( 6-7 GIUGNO-LUGLIO 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO S O l\tl M A R I O I. NOTE DI DOTTRINA I) A. P ALT.OTTINO : Rifiessioni sui limiti dei poteri del giudice nei confrO'Ylti della Pubblica Amministrazione, recensione critica, p. 141-144. ) M. ROTONDI: Istituzioni di Diritto privato, recensione critica dell'avvo- T: cato G. SANTANIELLO, p. 144-146. � 3) F. CuooIA: In tema di ammissibilit� di modifiche di ufficio ai piani urbanistici in sede di approvazione, recensione critica, p. 146. II. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA I) Antichit� e Belle Arti -Legge n. 1089 del 1939 -Applicabi).it� del regolamento n. 363 del 1913 -Diritto di acquisto e di prelazione da parte dello Stato -Mancata comunicazione all'interessato nel termine di decadenza di due mesi -!n'lfficacia (Corte di Cassazione), p. 147-150. 2) Imposta di registro -Bon�fica -Agevolazioni fiscali -Art. 8, L. R., 66 T. U. n. 3236 del 1923 e 88 T. U. n. 215 del 1933 -Mutuo stipulato da consorzio di bonifica -Estinzione -Assoggettamento alla sola tassa fissa di registro -Soccombenza dell'Amministrazione in controversia relativa a opposizione a ingiunzione fiscale -Articoli 45 e 148 tassa di registro -Condanna dell'amministrazione alle spese -Limiti (Corte di Cassazione), p. 150-151. 3) Repubblica sociale italiana -Tributi pagati in base a norma della medesima (Corte di Cassazione), p. 151-1112. 4) Requisizione -Danni da requisizioni operate dalle Forze Armate Alleate Giurisdizione (Corte di Cassazione), p. 152. III. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORT! DI MERITO 1) Filiazione -Prova del matrimonio dei genitori premorti da parte del legittimato per susseguente matrimonio -Att.:> di nascita -Conformit� del possesso di Stato (Corte di Appello 9.i Venezia), p. 153-158. 2) Imposta di R. M. -Azione giudiziaria -Decadenza, decorrenza, termine a quo (Tribunale di Ancona), p. 158-159. 3) Imposta di registro -Atti da registrarsi in caso d'uso, solidariet� Ingiunzione, fondatezza della pretesa per motivi diversi, ammissibilit� Legge 19 luglio 1941, n. 771, fornitura di cose costituenti l'ordinaria produzione industriale del fornitore, vendita e non appalto Art. 148 L. R. Assegnazione di termine a comparire superiore a 90 giorni -Irrilevanza (Tribunale di Roma), p. 159-160. IV. SEGNALAZIONI DI DOTTRIN-4 E GIURISPRUDENZA p. 161-167. V. INDIOE SISPEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 168-170. ANNO Vl -N. 6-7 GruGNo-Luauo 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO N �OT E DI DOTTRINA A. PALLOTTINO : Riflessioni sui limiti dei poteri del giudice nei confronti della Pubblica Amministrazione. (�Foro It. ))' 1953, I, 980 e segg.). Il caso preso in esame dalla Suprema Corte, e risolto con la sentenza 7 aprile 1952, n. 931, annotata dal Pallottino, era elegante. Un Comune procede all'occupazione di fatto di un terreno per costruire una strada, senza osservare le forme stabilite, per le occupazioni di urgenza, dalla legge sulle espropriazioni: e procede senz'altro alla costruzione dell'opera pubblica. I proprietari del terreno, lesi nel loro diritto dominicale, chiedono in via principale la restituzione del fondo. La Corte Suprema dichiara che la trasformazione del terreno in strada non provoca, di per s�, il trasferimento della propriet� del terreno al Comune: tuttavia esclude che il privato possa chiedere la retrocessione del fondo, non essendo ammessa nei confronti della Pubblica Amministrazione una condanna a risarcimento in forma specifica. Accoglie quindi solo la domanda subordinata dei proprietari al risarcimento per equivalente, in misura pari all'integrale valore del bene. L'annotatore rileva che una tale decisione lascia insoluto il grave problema della propriet� del bene. Se il terreno, nonostante la trasformazione in strada, non � ancora del Comune, ci si domanda di chi sia, anche dopo il pagamento dell'indennit�. Probabilmente deve ritenersi� che il terreno rimanga in una specie di limbo come �terra di nessuno �, fi.nch� non si verifichi l'usucapione: ma anche questa soluzione non appaga, perch� il verificarsi dell'usucapione richiede determinati requisiti, sui quali potrebbe influire la volont� del privato, tuttora proprietario. In realt� -osserva l'Autore -non esiste alcuna soddisfacente soluzione del problema, se non si ammette che il giudice ordinario possa, in casi di questo genere, far venir meno gli effetti dannosi dell'atto amministrativo illecito. Tutta la dottrina tradizionale sui limiti del sindacato del giudice, rispetto agli atti amministrativi illeciti, dovrebbe essere quindi, riveduta. Secondo l'A., non si � sufficientemente considerato che l'art. 4 della legge sul Contenzioso amministrativo vieta al giudice di modificare l'atto amministrativo, non i suoi effetti. Questo divieto di modifica signifi,ca soltanto e ci� � meglio chiarito dall'art. 113 della Costitu zione -che il giudice non possa procedere allo annullamento dell'atto: ma i rapporti (cio�, gli effetti) �che sgorgano dall'atto non sono identifi, cabili con l'atto stesso. N� potrebbe dirsi che una modifi,ca degli effetti si traduca necessariamente in una modifi,ca dell'atto: una compravendita rimane tale, anche se i suoi effetti vengono modi fi,cati da eventi successivi. Anche quando l'azione si esaurisca con la pro duzione dei suoi effetti (come di solito accade nei fatti illeciti della Pubblica Amministrazione) meno che mai il venir meno dell'effetto pu� toccare la causa: essendo questa gi� consumata, e come tale gi� fuori del diritto. Neppure potrebbe negarsi il potere del giudice di rimuovere gli effetti dell'atto illecito, sotto il pretesto che si invaderebbe il campo riservato al potere esecutivo, al quale solo competerebbe apprezzare se l'interesse pubblico consenta, e quando, quella rimozione. L'interesse pubblico al mantenimento dell'atto � tutelato dal fatto che tutti gli effetti di esso rimangono in vita, ad eccezione del solo effetto preso in esame dal giudice, ai limitati fini del giudizio. E poich� que sto effetto � antigiuridico, non pu� permanere un interesse pubblico al mantenimento di un effetto illegale. A meno che non si voglia soste nere che l'interesse pubblico possa coincidere con l'illegalit�: il che � assurdo, almeno in un ordina mento che s.i propone di attuare lo Stato di diritto. L'Autore conclude che al potere (negativo) del giudice di rifi.utare l'applicazione di un atto ille. cito (art. 5 della legge sul Contenzioso) deve rispondere un potere (positivo) di rimuovere quelli gi� prodotti. Ci�, del resto, � gi� stato riconosciuto per ta luni casi, che la dottrina considera eccrezionali (ordine di retrocessione di terreni gi� espropriati e non utilizzati; ordine di restituzione di somme). Questi casi, secondo l'A., non sarebbero che mani festazione di un principio generale, secondo il quale deve riconoscersi al giudice il potere di eli minare attivamente gli effetti dell'atto. -142 La teoria dell'egregio A., presentata con uno stile disinvolto e piacevole, � semplicemente rivoluzionaria. Come tutte le teorie di questo genere, essa parte da affermazioni parzialmente vere, si snoda attraverso un ragionamento parzialmente esatto, per arrivare a conclusioni totalmente errate, eliminando progressivamente quel tanto di vero e di esatto che era posto a base delle premesse e delle argomentazioni. Esatta, ma solo in parte, � la distinzione fra l'atto amministrativo ed i suoi effetti. L'argomento non � certamente nuovo, e possono ricordarsi, al riguardo, alcune utili osservazioni del ROMANELLI (L'annullamento degli atti amministrativi, p. 13 e segg.). Ma la distinzione vien meno; sotto un profilo pratico, quando l'atto amministrativo si manifesta in un fatto illecito: perch� in tal caso l'atto e la sua manifestazione sono tutt'uno, nella realt� delle cose, ed eliminare gli effetti dell'atto significa distruggere l'atto. Dire che, in questi casi, la causa degli effetti (l'atto amministrativo) � gi� consumata, si esaurisce negli effetti, e perci� � fuori del diritto, non ha senso comune. La volont� della Pubblica Amministrazione di produrre quegli effetti �, invece, immanente in questi ultimi. Lungi dal consumarsi, normalmente l'atto amministrativo perdura finch� � voluto quell'effetto, cos� come, nel caso del terreno arbitrariamente trasformato in strada, la volont� di destinarlo a fini pubblici perdura finch� dura l'opera pubblica e la sua utilizzazione. Senza dubbio vi possono essere atti ad effetto istantaneo, o quanto meno temporaneo, per i quali realmente l'atto si esaurisce nella sua manifestazione; ma parlare di potere di rimozione del giudice, rispetto a tali effetti, � un altro controsenso: perch� non si possono rimuovere effetti gi� esauriti, cos� come nessuna forza al mondo potr� rendere infectum quod factum est. N � gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, e tanto meno l'art. 113 della Costituzione, consentono di affermare che il termine di cc annullamento � sia ivi adoperato con riferimento al solo atto, lasciando al giudice un illimitato potere sugli effetti dell'atto stesso. Tutta la genesi della legge sul Contenzioso esclude questa interpretazione. �, infatti, evidente che lo scopo di mantenere la separazione dei poteri e di evitare intralci all'operato dell'Amministrazione verrebbe totalmente frustrato, se il giudice potesse distruggere o rimuovere gli effetti dell'attivit� amministrativa. Per quanto possa sembrare paradossale, sarebbe, anzi, di gran lunga pi� grave e preoccupante una interferenza sugli effetti degli atti amministrativi, che non un platonico annullamento dell'atto, da cui quegli effetti traggono causa. L'art. 113 della Costituzione, d'altro canto, appare ancora pi� restrittivo: non solo circoscrive il potere di annullamento agli organi tassativamente indicati dalla legge, ma aggiunge che siffatto potere pu� esplicarsi solo nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa: il che riconferma come anche la Costituzione abbia considerato l'annullamento nella sua portata pratica, e non come una semplice dichiarazione di invalidit� di un atto astrattamente considerato, isolato dai suoi effetti. � vero che la portata innovativa dell'art. 113 della Costituzione, gi� messa in evidenza su questa Rassegna (retro, p. 10), estende la possibilit� di un conferimento di poteri di annullamento anche al giudice ordinario; ma la Costituzione non crea ancora tali poteri. Essi sorgeranno solo dalla legge. Allo stato attuale della legislazione, i limiti stabiliti dagli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso sono, quindi, del tutto operanti. � Non contraddicono questa affermazione i casi della retrocessione coatta per mancato compimento dell'opera, nell'espropriazione per pubblica utilit�, e della condanna alla restituzione di somma, che vengono ricordati dall'A. come manifestazione del potere di rimozione degli effetti dell'atto illecito. La sentenza di retrocessione (che non annulla il precedente trapasso, ma semplicemente provoca, con portata costitutiva, un ritrasferimento: Cass. 24 giugno 1947, n. 998), non importa necessariamente una condanna al rilascio; crea unicamente il titolo per l'azione del privato, azione che, in caso di non ottemperanza della Pubblica Amministrazione, potr� per� essere solo riparatoria (LUCIFREDI: Prestazioni obbligatorie in natura, vol. II, 313). La Corte Suprema ha precisato, d'altra parte, che l'azione del privato, in tali casi, non � mai di rivendica (Cass. 19 dicembre 19'51, n. 2860, .Acque e bonifiche 1952, 430). Rivendicatoria potrebbe forse qualificarsi l'azione per ottenere la restituzione del fondo temporaneamente occupato, quando sia decorso il biennio: caso, codesto, preso recentemente in esame dalla sentenza 13 febbraio 1953, n. 369, delle Sezioni Unite, gi� commentata su questa Rassegna (retro, p. 125). Ma in tutte queste particelari fattispecie, a ben vedere, sussiste un elemento caratteristico che si ricollega ad un accertato o presunto volere dell'Amministrazione di non ultimare l'opera pubblica (artivolo 63 legge sulle espropriazioni) o di non proseguire nell'espropriazione (art. 71 e 73). L'inutile decorso dei termini rappresenta, in entrambi i casi, un elemento rivelatore di volont� della Pubblica Amministrazione: e, di fronte ad esso, una difforme volont� della Pubblica Amministrazione, non potrebbe, secondo la Corte Suprema, rivestire l'oggetto di un semplice fatto materiale, come il protrarsi dell'occupazione. Quanto questa particolare conclusione sia discutibile, � stato gi� messo in rilievo (cfr. retro, p. 126). Tuttavia, non pu� sfuggire come in siffatti casi, al pari di altri che si possono configurare, in sostanza il giudice tenda ad affermare la sussistenza di una limitazione della volont� della Pubblica Amministrazione, tale da rendere irrilevante una successiva volont� non espressa in determinate forme ed entro determinati termini. Ma se questa � la portata dell'indagine del giudice in questi particolarissimi casi, sembra si debba concludere che la sentenza, la quale accerti l'inesistenza di una efficace contraria volont� della Pubblica Amministrazione e da questa inesistenza deduca determinati effetti, in definitiva non si sovrappone alla volont� formalmente espressa dalla Pubblica Amministrazione ma, in un certo senso, ad essa si adegua. D'altra parte, ove in tali casi, "indipendentemente dal semplice fatto materiale dell'occupazione, -intervenisse una dichiaraziqne esplicita di volont� della Pubblica Amministrazione di ultimare l'opera pubblica, l'azione di rivendica non potrebbe certamente andare oltre all'accertamento della permanenza del -143 diritto dominicale: una condanna al rilascio sarebbe inammissibile. In tal senso � la sentenza annotata dall'A., ed in tal senso � la dominante giurisprudenza sia della Suprema ()orte (Sent. 5 agosto 1949, n. 2238, Giur. compl. Cass. civ. 1949, III, p. 1164; Sent. 6 dicembre 1952, n. 3125), sia delle magistrature di merito (cfr. richiami in � Foro It. �, 1950, I, 1027; �Foro It. �, 1952, I, 1098 e 1131). Non maggior pregio, neppure per la novit�, ha il richiamo alla possibilit� di sentenze di condanna a restituzione di somme, per dimostrare l'esistenza. di un potere del giudice di coartare la Pubblica A mministrazione. Gi� il CAMMEO ravvisava nella condanna a prestazione pecuniaria una sostanziale revoca della volont� della Pubblica Amministrazione di non pagare la somma richiesta (Commentario, p. 849). Ma il Cammeo rilevava giustamente che l'ammissibilit� di simili sentenze poteva giustificarsi, pur rappresentando una eccezione all'art. 4, per la considerazione che una somma di danaro � tipicamente fungibile, s� che l'ordine di pagare non pregiudica, o pregiudica solo in misura trascurabile, il libero raggiungimento dei fini pubblici. In realt� pu� dirsi che essendo il danaro una semplice misura dei valori, ed essendo esso tipicamente un genus, una condanna al pagamento di somma non � mai una condanna ad adempimento specifico. Infine, non pu� concordarsi con l'A., l� dove questi pone sullo stesso piano il potere di negare gli effetti dell'atto amministrativo illecito (art. 5 legge sul Contenzioso) ed il correlativo potere di rimuoverli. Nella disapplicazione dell'atto, il giudice si limita infatti a negare alla Pubblica Amministrazione la tutela giurisdizionale rispetto ad un atto che egli accerta come illecito. Ma la Pubblica Amministrazione non � costretta a fare alcitnch�, di fronte alla pronuncia del giudice: la sua volont� rimane libera, nel senso che essa potr�, se le esigenze collettive lo impongono, ancora applicare amministrativamente l'atto illecito. In altri termini, non la sentenza del g'iudice, ma solo la valutazione delle necessit� pubbliche, determineranno il modo di conformarsi al giudicato. � chiaro che tutt'altra situazione si verificherebbe se fosse ammesso un ordine positivo di ri.mozione. In tal caso, �il giudice costituirebbe, a mezzo della propria decisione, la sostanza propria dell'atto amministrativo ... Formulerebbe la decisione con intento di equipollenza dell'atto amministrativo; che �, per sua natura, infungibile n: e ci�, secondo la incisiva espressione delle Sezioni Unite (Sent. 5 aprile 1949, n. 2238, loc. cit.) sarebbe dnconcepibile n. Anzi, l'accenno al potere di disapplicazione, proprio dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, permette di esattamente delimitare l'ambito delle due giurisdizioni (di annullamento o di merito) nella proposizione: � Il potere di disapplicare esclude il potere di annullare, come il potere di annullare esclude il potere di disapplicare n (Oons. Stato, 28 giugno 1952, n. 1032, �Riv. Amm. �, 1953, II, 12;5; DEL Pozzo, �Foro Anim. �, 1952, I, 2, p. 146. Sui rapporti fra gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, cfr. anche questa Rassegna, retro, p. 124). Infine, l'affermazione che l'interesse pubblico non possa esigere, in uno Stato di diritto, l'intangibilit� e la permanenza di effetti dichiarati illegali, � sol tanto una bellissima frase, o, se si vuole, un principio astratto. Tuttavia � facile osservare che sul piano pratico, dove si muove l'attivit� della Pubblica Amministrazione,� un effetto pu� essere illegale rispetto al privato, ed essere di importanza vitale per l'intera collet.tivit�. Lo Stato di diritto, in questa ed altre consimili situazioni, deve assicurare un indennizzo (cio�, una riparazione): non pu� assicurare una rimozione degli effetti lesivi dell'atto illecito, assoggettandosi all'ordine del giudice ordinario e sacrificando gli interessi primari della collettivit�. Neppure l'obbligo di conformarsi al giudicato, sancito nell'art. 4, 2� comma, rappresenta propriamente una esecuzione della sentenza. Anche nel soddisfacimento di questo obbligo l'Amministrazione ha infatti il potere, ed anzi, il dovere,. di contemperare l'interesse privato con l'interesse generale (cfr. retro, p. 5). Del resto, il caso della strada -dal quale � partito l'egregio A., per avventurarsi poi negli impervi sentieri dei limiti della giurisdizione ordinaria � pi� che probante. In nessun Stato di diritto, crediamo, potrebbe ammettersi che gli interessi di un intero Comune, collegato finalmente con strada ordinaria ad altri centri abitati a prezzo di ingenti oneri finanziari, debbano cedere di fronte all'interesse del privato, che reclama il terreno su cui fu costruita la strada per disporne a suo arbitrio, anche mantenendolo incolto. E nessun giudice avrebbe considerato � semplice e naturale n ordinare il rilascio, come � suggerito nella nota dell'avv. Pallottino. D'altra parte, la fattispecie sulla quale il Pallottino ha voluto costruire tutta questa sua teoria ci sembra proprio la meno indicata, anche per quanto riguarda la pretesa insolubilit� del problema della propriet� del terreno. Oi sembra, infatti, che la condanna dell' Ammini strazione su richiesta del proprietario del terreno al pagamento di un equivalente, in danaro, della perdita del terreno (preferiamo questa espressione all'altra di risarcimento danni), costituisca un caso di vera e propria conversione del diritto di propriet�. Il .caso della strada porta a conclusioni stravaganti, se -come tenta l' A. -lo si vuole ricondurre negli schemi del trasferimento consensuale di propriet�, o negli schemi del trasferimento per decreto prefettizio, normale nella procedura espropriativa. Ma la legge conosce altri casi in cui un trasferimento di propriet� si verifica automaticamente solo con il pagamento del prezzo, indipendentemente dal consenso del proprietario della cosa: tale � il caso in tutt'altro campo -della specificazione, in cui l'artefice <e acquista la propriet� pagando il prezzo della materia n (940 Codice civile). La Corte Suprema, nella sentenza annotata, non ha creduto di poter arrivare ad una esplicita aff ermazione di avvenuto trasferimento della propriet� dopo la conversione effettuatane nel tantundem su richiesta dell'avente diritto. Tuttavia, pur e!'lcludendo che il fatto arbitrario della Pubblica Amministrazione,non seguito dalle formalit� espropriative (in particolare, dal decreto prefettizio) fosse sitfficiente a determinare il trasferimento ai sensi della legge sulla espropriazione, non ha negato ohe un trapasso si fosse verificato, o potesse verificarsi, fuori dall'ambito -144 della legge sull'espropriazione, e in virt� di altri principt Anzi, la sentenza tenne a precisare chiaramente che, pur prescindendo dalle formalit� espropriative, << il diritto di propriet� era stato nella sostanza interamente sacrificato ed annientato �. Riconoscimento, codesto, fatto proprio anche dal OARUGNO in un interessante studio sulla stessa sentenza (� Riv. Amm. �, 1953, I, 17), in cui si legge che �il diritto di propriet�, grazie appunto alla radicale trasformazione della cosa, era stato in realt� annientato �. L'incertezza della situazione giuridica del bene trova la sua radice, a nostro modesto avviso, nella incompleta valutazione del fenomeno della conversione del diritto di propriet� nel diritto all' equivalente. La realt� � che accanto alle normali procedure esprop_riative si possono configurare situazioni di fatto (difese, tuttavia dalla legge) per le quali il privato viene a perdere totalmente la disponibilit� di un determinato diritto. Tali situazioni, una volta riconosciute come immodificabili, vengono a trovarsi nella stessa posizione in cui si trovano le prestazioni obbligatorie a carico del privato, regolate specificamente dalla legge. Nell'uno e nell'altro caso, esse determinano ipso jure un trasferimento di diritto (di propriet� o di uso), con il pagamento dell'equivalente. Basta d'altronde riflettere che, una volta passata in giudicato una sentenza di condanna al pagamento dell'equivalente, il proprietario del bene sacrificato diviene titolare d'un diritto di credito, con il quale sarebbe necessariamente incompatibile la permanenza del diritto di propriet�, dalla cui perdita esso appunto nasce. '.MARIO ROTONDI: Istituzioni di Diritto privato, 6a edizione, Pavia, Tipografia del Libro, 1951. �Se prendiamo in mano, adesso, un manuale di istituzioni di cinquanta o anche solo di trenta anni fa, � quasi la stessa cosa che a voler insegnare, con un libro altrettanto vecchio, la fisica e la bio logia �, cosi scriveva un chiaro .Autore a proposito di un trattato istituzionale di diritto privato pub blicato in questi ultimi anni. E infatti il lavoro dottrinale di questi � ultimi decenni � stato cosi intenso e, spesso, cosi innovatore da sottoporre a revisione integrale molti istituti giuridici e da co struire, con architetture ad ampio respiro, le teo riche generali di determinate branche e da rimo dellare, comunque, gli antichi schemi attraverso nuove valutazioni critiche. Ma non � agevole, peraltro, trovare, in mezzo a questo lavoro di revisione e di innovazione, sem pre, il punto di equilibrio: cosicch�. non di rado ci � capitato di constatare che la suggestione delle tesi eccessivamente originali � tornata a detri mento della solidit� delle costruzioni e, soprattutto, della chiarezza delle impostazioni . .Anzi ci � toc cato di assistere alla esasperazione di queste ri cerche innovatrici, spintesi fino al punto di toglier di peso dalle scienze f�,siche o cliniche la concet tuologia e la terminologia ad esse propria, nel tentativo di utilizzarle anche per le branche giu ridiche: con la conseguenza che, se in alcune pub blicazioni ci si � limitati a sfruttare i concetti di statica, dinamica e meccanica giuridica, in altre invece si � valicato ogni limite della logica fino a ipotizzare la categoria delle �disfunzioni dell'atto giuridico)) (v. GASPARRI. PIETRO: .. I,_ezioni di Diritto amministrativo -Teoria delle disfunzioni amministrative). Di gi:tisa che, procedendo di simile passo, non si tarder�, da parte di qualche autore, a scoprire negli istituti giuridici f�,nanche un sistema vascolare o ghiandolare! E perci� in questo libro istituzionale del Rotondi il pregio maggiore si rivela proprio in quel controllo logico, in quel persistente senso del limite, per cui le varie costruzioni giuridiche sono, per lo � pi�, aggiornate alle recenti esperienze, pur mantenendo la classicit� e il nitore delle linee. Ed � proprio il pregio a cui mostra di tenere soprattutto 1'.A., allorch� nella prefazione assegna come funzione precipua per un corso di istituzioni �quella di dare ai giovani, evitando teorie estreme o eccessivamente personali la notizia delle controversie fon da. mentali che si agitano, la visione delle conseguenze pratiche che dal principio e dalla teoria si derivano�. E una volta chiarito che tutta la pubblicazione del Rotondi � dominata da questa ricerca del punto di equilibrio fra le strutture classiche e i profili nuovi, cercheremo di registrare i capisaldi della trattazione in cui maggiormente prende rilievo tale istanza logica. Interessante � lo schema del negozio giuridico tracciato dall' .Autore. Come � noto, due teoriche in proposito hanno per lungo tempo dominato il campo: quella della volont�, o soggettiva (per cui la volont� costituisce la essenza del negozio, che viene cos� inteso come manifestazione di un voler� diretto a degli effetti giuridici ed esige che tali effetti, che l'ordinamento giuridico ricollega a siffatta manifestazione, siano effettivamente conformi a quelli voluti dal soggetto); e quella oggettiva (per cui l'essenza del negozio � da riporsi nella dichiarazione stessa, che � la incorporazione l'obiettivazione del volere, il quale al di fuori di essa � come inesistente). Su una base del tutto diversa pone il fondamento del negozio un'altra dottrina, pi� recente, detta precettiva: per essa il negozio non va concepito come manifestazione o dichiarazione di volont�; ma come dichiarazione precettiva ; il regolamento di interessi quale � disposto dalle parti � da essa considerato come impegnativo sul piano sociale, prima ancora che sul piano giuridico. Orbene, fra le predette teorie il Rotondi opera una mediazione, una sutura: e infatti per l'Autore il negozio giuridico � un particolare atto giuridico che consiste in una dichiarazione di volont�, liberamente manifestantesi, diretta a realizzare effetti giuridici (e in ci� egli accede, sostanzialmente, alla teoria classica del dogma della volont�); ma d'altra parte lo riannoda al concetto dell'autonomia delle parti, utilizzando cos� un profilo_ della elaborazione dottri~nale del Betti. La stessa istanza di sintesi fra le varie posizioni dei problemi si coglie nel concetto di causa del negozio prospettato dall' .Autore. Il quale non aderisce alla concezione soggettivistica (per cui la -145 causa si identifi,cherebbe con il motivo ultimo o determinante della volont�); ma si discosta egualmente dalla formulazione rigorosamente oggettivistica che la identifi.ca nella funzione economicosociale del negozio. Fra le due opposte teoriche il Rotondi, si colloca in una situazione di equidistanza logica: e, invero, rileva che per la individuazione della � causa � bisogna sceverare, si, tutto il complesso dei fenomeni psicologici soggettivi (ad es. gli impulsi psichici che si chiamano moventi o motivi), ma non bisogna peraltro farsi del concetto di causa una raffigurazione del tutto astratta, che porti alla determinazione di un'unica causa idealmente tipica per ogni tipo di negozio, perch�, arrivando a una concezione assolutamente astratta quale molto si diffonde ora, ma che ,� del tutto estranea alla nostra pi� genuina tradizione giuridica, si perverrebbe a determinare identit� di causa per ogni tipo di negozio, di guisa che tutti i negozi di uno stesso tipo avrebbero-esclusivamente una causa lecita e una causa illecita: il che non si pu� ammettere � � .Ma se felice � il momento critico, non altrettanto valido ci sembra il momento� costruttivo, sicch� utilizzando materiali di risulta dell'una e dell'altra teorica l'Autore plasma la seguente definizione della causa: �la rappresentazione subiettiva del risultato giuridico o concreto che si conseguir� dal negozio �, il che vorrebbe costituire un tratto di unione fra la impostazione soggettiva e quella oggettiva, ma in effetti rimane un'ibrida formulazione. E contro di essa si presenta subito alla mente, come prima, l'obbiezione che non pu� ancorarsi il concetto di causa alla � rappresentazione di un risultato futuro �, per l'essenziale rilievo di J HERING (U rsache und Zweck) che la causa contractus o causa negotii appartiene al passato e non pu� proiettarsi nel futuro. La ricerca del punto di equilibrio fra i vari schemi logici trova, invece, felice espressione nella indagine condotta dall'Autore nel campo dei diritti reali e, specialmente, dei cos� detti beni immateriali. E cos�, per es., in tema di avviamento della azienda � nota la molteplicit� delle teorie, spesso divergenti l'una dall'altra, per cui chi lo ha identifi. cato in ci� che chiamiamo clientela, chi lo ha configurato come attitudine dell'azienda al fine di lucro, chi come un bene a se stante, immateriale, un prodotto dell'ingegno componente con gli altri beni organizzati l'universalit� aziendale. Osserva, invece, il Rotondi che il concetto tradizionale unitario dell'avviamento appare come la risultante di due componenti distinte: una oggettiva o reale, inerenti ai singoli elementi dell'azienda, e una soggettiva o personale, che deriva dalla persona o dall'attivit� del titolare ed � a lui indissolubilmente legata. E cosi, in tema di diritto di autore, egli scevera, nel frutto complessivo dell'attivit� umana, tre coefficienti: 10 il diritto morale (personalissimo e irrinunziabile) dell'autore o dell'inventore a che sia riconosciuta la paternit� dell'opera o dell'ingegno; 2� il diritto di propriet� sulle cose materiali alle quali l'opera � affidata o nelle quali l'opera inventiva si estrinseca o si concreta; 3� infine il diritto -che ha natura patrimoniale anche notevolissima -di sfruttamento dell'idea o dell'in venzione e che non si identifi.ca n� col diritto per sonalissimo n� col diritto sulla materialit� della cosa in cui la creazione artistica o industriale si estrinseca . .Anche nella costruzione del concetto di obbligazione si avverte la saldatura fra schemi classici e nuovi. E, invero, la dottrina classica poneva l'accento -nel definire l'obbligazione -sul dovere dell'obbligato e sostanzialmente concentrava l'obbligazione nel debito (SAVIGNY, WINDSCHEID): ed � questa la tappa prima nello sviluppo della dottrina, per cui nell'obbligazione dapprima si � visto, soprattutto, come era naturale, la persona del debitore e il suo dovere di adempiere. Ma, come spesso accade, si � poi passato all'estremo opposto: ponendo il debitore in secondo piano e, invece, in primo piano, il suo patrimonio (BRINZ, HARTMAN). Si ponevano perci� le premesse di una terza concezione che, riunendo i due momenti, aspirasse al titolo di soluzione di mezzo: cos� si present� la teorica dello �Schuld � e ��'.Eiaftung �, per cui l'obbligazione esprimerebbe a un tempo il dovere soggettivo dell'obbligato (il debito) e la soggezione oggettiva dei suoi beni (responsabilit�) al soddisfacimento del creditore. Ma non tutti sono d'accordo sulla saldatura in tutt'uno del debito e della responsabilit�, per la considerazione che non sempre la responsabilit� coesiste col debito ma succede all'inadempimento. E fra le suddette formulazioni il Rotondi trov:a un punto di confluenza, sotto il profi.lo che <' in sostanza le componenti del rapporto obbligatorio.sono debitum e obligatio � e che � questi due elementi sono tra loro indissolubilmente congiunti, sicch� non potr� sussistere un debito senza responsabilit� o una responsabilit� senza debito �. E rileva che non appare esatto che in sostanza il subbietto obbligato sia posto (CARNELUTTI) davanti all'alternativa di adempiere l'obbligazione o di risarcire i danni derivanti dall'inadempimento; n� bisogna credere che nell'ordinamento moderno l'elemento personale sia tanto attenuato da far s� che il debitore possa in sostanza non adempiere la obbligazione sottostando solo al risarcimento del danno. Esiste infatti anche la possibilit� intermedia della esecuzione coattiva dell'obbligazione in forma specifi.ca, sempre che ci� sia possibile dato il contenuto delPobbligazione. Sostanzialmente, adunque, la esposizione del1'. Autore riesce, il pi� delle volte, a comporsi in una forma sobria e tersa: e tale pregio acquista rilievo specialmente nel delineare i contratti speciali attraverso cenni sintetici eppur esaurienti: cosicch� risulta realizzato congruamente il proposito dell' .Autore �di non mirare a ridurre in scala un trattato di diritto civile, ma di mettere in grado di individuare i singoli contratti, di farne cio� la diagnosi differenziale �. Nel chiudere questa recensione, ci sembra tuttavia doveroso mettere in rilievo alcune perplessit�__ suscitate in noi dalla disposizione, diremo cos�, topografica, della materia trattata nel libro. Infatti, al contrario di quello che avviene normalmente nei libri istituzionali, la trattazione del diritto di famiglia si trova alla fine, e cos� anche la trattazione relativa alla efficacia delle leggi nel tempo e nello spazio. -146 D'altronde, come anche ha rilevato il Carnelutti, altrettante perplessit� suscita la circostanza che l'atto illecito sia trattato solo nella lezione ventotte-.� sima come fonte dell'obbligazione, di guisa che rimane nell'ombra la sua appartenenza alla categoria generale dell'atto giuridico, tanto pi� che l'A. parla di fatto e non di atto in tema di illiceit�. E non si possono non formulare dei dubbi o delle riserve allorch� l'A. tratta dell'azione � di annullamento sub specie del l'inadempimento dell'obbligazione. Queste lievi mende, tuttavia, non possono alterare il giudizio sostanzialmente positivo eh(} si deve dare del libro, il quale rappresenta, nel campo dello studio istituzionale, un notevolissimo progresso. G. S. F. Cuccu: In tema di ammissibilit� di modifiche �i ufficio ai piani urbanistici in sede di approvazione. (cc Riv. Amministrativa Repubblica Italiana �, maggio 1953). In questa pregevole nota il Cuccia affronta il problema delle modif�.che di ufficio dei piani urba nistici, prendendo lo spunto da due pronunzie del Consiglio di Stato, una in sede consultiva (Se zione II, parere 3 febbraio 1953, n. 51, sul piano regolatore di Milano), l'altra in sede giurisdizio nale (Sez. IV, decisione 6 giugno 1952: causa Sci nicariello c. Ministero Lavori Pubblici e Comune di Gaeta), delle quali la prima ha negato l'ammis sibilit� di tali modif�,che d'ufficio, affermando che queste debbano introdursi rinnovando tutta la procedura, la seconda ha invece ammesso le modi f�.che in via eccezionale solo quando si tratti di piani di ricostruzione e non di piani regolatori. Il Cuccia critica entrambe queste pronunzie e la critica investe la radice stessa del problema e cio� la natura dell'atto di approvazione del piano urbanistico (regolatore o di ricostruzione) che il Con siglio di Stato ricomprende tra gli atti di controllo. L'A. osserva che se si accetta questo postulato le conseguenze non possono essere che quelle rigo rosamente segnate dalla Sez. II, mentre l'ecce zione ammessa dalla Sez. IV pu� essere solo �lo indice di una giusta preoccupazione � di evitare complicazioni e lungaggini certo non volute dal I egislatore. La soluzione del problema l'A. la trova nella giusta qualif�,cazione dell'atto di approvazione del piano che non � atto di controllo e cio� esterno, ma atto conclusivo di tutto un procedimento amministrativo. � appunto questa la categoria giuridica che viene utilizzata dal Cuccia per la sua indagine ed � sulla base di essa che egli esamina e valuta i vari stadi della procedura attraverso la quale il piano urbanistico viene adottato dal Comune e approvato dallo Stato. La premessa di questa indagine � l'osservazione che f�.n dal momento dell'adozione del piano, atto squisitamente comunale, la legge ammette l'intervento sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia da parte del Comune. A conclusione della sua minuziosa indagine il Cuccia precisa come l'atto col quale il Comune presenta il piano dell'approvazione degli organi statali competenti � una proposta; esso cio� �rive ste �arattere preparatorio in rapporto ai succes sivi sviluppi, essendo ancora nello stadio di attesa dell'istruttoria e della approvazione ... �. �Ne consegue -aggiunge il C. -che, trat tandosi di un vero e proprio atto preparatorio, non sembra che la questione della ammissibilit� delle modif�.che introdotte di ufficio possa risol versi alla stregua dell'istituto del controllo �. � Posta, invece, la questione stessa in termini non gi� di controllo, ma di coordinamento di atti vit� fra i soggetti del procedimento e, per ultimo, di esercizio di potest� sovrana, l'intervento sosti tutivo degli organi superiori appare in tutto giu ridicamente corretto, perch� si tratta di dare legale sanzione ai risultati dei vari apporti svol tisi durante la fase istruttoria con ampia libert� di riscontro e di giudizio nei confronti di tutti �. Condividiamo pienamente la tesi del Cuccia la quale � stata sostenuta in giudizio dall'Avvocatura dello Stato. Quello che per� ci sembra pi� degno di esser rile vato, non � tanto la tesi stessa quanto il modo col quale il Cuccia ne d� giustificazione. L'articolo �, infatti, un vero esempio di dimostrazione ineccepi bile e costituisce una conferma del principio secondo il quale, anche nella scienza giuridica, gli strumenti pi� perfezionati di indagine sono i piu utili per la ricerca della verit�. Uno di questi strumenti � certo la categoria del procedimento amministrativo la quale non trova n� in dottrina n�, tanto meno, in giurisprudenza quella utilizzazione che le spetterebbe per la sua importanza dogmatica e pratica. Della suddetta categoria il Cuccia si serve acuta mente unendo, come gi� altre volte abbiamo rilevato, ad una ineccepibile conoscenza del diritto la preziosa esperienza di alto funzionario particolarmente com petente in questo delicato ramo dell'Amministrazione statale. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA ANTICHITA E BELLE ARTI -Legge n. 1089 del 1939 -Applicabilit� del regolamento n. 363 del 1913 -Diritto di acquisto e di prelazione da parte dello Stato -Mancata comunicazione all'interessato nel termine di decadenza di due mesi -Inefficacia. (Corte di Cass. Sez. I, Sent. n. 204/53 -Pres.: Di Liberti; Est.: Stella Richter; P. M.: Criscuoli -Ministero P.� I. c. Gianesi). La tutela giuridica delle opere d'arte, gi� disciplinata dalla legge 20 giugno 1909, n. 354, e dal relativo regolamento 30 gennaio 1913, n. 363, � stata riformata con la legge 1� giugno 1939, numero 1089, sostitutiva della precedente. E poich� l'ultima legge non ha avuto ancora il suo regolamento ai sensi dell'art. 73 della legge medesima, valgono ancora, in quanto siano applicabili, le norme del regolamento approvato con il decreto n. 363 del 1913 sopra citato. L'esercizio del diritto di prelazione o del diritto di acquisto di cose d'interesse artistico e storico pur nella diversit� del presupposto ~ della configurazione giuridica costituisce un caso di vendita coattiva a favore dello Stato. Trattandosi inoltre di negozio di diritto pubblico della categoria degli atti espropriativi in senso lato, creativo di un rapporto giuridico bilaterale (dato l'obbligo del prezzo gravante sul1' Amministrazione), deve ritenersi che l'atto stesso non produca i suoi effetti se non al momento della sua comunicazione. In conseguenza il termine di due mesi stabilito dalla legge a pena di decadenza per l'esercizio della facolt� dclP Amministrazione, riguarda non soltanto l'atto interno con il quale lo Stato si determina all'acquisto, ma anche la comunicazione all'interessato che deve essere resa in quel termine poich� l'attribuzione allo Stato produca i suoi effetti: Ci� risulta anche dal combinato disposto degli articoli 140, 142 del regolamento 30 gennaio 1913, n. 363. Riportiamo anzitutto la motivazione della sentenza: Il Ministero deduce che l'errore fondamentale del Tribunale � stato quello di aver assunto sotto una medesima categoria due istituti del tutto diversi, quali sono quelli della prelazione nel caso di alienazione di opere d'arte e dell'acquisto nel caso di esportazione delle opere stesse; la prelazione infatti, non differisce da quella regolata dal Codice civile e deve quindi essere esercitata entro un termine ptrentorio, mediante notifica della decisione agli interessati, l'acquisto della cosa destinata all'esportazione; invece, ha carattere strettamente pubblicistico e non deve essere notificato, ma solo comunicato mediante un avviso, per il quale non vi � prescrizione di termine. La doglianza � infondata. Oom'� noto, la tutela giuridica della antichit� e delle opere d'arte era disciplinata dalla legge 20 agosto 1909, n. 364 e dal relativo regolamento 30 gennaio 1918, n. 363. Su tempi recenti � stata attuata una riforma con la legge 10 giugno 193'9, numero 1089, che ha sostituito la precedente. Essa non ha avuto ancora il suo regolamento di esecuzione, pertanto, ai sensi dell'art. 7 3 della legge medesima, valgono ancora, in quanto siano applicabili, le norme del regolamento approvato con decreto 30 gennaio 1918, n. 363. La legge vigente, al pari di quella abrogata, prevede il diritto di prelazione dello Stato nel caso di alienazione delle cose appartenenti a privati e il diritto di acquisto da parte dello Stato delle cose presentate per l'esportazione all'estero. Le innovazioni da essa introdotte consistono in ci�, che mentre prima il presupposto per l'esistenza del diritto di prela.zione era che le cose presentassero cc un importante interesse � artistico e storico e quello per l'esistenza del diritto di acquisto :era che presentassero semplicemente cc un interesse � artistico o storico, ora si richiede rispettivamente �un interesse particolarmente importante � e cc un interesse importante �. Inoltre il termine di due mesi per l'esercizio dei diritti medesimi non � pi� suscettibile di proroga di altri due mesi, ad inizia�tiva dell'Amministrazione, come era consentito dalla legge abrogata. Oi� dimostra che i poteri dell'Amministrazione, almeno in questa materia, sono stati limitati per contemperare pi� equamente gli interessi pubblici con quelli pri vati, pur essi meritevoli di tutela, come � illustrato nella relazione ministeriale che accompagna il di segno della legge del 1939. Se poi si procede al raffronto tra il diritto di pre lazione e quello di acquisto, si rileva che essi, pur riferendosi a situazioni diverse e pur differenzian dosi nel presupposto e nella configurazione, hanno alcuni caratteri comuni, in quanto costituiscono en trambi potest� dell'Amministrazione di acquistare le cose di interesse artistico o storico nonostante la contraria volont� del proprietario, diretta all'alie nazione a terzi o all'esportazione. -148 Si tratta nell'uno e nell'altro caso di una vendita coattiva a favore dello Stato, in luogo di una libera '�Jendita tra privati ovvero di una semplice esportazione a qualunque titolo effettuata. L'esercizio di cotesta facolt� dell'Amministrazione, cos� gravemente lesiva dei diritti del proprietario di disporre della propria cosa, � soggette ad un rigoroso termine di due mesi, non suscettibile di proroga, come si � osservato dianzi. Ohe tale termine sia di decadenza non pu� dubitarsi, giacch� stabilisce un limite temporale di breve durata all'esercizio di diritti di natura eccezionale. Da ci� si desume appunto il carattere del termine di decadenza qualora manchi una espressa qualificazione, come spesso accade, tanto nel O odice, quanto nelle leggi speciali. Oi� posto, si presenta di agevole soluzione il problema in cui si sostanzia la controversia, vale a dire se sia sufficiente perch� si effettui l'acquisto della cosa destinata all'esportazione, che l'Amministrazione entro il termine di due mesi dalla denuncia per l'esportazione medesima decida di procedere all'acquisto, ovvero se sia necessario che nello stesso termine dia comunicazione all'interessato della sua decisione. Il problema non attiene al perf eiionamento df'l l' atto amministrativo, ma alla sua efficacia. Infatti � incontestabile che l'atto sia perfetto quando l'Amministrazione abbia manifestato la sua volont� nella forma di legge, e cio� mediante un provvedi mento scritto. Ma la perfezione dell'atto non pu� essere suffi ciente a determinarne l'efficacia, in quanto 'questa si verifichi solo con la comunicazione all'interessato. Ora � da ritenere per fermo che nella specie l'atto non produca isuoi effetti se non al momento della comunicazione. Si tratta infatti di un negozio di diritto pubblico e precisamente di un negozio della categoria di quelli destinati a limitare le facolt�, i poteri, idiritti e, in genere, la sfera giuridica del sin golo, come sono gli atti di espropriazione in senso lato. Tale atto amministrativo negoziale non pu� avere efficacia, e cio� non pu� produrre isuoi effetti, se non dalla data della comunicazione, appunto perch� impone alla persona cui � diretto un obbligo giuridico ovvero estingue una facolt� giuridica. Per di pi� l'atto � bilaterale, nel senso che crea un rapporto bilaterale tra l'Amministrazione ed il privato, giac ch� se impone al secondo la perdita della propriet� della cosa impone anche alla prima l'obbligo di pagarne il prezzo. Oi� conferma maggiormente la necessit� della comunicazione perch� l'atto possa avere efficacia. A queste ragioni basate sui principi generali si aggiugono quelle desunte dalla disciplina particolare della materia, dettata dal regolamento. Questo nell'art. 142 dispone che il Ministero, quando abbia deciso di acquistare la cosa, ne dia avviso all'esportatore e l'avviso non � che una comu nicazione, sia pur scevra da formalit�. Ora che l'avviso debba essere dato nel termine di due mesi risulta anche dal combinato disposto dagli articoli 140 e 142 del regolamento. Il primo di essi, infatti, stabilisce che l'Ufficio di esportazione, qualora ritenga opportuno l'eser cizio del diritto di acquisto, e ne faccia quindi pro posta al Ministero debba partecipare la proposta medesima al proprietario, dichiarandogli di custodire la cosa a cura del governo fino all'esaurimento del termine di due mesi fissato dalla legge per l' acquisto. L'art. 142, poi, fa obbligo al llfin�istero, qualora abbia deciso di effettuare l'acquisto, non solo di darne avviso all'esportatore, ma anche di incaricare il soprintendente di prendere in consegna la cosa, mentre gli impone, nel caso che addivenga alla determinazione opposta, di significarlo all'Ufficio esportazione, perch� emettd la licenza di esportazione. Detto Ufficio deve quindi, in ogni caso, essere infarmato della decisione del Ministero entro idue mesi, perch� solo fino alla scadenz di tale terrnine custodisce la cosa per conto del Ministero stesso (ci� significa ovviamente l'espressione �a cura del Governo�), entro quel termine perci� deve essere posto in condizioni di consegnarlo al soprintendente, se l'acquisto viene effettuato, ovvero di rilasciare all'esportatore la chiesta licenza, se non si procede all'acquisto. Di fronte ad una cos� precisa e rigorosa disciplina sarebbe davvero assurdo ritenere che sia consentito al Ministero di non far conoscere le proprie decisioni anche per lungo tempo, senza limitazioni di sorta, lasciando. frattanto incerta la situazione del proprietario ed abbandonata la cosa, di cui l'ufficio continuerebbe ad avm�e la detenzione senza alcun titolo legittimo. Nessun rilievo ha la circostanza, segnalata dal ricorrente, che per l'acquisto sia richiesto un semplice avviso, anzich� una notificazione della decisione ministeriale, come stabilito dall'art. 65 del regolamento per l'esercizio del diritto di prelazione. La diversa forma di comunicazione � giustificata dalle diverse esigenze nelle due ipotesi, oltre che dalla difforme configurazione del diritto dello Stato. Nel caso della prelazione lo Stato acquista in luogo dell'acquirente liberamente scelto nel contratto di vendita, e quindi anche a costui deve far conoscere, oltre che al venditore, la propria determinazione di volont�, precisando il contenuto e curando la conformit� delle due comunicazioni. Nel caso dell'acquisto di cose destinate all'esportazione, invece, non vi � relazione con un negozio di diritto privato, ma vi � solo un negozio di diritto pubblico che riguarda esclusivamente il proprietario della cosa, � sufficiente perci� che questi che sia informato, senza alcuna particolarit� di forma. In entrambe le ipotesi peraltro vige il termine rigoroso di due mesi per Vesercizio del diritto attribuito alla pubblica Amministrazione, e quindi la necessit� che l'interessato entro quel termine abbia conoscenza dell'effettuato o mancato esercizio di quel diritto�. Non ci sembra che le argomentazioni addotte dalla sentenza in esame siano ineccepibili. In sostanza, la Corte Suprema, contrariamente alle erronee affermazioni del TrilJ�nale di Roma, non pu� fare a meno di riconoscere che V atto col quale il Ministero della Pubblica Istruzione delibera lracquisto della cosa presentata all'esportazione sia perfetto; indipendentemente dalla sua comunicazione all'esportatore, ma dichiara che esso non � efficace senza tale �comunicazione. w.mww-rn:: w.mww-rn:: -149 Ma se cos� �, pare evidente che non si pu� considerare il termine di due mesi come quello entro il quale la decisione di acquisto dev'essere non solo perfezionata ma anche resa efficace, una volta che disposizioni precise del genere non esistono nella legge sulla tittela delle antichit� e belle arti. A questo proposito giova rilevare che anche la sentenza della Corte Suprema appare travagliata dall'errore di sussumere sotto una sola cetegoria i due istituti distinti della prelazione nel caso di alienazione di opere d'arte e dell'acquisto nel caso di esportazione delle opere meaesime. L'istituto della prelazione consiste nel diritto attribuito dalla legge al Ministero della Pubblica Istruzione di sostituirsi all'acquirente nel contratto di diritto privato stipulato tra questi e il proprietario dell'opera d'arte venditore. Esso in nulla differisce da tutti gli altri diritti di prelazione ex lege, regolati dal Codice civile e da eventuali altre leggi speciali. Ha, quindi, perfettamente ragione la Corte Suprema di Cassazione quando, nella sentenza n. 91 del 15 febbraio 1944, accomuna sotto una stessa disciplina tutti i casi di prelazione suddetti. Come abbiamo gi� esposto nel nostro ricorso, nel regolare il diritto di prelazione, la legge esplicitamente dispone che � in pendenza di detto termine (se. due mesi) il contratto rimane condizionato sospensivamente all'esercizio del diritto di prelazione�. � proprio questa natura di condizione sospensiva del contratto gi� stipulato, attribuita all'esercizio del diritto di prelazione, che giustifica non solo la perentoriet� del termine entro il quale esso deve essere esercitato, ma anche il fatto che l'atto con il quale il diritto stesso si esercita dev'essere portato a conoscenza dell'alienante e del compratore nello stesso termine di due mesi. Tale atto, invero, partecipa necessariamente della natura privatistica del contratto nel quale si inserisce e del quale condiziona la efficacia. In conformit� ed in applicazione di questi ovvii principi, il regolamento n. 363 del 1913, ancora applicabile, disciplina minutamente, all'art. 65, il modo e le forme della notifi,ca della decisione di esercitare il diritto di prelazione, nonch� il termine entro il quale la notifica dev'essere fatta. (A questo proposito va rilevato che � lo stesso art. 65 a confermare quanto noi abbiamo sempre detto e cio� eh.e altro � la decisione di acquistare e altro � la sua comunicazione, tanf� vero che il citato articolo stabilisce il termine dei due mesi, proprio in relazione alla notificazione). Completamente diverso dall'istituto della prelazione � l'istituto dell'acquisto in caso di esportazione. Facciamo . anzitutto notare che esso � regolato in una sezione della legge e del regolamento del tutto distinto dalla sezione che regola il diritto di prelazione. Non vi � nessun richiamo alle norme di questo; non si parla mai di notifi,ca, termine tecnico questo abbastanza preciso perch� possa ritenersi intercambiabile, nella stessa legge, col termine � avviso �, usato, invece, nell'art. 142 del citato R.D. n. 363 del 1913; tanto meno vi � una norma che stabilisca, come l'art. 65 primo comma, che l'avviso dev'essere dato nello stesso termine di due mesi, entro il quale deve essere presa la decisione di acquistare. Questa differenza di disciplina non pu� non essere gi� da sola rilevante; ma acquista un tanto maggiore significato, quando la, si metta in relazione con la differente natura del potere esercitato dal Mini stero nei due casi. Nel caso dell'esercizio del diritto di prelazione, il potere del Ministro non � in nulla differente da quello che esercita, ad esempio, il ,concedente. nel caso di vendita del fondo enfiteutico. Nel caso, invece, di esercizio del diritto di acquisto a seguito di domanda di esportazione, il potere del Ministro ha carattere strettamente pubblicistico. Non vi � alcuna sostituzione dello Stato all'acquirente privato, in quanto non si richiede per l'esercizio di tale diritto che si tratti di esportazione preordinata alla vendita, n�, tanto meno, che ci sia gi� un com pratore. Secondo noi, se tale potere di acquisto non � del tutto simile al potere di espropriazione per pub blica utilit�, � per� ad esso molto vicino. Pu� dirsi addirittura che esso sia l'istituto intermedio tra il diritto di prelazione e l'espropriazione, regolati en trambi nella legge sull'antichit� e belle arti. Il solo (almeno per quanto ci risulta) precedente giurisdizionale di codesta Corte Suprema, nella materia ci sembra che confermi pienamente il nostro assunto. Infatti nella sentenza delle Sezioni Unite del 24 novembre 1926 in causa Ministeri dell'Interno e della Pubblica Istruzione contro Medici Tornaquinci questo potere di acquisto in caso di esportazione non solo � accomunato ontologicamente al potere di riven dicazione di atti d'archivio di interesse storico attri buito allo Stato dalla legge sugli archivi di Stato (del quale non si contesta la natura espropriativa) ma esso � qualificato espressamente, se pure inciden talnente, come cc espropriazione �. Perci�, il problema che si pone � quello di stabilire se l'atto di espropriazione (o di acquisto coattivo che praticamente � lo stesso) sia da considerare atto re cettizio o non recettizio, e cio� se la comunicazione all'espropriando, attenga alla esistenza ed alla forma dell'atto, o se attenga invece ,soltanto alla sua effi cacia, e sia perci� da considerare atto autonomo. Basta porre il problema per risolverlo nelsecondo senso in conformit� di quanto la stessa Corte Suprema ha dovuto ritenere. . Meglio, peraltro del concetto di efficacia dell'atto ci sembra che serva allo scopo di stabilire con preci sione la distinzione, il c�ncetto di eseguibilit� del l'atto. In altri termini, l'atto con cui si delibera l'acquisto della cosa presentata per l'esportazione sa rebbe perfetto ed efficace una volta emanato nelle dovute forme (atto scritto, firma, del ministro, even tuali registrazioni e visti da parte degli organi di controllo) diverrebbe poi eseguibile una volta comu nicato all'interessato. Ed allora SP la legge non stabilisce un termine .apposito per la comunicazione, non pu� Pstendersi a questa il termine stabilito per la emanazione dell'atto. Su questo punto si veda la decisione della Sec. IV del Consiglio di Stato in causa Societ� Telef. Vene zia c. Ministero Difesa (cc Foro It. �, 1953, III, 217) con nota di richiami. Ci rendiamo, tuttavia, conto dei motivi che��hanno indotto la Corte Suprema alla decisione contraria alla nostra tesi; motivi che si sostanziano nella dove rosa tutela dei diritti dei privati; ma pensiamo che sia pi� giusto che tali motivi ispirino una nodifi cazione delle norme vigenti attraverso l'opera del le gislatore r: non attraverso l'opera dell'interprete. -150 Si consultino su quanto abbiamo osservato: FRAGOLA: Atti amministrativi non negoziali, p. 380 e segg.: SANDULLI: Procedimento amministrativo, p. '250 e segg.; GRISOLIA: La tutela delle cose d'arte, p. 403 e segg. IMPOSTA DI REGISTRO -Bonifica -Agevolazioni 'fiscali relative ad atti in correlazione con l'atto che gode del privilegio -Art. 8 legge registro, 66 T. U. n. 3256 del 1923 e 88 T. U. n. 215 del 1933 -Mutuo stipulato da consorzio di bonifica -Estinzione mediante cessione di delegazioni su contributi consorziali -Assoggettamento alla sola tassa 'fissa di registro -Soccombenza dell'Amministrazione in controversia relativa a opposizione a ingiunzione 'fiscale -Articoli 45 e 148 tassa di registro -Condanna dell'Amministrazione alle spese -Limiti. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 491/53 -Pres.: Piacentini; Est.: Celentano; P. M.: Rossi -Finanze dello Stato c. Consorzio Bonifica Alli Punta Delle Castelle. Ai sensi degli articoli 8 alleg. B legge di registro, 66 Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, 88 Testo unico 13 febbraio 1933, n. 215, tutti gli atti che si compiono nell'interesse diretto dei consorzi di bonifica sono registrati col pagamento del solo diritto fisso. Questo trattamento fi.scale privilegiato riguarda anche gli atti che come mezzo al fi,ne, siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione pur non essendo con esso direttamente connessi e derivanti. Se in un atto di mutuo stipulato da un consorzio di bonifi.ca sia prevista la graduale estinzione del mutuo stesso mediante le cos� dette cessioni, al l'istituto mutuante, di delegazioni su contributi consorziali dovuti al consorzio mutuatario, al detto atto � applicabile il privilegio fi.scale -con sistente nel pagamento della sola tassa fissa di registro su tutti gli atti compiuti nello interesse diretto dei consorzi di bonifica ai sensi dell'art. 88 del R. D. 13 febbraio 1933, n. 215 -qualora ri sulti accertato che tali cessioni siano anche esse servite ad assicurare al consorzio medesimo i mezzi necessari per il raggiungimento dei suoi fini. Tenuto conto della necessit� in cui si trova il contribuente, a norma dell'art. 145 del Testo unico sulle leggi di registro, di ricorrere entro trenta giorni al rimedio giudiziario per arrestare la ese cuzione dell'ingiunzione (dato che il ricorso ammi nistrativo non � sospensivo), il disposto dell'arti colo 148 del medesimo Testo unico � rispettato allorch� la causa -pur essendo stata promossa prima del decorso dei novanta giorni dalla pre sentazione del ricorso amministrativo -sia stata, per�, portata alla cognizione del giudice successiva mente alla scadenza del predetto termine. E in que sto caso l'Amministrazione i,oceombente pu� essere condannata al pagamento della spese processuali. Trascriviamo anzitutto il testo delle motivazione in diritto della sentenza. � L'Amministrazione denuncia, col primo mezzo, la violazione dell'art. 9 del Testo unico leggi di registro, in relazione all'art. 8 della stessa legge, deducendo che, agli effetti della legge di registro, un contratto, come quello in questione, contiene due distinte convenzioni non legate da rapporto di connessione o dipendenza necessaria, delle quali quella costituita da mutuo vero e proprio non � tassabile (dato lo scopo dell'ente) mentre quella relativa alla cessione dei contributi, con garanzie maggiori di quelle richieste dalle parti contraenti, � soggetta a imposta proporzionale. Questa Corte, con ree.ente decisione (sentenza numero 1478 del 21 maggio 195'2) in un caso del tutto analogo ha gi� respinto la tesi dell'Amministrazione finanziaria, ponendo in rilievo come nella fattispecie in discussione trattasi di decidere non gi� se ricorre la connessione �necessaria di cui al secondo comma dell'art. 9 sopra detto, ma se la cessione dei contributi all'Istituto sovventore, fatta dal Consorzio, a graduale estinzione del mutuo sia compresa nel privilegio fiscale, in base alle disposizioni che disciplinano il privilegio medesimo. Da tale impostazione non pu� dirsi che si sia allontanata la sentenza impugnata, perch� se pur � esatto il rilievo della ricorrente che nella prima parte della motivazione travisi affermato che la cessione non dava luogo a un negozio distinto, in quanto trattavasi di modalit� attraverso le quali veniva assicurato il pagamento rateale del debito, la sentenza ha soggiunto che il rapporto era regolato da norme speciali, cui bisognava far riferimento per stabilire se la cessione godeva anch'essa dell'agevolazione fiscale. Il principio di che sopra va integrato con l'altro gi� enunciato da questa Corte (v. sentenza n. 1538 del 19 agosto 1947) secondo il quale il diritto al trat tamento tributario speciale riguarda anche gli atti che, come mezzo al fine, siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione, pur non essendo con essi necessariamente connessi e derivanti. Ora le disposizioni relative al trattamento fiscale privi legiato in esame (art. 8 alleg. B legge di registro, art. 66 Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, ar ticolo 88 Testo unico leggi sulla bonifica integrale approvato con R. D. 13 febbraio 1933, n. 215) san ciscono che tutti gli atti che si compiono nell'interesse dei Consorzi di bonifica sono registrati con diritto fisso. E la Corte di merito ha ritenuto appunto che l'atto, per. il quale fu nella specie irregolarmente pretesa la imposta suppletiva, doveva considerarsi compiuto nell'interesse diretto al Consorzio. Ha al l'uopo ricordato che il Testo nnico sulla bonifica dispone che i concessionari ed esecutori di opere di bo nifica per l'attuazione del piano possono contrarre mu tui con Istituti di credito e di previdenza soggetti a vigi lanza governativa, con l'obbligo peraltro (salvo le particolari disposizioni per i mutui concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti) di garantire l'operazione mediante la cessione di annualit� di contributo statale o con il rilascio di delegazioni sui contributi a carico dei proprietari, dando facolt� al concessionario di bonifica di procedere alla cessione di questi ultimi contributi, in luogo di rilasciare delegazioni sui medesimi. Per modo che � la legge stessa che subordina la stipula del mutuo alla prestazione della garenzia nell'interesse, oltrech� dell'Istituto, del Consorzio, che non potrebbe, diversamente, procurarsi i capitali di cui ha bisogno per il conseguiment& delle sue finalit�. E quand'anche per ci� si ritenesse, come �-sostenuto dalla ricorrente nella memoria, che il giudizio dato dalla Corte sulla sussistenza dell'interesse, non sia di puro merito e sia quindi sindacabile in questa sede, tale interesse non potrebbe essere negato alla stregua delle norme predette. FA&&&&i =%&@@~ -151 Il secondo mezzo riguarda le spese. 'La ricorrente denunzia la violazione dell'art. 148 Testo unico leggi di registro, con cui per mettere in grado l'Amministrazione di riesaminare la questione rivedendo, se del caso, il provvedimento impugnato, si stabilisce che l'Amministrazione stessa, anche se rimasta soccombente, non pu� essere condannata alle spese del giudizio, quando non sia stato presentato ricorso in sede amministrativa, ovvero sia stata proposta l'azione giudiziaria prima del decorso di novanta giorni dalla presentazione del ricorso predetto. Ora -si dice dalla ricorrente -Il Oonsorzio propose l'opposizione avanti il Tribunale di Roma contemporaneamente alla presentazione del ricorso. Si � obiettato dalla difesa del Oonsorzio che la questione vien sollevata per la prima volta in questa .sede e che essa non pu� esser presa in esame perch� implica un accertamento di fatto (sulla data di inizio dell'opposizione giudiziaria rispetto al ricorso amministrativo) che come tale, sarebbe spettato alla Oorte di merito e che da questa non fu compiuto. L'obiezione non appare rilevante, perch�, avendo la Oorte fatto esplicita menzione della data di inizio dell'una e dell'altra opposizione, � da ritenere che abbia tenuto presente la norma, di cui sopra; e che non l'abbia tuttavia creduta applicabile. Oon che i giudici di appello si son conformati al ripetuto insegnamento di questo Supremo Oonsesso secondo cui tenuto anche conto della necessit� in cui si trova il contribuente, a norma dell'art. 145 del Testo unico di ricorrere entro trenta giorni al rimedio giu diziario per arrestare l'esecuzione dell'ingiunzione (dato che il ricorso amministrativo non � sospensivo), il disposto dell'art. 148 � sostanzialmente rispettato, allorch� la causa sia stata promossa, s�, prima del decorso dei 90 giorni ma sia stata portata alla cogni zione del giudice successivamente alla scadenza del termine predetto. E nella specie com'� pacifico, la causa fu posta in decisione avanti il Tribunale a distanza di oltre un anno e mezzo, quando il ricorso amministrativo non era stato puranco deciso �. Dalla semplice lettura della sentenza emerge chiaro come la Oorte Suprema essendosi convinta che anche la convenzione relativa alla estinzione del mutuo contratto dal Consorzio di bonifica dovesse ritenersi compiuta nell'interesse diretto del Consorzio, ha superato quello che, dal punto di vista processuale doveva costituire un ostacolo insormontabile all'accoglimento della tesi del Consorzio. Tale ostacolo era costituito dal fatto che, sia in primo che in secondo grado, la questione che si era dibattuta era se l'atto con il quale veniva stipulato il mutuo e si stabilivano delle par ticolari modalit� per la sua estinzione, dovesse con siderarsi come racchiudente una o due convenzioni ai sensi e per gli effetti dell'art. 9 della legge di registro. La Finanza aveva sempre sostenuto che si trat tava di due convenzioni distinte; la Oorte di Appello, in accoglimento della tesi del Consorzio, aveva deciso che si trattava di una unica convenzione. Con questa sentenza, la quale rettifica alcune af fermazioni inesatte della precedente in essa citata, la Corte Suprema riconosce che si tratta di due con venzioni ma dichiara che entrambe possono godere della agevolazione tributaria speciale. Deviando cos� dalla sua costante giurisprudenza secondo la quale le norme di agevolazione tributaria sono di stretta interpretazione. Per quanto riflette la questione relativa alla condanna del contribuente alle spese. di giudizio, osserviamo che la Corte si � richiamata ad un suo cc ripetuto insegnamento � del quale siamo riusciti a trovare una manifestazione solo in una sentenza delle Sezioni Unite del 15 aprile 1930 in causa Tripcovic e Cantiere Navale Triestino e in una sentenza del 28 luglio 1932 in causa Finanze contro Saponerie Mezzogiorno (Dir. Prat. Trib., 1933, p. 72). Si veda UCKMAR: La legge di registro, vol. III, paragrafo 585. Dobbiamo, peraltro, rilevare che questa giurisprudenza ci sembra superata dall'altra pi� recente stabilita nella sentenza n. 1126/51 in causa Finanze contro Oorreale (in questa Rassegna, 1951, 141) nella quale � affermato proprio il principio contrario a quello proclamato nella presente sentenza. La questione ci sembra, pertanto, debba essere nuovamente proposta all'esame del Supremo Oollegio. REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA � Tributi pagati in base a norme della medesima. (Sentenze Cass. Sez. I, n. 674/53 -Pres.: Cannada Bartoli; Est.: Gualtieri -Breda c. Finanze; e n. 726/53 -Pres.: Mandrioli; Est.: Albanese -Societ� Ansaldo c. Finanze). In base all'art. 1 del D.L.Lgt. 18 febbraio 1946, n. 112, sull'assetto della legislazione tributaria nei territori liberati, non � dovuta restituzione di tributi pagati al sedicente governo della r.s.i. in base a norme diverse da quelle vigenti nello Stato italiano. Ai fl,ni di contestare l'applicabilit� del detto art. 1, � preclusa qualsiasi indagine diretta a stabilire se il tributo fosse stato regolarmente riscosso in relazione a quelle norme. Il caso era identico in entrambe le sentenze di cui sopra, succedutesi a breve distanza. Il sedicente governo della r.s.i. aveva elevato l'ali quota dell'imposta sull'entrata sui contratti relativi a forniture militari; successivamente aveva emanato disposizioni limitative di tale aumento di aliquota. Nelle due cause di cui si tratta le ditte attrici chie devano la restituzione delle maggiori somme pagate alla r.s.i. in seguito al detto aumento di aliquota: e secondo loro alla restituzione avevano diritto per ch� sarebbe spettato ad esse ditte di beneficiare di quelle successive disposizioni. Il loro assunto era dunque che il divieto, conte nuto nell'art. 1 del D.L.Lgt. 18 febbraio 1946, n. 112, di restituzione dei tributi pagati e< in base a norme diverse da quelle vigenti nello Stato italiano �, dovesse essere inteso con questa limitazione: che si dovesse invece ammettere la restituzione quando la percezione del tributo fosse avvenuta in violazione delle norme che lo regolavano secondo l'ordinamento della r.s.i. Fu facile all'Avvocatura di prospettare ��quanto arbitraria fosse una simile limitazione, del tutto in contrasto colle finalit� dell'art. 1 del Decreto n. 112 d�l 1946 sull'assetto della legislazione tributaria nei paesi liberati: assetto il quale, nella complessa situa zione alla quale si riferiva, implic� anzi tutto la necessit� di semplificare il trapasso chiudendo la -102 via a qualsiasi disputa che concernesse la restituzione di tributi i quali non trovassero il loro fondamento nel diritto tributario dello Stato. JYia soprattutto e preliminarmente l'assunto delle attrici venne contestato sotto il rifiesso ch'esso presupponeva l'ammissibilit� d'un sindacato da parte dei giudici sulla legalit� dell'applicazione di provvedimenti legislativi della r.s.i., sindacato che avrebbe importato un riconoscimento degli stessi, in contrasto coll'art. 1 del D.L.Lgt. 5 ottobre 1944, n. 249, che quei provvedimenti dichiara � privi di efficacia giuridica�. E, poich� l'assunto avversario si richiamava ad un preteso rapporto di successione dello Stato legittimo rispetto alla r.s.i., non si manc� di richiamare da parte nostra il contrario insegnamento delle Sezioni Unite risultante dalla nota sentenza 25 maggio 1949, n. 1331 (�Foro It. �, 1949, 1, 812), sentenza fondamentale in materia. Tuttavia davanti il Tribunale di Roma le cause ebbero esito per noi sfavorevole. Ma i nostri gra vami vennero accolti dalla Oorte d'Appello di Roma, e i rispettivi pronunziati hanno avuto l'approva zione del Supremo Collegio colle due sentenze in epigrafe, confermative degli insegnamenti de~la citata sentenza precedente. G. CALENDA REQUISIZIONE -Danni da requisizioni operate dalle Forze Armate alleate -Giurisdizione. (Corte di Oass., Sez. Un., Sent. n. 723/53 -Pres.: Mandrioli; Est.: Di Pilato; P. M.: Eula -Ministero Tesoro contro Mo-stra d'Oltremare). Sopravvenuta, nella pendenza del giudizio davanti al Comitato giurisdizionale centrale delle requisizioni, la legge 9 gennaio 1951, n. 10, conte nente norme per le controversie sulle requisizioni operate dalle Forze Armate Alleate, cessa, per il principio della immediata applicazione delle nuove norme sulla competenza, la potestats decidendi del Comitato stesso, e le _predette _cqntroyersie sono devolute al magistrato ordinario o al Consiglio di Stato, a seconda che si tratti dell'accertamento delle condizioni indicate nell'art. 8 della legge e della liquidazione della indennit�, o della legittimit� del provvedimento di requisizione dopo esaurito il procedimento amministrativo. Le decisioni del Comitato giurisdizionale le quali attribuiscano un acconto su accordo di entrambe le parti in lite non possono essere considerate sentenze parziali di merito. Oon questa sentenza la Oorte Suprema riconferma in modo definitivo la giurisprudenza affermata per la prima volta nella sentenza n. 1908 del 1952 in causa Ministero Difesa-Esercito contro Petrillo (in questa Rassegna 1953, p. 27). Nella sentenza in esame � notevole l'affermazione del principio secondo il quale le cosiddette decisioni di acconto emesse dal Comitato non costituiscono sentenza parziale di merito e non precludono pertanto n� il ricorso per difetto di giurisdizione contro la sentenza definitiva, n� il ricorso per regolamento di giurisdizione. Sembra chiaro che analoga soluzione deve adottarsi per le decisioni del Comitato le quali, senza decidere alcun punto di merito, si limitano, come spesso avviene, a fissare all'Amministrazione un termine per la liquida,zione dell'indennizzo. Ci�, prescindendo dalla ovvia considerazione che la fissazione di un tale termine appare del tiitto illegittima. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO FILIAZIONE � Prova del matrimonio dei genitori premorti da parte del legittimato per susseguente matrimonio � Atto di m;rscita � Conformit� del possesso di stato. (Corte d'Appello di Venezia, 18 settembre 1932 -Pres.: Vicohi; Est.: Terracina; P. M.: Pratillo -B. o. Demanio dello Stato). Anche il fi,glio legittimato per susseguente matrimonio pu� avvalersi della prova contenuta dallo art. 240 del Codice civile e prevista per la prole nata durante il matrimonio. Vi � corrispondenza tra l'atto di nascita e il possesso di stato di fi.glio legittimo quando l'atto di nascita contenga riconoscimento di prole naturale da parte di entrambi i genitori. Riportiamo anzitutto la motivazione della sen� tenza: � V a esaminata la questione di merito che ha ad oggetto la petizione dell'eredit� della defunta B. L. da parte degli odierni appellanti, azione fondata sul vincolo di parentela nascente dalla condizione giuridica che la de cuius godeva dal possesso di stato di figlia legittima per susseguente matrimonio dei defunti genitori G. B. e R. T., non in opposizione col suo atto di nascita, quantunque mancasse la prova della celebrazione del matrimonio stesso, e ci� ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 240 Oodice civile. Si dibatte tra le parti la questione se la norma di cui al detto articolo possa riguardare oltre che la filiazione legittima, anche quella legittimata, come sarebbe nella specie, affermandosene la poss4bilit� da parte degli appellanti, mentre l'Amministrazione del Demanio dello Stato la nega, sotto il profilo che, dovendo il preteso stato di figlio legittimo essere conforme all'atto di nascita, il figlio legittimato, il quale col suo atto di nascita appare come figlio naturale, non avrebbe altra via per dimostrare il suo stato, all'infuori di quella della produzione dell'atto di celebrazione del matrimonio dei propri genitori, se � stato legittimato per susseguente matrimonio, oppure per decreto del Oapo dello Stato, se � stato legittimato in forza di tale provvedimento. I primi giudici hanno risolto la questione solo implicitamente, ritenendo che le prove per accertare la legittimit� della prole legittima possono estendersi anche alla prole legittimata. La Oorte non pu� che confermare tale esatto avviso, per le seguenti considerazioni. L'art. 130 Oodice civile dispone che nessuno pu� reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile, e che il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i genitori, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione. Tale norma, in materia di speciale importanza, quale � quella matrimoniale, ammette due sole dvroghe, e precisamente quella prevista dall'art. 132 stesso Oodice, nel caso in cui i registri dello stato civile siano andati distrutti o smarriti, e quella di cui all'art. '240 a favore dei figli, poich� questi per il concorso di molteplici circostanze e nel caso che entrambi i genitori siano morti, possono trovarsi nella impossibilit� di conoscere il luogo di celebrazione di matrimonio dei medesimi, specie se avvenuto in Stato estero. Dispone, infatti, il detto articolo, come sopra si � visto, ohe la legittimit� del figlio di due persone, che hanno vissuto pubblicamente come marito e moglie e sono morte ambedue non pu� essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa legittimit� sia provata da un possesso di stato, che non sia in opposizione con l'atto di nascita. Per l'applicazione di tale eccezionale deroga al principio suesposto si richiede, dunque, il concorso delle seguenti circostanze: a) ohe entrambi i genitori siano morti; b) che essi abbiano vissuto pubblicamente come marito e moglie; e) che il figlio abbia un possesso di stato di figlio legittimo, il quale non sia in opposizione con l'atto di nascita. Provati tali estremi, il figlio o chi per esso, nel caso che se ne contesti la legittimit�, � esonerato dall'obbligo di produrre l'atto di matrimonio dei genitori defunti, quale essenziale prova del suo asserito stato, ed anche da quello di provare l'impossibilit� di esibirlo, perch� ci� che nella specie ha valore fondamentale � il possesso di figlio legittimo in connessione con il possesso di stato di coniuge nei defunti genitori. Si � discusso sull'esatta portata dell'estremo relativo al possesso di stato di figlio legittimo, il quale non deve essere in opposizione con il suo atto di nascita e si � pervenuti, pur tra qualche incertezza, alla conclusione, la sola logica e possibile del� resto, che il legislatore non ha inteso richiedere che l'atto stesso non lo qualifichi affatto o ne indichi sernplicemente la nascita come avvenuta delle persone che si asserisce essere vissute come marito e moglie, senza che si possa dare la prova della C6lebrazione del loro matrimonio. Oonseguentemente il sostenere, ~ 154 come fa l'Amministrazione dello Stato, che l'art. 240 Codice civile presuppone che dall'atto di nascita il figlio risulti legittimo e che la norma sia diretta unicamente a rafforzare la presunzione di legittimit� scaturente dall'atto stesso � un fuor di litogo, perch� in tale ipotesi la questione non avrebbe ragione di essere e non sorgerebbe affatto. Ed invero, il legislatore non a caso e non senza una precisa ragione, ha richiesto non cc conformit� � del possesso d�i stato all'atto di nascita, nel caso di cui all'art. 240, ma solo che il possesso di stato non sia � in opposizione >> con l'atto medesimo, il che implica un concetto ed una conseguenza ben diversa, ove si tenga mente alla disposizione di cui all'art. 238 Codice civile secondo, salvo il caso di supposizione di parto o sostituzione di neonato, nessuno pu� reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo ed il possesso di stato conforme all'atto stesso; e parimenti non si pu� contestare la legittimit� di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita. Da ci� deriva la necessaria ed ovvia conseguenza della applicazione della disposizione dell'art. 240 sia alla ipotesi normale della figliolanza legittima, perch� nata in costanza di matrimonio, nel qual caso l'atto di nascita ne indicher� lo stato legittimo, che alla ipotesi della filiazione naturale legittima per susseguente matrimonio, nel qual caso, come � ovvio, l'atto di nascita del figlio denunzier� uno stato illegittimo del medesimo. Ed infatti, ci� che nella ipotesi in esame ha sostanzialmente rilievo non � l'atto di nascita in s� e per s�, ma la prova del possesso di stato di coniugi, concorrente con il possesso dello stato di figlio legittimo, e l'eccezione che a tale prova fa l'art. 240 vale anche per provare il matrimonio susseguente, quando da esso derivi la legittimit�. La difesa dell'Amministrazione dello Stato afferma la non applicabilit� dell'art. 240 alla filiazione legittima per susseguente matrimonio, perch� ritiene che con esso si voglia provate maternit� e paternit� legittima; se non che � evidente l'errore in cui essa � incorsa, perch� il titolo della filiazione legittima � sempre quello indicato nell'art. 236, e cio�, atto di nascita e possesso di stato, e la legge richiede la prova di possesso di stato di coniuge solo agli effetti della prova di matrimonio. Per tanto, come esattamente afferma il patrocinio degli appellanti, se il figlio, che � legittimo perch� legittimato, si trova, come nell'articolo 240, in condizione di non poter dare la prova della celebrazione con l'atto di matrimonio, il surrogato di questa prova dato dalla combinazione del possesso di stato di coniuge con il possesso di stato di figlio legittimo (perch� legittimato), deve valere, per la medesima ratio legis, anche per il figlio legittimato, dato che, quando la prova di paternit� e maternit� � gi� nell'atto di riconoscimento, alla prova della legittimit� non manca che la prova del matrimonio. Pertanto correttamente, come sopra si � accennato, i primi giudici affermarono che, essendo pacifica la morte di entrambi i genitori della B. L., e non essendo necessario che il preteso possesso di stato legittimo della stessa fosse conforme al suo atto di nascita, il punto cruciale della causa era la prova del possesso di �stato legittimo. Senonch�, essi dopo tal~ esatta premessa, non hanno ritenuto di potere ammettere tale prova, perch�, secondo il loro modo di vedere, pur ricorrendo nella specie tutti gli altri estremi voluti dalla legge, dagli atti, per�, apparivano elementi sufficienti per escludere che la B. L. avesse avuto il possesso dello stato legittimo. Di tale decisione si dolgono gli appellanti, .e la loro doglianza si ravvisa pienamente fondata. Ed invero, secondo la definizione che ne d� il legislatore all'art. 237 Codice civile il possesso di stato di figlio legittimo risulta da una serie di fatti, che, nel loro complesso, valgono a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere; dal che si deduce che il possesso di stato deve essere idoneo a provare non il mero rapporto di filiazione, ma il complessivo rapporto di parentela, caratteristico della filiazione legittima. Tale serie di fatti si riassumono in tre elemonti, che i trattatisti definiscono come: nomen, tractatus, fama, e cio�: che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere; che il padre l'abbia trattata come suo figlio ed abbia provveduto in q�esta qualit� al mantenimento, alla educazione ed al collocamento di essa; e che sia stato costantemente considerata come tale nei rapporti sociali e riconosciuta in detta qualit� dalla famiglia. Ora, nella specie, dal complesso dei fatti, quali emergono dai documenti diniessi in causa e dalle prove dedotte degli appellanti appariva verosimile la tesi che la de cuius avesse goduto del possesso di stato di figlia legittima e che i genitori di lei avessero vissuto pubblicamente come marito e moglie, onde la prova, a tal fine dedotta, andava ammessa. Ed invero, non potevano essere considerati elementi decisivi, atti ad escludere senza altro il suddetto possesso le circostanze, che da uno stato di famiglia prodotto dalla convenuta Amministrazione risultava che la L. B. era iscritta nei registri della popolazione di Verona, ultimo domicilio della famiglia, quale figlia naturale riconosciuta ed i genitori di lei rispettivamente qua.li celibe e nubile; che negli atti di morte dei genitori stessi figurasse ancora il loro stato celibe e nubile, e che nella domanda di successione di morte del padre, la B. L. si dichiarasse figlia naturale del medesimo. Infatti, vi sono in atti una serie di altri documenti prodotti dagli appellanti che affermano il contrario, come il foglio di iscrizione nei registri della popolazione del M unicipio di Verona, in data 18 maggio 19 2}, nel quale B. G. e T. R. sono qualificati come coniugi e la B. L. come loro .figlia, lo stato di famiglia dei medesimi, in cui il B. G. � dichiarato capo famiglia, la T. R. moglie e la B. L. figlia; carta di identit� e passaporto della B. L., dai quali questa appare figlia di B. G. e T. R., senza alcun riferimento al suo asserito stato di figlia naturale. Pertanto, la contradditoria ed incerta documentazione non poteva costituire fonte esclusiva di prova per denegare, senz'altro, che la B. L. avesse avuto il possesso di stato di figlia legittima e che i suoi genitori fossero pubblicamente viventi come marito e moglie. Ci� che nella specie era ed � rilevante agli effetti della dimostrazione del possesso d:i stato, non � una certificazione o qualificazione, pi� o meno �-�satta, fatta da un pubblico ufficio o dalla stessa parte, ignara della esatta terminologia in materia di stato, ma il complesso dei fatti, nei quali si integrano gli elementi del nomen, del tractatus e della fama; e questo complesso di fatti non pu� essere fornito se non dalla -155 viva voce dei testi, i quali abbiano avuto dimestichezza con la famiglia, a cui il figlio 'pretende di appartenere, e possono dire se e quali rapporti siano intercorsi tra genitori e figlio, quale la considerazione che se ne aveva nei rapporti sociali e nel parentado, e cos� via. Ed ugualmente dalla viva voce dei testi, in mancanza di una certificazione completa., era possibile apprendere se i genitori della L. avessero vissuto pubblicamente come rnarito e mogz.ie; tale essendo l'estremo richiesto dall'art. 240 Oodiee civile perch� sia dato la prova presuntiva del matrimonio, nella ipotesi disciplinata dal detto articolo. Pertanto, modificando la impugnata sentenza su tale capo, va ammessa la prova dedotta daJli appellanti sui capitoli all'uopo formulati, essendo essi pertinenti e concludenti, ed a tal fine, si dispone a parte, con analoga ordinanza. (Omissis). La surriportata sentenza � troppo importante perch� da parte nostra ci si possa esi�mere dal farla oggetto di qualche osservazione, bench� sia stata variamente gi� commentata in altre riviste (vedi: Orcu in �Giurisprudenza Italiana� 1953, I, 2, 221 e OONTURSI-I.JISI in� Le Oorti di Brescia e Venezia� 1952, p. 186 e segg.). Per rendere per� pi� comprensibile il nostro punto di vista, che si allontana da quello dei precedenti commentatori, sar� utile accennare brevemente alle circostanze di fatto che dettere luogo alla controversia. Nel 1903 nacque a Londra una bambina, Lina B., la, quale -a quanto pare -non venne mai denunciata agli Uffici dello stato civile. Si sa solo che nel 1908 venne �registrata � come figlia di G. B. cittadino italiano e R. T. cittadina inglese. Nell'atto di registrazione i genitori non si qualificarono sposati n� al nome della R. T. fu aggiunto la usuale locuzione in B., che, indica, anche in Inghilterra, una regolare unione matrimoniale. Successiva.mente la coppia si stabil� in Italia e convisse more uxorio: la bimba rimase presso i genitori che l'allevarono, la educarono e l'istruirono. Nel maggio del 1933 venne a morte G. B. nella sua citt� natale e nel 1937 mor� anche R. T.; infine, nel 1940 decedette, nitbile, la figliola Lina lasciando un discreto patrimonio immobiliare ereditato dal padre. I fratelli di G. B., reputandosi eredi legittimi, pre sentarono denuncia di successione, ma l'Ufficio del registro, rilev'ato che la de cuius in occasione della morte del padre aveva presentato denuncia di succes sione dichiarandosi � figlia unica naturale ricono� sciuta �, prese possesso del compendio ereditario a nome dello stato in forza dell'art. 586 Oodice civile. I pretesi eredi -contestato invano in sede ammi nistrativa il diritto dello stato a succedere alla loro pretesa nipote -lo convennero innanzi al Tribu nale di Venezia, dove, per la prima volta, sostennero che la de cuius doveva considerarsi non figlia natu rale riconosciuta di G. B. e R. T. ma figlia legittima, in quanto legittimata per susseguente matrimonio, assumendo che i genitori di essa si erano sposati a Londra prima di fare ritorno in Italia. Per�, esistendo allora lo stato di guerra tra Italia e Inghilterra si trovavano impossibilitati a produrre l'atto di cele brazione. Il giudizio venne perci� sospeso. Riassunto a guer.ra ultimata, gli attori -senza neppure darsi la pena di riferire quale esito avrebbero aviito le ricerche i�;;, Inghilterra -sostennero di non avere obbligo di produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori della de cuius essendo sufficiente dimostrare, al fine di adirne l'eredit�, che essa aveva goduto "del possesso di stato di figlia legittima. Per cui, invocando l'art. 240 del Oodice civile, chiesero l'ammissione di una prova per testi diretta ad acclarare: che la de cuius durante la vita aveva portato il nome del padre; che in famiglia era stata trattata come figlia legittima; che nelle relazioni sociali da tutti era stata ritenuta tale. Il Tribunale, dopo avere ordinato l'integrazione del giudizio con l'intervento del P.JJ.I. ritenendo che il presupposto della domanda costituisse azione di reclamo di stato decise la causa risolvendola in fatto. Ritenne cio� che dai documenti prodotti dalla Amministrazione resistente poteva tranquillamente escludersi la sussistenza di un matrimonio avvenuto all'estero tra i genitori della de cuius. Senonch� portata la vertenza in appello, la Oorte di Venezia con la sentenza che si annota and� in contrario avviso aflermado i seguenti principi: a) della prova ammessa dall'art. 240 Oodice civile per rivendicare la legittimit� della prole nata durante il matrimonio, pu� giovarsi anche la prole legittimata per susseguente matrimonio; b) alla stregua del suddetto articolo, deve rite nersi il possesso di stato di figlio non essere in oppo sizione con l'atto di nascita ogni qualvolta da tale atto risulti la maternit� e paternit� del figlio naturale. Noi ci permettiamo dissentire dal pensiero della Oorte Veneta. '" I) A parte la possibilit� o meno di estendere l'art. 240, creato come mezzo autonomo di prova per stabilire la legittimit� della prole nata durante il matrimonio alla prole legittimata poi per susseguente matrimonio -questione che esamineremo pi� avanti -va osservato che l'art. 240 intanto pu� avere applicaz'ione in quanto si discuta in giudizio esclusivamente della mancanza dell'atto della celebrazione di un matrimonio. La parola della legge appare sufficientemente chiara in codesto senso: � la legittimit� del figlio di due persone che hanno pubblicamente vi9suto come marito e moglie e sono morte ambedue non pu� essere co�ntestata per il solo motivo che manchi la pro va della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa legittimit� sia provata da un possesso di stato che non sia in opposizione con l'atto di nascita�. Ordunque, per potere fare ricorso alla prova di un possesso di stato di figlio legittimo � necessario -a nostro modo di vedere -che il giudizio verta semplicemente sull'assenza della prova della cele brazione. Oio� il figlio di due persone che vissero pubblicamente come marito e moglie a dimostrazione della sua legittimit� contestata non potendo produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei suoi geni tori, che, se non costituisce la prova determinante in materia costituisce certo la prova pi� qy,_alificata, pu� limitarsi a dimostrare di avere sempre goduta lo stato di figlio legittimo, purch� tale stato non risulti in contrasto o in � opposizione � come si esprime la legge, con l'atto di nascita. Ma da tutto ci� appare evidente che l'esistenza del matrimonio non deve essere messa in dubbio; pu� mancare, cio�, la prova -156 del fatto ma non si deve oontestare l' avvewimento del fatto. Ora, dal riassunto delle oiroostanze ohe dettero liwgo alla vertenza, si deduoe ohe la Pubblioa Ammini strazione oontestava, per l'appunto, l'esistenza del matrimonio tra i genitori della de cuius . .E fo oontestava: 1) peroh� nessuna annotazione del genere esisteva nei registri dell' U ff�oio dello stato oivile riguardanti gli atti del padre della de cuius oittadino italiano, vissuto e morto in Italia; 2) perch� non risultava ohe fossero state fatte le pubblicazioni di matrimonio richieste dall'art. 100 del Codice oivile del 1865 (115 Codice vigente) anohe per i matrimoni seguiti in paesi esteri; 3) peroh� il padre della de cuius era deoeduto celibe; 4) peroh� la madre della de cuius era morta nubile giusta le risultanze dei registri atti di morte rilasoiati dal oomune di residenza; 5) peroh� lo stato di famiglia proveniente dall'uff�oio anagrafioo oertifioava ohe G. B. era celibe, ohe la R. T. era nubile e la figlia seoo loro convivente era figlia naturale riconosciuta; 6) peroh� la madre della de cuius, oittadina inglese, non aveva mai assunto la oittadinanza italiana; 7) peroh� la stessa de cuius in atti pubblioi si era qualificata � figlia unica naturale riconosciuta�; 8) peroh� altre circostanze di non minor rilievo concorrevano a suffragare tale documentazione. A nostro� avviso, dunque, nella specie non poteva trovare applicazione l'art. 240 in quanto si disputava sull'avvenimento del matrimonio tra i genitori della de cuius e non soltanto sulla mancanza della prova di detto avvenimento. Se l'art. ff40 avesse la portata che in effetti vi ha dato la Corte Veneta conseguirebbe che, attraverso una semplice. ed equivoca prova testimoniale (equivoca, in quanto . il nomen, il tractatus e la fama sono attributi comuni tanto al figlio legittimo che a quello naturale riconosciuto) si verrebbe indirettamente a dare la prova di un matrimonio la cui esis.enza forma oggetto di contestazione giitdiziale. S enonch� tale estensione contrasta nettamente con l'art. 130 del Codice civile, il quale sanoisoe che il possesso di stato, qitantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa, per reolamare il titolo di coniuge, dal presentare l'atto di celebrazione del matrimonio. Non riusciamo a vedere come sia possibile ammettere che al figlio di due persone, ohe abbiano convissuto come marito e moglie, la legge abbia oonf erito il potere di ricorrere ad una prova indiretta che il Codice nega invece categoricamente agli interessati. Peroh� mai, morti costoro, l'art. 130 dovrebbe perdere di valore e la prova dell'esistenza del matrimonio dovrebbe potersi dare con un mezzo ritenuto inidoneo durante la vita dei coniugi? Tutto oi� �, quanto meno, contrario ad ogni ben ordinato sistema giuridico. La portata dell'art. 240 deve essere quindi -a nostro avviso -pi� limitata. Condizione inderoga bile per avvalersene � che la contestazione cada sulla semplice (per il solo motivo, dice la legge) mancanza della prova solenne del matrimonio (atto di cele brazione) senza ohe per altro non se ne contesti l'esi stenza. In altri termini, ohi reclami la qualit� di figlio legittimo e non possa produrre l'atto di cele brazione del matrimonio dei propri genitori (pur esibendo tutti gli altri atti dello stato civile che tale celebrazione facciano supporre, ma che per altro non bastano attribuirgli la legittimit�, peroh�, in mancanza dell'atto di celebrazione � impossibile stabilire se egli sia veramente nato durante il matrimonio), pu� fare rioorso all'art. 240 ohe gli consente di provare attraverso un possesso dj stato non d.ifforme dall'atto di nascita, ohe egli � veramente nato legittimo peroh� come tale venne denunoiato nello stato civile. JJ:fa quando nella controversia si impugni il presupposto della legittimit�, cio� l'esistenza del matrimonio o di un matrimonio valido e regolare -il solo fatto giuridico realmente produttore di determinati effetti ebbene in tal caso non pu� giovargli l'art. 240. � nece~sario ohe produoa l'atto di celebrazione. � Pu� manoare la prova -scrive il BU'.l'ERA (Codice civile, commento, vol. I, p. 324 -che il matrimonio sia celebrato; ma essa si distingue dal fatto della celebrazione. Non defi,cit jus, sed probatio �. II) Comunque, se l'art. 240 giova al figlio ohe reclami la legittimit� non pu� tale norma -a nostro avviso -estendersi in favare del figlio che assuma di essere legittimato per susseguente matrimonio. Ad esludere simile estensione basta tener presente la oollooazione ohe ha nel Codioe penale l'art. 240. Esso � posto nella sezione II del capo I del titolo VII ohe riguardano esolusivamente la filiazione legittima e le sue prove. La sezione II a oui appartiene l'articolo 240 si intitola per l'appunto � delle prove della filiazione legittima �. La collocazione in questo caso, come in molti altri, se non pu� ritenersi argomento risolutivo, oostituisoe tuttavia elemento interpretativo di somma importanza.. Il nostro Codice oivile, in ordine ai diritti delle persone e della famiglia, disciplina i singoli istituti separatamente e, per quanto concerne le prove, le indica istituto per istituto. Alloroh� tratta del matrimonio dedica una intera sezione alle prove della sua celebrazione (articoli 130, 131, 132 e 133); allorch� tratta della filiazione legittima vi dedica un'altra intera sezione (dall' articolo 236 all'art. 243); alloroh� tratta della filiazione illegittima dedica alle prove di questa tutt'intero l'artioolo 270. Il legislatore sembra voler mantenere ben distinti gli istituti e i singoli sistemi di prove ad essi relativi. L'interprete non pu�, a suo piaoimento, trasportare un sistema di prove concepito per un istituto nell'ambito di un altro istituto, peroh� quel sistema di prove aderisoe soltanto a quell'istituto per cui � stato oonoepito. A nohe per la legittimazione il legislatore ha indicato -sia pure concettualmente -le prove che si devono proditrre da colui ohe pretende di ottenere il riconoscimento di figlio legittimato. A ben considerare l'art. 290 � d'uopo riconoscere ohe deve produrre l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori o il decreto del Capo dello Stato ohe tale qualit� gli attribuisce. Infatti tale articolo � testualmente cos� concepito: la legittimazione �avviene per sitsseguente matrimonio contratto dai genitori del figlio naturale o por decreto reale�. Ora, appare chiaro che se la legittimazionv <r-av= viene � per susseguente matrimonio o per decreto colui il quale reclama lo stato di figlio legittimo deve dimostrare che i suoi genitori hanno �contratto � veramente il matrimonio o ohe nei suoi oonfronti venne pronunciato il decreto. F :f R. &iLlll LM W''\ilL ,A@ &4& =='ram:&! i=llitEillfil22 Rillr-E;m,; -157 In altri termini, deve produtte il titolo dal quale intende trarre i reclamati effetti anche al fine di stabilire la decorrenza di essi ai sensi dell'art. 283. Tale titolo non solo deve esistere, nella sua materialit� documentale, ma deve essere valido ed idoneo, giacch� appare ovvio che se il matrimonio fosse invalido o .il decreto nullo nessun effetto potrebbe scaturirne: quod nullum est nullum parit effectum. In altre parole, colui che reclama la legittimazione per susseguente matrimonio o per decreto del Oapo dello Stato si trova nella identica situazione di colui che reclama lo stato di figlio adottivo. � difficilmente configurabile la possibilit� di ottenere la dichiarazione di filiazione adottiva senza la produzione dell'atto di adozione. Non dissimile �, d'altra parte, la situazione del figlio naturale ricosciuto. Secondo l'art. 254 �il riconoscimento del figlio naturale � fatto nell'atto di nascita, oppure con apposita dichiarazione posteriore alla nascita o concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un altro atto pubblico o in un testamento qualunque sia la forma di esso >>. Solo gli atti contenenti codeste dichiarazioni servono allo scopo, perch� costituiscono i titoli indispensabili per ottenere il riconoscimento della qualit� reclamata. Senza la produzione di essi, il diritto non pu� essere dimostrato attraverso prove che il legislatore previde e ammise per altri casi. � ben strano che si debba chiedere l'atto di adozione e l'atto di riconoscimento a coloro che reclamano la qualit� di figlio adottivo o di figlio naturale riconosciuto e non si debba richiedere il decreto di legittimazione o l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori a colui che reclama la qualit� di figlio legittimato. Senza la possibilit� di apprezzare convenientemente la validit� e la efficacia dei titoli da cui dovrebbe derivare il diritto, non si pu� -a nostro avviso -in questa delicata materia, nella quale la legge esige pi� che la prova documentale addirittura la prova solenne, addivenire a dichiarazioni di diritto. III) Da tutto ci� deriva che la Corte si allontana dall'armonico e logico sistema probatorio che, in ordine di diritti personali, ha concepito e realizzato il legislatore quando afferma che l'art. 240 costituisce deroga all'art. 130. Gli articoli 130 e 240 appaiono, invece, affatto interdipendenti e si riferiscono ad istituti diversi. In ogni modo, essendo, in materia di interpretazione delle leggi, vigente il principio che la norma di eccezione non pu� trovare applicazione al di fuori del caso previsto, la sentenza pecca quanto meno di coerenza allorquando estende un'eccezione, che ritiene prevista per la prole legittima, alla prole legittimata per susseguente matrimonio. Ove si accettasse il concetto della sentenza, poggiato sul presupposto della eadem ratio legis, la disposizione potrebbe venire estesa anche alla filiazione adottiva che gode in fondo degli stessi diritti della prole legittima. Il che ci appare �addirittura assurdo. Ma -secondo noi -la estensione non � ammis sibile per una considerazione ben pi� essenziale: la diversit� della sit16azione in cui si trova la prole legittima e la prole legittimata. La prole legitti1nata � nata durante il matrimonio mentre la prole legittimata � nata fuori del matri 'monio. Diversit� di origine che non pu� mancare di avere conseguenze giuridiche se � vero che ex facto oritur jus. Per chiarire il nostro pensiero ci si consenta di .richiamare in materia i concetti pi� elementari. Oome la esistenza delle persone giuridiche si prova mediante la produzione degli atti di costituzione e di fondazione, cos� la esistenza delle persone fisiche si prova mediante la p1�oduzione dell'atto di nascita, il quale attribuisce ad ogni persona lo stato civile nel quale nacque e col quale fu denunciato. L'atto di nascita del figlio legittimo � prova della sua legittimit� (art. 236 Codice civile). E ne � prova in quanto indica la madre che lo gener�, il giorno e l'ora del parto, la persona cui la donna era legata in matrimonio. Tale prova, essendo derivata da dichiarazioni fatte innanzi ad un pubblico ufficiale, non pu� evidente mente essere assoluta. L'atto di nascita perci� costi tuisce non una prova certa ma una presunzione che pu� essere impugnata da chi vi abbia interossee e vinta da prova contraria. N � la produzione del l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori fatta dal figlio, di cui � contestata la legittimit�, vale a far divenire prova assoluta la suddetta presunzione. Perch� ci� possa accadere la legge richiede un ulte riore elemento: l'esistenza di 16n possesso di stato di figlio conforme all'atto di nascita (art. 2,18). Quando concorra codesto secondo estremo contro la presunzione scaturente dall'atto di nascita non pu� muoversi impugnativa n� dal figlio reclamando uno stato contrario n� dai genitori o da altri per negare la legittimit� (conf. DE RUGGERO: Istruzioni, vol. II, pp. 634-635). Ordunque, la prova della legittimit� poggia su due pilastri: l'atto di nascita che � la prova primordiale e che costituisce l'elemento essenziale e il possesso di stato di figlio legittimo che � la prova di un fatto esistito ed esistente che conporta la prova documentale ed originaria. Quando entrambi i genitori sono morti, questo sistema rigoroso, in sostanza, non cambia in nulla. La prova della legittimit� deve essere egualmente fornita mediante la produzione 'dell'atto di nascita e la prova dell'esistenza di un corrispondente possesso di stato di figlio legittimo. L'art. 240 si limita in fondo ad . esonerare il figlio dall'esibire l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori (la legittimit�... � non pu� essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio JJ). Ma quando mai la produzione dell'atto di celebrazione � servita a rendere assoluta la presunzione semplice derivante dall'atto di nascita? La produzione dell'atto di matrimonio non ha mai avuto in materia un valore decisivo. La legge riconosce valore decisivo a tale produzione soltanto in tema di reclamo di titolo di coniuge. Se, dunque, Vatto di nascita � elemento essenziale per reclamare la legittimit� del figli('); allor ch� questa venga imputata, a noi sembra grave conce- pire che la norma dell'art. 240 possa estendersi alla prole legittimata per susseguente matrimonio perch� l'atto di nascita di tale prole non pu� essere conforme al possesso di stato. N� pu� avere rilievo il fatto che nell'atto _di nascita esistano le generalit� del padre P?Z???� � :::mg;:: P?Z???� � :::mg;:: -158 e della madre. Un atto con tale contenuto potr� assumere il valore di atti di riconoscimento di figlio naturale; ma. itn atto di riconoscimento di figlio naturale non basta a conciliare le risultanze del possesso di stato di cui all'art. 240 con l'atto di nascita. Il possesso di stato, infatti, � diretto non a dimostrare la qualit� di figlio naturale riconosciuto, ma a provare la qualit� di figlio legittimo. Insomma, ove si voglia in questa materia veramente considerare alla stessa stregua la prole legittima e quella legittimata � necessario che le rispettive prove assurnano l'identico valore giuridico. Oosicch� come per il figlio legittimo � richiesto che il possesso di stato corrisponda all'atto di nascita, cos� per il figlio che si dichiara legittimato deve richiedersi un possesso di stato corrispondente all'atto di nascita. Ma ci� non potr� verificarsi che in un solo caso: che nell'atto di nascita esista gi� una annotazione che certifichi dell'avvenuta legittimazione per susseguente matrimonio. Soltanto a questa condizione potremmo, ritenere accettabile quelV analogia di situazione che la sentenza ha inteso stabilire nel caso deciso. IV) A questo proposito la sentenza annotata fa due osservazioni. La prima � questa: che se la legittimit� risultasse dall'atto di nascita �la questione non avrebbe ragione di essere e non sorgerebbe affatto � e la seconda � che � il legislatore non a caso e non senza una precisa ragione, ha richiesto non la con formit� del possesso di stato all'atto di nascita, nel caso di cui all'art. 240, ma solo che il possesso di stato non sia in opposizione con l'atto medesimo, il che implica un concetto ed una conseguenza ben diversi�. Oirca il primo punto, abbiamo visto quanto erroneo sia l'assunto della Oorte la quale ha evidentemente dimenticato che l'atto di nascita, pur rafforzato dall'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori non costituisce mai una prova assoluta, ma continua a rimanere una semplice presunzione impugnabile e vincibile da prova contraria; circa il secondo punto la sentenza non dimostra in che consista la differenza lessicale e logica della locuzione conforme all'atto di nascita e non in opposizione all'atto di nascita n� quali siano i concetti e le conseguenze che derivano dall'uso distinto delle due locuzioni. Noi in verit� non sappiamo vedere una apprezzabile differenza tra i due modi di esprimersi usati dal legislatore nell'art. 238 e nell'art. 240. � conforme ci� che non � opposizione; � in opposizione tutto ci� che � dissimile, contrario, contraddicente ad una determinata cosa. Il verbo opporre, opporsi, indica precisamente il concetto del respingere e nel negare. La dottrina tra i due termini non ha avvertito alcuna differenza. Il D'AMELIO, commentando l'art. 240, scrive: � con tale articolo si rafforza la presunzione di leggittimit� derivante� da un atto di nascita conforme al possesso di stato, presumendosi che essa debba rimanere ferma anche se manchi la prova della celebrazione del matrimonio dei loro genitori� (Commento al Codice civile, vol. I: Persone e Famiglia). E il TRABuccm a sua volta dice: � il possesso di stato, come si � accennato, non � rilevante di fronte ad un diverso atto di nascita; ne convalida invece il contanuto quando sia ad esso conforme � (Istituzioni, p. 238). Ma il bello � che lo stesso legislatore -come bene ha rilevato la Oonttbrsi-Lisi nella nota surrichiamata -non ha dato cneppure aJcitn peso alle due forme d'espressione. Si legge infatti nella Relazione al Re: � la norma contempla il caso in cui vi sia conformit� dell'atto di nascita col possesso di stato ma faccia difetto il titolo fondamentale su cui la legittimit� riposa, cio� l'atto comprovante il matrimonio tra i genitori ... >> (p. 133). Oome si vede, non esistendo ness1bna sostanziale differenza tra le espressioni � conforme all'atto di nascita >> e cc non in opposizione con l'atto di nascita >> da esse non possono discendere cc concetti >> e cc conseguenze>> ben diversi, che d'altronde la sentenza, dopo la generica enunciazione, non indica in nessuna maniera. Se, dunque, il possesso di stato, sia nel caso dello art. '238 sia nel caso dell'art. 240, deve essere conforme all'atto di nascita o non difforme da esso o non in opposizione con esso, come meglio piaccia dire, la norma contenuta nell'art. 240 non pu� -come si � detto -estendersi ai casi in cui l'atto di nascita deve essere necessariamente discordante con il possesso di stato. Si pu� allevare, istruire, educare come figlio legittimo anche un figlio naturale il quale a buon diritto porta il nome del padre quando � stato riconosciuto. Ma la legge non vuole confusioni: la legge a nostro avviso non ha inteso porre sullo stesso piano la prole legittima e quella legittimata, perch� non esiste in materia la possibilit� di identificarle. La prole legittimata gode s� degli stessi diritti della prole legittima, ma non potr� mai annullare il fatto di essere nata fuori del matrimonio, prima che questo venisse celebrato. E quante creature ricono sciute come legittime per susseguente matrimonio non sono figli di entrambi i genitori! Concludendo, a noi sembra che il legislatore abbia inteso costruire il seguente sistema: l'atto di nascita dal quale scaturisca la legittimit� di una persona � impugnabile da chi vi abbia interesse. Ma allor quando il figlio abbia un possesso di stato conforme all'atto di nascita nessuno pu� impugnare tale atto. L'art. 240 come l'art. 238 ha in sostanza carattere meramente preclusivo allo scopo di rendere certo ci� che per sua natura � incerto. L'interprete che si allontani da questo sistema rischia di <freare maggiori incertezze e di incorrere in errori che possono essere fatali. A. Dr FILIPPO IMPOSTA DI R. M. -Azione giudiziaria -Decadenza: decorrenza, termine a quo. (Tribunale di An� cona, Sent. 27 maggio 1953 -Pres.: Ritelli; Est.: Capriolo -Azienda Elettrica Macerata c. Finanze Stato). I. Il termine di mesi sei previsto dall'art. 53 del T.U. approvato con R.D. 24 agosto 1877, n. 4021, � di decadenza e pertanto pu� essere eccepito in ogni stato e grado del giudizio, essendo rilevabile anche di ufficio, perch� relativo a materia sottratta alla disponibilit� delle parti (2968 e segg. -O.e~). II. Tale termine comincia a decorrere dal primo giorno della pubblicazione dei ruoli, prevista dall'art. 24 T.U. n. 1408 dell'anno 1922 per la riscossione delle imposte dirette e non dall'ultimo. -159 1) La prima massima � cos� ovvia che superfluo appare ogni commento: infatti che il termine sia di decadenza e non di prescrizione � questione pacifica nella giurisprudenza della Suprema Corte, nonostante la espressione letterale dell'art. 53 T. U. n. 4021 del 1877; importanti applicazioni del principio sono contenute in sentenza 13 febbraio 1941 in �Foro It. �, 1941, I, 863; 17 marzo 1943 �Foro Trib.�, 1943, 76 nella quali fu esattamente ritenuto che il termine in questione non � suscettibile di sospensione o interruzione. 2) Pi� delicata appare invece la seconda questione che, per quanto risulta, non ha precedenti in giurisprudenza. Come noto, il termine per adire l'.A.G. in materia di redditi di R.M. � di mesi sei decorrenti dalla pubblicazione dei ruoli, o, se questa non sia ancora avvenuta, dalla decisione amministrativa definitiva. Per l'art. 24 del T. U. n. 1401 del 1922 sulla riscossione imposte dirette (1) il ruolo deve essere pubblicato per cinque giorni; �ed allora sorge la questione di cui in sentenza e cio� il dies a quo di decorrenza del termine summenzionato � il primo o l'ultimo giorno ? Il Tribunale di Ancona aderendo alla tesi avanzata dall'Avvocatura di Ancona ha accolto la prima ipotesi, ed a nostro parere esatta mente in quanto molteplici considerazioni sorreggono una tale interpretazione. Dalla letterale interpretazione della dizione della legge (art. 53 citato e 120 regolamento n. 660del1907) � dal giorno della pubblicazione � deve dedursi che presupposto essenziale perch� decorra il termine in questione, � la sussistenza della <e pitbblicazione �, il che si verifica sin dal primo giorno. Data la dizione predetta sarebbe invero strano che giorno della pubbli cazione dovesse essere il quinto e non anche il primo giorno; l'art. 24 T. U. sulla riscossione si esprime nel senso che cc la pubblicazione � fatta per cinque giorni consecutivi � e questa deve intendersi pertanto messa in essere gi� col primo giorno, anche se deve essere ripetuta per altri quattro per precetto di legge. Il cittadino sin dal primo giorno � messo in condi zione di conoscere il contenuto del ruolo ed esperire i rimedi di legge, e se anche egli ne prenda visione nell'ultimo, ha ancora a sua disposizione 5 mesi e 25 giorni. Del resto tale disposizione va messa in correla zione col precetto dell'art. 6 sul contributo ammini strativo, secondo il quale non si pu� in subiecta materia esperire l'azione giudiziaria prima della pubblicazione dei ruoli. Ora poich� non si dubita che la domanda giudiziaria sia ben proposta anche se nel primo giorno dell'esposizione dei ruoli, sussi stendo quella cc pubblicazione � che la legge richiede come presupposto giurisdizionale, non si pu�, per contrario, ai fini della decorrenza del termine di decadenza relativo alla stessa azione ritenere che <e il giorno � della pubblicazione non sia quello stesso, in cui � ritenuto sussistente il presupposto previsto dal citato art. 6: la diversa interpretazione alla stessa espressione sarebbe ingiustificata, e in effetti si verificherebbe che il termine di decadenza verrebbe ad (1) Sostitutivo dell'art. 24 legge 29 giugno 1902, n. 281, che prevedeva anche la pubblicazione del ruolo per diversi giorni. essere di mesi sei e giorni cinque e non di soli mesi sei come dalla legge previsto. Inoltre � ancora da rilevare che nello stesso regolamento del 1907 e precisamente nell art. 115 il legislatore a proposito del ricorso dell'Intendente ha specificato in relazione all art. 52 della legge, che il termine decorre dall'ultimo giorno della pubblicazione dei ruoli, mentre il successivo art. 120 (a proposito del ricorso giudiziario) in relazione all'art. 5 3 della legge, non contiene simile specificazione. N� pu� sostenersi che, avendo il legislatore chiarito con l'art. 115 citata la dizione dell'art. 52, l'interpretazione debba adottarsi anche in relazione all'art. 53, in quanto si pu� obiettare che nel primo (art. 52) si adopera lo espressione �dalla pubblicazione � diversa perci� dall'altra pi� volte menzionata e adoperata nell'art. 53 (dal giorno della pubblicazione). Ed infatti mentre con la formula generica cc dalla pubblicazione � � possibile ritenere che siasi avuto riguardo all'intero ciclo della pubblicazione, il che per� si � dovuto precisare nel citato art. 115 Reg., non cos� per l'altra adottata nell'art. 53, ed infatti, � mancata nel relativo art. 120 Reg. quella specificazione, contenuta invece nel citato 115. Pertanto riteniamo che la sentenza del Tribunale di Ancona abbia correttamente interpretato la legge. TOM. IMPOSTA DI REGISTRO -Atti da registrarsi in caso d'uso, solidariet� -Ingiunzione, fondatezza della pretesa per motivi diversi, ammissibilit� -Legge 19 luglio 1941, n. 771, fornitura di cose costituenti l'ordinaria produzione industriale del fornitore, vendita e non appalto -Art. 148 legge di registro, assegnazione di termine a comparire superiore a 90 giorni, irrilevanza. (Tribunale di Roma, Sez. I, 12 gennaio-14 marzo 1953 -Pres.: Capitolo; Est.: Tamburrino -Mugnai c. Finanza). La produzione in giudizio di un contratto da registrarsi in caso d'uso obbliga non solo la parte, che lo produce o ne fa uso, ma anche l'altro contraente e vincolo di solidariet� al pagamento dell'imposta di registro dovuta in via principale o suppletiva. L'Amministrazione finanziaria opposta pu� sostenere in giudizio la fondatezza della pretesa tributaria anche per motivi diversi da quelli dedotti nella ingiunzione, purch� non s'immutino o s'innovino gli elementi sostanziali ed identificatori del rapporto tributario (soggetti, specie del tributo o dell'atto che colpisce) e la specificazione dei motivi diversi sia stata ritualmente dedotta nella prima difesa del giudizio di opposizione. Nell'applicazione della legge 19 luglio 1941, n. 771, il criterio dell'ordinaria produzione, di cui al V comma delPart. 1, prevale sull'altro temporale della produzione delle cose dopo la stipulazione del contratto, di cui al precedente III�comma, e, pertanto, la fornitura di cose, che costituisconooggetto dell'ordinaria produzione del fornitore, deve in ogni caso considerarsi vendita ai fini tributari. Ai sensi dell'art. 148 T.U. leggi di registro l'Amministrazione non pu� essere condannata alle spese se la domanda giudiziale sia proposta W3TR??4 W3TR??4 -160 prima del decorso di 90 giorni dalla presentazione del ricorso in via amministrativa, a nulla rilevando che nell'atto di citazione in opposizione sia assegnato un termine di comparizione superiore a 90 giorni. Aderiamo pienamente alla prima e quarta massima. In ordine alla seconda non possiamo astenerci dal fare delle riserve sulla necessit� che la modificazione dei motivi sia dedotta nella prima comparsa di risposta. L'opposizione ad ingiunzione instaura un giudizio esecutivo, col quale la parte contesta all'Amministrazione il diritto di procedere ad esecuzione forzata. Ma quando l'opposizione investa la. pretesa tributaria nel merito, negandola, l'amministrazione, convenuta per sentir dichiarare non dovuto il tributo, pu� sostenere la fondatezza con ogni ordine di motivi, purch� resti fermo il suo ammontare, la sua natura e l'atto cui si riferisce. In questa difesa del proprio credito la legge non prevede alcuna preclusione, la ulteriore specificazione o innovazione dei motivi non costituendo un mutamento della causa petendi e tanto meno del petitum, che rimane fermo. Non possiamo aderirec, invece, alla terza massirna. La prevalenza del criterio dell'ordinaria produzione su quello del rapporto fra il costo della mano d'opera e il valore del materiale fornito ci sembra evidente; notevoli perplessit�, invece, sussistono per la prevalenza del predetto criterio della produzione ordinaria anche sull'altro temporale, della produzione delle cose fornite anteriormente al contratto. Il V comma dell'art. 1, �nfatti, qualifica vendita la fornitura di cose che costituiscono l'ordinaria produzione di una ditta, qualunque sia il valore delle materie. Con tale espressione ci sembra che la legge abbia inteso derogare, col V comma soltanto al criterio del valore, di cui al precedente III comma, e non anche a quello temporale. G. G. SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDE.NZA L'ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO LA COSTITUZIONE. Gli articoli 31 e 37 della Costituzione (difesa della famiglia parit� di diritti della donna) sono stati ritenuti di solo carattere programmatico (Cons. Stato, 16 maggio 1952. �Foro Amm. �, 1952, I, II, 200). Non si sono ritenute esercitabili dopo l'entrata in vigore della Costituzione le deleghe legislative rilasciate sotto lo Statuto Albertino (Cons. Stato, 26 aprile 1952. �Foro Amm. �, 1952, I, II, 194). Il potere ordinatorio prefettizio di che all'art. 2 T. U. legge P. S. (casi di urgenza e di grave necessit� pubblica) � stato ritenuto non abrogato dalla Costituzione (Cons. Stato, 27 giugno 1952. �Foro Amm. ))' 1952, I, I, 213). Sull'accertamento della costituzionalit� di una legge si � ritenuto che il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Siciliana pu� accertare incidenter tantum la costituzionalit� di una legge regionale ancorch� non impugnata dal Commissario dello Stato (Corte G�ust. amm. Reg. Sic., 26 luglio 1952. cc Dir. Pubbl. Reg. Sic. �, 1952, 122). RAPPORTI FRA STATO E REGIONI. Si � ritenuta costituzionale la legge regionale siciliana che ammette esenzioni tributarie per le imprese armatoriali, in quanto tali esenzioni sarebbero localizzate (A. C. Reg. Sic., 14 febbraio 1953. cc Foro It. ))' 1953, I, 465 con nota del ministro Cappa). Sul tema stesso il dott. ENZO VIGNOLA ha scritto la nota Osservazioni in tema di potest� legislativa regionale (<c Foro Padano))' 1953, IV, 105) e il dott. ANTONINO PENSOVECCmo LI CAUSI la nota Competenza legislativa esclusjva della Regione ed efficacia delle leggi statali (cc Dir. Pubbl. Reg. Sic. ))' 1952, 81). L'ATTRIBUZIONE AMMINISTRATIVA ESCLUSIVA. � stato ritenuto discrezionale e perci� sottratto al sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria il potere di vietare riunioni anche in luogo aperto al pubblico (Trib. Mila.no, 25 marzo 1953. cc Foro Padano))' 1953, IV, 69). Il prof. GIUSEPPE GUARINO ha scritto la nota Sul �carattere discreziono,le dei regolamenti (cc Foro It. ))' 1953, I, 536). CONFLITTI DI GIURISDIZIONE. Si � ritenuto che se la legge ricollega a condizioni di fatto effetti sostanziali e l'attribuzione della cognizione a un determinato giudice e questi deve esaminare la sussistenza di tali condizioni, insorge una questione di giurisdizione (Corte Cass. S. U., 25 marzo 1953. �Foro Padano�, 1953, I, 474). L'ATTIVIT� , DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -ASPETTO FORMALE. ATTO AMMINISTRATIVO. Si � ritenuto che nel ricorso gerarchico improprio a differenza che per quello proprio, l'autorit� superiore adita non possa annullare o revocare una propria decisione (Cons. Stato, 22 marzo 1952. cc Foro Amm. �, 1952, I, II, 172); che l'assegnazione e la cessione a privati di merci estere fornite allo Stato da Governi alleati siano atti amministrativi insindacabili anche per quanto riguarda la determinazione del prezzo (Corte App. Milano, 18 aprile 1953. cc Foro Padano ))' 1935, I, 620 con nota del prof. De Valles); che sia insindacabile dall'Autorit� giudiziaria ordinaria anche solo ai f�,ni di verifi.care se esista una culpa in contrahendo, il motivo per cui la Pubblica .Amministrazione non abbia provveduto ad emanare l'atto amministrativo formale che impegni la sua volont� in un contratto (Trib. Verbania, 30 ottobre 1952. �Foro Padano))' 1953, I, 529 con nota del dott. Salvi). Sul tema della retroattivit� degli atti amministrativi il dott. I. M. AUBY ha scritto lo studio: L'incomp�tence ratione temporis -Recherches sur l'application des actes admip,istratifs dans le temps (� R�vue Droit Public et Se. Polit. ))' 1953, 6). RICORSI. Si � ritenuto che la decisione del Collegio centrale arbitrale nel procedimento per il trasferimento di beni all'Opera Nazionale Combattenti --sia di natura amministrativa (Corte Cass., 4 maggio 1953. <c Foro It. ))' 1953, I, 779 con nota). Circa gli effetti del giudicato amministrativo si � ritenuto che se il Consiglio di Stato pu� in sede di esecuzione di un proprio giudicato di annulla -162 mento del licenziamento di un impiegato disporre la riassunzione dell'impiegato alla data del licenziamento, non possa per� ricostruirne la carriera o condannare l'Amministrazione al pag�m.ento delle retribuzioni arretrate (Cons. Stato, 5 febbraio 1952. �Foro .Am.m. �, 1952, I, III, 228); che il Consiglio di Stato possa in sede di esecuzione di un proprio giudicato di annullamento di una ordinanza del col�lID.issario liquidatore degli usi civici, sostituirsi allo stesso e dichiarare la legittimazione dell'interessato nel possesso del terreno (Cons. Stato, 24 marzo 1952. �Foro .Am.m. n, 1952, I, III, 332); che inf�.ne la Pubblica .Amministrazione debba provvedere per l'esecuzione di un giudicato amministrativo senza poter eccepire gravi ragioni di pubblico generale interesse, e sulla doglianza per mancata esecuzione provvede il Consiglio di Stato in Oam.era di Consiglio (Cons. Stato, 3 luglio 1942. <<Foro Ital. n, 1953, III, 97; confr. anche articolo avv. Guglielm.i in questa Rassegna 1953, n. 1). ASPETTO SOSTANZIALE ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. Si � ritenuta inammissibile l'azione di rescissione per lesione di un accordo sull'ammontare dell'in dennit�, accordo che non ha la natura del contratto di diritto privato (Trib. L'Aquila, 29 ottobre 1952, �Riv. Giust. Abruzz. �, 1953, 58); che l'opposi zione a stima proposta a giudice incompetente ha effetto conservativo (Trib. Sup. A.A. PP., 17 giugno 1952. <<Foro A:tnm. ,,, 1952, II, II, 17) e che il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 46 legge espropriazione p. u. � debito di valore e rivalutabile (stessa sentenza, Corte Cass., 8 aprile 1952. <<Acque Bon. Costr. n, 1952, 523 con nota del prof. Vara nese; Corte App. Firenze, 20 febbraio 1953, � Giuspr. Toscana >,, 1953, 127). Quest'ultima decisione ha confermato che la responsabilit� ex art. 46 legge espropriazione p. u. prescinde da ogni indagine sulla colpa. La competenza nelle controversie su un prov vedimento di espropriazione nell'esecuzione di opere attinenti alla utilizzazione delle acque pubbliche, � stata ritenuta spettante al Trib. Sup. A.A. PP. (Cons. Stato, 31 marzo 1952. �Foro Am.m.. n, 1952, I, III, 345). In tema di provvedimenti di urgenza si � rite nuto che l'occupazione temporanea d'urgenza non debba essere preceduta dalla pubblicazione della domanda di dichiarazione di pubblica utilit� e dal deposito del piano esecutivo (Trib. Sup. A.A. PP., 1� dicembre 1952. << Mon. Trib.,,, 1953, 157); e che l'illegittimit� della protrazione ultrabiennale delle dette occupazioni ancorch� con carattere di defi.nitivit�, non � esclusa dall'essere in corso la regolare procedura di esproprio (Corte App. Catanzaro, 3 marzo 1953. �1Mon. Trib. n, 1953, 137). Si � ritenuto com.petente l'Autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere della controversia che in volge il diniego del diritto di espropriazione stante la soppressione dell'ente benefi.ciario (Corte Cass., 6 giugno 1952. <<Foro Am.m. n, 1952, II, I, 116). TRASPORTI. Non si sono ritenuti invocabili i diritti preferenziali di cui alla legge n. 1822 del 1939 nelle sostituzioni di linee ferroviarie con servizi automobilistici attuate con la legge n. 1575 �del 1931 (Oons. Stato, 19 febbraio 1952. <<Foro .Am.m.. n, 1952, I, III, 299). Il dott. VITTORIO MEZZATESTA ha scritto: In tema di concessione provvisoria di autolinee. Diniego di proroga, decadenza e revoca (Foro Amm., 1952, I, I, 200). TELECOMUNICAZIONI. Si � ritenuto che il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni possa emettere la dichiarazione di pubblica utilit� per la costruzione delle centrali telefoniche senza le formalit� di cui agli articoli 3 e 4 legge espropriazione p. u. e che tale costruzione, .in un grande centro, riveste i requisiti dell'urgenza ed indifferibilit� (Cons. Stato, 25 febbraio 1952. �Foro .Am.m. ll, 1952, I, III, 313). ATTIVIT� NEGOZIALE APPALTI E FORNITURE. Il Consiglio di Stato si � dichiarato incompetente nelle controversie relative a contratti di fornitura riguardanti revisione o applicazione di patti contrattuali che non com.portano esercizio di discrezionalit� amministrativa (Cons. Stato, 14 marzo 1952. <<Foro Am.m.. n, 1952, I, I, 135). RESPONSABILIT� DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE RESPONSABILIT� DI DIRITTO PUBBLICO. Si � ritenuto che la responsabilit� per danni deri vanti dall'esercizio e manutenzione dell'opera pub blica incomba sul Com.une che ne sia titolare, anche se i danni si asseriscano imputabili a cattiva esecu zione tecnica da parte dell' .Amministrazione dei lavori pubblici (Corte App. Rom.a, 27 marzo 1953. �Foro It. n, 1953, .I, 862 con nota). In tema di danni subiti dai propri dipendenti a causa o in occasione di servizio, vigente il R.D. nu mero 313 del 1936 si � ritenuta improponibile la istanza di risarcimento di danni per colpa delPAm. m.inistrazione per morte avvenuta in servizio an corch� il dipendente com.e operaio sussidiario abbia avuto diritto al solo trattamento assicurativo (Corte App. Napoli, 24 novembre 1952. �Dir. e Giur. '' 1953, 141). Si � peraltro ritenuto che il provvedimento della Amministrazione che rigetti l'istanza di pensione privilegiata per mancato collegamento dell'inci dente col servizio sia presupposto sufficiente del giudizio di danni, non occorrendo una decisione negativa della Corte dei Conti in sede giurisdizio nale (Corte Cass., S. U., 14 ottobre 1952. "�Foro It. n, 1953, 807). Si � ritenuto infine in servizio l'allievo ufficiale che patisca l'incidente mentre finito il corso si rechi in licenza in attesa di nomina (Corte App. Milano, 21 aprile 1953. <<Foro Padano n, 1953, II, 37). ~�.&&&li&[ 163 RESPONSABILIT� DI DIBITTO PRIVATO. Si � ritenuto che anche l'Amministrazione della Pubblica Sicurezza risponda dei fatti colposi dei suoi dipendenti (Trib. Napoli, 2 agosto 1951. � Giur. Jt. �, 1953, II, 185). RESPONSABILIT� DEI FUNZIONARI. Il prof. ALDO SANDULLI ha scritto la nota: In tema di responsabilit� dei pubblici funzionari e di divieto dell'esercizio del diritto di riunione (<< Foro Padano�, 1953, IV, 93). L'azione per responsabilit� contabile e amministrativa, come ogni responsabilit� a tipo contrattuale � stata ritenuta soggetta a prescrizione decennale (Corte Conti, 28 febbraio 1952. <<Foro Amm. �, 1952, III, 58 con nota dell'avv. Sica). ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO. Le circolari amministrative sono state ritenute da interpretare anche in base ai motivi addotti (Cons. Stato, 12 marzo 1952. �Foro Amm. �, 1952, I, I, 132). Sulla rinnovazione dei provvedimenti annullati in sede giurisdizionale ha scritto l'avvocato P. GASPARRI (�Foro Amm. �, 1952, I, I, 190). � stato ritenuto illegittimo il giudizio negativo sull'avanzamento di un ufficiale se fatti non coincidenti con quelli defi.nitivamente accertati abbiano influito sulla sanzione disciplinare (Cons. Stato, 30 aprile 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, I, 159). Il personale tecnico delle Universit� � stato ritenuto aver assunto de jure pel D. L. n. 1172 del 1948 qualifi.ca di personale statale, ragione per cui i provvedimenti di revoca dall'impiego competono non al Rettore ma al Ministro per la Pubblica Istruzione (Cons. Stato, 20 maggio 1952. �Foro Amm. �, 1952, I, III, 379). L'assistente universitario di ruolo pu� essere notaio (Cons. Stato, 12 febbraio 1952. <<Foro Amm. ii, 1952, I, III, 292). La sospensione cautelare disposta con efficacia retroattiva � stata ritenuta illegittima (Cons. Stato, 8 aprile 1952. <<Foro Amm. i>, 1952, I, III, 352). Si � ritenuto necessario il previo accertamento penale per infliggere una sanzione disciplinare per un fatto costituente reato, solo se il fatto non abbia specifica relazione col rapporto di impiego (Cons. Stato, 18 aprile 1952. <<Foro Amm. i>, 1952, I, II, 184 con nota del dott. Nigro). Il licenziamento ad nutum di un dipendente da parte di un ente pubblico deve esser sempre ispirato a pubblico interesse (Cons. Stato, 31 maggio 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, II, 224), mentre si � ritenuta di .natura dichiarativa e tale da non soggiacere alla procedura dell'art. 51 e 52 R. D. n. 2960, prevista per la dispensa dal servizio per motivi di salute (che ha natura costitutiva) la dispensa dal servizio dell'impiegato inidoneo al termine dell'aspettativa (Cons. Stato, 13 maggio 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, III, 371). Circa il trattamento economico si � ritenuto che i diritti casuali non competano pel periodo d'assenza ai funzionari gi� collocati a riposo e succes sivamente riammessi per l'annullamento della dispensa (Cons. Stato, 28 marzo 1952. <<Foro Amm. ))' 1952, I, I, 146); che l'indennit� di toga competa agli ufficiali di complemento assegnati ai tribunali Inilitari con funzione di magistrati (Corrs. Stato, 12 marzo 1952. <<Foro Amm. ll, 1952, I, I, 130); che il fondo indennit� di mora sulle tasse universitarie sia ripartibile solo fra il personale in servizio al momento della erogazione (Cons. Stato, 25 marzo 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, III, 337)� che l'indennit� per assegnazione a uffici periferici non competa a impiegati gi� in servizio in Africa (Cons. Stato, 28 marzo 1952. <<Foro Amm. �, I, I, 143). BENI E MEZZI DELLO STATO DEMANIO E BENI PATRIMONIALI. Si � ritenuta inammissibile la revindica contro il terzo acquirente di buona fede di beni mobili patrimoniali indisponibili, e si � ritenuta solo esperibile l'azione di annullamento del negozio; ci� anche sotto il vigore dei D.hL. n. 32 e 49 del 1945 (Corte App. Firenze, 7 novembre 1952. << Giur. Toscana�, 1953, 106). ACQUE PUBBLICHE. Si � ritenuto carente di giurisdizione il Tribunale delle Acque sulla domanda del titolare di una precedente concessione non attuata, contro una concessione nuova incompatibile con la prima, .dovendo su tale domanda provvedere insindacabilmente il Ministero dei Lavori Pubblici. (Corte Cass., S. U., 25 marzo 1953. <<Foro Padano ii 1953, I, .474); si � ritenuto che soggiacciano ai canoni di che all'art. 7 R.D. 25 febbraio 1924 n. 456; le antiche utenze (e cosi anche le subutenze) di derivazione di canali demaniali, che prima ancorch� per pattuizione contrattuale fossero esercitate gratuitamente (Corte Cass., S. U., 19 luglio 1952. <<Foro Padano >i, 1953, I, 489 con nota del dott. Busca); che infi,ne quando l'Amministrazione disponendo diversamente dell'acqua abbia implicitamente escluso la possibilit� di una rinnovazione della concessione non trovi .applicazione la proroga delle piccole utenze disposta con la legge n. 42 del 1952 (Trib. Sup. .AA. PP., 20 ottobre 1952. �Foro Amm. �, 1952, II, II, 23; <<Acque Bon. Costr. �, 1952, 541). DEMANIO MARITTIMO. Sono stati ritenuti inapplicabili i regolamenti edilizi comunali e la legge urbanistica (Corte App. Genova, 4 settembre 1952. <<Foro It. �, 1953, I, 841 con nota del giud. Albano). La discrezionalit� della Pubblica Amministrazione nella speciale dichiarazione di pubblica utilit� per ampliamento di demanio marittimo � stata studiata dal cons. M. ROSSANO (� Riv. Dir. Navig. �, 1953, I, 47). DEMANIO ARTISTICO E ARCHEOLOGICO. � stato ritenuto che la dichiarazione ministeriale di importanza storica o artistica sia un provvedimento formale e vada pertanto notificata agli -164 interessati (Cons. Stato, 13 maggio 1952. �Foro Amm. �, 1952, I, III, 378); e che il termine per l'esercizio della facolt� di acquisto da parte dello Stato di un'opera d'arte da espropriare decorra dalla data della denuncia per l'esportazione (Corte Cass., 23 gennaio 1953. cc Foro It. �, 1953, I, 494). IMPOSTE IN GENERE. Il potere di imposizione e la tutela giurisdizio nale � stato studiato dal prof. G. Ingrosso (cc Riv. Trib. �, 1953, 73) e la validit� fi,scale del contratto sociale dissimulato, dal dott. D. .Amati (cc Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953, II, 36). � stato ritenuto ammissibile il ricorso per cas sazione contro le decisioni della Commissione cen trale imposte solo quando queste esauriscano il procedimento impositivo, e per le quali sia escluso il riesame da parte del giudice (Trib. L'Aquila, 7 maggio 1952. ((Foro It. �, 1953, I, 605 con nota del prof. Cocivera). SOLVE ET REPETE. Si � ritenuto che sia applicabile anche all'ENAL quando sia soggetta a tributi (Trib. Firenze, 16 dicembre 1952. <( Giur..Tosc.�, 1953, 170); che non sia applicabile alla opposizione a fallimento fi,scale (Trib. Firenze, 25 giugno 1952. <(Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953, II, 112); che del pari sia inap plicabile alle impugnazioni delle decisioni delle Commissioni provinciali imposte, per errore di apprezzamento o di calcolo (Corte App. Milano, 18 luglio 1952. �Foro Padano�, 1953, I, 422 con nota del dott. Buzzatti); che se pi� siano i titoli contributivi ed uno soltanto sia assistito dal solve et repete, esso non si estenda agli altri all'effetto di rendere improponibile l'opposizione ove non sia stato pagato il totale delle varie imposte (Trib. Trento, 29 agosto 1952. ((Foro Padano >i, 1953, I, . 422 con nota del dott. Buzzatti). Si � ritenuto infi,ne che qualora si adotti per la riscossione di un provento la procedura di cui al T.U. n. 639 del 1910, sia inapplicabile il solve et repete, anche se il provento abbia natura di tassa (Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. Tosc. n, 1953, 179) abnorme. � IMPOSTE DIRETTE. Si � ritenuto quanto alla imposta di ricchezza mobile che il privilegio per l'anno in corso e pel precedente di cui all'art. 2759 O.e. si riferisca all'anno di produzione del reddito non a quello della iscrizione dell'imposta a ruolo (Corte Oass., S. U., 31 luglio 1952. <( Giur. It. n, 1953, I, 140); e che sia assoggettabile al tributo anche il reddito da attivit� costituenti illecito e che l'accertamento (costituente giudizio di estimazione semplice) sussista ancorch� l'intervento di tali attivit� nella produzione del reddito sia precisato dopo la notifica del relativo avviso (Corte Oass., 30 luglio 1952. cc Riv. Trib. n, 1953, 113 con nota del professor Liguori). Dell'imposta sui fabbricati circa i beni demaniali scrive il prof. Uckmar nella nota a una sentenza contro la quale pende ricorso per Cassazione (<( Dir. Prat. Tribut. n, 1953, 140). IMPOSTE INDIRETTE. Relativamente alla tassa di registro, � stato ritenuto che negli atti a contenuto molteplice, tutte le parti intervenute siano obbligate in solido al pagamento per intero della tassa anche in ordine a quelle parti di essa che riguardino disposizioni estranee alle proprie (Trib. Firenze, 18 dicembre 1952. � Giur. Tosc. �, 1953, 177); che la richiesta di una agevolazione tributaria; pu� avvenire in sede di istanza tempestiva di rimborso, se la legge non abbia imposto una richiesta preventiva e documentata (Oomm. Oentr. Imp., 21 luglio 1952. (( Riv. Trib. �, 1953, 110 con nota dell'av;v. Rastello); che anche la donazione assentita dagli ascendenti in contemplazione di matrimonio goda della riduzione della tassa a met� (Comm. Prov. Imp. Siracusa, 18 dicembre 1952. cc Mon. Trib. n, 1953, 44); che i contratti di somministrazione di acqua, luce o gas allo Stato o Amministrazioni parificate siano registrabili solo in caso d'uso (Comm. Centr. Imp., 31 gennaio 1951. (< Riv. Trib. n, 1953, 95 con nota dell'avvocato Rastello). Sull'enfi,teusi in relazione all'imposta di registro ha scritto il dott. G. Liccardo ((( Riv. Trib. �, 1953, 77). In tema di imposta sul capitale estero si � ritenuto non costituire impiego di capitale estero in Italia soggetto ad imposta annuale la concessione onerosa di brevetto estero a una ditta nazionale (Corte App. Milano, 20 gennaio 1953. ((Foro Padano�, 1953, II, 21). Ai fini dell'imposta di trascrizione ipotecaria le pertinenze (macchinario) sono state ritenute seguire l'immobile e dover essere comprese nel determinarne il valore (Comm. Prov. Imp. Milano, 22 dicembre 1952. cc Foro Padano n, 1953, I, 472). Sulla regolarizzazione tributaria di atti e documenti nel processo civile ha scritto l'avv. Greco (� Riv. Tribut. �, 1953, 116) . CONTRIBUTI SPECIALI. Il canone di ricerca mineraria � stato ritenuto aver natura di tassa ed essere perci� dovuto anche in caso di mancato sfruttamento del permesso: peraltro la sua revoca ex tunc libererebbe il beneficiario dall'obbligo del canone ancorch� gi� maturato (Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. Tosc. �, 1953, 179). RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. In tema di donazione si � ritenuto che il motivo in essa espresso divenga condizion~ di essa e che. il mancato verificarsi ancorch� per forza maggiore, produca la nullit� della donazione (Corte App. Bari, 6 dicembre 1952. <rForo Padano n, 1953, I, 661 con nota). In tema di propriet�, si � ritenuto che i proprietari di un dipinto sacro, non essendo le cose sacre extra commercium, n�-costituendo la deputatio ad cultum un diritto di uso pubblico sulla cosa, non hanno l'obbligo di destinarlo al culto se tale &LJ&l!II!i &E E WRfF =WU1?? &LJ&l!II!i &E E WRfF =WU1?? -165 destinazione sia venuta meno per vetust� del di pinto (Corte Cass., 12 febbraio 1953. �Foro Pa dano�, 1953, I, 481); e che un vincolo di servit� non specificatamente trascritto non sia opponi bile ai terzi (Corte Cass., 26 giugno 1952. � Giur. It. �, 1953, I, 147 con nota). In tema di obbligazioni si � ritenuta ammissi bile la risoluzione per eccessiva onerosit� nella vendita di cosa futura; inammissibile tuttavia se la controprestazione sia interamente avvenuta prima del verificarsi delle cause che determina rono l'onerosit� (Corte Cass., . 8 gennaio 1953. �Foro Padano �, 1953, I, 368 con nota di .A. Bo selli); ammissibile la risoluzione della vendita per vizio, per una parte sola dell'intera partita (Corte .App. Firenze, 9 maggio 1952. � Giur. Tosc. �, 1953, 10); inammissibile la risoluzione per eccessiva onerosit� per svalutazione monetaria in caso di compravendita immobiliare con effetti reali an corch� siano stati dilazionati la consegna e il pa gamento della c�osa (Co:rte Conti, Sez. Contr., 2 aprile 1952. �Foro .Amm. �, 1952, III, 86. � Rass. Dir. Pubbl. �, 1952, 356). Si � ritenuto che l'acqui rente di azienda non risponda dei debiti inerenti all'esercizio delPazienda se essi non risultino dai libri obbligatori o se questi manchino del tutto (Corte Cass., 12 luglio 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. �, l 953, II, 23 con nota dott. De Marsico). In materia di assicurazione si � ritenuto che la �surroga dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile si verifichi solo nel momento del pagamento dell'indennit�, dopo del quale l'assicurato non � pi� legittimato ad agire neppure qualificandosi sostituto processuale o mandatario dell'assicuratore (Trib. Genova, 17 dicembre 1952. � .Assicur. �, 1953, II, 28 con nota del prof. Ferrarini). In materia di trasporti si � ritenuto non sussi stere legittimazione ad agire per danni alle cose trasportate nella persona che ancorch� efl:'ettiva mente interessata alla riconsegna non sia girataria della polizza di carico (Trib. Genova, 27 novem bre 1952. <e Mon. Trib. �, 1953, 39). In materia di responsabilit� civile si � ritenuto che una societ� risponda in via civile del delitto o anche solo del fatto illecito colposo di chi abbia commesso il delitto in qualit� di presidente ed amministratore delegato di essa (Trib. Rossano, 6 dicembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953 III, 116 con nota avv. Greco). Il danno dell'imprenditore per la morte del lavoratore se si concreti nella perdita dei risultati dell'attivit� del dipendente � stato ritenuto risarcibile; non cosi invece quello per mancata futura utilizzazione di tale attivit� (Trib. Roma, 18 agosto 1952. �Foro It. �, 1953, I, 598). Si � ritenuta incouferente l'archiviazione del processo penale nel processo civile ai fini dell'accertamento del danno morale (Corte� .App. Milano, 13 gennaio 1953. �Foro Padano �, 1953, II, 20). Si � ritenuto che il risarcimento di una invalidit� permanente con capitalizzazione di rendita vada fatta con riferimento alla vita lavorativa, decurtandosi quindi la capitalizzazione, � che sia inammissibile la liquidazione automatica degli interessi compensativi se il danno della mancata percezione di utili fra il sinistro e la liquidazione sia stato gi� liquidato in modo specifi,co e concreto (Trib. Firenze, 9 giugno 1952. � Giur. Tosc. >> 1953, 66). In materia di rapporto di lavoro si � �ritenuto che il giudice possa determinare, malgrado qualsiasi pattuizione, la retribuzione sufficiente del lavoratore, per essere l'art. 36 della Costituzione di carattere precettivo (Corte Cass., 21 febbraio 1952. � Giur. It. �, 1953, I, 147). .Ai fi.ni del privilegio del credito per avocazione allo Stato degli aumenti di prezzo nelle giacenze di cereali si � ritenuta necessaria l'iscrizione nei ruoli (Trib. Fermo, 16 aprile 1952. �Foro. It. �, 1953, I, 894 con nota prof. Cocivera); abnorme. In materia di prescrizione si � ritenuto che il termine di prescrizione di un danno da reato decorra in caso di estinzione dell'azione penale per amnistia dalla data di entrata in vigore del relativo, 'decreto non da quello dell'applicazione da parte del giudice penale (Corte .App. Milano, 24 aprile 1953. �Foro It. �, 1953,� I, 828 con nota. cc Foro Padano�, 1953, I, 498). Pressoch� conforme Trib. Milano, 26 gennaio 1953; � Mon. Trib. �, 1953, 44. Invece il Tribunale di Padova, 3 luglio 1952; �Corti Brescia e Venezia ll, 1953, 234 ha ritenuto, ove si tratti di reato procedibile a querela di parte, che il termine prescrizionale decorra non gi� dalla scadenza del trimestre�di che all'art. 124 C. p. ma dalla data della declaratoria giudiziale di estinzione del reato. In materia di decadenza si � ritenuto che la citazione non la impedisca se il processo si sia estinto, e la domanda non sia stata riproposta nel termine di decadenza (Corte .App. Torino, 18 febbraio 1953. �Foro Padano�, 1953, I, 508 con nota pres . .Azzariti). In tema di fallimento si sono ritenuti obiettivamente inefficaci gli atti posteriori alla dichiarazione di fallimento, a prescindere dalla formalit� di pubblicazione e trascrizione e dalla buona fede di chi abbia compiuti gli atti, e responsabile il curatore in proprio dei danni per omessa trascrizione nel P.R..A. della sentenza (Corte .App. Milano, 24 ottobre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 14); l'opposizione al decreto di esecutoriet� dello stato passivo pu� essere proposta solo secondo l'art. 98 legge fallimentare (Trib. Roma, 20 dicembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 91). Con due contrastanti sentenze (16 gennaio 1953 e 31 dicembre 1952, �Dir. fall. e Soc. comm. n, 1953, II, 81 con nota avv. Provinciali) il Tribunale di Roma ha ritenuto, e smentito, che il processo di accertamento di un credito pendente all'atto della dichiarazione del fallimento continui davanti al giudice che ne era investito senza che sia proposta la insinuazione fallimentare. PROCEDURA CIVILE. � stato ritenuto inderogabile il foro dello Stato quand'anche non sia stato indicato il giudice ritenuto competente (Corte .App. Milano, 21 aprile 1953. cc Foro Padano�, 1953, II, 37). Il procedimento attuato con la rappresentanza di un procuratore abilitato al patrocinio in altra circo CT77 23 -166 scrizione � stato ritenuto insanabilmente nullo (Corte Cass., 18 settembre 1952. � Giur. It. n, 1953, I, 130 con nota avv. Lanciani). Si � ritenuto che cessato il fallimento di una societ� di fatto in liquidazione riprenda corso quest'ultima e non ci sia luogo ad intervento necessario di tutti gli aventi diritto nella vertenza fra il nuovo liquidatore e i detentori delle attivit� sociali, per la consegna di queste (Corte Cass., 30 novembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953, II, 12 con nota avv. .Auriti). In materia di spese giudiziali si � ritenuto che possa essere condannato alle spese, da porsi a carico del Ministero Grazia e Giustizia e dell'Erario il P. M. che proponga una causa di stato pregiudiziale al processo penale e resti soccombente (Corte .App. Napoli, 19 agosto 1952. �Foro It. n, 1953, I, 563); e che le competenze procuratorie siano liquidate con riferimento alle tariffe del tempo dell'attitazione e quelle d'avvocato a quelle del tempo della liquidazione (Corte Cass., S. U., 27 marzo 1953. � Mon. Trib. n, 1953, 133). In materia d'appello si sono ritenute inammissibili eccezioni nuove se colpite da decadenza nel giudizio di primo grado (Corte .App. L'.Aquila, 3 giugno 1952. �Riv. Giur. .Abruzz. n, 1952, 523); e improponibile l'appello immediato da parte di chi abbia fatto gi� riserva di appello differito contro una sentenza parziale (Corte .App. Roma, 12 luglio 1952. � Giur. It. n, 1953, II, 140). In materia di cassazione si sono ritenute incensurabili le regole generali sull'interpretazione del contratto (Corte Cass., 11 agosto 1952. � Riv. Giur. .Abruzz. n, 1952, 521); e ammissibile come ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, un regolamento di giurisdizione improponibile per essere la causa gi� stata decisa nel merito (Corte Oass., S. U., 25 marzo 1953. �Foro Padano n, 1953, I, 474). In materia di esecuzione si � ritenuta competente l'.Autorit� giudiziaria ordinaria (giudice della esecuzione) a disporre la sospensione della esecuzione per rilascio in una opposizione a esecuzione di decreto legislativo (riforma agraria) impugnato per inesistenza di esecutivit� (Pret. Codigoro, 8 gennaio 1953. �Foro Padano n, 1953, I, 470). Si decade dal beneficio del gratuito patrocinio in caso di estinzione del processo (Trib. Napoli, 14 febbraio 1951. � Giur. It. n, 1953, II, 179). La giurisdizione dei comandanti di porto � oggetto di un articolo del presidente G . .Azzariti (� Riv. Dir. Navig. n, 1953, I, 1). DIRITTO PENALE. Il rapporto di causalit� e la volont� del colpevole sono oggetto di una nota del prof. Guarneri (� Giur. It. n, 1953, II, 57). La cessazione della qualit� di pubblico ufficiale, irrilevante per l'art. 360 C. p. ai fini di un reato, � stata ritenuta rilevante quando l'attivit� prima pubblica sia stata dichiarata poi penalmente illecita, per la qual cosa non commette peculato ma appropriazione indebita l'ex segretario di fascio che si appropri di cose dopo lo scioglimento del p.n.f. (Corte .App. Napoli, 2 ottobre 1952. � Rass. Dir. Pubbl. n, 1952, 352, con nota avv. Cuomo, p. 488). Si � ritenuto commettere il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti il custode di passaggi a livello che abbandoni per sciopero il servizio senza chiudere le sbarre (Corte Cass., 26 marzo 1952. �Foro It. n, 1953, II, 64). � stata dichiarata illegittima l'ordinanza prefettizia di che all'art. 2 legge P.S. che non ponga in evidenza ai fini dell'urgenza e della grave necessit� pubblica una concreta situazione di pericolo, ma solo prospetti genericamente l'opportunit� di evitare incidenti lesivi all'ordine pubblico (Corte Cass., 10 gennaio 1953. � Riv. Pen. ))' 1953, II, 311). In materia di contrabbando si � ritenuto che mentre costituiscono infrazioni regolamentari quelle commesse dal concessionario di coltivazione di tabacchi, costituiscono invece contrabbando quelle commesse dal concessionario autorizzato alla coltivazione (Corte .App. Brescia, 23 marzo 1953. �Corti Brescia e Venezia�, 1953, 275). PROCEDURA PENALE. Si � ritenuto reato obiettivamente militare la collusione compiuta da militari della Guardia di finanza, ma soggetta alla competenza del giudice ordinario se vi concorrano estranei alle Forze armate (Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953. � Riv. Pen. �, 1953, II, 289). QUESTIONI TRANSITORIE E COSTITUZIONALI EPURAZIONE. Si � ritenuto che la decisione della relativa sezione speciale del Consiglio di Stato non possa revocare la dispensa, ma solo esprimere il giudizio sulla sussistenza delle condizioni della dispensa (Corte Cass., S. U., 12 luglio 1952. � Mon. Trib. n, 1953, 82). GUERRA. In materia di ricostruzione di edifici distrutti dalla guerra si � ritenuto che espropriante e legittimato passivo in caso di espropriazione di un'area condominiale a favore di un condomino sia solo costui sul quale grava l'onere delle relative indennit� (Corte .App. Firenze, 12 dicembre 1952. � Giur. Tosc. �, 1953, 113); che il certificato del sindaco ai fini delle agevolazioni tributarie di cui ai DD. LL. n. 322 del 1945 e 221 del 1946 attesti solo il fatto storico del sinistro di guerra ma non vincoli l'.Amministrazione circa la misura del danneggiamento oltre il terzo (Corte App. Firenze, 20 marzo 1953. � Giur. Tosc. n, 1953, 1.45), -e analogamente che l'entit� dei danni attestati dal sindaco possano essere contestati con mezzi di prova idonei dall'.Amministrazione e accertati dal giudice con consulenza tecnica (Trib. Firenze, 17 febbraio 1953. � Giur. Tosc. n, 1953, 190). IM EW222&&00l&i&& -167 R.S.I. E C.L.N. . Si � ritenuto che solo il capo della provincia r.s.i. e non lo Stato sia responsapile in proprio della confi,sca dei beni ebraici (Trib. Brescia, 19 maggio 1952. <c Giur. It. �, 1953, II, 181). OCCUPAZIONI BELLICHE. Sulla giurisdizione per le controversie nascenti da requisizione anglo-americane in Italia scrive il cons. prof. E. Favara (cc Foro It. �, 1953, IV, 83). Si � ritenuto che lo Stato occupante non possa istituire propri organi di giustizia nel territorio occupato se non sussistano valide ragioni di necessit� belliche, e che le relative sentenze siano giuridicamente inesistenti (applicazione alla Corte d'Appello Mista dell'Asmara; Corte Cass., S. U., 21 giugno 1952. <c Arch. Pen. �, 1953, II, 26 con nota prof. Cargasacchi). Si � ritenuto che l'intervento dell'occupante tedesco per trasferire una macchina da una ditta ad un'altra lavorante per conto tedesco non costituisca una valida requisizione di diritto internazionale e che il relativo contratto sia annullabile per violenza (Corte App. Torino, 23 gennaio 1953. <c Foro Padano�, 1953, II, 24). FINANZA STRAORDINARI.A. Ai fini dell'imposta sui profi.tti di guerra si � ritenuto che l'art. 16 del D. L. n. 435 del 1946 aggravi la responsabilit� degli amministratori di societ� di cui all'art. 22 T. U. n. 598 del 1943, istituendo una responsabilit� incondizionata, e perci� si applichi em nunc; che non occorra per la pretesa tributaria contro gli amministratori una dichiarazione giudiziale di responsabilit� e che per la opposizione occorre adempiere al solve et repete (Corte Cass., S. U., 9 febbraio 1952. <c Riv. Prat. Trib. �, 1953, 164 con nota prof. Liguori). oW&fuW:::: tziim&; INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA PRESA APPALTO. -1) Se possa ritenersi giuridicamente esistente il credito d�ll'appaltarore derivante da un atto di aggiudicazione tuttora sottoposto all'approvazione ministeriale (n. 173). -Il) Se, agli effetti tributari, l'approvazione di un contratto d'appalto possa parificarsi ad una vera e propria condizione _sospensiva (numero 173). APPELLO CIVILE. -Se la norma dell'art. 307 C.p.c., il quale prevede che, salvo il disposto dell'art. 181, 2� comma, e dell'art. 290, ove nessuna delle parti, dopo la notificazione della citazione, siasi costituita entro il termine stabilito dall'art. 166, il processo pu� essere riassunto, davanti allo stesso giudice, nel termine perentorio di un anno, sia applicabile ai giudizi in grado di appello (n. 3). ASSICURAZIONI. -I) Se la posizione dei tirocinanti conduttori di caldaie a vapore presso una Manifattura tabacchi possa assimilarsi ai fini dell'assicurazione infortuni, a quella di operai, se maggiori dei 18 anni o a quella di apprendisti, se minori di tale et� (n. 37). -Il) Se una dichiarazione dei tirocinanti o degli esercenti la patria potest�, in caso di et� minore, sia sufficiente ad escludere l'obbligo dell'indennizzo assicurativo sul lavoro o la responsabilit� penale ove il danno abbia causa in un atto di negligenza o imprudenza imputabili (n. 37). CINEMATOGRAFIA. -Se l'Amministrazione possa non accordare il previsto contributo del 2 per cento sui cortometraggi riconosciuti di notevole valore artistico dallo speciale Comitato tecnico, ai sensi delle vigenti norme (n. 9). CONFISCA. -I) Se la restituzione delle cose confiscate, dovuta a qualsiasi causa, possa aver luogo per autodeterminazione della Pubblica Amministrazione (n. 11). -Il) Quale valore debba attribuirsi ai fini della confisca all'amnistia applicata in sede di rev�l3ione del processo (n. 11). -III) Se, in seguito alla restituzione dei beni confiscati, l'interessato abbia diritto al rendiconto dei frutti dei beni stessi (n. 11). -IV) Se il rendiconto dei frutti, in caso di restituzione dei beni, debba essere reso a decorrere dal tempo dell'esecuzione della confisca o della domanda giudiziale (n. 11). CONTABILIT� DELLO STATO. -I) Se l'art. 69, ultimo comma, della legge di contabilit� dello Stato, concernente il fermo amministrativo, sia applicabile, qualora il terzo sia creditore di cose e non di somme (n. 106). -Il) Se sia possibile la compensazione di crediti e debiti fra l'Amministrazione ed un terzo, qualora l'Amministrazione medesima non sia debitrice di somme verso il terzo nei cui confronti vanta un credito ma sia soltanto debitrice verso altri di cose del terzo, nei cui confronti vanta il credito stesso (n. 106). CONTRIBUTI. -I) Se per \ la erogazione di fondi a contributo ad enti assistenziali per la assistenza estiva dell'infanzia, occorra una particolare convenzione (numero 5). -Il) Se, mancando tale convenzione, possa farsi luogo a ripetizione del contributo siccome indebitamente corrisposto (n. 5). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Se l'indennit� spettante al proprietario per l'occupazione temporanea, preordinata ai fini della successiva espropriazione, debba essere determinata nella misura degli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di indennit� di espropriazione definitiva, con decorrenza dalla data dell'anticipato spossessamento dell'immobile (n. 82). FERROVIE. -I) Se l'Amministrazione sia tenuta ad accertarsi, per le operazioni di trasporto, della effettiva titolarit� dei diritti afferenti alle merci (n. 168). -Il) Se possa qualificarsi opposizionedi creditarel'atto con il quale alcuno diffidi l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato a non pagare, al mittente df�na-sp�dizione contro assegno, l'importo dell'assegno stesso, pagato non dal destinatario ma da esso diffidante al fine di rientrare in possesso della merce, che assuma essere di sua propriet� (n. 168). -Ili) Se il Direttore generale delle Ferrovie dello Stato sia competente a -169 disdettare il contratto per lo scambio di energia elettrica, intervenuto tra l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e una impresa fornitrice di energia elettrica (n. 169). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se la Cassa del Mezzogiorno possa destinare, per le proprie esigenze, il personale statale cc comandato � a funzioni diverse da quelle corrispondenti al suo stato giuridico (n. 328). -II) Se la Cassa del Mezzogiorno possa modificare il rapporto di gerarchia tra i vari impiegati statali � comandati � presso di essa, in relazione alle proprie esigenze funzionali (n. 328). -III) Se le condizioni, richieste dal bando di concorso e attinenti ~i requisiti della nomina debbano essere posseduti anche 11>ll'atto della nomina stessa (n. 329). -IV) Se, in base alla legge istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno (legge 10 agosto 1950, n. 646) sia possibile un regolamento giuridico del personale o di parte del personale sulla base di un contratto di impiego a tempo indeterminato (n. 330). -V) Se possa assumersi personale per gli uffici periferici della Cassa del Mezzogiorno con contratto di impiego, a termine inferiore a quello stabilito per la scadenza del contratto di impiego del personale assunto negli uffici centrali (n. 330). -VI) Se agli ufficiali sospesi dall'impiego in attesa di giudizio e poi assolti perch� il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, debbano senza altro corrispondersi gli assegni trattenuti durante il periodo della sospensione precauzionale (n. 331). V) Se la corresponsione degli assegni arretrati agli ufficiali sospesi dall'impiego in attesa di giudizio, e poi prosciolti con formula diversa da quella piena, ivi compresa l'amnistia propria, debba avvenire solo a seguito di provvedimento amministrativo che escluda l'applicazione della sanzione disciplinare dalla sospensione dell'impiego o di una pi� grave (n. 331). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se possa ritenersi esistente il credito dell'appaltatore derivante da un atto di aggiudicazione tuttora sottoposto all'approvazione ministeriale (n. 86). -II) Se, agli effetti tributari, l'approvazione di un contratto possa parificarsi ad una vera e propria condizione sospensiva (n. 86). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se l'esenzione tributaria, di cui all'art. 9 del D. L. 29 giugno 1947, n. 779, costituisca oggetto di una facolt� discrezionale dell'Amministrazione, alla quale corrisponda, pertanto, un interesse legittimo, tutelabile solo davanti al Consiglio di Stato (n. 37). -II) Se sia applicabile il principio del solve et repete ove sia stata accordata la rateazione dell'imposta (n. 37). IMPOSTE E TASSE. -I) Se, in linea di massima, contribuente, nell'imposta di consumo, debba ritenersi il produttore o, in genere, l'introduttore al consumo delle merci oppure il consumatore (n. 209). -II) Se l'imposta di consumo sia dovuta nell'ipotesi in cui il produttore o introduttore al consumo sia assistito da un'esenzione soggettiva (n. 209). -III) Se sia legittima la clausola cc al netto di bollo e tassa �, introdotta in un contratto tra una ditta fornitrice e la Pubblica Amministrazione, secondo la quale la Pubblica Amministrazione medesima, sia tenuta a rimborsare alladitta il tributo da questa pagato (n. 210). -IV) Se, ai sensi dell'art. 6 del D. L. 9 gennaio 1940, n. 2, sia opportuno per la Pubblica Amministrazione promuovere azione, in detti casi, per la ripetizione della somma rimborsata alla ditta (n. 210). -V) Se l'imposta di consumo dell'energia elettrica rientri nel novero delle imposte pagabili in abbonamento da parte dell'I.M.I., ai sensi dell'art. 8 del R. D. L. 13 novembre 1931, n. 1398 (n. 211). INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se la posizione del tirocinanti conduttori di caldaie a vapore presso una Manifattura tabacchi possa assimilarsi ai fini assicurativi a quella di operai, se maggiori dei 18 anni o a quella di apprendisti, se minori di tale et� (n. 32). -II) Se una dichiarazione dei tirocinanti o degli esercenti la patria potest�, in caso di et� minore, sia sufficiente ad escludere l'obbligo dell'indennizzo assicurativo ove il danno abbia causa in un atto di negligenza o imprudenza imputabili (n. 32). -III) Se la legge io marzo 1950, n. 104, esplichi efficacia per i fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore, ove non sia gi� intervenuta la liquidazione del danno (n. 33). -IV) Se la norma dell'art. 2087 C.c.; concernente la tutela della incolumit� fisica dell'impiegato privato nel suo ambiente di lavoro, indichi un principio generale da tener presentiin tutti i rapporti di lavoro, anche ai fini dell'onere della prova (n. 33). NOBILTA' ED ORDINI CAVALLERESCHI. I) Se possa ritenersi conforme alla norma costituzionale l'esistenza, formalmente dichiarata con provvedimento legislativo, del registro dei predicati, gi� nobiliari e� costituenti oggi parte del nome (n. 8). -II) Se, in seguito all'entrata in vigore della Costituzione, l'art. 42 del Concordato con la Santa Sede debba ritenersi caducato (n. 8). PENSIONI. -I) Se l'art. 119 della legge 10 agosto 1950 sulle pensioni di guerra, che ammette la revisione delle pratiche, comunque definite negativamente, vada applicato sia che a tale risultato negativo si sia giunti per rifiuto assoluto da parte dell'Amministrazione di concedere indennizzi o sussidi all'infortunato sia che tali indennizzi o sussidi non siano stati accettati dall'interessato perch� da lui ritenuti inadeguati (n. 56). II) Se la normale azione di risarcimento danni, spettanti all'infortunato, che abbia avanzato richiesta di pensione o sussidio sia soggetta alla prescrizione normale secondo le norme del Codice civile in materia di responsabilit� civile (n. 56). POSTE E TELEGRAFI. -Se la Banca, presentatrice per l'incasso dell'assegno postale in conto corrente, sia tenuta a garantire la� regolarit� dell'operazione, ai sensi degli articoli 126 e 127 del Regolamento 30 maggio 1940, n. 775, nonostante l'omissione della clausola ''per incasso� (art. 126) e l'inesistenza delle obbligazioni di regresso (n. 32). RAPPORTI DI LAVORO. -Se il pagamento delle ore di lavoro ordinarie, straordinarie, notturne e festive, sia dovuto, ove esse ris.ltino effettivamente prestate, indipendentemente dalla corresponsione dell'indennit� di trasferta, avente il fine di rimborsare soltanto le maggiori spese sopportate dal lavoratore, a causa della speciale prestazione di lavoro richiestagli (n. 2?)�. REGIONI. -Se lo schema di D. L. del Presidente della Regione Siciliana, concernente � Aggiunte e modifiche alla legge 11 gennaio 1951, n. 25, recante norme sulla perequazione tributaria�, possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 39). mrn ML b Mli mrn ML b Mli -170 SINDACATI. -I) Se nel soppresso ordinamento sindacale fascista, i Sindacati avessero personalit� giuridica autonoma e distinta da quella della Confederazione, cui aderivano (n. 19). -II) Se l'Ufficio Stralcio dells disciolta Confederazione fascista professionisti ed artisti sia. organo dello Stato (n. 19). -III) Se l'Ufficio Stralcio della disciolta Confederazione fascista professionisti ed artisti sia legittimato a stare in giudizio per gli enti gi� aderenti alla Confederazione medesima e alla cui liquidazione � preposto (n. 19). TRASPORTO. -I) Se l'Amministrazione sia tenuta ad accertarsi, per le operazioni di trasporto, delln effettiva titolarit� dei diritti afferenti alle merci (n. 23). II) Se possa qualificarsi opposizione di creditore l'atto con il quale alcuno diffidi l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato a n�n pagare, �1 inittei�.te di una spedizione contro assegno, l'importo dell'assegno stesso, pagato non dal destinatario ma da esso diffidante al fine di rientrare in possesso della merce, che assuma essere di sua propriet� (n. 23).