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"PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO xv -N. lJ:-2-3 GENNAIO-FEBBRAIO-MARZO r963 

LA PRE'TESA RESPONSABILITA ' DELLA P. A. 
PER LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI 


SOMMARIO -PARTE PRIMA: 1) L'esclusione della responsabilit� della P. A. per lesione 

idi interessi legittimi, secondo la Costituzione; 2) Il cc Tema � di fronte alla teoria, in 

Jormulazione polemica ..... ; 3) e in formulazione metodologica; 4) I gradi della cc Tesi�; 

5) I gradi della cc Antitesi"� -PARTE SECONDA: 6) Il concetto di illecito. Il concetto di 

"'danno�.. Presupposti: A) relazione fra cc situazioni giuridiche� corrispettive; B) illiceit� 

civile; G) lesione di cc situazione attiva� di diritto soggettivo. D) La teoria dei c. d. inte


ressi occasionalmente protetti nel diritto privato (esclusione); 7) La c. d. responsa


<b�lit� oggettiva, nei precedenti romanistici, nel diritto germanico e nel nostro o. g. in 

ifattispecie singolari e limitatamente a lesioni di diritti soggettivi; 8) Interesse legittimo. 

Teorie: I) del diritto soggettivo; II) dell'interesse strumentale; III) dell'interesse sostanziale. 

A) L'interesse legittimo come cc posizione soggettiva favorevole� (esclusione); B) come 

�cc situazione soggettiva di vantaggio: interesse alla legittimit�� (si risolve in interesse 

strumentale).; O) come cc situazione giuridica" (esclusione). D) Tentativi dogmatici: a) Teoria 

�del beneficio da onere altrui; b) della dipendenza da un potere della P. A. (situazione giu


ridica in pendenza); e) della presupposizione di diritto soggettivo; d) conclusione; 9) Interesse 

legittimo e pretesa risarcibilit� della lesione: a) esclusione legale di corrispettivit�; b) ille


gittimit� come illecito amministrativo non risarcibile; e) esclusione legale della tutela giu


ridica diretta: I) Istituzione ed evoluzione della tutela degli interessi legittimi come per/ e


zionamento della attuazione spontanea o primaria di giustizia nella P. A.; II) Giurispru


denza; III) Esclusione della doppia tutela giurisdizionale; IO) Esigenze di giustizia: discre


zionalit� della P. A. e pubblico servizio 

La Sezione Campana del � Centro Italiano di 
Studi Amministrativi ii ha indetto un Convegno salla 
� Risareibilit� del danno der�ivante da lesione di inte1
�essi legittimi ad opera della Pubblica Amministrazione 
>l. � stata, recentemente, distribuita una � Relazione 
introduttiva al Tema ii redatto dal Professore 
Gioranni Miele, al dichiarato fine � di fornire una 
prima base di discussione dell'importante e delicato 
argomento ii. 

PARTE PRIMA 

1) Uno scritto di carattere introduttivo ad un 
convegno di studi -il cui tema � resistito, per 
tradizione dottrinaria e consolidata giurisprudenza, 
da testuali norme della Costituzione (artt. 28, .103 
e 113), onde esso appare, prima facie, confinato 
nel campo della mera speculazione dogmatica --.
avrebbe dovuto, in primo luogo; avvertire l'esigenza 
metodologica di affrontare, immediatamente, 
,quella elaborazione che ricollega, per l'appunto, a 
dette norme costituzionali la non configurabilit� 
della risarcibilit� di danni da lesione di situazioni 

giuridiche, diverse dai diritti soggettivi. Invece, 
la trattazione muove da premesse teoriche (svilup'
pate -poi -attraverso difettivi sillogismi) 
toccando, quasi marginalmente, la corretta inter


pretazione di quelle norme. 

Prima di seguire, punto contro punto, l'esposizione 
della cc Introduzione al Tema n, appare, 
dunque, necessario rilevare che, ver liberarsi della 
preclusione, di cui si � detto, il MIELE, afferma: 
� L'articolo 28 della Costituzione, sancendo la 
responsabilit� diretta dei pubblici dipendenti per 
i fatti commessi in violazione dei diritti altrui, 
non si oppone a questa possibilit� (di far luogo 
al risarcimento dei danni per violazione di interessi 
legittimi) in primo luogo perch� non � certo che 
l'espressione diritti debba essere intesa nel suo 
significato letterale, e, in secondo luogo percb� � 
riferibile ai soli dipendenti, restando cos� impregiudicat,
a l'ampiezza della responsabilit� d~ll'ente n � 
La questione � stata ampiamente esaminata... 

nella Relazione dell'Avvocatura Generale dello Stato, 

per gli anni 1942-1950 n, in termini, che pare 

necessario ricordare per esteso. 


-2 

Si � rilevato che: � . .. la norma costituzionale 
(art. 28) ha sanzionato il principio d�lla responsabilit�. 
dei funzionari, in proprio, e della P . .A., 
per i danni arrecati in violazione di diritti soggettivi 
�; cc che questa norma non abbia fatto che 
sanzionare i principi gi�. elaborati dalla dottrina 
e dalla giurisprudenza, fissando costituzionalmente 
-e, cio�, dato il carattere rigido della Costituzione, 
inderogabilmente -il principio che al 
cittadino, leso nel suo diritto soggettivo, spetta, nei 
confronti dello Stato e del dipendente di questo, 
autore della lesione, un diritto al risarcimento del 
danno patito )), 

�Ohe questo sia il valore dell'art. 28 risulta non 
soltanto dal suo tenore logico-grammaticale e dalla 
interpretazione sistematica, che di esso pu� darsi 
nell'ambito della Costituzione, ma altres� dai lavori 
preparatori, che ebbero ad assumere una particolare 
importanza >J. 

�La elaborazione parlamentare dell'art. 28 fu 
infatti lunga e complessa, e la formulazione adottata 
concluse un dibattito e sintetizz� numerose 
tesi, di cui � doveroso. far cenno >J. 

�Nella seduta del 1� ottobre 1946 la Prima 
Sottocommissione dell'Assemblea Costituente, dopo 
aver approvato l'articolo relativo alla stampa (art. 
21 Oost.), poneva in discussione il successivo che, 
secondo la formulazione originaria, suonava cos�: 

� I funzionari dello Stato sono responsabili, ai sensi 
della legge penale e di quella civile, per gli atti compiuti 
dolosamente o colposamente in violazione dei 
diritti di libert� sanciti dalla presente Costituzione JJ, 
�Lo Stato risponde solidalmente con i funzionari 

per i danni )), 

� Il testo si riferiva esclusivamente agli atti 
compiuti in violazione dei diritti costituzionali di 
libert�., e si voleva con esso principalmente affermare 
il principio della responsabilit�. colposa, quella 
dolosa essendo gi�. prevista dalle leggi penali. 
Ci� venne esplicitamente confermato; e si precis�, 
altres�, che la norma prescindeva dalla comune 
responsabilit�. della Pubblica Amministrazione e dei 
funzionari, che doveva essere regolata in tutt'altra 
sede, qui essendo necessario soltanto garantire i 
diritt,i costituzionali di libert�. Essendo, poi, stato 
fatto presente che l'Italia si avviava a un ordinamento 
regionale, e che anche i funzionari delle 
Regioni avrebbero potuto ledere i fondamentali 
diritti di libert�. dei cittadini, si sostitu� la dizione 
�funzion~ri dello Stato �, con � fimzionari pubblici J> 
e si aggiunse nel secondo comma �enti pubblici �. 
Sembr� opportuno, infine, che in questa sede, 
cio� nel titolo relativo ai rapporti civili, fossero 
garantiti non soltanto i diritti di libert�. ma tutti 
gli altri diritti sanciti dalla Costituzione, e si 
provvide, quindi, a sopprimere l'inciso: di libert� �. 

�L'articolo, cos� approvato dalla Sottocomissione, 
fu modificato dalla Commissione, che lo 
present� per l'approvazione dell'Assemblea Costituente 
nella seguente formulazione: �I dipendenti 
dello Stato e degli enti pubblici sono personalmente 
responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, 
degli atti compiilti in violazione di diritti. 
Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento 
dei danni arrecati dai dipendenti )), 

� La legge determina le con�izioni e v modi per 
la riparazione degli errori giudiziari )), 

�Questa formulazione, poco difforme dalla definitiva, 
aveva del tutto abbandonato i concetti e 
gli scopi che avevano guidato la Sottocommissione, 
la quale si era preoccupata di affermare un principio 
nuovo a tutela dei diritti essenziali garantiti 
al cittadino dalla Costituzione,. prescindendo d�l 
noto principio della comune responsabilit�. della. 

P . .A.. per atti o fatti~ illegittimi o, illeciti. La Sottocommissione 
avrehbe voluto proclamare la responsabilit�. 
dolosa o colposa del funzionario per gli 
atti lesivi dei diritti fondamentali~ civili e politici 
del cittadino; la Commissione,. invece,.. modificando 
totalmente la formulazione dell'articolo (22 del 
progetto, e 28 del testo definitivo),. affermava semplicemente 
il diritto fondamentale del cittadino ad 
essere risarcito dei danni, che 1fu colpevole attivit�. 
dei dipendenti dello Stato~ o degli enti pubblici~ 
avesse arrecato, e la conseguente responsabilit� 
personale del dipendente stesso,. secondo le leggi 
penali, civili e amministrative; in tal modo, per�,. 
con l'anzidetta formulazione1< ed ancor pi� con 
quella definitiva, si ahb.andonaiva de1 tutto ogni 
concetto innovativo �.. 
�In sede di discussione fu rigettato recisamente 
ogni tentativo di alterare il problema. della responbilit�., 
cos� come era stato elaborato dalla dottrina. 
e dalla giurisprudenza. Contro i vari emendamenti 
proposti al testo formulato dalla Commissione, 
l'on. Tupini dichiararva che questa,. nell'elaborare 
l'art. 22 (del progetto), aveva cercato di ispirarsi 
agli insegnamenti costituenti ormai principi indiscutibili 
della dottrina giuspubblicistica. Lo stesso 
concetto aveva espresso l'on. Oro Nobili, il quale,. 
osservando che la questione della responsabilit�. 
della Pubhlica. .Amministrazione era molto antica 
e che in proposito vi ern. tuttru una elaborazione. 
dottrinaria e giurisprudenziale, riteneva opportuno. 
enunciare il principio della personale responsabilit�. 
dei dipendenti,. lasciando alla giurisprudenza il 
compito di decidere quando ricorressero gli estremit 
per stabilire la solidariet�. degli enti pubblici. 

In conseguenza veniva rigettato un emendamento, 

che voleva affermare il princi:pin della responsabilit�. 

indiretta della P. A.. ed estendere la responsabilit� 

per atti lesivi d'interessi legittimi. N� era approvatp. 

l'emendamento aggiuntivo � nell:esercizio delle loro 

funzioni )). perch� era intuitivo che la.. norma dovesse. 

trattare la responsabilit�.. che dipendenti e funzio


nari, e con essi lo Stato e gli enti pubblici, incon


trano con gli atti compiuti dai pr.imi nell'esercizio. 

delle pubbliche funzioni, e cio� nella qualit�. di 

dipendenti e funzionari)), (�Relazione �.1!vocatura 

Generale n, cit. p.. 13.7 e. segg..). 

Fondamento della responsabilit�. della P . .A. �,. 
stata costantemente ritenuta l'illegittirnit� dell'atto 
amministrativo che abbia leso. anche d.iritti soggettivi 
e possa,, pertanto, q1talificarsi illecito,. sempre che� 
ci� non importi indagine. sul buon uso. dell'attivit� 
discrezionale~ in quan.to ad essa non ~i i:iontrappone, 
un diritto soggettivo del privato,. ma un suo. inte-,_ 
resse legittimo: in altri termini,, sernpr.e che si de~. 
duca la violazione di un diritto soggettivo perfetto. 
e che si chiegg,a una. pronUJlcia. non v.ietata all'auto'"' 


-3


rit� giudiziaria (Sezioni Unite 20 giugno 1958, 

n. 2147, in �Relazione Avvocatura Generale�, 19561960, 
II, p. 146; cfr. anche ((Relazione Avvocatura 
Generale�, 1951-1955, I, p. 113). 
Siffatto principio si � maggiormente evidenziato, 
proprio, in occasione del tentativo di reinserire il 
criterio della responsabilit� della P .A. a titolo di 
colpa, proposto in tema di estensione, alla stessa 

P. A., della responsabilit� del funzionario. 
Ma, per insegnamento della Corte Suprema, 
�pur in costanza della norma contenuta nell'art. 28 
della Carta Costituzionale . . . la P. A. risponde 
esclusivamente a titolo diretto dei fatti illeciti 
colposi commessi dai funzionari nell'esercizio delle 
funzioni e dei compiti a ciascuno di essi assegnati �, 
posto che ((l'art. 28 non ha inteso snaturare la 
responsabilit� dh�etta della pubblica amministrazione 
e sanzionare il principio della responsabilit�, 
indiretta, ma ha voluto soltanto sancire. acccinto 
alla responsabilit� della P. A., quella personale 
dei funzionari e dipendenti, che finora si era ritenuto 
essere assorbita dalla responsabilit� dello 
Stato � (Sezioni Unite, 2 agosto 1954, n. 2831, 
e 2 luglio 1955, n. 2034, in (<Relazione A�vvocatura 
Generale�, 1951-55, cit. I, p. 107, 108} (1). 

� stata, bens�, tentata una diversa costruzione, 

nel senso della configurabilit� di una duplice respon


sabilit� della P. A., la prima, diretta che assorbi


rebbe quella del funzionario, e troverebbe sua 

base nell'art. 113 della Costituzione (inteso come 

precetto di diritto sostanziale, per la tutela giuridica 

dei diritti soggettivi), la seconda indiretta, mera


mente sussidiaria, quando la immedesimazione or


ganica del funzionario venga meno, e troverebbe 

sua base nell'art. 28 della Costituzione, per esten


sione della responsabilit� per dolo o colpa grave (2). 

' Ma, mentre la tesi cos� propugnata (che comunque 
neppur lontanamente adombrava responsabilit� 
per lesione di interessi legittimi, che anzi 
ricollegava la responsabilit� diretta della P. A. 
alla norma dell'art. 113 con valore di precetto di 
diritto sostanziale, in ordine alla tutela dei diritti 
soggettivi) trovava confutazione in dottrina (3), 

(1) Cfr. per la dottrina: ZANOBINI: Corso di diritto 
armministrativo, 1954, vol. I, p. 343; ALESSI: La responsabilit� 
della p. a. 1955, pp. 193, 194; Responsabilit� del 
funzionario e responsabilit� dell'amministrazione in base 
all'art. 28 della Costituzione, in �Riv. trim. dir. pubbl. >>, 
1952, p. 897; GuGLIELMI: L'art. 28 della Costituzione, e 
la responsabilit� dello Stato, in �Rass. Avv. Stato�, 
1949, pp. 169, 176. 
(2) Cfr. CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, 1953, 
p. 242 segg.; p. 278 segg.; TORRENTE: La responsabilit� 
indiretta della pubblica amministrazione, in �Riv. dir. 
civ.>>, 1958, I p. 278. V. anche in �Foro It. �, 1958, 
I, 1103). 
(3) DI CIOMMO: La responsabilit� civile del dipendente 
statale e dell'Amministrazione dello Stato, in �Rass. 
Avv. Stato'" 1957, 29; SANDULLI: Manuale di diritto 
amministrativo, 1959, pp. 523, 524; contro GALLO: 
L'eventuale concorso della responsabilit� del�a P. A. 
con quella dei propri dipenienti autori del fatto dannoso, 
in �Riv. Amm. >>, 1956 p. 77. 

nonch� nella successiva giurisprudenza della Corte 
regolatrice (Cassazione, 31 marzo 1960, n. 708) 
che riconfermava il carattere dell'art. 28, come non 
contrastante con i principi tradizionali della responsabilit� 
organica e diretta della P . .A.;�e� infine� 
nel presupposto della sent. Cost. 30 gennaio 1962,. 

n. 1, nel senso che l'art. 28 Cost. abbia riconfermato 
la responsabilit� diretta dello Stato (4),. 
proprio, nel corso di tale disamina, emergeva, con 
chiara evidenza, che la responsabilit� per lesione 
di interessi legittimi non potrebbe attrarsi nell'alveo 
privatistico. 
Facendo leva sia sui principi tradizionali, sia 
sulla chiara dizione . dell'art. 28 Cost., sia, infine, 
sulla palese ingiustizia che deriverebbe discriminando, 
contro il preciso dettato del codice civiler 
le conseguenze del fatto illecito rispetto al danno 
risarcibile, secondo che quello sia posto in essere 
da un privato o dalla P. A., la giurisprudenza. 
della Corte di Cassazione ha costantemente accolto 
la tesi della non risarcibilit� di lesione di interessi 
legittimi, determinata dall'atto amministrativo annullato, 
in quanto il giudice, investito di un'azione 
di responsabilit� contro la P. A., deve pregiudizialmente 
accertare il concorso di due condizioni: 
che si deduca la violazione di un diritto soggettivo 
perfetto e che si chiegga una pronunzia non vietata 
all'autorit� giudiziaria ordinaria (Cassazione, 15 
aprile 1958, n. 1217, Finocchiaro c. Comune di 
Messina; Sezione Unite, 20 giugno 1958, n. 214 7, 
Fabboni c. ANAS, in Relazione Avvocatura Generale, 
1956-1960, II, 146). Per ulteriori pronuncie susseguitesi 
in termini, sempre� pi� chiari, e recisi, 

v. infra, paragr. 9, lettera O, II). 
2) � pertanto sul piano meramente teorico, che 

pu� essere seguita la esposizione introduttiva e 

al solo fine di dimostrare che gli argomenti addotti, 

-pur sul piano teor,ico -non appaiono assoluta


mente probanti. 

Ma, un altro rilievo preliminare viene suggerito 

dalla � Introduzione al Tema l>. 

Uno scritto di carattere introduttivo, ad un 

convegno di studi il cui tema sia, non gi� l'esecu


zione capitale della P . .A.. a cagi.one della negata 

risarcibilit� della lesione di interessi legittimi, 

ma il problema stesso della (( configurabilit� del 

risarcimento dei danni � anzi, addirittura, il �pro


blema della configurabilit� di danni, e della conse


guente loro risarcibilit� �, in dipendenza di lesione 

di interessi legittimi, ad opera della P. A., doveva 

limitarsi a porre gli elementi della trattazione, 

obiettivamente, muovendo, cio�, da dati che non 

recassero �in radice � la soluzione in un senso o 

nell'altro. Uno scritto introduttivo doveva, in altri 

termini essere di carattere propedeutico (da pro 

e paideutikos, preparatorio a istruzione pi� alta) 

e pertanto sarebbe stato forse meglio conferire 

ad esso titolo e contenuto di: �Presentazione del 

Tema�. 

(4) ESPOSITO: La irresponsabilit� dello Stato su eventi 
di servizio e gli artt. 28 e 3 della Costituzione. Nota a sent. 
cit. in cc Giur. Cost. >>, 1962 p. 4. 

---4 

La decisa impostazione affermativa, circa la 
ris:;i,rcibilit� dei danni da lesione di interessi legittimi, 
ad opera della P . .A., adottata dal Miele, 
muove da una premessa, gi�, qualificata in quella 
direzione. 

La sua cc Introduzione >> inizia, infatti, con questa 
proposizione: � Ohi si propone di studiare il tema. 
della risarcibilit� dci danni derivanti da ingiusta 
lesione di interessi legittimi deve porre al centro 
della ricerca l?. nozione di illecito; e sar� ovviamente 
la nozione ili illecito civile, talt~ essondo l'ille<'ito per 
effetto del quale m1.sce a carico del responsabile 
l'obbligo del ri.sarcimento del danno>>. 

Siffatta proposizione, colloca in nuce, una premessa 
che sposta subito ii �tema�, attraverso quella 
qualificazione di <c ingiusta � riferita alla lesione 
di intere~si legittimi; laddove cc ingiusta�, gi� sta 
a� significare ipsa res �iniusta o fatto contra jus, 
polemicamente rivolto ad ammettere unfl, c>ategoria 
di siLuazioni giuridiche protette, dif;tinte dai diritti 
soggettivi. Si fa seguire, come conseguenziale, un 
secondo elemento, nel considerare al centro del 
problema la nozione di illecito, ma questa non � 
(he una premessa minore (la quale si risolve, palesemente, 
in una petizione di principio), di un sillogismo 
jnamm�ssibile, per la presentazione di un 
tema. 

Il terzo elemento della indagine appare, infine, 
corollario in perfetta armonia con i due precedenti, 
_allorch� ricollega la risarcibilit� del danno, alla 
specie dell'illecito civile, generatore dell'obbligo, 
a carico del responsabik. 

3) Il Niterio che deve presiedere all'indagine 
proposta sembra, i.nvece, ben altro: e cio� se possa 
configurarsi lesione di interessi legittimi, che determini, 
ex se, (ossia escludendosi la possibilit� di fa,r 
valere il diritto come interesse), danno nel senso di 
damnum iniuria da.tum (il danno inr.olpevole non 
viene in considerazione, e la questione sarebbe 
comune a quella del risarcimento da attivit� leg;ttima). 


Responsabilit� � infatti il rapporto giuridico 1�.b.e 
s1 istituisce fra un soggetto, leso nella sua sfera 
giuridica, ed uno o pi� altri soggetti, autori della 
lesione o dall'ordinamento giuridico chiamati a 
risponderne, in virt� di un preesistente particolare 
rapporto giuridico, in luogo o insieme con l'autore 
della lesione; e questa deve essere iniuria data, 
perch� anche nel nostro ordinamento vige il principio 
secondo il qua.le qui suo iure utitur, neminem 
laedit. 

La lesione 1.lella sfera giuridica. altrui, autorizzata, 
consentita o imposta dalla legge, non 9-�� 
luogo a responsabilit�; pu� in tal caso sussistere 
l'obbligo di corrispondere un indennizzo per la 
lesione legittimamente arrecata, ma questo fenomeno 
giuridico � ben lungi dal rientrare nel concetto 
di responsabilit�, pi� rettamente inquadrandosi nell'istituto 
della conversione dei diritti. 

4) Un terzo rilievo preliminare � questo: che la 
dissertazione del Miele, piutt.osto ehe su argomenta:
doni concatenate, s� da raggiungere una ]Jrova logica 
e giuridica, riposa su evanescenti pretese ar


monie e non ripugnanze dell'ordinamento giuridico 
all'introduzione del criterio della risarcibilit� dei 
danni, da lesione di intereRsi legittimi. 

Onde appare non agevole nostringere, in sintesi, 
il pensiero dell'.A. Tuttavia, s.ostanzialmente, i 
gradi della trattazione possono ridursi a questi: 

a) risarcimento del danno non postula, necessariamente, 
il concetto di ristoro di diritti soggettivi; 


b) risarcimento del danno � ricollegabile, 
altres�, al principio della c.d. responsabilit� oggettiva, 
di cui sarebbero spunti nel diritto romano, 
applicazioni nel germanico e nel nostro o.g.; 

c) diritto soggettivo e interesse legittimo sarebbero 
situazioni di vantaggio, autonoma, nel 
primo caso, dipendente da un potere giuridico o 
dovere altrui, nel secondo; 

d) peraltro, senza argomento che sorregga 
parit�, o gradazione, di tutela patrimoniale, nel 
caso di lesione, si passa a rilevare che, ammessa 
la risarcibilit�. della lesione �di c.d. diritti affievoliti, 

o condizionati, basterebbe provare che questi sono, 
invece, interessi legittimi, per arrivare ad estendere 
la risarcibilit�. a tutta la categoria degli interessi 
legittimi; 
e) palesi ragioni di giustizia imporrebbero di 
ricollegare al principio dell'art. 2043 O.e. la responsabilit� 
per lesione di interes::i legittimi. 

5) In relazione alle proposizioni suesposte sar� 
agevole dimostrare che le due prime non resistono 
a una corretta disamina storico giuridica; che 
l'interesse legittimo non � situazione giuridica 
(cc di vantaggio n) in senso tecnico; in ogni caso, 
essa � accolta. nell'o.g,, proprio, con la esclusione 
della. guarentigia tipica. del �diritto sogget"bivoii, 
mentre l'estensione all'interesse legittimo di tale 
guarentigia importerebbe la qualificazione di e<diritto 
soggettivo n, ad opera dell'interprete; che i 
diritti affievoliti si comportano come interessi legittimi, 
ma in radice sono diritti, suscettibili di riviviscenza, 
a guisa di jus postliminii; mentre i diritti 
condizionati (in attesa di espansi�ne), si comportano 
come interessi legittimi limitatamente alla zona di 
espansione e, in questo ambito, non � affatto pacifico 
che la loro lesione dia luogo a responsabilit�.; 
infine le palesi ragioni di giustizia, che imporrebbero 
l'allargamento dell'area della responsabilit�, 
sono, a quanto pare, palesi intenzioni di elidere 
alla base la potest� discrezionale della P.A. e 
quindi rivoluzionare lo stesso o.g., suggerendo il 
sistema di far rientrare, a colpi di giurisprudenza o 
-in ipotesi -di leggi ordinarie, quel che sia 
stato categoricamente escluso dalle norme della 
Carta Costituzionale. 

PARTE SECONDA 

6) Si assume che il concetto di <c illecito civile n 
possa essere accolto in significato d�v�rso d:;i,_ qgello 
di: cc fatto commesso in violazione di diritti n; onde 
anche la cc mera violazione di norme giuridiche n 
potrebbe essere assunta come fonte dell'� obbligo 
del risarcimento n. Siffatta complessa proposizione 


5


suppone, peraltro, gi� risolta la controversa nozione 
di << illecito n e gi� superata la questione se 
la configurabilit� del � danno n sia o non condizionata: 
n) dal verificarsi dell'evento nell'ambito di 
una ((situazione giuridican; b) da.Ha natura dell'illecito; 
c) dal tipo di �situazione giuridica n violata. 

�, ormai, dato acquisito nella teoria generale 
del diritto, che l'antigiuridicit� come situazione di 
contrariet� all'o. g. non si identifica conl'cc illecito n 
(5). La difformit� o divergenza fra fatto e diritto 
rappresenta un connotato di limitato significato, 
nel senso che ad esso � ricollegabile ogni azione rilevante 
per il diritto in quanto vietata; -0n'd� che, 

in relnzione tille singole fattispecie normative proibitive 
e sanzionatrici, si specificano corrispondenti 
fattispecie di illecito (penale, civile, amministrativo 
ecc.) ognuna delle quali prospetta in ordine a determinati 
fatti umani, sanzioni tipiche e non fungibili 
(6). Tale formulazione pare pi� puntuale di quella 
accolta dalla dottrina dominante, che -con riguardo 
alla, dinamica dell'illecito -� lo ravvisa 
nel cc contrasto fra effetti giuridici e scopi pratici >> 
(7). 

Ohe non ad ogni fattispecie di illecito, corrisponda 

una responsabilit� civile, ma che questa si ponga 

come sanzione specifica (obbligo di risarcire), all'at


tuazione di una fattispecie nmmativa -in cui 

l'azione in trasgressione di una norma giuridica, 

determina un danno (condotta e danno costitui


scono l'elemento obbiettivo della fattispecie), con


sistente nella �incidenza sulla sfera degli interessi 

economici n, ossia nella diminuzione di patrimonio 

(beni, reete cc diritti l> nella preesistente sfera giu


ridica di un soggetto) (8) -risulta da considera


zioni affatto elelfientari: il precetto del neminem 

la-edere non � norma generale dell'o. g. (9) (pi� di 

quanto non lo siano gli altri juris praecepta: honeste 

vivere e suum cuique tribuere). Anzi, la libera 

attivit� � fonte continua di danni non risarcibili 

appunto in quanto determinati nell'esercizio del 

diritto di libert�., e nella sfera di questa. 

Onde � il legisla.tore, che ripartisce i danni, che si 

producono nella vita di relazione, condizionandone 

la risarcibilit�, non gi� alla mera lesione della norma 

(danno giuridico), ma relativamente e limitata


mente a fattispecie di reintegr;i.zione dello status 

q1to ante (danno economico che implica modifica


zioni del patrimonio in senso negativo, art. 1223 

O. c.). 
(5) ScoGNAMIGLIO: Illecito, in �Nuovissimo Digesto 
Italiano>>, paragr. l; CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, 
cit. p. 62. 
(6) ScOGNAMIGLIO: Illecito, cit. paragr. 2. Sul concetto 
relativistico di illecito, come fattispecie cui viene ricollegata 
dall'o. g. una sanzione, v. anche CASETTA; L'illecito 
degli enti pubblici, cit. pp. 82, 84. 
(7) BETTI: Teoria generale del negozio giuridico, 1955, 
p. 10; CARNELUTTI: Teoria Generale del diritto, 1951 
n. 139; DE CuPis: Il danno, 1947, p. 35; SANTORO PAsSARELLI: 
Dottrine Generali del Diritto civile 1959, p. 101. 
(8) CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, cit. pp. 
27, 63. 
(9) ScoGNAMIGLIO, Illecito, cit. paragr. 5. 
Non �, pertanto, consentito identificare la sanzione 
del risarcimento -dettata per singole fattispecie 
di illecito (civile) -con le altre conseguenze 
giuridiche sanzionatorie derivanti -in altre fattispecie 
di illecito (penale, amministrativo�ecc.) ~ 
dalla mera violazione di norme. 

L'illecito, che determina obbligo di risarcimento 
del danno, � considerato nel nostro o. g., attraverso 
fattispecie condizionanti l'obbligo del risarcimento 
stesso, identificabili nella responsabilit� contrattuale 
(art. 1218 O.e.); nella responsabilit� extra 
contrattuale (art. 2043 O.e.); nella c.d. responsabilit� 
oggettiva (nei casi singolari in cui essa � 
ravvisabile; nella responsabilit� per atti leciti 
(giusta la nota casistica di scuola) (10). Ma esse 
non si prestano a ricomprendere la fattispecie 
degli interessi legittimi. 

Conviene -a tal fine -esaminare gli accennati 
presupposti del danno giuridico ed economico. 

A) Una definizione dogmatica di �danno risarcibile 
n non pu� essere colta se non sussumendone 
il concetto nell'ambito della cc relazione n concepita 
come cc oggetto della norma giuridica �. Le cc relazioni 
n esauriscono tutta la fenomenologia giuridica: 
nelle stesse cc i soggetti si pongono in rapporto 
tra loro e con il mondo esterno n e cc anche quando 
dan luogo a rapporti dell'uomo con le cose, si ri1:ml� 
vono sempre in relazioni tra uomo e uomo, poich� 
come il diritto � costituito hominum causa (D. 1,5,2) 
cos� il diritto non esiste se non fra gli uomini n, 
c~so � il complesso delle relazioni umane regolate 
dal diritto n. E relazioni sono perfino quelle che 
intercorrono fra i soggetti e l'ordinamento giuridico 
(status); nonch� quelle che si costituiscono fra 
i soggetti e le cose, in quanto, sostanzialmente sussistono 
fra il titolare del diritto e tutti gli altri 
soggetti titolari di un dovere giuridico di non ostacolarne 
l'esercizio (11). 

Attraverso un processo di progressiva astrazione 

la dottrina ha oggettivato le ccrelazioni� giuridiche, 

(10) CASETTA: L'illecito degli Enti pubblici, cit. p. 64, 
che tenta la riduzione ad unica fattispecie, della responsabilit� 
contrattuale ed extracontrattuale, ravvisandola, 
con ardita ma pregevole formulazione, nel �fatto di 
non risarcire)) (inadempimento) (p. 68). 
(11) DE RuaamRo: Istituzioni di diritto civile, 1937, 
I, pp. 37, e Nota 20, 194, 213. Sostanzialmente, la generalit� 
della correlazione fra diritti e doveri � ammessa da 
ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, 194 7, 
�Doveri,Obblighi�, p. 91 segg., dove l'esistenza di doveri, 
cui non corrispondono dei diritti, � considerata come 
fenomeno singolare, in relazione a ipotesi di interessi 
giuridicamente protetti (in particolare, interessi legittimi). 
Peraltro riconducendo il �dovere >>, per queste ipotesii 
alla categoria dell'� onere�, la rilevata mancanza di 
correlazione perde il valore di deroga al principio generale. 
Sotto il profilo di correlazione tra �causa petendi attiva � 
e �causa petendi passiva� riconducono l'indag~!le., circa 
la configurabilit� di lesione di diritti soggettivi, per__ 
atto della P. A., GuICCIARDI: Diritto, interesse e doppia 
tutela in � Giur. it. �, 1951, III, 33 e GUARINO: Potere 
giuridico e diritto soggettivo, in � Rass. dir. pubblico �, 
1949, I, p. 238 segg. 

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-6


(per quanto in modo relativo, ma in dipendenza del 
rilevato fenomeno di apparente carenza o di indeterminatezza 
dei soggetti), liberandone la nozione, 
fino a concepirle come rapporti tra << situazioni 
giuridiche� impersonali (di qui l'ampia problematica 
della successione nelle obbligazioni, dal lato attivo 
e dal lato passivo). Onde� il vincolo non muta 
natura e non si estingue per mutare dei suoi subietti 
� (12), ma si atteggia come rapporto fra due 
situazioni giuridiche corrispettive. Proposizione, 
questa, che non soffre contraddizioni con la distinzione 
tra obbligazione e responsabilit� (Schuld 
ed Haftung) in ordine alla quale la dottrina tedesca, 
pure enucleando nell'obbligazione due elementi 
distinti (il debere e l'obligatum esse), apriva il varco 
alla confi.gura.bilit� di un debito senza responsabilit�, 
e di una responsabilit� senza debito; fattispecie, 
oltrech� illusorie (13) nel nostro o. g., tali 
da non escludere la corrispettivit� delle situazioni 
giuridiche subiettive nel debito senza responsabilit� 
(es. quello delle obbligazioni naturali), 
nonch� nella responsabilit� senza debito (14), 
posto che siffatta categoria non si identifica in 
toto con l'ipotesi della cosiddetta responsabilit� 
oggettiva. 

Le relazioni giuridiche -in fase statica -sono 
di varie specie, alle quali corrispondono altrettante 
<e situazioni giuridiche corrispettive�, (la cui classificazione 
� controversa in dottrina, v. infra paragr. 
8); fra queste si collocano situazioni attive, corrispettive 
a situazioni passive, il cui contenuto sia 
la prestazione dovuta (positiva o negativa come 
astenzione da turbativa). Le relazioni -in fase 
dinamica -si costituiscono, si modificano, si 
estinguono, per effetto dei c.d. �fatti giuridici n 
(naturali o volontari), fra i quali si ricomprende 
anche l'atto illecito. 

B) Atto illecito, necessariamente, postula la 
infrazione di un dovere. Gli sviluppi recenti della 
dogmatica tendono a rompere l'assoluta correlazione 
fra diritto e obbligo, costruendo diritti (potestativi) 
senza corrispondente obbligo e obblighi 
senza corrispondenti diritti (l'ipotesi di scuola fa, 
a questo proposito, riferimento alla categoria degli 
interessi legittimi). 

� stato rilevato, peraltro, che si approda, per 
tale via, alle estreme posizioni formali della conce


(12) DE RuGGIERO: Istituzioni di diritto civile, cit., 
III, pp. 177, 178. 
(13) FERRARA: Trattato di diritto civile, 1921, I, pag. 
309. 
(14) Cfr. DE RuGGIERO: Istituzioni, cit., vol. III, 
pag. 12. 
Il risarcimento del danno, fondato su obbligazioni 
contrattuali o extracontrattuali, presuppone ovviamente 
situazioni giuridiche corrispettive. Ma tale corrispettivit� 
sussiste anche nelle ipotesi di risarcimento del danno 
per atto lecito, posto che si richiede il simultaneo concorso 
di cc profitto immediato o mediato permanente,, 
per la generalit�, e del ccsacrificio del privato)) (arg. da 
art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359, in relaz. all'art. 42 
della Oostituzione. Ofr. Sezioni Unite 12 ottobre 1960, 

n. 2687). 
zione della illiceit� (15); e, soprattutto, si perviene 
ad una inutile conclusione, perch� -ormai svincolata 
la fenomelogia giuridica dell'illecito dal 
rigido concetto di diritto privato, trattasi di identificare 
quale specie di illecito. si -sottragga alla necessit� 
di correlazione fra situazioni giuridiche corrispettive. 


Tale correlazione non si richiede, per l'atto illecito, 
laddove la rimessione in pristino, nel pubblico 
interesse, costituisca la reazione (sanzione) 
tipica sufficiente (16). 

Ma, l'illecito -quale azione in trasgressione di 
norma giuridica idonea a determinare, come reazione 
tipica della fattispecie, il danno risarcibile: 
ossia una modificazione negativa patrimoniale implica, 
necessariamente, l'alterazione di un elemento 
della relazione giuridica preesist�nte: specifica 
(obbligazione ex contraqtu) o generica (obbligazione 
dell'alterum non laedere, nei casi ipotizzati 
dal legislatore) (17). Ed � proprio questa corrispettivit�, 
che legittima la sostituzione della prestazione 
dovuta, con una � reintegrazione � dello 
status quo ante, attraverso una prestazione equivalente. 


O) Non pare -infine -sostenibile l'esigenza 
satisfattoria di altre situazioni giuridiche �di vantaggio 
�, diverse da quelle della categoria dei diritti 
soggettivi. � evidente che, per trar partito da tale 
argomentazione, occorrerebbe -anzitutto -dimostrare 
che l'interesse legittimo sia � situazione 
giuridica di vantaggio in senso tecnico �1 indi 
rinvenire nell'o. g. altre categorie, diverse da quella 
supposta, degli interessi legittimi, nei cui riguardi 
fosse dall'o. g. assicurata una pretesa satisfattoria, 
si da potersi allegare l'esigenza sistematica 
di estenderla anche agli interessi legittimi. Ma si 
ha riprova del contrario. Infatti le situazioni giuridiche, 
diverse dal diritto soggettivo (e dalle 
correlative facolt�), sono esclusivamente tutelate 
dall'o. g. in via mediata e indiretta, nel senso che 
postulano -nel caso di lesione -la restitutio 
in integrum, in quanto la pretesa satisfattoria � 

ordinata alla reintegrazione diretta e immediata 
dello stesso o. g. 
Cosi, nell'ipotesi di violazione di �potest� n 

(tipiche dello Stato e dei soggetti di autarchia) 
la lesione trova restaurazione attraverso sanzioni 

(15) SCADUTO e RUBINO! Illecito, in cc Nuovo Digesto 
Italiano ll, paragr. 1. 
(16) SCADUTO e RUBINO: Illecito, cit. paragr. 4. 
(17) La non configurabilit� di un dovere di risarcire 
all'infuori del paradigma facolt�-dovere � posto in evidenza 
da CASSARINO: Le situazioni giuridiche e l'oggetto 
della giurisdizione amministrativa, 1956. L'illecito si 
svolge nell'ambito della violazione del diritto correlativo 
a dovere (pp. 287, 309). � nella trasgressione di un 
obbligo giuridico corrispondente a una specifica pretesa, 
che va identificata l'ingiustizia di cui ~.ll'.art.. 2043 C.c. 
(p. 313). Non sarebbero idonee a detti effetti:.. a) .. La. 
mera difformit� dalla norma; b) o la lesione di ui1 
interesse, non essendo concepibile antigiuridicit� materiale; 
c) lesione di facolt�; d) o di situazioni strumentali 
(p. 314). 
lll FliWi Dl lm�?P'.W1 ?:::::: W ::W: & :::::d :W:V mrmrn mr=:www 


di d�rifJt'O pubblico (come limite, quella penale); 
nell'ipotesi di violazione degli stessi diritti soggettivi, 
quando assurgono a natura pubblicistica, 
(diritti soggettivi pubblici), non � configurabile 
pretesa satisfattoria, a quel titolo (ben s'intende 
che, in occasione della lesione del diritto pubblico 
soggettivo, possono darsi lesioni di diritti soggettivi 
connessi, a contenuto patrimoniale specifico); 
onde la restaurazione dell'o. g. vio�ato attuer�, in 
modo riflesso e dipendente, la restaurazione del 
diritto portato dal singolo, ricollegabile a quella 
responsabilit� di diritto pubblico che non pu� dar 
luogo se non a �indennit� legali n, in singole ipotesi 
previste dall'o. g. ovvero, giusta i pi� recenti indirizzi 
della dottrina e della giurisprudenza, allorquando 
l'attivit� legittima della P . .A. non possa 
attuarsi, se non attraverso il cc sacrificio � di diritti 
privati. 

Ricollegandosi la responsabilit� della P. .A. alla 
violazione di diritti pubt~:.:ii subiettivi, infatti, 
non potrebbe neppure configurarsi azione diretta 
per il risarcimento del danno, nel significato tecnico 
giuridico di cui all'art. 1223 e.e., trattandosi, 
se mai, di diritti strumentali (18), che postulano 
essenzialmente la reintegrazione in forma specifica, 
in quanto non appaiono neppur suscettibili di valutazione 
patrimoniale, e la cui violazione, in ogni 
caso, presuppone l'accertamento di un reato (19). 

La risarcibilit� del danno non sarebbe, invero, 
ricollegabile a responsabilit� ex contractu per la 
stessa natura del diritto pubblico soggettivo, che 
si pone non come situazione attiva, nell'ambito 
di una relazione, contrapposta ad una situazione 
passiva, ma come status rispetto ad un determinato 
ordinamento: si pensi alle categorie dei diritti publblici 
soggettivi dei singoli: status libertatis, status 
civitatis, status activae civitatis (20). 

Che si tratti di diritti fondamentali della persona 
(cittadinanza, nome e, segni distintivi, diritti di 
libert� di coscienza, di associazione e simili), di 
taluni diritti di prestazione (21), o di diritti di funzione, 
una relazione fra situazioni corrispettive non 
pare fondamente sostenibile. Ond'� che la reinte


{18~ ROMANO: Principi di diritto costituzioruJ,le, gene"
rale, 1945, p. 112. 

(19) Sulla specifica questione, cfr. la mia Esecuzione 
dell'att,to giurisdizionale e concessione della f.p., in cc Rass. 
Avv. Stato'" 1952, I, segg. 
(20) VITTA: Diritto Amministrativo, 1962, I, p. 121 e 
seg., che opportunamente isola i ccdiritti pubblicin dello 
Stato e degli Enti pubblici. Sostanzialmente, alle suindicate 
categorie possono ricondursi le classi dei diritti 
pubblici subiettivi dei singoli, individuate dalla dottrina, 
in diritti della personalit�, diritti di prestazione, 
diritti di funzione. Cfr. ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, 
eit. I, pp. 198 ss.; SANDULLI: Manuale di 
diritto amministrat.ivo., 1959, p. 63; LANDI e POTENZA: 
Manuale di dir.itto amministrativo, 1960, pp. 144, 145. 
(21) ALEss;r;: Le prestazioni amministrative rese ai 
oprivati, 1956, pp. 12, 20, 37, 38; Sistema istituzionale del 
.diritto .amminist'l'atrivo ritaliano, 1960, p. 410. assume la 
nozione di prestazione amministrati.va in senso restrittivo 
-rii.spetto a cCJ.uella di pubblieo .servizio -limitan7


grazione deve aver luogo in forma tipica. Perfino nel 
caso di prestazioni pecuniarie dello Stato (la retribuzione 
dei soggetti investiti di pubbliche funzioni) 
� concepibile (ed � anzi prevista) soltanto la restituzione 
in integro, con esclusione di qu~tsi�si risarcimento 
che non sia effetto di lesione di diritti 
patrimoniali diversi, con l'esclusione di emolumenti 
che presuppongano l'attivit� di servizio, nonch� 
con detrazione di quanto percetto aliunde medio 
tempore (22). 

Neppur sarebbe ricollegabile un risarcimento del 
danno a responsabilit� extracontrattuale, perch� 
il contenuto del diritto pubblico subiettivo dei sin� 
goli non ha, e non. pu� avere, natura patrimoniale. 
La privazione illegittima della libert�, ad opera 
degli organi dello Stato, la illegittima negazione 
dell'attivit� giurisdizionale, la ritardata risoluzione 
di controversie elettorali, ai fini della eleggibilit� 
e della regolarit� delle operazioni elettorali e cosi 
via, non potrebbe per s�, determinare danno risarcibile, 
se non mediatamente, ossia per l'intervento 
di un elemento, costituito da attivit� penalmente 
rilevante, dal cui accertamento seguirebbe la risarcibilit� 
di danno non patrimoniale, nei confronti 
dell'autore del fatto e, in ipotesi, sussidiariamente 
contro la P . .A., in virt� del principio accolto nell'art. 
28 della Costituzione, e nei limiti di cui �l 

D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. 
La Corte di Cassazione, in tema di ristoro del 
diritto pubblico soggettivo, di azione esecutiva, 
per denegata concessione della f. p., si � data carico 
del delicato problema e lo ha risolto, in tesi, in 
modo impeccabile, osservando che la tutela del 
diritto soggettivo pubblico � attuata in modo rifiesso 
e non conferisce al soggetto leso un'azione di risarciinento 
del danno (23). 

Principio valevole, ovviamente, per ogni sorta 
di violazione di diritti pubblici soggettivi, salvo, 
beninteso, che non concorra violazione anche di 
altri diritti soggettivi privati. 

.Altra categoria configurabile � quella delle pre. 
tese private a prestazioni di funzioni pubbliche 


(c.d. diritti civici) non consistenti in diritti sogdola 
a quelle prestazioni, le quali siano effettivamente 
oggetto di pubblici servizi goduti uti singuli, con esclusione 
quindi delle c. d. attivit� giuridiche e materiali. 
Vedasi SANDULLI: Note sulla natura dei diritti civici, 
in cc Foro It. '" 1952, I, 1342, e Manuale, cit. p. 72, che 
esclude dai diritti pubblici subiettivi di prestazione i 

c. d. <e diritti civici n. 
(22) Per una cc rassegna di casi n cfr. cc Relazione dell'Avvocatura 
Generale dello Stato�, 1955-60, III, pp. 619, 
620. 
(23) Sezioni Unite, 29 ottobre 1959, n. 3560 in Foro 
Padano, 1959, I, 178, con nota di D. R. PERETTI GRIVA: 
in Giustizia Civile, 1959, I, 270, con rassegna di precedenti 
e di dottrina. La Corte Suprema �, tuttavia, pervenuta 
ad affermazione della responsabilit�. .sotto il 
profilo della non coincidenza fra l'organo titolare della �prestazione 
e l'organo che ne aveva impedito o ritardato 
la realizzazione. Trascende i limiti di questo studio la 
questione che, nel caso, si negava dalla P. A. il carattere 
di diritto pubblico soggettivo alla pretesa. 

w=== I :: mmw w=== I :: mmw 
-8 

gettivi pubblici, pur trattandosi di situazioni non 
giuridiche c.d. �di vantaggio � (ma la qualificazione 
non pare accettabile senza ;riserve, come si 
vedr�) poste a disposizione della generalit�, e per� 
non attribuite al privato, in modo che egli possa 
pretenderne, verso i pubblici poteri, la prestazione; 


�e pertanto, in questo caso, neppur si pu� configurare 
restitutio in integrum. 

� nella cornice di siffatta configurazione pubblicistica 
della restitutio in integrum, che va considerata 
la tutela degli interessi legittimi, dei quali 
-accantonando, per ora, il problema ontologicamente 
anteriore, se essi si pongano come situazioni 
giuridiche in senso tecnico, e anticipando quanto si 
dir�, pi� diffusamente, in seguito -non pu� contestarsi 
che, � da un punto di vista politico, possono 
venir configurati come garanzia dei singoli 
contro l'arbitrio dei governanti, per contro, da un 
punto di vista giuridico essi sono stati concepiti 
puramente e semplicemente come mezzi di tutela 
nell'interesse pubblico� (24). Dal che deriva che 
il privato leso nel suo interesse materiale (che se 
la lesione attiene anche al diritto � tutt'altro discorso) 
da un atto illegittimo dell'amministrazione, 
ha come mezzo e fine, per reagire, quello di far 
agire i rimedi di controllo (amministrativi o giurisdizionali 
che siano) predisposti appunto a tutela 
dell'interesse pubblico; e solo per tale via potr� 
giungere eventualmente al ristabilimento deH'interesse 
materiale anzidetto. 

.Acutamente, � stato osservato, al riguardo, che 
'l'interesse materiale assume rilevanza dopo la 
lesione, ma siffatta rilevanza si estingue, per 
�l'avvenuta restaurazione dell'interesse pubblico, la 
quale non lascia residui (25). 

Onde, di un danno giuridico potr� parlarsi unicamente 
in quei casi, nei quali sia stato leso un 
interesse che l'ordinamento direttamente ricono.
sca e protegga, in quanto (si potrebbe precisare) 
� proprio nella stessa configurazione del danno 
nel nostro diritto civile, che si richiede l'estremo 
del nesso di causalit� immediata e diretta fra lesione 
e conseguenze dannose (art. 1223, 2056, 
2059 O.e.). Negli altri casi si avr�, se mai, un 
danno economico, anzi, neppur un danno, ma un 
mancato realizzo di vantaggi congetturali, ma non 
un danno. giuridico, che suppone, necessariamente 
la lesione del diritto soggettivo (26) ossia la, gi�, 
rilevat:;i. diminuzione di patrimonio, 

(24) ALESSI: Sistema istituzionale, ecc., cit., p. 206. 
(25) CASETTA:� L'illecito degli enti pubblici, cit. p. 27. 
(26) SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, 
cit. p. 523; CINTOLESI: Lesioni di interessi giuridici e risarcimento 
del danno, nota a sent. Cass. Civ., 15 aprile 
1958, n. 121, in� Foro Amm. >>, 1958, II, I, pag. 487 segg. 
CASSARINO: Le situazioni giuridiche, cit. puntualizza, 
in coerenza con la tesi della corrispettivit� della situazione 
giuridica lesa rispetto a quella violata, che illecito 
civile (salva ogni altra sanzione su altre figure di illecito) 
� concepibile come lesione di diritto soggettivo e non 
anche come lesione di interessi legittimi, la quale si 
concreta nella lesione di doveri, posti a tutela dell'interesse 
generale, e non dell'interesse leso (p. 314), che � 
Sotto tale profilor non pu.�r senza a1il1pie riserve,, 
essere accolta la qualiificazfone defil'1nteresse legittimo, 
come �situazione di v:a;ntaggio �� parallela a 
quella del diritto soggettivo, differenziate soltanto 
per il grado di protezic�ne, e la �hl lesione legittimerebbe 
il risarcimento del danno quante volte 
� sia connessa con attivit� contraria a normfr 
di ,diritto penale o di diritto amministrativo� 

(27). 
.A prescindere dalla contaminazione fra � situazione
� in tale senso e �situazione>> nel significato� 
in cui essa � assunta in teoria generare del diritto,. 
� da ritenere impropria la qualificazfone suddetta,. 
in quanto rappresenta un cc vantaggi.o >> in senso. 
empirico (dal punto di vista .sos.tanzfale �: sia. 
perch� esso � cc eventuale� (se la P. A., dopo l'annullamento, 
attraverso l'esercizio del suo potere� 
discrezionale perverr�. a risultati diversi) (28) sia 
perch� esso consisterebbe in un cc bene>> da conseguire 
e non in un cc bene >> di cui: il patri'm:onio abbia 
sofferto diminuzione. 

una situazione di fatto (v. sopra, nota 17; i.mfra, nota 31 � 
Sul concetto di << danno ingiusto " (per concorso dei 
due elementi della �illiceit�" del comportamento dell'agente, 
e della cc lesione di diritto soggettivo,, come 
diminuzione di patrimonio) v. la giurisprudeliltza eitata,. 
infra, paragr. 9. 

(27) ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, cit.,. 
I, pp. 193, 195. IIl tal senso, cfr~ MIELE: Principi di 
diritto amministrativo, 1945, I, pag. 214, 215; Question�i 
vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dal~ 
l'interesse nella giustizia amministrativa, in �Foro Amm. >>, 
1949, I, I; anche SANDULLI Manuale, cit. pp. 61, 69, 
adotta tale terminologia (pi� precisamente, quella dii 
�posizioni giuridiche favorevoli "), e per� perviene a 
risultati diametralmente opposti, allorch� esclude la 
risarcibilit� delle lesioni di interessi legittimi, pag. 523, 
La stessa nomenclatura � :nella giurisprudenza della;. 
Oorte Oostituzionale (sent. 27 !ebbraio 1962, 111. 7), che� 
considera sia il diritto sia l'interesse legittimo,. comB< 
presupposto dell'art. 24 della Oostituzione, �situazionegiuridica 
subbiettiva di vantaggio, d~ carattere sostanziale"
� Per altri riferimenti,. v. :i.nfra nota 56. 

(28) Dall'annullamento conseguono, come � stato rilevato 
puntualmente~ a) l'obbligo della P. A. di dare esecuzione 
alla decisione -(artt. 88 reg. proc., 17 agosto 1907,. 
n. 642); b) la riserva, alla P. A., del potere di emettere 
gli ulteriori provvedimenti (art. 45 Testo unico appr. 
con R, D, 26 giugno 1924, n. 1054)~ (SIMI: Il significato 
della <<salvezza" degli ulteriori provvedimenti della Autorit� 
amministrativa, in �Atti del convegno sull'adempimento 
del giudicato amministrativo>>, 1962, p. 87 segg. 
La P. A. -a seguito ~lella decisione di annulramento si 
trova, dunque, di fronte a una dupiice. posizione;: 
ad a) una attivit� ripristinatoria, ner primo caso, affi.nch� 
la rimozione dell'atto sia completa, per quanto possibile,. 
e la P. A. si trovi nel1o s/Jatu quo ante. A questo riguardo� 
la tesi che l'annullamento giurisdizionall'l rimuova, per 
s�, l'atto (GUICCIARDI, L'art. 27, n. 4 e il giudica'to am-�� 
ministrativo, in �Atti� cit. p. 95 segg�.) � da respingere. 
� necessaria, invece, una successiva valutazione dell8; 
P. A. in ordine alla opportunit� e possibilit� di ottemperare 
(GIANNINI: Contenuto e limiti del g,i/urilizio di ottem

-9


DJ) Sono state prospettate, talune fattispecie in 
wia di esemplificazione (tuttavia non probanti, in 

�quanto presentano il connotato della corrispettivit�) 
che, nel diritto privato, si configurerebbero a 
guisa di interessi legittimi, e in ordine alle quali 
:Sarebbe tuttavia riconosciuto il risarcimento del 
danno da. violazione delle norme giuridiche che 
fo disciplinano (29). 
Le fattispecie prospettate si atteggiano tutte, 
invariabilmente, come relazioni a situazioni giuridiche 
corrispettive; soltanto nella apparenza prestano 
talune note di assimilazione con ipotesi di 
interessi legittinai. 

Anzitutto, occorre sgombrare il terreno dall'eql�voco 
circa la definizione di cc interesse legittimo n, che 
TI � assunta, gi�, nel senso di tutela accordata (no:
tisi da singole norme) per ipotesi di violazione 
di norme giuridiche, le cui fattispecie normative 
.sarebbero carenti di situazioni giuridiche attive 
di diritto soggettivo. 

Le fattispecie tutte, prospettate dalla dottrina, 

�Contemplano invece violazioni di diritti: 
a) sia nella ipotesi, davvero elementare, dello 
.art. ~72, comma 20, Codice civile, attraverso il 
puntuale rinvio, contenuto nel comma io, all'arti.
colo 871, che presuppone la lesione del diritto di 
wropriet�; 

b) sia nell'ipotesi del risarcimento del danno 
'Ilon patrimoniale, che il comb. disposto degli arti
�coli 2059 Codice civile e 185 Codice penale confi,
gura come sanzione tipica specifica dipendente 
.dall'accertamento di reato, e, per ci�, diretta a 
,restaurare violazione di diritti soggettivi della 
_persona, non patrimoniali; 

peranza, in �Atti n cit. p. 117 segg., paragrafo 10). � 
;in ordine a tale attivit� obbligatoria che sussiste la 
.competenza del Consiglio di Stato, a sensi dell'art. 27 

n. 4 Testo unico, cit., ossia in ordine a rifiuto di annullare; 
attivit� -in caso di atto dovuto -talora esercitata 
mediante �sostituzione n o mediante prefissione di termini 
(GIANNINI: Contenuto e limiti del giudizio di ottempemnza, 
cit. paragr. 10; SIMI: Il significato, ecc. cit.; 
LANDI e POTENZA: Manuale di diritto amministrativo, 
�Cit. 
645 e nota 32). 
� noto, infine che all'obbligo di conformarsi al giudi�
Cato non corrisponde un diritto soggettivo, in via di 
�Conversione dell'interesse legittimo (SANDULLI: Consi.
stenza ed estensione dell' obbligo delle autorit� amministrative 
di conformarsi ai giudicati, in �Atti n cit. pag. 18 
:segg., 63, 64); ad b) una attivit� di ordinaria ammini.
strazione (che ha origine dall'annullamento, con effetto 
ex tunc, ma non ne � mera esecuzione), per l'even<
tuale emanazione di ulteriori atti, non in base al giudicato, 
ma in base ai po"teri normali della P. A. (che essa 
�Conserva ex integro), e che si eserciteranno necessariamente, 
se l'atto � dovuto, facoltativamente, nella inversa 
;ipotesi, con il limite del pubblico interesse per l'atto 
�discrezionale. 

(29) ZANOBINI: Int3ressi occasionalmente protetti nel 
.dfri�'tto privato, in �Studi Fr. Ferrara n, 1943: Corso di 
.din"tto amministrativo, cit. I, pp. 182, nota 24; Cfr. 
anche RUBINO: La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, 
1939, 205; MIELE: Prindpi, cit. pp. 214, 215. 
e) sia nelle ipotesi varie delle responsabilit� 

di 
pubblici ufficiali: 

c/1) del Conservatore dei p. registri immobi


liari (art. 2675 O.e.) derivante dalla singolare figura 

di 
costui, che non � un dipendente della .P ..A. ma 

riveste la figura di cc ufficio autonomo � inquadrato 

nella stessa amministrazione pubblica. Infatti non 

pu� correttamente parlarsi di Conservatoria o di 

Ufficio dei Registri mobiliari, sibbene del cc Conser


vatore�. Esso dipende, per quanto concerne l'eser


cizio delle funzioni e l'adempimento degli obblighi 

previsti dalle leggi civili, dal Ministero della Giu


stizia; sotto ogni altro riguardo dipende dal Mini


stero delle Finanze. N� l'uno n� l'altro Ministero 

assume, peraltro, la responsabilit� degli atti com


piuti dal Conservatore. 

E la ragione della testuale disposizione della 
legge (art. 23, 28, R.D. 30 dicembre 1923, numero 
3272; ora 26 e seg., legge 23 giugno 1943, 

n. 540) � da ricercare nella caratteristica figura del 
Conservatore che assomma in s�, individualmente, 
tutta la responsabilit� dell'Ufficio. Anche l'Ufficio 
ha carattere autonomo: il Conservatore provvede 
per l'organizzazione e per le spese dell'Ufficio 
stesso; nomina un suo gerente, dei cui fatti risponde 
(art. 29 e seg. R.D. cit., ora 34, 37 legge cit.). 
In puntuale applicazione espressa di questi principi, 
� stato ritenuto che difetta nella Conservatoria 
una rappresentanza organica della P.A. (arg. 
anche da art. 26, comma 20, legge 1943 cit.); ed � 
stata esclusa una rappresentanza processuale del 
Conservatore per l'Amministrazione, ossia all'infuori 
della Sua responsabilit� personale, non soltanto 
quando esplica funzioni ci vili nell'interesse 
dei richiedenti e dei terzi, ma anche quando agisee 
nell'int.eresse dell'Amministrazione finanziaria in 
tema di applicazione di tributi (arg. dagli art.31 
legge 13 settembre 1874, n. 2079 e 36 R.D. 1923, 
eit., ora 42 legge 1943 cit). (Cassazione civile 
29 gennaio 1948, n. 135. Caragiani-Finanze, Conservatoria 
ipoteche di Venezia e Banco San Marco); 

c/2) del giudice, del caneelliere e del P.M. (articoli 
55, 60 e 74), fattispecie tipiche e lampanti di 
responsabilit�. extracontrattualf', per violazione del 
principio dell'alterum non laederer 

c/3) e, per quanto riguarda il ca,so della responsabilit�. 
del notaio, a sensi dell'art. 76 della 
legge notarile, sorprende che si possa dubitare trattarsi 
di responsabilit� professionale. 

Altri casi indicati in dottrina riguardano, come 
si � detto, ipotesi di apparente carenza di situazioni 
di diritto soggettivo; nelle quali � evidentissimo 
il carattere dell'obbligazione naturale o il 
carattere di indennizzo (30). 

Devesi, pertanto, concludere che la nozione del 
danno risarcibile � ristretta alla violazione di un 

(30) Per una confutazione della tesi della configurabilit� 
di risarcimento del danno, da violazione di interessi 
legittimi, nel diritto privato, CASETTA: L'illecito �degli 
enti pubblici, cit. p. 28; con riferimenti in dottrina, note 
44 a 46, ivi; CINTOLESI: Lesioni di interessi giuridici e 
risarcimento del danno, cit. p. 49; RUBINO: La fattispecie, 
cit. p. 97. 

10 .,....,.., 


diritto soggettivo. N� sembra probante la riserva, 
secondo cui sarebbero sufficienti gli elementi propri 
della violazione di un dovere, imposto dall'o.g., 
che importi pregiudizio alla sfera di utilit� patrimoniali, 
poich� siffatta concorrenza non si verifica 
fuori del caso in cui detta sfera sia rappresentata 
da una situazione giuridica (la quale per quanto 
si � detto non pu� essere che quella del diritto 
soggettivo). 

Diversa � la questione relativa alla risarcibilit� � 
da lesione di diritti affievoliti, il che pu� verificarsi, 
soltanto, allorch� sia dimostrato che la P . .A. 
non aveva il potere di affievolire i detti diritti (e 
non, anche, che la P . .A. abbia leso diritti, nello 
esercizio del potere stesso); accertamento questo, 
non gi� deferito al giudice amministrativo, come 
preteso presupposto della successiva azione di 
danni (31), ma di competenza dell'.A.G. nei limiti 
dell'art. 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E; 
non potendosi concepire lesione del diritto nello 
esercizio del poter!3, fuori del caso di lesione da 
atti illeciti. 

7) Esaminando, nell'ordine, la tesi della c.d. 
responsabilit� oggettiva, si osserva che, a sorreggerne 
l'applicazione, in subiecta, materia non pare 
probante il richiamo alle fonti romanistiche, nel 
senso che il termine cc illecito �, come equivalente 
di �ingiusto� potrebbe prodursi ad ulteriori conseguenze, 
sul presupposto che iniustum � quod non 
jure factum est, hoc est contra jus in altri termini, 
che iniuria sia sinonimo di cc.fatto� contro lo jus 
inteso come diritto oggettivo. 

�, anzitutto, troppo noto che la terminologia 
delle fonti romane non risponde a rigorosi criteri 
dog~atici, per l'intima scarsa propensione (se non 
addirittura avversione) dei giuristi romani, per la 
speculazione concettuale. La parola jus � indifferentemente 
usata cos� in senso oggettivo come in 
senso s9ggettivo; ma se una qualificazione � configurabile, 
~ssa pone l'espressione fus delle fonti 
(dallo ifa jus esto delle XII tavole... alle definizioni 
dello jus publicum e privatum), in un momento 
intermedio, ossia in un senso dinamico, che coglie 
la norma nell'atto stesso in cui si soggettiva (32). 
Onde le frequenti contaminazioni nella definizione 
(pi� etica .che giuridica) dei tria juris praecepta 
(D, 1, 1, 10, 1), nella definizione della giurisprudenza 
(impropriamente de-tta jus), secondo il noto 
passo di Celso (D. 1, 1, 1, pr.), e nell 'ulteriore defi nizione 
che la eleva a justi atque iniusti scientia 
(D, 1, 1, 10, 2). 

Terminologia che alle origini indicava lo jus 

come diritto subiettivo del contraente privato, e 

che, solo pi� tardi, si sdoppier� nelle significazioni 

di diritto soggettivo e oggettivo, in concomitanza 

con l'uso dell'espressione lex, (per legge, in senso 

formale, secondo le varie fonti di produzione), 

in giustapposizione con lo jus honorarium (33). 

(31) SANDULLI: Manuale, cit. p. 524. 
(32) ARANGIO RUiz: Istituzioni di diritto romano, 
1952, pp. 22, 23. 
(33) JHERING: Lo spir\'tJ del dir�:tto romano, L. I. 
paragr. 18. 
D'altra parte caratteristica fondament~e e perenne 
del diritto romano, nella sua pur millenaria 
evoluzione, fu sempre quella di conservarsi 
atteggia',;o a sistema di azioni (piuttos.to che ad 
ordinamento giuridico quale sistema di relazioni 
giuridiche) configurando, quindi, lo jus come strumento 
a protezione di situazioni soggettive; e 
ci� per il graduale prevalere dello jus honorariitm,, 
concepito, appunto, come sistema di azioni rivolte 
a correggere, supplire, paralizzare le norme delle 
leggi e dei mores (34). 

In progresso di tempo, nel diritto classico E> 
postclassico, il sistema venne ad atteggiarsi, gradualmente, 
a sistema di s.ituazioni giuridiche soggettive 
in concomitanza con l'inverso fenomeno 
della trasformazione delle azioni cc tipiche >> nella 
actio generale del diritto gius.tinianeo (\35);; ma. 
da quella caratteristica non riusc� mai a svincolarsi, 
fino ad assurgere a c~ ordinamento giuridico�. 

Di questi principi � tipico riflesso nella concezione 
romanistica della injuria (quod '�OO jure fit). 
Nello anti<)o jus civile l'injuria era conce.pita come� 
lesione personale (si contende sul presupposto 
testuale della ricerca dell'animus. dell'agente: D~ 
47, 10, 3) (36), mentre nell'Editto si introdurr� 
l'actio iniuriarium aestimatoria., sul pres.uppost0o 
del dolus (D. 4, 3, 1, 4), per cui il giudice potr� 
condannare nei limiti del quantum aequum et bonum 
sibi videbitur; fattispecie sempre pi� numerose 
saranno introdotte con le quaestiones perpetuaer 
sostituite in epoca imperiale con i crimina extraordinaria. 


Diversa � la ipotesi del dam.num inLuria datum~ 
che sta a significare il << danneggiamento >> materiale; 
ma, anche qui, alla latissima (nei soli casi 
della responsabilit� dei pazzi e dei fanciulli} concezione 
della fonte della responsabilit� introdotta. 
dalla lex Aquilia (a. 286)., nel nesso causale fra 
evento e danno (concezione, peraltro, non scevra. 
di contrasti in dottrina) (37), si sovrappone, gi�. 
nel diritto postclassico, ed � affermato,, nel giustinianeo, 
l'elemento della colpa (D, 9, 2,. 44, in.. 
le{!J Aquilia, interpolata). 

L'atto illecito, in senso stretto, era o <c. delitto � 

o << quasi delitto n. 
Delitto, peraltro, si intendeva non nel significato 
di categoria astratta, sibbene in relazione a. 
determinate fattispecie tipiche (furto, rapina, damnum. 
iniuria datum, iniuria), ossia a concrete 
figure specifiche di lesioni, concepite come altrettante 
eccezioni al principio che il delitto, sia. c< pubblico 
n (erimen) sia c< privato n (delicturn, malefioi1tm) 
in origine � infrazione dell'ordine sociale, che 
colpisce l'intera civitas e trova sanzione in una. 
pena; se vi si accompagna uno squilibrio patrimo


(34) ARANGIO Ru1z: Istituzioni di diri#tJ romano,. 
cit. p. 108. 
(35) LONGO: Il criterio giustinianeo della natura actionis 
in "Studi Scialoia >> 1904, 607; 'A.iANGIO_Ri:r1z:. 
Istituz.ioni, cit. pp. 152-375. 
(36) LONGO G.: Diritto romano, "Obbligazioni'" 1934,. 
p. 259. 
(37) ARANGIO Ru1z: Istituzioni, cit. p. 376, nota L 

-11


niale, questo viene, di solito, riparato con altri 
mezzi. 

L'obligatio ex delicto si risolve nell'applicazione 
di una pena (con le note caratteristiche di �nossalit� 
�, � intrasmissibilit� ))' � cumulativit� �, � perpetuit� 
JJ); ed � interessante notare che, gi� nelle 
azioni noxales, relitti della antica concezione della 
vendetta, pur si insinua l'elemento della �personalit� 
JJ della pena, sia attraverso la noxae deditio, 
valevole anche nell'actio de pauperie, sia attraverso 
la graduale attribuzione della responsabilit� nel 
regime dei peculii e dei beni avventizi (38). 

Analogo sistema presentava il quasi-delitto (nelle 
figure tipiche del posititm et suspensum, dello 
effusum et deiectum, del receptum, dello iitdex qui 
litem sua fecit). 

Non pi� felice sembra il riferimento al diritto 
germanico, il quale, se contempla nel paragrafo 
823 BGB una fattispecie specifica che riconosca la 
risarcibilit� del danno � causato da violazione di 
legge che protegga interessi di terzi JJ, pone, per 
l'appunto, una ipotesi di interessi tutelati, in 
modo immediato e diretto, dalla legge, il che configura, 
puntualmente, il diritto soggettivo. D'altra 
parte l'inclinazione di quel sistema verso forme 
meno evolute di responsabilit�, come la responsabilit� 
collettiva, attraverso superstizioni ed applicazioni 
moderne dell'antica faida, e la stessa responsabilit� 
<< del patrimonio JJ -tipicamente oggettiva 
-per la riparazione dei danni arrecati da 
pazzi e fanciulli nonostante l'esercizio della sorveglianza 
(paragrafo 829), trae sue scaturigini 
dalla concezione collettivistica del dominio e quindi 
del patrimonio familiare (Gemeinschaft zur gesammten 
Hand, Gesammteigenthum), che ha lasciato 
tracce nel diritto italiano, oltre che nei domini 

collettivi, (usi civici, partecipanze), altres� in taluni 
istituti di diritto familiare (come la comunione 
fra coniugi) (39). 

Trasferiti, nell'o.g. italiano, delitto e quasi delitto 
sono ricollegati -secondo l'opinione dominante 
-rispettivamente a fondamento del dolo e della 
colpa (anche pe;r i casi della c.d. responsabilit� 
oggettiva: actio de pauperie, rovina dell'edificio, 
ricollegabili a ipotesi di colpa presunta juris et 
de jitre) (40). 

La c.d. responsabilit� oggettiva � -peraltro ripudiata 
energicamente nel nostro o.g., in via 
generale, e controversa anche in ordine a taluni 
pi� salienti fattispecie (41): e ci� perch� appare 
inspiegabile che il danno assolutamente incolpevole 
debba ricadere sull'autore anzich� sul leso (42); 
onde la tendenza moderna a contemperare il 

(38) ARANGIO Rurz: Istituzioni, cit. p. 375 segg. 
(39) FERRARA: Tracce della comunione di diritto germanico 
nel diritto italiano, in � Riv. dir. civ. �, I, 1909, 
p. 498 segg. 
(40) DE RuGGIERO: Istituzioni di diritto civile, 1 
paragr. 37, III, p. 495. 
(41) DE RuGGIERO: Istituzioni, cit. III, p. 498. 
(42) VITTA: Nuovi Cenni sulla responsabilit� dell'A. P. 
per fatti illeci i, in '' Giur. It. >>, 1929, IV, 39. 
principio del <<rischio professionale� (responsabilit� 
senza colpa), con il principio tradizionale 
(43). 

Condizione indefettibile, nella costruzione di una 
responsabilit� oggettiva, sar.ebbe, comunque, la 
lesione di un diritto soggettivo direttamente cautelato 
dalla norma, e non di qualsiasi indiscriminato 
interesse, altrimenti, rilevante nell'o.g. 
(44). 

E tanto potrebbe bastare ai fini specifici di questo 
studio. 

N� a superare tali limiti posti dal diritto vigente, 
sembra consentito il ricorso alla teoria dell'� illecito 
)) -avulso dalle lesione di diritti soggettivi, e 
per� ugualmente generatrice di danno risarcibile fondato 
su una configurabilit� della lesione dell'o.
g. ex delicto, senza concorsuale lesione di diritti 
soggettivi, per il che si invoca un passo del Simoncelli 
(45). Ma il venerato lontano Maestro, nella 
quieta contemplazione delle categorie semplici e 
piane, del diritto del suo tempo, non mirava davvero 
ad astrazioni, e ,intendeva soltanto avvertire 
che �l'illecito)) (lato sensu) ex delicto, poteva 
accompagnarsi con la lesione di diritti soggettivi 
(illecito strictu sensu), o non; non specificava, infatti, 
che, anche, in questa seconda ipotesi, si potesse 
far luogo a risarcimento del danno, e lasciava 
intendere che la sanzione restasse circoscritta a 
quella di diritto pubblico, della punizione del 

colpevole. 

In altri termini Egli adoperava il concetto di 
�illecito)) nel significato generico (comprensivo 
dell'illecito civile e penale), senza, con ci�, farne 
derivare titolo per il risarcimento, ifuor del caso 
dell'illecito strictu sensu. 

E la riprova ovvia si ha nel seguito del passo, 
laddove conclude: << ogni delitto civile implica un 
danno ed un obbligo di risarcimento; non ogni 
reato implica un risarcimento JJ (46). 

8) Passando, ora, a contraddire pi� eleganti 
argomenti che il Miele accortamente apporta a 
sostegno della sua tesi, in teoria generale del diritto, 
va rilevato che la fenomenologia giuridica presenta 
fattispecie di interesse protetto, con relativa intensit�, 
delle quali si � tentata la definizione, 
in ogni tempo (46-bis). 

I) L'interesse legittimo, quale fattispecie di 
<< diritto soggettivo ))' � nozione accolta da non 

(43) CASETTA: L'illecito, degli enti pubblici, cit. p. 7. 
(44) In tale senso � assolutamente orientata tutta la 
dottrina, che pur ammette l'esistenza di detta responsabilit� 
nel diritto vigente (DE CUPIS e MESSINEO). 
(45) SIMONCELLI: Istituzioni di diritto privato, 1917, 
328. 
(46) SrMONCELLI: Istituzioni di diritto privato, 1917, 
p. 330; ALESSI: Interesse sostanziale e interesse procesauale 
nella giurisdizione amministrativa, in << Arch. Giur. >>, 
1943; La crisi della nozione di diritto soggetti~o ei suoj 
possibili sviluppi nel campo del diritto pubblico, in � Riv. 
trim. Dir. Pubbl '" 1953, 307; e in <<Studi Orlando�. 
(46-bis) Per una classificazione degli interessi legittimi, 

v. SANDULLI, Manuale cit. p. 71. 

;;mm~~ ;;mm~~ 
-12 

recenti commentatori (47) e proposta successiva


mente, sotto il profilo del � diritto alla legitti


mit� >> (�i8). 

A questa tesi si oppone la genesi storica della pro


tezione dell'interesse legittimo e la sua stessa strut


tura, in cui manca lo svolgimento sia pur poten


ziale, di una signoria individuale (l'agere licere) (49). 

N� pare probante il rilievo per cui esisterebbero 

diritti soggettivi senza azione, e casi di azione senza 

diritti soggettivi (50): fattispecie anomale mera


mente apparenti. 

Il) L'interesse legittimo, comt\ interesse strumen


tale, � stato ricondotto alla distinzione qualitativa 

fra diritto e interesse -rispettivamente quale si


tuazione giuridica e quale interesse di fatto giuri


dicamente irrilevante -derivante dalla distinzione 

fra norme di relazione e norme di azione, onde 

si � negato addirittura la concezione individuale 

soggettiva della giustizia amministrativa (51). Esso 

� stato ricondotto da altri e pur acutamente al 

criterio di revisione del concetto di diritto sog


gettivo (la cui crisi � da tempo oggetto di viva 

attenzione in dottrina) con la profilata liberazione 

del << diritto soggettivo >> dal diretto collegamento 

tra le situazioni << attiva ))' del titolare del diritto, 

e cc passiva ))' del soggetto vincolato, posto che il 

<<comando)) non sarebbe elemento del diritto sog


gettivo e quest'ultimo non sarebbe un <<potere)) 

o non conterrebbe un <<potere)); onde il titolare 
si limiterebbe a raccogliere, in linea di fatto, il 
frutto del comando legislativo; alla corrispettivit� 
delle situazioni suddette si sostituirebbe un rapporto 
che corre, da un lato, fra norma e soggetto 
obbligato (vincolo) e dall'altro, fra norma e soggetto 
titolare (garanzia giitridica) (52). 
(47) MEUCCI: Istituzioni di diritto amministrativo, 
1905, pag. 83; CovIELLO N.: Manuale di Diritto civile 
italiano, 1910, pag. 26; Diversa � la nozione dell'interesse 
legittimo, come " diritto soggettivo � lato sensu, in ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo, cit. I, p. 194. 
(48) MORTARA: Commq,ntario del Codice e delle leggi 
di procedura civile, ed. V, vol. I, pag. 61; sulla stessa 
linea concettuale: GIANNINI M. S.: Lezioni di Diritto 
amministrativo, 1950, pag. 101. 
(49) CANNADA-BARTOLI: Diritto soggettivo, presupposto 
dell'interesse legittimo, in "Riv. trim. dir. pubbl. �, 1953, 
pag. 341. 

(50) ZANOBINI: Interessi occasionalmente protetti nel 
diritto privato, in �Studi F. Ferrara�, 1943. 
(51) GurncIARDI: Concetti tradizionali e principi ricostruttivi 
nella giustizia amministrativa, in �Arch. 
Dir. Pubbl. '" 1937; Diritto, Interesse e doppia tutela, 
in" Giur. It. '" 1951, III, 33; Norme di relazione e norme 
di azione: Giudice ordinario e giudice amministrativo, 
in "Giur. It. �, 1951, III, 66; La Giustizia amministrativa, 
1954, Vedasi peraltro la riserva, con cui pu� essere 
accolta detta distinzione, in S1M1, Recensione a GurnCIARDI: 
La giustizia amministrativa, cit. in �Rass. Avv. 
Stato'" 1954, pp. 54 segg. V. infra III C. a) e nota 80, 
nonch� paragr. 9, III, nota 98. 
(52) GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo, 
cit.; ALESSI: Sistq,ma istituzionale del diritto amministrativo 
italiano, cit., p. 400 segg. e note 8, 9, con richiami 
bibliografici. 

Trasferendo tali concetti di teoria generale nel 

eampo del diritto pubblico � stata tentata una rico


struzione dei rapporti fra singoli e P.A. nel senso 

che l'o.g. presta una garanzia di utilit� sostanziale 

diretta e immediata nel caso del diritto soggettivo; 

garanzia di mera utilit� strumentale del comporta


mento amministrativo nel caso del c.d. interesse 

legittimo; onde, non la struttura della norma, ma 

la idoneit� della ga.ranzia rappresenta la nota carat


terizzante del diritto e dell'interesse legittimo. La 

sostituzione della garanzia (di utilit� sostanziale 

con quella di utilit� strumentale) rappresenta il 

fenomeno dell'affievolimento dei diritti; e infine 

la tutela si rivolge bens� a interessi individuali 

(alla legalit� amministrativa) ma non sostanziale. 

Sulla stessa linea si pone il concetto di interesse 

legittimo come potere di provocare l'annullamento 

dell'atto illegittimo (53). 

La lacuna di questo tipo di configurazione del


l'interesse legittimo consiste nella esclusione e nel 

totale riassorbimento dell'individuazione dell'in


teresse legittimo nell'interesse pubblico (54). 

III) L'interesse legittimo come interesse occa


sionalmente protetto si pone come derivato di un 

sostrato sostanziale, in ordine al quale � stata ten


tata la qualificazione dogmatica, seguendosi due 

direttrici: l'una, prevalente, mediante la classifi


cazione, fra le posizioni soggettive in considera


zione della tutela che suppone detto interesse sostan


ziale munito di protezione; l'altra, mediante la 

ricerca di collocazione di quell'interess� sostanziale, 

fra le << situazioni giuridiche ))' nello schema della 

cc relazione giuridica �. 

� questa trattazione che deve essere puntualizzata, 
in quanto � essa che reca,, in nuce, gli elementi 
dogmatici per la soluzione del tema (che non � 
problema) relativo alla risarcibilit� del danno da 
lesione di interessi legittimi; posto che non � concepibile 
cc danno)) al di fuori di un rapporto (contrattuale 
o extra contrattuale) ossia al di fuori 
di una correlazione fra � situazioni gfo.ridiche ))' 
per quanto vario ed esteso possa essere il concetto 
di � situazioni))' fino a ricomprendere l'o.g. in 
quanto tale (v. sopra paragr. 6�). 

Ora, basta procedere con rigoroso metodo, per 
argomentare che trattazioni sussistono, nelle pvmesse, 
per trarne le conseguenze. 

A) Il concetto di e< posizione giuridica )) di 
vantaggio non ricollegato n� ricollegabile ad una 
� situazione giuridica >> in senso teoretico generale, 
non soddisfa l'esigenza di una corretta ricerca 
scientifica. 

La specificazione � di vantaggio l> esige un termine 
di comparazione, consistente nelle altre situazioni, 
rispetto alle quali il vantaggio dovrebbe esplicarsi, 
nonch� un elemento oggettivo, sul quale esso dovrebbe 
soddisfand.. 

Devesi escludere che siffatto vantaggio possa 
identificarsi in una differenziazione dell'interesse 

(53) GARBAGNATI: La giurisdizione amministrativa. 
Concetto ed oggetto. l'oggetto, 1950 
gettivo e potere giuridico, cit., 1942; 
(54) CANNADA-BARTOLI: Diritto soggettivo, cit. 

-13 

di determinati soggetti (rispetto a quello pi� attenuato 
di altri), che si aggiungerebbe all'interesse 
generale (55). L'interesse dei singoli non si aggiunge 
a quello generale, ma pu� con esso coincidere; 
e per tale ipotesi � concessa la tutela 
giurisdizionale. La situazione particolare che ne � 
condizione non si differenzia, peraltro, dall'interesse 
di fatto che si richiede p"r 1'� interesse a 
ricorrere �; per l'accoglimento del ricorso si ri


chiede, invece, la sussistenza della � coincidenza � 
fra quell'interesse e 1'� interesse generale � (interesse 
legittimo) e la lesione relativa. 

Comunque, come si � rilevato, se per vantaggio si 
intende bene sperato esula ogni idea di diminuzione 
di patrimonio e quindi di danno risarcibile (vedi 
sopra paragr. 6). 

Non giova alla indagine proposta, neppure, il 
pi� corretto rilievo, che gli interessi legittimi sono 
di natura sostanziale e non meramente processuali 
in quanto presupposti dagli artt. 24, 103 e 113 
della Costituzione (56). 

B) Da altri si configura l'interesse legittimo 
come situazione cc soggettiva di vantaggio n, consistente 
nell'interesse alla legittimit� dell'atto, intesa 
come cc modo di essere n giuridico di un soggetto, 
vantaggioso, per la protezione del di lui interesse 
materiale, attuata mediante la protezione di altro 
interesse meramente strumentale, ossia mediante 
la potest� di ricorso alla giurisdizione amministrativa 
(57). 

Ma, in realt�, nonostante la qualificazione (per 
s� ambigua, come si � visto) di cc situazione soggettiva 
di vantaggio n, intesa come modo di essere 
giiwidico di un soggetto, si sostiene che l'interesse 
legittimo � cc situazione giuridica irrilevante n in 
quanto rappresenta un interesse meramente strumentale 
del soggetto, poich�, mentre l'art. 2043 

O.e. presuppone un diritto soggettivo, l'art. 26, 
Testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 non presuppone 
alcuna norma ad esso logicamente preesistente 
e quindi alcuna nozione dogmatica ricostrillbile 
all'infuori della previsione del potere di 
ricorso di cui all'art. 26 cit. (58). 
(55) ZANOBINI, corso di diritto a>nm. cit. 1954, I p. 190. 
Per altri riferimenti, vedi sopra nota 27. 
(56) SANDULLI: Manuale, cit. p. 57. Anche ZANOBINI, 
Corso di diritto amministrativo 1954, II, p. 118, ravvisa 
una conferma della nozione degli interessi legittimi, come 
categoria di natura sostanziale, nell'art. 113 della costituzicne, 
che porrebbe sullo stesse piano di prote.zione 
gi�uridica diretta sia i ''diritti" che gli cc interessi,,; e 
perviene, per ci� ad attribuire alla giurisdizicne amministrativi;
i, ca-attere di cc giurisdizione di diritti soggettivi ,, 
lato sensu. 
(57) CASETTA: Dfritto soggettivo e interesse legittimo. 
Problemi della loro tutela giurisdizionale,, in "Riv. trim. 
dir. pubbl. '" 1952, pp. 616, 618, dove osserva che il 
massimo disaccordo regna in dottrina su questo concetto 
(p. 623, nota n. 31 con bibl.), e L'illecito degli enti 
pubblici, cit. pp. 26, 27. 
(58) CASETTA: Diritto soggettivo e interesse legittimo, 
cit., pp. 634, 637. In armonia con l'esposto principio, 
respinge, nella discriminazione della sfera di tutela degli 
/ 

O) � soltanto muovendo dal concetto di 
cc situazione giuridica n (59) nella sua triplice accezione 
di: cc istituzione e< (come situazione generale, 
impersonale o oggettiva) (60), di <e status n (61) e 
di � situazione giuridica corrispettiva n (situazione 

interessi legittimi rispetto a quella dei diritti soggettivi, 
sia la distinzione fra � norme di azione " e <e norme di 
relazione" (della quale si � fatto cenno, sopra, nota 51), 
sia quella fra violazione di diritti e violazione di interessi, 
in corrispondenza al carattere vincolato o discrezionale 
dell'atto (tesi sostenuta, in dottrina, da ZANOBINI: 
Corso di diritto amministrativo, 1954, II, p. 118 e MIELE: 
Questioni, cit. p. 58; Principi, cit. p. 77), e fondata sulla 
pari� tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli 
interessi legittimi; (v. sopra nota 56). 

(59) La nozione ausiliare di cc situazione giuridica" 
(Rechtslage) fu elaborata, originariamente, nel diritto 
processuale (a), fu poi adottata in diritto amministrativo 
(b), da ultimo, assunta come categoria generale (c): 
(a) KoHLER: Der Prozess als Rechts Verhiiltniss, Mannheim, 
1888, pag. 62, 68; (GoLDSCHMIDT): Der Prozess 
als Rechtslage, Berlin, 1925, pag. 253 e seg. Il concetto � 
accolto da CHIOVENDA: Istituzioni di dir. proc. civ. ital., 
1934, II, pag. 199 seg. La "situazione" in senso subiettivo 
� largamente e originalmente studiata da CARNELUTTI: 
Sistema del dir. proc. civ., 1938, II, pag. 51 e 
seg.; Lezioni sul nuovo processo civile italiano, 1942, 
con applicazioni alle categorie del � potere " e del 
"dovere" 

(b) KoRMANN: System der rechts-geschiiftUchen Staatsakt~, 
Berlin 1910, pag. 108, contempla la situazione 
giuridica nella accezione di " posizione giuridica del 
soggetto'" CAMMEO: Corso di diritto amministrativo, 
1914, II, pag. 694, adotta l'espressione "stati'" a proposito 
di alcune particolari situazioni giuridiche. Pi� diffusamente; 
FORTI: Gli acquisti dei corpi morali e l'autorizzazione 
governativa, in � Riv. di dir. civ. >>, 1913, pag. 
35 e seg. Secondo D'ALESSIO: Istituzioni di diritto amministrativo, 
1934, pag. 136, 167, la situazione giuridica 
� cc situazione delle cose che � rilevante per la formazione 
del diritto "� Cos� la dichiarazione di pubblica utilit�, la 
destinazione di beni ad uso pubblico, presupposti, in 
altri termini, per l'insorgenza del diritto. FRAGOLA U. 
Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, 1939, 
pag. 24, accoglie, decisamente, la nozione di cc situazione 
giuridica subiettiva '" applicandola sia allo status " atteggiamento 
del soggetto di fronte allo ordinamento giuridico 
" sia alla situazione nel rapporto cc atteggiamento o 
qualificazione del soggetto d.i fronte ad uno o pi� soggetti 
specifici '" 
(c) Cfr. per tutti, CARNELUTTI: Metodologia del 
diritto, 1939; Teoria generale del diritto, 1951; FRAGOLA 
U.: Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, 
cit. 

(60) Cfr. !EzE: Les principes g�n�raux du droit administratij, 
Paris, 1925, pag. 10 e HAu~rou: Pr�cis de droit 
administratij et de droit public, Paris, 1927, pag. 41, per 
la nozione di situazione generale o istituzionale. 
(61) Cfr. BRUGI: Istit., di dir. civ., 1905;� p�ag. 31; 
Crcu: Il concetto di status in " Studi SIMONOELLI �� 
1913, pag. 65; FORTI : Diritto amministrativo, 1931, I, 
pag. 158; FRAGOLA: Le situazioni giuridiche nel diritto 
amministrativo, cit. pag. 17, 66, 133; 

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14


. particolare, individuale e soggettiva) ( 62) e pro


iettando sui parametri di dette categorie il feno


meno dell'cc interesse legittimo�, che questo pu� 

trovare collocazione puntuale nella teoria generale 

del diritto. 

Non pare sufficiente alle esigenze della moderna 

dogmatica la dicotomia cc diritto ))' cc ihteresse ll: 

� diritto >> concepito come potere giuridico, ricono


sciuto dall'o.g. per garantire il soddisfacimento di 

un interesse e cc interesse ))' come esigenza di un 

bene per il soddisfacimento di un bisogno (63). 

Onde l'interesse legittimo, collocandosi in una 

zona intermedia, fra interesse direttamente pro


tetto (situazione giuridica) e interesse semplice 

(situazione irrilevante) sfuggirebbe a una qualifi


cazione dommatica, senza previo esame compara


tivo con tutte le altre situazioni giuridiche ipo


tizzabili. 

Ora, l'antico paradigma �potere-dovere))' facul


tas-debitum, ha subito, un ben noto processo di 

specificazione, attraverso la scoperta di una serie 

di sottospecie, sintetizzate in vari schemi fra i 

quali si pone, con carattere di ampiezza, la contrap


posizione: Poteri-Doveri, articolata in: potest�-sog


gezione, diritto soggettivo-obbligazione, facolt�-obbli


go (64). Nella dinamica giuridica, a.Ile cc situazioni 

(62) Sui diversi significati, in cui si � adottato il 
concetto di cc situazione giuridica � nella teoria generale, 
nella scienza del diritto amministrativo e in altre discipline, 
un'ampia critica � mossa dal SANDULLI: Il procedimento 
amministrativo, 1940, nota 17, a pag. 47 e 
segg. 
(63) Il diritto soggettivo, come potest� di volere 
(Windscheid), a garanzia del soddisfacimento di un 
interesse (Jhering), (la fusione dei due elementi � in 
Jellinek), riconosciuto e garantito dall'o.g. (RANELLETTI: 
Diritti subiettivi e interessi legittimi, in << Foro It. �, 
1893, I, 470: Le Guarentigie della giustizia nella p. a., 
1937, p. 157; il carattere di garanzia giuridica appare 
vieppi� accentuato nella successiva elaborazione dottrinaria: 
v. sopra nota 52) e l'interesse legittimo come 
interesse individuale coincidente e connesso con un interesse 
pubblico, e protetto dall'o.g. soltanto attraverso 
la tutela giuridica di questo ultimo, sono intesi nei sensi 
suindicati dalla dottrina, senza ulteriori sensibili divergenze 
v. in arg. LANDI e POTENZA: Manuale, cit. p. 140, 
nota 10, con ampi richiami bibliografici. 
Vedasi anche ROMANO: Frammenti di un dizionario 
giuridico, cc Doveri-Obblighi>>, cit. p. 93 e GUARINO: 
Potere giuridico e diritto soggettivo cit. che assume come 
elemento caratterizzante del diritto cc la volont� �, per 
l'inconciliabilit� della definizione di ccdiritto� attraverso 
il concetto di potere (potest�.), posto che cc potere � �, 
in senso tecnico, categoria giustapposta a quella di 
cc diritto �. Peraltro, per le nozioni di cc potere�, come 
generica manifestazione di capacit� (forza attiva atta a 
produrre una modificazione giuridica) e di cc diritto>>, 
come specificazione di quella, v. ROMANO, Frammenti 
cit. Poteri, Potest� p. 172, 173. 

(64) L'elaborazione � di CARNELUTTI. Il sistema del 
dir. proc. civ., cit. II, pag. 56, 58; ha subito notevoli 
rettifiche nella Metodologia del diritto, 1939, pag. 77 
e segg. limpida e suasiva. Nella Teoria Generale del diritto, 
attive )) corrispondono altrettante cc attivit� ))' e 
precisamente: alla �potest� ))' il cc provvedimento )); 
al cc diritto soggettivo ))' I'� atto negoziale )); alla 
cc facolt�))' l'cc atto facoltativo lli alle ((situazioni 
passive >> corrispondono altrettanti comportamenti: 
alla cc soggezione))' l'� obbedienza�; all'cc obbligazione))' 
l'cc atto dovuto lli all'cc obbligo �, la � subordinazione)) 
di interesse dell'obbligato a un interesse 
altrui. 

Mentre nell'esercizio della potest� e del diritto 
soggettivo, la realizzazione del provvedimento e 
dell'atto negoziale si verifica attraverso la cc dipendenza 
)) fra scopo pratico ed effetto giuridico; e, 
nell'esercizio della facolt�, la realizzazione dell'atto 
facoltativo si verifica attraverso la cc coincidenza i> 
fra scopo pratico ed effetto giuridico; pu� ipotizzarsi, 
in luogo degli �atti di obbedienza>>, e del1'
� atto dovuto ))' un tipo di � atto ii che si ponga in 
cc contrasto i> fra scopo pratico ed effetto giuridico 
perseguito dal titolare della potest� (e del relativo 
atto provvedimento), del diritto soggettivo (e del 
relativo atto negoziale), della facolt� (e del relativo 
atto facoltativo): e questo � l'atto illecito (65). 

.Alle � situazioni i> attive e passive corrispondono, 
rispettivamente, diversi contenuti; alla cc potest� ))' 

l'attuazione di un interesse altrui (jubere licere); 
al <<diritto soggettivo�, l'attuazione di un interesse 
proprio (jubere licere); alla cc facolt� >i, l'attuazione 
di un interesse di chi � gi� titolare di potest�. o diritto 
soggettivo (agere licere); alla �soggezione ii e alla 
cc obbligazione�, l'ottemperanza al comando altrui 
(agere libere non passe); all'cc obbligo ii la subordinazione 
ad un interesse altrui (agere libere non licerc). 

Complementari ai cc poteri ii si pongono cc obbli


ghi i> ed cc oneri >i. Dell'obbligo � stata data la nozio


ne. Dell'cc onere� va rilevato che rappresenta la 

subordinazione di interesse dell'onerato ad altro 

interesse (proprio) . Essi si combinano con la 

cc potest� i> dando luogo a poteri-doveri (66). 

Escluso dalle accennate situazioni giuridiche 

rimane, nelle pue varie specie, l'interesse �non 

elevato a diritto))' ancorrh� cc interesse protetto '" 

D) Non sono mancati tentativi dogma�tici, per 

risolvere siffatta apparente anomalia. 

cit. pag. 17 4, segg. propone talune rettifiche, come la 
sostituzione della figura dell'cc obbligazione'" con quella 
di cc soggezione '" 

Per altre classificazioni, v. ROMANO: Frammenti di iin 
dizionario giuridico, cit. Poteri, Potest� -Doveri-Obblighi; 
GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo, cit., pp. 
253-259; G. CASSARINO: Le situazioni giuridiche, cit. p. 
261, 288. 

(65) Il problema di ricollegare alla serie delle situazioni 
gli atti correlativi fu tentato da CARNELUTTI da prima, 
con lo studio cc Negozio giuridico, atto illecito, atto dovuto�, 
in � Riv. di Dir. comm. '" 1923, I, 356 e nelle Lezioni 
di diritto processuale civile, 1926, I, pag. 65. Successivamente 
la classificazione fu perfezionata nel Sistema d1 l 
diritto processuale civile, cit. II pag. 68, 69 e negli altri 
scritti citati a nota 64. Per una applicazione d~ pi::in-_ 
cipi, nel diritto amministrativo v. oltre FRAGOLA: L� 
situazioni giuridiche, cit.; ALESSI: Sistema istituzionale, 
cit. p. 500 e segg. 
(66) CARNELUTTI: Teoria generale, cit. p. 172. 

-15 ~ 

� stato, invero, posto in luce che la cc protezione n 
di interessi non eJevati a diritti si verifica in coincidenza 
con un onere. 

Ora, fra � onere n e cc interesse �, protetto in coincidenza 
dello adempimento dell'onere, non sussiste 
correlazione, e come l'onere resta isolato dalle situazioni 
giuridiche passive, cos� l'interesse anzidetto 
resta isolato dalle situazioni giuridiche attive. Isolato 
rimane �l'onere�, che vale agere libere non 
lfoere come subordinazione di un interesse proprio 
ad un interesse pubblico (66-bis) coincidente con 
altro interesse del soggetto (67) ed isolato rimane, 
altres�, nella ulteriore elaborazione che lo ba, 
sotto un certo profilo; esteso a rappresentare la subordinazione 
di un interesse proprio ad un intereBse 
pubblico coin.cidente con interes~e di altri soggetti 
{68); costruzione completata dal Betti nel senso 
che cc va tenuta ferma l'antitesi concettuale fra 
l'obbligo al quale nel caso di inadempimento tiene 
dietro una responsabilit� verso la parte cui si era 
obbligati e, l'onere cui, in caso di inosservanza, 
corrisponde un'autoresponsabiEt� (per colpa propria). 
Si � bens� tentato di assim-ilarre l'onere all'obbligo 
e cos� anche le rispettive conseguenze, 
osservando come il comportamento che � oggetto 
di onere entri in contatto con la sfera giuridica 
altrui � ... cc dal che si � voluto argomentare che 
l'onere sia imposto, insieme, nel concorrente interesse 
della controparte o del terzo. I1 tentativo, peraltro, 
non � riuscito. Certamente il comportamento che 
� oggetto di onere pu� essere guardato tanto dal 
punto di vista di colui cui l'onere � imposto, quanto 
dal punto di vista della controparte e del terzo che 
ne risulta avvantaggiato; da quest'ultimo angolo 
visuale appare protetto con esso anche l'interesse 
altrui. Ma la questione non si risolve con questo 
spostamento di visuale; tutto sta a vedere quale sia 
fa visuale decisiva nella disciplina giuridica del 

comportamento in parola. Tale disciplina � proprio 
destinata a proteggere l'interesse altrui, o lo protegge 
solo occasionalmente, di riflesso ? Cos� posta 
la questione, non par dubbio che essa vada risolta 
nel secondo senso, :per la decisiva ragione che la 
controparte o il terzo non pu� esigere l'ossert1anza 
dell'oneril.... n (69). 

Trasferita nel campo del diritto pubblico la problematica 
dell'onere, � stato rilevato che �il beneficio 
dell'interesse pubblico sia congegnato in modo 
da prodursi insieme al beneficio del soggetto stesso 

(66-bis) Oneri di legalit�, aventi per oggetto l'osservanza 
della forma, che si compendiano nella esigenza 
di adibire mezzi idonei ad integrare la fattispecie legale; 
e oneri detti di legittimit�, aventi per oggetto la liceit� 
della causa, che si risolvono in oneri di liceit�. Cfr. BETTI: 
Teoria generale del negozio giuridioo, 1955, pp. 107, 
114, 115. 

(67) CARNELUTTI: Teoria generale del diritto, cit., pagina 
157. 
(68) RESTA: L'onere di buona armministrazione, in 
�Annali Universit� di Macerata>>, vol. XII, 1938, 
estr. p. 12 e segg. 
(69) BETTI: Teoria generale del negozio giiwidico, 
cit. pag. 112. 
(onerato)�; cc esso non riguarda l'Amministrazione 
di fronte a qualsiasi altro soggetto di diritto, come 
tale, ma di fronte all'interesse della collettivit� 
organizzata, alla soddisfazione del quale l'Amministrazione 
i:;tessa � vincolata �. 

cc Tale � il motivo per cui il cittadino uti'Singul1ts 
non pu� chiedere che un determinato dovere amministrativo 
(onere) sia attuato nei suoi esclusivi 
confronti consentendo l'ordinamento giuridico all'interesse 
del singolo soggetto, come tale, una 
protezione occasionale e condizionata all'adempimento 
dell'onere amministrativo� (70). 

Orbene la situazione del titolare di tale protezione 
occasionale non pu� prestarsi alla qualificazione 
di cc situazione giuridica� nel senso tecnico 
dinanzi esaminato; sicch� l'usuale classificazione 
fra cc situazioni � c.d. di vantaggio, pu� significare 
soltanto uno stato di fatto, ma non una categoria 
dogmatica (71). 

Pertanto, non si pu� neppure concepire una 
correlazione fra interesse legittimo e onere della 

P.A. 
b) � stata t.mtata inoltre la collocazione dell'interesse 
legittimo accanto alla situazione giuridica 
cc riconoscendo ad esso natura di situazione 
giuridica subiettiva in stato di pendenza � (in quanto 
dipendente da un potere della P.A.) (72). 

Si oppone, a tale concezione, il Miele in un 
pregevole non recente studio, osservando che, fra 
le cc posizioni gim:idiche di vantaggio �, si collocano 
diritti soggettivi e interessi rifl.essamente 
protetti (concetto sostanzialmente, ora, ripreso 
dal Sandulli). Ma, gi�, la terminologia contenutistica 
che pone in rilievo l'elemento del �vantaggio
� su di che v. retro paragrafo 6 lettera e) e 
nota 27), segna un distacco dalle categorie logiche 
che si compenetrano nelle cc situazioni giuridiche �. 
Inoltre, non pare dubbio che, almeno in questo 
studio, il Miele determina le c.d. posizioni giuridiche 
del diritto e dell'interesse legittimo con 
caratteristiche idonee a d:fferenziarle, tali da robo� 
rare la sostanziale esclusione dell'interesse protetto, 
dalla categoria delle cc situazioni giuridiche '' � at� 

(70) RESTA: L'onere di buona amministrazione, cit. 
pp. 15, 18, 19. 
(71) Il concetto di interesse legittimo, come situazione 
di fatto ((giuridicamente irrilevante) del soggetto, � 
in CASETTA; L'illecito degli enti pubblici, cit., pas.sim, e 
CASSARINO: Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giitrisdizione 
amministrativa, cit. p. 293. 
(72) FRAGOLA: Le situazioni giuridiche nel diritto 
amministrativo, cit., p. 100. Anche PICCARDI: La distinzione 
tra diritto e interesse nel campo della giustizia amministrativa, 
in � Studi Centenario Consiglio di Stato " 
vol. II p. 115, ravvisa nell'interesse legittimo la dipendenza 
da un potere della P.A. Esclusa la possibilit� di 
riconoscere nei rapporti fra soggetti privati e P.A. diritti 
soggettivi, se tra quelli e questa non vi sia un 
conflitto d'interessi, assunto dal diritto obiettiv:o, come 
elemento tipico della fattispecie, si qualificano comeinteressi 
legittimi quelli protetti, bens�, intenzionalmente, 
dal diritto obiettivo, ma mediante un potere 
attribuito alla P.A. 

LE J@ Ci :nzr a 1m:1 � 


-16 


tive � in pos1z10ne di corrispettivit� con �situaz�oni 
giuridiche passive�. Diritto soggettivo -superata 
la concezione eclettica di Jellinek-sarebbe 
posizione giuridica di vantaggio, creata in modo 
diretto e autonomo dall'o.g., corrispettiva ad 
altra posizione giuridica, di obbligo, di altro soggetto, 
che funge da strumento per la conservazione 
e realizzazione del diritto soggettivo (73). 

Gli interessi protetti ri:flessamente sarebbero 
posizioni giuridiche di vantaggio, non gi� create 
dall'o.g. in modo autonomo e diretto, (con l'imposizione 
di obblighi ad esse correlativi) sibbene 
risultanti dalla norma che impone il dovere di 
esercitare un potere e nn diritto, secondo date 
modalit� e sotto certe condizioni, il cui verificarsi 
pu� far scaturire il conferimento del diritto 
(74). 

�, in sostanza, lo stesso concetto del beneficio 
derivante da un onere altrui, che esclude il collegamento 
fra corrispettive situazioni, e che lo 
stesso Miele considera come mera int,erdipendenza 
di interessi. 

La teoria della � si�fiuazione giuridica in stato 
di pendenza � � stata, peraltro, recentemente, 
accantonata dal Fragola, il quale (75) --abbandonata 
la via della riferita qualificazione dogmatica 
dell'interesse legittimo, che conduce alla 
inconfigurabilit� di danni in senso tecnico, per 
lesioni (recte, per mancate realizzazioni) di quelle 
situazioni dipendenti -perviene alla opposta 
tesi, insinuando il concetto di una espansione 
dell'interesse legittimo in diritto soggettivo, come 
rovescio del fenomeno di affievolimento del diritto. 
Tesi, invero, ardua: in quanto altro � il ripristino 

o l'espansione di una situazione gi� avente natura 
di diritto soggettivo (a guisa di ius postliminii); 
altro sarebbe l'espansione di una situazione (neppur 
perfetta come tale) di interesse legittimo, in 
diritto soggettivo; fenomeno piuttosto di � conversione
� non legittimato, anzi contestato, dalla 
stessa struttura della giustizia amministrativa, in 
quanto giurisdizione d'annullamento, non di cognizione. 
e) Fra i tentativi di una giustificazione so


stanziale dell'interesse legittimo come � situazione 
giuridicamente rilevante �, si pone la teoria della 

(73) MIELE: Potere, di-ritto Boggettivo e intereBBe, in 
� Riv. dir. comm." 1944, I, 114. L'affermazione che 
potere non � una poBizione giuridica, ma una � forza 
attiva >>, si spiega se il potere � considerato come elemento 
del diritto soggettivo, riferito alla volont�, nella 
nota definizione del Windscheid (tale cenno � anche 
in GUARINO: Potere giuridico e diritto Boggettivo, in cit. 
p. 239 sgg); peraltro non legittima l'eliminazione della 
� potest� � dal novero delle situazioni giuridiche attive, 
in ordine alla quale, vale tuttavia, la discriminazione, 
rispetto al diritto soggettivo, di ROMANO: GorBo di diritto 
amminiBtrativo, 1932 p. 141 segg.; Frammenti di un dizionario 
giuridico, cit. <<Poteri-Potest�>>, v. sopra nota 63. 
(74) MIELE: Potere, diritto Boggettivo e intereBse, cit., 
p. 120. 
(75) FRAGO:C.A: ,Studio introduttivo Bulla riBarcibilit� 
degli intereBBi legittimi, 1961, p. 181. 
c.d. �natura formale� (76). Rilevamdosi una. 
diversit� di concezione del nostro diritto positivo" 
nel sistema della legge 20 marzo 1865r n.. 2248: 
allegato E (fondato sulla distinzione fra � giuridicamente 
rilevante )) e cc giuridicamente irrilevante n) 
e nel sistema della l�gge 31 �nario ]889r n.. 5892' 
(fondato sulla distinzione fra � situazfoni giuridicamente 
rilevantin), e rilevandosi la iusuffi.cienza; 
delle temie dominanti, per la loro inadeguatezza;. 
a risolvere il problemili della individuallfzzazione 
dell'interesse, si perviene alla scoperta di un collegamento 
fra due situazioni strumfmt::iH1 quali! 
momeL.ti cinetiri di due situazioni sm;t31nziaF 
deR1 P . .A. e del privato: il cc potere JJ, come i::trnm~
nto del diritito soggettivo della P.A.; l'cc interessi'.' 
legittimo n, come strumento del diritto soggettivo 
dt1l privato (interesse a,ll:t legitt.irnit�). 
Nella cnufig:urazione anzidetta, il cc potere)) della 

P.A. sta fii ~ignific::tre la qual�tas, come forza delfo, 
�dtuazione ghuidira ii della P.A. ricomvres:t, indiseriminatamente 
in quella del cc diritto soggRttivo ,,, 
anche in tema, di rapporti autoritari; in tal modo, 
eliminandosi la categoria delh pot0st�, dalle� 
situazioni giuridi<lhe attive (77). L'interesse legit., 
timo rlel privato i:;ta a rappresentare una cc situazione 
di fatto JJ che ha per presupposto di qualificazione 
una �situazione di diritto soggettivo ll,. 
ossia un collegamento con un �diritto soggettivo JJ1. 
non irradiato fino a rie.omprendere quella situazione 
di fatto. 
T:;i,le concezione non spiega n� la natura deF 

collegamento n� il grado di prossimit� del predetto 
presupposto, rispetto alla situazione tutelata; 
non pare, inoltre, sorretta dalla realt� dei 
fenomeni degli interessi legittimi, che non sempre 
consentono un qualsiasi nesso con diritti soggetti.-i. 

Da tale costruzione si fa, tuttavia, scaturire 
la conseguenza della non risarcibilit� delle lesioni 
di detti interessi, in quanto il risarcimento presuppone 
un danno valutabile patrimonialmente 
riferibile alla lesione di situazioni giuridiche, proprie, 
del danneggiato, e non alla lesione di interessi, 
e d'altronde l'o.g. consente altrimenti la 
reintegrazione di quella frangia dei diritti soggettivi, 
per la cui tutela � ordinato l'esperimento 
del ricorso. 

d) Analizzando il fenomeno pu� rilevarsi che 
l'interesse legittimo si atteggia, nel suo momento 
dinamico, come mero diritto pubblico soggettivo 
di ricorso agli organi della giustizia amministrativat 
nel suo momento sostanziale, come situazione di 
fatto, nei cui confronti difetta la garanzia giuridica, 
e la cui mancata evoluzione non pu� ricollegarsi 
ad attivit� lesiva, sotto il profilo dello illecito, e 
dar luogo a risa,rcibilit� .. 

(76) CANNADA BARTOLI: Sulla qualificazione dell'intere88e 
legittimo nel diritto amminiBtrativo, Nota a sentenza 
Sezioni Unite, 24 giugno 1957, n. 2409 in �Foro 
Amm. >>, 1957, II, p. 43, Diritto Boggettivo, preBuppoBto 
dell'intereBBe legitimo, cit. p. 334. 
(77) Sulla eliminazione di detta categoria, cfr. anche 
GUARINO, Potere giuridico e diritto soggettivo, cit.; v. 
sopra nota 73. 

-17 


L'interesse legittimo, in realt�, costituisce una 
:Situazione distaccata dal diritto soggettivo, poi
�ch�, sostanzialmente, da questo si . distingue nel 
:senso che si esaurisce in �un diritto pubblico 
soggettivo >> di ricorso al giwiice amministr:::.-
tivo, non a protezione imll1ediata e diretta di una 
situazione giuridica. sostanzia1e del titolare, sibbene 
dell'interesse di fatto del floggetto, utilizzabile 
per rei.ntegrazionP della legittimit�, palladio 
dello << stato di diritto �.. Tale la costru:,
r,ione degli interessi legittimi uello Spaventa (78) 
-teorizzata da tutti gli autori, in varia guisa (79): 
:intere1:1si di.fferenziati (che, pur non essendo presi 
in considerazione da parte dell'ordinamento, e 
1)recisamente da quelle norme che diio:ciplinano i 
rapporti tra i soggetti -c.d. nonne di relazione 
---e non ricevendo quindi u.n'.t tutela. diretta, in 
-quanto non corrispondonl!l a doveri imposti ad 
altri soggetti in correlazione con essi, ricevono 
tuttavia dall'ordinamento stesso una considera:
zioue ed una tutela indirette, nella possibilit� di 
jar valere nell'interesse generale, e di riflesso in 
proprio favore, le norme imposte per l'esercizio 
del pubblico potere, c.d. norme di azione; eos� in 
.sandulli, ovvero -ponendosi l'accento sull'elemento 
oggettivo -situazioni caratterizzate dalla 
~qaranzia di una utilit� stritmentale ulla legalit� 
.del comportamento a.mministrativo, o -pom~ndo~i 
l'accento sull'elemento soggettivo -fondate su 
un interesse sostanziale, che potrebbe mientualrnente 
.trovare realizzazione, (ove sia realizzato l'interesse 
strumentale: questo, in modo certo e effettivo, 
.quello in modo eventuale e mediato; ma in ogni 
-caso � l'interesse strumentale che genera l'internsse 
processuale a ricorrere, e all'annullamento; 
.cos� in Alessi) (80)). 

La stessa difficolt� (e la scarsa rilevanza) di 
una distinzione dal punt<il di vista sostanziale, 
-.tra �diritto >> e � interesse legittimo �, va, pro[
Jrio, riscontrata nella comune 'fJase di e~tra.mbi, 
itappresentata dall'� interesse� (come asp1raz10ne, 

�esigenza al soddisfacimento di un bisogno mediante 
un bene della vita) e dalla diversa qualifi.
cazione di questo (80-bis~~
� stato rilevato infatti: �l'interesse legittimo 
non � che un interesse di fattli> qualificato, che 
'Viene preso in comiiderazi<me dal diritto: il diritto 
;soggettivo invece � interesse giuridico� (81). E 
it�nto � decisiv<il <iUestG parametro fra la comune 
.base e la diversa q11,alificuzione dell'interesse, pre:
sente nell'interesse legittimo (considerazione di 
fatto.) e nel diritto soggettivo (come situazion~ di 
diritto) che in tale divergenza sta alla ragione 
,stessa 'della' infungibilit� della specifica tutela 
Irispettivamente dettata. 

� Per far valere il diritto come interesse legittimo, 
per trasformare cio� quello che � diritto 

(78) SPAVENTA: Giustizia nell'amministrazione (Disc. 
del 7 maggio 1880), in "Riv. Dir. pubbi. ll, 1939, I, 
218� e in "La Giustizia neU'Amministpazione >>, 1949, 
rp. 55 segg.; Discorso inaugurale, in "Riv. Dir. pubbl. ll, 
1909, I, 310; e, in "La Giustizia nell'Amministrazione>>, 
citp. 
209. 
,(79) V. infra nota 92. 


in un interesse legittimo, occorre prima di tutto 
ridurlo a interesse di fatto, come chi dicesse, 
togliergli ogni qualifica giuridica. Le posizioni 
giuridiche non si possono annullare, per carpirne 
il substrato di fatto che non pu� pi� tornare ad 
essere tale� (81-bis). Decisivo �, quindi,,Poggetto 
della disciplina legislativa, (Relazione dell' A vv. 
Gen. Stato, 1956/60, II, pag. 100). Pu� completarsi 
il concetto ivi espresso nel senso che la tutela 
diretta, per il potenziamento dell'interesse di fatto, lo 
eleva a �interesse giuridico i> ossia a diritto, mentre 
la tutela per la pi1.'1, efficace realizzazione dell'interesse 
pubblico, contiene nei suoi limiti �l'interesse di 
fatto �, e lo qualifica esclusivamente in vista di 
quell'interesse pubblico, e dopo l'intervento della 
lesione, come �interesse legittimo )). 

Non pu�, pertanto, trattarsi di una � situazione 
giuridica ll, e non � configurabile come �situazione 
giuridica corrispettiva del � dovere >l della 

P. A. 
Se, pertanto, l'interesse legittimo � una �situazione 
di fatto �, senza corrispondente �situazione 
passiva �, che prima della lesione non assume 
neppure rilevanza strumentale, � agevole concludere 
che la mera lesione della medesima, pu� 
determinare bens� violazione di un onere della 
P.A., (la cui osservanza potrebbe riflettersi in 
modo indiretto e eventuale, sul titolare di essa) 
ma non anche violazione di obbligazione od obbligo 
della P.A. e, quindi obbligazione di risarcire il 
danno. Anche per il rilievo che l'interesse alla 
legittimit�, attraverso l'annullamento, non lascia 
residua rilevanza giuridica, all'interesse leso (vedi 
nota 81). 

Questa sorge (ed assorbe la stessa tutela dello 
interesse legittimo) allorch� si determini violazione 
di una situazione giuridica passiva della 

(80) Sul limitato valore della distinzione fra �norme 
di relazione )l e �norme di azione >>, e la sua parziale 
coincidenza con la distinzione fra �diritto )l e " interesse� 
(v. sopra nota 51) � stato osservato che essa pu� giovare 
ai fini della discriminazione fra lesione di diritti 
e lesione di interessi, ma fermo restando che la prima 
(lesione di diritti) assorbe la seconda (lesione di interessi) 
v. infra III-e nota 98. 
(80-bis) LANDI e POTENZA, Manuale, cit. p. 140. 

(81) SIMI, Recensione a GuICCIARDI: La Giustizia 
amministrativa, HY54, in �Rass. Avv. Stato ll, 1954, 
pag. 56. Sul criterio della " situazione di fatto )l applicato 
all'interesse legittimo, v. anche, supra, note 17 
e 26 Sostanzialmente attribuisce deciso rilievo al 
connotato della economicit� giuridica dell'interesse, 
(come nota caratteristica del diritto, in contrapposizione 
con il connotato della materialit� dell'interesse 
legittimo), CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, cit. 
p. 27, laddove nota che l'interesse materiale assume 
rilevanza, soltanto, dopo la lesione e nei soli riguardi 
dell'azione concessa; non oltre, mancando una corrispettivit� 
in senso tecnico con interesse alla ~~g~ttimit� 
la cui restaurazione -attraverso l'annullamento -:::: 
non lascia residui giuridicamente rilevanti, dell'interesse 
leso. 
(81-bis) SIMI, Recensione cit..a nota 81. 


-18 


P ;A. corrispettiva ad una situazione giuridica 
attiva di altri soggetti (diritto e relative facolt� 
dalla cui lesione scaturisca l'obbligazione del risarcimento 
del danno). 

Dalla rassegna delle teorie molteplici, sulla 
natura del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo, 
si evincono univocamente questi due inalterabili 
concetti: che l'interesse legittimo non � 
situazione giuridica in senso tecnico; che di esso 
non � possibile concepire una correlazione con la 
situazione (dovere) della P.A., dal cui modo di 
essere possa, nel significato di illecito civile, derivare 
una lesione per il soggetto. 

9) Come superare queste posizioni concettuali' 

Il Miele volge la indagine ad una costruzione 
critica della genesi della nostra giustizia amministrativa, 
attraverso la quale si �arriverebbe alla 
favoleggiata configurabilit� di una risarcibilit� del 
danno da lesione di interessi legittimi. 

A tale indagine, si opporrebbero, preliminarmente, 
obiezioni discendenti dalla, gi�, esaminata 
qualificazione dell'interesse legittimo e dalla conseguente 
inapplicabilit� del concetto di cc risarcimento 
del danno >>. 

La costruzione anzidetta trova, inoltre, sua confutazione 
nel saggio con i presupposti del � danno 
risarcibile � (v. sopra paragrafo b). 

a) La rilevata impossibilit� di configurare 
un nesso, una correlazione di corrispettivit� tra 
la categoria degli interessi legittimi e il poteredovere 
della P .A. di operare in ottemperanza al 
principio di legittimit�, � connaturata alla stessa 
struttura della giustizia amministrativa, e ne 
costituisce un carattere indelebile. 

Caposaldo di siffatta struttura � la non coincidenza 
fra la frustrazione degli interessi legittimi 

(c. d. lesione), e gli effetti dell'annullamento, che 
la P.A. pu� evitare attraverso l'adozione dell'atto 
(82) e pi� attraverso l'adozione di un atto reiterativo 
(nell'ambito dell'art. 45 T.U. 26 giugno 
1924, n. 1054) (83). � 
b) La norma emanata nell'interesse generale 
ha -ovviamente -come oggetto di tutela immediata 
tale interesse generale e non pu� concepirsi 
tutela, neppur mediata, di altri interessi. 

Norme che direttamente proteggano questi ultimi 
non sono neppure presupposti dell'art. 26 

T.U. 26 giugno 1954, n. 1054 (84). 
La violazione della norma emanata nell'interesse 
generale pu�, pertanto, configurarsi soltanto quale 
evento di danno per il pubblico servizio, non 

(82) Cfr. Ad Pl. 3 maggio 1960, n. 8, in� Il Consiglio 
di Stato>>, 1960, I p. 822 segg., e la dottrina in arg� 
in Nota n. 6, ivi. 
(83) Anche la �rinuncia del ricorso" risente dell'identico 
principio posto che n� � stata ritenuta la 
inefficacia dopo la pronuncia (ancorch� non pubblicata) 
alla quale la P.A. � tenuta ad uniformarsi (salvo che 
la rinuncia operi come rinuncia agli effetti del giudicato). 
(84) CASETTA: Diritto soggettivo e interesse legittimo. 
Problemi della loro tutela giurisdizionale, in �Riv. Trim. 
dir. pubbl. ,,, 1952, p. 615 segg. 
anche per quell'interesse del soggetta~ ehe (comunque 
si risolva il problema della sua qualificazione 
sotto il profilo sostanziale) �, pur sempre, un 
interesse riflessamente protetto. 

L'esclusione del concetto di protezione occasionale 
o riflessa sarebbe, non soltanto, contrariai 
ai dati del diritto positivo; ma si risolverebbe 
nella confisca del concetto stesso d� pubblico servizio; 
che, una volta introdottor non � concepibile 
se non come cc cura di interessi >> della collettivit� 
organizzata e la cui lesione non soffre duplica�� 
zioni attraverso atomistici frazionamenti o specificazioni 
individuali. 

Ond'� che il danno, cos� come � concepito nel 
nostro diritto positivo, nei due momenti della 
perdita subita e del mancato guadagno, e nei limiti 
della cc conseguenzialit� immediata e diretta� (articoli 
1223, 2056, 2059 O.e.) non potrebbe essere 
concepito come imrnediato e diretto per il patrimonio 
del soggetto, ricadendo esso, sul pubblico. 
servizio. 

e) � tuttavia esercitazione non infruttuosa seguire 
la tesi, secondo cui la rigorosa limitazione 
della responsabilit� della P .A. alla ipotesi di lesioni 
di diritto soggettivo {85), e Fesclusione legal~ 
della tutela giuridica diretta degli interessi legittimi, 
sarebbe storicamente spiegabile per il mino!' 
grado di perfezione (~) della dottrina del tempo;: 
onde si potrebbe dubitare, in teoria, che il principio 
della cc protezione occasionale " degli interessi 
fosse stato alla base� della riforma dell'art. 24


T.U. 6 giugno 1889, n. 6166. Ma i dubbi di Orlando 
(86), in ordine alla giurisdizionalit� dei 
nuovi organi di g.a., le riserve di Orlando e dii 
Romano sulla distinzione proposta dal Ranellettir 
potrebbero se puntuali,. ricevere le stesse riserve 
di tecnicismo rivolte indh>ettamente alle felici 
intuizioni del .Ranelletti ! 
E questa sarebbe la ragione per cui un problema 
di responsabilit� della P.A., per lesione di interessi 
legittimi, non appare nella dottrina dell'epocat 

Basta la testimonianza di Cammeo, citato dal 
Miele, che puntualmente, nel Commentario, non 
ipotizza ma esclude (nota 2, p. 890) -e questo 
non risulta dal testo de1 Mi-ele -una responsabilit�, 
dopo la declaratoria di illegittimit� di 
atto amministrativo in quanto. ci� importerebbe 
a) la competenza concoITente dell'A. G .. e dell 
Consiglio di Stato a scelta del leso� (problema della 
doppia tutela); b) ipotizzabilit� di una categoria 
di. diritti in abstracto, equiparabili a quelli garantiti 
dal diritto positivo. 

E basta rilevare che Cammeo. non modifica 
affatto la sua opinione,. nel �Corso� (87).. 

Nel titolo 5�, libro terzo, il paragrafo 326 contempla 
l'illegittimit� del fatto a:anno80r e si articola, 
in due ipotesi: a) colpa contrattuale per inadem


(85) CAMMEO: Commentario delle leggi sulla Giustizia 
(86) ORLANDO: Giustizia Amministrativa, fo �Trattato 
>>, p. 722, nota 3_ 
(87) CAMMEO: Corso di diritto amministrativo (ristampa. 
con nota di Miele) 1960, P-6.28 segg;. 
Amministrativa, 1910, p. 890.. 

-19


pimento di obbligazioni comprese quelle ex lege; 
b) colpa extra contrattuale, per inosservanza di 
limiti imposti da norme o da divieto generale 
del neminem laedere, nei beni, come la libert�, 
la vita, la propriet�, i rapporti giuridici. 

� nell'ambito di tale lesione, che ricorre il 
rilievo riferito, incompiutamente, e che conviene 
riprodurre per esteso: 

� Se ad ogni categoria di compiti a cui lo Stato 
attende, corrisponde una categoria di interessi di 
propriet� individuale, di libert� ed eventualmente 
anche di integrit� personale che pu� essere sacrificata, 
e ci� discrezionalmente ed insindacabilmente, 
vi corrisponde anche una categoria di 
altri interessi di ugual natura, in nessun modo 
connessi con quel ramo di attivit� amministrativa, 
che dal sacrificio legittimo sono esclusi. Questi 
interessi debbono considerarsi diritti anche di 
fronte all'amministrazione. Come accade tra privati, 
essi non dan luogo a una pretesa che l'amministrazione 
ponga in essere quelle prestazioni che 
possono prevenire la loro lesione, ma si pu� esigere 
che ove la effettiva lesione sia avvenuta, 
essa presti il risarcimento del danno. Il determinare 
il limite tra gli interessi suscettibili di sacrifizio 
discrezionale; e per� legittimo e quelli che 
per non essere connessi con quel ramo di attivit� 
amministrativa non sono sacrificabili e vanno 
rispettati, talora pu� essere opera di interpretazione 
di norme positive, talora determinazione di 
criteri consuetudinari. Non � per�, se mantenuto 

in questi confini, sindacato sull'esercizio di facolt� 
discrezionale, ma fissazione di limiti alla facolt� 
discrezionale medesima �. 

� Quando la determinazione dei limiti fra l'attivit� 
lecita e illecita risulti da norme giuridiche 
che, pur non essendo scritte, per conferire un diritto 
ai sensi della legge sul contenzioso amministrativo, 
tutelino occasionalmente o parzialmente 
un interesse, e lo elevino a dignit� di interesse 
legittimo, sembra che si possa far luogo alla responsabilit�, 
semprecb� la violazione di quelle 
norme sia stata accertata dal giudice competente 
che non � quello ordinario, ma il Consiglio di 
Stato e la G.P.A., secondo i casi�. 

In relazione alla premessa si ipotizza dunque 
una lesione che abbia sconfinato nell'illecito civile. 
Tanto basta per resti:ingere siffatta costruzione, 
in quanto se la illiceit� produce lesione di � situazione 
giuridica � anche in difetto di � norma 
scritta >> essa determina violazione di � obbligazione 
>> e quindi quella di risarcire il danno; ci� 
esclude la mera lesione di " situazione di fatto � 
che determinando violazione di � onere � non determina 
anche obbligazione di risarcire il danno. 
Per cui l'accenno alla duplice competenza appare 
non rispondente all'ipotesi formulata, oltre che 
contraria al ben noto divieto di far valere il diritto 
come interesse (88). 

I) La conferma si rinviene nella stessa presentazione 
della categoria degli interessi legittimi, 
come concepiti, voluti. nella accezione di interessi 

(88) V. infra note 97 -98. 
non assurti a diritti (89), e privi, per ci� stesso, 
della massima tutela giuridica, propria dei diritti; 
muniti, invece, di tutela occasionale (perch� si 
ha riguardo all'interesse pubblico) o imperfetta 
(perch� la tutela � rappresentata da 119qne l.nitatrici 
di facolt� discrezionali) (90); onde essi 
costituiscono una �categoria storica� (91), e per� 
ricompresa fin dall'origine, concettualmente, in 
una riserva di legge in formulazione negativa, 
rispetto alla categoria dei diritti soggettivi. Tale 
riserva gi� si configurava nell'art. 3, legge 20 marzo 
1865, n. 2248 allegato E, con la attribuzione alla 

P .A. degli affari non compresi nel novero delle 
questioni di diritti soggettivi. Le leggi istitutive 
degli organi giurisdizionali di annullamento, in 
ordine agli atti emanati relativamente a tali 
cc affari n, evidenziano l'enucleazione di una categoria 
d'interessi, dalla massa degli interessi irri. 
levanti, ispirandosi al criterio non gi� di creare 
una categoria di interessi protetti con intensit�. 
minore rispetto ai diritti soggettivi, sibbene al 
criterio di perfezionare quella che era l'idea della 
giustizia nella P.A., germinata intorno a due principi 
fondamentali degli stati moderni: a) l'integra. 
lismo delle guarentigie delle funzioni dello Stato; 
b) l'unit� della guarentigia giurisdizionale. 
Infatti, dalla nozione dello Stato ai primordi 
del secolo XIX, tanto sono progrediti i moderni 
ordinamenti che: ad a) mentre alla dottrina della 
divisione dei poteri corrispondeva un sistema di 
giudizi a salvaguardia dei diritti dei sudditi contro 
il potere esecutivo; alla dottrina dell'unit� 
della sovranit� dello Stato e della correlativa 
distinzione delle funzioni, corrisponde un sistema 
di guarentigie -in contemplazione, appunto, di 
quell'unit� -sia nel porre la norma, sia nel governare, 
sia nel giudicare (92); ad b) dall'attribuzione 
del sindacato sulle controversie di diritti ed 
interessi, agli organi della stessa P.A. (contentieux 
administratif, in opposizione ai sistemi del self 
government anglico e germanico) si � pervenuti 
all'attribuzione di detto sindacato a organi di 
giurisdizione ordinaria (su diritti) o speciale (su 
interessi o questioni compenetrate di diritti e 
interessi). Non di meno la distinzione fra i due 
tipi di tutela giurisdizionale i�ipete sua ragione . 
dal carattere essenziale della giustizia nei rapporti 
tra singoli e P.A.: nel senso che la tutela 
dei diritti segue la competenza del giudice ordinario, 
mentre la realizzazione della giustizia nella 
P.A., non possa essere contemplata, se non quale 

attivit� dell'Amministrazione stessa, nell'interesse 
pubblico; ond'� la tutela di tale interesse pubblico 
che segue la competenza della giurisdizione 

(89) CAMMEO: Corso, cit. p. 309, 352. Per la genesi 
della tutela degli interessi legittimi, v. supra lettera e). 
(90) CAMMEO: Corso, cit. p. 359. 
(91) CAMMEO: Corso, cit. p. 309. 
(92) CAMMEO: Commentario delle leggi sulla," giustizia 
amministrativa, C�t. p. 376 e segg.; RANELLETTI 0.~Le 
Guarentigie della giustizia nella P.A., cit. p. 8 segg., 
v. altres�: FrLOMUSI GUELFI: Silvio Spaventa, 1894; 
SPAVENTA, Giiistizia nell'Amministrazione. 

�4LZ &itfilWJ.lliWW'W2T~llii tE 

amministrativa, la cui vera funzione, come intu�, 
con squisita sintesi lo Spaventa, sta nell'utilizzazione 
dell'interesse individuale come occasione di 
riesame dell'atto amministrativo (93). 

� soltanto � pregio � del processo antistorico 
del tempo nostro il tentativo di capovolgere siffatti 
termini del tema. 

Il processo storico, invece, si perfezion� nel 

T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, e infine, nella esplicita 
riserva degli artt. 24, I comma, 103, I comma, 
e 1rn, III comma, della Costituzione della Repubbliea; 
successione inequivoca di un unico costante 
indirizzo legislativo, mantenutosi logicamente coerente 
ad un principio inalterato in tutto il corso 
del primo secolo dell'unit� Patria, pur nella diversa 
struttura degli ordinamenti e pur nell'evolversi 
della scienza giuridica, della quale erano al 
legislatore e al costituente noti i concetti e note 
le critiche. 
Sicch� appare relegato nel campo della speculazione 
metagiuridica l'isolata affermazione che 
gli interessi legittimi sarebbero, in astratto, �diritti
� (94), mentre, poi, tale enunciazione trovasi 
ristretta nel senso che possono considerarsi tali i 
�diritti affievoliti )) o � condizionati )) e gli interessi 
muniti di tutela di �merito� (95). 

Il consentirne la equiparazione ai diritti, ai 
fini della risarcibilit�, non potrebbe concepirsi se 
non quale espansione del potere dell'interprete 
di elevare gli interessi a diritti, il che significherebbe 
ammettere nell'interprete la potest� di 
creare norme giuridiche, per .il caso concreto. 

II) La casistica offerta dalla giurisprudenza 
non consente di ravvisare incrinature nel rigido 
sistema. 

cc In proposito merita di essere segnalata, per 
la estrema chiarezza dei concetti, la sentenza, 
15 aprile 1958, n. 1217, con la quale la Corte di 
Cassazione escluse la proponibilj.t� dell'azione risarcitoria 
contro la P.A. da parte del concorrente 
all'aggiudicazione di un comparto edilizio in seguito 
all'annullamento della gara. 

cc In questa sentenza la Corte, dopo aver ricordato 
che per la proponibilit� dell'azione contro 
la P.A. non � sufficiente l'annullamento dell'atto 
amministrativo, ma � necessario che l'atto abbia 
leso un diritto soggettivo del privato, cagionandogli 
un danno, afferma esattamente che le norme 
di azione (nella specie quelle sul procedimento 
espropriativo), ancorch� obbligatorie per l'Amministrazione, 
tutelano finalit� di carattere pubblicistico 
e, solo, occasionalmente interessi di privati, 
i quali, perci�, non hanno un diritto soggettivo 
alla loro osservanza. 

e< D'altra parte, afferma la Corte, la decisione 
di annullamento ha effetto retroattivo, ma non 
perci� innova alla situazione preesistente, trasformando 
in diritto soggettivo quello che, prima 
dell'atto, era un interesse legittimo )), 

(93) Bozzi C.: La Giustizia Amministrativa da Silvio 
Spaventa a Benito Mussolini, in Riv. dir. pubb. 1934, 
p. 261. 
(94) CAMMEO: Corso, cit. p. 359. 
(95) CAMMEO: Corso, cit. p. 314. 
20 

�Per la responsabilit� da atto illegittimo, dunque, 
occorre aver riguardo alla consistenza dell'interesse 
leso all'atto della sua emanazione �; 
se cio� aveva la consistenza del diritto soggettivo. 

Il che trova conferma nel noto __temperamento, 
introdotto in tema di insindacabili.t� dell'atto 
amministrativo, per cui, nell'ipotesi di � fatti 
materiali � si ritiene di poter indagare, anche in 
presenza di una potest� discrezionale della, P.A., 

se il dipendente abbia agito osservando anche 
le norme della comune esperienza e della normale 
diligenza al fine di non ledere il diritto altr1ti. (Relazione 
Avvocatura Genera,le, 1956-60, II, pp. 158, 
159). 

Il concetto di garanzia giuridica, vieppi� utilizzato, 
talora in concomitanza con la distinzione 
fra norme di azione e norme di relazione, � costantemente 
seguito dalla Corte di Cassazione, nel 
senso che se la consistenza dell'interesse non presenta 
i connotati della garanzia immediata e 
diretta, si esclude la risarcibilit� del danno per 
difetto di diritto soggettivo suscettibile di lesione, 
come diminuzione di patrimonio: rei aestimatio 
o id quod inte1 est -prima ancora di qualsiasi 
esame sulla natura deirattivit�, della P.A., 
sia legittima, (con relativa limitata responsabilit� 
nelle ipotesi ricollegabili alla previsione dell'art. 46 

L. espropr., onde � stata dichiarata improponibile 
l'azione per danni da esercitazioni militari proposta 
dal titolare di una riserva di caccia in quanto 
carente di diritto di propriet� sulla selvaggina, 
e munito, sol'iian'lio di jus prohibendi: Sezioni 
Unite, 12 ottobre 1960, n. 2687) o illegittima 
(Sezioni Unite, 28 luglio 1958, n. 2721; 23 settembre 
1958 n. 3029; 6 maggio 1959 in Foro It., 1959, 
I 1296). 
Gli insegnamenti della Corte di Cassazione anche 
pi� puntuali e pi� recenti di quelli citati 
nella �Introduzione al Tema n -si. sono susseguiti 
sempre chiari e recisi, nel senso che cc ai fini 
della proponibilit� dell'azione di risarcimento del 
danno contro la P.A., non � suffieiente l'annullamento 
di un atto amministrativo ma � necessario 
che l'atto annullato abbia leso un diritto soggettivo 
del privato, cagionando a questo ultimo 
un danno; pertanto, quando il privato � titolare, 
nei confronti della P.A., esclusivamente di un 
interesse legittimo, la tutela giurisdizionale di 
detto interesse si esaurisce, di regola, nella pronuncia 
di annullamento dell'atto stesso da parte 
del giudice amministrati.vo )) (Sezioni Unite, 2 luglio 
1962, n. 2210,); e, in tema di illegittimo 
rifiuto di licenza commerciale, nel senso che cc non 
� proponibile davanti al giudice ordinario azione 
di danni contro un Comune per preteso illegittimo 
rifiuto di concessione di una lieenza o ritardo 
nella concessione della stessa, non sussistendo in 
tali ipotesi la violazione di un diritto soggettivo 
perfetto del cittadino >J, non essendo � sufficiente 
che il giudice amministrativo abbia annullato un 
atto della P.A., ma � necessario che-l'atto annullato 
abbia leso un diritto soggettivo del prfvato; 
solo in tal caso, infatti, il privato si presenta titolare 
sotto il profilo della causa petendi, di un'azione 
esperibile dinanzi al giudice ordinario, a norma 


21 


dell'art. 2, legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato 
E sul contenzioso amministrativo�. (Sezioni Unite, 
31 luglio 1962, n. 2294 in Consiglio di Stato, 1962, 
II, 625; cfr. altres� S.U. 6 agosto 1962, n. 2418, 
in Foro It., 1963, I, 64). 

E ci�, per l'ovvia ragione l'o.g. appresta qitella 
diversa sanzione, tipica dell'illecito amministrativo, 

(illegittimit�), che � il rimedio offerto dall'art. 27 

n. 4 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (Sezioni Unite 
23 ottobre 1961, n. 2348). 
Non sono mancati tentativi e escogitazioni di 
ravvisare deviazioni, ma quasi sempre sulla base 
di passaggi, talora non puntuali, o nelle pur mutevoli 
contingenze di casi di specie. 

Non � dato ravvisare deviazione nella sentenza 
Cassazione, 18 giugno 1961, n. 1324 (in F.A. 1961, 
II, 487). Ivi si trattava di azione proposta contro 
il Comune per ottenere il calcolo (nell'indennit� di 
legittimo esproprio) del valore di un edificio non 
costruito, per illegittimo diniego della licenza edilizia, 
in tempo anteriore, sul falso presupposto 
che esistesse, fin d'allora, dichiarazione di p.u.; 
azione, quindi, non di carattere risarcitorio, in 
derivazione immediata e diretta dall'illegittimit� 
dell'atto amministrativo, ma in derivazione dall'illiceit� 
dell'atto amministrativo stesso (ed era 
questa, non l'illegittimit�,, che veniva dichiarata 
incidenter a sensi dell'art. 4, legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 allegato E); in quanto si retrotraeva, alla 
lontana data del diniego d� licenza sul falso presupposto 
della esistenza di dichiarazione p.u., la lesione 
delle facolt� dominicali. Tanto vero che nel 
corso del giudizio si faceva questione se nel computo 
estimativo si dovesse tener conto della presunzione 
juris tantum o di quella juris et de jure, 
rispettivamente previste nell'art. 43, I e II comma 
legge 25 giugno 1865, n. 2359. 
Neppure la decisione del Consiglio di Stato V, 

27 settembre 1960, n. 677 appare citata nei suoi 

estremi esatti, di fatto e di diritto. 

Ivi si trattava di impugnativa di atto tutorio 

di diniego dell'autorizzazione a stare in giudizio 

chiesta da Amministrazione provinciale, per con


venire, dinanzi all'A.G. il Ministero dell'Interno, il 

cassiere tesoriere provinciale, e un dipendente 

della Provincia, in solido per la rifusione dei danni 

provocati dalla illegittimit�. emissione di mandato 

di ufficio -riconosciuto illegittimo da precedente 

decisione del Consiglio di Stato -per pagamento 

di arretrati pretesi dal detto dipendente; ma con 

inequivoci riferimenti a comportamento colposo 

degli uffici, integrante, pertanto, un caso di respon


sabilit� da illecito. 

Con la decisione in esame, 27 settembre 1960, 

n. 677, il Consiglio di Stato ha puntualizzato i 
limiti del potere discrezionale attribuito agli 
organi tutori, in sede di autorizzazione a stare in 
giudizio, nel senso che l'organo tutorio deve limitarsi 
ad una delibazione estrinseca dell'azione che 
si intende proporre, non costringendo la libert�, 
degli enti controllati, di agire in giudizio (garantita 
dall'art. 24 della Costituzione), con il precorrere 
la pronuncia del giudice, ma semplicemente 
valutando l'interesse dell'Ente sotto il 
profilo della non manifesta infondatezza della domanda. 
Ha quindi accolto il ricorso, principalmente, 
perch� la fattispecie era caratterizzata da 
�un fatto veramente singolare, tale da costituire 
una di quelle illegalit� dette comunemente di carattere 
macroscopico� (come aveva ritenuto la 
precorsa decisione di annullamento del mandato 
di ufficio) e che integrava estremi suscettibili di 
diversa configurazione, per le modalit� con le 
quali era stato adottato ed eseguito il mandato 
stesso. Solo, in via di digressione polemica, soggiunse 
-con opinabile excursus -che anche la 
questione della risarcibilit� per lesioni di interessi 
legittimi non poteva essere confiscata al giudice 
naturale (l'A.G.) �non mancando chi afferma 
la fondatezza della soluzione affermativa �. Tutto 
qui! 

III) La Costituzione della Repubblica (artt. 24, 
103, 113) sanziona il principio della separata tutela, 
escludendo quella della doppia tutela giurisdizionale 
dei diritti e degli interessi giuridici. La 
questione non va confusa con l'ipotesi del cumulo 
di lesioni di diritti e interessi, ossia di lesioni 
incidenti su distinte situazioni l'una giuridica, 
tutelata direttamente, e l'altro di fatto tutelata 
occasionalmente. << Non � escluso, infatti che nel 
rapporto giuridico sia possibile individuare distinti 
momenti o aspetti, ciascuno dei quali dia 
luogo a una propria tutela giurisdizionale, la 
quale � determinata -come si � visto -in base 
alla disciplina giuridica di quel particolare momento 
ed aspetto; e la dottrina ha da tempo definito 
e precisato queste situazioni giuridiche collegate 
fra loro: un elencazione di esse, � stata fatta, 
ad esempio, dal SA.NDULLI (Collegamenti e conseguenzialit� 
tra diritti e interessi e relativa rilevanza 
ai fini delle competenze giiwisdizionali, in �Giust. 
Civ. n, 1958, I, 212). Ma allorch� viene in discussione 
un unico aspetto o momento del rapporto 
giuridico, cio� in sostanza, lo stesso diritto soggettivo 
o lo stesso interesse legittimo, la tutela giuridica 
non pu� essere che unica, quella propria 
dell'una o dell'altra posizione soggettiva; e occorre 
evitare allora che si rinnovino, sotto la parvenza 
di una non esatta impostazione dell'indagine 
sulla giurisdizione, l'inconveniente e gli errori 
che erano propri della teoria della prospettazione � 
(Relazione Avvocatura Gen. Stato, 1956-60, II 
pag. 137). 

La c.d. doppia tutela urterebbe, invero, contro 
il criterio stesso della ripartizione delle competenze 
(l'A.G. come giudice delle controversie di cognizione 
di rapporti giuridici; il Consiglio di Stato 
ed altri organi di giustizia amministrativa come 
giurisdizioni di annullamento), che -notisi -potrebbe 
anche venire meno, in relazione alla riserva 
di legge, di cui all'art. 113, ultimo comma 
Cost. (96). 

Sicch�, da un lato � stato correttamente affer


mato il principio che non possa farsi.. v_alere il 

diritto come interesse: onde la doppia tutela _� 

(96) Snu, Recensione a GurcCIARDI; La giustizia 
amministrativa cit., in� Rass. Avv. Stato>>, 1954, p:i.g. fi'l 

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22 


vietata (97), salvo che nelle fattispecie di atti 
in evoluzione, ci� ch� sostanzialmente conferma la 
separazione ontologica delle sfere di rispettiva 
lesione dei diritti e degli interessi (98); dall'altro 
pu� rilevarsi che ipotizzando l'azionabilit� di lesioni 
derivanti da attivit� illegittima. (e non, 
anche, illecita) della P.A., con l'attribuzione della 
competenza al Consiglio di Stato, in ordine al 
titolo del risarcimento, e all'A.G., in ordine all'identificazione 
del danno e alla sua liquidazione, si 
perverrebbe ad attribuire al Consiglio di Stato 
(laddove in tema di eccesso di potere � talora 
conditor juris: e questa � la ratio della esclusione 
di detto vizio dalla previsione dell'art. 4 L. cont.) 
una competenza sulla intentio, in materia, in definitiva, 
attribuita alla A.G., o quanto meno una 
competenza sulla �causa petendi ))' distraendola 
dalla funzione tipica della jurisdictio di cognizione, 
fondata sulla inscindibilit� della causa 
petendi e del petitum. (La diversa disciplina 

(97) La teoria che considera ammissibile la doppia 
tutela giurisdizionale in tema di violazione di diritti 
soggettivi, per effetto di atti amministrativi, non � 
recente. Essa si introdusse, sotto varie specie, nel nostro 
contenzioso, da prima, attraverso una non puntuale 
concezione della ripartizione delle competenze, attuata 
con la abolizione del contenzioso amministrativo, riguardata 
pi� come discriminazione di potest� tra P .A. 
e A.G. in ordine alla revocabilit� dell'atto, che come 
attribuzione di potest�, in corrispondenza alle lesioni 
prodotte dall'atto stesso (e sempre con l'anzidetto limite 
dell'A.G.) indi, attraverso la pretesa di far valere il 
diritto come interesse. 
Il criterio discriminatore delle competenze dell'A.G. 
e del Consiglio di Stato, in base al cosidetto cc petitum 
sostanziale� (scopo giuridico dell'azione, e base giuridica 
che la giustifica, indipendentemente dalla prospettazione) 
che importa il divieto -per la reciproca esclusione 
delle competenze -di far valere il diritto come 
interesse fu accolta, per la prima volta, dalle Sezioni 
Unite della Corte di Cassazione con sentenza 24 giugno 
1891, (in Giur. It., 1891 I, 3, 181; F.I., 1891, I, 118 
e 961) che riconobbe, in conformit� della tesi dell'Av;
vocatura Generale, -la competenza dell'A.G. Cfr. 
.D'AMELIO: IZ caso Laurens, dopo 40 anni di giurisprudenza,
in cc Studi Cammeo�, 1933, I, 319. 

L'unit� di indirizzo giurisprudenziale fra i due massimi 
organi giurisdizionali si mantenne quasi inalterata 
(Cfr. D'AMELIO e ROMANO: I contrasti giurisdizionali 
della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato �, in 
�Riv. Dir. Pubbl., 1929, I, 101). 

Su taluni dissensi, intervennero le decisioni del Consiglio 
di Stato, Ad. Pl. 14 giugno 1930, n. I, II e la 
sentenza Sezioni Unite 17 luglio 1930 (Giur. It., 1930, 
III, 149 e I, I, 964, e, pi� recentemente, a ripudiar la 
teoria c.d. della prospettazione (dopo alcuni persistenti 
contrarie pronuncie) le sentenze Sezioni Unite 3 giugno 
1954 e 16 marzo 1956, n. 775, ecc. (vedi Relazione 
Avv. Stato, 1956, 60, II, pag. 135, � nota la contraria 
opinione di GmoCIARDI: La Giustizia Amministrativa, 
cit. (vedi anche i precedenti studi citati supra, nota 51) 
che cc in riedizione scientificamente approfondita ed 
elaborata � della antica teoria sostiene la ammissibilit� 

contenuta negli artt. 27 e 28 O.p.p. ha suo 
fondamento nella unit� degli organi del potere 
giudiziario) � tale inscindibilit� che ha determinato 
l'attrazione, nella competenza esclusiva 
del Consiglio di Stat<>, tlelle questioni compenetrate 
di diritti e interessi, con la sola riserva della 
competenza della A.G., sulle questioni conseguenziali. 


Il che rende elementare l'interpretazione dello 
art. 30, secondo comma, T.U. 26 giugno 1924, 

n. 1054, in ordine alla competenza dell'A.G. sulle 
questioni conseguenziali alla pronuncia di illegittimit� 
dell'atto amministrativo, limitatamente alle 
pronuncie in materia di competenza esclusiva. 
10) Palesi ragioni di giustizia postulano che 
alla P.A., onerata di funzioni di giustizia obiettiva, 
nella realizzazione dei suoi fini pubblici, non sia 
creata una situazione deteriore di quella degli 
altri soggetti pubblici e privati. 

della doppia tutela giurisdizionale e la tricotomia dei 

vizi dell'atto (inopportunit�, illegittimit� e invalidit�) 

nonch� la dicotomia delle rispettive guarentigie degli 

interessi pubblici e privati (norme di azione e norme di 

relazione) per le cui lesioni -anche concorrenti -sono 

previste le tutele degli interessi legittimi, e dei diritti 

soggettivi. 

Al che � stato obiettato che la distinzione pu� solo 

coincidere in parte, con la fenomenologia giuridica 

(Relazione Avv. Gen. Stato 1956-60, II, p. 99); SIMI, 

Recensione, in cc Riv. Avv. Stato>>, 1954, p. 55) ma 

quando c'� l'illecito c'� un vizio assorbente dell'atto, che 

ha, per s�, il giudice naturale (e quindi infungibile), 

nell'A.G., con la tutela massima del risarcimento del 

danno, e del successivo annullamento da parte degli 

organi competenti; ond'� che siffatta protezione diretta 

� in�erogabile e non pu� essere rimessa alla libera d.i


sponibilit� del soggetto leso. 

(98) Con opinabile -per quanto pregevole -processo 
di specificazione capillare � stata ammessa la possibilit� 
di coesistenza di lesioni d'interessi legittimi e diritti 
soggettivi, in conseguenza di uno stesso atto (nelle 
c.d. concessioni-contratto; -C. Stato, V, 1 giugno 1949, 
n. 458) o di un unico procedimento amministrativo; 
con la conseguente proponibilit� di autonomi mezzi di 
difesa, rispettivamente, dinanzi ai giudici amministrativi 
e al giudice ordinario. Non si realizza, peraltro, 
cc doppia tutela � con possibilit� di far valere il diritto 
come interesse, sibbene l'ipotesi di incidenze separabili, 
su interessi legittimi (nel corso del procedimento) e 
su diritti (nella conclusione del procedimento stesso) 
(C. Stato, IV, 20 dicembre 1950, n. 619; Ad. Pl. 17 dicembre 
1951, n. 10, in tema di imposizioni tributarie 
da parte dei Comuni). LANDI E POTENZA, Manuale 
cit., pp. 576, 577 e nota 23 con bibl. Tuttavia, contra 
Relazione dell'Avv. Gen. Stato 1956-60, II, p. 137. 
In senso conforme alla tesi dell'Avvocatura dello Stato, 
Sezioni Unite 31 gennaio 1958 (in tema.. di. imponibile 
di manodopera) 16 luglio 1959 (in tema di imposizioni 
di sovracanoni nel procedimento amministrativo per 
la determinazione dei bacini, ritenuto atto non autonomo 
-rispetto a quello terminale -che incida su 
diritti soggettivi). Relazione cit. p. 138 segg.. 

T E T E 
-23 


'Sperequazione siffatta, de jiire condendo (attraverso 
riforme che non potrebbero aver luogo, 
certamente, per legge ordinaria, significherebbe 
insanabile contrasto con la funzione costituzionale 
attribuita all'amministrazione, come potere della 
sovranit�, perci� non dissociabile dalla cc giustizia 
e dalla imparzialit� �. 

Non possono -in contrario -essere invocate, 
utilmente, fra le ragioni di giustizia, le fattispecie 
che la dottrina ha tratto dal diritto privato, ravvisando 
in esse ipotesi di lesioni di interessi legittimi; 
in ordine ai quali � stato osservato dianzi, 
trattarsi di miraggi, in apparenza ricollegabili alle 
figure degli interessi, ma, in sostanza riconducibili 
alle situazioni di diritto soggettivo. 

Le testimonianze della Commissione Forti appaiono 
non pertinenti, poich� l'art. 68 dello schema 
di legge generale sulla P .A. si riferiva a ipotesi 
di violazioni di norme cc idonee a costituire tutela 
per i singoli n e di << norme di comune prudenza �; 
concetto ricollegabile alla responsabilit� per atti 
illeciti; e l'opinione dello Zanobini, circa una sup


posta recente giurisprudenza favorevole alla risarcibilit� 
delle lesioni di interessi legittimi, si riferisce, 
ovviamente, al caso della lesione di diritti 
affievoliti. 

La fragilit� della costruzione. appare d,11i. ultini.o 
evidente, laddove si insta per l'ammissione di una 
attenuata risarcibilit� nei casi, nei quali la tutela, 
accordata dalla legge agli interessi legittimi, si 
estende anche alla tutela dell'interesse individuale. 
Invero la questione si pone come problema 
di nesso eziologico, che l'ipotetica fattispecie legale 
offra, eventualmente, all'indagine dell'interprete. 

L'ampliamento de la sfera di responsabilit� della 

P. A., fino a .ricomprendervi la risarcibilit� di lesioni 
di interessi dei singoli, importf!'ebbe -con 
l'eliminazione del principio di protezione occasionale 
riflessa -la negazione della discrezionaJit� 
della stessa P. A. e la confisca del concetto stesso 
di pubblico servizio, la cui lesione ne postula, 
bens�, il ripristino, ma unitariamente, e non attraverso 
una frantumazione di responsabilit� patrimonial0 
verso i singoli. 
DARIO FOLIGNO 

AVVOCATO DELLO STATO 



3CT j?3?3CT j?3?
P' JF?3? ' TR E 


CONSULENZA E DIFESA IN GIUDIZIO DELLO STATO,. 
DEI SUOI ORGANI SUPREMI E DELLE REGIONI 
(CON RIGUARDO SPECIALMENTE AI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE) 


Conversazione tenuta il 3 dicembre 1960, da S. E. prof, Nicola Jaeger, Giudice 
della Corte costituzionale, al Centro italiano studi amministrativi -Sezione lombarda. 

Eccellenze, signori, amici, colleghi. 

Sento il dovere di precisare anzitutto, anche 
per evitare eccessive delusioni, che in verit� io 
non mi propongo di farvi una relazione vera e 
propria sul tema che avete sentito leggere. L'ho 
proposto io stesso -� verissimo -all'amico 
Locati, ma quale argomento di discussione fra 
gli intervenuti, non come tema di una relazione, 
che io potessi e dovessi svolgere; e ci� per evidenti 
ragioni, trattandosi di materia in gran parte 
ancora sub iudice, e di un giudice che � precisamente 
la Corte costituzionale! 

Sarebbe evidentemente scorretto che io esprimessi 
la mia opinione personale su problemi che 
dovr�, forse, concorrere a risolvere insieme con 
tutti i miei colleghi, e dopo avere ascoltato l'opinione 
di tutti. E poich� ritengo che una relazione 
dovrebbe esprimere le conclusioni del relatore 
(anche se talvolta, in qualche convegno, �. 
dopo avere ascoltato attentamente un relatore, ci 
siamo domandati quale fosse veramente la sua 
opinione ... ), devo rifiutarmi di accettare una 
denominazione simile per le brevi parole che mi 
accingo a dirvi, le quali hanno veramente soltanto 
lo scopo di richiamare la vostra attenzione 
su alcuni problemi concernenti i processi costituzionali, 
e particolarmente i giudizi su conflitti 
di attribuzione. 

In tutti questi tipi di processi � prevista la 
partecipazione attiva di patroni, chiamati a sostenere 
le domande dei vari soggetti processuali 
(enti ed organi, oppure individui privati). La 
norma generale, contenuta nell'art. 20 della legge 
(ordinaria) 11 marzo 1953, n. 87, dispone: cc Nei 
procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale 
la rappresentanza e la difesa delle parti pu� essere 
affidata soltanto ad avvocati abilitati al paprocinio 
innanzi alla Corte di Cassazione. 

cc Gli organi dello Stato e delle regioni hanno 
diritto di intervenire in giudizio. 
cc Il Governo, anche quando intervenga nella 
persona del Presidente del Consiglio dei ministri 

o di un Ministro a ci� delegato, � rappresentato 
e difeso dall'Avvocato generale dello Stato o da 
un suo sostituto >>. 
L'attuazione di questa disposizione non ha presentato, 
nella pratica degli anni decorsi finora, 

particolari difficolt�: s1 e avuto normalmente 
l'intervento del Presidente del Consiglio, rappresentato 
or dall'uno or dall'altro sostituto dello 
Avvocato generale, ed anche la costituzione delle� 
parti (come le ha chiamate la legge, alludendo 
verosimilmente a coloro che erano parti del procedimento 
principale, di merito nel corso del 
quale fosse stata sollevata la questione di legittimit� 
costituzionale deferita al giudizio della Corte), 
ha avuto luogo nella maggior parte dei casi, nei 
quali la questione era stata proposta in via inci


dentale. 

Quando tale questione era stata proposta, 
invece, in via principale -dallo Stato contr�' 
una legge regionale o da una Regione contro 
una legge dello Stato -e nei casi di conflitto. 
di attribuzione fra lo Stato e una Regione, il 
Presidente del Consiglio si � costituito attraverso 
l'Avvocatura generale e quello della Regione 
si � fatto rappresentare e difendere da avvocati 
del libero Foro. 

Non si sono avuti finora -e i componenti 
della Corte sono ben lontani dal dolersene casi 
di conflitti di attribuzione tra poteri dello 
Stato che rientmssero nella competenza della 
Corte costituzionale, in quanto insorti cc tra organi 
competenti a dichiarare definitivamente lai 
volont� del potere cui appartengono, e per lai 
delimitazione della sfera di attribuzioni determinata 
per i vari poteri da norme costituzionali>), 
secondo la formula dell'art. 37 della legge 
citata. 

Come � noto, gli scrittori hanno interpretato 
questa norma nel senso che conflitti simili possano 
insorgere solo fra gli organi supremi di ogni 
potere (legislativo, amministrativo o giudiziario) 
ed hanno fatto varie esemplificazioni, ipotizzando 
conflitti fra il Parlamento e :il Governo, fra l'uno 
e l'altro ramo del Parlamento, fra Governo o Parlamento 
e l'Ordine giudiziario (impersonato dalla 
Corte suprema di cassazione) o fra ognuno di essi 
e il Presidente della Repubblica. 

In tali ipotesi, a norma della legge n. 87 <( Salvo 
il caso previsto nell'ultimo comma. dell'ai_rt.... 2Q: 
(per la rappresentanza e la difesa giudiziale del 
Governo, intervenuto in persona del Presidente 
del Consiglio o di un Ministro delegato), gli organi 
interessati, quando non compaiano perso




-25


nalmente, possono essere difesi e rappresentati 
da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti 
alle giurisdizioni superiori� (art. 37 citato, 
ultimo comma). 

Dalla esperienza di questi anni risulta che 
il peso pi� gravoso dei processi in materia costituzionale 
(se si prescinde -come devo fare 
-da quello che grava sui giudici della Corte ... ) 
� sopportato dai valorosi componenti dell'Avvocatura 
generale dello Stato, presenti a tutte 
le udienze e impegnati a difendere, di volta in 
volta, le norme denunciate come viziate di incostituzionalit� 
o le attribuzioni dello Stato in 
contraddittorio con una Regione o quelle di una 
Regione contro una Provincia autonoma (sono 
casi che si presentano per la Regione del Trentino-
Alto Adige), o taluni enti pubblici, come 
quelli per la riforma fondiaria. Si tratta di un 
lavoro assiduo e difficile, anche perch� non sempre 
assistito dalla collaborazione, diligente come 
dovrebbe essere, dei... clienti, vale a dire degli 
organi dell'Amministrazione attiva, rispetto ai 
quali l'Avvocatura non sembra trovarsi nella 
posizione di supremazia tecnica -se si pu� dir 
cos� -che un professionista libero e consapevole 
delle proprie responsabilit� ha il diritto e il dovere 
di pretendere riconosciuta da coloro che richiedono 
il suo patrocinio. 

N� si pu� escludere l'eventualit� che, qualche 
volta, i rappresentanti dell'Avvocatura generale 
possano trovarsi nella necessit� di sostenere 
tesi contraddittorie nella discussione di 
controversie diverse, magari nel corso della stessa 
udienza: a proposito, per esempio, della possibilit� 
di configurare l'esistenza di un diritto comune 
delle regioni e l'ammissibilit� del ricorso analogico 
alle norme dello statuto dell'una ai fini della 
migliore interpretazione di quelle dello statuto di 
un'altra. Si tratta di una questione assai delicata 
e che trover�, forse, soluzione �quando saranno 
costituite tutte le regioni a statuto comune 
(per la Corte costituzionale il problema non 
si pone, evidentemente, in termini politici, ma 
solo in quelli di adempimento o di abrogazione, 
con legge costituzionale , delle norme della Costituzione 
vigente); in tal caso, infatti, si potr� 
sicuramente parlare di un diritto comune delle 
regioni, contenente i principi generali, rispetto ai 
quali le norme degli statuti speciali avranno 
chiaro carattere eccezionale e potranno e dovranno 
essere interpretate restrittivamente, non 
senza vantaggio per l'unit� giuridica e la coerenza 
dell'ordinamento dello Stato. 

� probabile che molti di voi abbiano letto 
ripetutamente, in giornali e riviste politiche, 
espressioni di meraviglia o anche di critica nei 
riguardi dell'attivit� dell'Avvocatura generale dello 
Stato, svolta a sostegno di tesi di legittimit� costituzionale 
di norme, che poi la Corte ha ritenuto 
di dover dichiarare illegittime. 

Si tratta di valutazioni di ordine politico, che 

dovrebbero quindi riferirsi, se mai, non all'opera 

dell'Avvocatura, ma alle direttive seguite dagli 

organi politici, e che non tengono conto della 

utilit� -oserei dire dell'indispensabilit� -del


l'osservanza del principio del contraddittorio in 
ogni tipo o figura di processo. 

Gli avvocati dello Stato vengono a discutere 
davanti alla Corte �Costituzionale con uno stile 
proprio di uomini preparati e coscienziosi, i quali 
sanno che � loro compito prospettare al. giudici 
tutti gli argomenti adducibili a favore di una 
tesi, tanto pi� in quanto non ignorano che i giudici 
ascoltano tali argomenti con la stessa serenit� 
con cui hanno ascoltato o ascolteranno quelli 
opposti, per valutare poi, nella propria coscienza, 
il peso degli uni e quello degli altri. Ed io sento 
il dovere di rendere omaggio ai valorosi rappresentanti 
dell'Avvocatura per la collaborazione 
preziosa che essi danno quotidianamente alla nostra 
fatica. 

Vorrei chiedervi, per�, dopo questa sommaria 
esposizione del modo in cui � stata i�egolata 
legislativamente la partecipazione dei difensori 
dello Stato nei processi costituzionali, se vi sembra 
che tale regolamento sia proprio perfetto e 
tale da evitare ogni inconveniente, anche a paragone 
dei metodi, cui si ispira invece normalmente 
l'attivit� del difensore: beninteso, del difensore 
che abbia piena consapevolezza della propria 
missione e dei doveri che ne derivano. 

Solo persone assolutamente profane del diritto 
possono concepire limitato il compito dell'avvocato 
alla difesa del proprio cliente in giudizio. 
Tutti coloro che sono presenti qui sanno bene 
che, sotto certi aspetti, � invece assai pi� importante 
l'attivit� stragiudiziale o, quanto meno, 
pre-giudiziale. Il cliente avveduto va a consultare 
il proprio difensore molto prima di essere 
convenuto in giudizio; tanto meno pretenderebbe 
di imporgli l'una o l'altra presa di posizione processuale, 
che -ad ogni modo -un patrono 
serio non potrebbe accettare senza vagliarla accuratamente. 


Ora che, dopo diversi anni di esperienza, abbiamo 
tutti delle idee molto pi� chiare sulla estensione 
dei giudizi in materia costituzionale, e la 
giurisprudenza della Corte ha riconosciuto e :fissato 
i principi direttivi della interpretazione della 
Costituzione, sembrerebbe giunto il momento che 
gli organi del potere legislativo e dell'esecutivo 
si curassero, con particolare diligenza, degli aspetti 
e dei riflessi costituzionali della loro attivit�. 
Nelle due camere del Parlamento e nella composizione 
dei governi che si sono succeduti in questi 
anni non sono mancati, certamente, i giuristi 
anche di alto e riconosciuto valore; ma, quando � 
si tratta di deliberare un provvedimento legislativo 
o amministrativo, � ben naturale e giusto 
che anche essi si preoccupino, anzitutto, del problema 
politico o tecnico che devono risolvere, 
rispetto al quale certi limiti di ordine giuridico 
:finiscono per essere piuttosto coordinati -se 
non subordinati -che sopraordinati, come vorrebbe 
la Costituzione, anche perch� -� risaputo 
-n� il medico rinomato n� il giurista-sommo 
pu� essere buon giudice nella causa propria.-~ 

Se � vero che nel compito del difensore � com


presa anche una attivit� preliminare, di consi


glio e di cautela preventiva, e che tutte le im



-26 

prese bene orgaRizzate hanno propri uffici legali 

e sanno servirsene. non soltanto per la difesa giu


diziale, ma anche per sentirne il parere al mo


mento della stipulazione dei propri contratti, ci 

si pu� domandare se lo Stato abbia risolto perfet


tamente i problemi analoghi che oggi si pongono 

anche per esso, dato che vi � una Costituzione 

rigida e vi � una Corte decisa a farla rispettare, 

ogni qualvolta concorrano i presupposti (piuttosto 

rigorosi, come � noto) richiesti per il suo giudizio. 
Gli uffici legislativi, dispersi non molto provvidamente 
presso i vari ministeri e formati da 
persone egregie, ma spesso poco adusate al com battimento 
forense e alle tensioni relative, ri.
spondono pienamente allo scopo? Potrebbe essere 

pi� utile attribuire all'Avvocatura generale dello 

Stato una funzione consultiva anche in questa 

materia -dei problemi di legittimit� costituzio


nale delle leggi -dato che proprio gli avvocati 

sono particolarmente allenati a prevedere le ecce


zioni avversarie, supponendosi investiti del com" 

pito spettante alla parte opposta, e, nel caso, 

proprio gli avvocati dello Stato sono stati chia


mati per anni e anni a difendere, con alterne 

vicende, la legittimit� costituzionale di tante 

norme denunciate come illegittime? 

E come potrebbe essere meglio coordinato il 

patrocinio dello Stato, delle regioni e di altri 

enti pubblici o dei loro organi, fra i quali insor


gono, pi� spesso di quanto non si prevedesse, 

conflitti di attribuzione (e di prestigio), che esi


gono insieme pronte decisioni ed oculata prepa


razione? 

L'estensione dei metodi e delle misure propri 

del processo a campi del tutto nuovi pone, come 

vedete, problemi imprevisti e di estrema delica


tezza. Dobbiamo augurarci che essi vengano stu


diati a fondo e risolti con adeguata coscienza 

della loro importanza e con la necessaria tem


pestivit�. 

* * * 

La chiarezza del discorso e la personalit� di chi 

lo ha pronunciato renderebbero del tutto superflua 

ogni ulteriore considerazione in merito all'argomento 

trattato con tanta acutezza e con cos� prof onda co~ 

noscenza dei problemi pratici connessi alle esigenze 

della consulenza e della difesa dello Stato, dei suoi 

Organi Supremi e delle Regioni dinanzi la Suprema 

Giurisdizione Costituzionale. 

Ci sia, tuttavia, consentito, nell'esprimere la 

nostra grata soddisfazione per questo nuovo rico


noscimento che ci viene da chi, per le altissime 

funzioni esercitate, � meglio in grado di valutare le 

difficolt� del compito affidato agli avvocati dello 

Stato, ponendolo al suo giusto posto nel quadro 

del nostro ordinamento giuridico, di sottolineare 

le ragioni, cos� chiaramente poste in luce, che im


pongono di regolare con precise norme la materia 

delicata e complessa della consulenza costituzionale 

per attribuirne la funzione all'organo meglio quali


ficato, determinandone le forme ed i limiti. 

L'esperienza d'oltre sette anni di fun.zionamento 
della Corte Costituzionale che, con impareggiabile 
sapienza e saggezza ha posto le fondamenta di una 
solida giurisprudenza ed ha fissato i principi direttivi 
della interpretazione della Car_~a Costituzionale, 
consiglia indubbiamente di riservare istituzionalmente 
all'Avvocatura Generale dello Stato la consulenza 
in materia costituzionale; di affidarla cio� 
al Corpo degli Avvocati che, ormai da molti anni, 
sono chiamati a difendere la legittimit� costituzionale 
delle leggi e sono, come viene acutamente rile-. 
vato, � particolarmente allenati a prevedere le eccezioni 
avversarie supponendosi investiti del compito. 
spettante alla parte opposta n. 

Si eliminerebbe cos� l'attuale stato di incertez.za 
e si predisporrebbe un sistema, chiamandosi a collaborare 
l'organo pi� qualificato, diretto ad assicurare, 
nella deliberazione dei provvedimenti legislativi 
o amministrativi l'osservanza di quei limiti 
di ordine giuridico-costituzionale che, come giustamente 
viene osservato, attualmente << finiscono per 
essere piuttosto coordinati, se non subordinati, 
che sopraordinati, come vorrebbe la Costituzione 
... n. 

Evidenti sarebbero i vantaggi del sistema: l'accentramento 
in un unico organo, particolarmente qualificato, 
consentirebbe di seguire, anche nella mate-. 
ria consultiva costituzionale, quell'unit� d'indirizzo, 
quella visione organica dell'insieme dell'ordinamento 
costituzionale, che attualmente � resa difficile 
dall'intervento di fatto di organi amministrativi 
di diversa costituzione e di diversa preparazione 
tecnica. Inoltre un sistematico intervento dell'organo 
di consulenza varrebbe, verosimilmente, a ridurre 
sia i casi di norme di legge ordinaria che offran? 
il fianco ad appunU di costituzionalit� sia i casi 
di provvedimenti amministrativi che possano dar 
luogo a conflitti di .ttribuzione. In quest'ultimo 
settore �, infatti, da prevedere che l'attuazione del-, 
l'ordinamento regionale non potr� mancare di aumentare 
le vertenze fra Stato e Regioni. 

Compiuta ormai, in gran parte, la revisione (che 
avrebbe dovuto essere effettuata tempestivamente dal 
legislatore ordinario) delle leggi anteriori alla Costitiizione 
attraverso l'attivit� della Corte, che ha costituito 
anche uno stimolo utilissimo all'attivit� del 
Parlamento, in avvenire il sindacato di costituzio
�nalit� si eserciter� prevalentemente su leggi emanate, 
non solo dopo l'entrata in vigore della nuova. 
Carta Costituzionale, ma anche dopo. che la Corte 
Costituzionale ne ha posto, con la sua ampia attivit� 
giurisdizionale, i principi fondamentali interpretativi. 


� evidente che il Parlamento, l'Esecutivo, gli 
Organi Legislativi ed Esecutivi Regionali dovranno�, 
vagliare la legittimit� costituzionale delle nuove 
leggi e degli atti amministrativi che possano dar. 
luogo a conflitti d'attribuzione al lume della giurisprudenza 
della Corte, se non vorranno incorrere 
in vizi di legittimit�; ed � altrettanto evidente che 
il giudizio della Corte assumer� uri; rilievo. molto 
maggiore di quanto non possa averne avuto il �sin�a-~ 
cato di legittimit� esercitato sulle leggi anteriori7 
emanate senza un preventivo vaglio di legittimit� 
costituzionale da parte del Parlamento-. 


-27 


Se cos� � non ,pu� apparire dubbia l'esigenza di 
apprestare ogni strumento che sia da reputare il 
pi� idoneo ad illuminare il Parlamento e l'Esecutivo, 
in base agli indirizzi segnati dalla Corte Costituzionale, 
cos� nella emanazione delle norme di 
legge ordinaria che nell'emanazione di atti che possano 
dar luogo a conflitti d'attribuzione. 

E ci sia consentito di concludere con le parole 
dell'illustre giurista: � se � vero che nel compito 
del difensore � compresa anche una attivit� preliminare 
di consiglio e di cautela preventiva e che 

tutte le imprese bene organizzate hanno -propri 
uffici legali e sanno servirs�n� �non soltanto per la 
difesa giudiziale, ma anche per sentirne il parere 
al momento della stipulazione dei propri contratti, 
ci si pu� domandare se lo Stato abbia .ri.solto periettamente 
i problemi analoghi che oggi si pon� 
gono anche per esso, dato che vi � una Costituzione 
rigida e vi � una Corte decisa a farla rispettare, 
ogni qualvolta concorrano i presupposti 
(piuttosto rigorosi come � noto) richiesti per il su� 
giudizio n. 


ANCORA SU." QUESTIONE DI COMPETENZA COSTITUZIONALE EGIURISDIZIONE,, 


Della tutela dell'interesse del cittadino al rispetto 
delle norme di competenza costituzionale e, consernentemente, 
della potest� giurisdizionale dell'a;_
torit� giudiziaria ordinaria e del Consiglio di 
Stato sulla questione di competenza costituzionale 
si sono recentemente occupati, fra gli altri, 
il GROTTANELLI D� SANTI (I conflitti di attribuzione 
fra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni, Milano 
1961, pag. 89) e il PmRANDREI (Due problemi 
in t;ma di rapporti fra i giudizi comuni e i giudizi 
sui conflitti di attribuzione davanti alla Oorte Oostitwzionale, 
in � Giur. it. �, 1962, col. 721, in nota 
alla sentenza del Tribunale di Cagliari, 16 maggio 
1958, il cui testo � integralmente riportato in 
� Giur. Oost. �, 1960, 1040). 

Entrambi gli autori dianzi citati mostrano di 
dissentire dalla tesi, da noi sostenuta (Questione 
di competenza costituzionale e giurisdizione in 
questa �Rassegna �, 1960, p. 65; vedasi anche, in 
questa stessa� Rassegna�, 1957, p. 188; 1959, p. 19 
e p. 51; 1962, p. 72); ma n~ssuno dei due p_orta 
argomenti, che, a nostro aVVIso, valgano a dimo 
strarne la non corrispondenza alle norme vigenti. 

n Grottanelli d� Santi, anzi, molto obiettivamente 
indica un altro argomento a favore della 
nostra tesi ed avverte che essa trova rispondenza 
nella dottrina tedesca: �l'effetto paralizzante proprio 
delle norme costituzionali nei confronti delle 
attivit� statali, giurisdizionali ed esecutive, che 
avrebbe sostanzialmente sottratto al giudice comune 
la possibilit� d'interpretare le norme costituzionali 
di competenza e con essa il potere di 
annullamento di atti, che, sotto il profilo del vizio 
appunto d'incompetenza costituzionale, spetta soltanto 
alla Oorte Costituzionale �. 

Il predetto autore, dopo aver avvertito che non 
intende affrontare �la grossa questione della ine


. sistenza di un interesse legittimo costituzionale 
del privato � (premessa e fondamento della nostra 
tesi) afferma che, a suo avviso, non � possibile 
negare alla luce dell'art. 113 Oost., l'impugnabilit� 
a.inanzi al giudice amministrativo da parte 
del privato di un atto, che si ritenga emanato, 
dallo Stato o dalla Regione, fuori dei limiti costituzionali 
di competenza propri di tali enti e che 
sia lesivo degli interessi legittimi del privato. 

Sulla base di questa premessa -postulata, ma 
non dimostrata -l'autore esamina come si possa 
evitare il conflitto di giudicati fra il Consiglio di 
Stato e la Corte Oostituzionale, non escludendo, 
peraltro, che sul terreno pratico la questione poss:1 
essere risolta con una sentenza della Corte Oost1tuzionale, 
la quale affermi an~ora.una vol~a l'unicit� 
della giurisdizione costituzionale (11 precedente, 
cui l'autore espressamente si riferisce � la 
sentenza n. 38 del 1957, con la quale la Oorte 
sanzion� la cessazione delle funzioni dell'Alt~ Oorte 
per la Regione siciliana; sulla possibilit� pratica 
di ottenere sulla questione un'espressa pronunzia 
della Oorte Oostituzionale in sede di risoluzione 

di un conflitto di attribuzione vedasi, GVGLmLMI: 
I confiitti di attribuzione fra i Poteri dello Stato ne 
�La OorteOostituzionale �,Roma, 1957, p. 399 seg.). 

Il Pierandrei si libera ancora pi� rapidamente 
della nostra tesi, affermando in due brevi note 
(3 e 15) che essa Ǐ affatto inaccettabile� e �va 
senz'altro disattesa� perch� i privati verrebbero 
a trovarsi privi di tutela giurisdizionale, e passa, 
poi, ad esaminare due questioni: se il conflitto 
di attribuzione costituzionale possa o debba essere 
sollevato in via incidentale nel corso di un processo; 
se, instaurato contemporaneamente un processo 
innanzi le giurisdizioni comuni e un conflitto 
di attribuzione innanzi la Oorte Oostituzionale il 
giudice comune possa o debba sospendere il processo 
in attesa della decisione della Oorte. 

La posizione del Grottanelli d� Santi � comprensibile, 
anche se -a nostro avviso -pecca 
nel dare per dimostrata una premessa, che avrebbe 
bisogno di congrua dimostrazione e che l'autore 
stesso riconosce involgere una grossa questione. 
Presupposto della giurisdizione � una situazione 
giuridica soggettiva, tutelata in via diretta od 
occasionale, onde la conseguenza che l'accertamento 
di� questa � preliminare alla sussistenza 
della giurisdizione. 

Incomprensibile, invece, � la posizione del Pierandrei. 
Non comprendiamo, infatti, perch� la 
nostra tesi sia affatto inaccettabile e vada senz'altro 
disattesa, quando, invece, essa � la premessa necessaria 
alla prinia delle questioni esaminate, decisa 
favorevolmente dal Tribunale di Cagliari e sulla 
quale si sono pronunziati, in senso affermativo, 
il Lavagna e il Selvaggi. In tanto, infatti, si pone 
il problema della possibilit� di sollevare in via 
incidentale il conflitto di attribuzione, in quanto 
si neghi che sulla questione sussista la giurisdizione 
comune. Oontrariamente opinando il giudice 
adito deciderebbe la questione senza alcuna necessit� 
di sottoporla alla Corte Costituzionale. 

D'altra parte, lo stesso autore riconosce che 
�il nostro ordinamento configura i conflitti come 
contrasti, che si manifestano sul piano pi� elevato 
della vita della Repubblica, cio� sul piano costituzionale, 
fra gli elementi o i fattori essenziali del 
sistema, che disputano circa la titolarit� o i limiti 
delle rispettive competenze � e che, appunto per 
ci�, in sede di esame ed approvazione di quella, 
che sarebbe stata, poi, la legge 11 marzo 1953, 

n. 87, non avevano avuto seguito le proposte intese 
ad autorizzare una proposizione del conflitto 
in via incidentale o, comunque, da parte di un 
soggetto diverso dai due Enti in contrasto (vedansi 
Atti parlamentari -Discussioni, seduta del 
14 marzo 1951 e 4 marzo 1953, pp. 27108-27110 
e 46808 seg.; vedasi anche in questa� <<Rass~gna: �, 
1950, p. 162 e 1960, p. 67). 
J.J'errore comune a entrambi gli autori, di cui 
si � riportata l'opinione, � che la nostra tesi, oltre 
che negare ogni tutela all'interesse del privato, 



ifilM W=ii1ll ifilM W=ii1ll 
;;z M ��?' ?T?fi 


-29


priverebbe, senza un'espressa disposizione di legge, 
il Consiglio di Stato di una parte della sua giurisdizione. 


Questa affermazione �, a nostro avviso, profondamente 
errata, perch� non tiene conto che la 
ripartizione costituzionale di competenza fra Stato 
e Regioni o fra Regioni (e, con carattere rigido, 
fra i Poteri dello Stato) � propria ed originaria 
della Costituzione repubblicana, la quale ha istituito 
la Corte Costituzionale, proprio per giudicare, 
fra l'altro, dei conflitti fra i predetti Enti 
(o Poteri) in merito alla sfera di competenza a 
ciascuno di essi attribuita dalla Costituzione. Prima 
di questa non sussisteva ripartizione costituzionale 
(quanto meno rigida) di competenza, n� sussistevano 
i conflitti di attribuzione costituzionale, n� 
un organo istituito per risolverli autoritativamente; 
conseguentemente, non esisteva un interesse 
del privato al rispetto delle norme costituzionali 
sulla competenza, n� era ipotizzabile una 
giurisdizione in proposito dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria o del Consiglio di Stato. 

Non si tratta, quindi, di ricercare una norma, 
che abbia ridotto la giurisdizione dei giudici comuni; 
ma di individuare la norma che abbia ad 
essi attribuito questa nuova giurisdizione a tutela 
di nuove situazioni giuridiche soggettive. 

.A. questo proposito, peraltro, riteniamo opportuno 
soffermarci su di un particolare aspetto della 
questione, che ci era, almeno in parte, precedentemente 
sfuggito. Il vizio di competenza, di cui 
all'art. 26 Testo unico delle leggi sul Consiglio di 
Stato, � un vizio di competenza, non di attribuzione; 
attiene, cio�, alla ripartizione fra i vari 
organi dello Stato-Amministrazione o di altro Ente 
pubblico delle funzioni ad esso attribuite. La competenza 
amministrativa, almeno a questi effetti, 
sta all'attribuzione come la competenza giudiziaria 
sta alla giurisdizione. Di vizio di competenza, da 
far valere con ricorso al Consiglio di Stato a tutela 
dell'interesse legittimo del privato cittadino al 
ripetto, da parte degli organi della pubblica Amministrazione, 
delle norme, che fra loro ripartiscono 
le attribuzioni dell'ente, pu� parlarsi, perci�, 
solo se un organo di un ente abbia esorbitato dai 
limiti della sua competenza, ma sempre restando 
nella sfera di attribuzioni dell'ente. Se il suo atto 
esorbita da queste ultime, esso � viziato non gi� 

per incompetenza, ma per difetto di attribuzi�'ne 

o incompetenza assoluta e, conseguentemente, � 
idoneo a ledere, se mai, diritti soggettivi, non 
interessi legittimi del privato cittadino. 
La questione va posta, pertanto, con;riferimt:into 
alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria 
piuttosto che del Consiglio di Stato, giudice 
del vizio d'incompetenza ordinaria, relativa, non 
dell'attribuzione costituzionale. 

Escluso che sussista in materia la giurisdizione 
dei giudici comuni (autorit� giudiziaria ordinaria e 
Consiglio di Stato), escluso, cio�, che sussista una 
attribuzione del Potere giurisdizionale ed esclusa, 
altres�, per il testuale preciso disposto della legge 
11 marzo 1953, n. 87, la possibilit� di promuovere 
in via incidentale la questione della competenza 
costituzionale ad emanare l'atto amministrativo, 
resta da esaminare un ultimo aspetto 
della questione, che, almeno ex-professo, non ci 
risulta sia stato ancora esaminato. Intendiamo 
riferirci all'art. 5 legge 20 marzo 1865, allegato E 
ed alla sua applicabilit� all'atto vfaiato d'incompetenza 
costituzionale. Se fosse lecito al giudice 
disapplicare, ai sensi dell'art. 5 citato, l'atto emanato 
dall'organo di un Ente (o di un Potere) senza 
il rispetto dei limiti costituzionali di attribuzione 
dell'Ente (o del Pbtere), se, cio�, il giudizio sull'illegalit� 
dell'atto, presupposto della sua disapplicazione, 
non costituisse esercizio di funzione 
giurisdizionale, verrebbero meno i lamentati inconvenienti 
del sistema. Non potrebbe mai verificarsi 
conflitto di giudicati perch� la sentenza, che, disapplicato 
l'atto ritenuto viziato d'incompetenza 
costituzionale, decidesse sulla pretesa sostanziale 
fatta valere dall'attore, non costituirebbe giudicato 
sulla questione di competenza costituzionale~ 
decisa solo in via incidentale e con effetti limitati 
al caso deciso. D'altra parte, con la disapplicazione 
dell'atto non si negherebbe ogni tutela -ancorch� 
mediata -all'interesse del privato al rispetto 
delle norme sulla competenza costituzionale. 

Riteniamo, per�, che l'art. 5 legge 20 marzo 1865, 
allegato E non sia applicabile al caso in esame, 
perch� anche il giudizio sulla legalit� dell'atto e 
la sua conseguente disapplicazione costituiscono 
esercizio di funzione giurisdizionale, che non sussiste 
nella materia costituzionale, riservata esclusivamente 
al giudizio della Corte Costituzionale. 

G. G. 

RACCOLTA� DI G_IURISPRUDENZA


' ' ' ' ' . ' ~� . 

CORTE COSTITUZIONALE 


COSTITUZIONE -SCIOPERO -Coazione alla Pubblica 
autorit� -Sciopero a scopo' di soUdariet� Incostituzionalit� 
della �normativa -Questione infondata 
-Limiti. (Corte Cost�tuzionale, Sentenza 

� n. 123 del 1962 -Pres.! Ambrosini; Rel.: Mortati). 

Sebbene, salva la neoessaria regolamentazione 
del diritto d� sciopero, non siano illegittimi gli 
articoli 330 (abbandono collettivo di pubblici uffici, 
impieghi, s.erviz~ o lavori), 504 (coazione alla pubbli�a 
autorit� mediante serrata o sciopero), 505 
(serrata o sciopero a scopo di solidariet� o di protesta) 
Codice penale, il giudice,, ordinario non pu� 
irrogare le sanzioni previste nell'art. 330 ai lavoratori 
addetti ad imprese di servizi pubblici, n� 
le sanzioni pr�viste negli articoli 504 e 505, se 
di natura economica siano le finalit� dei loro 
comportamenti. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. 


1. L'ordinanza del Tribunale di Livorno propone 
due specie di questioni. La prima riguarda 
la cpmpatibilit� con l'art. 40 della Costituzione, 
che garantisce il diritto soggettivo di sciopero, 
dell'art. 330 O. p. il quale punisce come delitti 
contro la P. ,�.. l'abbandono collettivo del lavoro 
effettuato dagli appartenenti a quattro categorie 
di personale, e cio� i pubblici ufficiali, gli incaricati 
di pubblici servizi aventi la qualifica di impiegati, 
i privati che, senza essere organizzati in 
imprese, eserciscono servizi pubblici o di pubblica 
necessit�, e infine i dipendenti da imprese che 
attendono ai servizi ora detti. La seconda questione 
si riferisce alle ipotesi di sciopero previste 
dagli articoli 504 e 505 (inclusi nel titolo VIII, 
allo scopo di esercitare coazione sulla pubblica 
autorit�, e, rispettivamente, di esprimere una 
protesta, o di manifestare la solidariet� con altri 
lavoratori. 
2. I1a Corte ha gi� avuto occasione di pronunciarsi 
sull'interpretazione dell'art. 40 della Costituzione 
e con sentenza n. 29 del 1960, presupposta 
la immediata precettivit� del medesimo 
anche nell'attuale periodo di carenza della legge 
cui esso rinvia, ha dichiarato costituzionalmente 
illegittimo l'art. 502, 2� comma, C. p., che puniva 
lo sciopero economico di lavoratori legati da rapporto 
contrattuale di lavoro, nella considerazione 
che dovesse ritenersi decaduto per effetto sia della 
soppressione dell'ordinamento corporativo dal 
quale traeva l'esclusivo suo fondamento, sia del 
principio della libert� sindacale sancito dall'art. 39 
della Costituzione. 

Con altra sentenza (n. 46 del 1958), statuendo 
sulla questione sottopostale della costituzionalit� 
dell'art. 333 C. p., ha poi ritenuto che anche l'astensione 
dal lavoro da parte di singoli appartenenti 
alle categorie di addetti ai pubblici uffici, servizi, 
lavori ivi considerati, deve rimanere immune dalle 
sanzioni penali quando si dimostri che la medesima 
abbia avuto luogo al fine di partecipare ad 
uno sciopero, e semprech� questo sia da considerare 
legittimo. 

Il principio, implicito in quest'ultima pronuncia, 
deve essere confermato. Ma insieme devono essere 
ricercati i limiti (coessenziali ad esso, come a qualsiasi 
altra specie di diritto) entro cui il suo esercizio 
pu� ritenersi consentito. 

Nel pror.edere a tale ricerca, resa necessaria dal 
mancato adempimento da parte del legislatore 
dell'imperativo a lui imposto dall'art. 40, la Corte 
gode di un potere pi� ristretto di quello proprio 
dell'organo legislativo, essendole consentito di far 
valere solo quelle, fra le possibili limitazioni, che 
si desumano in modo necessario o dal concetto 
stesso dello sciopero (qual'� derivato dalla tradizione 
accolta dal costituente, e che si concreta 
nell'astensione totale dal lavoro da parte di pi� 
lavoratori subordinati al fine della difesa dei loro 
interesse economici), oppure dalla necessit� di 
contemplare le esigenze dell'autotutela di categoria 
con le aitre discendenti da interessi generali 
i quali trovano diretta protezione in principi consacrati 
nella stessa Costituzione. 

3. Poich� l'esame della Corte sulla questione 
prospettata deve rimanere circoscrltto (a termine 
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87) nell'ambito 
segnato dalla rilevanza che la sua soluzione 
riveste per poter giungere alla decisione del 
giudizio di merito, in occasione del quale essa � 
stata proposta, giudizio vertente nella specie nella 
materia dello sciopero di lavoratori addetti ad 
imprese di servizi pubblici, si rende necessario 
accertare se nel sistema della Costituzione si riscontrino 
elementi idonei ad escludere o� limitare il 
diritto garantito dall'art. 40 in confronto a qnella 
determinata categoria di prestatori d'opera. 
Non sembra che l'indagine cos� proposta trovi 
un ostacolo pregiudiziale nella lettera dell'art. 40, 
come si afferma da chi ritiene che questa consenta 



EfilIDifilRT T?�JkU ?FFFFEHW: EfilIDifilRT T?�JkU ?FFFFEHW: 
-31 


limiti pertinenti solo all'esercizfo del diritto, non 
gi� alla sua titolarit�, con la consegu.enza di dover 
riconoscere la legittimazione attiva all'esercizio 
stesso agli appartenenti a �qualsiasi categoria di 
prestatori d'opera. Infatti il potere di regolamentazione 
che la Costituzione affida alla legge ha per 
oggetto il diritto di sciopero in genere, e quindi 
appare suscettibile di rivolgersi a ciascuno degli 
elementi che entrano a comporlo, compresi iri 
essi anche i soggetti che ne possono essere titolari, 
semprech� tali eventuali limitazioni di carattere 
soggettivo possano �apparire imposte dall'esigenza 
di salvaguardare quegli interessi generali cui si 
� fatto riferimento. 

4. Pertanto, per decidere circa l'attuale applicabilit� 
dell'art. 330 ai personali ivi considerati 
appare necessari<'> rendersi conto della natura delle 
funzioni affidate alla cura dei medesimi. 
Si pu� nella specie prescindere dall'esame, che 
sarebbe pregiudiziale, in ordine alla fondatezza 
del dubbio che � stato sollev�to, vertente sull'att�ale 
applicabilit�,, per opera dell'interprete, e 
fino a quando non sia intervenuta la nuova regolamentazione 
legislativa del diritto di sciopero, 
delle sanzioni penali corrispondenti alle fattispecie 
criminose previste da un codice penale ispirato, 
per quanto riguarda la materia in oggetto, ad una 
ideologia ed a principi in tutto contrastanti con 
quelli cui si informa il vigente sistema costituzionale. 
Se ne pu� prescindere perch�, se pure il 
dubbio prospettato si dovesse risolvere nel senso 
della sopravvivenza delle norme in parola, la loro 
applicabilit� sarebbe ammissibile solo condizionatamente 
al rispetto del principio gi� enunciato, 
e cio� entro i limiti in cui la perseguibilit� penale 
dello sciopero appaia necessitato dal bisogno di 
salvaguardare dal danno dal medesimo derivante 
il nucleo degli interessi generali assolutamente 
preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela 
di categoria. 

Ora la Corte ritiene che i servizi pubblici del 
genere di quelli di cui � discussione (e per i quali 
come si � detto, la questione proposta assume il 
rilievo necessario per potere farla prendere in considerazione) 
non rivestono il grado di importanza 
sufficiente a provocare, con la lesione degli interessi 
predetti, la perdita dell'esercizio del potere 
garantito dall'art. 40 della Costituzione. Dal che 
consegue che ai lavoratori addetti ai servizi medesimi, 
ove si mettano in sciopero, non possano 
venire inflitte le sanzioni previste dall'art. 33 
del Codice penale. 

5. � ora da accertare se a conclusione diversa 
possa giungersi in confronto all'altra questione 
.sollevata, riguardante la costituzionalit� degli 
articoli 504 e 505 C. p. 
In proposito � da ricordare che, come si � prima 
rilevato, lo sciopero di cui all'art. 40 � legittimo � 
solo quando sia rivolto a conseguire fini di carattere 
economico, secondo si pu� desumere, fra 
l'altro, dalla collocazione del medesimo sotto il 
titolo III della I parte della Costituzione, che si 
intitola appunto ai rapporti economici. � tuttavia 

d� chiar�re che la tutela concessa� �a tali rapporti 
non pu� rim�nere circoscritta alle sole rivendica~ 
zioni di ind�le meramente salariale, ma si estende 
a tutte quelle riguardanti il complesso degli foteressi 
dei lavoratori che trovano discip]J.na nelle 
norme racchiuse sotto il titolo stesso. � � 

Ci� precisato, e passando all'esame della questione 
sollevata in ordine all'art. 504, � da ritenere 
che le sanzioni ivi comminate non si rendono 
applicabili nel caso di scioperi promossi dl'." fini 
economici. 

Ci� appare chiaro, perch� discende dall'interpretazione 
prima data dell'art. 330; con il quale 
l'art. 504 deve'' essere coordinato nell'ipotesi che 
la pretesa degli scioperanti (semprech� essi rientrino 
nella categoria degli addetti ai pubbliCi servizi 
dei quali si � parlato) si faccia valer� di fronte 
alla pubblica autorit� �che assume la qualit� di 
parte del rapporto di lavoro, allo scopo di ottenere 
che la disciplina di quest'ultimo venga modificata 
a favore dei dipendenti. Rinviando al seguito 
l'esame del punto se ad uguale co�clusioii� possa 
giungersi anche qu�ndo lo scfopero sia effettuato 
da lavoratori non dipendenti dall'ente pubblico, 
a scopo di solidariet�, � qui da ' osservare com� 
l'opinione accolta trovi conferma quando si metta 
a confronto l'art. 504 con il precedente art. 503~ 
Infatti la differenziazione operata dal legislatore 
penale fra l'ipotesi della generica pression� esercitata 
sulla pubblica autorit� e quella di sciopero 
politico mostra come la pressione stessa debba 
apprezzarsi diversamente secondo che venga effettuata 
allo scopo di ottenere provvedimenti che 
attengono all'indirizzo generale del Governo (e� 
quindi senza alcun collegamento con l'ipotesi dell'art. 
40), o invece altri i quali, per essere suscettibili 
di incidere in modo diretto sul settore del 
lavoro subordinato e sul rapporto che disciplina 
quest'ultimo, possono giovarsi della tutela costituzionale. 


6. Per quanto poi riguarda la questione di costituzionalit� 
dell'art. 505, che punisce lo sciopero 
indetto �soltanto� per solidariet� con altri lavoratori, 
la Corte ritiene non fondate le deduzioni 
dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui lo sciopero 
sarebbe da considerare legittimo solo nel caso 
che si inserisca in un conflitto determinato da 
motivi contrattuali, e conseguentemente quando 
questi siano fatti valere in confronto del datore 
di lavoro con il quale sussiste il rapporto, dal 
quale solamente pu� ottenere soddisfazione la 
pretesa posta ad oggetto dello sciopero stesso. 
Infatti non � contestabile la sussistenza di interessi 
comuni a intere categorie di lavoratori; interessi 
che, appunto per questo loro carattere diffusivo, 
non potrebbero non risultare compromessi, 
sia pnre in modo potenziale, per tutti coloro che 
ne sono titolari, allorch� abbiano subito offesa 
anche solo in confronto a rapporti di lavoro di 
singoli o di gruppi limitati di lavoratori;� � � 

Pertanto la sospensione dal lavoro la quale �� 
venga effettuata in appoggio a rivendicazioni di 
carattere economico cui si :rivolge uno sciopero 
gi� in via di svolgimento; ad opera di lavoratori 



577 R JR IT :: 7 


-32 


appartenenti alla stessa categoria dei primi scioperanti, 
non pu� non trovare giustificazione ove 
sia accertata l'affinit� delle esigenze che motivano 
l'agitazione degli uni e degli altri, tale da fare 
fondatamente ritenere che senza l'associazione di 
tutti in uno sforzo comune esse rischiano di rimanere 
insoddisfatte. 

� poi questione di apprezzamento, da rilasciare 
al giudice di merito, la verifica della sussistenza 
dei requisiti menzionati, dovendosi argomentare 
nei singoli casi dalla situazione di fatto la specie 
ed il grado del collegamento fra gli interessi economici 
di cui si invoca la soddisfazione ed, in 
relazione ad esso, determinare l'ampiezza da assegnare 
al complesso categoriale formato dai titolari 
degli interessi stessi; ampiezza che, com'� ovvio, 
potr� risultare maggiore o minore a seconda della 
natura delle rivendicazioni avanzate e delle circostanze 
di tempo e di luogo in cui sono fatte 
valere. 

7. Gli aspetti di incostituzionalit� che si sono 
rilevati nei confronti degli articoli 330, 504 e 505 
non possono per� condurre ad una pronuncia che 
dichiari la loro illegittimit�. Oi� perch� le norme 
consacrate negli artico. stessi, data la genericit� 
delle loro formulazioni, racchiudono ipotesi di 
abbandono del lavoro allo scopo di turbarne la 
continuit� e regolarit�, le quali, non rivestendo 
quei caratteri che si sono visti essere propri dello 
sciopero economico, non sono sufficienti a sottrarre 
gli scioperanti alle sanzioni penali ivi previste. 
Sicch� compete al giudice di merito disapplicare 
le norme ricordate in tutti quei casi rispetto ai 
quali l'accertamento degli elementi di fatto conduca 
a far ritenere che lo sciopero costituisca 
valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40, 
ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione 
dell'esimente di cui al citato art. 51 O. p. 

COSTITUZIONE -REATI E INFRAZIONI DISCIPLINARI 
IN MATERIA DI NAVIGAZIONE -Ammutinamento 
-Incostituzionalit� della normativa Questione 
infondata. (Corte Costituzionale, Sentenza 

n. 124 del 1962 -Pres.: Amhrosini; Rel.: Mortati). 
� infondata la questione di legittimit� costitur 
zionale dell'art. 1105, n. 1, Oodice navigazione, pei 
il quale sono puniti con la reclusione da sei mesa 
tre anni i componenti dell'equipaggio di una 
nave o dell'aeromobile che in numero non inferiore 
al terzo disobbediscono, collettivamente o 
previo accordo, ad un ordi.ne del Oomandante, in 
riferimento all'art. 40 della Oostituzione. 

Tras�riviamo la motivazione in diritto della sentenza 
nella pa1�te che interessa l'annotazione che segue. 

2. Delimitato nei termini indicati l'ambito della 
questione � da risolvere, � da ricordare che, con 
sua sentenza n. 123 in pari data la Oorte ha gi� 
affrontato il problema della legittimit� costituzionale 
dell'art. 330, ed ha statuito che, allo stato 
attuale della legislazione, il diritto di sciopero 
non pu� essere disconosciuto (o che, per .lo meno, 
dal suo esercizio non possa conseguire l'applicazione 
delle sanzioni che sono le sole rilevanti ai 
fini della presente controversia, e.cio� quelle penali) 
nei confronti dei dipendenti da imprese che gesti-� 
scano servizi pubblici, i quali non siano da ritenere 
attinenti alla soddisfazione di esigenze assolutamente 
essenziali alla vita della collettivit� 
nazionale, e che in conseguenza i dipendenti stessi 
devono andare esenti da pena se l'abbandono del 

servizio sia stato promosso dall'intento di conseguire 
un mutamento delle condizioni del rapporto 
di lavoro. 

Dalla predetta decisione discende che la titolarit� 
del diritto di sciopero non pu� essere disconosciuta, 
in via di massima, neppure nei confronti 
dei marittimi, anche nell'ipotesi che essi siano 
legati da contratto di arruolamento con imprese 
esercenti servizi sovvenzionati. 

Oi� posto, l'oggetto dell'esame deve incentrarsi 
sul punto se l'esercizio di tale diritto, per rima�nere 
legittimo, debba essere sottoposto al verificarsi 
di determinate condizioni, o all'osservanza 
di date modalit�, in relazione ai peculiari caratteri 
propri del lavoro nautico. Dev'essere chiaro che 
le modalit� cui si fa riferimento sono non gi� quelle 
riguardanti, per esempio, il momento deliberativo 
dello sciopero, o l'obbligo di preavviso al datore 
di lavoro, o simili (poich� � da ritenere che solo 
il legislatore, e non gi� la Corte, possied<t la competenza 
necessaria a prescriverne l'adozione), bens� 
le altre le quali discendono in modo necessario 
dalla stessa natura e :finalit� dello sciopero, e che 
pertanto possono farsi valere, in via di interpretazione 
dell'art. 40, quali limiti invalicabili dell'esercizio 
del diritto garantito dal medesimo. 

Se, da una parte, � vero che inerisce all'essenza 
dello sciopero, in quanto rivolto ad esercitare una 
coazione sul datore di lavoro, il fatto del pregiudizio 
da esso derivabile a carico di questi, � anche 
vero, dall'altra, che tale pregiudizio non pu� risultare 
diverso o maggiore di quello nooessariamente 
inerente alla pura e semplice sospensione dell'attivit� 
lavorativa. Da ci� discende che l'indizione 
dello sciopero rimane condizionato all'adempimento 
dell'obbligo dei lavoratori di abbandonare 
il lavoro solo dopo aver adottato tnt,te quelle cautele 
le quali si palesino necessarie ad evitare il 
pericolo o della distruzione degli impianti (essendo 
inammissibile, e contrario allo stesso interesse 
cui tende l'autotutela di categoria, che Io sciopero 
abbia per effetto di compromettere la futura ripresa 
del lavoro), oppure della produzione di danni 
alle persone o ai beni dello stesso datore, o, a pi� 
forte ragione, dei terzi. 

3. Si tratta ora di vedere se un pericolo del 
genere indicato non debba ritenersi necessariamente 
inerente ad ogni sospensione .P _irregolarit� 
della prestazione del lavoro affidato all'equipaggio . 
di una nave dopo l'inizio del viaggio e durante 
l'intero periodo della navigazione, :fino al compimento 
del medesimo. La risposta affermativa al 
quesito discende dalla considerazione della natura 

-33 


del mezzo col quale si svolge la navigazione, che 
� tale da rendere possibile in ogni momento il 
verificarsi di eventi atti a mettere in pericolo la 
nave, e quindi da far considerare il pericolo stesso 
sempre immanente. 

1. All'esame dei principi espressi dalla Corte, 
giova far precedere il rilievo, avanzato nella prima 
delle due sentenze e che, in verit�, non poteva essere 
omesso, sul mancato adempimento da parte del legislatore 
dell'imperativo a lui imposto dall'art. 40 
della Costituzione, ci� che denunciava l'esigenza per 
il Giudice costituzionale di ricercare i limiti entro 
cui l'esercizio del diritto di sciopero pu� ritenersi 
consentito. 
Ricerca da effettuarsi con l'ausilio, constata la 
Corte, di strumenti propri di un potere piu ristretto 
di quello dell'Organo legislativo, essendo alla Corte 
medesima consentito di far valere le sole lirnitazioni 
che si desumano in modo necessario dal concetto 
dello sciopero o dalla necessit� di contemplare le 
esigenze dell'autotutela di categoria con le altre discendenti 
da interessi generali, i quali trovano diretta 
protezione in principi consacrati nella Costituzione. 

Il rilievo sulla carenza legislativa viene avanzato 
dalla Corte in termini che sembrano pi� di semplice 
constatazione che non inequivocabilmente critici. Si 
tratta, � a tutti ben noto, di materia incandescente, 
propria di problemi estremamente complessi, per la 
sol1.i,zione dei quali non � agevole alle contrastanti 
forze politiche trovare un denominatore comune di 
intesa. L'urgenza di far godere di principi certi, 
per la limitatezza della vita umana in genere ed 
ancor piu di quella lavoratiiia di tutti noi, � temperata 
dalla consapevolezza che .~i tratta di principi 
destinati ad operare in un futuro che supera le esigenze 
di ciascuno e, una volta fissati, non certo 
modificabili ad ogni stornir di fronda. 

La dialettica di quel contrasto trova espressioni, 
anche ridondanti, fin che si immori nel campo di 
idee e di programmi; ne trova meno invece, molto 
meno, quando dalla teoria si pass,i alla pratica, si 
ponga mano cio� alla formulazione di norme di 
definizione. 

La critica, quindi, che fosse avanzata all'inerzia 
del legislatore senza che si tenesse conto di quella 
che � la realt� delle cose umane, di quelle in particolare 
che riguardano il nostro Paese, sarebbe censura 
troppo facile. La prudenza con cui la Corte 
si �, sostanzialmente, limitata ad indicare il f enomeno, 
� del tutto apprezzabile, non meno n� piu, 
del resto, della perspicuit� con la quale, in tale situazione 
e con il conforto di strumenti necessariamente 
limitati, la Corte medesima ha posto alcuni punti 
fermi, quanto mai meritevoli di attenta meditazione. 

2. Il primo dei quali pu� esprimersi nei seguenti 
termini: secondo la tradizione accolta dal Costituente, 
il diritto di sciopero si concreta nell'astensione totale 
dal lavoro da parte di piii lavoratori subordinati 
al fine della difesa dei loro interessi economici. La 
sottolineatura dell'aggettivo , qualificd/nte l'interesse 
del lavoratore � nostra; tende a richiamare l' attenzione 
sull'esigenza imprescindibile che l'astensione 
dal lavoro sia determinata da pretese di natura economica 
che il lavoratore abbicc a far valere nei vonfronti 
del datore di la,voro. 

� della Corte la precisazione, che segue in sentenza, 
secondo ciii la t,utela concessa ai rapporti 
economici non pu� rimanere circoscritta alle sole 
rfoendicazioni di indole meramente salariale, �ma, 
si estende a tutte quelle riguardanti il complesso� 
degli interessi dei lavoratori che trovano disciplina 
nelle norme racchiuse sotto il titolo III, prima parte, 
della Costituzione �; ad esempio, � esempio che prospettiamo 
noi, alle rivendicazioni in materia di 
condizioni di lavoro della donna lavoratrice o dei 
lavoratori minori, in materia di assicurazioni in 
caso di infortunio, di malattia, di invalidit� e 1:ecchiaia 
o di disoccupazione involontaria. 

Nell'esemplificazione si potrebbe proseguire: basta, 
peralt o, rilevare come il Jirincipio fin qui �esposto 
costituisca chiaro motivo di arresto, da un lato, alla 
tendenza di certe correnti dottrinarie di estendere il 
contenuto della pretesa che si ha diritto di far valere 
con lo sciopero e, dall'altro, non riduca quel contenuto 
a rivendicazioni di natura esclusivamente salariale, 
che � solo una species del piu ampio genus della 
categoria (economica) qualificante tali rivendicazioni. 

Quel principio trova ulteriori precisazioni nell'altro, 
ad esso in~imamente connesso, sulla legittimit� 
dell'01�dinammto nella parte che disponga limiti 
pertinenti non al solo esercizi� del diritto, come pure 
da qualche A. si vorrebbe con il conforto di interpretazione 
letterale in senso stretto della formula 
dall'art. 40 della Costituzione, ma anche alla sua 
titolarit�, con la cons�guenza di disconoscere la legittimazione 
attiva all'esercizio stesso agli appartenenti 
a certe categorie di prestatori d'opera. 

3. L'identificazion9 di queste categorie non � di 
competenza della Corte, che non manca di rilevare 
i suoi limiti, richiamando i diversi poteri del legislatore 
ordinario. Il quale ncn pu� non procedere 
con un metro squisitamente politico; fin che non vi 
provveda, spetta all'interprete supplire alla carenza 
legislativa con il conforto delle affermazioni fatte 
al riguardo dalla Corte medesima. 
La perseguibilit� penale dello sciopero appare 
costituzionalmente corretta in quanto necessitata dal 
bisogno di salvaguardare dal danno dal medesimo 
derivante il nucleo degli interessi generali assolutamente 
preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela 
di categoria. Quasi a mo' di esempio, ch� dall'esplicita 
precisazione avrebbe forse potuto astenersi 
anche per i casi di specie oggetto dei procedimenti 
penali nel ,corso dei quali erano stati promossi 
giudizi di legittimit� costituzionale, la Corte ritiene 
che i servizi pubblici di cui � discussione (di trasporto 
urbano ad opera di azienda municipale in 
un caso; di trasporto marittimo ad opera iM, imprese 
esercenti servizi sovvenzionati nei casi di cui alla 
sentenza n. 124) non rivestano il grado di importanza 
sufficiente a provocare, con la lesione degli 
interessi generali, la perdita dell'esercizio del potere 
garantito dall'art. 40 della Costituzione. 


-34 


A tale affermazione appare utile collegare l'altra, 
-0ontenuta nella seconda delle sentenze indicate, secondo 
cui i lavoratori hanno facolt� di abbandonare il 
:lavoro solo dopo aver adottato le cautele che si palesin? 
necessarie ad� evitare il pericolo o della distruzione 
degli impianti o della produzione di danni alle 
persone o ai beni del datore di lavoro o dei terzi. 

L'importanza dei punti che si son test� riport.ati 
appare del tutto evidente; quari.to alla Corte era consentito 
di precisare � stato per intero definito. Di 
piu non si poteva pretendere. Delle quattro categorie 
di soggetti presi in considerazione dall'art. 330 C. p. 
(pitbblici ufficiali; incaricati di pubblici servizi aventi 
la qualifica di impiegati; privati che, senza essere 
organizzati in imprese, eserciscono servizi pubblici o 
di pubblica necessit�, e, infine, dipendenti di imprese 
-che attendono ai servizi ora detti) la Corte aveva 
motivo di occuparsi solo della condotta di una di esse. 

Agli effetti del riconoscimento del diritto di sciopero 
nel rapporto di pubblico impiego (che certi AA. 
escludono in termini non equivoci) residua, ovviamente, 
alla pronuncia della Corte (che non sembra 
abbia .inteso assumere la posizione cos� rigorosa 
popria della corrente dottrinaria. sopra indicata), 
l'esigenza della distinzione tra diverse situazioni, 
per alcune delle quali pu� non ravvisarsi la necessit� 
di apprestare una specifica regolamentazione di 
divieto, ritenendosi sufficiente l'osservanza di certe 
condizioni (dell'obbligo, ad esempio, di un periodo 
di preavviso di 48 ore, quale � previsto, nello schema 
del disegno di legge di recente approntato dal Ministero 
del lavoro e della previdenza sociale, sulla disciplina 
dei conflitti di lavoro di interesse generale, 
per l'esercizio rlel diritto di sciopero nei servizi di 
trasporto terrestri e nei servizi postali e di telecomunicazioni), 
mentre per altre il divieto appare 
insuperabile (cons. PERA: Problemi costituzionali 
del diritto sindacale italiano, Milano, 1960, 280; 
anche secondo questo A. (p. 278), che pur ammette 
la possibilit� di distinzioni, Ǐ inconcepibile che 
il giudice scioperi, perch� in nessun caso pu� rifiutare 
il suo intervento, ad esempio non appena gli 
pervenga la notitia crimiu:is; � inconcepibile che 
scioperi il militare, l'agente carcerario, il preposto 
all'ordine pubblico, l'agente di polizia, l'ufficiale di 
stato civile, ecc. Ammettere tutto questo significa 
ammettere che la pubblica Amministrazione possa 
in determinate circostanze eclissarsi, permettendo 
per breve periodo il ritorno alla legge della jungla �. 
Sulla inapplicabilit� per la natura del rapporto di 
pubblico impiego allo sciopero dei dipendenti statali 
dell'art. 40 Cost. cons. CORTE DEI CONTI: Sezione 
controllo, 15 giugno 1954, n. 15 in �Foro it. �, 
1955, III, 71 e segg.). 

4. Giova soffermarci ancora brevemente sui risultati 
dell'indagine, condotta dalla Corte, circa la legittimit� 
costituzionale degli articoli 504 e 505 C. p. che 
disciplinano, c&me � noto, i casi di coazione alla 
pubblica autorit� mediante serrata o sciopero e la 
serrata o lo sciopero a scopo di solidariet� o protesta. 
Il raffronto dell'art. 504 con l'art. 503 (che regola, 
la serrata e lo sciopero per fini non contrattuali, 
cio� politici) conscn~e alla Corte di affermare che 

�la differenziazione operata dal legislatore penale 
tra l'ipotesi della generica pressione esercitata sulla 
pubblica autorit� e quella di sciopero politico, mostra 
come la pressione stessa debba apprezzarsi diversamente 
secondo che venga effettuata allo scopo di 
ottenere provvedimenti che attengono all'indirizzo 
generale del Governo (e quindi senza alcun collegamento 
con l'ipotesi dell'art. 40), o invece altri i quali, 
per essere suscettibili di incidere in modo diretto 
sul settore del lavoro subordinato e sul rap"porto che 
disciplina quest'ultimo, possono giovarsi della tutela 
costituzionale �. 

Liceit� quindi dello sciopero per coazione, nella 
concorrenza delle condizioni sopraindicate, e fatti 
salvi, ovviamente, i principi relativi all'esigenza di 
salvaguardia degli interessi generali assolutamente 
preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela 
di categoria (principi che, talvolta, escludono tale 
liceit�); illiceit� invece (� deditzione implicita che 
si � autorizzati a trarre) dello sciopero e della serrata 
per fine politico. 

Circa, infine, la serrata e lo sciopero a scopo di 
solidariet� o protesta, la Corte ha indicato al" 
l'interprete i limiti entro i quali la indagine 
sulla liceit� della condotta pu� essere correttamente 
compiuta. 

Certo si tratta di valutazioni la di cui soggettivit� 
non pu� contestarsi. � nella percezione di tale soggettivit� 
che in sede di esame della norma, sul punto, 
si era ritenuto di contenere -il diritto di sciopero 
entro i limiti, non opinabili, della astensione dal 
lavoro di lavoratori nei confronti del datore di lavoro 
con il quale quelli hanno pretese da far valere (o 
viceversa, nell'ipotesi della serrata). 

La Corte ha ritenuto di estendere quei limiti ed 
ha affermato, sostanzialmente, la liceit� dello sciopero 
per solidariet�, ove; l) ricorra il pericolo di 
danno nei confronti di interessi a carattere diffusivo, 
anche di altri gruppi di lavoratori diversi da 
quello direttamente investito dalla controversia; 2) sia 
probabile che senza l'associazione di tutti in uno 
sforzo cmmtne le esigenze di questo gruppo rischino 
di rimanere insoddisfatte; 3) gli altri gruppi, poi, 
appartengano alla stessa categoria dei primi scioperanti. 


Pericolo di danno, probabilit� di evento negativo, 
identit� di categoria; i concetti cos� esposti 
non offrono davvero all'interprete un metro preciso, 
destinato a valere per la soluzione di tutti i casi. 
E v'ha di piu: non � affatto da escludere che quel 
che � pericolo, probabilit� o identit� per 1tn Giudice 
non lo sia per altro Giudice, con rischio, non opinabile, 
di contrastanti soluzioni. 

Ma, d'altra parte, una volta .Yuperata la tesi piu 
restrittiva, non si vede cos'altro, di meglio, si potesse 
offrire all'interprete: e la constatazione, quanto si 
vuole dolente, propria della limitatez.za di certe cose 
umane, trova, per buona sorte, conforto nell'esperien.
za, la quale insegna ohe certi principi son destinati 
a valere piu come guida di un cor-retto vivere, 
che come anesto di comportamenti illeciti, a -conte-nimento 
dei quali non sempre si appalesa congrua 
la semplice minxccia di ima norma penalmente 
sanzionata. 

F. C. 

CORTE DI 


ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione 
dello Stato -Termine di esercizio -Pendenza Effetti. 


ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione 
dello Stato in ordine alla quota ideale di una cosa 
d'interesse artistico o storico -Impossibilit�. 

ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione 
dello Stato -Differenza dalla prelazione discipli� 
nata dalle norme di diritto comune. (Corte di Cassazione, 
Sezione III, Sentenza n. 2613/62 -Pres.: Vistoso; 
Rel.: Cortesano; P.M.: Gedda (conf.) -Ministero 
Pubblica Istruzione c. Cattania). 

Il diritto di prelazione dello Stato di cui all'art. 31 
�della legge 1� giugno � 1939, n. 1089 da esercitarsi 
in ordine a cose d'interesse artistico e storico, entro 
due mesi dalla denunzia al Ministero della Pubblica 
Istruzione dell'atto di trasferimento, costituisce un 
vincolo, imposto al proprietario di queste alldr
�quando costui abbia manifestato, sul piano negoziale, 
la volont� di trasferire a terzi, mediante corrispettivo 
le opere d'interesse artistico e storico. 
In pendenza di tale termine, il contratto rimane 
condizionato sospensivamente all'esercizio del diritto 
di prelazione dello Stato, donde il divieto per 

l'alienante di effettuare la tradizione della cosa. 
L'esercizio del diritto di prelazione dello Stato 
sulle cose d'interesse artistico e storico, di cui 
all'art. 31 della legge 10 giugno 1939, n. 1089, � 
-configurabile soltanto in relazione ad una entit� 
artistica ostorica considerata nella sua interezza 
e mai su di una quota ideale di essa, non potendo 
aversi una comunione tra Stato e privati, con la 
.soggezione de11o stesso bene a due diversi regimi 
giuridici, di cui l'uno demaniale e l'alttb privatistico. 
Il dfritto di prelazione dello Stato, di cui all'ar


ticolo 31 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, nelle 
alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse 
artistico e storico ha una propria configurazione 
,giuridica che si differenzia nettamente dalla prelazione 
legale, prevista e disciplinata dalle norme 
di diritto comune. Mentre nella prelazione in senso 
proprio il soggetto attivo, esercitando il suo diritto 
.si pone in un rapporto contrattuale rispetto al 
.soggetto passivo, surrogandosi all'acquirente originario, 
nella prelazione, di cui alla legge n. 1089 
del 1939, lo Stato agisce mediante l'esplicazione di 
un potere di supremazia e per il conseguimento 
di un inter�sse pubblico, quale la conservazione e 
il pubb1ico godimento di determinati beni, il cui 
trasferimento viene, pertanto, imposto al privato. 
Si tratta, quindi, di una forma di acquisto, che 
si attua non gi� attraverso un rapporto negoziale, 
ma per effetto di una manifestazione della potest� 

.d'impero dello Stato. 

CASSAZIONE 


Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. 


Col primo mezzo del ricorso si denunzia la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 1480 O.e. 
e 31 e segg. della legge io giugno 1939, n. 1089, 
nonch� il difetto assoluto di motivazione della 
sentenza impugnata circa un punto decisivo della 
controversia, in riferimento all'art. 360 n. 3 e 5 
C.p.c., e si deduce che la Corte di merito avrebbe 
erroneamente rigettato la tesi subordinata della 
.Amministrazione, in quanto, pur essendosi ritenuto 
inoperante il diritto di prelazione dell'altorilievo 
nella sua interezza per difetto di rappresentanza 
da parte del venditore Cattania Paolo, se ne sarebbe 
dovuto riconoscere valido l'esercizio nei 
limiti della quota di propriet� di costui, con la 
conseguenza che la scultura sarebbe divenuta, 
per tale parte, di propriet� dello Stato e che nessun 
diritto avrebbero potuto vantare sulla stessa gli 
eredi del predetto Cattania, anch'essi attori nell'attuale 
giudizio. In proposito si rileva che i giudici 
di merito, per respingere una simile richiesta, 
si sono espressamente richiamati ana ipotesi della 
vendita di cosa altrui (art. 1478 O.e.), laddove 
l'.Amministrazione aveva invocato, a sostegno del 
proprio assunto, la disciplina della vendita di cosa 
comune, effettuata con la partecipazione di alcuni 
soltanto dei condomini, ed un simile negozio deve 
ritenersi affetto da inefficacia relativa, che pu� 
esRere fatta valere solo dal compratore il quale 
veda insoddisfatta la sua aspettativa di acquistare 
la cosa per intero. 

La censura, sebbene fondata, � tuttavia priva 
di rilevanza giuridica percM la ratio decidendi si 
affida ad argomentazioni diverse da quelle prmrpettate 
in sentenza. 

La Oorte di merito ha ritenuto che il 'diritto di 
prelazione non era stato legittimamente esercitato 
sia perch� mancava la prova della esistenza di 
una volont� di alienare, espressa da tutti i condomini 
nelle debite forme, e sia perch� il negozio, 
concluso dal Cattania quale falsus procurator degli 
11.ltri coeredi, era nullo per la mancata ratifica da 
parte di costoro. E ci� a prescindere dal rilievo che 
non potevano ritenersi valide n� la denunzia dell'alienazione, 
in quanto non era stata fatta da tutti 
i condomini della scultura, n� il provvedimento di 
prelazione perch� non notificato a tutti i pretesi 
venditori. Quanto poi alla riehiesta dell'Amministrazione, 
tendente ad ottenere che l'esercizio della 
prelazione fosse considerato legittimo almeno nei 
limiti della quota indivisa di propriet� di Q~ttania 
Paolo, una tale istanza subordinata veniva del ."' 
pari disattesa dai giudici di appello sulla considerazione 
che nella specie non Ri versava nella ipotesi 
di cosa altrui per avere l'alienante stipulato il 
rontratto in nome di tutti i condomini, mentre 


-36 


d'altra parte, essendo oggetto della compravendita 
l'altorilievo quale bene comune indivisibile, cos� 
come Sl�l'intero il diritto di prelazione era stato 
esercitato, la volont� del Cattania, n�n integrata 
da quella degli altri coeredi, era rimasta inoperante. 

Ora, com'� noto, la vendita della cosa comune � 
configurabile di volta in volta sulla, base di presupposti 
di fatto diversi e rireve in conseguenza, 
a seconda delle finalit� concretamente poste in 
essere dalle parti, una differente disciplina giuridica. 
Nel caso in esame il Foresti, compmtore 
dell'opera d'arte, sapeva che questa era in comune 
fra tutti i coeredi del defunto don Carlo Cattania 
e tratt� con Cattania Paolo l'acquisto dell'opera 
nella sua interezza, con l'intesa che anche gli altri 
condomini avrebbero dato, ciascuno per la propria 
quota, il loro consenso. Venuta meno l'adesione 
degli altri coeredi, il predetto avrebbe potuto, a 
sua scelta, o subentrare al venditore nella posizione 
di comproprietario ai sensi dell'art. 1103 comma 20 
Codice civile, ed ottenere conseguentemente una 
proporzionale riduzione del prezzo, o richiedere la 
risoluzione della compravendita, essendo nella intenzione 
delle parti che la scultura dovesse essere 
venduta in toto. Tuttavia in una simile ipotesi, ben 
diversa da quella prevista dall'art. 1480 O.e., la 
inefficacia del contratto per l'intero � pur sempre 
di carattere relativo e pertanto l'annullamento di 
esso va fatto valere solo dal compratore, essendo 
egli. l'unico interessato a divenire proprietario del 
tutto, anzich� delle sole quote alienate dai condomini 
validamente intervenuti. Alla stregua di tali 

'rilievi giuridici, mancava al dott. Cattania -e per 
h� agli eredi, costituitisi in prosieguo del giudizio 
-un apprezzabile interesse a dedurre la eccezione 
predetta, onde la Corte di merito non avrebbe 
potuto dichiarare la invalidit� della compravendita 
per la quota alienata da chi ne aveva la titolarit� 
del diritto. 

Senonch� la fattispecie in esame postulava, ai 
fini del decidere, una diversa indagine, diretta ad 
accertare se, una volta ritenuta valida la compravendita 
dell'altorilievo limitatamente alla quota 
parte di propriet� di Cattania Paolo, la Pubblica 
.Amministrazione potesse anche in tal caso esercitare 
validamente il diritto di prelazione. E un tale 
quesito, se fosse stato preso in esame dai giudici 
di merito, avrebbe comportato, ad avviso di questa 
Suprema Corte, una soluzione negativa. 

Nel sistema delle leggi speciali il trasferimento 
delle cose d'interesse arti1itico e storico riceve una 
disciplina amministrativa ben precisa e determinata. 
Con essa si � inteso contemperare equamente 
il diritto del privato con l'interesse dello Stato di 
evitare che l'alienazione di detti beni possa danneggiarne 
la conservazione o menomarne il pubblico 
godimento. In particolare, per quanto concerne 
le cose appartenenti ai privati, pur essendosi 
riconosciuto ad essi un ampio potere di disposizione, 
l'art. 30 della legge 1� giugno 1939, n. 1089 fa 
obbligo ai proprietari, ai loro eredi e ai detentori 
a qualsiasi titolo, di denunziare al Ministero per 
l'Educazione Nazionale (attualmente Ministero 
della Pubblica Istru7.ione) ogni atto di alienazione 
destinato a trasmettere in tutto o in parte, a titolo 

oneroso o gratuito, quelle cose che siano state oggetto 
di notifica a cura del Ministro ai sensi del1'
art. 5. A sua volta quest'ultimo, ove l'alienazione, 
sia a titolo oneroso, ha facolt�, a termine dell'art. 
31, di acquistare la cosa allo stesso prezzo stabilito� 
nell'atto di alienazione. Il diritto di prelazione dello� 
Stato, da esercitarsi entro due mesi dalla denunzia,. 
costituisce dunque un vincolo, imposto al proprietario 
allorquando costui abbia gi� manifestato, sul 
piano negoziale, la volont� di trasferire a terzi, 
mediante corrispettivo, l'opera d'interesse artistico 

o storico, e in pendenza del termine anzidetto, il. 
contratto rimane condizionato sospensivamente� 
all'esercizio di tale diritto, donde il divieto per lo 
alienante di effettuare la tradizione della cosa. 
Delineato molto sommariamente, nei suoi elementi 
strutturali, il rapporto di prelazione, che la. 
pi� autorevole dottrina riconduce sotto la categoria. 
dei trasferimenti coattivi, si pone senz'altro il 
problema inteso a stabilire se tale diritto sia configurabile 
in riferimento anche a quelle alienazioni 
parziali della cosa, effettuate dal privato per trasferire 
a terzi una quota parte di essa. All'uopo 
la legge speciale prevede la possibilit� per la Pubblica 
.Amministrazione di esercitare la prelazion& 
solo in parte nelle seguenti due distinte ipotesi: 
quando cio� la cosa d'interesse artistico o storicosia 
alienata insieme con altre per un unico corrispettivo 
(art. 31) e quando venga effettuata l'alienazione 
di collezioni e serie di oggetti di propriet�. 
privata (art. 34). In queste specifiche previsioni. 
allo Stato viene anche riconosciuto il potere di 
determinare iure imperii l'importo del corrispet-� 
tivo delle cose per le quali la prelazione � stata. 
esercitata ed al compratore � riconosciuto, correlativamente, 
il diritto di recedere dal rapporto obbligatorio. 
Una siffatta disciplina, peraltro, non autorizza 
a ritenere che il legislatore abbia inteso consentire, 
in linea generale, l'esercizio parziale della. 
prelazione, poich� negli anzidetti casi particolari 
il bene d'interesse artistico o storico � scelto e. 
avulso da un complesso di cose, ma viene pur sempre 
considerato nella sua autonoma individualit�. 
La ragione del decidere va quindi desunta dai principi 
gene.mli che regolano il diritto di prelazione . 
e dalle specifiche finalit� che ne rendono possibile. 
l'esperimento in subiecta materia. 

Com'� noto, l'istituto della prelazione non trova. 
nel diritto privato una organica disciplina, essendo. 
regolato in modo frammentario e diverso nelle sue 
varie applicazioni concrete, donde la difficolt� di 
individuare quei principi che possano considerarsi. 
comuni a tutte le varie ipotesi, di volta in volta. 
previste dal legislatore. Tuttavia, secondo una parte. 
della dottrina, la indivisibilit� della prestazione 
viene desunta dall'art. 966 comma 2� Codice civile,. 
che, in tema di enfiteusi, nel concorso di pi� concedenti, 
vieta ad uno solo di essi l'esercizio parziale 
di un tale �iritto. Detta norma, sebbene predisposta. 
per fini di carattere particolare, � ip.fl;litti considerata 
come la espressione di un principio di JWrtl;!ita'._ 
pi� vasta, estensibile in ogni ipotesi di prelazione,. 
sia essa legale o volontaria, sul rilievo che l'esercizio 
parziale, ove non sia espressamente previstodall'autonomia 
negoziale o consentito dalla legge~ 


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-37 


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noo&&. 

<iome nella ipotesi di cui all'art. 732 O.e., aggra-
verebbe la posizione del soggetto passivo con rile� 
-vante pregiudizio del valore della parte residua 
della cosa, rimasta fuori della prelazione. Nella 
specie la fondatezza di una simile tesi � confermata 
dalla particolare natura della prelazione dello 
:Stato sulle cose d'interesse artistico o storico, es13endo 
il relativo rapporto disciplinato da un punto 
di vista pubblicistico e in maniera autonoma ri13petto 
ad ogni altra prelazione legale. L'esercizio 
di un tale diritto consente, infatti, alla Pubblica. 
.Amministrazione di acquistare la propriet� dei beni 
-anzidetti che, trasferiti in un museo o in una pinacoteca 
per meglio assicurarne la conservazione ed 
il pubblico godimento, entrano a far parte del demanio 
pubblico, ai sensi dell'art. 822 comma 20 
�Codice civile, e rimangono sottoposti alla condi:
zione giuridica all'uopo fissata dal successivo art. 

823. Ora, se si tien conto che la prelazione de qua 
-� produttiva di un effetto giuridico tutto particolare, 
in quanto opera un mutamento radicale sulla 
natura stessa del bene che ne costituisce l'oggetto, 
-� ovvio che l'esercizio di un simile diritto � configurabile 
in relazione ad una entit� artistica o storica 
considerata nella sua interezza e mai su di 
una quota ideale di essa perch� in tale eventualit� 
13i perverrebbe ad una comunione tra Sta,to e 
privati, con la conseguenza che un medesimo bene 
resterebbe sottoposto a due diversi regimi giuridici, 
di cui l'uno demaniale e l'altro privatistico. 
Tale profilo giuridico non � stato considerato 
dalla Corte di merito, pur essendo decisivo ai fini 
della risoluzione di questo punto della lite, e pertanto, 
ferma restando la decisione adottata perch� 
conforme al diritto, la motivazione della sentenza 
impugnata va corretta nei sensi predetti, a termine 
dell'art. 384 comma 2� Ood. procedurale civile. 

Privo di consistenza giuridica � anche il second.o 
mezzo del ricorso. Con esso si denunzia la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 1398 O.e. e, 
comunque, dei principi generali che regolano la 
rappresentanza in riferimento agli artt. 31 e segg. 
della legge n. 1089 del 1939, nonch� il difetto di 
motivazione circa un punto decisivo della controversia 
(art. 360 n. 3 e 5 O.p.c.). All'uopo si lamenta 
che sarebbe stata erroneamente respinta la domanda 
subordinata della Pubblica Amministrazione, 
tendente a conseguire da Oattania Paolo -e 
quindi dagli eredi di costui -il risareimento dei 
danni, in quanto il predetto aveva ripetutamente 
garantito per iscritto di essere autorizzato dagli 
altri coeredi all'alienazione della cosa comune, onde 
nella specie ben poteva trovare applicazione il 
disposto dell'art. 1398 O.e., essendo la posizione 
dello Stato, quale titolare del diritto di prelazione, 
del tutto analoga, nei riguardi del falsits procurator, 
a quello del terzo contraente. 

Il motivo anzidetto � stato disatteso dalla Corte 
di Appello perch�: 1) la Pubblica Amministrazione, 
esercitando il diritto di prelazione, pone in essere 
un negozio di d.iTitto pubblico, riconducibile nella 
categoria degli atti espropriativi in senso lato, e 
non pu� essere qualificata come terzo contraente 
in quanto non succede nella posizione giuridica di 
chi ha contrattato col privato alienante; 2) non 

poteva, in ogni caso, escludersi nella fattispecie una 
colpa dell'ente pubblico per avere esercitato ildiritto 
di prelazione ben sapendo che i proprietari della 
scultura erano assai numerosi e che il dott. Oattania 
non era munito delle procure degli altri coeredi. 

Ora il primo rilievo si ispira ad esatti� criteri 
giuridici ed � assorbente di ogni altra argomentazione 
per escludere la rivalsa di danni. Come pi� 
innanzi � stato precisato il diritto di prelazione dello 
Stato nelle alienazioni a titolo oneroso delle cose 
di interesse artist�co e storico ha una propria configurazione 
giuridica che si differenzia nettamente 
dalla prelazione legale, cos� come prevista e disciplinata 
alla stregua delle norme di diritto comune. 
Invero, mentre nella prelazione in senso proprio 
il soggetto attivo, esercitando il suo diritto, si pone 
in un rapporto contrattuale rispetto al soggetto 
passivo, surrogandosi all'acquirente originario, nella 
prelazione di cui alla legge n. 1089 del 1� giugno 
1939 lo Stato agisce mediante l'esplicazione di un 
potere di supremazia e per il conseguimento di un 
interesse pubblico, quale la conservazione e il 
pubblico godimento di determinati beni, il cui trasferimento 
viene pertanto imposto al privato. 
Trattandosi quindi di una forma di acqui&to, che 
si attua non gi� attraverso un rapporto negoziale 
ma per effetto di una manifestazione della potest� 
d'impero dello Stato, � evidente la inapplicabilit� 
dell'azione ex art. 1398 O.e. per la mancanza dei 
presupposti all'uopo richiesti da detta norma. 

Sulla seconda massima non risultano precedenti 
editi. 

Sul cara.ttere di manifestazione di pubblico potere 
attribuito al diritto di prelazione di cui all'art. 31 della 
legge n.'1089 si vedano le sentenze n. 2291/56 e 204/53. 

Per quanto riguarda il principio affermato nella 
seconda massima deve osserva.rsi che la Oorte Su.prema 
si �, in sostanza valsa del potere di correzione della 
m.otiva.<:ione previsto dall'art. 384, secondo comma 
Oodice procedura civile, per sollevare di ufficio e 
decidere una questione del tutto nuova. 

Su questo indirizzo che costituisce una vera e 
propria deformazione dell'istituto della correzione della 
motivazione si veda la perspicua trattazione del 
SATTA in Commentario al Codice di procedura 
civile (Libro secondo, parte seconda, pag. 280 e 
segg., Edizione Vallardi). � 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Competenza 
per territorio. 

VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE -Controversie 
relative al pagamento delle pene pecuniarie. 
(Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza 

n. 1148/62 -Pres.: Di Pilato; Est.: Rossano; P.M.: Mac, 
carone (conf.) -Guetta c. Ministero del Tesoro). 
Ai fini della determinazione della com.~tenza 
per territorio, nelle controversie relative al pagamento 
di somme dovute a titolo di pene pecuniarie, 
inflitte dalla Amministrazione Tributaria in conseguenza 
di violazioni di leggi :finanziarie, deve rite


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-38 


nersi che l'obbligazione, nascente d!'li una taile violazione, 
sia sorta nel luogo in cui la violazione si sia 
verificata. 

1'rascriviamo la motivazione in diritto della sentenza, 
che ha accolto la tesi sostenuta dall'Avvocatura. 

Il ricorrente sostiene che l'obbligazione dedotta 
in giudizio � sorta in Roma, in quanto il Decreto 
del Ministero del Tesoro di condanna al pagamento 
della pena pecuniaria ha natura costitutiva della 
obbligazione stessa. 

Il ricorso � infondato. 

L'art. 15 secondo comma della legge 7 gennaio 
1924, che detta le norme generali per la repressione 
delle violazioni delle leggi finanziarie ed � richiamata 
dal R.D.J;. 5 dicembre 1938, n. 1928 fa 
espresso riferimento alla <<obbligazione nascente 
dalla violazione n e stabilisce che il pagamento effettuato 
ai sensi del primo comma estingue la obbligazione 
medesima. E l'art. 17 stabilisce che 
� il diritto dello Stato alla riscossione della pena 
pecuniaria si prescrive col decorso di cinque anni 
dal giorno della commessa violazione n. 

N� il Ministro del Tesoro ha il potere discrezionale 
di infliggere o meno la pena pecuniaria, 
dato il carattere imperativo delle norme in materia, 
e la stessa deve essere graduata non secondo una 
valutazione di opportunit� ma con riguardo a 
fattori che consentono di concretare la pena secondo 
un nesso, quanto pi� � possibile oggettivo 
alla illiceit� . .Anche per la commissione di illeciti 
civili questo Supremo Collegio ha costantemente 
riconosciuto che l'obbligo di risarcimento nasce, 
ai fini della determinazione della competenza per 
territorio, nel luogo dove l'illecito si verific� (cfr. 
Cassazione, 18 marzo 1959, n. 795; Cassazione, 
5 ottobre 1957, n. 3626;. Cassazione, 20 febbraio 
1954, n. 461); e per quanto l'illecito civile si di:ffe� 
renzi dalla violazione di norme valutarie tuttavia 
entrambi hanno in comune il carattere di un'illiceit� 
che implica il sorgere di un'obbligazione 
riferita al luogo dove l'illiceit� �stessa avvenne. 

L'obbligazione � sorta quindi ex lege in Venezia, 
dove anche deve essere eseguita ai sensi del decreto 
di condanna. 

COMPETENZA -Regolamento di competenza d'ufficio 
-Presupposti. 

COMPETENZA -Competenza per territorio -Foro 
erariale -Inderogabilit�. 

COMPETENZA -Sentenza dichiarativa d'incompetenza 
-Mancata impugnazione con regolamento di 
competenza -Riassunzione dinanzi al giudice dichiarato 
competente -Incontestabilit� della competenza 
-Eccezione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza 

n. 1279/62 -Pres.: Torrente; Est.: Favara; P.M.: Maccar.
one (conf.) -Cicchino c. Ministero Lavori Pubblici). 
Presupposto del conflitto di competenza rilevabile 
di ufficio dal giudice, ai sensi dell'art.. 45 
C.p.c., � che la declinatoria �di competenza del 

secondo giudice avvenga nei confronti del primor 
mentre se il giudice della riassunzione declini la. 
propria competenza non nei confronti del primo, 
ma a favore di un terzo giudice, come se il primo 
giudice si sia dichiarato incomp~~.ente per valore 
ed il secondo si ritenga incompetente per ragioni 
di competenza territoriale funzionale inderogabile,. 
non ricorre la situazione di conflitto rilevabile di 
ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. e spetta, se mai, 
solo alla parte di chiedere il regolamento di comptenza 
a norma degli artt. 42 e 43 O.p.c. 

A. norma dell'art. 9, in relazione agli artt. 6 e 7 
del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, ed agli artt. 25 
e 28 C.p.c., la competenza per territorio per le 
cause nelle quali � parte un'amministrazione dello 
Stato ha carattere assoluto e funzionale, ed �, 
pertanto, inderogabile, cos� da rendere l'incompetenza 
del giudice adito rilevabile anche cli ufficio 
in ogni stato e grado del giudizio. 
A. norma dell'art. 44 C.p.c. la sentenza che abbi~ 
dichiarata l'incompetenza del giudice che l'ha 
pronunziata, sia pure ai sensi degli artt. 30 e 40, 
se non � impugnata con regolamento di competenza 
rende incontestabile la competenza del giudice 
in essa indicato, qualora la causa sia riassunta nei 
termini, salvo tuttavia, che si tratti d'incompetenza 
per materia, o dell'incompetenza per territorio nei 
casi di cui all'art. 28, tra i quali rientra il foro 
territoriale per le cause dello Stato. 
La sentenza, di cui trascriviamo la motivazione 
in diritto, ha accolto integralmente le tesi dell'Avvocatura. 


Con il proprio motivo di ricorso lamentano i 
ricorrenti, anzitutto, che il Tribunale di Isernia, 
ritenuto competente per valore a decidere della 
causa dal Pretore di Oantalupo del Sannio, abbia 
creduto di potersi, a sua volta, dichiarare incompetente 
per territorio, a cagione del foro erariale inde" 
rogabile, mentre avrebbe dovuto sollevare conflitto 
di competenza di ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. 

Si sostiene, poi, che in nessun caso il Tribunale 
di Isernia avrebbe potuto declinare la propria 
competenza, non avendo l'Azienda della Strada 
(A.NAS) impugnato la sentenza del Pretore di 
Oantalupo del Sannio che dichiarava. la propria 
incompetenza, neppure sussistendo -a parere 
dei ricorrenti -l'inderogabilit� del foro erariale, 
nella specie. Sostengono i ricorrenti che n� l'art. 
25 del C.p.c .. n� l'art. 9 del T.U. 30 ottobre 1933, 

n. 1611 contengono alcun espresso richiamo a 
tale inderogabilit� ed alla conseguente possibilit� 
di rilevare l'incompetenza, anche di ufficio, in ogni 
stato e grado del giudizio. Deducono pure i ricorrenti 
che l'inderogabilit� del foro erariale contrasta 
con l'interesse pubblico che esige, invece, che le 
parti si debbano trovare in condizioni di assoluta 
parit� dinanzi al giudice e crea, per contro, una 
situazione di privilegio in favore dell'organo chiamato 
a difendere la pubblica ariirriinistrazione, 
cosicch� essa non pu� essere ritenuta se non quandovi 
sia un'espressa disposizione di legge che la consenta 
e preveda la quale, a loro parere, nella 
specie non sarebbe sussistita. 

39 


Le doglianze sono infondate. 

Quanto alla prima, questa Suprema Corte ha gi� 
varie volte avuto occasione di affermare (cfr. 
Cassazione 25 maggio 1961, n. 1249; 6 ottobre 
1958, n. 3123; 24 novembre 1959, n. 3459, ecc.) 
che presupposto del conflitto di competenza rilevabile 
di ufficio dal giudice ai sensi dell'art. 45 C.p.c. 
oltre alla duplice dichiarazione di incompetenza da 
parte del giudice adito e di quello davanti al quale 
la causa � stata tempestivamente riassunta, � che 
la dichiarazione di incompetenza del secondo giudice 
avvenga nei confronti del primo, mentre se il 
giudice della riassunzione declini la propria com petenza 
non nei confronti del primo, ma a favore 
di un terzo giudice, come se il primo giudice si 
sia dichiarato incompetente per valore ed il secondo 
si dichiari incompetente per ragioni di competenza 
territoriale funzionalmente inderogabile, 
non ricorre la situazione di conflitto rilevabile di 
ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. e spetta, se 
mai, solo alla parte di chiedere il regolamento 
.di competenza a norma degli art. 42 e 43 

C.p.c. 
I ricorrenti finiscono per ammettere l'evidenza 
della proposizione ora ritenuta e sostengono, perci�, 
che, in ogni caso, il Tribunale non avrebbe potuto 
rilevare di ufficio l'esistenza del foro erariale in 
quanto questo non sarebbe, a loro avviso, inderogabile, 
cosicch� non sarebbe bastata l'eccezione 
sollevata al riguardo dall'Amministrazione dei 
lavori pubblici (ANAS) dinanzi al Tribunale di 
Isernia, adito in riassunzione, dopo la sentenza del 
Pretore di Cantalupo del Sannio. 

Ma � evidente l'infondatezza anche di questa 
seconda censura. 

Infatti, a norma dell'art. 9 in relazione agli artt. 
6 e 7 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, ed agli 
artt 25 e 28 C.p.c. la competenza ivi prevista per 
le cause nelle quali � parte un'amministrazione 
dello Stato ha carattere assoluto e funzionale ed �, 
pertanto, inderogabile cos� da rendere l'incompetenza 
del giudice adito rilevabile anche di ufficio in 
ogni stato e grado del giudizio. 

A norma, poi, dell'art. 44 C.p.c. la sentenza che 
abbia dichiarata l'incompetenza del giudice che l'ha 
pronunciata, sia pure a norma degli artt. 39 e 40, 
se non � impugnata con l'istanza di regolamento 
di competenza, rende incontestabile la competenza 
del giudice in essa indicato, se la causa � riassunta 
nei termini, salvo, tuttavia, che si tratti di incompetenza 
per materia, o dell'incompetenza per territorio 
nei casi di cui all'art. 28 C.p.c., tra i quali 
rientra, appunto, il foro territoriale per le cause 
dello Stato, in forza del Testo unico n. 1611 del 
1933, il cui art. 9 dichiara inderogabile le norme 
di competenza ivi previste, con norma chiaramente 
integrativa delle disposizioni del Codice 
di procedura civile, quali contenute negli artt. 25 
e 28 del Codice stesso. 

In queste circostanze, rettamente il Tribunale 
di Isernia aveva declinato la propria competenza 
nella presente causa, in favore del Tribunale di 
Napoli, funzionalmente competente per territorio, 
trattandosi di causa in cui � parte un'Amministrazione 
dello Stato. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Rapporto d'im


piego pubblico -Competenza esclusiva del giudice 

amministrativo -Limiti -Fattispecie. (Corte di C<:E


sazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 2230 del 1962 -

Pres.: Lombardo; Est.: Lenti; P.M.: Criscuoli (conf.) 


Ministero Finanze c. Furiassi ed altri).� 

Sussiste la giurisdizione esclusiv� del giudice 
amministrativo tutte le volte che la domanda proposta 
trovi il suo titolo necessario nel rapporto 
di impiego pubblico, considerato nella sua costituzione 
e nel suo svolgimento o ad esso si riferisca 

o lo presupponga. 
Deve negarsi detta giurisdizione allorcb� la pretesa 
dedotta in giudizio trovi nel rapporto di impiego 
soltanto la sua occasione e sia in relazione 
meramente formale con il rapporto stesso nel senso� 
che essa non presenti alcuna intima interferenza 
con l'interesse pubblico onde, sul piano giuridico, 
sia palese la sua sostanziale autonomia. 

Trascriviarno la parte delfa rnotivazione che si 
riferisce alla rnassirna sopraindicata. 

� ben noto l'orientamento giurisprudenziale di 
questa Corte suprema secondo il quale deve affermarsi 
la giurisdizione esclusiva dell'autorit�. 
giudiziaria amministrativa tutte le volte che la 
domanda proposta trovi il suo titolo necessario 
nel rapporto di impiego pubblico, considerato nella 
sua costituzione e nel suo svolgimento o ad esso si 
riferisca o lo presupponga. 

Orbene, in armonia a tale principio di carattere� 
generale, ben si spiega come la competenza esclusiva 
dell'autorit� giudiziaria amministrativa debba 
negarsi e questo Supremo collegio l'ha negata,. 
allorch� la pretesa dedotta in giudizio trovi nel 
rapporto di impiego soltanto la sua occasione. 

Ma il concetto di � occasionalit� n, se non inteso 
nei suoi giusti limiti, non esaurisce tutte le il)Otesi. 
nelle quali la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
possa venir affermata. Infatti, tenendo 
presente la ragione di politica legislativa per la 
quale venne instaurata la giurisdizione esclusi:va 
dell'autorit� giudiziaria amministrativa, vale a dire. 
l'intima interferenza, difficilmente sceverabile, dell'interesse 
pubblico con il diritto subiettivo violato, 
deve ritenersi che la giurisdizione esclusiva non ha. 
ragion d'essere ogni qualvolta la pretesa dedotta 
in giudizio sia in relazione meramente formale con_ 
il rapporto di pubblico impiego, e ci� nel senso che. 
essa non presenti alcuna intima interferenza con_ 
l'interesse pubblico, onde, sul piano giuridico, sia 
palese la sua sostanziale autonomia. 

In altri termini, tutte le volte che la pretes;1 
di carattere patrimoniale dedotta in giudizio, pur 
presupponendolo, non postuli alcun accertamento 
e non ponga, comunque, in discussione il rapporto 
di pubblico impiego considerato nella sua costituzione, 
nel suo svolgersi e nel suo esaurirsi, ci si. 
trova di fronte ad un'azione che, appunto,-per la 
sua sostanziale autonomia � sottratta alla giurisdJ::; 
zione dell'autorit� giudiziaria amministrativa�ed �. 
regolata, agli effetti della giurisdizione, dalle norme 
ordinarie del codice di procedura civile. 


-40 

La fattispecie consisteva nella. ripetizione, chiesta 
.con ingiunzi<me ex Testo unico 1910 di somme che 
�vigili sanitari impiegati provinciali avevano riscosso 
�illegittimamente a titolo .di compartecipazione ai pro


venti delle pene pecuniarie ai sensi dell'art. 3 legge 
:26 gennaio 1865, n. 2134. � da avvertire che nel 
merito la Corte Suprema ha riconosciuto il buon 
.diritto dell'Amministrazione aUq,,.ripetizione. 

Per chiarire la portata dellq, massima e i motivi 
.che hanno indotto l'Amminist1'a;z;jone a dedurre il 
.difetto di giurisdizione dell'autoritf�1gfitu(/,iziaria ordi.
naria trascriviamo il testo della memaria presentata 
.dall'Avvocatura sull'argomento. 

1. La questione di giurisdizione -rilevabile di 
ufficio -� preliminare,� ancorch� l'Amministra:
zione -attesa la carenza, nella specie, del discusso 
.diritto di partecipazione sui proventi delle pene 
;pecuniarie -l'abbia dedotta in via eventuale, 
tanto nel corso del giudizio di merito (pag. 10-11 
della comparsa conclusionale 8maggio1959) quanto 
nel ricorso per cassazione (pag. 5 punti b e c). 
Non ne sembra, peraltro, menomamente dubbia 

11.a fondatezza, attesoch� il diritto in contestazione 
-ossia il diritto degli agenti provinciali alla parte.
cipazione o rrieno sui proventi delle pene pecuniarie 
.comminate per i reati di che trattasi -� un diritto 
tipicamente e direttamente nascente dalla loro 
qualit� e dal� loro status di pubblici dipendenti, e 
.come tale sottoposto a.Ua giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo (art. 29 e 30 della legge 
sul Consiglio di Stato, art. 4 e 5 della legge sulla 
Giunta Provinciale Amministrativa). 
� questa giurisdizione.speciale -esclusivamente 
.competente in materia -che deve dire se agli 
.agenti provinciali spetti o non spetti il diritto agli 
.emolumenti che si contestano, diritto nascente appunto 
dalla loro qualit� che costituisce il titolo 
:Specifico e diretto della pretesa in contestazione. 

Non diversamente � a dirsi del diritto dei can-
cellieri e segretari giudiziari sui cosidetti proventi 
.di cancelleria, dei funzionari della motorizzazione 
,civile sui proventi dei relativi servizi, degli avvocati 
.e procuratori dello Stato sugli onorari e competenze 
.delle cause vinte, del diritto dei funzionari dello 
Stato all'assistenza dell'ENPAS, ecc. 

Qualunque contestazione relativa all'esistenza o 
.meno di tali diritti patrimoniali inerisce direttamente 
al relativo rapporto d'impiego ed allo status 
,economico dei rispettivi pubblici dipendenti, spettandone 
quindi la decisione alla speciale giurisdizione 
esclusiva. 

Nella specie, appunto l'Amministrazione Finanziaria 
contesta l'esistenza del preteso diritto degli 
agenti provinciali sull'importo delle pene pecuniarie 
comminate in sede penale per violazione alle leggi 
in questione, e, dopo aver manifestato nella circolare 
6 aprile 1942, n. 123177 tale punto di vista 
ha disposto i vari provvedimenti di recupero, 
.contro i quali gli interessati si oppongono. 

Controv:ersia tipica, pertanto, di pubblico impiego 
e nient'affatto collegata ad esso da mero 
.rapporto occasionale, dacch� qui si tratta proprio 
.ed unicamente di vedere se i dipendenti provinciali 
. abbiano o non diritto ai proventi in contestazione. 

2. N�, ovviamente, la natura della controversia 
(tipicamente qualificata per il suo oggetto e per il 
suo petitum sostanziale) pu� cambiar carattere o 
sottrarsi al giudice competente per il fatto che la 
controversia corre tra dipendenti pubblici provinciali 
e lo Stato, o per il fatto che la pretesa dello 
Stato sia stata fatta valere nei loro confronti con 
ingiunzione fiscale. 
Il fatto che gli interessati contestino un provvedimento 
dello Stato e non della Provincia porta 
come unica conseguenza che la controversia appartenga 
alla competenza del Consiglio di Stato, invece 
che delli:t Giunta Provinciale Amministrativa. 

Non basta aiffatto che il rapporto d'impiego intercorra 
.nella specie . con la Provincia, anzich� con 
lo Stato, per sottrarrela controversia alla giurisdizione 
esclusiva, occorrendo soltanto -per rientrare 
nella giurisdizione esclusiva -che si tratti di pubblici 
dipendenti e che il provvedimento in contestazione 
provenga dall'autorit� amministrativa (semprech� 
naturalmente -e ci� ci sembra di aver 
gi� chiaramente dimostrato -la controversia 
sia relativa a diritti nascenti dal rapporto d'impiego 
e dalla qualit� di pubblici dipendenti). 

In proposito ci � sufficiente richiamare la sentenza 
14 maggio 1957, n. 1709 delle Sezioni Unite (in 
causa Montefusco c. ENPAS), la quale, oltre ad 
affermare il principio della competenza esclusiva 
della giurisdizione speciale amministrativa per ogni 
controversia �in cui la domanda trovi il suo titolo 
necessario nel rapporto d'impiego pubblico, considerato 
nella sua costituzione e nel suo svolgimento, 
o ad esso si riferisca o lo presupponga ))' 
espressamente riconobbe la competenza esclusiva 
del giudice amministrativo anche quando la controversia 
d'impiego insorge <e nei confronti di un soggetto 
giuridico estraneo e diverso da quello con cui 
il suddetto rapporto d'impiego ebbe a costituirsi JJ. 

Del pari, il fatto che il provvedimento amministrativo 
di revoca dell'attribuzione degli emolumenti 
si sia manifestato e fatto valere con la forma 
dell'ingiunzione fiscale, n� esclude evidentemente 
l'esistenza dell'atto amministrativo (di Cl�, a prescindere 
dalle eventuali comunicazioni fatte con i 
precedenti inviti alla bonaria restituzione, l'ingiunzione 
stessa costituiva proprio la manifestazione) 
n� consente il cambiamento di giurisdizione. 

Avverso l'ingiunzione fiscale -la cui natura di 
atto amministrativo � peraltro pacifica (v. da ultimo 
Cassazione, 6 febbraio 1959 in Giust. Civ. 1959, 
1, 1094) -gli interessati avevano certamente diritto 
di opporsi innanzi all'Autorit� Giudiziaria 
Ordinaria a norma ed agli effetti esecutivi del T. U. 
14 aprile 1910, n. 639, ma n� ci� li esimeva dall'impugnazione 
del provvedimento dinanzi alla dovuta 
giurisdizione amministrativa, n� ovviamente poteva 
tramutare in controversia civile la controversia 
amministrativa in contestazione e attribuire su 
questa la competenza della diversa giurisdizione. 

� appena il caso di richiamare la sentenza 27 
ottobre 1961, n. 2446 delle Sezioni Unite (in Giur. 
Jtal. 1961, 1, 714) che ha negata la giurisdizion-e 
del Giudice Ordinario peranco in ordinaria procedura 
esecutiva nella quale venga in contestazione 
materia d'impiego pubblico . 


......... 


Ci sembra che, senza bisogno di doversi ulteriormente 
soffermare in proposito, le citate sentenze 
della Corte Suprema siano di per s� sufficienti a 
fugare ogni dubbio sull'evidente fondamento della 
questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Indennit� -Deter


minazione -Accordo tra proprietario ed espro


priante -Efficacia -Protrazione eccessiva del pro


cedimento espropriativo -Colpa dell'Amministra


zione -Responsabilit� -Valutazione. (Corte di CaE


sazione, Sezione I, Sentenza n. 1280/62 -Pres.: Celen" 

tano; Est.: Stella Richter; P.M. Pedace (conf.) 


De Pasquale c. Ministero Difesa). 

Il negozio determinativo dell'indennit� di espropriazione 
per Pubblica utilit� vincola l'espropriato 
qualunque sia il tempo decorso tra l'accordo ed il 
perfezionamento del procedimento di espropriazione. 
Se per il comportamento doloso o colposo 
dell'Amministrazione o dell'espropriante, il procedimento 
espropriativo si protragga eccessivamente, 
l'accordo non perde la sua efficacia, ma l'Amministrazione 
� responsabile del danno che eventualmente 
ne derivi allo interessato per il ritardo nella 
riscossione dell'indennit�. 

La valutazione dell'anormalit� del ritardo da 

parte dell'Amministrazione deve essere effettuata 

in relazione al momento dell'accordo e con riguardo 

al diritto dell'espropriato di riscuotere l'indennit� 

concordata. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza 
la quale ci sembra che faccia implicitamente, 
ma non per questo meno definitivamente, giustizia 
della tesi sostenuta nella decisione (invero anomala) 
del Consiglio di Stato Sezione IV (n. 4 79 del 1957, 
in Riv. del Consiglio di Stato, 1957, 579) che af~ 
fermava essere illegittimo per eccesso di potere un 
decreto di espropriazione relativamente al quale la 
indennit� fosse stata depositata nella misura concordata 
molti anni prima. 

Con il primo mezzo di ricorso si denuncia la 
violazione degli art. 42 della Costituzione, 834 O.e., 

n. 25,74 e 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, 
per avere la Corte ritenuto vincolativo l'accordo 
concluso dagli espropriati per la determinazione 
dell'indennit� di esproprio. Sostengono i ricorrenti: 
a) che quell'accordo deve ritenersi sottoposto alla 
condizione rebus sic stantibus; b) che l'indennit� 
di espropriazione deve essere giusta, e quindi la 
misura concordata non pu� essere vincolativa, 
anche se non vi siano state riserve o condizioni; 
c) che nella specie vi era stata un'occupazione protrattasi 
per oltre un decennio e poi l'accordo sulla 
indennit�, a seguito del quale decorse oltre un 
anno per l'emanazione del decreto di espropriazione. 
Questo tempo fu tutt'altro che breve, in 
relazione allo stato del procedimento di espropriazione, 
e nel corso di esso si verific� un notevole 
incremento del valore dell'immobile, come risulta 
da altra sentenza della stessa Corte, concernente 
un terreno contiguo. 
41 

Queste censure sono di una palese inconsistenza. 

Non � dubbio che il diritto dell'espropriato alla, 
indennit� � un diritto patrimoniale disponibile e che 
quindi l'interessato pu� determinarlo come meglio. 
crede. L'art. 25 della legge del 1865 sulle ~spropJ'iazione 
per pubblica utilit� prevede la possibilit�. 
che l'espropriato subordini l'efficacia dell'accordo� 
a delle condizioni, tra cui pu� comprendersi anche� 
quella rebits sic stantibus; ci� necessariamente importa 
che, se invece l'accordo � incondizionato� 
la sua vincolativit� non pu� essere contestata. 
Il principio secondo il quale all'espropriato deve 
essere corrisposta una giusta indennit� � invocat& 
del tutto a sproposito, poich� l'adeguatezza dell'a 
indennit� non pu� essere discussa quando la misura 
di essa sia stata stabilita con il libero e pieno consenso 
della parte interessata. E la giurisprudenza 
di questo Supremo Collegio ha ripetutamente affermato 
che: 1) il negozio determinativo della 
indennit� vincola l'espropriato qualunque sia il 
tempo decorso tra l'accordo e il perfezionamento 
del procedimento di espropriazione. Se per il comportamento 
colposo o doloso dell'Amministrazione 
o dell'espropriante, il procedimento espropriativo 
si protragga eccessivamente, l'accordo non 
perde la sua efficacia, ma l'Amministrazione � 
responsabile del danno che eventualmente ne derivi 
all'interessato per il ritardo nella riscossione della 
indennit�; 2) si vedano le sentenze 16 luglio 1951r 

n. 1994 e 28 giugno 1960, n. 1684). 
Da ci� consegue che la valutazione dell'anormalit� 
del ritardo da parte dell'Amministrazione deve 
essere effettuata in relazione al momento dell'ac-' 
cordo e con riguardo al diritto dell'espropriato di 
riscuotere l'indennit� concordata. Ora nella specie� 
sono circostanze di fatto accertate e non controverse 
che l'accordo fu concluso il 29 maggio 1952; 
che i mandati di pagamento vennero emessi il 101 
ottobre 1952; che i De Pasquale rilasciarono la 
dichiarazione liberatoria il 3 e il 5 dicembre 1952; 
che il decreto di esproprio fu emanato il 26 giugno� 
1953. Il pagamento cio� avvenne ancor prima del 
decreto di esproprio; quindi il ritardo doveva essere 
valutato con riferimento al periodo intercorrente 
tra il 29 maggio 1952 e il 10 ottobre dello. 
stesso anno. Che questo sia un periodo eccessivamente 
lungo non sembra seriamente sostenibile. 
Comunque l'apprezzamento compiuto al riguardo 
dalla Corte del merito � insindacabile in questa 
sede. 

Parimenti infondata � la seconda censura. Si 
lamenta che la Corte abbia considerato domanda 
nuova e, come tale inammissibile in appello, quella 
con cui si chiedeva la condanna dell'Amministrazione 
al risarcimento dei danni per l'illegittimit�. 
del decreto di esproprio per violazione del principio 
della �giusta indennit�. In effetti l'illegittimit� del 
decreto non era stata mai dedotta, ma era stata. 
solo chiesta una dichiarazione di nullit� dell'accordo 
determinativo dell'indennit� ed una elevazione 
dell'indennit� stessa. Vi fu quindi un:�radicale 
mutamento della causa petendi, che importav�: 
mutamento della domanda. L'illegittimit� del decreto 
avrebbe importato un'occupazione abusiva. 
e quindi una responsabilit� per risareimento deii 


-42 

danni, non gi� un adeguamento dell'indennit� 
concordata. Comunque non pu� non rilevarsi la 
pretestuosit� della domanda stessa, posto che 
l'inadeguatezza dell'indennit� non comporta la 
illegittimit� del decreto di espropriazione, ma la 
modificazione dell'indennit� stessa mediante ~'apposito 
procedimento previsto dalla legge. 

�GUERRA -Poteri dello Stato occupante -Art. 53 

della Convenzione dell'Aja 1899 -Appropriazione 

di beni dello Stato occupato -Vendita a privato 


Nullit� per l'ordinamento interno. (Corte di Cas� 

sazione, Sezione I, Sentenza n. 1284/62 -Pres.: Celen


tano; Est.: Stella Richter; P. M.: Cutrupia (conf.) 


Amministrazione Difesa Esercito c. Carmagnani). 

Secondo il nostro ordinamento giuridico, che non 
-� in contrasto con quello internazionale stabilito 
dall'art. 53, comma 1�, del regolamento annesso 
alla Convenzione dell'Aja del 1899, � nullo l'ac~
uisto che un cittadino italiano abbia fatto, direttamente 
od a mezzo di intermediari, di beni patrimoniali 
dello Stato italiano dalle forze tedesche 
-che li avevano catturati durante l'occupazione del 
territorio nazionale. 

Questa giurisprudenza costituisce ormai jus recep-
tum. 

Trascriviamo l'intera motivazione della sentenza 
per mettere anche in rilievo gli argomenti addotti 
.dalla Corte d'Appello che la Cassazione, accogliendo 
.le nostre tesi, ha puntualmente ed esaurienternente 

controbattuti. 

Nel marzo 1946 l'Amministrazione Militare italiana 
intim� alla ditta Siri Felice di Albissola il 
fermo di cinque serbatoi metallici per carburanti, 
assumendo che le appartenevano e che erano stati 
depretati dal tedesco invasore. Tuttavia i serbatoi 
furono trasportati a Pegli presso la ditta Attilio 
Carmagnani, alla quale l'Amministrazione rinnov� 
l'intimazione di fermo. 

La Carmagnani, allora, all'atto di citazione 28 
giugno 1948, convenne in giudizio avanti al Tribu� 
nale di Genova la detta Amministrazione, chiedendo 
che fosse dichiarata la propriet� di essa 
istante sui serbatoi, per averli legittimamente 
acquistati dalla ditta Averardo Scuffi di Savona, 
-e che fosse condannata la convenuta al risarcimento 
dei danni, da liquidarsi in separata sede. 

L'Amministrazione contest� tali istanze, dedu
�Cendo che i serbatoi appartenevano all'Esercito 
italiano e che lo Stato, a norma del D. r,. L. 
10 febbraio 1945, n. 32 aveva diritto di recuperare le 
-0ose mobili di sua pertinenza da chiunque ne fosse 
venuto in possesso dopo 1'8 settembre 1943, senza 
poterne dimostrare la legittima provenienza. 
� Il Tribunale con sentenza 8-14 marzo 1956 
-:respinse la domanda. 

Il soccombente propose appello e la Corte di 
�Genova con sentenza 18 febbraio-31 marzo 1960 
lo accolse dichiarando che i cinque serbatoi erano 
legittimamente posseduti dal Carmagnani. 

Consider� la Corte che, alla stregua delle risultanze 
della prova esperita e dei documenti prodotti, 
i cinque serbatoi appartenevano originariamente 
all'esercito tedesco occupante e furono da 
questo venduti a un cittadino italiano. Si poneva 
quindi la questione, se, cessata l'occupazione nemica, 
lo Stato italiano potesse recuperare quei beni, 
in base alle norme del proprio ordinamento interno, 
e, in ispecie, dell'art. 1 del D.L.L. 10 febbraio 1945, 

n. 32, ovvero se tale diritto non sussistesse in 
conseguenza sopratutto dell'art. 53 del regolamento 
annesso alla seconda convenzione de l'Aja del 
1899 sulle leggi e sugli usi di guerra. Al riguardo 
la Corte osserv� che l'art. 1 del decreto del 1945 
fa obbligo a chiunque sia venuto in possesso di 
cose mobili di pertinenza dello Stato dopo il 10 
luglio 1943 e non possa provare la legittimit� di 
tale possesso, di restituirle. 
L'art. 53 del citato regolamento consente allo 
Stato occupante di impossessarsi dei fondi e valori 
dello Stato occupato, dei depositi di armi, dei mezzi 
di trasporto, magazzini e approvvigionamenti e, 
in genere, di tutti i beni mobili dello Stato occupato 
che possano servire alle operazioni belliche. Ora � 
vero che la lettera della norma indurrebbe a ritenere 
che allo Stato oecupante si trasferisca solo il 
possesso e non anche la propriet� dei detti beni; 
senonch� una consuetudine internazionale da tempo 
consolidata interpreta invece la norma nel senso 
che lo Stato cattore acquista la propriet� dei beni 
ed ha quindi la facolt� di trasmetterli ad altri. 
E tale interpretazione � stata accolta dalla nostra 
legge di guerra (R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, allegato 
A), che all'art. 60 stabilisce che i beni passano 
in propriet� dello Stato Italiano, quando questo 
sia il cattore. 

Rilev� ancora la Corte che il potere di appropriazione, 
se � limitato ai beni idonei alle operazioni 
di guerra, non importa alcun limite al successivo 
potere dispositivo dello Stato cattore, che pu� 
disporre dei beni stessi come crede e quindi pu� 
anche alienarli. Inoltre la vendita del bottino di 
guerra pu� essere compiuta per procurare danaro 
da impiegare nelle operazioni belliche, e nella specie 
appunto ricorreva questa ipotesi, giacch� la vendita 
dei serbatoi avvenne neJl'imminenza della ritirata 
dell'esercito tedesco, ritirata che costituisce anche 
essa una operazione di guerr~. 

La Corte consider� inoltre che era infondato l'assunto 
secondo il quale dalla detta norma deriverebbe 
l'obbligo per lo Stato occupato di riconoscere 
la validit� del trasferimento del bottino di guerra 
soltanto nei confronti dell'ordinamento internazionale 
e non anche nei confronti di quello interno. 
In vero cos� opinando si disconoscerebbero i principi 
generali universalmente l'iconosciuti, secondo 
i quali chi vende un bene di cui ha la legittima propriet� 
trasferisce all'acquirente, insieme con questa, 
il diritto di opporsi a qualsiasi rivendicazione altrui. 
Inoltre la norma consuetudinaria fu codificata al 
fine di evitare questioni sulla propriet�. dei _begi 
mobili ivi indicati. Infine l'art. 10 della Costituzione 
stabilisce che l'ordinamento giuridico italiano si 
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente 
riconosciute, principio questo gi� insito 


-43 

_nel precedente ordinamento costituzionale. Non 
poteva opporsi che i detti beni non erano stati 
isottratti alla loro destinazione nei modi stabiliti 
dalla legge, a norma dell'art. 828 O.e., perch� l'impossessamento 
da parte dello Stato cattore ed il 
conseguente passaggio nella sfera della propriet� 
di questo provoca la sottrazione alla destinazione, 
.sottrazione legittima secondo il nostro ordina


mento interno, che si � adattato a quello 
iinternazionale. 

Avverso q�esta sentenza l'Amministrazione ha 
proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro 
motivi di annullamento. Resiste la Oarmagnani 
�con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato 
memoria illustrativa. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L'Amministrazione ricorrente censura sotto vari 
:aspetti la decisione della Oorte di merito che ha 
ritenuto legittimamente acquisiti da parte di un 
cittadino italiano dei beni mobili (serbatoi metallici 
per carburante) appartenenti all'esercito italiano, 
catturati dall'esercito tedesco occupante e da questo 
venduti al cittadino italiano. Deduce la ricor1
�ente che l'occupazione bellica determina un ostacolo 
d'indole meramente materiale all'estrinsecarsi 
della sovranit� dello Stato occupato, per modo che, 
�Cessata quella occupazione, l'originaria sovranit� 
�dello Stato occupato riprende il suo impero e quindi 
pu� disconoscere i rapporti giuridici posti in essere 
-dall'occupante; in questo senso deve interpretarsi 
l'art. 53 del regolamento annesso alla convenzione 
dell'Aja del 1899 sulle leggi e sugli usi di guerra 
�(primo 1nezzo di ricorso). Deduce inoltre che il 
citato art. 53 consente la cattura delle sole cose 
�che possono essere destinate ad usi di guerra, e 
quindi, come esclude la cattura per quelle inidonee 
.ai detti fini, cos� esclude che di quelle idonee l'occupante 
possa servirsi per farne oggetto di specula:
zione commerciale (secondo mezzo di ricorso). Sostiene 
poi che il negozio concluso tra lo Stato occupante 
e il cittadino dello Stato occupato ha rilevanza 
solo nell'ordinamento dello Stato occupante, 
non in quello dello Stato occupato; anche ammesso 
<Che la norma internazionale sia recepita nell'ordinamento 
interno, non ne deriva che in questo debbano 
riconoscersi come leciti i negozi conclusi sulle cose 
<Catturate dall'occupante (terzo motivo di ricorso). 
Infine assume che, trattandosi, nella specie, di 
beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello 
Stato, essi non erano commerciabili, non ostante 
l'avvenuta cattura (quarto motivo di ricorso). 

Le doglianze sono fondate nei sensi e con le precisazioni 
che verranno indicati. Oom'� noto, l'art. 
.53, comma 1�, del regolamento annesso alla convenzione 
dell'Aja del 29 luglio 1899 sulle leggi 
.e gli usi di guerra, cos� dispone: � L'arm�e qui oc<
mpe un territoire ne pourra saisir que le num�raire, 
fos fonds et les valeurs exigibles appartenant en 
propre � l'Etat, les d�p�ts d'armes, moyens de 
transport, magasins et approvisionnements et, en 
g�n�ral, toute propri�t� mobili�re de l'Etat de 
nature � servir aux op�rations de la guerre ii. 

A questa convenzione, ratificata dall'Italia, � 
stata data esecuzione con il R.D. 9 dicembre 1900, 

n. 504. Senonch� tale decreto, per la sua natura 
meramente regolamentare, fu inefficace ad adattare 
l'ordinamento interno dello Stato italiaino alle 
norme internazionali, dato che queste incidono sulla 
disciplina del diritto di propriet�, disciplina non 
modificabile che con legge. 
Si ritiene, invece, che l'adattamento sia avvenuto 
in modo automatico, in virt� di una norma implicita 
contenuta nell'ordinamento italiano anteriore alla 
Costituzione diretta a provvedere appunto all'automatico 
adattamento del diritto interno a 
quelle norme internazionali che costituiscono il 
diritto internazionale generale o comune. Tale 
norma � ora espressamente consacrata nella Oosti� 
tuzione della Repubblica, il cui art. 10 stabilisce 
�L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle 
norme di diritto internazionale generalmente rico


� nosciute �. Si tratta ora di determinare il significato 
e la portata dell'art. 53, comma 1�, del regolamento 
dell'Aja. Esso dice che le forze armate occupanti 
non possono impossessarsi che del denaro e dei 
valori appartenenti allo Stato occupato, dei mezzi 
bellici e di tutti i beni mobili dello Stato medesimo 
che per loro natura possono servire alle operazioni 
della guerra. Secondo un'opinione sostenuta in 
dottrina e seguita dalla sentenza impugnata, lo 
Stato occupante con l'impossessamento acquista 
la propriet� dei beni indicati da esso catturati e 
pu� disporne nel modo che ritiene pi� opportuno, 
utilizzandoli direttamente, consumandoli, distruggendoli 
ed anche trasferendoli a chicchesia. E lo 
Stato che ha subito la cattura dovrebbe nel proprio 
ordinamento attribuire un effetto corrispondente a 
quello che si produce nell'ordinamento dello Stato 
cattore riconoscendo l'acquisto della propriet� del 
cattore sul bottino di guerra e la validit� del relativo 
trasferimento operato a favore di terzi. Il che 
sarebbe avvenuto in virt� dell'adattamento automatico, 
prima, e dell'art. 10 della Costituzione, poi. 
Questa tesi � stata seguita dal Supremo Collegio 
con la sentenza 19 ottobre 1951, n. 2644, ma � 
stata respinta con tutte le altre che hanno esaminato 
la questione, vale a dire quelle 22 marzo 1950, 

n. 774; 15 giugno 1951, n. 1551; 22 aprile 1954, 
n. 1199; 28 aprile 1954, n. 1306; 27 maggio 1955, 
n. 1639, 25 marzo 1961, n. 686. A tale prevalente 
e pi� recente indirizzo la Oorte ritiene di doversi 
uniformare. 
In vero il primo comma dell'art. 53 determina 
in forma limitativa i beni dello Stato occupato, 
di cui l'occupatore si pu� impossessare (saisir), e 
tali beni sono di due categorie, quelli strumentali 
(danaro, fondi e valori) e quelli di uso diretto 
(armi, mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamenti 
e in genere mobili destinati per loro natura 
a servire alle operazioni belliche). � da tenere 
presente che il precedente art. 52 prevede la requisizione 
di beni e servizi non appartenenti allo Stato 
e il secondo comma dell'art. 53 contempla pure un _ 
impossessamento di mezzi di comunicazione o di 
trasporto, di depositi di armi e di munizioni, appartenenti 
a privati, con l'obbligo peraltro della restituzione 
e dell'indennizzo al momento della pace. 


Li iiiiif&FWfWN@F1&*�*d~& J Li iiiiif&FWfWN@F1&*�*d~& J 
-4-! 


Questo dimostra che il diritto internazionale, mentre 
consente all'occupante il diritto di compiere 
tutte quelle attivit� che sono necessarie per il 
proseguimento della guerra, gli pone dei limiti di 
rispetto della propriet� pubblica e privata. Le 
norme quindi devono essere interpretate restrittivamente, 
in aderenza al detto principio. Ora se tra 
i beni dello Stato suscettibili di cattura sono compresi 
alcuni per loro natura strumentali ed altri, 
del pari per loro natura, di uso diretto, sembra 
indubbio che questi ultimi non possano essere appresi 
per essere utilizzati invece come beni stru" 
mentali, vale a dire come merce di scambio per procurare 
danaro o altri beni. Vimpossessamento, 
rispetto ad essi, � giustificato proprio dalla loro 
natura di beni idonei a servire ai fini bellici. Se si 
fosse voluto consentire all'occupante di procurarsi 
del danaro mediante l'apprensione di beni, si sarebbe 
dovuta consentire anche quella di altri beni 
pi� pregiati, quali, per esempio, le opere d'arte. 
Ci� non vuol dire che lo Stato occupante debba 
rispondere di fronte all'occupato dell'uso fatto dei 
beni che ha appresi; ma importa solo che l'occupato 
non � tenuto a riconoscere nel proprio ordinamento 
la validit� dei negozi di trasferimento della 
propriet� di quei beni compiuti dall'occupante, 
trasferimento che costituisce un atto arbitrario e 
quindi invalido, sia per il diritto internazionale, 
sia per il diritto interno. 

Non � quindi in contrasto con il diritto internar.
ionale la disciplina particolare dettata dal nostro 
ordinamento con il D.L.L. 1� febbraio 1945, n. 32, 
per il recupero di cose mobili di pertinenza dello 
Stato, illegittimamente detenute, con il D.L.L. 
21 gennaio 1945, n. 49 e con il D.L. 22 gennaio 1948, 

n. 118, per il recupero di autoveicoli e relativi materiali, 
del pari illegittimamente detenuti, nonch� con 
il D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134, art. 5, sull'avocazione 
dei profitti per negozi conclusi con il tedesco 
invasore. Quest'ultima norma dispone l'avocazione 
allo Stato di tutti i profitti conseguiti dopo 1'8 
settembre 1943, in dipendenza ed in occasione di 
appalti, di forniture o di altri negozi conclusi, 
direttamente o a mezzo di intermediari, col tedesco 
invasore, precisando che si considerano conclusi a 
mezzo di intermediari quei negozi la cui esecuzione 
non si ignorava e non si poteva ignorare che avvenisse 
nell'interesse del tedesco medesimo. Da tale 
norma si evince in modo univoco che qualsiasi contratto 
concluso con il tedesco invasore � illecito e 
quindi nullo per il nostro ordinamento, tanto che 
le utilit� che dal contratto sono derivate vengono 
acquisite dallo Stato a titolo sanzionatorio. Non pu� 
dubitarsi pertanto che l'acquisto da parte di cittadini 
italiani di beni patrimoniali dello Stato italiano 
catturati dal tedesco invasore sia nullo e che quindi 
lo Stato italiano abbia diritto a rivendicare i beni 
medesimi. 
Pertanto l'impugnata sentenza deve essere cassata 
con il rinvio della causa ad altro giudice dello 
stesso grado, che si uniformer� al seguente principio 
di diritto: �secondo il nostro ordinamento giuridico, 
che non � in contrasto con quello internazionale 
stabilito dall'art. 53, comma 10, del regolamento 
annesso alla convenzione dell'Aja del 1899, � nullo 

l'acquisto che un cittadino italiano abbia fatto,. 
direttamente o a mezzo di intermediari, di beni 
patrimoniali, dello Stato italiano dalle forze armate� 
tedesche che li aveva.no catturati durante l'occupazione 
del territorio nazionale.�. 

IMPOSTE E TASSE -Imposte indirette -Determi


nazione del valore -Decisioni della Commissione 

provinciale -Ricorso alla Commissione Centrale� 

per difetto di motivazione -Improponibilit� -Possi


bilit� solo di ricorso all'autorit� giudiziaria. (Corte 

di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 2828/62 -

Pres.: Tavolaro; Est.: Ferrati; P.M.: Pepe (diff.) -

Perrier e, Amministrazione delle Finanze). 

Le decisioni della Commissione provinciale delle� 
imposte, emesse in grado di appello in tema di 
determinazione del valore in materia d'imposte 
indirette sui trasferimenti della ricchezza, sono� 
definitive e contro di esse � dato soltanto il ricorso� 
ali'Autorit� giudiziaria a norma dell'art. 29 terzo� 
comma R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639: non � pertanto 
proponibile avverso dette decisioni il ricorso 
alla Commissione Centrale delle imposte per vizi 
in pro�edendo, in particolare per difetto di motiva� 
zione. 

Trascriviamo la motivazione in diritto di questa 
magistrale sentenza che segna una direttiva chiara 
e definitiva nel tormentato campo delle relazioni tra 
organi della giurisdizione speciale tributaria e organi 
della giurisdizione ordinaria, accogliendo integralmente 
le tesi dell'Amministrazione. 

La sentenza n. 2689 del 1960 citata nella moti1!azione 
� stata confermata dalla sentenza successiva 

n. 2225/61 che � stata pitbblicata in qnesta �Rassegna 
�, 1962, p. 93. 
L'Amministrazione ricorrente sostiene che le decisioni 
della Commissione Provinciale delle Imposte 
in materia di valutazione agli effetti delle imposte� 
indirette sui trasferimenti della ricchezza sono� 
definitive e contro di esse non � proponibile il 
ricorso alla Commissione Centrale: questa avrebbe 
dovuto quindi ritenere preclusa ogni questione sollevata 
dai ricorrenti eredi Perrier, fosse essa di merito 

o di rito, onde non avrebbe dovuto neppure attardarsi 
ad esaminare la sussistenza o rrieno del dedotto� 
vizio di motivazione. 
Ne deduce pertanto la ricorrente che la decisione� 
impugnata, in quanto emessa dal giudice assolutamente 
carente di giurisdizione, deve essere annullata 
senza rinvio con conseguente declaratoria di 
assorbimento del ricorso principale degli eredi 
Perrier. 

!Ja censura � fondata. 

La questione sollevata dalla ricorrente principale 
non ha costituito oggetto in passato di specifica 
pronuncia da parte di questo S.C. __ ��


Nella sentenza 23 marzo 1957 r n. 988 v'� soltanto� 
un fuggevole accenno alla possibilit� che le decisioni 
delle Commissioni Provinciali in tema di valutazione 
agli effetti delle imposte indir~tte sui 


w::www ::Ja,t�: ma@iJid.BM:

7 

-4i'.i 



trasferimenti della ricchezza siano impugnabili in 
,'Sede contenziosa amministrativa, mediante ricorso 
alla Commissione Centrale, ma si tratta di un rilievo 
marginale, indipendente dalla ratio decidendi del 
�caso allora in discussione. 

Per contro, nella pi� recente sentenza 13 ottobre 
1960, n. 2689, queste Sezioni Unite, nell'affermare 
�che le decisioni della sezione speciale della Oommis,'
Sione provinciale delle imposte sulle controversie 
-che insorgono nella valutazione dei titoli azionari 
non quotati in borsa non sono passibili di ricorso 
alla Commissione Centrale, hanno addotto, a so..
stegno di tale soluzione, non soltanto la norma spe
�Cifica che disciplina quelle particolari controversie 
(art. 10 R.D.L. 15 dicembre 1938, n. 1975), ma 
anche la norma generale che regola il giudizio delle 
�Commissioni provinciali sulle controversie riferentisi 
alla determinazione del valore in materia di 
imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, 
-e cio� l'art. 29 R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, su 
-0ui la ricorrente ha fondato il proprio assunto, in 
.quanto sia nella una come nell'altra norma le deci.
sioni della Commissione Provinciale sono qualifi-
cate �definitive>>. 

Appare pertanto necessario un breve richiamo 
a tutta la disciplina del contenzioso tributario 
.quale risulta dalle norme del R.D.L. 7 agosto 1936, 

n. 1639 e deLR.D.L. 8 luglio 1937, n. 1516, all'apice 
degli organi deputati alla risoluzione delle contro-
versie amministrative con il compito di curare 
l'osservanza della legge, cosicch� la regola sia 
l'impugnabilit� avanti alla Commissione centrale 
-delle decisioni della Commissione provinciale. 
Diverso � invece il sistema configurato per le 
-controversie in tema di imposte indirette. 

Dispone infatti l'art. 29: �La competenza delle 
�Commissioni amministrative in materia d'imposte 
indirette sui trasferimenti della ricchezza � determinata 
nel modo seguente: 

Le controversie che si riferiscono alla determina:
zione del valore sono decise, in prima istanza, 
dalle commissioni distrettuali, e, in secondo grado, 
.da quelle provinciali. 

Il giudizio delle Oommisioni provinciali sulle 
-questioni di cui al comma precedente � definitivo, 
;aalvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed 
�evidente errore di apprezzamento ovvero per man-
0anza o insufficienza di calcolo nella determinazione 
.del valore. 

Tutte le altre controversie relative alla applica:
zione della legge sono decise, in 1� grado, dalle 
Commissioni provinciali, salvo ricorso alla autorit� 
giudiziaria nei modi e termini stabiliti dalle leggi 
vigenti�. 

Di fronte a tale norma non par dubbio che il 
Jegislatore abbia inteso operare una dicotomia 
nelle controversie che possono insorgere tra citta
�dini e Fisco in ordine all'applicazione delle imposte 
:sui trasferimenti della ricchezza, tra le quali rientra 
-� appena il caso di avvertirlo -la imposta 
.sulle successioni, di cui si contende nel caso con
�Creto: se si tratta di mere questioni di valutazione, 
vale a dire di determinazione del valore da attribuire 
al cespite trasferito, il giudizio si articola in 
due fasi devolute rispettivamente alla Commissione 

distrettuale quale giudice di prima istanza e alla 
Commissione provinciale quale giudice di 2� grado, 
mentre, se si tratta di questioni di diritto relative 
all'applicazione della legge, il giudizio continua 
sempre ad articolarsi in due fasi, ma in questo 
secondo caso il giudice di 1� grado � la �omn:iissione 
provinciale e giudice d' appello, con cognizione 
piena di merito, la Commissione centrale. 

E la differenza tra i due giudizi � maggiormente 
posta in rilievo dal fatto che la Commissione provinciale 
chiamata a giudicare in grado di appello 
le controversie in tema di valutazione � la Commissione 
prevista dall'art. 25 nell'ordinaria composizione 
stabilita in detto articolo, mentre per i 
giudizi di cui all'ultimo comma dell'art. 29, l'art. 
30 prevede la costftuzione di una sezione speciale 
compostit di membri scelti tutti tra persone esperte 
del diritto (magistrati, funzionari dello Stato, esercenti 
professioni legali). 

In materia di imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza non vige adunque il principio della 
necessaria unit� di giudizio sull'an o sul quantum 
debeatur (cfr. sentenza, 19 luglio 1947, n. 1158), 
in quanto il legislatore ha avuto riguardo a1la 
diversit� di questioni che possono insorgere in 
ordine all'uno e all'altro punto, creando per ciascuno 
il giudice ritenuto pi� idoneo . 

Ohe tra i due giudizi non debba operarsi alcuna 
commistione � fatto palese proprio dall'art. 37 
regio decreto-legge n. 1516 del 1937, cui i ricorrenti 
hanno fatto riferimento nella discussione orale. 

Detta norma ha avuto infatti presente il caso 
che pi� frequentemente si verifica nella pratica e 
cio� che la questione di diritto circa i criteri di 
applicazione dell'imposta nel caso specifico sorga, 

o pi� esattamente si puntualizzi, in sede di valutazione 
avanti la Commissione distrettuale, adita 
dal contribuente in sede di ricorso avverso l'accertamento 
che l'Ufficio ha fatto seguendo determinati 
criteri, oltrech� di valutazione, anche di diritto: 
l'art. 37 nel suo primo comma stabilisce quindi che 
la decisione della Commissione di prima istanza � 
impugnabile avanti alla Commissione provinciale 
nel termine di 30 giorni dalla notifica ed aggiunge, 
nell'ultimo comma, che entro lo stesso termine il 
contribuente pu� ricorrere alla Commissione provinciale 
per le questioni previste dall'art. 29 ultimo 
comma . 
Ci� sta precisamente a dimostrare come dall'ambito 
del giudizio di appello debbano esulare quelle 
questioni di diritto che la legge demanda alla sezione 
speciale della Commissione provinciale e 
come di conseguenza la Commissione provinciale 
sia incompetente a decidere in sede di appello su 
questioni di diritto prospettate per la prima volta 
in sede di estimazione (Commissione Centrale, 
decisione 8 gennaio 1951, n. 18996). 

Ora da questa diversa sistematica dei giudizi, 
di valutazione e di diritto, si pu� gi� di per s� 
trarre argomento per escludere che la Commissione 
Centrale, che � costituita come giudine �di 20 
grado con piena competenza di merito in ordine�� 
alle questioni di diritto, possa esercitare un sindacato 
di legittimit� sulle decisioni in tema di valutazione. 



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....... 46 


Ma ogni dubbio cade di fronte all'esplicita dizione 
della legge, la quale, come si � visto, qualifica quelle 
decisioni come definitive, ammettendo contro di 
esse soltanto il ricorso all'autorit� giudiziaria. 

Non sembra invero plausibile limitare la portata 
di quella qualificazione e ritenere che la definitivit� 
della decisione concerna esclusivamente la questione 
di estimazione. 

� questo invece l'indirizzo che la Commissione 
centrale segue ormai da anni e precisamente da 
quando, con decisione 18 dicembre 1940, n. 3440, 
ha ritenuto di poter affermare il proprio sindacato 
di legittimit� anche sulle pronunce di 2� grado, 
emesse in sede di valutazione nel campo che qui 
interessa, allorch� si denuncino errori in procedendo 
da parte del collegio giudicante. 

Non ritengono peraltro le Sezioni Unite che le 
argomentazioni allora addotte siano tali da superare 
il chiaro dettato dalla legge. 

Non ha anzitutto valore decisivo e risolutivo 
l'argomento dell'unit� degli organi del contenzioso 
amministrativo tributario ed in particolare l'argomento 
desunto dal carattere della Commissione 
centrale cc organo unitario chiamato a decidere in 
ultima istanza, in sede contenziosa amministrativa, 
le controversie in materia di imposte tanto dirette 
che indiret.te sugli affari, con unica procedura disciplinata 
promiscuamente cos� per le imposte dirette 
che per le indirette dai R.D.L. 1 agosto 1936, 

n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516 �. 
Quando si riconosce che nel sistema del conten


zioso amministrativo tributario l'art. 29 del regio 

decreto-legge n. 1639 rappresenta una eccezione in 

quanto attribuisce una competenza di merito alla 

Commissione centrale, si pone la premessa per 

legittimamente differenziare la competenza della 

commissione stessa in materia di imposte indirette 

da quella in tema di imposte dirette: non basta 

invero affermare che, trattandosi di eccezione, essa 

va contenuta nei limiti che sono strettamente 

necessari e che in ogni altro caso riprendono 

vigore le regole generali, giacch� si tratta precisa


mente di interpretare l'effettiva portata dell'ar


ticolo 29 nel complesso delle sue disposizioni. 

E a tal fine non pare trascurabile il rilievo che 

l'art. 45 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 stabilisce che 

il ricorso alla Commissione centrale contro le deci


sioni delle Commissioni provinciali � dato cc nei casi 

ammessi dalle singole leggi di imposta n. 

� vero che nella disciplina delle singole imposte 

dirette il legislatore ha adottato generalmente il 

sistema del rinvio, per il contenzioso, alle leggi 

sull'imposta di ricchezza mobile onde, come gi� 

si � detto, in ordine a tali imposte pu� ammettersi 

una competenza generale di legittimit� della com


missione centrale, ma questo non autorizza ancora 

una ulteriore illazione circa la possibilit� di adire 

la Commissione centrale anche in materia di im


poste indirette sugli affari avverso le decisioni 

emesse in sede di valutazione quando le leggi rela


tive al riguardo tacciono ed esiste al contrario una 

norma specifica quale quella dall'art. 29, di cui 

si discute. 

N� appare decisivo al riguardo il 4� comma 
dell'art. 31 R.D.L. 7 agosto 1936, il quale estende 

genericamente alle controversie riguardanti le� 
imposte di trasferimento dei beni tutte le altrenorme 
relative al procedimento davanti alle-� 
Commissioni amministrative delle imposte dirette, 
giacch� si tratta pur sempre .di coordinare la. 
suindicata norma di richiamo con quella specifica. 
dell'art. 29. 

E che questo rappresenti un ostacolo non facilmente 
superabile lo ha riconosciuto nella anzidetta 
decisione, la stessa Commissione centrale la quale, 
peraltro, ha ritenuto affrettato indurre dall'art. 29� 
che la legge, dopo la decisione della Commissione 
centrale, abbia voluto precludere ogni ulteriore� 
stadio di giudizio in sede contenziosa amministrat,
iva, in quanto, a suo avviso, cc nessuna interferenza 
esiste e pu� esistere tra la competenza della� 
autorit� giudiziaria e quella della Commissione 
centrale � giacch�, � mentre l'.Autorit� giudiziaria,. 
ove ricorrano gli estremi per dare ingresso alla,, 
domanda, deve procedere alla valutazione, emetendo 
un giudizio di estimazione, la Commissione 
centrale deve limitarsi ad accertare se la legge sia 
stata osservata e, quando accolga il ricorso, a rinviare 
il giudizio di valutazione alla Commissione 
provinciale, di talch� non � possibile un conflitto 
fra l'Autorit� giudiziaria e la Commissione centrale�. 

Ora questo argomento, su cui appare effettivamente 
incentrata la ratio decidendi della Commissione 
centrale, � senza dubbio erroneo, giacch� il 
ricorso all' .Autorit� giudiziaria previsto dal 20 comma 
dell'art. 29 non d� affatto luogo ad un giudizio� 
ex novo che si sovrappone e si sostituisce a quello 
amministrativo. 

Queste Sezioni Unite infatti hanno esplicitamente 
affermato, come punto fermo e non suscettibile 
di dubbi che la cognizione demandata al giudice 
ordinario dell'art. 29 del regio decreto-legge 

n. 1639 � di mera legittimit�, precisando al riguardo 
che il giudice, il quale accerti l'invalidit� della 
decisione della commissione tributaria, non ba 
il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei 
temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio 
di merito della pronuncia impugnata, vale a dire 
all'apprezzamento e al calcolo dei valori, apprestando 
alla decisione la motivazione mancante, 
ma deve limitarsi ad annullare la decisione stessa 
(Sentenza, 26 settembre 1956, n. 3265): e questa 
giurisprudenza � stata costantemente seguita (cfr. 
sentenza, 11 marzo 1958, n. 828; 29 novembre 
1958, n. 3818; 15 gennaio 1960, n. 21), configurandosi 
anzi il giudizio conseguente al ricorso ex art. 
29, 3� comma, come una fase eventuale del giudizio 
amministrativo di accertamento dell'imposta e 
quindi come una fase del procedimento avanti alle 
commissioni tributarie, cui la controversia deve 
essere rimessa, per l'esame del merito, in caso di 
annullamento della decisione. 
Ben si spiega allora come il legislatore, dopo aver 
assicurato per altra via un controllo di legittimit�. 
sulla decisione; abbia taciuto circa il ricorso alla 
Commissione centrale: tale silenzio�, �-colleg_atQ: 
con la qualificazione di definitiva attribuita alla 
decisione, non pu� che interpretarsi come diniego 
di un ricorso per motivi di legittimit� alla Commissione 
centrale. 



TI 

-4i


Altrimenti si avrebbe una pronuncia suscettibile 
di un duplice sindacato di legittimit�, da parte 
dell'Autorit� giudiziaria secondo le espresse previsioni 
dell'art. 29, da parte della Commissione centrale 
in virt� di quella generale competenza di 
legittimit� che le spetterebbe su tutte le decisioni 
delle Commissioni provinciali; un simile risultato 
non armonizza affatto con tutto il sistema del 
contenzioso tributario, repugna anzi ai principi 
generali, secondo i quali la pronuncia giurisdizionale 
pu� essere suscettibile di un solo controllo di legittimit�. 


N� pu� obbiettarsi che altro � il grave ed evidente 
errore di apprezzamento e altro � la mancanza 
od insufficienza di calcolo nella determinazione 
del valore per inferirne che solo nel primo 
caso � dato ricorso al giudice ordinario, mentre alla 
Commissione centrale spetterebbe il controllo generico 
sull'osservanza dell'art. 42, 20 comma, R.D. 
8 luglio 1937, n. 1516, che impone l'obbligo di una 
sommaria motivazione dalla quale risultino gli 
elementi di fatto tenuti a calcolo nelle determinazione 
del valore imponibile. 

Come � stato osservato nella sentenza n. 1689 
del 1960, il vizio di motivazione nella valutazione. 
si risolve in un difetto di merito, onde la insufficiente 
motivazione estimativa pu� dar ingresso 
al ricorso all'autorit� giudiziaria a mente dell'art. 
29, e infatti � stato pi� volte affermato che il sindacato 
del giudice ordinario � proprio volto al 
controllo della motivazione della decisione amministrativa, 
tanto � vero che numerose pronunce 
(ad es. sentenza 1� aprile 1960, n. 722) hanno avuto 
per oggetto l'interpretazione di quell'art. 42, relativamente 
al quale, secondo l'opposta tesi, dovrebbe 
esercitarsi il sindacato della Commissione 
centrale. 

A suffragio del diverso indirizzo da quella seguito 
non rimangono quindi che le considerazioni 
dell'ordine pratico, che si leggono al termine della 
decisione n. 34440 del 1940, circa la possibilit� 
di assicurare per la via pi� semplice e pi� rapida 
del ricorso alla Commissione centrale, una pronta 
ed economa giustizia senza costringere Amministrazione 
e contribuente ad intraprendere la pi� 
lunga e pi� costosa azione giudiziaria: senonch� 
tali considerazioni potranno essere utili sul piano 
legislativo per porre in evidenza la necessit� di una 
radicale riforma del contenzioso tributal'io al fine 
di garantire la piena ed efficace tutela dei diritti 
dei soggetti del rapporto tributario, ma non possono 
certamente essere invocate per suffragare una 
interpretazione estensiva di una norma scritta, 
in netto contrasto con i principi ispiratori della 
medesima. 

Si deve dunque ritenere che le decisioni delle 
Commissioni provinciali delle imposte in sede di 
valutazione in materia di imposte indirette sui 
trasferimenti di ricchezza sono sottoposte al sindacato 
di legittimit� aoltanto dell'autorit� giudiziaria 
secondo le previsioni dell'art. 29 e che le 
stesse non sono suscettibili di ricorso alla Commissione 
centrale delle imposte. 

Non rimane quindi che verificare se effettivamente 
la decisione della Commissione provinciale 

di Palermo, contro cui venne proposto ricorso 
dagli eredi Perrier, sia una decisione emessa in 
sede di valutazione, ma al riguardo non possono 
sorgere dubbi; quella Commissione ha pronunciato 
in grado di appello, tanto � veroehe ha cQJlf.ermato 
la decisione della Commissione di prima istanza, 
ed in secondo grado la Commissione provinciale 
non pu� pronunciare che come giudice di valutazione. 


Ne deriva che la Commissione centrale doveva 
arrestarsi a siffatto accertamento senza scendere 
ad un esame dei motivi dedotti dai ricorrenti per 
operare una cernita tra essi e valutarne concretamente 
uno solo, quello denunciante il difetto di 
motivazione. 

Non ha quindi importanza alcuna se in quello 

esame essa possa essere incorsa in errori o meglio 

se abbia usato termini imprecisi, accennando ad 

una mancata proposizione delle questioni costi


tuenti oggetto dei primi quattro motivi prospet


tati dai ricorrenti. 

I,a circostanza invero che gli eredi Perrier aves


sero gi� effettivamente sollevato davanti alla Com


missione centrale quelle questioni di diritto meglio 

delineate nel successivo ricorso alla Commissione.


Centrale � priva di rilevanza, giacch� in sede di 

appello la Commissione provinciale non ha veste per� 

prendere in esame questioni di diritto che la legge 

devolge in modo esclusiyo alla. Sezione speciale. 

Nel sistema della legge come dianzi delineato � 

inammis3ibile la commistione delle questioni di 

diritto .con quelle di valutazione ed � inconcepibile


una medesima decisione della Commissione provin


ciale, che per una parte (valutazione) sia pronun


ciata in grado d'appello e per un'altra parte (di


ritto) in 1� grado: proprio perch� l'organo chiamato 

a giudicare � diverso nell'un caso e nell'altro, non:: 

sussiste quella possibilit�, che costituisce invece� 

il presupposto dell'attuale doglianza dei ricorrenti 

principali, i quali, quando affermano che la Com


missione centrale � incorsa in un vero e proprio 

diniego di giustizia poich� ha loro sottratto il giu-


dizio di 2� grado previsto dalla legge, postulano. 

una pronuncia della Commissione provinciale dr


versa da quella che � stata concretamente emessa .. 

Senza dubbio, concretatesi in sede di impugna


zione avanti alla Commissione provinciale delle.


questioni di diritto sulle modalit� di accertamento 

del valore di taluni cespiti ereditari (tale � sicura


mente la questione del modo di valutazione della. 

quota di compartecipazione di una societ� in nome' 

collettivo), sarebbe stato doveroso da parte della 

Commissione provinciale, che, come giudice di 

valutazione, non poteva darsi carico di quelle' 

questioni, rimetterne la cognizione alla compe


tente Sez. speciale e sospendere il giudizio di esti


mazione fino alla risoluzione delle suddette que-


stioni, ma il non averlo fatto -e al riguardo non. 

fu nemmeno proposta specifica doglianza -non 

incide sulla validit� della decisione della Commis


sione provinciale, che rimane soggetta alla� ordina


ria impugnativa ex art. 29, mentre permane l�: 

possibilit� di un giudizio da parte della Sezione


speciale in quanto la questione di diritto sia stata, 

tempestivamente sollevata. 


E 


-48 


LOCAZIONI -Assegnazione di alloggi ai ferrovieri Natura 
di concessione amministrativa -Diritto sog;
gettivo dell'assegnatario -Insussistenza -Rilascio 
�dell'alloggio richiesto dall'Amministrazione -Opposizione 
dell'assegnatario -Controversie -Difetto 
di giurisdizione del giudice ordinario -Fattispecie. 

DEMANIO -Amministrazione pubblica -Concessione 
in uso di alloggio ai dipendenti -Immobili 
.da considerarsi compresi nel patrimonio indispo.
nibile degli enti pubblici. (Corte di Cassazione, 
!Sezioni Unite, Sentenza n. 2215/62 -Pres.: Verz�; 
Est.: Favara; P.M.: Criscuoli (conf.) -Tassoni c. 
Amministrazione Ferrovie dello Stato). 

L'assegnazione, da parte dell'Amministrazione 
delle ferrovie dello Stato, di alloggi per ferrovieri a 
favore di determinati soggetti particolarmente qualificati 
in relazione alla loro posizione in servizio 
:attivo e secondo le norme speciali che regolano la 
materia della concessione degli alloggi al personale 
1{R.D. 7 aprile 1945, n. 445 e D.M. 25 luglio 1924, 

n. 427, R.D. 3maggio1923, n. 1058, ecc.), ha natura 
.di concessione amministrativa con corrispettivo, 
:anche quando assuma la forma estrinseca di una 
locazione, e se la pubblica amministrazione, per 
mera tolleranza, permetta che il funzionario, oc.
cupi, ancora per qualche tempo, l'alloggio di servizio 
a lui concesso, dopo il suo collocamento a 
riposo. Da tale assegnazione non sorge alcun diritto 
soggettivo a favore dell'assegnatario. dell'alloggio 
medesimo ed �, pertanto, improponibile 
qualsiasi azione giudiziaria diretta ad opporsi al 
diritto dell'Amministrazione di fare cessare il rapporto, 
ove concorrano le condizioni previste dalle 
norme da cui il rapporto stesso � regolato, ed il 
giudice ordinario �, quindi, privo di giurisdizione 
a conoscere delle controversie a cui l'opposizione 
.stessa possa dar luogo. 

(Nel caso, l'Amministrazione delle ferrovie, dopo 
.aver notificato provvedimento di rilascio all'assegnatario 
dell'alloggio gi� suo dipendente, aveva 
chiesto al Pretore la fissazione della data per la 
.esecuzione dello sfratto; l'interessato adiva allora 
il Pretore, quale giudice dell'esecuzione, con apposizione 
proposta ai sensi dell'art. 615 O.p.c., chiedendo 
preventivamente la sospensione dell'esecuzione. 
I1a Corte Suprema ha dichiarato il difetto 

. 
di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria 
a conoscere dell'opposizione alla esecuzione e della 
. correlativa istanza di sospensione). 

Devono considerarsi destinati ad un pubblico 
, servizio e rientranti, come t.ali, ai sensi dell'ultimo 
.comma dell'art. 826 O.e., nel patrimonio indispo


nibile degli enti pubblici, gli immobili concessi in 
uso ai dipendenti dell'amministrazione pubblica 
allo scopo di facilitar loro l'espletamento delle 
proprie pubbliche funzioni presso l'amministrazione 
medesima ed in relazione alla posizione di 
. servizio che il concessionario riveste, a nulla rilevando 
se l'immobile di cui fa parte l'alloggio con


. cesso sia stato costruito direttamente a cura e spese 
della amministrazione concedente o se l'appartamento 
dato come alloggio faccia, invece, parte di 
un fabbricato acquistato dall'amministrazione dopo 

che era gi� stato costruito dall'industria privata, 
ove, peraltro, il fabbricato medesimo venga acquistato 
per essere destinato ad alloggi di servizio e 
destinato, poi, concretamente, a tale fine dall'amministrazione 
stessa. 

Questa sentenza di cui trascriviamo la motivazione 
in diritto, � particolarmente importante attesa 
la frequenza di casi del genere di quello in essa risolto, 
e attesa, soprattutto, la tendenza dei giudici di merito 
ad adottare provvedimenti di sospensione delle ordinanze 
amministrative di sfratto con conseguenti gravi 
perturbazioni al pubblico servizio. 

� appena il caso di accennare che i principi affermati 
nella sentenza non riguardano solo le case 
per ferrovieri, mii tutti quegli alloggi c.d. di servizio 
che vengono� assegnati in relazione e a causa del 
servizio svolto dai concessionari (particolarmente 
notevoli i casi degli alloggi per militari). 

Sembra opportuno, ogni volta che si verifichino 
opposizioni giudiziali contro le ordinanze di sfratto 
sollevare immediatamente il regolamento di giurisdizione, 
per stroncare sul nascere tutti i tentativi di 
ottenere provvedimenti tanto def atigatori quttnto illegittimi. 


Deve, anzitutto, notarsi che entrambe le parti 
concordano nell'escludere la applicabilit� all'alloggio 
di servizio, di cui � contestazione, delle 
norme di cui agli art. 321 e 322 del T.U. 28 aprile 
1938, n. 1165 sull'edilizia popolare ed economica e 
norme correlative, in quanto la controversia riguarda 
un ailoggio concesso all'attuale ricorrente 
quale dirigente la Sezione (oggi Divisione Lavori) 
delle Ferrovie dello Stato, in Pisa, poi collocato 
in pensione, per il quale alloggio l'Amministrazione 
ha chiesto il rilascio a seguito della cessazione 
del motivo di servizio che ne giustificava la concessione, 
mentre il concessionario si � opposto in sede 
di esecuzione sostenendo di avere diritto alla cessione 
dell'alloggio medesimo in propriet�, ai sensi 
del D.P. 17 gennaio 1959, n. 2. �, appunto, in sede 
di opposizione all'esecuzione di rilascio, che l'attuale 
ricorrente ha proposto dinanzi al Pretore di 
Pisa, che l'Amministrazione ha eccepito il difetto 
di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, 
tanto per la sospensione, che per la modifica, o 
la revoca dell'ordinanza di rilascio del 26 gennaio 
1960. 

L'eccepito difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario sussiste . 

Come, infatti, queste Sezioni Unite hanno gi� 
altre volte avuto occasione di affermare (.cfr. Sezioni 
Unite, 13 dicembre 1949, n. 2581; 20 maggio 
1955, n. 1473, ecc.) l'assegnazione, da parte della 
Amministrazione delle ferrovie dello Stato, di alloggi 
per ferrovieri a favore di determinati soggetti 
particolarmente qualificati in relazione alla loro 
posizione in servizio attivo e secondo le norme speciali 
che regolano la materia della concessione degli 
alloggi al personale (R.D. 7 aprile-�1945 n. 445 e 

D.M. 25 luglio 1924, n. 427; R.D. 3 maggio rn23, 
n. 1058 ecc.) ha natura di concessione amministrativa 
con corrispettivo, anche quando assuma la 
forma estrinseca di una locazione, o se la pubblica 

-� �JU -


amministrazione, per mera tolleranza, permette che 
il funzionario occupi ancora per qualche tempo 
l'alloggio di servizio a lui concesso dopo il suo collocamento 
a riposo. 

Da tale assegnazione non sorge alcun diritto soggettivo 
in favore dello assegnatario dell'alloggio 
medesimo ed �, pertanto, improponibile qualsiasi 
azione giudiziaria diretta ad opporsi al diritto della 
Amministrazione di fare cessare il rapporto, ove 
concorrano le condizioni previste dalle norme da 
cui il rapporto stesso � regolato ed il giudice ordinario, 
�, pertanto, privo di giurisdizione a conoscere 
deJle controversie a cui l'opposizione stessa possa 
dare luogo. 

Devono, infatti, considerarsi destinati ad un 
pubblico servizio e rientranti, come tali, ai sensi 
dell'ultimo comma dell'art. 826 O.e., nel patrimonio 
indisponibile degli enti pubblici, gli immobili 
concessi in uso ai dipendenti dell'amministrazione 
pubblica allo scopo di facilitare loro l'espletamento 
delle proprie pubbliche funzioni presso 
l'.Amministrazione medesima ed in relazione alla 
posizione di servizio che il concessionario riveste, 
a nulla rilevando se l'immobile di cui fa parte l'alloggio 
concesso sia stato costruito direttamente a 
cura e spese dell'.Amministrazione concedente o se, 
come nella specie, l'appartamento dato come alloggio 
faccia, invece, parte di un fabbricato acquistato 
dall'Amministrazione dopo che era gi� stato 
costruito dall'industria pri'vata, ove, per altro 
-come � nella specie -il fabbricato medesimo 
venga acquistato per essere destinato ad a.Uoggi di 
servizio e destinato, poi, concretamente a tale 
fine dall'Amministrazione stessa, come �, appunto, 
accaduto per il fabbricato in Via Francesco Crispi, 

n. 23, in Pisa, che l'Amministrazione delle Ferrovie 
acquist� per destinarlo ad alloggi dei funzionari 
della Divisione Lavori di quella citt�, giusta decreto 
del Ministro dai Trasporti in data 26 gennaio 1946, 
dandone, poi, in concessione ai detti funzionari i 
singoli appartamenti, tra cui quello attualmente 
in contestazione, all'ing. Tassoni, allora funzionario 
di quella Divisione Lavori delle Ferrovie, 
in Pisa. 1 
Il relativo' rapporto di coneessione amministrativa 
�, perci�l, interamente sorto in regime pubblicistico, 
con la conseguenza che il giudice ordinario 
difetta di giurisdizione, in forza dell'art. 4 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, per la chiesta revoca, 
modifica, o sospensione dell'atto amministrativo 
con il quale l'Amministrazione concedente, ritenuta 
la intervenuta, scadenza della coneessione per effetto 
del collocamento a riposo del proprio dipendente 
concessionario dell'alloggio, ne abbia ingiunto 
il rilascio per destinarlo ad altro funzionario a lui 
subentrato in servizio. Si noti, poi, che neppure 
poteva, nella specie, comunque fondarsi. la competenza 
giurisdizionale ordinaria del Pretore adito 
sull'asserto diritto al riscatto in propriet� ai sensi 
del D.P.R. 17 gennaio, n. 2 vantato dal Tassoni, 
in quanto il fabbricato di cui fa parte l'alloggio in 
contestazione � stato, con decreto del Ministro dei 
Trasporti F.L. 30, n. 97 41 dell'll giugno 1939 
escluso, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 3 del 

D.P. 17 gennaio 1959, n. 2, da quelli per i quali il 
riscat,to stesso � possibile ed il decreto stesso non � 
stato neppure impugnato, in alcuna sede, dal 
ricorrent.e Tassoni. 

.Alla stregua delle considerazioni sopra svolte 
devesi, pertanto, dichiarare il difetto di giurisdi.,. 
zione dell'autorit� giudiziaria ordinaria � conoscere 
dell'opposizione all'esecuzione proposta dal Tassoni, 
ai sensi dell'art. 615 C.p.c., contro l'ordinanza 
di rilascio dell'immobile da lui occupato e della 
correlativa istanza di sospensione. 

USUCAPIONE -Cause di sospensione dipendenti 
dallo stato di guerra -Applicabilit�. (Cassazione, 
Sezione II, 10 luglio 1962, n. 1826 -Pres. Vela;. 
Est.: Danzi; P.M.: Colli (conf.) -Ciocca c. Manca). 

r,a sospensione dei termini dell'usucapione disposta 
dalle leggi postbelliche � opponibile al terzo. 
possessore di immobili. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza,: 


Con il secondo mezzo, i ricorrenti, deducono la 
violazione del bando 2 ottobre 1943 e dei successivi 
decreti legge, sostengono che la Corte d'appello 
avrebbe errato nel ritenere operante anche nei loro 
confronti la sospensione del corso dell'usucapione 
disposta dalle leggi di guerra senza tener conto che 
essi dovevano comunque essere considerati come� 
terzi possessori del diritto immobiliare controverso. 

.Anche questa censura non merita accoglimento.. 
Ed invero la tesi della inopponibilit� al terzo possessore 
della causa di sospensione dell'usucapione 
prevista dagli art. l del R.D.L. 3 gennaio 1944,. 

n. 1 e 1 del D.L.L. 24 dicembre 1944, n. 392, tesi 
accolta in passato anche da alcune decisioni di questa 
Suprema corte, si fonda sull'argomento che i 
detti decreti abbiano voluto ampliare la sfera. dei 
soggetti favoriti dall'art. 2942, n. 2, Codice civile, 
parificn,ndo la generalit� dei cittadini ai militari in 
servizio ed ai civili al seguito delle forze armate ai 
fini della sospensione dei termini di prescrizione e 
di usucapione e che, di conseguenza, sia stata corrispondentemente 
estesa l'applicazione dell'art. 1166 
O.e. per garantire la certezza del diritto nella circolazione 
dei beni. 
.Alla stregua di questo criterio si viene in sostanza 
ad affermare che gli anzidetti decreti abbiano inteso 
riferirsi ad impedimenti soggettivi dei titolari dei 
diritti. 

Ma la pi� recente giurisprudenza di questa Suprema 
Corte (sentenza, 23 marzo 1959, n. 897,. 
Foro it., Rep. 1959, voce Guerra, n. 7), dopo un 
approfondito riesame della questione, � andata in 
diverso avviso rilevando che� la sospensione dei 
termini disposta dai due provvedimenti sopra ricordati, 
anche se giustificata dalla particolarissima 
situaz�one creata dallo stato di guerra e darlla divisione 
del Paese, non faceva alcun riferimento all(fsituazioni 
soggettive che derivavano, e che, dal 
testo legislativo, era lecito desumere che si fosse 
inteso rimediare, nei confronti di chiunque, alla. 


-50


'Profonda disfunzione delPordinamento giuridico, 
:abbandonando ogni riferimento soggettivo ed ogni 
richiamo alle cause gi� note di sospensione. 

Proprio per questa ragione, la sospensione, non 
'�ssendo collegata ad alcuna circostanza suscettibile 
di apprezzamento da parte del giudice, operava 
di pieno diritto ed era rilevabile di ufficio (art. 1, 
1� comma, e ultimo), mostrando nel modo pi� 
�evidente il carattere meramente oggettivo del suo 
presupposto mentre le esigenze della certezza dei 
diritti, oltre che superate di fronte ad una siffatta 
normativa, apparivano comunque non giustificabili 
di fronte� alle improvvise ed urgenti necessit� 
�che l'avevano provocata, necessit� le quali non 
.erano ignote a nessuno e, quindi, nemmeno al 
terzo possessore. 

I ricorrenti non adducono valide ragioni per dis.
sentire da quest'ultimo indirizzo che appare con


forme al testo dei due provvedimenti ed alla loro 
ratio onde deve riaffermarsi il principio che la sospensione 
dei termini ivi disposta non rientra tra 
le cause indicate dall'art. 2942 e richiamate dall'art. 
1166 O.e. ed �, vertanto,. oppopibil<:i anche al 
terzo possessore di diritti reali immobiliari. 

Siamo lieti di pubblicare questa sentenza, con la 
quale la Corte di Cassazione, come da noi auspicato 
(Rass. 1962, pag. 39) ha confermato la sua preva.lente 
e, secondo noi, pi� esatta giurisprudenza in 
materia, trascurando del tutto la diversa pt�onunzia 
del 26 gennaio 1962. La motivazione della sentenza 
lascia ragionevolmente presumere che questa giurisprudenza, 
la quale risponde oltre che alle lettere ed 
allo spirito delle leggi eccezionali di sospensione 
anche ad innegabili esigenze di giitstizia., non subir� 
ulteriori mutamenti . 

CONSIGLIO DI STATO 


CONTABILITA' DELLO STATO -Cottimo fiduciario 
-Approvazione -Non necessaria. (Consiglio 
di Stato, Sezione IV, Decisione n. 339 del 1962 -
Pres.: Bozzi Carlo; Rei.: Urcioli -Ricchi c. Ministero 
Lavori Pubblici. 

A differenza di ogni altro contratto con la Pubblica 
Amministrazione il cottimo fiduciario tuttora 
regolato dal D.R. 25 maggio 1895, n. 350 non � 
subordinato ad alcuna approvazione da parte di 
:altri organi e, pertanto, deve considerarsi perfetto 
e quindi vincolante per entrambe le parti, fin dal 
momento in cui sia intervenuto l'incontro con le 
due volont� del cottimista e dell'ingegnere capo 
del Genio Civile. 

La massima appare esatta. Peraltro assolutamente 
.errata appare la conseguenza che ne ha tratto il 
Consiglio di Stato applicandola al caso in cui il 
.cottimo, stipulato in un primo tempo solo verbalmente 
era stato successivamente consacrato in un 
.contratto scritto. 

Infatti, il Consiglio ha ritenuto che l'atto di cottimo 
.deve considerarsi solo una formalit�, anche se neces.
saria per provare con lo scritto l'esistenza del cottimo. 

Ci� � evidentemente� inesatto in quanto, com'� 
noto, qualsiasi contratto con la Pubblica Amministrazione 
non ha giuridica esistenza se non � stipulato 
in forma scritta la quale non � richiesta ad probationem 
ma ad substantiam. 

�OPERE PUBBLICHE -Revisione dei 1~r2zzi -Appli� 
cabilit� delle norme del Codice Civile -Decreto del 
Ministro -Motivazione. (Consiglio di Stato, Sezione IV, 
Decisione n. 649 del 1962 -Pres.: Bozzi C.; Est.: Cuccia 
-Cicchetti c. Ministero Lavori Pubblici. 

In materia di revisione di prezzi degli appalti 
di 00.PP. le norme che li disciplinano costituiscono 
un vero e proprio jus singulare che B dettato in 
vista delle esigenze dell'Amministrazione e che 

esclude la applicabilit� del diritto comune, in 
modo che negli appalti di opere pubbliche, i presupposti, 
i limiti, le norme e i mezzi di tutela, in 
materia di revisione di prezzi, sono unicamente 
quelli risultanti dalla speciale legislazione. 

Non � viziato per difetto di motivazione il decreto 
ministeriale che decide sulla impugnazione 
proposta dalla impresa rinviando al parere della 
Commissione speciale prevista dall'art. 4 del D.h 
6 dicembre 1947, n. 1501. 

OPERE PUBBLICHE -Revisione dei prezzi -Clausola 
contrattuale che esclude la revisione -Decreto 
del Ministro -Impugnativa -Difetto di giurisdizione 
del Consiglio di Stato. (Consiglio di Stato, Sezione IV, 
Decisione n. 775 del 1962 -Pres.: D'Avino; Est.: Urcioli 
-Alati c. Ministero Lavori Pubblici. 

La legislazione speciale in materia di revisione di 
prezzi delle opere pubbliche consente alle parti di 
rinunciare, con apposita clausola contrattuale a 
tale revisione mantenendo i prezzi fissi ed invariati. 

Giudicare se una tale clausola contrattuale sussista 
e se essa abbia la forza di escludere la revisione 
dei prezzi esula dalla giurisdizione del Consiglio 
di Stato in quanto concerne controversie su 
diritti soggettivi. 

Segnaliamo queste due importanti decisioni nella 
materia della revisione dei prezzi devoluta al Consiglio 
di Stato a seguito delle note sentenze della Corte 
di Cassazione, n. 640 e n. 2685 del 1960 (v. in questa 
Rassegna, 1960, pag. 44 e 1961, y. 10). 

A chiarimento della prima massima della prima 
decisione riportiamo il seguente passo della motivazione: 


cc Come bene ha messo in rilievo l' A vvo�aturadello 
Stato, si ha un sistema di garanzie che esplicandosi 
super partes assicurano tutti quegli elementi 
istruttori sui quali il Ministro nel procedimento 


~!Mi ~!Mi 
-51 


contenzioso amministrativo all'uopo istituito adotta 
la finale determinazione senza che possa ritenersi 
vincolato allo �affidamento � derivante in ipotesi da 
impegni c"P.e lAmministrazione, parte contraente, 
avesse assunto contro la legge sulla revisione�. 

Riportiamo, poi, integralmente, la motivazione della 
seconda decisione dalla quale sembra emerga chiaramente 
il pensiero del Consiglio di Stato nel senso 
che clausole contrattuali in deroga alla legislazione 
sulla revisione sono consentite solo quando esse 
tendano ad escludere o a limitare tale revisione, 
ma non ad ampliarla n� a stabilire procedure diverse 
di accertamento. 

c1 .Al fine di evitare che, sotto l'influenza delle 
ampie oscillazioni di prezzi verificatesi nell'immediato 
dopo guerra, le gare di appalto per opere 
pubbliche potessero andare deserte e che gli imprenditori 
fossero indotti ad abbandonare i lavori 
gi� iniziati e divenuti nel frattempo eccessivamente 
onerosi, con il D.L. 6 dicembre 1947, n. 1501, in 
deroga al principio generale della invariabilit� dei 
prezzi delle opere pubbliche, fu conferita alla Amministrazione 
la facolt� di procedere, sotto determinate 
condizioni ed entro certi limiti, alla revisione 
dei prezzi delle opere da essa commesse a 
privati imprenditori, anche indipendentemente dalla 
durata dell'appalto e dalla esistenza, nei singoli 
contratti, di apposite clausole di revisione. 

Il principio della revisione � rimasto operante 
anche dopo la cessazione di quelle eccezionali cause 
che, nell'immediato dopo guerra, avevano prodotto 
un profondo turbamento del mercato ed ha ormai 
assunto carattere e portata generale. 

cc La legge consente, tuttavia, alle parti di derogarvi, 
rendendo assolutamente rigido il prezzo 
convenuto; in tal caso resta definitivamente esclusa 
la possibilit� di far luogo all'applicazione del 

D.L. n. 1501, anche se le variazioni di prezzo approvate 
nel corso dell'esecuzione dell'opera siano 
dipendenti da cause del tutto imprevedibili al 
momento della presentazione delle offerte in gara. 
Trattandosi, infatti, di materia completamente regolata 
da norme speciali, � da escludere che, per 
la revisione dei prezzi delle opere pubbliche, possa 
trovare applicazione, per estensione analogica, 
l'art. 1664 O.e., dettato per i soli appalti privati. 
�� superfluo rilevare che, in tale ipotesi, dovendo 
le variazioni di prezzo, che possono sopraggiungere 
nel corso dell'esecuzione dell'opera, trovare 
il loro compenso esclusivamente nel prezzo 
convenuto, non manca all'impresa la possibilit� 
di tener conto, all'atto della presentazione della 
sua offerta, del rischio cui essa � esposta per effetto 
della rinuncia alla revisione, ed in conseguenza di 
maggiorare l'offerta stessa di un coefficiente destinato 
appunto a fronteggiare tale rischio. 

Discende da tutto q�anto precede che, ancor prima 
di decidere in qual misura la revisione del prezzo 
possa essere concessa, la Amministrazione deve 
accertare se, nel contratto di appalto o nel capitolato 
speciale, che ne costituisce parte integrante, 
non siano state inserite clausole dirette a limitare 

o addirittura ad escludere la revisione del prezzo 
originariamente convenuto. 
� Questo accertamento preliminare non comporta 
ovviamente l'esercizio di un potere di supremazia, 
in quanto la Pubblica Amministrazione, nell'effettuare 
la ricognizione degli obblighi nascenti dal 
contratto, si pone sullo stesso piano del privato 
contraente ed interpreta le clausole contrattuali 
secondo le comuni regole di ermeneutica, al pari 
di quanto ha facolt� di fare per sua parte il privato 
imprenditore. 

cc Le divergenze cui pu� dar luogo l'interpretazione 
delle singole clausole contrattuali non concreta 
perci� alcuna lesione di interessi, tutelabile 
con ricorso giurisdizionale al Collfdglio di Stato; le 
relative controversie attengono agli obblighi ed 
ai diritti che discendono direttamente dal contratto 
nei confronti delle contrapposte parti, obblighi e 
diritti che ovviamente rappresentano delle pretese 
di carattere patrimoniale, sottratte per loro natura 
al giudice di legittimit�. 

cc Ci� premesso, si osserva che, con il provvedimento 
impugnato, con il quale � stato respinto il 
ricorso prodotto dall'impresa Alati, avverso la 
determinazione dell'Ufficio provinciale del Genio 
Civile di Reggio Calabria, che aveva accolta parzialmente 
la richiesta di revisione dei prezzi avanzata 
dalla stessa ditta, lAmministrazione ha rilevato 
che il ricorrente non poteva avanzare alcuna pretesa 
al riguardo, essendo stata inserita, nel capitolato 
speciale, una clausola che escludeva la revisione 
del prezzo. Avverso la suddetta determinazione, 
l'impresa .Alati ha interposto ricorso in s.g. 
contestando il potere dell'Amministrazione di procedere, 
in via unilaterale, alla interpretazione di 
una clausola contrattuale nonch� il fondamento 
di tale interpretazione, per avere lAmministrazione 
attribuito valore prevalente, sulle altre pattuizioni, 
ad una clausola aggiunta al formulario 
tipo, contrastante per di pi� con il disposto dell'art. 
17 del capitolato e non esplicitamente confermata 
dall'altro contraente. 

cc Senonch�, per le cose anzidette, codeste censure 
investono diritti di natura patrimoniale, che, cost,ituendo 
l'oggetto sostanziale ed immediato della 
controversia, esulano dalla competenza del Consiglio 
di Stato. Secondo la costante giurisprudenza, 
tale competenza non �, infatti, determinabile in 
base alla prospettazione delle ragioni ad opera delle 
parti, bens� esclusivamente d~l potere in effetti 
esercitato dall'Amministrazione e dalle norme legislative 
che lo disciplinano >>. 



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ORIENTAMENTI GIURISPR UDENZIALl 
DELLE CORTI DI MERITO 

FALLIMENTO -Insussistenza nell'attivo di beni gravati 
da privilegio speciale -Irrilevabilit� in sede 
di verifica dei crediti. (Tribunale di Savona, 21 dicembre 
1961 -Finanze c. Fallimento Coletta). 

In sede di verifica dei crediti � esclusa ogni 
indagine tendente ad accert::i,re se i beni gravati 
da privilegio speciale facciano parte o meno dell'attivo 
fallimentare; in detta sede, infatti, il riconoscimento 
del privilegio speciale presuppone unicamente 
l'accertamento, da parte del giudice 
delegato della effettiva esistenza di un titolo legale 
dal quale il privilegio stesso sia previsto, mentre 
l'indagine sulla possibilit� del concreto esercizio di 
siffatto diritto di prelazione acquista rilevanza solo 
nella competente sede di formazione del piano di 
ripartizione dell'attivo. 

Riportiamo di seguito la parte motiva della sentenza 
cui la massima si riferisce. 

� � esatto quanto sostiene la ricorrente e c10e 
che in sede di verificazione dei crediti il giudice 
delegato debba limitarsi ad accertare per ogni 
credito se lo stesso sia o meno munito di diritto di 
prelazione (pegno, ipotec.a o privilegio), senza estendere 
la sua indagine alla possibilit� in concreto 
dell'esercizio di siffatto diritto, essendo quest'ultima 
indagine da effettuarsi nella competente sede 
di formazione del piano di ripartizione dell'attivo. 

Per vero l'attivo fallimentare esistente al momento 
della chiusura dello stato passivo � sempre 
suscettibile di aumento vuoi per la mancata acquisizione 
da parte del curatore al momento della erezione 
dell'inventario di alcuni beni gi� esistenti, 
vuoi per l'acquisizione di beni pervenuti al fallito 
durante tutto il corso della procedura fallimentare 
(art. 42 cpv. legge fallimentare), vuoi per l'esercizio 
di azioni revocatorie, vuoi per altre cause che � 
qu� superfluo enumerare. In siffatte ipotesi qualora 
si escludesse in sede di verifica l'invocato privilegio 
per mancanza nelle attivit�, fallimentari del 
bene o dei beni sui quali il privilegio dovrebbe 
esercitarsi, essendo la proposizione dell'opposizione 
allo stato passivo soggetta ad un termine 
perentorio per di pi� molto breve, il creditore si 
vedrebbe ingiustamente defraudato del suo diritto 
alla collocazione privilegiata del proprio credito, 
qualora il bene formante oggetto della garanzia 
venisse acquisito alla massa attiva fallimentare in 
epoca successiva alla scadenza del termine perentorio 
di cui all'art. 98 L.F. 

�Del resto che la tesi dell'attrice sia pienamente 
fondata lo si evince anche indirettamente dal disposto 
dell'art. 111, I comma, nn. 2 e 3, della legge 

fallimentare, la dove si dispone, per quanto attiene 
all'ordine di erogazione delle somme ricavate dalla 
liquidazione dell'attivo, che subito dopo le spese 
di procedura e di amministrazione debbono essere 
pagati i crediti ammessi con prelazione sulle cou~� 
vendute e, subito dopo questi ultimi, i crediti chirografari 
in proporzione, compresi i creditori privilegiati, 
qualora non sia stata ancora realizzata la 
garanzia. 

cc Analogamente l'art. 54 L.F. chiarisce che i cre


ditori muniti di ragione di prelazione fanno valere 

tale loro ragione sul prezzo dei beni vincolati n. 

Il principio affermato dal Tribunale di Scivona � 

indubbiamente esatto e si presenta di pa.rtieolare 

interesse sia perch� sulla questione non risultano 

precedenti giurisprudenziali, sia perch� nelle proce


dure fallimentari assai spesso l'Amrr~inistrazione, 

in particolare quella Finanziaria, interviene per 

erediti assistiti da privilegi speciali i quali, di fre


quente, vengono frettolosamente disconosciuti con il 

pretesto -difficilmente contestabile in concreto per 

mancanza di elernenti -della non appartenenza dei 

beni gravati dal diritto di prelazione al patrimonio dei 

fallito . 

.Tale modo di procedere, invalso presso taluni uffici 

fallimentari, non appare conforme al sistema del pro


cedimento concorsuale cos� come regolato dalla vigente� 

legislazione: mentre, infatti, la legge prevede una 

particolare procedura per l'accertamento dei crediti 

e delle loro ragioni di prelazione con effetti preclusfoi 

nell'ambito del fallimento, analogo procedimento non 

� predisposto per l'accertamento dell'attivo che viene 

materialmente preso in consegna dal curatore ed in


ventariato via via che a questi perviene notizia della 

esistenza di attivit� facenti parte del patrimonio del 

fallito; per cui, almeno in tesi non pu� escludersi che, 

pur apparendo materialmente terminate le opera


zioni di. inventario, qualunque bene, sia mobile che� 

immobile, in pendenza del fallimento possa essere 

acquisito all'attivo (eccezion fatta naturalmente per 

quei beni dei quali sia stata pronunziata f ormal


mente la separazione dall'attivo). 

Da ci� si desume agevolmente che in sede di accer


tamento del passivo l'ufficio fallimenta.re deve limitare 

la sua indagine a stabilire se un credito sussista, 

q�uale ne sia l'ammontare, e se esso sia in astratto a8-� 

sistito da una �ragione di prelazione legale o com:en-� 

zionale, specificando di questa la fonte ma omettendo 

qualunque pronunzia che si fondi s�ulla concreta 

possibilit� di esercizio del diritto di �prelazione e 

che comporti una non consentita e,� del resto, impossi"


bile indagine sulla consistenza dell'attivo fallimentare. 

E in effetti sino ad ora la giurispr�udenza dei tribu-� 

nali di merito -per quanto ci consta la Supremu� 


mmmm:rnn:: ~�l: mmmm:rnn:: ~�l: 
-53 


()orte non ha avuto occasione di pronunziarsi sullo 
argomento -ha pi� volte riaffermato il principio 
'8 :condo il qua~ il giudice delegato nella fase di accertamento 
del passivo non possa limitarsi soltanto ad 
ammettere il credito ed a riconoscere un privilegio 
qitalsiasi, ma debba scendere anche a specificare sit 
.quale caitsa o titolo di privilegio il riconoscimento 
.stesso cada in relazione al sistema tipico dei privi,
legi statuito dal complesso della legislazione comune 
.e speciale. 

Si � con ci� voluto evitare che questioni relative alla 
natura ecl alla causa di un privilegio vengano rimandate 
alla sede del piano di riparto anzitutto e sopm,
t1!tto perch� tale sede consente minori garanzie pro.
cessilali per la parte interessata (il decreto che dichiara 
la esemi,tivit� del piano di riparto pu� essere 
infatti reclamato a norma dell'art. 26 L.F. con im 
giitdizio sommario culrninante con un decreto di tri.
bimale fallimentare non pi� impugnabile). 

In questo senso vedasi: Tribunale di Savona, 

25. luglio 1956, Esattoria Noli c. Spirito in Dir. 
Fall., 1957, II, 249; Tribunale di Napoli, 21 aprile 
1954, Soc. Gerit c. Buccilli in Rep. F.I., 1954, col. 
2278, 93; Tribunale di Napoli, 26 luglio. 1954, 
Esattoria Napoli c. Buccilli in Rep. ]'.I., 1954, 
.col. 963, 357. 
Invero le decisioni sopracitate indicano il giusto 
limite entro il quale debbono operare gli accertamenti 
.del giitdice delegato al fine della verifica del pa.ssivo 
ed nrbitrctria apparirebbe una estensione di tale 
limite fino a comprendere anche un'indagine c01npa'
fativa tra i privilegi da riconoscere, individuati nel 
loro specifico titolo legctle, e l'inventario dei ben�i 
.acquisiti all'attivo; od a comprendere addirittura, ove 
l'inventario non sia ancora compiuto, un giitdizio 
di <e probabilit�� sulla effettiva consistenza dell'attivo 
fallimentare. 

Il fatto � che un accertamento di tal genere potrebbe 
.soltanto dar luogo o ad un provvedimento di ammis.
sione inutile -in quanto, ove il bene gravato dal 
privilegio non venisse poi reperito nell'attivo fallimentare 
o f asse successivamente rivendicato, il riparto 
.svuoterebbe di ogni significato l'incauta indagine 
.condotta -o ad un provvedimento di esclusione estremamente 
drastico e gravatorio per l'interessato, il 
.quale non disporrebbe ormai pi� di alcun mezzo processuale, 
ove in un secondo momento il bene venisse 
ini1entariato o comunque reperito e acquisito all'attivo, 
per far riconoscere il proprio diritto di prelazione 
troppo precipitosamente disconosciuto. 

Ma la arbitrariet� della esclusione del privilegio 
.speciale in considerazione della presunta circostanza 
.che 'manchino nell'attivo i beni gravati dal diritto di 
prelazione acquista la massima evidenza nel caso 
.che il fallimento si definisca per concordato. Sono 
noti i motivi che hanno ispirato il legislatore quando 
Jia voluto assicurare nel concordato il pagamento 
integrale rlei crediti prelatizi: si tratta di crediti 
.che, o per volont� preventivamente espressa dalle 
parti, o per disposizione di legge in forza di considerazioni 
d'ordine pubblico, meritano di una maggiore 
,garanzia di quella ordinaria che compete ai crediti 
chirografari; ed appunto nel concordato il legislatore 
.ha voluto che tale garanzia assumesse il massimo 
della sua efficienza e ci� indipendentemente dalla 

utilit� concreta che conseguirebbe se la garanzia 

stessa dovesse farsi valere con l'esecuzione forzata. 

In quanto, insomma, siano assistiti da un titolo 

di prelazione, realizzabile o meno in concreto nella 

procedura fallimenta,re, i crediti ooncorrenti� debbono 

trovare integrale soddisfacimento per il caso di con


cordato. � 

Anche sotto questo profilo, pertanto, appare, plr 

converso, la illegalit� di ogni provvedimento cf.e 

pronunci la esclusione di ragioni di prelazione spe


ciale previste dalla legge sull'assunto che facciano 

difetto i beni sili qitali dMw esercitarsi la garanzia. 

GIOVANNI PINTOR 

IMPOSTA DI REGISTRO -Societ� -Aumento di 
capitale -Sovraprezzo delle azioni. (Corte di Ap" 
pello di Milano, Sentenza n. 33 del 30 marzo 1962 -
Pres.: Ghirardi; Est.: Celoria -Soc. finanziaria svi:luppo 
industrie ed agricoltura c. Finanze). 


L'imposta proporzionale di registro, prevista 
dall'art. 85, tariffa allegato A, legge di registro, 
si applica ai conferimenti destinati ad aumentare 
il capitale, sia a quelli destinati, come il sopraprezzo 
azionario, ad incrementare il patrimonio 
della societ�. 


(La sentenza si pu� leggere in Giust. Civ., 1962, 
I, 2026). 

TRATTAMENTO TRIBUTARIO 

DEL SOPRAPREZZO .AZIONARIO 

1. La sentenza che si annota, affrontando la 
nota questione relativa al regime fiscale del sopraprezzo 
versato dai soci in occasione della sottoscrizione 
dell'aumento di capitale di una societ� p. a. 
e confermando la sentenza del Tribunale di Milano 
sottoposta a gravame (vedila in Banca, borsa, ecc., 
1961, II, 619), si � discostata dall'insegnamento 
della Suprema Corte contenuto nella decisione 
19 novembre 1959, n. 3411 (v. in Giust. Oiv., 1690, 
I, 513) che � l'unica con cui la Cassazione ha affrontato 
ex professo l'argomento. 
Le due decisioni dei Giudici milanesi hanno trovato 
per� in dottrina pronta critica ( cfr. ANTONINI: 


Brevi considerazioni metodologiche ai margini del 
del noto problema della assoggettabilit�, all'imposta 
di registro dei soprapre.zzo azionario, in <e Banca, 
borsa n, ecc. 1961, II, 619 e GAGLIARDI: Sopraprezzi 
azionari ed imposta di registro, in << Giust . 
Civ. n, 1962, I, 2026), sicch� la questione si presenta 
ora pi� che mai aperta e pertanto non crediamo del 
tutto inutili le brevi considerazioni che svolgeremo 
qui appresso . 


2. La Suprema Corte ba tratto argomenJ!o _dai 
suoi precedenti arresti giurisprudenziali in tema __ 
di tassazione del passaggio delle riserve a capitale 
(v. Cassazione 24 gennaio 1924 in Riv. Dir. Oornm., 
, 1925, 
II, 121; Cassazione 28 maggio 1932 in Le 
massime, 1932, 302; Cassazione 4 marzo 1936 in 


� 1tf&& 
=��1 J@� mmrnn 
-5i 


Foro It., 1936, I, 1154; Cassazione 28 giugno 1937 
in Riv. Dir. Fin., 1937, II, 283) per sostenere che 
il sopraprezzo azionario, non importando aumento 
di capitale, non pu� essere assoggettato all'imposta 
prevista dall'art. 85 della tariffa allegato A della 
legge di registro. 

La Corte milanese, negando invece la possibilit� 
di tassazione del passaggio delle riserve a capitale, 
ha invece affermato l'applicabilit� dell'art. 85 ai 
sopraprezzi azionari. 

Sembrerebbe, pertanto, (v. per� sul punto GAGLIARDI, 
op. cit., pag. 2027) che il punto cruciale 
da risolvere risieda nel delicato problema della 
assoggettabilit� a tassazione ex art. 85 della tariffa 
allegato A della deliberazione che disponga il passaggio 
dei fondi iscritti a riserva a capitale di una 
societ� p. a. 

.A nostro parere tuttav�a, l'indagine che occorre 
affrontare per giungere ad una appagante soluzione 
dei problemi posti dalle norme che stiamo esaminando 
consiste nella esatta enucleazione dei concetti 
di capitale e patrimonio sociale, perch� solo da una 
retta nozione dei due concetti sar� possibile rinvenire 
il fondamento per una logica interpretazione 
di tutta la normativa in esame. 


Nella ricerca che intendiamo sviluppare ci � 
d'aiuto l'elaborazione della dottrina commercialista 
alla quale spetta il merito di aver approfondito 
e chiarito i concetti di capitale e di patrimonio sociale 
nel diritto societario. � stato recentemente 
scritto al riguardo (SIMONETTO: Concetto e composizione 
del capitale sociale, in Riv. Dir. Comm. �, 
1956, I, 133, e segg.) che fanno parte del capitale 
sociale quei eonferimenti i quali rappresentino una 
concreta garanzia per i creditori -mentre ogni altro 
conferimento o bene della societ� riguarderebbe 
solo il patrimonio. Tale affermazione � stata esattamente 
criticata dalla migliore dottrina, la quale 
ha affermato che il :capitale sociale di una societ� 
p.a., � solo una cifra indicativa (avente valore essenzialmente 
formale): � cio�, l'ammontare, stabilito 
nell'atto costitutivo o nelle sue successive 
modifiche, espresso in moneta legale, del valore 

del conferimento dei soci. Il patrimonio sociale �, 
invece, il complesso dei beni (quindi una entit� 
reale) di cui la societ� � titolare durante tutta la 
sua esistenza. 

Il capitale sociale pertanto non rappresenta un 
fondo particolare delle societ� destinato a garanzia 
dei creditori, ma costituisce solo un limite al di 
sotto del quale il patrimonio sociale non deve 
mai discendere: un limite che agisce quando il 
valore del patrimonio della societ�, a seguito di 
esercizi sociali non fortunati, divenga inferiore alla 
cifra esposta come capitale, determinando l'entrata 
in funzione della normativa prevista dagli artt. 
2446 e 2447 C.c., secondo la quale i soci dovranno 

(a secondo dell'ammontare delle perdite) reintegrare 
il capitale oppure sciogliere o trasformare la 
societ�. 

In sostanza la funzione del capitale � s� quella 
di costituire una garanzia dei creditori, ma non 
nel senso che essa costituisca un fondo destinato 
al soddisfo delle loro ragioni creditorie, ma di 
limite oltre il quale il patrimonio sociale (che 

costituisce la vera garanzia dei creditori, art. 2740 
e.e.) non pu� discendere, senza provocare l'immediata 
responsabilit� degli amministratori che omettano 
di compiere i doveri loro imposti dai gi� richiamati 
artt. 2446, 2447 (conforme su:l punto FERRI: 
Manuale di diritto commerciale, Torino, 1960, 247;. 
GRAZIANI: Diritto delle societ�, Napoli, 1959, 268; 
GREGO: Le societ� nel sistema legislativo italianor 
Torino, 1959, 216, inoltre ci permettiamo richiamare 
il nostro scritto: Perdita totale e reintegra del 
capitale nelle societ� a responsabilit� limitata in 
� Riv. Dir. Comm. �, 1961, II, 99 e segg.). 

3. Alla luce di queste premesse, sembra evidente 
che non possa condividersi l'interpretazione data. 
all'art. 85 della tariffa allegato A della legge di 
registro dalla Cassazione nei gi� richiamati suoi 
arresti. 
Ha affermato, infatti, il S.C., in una sentenza.. 

ormai non pi� recente (Cassazione 24 gennaio 

1924 sopra richiamata con ivi nota adesiva del 

MossA) confermata poi da numerose altre deeisionir 

la tassabilit� del passaggio delle riserve a capitaler 

in quanto ha ritenuto che tale delibera determini la 

distribuzione ai soci degli utili rappresentati dalle 

riserve e contemporaneamente determini il confe


rimento da parte dei soci alla societ� a titolo di 

capitale, degli utili in precedenza distribuiti. 

Tale costruzione trova il suo fondamento in un 

non esatto concetto di capitale sociale. Solo, infattir 

considerando il capitale sociale come un fondo 

particolare nell'ambito del patrimonio della societ� 

� possibile giungere a conclusioni cos� artificiose 

come quella a cui � pervenuta la Cassazione. 

Se si parte da altre premesse se si riconosce 

cio� che il capitale sociale � solo l'espressione del 

limite al di sotto del quale non pu� discendere il 

patrimonio sociale senza che vengano presi i prov


vedimenti previsti dalla legge, si deve giungere a 

conclusioni totalmente diverse. In particolare dovr� 

negarsi che possano distinguersi nell'ambito del 

patrimonio sociale, beni destinati a garanzia dei 

terzi e beni destinati a distribuirsi tra i soci. (� 

appena il caso, comunque, di osservare che anche 

il cosidetto �capitale>> (rectius il patrimonio sociale 

corrispondente al valore portato come capitale 

nominale) pu� essere distribuito ai soci attraverso 

il particolare procedimento previsto e regolato 

dall'art. 2445 e.e.). 

In realt� il passaggio delle riserve a capitale non 

attua nessun trasferimento e non pu� pertanto 

ricomprendersi tra gli atti previsti e tassati dall'ar


ticolo 85 della tariffa allegato A. 

Ma a ben vedere � la stessa Jet.tera del richiamato 

art. 85 che non consente di giungere a conclusioni 

diverse. 

� merito della sentenza che si annota (la quale~ 
peraltro, ha erroneamente basato la sua soluzione 
sulla distinzione tra oggetto di imposta e base 
imponibile, distinzione in s(~ esatta, ma gi� malamente 
applicata nella decisione del Tribunale .-e 
pertanto giustamente criticata dall'ANTONINI, op. 
cit., pag. 622 e segg.) l'aver rilevato che gli artt. 81 
e 85 costituiscono due norme collegate e formanti un 
sistema, cosicch�, quando la nota dell'art. 85 ri



-55 


chiama l'art. 81, non intenderichia mare solo le 
aliquote (come pure � stato sostenuto, GAGLIARDI, 
op. cit.) ma intende recepirne tuUo il sistema. 

Ci� vuol dire che non ogni aumento di capitale � 
tassabile, ma solo l'aumento di capitale che importi 
altres� aumento di patrimonio. 

L'art. 85 dovr�, pertanto, essere letto cos�: 
l'aumento di capitale viene tassato con aliquote . 
differenziate a secondo che avvenga: 1) con conferimento 
di immobili; 2) con confm�imento di opifici; 
3) con conferimento di mobili. 

Risulta cos� dalla stessa lettera della legge che 
solo quando ricorre un conferimento vi pu� essere 
tassazione dell'aumento di capitale. 

Il che d'altronde � logico atteso che l'imposta 
di registro ha come presupposto un trasferimento; 
fatto questo che non si verifica nel caso della deliberazione 
di aumento di capitale con passaggio di 
riserve a capitale (art.1 legge di registro) (conforme, 
anche se con altre argomentazioni, V.A.NONI: Il 
passaggio di riserva a capitale in �Riv. Dir. Fin. �, 
1937, II, 283; FERRI: Distribuzione e azioni gratuite 
collegata con l'emissione a pagamento di diritti 
individuali degli azionisti, in �Riv. Dir. Oomm. �, 
1939 II, 434). 

4. Dalle pregresse considerazioni discende, a 
no~_tro parere, anche la soluzione del problema 
affrontato dalla decisione che si annota. Ha affermato 
il S.O. nella sentenza n. 3411 del 1959: << Il 
legislatore ha inteso assoggettare all'imposta di cui 
all'art. 85 della tariffa non ogni conferimento patrimoniale 
ma solo quelli che vengono stabilmente 
destinati ad incrementare il fondo sociale e si traducono 
nell'aumento del capitale sociale�. Tale 
insegnamento � stato disatteso dalla Corte milanese, 
la quale tuttavia non ha esattamente motivato la 
soluzione cui � giunta (Oonf. GAGLIARDI, op. 
cit., pag. 2028). 
Secondo noi, infatti, la decisione dei giudici 

milanesi pu� trovare valido fondamento solo se 

si dimostra che l'art. 85 tariffa allegato A della 

legge di registro intende assoggettare a tassazione 

ogni conferimento sia che determini. aumento del 

capitale sociale sia che determini solo aumento del 

patrimonio sociale. Ma prima di giungere a tale 

conclusione occorre dimostrare che il sopraprezzo 

azionario ha natura di conferimento. 

Si insegna in dottrina che il sopraprezzo � volto 

a evitare il cosidetto fenomeno dell'� annacqua


mento del patrimonio sociale � che si verifica ogni 

volta che si aumenta il capitale attribuendo il 

diritto di opzione a favore di nuovi soci. � risa


puto infatti che, dopo lo svolgimento di esercizi 

sociali fortunati, quando non tutto l'utile conse


guito venga distribuito ai soci, il patrimonio della 

societ� subisce un incremento di guisa che il valore 

del diritto di partecipazione di ogni socio al pa


trimonio sociale, non � pi� quello iniziale rappre


sentato dal valore nominale di ogni azione ma su


bisce a sua volta un aumento di valore che � pari 

a quello degli utili non distribuiti diviso per il nu


mero delle azioni. 

L'ingresso di nuovi soci in tale situazione determina 
che costoro, ove la loro partecipazione non 

venga adeguata con opportuno versamento maggiorato 
(poich� non � possibile emettere azioni con 
valore nominale maggiore di quello gi� esistente,. 
dovendo tutte le azioni avere lo stesso valore 
nominale ex art. 2348 O.e.), vengono � godere dell'incremento 
patrimoniale ottenuto dalla societ�.negli 
esercizi precedenti con una sua conseguente 
diminuzione a danno dei soci preesistenti. 

La funzione del sopraprezzo � appunto quella di 
costringere i nuovi soci ad un ulteriore versamento,. 
al fine di mantenere la proporzione nelle partecipazioni 
(v. FERRI, op. cit., pag. 336; FR�: Le societ� 

p. a. in � Commentario Scialoia e Branca �, Bologna,. 
1956; 554 ed in particolare VISENTINI: Compatibilit� 
del sopraprezzo azionario con il diritto di: 
opzione, in �Banca borsa�, ecc. 1961, I, 26 doveanche 
richiami in dottrina e giurisprudenza). 
Da quanto sopra risulta evidente la natura di 
conferimento del sopraprezzo azionario in quanto� 
volto ad incrementare il patrimonio sociale, senza. 
tuttavia che tale incremento determini un aumento� 
della cifra esposta come capitale della societ�. 

Tanto premesso si pu� passare all'esame del 
problema del trattamento fiscale del sopraprezzo .. 

5. Deve escludersi innanzi tutto che il sopraprezzo 
azionario possa considerarsi un reddito della. 
societ� atteso che esso non costituisce un lucro 
realizzato nell'esercizio della slia attivit� (v. FR�,, 
op. cit., pag. 554) e ora art. 83 lettera 6, T.U. 29 
gennaio 1958, IL 645), resta da vedere se esso possa. 
essere tassato a sensi dell'art. 85 della tariffa. 
allegato A della legge di registro. 
La Cassazione (sopra riportata) lo ha escluso, 

facendo leva sulla lettera della legge che parla 

di aumento di capitale e non di patrimonio. L'argo


mento letterale � l'unico invocato a sostegno della. 

tesi accolta. A nostro sommesso avviso tuttavia 

tale soluzione lascia perplessi. 

L'argomento letterale su cui fa leva il S.O. e con 

esso la dottrina (GAGLIARDI, op. cit., pag. 2028}� 

� infatti facilmente superabile. 

Si � detto che l'espressione� aumento di capitale�� 

ha un significato tecnico ben preciso e non ignoto 

al legislatore e che pertanto non pu� ritenersi che� 

il legislatore abbia inteso. capitale come sinonimo� 

di patrimonio. L'osservazione tuttavia non � con


vincente, essendo sufficiente considerare che i 

concetti di capitale e patrimonio sono frutto della . 

elaborazione della dottrina e non del legislatore, il 

quale non sempre ne ha esattamente percepito la 

differenza; ci� vale non solo per l'art. 85 che ora.. 

commentiamo, quanto, sopratutto, per le norme 

contenute nel Codice civile, dove � estremamente 

facile individuare casi in cui il termine capitale 

viene usato con significato di patrimonio sociale. 

Vogliamo indicare solo alcuni esempi in cui questo 

fatto si pu� percepire pi� facilmente: cos� l'art. 244& 

il quale recita: �quando il capitale � diminuito 

di oltre un terzo ... � in tal caso, poich�� � di 

tutta evidenza che il capitale non pu� diminuire-


n� aumentare senza una delibera dell'assemblea, il 

legislatore intendeva riferirsi al patrimonio. 

Ma le stesse considerazioni valgono per l'art.. 2447 
(quale parla di capitale cc ridotto di oltre uru 


-56 


terzo ... )) ) e cos� ancora per l'art. 2445 (in cui si 

parla di rimborso del capitale ai soci e di capitale 

-esuberante). 

Tutto ci� dimostra quanto poco precisa sia la 
-dizione del legislatore e come sia impossibile fon.
dare su di essa la interpretazione della norma in 
.esame. Occorrebbe apportare validi argomenti di 
.ordine sistematico a sostegno della tesi che si 
.contrasta. Ma tali argomenti non esistono o comunque 
non sono stati addotti, mentre ne eidstono 
a favore della tesi da noi sostenuta. 

Abbiamo gi� notato, infatti, che l'art. 85 richiama 
l'art. 81, sancendo l'applicazione delle stesse ali.
quote previste per conferimenti versati alla societ� 
al momento della costituzione, anche all'ipotesi 
.dell'aumento di capitale. Se si considera che in 
:sede di costituzione non pu� distinguersi tra conferimento 
destinato ad aumento del capitale e aumento 
del patrimonio (essendo il capitale al momento 
iniziale la valutazione in moneta legale del 
patrimonio sociale), sembra evidente, almeno in 
tale momento, che ogni conferimento debba essere 
tassato in base al suo valore effettivo e non alla 

-valutazione datane dai soci (ossia in base al valore 
esposfo come capitale). 

Anzi, qualora si tratti di conferimento di immobili 
o di aziende, il relativo valore sar� oggetto 
.dell'accertamento di congruit� previsto dagli artt. 
15 e 20 della legge 7 giugno 1936, n. 1639. 

Ci� vuol dire che, almeno in sede di costituzione, 
.ci� che viene tassato � il conferimento in patrimonio 
e non il cosidetto conferimento di capitale. 

Ma se ci� � esatto� deve altres� ritenersi che, anche . 

durante la vita della societ�, cio� anche dopo la 

costituzione, la legge intende colpire ogni conferi


mento sia che determini aumento di capitale sia 

che determini invece sol� aumeri.tc� del patrimonio. 

Sarebbe illogico pensare, facendo l'ipotesi di 
aumento di capitale con conferimento di beni in 
natura (ad es. immobili) che l'Ufficio non possa 
sottoporre il bene conferito all'accertamento di 
congruit�, perch�, essendo tassabile (secondo la 
tesi che si contrasta) il solo aumento di capitale, 
il maggior valore del bene trasferito alla societ� 
sfugga all'imposizione, quando l'art. 85 richiamando 
l'art. 81 impone invece proprio il procedimento 
opposto. Si verrebbero ad applicare due pesi e due 
misure diverse ad uguali situazioni. 

Ci sembm, dunque, che, superato l'argomento 
letterale, l'unica soluzione logica del problema che 
stiamo esaminando sia quella sopra prospettata 
la quale d'altronde raccoglie la maggioranza dei 
consensi in dottrina ( conf. SARCINEIJLI: Gli aumenti 
di capitale delle societ� p. A. e l'imposta di registro 

in cc Riv. Dir. Fin.))' 1957, II, 111; VALENZIANO: 

Il sopraprezzo azionario e l'irnposta di registro, 
ivi, 1957, II, 11; UCKMAR: La legge di registro, 1958, 
col. II, 132 e segg. con ivi ampi richiami di dottrina 
e giurisprudenza ai quali si fa rinvio) e ha portato 
i giudici del Tribunale e della Corte di Milano ad 
allontanarsi da una interpretazione troppo ristr�t� 
tiva, legata alla lettera della legge (diremo quasi 
fiscale se non fosse contraria al fisco!) e priva di 
giustificazione logica, quale quella seguita dal S.(\ 

ADRIANO ROSSI 


INDICE SIS1,EMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA. FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA. SOLUZIONE OHE NE � ST.4.T� D�T� 

ACQUE PUBBLICHE 

CORSI D'ACQUA NON ARGINATI. 

1) Se i proprietari dei terreni siti lungo i corsi d'acqua 
non arginati e non pertinenti ad opere di bonifica possano 
costruire sul ciglio delle sponde fino al limite della 
zona demaniale (n. 70). 

Nuovo ALVEO. 

2) Se, variato artificialmente il corso di un'acqua gi� 
iscritta nell'elenco delle acque pubbliche, il nuovo alveo 
del fiume, trasferito su terreni acquistati od espropriati 
direttamente dalla societ� esecutrice dei lavori, venga 
a far parte ipso iure del demanio dello Stato o se sia 
necessario un atto di acquisto dell'Amministrazion<t 
di.Ha societ�lmedesima (n. 71). 

SOTTENSIONE DI UTENZA. 

�e:.. 
3) Se in virt� dell'ultimo comma dell'art. 45 R. D. 
11 dicembre 1933, n. 1775 il Ministro dei Lavori Pubblici 
abbia oltre il potere di stabilire se l'utente sotteso debba 
essere compensato in natura o in danaro:anche quello di 
determinare l'ammontare del compenso (n. 72). 
4) Se l'indennit� spettante all'utente sotteso debba 
essere commisurata non soltanto al sacrificio effettivo e 
reale delle aspettative economiche gi� matUI'ate dallo 
utente sotteso, ma anche al sacrificio potenziale dello 
sfruttamento della concessione proiettat.a negli anni 
della sua durata (n. 72). 
5) Se la nuova concessione incompatibile con quella 
precedente possa essere assentita formalmente anche 
pendente la procedura di liquidazione dell'utente sotteso 
(n. 72). 

AERONAUTICA E AEROMOBILI 

AEROPORTI PRIVATI. 

Quale sia la procedura per l'asservimento delle zone 
circostanti gli aerodromi privati onde assicurare la 
protezione e la sicurezza della navigazione aerea (n. 11). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

lMPOSTA DI REGISTRO -VENDITA TERRENI BOSCHIVI. 

1) Se nel contratto di compravendita di terreni concluso 
dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali 
sia soggetta ad autonoma imposta di registro ai sensi 
dell'art. 9 legge registro la clausola che prevede il depo


sito cauzionale di parte del prezzo a garanzia dell'Amministrazione 
per la non provata propriet� e libert� da 
gravami dei terreni alienati. (n. 31) 

PICCOLA PROPRIET� CONTADINA -DECADENZA DEL 
MUTUATARIO DAI BENEFICI TRIBUTARI. 

2) Se, ai sensi dell'art. 9, 1� comma, del D. L. 26 febbraio 
1948,�n. 114, quando sia intervenuta la decadenza 
del mutuatario dei benefici tributari e finanziari previsti 
dalla legge sulla formazione della piccola propriet� 
contadina, l'Amministrazione possa esimersi dal contim;
iare a versare all'Istituto mutuante le quote di con


.corso (n. 32). 

3) Se, ai sensi del suddetto art. 9, debba essere dichiarata 
la decadenza del beneficiario nel caso che questo 
ometta di immettersi nella conduzione diretta del fondo 

(n. 32). 
4) Se debba essere dichiarata la decadenza del beneficiario 
quando venga accertato, successivamente alla 
concessione del contributo, che il beneficiario stesso 
manci:>va di alcuni dei requisiti richiesti dalla legge 
Jn. 32). 

5) Quale sia la procedura da seguire per il recupero 
delle somme versate dallo Stato a titolo di contributo 

(n. 32). 
6) Se l'Istituto mutuan:te sia obbligato a dar notizia 
all'Amministrazione dell'eventuale anticipata estinzione 
del mutuo da parte del mutuatario (n. 32). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ENTE MORALE. 

1) Se l'Ente morale, proprietario di un fondo, debba 
munirsi dell'autorizzazione governativa ex art. 17 O. c. 
per l'acquisto per accesione di un fabbricato costruito 
sul fondo stesso, con il suo consenso, da un terzo� con 
materiali propri (n. 267). 

ISTRUZIONE PUBBLICA. 

2) Quale sia la natura giuridica della " Scuola Convitto 
C. R. I. per infermiere professionali " E. e V. Agnelli� 
con sede in Roma (n. 268). 

APPALTO 

CONTRATTO DI APPALTO -REGISTRAZIONE DI UFFICIO. 

Se l'art. 6 del D. L. 15 novembre 1937, n. 1924, che 
autorizza la registrazione di ufficio del contratto di 


-58 


'appalto quando la suu, esistenza possa presumersi da 
fatti, atti, scritti e da ogni altro elemento informativo 
adeguato, sia in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione (n. 267). 

CACCIA E PESCA 

COOPERATIVE DI PESCATORI -CONCESSIONI. 

1) Se la disposizione della lettera e) dell'art. 47 del 
Testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, riguardante 
specificamente le concessioni in favore delle so� 
ciet� coqperative di pescatori, sia ancora applicabile 
nonostante l'entrata in vigore del Codice della Navi� 
gazione approvato con R. D. 30 marzo 1942, n. 327 regolante 
la concessione di beni del demanio marittimo 

(n. 23). 
PESCA MARITTIMA -REGIONE SICILIANA. 

2) Se possa ritenersi legittimo il decreto dell'Assessore 
alla Regione Siciliana in data 20 novembre 1956 che 
detti una particolare disciplina in materia di pesca ma� 
rittima e che preveda sanzioni amministrative per il caso 
di inosservanza (n. 24). 

COMUNI E PROVINCIE 

fMPIANTI DISTRIBUZIONE AUTOMATICA DI CARBURANTI. 

1) Se il parere da richiedersi all'Azienda Nazionale 
Autonoma delle Strade, a norma dell'art. 46 del Regolamento 
per l'esecuzione del R. D. 2 novembre 1933, numero 
1741 approvato con R. D. 20 luglio 1934, n. 1303 
e degli artt. 12 e 15 del R. D. 2 novembre 1933, n. 1711 e 
2 della legge 23 febbraio 1950, n. 170, per il rilascio da 
parte dei Prefetti delle licenze all'impianto e all'esercizio 
dei distributori automatici dei carburanti, vada richiesta 
anche per la voltura delle licenze stesse, regolate dagli 
artt. 40 del Regolamento per l'esecuzione del R. D. 
2 novembre 1933, n. 1741 e dall'art. 16 di detta legge 
~n. 101). 

2) Se sia consentita impugnativa in via am.iinistrativa 
o giurisdizionale avverso l'atto con il quale l'Azienda 
Nazionale Autonoma della Strada, esprima al Prefetto 
ehe ne fa richiesta, parere negativo alla voltura della 
licenza all'impianto e all'esercizio di distributori automatici 
di carburanti, regolata dagli artt. 16 del R.D. 
2 novembre 1933, n ..1741 e 40 del Regolamento relativo 
(n. 101). 

3) Se ha carattere definitivo il Decreto con il quale 
il Prefetto provv:ede a norma degli artt. 16 del R.D. 
2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del relativo regolamento, 
in ordine alle richieste di voltura della licenza di impianto 
e di esercizio dei distributori automatici di carburanti 
(n. 101). 

4) Se sia consentito al Ministero dei Lavori Pubblici 
impartire ai Compartimenti della Viabilit� direttive 
tecniche di massima per le licenze di accesso agli impi&,nti 
di distributori automatici di carburanti (n. 101). 

5) Se la volturc1, delle licenze all'impianto ed all'esercizio 
di distributori automatici di carburanti, richiesta 
a norma dell'art. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 
e 40 del relativo regolamento, possa essere negata con 
richiamo alla rispondenza dell'impianto alle mutate 
esigenze del traffico e della circolazione (n. 101). 

6) Se e con quali mezzi l'A.N.A.S. � abilitata a pro� 
muovere la rimozione e la modifica degli impianti di 
distribuzione automatica di carburanti in relazione alle 
mutate esigenze del traffico (n. 101)-. 

PROVINCIA DI BOLZANO -LEGGE PROVINCIALE 10 LU� 
GLIO 1960, N. 8. 

7) Se l'art. 29 della legge urbanistica nazionale 17 ago� 
sto 1942, n. 1150 sia stato abrogato per il territorio della 
Provincia di Bolzano dalla legge provinciale 10 luglio 
1960, n. 8 (n. 102). 

8) Se per le costruzioni da effettuarsi nell'ambito della 
Provincia di Bolzano sia necessario chiedere la licenza 
comunale (n. 102). 

CONCESSIONI 

COOPERATIVE DI PESCATORI, 

Se la disposizione della lettera e) dell'art. 47 del Testo 
unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, riguardante 
specificamente le concessioni in favore delle societ� coo� 
perative di pescatori, sia ancora applicabile nonostante 
l'entrata in vigore del Codice della Navigazione approvato 
con R.D. 30 marzo 1942, n. 327 regolante la concessione 
di beni del demanio marittimo (n. 69). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO 

LICITAZIONE PRIVATA -ESCLUSIONE. 

Se l'omissione, la incompletezza o la imperfezione dei 
documenti richiesti dall'avviso di una licitazione privata 
siano causa di legittima esclusione dalla gara (n. 188). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. 

Se il trl;i,sferimento a favore della Cassa del Mezzo. 
giorno, disposto dall'art. Il della legge 10 agosto 1950, 

n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a 
che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 
della legge fallimentare, tra un proprio credito verso 
un'impresa pri'Vata debitrice nei termini anzidetti ed 
in istato di fallimento, ed il proprio debito per danni �i 
guerra (n. 46). 
COSTITUZIONE 

CONTRATTO DI APPALTO -REGISTRAZIONE DI UFFICIO. 

1) Se l'art. 6 del D.L. 15 novembre 937, n. 1924, 
che autorizza la registrazione di ufficio del contratto di 
appalto, quando la sua esistenza possa presumersi da 
fatti, atti, scritti e da ogni altro elemento informativo 
adeguato, sia in contrasto con gli itrtt. 3, 24 e 113 della 
Costituzione (n. 14). 

VAGLIA TELEGRAFICO -RITARDO NEL RECAPITO. 

2) Se la norma dell'art. 7 del Codice Postale sia in 
contrasto con l'art. 28 della Costituzione (n. 15). 

DAZI DOGANALI.. . 

FIDEIUSSIONE. 

Se l'obbligazione fideiussoria stipulata a favore della 
Amministrazione delle Finanze a garanzia di diritti 
doganali e stabilita per la durata di sei mesi con possi



&"f"Lmillf&dtfiliQ M T?fff' 

59 



bilit� di conferma di semestre in semestre, comunque 
:fino alla completa definizione delle operazioni doganali 
compiute e per le quali si presta garanzia, possa essere 
.ritenuta obbligazione a tempo indeterminato e pertanto 
possa essere assoggettata all'aliquota del 10 per 
.mille previRta dall'art. 54 della tariffa allegato A legge 
di registro (n. 19). 

DEMANIO 

BENI DEMANIALI -VARIANTE DEL OORSO DI UN FIUME. 

1) Se, variato artificialmente il corso di_ un'acqua 
.gi� iscritta nell'elenco delle acque pubbliche, il nuovo 
ttlveo del fiume, trasferito su terreni acquistati od esproR 
priati direttamente dalla societ� esecutrice dei lavori, 
venga a far parte ipso iure del demanio dello Stato o se 
sia necessario un atto di' acquistodell'Amministrazione 
dalla societ� medesima (n. 170). 

F ABBRIOATI EX OONVENTUALI -GRATUITO GODIMENTO VENDITA. 


2) Se il diritto di uso gratuito e perpetuo di un fabbricato 
ex conventuale concesso ad un Istituto reli_
gioso di.I Ducato di Parma nel 1857 e mantenuto anche 
dopo il passaggio della propriet� dei beni allo Stato 
italiano, possa ritenersi ancora sussistente o debba 
invece ritenersi estinto in forza del disposto del Codice 
-civile del 1865, in base al quale i diritti reali di godimento 
perpetuo vennero ridotti a trentennali (n. 171 ). 

PORTI. 

3) Quali provvedimenti possa legittimamente adottare 
l'Amministrazione della Marina Mercantile nell'ipotesi 
in cui il titolare di una concessione di area portuale 
per uso deposito per conto terzi riservi stabilmente una 
iparte dell'area concessagli a favore di un singolo utente 
~n. 172). 

DIRITTO INTERNAZIONALE 

BENI AO(�UIST.A.TI DA STRANIERI. 

1) Se sian@ validi in Italia gli acquisti immobiliari 
.effettuati da stranieri quando il loro Stato non accordi 
la reciprocit� ai cittadini italiani (n. 2). 

oQONOESSI0NE liii CREDITO FINANZIARIO. 

2) Se im una convenzione concernente la concessione 
<la parte dell'Italia di credito finanziario a Stati esteri 
;ai sensi dell'i;,rt. 21 legge 5 luglio 1961, n. 635 sia ammis:
Sibile inserire una clausola compromissoria che devolve 
fo controversie derivanti dalla convenzione al giudizio 
.di un collegio arbitrale straniero quale la Camera di 
Commercio Internazionale di Ginevra (n. 3). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

ALLOGGI INA-CASA -CONSEGNA SENZA AUTORIZZAZIONE. 

1) Se a carico 1Jlelle stazioni appaltanti di fabbricati 
.costruiti in esecuzione degli artt. 11 legge 28 febbraio 

1948, n. 43 ed 8 legge 26 novembre 1955, n. 1148, che 
.abbiano assegnato gli alloggi senza autorizzazione della 
'Gestione INA-Casa .e .e.om:unque senza far firmare dagli 

assegnatari il contratto provvisorio di assegnazione, possono 
essere applicabili le penali stabilite nella circolare 
dell'Ente n. 090 dell'll aprile 1960 (n. 131). 

2) Se sia possibile inoltre in tale ipotesi pretendere 
dalle stazioni appaltanti il risarcimento dei dari.�i conseguenti 
al ritardo con cui siano ammesse e pagttmento le 
quote di ammortamento (n. 131). 

ALLOGGI DELL'AMMINISTRAZIONE POSTE E TELEGRAFI. 

3) Se sia applicabile alla cessione degli alloggi economici 
costruiti dall'Amministrazione Poste e Telegrafi 
la disposizione dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, 
secondo cui il prezzo di cessione viene stabilito nella 
misura del 50 % del costo di costruzione, ovvero la disposizione 
dell'art. 4 stessa legge, per la quale il prezzo di 
cessione � fissato nella misura del valore venale ridotto 
del 30 % e di un successivo 0,25 % per ogni anno di 
effettiva occupazione da P'.1-rte del richiedente (n. 132). 

COOPERATIVA EDILIZIA -STATO DI INSOLVENZA. 

4) Quali effetti abbia sulla sentenza dichiarativa 

dello Stato di insolvenza di una cooperativa edilizia 

soggetta alla liquidazione coatta amministrativa la 

mancata audizione dell'Autorit� di vigilanza richiesta 

dall'art. 195 della legge fallimentare (n. 133). 

5) Quale sia l'autorit� competente ad emettere il 

parere previsto dall'art. 195 legge fallimentare nei 

riguardi di cooperative edilizie a contributo statale 

(n. 133). 
ELETTRODOTTI 

CONDUTTORI COPPERWELD. 

1) Se le norme emanate dal Comitato Elettronico 
Italiano in data 8 giugno 1961, riguardanti i conduttori 
di acciaio rivestiti di rame ( conduttori copperweld) 
siano obbligatorie (n. 11). 

RIMOZIONE DI LINEA TELEFONICA -INDENNIZZO. 

2) Se sia dovuto indennizzo per la rimozione di una 
linea telefonica appartenente ad una societ� telefonica 
impiantata su terreno privato, espropriato dall'A.N.A.S. 
per una variante su una strada statale (n. 12) . 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

FABBRICATI EX CONVENTUALI -GRATUITO GODIMENTO. 

Se il diritto di uso gratuito e perpetuo di un fabbricato 
ex conventuale concesso ad un Istituto religioso dal 
Ducato di Parma nel 1857 e mantenuto anche dopo il 
passaggio della propriet� dei beni allo Stato Italiano, 
possa ritenersi ancora sussistente o debba invece ritenersi 
estinto in forza del disposto del Codice civile del 
1865, in base al quale i diritti reali di godimento perpetuo 
vennero ridotti a trentennali (n. 38). 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

SERVIT� -LIQUIDAZIONE DELL'�NDENNIT�. 

Se l'espropriante sia tenuto a corrispondere un'autonoma 
indennit� in favore del titolare di una servit� 
di passaggio sul fondo espropriato (n. 176). 



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-60


FALLIMENTO 

CHIUSURA -p AGAMENTO CREDITI. 

1) Se dichiarato chiuso un fallimento per mancanza 
di attivo possa essere pagato un credito al fallito tuttora 
isC'ritto nel relativo �albo (n. 69). 

COOPERATIVA EDILIZIA -STATO DI INSOLVENZA. 

2) Quali effetti abbia sulla sentenza dichiarativa 
dello Stato di insolvenza di una cooperativa edilizia soggetta 
alla liquidazione coatta amministrativa la mancata 
audizione dell'Autorit� di vigilanza richiesta dall'art. 
195 della legge fallimentare (n. 70). 

3) Quale sia l'autorit� competente ad emettere il 
parere previsto dall'art. 195 Legge fallimentare nei 
riguardi di cooperative edilizie a contributo statale 

(n. 70). 
DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO �POST MORTEM >>. 

4) Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento 
dell'imposta di successione dovuta per la morte del 
de cuius dichiarato fallito post-mortem (n. 71). 

RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. 

5) Se il trasferimento a favore della Cassa del Mezzogiorno, 
disposto dall'art. Il della legge 10 agosto 1950, 

n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a 
che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 
della legge fallimentare, tra un proprio credito verso 
un'impresa privata debitrice nei termini anzidetti ed in 
istato di fallimento, ed il proprio debito per danni di 
guerra (n. 72). 
REVOCATORIA FALLIMENTARE -DICHIARAZIONE DI INEFFICACIA 
DELLA CESSIONE DEI CREDITI. 

6) Se, dichiarata inefficace, a sensi dell'art. 64 legge 
fallimentare, la cessione dei crediti effettuata da una 
Societ� successivamente fallita, cada automaticamente 
anche la cessio bonorum -riguardo ai crediti acquistati 
-stipulata tra il cessionario dei crediti stessi e i 
suoi creditori (n. 73). 

FERROVIE 

AGENTI F. s. INFORTUNI SUL LAVORO. 

1) Se siano dovuti i contributi della Cassa di previdenza 
avvocati e i diritti di cancelleria sugli atti relativi 
a controversie giudiziarie che sorgano tra agenti 

F. S. infortunati o i loro aventi diritto e l'Amministrazione 
(n. 339). 
CONCESSIONI DI VIAGGIO -ART. 17 R.D. N. 286/1942. 

2) Se per il servizio militare prestato prima della nomina 
a ruolo, ai fini del computo dell'anzianit� del personale 
per la concessione di viaggio ai sensi dell'ultimo 
comma dell'art. 17 del R.D. 29 gennaio 1942, n. 286, 
debba intendersi il servizio militare prestato in una delle 
Forze Armate dello St�to anche volontariamente (n. 340). 

LICENZIAMENTO E RIAMMISSIONE DI CONTRATTISTI. 

3) Se siano applicabili ai pubblici dipendenti non di 
ruolo licenziati dal sedicente governo della r.s.i per chiamata 
alle armi di leva, e successivamente riassunti in 

servizio, le disposizioni di cui all'art. 2 legge 28 dicembre 
1950, n. 1079, secondo le quali, a favore dei dipendenti 
non di ruolo cessati dal servizio dopo il 30 giu.
gno 1943 in dipendenza di eventi bellici o politici o per 
soppressione di ufficio o per riduzione di personale, 
deve essere computato come servizio utile a tutti gli effetti 
il periodo di tempo intercorso tra la d .. ta della cessazione 
dal servizio e la riassunzione, purch� si tratti 
di dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore 

d3lla legge (n. 341). 

FILIAZIONE 

FIGLI NATURALI -INDENNIT� DI CAROVITA. 

Se la madre, la quale dimostri che il figlio naturale 
viva effettivamente a suo carico abbia diritto alla quota 
di indennit� di carovita (n. 5). 

IMPIEGO PUBBLICO 

DIPENDENTI DELL'UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA. 

1) Se l'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 322' 
sia applicabile ai dipendenti dell'Istituto Centrale di 
Statistica i quali, per qualunque causa, cessino dal rapporto 
di impiego, prima di aver mi.turato il diritto alla 
liquidazione di riscatto o al passaggio in propriet� delle 
polizze di assicurazione costituenti l'intero fondo di 
previdenza (n. 542). 

FIGLI NATURALI -INDENNIT� DI CAROVITA. 

2) Se la madre la quale dimostri che il figlio naturale 
viva effettivamente a suo carico abbia diritto alla quota 
di indennit� di carovita (n. 543). 

LICENZIAMENTO E RIASSUNZIONE DI CONTRATTISTl! 
DELLE F.S. 

3) Se siano applicabili ai pubblici dipendenti non di 
ruolo licenziati dal sedicente governo della r.s.i. per 
chiamata ~lle armi di leva, e successivamente riassunti 
in servizio, le disposizioni di cui all'art. 2 legge 28 dicembre 
1950, n. 1079, secondo le quali, a favore dei dipendenti 
non di ruolo, cessati dal servizio dopo il 30 giugno 
1943 in dipendenza di eventi bellici o politici per 
soppressione di ufficio o per riduzione di personale, deve 
essere computato come servizio utile a tutti gli effetti 
il periodo di tempo intercorso tra la data della cessazione 
dal servizio e la riassunzione, purch� si tratti di 
dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore della 
legge (n. 544). 

STIPENDI. 

4) Se le somi:ne oggetto di ritenuta debbano essere 
restituite all'avente diritto, nell'ipotesi in ctii entro sei 
mesi dalla data del decreto di ritenuta di cui all'art. 1 

R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, non sia stato iniziato il 
giudizio di responsabilit� innanzi la Corte dei Conti o 
presentata richiesta per il sequestro (n. S45,). 
IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE __ 

CONCESSIONE DI CREDITO FINANZIARI@. 

Se in una convenzione concernente la cessione� da 
parte dell'Italia di credito finanziario a Stati esteri ai, 


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-61



sensi dell'art. 21 legge 5 luglio 1961, n. 635 sia ammissibile 
illl.serire Lma clausola compromissoria che devolve 
le colll.troversie derivanti dalla convenzione al giudizio 
�di un collegio arbitrale straniero quale la Camera di 
'Commercio Internazionale di Ginevra (n. 27). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

AGEVOLAZIONI EDILIZIE -COSTRUZIONI PREESISTENTI. 

1) Se la norma dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949, 
recante agevolazioni tributarie in favore delle nuove 
+Costruzioni edilizie, si applichi anche nel caso di acquisto 
di aree non nude ma coperte da fabbricati in cattive 
condizioni e destinati alla demolizione (n. 189). 

FIUBEIUSSIONE DOGANALE. 

2) Se l'obbligazione fideiussoria stipulata a favore 
.dell'Amministrazione delle Finanze a garanzia di diritti 
doganali e stabilita per la durata di sei mesi con possibilit� 
di conferma di semestre in semestre, comunque 
fino alla completa definizione delle operazioni doganali 
.compiute e per le quali si presta garanzia, possa essere 
ritenuta obbligazione a tempo indeterminato e pertanto 
rJoss>t essere assoggettata 1:>Jl'aliquota del 10 per mille 
1prevista dall'art. 54 della tariffa allegato A legge di registro 
(n. 190). 

�VENDITA TERRENI BOSCHIVI -CAUZIONE. 

3) Se nel contratto di compravenditi;, di terreni con.
eluso dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali sia 
soggetta ad autonoma imposta di registro ai sensi dell'art. 
9 legge di registro la clausola che prevede il deposito 
cauzionale di parte del prezzo a garanzia dell'Amministrazione 
per la non provata propriet� e libert� da 
gravami dei terreni alienati (n. 191). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

'SOCIET� IN LIQUIDAZIONE -LEGGE 25 FEBBRAIO 1960, 

n. 163. 
Quali siano, in sede di applicazione della legge 25 febbraio 
1960, n. 163, i criteri da seguire per il recupero o 
il rimborso di imposta di Ricchezza Mobile e imposta 
sulle societ�, quando le societ� siano poste in liquida.
zione e la liquidazione stessa sia gi� chiusa (n. 22). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO � POST-MORTEM �. 

Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento 
-dell'imposta di successione dovuta per la morte del 
de cuius dichiarato fallito post-mortem (n. 33). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

PRIVILEGIO SPECIALE. 

Se il privilegio speciale che assiste l' imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio (D.L. 11 ottobre 1947, 

n. 1331, Testo unico D.P. 9 maggio 1950, n. 203) si 
estenda a tutti gli immobili facenti parte del patrimonio 
del contribuente alla data del 28 marzo 1947, indipendentemente 
dal fatto che un determinato immobile sia 
stato omesso nella dichiarazione del contribuente o sia 
sfuggito comunque alla valuti;,zione del patrimonio 
imponibile (n. 10). 

INFORTUNI SUL LAVORO 

AGENTI F,.S. -DIRITTI DI CANCELLERIA. 

Se siano dovuti i contributi della Cassa di Previdenza 
Avvocati e i diritti di cancelleria sugli atti relativi a 
controversie giudiziarie che sorgano tra gli agenti F.S. 
infortunati o i loro aventi diritto e l'Amministrazione 

(n. 45). 
INVALIDI DI GUERRA 

ASSUNZIONE OBBLIGATORIA. 

Quali siano i provvedimenti da adottare nel caso di 
inosservanza da parte delle Pubbliche Amministrazioni 
dell'invio dei prospetti numerici sulla situazione del 
personale valido ed invalido in applic;;,zione dell'art. 11 
legge 3 giugno 1950, n. 375 sulla assunzione obbligatoria 
degli invalidi di guerra (n. 17). 

LOTTO E LOTTERIE 

CONCORSO A PREMI -TASSA DI LOTTERIA. 

Se la tassa di lotteria, che ai sensi dell'art. 45 D.L. 
19 ottobre 1938, n. 1933 sarebbe dovuta su un concorso 
a premi per la emissione diun prestito obbligazionario 
di una societ� per la costruzione di autostrade, sia compresa 
nella agevolazione tributaria prevista dall'art. 8 
della legge 24 luglio 1961, n. 729, concernente la costruzione 
di autostrade (n. 17). 

MEZZOGIORNO 

RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. 

Se il trasferimento t1, favore della Cassa del Mezzogiorno, 
disposto dall'art. 11 della legge 10 agosto 1950 

n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a, 
che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 
della legge fallimentare-, tra un proprio credito verso 
un'impresa privi;.ta debitrice nei termini anzidetti ed in 
istato di fallimento, ed il proprio debito per danni di 
guerra (n. 22). 
OPERE PUBBLICHE 

Nuovo CAPITOLATO DI APPALTO PER LE OPERE DI COMPETENZA 
DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI. 

1) Se siano applicabili le norme del Capitolato Generale 
approvato con R.P.R. 16 luglio 1962, n. 106 agli 
appalti aggiudicati anteriormente all'entn.ta in vigore 
deI Capitolato stesso ma i cui relativi contratti..debbano 
essere perfezionati successivamente (n. 53). 

2) Se dette norme siano senz'altro applicabili agli 
appalti non ancora aggiudicati alla data di entrata in 
vigore del nuovo Capitolato (n. 53). 



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PENSIONE 

PENSIONE PRIVILEGIATA -PRESCRIZIONE. 

1) Se l'internamento definitivo in manicomio comporti 
la perdita delle capacit� giuridiche (n. 104). 

2) Se lt1. tutrice definitiva di un alienato -gi� dipendente 
di ruolo dispensato dal servizio per inabilit� nel 
1932 e internato definitivamente in manicomio alla 
stessa epoca --dichiarato interdetto con decreto del 
Tribunale nel 1960, possa utilmente proporre domanda, 
ai sensi �dell'art. 36 del Regolamento di esecuzione del 
Testo unico 1957, n. 3, per ottenere la concessione della 
pensione privilegiata a favore del suo rappresentato 

(n. 104). 
PORTI 
DEMANIO. 


Quali provvedhhenti possa legittimamente adottare 
l'Amministrazione della Marina Mercantile nella ipotesi 
in cui il titolare di una concessione di area portuale per 
uso deposito per conto terzi riservi stabilmente una parte 
dell'area concessagli a favore di un singolo utente (n. 13). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

ALLOGGI DELL'AMMINISTRAZIONE P.T. 

1) Se sia applicabile alla cessione degli alloggi economici 
costruiti dall'Amministrazione Poste e Telegrafi 
la disposizione dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, 
secondo cui il prezzo di cessione viene stabilito nella 
misura del 50 % del costo di costruzione, ovvero la 
disposizione dell'art. 4 stessa legge, per la quale il prezzo 
di cessione � :fissato nella misura del valore venale ridotto 
del 30 % e di un successivo 0,25 % per ogni anno di effettiva 
occupazione da parte del richiedente (n. 89). 

CONDUTTORI COPPERWELD. 

2) Se le norme emanate dal Comitato Elettronico 
Italiano in data 8 giugno 1961, rigua.rdanti i conduttori 
di acciaio rivestiti di rame (conduttori metallici copperweld) 
siano obbligatorie (n. 90). 

TITOLI E DEPOSITI POSTALI -PIGNORAMENTO. 

3) Se in caso di sequestro o pignoramento di titoli 

o depositi postali nelle dichiarazioni di terzo da rendere 
innanzi all'Autorit� giudiziaria l'Amministrazione debba 
dichiarare gli estremi di detti titoli o depositi (n. 91). 
VAGLIA TELEGRAFICO RITARDO NEL RECAPITO. 

4) Se possa essere accolta la richiesta avanzata dal 
mittente di un vaglia telegrafico per essere reintegrato 
del danno derivante dal ritardato recapito del vaglia 
stesso (n. 92). 

5) Se la norma dell'art. 7 del Codice Postale sia in 
contrasto con l'art. 28 della Costituzione (n. 92). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

DIPENDENTI DELL'UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA� 

Se l'articolo unico della legge 2 aprile 1958 n. 322 
sia applicabile ai dipendenti dell'Istituto Centrale di 
Statistica i quali,, per qualunque causa, cessino dal rapporto 
di impiego prima di aver maturato il diritto alla 

liquidazione di riscatto o al passaggio in propriet� delle 
polizze di assicurazione costituenti l'intero fondo di 
previdenza (n. 41). 

PROPRIET� 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -ENTE MORALE. 

1) Se l'Ente morale, proprietario di un fondo, debba 
munirsi dell'autorizzazione governativa ex art. 17 C. c. 
per l'acquisto per accessione di un fabbricato costruito 
sul fondo stesso, con il suo consenso, d"' un terzo 
con materiali propri (n. 31). 

CORSI D'ACQUA NON ARGINATI. 

2) Se i proprietari dei terreni siti lungo i corso d'acqua 
non pertinenti ad opere di bonifica possano costruire 
sul ciglio delle sponde fino al limite della zona demaniale 
(n. 32). 


REGIONI 

REGIONE SICILIANA -PESCA MARITTIMA. 

1) Se possa ritenersi legittimo il decreto dell'Assessore 
alla Regione Siciliana in data 20 novembre 1956 
che detti una particolare disciplina in materia di pesca 
marittima e che preveda sanzioni amministrative per 
il caso di inosservanza (n. 102). 


REGIONE SICILIANA -RIFORMA FONDIARIA. 

2) Se sia applicabile in Sicilia, ai fini della determinazione 
dell'indennit� di espropriazione per riforma; 
fondiaria, la l~gge 15 marzo 1956, n. 156 (n. 103). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

STRADE -'-GETTI DI MATERIALE DA UN PONTE. 

Se sia configurabile una. responsabilit� dell'A.N.A.S. 
per danni cagionati a terzi dall'abbatthnento, ad opera 
di un automezzo, del muretto di protezione di un ponte 
ovvero per getti di materiali d&l ponte stesso, e se la 
stessa Azienda possa ritenersi obbligatc0, a sostituire il 
detto muretto con una rete metallica (n. 201). 

RIFORMA FONDIARIA 

REGIONE SICILIANA. 

Se sia applicabile in Sicilia, ai fini della determinazione 
dell'indennit� di espropriazione per riforma fondiaria, 
la legge 15 marzo 1956, n. 156 (n. 8). 

SERVIT� 

SERVIT� DI PASSAGGIO. 

Se l'espropriante sia tenuto a corrispondere un'tmtonoma 
indennit� in favore del titolare di una servit� di 
passaggio sul fondo espropriato (n. 34). 

SOCIET� 

SOCIET� IN LIQUIDAZIONE -IMPOSTA DI RICCHEZZ:A Mo-.BILE. 


Quali siano, in sede di applicazione della legge 25 febbraio 
1960, n. 163, i criteri da segui~e per il recupero o il 

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rimborso di imposta di R.M. e imposta societ� quando le 
societ� siano poste in liquidazione e laliquidazione stessa 
sia gi� chiusa (n. 99). 

STRADE 

IMPIANTI DISTRIBUZIONE AUTOMATICA CARBURANTI. 

1) Se il parere da richiedersi all'A.N.A.S. a norma 
dell'art. 46 del Regolamento per l'esecuzione del R.D. 
2 novembre 1933, n. 1741, approvato con R.D. 20 lu� 
glio 1934 n. 1303 e degli artt. 12 e 15 del R.D. 2 novem� 
bre 1933, n. 1711 e 2 della legge 23 febbraio 1950, n. 170 
per il rilascio da parte del Prefetto delle licenze all'im� 
pianto e all'esercizio dei distributori automatici dei 
carburanti, vada richiesta anche per la voltura delle 
licenze stesse, regolata dagli artt. 40 del Regolamento 
per l'esecuzione del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 
dallo art. 16 di detta legge (n. 43). 

2) Se sia consentita impugnativa in vi.,, amministra� 
tiva o giurisdizionale avverso l'atto con il quale l'A.N.A.S. 
esprima al Prefetto che ne fa richiesta, parere negativo 
alla voltura della licenza all'impianto ed all'esercizio di 
distributori automatici di carburanti, regolata dagli 
artt. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del 
Regolamento relativo (n. 43). 

3) Se ha carattere definitivo il decreto con il quale 
il Prefetto provvede a norma degli artt. 16 del R.D. 
2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del relativo Regolamento, 
ordine alla richiesta di voltura della licenza di impianto 
e di esercizio dei distributori autom,;,tici di carburanti. 

(n. 43). 
4) Se sia consentito al Ministero dei Lavori Pubblici 
impartire ai Compartimenti della Viabilit� direttive 
tecniche di massima per le licenze di i.ccesso agli impianti 
di distributori automatici di carburanti (n. 43). 

5) Se la volturi;. delle licenze all'impianto ed all'eser� 
cizio di distributori automatici di carburanti, richiesta 
a norma dell'art. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n.1741 
e 40 del Relativo Regolamento, possa essere negata con 
richiamo alla rispondenza dell'impianto ed alle mutate 
esigenze del traffico e della circolazione (n..43). 

6) Se e con quali mezzi l'A.N.A.S. � abilitata a promuovere 
la rimozione e la modifica degli impianti di 
distribuzione automatica di carburanti in relazione alle 
mutate esigenze del traffico (n. 43). 

RIMOZIONE DI LINEA TELEFONICA. 

7) Se sia dovuto indennizzo per la rimozione di una. 
linea telefonica appartenente ad una societ� telefonica 
impiantat1:1. su terreno privato, espropriato dall'A.N.A.S. 
per una variante su una strada statale (n. 44). 

RESPONSABILIT� 

8) Se sia configurabile una responsabilit� dell'A.N.A.S.. 

per danni cagionati a terzi dall'abbattimento ad opera 
di un automezzo, del muretto di protezione di un ponte 
.ovvero per getti di materiale dal ponte stesso, e se la 
stessa Azienda possa ritenersi obbligata a sostituire il. 

detto muretto con una rete metallica (n. 45). 

SUCCESSIONE 

PROVA DELLA QUALIT� DI EREDE. 

Se sia sufficiente a dimostrare la qualit� di erede legittimo 
di cittadino italiano deceduto ab intestato un provvedimento 
di autorit� giudiziaria straniera (n. 67). 

TRATTATO DI PACE 

BENI ITALIANI IN TUNISIA. 

Se il conguaglio tra le somme corrisposte dall'Am-ministrazione 
in lire italiane, a titolo di indennizzo di 
beni liquidati ex art. 79 del Trattato di Pace, in forza. 
del decreto legislativo n. 521 del 1948 e le somme attribuite 
in franchi francesi agli stessi beneficiari dell'indennizzo 
da decisiop.i di collegi arbitrali internazionali, vada 
effettuato con riferimento alla moneta italiana o a quella. 
francese (n. 81).