ANNO VII .L. N. 6-7 
GIUGNO-LUGLIO 1954 

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~~ RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PUBBLICAZIONE ]JI SERVIZIO 

SOMMARIO 

I. 
ARTICOLI ORIGINALI 
I 
confiitti di nazionalit� nell'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia, 

dell'aV':, S. V ARVESI, p. 125-139. 

II. NOTE DI DOTTRINA 
1) 
E. BLUMENSTEIN: Sistema di diritlo aelle imposte, recensione critica 
dell'avv. G. ZOBOLI, p. 140-141. � 

2) 
U. PaosPERETTI: L'elettorato politWo attivo, recensione critica dell'avvocato 
G. GuGLIELMI, p. 141-142. 

III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 
l) Acque pubbliche -Usi di pubblico .~enerale interesse (Corte di Cass.), 

p. 143-147. 
2) 
Contratto di guerra -Poteri del Commissario per la sistemazione dei 
contratti di guerra (Corte di Cass.), p. 147-149. 

3) 
Demanio -Tassativit� . della classificazione di cui all'art. 822 C. c. Demanialit� 
accidentale -Espropriazione per costruzione di un'opera 
pubblica (Corte di Cass.), p. 149-150. 

4) 
Scambi e valute -Versamento di somme in clearing -Sequestro delle 
somme versate -Difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria 
(Corte di Cass.), p. 150-153. 

5) 
Sindacati -Poteri di rappresentanza --Rappresentativit� (Consiglio di 
Stato), p. 153. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
1) 
Compromesso ed arbitri-Nomina di arbitro demandata a terzo -Mancata 
nomina (Ordinanza 15 dicembre 1953, Pres. Trib. Santa Maria 
Capua Vetere), p. 154. 

2) 
Amministrazione Pubblica -Interessi moratori, compensativi e corri� 
spettivi -Antichit� e Belle Arti -Diritto di prelazione nel caso di vendita 
di cose d'interesse artistico -Ritardo nella emissione del mandato 
di pagamento (Corte d'Appello di Roma), p. 154-156. 

3) 
Imposta generale sull'entrata -Somme incassate per il trasferimento 
dei giocatori di calcio (Trib. Genova), p. 156-158. 

V. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA JJl GIURISPRUDENZA, p. 159-164. 
VI. INDICE SISTEMATICO DELLJJJ CONSULTAZIONI, p. 165-167. 

.ANNO VII -N. 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1954 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLI()A.ZIONE DI SERVIZIO 


I CONFLITTI DI NAZIONALIT� NELL'ART. 78 
DEL TRATTATO DI PACE CON L'ITALIA 


SOMMARIO. -I. Impostazione della questione: I. Gli 
articoli 78 e 83 del Trattato di Pace con l'Italia. -2. 
La questione nei giudizi dinanzi alle Commissioni di 
Conciliazione. -3. Principi generali e norme particolari 
nel diritto internazionale. -II. I conflitti di nazionalit� 
nel diritto generale internazionale: 4. Concetto di 
nazionalit�; doppia cittadinanza. -5. Il principio della 
libert� degli Stati nella regolamentazionedella nazionalit�. 
-6. Conflitti di nazionalit� estere: il principio della 
scelta da parte di uno Stato terzo. -7. Il principio del 
divieto per gli Stati di proteggere i propri cittadini nei 
confronti dello Stato di cui quelli abbiano anche la cittadinanza. 
-8. Segue: applicazione di esso da parte delle 
giurisdizioni internazionali. -9 Segue: riconoscimento 
di esso negli accordi internazionali e nella pratica degli 
Stati. -10. Segue: posizione della dottrina di fronte ad 
esso. -III. I conflitti di nazionalit� nelle disposizioni 
del Trattato di Pace: 11. Applicabilit� dei principi generali 
in difetto di deroga espressa. -12. Il � 9-a dell'aroicolo 
78 del Trautato di Pace: significato letterale. 


13. Il primo comma del � 9-a: metodi di interpretazione 
delle norme internazionali in generale. -14. Segue: 
criteri per l'interpretazione delle norme non negoziate 
e di quelle eccezionali. -15. Il secondo comma del� 9-a: 
necessit� di riferimento alla legge italiana di guerra. 16. 
Correlazione tra le disposizioni del primo e del secondo 
comma del � 9-a. -17. Conclusione. 
I 

1. L'art. 78 del Trattato di Pace con l'Italia 
stabilisce alcune obbligazioni a carico di questo 
Stato e in favore dei cittadini delle Nazioni Unite 
che abbiano avuto beni o interessi in Italia durante 
la guerra e che si siano trovati in determinate situazioni 
giuridiche o abbiano sub�to determinati danni. 
Il successivo art. 83 stabilisce che tutte le controversie 
relative all'applicazione dell'art. 78 devono 
essere sottoposte, dal Governo interessato o da 
quello italiano, ad un organo internazionale di giurisdizione, 
denominato� Commissione di Conciliazione, 
composto da un rappresentante di ciascuno 
dei due. Governi e integrato, eventualmente, da un 
terzo membro, scelto tra i cittadini di un terzo paese. 

La questione che ci interessa � di conoscere se le 
disposizioni dell'art. 78 possano essere applicate in 
favore di una persona che abbia contemporaneamente 
la cittadinanza di una delle Nazioni Unite 
e quella italiana e se il Governo interessato 
possa sostenere le ragioni di quella persona contro 
il Governo italiaho dinanzi alla Commissione di 
Conciliazione. 

2. La questione � stata sottoposta al giudizio 
delle Commissioni di Conciliazione italo-americana 
e italo-britannica (1) nei seguenti termini: 
a) Gli Stati Uniti e l'Inghilterra sostengono, 
in via principale, che il fatto che quella persona 
abbia anche la cittadinanza italiana sarebbe irrilevante 
perch� il Trattato di Pace avrebbe espressamente 
stabilito, anche in questa ipotesi, l'applicabilit� 
dell'art. 78 e la facolt� del Governo interessato 
di adire la Commissione di Conciliazione. 

Subordinatamente quelle Nazioni sostengono, rer 
l'ipott1Ri in cui si dovesse escludere che il caso sia 
stato espressamente previsto dal Trattato di Pace 
e risolto nel senso da esse indicato, che, in applicazione 
dei princip� generali del diritto internazionale, 
il conflitto di nazionalit� dovrebbe essere 
risolto con la ricerca della cittadinanza predominante 
ed effettiva, ammettendo o negando la proponibilit� 
della domanda flecondo i risultati di quella 
ricerca nei singoli casi. 

b) L'Italia sostiene invece che in ogni caso si 
debba escludere che, ai sensi dell'art. 78, essa abbia 
obbligazioni internazionali nei confronti di propri 
cittadini, anche se costoro siano contemporaneamente 
cittadini di una delle Nazioni Unite, sia 
perch� sembrerebbe che il Trattato di Pace abbia 
espressamente risolto in questo senso la questione 
dei conflitti di nazionalit�, sia perch�, ove si volesse 
escludere che il Trattato di Pace abbia previsto il 
caso o si volesse ritenere che l'interpretazione di 
esso sia dubbia, la applicazione dei principi generali 
del diritto internazionale porterebbe sempre a 
quella soluzione. 

3. Quali che siano i principi generali di diritto 
da applicarsi per la risoluzione dei conflitti di nazionalit�, 
� certo che convenzioni particolari possono 
avere regolato la materia e vincolare le Parti anche 
in deroga alla disciplina che quella materia riceve 
nel diritto� generale. 
In questi casi, in �ui si accertasse l'esistenza di 
norme particolari che, nel caso concreto, impones


(I) �N� l'una n� l'altra Commissione hanno sinora 
emeBsa una decisione in proposito; la submission inglese 
essendo stata respinta perch� presentata in termini generali 
ed astratti mentre i giudizi promossi con le petitions 
americane sono tuttora pendenti. 

-126 


sero dei vincoli alle parti in causa, si dovrebbe respingere 
l'eccezione tendente ad escludere l� possibilit� 
di un giudizio internazionale su materie che 
generalmente appartengono al dominio riservato 
degli Stati. Cos�, nella controversia tra Francia e 
Gran Bretagna sui decreti relativi alla cittadinanza 
in Marocco ed in Tunisia, la Corte Permanente di 
Giustizia Internazionale (1), pur riconoscendo che 
la cittadinanza �, nel diritto internazionale generale . 

. . ' 

matena nservata al dominio esclusivo degli Stati 

. ' 

ammise per questa stessa materia la possibilit� di 
norme internazionali particolari con la conseguenza 
eh.e l'accertamento e l'applicazione di queste norme 
P?s.sano senz'altro costituire l'oggetto di un giudizio 
fondato sul diritto internazionale. 

Questo principio porterebbe ad iniziare senz'altro 
la nostra indagine dall'esame delle disposizioni del 
Trattato di Pace, per accertare se e come esso abbia 
regolato la materia nel caso concreto, salvo a ricercare 
la regolamentazione nel diritto generale anche 
per il caso concreto, qualora si dovesse escludere 
l'esistenza di una norma particolare. 

Ma se, in definitiva, si dovr� necessariamente 
procedere effettuando quelle due ricerche in via 
successiva e subordinata, appare opportuno di 
determinare preventivamente i principi che invia 
generale regolano la materia, perch� sulla guida 
di essi l'interpretazione della norma particolare sar� 
pi� agevole e sicura, e si potr� meglio determinare se 
e in quali limiti questa abbia apportato deroga a 
quelli. 

� infatti regola fondamentale che i Trattati siano 
conformi ai principi di diritto; ma � una regola 
che ha evidentemente solo valore interpretativo e 
che non pu� certo imporsi ad una diversa volont� 
risultante dal testo, sia che questa derivi dal consenso 
delle parti, o dalla imposizione che una abbia 
avuto il potere di fare all'altra, dato che, come � 
stato osservato (2), il diritto internazionale � ancora 
purtroppo quel diritto in cui la violenza non costituisce 
vizio del consenso. 

� una regola che trova riscontro nell'art. 38 

n. 3 dello Statuto della Corte Permanente di Giustizia 
Internazionale, il quale prescrive che la 
Corte deve applicare � les principes g�n�raux de 
droit reconnus par les peuples civilis�s �, e che 
comporta che ogni qualvolta vi sia dubbio sull'effettiva 
portata di una disposizione, a questa debba 
essere data l'interpretazione pi� conforme ai principi 
di diritto. 
Si tratta di regola di interpretazione che � senza 
dubbio applicabile, ad ogni specie di accordi e di 
trattati, anche a quelli di pace. 

Questi ultimi si distinguono infatti daO'li altri 
solo per il modo della loro formazione, dat~ che le 
disposizioni di essi derivano esclusivamente dalla 
volont� di una sola delle parti senza il concorso 
dell'altra; ma quella volont�, una volta che il 
trattato sia entrato in vigore, non ha pi� alcun 
potere sul contenuto di esso, ne pu� influenzarne 
m alcun modo l'interpretazione. 

(l) Parere 7 febbraio 1923, in �Rivista Diritto Internaz. 
" 1923, p. 135, Publications de la Cour Permanente 
de Justice Internationale, Serie B, n. 4. 
(2) Cfr. MORELLI: La Guerra, Padova, 1935, p. 160. 
II 

4: Il con.cetto di !1azionalit� si presenta negli 
o:dmamenti modern~ sotto up. duplice aspetto: 
di rapporto giuridico tra lo Stato e l'individuo e di 
stato personale di quest'ultimo, che ne deter~ina 
la personalit� giuridica con lo status libertatis e 
lo status familiae. 
. Mentre .~uest'ultimo aspetto di quel concetto 
risale al diritto romano, la concezione della nazio~
alit� come rapporto g~urid~co trova le sue origini 
richesto nel concetto d1 allegeance di rapporto che 
lega il suddito alla persona del re,' concetto che ha 
trovato la sua espressione pi� caratteristica nella 
common law inglese e che � passato nella letteratura 
francese �come un vincolo, lien, tra l'individuo e 
lo Stato. 

e< Dans ce rapport -prosegue il Makarov (1) l~ 
~entre de gravit� ,r�side dans la d�termination jur1dique 
de la qualite de ressortissant c'est-�-dire de 
sujet de droit li� par le rapport juridique � l'Etat... 
Nou~ po:ivons dor:c dire que la nationalit� peut etre 
consid�ree du pomt de vue juridique comme un 
rapport de droit, dont la r�glementation a pour 
cons�quence l'attribution � l'individu qui en est 
le sujet, au ressortissant d'un Etat, d'un �tat juridique, 
d'un status>>. � 

Questo rapporto di soggezione dell'individuo 
allo St~t,o pu� esprimersi anche come rapporto di 
sovramta dello Stato sull'individuo e quindi sulla 
s?mma degli ~ndivi~ui che ne formano la popolazione. 
Per cm ogm soggetto, di fronte a ciascun 
singolo ordinamento statale, assume necessaria~
ente. una di queste due posizioni giuridiche: o 
mttadmo o straniero, o civis o peregrinus. 

La nazionalit� si oppone alla qualit� di straniero; 
i due termini non possono mai sommarsi in uno 
stesso soggetto e rispetto allo stesso ordinamento 
giuridico statale. Lo status� di straniero si determina 
quindi in modo negativo e non necessita di una particolare 
regolamentazione: come straniero si dE:lve 
considerare ogni individuo che non sia cittadino 
dello Stato di cui si tratta (2). 

Ma,. accanto a questo concetto indifferenziato di 

� straniero �, viene data rilevanza negli ordina


menti interni dei singoli Stati, an~he alla qualit� 

di � straniero cittadino di un altro Stato >>. 

Questa rilevanza, in seno all'ordinamento dello 

Stato A, della qualit� di cittadino dello Stato B si 

manifesta soprattutto nell'ambito delle norme' di 

diritto internazionale privato, per le quali la citta


dina~za propria. dello straniero � il primo e pi� 

ampio cnterio di collegamento, per individuare le 

norme da applicare per la disciplina dei rapporti 

di diritto privato che lo concernono. 

Peraltro quella rilevanza pu� manifestarsi anche 

nel campo dei rapporti di diritto pubblico, tutte le 

volte che una norma (convenzione) internazionale 

preveda un determinato trattamento dei cittadini 

dello Stato B da parte dello Stat� A. 

In queste ipotesi, in cui la cittadina~za propria�� 
dello straniero assume rilevanza in seno ad altro 

(1) R�gles g�n�ral du droit de la nationalit�, in " Recui l 
des Cours de l'Acad�mie de droit international ,,, 1949, 
I, p. 279 e seg. 
(2) Cfr. MAKAROV: op. cit., p. 286 o fleg. 

-127 


ordinamento statale, pu� avvenire in concreto che 
il soggetto, dalla cui cittadinanza dipende la determinazione 
della disciplina giuridica a lui applicabile, 
sia contemporaneamente considerato come proprio 
cittadino da pi� Stati. In particolare pu� 
avvenire che egli sia considerato tale da altri Stati, 
rispetto allo Stato terzo nel cui ordinamento deve 
avere rilevanza la di lui cittadinanza; ovvero che 
la cittadinanza straniera concorra nello stesso soggetto 
con la cittadinanza dell'ordinamento in seno 
al quale quella dovrebbe spiegare i suoi effetti. 

Da questi concetti derivano i seguenti principi: 

a) che ogni Stato � libero di determinare quali 
persone debbano essere considerate come suoi cittadini 
e che ogni questione relativa alla nazionalit� 
appartiene alla legislazione interna dei singoli Stati; 

b) che ogni individuo che abbia doppia o plurima 
cittadinanza pu� essere considerato come proprio 
cittadino da ciascuno degli Stati di cui egli 
abbia la nazionalit�, ma che nessuno 9-i questi 
Stati pu� esercitarne la protezione diplomatica 
nei confronti di un altro Stato di cui quello sia anche 
cittadino, essendo escluso che gli Stati possano 
avere obbligazioni internazionali nei confronti dei 
propri cittadini; � 

e) che in uno Stato terzo l'individuo che abbia 

pi� nazionalit� deve essere considerato come se 

ne avesse una sola, secondo determinati criteri di 

scelta. 

5. Il principio sub a) � universalmente ammesso 
e non ha formato oggetto di contestazione nei giudizi 
dinanzi alle Commissioni di Conciliazione. 
Secondo il De Lapradelle (1), on peut dire qu'il 
. est peu de principes du droit des gens aussi unani


mement admis, qui soient au meme titre une �cons


tante juridique �. 

Esso � sancito negli articoli l e 2 della Convenzione 

dell'Aja del 12 aprile 1930. 

Il Rundstein (2) nel suo rapporto al Comitato 

di esperti per l'unificazione progressiva del diritto 

internazionale cos� scrive sull'argomento: cc or il 

est de toute. �vidence que les questions concernant 

la nationalit� sont � envisager comme des probl�mes 

appartenant esclusivement � la l�gislation int�


rieure des Etats particuliers. C'est le domaine strict 

o� les principes de la souverainet� trouvent leur 

expression la plus accentu�e; et, dans l'�tat actuel 

du Droit international, les questions de la nationalit� 

sont en principe comprises dans le domaine 

r�serv� � la comp�tence exclusive des Etats parti


culiers �. 

Tutti gli Stati consultati su questo punto dalla 
Societ� delle Nazioni hanno aderito a quel principio 
(3). 

(1) In Repertoire de Droit international, Paris, 1931, 
voce " Nationalit�" p. 258. 
(2) In Rapport au Oonseil de la Soci�t� des Nations 
sur les questions qui paraissent avoir obtenu le dregr� 
de maturit� suffesant pour un r�glement international. 
(Questionnaires n. 1 � 7). Gen�ve, 1927. Doc. S.d.N. 

c. 196. M. 70. 1927. V, p. 9. 
(3) Oomit� preparatoire de la Oonference pour la codification 
de Droit international. Bases de discussion � l'intention 
de la Oonf�rence. Tome I: ccN:ationalit� �. Gen�ve, 
1929, S.d.N. c. 73. M. 38, 19~9, V, pp. 13-21. 
2 

Il quale, peraltro, contiene una riserva, cos� 
espressa nell'art. 1 della Convenzione dell' Aja del 
1930: cc cette legislation (des Etats particuliers) 
doit etre admise par les autre Etats, pourvu qu'elle 
soit en accord avec les conventions internationales, 
la coutume internationale et les principes de droit 
g�n�ralement reconnu en mati�re de nationalit� �. 

Queste limitazioni al principio generale della 
libert� �tatique sono fatte derivare, da alcuni, dal 
divieto di abuso del proprio diritto, teoria introdotta 
in via generale nei rapporti internazionali dal 
Politis (1) e applicata alla regolamentazione della 
nazionalit� dal Leibholz (2); da altri sotto il profilo 
della delimitazione della competenza legislativa 
dei singoli Stati, ognuno dei quali sarebbe obbligagato 
a rispettare la competenza degli altri, come � 
stato posto in rilievo dal Despaguet (3), dallo 
Zitelmann (4), che ha designato la sovranit� dei 
singoli Stati come una competenza ad essi delegata 
dal diritto internazionale, e dallo Hatschek (5). 

Come esempio di regolamentazione interna della� 
nazionalit� che non potrebbe essere riconosciuta 
dal diritto internazionale � stata portata l'ipotesi 
che la Francia, la Germania e l'Italia volessero 
considerare la popolazione della Svizzera che parla 
la lingua di ognuno di quegli Stati come automaticamente 
naturalizzata da quello Stato (6). 

Come recente esempio storico sono state segnalate 
le disposizioni tedesche che, durante l' ulti:rna 
guerra mondiale, hanno naturalizzato di autorit� 
le popolazioni di origine tedesca di alcuni territori 
occupati, ma non incorporati, dato che la guerra 
non era ancora finita, come � avvenuto per alcuni 
gruppi etnici della popolazione dell'Alsazia e Lorena, 
della popolazione belga d'Eupen, di Malm�dy e di 
Moresnet e dei territori jugoslavi della Bassa Stiria, 
della Carinzia e di Krain. 

Per pi� ampi dettagli sui limiti internazionali 

alla sovranit� statale in materia di regolamento 

della nazionalit� si rinvia alle trattazioni del De 

Lapradelle (7) e del Makarov (8). 

6. Anche il principio sub e) � universalmente 
ammesso e non forma oggetto di contestazione nei 
giudizi innanzi alle Commissioni di concili.azione. 
Ne � per� controverso in quella sede il campo 
di applicazione perch� gli Stati Uniti di America 
e la Gran Bretagna che, come si vedr� nei seguenti 
paragrafi, escludono nelle loro difese il principio 
sub b), ritengono applicabile la regola della cittadinanza 
dominante ed effettiva anche nei confronti 
degli Stati di cui l'individuo abbia la nazionalit�. 

(1) Recueil des cours de l'Acad�mie de droit international, 
1925, I (6), p. 86 seg. 
(2) Staatsangehorigkeit rmd Naturalisation, Worterbuch 
des Volkerrechts (herausg. v. Strupp), II, 1925, 
p. 589. Das Verbot der Willkilr und des Ermessenmissbrauch 
im v6lkerrechtlichen Verkehr der Staaten: Z. f. 
ausl. �iff R. rmd Volkerrecht, I, 1 (1929), p. 99 seg. 
(3) Despagnet-Boeck: Oours de droit international public, 
1910, p. 452 seg., � 318. 

(4) Internationales Pr�vatrech, I, p. 168 seg. 
(5) Volkerrecht als System rechtl�ch bedeutsamer Staatsakte, 
1923, p. 214 e seg. 
(6) ERNEST IsAY: De la nationalit�, in cc Recueil des 
Cours de l'Acad�mie de droit international "' 1924, IV 
(5), p. 441. 
(7) Op. cit., p. 258-267. 
~8) Op. cit., p. 296-307. 

-128 


Sotto questo profilo i due principi dovranno essere 
esaminati insieme, dato che dal riconoscimento o 
meno di uno di essi dipende l'estensione dell'altro. 
Di quest'ultimo in questo paragrafo se ne accenneranno 
quindi solo la genesi e la natura, considerandolo 
valevole solo nei confronti di Stati terzi. 

Si � gi� visto, al paragrafo 4, come nei moderni 
ordinamenti abbia rilevanza non solo la distinzione 
tra cittadino e straniero, ma anche la differenziazione 
dello straniero secondo lo Stato al quale 
appartiene. 

Mentre sotto il primo profilo l'alternativit� ontologica 
dei due concetti fa s� che la presenza dell'uno 
escluda necessariamente la coesistenza dell'altro, per 
�cui ogni Stato considera come giuridicamente irrilevante 
il fatto che un proprio cittadino abbia anche 
la nazionalit� di un altro Stato, il fenomeno della 
doppia o plurima cittadinanza di Stati terzi acquista 
rilevanza giuridica. 

Solo sotto questo profilo si pu� quindi correttamente 
parlare di un problema di doppia cittadinanza 
e di conflitti di nazionalit�, perch� solo in 
questa ipotesi, dovendosi necessariamente considerare 
la persona munita di pi� nazionalit� estere 
come se ne avesse una sola, sorge un problema di 
scelta. 

Oltre alle varie soluzioni che questi conflitti 
trovano nelle diverse legislazioni dei singoli Stati 
(per l'ordinamento italiano cfr. gli articoli da 17 
a 31 delle Disposizioni sulla legge in generale), si 
cerca di dare ad essi anche una �soluzione intern::.


.zion~le. 

I vari sistemi che sono stati suggeriti in questo 

campo per risolvere i conflitti positivi di cittadi


nanza sono elencati sistematicamente da Pierre 

Louis-Lucas (1), il quale li distingue secondo che 

siano ispirati a considerazioni generali o al valore 

comparativo delle nazionalit� in conflitto. 

Quelli della prima categoria sono: 1) l'incompe


tenza dei tribunali interni in relazione al carattere 

internazionale della materia; 2) la maggiore con


venienza per lo Stato cui appartiene il tribunale 

investito della controversia; 3) la preferenza della 

nazionalit� il cui ordinamento sia pi� simile a 

quello del paese dove si svolge il conflitto; 4) la 

rimessione all'interessato della scelta della nazio


nalit�. Alla seconda categoria appartengono: 5) la 

preferenza della prima nazionalit� acquisita; 6) la 

preferenza dell'ultima nazionalit� acquisita; 7) la 

preferenza della nazionalit� del paese dove l'inte


ressato abbia il suo domicilio 8) la preferenza della 

nazionalit� pi� effettiva. 

Quest'ultimo sistema, che incontra le maggiori 

adesioni in dottrina (2), tende a fare coincidere il 

concetto di nazionalit� giuridica con quello di nazio


nalit� sociale e considera non solo l'elemento del 

domicilio o quello della dimora effettiva, ma, in 

concorso con quelli, anche altri elementi, come l'ac


cettazione di pubbliche funzioni, la prestazione di 

determinati servizi, la pratica di vita secondo le 

leggi di un determinato paese. 

(1) Les conflits de nationalit�, in " Recueil des Cours de 
l'Academie de droit international >>, 1938, II, p. 22 e seg. 
(2) Cfr. MAKAROV, op. cit., p. 356; DE LAPRADELLE, 
op. cit., p. 296. 
Louis-Lucas, nel segnalarne i meriti, avverte 
per� che questa teoria non � ammessa da tutti gli 
Stati ed � priva di forza obbligatoria. 

La conferenza dell'Aja del 1930 ha codificato il 
principio con riferimento esclusivo allo Stato terzo 
richiamando, fra i vari sistemi, quelli della residenza 
e della nazionalit� effettiva. L'art. 5 della Convenzione 
� del seguente tenore: 

cc Dans un Etat tiers, l'individu poss�dant plusieurs 
nationalit�s devra �tre trait� comme s'il 
n'en avait qu'une. Sans pr�judice des r�gles de 
droit appliqu�es dans l'Etat tiers en mati�re de 
statut personnel et sous r�serve des conventions 
en vigueur, cet Etat pourra, sur son territoire, 
reconnaitre exclusivement, parmi les nationalit�s 
que poss�de un tel individu, soit la nationalit� du 
pays dans lequel il a sa r�sidence habituelle et 
principale, soit la nationalit� de celui auquel, d'apr�s 
les circonstances, il apparait comme se rattachant 
le plus en fait �. 

7. Il principio sub b) � invece controverso nei 
giudizi dinanzi alle Commissioni di Conciliazione: 
esso � affermato ed invocato dall'Italia mentre 
gli Stati Uniti di America e l'Inghilterra ne contestano 
l'esistenza, o, subordinatamente, la portata; 
Ma, mentre da un canto essi ne parlano come di 
una cc pretesa regola di diritto internazionale �, 
ed affermano che � la pretesa norma come regola 
vera e propria di diritto internazionale non esiste 
gi� in linea generale� (1), d2,ll'altro si preoccupano 
di determinarne la genesi (2), di affermarne il 
carattere di pura prassi od usanza (3), di precisarne 
il campo di applicazione (4). 
Quel principio deriva direttamente e necessaria


mente dalla concezione della nazionalit�, non solo 

come status della persona ma anche e soprattutto 

come rapporto giuridico che vincola la persona stessa 

allo Stato, concezione che si � illustrata nel prece


dente n. 4 e che pone la nazionalit� tra gli istituti 

del diritto pubblico. 

cc Il ne peut �tre question -scrive il Louis


Lucas (5) -de rouvrir ici un immense d�bat, de 

plus en plus volontier tranch� d'ailleurs en faveur 

du caract�re de droit public de la nationalit�. Au 

surplus, il faut plut�t admettre que la nationalit� 

appartient, � la fois, au droit public et au droit 

priv�. �u droit public, puisque, d�terminant les 

nationaux, elle d�finis la substance meme, la subs


tance vivante de l'Etat, � c�t� de sa substance inerte 

qu'est le territoire. Au droit priv�, puisqu'elle est 

le premier �l�ment, le plus n�cessaire, du statut de 

l'etre humain, celui qui domine, qui impr�gne, qui 

colore tous les autres �. 

Di qui il principio, gi� esaminato, che la regolamentazione 
della nazionalit� appartiene al dominio 
riservato degli Stati; di qui l'antinomia tra i concetti 
di cittadino e straniero; di qui l'esclusione 

(1) Cfr. il Memorandum allegato alla peti�on �nella 
controversia Droutzkoy-Ruspoli dinanzi alla Commissione 
di Conciliazione italo-americana (che in seguito sar� 
denominato Memorandum), n. 21. 
(2) Memorandum, n. 22. 
(3) Memorandum, n. 23. 
(4) Memorandum, n. 24. 
(5) Op. cit., p. 16. 

-129 


di obbligazioni internazionali degli Stati nei confronti 
dei propri cittadini e della protezione diplomatica 
di questi ultimi contro il proprio Stato da 
parte di altri Stati. 

<e Ce principe -scrive il Rundstein (1) -sanctionn� 
par les usages des chancelleries et par la 
pratique diplomatique ... est sous-.entendu (corsivo 
aggiunto) dans les conventions ayant pour but de 
r�gler les conflits occasionn�s par la double nationalit�, 
car, en reconnaissant les restrictions de 
souverainet�s respectives en mati�re de nationalit� 
et en admettant, par exemple, les effets du jus soli 
pour la troisi�me g�n�ration seulement, ces conventions 
e:ffirment par l� meme que le principe d'exclusivit� 
de la l�gislation territorial est sauvegard� 
dans tous les cas o� une exemption ne fut pas 
statu�e �. 

Si pu� quindi affermare che tutte le volte che vi 
sia una norma internazionale che obblighi lo Stafo 
A a fare un determinato trattamento giuridico ai 
cittadini dello Stato B, l'interprete, in mancanza 
di un' espicita manifestazione di una contraria 
volont� delle parti, dovr� tener per certo che la 
convenzione internazionale menzionando i cittadini 
dello Stato B presuppone l'assenza in essi della 
cittadinanza dello Stato A. 

Quella ipotizzata cc manifestazione di contraria 
volont� delle parti n costituirebbe infatti un che di 
eccezionale per il diritto internazionale, uno strappo 
cos� grave ai principi che informano la convivenza 
delle Nazioni civili, che, per ammett�rne l'esistenza 
essa dovrebbe essere assolutamente esplicita � inequivocabile: 
essa, in sostanza, imporrebbe ad uno 
Stato di disconoscere nei propri sudditi lo status di 
cittadini e di considerarli, agli effetti di quel rapporto, 
stranieri. 

Da parte americana si afferma che si tratta di 

una cc pretesa� regola; ma il Fedozzi (2) scrive che 

questa regola cc non � che una manifestazione parti


colare del generale principio sopra ricordato, per cui 

ogni Stato � pienamente autonomo nella determi


nazione legislativa della cittadinanza e le norme 

che esso emana in proposito hanno un tale eminente 

carattere di diritto pubblico da non rendere possi


bile deroga alcuna da parte di legge straniera: se 

quindi uno Stato considera una data persona come 

suo cittadino, ha in ci� una preclusione assoluta 

ad ammettere su quella persona la protezione di 

uno Stato straniero qualsiasi, quindi anche dello 

Stato che a sua volta consideri la stessa persona 

come suo cittadino�. 

Cos� stabiliti il valore e la portata di questo 

principio fondamentale del diritto internazionale 

se ne illustrer� nei successivi paragrafi l'importanza 

che esso ha assunto attraverso l'elaborazione che 

ne hanno fatto le giurisdizioni internazionali, gli 

Stati nei loro reciproci rapporti ed i cultori della 

materia. 

8. Secondo il� .Memorandum (n. 23) l'interdizione 
per ciascuno dei due Stati interessati ad esercitare 
la protezione diplomatica nei confronti del(
1) Op. cit., p. 11. 
(2) Trattato di diritto internazionale, vol. I, parte 
generale, Padova, 1933, p. 327; cfr. MoNAOO; Diritto 
internazionale, Torino, 1949, p. 353. 
l'altro Stato sarebbe una massima di prudenza e di 
esperienza, un semplice criterio di opportunit�, privo 
di ogni convinzione di obbligatoriet�, e conseguentemente 
non sarebbe estensibile al ;,campo giudiziario 
ove entrerebbero in giocp le sole .relazioni 
puramente giuridiche, i diritti e i doveri. 

Al contrario le Commissioni di giurisdizione internazionale 
hanno applicato questo principio sin 
dal secolo scorso, negando ad uno Stato la difesa 
dinanzi ait ribunali internazionali dei propri cittadini 
contro lo Stato di cui essi avessero anche la cittadinanza.
� 

Tra le pi� antiche decisioni in tal senso si ricordano: 
Boyd (Gr. Bret.) c. U.S.A., riassunta in Moore, 
Digest of International Arbitration, 1898, 2529; 
Martin (U.S.A.) c. Messico, 4 luglio 1868, ivi 2467; 
Lebret (Francia) c. U.S.A., 15 gennaio 1880, ivi 
2488, 2492; Maninat (Francia) c. Venezuela, 19 febbrario 
1902, S. Doc. 533, 590 Cong., 1a Sess., 44,74; 
Brignone (Italia) c. Venezuela, 13 febbraio 1903, 
Ralston 710, 718; Drummond c. Francia, 2 Knappis 

P. C. Rep. 295. 
Gli Stati Uniti richiamano, nel riassunto nella 
controversia Merg�, il caso Halley (Moores' Arb. 
2239) che sarebbe stato deciso in senso contrario 
alla regola dalla Commissione inglese-americana per 
i reclami, stabilita ai sensi del Trattato di Washington 
dell'8 maggio 1871. Ma si trattava di un caso 
di specie, di una persona con doppia nazionalit� 
avente causa da una persona che aveva avuto 
esclusivamente la cittadinanza britannica, e la 
decisione fu presa con il dissenso del rappresentante 
statunitense nella Commissione, signor 
Frazer. 

Il quale sig. Frazer in altra controversia (Alexan


der-Gr. Bret. c. U.S.A., 8 maggio 1871, in Moore's 

Arb. 2529) cosi aveva espresso il principio sostenuto 

dagli Stati Uniti: 

cc The practice of nations in such cases is belie


ved to be for their sovereign to lea ve the person 

who has embarrassed himself by assuming a dou


ble allegiance to the protection which he may find 

provided for him by the municipal laws of that 

other sovereign to whom he thus also owes alle


giance. To treat his grievances against that other 

sovereign as subject of international concern would 

be to claim a jurisdiction paramount to that of 

the other nation of which he is also a subject. 

Complications would inevitably result, for no gover


nement would recognize the right of another to 

interfere thus in behalf of one whom it regarded 

as a subject of its own n. 

Il pensiero del sig. Frazer pu� cos� sintetizzarsi 
in italiano: le Nazioni usano in questi casi di abbandonare 
il loro cittadino che abbia doppia cittadinanza 
alla protezione che egli pu� trovare presso 
le leggi dell'altro Stato di cui egli sia anche cittadino; 
sostenere i gravami di lui contro l'altro Stato 
come oggetto di una pretesa internazionale equivarrebbe 
ad arrogarsi una giurisdizione supe;r.iore a 
quella dell'altra Nazione di cui quello sia anche 
cittadino; con la conseguenza di inevitabili complicazioni, 
perch� nessun Governo potrebbe ammettere 
il diritto di un altro Governo ad interporsi in tal 
modo in favore di uno che esso considera come proprio 
cittadino. 



-130 


Vi sono state peraltro alcune decisioni contrarie 
al principio in esame, che hanno applicato un criterio 
di scelta tra le due nazionalit�. 

Negli arbitrati venezuelani del 1903-1905, accanto 
alle decisioni sopra ricordate che hanno 
accolto il principio che. stiamo esaminando, ve ne 
sono state altre che hanno invece applicato un 
criterio di scelta tra le due nazionalit�: Stevenson 
(Gr. Bret.) c. Venezuela, 13 febbraio 1903 (1); 
Brignone (Italia) c. Venezuela, ivi 710, 719; Poggioli 
(Italia), c. Venezuela, ivi 84 7, 866; Massiani 
(Francia) c. Venezuela (2). 

La giurisprudenza di questi arbitrati venezuelani 
� stata quindi contrastante, per cui sembrano forse 
eccessive le conclusioni che ne ha 'tratto il Basdevant, 
se pure con qualche riserva, in una pubblicazione 
molto dettagliata sull'argomento (3). � L'id�e 
qui domine dans toutes nos sentences, qu'invoquent 
les deux commissaires et qui guide, en r�alit�, 
le surarbitre, c'est que le confiit entre deu 
nationalit�s doit etre tranch� en faieant pr�valoir 
la loi � laquelle correspond la nationalit� r�elle de 
l'individu en question �. 

L'importanza di quelle decisioni � peraltro smisnuita 
dallo stesso Memorandum il quale cos� ne 
conclude l'esame (n. 28, nota): <<Va aggiunto, per 
verit�, che nessuna di quelle decisioni brilla per chia.rezza 
di enunciazioni dei principi e per rigorose impostazioni 
del lato giuridico della questione base �. 

Del resto, con quelle decisioni e con lo stesso 

� Basdevant siamo ancora lontani nel tempo, e il 
diritto internazionale, ahcora pi� degli altri rami 
del diritto, � in continua evoluzione. Baster� ricordare 
la legge francese 30 aprile-2 maggio 1790 che 
attribuiva la nazionalit� francese, senza il loro consenso, 
agli stranieri stabiliti in Francia, e che fu 
dichiarata conforme al diritto internazionale dalla 
Corte Reale di Riom il 7 aprile 1835, mentre poco 
pi� tardi il principio contrario fu considerato parte 
del diritto internazionale e il 'rribunale civile della 
Senna nel 1915 ha ritenuto contraria al diritto generale 
internazionale una disposizione brasiliana del 
14 dicembre 1889 che accordava la cittadinanza a 
tutti gli stranieri ivi residenti a una certa data, 
lasciando peraltro ad essi salva la facolt� di fare 
una dichiarazione contraria. 

Un po' pi� recente � la decisione del 3 maggio 
1912 sul caso Canevaro emessa dal Tribunale arbitrale 
costituito presso la Corte dell'Aja ai sensi del 
protocollo italo-peruviano del 25 febbraio 1910 (4). 
Questa decisione viene citata contro la tesi italiana 
per avere applicato il principio della cittadinanz~ 
effettiva ma le conclusioni di essa lasciano perplessi 
sul significato da attribuirle come precedente giurisprudenziale: 
� consid�rant qu'en fait Raphael 

(1) Venezuelan arbitration of 1903, Sen. doc. 316; 
58th Congr., 2nd Session, prepared by. Jackson H. 
Ralston and W. T. Sherman Doyl, W ashmgton, 1904, 
438, 445. . 

(2) Report of French. Venezuelan Mixed Claims Oom_mission 
of 1902, prepared by Jakson H. Ralston, ass1sted 
by W. T. Sherman Doyle, Sen. doc. 433, 59 Congr., 
lst Session, Washington, 1906, 211, 224. 
(3) Oonfiits de nationalit� dans les arbitrages v�n�zu�liens, 
in "Revue de Droit international >i, 1909, 
p. 41 e seg. 
(4) "Revue de Droit international >>, 1912, p. 331. 
Canevaro s' est, � plusieurs reprises, comport� 
comme citoyen p�ruvien... le gouvernernent du 
P�rou a le droit de le consid�rer comme citoyen p�ruvien 
et de lui d�nier la qualit� de r�clarnant italien ii. 

Il Governo peruviano ha il diritto di considerarlo 
come suo cittadino e di negargli la qualit� di reclamante 
italiano... Ma il Governo peruviano era 
il Governo convenuto! 

Pi� che il principio della cittadinanza effettiva 
qui sembra allora espressamente applicato quello 
che consente ad uno Stato di respingere le pretese 
degli altri Stati. in favore dei propri cittadini. 

Vengono anche citate contro questa tesi tre 
decisioni successive alla prima guerra mondiale, 
che peraltro appaiono assolutamente di specie e 
prive di qualsiasi valore di. precedente sulla questione: 
la decisione 26 .aprile-10 maggio 1922 del 

T.A.M. anglo-tedesco sul caso Hein-Hildersheirner 
'Bank (1); la decisione 12 luglio 1926 del T.A.M. 
ungaro-serbo-croato-sloveno, sul caso De Born, 
ivi p. 499; la decisione 20 luglio 1926 del T .A.M. 
franco-tedesco sul caso Barthez de Monfort c. 
Trennhaender Hauptverwaltung, ivi p. 806. 

Nel primo caso si trattava non di beni o di indennit� 
per danni, ma di. una somma depositata in una 
banca, di cui si chiedeva la restituzione. 

Il primo ed il terzo dei casi richiamavano l'applicazione 
dell'art. 296 del Trattato di Versailles, 
che non considerava tutti i cittadini delle Potenze 
vincitrici, ma solo quelli che risiedessero nel territorio 
di quelle Potenze; si poteva quindi ritenere che 
questa specificazione costituisse deroga espressa 
al principio generale del divieto di agire contro 
uno Stato in favore di un suo cittadino, accogliendo 
esplicitamente il concetto della cittadinanza effettiva 
con riferimento alla residenza. 

Il secondo dei casi � poi estraneo alla questione 
che ci interessa perch� in esso non era stata portata 
l'eccezione di �cittadinanza dello Stato convenuto; 
la cittadinanza iugoslava non era in causa; la Jugoslavia 
era Stato terzo e si discuteva solo se il Barone 
de Born dovess~ essere considerato cittadino ungherese 
o tedesco. 

Ma vi � di pi� per tutti e tre i casi. Perch� l'articolo 
278 de Trattato di Versailles (2) stabiliva: 
� L'Allemagne s'engage � reconnaitre la nouvelle 
nationalit� qui aurait �t� ou serait acquise par ses 
ressortissants d'apres les loi.s des Puissances Alli�es 
et Associ�es et conform�ment aux d�cisions des 
autorit�s comp�tentes de ces Puissances, soit par 
voie de naturalisation, soit par _l'effet des clanses 
d'un trait� et � d�gager � tous les points de vue ses 
ressortissants, en raisons de cette acquisition de 
nouvelle nationalit�, de toute all�geance vis-�-vis 
de leur Etat d'origine�. 

Questa disposizione, che faceva obbligo alla 
Germania di sciogliere da ogni vincolo di soggezione 
i suoi cittadini che avessero preso o che prendessero 
la cittadinanza di una delle Potenze Alleate 
e Associate, appare qualcosa di pi� che una norma 

(l) Recueil des d�cisions des Tribunaux Abitraux 
Mixtes, p. 71. 
(2) Cfr. le disposizioni analoghe degli articoli 230 del 
Trattato di Saint-Germain, 213 del Trattato di Trianon, 
158 del Trattato di Neuilly. 

-131 


derogatrice al principio che in caso di doppia cittadinanza 
ognuno dei due Stati pu� considerare il 
soggetto come suo cittadino, come la ha vista il 
De Lapradelle (1), perch� tra le due cittadinanze 
essa ne elimina una non solo agli effetti procedurali 

o di quel determinato rapporto, ma dichiarandone 
l'estinzione. 
In quel caso il problema della doppia cittadinanza 
� stato risolto in radice con l'eliminazione del 
presupposto. 

Queste,. e non tutte, come si � visto (in sostanza, 
solo alcune degli arbitrati venezuelani) le decisioni 
internazionali che abbiano affermato il principio 
della cittadinanza effettiva non nei confronti di 
uno Stato terzo, ma contro lo Stato convenuto; 
piuttosto antiche nel tempo, nonostante che nel 
Memorandum si sia affermato che dal 1930 �in poi 

� esse si sono fatte sempre pi� numerose (n. 21). 
Le decisioni favorevoli al principio sostenuto 
dall'Italia si sono invece susseguite nel tempo, 
anche dopo quelle, gi� menzionate, del secolo 
scorso e degli �arbitrati ven�zuelani. 
Si ricorda anzitutto il parere n. 4 della Corte 
Permanente di Giustizia Internazionale, nel quale 
� affermato che �allo stato attuale del diritto internazionale 
le questioni di cittadinanza, secondo la 
opinione della Corte, rientrano in via di principio 
in questo dominio riservato �. 
Di natura giurisdizionale e di applicazione precisa 
al nostro caso � la decisione 10 ottobre 1928 
della Commissione mista franco-messicana sulcaso 
Pinson (2), la quale afferma la piena validit� della 
regola di diritto cc selon laquelle un Etat n'est pas 
qualifi� � se pr�valoir de son droit de prot�ger ses 
ressortissant par voie diplomatique, dans les cas 
o� les ressortissants � prot�ger possedent en m�me 
temps le status de nationaux de l'Etat vis-�-vis 
duquel ledit droit de protection devrait �tre mis 
en . action >>. 
Nel riassunto nella controversia Merg� si tenta 
da parte americana di sminuire il valore di questo 
precedente, ricordando come il caso di specie sia 
stato deciso in favore dello Stat� attore. 
Ma la decisione del caso concreto non pu� certo 
sminuire l'importanza dei principi affermati dalla 
Commissione, la quale, stabilita la regola ha ammesso 
l'eccezione nel caso in cui cc les disposition 
l�gales ne depassent par les bornes que leur trace 
le droit international �crit ou contumier �. 
In quel caso il Messico invocava l'applicazione 
della legge interna del 1857 che aveva conferito 
automaticamente la cittadinanza messicana a 
determinati gruppi di stranieri e la Commissione 
ha osservato che cc ��� si. .. c'est l'Etat d�fendeur qui, 
dans sa l�gislation national, n'observe pas les 
restrictions pos�es par le droit international � 
sa souverainet� nationale, la pr�tention de double 
nationalit� du r�clamant ne tiendrait pas 
debout devant un tribunal international �. 

Altrimenti, evidentemente, quell'eccezione avrebbe 
avuto un peso determinante dinanzi a quel 
Tribunale internazionale. � 

(1) Op. cit., p. 293. 
(2) Cfr.: Jurisprudence de la Oommission francomexicaine 
des r�clamation (1924-1932), p. 59 . 
. s 

Nello stesso senso � la pi� recente decisione 
8 giugno 1932 del Tribunale arbitrale egizianoamericano 
sul caso Salem (1). 

9. La regola che stiamo esaminando trae le 
sue origini, come si � gi� visto, dagli usi delle cancellerie 
e dalla pratica diplomatica. 
Essa � espressamente formulata, pur con una 
limitazione di residenza, nella legge svizzera del 
25 giugno 1903, il cui art. 6 � del seguente tenore: 
cc Les personnes qui, outre la nationalit� suisse, 
poss�dent encore celle de l'Etat �tranger, ne peuvent 
pas r�clamer, vis-�-vis de cet Etat, aussi 
long-temps qu'elles y r�sident, les droits et la protection 
dus � la qualit� de citoyen suisse �. 

Egualmente si ritrova nell'art. 2 del decreto 
portoghese 2 dicembre.1910 sulla naturalizzazione, 
che stabilisce che il cittadino portoghese che abbia 
ad essere considerato come cittadino di un a�ltro 
paese finch� vi vivr� non potr� invocare la sua 
qualit� di cittadino portoghese. 

Precedentemente, con il � 7 del Naturalisation 
Act del 1870 l'Inghilterra aveva declinato di proteggere 
le persone naturalizzate inglesi contro il 
loro Stato di origine del quale esse fossero ancora 
cittadini, e la regola, con alcune limitazioni, era 
stata seguita dalla Germania, dagli Stati Uniti di 
America e da altri Stati. 

Ma bisogna ammettere che il vero fondamento 
di una regola di diritto internazionale si deve ricercare 
nell'atteggiamento verso di essa che in un determina.
Lo momento storico assumono le Nazioni che 
compongono la comunit� internazionale, e questa 
ricerca nel caso in esame conferma l'esistenza di 
quella regola come principio generale di diritto 
internazionale universalmente accettato e riconosciuto. 


Il Comitato incaricato dalla Societ� delle Nazioni 
di indicare quelle materie che avessero raggiunto 
una sufficiente maturit� che ne consentisse 
una regolamentazione internazionale vi ha compreso 
i conflitti di nazionalit� ed ha incluso il principio in 
esame negli articoli 1 e 5 dello avant-projet della 
convenzione (2): ... 

cc Art. 1. -Les Hautes Parties contractantes 
s'engagent � ne pas accorder la protection diplomatique 
et � n'intervenir en faveur de leurs nationaux, 
qui sont en m�me temps consid�r�s comme 
ressortissants d�s leur naissance par la loi de l'Etat 
auquel la reclamation serait � adresser �. 

cc Art. 5. -Un individu poss�dant deux n�tionalit�s 
pourra �tre consid�r� par les Etats dont il 
poss�de la nationalit� comme leur ressortissant respectif. 
Par rapport aux Etats tiers, sa nationalit� 
est � d�terminer par la l�gislation en vigueur au 
lieu de son domicile, s'il est domicili� dans une de 
ses deux patries. 

cc S'il n'est domicili� dans aucune de ses deux 

patries, sa nationalit� est d�termin�e conform�


ment � la l�gislation en vigueur dans celui de ces �


deux Etats o� il � �t� domicili� en dernier lieu �. 

(1) cc Revue critique >>, 1934, p. 706. 
(2) S.d.N.: Rapport au Oonseil, etc., cit., p. 27. 

-132 


Tutte le Nazioni interpellate, compresi gli Stati 
Uniti di America (1) aderirono in via di massima 
alla Conferenza, senza sollevare obiezioni di principio 
sul progetto predisposto dal Comitato, osservando 
anzi alcune, come ad esempio la Francia (2), 
che l'avant-projet sulla nazionalit� consacrava, 
salvo qualche punto di dettaglio, le soluzioni generalmente 
ammesse. 

La Convenzione, sottoscritta ali'Aja il 12 aprile 
1930, ha modificato il progetto, codificando il 
principio in modo assoluto, senza il limite della 
cittadinanza di origine che, come si � visto, in quello 
era stato invece posto; l'art. 4 di esso � del seguente 
tenore: �Un Etat ne peut exercer sa protection diplomatique 
au profit d'un de ses nationaux � l'incontre 
d'un Etat dont celui-ci est aussi le national �. 

Questa dichiarazione della Conferenza dell'Aja 
non costituisce, d'altro canto, una presa di posizione 
nuova o isolata, rispetto a diverse opinioni 
eventualmente manifestate dagli Stati in altre 
circostanze. Al contrario essa � confermata da precedenti 
e successive dichiarazioni. 

In tal senso � il progetto sulla regolamentazione 
uniforme delle questioni sulla nazionalit�, predisposto 
dall'Associazione di diritto internazionale 
e approvato dalla 33"' Conferenza, tenuta a Stoccolma 
nel 1924. 

Il Codice Bustamante di diritto internazionale 

privato, adottato all'Avana da 18 repubbliche il 

20 febbraio �1928, in occasione della sesta Conferenza 

internazionale americana, distingue anche esso i 

casi in cui la nazionalit� dello Stato convenuto :::ia 

in causa dagli altri in cui la questione si ponga 

presso uno Stato terzo, escludendo nel primo caso 

la possibilit� di un'azione contro quello Stato, sta


bilendo nell'altro varie regole di scelta dellanazio


nalit� da applicare, secondo le diverse ipotesi 

contemplate. 

Lo stesso principio sancito dall'art. 4 della Con


venzione dell'Aja � stato riconfermato dal II oon


gresso internazionale di diritto comparato che si � � 

tenuto ali'Aja dal 4 all'll agosto 1937. 

Si tratta, come si � visto, di una antica regola 

universalmente ammessa e pi� volte riconfermata. 

� Au total -ha osservato il Louis-Lucas (3) 


on peut dire que ni le Code Bustamante ni les 

Accords de La Haye, n'ont imagin� de solutions 

tr�s originales. Mais c'est peut-etre la leur vrai 

m�rite. Ils consacrent les id�es qui se sont progres


sivement impos�es comme �tant les plus justes et 

les plus heureuses. Ils les acheminent prudem


ment dans la voie de leur applications e:ffective par 

les Etats >>. 

Si deve esaminare ancora un'ultima osservazione 

americana (4), secondo cui questa regola sarebbe 

limitata al campo della protezione diplomatica e 

(1) Gli S.U.A., contrariamente a quanto affermato dal 
Memorandum (n. 22), parteciparono a tutti i lavori della 
Conferenza e non sottoscrissero la Convenzione per le 
ragioni indicate dal sig. Miller nella 6a Adunanza plenaria, 
ragioni che non attengono al principio in esame (Cfr. 
S.d.N., Actes de la Oonference pour la Oodification du 
droit international, vol. I, seances pleni�res, V, 14, 
Gen�ve, 1930, p. 39). 
(2) S.d.N., Rapporto au Conseil, etc. cit., p. 165. 
(3) Op. cit., p. 53. 
(4) Memorandum, p. 53. 
non sarebbe estensibile a quello delle giurisdizioni 
internazionali. 

Quest'affermazione si basa sulla considerazione 
che si tratti di una semplice prassi priva dell'opinio 
juris et necessitatis, e si � gi� visto come cotesta 
considerazione sia fallace. 

Ma si deve anche porre in rilievo come l'inizia-� 
tiva di uno Stato di adire i Tribunali internazionali 
a tutela degli interessi dei propri cittadini sia uno 
dei modi con cui normalmente si esercita la protezione 
diplomatica. 

Il Borchard (1) include l'arbitrato tra i metodi 
amichevoli con cui si esercita la protezione diplomatica, 
accanto all'azione della diplomazia, ai 
buoni uffici, all'intervento diplomatico e alla mediazione. 


Il Seferiades (2) dopo di avere ricordato la decision(} 
n. 2 della Corte Permanente di giustizia internazionale 
sul caso delle Concessioni Mavrommatis 
in Palestina, secondo la quale cc c'est un principe 
�lementaire de droit international que celui qui 
autorise l'Etat � prot�ger ses nationaux l�s�s par 
des actes contrai,res au droit international, commis 
par un autre Etat dont ils n'ont pu obtenir satisfaction 
par les voies ordinaires. En prenant fait et 
cause pour l'un des siens, en mettant en mouvement 
en sa faveur l'action diplomatique ou l'action 
judiciaire (corsivo aggiunto) l'Etat fait, � vrai dire, 
valoir son droit qu'il a de faire respecter en la personne 
de ses ressortissants le droit international �, 
cosi prosegue: cc le syst�me qui nous occupe porte 
le nom de protection diplomatique >>(corsivo aggiunto) 

10. La dottrina ammette universalmente l'esistenza 
e la portata del principio che si � esposto. 
Il Borchard (3), che viene ricordato nel Memorandum 
(n. 22) come un autore che limiti la portata 
del principio ad una semplice pratica o prassi 
e che invece, a quella pagina 579 ivi ricordata ne 
parla come di una� general rule �,ne ricorda l'applicazione 
che esso ha avuto proprio nei giudizi internazionali: 
cc The frequent occurrence of cases of 
dual nationality, by which a claimant, owing to a 
conflict of laws, becomes a citizen of both the claimant 
and the defendant country according to the 
municipal law of each, has resulted in a general 
preference by international commissions in favor 
of the law of the defendant country, so as to preclude 
the possibility of a country being made a 
defendant to an international claim by a person 
who by its municipal laws is considered its own 
citizen >>. 

Sembra superflua la citazione degli altri autori 
che riconoscono ed ammettono pacificamente quel 
principio, e preferibile ricordare gli Autori che, 
pur riconoscendone l'esistenza, auspicano, de iure 
condendo, una modifica al sistema, in modo che gli 
eventuali conflitti di nazionalit� non abbiano pi� 
ad impedire la soluzione giurisdizionale delle questioni 
anche sul piano internaziouale. Si spera cosi 

(1) The diplomatic protection of citizens abroad, New 
York, 1915, p. 442 e seg. � 
(2) Le probl�me de l'acc�s des particuliers � des jurisdictions 
internationales, in cc Recueil des Cours de l'Acad�mie 
de Droit international �, 1935, p. 23. 
(3) Op. cit., p. 487. 

&ii=hffil !fBffilffilliWG??ZF??C?TiElfil WikiJJimi]; 

m� 

-133 


I 
di evitare una possibile confusione tra le proposte 

di soluzione che essi fanno e un diritto positivo che 

non � ancora nel campo internazionale (cfr. il 

Memorandum n. 27). 

Il Louis-Lucas (1), il quale alla pagina 53 del 

suo lavoro dichiara giuste e felici le soluzioni con


cordate all' Aja, prospetta la soluzione ideale del 

problema nell'internazionalizzazione delle norme 

e della giurisdizione. 

Il De Lapradelle (2), dopo di avere ricordato lo 

stato attuale del diritto conforme alla Convenzione 

dell'Aja, auspica una soluzione diversa del problema 

con l'applicazione della regola della cittadinanza 

effettiva anche nel caso in cui sia in questione la 

cittadinanza dello Stato convenuto. 

Il Seferiades, infine, ammette anche esso la vali


dit� Q.el principio di cui si discute (3): cc Et tout 

d'abord, meme de nos jours, � propos de la solu


tions des conflits positifs de nationalit�, si l'on 

consid�re comme �tabli, par la jurisprudence des 

Tribunaux des pays non directement int�ress�s 

le criterium selon lequel "la nationalit� qui doit 

prevaloir. .. c' est la nationalit� effective ", celle-ci 

�tant d�gag�e des circostances de fait, "dont la 

plus importante est le domicile", il n'en est pas 

moins certain que les pays directement � interess�s 

continueront a appr�cier chaque cas sur la base de 

leur propre l�gislation � (corsivi aggiunti). 

Ne fa poi una vivace critica, osservando che 

cc ainsi les conflits de cette esp�ce peuvent continuer 

� subsister dans grand nombre d'hypoth�ses, leurs 

cons�quences pr�judiciables atteignant avant tout 

les particuliers, sans aucune faute de leur part et 

sans qu'ils puissent y rem�dier �. Ma, allo stato 

.attuale egli non vede rimedio a questa situazione, 

ed osserva (4): cc n'importe quel juge international 

qui aurait � se prononcer en pareil cas ne pourra 

que renvoyer dos � dos les Etats.plaideurs. 

cc Nous ne somme pas seules de cet a.vis. M. Kostes 

nous dit en effet: cc La jurisdition internationale 

doit ... raisonner comme il suit: La convention n'ac


corde pas, le cas �ch�ant, de pr�s�ances � une natio


nalit� quelconque. Les Etats en question ont des 

droits parfaitement �gaux. Faute de r�gle ,de nature 

� justifier la demande, il convien de la d�clarer 

non recevable, de telle sorte que la situation de fait 

existant � l'heure actuelle sera maintenue. Ce serait 

exact, mais bien peu satisfaisant )), 

E conclude: cc Le syst�me pr�conis� a La Haye 

en 1930 en refusant � l'individu le droit d'agir 
directment devant un pr�toire international, ne 
serait ce que pour savoir de quel Etat il est national, 
immole les droits de l'homme � une conception 
� fausse, celle de la souverainet�, dont on a h�sit� 


encore une fois � restreindre les privil�ges >l. 

III 

11. L'indagine che si � svolta nel precedente 
capitolo esclqde che le disposizioni dell'art. 78 del 
Trattato di Pace possano essere applicate in favore 
(1) Op. cit. 
(2) Op. cit. 
(:l) Op. cit., p. 62. 
(4) Op. cit., p. 65. 
di cittadini italiani che abbiano anche lo status di 
cittadini di una delle Nazioni Unite perch� questa 
applicazione sarebbe in contrasto con i principi 
generali che regolano la materia nel diritto intern�zionale. 


A meno che non esistano nello stesso Trattato 
norme particolari che vincolino le parti in deroga 
alla disciplina che la materia riceve nel diritto internazionale, 
come ha riconosciuto, in linea generale, 
la Corte dell' Aja nel ricordato parere sui decreti 
relativi alla cittadinanza in Marocco e Tunisia. 

Secondo il Governo statunitense (1) la deroga 
potrebbe anche derivare dalla natura del Trattato, 
applicandosi la regola generale nelle condizioni normali 
ed escludendosene l'applicazione nei Trattati 
di Pace. Ma questo pensiero cosi originale � solo 
affermato in quel brief, dove poi, anche per i Trattati 
di Pace, si fa derivare l'eventuale deroga solo 
dalle particolari condiziOni che vi siano contenute. 

cc It is understandable -vi � scritto -that 
the right to diploma.tic prote�tion may not, in norma.
I circumstances, be invoked by an individuai 
possessing the nationality of the State from whose 
acts protection is desired. To adopt another rule 
m.ight create confusion and uncertainty and open 
the door to needless recriminations. An entirely 
different set of circumstances prevails however, in 
the case of the Treaty of Peace, where the Allied 
and Associated Powers may, if they so choose (corsivo 
aggiunto), ca.Il on the Italian Republic to recognize 
rights extended not only to United Nations 
Natiouals, but to Italian nationals as, for example, 
those established by article 76 )), 

In sostanza il Governo statunitense afferma un 
principio di� forza, per il quale il vincitore, quando 
detta la pace, pu� imporre al vinto anche obblighi 
che contrastino con i principi generali del diritto 
internazionale. In questa affermazione non vi � 
per� la prova che nel caso particolare le Nazioni 
Unite abbiano voluto derogare alla regola generale 
ed estendere le disposizioni dell'art. 78 anche in 
favore di cittadini italiani. 

Prescindendo quindi da essa � necessario esaminare 
la disposizione particolare ed accertarne 
il contenuto ed i limiti di applicazione attraverso 
le normali regole di interpretazione. 

12. La disposizione dell'art. 78 del Trattato 
di Pace, che precisa l'estensione soggettiva degli 
oneri che oggettivamente i precedenti paragrafi 
hanno posto a carico del Governo italiano, � il 
� 9-a. 

Nei precedenti paragrafi si fa solo un generico 
riferimento ai "cittadini delle Nazioni Unite", 
mentre nel � 9-a si spiega che: 

cc L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" 
si applica alle persone fisiche che siano cittadini 
di una qualsiasi delle Nazioni Unite, e alle societ� 

o associazioni costituite secondo le leggi di una delle 
Nazioni Unite, alla data di entrata in vigore del 
presente Trattato, a condizione che le dette persone 
fisiche, societ� o associazioni gi� possedessero 
questo status il 3 settembre 1943, data dell'armistizio 
con l'Italia. 
(1) Brief nella controversia Merg�, p. 28. 

-134


� L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" 13. Si deve allora proseguire nell'esame di quel 
comprende egualmente tutte le persone fisiche e le paragrafo ricorrendo ad altri metodi di interpretasociet� 
o associazioni che, ai sensi della legisla-zione, per accertare se il primo comma di �sso imzione 
in vigore in Italia durante la guerra siano porti deroga al principio generale che si � enunciato 
state trattate come nemiche )). e per chiarirne il significato del secondo. 

La lettura di questa disposizione dimostra Il Governo statunitense (1) sostiene, invocando 
chiaramente che la questione della doppia cittadi-l'autorit� di due cultori della materia, che il metodo 
nanza, e in particolare delle persone munite della da seguire in questo caso sia quello storico, per risacittadinanza 
italiana e di quella di una delle Nazioni lire alla reale volont� delle parti contraenti attraUnite, 
non vi � stata espressamente considerata, verso i lavori preparatori. 
almeno sotto un profilo strettamente letterale. Ma questa possibilit� non � da tutti ammessa 

Di questa opinione non sono i Governi britan-nel campo internazionale e vi sono in proposito 
nico e statunitense, secondo i quali il primo comma sensibili contrasti nella dottrina. � interessante 
del � 9-a dell'art. 78 conterrebbe una �definizione� conoscere quanto scrive ilQuadri (2) sull'argomento: 
dell'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" �Mentre negli ordinamenti giuridici interni vi � 
che sarebbe comprensiva di tutti i cittadini di una al riguardo (sui metodi di intepretazione) un notequalsiasi 
di quelle Nazioni, e quindi pure di quelli vole contrasto di soluzioni, ispirandosi taluni al 
che siano eventualmente in possesso anche della criterio subbiettivistico (ricerca della volont� in 
cittadinanza italiana (1). senso psicologico), altri al criterio obbiettivistico 

Si deve per� osservare, sotto il profilo letterale (ricerca della c. d. volont� della dichiarazione); 
del quale ora esclusivamente ci si occupa, che la nel diritto ~ternazionale riteniamo abbia prevalso 
parola tutti, sulla quaie quella interpretazione il punto di vista obbiettivistico. 
si fonda�, non figura affatto nel primo comma del �Vari fattori cospirano a rendere impraticabile 
� 9-a, il quale dice �l'espressione ... si applica alle l'opposta sol..zione . .Anzitutto la complessit� del 
persone fisiche )) e non <e a tutte le persone fisiche �. procedimento di formazione degli accordi internaSotto 
questo aspetto non si pu� quindi dire che in zionali renderebbe quanto mai ilifficile la ricostruquella 
norma vi sia una espressa disposizione che zione di ci� che ciascuna delle Parti ha e:ffettivaporti 
deroga ai principi generali, senza la quale i mente voluto, specie. dove si consideri che l'atto 
principi stessi devono disciplinarne l'applicazione. mediante il quale si manifesta la volont� �_la rati-

Da un punto di vista letterale la portata di quel fica e che la volont� espressa dalla ratifica non pu� 
primo comma � invece un'altra: in primo luogo essere identificata, n� spiegata con eventuali dichiachiarificatrice, 
perch� spiega che l'espressione "dt-razioni anteriori di Plenipotenziari. In secondo 
tadini delle Nazioni Unite", che in s� e per s� non luogo nei Trattati collettivi aperti all'adesione di 
significa niente, � espressione ellittica e sta per: terzi Stati, l'adesione non pu� indirizzarsi che al 
�cittadini di una delle Nazioni Unite�. testo; non certo ad elementi estrinseci al testo stesso. 

Inoltre, e qui � la vis normativa della disposizione, In terzo luogo il bisogno della certezza che spinge le 
essa fissa i limiti temporali cui la sussistenza di Parti contraenti a fissare in forma scritta il regolauna 
di quelle cittadinanze � condizionata per la mento dei loro rapporti, non verrebbe soddisfatto, 
sua efficacia, escludendo dai benefici dell'art. 78 qualora le parti stesse potessero riaprire la discus~ 
le persone che, pur essendo cittadini delle Nazioni sione mediante la presentazione di elementi estraUnite 
alla data di entrata in vigore del Trattato di nei al testo. La funzione della norma scritta � apPace, 
non abbiano avuto questo status al 3 settem-punto in Qi�: che le Parti adottandola, affidano ad 
bre 1943, o che, cittadini a questa data, ne abbiano essa il regolamento dei propri rapporti, escludendo 
perso lo status prima dell'entrata in vigore del pertanto ogni obbligo o diritto che non risulti dal 
Trattato di Pace. La ratio della norma � evidente: testo. 
tale precisazione di� limiti temporali, data l'ampiez-�� stato osservato in contrario (ad es.: Ballaza
� del tempo decorso tra il settembre 1943 e il dore Pallieri) che in numerosi casi, nella pratica 
settembre 1947, tende a prevenire i molti casi dubbi internazionale, si � ricorso ai lavori preparatori e 
che altrimenti si sarebbero posti per perdite od ad altri elementi, come lo spirito della Convenzione, 
acquisti di dette cittadinanze, medio tempore inter-i quali implicherebbero accettazione della dottrina 
venuti. subbiettivistica della volont� in senso psicologico. 

Ma, oltre questo, non vi � altro nella lettera del Si pu� rispondere che altra cosa � la ricerca della 
primo comma del � 9-a e manca, soprattutto, una volont� in senso psicologico, altra cosa � la ricerca 
espressa deroga al principio generale, che consenta dello spirito della Convenzione. Senza dubbio una 
ai cittadini italiani di vantare pretese internazio-Convenzione non pu� essere interpretata ove la 
nali nei confronti del proprio Stato, sotto la prote-si concepisca come una serie di proposizioni sepazione 
di altro Stato di cui essi abbiano contempora-rate e sconnesse, isolate le une dalle altre. Ogni 
neamente la cittadinanza. ' convenzione va riguardata come un sistema logico. 

N� una disposizione di deroga in tal senso si Lo spirito della Convenzione non � altra cosa che 
riscontra nel secondo comma di quel paragrafo, i la funzione sociale della Convenzione stessa ricacui 
elementi letterali, peraltro, non sono di per s� vabile dalle disposizioni nella loro logica-coordinaidonei 
a renderne chiaro il significato. zione. Ci� spiega la possibilit� di una interpreta


(1) Cfr. ~l brief nella controversia Merg� a p. 9, il Memo(
1) Brief nella _controversia Merg�, parte IV. 
randum al n. 30 e la submission inglese nella controversia (2) Di'ritto internazionale pubblico, Palermo, 1949, 
sui cc casi di doppia cittadinanza �, nn. 6 e 7. p. 120 e seg. 

-135


zione estensiva o restrittiva di questa o quella 
disposizione, la possibilit� della correzione di errori 
. materiali di espressione e cos� via. Tutto ci� avviene 
sulla base del sistema logico di cui si � detto e non 
costituisce eccezione al principio che l'interpretazione 
va condotta con criterio obbiettivistico e 
dichiarazionistico. Pertanto non pu� ritenersi esistente 
un diritto o un �dovere che non sia ricavabile 
dal testo dell' atto, anche se i lavori preparatori. 
possano condurre ad un diverso risultato (ci� 
che, del resto, non � frequente che avvenga, poich� 
i lavori preparatori sono quasi sempre ambigui). 
cc Fino a quando il testo � chiaro non solo in senso 
letterale, ma altres� in senso logico, in quanto pu� 
attribuirsi ad esso una sensata funzione, non vi � 
dubbio che all'interprete sia preclusa ogni altra 
indagine o deduzione. Questo punto era gi� stato 
affermato incisivamente dal Vattel cc c'est un abus ... 
que d'aller chercher sans n�cessit� des raisons, des 
vues incertaines, pour d�tourner, resserrer ou 
�tendre le sens d'un acte assez clair en lui-m�me, 
et qui ne pr�sente rien d'absurde �. Da altri poi � 

, stato osservato (Fachiri) che la ratifica di un Trattato 
non pu� riferirsi che al testo, per cui sarebbe 
arbitrario ric�rcare altrove una volont� normativa. 
La Corte Permanente di Giustizia internazionale ha 
sostanzialmente adottato questo punto di vista che . 
appare chiarissimo nel parere n. 144 dell'8 dicembre 
1927 relativo all'art. 6 della Convenzione sullo 
Statuto del Danubio u afin d'interpr�ter un texte 
suffisament clair en lui-m�me, il n'y pas lieu de 
tenir compte des protocoles d'une conf�rence qui a 
elabor� une convention �; principio nettamente 
riconfermato a proposito della Convenzione di 
Washington sul lavoro notturno delle donne 
(Publications .A.-B, n. 50, p. 278 e seg.). 
cc Si veda anche la sentenza del Tribunale .Arbitrale 
turco-greco del 9 febbraio 1928 nell'affare 

n. 182 fra la Banca d'Oriente e il Governo Turco 
nella quale il Tribunale rifiut� di utilizzare gli atti 
preparatori per interpretare l'art. 65 del Trattato di 
Losanna poich� il senso del testo era sufficientemente 
chiaro e ragionevole. Egualmente la sentenza 
del T . .A..M. turco-rumeno del 26 aprile 1928 nell'affare 
n. 21: Ministero della Guerra di Romania 
c. Governo Turco (Ree. des. d�c. I, 993ss.). Si 
vedano: LAUTERPACHT, in RC, 1934 (II); SPENCER: 
L'interpretation des trait�s par les travaux pr�para


toires, Paris, 1935). 

<< Quanto precede non significa esclusione della 
possibilit� di utilizzare i lavori preparatori, in particolare 
i processi verbali di Conferenze e Congressi 
internazionali. Ci� potr�� e dovr� avvenire in caso 
di ambiguit� del testo, quando questo cio� non consenta 
da solo una sicura conclusione. � da notare 
peraltro che questo ricorso deve avvenire sempre in 
funzione del testo, come mezzo di conoscenza di 
questo; non quindi per scoprire una volont� diversa 
e superiore rispetto a quella della dichiarazione�. 

Non solo la prevalente dottrina, ma anche molte 
Nazioni e soprattutto quelle di diritto anglosassone, 
respingono, in via di principio, il ricorso ai lavori 
preparatori per l'interpretazione d�i Trattati. 

Nella controversia sull'affare di Mossul dinanzi 
alla Corte dell'.A.ja il rappresentante del Governo 
inglese, sig. Hogg, ha fatto la seguente dichiara


zione (1): cc In our submission the text of the treaty 
of Lausanne is clear and free from ambiguity, so 
that the ruling which His Majesty's governement 
asks the court to give in the present case is that 
where the meaning of a treaty provision and the 
intention of the parties appears from the final text 
to which they have affixed their signature, no recourse 
can be had to preliminary discussion for 
the purpose of contradicting or adding (corsivo 
aggiunto.) to that text. .A.s shown above, the principle 
� is recognized not only by the .A.nglo-Saxon 
Law, but also, to this extent at leass, by the Latin 
system of L::i.w. I submit that it can be properly 
regarded as one of those generai principles of Law 
recognized by civilised Nations, which are referred 
to in article 38 of the Statute of the Court >>. 

Pi� recisa ancora � quest'altra dichiarazione, del 
Pollock (2): cc To those who are accustomed to 
what I may cali the .Anglo Saxon procedure, a reference 
to the history or debates concerning the origin 
of a clause is inadmissible �. 

Lo stesso concetto si legge anche nella memoria 
inglese nell'affare della competenza della Commissione 
Europea del Danubio (3): cc His Britannic 
Majesty's Governement submit as a matter of 
principle that evidence which is contained in the 
text of the treaties is the only evidence of the intention 
of the Parties, which should be regarded for 
the purposes of their interpretation �. 

Del resto in questo caso particolare la questione 
sembra quasi astratta, perch� l'unico richiamo ai 
lavori preparatori del Trattato di Pace fatto dal 
Governo' statunitense (4) non si riferisce specificatamente 
alla questione della doppia cittadinanza, 
come � ammesso nello stesso brief: cc The abovementioned 
statement while it does not refer specifically 
to the question of double nationality... �. 

Ed allora il Governo statunitense ricorre a quella 
che avrebbe dovuto essere la presumibile intenzione 
delle Nazioni Unite. Ma cos� si esce fuori dal campo 
dei metodi scientifici di interpretazione per ricorrere 
a metodi arbitrari. 

� inammissibile che si interpreti un Trattato, 
aggiungendovi ci� che non risulta dalla lettera di 
esso e neanche dai lavori preparatori, ma che una 
delle due parti avrebbe fatto bene ad includervi 
i. relazione al proprio interesse. 

Sarebbe inconcepibile (inconceivable) -scrive 

il Governo statunitense -che i compilatori del 

Trattato di Pace abbiano inteso escludere i citta


dini delle Nazioni Unite dai benefici dell'art. 78 

per il motivo che essi abbiano potuto avere nello 

stesso tempo anche la cittadinanza italiana; ancor 

pi� inconcepibile dato che un cultore del diritto, il 

Wormser aveva avvertito di non farlo, scrivendo 

nel 1944 che non si poteva immaginare che i vitto


r10s1 Stati Uniti di .America avrebbero permesso 

alla Germania ed a qualsiasi altra delle scon 


fitte Potenze dell'Asse, dopo .la seconda guerra 

mondiale, una difesa basata sulla doppia ~~ttadi


nanza. 

(1) Publications cit., serie C, n. 10, p. 22. 
(2) Publications cit., serie C. n. 2, p. 197. 
(3) Publications cit., serie C, n. 13, IV, p. 1738. 
(4) Brief nella controversia Merg�, p. 10. 

-136


Ma questo avrebbe costituito un motivo maggiore 
per le Nazioni Unite, se esse cos� avessero�voluto, 
per contemplare espressam�nte nel TrattatO 
di Pace la deroga al principio generale, che non si 
pu� presumere da esse ignorato; il silenzio che esse 
invece hanno serbato sulla questione deve essere 
interpretato come una volont� di conformarsi a 
quei principi anche nel caso particolare. 

.Altra circostanza da cui gli Stati Uniti presumono 
la volont� derogatrice dei compilatori del 
Trattato � la scrupolosa cura che essi a'7rebbero 
avuto, nei precedenti paragrafi dell'art. 78, a prevedere, 
in ogni possibile ipotesi, la tutela degli interessi 
dei loro sudditi (l}; ma anche questo � un 
argomento che si pu� ritorcere osservando che la 
cura che essi hanno avuto li avrebbe portati a 
stabilire espressamente quella deroga, come richiesto 
perch� essa abbia efficacia, se cos� avessero voluto. 

D'altro canto non � forse giusto ritenere che tutte 
le clausole del Trattato di Pace, se pure assai duro 
per l'Italia, siano state ispirate dall'etica di Brenno; 
non bisogna farsi guidare, nell'interpretazione di 
esso, da una specie di complesso della sconfitta e 
pensare che tutte le disposizioni che vi sono contenute 
derivino da una sorta di cieco feticismo delle 
Nazioni Unite per gli interessi propri e dei propri 
sudditi che si sarebbe attuato nel disconoscimento 
delle regole della convivenza dei popoli civili, nel 
disprezzo di qualsiasi interesse dell'Italia e della 
sua stessa essenza di Stato sovrano. 

Non si dimentichi che il preambolo del Trattato 
espressamente si richiama ai principi di giustizia 
ed al desiderio di stabilire la base di amichevoli 
relazioni tra le Potenze contraenti; n� si pu� pensare 
che queste siano soltanto dichiarazioni simoniache. 

Lo stesso art. 78, nel � 4-a e d, ha mostrato di 
avere riguardo non solo agli interessi dei cittadini 
delle Nazioni Unite, ma anche a quelli dell'Italia, 

�riducendo l'indennizzo alla misura dei due terzi 
del danno. Se quindi con queste disposizioni le 
Nazioni Unite hanno voluto considerare le esigenze 
finanziarie dello Stato italiano, non � poi cos� inconcepibile 
(inconceivable) che essi, nello stesso 
articolo, abbiano voluto anche tutelarne il prestigio 
di Stato sovrano, che sarebbe stato compromesso 
dalle pretese dei suoi cittadini portate in sede internazionale 
sotto la protezione di un terzo Stato. 

Certo, se avessero voluto anche questo, le Nazioni 
Unite avrebbero potuto imporlo, ma avrebbero 
dovuto farlo espressamente, perch� ogni deroga 
ai principi generali del diritto, ogni imposizione di 
ingiustizia devono essere preventivamente volute e 
chiaramente espresse nel testo del Trattato. Il 
quale, dopo che � venuto ad esistenza giuridica, 
entra nell'orbita del diritto internazionale che, recependolo 
nel proprio ordinamento, legalizza le illegittimit� 
che aventualmente vi siano contenute, 
ma non consente che se ne aggiungano altre. 

Eventuali intenzioni che non siano state chiaramente 
manifestate non possono avere alcun rilievo 
giuridico; non esistono in senso giuridico. Soltanto 
la volont� manifestata nel testo del Trattato di 
Pace � opponibile al vinto. 

(1) Brief nella controversia Merg�, p. 12. 
14. Del resto la disposizione in esame appartiene 
ad un trattato di pace, e l'interpretazione di questi 
testi deve essere fatta con criteri ancora pi� rigorosi 
e restrittivi, come ha riconosciuto, per questo 
stesso art. 78, la Commissione di Conciliazione 
italo-francese nella controversia� l?ertU:sola. 
Dopo di avere ricordato, in generale, la necessit� 
del procedimento interpretativo per applicare la 
norma giuridica astratta al caso concreto e la convenienza 
di ricercare la reale e comune intenzione 
delle parti senza fermarsi alle espressioni inesatte 
delle quali esse abbiano potuto . servirsi, quella 
decisione aggiunge che �certo una eccezione alla 
regola � giustificata quando si tratta di un Trattato 
di pace che non � stato negoziato, ma che lo Stato 
vinto ha dovuto accettare cosi come gli veniva 
presentato dallo Stato vincitore. Tuttavia, anche 
nella predetta ipotesi, non � anzitutto senza interesse 
la ricerca della volont� effettiva dello Stato 
vincitore, bench�, naturalmente soltanto la volont� 
manifestata dal medesimo nel testo del Trattato sia 
opponibile allo Stato vinto� (corsivo aggiunto). 

E questo un preciso divieto che, in questa specie 
di Trattati, si pone a qualsiasi tentativo di 
interpretazione estensiva. Ma vi � di pi�. 

Si legge ancora in quella decisione che � in queste 
condizioni, non � necessario invocare il principio 
del favor debitoris (benignus est interpretandum, in 
obscuris quod minimum est, sequimur) che vale, 
nel dubbio, sia in materia di trattati sia di contratti, 
soprattutto quando � questione di un trattato 
non negoziato, redatto dal creditore� (corsivo (aggiunto). 


.Al divieto dell'interpretazione estensiva si aggiunge 
allora il dovere specifico dell'interpretazione 
restrittiva. 

Se dubbio vi fosse, esso dovrebbe essere risolto 
in base a queste regole di ermeneutica: ogni qualvolta 
non risultasse chiaramente che si sia voluto 
imporre un obbligo, questo dovrebbe essere escluso. 

� del resto norma generale del diritto internazionale 
il divieto di interpretazione estensiva delle 
disposizioni eccezionali, come � stato ritenuto ad 
es., per la norma del � 8 dell'art. 15 del Patto 
della Societ� delle Nazioni in rapporto con le norme 
degli altri paragrafi: � Cette disposition du � 8 ... 
appor.te une e~eption aux principes consacr�s 
par le paragraphes pr�c�dents et... d�s lors elle ne 
se pr�te � aucune interpr�tation extensive >>. 

Sono questi ormai principi comuni, come ha 
posto in rilievo il Rousseau (1): �la jurisprudence 
internationale interpr�te habituellement d'une mani�re 
restrictive la disposition des trait�s internationaux 
qu'on consid�re comme des limitations � la 
souverain�t� �tatique, par l'application du principe 
qui soumet � interpr�tation restrictive les clauses 
d�rogatoires au droit commun �. 

Del resto per il 10 comma dell'art. 78 non � 
questione n� di estenderne n� di restringerne l'interpretazione 
perch�, come si � visto, la questione 
della doppia cittadinanza non vi � 11ffatto considerata. 
Si tratterebbe, se mai, di aggiungervi l� refa:� 

(1) L'indip�ndance de l'Etat danB l'ordre international, 
in cc Recueil des cours de l'Academie de droit international 
�, 1948, II, p. 211. 


~ 137 


tiva disposizione, ma questo per via di interpretazione 
non si pu� fare. 

Ma se anche si volesse pensare che quel primo 
comma potrebbe interpretarsi nel senso indicato 
dal Governo statunitense, questa non sarebbe che 
una possibile interpretazione di esso, non l'unica 
che se ne possa logicamente trarre. Sarebbe quindi 
possibile anche l'altra interpretazione, che esso 
abbia avuto solo una finalit� chiarificativa della 
espressione ellittica" cittadini delle Nazioni Unite" 
ed una finalit� normativa limitatamente ai termini 
di tempo fissati per il possesso dello status di cittadinanza. 


Ci si troverebbe in questa non concessa ipotesi, 
di fronte a due possibili interpretazioni dello stesso 
testo internazionale e sorgerebbe allora un problema 
di scelta, per il quale non sono ammesse perplessit�: 
soccorrerebbe, e sarebbe indeclinabile, la applicazione 
del principio del f avor debitoris, che impone, 
in caso di dubbio, l'interpretazione �in favorem 
libertatis �. 

Nella sentenza relativa ai prestiti brasiliani in 
oro (1) la Corte dell'.Aja ha affermato che � c'est 
une r�gle bien 'connue de l'interpr�tation des acte, 
que, la o� l'on constate une ambiguit�, il faute les 
prendre contra prof erentem ll. 

Questo principio era gi� stato accolto dalla Corte 
nel parere n. 12 (2): �si le texte d'une disposition 
conventionnelle n'est pas clair il y a lieu, en choisissant 
entre plusieurs interpr�tations possible 
de retenir celle qui cornporte le minimum d'obligations 
pour les Parties. Oette id�e peut 13tre admise 
comme juste ll. 

Questa regola, che costituisce uno dei principi 
fondamentali di diritto interno, � quindi applicabile 
anche ai rapporti internazionali come � stato 
posto in rilievo in un discorso del sig. De Lapradelle 
(3): �Un des. grands principes du droit civil 
est que dans le doute la libert� ne doit pas 13tre 
suppos�e reduite; � plus forte raison, lorqu'il 
s'agit de ces personnes �minentes que sont les 
Etats est ce un principe que, dans le doute, leur 
pouvoir propre, qui n'est plus seulement la libert� 
mais qui est la souverainet�, ne peut en aucune 
mani�re 13tre consid�r� comme restreint n. 

Si pu� quindi concludere che, ai sensi del primo 
comma del � 9-a dell'art. 78, le obbligazioni stabilite 
a carico dell'Italia nell'interesse dei cittadini 
di una delle Nazioni Unite presuppongono in questi 
ultimi l'assenza della cittadinanza italiana; cosi 
come si deve ritenere che le disposizioni del Trattato 
di Pace che prevedono obbligazioni di alcune delle 
Nazioni Unite nell'interesse di cittadini italiani 

(come, ad es., quella del � 2 dell'art. 19), non 

contenendo espresse pattuizioni contrarie, pre� 

suppongano in quei cittadini l'assenza della citta


dinanza dello Stato obbligato. 

Il primo comma del � 9-a deve quindi essere 
interpretato nel senso che siano necessari due requisiti 
per l'applicazione delle disposizioni di favore 
dell'art. 78: a) la sussistenza nel soggetto, per tutto 
il periodo di tempo ivi considerato, della cittadi


(1) Publications cit., serie A, n. 21, p. 114. 
(2) Publications cit., serie B, n. 12, p. 25. 
(3)� Publications cit., serie C, n. 1, p. 175. 
nanza di una delle Nazioni Unite; b) l'assenza, nel 
medesimo soggetto e per il medesimo periodo, della 
cittadinanza italiana. 

15. Una conferma di tale interpretazione del 
primo comma del � 9-a come urli.ca possiliil� interpretazione 
di esso, � data dal secondo comma di � 
quella rusposizione che, con espressa deroga al 
principio generale che si � precedentemente esaminato 
estende ad alcune categorie di cittadini italiani, 
che abbiano anche la cittadinanza di una delle 
Nazioni Unite, le disposizioni di favore dei precedenti 
paragrafi, dando cos� la sicura prova che non 
tutti i cittadini delle Nazioni Unite siano stati contemplati 
in quel primo comma. 
Il 2� comma � del seguente tenore: �l'espressione 
"cittadini delle Nazioni Unite" comprende egualmente 
tutte-le persone fisiche... che, ai sensi della 
legislazione in vigore in Italia durante la guerra, 
siano state trattate come nemiche n. 

L'interpretazione di questa disposizione, l'accertamento 
cio� dell'estensione soggettiva che essa 
abbia, non � possibile in base ad un criterio esclusivamente 
letterale, perch� la norma � incompleta 
e, sotto un certo profilo, in bianco. 

In bianco, perch� non � possibile determinare 
in maniera astratta le persone da essa considerate, 
dato che queste persone devono essere individuate 
caso per caso attraverso l'accertamento di un fatto 
contingente: l'effettivo trattamento come nemici. 

Questo fatto, una volta che sia stato accertato, 
deve poi essere posto in relazione alla legislazione 
di guerra italiana vigente al momento in cui esso 
sia avvenuto, dato che, solo se sia stato conforme 
(aux termes de la l�gislasion en vigueur en Italie 
pendant la guerre; under the laws in force in Italy 
during the war) a quella legislazione esso ha efficacia 
di fare assumere alla persona che ne sia stata l'oggetto 
la qualifica di " cittadino delle Nazioni 
Unite"� 

Prescindendo quindi da questa indagine di fatto, 
che non pu� che essere effettuata caso per caso, 
si deve completare la norma con le disposizioni di 
legge che in concreto abbiano legittimato in Italia 
durante la guerra il trattamento come nemico delle 
persone fisiche. 

I Governi statunitense e britannico (1) escludono 
invece che si possa fare alcun riferimento alla legislazione 
italiana, per il fatto che manca la prova 
che i compilatori del Trattato di Pace ne abbiano 
avuto la conoscenza dettagliata che avrebbero dovuto 
avere se avessero voluto considerarla. 

Ma l'argomento � privo di fondamento di fronte 
all'evidenza del fatto che quella legislazione � 
richiamata dal Trattato, � recepita nel suo testo, 
ne forma parte integrante al punto che non si pu� 
comprendere il significato di quella norma del 
Trattato di Pace se non la si integra con la legislazione 
italiana da essa richiamata. 

Ohe i compilatori del Trattato ne abbiano avuta 

o meno dettagliata conoscenza � circostatlz� del 
tutto irrilevante. � da presumere di s� perch� altri-menti, 
riferendosi ad una legislazione di cui ignora(
1) Brief nella controversia Merg�, p. 22 e replica 
nella controversia Bui casi di doppia cittadinanza, n. 6. 

-138 


vano il contenuto, essi avrebbero dato prova o di 
una grande fiducia verso il diritto positivo italiano 
-cosa che, del resto, non dovrebbe meravigliare 


o di una maggiore ingenuit�.. 
16. L'art. 3 della legge di guerra italiana, approvata 
con regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, disponeva 
che agli effetti di quella legge fossero considerati 
sudditi nemici coloro che possedessero la 
nazionalit�. di uno Stato nemico, ancorch� possedessero 
in pari tempo la nazionalit� italiana o 
quella di un altro Stato. 
Il cittadino di uno Stato nemico era quindi considerato 
da quella legge come suddito nemico anche 
se fosse stato contemporaneamente cittadino italiano; 
a una persona che avesse avuto quel doppio 
status si sarebbe quindi potuta applicare la legge 
di guerra; quella persona avrebbe potuto essere� 
trattata come nemica ai sensi della legislazione in 
vigore in Italia durante la guerra. 

Non � per� sufficiente questa situazione giuridica 
per attribu�re a quella persona la qualifica di 
"cittadino delle Nazioni Unite"; a tal fine, oltre 
a quel requisito di diritto, il 20 comma del 
� 9-a richiede anche il ricorrere una circostanza di 
fatto: l'effettivo trattamento come nemico. 

Quindi un cittadino italiano che, nel periodo di 
applicazione di quella disposizione, sia stato anche 
cittadino di una delle Nazioni Unite e sia stato 
effettivamente trattato come nemico, pu� essere 
qualificato come "cittadino delle Nazioni Unite" 
agli effetti dell'art. 78 del Trattato di Pace. 

Si � detto cc nel periodo di applicazione di quella 
disposizione >> perch� dopo poco tempo ch� era 
incominciata la guerra quella disposizione � stata 
modificata dall'art. 2 della legge 16 dicembre 1940, 

n. 1902, entrata in vigore il 31 gennaio 1941, che 
ha stabilito che fossero considerati sudditi nemici 
i cittadini di Stato nemico cc che possedessero in pari 
tempo la nazionalit� di altro Stato estero>>. La 
modifica � quindi consistita nel non considerare pi� 
come nemici i cittadini italiani che avessero avuto 
contemporaneamente anche la cittadinanza di uno 
Stato nemico; quindi Ile, per assurda ipotesi, si 
fosse verificato il trattamento da nemico di una 
persona in siffatte condizioni dopo il 31 gennaio 
1941, questo fatto non sarebbe idoneo ad attribuire 
a quella persona la qualifica di " cittadino delle 
Nazioni Unite" perch� il 20 comma del � 9-a 
richiede, a questi effetti, che il trattamento da 
nemico sia stato attuato conformemente alla legislazione 
italiana e in quel caso, in.vece, esso 
sarebbe stato illegittimamente praticato. 
Le disposizioni su riportate sono integrative 
del 20 comma del � 9-a il quale con l'inserzione 
di esse acquista il seguente significato: 

L'espressione "cittadini delle Nazioni Unite" 
comprende egualmente tutte le persone fisiche che, 
avendo ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi 
delle Nazioni Unite e quella italiana o di un 
altro Stato, siano state trattate come nemiche nel periodo 
10 giugno 1940-31gennaio1941; o che, avendo 
ad un tempo la cittadinanza di una qualsiasi delle 
Nazioni Unite e quella di un altro Stato, ad eccezione 
dello Stato italiano, siano state trattate come 
nemiche dopo il 31 gennaio 1941. 

Questa � la portata della disposizione cos� come 
essa risulta dal suo testo; il fatto che essa appaia 
pi� o meno limitata o che possa essere applicata, in 
astratto, solo ai cittadini di alcune delle Nazioni 
Unite, di quelle cio� che siano entrate in guerra 
anteriormente al 31 gennaio 1941, non pu� avere 
influenza nel processo di interpretazione che, come 
si � visto, deve tendere a chiarire il significato della 
norma, non ad estenderne la portata. 

Oi� invece che ha importanza ai fini dell'interpretazione 
dell'intero paragrafo � la circostanza che 
nel 2� comma di esso sono considerate le persone 
fisiche che abbiano avuto con altre, anche la 
cittadinanza di una delle Nazioni Unite. 

Da questa considerazione si possono trarre le 
seguenti conclusioni: 

che, ai fini dell'attribuzione della qualifica 
di "cittadini d�lle Nazioni Unite" i cittadini delle 
singole Nazioni Unite non sono considerati tutti 
e indiscriminatamente nel J0 comma, ma sono 
ripartiti, secondo le V?>rie ipotesi, tra i due commi 
del � 9-a; 

che il 1� comma considera le persone munite 
di una sola cittadinanza; 

che nel 2� comma sono considerate le persone 
munite di doppia cittadinanza, per alcune delle 
quali � stata fatta espressa deroga al principio 
generale che non ammette obbligazioni a carico 
dello Stato di cui esse abbiano la nazionalit�, mentre 
per le altre si � implicitamente confermata l'applicazione 
di questo principio. 

L'opinione contraria, che il solo fatto di essere 
cittadino di una delle Nazioni Unite attribuisca la 
qualifica di " cittadino delle Nazioni Unite", ai 
sensi del solo 1� comma del � 9-a e che il possesso 
concorrente della cittadinanza italiana sia irrilevante, 
oltre che contrastare con la lettera di quella 
disposizione, � in contraddizione logica con il 2� 
comma di quel paragrafo che considera esplicitamente 
la stessa ipotesi che quell'opinione ritiene 
implicitamente considerata ed esclusa dal 1� comma. 
Quell'interpretazione del 1� comma, che verrebbe� 

quindi a svuotare di contenuto, almeno per qu.anto 

riguarda le persone fisiche, il 2� comma del para


grafo in esame, contrasta anche con il principio 

per cui tra due interpretazioni egualmente possibili 

dal punto di vista logico (e quella statunitense, come 

si � visto, non lo �), di cui l'una tolga ogni funzione 

alla norma e l'altra le conservi invece una fun


zione debba prevalere il criterio della conser


vazione. 

Principio che si trova ribadito dalla Oorte del


l'Aja nel parere n. 7 (1): cc Une interpr�tation qui 

d�pouillerait le Trait� des minorit�s d'une grande 

part de sa valeur ne saurait etre admise )); e che 

I'Anzilotti ha espressamente richiamato nel suo 

parere dissidente nella questione riguardante l'An


schluss austro-tedesco: cc La th�se austro-allemande 

aboutit pratiquement � priver de toute importance 

la seconde partie de l'art. 88; elle va ainsi � l'en


contre de cette regie fondamentale de l'interpr�ta


tion des textes juridiques, d'apr�s laquelle;�� entre 

deux interpr�tations, dont l'une attribue une signi


(1) Publicatioris cit., serie B, n. 7, p. 17. 

-139 


fications raisonnable � chaque partie du texte et 
l'autre ne remplit pas les m~mes conditions, c'est 
la premi�re qu'il y a lieu de pr�f�rer >>, 

17. Il ragionamento che si � esposto porta ad 
una conclusione unica; ma, quand'anche si volesse 
porre un'alternativa, le due soluzioni del dilemma 
non sarebbero divergenti nel risultato. 
O l'ipotesi del concorso della cittadinanza italiana 
� stata prevista, ed allora per essa � stato 
dettato il 2� comma del � 9-a e perci� stesso l'ipotesi 
rimane esclusa dall'ambito del 1� "Comma: le disposizioni 
dell'art. 78 saranno applicabili ai cittadini 

di una delle Nazioni Unite, come tali, quando essi 
siano in possesso di quella sola cittadinanza (lo comma); 
negli altri casi, di doppia cittadinanza, sono 
richiesti altri due requisiti, uno di fatto, che essi 
siano stati trattati come nemici, e uno di diritto, 
che tale trattamento sia avvenuto a norma delle 
disposizioni in vigore in Italia durante la guerra, nel 
senso che si � precedentemente chiarito (2� comma). 

O quell'ipotesi non � stata prevista, e allora la 
questione va risolta, secondo i princip� generali, 
nel senso che non sussiste nei confronti di coloro che 
siano cittadini italiani l'obbligo dello Stato italiano 
di accordare i privilegi dell'art. 78. 

STEFANO VARVESI 

AVVOCATO DELLO STATO 


NOTE D I DOTTRINA 


ERNST BLUMENSTEIN: Sistema di diritto delle imposte. 
(Milano, 1954). 

La traduzione in italiano (curata da Francesco 
Forte per la Collana degli studi dell'Istituto di 
Finanza dell'Universit� di Pavia, diretta dal Griziotti) 
del Sistema di diritto delle imposte del grande 
giurista �elvetico Ernst Blumenstein rappresenta 
indubbiamente un alto merito scientifico e un prezioso 
contributo per la conoscenza della teoria 
generale del diritto tributario. 

� appena il caso di rilevare come, in quel particolare 
settore del diritto che riguarda la principale 
attivit� finanziaria dello Stato, la complessit�, e 
talora il vero e proprio disordine, delle fonti legislative, 
pongono continuamente sia lo studioso che 
il pratico di fronte alla necessit� di ricorrere a 
principi di portata generale, �molto frequentemente 
non scritti, o comunque ricavantisi per interpretazione 
da norme di carattere particolare. 
D'altra parte, le gravi, veramente imponenti difficolt� 
che allo scienziato si presentano nella elaborazione 
di una teoria generale di diritto tributario 
sono fatte palesi dalla nota scarsit�, nella 
nostra letteratura giuridica, di opere di tal contenuto 
e natura (alcune delle quali, invero, eccellenti), 
di fronte alla fioritura continua di lavori 
di teoria generale relativi ad altre materie (diritto 
civile, penale, amministrativo propriamente detto). 

Orbene, se si consideri quale enorme sfera di 

problemi e. d'interessi concreti sia toccata nel no


stro Paese (come in tutti gli Stati moderni) dal 

complesso di attivit�, sia della pubblica ammini


strazione che dei privati cittadini, riguardanti lo 

accertamento e la percezione delle numerose specie 

di imposte, tasse e contributi speciali, non pu� 

non salutarsi con il massimo piacere la divulga


zione di un'opera, come quella recensita, tutta 

intesa, in un poderoso sforzo di sintesi, alla co


struzione di un sistema nel quale trovano le loro 

esatta collocazione tutti i problemi nascenti dal 

realizzarsi, nel mondo del diritto, del rapporto 

giuridico tributario. 

Sarebbe di estremo interesse condurre, sulla 

base del testo del Blumenstein, una accurata in


dagine per riconoscere in qual misura e in quali 

limiti le impostazioni concettuali dell'A., segl).ace 

del metodo classico germanico e profondo cultore 

del diritto romano e del diritto amministrativo, 

influiscano sulle formulazjoni teoriche del �Siste


ma ))' e sulla espos~ione critica delle particolari 

questioni di dfritto tributario; e tanto pi� una siffatta 
indagine sarebbe utile, per constatare come 
l'A. pervenga spesso a risultati del tutto consoni 
con quelli ottenuti da altri giuristi i quali, nello 
studio del diritto tributario, partono da concezioni 
metodologiche, invero, diverse, attinte dalla 
scienza delle finanze e dall'economia politica. Ma 
un'indagine del genere eccederebbe le proporzioni 
di una segnalazione bibliografica. 

Di non minore interesse, tuttavia, si presenta 
un esame panoramico dell'opera, attraverso le 
sue ripartizioni: il sistema tributario ne risulta 
svolto dall'A. con assoluta compiutezza e con ampio 
respiro. Dopo un'introduzione, nella qualesono 
esposti i principali dati concettuali e tecnici della 
materia trattata, il Blumenstein passa a trattare, 
nella prima parte, del cc diritto tielle imposte materiale 
))' esaminando con estrema precisione e 
acutezza i problemi relativi al potere di imposizione 
e alla soggezione a questo potere, alla delimitazione 
del potere di imposizione e della soggezione 
ad esso, all'oggetto dell'imposta. alle basi di 
valutazione dell'imposta, alla misura dell'imposta, 
al credito d'imposta, al diritto penale d'imposta. 

Nella seconda parte (il cc diritto delle imposte 
formale ii) si tratta dell'organizzazione amministrativa 
finanziaria, dell'accertamento delle imposte, 
dei procedimenti giurisdizionali tributari, 
dell'esecuzione dell'imposta. 

Come esattamente rileva il Forte, in un articolo 

nella cc Rivista di diritto finanziario e scienza delle 

finanze>> (1953, I, 224), riportato come introdu


zione al volume, per il lettore italiano appaiono, 

inoltre, di interesse particolare alcuni passi del 

libro in cui l'.A. si occupa di questioni insistente


mente agitate anche nelle discussioni tra i giuristi 

del nostro Paese, e comunque di istituti e conce


zioni che possono essere tenuti presente per qual


siasi futura e progressiva elaborazione del nostro 

diritto positivo e dell9, giurisprudenza. In una elen


cazione sommaria, sar� sufficiente ricordare il pro


blema della giustizia tributaria cc in senso giuridico >> 

(teoria delle garanzie giurisdizionali che assicurano 

al cittadino l'eguaglianza giuridica di fronte al 

potere di imposizione tributaria); le delicatissime 

(e da noi tanto tormentate, ad es.; in m~te1:fa di 

imposte di registro) questioni riguardanti i rapp�rti 

tra il diritto civile e il diritto tributario, e il signifi


cato interpretativo delle nozioni del primo ai fini 

dell'applicazione del secondo; le pagine relative alla 

c.d. � elusione >> dell'imposta, fenomeno di cui non si 

-141


riscontra l'esatto corrispondente nel nostro ordinamento 
giuridico, e che, tuttavia, pu� essere utile ai 
fini di una corretta determinazione del trattamento 
fiscale di certi negozi legittimi ma posti in 
essere per conseguire precisi scopi di alleggerimento 
del carico tributario normalmente riservato 
al dato tipo di operazione economica; l'analisi relativa 
alla distinzione tra il potere d'imposizione, e 
la conseguente soggezione ad esso del cittadino, 
e il rapporto giuridico che sorge per effetto dell'esercizio 
di detto potere; il problem~ dell'efficacia costitutiva 
dell'accertamento; l'esame (particolarmente 
complesso in relazione all'ordinamento costituzionale 
e amministrativo svizzero) dei vari soggetti di 
diritto pubblico cui spetta il potere d'imposizione, 
e dei vari casi di concorso fra questi, e della relativa 
delimitazione materiale; lo studio dei rapporti, e 
delle reciproche incidenze, tra il diritto delle imposte, 
la scienza delle finanze, ecc. 

L'ampiezza e profondit�. degli argomenti trattati, 
come risulta dalle precedenti considerazioni, 
non solo rappresenta un apprezzabile arricchimento 
per tutti i cultori della materia, ma potr�. 
fornire lo spunto per ulteriori interessantissimi 
sviluppi in ordine alle importanti questioni che 
oggi si propongono gli studiosi .e i legislatori, nell'intento 
di fornire alla collettivit�. un ordinamento 
tributario informato alla pi� alta giustizia distributiva, 
e dotato degli strumenti funzionali pi� 
idonei alla .sua miglior attuazione. 

G. 7iOBOLI 
UBALDO PROSPERE'rTI: L'elettorato politico attivo. 
Giu:ffr�, 1954, p. 162. 

Dopo aver posto in rilievo l'importanza degli 
studi elettorali nello Stato democratico a suffragio 
universale ed avere accennato all'inversione dei 
rapporti fra diritto all'elettorato e censo, per cui 
nell'attuale forma democratica pu� ritenei'si che 
questo sia in funzione di quello e non viceversa 
nel senso, cio�, che fra i doveri pubblici � quello 
di porre tutti i cittadini in condizioni economiche 
tali da assicurare il libero esercizio del diritto all'elettorato, 
l'.A.. esamina la questione nei suoi 
molteplici aspetti, pervenendo a risultati, che a 
noi sembrano, almeno in gran parte, pienamente 
accettabili. 

.A proposito delle fonti, l'.A.. critica la distinzione 
corrente fra norme programmatiche e norme 
precettive, la cui utilit�. pratica �, per�, innegabile. 
Egli ritiene che anche le norme programmatiche 
siano norme giuridiche, delle quali � possibile 
fin d'ora una sia pur limitata applicazione, donde 
il criterio distintivo fra le due categorie di norme 
negli effetti prevalenti. .A questa tesi non si pu� 
che aderire, perch� indubbiamente anche le norme 
programmatiche formano sistema con le altre ed 
influiscono quindi sulla loro interpretazione. 

Tra le fonti l'.A.. pone anche l'art. 21 della di


chiarazione universale dei diritti dell'uomo, ap


provata dalla assemblea generale delle Nazioni 

Unite il 10 dicembre 1948, che, ai sensi dell'arti


colo 10 della Carta costituzionale, farebbe parte 
dell'ordinamento italiano. 

.A questa tesi non riteniamo di poter aderire 
perch� le norme internazionali poste dall'Assemblea 
delle Nazioni� Unite non pare che.. possano 
essere _considerate diritto internazionale generalmente 
riconosciuto. 

Ma la questione � soltanto formale, perch� la 
nostra Costituzione � ispirata a concetti analoghi, 
se non identici, a quelli enunciati nel menzionato 
art. 21. 

In linea di massima aderiamo al concetto del1'
elettorato attivo come diritto soggettivo pubblico, 
avente ad oggetto la potest�. di determinare 

o concorrere a determinare l'indirizzo politico. 
Esatta ci sembra, altresi, la, configurazione del 
Corpo elettorale come organo dello Stato, cui � 
demandata fa funzione di definire l'interesse generale, 
e del voto come manifestazione di volont�. 
del collegio e, quindi, atto collegiale. 

Qualche dubbio, invece, lascia l'ulteriore sua 
definizione di atto complesso, perch� costituito da 
indicazioni politiche non riducibili ad un puntuale 
consenso su formula definitiva, come si verifica 
nel referendum . 

.A nostro avviso l'atto � semplice, non complesso, 
perch� le varie indicazioni politiche sono 
suscettibili di riduzione ad unit�. e l'interesse generale 
risulta dalla riunione o dalla combinazione 
delle opposte tendenze. 

Dalla definizione di atto collegiale, data alla 
manifestazione della volont�. del corpo elettorale, 
risulta, per�, a nostro avviso, la necessit�. di attenuare 
l'individuazione della potest�-oggetto del 
diritto di elettorato attivo. 

L'elettore ha diritto a partecipare al funzionamento 
dell'organo ed alla formazione della sua 
volont�., ma la potest�. ci sembra che sia esercitata 
dall'organo collegiale e non dal singolo, che, concorrendo 
all'esercizio della potest�. del collegio, 
esercita una funzione pubblica, se mai, ma non una 
pubblica potest�.. Questo aspetto della questione 
meriterebbe, a nostro avviso, un pi� approfondito 
esame. 

Un altro punto, che ci lascia perplessi, � quello 
relativo alla identificazione dei componenti del 
corpo elettorale . .A nostro avviso di esso fanno 
parte tutti i cittadini; a tutti i cittadini, cio�, 
spetta il diritto di elettorato attivo e solo l'esercizio 
di questo diritto � limitato, per effetto della 
sua natura personale, ai cittadini maggiori di et�. 
e capaci ed � escluso per gli indegni. La riprova di 
questo assunto � data dalla circostanza�, posta in 
luce dall'.A.., che tutti i cittadini sono legittimati 
a proporre ricorsi elettorali, ancorch� non abbiano 
la piena capacit�. elettorale. N� deve trascurarsi 
l'altra circostanza che il numero dei senatori � 
stabilito in relazione a quello degli abitanti (cittadini) 
e non degli elettori. � innegabile, d'altronde, 
che il corpo elettorale rappresenti ed impegnt..anche 
i cittadini minori ed incapaci. 

L'.A.. esamina, poi, la legittimit�. costituzionale 
di alcune norme, che pongono o eliminano limitazioni 
al diritto di voto. Notevoli dubbi, invero, 
sussistono sulla legittimit�.: della non limitazione 
relativamente agli inabilitati per motivi diversi 


-142 


dalla infermit� fisica, contro il disposto dell'articolo 
48 della Carta costituzionale; dell'incapacit� 
del fallito, che ormai non pu� pi� ritenersi indegno, 
ma eventualmente inetto, stabilita neppure 
in assoluta conformit� della �speciale incapacit� 
prevista dalle leggi civili; dei confinati e degli 
ammoniti, per i quali l'indegnit� � collegata ad 
una situazione determinata da un provvedimento 
amministrativo e non astrattamente prevista dalla 
legge. 

Da escludere decisamente, invece, � la censura 
di illegittimit� costituzionale relativamente all'indegnit� 
stabilita per i concessionari di case da 
gioco, essa� risolvendosi in una censura di merito 
al legislatore in materia ad esso riservata dalla 
Costituzione. 

N� sembra potersi riconoscere al Corpo elettorale 
il potere di autogovernarsi nel senso, cio�, 
ch'esso convalidi e verifichi i poteri dei suoi membri. 
L'ordinamento tende ad attribuire ai collegi 
e, soprattutto, a quelli elettivi questo potere, che, 
per�, nella specie non si riscontra. La cos� detta 
verifica dei poteri per i componenti del Corpo elettorale 
� devoluta all'autorit� giudiziaria, che vi 
proJ:lede su istanza di altri componenti o del P.M., 
mentre la preparazione delle liste, l'iscrizione nelle 
quali, che rappresenta un atto di accertamento 
costitutivo, � presupposto per l'esercizio del diritto 
di voto, � predisposta da organi dell'Amministrazione 
nell'esercizio di poteri propri. 

Due interessanti questioni sono, infine, trattate 
dall'A.: quella della uguaglianza del voto e l'altra 
della determinazione del quorum. A nostro avviso, 
per�, non � esatta l'affermazione che l'uguaglianza 
del voto incida sulla legittimit� costituzionale del 
�Sistema�. Voto uguale significa che ogni elettore 
debba concorrere in posizione di uguaglianza con 
gli altri alla formazione della volont� del Corpo 
elettorale, esclusi gli istituti del voto plurimo, multiplo 
o rafforzato, ma gli effetti della volont� collegiale 
manifestata sono indipendenti dai singoli voti, 
che non possono in:filuenzare il sistema elettorale. 

N� riteniamo di poter condividere l'avviso, secondo 
il quale le schede bianche e, in parte, le 
schede nulle rappresenterebbero voti inesistenti e 
non dovrebbero essere computate nel quorum. 

Oggetto del diritto-dovere di elettorato attivo 
� la partecipazione all'espletamento della funzione 
ed alla determinazione della volont� dell'organo 
collegiale. Esso materialmente si esercita con la 
consegna di una scheda, nella quale � manifestata 
la vol�nt� del singolo elettore, che pu� approvare 
l'indirizzo espresso da una lista o riprovare quelli 
espressi da tutte le liste, e, quindi, ;non aderire ad 
alcun indirizzo prospettato. Ma anche questa � 
manifestazione di volont� e rappresenta esercizio 
del diritto di elettorato. A nostro avviso, perci�, 
alla determinazione del quorum concorrono tutti 
gli elettori votanti, ancorch� il loro voto non sia 
per alcuna lista o sia nullo. 

G. GUGLIELMI 

'. IillifilWWWZ '. IillifilWWWZ 
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE � Uso di pubblico generale in� 
teresse � Possibilit� virtuale � Alimentazione della 
popolazione � Uso di pesca � Uso di navigazione . 
Bacino di raccolta delle acque� Carattere demaniale. 

(Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 667/54-Pres.: Acampora; 
Est.: Di Pilato; P. M.: Pafundi -Ministero dei 
Lavori Pubblici contro Comune di Comacchio). 

La legge sulle acque pubbliche, parlando di 
attitudine dell'acqua ad usi di pubblico generale 
interesse, vuole riferirsi a virtuale possibilit� di 
utilizzazione delle acque, non ad effettiva destinazione 
delle stesse. 

In tema di acque pubbliche, la attitudine di una 
acqua ad uso .di pubblico generale interesse, che 
vale ad attribuirle la natura demaniale, pu� anche 
concretarsi in pratica, in usi particolari dei privati 
(nella specie, pesca), purch� da essi scaturisca 
una utilit� generale. 

Fra gli usi di pubblico generale interesse che la 
legge sulle acque prevede deve comprendersi anche 
la pesca quando nel concorso degli altri requisiti 
voluti dalla legge stessa assurga ad importanza 
per l'alimentazione della popolazione. Essa quindi 
pu� contribuire a qualificare le acque in cui sia 
possibile esercitarla, e tanto pi� nel caso che la 
pescosit� naturale possa essere sfruttata con particolari 
mezzi per la coltura di determinate categorie 
di pesci, si da conferire allo sfruttamento possibile 
una ancora pi� vasta importanza nel pubblico 
interesse. 

L'attitudine alla navigazione, anche se esercitabile 
solo per la pesca, rende pubblica l'acqua. 

Il bacino di raccolta delle acque dei canali di 
bonifica ha lo stesso carattere pubblico delle acque 
raccolte, delle quali costituisce parte integrante. 

Riportiamo anzitutto la motivazione di questa 
fondamentale sentenza, nella parte che si riferisce 
alle massime sopra trascritte. 

... , perch� si possa riconoscere a determinate acque 
sorgenti, fiuviali e lacuali il carattere pubblico, occorre 
accertare la loro attitudine ad usi di pubblico 
generale interesse, considerate sia isolatamente per 
la loro portata e per l'ampiezza del bacino imbrif�ro, 
sia in relazione al sistema idrografico al quale 
appartengono (art. 1 del T. U.). 

Tali gli estremi richiesti dalla norma summenzionata, 
la quale, con la sua definizione, conclude 
tutta la evoluzione storico-giuridica in materia di 
acque pubbliche. 

� noto, infatti, che un lento ma costante indirizzo 
legislativo ha portato ad estendere la demanialit� ad 
un numero sempre crescente di acque minori, in vista, 
appunto, delle sempre crescenti possibilit� del 
loro sfruttamento per usi di pubblico, generale interesse, 
per cui molte acque che prima erano private 
sono divenute, ope legis, pubbliche senza diritto ad 
indennit�, tanto che si � giunti in dottrina anche a 
dubitare della esistenza stessa di acque private. 

E se per espressa disposizione degli articoli 909 
e 921 del codice civile la esistenza di acque private 
non pu� essere disconosciuta, tuttavia � innegabile 
che esse non hanno e non possono avere che scarsa 
importanza per gli interessi pubblici generali, riducendosi 
a soddisfare soltanto interessi esclusivamente 
priva,ti; ad esempio, sorgenti, che si esauriscono 
nei fondi privati, laghi o stagni di piccole dimensioni 
non adatti ad usi di pubblico generale interesse 
e simili. 

Sotto il detto profilo acquistano particolare rilevanza 
la ampiezza del bacino imbrifero e la portata 
delle acque, anche se isolatamente considerate, o la 
vastit� del sistema idrografico nel quale sono incorporate. 


E nella specie, non � vano notare che la sola valle 
di Mezzano, ha l'ampiezza di ben 17.500 ettari, che 
rappresenta pi� della met� dell'intera estensione di 
tutte le valli di Comacchio, aventi la superficie complessiva 
di 33.000 ettari, e che il canale di Oaldirolo 
� lungo ben 2352 metri e largo 12 metri con prof ondit� 
variabile: l'una e l'altro interessanti una vasta 
zona, in cui si affacciano anche altri comuni oltre 
Comacchio. 

Il summenzionato movimento legislativo � documentato 
attraverso le leggi che si sono succedute, 
dalla legge sui lavori pubblici del 20 marzo 1865, 

n. 2248 (titolo IV) alla legge 10 agosto 1884, n. 2644, 
al R. D. L. 20 novembre 1916, n. 1664, al D. L. 9 
ottobre 1919, n. 2161, convertito in legge solamente 
il 18 dicembre 1927, n. 2595, a finire al T. U. approvato 
con R. D. 11�dicembre1933, n. 1775. 
E sulla base di tale legislazione il codice civile 
vigente, negli articoli 822 e seguenti, ha disciplinato 
la materia delle acque in relazione a tutti gli altri 
beni demaniali di pertinenza dello Stato e degli altri � 
enti pubblici. 

Oi� premesso, � da aggiungere che la attitudine 
summenzionata, e, corrispo_ndentemente, gli usi di 
pubblico generale interesse, .ai quali la attitudine 
medesima va rapportata, devon� valutarsi in fun



~w: ~w: 
-144


zione dei progressi tecnici, che consentono lo sfruttamento 
delle acque per finalit� di pubblici generali 
interessi. 

E poich� il progresso della tecnica � in continua 
evoluzione, ne segue che la attitudine oltre che attuale 
pu� essere anche acquistata in futuro, per effetto di 
nuovi ritrovati tecnici, con la cons.eguenza che la demanialit� 
delle acque si avr� dal momento in cui la 
attitudine sar� sfruttabile per usi di pubblico generale 
interesse. 

Quali siano gli usi di pubblico generale interesse 
non � possibile dire esattamente e sarebbe�vano darne 
una elencazione completa. Tanto meno l'interprete 
pu� limitarli, giacch� proprio allo scopo di comprendere 
nell'ambito di applicazione della legge tutti gli 
usi possibili, che SQddisfino pubblici generali interessi, 
l'art. 1 si � limitato a dare la definizione delle 
acque pubbliche, non senza porre in risalto che la 
attitudine pu� essere acquisita in futuro intendendo 
in tal modo riferirsi alle possibilit� future di sfruttamento 
delle acque in base ai nuovi progressi tecnici 
e scientifici (esempio tipico le acque sotterranee, 
pure regolate dagli articoli 92 e seguenti del T. U.). 

Esaminando alla luce di tali principii le argomen


tazioni sopra riportate del Tribunale superiore, � 

agevole dimostrarne la fallacia. 

� esatto che la legge sulla pesca (T. U. 8 ottobre 
1931, n. 1604) mira a tutelare il patrimonio ittico, 
a disciplinare l'esercizio della pesca e l'ampia serie 
delle attivit� che alla stessa sono connesse, senza interferire 
nei criteri adottati dalla legge sulle acque, 
ma � anche vero che tutta la disciplina in materia 
di pesca � pure volta a tutelare un particolare interesse 
pubblico: quello della pubblica alimentazione, 
come si evince da numerose disposizioni dello stesso 

T. U. 
�, inoltre, da notare che le due leggi non sono in 

contrasto ma sono logicamente e giuridicamente col


legate fra loro da finalit� di pubblico, generale in


teresse. Ond'� che l'una non esclude l'altra, o meglio, 

l'una integra l'altra sebbene in campi diversi. 

Del resto, anche la navigazione � sottoposta a di


sciplina autonoma con certe limitazioni (vedi T. U. 

11 luglio 1913, n. 959 e relativo regolamento 17 no


vembre 1913, n. 1514), anche la fluitazione trova 

autonoma tutela nel menzionato T. U. del 1913 e 

non si � mai dubitato che ambedue questi usi (dei 

quali la legge sulle acque pubbliche contiene un fu


gace accenno nell'art. 51), contribuiscono indubbia


mente a qualificare le acque, in cui possono essere 

esercitate. 

� pure esatto che la pesca pu� essere esercitata 

sulle acque pubbliche e private, ma � facile contrap


porre che anche le acque private possono essere sfrut


tate per l'abbeveramento degli animali, per l'alimen


tazione umana, per la irrigazio_ne e per generare forza 

motrice proprio come le acque pubbliche. 

Gli � che talune caratteristiche e taluni usi pos


sono essere comuni alle acque pubbliche e a quelle 

private e perci� non basta affermare la esistenza di 

tali possibilit� _di sfruttamento analogo o identico 

per escludere la demanialit� delle acque giacch�, 

giova ripetere, bisogna rapportare la attitudine e gli 

usi alle esigenze di pub.blici generali interessi. 

Ora, fra gli interessi pubblici, che la legge delle 
acque prevede espressamente, sono da considerare 

quelli che riguardano la agricoltura, la industria, 
la alimentazione e la difesa militare della nazione 
(argomenta articoli 40, 41 e 6 T. U.). 

E poich�, come si � visto, anche la pesca � un uso 
che pu� assurgere ad importanza notevole per la 
pubblica alimentazione, non pu� a priori escludersi 
che, concorrendo gli altri requisiti voluti dall' articolo 
1 del T. U. sulle acque pubbliche, essa possa 
contribuire a qualificare le acque in cui sia possibile 
esercitarla, specialmente poi s� la pescosit� naturale 
possa essere sfruttata anche a scopi industriali, 
con particolari mezzi per la coltura di determinate 
categorie di pesci, s� da conferire allo sfruttamenio 
possibile una ancora pi� vasta risonanza di pubblico 
interesse. 

Un esempio in tema di pesca � peraltro menzionato 
nell'art. 56 T. U. ove si dispone che per le derivazioni, 
a scopo di piscicultura, non eccedenti il 
quantitativo di litri dieci a minuto secondo, la licenza 
pu� essere accordata dall'ingegnere capo del 
Genio civile. Dal che � facile dedurre che l'uso delle 
acque a scopo di piscicoltura rientra fra quelli che 
possono concorrere alla pubblicit� delle acque stesse. 
A fortiori vi deve essere compreso, se tale industria 
della piscicoltura sia possibile esercitarla in un vastissimo 
specchio di acqua sfruttandone le peculiari caratteristiche 
desunte dalla sua conformazione e ubicazione 
e dagli elementi organici ed inorganici che 
contenga. 

In tal modo risulta confutato <Ui,Che il secondo 
ordine di argomentazioni, che mira a limitare gli 
usi a quelli possibili soltanto in rapporto alla massa 
di acque in s� considerata e non per la fauna che 
ospiti. 

Non pu� rettamente sostenersi senza contraddire 
apertamente alla parola ed alla ratio della legge, che 
gli usi previsti dalla legge anzidetta siano sostanzialmente 
quelli della irrigazione e della forza motrice, 
giacch� a dimostrarne la erroneit�, basta ricordare: 
a) l'art. 6 del T. U., che menziona anche la 
bonifica per colmata, in cui pi� che le acque si utilizzano 
i materiali solidi in essa contenuti, nonch� 
l'acqua potabile, che serve per la alimentazione umana 
e per le bestie; b) l'art. 56, che, come si � visto, 
considera pure la derivazione per piscicoltura; e) 
l'art. 92 e seguenti che regolano le acque sotterranee, 
le quali possono essere utilizzate sia per la alimentazione 
sia per gli altri usi (per le acque salsoiodiche 
vi � una particolare disciplina contenuta nel R.D.L. 
1� luglio 1926, n~ 1198 e R.D. 2 novembre 1933, 

n. 1579); d) l'art. 217 che prevede altri usi minori., 
Si aggiunga ancora che la navigazione e la fluitazfone 
non sono neppure disciplinate dalla legge sulle 
acque pubbliche, per concludere che gli usi di pubblico 
generale interesse non sono unicamente quelli 
menzionati nel T. U. e tanto meno i due soli indicati 
dal Tribunale superiore (irrigazione e forza motrice), 
ma sono tutti quelli che attualmente o in futuro possono 
o potranno soddisfare pubblici generali interessi. 
Infine, va rilevato che gli usi pubblici possona--es~sere 
diretti o indiretti: i primi sono gli usi esercitati 
dalla generalit� dei cittadini in modo diretto sulle 
acque (la navigazione, la fluitazione e simili), gli 
altri, invece, sono quelli esercitati da persone determinate 
o da piccole collettivit�, ma con utilit� gene




-145 


rale, come la irrigazione dei campi e la produzione 
di forze idroelettriche. 

Ora, anche la pesca e la piscicoltura possono indubbiamente 
essere esercitate, con utilit� generale, 
da persone determinate o da modeste collettivit�, rientrando 
in tal modo negli usi indiretti delle acque, che 
al pari della irrigazione o della produzione di forze 
idroelettriche si possono fare. 

Chiarita in tal modo la inidoneit� delle argomentazioni 
suddette ad escludere la demanialit� delle 
acque in esame, � da aggiungere ancora che il Tribunale 
superiore per negare importanza (che invece 
aveva attribuita il Tribunale regionale) agli interventi 
spiegati a pro della industria peschereccia nelle 
valli di Comacchio dal Governo pontificio prima e 
dal Governo italiano poi, in quanto non rapportabili, 
a suo giudizio, ad un riconoscimento di un pubblico 
generale inter~sse, ha osservato: 

1. Che la assunzione della gestione delle valli 
da parte del Governo pontificio nel 1827 fu determinata 
ad istanza fattane dal comune di Comacchio a 
seguito delle vicende poco fortunate dell'appalto da 
esso in precedenza stipulato con una societ� ed ebbe 
lo scopo, secondo si affermava nel rescritto di Leone 
XII del 1� febbraio di quell'anno, di assicurare 
la cons.ervazione dello stabilimento da pesca, sia per 
il nome di cui godeva, sia per la necessit�, cui sopperiva 
di provvedere alla sussistenza della popolazione 
comacchiese: dal che deduce che � si tratt�, 
adunque, di un provvedimento suggerito, a prescindere 
dalle ragioni di prestigio, da interessi economici, 
che non oltrepassavano quelli locali del Comune 
e della popolazione di Comacchio. 

2. Che il Governo italiano, subentrato a quello 
pontificio nella predetta gestione, si affrett�, dopo 
breve volgere di tempo, a restituirla al Comune con 
la convenzione del 1867, approvata con la legge del 
1868, n. 4478, per avere constatato che essa si risolveva 
in una rilevante perdita per il bilancio. 
Indi ha concluso che �fu pertanto un provvedimento 
suggerito da semplici ragioni finanziarie, il quale 
non solo non attesta ma porta ad escludere un interesse 
dello Stato alla pesca esercitata in quelle 
valli, ecc., o comunque emesso a scopo umanitario 
e politico di sollevare dalla miseria e dalla rovina 
una popolazione numerosa da una ragione, cio�, 
che neppure esorbitava dagli interessi locali. 

Anche tali argomentazioni denunciano una limitata 
visione giuridica dell'<< uso di pubblico generale 
interesse� richiesto dall'art. 1 del T. U. sulle acque 
pubbliche. 

Infatti non tanto interessa sapere ~e gli interventi 
spiegati dal Governo pontificio e poi dal Governo 
�italiano circa la industria peschereccia, che 
si esercitava in quelle valli, abbiano avuto ragione 
di essere in una convenienza economica o meno per 
il comune di Comacchio e per la sua popolazione; 
ovvero in una convenienza economica propria dei 
due Stati o Governi, ma quanto se le acque di quelle 
valli fossero atte a soddisfare un pubblico generale 
interesse, giacch� non bisogna dimenticare che si 
tratta di accertare <<la attitudine delle acque� e non 
se l'effettivo esercizio dell'uso abbia dato risultati 
economicamente attivi per l'industriale o per altri. 

Certo, nella industria della pesca esercitata nelle 
predette valli si alternarono periodi di grande benessere 
a periodi passivi (come risulta dall'indagine 
storica) per cui il Comune talvolta respingeva l'intervento 
statale e talvolta lo sollooitava. � 

111a tutto ci� esula dalla indagine giuridica, la 
quale va rivolta ad accertare, ripetesi, se nonostante 
quell'alternarsi di periodi atti,vi a periodi passivi 
per gli industriali e per il Comune, le acque abbiano 
sempre avuto, e, in particolare, se abbiano tuttora 
la attitudine a servire al soddisfacimento di un pubblico 
generale interesse attraverso la pesca e la piscicoltura. 


Inoltre � da osservare che gli interessi locali del 
Comune e della sua numerosa popolazione non sono 
parificabili ad interessi puramente privati. 

Il Comune � un ente pubblico, che rappresenta 
tutta una intera popolazione e non pu� essere considerato 
alla stessa stregua di un privato qualsiasi. 
Esso � portatore di interessi pubblici generali che 
per la loro importanza possono assurgere anche ad 
interessi nazionali. 

Il Comune � anche provvisto, sia pure in via delegata, 
di un potere di supremazia, che lo pone in 
una posizione pubblicistica inconfondibile con quella 
dei privati e, sotto tale riflesso, i suoi interessi possono 
anche identificarsi con quelli dello Stato. 

Del resto anche gli usi, che delle acque facciano i 
privati, vanno riguardati non tanto per le utilit� 
dirette che possono procurare allo utente privato, 
quanto per la utilit� generale che da quegli usi pu� 
deri�are alla nazione, giacch�, come si � visto, l'uso 
pubblico generale pu� anche concentrarsi in usi 
particolari dei privati, purch� da essi scaturisca una 
utilit� generale. 

Infatti deve porsi mente alla utilit� generale che 
sta alla base del concetto di uso pubblico generale 
per discriminare gli usi puramente privatistici, che 
restano confinati nell'ambito privato, da quelli che, 
invece, assumono importanza pubblica generale. 

Senza quella utilit� generale per la agricoltura o 
per la industria, anche la irrigazione e la produzione 
di forza motrice rimarrebbero senza effetto per la 
qualificazione delle acque pubbliche. 

Sotto tale profilo giudirico la indagine del :&ibunale 
superiore � manchevole, mentre le osservazioni 
su riportate, tendenti ad escludere la sussistenza in 
quelle due occasioni di un interesse pubblico generale, 
sono poggiate su una concezione giuridica inadeguata 
degli interessi pubblici generali con riferimento al 
Comune di Comacchio ed a tutta la sua popolazione;. 

In merito alla attitudine delle acque in esame 
alla navigazione, il Tribunale superiore ha osservato 
che, in base alla ispezione dei luoghi, alla relazione 
dell'ing. Supino del 21 agosto 1938 ed al 
memoriale dell'ingegnere Provinciale dell'll febbraio 
1931, risultava provato che,. per la poca profondit� 
delle acque, per giunta variabile (da un 
metro a pochi centimetri nella valle di Mezzano, di 
50 centimetri in media nel canale Caldirolo}.e. per i 
lavorieri, che costituivano un serio ostacolo, era�possibile 
soltanto una limitata navigazione con 
barchette leggere o con barconi di poco pescaggio, 
limitatamente ai bisogni della industria peschereccia, 
cio� per trasporto limitato di persone o di cose, 
in relazione ai bisogni della pesca. 


-146


Da ci� e dal rilievo che le rive della valle e del 
canale sono scarsamente � abitate, per cui non esistono 
interessi e motivi determinanti la possibilit� 
di un traffico sulle acque predette, ha tratto la conclusione 
che l'attitudine alla navigazione della valle 
e del canale, lungi dal consentire la soddisfazione 
di un pubblico generale interesse, consente appena 
di soddisfare un interesse aziendale. 

La conclusione cui � giunto il Tribunale superiore 
rivela la stessa manchevolezza dianzi discussa circa 
la nozione giuridica di uso di pubblico generale 
interesse in quanto, riferendosi ad un interesse aziendale 
per la pesca, ha confermato di negare alla pesca 
ed alla piscicoltura la attitudine a soddisfare un 
pubblico generale interesse, in base, appunto, ad 
una erronea nozione giuridica di questo interesse, 
come si � pi� innanzi dimostrato. 

Inoltre, l'attitudine alla navigazione sia pure limitata 
ma tuttavia sufficiente per consentire un adeguato 
sviluppo all'esercizio della pesca e della piscicoltura, 
la notevole ampiezza del bacino imbrifero 
e la portata della massa di acqua contenuta nella 
valle e nel canale, se poste in relazione fra loro, come 
richiede espressamente l'art. 1 del T. U. sulle acque, 
avrebbero potuto far giungere il Tribunale superiore 
a conclusione diversa, in quanto la accertata navigabilit� 
costituisce un altro elemento, che corrobora indubbiamente 
la importanza e la vastit� della attitudine 
di quelle acque per l'uso della pesca e della 
piscicoltura. 

Ond'� che sotto tale riflesso il giudizio del Tribunale 
superiore � inaccettabile perch� frutto di errvr 
in procedendo oltre che di una inesatta nozione giuridica 
dell'uso di pubblico generale interesse con riferimento 
alla pesca e alla piscicoltura., 

In ordine, poi, alla funzione di raccolta e di smaltimento 
delle acque di bonifica, funzione alla quale 
servono indu.bbiamente la valle di Mezzano e il Canale 
Oaldirolo, il Tribunale superiore, dopo aver accertato 
che vi confluiscono 17 canali di scolo di un 
ampio comprensorio agricolo bonificato di ben 63.000 
ettari, e dopo aver premesso che, per principio ormai 
fermo, i canali colatori tanto naturali che artificiali, 
che raccolgono gli scoli di una vasta zona, 
sono demaniali, ha osservato che �nessuna ragione 
giuridica impone che pubbliche siano da considerarsi 
anche le acque nelle quali esse si versano, per 
il solo fatto che le ricevono, nella assenza di qualsiasi 
altro elemento che ad esse quella qualit� conferisca, 
specie, poi, quando, come nella specie, lo 
apporto dei canali colatori sia relativamente minimo 
di fronte al volume normale della massa d'acqua in 
cui i medesimi si scaricano �. 

Quel che imprime ad un'acqua il carattere demaniale, 
continua la sentenza, � la sua attitudine 
ad usi di pubblico generale interesse e non la sua 
origine, si che la valle ed il canale sopra menzionati, 
che tale attitudine per s� stessi non hanno, non possono 
qualificarsi demaniali per il solo /atto che con 
le loro acque si confondono quelle di bonifica. 

Indi, in applicazi�ne di un principio accolto in 
altra precedente decisione, ha concluso ritenendo che 
� la circostanza che la valle di Mezzano e il canale 
Oaldirolo funzionano da centri raccoglitori delle acque 
di bonifica di una zona contermine importa non 
altro che la costituzione su di essi di una servit� 

pubblica di scolo, inidonea a trasformare la natura 
giuridica, tanto pi�, poi, che trattasi di funzione 
transitoria, in quanto la gi� decisa bonifica tanto 
dell'uno quanto dell'altro, render� necessario che a 
tutti gli scoli sia procurata una nuova via di smaltimento
�. 

Una prima osservazione va contrapposta al ragionamento 
sopra riportato del Tribunale superiore 
ed � la seguente: dovendosi accertare se le acque della 
valle di Mezzano e del canale Oaldirolo siano pubbliche 
e se, per attitudine agli usi della pesca e della 
piscicoltura, viene a cadere il presupposto base di 
tutte le argomentazioni, che considerano la distinta 
natura giuridica delle acque dei canali di bonifica 
da quelle della valle e del canale Oaldirolo. 

Anche la prevalenza quantitativa delle acque piovane 
o di scoli naturali sulle altre che vi provengono 
dai canali di bonifica, non avrebbe alcuna efficacia 
persuasiva. 

Ma, .anche a prescindere da ci�, la decisione adottata 
dal Tribunale superiore � erronea. 

Infatti, come ha esattamente premesso lo stesso 
Tribunale superiore, ci� che interessa accertare � 
la attitudine delle acque ad usi di pubblico generale 
interesse e sotto tale profilo, invero, sono demaniali 
i canali di scolo di bonifica, perch� contribuiscono, 
appunto, a rendere e a mantenere coltivabili i terreni 
prosciugati. 

I canali, cio�, si inquadrano nella pi� ampia 
funzione, cui adempie la bonifica dei terreni (che, 
altrimenti, sarebbero sottratti alla agricoltura) nell'interesse 
generale della nazione, che da essi trae i 
maggiori beni per la sua alimentazione. 

Ma, alla stessa funzione, concorre anche il bacino 
ove quelle acque di scolo defluiscono naturalmente o 
artificialmente, giacch� senza di esse non sarebbe 
possibile lo smaltimento delle acqiw medesime, le 
quali, rigurgitando, allagherebbero nuovamente i 
terreni bonificati. 

Ond' � che il bacino di raccolta e di smaltimento 
di quelle acque di bonifica non pu� essere scompagnato 
dai canali di scolo e neppure da tutta la complessa 
serie delle opere di bonifica, perch� ne costituisce 
parte integrante. La sua funzione �, pertanto, 
quella stessa, alla quale adempiono i canali di scolo 
e tutte le opere di bonifica, gli uni e le altre diretti 
anche a mantenere e a conservare la coltivabilit� dei 
terreni bonificati. 

Perci� le acque pubbliche dei canali di scolo restano 
sempre tali, anche quando si scaricano nel 
bacino di raccolta e non perdono (e sarebbe assurdo 
pensarlo) tale loro natura giuridica, anche se nello 
stesso bacino confluiscono acque aventi origine diversa. 


La pubblicit� di quelle acque, prevalenti o non 
sulle altre, rende pubbliche tutte le altre acque che 
vi confluiscono, perch� la preminenza della funzione 
pubblica del bacino non pu� non attribuire la natura 
pubblica a tutto il suo contenuto. 

Questa la vera ragione giuridica. della pubblicit� 
delle acque in questione considerate nel loro-insieme, 
ragione che il Tribunale superiore non ha riscontrata, 
essendosi posto, invece, su un piano di prevalenza 
quantitativa delle acque della valle e del canale 
Oaldirolo, in confronto di quelle dei canali di scolo 
e facendo ricorso all'istituto della servit� pubblica 


-147


di scolo, con la conseguenza, peraltro, non avvertita 
e non accettabile, di far perdere alle acque di bonifica 
indubbiamente pubbliche, la loro natura demanial; 
per il solo fatto della loro minore quantit�. 

Tale raffronto, oltre che inammissibile � anche 
inconferente, se si pone l'ampiezza delld valle di 
Mezzano in relazione con la vastissima zona bonificata 
di ben 63.000 ettari di terreno interessante il 
secondo e terzo circondario della provincia di Ferrara 
e l'ottavo bacino della zona litoranea ravennate. 

N � tutto ci� perde importanza in vista della bonifica 
della valle e del canale giacch� sino a quando 
la. bonifica _non sar� attuata, le acque restano pubbliche 
o private secondo la loro natura giuridica. 

Ne consegue che anche per aver disconosciuto alla 
predetta valle la funzione di servire alla bonifica di 
quella vasta zona, la sentenza impugnata deve essere 
cassata �. 

La magistrale sentenza delle Sezioni Unite � particolarmente 
interessante per l'importanza delle questioni 
risolte. 

L'interpretazione eccessivamente restrittiva data 
dal Tribunale superiore delle Acque pubbliche alla 
definizione dell'uso pubblico stabilita dall'art. 1 del 

T. U. n. 1775/1933 non � stata attesa dalla Cassazione. 
Ritenne il Tribunale superiore che i pubblici usi 
cui ~et~o artic~lo si riferisce fossero unicamente quelli 
previsti dal citato T. U. riguardanti cio� solo l'utilizzazione 
dell'acqua come tale, che le leggi sulla 
pesca non avessero alcuna interferenza con quelle 
sul demanio idrico, e che la fauna ittica non potesse 
avere incidenza sulla natura dell'acqua. 

Con profonda ed accurata disamina la Suprema 
Corte ha confermato il principio gi� riconosciuto 
anche. ~alla ~ot~rina (v. ZANOBINI:�.���), che gli usi 
pubblici previsti dal cennato art. 1, non si sono cristallizzati 
al tempo del T. U. ma sono anche tutti 
quelli che potranno sorgere �in futuro ed ha richiamato 
la giurisprudenza che gi� estese' il principio ai 
canali di scolo ed alle acque sotterranee cos� come le 
n?rme risultanti da altre leggi ('fluitazione, navigazione, 
ecc.): ed ha esattamente rilevato come ricorrendo 
gli estremi della portata, dell' ampiezz~ o del 
~istema idrogra~co, anche la pesca esercitata per un 
interesse pubblico renda demaniale l'acqua comecch� 
rientrante nell'ipotesi del ripetuto art. 1. 

Non possiamo non opporre, di fronte a tali chiari 

insegnamenti, come irrilevante sia per la demanialit� 

dell'acqua che la pesca venga esercitata in attuazione 

di un diritto riconosciuto o di una concessione am


ministrativa (pari a quella di qualsiasi utenza di 

acqua), una volta che l'interess.e collettivo perseguito 

in relazione all'entit� dell'acqua concreti l'uso pub


blico. 

Cos� pure il fatto che la pesca possa costituire 

un modo di utilizzazione dell'acqua, come la colti


vazione quella di un terreno, non impedisce che di 

fronte all'entit� idrica ed all'interesse collettivo la 

acqua acquisti quella demanialit� che non tutti gli 

usi pubblici fanno conseguire al terreno. La pubbli


cit� peraltro non potr� ovviamente ravvisarsi in 

peschiere, piscine o specchi d'acqua di poca entit�. 

Non meno rilevante � la sentenza per quanto riguarda 
la navigazione per la quale esige la sola 

attitudine, anche se essa non sia attualmente esercitata. 


Ed ugualmente per quanto attiene all'inscindibilit� 
ineccepibilmente ritenuta fra l'acqua del canale di 
scolo e quella del bacino di raccolta, negarndo una 
soluzione di continuit� contrastante al pi� comune 
buon senso, ed escludendo la ibrida e malcerta figura 
della servit� pubblica di scolo. 

L. B. 
CONTRATTO DI GUERRA -Nozione -Poteri del 
Commissario per la sistemazione dei contratti di 
guerra. (Corte di Cass., Sez. Un., sent. n. 89/54 -
Pres.: Galizia; Est.: Mastropasqua; P. M.: Macaluso Bosco 
contro Ministero Marin.a Mercantile). 

.Ai fini del D.L. 25 marzo 1948 n. 574, vanno 
qualificati come contratti di guerra pure quelli stipu1ati 
dopo 1'8 settembre 1943; tanto se preordinati 
alla condotta della guerra contro la Germania in 
dipendenza della posizione di cobelligerante assunta 
dall'Italia, quanto se posti in essere per assolvere 
ai patti relativi all'armistizio. 

L'enumerazione riportata nel 20 comma dell'art. 5 
del decreto suddetto ha valore meramente esplicativo: 
la stessa non esaurisce n� limita i poteri 
attribuiti al Commissario, la cui competenza si estende 
a tutti i contratti comunque non definiti. 

� tale anche il contratto nel quale la parte 
privata abbia per intero eseguita la propria prestazione, 
ma la cui liquidazione risulti ancora pendente 
alla data di entrata in vigore del ripetuto 
decreto. 

1. La decisione, che � stata integralmente edita 
nel Foro Italiano del corrente anno, alle colonne 307 e 
seguenti, conferma l'esattezza dell'interpretazione sempre 
affermata daWAvvocatura dello Stato riguardo 
alla locuzione cc contratti di guerra non ancora definiti
� usata nell'art. I del D.L. 25marzo1948 n. 674, 
sulla sistemazione dei contratti di guerra. 
Gi� nella Relazione 1942-50 (1) si indicavano, infatti, 
i motivi per i quali era da ripudiare la tesi 
secondo cui dovevano considerarsi come cc definiti >> i 
contratti nei quali restava da eseguire soltanto la 
liquidazione del corrispettivo, avendo il privato contraente 
totalmente adempiute le proprie prestazioni. 
Questi motivi, sostanzialmente espressi nel rilievo che 
in sede contrattuale le reciproche prestazioni hanno 
uguale valore, per cui il rapporto non pu� dirsi 
esaurito se non quando sia stata eseguita anche l'obbligazione 
di pagamento gravante sull'Amministrazione, 
sono stati ora decisamente accolti dal Supremo 
Collegio; che, uniformandosi alla pronuncia, resa 
pure a Sezioni Unite il 28 -novembre 1953 (2), esattamente 
qualifica come cc non definito >> il contratto 
cc quando pi� non siano profilabili contestazioni di 
qualsiasi genere, il che ovviamente pu� aversi o per 
effetto del gi� avvenuto integrale adempimento delle 
obbligazioni di tutte le parti contraenti, oppure quando 
ogni divergenza sia stata gi� irrevocabilmente��appianata 
in forza di giudicato o convenzionalmente e in 
virt� di accordo gi� debitamente approvato, cos� 

(1) Vol. III, n. 162. 
(2) �Mass. Foro It. '" n. 3603, col, 692. 
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-148 


come inequivocabilmente si ricava, a riguardo, dal 
2� comma dell'art. 7 del testo di legge �. Da tanto 
logicamente consegue, che risultano soggetti alle norme 
del provvedimento legislativo in esame anche i contratti 
per i quali -alla data di sua entrata in 
vigore ~non risulti ancora registrato il decreto di 
approvazione di un eventuale accordo, dal momento 
che l'esecuzione di esso non potrebbe aver luogo se 
non dopo l'adempimento di tale formalit� (l}; nonch� 
quei contratti nei quali il mancato pagamento del 
corrispettivo non sia intervenuto per essere il provvedimento 
di saldo ancora innanzi alla Corte dei 
Conti in sede di registrazione. 

L'esposta opinione ci sembra, inoltre, che trovi 
diretta conferma nel rilievo che l'art. 5 del decreto 
ripetuto, nell'enumerare i poteri attribuiti al Commissario, 
premette un'indicazione della pi� ampia 
portata, affermando che tale organo � ha facolt� di 
adottare tutti i provvedimenti che ritenga necessari 
per la sistemazione e liquidazione dei contratti �: 
perci� se � esatto che le facolt� enunciate in tale 
articolo sotto le lettere a (sospensione, proroga o rescissione 
totale o parziale), b (risoluzione per sopravvenuta 
impossibilit� di es.ecuzione), e (riduzione e 
trasformazione), d (provvedimenti in ordine ai materiali 
assegnati per l'esecuzione, ancora disponibili), 
presuppongono un contratto nel quale la prestazione 
del privato sia ancora in corso, � del pari indubitabile 
che la facolt� indicata nella successiva lettera e, 
nel consentire pure la � liquidazione generale del 
contratto �, riporta -in conformit� della premessa 
-un elemento di larga indeterminatezza nell' elencazione, 
ipotizzando al tempo stesso un potere certamente 
compatibile con i contratti nei quali l'obbligazione 
del privato sia stata gi� eseguita. 

L'enumerazione suddetta, quindi, se offre un quadro 
delle facolt� assegnate al commissariO, certamente non 
le esaurisce; ed il suo valore non pu�, pertanto, non 
essere meramente esemplificativo, sia in rapporto alla 
competenza dell'organo, che riguardo all'estensione 
della stessa ed ai limiti nei quali � destinata ad 
operare. 

2. Di estremo interesse sembra anche l'adeguata 
latitudine d'interpretazione data dal Supremo Collegio 
al concetto di contratto di guerra. Ohe, invero, 
tale qualificazione fosse da _attribuire pure al contratto 
stipulato dopo l'8 settembre 1943, non poteva 
dubitarsi: anche prescindendo dalla consider�zione che 
il decreto del 1948 non distingue tra periodo anteriore 
e posteriore dell'armistizio, e comunque dal rilievo 
che l'armistizio non pone fine alla guerra, pensare 
il contrario significherebbe contraddire alla stessa realt� 
storica, dal momento che dopo tale data l'Italia 
non rimase estranea al confiitto ancora in atto, ma 
attivamente vi partecip� sia con le Forze governative 
che con quelle appartenenti al Movimento di resistenza, 
dichiarando guerra alla Germania e divenendo 
cobelligerante degli .Alleati con i quali condivise le 
sorti ultime della guerra. 
Ma l'aspetto di maggior rilievo che si coglie nella 
definizione fissata nella sentenza in esame, � che 
� contratto di guerra � risulta anche quello realizzato 

(1) Art. 19 della legge di contabilit� e art. 117 del 
relativo regolamento. 
per l'adempimento dei patti d'armistizio; e nell'affermazione 
non si pu�. non concordare, se si tiene 
presente che il decreto ripetuto intese avviare a sollecita 
e completa definizione tutti i rapporti attinenti 
a questioni di guerra, che comurtque �io� derivassero 
la loro causa dal passato confiitto. Se quindi � vero, 
che alla condotta della guerra inerisce non solo la 
conclusione dell'armistizio, ma pure quanto occorra 
per il rispetto dei patti relativi, non pu� non dirsi 
collegato alla condotta della guerra da un rapporto 
strumentale anche il contratto avente causa nell'osservanza 
di tali patti. 

Va affermato, perci�, che nell'ambito del decreto 
del 1948 rientrano tutti quei contratti (o altri provvedimenti 
espressamente dal testo legislativo equiparati 
ai contratti, come gli impegni sommari, le ordinazioni, 
i provvedimenti d'autorit� e simili), comunque 
legati alla preparazione e condotta della guerra 
da un nesso funzionale: in buona sostanza, cio�, 
tutta l'attivit� in ampio senso contrattuale, che risulti 
sia stata indirizzata a procurare i mezzi necessari 
per realizzare le finalit� militari e per fronteggiare 
le esigenze del conflitto, fino all'epoca in cui 
venne dichiarata la cessazione dello stato di guerra. 
Ed in proposito � interessante far notare, in via 
indicativa dell'ampiezza concretamente riconosciuta 
al concetto di c<eontratto di guerra�, che il Commissario 
ha sempre liquidato e liquida pure i contratti relativi 
alla costruzione di rifugi antiaerei stipulati con il 
Ministero dell'interno, alla riparazione di porti, alla 
fornitura di vestiario ai militari e di oggetti di 
casermaggio anche per i civili internati nei campi di 
concentramento, e perfino i contratti della Repubblica 
sociale, attinenti alla preparazione e condotta della 
guerra, quando non ne sia stata dichiarata l'inefficacia 
ai sensi dell'art. 4 del D.L.L. 5 ottobre 1944 

n. 249: e ci� pur trattandosi, evidentemente, di contratti 
del nemico, posto che il sedicente governo della 
R.S.I. in realt� si concret� in uno strumento del 
governo tedesco. Ma ad onta di tanto, e data l'indubbia 
connessione di tali contratti con la guerra passata 
e l'onere finanziario ricadente sul Governo 
l.egittimo per la mancata dichiarazione di loro 
inefficacia, non sarebbe stato possibile escluderli 
dall'ambito di applicazione del decreto in esame, 
senza venir meno alle finalit� dallo stesso perseguite. 
3 . .Altro interessante aspetto della regolamentazione 
dettata per i contratti di guerra, e del quale qui 
conviene far cenno in quanto direttamente connesso 
ai poteri conferiti al Commissario, � l'indicazione dei 
rimedi consentiti contro le determinazioni di tale organo. 
In proposito va per� anzitutto avvertito, che le 
pretese relative al mancato utile ed al risarcimento 
dei danni provocati dal ritardo nella liquidazione, 
come non possono essere avanzate al Commissario, 
cos� non trovano alcuna tutela in sede giurisdizionale, 
avendole la legge dichiarate del tutto inammissibili; 
e ci� non in vista di un privilegium r"ic�nosciujo ~lla 
Pubblica .Amministrazione, ma in esatta applica~� 
zione delle norme vigenti in tema di sopravvenienza 
e di responsabilit� per inadempimento, posto che 
cc le condizioni create dalla guerra e dalla sconfitta 
sono tali da giustificare moralmente e giuridicamente 


~bdfai:AA 

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-149


i ritardi� nella liquidazione (1). Per le altre richieste 
del contraente, l'art. 8 del decreto in esame, in perfetto 
ossequio all'art. 113 della Costituzione, dichiara 
le determinazioni suddette soggette all'impugnativa innanzi 
al Consiglio di Stato per illegittimit�, ed all'azione 
ordinaria avanti il Tribunale di Roma riguardo 
alla liquidazione del contratto, agli indennizzi 
di cui alla lettera e dell'art. 5 e ad ogni altra 
violazione di diritti. 

La diversa tutela � conseguenza dei principi generali 
sulla giurisdizione, e pienamente si giustifica 
osservando che la situazione del privato contraente, 
di fronte alle facolt� attribuite al Commissario, non 
� sempre la stessa, e che quindi le sue impugnative 
non possono non articolarsi a seconda del potere 
concretamente esercitato: infatti il riconoscimento al 
Commissario delle facolt� elencate sotto le lettere a, 
b, c, e d dell'art. 5 evidentemente esprime l' attribuzione 
di un potere di supremazia sulle sorti del 
contratto, e quindi una situazione di soggezione del 
privato che si rifiette sui diritti contrattuali e li 
degrada al ruolo d'interessi legittimi, ai quali bene 
si addice la tutela della giurisdizione di legittimit� 
del Consiglio di Stato. Negli altri casi, invece (liquidazione 
generale del contratto, determinazione degli 
indennizzi per i provvedimenti adottati ai sensi delle 
lettere a, c, e d dell'art. 5, e comunque fuori dell'ipotesi 
innanzi considerate), la posizione del privato 
non resta in alcun modo intaccata, poich� l'attivit� 
del commissario -pur potendo ispirarsi a criteri di 
equit�, specie in rapporto ad eventuali deficienze 
probatorie -non trova margine per l'esercizio di un 
potere di supremazia: quindi in tali casi la tutela 
del contraente non pu� non restare affidata alla giurisdizione 
ordinaria. 

Ohe, � bene notare, � tenuta ad effettuare la stessa 
liquidazione del contratto, facendo la legge riferimento 
alle<< azioni relative alla liquidazione>>: per cui l'Amministrazione 
non sar� vincolata alle eventuali concessioni 
fatte in via equitativa dal Commissario, ma 
potr� contestare integralmente la domanda, se per la 
stessa manchino i req'l,tisiti sostanziali richiesti dalle 
norme ordinarie (2). 

G. d. G. 
DEMANIO -Tassativit� della classificazione, di cui 
all'art. 822 C. c. -Demanialit� accidentale -Momento 
in cui il bene destinato alla costruzione di 
un'opera pubblica acquista il carattere demaniale Natura 
del bene successivamente alla espropriazione, 
ma prima che l'opera sia compiuta -Indisponibilit� 
-Necessit� che persista la volont� di 
attuare l'opera -Criteri per determinare tale persistenza 
-Amministrazione del bene. (Corte di Cass., 
Sez. Un., n. 789 del 22 marzo 1954 -Pres.: Acampora; 
Est.: Pepe; P. M.: Pittiruti, conforme -Cooperativa 
Agricola Ponte Galeria contro Finanze). 

La classificazione dei beni demaniali, di cui al


l'art. 822 Codice civile, � tassativa, per cui non � 

possibile estenderne la cerchia ad altre categorie. 

Quando la demanialit� � in rapporto alla funzione 

pubblica, che inerisce ad un determinato bene, 

(1) Relazione ministeriale illustrativa della legge n. 810 
del 1949 contenente modificazioni al decreto 25 marzo 
1948 n. 674, in Le leggi 1949, 982. 
(2) Relazione 1942-50, vol. III, n. 160. 
considerata come fine a se stessa, l'esercizio di 

tale funzione non � concepibile se non quando 

l'opera pubblica sia effettivamente compiuta. 

Perch� l'immobile espropriato in favore dello 

Stato possa, in virt� della sua destinazione, consi.
derarsi un bene del patrimonio indisponibile, non 
basta la semplice destinazione potenziale alla esecuzione 
dell'opera di pubblica utilit�, se la pubblica 
amministrazione mostri poi di non volerla 

attuare. 

Il criterio per determinare se persista la volont� 

della pubblica amministrazione di attuare la desti


nazione potenziale del bene espropriato � dato 

dall'art. 1 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'am


ministrazione del patrimonio e sulla contabilit� 

generale dello Stato, secondo il quale i beni asse


gnati a un servizio governativo sono amministrati 

dal Ministero, da cui il servizio dipende. Pertanto, 

poich� nella specie il negozio fu stipulato non dal 

Ministero della Difesa n� da quello dei Lavori 

Pubblici, bensi dal Ministero delle Finanze, � chia


ro che non pu� l'immobile espropriato considerarsi 

un bene del patrimonio indisponibile. 

Con la prima massima la Corte � inteso confermare 

la precedente giurisprudenza, confortata dalla preva


lente dottrina, che afferma la tassativit� delle categorie 

elencate nell'art. 822 Codice civile, ma la possibilit� 

di interpretazione estensiva ed, entro certi limiti, ana


logica nell'ambito delle singole categorie dei beni dema


niali. .Affermazione pi� esplicita di questo principio 

� contenuta nella sentenza n. 2095 del 1949 (Oass. I, 

8 agosto 1949, pres.: Giaquinto; Est: Lorizio -Fi


nanze contro Consorzio della grande bonifica romana, 

in<< Acque, bonifiche e costruzioni �, 1954, p. 27), nella 

quale � pure enunciato il principio, confermato nella 

seconda massima, secondo il quale i beni del demanio 

accidentale aequistano tale qualit� soltanto al momento 

della ultimazione, dell'opera. 

Molto importante, a nostro avviso, � l'affermazione 

implicitamente contenuta nella terza massima. La 

Corte, in sostanza, ha ritenuto che il bene espropriato 

per la costruzione di un'opera pubblica (idroscalo) 

acquisti la natura di bene demaniale solo col compi


mento dell'opera, ma nel periodo precedente deve 

considerarsi bene patrimoniale indisponibile, almeno 

finch� non risulti chiaramente la volont� della A mmi


nistrazione di non pi� attuarla. In proposito rite


ni.amo di .poter aderire al criterio adottato dall'anno


tata sentenza per la individuazione di questa volont�. 

Nella specie il bene, espropriato dall'Amministra


zione Difesa .Aeronautica per la costruzione di un 

aeroidroscalo, era stato dismesso alla. Finanza, che 

lo amministrava. Da questa circostanza la Corte ha 

tratto il convincimento che l'Amministrazione avesse 

deciso di non pi� attuare l'opera pubblica, che 

avrebbe reso demaniale il bene, provvedendo� in conse


guenza a trasferirlo al patrimonio disponibile. 

Da queste premesse consegue l'ulteriore afferma


zione della natura privatistica� del negozio, stipulato 

dalla .Amministrazione finanziaria relativamente al 

bene non pi� destinato alla costruzione dell'opera-� 

pubblica e, cio�, ad un servizio governativo. Diversa. 

sarebbe stata la decisione se il bene fosse rimasto 

con l'originaria destinazione, donde il principio, che 

agevolmente pu� trarsi dalla sentenza, secondo il 


-150


quale un bene, espropriato per la costruzione di 
un'opera pubblica, entra a far parte del patrimonio 
indisponibile dello Stato fin dal momento dell' espropriazione, 
salvo a divenire demaniale se l'opera pubblica, 
ultimata, sia idonea ad attribuirgli tale natura 
(strada, acquedotto, aeroporto, ecc.). 

La Corte non � ritenuto di dover decidere la questione 
se cc essendo l'immobile suscettibile comunque 
una utilizzazione in armonia alla destinazione stessa 
e compatibilmente con questa, possa tale utilizzazione 
avvenire attraverso un negozio anche di diritto privato, 
ovvero, se, restandone la possibilit� subordinata 
alle esigenze della costruzione dell'opera pubblica e 
trovando in tali esigenze essa il suo limite immanente 
sin dal suo nascere, l'utilizzazione stessa, di fronte 
al potere di revoca spettante in ogni tempo alla Pubblica 
Amministrazione, non possa trovare luogo che 
unicamente in virt� di un negozio di diritto pubblico 
precisamente di una concessione amministrativa, sia 
pure seguita dal regolamento bilaterale dei rapporti 
fra l'Amministrazione concedente ed il concessionario 
(cosidetta concessione-contratto)�. Ma l'impostazione 
del problema lascia presumere eh' esso, se fosse 
stato ritenuto essenziale ai fini del decidere, sarebbe 
stato risolto nel senso, sempre sostenuto dall'Avvoca-. 
tura e pi� volte affermato dalla giurisprudenza della 

Corte di Cassazione e del� Consiglio di Stato, dell'incompatibilit� 
del negozio di diritto privato con l'indisponibilit� 
.del bene, che non pu� essere sottratto 
alla sua destinazione, se non nei modi previsti dalle 
leggi, che lo riguardano (art. 828 O.e.). 

G. O. 
SCAMBI E VALUTE -Versamento di somme in 
clearing -Sequestro delle somme versate -Opposizione 
-Interesse ad agire dell'Ufficio Cambi Difetto 
di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. 
(Corte di Cass., Sez. III pen., Sent. n. 2995/53..,. 
Pres.: Fornari; Est.: Pifani; P. M.: Polimeno -Ufficio 
Italiano Cambi ed altri ricorrenti). 

L'Ufficio Italiano Cambi � legittimato attiva


mente a proporre opposizione avverso un provve


dimento di sequestro conservativo penale che col


pisca somme versate in clearing. 

L'Autorit� giudiziaria ordinaria:non viola l'art. 4 

della legge 20 marzo 1865, n. 2248i alleg. E, quando 

dispone il sequestro conservativo di somme versate 

in clearing. 

Oon questa sentenza la Corte Suprema di Cassa


zione ha confermato integralmente l'ordinanza della 

Corte di Appello di Milano del 6 aprile 1952 resa 

nella stessa causa. 

Questa ordinanza � stata gi� pubblicata e commen


tata nella Rassegna (1952, p. 113 e seguenti). 

Per quanto riguarda la prima massima, la Corte 

Suprema ha dovuto nuovamente affermare l'esistenza 

di legittimazione attiva da parte dell'Ufficio Italiano 

Gambi per respingere la relativa eccf3Zione contraria 

del P. M. e di alcune parti private. 

L'argomento di cui la Corte Suprema si � servita 

per affermare che l'Ufficio Italiano Gambi ha inte


resse ad agire in opposizione all'ordinanza di seque


stro di somme versate in clearing � che cc qualunque 

distrazione di dette somme lo (se. Ufficio Gambi) 

mette nella impossibilit� di soddisfare i creditori 

italiani, in quanto riduce la sua disponibilit� di 
fondi liquidi �. Dobbiamo riconoscere. che questo 
argomento � forse il pi� debole di quanti se ne potevano 
trovare, in quanto, se si ammette che � indifferente 
per l'Ufficio ItoJiano Oamb.i pagare ad un 
creditore piuttosto che ad un altro, l'interesse pratico 
che la Corte Suprema vuole trovare nella opposizione 
non sussisterebbe. Probabilmente, come abbiamo gi� 
fatto presente nel commento all'ordinanza per la 
Corte di Appello di Milano, l'argomento pi� convincente 
a favore della tesi della legittimazione attiva 
dello Ufficio Italiano Gambi sta nella considerazione 
che con l'opposizione al sequestro esso Ufficio tende 
ad assicurarsi la libert� di adempimento delle sue 
funzioni pubbliche. Altro argomento pi� macroscopico 
sta nella considerazione che l'Ufficio Italiano Gambi, 
quale terzo sequestrato, � addirittura una parte necessaria 
in quel vero e proprio giudizio di convalida di 
sequestro presso terzi che, in materia penale, si 

inizia con il ricorso in opposizione. 

Per quanto riguarda la seconda massima, riteniamo 
anzitutto opportuno riportare integralmente la motivazione 
adottata dalla Corte. 

�Ritenuto che � da disattendere l'assunto comune 

dell'Ufficio Italiano Gambi e del Banco Centrale de 

la Repubblica Argentina, stando ai quali il Presi


dente della Sezione istruttoria presso la Corte di 

Appello di Milano, ordinando il sequestro conserva


tivo penale di cui si contende, avrebbe violato l'art. 4 

della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E; 

abolitrice del contenzioso amministrativo, che fa di


vieto all'autorit� giudiziaria di imporre agli organi 

della pubblica amministrazione un determinato com


portamento e di modificare in qualsiasi modo un 

atto amministrativo. 

L'assunto parte dal presupposto che non appena 

il debitore straniero ha versato nel clearing una 

determinata somma e fino al momento in cui il 

cr�ditore italiano viene pagato dall'Ufficio Italiano 

Gambi, quella somma, cessa di appartenere a un 

patrimonio privato e passa ad esclusiva disposizione 

degli Uffici di cambio dei due paesi, assumendo una 

destinazione di mero interesse pubblico; onde la 

distrazione di essa non pu� essere ordinata da un'au


torit� diversa da quella che � preposta al controllo 

dei cambi fra i due paesi. 

Ora l'errore del presupposto sta nella asserita desti


nazione della somma versata in clearing ad uno scopo 

di interesse pubblico, mentre questo rimane sempli


cemente limitato al rispetto del tramite obbligatorio 

pel quale la somma deve pervenire dal debitore stra


niero al creditore nazionale. 

Si sa infatti che, quando fra due paesi si stipula 

un accordo di clearing, i rapporti tra i rispettivi 

debitori e creditori, in ordine al pagamento delle 

connesse importazioni ed esportazioni debbono svol


gersi attraverso gli Uffici di cambio dei due Stati 

i quali intervengono a difesa dell'interesse pubblic~ 

di tutelare le loro valute nazionali. Ma per la tutela 

di un simile interesse occorre solo.. che i pagamenti 

internazionali fra privati abbiano luogo ip, quella 

determinata forma, senza che questa eserciti alc�na 

infiuenza sui sottostanti rapporti sostanziali, che man


tengono integra la propria natura privatistica. In 

altri termini, restano sempre da un lato un creditore 

nazionale col suo diritto al pagamento, e dall'altro 



r�


m 

straniero col suo dovere di pagamento; 
anta che quel diritto pu� essere soddi


dovere pu� essere adempiuto unicamente 
~ meccanismo del clearing. 

�, infondato il sostenere che il rapporto 
~ distinto e perfettamente autonomo riipporto 
di diritto privato sottostante, e 
xe di quest'ultimo non possano esercitare 
ienza sovra di esso. 
tesi, d'altronde, � stata praticamente 
llo stesso Ufficio Italiano Gambi (e per 

sua mandataria Banca d'Italia), che si 
ubbidire all'ordine del Banco de Credito 
1rgentino reincamerando immediatamente 
i� state messe a disposizione del Franco 
riite la Banca Commerciale Italiana, vale 
.do rientrare nel ciclo del clearing ci� che 
.scito, per il che non pu� a meno di destar 
che l'Ufficio Italiano Gambi impugni 
r� di un provvedimento emesso dalla autoiria 
dopo aver tanto supinamente obbedito 
~i un privato, che esso assume di non 
ratto, e anzi dopo essere andato oltre quelsto 
che il Banco de Credito Industrial 

o non gi� la restituzione delle somme, ma 
ensione dei pagamenti, che � cosa ben di-
difficolt� � stata chiaramente veduta dallo 
o Italiano Gambi, il quale, per superarla, 
o un nuovo rapporto di clearing diverso e 
>recedente, elevando al rango di creditore 
Credito I ndustrial Argentino e contrapquale 
debitrice la Banca Commerciale Itawn 
era mai stata debitrice di alcuno, ma 
aria di determinate somme, e che si era 
relativi obblighi restituendole al deposiipotizzando 
un rapporto di diritto privato. 
bbe valso a far diventare debitrice la 
xlia sol perch� questa funge da cassiere 

Italiano Gambi. 

.e il rapporto di diritto privato, cui quello 

si intreccia, continua nel suo normale 

, niente deve importare all'Ufficio Ita


�i delle sue vicende fino a che queste non 

riodi e le forme del pagamento internazio


Uanto si riconnette un interesse pubblico; 

~mpio, al detto Ufficio deve riuscire indif


Jseguire il pagamento in valuta italiana 

a persona diversa da quella originaria


�nata, e ci� per effetto di accordi interve


:tolari del rapporto o di una cessione fatta 

e nazionale o anche di un provvedimento 

�it� giudiziaria; n� v'� alcun motivo di 

rimenti per quelle distrazioni provvisorie 

:o da eventuali provvedimenti cautelativi 

tl'Autorit� giudiziaria, i quali immobiliz


'aneamente una determinata somma. 

per� si � obiettato che, dato lo speciale 

' 
del clearing, pel quale, come gi� detto, 

l'Ufficio Italiano Gambi paga i crediti 

i nazionali verso i debitori stranieri con 

rsategli dai debitori nazionali dei creditori 

detti provvedimenti cautelativi, immobiliz


di quelle somme, riducono le disponibilit� 
lll' Ufficio Italiano Gambi, e possono met)
dizione di non eseguire i pagamenti o di 

-151



limitarli; il che val quanto dire che il detto Ufficio 
pu� essere costretto a tenere un determinato comportamento 
impostogli da un provvedimento dell'autorit� 
giudiziaria in violazione del principio fissato nell'art. 
4 della legge sul Contenzioso amministrativo. 
Ma all'obiezione � stato gi� esattamente risposto 
osservando che quei provvedimenti cautelativi intervengono 
quando il ciclo del clearing si � gi� svolto 
per intero nella sua parte essenziale, ossia dopo 
che si � verificata la compensazione fra debiti e 
crediti dei due paesi legati dall'accordo di clearing, 
e dopo che ha avuto luogo l'accreditamento della 
somma a favore del creditore nazionale. In altre 
parole, la disponibilit� materiale delle somme in valuta 
nazionale occorrenti per eseguire i pagamenti 
ai creditori nazionali � un dato o elemento interno 
di ciascuno dei paesi legati dall'accordo, che non 
incide �sulla fase esterna, internazionale di svolgimento 
del rapporto di clearing; n� perci� v'ha alcuna 
difficolt� ad ammettere che su quella disponibilit� 
possano influire, oltre alle cause naturali dipendenti 
dall'andamento generale del mercato internazionale 
d'importazione e di esportazione, anche altre cause che 

potrebbero dirsi genericamente artificiali e che si 
riconnettano alle vicende di uno dei tanti affari di 
cui quel mercato � intessuto. 

Devesi pertanto concludere che il Presidente della 
Sezione Istruttoria presso la Corte di Appello di 
Milano, nell'emanare il decreto di sequestro 11 agosto 
1951, ha rispettato i limiti giurisdizionali dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria; onde cade ogni dubbio sulla 
necessit� di rimettere alle Sezioni Unite penali di 
questa Oorte l'esame dei soggetti ricorsi �. 

Commentando la precedente ordinanza della Corte 
di Appello di Milano scrivevamo che �oramai solo 
un sottilissimo diaframma si oppone al pieno accoglimento 
della tesi che postula l'assoluto difetto di 

giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria a 
disporre misure esecutive o cautelari sulle somme 
versate in clearing �. 

Purtroppo la Corte Suprema ha rinforzato questo 
diaframma facendone una barriera. 

Non ci sembra peraltro, malgrado l'autorit� dell'organo 
che ha emanato la sentenza in esame, che gli 
argomenti sopra riportati siano tali da convincerci 
della fondatezza della opposta tesi. 

Dobbiamo, anzi, notare con vero piacere che proprio 
dopo la sentenza della Corte Suprema sono intervenuti 
autorevoli appoggi al nostro punto di vista. 

Si tratta sopratutto dello scritto del Mazzone (in 
<e Rivista del Diritto commerciale �, 1954, II, 50 e 
segg.), il quale acutamente critica la sentenza della 
Corte Suprema rilevando anzitutto come cc sembra 
veramente strano che dopo oltre tre lustri di accese 
discussioni svoltesi nella dottrina e nella giurisprudenza, 
la Corte Suprema abbia potuto affermare (senza 
accennarne una qualsiasi motivazione come se si 
riferisse ad uno jus receptum, che nei pagamenti 
internazionali fra privati l'interesse pubblico sia cc limitato 
al rispetto del tramite obbligatorio pel quale 
la somma deve pervenire dal debitore straniero al 
creditore nazionale � e che il clearing costituisce una 
semplice (forma) cc sia pure obbligatoria, di paga


mento�. � 
Fatta questa premessa, il M azzone, che � certamente 
uno dei pochi giuristi italiani che conosca a fondo il 

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ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


COMPROMESSO ED ARBITRI -Nomina di arbitro 
demandata a terzo -Invito a procedere alla� designazione 
all'altra par;te e non al terzo -Mancata 
nomina -Ordinanza del Presidente del Tribunale Revocabilit�, 
(Ordinanza 15 dicembre 1953 del Presidente 
del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere I.
N.A.-Casa, Comune di Santa Maria Capua Vetere e 
Rossetti). 

L'ordinanza, con la quale il presidente del Tribunale 
nomina uno degli arbitri da designarsi da 
un terzo nel presupposto che la designazione spetti � 
ad una delle parti e che questa non vi abbia provveduto 
nei termini dell'invito, � revocabile, dallo 
stesso presidente del Tribunale che ha proceduto 
alla nomina, su ricorso del terzo. 

La specie riguarda appalto per costruzione di case 
per i lavoratori secondo le norme del O apitolato generale 
9 febbraio 1950 della Gestione �I.N.A.-Oasa. 
Stazione appaltante un Comune. Insorte questioni 
tra sezione appaltante ed appaltatore, questi deferiva 
la controversia al Collegio arbitrale previsto all'articolo 
23 di detto Capitolato generale e rivolgeva formale 
invito al Comune a procedere alla nomina del 
suo arbitro, interessando allo scopo il Consiglio 
direttivo ed il Comitato di' attuazione dell'I.NA. 
Casa ai sensi del ricordato art. 23, e ci� nel termine 
di legge. 

Decorsi i venti giorni dall'invito al Comune senza 

che venisse indicato l'arbitro, l'appaltatore si rivol


geva al presidente del Tribunale. Avverso il decreto 

di nomina, cui si faceva luogo, ricorreva la Gestione 

I.N.A.-Oasa al presidente stesso. Nei termini che 

seguono � stato provveduto: 

�Il Presidente ... Considerato che il contratto di ap


palto interceduto tra il Comune di Santa Maria 

Oapua Vetere, stazione appaltante per la costruzione, 

nella detta citt�, di vari fabbricati in nome e per conto 

della Gestione I.N.A.-Oasa e Giuseppe Rossetti, 

impresario edile, all'art. 8 stabilisce che per le conte


stazioni o controversie che possono sorgere nella ese


cuzione del contratto esse saranno risolte nei sensi e 

col procedimento indicato all'art. 23 del Capitolato 

generale; che il detto art. 23 espressamente specifica 

che per la costituzione del collegio di tre arbitri 


al quale le suindicate contestazioni o controversie 

vanno deferite -uno degli arbitri verr� nominato dal 

Gomitata di attuazione dell'I.N.A.-Oasa su proposta 

del Consiglio direttivo; che, pertanto, nessuna delega 

o rappresentanza per tale incombenza poteva ritenersi 
attribuita al Comune -stazione appaltante -sicch� 
l'appaltatore contraente solamente al Gomitata di 
attuazione dell'I.N.A.-Oasa poteva rivolgersi per la 
nomina del secondo arbitro e solamente allo stesso 
notificare la richiesta stessa. Considerato che erroneamente 
questo Tribunale ebbe a ritenere regolarmente 
effettuata la notifica dell'atto di richiesta del 
secondo arbitro, bench� eseguita presso il Comune; 
che non vale a sanare la nullit� della notifica il fatto 
che al Comune stesso veniva rivolto invito ad interessare 
il Consiglio direttivo ed il Comitato di attuazione 
dell'I.N.A.-Oasa, in quanto per espressa convenzione 
tra le parti, l'altra parte avente diritto alla 
nomina erano questi ultimi enti e non il Comune. 
Revoca, ecc. ecc.... �. 

La decisione � ovviamente una esatta applicazione 
del 3� comma dell'art. 810, Codice procedura 
civile (in tali sensi vedi ANDRIOLI: Commento al 
Codice di procedura civile, vol. III, p. 544), e va 
segnalata per la ritenuta ammissibilit� del reclamo 
e della revoca del provvedimento previsto come non 
impugnabile nel 2� camma del detto art. 810. 

V ero � che nella specie trattasi di reclamo proposto 
da terzo e tanto � certo sufficiente a spiegare 
la revocabilit�. Ma, ad ogni modo, ci pare che il 
provvedimento di revoca si inquadrerebbe sempre 
nell'orientamento giurisprudenziale che considera la 
non impugnabilit� limitata alla nomina dell'arbitro, 
come scelta essenzialmente discrezionale di esso 
(vedi Oorte di Appello di Torino: Ordin. Pres. 31 
dicembre 1952, in �Te;mi� 1953, p. 552, con nota 
di Spinosa e richiami). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Interessi mora


tori, compensativi e corrispettivi -Limiti di sussi


stenza delle obbligazioni d'interessi. 

ANTICHIT� E BELLE ARTI -Esercizio da parte 
dello Stato del diritto di prelazione nel caso di vendita 
di cose d'interesse artistico -Ritardo nella 
emissione del mandato di pagamento -Insussistenza 
della obbligazione� del pagamento d'interessi~ 

(Corte Appello di Roma, Sez. I, Sent. 20 aprile 4 
giugno 1954 -Pres.: P. Manca: Est.: La Porta Ministero 
Pubblica Istruzione contro. Barberini). 

1) In via di massima, in base ai princip� del diritto 
comune, nei limiti in cui essi operano nei confronti 
della Pubblica Amministrazione, in funzione 
dello scopo fondamentale dell'attivit�. amministrativa, 
d�ve ritenersi che non � ipotizzabile il sorgere 


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-155 


di una obbligazione di interessi a carico dell'Amministrazione 
stessa per il ritardo con il quale addivenga 
al pagamento di un suo debito. Ci� vale sia 
in caso di ritardo colposo nell'adempimento del� 
l'obbligazione avente per oggetto una somma di 
denaro (ipotesi degli interessi moratori), sia in 
caso di disponibilit� di somma di denaro da parte 
della Pubblica .Amministrazione e dalla correlativa 
utilit� che ne consegue (ipotesi degli interessi 
corrispettivi), sia in caso di riparazione di danni 
che si pretendano prodotti in misura maggiore di 
quella del tasso legale (ipotesi degli interessi corrispettivi). 


Vanno eccettuati il caso in cui una espressa pattuizione, 
ed una norma anche espressa, assegni un 
termine per la liquidazione o il pagamento e quello 
in cui l'inerzia dell'Amministrazione abbia portato 
ad una pronuncia giurisdizionale, che ne dichiari 
la sussistenza. 

2. La disposizione dell'art. 65, 30 comma, del 
regolamento di esecuzione della legge 20 giugno 
1909, n. 364, approvato con R. D. 30 gennaio 
1913, n. 363, a termine della quale l'Amministrazione, 
notificata la determinazione di esercitare 
il diritto di prelazione, contemporaneamente cc emetter� 
mandato di pagamento del prezzo n, � norma 
direttiva che contemporaneamente alla notifica 
dell'esercizio della prelazione la Pubblica .Amministrazione 
deve dare inizio alle pratiche legali per 
l'emissione del mandato, ma non che dalla detta 
data il credito del privato sia liquidato ed esigibile. 
Abbiamo gi� dato in questa Rassegna notizie delle 
deoisfoni della Corte suprema in tempo di decorrenza 
degl' interessi per obbligazioni pecuniarie dello Stato 
(Sent. I, rep. 160/52 in Ra8segna 1952, p. 143, nonoh� 
sent. 1014/1951 in Rassegna 1951, pag. 121). 

La Corte d'appello di Roma, nella pregevole sentenza 
emessa nella oausa Finanze-Barberini, unif 
armandosi. al consolidato insegnamento del Supremo 
Collegio, ha esattamente risoluta una delicata questione 
di speoie relativa� al pagamento del prezzo di 
oose artistiche da parte dello Stato nel oaso di esercizio 
del diritto di prelazione. 

Il Tribunale di Roma, nella sentenza 27 aprile 1953, 

pur dichiarando di far ossequio ai principi sanciti 

dalla Corte Suprema, aveva ritenuto ohe la liquidit� 

ed esigibilit� del credito del privato derivasse dalla 

norma dell'art. 65, 3� oomma, del regolamento alla 

legge 20 giugno 1909, n. 364, (per l'applicabilit� 

del detto regolamento ofr. Rassegna 1953, p. 147): ma 

la Corte d'Appello ha esattamente posto in evidenza 

il carattere puramente direttivo della disposizione del 

regolamento di esecuzione, ohe non pu� derogare alle 

disposizioni della legge di contabilit� di Stato. 

Riteniamo opportuno trascrivere la parte essenziale 

della motivazione della sentenza: 

cc In via di massima, in base ai principi del diritto 

oomune, nei limiti in oui essi operano nei confronti 

della Pubblica Amministrazione, in funzione dello 

soopo fondamentale dell'attivit� amministrativa (sod


disfacimento dell'interesse collettivo nei modi e nelle 

forme predisposti dalla legge), deve ritenersi ohe non 

� ipotizzabile il sorgere di una obbligazione di interessi 

a oarioo dell'Amministrazione stessa, per il ritardo 

oon il quale addivenga al pagamento di un suo debito. 

Ci� vale sia in oaso di ritardo colposo nell'adempiment.
o delle obbligazioni, aventi ad oggetto una somma 
di denaro (ipotesi degli interessi moratori), sia in 
oaso di disponibilit� di somme di denaro da parte 
della Pubblica amministrazione e della correlativa 
utilit� ohe ne oons(3gue (ipotesi d�egli interessi corrispettivi), 
sia in oaso di riparazioni di danni, ohe si 
pretendano prodotti in misura maggiore di quella 
coperta dal tasso legale (ipotesi degli interessi compensativi). 


cc V anno eooettuati il oaso in cui una espressa 

pattuizione, od una norma anohe espressa, assegni 

un termine per la liquidazione ed il pagamento e 

quello in oui l'inerzia dell'Amministrazione abbia 

portato ad una pronunzia giurisdizionale ohe ne 

dichiari la sussistenza. 

cc Ed invero, �quanto agli interessi moratori, basta 

rilevare ohe, per il principio, secondo oui il debitore 
non pu� esigere la prestazione prima della scadenza, 
portato dall'art. 1185, 10 oomma, oodioe oivile, l'esigibilit� 
� condizione imprescindibile della mora. Ora 
� noto ohe, se nelle obbligazioni pecuniarie di diritto 
privato il momento della liquidazione di solito (salvo 
oio�, nelle obbligazioni a termine nelle quali l'esigibilit� 
segue, ew ore, alla scadenza) coincide oon quello 
della esigibilit� nelle obbligazioni pecuniarie dello_ 
Stato alla liquidazione deve seguire l'ordinazione del 
pagamento, oio� l'emissione del titolo di spesa (articolo 
270 del regolamento di contabilit� generale). 
-Ci� si spiega oon l'esigenza della Pubblica Amministrazione 
di graduare le proprie spese in relazione ai 
bisogni da soddisfare ed alle disponibilit� di bilancio. 

cc JJa quanto si � detto consegue che non � oonoepi


bile, sino all'esaurimento del procedimento ammini


Strativo di liquidazione del debito e dell'ordinazione 

del pagamento, una obbligazione dello Stato alla pre


stazione di interessi di mora. 

cc In. ordine agli interessi compensativi, diretti a 

risarcire il cosiddetto danno � proprio �, oio� in 

realt� quantitativamente superiore al tasso legale, 

va rilevato ohe anohe per essi � condizione impre


scindibile l'esigibilit� del credito, oui si aggiunge 

l'onere per il creditore della prova del maggior danno. 

cc Anohe per gli interessi corrispettivi il principio 

non muta. Invero, qui, soltanto si prescinde dal 

ritardo colposo nell'adempimento del debitore, es


sendo suff�oiente la disponibilit� di somme di denaro 

altrui, ma non pu� prescindersi dall'esigibilit� del 

credito. Difatti, l'�rt. 1282 oodice oivile, ohe in rife


rimento alla normale capacit� di fruttificazione del 

danaro, ha generalizzato la norma dell'art. 41 del 

Codice commerciale abrogato, dispone ohe solo �i 

crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro pro


ducono interessi di pieno diritto, salvo ohe la legge o il 

titolo dispongano diversamente. 

�Siffatti principi non sono stati disoonosoiuti dal 
Tribunale, il quale ha per� ritenuto che nel oaso ricorra 
l'ipotesi di eccezione dell'esistenza di una norma 
espressa, la quale imporrebbe alla Pubblica Ammini. 
straziane di emettere l'ordine di pagamento, ossia di 
di provvedere all'effettivo pagamento, in un determi


nato momento. 

�Secondo il Tribunale l'obbligo perentorio della 

Pubblica Amministrazione di provvedere, nel giorno 

stesso della notifica della decisione di esercizio della 

prelazione, al pagamento della cosa d'interesse arti



-156


stico, su cui � ~tata esercitata la prelazione, derive


rebbe dall'art. 65, comma 30 del regolamento di e~eC'U


zione della legge 20 giugno 1909, n. 364, approvato 

con R. D. 30 gennaio 1913, n. 363. 

�L'articolo in parola, dopo aver detto che l'Am


nistrazione deve notificare al venditore ed al compra


tore la decisione di esercitare il diritto di prelazione, 

dispone: � Contemporaneamente il Ministero della 

Istruzione emetter�, a favore degli aventi dfritto, man


dato di pagamento del prezzo risultante dalla denun


cia e potr� anche ordinare il deposito nella Gassa dei 

Depositi e Prestiti. 

� Il Tribunale ha ritenuto che tale norma imponga 
l'espletamento del procedimento di liquidazione del 
debito del prezzo e di ordinazione del pagamento nel 
termine, fissato dalla legge (mesi due), per l'esercizio 
del diritto di prelazione. 

� Siffatto opinamento non va condiviso. 

� Se, come non� � dubbio, � soltanto nel momento 

in cui � esercitata la facolt� di acquisto (data di emis


sione del provvedimento col quale � esercitata la pre


lazione) che la propriet� della cosa passa allo Stato, 

deve ritenersi che anteriormente non esiste giuridi


camente il titolo che legittima l'apertura del procedi


mento amministrativo di erogazione delle spese. 

<< Ci� porta a ritenere che la norma in esame va 
intesa nel senso che la Pubblica Amministrazione 
contemporaneamente all'esercizio della prelazione deve 
dar inizio alle pratiche legali per il pagamento del 
prezzo, cio� va intesa come norma direttiva. 

� N � diversamente pu� ritenersi, ove si consideri 
che una norma meramente regolamentare non pu� 
innovare �o modificare il sistema predisposto da una 
legge. fondamentale in tema di gestione finanziaria 
dello Stato (R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 sulla 
Amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� 
generale dello Stato). 

� Ora l'art. 50 dell'or richiamata legge di contabilit� 
prescrive: � Tutti gli atti con i quali si approvano 
contratti e s'i autorizzano spese ed in generale tutti 
quelli dai quali derivi l'obbligo di pagare somme a 
carico del bilancio dello Stato, debbono essere comunicati 
dagli Uffici amministrativi alla rispettiva 
Ragioneria centrale, per la registrazione dell'impegno. 


<< Prima di eseguire la registrazione la Ragioneria 
verifica la legalit� della spesa e la regolarit� della 
documentazione e accerta la giusta imputazione della 
spesa al bilancio nonch� l'esistenza del fondo disponibile 
sul relativo capitolo. 

� Dal che deriva che non � possibile configurare 
come liquido ed esigibile il credito verso lo Stato, se 
non � stato esaurito il procedimento di verifica della 
legalit� della spesa e dell'esattezza dell'imputazione di 
bilancio�. 

La sentenza della Corte non ha avuto necessit� 
di fermarsi su un particolare profilo, l'inapplicabilit� 
della disposizione dell'art. 1499 codice civile 
al caso di passaggio allo Stato della propriet� della 
cosa artistica per effetto dell'esercizio del diritto di 
prelazione. 

L'inapplicabilit� della norma dell'art. 1499 codice 
civile, a termine della quale dalla consegna al compratore 
della cosa venduta decorrono gli interessi 
compensativi, deriva dalla sostanziale differenza giuridica 
fra la compravendita e .l'esercizio del diritto 

di prelazione. Osserva al riguardo giustamente il 

CANTUCCI (La tutella giuridica delle cose d'interesse 
artistico e storico, p. 221) che il rapporto di prelazione 
esercitato dallo Stato deve inquadrarsi giuridicamente 
fuori degli schemi contrattuali: lo Stato 
interviene non quale <Jontraente, ma quale autorit�. 
Il trasferimento coattivo � l'effetto di una manifestazione 
di volont� della Pubblica Amministrzazione 
in relazione alla quale il trasferimento, che intende 
attuare il proprietario, viene a costituire un mero 
presupposto di fatto. � 

Mentre il negozio giuridico, che intende attuare il 
proprietario, si svolge nell'ambito del diritto privato, 
l'esercizio del diritto di prelazione � attivit� di diritto 
pubblico della Pubblica .Amministrazione. 

Ci� � confermato dagli effetti della prelazione, che 
ipso iure importa la demanializzazione del bene, 
con la conseguente risoluzione di ogni rapporto privatistico, 
in base al quale venivano utilizzati in precedenza 
i beni demaniali. 

Tali principi, proprio in una delle cause promosse 
dagli occupatori del Palazzo Barberini, vennero affermati 
dalla sentenza del Tribunale di Roma 23 
maggio 1953 (cfr. Rass. 1953, p. 199). 

La stessa destinazione demaniale conseguente all'esercizio 
della prelazione esclude che il bene possa 
essere suscettibile per lo Stato di un reddito dovendo 
lo stesso ricevere istituzionalmente una destinazione 
di pubblica utilit�, che � incompatibile con lo �sfruttamento 
economico del bene stesso. Al riguardo va 
ricordato l'insegnamento del MASSA (Obbligazione 
degli interessi,. p. 295) a termine della quale le cose 
acquistate, che siano per il compratore destinate ad 
essere fonte di una utilit� di indole meramente intellettuale 
e morale (quadri, arazzi, libri, ecc.) non 
possono produrre interessi compensativi . . 

G. B. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Somme 

� incassate per il trasferimento dei giocatori -Assoggettabilit� 
alla imposta. (Trib. Genova, 16 aprile11 
giugno 1954 -Pres. Est.: prof. Secco -Sampdoria 
contro Finanze). 

I diritti che ogni associazione calcistica ha nei 
confronti dei giocatori ingaggiati e nei confronti 
delle altre associazioni del genere costituiscono, 
nella loro entit� obiettiva, un bene suscettibile di 
scambio. Sono pertanto soggetti all'I.G.E. gli 
introiti derivanti dalla negoziazione di detti diritti. 

Con questa elaborata sentenza, il Tribunale di 
Genova ha ritenuto assoggettabili all'I.G.E. le somme 
incassate per il trasferimento dei giocatori, in quanto 
i diritti ch� ogni associazione ha verso i giocatori 
da essa ingaggiati e verso le altre associazioni costituiscono, 
nella loro entit� obiettiva, un bene suscettibile 
di scambio. 

Tale assoggettabilit�, ha aggiun,to il Tribunale, 
non � esclusa anche se la negoziazione si realizza mediante 
la prestazione di un servizio, che trova negli 
anzidetti diritti il suo necessario presupposto. 

La questione cos� decisa riveste importanza teorica 
oltre che pratica, perch� in essa sono implicate 
altre questioni in parte di fondo, che interessano 
non solo i cultori del diritto tributario, ma anche gli 
studiosi del diritto privato. 


-157 -


Oome ha osservato il Tribunale i presupposti per il 
1::orgere della obbligazione di imposta sull'entrata sono 
la cessione di 'Un bene o la prestazione di un servizio. 
Cos� la formula dell'art. 1 della legge 13 giugno 1940 

n. 762, dove l'accento cade tanto sul bene o servizio 
qitali possibili oggetti di scambio, quanto sulla cessione 
o prestazione, che debbono essere, aff�nch� si 
realizzi la fattispecie prevista dalla legge, la causa 
giuridica della controprestazione cio� della entrata. 
Da ci� l'esigenza di una duplice indagine: la prima 
diretta ad ind:ividuare i diritti che ogni associazione 
ha sul o nei confronti del giocatore e delle altre associazioni: 
la seconda rivolta a stabilire se ed in quale 
misura i detti diritti hanno formato oggetto di scambio 

o hanno costituito il presupposto di un servizio, dai 
quali deriva la entrata. 
Relativamente alla prima indagine, i diritti, che 
vengono in considerazione, fanno capo, come si osserva 
nella sentenza, a due rapporti funzionalmente 
collegati, anche se soggettivamente ed oggettivamente 
diversi e cio� al rapporto tra associazione e giocatore 
ed al rapporto fra ogni associazione e tutte le altre, in 
forza del quale ognuna di esse si impegna a non assumere 
giocatori dell'altra se non con il consenso di 
quest'ultima e nelle forme stabilite dai regolamenti 
federa�i. 

Questo secondo rapporto, che vincola le associazioni 
affiliate alla Federazione Italiana Gioco Calcio (e 
tutte le associazioni che praticano il gioco del calcio 
si trovano in tale situazione) rappresenta un fenomeno 
comune ad altri settori: si pensi �ai patti che 
disciplinano la concorrenza fra imprese dello stesso 
ramo commerciale o industriale e alle clausole che 
inibiscono alle imprese contraenti di assumere il 
personale tecnico dipendente dalle altre senza il consenso 
di queste. Ma la comunanza � soltanto parziale, 
giacch� qui il vincolo assume una rilevanza maggiore, 
posta in evidenza dalle sanzioni che ne accompagnano 
la violazione, sanzioni che non si limitano al risarcimento 
del danno, ma assumono talvolta una drasticit� 
estrema, quale l'annullamento delle partite giocate 
con l'intervento del giocatore irregolarmente ingaggiato. 


Quale sia poi, pi� particolarmente, la natura dei 
diritti sopra considerati, ha costituito, com'� noto, 
oggetto di recente ampio dibattito, al quale hanno 
partecipato alcuni dei nostri migliori giuristi, tra 
cui il Barbero, il Betti, il Bigiavi, il Cobianchi, il 
Greco, il Nicol�, il Pugliatti, il Redenti ed il Vassalli. 

Tra costoro vi � stato chi, prendendo in considerazione 
gli ampi poteri dispositivi e di controllo dell' Associazione, 
poteri che penetrano nella sfera della 
stessa personalit� fisica del giocatore, ha ritenuto di 
poter ipotizzare una specie di diritto reale, un qu.asi 
ius in corpore. dell'associazione sul giocatore. 

Concezione questa che urta contro principii basilari 
ed � perci� inaccettabile. Per superare tale ostacolo 
si � tentato, facendo ricorso alla nota teoria della 
pluralit� degli ordinamenti giuridici, di elevare a 
dignit� di ordinamento originario ed autonomo lo 
statuto federale, ma anche ques~o tentativo non poteva, 
per diverse ragioni, sortire effetto. 

Altri ha tentato perci� di affermare un diritto assoluto 
dell'associazione sui giocatori, quali componenti 
della� squadra, concepita, insieme con i suoi accessori, 
quale azienda; senonch� ammessa la legitti


mit� di tale concezione, sul che concorda la Cassazione 
(Sent. 2085 in �Foro It. �, 1953/1-1086), non pu� 
tuttavia affermarsi che beni dell'azienda siano 
giocatori, ma semmai le loro future prestazioni, cio� 
in sostanza i diritti che l'associazione ha nei suoi confronti. 


Si � parlato infine anche di un diritto di appartenenza, 
di un diritto cio� assoluto, che vincolerebbe 
non solo il giocatore verso l'associazione ma altres� 
tutte le altre associazioni, impegnandolo a rispettare il 
rapporto cos� costituito. Si avrebbe qui, cio�, in sostanza, 
una situazione analoga a quella che si verifica 
in forza del diritto di sovranit�, che operando oontemporaneamente 
sul piano nazionale ed internazionale, 
vincola non soltanto il cittadino allo Stato 
di appartenenza ma anche tutti gli altri Stati a 
rispettare il detto vincolo. 

Concezione anche questa inaccettabile urtando 
contro il principio della statualit� ed unitariet� dell'ordinamento 
giuridico. 

La soluzione esatta sembrerebbe pertanto quella 
proposta da alcuni fra i s.ummenzionati scrittori e 
confortata dell'autorevole consenso della giurisprudenza, 
secondo la quale tratterebbesi di diritti relativi, 
operanti esclusivamente nella sfera giuridica delle 
singole associazioni e dei giocatori alle dipendenze 
di ciascuna di esse (vedasi oltre alla citata sentenza 
della Cassazione, le sentenze del Tribunale e della 
Corte di Torino rispettivamente in� Foro It. �, 1950/1 
-1230 e 1952/1-219). 

Giunti a questo punto e negata la esistenza del bene, 
quale entit� materiale, non ne resta peraltro pregiudicata, 
si osserva nella sentenza, la nozione del bene nella 
sua pi� ampia accezione, comprensiva anche dei beni 
immateriali, tra cui gli stessi diritti relativi trasmissibili, 
considerati nella loro entit� obbiettiva, il che 
� anche riconosciuto dalla pi� autorevole dottrina 
(vedasi per tutti: BIONDI: I beni, p. 25 e passim). 
E sono per l'appunto questi beni immateriali che vengono 
in considerazione nel trasferimento dei giocatori, 
formando in tutto o in parte .oggetto di scambio o 
costituendo quanto meno il presupposto per un determinato 
comportamento dell'associazione cedente (il 
termine � usato in senso atecnico) a favore dell'associazione 
cessionaria. 

�A tali fini non � da.vvero necessario �, come motiva 
la sentenza, cc di giungere a presupporre una 
identit� tra giocatore e genere commerciale e che esseri 
umani possono essere oggetto di scambio economico, 
come la difesa della Sampdoria vorrebbe 
definire la pretesa .dell'Amministrazione finanziaria 
per trovare il fondamento gi�ridico dell'imposta 
richiesta, poich� il vincolo contrattuale, che lega un 
giocatore alla sua societ�, costituisce un diritto, il 
quale integra un vero e proprio bene. N � questa 
concezione .del rapporto giuridico fra societ� calcistica 
e giocatori pu� prestarsi ad illazioni lesive del 
principio della umana dignit�, poich� ogni obbligazione 
ed in particolare ogni obbligazione di prestazione 
d'opera, costituisce ontologicamente una limitazione 
della libert� umana, sebbene volontaria, ela 
societ� umana non � pensabile senza questo presupposto 
di limitazione delle libert� individuali, che sono 
l'affermazione e non la negazione del diritto. 

cc Nulla pi� di un espediente retorico al lum(delle 
ricordate considerazioni appare quindi il rilievo 


-158 


della convenuta che il concepire la compravendita dei 
giocatori come cessione di un bene, costituisce quasi 
un attentato alla dignit� della persona umana, perch� 
� in perfetta armonia ai principi che regolano le 
obbligazioni, che queste si possano trasferire ad altri 
soggetti pur nel rispetto delle forme peculiari della 
cessione di crediti. � 

� Non ha peso alcuno ai fini del pagamentv del 
tributo in questione che il rapporto giuridico, che � 
fonte dell'obbligazione tributaria, trovi o meno posto 
negli -schemi tradizionali dei contratti nominati dal 
codice civile. Interessa soltanto che vi sia stato un 
pagamento in corrispondenza della cessione di un 
bene o di una prestazione di un servizio. 

� Ohe di cessione di un bene si debba parlare appare 
evidente dal fatto che i contratti che legano i 
giocatori alle societ� costituiscono per la societ� di 
calcio il presupposto essenziale per la sua maggiore 

o minore fortuna agonistica ed economica. Non importa 
ai fini della presente decisione che la cos� 
detta cessione si attui con un rapporto giuridico di 
rinunzia a favore di un terzo ad un contratto con il 
giocatore, quello che conta � che in conseguenza di 
questo atto ha luogo sostanzialmente uno scambio 
consensuale di un bene contro un prezzo e che ha luogo 
il fenomeno tipico dell'entrata �. 

Per quanto infine riguarda i presupposti soggettivi 
il Tribunale ha posto in evidenza che fuori dei 
casi in cui ci� � esplicitamente richiesto dalla legge 
che disciplina la subietta materia; la qualit� di imprenditore 
da parte di colui che ha conseguito l' entrata 
non � requisito essenziale. 

In ogni caso pu� essere opportuno rilevare che la 
qualit� di imprenditore delle associazioni calcistiche, 
implicitamente ammessa dalla Cassazione (vedasi 
sentenza sopra citata), difficilmente pu� essere negata 
con riguardo all'attivit� principale di esse, 
quale � la formazione dei giocatori e l' apprestazione 
di spettacoli di gara di calcio. 

Si � tentato di farlo contestando che le associazioni 
calcistiche abbiano un fine di lucro, ma a parte che 
autorevoli scrittori quali l'Asquini, il De Gregorio 
ed altri, non ritengano tale elemento essenziale, sembra 
sufficiente per la sussistenza di esso (Bignani e 
Ghiron) la finalit� di realizzare, attraverso ser,vizi 
non offerti gratuitamente, un qualsiasi beneficio 
patrimoniale, quale possa poi essere l'impiego di 
esso. 

A. REBORI 

~&k@&fTIT ~&k@&fTIT 
SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E G I U R I S P R U D E �N Z A 


AGRICOLT~4.. 

1. L'intervento dell'autorit� nella concessione 
delle terre incolte opera solo nella formazione 
del rapporto senza il concorso della� volont� del 
proprietario del terreno, ma non sulla natura del 
rapporto che rimane di locazione. (Corte Cass. 
7 aprile 1954, n. 1067). 
.AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. 

1. La figura del funzionario di fatto esige un 
elemento oggettivo (appartenenza degli atti alla. 
competenza di un soggetto di diritto pubblico) e 
un elemento soggettivo (intenzione dell'agente di 
riferire il suo atto all'Amministrazione). (Corte 
Cass., S. U., 13 aprile 1954, n. 1168). 
2. Se manchi qualsiasi atto dell'Amministrazione 
o si contesti in radice ali' Amministrazione il potere 
di emettere un atto emesso, pu� ricorrersi al giu.ice 
ordinario; ma se il potere e l'atto esistono e si 
assume soltanto che quest'ultimo sia viziato, esso 
fin �he non annullato esplica i suoi effetti come 
fosse legittimo. (Corte Cass., 7 aprile 1954, n. 1065). 
APPALTO. 

1. L'art. 40 Capitolato Generale opere pubbliche 
non preclude all'appaltatore di agire per il conseguimento 
del corrispettivo dovutogli, ma soltanto 
limita il riconoscimento del danno dovuto dall'appaltante 
per i ritardi nei pagamenti. (Corte Cass., 
7 aprile 1954, n. 1089). 
2. � incensurabile in Cassazione la. decisione del 
Ministro dei lavori pubblici che avvalendosi della 
discrezionalit� conferitagli� dalla legge n. 329 del 
1950 nella valutazione della compatibilit� della 
revisione dei prezzi con le condizioni di appalto 
rigetti il ricorso contro Ja decisione del Provveditore 
alle opere pubbliche che abbia. respinto la. 
revisione. (Corte Cass., S. U., 6 maggio 1954, 
Cont. 4377 /52, Avv. Generale). 
3. Dopo la legge n. 329 del 1950, non �si pu� 
chiedere la. revisione dei prezzi dell'appalto in 
corso di esecuzione dei lavori: ma essa pu� essere 
chiesta e accordata a lavori ultimati .senza che sia. 
d'ostacolo la parziale revis10ne eseguita in conformit� 
del D. L. n. 1505 del 1947. (Corte Cass., 

S. U., 7aprile1954, Cont. 47~5/51, Avv. Generale). 
4. Per l'art. 2 del D. L. L. n. 1772 del 1940 
(applicabile alla risoluzione degli appalti per lavori 
di costruzione degli Istituti Autonomi Case 
Popolari, sospesi per la guerra) va corrisposto pei 
contratti risoluti l'importo dei lavori eseguiti e il 
valore dei materiali utili esistenti in cantiere, il 
quale ultimo va determinato ai prezzi del momento 
della liquidazione e non gi� a quelli stabiliti nell'appalto. 
(Corte Cass., 5 aprile 1954, n. 1058). 
5. Dopo fa rescissione dell'appalto in danno del-. 
l'impresa, e anche prima che l'Amministrazione 
prenda possesso dei beni, il divieto di revindica dei 
materiali e mezzi d'opera esistenti spiega i suoi 
effetti non solo nei confronti del venditore di essi 
materiali, ma anche nei confronti dei creditori 
dell'appaltatore che intendano sequestrarli o pignorarli. 
(Corte Cass., S. U., 10 aprile 1954 Cont. 
66822, Avv. Generale). 
6. Sulle somme dovute agli appaltatori di opere 
pubbliche non sono consentiti, durante l'esecuzione 
dei lavori, sequestri �o pignoramenti senza l'adesione 
dell'appaltante; ogni limitazione cessa per� 
dopo il definitivo collaudo delle opere. (Corte Cass., 
7 aprile 1954, n. 1089). 
ATTI AMMINISTRATIVI. 

(Vedi: Amministrazione Pubblica, 2; Trascrizione, 
1). 

AUTOVEICOLI. 

1. Quando un autoveicolo anche se per forza 
maggiore si fermi sulla sua sinistra ostruendo parte 
della strada, ed altro veicolo proveniente .dall'incontrario 
vi urti, esiste concorso di colpa, pel primo _ 
conducente per mancata segnalazione dell'ingombro 
stradale e pel secondo per aver tenuto velocit� 
inadeguata. (Trib. Trento, 10 aprile 1954, Cont. 823, 
Avv. Trento). � 
(Vedi: Imposta di bollo, 1). 


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-160 


CASSAZIONE. 

1. L'art. 111 della Costituzione che ammette il 
ricorso per cassazione contro le sentenze dei giudici 
speciali anche per violazione di legge, tranne che 
per le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte � 
dei Conti per le quali � ammesso ricorso solo per 
motivi attinenti la giurisdizione, � di immediata 
applicazione. (Corte Cass., 30 aprile 1954, Cont. 
546/50, Avv. Generale). 
2. Se contro una sentenza non notificata venga 
proposto ricorso per cassazione non depositato, 
pu� proporsi un nuovo ricorso entro l'anno di cui 
all'art. 327 C. p. c. (Corte Cass., 24 marzo 1954, 
n. 
831). 
(Vedi: Guerra 4; Repubblica sociale italiana, 6). 
CITTADINANZA. 

1. Allo straniero nato in Italia e qui residente 
non compete il riconoscimento della cittadinanza 
ai sensi dell'art. 3, legge n; 555 del 1912 se il requisito 
della residenza non sussista fra il 210 e 220 anno 
di et�. Il servizio militare all'estero per conto di 
una potenza straniera interrompe la continuit� 
della residenza. (Trib. Bolzano, 4 maggio 195�4, 
Cont. 834, Avv. Trento) 
COMPETENZA. 

1. L'accertamento della natura dei� danni conseguenziali 
ad una requisizione o della esistenza 
del relativo rapporto di causalit� � questione di 
merito non d,educibile in sede di regolamento di 
competenza o di giurisdizione (Corte Cass., S. U., 
27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 
(Vedi: Esecuzione fiscale, l; Imposta entrata, 2; 
Imposta di successione, 1). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE. 

(Vedi: Demanio, 1). 

CONTABILIT� DELLO STATO. 

1. Solo dopo compiuti gli atti prescritti dalla 
legge sulla contabilit� generale dello Stato perch� 
il pagamento possa essere autorizzato, l'ulteriore 
ritardo della Pubblica Amministrazione diventa 
colpevole producendo l'obbligo degli interessi. 
(Corte Cass., 30 aprile 1954, Cont. 546/50, Avv. 
Generale). 
COSTITUZIONE. 

(Vedi: Cassazione, 1). 

DANNI DI GUERRA. 

1. Se prima del decreto n. 26 del 194 7, il proprietario 
di un immobile sinistrato abbia chiesto il 
contributo statale e poi abbia alienato l'immobile 
riservandosi ogni diritto di danni di guerra il contributo 
spetta al proprietario originario e non al-
l'acquirente, e la competenza a conoscere della relativa 
controversia tra i due spetta al giudice ordinario. 
(Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 1085/52, 
Avv. Generale). 

(Vedi: Requisizioni, 5). � 

DEMANIO. 

1. L'Amministrazione che faccia una concessione-
contratto .su beni demaniali risponde dei 
danni per una revoca illecita se non si verifichino 
quelle ragioni di pubblico interesse che comportino 
l'affievolimento del diritto del concessionario. (Corte 
Cass., S. U., 13 aprile 1954, n. 1168). 
(Vedi: Possesso, 1). 

DIRITTO E INTERESSE. 

(Vedi: Guerra, 3; Repubblica sociale italiana, 7). 

DISCREZIONALIT�. 

1. L'Amministrzione in base al principio dell'autotutela 
pu� rivedere e modificare il proprio 
operato in base a una diversa valutazione delle 
circostanze, ma finch� l'atto non viene reso inoperante 
conserva la sua validit� e il giudice non 
pu� sindacarlo per il mutamento dei presupposti 
in base ai quali fu emanato. (Corte Cass., S. U., 
13 aprile 1954, Cont. 3800/50, Avv. Generale). 
(Vedi: Appalto, 2; Farmacie, l; Ferrovie e tranvie, 
1). 

ELEZIONI. 

1. Nei giudizi elettorali avanti la Giunta Pro 
vinciale amministrativa il procedimento � quello 
del T. U. n. 1058 del 1924 e Reg. n. (/43 del 1907. 
(Corte Cass., 5 aprile 1954, Cont. 2178/53, Avv. 
Generale). 
ESECUZIONE FISCALE. 

1. Il procedimento coattivo di cui alla legge 
n. 639�del 1910 pu� applicarsi alla riscossione dei 
tributi ma in tal caso l'opposizione � sempre di 
competenza del Tribunale. (Corte Cass., 27 marzo 
1954, n. 951). 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. 

1. L'�sclusione delle indennit� di piantagioni b 
migliorie di cui all'art. 43 legge espropriazione per 
pubblica utilit� non vale ad impedire al proprietario 
la normale coltivazione del fondo anche dopo la 
declaratoria di esecutivit� del piano particolareggiato. 
(Corte Cass., 30 marzo 1954,__ n. 991). 
2. Dall'espropriabilit� in base alla legge di Na-poli 
non discende necessariamente che l'espropriante 
possa modificare in corso del giudizio il criterio di 
stima adottato nella fase preliminare della espropriazione 
quando sia impugnata l'indennit�.fissata 
nel decreto di esproprio con riferimento specifico 

-161 


al coefficente di valutazione stabilito da una disposizione 
di legge particolare. (Corte Cass., 24 aprile 
� 1954, Cont. 54350, Avv. Generale). 

3. Il criterio per determinare le indennit� di 
esproprio per strade. e piazze di Rom.a in sede di 
piano regolatore non � applicabile per le espropriazioni 
ferroviarie che riguardino terreni destinati 
a tale scopo in Rom.a. In tale ipotesi l'indennit� 
non si ragguaglia al puro valore venale del terreno 
considerato indipendente dalla sua edificabilit�, 
m.a si determina nella media del valore venale 
dell'immobile e dell'imponibile netto capitalizzato. 
(Corte Cass., 24 aprile 1954, Cont. 54350, 
Avv. Generale). 
4. La liquidazione dei danni per occupazione 
d'urgenza protrattasi oltre il biennio non pu� essere 
liquidata alla stregua di quella dovuta per l'occupazione 
�contenuta nel biennio, m.a deve limitarsi 
al semplice risarcimento dei danni, che � soggetta 
a rivaluta;zionelm.onetaria. (Corte Cass., 30 marzo 
1954, n. 991) 
5. Nel caso di occupazione d'urgenza protratta 
oltr� il biennio, e di successivo intervento di decreto 
di espropriazione, si deve, per determinare 
il periodo di occupazione abusiva e il relativo debito 
dei danni, far capo alla data della pronuncia 
del decreto non a quella della sua notifica. (Corte 
Cass. 30 marzo 1954, n. 990). 
6. Nelle occupazioni d'urgenza, ove nel biennio 
non sia intervenuto il decreto di espropriazione 
(non bastando la intervenuta declaratoria di esecutivit� 
del piano particolareggiato) l'immobile 
deve essere restituito al proprietario. (Corte Cass., 
30 marzo 1954, n. 990). 
FARMACIE. 

1. L'atto con cui un Prefetto provvede sulla 
richiesta autorizzazione all'esercizio di una farmacia 
nell'ipotesi di cui all'art. 369 legge sanitaria, � 
discrezionale, non lede nessun diritto e pu� essere 
impugnato solo avanti al Consiglio di Stato. (Corte 
Cass., S. U., 1 aprile 1954, Cont. 2332/51, Avv. 
Generale). 
FERROVIE E TRANVIE. 

1. L'art. 2 del R. D. n. 1687 del 1873 pone al1'
Amministrazione ferroviaria un limite al potere 
discrezionale, talch� la rispondenza o meno, di un 
dispositivo per evitare incendi. da scintille, al fine 
voluto, pu� essere sindacato dal giudice. (Corte 
Cass., 9 aprile 1954, Cont. 3540/52, Avv. Generale). 
GIURISDIZIONE. 

1. Il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione 
� ammissibile anche se il giudizio penda 
davanti a giudici amministrativi. (Corte Cass. 
S. U., 6 maggio 1954, Cont. 63607, Avv. Generale). 
2. Il regolamento di giurisdizione presuppone un 
processo pendente, non pu� proporsi quindi n� 
contro un processo esaurito n� prima che il processo 
sia iniziato. (Corte Cass., S. U., 27 aprile 1954, 
n. 
1299). � 
(Ved.i: Discrezionalit�, 1). 
GIURISDIZIONI SPECIALI.. 

(Vedi: Propriet� industriale, 1; Requisizioni, 3 e 
4). 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. 

1. Il Consiglio di Stato deve statuire su tutti i 
lamentati vizi dell'atto amministrativo e cio� non 
solo su quelli che attengono all'uso del potere discrezionale 
dell'Amministrazione m.a anche sui vizi 
consistenti in norme giuridiche vincolanti, che prescrivano 
un determinato com.portamento. (Corte 
Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). 
(Vedi: Giurisdizione, 1). 

GUERRA, 

1. Per quanto l'occupante bellico abbia i pot.eri 
di cui all'art. 53 regolamento Convenzione Aia, 
tuttavia i negozi stipulati dal tedesco sono per 
l'art. 5 del D. L. n. 134 del 1946 nulli nel nostro 
diritto e l'Amministrazione pu� ricuperare la sua 
cosa ~enza che il privato che le ha acquitate dal 
tedesco possa opporre la legittimit� della propria 
detenzione. (Corte Cass., 28 aprile 1953, Cont. 
4268/52, Avv. Generale). 
2. Sin da prima della Costituzione, art. 10, il 
diritto italiano si era adattato alla norma dell'art. 
53 regolamento Convenzione Aja sulla preda 
di guerra, per la quale per� le occupazioni non sono 
legittime se determinate da finalit� di speculazione 
commerciale. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 
1954, Cont. 2204/52, Avv. Generale). 
3. Nel ricupero degli autoveicoli statali alienati 
dalle autorit� alleate, che pu� disporsi per l'art. 20 
D. L. 118 del 1948 qualora il Ministero dei Trasporti 
non riconosca la validit� formale dei documenti 
di alienazione, tale facolt� non costituisce 
una potest� discrezionale di disporre del diritto 
degli acquirenti, il quale non resta quindi attenuato 
in interesse legittimo. (Corte Cass., S. U., 
22 aprile 1954, Cont. 2204/52, Avv. Generale). 
4. Nel Territorio libero di Trieste per implicita 
delegazione contenuta nel Trattato di pace lo 
Stato italiano continua ad esercitare la giurisdizione 
a mezzo dei suoi organi, quindi le relative 
sentenze sono impugnabili per cassazione nei casi 
previsti dal codice di rito. (Corte Cass., S. U., 
10 aprile 1954, Cont. 66822, Avv. Generale) ... 
IMPOSTA DI BOLLO. 

1. Il sistema di riscossione della tassa di bollo 
di cui al D. L. n. 1173 del 1948, art. 8, non � applicabile 
ai noleggi o trasporti privati con mezzi auto

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mobilistici eseguiti soltanto occasionalmente e al 
di fuori di ogni prestabilimento di percorso, itinerario 
e durata. (Corte Cass., 7 aprile 1954, Cont. 
517/53, Avv. Generale). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. 

l. Si pu� adire il giudice nelle controversie che 
involgano la disamina di� una questione di diritto 
o di diritto e di fatto insieme, non in quelle in cui 
la questione sia di semplice estimazione. Corte 
Cass., S. U., 3 maggio 1954, Cont. 2771/51, Avv. 
Generale). 
2. Non � applicabile all'imposta sull'entrata 
l'art. 29 R. D. L. n. 1639 del 1936 che ammette 
eccezionalmente il ricorso all'autorit� giudiziaria 
in relazione ad alcune imposte per errore di apprezzamento 
o per difetto di calcolo. (Corte Cass., S. U., � 
3 maggio 1954, Cont. 2771/51, Avv. Generl:!!.le). 
IMPOSTA DI REGISTRO. 

l. Agii effetti della tassa di registro il provvedimento 
con cui il Consorzio del Porto di Genova 
rilasci licenza a una ditta di eseguire nell'ambito 
dE'Sl porto lavori per riparazioni o demolizioni di 
navi costituisce autorizzazione e non concessione 
di servizio pubblico. (Corte Cass., 9 aprile 1954, 
Cont. 3656/52, Avv. Generale). 
2. L'agevolazione tributaria di che all'art. 3 
D. D. L. n. 322 del 1945 relativamente ai contratti 
di appalto per le riparazioni o ricostruzioni 
di edifici danneggiati dalla guerra, si estende ai 
contratti relativi alle pertinenze, come quello per 
la ricostruzione dell'impianto di riscaldamento. 
(Corte Cass. 29 aprile 1954, Cont. 2633/53, Avv. 
Generale). 
(Vedi: Legittimazione, 1). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE. 

1. L'art. 95 del R. D. n. 3270 del 1923 che investiva 
della conoscenza delle controversie il Tribunale 
nella cui giurisdizione si trovava l'ufficio liquidatore 
del tributo � stato sostituito dall'art. 1 
R. D. L. n. 2107 del 1924 e dall'art. 8 T. U. n. 1611 
del 1933 istitutivo del foro dello Stato. (Trib. 
Oristano, 23 febbraio 1954, cont. 101/52, Avv. 
Cagliari). 
IMPOSTE E TASSE. 

l. Dall'esenzione di cui al D. L. L. n. 322 del 
1945 riguardante la ricostruzione edilizia � esclusa 
la compra-vendita di cose mobili come gru elettriche 
da installare in un porto. (Corte Oass., 28 aprile 
1954,Cont. 1900/51, Avv. Generale). 
(Vedi: Imposta entrata, 1). 

IMPUGNAZIONE. 

l. Nella pluralit� di impugnazioni della medesima 
specie nel caso di litisconsorzio � principale 
l'impugnazione istaurata per prima, la quale � 
indipendente da ogni altra e non subordinata alla 
efficacia delle altre, mentre sono incidentali, e dipendenti 
dalla principale, le successive. (Corte 
Cass., 5aprile1954, Cont. 2178/53, Avv. Generale). 

IMPUGNAZIONE FISCALE. 

l. � nulla l'ingiunzione pel pagamento di contributi 
su bombole di metano emessa dal Procuratore 
dell'Ufficio bollo e Demanio, anzich� dall'Intendente 
di Finanza. (Trib. Brescia, 6 maggio 
1954, Cont. 3170, Avv. Brescia). 
INTERVENTO. 

l. Il Ministero dell'Interno l�a interesse a intervenire 
nel giudizio promosso per l'accertamento 
dello stato di cittadinanza. (Trib. Bolzano, 4 maggio 
1954, Oont. 834, Avv. Trento). 
(Vedi: Cittadinanza, 1; Requisizioni, 1). 

LEGGE. 

l. L'opinione di chi ha partecipato alla elaborazione 
della legge non ha importanza decisiva ove 
non corrisponda al testo legislativo. (Corte Cass., 
10 aprile 1954, n. 1138). 
LEGITTIMAZIONE. 

l. La rappresentanza legale dell'Amministrazione 
delle Finanze in materia di controversie per l'applicazione 
delle tasse di registro spetta all'Intendente 
di Finanza in ogni grado e quindi anche in Cassazione; 
un ricorso diretto al Ministro delle Fina.nze 
� inammissibile anche se l'organo incompetente 
si costituisca in giudizio eccependo poi tale nullit�. 
(Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 2345/53, 
Avv. Generale). 
2. Manca di legittimazione processuale rispetto 
.ad un contratto stipulato da una direzione di Commissariato 
il Ministero della Difesa Esercito in persona 
del Ministro. (Trib. Brescia, 20 maggio 1954, 
Cont. 3081, Avv. Brescia). 

LOCAZIONI. 

(Vedi: Requisizioni, 6). 

NOTIFICAZIONE. 

l. Le notificazioni da farsi direttamente presso 
le Amministrazioni ai sensi dell'art. 12 del T. U. 
n. 1611 del 1933 riguardano qualsiasi atto comprese 
le sentenze. (Corte Cass., S. U., 1aprile1954, Cont. 
2332/51, Avv. Generale). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI. 

l. Un fatto che pur non essendo normale, sia 
abituale, non pu� costituire caso fortuito, mancando 
l'estremo dell'imprevedibilit�. (Corte Oass., 
22 marzo 1954, n. 809). 

-163 

2. La rapina e il furto sono casi di forza maggiore 
esimenti da responsabilit� qualora risulti l'impossibilit� 
di prevenirli. (Corte Cass., S. U., 3 maggio 
� 1954, 
Cont. 2969/51, Avv. Generale). 
(Vedi: Contabilit� dello Stato, l). 

PERIZIA. 

1. La nomina del consulente tecnico � superflua 
quando fra i componenti del collegio vi sono per 
legge persone esperte nel ramo tecnico. (Corte 
Cass., 30 aprile 1954, Co�t. 546/50, Avv. Generale). 
POSSESSO. 

1. La concessione di un bene patrimoniale indisponibile 
pur se� accompagnata da regolamento 
bilaterale del rapporto (concessione-contratto) non 
sottrae il bene al regime di diritto pubblico, se con 
la concessione sussista e coesista la destinazione 
ad esigenze di interesse pubblico; non vi � luogo 
perci� ad azione possessoria anche se l'atto del1'
Amministrazione sia diretto a consentire ad altri 
uguale uso del bene. (Corte Cass., S. U., 29 aprile 
1954, Cont. 59851, Avv. Generale). 
PROPRIET� INDUSTRIALE. 

1. L'art. 71 R. D. n. 1127 del 1939 che devolve 
ad una speciale Commissione le decisioni sui ricorsi 
sui brevetti non � incostituzionale perch� il 
Governo nell'emettere quella legge delegata non 
eccedette f limiti della delega. La speciale Commissione 
ivi prevista ebbe ribadite e non attribuite 
le preesistenti funzioni d'organo di giurisdizione 
speciale. (Corte Cass., S. U., 22 aprile 1954, Cont. 
5119/52, Avv. Generale). 
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA. 

1. La convalida degli atti r. s. i. non � limitata 
agli atti amministrativi formali ma si estende alla 
responsabilit� per atti illeciti commessi da organi 
della r. s. i. (Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 
463/52, Avv. Generale). 
2. L'inefficacia per mancata convalida di provvedimenti 
di carriera dei funzionari r. s. i. non comportano 
inefficacia degli atti emanati o di atti 
illeciti commessi nell'esercizio di funzioni proprie 
di enti pubblici e recepite dal Governo legittimo. 
(Corte Cass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. 
Generale. 
3. L'attivit� della guardia nazionale repubblicana 
e della polizia confinaria r. s. i. non � da inquadrarsi 
fra gli atti amministrativi sulla base di 
leggi e regolamenti r. s. i. (Corte Cass., 26 marzo 
1954, Cont. 463/52, Avv. Generale). 
4. Il decreto 30 settembre 1945 del Ministero 
dell'Interno invalidante la circolazione dei suoi 
automezzi sotto r. s. i. concerne esclusivamente gli 
autoveicoli gi� appartenenti al governo legittimo e 
successivamente adoperati dagli organi r. s. i. (Corte 
Oass., 26 marzo 1954, Cont. 463/52, Avv. Generale). 
5. Gli atti portanti disposizione di beni ai sensi 
dell'art. 2 D. L. J,. n. 249 del 1944 sono tanto 
quelli a titolo gratuito quanto quelli a titolo oneroso. 
(Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). 
6. La decisione del Consiglio di.Stato che applichi 
l'art. 2 D. L. L. n. 249 del 1944 a una delibera 
comunale di vendita di un bene, ma annulli per 
tardivit� il provvedimento di convalida emesso ai 
sensi dell'art. 3 � j:rnpugnabile per difetto di giurisdizione 
in cassazione competendo a questa cli 
stabilire se sussista il lamentato eccesso di giurisdizione 
e di accertare e dichiarare se quella delibera 
comunale rientrava �O meno pell'art. 2 predetto. 
(Corte Cass., S. U., 25 marzo 1954, n. 843). 
7. Con la perdita dell'efficacia degli atti di disposizione 
di beni di enti pubblici i diritti soggettivi 
del privato acquirente sono soppressi e sostituiti 
dall'interesse legittimo ad ottenere la convalida 
mediante atto discrezionale dell'organo amministrativo 
competente. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 
1954, Il. 843). 
REQUISIZIONI. 

1. Nel giudizio promosso ai sensi dell'art. 32, 
legge n. 253 del 1950 dal proprietario contro 
l'occupante per la disponibilit� dell'immobile non 
� necessario l'intervento dell'autorit� che lo ha 
requisito. (Corte Cass., S. U., 6 maggio 1954, 
Il. 1398). 
2. � sufficiente la volont� dell'Amministrazione 
Pubblica manifestata con atti idonei per attuare 
la requisizione pel decreto n. 17 41 del 1940 e legge 
1819 del 1942. Un'occupazione per sede di pubblico 
ufficio, seguita da regolare requisizione per lo stesso 
uso, costituisce manifestazione tacita della volont� 
di requisire. (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1954, 
Cont. 913/53, Avv. Generale). 
3. La controversia in cui si contesti la legittimit� 
del comportamento della Pubblica Amministrazione 
riguardo la destinazione, uso o custodia della 
cosa requisita, ove vi siano danni addebitabili 
alla inosservanza degli obblighi del beneficiario o 
ad atti di terzi, � di competenza dei comitati giurisdizionali 
per le i'equisizioni. (Corte Cass. S. U., 
27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 
4. Ai comitati giurisdizionali delle requisizioni � 
attribuita la cognizione anche delle controversie 
relative alle indennit� per il logoramento o il deterioramento 
e alla d'eterminazione di qualsiasi 
compenso per qualsiasi motivo (e quindi anche per 
l'uso normale della cosa) purch� sussista nesso di 
causalit� con la requisizione. (Corte Cass., S. U., 
27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 
5. Il diritto all'indennit� sostitutiva della cosa 
requisita in uso che non possa per perimento essere 
restituita al proprietario, sorge quando gli eventi 
che hanno determinato la perdita siano �h � rapporto 
di causalit� con la requisizione. Se quindi l'evento 
� riferibile a fatto cli guerra l'interessato 
deve rivolgersi agli organi della liquidazione dei 
danni di guerra. (Corte Cass., S. U., 3 maggio 
1954, Cont. 2969/51, Avv. Generale). 

-164


6. Se fra l'autorit� requirente e il proprietario 
requisito vien pattuito un canone, subentra alla 
requisizione un rapporto locatizio: l'accertamento 
dei danni verificatisi in tale rapporto spetta-all'autorit� 
giudiziaria ordinaria. (Corte Cass., S. U., 
27 marzo 1954, Cont. 913/53, Avv. Generale). 
RESPONSABILIT�. 

1. Nell'ipotesi di comportamento illecito del danneggiato 
che si inserisca nell'iter delle conseguenze 
dannose e sia idoneo da solo a produrre un aggravamento, 
la diminuzione del risarcimento � legittima 
quando accanto al dolo o colpa grave del 
danneggiante sia accertato il dolo o la colpa grave 
del danneggiato, mentre la colpa lieve del danneggiato 
resta assorbita dalla colpa grave del danneggiante. 
(Corte Cass., 7 aprile 1954, Cont. 57707, 
Avv. Generale). 
2. Il calcolo delle giornate medie lavorative al 
fine della liquidazione del danno patrimoniale va 
fatto con criteri di media tenuto conto di eventuali 
periodi di inattivit�, onde � esatto il conteggio 
sulla base di 300 giornate lavorative. La tabella 
di cui al R. D. n. 1403 del 1922 va adattata al divario 
tra la vita fisica e quella lavorativa onde � 
giusta una riduzione del 10 %� (Corte App. Messina, 
9 aprile 1954, Cont. 5237, Avv. Messina). 
(Vedi: Autoveicoli, l; Trasporto, 2). 

RICOSTRUZIONE. 

(Vedi: Imposta di registro, 2; Imposte e tasse, 1). 

SEQUESTRO 

(Vedi: Appalto, 5 e 6). 

TRASCRIZIONE. 

1. Anche se dante causa sia una pubblica annuinistrazione 
� decisiva nei rapporti fra acquirenti 
dallo stesso autore, l'indagine sulla priorit� della 
trascrizione, almeno se il successivo acquirente non 
possa opporre manifestazioni di revoca o annullamento 
dell'atto amministrativo relativo al trasferimento 
trascritto per primo. (Corte Cass., 30 marzo 
1954, n. 983). 
TRASPORTO. 

1. L'inosservanza dell'onere del viaggiatore di 
provvedere alla sua incolumit� non esclude che 
l'evento dannoso sia attribuibile anche a colpa 
concorrente del vettore. (Corte Cass., 22 marzo 
1954, n. 809). 
2. In caso di perdita o avaria della cosa trasportata, 
l'inadempimento dell'Amministrazione ferroviaria 
sLconcreta in una obbligazione di somma, 
sottratta alla rivalutazione. (Corte Cass., 22 marzo 
1954, Cont. 3720/52, Avv. Generale). 

INDICE SISTEMATICO 
DELLE CO N S U-LT A Z I O N I 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO .LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -1) Quale natura 
giuridica abbia il rapporto instauratosi tra l'Amministrazione 
ed un Consorzio agrario provinciale per la 
gestione della Cassa Conguaglio Farine e Pasta (n. 151) 
-II) Se la cessione dei mobili di ufficio effettuata dalle 
Ferrovie dello Stato all'A. R. A. R. ai sensi dell'art. 5 
del D. L. 29 ottobre 1945, n. 683, vada considerata a titolo 
di propriet� o di semplice uso temporaneo (n. 152). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI. --I) Se il trattamento 
previsto dalla legge 10 giugno 1939, n. 1089 (art. 49) 
a favore di qualsiasi scopritore di cose di interesse artistico 
o storico, competa, in linea di massima, agli operai 
e lavoratori in genere, che vengano impiegati dall'Ente 
per la Maremma e per il Fucino in opere di bonifica o 
di edilizia o stradali (n. 27). 

APPELLO. -Se il giudice di appello, dichiarando 
che il giudice ordinario abbia sulla causa la giurisdizione 
negata da quello di primo grado, debba limitarsi a rinviare 
la causa stessa al giudice di primo grado o possa 
senz'altro statuire nel merito (n. 4). 

APPALTO. -I) Se sia consentita la rev1s10ne dei 

prezzi di un contratto di fornitura stipulato successiva


mente all'entrata in vigore del R. D. L. n. 901 del 12 giu


gno 1940, in assenza di una espressa clausola revisio


nale (n. 191). -II) Se il richiamo, in un contratto di for


nitura, oltre che del Capitolato speciale, anche delle 

Condizioni generali per i lavori del Genio militare, possa 
.trasformare il contratto stesso in appalto (n. 191). III) 
Se l'art. 1467 c. c. sia applicabile ai contratti di diritto 
privato della Pubblica Amministrazione (n. 191). IV) 
Si;i, intervenuta la risoluzione dell'appalto in seguito 
al fallimento dell'appaltatore, possa applicarsi la penale 
per tardivo adempimento (n. 192). 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -I) Se 
l'accordo intervenuto tra il Ministero dell'Agricoltura e 
la Federazione Consorzi Agrari in ordine al pagamento 
degli interessi sulle somme anticipate per la gestione 
ammasso grano possano indiscriminatamente estendersi 
agli altri servizi gestiti da detta Federazione per conto e 
nell'interesse della Pubblica Amministrazione (n. 29). II) 
Quale natura giuridica abbia il rapporto instauratosi 
tra l'Amministrazione ed un Consorzio agrario pro. 
vinciale per la gestione della Cassa Conguaglio Farine e 

Paste (n. 29). -III) Se il Consorzio Agrario Provinciale, 
incaricato della gestione della Cassa Conguaglio, possa 
pretendere, sulle somme anticipate, interesse in misura 
superiorn a quella legale (n. 29). 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Se l'assegnazione 
degli alloggi a carattere popolare, costruiti 
direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici, nei casi 
ipotizzati dagli articoli 55 del D. L. 10 aprile 1947, 

n. 261, e 10 della legge 25 giugno 1949, n. 409, concreti 
una locazione jure privatorum o una concessione amministrativa 
(n. 46). -II) Se l'Amministrazione possa procedere 
direttamente, in via amministrativa, allo sfratto 
degli assegnatari di detti alloggi, in caso di revoca dell'assegnazione 
(n. 46). 
CONCESSIONI. -Se, ai sensi delle vigenti norme, 
un profugo dalla Cirenaica, il quale abbia col� esercitato, 
di fatto, il commercio all'ingrosso di banane, abbia diritto 
di ottenere una concessione di rivendita in Italia 

(n. 38). 
CONFISCA. -I) Se il sequestro, da parte di agenti 
di Pubblica Sicurezza della Repubblica sociale italiana, 
di una somma, convertita poi in vaglia intestati al Capo 
della Provincia, e da questi riscossi indebitamente, senza 
che dalla Contabilit� della Questura o della Prefettura 
risulti introitato il relativo importo, concreti una confisca, 
da considerarsi inefficace, quale atto della r. s. i., 
ai sensi dell'art. 1, n. 2, del D. L. 5 ottobre 1944, n. 249 � 

(n. 14). -II) Se il Goverrio legittimo sia tenuto alla restituzione 
di una tale somma agli aventi diritto (n. 14). 
CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. I) 
Se l'art. 3 del D. L. 19 aprile 1948, n. 517, debba interpretarsi 
nel senso che la decadeza da esso comminata 
investa anche quei benefici in rapporto alla cui concessione 
le dichiarazioni non veritiere o il tentativo di frode 
non agiscano in alcun modo (n. 118). -II) Se al Ministero 
del Tesoro spetti la competenza esclusiva a pronunciare 
la decadenza di cui sopra, in ogni caso (rr: 118). 
-III) Se condizione essenziale per la declaratoria di 
decadenza sia che l'accertamento dei fatti che vi danno 
causa avvenga successivamente e non anteriormente alla 
definizione della procedura amministrativa (n. 118). IV) 
Se l'Amministrazione possa pronunciare la declaratoria 
di decadenza, ove abbia gi� emesso il provvedi



166 


mento di liquidazione, considerato che era in possesso 
fin dal periodo dell'istruttoria della domanda degli elementi 
di fatti, poi invocati ai fini della detta declaratoria 

(n. 118). -V) Se il mancato visto della ragioneria centrale 
sui decreti che approvano contratti dell'Amministrazione 
importanti una spesa determini la inefficacia 
del contratto al pari del mancato visto della Corte dei 
Conti sui decreti ministeriali di approvazione dei contratti 
per importo superiore a quello stabilito dalla legge (n. 119) 
DEMANIO. -Se le istanze di sblocco di titoli, avanzate 
dagli interessati prima dell'entrata in vigore della 
legge 11 luglio 1952, n. 911, debbano intendersi prive di 
qualsiasi efficacia giuridica (n. 98). 

DANNI DI GUERRA. -Se il recupero delle somme 
pagate dall'Amministrazione per effetto di una cessione 
riconosciuta, avente per oggetto i crediti relativi al risarcimento 
�di danni di guerra a mobili, erroneamente corrisposti 
al beneficiario senza detrarne l'importo della cessione 
stessa, possa ritenersi assistito dal privilegio sugli 
immobili, alienati a terzi dal beneficiaro stesso e per i 
quali pure fu concesso l'indennizzo dei danni di guerra, 
ai sensi dell'art. 6 del R. D. L. 20 ottobre 1921, n. 1491 

(n. 41). 
ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Se il Santuario 
di Pompei possa porre in essere atti eccedenti l'ordinaria 
amministrazione (e, quindi, riscuotere capitali e disporre 
dei medesimi), senza che sia necessaria preventiva autorizzazione 
governativa (n. 23). 

FALLIMENTO. -I) Se, intervenuta la risoluzione 
dell'appalto in seguito al fallimento dell'appaltatore, 
possa applicarsi la penale per tardivo adempimento 

(n. 12). -II) Se il provvedimento del giudice delegato al 
fallimento, il quale, in sede di verifica, escluda un credito 
dal passivo fallimentare, comporti la preclusione di ogni 
questione sull'esistenza e sull'ammontare del credito, sia 
in sede fallimentare, sia fuori del fallimento, anche dopo 
la chiusura del medesimo (n. 13). 
FERROVIE. -I) Se la cessione dei mobili di ufficio, 
effettuata dalle Ferrovie dello Stato all'A. R. A. R. ai 
sensi dell'art. 5 del D. L. L. 29 ottobre 1945, n. 683, 
vada conRiderata a titolo di propriet� o di semplice uso 
temporaneo (n. 198). -II) Se il Dopolavoro ferroviario 
costituisca un Ente pubblico, avente una propria personalit� 
giuridica, o un organo dell'Amministrazione, sia 
pure con gestione contabile autonoma (n. 199). -III) A 
chi spetta la titolarit,� dei beni del Dopolavoro Ferroviario 
(n. 199). -IV) Se, ai fini della responsabilit� delle 
Ferrovie dello Stato, possa considerarBi come dipendente 
da � anormalit� verificatasi nell'esercizio ferroviario " il 
.danno subito nella persona da un viaggiatore il quale, 
mentre trovavasi seduto al suo posto nello scompartimento, 
tenendo la mano destra appoggiata al telaio 
del finestrino, sia stato improvvisamente colpito alla 
mano stessa, all'atto dell'incrocio del treno con un altro, 

da un corpo contundente (n. 200). 

FERROVIE E TRANVIE. -I) Se, in linea di massima, 
la Gestione commissariale governativa di una ferrovia 
in concessione sia una gestione diretta dello Stato 

(n. 201). -II) Se, in linea di massima, la dichiarazione 
di decadenza della societ� concessionaria della ferrovia 
importi che si debba att;ribuire alla gestione straordinaria 
lo stesso valore e lo stesso significato della gestione diretta 
dello Stato (n. 201). -III) Se l'agevolazione tributaria 
di cui all'art. 9 della legge 14 giugno 1949, n. 410, 
riferentesi a ferrovie in concessione; sia applicabile a 
contratti concernenti la gestione straordinaria governativa 
di una ferrovia in concessione (n. 201). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se il provvedimento 
ministeriale che modifica il bando di concorso a posti 
nella carica di commissario i;ecnico per l'Oriente, attribuendo 
alla lingua araba un postq riservato a concorrenti 
per la lingua persiana, debba rivestire le stesse 
forme del bando di concorso (n. 356). -II) Se l'Amministrazione 
debba procedere alla riapertura dei termini del 
concorso, ove successivamente all'espletamento delle prove 
scritte, il posto riservato alla lingua persiana venga 
attribuito alla lingua araba, per mancanza di concorrenti 
nella prima categoria (n. 356). -III) Se sia legittimo 
l'aumento del numero dei posti messi a concorso, dopo 
l'esaurimento delle prove scritte e prima dell'espletamento 
degli orali (n. 356). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se, ai fini dell'art. 
2 della legge istitutiva dell'I. G. E., sia rilevante 
che l'entrata inerisca ad un atto economico compiuto 
nell'esercizio abituale dell'attivit� commerciale o industriale 
o derivi da un atto economico che sia espressione 
di un'attivit� meramente occasionale (n. 44). -II) Se 
la prova della titolarit� dei negozi, che danno causa all'atto 
economico soggetto all'I. G. E., possa determinarsi 
in base a presunzioni ovvero soltanto in base ad atti 
scritti forniti di autenticit� o a speciali registrazioni contabili 
eseguite attraverso determinate formalit�. (n. 44). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'agevolazione tributaria 
di cui all'art. 9 della legge 14 giugno 1949, n. 410, 
riferentesi a ferrovie in concessione, sia applicabile a 
contratti concernenti la gestione straordinaria governativa 
di una ferrovia in concessione (n. 234). -II) Se la 
legge 11 febbraio 1952, n. 74, sia applicabile agli enti 
pubblici (n. 235) -III) Se la legge 11 febbraio 1952, 
n 74, sia applicabile agli enti pubblici, anche in deroga 
alle loro norme statutarie, incompatibili con le disposizioni 
della legge medesima (n. 235). -IV) Se l'Istituto 
Nazionale delle Assicurazioni possa procedere a rivalutazione 
degli immobili di sua propriet� ai fini della loro 
iscrizione in bilancio, ai sensi della legge 11 febbraio 
1952, n. 74, bench� l'art. 20 del suo Statuto, approvato 
con R. D. 20 maggio 1926, n. 933, prescriva che gli immobili 
debbano essere segnati in bilancio per il minore 
dei due prezzi di acquisto e di mercato (n. 235). -V) Se 
in sede di convenzione di abbonamento per la liquidazione 
dell'imposta filati, possa tenersi conto della minore 
capacit� produttiva dei filati (n. 236). -VI) Se, nel 
periodo che precede la trascrizione dell'avviso di mora 
per mancato pagamento di imposta straordinaria sui profitti 
di guerra possa il contribuente in via generale disporre 
dei propri beni (n. 237). -VII) Se l'atto di disposizione, 
compiuto dopo la trascrizione dell'avviso di 
mora, sia semplicemente revocabile o inefficace \n. �2117-). 

LEGGI DECRETI E REGOLAMENTI. -Se un 
decreto prefettizio emanato a suo tempo in base al 

R. D. 13 agosto 1926, n. 1605, concernente l'obbligatoriet� 
delle concimaie, possa ritenersi abbia perduto la 

-167 


sua efficacia in seguito all'entrata in vigore della nuova 
legge in materia (R. D. 27 luglio 1934, n. 1265), che ha 
-0onseguentemente abrogato le norme anteriori (n. 10). 

LOCAZIONI. -Se al proprietario di due appartamenti, 
entrambi locati all'Amministrazione ferroviaria 
.ad uso di abitazione per i propri dipendenti, competa 
l'aumento di fitto in misura superiore al 25 %, previsto 
dall'art. 2 (5� comma) del D. L. 21 dicembre 1951� 

n. 1356 (n. 78). 
MONOPOLIO. -I) Se le carte da gioco siano comprese, 
ai sensi delle vigenti norme, tra i generi di monopolio 
o tra i generi & questi assimilati (n. 22). -II) Se 
le infrazioni al R. D. 30 dicembre 1923, n. 3277, sulle carte 
<la gioco, ancorch� punibili con la pena pecuniaria della 
multa, siano soggette alla definizione amministrativa 
prevista dalla legge 3 gennaio 1951, n. 27 (n. 22). 

NAVI. -I) Se le donne possano conseguire il titolo 
<li aspirante capitano di lungo corso previsto dall'art. 123 
del Codice della navigazione (n. 61). -II) Se, eccettuate 
le professioni di capitano e di padrone, inibito alle donne 
dall'art. 1 del R. D. 4 gennaio 1920, n. 39, possano le 
donne stesse essere iscritte nelle rimanenti qualifiche dei 
vari servizi di bordo, esclusi quelli di macchina (n. 61). III) 
Se per l'iscrizione nelle qualifiche consentite valga 
.anche per le donne il limite di et� minima di 14 anni di 
-0ui all'art. 119 del Codice della navigazione (n. 61). IV) 
Se, ai sensi delle vigenti norme, possa consentirsi 
.alle donne l'esercizio della professione marittima soltanto 
.al compimento del 210 anno di et� per i servizi di coperta, 
per quelli tecnici e complementari di bordo (n. 61). 

PENA. -Se la base di commisurazione, prevista dall'art. 
7 del D. L. C. p. S. 21 ottobre 1947, n. 1250 (comma 
20 e 3�) nello stabilire che le sanzioni pecuniarie non 
proporzionali, comminate per i singoli reati dalle leggi 
speciali emanate prima del 5 ottobre 1945, debbano 

moltiplicarsi per otto, sia la pena pecuniaria originariamente 
sancita dalle singole leggi speciali, oppure quella 
gi� raddoppiata a norma dell'art. 3 del D. L. L. 5 ottobre 
1945, n. 679 (n. 5). 

PREZZI. -Se sia consentita la revisione dei prezzi 
di un contratto di fornitura stipulato successivamente 
all'entrata in vigore del R. D. L. n. 901 del 12 giugno 
1940, in assenza di una espressa clausola revisionale 

(n. 19). 
RESPONSABILITA' CIVILE. -Se, ai fini della 
responsabilit� delle Ferrovie dello Stato possa considerarsi 
come dipendente da �anormalit� verificatasi nell'esercizio 
ferroviario � il danno subito nella persona da 
un viaggiatore il quale, mentre trovavasi seduto al suo 
posto nello scompartimento, tenendo la mano destra 
appoggiata al telaio del finestrino, sia stato improvvisamente 
colpito alla mano stessa, all'atto dell'incrocio del 
treno con un altro, da un corpo contundente (n. 144). 

SOCIETA'. -I) Se la legge 11 febbraio 1952, n. 74, 
sia applicabile agli enti pubblici (n. 52). -II) Se la legge 
11 febbraio 1952, n. 74 sia applicabile agli enti pubblici, 
anche in deroga alle loro norme statutarie, incompatibili 
con le disposizioni della legge medesima (n. 52). -III) Se 
l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni pos::ia procedere 
a rivalutazione degli immobili di sua propriet� ai fini 
della loro iscrizione in bilancio, ai sensi della legge 
11 febbraio 1952, n. 74, bench� l'art. 20 del suo Statuto, 
approvato con R. D. 20 maggio 1926, n. 933, prescriva 
che gli immobili debbano essere segnati in bilancio per 
il minore dei due prezzi di acquisto e di mercato (n. 52). 
-IV) Se sia legittima la partecipazione azionaria dello 
Istituto di Credito per il Lavoro italiano all'Estero 

(I. C. L. E.) ad enti di colonizzazione, esercenti attivit� 
all'estero, che impieghino, almeno prevalentemente, mano 
d'opera italiana (n. 53). 

(2101762) Roma, 1954 � Istituto Polhrrafico dello Stato . G. C.