( 

6-7 
GIUGNO-LUGLIO 1953 

RASSEGNA MENSILE 

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

S O l\tl M A R I O 

I. 
NOTE DI DOTTRINA 
I) A. P ALT.OTTINO : Rifiessioni sui limiti dei poteri del giudice nei confrO'Ylti 
della Pubblica Amministrazione, recensione critica, p. 141-144. 
) M. ROTONDI: Istituzioni di Diritto privato, recensione critica dell'avvo-

T: 
cato G. SANTANIELLO, p. 144-146. � 
3) 
F. CuooIA: In tema di ammissibilit� di modifiche di ufficio ai piani 
urbanistici in sede di approvazione, recensione critica, p. 146. 

II. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 
I) 
Antichit� e Belle Arti -Legge n. 1089 del 1939 -Applicabi).it� del regolamento 
n. 363 del 1913 -Diritto di acquisto e di prelazione da parte 
dello Stato -Mancata comunicazione all'interessato nel termine di decadenza 
di due mesi -!n'lfficacia (Corte di Cassazione), p. 147-150. 

2) 
Imposta di registro -Bon�fica -Agevolazioni fiscali -Art. 8, L. R., 
66 T. U. n. 3236 del 1923 e 88 T. U. n. 215 del 1933 -Mutuo stipulato 
da consorzio di bonifica -Estinzione -Assoggettamento alla sola tassa 
fissa di registro -Soccombenza dell'Amministrazione in controversia 
relativa a opposizione a ingiunzione fiscale -Articoli 45 e 148 tassa di 
registro -Condanna dell'amministrazione alle spese -Limiti (Corte di 
Cassazione), p. 150-151. 

3) Repubblica sociale italiana -Tributi pagati in base a norma della medesima 
(Corte di Cassazione), p. 151-1112. 
4) Requisizione -Danni da requisizioni operate dalle Forze Armate Alleate Giurisdizione 
(Corte di Cassazione), p. 152. 

III. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORT! DI 
MERITO 
1) 
Filiazione -Prova del matrimonio dei genitori premorti da parte del 
legittimato per susseguente matrimonio -Att.:> di nascita -Conformit� 
del possesso di Stato (Corte di Appello 9.i Venezia), p. 153-158. 

2) 
Imposta di R. M. -Azione giudiziaria -Decadenza, decorrenza, termine 
a quo (Tribunale di Ancona), p. 158-159. 

3) 
Imposta di registro -Atti da registrarsi in caso d'uso, solidariet� Ingiunzione, 
fondatezza della pretesa per motivi diversi, ammissibilit� Legge 
19 luglio 1941, n. 771, fornitura di cose costituenti l'ordinaria 
produzione industriale del fornitore, vendita e non appalto Art. 148 L. R. Assegnazione 
di termine a comparire superiore a 90 giorni -Irrilevanza 
(Tribunale di Roma), p. 159-160. 

IV. SEGNALAZIONI DI DOTTRIN-4 E GIURISPRUDENZA p. 161-167. 
V. INDIOE SISPEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, p. 168-170. 

ANNO Vl -N. 6-7 
GruGNo-Luauo 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO 'STATO 


PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO 


N �OT E DI DOTTRINA 


A. 
PALLOTTINO : Riflessioni sui limiti dei poteri del 
giudice nei confronti della Pubblica Amministrazione. 
(�Foro It. ))' 1953, I, 980 e segg.). 

Il caso preso in esame dalla Suprema Corte, e 
risolto con la sentenza 7 aprile 1952, n. 931, annotata 
dal Pallottino, era elegante. Un Comune procede 
all'occupazione di fatto di un terreno per 
costruire una strada, senza osservare le forme 
stabilite, per le occupazioni di urgenza, dalla legge 
sulle espropriazioni: e procede senz'altro alla costruzione 
dell'opera pubblica. I proprietari del 
terreno, lesi nel loro diritto dominicale, chiedono 
in via principale la restituzione del fondo. La Corte 
Suprema dichiara che la trasformazione del terreno 
in strada non provoca, di per s�, il trasferimento 
della propriet� del terreno al Comune: tuttavia 
esclude che il privato possa chiedere la retrocessione 
del fondo, non essendo ammessa nei confronti 
della Pubblica Amministrazione una condanna a 
risarcimento in forma specifica. 

Accoglie quindi solo la domanda subordinata 
dei proprietari al risarcimento per equivalente, 
in misura pari all'integrale valore del bene. 

L'annotatore rileva che una tale decisione lascia 
insoluto il grave problema della propriet� del bene. 
Se il terreno, nonostante la trasformazione in 
strada, non � ancora del Comune, ci si domanda 
di chi sia, anche dopo il pagamento dell'indennit�. 
Probabilmente deve ritenersi� che il terreno rimanga 
in una specie di limbo come �terra di nessuno �, 
fi.nch� non si verifichi l'usucapione: ma anche questa 
soluzione non appaga, perch� il verificarsi 
dell'usucapione richiede determinati requisiti, sui 
quali potrebbe influire la volont� del privato, 
tuttora proprietario. 

In realt� -osserva l'Autore -non esiste alcuna 
soddisfacente soluzione del problema, se non 
si ammette che il giudice ordinario possa, in casi 
di questo genere, far venir meno gli effetti dannosi 
dell'atto amministrativo illecito. Tutta la dottrina 
tradizionale sui limiti del sindacato del giudice, 
rispetto agli atti amministrativi illeciti, dovrebbe 
essere quindi, riveduta. Secondo l'A., non si � 
sufficientemente considerato che l'art. 4 della legge 
sul Contenzioso amministrativo vieta al giudice 

di modificare l'atto amministrativo, non i suoi 

effetti. 

Questo divieto di modifica signifi,ca soltanto 


e ci� � meglio chiarito dall'art. 113 della Costitu


zione -che il giudice non possa procedere allo 

annullamento dell'atto: ma i rapporti (cio�, gli 

effetti) �che sgorgano dall'atto non sono identifi,


cabili con l'atto stesso. N� potrebbe dirsi che una 

modifi,ca degli effetti si traduca necessariamente 

in una modifi,ca dell'atto: una compravendita 

rimane tale, anche se i suoi effetti vengono modi


fi,cati da eventi successivi. 

Anche quando l'azione si esaurisca con la pro


duzione dei suoi effetti (come di solito accade nei 

fatti illeciti della Pubblica Amministrazione) meno 

che mai il venir meno dell'effetto pu� toccare la 

causa: essendo questa gi� consumata, e come tale 

gi� fuori del diritto. Neppure potrebbe negarsi il 

potere del giudice di rimuovere gli effetti dell'atto 

illecito, sotto il pretesto che si invaderebbe il 

campo riservato al potere esecutivo, al quale solo 

competerebbe apprezzare se l'interesse pubblico 

consenta, e quando, quella rimozione. L'interesse 

pubblico al mantenimento dell'atto � tutelato dal 

fatto che tutti gli effetti di esso rimangono in vita, 

ad eccezione del solo effetto preso in esame dal 

giudice, ai limitati fini del giudizio. E poich� que


sto effetto � antigiuridico, non pu� permanere 

un interesse pubblico al mantenimento di un 

effetto illegale. A meno che non si voglia soste


nere che l'interesse pubblico possa coincidere con 

l'illegalit�: il che � assurdo, almeno in un ordina


mento che s.i propone di attuare lo Stato di diritto. 

L'Autore conclude che al potere (negativo) del 

giudice di rifi.utare l'applicazione di un atto ille. 
cito (art. 5 della legge sul Contenzioso) deve rispondere 
un potere (positivo) di rimuovere quelli gi� 


prodotti. 

Ci�, del resto, � gi� stato riconosciuto per ta


luni casi, che la dottrina considera eccrezionali 

(ordine di retrocessione di terreni gi� espropriati


e non utilizzati; ordine di restituzione di somme). 

Questi casi, secondo l'A., non sarebbero che mani


festazione di un principio generale, secondo il 

quale deve riconoscersi al giudice il potere di eli


minare attivamente gli effetti dell'atto. 



-142 


La teoria dell'egregio A., presentata con uno stile 
disinvolto e piacevole, � semplicemente rivoluzionaria. 
Come tutte le teorie di questo genere, essa parte 
da affermazioni parzialmente vere, si snoda attraverso 
un ragionamento parzialmente esatto, per arrivare 
a conclusioni totalmente errate, eliminando progressivamente 
quel tanto di vero e di esatto che era 
posto a base delle premesse e delle argomentazioni. 

Esatta, ma solo in parte, � la distinzione fra l'atto 
amministrativo ed i suoi effetti. L'argomento non � 
certamente nuovo, e possono ricordarsi, al riguardo, 
alcune utili osservazioni del ROMANELLI (L'annullamento 
degli atti amministrativi, p. 13 e segg.). 
Ma la distinzione vien meno; sotto un profilo pratico, 
quando l'atto amministrativo si manifesta in 
un fatto illecito: perch� in tal caso l'atto e la sua 
manifestazione sono tutt'uno, nella realt� delle cose, 
ed eliminare gli effetti dell'atto significa distruggere 
l'atto. Dire che, in questi casi, la causa degli effetti 
(l'atto amministrativo) � gi� consumata, si esaurisce 
negli effetti, e perci� � fuori del diritto, non ha 
senso comune. La volont� della Pubblica Amministrazione 
di produrre quegli effetti �, invece, immanente 
in questi ultimi. Lungi dal consumarsi, normalmente 
l'atto amministrativo perdura finch� � 
voluto quell'effetto, cos� come, nel caso del terreno 
arbitrariamente trasformato in strada, la volont� 
di destinarlo a fini pubblici perdura finch� dura 
l'opera pubblica e la sua utilizzazione. 

Senza dubbio vi possono essere atti ad effetto istantaneo, 
o quanto meno temporaneo, per i quali realmente 
l'atto si esaurisce nella sua manifestazione; 
ma parlare di potere di rimozione del giudice, rispetto 
a tali effetti, � un altro controsenso: perch� 
non si possono rimuovere effetti gi� esauriti, cos� 
come nessuna forza al mondo potr� rendere infectum 
quod factum est. 

N � gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, 
e tanto meno l'art. 113 della Costituzione, consentono 
di affermare che il termine di cc annullamento � sia 
ivi adoperato con riferimento al solo atto, lasciando 
al giudice un illimitato potere sugli effetti dell'atto 
stesso. Tutta la genesi della legge sul Contenzioso 
esclude questa interpretazione. �, infatti, evidente 
che lo scopo di mantenere la separazione dei poteri 
e di evitare intralci all'operato dell'Amministrazione 
verrebbe totalmente frustrato, se il giudice potesse 
distruggere o rimuovere gli effetti dell'attivit� amministrativa. 
Per quanto possa sembrare paradossale, 
sarebbe, anzi, di gran lunga pi� grave e preoccupante 
una interferenza sugli effetti degli atti amministrativi, 
che non un platonico annullamento dell'atto, 
da cui quegli effetti traggono causa. L'art. 113 
della Costituzione, d'altro canto, appare ancora pi� 
restrittivo: non solo circoscrive il potere di annullamento 
agli organi tassativamente indicati dalla legge, 
ma aggiunge che siffatto potere pu� esplicarsi solo 
nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa: 
il che riconferma come anche la Costituzione abbia 
considerato l'annullamento nella sua portata pratica, 
e non come una semplice dichiarazione di invalidit� 
di un atto astrattamente considerato, isolato 
dai suoi effetti. 

� vero che la portata innovativa dell'art. 113 
della Costituzione, gi� messa in evidenza su questa 
Rassegna (retro, p. 10), estende la possibilit� di 

un conferimento di poteri di annullamento anche 
al giudice ordinario; ma la Costituzione non crea 
ancora tali poteri. Essi sorgeranno solo dalla legge. 
Allo stato attuale della legislazione, i limiti stabiliti 
dagli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso sono, 
quindi, del tutto operanti. � 

Non contraddicono questa affermazione i casi 
della retrocessione coatta per mancato compimento 
dell'opera, nell'espropriazione per pubblica utilit�, 
e della condanna alla restituzione di somma, che 
vengono ricordati dall'A. come manifestazione del 
potere di rimozione degli effetti dell'atto illecito. 

La sentenza di retrocessione (che non annulla il 
precedente trapasso, ma semplicemente provoca, con 
portata costitutiva, un ritrasferimento: Cass. 24 
giugno 1947, n. 998), non importa necessariamente 
una condanna al rilascio; crea unicamente il titolo 
per l'azione del privato, azione che, in caso di non 
ottemperanza della Pubblica Amministrazione, potr� 
per� essere solo riparatoria (LUCIFREDI: Prestazioni 
obbligatorie in natura, vol. II, 313). La Corte 
Suprema ha precisato, d'altra parte, che l'azione 
del privato, in tali casi, non � mai di rivendica 
(Cass. 19 dicembre 19'51, n. 2860, .Acque e bonifiche 
1952, 430). Rivendicatoria potrebbe forse qualificarsi 
l'azione per ottenere la restituzione del fondo 
temporaneamente occupato, quando sia decorso il 
biennio: caso, codesto, preso recentemente in esame 
dalla sentenza 13 febbraio 1953, n. 369, delle Sezioni 
Unite, gi� commentata su questa Rassegna (retro, 

p. 125). Ma in tutte queste particelari fattispecie, a 
ben vedere, sussiste un elemento caratteristico che si 
ricollega ad un accertato o presunto volere dell'Amministrazione 
di non ultimare l'opera pubblica (artivolo 
63 legge sulle espropriazioni) o di non proseguire 
nell'espropriazione (art. 71 e 73). L'inutile 
decorso dei termini rappresenta, in entrambi i casi, 
un elemento rivelatore di volont� della Pubblica Amministrazione: 
e, di fronte ad esso, una difforme 
volont� della Pubblica Amministrazione, non potrebbe, 
secondo la Corte Suprema, rivestire l'oggetto di un 
semplice fatto materiale, come il protrarsi dell'occupazione. 
Quanto questa particolare conclusione sia discutibile, 
� stato gi� messo in rilievo (cfr. retro, p. 126). 
Tuttavia, non pu� sfuggire come in siffatti casi, al 
pari di altri che si possono configurare, in sostanza 
il giudice tenda ad affermare la sussistenza di una 
limitazione della volont� della Pubblica Amministrazione, 
tale da rendere irrilevante una successiva 
volont� non espressa in determinate forme ed entro 
determinati termini. Ma se questa � la portata dell'indagine 
del giudice in questi particolarissimi casi, 
sembra si debba concludere che la sentenza, la quale 
accerti l'inesistenza di una efficace contraria volont� 
della Pubblica Amministrazione e da questa inesistenza 
deduca determinati effetti, in definitiva non 
si sovrappone alla volont� formalmente espressa 
dalla Pubblica Amministrazione ma, in un certo 
senso, ad essa si adegua. 

D'altra parte, ove in tali casi, "indipendentemente 
dal semplice fatto materiale dell'occupazione, -intervenisse 
una dichiaraziqne esplicita di volont� della 
Pubblica Amministrazione di ultimare l'opera pubblica, 
l'azione di rivendica non potrebbe certamente 
andare oltre all'accertamento della permanenza del 



-143 


diritto dominicale: una condanna al rilascio sarebbe 
inammissibile. In tal senso � la sentenza annotata 
dall'A., ed in tal senso � la dominante giurisprudenza 
sia della Suprema ()orte (Sent. 5 agosto 1949, 

n. 2238, Giur. compl. Cass. civ. 1949, III, p. 1164; 
Sent. 6 dicembre 1952, n. 3125), sia delle magistrature 
di merito (cfr. richiami in � Foro It. �, 1950, 
I, 1027; �Foro It. �, 1952, I, 1098 e 1131). 
Non maggior pregio, neppure per la novit�, ha 
il richiamo alla possibilit� di sentenze di condanna 
a restituzione di somme, per dimostrare l'esistenza. 
di un potere del giudice di coartare la Pubblica A mministrazione. 
Gi� il CAMMEO ravvisava nella condanna 
a prestazione pecuniaria una sostanziale 
revoca della volont� della Pubblica Amministrazione 
di non pagare la somma richiesta (Commentario, 

p. 849). Ma il Cammeo rilevava giustamente che 
l'ammissibilit� di simili sentenze poteva giustificarsi, 
pur rappresentando una eccezione all'art. 4, per la 
considerazione che una somma di danaro � tipicamente 
fungibile, s� che l'ordine di pagare non pregiudica, 
o pregiudica solo in misura trascurabile, il 
libero raggiungimento dei fini pubblici. In realt� 
pu� dirsi che essendo il danaro una semplice misura 
dei valori, ed essendo esso tipicamente un genus, 
una condanna al pagamento di somma non � mai 
una condanna ad adempimento specifico. 
Infine, non pu� concordarsi con l'A., l� dove 
questi pone sullo stesso piano il potere di negare 
gli effetti dell'atto amministrativo illecito (art. 5 
legge sul Contenzioso) ed il correlativo potere di rimuoverli. 
Nella disapplicazione dell'atto, il giudice 
si limita infatti a negare alla Pubblica Amministrazione 
la tutela giurisdizionale rispetto ad un atto 
che egli accerta come illecito. Ma la Pubblica Amministrazione 
non � costretta a fare alcitnch�, di 
fronte alla pronuncia del giudice: la sua volont� 
rimane libera, nel senso che essa potr�, se le esigenze 
collettive lo impongono, ancora applicare amministrativamente 
l'atto illecito. In altri termini, 
non la sentenza del g'iudice, ma solo la valutazione 
delle necessit� pubbliche, determineranno il modo di 
conformarsi al giudicato. 

� chiaro che tutt'altra situazione si verificherebbe 
se fosse ammesso un ordine positivo di ri.mozione. 
In tal caso, �il giudice costituirebbe, a mezzo della 
propria decisione, la sostanza propria dell'atto 
amministrativo ... Formulerebbe la decisione con intento 
di equipollenza dell'atto amministrativo; che 
�, per sua natura, infungibile n: e ci�, secondo la 
incisiva espressione delle Sezioni Unite (Sent. 5 
aprile 1949, n. 2238, loc. cit.) sarebbe dnconcepibile 
n. Anzi, l'accenno al potere di disapplicazione, 
proprio dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, permette 
di esattamente delimitare l'ambito delle due giurisdizioni 
(di annullamento o di merito) nella proposizione: 
� Il potere di disapplicare esclude il potere 
di annullare, come il potere di annullare esclude il 
potere di disapplicare n (Oons. Stato, 28 giugno 1952, 

n. 1032, �Riv. Amm. �, 1953, II, 12;5; DEL Pozzo, 
�Foro Anim. �, 1952, I, 2, p. 146. Sui rapporti 
fra gli articoli 4 e 5 della legge sul Contenzioso, 
cfr. anche questa Rassegna, retro, p. 124). 
Infine, l'affermazione che l'interesse pubblico non 
possa esigere, in uno Stato di diritto, l'intangibilit� 
e la permanenza di effetti dichiarati illegali, � sol


tanto una bellissima frase, o, se si vuole, un principio 
astratto. Tuttavia � facile osservare che sul 
piano pratico, dove si muove l'attivit� della Pubblica 
Amministrazione,� un effetto pu� essere illegale 
rispetto al privato, ed essere di importanza vitale 
per l'intera collet.tivit�. Lo Stato di diritto, in questa 
ed altre consimili situazioni, deve assicurare un 
indennizzo (cio�, una riparazione): non pu� assicurare 
una rimozione degli effetti lesivi dell'atto 
illecito, assoggettandosi all'ordine del giudice ordinario 
e sacrificando gli interessi primari della collettivit�. 
Neppure l'obbligo di conformarsi al giudicato, 
sancito nell'art. 4, 2� comma, rappresenta propriamente 
una esecuzione della sentenza. Anche nel 
soddisfacimento di questo obbligo l'Amministrazione 
ha infatti il potere, ed anzi, il dovere,. di contemperare 
l'interesse privato con l'interesse generale 
(cfr. retro, p. 5). 

Del resto, il caso della strada -dal quale � partito 
l'egregio A., per avventurarsi poi negli impervi 
sentieri dei limiti della giurisdizione ordinaria � 
pi� che probante. In nessun Stato di diritto, crediamo, 
potrebbe ammettersi che gli interessi di un 
intero Comune, collegato finalmente con strada ordinaria 
ad altri centri abitati a prezzo di ingenti oneri 
finanziari, debbano cedere di fronte all'interesse del 
privato, che reclama il terreno su cui fu costruita 
la strada per disporne a suo arbitrio, anche mantenendolo 
incolto. 

E nessun giudice avrebbe considerato � semplice 
e naturale n ordinare il rilascio, come � suggerito 
nella nota dell'avv. Pallottino. 

D'altra parte, la fattispecie sulla quale il Pallottino 
ha voluto costruire tutta questa sua teoria ci 
sembra proprio la meno indicata, anche per quanto 
riguarda la pretesa insolubilit� del problema della 
propriet� del terreno. 

Oi sembra, infatti, che la condanna dell' Ammini


strazione su richiesta del proprietario del terreno 

al pagamento di un equivalente, in danaro, della 

perdita del terreno (preferiamo questa espressione 

all'altra di risarcimento danni), costituisca un caso 

di vera e propria conversione del diritto di propriet�. 

Il .caso della strada porta a conclusioni stravaganti, 

se -come tenta l' A. -lo si vuole ricondurre negli 

schemi del trasferimento consensuale di propriet�, 

o negli schemi del trasferimento per decreto prefettizio, 
normale nella procedura espropriativa. Ma 
la legge conosce altri casi in cui un trasferimento 
di propriet� si verifica automaticamente solo con il 
pagamento del prezzo, indipendentemente dal consenso 
del proprietario della cosa: tale � il caso in 
tutt'altro campo -della specificazione, in cui 
l'artefice <e acquista la propriet� pagando il prezzo 
della materia n (940 Codice civile). 
La Corte Suprema, nella sentenza annotata, non 
ha creduto di poter arrivare ad una esplicita aff ermazione 
di avvenuto trasferimento della propriet� 
dopo la conversione effettuatane nel tantundem su 
richiesta dell'avente diritto. Tuttavia, pur e!'lcludendo 
che il fatto arbitrario della Pubblica Amministrazione,non 
seguito dalle formalit� espropriative (in particolare, 
dal decreto prefettizio) fosse sitfficiente a determinare 
il trasferimento ai sensi della legge sulla espropriazione, 
non ha negato ohe un trapasso si fosse 
verificato, o potesse verificarsi, fuori dall'ambito 


-144 


della legge sull'espropriazione, e in virt� di altri 
principt Anzi, la sentenza tenne a precisare chiaramente 
che, pur prescindendo dalle formalit� espropriative, 
<< il diritto di propriet� era stato nella 
sostanza interamente sacrificato ed annientato �. Riconoscimento, 
codesto, fatto proprio anche dal OARUGNO 
in un interessante studio sulla stessa sentenza 
(� Riv. Amm. �, 1953, I, 17), in cui si legge che �il 
diritto di propriet�, grazie appunto alla radicale trasformazione 
della cosa, era stato in realt� annientato �. 

L'incertezza della situazione giuridica del bene 
trova la sua radice, a nostro modesto avviso, nella 
incompleta valutazione del fenomeno della conversione 
del diritto di propriet� nel diritto all' equivalente. 
La realt� � che accanto alle normali procedure 
esprop_riative si possono configurare situazioni 
di fatto (difese, tuttavia dalla legge) per le quali il 
privato viene a perdere totalmente la disponibilit� 
di un determinato diritto. 

Tali situazioni, una volta riconosciute come immodificabili, 
vengono a trovarsi nella stessa posizione 
in cui si trovano le prestazioni obbligatorie a carico 
del privato, regolate specificamente dalla legge. Nell'uno 
e nell'altro caso, esse determinano ipso jure 
un trasferimento di diritto (di propriet� o di uso), 
con il pagamento dell'equivalente. 

Basta d'altronde riflettere che, una volta passata 
in giudicato una sentenza di condanna al pagamento 
dell'equivalente, il proprietario del bene sacrificato 
diviene titolare d'un diritto di credito, con il 
quale sarebbe necessariamente incompatibile la permanenza 
del diritto di propriet�, dalla cui perdita 
esso appunto nasce. 

'.MARIO ROTONDI: Istituzioni di Diritto privato, 

6a edizione, Pavia, Tipografia del Libro, 1951. 

�Se prendiamo in mano, adesso, un manuale 

di istituzioni di cinquanta o anche solo di trenta 

anni fa, � quasi la stessa cosa che a voler insegnare, 

con un libro altrettanto vecchio, la fisica e la bio


logia �, cosi scriveva un chiaro .Autore a proposito 

di un trattato istituzionale di diritto privato pub


blicato in questi ultimi anni. E infatti il lavoro 

dottrinale di questi � ultimi decenni � stato cosi 

intenso e, spesso, cosi innovatore da sottoporre a 

revisione integrale molti istituti giuridici e da co


struire, con architetture ad ampio respiro, le teo


riche generali di determinate branche e da rimo


dellare, comunque, gli antichi schemi attraverso 

nuove valutazioni critiche. 

Ma non � agevole, peraltro, trovare, in mezzo a 

questo lavoro di revisione e di innovazione, sem


pre, il punto di equilibrio: cosicch�. non di rado ci 

� capitato di constatare che la suggestione delle 

tesi eccessivamente originali � tornata a detri


mento della solidit� delle costruzioni e, soprattutto, 

della chiarezza delle impostazioni . .Anzi ci � toc


cato di assistere alla esasperazione di queste ri


cerche innovatrici, spintesi fino al punto di toglier 

di peso dalle scienze f�,siche o cliniche la concet


tuologia e la terminologia ad esse propria, nel 

tentativo di utilizzarle anche per le branche giu


ridiche: con la conseguenza che, se in alcune pub


blicazioni ci si � limitati a sfruttare i concetti di 
statica, dinamica e meccanica giuridica, in altre 
invece si � valicato ogni limite della logica fino a 
ipotizzare la categoria delle �disfunzioni dell'atto 
giuridico)) (v. GASPARRI. PIETRO: .. I,_ezioni di Diritto 
amministrativo -Teoria delle disfunzioni amministrative). 
Di gi:tisa che, procedendo di simile 
passo, non si tarder�, da parte di qualche autore, 
a scoprire negli istituti giuridici f�,nanche un sistema 
vascolare o ghiandolare! 

E perci� in questo libro istituzionale del Rotondi 
il pregio maggiore si rivela proprio in quel controllo 
logico, in quel persistente senso del limite, per cui 
le varie costruzioni giuridiche sono, per lo � pi�, 
aggiornate alle recenti esperienze, pur mantenendo 
la classicit� e il nitore delle linee. Ed � proprio il 
pregio a cui mostra di tenere soprattutto 1'.A., 
allorch� nella prefazione assegna come funzione 
precipua per un corso di istituzioni �quella di dare 
ai giovani, evitando teorie estreme o eccessivamente 
personali la notizia delle controversie fon da.
mentali che si agitano, la visione delle conseguenze 
pratiche che dal principio e dalla teoria si 
derivano�. 

E una volta chiarito che tutta la pubblicazione 
del Rotondi � dominata da questa ricerca del punto 
di equilibrio fra le strutture classiche e i profili 
nuovi, cercheremo di registrare i capisaldi della 
trattazione in cui maggiormente prende rilievo 
tale istanza logica. 

Interessante � lo schema del negozio giuridico 
tracciato dall' .Autore. Come � noto, due teoriche 
in proposito hanno per lungo tempo dominato il 
campo: quella della volont�, o soggettiva (per cui 
la volont� costituisce la essenza del negozio, che 
viene cos� inteso come manifestazione di un voler� 
diretto a degli effetti giuridici ed esige che tali 
effetti, che l'ordinamento giuridico ricollega a siffatta 
manifestazione, siano effettivamente conformi 
a quelli voluti dal soggetto); e quella oggettiva 
(per cui l'essenza del negozio � da riporsi 
nella dichiarazione stessa, che � la incorporazione 
l'obiettivazione del volere, il quale al di fuori di 
essa � come inesistente). Su una base del tutto 
diversa pone il fondamento del negozio un'altra 
dottrina, pi� recente, detta precettiva: per essa il 
negozio non va concepito come manifestazione 

o dichiarazione di volont�; ma come dichiarazione 
precettiva ; il regolamento di interessi quale � 
disposto dalle parti � da essa considerato come 
impegnativo sul piano sociale, prima ancora che 
sul piano giuridico. Orbene, fra le predette 
teorie il Rotondi opera una mediazione, una sutura: 
e infatti per l'Autore il negozio giuridico � 
un particolare atto giuridico che consiste in una 
dichiarazione di volont�, liberamente manifestantesi, 
diretta a realizzare effetti giuridici (e in ci� 
egli accede, sostanzialmente, alla teoria classica 
del dogma della volont�); ma d'altra parte lo riannoda 
al concetto dell'autonomia delle parti, utilizzando 
cos� un profilo_ della elaborazione dottri~nale 
del Betti. 
La stessa istanza di sintesi fra le varie posizioni 
dei problemi si coglie nel concetto di causa del 
negozio prospettato dall' .Autore. Il quale non aderisce 
alla concezione soggettivistica (per cui la 



-145 


causa si identifi,cherebbe con il motivo ultimo o 
determinante della volont�); ma si discosta egualmente 
dalla formulazione rigorosamente oggettivistica 
che la identifi.ca nella funzione economicosociale 
del negozio. Fra le due opposte teoriche il 
Rotondi, si colloca in una situazione di equidistanza 
logica: e, invero, rileva che per la individuazione 
della � causa � bisogna sceverare, si, 
tutto il complesso dei fenomeni psicologici soggettivi 
(ad es. gli impulsi psichici che si chiamano 
moventi o motivi), ma non bisogna peraltro farsi 
del concetto di causa una raffigurazione del tutto 
astratta, che porti alla determinazione di un'unica 
causa idealmente tipica per ogni tipo di negozio, 
perch�, arrivando a una concezione assolutamente 
astratta quale molto si diffonde ora, ma che ,� del 
tutto estranea alla nostra pi� genuina tradizione 
giuridica, si perverrebbe a determinare identit� 
di causa per ogni tipo di negozio, di guisa che tutti 
i negozi di uno stesso tipo avrebbero-esclusivamente 
una causa lecita e una causa illecita: il che 
non si pu� ammettere � � .Ma se felice � il momento 
critico, non altrettanto valido ci sembra il momento� 
costruttivo, sicch� utilizzando materiali di risulta 
dell'una e dell'altra teorica l'Autore plasma la 
seguente definizione della causa: �la rappresentazione 
subiettiva del risultato giuridico o concreto 
che si conseguir� dal negozio �, il che vorrebbe 
costituire un tratto di unione fra la impostazione 
soggettiva e quella oggettiva, ma in effetti 
rimane un'ibrida formulazione. E contro di essa 
si presenta subito alla mente, come prima, l'obbiezione 
che non pu� ancorarsi il concetto di causa 
alla � rappresentazione di un risultato futuro �, per 
l'essenziale rilievo di J HERING (U rsache und Zweck) 
che la causa contractus o causa negotii appartiene 
al passato e non pu� proiettarsi nel futuro. 

La ricerca del punto di equilibrio fra i vari 
schemi logici trova, invece, felice espressione nella 
indagine condotta dall'Autore nel campo dei diritti 
reali e, specialmente, dei cos� detti beni immateriali. 
E cos�, per es., in tema di avviamento della 
azienda � nota la molteplicit� delle teorie, spesso 
divergenti l'una dall'altra, per cui chi lo ha identifi.
cato in ci� che chiamiamo clientela, chi lo ha 
configurato come attitudine dell'azienda al fine 
di lucro, chi come un bene a se stante, immateriale, 
un prodotto dell'ingegno componente con gli altri 
beni organizzati l'universalit� aziendale. Osserva, 
invece, il Rotondi che il concetto tradizionale 
unitario dell'avviamento appare come la risultante 
di due componenti distinte: una oggettiva o reale, 
inerenti ai singoli elementi dell'azienda, e una 
soggettiva o personale, che deriva dalla persona o 
dall'attivit� del titolare ed � a lui indissolubilmente 
legata. E cosi, in tema di diritto di autore, egli 
scevera, nel frutto complessivo dell'attivit� umana, 
tre coefficienti: 10 il diritto morale (personalissimo 
e irrinunziabile) dell'autore o dell'inventore a che 
sia riconosciuta la paternit� dell'opera o dell'ingegno; 
2� il diritto di propriet� sulle cose materiali 
alle quali l'opera � affidata o nelle quali l'opera 
inventiva si estrinseca o si concreta; 3� infine il 
diritto -che ha natura patrimoniale anche notevolissima 
-di sfruttamento dell'idea o dell'in


venzione e che non si identifi.ca n� col diritto per


sonalissimo n� col diritto sulla materialit� della 
cosa in cui la creazione artistica o industriale si 
estrinseca . 

.Anche nella costruzione del concetto di obbligazione 
si avverte la saldatura fra schemi classici 
e nuovi. E, invero, la dottrina classica poneva 
l'accento -nel definire l'obbligazione -sul dovere 
dell'obbligato e sostanzialmente concentrava 
l'obbligazione nel debito (SAVIGNY, WINDSCHEID): 
ed � questa la tappa prima nello sviluppo della 
dottrina, per cui nell'obbligazione dapprima si � 
visto, soprattutto, come era naturale, la persona 
del debitore e il suo dovere di adempiere. Ma, 
come spesso accade, si � poi passato all'estremo 
opposto: ponendo il debitore in secondo piano e, 
invece, in primo piano, il suo patrimonio (BRINZ, 
HARTMAN). Si ponevano perci� le premesse di una 
terza concezione che, riunendo i due momenti, 
aspirasse al titolo di soluzione di mezzo: cos� si 
present� la teorica dello �Schuld � e ��'.Eiaftung �, 
per cui l'obbligazione esprimerebbe a un tempo il 
dovere soggettivo dell'obbligato (il debito) e la 
soggezione oggettiva dei suoi beni (responsabilit�) 
al soddisfacimento del creditore. Ma non tutti 
sono d'accordo sulla saldatura in tutt'uno del debito 
e della responsabilit�, per la considerazione 
che non sempre la responsabilit� coesiste col debito 
ma succede all'inadempimento. E fra le suddette 
formulazioni il Rotondi trov:a un punto di 
confluenza, sotto il profi.lo che <' in sostanza le 
componenti del rapporto obbligatorio.sono debitum 
e obligatio � e che � questi due elementi sono tra 
loro indissolubilmente congiunti, sicch� non potr� 
sussistere un debito senza responsabilit� o una 
responsabilit� senza debito �. E rileva che non 
appare esatto che in sostanza il subbietto obbligato 
sia posto (CARNELUTTI) davanti all'alternativa 
di adempiere l'obbligazione o di risarcire i 
danni derivanti dall'inadempimento; n� bisogna 
credere che nell'ordinamento moderno l'elemento 
personale sia tanto attenuato da far s� che il 
debitore possa in sostanza non adempiere la obbligazione 
sottostando solo al risarcimento del 
danno. Esiste infatti anche la possibilit� intermedia 
della esecuzione coattiva dell'obbligazione 
in forma specifi.ca, sempre che ci� sia possibile 

dato il contenuto delPobbligazione. 

Sostanzialmente, adunque, la esposizione del1'.
Autore riesce, il pi� delle volte, a comporsi in 
una forma sobria e tersa: e tale pregio acquista 
rilievo specialmente nel delineare i contratti speciali 
attraverso cenni sintetici eppur esaurienti: 
cosicch� risulta realizzato congruamente il proposito 
dell' .Autore �di non mirare a ridurre in scala 
un trattato di diritto civile, ma di mettere in grado 
di individuare i singoli contratti, di farne cio� la 
diagnosi differenziale �. 

Nel chiudere questa recensione, ci sembra tuttavia 
doveroso mettere in rilievo alcune perplessit�__ 
suscitate in noi dalla disposizione, diremo cos�, topografica, 
della materia trattata nel libro. Infatti, al 
contrario di quello che avviene normalmente nei libri 
istituzionali, la trattazione del diritto di famiglia si 
trova alla fine, e cos� anche la trattazione relativa 
alla efficacia delle leggi nel tempo e nello spazio. 


-146 


D'altronde, come anche ha rilevato il Carnelutti, 
altrettante perplessit� suscita la circostanza che 
l'atto illecito sia trattato solo nella lezione ventotte-.� 
sima come fonte dell'obbligazione, di guisa che rimane 
nell'ombra la sua appartenenza alla categoria generale 
dell'atto giuridico, tanto pi� che l'A. parla di fatto 
e non di atto in tema di illiceit�. E non si possono 
non formulare dei dubbi o delle riserve allorch� l'A. 
tratta dell'azione � di annullamento sub specie del


l'inadempimento dell'obbligazione. 

Queste lievi mende, tuttavia, non possono alterare 
il giudizio sostanzialmente positivo eh(} si deve dare 
del libro, il quale rappresenta, nel campo dello studio 
istituzionale, un notevolissimo progresso. 

G. S. 
F. 
Cuccu: In tema di ammissibilit� di modifiche �i 
ufficio ai piani urbanistici in sede di approvazione. 
(cc Riv. Amministrativa Repubblica Italiana �, 

maggio 1953). 

In questa pregevole nota il Cuccia affronta il 

problema delle modif�.che di ufficio dei piani urba


nistici, prendendo lo spunto da due pronunzie 

del Consiglio di Stato, una in sede consultiva (Se


zione II, parere 3 febbraio 1953, n. 51, sul piano 

regolatore di Milano), l'altra in sede giurisdizio


nale (Sez. IV, decisione 6 giugno 1952: causa Sci


nicariello c. Ministero Lavori Pubblici e Comune 

di Gaeta), delle quali la prima ha negato l'ammis


sibilit� di tali modif�,che d'ufficio, affermando che 

queste debbano introdursi rinnovando tutta la 

procedura, la seconda ha invece ammesso le modi


f�.che in via eccezionale solo quando si tratti di 

piani di ricostruzione e non di piani regolatori. 

Il Cuccia critica entrambe queste pronunzie e 

la critica investe la radice stessa del problema e 

cio� la natura dell'atto di approvazione del piano 

urbanistico (regolatore o di ricostruzione) che il Con


siglio di Stato ricomprende tra gli atti di controllo. 

L'A. osserva che se si accetta questo postulato 

le conseguenze non possono essere che quelle rigo


rosamente segnate dalla Sez. II, mentre l'ecce


zione ammessa dalla Sez. IV pu� essere solo �lo 

indice di una giusta preoccupazione � di evitare 

complicazioni e lungaggini certo non volute dal 

I egislatore. 

La soluzione del problema l'A. la trova nella 

giusta qualif�,cazione dell'atto di approvazione del 

piano che non � atto di controllo e cio� esterno, 

ma atto conclusivo di tutto un procedimento 

amministrativo. 

� appunto questa la categoria giuridica che 
viene utilizzata dal Cuccia per la sua indagine 
ed � sulla base di essa che egli esamina e valuta 
i vari stadi della procedura attraverso la quale il 
piano urbanistico viene adottato dal Comune e 
approvato dallo Stato. 

La premessa di questa indagine � l'osservazione 
che f�.n dal momento dell'adozione del piano, atto 
squisitamente comunale, la legge ammette l'intervento 
sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia 
da parte del Comune. 

A conclusione della sua minuziosa indagine il 

Cuccia precisa come l'atto col quale il Comune 

presenta il piano dell'approvazione degli organi 

statali competenti � una proposta; esso cio� �rive


ste �arattere preparatorio in rapporto ai succes


sivi sviluppi, essendo ancora nello stadio di attesa 

dell'istruttoria e della approvazione ... �. 

�Ne consegue -aggiunge il C. -che, trat


tandosi di un vero e proprio atto preparatorio, 

non sembra che la questione della ammissibilit� 

delle modif�.che introdotte di ufficio possa risol


versi alla stregua dell'istituto del controllo �. 

� Posta, invece, la questione stessa in termini 

non gi� di controllo, ma di coordinamento di atti


vit� fra i soggetti del procedimento e, per ultimo, 

di esercizio di potest� sovrana, l'intervento sosti


tutivo degli organi superiori appare in tutto giu


ridicamente corretto, perch� si tratta di dare 

legale sanzione ai risultati dei vari apporti svol


tisi durante la fase istruttoria con ampia libert� 

di riscontro e di giudizio nei confronti di tutti �. 

Condividiamo pienamente la tesi del Cuccia la 

quale � stata sostenuta in giudizio dall'Avvocatura 

dello Stato. 

Quello che per� ci sembra pi� degno di esser rile


vato, non � tanto la tesi stessa quanto il modo col 

quale il Cuccia ne d� giustificazione. L'articolo �, 

infatti, un vero esempio di dimostrazione ineccepi


bile e costituisce una conferma del principio secondo 

il quale, anche nella scienza giuridica, gli strumenti 

pi� perfezionati di indagine sono i piu utili per la 

ricerca della verit�. 

Uno di questi strumenti � certo la categoria del 

procedimento amministrativo la quale non trova 

n� in dottrina n�, tanto meno, in giurisprudenza 

quella utilizzazione che le spetterebbe per la sua 

importanza dogmatica e pratica. 

Della suddetta categoria il Cuccia si serve acuta


mente unendo, come gi� altre volte abbiamo rilevato, 

ad una ineccepibile conoscenza del diritto la preziosa 

esperienza di alto funzionario particolarmente com


petente in questo delicato ramo dell'Amministrazione 

statale. 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ANTICHITA E BELLE ARTI -Legge n. 1089 del 
1939 -Applicabilit� del regolamento n. 363 del 
1913 -Diritto di acquisto e di prelazione da parte 
dello Stato -Mancata comunicazione all'interessato 
nel termine di decadenza di due mesi -Inefficacia. 

(Corte di Cass. Sez. I, Sent. n. 204/53 -Pres.: Di Liberti; 
Est.: Stella Richter; P. M.: Criscuoli -Ministero 
P.� I. c. Gianesi). 

La tutela giuridica delle opere d'arte, gi� disciplinata 
dalla legge 20 giugno 1909, n. 354, e dal 
relativo regolamento 30 gennaio 1913, n. 363, � 
stata riformata con la legge 1� giugno 1939, numero 
1089, sostitutiva della precedente. 

E poich� l'ultima legge non ha avuto ancora il 
suo regolamento ai sensi dell'art. 73 della legge 
medesima, valgono ancora, in quanto siano applicabili, 
le norme del regolamento approvato con il 
decreto n. 363 del 1913 sopra citato. 

L'esercizio del diritto di prelazione o del diritto 
di acquisto di cose d'interesse artistico e storico 
pur nella diversit� del presupposto ~ della configurazione 
giuridica costituisce un caso di vendita 
coattiva a favore dello Stato. 

Trattandosi inoltre di negozio di diritto pubblico 
della categoria degli atti espropriativi in 
senso lato, creativo di un rapporto giuridico bilaterale 
(dato l'obbligo del prezzo gravante sul1'
Amministrazione), deve ritenersi che l'atto stesso 
non produca i suoi effetti se non al momento della 
sua comunicazione. 

In conseguenza il termine di due mesi stabilito 
dalla legge a pena di decadenza per l'esercizio 
della facolt� dclP Amministrazione, riguarda non 
soltanto l'atto interno con il quale lo Stato si 
determina all'acquisto, ma anche la comunicazione 
all'interessato che deve essere resa in quel 
termine poich� l'attribuzione allo Stato produca 
i suoi effetti: 

Ci� risulta anche dal combinato disposto degli 
articoli 140, 142 del regolamento 30 gennaio 1913, 

n. 363. 
Riportiamo anzitutto la motivazione della sentenza: 


Il Ministero deduce che l'errore fondamentale del 
Tribunale � stato quello di aver assunto sotto una 
medesima categoria due istituti del tutto diversi, 
quali sono quelli della prelazione nel caso di alienazione 
di opere d'arte e dell'acquisto nel caso di 
esportazione delle opere stesse; la prelazione infatti, 
non differisce da quella regolata dal Codice civile e 

deve quindi essere esercitata entro un termine ptrentorio, 
mediante notifica della decisione agli interessati, 
l'acquisto della cosa destinata all'esportazione; 
invece, ha carattere strettamente pubblicistico 
e non deve essere notificato, ma solo comunicato 
mediante un avviso, per il quale non vi � prescrizione 
di termine. La doglianza � infondata. 

Oom'� noto, la tutela giuridica della antichit� e 
delle opere d'arte era disciplinata dalla legge 20 
agosto 1909, n. 364 e dal relativo regolamento 30 
gennaio 1918, n. 363. Su tempi recenti � stata 
attuata una riforma con la legge 10 giugno 193'9, 
numero 1089, che ha sostituito la precedente. 

Essa non ha avuto ancora il suo regolamento di 
esecuzione, pertanto, ai sensi dell'art. 7 3 della legge 
medesima, valgono ancora, in quanto siano applicabili, 
le norme del regolamento approvato con decreto 
30 gennaio 1918, n. 363. 

La legge vigente, al pari di quella abrogata, prevede 
il diritto di prelazione dello Stato nel caso di 
alienazione delle cose appartenenti a privati e il 
diritto di acquisto da parte dello Stato delle cose presentate 
per l'esportazione all'estero. 

Le innovazioni da essa introdotte consistono in 
ci�, che mentre prima il presupposto per l'esistenza 
del diritto di prela.zione era che le cose presentassero 
cc un importante interesse � artistico e storico e quello 
per l'esistenza del diritto di acquisto :era che presentassero 
semplicemente cc un interesse � artistico o storico, 
ora si richiede rispettivamente �un interesse particolarmente 
importante � e cc un interesse importante �. 

Inoltre il termine di due mesi per l'esercizio dei 
diritti medesimi non � pi� suscettibile di proroga di 
altri due mesi, ad inizia�tiva dell'Amministrazione, 
come era consentito dalla legge abrogata. Oi� dimostra 
che i poteri dell'Amministrazione, almeno in 
questa materia, sono stati limitati per contemperare 
pi� equamente gli interessi pubblici con quelli pri


vati, pur essi meritevoli di tutela, come � illustrato 

nella relazione ministeriale che accompagna il di


segno della legge del 1939. 

Se poi si procede al raffronto tra il diritto di pre


lazione e quello di acquisto, si rileva che essi, pur 

riferendosi a situazioni diverse e pur differenzian


dosi nel presupposto e nella configurazione, hanno 


alcuni caratteri comuni, in quanto costituiscono en


trambi potest� dell'Amministrazione di acquistare 

le cose di interesse artistico o storico nonostante la 

contraria volont� del proprietario, diretta all'alie


nazione a terzi o all'esportazione. 



-148 


Si tratta nell'uno e nell'altro caso di una vendita 
coattiva a favore dello Stato, in luogo di una libera 
'�Jendita tra privati ovvero di una semplice esportazione 
a qualunque titolo effettuata. 

L'esercizio di cotesta facolt� dell'Amministrazione, 
cos� gravemente lesiva dei diritti del proprietario di 
disporre della propria cosa, � soggette ad un rigoroso 
termine di due mesi, non suscettibile di proroga, 
come si � osservato dianzi. 

Ohe tale termine sia di decadenza non pu� dubitarsi, 
giacch� stabilisce un limite temporale di breve 
durata all'esercizio di diritti di natura eccezionale. 
Da ci� si desume appunto il carattere del termine 
di decadenza qualora manchi una espressa qualificazione, 
come spesso accade, tanto nel O odice, quanto 
nelle leggi speciali. 

Oi� posto, si presenta di agevole soluzione il problema 
in cui si sostanzia la controversia, vale a dire 
se sia sufficiente perch� si effettui l'acquisto della 
cosa destinata all'esportazione, che l'Amministrazione 
entro il termine di due mesi dalla denuncia 
per l'esportazione medesima decida di procedere 
all'acquisto, ovvero se sia necessario che nello stesso 
termine dia comunicazione all'interessato della sua 
decisione. 

Il problema non attiene al perf eiionamento df'l


l' atto amministrativo, ma alla sua efficacia. 

Infatti � incontestabile che l'atto sia perfetto quando 

l'Amministrazione abbia manifestato la sua volont� 

nella forma di legge, e cio� mediante un provvedi


mento scritto. 

Ma la perfezione dell'atto non pu� essere suffi


ciente a determinarne l'efficacia, in quanto 'questa 

si verifichi solo con la comunicazione all'interessato. 

Ora � da ritenere per fermo che nella specie l'atto 

non produca isuoi effetti se non al momento della 

comunicazione. Si tratta infatti di un negozio di 

diritto pubblico e precisamente di un negozio della 

categoria di quelli destinati a limitare le facolt�, i 

poteri, idiritti e, in genere, la sfera giuridica del sin


golo, come sono gli atti di espropriazione in senso lato. 

Tale atto amministrativo negoziale non pu� avere 

efficacia, e cio� non pu� produrre isuoi effetti, se 

non dalla data della comunicazione, appunto perch� 

impone alla persona cui � diretto un obbligo giuridico 

ovvero estingue una facolt� giuridica. Per di pi� 

l'atto � bilaterale, nel senso che crea un rapporto 

bilaterale tra l'Amministrazione ed il privato, giac


ch� se impone al secondo la perdita della propriet� 

della cosa impone anche alla prima l'obbligo di 

pagarne il prezzo. Oi� conferma maggiormente la 

necessit� della comunicazione perch� l'atto possa 

avere efficacia. 

A queste ragioni basate sui principi generali si 

aggiugono quelle desunte dalla disciplina particolare 

della materia, dettata dal regolamento. 

Questo nell'art. 142 dispone che il Ministero, 

quando abbia deciso di acquistare la cosa, ne dia 

avviso all'esportatore e l'avviso non � che una comu


nicazione, sia pur scevra da formalit�. 

Ora che l'avviso debba essere dato nel termine di 

due mesi risulta anche dal combinato disposto dagli 

articoli 140 e 142 del regolamento. 

Il primo di essi, infatti, stabilisce che l'Ufficio 

di esportazione, qualora ritenga opportuno l'eser


cizio del diritto di acquisto, e ne faccia quindi pro


posta al Ministero debba partecipare la proposta 
medesima al proprietario, dichiarandogli di custodire 
la cosa a cura del governo fino all'esaurimento 
del termine di due mesi fissato dalla legge per l' acquisto. 
L'art. 142, poi, fa obbligo al llfin�istero, 
qualora abbia deciso di effettuare l'acquisto, non solo 
di darne avviso all'esportatore, ma anche di incaricare 
il soprintendente di prendere in consegna la 
cosa, mentre gli impone, nel caso che addivenga alla 
determinazione opposta, di significarlo all'Ufficio 
esportazione, perch� emettd la licenza di esportazione. 

Detto Ufficio deve quindi, in ogni caso, essere 
infarmato della decisione del Ministero entro idue 
mesi, perch� solo fino alla scadenz di tale terrnine 
custodisce la cosa per conto del Ministero stesso 
(ci� significa ovviamente l'espressione �a cura del 
Governo�), entro quel termine perci� deve essere 
posto in condizioni di consegnarlo al soprintendente, 
se l'acquisto viene effettuato, ovvero di rilasciare 
all'esportatore la chiesta licenza, se non si procede 
all'acquisto. 

Di fronte ad una cos� precisa e rigorosa disciplina 
sarebbe davvero assurdo ritenere che sia consentito 
al Ministero di non far conoscere le proprie decisioni 
anche per lungo tempo, senza limitazioni di sorta, 
lasciando. frattanto incerta la situazione del proprietario 
ed abbandonata la cosa, di cui l'ufficio continuerebbe 
ad avm�e la detenzione senza alcun titolo 
legittimo. 

Nessun rilievo ha la circostanza, segnalata dal 
ricorrente, che per l'acquisto sia richiesto un semplice 
avviso, anzich� una notificazione della decisione 
ministeriale, come stabilito dall'art. 65 del regolamento 
per l'esercizio del diritto di prelazione. 

La diversa forma di comunicazione � giustificata 
dalle diverse esigenze nelle due ipotesi, oltre che dalla 
difforme configurazione del diritto dello Stato. Nel 
caso della prelazione lo Stato acquista in luogo dell'acquirente 
liberamente scelto nel contratto di vendita, 
e quindi anche a costui deve far conoscere, oltre 
che al venditore, la propria determinazione di volont�, 
precisando il contenuto e curando la conformit� delle 
due comunicazioni. 

Nel caso dell'acquisto di cose destinate all'esportazione, 
invece, non vi � relazione con un negozio di 
diritto privato, ma vi � solo un negozio di diritto 
pubblico che riguarda esclusivamente il proprietario 
della cosa, � sufficiente perci� che questi che sia 
informato, senza alcuna particolarit� di forma. 

In entrambe le ipotesi peraltro vige il termine 
rigoroso di due mesi per Vesercizio del diritto attribuito 
alla pubblica Amministrazione, e quindi la 
necessit� che l'interessato entro quel termine abbia 
conoscenza dell'effettuato o mancato esercizio di quel 
diritto�. 

Non ci sembra che le argomentazioni addotte dalla 
sentenza in esame siano ineccepibili. 

In sostanza, la Corte Suprema, contrariamente 
alle erronee affermazioni del TrilJ�nale di Roma, 
non pu� fare a meno di riconoscere che V atto col 
quale il Ministero della Pubblica Istruzione delibera 
lracquisto della cosa presentata all'esportazione sia 
perfetto; indipendentemente dalla sua comunicazione 
all'esportatore, ma dichiara che esso non � 
efficace senza tale �comunicazione. 


w.mww-rn:: w.mww-rn:: 
-149


Ma se cos� �, pare evidente che non si pu� considerare 
il termine di due mesi come quello entro il 
quale la decisione di acquisto dev'essere non solo 
perfezionata ma anche resa efficace, una volta che 
disposizioni precise del genere non esistono nella 
legge sulla tittela delle antichit� e belle arti. 

A questo proposito giova rilevare che anche la 
sentenza della Corte Suprema appare travagliata 
dall'errore di sussumere sotto una sola cetegoria i 
due istituti distinti della prelazione nel caso di alienazione 
di opere d'arte e dell'acquisto nel caso di 
esportazione delle opere meaesime. 

L'istituto della prelazione consiste nel diritto attribuito 
dalla legge al Ministero della Pubblica Istruzione 
di sostituirsi all'acquirente nel contratto di 
diritto privato stipulato tra questi e il proprietario 
dell'opera d'arte venditore. Esso in nulla differisce 
da tutti gli altri diritti di prelazione ex lege, regolati 
dal Codice civile e da eventuali altre leggi speciali. 
Ha, quindi, perfettamente ragione la Corte Suprema 
di Cassazione quando, nella sentenza n. 91 del 15 
febbraio 1944, accomuna sotto una stessa disciplina 
tutti i casi di prelazione suddetti. 

Come abbiamo gi� esposto nel nostro ricorso, nel 
regolare il diritto di prelazione, la legge esplicitamente 
dispone che � in pendenza di detto termine 
(se. due mesi) il contratto rimane condizionato sospensivamente 
all'esercizio del diritto di prelazione�. 
� proprio questa natura di condizione sospensiva 
del contratto gi� stipulato, attribuita all'esercizio del 
diritto di prelazione, che giustifica non solo la perentoriet� 
del termine entro il quale esso deve essere esercitato, 
ma anche il fatto che l'atto con il quale il diritto 
stesso si esercita dev'essere portato a conoscenza 
dell'alienante e del compratore nello stesso termine 
di due mesi. Tale atto, invero, partecipa necessariamente 
della natura privatistica del contratto nel 
quale si inserisce e del quale condiziona la efficacia. 

In conformit� ed in applicazione di questi ovvii 
principi, il regolamento n. 363 del 1913, ancora applicabile, 
disciplina minutamente, all'art. 65, il 
modo e le forme della notifi,ca della decisione di esercitare 
il diritto di prelazione, nonch� il termine entro 
il quale la notifica dev'essere fatta. (A questo proposito 
va rilevato che � lo stesso art. 65 a confermare 
quanto noi abbiamo sempre detto e cio� eh.e altro � la 
decisione di acquistare e altro � la sua comunicazione, 
tanf� vero che il citato articolo stabilisce il termine 
dei due mesi, proprio in relazione alla notificazione). 

Completamente diverso dall'istituto della prelazione 
� l'istituto dell'acquisto in caso di esportazione. 

Facciamo . anzitutto notare che esso � regolato in 
una sezione della legge e del regolamento del tutto 
distinto dalla sezione che regola il diritto di prelazione. 
Non vi � nessun richiamo alle norme di questo; 
non si parla mai di notifi,ca, termine tecnico 
questo abbastanza preciso perch� possa ritenersi intercambiabile, 
nella stessa legge, col termine � avviso �, 
usato, invece, nell'art. 142 del citato R.D. n. 363 del 
1913; tanto meno vi � una norma che stabilisca, come 
l'art. 65 primo comma, che l'avviso dev'essere dato 
nello stesso termine di due mesi, entro il quale deve 
essere presa la decisione di acquistare. 

Questa differenza di disciplina non pu� non essere 
gi� da sola rilevante; ma acquista un tanto maggiore 
significato, quando la, si metta in relazione con 

la differente natura del potere esercitato dal Mini


stero nei due casi. 

Nel caso dell'esercizio del diritto di prelazione, il 

potere del Ministro non � in nulla differente da 

quello che esercita, ad esempio, il ,concedente. nel caso 

di vendita del fondo enfiteutico. 

Nel caso, invece, di esercizio del diritto di acquisto 

a seguito di domanda di esportazione, il potere del 

Ministro ha carattere strettamente pubblicistico. Non 

vi � alcuna sostituzione dello Stato all'acquirente 

privato, in quanto non si richiede per l'esercizio di 

tale diritto che si tratti di esportazione preordinata 

alla vendita, n�, tanto meno, che ci sia gi� un com


pratore. Secondo noi, se tale potere di acquisto non 

� del tutto simile al potere di espropriazione per pub


blica utilit�, � per� ad esso molto vicino. Pu� dirsi 

addirittura che esso sia l'istituto intermedio tra il 

diritto di prelazione e l'espropriazione, regolati en


trambi nella legge sull'antichit� e belle arti. 

Il solo (almeno per quanto ci risulta) precedente 

giurisdizionale di codesta Corte Suprema, nella materia 

ci sembra che confermi pienamente il nostro assunto. 

Infatti nella sentenza delle Sezioni Unite del 24 

novembre 1926 in causa Ministeri dell'Interno e 

della Pubblica Istruzione contro Medici Tornaquinci 

questo potere di acquisto in caso di esportazione non 

solo � accomunato ontologicamente al potere di riven


dicazione di atti d'archivio di interesse storico attri


buito allo Stato dalla legge sugli archivi di Stato 

(del quale non si contesta la natura espropriativa) 

ma esso � qualificato espressamente, se pure inciden


talnente, come cc espropriazione �. 

Perci�, il problema che si pone � quello di stabilire 

se l'atto di espropriazione (o di acquisto coattivo che 

praticamente � lo stesso) sia da considerare atto re


cettizio o non recettizio, e cio� se la comunicazione 

all'espropriando, attenga alla esistenza ed alla forma 

dell'atto, o se attenga invece ,soltanto alla sua effi


cacia, e sia perci� da considerare atto autonomo. 

Basta porre il problema per risolverlo nelsecondo 

senso in conformit� di quanto la stessa Corte Suprema 

ha dovuto ritenere. . 

Meglio, peraltro del concetto di efficacia dell'atto 

ci sembra che serva allo scopo di stabilire con preci


sione la distinzione, il c�ncetto di eseguibilit� del


l'atto. In altri termini, l'atto con cui si delibera 

l'acquisto della cosa presentata per l'esportazione sa


rebbe perfetto ed efficace una volta emanato nelle 

dovute forme (atto scritto, firma, del ministro, even


tuali registrazioni e visti da parte degli organi di 

controllo) diverrebbe poi eseguibile una volta comu


nicato all'interessato. 

Ed allora SP la legge non stabilisce un termine 
.apposito per la comunicazione, non pu� Pstendersi a 
questa il termine stabilito per la emanazione dell'atto. 

Su questo punto si veda la decisione della Sec. IV 

del Consiglio di Stato in causa Societ� Telef. Vene


zia c. Ministero Difesa (cc Foro It. �, 1953, III, 

217) con nota di richiami. 

Ci rendiamo, tuttavia, conto dei motivi che��hanno 

indotto la Corte Suprema alla decisione contraria 


alla nostra tesi; motivi che si sostanziano nella dove


rosa tutela dei diritti dei privati; ma pensiamo che 

sia pi� giusto che tali motivi ispirino una nodifi


cazione delle norme vigenti attraverso l'opera del le


gislatore r: non attraverso l'opera dell'interprete. 



-150 


Si consultino su quanto abbiamo osservato: FRAGOLA: 
Atti amministrativi non negoziali, p. 380 
e segg.: SANDULLI: Procedimento amministrativo, 

p. '250 e segg.; GRISOLIA: La tutela delle cose d'arte, 
p. 403 e segg. 
IMPOSTA DI REGISTRO -Bonifica -Agevolazioni 

'fiscali relative ad atti in correlazione con l'atto che 

gode del privilegio -Art. 8 legge registro, 66 T. U. 

n. 3256 del 1923 e 88 T. U. n. 215 del 1933 -Mutuo 
stipulato da consorzio di bonifica -Estinzione mediante 
cessione di delegazioni su contributi consorziali 
-Assoggettamento alla sola tassa 'fissa di 
registro -Soccombenza dell'Amministrazione in 
controversia relativa a opposizione a ingiunzione 
'fiscale -Articoli 45 e 148 tassa di registro -Condanna 
dell'Amministrazione alle spese -Limiti. 
(Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 491/53 -Pres.: Piacentini; 
Est.: Celentano; P. M.: Rossi -Finanze dello 
Stato c. Consorzio Bonifica Alli Punta Delle Castelle. 
Ai sensi degli articoli 8 alleg. B legge di registro, 
66 Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, 88 
Testo unico 13 febbraio 1933, n. 215, tutti gli atti 
che si compiono nell'interesse diretto dei consorzi 
di bonifica sono registrati col pagamento del solo 
diritto fisso. Questo trattamento fi.scale privilegiato 
riguarda anche gli atti che come mezzo al 
fi,ne, siano in correlazione con l'atto che gode dell'agevolazione 
pur non essendo con esso direttamente 
connessi e derivanti. 

Se in un atto di mutuo stipulato da un consorzio 

di bonifi.ca sia prevista la graduale estinzione del 

mutuo stesso mediante le cos� dette cessioni, al


l'istituto mutuante, di delegazioni su contributi 

consorziali dovuti al consorzio mutuatario, al 

detto atto � applicabile il privilegio fi.scale -con


sistente nel pagamento della sola tassa fissa di 

registro su tutti gli atti compiuti nello interesse 

diretto dei consorzi di bonifica ai sensi dell'art. 88 

del R. D. 13 febbraio 1933, n. 215 -qualora ri


sulti accertato che tali cessioni siano anche esse 

servite ad assicurare al consorzio medesimo i mezzi 

necessari per il raggiungimento dei suoi fini. 

Tenuto conto della necessit� in cui si trova il 

contribuente, a norma dell'art. 145 del Testo unico 

sulle leggi di registro, di ricorrere entro trenta 

giorni al rimedio giudiziario per arrestare la ese


cuzione dell'ingiunzione (dato che il ricorso ammi


nistrativo non � sospensivo), il disposto dell'arti


colo 148 del medesimo Testo unico � rispettato 

allorch� la causa -pur essendo stata promossa 

prima del decorso dei novanta giorni dalla pre


sentazione del ricorso amministrativo -sia stata, 

per�, portata alla cognizione del giudice successiva


mente alla scadenza del predetto termine. E in que


sto caso l'Amministrazione i,oceombente pu� essere 

condannata al pagamento della spese processuali. 

Trascriviamo anzitutto il testo delle motivazione 
in diritto della sentenza. 

� L'Amministrazione denuncia, col primo mezzo, 
la violazione dell'art. 9 del Testo unico leggi di registro, 
in relazione all'art. 8 della stessa legge, deducendo 
che, agli effetti della legge di registro, un contratto, 
come quello in questione, contiene due distinte 
convenzioni non legate da rapporto di connessione o 
dipendenza necessaria, delle quali quella costituita 

da mutuo vero e proprio non � tassabile (dato lo scopo 
dell'ente) mentre quella relativa alla cessione dei contributi, 
con garanzie maggiori di quelle richieste dalle 
parti contraenti, � soggetta a imposta proporzionale. 

Questa Corte, con ree.ente decisione (sentenza numero 
1478 del 21 maggio 195'2) in un caso del tutto 
analogo ha gi� respinto la tesi dell'Amministrazione 
finanziaria, ponendo in rilievo come nella fattispecie 
in discussione trattasi di decidere non gi� se ricorre 
la connessione �necessaria di cui al secondo comma 
dell'art. 9 sopra detto, ma se la cessione dei contributi 
all'Istituto sovventore, fatta dal Consorzio, a 
graduale estinzione del mutuo sia compresa nel privilegio 
fiscale, in base alle disposizioni che disciplinano 
il privilegio medesimo. 

Da tale impostazione non pu� dirsi che si sia allontanata 
la sentenza impugnata, perch� se pur � 
esatto il rilievo della ricorrente che nella prima parte 
della motivazione travisi affermato che la cessione 
non dava luogo a un negozio distinto, in quanto 
trattavasi di modalit� attraverso le quali veniva assicurato 
il pagamento rateale del debito, la sentenza 
ha soggiunto che il rapporto era regolato da norme 
speciali, cui bisognava far riferimento per stabilire se 
la cessione godeva anch'essa dell'agevolazione fiscale. 

Il principio di che sopra va integrato con l'altro 

gi� enunciato da questa Corte (v. sentenza n. 1538 

del 19 agosto 1947) secondo il quale il diritto al trat


tamento tributario speciale riguarda anche gli atti 

che, come mezzo al fine, siano in correlazione con 

l'atto che gode dell'agevolazione, pur non essendo 

con essi necessariamente connessi e derivanti. Ora


le disposizioni relative al trattamento fiscale privi


legiato in esame (art. 8 alleg. B legge di registro, 

art. 66 Testo unico 30 dicembre 1923, n. 3256, ar


ticolo 88 Testo unico leggi sulla bonifica integrale 

approvato con R. D. 13 febbraio 1933, n. 215) san


ciscono che tutti gli atti che si compiono nell'interesse 

dei Consorzi di bonifica sono registrati con diritto 

fisso. E la Corte di merito ha ritenuto appunto che 

l'atto, per. il quale fu nella specie irregolarmente 

pretesa la imposta suppletiva, doveva considerarsi 

compiuto nell'interesse diretto al Consorzio. Ha al


l'uopo ricordato che il Testo nnico sulla bonifica 

dispone che i concessionari ed esecutori di opere di bo


nifica per l'attuazione del piano possono contrarre mu


tui con Istituti di credito e di previdenza soggetti a vigi


lanza governativa, con l'obbligo peraltro (salvo le 

particolari disposizioni per i mutui concessi dalla 

Cassa Depositi e Prestiti) di garantire l'operazione 

mediante la cessione di annualit� di contributo statale 

o con il rilascio di delegazioni sui contributi a carico 
dei proprietari, dando facolt� al concessionario di 
bonifica di procedere alla cessione di questi ultimi 
contributi, in luogo di rilasciare delegazioni sui medesimi. 
Per modo che � la legge stessa che subordina 
la stipula del mutuo alla prestazione della garenzia 
nell'interesse, oltrech� dell'Istituto, del Consorzio, che 
non potrebbe, diversamente, procurarsi i capitali di 
cui ha bisogno per il conseguiment& delle sue finalit�. 
E quand'anche per ci� si ritenesse, come �-sostenuto 
dalla ricorrente nella memoria, che il giudizio dato 
dalla Corte sulla sussistenza dell'interesse, non sia 
di puro merito e sia quindi sindacabile in questa 
sede, tale interesse non potrebbe essere negato alla 
stregua delle norme predette. 

FA&&&&i =%&@@~ 


-151 


Il secondo mezzo riguarda le spese. 'La ricorrente 
denunzia la violazione dell'art. 148 Testo unico leggi 
di registro, con cui per mettere in grado l'Amministrazione 
di riesaminare la questione rivedendo, se del 
caso, il provvedimento impugnato, si stabilisce che 
l'Amministrazione stessa, anche se rimasta soccombente, 
non pu� essere condannata alle spese del giudizio, 
quando non sia stato presentato ricorso in 
sede amministrativa, ovvero sia stata proposta l'azione 
giudiziaria prima del decorso di novanta giorni dalla 
presentazione del ricorso predetto. 

Ora -si dice dalla ricorrente -Il Oonsorzio propose 
l'opposizione avanti il Tribunale di Roma contemporaneamente 
alla presentazione del ricorso. 

Si � obiettato dalla difesa del Oonsorzio che la 

questione vien sollevata per la prima volta in questa 
.sede e che essa non pu� esser presa in esame perch� 
implica un accertamento di fatto (sulla data di inizio 
dell'opposizione giudiziaria rispetto al ricorso amministrativo) 
che come tale, sarebbe spettato alla Oorte 

di merito e che da questa non fu compiuto. 

L'obiezione non appare rilevante, perch�, avendo 

la Oorte fatto esplicita menzione della data di inizio 

dell'una e dell'altra opposizione, � da ritenere che 

abbia tenuto presente la norma, di cui sopra; e che 

non l'abbia tuttavia creduta applicabile. 

Oon che i giudici di appello si son conformati al 

ripetuto insegnamento di questo Supremo Oonsesso 

secondo cui tenuto anche conto della necessit� in cui 

si trova il contribuente, a norma dell'art. 145 del Testo 

unico di ricorrere entro trenta giorni al rimedio giu


diziario per arrestare l'esecuzione dell'ingiunzione 

(dato che il ricorso amministrativo non � sospensivo), 

il disposto dell'art. 148 � sostanzialmente rispettato, 

allorch� la causa sia stata promossa, s�, prima del 

decorso dei 90 giorni ma sia stata portata alla cogni


zione del giudice successivamente alla scadenza del 

termine predetto. E nella specie com'� pacifico, la 

causa fu posta in decisione avanti il Tribunale a 

distanza di oltre un anno e mezzo, quando il ricorso 

amministrativo non era stato puranco deciso �. 

Dalla semplice lettura della sentenza emerge chiaro 

come la Oorte Suprema essendosi convinta che anche la 

convenzione relativa alla estinzione del mutuo contratto 

dal Consorzio di bonifica dovesse ritenersi compiuta 

nell'interesse diretto del Consorzio, ha superato 

quello che, dal punto di vista processuale doveva 

costituire un ostacolo insormontabile all'accoglimento 

della tesi del Consorzio. Tale ostacolo era costituito 

dal fatto che, sia in primo che in secondo grado, la 

questione che si era dibattuta era se l'atto con il quale 

veniva stipulato il mutuo e si stabilivano delle par


ticolari modalit� per la sua estinzione, dovesse con


siderarsi come racchiudente una o due convenzioni 

ai sensi e per gli effetti dell'art. 9 della legge di 

registro. 

La Finanza aveva sempre sostenuto che si trat


tava di due convenzioni distinte; la Oorte di Appello, 

in accoglimento della tesi del Consorzio, aveva deciso 

che si trattava di una unica convenzione. 

Con questa sentenza, la quale rettifica alcune af


fermazioni inesatte della precedente in essa citata, 

la Corte Suprema riconosce che si tratta di due con


venzioni ma dichiara che entrambe possono godere 

della agevolazione tributaria speciale. 

Deviando cos� dalla sua costante giurisprudenza secondo 
la quale le norme di agevolazione tributaria 
sono di stretta interpretazione. 

Per quanto riflette la questione relativa alla condanna 
del contribuente alle spese. di giudizio, osserviamo 
che la Corte si � richiamata ad un suo cc ripetuto 
insegnamento � del quale siamo riusciti a trovare 
una manifestazione solo in una sentenza delle Sezioni 
Unite del 15 aprile 1930 in causa Tripcovic e 
Cantiere Navale Triestino e in una sentenza del 28 
luglio 1932 in causa Finanze contro Saponerie Mezzogiorno 
(Dir. Prat. Trib., 1933, p. 72). Si veda 
UCKMAR: La legge di registro, vol. III, paragrafo 585. 

Dobbiamo, peraltro, rilevare che questa giurisprudenza 
ci sembra superata dall'altra pi� recente stabilita 
nella sentenza n. 1126/51 in causa Finanze 
contro Oorreale (in questa Rassegna, 1951, 141) 
nella quale � affermato proprio il principio contrario 
a quello proclamato nella presente sentenza. 

La questione ci sembra, pertanto, debba essere 
nuovamente proposta all'esame del Supremo Oollegio. 

REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA � Tributi pagati 
in base a norme della medesima. (Sentenze Cass. 
Sez. I, n. 674/53 -Pres.: Cannada Bartoli; Est.: Gualtieri 
-Breda c. Finanze; e n. 726/53 -Pres.: Mandrioli; 
Est.: Albanese -Societ� Ansaldo c. Finanze). 

In base all'art. 1 del D.L.Lgt. 18 febbraio 1946, 

n. 112, sull'assetto della legislazione tributaria 
nei territori liberati, non � dovuta restituzione di 
tributi pagati al sedicente governo della r.s.i. in 
base a norme diverse da quelle vigenti nello Stato 
italiano. 
Ai fl,ni di contestare l'applicabilit� del detto 
art. 1, � preclusa qualsiasi indagine diretta a stabilire 
se il tributo fosse stato regolarmente riscosso 
in relazione a quelle norme. 

Il caso era identico in entrambe le sentenze di cui 

sopra, succedutesi a breve distanza. 

Il sedicente governo della r.s.i. aveva elevato l'ali


quota dell'imposta sull'entrata sui contratti relativi 

a forniture militari; successivamente aveva emanato 

disposizioni limitative di tale aumento di aliquota. 

Nelle due cause di cui si tratta le ditte attrici chie


devano la restituzione delle maggiori somme pagate 

alla r.s.i. in seguito al detto aumento di aliquota: 

e secondo loro alla restituzione avevano diritto per


ch� sarebbe spettato ad esse ditte di beneficiare di 

quelle successive disposizioni. 

Il loro assunto era dunque che il divieto, conte


nuto nell'art. 1 del D.L.Lgt. 18 febbraio 1946, n. 112, 

di restituzione dei tributi pagati e< in base a norme 

diverse da quelle vigenti nello Stato italiano �, dovesse 

essere inteso con questa limitazione: che si dovesse 

invece ammettere la restituzione quando la percezione 

del tributo fosse avvenuta in violazione delle norme 

che lo regolavano secondo l'ordinamento della r.s.i. 

Fu facile all'Avvocatura di prospettare ��quanto 

arbitraria fosse una simile limitazione, del tutto in 


contrasto colle finalit� dell'art. 1 del Decreto n. 112 

d�l 1946 sull'assetto della legislazione tributaria nei 

paesi liberati: assetto il quale, nella complessa situa


zione alla quale si riferiva, implic� anzi tutto la 

necessit� di semplificare il trapasso chiudendo la 



-102 


via a qualsiasi disputa che concernesse la restituzione 
di tributi i quali non trovassero il loro fondamento 
nel diritto tributario dello Stato. 

JYia soprattutto e preliminarmente l'assunto delle 
attrici venne contestato sotto il rifiesso ch'esso presupponeva 
l'ammissibilit� d'un sindacato da parte 
dei giudici sulla legalit� dell'applicazione di provvedimenti 
legislativi della r.s.i., sindacato che avrebbe 
importato un riconoscimento degli stessi, in contrasto 
coll'art. 1 del D.L.Lgt. 5 ottobre 1944, n. 249, 
che quei provvedimenti dichiara � privi di efficacia 
giuridica�. E, poich� l'assunto avversario si richiamava 
ad un preteso rapporto di successione dello 
Stato legittimo rispetto alla r.s.i., non si manc� di 
richiamare da parte nostra il contrario insegnamento 
delle Sezioni Unite risultante dalla nota sentenza 
25 maggio 1949, n. 1331 (�Foro It. �, 1949, 1, 
812), sentenza fondamentale in materia. 

Tuttavia davanti il Tribunale di Roma le cause 

ebbero esito per noi sfavorevole. Ma i nostri gra


vami vennero accolti dalla Oorte d'Appello di Roma, 

e i rispettivi pronunziati hanno avuto l'approva


zione del Supremo Collegio colle due sentenze in 

epigrafe, confermative degli insegnamenti de~la citata 

sentenza precedente. 

G. CALENDA 
REQUISIZIONE -Danni da requisizioni operate dalle 
Forze Armate alleate -Giurisdizione. (Corte di 
Oass., Sez. Un., Sent. n. 723/53 -Pres.: Mandrioli; 
Est.: Di Pilato; P. M.: Eula -Ministero Tesoro contro 
Mo-stra d'Oltremare). 

Sopravvenuta, nella pendenza del giudizio davanti 
al Comitato giurisdizionale centrale delle 
requisizioni, la legge 9 gennaio 1951, n. 10, conte


nente norme per le controversie sulle requisizioni 
operate dalle Forze Armate Alleate, cessa, per il 
principio della immediata applicazione delle nuove 
norme sulla competenza, la potestats decidendi del 
Comitato stesso, e le _predette _cqntroyersie sono 
devolute al magistrato ordinario o al Consiglio di 
Stato, a seconda che si tratti dell'accertamento 
delle condizioni indicate nell'art. 8 della legge e 
della liquidazione della indennit�, o della legittimit� 
del provvedimento di requisizione dopo esaurito 
il procedimento amministrativo. 

Le decisioni del Comitato giurisdizionale le quali 
attribuiscano un acconto su accordo di entrambe 
le parti in lite non possono essere considerate sentenze 
parziali di merito. 

Oon questa sentenza la Oorte Suprema riconferma 
in modo definitivo la giurisprudenza affermata per 
la prima volta nella sentenza n. 1908 del 1952 in causa 
Ministero Difesa-Esercito contro Petrillo (in questa 
Rassegna 1953, p. 27). 

Nella sentenza in esame � notevole l'affermazione 
del principio secondo il quale le cosiddette decisioni 
di acconto emesse dal Comitato non costituiscono 
sentenza parziale di merito e non precludono pertanto 
n� il ricorso per difetto di giurisdizione contro 
la sentenza definitiva, n� il ricorso per regolamento 
di giurisdizione. 

Sembra chiaro che analoga soluzione deve adottarsi 
per le decisioni del Comitato le quali, senza 
decidere alcun punto di merito, si limitano, come 
spesso avviene, a fissare all'Amministrazione un 
termine per la liquida,zione dell'indennizzo. Ci�, 
prescindendo dalla ovvia considerazione che la fissazione 
di un tale termine appare del tiitto illegittima. 




ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


FILIAZIONE � Prova del matrimonio dei genitori 
premorti da parte del legittimato per susseguente 
matrimonio � Atto di m;rscita � Conformit� del possesso 
di stato. (Corte d'Appello di Venezia, 18 settembre 
1932 -Pres.: Vicohi; Est.: Terracina; P. M.: 
Pratillo -B. o. Demanio dello Stato). 

Anche il fi,glio legittimato per susseguente matrimonio 
pu� avvalersi della prova contenuta dallo 
art. 240 del Codice civile e prevista per la prole 
nata durante il matrimonio. 

Vi � corrispondenza tra l'atto di nascita e il 
possesso di stato di fi.glio legittimo quando l'atto 
di nascita contenga riconoscimento di prole naturale 
da parte di entrambi i genitori. 

Riportiamo anzitutto la motivazione della sen� 
tenza: 

� V a esaminata la questione di merito che ha ad 
oggetto la petizione dell'eredit� della defunta B. L. 
da parte degli odierni appellanti, azione fondata 
sul vincolo di parentela nascente dalla condizione 
giuridica che la de cuius godeva dal possesso di stato 
di figlia legittima per susseguente matrimonio dei 
defunti genitori G. B. e R. T., non in opposizione 
col suo atto di nascita, quantunque mancasse la prova 
della celebrazione del matrimonio stesso, e ci� ai 
sensi e per gli effetti di cui al citato art. 240 Oodice 
civile. Si dibatte tra le parti la questione se la norma 
di cui al detto articolo possa riguardare oltre che la 
filiazione legittima, anche quella legittimata, come 
sarebbe nella specie, affermandosene la poss4bilit� 
da parte degli appellanti, mentre l'Amministrazione 
del Demanio dello Stato la nega, sotto il profilo che, 
dovendo il preteso stato di figlio legittimo essere 
conforme all'atto di nascita, il figlio legittimato, il 
quale col suo atto di nascita appare come figlio naturale, 
non avrebbe altra via per dimostrare il suo stato, 
all'infuori di quella della produzione dell'atto di 
celebrazione del matrimonio dei propri genitori, se 
� stato legittimato per susseguente matrimonio, 
oppure per decreto del Oapo dello Stato, se � stato 
legittimato in forza di tale provvedimento. I primi 
giudici hanno risolto la questione solo implicitamente, 
ritenendo che le prove per accertare la legittimit� 
della prole legittima possono estendersi anche 
alla prole legittimata. La Oorte non pu� che confermare 
tale esatto avviso, per le seguenti considerazioni. 
L'art. 130 Oodice civile dispone che nessuno pu� 

reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, 
se non presenta l'atto di celebrazione estratto 
dai registri dello stato civile, e che il possesso di 
stato, quantunque allegato da ambedue i genitori, 
non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione. 
Tale norma, in materia di speciale importanza, 
quale � quella matrimoniale, ammette due sole dvroghe, 
e precisamente quella prevista dall'art. 132 stesso 
Oodice, nel caso in cui i registri dello stato civile 
siano andati distrutti o smarriti, e quella di cui 
all'art. '240 a favore dei figli, poich� questi per il 
concorso di molteplici circostanze e nel caso che 
entrambi i genitori siano morti, possono trovarsi 
nella impossibilit� di conoscere il luogo di celebrazione 
di matrimonio dei medesimi, specie se avvenuto 
in Stato estero. Dispone, infatti, il detto articolo, 
come sopra si � visto, ohe la legittimit� del figlio di 
due persone, che hanno vissuto pubblicamente come 
marito e moglie e sono morte ambedue non pu� essere 
contestata per il solo motivo che manchi la prova 
della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa 
legittimit� sia provata da un possesso di stato, che 
non sia in opposizione con l'atto di nascita. Per 
l'applicazione di tale eccezionale deroga al principio 
suesposto si richiede, dunque, il concorso delle seguenti 
circostanze: a) ohe entrambi i genitori siano morti; 
b) che essi abbiano vissuto pubblicamente come marito 
e moglie; e) che il figlio abbia un possesso di stato 
di figlio legittimo, il quale non sia in opposizione con 
l'atto di nascita. Provati tali estremi, il figlio o chi 
per esso, nel caso che se ne contesti la legittimit�, � 
esonerato dall'obbligo di produrre l'atto di matrimonio 
dei genitori defunti, quale essenziale prova del suo 
asserito stato, ed anche da quello di provare l'impossibilit� 
di esibirlo, perch� ci� che nella specie ha valore 
fondamentale � il possesso di figlio legittimo in connessione 
con il possesso di stato di coniuge nei defunti 
genitori. Si � discusso sull'esatta portata dell'estremo 
relativo al possesso di stato di figlio legittimo, il 
quale non deve essere in opposizione con il suo atto 
di nascita e si � pervenuti, pur tra qualche incertezza, 
alla conclusione, la sola logica e possibile del� resto, 
che il legislatore non ha inteso richiedere che l'atto 
stesso non lo qualifichi affatto o ne indichi sernplicemente 
la nascita come avvenuta delle persone 
che si asserisce essere vissute come marito e moglie, 
senza che si possa dare la prova della C6lebrazione 
del loro matrimonio. Oonseguentemente il sostenere, 



~ 154 


come fa l'Amministrazione dello Stato, che l'art. 240 
Codice civile presuppone che dall'atto di nascita il 
figlio risulti legittimo e che la norma sia diretta unicamente 
a rafforzare la presunzione di legittimit� 
scaturente dall'atto stesso � un fuor di litogo, perch� 
in tale ipotesi la questione non avrebbe ragione di 
essere e non sorgerebbe affatto. Ed invero, il legislatore 
non a caso e non senza una precisa ragione, ha richiesto 
non cc conformit� � del possesso d�i stato all'atto 
di nascita, nel caso di cui all'art. 240, ma solo che il 
possesso di stato non sia � in opposizione >> con l'atto 
medesimo, il che implica un concetto ed una conseguenza 
ben diversa, ove si tenga mente alla disposizione 
di cui all'art. 238 Codice civile secondo, salvo 
il caso di supposizione di parto o sostituzione di 

neonato, nessuno pu� reclamare uno stato contrario 
a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio 
legittimo ed il possesso di stato conforme all'atto 
stesso; e parimenti non si pu� contestare la legittimit� 
di colui il quale ha un possesso di stato conforme 
all'atto di nascita. Da ci� deriva la necessaria ed 
ovvia conseguenza della applicazione della disposizione 
dell'art. 240 sia alla ipotesi normale della 
figliolanza legittima, perch� nata in costanza di 
matrimonio, nel qual caso l'atto di nascita ne indicher� 
lo stato legittimo, che alla ipotesi della filiazione 
naturale legittima per susseguente matrimonio, nel 
qual caso, come � ovvio, l'atto di nascita del figlio 
denunzier� uno stato illegittimo del medesimo. Ed 
infatti, ci� che nella ipotesi in esame ha sostanzialmente 
rilievo non � l'atto di nascita in s� e per s�, 

ma la prova del possesso di stato di coniugi, concorrente 
con il possesso dello stato di figlio legittimo, e 
l'eccezione che a tale prova fa l'art. 240 vale anche per 
provare il matrimonio susseguente, quando da esso 
derivi la legittimit�. 

La difesa dell'Amministrazione dello Stato afferma 
la non applicabilit� dell'art. 240 alla filiazione 
legittima per susseguente matrimonio, perch� ritiene 
che con esso si voglia provate maternit� e paternit� 
legittima; se non che � evidente l'errore in cui essa 
� incorsa, perch� il titolo della filiazione legittima � 
sempre quello indicato nell'art. 236, e cio�, atto di 
nascita e possesso di stato, e la legge richiede la prova 
di possesso di stato di coniuge solo agli effetti della 
prova di matrimonio. Per tanto, come esattamente 
afferma il patrocinio degli appellanti, se il figlio, che 
� legittimo perch� legittimato, si trova, come nell'articolo 
240, in condizione di non poter dare la prova 
della celebrazione con l'atto di matrimonio, il surrogato 
di questa prova dato dalla combinazione del 
possesso di stato di coniuge con il possesso di stato 
di figlio legittimo (perch� legittimato), deve valere, 
per la medesima ratio legis, anche per il figlio legittimato, 
dato che, quando la prova di paternit� e maternit� 
� gi� nell'atto di riconoscimento, alla prova 
della legittimit� non manca che la prova del matrimonio. 
Pertanto correttamente, come sopra si � accennato, 
i primi giudici affermarono che, essendo 
pacifica la morte di entrambi i genitori della B. L., 
e non essendo necessario che il preteso possesso di 
stato legittimo della stessa fosse conforme al suo atto 
di nascita, il punto cruciale della causa era la prova 
del possesso di �stato legittimo. Senonch�, essi dopo 
tal~ esatta premessa, non hanno ritenuto di potere 
ammettere tale prova, perch�, secondo il loro modo di 

vedere, pur ricorrendo nella specie tutti gli altri estremi 
voluti dalla legge, dagli atti, per�, apparivano elementi 
sufficienti per escludere che la B. L. avesse avuto il 
possesso dello stato legittimo. Di tale decisione si 
dolgono gli appellanti, .e la loro doglianza si ravvisa 
pienamente fondata. Ed invero, secondo la definizione 
che ne d� il legislatore all'art. 237 Codice civile il 
possesso di stato di figlio legittimo risulta da una 
serie di fatti, che, nel loro complesso, valgono a dimostrare 
le relazioni di filiazione e di parentela fra una 
persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere; 
dal che si deduce che il possesso di stato deve 
essere idoneo a provare non il mero rapporto di filiazione, 
ma il complessivo rapporto di parentela, 
caratteristico della filiazione legittima. Tale serie di 
fatti si riassumono in tre elemonti, che i trattatisti 
definiscono come: nomen, tractatus, fama, e cio�: 
che la persona abbia sempre portato il cognome del 
padre che essa pretende di avere; che il padre l'abbia 
trattata come suo figlio ed abbia provveduto in q�esta 

qualit� al mantenimento, alla educazione ed al collocamento 
di essa; e che sia stato costantemente considerata 
come tale nei rapporti sociali e riconosciuta 
in detta qualit� dalla famiglia. Ora, nella specie, 
dal complesso dei fatti, quali emergono dai documenti 
diniessi in causa e dalle prove dedotte degli appellanti 
appariva verosimile la tesi che la de cuius avesse 
goduto del possesso di stato di figlia legittima e che 
i genitori di lei avessero vissuto pubblicamente come 
marito e moglie, onde la prova, a tal fine dedotta, 
andava ammessa. Ed invero, non potevano essere 
considerati elementi decisivi, atti ad escludere senza altro 
il suddetto possesso le circostanze, che da uno 
stato di famiglia prodotto dalla convenuta Amministrazione 
risultava che la L. B. era iscritta nei registri 
della popolazione di Verona, ultimo domicilio della 
famiglia, quale figlia naturale riconosciuta ed i 
genitori di lei rispettivamente qua.li celibe e nubile; 
che negli atti di morte dei genitori stessi figurasse 
ancora il loro stato celibe e nubile, e che nella domanda 
di successione di morte del padre, la B. L. si dichiarasse 
figlia naturale del medesimo. Infatti, vi sono 
in atti una serie di altri documenti prodotti dagli 
appellanti che affermano il contrario, come il foglio 
di iscrizione nei registri della popolazione del M unicipio 
di Verona, in data 18 maggio 19 2}, nel quale 

B. G. e T. R. sono qualificati come coniugi e la B. L. 
come loro .figlia, lo stato di famiglia dei medesimi, 
in cui il B. G. � dichiarato capo famiglia, la T. R. 
moglie e la B. L. figlia; carta di identit� e passaporto 
della B. L., dai quali questa appare figlia di 
B. G. e T. R., senza alcun riferimento al suo asserito 
stato di figlia naturale. Pertanto, la contradditoria 
ed incerta documentazione non poteva costituire fonte 
esclusiva di prova per denegare, senz'altro, che la 
B. L. avesse avuto il possesso di stato di figlia legittima 
e che i suoi genitori fossero pubblicamente viventi 
come marito e moglie. 
Ci� che nella specie era ed � rilevante agli effetti 
della dimostrazione del possesso d:i stato, non � una 
certificazione o qualificazione, pi� o meno �-�satta, 
fatta da un pubblico ufficio o dalla stessa parte, ignara 
della esatta terminologia in materia di stato, ma il 
complesso dei fatti, nei quali si integrano gli elementi 
del nomen, del tractatus e della fama; e questo complesso 
di fatti non pu� essere fornito se non dalla 


-155 


viva voce dei testi, i quali abbiano avuto dimestichezza 
con la famiglia, a cui il figlio 'pretende di 
appartenere, e possono dire se e quali rapporti siano 
intercorsi tra genitori e figlio, quale la considerazione 
che se ne aveva nei rapporti sociali e nel 
parentado, e cos� via. Ed ugualmente dalla viva voce 
dei testi, in mancanza di una certificazione completa., 
era possibile apprendere se i genitori della L. avessero 
vissuto pubblicamente come rnarito e mogz.ie; tale 
essendo l'estremo richiesto dall'art. 240 Oodiee civile 

perch� sia dato la prova presuntiva del matrimonio, 
nella ipotesi disciplinata dal detto articolo. 

Pertanto, modificando la impugnata sentenza su 
tale capo, va ammessa la prova dedotta daJli appellanti 
sui capitoli all'uopo formulati, essendo essi 
pertinenti e concludenti, ed a tal fine, si dispone a 
parte, con analoga ordinanza. (Omissis). 

La surriportata sentenza � troppo importante 
perch� da parte nostra ci si possa esi�mere dal farla 
oggetto di qualche osservazione, bench� sia stata 
variamente gi� commentata in altre riviste (vedi: 
Orcu in �Giurisprudenza Italiana� 1953, I, 2, 221 
e OONTURSI-I.JISI in� Le Oorti di Brescia e Venezia� 
1952, p. 186 e segg.). 

Per rendere per� pi� comprensibile il nostro punto 
di vista, che si allontana da quello dei precedenti 
commentatori, sar� utile accennare brevemente alle 
circostanze di fatto che dettere luogo alla controversia. 

Nel 1903 nacque a Londra una bambina, Lina B., 
la, quale -a quanto pare -non venne mai denunciata 
agli Uffici dello stato civile. Si sa solo che nel 
1908 venne �registrata � come figlia di G. B. cittadino 
italiano e R. T. cittadina inglese. Nell'atto di 
registrazione i genitori non si qualificarono sposati 
n� al nome della R. T. fu aggiunto la usuale locuzione 
in B., che, indica, anche in Inghilterra, una 
regolare unione matrimoniale. Successiva.mente la 
coppia si stabil� in Italia e convisse more uxorio: 
la bimba rimase presso i genitori che l'allevarono, la 
educarono e l'istruirono. Nel maggio del 1933 venne 
a morte G. B. nella sua citt� natale e nel 1937 mor� 
anche R. T.; infine, nel 1940 decedette, nitbile, la 
figliola Lina lasciando un discreto patrimonio immobiliare 
ereditato dal padre. 

I fratelli di G. B., reputandosi eredi legittimi, pre


sentarono denuncia di successione, ma l'Ufficio del 

registro, rilev'ato che la de cuius in occasione della 

morte del padre aveva presentato denuncia di succes


sione dichiarandosi � figlia unica naturale ricono� 

sciuta �, prese possesso del compendio ereditario a 

nome dello stato in forza dell'art. 586 Oodice civile. 

I pretesi eredi -contestato invano in sede ammi


nistrativa il diritto dello stato a succedere alla loro 

pretesa nipote -lo convennero innanzi al Tribu


nale di Venezia, dove, per la prima volta, sostennero 

che la de cuius doveva considerarsi non figlia natu


rale riconosciuta di G. B. e R. T. ma figlia legittima, 

in quanto legittimata per susseguente matrimonio, 

assumendo che i genitori di essa si erano sposati a 

Londra prima di fare ritorno in Italia. Per�, esistendo 

allora lo stato di guerra tra Italia e Inghilterra si 

trovavano impossibilitati a produrre l'atto di cele


brazione. Il giudizio venne perci� sospeso. Riassunto 

a guer.ra ultimata, gli attori -senza neppure darsi 

la pena di riferire quale esito avrebbero aviito le 

ricerche i�;;, Inghilterra -sostennero di non avere 
obbligo di produrre l'atto di celebrazione del matrimonio 
dei genitori della de cuius essendo sufficiente 
dimostrare, al fine di adirne l'eredit�, che essa aveva 
goduto "del possesso di stato di figlia legittima. Per 
cui, invocando l'art. 240 del Oodice civile, chiesero 
l'ammissione di una prova per testi diretta ad acclarare: 
che la de cuius durante la vita aveva portato 
il nome del padre; che in famiglia era stata trattata 
come figlia legittima; che nelle relazioni sociali da 
tutti era stata ritenuta tale. 

Il Tribunale, dopo avere ordinato l'integrazione 
del giudizio con l'intervento del P.JJ.I. ritenendo 
che il presupposto della domanda costituisse azione 
di reclamo di stato decise la causa risolvendola in 
fatto. Ritenne cio� che dai documenti prodotti dalla 
Amministrazione resistente poteva tranquillamente 
escludersi la sussistenza di un matrimonio avvenuto 
all'estero tra i genitori della de cuius. 

Senonch� portata la vertenza in appello, la Oorte 
di Venezia con la sentenza che si annota and� in 
contrario avviso aflermado i seguenti principi: 

a) della prova ammessa dall'art. 240 Oodice 
civile per rivendicare la legittimit� della prole nata 
durante il matrimonio, pu� giovarsi anche la prole 
legittimata per susseguente matrimonio; 

b) alla stregua del suddetto articolo, deve rite


nersi il possesso di stato di figlio non essere in oppo


sizione con l'atto di nascita ogni qualvolta da tale 

atto risulti la maternit� e paternit� del figlio naturale. 

Noi ci permettiamo dissentire dal pensiero della 

Oorte Veneta. '" 

I) A parte la possibilit� o meno di estendere 
l'art. 240, creato come mezzo autonomo di prova per 
stabilire la legittimit� della prole nata durante il 
matrimonio alla prole legittimata poi per susseguente 
matrimonio -questione che esamineremo 
pi� avanti -va osservato che l'art. 240 intanto pu� 
avere applicaz'ione in quanto si discuta in giudizio 

esclusivamente della mancanza dell'atto della celebrazione 
di un matrimonio. 

La parola della legge appare sufficientemente 

chiara in codesto senso: � la legittimit� del figlio di 

due persone che hanno pubblicamente vi9suto come 

marito e moglie e sono morte ambedue non pu� essere 

co�ntestata per il solo motivo che manchi la pro


va della celebrazione del matrimonio, qualora la 

stessa legittimit� sia provata da un possesso di stato 

che non sia in opposizione con l'atto di nascita�. 

Ordunque, per potere fare ricorso alla prova di 

un possesso di stato di figlio legittimo � necessario 

-a nostro modo di vedere -che il giudizio verta 

semplicemente sull'assenza della prova della cele


brazione. Oio� il figlio di due persone che vissero 

pubblicamente come marito e moglie a dimostrazione 

della sua legittimit� contestata non potendo produrre 

l'atto di celebrazione del matrimonio dei suoi geni


tori, che, se non costituisce la prova determinante 

in materia costituisce certo la prova pi� qy,_alificata, 

pu� limitarsi a dimostrare di avere sempre goduta 

lo stato di figlio legittimo, purch� tale stato non risulti 

in contrasto o in � opposizione � come si esprime la 

legge, con l'atto di nascita. Ma da tutto ci� appare 

evidente che l'esistenza del matrimonio non deve 

essere messa in dubbio; pu� mancare, cio�, la prova 


-156 


del fatto ma non si deve oontestare l' avvewimento del 
fatto. Ora, dal riassunto delle oiroostanze ohe dettero 
liwgo alla vertenza, si deduoe ohe la Pubblioa Ammini


strazione oontestava, per l'appunto, l'esistenza del 
matrimonio tra i genitori della de cuius . .E fo oontestava: 
1) peroh� nessuna annotazione del genere 
esisteva nei registri dell' U ff�oio dello stato oivile 
riguardanti gli atti del padre della de cuius oittadino 
italiano, vissuto e morto in Italia; 2) perch� non risultava 
ohe fossero state fatte le pubblicazioni di matrimonio 
richieste dall'art. 100 del Codice oivile del 
1865 (115 Codice vigente) anohe per i matrimoni 
seguiti in paesi esteri; 3) peroh� il padre della de 
cuius era deoeduto celibe; 4) peroh� la madre della 
de cuius era morta nubile giusta le risultanze dei 
registri atti di morte rilasoiati dal oomune di residenza; 
5) peroh� lo stato di famiglia proveniente 
dall'uff�oio anagrafioo oertifioava ohe G. B. era celibe, 
ohe la R. T. era nubile e la figlia seoo loro convivente 
era figlia naturale riconosciuta; 6) peroh� la madre 
della de cuius, oittadina inglese, non aveva mai 
assunto la oittadinanza italiana; 7) peroh� la stessa 
de cuius in atti pubblioi si era qualificata � figlia 
unica naturale riconosciuta�; 8) peroh� altre circostanze 
di non minor rilievo concorrevano a suffragare 
tale documentazione. 

A nostro� avviso, dunque, nella specie non poteva 
trovare applicazione l'art. 240 in quanto si disputava 
sull'avvenimento del matrimonio tra i genitori della 
de cuius e non soltanto sulla mancanza della prova 
di detto avvenimento. 

Se l'art. ff40 avesse la portata che in effetti vi ha 
dato la Corte Veneta conseguirebbe che, attraverso 
una semplice. ed equivoca prova testimoniale (equivoca, 
in quanto . il nomen, il tractatus e la fama 
sono attributi comuni tanto al figlio legittimo che a 
quello naturale riconosciuto) si verrebbe indirettamente 
a dare la prova di un matrimonio la cui 
esis.enza forma oggetto di contestazione giitdiziale. 
S enonch� tale estensione contrasta nettamente con 
l'art. 130 del Codice civile, il quale sanoisoe che il 
possesso di stato, qitantunque allegato da ambedue i 
coniugi, non dispensa, per reolamare il titolo di 
coniuge, dal presentare l'atto di celebrazione del 
matrimonio. 

Non riusciamo a vedere come sia possibile ammettere 
che al figlio di due persone, ohe abbiano convissuto 
come marito e moglie, la legge abbia oonf erito 
il potere di ricorrere ad una prova indiretta che il 
Codice nega invece categoricamente agli interessati. 
Peroh� mai, morti costoro, l'art. 130 dovrebbe perdere 
di valore e la prova dell'esistenza del matrimonio 
dovrebbe potersi dare con un mezzo ritenuto inidoneo 
durante la vita dei coniugi? Tutto oi� �, quanto meno, 
contrario ad ogni ben ordinato sistema giuridico. 

La portata dell'art. 240 deve essere quindi -a 

nostro avviso -pi� limitata. Condizione inderoga


bile per avvalersene � che la contestazione cada sulla 

semplice (per il solo motivo, dice la legge) mancanza 

della prova solenne del matrimonio (atto di cele


brazione) senza ohe per altro non se ne contesti l'esi


stenza. In altri termini, ohi reclami la qualit� di 

figlio legittimo e non possa produrre l'atto di cele


brazione del matrimonio dei propri genitori (pur 

esibendo tutti gli altri atti dello stato civile che tale 

celebrazione facciano supporre, ma che per altro non 

bastano attribuirgli la legittimit�, peroh�, in mancanza 
dell'atto di celebrazione � impossibile stabilire 
se egli sia veramente nato durante il matrimonio), 
pu� fare rioorso all'art. 240 ohe gli consente di provare 
attraverso un possesso dj stato non d.ifforme dall'atto 
di nascita, ohe egli � veramente nato legittimo peroh� 
come tale venne denunoiato nello stato civile. JJ:fa 
quando nella controversia si impugni il presupposto 
della legittimit�, cio� l'esistenza del matrimonio o 
di un matrimonio valido e regolare -il solo fatto 
giuridico realmente produttore di determinati effetti ebbene 
in tal caso non pu� giovargli l'art. 240. � 
nece~sario ohe produoa l'atto di celebrazione. � Pu� 
manoare la prova -scrive il BU'.l'ERA (Codice civile, 
commento, vol. I, p. 324 -che il matrimonio 
sia celebrato; ma essa si distingue dal fatto della 
celebrazione. Non defi,cit jus, sed probatio �. 

II) Comunque, se l'art. 240 giova al figlio ohe 
reclami la legittimit� non pu� tale norma -a nostro 
avviso -estendersi in favare del figlio che assuma 
di essere legittimato per susseguente matrimonio. 

Ad esludere simile estensione basta tener presente 
la oollooazione ohe ha nel Codioe penale l'art. 240. 
Esso � posto nella sezione II del capo I del titolo VII 
ohe riguardano esolusivamente la filiazione legittima 
e le sue prove. La sezione II a oui appartiene l'articolo 
240 si intitola per l'appunto � delle prove della 
filiazione legittima �. La collocazione in questo caso, 
come in molti altri, se non pu� ritenersi argomento 
risolutivo, oostituisoe tuttavia elemento interpretativo 
di somma importanza.. Il nostro Codice oivile, in 
ordine ai diritti delle persone e della famiglia, disciplina 
i singoli istituti separatamente e, per quanto 
concerne le prove, le indica istituto per istituto. 
Alloroh� tratta del matrimonio dedica una intera 
sezione alle prove della sua celebrazione (articoli 
130, 131, 132 e 133); allorch� tratta della filiazione 
legittima vi dedica un'altra intera sezione (dall' articolo 
236 all'art. 243); alloroh� tratta della filiazione 
illegittima dedica alle prove di questa tutt'intero l'artioolo 
270. Il legislatore sembra voler mantenere ben 
distinti gli istituti e i singoli sistemi di prove ad 
essi relativi. 

L'interprete non pu�, a suo piaoimento, trasportare 
un sistema di prove concepito per un istituto 
nell'ambito di un altro istituto, peroh� quel sistema 
di prove aderisoe soltanto a quell'istituto per cui � 
stato oonoepito. 

A nohe per la legittimazione il legislatore ha indicato 
-sia pure concettualmente -le prove che 
si devono proditrre da colui ohe pretende di ottenere 
il riconoscimento di figlio legittimato. A ben considerare 
l'art. 290 � d'uopo riconoscere ohe deve produrre 
l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori o 
il decreto del Capo dello Stato ohe tale qualit� gli 
attribuisce. Infatti tale articolo � testualmente cos� 
concepito: la legittimazione �avviene per sitsseguente 
matrimonio contratto dai genitori del figlio 
naturale o por decreto reale�. 

Ora, appare chiaro che se la legittimazionv <r-av= 

viene � per susseguente matrimonio o per decreto 

colui il quale reclama lo stato di figlio legittimo 

deve dimostrare che i suoi genitori hanno �contratto � 

veramente il matrimonio o ohe nei suoi oonfronti 

venne pronunciato il decreto. 


F :f R. &iLlll LM W''\ilL ,A@ &4& =='ram:&! i=llitEillfil22 Rillr-E;m,; 
-157 


In altri termini, deve produtte il titolo dal quale 
intende trarre i reclamati effetti anche al fine di 
stabilire la decorrenza di essi ai sensi dell'art. 283. 
Tale titolo non solo deve esistere, nella sua materialit� 
documentale, ma deve essere valido ed idoneo, 
giacch� appare ovvio che se il matrimonio fosse invalido 
o .il decreto nullo nessun effetto potrebbe scaturirne: 
quod nullum est nullum parit effectum. 

In altre parole, colui che reclama la legittimazione 
per susseguente matrimonio o per decreto del Oapo 
dello Stato si trova nella identica situazione di colui 
che reclama lo stato di figlio adottivo. 

� difficilmente configurabile la possibilit� di ottenere 
la dichiarazione di filiazione adottiva senza la 
produzione dell'atto di adozione. Non dissimile �, 
d'altra parte, la situazione del figlio naturale ricosciuto. 
Secondo l'art. 254 �il riconoscimento del 
figlio naturale � fatto nell'atto di nascita, oppure 
con apposita dichiarazione posteriore alla nascita 

o concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato 
civile o davanti al giudice tutelare o in un altro 
atto pubblico o in un testamento qualunque sia la 
forma di esso >>. 
Solo gli atti contenenti codeste dichiarazioni servono 
allo scopo, perch� costituiscono i titoli indispensabili 
per ottenere il riconoscimento della qualit� reclamata. 
Senza la produzione di essi, il diritto non pu� essere 
dimostrato attraverso prove che il legislatore previde 
e ammise per altri casi. 

� ben strano che si debba chiedere l'atto di adozione 
e l'atto di riconoscimento a coloro che reclamano 
la qualit� di figlio adottivo o di figlio naturale 
riconosciuto e non si debba richiedere il decreto di 
legittimazione o l'atto di celebrazione del matrimonio 
dei genitori a colui che reclama la qualit� di figlio 
legittimato. Senza la possibilit� di apprezzare convenientemente 
la validit� e la efficacia dei titoli da cui 
dovrebbe derivare il diritto, non si pu� -a nostro 
avviso -in questa delicata materia, nella quale la 
legge esige pi� che la prova documentale addirittura 
la prova solenne, addivenire a dichiarazioni di 
diritto. 

III) Da tutto ci� deriva che la Corte si allontana 
dall'armonico e logico sistema probatorio che, in 
ordine di diritti personali, ha concepito e realizzato 
il legislatore quando afferma che l'art. 240 costituisce 
deroga all'art. 130. 

Gli articoli 130 e 240 appaiono, invece, affatto 
interdipendenti e si riferiscono ad istituti diversi. 
In ogni modo, essendo, in materia di interpretazione 
delle leggi, vigente il principio che la norma di eccezione 
non pu� trovare applicazione al di fuori del 
caso previsto, la sentenza pecca quanto meno di 
coerenza allorquando estende un'eccezione, che ritiene 
prevista per la prole legittima, alla prole legittimata 
per susseguente matrimonio. Ove si accettasse il 
concetto della sentenza, poggiato sul presupposto della 
eadem ratio legis, la disposizione potrebbe venire 
estesa anche alla filiazione adottiva che gode in fondo 
degli stessi diritti della prole legittima. Il che ci 
appare �addirittura assurdo. 

Ma -secondo noi -la estensione non � ammis


sibile per una considerazione ben pi� essenziale: la 

diversit� della sit16azione in cui si trova la prole 

legittima e la prole legittimata. 

La prole legitti1nata � nata durante il matrimonio 

mentre la prole legittimata � nata fuori del matri


'monio. Diversit� di origine che non pu� mancare di 

avere conseguenze giuridiche se � vero che ex facto 

oritur jus. 

Per chiarire il nostro pensiero ci si consenta di 
.richiamare in materia i concetti pi� elementari. 

Oome la esistenza delle persone giuridiche si prova 

mediante la produzione degli atti di costituzione 

e di fondazione, cos� la esistenza delle persone fisiche 

si prova mediante la p1�oduzione dell'atto di nascita, 

il quale attribuisce ad ogni persona lo stato civile nel 

quale nacque e col quale fu denunciato. 

L'atto di nascita del figlio legittimo � prova della 

sua legittimit� (art. 236 Codice civile). E ne � prova 

in quanto indica la madre che lo gener�, il giorno e 

l'ora del parto, la persona cui la donna era legata 

in matrimonio. 

Tale prova, essendo derivata da dichiarazioni fatte 

innanzi ad un pubblico ufficiale, non pu� evidente


mente essere assoluta. L'atto di nascita perci� costi


tuisce non una prova certa ma una presunzione che 

pu� essere impugnata da chi vi abbia interossee 

e vinta da prova contraria. N � la produzione del


l'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori fatta 

dal figlio, di cui � contestata la legittimit�, vale a far 

divenire prova assoluta la suddetta presunzione. 

Perch� ci� possa accadere la legge richiede un ulte


riore elemento: l'esistenza di 16n possesso di stato di 

figlio conforme all'atto di nascita (art. 2,18). Quando 

concorra codesto secondo estremo contro la presunzione 

scaturente dall'atto di nascita non pu� muoversi 

impugnativa n� dal figlio reclamando uno stato 

contrario n� dai genitori o da altri per negare la 

legittimit� (conf. DE RUGGERO: Istruzioni, vol. II, 

pp. 634-635). 

Ordunque, la prova della legittimit� poggia su due 

pilastri: l'atto di nascita che � la prova primordiale 

e che costituisce l'elemento essenziale e il possesso di 

stato di figlio legittimo che � la prova di un fatto 

esistito ed esistente che conporta la prova documentale 

ed originaria. 

Quando entrambi i genitori sono morti, questo 

sistema rigoroso, in sostanza, non cambia in nulla. La 

prova della legittimit� deve essere egualmente fornita 

mediante la produzione 'dell'atto di nascita e la prova 

dell'esistenza di un corrispondente possesso di stato 

di figlio legittimo. L'art. 240 si limita in fondo ad . 

esonerare il figlio dall'esibire l'atto di celebrazione 

del matrimonio dei genitori (la legittimit�... � non 

pu� essere contestata per il solo motivo che manchi 

la prova della celebrazione del matrimonio JJ). Ma 

quando mai la produzione dell'atto di celebrazione 

� servita a rendere assoluta la presunzione semplice 

derivante dall'atto di nascita? La produzione dell'atto 

di matrimonio non ha mai avuto in materia un valore 

decisivo. La legge riconosce valore decisivo a tale 

produzione soltanto in tema di reclamo di titolo di 

coniuge. Se, dunque, Vatto di nascita � elemento 

essenziale per reclamare la legittimit� del figli('); allor


ch� questa venga imputata, a noi sembra grave conce-


pire che la norma dell'art. 240 possa estendersi alla 

prole legittimata per susseguente matrimonio perch� 

l'atto di nascita di tale prole non pu� essere conforme 

al possesso di stato. N� pu� avere rilievo il fatto che 

nell'atto _di nascita esistano le generalit� del padre 


P?Z???� � :::mg;:: P?Z???� � :::mg;:: 
-158 


e della madre. Un atto con tale contenuto potr� 
assumere il valore di atti di riconoscimento di figlio 
naturale; ma. itn atto di riconoscimento di figlio naturale 
non basta a conciliare le risultanze del possesso 
di stato di cui all'art. 240 con l'atto di nascita. Il 
possesso di stato, infatti, � diretto non a dimostrare 
la qualit� di figlio naturale riconosciuto, ma a provare 
la qualit� di figlio legittimo. 

Insomma, ove si voglia in questa materia veramente 
considerare alla stessa stregua la prole legittima 
e quella legittimata � necessario che le rispettive 
prove assurnano l'identico valore giuridico. Oosicch� 
come per il figlio legittimo � richiesto che il possesso 
di stato corrisponda all'atto di nascita, cos� per il 
figlio che si dichiara legittimato deve richiedersi un 
possesso di stato corrispondente all'atto di nascita. 
Ma ci� non potr� verificarsi che in un solo caso: 
che nell'atto di nascita esista gi� una annotazione 
che certifichi dell'avvenuta legittimazione per susseguente 
matrimonio. Soltanto a questa condizione 
potremmo, ritenere accettabile quelV analogia di situazione 
che la sentenza ha inteso stabilire nel caso 
deciso. 

IV) A questo proposito la sentenza annotata fa 
due osservazioni. La prima � questa: che se la legittimit� 
risultasse dall'atto di nascita �la questione non 
avrebbe ragione di essere e non sorgerebbe affatto � 
e la seconda � che � il legislatore non a caso e non 
senza una precisa ragione, ha richiesto non la con formit� 
del possesso di stato all'atto di nascita, nel 
caso di cui all'art. 240, ma solo che il possesso di 
stato non sia in opposizione con l'atto medesimo, il 
che implica un concetto ed una conseguenza ben 
diversi�. 

Oirca il primo punto, abbiamo visto quanto erroneo 
sia l'assunto della Oorte la quale ha evidentemente 
dimenticato che l'atto di nascita, pur rafforzato 
dall'atto di celebrazione del matrimonio dei genitori 
non costituisce mai una prova assoluta, ma continua 
a rimanere una semplice presunzione impugnabile e 
vincibile da prova contraria; circa il secondo punto 
la sentenza non dimostra in che consista la differenza 
lessicale e logica della locuzione conforme 
all'atto di nascita e non in opposizione all'atto di 
nascita n� quali siano i concetti e le conseguenze 
che derivano dall'uso distinto delle due locuzioni. 
Noi in verit� non sappiamo vedere una apprezzabile 
differenza tra i due modi di esprimersi usati dal 
legislatore nell'art. 238 e nell'art. 240. � conforme 
ci� che non � opposizione; � in opposizione tutto 
ci� che � dissimile, contrario, contraddicente ad una 
determinata cosa. Il verbo opporre, opporsi, indica 

precisamente il concetto del respingere e nel negare. 
La dottrina tra i due termini non ha avvertito 
alcuna differenza. 

Il D'AMELIO, commentando l'art. 240, scrive: 
� con tale articolo si rafforza la presunzione di leggittimit� 
derivante� da un atto di nascita conforme 
al possesso di stato, presumendosi che essa debba 
rimanere ferma anche se manchi la prova della celebrazione 
del matrimonio dei loro genitori� (Commento 
al Codice civile, vol. I: Persone e Famiglia). 
E il TRABuccm a sua volta dice: � il possesso di 
stato, come si � accennato, non � rilevante di fronte 
ad un diverso atto di nascita; ne convalida invece il 

contanuto quando sia ad esso conforme � (Istituzioni, 

p. 238). 
Ma il bello � che lo stesso legislatore -come 
bene ha rilevato la Oonttbrsi-Lisi nella nota surrichiamata 
-non ha dato cneppure aJcitn peso alle due 
forme d'espressione. Si legge infatti nella Relazione 
al Re: � la norma contempla il caso in cui vi sia 
conformit� dell'atto di nascita col possesso di stato 
ma faccia difetto il titolo fondamentale su cui la 
legittimit� riposa, cio� l'atto comprovante il matrimonio 
tra i genitori ... >> (p. 133). 

Oome si vede, non esistendo ness1bna sostanziale 
differenza tra le espressioni � conforme all'atto di 
nascita >> e cc non in opposizione con l'atto di nascita >> 
da esse non possono discendere cc concetti >> e cc conseguenze>> 
ben diversi, che d'altronde la sentenza, dopo la 
generica enunciazione, non indica in nessuna maniera. 

Se, dunque, il possesso di stato, sia nel caso dello 
art. '238 sia nel caso dell'art. 240, deve essere conforme 
all'atto di nascita o non difforme da esso o 
non in opposizione con esso, come meglio piaccia 
dire, la norma contenuta nell'art. 240 non pu� 
-come si � detto -estendersi ai casi in cui 
l'atto di nascita deve essere necessariamente discordante 
con il possesso di stato. Si pu� allevare, istruire, 
educare come figlio legittimo anche un figlio naturale 
il quale a buon diritto porta il nome del padre quando 
� stato riconosciuto. Ma la legge non vuole confusioni: 
la legge a nostro avviso non ha inteso porre sullo 
stesso piano la prole legittima e quella legittimata, 
perch� non esiste in materia la possibilit� di identificarle. 
La prole legittimata gode s� degli stessi diritti 
della prole legittima, ma non potr� mai annullare 
il fatto di essere nata fuori del matrimonio, prima 

che questo venisse celebrato. E quante creature ricono


sciute come legittime per susseguente matrimonio 

non sono figli di entrambi i genitori! 

Concludendo, a noi sembra che il legislatore abbia 

inteso costruire il seguente sistema: l'atto di nascita 

dal quale scaturisca la legittimit� di una persona � 

impugnabile da chi vi abbia interesse. Ma allor


quando il figlio abbia un possesso di stato conforme 

all'atto di nascita nessuno pu� impugnare tale atto. 

L'art. 240 come l'art. 238 ha in sostanza carattere 

meramente preclusivo allo scopo di rendere certo 

ci� che per sua natura � incerto. 

L'interprete che si allontani da questo sistema rischia 
di <freare maggiori incertezze e di incorrere in errori 
che possono essere fatali. 

A. Dr FILIPPO 
IMPOSTA DI R. M. -Azione giudiziaria -Decadenza: 
decorrenza, termine a quo. (Tribunale di An� 
cona, Sent. 27 maggio 1953 -Pres.: Ritelli; Est.: Capriolo 
-Azienda Elettrica Macerata c. Finanze Stato). 

I. Il termine di mesi sei previsto dall'art. 53 del 
T.U. approvato con R.D. 24 agosto 1877, n. 4021, 
� di decadenza e pertanto pu� essere eccepito in 
ogni stato e grado del giudizio, essendo rilevabile 
anche di ufficio, perch� relativo a materia sottratta 
alla disponibilit� delle parti (2968 e segg. -O.e~). 
II. Tale termine comincia a decorrere dal primo 
giorno della pubblicazione dei ruoli, prevista 
dall'art. 24 T.U. n. 1408 dell'anno 1922 per la 
riscossione delle imposte dirette e non dall'ultimo. 

-159


1) La prima massima � cos� ovvia che superfluo 
appare ogni commento: infatti che il termine sia di 
decadenza e non di prescrizione � questione pacifica 
nella giurisprudenza della Suprema Corte, nonostante 
la espressione letterale dell'art. 53 T. U. n. 4021 
del 1877; importanti applicazioni del principio sono 
contenute in sentenza 13 febbraio 1941 in �Foro It. �, 
1941, I, 863; 17 marzo 1943 �Foro Trib.�, 1943, 76 
nella quali fu esattamente ritenuto che il termine 
in questione non � suscettibile di sospensione o 
interruzione. 

2) Pi� delicata appare invece la seconda questione 
che, per quanto risulta, non ha precedenti in giurisprudenza. 


Come noto, il termine per adire l'.A.G. in materia 
di redditi di R.M. � di mesi sei decorrenti dalla 
pubblicazione dei ruoli, o, se questa non sia ancora 
avvenuta, dalla decisione amministrativa definitiva. 

Per l'art. 24 del T. U. n. 1401 del 1922 sulla 

riscossione imposte dirette (1) il ruolo deve essere 

pubblicato per cinque giorni; �ed allora sorge la 

questione di cui in sentenza e cio� il dies a quo di 

decorrenza del termine summenzionato � il primo o 

l'ultimo giorno ? Il Tribunale di Ancona aderendo 

alla tesi avanzata dall'Avvocatura di Ancona ha 

accolto la prima ipotesi, ed a nostro parere esatta


mente in quanto molteplici considerazioni sorreggono 

una tale interpretazione. 

Dalla letterale interpretazione della dizione della 

legge (art. 53 citato e 120 regolamento n. 660del1907) 

� dal giorno della pubblicazione � deve dedursi che 

presupposto essenziale perch� decorra il termine in 

questione, � la sussistenza della <e pitbblicazione �, il 

che si verifica sin dal primo giorno. Data la dizione 

predetta sarebbe invero strano che giorno della pubbli


cazione dovesse essere il quinto e non anche il primo 

giorno; l'art. 24 T. U. sulla riscossione si esprime 

nel senso che cc la pubblicazione � fatta per cinque 

giorni consecutivi � e questa deve intendersi pertanto 

messa in essere gi� col primo giorno, anche se deve 

essere ripetuta per altri quattro per precetto di legge. 

Il cittadino sin dal primo giorno � messo in condi


zione di conoscere il contenuto del ruolo ed esperire i 

rimedi di legge, e se anche egli ne prenda visione 

nell'ultimo, ha ancora a sua disposizione 5 mesi e 

25 giorni. 

Del resto tale disposizione va messa in correla


zione col precetto dell'art. 6 sul contributo ammini


strativo, secondo il quale non si pu� in subiecta 

materia esperire l'azione giudiziaria prima della 

pubblicazione dei ruoli. Ora poich� non si dubita 

che la domanda giudiziaria sia ben proposta anche se 

nel primo giorno dell'esposizione dei ruoli, sussi


stendo quella cc pubblicazione � che la legge richiede 

come presupposto giurisdizionale, non si pu�, per 

contrario, ai fini della decorrenza del termine di 

decadenza relativo alla stessa azione ritenere che <e il 

giorno � della pubblicazione non sia quello stesso, 

in cui � ritenuto sussistente il presupposto previsto 

dal citato art. 6: la diversa interpretazione alla stessa 

espressione sarebbe ingiustificata, e in effetti si 

verificherebbe che il termine di decadenza verrebbe ad 

(1) Sostitutivo dell'art. 24 legge 29 giugno 1902, n. 281, 
che prevedeva anche la pubblicazione del ruolo per diversi 
giorni. 
essere di mesi sei e giorni cinque e non di soli mesi 
sei come dalla legge previsto. 

Inoltre � ancora da rilevare che nello stesso regolamento 
del 1907 e precisamente nell art. 115 il 
legislatore a proposito del ricorso dell'Intendente 
ha specificato in relazione all art. 52 della legge, che 
il termine decorre dall'ultimo giorno della pubblicazione 
dei ruoli, mentre il successivo art. 120 (a proposito 
del ricorso giudiziario) in relazione all'art. 5 3 
della legge, non contiene simile specificazione. 

N� pu� sostenersi che, avendo il legislatore chiarito 
con l'art. 115 citata la dizione dell'art. 52, 
l'interpretazione debba adottarsi anche in relazione 
all'art. 53, in quanto si pu� obiettare che nel primo 
(art. 52) si adopera lo espressione �dalla pubblicazione 
� diversa perci� dall'altra pi� volte menzionata 
e adoperata nell'art. 53 (dal giorno della pubblicazione). 


Ed infatti mentre con la formula generica cc dalla 
pubblicazione � � possibile ritenere che siasi avuto 
riguardo all'intero ciclo della pubblicazione, il che 
per� si � dovuto precisare nel citato art. 115 Reg., 
non cos� per l'altra adottata nell'art. 53, ed infatti, 
� mancata nel relativo art. 120 Reg. quella specificazione, 
contenuta invece nel citato 115. 

Pertanto riteniamo che la sentenza del Tribunale 

di Ancona abbia correttamente interpretato la legge. 

TOM. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Atti da registrarsi in caso 
d'uso, solidariet� -Ingiunzione, fondatezza della 
pretesa per motivi diversi, ammissibilit� -Legge 
19 luglio 1941, n. 771, fornitura di cose costituenti 
l'ordinaria produzione industriale del fornitore, 
vendita e non appalto -Art. 148 legge di registro, 
assegnazione di termine a comparire superiore a 
90 giorni, irrilevanza. (Tribunale di Roma, Sez. I, 
12 gennaio-14 marzo 1953 -Pres.: Capitolo; Est.: Tamburrino 
-Mugnai c. Finanza). 

La produzione in giudizio di un contratto da 
registrarsi in caso d'uso obbliga non solo la parte, 
che lo produce o ne fa uso, ma anche l'altro contraente 
e vincolo di solidariet� al pagamento 
dell'imposta di registro dovuta in via principale 

o suppletiva. 
L'Amministrazione finanziaria opposta pu� sostenere 
in giudizio la fondatezza della pretesa tributaria 
anche per motivi diversi da quelli dedotti nella 
ingiunzione, purch� non s'immutino o s'innovino 
gli elementi sostanziali ed identificatori del rapporto 
tributario (soggetti, specie del tributo o dell'atto 
che colpisce) e la specificazione dei motivi diversi 
sia stata ritualmente dedotta nella prima difesa 
del giudizio di opposizione. 

Nell'applicazione della legge 19 luglio 1941, 

n. 771, il criterio dell'ordinaria produzione, di 
cui al V comma delPart. 1, prevale sull'altro temporale 
della produzione delle cose dopo la stipulazione 
del contratto, di cui al precedente III�comma, 
e, pertanto, la fornitura di cose, che costituisconooggetto 
dell'ordinaria produzione del fornitore, deve 
in ogni caso considerarsi vendita ai fini tributari. 
Ai sensi dell'art. 148 T.U. leggi di registro 
l'Amministrazione non pu� essere condannata 
alle spese se la domanda giudiziale sia proposta 



W3TR??4 W3TR??4 
-160 


prima del decorso di 90 giorni dalla presentazione 
del ricorso in via amministrativa, a nulla rilevando 
che nell'atto di citazione in opposizione sia assegnato 
un termine di comparizione superiore a 
90 giorni. 

Aderiamo pienamente alla prima e quarta massima. 
In ordine alla seconda non possiamo astenerci dal 
fare delle riserve sulla necessit� che la modificazione 
dei motivi sia dedotta nella prima comparsa di risposta. 
L'opposizione ad ingiunzione instaura un giudizio 
esecutivo, col quale la parte contesta all'Amministrazione 
il diritto di procedere ad esecuzione forzata. 
Ma quando l'opposizione investa la. pretesa tributaria 
nel merito, negandola, l'amministrazione, convenuta 
per sentir dichiarare non dovuto il tributo, pu� 
sostenere la fondatezza con ogni ordine di motivi, 
purch� resti fermo il suo ammontare, la sua natura 
e l'atto cui si riferisce. In questa difesa del proprio 

credito la legge non prevede alcuna preclusione, la 
ulteriore specificazione o innovazione dei motivi non 
costituendo un mutamento della causa petendi e 
tanto meno del petitum, che rimane fermo. 

Non possiamo aderirec, invece, alla terza massirna. 
La prevalenza del criterio dell'ordinaria produzione 
su quello del rapporto fra il costo della mano d'opera 
e il valore del materiale fornito ci sembra evidente; 
notevoli perplessit�, invece, sussistono per la prevalenza 
del predetto criterio della produzione ordinaria 
anche sull'altro temporale, della produzione delle 
cose fornite anteriormente al contratto. Il V comma 
dell'art. 1, �nfatti, qualifica vendita la fornitura di 
cose che costituiscono l'ordinaria produzione di una 
ditta, qualunque sia il valore delle materie. Con tale 
espressione ci sembra che la legge abbia inteso derogare, 
col V comma soltanto al criterio del valore, di 
cui al precedente III comma, e non anche a quello 
temporale. 

G. G. 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURISPRUDE.NZA 


L'ASSETTO COSTITUZIONALE DELLO STATO 

LA COSTITUZIONE. 

Gli articoli 31 e 37 della Costituzione (difesa 
della famiglia parit� di diritti della donna) sono 
stati ritenuti di solo carattere programmatico 
(Cons. Stato, 16 maggio 1952. �Foro Amm. �, 
1952, I, II, 200). Non si sono ritenute esercitabili 
dopo l'entrata in vigore della Costituzione le deleghe 
legislative rilasciate sotto lo Statuto Albertino 
(Cons. Stato, 26 aprile 1952. �Foro Amm. �, 
1952, I, II, 194). Il potere ordinatorio prefettizio 
di che all'art. 2 T. U. legge P. S. (casi di urgenza 
e di grave necessit� pubblica) � stato ritenuto non 
abrogato dalla Costituzione (Cons. Stato, 27 giugno 
1952. �Foro Amm. ))' 1952, I, I, 213). 

Sull'accertamento della costituzionalit� di una 
legge si � ritenuto che il Consiglio di Giustizia amministrativa 
della Regione Siciliana pu� accertare 
incidenter tantum la costituzionalit� di una legge 
regionale ancorch� non impugnata dal Commissario 
dello Stato (Corte G�ust. amm. Reg. Sic., 
26 luglio 1952. cc Dir. Pubbl. Reg. Sic. �, 1952, 122). 

RAPPORTI FRA STATO E REGIONI. 

Si � ritenuta costituzionale la legge regionale 
siciliana che ammette esenzioni tributarie per le 
imprese armatoriali, in quanto tali esenzioni sarebbero 
localizzate (A. C. Reg. Sic., 14 febbraio 
1953. cc Foro It. ))' 1953, I, 465 con nota del ministro 
Cappa). Sul tema stesso il dott. ENZO VIGNOLA 
ha scritto la nota Osservazioni in tema di potest� 
legislativa regionale (<c Foro Padano))' 1953, IV, 
105) e il dott. ANTONINO PENSOVECCmo LI CAUSI 
la nota Competenza legislativa esclusjva della Regione 
ed efficacia delle leggi statali (cc Dir. Pubbl. Reg. 
Sic. ))' 1952, 81). 

L'ATTRIBUZIONE AMMINISTRATIVA ESCLUSIVA. 

� stato ritenuto discrezionale e perci� sottratto 
al sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria il 
potere di vietare riunioni anche in luogo aperto 
al pubblico (Trib. Mila.no, 25 marzo 1953. cc Foro 
Padano))' 1953, IV, 69). Il prof. GIUSEPPE GUARINO 
ha scritto la nota Sul �carattere discreziono,le 
dei regolamenti (cc Foro It. ))' 1953, I, 536). 

CONFLITTI DI GIURISDIZIONE. 

Si � ritenuto che se la legge ricollega a condizioni 
di fatto effetti sostanziali e l'attribuzione della 
cognizione a un determinato giudice e questi deve 
esaminare la sussistenza di tali condizioni, insorge 
una questione di giurisdizione (Corte Cass. S. U., 
25 marzo 1953. �Foro Padano�, 1953, I, 474). 

L'ATTIVIT� , DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 
-ASPETTO FORMALE. 

ATTO AMMINISTRATIVO. 

Si � ritenuto che nel ricorso gerarchico improprio 
a differenza che per quello proprio, l'autorit� 
superiore adita non possa annullare o revocare 
una propria decisione (Cons. Stato, 22 marzo 1952. 
cc Foro Amm. �, 1952, I, II, 172); che l'assegnazione 
e la cessione a privati di merci estere fornite allo 
Stato da Governi alleati siano atti amministrativi 
insindacabili anche per quanto riguarda la determinazione 
del prezzo (Corte App. Milano, 18 aprile 
1953. cc Foro Padano ))' 1935, I, 620 con nota del 
prof. De Valles); che sia insindacabile dall'Autorit� 
giudiziaria ordinaria anche solo ai f�,ni di verifi.care 
se esista una culpa in contrahendo, il motivo per 
cui la Pubblica .Amministrazione non abbia provveduto 
ad emanare l'atto amministrativo formale 
che impegni la sua volont� in un contratto (Trib. 
Verbania, 30 ottobre 1952. �Foro Padano))' 1953, 
I, 529 con nota del dott. Salvi). 

Sul tema della retroattivit� degli atti amministrativi 
il dott. I. M. AUBY ha scritto lo studio: 
L'incomp�tence ratione temporis -Recherches sur 
l'application des actes admip,istratifs dans le temps 

(� R�vue Droit Public et Se. Polit. ))' 1953, 6). 

RICORSI. 

Si � ritenuto che la decisione del Collegio centrale 
arbitrale nel procedimento per il trasferimento 
di beni all'Opera Nazionale Combattenti --sia 
di natura amministrativa (Corte Cass., 4 maggio 
1953. <c Foro It. ))' 1953, I, 779 con nota). 

Circa gli effetti del giudicato amministrativo si 
� ritenuto che se il Consiglio di Stato pu� in sede 
di esecuzione di un proprio giudicato di annulla




-162 


mento del licenziamento di un impiegato disporre 
la riassunzione dell'impiegato alla data del licenziamento, 
non possa per� ricostruirne la carriera 

o condannare l'Amministrazione al pag�m.ento 
delle retribuzioni arretrate (Cons. Stato, 5 febbraio 
1952. �Foro .Am.m. �, 1952, I, III, 228); che il Consiglio 
di Stato possa in sede di esecuzione di un 
proprio giudicato di annullamento di una ordinanza 
del col�lID.issario liquidatore degli usi civici, 
sostituirsi allo stesso e dichiarare la legittimazione 
dell'interessato nel possesso del terreno (Cons. 
Stato, 24 marzo 1952. �Foro .Am.m. n, 1952, I, 
III, 332); che inf�.ne la Pubblica .Amministrazione 
debba provvedere per l'esecuzione di un giudicato 
amministrativo senza poter eccepire gravi ragioni 
di pubblico generale interesse, e sulla doglianza 
per mancata esecuzione provvede il Consiglio di 
Stato in Oam.era di Consiglio (Cons. Stato, 3 luglio 
1942. <<Foro Ital. n, 1953, III, 97; confr. anche articolo 
avv. Guglielm.i in questa Rassegna 1953, n. 1). 
ASPETTO SOSTANZIALE 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT�. 

Si � ritenuta inammissibile l'azione di rescissione 

per lesione di un accordo sull'ammontare dell'in


dennit�, accordo che non ha la natura del contratto 

di diritto privato (Trib. L'Aquila, 29 ottobre 1952, 

�Riv. Giust. Abruzz. �, 1953, 58); che l'opposi


zione a stima proposta a giudice incompetente ha 

effetto conservativo (Trib. Sup. A.A. PP., 17 giugno 

1952. <<Foro A:tnm. ,,, 1952, II, II, 17) e che il 

risarcimento del danno ai sensi dell'art. 46 legge 

espropriazione p. u. � debito di valore e rivalutabile 

(stessa sentenza, Corte Cass., 8 aprile 1952. <<Acque 

Bon. Costr. n, 1952, 523 con nota del prof. Vara


nese; Corte App. Firenze, 20 febbraio 1953, � Giuspr. 

Toscana >,, 1953, 127). Quest'ultima decisione ha 

confermato che la responsabilit� ex art. 46 legge 

espropriazione p. u. prescinde da ogni indagine 

sulla colpa. 

La competenza nelle controversie su un prov


vedimento di espropriazione nell'esecuzione di opere 

attinenti alla utilizzazione delle acque pubbliche, 

� stata ritenuta spettante al Trib. Sup. A.A. PP. 

(Cons. Stato, 31 marzo 1952. �Foro Am.m.. n, 1952, 

I, III, 345). 

In tema di provvedimenti di urgenza si � rite


nuto che l'occupazione temporanea d'urgenza non 

debba essere preceduta dalla pubblicazione della 

domanda di dichiarazione di pubblica utilit� e 

dal deposito del piano esecutivo (Trib. Sup. A.A. 

PP., 1� dicembre 1952. << Mon. Trib.,,, 1953, 157); 

e che l'illegittimit� della protrazione ultrabiennale 

delle dette occupazioni ancorch� con carattere 

di defi.nitivit�, non � esclusa dall'essere in corso 

la regolare procedura di esproprio (Corte App. 

Catanzaro, 3 marzo 1953. �1Mon. Trib. n, 1953, 

137). 

Si � ritenuto com.petente l'Autorit� giudiziaria 

ordinaria a conoscere della controversia che in


volge il diniego del diritto di espropriazione stante 

la soppressione dell'ente benefi.ciario (Corte Cass., 

6 giugno 1952. <<Foro Am.m. n, 1952, II, I, 116). 

TRASPORTI. 

Non si sono ritenuti invocabili i diritti preferenziali 
di cui alla legge n. 1822 del 1939 nelle sostituzioni 
di linee ferroviarie con servizi automobilistici 
attuate con la legge n. 1575 �del 1931 (Oons. 
Stato, 19 febbraio 1952. <<Foro .Am.m.. n, 1952, I, 
III, 299). Il dott. VITTORIO MEZZATESTA ha scritto: 

In tema di concessione provvisoria di autolinee. 
Diniego di proroga, decadenza e revoca (Foro Amm., 
1952, I, I, 200). 

TELECOMUNICAZIONI. 

Si � ritenuto che il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 
possa emettere la dichiarazione di pubblica 
utilit� per la costruzione delle centrali telefoniche 
senza le formalit� di cui agli articoli 3 e 4 
legge espropriazione p. u. e che tale costruzione, .in 
un grande centro, riveste i requisiti dell'urgenza 
ed indifferibilit� (Cons. Stato, 25 febbraio 1952. 
�Foro .Am.m. ll, 1952, I, III, 313). 

ATTIVIT� NEGOZIALE 

APPALTI E FORNITURE. 

Il Consiglio di Stato si � dichiarato incompetente 
nelle controversie relative a contratti di fornitura 
riguardanti revisione o applicazione di patti contrattuali 
che non com.portano esercizio di discrezionalit� 
amministrativa (Cons. Stato, 14 marzo 
1952. <<Foro Am.m.. n, 1952, I, I, 135). 

RESPONSABILIT� 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

RESPONSABILIT� DI DIRITTO PUBBLICO. 

Si � ritenuto che la responsabilit� per danni deri


vanti dall'esercizio e manutenzione dell'opera pub


blica incomba sul Com.une che ne sia titolare, anche 

se i danni si asseriscano imputabili a cattiva esecu


zione tecnica da parte dell' .Amministrazione dei 

lavori pubblici (Corte App. Rom.a, 27 marzo 1953. 

�Foro It. n, 1953, .I, 862 con nota). 

In tema di danni subiti dai propri dipendenti a 

causa o in occasione di servizio, vigente il R.D. nu


mero 313 del 1936 si � ritenuta improponibile la 

istanza di risarcimento di danni per colpa delPAm.


m.inistrazione per morte avvenuta in servizio an


corch� il dipendente com.e operaio sussidiario abbia 

avuto diritto al solo trattamento assicurativo 

(Corte App. Napoli, 24 novembre 1952. �Dir. e 

Giur. '' 1953, 141). 

Si � peraltro ritenuto che il provvedimento della 

Amministrazione che rigetti l'istanza di pensione 

privilegiata per mancato collegamento dell'inci


dente col servizio sia presupposto sufficiente del 

giudizio di danni, non occorrendo una decisione 

negativa della Corte dei Conti in sede giurisdizio


nale (Corte Cass., S. U., 14 ottobre 1952. "�Foro


It. n, 1953, 807). Si � ritenuto infine in servizio 

l'allievo ufficiale che patisca l'incidente mentre 

finito il corso si rechi in licenza in attesa di 

nomina (Corte App. Milano, 21 aprile 1953. <<Foro 

Padano n, 1953, II, 37). 



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163 


RESPONSABILIT� DI DIBITTO PRIVATO. 

Si � ritenuto che anche l'Amministrazione della 
Pubblica Sicurezza risponda dei fatti colposi dei 
suoi dipendenti (Trib. Napoli, 2 agosto 1951. 
� Giur. Jt. �, 1953, II, 185). 

RESPONSABILIT� DEI FUNZIONARI. 

Il prof. ALDO SANDULLI ha scritto la nota: In 
tema di responsabilit� dei pubblici funzionari e di 
divieto dell'esercizio del diritto di riunione (<< Foro 
Padano�, 1953, IV, 93). L'azione per responsabilit� 
contabile e amministrativa, come ogni responsabilit� 
a tipo contrattuale � stata ritenuta soggetta 
a prescrizione decennale (Corte Conti, 28 febbraio 
1952. <<Foro Amm. �, 1952, III, 58 con nota dell'avv. 
Sica). 

ORGANIZZAZIONE INTERNA 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO. 

Le circolari amministrative sono state ritenute 
da interpretare anche in base ai motivi addotti 
(Cons. Stato, 12 marzo 1952. �Foro Amm. �, 1952, 
I, I, 132). Sulla rinnovazione dei provvedimenti 
annullati in sede giurisdizionale ha scritto l'avvocato 
P. GASPARRI (�Foro Amm. �, 1952, I, I, 190). 

� stato ritenuto illegittimo il giudizio negativo 
sull'avanzamento di un ufficiale se fatti non coincidenti 
con quelli defi.nitivamente accertati abbiano 
influito sulla sanzione disciplinare (Cons. Stato, 
30 aprile 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, I, 159). 

Il personale tecnico delle Universit� � stato 
ritenuto aver assunto de jure pel D. L. n. 1172 
del 1948 qualifi.ca di personale statale, ragione 
per cui i provvedimenti di revoca dall'impiego competono 
non al Rettore ma al Ministro per la Pubblica 
Istruzione (Cons. Stato, 20 maggio 1952. �Foro 
Amm. �, 1952, I, III, 379). L'assistente universitario 
di ruolo pu� essere notaio (Cons. Stato, 12 
febbraio 1952. <<Foro Amm. ii, 1952, I, III, 292). 

La sospensione cautelare disposta con efficacia 
retroattiva � stata ritenuta illegittima (Cons. Stato, 
8 aprile 1952. <<Foro Amm. i>, 1952, I, III, 352). 
Si � ritenuto necessario il previo accertamento penale 
per infliggere una sanzione disciplinare per 
un fatto costituente reato, solo se il fatto non 
abbia specifica relazione col rapporto di impiego 
(Cons. Stato, 18 aprile 1952. <<Foro Amm. i>, 1952, 
I, II, 184 con nota del dott. Nigro). 

Il licenziamento ad nutum di un dipendente da 
parte di un ente pubblico deve esser sempre ispirato 
a pubblico interesse (Cons. Stato, 31 maggio 
1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, II, 224), mentre si 
� ritenuta di .natura dichiarativa e tale da non 
soggiacere alla procedura dell'art. 51 e 52 R. D. 

n. 2960, prevista per la dispensa dal servizio per 
motivi di salute (che ha natura costitutiva) la 
dispensa dal servizio dell'impiegato inidoneo al 
termine dell'aspettativa (Cons. Stato, 13 maggio 
1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, III, 371). 
Circa il trattamento economico si � ritenuto che 
i diritti casuali non competano pel periodo d'assenza 
ai funzionari gi� collocati a riposo e succes


sivamente riammessi per l'annullamento della dispensa 
(Cons. Stato, 28 marzo 1952. <<Foro Amm. ))' 
1952, I, I, 146); che l'indennit� di toga competa 
agli ufficiali di complemento assegnati ai tribunali 
Inilitari con funzione di magistrati (Corrs. Stato, 
12 marzo 1952. <<Foro Amm. ll, 1952, I, I, 130); 
che il fondo indennit� di mora sulle tasse universitarie 
sia ripartibile solo fra il personale in servizio 
al momento della erogazione (Cons. Stato, 25 
marzo 1952. <<Foro Amm. �, 1952, I, III, 337)� che 
l'indennit� per assegnazione a uffici periferici non 
competa a impiegati gi� in servizio in Africa (Cons. 
Stato, 28 marzo 1952. <<Foro Amm. �, I, I, 143). 

BENI E MEZZI DELLO STATO 

DEMANIO E BENI PATRIMONIALI. 

Si � ritenuta inammissibile la revindica contro 
il terzo acquirente di buona fede di beni mobili 
patrimoniali indisponibili, e si � ritenuta solo esperibile 
l'azione di annullamento del negozio; ci� 
anche sotto il vigore dei D.hL. n. 32 e 49 del 1945 
(Corte App. Firenze, 7 novembre 1952. << Giur. 
Toscana�, 1953, 106). 

ACQUE PUBBLICHE. 

Si � ritenuto carente di giurisdizione il Tribunale 
delle Acque sulla domanda del titolare di una 
precedente concessione non attuata, contro una 
concessione nuova incompatibile con la prima, 
.dovendo su tale domanda provvedere insindacabilmente 
il Ministero dei Lavori Pubblici. (Corte 
Cass., S. U., 25 marzo 1953. <<Foro Padano ii 
1953, I, .474); si � ritenuto che soggiacciano ai 
canoni di che all'art. 7 R.D. 25 febbraio 1924 

n. 456; le antiche utenze (e cosi anche le subutenze) 
di derivazione di canali demaniali, che prima 
ancorch� per pattuizione contrattuale fossero esercitate 
gratuitamente (Corte Cass., S. U., 19 luglio 
1952. <<Foro Padano >i, 1953, I, 489 con nota del 
dott. Busca); che infi,ne quando l'Amministrazione 
disponendo diversamente dell'acqua abbia implicitamente 
escluso la possibilit� di una rinnovazione 
della concessione non trovi .applicazione la proroga 
delle piccole utenze disposta con la legge n. 42 
del 1952 (Trib. Sup. .AA. PP., 20 ottobre 1952. 
�Foro Amm. �, 1952, II, II, 23; <<Acque Bon. 
Costr. �, 1952, 541). 
DEMANIO MARITTIMO. 

Sono stati ritenuti inapplicabili i regolamenti 
edilizi comunali e la legge urbanistica (Corte App. 
Genova, 4 settembre 1952. <<Foro It. �, 1953, I, 
841 con nota del giud. Albano). La discrezionalit� 
della Pubblica Amministrazione nella speciale dichiarazione 
di pubblica utilit� per ampliamento di demanio 
marittimo � stata studiata dal cons. M. ROSSANO 
(� Riv. Dir. Navig. �, 1953, I, 47). 

DEMANIO ARTISTICO E ARCHEOLOGICO. 

� stato ritenuto che la dichiarazione ministeriale 
di importanza storica o artistica sia un provvedimento 
formale e vada pertanto notificata agli 


-164 


interessati (Cons. Stato, 13 maggio 1952. �Foro 
Amm. �, 1952, I, III, 378); e che il termine per 
l'esercizio della facolt� di acquisto da parte dello 
Stato di un'opera d'arte da espropriare decorra 
dalla data della denuncia per l'esportazione (Corte 
Cass., 23 gennaio 1953. cc Foro It. �, 1953, I, 494). 

IMPOSTE IN GENERE. 

Il potere di imposizione e la tutela giurisdizio


nale � stato studiato dal prof. G. Ingrosso (cc Riv. 

Trib. �, 1953, 73) e la validit� fi,scale del contratto 

sociale dissimulato, dal dott. D. .Amati (cc Dir. 

fall. e Soc. comm. �, 1953, II, 36). 

� stato ritenuto ammissibile il ricorso per cas


sazione contro le decisioni della Commissione cen


trale imposte solo quando queste esauriscano il 

procedimento impositivo, e per le quali sia escluso 

il riesame da parte del giudice (Trib. L'Aquila, 

7 maggio 1952. ((Foro It. �, 1953, I, 605 con nota 

del prof. Cocivera). 

SOLVE ET REPETE. 

Si � ritenuto che sia applicabile anche all'ENAL 

quando sia soggetta a tributi (Trib. Firenze, 16 

dicembre 1952. <( Giur..Tosc.�, 1953, 170); che 

non sia applicabile alla opposizione a fallimento 

fi,scale (Trib. Firenze, 25 giugno 1952. <(Dir. fall. e 

Soc. comm. �, 1953, II, 112); che del pari sia inap


plicabile alle impugnazioni delle decisioni delle 

Commissioni provinciali imposte, per errore di 

apprezzamento o di calcolo (Corte App. Milano, 

18 luglio 1952. �Foro Padano�, 1953, I, 422 con 

nota del dott. Buzzatti); che se pi� siano i titoli 

contributivi ed uno soltanto sia assistito dal solve 

et repete, esso non si estenda agli altri all'effetto di 

rendere improponibile l'opposizione ove non sia 

stato pagato il totale delle varie imposte (Trib. 

Trento, 29 agosto 1952. ((Foro Padano >i, 1953, I, 
. 422 con nota del dott. Buzzatti). 
Si � ritenuto infi,ne che qualora si adotti per la 
riscossione di un provento la procedura di cui al 

T.U. n. 639 del 1910, sia inapplicabile il solve et 
repete, anche se il provento abbia natura di tassa 
(Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. Tosc. n, 
1953, 179) abnorme. � 
IMPOSTE DIRETTE. 

Si � ritenuto quanto alla imposta di ricchezza 
mobile che il privilegio per l'anno in corso e pel 
precedente di cui all'art. 2759 O.e. si riferisca 
all'anno di produzione del reddito non a quello 
della iscrizione dell'imposta a ruolo (Corte Oass., 

S. U., 31 luglio 1952. <( Giur. It. n, 1953, I, 140); e 
che sia assoggettabile al tributo anche il reddito 
da attivit� costituenti illecito e che l'accertamento 
(costituente giudizio di estimazione semplice) sussista 
ancorch� l'intervento di tali attivit� nella 
produzione del reddito sia precisato dopo la notifica 
del relativo avviso (Corte Oass., 30 luglio 
1952. cc Riv. Trib. n, 1953, 113 con nota del professor 
Liguori). Dell'imposta sui fabbricati circa i 
beni demaniali scrive il prof. Uckmar nella nota a 
una sentenza contro la quale pende ricorso per 
Cassazione (<( Dir. Prat. Tribut. n, 1953, 140). 
IMPOSTE INDIRETTE. 

Relativamente alla tassa di registro, � stato 
ritenuto che negli atti a contenuto molteplice, 
tutte le parti intervenute siano obbligate in solido 
al pagamento per intero della tassa anche in ordine 
a quelle parti di essa che riguardino disposizioni 
estranee alle proprie (Trib. Firenze, 18 dicembre 
1952. � Giur. Tosc. �, 1953, 177); che la 
richiesta di una agevolazione tributaria; pu� avvenire 
in sede di istanza tempestiva di rimborso, 
se la legge non abbia imposto una richiesta preventiva 
e documentata (Oomm. Oentr. Imp., 21 
luglio 1952. (( Riv. Trib. �, 1953, 110 con nota 
dell'av;v. Rastello); che anche la donazione assentita 
dagli ascendenti in contemplazione di matrimonio 
goda della riduzione della tassa a met� 
(Comm. Prov. Imp. Siracusa, 18 dicembre 1952. 
cc Mon. Trib. n, 1953, 44); che i contratti di somministrazione 
di acqua, luce o gas allo Stato o 
Amministrazioni parificate siano registrabili solo 
in caso d'uso (Comm. Centr. Imp., 31 gennaio 
1951. (< Riv. Trib. n, 1953, 95 con nota dell'avvocato 
Rastello). Sull'enfi,teusi in relazione all'imposta 
di registro ha scritto il dott. G. Liccardo 
((( Riv. Trib. �, 1953, 77). 

In tema di imposta sul capitale estero si � ritenuto 
non costituire impiego di capitale estero 
in Italia soggetto ad imposta annuale la concessione 
onerosa di brevetto estero a una ditta nazionale 
(Corte App. Milano, 20 gennaio 1953. 
((Foro Padano�, 1953, II, 21). 

Ai fini dell'imposta di trascrizione ipotecaria le 
pertinenze (macchinario) sono state ritenute seguire 
l'immobile e dover essere comprese nel determinarne 
il valore (Comm. Prov. Imp. Milano, 
22 dicembre 1952. cc Foro Padano n, 1953, I, 472). 

Sulla regolarizzazione tributaria di atti e documenti 
nel processo civile ha scritto l'avv. Greco 
(� Riv. Tribut. �, 1953, 116) . 

CONTRIBUTI SPECIALI. 

Il canone di ricerca mineraria � stato ritenuto 
aver natura di tassa ed essere perci� dovuto anche 
in caso di mancato sfruttamento del permesso: 
peraltro la sua revoca ex tunc libererebbe il beneficiario 
dall'obbligo del canone ancorch� gi� maturato 
(Trib. Firenze, 24 gennaio 1953. cc Giur. 
Tosc. �, 1953, 179). 

RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE. 

In tema di donazione si � ritenuto che il motivo 
in essa espresso divenga condizion~ di essa e che. 
il mancato verificarsi ancorch� per forza maggiore, 
produca la nullit� della donazione (Corte 
App. Bari, 6 dicembre 1952. <rForo Padano n, 
1953, I, 661 con nota). 

In tema di propriet�, si � ritenuto che i proprietari 
di un dipinto sacro, non essendo le cose sacre 
extra commercium, n�-costituendo la deputatio 
ad cultum un diritto di uso pubblico sulla cosa, 
non hanno l'obbligo di destinarlo al culto se tale 


&LJ&l!II!i &E E WRfF =WU1?? &LJ&l!II!i &E E WRfF =WU1?? 
-165 


destinazione sia venuta meno per vetust� del di


pinto (Corte Cass., 12 febbraio 1953. �Foro Pa


dano�, 1953, I, 481); e che un vincolo di servit� 

non specificatamente trascritto non sia opponi


bile ai terzi (Corte Cass., 26 giugno 1952. � Giur. 

It. �, 1953, I, 147 con nota). 

In tema di obbligazioni si � ritenuta ammissi


bile la risoluzione per eccessiva onerosit� nella 

vendita di cosa futura; inammissibile tuttavia se 

la controprestazione sia interamente avvenuta 

prima del verificarsi delle cause che determina


rono l'onerosit� (Corte Cass., . 8 gennaio 1953. 

�Foro Padano �, 1953, I, 368 con nota di .A. Bo


selli); ammissibile la risoluzione della vendita per 

vizio, per una parte sola dell'intera partita (Corte 

.App. Firenze, 9 maggio 1952. � Giur. Tosc. �, 

1953, 10); inammissibile la risoluzione per eccessiva 

onerosit� per svalutazione monetaria in caso di 

compravendita immobiliare con effetti reali an


corch� siano stati dilazionati la consegna e il pa


gamento della c�osa (Co:rte Conti, Sez. Contr., 

2 aprile 1952. �Foro .Amm. �, 1952, III, 86. � Rass. 

Dir. Pubbl. �, 1952, 356). Si � ritenuto che l'acqui


rente di azienda non risponda dei debiti inerenti 

all'esercizio delPazienda se essi non risultino dai 

libri obbligatori o se questi manchino del tutto 

(Corte Cass., 12 luglio 1952. �Dir. fall. e Soc. 

comm. �, l 953, II, 23 con nota dott. De Marsico). 

In materia di assicurazione si � ritenuto che la 
�surroga dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato 

verso il terzo responsabile si verifichi solo nel 

momento del pagamento dell'indennit�, dopo del 

quale l'assicurato non � pi� legittimato ad agire 

neppure qualificandosi sostituto processuale o 

mandatario dell'assicuratore (Trib. Genova, 17 

dicembre 1952. � .Assicur. �, 1953, II, 28 con nota 

del prof. Ferrarini). 

In materia di trasporti si � ritenuto non sussi


stere legittimazione ad agire per danni alle cose 

trasportate nella persona che ancorch� efl:'ettiva


mente interessata alla riconsegna non sia girataria 

della polizza di carico (Trib. Genova, 27 novem


bre 1952. <e Mon. Trib. �, 1953, 39). 

In materia di responsabilit� civile si � ritenuto 

che una societ� risponda in via civile del delitto 

o anche solo del fatto illecito colposo di chi abbia 
commesso il delitto in qualit� di presidente ed 
amministratore delegato di essa (Trib. Rossano, 
6 dicembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953 
III, 116 con nota avv. Greco). Il danno dell'imprenditore 
per la morte del lavoratore se si concreti 
nella perdita dei risultati dell'attivit� del 
dipendente � stato ritenuto risarcibile; non cosi 
invece quello per mancata futura utilizzazione di 
tale attivit� (Trib. Roma, 18 agosto 1952. �Foro 
It. �, 1953, I, 598). 
Si � ritenuta incouferente l'archiviazione del 
processo penale nel processo civile ai fini dell'accertamento 
del danno morale (Corte� .App. Milano, 
13 gennaio 1953. �Foro Padano �, 1953, II, 20). 

Si � ritenuto che il risarcimento di una invalidit� 
permanente con capitalizzazione di rendita 
vada fatta con riferimento alla vita lavorativa, 
decurtandosi quindi la capitalizzazione, � che sia 
inammissibile la liquidazione automatica degli 
interessi compensativi se il danno della mancata 

percezione di utili fra il sinistro e la liquidazione 
sia stato gi� liquidato in modo specifi,co e concreto 
(Trib. Firenze, 9 giugno 1952. � Giur. Tosc. >> 
1953, 66). 

In materia di rapporto di lavoro si � �ritenuto 
che il giudice possa determinare, malgrado qualsiasi 
pattuizione, la retribuzione sufficiente del 
lavoratore, per essere l'art. 36 della Costituzione 
di carattere precettivo (Corte Cass., 21 febbraio 
1952. � Giur. It. �, 1953, I, 147). 

.Ai fi.ni del privilegio del credito per avocazione 
allo Stato degli aumenti di prezzo nelle giacenze 
di cereali si � ritenuta necessaria l'iscrizione nei 
ruoli (Trib. Fermo, 16 aprile 1952. �Foro. It. �, 
1953, I, 894 con nota prof. Cocivera); abnorme. 

In materia di prescrizione si � ritenuto che il 
termine di prescrizione di un danno da reato decorra 
in caso di estinzione dell'azione penale per 
amnistia dalla data di entrata in vigore del relativo, 
'decreto non da quello dell'applicazione da 
parte del giudice penale (Corte .App. Milano, 24 
aprile 1953. �Foro It. �, 1953,� I, 828 con nota. 
cc Foro Padano�, 1953, I, 498). Pressoch� conforme 
Trib. Milano, 26 gennaio 1953; � Mon. Trib. �, 
1953, 44. Invece il Tribunale di Padova, 3 luglio 
1952; �Corti Brescia e Venezia ll, 1953, 234 ha ritenuto, 
ove si tratti di reato procedibile a querela 
di parte, che il termine prescrizionale decorra non 
gi� dalla scadenza del trimestre�di che all'art. 124 

C. p. ma dalla data della declaratoria giudiziale 
di estinzione del reato. 
In materia di decadenza si � ritenuto che la 
citazione non la impedisca se il processo si sia 
estinto, e la domanda non sia stata riproposta 
nel termine di decadenza (Corte .App. Torino, 
18 febbraio 1953. �Foro Padano�, 1953, I, 508 
con nota pres . .Azzariti). 

In tema di fallimento si sono ritenuti obiettivamente 
inefficaci gli atti posteriori alla dichiarazione 
di fallimento, a prescindere dalla formalit� 
di pubblicazione e trascrizione e dalla buona fede 
di chi abbia compiuti gli atti, e responsabile il 
curatore in proprio dei danni per omessa trascrizione 
nel P.R..A. della sentenza (Corte .App. Milano, 
24 ottobre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. n, 
1953, II, 14); l'opposizione al decreto di esecutoriet� 
dello stato passivo pu� essere proposta solo 
secondo l'art. 98 legge fallimentare (Trib. Roma, 
20 dicembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. n, 
1953, II, 91). Con due contrastanti sentenze (16 
gennaio 1953 e 31 dicembre 1952, �Dir. fall. e 
Soc. comm. n, 1953, II, 81 con nota avv. Provinciali) 
il Tribunale di Roma ha ritenuto, e smentito, 
che il processo di accertamento di un credito pendente 
all'atto della dichiarazione del fallimento 
continui davanti al giudice che ne era investito 
senza che sia proposta la insinuazione fallimentare. 

PROCEDURA CIVILE. 

� stato ritenuto inderogabile il foro dello Stato quand'anche 
non sia stato indicato il giudice ritenuto 
competente (Corte .App. Milano, 21 aprile 
1953. cc Foro Padano�, 1953, II, 37). 

Il procedimento attuato con la rappresentanza di 
un procuratore abilitato al patrocinio in altra circo




CT77 23 



-166 


scrizione � stato ritenuto insanabilmente nullo (Corte 
Cass., 18 settembre 1952. � Giur. It. n, 1953, I, 130 
con nota avv. Lanciani). 

Si � ritenuto che cessato il fallimento di una 
societ� di fatto in liquidazione riprenda corso 
quest'ultima e non ci sia luogo ad intervento necessario 
di tutti gli aventi diritto nella vertenza 
fra il nuovo liquidatore e i detentori delle attivit� 
sociali, per la consegna di queste (Corte Cass., 
30 novembre 1952. �Dir. fall. e Soc. comm. �, 
1953, II, 12 con nota avv. .Auriti). 

In materia di spese giudiziali si � ritenuto che 
possa essere condannato alle spese, da porsi a 
carico del Ministero Grazia e Giustizia e dell'Erario 
il P. M. che proponga una causa di stato pregiudiziale 
al processo penale e resti soccombente 
(Corte .App. Napoli, 19 agosto 1952. �Foro It. n, 
1953, I, 563); e che le competenze procuratorie 
siano liquidate con riferimento alle tariffe del 
tempo dell'attitazione e quelle d'avvocato a quelle 
del tempo della liquidazione (Corte Cass., S. U., 
27 marzo 1953. � Mon. Trib. n, 1953, 133). 

In materia d'appello si sono ritenute inammissibili 
eccezioni nuove se colpite da decadenza nel 
giudizio di primo grado (Corte .App. L'.Aquila, 3 
giugno 1952. �Riv. Giur. .Abruzz. n, 1952, 523); 
e improponibile l'appello immediato da parte di 
chi abbia fatto gi� riserva di appello differito 
contro una sentenza parziale (Corte .App. Roma, 
12 luglio 1952. � Giur. It. n, 1953, II, 140). 

In materia di cassazione si sono ritenute incensurabili 
le regole generali sull'interpretazione del 
contratto (Corte Cass., 11 agosto 1952. � Riv. 
Giur. .Abruzz. n, 1952, 521); e ammissibile come 
ricorso ordinario per motivi attinenti alla giurisdizione, 
un regolamento di giurisdizione improponibile 
per essere la causa gi� stata decisa nel 
merito (Corte Oass., S. U., 25 marzo 1953. �Foro 
Padano n, 1953, I, 474). 

In materia di esecuzione si � ritenuta competente 
l'.Autorit� giudiziaria ordinaria (giudice della 
esecuzione) a disporre la sospensione della esecuzione 
per rilascio in una opposizione a esecuzione 
di decreto legislativo (riforma agraria) impugnato 
per inesistenza di esecutivit� (Pret. Codigoro, 8 
gennaio 1953. �Foro Padano n, 1953, I, 470). 

Si decade dal beneficio del gratuito patrocinio 
in caso di estinzione del processo (Trib. Napoli, 
14 febbraio 1951. � Giur. It. n, 1953, II, 179). 

La giurisdizione dei comandanti di porto � oggetto 
di un articolo del presidente G . .Azzariti 
(� Riv. Dir. Navig. n, 1953, I, 1). 

DIRITTO PENALE. 

Il rapporto di causalit� e la volont� del colpevole 
sono oggetto di una nota del prof. Guarneri 
(� Giur. It. n, 1953, II, 57). 

La cessazione della qualit� di pubblico ufficiale, 
irrilevante per l'art. 360 C. p. ai fini di un reato, 
� stata ritenuta rilevante quando l'attivit� prima 
pubblica sia stata dichiarata poi penalmente illecita, 
per la qual cosa non commette peculato ma 
appropriazione indebita l'ex segretario di fascio 
che si appropri di cose dopo lo scioglimento del 

p.n.f. (Corte .App. Napoli, 2 ottobre 1952. � Rass. 
Dir. Pubbl. n, 1952, 352, con nota avv. Cuomo, 

p. 488). 
Si � ritenuto commettere il reato di attentato 
alla sicurezza dei trasporti il custode di passaggi 
a livello che abbandoni per sciopero il servizio 
senza chiudere le sbarre (Corte Cass., 26 marzo 
1952. �Foro It. n, 1953, II, 64). 

� stata dichiarata illegittima l'ordinanza prefettizia 
di che all'art. 2 legge P.S. che non ponga 
in evidenza ai fini dell'urgenza e della grave 
necessit� pubblica una concreta situazione di pericolo, 
ma solo prospetti genericamente l'opportunit� 
di evitare incidenti lesivi all'ordine pubblico 
(Corte Cass., 10 gennaio 1953. � Riv. Pen. ))' 
1953, II, 311). 

In materia di contrabbando si � ritenuto che 
mentre costituiscono infrazioni regolamentari quelle 
commesse dal concessionario di coltivazione di 
tabacchi, costituiscono invece contrabbando quelle 
commesse dal concessionario autorizzato alla coltivazione 
(Corte .App. Brescia, 23 marzo 1953. 
�Corti Brescia e Venezia�, 1953, 275). 

PROCEDURA PENALE. 

Si � ritenuto reato obiettivamente militare la 
collusione compiuta da militari della Guardia di 
finanza, ma soggetta alla competenza del giudice 
ordinario se vi concorrano estranei alle Forze armate 
(Corte Cass., S. U., 17 novembre 1953. � Riv. 
Pen. �, 1953, II, 289). 

QUESTIONI TRANSITORIE 
E COSTITUZIONALI 


EPURAZIONE. 

Si � ritenuto che la decisione della relativa 
sezione speciale del Consiglio di Stato non possa 
revocare la dispensa, ma solo esprimere il giudizio 
sulla sussistenza delle condizioni della dispensa 
(Corte Cass., S. U., 12 luglio 1952. � Mon. Trib. n, 
1953, 82). 

GUERRA. 

In materia di ricostruzione di edifici distrutti 
dalla guerra si � ritenuto che espropriante e legittimato 
passivo in caso di espropriazione di un'area 
condominiale a favore di un condomino sia solo 
costui sul quale grava l'onere delle relative indennit� 
(Corte .App. Firenze, 12 dicembre 1952. 
� Giur. Tosc. �, 1953, 113); che il certificato 
del sindaco ai fini delle agevolazioni tributarie di 
cui ai DD. LL. n. 322 del 1945 e 221 del 1946 attesti 
solo il fatto storico del sinistro di guerra ma 
non vincoli l'.Amministrazione circa la misura del 
danneggiamento oltre il terzo (Corte App. Firenze, 
20 marzo 1953. � Giur. Tosc. n, 1953, 1.45), -e 
analogamente che l'entit� dei danni attestati dal 
sindaco possano essere contestati con mezzi di 
prova idonei dall'.Amministrazione e accertati dal 
giudice con consulenza tecnica (Trib. Firenze, 17 
febbraio 1953. � Giur. Tosc. n, 1953, 190). 



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-167 


R.S.I. E C.L.N. 
. Si � ritenuto che solo il capo della provincia 

r.s.i. e non lo Stato sia responsapile in proprio della 
confi,sca dei beni ebraici (Trib. Brescia, 19 maggio 
1952. <c Giur. It. �, 1953, II, 181). 
OCCUPAZIONI BELLICHE. 

Sulla giurisdizione per le controversie nascenti 
da requisizione anglo-americane in Italia scrive 
il cons. prof. E. Favara (cc Foro It. �, 1953, IV, 83). 
Si � ritenuto che lo Stato occupante non possa 
istituire propri organi di giustizia nel territorio 
occupato se non sussistano valide ragioni di necessit� 
belliche, e che le relative sentenze siano 
giuridicamente inesistenti (applicazione alla Corte 

d'Appello Mista dell'Asmara; Corte Cass., S. U., 
21 giugno 1952. <c Arch. Pen. �, 1953, II, 26 con 
nota prof. Cargasacchi). 

Si � ritenuto che l'intervento dell'occupante tedesco 
per trasferire una macchina da una ditta 
ad un'altra lavorante per conto tedesco non costituisca 
una valida requisizione di diritto internazionale 
e che il relativo contratto sia annullabile 
per violenza (Corte App. Torino, 23 gennaio 
1953. <c Foro Padano�, 1953, II, 24). 

FINANZA STRAORDINARI.A. 

Ai fini dell'imposta sui profi.tti di guerra si � 
ritenuto che l'art. 16 del D. L. n. 435 del 1946 
aggravi la responsabilit� degli amministratori di 
societ� di cui all'art. 22 T. U. n. 598 del 1943, 
istituendo una responsabilit� incondizionata, e perci� 
si applichi em nunc; che non occorra per la 
pretesa tributaria contro gli amministratori una 
dichiarazione giudiziale di responsabilit� e che 
per la opposizione occorre adempiere al solve et repete 
(Corte Cass., S. U., 9 febbraio 1952. <c Riv. Prat. 
Trib. �, 1953, 164 con nota prof. Liguori). 

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INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA PRESA 

APPALTO. -1) Se possa ritenersi giuridicamente 
esistente il credito d�ll'appaltarore derivante da un atto 
di aggiudicazione tuttora sottoposto all'approvazione 
ministeriale (n. 173). -Il) Se, agli effetti tributari, 
l'approvazione di un contratto d'appalto possa parificarsi 
ad una vera e propria condizione _sospensiva (numero 
173). 

APPELLO CIVILE. -Se la norma dell'art. 307 
C.p.c., il quale prevede che, salvo il disposto dell'art. 181, 
2� comma, e dell'art. 290, ove nessuna delle parti, dopo 
la notificazione della citazione, siasi costituita entro il 
termine stabilito dall'art. 166, il processo pu� essere 
riassunto, davanti allo stesso giudice, nel termine perentorio 
di un anno, sia applicabile ai giudizi in grado 
di appello (n. 3). 

ASSICURAZIONI. -I) Se la posizione dei tirocinanti 
conduttori di caldaie a vapore presso una Manifattura 
tabacchi possa assimilarsi ai fini dell'assicurazione 
infortuni, a quella di operai, se maggiori dei 18 
anni o a quella di apprendisti, se minori di tale et� 

(n. 37). -Il) Se una dichiarazione dei tirocinanti o 
degli esercenti la patria potest�, in caso di et� minore, 
sia sufficiente ad escludere l'obbligo dell'indennizzo assicurativo 
sul lavoro o la responsabilit� penale ove il 
danno abbia causa in un atto di negligenza o imprudenza 
imputabili (n. 37). 
CINEMATOGRAFIA. -Se l'Amministrazione possa 
non accordare il previsto contributo del 2 per cento sui 
cortometraggi riconosciuti di notevole valore artistico 
dallo speciale Comitato tecnico, ai sensi delle vigenti 
norme (n. 9). 

CONFISCA. -I) Se la restituzione delle cose confiscate, 
dovuta a qualsiasi causa, possa aver luogo per 
autodeterminazione della Pubblica Amministrazione 

(n. 11). -Il) Quale valore debba attribuirsi ai fini della 
confisca all'amnistia applicata in sede di rev�l3ione del 
processo (n. 11). -III) Se, in seguito alla restituzione 
dei beni confiscati, l'interessato abbia diritto al rendiconto 
dei frutti dei beni stessi (n. 11). -IV) Se il rendiconto 
dei frutti, in caso di restituzione dei beni, debba 
essere reso a decorrere dal tempo dell'esecuzione della 
confisca o della domanda giudiziale (n. 11). 

CONTABILIT� DELLO STATO. -I) Se l'art. 69, 
ultimo comma, della legge di contabilit� dello Stato, 
concernente il fermo amministrativo, sia applicabile, 
qualora il terzo sia creditore di cose e non di somme 

(n. 106). -Il) Se sia possibile la compensazione di 
crediti e debiti fra l'Amministrazione ed un terzo, qualora 
l'Amministrazione medesima non sia debitrice di 
somme verso il terzo nei cui confronti vanta un credito 
ma sia soltanto debitrice verso altri di cose del terzo, 
nei cui confronti vanta il credito stesso (n. 106). 
CONTRIBUTI. -I) Se per 
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la erogazione di fondi a 
contributo ad enti assistenziali per la assistenza estiva 
dell'infanzia, occorra una particolare convenzione (numero 
5). -Il) Se, mancando tale convenzione, possa 
farsi luogo a ripetizione del contributo siccome indebitamente 
corrisposto (n. 5). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. -Se l'indennit� 
spettante al proprietario per l'occupazione temporanea, 
preordinata ai fini della successiva espropriazione, debba 
essere determinata nella misura degli interessi legali 
sulla somma liquidata a titolo di indennit� di espropriazione 
definitiva, con decorrenza dalla data dell'anticipato 
spossessamento dell'immobile (n. 82). 

FERROVIE. -I) Se l'Amministrazione sia tenuta 
ad accertarsi, per le operazioni di trasporto, della effettiva 
titolarit� dei diritti afferenti alle merci (n. 168). 
-Il) Se possa qualificarsi opposizionedi creditarel'atto 
con il quale alcuno diffidi l'Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato a non pagare, al mittente df�na-sp�dizione 
contro assegno, l'importo dell'assegno stesso, 
pagato non dal destinatario ma da esso diffidante al 
fine di rientrare in possesso della merce, che assuma 
essere di sua propriet� (n. 168). -Ili) Se il Direttore 
generale delle Ferrovie dello Stato sia competente a 



-169


disdettare il contratto per lo scambio di energia elettrica, 
intervenuto tra l'Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato e una impresa fornitrice di energia elettrica 

(n. 169). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se la Cassa del Mezzogiorno 
possa destinare, per le proprie esigenze, il personale 
statale cc comandato � a funzioni diverse da quelle 
corrispondenti al suo stato giuridico (n. 328). -II) 
Se la Cassa del Mezzogiorno possa modificare il rapporto 
di gerarchia tra i vari impiegati statali � comandati � 
presso di essa, in relazione alle proprie esigenze funzionali 
(n. 328). -III) Se le condizioni, richieste dal bando 
di concorso e attinenti ~i requisiti della nomina debbano 
essere posseduti anche 11>ll'atto della nomina stessa 

(n. 329). -IV) Se, in base alla legge istitutiva della 
Cassa per il Mezzogiorno (legge 10 agosto 1950, n. 646) 
sia possibile un regolamento giuridico del personale o 
di parte del personale sulla base di un contratto di impiego 
a tempo indeterminato (n. 330). -V) Se possa 
assumersi personale per gli uffici periferici della Cassa 
del Mezzogiorno con contratto di impiego, a termine 
inferiore a quello stabilito per la scadenza del contratto 
di impiego del personale assunto negli uffici centrali 
(n. 330). -VI) Se agli ufficiali sospesi dall'impiego in 
attesa di giudizio e poi assolti perch� il fatto non sussiste 
o per non aver commesso il fatto, debbano senza 
altro corrispondersi gli assegni trattenuti durante il 
periodo della sospensione precauzionale (n. 331). V) 
Se la corresponsione degli assegni arretrati agli ufficiali 
sospesi dall'impiego in attesa di giudizio, e poi 
prosciolti con formula diversa da quella piena, ivi compresa 
l'amnistia propria, debba avvenire solo a seguito 
di provvedimento amministrativo che escluda l'applicazione 
della sanzione disciplinare dalla sospensione 
dell'impiego o di una pi� grave (n. 331). 
IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se possa ritenersi 
esistente il credito dell'appaltatore derivante da un atto 
di aggiudicazione tuttora sottoposto all'approvazione 
ministeriale (n. 86). -II) Se, agli effetti tributari, 
l'approvazione di un contratto possa parificarsi ad una 
vera e propria condizione sospensiva (n. 86). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se l'esenzione 
tributaria, di cui all'art. 9 del D. L. 29 giugno 1947, 

n. 779, costituisca oggetto di una facolt� discrezionale 
dell'Amministrazione, alla quale corrisponda, pertanto, 
un interesse legittimo, tutelabile solo davanti al Consiglio 
di Stato (n. 37). -II) Se sia applicabile il principio 
del solve et repete ove sia stata accordata la rateazione 
dell'imposta (n. 37). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se, in linea di massima, 
contribuente, nell'imposta di consumo, debba ritenersi 
il produttore o, in genere, l'introduttore al consumo 
delle merci oppure il consumatore (n. 209). -II) Se 
l'imposta di consumo sia dovuta nell'ipotesi in cui il 
produttore o introduttore al consumo sia assistito da 
un'esenzione soggettiva (n. 209). -III) Se sia legittima 
la clausola cc al netto di bollo e tassa �, introdotta in 
un contratto tra una ditta fornitrice e la Pubblica Amministrazione, 
secondo la quale la Pubblica Amministrazione 
medesima, sia tenuta a rimborsare alladitta 
il tributo da questa pagato (n. 210). -IV) Se, ai sensi 
dell'art. 6 del D. L. 9 gennaio 1940, n. 2, sia opportuno 
per la Pubblica Amministrazione promuovere azione, 

in detti casi, per la ripetizione della somma rimborsata 
alla ditta (n. 210). -V) Se l'imposta di consumo dell'energia 
elettrica rientri nel novero delle imposte pagabili 
in abbonamento da parte dell'I.M.I., ai sensi dell'art. 
8 del R. D. L. 13 novembre 1931, n. 1398 (n. 211). 

INFORTUNI SUL LAVORO. -I) Se la posizione 
del tirocinanti conduttori di caldaie a vapore presso una 
Manifattura tabacchi possa assimilarsi ai fini assicurativi 
a quella di operai, se maggiori dei 18 anni o a quella 
di apprendisti, se minori di tale et� (n. 32). -II) Se 
una dichiarazione dei tirocinanti o degli esercenti la 
patria potest�, in caso di et� minore, sia sufficiente ad 
escludere l'obbligo dell'indennizzo assicurativo ove il 
danno abbia causa in un atto di negligenza o imprudenza 
imputabili (n. 32). -III) Se la legge io marzo 1950, 

n. 104, esplichi efficacia per i fatti avvenuti prima della 
sua entrata in vigore, ove non sia gi� intervenuta la 
liquidazione del danno (n. 33). -IV) Se la norma dell'art. 
2087 C.c.; concernente la tutela della incolumit� 
fisica dell'impiegato privato nel suo ambiente di lavoro, 
indichi un principio generale da tener presentiin tutti i rapporti 
di lavoro, anche ai fini dell'onere della prova (n. 33). 
NOBILTA' ED ORDINI CAVALLERESCHI. I) 
Se possa ritenersi conforme alla norma costituzionale 
l'esistenza, formalmente dichiarata con provvedimento 
legislativo, del registro dei predicati, gi� nobiliari e� costituenti 
oggi parte del nome (n. 8). -II) Se, in seguito 
all'entrata in vigore della Costituzione, l'art. 42 del Concordato 
con la Santa Sede debba ritenersi caducato (n. 8). 

PENSIONI. -I) Se l'art. 119 della legge 10 agosto 
1950 sulle pensioni di guerra, che ammette la revisione 
delle pratiche, comunque definite negativamente, vada 
applicato sia che a tale risultato negativo si sia giunti 
per rifiuto assoluto da parte dell'Amministrazione di 
concedere indennizzi o sussidi all'infortunato sia che tali 
indennizzi o sussidi non siano stati accettati dall'interessato 
perch� da lui ritenuti inadeguati (n. 56). II) 
Se la normale azione di risarcimento danni, spettanti 
all'infortunato, che abbia avanzato richiesta di 
pensione o sussidio sia soggetta alla prescrizione normale 
secondo le norme del Codice civile in materia di responsabilit� 
civile (n. 56). 

POSTE E TELEGRAFI. -Se la Banca, presentatrice 
per l'incasso dell'assegno postale in conto corrente, 
sia tenuta a garantire la� regolarit� dell'operazione, ai 
sensi degli articoli 126 e 127 del Regolamento 30 maggio 
1940, n. 775, nonostante l'omissione della clausola 
''per incasso� (art. 126) e l'inesistenza delle obbligazioni 
di regresso (n. 32). 

RAPPORTI DI LAVORO. -Se il pagamento delle 
ore di lavoro ordinarie, straordinarie, notturne e festive, 
sia dovuto, ove esse ris.ltino effettivamente prestate, 
indipendentemente dalla corresponsione dell'indennit� 
di trasferta, avente il fine di rimborsare soltanto le 
maggiori spese sopportate dal lavoratore, a causa della 
speciale prestazione di lavoro richiestagli (n. 2?)�. 

REGIONI. -Se lo schema di D. L. del Presidente 
della Regione Siciliana, concernente � Aggiunte e modifiche 
alla legge 11 gennaio 1951, n. 25, recante norme 
sulla perequazione tributaria�, possa dar adito ad impugnativa 
per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 39). 


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-170 


SINDACATI. -I) Se nel soppresso ordinamento 
sindacale fascista, i Sindacati avessero personalit� giuridica 
autonoma e distinta da quella della Confederazione, 
cui aderivano (n. 19). -II) Se l'Ufficio Stralcio 
dells disciolta Confederazione fascista professionisti ed 
artisti sia. organo dello Stato (n. 19). -III) Se l'Ufficio 
Stralcio della disciolta Confederazione fascista professionisti 
ed artisti sia legittimato a stare in giudizio per 
gli enti gi� aderenti alla Confederazione medesima e 
alla cui liquidazione � preposto (n. 19). 

TRASPORTO. -I) Se l'Amministrazione sia tenuta 
ad accertarsi, per le operazioni di trasporto, delln effettiva 
titolarit� dei diritti afferenti alle merci (n. 23). II) 
Se possa qualificarsi opposizione di creditore l'atto 
con il quale alcuno diffidi l'Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato a n�n pagare, �1 inittei�.te di una spedizione 
contro assegno, l'importo dell'assegno stesso, 
pagato non dal destinatario ma da esso diffidante al 
fine di rientrare in possesso della merce, che assuma 
essere di sua propriet� (n. 23).