile indagare sugli altri due, tanto 
bastando per escludere in radice l.'operativit� dell'esenzione. 

Ed � precisamente ci� che deve affermarsi con riferimento al caso 
in esame. 

(1) Decisione di evidente esattezza. Non constano precedenti specifici. La 
massima � rilevante anche ai fini della riduzione a met� dell'imposta sul reddito 
delle persone giuridiche essendo riprodotta la stessa formula agevolativa 
nell'art. 6 lett. g) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Per stabilire se un dato ente rientra o no nell'ambito di una certa 
categoria soggettiva -quando questa � determinata non gi� in funzione 
di sicuri indici esteriori di appartenenza a una classe (come per es. 
le regioni, le provincie, i comuni, le camere di commercio, gli istituti 
autonomi per le case popolari, le societ� di mutuo soccorso ecc.: cfr. il 
citato art. 151 t.u., lettere d, f, g), ma in base a un criterio ontologico 
di raggruppamento -ci� che occorre ricercare, desumendolo dai fini 
istituzionali dell'ente, � l'elemento che ne caratterizza l'intrinseca natura 
e l'oggetto suo proprio, in modo da verificare se esso coincida o 
meno col connotato della categoria: elemento che, appunto nerch� caratterizzante, 
deve essere non soltanto presente ma anche essenziale 
(id quod dat essentiam rei). Onde, per l'appartenenza agli �istituti di 
studio e di sperimentazione�, non basta che l'ente svolga, insieme o 
subordinatamente ad altre attivit�, anche quella scientifica e sperimentale, 
ma _� necessario che proprio questa ~ia la sua attivit� esclusiva 

o almeno preminente: tale, cio�, eh~ ogni eventuale attivit� risulti strumentale 
o ausiliaria rispetto allo studio e alla sperimentazione, non 
viceversa. 
Ora, che ci� possa dirsi dell'ente in questione � senz'altro da escludersi 
alla stregua della legge 13 giugno 1935 n. 1453 ( � Costituzione dell'Ente 
nazionale per la cellulosa e per la carta e determinazione dei 
suoi compiti e dei mezzi occorrenti per il suo funzionamento�), che, 
all'art. 2, assegna all'ente i seguenti scopi: 

1) � Promuovere lo sviluppo della fabbricazione della cellulosa in 
Italia�; 2) �adottare provvedimenti atti ad agevolare la produzione 
e l'impiego di materie prime nazionali per la cellulosa�; 3) �curare 
la disciplina della produzione nazionale della cellulosa e la distribuzione 
della cellulosa importata fra le categorie consumatrici, nonch� la 
disciplina della produzione e vendita della carta, con particolare riguardo 
a determinate produzioni e determinati consumi�; 4) �provvedere in 
modo permanente alla conoscenza dello stato dell'industria della cellulosa 
e di quella della carta, mediante periodiche rilevazioni statistiche, 
alle quali tutte le aziende partecipanti debbono concorrere� (cfr. anche 
l'art. 3 dello statuto approvato col r.d. 26 settembre 1935 n. 1932, nonch� 
il r.d.l. 12 novembre 1936 n. 2189, conv. nella I. 7 giugno 1937 n. 2726 
e modificato dalla I. 23 giugno 1940 n. 868). Inoltre, mediante la riscossione 
dei contributi obbligatori sulla carta in genere e attraverso le 
integrazioni di prezzo corrisposte alle aziende editoriali nel quadro delle 
provvidenze per la stampa, l'Ente per la cellulosa assolve una funzione 
regolatrice del mercato della carta in bobine (cfr., in aggiunta alle fonti 
normative sopra cit., la I. 28 marzo 1956 n. 168). 

Da quanto sopra esposto � agevole rilevare che l'Ente nazionale 
per la cellulosa e per la carta, la cui natura � quella di un consorzio 


504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

obbligatorio con personalit� di diritto pubblico (Sez. Un. 14 luglio 1~54 

. n. 2465), non � in alcun modo identificabile con un istituto � di studio 
e di sperimentazione�. N� vale a far mutare avviso il fatto che una 
tale attivit� -come deduce il ricorrente -venga posta in essere a 
mezzo dei due centri di Roma e di Casale Monferrato (operanti nel 
campo forestale e della pioppicultura), poich� una siffatta attivit�, sia 
per la sua importanza marginale in seno alla ben pi� vaste e complesse 
finalit� istituzionali dell'Ente, sia per il ruolo strumentale che esso 
svolge rispetto a questi compiti primari, non pu�. assurgere ad elemento 
essenziale e caratterizzante nel senso sopra precisato. Non' pu�, quindi, 
trasformare in istituto scientifico o culturale �di studio e di sperimentazione 
� un ente al quale invece la legge assegna compiti di indirizzo, 
di coordinamento e di controllo pubblico dell'economia nel settore della 
carta e della cellulosa. 

Una volta escluso il presupposto soggettivo dell'esenzione (ex art. 161, 
lett. h, del citato t.u. del 1958), tanto bastava -come si � accennato perch� 
questa fosse negata,. a nulla rilevando che i compiti dell'ente 
siano � di interesse generale � e non rivolti � a fini di lucro �. Di qui 
l'inutilit� dell'ulteriore argomento, addotto incidentalmente e ad abundantiam 
dalla Commissione centrale, secondo cui l'ente per la cellulosa 
percepisce una � provvigione percentuale � sugli importi delle fatture per 
la celsazione di carta e cartoni. E di qui, conseguentemente, l'inutilit� 
del pur esatto rilievo, contenuto nella censura sub b), secondo il quale 
il contributo percepito dall'ente non ha natura di provvigione ma di 
entrata tributaria (cfr. S.U. n. 2465 del 1954, cit.). Tale precisazione, 
infatti, pu� servire al pi� per� dimostrare che quello in questione � 
un ente pubblico non economico; �ma, �come ha giustamente osservato la 
Commissione centrale, sul riflesso che il presupposto dell'imposta societaria 
� �il possesso di un patrimonio (o di un reddito) da parte di 
soggetti tassabili in base al bilancio� (art. 145 t.u.) e che le cause di 
esonero dall'imposta sono tassative (art. 151 t.u.), � anch� gli enti non 
economici sono soggetti passivi di detta imposta se non rie.ntrano... tra 
quelli esenti �. Si pu� anzi aggiungere che quanto pi� si accentua la 
posizione di ente impositore o percettore di tributi, quali sono quelli 
.spettanti all'Ente cellulosa nell'esercizio delle sue funzioni di intervento 
pubblico sull'attivit� economica, tanto pi� si indebolisce la tesi che 
tende a configurare tale ente come un ~ero istituto � di studio e di 

sperimentazione �. 

Resta pertanto valido il rilievo conclusivo dell'impugnata decisione, 
doversi cio� escludere � che l'Ente per la cellulosa e per la carta sia da 
ricomprendere tra i soggetti che le cennate fonti normative dichiarano 
esenti dall'imposta sulle societ��. -(Omissis). ~ 

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SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 febbraio 1978, n. 888 -Pres. Trimarchi 
-Rei. Falcone -P. M. Saja (conf.) -Impresa � C.C.C. � Cantieri 
Costruzioni Cemento Soc. p. az. (avv. Fortini e Rossini) c. Consorzio 
di Bonifica di Bradano e Metaponto (avv. Mazzullo) e Ministero 
dell'agricoltura e foreste (avv. Stato Baccari). 

Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva 
dell'appaltatore -Interesse legittimo -Configurabilit� di diritto soggettivo 
-Condizioni. 

(d.l.C.P.S. 6 dcembre 1947, n. 1501, art. 1). 
Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva 
dell'appaltatore -L. 21 dicembre 1974 n. 700 -Trasformazione in diritto 
soggettivo -Esclusione. 

(I. 21 dicembre 1947, n. 700, art. unico; I. 21 giugno 1964, n. 463, art. 2). 
Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi -Situazione soggettiva 
dell'appaltatore -L. 22 febbraio 1973 n. 37 -Possibilit� di configurazione 
come diritto soggettivo � Soppressione. 

(I. 22 febbraio 1973, n. 37, art. 2; d.l.C.P.S., 6 dicembre 1947, n. 1501, art.. �1). 
Competenza e giurisdizione -Appalto di opere pubbliche -Revisione dei 
prezzi -Determinazione del compenso revisionale -Incidenza di determinazioni 
attinenti allo svolgimento del rapporto -Impugnativa Giurisdizione 
amministrativa -Sussiste. 

Ha natura di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo, 
la pretesa del privato diretta ad ottenere dalla pubblica amministrazione 
il provvedimento di revisione dei prezzi degli appalti delle 
opere pubbliche. La posizione soggettiva del privato assume la consistenza 
di diritto soggettivo, azionabile davanti al giudice ordinario, solo 
quando sia stato espressamente convenuto, in sede contrattuale -con 
patto �contrario� stipulato secondo l'espressa previsione contenuta nell'art. 
1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501 -che, ve-rif�candosi determinate 
condizioni, si dovr� procedere alla revisione dei prezzi (1). 

(1-3) La prima massima � conforme a costante .giurisprudenza e, per quanto 
attiene ai riflessi defila inserzione di patti in ordine alfa revdisione, riflette l'assetto 
normativo anteriore alla I. 22 febbraio 1973, n. 37: nello stesso senso, cfr;, 
Cass. 27 febbraio 1976, n. 631, Foro it. 1976, I, 1898; Cass. 27 marzo 1975, n. 1157, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. unico della legge 21 dicembre 1974, n. 700, applicabile anche ai 
contratti in corso di esecuzione limitatamente alla parte di lavori eseguita 
dopo l'entrata in vigore della legge stessa, non ha configurato come 
diritto soggettivo la situazione giuridica dell'appaltatore in ordine alla 
revisione dei 'prezzi (2). . . 

La legge 22 febbraio 1973, n. 37, sopprimendo la possibilit� di patti 
contrari alla disciplina legislativa della revisione dei prezzi (gi� ammessi 
dal d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501), ha escluso, in relazione a qualsiasi 
presupposto o momento dell'attivit� amministrativa di revisione dei 
prezzi, la possibilit� che la revisione del privato possa assumere la consistenza 
del diritto soggettivo (3). 

Investe esclusivamente il procedimento revisionale ed appartiene alla 
giurisdizione del giudice amministrativo l'impugnazione di un ordine di 
servizio in cui l'Amministrazione espliciti le modalit� in cui proceder� 
alla revisione, ove l'appaltatore denunzi la illegittimit� di determinazioni 
attinenti allo svolgimento del rapporto e tali da incidere sulla misura 
del compenso revisionale. (Nella specie, l'appaltatore contestava la legittimit� 
della esclusione dal calcolo dell'aumento dei costi verificatisi in 
periodi successivi alla scadenza contrattuale, esclusione conseguente alla 
illegittima denegazione della rilevanza di cause imponenti la sospensione 
dei lavori e la proroga del termine finale) (4). 

(Omissis). -L'Impresa ricorrente chiede che sia affermata la giurisdizione 
del giudice amministrativo in ordine alle domande da essa 
proposte, in quanto entrambe introducono controversie attinenti alla 

Foro amm. 1976, I, 624 e Rass. Jlvv. Stato 1975, I, 444; Cass. 12 ottobre 1974, n. 2817, 
Giust. civ. 1975, I, 812 e Rass. Avv. Stato 1974, I, 1278; e, nella giurisprudenza 
amministrativa, da ultimo, Cons. St., Sez. IV, 7 giugno 1977, n. 555, Cons. 
Stato 1977, I, 900. 

Sulla seconda massima non constano precedenti in termini. Diversamente 
orientato, in dottrina, CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano,� 1976, 

n. 
490 bis, pag. 719. 
Sulla terza massima, cfr., nello stesso senso, TAR Lombardia 7 luglio 1976, 
n. 269 in Trib. amm. reg. 1976, I, 2801. 
(4) Per analoga decisione, cfr. Cass. 27 marzo 1975, n. 1157 cit. 
Pu� qui rilchiamarsi la diverisa so1uzfone raggiunta in casi in 'Cui, esercitato 
dall'Amministrazione il potere inerente allo stabilire se ricorriessero o non le 
condizioni dell'applicazione delle norme sulla revisione, le parti controvertevano 
su aspetti del rapporto obbligatorio cos� venuto ad esistenza: cfr., per varie fattispecie, 
Cass. 27 febbraio 1976, n. 631, cit.,� Cass. 12 ottobre 1974, n. 2817, cit.; 
Cass. 12 febbraio 1973, n. 410, Giust. civ. Mass. 1973, 210. 

Quanto alla inddenza sulla misura del compenso revisionale de1'1e questioni 
su cui si incentra il ricorso, cfr., per la esclusione della spettanza della revisione 
con riguardo al periodo successivo alla scadenza del termine per la consegna 
dei lavori, Cons. St., Sez. IV, 16 maggio 1978, n. 450, Cons. Stato 1978, I, 796; 
sulla rilevanza delle proroghe regolarmente concesse, Corte conti, Sez. contr. 
Stato, 3 dicembre 1976, n. 721, Cons. Stato 1977, Il, 667. 


PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

legittimit� di elementi costituenti il presupposto di esercizio della facolt� 
di concedere la revisione dei prezzi dell'appalto. 

Quanto alla controversia concernente. l'applicabilit� delle quote percentuali 
di incidenza sul costo complessivo dell'opera risultanti dalh� tabella 
n. 5 annessa al d.m. 22 giugno 1968, o di quelle indicate dalla precedente 
tabella n. 3, la ricorrente sostiene che le quote di incidenza 
assumono rilevanza sia per l'accertamento della sussistenza delle condizioni 
che alla revisione danno ingresso, sia per la corretta determina~ 
zione dell'ammontare degli acconti revisionali e del relativo saldo e che, 
pertanto, la controversia stessa non si sottrae in nessuno di tali momenti 
alla particolare disciplina cui � soggetta la materia revisionale. 

In relazione alla controversia riguardante l'illegittima esclusione dal 
calcolo dell'aumento dei costi verificatosi nel periodo della sospensione 
dei lavori disposta dall'amministrazione (per mancata disponibilit� dei 
fondi di finanziamento e ritardo nell'approvazione di P.erizia suppletiva) 
afferma che era stata posta in discussione non la legittimit� della. sospensione 
dei lavori, ma soltanto l'applicabilit�, negata dal Consorzio, 
del quarto comma dell'art. 1 del d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501, e 
quindi era venuto in contestazione un presupposto costituente condizione 
essenziale per l'esercizio della facolt� di revisione e per la corretta sua 
determinazione. 

Il Consorzio, nell'opporsi all'accoglimento del ricorso, sostiene, anzitutto, 
che debba essere dichiarata l'improponibilit� della pretesa fatta 
valere dall'Impresa, in quanto l'atto impugnato, non essendo terminativo 
del procedimento di revisione, non-avrebbe carattere definitivo; ma trattasi 
di tesi palesemente inaccoglibile, poich� l'asserita non definitivit� 
del provvedimento potr� costituire oggetto d'esame da parte del giudice 
amministrativo di cui, per le ragioni che saranno esposte, deve essere 
affermata la competenza giurisdizionale, ma non d� luogo a questione 
rilevante ai fini della decisione sulla giurisdizione. 

Passando all'esame dei motivi dell'istanza, essi risultano fondati e 
deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo. 

Questa Corte ha costantemente affermato il principio che, se non pu� 
contestarsi la natura di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice 
amministrativo, della pretesa del privato diretta ad ottenere dalla pubblica 
amministrazione il procedimento di revisione dei prezzi degli appalti 
delle opere pubbliche, in quanto la revisione si configura come una 
facolt� attribuita all'amministrazione pubblica, il cui esercizio � in funzione 
della cura di interessi ed esigenze pubbliche secondo una valutazione 
discrezionale ad essa affidata, assume la consistenza di diritto soggettivo, 
azionabile dinanzi al giudice ordinario, la posizione soggettiva 
del privato stesso, quando sia stato espressamente convenuto, in sede 
contrattuale -con patto �contrario� stipulato secondo l'espressa pre



508 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

visione contenuta nell'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501 (ratificata 
con la legge 9 mag~io 1950, n. 329) -che, verificandosi determinate 
condizioni, si dovr� procedere alla revisione dei prezzi (S.U. 27 febbraio 
1976, n. 631; 12 ottobre �1974, n. 2817; 26 marzo 1968, n. 933). 

Ma nella specie � da escludere, procedendo alla interpretazione della 
volont� negoziale manifestata dalle parti, che queste Sezioni Unite devono 
compiere quali giudici anche del fatto ai fini della decisione della 
questione di giurisdizione, che una deroga alla disciplina legale della 
revisione dei prezzi sia stata convenuta dalle parti. Queste, infatti, nel 
contratto di appalto, richiamarono espressamente la disciplina legislativa 
della materia dichiarando che �l'eventuale revisione dei prezzi sar� 
effettuata a norma della legge 17 febbraio 1968, n. 93, e le relative quote 
d'incidenza sono quelle riportate nell'art. 24 del Capitolato speciale �, 
e ribadirono, nel capitolato stesso, che i prezzi erano fissi e invariabili, 
salvo l'osservanza delle vigenti disposizioni di legge :;;ulla revisione dei 
prezzi che sar� regolata dalla legge 21 giugno 1964, n . .463, aggiungendo 
che �a tal fine si riportavano di seguito gli indici di incidenza�, che 
erano quelli della tabella 3 del d.m. 22 giugno 1968. 

Le parti hanno inteso evidentemente e soltanto riferirsi alla disciplina 
dettata dalla legge in materia, sottolineando anzi, con l'espressa 
qualificazione della revisione come eventuale, l'esclusione di ogni comune 
intento di config�rarla quale diritto soggettivo, al verificarsi di specifiche 
condizioni, del resto non previste, e limitandosi a richiamare i 
criteri applicativi che ritenevano appropriati al tipo di lavori, qualora 
l'amministrazione avesse proceduto alla revisione. Le clausole contrattuali 
non contengono nulla pi� che la mera ricognizione della disciplina 
legale in materia, e manca la m;:tnifestazione di una volont� derogatoria 
dei presupposti o delle modalit� di computo della revisione, che (in . 
quanto tale) non poteva non essere univocamente espressa.. 

Queste conclusi�ni rimangono valide pur dopo la entrata in vigore 
dell'art. unico della legge 21 dicembre 1974, n. 700, applicabile anche ai 
contratti in corso di esecuzione limitatamente alla parte dei lavori eseguita 
dopo l'entrata in vigore della legge stessa (terzo comma), non 
potendo essere condivisa la tesi espressa dal Consorzio resistente, secondo 
cui detta legge, stabilendo che gli accqnti per la revisione dei 
prezzi, da corrispondere all'appaltatore unitamente ai pagamenti in conto 
per i lavori eseguiti, sono fissati nella misura dell'85% dell'ammontare 
dell'importo revisionale e che in caso di ritardo nella corresponsione 
degli acconti e della rata di saldo revisionale si applicano gli arti~ 
coli 35 e 36 del capitolato di appalto per le opere-pubbliche di competenza 
del Ministero dei Lavori Pubb�ici (d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), 
ha configurato come diritto soggettivo la situazione giuridica dell'appaitatore 
in ordine alla revisione dei prezzi. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 509 

Queste disposizioni, infatti, non sono incompatibili con la configurazione, 
accolta nella giurisprudenza ordinaria ed amministrativa e nella 
dottrina, della revisione dei prezzi negli appalti di opere pubbliche come 
espressione di un potere della pubblica amministrazione, il cui esercizio 
� vincolato nell'interesse pubblico, in quanto dirette soltanto a fissare, 
con ulteriori precisazioni, il contenuto tipico del provvedimento da emanare 
e le modalit� con cui lo stesso deve essere adottato. 

Con~rasta, inoltre, con la tesi prospettata, di un mutamento dell'essenza 
della revisione prezzi nel senso che essa si configuri come un 
vero e proprio obbligo legale contrattuale, cui la P.A. � tenuta come 
parte contraente e non pi� come � una facolt� � che la stessa amministrazione 
eserciti quale autorit� al di fuori del contratto, la considerazione 
che una siffatta portata innovativa dovrebbe essere attribuita alla 
legge n. 700 del 1974, sebben.e non emerga n� dalla lettera n� dalla � ratio 
cui essa appare informata, di disciplinare -modificando l'art. 2 
della legge 21 giugno 1964, n. 463, e quindi nell'ambito del procedimento 
di revisione prezzi quale veniva regolato da questa legge -momenti 
ed aspetti ulteriori della procedura rispetto a quella prima regolati. Non 
senza rilevare che un'innovazione della po~tata sostenuta sarebbe stata 
introdotta con una legge del 1974 di modifica di una parte dell'anteriore 
disciplina dettata dalla legge del 1964 (art. 2), dopo che, con la 
legge del 23 ottobre 1973, n. 1481 (rectius, 22 febbraio 1973, n. 37), era 
stato espressamente disposto che la facolt� di procedere alla revisione 
dei prezzi � ammessa secondo le norme che la regolano, con esclusione 
di qualsiasi patto in contrario o in deroga. Dopo, cio�, l'emanazione 
di una legge la quale, nel sopprimere la possibilit� di patti contrari alla 
disciplina legislativa della revisione dei prezzi (gi� ammessi, come si 
� detto .dal d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501), aveva escluso, in relazione 
a qualsiasi presupposto o momento dell'attivit� amministrativa di 
revisione dei prezzi, la possibilit� che la posizione del privato potesse 
assumere la consistenza del diritto soggettivo e che la facolt� di procedere 
alla revisione potesse essere in qualche modo vincolata a tutela 
di interessi diversi da quelli (pubblici) affidati alla cura della pubblica 
amministrazione. 

Anche la seconda questione � stata correttamente portata innanzi al 
� giudice amministrativo. 

La ricorrente, infatti, non fa valere un diritto alla reintegrazione dei 
maggiori oneri sopportati per fatto dell'amministrazione, concretatosi 
in una sospensione dei lavori illegittimamente disposta per esigenze imputabili 
alla stessa e nel diniego della protrazione del termine finale, cio� 
una pretesa di risarcimento di danni, estranea alla disciplina della revisione 
legale dei prezzi. Essa contesta, invece, la legittimit� del modus 
operandi secondo cui l'amministrazione, nell'ordine di servizio con cui 


510 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha ordinato la ripresa dei lavori, ha dichiarato che provveder� alla revisione 
dei prezzi: a) senza tener conto cio� della sospensione dei lavori, 
perch� illegittimamente disposta dopo la scadenza contrattuale e, 
quindi, con fittizia retrodatazione dei lavori posteriori alla sospensione, 
ad ogni effetto della revisione dei relativi prezzi; b) negando la proroga 
del termine finale dei lavori. 

La materia portata al giudizio del TAR, e costituente il tema della 
pronuncia sulla giurisdizione d� luogo a controversia che investe, pertanto, 
esclusivamente il procedimento revisionale: perch�, sotto il primo 
aspetto, riguarda la legittimit� della esclusione, dal calcolo, dell'aumento 
dei costi verificatosi nel periodo in cui non � stato possibil� procedere 
alla esecuzione dei lavori per ordine-dell'amministrazione, conseguente 
alla imprevidenza della stessa nell'assicurare il tempestivo finanziamento; 
sotto il secondo aspetto attiene alla legittimit� del diniego della 
richiesta proroga del termine finale, richiesta che si assume dipendente 

I 

dalla maggior durata dei lavori conseguente al rit~rdo di approvazione f: 
della perizia di variante, e come tale da qualificarsi quale protrazione 
necessaria del termine stesso e quindi non denegabile. 


In accoglimento dell'istanza, deve, pertanto essere dichiarata la giu


l 

risdizione del giudice amministrativo. -(Omissis). 

I 

t

i: 
li 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1978, n. 3080 -Pres. Rossi 


I I�

Rel. Granata R. � P. M. La Valva (conf.) -Ferrobeton � Silm S.p.A. 

(avv. Ceci) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Gargiulo) e Ente 

autonomo acquedotto pugliese. 

Procedimento civile � Intervento volontario � Adesivo dipendente . Proposi


I

zione congiunta nella citazione sottoscritta con l'attore � Ammissi


bilit�. 

i 

(cod. proc. civ., art. 105 comma secondo). 

I 

Procedimento civile � Domanda � Qualificazione . Intervento adesivo dipen~ 
2
dente � Condizioni. i 


(cod. proc. civ., art. 105 comma secondo). !

f 

Appalto di opere pubbliche � Rinnovazione delle operazioni di collaudo -I 
Facolt� del committente � Appartenenza ali' Amministrazione concedente 
� Ammissibilit� � Condizioni. 

I

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 117). 
! 

Obbligazioni e �ontratti � Appalto � Accordi -Domanda di restituzione Domanda 
di risoluzione . i!: implicita. 




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 511 

Obbligazioni e contratti � Appalto � Difformit� e vizi dell'opera � Riconoscimento 
dell'appaltatore -Forma � Manifestazione tacita -Sufficienza. 

(cod. civ., art. 1667 comma secondo). 

Il soggetto abilitato ad intervenire ex art. 105 comma 2� cod. proc. civ., 
oltre che intervenire: in un processo gi� pendente pu� affiancarsi al soggetto, 
le cui ragioni ha interesse a sostenere, fin dall'atto introduttivo 
della lite da questo iniziata, essendogli inibito soltanto, per la natura 
secondaria e subordinata della sua legittimazione, di rendersi egli promotore 
del giudizio (1). 

Pu� essere qualificata come corrispondente a quella dell'interventore 
adesivo dipendente la posizione assunta in giudizio da una parte che, 
priva di legittimazione autonoma in relazione al rapporto in esso dedotto 
da altra parte unitamente alla quale ha promosso il giudizio, nelle 
conclusioni prese abbia costantemente omesso di specificare se le statuizioni 
domandate debbono essere pronunziate in suo confronto (2). 

La facolt� di disporre la rinnovazione delle operazioni di collaudo, 
accordata dall'art. 117 r.d. 25 maggio 1895, n. 350 alla P.A. committente, 
� elemento della disciplina del contratto di appalto. Se questo non contenga 
una pattuizione idonea a rendere rilevante in confronto dell'appaltatore 
il collegamento funzionale esistente tra appalto e concessione 
dei lavori per l'esecuzione dell'opera pubblica, l'anzidetta facolt� non � 
esercitabile dalla P.A. concedente, ma solo dal concessionario che abbia 
a sua volta appaltato i lavori. (Nella specie � stata ritenuta corretta la 
conclusione di ammettere la Cassa per il mezzogiorno all'esercizio della 
facolt� di disporre la rinnovazione del collaudo dell'opera appaltata da 
un ente suo concessionario, desunta dalla circostanza che il contratto 
d'appalto richiamava l'atto di concessione �assieme a tutte le altre condizioni 
riguardanti l'azione di controllo della Cassa e la sua interferenza 
nell'attivit� di collaudazione �) (3). 

(1) Non constano precedenti in termini. 
In dottrina -COSTA, Intervento (dir. proc. civ.), Encicl. del dir., Milano, 
1972, XXII, pag. 461 ss., n. 10 e 11, ipag. 472 ss. -individua i presupposti specifici 
delil'intervento nelll:a qua1it� di terzo e nella pendenza della causa. 

Appare peraltro convincente, la conclusione, cui la Cassazione � pervenuta, 
di individuare piuttosto un presupposto negativo, costituito dal non poter l'interveniente 
dare lui inizio al processo. 

(2) Nel senso che spetti al giudice qualificare l'intervento spiegato lin giudizio, 
avendo riguardo a:Ha oggettiva valutazione della pretesa che ne costituisce 
il fondamento ed al contenuto della domanda, Cass. 19 novembre 1973, n. 3098, 
in questa Rassegna 1974, I, 632. Sui criteri di individuazione dell'intervento adesivo 
dipendente, cfr., Cass. 23 febbraio 1973, n. 533, Giust. civ. Mass. 1973, 269. 
(3) In argomento, per la distinzione dei rapporti di concessione ed appalto 
e la interferenza sul secondo di posizioni inerenti al primo dei due rapporti, 
cfr., Cass. 14 gennaio 1976, n. 111, Giust. civ. Mass. 1976, 55. 

512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella domanda di restituzione delle somme corrisposte a titolo di 
acconto sul corrispettivo di un appalto � implicita quella di risoluzione 
del contratto (4). 

Il riconoscimento dei vizi dell'opera non � soggetto ad una forma 
determinata e pu� quindi esprimersi anche in forma tacita e manifestarsi. 
per facta concludentia, comprese le riparazioni eseguite dall'appaltatore 
sull'opera da lui realizzata (5). 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso, la societ� Ferrobeton 
-sotto il �profilo della violazione e falsa applicazione dell'art. 360, nn. 3 
e 5 c.p.c. e. dell'artt. 105 e 267 c.p.c.; dei principi della legittimazione 
ad agire e dell'art. 8 legge 10 agosto 1950, n. 646 modificata con legge 
25 luglio 1952, n. 949 -lamenta che la Corte di appello, dopo avere, 
correttamente, negato alla Cassa per il Mezzogiorno la legittimazione 
attiva e passiva in ordine ai rapporti nascenti dal contratto di appalto, 
ed avere alla medesima riconosciuto ~oltanto la facolt� di spiegare nelle 
controversie relative, intervento adesivo dipendente, a fianco del committente 
EAAP, sull'esatto rilievo essere la Cassa medesima estranea 
al contratto stesso, intervenuto fra quest'ultimo, in veste di suo delegato, 
ed essa societ� ricorrente, ha poi in sostanza ritenuto erroneamente 
configurabile siffatto intervento nella causa promossa dalla EAAP e 
dalla Cassa, entrambi in veste in attori, con la citazione dell'8 gennaio 
1969. Ed osserva che �l'intervento, al contrario, si verifica -per 
definizione -ad opera di un terzo in un processo gi� promosso tra 

altri soggetti: e ci� per una esigenza strutturale, confermata dalla lettera 
dell'art. 105 c.p.c. e dal modo che l'art. 267 stesso codice prescrive 
per l'attuazione dell'intervento, onde sarebbe �nconc;ifiabile -ad avviso 
della ricorrente -affermare che di due soggetti, i quali hanno promosso 
un giudizio come .attori con regolare citazione introduttiva e cos� 
lo proseguono, uno sarebbe interveniente. 

La censura � infondata. 

Non pu� essere condivisa, in principio, la tesi che il soggetto legittimato, 
rispetto ad una determinata controversia, soltanto a sostenere 
le ragioni di una dell� parti ai sensi dell'art. 105, comma 2� c.p.c., tale. 
iniziativa possa esplicare unicamente �dopo� che quella controversia 
sia stata radicata davanti al giudice. L'errore che siffatta enunciazione 
travaglia � lo stesso, in cui si incorrerebbe ove si pretendesse, di ne


(4) Nello stesso senso, cfr. Cass. 4 ottobre 1976, n. 3247, Giust. civ. Mass. 
1976, 1378. 
(5) Sul punto, cfr., L'appalto, Rassegna di giurisprudenza commentata, a cur.
a di CARNEVALE E FERRATI, Giuffr�, Miilano, 1974, I, pag. 310; adde, Cass. 15 ottobre 
1976, n. 3475, Giust. civ. Rep. 1976, appalto, 28. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURJS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 513 

gare, rispetto alle figure di possibili interventi delineati nel primo comm� 
dello stesso articolo, che i soggetti a� ci� legittimati possano agire 
in via autonoma. Al contrario, se � vero che ad entrambe le ipotesi 
configurate nelle due disposizioni � comune la postulazione di un processo 
gi� pendente, al quale si vuole consentire, con modalit� e per 
effetti determinati, la partecipazione successiva dei soggetti investiti di 
certe situazioni soggettive legittimanti, non � per� vero che con ci� 
si esauriscono i modi, nei quali tale partecipazione pu� legittimamente 
esplicarsi, la loro individuazione e delimitazione dipendendo soltanto daf 
tipo e dalla consistenza dei poteri connessi a quelle situazioni soggettive 
legittimanti. Sicch�, come il soggetto abilitato ad intervenire ex articolo 
105, comma 1�, perch� dotato di una legittimazione autonoma, pu� 
-oltre che intervenire nel processo gi� pendente -promuovere egli 

stesso il giudizio nei confronti o di tutti i soggetti (prima ipotesi) che 

potrebbero essere parti del processo nel quale, se gi� promosso ad ini


ziativa altrui, sarebbe legittimato ad intervenire, ovvero di alcuni sol


tanto di essi (seconda ipotesi) ed in quest'ultimo caso assumendo l'ini


ziativa sia in unione con gli altri sia da solo, cos� del par� il soggetto 

abilitato ad intervenire ex art. 105, 2� comma, pu� anch'egli -oltre che 

intervenire in un processo gi� pendente -affiancarsi al soggetto, le 

cui ragioni ha interesse di sostenere, fin dall'atto introduttivo della lite 

da questo iniziata, a lui essendo inibito soltanto, per la natura secon


daria e subordinata della sua legittimazione, di rendersi egli promotore 

del giudizio. 

Nella specie, quindi, la circostanza che la Cassa si sia resa parte 
nel processo dall'inizio, utilizzando, insieme all'EAAP, il medesimo atto 
introduttivo, non � di per s� incompatibile con il riconoscimento della 
facolt�, in capo ad essa, di partecipare al giudizio in ragione della legittimazione 
adesiva dipendente prevista dall'art. 105, comma 2�. 

Al riguardo invece, il vero problema � un altro, rilevabile anche in 
ufficio perch� attinente alla legittimatio ad causam: � quello se siffatto 
riconoscimento sia compatibile con la veste processuale effettivamente 
assunta d�lla Cassa in ragione delle domande spiegate e dei poteri che 
essa ha in concreto preteso di esercitare nel giudizio. 

Questa Corte Suprema ha gi� invero fissato il principio che il po


tere dovere del giudice di dare l'esatta qualificazione giuridica �lla do


manda proposta e, in funzione di questa, alla posizione processuale 

assunta dalla parte, incontra un limite nella manifestazione di volon.t� 

assolutamente chiara ed univoca sul punto espressa dalla parte stessa. 

Donde la conseguenza, quanto al particolare problema della posi-� 

zione processuale di un soggetto, che se � ai giudice lecito attribuire a 

chi ha agito come attore la posizione di interventore volontario, adesi



514 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vo, o viceversa, quando la domanda sia stata proposta in modo vago, 
equivoco, incerto, s� da non chiarire quale veste processuale la parte 
abbia voluto assumere, altrettanto invece non gli � consentito fare laddove 
la parte non solo abbia chiarito in modo indiscutibile quale posizione 
abbia inteso assumere nel processo, ma abbia addirittura insistito 
sul punto, dolendosi del fatto che di tali sue richieste non sia 
stato tenuto conto (Cass. 2 agosto 1975, n. 2949). 

Ora nella specie la Cassa -pur se si � resa autrice, insieme all'EAAP, 
dell'atto introduttivo della lite senza preoccuparsi di distinguere 
le rispettive posizioni processuali ed anzi dolendosi, ancora attraverso 
Io stesso atto di appello comune all'EAAP, della distinzione 
ravvisata dal Tribunale con l'attribuzione ad essa di una legittimazione 
dipendente -tuttavia, almeno per quanto riguarda il giudizio introdotto 
con la citazione in data 8 gennaio 1969, unicamente al quale si 
riferisce la censura della ricorrente, ha sempre concluso senza mai specificare 
i soggetti in favore dei quali si domandava la pronunzia delle 
statuizioni invocate e quindi senza mai chiedere alcunch� espressamente 
per s� medesima, onde mancano elementi sicuri per poter configurare 
quel comportamento processuale inequivoco, idoneo a vincolare il giudice 
alla corrispondente qualificazione giuridica, sicch� legittimamente 
la Corte di appello ha proceduto a qualificare� la veste processuale della 
Cassa stessa in base alla libera ed autonoma valutazione della posizione 
spettantele alla stregua del diritto. positivo. 

Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione 
dell'art. 117 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, per avere la Corte 
di appello ritenuto che spettasse alla Cassa, pur riconosciuta terza rispetto 
al contratto di appalto stipulato dal suo concessionario EAAP 
con essa Ferrobeton, il potere, in concreto dalla Cassa stessa esercitato, 
di disporre la rinnovazione delle operazioni di collaudo a norma del 
menzionato art. 117, che tale potere, invece, ~ttribuisce all'Amministrazione 
appaltante. 

Anche tale censura � infondata. 

Indubbiamente il rapporto fra la Cassa e 'l'ente concessionario (nella 
specJe: l'EAAP) dei lavori per l'esecuzione dell'opera pubblica dal secondo, 
poi, commessa in appalto all'impresa (nella specie: la Ferrobeton) 
� -in s� considerato -res inter alias acta rispetto a quest'ultima. 
Concessione dei lavori ed affidamento in appalto dei medesimi 
sono, cio�, rapporti geneticamente e strutturalmente distinti, il cu.i innegabile 
collegamento funzionale, ordinato al risultato ultimo della realizzazione 
dei fini affidati alla cura della Cassa, in tanto pu� assurgere, 
per il soggetto partecipe del secondo, ma estraneo al primo, vale a dire 
per l'impresa appaltatrice, a livello di giuridica rilevanza, in quanto una 
norma, legale o pattizia, ci� imponga. 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 515 

Esclusa la esistenza di una disposizione del primo tipo, rimane da 
scrutinare se il regolamento di interessi convenuto fra le parti del contratto 
di appalto abbia recepito, ed eventualmente in quale misura ed 
a quali effetti, le situazioni giuridiche poste in essere -all'esterno di 
esso ed all'interno del rapporto fra concedente e concessionario -dalla 
distinta ed auto.noma disciplina della concessione: cio�, se e come la 
volont� negoziale, che ha presieduto alla stipula dell'appalto fra ente 
concessionario ed impresa, abbia statuito la � entrata� nel rapporto 
contrattuale cos� istituito delle vicende e delle situazioni proprie del 
rapporto concessorio, corrente fra il committente ed il terzo concedente. 
E la relativa indagine ermeunetica � certamente riservata alla 
valutazione del giudice di merito (Cass. 14 gennaio 1976, n. 11, ma 
rectius, 111). 

Ora nella specie, chiaramente ed espressamente i giudici di appello 
hanno dato atto nella sentenza non definitiva che il contratto di appalto 
richiamava l'atto di concessione � assieme a tutte le altre condizioni riguardanti 
l'azione di controllo della Cassa e la sua interferenza .nell'attivit� 
di collaudazione � (pp. 14-15) ed induceva quindi a ritenere che 
� la Cassa, quale ente conced�nte, si riservava di interferire, anche in 
corso d'opera, nelle operazioni di collaudo�, (p. 21) sicch� appare del 
tutto in linea con tale ricostruzione della volont� negoziale -insindacabile 
in questa sede, come si � detto, comunque in concreto non� sindacata 
dalla ricorrente -la conclusione, dai medesimi giudici attinta, 
secondo la quale � quando il citato Ente � (cio� la Cassa) � dispose 
una nuova collaudazione, dopo avere negato l'approvazione del collaudo 
dell'ing. Ferretti, legittimamente si avvalse della facolt� concessagli dall'art. 
117 � citato. 

Con il terzo motivo, la societ� ricorrente, denunziando in relazione 
all'art. 360, n. 5 c.p.c., errata e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e 
degli artt. 1667, 1668 e 1492 e.e., 2729 e 2724 n. 2 e.e., prospetta molteplici 
profili di' censura volti a criticare: (a) la pronunzia di risoluzione 
del contratto di appalto, sul rilievo che vi sarebbe ultrapetizione non 
essendo la relativa domanda mai stata proposta; (b) il diniego della 
decadenza della denunzia dei vizi, adducendosi che non sarebbe in tesi 
configurabile il principio del riconoscimento tacito o per facta concludentia 
de� vizi stessi; che nell'ipotesi comunque il preteso riconoscimento 
non sarebbe stato ravvisabile in concreto nelle modeste riparazioni 
eseguite per. correntezza dall'impresa appaltatrice; che infine, i vizi 
sarebbero stati ritenuti esistenti in base a semplici presunzioni, inammissibili 
di fronte alla prova documentale circa la esecuzione dell'opera; 

(c) il diniego della prescrizione del diritto alla garanzia, invece verificatasi, 
dovendosi il relativo termine computare a far tempo dalla esecuzione 
del primo collaudo in data 30 giugno 1958. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nessuna delle riassunte censure merita accoglimento. 

Quanto all'ultima (sub � c �) � sufficiente richiamare le considerazioni 
svolte in relazione al motivo precedente, all'esito delle quali � rimasta 
ferma la valutazione del giudice di appello circa la legittimit� 
della rinnovazione delle operazioni di collaudo ordinata dalla Cassa per 
il Mezzogiorno ai sensi dell'art. 117, r.d. 25 niaggio 1895, n. 350, onde, 
a termini dell'espresso disposto di tale norma, nessuna rilevanza giuridica 
pu� riconoscersi al primo collaudo, non approvato. 

Altrettanto brevemente, a confutazione della prima (sub �a�), pu� 
osservarsi,. in conformit� dell'opinione recepita dai giudici di appello, 
che la domanda di risoluzione del contratto, pur se espressamente proposta, 
non pu� non ritenersi implicita nella domanda di restituzione 
-fra l'altro -delle somme corrisposte a titolo di acconto sul corrispettivo 
di appalto, la ripetizione di queste postulando necessariamente 
la: risoluzione di qu�llo. 

Quando alla seconda (sub � b �) va innanzi tutto ribadito, in conformit� 
della giurisprudenza da questa Corte Suprema adottata-sia 
nel tema specifico dell'appalto (Cass. 6 novembre 1967, n. 2692; Cass. 
2 maggio 1967, n. 809; Cass. 6 agosto 1965, n. 1889; Cass. 26 marzo 1964, 

n. 685), che nell'analoga materia della vendita (Cass. 29 luglio 1975, 
n. 2944; Cass. 18 aprile 1973, n. 1126; Cass. 21 ottobre 1969, n. 3438; Cass. 
15 gennaio 1969, n. 68; Cass. 26 luglio 1969, n. 2706), il principio secondo 
cui il riconoscimento di vizi non � soggetto ad una forma determinata 
e pu� quindi esprimersi anche in forma tacita e man�festarsi per facta 
concludentia, comprese le riparazioni eseguite dall'appaltatore o dal venditore 
sull'opera realizzata o sulla cosa venduta (conformi, sul punto 
specifico, sent. n. 2692 del 1967 e n. 2944 del 1975, n. 1126 del 1973, 
n. 3438 del 1969, n. 68 del 1969; adde, in tema di vendita, Cass. 8 marzo 
1968, n. 767; Cass. 23 agosto 1966, n. 2229). 
E nella specie p giudice di appello non ha ravvisato il riconoscimento 
di una isolata � riparazione ad un tubo '" come la ricorrente 
assume al fine di fare apparire incongrua ed insufficientemente motivata 
la relativa valutazione di merito, ma ha fatto riferimento � a tentativi 
di restauro ed a riparazioni della tubazione, eseguiti in pi� occasioni, 
nel 1961 e nel 1962 '" per di pi� apprezzando questo ripetuto comportamento 
nel pi� ampio contesto in cui storicamente si inseriva (rilievi 
circa i difetti dell'opera espressa dal primo collaudatore ing. Ferretti 
in sede di sopralluoghi e saggi, nonch� nella successiva relazione, 
pur se positiva, di verifica) e cos� fornendo adeguata ragione del proprio 
giudizio di fatto, non sindacabile in questa sede. A � presunzioni gravi, 
precise e concordanti >>, in fine, la Corte di appello ha fatto ricorso 
ancora per convalidare il giudizio affermativo sulla esistenza, appunto, 
del riconoscimento dei vizi onde inammissibile, perch� privo di ogni per-

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 517 

tinenza alle ragioni della decisione impegnata.' si appalesa, a parte ogni 
rilievo critico sulla sua fondatezza, la residua doglianza circa la pretesa 
utilizzazione delle presunzioni con riferimento alla sussistenza ciei vizi. 

Con il quarto ed ultimo motivo, la societ� ricorrente -denunziando, 
in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione 
dei principi generali sulle prove, nonch� degli artt. 61 e 62, 
113 c.p.c. -rimprovera alla Corte di appello di avere accettato, con 
la sentenza definitiva, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sebbene 
raggiunte in difformit� delle prescrizioni impartite con l'ordinanza 
collegiale, che aveva demandato al consulente medesimo, oltre all'esame 
degli atti contabili, anche l'effettuazione di sopralluoghi e saggi, invece 
omessi, nonch� viziate da intima contraddittoriet�, nella stessa relazione 
peritale essendosi dato atto avere la Ferrobeton eseguito l'opera 
secondo le prescrizioni del contratto. 

Nessuno dei due errori cos� denunziati, peraltro, sussiste nella realt�. 

Non il primo, perch� la sentenza definitiva motiva puntualmente e 
sufficientemente circa il convincimento maturato dal giudice di appello 
in ordine alla superfluit� dei sopralluoghi e dei saggi, che pure erano 
stati in precedenza commessi al consulente, cos�, per un verso, pervenendo 
alla revoca, in parte qua, del precedente provvedimento istrut~
orio, per s� del tutto legittima, e, per altro, verso, esprimendo un ragionato 
giudizio sulla situazione probatoria della causa, non sindacabile 
in questa sede. N� sussiste il vizio di contraddittoriet�, denunziato per 
secondo, avendo i giudici di appello diffusamente motivato, ancora nella 
sentenza definitiva, circa la radicale inidoneit� defl'opera realizzata dall'impresa 
sulla base di un progetto esecutivo redatto, per contratto, a 
proprio rischio; radicale inidoneit� gi� desumibile, secondo il giudizio 
del CTU fatto proprio dalla sentenza, dai rilievi critici espressi dal 
primo collaudatore ing. Ferretti circa la imperfetta realizzazione del rivestimento 
a gunite, e comunque confermata dai risultati delle indagini 
compiute presso il Centro di controllo di Napoli, congruamente com


mentati ed apprezzati dalla sentenza stessa. 

Il ricorso della societ� Ferrobeton va dunque rigettato, con la condanna 
della stessa ricorrente alle spese, liquidate come il dispositivo. 
Il deposito va ~estituito, perch� non pi� dovuto (legge 18 ottobre 

1977, n. 793). -(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 marzo 1978 n. 534 -Pres. Vigorita -
Rel. Berlieri -P. M. Paolucci (conf.) -Rie. Amm. Firenze, P. M. e Cazandemore 
Dur Ren�. 

Procedimento penale -Parte civile -Omessa citazione -Nullit� � Impugna


zione della parte offesa � t: preliminare l'esame sulla legittimazione. 

(cod. proc. civ., artt. 278 cpv. e 287 cpv.). 

Contrabbando . Importazione di sostanze stupefacenti � Omessa contestazione 
del reato di contrabbando � Costituzione di parte civile dell' Amministrazioqe 
Finanziaria dello Stato � Inammissibilit�. 
(cod. pen., art. 185, cod. proc. pen., art. 22; I. 20 ottobre 1954, n. 1041, art. 6). 

Preliminare all'esame dell'impugnazione proposta dalla parte offesa 
non costituitasi parte civile nel giudizio di merito per omessa citazione 
� l'esame sulla legittimazione all'impugnazione (1). L'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato non � legittimata a costituirsi parte civile contro 
imputati del reato di importazione di sostanze stupefacenti, quando non 
sia stato contestato altres� il reato di contrabbando (2). 

Omissis. -A seguito di rapporto di denunzia del Comando del Nucleo 
di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano in data 16 e 17 luglio 
1972 (integrati successivamente di una serie di rapporti suppletivi) 
ed in esito alla formale istruzione, conclusasi con sentenza -ordinanza 
del giudice istruttore presso il Tribunale di Milano in data 12 luglio 1973, i 
nominati Cazandebore Dur Ren�, cittadino cileno; Saracibar Aricata Jos� 
Luis, cittadino spagnolo; Measse Rogelio Adolfo (alias � Raul Duval Lo


(1-2) Dalla lettura della motivazione della sentenza della Suprema Corte 
che si annota sembra di potersi trarre l'impressione di un � fin de non recevoir �. 

Il problema che era stato iporta'to all'attenzione della Cassazione, concerneva 
le conseguenze e la natura della nullit� derivante dalla omessa citazione della 
parte offesa dal reato, problema nel quale la dottrina ha offerto spunti che meriterebbero 
di essere esaminati in sede giurisprudenziale, specie dopo la sentenza 
della Corte Costituzionale n. 132 del 1968 che ha travolto l'ostacolo temporale 
frapposto dall'art. 422 c.p.p. alla rilevabilit� della nullit� (v. in questa Rassegna, 
1976, I, p. 163, DI TARSIA, La costituzione di parte civile in grado d'appello). 

La Corte di Cassazione non ha esaminato il problema, sostenendo che pre1liminare 
all'esame smla fondatezza dell'impugnazione � quello sulla legittimazione 
all'impugnazione (il che � esatto) ed escludendo nel caso di specie (il che 

non sembra altrettanto esatto) che l'Amministrazione delle Finanze dello Stato 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 519 

pez �) cittadino argentino; nonch� il sedicente Catalan Gonzales Pedro German 
(alias Jorge Guillermo Salazar Pintos), di non sicura cittadinanza cilena 
vennero tratti a giudizio davanti al Tribunale anzidetto per rispondere 
-il Measse in stato di latitanza e gli altri tre Tn stato id detenzione preventiva 
-dei seguenti reati accertati in Milano tra il 14 e il 18 luglio 
1972: A) tutti, di concorso nel delitto di importazione e detenzione a scopo 
di commercio di sostanze stupefacenti (kg. 4,600 di cloridrato di cocaina) 
previsto e punito dagli artt. 110 c.p. e 6 della legge 22 ottobre 1954 

n. 1041; B) il Cazandehore, inoltre, del delitto di falsit� materiale commessa 
dal privato in certificati ammii;iistrativi (carta d'identit� italiana 
con fotografia intestata a Bellecchio Mario) previsto e punito dagli articoli 
477 e 482 c.p.; C) il Saracibar, inoltre, di analogo delitto di falsit� 
materiale in carta d'identit� (con fotografia intestata a Escoieao Giorgio), 
nonch� della contravvenzione di detenzione abusiva di una pistola cal. 7,65 
completa di caricatore con n. 7 cartuccie (art. 697 c.p.); D) il Measse, 
inoltre, di analogo delitto di falsit� materiale in carta d'identit� (con 
fotografia intestata a Raul Duval Lopez); del delitto di .false dichiarazioni 
a magistrato sulla propria identit� (art. 495, comma terzo, n. 2, 
c.p.); del delitto di resistenza ai militari della Guardia di Finanza (art. 337 
c.p.); nonch� della contravvenzione di porto abusivo di un coltello di 
genere proibito (artt. 17 e 42 del Testo Unico leggi di P.S. 18 giugno 
1931 n. 773). 
Con sentenza del 20 novembre 1973, il Tribunale. di Milano dichiarava 
il Cazandehore colpevole di entrambi i reati ascrittigli e lo condann� 
alla pena complessiva di anni 3 e mesi 4 di reclusione e L. 400.000 di 
multa; dichiar� il Saracibar ed il Measse colpevoli dei reati rispettivamente 
addebitati (ad eccezione del c�ncorso nel delitto di importazione 

fosse legittimata a costituirsi parte civile nel processo in cui si contestava il solo 
reato di importazione e detenzione per il commercio di sostanze stupefacenti, 
perch� da queste non avrebbe sub�to alcun danno. 

La motivazione della sentenza peraltro appare� ispirata a criteri troppo formalistici, 
basata com'� sostanzialmente .soltanto sulla distinzione fra il reato 
contestato e il reato di contrabbando, non contestato: in fatti, se � insegnamento 
costante della Suprema Corte, conforme a principi dottrinari di gran lunga prevalenti, 
che la lesione del bene protetto che costituisce l'essenza del reato ( c.d. 
danno criminale) pu� non coincidere con ii danno risarcibile, che parte offesa e 
parte lesa possono essere figure distinte e che non per questo il danno derivante 
dal reato (art. 185 c.p.) non consistente nella lesione dell'interesse protetto dalla 
norma incriminatrice � mediato e indiretto (per stabilire il rapporto di mediatezza 
occorre far ricorso invero al criterio della causalit�), non si comprende 
perch� l'importazione di stupefacenti senza autorizzazione sanitaria e perci� certamente 
senza pagamento dei diritti di confine, non possa aver provocato anche 
il danno -diverso dalla lesione che la norma dell'art. 6 L. n. 1041 del 1954 vuole 
evitare, ma pur sempre conseguenza diretta di quel reato -dell'evasione tributaria. 




520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e detenzione di stupefacenti) e li condann�, rispettivamente, alle pene 
complessive di mesi 4 di reclusione e mesi 2 di arresto e di anni 1 e 
mesi 10 di reclusione e L. 50.000 di ammenda; assolse il Saracibar, il 
Measse ed il Catalan dall'imputazione relativa agli stupefacenti per insufficienza 
di prove. Emise le statuizioni conseguenziali ed ordin� la scarcerazione 
del Saracibar e del Catalan se non detenuti per altra causa. 

Avverso tale sentenza proposero appello tutti gli imputati, nonch� 
il Pubblico Ministero (limitatamente �ll'assoluzione del Saracibar, del 
Measse e del Catalan dalla pi� grave imputazione ad essi contestata). 

All'udienza del 28 febbraio 1977, svoltasi davanti alla Corte di Appello 
di Milano in contumacia di tutti gli imputati, compariva l'avvocato dello 
Stato Domenico Salvemini, il quale dichiar� di rinnovare la costituzione 
di parte civile (gi� effettuata nelle more del giudizio di appello presso la 
cancelleria) e, per quanto occorresse, di costituirsi in sede dibattimentale 
parte civile per l'Amministrazione delle Finanze, in persona del 
Ministro pro-tempore, al fine di conseguire dagli imputati l'integrale 
risarcimento dei danni subiti da detta Amministrazione a seguito dei 
reati commessi dai medesimi. 

Nella discussione seguitane, stante l'opposizione del difensore di 
fiducia del Cazandemore, il succitato Avvocato dello Stato, riportandosi 
ad una memoria precedentemente depositata, sostenne la tesi dell'ammissibilit� 
della costituzione di parte civile, per la prima volta, nel 
giudizio di secondo grado, in base al rilievo che l'Amministrazione Finanziaria 
-parte offesa rispetto al pi� grave reato ascritto ai prevenuti non 
solo non aveva ricevuto la comunicazione giudiziaria prevista dall'art. 
304 c.p.p., ma non era stata neppure citata per il giudizio di primo 
grado, come prescritto dall'ultima parte dell'art. 408 del citato codice di 
rito. Detta tesi, per�, non fu accolta dalla Corte Milanese che con ordinanza 
dibattimentale resa in pari data dich�ar� inammissibile~ la costituzione 
di parte civile (ordinando procedersi oltre nel dibattimento), sul 
rilievo che la nullit� derivante dalia mancata citazione in primo grado 
dell'offeso del reato, essendosi verificata negli atti preliminari al dibattimento 
di primo grado, avrebbe dovuto essere dedotta dal P.M. immediatamente 
dopo il compimento delle formalit� di apertura del relativo 
dibattimento, ragione per cui, essendo mancata tale deduzione, la nullit� 
stessa doveva ritenersi sanata ai sensi dell'art. 422 c.p.p. N� era 
ammissibile la costitu~ione di parte civile in grado di appello, per 
l'espresso divieto di cui all'art. 93 stesso codice. 

Con sentenza pronunciata (all'esito del dibattimento) nello stesso 
giorno 28 febbraio 1977, la Corte di appello di Milano emise le seguenti 
statuizioni: a) dichiar� inammissibili i gravami del P.M. e dell'imputato 
Measse, rispettivamente, per rinunzia e per mancata presentazione dei 
motivi; b) in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiar� 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

non doversi procedere a carico de Saracebar in ordine alla contravvenzione 
ascrittagli perch� estinta per prescrizione; e) conferm�, nel resto, 
la sentenza impugnata e condann� il Cazandehore ed il Measse, in solido, 
al pagamento delle maggiori spese processuali. 

Contro detta pronuncia hanno proposto ricorso per Cassazione il 
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano e il difensore 
dell'imputato Cazandehore. Contro la sentenza stessa, nonch� contro 
l'ordinanza dibattimentale innanzi menzionata, si � gravata Cli ricorso 
anche l'Amministrazione delle Finanze, rappresentata e difesa dall'Avvocatura 
dello Stato di Milano e dall'Avvocatura Generale dello Stato in 
Roma. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I ricorsi del P.M. e dell'imputato Cazandehore devono essere dichiarati 
inammissibili ai sensi degli artt. 208 e 209 c.p.v., avendo il primo 
rinunciato espressamente all'impugnazione (fol. 99) e non avendo il 
secondo presentato i motivi a sostegno del gravame, come da attestazione 
della Cancelleria del giudice a quo (fol. 100). 

Non resta, quindi, che esaminare il ricorso dell'Amministrazione delle 
Finanze, la quale, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, con unico assunto 
di censura, denunzia il vizio di inosservanza di norme del codice di rito 
penale stabilite a pena di nullit� (artt. 524 n. 3 c.p.p. in relazione agli 
artt. 304. 408 e 412 stesso codice), lamentando cfie erroneamente la 
Corte di Appello avrebbe dichiarato inammissibile, nella specie, a costituzione 
di parte civile effettuata per la prima volta nel procedimento di 
secondo grado. 

Al riguardo, giova preliminarmente rilevare eh~ la sentenza impu


gnata, sviluppando i concetti sinteticamente espressi nella innanzi cen


nata ordillanza dibattimentale, ha ritenuto che la domanda risarcitoria 

de qua fosse improponibile, nel giudizio di appello, per due ragioni: 

1) per quanto riguardava l'asserita violazione dell'art. 304 c.p.p. perch� 

considerare equivalente, a tal fine, la conoscenza in re del procedi


mento all'Amministrazione Finanziaria, quale, parte offesa, dovendosi 

considerare equivalente, a tal fine, la conoscenza �in re� del procedi


mento in corso, rispetto a quella legale e formale (Cass. Sezione 26 aprile 

1974, in Giust. pen. 1975, III, 173), e non potendosi revocare in dubbio 

che detta Amministrazione (e, per essa, il Comando Generale della Poli


zia Tributaria e, di riflesso, gli uffici cenfrali e locali dell'Avvocatura 

dello Stato) fossero certamente venute a conoscenza, anche per la diffu


sione datane dalla stampa, della complessa operazione di polizia che, 

nel luglio del 1972, aveva consentito di sequestrare, in Milano, oltre 

quattro chili e mezzo di cloridrato di cocaina e di trarre in arresto gli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

spacciatori, nonch� delle lunghe vicende dell'istruttoria giudiziale, che 
aveva rafforzato, con dati di alto livello sintomatico, la notoriet� della 
impresa criminosa, circostanze tutte, codeste, che avrebbero ben permesso 
all'Amministrazione dello Stato la formulazione tempestiva di quelle 
istanze che venivano ora avanzate solo nel giudizio di secondo grado 
contro i prevenuti; 2) per ci� che concerneva la nullit� Clel decreto di 
citazione per il giudizio di primo grado, nullit� sc�turente dalfa omessa 
partecipazione del decreto vocativo alla parte offesa del reato ai sensi 
dell'art. 408 e 412 c.p.p., perch�, trattandosi di una nullit� relativa e 
non assoluta (per sua intrinseca struttura), sarebbe stato obbligo del 
Pubblico Ministero, espressamente a ci� demandato dall'ordinamento, 
di rilevarla ed eccepirla immediatamente dopo compiute le formalit� di 
apertura del dibattimento (Cass. Sez. I, 26 marzo 1973 in Giust. Pen. 1975, 
III 222-227, e 30 gennaio 1974, ivi, III, 480A81), laddove nella specie, il 
promotore dell'accusa si era sottratto a codesto specifico dovere, ed anzi, 
inoltrata impugnativa contro tutti gli imputati, vi aveva successivamente 
rinunziato, con tale inerzia precludendo all'Amministrazione, per effetto 
della sanatoria V(frif�catasi ai sensi dell'art. 422 c.p.p., l'esercizio de:l 

diritto previsto dall'art. 93 stesso codice. 

Insorgendo contro le suesposte argomentazioni, la ricorrente Avvocatura 
dello Stato -nell'ampia ed elaborata trattazione delle censure 
formulate a sostegno del gravame -sottolinea, anzitutto, l'arbitrariet� 
dell'affermazione secondo c�i il Ministero delle Finanze, e cio� lo specifico 
organo al quale si sarebbe dovuto comunicare l'avviso ex art. 304 c.p.p. 
(a nulla rilevando l'eventuale conoscenza di fatto del procedimento da 
parte del Comando della Polizia tributaria o della stessa Avvocatura 
dello Stato) sarebbe stato � non avrebbe potuto non essere consapevole 
dell'esistenza di un processo a carico delle persone seguitamente indicate 
davanti l'Autorit� Giudiziaria di Milano. 

Ma ancora pi� decisamente, criticando l'interpretazione data dalla 
Corte di Appello ai precedenti giurisprudenziali sopra citati e richiaman.
dosi all'opinione espressa da parte autorevole della dottrina sull'annoso 
problema del carattere assoluto o relativo dalla nullit� di cui all'art. 412 
in relazione all'art. 408 (problema rimasto insoluto ed. oggetto di disputa 
anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale 20 dkembre 1968 

n. 132, che ha dichiarato l'�llegittimit� costituzionale dell'art. 422 stesso 
codice, nella parte in cui prevede la sanatoria della nullit� in questione, 
con riferimento al precedente art. 408, anche nei confronti della parte 
civile, dall'offeso del reato e del querelante), la ricorrente Avvocatura 
dello Stato si duole del mancato accoglimento della tesi seconao cui 
la nullit� stessa sarebbe assoluta e non relativa, con la conseguenza che 
la deduzione di essa non incontrerebbe lo sbarramento dettato dall'ar;.


ticolo 422 c.p.p., e con l'ulteriore conseguenza che l'offeso dal reato, non f: 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

citato per il dibattimento di primo grado, quale che sia l'atteggiamento 
del P.M. nel relativo dibattimento, potrebbe intervenire in qualsiasi fase 
del procedimento e, quindi, anche direttamente nel giudizio di secondo 
grado. 

Fissati, cos�, i termini della delicata e complessa questione riproposta 
in questa sede dalla ricorrente Avvocatura deITo Stato, � necessario resistere 
ai suggestivi richiami esercitati dall'interessante tema portato all'esame 
di questo Supremo Collegio, al fine di dare risposta ad un preminente 
interrogativo, che sorge spontaneo al cospetto di ogni ricorso per Cassazione: 
se, cio�, il ricorrente sia o meno legittimato all'impugnazione. 

La risposta, nel caso di specie, non pu� essere che negativa. 

� fuori dubbio che l'art. 195 c.p.p. (impugnazioni della parte civile), 
dichiarato costituizionalmente illegittimo nella parte in cui pone limiti 
a che la parte civile possa proporre ricorso per Cassazione contro le 
disposizioni che concernono i suoi interessi civili (Corte Costit. 15-22 gennaio 
1970 n. 1), conferisce il potere di ricorrere per Cassazione anche alla 
persona offesa dal reato non ammessa, nelle varie fasi del giudizio di 
merito, a costituirsi parte civile (Cass. Sez. VI 30 gennaio 1973, � Locuratolo). 
Ma � pure vero che, per l'espresso disposto del quarto comma 
dell'art. 190 c.p.p. (regole generali relative alle impugnazioni), per proporre 
un qualsiasi mezzo di impugnazione � in ogni caso necessario 
avervi interesse; ed � evidente che l'interesse ad impugnare manca del 
tutto allorquando dall'accoglimento dell'impugnazione non possa derivare 
alcun giovamento alla parte che l'abbia proposta. 

Ci� posto, occorre domandarsi se, nella specie, l'accoglimento del 
ricorso possa condurre al riconoscimento del diritto dell'Amministrazione 
delle Finanze a costituirsi parte civile nel procedimento penale a 
carico del Cazandehore e dei di lui coimputati g�acch� solo in tal caso 
l'accoglimento del ricorso potrebbe giovare all'Amministrazione stessa, 
ai fini del riconoscimento dei danni prodotti dai reati ascritti ai medesimi 
e da taluno di essi. 

All'uopo, � necessario rifarsi agli artt. 185 c.p. e 22 c.p.p., che rispet


tivamente dispongono -fra l'altro -che ogni reato, il quale abbia 

cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarci


mento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono, 

rispondere per il fatto di lui; e che l'azione civile per il risarcimento 

del danno pu� essere esercitata dalla persona alla quae il reato ha 

recato danno, ovvero di chi la rappresenta e dal suo erede. Trattasi, 

del danno pu� essere esercitata dalla persona alla quale il reato ha 

figura di danneggiata dai reati contestati ai prevenuti o da taluno di 

detti reati. 

La Ilicorrente Avvocatura dello Stato, rendendosi conto dell'impor


tanza del deliberato problema, non ha mancato di occuparsene nella 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

524 

parte introduttiva dei motivi di ricorso (pag. 2), ma lo ha fatto in maniera 
alquanto imprecisa e piuttosto superficiale, osservando che il capo a) 
d'imputazione ascriveva ai prevenuti il fatto di avere importato in Italia 
e detenuto a scopo di commercio, in concorso tra loro, kg. 4,600 di 
cloridrato di cocaina (sostanza stupefacente) e che, essendo l'importazione 
degli stupefacenti preclusa in via assoluta ai privati, �era chiaro 
�come tale imp�tazione riguardasse anche il contrabbando di stupefa
� centi, in quanto l'importazione di stupefacenti non pu� non essere, 
� al tempo stesso, contrabbando di stupefacenti �. Ci� premesso, la ricorrente 
ha concluso che l'Amministrazione delle F�nanze doveva �senza 
alcun dubbio� considerarsi parte offesa (rectius: parte lesa o danneggiata) 
in relazione al reato di contrabbando di stupefacenti �con relative 
evasioni fisca,li �. 

Ma non � chi non veda l'errore che si annida nelle proposizioni 
innanzi riportate. Altro �, infatti, il delitto di importazione e detenzione 
per il commercio di sostanze stupefacenti (art. 6, comma quarto, 
Legge 20 ottobre 1954 n. 1041), contestato ai giudicabili, altro il reato di 
contrabbando per introduzione di merci estere attraverso il confine o 
per detenzione delle stesse nel territorio dello stato (art. 282, lettere a ed 
f), D.P.R. 23 dicembre 1973 n. 43), reato che non � stato mai contestato 
agli imputati. Diverso � il bene giuridico offeso; diversi gli estremi delle 
due fattispecie delittuose; diversa l'obiettivit� giuridica delle medesime. 

Ne consegue che, nel procedimento in questione, l'Amministrazione 
delle Finanze non era attivamente legittimata all'esercizio dell'azione 
civile per il risarcimento del danno coritro gli imputati; donae l'inammissibilit�, 
per mancanza di interesse, del ricorso proposto dall'Avvocatura 
dello Stato. 

Le considerazioni innanzi svolte precludono l'esame del motivo di gravame 
proposto dalla ricorrente e conducono alla condanna dell'Amministrazione 
finanziaria -in solido con l'imputato ricorrente -alle 
spese processuali, nonch� alla sanzione pecuniaria prevista dall'art. 549 
c.p.p., che stimasi fissare in L. 50.000 per ciascuno di essi. 



PARTE SECONDA 



I 


I 


I 

l I 


LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

r.d. 12 ottobre 1936, n. 1364, art. 29 (an-tt. 3, 24, comma pr�llTio, ~01, 
comma secondo, 107, comma terzo, e 108, comma secondo, della Costituzione). 
Sentenza 20 liugliio 1978, n. 74, G. V. 26 liugllio 1978, n. 208. 

legge 13 ottobre 1969, n. 691, art. 4 (.artt. 3, 24, oomm.a primo, 101, comma 
secondo, 107, comma terzo, e 108, comma secondo, drehla Costituzione). 

Sentenza 20 lug1io 1978, n. 74, G. V. 26 luglio 1978, n. 208). 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Cod�ice civile, art. 1224, secondo comma (artt. 1, 3, 4 e 35 delJia Costituzicme). 

n. 243. 
PI'etore di MiLano, 011dinanza 25 g.ennaio 1978, n. 282, G. V. 30 agosto 1978, 

n. 243. 
codice civile, art. 2948, n. 4 (nel testo modificato dalla decisione n. 63 
del 1� giugno 1966 della C. C.> (.artt. 3 e 24 deHia Oostituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 5 novembre 1977, n. 246/1978, G. V. 19 liuglio 
1978, n. 201. 

codice di procedura civile, art. 152 disp. att., sost, legge 11 agosto 
1973, n. 533, art. 9 (artt. 3 e 24 de~lia Costi!tuzicme). 

Pretore di Palermo, ordinanza 23 gennaio 1978, n. 258, G. V. 2 agosto 1978, 

n. 215. 
codice d�I procedura civile, artt. 409 e 429 (an-tt. 1, 3, 4 e 35 defila Costituzione). 


Pretore di Mi.!Jano, ordina~a 25 gennaio 197, n. 282, G. U. 30 agosto 1978, 

n. 243. 
codice di procedura civile, art. 413, secondo comma (art. 3 delJia Costituzione). 


Pretore di Oagliiari, ordinanza 17 gennaio 1978, n. 220, G. U. 5 liug1io 1978, 

n. 186. 
codice pena�le, art. 102 (art. 25 deHa Costituzione). 

Magistmto di sO/I"veglfa~a del Tr1buna1Je di Bo!Jogna, ordinanza 26 gien.naio 
1978, n. 214, G. V. 5 lugldo 1978, n. 186. 



166 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codke penale, art. 342 (artt. 1, 3, 21, 101 delfa Costituzione). 

Pretore di Sassari, ordinanza 10 novembre 1977, n. 257, G. U. 2 agosto 1978, 

n. 215. 
codice penale, art. 376 (art. 3 de11Ja Costitlizione). 

TdbunaLe di Reggio Oalabria, ondinanza 1 !Jugldo 1977, n. 221, G. U. 19 !Ju~lfo 
1978, n. 201. 

codice penale, artt. 545 e 551 (artt. 2, 29, 31 e 32 della Costituzione). 

Tribuna:Le di CaLta:nissetta, ordinanza 22 febbra1o 1978, n. 248, G. U. 26 luglio 
1978, n. 208. 

codice di pro,cedura ,penale, art. 177-bis {artt. 3, comma primo, e 24, 
comma secondo, delilia Costituzione). 

Preto11e di MiLaDJO, ordinamza 17 fobbraio 1978, n. 252, G. U. 26 !Jug1io 1978, 

n. 208. 
codice d�I procedura penale, art. 202, secondo comma ('art. 3 deHa Costituzione). 


Tribunale di Rov1go, ordinoom 2 marzo 1978, n. 219, G. U. 5 !Jugl!iro 1978, 

n. 186. 
cod1ice di pt"ocedura penale, artt. 554, n. 3, 576 e 57.8 (art. 3, oomma 
primo, deLla Costituzione). 

Pretorn di M~bano, ordinanza 27 liebbraio 1978, 111. 271, G. U. 16 agosto 1978, 

n. 228. 
codice pena�le militare di pace, art. 180 (artt. 2, 3, 21, primo comma, 52, 
terzo comma e 97, primo 1oomma, deJJIJa Costituzione). 

GiJUdi:ce 1struttore del 1lr�Jbunale miLitare 00!1ritor1aJie di Padova, ordmanza 
4 gennaio 1978, n. 272, G. U. 23 agosto 1978, n. 235. 

r.d. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 24, secondo e quarto comma (modif. r.d. 
15 novembre 1938, n. 1802, art. 4) (art. 3 deLla Costituzione). 
TribUIJiaLe per i minorooni di Perug]a, ordmanza 1 febbraio 1978, n. 250, 

G. U. 2 1agosto 1978, n. 215. 
r.d.I. 3 marzo 1938, n. 680, art. 69, primo comma (,art. 3 delilia Costituzione). 
Corte dei Conti, terza sezione girurisdizionare, due ordilnianre 17 novembre 
1976, nn. 231 e 232/1978, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. 

r.d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, c. In legge 6 luglio 1939, n. 1272 
(modif. dalla legge 4 aprile 1952, n. 218, art. 21 (artt. 3, comma. ;primo e 
secondo, 4, oomma primo e secondo, 37, comma primo, e 38, comma sec0111do, 
della Costituzione). 
P!1etore di Mi!iaDJO, ordinanza 6 febbraio 1978, n. 253, G. U. 2 agosto 1978, 

n. 215. 
.........,....,,....,.. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 32, c:omma quinto e sesto <m�odH. da legge 
2 agosto 1967, n. 799, art. 10) (art. 3 del!lia Costituzimre). 
Tribunalie di Lecce, ordinanm 31 ottobre 1977, n. 283/1978, G. U. 30 agosto 
1978, ill. 243. 

r.d. 16 marzo 19.U, n. 267, art. 91, primo� e secondo c:omma (artt. 23 e 36, 
primo comma, delJLa Costituzione). 
Tr~bunaDe di :Santa Mariia Capua Vetere, ordi!l1anza 28 febbraio 1978, n. 263, 

G. U. 9 agosto 1978, n. 222. 
d. legisl. luogotenenziale 18 gennaio 1945, n, 39, art. 3, primo c:omma, 
lettera a) (art. 3, primo com.ma, del\lia Costituzione). 
Breto11e di AJswlii Pioeno, ocdilllanza 23 fobbraio 1978, n. 256, G. Y. 2 agosto 
1978, n. 215. 

d.P.R. '14 agosto 19'54, n. 676 (artt. 3, 53 e 11 defila Cost1tuzi0Ille). 
TribU111aDe di MiJJano, due ordmanze 1 dicembre 1977, nn. 244 e 255/1978, 

G. U. 19 liugl!io 1978, n. 201. 
cl.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15 (e:. in legge c:on modif. 2 luglio 19�57, 
n. 474) (art. 3 de!La Costituzione). 
Tribunale di Udine, ordinanza 15 marzo 1978, n. 261, G. U. 9 agosto 1978, 

n. 222. 
d.P.R. 23 agosto 1960, n. 905 (airtt. 3, 53 e 11 dehl:a Costituzione). 
Tri:bunalie di MHano, due ordinanze 1 dicembre 1978, nn. 244 e 255/1978, 

G. U. 19 .liuglrio 1978, n.201. 
�l~gge 13 novembre 1�960, n. 1407, artt. 5, c:omma terzo, e 8 (art. 3 deUa 
Costituzione). 

Pretore di Leoce, ordinanza 29 dicembre 1977, n. 217/1978, G. U. 5 liug1io 
1978, n. 186. 

legge 22 novembre 1962, n. 1646, art. 6, sec:ondo c:omma (artt. 3, 29, 31, 
36 e 38 dellDa Costituzione). 

Corte dei conti, �terza sezione giur~sdizionalie, oridinanza 15 dioemln;e 1976, 

n. 249/1978, G. U. 26 liugfilo 1978, n. 208. 
d.P.R. 30 giugno 196�5, n. 1124, art. 3 ~art. 3 delJLa Costituzione). 
P11etore di Pistoia, ord�illanza 9 gennaio 1978, n. 269, G. U. 23 agosto 1978, 

n. 235. 
d.P.R. 30 gfogno 1965, n. 1124, art. 213, primo c:omma, art. 205, terzo 
c:omma e art. 205, primo c:omma, lettera b) (airtt. 3, primo comma, e 38, 
secondo comma, dclDa Costituzione). 
Pretore dii Modena, ordmanza 30 marzo 1978, n. 277, G. U. 30 agosto 1978, 
Il. 243. 


168 RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 {airtt. 3, 4, primo e secondo comma, 
10, primo comma, 36, primo comma, 37, primo comma, e 38, secondo comma, 
deLla Costituzione). 

Pretore di Volitri, oodinanza 2 diioembre 1977, III.. 265/1978, G. U. 16 agosto 
1978, n. 228. 

legge 3 maggi�o 1967, n. 317, art. 9 (airtt. 24 e 113 delll.a Costinmone). 

Pretore di Vwcehli, ordinanza 21 marzo 1978, n. 275, G. U. 19 1ugN.o 1978, 

n. 201. 
legge 9 ottobre 1967, n. 973 (artt. 3 e 53 deUa Costituzione). 

TribUillalie di Roma, ordinanza 20 dicembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 LugN.o 
1978, n. 186. 

legge 5 novembre 1968, n. 1115, art. 8 (art. 3 del<1a Costituzione). 

TribunaLe di Miliaoo, ordmanza 1 dicembre 1978, n. 242/1978, G. U. 12 !Jugllio 
1978, n. 194. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1, punto 1 ) ( artt. 3 e 53 deHa Cosmtuzi!cme). 

Tribunalie di Roma, ordinanza 20 dicembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 lugLio 
1978, n. 186. 

legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 15, terzo c:omma (art. 3 de1lia Costituzione). 

TribunaLe di Padova, oodililanm 14 IJugLio 1977, n. 264/1978, G. U. 9 agosto 
1978, n. 222. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89 (art. 3 della Costituz�O!ll.e). 
Tribunaile di Padova, Ol'dililanza 14 !Juglio 1977, n. 264/1978, G. U. 9 agosto 
1978, n. 222. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 Clegge 16 dicembre '1977, n. 904, art. 8) 
(art. 53, comma primo, de1La Costituzione). 

Commissione tributaria dri secondo grado di Udine, ordinanza 8 l�ebba'ario 
1978, n. 251, G. U. 2 �agosto 1978, n. 215. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (modif. con d.P.R. 23 dic:embre 1974, 
n. 688) (art. 53, comma primo, cLeMa Costituzione). 
Commissione tributaria .di secondo grado di Udine, ordinanza 8 febbraio 
1978, n. 251, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 195 (con modif. legge 14 a.prile 1975, 
n. 103, art. 45) (1art. 3 dehl!a Costituzi!01I1e). 
Pretore di firen:zJe, ordinanza 20 dioemb11e 1977, n. 262/1978, G. U. 9 agosto 
1978, n. 222. 

legge reg. Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 25, art. 109 (sost. da legge 
reg. Emilia-Romagna 20 luglio 1973, n. 26, art. 3�6) e tabella 8) (artt. 3 e 97 
deLLa Costituzione). 

TribunaLe amministrativo regionalie per L'EmiLiia-Romagna, tre ordinanze 
8 novembre 1977, nn. 228, 229, 230/1978, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 82 (airtt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tdbuna:lie di Roma, ordinanza 20 dfoembre 1977, n. 212/1978, G. U. 5 lugliio 
1978, n. 186. 

legge 30 novembre 1973, n. 766, art. 4, primo e terzo c:omma (artt. 3, !'['imo 
comma e 97, pI�no comma, della Costituzione). 

Tribuniare amministrativo regionale per la SiJciliia, ordinanza 20 diiaembre 
1977, n. 227/1978, G. U. 12 1ugldo 1978, n. 194. 

legge 1,8 dicembre 1973, n. '877 (artt. 70, 72 e 73 delJia Costituzione). 

Pretooe di Sansepolcro, due ordinanze 20 febbraio e 13 mairzo 1978, nn. 254 
e 255, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. 

d.P.R. 31 magg.io 1974, n. 420, artt. 24 e ,29, sesto c:omma (artt. 76 e 36, 
primo oomma, deLh:t Costituzione). 
Tribunale aimminiistriativo regDoDia1e per t!Ja Lombardia, ordinanm 12 ottobre 
1977, n. 247/1978, G. U. 19 !Jugliio 1978, n. 201. 

d.I. 8 luqlio 1974, e:. in 'legge 1 O agosto 1974, n. 352 (1artt. 3 e 11 della 
Costituzione). 
Tribunale di Udine, ordinanza 12 gennaio 1978, n. 213, G. U. 5 ruglio 1978, 

n. 186. 
legge 17 agosto 1974, n. 384, art. 4 (artt. 3, 29, 31 e 53 de1La Costituzione). 

Commi:ssione tributaria di secondo grado di Torino, ordinanza 16 giugno 1977, 

n. 243/1978, G. U. 12 ruglio 1978, n. 194. 
legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (<art. 3, oomma pdmo, dehlia 
Costituzione). 

Tl'ibuna1e di BeLluno, ordinanza 31 ottobre 1977, n. 222/1978, G. U. 5 rugl!io 
1978, n. 186. 

legge reg. Veneto 17 aprile 1975, n. 36, art. 18 (artt. 117 e 42 delh:t Costituzione). 


Tribunale ammmiist:mtivo regionale per il Veneto, ordinanm 3 d.irembre 
1976, n. 259, G. U. 9 agosto 1978, n. 222. 

legge 2�6 aprile 1976, n. 176, art. 7, ultimo c:omma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pescara, ordinanza 16 novembre 1977, n. 268/1978, G. U. 30 0Jgosto 
1978, n. 243. 

legge 2 maggio 1976, n. 183, art. 16 (artt. 5, 76, 116 e 138 dell!a Costituzione). 

P11esidentie della giunta regionale sidlilana, ricmso depositato iJ1 30 gi:ugno 
1978, n. 15, G. U. 12 rugMo 1978, n. 194. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

170 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore cli S. Don� del Piave, ordinanza 18 gennaio 1978, n. 215, G. U. 

5 l!uglio 1978, tl.1. 186. I 

legge '10 maggio 197�6, n. 3l9, artt. 15, commi secondo, lettera a), ottavo 
e nono, 25, ultimo comma, e 26, primo comma (airtt. 3, primo comma, e 32, 
primo comma de.llLa Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 20 maggio 1977, n. 274/1978, G. U. 12 !Jugl!io 
1978, n. 194. 

legge 10 maggi�o 1976, n. 319, art, 2�5 (artt. 3 e 24 deMa CosthuZJione). 

Corte di Cassazionie, ordinanza 20 maggio 1977, n. 223/1978, G. U. 5 !Jugltio 
1978, n. 186. 

legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24 deLlia Costituzione). 

Sezione istruttoria de.llLa corte d'appeli1o di Borogna, ordinanm 28 gennaio 
1978, n. 267, G. U. 30 agosto 1978, n. 243. 

lec;ige 1~ novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29, 31 e 
53 deHa Costituzione). 

CommiJssione tributaria di secondo grado di Torino, �ordinanza 16 giugno 
1977, n. 243/1978, G. U. 12 ltugltio 1978, n. 194. 

d.I. 17 giugno 1977, n. 326 (conv. in legge 8 agosto 1977, n. 510) art. 1 
(m't. 3 della Costituzione). 

Pretore di VoLtri, ordinanza 4 marzo 1978, n. 266, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. 

legge 8 agosto 1977, n. 556, art. 20. (1art. 32 della Costituzione). 

Pretore di Orvieto, ordinanza 23 novembre 1977, n. 270/1978, G. U. 23 agosto 
1978, n. 235. 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53, primo comma, deHa 
Costituzicme). 

Commissione tdbutaria di secondo grado di Udine, ordinanza 8 febbraio 
1978, n. 251, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. 

legge l gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24 e 103, primo 
comma, della Costituzione). 

Consigltio di Stato, quarta sezione, tre ordinanze 7 febbraio 1978, lliil. 224, 
225 e 226, G. U. 5 lug1io 1978, n. 186. 

d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 48 (artt. 5, 76, 116 e.138 dehla Costituzione). 
Presidente .della giunta regionale sidliiana, ricorso depositato iJl: 30 giugno 
1978, n. 15, G. U. 12 ruglio 1978, n. 194. 



PARTE Il, LEGISLAZIONE 

legge 13 febbraio 1978 ,n. 1'80, artt. 2, ultimo comma, 3, p.-imo, terzo, quario 
e quinto comma, 4, 5, seco,ndo com,ma, e 8, teno comma (art. 20 delJio statuto 
speciaLe deL Trnntino-ALto Adige). 

Presidente delila giunta proviJnciale di Bo1zano, rko11so depositato il 23 giugno 
1978, n. 14, G. U. 5 1ug1io 1978, n. 186. 

legge reg. Abruzzo, riappr. 14 giugno 1978, artt. 2 e 3, secondo comma 

(airtt. 117 e 128 della CostituZJione). 

Presidente del ConsiJgfu dei Milili,stri, rkol1So depositato L'll Lugldo 1978, 

n. 16, G. U. 19 luglfo 1978, n. 201. 
legge reg. Friuli-Venezia Giulia, riappr. 16 giugno 1978 (artt. 4, 5, .6; 7 
e 54 deUo statuto speciale de1la iregione Friuli-Venezia Giulia). 

Presidente del Consiglio dei MililiJstri, rkorso depositato 1'11 Luglio 1978, 

n. 17, G. U. 19 Lugliio 1978, n. 201). 
legge r~g. Molise, riappr. 21 giugno 1978 (1art. 117 delilia Costituzione). 

Presidente deL Consigldo dei M�IIlistri, ricorso depositato fil 19 Luglio 1978, 

n. 19, G. U. 2 agosto 1978, n. 215. 
legge reg. Fruili�Yenezia Giulia, riappr. '24 giugno 1978 (art. 81, quarto 
comma, deLLa Costituzione). 

Piresidente deL Consiglio dei mm1stiri, ricor.so depositato i'l 18 LugLio 1978, 

n. 18, G. U. 26 Luglio 1978, n. 208. 
legge prov. Bolzano, riappr. 4 luglio 1978 (ru:tt. 5 e 9 delLo statuto speciale 
per H Tirentino-Al1to Adige). 

Presidente de1 ConsiJgi]Jio dei Mostri, ricorso depositato H 29 LugLio 1978, 

n. 20, G. U. 16 agosto 1978, n. 228. 
'legge reg. Sicilia 1 agosto 1978, art. 35, teno comma (1artt. 3 e 41 deli!Ja 
Costituzione). 

CommiJssariJo delilo Stato per La I1egione siciLiamq, iic011so depositato i!l 17 agosto 
1978, n. 21, G. U. 30 agosto 1978, n. 243. 


d.P.R. 31 ottobre 1967. n. 2401, debba richiedersi l'assenso della regione stessa 
(n. 296). 
d.P.R. 31 ottobre 1967. n. 2401, debba richiedersi l'assenso della regione stessa 
(n. 296). 
CONSULTAZIONI 
CONTABILITA GENERALE DELLO STATO 
Delitti dei gestori del lotto verso l'erario -Garanzia del fondo Trattamento quiescenza 
e assegni straordinari al personale del lotto -Natura giuridica (articoli 
17-18 legge 6 agosto 1967, n. 699). 

Se la garanzia prestata dal fondo trattamento quiescenza e assegni straordinari 
al personale del lotto, per .i debiti verso l'erario costituiti dai gestori del 
lotto a motivo delle loro funzioni, abbia natura fideiussoria (con conseguente 
possibilit� di azione di regresso) ovvero natura assicurativa (n. 338). 

DEMANIO 

Demanio naturale -Demanio marittimo -Arenili -Sdemanializzazione -Mutamenti 
naturali consolidati -Natura del provvedimento (cod. nav. art. 35). 

Se nell'ipotesi in cui beni facenti parte del demanio naturale marittimo 
(arenili) per effetto .di mutamenti naturali consolidati nel tempo siano venuti 
a perdere la loro naturale funzione e destinazione agli usi pubblici del mare, 
il provvedimento amministrativo di sdemanializzazione, di cui all'art. 35 cod. nav., 
abbia valore dichiarativo anzich� costitutivo in virt� del principio di sdemaniaHzzazfone 
c.d. obbiettivo (n. 286). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi economici e popolari -Cessione a norma del d.p. 27 gennaio 1959, n. 2 Limiti 
di applicabilit� dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, sulla determinazione 
del prezzo -Revisione dlel prezzo di cessione erroneamente determinato Modalit� 
(d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 4 -legge 27 aprile 1962, n. 231, art. 14 legge 
27 aprile 1962, n. 231, art. 4). 

Sulla possibilit� di revisione del prezzo di cessione di alloggi economici e popolari 
ceduti a norma del d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, nei casi in cui risulti erroneamente 
determinato (n. 298). 

Alloggi economici e popolari -Cessione in propriet� -Quote di riserva -Limitazione 
dell'ambito soggettivo degli enti tenuti alla riserva (d.p. 17 gennaio 1959, 

n. 2, art. 3 -legge 27 aprile 1962, n. 231). 
Se 1gli enti e le amministrazioni non espressamente contemplati dall'art. 3 
del d.p. 17 gennaio 1959, n. 2, quale modificati con legge 27 aprile 1962, n. 231 -che 
stabilisce le quote di riserva delle concessioni in propriet� degli alloggi economici 
e popolari -sono tenuti aHa cessione in propriet� di tutti gli alloggi (n. 297). 

Alloggi economici e popolari -Costruzioni eseguite dal governo militare alleato 
di Trieste -Cessione in propriet� (d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 2401 -d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2). � 

Se per la cessione in propriet� degli alloggi economici e popolari costruiti 
dal governo militare alleato di Trieste, in pendenza del giudizio promosso dalla 
regione per ottenere la dichiarazione di disponibilit� agli effetti dell'art. 1 del 


PARTE Il, CONSULTAZIONI 

Alloggi economici e popolari � Costruzioni eseguite dal governo militare alleato 
di Trieste� Regime (d.p. 17 gennaio 1959, n. 2 � t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 1 


t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 49 � t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 48). 
Se gli allo!!igi costruiti dal governo militare alleato di Trieste siano soggetti 
aMa cessione in propriet� in quanto di carattere economico e popolare (n. 295). 

Costruzione di alloggi economici e popolari da parte dello Stato su terreni di 
propriet� di altri enti pubblici � Accessione -Esclusione -Espropriabilit� 
dell'area (cod. civ., art. 936 -legge 22 ottobre 971, n. 865, art. 12 -d.l. 2 maggio 
1974, n. 115, art. 6 -legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14). 

Se nel caso di costruzione da parte dello Stato (nella specie governo militare 
alleato di Trieste) di alloggi economici e popolari su terreno di propriet� di altri 
enti pubblici, questi acquisiscono la propriet� degli alloggi per accessione a norma 
dell'art. 936 e.e. (n. 299). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Legge sulla casa -Accordi sull'indennit� di esproprio -ProcedJimento � Applicabilit� 
all'esecuzione di piani di ricostruzione (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865 legge 
27 ottobre 1951, n. 1402). 

Se le norme dell'art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modifiche 

concernenti gli eventuali accordi sull'indennit� di esproprio -siano applicabili 
alle procedure preordinate all'esecuzione di piani di ricostruzioni regolate 
dall'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 (n. 447). 

Legge sulla casa -Cessione volontaria dell'immobile dJa parte del proprietario 
coltivatore diretto -Determinazione del prezzo (art. 12 legge 22 ottobre 1971, 

n. 865 -art. 14 legge 28 gennaio 1977, n. 10). 
Se il prezzo deHa cessione volontaria di un terreno soggetto ad esproprio 
ed appartenente a coltivatore diretto si determini semplicemente triplicando 
l'ammontare dell'indennit� provvisoria ovvero aggiungendo all'importo cos� ottenuto 
una somma pari al cinquanta per. cento della detta indennit~ (n. 465). 

Legge sulla casa -Comunicazione dJell'offerta dell'indennit� provvisoria . Termine 
per la cessione volontaria del bene natura (art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865. 
legge 28 gennaio 1977, n. 10). 

Se il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'offerta dell'indennit� 
provvisoria -stabilita dall'art. 12 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per convenire 
con l'espropriante la cessione volontaria degli immobili sotto es�proprio alle 
condizioni previste dalla stessa norma -debba ritenersi perentorio ovvero meramente 
sollecitatorio (n. 446). 

Legge sulla casa -Decreto di esproprio -Subordinazione al pagamento dell'indennit� 
di esproprio -Indennit� aggiuntiva in favore dJel coltivatore diretto Fittavolo 
-Mezzadro -Colono o compartecipante (qrt. 17 legge 22 ottobre 1971, 

n. 865 -art. 13 legge 22 ottobre 1971, n. 865). 
Se l'emanazione del decreto di esproprio, nel caso di terreno coltivato da coltivatore 
diretto, fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante, sia subordinata 
al pagamento dell'indennit� aggiuntiva in favore del coltivatore previsto dall'articolo 
17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 443). 


174 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Legge sulla casa -Deposito dell'indennit� presso la Cassa alepositi e prestiti Indennit� 
aggiuntiva in favore del fittavolo mezzadro colono o compartecipante 
(art. 17 legge 22 ottobre 1971, n. 865). 

Se l'espropriante possa procedere al deposito presso la Cassa depositi e prestiti 
dell'indennit� aggiutiva di espropri o prevista dall'art. 17 legge 22 ottobre 
1971, n. 865, in favore del coltivatore diretto, fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante 
(n. 442). 

Legge sulla casa -Esecuzione di piani di ricostruzione -Omissione della fase di 
determinazione dell'indlennit� provvisoria -Illegittimit� (art. 12 legge 22 ottobre 
1971, n. 865 -art. 9 legge 27 ottobre 1951, n. 1402). 

Se nelle procedure preordinate all'esecuzione di piani di ricostruzione, regolate 
dall'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, sia legittimo premettere la fase 
di determinazione dell'indennit� provvisoria (n. 448). 

Legge sulla casa -Estensioni alle espropriazioni per opere statali dei criteri di 
determinazione dell'indennit� di esproprio fissati dlalla c.d. legge sulla casa Ambito 
del rinvio (art. 11 legge 22 ottobre 1971, n. 865 -d.l. 2 maggio 1974, 

n. 115 -legge 27 giugno 1974, n. 247). 
Se il rinvio operato dalla legge 27 giugno 1974, n. 247 che ha convertito 
con modifiche il d.l. 2 maggio 1974, n. 115, recante norme per accelerare i programmi 
di edilizia residenziale alle disposizioni del titolo Il della legge 22 ottobre 
1971, n. 865 (c,d. 'legge sulla casa) relative alla determinazione dell'indennit� 
di esproprio debba ritenersi estero alle norme che stabiliscono la comunicazione 
dell'indennit� provvisoria agli espropriandi (art. 11 stessa legge 22 ottobre 1971, 

n. 865) (n. 444). 
Legge sulla casa -. Indennit� aggiuntiva d'esproprio a favore del coltivatore del 
terreno -Prova della qualit� soggettiva di coltivatore diretto -Fittavolo Mezzadro 
-Colono o compartecipante (art. 2 legge 22 ottobre 1971, n. 865)�. 

Se 'la prova delle qualit� soggettive di coltivatore diretto, fittavolo, mezzadro, 
colono o compartecipante, richieste dall'art. 17 della leg1ge 22 ottobre 1971, n. 865, 
per l'erogazione dell'indennit� aggiuntiva di esproprio (che .gli interessati possono 
fornire con qualsiasi mezzo) possa essere fornita con atto notorio (n. 441). 

Legge sulla casa -Norme sopravvenute nella maggiorazione di offerte in caso di 
cessione volontaria dell'immobile (art. 19 legge 28 gennaio 1977, n. 10 -art. 14 
legge 28 gennaio 1977, n. 10 -art. 12 legge 22 ottobre 1971, n. 865). 

Se a seguito dell'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in materia 
di determinazione dell'indennit� di esproprio e dell'indennit� di occupazione, 
i giudizi gi� pendenti per opposizione all'indennit� possano essere definiti con 
la corresponsione, ai proprietari opponenti che ne facciano richiesta, della maggiora'zione 
del 50% dell'indennit� a suo tempo rifiutata (n. 449). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Enti pubblici diversi -Dipendenti -Invalidi per servzzw -Benefici combattentistici 
previsti dal regolamento -Estensibilit� -Limiti (legge 1� luglio 1955, 

n. 565 -legge 15 luglio 1950, n. 539, art. 1, primo comma -legge 3 aprile 1958, 
n. 475, art. 5). 
Se al dipendente di ente pubblico, invalido per servizio, possano estendersi 
i benefici contenuti in una disposizione regolamentare dell'ente medesimo, concernente 
i mutilati e invalidi di guerra, emessa in attuazione della legge 1� luglio 1955, 

n. 565, che ha posto a carico di tutti gli enti pubblici comunque denominati il 

PARTE II, CONSULTAZIONI 17J 

dovere di emanare norme regolamentari necessarie per l'estensione a favore del 
proprio personale ex combattente dei 'benefici previsti a favore del personale, 
in possesso di benemerenze di guerra, dello Stato e degli enti pubblici locali 
e parastatali (n. 863). 

Impiegato dello Stato -Trattamento economico -lndJennit� di buonuscita -Corresponsione 
ritardata -Interessi moratori e rivalutazione -Spettanza -Esclusione 
(cod. proc. civ., art. 429, terzo comma -legge 11 agosto 1973, n. 533 


d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1032, art. 26 -cod. civ., art. 1282). 
Se suH'indennit� di buonuscita corrisposta a dipendente statale cessato dal 
servizio siano da 'liquidare gli interessi di mora maturati e la svalutazione monetaria 
intercorsa durante il periodo di tempo tra la cessazione del servizio e l'effettivo 
pagamento in applicazione del principio posto dall'art. 429, terzo comma, 
cod. proc. civ., nel testo di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533 (n. 866). 

Retribuzione -Indennit� di rischio -Presupposto (legge 15 novembre 1973, n. 734, 
art. 4 -d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, art. 1). 

Se il presupposto richiesto dall'art. 4 della leigge 15 novembre 1973, n. 734, 
e dall'art. 1 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, ai fini dell'indennit� di rischio, debba 
ritenersi sussistente nei soli casi in cui l'esposizione al rischio, oltre che diretta 
e continua, si protragga ininterrottamente per tutta la giornata lavorativa ovvero 
anche quando si riscontrino nell'arco della giornata, degli intervalli di non� 
rischiosit� (n. 862). 

Vigili del fuoco -Disciplina -Regolamento -Espulsione dal corpo di pieno diritto Sopravvivenza 
della relativa norma (r.d. 16 marzo 1942, n. 701, art. 57 -legge 
13 maggio 1961, n. 469, art. 19 -d.P.R. 10 gennaio 1975, n. 3, art. 85). 

Se l'art. 57 del r.d. 16 marzo 1942, n. 701,. contenente il regolamento di disciplina 
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ove � prevista l'espulsione di pieno 
diritto, con decreto del prefetto e senza parere della commissione di disciplina, 
a carico dei sottufficiali, vigili scelti e vigili condannati con sentenza passata in 
giudicato ,alla pena della reclusione per oltre quindici giorni, debba ritenersi 
ormai venno per effetto della l~gge 13 maggio 1961, n. 469, e, in particolare, per 
effet~o del generale rinvio che l'art. 19 di tale legge fa alle norme sullo statuto 
degli impiegati civili dello Stato (n. 865). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Registri di contabilit� degli appalti di opere pubbliche -Regime di bollo (,d.p. 
26 ottobre 1972, n. 642, art. 22, tariffa -r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 38 


r.d. 25 maggio 1895, n. 35, art. 52). 
Se i registri di contabilit� degli appalti di opere pubbliche siano da sottoporre 
a bollo come registri obbligatori per legge o regolamento, secondo l'art. 22 
della tariffa allegata al d.p. 26 ottobre 1972, n. 642 (n. 58). 

Registri di imprenditori commerciali utilizzati in rapporti interprivati -Regime 
di bollo (d.p. 26 ottobre 1972, n. 642). 

Se i registri tenuti dagli appaltatori e imprenditori commerciali utilizzati 

in rapporti con privati e comunque non :;oggetti alle norme sugli appalti delle 

opere pubbliche siano da sottoporre a bollo e quali artic_oli di tariffa siano appli


cabili (n. 59). 


176 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Corrispettivi per servizi internazionali Presupposti 
della qualificazione (legge 9 giugno 1940, n. 762, art. 1, lett. h). 
Se, ai fini di cui all'art. 1 lett. h) della legge 19 giugno 1940, n. 762 -secondo 
il quale non costituiscono entrata assoggettabile ad I.G.E. le somme introitate tra 
l'altro per � corrispettivi relativi a servizi internazionali � -sia sufficiente, per 
qualificare come internazionale un determinato servizio, per riferimento alla mera 
localizzazione delle prestazioni ad esso inerenti o alla nazionalit� o residenza all'estero 
della a cui favore queste sono eseguite ovvero sia necessaria l'esistenza 
di un'origanizzazione tecnica tanto nello stato estero quanto in Italia (n. 175). 

l.G.E. -Entrate sottratte all'imposizione -Corrispettivi per servizi internazionali Provvigioni 
ed intermediari di ditte estere -Prova del rapporto (legge 19 giugno 
1940, n. 762, art. 1, lett. h). 
Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 1, lett. h della legge 19 giugno 940, n. 762 che 
dichiara non assoggettabili all'I.G.E. tra l'altro, i �corrispettivi relativi a servizi 
internazionali � -la formalit� dell'iscrizione ad annotazione del Mod. VI dei 
mandati di rappresentanze e delle lettere di incarico rilasciate da ditte estere ai 
propri intermediari per la vendita di prodotti in Italia abbia carattere essenziale 
ovvero la prova dell'esistenza di tali rapporti possa essere fornita con altri atti 

(n. 176). 
IMPOSTA VALORE AGGIUNTO 

Rimborsi -Avviso di rettifica -Emergenza di fatti impeditivi non specificamente 
previsti dalla legge -Ulteriori misure cautelari -Ammissibilit� (d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 633, artt. 50 e 75 -Legge 7 gennaio 1929 n. 4, art. 26 -Cod. pen., 
art. 189 -r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, 6� comma). 

Se, in materia di rimobrsi I.V.A., qualora ci si trovi in presenza di fatti impeditivi 
gravi che esulino dalle specifiche previsioni della legge (nella specie: procedimento 
penale a carico di amministratore di societ� per falso e truffa a danno 
dell'amministrazione finanziaria, per aver apposto falsamente il timbro a calendario 
sulla dichiarazione dii inizio di attivit� con indicazione di deposito) l'amministrazione 
1possa valersi, oltre che della .notifica di avviso di rettifica, di ulteriori 
cautele e in particolare della facolt� di fermo amministrativo di cui all'art. 69 
della legge di contabilit� ,generale dello stato (n. 13). 

Rimborsi -Garanzia fideiussoria -Natura -Notifica avviso oltre annale -Sufficienza 
della garanzia (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38). 

Quale sia la funzione della garanzia fideiusso�'ia prevista dall'art. 38 del d.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 633, in materia di rimborsi I.V.A. e in particolare se tale garanzia 
possa ritinersi sufficiente cautela per l'amm.ne ove sia gi� decorso l'anno dalla 
dichiarazione al momento della notifica dell'avviso di rettifica al contribuente 

(n. 14). 
ISTRUZIONE 

Insegnanti -Attuazione dei provvedimenti comportanti spostamento di personale 
gi� in servizio di insegnamento -Limiti temporali � Differimento -Esecuzione 
di provvedimenti .del giudice amministrativo -Modalit� (legge 15 novembre 1973 

n. 725 -d.l. 21 .settembre 1973, n. 567, art. 1). 
Se il principio del differimento dell'attuazione all'inizio del successivo anno 
scolastico dei provvedimenti che comportino spostamenti di personale gi� in servi




PARTE II, CONSULTAZIONI 

zio di insegnamento adottati dopo il ventesimo giorno dall'inizio dell'anno scolastico, 
sancito dall'art. 1 d.l. 21 settembre! 973, n. 567, convertito in legge 15 novembre 
1973, n. 727, si applichi anche in sede di esecuzione di provvedimenti del 
giudice amministrativo e, in caso mativo, se tale principio si applichi in ogni caso 

o solo agli ulteriori provvedimenti da adottarsi dall'amministrazione per il pieno 
ad~uamento della situazione al provinciato giurisdizionale (n. 54). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Contratto di fornitura -Aggiudicazione -Sopraggiunte difficolt� di approvigionamento 
-Modifica dei termini di pagamento e dei tempi e modi di conseg11a 
(cod. civ., artt. 1463, 1467 e 1468). 

Se l'aggiudicatario di fornitura di combustibile, adducendo difficolt� sopraggiunte 
nell'approvvigionamento del prodotto, possa chiedere una modifica dei termini 
di pagamento fissati nel contratto nonch� dei tempi e dei modi di consegna 
del prodotto quali pattuiti (n. 62). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Assistenza civile -Ciechi civili invalia'i civili e sordomuti -Benefici economici 
Revoca -Effetti -Irripetibilit� delle somme -Limiti (d.l. 23 dicembre 1976, 

n. 850, art. 3 ter -legge 21 febbraio 1977, n. 29). 
Se la disposizione dell'art. 3 ter del d.l. 23 dicembre 1976, n. 850, aggiunto con 
la l~ge di convenzione 21 febbraio 1977, n. 29, secondo cui la revoca dei benefici 
economici a favore dei ciechi civili, invalidi civili e sordomuti ha effetto solo a 
partire dal primo giorno del mese successivo alla data del provvedimento di 
revoca e sono irripetibili le somme dovute per effetto di revoche adottate prima 
dell'entrata in vigore dello stesso d.l. n. 850, siano applicabili anche nelle ipotesi 
in cui sia accertato che la sussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla 
concessione dei benefici economici sia stato il risultato di false dichiarazioni o 
di dolo del beneficiario (n. 128). 

Mutilati e invalidi civili -Pensione o assegno -Presupposti -Retribuzione superiore 
-Coniuge lavorante all'estero -Cumulo (d.l. 2 marzo 1974, n. 30, artt. 3, 
1 comma e 8, 1 comma -legge 16 aprile 1974, n. 114 -legge 3 giugno 1975, n. 160, 
art. 3, 3 comma -d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 3, 2 comma). 

Se, ai sensi degli artt. 3, 1� comma, e 8, 1� comma, del d.l. 2 marzo 1974, n. 30 
(convertito con modificazioni in legge 16 aprile 1974, n. 114), siano da ritenere 
esclusi dal diritto alla pensione di invalidit� o all'assegno mensile quei soggetti il 
cui coniuge svolga attivit� lavorativa all'estero con retribuzione superiore ai limiti 
di l~ge attualmente previsti per i casi di cumulo (n. 129). 


INDICE BIBLIOGRAFICO 

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