ANNO VII .L. N. 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1954 ..l. .v� ~~ RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE ]JI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI I confiitti di nazionalit� nell'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia, dell'aV':, S. V ARVESI, p. 125-139. II. NOTE DI DOTTRINA 1) E. BLUMENSTEIN: Sistema di diritlo aelle imposte, recensione critica dell'avv. G. ZOBOLI, p. 140-141. � 2) U. PaosPERETTI: L'elettorato politWo attivo, recensione critica dell'avvocato G. GuGLIELMI, p. 141-142. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA l) Acque pubbliche -Usi di pubblico .~enerale interesse (Corte di Cass.), p. 143-147. 2) Contratto di guerra -Poteri del Commissario per la sistemazione dei contratti di guerra (Corte di Cass.), p. 147-149. 3) Demanio -Tassativit� . della classificazione di cui all'art. 822 C. c. Demanialit� accidentale -Espropriazione per costruzione di un'opera pubblica (Corte di Cass.), p. 149-150. 4) Scambi e valute -Versamento di somme in clearing -Sequestro delle somme versate -Difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria (Corte di Cass.), p. 150-153. 5) Sindacati -Poteri di rappresentanza --Rappresentativit� (Consiglio di Stato), p. 153. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO 1) Compromesso ed arbitri-Nomina di arbitro demandata a terzo -Mancata nomina (Ordinanza 15 dicembre 1953, Pres. Trib. Santa Maria Capua Vetere), p. 154. 2) Amministrazione Pubblica -Interessi moratori, compensativi e corri� spettivi -Antichit� e Belle Arti -Diritto di prelazione nel caso di vendita di cose d'interesse artistico -Ritardo nella emissione del mandato di pagamento (Corte d'Appello di Roma), p. 154-156. 3) Imposta generale sull'entrata -Somme incassate per il trasferimento dei giocatori di calcio (Trib. Genova), p. 156-158. V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA JJl GIURISPRUDENZA, p. 159-164. VI. INDICE SISTEMATICO DELLJJJ CONSULTAZIONI, p. 165-167. .ANNO VII -N. 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1954 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLI()A.ZIONE DI SERVIZIO I CONFLITTI DI NAZIONALIT� NELL'ART. 78 DEL TRATTATO DI PACE CON L'ITALIA SOMMARIO. -I. Impostazione della questione: I. Gli articoli 78 e 83 del Trattato di Pace con l'Italia. -2. La questione nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione. -3. Principi generali e norme particolari nel diritto internazionale. -II. I conflitti di nazionalit� nel diritto generale internazionale: 4. Concetto di nazionalit�; doppia cittadinanza. -5. Il principio della libert� degli Stati nella regolamentazionedella nazionalit�. -6. Conflitti di nazionalit� estere: il principio della scelta da parte di uno Stato terzo. -7. Il principio del divieto per gli Stati di proteggere i propri cittadini nei confronti dello Stato di cui quelli abbiano anche la cittadinanza. -8. Segue: applicazione di esso da parte delle giurisdizioni internazionali. -9 Segue: riconoscimento di esso negli accordi internazionali e nella pratica degli Stati. -10. Segue: posizione della dottrina di fronte ad esso. -III. I conflitti di nazionalit� nelle disposizioni del Trattato di Pace: 11. Applicabilit� dei principi generali in difetto di deroga espressa. -12. Il � 9-a dell'aroicolo 78 del Trautato di Pace: significato letterale. 13. Il primo comma del � 9-a: metodi di interpretazione delle norme internazionali in generale. -14. Segue: criteri per l'interpretazione delle norme non negoziate e di quelle eccezionali. -15. Il secondo comma del� 9-a: necessit� di riferimento alla legge italiana di guerra. 16. Correlazione tra le disposizioni del primo e del secondo comma del � 9-a. -17. Conclusione. I 1. L'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia stabilisce alcune obbligazioni a carico di questo Stato e in favore dei cittadini delle Nazioni Unite che abbiano avuto beni o interessi in Italia durante la guerra e che si siano trovati in determinate situazioni giuridiche o abbiano sub�to determinati danni. Il successivo art. 83 stabilisce che tutte le controversie relative all'applicazione dell'art. 78 devono essere sottoposte, dal Governo interessato o da quello italiano, ad un organo internazionale di giurisdizione, denominato� Commissione di Conciliazione, composto da un rappresentante di ciascuno dei due. Governi e integrato, eventualmente, da un terzo membro, scelto tra i cittadini di un terzo paese. La questione che ci interessa � di conoscere se le disposizioni dell'art. 78 possano essere applicate in favore di una persona che abbia contemporaneamente la cittadinanza di una delle Nazioni Unite e quella italiana e se il Governo interessato possa sostenere le ragioni di quella persona contro il Governo italiaho dinanzi alla Commissione di Conciliazione. 2. La questione � stata sottoposta al giudizio delle Commissioni di Conciliazione italo-americana e italo-britannica (1) nei seguenti termini: a) Gli Stati Uniti e l'Inghilterra sostengono, in via principale, che il fatto che quella persona abbia anche la cittadinanza italiana sarebbe irrilevante perch� il Trattato di Pace avrebbe espressamente stabilito, anche in questa ipotesi, l'applicabilit� dell'art. 78 e la facolt� del Governo interessato di adire la Commissione di Conciliazione. Subordinatamente quelle Nazioni sostengono, rer l'ipott1Ri in cui si dovesse escludere che il caso sia stato espressamente previsto dal Trattato di Pace e risolto nel senso da esse indicato, che, in applicazione dei princip� generali del diritto internazionale, il conflitto di nazionalit� dovrebbe essere risolto con la ricerca della cittadinanza predominante ed effettiva, ammettendo o negando la proponibilit� della domanda flecondo i risultati di quella ricerca nei singoli casi. b) L'Italia sostiene invece che in ogni caso si debba escludere che, ai sensi dell'art. 78, essa abbia obbligazioni internazionali nei confronti di propri cittadini, anche se costoro siano contemporaneamente cittadini di una delle Nazioni Unite, sia perch� sembrerebbe che il Trattato di Pace abbia espressamente risolto in questo senso la questione dei conflitti di nazionalit�, sia perch�, ove si volesse escludere che il Trattato di Pace abbia previsto il caso o si volesse ritenere che l'interpretazione di esso sia dubbia, la applicazione dei principi generali del diritto internazionale porterebbe sempre a quella soluzione. 3. Quali che siano i principi generali di diritto da applicarsi per la risoluzione dei conflitti di nazionalit�, � certo che convenzioni particolari possono avere regolato la materia e vincolare le Parti anche in deroga alla disciplina che quella materia riceve nel diritto� generale. In questi casi, in �ui si accertasse l'esistenza di norme particolari che, nel caso concreto, impones (I) �N� l'una n� l'altra Commissione hanno sinora emeBsa una decisione in proposito; la submission inglese essendo stata respinta perch� presentata in termini generali ed astratti mentre i giudizi promossi con le petitions americane sono tuttora pendenti. -126 sero dei vincoli alle parti in causa, si dovrebbe respingere l'eccezione tendente ad escludere l� possibilit� di un giudizio internazionale su materie che generalmente appartengono al dominio riservato degli Stati. Cos�, nella controversia tra Francia e Gran Bretagna sui decreti relativi alla cittadinanza in Marocco ed in Tunisia, la Corte Permanente di Giustizia Internazionale (1), pur riconoscendo che la cittadinanza �, nel diritto internazionale generale . . . ' matena nservata al dominio esclusivo degli Stati . ' ammise per questa stessa materia la possibilit� di norme internazionali particolari con la conseguenza eh.e l'accertamento e l'applicazione di queste norme P?s.sano senz'altro costituire l'oggetto di un giudizio fondato sul diritto internazionale. Questo principio porterebbe ad iniziare senz'altro la nostra indagine dall'esame delle disposizioni del Trattato di Pace, per accertare se e come esso abbia regolato la materia nel caso concreto, salvo a ricercare la regolamentazione nel diritto generale anche per il caso concreto, qualora si dovesse escludere l'esistenza di una norma particolare. Ma se, in definitiva, si dovr� necessariamente procedere effettuando quelle due ricerche in via successiva e subordinata, appare opportuno di determinare preventivamente i principi che invia generale regolano la materia, perch� sulla guida di essi l'interpretazione della norma particolare sar� pi� agevole e sicura, e si potr� meglio determinare se e in quali limiti questa abbia apportato deroga a quelli. � infatti regola fondamentale che i Trattati siano conformi ai principi di diritto; ma � una regola che ha evidentemente solo valore interpretativo e che non pu� certo imporsi ad una diversa volont� risultante dal testo, sia che questa derivi dal consenso delle parti, o dalla imposizione che una abbia avuto il potere di fare all'altra, dato che, come � stato osservato (2), il diritto internazionale � ancora purtroppo quel diritto in cui la violenza non costituisce vizio del consenso. � una regola che trova riscontro nell'art. 38 n. 3 dello Statuto della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, il quale prescrive che la Corte deve applicare � les principes g�n�raux de droit reconnus par les peuples civilis�s �, e che comporta che ogni qualvolta vi sia dubbio sull'effettiva portata di una disposizione, a questa debba essere data l'interpretazione pi� conforme ai principi di diritto. Si tratta di regola di interpretazione che � senza dubbio applicabile, ad ogni specie di accordi e di trattati, anche a quelli di pace. Questi ultimi si distinguono infatti daO'li altri solo per il modo della loro formazione, dat~ che le disposizioni di essi derivano esclusivamente dalla volont� di una sola delle parti senza il concorso dell'altra; ma quella volont�, una volta che il trattato sia entrato in vigore, non ha pi� alcun potere sul contenuto di esso, ne pu� influenzarne m alcun modo l'interpretazione. (l) Parere 7 febbraio 1923, in �Rivista Diritto Internaz. " 1923, p. 135, Publications de la Cour Permanente de Justice Internationale, Serie B, n. 4. (2) Cfr. MORELLI: La Guerra, Padova, 1935, p. 160. II 4: Il con.cetto di !1azionalit� si presenta negli o:dmamenti modern~ sotto up. duplice aspetto: di rapporto giuridico tra lo Stato e l'individuo e di stato personale di quest'ultimo, che ne deter~ina la personalit� giuridica con lo status libertatis e lo status familiae. . Mentre .~uest'ultimo aspetto di quel concetto risale al diritto romano, la concezione della nazio~ alit� come rapporto g~urid~co trova le sue origini richesto nel concetto d1 allegeance di rapporto che lega il suddito alla persona del re,' concetto che ha trovato la sua espressione pi� caratteristica nella common law inglese e che � passato nella letteratura francese �come un vincolo, lien, tra l'individuo e lo Stato. e< Dans ce rapport -prosegue il Makarov (1) l~ ~entre de gravit� ,r�side dans la d�termination jur1dique de la qualite de ressortissant c'est-�-dire de sujet de droit li� par le rapport juridique � l'Etat... Nou~ po:ivons dor:c dire que la nationalit� peut etre consid�ree du pomt de vue juridique comme un rapport de droit, dont la r�glementation a pour cons�quence l'attribution � l'individu qui en est le sujet, au ressortissant d'un Etat, d'un �tat juridique, d'un status>>. � Questo rapporto di soggezione dell'individuo allo St~t,o pu� esprimersi anche come rapporto di sovramta dello Stato sull'individuo e quindi sulla s?mma degli ~ndivi~ui che ne formano la popolazione. Per cm ogm soggetto, di fronte a ciascun singolo ordinamento statale, assume necessaria~ ente. una di queste due posizioni giuridiche: o mttadmo o straniero, o civis o peregrinus. La nazionalit� si oppone alla qualit� di straniero; i due termini non possono mai sommarsi in uno stesso soggetto e rispetto allo stesso ordinamento giuridico statale. Lo status� di straniero si determina quindi in modo negativo e non necessita di una particolare regolamentazione: come straniero si dE:lve considerare ogni individuo che non sia cittadino dello Stato di cui si tratta (2). Ma,. accanto a questo concetto indifferenziato di � straniero �, viene data rilevanza negli ordina menti interni dei singoli Stati, an~he alla qualit� di � straniero cittadino di un altro Stato >>. Questa rilevanza, in seno all'ordinamento dello Stato A, della qualit� di cittadino dello Stato B si manifesta soprattutto nell'ambito delle norme' di diritto internazionale privato, per le quali la citta dina~za propria. dello straniero � il primo e pi� ampio cnterio di collegamento, per individuare le norme da applicare per la disciplina dei rapporti di diritto privato che lo concernono. Peraltro quella rilevanza pu� manifestarsi anche nel campo dei rapporti di diritto pubblico, tutte le volte che una norma (convenzione) internazionale preveda un determinato trattamento dei cittadini dello Stato B da parte dello Stat� A. In queste ipotesi, in cui la cittadina~za propria�� dello straniero assume rilevanza in seno ad altro (1) R�gles g�n�ral du droit de la nationalit�, in " Recui l des Cours de l'Acad�mie de droit international ,,, 1949, I, p. 279 e seg. (2) Cfr. MAKAROV: op. cit., p. 286 o fleg. -127 ordinamento statale, pu� avvenire in concreto che il soggetto, dalla cui cittadinanza dipende la determinazione della disciplina giuridica a lui applicabile, sia contemporaneamente considerato come proprio cittadino da pi� Stati. In particolare pu� avvenire che egli sia considerato tale da altri Stati, rispetto allo Stato terzo nel cui ordinamento deve avere rilevanza la di lui cittadinanza; ovvero che la cittadinanza straniera concorra nello stesso soggetto con la cittadinanza dell'ordinamento in seno al quale quella dovrebbe spiegare i suoi effetti. Da questi concetti derivano i seguenti principi: a) che ogni Stato � libero di determinare quali persone debbano essere considerate come suoi cittadini e che ogni questione relativa alla nazionalit� appartiene alla legislazione interna dei singoli Stati; b) che ogni individuo che abbia doppia o plurima cittadinanza pu� essere considerato come proprio cittadino da ciascuno degli Stati di cui egli abbia la nazionalit�, ma che nessuno 9-i questi Stati pu� esercitarne la protezione diplomatica nei confronti di un altro Stato di cui quello sia anche cittadino, essendo escluso che gli Stati possano avere obbligazioni internazionali nei confronti dei propri cittadini; � e) che in uno Stato terzo l'individuo che abbia pi� nazionalit� deve essere considerato come se ne avesse una sola, secondo determinati criteri di scelta. 5. Il principio sub a) � universalmente ammesso e non ha formato oggetto di contestazione nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione. Secondo il De Lapradelle (1), on peut dire qu'il . est peu de principes du droit des gens aussi unani mement admis, qui soient au meme titre une �cons tante juridique �. Esso � sancito negli articoli l e 2 della Convenzione dell'Aja del 12 aprile 1930. Il Rundstein (2) nel suo rapporto al Comitato di esperti per l'unificazione progressiva del diritto internazionale cos� scrive sull'argomento: cc or il est de toute. �vidence que les questions concernant la nationalit� sont � envisager comme des probl�mes appartenant esclusivement � la l�gislation int� rieure des Etats particuliers. C'est le domaine strict o� les principes de la souverainet� trouvent leur expression la plus accentu�e; et, dans l'�tat actuel du Droit international, les questions de la nationalit� sont en principe comprises dans le domaine r�serv� � la comp�tence exclusive des Etats parti culiers �. Tutti gli Stati consultati su questo punto dalla Societ� delle Nazioni hanno aderito a quel principio (3). (1) In Repertoire de Droit international, Paris, 1931, voce " Nationalit�" p. 258. (2) In Rapport au Oonseil de la Soci�t� des Nations sur les questions qui paraissent avoir obtenu le dregr� de maturit� suffesant pour un r�glement international. (Questionnaires n. 1 � 7). Gen�ve, 1927. Doc. S.d.N. c. 196. M. 70. 1927. V, p. 9. (3) Oomit� preparatoire de la Oonference pour la codification de Droit international. Bases de discussion � l'intention de la Oonf�rence. Tome I: ccN:ationalit� �. Gen�ve, 1929, S.d.N. c. 73. M. 38, 19~9, V, pp. 13-21. 2 Il quale, peraltro, contiene una riserva, cos� espressa nell'art. 1 della Convenzione dell' Aja del 1930: cc cette legislation (des Etats particuliers) doit etre admise par les autre Etats, pourvu qu'elle soit en accord avec les conventions internationales, la coutume internationale et les principes de droit g�n�ralement reconnu en mati�re de nationalit� �. Queste limitazioni al principio generale della libert� �tatique sono fatte derivare, da alcuni, dal divieto di abuso del proprio diritto, teoria introdotta in via generale nei rapporti internazionali dal Politis (1) e applicata alla regolamentazione della nazionalit� dal Leibholz (2); da altri sotto il profilo della delimitazione della competenza legislativa dei singoli Stati, ognuno dei quali sarebbe obbligagato a rispettare la competenza degli altri, come � stato posto in rilievo dal Despaguet (3), dallo Zitelmann (4), che ha designato la sovranit� dei singoli Stati come una competenza ad essi delegata dal diritto internazionale, e dallo Hatschek (5). Come esempio di regolamentazione interna della� nazionalit� che non potrebbe essere riconosciuta dal diritto internazionale � stata portata l'ipotesi che la Francia, la Germania e l'Italia volessero considerare la popolazione della Svizzera che parla la lingua di ognuno di quegli Stati come automaticamente naturalizzata da quello Stato (6). Come recente esempio storico sono state segnalate le disposizioni tedesche che, durante l' ulti:rna guerra mondiale, hanno naturalizzato di autorit� le popolazioni di origine tedesca di alcuni territori occupati, ma non incorporati, dato che la guerra non era ancora finita, come � avvenuto per alcuni gruppi etnici della popolazione dell'Alsazia e Lorena, della popolazione belga d'Eupen, di Malm�dy e di Moresnet e dei territori jugoslavi della Bassa Stiria, della Carinzia e di Krain. Per pi� ampi dettagli sui limiti internazionali alla sovranit� statale in materia di regolamento della nazionalit� si rinvia alle trattazioni del De Lapradelle (7) e del Makarov (8). 6. Anche il principio sub e) � universalmente ammesso e non forma oggetto di contestazione nei giudizi innanzi alle Commissioni di concili.azione. Ne � per� controverso in quella sede il campo di applicazione perch� gli Stati Uniti di America e la Gran Bretagna che, come si vedr� nei seguenti paragrafi, escludono nelle loro difese il principio sub b), ritengono applicabile la regola della cittadinanza dominante ed effettiva anche nei confronti degli Stati di cui l'individuo abbia la nazionalit�. (1) Recueil des cours de l'Acad�mie de droit international, 1925, I (6), p. 86 seg. (2) Staatsangehorigkeit rmd Naturalisation, Worterbuch des Volkerrechts (herausg. v. Strupp), II, 1925, p. 589. Das Verbot der Willkilr und des Ermessenmissbrauch im v6lkerrechtlichen Verkehr der Staaten: Z. f. ausl. �iff R. rmd Volkerrecht, I, 1 (1929), p. 99 seg. (3) Despagnet-Boeck: Oours de droit international public, 1910, p. 452 seg., � 318. (4) Internationales Pr�vatrech, I, p. 168 seg. (5) Volkerrecht als System rechtl�ch bedeutsamer Staatsakte, 1923, p. 214 e seg. (6) ERNEST IsAY: De la nationalit�, in cc Recueil des Cours de l'Acad�mie de droit international "' 1924, IV (5), p. 441. (7) Op. cit., p. 258-267. ~8) Op. cit., p. 296-307. -128 Sotto questo profilo i due principi dovranno essere esaminati insieme, dato che dal riconoscimento o meno di uno di essi dipende l'estensione dell'altro. Di quest'ultimo in questo paragrafo se ne accenneranno quindi solo la genesi e la natura, considerandolo valevole solo nei confronti di Stati terzi. Si � gi� visto, al paragrafo 4, come nei moderni ordinamenti abbia rilevanza non solo la distinzione tra cittadino e straniero, ma anche la differenziazione dello straniero secondo lo Stato al quale appartiene. Mentre sotto il primo profilo l'alternativit� ontologica dei due concetti fa s� che la presenza dell'uno escluda necessariamente la coesistenza dell'altro, per �cui ogni Stato considera come giuridicamente irrilevante il fatto che un proprio cittadino abbia anche la nazionalit� di un altro Stato, il fenomeno della doppia o plurima cittadinanza di Stati terzi acquista rilevanza giuridica. Solo sotto questo profilo si pu� quindi correttamente parlare di un problema di doppia cittadinanza e di conflitti di nazionalit�, perch� solo in questa ipotesi, dovendosi necessariamente considerare la persona munita di pi� nazionalit� estere come se ne avesse una sola, sorge un problema di scelta. Oltre alle varie soluzioni che questi conflitti trovano nelle diverse legislazioni dei singoli Stati (per l'ordinamento italiano cfr. gli articoli da 17 a 31 delle Disposizioni sulla legge in generale), si cerca di dare ad essi anche una �soluzione intern::. .zion~le. I vari sistemi che sono stati suggeriti in questo campo per risolvere i conflitti positivi di cittadi nanza sono elencati sistematicamente da Pierre Louis-Lucas (1), il quale li distingue secondo che siano ispirati a considerazioni generali o al valore comparativo delle nazionalit� in conflitto. Quelli della prima categoria sono: 1) l'incompe tenza dei tribunali interni in relazione al carattere internazionale della materia; 2) la maggiore con venienza per lo Stato cui appartiene il tribunale investito della controversia; 3) la preferenza della nazionalit� il cui ordinamento sia pi� simile a quello del paese dove si svolge il conflitto; 4) la rimessione all'interessato della scelta della nazio nalit�. Alla seconda categoria appartengono: 5) la preferenza della prima nazionalit� acquisita; 6) la preferenza dell'ultima nazionalit� acquisita; 7) la preferenza della nazionalit� del paese dove l'inte ressato abbia il suo domicilio 8) la preferenza della nazionalit� pi� effettiva. Quest'ultimo sistema, che incontra le maggiori adesioni in dottrina (2), tende a fare coincidere il concetto di nazionalit� giuridica con quello di nazio nalit� sociale e considera non solo l'elemento del domicilio o quello della dimora effettiva, ma, in concorso con quelli, anche altri elementi, come l'ac cettazione di pubbliche funzioni, la prestazione di determinati servizi, la pratica di vita secondo le leggi di un determinato paese. (1) Les conflits de nationalit�, in " Recueil des Cours de l'Academie de droit international >>, 1938, II, p. 22 e seg. (2) Cfr. MAKAROV, op. cit., p. 356; DE LAPRADELLE, op. cit., p. 296. Louis-Lucas, nel segnalarne i meriti, avverte per� che questa teoria non � ammessa da tutti gli Stati ed � priva di forza obbligatoria. La conferenza dell'Aja del 1930 ha codificato il principio con riferimento esclusivo allo Stato terzo richiamando, fra i vari sistemi, quelli della residenza e della nazionalit� effettiva. L'art. 5 della Convenzione � del seguente tenore: cc Dans un Etat tiers, l'individu poss�dant plusieurs nationalit�s devra �tre trait� comme s'il n'en avait qu'une. Sans pr�judice des r�gles de droit appliqu�es dans l'Etat tiers en mati�re de statut personnel et sous r�serve des conventions en vigueur, cet Etat pourra, sur son territoire, reconnaitre exclusivement, parmi les nationalit�s que poss�de un tel individu, soit la nationalit� du pays dans lequel il a sa r�sidence habituelle et principale, soit la nationalit� de celui auquel, d'apr�s les circonstances, il apparait comme se rattachant le plus en fait �. 7. Il principio sub b) � invece controverso nei giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione: esso � affermato ed invocato dall'Italia mentre gli Stati Uniti di America e l'Inghilterra ne contestano l'esistenza, o, subordinatamente, la portata; Ma, mentre da un canto essi ne parlano come di una cc pretesa regola di diritto internazionale �, ed affermano che � la pretesa norma come regola vera e propria di diritto internazionale non esiste gi� in linea generale� (1), d2,ll'altro si preoccupano di determinarne la genesi (2), di affermarne il carattere di pura prassi od usanza (3), di precisarne il campo di applicazione (4). Quel principio deriva direttamente e necessaria mente dalla concezione della nazionalit�, non solo come status della persona ma anche e soprattutto come rapporto giuridico che vincola la persona stessa allo Stato, concezione che si � illustrata nel prece dente n. 4 e che pone la nazionalit� tra gli istituti del diritto pubblico. cc Il ne peut �tre question -scrive il Louis Lucas (5) -de rouvrir ici un immense d�bat, de plus en plus volontier tranch� d'ailleurs en faveur du caract�re de droit public de la nationalit�. Au surplus, il faut plut�t admettre que la nationalit� appartient, � la fois, au droit public et au droit priv�. �u droit public, puisque, d�terminant les nationaux, elle d�finis la substance meme, la subs tance vivante de l'Etat, � c�t� de sa substance inerte qu'est le territoire. Au droit priv�, puisqu'elle est le premier �l�ment, le plus n�cessaire, du statut de l'etre humain, celui qui domine, qui impr�gne, qui colore tous les autres �. Di qui il principio, gi� esaminato, che la regolamentazione della nazionalit� appartiene al dominio riservato degli Stati; di qui l'antinomia tra i concetti di cittadino e straniero; di qui l'esclusione (1) Cfr. il Memorandum allegato alla peti�on �nella controversia Droutzkoy-Ruspoli dinanzi alla Commissione di Conciliazione italo-americana (che in seguito sar� denominato Memorandum), n. 21. (2) Memorandum, n. 22. (3) Memorandum, n. 23. (4) Memorandum, n. 24. (5) Op. cit., p. 16. -129 di obbligazioni internazionali degli Stati nei confronti dei propri cittadini e della protezione diplomatica di questi ultimi contro il proprio Stato da parte di altri Stati. <e Ce principe -scrive il Rundstein (1) -sanctionn� par les usages des chancelleries et par la pratique diplomatique ... est sous-.entendu (corsivo aggiunto) dans les conventions ayant pour but de r�gler les conflits occasionn�s par la double nationalit�, car, en reconnaissant les restrictions de souverainet�s respectives en mati�re de nationalit� et en admettant, par exemple, les effets du jus soli pour la troisi�me g�n�ration seulement, ces conventions e:ffirment par l� meme que le principe d'exclusivit� de la l�gislation territorial est sauvegard� dans tous les cas o� une exemption ne fut pas statu�e �. Si pu� quindi affermare che tutte le volte che vi sia una norma internazionale che obblighi lo Stafo A a fare un determinato trattamento giuridico ai cittadini dello Stato B, l'interprete, in mancanza di un' espicita manifestazione di una contraria volont� delle parti, dovr� tener per certo che la convenzione internazionale menzionando i cittadini dello Stato B presuppone l'assenza in essi della cittadinanza dello Stato A. Quella ipotizzata cc manifestazione di contraria volont� delle parti n costituirebbe infatti un che di eccezionale per il diritto internazionale, uno strappo cos� grave ai principi che informano la convivenza delle Nazioni civili, che, per ammett�rne l'esistenza essa dovrebbe essere assolutamente esplicita � inequivocabile: essa, in sostanza, imporrebbe ad uno Stato di disconoscere nei propri sudditi lo status di cittadini e di considerarli, agli effetti di quel rapporto, stranieri. Da parte americana si afferma che si tratta di una cc pretesa� regola; ma il Fedozzi (2) scrive che questa regola cc non � che una manifestazione parti colare del generale principio sopra ricordato, per cui ogni Stato � pienamente autonomo nella determi nazione legislativa della cittadinanza e le norme che esso emana in proposito hanno un tale eminente carattere di diritto pubblico da non rendere possi bile deroga alcuna da parte di legge straniera: se quindi uno Stato considera una data persona come suo cittadino, ha in ci� una preclusione assoluta ad ammettere su quella persona la protezione di uno Stato straniero qualsiasi, quindi anche dello Stato che a sua volta consideri la stessa persona come suo cittadino�. Cos� stabiliti il valore e la portata di questo principio fondamentale del diritto internazionale se ne illustrer� nei successivi paragrafi l'importanza che esso ha assunto attraverso l'elaborazione che ne hanno fatto le giurisdizioni internazionali, gli Stati nei loro reciproci rapporti ed i cultori della materia. 8. Secondo il� .Memorandum (n. 23) l'interdizione per ciascuno dei due Stati interessati ad esercitare la protezione diplomatica nei confronti del( 1) Op. cit., p. 11. (2) Trattato di diritto internazionale, vol. I, parte generale, Padova, 1933, p. 327; cfr. MoNAOO; Diritto internazionale, Torino, 1949, p. 353. l'altro Stato sarebbe una massima di prudenza e di esperienza, un semplice criterio di opportunit�, privo di ogni convinzione di obbligatoriet�, e conseguentemente non sarebbe estensibile al ;,campo giudiziario ove entrerebbero in giocp le sole .relazioni puramente giuridiche, i diritti e i doveri. Al contrario le Commissioni di giurisdizione internazionale hanno applicato questo principio sin dal secolo scorso, negando ad uno Stato la difesa dinanzi ait ribunali internazionali dei propri cittadini contro lo Stato di cui essi avessero anche la cittadinanza. � Tra le pi� antiche decisioni in tal senso si ricordano: Boyd (Gr. Bret.) c. U.S.A., riassunta in Moore, Digest of International Arbitration, 1898, 2529; Martin (U.S.A.) c. Messico, 4 luglio 1868, ivi 2467; Lebret (Francia) c. U.S.A., 15 gennaio 1880, ivi 2488, 2492; Maninat (Francia) c. Venezuela, 19 febbrario 1902, S. Doc. 533, 590 Cong., 1a Sess., 44,74; Brignone (Italia) c. Venezuela, 13 febbraio 1903, Ralston 710, 718; Drummond c. Francia, 2 Knappis P. C. Rep. 295. Gli Stati Uniti richiamano, nel riassunto nella controversia Merg�, il caso Halley (Moores' Arb. 2239) che sarebbe stato deciso in senso contrario alla regola dalla Commissione inglese-americana per i reclami, stabilita ai sensi del Trattato di Washington dell'8 maggio 1871. Ma si trattava di un caso di specie, di una persona con doppia nazionalit� avente causa da una persona che aveva avuto esclusivamente la cittadinanza britannica, e la decisione fu presa con il dissenso del rappresentante statunitense nella Commissione, signor Frazer. Il quale sig. Frazer in altra controversia (Alexan der-Gr. Bret. c. U.S.A., 8 maggio 1871, in Moore's Arb. 2529) cosi aveva espresso il principio sostenuto dagli Stati Uniti: cc The practice of nations in such cases is belie ved to be for their sovereign to lea ve the person who has embarrassed himself by assuming a dou ble allegiance to the protection which he may find provided for him by the municipal laws of that other sovereign to whom he thus also owes alle giance. To treat his grievances against that other sovereign as subject of international concern would be to claim a jurisdiction paramount to that of the other nation of which he is also a subject. Complications would inevitably result, for no gover nement would recognize the right of another to interfere thus in behalf of one whom it regarded as a subject of its own n. Il pensiero del sig. Frazer pu� cos� sintetizzarsi in italiano: le Nazioni usano in questi casi di abbandonare il loro cittadino che abbia doppia cittadinanza alla protezione che egli pu� trovare presso le leggi dell'altro Stato di cui egli sia anche cittadino; sostenere i gravami di lui contro l'altro Stato come oggetto di una pretesa internazionale equivarrebbe ad arrogarsi una giurisdizione supe;r.iore a quella dell'altra Nazione di cui quello sia anche cittadino; con la conseguenza di inevitabili complicazioni, perch� nessun Governo potrebbe ammettere il diritto di un altro Governo ad interporsi in tal modo in favore di uno che esso considera come proprio cittadino. -130 Vi sono state peraltro alcune decisioni contrarie al principio in esame, che hanno applicato un criterio di scelta tra le due nazionalit�. Negli arbitrati venezuelani del 1903-1905, accanto alle decisioni sopra ricordate che hanno accolto il principio che. stiamo esaminando, ve ne sono state altre che hanno invece applicato un criterio di scelta tra le due nazionalit�: Stevenson (Gr. Bret.) c. Venezuela, 13 febbraio 1903 (1); Brignone (Italia) c. Venezuela, ivi 710, 719; Poggioli (Italia), c. Venezuela, ivi 84 7, 866; Massiani (Francia) c. Venezuela (2). La giurisprudenza di questi arbitrati venezuelani � stata quindi contrastante, per cui sembrano forse eccessive le conclusioni che ne ha 'tratto il Basdevant, se pure con qualche riserva, in una pubblicazione molto dettagliata sull'argomento (3). � L'id�e qui domine dans toutes nos sentences, qu'invoquent les deux commissaires et qui guide, en r�alit�, le surarbitre, c'est que le confiit entre deu nationalit�s doit etre tranch� en faieant pr�valoir la loi � laquelle correspond la nationalit� r�elle de l'individu en question �. L'importanza di quelle decisioni � peraltro smisnuita dallo stesso Memorandum il quale cos� ne conclude l'esame (n. 28, nota): <<Va aggiunto, per verit�, che nessuna di quelle decisioni brilla per chia.rezza di enunciazioni dei principi e per rigorose impostazioni del lato giuridico della questione base �. Del resto, con quelle decisioni e con lo stesso � Basdevant siamo ancora lontani nel tempo, e il diritto internazionale, ahcora pi� degli altri rami del diritto, � in continua evoluzione. Baster� ricordare la legge francese 30 aprile-2 maggio 1790 che attribuiva la nazionalit� francese, senza il loro consenso, agli stranieri stabiliti in Francia, e che fu dichiarata conforme al diritto internazionale dalla Corte Reale di Riom il 7 aprile 1835, mentre poco pi� tardi il principio contrario fu considerato parte del diritto internazionale e il 'rribunale civile della Senna nel 1915 ha ritenuto contraria al diritto generale internazionale una disposizione brasiliana del 14 dicembre 1889 che accordava la cittadinanza a tutti gli stranieri ivi residenti a una certa data, lasciando peraltro ad essi salva la facolt� di fare una dichiarazione contraria. Un po' pi� recente � la decisione del 3 maggio 1912 sul caso Canevaro emessa dal Tribunale arbitrale costituito presso la Corte dell'Aja ai sensi del protocollo italo-peruviano del 25 febbraio 1910 (4). Questa decisione viene citata contro la tesi italiana per avere applicato il principio della cittadinanz~ effettiva ma le conclusioni di essa lasciano perplessi sul significato da attribuirle come precedente giurisprudenziale: � consid�rant qu'en fait Raphael (1) Venezuelan arbitration of 1903, Sen. doc. 316; 58th Congr., 2nd Session, prepared by. Jackson H. Ralston and W. T. Sherman Doyl, W ashmgton, 1904, 438, 445. . (2) Report of French. Venezuelan Mixed Claims Oom_mission of 1902, prepared by Jakson H. Ralston, ass1sted by W. T. Sherman Doyle, Sen. doc. 433, 59 Congr., lst Session, Washington, 1906, 211, 224. (3) Oonfiits de nationalit� dans les arbitrages v�n�zu�liens, in "Revue de Droit international >i, 1909, p. 41 e seg. (4) "Revue de Droit international >>, 1912, p. 331. Canevaro s' est, � plusieurs reprises, comport� comme citoyen p�ruvien... le gouvernernent du P�rou a le droit de le consid�rer comme citoyen p�ruvien et de lui d�nier la qualit� de r�clarnant italien ii. Il Governo peruviano ha il diritto di considerarlo come suo cittadino e di negargli la qualit� di reclamante italiano... Ma il Governo peruviano era il Governo convenuto! Pi� che il principio della cittadinanza effettiva qui sembra allora espressamente applicato quello che consente ad uno Stato di respingere le pretese degli altri Stati. in favore dei propri cittadini. Vengono anche citate contro questa tesi tre decisioni successive alla prima guerra mondiale, che peraltro appaiono assolutamente di specie e prive di qualsiasi valore di. precedente sulla questione: la decisione 26 .aprile-10 maggio 1922 del T.A.M. anglo-tedesco sul caso Hein-Hildersheirner 'Bank (1); la decisione 12 luglio 1926 del T.A.M. ungaro-serbo-croato-sloveno, sul caso De Born, ivi p. 499; la decisione 20 luglio 1926 del T .A.M. franco-tedesco sul caso Barthez de Monfort c. Trennhaender Hauptverwaltung, ivi p. 806. Nel primo caso si trattava non di beni o di indennit� per danni, ma di. una somma depositata in una banca, di cui si chiedeva la restituzione. Il primo ed il terzo dei casi richiamavano l'applicazione dell'art. 296 del Trattato di Versailles, che non considerava tutti i cittadini delle Potenze vincitrici, ma solo quelli che risiedessero nel territorio di quelle Potenze; si poteva quindi ritenere che questa specificazione costituisse deroga espressa al principio generale del divieto di agire contro uno Stato in favore di un suo cittadino, accogliendo esplicitamente il concetto della cittadinanza effettiva con riferimento alla residenza. Il secondo dei casi � poi estraneo alla questione che ci interessa perch� in esso non era stata portata l'eccezione di �cittadinanza dello Stato convenuto; la cittadinanza iugoslava non era in causa; la Jugoslavia era Stato terzo e si discuteva solo se il Barone de Born dovess~ essere considerato cittadino ungherese o tedesco. Ma vi � di pi� per tutti e tre i casi. Perch� l'articolo 278 de Trattato di Versailles (2) stabiliva: � L'Allemagne s'engage � reconnaitre la nouvelle nationalit� qui aurait �t� ou serait acquise par ses ressortissants d'apres les loi.s des Puissances Alli�es et Associ�es et conform�ment aux d�cisions des autorit�s comp�tentes de ces Puissances, soit par voie de naturalisation, soit par _l'effet des clanses d'un trait� et � d�gager � tous les points de vue ses ressortissants, en raisons de cette acquisition de nouvelle nationalit�, de toute all�geance vis-�-vis de leur Etat d'origine�. Questa disposizione, che faceva obbligo alla Germania di sciogliere da ogni vincolo di soggezione i suoi cittadini che avessero preso o che prendessero la cittadinanza di una delle Potenze Alleate e Associate, appare qualcosa di pi� che una norma (l) Recueil des d�cisions des Tribunaux Abitraux Mixtes, p. 71. (2) Cfr. le disposizioni analoghe degli articoli 230 del Trattato di Saint-Germain, 213 del Trattato di Trianon, 158 del Trattato di Neuilly. -131 derogatrice al principio che in caso di doppia cittadinanza ognuno dei due Stati pu� considerare il soggetto come suo cittadino, come la ha vista il De Lapradelle (1), perch� tra le due cittadinanze essa ne elimina una non solo agli effetti procedurali o di quel determinato rapporto, ma dichiarandone l'estinzione. In quel caso il problema della doppia cittadinanza � stato risolto in radice con l'eliminazione del presupposto. Queste,. e non tutte, come si � visto (in sostanza, solo alcune degli arbitrati venezuelani) le decisioni internazionali che abbiano affermato il principio della cittadinanza effettiva non nei confronti di uno Stato terzo, ma contro lo Stato convenuto; piuttosto antiche nel tempo, nonostante che nel Memorandum si sia affermato che dal 1930 �in poi � esse si sono fatte sempre pi� numerose (n. 21). Le decisioni favorevoli al principio sostenuto dall'Italia si sono invece susseguite nel tempo, anche dopo quelle, gi� menzionate, del secolo scorso e degli �arbitrati ven�zuelani. Si ricorda anzitutto il parere n. 4 della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, nel quale � affermato che �allo stato attuale del diritto internazionale le questioni di cittadinanza, secondo la opinione della Corte, rientrano in via di principio in questo dominio riservato �. Di natura giurisdizionale e di applicazione precisa al nostro caso � la decisione 10 ottobre 1928 della Commissione mista franco-messicana sulcaso Pinson (2), la quale afferma la piena validit� della regola di diritto cc selon laquelle un Etat n'est pas qualifi� � se pr�valoir de son droit de prot�ger ses ressortissant par voie diplomatique, dans les cas o� les ressortissants � prot�ger possedent en m�me temps le status de nationaux de l'Etat vis-�-vis duquel ledit droit de protection devrait �tre mis en . action >>. Nel riassunto nella controversia Merg� si tenta da parte americana di sminuire il valore di questo precedente, ricordando come il caso di specie sia stato deciso in favore dello Stat� attore. Ma la decisione del caso concreto non pu� certo sminuire l'importanza dei principi affermati dalla Commissione, la quale, stabilita la regola ha ammesso l'eccezione nel caso in cui cc les disposition l�gales ne depassent par les bornes que leur trace le droit international �crit ou contumier �. In quel caso il Messico invocava l'applicazione della legge interna del 1857 che aveva conferito automaticamente la cittadinanza messicana a determinati gruppi di stranieri e la Commissione ha osservato che cc ��� si. .. c'est l'Etat d�fendeur qui, dans sa l�gislation national, n'observe pas les restrictions pos�es par le droit international � sa souverainet� nationale, la pr�tention de double nationalit� du r�clamant ne tiendrait pas debout devant un tribunal international �. Altrimenti, evidentemente, quell'eccezione avrebbe avuto un peso determinante dinanzi a quel Tribunale internazionale. � (1) Op. cit., p. 293. (2) Cfr.: Jurisprudence de la Oommission francomexicaine des r�clamation (1924-1932), p. 59 . . s Nello stesso senso � la pi� recente decisione 8 giugno 1932 del Tribunale arbitrale egizianoamericano sul caso Salem (1). 9. La regola che stiamo esaminando trae le sue origini, come si � gi� visto, dagli usi delle cancellerie e dalla pratica diplomatica. Essa � espressamente formulata, pur con una limitazione di residenza, nella legge svizzera del 25 giugno 1903, il cui art. 6 � del seguente tenore: cc Les personnes qui, outre la nationalit� suisse, poss�dent encore celle de l'Etat �tranger, ne peuvent pas r�clamer, vis-�-vis de cet Etat, aussi long-temps qu'elles y r�sident, les droits et la protection dus � la qualit� de citoyen suisse �. Egualmente si ritrova nell'art. 2 del decreto portoghese 2 dicembre.1910 sulla naturalizzazione, che stabilisce che il cittadino portoghese che abbia ad essere considerato come cittadino di un a�ltro paese finch� vi vivr� non potr� invocare la sua qualit� di cittadino portoghese. Precedentemente, con il � 7 del Naturalisation Act del 1870 l'Inghilterra aveva declinato di proteggere le persone naturalizzate inglesi contro il loro Stato di origine del quale esse fossero ancora cittadini, e la regola, con alcune limitazioni, era stata seguita dalla Germania, dagli Stati Uniti di America e da altri Stati. Ma bisogna ammettere che il vero fondamento di una regola di diritto internazionale si deve ricercare nell'atteggiamento verso di essa che in un determina. Lo momento storico assumono le Nazioni che compongono la comunit� internazionale, e questa ricerca nel caso in esame conferma l'esistenza di quella regola come principio generale di diritto internazionale universalmente accettato e riconosciuto. Il Comitato incaricato dalla Societ� delle Nazioni di indicare quelle materie che avessero raggiunto una sufficiente maturit� che ne consentisse una regolamentazione internazionale vi ha compreso i conflitti di nazionalit� ed ha incluso il principio in esame negli articoli 1 e 5 dello avant-projet della convenzione (2): ... cc Art. 1. -Les Hautes Parties contractantes s'engagent � ne pas accorder la protection diplomatique et � n'intervenir en faveur de leurs nationaux, qui sont en m�me temps consid�r�s comme ressortissants d�s leur naissance par la loi de l'Etat auquel la reclamation serait � adresser �. cc Art. 5. -Un individu poss�dant deux n�tionalit�s pourra �tre consid�r� par les Etats dont il poss�de la nationalit� comme leur ressortissant respectif. Par rapport aux Etats tiers, sa nationalit� est � d�terminer par la l�gislation en vigueur au lieu de son domicile, s'il est domicili� dans une de ses deux patries. cc S'il n'est domicili� dans aucune de ses deux patries, sa nationalit� est d�termin�e conform� ment � la l�gislation en vigueur dans celui de ces � deux Etats o� il � �t� domicili� en dernier lieu �. (1) cc Revue critique >>, 1934, p. 706. (2) S.d.N.: Rapport au Oonseil, etc., cit., p. 27. -132 Tutte le Nazioni interpellate, compresi gli Stati Uniti di America (1) aderirono in via di massima alla Conferenza, senza sollevare obiezioni di principio sul progetto predisposto dal Comitato, osservando anzi alcune, come ad esempio la Francia (2), che l'avant-projet sulla nazionalit� consacrava, salvo qualche punto di dettaglio, le soluzioni generalmente ammesse. La Convenzione, sottoscritta ali'Aja il 12 aprile 1930, ha modificato il progetto, codificando il principio in modo assoluto, senza il limite della cittadinanza di origine che, come si � visto, in quello era stato invece posto; l'art. 4 di esso � del seguente tenore: �Un Etat ne peut exercer sa protection diplomatique au profit d'un de ses nationaux � l'incontre d'un Etat dont celui-ci est aussi le national �. Questa dichiarazione della Conferenza dell'Aja non costituisce, d'altro canto, una presa di posizione nuova o isolata, rispetto a diverse opinioni eventualmente manifestate dagli Stati in altre circostanze. Al contrario essa � confermata da precedenti e successive dichiarazioni. In tal senso � il progetto sulla regolamentazione uniforme delle questioni sulla nazionalit�, predisposto dall'Associazione di diritto internazionale e approvato dalla 33"' Conferenza, tenuta a Stoccolma nel 1924. Il Codice Bustamante di diritto internazionale privato, adottato all'Avana da 18 repubbliche il 20 febbraio �1928, in occasione della sesta Conferenza internazionale americana, distingue anche esso i casi in cui la nazionalit� dello Stato convenuto :::ia in causa dagli altri in cui la questione si ponga presso uno Stato terzo, escludendo nel primo caso la possibilit� di un'azione contro quello Stato, sta bilendo nell'altro varie regole di scelta dellanazio nalit� da applicare, secondo le diverse ipotesi contemplate. Lo stesso principio sancito dall'art. 4 della Con venzione dell'Aja � stato riconfermato dal II oon gresso internazionale di diritto comparato che si � � tenuto ali'Aja dal 4 all'll agosto 1937. Si tratta, come si � visto, di una antica regola universalmente ammessa e pi� volte riconfermata. � Au total -ha osservato il Louis-Lucas (3) on peut dire que ni le Code Bustamante ni les Accords de La Haye, n'ont imagin� de solutions tr�s originales. Mais c'est peut-etre la leur vrai m�rite. Ils consacrent les id�es qui se sont progres sivement impos�es comme �tant les plus justes et les plus heureuses. Ils les acheminent prudem ment dans la voie de leur applications e:ffective par les Etats >>. Si deve esaminare ancora un'ultima osservazione americana (4), secondo cui questa regola sarebbe limitata al campo della protezione diplomatica e (1) Gli S.U.A., contrariamente a quanto affermato dal Memorandum (n. 22), parteciparono a tutti i lavori della Conferenza e non sottoscrissero la Convenzione per le ragioni indicate dal sig. Miller nella 6a Adunanza plenaria, ragioni che non attengono al principio in esame (Cfr. S.d.N., Actes de la Oonference pour la Oodification du droit international, vol. I, seances pleni�res, V, 14, Gen�ve, 1930, p. 39). (2) S.d.N., Rapporto au Conseil, etc. cit., p. 165. (3) Op. cit., p. 53. (4) Memorandum, p. 53. non sarebbe estensibile a quello delle giurisdizioni internazionali. Quest'affermazione si basa sulla considerazione che si tratti di una semplice prassi priva dell'opinio juris et necessitatis, e si � gi� visto come cotesta considerazione sia fallace. Ma si deve anche porre in rilievo come l'inizia-� tiva di uno Stato di adire i Tribunali internazionali a tutela degli interessi dei propri cittadini sia uno dei modi con cui normalmente si esercita la protezione diplomatica. Il Borchard (1) include l'arbitrato tra i metodi amichevoli con cui si esercita la protezione diplomatica, accanto all'azione della diplomazia, ai buoni uffici, all'intervento diplomatico e alla mediazione. Il Seferiades (2) dopo di avere ricordato la decision(} n. 2 della Corte Permanente di giustizia internazionale sul caso delle Concessioni Mavrommatis in Palestina, secondo la quale cc c'est un principe �lementaire de droit international que celui qui autorise l'Etat � prot�ger ses nationaux l�s�s par des actes contrai,res au droit international, commis par un autre Etat dont ils n'ont pu obtenir satisfaction par les voies ordinaires. En prenant fait et cause pour l'un des siens, en mettant en mouvement en sa faveur l'action diplomatique ou l'action judiciaire (corsivo aggiunto) l'Etat fait, � vrai dire, valoir son droit qu'il a de faire respecter en la personne de ses ressortissants le droit international �, cosi prosegue: cc le syst�me qui nous occupe porte le nom de protection diplomatique >>(corsivo aggiunto) 10. La dottrina ammette universalmente l'esistenza e la portata del principio che si � esposto. Il Borchard (3), che viene ricordato nel Memorandum (n. 22) come un autore che limiti la portata del principio ad una semplice pratica o prassi e che invece, a quella pagina 579 ivi ricordata ne parla come di una� general rule �,ne ricorda l'applicazione che esso ha avuto proprio nei giudizi internazionali: cc The frequent occurrence of cases of dual nationality, by which a claimant, owing to a conflict of laws, becomes a citizen of both the claimant and the defendant country according to the municipal law of each, has resulted in a general preference by international commissions in favor of the law of the defendant country, so as to preclude the possibility of a country being made a defendant to an international claim by a person who by its municipal laws is considered its own citizen >>. Sembra superflua la citazione degli altri autori che riconoscono ed ammettono pacificamente quel principio, e preferibile ricordare gli Autori che, pur riconoscendone l'esistenza, auspicano, de iure condendo, una modifica al sistema, in modo che gli eventuali conflitti di nazionalit� non abbiano pi� ad impedire la soluzione giurisdizionale delle questioni anche sul piano internaziouale. Si spera cosi (1) The diplomatic protection of citizens abroad, New York, 1915, p. 442 e seg. � (2) Le probl�me de l'acc�s des particuliers � des jurisdictions internationales, in cc Recueil des Cours de l'Acad�mie de Droit international �, 1935, p. 23. (3) Op. cit., p. 487. &ii=hffil !fBffilffilliWG??ZF??C?TiElfil WikiJJimi]; m� -133 I di evitare una possibile confusione tra le proposte di soluzione che essi fanno e un diritto positivo che non � ancora nel campo internazionale (cfr. il Memorandum n. 27). Il Louis-Lucas (1), il quale alla pagina 53 del suo lavoro dichiara giuste e felici le soluzioni con cordate all' Aja, prospetta la soluzione ideale del problema nell'internazionalizzazione delle norme e della giurisdizione. Il De Lapradelle (2), dopo di avere ricordato lo stato attuale del diritto conforme alla Convenzione dell'Aja, auspica una soluzione diversa del problema con l'applicazione della regola della cittadinanza effettiva anche nel caso in cui sia in questione la cittadinanza dello Stato convenuto. Il Seferiades, infine, ammette anche esso la vali dit� Q.el principio di cui si discute (3): cc Et tout d'abord, meme de nos jours, � propos de la solu tions des conflits positifs de nationalit�, si l'on consid�re comme �tabli, par la jurisprudence des Tribunaux des pays non directement int�ress�s le criterium selon lequel "la nationalit� qui doit prevaloir. .. c' est la nationalit� effective ", celle-ci �tant d�gag�e des circostances de fait, "dont la plus importante est le domicile", il n'en est pas moins certain que les pays directement � interess�s continueront a appr�cier chaque cas sur la base de leur propre l�gislation � (corsivi aggiunti). Ne fa poi una vivace critica, osservando che cc ainsi les conflits de cette esp�ce peuvent continuer � subsister dans grand nombre d'hypoth�ses, leurs cons�quences pr�judiciables atteignant avant tout les particuliers, sans aucune faute de leur part et sans qu'ils puissent y rem�dier �. Ma, allo stato .attuale egli non vede rimedio a questa situazione, ed osserva (4): cc n'importe quel juge international qui aurait � se prononcer en pareil cas ne pourra que renvoyer dos � dos les Etats.plaideurs. cc Nous ne somme pas seules de cet a.vis. M. Kostes nous dit en effet: cc La jurisdition internationale doit ... raisonner comme il suit: La convention n'ac corde pas, le cas �ch�ant, de pr�s�ances � une natio nalit� quelconque. Les Etats en question ont des droits parfaitement �gaux. Faute de r�gle ,de nature � justifier la demande, il convien de la d�clarer non recevable, de telle sorte que la situation de fait existant � l'heure actuelle sera maintenue. Ce serait exact, mais bien peu satisfaisant )), E conclude: cc Le syst�me pr�conis� a La Haye en 1930 en refusant � l'individu le droit d'agir directment devant un pr�toire international, ne serait ce que pour savoir de quel Etat il est national, immole les droits de l'homme � une conception � fausse, celle de la souverainet�, dont on a h�sit� encore une fois � restreindre les privil�ges >l. III 11. L'indagine che si � svolta nel precedente capitolo esclqde che le disposizioni dell'art. 78 del Trattato di Pace possano essere applicate in favore (1) Op. cit. (2) Op. cit. (:l) Op. cit., p. 62. (4) Op. cit., p. 65. di cittadini italiani che abbiano anche lo status di cittadini di una delle Nazioni Unite perch� questa applicazione sarebbe in contrasto con i principi generali che regolano la materia nel diritto intern�zionale. A meno che non esistano nello stesso Trattato norme particolari che vincolino le parti in deroga alla disciplina che la materia riceve nel diritto internazionale, come ha riconosciuto, in linea generale, la Corte dell' Aja nel ricordato parere sui decreti relativi alla cittadinanza in Marocco e Tunisia. Secondo il Governo statunitense (1) la deroga potrebbe anche derivare dalla natura del Trattato, applicandosi la regola generale nelle condizioni normali ed escludendosene l'applicazione nei Trattati di Pace. Ma questo pensiero cosi originale � solo affermato in quel brief, dove poi, anche per i Trattati di Pace, si fa derivare l'eventuale deroga solo dalle particolari condiziOni che vi siano contenute. cc It is understandable -vi � scritto -that the right to diploma.tic prote�tion may not, in norma. I circumstances, be invoked by an individuai possessing the nationality of the State from whose acts protection is desired. To adopt another rule m.ight create confusion and uncertainty and open the door to needless recriminations. An entirely different set of circumstances prevails however, in the case of the Treaty of Peace, where the Allied and Associated Powers may, if they so choose (corsivo aggiunto), ca.Il on the Italian Republic to recognize rights extended not only to United Nations Natiouals, but to Italian nationals as, for example, those established by article 76 )), In sostanza il Governo statunitense afferma un principio di� forza, per il quale il vincitore, quando detta la pace, pu� imporre al vinto anche obblighi che contrastino con i principi generali del diritto internazionale. In questa affermazione non vi � per� la prova che nel caso particolare le Nazioni Unite abbiano voluto derogare alla regola generale ed estendere le disposizioni dell'art. 78 anche in favore di cittadini italiani. Prescindendo quindi da essa � necessario esaminare la disposizione particolare ed accertarne il contenuto ed i limiti di applicazione attraverso le normali regole di interpretazione. 12. La disposizione dell'art. 78 del Trattato di Pace, che precisa l'estensione soggettiva degli oneri che oggettivamente i precedenti paragrafi hanno posto a carico del Governo italiano, � il � 9-a. Nei precedenti paragrafi si fa solo un generico riferimento ai "cittadini delle Nazioni Unite", mentre nel � 9-a si spiega che: cc L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" si applica alle persone fisiche che siano cittadini di una qualsiasi delle Nazioni Unite, e alle societ� o associazioni costituite secondo le leggi di una delle Nazioni Unite, alla data di entrata in vigore del presente Trattato, a condizione che le dette persone fisiche, societ� o associazioni gi� possedessero questo status il 3 settembre 1943, data dell'armistizio con l'Italia. (1) Brief nella controversia Merg�, p. 28. -134 � L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" 13. Si deve allora proseguire nell'esame di quel comprende egualmente tutte le persone fisiche e le paragrafo ricorrendo ad altri metodi di interpretasociet� o associazioni che, ai sensi della legisla-zione, per accertare se il primo comma di �sso imzione in vigore in Italia durante la guerra siano porti deroga al principio generale che si � enunciato state trattate come nemiche )). e per chiarirne il significato del secondo. La lettura di questa disposizione dimostra Il Governo statunitense (1) sostiene, invocando chiaramente che la questione della doppia cittadi-l'autorit� di due cultori della materia, che il metodo nanza, e in particolare delle persone munite della da seguire in questo caso sia quello storico, per risacittadinanza italiana e di quella di una delle Nazioni lire alla reale volont� delle parti contraenti attraUnite, non vi � stata espressamente considerata, verso i lavori preparatori. almeno sotto un profilo strettamente letterale. Ma questa possibilit� non � da tutti ammessa Di questa opinione non sono i Governi britan-nel campo internazionale e vi sono in proposito nico e statunitense, secondo i quali il primo comma sensibili contrasti nella dottrina. � interessante del � 9-a dell'art. 78 conterrebbe una �definizione� conoscere quanto scrive ilQuadri (2) sull'argomento: dell'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" �Mentre negli ordinamenti giuridici interni vi � che sarebbe comprensiva di tutti i cittadini di una al riguardo (sui metodi di intepretazione) un notequalsiasi di quelle Nazioni, e quindi pure di quelli vole contrasto di soluzioni, ispirandosi taluni al che siano eventualmente in possesso anche della criterio subbiettivistico (ricerca della volont� in cittadinanza italiana (1). senso psicologico), altri al criterio obbiettivistico Si deve per� osservare, sotto il profilo letterale (ricerca della c. d. volont� della dichiarazione); del quale ora esclusivamente ci si occupa, che la nel diritto ~ternazionale riteniamo abbia prevalso parola tutti, sulla quaie quella interpretazione il punto di vista obbiettivistico. si fonda�, non figura affatto nel primo comma del �Vari fattori cospirano a rendere impraticabile � 9-a, il quale dice �l'espressione ... si applica alle l'opposta sol..zione . .Anzitutto la complessit� del persone fisiche )) e non <e a tutte le persone fisiche �. procedimento di formazione degli accordi internaSotto questo aspetto non si pu� quindi dire che in zionali renderebbe quanto mai ilifficile la ricostruquella norma vi sia una espressa disposizione che zione di ci� che ciascuna delle Parti ha e:ffettivaporti deroga ai principi generali, senza la quale i mente voluto, specie. dove si consideri che l'atto principi stessi devono disciplinarne l'applicazione. mediante il quale si manifesta la volont� �_la rati- Da un punto di vista letterale la portata di quel fica e che la volont� espressa dalla ratifica non pu� primo comma � invece un'altra: in primo luogo essere identificata, n� spiegata con eventuali dichiachiarificatrice, perch� spiega che l'espressione "dt-razioni anteriori di Plenipotenziari. In secondo tadini delle Nazioni Unite", che in s� e per s� non luogo nei Trattati collettivi aperti all'adesione di significa niente, � espressione ellittica e sta per: terzi Stati, l'adesione non pu� indirizzarsi che al �cittadini di una delle Nazioni Unite�. testo; non certo ad elementi estrinseci al testo stesso. Inoltre, e qui � la vis normativa della disposizione, In terzo luogo il bisogno della certezza che spinge le essa fissa i limiti temporali cui la sussistenza di Parti contraenti a fissare in forma scritta il regolauna di quelle cittadinanze � condizionata per la mento dei loro rapporti, non verrebbe soddisfatto, sua efficacia, escludendo dai benefici dell'art. 78 qualora le parti stesse potessero riaprire la discus~ le persone che, pur essendo cittadini delle Nazioni sione mediante la presentazione di elementi estraUnite alla data di entrata in vigore del Trattato di nei al testo. La funzione della norma scritta � apPace, non abbiano avuto questo status al 3 settem-punto in Qi�: che le Parti adottandola, affidano ad bre 1943, o che, cittadini a questa data, ne abbiano essa il regolamento dei propri rapporti, escludendo perso lo status prima dell'entrata in vigore del pertanto ogni obbligo o diritto che non risulti dal Trattato di Pace. La ratio della norma � evidente: testo. tale precisazione di� limiti temporali, data l'ampiez-�� stato osservato in contrario (ad es.: Ballaza � del tempo decorso tra il settembre 1943 e il dore Pallieri) che in numerosi casi, nella pratica settembre 1947, tende a prevenire i molti casi dubbi internazionale, si � ricorso ai lavori preparatori e che altrimenti si sarebbero posti per perdite od ad altri elementi, come lo spirito della Convenzione, acquisti di dette cittadinanze, medio tempore inter-i quali implicherebbero accettazione della dottrina venuti. subbiettivistica della volont� in senso psicologico. Ma, oltre questo, non vi � altro nella lettera del Si pu� rispondere che altra cosa � la ricerca della primo comma del � 9-a e manca, soprattutto, una volont� in senso psicologico, altra cosa � la ricerca espressa deroga al principio generale, che consenta dello spirito della Convenzione. Senza dubbio una ai cittadini italiani di vantare pretese internazio-Convenzione non pu� essere interpretata ove la nali nei confronti del proprio Stato, sotto la prote-si concepisca come una serie di proposizioni sepazione di altro Stato di cui essi abbiano contempora-rate e sconnesse, isolate le une dalle altre. Ogni neamente la cittadinanza. ' convenzione va riguardata come un sistema logico. N� una disposizione di deroga in tal senso si Lo spirito della Convenzione non � altra cosa che riscontra nel secondo comma di quel paragrafo, i la funzione sociale della Convenzione stessa ricacui elementi letterali, peraltro, non sono di per s� vabile dalle disposizioni nella loro logica-coordinaidonei a renderne chiaro il significato. zione. Ci� spiega la possibilit� di una interpreta (1) Cfr. ~l brief nella controversia Merg� a p. 9, il Memo( 1) Brief nella _controversia Merg�, parte IV. randum al n. 30 e la submission inglese nella controversia (2) Di'ritto internazionale pubblico, Palermo, 1949, sui cc casi di doppia cittadinanza �, nn. 6 e 7. p. 120 e seg. -135 zione estensiva o restrittiva di questa o quella disposizione, la possibilit� della correzione di errori . materiali di espressione e cos� via. Tutto ci� avviene sulla base del sistema logico di cui si � detto e non costituisce eccezione al principio che l'interpretazione va condotta con criterio obbiettivistico e dichiarazionistico. Pertanto non pu� ritenersi esistente un diritto o un �dovere che non sia ricavabile dal testo dell' atto, anche se i lavori preparatori. possano condurre ad un diverso risultato (ci� che, del resto, non � frequente che avvenga, poich� i lavori preparatori sono quasi sempre ambigui). cc Fino a quando il testo � chiaro non solo in senso letterale, ma altres� in senso logico, in quanto pu� attribuirsi ad esso una sensata funzione, non vi � dubbio che all'interprete sia preclusa ogni altra indagine o deduzione. Questo punto era gi� stato affermato incisivamente dal Vattel cc c'est un abus ... que d'aller chercher sans n�cessit� des raisons, des vues incertaines, pour d�tourner, resserrer ou �tendre le sens d'un acte assez clair en lui-m�me, et qui ne pr�sente rien d'absurde �. Da altri poi � , stato osservato (Fachiri) che la ratifica di un Trattato non pu� riferirsi che al testo, per cui sarebbe arbitrario ric�rcare altrove una volont� normativa. La Corte Permanente di Giustizia internazionale ha sostanzialmente adottato questo punto di vista che . appare chiarissimo nel parere n. 144 dell'8 dicembre 1927 relativo all'art. 6 della Convenzione sullo Statuto del Danubio u afin d'interpr�ter un texte suffisament clair en lui-m�me, il n'y pas lieu de tenir compte des protocoles d'une conf�rence qui a elabor� une convention �; principio nettamente riconfermato a proposito della Convenzione di Washington sul lavoro notturno delle donne (Publications .A.-B, n. 50, p. 278 e seg.). cc Si veda anche la sentenza del Tribunale .Arbitrale turco-greco del 9 febbraio 1928 nell'affare n. 182 fra la Banca d'Oriente e il Governo Turco nella quale il Tribunale rifiut� di utilizzare gli atti preparatori per interpretare l'art. 65 del Trattato di Losanna poich� il senso del testo era sufficientemente chiaro e ragionevole. Egualmente la sentenza del T . .A..M. turco-rumeno del 26 aprile 1928 nell'affare n. 21: Ministero della Guerra di Romania c. Governo Turco (Ree. des. d�c. I, 993ss.). Si vedano: LAUTERPACHT, in RC, 1934 (II); SPENCER: L'interpretation des trait�s par les travaux pr�para toires, Paris, 1935). << Quanto precede non significa esclusione della possibilit� di utilizzare i lavori preparatori, in particolare i processi verbali di Conferenze e Congressi internazionali. Ci� potr�� e dovr� avvenire in caso di ambiguit� del testo, quando questo cio� non consenta da solo una sicura conclusione. � da notare peraltro che questo ricorso deve avvenire sempre in funzione del testo, come mezzo di conoscenza di questo; non quindi per scoprire una volont� diversa e superiore rispetto a quella della dichiarazione�. Non solo la prevalente dottrina, ma anche molte Nazioni e soprattutto quelle di diritto anglosassone, respingono, in via di principio, il ricorso ai lavori preparatori per l'interpretazione d�i Trattati. Nella controversia sull'affare di Mossul dinanzi alla Corte dell'.A.ja il rappresentante del Governo inglese, sig. Hogg, ha fatto la seguente dichiara zione (1): cc In our submission the text of the treaty of Lausanne is clear and free from ambiguity, so that the ruling which His Majesty's governement asks the court to give in the present case is that where the meaning of a treaty provision and the intention of the parties appears from the final text to which they have affixed their signature, no recourse can be had to preliminary discussion for the purpose of contradicting or adding (corsivo aggiunto.) to that text. .A.s shown above, the principle � is recognized not only by the .A.nglo-Saxon Law, but also, to this extent at leass, by the Latin system of L::i.w. I submit that it can be properly regarded as one of those generai principles of Law recognized by civilised Nations, which are referred to in article 38 of the Statute of the Court >>. Pi� recisa ancora � quest'altra dichiarazione, del Pollock (2): cc To those who are accustomed to what I may cali the .Anglo Saxon procedure, a reference to the history or debates concerning the origin of a clause is inadmissible �. Lo stesso concetto si legge anche nella memoria inglese nell'affare della competenza della Commissione Europea del Danubio (3): cc His Britannic Majesty's Governement submit as a matter of principle that evidence which is contained in the text of the treaties is the only evidence of the intention of the Parties, which should be regarded for the purposes of their interpretation �. Del resto in questo caso particolare la questione sembra quasi astratta, perch� l'unico richiamo ai lavori preparatori del Trattato di Pace fatto dal Governo' statunitense (4) non si riferisce specificatamente alla questione della doppia cittadinanza, come � ammesso nello stesso brief: cc The abovementioned statement while it does not refer specifically to the question of double nationality... �. Ed allora il Governo statunitense ricorre a quella che avrebbe dovuto essere la presumibile intenzione delle Nazioni Unite. Ma cos� si esce fuori dal campo dei metodi scientifici di interpretazione per ricorrere a metodi arbitrari. � inammissibile che si interpreti un Trattato, aggiungendovi ci� che non risulta dalla lettera di esso e neanche dai lavori preparatori, ma che una delle due parti avrebbe fatto bene ad includervi i. relazione al proprio interesse. Sarebbe inconcepibile (inconceivable) -scrive il Governo statunitense -che i compilatori del Trattato di Pace abbiano inteso escludere i citta dini delle Nazioni Unite dai benefici dell'art. 78 per il motivo che essi abbiano potuto avere nello stesso tempo anche la cittadinanza italiana; ancor pi� inconcepibile dato che un cultore del diritto, il Wormser aveva avvertito di non farlo, scrivendo nel 1944 che non si poteva immaginare che i vitto r10s1 Stati Uniti di .America avrebbero permesso alla Germania ed a qualsiasi altra delle scon fitte Potenze dell'Asse, dopo .la seconda guerra mondiale, una difesa basata sulla doppia ~~ttadi nanza. (1) Publications cit., serie C, n. 10, p. 22. (2) Publications cit., serie C. n. 2, p. 197. (3) Publications cit., serie C, n. 13, IV, p. 1738. (4) Brief nella controversia Merg�, p. 10. -136 Ma questo avrebbe costituito un motivo maggiore per le Nazioni Unite, se esse cos� avessero�voluto, per contemplare espressam�nte nel TrattatO di Pace la deroga al principio generale, che non si pu� presumere da esse ignorato; il silenzio che esse invece hanno serbato sulla questione deve essere interpretato come una volont� di conformarsi a quei principi anche nel caso particolare. .Altra circostanza da cui gli Stati Uniti presumono la volont� derogatrice dei compilatori del Trattato � la scrupolosa cura che essi a'7rebbero avuto, nei precedenti paragrafi dell'art. 78, a prevedere, in ogni possibile ipotesi, la tutela degli interessi dei loro sudditi (l}; ma anche questo � un argomento che si pu� ritorcere osservando che la cura che essi hanno avuto li avrebbe portati a stabilire espressamente quella deroga, come richiesto perch� essa abbia efficacia, se cos� avessero voluto. D'altro canto non � forse giusto ritenere che tutte le clausole del Trattato di Pace, se pure assai duro per l'Italia, siano state ispirate dall'etica di Brenno; non bisogna farsi guidare, nell'interpretazione di esso, da una specie di complesso della sconfitta e pensare che tutte le disposizioni che vi sono contenute derivino da una sorta di cieco feticismo delle Nazioni Unite per gli interessi propri e dei propri sudditi che si sarebbe attuato nel disconoscimento delle regole della convivenza dei popoli civili, nel disprezzo di qualsiasi interesse dell'Italia e della sua stessa essenza di Stato sovrano. Non si dimentichi che il preambolo del Trattato espressamente si richiama ai principi di giustizia ed al desiderio di stabilire la base di amichevoli relazioni tra le Potenze contraenti; n� si pu� pensare che queste siano soltanto dichiarazioni simoniache. Lo stesso art. 78, nel � 4-a e d, ha mostrato di avere riguardo non solo agli interessi dei cittadini delle Nazioni Unite, ma anche a quelli dell'Italia, �riducendo l'indennizzo alla misura dei due terzi del danno. Se quindi con queste disposizioni le Nazioni Unite hanno voluto considerare le esigenze finanziarie dello Stato italiano, non � poi cos� inconcepibile (inconceivable) che essi, nello stesso articolo, abbiano voluto anche tutelarne il prestigio di Stato sovrano, che sarebbe stato compromesso dalle pretese dei suoi cittadini portate in sede internazionale sotto la protezione di un terzo Stato. Certo, se avessero voluto anche questo, le Nazioni Unite avrebbero potuto imporlo, ma avrebbero dovuto farlo espressamente, perch� ogni deroga ai principi generali del diritto, ogni imposizione di ingiustizia devono essere preventivamente volute e chiaramente espresse nel testo del Trattato. Il quale, dopo che � venuto ad esistenza giuridica, entra nell'orbita del diritto internazionale che, recependolo nel proprio ordinamento, legalizza le illegittimit� che aventualmente vi siano contenute, ma non consente che se ne aggiungano altre. Eventuali intenzioni che non siano state chiaramente manifestate non possono avere alcun rilievo giuridico; non esistono in senso giuridico. Soltanto la volont� manifestata nel testo del Trattato di Pace � opponibile al vinto. (1) Brief nella controversia Merg�, p. 12. 14. Del resto la disposizione in esame appartiene ad un trattato di pace, e l'interpretazione di questi testi deve essere fatta con criteri ancora pi� rigorosi e restrittivi, come ha riconosciuto, per questo stesso art. 78, la Commissione di Conciliazione italo-francese nella controversia� l?ertU:sola. Dopo di avere ricordato, in generale, la necessit� del procedimento interpretativo per applicare la norma giuridica astratta al caso concreto e la convenienza di ricercare la reale e comune intenzione delle parti senza fermarsi alle espressioni inesatte delle quali esse abbiano potuto . servirsi, quella decisione aggiunge che �certo una eccezione alla regola � giustificata quando si tratta di un Trattato di pace che non � stato negoziato, ma che lo Stato vinto ha dovuto accettare cosi come gli veniva presentato dallo Stato vincitore. Tuttavia, anche nella predetta ipotesi, non � anzitutto senza interesse la ricerca della volont� effettiva dello Stato vincitore, bench�, naturalmente soltanto la volont� manifestata dal medesimo nel testo del Trattato sia opponibile allo Stato vinto� (corsivo aggiunto). E questo un preciso divieto che, in questa specie di Trattati, si pone a qualsiasi tentativo di interpretazione estensiva. Ma vi � di pi�. Si legge ancora in quella decisione che � in queste condizioni, non � necessario invocare il principio del favor debitoris (benignus est interpretandum, in obscuris quod minimum est, sequimur) che vale, nel dubbio, sia in materia di trattati sia di contratti, soprattutto quando � questione di un trattato non negoziato, redatto dal creditore� (corsivo (aggiunto). .Al divieto dell'interpretazione estensiva si aggiunge allora il dovere specifico dell'interpretazione restrittiva. Se dubbio vi fosse, esso dovrebbe essere risolto in base a queste regole di ermeneutica: ogni qualvolta non risultasse chiaramente che si sia voluto imporre un obbligo, questo dovrebbe essere escluso. � del resto norma generale del diritto internazionale il divieto di interpretazione estensiva delle disposizioni eccezionali, come � stato ritenuto ad es., per la norma del � 8 dell'art. 15 del Patto della Societ� delle Nazioni in rapporto con le norme degli altri paragrafi: � Cette disposition du � 8 ... appor.te une e~eption aux principes consacr�s par le paragraphes pr�c�dents et... d�s lors elle ne se pr�te � aucune interpr�tation extensive >>. Sono questi ormai principi comuni, come ha posto in rilievo il Rousseau (1): �la jurisprudence internationale interpr�te habituellement d'une mani�re restrictive la disposition des trait�s internationaux qu'on consid�re comme des limitations � la souverain�t� �tatique, par l'application du principe qui soumet � interpr�tation restrictive les clauses d�rogatoires au droit commun �. Del resto per il 10 comma dell'art. 78 non � questione n� di estenderne n� di restringerne l'interpretazione perch�, come si � visto, la questione della doppia cittadinanza non vi � 11ffatto considerata. Si tratterebbe, se mai, di aggiungervi l� refa:� (1) L'indip�ndance de l'Etat danB l'ordre international, in cc Recueil des cours de l'Academie de droit international �, 1948, II, p. 211. ~ 137 tiva disposizione, ma questo per via di interpretazione non si pu� fare. Ma se anche si volesse pensare che quel primo comma potrebbe interpretarsi nel senso indicato dal Governo statunitense, questa non sarebbe che una possibile interpretazione di esso, non l'unica che se ne possa logicamente trarre. Sarebbe quindi possibile anche l'altra interpretazione, che esso abbia avuto solo una finalit� chiarificativa della espressione ellittica" cittadini delle Nazioni Unite" ed una finalit� normativa limitatamente ai termini di tempo fissati per il possesso dello status di cittadinanza. Ci si troverebbe in questa non concessa ipotesi, di fronte a due possibili interpretazioni dello stesso testo internazionale e sorgerebbe allora un problema di scelta, per il quale non sono ammesse perplessit�: soccorrerebbe, e sarebbe indeclinabile, la applicazione del principio del f avor debitoris, che impone, in caso di dubbio, l'interpretazione �in favorem libertatis �. Nella sentenza relativa ai prestiti brasiliani in oro (1) la Corte dell'.Aja ha affermato che � c'est une r�gle bien 'connue de l'interpr�tation des acte, que, la o� l'on constate une ambiguit�, il faute les prendre contra prof erentem ll. Questo principio era gi� stato accolto dalla Corte nel parere n. 12 (2): �si le texte d'une disposition conventionnelle n'est pas clair il y a lieu, en choisissant entre plusieurs interpr�tations possible de retenir celle qui cornporte le minimum d'obligations pour les Parties. Oette id�e peut 13tre admise comme juste ll. Questa regola, che costituisce uno dei principi fondamentali di diritto interno, � quindi applicabile anche ai rapporti internazionali come � stato posto in rilievo in un discorso del sig. De Lapradelle (3): �Un des. grands principes du droit civil est que dans le doute la libert� ne doit pas 13tre suppos�e reduite; � plus forte raison, lorqu'il s'agit de ces personnes �minentes que sont les Etats est ce un principe que, dans le doute, leur pouvoir propre, qui n'est plus seulement la libert� mais qui est la souverainet�, ne peut en aucune mani�re 13tre consid�r� comme restreint n. Si pu� quindi concludere che, ai sensi del primo comma del � 9-a dell'art. 78, le obbligazioni stabilite a carico dell'Italia nell'interesse dei cittadini di una delle Nazioni Unite presuppongono in questi ultimi l'assenza della cittadinanza italiana; cosi come si deve ritenere che le disposizioni del Trattato di Pace che prevedono obbligazioni di alcune delle Nazioni Unite nell'interesse di cittadini italiani (come, ad es., quella del � 2 dell'art. 19), non contenendo espresse pattuizioni contrarie, pre� suppongano in quei cittadini l'assenza della citta dinanza dello Stato obbligato. Il primo comma del � 9-a deve quindi essere interpretato nel senso che siano necessari due requisiti per l'applicazione delle disposizioni di favore dell'art. 78: a) la sussistenza nel soggetto, per tutto il periodo di tempo ivi considerato, della cittadi (1) Publications cit., serie A, n. 21, p. 114. (2) Publications cit., serie B, n. 12, p. 25. (3)� Publications cit., serie C, n. 1, p. 175. nanza di una delle Nazioni Unite; b) l'assenza, nel medesimo soggetto e per il medesimo periodo, della cittadinanza italiana. 15. Una conferma di tale interpretazione del primo comma del � 9-a come urli.ca possiliil� interpretazione di esso, � data dal secondo comma di � quella rusposizione che, con espressa deroga al principio generale che si � precedentemente esaminato estende ad alcune categorie di cittadini italiani, che abbiano anche la cittadinanza di una delle Nazioni Unite, le disposizioni di favore dei precedenti paragrafi, dando cos� la sicura prova che non tutti i cittadini delle Nazioni Unite siano stati contemplati in quel primo comma. Il 2� comma � del seguente tenore: �l'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" comprende egualmente tutte-le persone fisiche... che, ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra, siano state trattate come nemiche n. L'interpretazione di questa disposizione, l'accertamento cio� dell'estensione soggettiva che essa abbia, non � possibile in base ad un criterio esclusivamente letterale, perch� la norma � incompleta e, sotto un certo profilo, in bianco. In bianco, perch� non � possibile determinare in maniera astratta le persone da essa considerate, dato che queste persone devono essere individuate caso per caso attraverso l'accertamento di un fatto contingente: l'effettivo trattamento come nemici. Questo fatto, una volta che sia stato accertato, deve poi essere posto in relazione alla legislazione di guerra italiana vigente al momento in cui esso sia avvenuto, dato che, solo se sia stato conforme (aux termes de la l�gislasion en vigueur en Italie pendant la guerre; under the laws in force in Italy during the war) a quella legislazione esso ha efficacia di fare assumere alla persona che ne sia stata l'oggetto la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite"� Prescindendo quindi da questa indagine di fatto, che non pu� che essere effettuata caso per caso, si deve completare la norma con le disposizioni di legge che in concreto abbiano legittimato in Italia durante la guerra il trattamento come nemico delle persone fisiche. I Governi statunitense e britannico (1) escludono invece che si possa fare alcun riferimento alla legislazione italiana, per il fatto che manca la prova che i compilatori del Trattato di Pace ne abbiano avuto la conoscenza dettagliata che avrebbero dovuto avere se avessero voluto considerarla. Ma l'argomento � privo di fondamento di fronte all'evidenza del fatto che quella legislazione � richiamata dal Trattato, � recepita nel suo testo, ne forma parte integrante al punto che non si pu� comprendere il significato di quella norma del Trattato di Pace se non la si integra con la legislazione italiana da essa richiamata. Ohe i compilatori del Trattato ne abbiano avuta o meno dettagliata conoscenza � circostatlz� del tutto irrilevante. � da presumere di s� perch� altri-menti, riferendosi ad una legislazione di cui ignora( 1) Brief nella controversia Merg�, p. 22 e replica nella controversia Bui casi di doppia cittadinanza, n. 6. -138 vano il contenuto, essi avrebbero dato prova o di una grande fiducia verso il diritto positivo italiano -cosa che, del resto, non dovrebbe meravigliare o di una maggiore ingenuit�.. 16. L'art. 3 della legge di guerra italiana, approvata con regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, disponeva che agli effetti di quella legge fossero considerati sudditi nemici coloro che possedessero la nazionalit�. di uno Stato nemico, ancorch� possedessero in pari tempo la nazionalit� italiana o quella di un altro Stato. Il cittadino di uno Stato nemico era quindi considerato da quella legge come suddito nemico anche se fosse stato contemporaneamente cittadino italiano; a una persona che avesse avuto quel doppio status si sarebbe quindi potuta applicare la legge di guerra; quella persona avrebbe potuto essere� trattata come nemica ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra. Non � per� sufficiente questa situazione giuridica per attribu�re a quella persona la qualifica di "cittadino delle Nazioni Unite"; a tal fine, oltre a quel requisito di diritto, il 20 comma del � 9-a richiede anche il ricorrere una circostanza di fatto: l'effettivo trattamento come nemico. Quindi un cittadino italiano che, nel periodo di applicazione di quella disposizione, sia stato anche cittadino di una delle Nazioni Unite e sia stato effettivamente trattato come nemico, pu� essere qualificato come "cittadino delle Nazioni Unite" agli effetti dell'art. 78 del Trattato di Pace. Si � detto cc nel periodo di applicazione di quella disposizione >> perch� dopo poco tempo ch� era incominciata la guerra quella disposizione � stata modificata dall'art. 2 della legge 16 dicembre 1940, n. 1902, entrata in vigore il 31 gennaio 1941, che ha stabilito che fossero considerati sudditi nemici i cittadini di Stato nemico cc che possedessero in pari tempo la nazionalit� di altro Stato estero>>. La modifica � quindi consistita nel non considerare pi� come nemici i cittadini italiani che avessero avuto contemporaneamente anche la cittadinanza di uno Stato nemico; quindi Ile, per assurda ipotesi, si fosse verificato il trattamento da nemico di una persona in siffatte condizioni dopo il 31 gennaio 1941, questo fatto non sarebbe idoneo ad attribuire a quella persona la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite" perch� il 20 comma del � 9-a richiede, a questi effetti, che il trattamento da nemico sia stato attuato conformemente alla legislazione italiana e in quel caso, in.vece, esso sarebbe stato illegittimamente praticato. Le disposizioni su riportate sono integrative del 20 comma del � 9-a il quale con l'inserzione di esse acquista il seguente significato: L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" comprende egualmente tutte le persone fisiche che, avendo ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi delle Nazioni Unite e quella italiana o di un altro Stato, siano state trattate come nemiche nel periodo 10 giugno 1940-31gennaio1941; o che, avendo ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi delle Nazioni Unite e quella di un altro Stato, ad eccezione dello Stato italiano, siano state trattate come nemiche dopo il 31 gennaio 1941. Questa � la portata della disposizione cos� come essa risulta dal suo testo; il fatto che essa appaia pi� o meno limitata o che possa essere applicata, in astratto, solo ai cittadini di alcune delle Nazioni Unite, di quelle cio� che siano entrate in guerra anteriormente al 31 gennaio 1941, non pu� avere influenza nel processo di interpretazione che, come si � visto, deve tendere a chiarire il significato della norma, non ad estenderne la portata. Oi� invece che ha importanza ai fini dell'interpretazione dell'intero paragrafo � la circostanza che nel 2� comma di esso sono considerate le persone fisiche che abbiano avuto con altre, anche la cittadinanza di una delle Nazioni Unite. Da questa considerazione si possono trarre le seguenti conclusioni: che, ai fini dell'attribuzione della qualifica di "cittadini d�lle Nazioni Unite" i cittadini delle singole Nazioni Unite non sono considerati tutti e indiscriminatamente nel J0 comma, ma sono ripartiti, secondo le V?>rie ipotesi, tra i due commi del � 9-a; che il 1� comma considera le persone munite di una sola cittadinanza; che nel 2� comma sono considerate le persone munite di doppia cittadinanza, per alcune delle quali � stata fatta espressa deroga al principio generale che non ammette obbligazioni a carico dello Stato di cui esse abbiano la nazionalit�, mentre per le altre si � implicitamente confermata l'applicazione di questo principio. L'opinione contraria, che il solo fatto di essere cittadino di una delle Nazioni Unite attribuisca la qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite", ai sensi del solo 1� comma del � 9-a e che il possesso concorrente della cittadinanza italiana sia irrilevante, oltre che contrastare con la lettera di quella disposizione, � in contraddizione logica con il 2� comma di quel paragrafo che considera esplicitamente la stessa ipotesi che quell'opinione ritiene implicitamente considerata ed esclusa dal 1� comma. Quell'interpretazione del 1� comma, che verrebbe� quindi a svuotare di contenuto, almeno per qu.anto riguarda le persone fisiche, il 2� comma del para grafo in esame, contrasta anche con il principio per cui tra due interpretazioni egualmente possibili dal punto di vista logico (e quella statunitense, come si � visto, non lo �), di cui l'una tolga ogni funzione alla norma e l'altra le conservi invece una fun zione debba prevalere il criterio della conser vazione. Principio che si trova ribadito dalla Oorte del l'Aja nel parere n. 7 (1): cc Une interpr�tation qui d�pouillerait le Trait� des minorit�s d'une grande part de sa valeur ne saurait etre admise )); e che I'Anzilotti ha espressamente richiamato nel suo parere dissidente nella questione riguardante l'An schluss austro-tedesco: cc La th�se austro-allemande aboutit pratiquement � priver de toute importance la seconde partie de l'art. 88; elle va ainsi � l'en contre de cette regie fondamentale de l'interpr�ta tion des textes juridiques, d'apr�s laquelle;�� entre deux interpr�tations, dont l'une attribue une signi (1) Publicatioris cit., serie B, n. 7, p. 17. -139 fications raisonnable � chaque partie du texte et l'autre ne remplit pas les m~mes conditions, c'est la premi�re qu'il y a lieu de pr�f�rer >>, 17. Il ragionamento che si � esposto porta ad una conclusione unica; ma, quand'anche si volesse porre un'alternativa, le due soluzioni del dilemma non sarebbero divergenti nel risultato. O l'ipotesi del concorso della cittadinanza italiana � stata prevista, ed allora per essa � stato dettato il 2� comma del � 9-a e perci� stesso l'ipotesi rimane esclusa dall'ambito del 1� "Comma: le disposizioni dell'art. 78 saranno applicabili ai cittadini di una delle Nazioni Unite, come tali, quando essi siano in possesso di quella sola cittadinanza (lo comma); negli altri casi, di doppia cittadinanza, sono richiesti altri due requisiti, uno di fatto, che essi siano stati trattati come nemici, e uno di diritto, che tale trattamento sia avvenuto a norma delle disposizioni in vigore in Italia durante la guerra, nel senso che si � precedentemente chiarito (2� comma). O quell'ipotesi non � stata prevista, e allora la questione va risolta, secondo i princip� generali, nel senso che non sussiste nei confronti di coloro che siano cittadini italiani l'obbligo dello Stato italiano di accordare i privilegi dell'art. 78. STEFANO VARVESI AVVOCATO DELLO STATO NOTE D I DOTTRINA ERNST BLUMENSTEIN: Sistema di diritto delle imposte. (Milano, 1954). La traduzione in italiano (curata da Francesco Forte per la Collana degli studi dell'Istituto di Finanza dell'Universit� di Pavia, diretta dal Griziotti) del Sistema di diritto delle imposte del grande giurista �elvetico Ernst Blumenstein rappresenta indubbiamente un alto merito scientifico e un prezioso contributo per la conoscenza della teoria generale del diritto tributario. � appena il caso di rilevare come, in quel particolare settore del diritto che riguarda la principale attivit� finanziaria dello Stato, la complessit�, e talora il vero e proprio disordine, delle fonti legislative, pongono continuamente sia lo studioso che il pratico di fronte alla necessit� di ricorrere a principi di portata generale, �molto frequentemente non scritti, o comunque ricavantisi per interpretazione da norme di carattere particolare. D'altra parte, le gravi, veramente imponenti difficolt� che allo scienziato si presentano nella elaborazione di una teoria generale di diritto tributario sono fatte palesi dalla nota scarsit�, nella nostra letteratura giuridica, di opere di tal contenuto e natura (alcune delle quali, invero, eccellenti), di fronte alla fioritura continua di lavori di teoria generale relativi ad altre materie (diritto civile, penale, amministrativo propriamente detto). Orbene, se si consideri quale enorme sfera di problemi e. d'interessi concreti sia toccata nel no stro Paese (come in tutti gli Stati moderni) dal complesso di attivit�, sia della pubblica ammini strazione che dei privati cittadini, riguardanti lo accertamento e la percezione delle numerose specie di imposte, tasse e contributi speciali, non pu� non salutarsi con il massimo piacere la divulga zione di un'opera, come quella recensita, tutta intesa, in un poderoso sforzo di sintesi, alla co struzione di un sistema nel quale trovano le loro esatta collocazione tutti i problemi nascenti dal realizzarsi, nel mondo del diritto, del rapporto giuridico tributario. Sarebbe di estremo interesse condurre, sulla base del testo del Blumenstein, una accurata in dagine per riconoscere in qual misura e in quali limiti le impostazioni concettuali dell'A., segl).ace del metodo classico germanico e profondo cultore del diritto romano e del diritto amministrativo, influiscano sulle formulazjoni teoriche del �Siste ma ))' e sulla espos~ione critica delle particolari questioni di dfritto tributario; e tanto pi� una siffatta indagine sarebbe utile, per constatare come l'A. pervenga spesso a risultati del tutto consoni con quelli ottenuti da altri giuristi i quali, nello studio del diritto tributario, partono da concezioni metodologiche, invero, diverse, attinte dalla scienza delle finanze e dall'economia politica. Ma un'indagine del genere eccederebbe le proporzioni di una segnalazione bibliografica. Di non minore interesse, tuttavia, si presenta un esame panoramico dell'opera, attraverso le sue ripartizioni: il sistema tributario ne risulta svolto dall'A. con assoluta compiutezza e con ampio respiro. Dopo un'introduzione, nella qualesono esposti i principali dati concettuali e tecnici della materia trattata, il Blumenstein passa a trattare, nella prima parte, del cc diritto tielle imposte materiale ))' esaminando con estrema precisione e acutezza i problemi relativi al potere di imposizione e alla soggezione a questo potere, alla delimitazione del potere di imposizione e della soggezione ad esso, all'oggetto dell'imposta. alle basi di valutazione dell'imposta, alla misura dell'imposta, al credito d'imposta, al diritto penale d'imposta. Nella seconda parte (il cc diritto delle imposte formale ii) si tratta dell'organizzazione amministrativa finanziaria, dell'accertamento delle imposte, dei procedimenti giurisdizionali tributari, dell'esecuzione dell'imposta. Come esattamente rileva il Forte, in un articolo nella cc Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze>> (1953, I, 224), riportato come introdu zione al volume, per il lettore italiano appaiono, inoltre, di interesse particolare alcuni passi del libro in cui l'.A. si occupa di questioni insistente mente agitate anche nelle discussioni tra i giuristi del nostro Paese, e comunque di istituti e conce zioni che possono essere tenuti presente per qual siasi futura e progressiva elaborazione del nostro diritto positivo e dell9, giurisprudenza. In una elen cazione sommaria, sar� sufficiente ricordare il pro blema della giustizia tributaria cc in senso giuridico >> (teoria delle garanzie giurisdizionali che assicurano al cittadino l'eguaglianza giuridica di fronte al potere di imposizione tributaria); le delicatissime (e da noi tanto tormentate, ad es.; in m~te1:fa di imposte di registro) questioni riguardanti i rapp�rti tra il diritto civile e il diritto tributario, e il signifi cato interpretativo delle nozioni del primo ai fini dell'applicazione del secondo; le pagine relative alla c.d. � elusione >> dell'imposta, fenomeno di cui non si -141 riscontra l'esatto corrispondente nel nostro ordinamento giuridico, e che, tuttavia, pu� essere utile ai fini di una corretta determinazione del trattamento fiscale di certi negozi legittimi ma posti in essere per conseguire precisi scopi di alleggerimento del carico tributario normalmente riservato al dato tipo di operazione economica; l'analisi relativa alla distinzione tra il potere d'imposizione, e la conseguente soggezione ad esso del cittadino, e il rapporto giuridico che sorge per effetto dell'esercizio di detto potere; il problem~ dell'efficacia costitutiva dell'accertamento; l'esame (particolarmente complesso in relazione all'ordinamento costituzionale e amministrativo svizzero) dei vari soggetti di diritto pubblico cui spetta il potere d'imposizione, e dei vari casi di concorso fra questi, e della relativa delimitazione materiale; lo studio dei rapporti, e delle reciproche incidenze, tra il diritto delle imposte, la scienza delle finanze, ecc. L'ampiezza e profondit�. degli argomenti trattati, come risulta dalle precedenti considerazioni, non solo rappresenta un apprezzabile arricchimento per tutti i cultori della materia, ma potr�. fornire lo spunto per ulteriori interessantissimi sviluppi in ordine alle importanti questioni che oggi si propongono gli studiosi .e i legislatori, nell'intento di fornire alla collettivit�. un ordinamento tributario informato alla pi� alta giustizia distributiva, e dotato degli strumenti funzionali pi� idonei alla .sua miglior attuazione. G. 7iOBOLI UBALDO PROSPERE'rTI: L'elettorato politico attivo. Giu:ffr�, 1954, p. 162. Dopo aver posto in rilievo l'importanza degli studi elettorali nello Stato democratico a suffragio universale ed avere accennato all'inversione dei rapporti fra diritto all'elettorato e censo, per cui nell'attuale forma democratica pu� ritenei'si che questo sia in funzione di quello e non viceversa nel senso, cio�, che fra i doveri pubblici � quello di porre tutti i cittadini in condizioni economiche tali da assicurare il libero esercizio del diritto all'elettorato, l'.A.. esamina la questione nei suoi molteplici aspetti, pervenendo a risultati, che a noi sembrano, almeno in gran parte, pienamente accettabili. .A proposito delle fonti, l'.A.. critica la distinzione corrente fra norme programmatiche e norme precettive, la cui utilit�. pratica �, per�, innegabile. Egli ritiene che anche le norme programmatiche siano norme giuridiche, delle quali � possibile fin d'ora una sia pur limitata applicazione, donde il criterio distintivo fra le due categorie di norme negli effetti prevalenti. .A questa tesi non si pu� che aderire, perch� indubbiamente anche le norme programmatiche formano sistema con le altre ed influiscono quindi sulla loro interpretazione. Tra le fonti l'.A.. pone anche l'art. 21 della di chiarazione universale dei diritti dell'uomo, ap provata dalla assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, che, ai sensi dell'arti colo 10 della Carta costituzionale, farebbe parte dell'ordinamento italiano. .A questa tesi non riteniamo di poter aderire perch� le norme internazionali poste dall'Assemblea delle Nazioni� Unite non pare che.. possano essere _considerate diritto internazionale generalmente riconosciuto. Ma la questione � soltanto formale, perch� la nostra Costituzione � ispirata a concetti analoghi, se non identici, a quelli enunciati nel menzionato art. 21. In linea di massima aderiamo al concetto del1' elettorato attivo come diritto soggettivo pubblico, avente ad oggetto la potest�. di determinare o concorrere a determinare l'indirizzo politico. Esatta ci sembra, altresi, la, configurazione del Corpo elettorale come organo dello Stato, cui � demandata fa funzione di definire l'interesse generale, e del voto come manifestazione di volont�. del collegio e, quindi, atto collegiale. Qualche dubbio, invece, lascia l'ulteriore sua definizione di atto complesso, perch� costituito da indicazioni politiche non riducibili ad un puntuale consenso su formula definitiva, come si verifica nel referendum . .A nostro avviso l'atto � semplice, non complesso, perch� le varie indicazioni politiche sono suscettibili di riduzione ad unit�. e l'interesse generale risulta dalla riunione o dalla combinazione delle opposte tendenze. Dalla definizione di atto collegiale, data alla manifestazione della volont�. del corpo elettorale, risulta, per�, a nostro avviso, la necessit�. di attenuare l'individuazione della potest�-oggetto del diritto di elettorato attivo. L'elettore ha diritto a partecipare al funzionamento dell'organo ed alla formazione della sua volont�., ma la potest�. ci sembra che sia esercitata dall'organo collegiale e non dal singolo, che, concorrendo all'esercizio della potest�. del collegio, esercita una funzione pubblica, se mai, ma non una pubblica potest�.. Questo aspetto della questione meriterebbe, a nostro avviso, un pi� approfondito esame. Un altro punto, che ci lascia perplessi, � quello relativo alla identificazione dei componenti del corpo elettorale . .A nostro avviso di esso fanno parte tutti i cittadini; a tutti i cittadini, cio�, spetta il diritto di elettorato attivo e solo l'esercizio di questo diritto � limitato, per effetto della sua natura personale, ai cittadini maggiori di et�. e capaci ed � escluso per gli indegni. La riprova di questo assunto � data dalla circostanza�, posta in luce dall'.A.., che tutti i cittadini sono legittimati a proporre ricorsi elettorali, ancorch� non abbiano la piena capacit�. elettorale. N� deve trascurarsi l'altra circostanza che il numero dei senatori � stabilito in relazione a quello degli abitanti (cittadini) e non degli elettori. � innegabile, d'altronde, che il corpo elettorale rappresenti ed impegnt..anche i cittadini minori ed incapaci. L'.A.. esamina, poi, la legittimit�. costituzionale di alcune norme, che pongono o eliminano limitazioni al diritto di voto. Notevoli dubbi, invero, sussistono sulla legittimit�.: della non limitazione relativamente agli inabilitati per motivi diversi -142 dalla infermit� fisica, contro il disposto dell'articolo 48 della Carta costituzionale; dell'incapacit� del fallito, che ormai non pu� pi� ritenersi indegno, ma eventualmente inetto, stabilita neppure in assoluta conformit� della �speciale incapacit� prevista dalle leggi civili; dei confinati e degli ammoniti, per i quali l'indegnit� � collegata ad una situazione determinata da un provvedimento amministrativo e non astrattamente prevista dalla legge. Da escludere decisamente, invece, � la censura di illegittimit� costituzionale relativamente all'indegnit� stabilita per i concessionari di case da gioco, essa� risolvendosi in una censura di merito al legislatore in materia ad esso riservata dalla Costituzione. N� sembra potersi riconoscere al Corpo elettorale il potere di autogovernarsi nel senso, cio�, ch'esso convalidi e verifichi i poteri dei suoi membri. L'ordinamento tende ad attribuire ai collegi e, soprattutto, a quelli elettivi questo potere, che, per�, nella specie non si riscontra. La cos� detta verifica dei poteri per i componenti del Corpo elettorale � devoluta all'autorit� giudiziaria, che vi proJ:lede su istanza di altri componenti o del P.M., mentre la preparazione delle liste, l'iscrizione nelle quali, che rappresenta un atto di accertamento costitutivo, � presupposto per l'esercizio del diritto di voto, � predisposta da organi dell'Amministrazione nell'esercizio di poteri propri. Due interessanti questioni sono, infine, trattate dall'A.: quella della uguaglianza del voto e l'altra della determinazione del quorum. A nostro avviso, per�, non � esatta l'affermazione che l'uguaglianza del voto incida sulla legittimit� costituzionale del �Sistema�. Voto uguale significa che ogni elettore debba concorrere in posizione di uguaglianza con gli altri alla formazione della volont� del Corpo elettorale, esclusi gli istituti del voto plurimo, multiplo o rafforzato, ma gli effetti della volont� collegiale manifestata sono indipendenti dai singoli voti, che non possono in:filuenzare il sistema elettorale. N� riteniamo di poter condividere l'avviso, secondo il quale le schede bianche e, in parte, le schede nulle rappresenterebbero voti inesistenti e non dovrebbero essere computate nel quorum. Oggetto del diritto-dovere di elettorato attivo � la partecipazione all'espletamento della funzione ed alla determinazione della volont� dell'organo collegiale. Esso materialmente si esercita con la consegna di una scheda, nella quale � manifestata la vol�nt� del singolo elettore, che pu� approvare l'indirizzo espresso da una lista o riprovare quelli espressi da tutte le liste, e, quindi, ;non aderire ad alcun indirizzo prospettato. Ma anche questa � manifestazione di volont� e rappresenta esercizio del diritto di elettorato. A nostro avviso, perci�, alla determinazione del quorum concorrono tutti gli elettori votanti, ancorch� il loro voto non sia per alcuna lista o sia nullo. G. GUGLIELMI '. IillifilWWWZ '. IillifilWWWZ RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE � Uso di pubblico generale in� teresse � Possibilit� virtuale � Alimentazione della popolazione � Uso di pesca � Uso di navigazione . Bacino di raccolta delle acque� Carattere demaniale. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 667/54-Pres.: Acampora; Est.: Di Pilato; P. M.: Pafundi -Ministero dei Lavori Pubblici contro Comune di Comacchio). La legge sulle acque pubbliche, parlando di attitudine dell'acqua ad usi di pubblico generale interesse, vuole riferirsi a virtuale possibilit� di utilizzazione delle acque, non ad effettiva destinazione delle stesse. In tema di acque pubbliche, la attitudine di una acqua ad uso .di pubblico generale interesse, che vale ad attribuirle la natura demaniale, pu� anche concretarsi in pratica, in usi particolari dei privati (nella specie, pesca), purch� da essi scaturisca una utilit� generale. Fra gli usi di pubblico generale interesse che la legge sulle acque prevede deve comprendersi anche la pesca quando nel concorso degli altri requisiti voluti dalla legge stessa assurga ad importanza per l'alimentazione della popolazione. Essa quindi pu� contribuire a qualificare le acque in cui sia possibile esercitarla, e tanto pi� nel caso che la pescosit� naturale possa essere sfruttata con particolari mezzi per la coltura di determinate categorie di pesci, si da conferire allo sfruttamento possibile una ancora pi� vasta importanza nel pubblico interesse. L'attitudine alla navigazione, anche se esercitabile solo per la pesca, rende pubblica l'acqua. Il bacino di raccolta delle acque dei canali di bonifica ha lo stesso carattere pubblico delle acque raccolte, delle quali costituisce parte integrante. Riportiamo anzitutto la motivazione di questa fondamentale sentenza, nella parte che si riferisce alle massime sopra trascritte. ... , perch� si possa riconoscere a determinate acque sorgenti, fiuviali e lacuali il carattere pubblico, occorre accertare la loro attitudine ad usi di pubblico generale interesse, considerate sia isolatamente per la loro portata e per l'ampiezza del bacino imbrif�ro, sia in relazione al sistema idrografico al quale appartengono (art. 1 del T. U.). Tali gli estremi richiesti dalla norma summenzionata, la quale, con la sua definizione, conclude tutta la evoluzione storico-giuridica in materia di acque pubbliche. � noto, infatti, che un lento ma costante indirizzo legislativo ha portato ad estendere la demanialit� ad un numero sempre crescente di acque minori, in vista, appunto, delle sempre crescenti possibilit� del loro sfruttamento per usi di pubblico, generale interesse, per cui molte acque che prima erano private sono divenute, ope legis, pubbliche senza diritto ad indennit�, tanto che si � giunti in dottrina anche a dubitare della esistenza stessa di acque private. E se per espressa disposizione degli articoli 909 e 921 del codice civile la esistenza di acque private non pu� essere disconosciuta, tuttavia � innegabile che esse non hanno e non possono avere che scarsa importanza per gli interessi pubblici generali, riducendosi a soddisfare soltanto interessi esclusivamente priva,ti; ad esempio, sorgenti, che si esauriscono nei fondi privati, laghi o stagni di piccole dimensioni non adatti ad usi di pubblico generale interesse e simili. Sotto il detto profilo acquistano particolare rilevanza la ampiezza del bacino imbrifero e la portata delle acque, anche se isolatamente considerate, o la vastit� del sistema idrografico nel quale sono incorporate. E nella specie, non � vano notare che la sola valle di Mezzano, ha l'ampiezza di ben 17.500 ettari, che rappresenta pi� della met� dell'intera estensione di tutte le valli di Comacchio, aventi la superficie complessiva di 33.000 ettari, e che il canale di Oaldirolo � lungo ben 2352 metri e largo 12 metri con prof ondit� variabile: l'una e l'altro interessanti una vasta zona, in cui si affacciano anche altri comuni oltre Comacchio. Il summenzionato movimento legislativo � documentato attraverso le leggi che si sono succedute, dalla legge sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, n. 2248 (titolo IV) alla legge 10 agosto 1884, n. 2644, al R. D. L. 20 novembre 1916, n. 1664, al D. L. 9 ottobre 1919, n. 2161, convertito in legge solamente il 18 dicembre 1927, n. 2595, a finire al T. U. approvato con R. D. 11�dicembre1933, n. 1775. E sulla base di tale legislazione il codice civile vigente, negli articoli 822 e seguenti, ha disciplinato la materia delle acque in relazione a tutti gli altri beni demaniali di pertinenza dello Stato e degli altri � enti pubblici. Oi� premesso, � da aggiungere che la attitudine summenzionata, e, corrispo_ndentemente, gli usi di pubblico generale interesse, .ai quali la attitudine medesima va rapportata, devon� valutarsi in fun ~w: ~w: -144 zione dei progressi tecnici, che consentono lo sfruttamento delle acque per finalit� di pubblici generali interessi. E poich� il progresso della tecnica � in continua evoluzione, ne segue che la attitudine oltre che attuale pu� essere anche acquistata in futuro, per effetto di nuovi ritrovati tecnici, con la cons.eguenza che la demanialit� delle acque si avr� dal momento in cui la attitudine sar� sfruttabile per usi di pubblico generale interesse. Quali siano gli usi di pubblico generale interesse non � possibile dire esattamente e sarebbe�vano darne una elencazione completa. Tanto meno l'interprete pu� limitarli, giacch� proprio allo scopo di comprendere nell'ambito di applicazione della legge tutti gli usi possibili, che SQddisfino pubblici generali interessi, l'art. 1 si � limitato a dare la definizione delle acque pubbliche, non senza porre in risalto che la attitudine pu� essere acquisita in futuro intendendo in tal modo riferirsi alle possibilit� future di sfruttamento delle acque in base ai nuovi progressi tecnici e scientifici (esempio tipico le acque sotterranee, pure regolate dagli articoli 92 e seguenti del T. U.). Esaminando alla luce di tali principii le argomen tazioni sopra riportate del Tribunale superiore, � agevole dimostrarne la fallacia. � esatto che la legge sulla pesca (T. U. 8 ottobre 1931, n. 1604) mira a tutelare il patrimonio ittico, a disciplinare l'esercizio della pesca e l'ampia serie delle attivit� che alla stessa sono connesse, senza interferire nei criteri adottati dalla legge sulle acque, ma � anche vero che tutta la disciplina in materia di pesca � pure volta a tutelare un particolare interesse pubblico: quello della pubblica alimentazione, come si evince da numerose disposizioni dello stesso T. U. �, inoltre, da notare che le due leggi non sono in contrasto ma sono logicamente e giuridicamente col legate fra loro da finalit� di pubblico, generale in teresse. Ond'� che l'una non esclude l'altra, o meglio, l'una integra l'altra sebbene in campi diversi. Del resto, anche la navigazione � sottoposta a di sciplina autonoma con certe limitazioni (vedi T. U. 11 luglio 1913, n. 959 e relativo regolamento 17 no vembre 1913, n. 1514), anche la fluitazione trova autonoma tutela nel menzionato T. U. del 1913 e non si � mai dubitato che ambedue questi usi (dei quali la legge sulle acque pubbliche contiene un fu gace accenno nell'art. 51), contribuiscono indubbia mente a qualificare le acque, in cui possono essere esercitate. � pure esatto che la pesca pu� essere esercitata sulle acque pubbliche e private, ma � facile contrap porre che anche le acque private possono essere sfrut tate per l'abbeveramento degli animali, per l'alimen tazione umana, per la irrigazio_ne e per generare forza motrice proprio come le acque pubbliche. Gli � che talune caratteristiche e taluni usi pos sono essere comuni alle acque pubbliche e a quelle private e perci� non basta affermare la esistenza di tali possibilit� _di sfruttamento analogo o identico per escludere la demanialit� delle acque giacch�, giova ripetere, bisogna rapportare la attitudine e gli usi alle esigenze di pub.blici generali interessi. Ora, fra gli interessi pubblici, che la legge delle acque prevede espressamente, sono da considerare quelli che riguardano la agricoltura, la industria, la alimentazione e la difesa militare della nazione (argomenta articoli 40, 41 e 6 T. U.). E poich�, come si � visto, anche la pesca � un uso che pu� assurgere ad importanza notevole per la pubblica alimentazione, non pu� a priori escludersi che, concorrendo gli altri requisiti voluti dall' articolo 1 del T. U. sulle acque pubbliche, essa possa contribuire a qualificare le acque in cui sia possibile esercitarla, specialmente poi s� la pescosit� naturale possa essere sfruttata anche a scopi industriali, con particolari mezzi per la coltura di determinate categorie di pesci, s� da conferire allo sfruttamenio possibile una ancora pi� vasta risonanza di pubblico interesse. Un esempio in tema di pesca � peraltro menzionato nell'art. 56 T. U. ove si dispone che per le derivazioni, a scopo di piscicultura, non eccedenti il quantitativo di litri dieci a minuto secondo, la licenza pu� essere accordata dall'ingegnere capo del Genio civile. Dal che � facile dedurre che l'uso delle acque a scopo di piscicoltura rientra fra quelli che possono concorrere alla pubblicit� delle acque stesse. A fortiori vi deve essere compreso, se tale industria della piscicoltura sia possibile esercitarla in un vastissimo specchio di acqua sfruttandone le peculiari caratteristiche desunte dalla sua conformazione e ubicazione e dagli elementi organici ed inorganici che contenga. In tal modo risulta confutato <Ui,Che il secondo ordine di argomentazioni, che mira a limitare gli usi a quelli possibili soltanto in rapporto alla massa di acque in s� considerata e non per la fauna che ospiti. Non pu� rettamente sostenersi senza contraddire apertamente alla parola ed alla ratio della legge, che gli usi previsti dalla legge anzidetta siano sostanzialmente quelli della irrigazione e della forza motrice, giacch� a dimostrarne la erroneit�, basta ricordare: a) l'art. 6 del T. U., che menziona anche la bonifica per colmata, in cui pi� che le acque si utilizzano i materiali solidi in essa contenuti, nonch� l'acqua potabile, che serve per la alimentazione umana e per le bestie; b) l'art. 56, che, come si � visto, considera pure la derivazione per piscicoltura; e) l'art. 92 e seguenti che regolano le acque sotterranee, le quali possono essere utilizzate sia per la alimentazione sia per gli altri usi (per le acque salsoiodiche vi � una particolare disciplina contenuta nel R.D.L. 1� luglio 1926, n~ 1198 e R.D. 2 novembre 1933, n. 1579); d) l'art. 217 che prevede altri usi minori., Si aggiunga ancora che la navigazione e la fluitazfone non sono neppure disciplinate dalla legge sulle acque pubbliche, per concludere che gli usi di pubblico generale interesse non sono unicamente quelli menzionati nel T. U. e tanto meno i due soli indicati dal Tribunale superiore (irrigazione e forza motrice), ma sono tutti quelli che attualmente o in futuro possono o potranno soddisfare pubblici generali interessi. Infine, va rilevato che gli usi pubblici possona--es~sere diretti o indiretti: i primi sono gli usi esercitati dalla generalit� dei cittadini in modo diretto sulle acque (la navigazione, la fluitazione e simili), gli altri, invece, sono quelli esercitati da persone determinate o da piccole collettivit�, ma con utilit� gene -145 rale, come la irrigazione dei campi e la produzione di forze idroelettriche. Ora, anche la pesca e la piscicoltura possono indubbiamente essere esercitate, con utilit� generale, da persone determinate o da modeste collettivit�, rientrando in tal modo negli usi indiretti delle acque, che al pari della irrigazione o della produzione di forze idroelettriche si possono fare. Chiarita in tal modo la inidoneit� delle argomentazioni suddette ad escludere la demanialit� delle acque in esame, � da aggiungere ancora che il Tribunale superiore per negare importanza (che invece aveva attribuita il Tribunale regionale) agli interventi spiegati a pro della industria peschereccia nelle valli di Comacchio dal Governo pontificio prima e dal Governo italiano poi, in quanto non rapportabili, a suo giudizio, ad un riconoscimento di un pubblico generale inter~sse, ha osservato: 1. Che la assunzione della gestione delle valli da parte del Governo pontificio nel 1827 fu determinata ad istanza fattane dal comune di Comacchio a seguito delle vicende poco fortunate dell'appalto da esso in precedenza stipulato con una societ� ed ebbe lo scopo, secondo si affermava nel rescritto di Leone XII del 1� febbraio di quell'anno, di assicurare la cons.ervazione dello stabilimento da pesca, sia per il nome di cui godeva, sia per la necessit�, cui sopperiva di provvedere alla sussistenza della popolazione comacchiese: dal che deduce che � si tratt�, adunque, di un provvedimento suggerito, a prescindere dalle ragioni di prestigio, da interessi economici, che non oltrepassavano quelli locali del Comune e della popolazione di Comacchio. 2. Che il Governo italiano, subentrato a quello pontificio nella predetta gestione, si affrett�, dopo breve volgere di tempo, a restituirla al Comune con la convenzione del 1867, approvata con la legge del 1868, n. 4478, per avere constatato che essa si risolveva in una rilevante perdita per il bilancio. Indi ha concluso che �fu pertanto un provvedimento suggerito da semplici ragioni finanziarie, il quale non solo non attesta ma porta ad escludere un interesse dello Stato alla pesca esercitata in quelle valli, ecc., o comunque emesso a scopo umanitario e politico di sollevare dalla miseria e dalla rovina una popolazione numerosa da una ragione, cio�, che neppure esorbitava dagli interessi locali. Anche tali argomentazioni denunciano una limitata visione giuridica dell'<< uso di pubblico generale interesse� richiesto dall'art. 1 del T. U. sulle acque pubbliche. Infatti non tanto interessa sapere ~e gli interventi spiegati dal Governo pontificio e poi dal Governo �italiano circa la industria peschereccia, che si esercitava in quelle valli, abbiano avuto ragione di essere in una convenienza economica o meno per il comune di Comacchio e per la sua popolazione; ovvero in una convenienza economica propria dei due Stati o Governi, ma quanto se le acque di quelle valli fossero atte a soddisfare un pubblico generale interesse, giacch� non bisogna dimenticare che si tratta di accertare <<la attitudine delle acque� e non se l'effettivo esercizio dell'uso abbia dato risultati economicamente attivi per l'industriale o per altri. Certo, nella industria della pesca esercitata nelle predette valli si alternarono periodi di grande benessere a periodi passivi (come risulta dall'indagine storica) per cui il Comune talvolta respingeva l'intervento statale e talvolta lo sollooitava. � 111a tutto ci� esula dalla indagine giuridica, la quale va rivolta ad accertare, ripetesi, se nonostante quell'alternarsi di periodi atti,vi a periodi passivi per gli industriali e per il Comune, le acque abbiano sempre avuto, e, in particolare, se abbiano tuttora la attitudine a servire al soddisfacimento di un pubblico generale interesse attraverso la pesca e la piscicoltura. Inoltre � da osservare che gli interessi locali del Comune e della sua numerosa popolazione non sono parificabili ad interessi puramente privati. Il Comune � un ente pubblico, che rappresenta tutta una intera popolazione e non pu� essere considerato alla stessa stregua di un privato qualsiasi. Esso � portatore di interessi pubblici generali che per la loro importanza possono assurgere anche ad interessi nazionali. Il Comune � anche provvisto, sia pure in via delegata, di un potere di supremazia, che lo pone in una posizione pubblicistica inconfondibile con quella dei privati e, sotto tale riflesso, i suoi interessi possono anche identificarsi con quelli dello Stato. Del resto anche gli usi, che delle acque facciano i privati, vanno riguardati non tanto per le utilit� dirette che possono procurare allo utente privato, quanto per la utilit� generale che da quegli usi pu� deri�are alla nazione, giacch�, come si � visto, l'uso pubblico generale pu� anche concentrarsi in usi particolari dei privati, purch� da essi scaturisca una utilit� generale. Infatti deve porsi mente alla utilit� generale che sta alla base del concetto di uso pubblico generale per discriminare gli usi puramente privatistici, che restano confinati nell'ambito privato, da quelli che, invece, assumono importanza pubblica generale. Senza quella utilit� generale per la agricoltura o per la industria, anche la irrigazione e la produzione di forza motrice rimarrebbero senza effetto per la qualificazione delle acque pubbliche. Sotto tale profilo giudirico la indagine del :&ibunale superiore � manchevole, mentre le osservazioni su riportate, tendenti ad escludere la sussistenza in quelle due occasioni di un interesse pubblico generale, sono poggiate su una concezione giuridica inadeguata degli interessi pubblici generali con riferimento al Comune di Comacchio ed a tutta la sua popolazione;. In merito alla attitudine delle acque in esame alla navigazione, il Tribunale superiore ha osservato che, in base alla ispezione dei luoghi, alla relazione dell'ing. Supino del 21 agosto 1938 ed al memoriale dell'ingegnere Provinciale dell'll febbraio 1931, risultava provato che,. per la poca profondit� delle acque, per giunta variabile (da un metro a pochi centimetri nella valle di Mezzano, di 50 centimetri in media nel canale Caldirolo}.e. per i lavorieri, che costituivano un serio ostacolo, era�possibile soltanto una limitata navigazione con barchette leggere o con barconi di poco pescaggio, limitatamente ai bisogni della industria peschereccia, cio� per trasporto limitato di persone o di cose, in relazione ai bisogni della pesca. -146 Da ci� e dal rilievo che le rive della valle e del canale sono scarsamente � abitate, per cui non esistono interessi e motivi determinanti la possibilit� di un traffico sulle acque predette, ha tratto la conclusione che l'attitudine alla navigazione della valle e del canale, lungi dal consentire la soddisfazione di un pubblico generale interesse, consente appena di soddisfare un interesse aziendale. La conclusione cui � giunto il Tribunale superiore rivela la stessa manchevolezza dianzi discussa circa la nozione giuridica di uso di pubblico generale interesse in quanto, riferendosi ad un interesse aziendale per la pesca, ha confermato di negare alla pesca ed alla piscicoltura la attitudine a soddisfare un pubblico generale interesse, in base, appunto, ad una erronea nozione giuridica di questo interesse, come si � pi� innanzi dimostrato. Inoltre, l'attitudine alla navigazione sia pure limitata ma tuttavia sufficiente per consentire un adeguato sviluppo all'esercizio della pesca e della piscicoltura, la notevole ampiezza del bacino imbrifero e la portata della massa di acqua contenuta nella valle e nel canale, se poste in relazione fra loro, come richiede espressamente l'art. 1 del T. U. sulle acque, avrebbero potuto far giungere il Tribunale superiore a conclusione diversa, in quanto la accertata navigabilit� costituisce un altro elemento, che corrobora indubbiamente la importanza e la vastit� della attitudine di quelle acque per l'uso della pesca e della piscicoltura. Ond'� che sotto tale riflesso il giudizio del Tribunale superiore � inaccettabile perch� frutto di errvr in procedendo oltre che di una inesatta nozione giuridica dell'uso di pubblico generale interesse con riferimento alla pesca e alla piscicoltura., In ordine, poi, alla funzione di raccolta e di smaltimento delle acque di bonifica, funzione alla quale servono indu.bbiamente la valle di Mezzano e il Canale Oaldirolo, il Tribunale superiore, dopo aver accertato che vi confluiscono 17 canali di scolo di un ampio comprensorio agricolo bonificato di ben 63.000 ettari, e dopo aver premesso che, per principio ormai fermo, i canali colatori tanto naturali che artificiali, che raccolgono gli scoli di una vasta zona, sono demaniali, ha osservato che �nessuna ragione giuridica impone che pubbliche siano da considerarsi anche le acque nelle quali esse si versano, per il solo fatto che le ricevono, nella assenza di qualsiasi altro elemento che ad esse quella qualit� conferisca, specie, poi, quando, come nella specie, lo apporto dei canali colatori sia relativamente minimo di fronte al volume normale della massa d'acqua in cui i medesimi si scaricano �. Quel che imprime ad un'acqua il carattere demaniale, continua la sentenza, � la sua attitudine ad usi di pubblico generale interesse e non la sua origine, si che la valle ed il canale sopra menzionati, che tale attitudine per s� stessi non hanno, non possono qualificarsi demaniali per il solo /atto che con le loro acque si confondono quelle di bonifica. Indi, in applicazi�ne di un principio accolto in altra precedente decisione, ha concluso ritenendo che � la circostanza che la valle di Mezzano e il canale Oaldirolo funzionano da centri raccoglitori delle acque di bonifica di una zona contermine importa non altro che la costituzione su di essi di una servit� pubblica di scolo, inidonea a trasformare la natura giuridica, tanto pi�, poi, che trattasi di funzione transitoria, in quanto la gi� decisa bonifica tanto dell'uno quanto dell'altro, render� necessario che a tutti gli scoli sia procurata una nuova via di smaltimento �. Una prima osservazione va contrapposta al ragionamento sopra riportato del Tribunale superiore ed � la seguente: dovendosi accertare se le acque della valle di Mezzano e del canale Oaldirolo siano pubbliche e se, per attitudine agli usi della pesca e della piscicoltura, viene a cadere il presupposto base di tutte le argomentazioni, che considerano la distinta natura giuridica delle acque dei canali di bonifica da quelle della valle e del canale Oaldirolo. Anche la prevalenza quantitativa delle acque piovane o di scoli naturali sulle altre che vi provengono dai canali di bonifica, non avrebbe alcuna efficacia persuasiva. Ma, .anche a prescindere da ci�, la decisione adottata dal Tribunale superiore � erronea. Infatti, come ha esattamente premesso lo stesso Tribunale superiore, ci� che interessa accertare � la attitudine delle acque ad usi di pubblico generale interesse e sotto tale profilo, invero, sono demaniali i canali di scolo di bonifica, perch� contribuiscono, appunto, a rendere e a mantenere coltivabili i terreni prosciugati. I canali, cio�, si inquadrano nella pi� ampia funzione, cui adempie la bonifica dei terreni (che, altrimenti, sarebbero sottratti alla agricoltura) nell'interesse generale della nazione, che da essi trae i maggiori beni per la sua alimentazione. Ma, alla stessa funzione, concorre anche il bacino ove quelle acque di scolo defluiscono naturalmente o artificialmente, giacch� senza di esse non sarebbe possibile lo smaltimento delle acqiw medesime, le quali, rigurgitando, allagherebbero nuovamente i terreni bonificati. Ond' � che il bacino di raccolta e di smaltimento di quelle acque di bonifica non pu� essere scompagnato dai canali di scolo e neppure da tutta la complessa serie delle opere di bonifica, perch� ne costituisce parte integrante. La sua funzione �, pertanto, quella stessa, alla quale adempiono i canali di scolo e tutte le opere di bonifica, gli uni e le altre diretti anche a mantenere e a conservare la coltivabilit� dei terreni bonificati. Perci� le acque pubbliche dei canali di scolo restano sempre tali, anche quando si scaricano nel bacino di raccolta e non perdono (e sarebbe assurdo pensarlo) tale loro natura giuridica, anche se nello stesso bacino confluiscono acque aventi origine diversa. La pubblicit� di quelle acque, prevalenti o non sulle altre, rende pubbliche tutte le altre acque che vi confluiscono, perch� la preminenza della funzione pubblica del bacino non pu� non attribuire la natura pubblica a tutto il suo contenuto. Questa la vera ragione giuridica. della pubblicit� delle acque in questione considerate nel loro-insieme, ragione che il Tribunale superiore non ha riscontrata, essendosi posto, invece, su un piano di prevalenza quantitativa delle acque della valle e del canale Oaldirolo, in confronto di quelle dei canali di scolo e facendo ricorso all'istituto della servit� pubblica -147 di scolo, con la conseguenza, peraltro, non avvertita e non accettabile, di far perdere alle acque di bonifica indubbiamente pubbliche, la loro natura demanial; per il solo fatto della loro minore quantit�. Tale raffronto, oltre che inammissibile � anche inconferente, se si pone l'ampiezza delld valle di Mezzano in relazione con la vastissima zona bonificata di ben 63.000 ettari di terreno interessante il secondo e terzo circondario della provincia di Ferrara e l'ottavo bacino della zona litoranea ravennate. N � tutto ci� perde importanza in vista della bonifica della valle e del canale giacch� sino a quando la. bonifica _non sar� attuata, le acque restano pubbliche o private secondo la loro natura giuridica. Ne consegue che anche per aver disconosciuto alla predetta valle la funzione di servire alla bonifica di quella vasta zona, la sentenza impugnata deve essere cassata �. La magistrale sentenza delle Sezioni Unite � particolarmente interessante per l'importanza delle questioni risolte. L'interpretazione eccessivamente restrittiva data dal Tribunale superiore delle Acque pubbliche alla definizione dell'uso pubblico stabilita dall'art. 1 del T. U. n. 1775/1933 non � stata attesa dalla Cassazione. Ritenne il Tribunale superiore che i pubblici usi cui ~et~o artic~lo si riferisce fossero unicamente quelli previsti dal citato T. U. riguardanti cio� solo l'utilizzazione dell'acqua come tale, che le leggi sulla pesca non avessero alcuna interferenza con quelle sul demanio idrico, e che la fauna ittica non potesse avere incidenza sulla natura dell'acqua. Con profonda ed accurata disamina la Suprema Corte ha confermato il principio gi� riconosciuto anche. ~alla ~ot~rina (v. ZANOBINI:�.���), che gli usi pubblici previsti dal cennato art. 1, non si sono cristallizzati al tempo del T. U. ma sono anche tutti quelli che potranno sorgere �in futuro ed ha richiamato la giurisprudenza che gi� estese' il principio ai canali di scolo ed alle acque sotterranee cos� come le n?rme risultanti da altre leggi ('fluitazione, navigazione, ecc.): ed ha esattamente rilevato come ricorrendo gli estremi della portata, dell' ampiezz~ o del ~istema idrogra~co, anche la pesca esercitata per un interesse pubblico renda demaniale l'acqua comecch� rientrante nell'ipotesi del ripetuto art. 1. Non possiamo non opporre, di fronte a tali chiari insegnamenti, come irrilevante sia per la demanialit� dell'acqua che la pesca venga esercitata in attuazione di un diritto riconosciuto o di una concessione am ministrativa (pari a quella di qualsiasi utenza di acqua), una volta che l'interess.e collettivo perseguito in relazione all'entit� dell'acqua concreti l'uso pub blico. Cos� pure il fatto che la pesca possa costituire un modo di utilizzazione dell'acqua, come la colti vazione quella di un terreno, non impedisce che di fronte all'entit� idrica ed all'interesse collettivo la acqua acquisti quella demanialit� che non tutti gli usi pubblici fanno conseguire al terreno. La pubbli cit� peraltro non potr� ovviamente ravvisarsi in peschiere, piscine o specchi d'acqua di poca entit�. Non meno rilevante � la sentenza per quanto riguarda la navigazione per la quale esige la sola attitudine, anche se essa non sia attualmente esercitata. Ed ugualmente per quanto attiene all'inscindibilit� ineccepibilmente ritenuta fra l'acqua del canale di scolo e quella del bacino di raccolta, negarndo una soluzione di continuit� contrastante al pi� comune buon senso, ed escludendo la ibrida e malcerta figura della servit� pubblica di scolo. L. B. CONTRATTO DI GUERRA -Nozione -Poteri del Commissario per la sistemazione dei contratti di guerra. (Corte di Cass., Sez. Un., sent. n. 89/54 - Pres.: Galizia; Est.: Mastropasqua; P. M.: Macaluso Bosco contro Ministero Marin.a Mercantile). .Ai fini del D.L. 25 marzo 1948 n. 574, vanno qualificati come contratti di guerra pure quelli stipu1ati dopo 1'8 settembre 1943; tanto se preordinati alla condotta della guerra contro la Germania in dipendenza della posizione di cobelligerante assunta dall'Italia, quanto se posti in essere per assolvere ai patti relativi all'armistizio. L'enumerazione riportata nel 20 comma dell'art. 5 del decreto suddetto ha valore meramente esplicativo: la stessa non esaurisce n� limita i poteri attribuiti al Commissario, la cui competenza si estende a tutti i contratti comunque non definiti. � tale anche il contratto nel quale la parte privata abbia per intero eseguita la propria prestazione, ma la cui liquidazione risulti ancora pendente alla data di entrata in vigore del ripetuto decreto. 1. La decisione, che � stata integralmente edita nel Foro Italiano del corrente anno, alle colonne 307 e seguenti, conferma l'esattezza dell'interpretazione sempre affermata daWAvvocatura dello Stato riguardo alla locuzione cc contratti di guerra non ancora definiti � usata nell'art. I del D.L. 25marzo1948 n. 674, sulla sistemazione dei contratti di guerra. Gi� nella Relazione 1942-50 (1) si indicavano, infatti, i motivi per i quali era da ripudiare la tesi secondo cui dovevano considerarsi come cc definiti >> i contratti nei quali restava da eseguire soltanto la liquidazione del corrispettivo, avendo il privato contraente totalmente adempiute le proprie prestazioni. Questi motivi, sostanzialmente espressi nel rilievo che in sede contrattuale le reciproche prestazioni hanno uguale valore, per cui il rapporto non pu� dirsi esaurito se non quando sia stata eseguita anche l'obbligazione di pagamento gravante sull'Amministrazione, sono stati ora decisamente accolti dal Supremo Collegio; che, uniformandosi alla pronuncia, resa pure a Sezioni Unite il 28 -novembre 1953 (2), esattamente qualifica come cc non definito >> il contratto cc quando pi� non siano profilabili contestazioni di qualsiasi genere, il che ovviamente pu� aversi o per effetto del gi� avvenuto integrale adempimento delle obbligazioni di tutte le parti contraenti, oppure quando ogni divergenza sia stata gi� irrevocabilmente��appianata in forza di giudicato o convenzionalmente e in virt� di accordo gi� debitamente approvato, cos� (1) Vol. III, n. 162. (2) �Mass. Foro It. '" n. 3603, col, 692. ]~ i I I W.&-.&-P..ii.f..ek#..#'J~.&-.&-.&-.&-fa~.d&WJN?Y..&--..&fil:'"..&--Am>'.#..0.Af!'".U..:W~..::W'~~~.ff~ -148 come inequivocabilmente si ricava, a riguardo, dal 2� comma dell'art. 7 del testo di legge �. Da tanto logicamente consegue, che risultano soggetti alle norme del provvedimento legislativo in esame anche i contratti per i quali -alla data di sua entrata in vigore ~non risulti ancora registrato il decreto di approvazione di un eventuale accordo, dal momento che l'esecuzione di esso non potrebbe aver luogo se non dopo l'adempimento di tale formalit� (l}; nonch� quei contratti nei quali il mancato pagamento del corrispettivo non sia intervenuto per essere il provvedimento di saldo ancora innanzi alla Corte dei Conti in sede di registrazione. L'esposta opinione ci sembra, inoltre, che trovi diretta conferma nel rilievo che l'art. 5 del decreto ripetuto, nell'enumerare i poteri attribuiti al Commissario, premette un'indicazione della pi� ampia portata, affermando che tale organo � ha facolt� di adottare tutti i provvedimenti che ritenga necessari per la sistemazione e liquidazione dei contratti �: perci� se � esatto che le facolt� enunciate in tale articolo sotto le lettere a (sospensione, proroga o rescissione totale o parziale), b (risoluzione per sopravvenuta impossibilit� di es.ecuzione), e (riduzione e trasformazione), d (provvedimenti in ordine ai materiali assegnati per l'esecuzione, ancora disponibili), presuppongono un contratto nel quale la prestazione del privato sia ancora in corso, � del pari indubitabile che la facolt� indicata nella successiva lettera e, nel consentire pure la � liquidazione generale del contratto �, riporta -in conformit� della premessa -un elemento di larga indeterminatezza nell' elencazione, ipotizzando al tempo stesso un potere certamente compatibile con i contratti nei quali l'obbligazione del privato sia stata gi� eseguita. L'enumerazione suddetta, quindi, se offre un quadro delle facolt� assegnate al commissariO, certamente non le esaurisce; ed il suo valore non pu�, pertanto, non essere meramente esemplificativo, sia in rapporto alla competenza dell'organo, che riguardo all'estensione della stessa ed ai limiti nei quali � destinata ad operare. 2. Di estremo interesse sembra anche l'adeguata latitudine d'interpretazione data dal Supremo Collegio al concetto di contratto di guerra. Ohe, invero, tale qualificazione fosse da _attribuire pure al contratto stipulato dopo l'8 settembre 1943, non poteva dubitarsi: anche prescindendo dalla consider�zione che il decreto del 1948 non distingue tra periodo anteriore e posteriore dell'armistizio, e comunque dal rilievo che l'armistizio non pone fine alla guerra, pensare il contrario significherebbe contraddire alla stessa realt� storica, dal momento che dopo tale data l'Italia non rimase estranea al confiitto ancora in atto, ma attivamente vi partecip� sia con le Forze governative che con quelle appartenenti al Movimento di resistenza, dichiarando guerra alla Germania e divenendo cobelligerante degli .Alleati con i quali condivise le sorti ultime della guerra. Ma l'aspetto di maggior rilievo che si coglie nella definizione fissata nella sentenza in esame, � che � contratto di guerra � risulta anche quello realizzato (1) Art. 19 della legge di contabilit� e art. 117 del relativo regolamento. per l'adempimento dei patti d'armistizio; e nell'affermazione non si pu�. non concordare, se si tiene presente che il decreto ripetuto intese avviare a sollecita e completa definizione tutti i rapporti attinenti a questioni di guerra, che comurtque �io� derivassero la loro causa dal passato confiitto. Se quindi � vero, che alla condotta della guerra inerisce non solo la conclusione dell'armistizio, ma pure quanto occorra per il rispetto dei patti relativi, non pu� non dirsi collegato alla condotta della guerra da un rapporto strumentale anche il contratto avente causa nell'osservanza di tali patti. Va affermato, perci�, che nell'ambito del decreto del 1948 rientrano tutti quei contratti (o altri provvedimenti espressamente dal testo legislativo equiparati ai contratti, come gli impegni sommari, le ordinazioni, i provvedimenti d'autorit� e simili), comunque legati alla preparazione e condotta della guerra da un nesso funzionale: in buona sostanza, cio�, tutta l'attivit� in ampio senso contrattuale, che risulti sia stata indirizzata a procurare i mezzi necessari per realizzare le finalit� militari e per fronteggiare le esigenze del conflitto, fino all'epoca in cui venne dichiarata la cessazione dello stato di guerra. Ed in proposito � interessante far notare, in via indicativa dell'ampiezza concretamente riconosciuta al concetto di c<eontratto di guerra�, che il Commissario ha sempre liquidato e liquida pure i contratti relativi alla costruzione di rifugi antiaerei stipulati con il Ministero dell'interno, alla riparazione di porti, alla fornitura di vestiario ai militari e di oggetti di casermaggio anche per i civili internati nei campi di concentramento, e perfino i contratti della Repubblica sociale, attinenti alla preparazione e condotta della guerra, quando non ne sia stata dichiarata l'inefficacia ai sensi dell'art. 4 del D.L.L. 5 ottobre 1944 n. 249: e ci� pur trattandosi, evidentemente, di contratti del nemico, posto che il sedicente governo della R.S.I. in realt� si concret� in uno strumento del governo tedesco. Ma ad onta di tanto, e data l'indubbia connessione di tali contratti con la guerra passata e l'onere finanziario ricadente sul Governo l.egittimo per la mancata dichiarazione di loro inefficacia, non sarebbe stato possibile escluderli dall'ambito di applicazione del decreto in esame, senza venir meno alle finalit� dallo stesso perseguite. 3 . .Altro interessante aspetto della regolamentazione dettata per i contratti di guerra, e del quale qui conviene far cenno in quanto direttamente connesso ai poteri conferiti al Commissario, � l'indicazione dei rimedi consentiti contro le determinazioni di tale organo. In proposito va per� anzitutto avvertito, che le pretese relative al mancato utile ed al risarcimento dei danni provocati dal ritardo nella liquidazione, come non possono essere avanzate al Commissario, cos� non trovano alcuna tutela in sede giurisdizionale, avendole la legge dichiarate del tutto inammissibili; e ci� non in vista di un privilegium r"ic�nosciujo ~lla Pubblica .Amministrazione, ma in esatta applica~� zione delle norme vigenti in tema di sopravvenienza e di responsabilit� per inadempimento, posto che cc le condizioni create dalla guerra e dalla sconfitta sono tali da giustificare moralmente e giuridicamente ~bdfai:AA � -149 i ritardi� nella liquidazione (1). Per le altre richieste del contraente, l'art. 8 del decreto in esame, in perfetto ossequio all'art. 113 della Costituzione, dichiara le determinazioni suddette soggette all'impugnativa innanzi al Consiglio di Stato per illegittimit�, ed all'azione ordinaria avanti il Tribunale di Roma riguardo alla liquidazione del contratto, agli indennizzi di cui alla lettera e dell'art. 5 e ad ogni altra violazione di diritti. La diversa tutela � conseguenza dei principi generali sulla giurisdizione, e pienamente si giustifica osservando che la situazione del privato contraente, di fronte alle facolt� attribuite al Commissario, non � sempre la stessa, e che quindi le sue impugnative non possono non articolarsi a seconda del potere concretamente esercitato: infatti il riconoscimento al Commissario delle facolt� elencate sotto le lettere a, b, c, e d dell'art. 5 evidentemente esprime l' attribuzione di un potere di supremazia sulle sorti del contratto, e quindi una situazione di soggezione del privato che si rifiette sui diritti contrattuali e li degrada al ruolo d'interessi legittimi, ai quali bene si addice la tutela della giurisdizione di legittimit� del Consiglio di Stato. Negli altri casi, invece (liquidazione generale del contratto, determinazione degli indennizzi per i provvedimenti adottati ai sensi delle lettere a, c, e d dell'art. 5, e comunque fuori dell'ipotesi innanzi considerate), la posizione del privato non resta in alcun modo intaccata, poich� l'attivit� del commissario -pur potendo ispirarsi a criteri di equit�, specie in rapporto ad eventuali deficienze probatorie -non trova margine per l'esercizio di un potere di supremazia: quindi in tali casi la tutela del contraente non pu� non restare affidata alla giurisdizione ordinaria. Ohe, � bene notare, � tenuta ad effettuare la stessa liquidazione del contratto, facendo la legge riferimento alle<< azioni relative alla liquidazione>>: per cui l'Amministrazione non sar� vincolata alle eventuali concessioni fatte in via equitativa dal Commissario, ma potr� contestare integralmente la domanda, se per la stessa manchino i req'l,tisiti sostanziali richiesti dalle norme ordinarie (2). G. d. G. DEMANIO -Tassativit� della classificazione, di cui all'art. 822 C. c. -Demanialit� accidentale -Momento in cui il bene destinato alla costruzione di un'opera pubblica acquista il carattere demaniale Natura del bene successivamente alla espropriazione, ma prima che l'opera sia compiuta -Indisponibilit� -Necessit� che persista la volont� di attuare l'opera -Criteri per determinare tale persistenza -Amministrazione del bene. (Corte di Cass., Sez. Un., n. 789 del 22 marzo 1954 -Pres.: Acampora; Est.: Pepe; P. M.: Pittiruti, conforme -Cooperativa Agricola Ponte Galeria contro Finanze). La classificazione dei beni demaniali, di cui al l'art. 822 Codice civile, � tassativa, per cui non � possibile estenderne la cerchia ad altre categorie. Quando la demanialit� � in rapporto alla funzione pubblica, che inerisce ad un determinato bene, (1) Relazione ministeriale illustrativa della legge n. 810 del 1949 contenente modificazioni al decreto 25 marzo 1948 n. 674, in Le leggi 1949, 982. (2) Relazione 1942-50, vol. III, n. 160. considerata come fine a se stessa, l'esercizio di tale funzione non � concepibile se non quando l'opera pubblica sia effettivamente compiuta. Perch� l'immobile espropriato in favore dello Stato possa, in virt� della sua destinazione, consi. derarsi un bene del patrimonio indisponibile, non basta la semplice destinazione potenziale alla esecuzione dell'opera di pubblica utilit�, se la pubblica amministrazione mostri poi di non volerla attuare. Il criterio per determinare se persista la volont� della pubblica amministrazione di attuare la desti nazione potenziale del bene espropriato � dato dall'art. 1 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'am ministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato, secondo il quale i beni asse gnati a un servizio governativo sono amministrati dal Ministero, da cui il servizio dipende. Pertanto, poich� nella specie il negozio fu stipulato non dal Ministero della Difesa n� da quello dei Lavori Pubblici, bensi dal Ministero delle Finanze, � chia ro che non pu� l'immobile espropriato considerarsi un bene del patrimonio indisponibile. Con la prima massima la Corte � inteso confermare la precedente giurisprudenza, confortata dalla preva lente dottrina, che afferma la tassativit� delle categorie elencate nell'art. 822 Codice civile, ma la possibilit� di interpretazione estensiva ed, entro certi limiti, ana logica nell'ambito delle singole categorie dei beni dema niali. .Affermazione pi� esplicita di questo principio � contenuta nella sentenza n. 2095 del 1949 (Oass. I, 8 agosto 1949, pres.: Giaquinto; Est: Lorizio -Fi nanze contro Consorzio della grande bonifica romana, in<< Acque, bonifiche e costruzioni �, 1954, p. 27), nella quale � pure enunciato il principio, confermato nella seconda massima, secondo il quale i beni del demanio accidentale aequistano tale qualit� soltanto al momento della ultimazione, dell'opera. Molto importante, a nostro avviso, � l'affermazione implicitamente contenuta nella terza massima. La Corte, in sostanza, ha ritenuto che il bene espropriato per la costruzione di un'opera pubblica (idroscalo) acquisti la natura di bene demaniale solo col compi mento dell'opera, ma nel periodo precedente deve considerarsi bene patrimoniale indisponibile, almeno finch� non risulti chiaramente la volont� della A mmi nistrazione di non pi� attuarla. In proposito rite ni.amo di .poter aderire al criterio adottato dall'anno tata sentenza per la individuazione di questa volont�. Nella specie il bene, espropriato dall'Amministra zione Difesa .Aeronautica per la costruzione di un aeroidroscalo, era stato dismesso alla. Finanza, che lo amministrava. Da questa circostanza la Corte ha tratto il convincimento che l'Amministrazione avesse deciso di non pi� attuare l'opera pubblica, che avrebbe reso demaniale il bene, provvedendo� in conse guenza a trasferirlo al patrimonio disponibile. Da queste premesse consegue l'ulteriore afferma zione della natura privatistica� del negozio, stipulato dalla .Amministrazione finanziaria relativamente al bene non pi� destinato alla costruzione dell'opera-� pubblica e, cio�, ad un servizio governativo. Diversa. sarebbe stata la decisione se il bene fosse rimasto con l'originaria destinazione, donde il principio, che agevolmente pu� trarsi dalla sentenza, secondo il -150 quale un bene, espropriato per la costruzione di un'opera pubblica, entra a far parte del patrimonio indisponibile dello Stato fin dal momento dell' espropriazione, salvo a divenire demaniale se l'opera pubblica, ultimata, sia idonea ad attribuirgli tale natura (strada, acquedotto, aeroporto, ecc.). La Corte non � ritenuto di dover decidere la questione se cc essendo l'immobile suscettibile comunque una utilizzazione in armonia alla destinazione stessa e compatibilmente con questa, possa tale utilizzazione avvenire attraverso un negozio anche di diritto privato, ovvero, se, restandone la possibilit� subordinata alle esigenze della costruzione dell'opera pubblica e trovando in tali esigenze essa il suo limite immanente sin dal suo nascere, l'utilizzazione stessa, di fronte al potere di revoca spettante in ogni tempo alla Pubblica Amministrazione, non possa trovare luogo che unicamente in virt� di un negozio di diritto pubblico precisamente di una concessione amministrativa, sia pure seguita dal regolamento bilaterale dei rapporti fra l'Amministrazione concedente ed il concessionario (cosidetta concessione-contratto)�. Ma l'impostazione del problema lascia presumere eh' esso, se fosse stato ritenuto essenziale ai fini del decidere, sarebbe stato risolto nel senso, sempre sostenuto dall'Avvoca-. tura e pi� volte affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e del� Consiglio di Stato, dell'incompatibilit� del negozio di diritto privato con l'indisponibilit� .del bene, che non pu� essere sottratto alla sua destinazione, se non nei modi previsti dalle leggi, che lo riguardano (art. 828 O.e.). G. O. SCAMBI E VALUTE -Versamento di somme in clearing -Sequestro delle somme versate -Opposizione -Interesse ad agire dell'Ufficio Cambi Difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. (Corte di Cass., Sez. III pen., Sent. n. 2995/53..,. Pres.: Fornari; Est.: Pifani; P. M.: Polimeno -Ufficio Italiano Cambi ed altri ricorrenti). L'Ufficio Italiano Cambi � legittimato attiva mente a proporre opposizione avverso un provve dimento di sequestro conservativo penale che col pisca somme versate in clearing. L'Autorit� giudiziaria ordinaria:non viola l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248i alleg. E, quando dispone il sequestro conservativo di somme versate in clearing. Oon questa sentenza la Corte Suprema di Cassa zione ha confermato integralmente l'ordinanza della Corte di Appello di Milano del 6 aprile 1952 resa nella stessa causa. Questa ordinanza � stata gi� pubblicata e commen tata nella Rassegna (1952, p. 113 e seguenti). Per quanto riguarda la prima massima, la Corte Suprema ha dovuto nuovamente affermare l'esistenza di legittimazione attiva da parte dell'Ufficio Italiano Gambi per respingere la relativa eccf3Zione contraria del P. M. e di alcune parti private. L'argomento di cui la Corte Suprema si � servita per affermare che l'Ufficio Italiano Gambi ha inte resse ad agire in opposizione all'ordinanza di seque stro di somme versate in clearing � che cc qualunque distrazione di dette somme lo (se. Ufficio Gambi) mette nella impossibilit� di soddisfare i creditori italiani, in quanto riduce la sua disponibilit� di fondi liquidi �. Dobbiamo riconoscere. che questo argomento � forse il pi� debole di quanti se ne potevano trovare, in quanto, se si ammette che � indifferente per l'Ufficio ItoJiano Oamb.i pagare ad un creditore piuttosto che ad un altro, l'interesse pratico che la Corte Suprema vuole trovare nella opposizione non sussisterebbe. Probabilmente, come abbiamo gi� fatto presente nel commento all'ordinanza per la Corte di Appello di Milano, l'argomento pi� convincente a favore della tesi della legittimazione attiva dello Ufficio Italiano Gambi sta nella considerazione che con l'opposizione al sequestro esso Ufficio tende ad assicurarsi la libert� di adempimento delle sue funzioni pubbliche. Altro argomento pi� macroscopico sta nella considerazione che l'Ufficio Italiano Gambi, quale terzo sequestrato, � addirittura una parte necessaria in quel vero e proprio giudizio di convalida di sequestro presso terzi che, in materia penale, si inizia con il ricorso in opposizione. Per quanto riguarda la seconda massima, riteniamo anzitutto opportuno riportare integralmente la motivazione adottata dalla Corte. �Ritenuto che � da disattendere l'assunto comune dell'Ufficio Italiano Gambi e del Banco Centrale de la Repubblica Argentina, stando ai quali il Presi dente della Sezione istruttoria presso la Corte di Appello di Milano, ordinando il sequestro conserva tivo penale di cui si contende, avrebbe violato l'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E; abolitrice del contenzioso amministrativo, che fa di vieto all'autorit� giudiziaria di imporre agli organi della pubblica amministrazione un determinato com portamento e di modificare in qualsiasi modo un atto amministrativo. L'assunto parte dal presupposto che non appena il debitore straniero ha versato nel clearing una determinata somma e fino al momento in cui il cr�ditore italiano viene pagato dall'Ufficio Italiano Gambi, quella somma, cessa di appartenere a un patrimonio privato e passa ad esclusiva disposizione degli Uffici di cambio dei due paesi, assumendo una destinazione di mero interesse pubblico; onde la distrazione di essa non pu� essere ordinata da un'au torit� diversa da quella che � preposta al controllo dei cambi fra i due paesi. Ora l'errore del presupposto sta nella asserita desti nazione della somma versata in clearing ad uno scopo di interesse pubblico, mentre questo rimane sempli cemente limitato al rispetto del tramite obbligatorio pel quale la somma deve pervenire dal debitore stra niero al creditore nazionale. Si sa infatti che, quando fra due paesi si stipula un accordo di clearing, i rapporti tra i rispettivi debitori e creditori, in ordine al pagamento delle connesse importazioni ed esportazioni debbono svol gersi attraverso gli Uffici di cambio dei due Stati i quali intervengono a difesa dell'interesse pubblic~ di tutelare le loro valute nazionali. Ma per la tutela di un simile interesse occorre solo.. che i pagamenti internazionali fra privati abbiano luogo ip, quella determinata forma, senza che questa eserciti alc�na infiuenza sui sottostanti rapporti sostanziali, che man tengono integra la propria natura privatistica. In altri termini, restano sempre da un lato un creditore nazionale col suo diritto al pagamento, e dall'altro r� m straniero col suo dovere di pagamento; anta che quel diritto pu� essere soddi dovere pu� essere adempiuto unicamente ~ meccanismo del clearing. �, infondato il sostenere che il rapporto ~ distinto e perfettamente autonomo riipporto di diritto privato sottostante, e xe di quest'ultimo non possano esercitare ienza sovra di esso. tesi, d'altronde, � stata praticamente llo stesso Ufficio Italiano Gambi (e per sua mandataria Banca d'Italia), che si ubbidire all'ordine del Banco de Credito 1rgentino reincamerando immediatamente i� state messe a disposizione del Franco riite la Banca Commerciale Italiana, vale .do rientrare nel ciclo del clearing ci� che .scito, per il che non pu� a meno di destar che l'Ufficio Italiano Gambi impugni r� di un provvedimento emesso dalla autoiria dopo aver tanto supinamente obbedito ~i un privato, che esso assume di non ratto, e anzi dopo essere andato oltre quelsto che il Banco de Credito Industrial o non gi� la restituzione delle somme, ma ensione dei pagamenti, che � cosa ben di- difficolt� � stata chiaramente veduta dallo o Italiano Gambi, il quale, per superarla, o un nuovo rapporto di clearing diverso e >recedente, elevando al rango di creditore Credito I ndustrial Argentino e contrapquale debitrice la Banca Commerciale Itawn era mai stata debitrice di alcuno, ma aria di determinate somme, e che si era relativi obblighi restituendole al deposiipotizzando un rapporto di diritto privato. bbe valso a far diventare debitrice la xlia sol perch� questa funge da cassiere Italiano Gambi. .e il rapporto di diritto privato, cui quello si intreccia, continua nel suo normale , niente deve importare all'Ufficio Ita �i delle sue vicende fino a che queste non riodi e le forme del pagamento internazio Uanto si riconnette un interesse pubblico; ~mpio, al detto Ufficio deve riuscire indif Jseguire il pagamento in valuta italiana a persona diversa da quella originaria �nata, e ci� per effetto di accordi interve :tolari del rapporto o di una cessione fatta e nazionale o anche di un provvedimento �it� giudiziaria; n� v'� alcun motivo di rimenti per quelle distrazioni provvisorie :o da eventuali provvedimenti cautelativi tl'Autorit� giudiziaria, i quali immobiliz 'aneamente una determinata somma. per� si � obiettato che, dato lo speciale ' del clearing, pel quale, come gi� detto, l'Ufficio Italiano Gambi paga i crediti i nazionali verso i debitori stranieri con rsategli dai debitori nazionali dei creditori detti provvedimenti cautelativi, immobiliz di quelle somme, riducono le disponibilit� lll' Ufficio Italiano Gambi, e possono met) dizione di non eseguire i pagamenti o di -151 limitarli; il che val quanto dire che il detto Ufficio pu� essere costretto a tenere un determinato comportamento impostogli da un provvedimento dell'autorit� giudiziaria in violazione del principio fissato nell'art. 4 della legge sul Contenzioso amministrativo. Ma all'obiezione � stato gi� esattamente risposto osservando che quei provvedimenti cautelativi intervengono quando il ciclo del clearing si � gi� svolto per intero nella sua parte essenziale, ossia dopo che si � verificata la compensazione fra debiti e crediti dei due paesi legati dall'accordo di clearing, e dopo che ha avuto luogo l'accreditamento della somma a favore del creditore nazionale. In altre parole, la disponibilit� materiale delle somme in valuta nazionale occorrenti per eseguire i pagamenti ai creditori nazionali � un dato o elemento interno di ciascuno dei paesi legati dall'accordo, che non incide �sulla fase esterna, internazionale di svolgimento del rapporto di clearing; n� perci� v'ha alcuna difficolt� ad ammettere che su quella disponibilit� possano influire, oltre alle cause naturali dipendenti dall'andamento generale del mercato internazionale d'importazione e di esportazione, anche altre cause che potrebbero dirsi genericamente artificiali e che si riconnettano alle vicende di uno dei tanti affari di cui quel mercato � intessuto. Devesi pertanto concludere che il Presidente della Sezione Istruttoria presso la Corte di Appello di Milano, nell'emanare il decreto di sequestro 11 agosto 1951, ha rispettato i limiti giurisdizionali dell'Autorit� giudiziaria ordinaria; onde cade ogni dubbio sulla necessit� di rimettere alle Sezioni Unite penali di questa Oorte l'esame dei soggetti ricorsi �. Commentando la precedente ordinanza della Corte di Appello di Milano scrivevamo che �oramai solo un sottilissimo diaframma si oppone al pieno accoglimento della tesi che postula l'assoluto difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria a disporre misure esecutive o cautelari sulle somme versate in clearing �. Purtroppo la Corte Suprema ha rinforzato questo diaframma facendone una barriera. Non ci sembra peraltro, malgrado l'autorit� dell'organo che ha emanato la sentenza in esame, che gli argomenti sopra riportati siano tali da convincerci della fondatezza della opposta tesi. Dobbiamo, anzi, notare con vero piacere che proprio dopo la sentenza della Corte Suprema sono intervenuti autorevoli appoggi al nostro punto di vista. Si tratta sopratutto dello scritto del Mazzone (in <e Rivista del Diritto commerciale �, 1954, II, 50 e segg.), il quale acutamente critica la sentenza della Corte Suprema rilevando anzitutto come cc sembra veramente strano che dopo oltre tre lustri di accese discussioni svoltesi nella dottrina e nella giurisprudenza, la Corte Suprema abbia potuto affermare (senza accennarne una qualsiasi motivazione come se si riferisse ad uno jus receptum, che nei pagamenti internazionali fra privati l'interesse pubblico sia cc limitato al rispetto del tramite obbligatorio pel quale la somma deve pervenire dal debitore straniero al creditore nazionale � e che il clearing costituisce una semplice (forma) cc sia pure obbligatoria, di paga mento�. � Fatta questa premessa, il M azzone, che � certamente uno dei pochi giuristi italiani che conosca a fondo il �� sindacali non ~ ne sono titotz, to all'art. 3 jl947, n. 883; :a Carta� costi~ on pu� avere ; norma costi' 1,dacale. Finnno associala cui rapa, la norma non in via ociazioni di ,ostituisce il )associazioni '' feresse legit ipmprendere (pta nomina re di fatto, ~ esclusiva fion voglia, rresentativo ~gittimo di ~la attuale 1� Ie l'affer 1, ~ rappre ';isiderarsi ~e, perch� 'l provve ~ emana ri SUcces inistra re rap ' a noricorso ~ I O.p.S. Jtti, non h� non l l titV:zi~ giurii in via ~ :: ' ' iJU..1MI 11 E ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO COMPROMESSO ED ARBITRI -Nomina di arbitro demandata a terzo -Invito a procedere alla� designazione all'altra par;te e non al terzo -Mancata nomina -Ordinanza del Presidente del Tribunale Revocabilit�, (Ordinanza 15 dicembre 1953 del Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere I. N.A.-Casa, Comune di Santa Maria Capua Vetere e Rossetti). L'ordinanza, con la quale il presidente del Tribunale nomina uno degli arbitri da designarsi da un terzo nel presupposto che la designazione spetti � ad una delle parti e che questa non vi abbia provveduto nei termini dell'invito, � revocabile, dallo stesso presidente del Tribunale che ha proceduto alla nomina, su ricorso del terzo. La specie riguarda appalto per costruzione di case per i lavoratori secondo le norme del O apitolato generale 9 febbraio 1950 della Gestione �I.N.A.-Oasa. Stazione appaltante un Comune. Insorte questioni tra sezione appaltante ed appaltatore, questi deferiva la controversia al Collegio arbitrale previsto all'articolo 23 di detto Capitolato generale e rivolgeva formale invito al Comune a procedere alla nomina del suo arbitro, interessando allo scopo il Consiglio direttivo ed il Comitato di' attuazione dell'I.NA. Casa ai sensi del ricordato art. 23, e ci� nel termine di legge. Decorsi i venti giorni dall'invito al Comune senza che venisse indicato l'arbitro, l'appaltatore si rivol geva al presidente del Tribunale. Avverso il decreto di nomina, cui si faceva luogo, ricorreva la Gestione I.N.A.-Oasa al presidente stesso. Nei termini che seguono � stato provveduto: �Il Presidente ... Considerato che il contratto di ap palto interceduto tra il Comune di Santa Maria Oapua Vetere, stazione appaltante per la costruzione, nella detta citt�, di vari fabbricati in nome e per conto della Gestione I.N.A.-Oasa e Giuseppe Rossetti, impresario edile, all'art. 8 stabilisce che per le conte stazioni o controversie che possono sorgere nella ese cuzione del contratto esse saranno risolte nei sensi e col procedimento indicato all'art. 23 del Capitolato generale; che il detto art. 23 espressamente specifica che per la costituzione del collegio di tre arbitri al quale le suindicate contestazioni o controversie vanno deferite -uno degli arbitri verr� nominato dal Gomitata di attuazione dell'I.N.A.-Oasa su proposta del Consiglio direttivo; che, pertanto, nessuna delega o rappresentanza per tale incombenza poteva ritenersi attribuita al Comune -stazione appaltante -sicch� l'appaltatore contraente solamente al Gomitata di attuazione dell'I.N.A.-Oasa poteva rivolgersi per la nomina del secondo arbitro e solamente allo stesso notificare la richiesta stessa. Considerato che erroneamente questo Tribunale ebbe a ritenere regolarmente effettuata la notifica dell'atto di richiesta del secondo arbitro, bench� eseguita presso il Comune; che non vale a sanare la nullit� della notifica il fatto che al Comune stesso veniva rivolto invito ad interessare il Consiglio direttivo ed il Comitato di attuazione dell'I.N.A.-Oasa, in quanto per espressa convenzione tra le parti, l'altra parte avente diritto alla nomina erano questi ultimi enti e non il Comune. Revoca, ecc. ecc.... �. La decisione � ovviamente una esatta applicazione del 3� comma dell'art. 810, Codice procedura civile (in tali sensi vedi ANDRIOLI: Commento al Codice di procedura civile, vol. III, p. 544), e va segnalata per la ritenuta ammissibilit� del reclamo e della revoca del provvedimento previsto come non impugnabile nel 2� camma del detto art. 810. V ero � che nella specie trattasi di reclamo proposto da terzo e tanto � certo sufficiente a spiegare la revocabilit�. Ma, ad ogni modo, ci pare che il provvedimento di revoca si inquadrerebbe sempre nell'orientamento giurisprudenziale che considera la non impugnabilit� limitata alla nomina dell'arbitro, come scelta essenzialmente discrezionale di esso (vedi Oorte di Appello di Torino: Ordin. Pres. 31 dicembre 1952, in �Te;mi� 1953, p. 552, con nota di Spinosa e richiami). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Interessi mora tori, compensativi e corrispettivi -Limiti di sussi stenza delle obbligazioni d'interessi. ANTICHIT� E BELLE ARTI -Esercizio da parte dello Stato del diritto di prelazione nel caso di vendita di cose d'interesse artistico -Ritardo nella emissione del mandato di pagamento -Insussistenza della obbligazione� del pagamento d'interessi~ (Corte Appello di Roma, Sez. I, Sent. 20 aprile 4 giugno 1954 -Pres.: P. Manca: Est.: La Porta Ministero Pubblica Istruzione contro. Barberini). 1) In via di massima, in base ai princip� del diritto comune, nei limiti in cui essi operano nei confronti della Pubblica Amministrazione, in funzione dello scopo fondamentale dell'attivit�. amministrativa, d�ve ritenersi che non � ipotizzabile il sorgere WWW&M& ,i#MlliiWtiGL&Zmm ,rnZEEiL -155 di una obbligazione di interessi a carico dell'Amministrazione stessa per il ritardo con il quale addivenga al pagamento di un suo debito. Ci� vale sia in caso di ritardo colposo nell'adempimento del� l'obbligazione avente per oggetto una somma di denaro (ipotesi degli interessi moratori), sia in caso di disponibilit� di somma di denaro da parte della Pubblica .Amministrazione e dalla correlativa utilit� che ne consegue (ipotesi degli interessi corrispettivi), sia in caso di riparazione di danni che si pretendano prodotti in misura maggiore di quella del tasso legale (ipotesi degli interessi corrispettivi). Vanno eccettuati il caso in cui una espressa pattuizione, ed una norma anche espressa, assegni un termine per la liquidazione o il pagamento e quello in cui l'inerzia dell'Amministrazione abbia portato ad una pronuncia giurisdizionale, che ne dichiari la sussistenza. 2. La disposizione dell'art. 65, 30 comma, del regolamento di esecuzione della legge 20 giugno 1909, n. 364, approvato con R. D. 30 gennaio 1913, n. 363, a termine della quale l'Amministrazione, notificata la determinazione di esercitare il diritto di prelazione, contemporaneamente cc emetter� mandato di pagamento del prezzo n, � norma direttiva che contemporaneamente alla notifica dell'esercizio della prelazione la Pubblica .Amministrazione deve dare inizio alle pratiche legali per l'emissione del mandato, ma non che dalla detta data il credito del privato sia liquidato ed esigibile. Abbiamo gi� dato in questa Rassegna notizie delle deoisfoni della Corte suprema in tempo di decorrenza degl' interessi per obbligazioni pecuniarie dello Stato (Sent. I, rep. 160/52 in Ra8segna 1952, p. 143, nonoh� sent. 1014/1951 in Rassegna 1951, pag. 121). La Corte d'appello di Roma, nella pregevole sentenza emessa nella oausa Finanze-Barberini, unif armandosi. al consolidato insegnamento del Supremo Collegio, ha esattamente risoluta una delicata questione di speoie relativa� al pagamento del prezzo di oose artistiche da parte dello Stato nel oaso di esercizio del diritto di prelazione. Il Tribunale di Roma, nella sentenza 27 aprile 1953, pur dichiarando di far ossequio ai principi sanciti dalla Corte Suprema, aveva ritenuto ohe la liquidit� ed esigibilit� del credito del privato derivasse dalla norma dell'art. 65, 3� oomma, del regolamento alla legge 20 giugno 1909, n. 364, (per l'applicabilit� del detto regolamento ofr. Rassegna 1953, p. 147): ma la Corte d'Appello ha esattamente posto in evidenza il carattere puramente direttivo della disposizione del regolamento di esecuzione, ohe non pu� derogare alle disposizioni della legge di contabilit� di Stato. Riteniamo opportuno trascrivere la parte essenziale della motivazione della sentenza: cc In via di massima, in base ai principi del diritto oomune, nei limiti in oui essi operano nei confronti della Pubblica Amministrazione, in funzione dello soopo fondamentale dell'attivit� amministrativa (sod disfacimento dell'interesse collettivo nei modi e nelle forme predisposti dalla legge), deve ritenersi ohe non � ipotizzabile il sorgere di una obbligazione di interessi a oarioo dell'Amministrazione stessa, per il ritardo oon il quale addivenga al pagamento di un suo debito. Ci� vale sia in oaso di ritardo colposo nell'adempiment. o delle obbligazioni, aventi ad oggetto una somma di denaro (ipotesi degli interessi moratori), sia in oaso di disponibilit� di somme di denaro da parte della Pubblica amministrazione e della correlativa utilit� ohe ne oons(3gue (ipotesi d�egli interessi corrispettivi), sia in oaso di riparazioni di danni, ohe si pretendano prodotti in misura maggiore di quella coperta dal tasso legale (ipotesi degli interessi compensativi). cc V anno eooettuati il oaso in cui una espressa pattuizione, od una norma anohe espressa, assegni un termine per la liquidazione ed il pagamento e quello in oui l'inerzia dell'Amministrazione abbia portato ad una pronunzia giurisdizionale ohe ne dichiari la sussistenza. cc Ed invero, �quanto agli interessi moratori, basta rilevare ohe, per il principio, secondo oui il debitore non pu� esigere la prestazione prima della scadenza, portato dall'art. 1185, 10 oomma, oodioe oivile, l'esigibilit� � condizione imprescindibile della mora. Ora � noto ohe, se nelle obbligazioni pecuniarie di diritto privato il momento della liquidazione di solito (salvo oio�, nelle obbligazioni a termine nelle quali l'esigibilit� segue, ew ore, alla scadenza) coincide oon quello della esigibilit� nelle obbligazioni pecuniarie dello_ Stato alla liquidazione deve seguire l'ordinazione del pagamento, oio� l'emissione del titolo di spesa (articolo 270 del regolamento di contabilit� generale). -Ci� si spiega oon l'esigenza della Pubblica Amministrazione di graduare le proprie spese in relazione ai bisogni da soddisfare ed alle disponibilit� di bilancio. cc JJa quanto si � detto consegue che non � oonoepi bile, sino all'esaurimento del procedimento ammini Strativo di liquidazione del debito e dell'ordinazione del pagamento, una obbligazione dello Stato alla pre stazione di interessi di mora. cc In. ordine agli interessi compensativi, diretti a risarcire il cosiddetto danno � proprio �, oio� in realt� quantitativamente superiore al tasso legale, va rilevato ohe anohe per essi � condizione impre scindibile l'esigibilit� del credito, oui si aggiunge l'onere per il creditore della prova del maggior danno. cc Anohe per gli interessi corrispettivi il principio non muta. Invero, qui, soltanto si prescinde dal ritardo colposo nell'adempimento del debitore, es sendo suff�oiente la disponibilit� di somme di denaro altrui, ma non pu� prescindersi dall'esigibilit� del credito. Difatti, l'�rt. 1282 oodice oivile, ohe in rife rimento alla normale capacit� di fruttificazione del danaro, ha generalizzato la norma dell'art. 41 del Codice commerciale abrogato, dispone ohe solo �i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro pro ducono interessi di pieno diritto, salvo ohe la legge o il titolo dispongano diversamente. �Siffatti principi non sono stati disoonosoiuti dal Tribunale, il quale ha per� ritenuto che nel oaso ricorra l'ipotesi di eccezione dell'esistenza di una norma espressa, la quale imporrebbe alla Pubblica Ammini. straziane di emettere l'ordine di pagamento, ossia di di provvedere all'effettivo pagamento, in un determi nato momento. �Secondo il Tribunale l'obbligo perentorio della Pubblica Amministrazione di provvedere, nel giorno stesso della notifica della decisione di esercizio della prelazione, al pagamento della cosa d'interesse arti -156 stico, su cui � ~tata esercitata la prelazione, derive rebbe dall'art. 65, comma 30 del regolamento di e~eC'U zione della legge 20 giugno 1909, n. 364, approvato con R. D. 30 gennaio 1913, n. 363. �L'articolo in parola, dopo aver detto che l'Am nistrazione deve notificare al venditore ed al compra tore la decisione di esercitare il diritto di prelazione, dispone: � Contemporaneamente il Ministero della Istruzione emetter�, a favore degli aventi dfritto, man dato di pagamento del prezzo risultante dalla denun cia e potr� anche ordinare il deposito nella Gassa dei Depositi e Prestiti. � Il Tribunale ha ritenuto che tale norma imponga l'espletamento del procedimento di liquidazione del debito del prezzo e di ordinazione del pagamento nel termine, fissato dalla legge (mesi due), per l'esercizio del diritto di prelazione. � Siffatto opinamento non va condiviso. � Se, come non� � dubbio, � soltanto nel momento in cui � esercitata la facolt� di acquisto (data di emis sione del provvedimento col quale � esercitata la pre lazione) che la propriet� della cosa passa allo Stato, deve ritenersi che anteriormente non esiste giuridi camente il titolo che legittima l'apertura del procedi mento amministrativo di erogazione delle spese. << Ci� porta a ritenere che la norma in esame va intesa nel senso che la Pubblica Amministrazione contemporaneamente all'esercizio della prelazione deve dar inizio alle pratiche legali per il pagamento del prezzo, cio� va intesa come norma direttiva. � N � diversamente pu� ritenersi, ove si consideri che una norma meramente regolamentare non pu� innovare �o modificare il sistema predisposto da una legge. fondamentale in tema di gestione finanziaria dello Stato (R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 sulla Amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� generale dello Stato). � Ora l'art. 50 dell'or richiamata legge di contabilit� prescrive: � Tutti gli atti con i quali si approvano contratti e s'i autorizzano spese ed in generale tutti quelli dai quali derivi l'obbligo di pagare somme a carico del bilancio dello Stato, debbono essere comunicati dagli Uffici amministrativi alla rispettiva Ragioneria centrale, per la registrazione dell'impegno. << Prima di eseguire la registrazione la Ragioneria verifica la legalit� della spesa e la regolarit� della documentazione e accerta la giusta imputazione della spesa al bilancio nonch� l'esistenza del fondo disponibile sul relativo capitolo. � Dal che deriva che non � possibile configurare come liquido ed esigibile il credito verso lo Stato, se non � stato esaurito il procedimento di verifica della legalit� della spesa e dell'esattezza dell'imputazione di bilancio�. La sentenza della Corte non ha avuto necessit� di fermarsi su un particolare profilo, l'inapplicabilit� della disposizione dell'art. 1499 codice civile al caso di passaggio allo Stato della propriet� della cosa artistica per effetto dell'esercizio del diritto di prelazione. L'inapplicabilit� della norma dell'art. 1499 codice civile, a termine della quale dalla consegna al compratore della cosa venduta decorrono gli interessi compensativi, deriva dalla sostanziale differenza giuridica fra la compravendita e .l'esercizio del diritto di prelazione. Osserva al riguardo giustamente il CANTUCCI (La tutella giuridica delle cose d'interesse artistico e storico, p. 221) che il rapporto di prelazione esercitato dallo Stato deve inquadrarsi giuridicamente fuori degli schemi contrattuali: lo Stato interviene non quale <Jontraente, ma quale autorit�. Il trasferimento coattivo � l'effetto di una manifestazione di volont� della Pubblica Amministrzazione in relazione alla quale il trasferimento, che intende attuare il proprietario, viene a costituire un mero presupposto di fatto. � Mentre il negozio giuridico, che intende attuare il proprietario, si svolge nell'ambito del diritto privato, l'esercizio del diritto di prelazione � attivit� di diritto pubblico della Pubblica .Amministrazione. Ci� � confermato dagli effetti della prelazione, che ipso iure importa la demanializzazione del bene, con la conseguente risoluzione di ogni rapporto privatistico, in base al quale venivano utilizzati in precedenza i beni demaniali. Tali principi, proprio in una delle cause promosse dagli occupatori del Palazzo Barberini, vennero affermati dalla sentenza del Tribunale di Roma 23 maggio 1953 (cfr. Rass. 1953, p. 199). La stessa destinazione demaniale conseguente all'esercizio della prelazione esclude che il bene possa essere suscettibile per lo Stato di un reddito dovendo lo stesso ricevere istituzionalmente una destinazione di pubblica utilit�, che � incompatibile con lo �sfruttamento economico del bene stesso. Al riguardo va ricordato l'insegnamento del MASSA (Obbligazione degli interessi,. p. 295) a termine della quale le cose acquistate, che siano per il compratore destinate ad essere fonte di una utilit� di indole meramente intellettuale e morale (quadri, arazzi, libri, ecc.) non possono produrre interessi compensativi . . G. B. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Somme � incassate per il trasferimento dei giocatori -Assoggettabilit� alla imposta. (Trib. Genova, 16 aprile11 giugno 1954 -Pres. Est.: prof. Secco -Sampdoria contro Finanze). I diritti che ogni associazione calcistica ha nei confronti dei giocatori ingaggiati e nei confronti delle altre associazioni del genere costituiscono, nella loro entit� obiettiva, un bene suscettibile di scambio. Sono pertanto soggetti all'I.G.E. gli introiti derivanti dalla negoziazione di detti diritti. Con questa elaborata sentenza, il Tribunale di Genova ha ritenuto assoggettabili all'I.G.E. le somme incassate per il trasferimento dei giocatori, in quanto i diritti ch� ogni associazione ha verso i giocatori da essa ingaggiati e verso le altre associazioni costituiscono, nella loro entit� obiettiva, un bene suscettibile di scambio. Tale assoggettabilit�, ha aggiun,to il Tribunale, non � esclusa anche se la negoziazione si realizza mediante la prestazione di un servizio, che trova negli anzidetti diritti il suo necessario presupposto. La questione cos� decisa riveste importanza teorica oltre che pratica, perch� in essa sono implicate altre questioni in parte di fondo, che interessano non solo i cultori del diritto tributario, ma anche gli studiosi del diritto privato. -157 - Oome ha osservato il Tribunale i presupposti per il 1::orgere della obbligazione di imposta sull'entrata sono la cessione di 'Un bene o la prestazione di un servizio. Cos� la formula dell'art. 1 della legge 13 giugno 1940 n. 762, dove l'accento cade tanto sul bene o servizio qitali possibili oggetti di scambio, quanto sulla cessione o prestazione, che debbono essere, aff�nch� si realizzi la fattispecie prevista dalla legge, la causa giuridica della controprestazione cio� della entrata. Da ci� l'esigenza di una duplice indagine: la prima diretta ad ind:ividuare i diritti che ogni associazione ha sul o nei confronti del giocatore e delle altre associazioni: la seconda rivolta a stabilire se ed in quale misura i detti diritti hanno formato oggetto di scambio o hanno costituito il presupposto di un servizio, dai quali deriva la entrata. Relativamente alla prima indagine, i diritti, che vengono in considerazione, fanno capo, come si osserva nella sentenza, a due rapporti funzionalmente collegati, anche se soggettivamente ed oggettivamente diversi e cio� al rapporto tra associazione e giocatore ed al rapporto fra ogni associazione e tutte le altre, in forza del quale ognuna di esse si impegna a non assumere giocatori dell'altra se non con il consenso di quest'ultima e nelle forme stabilite dai regolamenti federa�i. Questo secondo rapporto, che vincola le associazioni affiliate alla Federazione Italiana Gioco Calcio (e tutte le associazioni che praticano il gioco del calcio si trovano in tale situazione) rappresenta un fenomeno comune ad altri settori: si pensi �ai patti che disciplinano la concorrenza fra imprese dello stesso ramo commerciale o industriale e alle clausole che inibiscono alle imprese contraenti di assumere il personale tecnico dipendente dalle altre senza il consenso di queste. Ma la comunanza � soltanto parziale, giacch� qui il vincolo assume una rilevanza maggiore, posta in evidenza dalle sanzioni che ne accompagnano la violazione, sanzioni che non si limitano al risarcimento del danno, ma assumono talvolta una drasticit� estrema, quale l'annullamento delle partite giocate con l'intervento del giocatore irregolarmente ingaggiato. Quale sia poi, pi� particolarmente, la natura dei diritti sopra considerati, ha costituito, com'� noto, oggetto di recente ampio dibattito, al quale hanno partecipato alcuni dei nostri migliori giuristi, tra cui il Barbero, il Betti, il Bigiavi, il Cobianchi, il Greco, il Nicol�, il Pugliatti, il Redenti ed il Vassalli. Tra costoro vi � stato chi, prendendo in considerazione gli ampi poteri dispositivi e di controllo dell' Associazione, poteri che penetrano nella sfera della stessa personalit� fisica del giocatore, ha ritenuto di poter ipotizzare una specie di diritto reale, un qu.asi ius in corpore. dell'associazione sul giocatore. Concezione questa che urta contro principii basilari ed � perci� inaccettabile. Per superare tale ostacolo si � tentato, facendo ricorso alla nota teoria della pluralit� degli ordinamenti giuridici, di elevare a dignit� di ordinamento originario ed autonomo lo statuto federale, ma anche ques~o tentativo non poteva, per diverse ragioni, sortire effetto. Altri ha tentato perci� di affermare un diritto assoluto dell'associazione sui giocatori, quali componenti della� squadra, concepita, insieme con i suoi accessori, quale azienda; senonch� ammessa la legitti mit� di tale concezione, sul che concorda la Cassazione (Sent. 2085 in �Foro It. �, 1953/1-1086), non pu� tuttavia affermarsi che beni dell'azienda siano giocatori, ma semmai le loro future prestazioni, cio� in sostanza i diritti che l'associazione ha nei suoi confronti. Si � parlato infine anche di un diritto di appartenenza, di un diritto cio� assoluto, che vincolerebbe non solo il giocatore verso l'associazione ma altres� tutte le altre associazioni, impegnandolo a rispettare il rapporto cos� costituito. Si avrebbe qui, cio�, in sostanza, una situazione analoga a quella che si verifica in forza del diritto di sovranit�, che operando oontemporaneamente sul piano nazionale ed internazionale, vincola non soltanto il cittadino allo Stato di appartenenza ma anche tutti gli altri Stati a rispettare il detto vincolo. Concezione anche questa inaccettabile urtando contro il principio della statualit� ed unitariet� dell'ordinamento giuridico. La soluzione esatta sembrerebbe pertanto quella proposta da alcuni fra i s.ummenzionati scrittori e confortata dell'autorevole consenso della giurisprudenza, secondo la quale tratterebbesi di diritti relativi, operanti esclusivamente nella sfera giuridica delle singole associazioni e dei giocatori alle dipendenze di ciascuna di esse (vedasi oltre alla citata sentenza della Cassazione, le sentenze del Tribunale e della Corte di Torino rispettivamente in� Foro It. �, 1950/1 -1230 e 1952/1-219). Giunti a questo punto e negata la esistenza del bene, quale entit� materiale, non ne resta peraltro pregiudicata, si osserva nella sentenza, la nozione del bene nella sua pi� ampia accezione, comprensiva anche dei beni immateriali, tra cui gli stessi diritti relativi trasmissibili, considerati nella loro entit� obbiettiva, il che � anche riconosciuto dalla pi� autorevole dottrina (vedasi per tutti: BIONDI: I beni, p. 25 e passim). E sono per l'appunto questi beni immateriali che vengono in considerazione nel trasferimento dei giocatori, formando in tutto o in parte .oggetto di scambio o costituendo quanto meno il presupposto per un determinato comportamento dell'associazione cedente (il termine � usato in senso atecnico) a favore dell'associazione cessionaria. �A tali fini non � da.vvero necessario �, come motiva la sentenza, cc di giungere a presupporre una identit� tra giocatore e genere commerciale e che esseri umani possono essere oggetto di scambio economico, come la difesa della Sampdoria vorrebbe definire la pretesa .dell'Amministrazione finanziaria per trovare il fondamento gi�ridico dell'imposta richiesta, poich� il vincolo contrattuale, che lega un giocatore alla sua societ�, costituisce un diritto, il quale integra un vero e proprio bene. N � questa concezione .del rapporto giuridico fra societ� calcistica e giocatori pu� prestarsi ad illazioni lesive del principio della umana dignit�, poich� ogni obbligazione ed in particolare ogni obbligazione di prestazione d'opera, costituisce ontologicamente una limitazione della libert� umana, sebbene volontaria, ela societ� umana non � pensabile senza questo presupposto di limitazione delle libert� individuali, che sono l'affermazione e non la negazione del diritto. cc Nulla pi� di un espediente retorico al lum(delle ricordate considerazioni appare quindi il rilievo -158 della convenuta che il concepire la compravendita dei giocatori come cessione di un bene, costituisce quasi un attentato alla dignit� della persona umana, perch� � in perfetta armonia ai principi che regolano le obbligazioni, che queste si possano trasferire ad altri soggetti pur nel rispetto delle forme peculiari della cessione di crediti. � � Non ha peso alcuno ai fini del pagamentv del tributo in questione che il rapporto giuridico, che � fonte dell'obbligazione tributaria, trovi o meno posto negli -schemi tradizionali dei contratti nominati dal codice civile. Interessa soltanto che vi sia stato un pagamento in corrispondenza della cessione di un bene o di una prestazione di un servizio. � Ohe di cessione di un bene si debba parlare appare evidente dal fatto che i contratti che legano i giocatori alle societ� costituiscono per la societ� di calcio il presupposto essenziale per la sua maggiore o minore fortuna agonistica ed economica. Non importa ai fini della presente decisione che la cos� detta cessione si attui con un rapporto giuridico di rinunzia a favore di un terzo ad un contratto con il giocatore, quello che conta � che in conseguenza di questo atto ha luogo sostanzialmente uno scambio consensuale di un bene contro un prezzo e che ha luogo il fenomeno tipico dell'entrata �. Per quanto infine riguarda i presupposti soggettivi il Tribunale ha posto in evidenza che fuori dei casi in cui ci� � esplicitamente richiesto dalla legge che disciplina la subietta materia; la qualit� di imprenditore da parte di colui che ha conseguito l' entrata non � requisito essenziale. In ogni caso pu� essere opportuno rilevare che la qualit� di imprenditore delle associazioni calcistiche, implicitamente ammessa dalla Cassazione (vedasi sentenza sopra citata), difficilmente pu� essere negata con riguardo all'attivit� principale di esse, quale � la formazione dei giocatori e l' apprestazione di spettacoli di gara di calcio. Si � tentato di farlo contestando che le associazioni calcistiche abbiano un fine di lucro, ma a parte che autorevoli scrittori quali l'Asquini, il De Gregorio ed altri, non ritengano tale elemento essenziale, sembra sufficiente per la sussistenza di esso (Bignani e Ghiron) la finalit� di realizzare, attraverso ser,vizi non offerti gratuitamente, un qualsiasi beneficio patrimoniale, quale possa poi essere l'impiego di esso. A. REBORI ~&k@&fTIT ~&k@&fTIT SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E G I U R I S P R U D E �N Z A AGRICOLT~4.. 1. L'intervento dell'autorit� nella concessione delle terre incolte opera solo nella formazione del rapporto senza il concorso della� volont� del proprietario del terreno, ma non sulla natura del rapporto che rimane di locazione. (Corte Cass. 7 aprile 1954, n. 1067). .AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. 1. La figura del funzionario di fatto esige un elemento oggettivo (appartenenza degli atti alla. competenza di un soggetto di diritto pubblico) e un elemento soggettivo (intenzione dell'agente di riferire il suo atto all'Amministrazione). (Corte Cass., S. U., 13 aprile 1954, n. 1168). 2. Se manchi qualsiasi atto dell'Amministrazione o si contesti in radice ali' Amministrazione il potere di emettere un atto emesso, pu� ricorrersi al giu.ice ordinario; ma se il potere e l'atto esistono e si assume soltanto che quest'ultimo sia viziato, esso fin �he non annullato esplica i suoi effetti come fosse legittimo. (Corte Cass., 7 aprile 1954, n. 1065). APPALTO. 1. L'art. 40 Capitolato Generale opere pubbliche non preclude all'appaltatore di agire per il conseguimento del corrispettivo dovutogli, ma soltanto limita il riconoscimento del danno dovuto dall'appaltante per i ritardi nei pagamenti. (Corte Cass., 7 aprile 1954, n. 1089). 2. � incensurabile in Cassazione la. decisione del Ministro dei lavori pubblici che avvalendosi della discrezionalit� conferitagli� dalla legge n. 329 del 1950 nella valutazione della compatibilit� della revisione dei prezzi con le condizioni di appalto rigetti il ricorso contro Ja decisione del Provveditore alle opere pubbliche che abbia. respinto la. revisione. (Corte Cass., S. U., 6 maggio 1954, Cont. 4377 /52, Avv. Generale). 3. Dopo la legge n. 329 del 1950, non �si pu� chiedere la. revisione dei prezzi dell'appalto in corso di esecuzione dei lavori: ma essa pu� essere chiesta e accordata a lavori ultimati .senza che sia. d'ostacolo la parziale revis10ne eseguita in conformit� del D. L. n. 1505 del 1947. (Corte Cass., S. U., 7aprile1954, Cont. 47~5/51, Avv. Generale). 4. Per l'art. 2 del D. L. L. n. 1772 del 1940 (applicabile alla risoluzione degli appalti per lavori di costruzione degli Istituti Autonomi Case Popolari, sospesi per la guerra) va corrisposto pei contratti risoluti l'importo dei lavori eseguiti e il valore dei materiali utili esistenti in cantiere, il quale ultimo va determinato ai prezzi del momento della liquidazione e non gi� a quelli stabiliti nell'appalto. (Corte Cass., 5 aprile 1954, n. 1058). 5. Dopo fa rescissione dell'appalto in danno del-. l'impresa, e anche prima che l'Amministrazione prenda possesso dei beni, il divieto di revindica dei materiali e mezzi d'opera esistenti spiega i suoi effetti non solo nei confronti del venditore di essi materiali, ma anche nei confronti dei creditori dell'appaltatore che intendano sequestrarli o pignorarli. (Corte Cass., S. U., 10 aprile 1954 Cont. 66822, Avv. Generale). 6. Sulle somme dovute agli appaltatori di opere pubbliche non sono consentiti, durante l'esecuzione dei lavori, sequestri �o pignoramenti senza l'adesione dell'appaltante; ogni limitazione cessa per� dopo il definitivo collaudo delle opere. (Corte Cass., 7 aprile 1954, n. 1089). ATTI AMMINISTRATIVI. (Vedi: Amministrazione Pubblica, 2; Trascrizione, 1). AUTOVEICOLI. 1. Quando un autoveicolo anche se per forza maggiore si fermi sulla sua sinistra ostruendo parte della strada, ed altro veicolo proveniente .dall'incontrario vi urti, esiste concorso di colpa, pel primo _ conducente per mancata segnalazione dell'ingombro stradale e pel secondo per aver tenuto velocit� inadeguata. (Trib. Trento, 10 aprile 1954, Cont. 823, Avv. Trento). � (Vedi: Imposta di bollo, 1). ~@@Idhillh i S!b ~@@Idhillh i S!b -160 CASSAZIONE. 1. L'art. 111 della Costituzione che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze dei giudici speciali anche per violazione di legge, tranne che per le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte � dei Conti per le quali � ammesso ricorso solo per motivi attinenti la giurisdizione, � di immediata applicazione. (Corte Cass., 30 aprile 1954, Cont. 546/50, Avv. Generale). 2. Se contro una sentenza non notificata venga proposto ricorso per cassazione non depositato, pu� proporsi un nuovo ricorso entro l'anno di cui all'art. 327 C. p. c. (Corte Cass., 24 marzo 1954, n. 831). (Vedi: Guerra 4; Repubblica sociale italiana, 6). CITTADINANZA. 1. Allo straniero nato in Italia e qui residente non compete il riconoscimento della cittadinanza ai sensi dell'art. 3, legge n; 555 del 1912 se il requisito della residenza non sussista fra il 210 e 220 anno di et�. Il servizio militare all'estero per conto di una potenza straniera interrompe la continuit� della residenza. (Trib. Bolzano, 4 maggio 195�4, Cont. 834, Avv. Trento) COMPETENZA. 1. L'accertamento della natura dei� danni conseguenziali ad una requisizione o della esistenza del relativo rapporto di causalit� � questione di merito non d,educibile in sede di regolamento di competenza o di giurisdizione (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). (Vedi: Esecuzione fiscale, l; Imposta entrata, 2; Imposta di successione, 1). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE. (Vedi: Demanio, 1). CONTABILIT� DELLO STATO. 1. Solo dopo compiuti gli atti prescritti dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato perch� il pagamento possa essere autorizzato, l'ulteriore ritardo della Pubblica Amministrazione diventa colpevole producendo l'obbligo degli interessi. (Corte Cass., 30 aprile 1954, Cont. 546/50, Avv. Generale). COSTITUZIONE. (Vedi: Cassazione, 1). DANNI DI GUERRA. 1. Se prima del decreto n. 26 del 194 7, il proprietario di un immobile sinistrato abbia chiesto il contributo statale e poi abbia alienato l'immobile riservandosi ogni diritto di danni di guerra il contributo spetta al proprietario originario e non al- l'acquirente, e la competenza a conoscere della relativa controversia tra i due spetta al giudice ordinario. (Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 1085/52, Avv. Generale). (Vedi: Requisizioni, 5). � DEMANIO. 1. L'Amministrazione che faccia una concessione- contratto .su beni demaniali risponde dei danni per una revoca illecita se non si verifichino quelle ragioni di pubblico interesse che comportino l'affievolimento del diritto del concessionario. (Corte Cass., S. U., 13 aprile 1954, n. 1168). (Vedi: Possesso, 1). DIRITTO E INTERESSE. (Vedi: Guerra, 3; Repubblica sociale italiana, 7). DISCREZIONALIT�. 1. L'Amministrzione in base al principio dell'autotutela pu� rivedere e modificare il proprio operato in base a una diversa valutazione delle circostanze, ma finch� l'atto non viene reso inoperante conserva la sua validit� e il giudice non pu� sindacarlo per il mutamento dei presupposti in base ai quali fu emanato. (Corte Cass., S. U., 13 aprile 1954, Cont. 3800/50, Avv. Generale). (Vedi: Appalto, 2; Farmacie, l; Ferrovie e tranvie, 1). ELEZIONI. 1. Nei giudizi elettorali avanti la Giunta Pro vinciale amministrativa il procedimento � quello del T. U. n. 1058 del 1924 e Reg. n. (/43 del 1907. (Corte Cass., 5 aprile 1954, Cont. 2178/53, Avv. Generale). ESECUZIONE FISCALE. 1. Il procedimento coattivo di cui alla legge n. 639�del 1910 pu� applicarsi alla riscossione dei tributi ma in tal caso l'opposizione � sempre di competenza del Tribunale. (Corte Cass., 27 marzo 1954, n. 951). ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. 1. L'�sclusione delle indennit� di piantagioni b migliorie di cui all'art. 43 legge espropriazione per pubblica utilit� non vale ad impedire al proprietario la normale coltivazione del fondo anche dopo la declaratoria di esecutivit� del piano particolareggiato. (Corte Cass., 30 marzo 1954,__ n. 991). 2. Dall'espropriabilit� in base alla legge di Na-poli non discende necessariamente che l'espropriante possa modificare in corso del giudizio il criterio di stima adottato nella fase preliminare della espropriazione quando sia impugnata l'indennit�.fissata nel decreto di esproprio con riferimento specifico -161 al coefficente di valutazione stabilito da una disposizione di legge particolare. (Corte Cass., 24 aprile � 1954, Cont. 54350, Avv. Generale). 3. Il criterio per determinare le indennit� di esproprio per strade. e piazze di Rom.a in sede di piano regolatore non � applicabile per le espropriazioni ferroviarie che riguardino terreni destinati a tale scopo in Rom.a. In tale ipotesi l'indennit� non si ragguaglia al puro valore venale del terreno considerato indipendente dalla sua edificabilit�, m.a si determina nella media del valore venale dell'immobile e dell'imponibile netto capitalizzato. (Corte Cass., 24 aprile 1954, Cont. 54350, Avv. Generale). 4. La liquidazione dei danni per occupazione d'urgenza protrattasi oltre il biennio non pu� essere liquidata alla stregua di quella dovuta per l'occupazione �contenuta nel biennio, m.a deve limitarsi al semplice risarcimento dei danni, che � soggetta a rivaluta;zionelm.onetaria. (Corte Cass., 30 marzo 1954, n. 991) 5. Nel caso di occupazione d'urgenza protratta oltr� il biennio, e di successivo intervento di decreto di espropriazione, si deve, per determinare il periodo di occupazione abusiva e il relativo debito dei danni, far capo alla data della pronuncia del decreto non a quella della sua notifica. (Corte Cass. 30 marzo 1954, n. 990). 6. Nelle occupazioni d'urgenza, ove nel biennio non sia intervenuto il decreto di espropriazione (non bastando la intervenuta declaratoria di esecutivit� del piano particolareggiato) l'immobile deve essere restituito al proprietario. (Corte Cass., 30 marzo 1954, n. 990). FARMACIE. 1. L'atto con cui un Prefetto provvede sulla richiesta autorizzazione all'esercizio di una farmacia nell'ipotesi di cui all'art. 369 legge sanitaria, � discrezionale, non lede nessun diritto e pu� essere impugnato solo avanti al Consiglio di Stato. (Corte Cass., S. U., 1 aprile 1954, Cont. 2332/51, Avv. Generale). FERROVIE E TRANVIE. 1. L'art. 2 del R. D. n. 1687 del 1873 pone al1' Amministrazione ferroviaria un limite al potere discrezionale, talch� la rispondenza o meno, di un dispositivo per evitare incendi. da scintille, al fine voluto, pu� essere sindacato dal giudice. (Corte Cass., 9 aprile 1954, Cont. 3540/52, Avv. Generale). GIURISDIZIONE. 1. Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione � ammissibile anche se il giudizio penda davanti a giudici amministrativi. (Corte Cass. S. U., 6 maggio 1954, Cont. 63607, Avv. Generale). 2. Il regolamento di giurisdizione presuppone un processo pendente, non pu� proporsi quindi n� contro un processo esaurito n� prima che il processo sia iniziato. (Corte Cass., S. U., 27 aprile 1954, n. 1299). � (Ved.i: Discrezionalit�, 1). GIURISDIZIONI SPECIALI.. (Vedi: Propriet� industriale, 1; Requisizioni, 3 e 4). GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. 1. Il Consiglio di Stato deve statuire su tutti i lamentati vizi dell'atto amministrativo e cio� non solo su quelli che attengono all'uso del potere discrezionale dell'Amministrazione m.a anche sui vizi consistenti in norme giuridiche vincolanti, che prescrivano un determinato com.portamento. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). (Vedi: Giurisdizione, 1). GUERRA, 1. Per quanto l'occupante bellico abbia i pot.eri di cui all'art. 53 regolamento Convenzione Aia, tuttavia i negozi stipulati dal tedesco sono per l'art. 5 del D. L. n. 134 del 1946 nulli nel nostro diritto e l'Amministrazione pu� ricuperare la sua cosa ~enza che il privato che le ha acquitate dal tedesco possa opporre la legittimit� della propria detenzione. (Corte Cass., 28 aprile 1953, Cont. 4268/52, Avv. Generale). 2. Sin da prima della Costituzione, art. 10, il diritto italiano si era adattato alla norma dell'art. 53 regolamento Convenzione Aja sulla preda di guerra, per la quale per� le occupazioni non sono legittime se determinate da finalit� di speculazione commerciale. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 2204/52, Avv. Generale). 3. Nel ricupero degli autoveicoli statali alienati dalle autorit� alleate, che pu� disporsi per l'art. 20 D. L. 118 del 1948 qualora il Ministero dei Trasporti non riconosca la validit� formale dei documenti di alienazione, tale facolt� non costituisce una potest� discrezionale di disporre del diritto degli acquirenti, il quale non resta quindi attenuato in interesse legittimo. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 2204/52, Avv. Generale). 4. Nel Territorio libero di Trieste per implicita delegazione contenuta nel Trattato di pace lo Stato italiano continua ad esercitare la giurisdizione a mezzo dei suoi organi, quindi le relative sentenze sono impugnabili per cassazione nei casi previsti dal codice di rito. (Corte Cass., S. U., 10 aprile 1954, Cont. 66822, Avv. Generale) ... IMPOSTA DI BOLLO. 1. Il sistema di riscossione della tassa di bollo di cui al D. L. n. 1173 del 1948, art. 8, non � applicabile ai noleggi o trasporti privati con mezzi auto -162 mobilistici eseguiti soltanto occasionalmente e al di fuori di ogni prestabilimento di percorso, itinerario e durata. (Corte Cass., 7 aprile 1954, Cont. 517/53, Avv. Generale). IMPOSTA SULL'ENTRATA. l. Si pu� adire il giudice nelle controversie che involgano la disamina di� una questione di diritto o di diritto e di fatto insieme, non in quelle in cui la questione sia di semplice estimazione. Corte Cass., S. U., 3 maggio 1954, Cont. 2771/51, Avv. Generale). 2. Non � applicabile all'imposta sull'entrata l'art. 29 R. D. L. n. 1639 del 1936 che ammette eccezionalmente il ricorso all'autorit� giudiziaria in relazione ad alcune imposte per errore di apprezzamento o per difetto di calcolo. (Corte Cass., S. U., � 3 maggio 1954, Cont. 2771/51, Avv. Generl:!!.le). IMPOSTA DI REGISTRO. l. Agii effetti della tassa di registro il provvedimento con cui il Consorzio del Porto di Genova rilasci licenza a una ditta di eseguire nell'ambito dE'Sl porto lavori per riparazioni o demolizioni di navi costituisce autorizzazione e non concessione di servizio pubblico. (Corte Cass., 9 aprile 1954, Cont. 3656/52, Avv. Generale). 2. L'agevolazione tributaria di che all'art. 3 D. D. L. n. 322 del 1945 relativamente ai contratti di appalto per le riparazioni o ricostruzioni di edifici danneggiati dalla guerra, si estende ai contratti relativi alle pertinenze, come quello per la ricostruzione dell'impianto di riscaldamento. (Corte Cass. 29 aprile 1954, Cont. 2633/53, Avv. Generale). (Vedi: Legittimazione, 1). IMPOSTA DI SUCCESSIONE. 1. L'art. 95 del R. D. n. 3270 del 1923 che investiva della conoscenza delle controversie il Tribunale nella cui giurisdizione si trovava l'ufficio liquidatore del tributo � stato sostituito dall'art. 1 R. D. L. n. 2107 del 1924 e dall'art. 8 T. U. n. 1611 del 1933 istitutivo del foro dello Stato. (Trib. Oristano, 23 febbraio 1954, cont. 101/52, Avv. Cagliari). IMPOSTE E TASSE. l. Dall'esenzione di cui al D. L. L. n. 322 del 1945 riguardante la ricostruzione edilizia � esclusa la compra-vendita di cose mobili come gru elettriche da installare in un porto. (Corte Oass., 28 aprile 1954,Cont. 1900/51, Avv. Generale). (Vedi: Imposta entrata, 1). IMPUGNAZIONE. l. Nella pluralit� di impugnazioni della medesima specie nel caso di litisconsorzio � principale l'impugnazione istaurata per prima, la quale � indipendente da ogni altra e non subordinata alla efficacia delle altre, mentre sono incidentali, e dipendenti dalla principale, le successive. (Corte Cass., 5aprile1954, Cont. 2178/53, Avv. Generale). IMPUGNAZIONE FISCALE. l. � nulla l'ingiunzione pel pagamento di contributi su bombole di metano emessa dal Procuratore dell'Ufficio bollo e Demanio, anzich� dall'Intendente di Finanza. (Trib. Brescia, 6 maggio 1954, Cont. 3170, Avv. Brescia). INTERVENTO. l. Il Ministero dell'Interno l�a interesse a intervenire nel giudizio promosso per l'accertamento dello stato di cittadinanza. (Trib. Bolzano, 4 maggio 1954, Oont. 834, Avv. Trento). (Vedi: Cittadinanza, 1; Requisizioni, 1). LEGGE. l. L'opinione di chi ha partecipato alla elaborazione della legge non ha importanza decisiva ove non corrisponda al testo legislativo. (Corte Cass., 10 aprile 1954, n. 1138). LEGITTIMAZIONE. l. La rappresentanza legale dell'Amministrazione delle Finanze in materia di controversie per l'applicazione delle tasse di registro spetta all'Intendente di Finanza in ogni grado e quindi anche in Cassazione; un ricorso diretto al Ministro delle Fina.nze � inammissibile anche se l'organo incompetente si costituisca in giudizio eccependo poi tale nullit�. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 2345/53, Avv. Generale). 2. Manca di legittimazione processuale rispetto .ad un contratto stipulato da una direzione di Commissariato il Ministero della Difesa Esercito in persona del Ministro. (Trib. Brescia, 20 maggio 1954, Cont. 3081, Avv. Brescia). LOCAZIONI. (Vedi: Requisizioni, 6). NOTIFICAZIONE. l. Le notificazioni da farsi direttamente presso le Amministrazioni ai sensi dell'art. 12 del T. U. n. 1611 del 1933 riguardano qualsiasi atto comprese le sentenze. (Corte Cass., S. U., 1aprile1954, Cont. 2332/51, Avv. Generale). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI. l. Un fatto che pur non essendo normale, sia abituale, non pu� costituire caso fortuito, mancando l'estremo dell'imprevedibilit�. (Corte Oass., 22 marzo 1954, n. 809). -163 2. La rapina e il furto sono casi di forza maggiore esimenti da responsabilit� qualora risulti l'impossibilit� di prevenirli. (Corte Cass., S. U., 3 maggio � 1954, Cont. 2969/51, Avv. Generale). (Vedi: Contabilit� dello Stato, l). PERIZIA. 1. La nomina del consulente tecnico � superflua quando fra i componenti del collegio vi sono per legge persone esperte nel ramo tecnico. (Corte Cass., 30 aprile 1954, Co�t. 546/50, Avv. Generale). POSSESSO. 1. La concessione di un bene patrimoniale indisponibile pur se� accompagnata da regolamento bilaterale del rapporto (concessione-contratto) non sottrae il bene al regime di diritto pubblico, se con la concessione sussista e coesista la destinazione ad esigenze di interesse pubblico; non vi � luogo perci� ad azione possessoria anche se l'atto del1' Amministrazione sia diretto a consentire ad altri uguale uso del bene. (Corte Cass., S. U., 29 aprile 1954, Cont. 59851, Avv. Generale). PROPRIET� INDUSTRIALE. 1. L'art. 71 R. D. n. 1127 del 1939 che devolve ad una speciale Commissione le decisioni sui ricorsi sui brevetti non � incostituzionale perch� il Governo nell'emettere quella legge delegata non eccedette f limiti della delega. La speciale Commissione ivi prevista ebbe ribadite e non attribuite le preesistenti funzioni d'organo di giurisdizione speciale. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 5119/52, Avv. Generale). REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA. 1. La convalida degli atti r. s. i. non � limitata agli atti amministrativi formali ma si estende alla responsabilit� per atti illeciti commessi da organi della r. s. i. (Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. Generale). 2. L'inefficacia per mancata convalida di provvedimenti di carriera dei funzionari r. s. i. non comportano inefficacia degli atti emanati o di atti illeciti commessi nell'esercizio di funzioni proprie di enti pubblici e recepite dal Governo legittimo. (Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. Generale. 3. L'attivit� della guardia nazionale repubblicana e della polizia confinaria r. s. i. non � da inquadrarsi fra gli atti amministrativi sulla base di leggi e regolamenti r. s. i. (Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. Generale). 4. Il decreto 30 settembre 1945 del Ministero dell'Interno invalidante la circolazione dei suoi automezzi sotto r. s. i. concerne esclusivamente gli autoveicoli gi� appartenenti al governo legittimo e successivamente adoperati dagli organi r. s. i. (Corte Oass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. Generale). 5. Gli atti portanti disposizione di beni ai sensi dell'art. 2 D. L. J,. n. 249 del 1944 sono tanto quelli a titolo gratuito quanto quelli a titolo oneroso. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). 6. La decisione del Consiglio di.Stato che applichi l'art. 2 D. L. L. n. 249 del 1944 a una delibera comunale di vendita di un bene, ma annulli per tardivit� il provvedimento di convalida emesso ai sensi dell'art. 3 � j:rnpugnabile per difetto di giurisdizione in cassazione competendo a questa cli stabilire se sussista il lamentato eccesso di giurisdizione e di accertare e dichiarare se quella delibera comunale rientrava �O meno pell'art. 2 predetto. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). 7. Con la perdita dell'efficacia degli atti di disposizione di beni di enti pubblici i diritti soggettivi del privato acquirente sono soppressi e sostituiti dall'interesse legittimo ad ottenere la convalida mediante atto discrezionale dell'organo amministrativo competente. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, Il. 843). REQUISIZIONI. 1. Nel giudizio promosso ai sensi dell'art. 32, legge n. 253 del 1950 dal proprietario contro l'occupante per la disponibilit� dell'immobile non � necessario l'intervento dell'autorit� che lo ha requisito. (Corte Cass., S. U., 6 maggio 1954, Il. 1398). 2. � sufficiente la volont� dell'Amministrazione Pubblica manifestata con atti idonei per attuare la requisizione pel decreto n. 17 41 del 1940 e legge 1819 del 1942. Un'occupazione per sede di pubblico ufficio, seguita da regolare requisizione per lo stesso uso, costituisce manifestazione tacita della volont� di requisire. (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 3. La controversia in cui si contesti la legittimit� del comportamento della Pubblica Amministrazione riguardo la destinazione, uso o custodia della cosa requisita, ove vi siano danni addebitabili alla inosservanza degli obblighi del beneficiario o ad atti di terzi, � di competenza dei comitati giurisdizionali per le i'equisizioni. (Corte Cass. S. U., 27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 4. Ai comitati giurisdizionali delle requisizioni � attribuita la cognizione anche delle controversie relative alle indennit� per il logoramento o il deterioramento e alla d'eterminazione di qualsiasi compenso per qualsiasi motivo (e quindi anche per l'uso normale della cosa) purch� sussista nesso di causalit� con la requisizione. (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 5. Il diritto all'indennit� sostitutiva della cosa requisita in uso che non possa per perimento essere restituita al proprietario, sorge quando gli eventi che hanno determinato la perdita siano �h � rapporto di causalit� con la requisizione. Se quindi l'evento � riferibile a fatto cli guerra l'interessato deve rivolgersi agli organi della liquidazione dei danni di guerra. (Corte Cass., S. U., 3 maggio 1954, Cont. 2969/51, Avv. Generale). -164 6. Se fra l'autorit� requirente e il proprietario requisito vien pattuito un canone, subentra alla requisizione un rapporto locatizio: l'accertamento dei danni verificatisi in tale rapporto spetta-all'autorit� giudiziaria ordinaria. (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). RESPONSABILIT�. 1. Nell'ipotesi di comportamento illecito del danneggiato che si inserisca nell'iter delle conseguenze dannose e sia idoneo da solo a produrre un aggravamento, la diminuzione del risarcimento � legittima quando accanto al dolo o colpa grave del danneggiante sia accertato il dolo o la colpa grave del danneggiato, mentre la colpa lieve del danneggiato resta assorbita dalla colpa grave del danneggiante. (Corte Cass., 7 aprile 1954, Cont. 57707, Avv. Generale). 2. Il calcolo delle giornate medie lavorative al fine della liquidazione del danno patrimoniale va fatto con criteri di media tenuto conto di eventuali periodi di inattivit�, onde � esatto il conteggio sulla base di 300 giornate lavorative. La tabella di cui al R. D. n. 1403 del 1922 va adattata al divario tra la vita fisica e quella lavorativa onde � giusta una riduzione del 10 %� (Corte App. Messina, 9 aprile 1954, Cont. 5237, Avv. Messina). (Vedi: Autoveicoli, l; Trasporto, 2). RICOSTRUZIONE. (Vedi: Imposta di registro, 2; Imposte e tasse, 1). SEQUESTRO (Vedi: Appalto, 5 e 6). TRASCRIZIONE. 1. Anche se dante causa sia una pubblica annuinistrazione � decisiva nei rapporti fra acquirenti dallo stesso autore, l'indagine sulla priorit� della trascrizione, almeno se il successivo acquirente non possa opporre manifestazioni di revoca o annullamento dell'atto amministrativo relativo al trasferimento trascritto per primo. (Corte Cass., 30 marzo 1954, n. 983). TRASPORTO. 1. L'inosservanza dell'onere del viaggiatore di provvedere alla sua incolumit� non esclude che l'evento dannoso sia attribuibile anche a colpa concorrente del vettore. (Corte Cass., 22 marzo 1954, n. 809). 2. In caso di perdita o avaria della cosa trasportata, l'inadempimento dell'Amministrazione ferroviaria sLconcreta in una obbligazione di somma, sottratta alla rivalutazione. (Corte Cass., 22 marzo 1954, Cont. 3720/52, Avv. Generale). INDICE SISTEMATICO DELLE CO N S U-LT A Z I O N I LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO .LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -1) Quale natura giuridica abbia il rapporto instauratosi tra l'Amministrazione ed un Consorzio agrario provinciale per la gestione della Cassa Conguaglio Farine e Pasta (n. 151) -II) Se la cessione dei mobili di ufficio effettuata dalle Ferrovie dello Stato all'A. R. A. R. ai sensi dell'art. 5 del D. L. 29 ottobre 1945, n. 683, vada considerata a titolo di propriet� o di semplice uso temporaneo (n. 152). ANTICHITA' E BELLE ARTI. --I) Se il trattamento previsto dalla legge 10 giugno 1939, n. 1089 (art. 49) a favore di qualsiasi scopritore di cose di interesse artistico o storico, competa, in linea di massima, agli operai e lavoratori in genere, che vengano impiegati dall'Ente per la Maremma e per il Fucino in opere di bonifica o di edilizia o stradali (n. 27). APPELLO. -Se il giudice di appello, dichiarando che il giudice ordinario abbia sulla causa la giurisdizione negata da quello di primo grado, debba limitarsi a rinviare la causa stessa al giudice di primo grado o possa senz'altro statuire nel merito (n. 4). APPALTO. -I) Se sia consentita la rev1s10ne dei prezzi di un contratto di fornitura stipulato successiva mente all'entrata in vigore del R. D. L. n. 901 del 12 giu gno 1940, in assenza di una espressa clausola revisio nale (n. 191). -II) Se il richiamo, in un contratto di for nitura, oltre che del Capitolato speciale, anche delle Condizioni generali per i lavori del Genio militare, possa .trasformare il contratto stesso in appalto (n. 191). III) Se l'art. 1467 c. c. sia applicabile ai contratti di diritto privato della Pubblica Amministrazione (n. 191). IV) Si;i, intervenuta la risoluzione dell'appalto in seguito al fallimento dell'appaltatore, possa applicarsi la penale per tardivo adempimento (n. 192). APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -I) Se l'accordo intervenuto tra il Ministero dell'Agricoltura e la Federazione Consorzi Agrari in ordine al pagamento degli interessi sulle somme anticipate per la gestione ammasso grano possano indiscriminatamente estendersi agli altri servizi gestiti da detta Federazione per conto e nell'interesse della Pubblica Amministrazione (n. 29). II) Quale natura giuridica abbia il rapporto instauratosi tra l'Amministrazione ed un Consorzio agrario pro. vinciale per la gestione della Cassa Conguaglio Farine e Paste (n. 29). -III) Se il Consorzio Agrario Provinciale, incaricato della gestione della Cassa Conguaglio, possa pretendere, sulle somme anticipate, interesse in misura superiorn a quella legale (n. 29). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Se l'assegnazione degli alloggi a carattere popolare, costruiti direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici, nei casi ipotizzati dagli articoli 55 del D. L. 10 aprile 1947, n. 261, e 10 della legge 25 giugno 1949, n. 409, concreti una locazione jure privatorum o una concessione amministrativa (n. 46). -II) Se l'Amministrazione possa procedere direttamente, in via amministrativa, allo sfratto degli assegnatari di detti alloggi, in caso di revoca dell'assegnazione (n. 46). CONCESSIONI. -Se, ai sensi delle vigenti norme, un profugo dalla Cirenaica, il quale abbia col� esercitato, di fatto, il commercio all'ingrosso di banane, abbia diritto di ottenere una concessione di rivendita in Italia (n. 38). CONFISCA. -I) Se il sequestro, da parte di agenti di Pubblica Sicurezza della Repubblica sociale italiana, di una somma, convertita poi in vaglia intestati al Capo della Provincia, e da questi riscossi indebitamente, senza che dalla Contabilit� della Questura o della Prefettura risulti introitato il relativo importo, concreti una confisca, da considerarsi inefficace, quale atto della r. s. i., ai sensi dell'art. 1, n. 2, del D. L. 5 ottobre 1944, n. 249 � (n. 14). -II) Se il Goverrio legittimo sia tenuto alla restituzione di una tale somma agli aventi diritto (n. 14). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) Se l'art. 3 del D. L. 19 aprile 1948, n. 517, debba interpretarsi nel senso che la decadeza da esso comminata investa anche quei benefici in rapporto alla cui concessione le dichiarazioni non veritiere o il tentativo di frode non agiscano in alcun modo (n. 118). -II) Se al Ministero del Tesoro spetti la competenza esclusiva a pronunciare la decadenza di cui sopra, in ogni caso (rr: 118). -III) Se condizione essenziale per la declaratoria di decadenza sia che l'accertamento dei fatti che vi danno causa avvenga successivamente e non anteriormente alla definizione della procedura amministrativa (n. 118). IV) Se l'Amministrazione possa pronunciare la declaratoria di decadenza, ove abbia gi� emesso il provvedi 166 mento di liquidazione, considerato che era in possesso fin dal periodo dell'istruttoria della domanda degli elementi di fatti, poi invocati ai fini della detta declaratoria (n. 118). -V) Se il mancato visto della ragioneria centrale sui decreti che approvano contratti dell'Amministrazione importanti una spesa determini la inefficacia del contratto al pari del mancato visto della Corte dei Conti sui decreti ministeriali di approvazione dei contratti per importo superiore a quello stabilito dalla legge (n. 119) DEMANIO. -Se le istanze di sblocco di titoli, avanzate dagli interessati prima dell'entrata in vigore della legge 11 luglio 1952, n. 911, debbano intendersi prive di qualsiasi efficacia giuridica (n. 98). DANNI DI GUERRA. -Se il recupero delle somme pagate dall'Amministrazione per effetto di una cessione riconosciuta, avente per oggetto i crediti relativi al risarcimento �di danni di guerra a mobili, erroneamente corrisposti al beneficiario senza detrarne l'importo della cessione stessa, possa ritenersi assistito dal privilegio sugli immobili, alienati a terzi dal beneficiaro stesso e per i quali pure fu concesso l'indennizzo dei danni di guerra, ai sensi dell'art. 6 del R. D. L. 20 ottobre 1921, n. 1491 (n. 41). ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se il Santuario di Pompei possa porre in essere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione (e, quindi, riscuotere capitali e disporre dei medesimi), senza che sia necessaria preventiva autorizzazione governativa (n. 23). FALLIMENTO. -I) Se, intervenuta la risoluzione dell'appalto in seguito al fallimento dell'appaltatore, possa applicarsi la penale per tardivo adempimento (n. 12). -II) Se il provvedimento del giudice delegato al fallimento, il quale, in sede di verifica, escluda un credito dal passivo fallimentare, comporti la preclusione di ogni questione sull'esistenza e sull'ammontare del credito, sia in sede fallimentare, sia fuori del fallimento, anche dopo la chiusura del medesimo (n. 13). FERROVIE. -I) Se la cessione dei mobili di ufficio, effettuata dalle Ferrovie dello Stato all'A. R. A. R. ai sensi dell'art. 5 del D. L. L. 29 ottobre 1945, n. 683, vada conRiderata a titolo di propriet� o di semplice uso temporaneo (n. 198). -II) Se il Dopolavoro ferroviario costituisca un Ente pubblico, avente una propria personalit� giuridica, o un organo dell'Amministrazione, sia pure con gestione contabile autonoma (n. 199). -III) A chi spetta la titolarit,� dei beni del Dopolavoro Ferroviario (n. 199). -IV) Se, ai fini della responsabilit� delle Ferrovie dello Stato, possa considerarBi come dipendente da � anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario " il .danno subito nella persona da un viaggiatore il quale, mentre trovavasi seduto al suo posto nello scompartimento, tenendo la mano destra appoggiata al telaio del finestrino, sia stato improvvisamente colpito alla mano stessa, all'atto dell'incrocio del treno con un altro, da un corpo contundente (n. 200). FERROVIE E TRANVIE. -I) Se, in linea di massima, la Gestione commissariale governativa di una ferrovia in concessione sia una gestione diretta dello Stato (n. 201). -II) Se, in linea di massima, la dichiarazione di decadenza della societ� concessionaria della ferrovia importi che si debba att;ribuire alla gestione straordinaria lo stesso valore e lo stesso significato della gestione diretta dello Stato (n. 201). -III) Se l'agevolazione tributaria di cui all'art. 9 della legge 14 giugno 1949, n. 410, riferentesi a ferrovie in concessione; sia applicabile a contratti concernenti la gestione straordinaria governativa di una ferrovia in concessione (n. 201). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il provvedimento ministeriale che modifica il bando di concorso a posti nella carica di commissario i;ecnico per l'Oriente, attribuendo alla lingua araba un postq riservato a concorrenti per la lingua persiana, debba rivestire le stesse forme del bando di concorso (n. 356). -II) Se l'Amministrazione debba procedere alla riapertura dei termini del concorso, ove successivamente all'espletamento delle prove scritte, il posto riservato alla lingua persiana venga attribuito alla lingua araba, per mancanza di concorrenti nella prima categoria (n. 356). -III) Se sia legittimo l'aumento del numero dei posti messi a concorso, dopo l'esaurimento delle prove scritte e prima dell'espletamento degli orali (n. 356). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se, ai fini dell'art. 2 della legge istitutiva dell'I. G. E., sia rilevante che l'entrata inerisca ad un atto economico compiuto nell'esercizio abituale dell'attivit� commerciale o industriale o derivi da un atto economico che sia espressione di un'attivit� meramente occasionale (n. 44). -II) Se la prova della titolarit� dei negozi, che danno causa all'atto economico soggetto all'I. G. E., possa determinarsi in base a presunzioni ovvero soltanto in base ad atti scritti forniti di autenticit� o a speciali registrazioni contabili eseguite attraverso determinate formalit�. (n. 44). IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'agevolazione tributaria di cui all'art. 9 della legge 14 giugno 1949, n. 410, riferentesi a ferrovie in concessione, sia applicabile a contratti concernenti la gestione straordinaria governativa di una ferrovia in concessione (n. 234). -II) Se la legge 11 febbraio 1952, n. 74, sia applicabile agli enti pubblici (n. 235) -III) Se la legge 11 febbraio 1952, n 74, sia applicabile agli enti pubblici, anche in deroga alle loro norme statutarie, incompatibili con le disposizioni della legge medesima (n. 235). -IV) Se l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni possa procedere a rivalutazione degli immobili di sua propriet� ai fini della loro iscrizione in bilancio, ai sensi della legge 11 febbraio 1952, n. 74, bench� l'art. 20 del suo Statuto, approvato con R. D. 20 maggio 1926, n. 933, prescriva che gli immobili debbano essere segnati in bilancio per il minore dei due prezzi di acquisto e di mercato (n. 235). -V) Se in sede di convenzione di abbonamento per la liquidazione dell'imposta filati, possa tenersi conto della minore capacit� produttiva dei filati (n. 236). -VI) Se, nel periodo che precede la trascrizione dell'avviso di mora per mancato pagamento di imposta straordinaria sui profitti di guerra possa il contribuente in via generale disporre dei propri beni (n. 237). -VII) Se l'atto di disposizione, compiuto dopo la trascrizione dell'avviso di mora, sia semplicemente revocabile o inefficace \n. �2117-). LEGGI DECRETI E REGOLAMENTI. -Se un decreto prefettizio emanato a suo tempo in base al R. D. 13 agosto 1926, n. 1605, concernente l'obbligatoriet� delle concimaie, possa ritenersi abbia perduto la -167 sua efficacia in seguito all'entrata in vigore della nuova legge in materia (R. D. 27 luglio 1934, n. 1265), che ha -0onseguentemente abrogato le norme anteriori (n. 10). LOCAZIONI. -Se al proprietario di due appartamenti, entrambi locati all'Amministrazione ferroviaria .ad uso di abitazione per i propri dipendenti, competa l'aumento di fitto in misura superiore al 25 %, previsto dall'art. 2 (5� comma) del D. L. 21 dicembre 1951� n. 1356 (n. 78). MONOPOLIO. -I) Se le carte da gioco siano comprese, ai sensi delle vigenti norme, tra i generi di monopolio o tra i generi & questi assimilati (n. 22). -II) Se le infrazioni al R. D. 30 dicembre 1923, n. 3277, sulle carte <la gioco, ancorch� punibili con la pena pecuniaria della multa, siano soggette alla definizione amministrativa prevista dalla legge 3 gennaio 1951, n. 27 (n. 22). NAVI. -I) Se le donne possano conseguire il titolo <li aspirante capitano di lungo corso previsto dall'art. 123 del Codice della navigazione (n. 61). -II) Se, eccettuate le professioni di capitano e di padrone, inibito alle donne dall'art. 1 del R. D. 4 gennaio 1920, n. 39, possano le donne stesse essere iscritte nelle rimanenti qualifiche dei vari servizi di bordo, esclusi quelli di macchina (n. 61). III) Se per l'iscrizione nelle qualifiche consentite valga .anche per le donne il limite di et� minima di 14 anni di -0ui all'art. 119 del Codice della navigazione (n. 61). IV) Se, ai sensi delle vigenti norme, possa consentirsi .alle donne l'esercizio della professione marittima soltanto .al compimento del 210 anno di et� per i servizi di coperta, per quelli tecnici e complementari di bordo (n. 61). PENA. -Se la base di commisurazione, prevista dall'art. 7 del D. L. C. p. S. 21 ottobre 1947, n. 1250 (comma 20 e 3�) nello stabilire che le sanzioni pecuniarie non proporzionali, comminate per i singoli reati dalle leggi speciali emanate prima del 5 ottobre 1945, debbano moltiplicarsi per otto, sia la pena pecuniaria originariamente sancita dalle singole leggi speciali, oppure quella gi� raddoppiata a norma dell'art. 3 del D. L. L. 5 ottobre 1945, n. 679 (n. 5). PREZZI. -Se sia consentita la revisione dei prezzi di un contratto di fornitura stipulato successivamente all'entrata in vigore del R. D. L. n. 901 del 12 giugno 1940, in assenza di una espressa clausola revisionale (n. 19). RESPONSABILITA' CIVILE. -Se, ai fini della responsabilit� delle Ferrovie dello Stato possa considerarsi come dipendente da �anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario � il danno subito nella persona da un viaggiatore il quale, mentre trovavasi seduto al suo posto nello scompartimento, tenendo la mano destra appoggiata al telaio del finestrino, sia stato improvvisamente colpito alla mano stessa, all'atto dell'incrocio del treno con un altro, da un corpo contundente (n. 144). SOCIETA'. -I) Se la legge 11 febbraio 1952, n. 74, sia applicabile agli enti pubblici (n. 52). -II) Se la legge 11 febbraio 1952, n. 74 sia applicabile agli enti pubblici, anche in deroga alle loro norme statutarie, incompatibili con le disposizioni della legge medesima (n. 52). -III) Se l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni pos::ia procedere a rivalutazione degli immobili di sua propriet� ai fini della loro iscrizione in bilancio, ai sensi della legge 11 febbraio 1952, n. 74, bench� l'art. 20 del suo Statuto, approvato con R. D. 20 maggio 1926, n. 933, prescriva che gli immobili debbano essere segnati in bilancio per il minore dei due prezzi di acquisto e di mercato (n. 52). -IV) Se sia legittima la partecipazione azionaria dello Istituto di Credito per il Lavoro italiano all'Estero (I. C. L. E.) ad enti di colonizzazione, esercenti attivit� all'estero, che impieghino, almeno prevalentemente, mano d'opera italiana (n. 53). (2101762) Roma, 1954 � Istituto Polhrrafico dello Stato . G. C.