mg:::: 9::: f &&rm&: "PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO xv -N. lJ:-2-3 GENNAIO-FEBBRAIO-MARZO r963 LA PRE'TESA RESPONSABILITA ' DELLA P. A. PER LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI SOMMARIO -PARTE PRIMA: 1) L'esclusione della responsabilit� della P. A. per lesione idi interessi legittimi, secondo la Costituzione; 2) Il cc Tema � di fronte alla teoria, in Jormulazione polemica ..... ; 3) e in formulazione metodologica; 4) I gradi della cc Tesi�; 5) I gradi della cc Antitesi"� -PARTE SECONDA: 6) Il concetto di illecito. Il concetto di "'danno�.. Presupposti: A) relazione fra cc situazioni giuridiche� corrispettive; B) illiceit� civile; G) lesione di cc situazione attiva� di diritto soggettivo. D) La teoria dei c. d. inte ressi occasionalmente protetti nel diritto privato (esclusione); 7) La c. d. responsa <b�lit� oggettiva, nei precedenti romanistici, nel diritto germanico e nel nostro o. g. in ifattispecie singolari e limitatamente a lesioni di diritti soggettivi; 8) Interesse legittimo. Teorie: I) del diritto soggettivo; II) dell'interesse strumentale; III) dell'interesse sostanziale. A) L'interesse legittimo come cc posizione soggettiva favorevole� (esclusione); B) come �cc situazione soggettiva di vantaggio: interesse alla legittimit�� (si risolve in interesse strumentale).; O) come cc situazione giuridica" (esclusione). D) Tentativi dogmatici: a) Teoria �del beneficio da onere altrui; b) della dipendenza da un potere della P. A. (situazione giu ridica in pendenza); e) della presupposizione di diritto soggettivo; d) conclusione; 9) Interesse legittimo e pretesa risarcibilit� della lesione: a) esclusione legale di corrispettivit�; b) ille gittimit� come illecito amministrativo non risarcibile; e) esclusione legale della tutela giu ridica diretta: I) Istituzione ed evoluzione della tutela degli interessi legittimi come per/ e zionamento della attuazione spontanea o primaria di giustizia nella P. A.; II) Giurispru denza; III) Esclusione della doppia tutela giurisdizionale; IO) Esigenze di giustizia: discre zionalit� della P. A. e pubblico servizio La Sezione Campana del � Centro Italiano di Studi Amministrativi ii ha indetto un Convegno salla � Risareibilit� del danno der�ivante da lesione di inte1 �essi legittimi ad opera della Pubblica Amministrazione >l. � stata, recentemente, distribuita una � Relazione introduttiva al Tema ii redatto dal Professore Gioranni Miele, al dichiarato fine � di fornire una prima base di discussione dell'importante e delicato argomento ii. PARTE PRIMA 1) Uno scritto di carattere introduttivo ad un convegno di studi -il cui tema � resistito, per tradizione dottrinaria e consolidata giurisprudenza, da testuali norme della Costituzione (artt. 28, .103 e 113), onde esso appare, prima facie, confinato nel campo della mera speculazione dogmatica --. avrebbe dovuto, in primo luogo; avvertire l'esigenza metodologica di affrontare, immediatamente, ,quella elaborazione che ricollega, per l'appunto, a dette norme costituzionali la non configurabilit� della risarcibilit� di danni da lesione di situazioni giuridiche, diverse dai diritti soggettivi. Invece, la trattazione muove da premesse teoriche (svilup' pate -poi -attraverso difettivi sillogismi) toccando, quasi marginalmente, la corretta inter pretazione di quelle norme. Prima di seguire, punto contro punto, l'esposizione della cc Introduzione al Tema n, appare, dunque, necessario rilevare che, ver liberarsi della preclusione, di cui si � detto, il MIELE, afferma: � L'articolo 28 della Costituzione, sancendo la responsabilit� diretta dei pubblici dipendenti per i fatti commessi in violazione dei diritti altrui, non si oppone a questa possibilit� (di far luogo al risarcimento dei danni per violazione di interessi legittimi) in primo luogo perch� non � certo che l'espressione diritti debba essere intesa nel suo significato letterale, e, in secondo luogo percb� � riferibile ai soli dipendenti, restando cos� impregiudicat, a l'ampiezza della responsabilit� d~ll'ente n � La questione � stata ampiamente esaminata... nella Relazione dell'Avvocatura Generale dello Stato, per gli anni 1942-1950 n, in termini, che pare necessario ricordare per esteso. -2 Si � rilevato che: � . .. la norma costituzionale (art. 28) ha sanzionato il principio d�lla responsabilit�. dei funzionari, in proprio, e della P . .A., per i danni arrecati in violazione di diritti soggettivi �; cc che questa norma non abbia fatto che sanzionare i principi gi�. elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, fissando costituzionalmente -e, cio�, dato il carattere rigido della Costituzione, inderogabilmente -il principio che al cittadino, leso nel suo diritto soggettivo, spetta, nei confronti dello Stato e del dipendente di questo, autore della lesione, un diritto al risarcimento del danno patito )), �Ohe questo sia il valore dell'art. 28 risulta non soltanto dal suo tenore logico-grammaticale e dalla interpretazione sistematica, che di esso pu� darsi nell'ambito della Costituzione, ma altres� dai lavori preparatori, che ebbero ad assumere una particolare importanza >J. �La elaborazione parlamentare dell'art. 28 fu infatti lunga e complessa, e la formulazione adottata concluse un dibattito e sintetizz� numerose tesi, di cui � doveroso. far cenno >J. �Nella seduta del 1� ottobre 1946 la Prima Sottocommissione dell'Assemblea Costituente, dopo aver approvato l'articolo relativo alla stampa (art. 21 Oost.), poneva in discussione il successivo che, secondo la formulazione originaria, suonava cos�: � I funzionari dello Stato sono responsabili, ai sensi della legge penale e di quella civile, per gli atti compiuti dolosamente o colposamente in violazione dei diritti di libert� sanciti dalla presente Costituzione JJ, �Lo Stato risponde solidalmente con i funzionari per i danni )), � Il testo si riferiva esclusivamente agli atti compiuti in violazione dei diritti costituzionali di libert�., e si voleva con esso principalmente affermare il principio della responsabilit�. colposa, quella dolosa essendo gi�. prevista dalle leggi penali. Ci� venne esplicitamente confermato; e si precis�, altres�, che la norma prescindeva dalla comune responsabilit�. della Pubblica Amministrazione e dei funzionari, che doveva essere regolata in tutt'altra sede, qui essendo necessario soltanto garantire i diritt,i costituzionali di libert�. Essendo, poi, stato fatto presente che l'Italia si avviava a un ordinamento regionale, e che anche i funzionari delle Regioni avrebbero potuto ledere i fondamentali diritti di libert�. dei cittadini, si sostitu� la dizione �funzion~ri dello Stato �, con � fimzionari pubblici J> e si aggiunse nel secondo comma �enti pubblici �. Sembr� opportuno, infine, che in questa sede, cio� nel titolo relativo ai rapporti civili, fossero garantiti non soltanto i diritti di libert�. ma tutti gli altri diritti sanciti dalla Costituzione, e si provvide, quindi, a sopprimere l'inciso: di libert� �. �L'articolo, cos� approvato dalla Sottocomissione, fu modificato dalla Commissione, che lo present� per l'approvazione dell'Assemblea Costituente nella seguente formulazione: �I dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono personalmente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiilti in violazione di diritti. Lo Stato e gli enti pubblici garantiscono il risarcimento dei danni arrecati dai dipendenti )), � La legge determina le con�izioni e v modi per la riparazione degli errori giudiziari )), �Questa formulazione, poco difforme dalla definitiva, aveva del tutto abbandonato i concetti e gli scopi che avevano guidato la Sottocommissione, la quale si era preoccupata di affermare un principio nuovo a tutela dei diritti essenziali garantiti al cittadino dalla Costituzione,. prescindendo d�l noto principio della comune responsabilit�. della. P . .A.. per atti o fatti~ illegittimi o, illeciti. La Sottocommissione avrehbe voluto proclamare la responsabilit�. dolosa o colposa del funzionario per gli atti lesivi dei diritti fondamentali~ civili e politici del cittadino; la Commissione,. invece,.. modificando totalmente la formulazione dell'articolo (22 del progetto, e 28 del testo definitivo),. affermava semplicemente il diritto fondamentale del cittadino ad essere risarcito dei danni, che 1fu colpevole attivit�. dei dipendenti dello Stato~ o degli enti pubblici~ avesse arrecato, e la conseguente responsabilit� personale del dipendente stesso,. secondo le leggi penali, civili e amministrative; in tal modo, per�,. con l'anzidetta formulazione1< ed ancor pi� con quella definitiva, si ahb.andonaiva de1 tutto ogni concetto innovativo �.. �In sede di discussione fu rigettato recisamente ogni tentativo di alterare il problema. della responbilit�., cos� come era stato elaborato dalla dottrina. e dalla giurisprudenza. Contro i vari emendamenti proposti al testo formulato dalla Commissione, l'on. Tupini dichiararva che questa,. nell'elaborare l'art. 22 (del progetto), aveva cercato di ispirarsi agli insegnamenti costituenti ormai principi indiscutibili della dottrina giuspubblicistica. Lo stesso concetto aveva espresso l'on. Oro Nobili, il quale,. osservando che la questione della responsabilit�. della Pubhlica. .Amministrazione era molto antica e che in proposito vi ern. tuttru una elaborazione. dottrinaria e giurisprudenziale, riteneva opportuno. enunciare il principio della personale responsabilit�. dei dipendenti,. lasciando alla giurisprudenza il compito di decidere quando ricorressero gli estremit per stabilire la solidariet�. degli enti pubblici. In conseguenza veniva rigettato un emendamento, che voleva affermare il princi:pin della responsabilit�. indiretta della P. A.. ed estendere la responsabilit� per atti lesivi d'interessi legittimi. N� era approvatp. l'emendamento aggiuntivo � nell:esercizio delle loro funzioni )). perch� era intuitivo che la.. norma dovesse. trattare la responsabilit�.. che dipendenti e funzio nari, e con essi lo Stato e gli enti pubblici, incon trano con gli atti compiuti dai pr.imi nell'esercizio. delle pubbliche funzioni, e cio� nella qualit�. di dipendenti e funzionari)), (�Relazione �.1!vocatura Generale n, cit. p.. 13.7 e. segg..). Fondamento della responsabilit�. della P . .A. �,. stata costantemente ritenuta l'illegittirnit� dell'atto amministrativo che abbia leso. anche d.iritti soggettivi e possa,, pertanto, q1talificarsi illecito,. sempre che� ci� non importi indagine. sul buon uso. dell'attivit� discrezionale~ in quan.to ad essa non ~i i:iontrappone, un diritto soggettivo del privato,. ma un suo. inte-,_ resse legittimo: in altri termini,, sernpr.e che si de~. duca la violazione di un diritto soggettivo perfetto. e che si chiegg,a una. pronUJlcia. non v.ietata all'auto'"' -3 rit� giudiziaria (Sezioni Unite 20 giugno 1958, n. 2147, in �Relazione Avvocatura Generale�, 19561960, II, p. 146; cfr. anche ((Relazione Avvocatura Generale�, 1951-1955, I, p. 113). Siffatto principio si � maggiormente evidenziato, proprio, in occasione del tentativo di reinserire il criterio della responsabilit� della P .A. a titolo di colpa, proposto in tema di estensione, alla stessa P. A., della responsabilit� del funzionario. Ma, per insegnamento della Corte Suprema, �pur in costanza della norma contenuta nell'art. 28 della Carta Costituzionale . . . la P. A. risponde esclusivamente a titolo diretto dei fatti illeciti colposi commessi dai funzionari nell'esercizio delle funzioni e dei compiti a ciascuno di essi assegnati �, posto che ((l'art. 28 non ha inteso snaturare la responsabilit� dh�etta della pubblica amministrazione e sanzionare il principio della responsabilit�, indiretta, ma ha voluto soltanto sancire. acccinto alla responsabilit� della P. A., quella personale dei funzionari e dipendenti, che finora si era ritenuto essere assorbita dalla responsabilit� dello Stato � (Sezioni Unite, 2 agosto 1954, n. 2831, e 2 luglio 1955, n. 2034, in (<Relazione A�vvocatura Generale�, 1951-55, cit. I, p. 107, 108} (1). � stata, bens�, tentata una diversa costruzione, nel senso della configurabilit� di una duplice respon sabilit� della P. A., la prima, diretta che assorbi rebbe quella del funzionario, e troverebbe sua base nell'art. 113 della Costituzione (inteso come precetto di diritto sostanziale, per la tutela giuridica dei diritti soggettivi), la seconda indiretta, mera mente sussidiaria, quando la immedesimazione or ganica del funzionario venga meno, e troverebbe sua base nell'art. 28 della Costituzione, per esten sione della responsabilit� per dolo o colpa grave (2). ' Ma, mentre la tesi cos� propugnata (che comunque neppur lontanamente adombrava responsabilit� per lesione di interessi legittimi, che anzi ricollegava la responsabilit� diretta della P. A. alla norma dell'art. 113 con valore di precetto di diritto sostanziale, in ordine alla tutela dei diritti soggettivi) trovava confutazione in dottrina (3), (1) Cfr. per la dottrina: ZANOBINI: Corso di diritto armministrativo, 1954, vol. I, p. 343; ALESSI: La responsabilit� della p. a. 1955, pp. 193, 194; Responsabilit� del funzionario e responsabilit� dell'amministrazione in base all'art. 28 della Costituzione, in �Riv. trim. dir. pubbl. >>, 1952, p. 897; GuGLIELMI: L'art. 28 della Costituzione, e la responsabilit� dello Stato, in �Rass. Avv. Stato�, 1949, pp. 169, 176. (2) Cfr. CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, 1953, p. 242 segg.; p. 278 segg.; TORRENTE: La responsabilit� indiretta della pubblica amministrazione, in �Riv. dir. civ.>>, 1958, I p. 278. V. anche in �Foro It. �, 1958, I, 1103). (3) DI CIOMMO: La responsabilit� civile del dipendente statale e dell'Amministrazione dello Stato, in �Rass. Avv. Stato'" 1957, 29; SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, 1959, pp. 523, 524; contro GALLO: L'eventuale concorso della responsabilit� del�a P. A. con quella dei propri dipenienti autori del fatto dannoso, in �Riv. Amm. >>, 1956 p. 77. nonch� nella successiva giurisprudenza della Corte regolatrice (Cassazione, 31 marzo 1960, n. 708) che riconfermava il carattere dell'art. 28, come non contrastante con i principi tradizionali della responsabilit� organica e diretta della P . .A.;�e� infine� nel presupposto della sent. Cost. 30 gennaio 1962,. n. 1, nel senso che l'art. 28 Cost. abbia riconfermato la responsabilit� diretta dello Stato (4),. proprio, nel corso di tale disamina, emergeva, con chiara evidenza, che la responsabilit� per lesione di interessi legittimi non potrebbe attrarsi nell'alveo privatistico. Facendo leva sia sui principi tradizionali, sia sulla chiara dizione . dell'art. 28 Cost., sia, infine, sulla palese ingiustizia che deriverebbe discriminando, contro il preciso dettato del codice civiler le conseguenze del fatto illecito rispetto al danno risarcibile, secondo che quello sia posto in essere da un privato o dalla P. A., la giurisprudenza. della Corte di Cassazione ha costantemente accolto la tesi della non risarcibilit� di lesione di interessi legittimi, determinata dall'atto amministrativo annullato, in quanto il giudice, investito di un'azione di responsabilit� contro la P. A., deve pregiudizialmente accertare il concorso di due condizioni: che si deduca la violazione di un diritto soggettivo perfetto e che si chiegga una pronunzia non vietata all'autorit� giudiziaria ordinaria (Cassazione, 15 aprile 1958, n. 1217, Finocchiaro c. Comune di Messina; Sezione Unite, 20 giugno 1958, n. 214 7, Fabboni c. ANAS, in Relazione Avvocatura Generale, 1956-1960, II, 146). Per ulteriori pronuncie susseguitesi in termini, sempre� pi� chiari, e recisi, v. infra, paragr. 9, lettera O, II). 2) � pertanto sul piano meramente teorico, che pu� essere seguita la esposizione introduttiva e al solo fine di dimostrare che gli argomenti addotti, -pur sul piano teor,ico -non appaiono assoluta mente probanti. Ma, un altro rilievo preliminare viene suggerito dalla � Introduzione al Tema l>. Uno scritto di carattere introduttivo, ad un convegno di studi il cui tema sia, non gi� l'esecu zione capitale della P . .A.. a cagi.one della negata risarcibilit� della lesione di interessi legittimi, ma il problema stesso della (( configurabilit� del risarcimento dei danni � anzi, addirittura, il �pro blema della configurabilit� di danni, e della conse guente loro risarcibilit� �, in dipendenza di lesione di interessi legittimi, ad opera della P. A., doveva limitarsi a porre gli elementi della trattazione, obiettivamente, muovendo, cio�, da dati che non recassero �in radice � la soluzione in un senso o nell'altro. Uno scritto introduttivo doveva, in altri termini essere di carattere propedeutico (da pro e paideutikos, preparatorio a istruzione pi� alta) e pertanto sarebbe stato forse meglio conferire ad esso titolo e contenuto di: �Presentazione del Tema�. (4) ESPOSITO: La irresponsabilit� dello Stato su eventi di servizio e gli artt. 28 e 3 della Costituzione. Nota a sent. cit. in cc Giur. Cost. >>, 1962 p. 4. ---4 La decisa impostazione affermativa, circa la ris:;i,rcibilit� dei danni da lesione di interessi legittimi, ad opera della P . .A., adottata dal Miele, muove da una premessa, gi�, qualificata in quella direzione. La sua cc Introduzione >> inizia, infatti, con questa proposizione: � Ohi si propone di studiare il tema. della risarcibilit� dci danni derivanti da ingiusta lesione di interessi legittimi deve porre al centro della ricerca l?. nozione di illecito; e sar� ovviamente la nozione ili illecito civile, talt~ essondo l'ille<'ito per effetto del quale m1.sce a carico del responsabile l'obbligo del ri.sarcimento del danno>>. Siffatta proposizione, colloca in nuce, una premessa che sposta subito ii �tema�, attraverso quella qualificazione di <c ingiusta � riferita alla lesione di intere~si legittimi; laddove cc ingiusta�, gi� sta a� significare ipsa res �iniusta o fatto contra jus, polemicamente rivolto ad ammettere unfl, c>ategoria di siLuazioni giuridiche protette, dif;tinte dai diritti soggettivi. Si fa seguire, come conseguenziale, un secondo elemento, nel considerare al centro del problema la nozione di illecito, ma questa non � (he una premessa minore (la quale si risolve, palesemente, in una petizione di principio), di un sillogismo jnamm�ssibile, per la presentazione di un tema. Il terzo elemento della indagine appare, infine, corollario in perfetta armonia con i due precedenti, _allorch� ricollega la risarcibilit� del danno, alla specie dell'illecito civile, generatore dell'obbligo, a carico del responsabik. 3) Il Niterio che deve presiedere all'indagine proposta sembra, i.nvece, ben altro: e cio� se possa configurarsi lesione di interessi legittimi, che determini, ex se, (ossia escludendosi la possibilit� di fa,r valere il diritto come interesse), danno nel senso di damnum iniuria da.tum (il danno inr.olpevole non viene in considerazione, e la questione sarebbe comune a quella del risarcimento da attivit� leg;ttima). Responsabilit� � infatti il rapporto giuridico 1�.b.e s1 istituisce fra un soggetto, leso nella sua sfera giuridica, ed uno o pi� altri soggetti, autori della lesione o dall'ordinamento giuridico chiamati a risponderne, in virt� di un preesistente particolare rapporto giuridico, in luogo o insieme con l'autore della lesione; e questa deve essere iniuria data, perch� anche nel nostro ordinamento vige il principio secondo il qua.le qui suo iure utitur, neminem laedit. La lesione 1.lella sfera giuridica. altrui, autorizzata, consentita o imposta dalla legge, non 9-�� luogo a responsabilit�; pu� in tal caso sussistere l'obbligo di corrispondere un indennizzo per la lesione legittimamente arrecata, ma questo fenomeno giuridico � ben lungi dal rientrare nel concetto di responsabilit�, pi� rettamente inquadrandosi nell'istituto della conversione dei diritti. 4) Un terzo rilievo preliminare � questo: che la dissertazione del Miele, piutt.osto ehe su argomenta: doni concatenate, s� da raggiungere una ]Jrova logica e giuridica, riposa su evanescenti pretese ar monie e non ripugnanze dell'ordinamento giuridico all'introduzione del criterio della risarcibilit� dei danni, da lesione di intereRsi legittimi. Onde appare non agevole nostringere, in sintesi, il pensiero dell'.A. Tuttavia, s.ostanzialmente, i gradi della trattazione possono ridursi a questi: a) risarcimento del danno non postula, necessariamente, il concetto di ristoro di diritti soggettivi; b) risarcimento del danno � ricollegabile, altres�, al principio della c.d. responsabilit� oggettiva, di cui sarebbero spunti nel diritto romano, applicazioni nel germanico e nel nostro o.g.; c) diritto soggettivo e interesse legittimo sarebbero situazioni di vantaggio, autonoma, nel primo caso, dipendente da un potere giuridico o dovere altrui, nel secondo; d) peraltro, senza argomento che sorregga parit�, o gradazione, di tutela patrimoniale, nel caso di lesione, si passa a rilevare che, ammessa la risarcibilit�. della lesione �di c.d. diritti affievoliti, o condizionati, basterebbe provare che questi sono, invece, interessi legittimi, per arrivare ad estendere la risarcibilit�. a tutta la categoria degli interessi legittimi; e) palesi ragioni di giustizia imporrebbero di ricollegare al principio dell'art. 2043 O.e. la responsabilit� per lesione di interes::i legittimi. 5) In relazione alle proposizioni suesposte sar� agevole dimostrare che le due prime non resistono a una corretta disamina storico giuridica; che l'interesse legittimo non � situazione giuridica (cc di vantaggio n) in senso tecnico; in ogni caso, essa � accolta. nell'o.g,, proprio, con la esclusione della. guarentigia tipica. del �diritto sogget"bivoii, mentre l'estensione all'interesse legittimo di tale guarentigia importerebbe la qualificazione di e<diritto soggettivo n, ad opera dell'interprete; che i diritti affievoliti si comportano come interessi legittimi, ma in radice sono diritti, suscettibili di riviviscenza, a guisa di jus postliminii; mentre i diritti condizionati (in attesa di espansi�ne), si comportano come interessi legittimi limitatamente alla zona di espansione e, in questo ambito, non � affatto pacifico che la loro lesione dia luogo a responsabilit�.; infine le palesi ragioni di giustizia, che imporrebbero l'allargamento dell'area della responsabilit�, sono, a quanto pare, palesi intenzioni di elidere alla base la potest� discrezionale della P.A. e quindi rivoluzionare lo stesso o.g., suggerendo il sistema di far rientrare, a colpi di giurisprudenza o -in ipotesi -di leggi ordinarie, quel che sia stato categoricamente escluso dalle norme della Carta Costituzionale. PARTE SECONDA 6) Si assume che il concetto di <c illecito civile n possa essere accolto in significato d�v�rso d:;i,_ qgello di: cc fatto commesso in violazione di diritti n; onde anche la cc mera violazione di norme giuridiche n potrebbe essere assunta come fonte dell'� obbligo del risarcimento n. Siffatta complessa proposizione 5 suppone, peraltro, gi� risolta la controversa nozione di << illecito n e gi� superata la questione se la configurabilit� del � danno n sia o non condizionata: n) dal verificarsi dell'evento nell'ambito di una ((situazione giuridican; b) da.Ha natura dell'illecito; c) dal tipo di �situazione giuridica n violata. �, ormai, dato acquisito nella teoria generale del diritto, che l'antigiuridicit� come situazione di contrariet� all'o. g. non si identifica conl'cc illecito n (5). La difformit� o divergenza fra fatto e diritto rappresenta un connotato di limitato significato, nel senso che ad esso � ricollegabile ogni azione rilevante per il diritto in quanto vietata; -0n'd� che, in relnzione tille singole fattispecie normative proibitive e sanzionatrici, si specificano corrispondenti fattispecie di illecito (penale, civile, amministrativo ecc.) ognuna delle quali prospetta in ordine a determinati fatti umani, sanzioni tipiche e non fungibili (6). Tale formulazione pare pi� puntuale di quella accolta dalla dottrina dominante, che -con riguardo alla, dinamica dell'illecito -� lo ravvisa nel cc contrasto fra effetti giuridici e scopi pratici >> (7). Ohe non ad ogni fattispecie di illecito, corrisponda una responsabilit� civile, ma che questa si ponga come sanzione specifica (obbligo di risarcire), all'at tuazione di una fattispecie nmmativa -in cui l'azione in trasgressione di una norma giuridica, determina un danno (condotta e danno costitui scono l'elemento obbiettivo della fattispecie), con sistente nella �incidenza sulla sfera degli interessi economici n, ossia nella diminuzione di patrimonio (beni, reete cc diritti l> nella preesistente sfera giu ridica di un soggetto) (8) -risulta da considera zioni affatto elelfientari: il precetto del neminem la-edere non � norma generale dell'o. g. (9) (pi� di quanto non lo siano gli altri juris praecepta: honeste vivere e suum cuique tribuere). Anzi, la libera attivit� � fonte continua di danni non risarcibili appunto in quanto determinati nell'esercizio del diritto di libert�., e nella sfera di questa. Onde � il legisla.tore, che ripartisce i danni, che si producono nella vita di relazione, condizionandone la risarcibilit�, non gi� alla mera lesione della norma (danno giuridico), ma relativamente e limitata mente a fattispecie di reintegr;i.zione dello status q1to ante (danno economico che implica modifica zioni del patrimonio in senso negativo, art. 1223 O. c.). (5) ScoGNAMIGLIO: Illecito, in �Nuovissimo Digesto Italiano>>, paragr. l; CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, cit. p. 62. (6) ScOGNAMIGLIO: Illecito, cit. paragr. 2. Sul concetto relativistico di illecito, come fattispecie cui viene ricollegata dall'o. g. una sanzione, v. anche CASETTA; L'illecito degli enti pubblici, cit. pp. 82, 84. (7) BETTI: Teoria generale del negozio giuridico, 1955, p. 10; CARNELUTTI: Teoria Generale del diritto, 1951 n. 139; DE CuPis: Il danno, 1947, p. 35; SANTORO PAsSARELLI: Dottrine Generali del Diritto civile 1959, p. 101. (8) CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, cit. pp. 27, 63. (9) ScoGNAMIGLIO, Illecito, cit. paragr. 5. Non �, pertanto, consentito identificare la sanzione del risarcimento -dettata per singole fattispecie di illecito (civile) -con le altre conseguenze giuridiche sanzionatorie derivanti -in altre fattispecie di illecito (penale, amministrativo�ecc.) ~ dalla mera violazione di norme. L'illecito, che determina obbligo di risarcimento del danno, � considerato nel nostro o. g., attraverso fattispecie condizionanti l'obbligo del risarcimento stesso, identificabili nella responsabilit� contrattuale (art. 1218 O.e.); nella responsabilit� extra contrattuale (art. 2043 O.e.); nella c.d. responsabilit� oggettiva (nei casi singolari in cui essa � ravvisabile; nella responsabilit� per atti leciti (giusta la nota casistica di scuola) (10). Ma esse non si prestano a ricomprendere la fattispecie degli interessi legittimi. Conviene -a tal fine -esaminare gli accennati presupposti del danno giuridico ed economico. A) Una definizione dogmatica di �danno risarcibile n non pu� essere colta se non sussumendone il concetto nell'ambito della cc relazione n concepita come cc oggetto della norma giuridica �. Le cc relazioni n esauriscono tutta la fenomenologia giuridica: nelle stesse cc i soggetti si pongono in rapporto tra loro e con il mondo esterno n e cc anche quando dan luogo a rapporti dell'uomo con le cose, si ri1:ml� vono sempre in relazioni tra uomo e uomo, poich� come il diritto � costituito hominum causa (D. 1,5,2) cos� il diritto non esiste se non fra gli uomini n, c~so � il complesso delle relazioni umane regolate dal diritto n. E relazioni sono perfino quelle che intercorrono fra i soggetti e l'ordinamento giuridico (status); nonch� quelle che si costituiscono fra i soggetti e le cose, in quanto, sostanzialmente sussistono fra il titolare del diritto e tutti gli altri soggetti titolari di un dovere giuridico di non ostacolarne l'esercizio (11). Attraverso un processo di progressiva astrazione la dottrina ha oggettivato le ccrelazioni� giuridiche, (10) CASETTA: L'illecito degli Enti pubblici, cit. p. 64, che tenta la riduzione ad unica fattispecie, della responsabilit� contrattuale ed extracontrattuale, ravvisandola, con ardita ma pregevole formulazione, nel �fatto di non risarcire)) (inadempimento) (p. 68). (11) DE RuaamRo: Istituzioni di diritto civile, 1937, I, pp. 37, e Nota 20, 194, 213. Sostanzialmente, la generalit� della correlazione fra diritti e doveri � ammessa da ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, 194 7, �Doveri,Obblighi�, p. 91 segg., dove l'esistenza di doveri, cui non corrispondono dei diritti, � considerata come fenomeno singolare, in relazione a ipotesi di interessi giuridicamente protetti (in particolare, interessi legittimi). Peraltro riconducendo il �dovere >>, per queste ipotesii alla categoria dell'� onere�, la rilevata mancanza di correlazione perde il valore di deroga al principio generale. Sotto il profilo di correlazione tra �causa petendi attiva � e �causa petendi passiva� riconducono l'indag~!le., circa la configurabilit� di lesione di diritti soggettivi, per__ atto della P. A., GuICCIARDI: Diritto, interesse e doppia tutela in � Giur. it. �, 1951, III, 33 e GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo, in � Rass. dir. pubblico �, 1949, I, p. 238 segg. 7 :f ::::: T b Jlm@TID&Pmfil l& Jl& -6 (per quanto in modo relativo, ma in dipendenza del rilevato fenomeno di apparente carenza o di indeterminatezza dei soggetti), liberandone la nozione, fino a concepirle come rapporti tra << situazioni giuridiche� impersonali (di qui l'ampia problematica della successione nelle obbligazioni, dal lato attivo e dal lato passivo). Onde� il vincolo non muta natura e non si estingue per mutare dei suoi subietti � (12), ma si atteggia come rapporto fra due situazioni giuridiche corrispettive. Proposizione, questa, che non soffre contraddizioni con la distinzione tra obbligazione e responsabilit� (Schuld ed Haftung) in ordine alla quale la dottrina tedesca, pure enucleando nell'obbligazione due elementi distinti (il debere e l'obligatum esse), apriva il varco alla confi.gura.bilit� di un debito senza responsabilit�, e di una responsabilit� senza debito; fattispecie, oltrech� illusorie (13) nel nostro o. g., tali da non escludere la corrispettivit� delle situazioni giuridiche subiettive nel debito senza responsabilit� (es. quello delle obbligazioni naturali), nonch� nella responsabilit� senza debito (14), posto che siffatta categoria non si identifica in toto con l'ipotesi della cosiddetta responsabilit� oggettiva. Le relazioni giuridiche -in fase statica -sono di varie specie, alle quali corrispondono altrettante <e situazioni giuridiche corrispettive�, (la cui classificazione � controversa in dottrina, v. infra paragr. 8); fra queste si collocano situazioni attive, corrispettive a situazioni passive, il cui contenuto sia la prestazione dovuta (positiva o negativa come astenzione da turbativa). Le relazioni -in fase dinamica -si costituiscono, si modificano, si estinguono, per effetto dei c.d. �fatti giuridici n (naturali o volontari), fra i quali si ricomprende anche l'atto illecito. B) Atto illecito, necessariamente, postula la infrazione di un dovere. Gli sviluppi recenti della dogmatica tendono a rompere l'assoluta correlazione fra diritto e obbligo, costruendo diritti (potestativi) senza corrispondente obbligo e obblighi senza corrispondenti diritti (l'ipotesi di scuola fa, a questo proposito, riferimento alla categoria degli interessi legittimi). � stato rilevato, peraltro, che si approda, per tale via, alle estreme posizioni formali della conce (12) DE RuGGIERO: Istituzioni di diritto civile, cit., III, pp. 177, 178. (13) FERRARA: Trattato di diritto civile, 1921, I, pag. 309. (14) Cfr. DE RuGGIERO: Istituzioni, cit., vol. III, pag. 12. Il risarcimento del danno, fondato su obbligazioni contrattuali o extracontrattuali, presuppone ovviamente situazioni giuridiche corrispettive. Ma tale corrispettivit� sussiste anche nelle ipotesi di risarcimento del danno per atto lecito, posto che si richiede il simultaneo concorso di cc profitto immediato o mediato permanente,, per la generalit�, e del ccsacrificio del privato)) (arg. da art. 46 legge 25 giugno 1865, n. 2359, in relaz. all'art. 42 della Oostituzione. Ofr. Sezioni Unite 12 ottobre 1960, n. 2687). zione della illiceit� (15); e, soprattutto, si perviene ad una inutile conclusione, perch� -ormai svincolata la fenomelogia giuridica dell'illecito dal rigido concetto di diritto privato, trattasi di identificare quale specie di illecito. si -sottragga alla necessit� di correlazione fra situazioni giuridiche corrispettive. Tale correlazione non si richiede, per l'atto illecito, laddove la rimessione in pristino, nel pubblico interesse, costituisca la reazione (sanzione) tipica sufficiente (16). Ma, l'illecito -quale azione in trasgressione di norma giuridica idonea a determinare, come reazione tipica della fattispecie, il danno risarcibile: ossia una modificazione negativa patrimoniale implica, necessariamente, l'alterazione di un elemento della relazione giuridica preesist�nte: specifica (obbligazione ex contraqtu) o generica (obbligazione dell'alterum non laedere, nei casi ipotizzati dal legislatore) (17). Ed � proprio questa corrispettivit�, che legittima la sostituzione della prestazione dovuta, con una � reintegrazione � dello status quo ante, attraverso una prestazione equivalente. O) Non pare -infine -sostenibile l'esigenza satisfattoria di altre situazioni giuridiche �di vantaggio �, diverse da quelle della categoria dei diritti soggettivi. � evidente che, per trar partito da tale argomentazione, occorrerebbe -anzitutto -dimostrare che l'interesse legittimo sia � situazione giuridica di vantaggio in senso tecnico �1 indi rinvenire nell'o. g. altre categorie, diverse da quella supposta, degli interessi legittimi, nei cui riguardi fosse dall'o. g. assicurata una pretesa satisfattoria, si da potersi allegare l'esigenza sistematica di estenderla anche agli interessi legittimi. Ma si ha riprova del contrario. Infatti le situazioni giuridiche, diverse dal diritto soggettivo (e dalle correlative facolt�), sono esclusivamente tutelate dall'o. g. in via mediata e indiretta, nel senso che postulano -nel caso di lesione -la restitutio in integrum, in quanto la pretesa satisfattoria � ordinata alla reintegrazione diretta e immediata dello stesso o. g. Cosi, nell'ipotesi di violazione di �potest� n (tipiche dello Stato e dei soggetti di autarchia) la lesione trova restaurazione attraverso sanzioni (15) SCADUTO e RUBINO! Illecito, in cc Nuovo Digesto Italiano ll, paragr. 1. (16) SCADUTO e RUBINO: Illecito, cit. paragr. 4. (17) La non configurabilit� di un dovere di risarcire all'infuori del paradigma facolt�-dovere � posto in evidenza da CASSARINO: Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, 1956. L'illecito si svolge nell'ambito della violazione del diritto correlativo a dovere (pp. 287, 309). � nella trasgressione di un obbligo giuridico corrispondente a una specifica pretesa, che va identificata l'ingiustizia di cui ~.ll'.art.. 2043 C.c. (p. 313). Non sarebbero idonee a detti effetti:.. a) .. La. mera difformit� dalla norma; b) o la lesione di ui1 interesse, non essendo concepibile antigiuridicit� materiale; c) lesione di facolt�; d) o di situazioni strumentali (p. 314). lll FliWi Dl lm�?P'.W1 ?:::::: W ::W: & :::::d :W:V mrmrn mr=:www di d�rifJt'O pubblico (come limite, quella penale); nell'ipotesi di violazione degli stessi diritti soggettivi, quando assurgono a natura pubblicistica, (diritti soggettivi pubblici), non � configurabile pretesa satisfattoria, a quel titolo (ben s'intende che, in occasione della lesione del diritto pubblico soggettivo, possono darsi lesioni di diritti soggettivi connessi, a contenuto patrimoniale specifico); onde la restaurazione dell'o. g. vio�ato attuer�, in modo riflesso e dipendente, la restaurazione del diritto portato dal singolo, ricollegabile a quella responsabilit� di diritto pubblico che non pu� dar luogo se non a �indennit� legali n, in singole ipotesi previste dall'o. g. ovvero, giusta i pi� recenti indirizzi della dottrina e della giurisprudenza, allorquando l'attivit� legittima della P . .A. non possa attuarsi, se non attraverso il cc sacrificio � di diritti privati. Ricollegandosi la responsabilit� della P. .A. alla violazione di diritti pubt~:.:ii subiettivi, infatti, non potrebbe neppure configurarsi azione diretta per il risarcimento del danno, nel significato tecnico giuridico di cui all'art. 1223 e.e., trattandosi, se mai, di diritti strumentali (18), che postulano essenzialmente la reintegrazione in forma specifica, in quanto non appaiono neppur suscettibili di valutazione patrimoniale, e la cui violazione, in ogni caso, presuppone l'accertamento di un reato (19). La risarcibilit� del danno non sarebbe, invero, ricollegabile a responsabilit� ex contractu per la stessa natura del diritto pubblico soggettivo, che si pone non come situazione attiva, nell'ambito di una relazione, contrapposta ad una situazione passiva, ma come status rispetto ad un determinato ordinamento: si pensi alle categorie dei diritti publblici soggettivi dei singoli: status libertatis, status civitatis, status activae civitatis (20). Che si tratti di diritti fondamentali della persona (cittadinanza, nome e, segni distintivi, diritti di libert� di coscienza, di associazione e simili), di taluni diritti di prestazione (21), o di diritti di funzione, una relazione fra situazioni corrispettive non pare fondamente sostenibile. Ond'� che la reinte {18~ ROMANO: Principi di diritto costituzioruJ,le, gene" rale, 1945, p. 112. (19) Sulla specifica questione, cfr. la mia Esecuzione dell'att,to giurisdizionale e concessione della f.p., in cc Rass. Avv. Stato'" 1952, I, segg. (20) VITTA: Diritto Amministrativo, 1962, I, p. 121 e seg., che opportunamente isola i ccdiritti pubblicin dello Stato e degli Enti pubblici. Sostanzialmente, alle suindicate categorie possono ricondursi le classi dei diritti pubblici subiettivi dei singoli, individuate dalla dottrina, in diritti della personalit�, diritti di prestazione, diritti di funzione. Cfr. ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, eit. I, pp. 198 ss.; SANDULLI: Manuale di diritto amministrat.ivo., 1959, p. 63; LANDI e POTENZA: Manuale di dir.itto amministrativo, 1960, pp. 144, 145. (21) ALEss;r;: Le prestazioni amministrative rese ai oprivati, 1956, pp. 12, 20, 37, 38; Sistema istituzionale del .diritto .amminist'l'atrivo ritaliano, 1960, p. 410. assume la nozione di prestazione amministrati.va in senso restrittivo -rii.spetto a cCJ.uella di pubblieo .servizio -limitan7 grazione deve aver luogo in forma tipica. Perfino nel caso di prestazioni pecuniarie dello Stato (la retribuzione dei soggetti investiti di pubbliche funzioni) � concepibile (ed � anzi prevista) soltanto la restituzione in integro, con esclusione di qu~tsi�si risarcimento che non sia effetto di lesione di diritti patrimoniali diversi, con l'esclusione di emolumenti che presuppongano l'attivit� di servizio, nonch� con detrazione di quanto percetto aliunde medio tempore (22). Neppur sarebbe ricollegabile un risarcimento del danno a responsabilit� extracontrattuale, perch� il contenuto del diritto pubblico subiettivo dei sin� goli non ha, e non. pu� avere, natura patrimoniale. La privazione illegittima della libert�, ad opera degli organi dello Stato, la illegittima negazione dell'attivit� giurisdizionale, la ritardata risoluzione di controversie elettorali, ai fini della eleggibilit� e della regolarit� delle operazioni elettorali e cosi via, non potrebbe per s�, determinare danno risarcibile, se non mediatamente, ossia per l'intervento di un elemento, costituito da attivit� penalmente rilevante, dal cui accertamento seguirebbe la risarcibilit� di danno non patrimoniale, nei confronti dell'autore del fatto e, in ipotesi, sussidiariamente contro la P . .A., in virt� del principio accolto nell'art. 28 della Costituzione, e nei limiti di cui �l D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. La Corte di Cassazione, in tema di ristoro del diritto pubblico soggettivo, di azione esecutiva, per denegata concessione della f. p., si � data carico del delicato problema e lo ha risolto, in tesi, in modo impeccabile, osservando che la tutela del diritto soggettivo pubblico � attuata in modo rifiesso e non conferisce al soggetto leso un'azione di risarciinento del danno (23). Principio valevole, ovviamente, per ogni sorta di violazione di diritti pubblici soggettivi, salvo, beninteso, che non concorra violazione anche di altri diritti soggettivi privati. .Altra categoria configurabile � quella delle pre. tese private a prestazioni di funzioni pubbliche (c.d. diritti civici) non consistenti in diritti sogdola a quelle prestazioni, le quali siano effettivamente oggetto di pubblici servizi goduti uti singuli, con esclusione quindi delle c. d. attivit� giuridiche e materiali. Vedasi SANDULLI: Note sulla natura dei diritti civici, in cc Foro It. '" 1952, I, 1342, e Manuale, cit. p. 72, che esclude dai diritti pubblici subiettivi di prestazione i c. d. <e diritti civici n. (22) Per una cc rassegna di casi n cfr. cc Relazione dell'Avvocatura Generale dello Stato�, 1955-60, III, pp. 619, 620. (23) Sezioni Unite, 29 ottobre 1959, n. 3560 in Foro Padano, 1959, I, 178, con nota di D. R. PERETTI GRIVA: in Giustizia Civile, 1959, I, 270, con rassegna di precedenti e di dottrina. La Corte Suprema �, tuttavia, pervenuta ad affermazione della responsabilit�. .sotto il profilo della non coincidenza fra l'organo titolare della �prestazione e l'organo che ne aveva impedito o ritardato la realizzazione. Trascende i limiti di questo studio la questione che, nel caso, si negava dalla P. A. il carattere di diritto pubblico soggettivo alla pretesa. w=== I :: mmw w=== I :: mmw -8 gettivi pubblici, pur trattandosi di situazioni non giuridiche c.d. �di vantaggio � (ma la qualificazione non pare accettabile senza ;riserve, come si vedr�) poste a disposizione della generalit�, e per� non attribuite al privato, in modo che egli possa pretenderne, verso i pubblici poteri, la prestazione; �e pertanto, in questo caso, neppur si pu� configurare restitutio in integrum. � nella cornice di siffatta configurazione pubblicistica della restitutio in integrum, che va considerata la tutela degli interessi legittimi, dei quali -accantonando, per ora, il problema ontologicamente anteriore, se essi si pongano come situazioni giuridiche in senso tecnico, e anticipando quanto si dir�, pi� diffusamente, in seguito -non pu� contestarsi che, � da un punto di vista politico, possono venir configurati come garanzia dei singoli contro l'arbitrio dei governanti, per contro, da un punto di vista giuridico essi sono stati concepiti puramente e semplicemente come mezzi di tutela nell'interesse pubblico� (24). Dal che deriva che il privato leso nel suo interesse materiale (che se la lesione attiene anche al diritto � tutt'altro discorso) da un atto illegittimo dell'amministrazione, ha come mezzo e fine, per reagire, quello di far agire i rimedi di controllo (amministrativi o giurisdizionali che siano) predisposti appunto a tutela dell'interesse pubblico; e solo per tale via potr� giungere eventualmente al ristabilimento deH'interesse materiale anzidetto. .Acutamente, � stato osservato, al riguardo, che 'l'interesse materiale assume rilevanza dopo la lesione, ma siffatta rilevanza si estingue, per �l'avvenuta restaurazione dell'interesse pubblico, la quale non lascia residui (25). Onde, di un danno giuridico potr� parlarsi unicamente in quei casi, nei quali sia stato leso un interesse che l'ordinamento direttamente ricono. sca e protegga, in quanto (si potrebbe precisare) � proprio nella stessa configurazione del danno nel nostro diritto civile, che si richiede l'estremo del nesso di causalit� immediata e diretta fra lesione e conseguenze dannose (art. 1223, 2056, 2059 O.e.). Negli altri casi si avr�, se mai, un danno economico, anzi, neppur un danno, ma un mancato realizzo di vantaggi congetturali, ma non un danno. giuridico, che suppone, necessariamente la lesione del diritto soggettivo (26) ossia la, gi�, rilevat:;i. diminuzione di patrimonio, (24) ALESSI: Sistema istituzionale, ecc., cit., p. 206. (25) CASETTA:� L'illecito degli enti pubblici, cit. p. 27. (26) SANDULLI: Manuale di diritto amministrativo, cit. p. 523; CINTOLESI: Lesioni di interessi giuridici e risarcimento del danno, nota a sent. Cass. Civ., 15 aprile 1958, n. 121, in� Foro Amm. >>, 1958, II, I, pag. 487 segg. CASSARINO: Le situazioni giuridiche, cit. puntualizza, in coerenza con la tesi della corrispettivit� della situazione giuridica lesa rispetto a quella violata, che illecito civile (salva ogni altra sanzione su altre figure di illecito) � concepibile come lesione di diritto soggettivo e non anche come lesione di interessi legittimi, la quale si concreta nella lesione di doveri, posti a tutela dell'interesse generale, e non dell'interesse leso (p. 314), che � Sotto tale profilor non pu.�r senza a1il1pie riserve,, essere accolta la qualiificazfone defil'1nteresse legittimo, come �situazione di v:a;ntaggio �� parallela a quella del diritto soggettivo, differenziate soltanto per il grado di protezic�ne, e la �hl lesione legittimerebbe il risarcimento del danno quante volte � sia connessa con attivit� contraria a normfr di ,diritto penale o di diritto amministrativo� (27). .A prescindere dalla contaminazione fra � situazione � in tale senso e �situazione>> nel significato� in cui essa � assunta in teoria generare del diritto,. � da ritenere impropria la qualificazfone suddetta,. in quanto rappresenta un cc vantaggi.o >> in senso. empirico (dal punto di vista .sos.tanzfale �: sia. perch� esso � cc eventuale� (se la P. A., dopo l'annullamento, attraverso l'esercizio del suo potere� discrezionale perverr�. a risultati diversi) (28) sia perch� esso consisterebbe in un cc bene>> da conseguire e non in un cc bene >> di cui: il patri'm:onio abbia sofferto diminuzione. una situazione di fatto (v. sopra, nota 17; i.mfra, nota 31 � Sul concetto di << danno ingiusto " (per concorso dei due elementi della �illiceit�" del comportamento dell'agente, e della cc lesione di diritto soggettivo,, come diminuzione di patrimonio) v. la giurisprudeliltza eitata,. infra, paragr. 9. (27) ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, cit.,. I, pp. 193, 195. IIl tal senso, cfr~ MIELE: Principi di diritto amministrativo, 1945, I, pag. 214, 215; Question�i vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dal~ l'interesse nella giustizia amministrativa, in �Foro Amm. >>, 1949, I, I; anche SANDULLI Manuale, cit. pp. 61, 69, adotta tale terminologia (pi� precisamente, quella dii �posizioni giuridiche favorevoli "), e per� perviene a risultati diametralmente opposti, allorch� esclude la risarcibilit� delle lesioni di interessi legittimi, pag. 523, La stessa nomenclatura � :nella giurisprudenza della;. Oorte Oostituzionale (sent. 27 !ebbraio 1962, 111. 7), che� considera sia il diritto sia l'interesse legittimo,. comB< presupposto dell'art. 24 della Oostituzione, �situazionegiuridica subbiettiva di vantaggio, d~ carattere sostanziale" � Per altri riferimenti,. v. :i.nfra nota 56. (28) Dall'annullamento conseguono, come � stato rilevato puntualmente~ a) l'obbligo della P. A. di dare esecuzione alla decisione -(artt. 88 reg. proc., 17 agosto 1907,. n. 642); b) la riserva, alla P. A., del potere di emettere gli ulteriori provvedimenti (art. 45 Testo unico appr. con R, D, 26 giugno 1924, n. 1054)~ (SIMI: Il significato della <<salvezza" degli ulteriori provvedimenti della Autorit� amministrativa, in �Atti del convegno sull'adempimento del giudicato amministrativo>>, 1962, p. 87 segg. La P. A. -a seguito ~lella decisione di annulramento si trova, dunque, di fronte a una dupiice. posizione;: ad a) una attivit� ripristinatoria, ner primo caso, affi.nch� la rimozione dell'atto sia completa, per quanto possibile,. e la P. A. si trovi nel1o s/Jatu quo ante. A questo riguardo� la tesi che l'annullamento giurisdizionall'l rimuova, per s�, l'atto (GUICCIARDI, L'art. 27, n. 4 e il giudica'to am-�� ministrativo, in �Atti� cit. p. 95 segg�.) � da respingere. � necessaria, invece, una successiva valutazione dell8; P. A. in ordine alla opportunit� e possibilit� di ottemperare (GIANNINI: Contenuto e limiti del g,i/urilizio di ottem -9 DJ) Sono state prospettate, talune fattispecie in wia di esemplificazione (tuttavia non probanti, in �quanto presentano il connotato della corrispettivit�) che, nel diritto privato, si configurerebbero a guisa di interessi legittimi, e in ordine alle quali :Sarebbe tuttavia riconosciuto il risarcimento del danno da. violazione delle norme giuridiche che fo disciplinano (29). Le fattispecie prospettate si atteggiano tutte, invariabilmente, come relazioni a situazioni giuridiche corrispettive; soltanto nella apparenza prestano talune note di assimilazione con ipotesi di interessi legittinai. Anzitutto, occorre sgombrare il terreno dall'eql�voco circa la definizione di cc interesse legittimo n, che TI � assunta, gi�, nel senso di tutela accordata (no: tisi da singole norme) per ipotesi di violazione di norme giuridiche, le cui fattispecie normative .sarebbero carenti di situazioni giuridiche attive di diritto soggettivo. Le fattispecie tutte, prospettate dalla dottrina, �Contemplano invece violazioni di diritti: a) sia nella ipotesi, davvero elementare, dello .art. ~72, comma 20, Codice civile, attraverso il puntuale rinvio, contenuto nel comma io, all'arti. colo 871, che presuppone la lesione del diritto di wropriet�; b) sia nell'ipotesi del risarcimento del danno 'Ilon patrimoniale, che il comb. disposto degli arti �coli 2059 Codice civile e 185 Codice penale confi, gura come sanzione tipica specifica dipendente .dall'accertamento di reato, e, per ci�, diretta a ,restaurare violazione di diritti soggettivi della _persona, non patrimoniali; peranza, in �Atti n cit. p. 117 segg., paragrafo 10). � ;in ordine a tale attivit� obbligatoria che sussiste la .competenza del Consiglio di Stato, a sensi dell'art. 27 n. 4 Testo unico, cit., ossia in ordine a rifiuto di annullare; attivit� -in caso di atto dovuto -talora esercitata mediante �sostituzione n o mediante prefissione di termini (GIANNINI: Contenuto e limiti del giudizio di ottempemnza, cit. paragr. 10; SIMI: Il significato, ecc. cit.; LANDI e POTENZA: Manuale di diritto amministrativo, �Cit. 645 e nota 32). � noto, infine che all'obbligo di conformarsi al giudi� Cato non corrisponde un diritto soggettivo, in via di �Conversione dell'interesse legittimo (SANDULLI: Consi. stenza ed estensione dell' obbligo delle autorit� amministrative di conformarsi ai giudicati, in �Atti n cit. pag. 18 :segg., 63, 64); ad b) una attivit� di ordinaria ammini. strazione (che ha origine dall'annullamento, con effetto ex tunc, ma non ne � mera esecuzione), per l'even< tuale emanazione di ulteriori atti, non in base al giudicato, ma in base ai po"teri normali della P. A. (che essa �Conserva ex integro), e che si eserciteranno necessariamente, se l'atto � dovuto, facoltativamente, nella inversa ;ipotesi, con il limite del pubblico interesse per l'atto �discrezionale. (29) ZANOBINI: Int3ressi occasionalmente protetti nel .dfri�'tto privato, in �Studi Fr. Ferrara n, 1943: Corso di .din"tto amministrativo, cit. I, pp. 182, nota 24; Cfr. anche RUBINO: La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, 1939, 205; MIELE: Prindpi, cit. pp. 214, 215. e) sia nelle ipotesi varie delle responsabilit� di pubblici ufficiali: c/1) del Conservatore dei p. registri immobi liari (art. 2675 O.e.) derivante dalla singolare figura di costui, che non � un dipendente della .P ..A. ma riveste la figura di cc ufficio autonomo � inquadrato nella stessa amministrazione pubblica. Infatti non pu� correttamente parlarsi di Conservatoria o di Ufficio dei Registri mobiliari, sibbene del cc Conser vatore�. Esso dipende, per quanto concerne l'eser cizio delle funzioni e l'adempimento degli obblighi previsti dalle leggi civili, dal Ministero della Giu stizia; sotto ogni altro riguardo dipende dal Mini stero delle Finanze. N� l'uno n� l'altro Ministero assume, peraltro, la responsabilit� degli atti com piuti dal Conservatore. E la ragione della testuale disposizione della legge (art. 23, 28, R.D. 30 dicembre 1923, numero 3272; ora 26 e seg., legge 23 giugno 1943, n. 540) � da ricercare nella caratteristica figura del Conservatore che assomma in s�, individualmente, tutta la responsabilit� dell'Ufficio. Anche l'Ufficio ha carattere autonomo: il Conservatore provvede per l'organizzazione e per le spese dell'Ufficio stesso; nomina un suo gerente, dei cui fatti risponde (art. 29 e seg. R.D. cit., ora 34, 37 legge cit.). In puntuale applicazione espressa di questi principi, � stato ritenuto che difetta nella Conservatoria una rappresentanza organica della P.A. (arg. anche da art. 26, comma 20, legge 1943 cit.); ed � stata esclusa una rappresentanza processuale del Conservatore per l'Amministrazione, ossia all'infuori della Sua responsabilit� personale, non soltanto quando esplica funzioni ci vili nell'interesse dei richiedenti e dei terzi, ma anche quando agisee nell'int.eresse dell'Amministrazione finanziaria in tema di applicazione di tributi (arg. dagli art.31 legge 13 settembre 1874, n. 2079 e 36 R.D. 1923, eit., ora 42 legge 1943 cit). (Cassazione civile 29 gennaio 1948, n. 135. Caragiani-Finanze, Conservatoria ipoteche di Venezia e Banco San Marco); c/2) del giudice, del caneelliere e del P.M. (articoli 55, 60 e 74), fattispecie tipiche e lampanti di responsabilit�. extracontrattualf', per violazione del principio dell'alterum non laederer c/3) e, per quanto riguarda il ca,so della responsabilit�. del notaio, a sensi dell'art. 76 della legge notarile, sorprende che si possa dubitare trattarsi di responsabilit� professionale. Altri casi indicati in dottrina riguardano, come si � detto, ipotesi di apparente carenza di situazioni di diritto soggettivo; nelle quali � evidentissimo il carattere dell'obbligazione naturale o il carattere di indennizzo (30). Devesi, pertanto, concludere che la nozione del danno risarcibile � ristretta alla violazione di un (30) Per una confutazione della tesi della configurabilit� di risarcimento del danno, da violazione di interessi legittimi, nel diritto privato, CASETTA: L'illecito �degli enti pubblici, cit. p. 28; con riferimenti in dottrina, note 44 a 46, ivi; CINTOLESI: Lesioni di interessi giuridici e risarcimento del danno, cit. p. 49; RUBINO: La fattispecie, cit. p. 97. 10 .,....,.., diritto soggettivo. N� sembra probante la riserva, secondo cui sarebbero sufficienti gli elementi propri della violazione di un dovere, imposto dall'o.g., che importi pregiudizio alla sfera di utilit� patrimoniali, poich� siffatta concorrenza non si verifica fuori del caso in cui detta sfera sia rappresentata da una situazione giuridica (la quale per quanto si � detto non pu� essere che quella del diritto soggettivo). Diversa � la questione relativa alla risarcibilit� � da lesione di diritti affievoliti, il che pu� verificarsi, soltanto, allorch� sia dimostrato che la P . .A. non aveva il potere di affievolire i detti diritti (e non, anche, che la P . .A. abbia leso diritti, nello esercizio del potere stesso); accertamento questo, non gi� deferito al giudice amministrativo, come preteso presupposto della successiva azione di danni (31), ma di competenza dell'.A.G. nei limiti dell'art. 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E; non potendosi concepire lesione del diritto nello esercizio del poter!3, fuori del caso di lesione da atti illeciti. 7) Esaminando, nell'ordine, la tesi della c.d. responsabilit� oggettiva, si osserva che, a sorreggerne l'applicazione, in subiecta, materia non pare probante il richiamo alle fonti romanistiche, nel senso che il termine cc illecito �, come equivalente di �ingiusto� potrebbe prodursi ad ulteriori conseguenze, sul presupposto che iniustum � quod non jure factum est, hoc est contra jus in altri termini, che iniuria sia sinonimo di cc.fatto� contro lo jus inteso come diritto oggettivo. �, anzitutto, troppo noto che la terminologia delle fonti romane non risponde a rigorosi criteri dog~atici, per l'intima scarsa propensione (se non addirittura avversione) dei giuristi romani, per la speculazione concettuale. La parola jus � indifferentemente usata cos� in senso oggettivo come in senso s9ggettivo; ma se una qualificazione � configurabile, ~ssa pone l'espressione fus delle fonti (dallo ifa jus esto delle XII tavole... alle definizioni dello jus publicum e privatum), in un momento intermedio, ossia in un senso dinamico, che coglie la norma nell'atto stesso in cui si soggettiva (32). Onde le frequenti contaminazioni nella definizione (pi� etica .che giuridica) dei tria juris praecepta (D, 1, 1, 10, 1), nella definizione della giurisprudenza (impropriamente de-tta jus), secondo il noto passo di Celso (D. 1, 1, 1, pr.), e nell 'ulteriore defi nizione che la eleva a justi atque iniusti scientia (D, 1, 1, 10, 2). Terminologia che alle origini indicava lo jus come diritto subiettivo del contraente privato, e che, solo pi� tardi, si sdoppier� nelle significazioni di diritto soggettivo e oggettivo, in concomitanza con l'uso dell'espressione lex, (per legge, in senso formale, secondo le varie fonti di produzione), in giustapposizione con lo jus honorarium (33). (31) SANDULLI: Manuale, cit. p. 524. (32) ARANGIO RUiz: Istituzioni di diritto romano, 1952, pp. 22, 23. (33) JHERING: Lo spir\'tJ del dir�:tto romano, L. I. paragr. 18. D'altra parte caratteristica fondament~e e perenne del diritto romano, nella sua pur millenaria evoluzione, fu sempre quella di conservarsi atteggia',;o a sistema di azioni (piuttos.to che ad ordinamento giuridico quale sistema di relazioni giuridiche) configurando, quindi, lo jus come strumento a protezione di situazioni soggettive; e ci� per il graduale prevalere dello jus honorariitm,, concepito, appunto, come sistema di azioni rivolte a correggere, supplire, paralizzare le norme delle leggi e dei mores (34). In progresso di tempo, nel diritto classico E> postclassico, il sistema venne ad atteggiarsi, gradualmente, a sistema di s.ituazioni giuridiche soggettive in concomitanza con l'inverso fenomeno della trasformazione delle azioni cc tipiche >> nella actio generale del diritto gius.tinianeo (\35);; ma. da quella caratteristica non riusc� mai a svincolarsi, fino ad assurgere a c~ ordinamento giuridico�. Di questi principi � tipico riflesso nella concezione romanistica della injuria (quod '�OO jure fit). Nello anti<)o jus civile l'injuria era conce.pita come� lesione personale (si contende sul presupposto testuale della ricerca dell'animus. dell'agente: D~ 47, 10, 3) (36), mentre nell'Editto si introdurr� l'actio iniuriarium aestimatoria., sul pres.uppost0o del dolus (D. 4, 3, 1, 4), per cui il giudice potr� condannare nei limiti del quantum aequum et bonum sibi videbitur; fattispecie sempre pi� numerose saranno introdotte con le quaestiones perpetuaer sostituite in epoca imperiale con i crimina extraordinaria. Diversa � la ipotesi del dam.num inLuria datum~ che sta a significare il << danneggiamento >> materiale; ma, anche qui, alla latissima (nei soli casi della responsabilit� dei pazzi e dei fanciulli} concezione della fonte della responsabilit� introdotta. dalla lex Aquilia (a. 286)., nel nesso causale fra evento e danno (concezione, peraltro, non scevra. di contrasti in dottrina) (37), si sovrappone, gi�. nel diritto postclassico, ed � affermato,, nel giustinianeo, l'elemento della colpa (D, 9, 2,. 44, in.. le{!J Aquilia, interpolata). L'atto illecito, in senso stretto, era o <c. delitto � o << quasi delitto n. Delitto, peraltro, si intendeva non nel significato di categoria astratta, sibbene in relazione a. determinate fattispecie tipiche (furto, rapina, damnum. iniuria datum, iniuria), ossia a concrete figure specifiche di lesioni, concepite come altrettante eccezioni al principio che il delitto, sia. c< pubblico n (erimen) sia c< privato n (delicturn, malefioi1tm) in origine � infrazione dell'ordine sociale, che colpisce l'intera civitas e trova sanzione in una. pena; se vi si accompagna uno squilibrio patrimo (34) ARANGIO Ru1z: Istituzioni di diri#tJ romano,. cit. p. 108. (35) LONGO: Il criterio giustinianeo della natura actionis in "Studi Scialoia >> 1904, 607; 'A.iANGIO_Ri:r1z:. Istituz.ioni, cit. pp. 152-375. (36) LONGO G.: Diritto romano, "Obbligazioni'" 1934,. p. 259. (37) ARANGIO Ru1z: Istituzioni, cit. p. 376, nota L -11 niale, questo viene, di solito, riparato con altri mezzi. L'obligatio ex delicto si risolve nell'applicazione di una pena (con le note caratteristiche di �nossalit� �, � intrasmissibilit� ))' � cumulativit� �, � perpetuit� JJ); ed � interessante notare che, gi� nelle azioni noxales, relitti della antica concezione della vendetta, pur si insinua l'elemento della �personalit� JJ della pena, sia attraverso la noxae deditio, valevole anche nell'actio de pauperie, sia attraverso la graduale attribuzione della responsabilit� nel regime dei peculii e dei beni avventizi (38). Analogo sistema presentava il quasi-delitto (nelle figure tipiche del posititm et suspensum, dello effusum et deiectum, del receptum, dello iitdex qui litem sua fecit). Non pi� felice sembra il riferimento al diritto germanico, il quale, se contempla nel paragrafo 823 BGB una fattispecie specifica che riconosca la risarcibilit� del danno � causato da violazione di legge che protegga interessi di terzi JJ, pone, per l'appunto, una ipotesi di interessi tutelati, in modo immediato e diretto, dalla legge, il che configura, puntualmente, il diritto soggettivo. D'altra parte l'inclinazione di quel sistema verso forme meno evolute di responsabilit�, come la responsabilit� collettiva, attraverso superstizioni ed applicazioni moderne dell'antica faida, e la stessa responsabilit� << del patrimonio JJ -tipicamente oggettiva -per la riparazione dei danni arrecati da pazzi e fanciulli nonostante l'esercizio della sorveglianza (paragrafo 829), trae sue scaturigini dalla concezione collettivistica del dominio e quindi del patrimonio familiare (Gemeinschaft zur gesammten Hand, Gesammteigenthum), che ha lasciato tracce nel diritto italiano, oltre che nei domini collettivi, (usi civici, partecipanze), altres� in taluni istituti di diritto familiare (come la comunione fra coniugi) (39). Trasferiti, nell'o.g. italiano, delitto e quasi delitto sono ricollegati -secondo l'opinione dominante -rispettivamente a fondamento del dolo e della colpa (anche pe;r i casi della c.d. responsabilit� oggettiva: actio de pauperie, rovina dell'edificio, ricollegabili a ipotesi di colpa presunta juris et de jitre) (40). La c.d. responsabilit� oggettiva � -peraltro ripudiata energicamente nel nostro o.g., in via generale, e controversa anche in ordine a taluni pi� salienti fattispecie (41): e ci� perch� appare inspiegabile che il danno assolutamente incolpevole debba ricadere sull'autore anzich� sul leso (42); onde la tendenza moderna a contemperare il (38) ARANGIO Rurz: Istituzioni, cit. p. 375 segg. (39) FERRARA: Tracce della comunione di diritto germanico nel diritto italiano, in � Riv. dir. civ. �, I, 1909, p. 498 segg. (40) DE RuGGIERO: Istituzioni di diritto civile, 1 paragr. 37, III, p. 495. (41) DE RuGGIERO: Istituzioni, cit. III, p. 498. (42) VITTA: Nuovi Cenni sulla responsabilit� dell'A. P. per fatti illeci i, in '' Giur. It. >>, 1929, IV, 39. principio del <<rischio professionale� (responsabilit� senza colpa), con il principio tradizionale (43). Condizione indefettibile, nella costruzione di una responsabilit� oggettiva, sar.ebbe, comunque, la lesione di un diritto soggettivo direttamente cautelato dalla norma, e non di qualsiasi indiscriminato interesse, altrimenti, rilevante nell'o.g. (44). E tanto potrebbe bastare ai fini specifici di questo studio. N� a superare tali limiti posti dal diritto vigente, sembra consentito il ricorso alla teoria dell'� illecito )) -avulso dalle lesione di diritti soggettivi, e per� ugualmente generatrice di danno risarcibile fondato su una configurabilit� della lesione dell'o. g. ex delicto, senza concorsuale lesione di diritti soggettivi, per il che si invoca un passo del Simoncelli (45). Ma il venerato lontano Maestro, nella quieta contemplazione delle categorie semplici e piane, del diritto del suo tempo, non mirava davvero ad astrazioni, e ,intendeva soltanto avvertire che �l'illecito)) (lato sensu) ex delicto, poteva accompagnarsi con la lesione di diritti soggettivi (illecito strictu sensu), o non; non specificava, infatti, che, anche, in questa seconda ipotesi, si potesse far luogo a risarcimento del danno, e lasciava intendere che la sanzione restasse circoscritta a quella di diritto pubblico, della punizione del colpevole. In altri termini Egli adoperava il concetto di �illecito)) nel significato generico (comprensivo dell'illecito civile e penale), senza, con ci�, farne derivare titolo per il risarcimento, ifuor del caso dell'illecito strictu sensu. E la riprova ovvia si ha nel seguito del passo, laddove conclude: << ogni delitto civile implica un danno ed un obbligo di risarcimento; non ogni reato implica un risarcimento JJ (46). 8) Passando, ora, a contraddire pi� eleganti argomenti che il Miele accortamente apporta a sostegno della sua tesi, in teoria generale del diritto, va rilevato che la fenomenologia giuridica presenta fattispecie di interesse protetto, con relativa intensit�, delle quali si � tentata la definizione, in ogni tempo (46-bis). I) L'interesse legittimo, quale fattispecie di << diritto soggettivo ))' � nozione accolta da non (43) CASETTA: L'illecito, degli enti pubblici, cit. p. 7. (44) In tale senso � assolutamente orientata tutta la dottrina, che pur ammette l'esistenza di detta responsabilit� nel diritto vigente (DE CUPIS e MESSINEO). (45) SIMONCELLI: Istituzioni di diritto privato, 1917, 328. (46) SrMONCELLI: Istituzioni di diritto privato, 1917, p. 330; ALESSI: Interesse sostanziale e interesse procesauale nella giurisdizione amministrativa, in << Arch. Giur. >>, 1943; La crisi della nozione di diritto soggetti~o ei suoj possibili sviluppi nel campo del diritto pubblico, in � Riv. trim. Dir. Pubbl '" 1953, 307; e in <<Studi Orlando�. (46-bis) Per una classificazione degli interessi legittimi, v. SANDULLI, Manuale cit. p. 71. ;;mm~~ ;;mm~~ -12 recenti commentatori (47) e proposta successiva mente, sotto il profilo del � diritto alla legitti mit� >> (�i8). A questa tesi si oppone la genesi storica della pro tezione dell'interesse legittimo e la sua stessa strut tura, in cui manca lo svolgimento sia pur poten ziale, di una signoria individuale (l'agere licere) (49). N� pare probante il rilievo per cui esisterebbero diritti soggettivi senza azione, e casi di azione senza diritti soggettivi (50): fattispecie anomale mera mente apparenti. Il) L'interesse legittimo, comt\ interesse strumen tale, � stato ricondotto alla distinzione qualitativa fra diritto e interesse -rispettivamente quale si tuazione giuridica e quale interesse di fatto giuri dicamente irrilevante -derivante dalla distinzione fra norme di relazione e norme di azione, onde si � negato addirittura la concezione individuale soggettiva della giustizia amministrativa (51). Esso � stato ricondotto da altri e pur acutamente al criterio di revisione del concetto di diritto sog gettivo (la cui crisi � da tempo oggetto di viva attenzione in dottrina) con la profilata liberazione del << diritto soggettivo >> dal diretto collegamento tra le situazioni << attiva ))' del titolare del diritto, e cc passiva ))' del soggetto vincolato, posto che il <<comando)) non sarebbe elemento del diritto sog gettivo e quest'ultimo non sarebbe un <<potere)) o non conterrebbe un <<potere)); onde il titolare si limiterebbe a raccogliere, in linea di fatto, il frutto del comando legislativo; alla corrispettivit� delle situazioni suddette si sostituirebbe un rapporto che corre, da un lato, fra norma e soggetto obbligato (vincolo) e dall'altro, fra norma e soggetto titolare (garanzia giitridica) (52). (47) MEUCCI: Istituzioni di diritto amministrativo, 1905, pag. 83; CovIELLO N.: Manuale di Diritto civile italiano, 1910, pag. 26; Diversa � la nozione dell'interesse legittimo, come " diritto soggettivo � lato sensu, in ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, cit. I, p. 194. (48) MORTARA: Commq,ntario del Codice e delle leggi di procedura civile, ed. V, vol. I, pag. 61; sulla stessa linea concettuale: GIANNINI M. S.: Lezioni di Diritto amministrativo, 1950, pag. 101. (49) CANNADA-BARTOLI: Diritto soggettivo, presupposto dell'interesse legittimo, in "Riv. trim. dir. pubbl. �, 1953, pag. 341. (50) ZANOBINI: Interessi occasionalmente protetti nel diritto privato, in �Studi F. Ferrara�, 1943. (51) GurncIARDI: Concetti tradizionali e principi ricostruttivi nella giustizia amministrativa, in �Arch. Dir. Pubbl. '" 1937; Diritto, Interesse e doppia tutela, in" Giur. It. '" 1951, III, 33; Norme di relazione e norme di azione: Giudice ordinario e giudice amministrativo, in "Giur. It. �, 1951, III, 66; La Giustizia amministrativa, 1954, Vedasi peraltro la riserva, con cui pu� essere accolta detta distinzione, in S1M1, Recensione a GurnCIARDI: La giustizia amministrativa, cit. in �Rass. Avv. Stato'" 1954, pp. 54 segg. V. infra III C. a) e nota 80, nonch� paragr. 9, III, nota 98. (52) GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo, cit.; ALESSI: Sistq,ma istituzionale del diritto amministrativo italiano, cit., p. 400 segg. e note 8, 9, con richiami bibliografici. Trasferendo tali concetti di teoria generale nel eampo del diritto pubblico � stata tentata una rico struzione dei rapporti fra singoli e P.A. nel senso che l'o.g. presta una garanzia di utilit� sostanziale diretta e immediata nel caso del diritto soggettivo; garanzia di mera utilit� strumentale del comporta mento amministrativo nel caso del c.d. interesse legittimo; onde, non la struttura della norma, ma la idoneit� della ga.ranzia rappresenta la nota carat terizzante del diritto e dell'interesse legittimo. La sostituzione della garanzia (di utilit� sostanziale con quella di utilit� strumentale) rappresenta il fenomeno dell'affievolimento dei diritti; e infine la tutela si rivolge bens� a interessi individuali (alla legalit� amministrativa) ma non sostanziale. Sulla stessa linea si pone il concetto di interesse legittimo come potere di provocare l'annullamento dell'atto illegittimo (53). La lacuna di questo tipo di configurazione del l'interesse legittimo consiste nella esclusione e nel totale riassorbimento dell'individuazione dell'in teresse legittimo nell'interesse pubblico (54). III) L'interesse legittimo come interesse occa sionalmente protetto si pone come derivato di un sostrato sostanziale, in ordine al quale � stata ten tata la qualificazione dogmatica, seguendosi due direttrici: l'una, prevalente, mediante la classifi cazione, fra le posizioni soggettive in considera zione della tutela che suppone detto interesse sostan ziale munito di protezione; l'altra, mediante la ricerca di collocazione di quell'interess� sostanziale, fra le << situazioni giuridiche ))' nello schema della cc relazione giuridica �. � questa trattazione che deve essere puntualizzata, in quanto � essa che reca,, in nuce, gli elementi dogmatici per la soluzione del tema (che non � problema) relativo alla risarcibilit� del danno da lesione di interessi legittimi; posto che non � concepibile cc danno)) al di fuori di un rapporto (contrattuale o extra contrattuale) ossia al di fuori di una correlazione fra � situazioni gfo.ridiche ))' per quanto vario ed esteso possa essere il concetto di � situazioni))' fino a ricomprendere l'o.g. in quanto tale (v. sopra paragr. 6�). Ora, basta procedere con rigoroso metodo, per argomentare che trattazioni sussistono, nelle pvmesse, per trarne le conseguenze. A) Il concetto di e< posizione giuridica )) di vantaggio non ricollegato n� ricollegabile ad una � situazione giuridica >> in senso teoretico generale, non soddisfa l'esigenza di una corretta ricerca scientifica. La specificazione � di vantaggio l> esige un termine di comparazione, consistente nelle altre situazioni, rispetto alle quali il vantaggio dovrebbe esplicarsi, nonch� un elemento oggettivo, sul quale esso dovrebbe soddisfand.. Devesi escludere che siffatto vantaggio possa identificarsi in una differenziazione dell'interesse (53) GARBAGNATI: La giurisdizione amministrativa. Concetto ed oggetto. l'oggetto, 1950 gettivo e potere giuridico, cit., 1942; (54) CANNADA-BARTOLI: Diritto soggettivo, cit. -13 di determinati soggetti (rispetto a quello pi� attenuato di altri), che si aggiungerebbe all'interesse generale (55). L'interesse dei singoli non si aggiunge a quello generale, ma pu� con esso coincidere; e per tale ipotesi � concessa la tutela giurisdizionale. La situazione particolare che ne � condizione non si differenzia, peraltro, dall'interesse di fatto che si richiede p"r 1'� interesse a ricorrere �; per l'accoglimento del ricorso si ri chiede, invece, la sussistenza della � coincidenza � fra quell'interesse e 1'� interesse generale � (interesse legittimo) e la lesione relativa. Comunque, come si � rilevato, se per vantaggio si intende bene sperato esula ogni idea di diminuzione di patrimonio e quindi di danno risarcibile (vedi sopra paragr. 6). Non giova alla indagine proposta, neppure, il pi� corretto rilievo, che gli interessi legittimi sono di natura sostanziale e non meramente processuali in quanto presupposti dagli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione (56). B) Da altri si configura l'interesse legittimo come situazione cc soggettiva di vantaggio n, consistente nell'interesse alla legittimit� dell'atto, intesa come cc modo di essere n giuridico di un soggetto, vantaggioso, per la protezione del di lui interesse materiale, attuata mediante la protezione di altro interesse meramente strumentale, ossia mediante la potest� di ricorso alla giurisdizione amministrativa (57). Ma, in realt�, nonostante la qualificazione (per s� ambigua, come si � visto) di cc situazione soggettiva di vantaggio n, intesa come modo di essere giiwidico di un soggetto, si sostiene che l'interesse legittimo � cc situazione giuridica irrilevante n in quanto rappresenta un interesse meramente strumentale del soggetto, poich�, mentre l'art. 2043 O.e. presuppone un diritto soggettivo, l'art. 26, Testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 non presuppone alcuna norma ad esso logicamente preesistente e quindi alcuna nozione dogmatica ricostrillbile all'infuori della previsione del potere di ricorso di cui all'art. 26 cit. (58). (55) ZANOBINI, corso di diritto a>nm. cit. 1954, I p. 190. Per altri riferimenti, vedi sopra nota 27. (56) SANDULLI: Manuale, cit. p. 57. Anche ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo 1954, II, p. 118, ravvisa una conferma della nozione degli interessi legittimi, come categoria di natura sostanziale, nell'art. 113 della costituzicne, che porrebbe sullo stesse piano di prote.zione gi�uridica diretta sia i ''diritti" che gli cc interessi,,; e perviene, per ci� ad attribuire alla giurisdizicne amministrativi; i, ca-attere di cc giurisdizione di diritti soggettivi ,, lato sensu. (57) CASETTA: Dfritto soggettivo e interesse legittimo. Problemi della loro tutela giurisdizionale,, in "Riv. trim. dir. pubbl. '" 1952, pp. 616, 618, dove osserva che il massimo disaccordo regna in dottrina su questo concetto (p. 623, nota n. 31 con bibl.), e L'illecito degli enti pubblici, cit. pp. 26, 27. (58) CASETTA: Diritto soggettivo e interesse legittimo, cit., pp. 634, 637. In armonia con l'esposto principio, respinge, nella discriminazione della sfera di tutela degli / O) � soltanto muovendo dal concetto di cc situazione giuridica n (59) nella sua triplice accezione di: cc istituzione e< (come situazione generale, impersonale o oggettiva) (60), di <e status n (61) e di � situazione giuridica corrispettiva n (situazione interessi legittimi rispetto a quella dei diritti soggettivi, sia la distinzione fra � norme di azione " e <e norme di relazione" (della quale si � fatto cenno, sopra, nota 51), sia quella fra violazione di diritti e violazione di interessi, in corrispondenza al carattere vincolato o discrezionale dell'atto (tesi sostenuta, in dottrina, da ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, 1954, II, p. 118 e MIELE: Questioni, cit. p. 58; Principi, cit. p. 77), e fondata sulla pari� tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi; (v. sopra nota 56). (59) La nozione ausiliare di cc situazione giuridica" (Rechtslage) fu elaborata, originariamente, nel diritto processuale (a), fu poi adottata in diritto amministrativo (b), da ultimo, assunta come categoria generale (c): (a) KoHLER: Der Prozess als Rechts Verhiiltniss, Mannheim, 1888, pag. 62, 68; (GoLDSCHMIDT): Der Prozess als Rechtslage, Berlin, 1925, pag. 253 e seg. Il concetto � accolto da CHIOVENDA: Istituzioni di dir. proc. civ. ital., 1934, II, pag. 199 seg. La "situazione" in senso subiettivo � largamente e originalmente studiata da CARNELUTTI: Sistema del dir. proc. civ., 1938, II, pag. 51 e seg.; Lezioni sul nuovo processo civile italiano, 1942, con applicazioni alle categorie del � potere " e del "dovere" (b) KoRMANN: System der rechts-geschiiftUchen Staatsakt~, Berlin 1910, pag. 108, contempla la situazione giuridica nella accezione di " posizione giuridica del soggetto'" CAMMEO: Corso di diritto amministrativo, 1914, II, pag. 694, adotta l'espressione "stati'" a proposito di alcune particolari situazioni giuridiche. Pi� diffusamente; FORTI: Gli acquisti dei corpi morali e l'autorizzazione governativa, in � Riv. di dir. civ. >>, 1913, pag. 35 e seg. Secondo D'ALESSIO: Istituzioni di diritto amministrativo, 1934, pag. 136, 167, la situazione giuridica � cc situazione delle cose che � rilevante per la formazione del diritto "� Cos� la dichiarazione di pubblica utilit�, la destinazione di beni ad uso pubblico, presupposti, in altri termini, per l'insorgenza del diritto. FRAGOLA U. Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, 1939, pag. 24, accoglie, decisamente, la nozione di cc situazione giuridica subiettiva '" applicandola sia allo status " atteggiamento del soggetto di fronte allo ordinamento giuridico " sia alla situazione nel rapporto cc atteggiamento o qualificazione del soggetto d.i fronte ad uno o pi� soggetti specifici '" (c) Cfr. per tutti, CARNELUTTI: Metodologia del diritto, 1939; Teoria generale del diritto, 1951; FRAGOLA U.: Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, cit. (60) Cfr. !EzE: Les principes g�n�raux du droit administratij, Paris, 1925, pag. 10 e HAu~rou: Pr�cis de droit administratij et de droit public, Paris, 1927, pag. 41, per la nozione di situazione generale o istituzionale. (61) Cfr. BRUGI: Istit., di dir. civ., 1905;� p�ag. 31; Crcu: Il concetto di status in " Studi SIMONOELLI �� 1913, pag. 65; FORTI : Diritto amministrativo, 1931, I, pag. 158; FRAGOLA: Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, cit. pag. 17, 66, 133; mwmmzz ifaill!fill �tzzmrw v.w ;m 14 . particolare, individuale e soggettiva) ( 62) e pro iettando sui parametri di dette categorie il feno meno dell'cc interesse legittimo�, che questo pu� trovare collocazione puntuale nella teoria generale del diritto. Non pare sufficiente alle esigenze della moderna dogmatica la dicotomia cc diritto ))' cc ihteresse ll: � diritto >> concepito come potere giuridico, ricono sciuto dall'o.g. per garantire il soddisfacimento di un interesse e cc interesse ))' come esigenza di un bene per il soddisfacimento di un bisogno (63). Onde l'interesse legittimo, collocandosi in una zona intermedia, fra interesse direttamente pro tetto (situazione giuridica) e interesse semplice (situazione irrilevante) sfuggirebbe a una qualifi cazione dommatica, senza previo esame compara tivo con tutte le altre situazioni giuridiche ipo tizzabili. Ora, l'antico paradigma �potere-dovere))' facul tas-debitum, ha subito, un ben noto processo di specificazione, attraverso la scoperta di una serie di sottospecie, sintetizzate in vari schemi fra i quali si pone, con carattere di ampiezza, la contrap posizione: Poteri-Doveri, articolata in: potest�-sog gezione, diritto soggettivo-obbligazione, facolt�-obbli go (64). Nella dinamica giuridica, a.Ile cc situazioni (62) Sui diversi significati, in cui si � adottato il concetto di cc situazione giuridica � nella teoria generale, nella scienza del diritto amministrativo e in altre discipline, un'ampia critica � mossa dal SANDULLI: Il procedimento amministrativo, 1940, nota 17, a pag. 47 e segg. (63) Il diritto soggettivo, come potest� di volere (Windscheid), a garanzia del soddisfacimento di un interesse (Jhering), (la fusione dei due elementi � in Jellinek), riconosciuto e garantito dall'o.g. (RANELLETTI: Diritti subiettivi e interessi legittimi, in << Foro It. �, 1893, I, 470: Le Guarentigie della giustizia nella p. a., 1937, p. 157; il carattere di garanzia giuridica appare vieppi� accentuato nella successiva elaborazione dottrinaria: v. sopra nota 52) e l'interesse legittimo come interesse individuale coincidente e connesso con un interesse pubblico, e protetto dall'o.g. soltanto attraverso la tutela giuridica di questo ultimo, sono intesi nei sensi suindicati dalla dottrina, senza ulteriori sensibili divergenze v. in arg. LANDI e POTENZA: Manuale, cit. p. 140, nota 10, con ampi richiami bibliografici. Vedasi anche ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, cc Doveri-Obblighi>>, cit. p. 93 e GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo cit. che assume come elemento caratterizzante del diritto cc la volont� �, per l'inconciliabilit� della definizione di ccdiritto� attraverso il concetto di potere (potest�.), posto che cc potere � �, in senso tecnico, categoria giustapposta a quella di cc diritto �. Peraltro, per le nozioni di cc potere�, come generica manifestazione di capacit� (forza attiva atta a produrre una modificazione giuridica) e di cc diritto>>, come specificazione di quella, v. ROMANO, Frammenti cit. Poteri, Potest� p. 172, 173. (64) L'elaborazione � di CARNELUTTI. Il sistema del dir. proc. civ., cit. II, pag. 56, 58; ha subito notevoli rettifiche nella Metodologia del diritto, 1939, pag. 77 e segg. limpida e suasiva. Nella Teoria Generale del diritto, attive )) corrispondono altrettante cc attivit� ))' e precisamente: alla �potest� ))' il cc provvedimento )); al cc diritto soggettivo ))' I'� atto negoziale )); alla cc facolt�))' l'cc atto facoltativo lli alle ((situazioni passive >> corrispondono altrettanti comportamenti: alla cc soggezione))' l'� obbedienza�; all'cc obbligazione))' l'cc atto dovuto lli all'cc obbligo �, la � subordinazione)) di interesse dell'obbligato a un interesse altrui. Mentre nell'esercizio della potest� e del diritto soggettivo, la realizzazione del provvedimento e dell'atto negoziale si verifica attraverso la cc dipendenza )) fra scopo pratico ed effetto giuridico; e, nell'esercizio della facolt�, la realizzazione dell'atto facoltativo si verifica attraverso la cc coincidenza i> fra scopo pratico ed effetto giuridico; pu� ipotizzarsi, in luogo degli �atti di obbedienza>>, e del1' � atto dovuto ))' un tipo di � atto ii che si ponga in cc contrasto i> fra scopo pratico ed effetto giuridico perseguito dal titolare della potest� (e del relativo atto provvedimento), del diritto soggettivo (e del relativo atto negoziale), della facolt� (e del relativo atto facoltativo): e questo � l'atto illecito (65). .Alle � situazioni i> attive e passive corrispondono, rispettivamente, diversi contenuti; alla cc potest� ))' l'attuazione di un interesse altrui (jubere licere); al <<diritto soggettivo�, l'attuazione di un interesse proprio (jubere licere); alla cc facolt� >i, l'attuazione di un interesse di chi � gi� titolare di potest�. o diritto soggettivo (agere licere); alla �soggezione ii e alla cc obbligazione�, l'ottemperanza al comando altrui (agere libere non passe); all'cc obbligo ii la subordinazione ad un interesse altrui (agere libere non licerc). Complementari ai cc poteri ii si pongono cc obbli ghi i> ed cc oneri >i. Dell'obbligo � stata data la nozio ne. Dell'cc onere� va rilevato che rappresenta la subordinazione di interesse dell'onerato ad altro interesse (proprio) . Essi si combinano con la cc potest� i> dando luogo a poteri-doveri (66). Escluso dalle accennate situazioni giuridiche rimane, nelle pue varie specie, l'interesse �non elevato a diritto))' ancorrh� cc interesse protetto '" D) Non sono mancati tentativi dogma�tici, per risolvere siffatta apparente anomalia. cit. pag. 17 4, segg. propone talune rettifiche, come la sostituzione della figura dell'cc obbligazione'" con quella di cc soggezione '" Per altre classificazioni, v. ROMANO: Frammenti di iin dizionario giuridico, cit. Poteri, Potest� -Doveri-Obblighi; GUARINO: Potere giuridico e diritto soggettivo, cit., pp. 253-259; G. CASSARINO: Le situazioni giuridiche, cit. p. 261, 288. (65) Il problema di ricollegare alla serie delle situazioni gli atti correlativi fu tentato da CARNELUTTI da prima, con lo studio cc Negozio giuridico, atto illecito, atto dovuto�, in � Riv. di Dir. comm. '" 1923, I, 356 e nelle Lezioni di diritto processuale civile, 1926, I, pag. 65. Successivamente la classificazione fu perfezionata nel Sistema d1 l diritto processuale civile, cit. II pag. 68, 69 e negli altri scritti citati a nota 64. Per una applicazione d~ pi::in-_ cipi, nel diritto amministrativo v. oltre FRAGOLA: L� situazioni giuridiche, cit.; ALESSI: Sistema istituzionale, cit. p. 500 e segg. (66) CARNELUTTI: Teoria generale, cit. p. 172. -15 ~ � stato, invero, posto in luce che la cc protezione n di interessi non eJevati a diritti si verifica in coincidenza con un onere. Ora, fra � onere n e cc interesse �, protetto in coincidenza dello adempimento dell'onere, non sussiste correlazione, e come l'onere resta isolato dalle situazioni giuridiche passive, cos� l'interesse anzidetto resta isolato dalle situazioni giuridiche attive. Isolato rimane �l'onere�, che vale agere libere non lfoere come subordinazione di un interesse proprio ad un interesse pubblico (66-bis) coincidente con altro interesse del soggetto (67) ed isolato rimane, altres�, nella ulteriore elaborazione che lo ba, sotto un certo profilo; esteso a rappresentare la subordinazione di un interesse proprio ad un intereBse pubblico coin.cidente con interes~e di altri soggetti {68); costruzione completata dal Betti nel senso che cc va tenuta ferma l'antitesi concettuale fra l'obbligo al quale nel caso di inadempimento tiene dietro una responsabilit� verso la parte cui si era obbligati e, l'onere cui, in caso di inosservanza, corrisponde un'autoresponsabiEt� (per colpa propria). Si � bens� tentato di assim-ilarre l'onere all'obbligo e cos� anche le rispettive conseguenze, osservando come il comportamento che � oggetto di onere entri in contatto con la sfera giuridica altrui � ... cc dal che si � voluto argomentare che l'onere sia imposto, insieme, nel concorrente interesse della controparte o del terzo. I1 tentativo, peraltro, non � riuscito. Certamente il comportamento che � oggetto di onere pu� essere guardato tanto dal punto di vista di colui cui l'onere � imposto, quanto dal punto di vista della controparte e del terzo che ne risulta avvantaggiato; da quest'ultimo angolo visuale appare protetto con esso anche l'interesse altrui. Ma la questione non si risolve con questo spostamento di visuale; tutto sta a vedere quale sia fa visuale decisiva nella disciplina giuridica del comportamento in parola. Tale disciplina � proprio destinata a proteggere l'interesse altrui, o lo protegge solo occasionalmente, di riflesso ? Cos� posta la questione, non par dubbio che essa vada risolta nel secondo senso, :per la decisiva ragione che la controparte o il terzo non pu� esigere l'ossert1anza dell'oneril.... n (69). Trasferita nel campo del diritto pubblico la problematica dell'onere, � stato rilevato che �il beneficio dell'interesse pubblico sia congegnato in modo da prodursi insieme al beneficio del soggetto stesso (66-bis) Oneri di legalit�, aventi per oggetto l'osservanza della forma, che si compendiano nella esigenza di adibire mezzi idonei ad integrare la fattispecie legale; e oneri detti di legittimit�, aventi per oggetto la liceit� della causa, che si risolvono in oneri di liceit�. Cfr. BETTI: Teoria generale del negozio giuridioo, 1955, pp. 107, 114, 115. (67) CARNELUTTI: Teoria generale del diritto, cit., pagina 157. (68) RESTA: L'onere di buona armministrazione, in �Annali Universit� di Macerata>>, vol. XII, 1938, estr. p. 12 e segg. (69) BETTI: Teoria generale del negozio giiwidico, cit. pag. 112. (onerato)�; cc esso non riguarda l'Amministrazione di fronte a qualsiasi altro soggetto di diritto, come tale, ma di fronte all'interesse della collettivit� organizzata, alla soddisfazione del quale l'Amministrazione i:;tessa � vincolata �. cc Tale � il motivo per cui il cittadino uti'Singul1ts non pu� chiedere che un determinato dovere amministrativo (onere) sia attuato nei suoi esclusivi confronti consentendo l'ordinamento giuridico all'interesse del singolo soggetto, come tale, una protezione occasionale e condizionata all'adempimento dell'onere amministrativo� (70). Orbene la situazione del titolare di tale protezione occasionale non pu� prestarsi alla qualificazione di cc situazione giuridica� nel senso tecnico dinanzi esaminato; sicch� l'usuale classificazione fra cc situazioni � c.d. di vantaggio, pu� significare soltanto uno stato di fatto, ma non una categoria dogmatica (71). Pertanto, non si pu� neppure concepire una correlazione fra interesse legittimo e onere della P.A. b) � stata t.mtata inoltre la collocazione dell'interesse legittimo accanto alla situazione giuridica cc riconoscendo ad esso natura di situazione giuridica subiettiva in stato di pendenza � (in quanto dipendente da un potere della P.A.) (72). Si oppone, a tale concezione, il Miele in un pregevole non recente studio, osservando che, fra le cc posizioni gim:idiche di vantaggio �, si collocano diritti soggettivi e interessi rifl.essamente protetti (concetto sostanzialmente, ora, ripreso dal Sandulli). Ma, gi�, la terminologia contenutistica che pone in rilievo l'elemento del �vantaggio � su di che v. retro paragrafo 6 lettera e) e nota 27), segna un distacco dalle categorie logiche che si compenetrano nelle cc situazioni giuridiche �. Inoltre, non pare dubbio che, almeno in questo studio, il Miele determina le c.d. posizioni giuridiche del diritto e dell'interesse legittimo con caratteristiche idonee a d:fferenziarle, tali da robo� rare la sostanziale esclusione dell'interesse protetto, dalla categoria delle cc situazioni giuridiche '' � at� (70) RESTA: L'onere di buona amministrazione, cit. pp. 15, 18, 19. (71) Il concetto di interesse legittimo, come situazione di fatto ((giuridicamente irrilevante) del soggetto, � in CASETTA; L'illecito degli enti pubblici, cit., pas.sim, e CASSARINO: Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giitrisdizione amministrativa, cit. p. 293. (72) FRAGOLA: Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, cit., p. 100. Anche PICCARDI: La distinzione tra diritto e interesse nel campo della giustizia amministrativa, in � Studi Centenario Consiglio di Stato " vol. II p. 115, ravvisa nell'interesse legittimo la dipendenza da un potere della P.A. Esclusa la possibilit� di riconoscere nei rapporti fra soggetti privati e P.A. diritti soggettivi, se tra quelli e questa non vi sia un conflitto d'interessi, assunto dal diritto obiettiv:o, come elemento tipico della fattispecie, si qualificano comeinteressi legittimi quelli protetti, bens�, intenzionalmente, dal diritto obiettivo, ma mediante un potere attribuito alla P.A. LE J@ Ci :nzr a 1m:1 � -16 tive � in pos1z10ne di corrispettivit� con �situaz�oni giuridiche passive�. Diritto soggettivo -superata la concezione eclettica di Jellinek-sarebbe posizione giuridica di vantaggio, creata in modo diretto e autonomo dall'o.g., corrispettiva ad altra posizione giuridica, di obbligo, di altro soggetto, che funge da strumento per la conservazione e realizzazione del diritto soggettivo (73). Gli interessi protetti ri:flessamente sarebbero posizioni giuridiche di vantaggio, non gi� create dall'o.g. in modo autonomo e diretto, (con l'imposizione di obblighi ad esse correlativi) sibbene risultanti dalla norma che impone il dovere di esercitare un potere e nn diritto, secondo date modalit� e sotto certe condizioni, il cui verificarsi pu� far scaturire il conferimento del diritto (74). �, in sostanza, lo stesso concetto del beneficio derivante da un onere altrui, che esclude il collegamento fra corrispettive situazioni, e che lo stesso Miele considera come mera int,erdipendenza di interessi. La teoria della � si�fiuazione giuridica in stato di pendenza � � stata, peraltro, recentemente, accantonata dal Fragola, il quale (75) --abbandonata la via della riferita qualificazione dogmatica dell'interesse legittimo, che conduce alla inconfigurabilit� di danni in senso tecnico, per lesioni (recte, per mancate realizzazioni) di quelle situazioni dipendenti -perviene alla opposta tesi, insinuando il concetto di una espansione dell'interesse legittimo in diritto soggettivo, come rovescio del fenomeno di affievolimento del diritto. Tesi, invero, ardua: in quanto altro � il ripristino o l'espansione di una situazione gi� avente natura di diritto soggettivo (a guisa di ius postliminii); altro sarebbe l'espansione di una situazione (neppur perfetta come tale) di interesse legittimo, in diritto soggettivo; fenomeno piuttosto di � conversione � non legittimato, anzi contestato, dalla stessa struttura della giustizia amministrativa, in quanto giurisdizione d'annullamento, non di cognizione. e) Fra i tentativi di una giustificazione so stanziale dell'interesse legittimo come � situazione giuridicamente rilevante �, si pone la teoria della (73) MIELE: Potere, di-ritto Boggettivo e intereBBe, in � Riv. dir. comm." 1944, I, 114. L'affermazione che potere non � una poBizione giuridica, ma una � forza attiva >>, si spiega se il potere � considerato come elemento del diritto soggettivo, riferito alla volont�, nella nota definizione del Windscheid (tale cenno � anche in GUARINO: Potere giuridico e diritto Boggettivo, in cit. p. 239 sgg); peraltro non legittima l'eliminazione della � potest� � dal novero delle situazioni giuridiche attive, in ordine alla quale, vale tuttavia, la discriminazione, rispetto al diritto soggettivo, di ROMANO: GorBo di diritto amminiBtrativo, 1932 p. 141 segg.; Frammenti di un dizionario giuridico, cit. <<Poteri-Potest�>>, v. sopra nota 63. (74) MIELE: Potere, diritto Boggettivo e intereBse, cit., p. 120. (75) FRAGO:C.A: ,Studio introduttivo Bulla riBarcibilit� degli intereBBi legittimi, 1961, p. 181. c.d. �natura formale� (76). Rilevamdosi una. diversit� di concezione del nostro diritto positivo" nel sistema della legge 20 marzo 1865r n.. 2248: allegato E (fondato sulla distinzione fra � giuridicamente rilevante )) e cc giuridicamente irrilevante n) e nel sistema della l�gge 31 �nario ]889r n.. 5892' (fondato sulla distinzione fra � situazfoni giuridicamente rilevantin), e rilevandosi la iusuffi.cienza; delle temie dominanti, per la loro inadeguatezza;. a risolvere il problemili della individuallfzzazione dell'interesse, si perviene alla scoperta di un collegamento fra due situazioni strumfmt::iH1 quali! momeL.ti cinetiri di due situazioni sm;t31nziaF deR1 P . .A. e del privato: il cc potere JJ, come i::trnm~ nto del diritito soggettivo della P.A.; l'cc interessi'.' legittimo n, come strumento del diritto soggettivo dt1l privato (interesse a,ll:t legitt.irnit�). Nella cnufig:urazione anzidetta, il cc potere)) della P.A. sta fii ~ignific::tre la qual�tas, come forza delfo, �dtuazione ghuidira ii della P.A. ricomvres:t, indiseriminatamente in quella del cc diritto soggRttivo ,,, anche in tema, di rapporti autoritari; in tal modo, eliminandosi la categoria delh pot0st�, dalle� situazioni giuridi<lhe attive (77). L'interesse legit., timo rlel privato i:;ta a rappresentare una cc situazione di fatto JJ che ha per presupposto di qualificazione una �situazione di diritto soggettivo ll,. ossia un collegamento con un �diritto soggettivo JJ1. non irradiato fino a rie.omprendere quella situazione di fatto. T:;i,le concezione non spiega n� la natura deF collegamento n� il grado di prossimit� del predetto presupposto, rispetto alla situazione tutelata; non pare, inoltre, sorretta dalla realt� dei fenomeni degli interessi legittimi, che non sempre consentono un qualsiasi nesso con diritti soggetti.-i. Da tale costruzione si fa, tuttavia, scaturire la conseguenza della non risarcibilit� delle lesioni di detti interessi, in quanto il risarcimento presuppone un danno valutabile patrimonialmente riferibile alla lesione di situazioni giuridiche, proprie, del danneggiato, e non alla lesione di interessi, e d'altronde l'o.g. consente altrimenti la reintegrazione di quella frangia dei diritti soggettivi, per la cui tutela � ordinato l'esperimento del ricorso. d) Analizzando il fenomeno pu� rilevarsi che l'interesse legittimo si atteggia, nel suo momento dinamico, come mero diritto pubblico soggettivo di ricorso agli organi della giustizia amministrativat nel suo momento sostanziale, come situazione di fatto, nei cui confronti difetta la garanzia giuridica, e la cui mancata evoluzione non pu� ricollegarsi ad attivit� lesiva, sotto il profilo dello illecito, e dar luogo a risa,rcibilit� .. (76) CANNADA BARTOLI: Sulla qualificazione dell'intere88e legittimo nel diritto amminiBtrativo, Nota a sentenza Sezioni Unite, 24 giugno 1957, n. 2409 in �Foro Amm. >>, 1957, II, p. 43, Diritto Boggettivo, preBuppoBto dell'intereBBe legitimo, cit. p. 334. (77) Sulla eliminazione di detta categoria, cfr. anche GUARINO, Potere giuridico e diritto soggettivo, cit.; v. sopra nota 73. -17 L'interesse legittimo, in realt�, costituisce una :Situazione distaccata dal diritto soggettivo, poi �ch�, sostanzialmente, da questo si . distingue nel :senso che si esaurisce in �un diritto pubblico soggettivo >> di ricorso al giwiice amministr:::.- tivo, non a protezione imll1ediata e diretta di una situazione giuridica. sostanzia1e del titolare, sibbene dell'interesse di fatto del floggetto, utilizzabile per rei.ntegrazionP della legittimit�, palladio dello << stato di diritto �.. Tale la costru:, r,ione degli interessi legittimi uello Spaventa (78) -teorizzata da tutti gli autori, in varia guisa (79): :intere1:1si di.fferenziati (che, pur non essendo presi in considerazione da parte dell'ordinamento, e 1)recisamente da quelle norme che diio:ciplinano i rapporti tra i soggetti -c.d. nonne di relazione ---e non ricevendo quindi u.n'.t tutela. diretta, in -quanto non corrispondonl!l a doveri imposti ad altri soggetti in correlazione con essi, ricevono tuttavia dall'ordinamento stesso una considera: zioue ed una tutela indirette, nella possibilit� di jar valere nell'interesse generale, e di riflesso in proprio favore, le norme imposte per l'esercizio del pubblico potere, c.d. norme di azione; eos� in .sandulli, ovvero -ponendosi l'accento sull'elemento oggettivo -situazioni caratterizzate dalla ~qaranzia di una utilit� stritmentale ulla legalit� .del comportamento a.mministrativo, o -pom~ndo~i l'accento sull'elemento soggettivo -fondate su un interesse sostanziale, che potrebbe mientualrnente .trovare realizzazione, (ove sia realizzato l'interesse strumentale: questo, in modo certo e effettivo, .quello in modo eventuale e mediato; ma in ogni -caso � l'interesse strumentale che genera l'internsse processuale a ricorrere, e all'annullamento; .cos� in Alessi) (80)). La stessa difficolt� (e la scarsa rilevanza) di una distinzione dal punt<il di vista sostanziale, -.tra �diritto >> e � interesse legittimo �, va, pro[ Jrio, riscontrata nella comune 'fJase di e~tra.mbi, itappresentata dall'� interesse� (come asp1raz10ne, �esigenza al soddisfacimento di un bisogno mediante un bene della vita) e dalla diversa qualifi. cazione di questo (80-bis~~ � stato rilevato infatti: �l'interesse legittimo non � che un interesse di fattli> qualificato, che 'Viene preso in comiiderazi<me dal diritto: il diritto ;soggettivo invece � interesse giuridico� (81). E it�nto � decisiv<il <iUestG parametro fra la comune .base e la diversa q11,alificuzione dell'interesse, pre: sente nell'interesse legittimo (considerazione di fatto.) e nel diritto soggettivo (come situazion~ di diritto) che in tale divergenza sta alla ragione ,stessa 'della' infungibilit� della specifica tutela Irispettivamente dettata. � Per far valere il diritto come interesse legittimo, per trasformare cio� quello che � diritto (78) SPAVENTA: Giustizia nell'amministrazione (Disc. del 7 maggio 1880), in "Riv. Dir. pubbi. ll, 1939, I, 218� e in "La Giustizia neU'Amministpazione >>, 1949, rp. 55 segg.; Discorso inaugurale, in "Riv. Dir. pubbl. ll, 1909, I, 310; e, in "La Giustizia nell'Amministrazione>>, citp. 209. ,(79) V. infra nota 92. in un interesse legittimo, occorre prima di tutto ridurlo a interesse di fatto, come chi dicesse, togliergli ogni qualifica giuridica. Le posizioni giuridiche non si possono annullare, per carpirne il substrato di fatto che non pu� pi� tornare ad essere tale� (81-bis). Decisivo �, quindi,,Poggetto della disciplina legislativa, (Relazione dell' A vv. Gen. Stato, 1956/60, II, pag. 100). Pu� completarsi il concetto ivi espresso nel senso che la tutela diretta, per il potenziamento dell'interesse di fatto, lo eleva a �interesse giuridico i> ossia a diritto, mentre la tutela per la pi1.'1, efficace realizzazione dell'interesse pubblico, contiene nei suoi limiti �l'interesse di fatto �, e lo qualifica esclusivamente in vista di quell'interesse pubblico, e dopo l'intervento della lesione, come �interesse legittimo )). Non pu�, pertanto, trattarsi di una � situazione giuridica ll, e non � configurabile come �situazione giuridica corrispettiva del � dovere >l della P. A. Se, pertanto, l'interesse legittimo � una �situazione di fatto �, senza corrispondente �situazione passiva �, che prima della lesione non assume neppure rilevanza strumentale, � agevole concludere che la mera lesione della medesima, pu� determinare bens� violazione di un onere della P.A., (la cui osservanza potrebbe riflettersi in modo indiretto e eventuale, sul titolare di essa) ma non anche violazione di obbligazione od obbligo della P.A. e, quindi obbligazione di risarcire il danno. Anche per il rilievo che l'interesse alla legittimit�, attraverso l'annullamento, non lascia residua rilevanza giuridica, all'interesse leso (vedi nota 81). Questa sorge (ed assorbe la stessa tutela dello interesse legittimo) allorch� si determini violazione di una situazione giuridica passiva della (80) Sul limitato valore della distinzione fra �norme di relazione )l e �norme di azione >>, e la sua parziale coincidenza con la distinzione fra �diritto )l e " interesse� (v. sopra nota 51) � stato osservato che essa pu� giovare ai fini della discriminazione fra lesione di diritti e lesione di interessi, ma fermo restando che la prima (lesione di diritti) assorbe la seconda (lesione di interessi) v. infra III-e nota 98. (80-bis) LANDI e POTENZA, Manuale, cit. p. 140. (81) SIMI, Recensione a GuICCIARDI: La Giustizia amministrativa, HY54, in �Rass. Avv. Stato ll, 1954, pag. 56. Sul criterio della " situazione di fatto )l applicato all'interesse legittimo, v. anche, supra, note 17 e 26 Sostanzialmente attribuisce deciso rilievo al connotato della economicit� giuridica dell'interesse, (come nota caratteristica del diritto, in contrapposizione con il connotato della materialit� dell'interesse legittimo), CASETTA: L'illecito degli enti pubblici, cit. p. 27, laddove nota che l'interesse materiale assume rilevanza, soltanto, dopo la lesione e nei soli riguardi dell'azione concessa; non oltre, mancando una corrispettivit� in senso tecnico con interesse alla ~~g~ttimit� la cui restaurazione -attraverso l'annullamento -:::: non lascia residui giuridicamente rilevanti, dell'interesse leso. (81-bis) SIMI, Recensione cit..a nota 81. -18 P ;A. corrispettiva ad una situazione giuridica attiva di altri soggetti (diritto e relative facolt� dalla cui lesione scaturisca l'obbligazione del risarcimento del danno). Dalla rassegna delle teorie molteplici, sulla natura del diritto soggettivo e dell'interesse legittimo, si evincono univocamente questi due inalterabili concetti: che l'interesse legittimo non � situazione giuridica in senso tecnico; che di esso non � possibile concepire una correlazione con la situazione (dovere) della P.A., dal cui modo di essere possa, nel significato di illecito civile, derivare una lesione per il soggetto. 9) Come superare queste posizioni concettuali' Il Miele volge la indagine ad una costruzione critica della genesi della nostra giustizia amministrativa, attraverso la quale si �arriverebbe alla favoleggiata configurabilit� di una risarcibilit� del danno da lesione di interessi legittimi. A tale indagine, si opporrebbero, preliminarmente, obiezioni discendenti dalla, gi�, esaminata qualificazione dell'interesse legittimo e dalla conseguente inapplicabilit� del concetto di cc risarcimento del danno >>. La costruzione anzidetta trova, inoltre, sua confutazione nel saggio con i presupposti del � danno risarcibile � (v. sopra paragrafo b). a) La rilevata impossibilit� di configurare un nesso, una correlazione di corrispettivit� tra la categoria degli interessi legittimi e il poteredovere della P .A. di operare in ottemperanza al principio di legittimit�, � connaturata alla stessa struttura della giustizia amministrativa, e ne costituisce un carattere indelebile. Caposaldo di siffatta struttura � la non coincidenza fra la frustrazione degli interessi legittimi (c. d. lesione), e gli effetti dell'annullamento, che la P.A. pu� evitare attraverso l'adozione dell'atto (82) e pi� attraverso l'adozione di un atto reiterativo (nell'ambito dell'art. 45 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054) (83). � b) La norma emanata nell'interesse generale ha -ovviamente -come oggetto di tutela immediata tale interesse generale e non pu� concepirsi tutela, neppur mediata, di altri interessi. Norme che direttamente proteggano questi ultimi non sono neppure presupposti dell'art. 26 T.U. 26 giugno 1954, n. 1054 (84). La violazione della norma emanata nell'interesse generale pu�, pertanto, configurarsi soltanto quale evento di danno per il pubblico servizio, non (82) Cfr. Ad Pl. 3 maggio 1960, n. 8, in� Il Consiglio di Stato>>, 1960, I p. 822 segg., e la dottrina in arg� in Nota n. 6, ivi. (83) Anche la �rinuncia del ricorso" risente dell'identico principio posto che n� � stata ritenuta la inefficacia dopo la pronuncia (ancorch� non pubblicata) alla quale la P.A. � tenuta ad uniformarsi (salvo che la rinuncia operi come rinuncia agli effetti del giudicato). (84) CASETTA: Diritto soggettivo e interesse legittimo. Problemi della loro tutela giurisdizionale, in �Riv. Trim. dir. pubbl. ,,, 1952, p. 615 segg. anche per quell'interesse del soggetta~ ehe (comunque si risolva il problema della sua qualificazione sotto il profilo sostanziale) �, pur sempre, un interesse riflessamente protetto. L'esclusione del concetto di protezione occasionale o riflessa sarebbe, non soltanto, contrariai ai dati del diritto positivo; ma si risolverebbe nella confisca del concetto stesso d� pubblico servizio; che, una volta introdottor non � concepibile se non come cc cura di interessi >> della collettivit� organizzata e la cui lesione non soffre duplica�� zioni attraverso atomistici frazionamenti o specificazioni individuali. Ond'� che il danno, cos� come � concepito nel nostro diritto positivo, nei due momenti della perdita subita e del mancato guadagno, e nei limiti della cc conseguenzialit� immediata e diretta� (articoli 1223, 2056, 2059 O.e.) non potrebbe essere concepito come imrnediato e diretto per il patrimonio del soggetto, ricadendo esso, sul pubblico. servizio. e) � tuttavia esercitazione non infruttuosa seguire la tesi, secondo cui la rigorosa limitazione della responsabilit� della P .A. alla ipotesi di lesioni di diritto soggettivo {85), e Fesclusione legal~ della tutela giuridica diretta degli interessi legittimi, sarebbe storicamente spiegabile per il mino!' grado di perfezione (~) della dottrina del tempo;: onde si potrebbe dubitare, in teoria, che il principio della cc protezione occasionale " degli interessi fosse stato alla base� della riforma dell'art. 24 T.U. 6 giugno 1889, n. 6166. Ma i dubbi di Orlando (86), in ordine alla giurisdizionalit� dei nuovi organi di g.a., le riserve di Orlando e dii Romano sulla distinzione proposta dal Ranellettir potrebbero se puntuali,. ricevere le stesse riserve di tecnicismo rivolte indh>ettamente alle felici intuizioni del .Ranelletti ! E questa sarebbe la ragione per cui un problema di responsabilit� della P.A., per lesione di interessi legittimi, non appare nella dottrina dell'epocat Basta la testimonianza di Cammeo, citato dal Miele, che puntualmente, nel Commentario, non ipotizza ma esclude (nota 2, p. 890) -e questo non risulta dal testo de1 Mi-ele -una responsabilit�, dopo la declaratoria di illegittimit� di atto amministrativo in quanto. ci� importerebbe a) la competenza concoITente dell'A. G .. e dell Consiglio di Stato a scelta del leso� (problema della doppia tutela); b) ipotizzabilit� di una categoria di. diritti in abstracto, equiparabili a quelli garantiti dal diritto positivo. E basta rilevare che Cammeo. non modifica affatto la sua opinione,. nel �Corso� (87).. Nel titolo 5�, libro terzo, il paragrafo 326 contempla l'illegittimit� del fatto a:anno80r e si articola, in due ipotesi: a) colpa contrattuale per inadem (85) CAMMEO: Commentario delle leggi sulla Giustizia (86) ORLANDO: Giustizia Amministrativa, fo �Trattato >>, p. 722, nota 3_ (87) CAMMEO: Corso di diritto amministrativo (ristampa. con nota di Miele) 1960, P-6.28 segg;. Amministrativa, 1910, p. 890.. -19 pimento di obbligazioni comprese quelle ex lege; b) colpa extra contrattuale, per inosservanza di limiti imposti da norme o da divieto generale del neminem laedere, nei beni, come la libert�, la vita, la propriet�, i rapporti giuridici. � nell'ambito di tale lesione, che ricorre il rilievo riferito, incompiutamente, e che conviene riprodurre per esteso: � Se ad ogni categoria di compiti a cui lo Stato attende, corrisponde una categoria di interessi di propriet� individuale, di libert� ed eventualmente anche di integrit� personale che pu� essere sacrificata, e ci� discrezionalmente ed insindacabilmente, vi corrisponde anche una categoria di altri interessi di ugual natura, in nessun modo connessi con quel ramo di attivit� amministrativa, che dal sacrificio legittimo sono esclusi. Questi interessi debbono considerarsi diritti anche di fronte all'amministrazione. Come accade tra privati, essi non dan luogo a una pretesa che l'amministrazione ponga in essere quelle prestazioni che possono prevenire la loro lesione, ma si pu� esigere che ove la effettiva lesione sia avvenuta, essa presti il risarcimento del danno. Il determinare il limite tra gli interessi suscettibili di sacrifizio discrezionale; e per� legittimo e quelli che per non essere connessi con quel ramo di attivit� amministrativa non sono sacrificabili e vanno rispettati, talora pu� essere opera di interpretazione di norme positive, talora determinazione di criteri consuetudinari. Non � per�, se mantenuto in questi confini, sindacato sull'esercizio di facolt� discrezionale, ma fissazione di limiti alla facolt� discrezionale medesima �. � Quando la determinazione dei limiti fra l'attivit� lecita e illecita risulti da norme giuridiche che, pur non essendo scritte, per conferire un diritto ai sensi della legge sul contenzioso amministrativo, tutelino occasionalmente o parzialmente un interesse, e lo elevino a dignit� di interesse legittimo, sembra che si possa far luogo alla responsabilit�, semprecb� la violazione di quelle norme sia stata accertata dal giudice competente che non � quello ordinario, ma il Consiglio di Stato e la G.P.A., secondo i casi�. In relazione alla premessa si ipotizza dunque una lesione che abbia sconfinato nell'illecito civile. Tanto basta per resti:ingere siffatta costruzione, in quanto se la illiceit� produce lesione di � situazione giuridica � anche in difetto di � norma scritta >> essa determina violazione di � obbligazione >> e quindi quella di risarcire il danno; ci� esclude la mera lesione di " situazione di fatto � che determinando violazione di � onere � non determina anche obbligazione di risarcire il danno. Per cui l'accenno alla duplice competenza appare non rispondente all'ipotesi formulata, oltre che contraria al ben noto divieto di far valere il diritto come interesse (88). I) La conferma si rinviene nella stessa presentazione della categoria degli interessi legittimi, come concepiti, voluti. nella accezione di interessi (88) V. infra note 97 -98. non assurti a diritti (89), e privi, per ci� stesso, della massima tutela giuridica, propria dei diritti; muniti, invece, di tutela occasionale (perch� si ha riguardo all'interesse pubblico) o imperfetta (perch� la tutela � rappresentata da 119qne l.nitatrici di facolt� discrezionali) (90); onde essi costituiscono una �categoria storica� (91), e per� ricompresa fin dall'origine, concettualmente, in una riserva di legge in formulazione negativa, rispetto alla categoria dei diritti soggettivi. Tale riserva gi� si configurava nell'art. 3, legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E, con la attribuzione alla P .A. degli affari non compresi nel novero delle questioni di diritti soggettivi. Le leggi istitutive degli organi giurisdizionali di annullamento, in ordine agli atti emanati relativamente a tali cc affari n, evidenziano l'enucleazione di una categoria d'interessi, dalla massa degli interessi irri. levanti, ispirandosi al criterio non gi� di creare una categoria di interessi protetti con intensit�. minore rispetto ai diritti soggettivi, sibbene al criterio di perfezionare quella che era l'idea della giustizia nella P.A., germinata intorno a due principi fondamentali degli stati moderni: a) l'integra. lismo delle guarentigie delle funzioni dello Stato; b) l'unit� della guarentigia giurisdizionale. Infatti, dalla nozione dello Stato ai primordi del secolo XIX, tanto sono progrediti i moderni ordinamenti che: ad a) mentre alla dottrina della divisione dei poteri corrispondeva un sistema di giudizi a salvaguardia dei diritti dei sudditi contro il potere esecutivo; alla dottrina dell'unit� della sovranit� dello Stato e della correlativa distinzione delle funzioni, corrisponde un sistema di guarentigie -in contemplazione, appunto, di quell'unit� -sia nel porre la norma, sia nel governare, sia nel giudicare (92); ad b) dall'attribuzione del sindacato sulle controversie di diritti ed interessi, agli organi della stessa P.A. (contentieux administratif, in opposizione ai sistemi del self government anglico e germanico) si � pervenuti all'attribuzione di detto sindacato a organi di giurisdizione ordinaria (su diritti) o speciale (su interessi o questioni compenetrate di diritti e interessi). Non di meno la distinzione fra i due tipi di tutela giurisdizionale i�ipete sua ragione . dal carattere essenziale della giustizia nei rapporti tra singoli e P.A.: nel senso che la tutela dei diritti segue la competenza del giudice ordinario, mentre la realizzazione della giustizia nella P.A., non possa essere contemplata, se non quale attivit� dell'Amministrazione stessa, nell'interesse pubblico; ond'� la tutela di tale interesse pubblico che segue la competenza della giurisdizione (89) CAMMEO: Corso, cit. p. 309, 352. Per la genesi della tutela degli interessi legittimi, v. supra lettera e). (90) CAMMEO: Corso, cit. p. 359. (91) CAMMEO: Corso, cit. p. 309. (92) CAMMEO: Commentario delle leggi sulla," giustizia amministrativa, C�t. p. 376 e segg.; RANELLETTI 0.~Le Guarentigie della giustizia nella P.A., cit. p. 8 segg., v. altres�: FrLOMUSI GUELFI: Silvio Spaventa, 1894; SPAVENTA, Giiistizia nell'Amministrazione. �4LZ &itfilWJ.lliWW'W2T~llii tE amministrativa, la cui vera funzione, come intu�, con squisita sintesi lo Spaventa, sta nell'utilizzazione dell'interesse individuale come occasione di riesame dell'atto amministrativo (93). � soltanto � pregio � del processo antistorico del tempo nostro il tentativo di capovolgere siffatti termini del tema. Il processo storico, invece, si perfezion� nel T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, e infine, nella esplicita riserva degli artt. 24, I comma, 103, I comma, e 1rn, III comma, della Costituzione della Repubbliea; successione inequivoca di un unico costante indirizzo legislativo, mantenutosi logicamente coerente ad un principio inalterato in tutto il corso del primo secolo dell'unit� Patria, pur nella diversa struttura degli ordinamenti e pur nell'evolversi della scienza giuridica, della quale erano al legislatore e al costituente noti i concetti e note le critiche. Sicch� appare relegato nel campo della speculazione metagiuridica l'isolata affermazione che gli interessi legittimi sarebbero, in astratto, �diritti � (94), mentre, poi, tale enunciazione trovasi ristretta nel senso che possono considerarsi tali i �diritti affievoliti )) o � condizionati )) e gli interessi muniti di tutela di �merito� (95). Il consentirne la equiparazione ai diritti, ai fini della risarcibilit�, non potrebbe concepirsi se non quale espansione del potere dell'interprete di elevare gli interessi a diritti, il che significherebbe ammettere nell'interprete la potest� di creare norme giuridiche, per .il caso concreto. II) La casistica offerta dalla giurisprudenza non consente di ravvisare incrinature nel rigido sistema. cc In proposito merita di essere segnalata, per la estrema chiarezza dei concetti, la sentenza, 15 aprile 1958, n. 1217, con la quale la Corte di Cassazione escluse la proponibilj.t� dell'azione risarcitoria contro la P.A. da parte del concorrente all'aggiudicazione di un comparto edilizio in seguito all'annullamento della gara. cc In questa sentenza la Corte, dopo aver ricordato che per la proponibilit� dell'azione contro la P.A. non � sufficiente l'annullamento dell'atto amministrativo, ma � necessario che l'atto abbia leso un diritto soggettivo del privato, cagionandogli un danno, afferma esattamente che le norme di azione (nella specie quelle sul procedimento espropriativo), ancorch� obbligatorie per l'Amministrazione, tutelano finalit� di carattere pubblicistico e, solo, occasionalmente interessi di privati, i quali, perci�, non hanno un diritto soggettivo alla loro osservanza. e< D'altra parte, afferma la Corte, la decisione di annullamento ha effetto retroattivo, ma non perci� innova alla situazione preesistente, trasformando in diritto soggettivo quello che, prima dell'atto, era un interesse legittimo )), (93) Bozzi C.: La Giustizia Amministrativa da Silvio Spaventa a Benito Mussolini, in Riv. dir. pubb. 1934, p. 261. (94) CAMMEO: Corso, cit. p. 359. (95) CAMMEO: Corso, cit. p. 314. 20 �Per la responsabilit� da atto illegittimo, dunque, occorre aver riguardo alla consistenza dell'interesse leso all'atto della sua emanazione �; se cio� aveva la consistenza del diritto soggettivo. Il che trova conferma nel noto __temperamento, introdotto in tema di insindacabili.t� dell'atto amministrativo, per cui, nell'ipotesi di � fatti materiali � si ritiene di poter indagare, anche in presenza di una potest� discrezionale della, P.A., se il dipendente abbia agito osservando anche le norme della comune esperienza e della normale diligenza al fine di non ledere il diritto altr1ti. (Relazione Avvocatura Genera,le, 1956-60, II, pp. 158, 159). Il concetto di garanzia giuridica, vieppi� utilizzato, talora in concomitanza con la distinzione fra norme di azione e norme di relazione, � costantemente seguito dalla Corte di Cassazione, nel senso che se la consistenza dell'interesse non presenta i connotati della garanzia immediata e diretta, si esclude la risarcibilit� del danno per difetto di diritto soggettivo suscettibile di lesione, come diminuzione di patrimonio: rei aestimatio o id quod inte1 est -prima ancora di qualsiasi esame sulla natura deirattivit�, della P.A., sia legittima, (con relativa limitata responsabilit� nelle ipotesi ricollegabili alla previsione dell'art. 46 L. espropr., onde � stata dichiarata improponibile l'azione per danni da esercitazioni militari proposta dal titolare di una riserva di caccia in quanto carente di diritto di propriet� sulla selvaggina, e munito, sol'iian'lio di jus prohibendi: Sezioni Unite, 12 ottobre 1960, n. 2687) o illegittima (Sezioni Unite, 28 luglio 1958, n. 2721; 23 settembre 1958 n. 3029; 6 maggio 1959 in Foro It., 1959, I 1296). Gli insegnamenti della Corte di Cassazione anche pi� puntuali e pi� recenti di quelli citati nella �Introduzione al Tema n -si. sono susseguiti sempre chiari e recisi, nel senso che cc ai fini della proponibilit� dell'azione di risarcimento del danno contro la P.A., non � suffieiente l'annullamento di un atto amministrativo ma � necessario che l'atto annullato abbia leso un diritto soggettivo del privato, cagionando a questo ultimo un danno; pertanto, quando il privato � titolare, nei confronti della P.A., esclusivamente di un interesse legittimo, la tutela giurisdizionale di detto interesse si esaurisce, di regola, nella pronuncia di annullamento dell'atto stesso da parte del giudice amministrati.vo )) (Sezioni Unite, 2 luglio 1962, n. 2210,); e, in tema di illegittimo rifiuto di licenza commerciale, nel senso che cc non � proponibile davanti al giudice ordinario azione di danni contro un Comune per preteso illegittimo rifiuto di concessione di una lieenza o ritardo nella concessione della stessa, non sussistendo in tali ipotesi la violazione di un diritto soggettivo perfetto del cittadino >J, non essendo � sufficiente che il giudice amministrativo abbia annullato un atto della P.A., ma � necessario che-l'atto annullato abbia leso un diritto soggettivo del prfvato; solo in tal caso, infatti, il privato si presenta titolare sotto il profilo della causa petendi, di un'azione esperibile dinanzi al giudice ordinario, a norma 21 dell'art. 2, legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E sul contenzioso amministrativo�. (Sezioni Unite, 31 luglio 1962, n. 2294 in Consiglio di Stato, 1962, II, 625; cfr. altres� S.U. 6 agosto 1962, n. 2418, in Foro It., 1963, I, 64). E ci�, per l'ovvia ragione l'o.g. appresta qitella diversa sanzione, tipica dell'illecito amministrativo, (illegittimit�), che � il rimedio offerto dall'art. 27 n. 4 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 (Sezioni Unite 23 ottobre 1961, n. 2348). Non sono mancati tentativi e escogitazioni di ravvisare deviazioni, ma quasi sempre sulla base di passaggi, talora non puntuali, o nelle pur mutevoli contingenze di casi di specie. Non � dato ravvisare deviazione nella sentenza Cassazione, 18 giugno 1961, n. 1324 (in F.A. 1961, II, 487). Ivi si trattava di azione proposta contro il Comune per ottenere il calcolo (nell'indennit� di legittimo esproprio) del valore di un edificio non costruito, per illegittimo diniego della licenza edilizia, in tempo anteriore, sul falso presupposto che esistesse, fin d'allora, dichiarazione di p.u.; azione, quindi, non di carattere risarcitorio, in derivazione immediata e diretta dall'illegittimit� dell'atto amministrativo, ma in derivazione dall'illiceit� dell'atto amministrativo stesso (ed era questa, non l'illegittimit�,, che veniva dichiarata incidenter a sensi dell'art. 4, legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato E); in quanto si retrotraeva, alla lontana data del diniego d� licenza sul falso presupposto della esistenza di dichiarazione p.u., la lesione delle facolt� dominicali. Tanto vero che nel corso del giudizio si faceva questione se nel computo estimativo si dovesse tener conto della presunzione juris tantum o di quella juris et de jure, rispettivamente previste nell'art. 43, I e II comma legge 25 giugno 1865, n. 2359. Neppure la decisione del Consiglio di Stato V, 27 settembre 1960, n. 677 appare citata nei suoi estremi esatti, di fatto e di diritto. Ivi si trattava di impugnativa di atto tutorio di diniego dell'autorizzazione a stare in giudizio chiesta da Amministrazione provinciale, per con venire, dinanzi all'A.G. il Ministero dell'Interno, il cassiere tesoriere provinciale, e un dipendente della Provincia, in solido per la rifusione dei danni provocati dalla illegittimit�. emissione di mandato di ufficio -riconosciuto illegittimo da precedente decisione del Consiglio di Stato -per pagamento di arretrati pretesi dal detto dipendente; ma con inequivoci riferimenti a comportamento colposo degli uffici, integrante, pertanto, un caso di respon sabilit� da illecito. Con la decisione in esame, 27 settembre 1960, n. 677, il Consiglio di Stato ha puntualizzato i limiti del potere discrezionale attribuito agli organi tutori, in sede di autorizzazione a stare in giudizio, nel senso che l'organo tutorio deve limitarsi ad una delibazione estrinseca dell'azione che si intende proporre, non costringendo la libert�, degli enti controllati, di agire in giudizio (garantita dall'art. 24 della Costituzione), con il precorrere la pronuncia del giudice, ma semplicemente valutando l'interesse dell'Ente sotto il profilo della non manifesta infondatezza della domanda. Ha quindi accolto il ricorso, principalmente, perch� la fattispecie era caratterizzata da �un fatto veramente singolare, tale da costituire una di quelle illegalit� dette comunemente di carattere macroscopico� (come aveva ritenuto la precorsa decisione di annullamento del mandato di ufficio) e che integrava estremi suscettibili di diversa configurazione, per le modalit� con le quali era stato adottato ed eseguito il mandato stesso. Solo, in via di digressione polemica, soggiunse -con opinabile excursus -che anche la questione della risarcibilit� per lesioni di interessi legittimi non poteva essere confiscata al giudice naturale (l'A.G.) �non mancando chi afferma la fondatezza della soluzione affermativa �. Tutto qui! III) La Costituzione della Repubblica (artt. 24, 103, 113) sanziona il principio della separata tutela, escludendo quella della doppia tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi giuridici. La questione non va confusa con l'ipotesi del cumulo di lesioni di diritti e interessi, ossia di lesioni incidenti su distinte situazioni l'una giuridica, tutelata direttamente, e l'altro di fatto tutelata occasionalmente. << Non � escluso, infatti che nel rapporto giuridico sia possibile individuare distinti momenti o aspetti, ciascuno dei quali dia luogo a una propria tutela giurisdizionale, la quale � determinata -come si � visto -in base alla disciplina giuridica di quel particolare momento ed aspetto; e la dottrina ha da tempo definito e precisato queste situazioni giuridiche collegate fra loro: un elencazione di esse, � stata fatta, ad esempio, dal SA.NDULLI (Collegamenti e conseguenzialit� tra diritti e interessi e relativa rilevanza ai fini delle competenze giiwisdizionali, in �Giust. Civ. n, 1958, I, 212). Ma allorch� viene in discussione un unico aspetto o momento del rapporto giuridico, cio� in sostanza, lo stesso diritto soggettivo o lo stesso interesse legittimo, la tutela giuridica non pu� essere che unica, quella propria dell'una o dell'altra posizione soggettiva; e occorre evitare allora che si rinnovino, sotto la parvenza di una non esatta impostazione dell'indagine sulla giurisdizione, l'inconveniente e gli errori che erano propri della teoria della prospettazione � (Relazione Avvocatura Gen. Stato, 1956-60, II pag. 137). La c.d. doppia tutela urterebbe, invero, contro il criterio stesso della ripartizione delle competenze (l'A.G. come giudice delle controversie di cognizione di rapporti giuridici; il Consiglio di Stato ed altri organi di giustizia amministrativa come giurisdizioni di annullamento), che -notisi -potrebbe anche venire meno, in relazione alla riserva di legge, di cui all'art. 113, ultimo comma Cost. (96). Sicch�, da un lato � stato correttamente affer mato il principio che non possa farsi.. v_alere il diritto come interesse: onde la doppia tutela _� (96) Snu, Recensione a GurcCIARDI; La giustizia amministrativa cit., in� Rass. Avv. Stato>>, 1954, p:i.g. fi'l ::::::~ "?? ::::::~ "?? 22 vietata (97), salvo che nelle fattispecie di atti in evoluzione, ci� ch� sostanzialmente conferma la separazione ontologica delle sfere di rispettiva lesione dei diritti e degli interessi (98); dall'altro pu� rilevarsi che ipotizzando l'azionabilit� di lesioni derivanti da attivit� illegittima. (e non, anche, illecita) della P.A., con l'attribuzione della competenza al Consiglio di Stato, in ordine al titolo del risarcimento, e all'A.G., in ordine all'identificazione del danno e alla sua liquidazione, si perverrebbe ad attribuire al Consiglio di Stato (laddove in tema di eccesso di potere � talora conditor juris: e questa � la ratio della esclusione di detto vizio dalla previsione dell'art. 4 L. cont.) una competenza sulla intentio, in materia, in definitiva, attribuita alla A.G., o quanto meno una competenza sulla �causa petendi ))' distraendola dalla funzione tipica della jurisdictio di cognizione, fondata sulla inscindibilit� della causa petendi e del petitum. (La diversa disciplina (97) La teoria che considera ammissibile la doppia tutela giurisdizionale in tema di violazione di diritti soggettivi, per effetto di atti amministrativi, non � recente. Essa si introdusse, sotto varie specie, nel nostro contenzioso, da prima, attraverso una non puntuale concezione della ripartizione delle competenze, attuata con la abolizione del contenzioso amministrativo, riguardata pi� come discriminazione di potest� tra P .A. e A.G. in ordine alla revocabilit� dell'atto, che come attribuzione di potest�, in corrispondenza alle lesioni prodotte dall'atto stesso (e sempre con l'anzidetto limite dell'A.G.) indi, attraverso la pretesa di far valere il diritto come interesse. Il criterio discriminatore delle competenze dell'A.G. e del Consiglio di Stato, in base al cosidetto cc petitum sostanziale� (scopo giuridico dell'azione, e base giuridica che la giustifica, indipendentemente dalla prospettazione) che importa il divieto -per la reciproca esclusione delle competenze -di far valere il diritto come interesse fu accolta, per la prima volta, dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza 24 giugno 1891, (in Giur. It., 1891 I, 3, 181; F.I., 1891, I, 118 e 961) che riconobbe, in conformit� della tesi dell'Av; vocatura Generale, -la competenza dell'A.G. Cfr. .D'AMELIO: IZ caso Laurens, dopo 40 anni di giurisprudenza, in cc Studi Cammeo�, 1933, I, 319. L'unit� di indirizzo giurisprudenziale fra i due massimi organi giurisdizionali si mantenne quasi inalterata (Cfr. D'AMELIO e ROMANO: I contrasti giurisdizionali della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato �, in �Riv. Dir. Pubbl., 1929, I, 101). Su taluni dissensi, intervennero le decisioni del Consiglio di Stato, Ad. Pl. 14 giugno 1930, n. I, II e la sentenza Sezioni Unite 17 luglio 1930 (Giur. It., 1930, III, 149 e I, I, 964, e, pi� recentemente, a ripudiar la teoria c.d. della prospettazione (dopo alcuni persistenti contrarie pronuncie) le sentenze Sezioni Unite 3 giugno 1954 e 16 marzo 1956, n. 775, ecc. (vedi Relazione Avv. Stato, 1956, 60, II, pag. 135, � nota la contraria opinione di GmoCIARDI: La Giustizia Amministrativa, cit. (vedi anche i precedenti studi citati supra, nota 51) che cc in riedizione scientificamente approfondita ed elaborata � della antica teoria sostiene la ammissibilit� contenuta negli artt. 27 e 28 O.p.p. ha suo fondamento nella unit� degli organi del potere giudiziario) � tale inscindibilit� che ha determinato l'attrazione, nella competenza esclusiva del Consiglio di Stat<>, tlelle questioni compenetrate di diritti e interessi, con la sola riserva della competenza della A.G., sulle questioni conseguenziali. Il che rende elementare l'interpretazione dello art. 30, secondo comma, T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, in ordine alla competenza dell'A.G. sulle questioni conseguenziali alla pronuncia di illegittimit� dell'atto amministrativo, limitatamente alle pronuncie in materia di competenza esclusiva. 10) Palesi ragioni di giustizia postulano che alla P.A., onerata di funzioni di giustizia obiettiva, nella realizzazione dei suoi fini pubblici, non sia creata una situazione deteriore di quella degli altri soggetti pubblici e privati. della doppia tutela giurisdizionale e la tricotomia dei vizi dell'atto (inopportunit�, illegittimit� e invalidit�) nonch� la dicotomia delle rispettive guarentigie degli interessi pubblici e privati (norme di azione e norme di relazione) per le cui lesioni -anche concorrenti -sono previste le tutele degli interessi legittimi, e dei diritti soggettivi. Al che � stato obiettato che la distinzione pu� solo coincidere in parte, con la fenomenologia giuridica (Relazione Avv. Gen. Stato 1956-60, II, p. 99); SIMI, Recensione, in cc Riv. Avv. Stato>>, 1954, p. 55) ma quando c'� l'illecito c'� un vizio assorbente dell'atto, che ha, per s�, il giudice naturale (e quindi infungibile), nell'A.G., con la tutela massima del risarcimento del danno, e del successivo annullamento da parte degli organi competenti; ond'� che siffatta protezione diretta � in�erogabile e non pu� essere rimessa alla libera d.i sponibilit� del soggetto leso. (98) Con opinabile -per quanto pregevole -processo di specificazione capillare � stata ammessa la possibilit� di coesistenza di lesioni d'interessi legittimi e diritti soggettivi, in conseguenza di uno stesso atto (nelle c.d. concessioni-contratto; -C. Stato, V, 1 giugno 1949, n. 458) o di un unico procedimento amministrativo; con la conseguente proponibilit� di autonomi mezzi di difesa, rispettivamente, dinanzi ai giudici amministrativi e al giudice ordinario. Non si realizza, peraltro, cc doppia tutela � con possibilit� di far valere il diritto come interesse, sibbene l'ipotesi di incidenze separabili, su interessi legittimi (nel corso del procedimento) e su diritti (nella conclusione del procedimento stesso) (C. Stato, IV, 20 dicembre 1950, n. 619; Ad. Pl. 17 dicembre 1951, n. 10, in tema di imposizioni tributarie da parte dei Comuni). LANDI E POTENZA, Manuale cit., pp. 576, 577 e nota 23 con bibl. Tuttavia, contra Relazione dell'Avv. Gen. Stato 1956-60, II, p. 137. In senso conforme alla tesi dell'Avvocatura dello Stato, Sezioni Unite 31 gennaio 1958 (in tema.. di. imponibile di manodopera) 16 luglio 1959 (in tema di imposizioni di sovracanoni nel procedimento amministrativo per la determinazione dei bacini, ritenuto atto non autonomo -rispetto a quello terminale -che incida su diritti soggettivi). Relazione cit. p. 138 segg.. T E T E -23 'Sperequazione siffatta, de jiire condendo (attraverso riforme che non potrebbero aver luogo, certamente, per legge ordinaria, significherebbe insanabile contrasto con la funzione costituzionale attribuita all'amministrazione, come potere della sovranit�, perci� non dissociabile dalla cc giustizia e dalla imparzialit� �. Non possono -in contrario -essere invocate, utilmente, fra le ragioni di giustizia, le fattispecie che la dottrina ha tratto dal diritto privato, ravvisando in esse ipotesi di lesioni di interessi legittimi; in ordine ai quali � stato osservato dianzi, trattarsi di miraggi, in apparenza ricollegabili alle figure degli interessi, ma, in sostanza riconducibili alle situazioni di diritto soggettivo. Le testimonianze della Commissione Forti appaiono non pertinenti, poich� l'art. 68 dello schema di legge generale sulla P .A. si riferiva a ipotesi di violazioni di norme cc idonee a costituire tutela per i singoli n e di << norme di comune prudenza �; concetto ricollegabile alla responsabilit� per atti illeciti; e l'opinione dello Zanobini, circa una sup posta recente giurisprudenza favorevole alla risarcibilit� delle lesioni di interessi legittimi, si riferisce, ovviamente, al caso della lesione di diritti affievoliti. La fragilit� della costruzione. appare d,11i. ultini.o evidente, laddove si insta per l'ammissione di una attenuata risarcibilit� nei casi, nei quali la tutela, accordata dalla legge agli interessi legittimi, si estende anche alla tutela dell'interesse individuale. Invero la questione si pone come problema di nesso eziologico, che l'ipotetica fattispecie legale offra, eventualmente, all'indagine dell'interprete. L'ampliamento de la sfera di responsabilit� della P. A., fino a .ricomprendervi la risarcibilit� di lesioni di interessi dei singoli, importf!'ebbe -con l'eliminazione del principio di protezione occasionale riflessa -la negazione della discrezionaJit� della stessa P. A. e la confisca del concetto stesso di pubblico servizio, la cui lesione ne postula, bens�, il ripristino, ma unitariamente, e non attraverso una frantumazione di responsabilit� patrimonial0 verso i singoli. DARIO FOLIGNO AVVOCATO DELLO STATO 3CT j?3?3CT j?3? P' JF?3? ' TR E CONSULENZA E DIFESA IN GIUDIZIO DELLO STATO,. DEI SUOI ORGANI SUPREMI E DELLE REGIONI (CON RIGUARDO SPECIALMENTE AI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE) Conversazione tenuta il 3 dicembre 1960, da S. E. prof, Nicola Jaeger, Giudice della Corte costituzionale, al Centro italiano studi amministrativi -Sezione lombarda. Eccellenze, signori, amici, colleghi. Sento il dovere di precisare anzitutto, anche per evitare eccessive delusioni, che in verit� io non mi propongo di farvi una relazione vera e propria sul tema che avete sentito leggere. L'ho proposto io stesso -� verissimo -all'amico Locati, ma quale argomento di discussione fra gli intervenuti, non come tema di una relazione, che io potessi e dovessi svolgere; e ci� per evidenti ragioni, trattandosi di materia in gran parte ancora sub iudice, e di un giudice che � precisamente la Corte costituzionale! Sarebbe evidentemente scorretto che io esprimessi la mia opinione personale su problemi che dovr�, forse, concorrere a risolvere insieme con tutti i miei colleghi, e dopo avere ascoltato l'opinione di tutti. E poich� ritengo che una relazione dovrebbe esprimere le conclusioni del relatore (anche se talvolta, in qualche convegno, �. dopo avere ascoltato attentamente un relatore, ci siamo domandati quale fosse veramente la sua opinione ... ), devo rifiutarmi di accettare una denominazione simile per le brevi parole che mi accingo a dirvi, le quali hanno veramente soltanto lo scopo di richiamare la vostra attenzione su alcuni problemi concernenti i processi costituzionali, e particolarmente i giudizi su conflitti di attribuzione. In tutti questi tipi di processi � prevista la partecipazione attiva di patroni, chiamati a sostenere le domande dei vari soggetti processuali (enti ed organi, oppure individui privati). La norma generale, contenuta nell'art. 20 della legge (ordinaria) 11 marzo 1953, n. 87, dispone: cc Nei procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale la rappresentanza e la difesa delle parti pu� essere affidata soltanto ad avvocati abilitati al paprocinio innanzi alla Corte di Cassazione. cc Gli organi dello Stato e delle regioni hanno diritto di intervenire in giudizio. cc Il Governo, anche quando intervenga nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro a ci� delegato, � rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato o da un suo sostituto >>. L'attuazione di questa disposizione non ha presentato, nella pratica degli anni decorsi finora, particolari difficolt�: s1 e avuto normalmente l'intervento del Presidente del Consiglio, rappresentato or dall'uno or dall'altro sostituto dello Avvocato generale, ed anche la costituzione delle� parti (come le ha chiamate la legge, alludendo verosimilmente a coloro che erano parti del procedimento principale, di merito nel corso del quale fosse stata sollevata la questione di legittimit� costituzionale deferita al giudizio della Corte), ha avuto luogo nella maggior parte dei casi, nei quali la questione era stata proposta in via inci dentale. Quando tale questione era stata proposta, invece, in via principale -dallo Stato contr�' una legge regionale o da una Regione contro una legge dello Stato -e nei casi di conflitto. di attribuzione fra lo Stato e una Regione, il Presidente del Consiglio si � costituito attraverso l'Avvocatura generale e quello della Regione si � fatto rappresentare e difendere da avvocati del libero Foro. Non si sono avuti finora -e i componenti della Corte sono ben lontani dal dolersene casi di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato che rientmssero nella competenza della Corte costituzionale, in quanto insorti cc tra organi competenti a dichiarare definitivamente lai volont� del potere cui appartengono, e per lai delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali>), secondo la formula dell'art. 37 della legge citata. Come � noto, gli scrittori hanno interpretato questa norma nel senso che conflitti simili possano insorgere solo fra gli organi supremi di ogni potere (legislativo, amministrativo o giudiziario) ed hanno fatto varie esemplificazioni, ipotizzando conflitti fra il Parlamento e :il Governo, fra l'uno e l'altro ramo del Parlamento, fra Governo o Parlamento e l'Ordine giudiziario (impersonato dalla Corte suprema di cassazione) o fra ognuno di essi e il Presidente della Repubblica. In tali ipotesi, a norma della legge n. 87 <( Salvo il caso previsto nell'ultimo comma. dell'ai_rt.... 2Q: (per la rappresentanza e la difesa giudiziale del Governo, intervenuto in persona del Presidente del Consiglio o di un Ministro delegato), gli organi interessati, quando non compaiano perso -25 nalmente, possono essere difesi e rappresentati da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori� (art. 37 citato, ultimo comma). Dalla esperienza di questi anni risulta che il peso pi� gravoso dei processi in materia costituzionale (se si prescinde -come devo fare -da quello che grava sui giudici della Corte ... ) � sopportato dai valorosi componenti dell'Avvocatura generale dello Stato, presenti a tutte le udienze e impegnati a difendere, di volta in volta, le norme denunciate come viziate di incostituzionalit� o le attribuzioni dello Stato in contraddittorio con una Regione o quelle di una Regione contro una Provincia autonoma (sono casi che si presentano per la Regione del Trentino- Alto Adige), o taluni enti pubblici, come quelli per la riforma fondiaria. Si tratta di un lavoro assiduo e difficile, anche perch� non sempre assistito dalla collaborazione, diligente come dovrebbe essere, dei... clienti, vale a dire degli organi dell'Amministrazione attiva, rispetto ai quali l'Avvocatura non sembra trovarsi nella posizione di supremazia tecnica -se si pu� dir cos� -che un professionista libero e consapevole delle proprie responsabilit� ha il diritto e il dovere di pretendere riconosciuta da coloro che richiedono il suo patrocinio. N� si pu� escludere l'eventualit� che, qualche volta, i rappresentanti dell'Avvocatura generale possano trovarsi nella necessit� di sostenere tesi contraddittorie nella discussione di controversie diverse, magari nel corso della stessa udienza: a proposito, per esempio, della possibilit� di configurare l'esistenza di un diritto comune delle regioni e l'ammissibilit� del ricorso analogico alle norme dello statuto dell'una ai fini della migliore interpretazione di quelle dello statuto di un'altra. Si tratta di una questione assai delicata e che trover�, forse, soluzione �quando saranno costituite tutte le regioni a statuto comune (per la Corte costituzionale il problema non si pone, evidentemente, in termini politici, ma solo in quelli di adempimento o di abrogazione, con legge costituzionale , delle norme della Costituzione vigente); in tal caso, infatti, si potr� sicuramente parlare di un diritto comune delle regioni, contenente i principi generali, rispetto ai quali le norme degli statuti speciali avranno chiaro carattere eccezionale e potranno e dovranno essere interpretate restrittivamente, non senza vantaggio per l'unit� giuridica e la coerenza dell'ordinamento dello Stato. � probabile che molti di voi abbiano letto ripetutamente, in giornali e riviste politiche, espressioni di meraviglia o anche di critica nei riguardi dell'attivit� dell'Avvocatura generale dello Stato, svolta a sostegno di tesi di legittimit� costituzionale di norme, che poi la Corte ha ritenuto di dover dichiarare illegittime. Si tratta di valutazioni di ordine politico, che dovrebbero quindi riferirsi, se mai, non all'opera dell'Avvocatura, ma alle direttive seguite dagli organi politici, e che non tengono conto della utilit� -oserei dire dell'indispensabilit� -del l'osservanza del principio del contraddittorio in ogni tipo o figura di processo. Gli avvocati dello Stato vengono a discutere davanti alla Corte �Costituzionale con uno stile proprio di uomini preparati e coscienziosi, i quali sanno che � loro compito prospettare al. giudici tutti gli argomenti adducibili a favore di una tesi, tanto pi� in quanto non ignorano che i giudici ascoltano tali argomenti con la stessa serenit� con cui hanno ascoltato o ascolteranno quelli opposti, per valutare poi, nella propria coscienza, il peso degli uni e quello degli altri. Ed io sento il dovere di rendere omaggio ai valorosi rappresentanti dell'Avvocatura per la collaborazione preziosa che essi danno quotidianamente alla nostra fatica. Vorrei chiedervi, per�, dopo questa sommaria esposizione del modo in cui � stata i�egolata legislativamente la partecipazione dei difensori dello Stato nei processi costituzionali, se vi sembra che tale regolamento sia proprio perfetto e tale da evitare ogni inconveniente, anche a paragone dei metodi, cui si ispira invece normalmente l'attivit� del difensore: beninteso, del difensore che abbia piena consapevolezza della propria missione e dei doveri che ne derivano. Solo persone assolutamente profane del diritto possono concepire limitato il compito dell'avvocato alla difesa del proprio cliente in giudizio. Tutti coloro che sono presenti qui sanno bene che, sotto certi aspetti, � invece assai pi� importante l'attivit� stragiudiziale o, quanto meno, pre-giudiziale. Il cliente avveduto va a consultare il proprio difensore molto prima di essere convenuto in giudizio; tanto meno pretenderebbe di imporgli l'una o l'altra presa di posizione processuale, che -ad ogni modo -un patrono serio non potrebbe accettare senza vagliarla accuratamente. Ora che, dopo diversi anni di esperienza, abbiamo tutti delle idee molto pi� chiare sulla estensione dei giudizi in materia costituzionale, e la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto e :fissato i principi direttivi della interpretazione della Costituzione, sembrerebbe giunto il momento che gli organi del potere legislativo e dell'esecutivo si curassero, con particolare diligenza, degli aspetti e dei riflessi costituzionali della loro attivit�. Nelle due camere del Parlamento e nella composizione dei governi che si sono succeduti in questi anni non sono mancati, certamente, i giuristi anche di alto e riconosciuto valore; ma, quando � si tratta di deliberare un provvedimento legislativo o amministrativo, � ben naturale e giusto che anche essi si preoccupino, anzitutto, del problema politico o tecnico che devono risolvere, rispetto al quale certi limiti di ordine giuridico :finiscono per essere piuttosto coordinati -se non subordinati -che sopraordinati, come vorrebbe la Costituzione, anche perch� -� risaputo -n� il medico rinomato n� il giurista-sommo pu� essere buon giudice nella causa propria.-~ Se � vero che nel compito del difensore � com presa anche una attivit� preliminare, di consi glio e di cautela preventiva, e che tutte le im -26 prese bene orgaRizzate hanno propri uffici legali e sanno servirsene. non soltanto per la difesa giu diziale, ma anche per sentirne il parere al mo mento della stipulazione dei propri contratti, ci si pu� domandare se lo Stato abbia risolto perfet tamente i problemi analoghi che oggi si pongono anche per esso, dato che vi � una Costituzione rigida e vi � una Corte decisa a farla rispettare, ogni qualvolta concorrano i presupposti (piuttosto rigorosi, come � noto) richiesti per il suo giudizio. Gli uffici legislativi, dispersi non molto provvidamente presso i vari ministeri e formati da persone egregie, ma spesso poco adusate al com battimento forense e alle tensioni relative, ri. spondono pienamente allo scopo? Potrebbe essere pi� utile attribuire all'Avvocatura generale dello Stato una funzione consultiva anche in questa materia -dei problemi di legittimit� costituzio nale delle leggi -dato che proprio gli avvocati sono particolarmente allenati a prevedere le ecce zioni avversarie, supponendosi investiti del com" pito spettante alla parte opposta, e, nel caso, proprio gli avvocati dello Stato sono stati chia mati per anni e anni a difendere, con alterne vicende, la legittimit� costituzionale di tante norme denunciate come illegittime? E come potrebbe essere meglio coordinato il patrocinio dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici o dei loro organi, fra i quali insor gono, pi� spesso di quanto non si prevedesse, conflitti di attribuzione (e di prestigio), che esi gono insieme pronte decisioni ed oculata prepa razione? L'estensione dei metodi e delle misure propri del processo a campi del tutto nuovi pone, come vedete, problemi imprevisti e di estrema delica tezza. Dobbiamo augurarci che essi vengano stu diati a fondo e risolti con adeguata coscienza della loro importanza e con la necessaria tem pestivit�. * * * La chiarezza del discorso e la personalit� di chi lo ha pronunciato renderebbero del tutto superflua ogni ulteriore considerazione in merito all'argomento trattato con tanta acutezza e con cos� prof onda co~ noscenza dei problemi pratici connessi alle esigenze della consulenza e della difesa dello Stato, dei suoi Organi Supremi e delle Regioni dinanzi la Suprema Giurisdizione Costituzionale. Ci sia, tuttavia, consentito, nell'esprimere la nostra grata soddisfazione per questo nuovo rico noscimento che ci viene da chi, per le altissime funzioni esercitate, � meglio in grado di valutare le difficolt� del compito affidato agli avvocati dello Stato, ponendolo al suo giusto posto nel quadro del nostro ordinamento giuridico, di sottolineare le ragioni, cos� chiaramente poste in luce, che im pongono di regolare con precise norme la materia delicata e complessa della consulenza costituzionale per attribuirne la funzione all'organo meglio quali ficato, determinandone le forme ed i limiti. L'esperienza d'oltre sette anni di fun.zionamento della Corte Costituzionale che, con impareggiabile sapienza e saggezza ha posto le fondamenta di una solida giurisprudenza ed ha fissato i principi direttivi della interpretazione della Car_~a Costituzionale, consiglia indubbiamente di riservare istituzionalmente all'Avvocatura Generale dello Stato la consulenza in materia costituzionale; di affidarla cio� al Corpo degli Avvocati che, ormai da molti anni, sono chiamati a difendere la legittimit� costituzionale delle leggi e sono, come viene acutamente rile-. vato, � particolarmente allenati a prevedere le eccezioni avversarie supponendosi investiti del compito. spettante alla parte opposta n. Si eliminerebbe cos� l'attuale stato di incertez.za e si predisporrebbe un sistema, chiamandosi a collaborare l'organo pi� qualificato, diretto ad assicurare, nella deliberazione dei provvedimenti legislativi o amministrativi l'osservanza di quei limiti di ordine giuridico-costituzionale che, come giustamente viene osservato, attualmente << finiscono per essere piuttosto coordinati, se non subordinati, che sopraordinati, come vorrebbe la Costituzione ... n. Evidenti sarebbero i vantaggi del sistema: l'accentramento in un unico organo, particolarmente qualificato, consentirebbe di seguire, anche nella mate-. ria consultiva costituzionale, quell'unit� d'indirizzo, quella visione organica dell'insieme dell'ordinamento costituzionale, che attualmente � resa difficile dall'intervento di fatto di organi amministrativi di diversa costituzione e di diversa preparazione tecnica. Inoltre un sistematico intervento dell'organo di consulenza varrebbe, verosimilmente, a ridurre sia i casi di norme di legge ordinaria che offran? il fianco ad appunU di costituzionalit� sia i casi di provvedimenti amministrativi che possano dar luogo a conflitti di .ttribuzione. In quest'ultimo settore �, infatti, da prevedere che l'attuazione del-, l'ordinamento regionale non potr� mancare di aumentare le vertenze fra Stato e Regioni. Compiuta ormai, in gran parte, la revisione (che avrebbe dovuto essere effettuata tempestivamente dal legislatore ordinario) delle leggi anteriori alla Costitiizione attraverso l'attivit� della Corte, che ha costituito anche uno stimolo utilissimo all'attivit� del Parlamento, in avvenire il sindacato di costituzio �nalit� si eserciter� prevalentemente su leggi emanate, non solo dopo l'entrata in vigore della nuova. Carta Costituzionale, ma anche dopo. che la Corte Costituzionale ne ha posto, con la sua ampia attivit� giurisdizionale, i principi fondamentali interpretativi. � evidente che il Parlamento, l'Esecutivo, gli Organi Legislativi ed Esecutivi Regionali dovranno�, vagliare la legittimit� costituzionale delle nuove leggi e degli atti amministrativi che possano dar. luogo a conflitti d'attribuzione al lume della giurisprudenza della Corte, se non vorranno incorrere in vizi di legittimit�; ed � altrettanto evidente che il giudizio della Corte assumer� uri; rilievo. molto maggiore di quanto non possa averne avuto il �sin�a-~ cato di legittimit� esercitato sulle leggi anteriori7 emanate senza un preventivo vaglio di legittimit� costituzionale da parte del Parlamento-. -27 Se cos� � non ,pu� apparire dubbia l'esigenza di apprestare ogni strumento che sia da reputare il pi� idoneo ad illuminare il Parlamento e l'Esecutivo, in base agli indirizzi segnati dalla Corte Costituzionale, cos� nella emanazione delle norme di legge ordinaria che nell'emanazione di atti che possano dar luogo a conflitti d'attribuzione. E ci sia consentito di concludere con le parole dell'illustre giurista: � se � vero che nel compito del difensore � compresa anche una attivit� preliminare di consiglio e di cautela preventiva e che tutte le imprese bene organizzate hanno -propri uffici legali e sanno servirs�n� �non soltanto per la difesa giudiziale, ma anche per sentirne il parere al momento della stipulazione dei propri contratti, ci si pu� domandare se lo Stato abbia .ri.solto periettamente i problemi analoghi che oggi si pon� gono anche per esso, dato che vi � una Costituzione rigida e vi � una Corte decisa a farla rispettare, ogni qualvolta concorrano i presupposti (piuttosto rigorosi come � noto) richiesti per il su� giudizio n. ANCORA SU." QUESTIONE DI COMPETENZA COSTITUZIONALE EGIURISDIZIONE,, Della tutela dell'interesse del cittadino al rispetto delle norme di competenza costituzionale e, consernentemente, della potest� giurisdizionale dell'a;_ torit� giudiziaria ordinaria e del Consiglio di Stato sulla questione di competenza costituzionale si sono recentemente occupati, fra gli altri, il GROTTANELLI D� SANTI (I conflitti di attribuzione fra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni, Milano 1961, pag. 89) e il PmRANDREI (Due problemi in t;ma di rapporti fra i giudizi comuni e i giudizi sui conflitti di attribuzione davanti alla Oorte Oostitwzionale, in � Giur. it. �, 1962, col. 721, in nota alla sentenza del Tribunale di Cagliari, 16 maggio 1958, il cui testo � integralmente riportato in � Giur. Oost. �, 1960, 1040). Entrambi gli autori dianzi citati mostrano di dissentire dalla tesi, da noi sostenuta (Questione di competenza costituzionale e giurisdizione in questa �Rassegna �, 1960, p. 65; vedasi anche, in questa stessa� Rassegna�, 1957, p. 188; 1959, p. 19 e p. 51; 1962, p. 72); ma n~ssuno dei due p_orta argomenti, che, a nostro aVVIso, valgano a dimo strarne la non corrispondenza alle norme vigenti. n Grottanelli d� Santi, anzi, molto obiettivamente indica un altro argomento a favore della nostra tesi ed avverte che essa trova rispondenza nella dottrina tedesca: �l'effetto paralizzante proprio delle norme costituzionali nei confronti delle attivit� statali, giurisdizionali ed esecutive, che avrebbe sostanzialmente sottratto al giudice comune la possibilit� d'interpretare le norme costituzionali di competenza e con essa il potere di annullamento di atti, che, sotto il profilo del vizio appunto d'incompetenza costituzionale, spetta soltanto alla Oorte Costituzionale �. Il predetto autore, dopo aver avvertito che non intende affrontare �la grossa questione della ine . sistenza di un interesse legittimo costituzionale del privato � (premessa e fondamento della nostra tesi) afferma che, a suo avviso, non � possibile negare alla luce dell'art. 113 Oost., l'impugnabilit� a.inanzi al giudice amministrativo da parte del privato di un atto, che si ritenga emanato, dallo Stato o dalla Regione, fuori dei limiti costituzionali di competenza propri di tali enti e che sia lesivo degli interessi legittimi del privato. Sulla base di questa premessa -postulata, ma non dimostrata -l'autore esamina come si possa evitare il conflitto di giudicati fra il Consiglio di Stato e la Corte Oostituzionale, non escludendo, peraltro, che sul terreno pratico la questione poss:1 essere risolta con una sentenza della Corte Oost1tuzionale, la quale affermi an~ora.una vol~a l'unicit� della giurisdizione costituzionale (11 precedente, cui l'autore espressamente si riferisce � la sentenza n. 38 del 1957, con la quale la Oorte sanzion� la cessazione delle funzioni dell'Alt~ Oorte per la Regione siciliana; sulla possibilit� pratica di ottenere sulla questione un'espressa pronunzia della Oorte Oostituzionale in sede di risoluzione di un conflitto di attribuzione vedasi, GVGLmLMI: I confiitti di attribuzione fra i Poteri dello Stato ne �La OorteOostituzionale �,Roma, 1957, p. 399 seg.). Il Pierandrei si libera ancora pi� rapidamente della nostra tesi, affermando in due brevi note (3 e 15) che essa Ǐ affatto inaccettabile� e �va senz'altro disattesa� perch� i privati verrebbero a trovarsi privi di tutela giurisdizionale, e passa, poi, ad esaminare due questioni: se il conflitto di attribuzione costituzionale possa o debba essere sollevato in via incidentale nel corso di un processo; se, instaurato contemporaneamente un processo innanzi le giurisdizioni comuni e un conflitto di attribuzione innanzi la Oorte Oostituzionale il giudice comune possa o debba sospendere il processo in attesa della decisione della Oorte. La posizione del Grottanelli d� Santi � comprensibile, anche se -a nostro avviso -pecca nel dare per dimostrata una premessa, che avrebbe bisogno di congrua dimostrazione e che l'autore stesso riconosce involgere una grossa questione. Presupposto della giurisdizione � una situazione giuridica soggettiva, tutelata in via diretta od occasionale, onde la conseguenza che l'accertamento di� questa � preliminare alla sussistenza della giurisdizione. Incomprensibile, invece, � la posizione del Pierandrei. Non comprendiamo, infatti, perch� la nostra tesi sia affatto inaccettabile e vada senz'altro disattesa, quando, invece, essa � la premessa necessaria alla prinia delle questioni esaminate, decisa favorevolmente dal Tribunale di Cagliari e sulla quale si sono pronunziati, in senso affermativo, il Lavagna e il Selvaggi. In tanto, infatti, si pone il problema della possibilit� di sollevare in via incidentale il conflitto di attribuzione, in quanto si neghi che sulla questione sussista la giurisdizione comune. Oontrariamente opinando il giudice adito deciderebbe la questione senza alcuna necessit� di sottoporla alla Corte Costituzionale. D'altra parte, lo stesso autore riconosce che �il nostro ordinamento configura i conflitti come contrasti, che si manifestano sul piano pi� elevato della vita della Repubblica, cio� sul piano costituzionale, fra gli elementi o i fattori essenziali del sistema, che disputano circa la titolarit� o i limiti delle rispettive competenze � e che, appunto per ci�, in sede di esame ed approvazione di quella, che sarebbe stata, poi, la legge 11 marzo 1953, n. 87, non avevano avuto seguito le proposte intese ad autorizzare una proposizione del conflitto in via incidentale o, comunque, da parte di un soggetto diverso dai due Enti in contrasto (vedansi Atti parlamentari -Discussioni, seduta del 14 marzo 1951 e 4 marzo 1953, pp. 27108-27110 e 46808 seg.; vedasi anche in questa� <<Rass~gna: �, 1950, p. 162 e 1960, p. 67). J.J'errore comune a entrambi gli autori, di cui si � riportata l'opinione, � che la nostra tesi, oltre che negare ogni tutela all'interesse del privato, ifilM W=ii1ll ifilM W=ii1ll ;;z M ��?' ?T?fi -29 priverebbe, senza un'espressa disposizione di legge, il Consiglio di Stato di una parte della sua giurisdizione. Questa affermazione �, a nostro avviso, profondamente errata, perch� non tiene conto che la ripartizione costituzionale di competenza fra Stato e Regioni o fra Regioni (e, con carattere rigido, fra i Poteri dello Stato) � propria ed originaria della Costituzione repubblicana, la quale ha istituito la Corte Costituzionale, proprio per giudicare, fra l'altro, dei conflitti fra i predetti Enti (o Poteri) in merito alla sfera di competenza a ciascuno di essi attribuita dalla Costituzione. Prima di questa non sussisteva ripartizione costituzionale (quanto meno rigida) di competenza, n� sussistevano i conflitti di attribuzione costituzionale, n� un organo istituito per risolverli autoritativamente; conseguentemente, non esisteva un interesse del privato al rispetto delle norme costituzionali sulla competenza, n� era ipotizzabile una giurisdizione in proposito dell'autorit� giudiziaria ordinaria o del Consiglio di Stato. Non si tratta, quindi, di ricercare una norma, che abbia ridotto la giurisdizione dei giudici comuni; ma di individuare la norma che abbia ad essi attribuito questa nuova giurisdizione a tutela di nuove situazioni giuridiche soggettive. .A. questo proposito, peraltro, riteniamo opportuno soffermarci su di un particolare aspetto della questione, che ci era, almeno in parte, precedentemente sfuggito. Il vizio di competenza, di cui all'art. 26 Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, � un vizio di competenza, non di attribuzione; attiene, cio�, alla ripartizione fra i vari organi dello Stato-Amministrazione o di altro Ente pubblico delle funzioni ad esso attribuite. La competenza amministrativa, almeno a questi effetti, sta all'attribuzione come la competenza giudiziaria sta alla giurisdizione. Di vizio di competenza, da far valere con ricorso al Consiglio di Stato a tutela dell'interesse legittimo del privato cittadino al ripetto, da parte degli organi della pubblica Amministrazione, delle norme, che fra loro ripartiscono le attribuzioni dell'ente, pu� parlarsi, perci�, solo se un organo di un ente abbia esorbitato dai limiti della sua competenza, ma sempre restando nella sfera di attribuzioni dell'ente. Se il suo atto esorbita da queste ultime, esso � viziato non gi� per incompetenza, ma per difetto di attribuzi�'ne o incompetenza assoluta e, conseguentemente, � idoneo a ledere, se mai, diritti soggettivi, non interessi legittimi del privato cittadino. La questione va posta, pertanto, con;riferimt:into alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria piuttosto che del Consiglio di Stato, giudice del vizio d'incompetenza ordinaria, relativa, non dell'attribuzione costituzionale. Escluso che sussista in materia la giurisdizione dei giudici comuni (autorit� giudiziaria ordinaria e Consiglio di Stato), escluso, cio�, che sussista una attribuzione del Potere giurisdizionale ed esclusa, altres�, per il testuale preciso disposto della legge 11 marzo 1953, n. 87, la possibilit� di promuovere in via incidentale la questione della competenza costituzionale ad emanare l'atto amministrativo, resta da esaminare un ultimo aspetto della questione, che, almeno ex-professo, non ci risulta sia stato ancora esaminato. Intendiamo riferirci all'art. 5 legge 20 marzo 1865, allegato E ed alla sua applicabilit� all'atto vfaiato d'incompetenza costituzionale. Se fosse lecito al giudice disapplicare, ai sensi dell'art. 5 citato, l'atto emanato dall'organo di un Ente (o di un Potere) senza il rispetto dei limiti costituzionali di attribuzione dell'Ente (o del Pbtere), se, cio�, il giudizio sull'illegalit� dell'atto, presupposto della sua disapplicazione, non costituisse esercizio di funzione giurisdizionale, verrebbero meno i lamentati inconvenienti del sistema. Non potrebbe mai verificarsi conflitto di giudicati perch� la sentenza, che, disapplicato l'atto ritenuto viziato d'incompetenza costituzionale, decidesse sulla pretesa sostanziale fatta valere dall'attore, non costituirebbe giudicato sulla questione di competenza costituzionale~ decisa solo in via incidentale e con effetti limitati al caso deciso. D'altra parte, con la disapplicazione dell'atto non si negherebbe ogni tutela -ancorch� mediata -all'interesse del privato al rispetto delle norme sulla competenza costituzionale. Riteniamo, per�, che l'art. 5 legge 20 marzo 1865, allegato E non sia applicabile al caso in esame, perch� anche il giudizio sulla legalit� dell'atto e la sua conseguente disapplicazione costituiscono esercizio di funzione giurisdizionale, che non sussiste nella materia costituzionale, riservata esclusivamente al giudizio della Corte Costituzionale. G. G. RACCOLTA� DI G_IURISPRUDENZA ' ' ' ' ' . ' ~� . CORTE COSTITUZIONALE COSTITUZIONE -SCIOPERO -Coazione alla Pubblica autorit� -Sciopero a scopo' di soUdariet� Incostituzionalit� della �normativa -Questione infondata -Limiti. (Corte Cost�tuzionale, Sentenza � n. 123 del 1962 -Pres.! Ambrosini; Rel.: Mortati). Sebbene, salva la neoessaria regolamentazione del diritto d� sciopero, non siano illegittimi gli articoli 330 (abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi, s.erviz~ o lavori), 504 (coazione alla pubbli�a autorit� mediante serrata o sciopero), 505 (serrata o sciopero a scopo di solidariet� o di protesta) Codice penale, il giudice,, ordinario non pu� irrogare le sanzioni previste nell'art. 330 ai lavoratori addetti ad imprese di servizi pubblici, n� le sanzioni pr�viste negli articoli 504 e 505, se di natura economica siano le finalit� dei loro comportamenti. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. 1. L'ordinanza del Tribunale di Livorno propone due specie di questioni. La prima riguarda la cpmpatibilit� con l'art. 40 della Costituzione, che garantisce il diritto soggettivo di sciopero, dell'art. 330 O. p. il quale punisce come delitti contro la P. ,�.. l'abbandono collettivo del lavoro effettuato dagli appartenenti a quattro categorie di personale, e cio� i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblici servizi aventi la qualifica di impiegati, i privati che, senza essere organizzati in imprese, eserciscono servizi pubblici o di pubblica necessit�, e infine i dipendenti da imprese che attendono ai servizi ora detti. La seconda questione si riferisce alle ipotesi di sciopero previste dagli articoli 504 e 505 (inclusi nel titolo VIII, allo scopo di esercitare coazione sulla pubblica autorit�, e, rispettivamente, di esprimere una protesta, o di manifestare la solidariet� con altri lavoratori. 2. I1a Corte ha gi� avuto occasione di pronunciarsi sull'interpretazione dell'art. 40 della Costituzione e con sentenza n. 29 del 1960, presupposta la immediata precettivit� del medesimo anche nell'attuale periodo di carenza della legge cui esso rinvia, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 502, 2� comma, C. p., che puniva lo sciopero economico di lavoratori legati da rapporto contrattuale di lavoro, nella considerazione che dovesse ritenersi decaduto per effetto sia della soppressione dell'ordinamento corporativo dal quale traeva l'esclusivo suo fondamento, sia del principio della libert� sindacale sancito dall'art. 39 della Costituzione. Con altra sentenza (n. 46 del 1958), statuendo sulla questione sottopostale della costituzionalit� dell'art. 333 C. p., ha poi ritenuto che anche l'astensione dal lavoro da parte di singoli appartenenti alle categorie di addetti ai pubblici uffici, servizi, lavori ivi considerati, deve rimanere immune dalle sanzioni penali quando si dimostri che la medesima abbia avuto luogo al fine di partecipare ad uno sciopero, e semprech� questo sia da considerare legittimo. Il principio, implicito in quest'ultima pronuncia, deve essere confermato. Ma insieme devono essere ricercati i limiti (coessenziali ad esso, come a qualsiasi altra specie di diritto) entro cui il suo esercizio pu� ritenersi consentito. Nel pror.edere a tale ricerca, resa necessaria dal mancato adempimento da parte del legislatore dell'imperativo a lui imposto dall'art. 40, la Corte gode di un potere pi� ristretto di quello proprio dell'organo legislativo, essendole consentito di far valere solo quelle, fra le possibili limitazioni, che si desumano in modo necessario o dal concetto stesso dello sciopero (qual'� derivato dalla tradizione accolta dal costituente, e che si concreta nell'astensione totale dal lavoro da parte di pi� lavoratori subordinati al fine della difesa dei loro interesse economici), oppure dalla necessit� di contemplare le esigenze dell'autotutela di categoria con le aitre discendenti da interessi generali i quali trovano diretta protezione in principi consacrati nella stessa Costituzione. 3. Poich� l'esame della Corte sulla questione prospettata deve rimanere circoscrltto (a termine dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87) nell'ambito segnato dalla rilevanza che la sua soluzione riveste per poter giungere alla decisione del giudizio di merito, in occasione del quale essa � stata proposta, giudizio vertente nella specie nella materia dello sciopero di lavoratori addetti ad imprese di servizi pubblici, si rende necessario accertare se nel sistema della Costituzione si riscontrino elementi idonei ad escludere o� limitare il diritto garantito dall'art. 40 in confronto a qnella determinata categoria di prestatori d'opera. Non sembra che l'indagine cos� proposta trovi un ostacolo pregiudiziale nella lettera dell'art. 40, come si afferma da chi ritiene che questa consenta EfilIDifilRT T?�JkU ?FFFFEHW: EfilIDifilRT T?�JkU ?FFFFEHW: -31 limiti pertinenti solo all'esercizfo del diritto, non gi� alla sua titolarit�, con la consegu.enza di dover riconoscere la legittimazione attiva all'esercizio stesso agli appartenenti a �qualsiasi categoria di prestatori d'opera. Infatti il potere di regolamentazione che la Costituzione affida alla legge ha per oggetto il diritto di sciopero in genere, e quindi appare suscettibile di rivolgersi a ciascuno degli elementi che entrano a comporlo, compresi iri essi anche i soggetti che ne possono essere titolari, semprech� tali eventuali limitazioni di carattere soggettivo possano �apparire imposte dall'esigenza di salvaguardare quegli interessi generali cui si � fatto riferimento. 4. Pertanto, per decidere circa l'attuale applicabilit� dell'art. 330 ai personali ivi considerati appare necessari<'> rendersi conto della natura delle funzioni affidate alla cura dei medesimi. Si pu� nella specie prescindere dall'esame, che sarebbe pregiudiziale, in ordine alla fondatezza del dubbio che � stato sollev�to, vertente sull'att�ale applicabilit�,, per opera dell'interprete, e fino a quando non sia intervenuta la nuova regolamentazione legislativa del diritto di sciopero, delle sanzioni penali corrispondenti alle fattispecie criminose previste da un codice penale ispirato, per quanto riguarda la materia in oggetto, ad una ideologia ed a principi in tutto contrastanti con quelli cui si informa il vigente sistema costituzionale. Se ne pu� prescindere perch�, se pure il dubbio prospettato si dovesse risolvere nel senso della sopravvivenza delle norme in parola, la loro applicabilit� sarebbe ammissibile solo condizionatamente al rispetto del principio gi� enunciato, e cio� entro i limiti in cui la perseguibilit� penale dello sciopero appaia necessitato dal bisogno di salvaguardare dal danno dal medesimo derivante il nucleo degli interessi generali assolutamente preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela di categoria. Ora la Corte ritiene che i servizi pubblici del genere di quelli di cui � discussione (e per i quali come si � detto, la questione proposta assume il rilievo necessario per potere farla prendere in considerazione) non rivestono il grado di importanza sufficiente a provocare, con la lesione degli interessi predetti, la perdita dell'esercizio del potere garantito dall'art. 40 della Costituzione. Dal che consegue che ai lavoratori addetti ai servizi medesimi, ove si mettano in sciopero, non possano venire inflitte le sanzioni previste dall'art. 33 del Codice penale. 5. � ora da accertare se a conclusione diversa possa giungersi in confronto all'altra questione .sollevata, riguardante la costituzionalit� degli articoli 504 e 505 C. p. In proposito � da ricordare che, come si � prima rilevato, lo sciopero di cui all'art. 40 � legittimo � solo quando sia rivolto a conseguire fini di carattere economico, secondo si pu� desumere, fra l'altro, dalla collocazione del medesimo sotto il titolo III della I parte della Costituzione, che si intitola appunto ai rapporti economici. � tuttavia d� chiar�re che la tutela concessa� �a tali rapporti non pu� rim�nere circoscritta alle sole rivendica~ zioni di ind�le meramente salariale, ma si estende a tutte quelle riguardanti il complesso degli foteressi dei lavoratori che trovano discip]J.na nelle norme racchiuse sotto il titolo stesso. � � Ci� precisato, e passando all'esame della questione sollevata in ordine all'art. 504, � da ritenere che le sanzioni ivi comminate non si rendono applicabili nel caso di scioperi promossi dl'." fini economici. Ci� appare chiaro, perch� discende dall'interpretazione prima data dell'art. 330; con il quale l'art. 504 deve'' essere coordinato nell'ipotesi che la pretesa degli scioperanti (semprech� essi rientrino nella categoria degli addetti ai pubbliCi servizi dei quali si � parlato) si faccia valer� di fronte alla pubblica autorit� �che assume la qualit� di parte del rapporto di lavoro, allo scopo di ottenere che la disciplina di quest'ultimo venga modificata a favore dei dipendenti. Rinviando al seguito l'esame del punto se ad uguale co�clusioii� possa giungersi anche qu�ndo lo scfopero sia effettuato da lavoratori non dipendenti dall'ente pubblico, a scopo di solidariet�, � qui da ' osservare com� l'opinione accolta trovi conferma quando si metta a confronto l'art. 504 con il precedente art. 503~ Infatti la differenziazione operata dal legislatore penale fra l'ipotesi della generica pression� esercitata sulla pubblica autorit� e quella di sciopero politico mostra come la pressione stessa debba apprezzarsi diversamente secondo che venga effettuata allo scopo di ottenere provvedimenti che attengono all'indirizzo generale del Governo (e� quindi senza alcun collegamento con l'ipotesi dell'art. 40), o invece altri i quali, per essere suscettibili di incidere in modo diretto sul settore del lavoro subordinato e sul rapporto che disciplina quest'ultimo, possono giovarsi della tutela costituzionale. 6. Per quanto poi riguarda la questione di costituzionalit� dell'art. 505, che punisce lo sciopero indetto �soltanto� per solidariet� con altri lavoratori, la Corte ritiene non fondate le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui lo sciopero sarebbe da considerare legittimo solo nel caso che si inserisca in un conflitto determinato da motivi contrattuali, e conseguentemente quando questi siano fatti valere in confronto del datore di lavoro con il quale sussiste il rapporto, dal quale solamente pu� ottenere soddisfazione la pretesa posta ad oggetto dello sciopero stesso. Infatti non � contestabile la sussistenza di interessi comuni a intere categorie di lavoratori; interessi che, appunto per questo loro carattere diffusivo, non potrebbero non risultare compromessi, sia pnre in modo potenziale, per tutti coloro che ne sono titolari, allorch� abbiano subito offesa anche solo in confronto a rapporti di lavoro di singoli o di gruppi limitati di lavoratori;� � � Pertanto la sospensione dal lavoro la quale �� venga effettuata in appoggio a rivendicazioni di carattere economico cui si :rivolge uno sciopero gi� in via di svolgimento; ad opera di lavoratori 577 R JR IT :: 7 -32 appartenenti alla stessa categoria dei primi scioperanti, non pu� non trovare giustificazione ove sia accertata l'affinit� delle esigenze che motivano l'agitazione degli uni e degli altri, tale da fare fondatamente ritenere che senza l'associazione di tutti in uno sforzo comune esse rischiano di rimanere insoddisfatte. � poi questione di apprezzamento, da rilasciare al giudice di merito, la verifica della sussistenza dei requisiti menzionati, dovendosi argomentare nei singoli casi dalla situazione di fatto la specie ed il grado del collegamento fra gli interessi economici di cui si invoca la soddisfazione ed, in relazione ad esso, determinare l'ampiezza da assegnare al complesso categoriale formato dai titolari degli interessi stessi; ampiezza che, com'� ovvio, potr� risultare maggiore o minore a seconda della natura delle rivendicazioni avanzate e delle circostanze di tempo e di luogo in cui sono fatte valere. 7. Gli aspetti di incostituzionalit� che si sono rilevati nei confronti degli articoli 330, 504 e 505 non possono per� condurre ad una pronuncia che dichiari la loro illegittimit�. Oi� perch� le norme consacrate negli artico. stessi, data la genericit� delle loro formulazioni, racchiudono ipotesi di abbandono del lavoro allo scopo di turbarne la continuit� e regolarit�, le quali, non rivestendo quei caratteri che si sono visti essere propri dello sciopero economico, non sono sufficienti a sottrarre gli scioperanti alle sanzioni penali ivi previste. Sicch� compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate in tutti quei casi rispetto ai quali l'accertamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40, ed a rendere in conseguenza possibile l'applicazione dell'esimente di cui al citato art. 51 O. p. COSTITUZIONE -REATI E INFRAZIONI DISCIPLINARI IN MATERIA DI NAVIGAZIONE -Ammutinamento -Incostituzionalit� della normativa Questione infondata. (Corte Costituzionale, Sentenza n. 124 del 1962 -Pres.: Amhrosini; Rel.: Mortati). � infondata la questione di legittimit� costitur zionale dell'art. 1105, n. 1, Oodice navigazione, pei il quale sono puniti con la reclusione da sei mesa tre anni i componenti dell'equipaggio di una nave o dell'aeromobile che in numero non inferiore al terzo disobbediscono, collettivamente o previo accordo, ad un ordi.ne del Oomandante, in riferimento all'art. 40 della Oostituzione. Tras�riviamo la motivazione in diritto della sentenza nella pa1�te che interessa l'annotazione che segue. 2. Delimitato nei termini indicati l'ambito della questione � da risolvere, � da ricordare che, con sua sentenza n. 123 in pari data la Oorte ha gi� affrontato il problema della legittimit� costituzionale dell'art. 330, ed ha statuito che, allo stato attuale della legislazione, il diritto di sciopero non pu� essere disconosciuto (o che, per .lo meno, dal suo esercizio non possa conseguire l'applicazione delle sanzioni che sono le sole rilevanti ai fini della presente controversia, e.cio� quelle penali) nei confronti dei dipendenti da imprese che gesti-� scano servizi pubblici, i quali non siano da ritenere attinenti alla soddisfazione di esigenze assolutamente essenziali alla vita della collettivit� nazionale, e che in conseguenza i dipendenti stessi devono andare esenti da pena se l'abbandono del servizio sia stato promosso dall'intento di conseguire un mutamento delle condizioni del rapporto di lavoro. Dalla predetta decisione discende che la titolarit� del diritto di sciopero non pu� essere disconosciuta, in via di massima, neppure nei confronti dei marittimi, anche nell'ipotesi che essi siano legati da contratto di arruolamento con imprese esercenti servizi sovvenzionati. Oi� posto, l'oggetto dell'esame deve incentrarsi sul punto se l'esercizio di tale diritto, per rima�nere legittimo, debba essere sottoposto al verificarsi di determinate condizioni, o all'osservanza di date modalit�, in relazione ai peculiari caratteri propri del lavoro nautico. Dev'essere chiaro che le modalit� cui si fa riferimento sono non gi� quelle riguardanti, per esempio, il momento deliberativo dello sciopero, o l'obbligo di preavviso al datore di lavoro, o simili (poich� � da ritenere che solo il legislatore, e non gi� la Corte, possied<t la competenza necessaria a prescriverne l'adozione), bens� le altre le quali discendono in modo necessario dalla stessa natura e :finalit� dello sciopero, e che pertanto possono farsi valere, in via di interpretazione dell'art. 40, quali limiti invalicabili dell'esercizio del diritto garantito dal medesimo. Se, da una parte, � vero che inerisce all'essenza dello sciopero, in quanto rivolto ad esercitare una coazione sul datore di lavoro, il fatto del pregiudizio da esso derivabile a carico di questi, � anche vero, dall'altra, che tale pregiudizio non pu� risultare diverso o maggiore di quello nooessariamente inerente alla pura e semplice sospensione dell'attivit� lavorativa. Da ci� discende che l'indizione dello sciopero rimane condizionato all'adempimento dell'obbligo dei lavoratori di abbandonare il lavoro solo dopo aver adottato tnt,te quelle cautele le quali si palesino necessarie ad evitare il pericolo o della distruzione degli impianti (essendo inammissibile, e contrario allo stesso interesse cui tende l'autotutela di categoria, che Io sciopero abbia per effetto di compromettere la futura ripresa del lavoro), oppure della produzione di danni alle persone o ai beni dello stesso datore, o, a pi� forte ragione, dei terzi. 3. Si tratta ora di vedere se un pericolo del genere indicato non debba ritenersi necessariamente inerente ad ogni sospensione .P _irregolarit� della prestazione del lavoro affidato all'equipaggio . di una nave dopo l'inizio del viaggio e durante l'intero periodo della navigazione, :fino al compimento del medesimo. La risposta affermativa al quesito discende dalla considerazione della natura -33 del mezzo col quale si svolge la navigazione, che � tale da rendere possibile in ogni momento il verificarsi di eventi atti a mettere in pericolo la nave, e quindi da far considerare il pericolo stesso sempre immanente. 1. All'esame dei principi espressi dalla Corte, giova far precedere il rilievo, avanzato nella prima delle due sentenze e che, in verit�, non poteva essere omesso, sul mancato adempimento da parte del legislatore dell'imperativo a lui imposto dall'art. 40 della Costituzione, ci� che denunciava l'esigenza per il Giudice costituzionale di ricercare i limiti entro cui l'esercizio del diritto di sciopero pu� ritenersi consentito. Ricerca da effettuarsi con l'ausilio, constata la Corte, di strumenti propri di un potere piu ristretto di quello dell'Organo legislativo, essendo alla Corte medesima consentito di far valere le sole lirnitazioni che si desumano in modo necessario dal concetto dello sciopero o dalla necessit� di contemplare le esigenze dell'autotutela di categoria con le altre discendenti da interessi generali, i quali trovano diretta protezione in principi consacrati nella Costituzione. Il rilievo sulla carenza legislativa viene avanzato dalla Corte in termini che sembrano pi� di semplice constatazione che non inequivocabilmente critici. Si tratta, � a tutti ben noto, di materia incandescente, propria di problemi estremamente complessi, per la sol1.i,zione dei quali non � agevole alle contrastanti forze politiche trovare un denominatore comune di intesa. L'urgenza di far godere di principi certi, per la limitatezza della vita umana in genere ed ancor piu di quella lavoratiiia di tutti noi, � temperata dalla consapevolezza che .~i tratta di principi destinati ad operare in un futuro che supera le esigenze di ciascuno e, una volta fissati, non certo modificabili ad ogni stornir di fronda. La dialettica di quel contrasto trova espressioni, anche ridondanti, fin che si immori nel campo di idee e di programmi; ne trova meno invece, molto meno, quando dalla teoria si pass,i alla pratica, si ponga mano cio� alla formulazione di norme di definizione. La critica, quindi, che fosse avanzata all'inerzia del legislatore senza che si tenesse conto di quella che � la realt� delle cose umane, di quelle in particolare che riguardano il nostro Paese, sarebbe censura troppo facile. La prudenza con cui la Corte si �, sostanzialmente, limitata ad indicare il f enomeno, � del tutto apprezzabile, non meno n� piu, del resto, della perspicuit� con la quale, in tale situazione e con il conforto di strumenti necessariamente limitati, la Corte medesima ha posto alcuni punti fermi, quanto mai meritevoli di attenta meditazione. 2. Il primo dei quali pu� esprimersi nei seguenti termini: secondo la tradizione accolta dal Costituente, il diritto di sciopero si concreta nell'astensione totale dal lavoro da parte di piii lavoratori subordinati al fine della difesa dei loro interessi economici. La sottolineatura dell'aggettivo , qualificd/nte l'interesse del lavoratore � nostra; tende a richiamare l' attenzione sull'esigenza imprescindibile che l'astensione dal lavoro sia determinata da pretese di natura economica che il lavoratore abbicc a far valere nei vonfronti del datore di la,voro. � della Corte la precisazione, che segue in sentenza, secondo ciii la t,utela concessa ai rapporti economici non pu� rimanere circoscritta alle sole rfoendicazioni di indole meramente salariale, �ma, si estende a tutte quelle riguardanti il complesso� degli interessi dei lavoratori che trovano disciplina nelle norme racchiuse sotto il titolo III, prima parte, della Costituzione �; ad esempio, � esempio che prospettiamo noi, alle rivendicazioni in materia di condizioni di lavoro della donna lavoratrice o dei lavoratori minori, in materia di assicurazioni in caso di infortunio, di malattia, di invalidit� e 1:ecchiaia o di disoccupazione involontaria. Nell'esemplificazione si potrebbe proseguire: basta, peralt o, rilevare come il Jirincipio fin qui �esposto costituisca chiaro motivo di arresto, da un lato, alla tendenza di certe correnti dottrinarie di estendere il contenuto della pretesa che si ha diritto di far valere con lo sciopero e, dall'altro, non riduca quel contenuto a rivendicazioni di natura esclusivamente salariale, che � solo una species del piu ampio genus della categoria (economica) qualificante tali rivendicazioni. Quel principio trova ulteriori precisazioni nell'altro, ad esso in~imamente connesso, sulla legittimit� dell'01�dinammto nella parte che disponga limiti pertinenti non al solo esercizi� del diritto, come pure da qualche A. si vorrebbe con il conforto di interpretazione letterale in senso stretto della formula dall'art. 40 della Costituzione, ma anche alla sua titolarit�, con la cons�guenza di disconoscere la legittimazione attiva all'esercizio stesso agli appartenenti a certe categorie di prestatori d'opera. 3. L'identificazion9 di queste categorie non � di competenza della Corte, che non manca di rilevare i suoi limiti, richiamando i diversi poteri del legislatore ordinario. Il quale ncn pu� non procedere con un metro squisitamente politico; fin che non vi provveda, spetta all'interprete supplire alla carenza legislativa con il conforto delle affermazioni fatte al riguardo dalla Corte medesima. La perseguibilit� penale dello sciopero appare costituzionalmente corretta in quanto necessitata dal bisogno di salvaguardare dal danno dal medesimo derivante il nucleo degli interessi generali assolutamente preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela di categoria. Quasi a mo' di esempio, ch� dall'esplicita precisazione avrebbe forse potuto astenersi anche per i casi di specie oggetto dei procedimenti penali nel ,corso dei quali erano stati promossi giudizi di legittimit� costituzionale, la Corte ritiene che i servizi pubblici di cui � discussione (di trasporto urbano ad opera di azienda municipale in un caso; di trasporto marittimo ad opera iM, imprese esercenti servizi sovvenzionati nei casi di cui alla sentenza n. 124) non rivestano il grado di importanza sufficiente a provocare, con la lesione degli interessi generali, la perdita dell'esercizio del potere garantito dall'art. 40 della Costituzione. -34 A tale affermazione appare utile collegare l'altra, -0ontenuta nella seconda delle sentenze indicate, secondo cui i lavoratori hanno facolt� di abbandonare il :lavoro solo dopo aver adottato le cautele che si palesin? necessarie ad� evitare il pericolo o della distruzione degli impianti o della produzione di danni alle persone o ai beni del datore di lavoro o dei terzi. L'importanza dei punti che si son test� riport.ati appare del tutto evidente; quari.to alla Corte era consentito di precisare � stato per intero definito. Di piu non si poteva pretendere. Delle quattro categorie di soggetti presi in considerazione dall'art. 330 C. p. (pitbblici ufficiali; incaricati di pubblici servizi aventi la qualifica di impiegati; privati che, senza essere organizzati in imprese, eserciscono servizi pubblici o di pubblica necessit�, e, infine, dipendenti di imprese -che attendono ai servizi ora detti) la Corte aveva motivo di occuparsi solo della condotta di una di esse. Agli effetti del riconoscimento del diritto di sciopero nel rapporto di pubblico impiego (che certi AA. escludono in termini non equivoci) residua, ovviamente, alla pronuncia della Corte (che non sembra abbia .inteso assumere la posizione cos� rigorosa popria della corrente dottrinaria. sopra indicata), l'esigenza della distinzione tra diverse situazioni, per alcune delle quali pu� non ravvisarsi la necessit� di apprestare una specifica regolamentazione di divieto, ritenendosi sufficiente l'osservanza di certe condizioni (dell'obbligo, ad esempio, di un periodo di preavviso di 48 ore, quale � previsto, nello schema del disegno di legge di recente approntato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sulla disciplina dei conflitti di lavoro di interesse generale, per l'esercizio rlel diritto di sciopero nei servizi di trasporto terrestri e nei servizi postali e di telecomunicazioni), mentre per altre il divieto appare insuperabile (cons. PERA: Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, Milano, 1960, 280; anche secondo questo A. (p. 278), che pur ammette la possibilit� di distinzioni, Ǐ inconcepibile che il giudice scioperi, perch� in nessun caso pu� rifiutare il suo intervento, ad esempio non appena gli pervenga la notitia crimiu:is; � inconcepibile che scioperi il militare, l'agente carcerario, il preposto all'ordine pubblico, l'agente di polizia, l'ufficiale di stato civile, ecc. Ammettere tutto questo significa ammettere che la pubblica Amministrazione possa in determinate circostanze eclissarsi, permettendo per breve periodo il ritorno alla legge della jungla �. Sulla inapplicabilit� per la natura del rapporto di pubblico impiego allo sciopero dei dipendenti statali dell'art. 40 Cost. cons. CORTE DEI CONTI: Sezione controllo, 15 giugno 1954, n. 15 in �Foro it. �, 1955, III, 71 e segg.). 4. Giova soffermarci ancora brevemente sui risultati dell'indagine, condotta dalla Corte, circa la legittimit� costituzionale degli articoli 504 e 505 C. p. che disciplinano, c&me � noto, i casi di coazione alla pubblica autorit� mediante serrata o sciopero e la serrata o lo sciopero a scopo di solidariet� o protesta. Il raffronto dell'art. 504 con l'art. 503 (che regola, la serrata e lo sciopero per fini non contrattuali, cio� politici) conscn~e alla Corte di affermare che �la differenziazione operata dal legislatore penale tra l'ipotesi della generica pressione esercitata sulla pubblica autorit� e quella di sciopero politico, mostra come la pressione stessa debba apprezzarsi diversamente secondo che venga effettuata allo scopo di ottenere provvedimenti che attengono all'indirizzo generale del Governo (e quindi senza alcun collegamento con l'ipotesi dell'art. 40), o invece altri i quali, per essere suscettibili di incidere in modo diretto sul settore del lavoro subordinato e sul rap"porto che disciplina quest'ultimo, possono giovarsi della tutela costituzionale �. Liceit� quindi dello sciopero per coazione, nella concorrenza delle condizioni sopraindicate, e fatti salvi, ovviamente, i principi relativi all'esigenza di salvaguardia degli interessi generali assolutamente preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela di categoria (principi che, talvolta, escludono tale liceit�); illiceit� invece (� deditzione implicita che si � autorizzati a trarre) dello sciopero e della serrata per fine politico. Circa, infine, la serrata e lo sciopero a scopo di solidariet� o protesta, la Corte ha indicato al" l'interprete i limiti entro i quali la indagine sulla liceit� della condotta pu� essere correttamente compiuta. Certo si tratta di valutazioni la di cui soggettivit� non pu� contestarsi. � nella percezione di tale soggettivit� che in sede di esame della norma, sul punto, si era ritenuto di contenere -il diritto di sciopero entro i limiti, non opinabili, della astensione dal lavoro di lavoratori nei confronti del datore di lavoro con il quale quelli hanno pretese da far valere (o viceversa, nell'ipotesi della serrata). La Corte ha ritenuto di estendere quei limiti ed ha affermato, sostanzialmente, la liceit� dello sciopero per solidariet�, ove; l) ricorra il pericolo di danno nei confronti di interessi a carattere diffusivo, anche di altri gruppi di lavoratori diversi da quello direttamente investito dalla controversia; 2) sia probabile che senza l'associazione di tutti in uno sforzo cmmtne le esigenze di questo gruppo rischino di rimanere insoddisfatte; 3) gli altri gruppi, poi, appartengano alla stessa categoria dei primi scioperanti. Pericolo di danno, probabilit� di evento negativo, identit� di categoria; i concetti cos� esposti non offrono davvero all'interprete un metro preciso, destinato a valere per la soluzione di tutti i casi. E v'ha di piu: non � affatto da escludere che quel che � pericolo, probabilit� o identit� per 1tn Giudice non lo sia per altro Giudice, con rischio, non opinabile, di contrastanti soluzioni. Ma, d'altra parte, una volta .Yuperata la tesi piu restrittiva, non si vede cos'altro, di meglio, si potesse offrire all'interprete: e la constatazione, quanto si vuole dolente, propria della limitatez.za di certe cose umane, trova, per buona sorte, conforto nell'esperien. za, la quale insegna ohe certi principi son destinati a valere piu come guida di un cor-retto vivere, che come anesto di comportamenti illeciti, a -conte-nimento dei quali non sempre si appalesa congrua la semplice minxccia di ima norma penalmente sanzionata. F. C. CORTE DI ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione dello Stato -Termine di esercizio -Pendenza Effetti. ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione dello Stato in ordine alla quota ideale di una cosa d'interesse artistico o storico -Impossibilit�. ANTICHITA' E BELLE ARTI -Diritto di prelazione dello Stato -Differenza dalla prelazione discipli� nata dalle norme di diritto comune. (Corte di Cassazione, Sezione III, Sentenza n. 2613/62 -Pres.: Vistoso; Rel.: Cortesano; P.M.: Gedda (conf.) -Ministero Pubblica Istruzione c. Cattania). Il diritto di prelazione dello Stato di cui all'art. 31 �della legge 1� giugno � 1939, n. 1089 da esercitarsi in ordine a cose d'interesse artistico e storico, entro due mesi dalla denunzia al Ministero della Pubblica Istruzione dell'atto di trasferimento, costituisce un vincolo, imposto al proprietario di queste alldr �quando costui abbia manifestato, sul piano negoziale, la volont� di trasferire a terzi, mediante corrispettivo le opere d'interesse artistico e storico. In pendenza di tale termine, il contratto rimane condizionato sospensivamente all'esercizio del diritto di prelazione dello Stato, donde il divieto per l'alienante di effettuare la tradizione della cosa. L'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sulle cose d'interesse artistico e storico, di cui all'art. 31 della legge 10 giugno 1939, n. 1089, � -configurabile soltanto in relazione ad una entit� artistica ostorica considerata nella sua interezza e mai su di una quota ideale di essa, non potendo aversi una comunione tra Stato e privati, con la .soggezione de11o stesso bene a due diversi regimi giuridici, di cui l'uno demaniale e l'alttb privatistico. Il dfritto di prelazione dello Stato, di cui all'ar ticolo 31 della legge 1� giugno 1939, n. 1089, nelle alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse artistico e storico ha una propria configurazione ,giuridica che si differenzia nettamente dalla prelazione legale, prevista e disciplinata dalle norme di diritto comune. Mentre nella prelazione in senso proprio il soggetto attivo, esercitando il suo diritto .si pone in un rapporto contrattuale rispetto al .soggetto passivo, surrogandosi all'acquirente originario, nella prelazione, di cui alla legge n. 1089 del 1939, lo Stato agisce mediante l'esplicazione di un potere di supremazia e per il conseguimento di un inter�sse pubblico, quale la conservazione e il pubb1ico godimento di determinati beni, il cui trasferimento viene, pertanto, imposto al privato. Si tratta, quindi, di una forma di acquisto, che si attua non gi� attraverso un rapporto negoziale, ma per effetto di una manifestazione della potest� .d'impero dello Stato. CASSAZIONE Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. Col primo mezzo del ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1480 O.e. e 31 e segg. della legge io giugno 1939, n. 1089, nonch� il difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360 n. 3 e 5 C.p.c., e si deduce che la Corte di merito avrebbe erroneamente rigettato la tesi subordinata della .Amministrazione, in quanto, pur essendosi ritenuto inoperante il diritto di prelazione dell'altorilievo nella sua interezza per difetto di rappresentanza da parte del venditore Cattania Paolo, se ne sarebbe dovuto riconoscere valido l'esercizio nei limiti della quota di propriet� di costui, con la conseguenza che la scultura sarebbe divenuta, per tale parte, di propriet� dello Stato e che nessun diritto avrebbero potuto vantare sulla stessa gli eredi del predetto Cattania, anch'essi attori nell'attuale giudizio. In proposito si rileva che i giudici di merito, per respingere una simile richiesta, si sono espressamente richiamati ana ipotesi della vendita di cosa altrui (art. 1478 O.e.), laddove l'.Amministrazione aveva invocato, a sostegno del proprio assunto, la disciplina della vendita di cosa comune, effettuata con la partecipazione di alcuni soltanto dei condomini, ed un simile negozio deve ritenersi affetto da inefficacia relativa, che pu� esRere fatta valere solo dal compratore il quale veda insoddisfatta la sua aspettativa di acquistare la cosa per intero. La censura, sebbene fondata, � tuttavia priva di rilevanza giuridica percM la ratio decidendi si affida ad argomentazioni diverse da quelle prmrpettate in sentenza. La Oorte di merito ha ritenuto che il 'diritto di prelazione non era stato legittimamente esercitato sia perch� mancava la prova della esistenza di una volont� di alienare, espressa da tutti i condomini nelle debite forme, e sia perch� il negozio, concluso dal Cattania quale falsus procurator degli 11.ltri coeredi, era nullo per la mancata ratifica da parte di costoro. E ci� a prescindere dal rilievo che non potevano ritenersi valide n� la denunzia dell'alienazione, in quanto non era stata fatta da tutti i condomini della scultura, n� il provvedimento di prelazione perch� non notificato a tutti i pretesi venditori. Quanto poi alla riehiesta dell'Amministrazione, tendente ad ottenere che l'esercizio della prelazione fosse considerato legittimo almeno nei limiti della quota indivisa di propriet� di Q~ttania Paolo, una tale istanza subordinata veniva del ."' pari disattesa dai giudici di appello sulla considerazione che nella specie non Ri versava nella ipotesi di cosa altrui per avere l'alienante stipulato il rontratto in nome di tutti i condomini, mentre -36 d'altra parte, essendo oggetto della compravendita l'altorilievo quale bene comune indivisibile, cos� come Sl�l'intero il diritto di prelazione era stato esercitato, la volont� del Cattania, n�n integrata da quella degli altri coeredi, era rimasta inoperante. Ora, com'� noto, la vendita della cosa comune � configurabile di volta in volta sulla, base di presupposti di fatto diversi e rireve in conseguenza, a seconda delle finalit� concretamente poste in essere dalle parti, una differente disciplina giuridica. Nel caso in esame il Foresti, compmtore dell'opera d'arte, sapeva che questa era in comune fra tutti i coeredi del defunto don Carlo Cattania e tratt� con Cattania Paolo l'acquisto dell'opera nella sua interezza, con l'intesa che anche gli altri condomini avrebbero dato, ciascuno per la propria quota, il loro consenso. Venuta meno l'adesione degli altri coeredi, il predetto avrebbe potuto, a sua scelta, o subentrare al venditore nella posizione di comproprietario ai sensi dell'art. 1103 comma 20 Codice civile, ed ottenere conseguentemente una proporzionale riduzione del prezzo, o richiedere la risoluzione della compravendita, essendo nella intenzione delle parti che la scultura dovesse essere venduta in toto. Tuttavia in una simile ipotesi, ben diversa da quella prevista dall'art. 1480 O.e., la inefficacia del contratto per l'intero � pur sempre di carattere relativo e pertanto l'annullamento di esso va fatto valere solo dal compratore, essendo egli. l'unico interessato a divenire proprietario del tutto, anzich� delle sole quote alienate dai condomini validamente intervenuti. Alla stregua di tali 'rilievi giuridici, mancava al dott. Cattania -e per h� agli eredi, costituitisi in prosieguo del giudizio -un apprezzabile interesse a dedurre la eccezione predetta, onde la Corte di merito non avrebbe potuto dichiarare la invalidit� della compravendita per la quota alienata da chi ne aveva la titolarit� del diritto. Senonch� la fattispecie in esame postulava, ai fini del decidere, una diversa indagine, diretta ad accertare se, una volta ritenuta valida la compravendita dell'altorilievo limitatamente alla quota parte di propriet� di Cattania Paolo, la Pubblica .Amministrazione potesse anche in tal caso esercitare validamente il diritto di prelazione. E un tale quesito, se fosse stato preso in esame dai giudici di merito, avrebbe comportato, ad avviso di questa Suprema Corte, una soluzione negativa. Nel sistema delle leggi speciali il trasferimento delle cose d'interesse arti1itico e storico riceve una disciplina amministrativa ben precisa e determinata. Con essa si � inteso contemperare equamente il diritto del privato con l'interesse dello Stato di evitare che l'alienazione di detti beni possa danneggiarne la conservazione o menomarne il pubblico godimento. In particolare, per quanto concerne le cose appartenenti ai privati, pur essendosi riconosciuto ad essi un ampio potere di disposizione, l'art. 30 della legge 1� giugno 1939, n. 1089 fa obbligo ai proprietari, ai loro eredi e ai detentori a qualsiasi titolo, di denunziare al Ministero per l'Educazione Nazionale (attualmente Ministero della Pubblica Istru7.ione) ogni atto di alienazione destinato a trasmettere in tutto o in parte, a titolo oneroso o gratuito, quelle cose che siano state oggetto di notifica a cura del Ministro ai sensi del1' art. 5. A sua volta quest'ultimo, ove l'alienazione, sia a titolo oneroso, ha facolt�, a termine dell'art. 31, di acquistare la cosa allo stesso prezzo stabilito� nell'atto di alienazione. Il diritto di prelazione dello� Stato, da esercitarsi entro due mesi dalla denunzia,. costituisce dunque un vincolo, imposto al proprietario allorquando costui abbia gi� manifestato, sul piano negoziale, la volont� di trasferire a terzi, mediante corrispettivo, l'opera d'interesse artistico o storico, e in pendenza del termine anzidetto, il. contratto rimane condizionato sospensivamente� all'esercizio di tale diritto, donde il divieto per lo alienante di effettuare la tradizione della cosa. Delineato molto sommariamente, nei suoi elementi strutturali, il rapporto di prelazione, che la. pi� autorevole dottrina riconduce sotto la categoria. dei trasferimenti coattivi, si pone senz'altro il problema inteso a stabilire se tale diritto sia configurabile in riferimento anche a quelle alienazioni parziali della cosa, effettuate dal privato per trasferire a terzi una quota parte di essa. All'uopo la legge speciale prevede la possibilit� per la Pubblica .Amministrazione di esercitare la prelazion& solo in parte nelle seguenti due distinte ipotesi: quando cio� la cosa d'interesse artistico o storicosia alienata insieme con altre per un unico corrispettivo (art. 31) e quando venga effettuata l'alienazione di collezioni e serie di oggetti di propriet�. privata (art. 34). In queste specifiche previsioni. allo Stato viene anche riconosciuto il potere di determinare iure imperii l'importo del corrispet-� tivo delle cose per le quali la prelazione � stata. esercitata ed al compratore � riconosciuto, correlativamente, il diritto di recedere dal rapporto obbligatorio. Una siffatta disciplina, peraltro, non autorizza a ritenere che il legislatore abbia inteso consentire, in linea generale, l'esercizio parziale della. prelazione, poich� negli anzidetti casi particolari il bene d'interesse artistico o storico � scelto e. avulso da un complesso di cose, ma viene pur sempre considerato nella sua autonoma individualit�. La ragione del decidere va quindi desunta dai principi gene.mli che regolano il diritto di prelazione . e dalle specifiche finalit� che ne rendono possibile. l'esperimento in subiecta materia. Com'� noto, l'istituto della prelazione non trova. nel diritto privato una organica disciplina, essendo. regolato in modo frammentario e diverso nelle sue varie applicazioni concrete, donde la difficolt� di individuare quei principi che possano considerarsi. comuni a tutte le varie ipotesi, di volta in volta. previste dal legislatore. Tuttavia, secondo una parte. della dottrina, la indivisibilit� della prestazione viene desunta dall'art. 966 comma 2� Codice civile,. che, in tema di enfiteusi, nel concorso di pi� concedenti, vieta ad uno solo di essi l'esercizio parziale di un tale �iritto. Detta norma, sebbene predisposta. per fini di carattere particolare, � ip.fl;litti considerata come la espressione di un principio di JWrtl;!ita'._ pi� vasta, estensibile in ogni ipotesi di prelazione,. sia essa legale o volontaria, sul rilievo che l'esercizio parziale, ove non sia espressamente previstodall'autonomia negoziale o consentito dalla legge~ rnrnm; rum 21 1 -37 w :� 7 ;: noo&&. <iome nella ipotesi di cui all'art. 732 O.e., aggra- verebbe la posizione del soggetto passivo con rile� -vante pregiudizio del valore della parte residua della cosa, rimasta fuori della prelazione. Nella specie la fondatezza di una simile tesi � confermata dalla particolare natura della prelazione dello :Stato sulle cose d'interesse artistico o storico, es13endo il relativo rapporto disciplinato da un punto di vista pubblicistico e in maniera autonoma ri13petto ad ogni altra prelazione legale. L'esercizio di un tale diritto consente, infatti, alla Pubblica. .Amministrazione di acquistare la propriet� dei beni -anzidetti che, trasferiti in un museo o in una pinacoteca per meglio assicurarne la conservazione ed il pubblico godimento, entrano a far parte del demanio pubblico, ai sensi dell'art. 822 comma 20 �Codice civile, e rimangono sottoposti alla condi: zione giuridica all'uopo fissata dal successivo art. 823. Ora, se si tien conto che la prelazione de qua -� produttiva di un effetto giuridico tutto particolare, in quanto opera un mutamento radicale sulla natura stessa del bene che ne costituisce l'oggetto, -� ovvio che l'esercizio di un simile diritto � configurabile in relazione ad una entit� artistica o storica considerata nella sua interezza e mai su di una quota ideale di essa perch� in tale eventualit� 13i perverrebbe ad una comunione tra Sta,to e privati, con la conseguenza che un medesimo bene resterebbe sottoposto a due diversi regimi giuridici, di cui l'uno demaniale e l'altro privatistico. Tale profilo giuridico non � stato considerato dalla Corte di merito, pur essendo decisivo ai fini della risoluzione di questo punto della lite, e pertanto, ferma restando la decisione adottata perch� conforme al diritto, la motivazione della sentenza impugnata va corretta nei sensi predetti, a termine dell'art. 384 comma 2� Ood. procedurale civile. Privo di consistenza giuridica � anche il second.o mezzo del ricorso. Con esso si denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1398 O.e. e, comunque, dei principi generali che regolano la rappresentanza in riferimento agli artt. 31 e segg. della legge n. 1089 del 1939, nonch� il difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 3 e 5 O.p.c.). All'uopo si lamenta che sarebbe stata erroneamente respinta la domanda subordinata della Pubblica Amministrazione, tendente a conseguire da Oattania Paolo -e quindi dagli eredi di costui -il risareimento dei danni, in quanto il predetto aveva ripetutamente garantito per iscritto di essere autorizzato dagli altri coeredi all'alienazione della cosa comune, onde nella specie ben poteva trovare applicazione il disposto dell'art. 1398 O.e., essendo la posizione dello Stato, quale titolare del diritto di prelazione, del tutto analoga, nei riguardi del falsits procurator, a quello del terzo contraente. Il motivo anzidetto � stato disatteso dalla Corte di Appello perch�: 1) la Pubblica Amministrazione, esercitando il diritto di prelazione, pone in essere un negozio di d.iTitto pubblico, riconducibile nella categoria degli atti espropriativi in senso lato, e non pu� essere qualificata come terzo contraente in quanto non succede nella posizione giuridica di chi ha contrattato col privato alienante; 2) non poteva, in ogni caso, escludersi nella fattispecie una colpa dell'ente pubblico per avere esercitato ildiritto di prelazione ben sapendo che i proprietari della scultura erano assai numerosi e che il dott. Oattania non era munito delle procure degli altri coeredi. Ora il primo rilievo si ispira ad esatti� criteri giuridici ed � assorbente di ogni altra argomentazione per escludere la rivalsa di danni. Come pi� innanzi � stato precisato il diritto di prelazione dello Stato nelle alienazioni a titolo oneroso delle cose di interesse artist�co e storico ha una propria configurazione giuridica che si differenzia nettamente dalla prelazione legale, cos� come prevista e disciplinata alla stregua delle norme di diritto comune. Invero, mentre nella prelazione in senso proprio il soggetto attivo, esercitando il suo diritto, si pone in un rapporto contrattuale rispetto al soggetto passivo, surrogandosi all'acquirente originario, nella prelazione di cui alla legge n. 1089 del 1� giugno 1939 lo Stato agisce mediante l'esplicazione di un potere di supremazia e per il conseguimento di un interesse pubblico, quale la conservazione e il pubblico godimento di determinati beni, il cui trasferimento viene pertanto imposto al privato. Trattandosi quindi di una forma di acqui&to, che si attua non gi� attraverso un rapporto negoziale ma per effetto di una manifestazione della potest� d'impero dello Stato, � evidente la inapplicabilit� dell'azione ex art. 1398 O.e. per la mancanza dei presupposti all'uopo richiesti da detta norma. Sulla seconda massima non risultano precedenti editi. Sul cara.ttere di manifestazione di pubblico potere attribuito al diritto di prelazione di cui all'art. 31 della legge n.'1089 si vedano le sentenze n. 2291/56 e 204/53. Per quanto riguarda il principio affermato nella seconda massima deve osserva.rsi che la Oorte Su.prema si �, in sostanza valsa del potere di correzione della m.otiva.<:ione previsto dall'art. 384, secondo comma Oodice procedura civile, per sollevare di ufficio e decidere una questione del tutto nuova. Su questo indirizzo che costituisce una vera e propria deformazione dell'istituto della correzione della motivazione si veda la perspicua trattazione del SATTA in Commentario al Codice di procedura civile (Libro secondo, parte seconda, pag. 280 e segg., Edizione Vallardi). � COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Competenza per territorio. VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE -Controversie relative al pagamento delle pene pecuniarie. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1148/62 -Pres.: Di Pilato; Est.: Rossano; P.M.: Mac, carone (conf.) -Guetta c. Ministero del Tesoro). Ai fini della determinazione della com.~tenza per territorio, nelle controversie relative al pagamento di somme dovute a titolo di pene pecuniarie, inflitte dalla Amministrazione Tributaria in conseguenza di violazioni di leggi :finanziarie, deve rite �ZMWf.! ::x:w�. :::::: w ;;: :::w.:xcm ::: %% m ;;::: 'Wi -38 nersi che l'obbligazione, nascente d!'li una taile violazione, sia sorta nel luogo in cui la violazione si sia verificata. 1'rascriviamo la motivazione in diritto della sentenza, che ha accolto la tesi sostenuta dall'Avvocatura. Il ricorrente sostiene che l'obbligazione dedotta in giudizio � sorta in Roma, in quanto il Decreto del Ministero del Tesoro di condanna al pagamento della pena pecuniaria ha natura costitutiva della obbligazione stessa. Il ricorso � infondato. L'art. 15 secondo comma della legge 7 gennaio 1924, che detta le norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie ed � richiamata dal R.D.J;. 5 dicembre 1938, n. 1928 fa espresso riferimento alla <<obbligazione nascente dalla violazione n e stabilisce che il pagamento effettuato ai sensi del primo comma estingue la obbligazione medesima. E l'art. 17 stabilisce che � il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione n. N� il Ministro del Tesoro ha il potere discrezionale di infliggere o meno la pena pecuniaria, dato il carattere imperativo delle norme in materia, e la stessa deve essere graduata non secondo una valutazione di opportunit� ma con riguardo a fattori che consentono di concretare la pena secondo un nesso, quanto pi� � possibile oggettivo alla illiceit� . .Anche per la commissione di illeciti civili questo Supremo Collegio ha costantemente riconosciuto che l'obbligo di risarcimento nasce, ai fini della determinazione della competenza per territorio, nel luogo dove l'illecito si verific� (cfr. Cassazione, 18 marzo 1959, n. 795; Cassazione, 5 ottobre 1957, n. 3626;. Cassazione, 20 febbraio 1954, n. 461); e per quanto l'illecito civile si di:ffe� renzi dalla violazione di norme valutarie tuttavia entrambi hanno in comune il carattere di un'illiceit� che implica il sorgere di un'obbligazione riferita al luogo dove l'illiceit� �stessa avvenne. L'obbligazione � sorta quindi ex lege in Venezia, dove anche deve essere eseguita ai sensi del decreto di condanna. COMPETENZA -Regolamento di competenza d'ufficio -Presupposti. COMPETENZA -Competenza per territorio -Foro erariale -Inderogabilit�. COMPETENZA -Sentenza dichiarativa d'incompetenza -Mancata impugnazione con regolamento di competenza -Riassunzione dinanzi al giudice dichiarato competente -Incontestabilit� della competenza -Eccezione. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 1279/62 -Pres.: Torrente; Est.: Favara; P.M.: Maccar. one (conf.) -Cicchino c. Ministero Lavori Pubblici). Presupposto del conflitto di competenza rilevabile di ufficio dal giudice, ai sensi dell'art.. 45 C.p.c., � che la declinatoria �di competenza del secondo giudice avvenga nei confronti del primor mentre se il giudice della riassunzione declini la. propria competenza non nei confronti del primo, ma a favore di un terzo giudice, come se il primo giudice si sia dichiarato incomp~~.ente per valore ed il secondo si ritenga incompetente per ragioni di competenza territoriale funzionale inderogabile,. non ricorre la situazione di conflitto rilevabile di ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. e spetta, se mai, solo alla parte di chiedere il regolamento di comptenza a norma degli artt. 42 e 43 O.p.c. A. norma dell'art. 9, in relazione agli artt. 6 e 7 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, ed agli artt. 25 e 28 C.p.c., la competenza per territorio per le cause nelle quali � parte un'amministrazione dello Stato ha carattere assoluto e funzionale, ed �, pertanto, inderogabile, cos� da rendere l'incompetenza del giudice adito rilevabile anche cli ufficio in ogni stato e grado del giudizio. A. norma dell'art. 44 C.p.c. la sentenza che abbi~ dichiarata l'incompetenza del giudice che l'ha pronunziata, sia pure ai sensi degli artt. 30 e 40, se non � impugnata con regolamento di competenza rende incontestabile la competenza del giudice in essa indicato, qualora la causa sia riassunta nei termini, salvo tuttavia, che si tratti d'incompetenza per materia, o dell'incompetenza per territorio nei casi di cui all'art. 28, tra i quali rientra il foro territoriale per le cause dello Stato. La sentenza, di cui trascriviamo la motivazione in diritto, ha accolto integralmente le tesi dell'Avvocatura. Con il proprio motivo di ricorso lamentano i ricorrenti, anzitutto, che il Tribunale di Isernia, ritenuto competente per valore a decidere della causa dal Pretore di Oantalupo del Sannio, abbia creduto di potersi, a sua volta, dichiarare incompetente per territorio, a cagione del foro erariale inde" rogabile, mentre avrebbe dovuto sollevare conflitto di competenza di ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. Si sostiene, poi, che in nessun caso il Tribunale di Isernia avrebbe potuto declinare la propria competenza, non avendo l'Azienda della Strada (A.NAS) impugnato la sentenza del Pretore di Oantalupo del Sannio che dichiarava. la propria incompetenza, neppure sussistendo -a parere dei ricorrenti -l'inderogabilit� del foro erariale, nella specie. Sostengono i ricorrenti che n� l'art. 25 del C.p.c .. n� l'art. 9 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611 contengono alcun espresso richiamo a tale inderogabilit� ed alla conseguente possibilit� di rilevare l'incompetenza, anche di ufficio, in ogni stato e grado del giudizio. Deducono pure i ricorrenti che l'inderogabilit� del foro erariale contrasta con l'interesse pubblico che esige, invece, che le parti si debbano trovare in condizioni di assoluta parit� dinanzi al giudice e crea, per contro, una situazione di privilegio in favore dell'organo chiamato a difendere la pubblica ariirriinistrazione, cosicch� essa non pu� essere ritenuta se non quandovi sia un'espressa disposizione di legge che la consenta e preveda la quale, a loro parere, nella specie non sarebbe sussistita. 39 Le doglianze sono infondate. Quanto alla prima, questa Suprema Corte ha gi� varie volte avuto occasione di affermare (cfr. Cassazione 25 maggio 1961, n. 1249; 6 ottobre 1958, n. 3123; 24 novembre 1959, n. 3459, ecc.) che presupposto del conflitto di competenza rilevabile di ufficio dal giudice ai sensi dell'art. 45 C.p.c. oltre alla duplice dichiarazione di incompetenza da parte del giudice adito e di quello davanti al quale la causa � stata tempestivamente riassunta, � che la dichiarazione di incompetenza del secondo giudice avvenga nei confronti del primo, mentre se il giudice della riassunzione declini la propria com petenza non nei confronti del primo, ma a favore di un terzo giudice, come se il primo giudice si sia dichiarato incompetente per valore ed il secondo si dichiari incompetente per ragioni di competenza territoriale funzionalmente inderogabile, non ricorre la situazione di conflitto rilevabile di ufficio, ai sensi dell'art. 45 C.p.c. e spetta, se mai, solo alla parte di chiedere il regolamento .di competenza a norma degli art. 42 e 43 C.p.c. I ricorrenti finiscono per ammettere l'evidenza della proposizione ora ritenuta e sostengono, perci�, che, in ogni caso, il Tribunale non avrebbe potuto rilevare di ufficio l'esistenza del foro erariale in quanto questo non sarebbe, a loro avviso, inderogabile, cosicch� non sarebbe bastata l'eccezione sollevata al riguardo dall'Amministrazione dei lavori pubblici (ANAS) dinanzi al Tribunale di Isernia, adito in riassunzione, dopo la sentenza del Pretore di Cantalupo del Sannio. Ma � evidente l'infondatezza anche di questa seconda censura. Infatti, a norma dell'art. 9 in relazione agli artt. 6 e 7 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, ed agli artt 25 e 28 C.p.c. la competenza ivi prevista per le cause nelle quali � parte un'amministrazione dello Stato ha carattere assoluto e funzionale ed �, pertanto, inderogabile cos� da rendere l'incompetenza del giudice adito rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio. A norma, poi, dell'art. 44 C.p.c. la sentenza che abbia dichiarata l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, sia pure a norma degli artt. 39 e 40, se non � impugnata con l'istanza di regolamento di competenza, rende incontestabile la competenza del giudice in essa indicato, se la causa � riassunta nei termini, salvo, tuttavia, che si tratti di incompetenza per materia, o dell'incompetenza per territorio nei casi di cui all'art. 28 C.p.c., tra i quali rientra, appunto, il foro territoriale per le cause dello Stato, in forza del Testo unico n. 1611 del 1933, il cui art. 9 dichiara inderogabile le norme di competenza ivi previste, con norma chiaramente integrativa delle disposizioni del Codice di procedura civile, quali contenute negli artt. 25 e 28 del Codice stesso. In queste circostanze, rettamente il Tribunale di Isernia aveva declinato la propria competenza nella presente causa, in favore del Tribunale di Napoli, funzionalmente competente per territorio, trattandosi di causa in cui � parte un'Amministrazione dello Stato. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Rapporto d'im piego pubblico -Competenza esclusiva del giudice amministrativo -Limiti -Fattispecie. (Corte di C<:E sazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 2230 del 1962 - Pres.: Lombardo; Est.: Lenti; P.M.: Criscuoli (conf.) Ministero Finanze c. Furiassi ed altri).� Sussiste la giurisdizione esclusiv� del giudice amministrativo tutte le volte che la domanda proposta trovi il suo titolo necessario nel rapporto di impiego pubblico, considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento o ad esso si riferisca o lo presupponga. Deve negarsi detta giurisdizione allorcb� la pretesa dedotta in giudizio trovi nel rapporto di impiego soltanto la sua occasione e sia in relazione meramente formale con il rapporto stesso nel senso� che essa non presenti alcuna intima interferenza con l'interesse pubblico onde, sul piano giuridico, sia palese la sua sostanziale autonomia. Trascriviarno la parte delfa rnotivazione che si riferisce alla rnassirna sopraindicata. � ben noto l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte suprema secondo il quale deve affermarsi la giurisdizione esclusiva dell'autorit�. giudiziaria amministrativa tutte le volte che la domanda proposta trovi il suo titolo necessario nel rapporto di impiego pubblico, considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento o ad esso si riferisca o lo presupponga. Orbene, in armonia a tale principio di carattere� generale, ben si spiega come la competenza esclusiva dell'autorit� giudiziaria amministrativa debba negarsi e questo Supremo collegio l'ha negata,. allorch� la pretesa dedotta in giudizio trovi nel rapporto di impiego soltanto la sua occasione. Ma il concetto di � occasionalit� n, se non inteso nei suoi giusti limiti, non esaurisce tutte le il)Otesi. nelle quali la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo possa venir affermata. Infatti, tenendo presente la ragione di politica legislativa per la quale venne instaurata la giurisdizione esclusi:va dell'autorit� giudiziaria amministrativa, vale a dire. l'intima interferenza, difficilmente sceverabile, dell'interesse pubblico con il diritto subiettivo violato, deve ritenersi che la giurisdizione esclusiva non ha. ragion d'essere ogni qualvolta la pretesa dedotta in giudizio sia in relazione meramente formale con_ il rapporto di pubblico impiego, e ci� nel senso che. essa non presenti alcuna intima interferenza con_ l'interesse pubblico, onde, sul piano giuridico, sia palese la sua sostanziale autonomia. In altri termini, tutte le volte che la pretes;1 di carattere patrimoniale dedotta in giudizio, pur presupponendolo, non postuli alcun accertamento e non ponga, comunque, in discussione il rapporto di pubblico impiego considerato nella sua costituzione, nel suo svolgersi e nel suo esaurirsi, ci si. trova di fronte ad un'azione che, appunto,-per la sua sostanziale autonomia � sottratta alla giurisdJ::; zione dell'autorit� giudiziaria amministrativa�ed �. regolata, agli effetti della giurisdizione, dalle norme ordinarie del codice di procedura civile. -40 La fattispecie consisteva nella. ripetizione, chiesta .con ingiunzi<me ex Testo unico 1910 di somme che �vigili sanitari impiegati provinciali avevano riscosso �illegittimamente a titolo .di compartecipazione ai pro venti delle pene pecuniarie ai sensi dell'art. 3 legge :26 gennaio 1865, n. 2134. � da avvertire che nel merito la Corte Suprema ha riconosciuto il buon .diritto dell'Amministrazione aUq,,.ripetizione. Per chiarire la portata dellq, massima e i motivi .che hanno indotto l'Amminist1'a;z;jone a dedurre il .difetto di giurisdizione dell'autoritf�1gfitu(/,iziaria ordi. naria trascriviamo il testo della memaria presentata .dall'Avvocatura sull'argomento. 1. La questione di giurisdizione -rilevabile di ufficio -� preliminare,� ancorch� l'Amministra: zione -attesa la carenza, nella specie, del discusso .diritto di partecipazione sui proventi delle pene ;pecuniarie -l'abbia dedotta in via eventuale, tanto nel corso del giudizio di merito (pag. 10-11 della comparsa conclusionale 8maggio1959) quanto nel ricorso per cassazione (pag. 5 punti b e c). Non ne sembra, peraltro, menomamente dubbia 11.a fondatezza, attesoch� il diritto in contestazione -ossia il diritto degli agenti provinciali alla parte. cipazione o rrieno sui proventi delle pene pecuniarie .comminate per i reati di che trattasi -� un diritto tipicamente e direttamente nascente dalla loro qualit� e dal� loro status di pubblici dipendenti, e .come tale sottoposto a.Ua giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 29 e 30 della legge sul Consiglio di Stato, art. 4 e 5 della legge sulla Giunta Provinciale Amministrativa). � questa giurisdizione.speciale -esclusivamente .competente in materia -che deve dire se agli .agenti provinciali spetti o non spetti il diritto agli .emolumenti che si contestano, diritto nascente appunto dalla loro qualit� che costituisce il titolo :Specifico e diretto della pretesa in contestazione. Non diversamente � a dirsi del diritto dei can- cellieri e segretari giudiziari sui cosidetti proventi .di cancelleria, dei funzionari della motorizzazione ,civile sui proventi dei relativi servizi, degli avvocati .e procuratori dello Stato sugli onorari e competenze .delle cause vinte, del diritto dei funzionari dello Stato all'assistenza dell'ENPAS, ecc. Qualunque contestazione relativa all'esistenza o .meno di tali diritti patrimoniali inerisce direttamente al relativo rapporto d'impiego ed allo status ,economico dei rispettivi pubblici dipendenti, spettandone quindi la decisione alla speciale giurisdizione esclusiva. Nella specie, appunto l'Amministrazione Finanziaria contesta l'esistenza del preteso diritto degli agenti provinciali sull'importo delle pene pecuniarie comminate in sede penale per violazione alle leggi in questione, e, dopo aver manifestato nella circolare 6 aprile 1942, n. 123177 tale punto di vista ha disposto i vari provvedimenti di recupero, .contro i quali gli interessati si oppongono. Controv:ersia tipica, pertanto, di pubblico impiego e nient'affatto collegata ad esso da mero .rapporto occasionale, dacch� qui si tratta proprio .ed unicamente di vedere se i dipendenti provinciali . abbiano o non diritto ai proventi in contestazione. 2. N�, ovviamente, la natura della controversia (tipicamente qualificata per il suo oggetto e per il suo petitum sostanziale) pu� cambiar carattere o sottrarsi al giudice competente per il fatto che la controversia corre tra dipendenti pubblici provinciali e lo Stato, o per il fatto che la pretesa dello Stato sia stata fatta valere nei loro confronti con ingiunzione fiscale. Il fatto che gli interessati contestino un provvedimento dello Stato e non della Provincia porta come unica conseguenza che la controversia appartenga alla competenza del Consiglio di Stato, invece che delli:t Giunta Provinciale Amministrativa. Non basta aiffatto che il rapporto d'impiego intercorra .nella specie . con la Provincia, anzich� con lo Stato, per sottrarrela controversia alla giurisdizione esclusiva, occorrendo soltanto -per rientrare nella giurisdizione esclusiva -che si tratti di pubblici dipendenti e che il provvedimento in contestazione provenga dall'autorit� amministrativa (semprech� naturalmente -e ci� ci sembra di aver gi� chiaramente dimostrato -la controversia sia relativa a diritti nascenti dal rapporto d'impiego e dalla qualit� di pubblici dipendenti). In proposito ci � sufficiente richiamare la sentenza 14 maggio 1957, n. 1709 delle Sezioni Unite (in causa Montefusco c. ENPAS), la quale, oltre ad affermare il principio della competenza esclusiva della giurisdizione speciale amministrativa per ogni controversia �in cui la domanda trovi il suo titolo necessario nel rapporto d'impiego pubblico, considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento, o ad esso si riferisca o lo presupponga ))' espressamente riconobbe la competenza esclusiva del giudice amministrativo anche quando la controversia d'impiego insorge <e nei confronti di un soggetto giuridico estraneo e diverso da quello con cui il suddetto rapporto d'impiego ebbe a costituirsi JJ. Del pari, il fatto che il provvedimento amministrativo di revoca dell'attribuzione degli emolumenti si sia manifestato e fatto valere con la forma dell'ingiunzione fiscale, n� esclude evidentemente l'esistenza dell'atto amministrativo (di Cl�, a prescindere dalle eventuali comunicazioni fatte con i precedenti inviti alla bonaria restituzione, l'ingiunzione stessa costituiva proprio la manifestazione) n� consente il cambiamento di giurisdizione. Avverso l'ingiunzione fiscale -la cui natura di atto amministrativo � peraltro pacifica (v. da ultimo Cassazione, 6 febbraio 1959 in Giust. Civ. 1959, 1, 1094) -gli interessati avevano certamente diritto di opporsi innanzi all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria a norma ed agli effetti esecutivi del T. U. 14 aprile 1910, n. 639, ma n� ci� li esimeva dall'impugnazione del provvedimento dinanzi alla dovuta giurisdizione amministrativa, n� ovviamente poteva tramutare in controversia civile la controversia amministrativa in contestazione e attribuire su questa la competenza della diversa giurisdizione. � appena il caso di richiamare la sentenza 27 ottobre 1961, n. 2446 delle Sezioni Unite (in Giur. Jtal. 1961, 1, 714) che ha negata la giurisdizion-e del Giudice Ordinario peranco in ordinaria procedura esecutiva nella quale venga in contestazione materia d'impiego pubblico . ......... Ci sembra che, senza bisogno di doversi ulteriormente soffermare in proposito, le citate sentenze della Corte Suprema siano di per s� sufficienti a fugare ogni dubbio sull'evidente fondamento della questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Indennit� -Deter minazione -Accordo tra proprietario ed espro priante -Efficacia -Protrazione eccessiva del pro cedimento espropriativo -Colpa dell'Amministra zione -Responsabilit� -Valutazione. (Corte di CaE sazione, Sezione I, Sentenza n. 1280/62 -Pres.: Celen" tano; Est.: Stella Richter; P.M. Pedace (conf.) De Pasquale c. Ministero Difesa). Il negozio determinativo dell'indennit� di espropriazione per Pubblica utilit� vincola l'espropriato qualunque sia il tempo decorso tra l'accordo ed il perfezionamento del procedimento di espropriazione. Se per il comportamento doloso o colposo dell'Amministrazione o dell'espropriante, il procedimento espropriativo si protragga eccessivamente, l'accordo non perde la sua efficacia, ma l'Amministrazione � responsabile del danno che eventualmente ne derivi allo interessato per il ritardo nella riscossione dell'indennit�. La valutazione dell'anormalit� del ritardo da parte dell'Amministrazione deve essere effettuata in relazione al momento dell'accordo e con riguardo al diritto dell'espropriato di riscuotere l'indennit� concordata. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza la quale ci sembra che faccia implicitamente, ma non per questo meno definitivamente, giustizia della tesi sostenuta nella decisione (invero anomala) del Consiglio di Stato Sezione IV (n. 4 79 del 1957, in Riv. del Consiglio di Stato, 1957, 579) che af~ fermava essere illegittimo per eccesso di potere un decreto di espropriazione relativamente al quale la indennit� fosse stata depositata nella misura concordata molti anni prima. Con il primo mezzo di ricorso si denuncia la violazione degli art. 42 della Costituzione, 834 O.e., n. 25,74 e 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per avere la Corte ritenuto vincolativo l'accordo concluso dagli espropriati per la determinazione dell'indennit� di esproprio. Sostengono i ricorrenti: a) che quell'accordo deve ritenersi sottoposto alla condizione rebus sic stantibus; b) che l'indennit� di espropriazione deve essere giusta, e quindi la misura concordata non pu� essere vincolativa, anche se non vi siano state riserve o condizioni; c) che nella specie vi era stata un'occupazione protrattasi per oltre un decennio e poi l'accordo sulla indennit�, a seguito del quale decorse oltre un anno per l'emanazione del decreto di espropriazione. Questo tempo fu tutt'altro che breve, in relazione allo stato del procedimento di espropriazione, e nel corso di esso si verific� un notevole incremento del valore dell'immobile, come risulta da altra sentenza della stessa Corte, concernente un terreno contiguo. 41 Queste censure sono di una palese inconsistenza. Non � dubbio che il diritto dell'espropriato alla, indennit� � un diritto patrimoniale disponibile e che quindi l'interessato pu� determinarlo come meglio. crede. L'art. 25 della legge del 1865 sulle ~spropJ'iazione per pubblica utilit� prevede la possibilit�. che l'espropriato subordini l'efficacia dell'accordo� a delle condizioni, tra cui pu� comprendersi anche� quella rebits sic stantibus; ci� necessariamente importa che, se invece l'accordo � incondizionato� la sua vincolativit� non pu� essere contestata. Il principio secondo il quale all'espropriato deve essere corrisposta una giusta indennit� � invocat& del tutto a sproposito, poich� l'adeguatezza dell'a indennit� non pu� essere discussa quando la misura di essa sia stata stabilita con il libero e pieno consenso della parte interessata. E la giurisprudenza di questo Supremo Collegio ha ripetutamente affermato che: 1) il negozio determinativo della indennit� vincola l'espropriato qualunque sia il tempo decorso tra l'accordo e il perfezionamento del procedimento di espropriazione. Se per il comportamento colposo o doloso dell'Amministrazione o dell'espropriante, il procedimento espropriativo si protragga eccessivamente, l'accordo non perde la sua efficacia, ma l'Amministrazione � responsabile del danno che eventualmente ne derivi all'interessato per il ritardo nella riscossione della indennit�; 2) si vedano le sentenze 16 luglio 1951r n. 1994 e 28 giugno 1960, n. 1684). Da ci� consegue che la valutazione dell'anormalit� del ritardo da parte dell'Amministrazione deve essere effettuata in relazione al momento dell'ac-' cordo e con riguardo al diritto dell'espropriato di riscuotere l'indennit� concordata. Ora nella specie� sono circostanze di fatto accertate e non controverse che l'accordo fu concluso il 29 maggio 1952; che i mandati di pagamento vennero emessi il 101 ottobre 1952; che i De Pasquale rilasciarono la dichiarazione liberatoria il 3 e il 5 dicembre 1952; che il decreto di esproprio fu emanato il 26 giugno� 1953. Il pagamento cio� avvenne ancor prima del decreto di esproprio; quindi il ritardo doveva essere valutato con riferimento al periodo intercorrente tra il 29 maggio 1952 e il 10 ottobre dello. stesso anno. Che questo sia un periodo eccessivamente lungo non sembra seriamente sostenibile. Comunque l'apprezzamento compiuto al riguardo dalla Corte del merito � insindacabile in questa sede. Parimenti infondata � la seconda censura. Si lamenta che la Corte abbia considerato domanda nuova e, come tale inammissibile in appello, quella con cui si chiedeva la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni per l'illegittimit�. del decreto di esproprio per violazione del principio della �giusta indennit�. In effetti l'illegittimit� del decreto non era stata mai dedotta, ma era stata. solo chiesta una dichiarazione di nullit� dell'accordo determinativo dell'indennit� ed una elevazione dell'indennit� stessa. Vi fu quindi un:�radicale mutamento della causa petendi, che importav�: mutamento della domanda. L'illegittimit� del decreto avrebbe importato un'occupazione abusiva. e quindi una responsabilit� per risareimento deii -42 danni, non gi� un adeguamento dell'indennit� concordata. Comunque non pu� non rilevarsi la pretestuosit� della domanda stessa, posto che l'inadeguatezza dell'indennit� non comporta la illegittimit� del decreto di espropriazione, ma la modificazione dell'indennit� stessa mediante ~'apposito procedimento previsto dalla legge. �GUERRA -Poteri dello Stato occupante -Art. 53 della Convenzione dell'Aja 1899 -Appropriazione di beni dello Stato occupato -Vendita a privato Nullit� per l'ordinamento interno. (Corte di Cas� sazione, Sezione I, Sentenza n. 1284/62 -Pres.: Celen tano; Est.: Stella Richter; P. M.: Cutrupia (conf.) Amministrazione Difesa Esercito c. Carmagnani). Secondo il nostro ordinamento giuridico, che non -� in contrasto con quello internazionale stabilito dall'art. 53, comma 1�, del regolamento annesso alla Convenzione dell'Aja del 1899, � nullo l'ac~ uisto che un cittadino italiano abbia fatto, direttamente od a mezzo di intermediari, di beni patrimoniali dello Stato italiano dalle forze tedesche -che li avevano catturati durante l'occupazione del territorio nazionale. Questa giurisprudenza costituisce ormai jus recep- tum. Trascriviamo l'intera motivazione della sentenza per mettere anche in rilievo gli argomenti addotti .dalla Corte d'Appello che la Cassazione, accogliendo .le nostre tesi, ha puntualmente ed esaurienternente controbattuti. Nel marzo 1946 l'Amministrazione Militare italiana intim� alla ditta Siri Felice di Albissola il fermo di cinque serbatoi metallici per carburanti, assumendo che le appartenevano e che erano stati depretati dal tedesco invasore. Tuttavia i serbatoi furono trasportati a Pegli presso la ditta Attilio Carmagnani, alla quale l'Amministrazione rinnov� l'intimazione di fermo. La Carmagnani, allora, all'atto di citazione 28 giugno 1948, convenne in giudizio avanti al Tribu� nale di Genova la detta Amministrazione, chiedendo che fosse dichiarata la propriet� di essa istante sui serbatoi, per averli legittimamente acquistati dalla ditta Averardo Scuffi di Savona, -e che fosse condannata la convenuta al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede. L'Amministrazione contest� tali istanze, dedu �Cendo che i serbatoi appartenevano all'Esercito italiano e che lo Stato, a norma del D. r,. L. 10 febbraio 1945, n. 32 aveva diritto di recuperare le -0ose mobili di sua pertinenza da chiunque ne fosse venuto in possesso dopo 1'8 settembre 1943, senza poterne dimostrare la legittima provenienza. � Il Tribunale con sentenza 8-14 marzo 1956 -:respinse la domanda. Il soccombente propose appello e la Corte di �Genova con sentenza 18 febbraio-31 marzo 1960 lo accolse dichiarando che i cinque serbatoi erano legittimamente posseduti dal Carmagnani. Consider� la Corte che, alla stregua delle risultanze della prova esperita e dei documenti prodotti, i cinque serbatoi appartenevano originariamente all'esercito tedesco occupante e furono da questo venduti a un cittadino italiano. Si poneva quindi la questione, se, cessata l'occupazione nemica, lo Stato italiano potesse recuperare quei beni, in base alle norme del proprio ordinamento interno, e, in ispecie, dell'art. 1 del D.L.L. 10 febbraio 1945, n. 32, ovvero se tale diritto non sussistesse in conseguenza sopratutto dell'art. 53 del regolamento annesso alla seconda convenzione de l'Aja del 1899 sulle leggi e sugli usi di guerra. Al riguardo la Corte osserv� che l'art. 1 del decreto del 1945 fa obbligo a chiunque sia venuto in possesso di cose mobili di pertinenza dello Stato dopo il 10 luglio 1943 e non possa provare la legittimit� di tale possesso, di restituirle. L'art. 53 del citato regolamento consente allo Stato occupante di impossessarsi dei fondi e valori dello Stato occupato, dei depositi di armi, dei mezzi di trasporto, magazzini e approvvigionamenti e, in genere, di tutti i beni mobili dello Stato occupato che possano servire alle operazioni belliche. Ora � vero che la lettera della norma indurrebbe a ritenere che allo Stato oecupante si trasferisca solo il possesso e non anche la propriet� dei detti beni; senonch� una consuetudine internazionale da tempo consolidata interpreta invece la norma nel senso che lo Stato cattore acquista la propriet� dei beni ed ha quindi la facolt� di trasmetterli ad altri. E tale interpretazione � stata accolta dalla nostra legge di guerra (R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, allegato A), che all'art. 60 stabilisce che i beni passano in propriet� dello Stato Italiano, quando questo sia il cattore. Rilev� ancora la Corte che il potere di appropriazione, se � limitato ai beni idonei alle operazioni di guerra, non importa alcun limite al successivo potere dispositivo dello Stato cattore, che pu� disporre dei beni stessi come crede e quindi pu� anche alienarli. Inoltre la vendita del bottino di guerra pu� essere compiuta per procurare danaro da impiegare nelle operazioni belliche, e nella specie appunto ricorreva questa ipotesi, giacch� la vendita dei serbatoi avvenne neJl'imminenza della ritirata dell'esercito tedesco, ritirata che costituisce anche essa una operazione di guerr~. La Corte consider� inoltre che era infondato l'assunto secondo il quale dalla detta norma deriverebbe l'obbligo per lo Stato occupato di riconoscere la validit� del trasferimento del bottino di guerra soltanto nei confronti dell'ordinamento internazionale e non anche nei confronti di quello interno. In vero cos� opinando si disconoscerebbero i principi generali universalmente l'iconosciuti, secondo i quali chi vende un bene di cui ha la legittima propriet� trasferisce all'acquirente, insieme con questa, il diritto di opporsi a qualsiasi rivendicazione altrui. Inoltre la norma consuetudinaria fu codificata al fine di evitare questioni sulla propriet�. dei _begi mobili ivi indicati. Infine l'art. 10 della Costituzione stabilisce che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, principio questo gi� insito -43 _nel precedente ordinamento costituzionale. Non poteva opporsi che i detti beni non erano stati isottratti alla loro destinazione nei modi stabiliti dalla legge, a norma dell'art. 828 O.e., perch� l'impossessamento da parte dello Stato cattore ed il conseguente passaggio nella sfera della propriet� di questo provoca la sottrazione alla destinazione, .sottrazione legittima secondo il nostro ordina mento interno, che si � adattato a quello iinternazionale. Avverso q�esta sentenza l'Amministrazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di annullamento. Resiste la Oarmagnani �con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria illustrativa. MOTIVI DELLA DECISIONE L'Amministrazione ricorrente censura sotto vari :aspetti la decisione della Oorte di merito che ha ritenuto legittimamente acquisiti da parte di un cittadino italiano dei beni mobili (serbatoi metallici per carburante) appartenenti all'esercito italiano, catturati dall'esercito tedesco occupante e da questo venduti al cittadino italiano. Deduce la ricor1 �ente che l'occupazione bellica determina un ostacolo d'indole meramente materiale all'estrinsecarsi della sovranit� dello Stato occupato, per modo che, �Cessata quella occupazione, l'originaria sovranit� �dello Stato occupato riprende il suo impero e quindi pu� disconoscere i rapporti giuridici posti in essere -dall'occupante; in questo senso deve interpretarsi l'art. 53 del regolamento annesso alla convenzione dell'Aja del 1899 sulle leggi e sugli usi di guerra �(primo 1nezzo di ricorso). Deduce inoltre che il citato art. 53 consente la cattura delle sole cose �che possono essere destinate ad usi di guerra, e quindi, come esclude la cattura per quelle inidonee .ai detti fini, cos� esclude che di quelle idonee l'occupante possa servirsi per farne oggetto di specula: zione commerciale (secondo mezzo di ricorso). Sostiene poi che il negozio concluso tra lo Stato occupante e il cittadino dello Stato occupato ha rilevanza solo nell'ordinamento dello Stato occupante, non in quello dello Stato occupato; anche ammesso <Che la norma internazionale sia recepita nell'ordinamento interno, non ne deriva che in questo debbano riconoscersi come leciti i negozi conclusi sulle cose <Catturate dall'occupante (terzo motivo di ricorso). Infine assume che, trattandosi, nella specie, di beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, essi non erano commerciabili, non ostante l'avvenuta cattura (quarto motivo di ricorso). Le doglianze sono fondate nei sensi e con le precisazioni che verranno indicati. Oom'� noto, l'art. .53, comma 1�, del regolamento annesso alla convenzione dell'Aja del 29 luglio 1899 sulle leggi .e gli usi di guerra, cos� dispone: � L'arm�e qui oc< mpe un territoire ne pourra saisir que le num�raire, fos fonds et les valeurs exigibles appartenant en propre � l'Etat, les d�p�ts d'armes, moyens de transport, magasins et approvisionnements et, en g�n�ral, toute propri�t� mobili�re de l'Etat de nature � servir aux op�rations de la guerre ii. A questa convenzione, ratificata dall'Italia, � stata data esecuzione con il R.D. 9 dicembre 1900, n. 504. Senonch� tale decreto, per la sua natura meramente regolamentare, fu inefficace ad adattare l'ordinamento interno dello Stato italiaino alle norme internazionali, dato che queste incidono sulla disciplina del diritto di propriet�, disciplina non modificabile che con legge. Si ritiene, invece, che l'adattamento sia avvenuto in modo automatico, in virt� di una norma implicita contenuta nell'ordinamento italiano anteriore alla Costituzione diretta a provvedere appunto all'automatico adattamento del diritto interno a quelle norme internazionali che costituiscono il diritto internazionale generale o comune. Tale norma � ora espressamente consacrata nella Oosti� tuzione della Repubblica, il cui art. 10 stabilisce �L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente rico � nosciute �. Si tratta ora di determinare il significato e la portata dell'art. 53, comma 1�, del regolamento dell'Aja. Esso dice che le forze armate occupanti non possono impossessarsi che del denaro e dei valori appartenenti allo Stato occupato, dei mezzi bellici e di tutti i beni mobili dello Stato medesimo che per loro natura possono servire alle operazioni della guerra. Secondo un'opinione sostenuta in dottrina e seguita dalla sentenza impugnata, lo Stato occupante con l'impossessamento acquista la propriet� dei beni indicati da esso catturati e pu� disporne nel modo che ritiene pi� opportuno, utilizzandoli direttamente, consumandoli, distruggendoli ed anche trasferendoli a chicchesia. E lo Stato che ha subito la cattura dovrebbe nel proprio ordinamento attribuire un effetto corrispondente a quello che si produce nell'ordinamento dello Stato cattore riconoscendo l'acquisto della propriet� del cattore sul bottino di guerra e la validit� del relativo trasferimento operato a favore di terzi. Il che sarebbe avvenuto in virt� dell'adattamento automatico, prima, e dell'art. 10 della Costituzione, poi. Questa tesi � stata seguita dal Supremo Collegio con la sentenza 19 ottobre 1951, n. 2644, ma � stata respinta con tutte le altre che hanno esaminato la questione, vale a dire quelle 22 marzo 1950, n. 774; 15 giugno 1951, n. 1551; 22 aprile 1954, n. 1199; 28 aprile 1954, n. 1306; 27 maggio 1955, n. 1639, 25 marzo 1961, n. 686. A tale prevalente e pi� recente indirizzo la Oorte ritiene di doversi uniformare. In vero il primo comma dell'art. 53 determina in forma limitativa i beni dello Stato occupato, di cui l'occupatore si pu� impossessare (saisir), e tali beni sono di due categorie, quelli strumentali (danaro, fondi e valori) e quelli di uso diretto (armi, mezzi di trasporto, magazzini, approvvigionamenti e in genere mobili destinati per loro natura a servire alle operazioni belliche). � da tenere presente che il precedente art. 52 prevede la requisizione di beni e servizi non appartenenti allo Stato e il secondo comma dell'art. 53 contempla pure un _ impossessamento di mezzi di comunicazione o di trasporto, di depositi di armi e di munizioni, appartenenti a privati, con l'obbligo peraltro della restituzione e dell'indennizzo al momento della pace. Li iiiiif&FWfWN@F1&*�*d~& J Li iiiiif&FWfWN@F1&*�*d~& J -4-! Questo dimostra che il diritto internazionale, mentre consente all'occupante il diritto di compiere tutte quelle attivit� che sono necessarie per il proseguimento della guerra, gli pone dei limiti di rispetto della propriet� pubblica e privata. Le norme quindi devono essere interpretate restrittivamente, in aderenza al detto principio. Ora se tra i beni dello Stato suscettibili di cattura sono compresi alcuni per loro natura strumentali ed altri, del pari per loro natura, di uso diretto, sembra indubbio che questi ultimi non possano essere appresi per essere utilizzati invece come beni stru" mentali, vale a dire come merce di scambio per procurare danaro o altri beni. Vimpossessamento, rispetto ad essi, � giustificato proprio dalla loro natura di beni idonei a servire ai fini bellici. Se si fosse voluto consentire all'occupante di procurarsi del danaro mediante l'apprensione di beni, si sarebbe dovuta consentire anche quella di altri beni pi� pregiati, quali, per esempio, le opere d'arte. Ci� non vuol dire che lo Stato occupante debba rispondere di fronte all'occupato dell'uso fatto dei beni che ha appresi; ma importa solo che l'occupato non � tenuto a riconoscere nel proprio ordinamento la validit� dei negozi di trasferimento della propriet� di quei beni compiuti dall'occupante, trasferimento che costituisce un atto arbitrario e quindi invalido, sia per il diritto internazionale, sia per il diritto interno. Non � quindi in contrasto con il diritto internar. ionale la disciplina particolare dettata dal nostro ordinamento con il D.L.L. 1� febbraio 1945, n. 32, per il recupero di cose mobili di pertinenza dello Stato, illegittimamente detenute, con il D.L.L. 21 gennaio 1945, n. 49 e con il D.L. 22 gennaio 1948, n. 118, per il recupero di autoveicoli e relativi materiali, del pari illegittimamente detenuti, nonch� con il D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134, art. 5, sull'avocazione dei profitti per negozi conclusi con il tedesco invasore. Quest'ultima norma dispone l'avocazione allo Stato di tutti i profitti conseguiti dopo 1'8 settembre 1943, in dipendenza ed in occasione di appalti, di forniture o di altri negozi conclusi, direttamente o a mezzo di intermediari, col tedesco invasore, precisando che si considerano conclusi a mezzo di intermediari quei negozi la cui esecuzione non si ignorava e non si poteva ignorare che avvenisse nell'interesse del tedesco medesimo. Da tale norma si evince in modo univoco che qualsiasi contratto concluso con il tedesco invasore � illecito e quindi nullo per il nostro ordinamento, tanto che le utilit� che dal contratto sono derivate vengono acquisite dallo Stato a titolo sanzionatorio. Non pu� dubitarsi pertanto che l'acquisto da parte di cittadini italiani di beni patrimoniali dello Stato italiano catturati dal tedesco invasore sia nullo e che quindi lo Stato italiano abbia diritto a rivendicare i beni medesimi. Pertanto l'impugnata sentenza deve essere cassata con il rinvio della causa ad altro giudice dello stesso grado, che si uniformer� al seguente principio di diritto: �secondo il nostro ordinamento giuridico, che non � in contrasto con quello internazionale stabilito dall'art. 53, comma 10, del regolamento annesso alla convenzione dell'Aja del 1899, � nullo l'acquisto che un cittadino italiano abbia fatto,. direttamente o a mezzo di intermediari, di beni patrimoniali, dello Stato italiano dalle forze armate� tedesche che li aveva.no catturati durante l'occupazione del territorio nazionale.�. IMPOSTE E TASSE -Imposte indirette -Determi nazione del valore -Decisioni della Commissione provinciale -Ricorso alla Commissione Centrale� per difetto di motivazione -Improponibilit� -Possi bilit� solo di ricorso all'autorit� giudiziaria. (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 2828/62 - Pres.: Tavolaro; Est.: Ferrati; P.M.: Pepe (diff.) - Perrier e, Amministrazione delle Finanze). Le decisioni della Commissione provinciale delle� imposte, emesse in grado di appello in tema di determinazione del valore in materia d'imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, sono� definitive e contro di esse � dato soltanto il ricorso� ali'Autorit� giudiziaria a norma dell'art. 29 terzo� comma R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639: non � pertanto proponibile avverso dette decisioni il ricorso alla Commissione Centrale delle imposte per vizi in pro�edendo, in particolare per difetto di motiva� zione. Trascriviamo la motivazione in diritto di questa magistrale sentenza che segna una direttiva chiara e definitiva nel tormentato campo delle relazioni tra organi della giurisdizione speciale tributaria e organi della giurisdizione ordinaria, accogliendo integralmente le tesi dell'Amministrazione. La sentenza n. 2689 del 1960 citata nella moti1!azione � stata confermata dalla sentenza successiva n. 2225/61 che � stata pitbblicata in qnesta �Rassegna �, 1962, p. 93. L'Amministrazione ricorrente sostiene che le decisioni della Commissione Provinciale delle Imposte in materia di valutazione agli effetti delle imposte� indirette sui trasferimenti della ricchezza sono� definitive e contro di esse non � proponibile il ricorso alla Commissione Centrale: questa avrebbe dovuto quindi ritenere preclusa ogni questione sollevata dai ricorrenti eredi Perrier, fosse essa di merito o di rito, onde non avrebbe dovuto neppure attardarsi ad esaminare la sussistenza o rrieno del dedotto� vizio di motivazione. Ne deduce pertanto la ricorrente che la decisione� impugnata, in quanto emessa dal giudice assolutamente carente di giurisdizione, deve essere annullata senza rinvio con conseguente declaratoria di assorbimento del ricorso principale degli eredi Perrier. !Ja censura � fondata. La questione sollevata dalla ricorrente principale non ha costituito oggetto in passato di specifica pronuncia da parte di questo S.C. __ �� Nella sentenza 23 marzo 1957 r n. 988 v'� soltanto� un fuggevole accenno alla possibilit� che le decisioni delle Commissioni Provinciali in tema di valutazione agli effetti delle imposte indir~tte sui w::www ::Ja,t�: ma@iJid.BM: 7 -4i'.i trasferimenti della ricchezza siano impugnabili in ,'Sede contenziosa amministrativa, mediante ricorso alla Commissione Centrale, ma si tratta di un rilievo marginale, indipendente dalla ratio decidendi del �caso allora in discussione. Per contro, nella pi� recente sentenza 13 ottobre 1960, n. 2689, queste Sezioni Unite, nell'affermare �che le decisioni della sezione speciale della Oommis,' Sione provinciale delle imposte sulle controversie -che insorgono nella valutazione dei titoli azionari non quotati in borsa non sono passibili di ricorso alla Commissione Centrale, hanno addotto, a so.. stegno di tale soluzione, non soltanto la norma spe �Cifica che disciplina quelle particolari controversie (art. 10 R.D.L. 15 dicembre 1938, n. 1975), ma anche la norma generale che regola il giudizio delle �Commissioni provinciali sulle controversie riferentisi alla determinazione del valore in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza, -e cio� l'art. 29 R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, su -0ui la ricorrente ha fondato il proprio assunto, in .quanto sia nella una come nell'altra norma le deci. sioni della Commissione Provinciale sono qualifi- cate �definitive>>. Appare pertanto necessario un breve richiamo a tutta la disciplina del contenzioso tributario .quale risulta dalle norme del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 e deLR.D.L. 8 luglio 1937, n. 1516, all'apice degli organi deputati alla risoluzione delle contro- versie amministrative con il compito di curare l'osservanza della legge, cosicch� la regola sia l'impugnabilit� avanti alla Commissione centrale -delle decisioni della Commissione provinciale. Diverso � invece il sistema configurato per le -controversie in tema di imposte indirette. Dispone infatti l'art. 29: �La competenza delle �Commissioni amministrative in materia d'imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza � determinata nel modo seguente: Le controversie che si riferiscono alla determina: zione del valore sono decise, in prima istanza, dalle commissioni distrettuali, e, in secondo grado, .da quelle provinciali. Il giudizio delle Oommisioni provinciali sulle -questioni di cui al comma precedente � definitivo, ;aalvo ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed �evidente errore di apprezzamento ovvero per man- 0anza o insufficienza di calcolo nella determinazione .del valore. Tutte le altre controversie relative alla applica: zione della legge sono decise, in 1� grado, dalle Commissioni provinciali, salvo ricorso alla autorit� giudiziaria nei modi e termini stabiliti dalle leggi vigenti�. Di fronte a tale norma non par dubbio che il Jegislatore abbia inteso operare una dicotomia nelle controversie che possono insorgere tra citta �dini e Fisco in ordine all'applicazione delle imposte :sui trasferimenti della ricchezza, tra le quali rientra -� appena il caso di avvertirlo -la imposta .sulle successioni, di cui si contende nel caso con �Creto: se si tratta di mere questioni di valutazione, vale a dire di determinazione del valore da attribuire al cespite trasferito, il giudizio si articola in due fasi devolute rispettivamente alla Commissione distrettuale quale giudice di prima istanza e alla Commissione provinciale quale giudice di 2� grado, mentre, se si tratta di questioni di diritto relative all'applicazione della legge, il giudizio continua sempre ad articolarsi in due fasi, ma in questo secondo caso il giudice di 1� grado � la �omn:iissione provinciale e giudice d' appello, con cognizione piena di merito, la Commissione centrale. E la differenza tra i due giudizi � maggiormente posta in rilievo dal fatto che la Commissione provinciale chiamata a giudicare in grado di appello le controversie in tema di valutazione � la Commissione prevista dall'art. 25 nell'ordinaria composizione stabilita in detto articolo, mentre per i giudizi di cui all'ultimo comma dell'art. 29, l'art. 30 prevede la costftuzione di una sezione speciale compostit di membri scelti tutti tra persone esperte del diritto (magistrati, funzionari dello Stato, esercenti professioni legali). In materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza non vige adunque il principio della necessaria unit� di giudizio sull'an o sul quantum debeatur (cfr. sentenza, 19 luglio 1947, n. 1158), in quanto il legislatore ha avuto riguardo a1la diversit� di questioni che possono insorgere in ordine all'uno e all'altro punto, creando per ciascuno il giudice ritenuto pi� idoneo . Ohe tra i due giudizi non debba operarsi alcuna commistione � fatto palese proprio dall'art. 37 regio decreto-legge n. 1516 del 1937, cui i ricorrenti hanno fatto riferimento nella discussione orale. Detta norma ha avuto infatti presente il caso che pi� frequentemente si verifica nella pratica e cio� che la questione di diritto circa i criteri di applicazione dell'imposta nel caso specifico sorga, o pi� esattamente si puntualizzi, in sede di valutazione avanti la Commissione distrettuale, adita dal contribuente in sede di ricorso avverso l'accertamento che l'Ufficio ha fatto seguendo determinati criteri, oltrech� di valutazione, anche di diritto: l'art. 37 nel suo primo comma stabilisce quindi che la decisione della Commissione di prima istanza � impugnabile avanti alla Commissione provinciale nel termine di 30 giorni dalla notifica ed aggiunge, nell'ultimo comma, che entro lo stesso termine il contribuente pu� ricorrere alla Commissione provinciale per le questioni previste dall'art. 29 ultimo comma . Ci� sta precisamente a dimostrare come dall'ambito del giudizio di appello debbano esulare quelle questioni di diritto che la legge demanda alla sezione speciale della Commissione provinciale e come di conseguenza la Commissione provinciale sia incompetente a decidere in sede di appello su questioni di diritto prospettate per la prima volta in sede di estimazione (Commissione Centrale, decisione 8 gennaio 1951, n. 18996). Ora da questa diversa sistematica dei giudizi, di valutazione e di diritto, si pu� gi� di per s� trarre argomento per escludere che la Commissione Centrale, che � costituita come giudine �di 20 grado con piena competenza di merito in ordine�� alle questioni di diritto, possa esercitare un sindacato di legittimit� sulle decisioni in tema di valutazione. ?Ll!WfZl~iMW?Y&d E tm ~JfilillF '"" '7 ....... 46 Ma ogni dubbio cade di fronte all'esplicita dizione della legge, la quale, come si � visto, qualifica quelle decisioni come definitive, ammettendo contro di esse soltanto il ricorso all'autorit� giudiziaria. Non sembra invero plausibile limitare la portata di quella qualificazione e ritenere che la definitivit� della decisione concerna esclusivamente la questione di estimazione. � questo invece l'indirizzo che la Commissione centrale segue ormai da anni e precisamente da quando, con decisione 18 dicembre 1940, n. 3440, ha ritenuto di poter affermare il proprio sindacato di legittimit� anche sulle pronunce di 2� grado, emesse in sede di valutazione nel campo che qui interessa, allorch� si denuncino errori in procedendo da parte del collegio giudicante. Non ritengono peraltro le Sezioni Unite che le argomentazioni allora addotte siano tali da superare il chiaro dettato dalla legge. Non ha anzitutto valore decisivo e risolutivo l'argomento dell'unit� degli organi del contenzioso amministrativo tributario ed in particolare l'argomento desunto dal carattere della Commissione centrale cc organo unitario chiamato a decidere in ultima istanza, in sede contenziosa amministrativa, le controversie in materia di imposte tanto dirette che indiret.te sugli affari, con unica procedura disciplinata promiscuamente cos� per le imposte dirette che per le indirette dai R.D.L. 1 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516 �. Quando si riconosce che nel sistema del conten zioso amministrativo tributario l'art. 29 del regio decreto-legge n. 1639 rappresenta una eccezione in quanto attribuisce una competenza di merito alla Commissione centrale, si pone la premessa per legittimamente differenziare la competenza della commissione stessa in materia di imposte indirette da quella in tema di imposte dirette: non basta invero affermare che, trattandosi di eccezione, essa va contenuta nei limiti che sono strettamente necessari e che in ogni altro caso riprendono vigore le regole generali, giacch� si tratta precisa mente di interpretare l'effettiva portata dell'ar ticolo 29 nel complesso delle sue disposizioni. E a tal fine non pare trascurabile il rilievo che l'art. 45 R.D. 8 luglio 1937, n. 1516 stabilisce che il ricorso alla Commissione centrale contro le deci sioni delle Commissioni provinciali � dato cc nei casi ammessi dalle singole leggi di imposta n. � vero che nella disciplina delle singole imposte dirette il legislatore ha adottato generalmente il sistema del rinvio, per il contenzioso, alle leggi sull'imposta di ricchezza mobile onde, come gi� si � detto, in ordine a tali imposte pu� ammettersi una competenza generale di legittimit� della com missione centrale, ma questo non autorizza ancora una ulteriore illazione circa la possibilit� di adire la Commissione centrale anche in materia di im poste indirette sugli affari avverso le decisioni emesse in sede di valutazione quando le leggi rela tive al riguardo tacciono ed esiste al contrario una norma specifica quale quella dall'art. 29, di cui si discute. N� appare decisivo al riguardo il 4� comma dell'art. 31 R.D.L. 7 agosto 1936, il quale estende genericamente alle controversie riguardanti le� imposte di trasferimento dei beni tutte le altrenorme relative al procedimento davanti alle-� Commissioni amministrative delle imposte dirette, giacch� si tratta pur sempre .di coordinare la. suindicata norma di richiamo con quella specifica. dell'art. 29. E che questo rappresenti un ostacolo non facilmente superabile lo ha riconosciuto nella anzidetta decisione, la stessa Commissione centrale la quale, peraltro, ha ritenuto affrettato indurre dall'art. 29� che la legge, dopo la decisione della Commissione centrale, abbia voluto precludere ogni ulteriore� stadio di giudizio in sede contenziosa amministrat, iva, in quanto, a suo avviso, cc nessuna interferenza esiste e pu� esistere tra la competenza della� autorit� giudiziaria e quella della Commissione centrale � giacch�, � mentre l'.Autorit� giudiziaria,. ove ricorrano gli estremi per dare ingresso alla,, domanda, deve procedere alla valutazione, emetendo un giudizio di estimazione, la Commissione centrale deve limitarsi ad accertare se la legge sia stata osservata e, quando accolga il ricorso, a rinviare il giudizio di valutazione alla Commissione provinciale, di talch� non � possibile un conflitto fra l'Autorit� giudiziaria e la Commissione centrale�. Ora questo argomento, su cui appare effettivamente incentrata la ratio decidendi della Commissione centrale, � senza dubbio erroneo, giacch� il ricorso all' .Autorit� giudiziaria previsto dal 20 comma dell'art. 29 non d� affatto luogo ad un giudizio� ex novo che si sovrappone e si sostituisce a quello amministrativo. Queste Sezioni Unite infatti hanno esplicitamente affermato, come punto fermo e non suscettibile di dubbi che la cognizione demandata al giudice ordinario dell'art. 29 del regio decreto-legge n. 1639 � di mera legittimit�, precisando al riguardo che il giudice, il quale accerti l'invalidit� della decisione della commissione tributaria, non ba il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio di merito della pronuncia impugnata, vale a dire all'apprezzamento e al calcolo dei valori, apprestando alla decisione la motivazione mancante, ma deve limitarsi ad annullare la decisione stessa (Sentenza, 26 settembre 1956, n. 3265): e questa giurisprudenza � stata costantemente seguita (cfr. sentenza, 11 marzo 1958, n. 828; 29 novembre 1958, n. 3818; 15 gennaio 1960, n. 21), configurandosi anzi il giudizio conseguente al ricorso ex art. 29, 3� comma, come una fase eventuale del giudizio amministrativo di accertamento dell'imposta e quindi come una fase del procedimento avanti alle commissioni tributarie, cui la controversia deve essere rimessa, per l'esame del merito, in caso di annullamento della decisione. Ben si spiega allora come il legislatore, dopo aver assicurato per altra via un controllo di legittimit�. sulla decisione; abbia taciuto circa il ricorso alla Commissione centrale: tale silenzio�, �-colleg_atQ: con la qualificazione di definitiva attribuita alla decisione, non pu� che interpretarsi come diniego di un ricorso per motivi di legittimit� alla Commissione centrale. TI -4i Altrimenti si avrebbe una pronuncia suscettibile di un duplice sindacato di legittimit�, da parte dell'Autorit� giudiziaria secondo le espresse previsioni dell'art. 29, da parte della Commissione centrale in virt� di quella generale competenza di legittimit� che le spetterebbe su tutte le decisioni delle Commissioni provinciali; un simile risultato non armonizza affatto con tutto il sistema del contenzioso tributario, repugna anzi ai principi generali, secondo i quali la pronuncia giurisdizionale pu� essere suscettibile di un solo controllo di legittimit�. N� pu� obbiettarsi che altro � il grave ed evidente errore di apprezzamento e altro � la mancanza od insufficienza di calcolo nella determinazione del valore per inferirne che solo nel primo caso � dato ricorso al giudice ordinario, mentre alla Commissione centrale spetterebbe il controllo generico sull'osservanza dell'art. 42, 20 comma, R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, che impone l'obbligo di una sommaria motivazione dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo nelle determinazione del valore imponibile. Come � stato osservato nella sentenza n. 1689 del 1960, il vizio di motivazione nella valutazione. si risolve in un difetto di merito, onde la insufficiente motivazione estimativa pu� dar ingresso al ricorso all'autorit� giudiziaria a mente dell'art. 29, e infatti � stato pi� volte affermato che il sindacato del giudice ordinario � proprio volto al controllo della motivazione della decisione amministrativa, tanto � vero che numerose pronunce (ad es. sentenza 1� aprile 1960, n. 722) hanno avuto per oggetto l'interpretazione di quell'art. 42, relativamente al quale, secondo l'opposta tesi, dovrebbe esercitarsi il sindacato della Commissione centrale. A suffragio del diverso indirizzo da quella seguito non rimangono quindi che le considerazioni dell'ordine pratico, che si leggono al termine della decisione n. 34440 del 1940, circa la possibilit� di assicurare per la via pi� semplice e pi� rapida del ricorso alla Commissione centrale, una pronta ed economa giustizia senza costringere Amministrazione e contribuente ad intraprendere la pi� lunga e pi� costosa azione giudiziaria: senonch� tali considerazioni potranno essere utili sul piano legislativo per porre in evidenza la necessit� di una radicale riforma del contenzioso tributal'io al fine di garantire la piena ed efficace tutela dei diritti dei soggetti del rapporto tributario, ma non possono certamente essere invocate per suffragare una interpretazione estensiva di una norma scritta, in netto contrasto con i principi ispiratori della medesima. Si deve dunque ritenere che le decisioni delle Commissioni provinciali delle imposte in sede di valutazione in materia di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza sono sottoposte al sindacato di legittimit� aoltanto dell'autorit� giudiziaria secondo le previsioni dell'art. 29 e che le stesse non sono suscettibili di ricorso alla Commissione centrale delle imposte. Non rimane quindi che verificare se effettivamente la decisione della Commissione provinciale di Palermo, contro cui venne proposto ricorso dagli eredi Perrier, sia una decisione emessa in sede di valutazione, ma al riguardo non possono sorgere dubbi; quella Commissione ha pronunciato in grado di appello, tanto � veroehe ha cQJlf.ermato la decisione della Commissione di prima istanza, ed in secondo grado la Commissione provinciale non pu� pronunciare che come giudice di valutazione. Ne deriva che la Commissione centrale doveva arrestarsi a siffatto accertamento senza scendere ad un esame dei motivi dedotti dai ricorrenti per operare una cernita tra essi e valutarne concretamente uno solo, quello denunciante il difetto di motivazione. Non ha quindi importanza alcuna se in quello esame essa possa essere incorsa in errori o meglio se abbia usato termini imprecisi, accennando ad una mancata proposizione delle questioni costi tuenti oggetto dei primi quattro motivi prospet tati dai ricorrenti. I,a circostanza invero che gli eredi Perrier aves sero gi� effettivamente sollevato davanti alla Com missione centrale quelle questioni di diritto meglio delineate nel successivo ricorso alla Commissione. Centrale � priva di rilevanza, giacch� in sede di appello la Commissione provinciale non ha veste per� prendere in esame questioni di diritto che la legge devolge in modo esclusiyo alla. Sezione speciale. Nel sistema della legge come dianzi delineato � inammis3ibile la commistione delle questioni di diritto .con quelle di valutazione ed � inconcepibile una medesima decisione della Commissione provin ciale, che per una parte (valutazione) sia pronun ciata in grado d'appello e per un'altra parte (di ritto) in 1� grado: proprio perch� l'organo chiamato a giudicare � diverso nell'un caso e nell'altro, non:: sussiste quella possibilit�, che costituisce invece� il presupposto dell'attuale doglianza dei ricorrenti principali, i quali, quando affermano che la Com missione centrale � incorsa in un vero e proprio diniego di giustizia poich� ha loro sottratto il giu- dizio di 2� grado previsto dalla legge, postulano. una pronuncia della Commissione provinciale dr versa da quella che � stata concretamente emessa .. Senza dubbio, concretatesi in sede di impugna zione avanti alla Commissione provinciale delle. questioni di diritto sulle modalit� di accertamento del valore di taluni cespiti ereditari (tale � sicura mente la questione del modo di valutazione della. quota di compartecipazione di una societ� in nome' collettivo), sarebbe stato doveroso da parte della Commissione provinciale, che, come giudice di valutazione, non poteva darsi carico di quelle' questioni, rimetterne la cognizione alla compe tente Sez. speciale e sospendere il giudizio di esti mazione fino alla risoluzione delle suddette que- stioni, ma il non averlo fatto -e al riguardo non. fu nemmeno proposta specifica doglianza -non incide sulla validit� della decisione della Commis sione provinciale, che rimane soggetta alla� ordina ria impugnativa ex art. 29, mentre permane l�: possibilit� di un giudizio da parte della Sezione speciale in quanto la questione di diritto sia stata, tempestivamente sollevata. E -48 LOCAZIONI -Assegnazione di alloggi ai ferrovieri Natura di concessione amministrativa -Diritto sog; gettivo dell'assegnatario -Insussistenza -Rilascio �dell'alloggio richiesto dall'Amministrazione -Opposizione dell'assegnatario -Controversie -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario -Fattispecie. DEMANIO -Amministrazione pubblica -Concessione in uso di alloggio ai dipendenti -Immobili .da considerarsi compresi nel patrimonio indispo. nibile degli enti pubblici. (Corte di Cassazione, !Sezioni Unite, Sentenza n. 2215/62 -Pres.: Verz�; Est.: Favara; P.M.: Criscuoli (conf.) -Tassoni c. Amministrazione Ferrovie dello Stato). L'assegnazione, da parte dell'Amministrazione delle ferrovie dello Stato, di alloggi per ferrovieri a favore di determinati soggetti particolarmente qualificati in relazione alla loro posizione in servizio :attivo e secondo le norme speciali che regolano la materia della concessione degli alloggi al personale 1{R.D. 7 aprile 1945, n. 445 e D.M. 25 luglio 1924, n. 427, R.D. 3maggio1923, n. 1058, ecc.), ha natura .di concessione amministrativa con corrispettivo, :anche quando assuma la forma estrinseca di una locazione, e se la pubblica amministrazione, per mera tolleranza, permetta che il funzionario, oc. cupi, ancora per qualche tempo, l'alloggio di servizio a lui concesso, dopo il suo collocamento a riposo. Da tale assegnazione non sorge alcun diritto soggettivo a favore dell'assegnatario. dell'alloggio medesimo ed �, pertanto, improponibile qualsiasi azione giudiziaria diretta ad opporsi al diritto dell'Amministrazione di fare cessare il rapporto, ove concorrano le condizioni previste dalle norme da cui il rapporto stesso � regolato, ed il giudice ordinario �, quindi, privo di giurisdizione a conoscere delle controversie a cui l'opposizione .stessa possa dar luogo. (Nel caso, l'Amministrazione delle ferrovie, dopo .aver notificato provvedimento di rilascio all'assegnatario dell'alloggio gi� suo dipendente, aveva chiesto al Pretore la fissazione della data per la .esecuzione dello sfratto; l'interessato adiva allora il Pretore, quale giudice dell'esecuzione, con apposizione proposta ai sensi dell'art. 615 O.p.c., chiedendo preventivamente la sospensione dell'esecuzione. I1a Corte Suprema ha dichiarato il difetto . di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere dell'opposizione alla esecuzione e della . correlativa istanza di sospensione). Devono considerarsi destinati ad un pubblico , servizio e rientranti, come t.ali, ai sensi dell'ultimo .comma dell'art. 826 O.e., nel patrimonio indispo nibile degli enti pubblici, gli immobili concessi in uso ai dipendenti dell'amministrazione pubblica allo scopo di facilitar loro l'espletamento delle proprie pubbliche funzioni presso l'amministrazione medesima ed in relazione alla posizione di . servizio che il concessionario riveste, a nulla rilevando se l'immobile di cui fa parte l'alloggio con . cesso sia stato costruito direttamente a cura e spese della amministrazione concedente o se l'appartamento dato come alloggio faccia, invece, parte di un fabbricato acquistato dall'amministrazione dopo che era gi� stato costruito dall'industria privata, ove, peraltro, il fabbricato medesimo venga acquistato per essere destinato ad alloggi di servizio e destinato, poi, concretamente, a tale fine dall'amministrazione stessa. Questa sentenza di cui trascriviamo la motivazione in diritto, � particolarmente importante attesa la frequenza di casi del genere di quello in essa risolto, e attesa, soprattutto, la tendenza dei giudici di merito ad adottare provvedimenti di sospensione delle ordinanze amministrative di sfratto con conseguenti gravi perturbazioni al pubblico servizio. � appena il caso di accennare che i principi affermati nella sentenza non riguardano solo le case per ferrovieri, mii tutti quegli alloggi c.d. di servizio che vengono� assegnati in relazione e a causa del servizio svolto dai concessionari (particolarmente notevoli i casi degli alloggi per militari). Sembra opportuno, ogni volta che si verifichino opposizioni giudiziali contro le ordinanze di sfratto sollevare immediatamente il regolamento di giurisdizione, per stroncare sul nascere tutti i tentativi di ottenere provvedimenti tanto def atigatori quttnto illegittimi. Deve, anzitutto, notarsi che entrambe le parti concordano nell'escludere la applicabilit� all'alloggio di servizio, di cui � contestazione, delle norme di cui agli art. 321 e 322 del T.U. 28 aprile 1938, n. 1165 sull'edilizia popolare ed economica e norme correlative, in quanto la controversia riguarda un ailoggio concesso all'attuale ricorrente quale dirigente la Sezione (oggi Divisione Lavori) delle Ferrovie dello Stato, in Pisa, poi collocato in pensione, per il quale alloggio l'Amministrazione ha chiesto il rilascio a seguito della cessazione del motivo di servizio che ne giustificava la concessione, mentre il concessionario si � opposto in sede di esecuzione sostenendo di avere diritto alla cessione dell'alloggio medesimo in propriet�, ai sensi del D.P. 17 gennaio 1959, n. 2. �, appunto, in sede di opposizione all'esecuzione di rilascio, che l'attuale ricorrente ha proposto dinanzi al Pretore di Pisa, che l'Amministrazione ha eccepito il difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, tanto per la sospensione, che per la modifica, o la revoca dell'ordinanza di rilascio del 26 gennaio 1960. L'eccepito difetto di giurisdizione del giudice ordinario sussiste . Come, infatti, queste Sezioni Unite hanno gi� altre volte avuto occasione di affermare (.cfr. Sezioni Unite, 13 dicembre 1949, n. 2581; 20 maggio 1955, n. 1473, ecc.) l'assegnazione, da parte della Amministrazione delle ferrovie dello Stato, di alloggi per ferrovieri a favore di determinati soggetti particolarmente qualificati in relazione alla loro posizione in servizio attivo e secondo le norme speciali che regolano la materia della concessione degli alloggi al personale (R.D. 7 aprile-�1945 n. 445 e D.M. 25 luglio 1924, n. 427; R.D. 3 maggio rn23, n. 1058 ecc.) ha natura di concessione amministrativa con corrispettivo, anche quando assuma la forma estrinseca di una locazione, o se la pubblica -� �JU - amministrazione, per mera tolleranza, permette che il funzionario occupi ancora per qualche tempo l'alloggio di servizio a lui concesso dopo il suo collocamento a riposo. Da tale assegnazione non sorge alcun diritto soggettivo in favore dello assegnatario dell'alloggio medesimo ed �, pertanto, improponibile qualsiasi azione giudiziaria diretta ad opporsi al diritto della Amministrazione di fare cessare il rapporto, ove concorrano le condizioni previste dalle norme da cui il rapporto stesso � regolato ed il giudice ordinario, �, pertanto, privo di giurisdizione a conoscere deJle controversie a cui l'opposizione stessa possa dare luogo. Devono, infatti, considerarsi destinati ad un pubblico servizio e rientranti, come tali, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 826 O.e., nel patrimonio indisponibile degli enti pubblici, gli immobili concessi in uso ai dipendenti dell'amministrazione pubblica allo scopo di facilitare loro l'espletamento delle proprie pubbliche funzioni presso l'.Amministrazione medesima ed in relazione alla posizione di servizio che il concessionario riveste, a nulla rilevando se l'immobile di cui fa parte l'alloggio concesso sia stato costruito direttamente a cura e spese dell'.Amministrazione concedente o se, come nella specie, l'appartamento dato come alloggio faccia, invece, parte di un fabbricato acquistato dall'Amministrazione dopo che era gi� stato costruito dall'industria pri'vata, ove, per altro -come � nella specie -il fabbricato medesimo venga acquistato per essere destinato ad a.Uoggi di servizio e destinato, poi, concretamente a tale fine dall'Amministrazione stessa, come �, appunto, accaduto per il fabbricato in Via Francesco Crispi, n. 23, in Pisa, che l'Amministrazione delle Ferrovie acquist� per destinarlo ad alloggi dei funzionari della Divisione Lavori di quella citt�, giusta decreto del Ministro dai Trasporti in data 26 gennaio 1946, dandone, poi, in concessione ai detti funzionari i singoli appartamenti, tra cui quello attualmente in contestazione, all'ing. Tassoni, allora funzionario di quella Divisione Lavori delle Ferrovie, in Pisa. 1 Il relativo' rapporto di coneessione amministrativa �, perci�l, interamente sorto in regime pubblicistico, con la conseguenza che il giudice ordinario difetta di giurisdizione, in forza dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, per la chiesta revoca, modifica, o sospensione dell'atto amministrativo con il quale l'Amministrazione concedente, ritenuta la intervenuta, scadenza della coneessione per effetto del collocamento a riposo del proprio dipendente concessionario dell'alloggio, ne abbia ingiunto il rilascio per destinarlo ad altro funzionario a lui subentrato in servizio. Si noti, poi, che neppure poteva, nella specie, comunque fondarsi. la competenza giurisdizionale ordinaria del Pretore adito sull'asserto diritto al riscatto in propriet� ai sensi del D.P.R. 17 gennaio, n. 2 vantato dal Tassoni, in quanto il fabbricato di cui fa parte l'alloggio in contestazione � stato, con decreto del Ministro dei Trasporti F.L. 30, n. 97 41 dell'll giugno 1939 escluso, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 3 del D.P. 17 gennaio 1959, n. 2, da quelli per i quali il riscat,to stesso � possibile ed il decreto stesso non � stato neppure impugnato, in alcuna sede, dal ricorrent.e Tassoni. .Alla stregua delle considerazioni sopra svolte devesi, pertanto, dichiarare il difetto di giurisdi.,. zione dell'autorit� giudiziaria ordinaria � conoscere dell'opposizione all'esecuzione proposta dal Tassoni, ai sensi dell'art. 615 C.p.c., contro l'ordinanza di rilascio dell'immobile da lui occupato e della correlativa istanza di sospensione. USUCAPIONE -Cause di sospensione dipendenti dallo stato di guerra -Applicabilit�. (Cassazione, Sezione II, 10 luglio 1962, n. 1826 -Pres. Vela;. Est.: Danzi; P.M.: Colli (conf.) -Ciocca c. Manca). r,a sospensione dei termini dell'usucapione disposta dalle leggi postbelliche � opponibile al terzo. possessore di immobili. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza,: Con il secondo mezzo, i ricorrenti, deducono la violazione del bando 2 ottobre 1943 e dei successivi decreti legge, sostengono che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere operante anche nei loro confronti la sospensione del corso dell'usucapione disposta dalle leggi di guerra senza tener conto che essi dovevano comunque essere considerati come� terzi possessori del diritto immobiliare controverso. .Anche questa censura non merita accoglimento.. Ed invero la tesi della inopponibilit� al terzo possessore della causa di sospensione dell'usucapione prevista dagli art. l del R.D.L. 3 gennaio 1944,. n. 1 e 1 del D.L.L. 24 dicembre 1944, n. 392, tesi accolta in passato anche da alcune decisioni di questa Suprema corte, si fonda sull'argomento che i detti decreti abbiano voluto ampliare la sfera. dei soggetti favoriti dall'art. 2942, n. 2, Codice civile, parificn,ndo la generalit� dei cittadini ai militari in servizio ed ai civili al seguito delle forze armate ai fini della sospensione dei termini di prescrizione e di usucapione e che, di conseguenza, sia stata corrispondentemente estesa l'applicazione dell'art. 1166 O.e. per garantire la certezza del diritto nella circolazione dei beni. .Alla stregua di questo criterio si viene in sostanza ad affermare che gli anzidetti decreti abbiano inteso riferirsi ad impedimenti soggettivi dei titolari dei diritti. Ma la pi� recente giurisprudenza di questa Suprema Corte (sentenza, 23 marzo 1959, n. 897,. Foro it., Rep. 1959, voce Guerra, n. 7), dopo un approfondito riesame della questione, � andata in diverso avviso rilevando che� la sospensione dei termini disposta dai due provvedimenti sopra ricordati, anche se giustificata dalla particolarissima situaz�one creata dallo stato di guerra e darlla divisione del Paese, non faceva alcun riferimento all(fsituazioni soggettive che derivavano, e che, dal testo legislativo, era lecito desumere che si fosse inteso rimediare, nei confronti di chiunque, alla. -50 'Profonda disfunzione delPordinamento giuridico, :abbandonando ogni riferimento soggettivo ed ogni richiamo alle cause gi� note di sospensione. Proprio per questa ragione, la sospensione, non '�ssendo collegata ad alcuna circostanza suscettibile di apprezzamento da parte del giudice, operava di pieno diritto ed era rilevabile di ufficio (art. 1, 1� comma, e ultimo), mostrando nel modo pi� �evidente il carattere meramente oggettivo del suo presupposto mentre le esigenze della certezza dei diritti, oltre che superate di fronte ad una siffatta normativa, apparivano comunque non giustificabili di fronte� alle improvvise ed urgenti necessit� �che l'avevano provocata, necessit� le quali non .erano ignote a nessuno e, quindi, nemmeno al terzo possessore. I ricorrenti non adducono valide ragioni per dis. sentire da quest'ultimo indirizzo che appare con forme al testo dei due provvedimenti ed alla loro ratio onde deve riaffermarsi il principio che la sospensione dei termini ivi disposta non rientra tra le cause indicate dall'art. 2942 e richiamate dall'art. 1166 O.e. ed �, vertanto,. oppopibil<:i anche al terzo possessore di diritti reali immobiliari. Siamo lieti di pubblicare questa sentenza, con la quale la Corte di Cassazione, come da noi auspicato (Rass. 1962, pag. 39) ha confermato la sua preva.lente e, secondo noi, pi� esatta giurisprudenza in materia, trascurando del tutto la diversa pt�onunzia del 26 gennaio 1962. La motivazione della sentenza lascia ragionevolmente presumere che questa giurisprudenza, la quale risponde oltre che alle lettere ed allo spirito delle leggi eccezionali di sospensione anche ad innegabili esigenze di giitstizia., non subir� ulteriori mutamenti . CONSIGLIO DI STATO CONTABILITA' DELLO STATO -Cottimo fiduciario -Approvazione -Non necessaria. (Consiglio di Stato, Sezione IV, Decisione n. 339 del 1962 - Pres.: Bozzi Carlo; Rei.: Urcioli -Ricchi c. Ministero Lavori Pubblici. A differenza di ogni altro contratto con la Pubblica Amministrazione il cottimo fiduciario tuttora regolato dal D.R. 25 maggio 1895, n. 350 non � subordinato ad alcuna approvazione da parte di :altri organi e, pertanto, deve considerarsi perfetto e quindi vincolante per entrambe le parti, fin dal momento in cui sia intervenuto l'incontro con le due volont� del cottimista e dell'ingegnere capo del Genio Civile. La massima appare esatta. Peraltro assolutamente .errata appare la conseguenza che ne ha tratto il Consiglio di Stato applicandola al caso in cui il .cottimo, stipulato in un primo tempo solo verbalmente era stato successivamente consacrato in un .contratto scritto. Infatti, il Consiglio ha ritenuto che l'atto di cottimo .deve considerarsi solo una formalit�, anche se neces. saria per provare con lo scritto l'esistenza del cottimo. Ci� � evidentemente� inesatto in quanto, com'� noto, qualsiasi contratto con la Pubblica Amministrazione non ha giuridica esistenza se non � stipulato in forma scritta la quale non � richiesta ad probationem ma ad substantiam. �OPERE PUBBLICHE -Revisione dei 1~r2zzi -Appli� cabilit� delle norme del Codice Civile -Decreto del Ministro -Motivazione. (Consiglio di Stato, Sezione IV, Decisione n. 649 del 1962 -Pres.: Bozzi C.; Est.: Cuccia -Cicchetti c. Ministero Lavori Pubblici. In materia di revisione di prezzi degli appalti di 00.PP. le norme che li disciplinano costituiscono un vero e proprio jus singulare che B dettato in vista delle esigenze dell'Amministrazione e che esclude la applicabilit� del diritto comune, in modo che negli appalti di opere pubbliche, i presupposti, i limiti, le norme e i mezzi di tutela, in materia di revisione di prezzi, sono unicamente quelli risultanti dalla speciale legislazione. Non � viziato per difetto di motivazione il decreto ministeriale che decide sulla impugnazione proposta dalla impresa rinviando al parere della Commissione speciale prevista dall'art. 4 del D.h 6 dicembre 1947, n. 1501. OPERE PUBBLICHE -Revisione dei prezzi -Clausola contrattuale che esclude la revisione -Decreto del Ministro -Impugnativa -Difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato. (Consiglio di Stato, Sezione IV, Decisione n. 775 del 1962 -Pres.: D'Avino; Est.: Urcioli -Alati c. Ministero Lavori Pubblici. La legislazione speciale in materia di revisione di prezzi delle opere pubbliche consente alle parti di rinunciare, con apposita clausola contrattuale a tale revisione mantenendo i prezzi fissi ed invariati. Giudicare se una tale clausola contrattuale sussista e se essa abbia la forza di escludere la revisione dei prezzi esula dalla giurisdizione del Consiglio di Stato in quanto concerne controversie su diritti soggettivi. Segnaliamo queste due importanti decisioni nella materia della revisione dei prezzi devoluta al Consiglio di Stato a seguito delle note sentenze della Corte di Cassazione, n. 640 e n. 2685 del 1960 (v. in questa Rassegna, 1960, pag. 44 e 1961, y. 10). A chiarimento della prima massima della prima decisione riportiamo il seguente passo della motivazione: cc Come bene ha messo in rilievo l' A vvo�aturadello Stato, si ha un sistema di garanzie che esplicandosi super partes assicurano tutti quegli elementi istruttori sui quali il Ministro nel procedimento ~!Mi ~!Mi -51 contenzioso amministrativo all'uopo istituito adotta la finale determinazione senza che possa ritenersi vincolato allo �affidamento � derivante in ipotesi da impegni c"P.e lAmministrazione, parte contraente, avesse assunto contro la legge sulla revisione�. Riportiamo, poi, integralmente, la motivazione della seconda decisione dalla quale sembra emerga chiaramente il pensiero del Consiglio di Stato nel senso che clausole contrattuali in deroga alla legislazione sulla revisione sono consentite solo quando esse tendano ad escludere o a limitare tale revisione, ma non ad ampliarla n� a stabilire procedure diverse di accertamento. c1 .Al fine di evitare che, sotto l'influenza delle ampie oscillazioni di prezzi verificatesi nell'immediato dopo guerra, le gare di appalto per opere pubbliche potessero andare deserte e che gli imprenditori fossero indotti ad abbandonare i lavori gi� iniziati e divenuti nel frattempo eccessivamente onerosi, con il D.L. 6 dicembre 1947, n. 1501, in deroga al principio generale della invariabilit� dei prezzi delle opere pubbliche, fu conferita alla Amministrazione la facolt� di procedere, sotto determinate condizioni ed entro certi limiti, alla revisione dei prezzi delle opere da essa commesse a privati imprenditori, anche indipendentemente dalla durata dell'appalto e dalla esistenza, nei singoli contratti, di apposite clausole di revisione. Il principio della revisione � rimasto operante anche dopo la cessazione di quelle eccezionali cause che, nell'immediato dopo guerra, avevano prodotto un profondo turbamento del mercato ed ha ormai assunto carattere e portata generale. cc La legge consente, tuttavia, alle parti di derogarvi, rendendo assolutamente rigido il prezzo convenuto; in tal caso resta definitivamente esclusa la possibilit� di far luogo all'applicazione del D.L. n. 1501, anche se le variazioni di prezzo approvate nel corso dell'esecuzione dell'opera siano dipendenti da cause del tutto imprevedibili al momento della presentazione delle offerte in gara. Trattandosi, infatti, di materia completamente regolata da norme speciali, � da escludere che, per la revisione dei prezzi delle opere pubbliche, possa trovare applicazione, per estensione analogica, l'art. 1664 O.e., dettato per i soli appalti privati. �� superfluo rilevare che, in tale ipotesi, dovendo le variazioni di prezzo, che possono sopraggiungere nel corso dell'esecuzione dell'opera, trovare il loro compenso esclusivamente nel prezzo convenuto, non manca all'impresa la possibilit� di tener conto, all'atto della presentazione della sua offerta, del rischio cui essa � esposta per effetto della rinuncia alla revisione, ed in conseguenza di maggiorare l'offerta stessa di un coefficiente destinato appunto a fronteggiare tale rischio. Discende da tutto q�anto precede che, ancor prima di decidere in qual misura la revisione del prezzo possa essere concessa, la Amministrazione deve accertare se, nel contratto di appalto o nel capitolato speciale, che ne costituisce parte integrante, non siano state inserite clausole dirette a limitare o addirittura ad escludere la revisione del prezzo originariamente convenuto. � Questo accertamento preliminare non comporta ovviamente l'esercizio di un potere di supremazia, in quanto la Pubblica Amministrazione, nell'effettuare la ricognizione degli obblighi nascenti dal contratto, si pone sullo stesso piano del privato contraente ed interpreta le clausole contrattuali secondo le comuni regole di ermeneutica, al pari di quanto ha facolt� di fare per sua parte il privato imprenditore. cc Le divergenze cui pu� dar luogo l'interpretazione delle singole clausole contrattuali non concreta perci� alcuna lesione di interessi, tutelabile con ricorso giurisdizionale al Collfdglio di Stato; le relative controversie attengono agli obblighi ed ai diritti che discendono direttamente dal contratto nei confronti delle contrapposte parti, obblighi e diritti che ovviamente rappresentano delle pretese di carattere patrimoniale, sottratte per loro natura al giudice di legittimit�. cc Ci� premesso, si osserva che, con il provvedimento impugnato, con il quale � stato respinto il ricorso prodotto dall'impresa Alati, avverso la determinazione dell'Ufficio provinciale del Genio Civile di Reggio Calabria, che aveva accolta parzialmente la richiesta di revisione dei prezzi avanzata dalla stessa ditta, lAmministrazione ha rilevato che il ricorrente non poteva avanzare alcuna pretesa al riguardo, essendo stata inserita, nel capitolato speciale, una clausola che escludeva la revisione del prezzo. Avverso la suddetta determinazione, l'impresa .Alati ha interposto ricorso in s.g. contestando il potere dell'Amministrazione di procedere, in via unilaterale, alla interpretazione di una clausola contrattuale nonch� il fondamento di tale interpretazione, per avere lAmministrazione attribuito valore prevalente, sulle altre pattuizioni, ad una clausola aggiunta al formulario tipo, contrastante per di pi� con il disposto dell'art. 17 del capitolato e non esplicitamente confermata dall'altro contraente. cc Senonch�, per le cose anzidette, codeste censure investono diritti di natura patrimoniale, che, cost,ituendo l'oggetto sostanziale ed immediato della controversia, esulano dalla competenza del Consiglio di Stato. Secondo la costante giurisprudenza, tale competenza non �, infatti, determinabile in base alla prospettazione delle ragioni ad opera delle parti, bens� esclusivamente d~l potere in effetti esercitato dall'Amministrazione e dalle norme legislative che lo disciplinano >>. RT%W:@:::= &&iFfl f"f mpm rett="fffff' lli�WZ&&Km FJWJMifVBF ORIENTAMENTI GIURISPR UDENZIALl DELLE CORTI DI MERITO FALLIMENTO -Insussistenza nell'attivo di beni gravati da privilegio speciale -Irrilevabilit� in sede di verifica dei crediti. (Tribunale di Savona, 21 dicembre 1961 -Finanze c. Fallimento Coletta). In sede di verifica dei crediti � esclusa ogni indagine tendente ad accert::i,re se i beni gravati da privilegio speciale facciano parte o meno dell'attivo fallimentare; in detta sede, infatti, il riconoscimento del privilegio speciale presuppone unicamente l'accertamento, da parte del giudice delegato della effettiva esistenza di un titolo legale dal quale il privilegio stesso sia previsto, mentre l'indagine sulla possibilit� del concreto esercizio di siffatto diritto di prelazione acquista rilevanza solo nella competente sede di formazione del piano di ripartizione dell'attivo. Riportiamo di seguito la parte motiva della sentenza cui la massima si riferisce. � � esatto quanto sostiene la ricorrente e c10e che in sede di verificazione dei crediti il giudice delegato debba limitarsi ad accertare per ogni credito se lo stesso sia o meno munito di diritto di prelazione (pegno, ipotec.a o privilegio), senza estendere la sua indagine alla possibilit� in concreto dell'esercizio di siffatto diritto, essendo quest'ultima indagine da effettuarsi nella competente sede di formazione del piano di ripartizione dell'attivo. Per vero l'attivo fallimentare esistente al momento della chiusura dello stato passivo � sempre suscettibile di aumento vuoi per la mancata acquisizione da parte del curatore al momento della erezione dell'inventario di alcuni beni gi� esistenti, vuoi per l'acquisizione di beni pervenuti al fallito durante tutto il corso della procedura fallimentare (art. 42 cpv. legge fallimentare), vuoi per l'esercizio di azioni revocatorie, vuoi per altre cause che � qu� superfluo enumerare. In siffatte ipotesi qualora si escludesse in sede di verifica l'invocato privilegio per mancanza nelle attivit�, fallimentari del bene o dei beni sui quali il privilegio dovrebbe esercitarsi, essendo la proposizione dell'opposizione allo stato passivo soggetta ad un termine perentorio per di pi� molto breve, il creditore si vedrebbe ingiustamente defraudato del suo diritto alla collocazione privilegiata del proprio credito, qualora il bene formante oggetto della garanzia venisse acquisito alla massa attiva fallimentare in epoca successiva alla scadenza del termine perentorio di cui all'art. 98 L.F. �Del resto che la tesi dell'attrice sia pienamente fondata lo si evince anche indirettamente dal disposto dell'art. 111, I comma, nn. 2 e 3, della legge fallimentare, la dove si dispone, per quanto attiene all'ordine di erogazione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, che subito dopo le spese di procedura e di amministrazione debbono essere pagati i crediti ammessi con prelazione sulle cou~� vendute e, subito dopo questi ultimi, i crediti chirografari in proporzione, compresi i creditori privilegiati, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia. cc Analogamente l'art. 54 L.F. chiarisce che i cre ditori muniti di ragione di prelazione fanno valere tale loro ragione sul prezzo dei beni vincolati n. Il principio affermato dal Tribunale di Scivona � indubbiamente esatto e si presenta di pa.rtieolare interesse sia perch� sulla questione non risultano precedenti giurisprudenziali, sia perch� nelle proce dure fallimentari assai spesso l'Amrr~inistrazione, in particolare quella Finanziaria, interviene per erediti assistiti da privilegi speciali i quali, di fre quente, vengono frettolosamente disconosciuti con il pretesto -difficilmente contestabile in concreto per mancanza di elernenti -della non appartenenza dei beni gravati dal diritto di prelazione al patrimonio dei fallito . .Tale modo di procedere, invalso presso taluni uffici fallimentari, non appare conforme al sistema del pro cedimento concorsuale cos� come regolato dalla vigente� legislazione: mentre, infatti, la legge prevede una particolare procedura per l'accertamento dei crediti e delle loro ragioni di prelazione con effetti preclusfoi nell'ambito del fallimento, analogo procedimento non � predisposto per l'accertamento dell'attivo che viene materialmente preso in consegna dal curatore ed in ventariato via via che a questi perviene notizia della esistenza di attivit� facenti parte del patrimonio del fallito; per cui, almeno in tesi non pu� escludersi che, pur apparendo materialmente terminate le opera zioni di. inventario, qualunque bene, sia mobile che� immobile, in pendenza del fallimento possa essere acquisito all'attivo (eccezion fatta naturalmente per quei beni dei quali sia stata pronunziata f ormal mente la separazione dall'attivo). Da ci� si desume agevolmente che in sede di accer tamento del passivo l'ufficio fallimenta.re deve limitare la sua indagine a stabilire se un credito sussista, q�uale ne sia l'ammontare, e se esso sia in astratto a8-� sistito da una �ragione di prelazione legale o com:en-� zionale, specificando di questa la fonte ma omettendo qualunque pronunzia che si fondi s�ulla concreta possibilit� di esercizio del diritto di �prelazione e che comporti una non consentita e,� del resto, impossi" bile indagine sulla consistenza dell'attivo fallimentare. E in effetti sino ad ora la giurispr�udenza dei tribu-� nali di merito -per quanto ci consta la Supremu� mmmm:rnn:: ~�l: mmmm:rnn:: ~�l: -53 ()orte non ha avuto occasione di pronunziarsi sullo argomento -ha pi� volte riaffermato il principio '8 :condo il qua~ il giudice delegato nella fase di accertamento del passivo non possa limitarsi soltanto ad ammettere il credito ed a riconoscere un privilegio qitalsiasi, ma debba scendere anche a specificare sit .quale caitsa o titolo di privilegio il riconoscimento .stesso cada in relazione al sistema tipico dei privi, legi statuito dal complesso della legislazione comune .e speciale. Si � con ci� voluto evitare che questioni relative alla natura ecl alla causa di un privilegio vengano rimandate alla sede del piano di riparto anzitutto e sopm, t1!tto perch� tale sede consente minori garanzie pro. cessilali per la parte interessata (il decreto che dichiara la esemi,tivit� del piano di riparto pu� essere infatti reclamato a norma dell'art. 26 L.F. con im giitdizio sommario culrninante con un decreto di tri. bimale fallimentare non pi� impugnabile). In questo senso vedasi: Tribunale di Savona, 25. luglio 1956, Esattoria Noli c. Spirito in Dir. Fall., 1957, II, 249; Tribunale di Napoli, 21 aprile 1954, Soc. Gerit c. Buccilli in Rep. F.I., 1954, col. 2278, 93; Tribunale di Napoli, 26 luglio. 1954, Esattoria Napoli c. Buccilli in Rep. ]'.I., 1954, .col. 963, 357. Invero le decisioni sopracitate indicano il giusto limite entro il quale debbono operare gli accertamenti .del giitdice delegato al fine della verifica del pa.ssivo ed nrbitrctria apparirebbe una estensione di tale limite fino a comprendere anche un'indagine c01npa' fativa tra i privilegi da riconoscere, individuati nel loro specifico titolo legctle, e l'inventario dei ben�i .acquisiti all'attivo; od a comprendere addirittura, ove l'inventario non sia ancora compiuto, un giitdizio di <e probabilit�� sulla effettiva consistenza dell'attivo fallimentare. Il fatto � che un accertamento di tal genere potrebbe .soltanto dar luogo o ad un provvedimento di ammis. sione inutile -in quanto, ove il bene gravato dal privilegio non venisse poi reperito nell'attivo fallimentare o f asse successivamente rivendicato, il riparto .svuoterebbe di ogni significato l'incauta indagine .condotta -o ad un provvedimento di esclusione estremamente drastico e gravatorio per l'interessato, il .quale non disporrebbe ormai pi� di alcun mezzo processuale, ove in un secondo momento il bene venisse ini1entariato o comunque reperito e acquisito all'attivo, per far riconoscere il proprio diritto di prelazione troppo precipitosamente disconosciuto. Ma la arbitrariet� della esclusione del privilegio .speciale in considerazione della presunta circostanza .che 'manchino nell'attivo i beni gravati dal diritto di prelazione acquista la massima evidenza nel caso .che il fallimento si definisca per concordato. Sono noti i motivi che hanno ispirato il legislatore quando Jia voluto assicurare nel concordato il pagamento integrale rlei crediti prelatizi: si tratta di crediti .che, o per volont� preventivamente espressa dalle parti, o per disposizione di legge in forza di considerazioni d'ordine pubblico, meritano di una maggiore ,garanzia di quella ordinaria che compete ai crediti chirografari; ed appunto nel concordato il legislatore .ha voluto che tale garanzia assumesse il massimo della sua efficienza e ci� indipendentemente dalla utilit� concreta che conseguirebbe se la garanzia stessa dovesse farsi valere con l'esecuzione forzata. In quanto, insomma, siano assistiti da un titolo di prelazione, realizzabile o meno in concreto nella procedura fallimenta,re, i crediti ooncorrenti� debbono trovare integrale soddisfacimento per il caso di con cordato. � Anche sotto questo profilo, pertanto, appare, plr converso, la illegalit� di ogni provvedimento cf.e pronunci la esclusione di ragioni di prelazione spe ciale previste dalla legge sull'assunto che facciano difetto i beni sili qitali dMw esercitarsi la garanzia. GIOVANNI PINTOR IMPOSTA DI REGISTRO -Societ� -Aumento di capitale -Sovraprezzo delle azioni. (Corte di Ap" pello di Milano, Sentenza n. 33 del 30 marzo 1962 - Pres.: Ghirardi; Est.: Celoria -Soc. finanziaria svi:luppo industrie ed agricoltura c. Finanze). L'imposta proporzionale di registro, prevista dall'art. 85, tariffa allegato A, legge di registro, si applica ai conferimenti destinati ad aumentare il capitale, sia a quelli destinati, come il sopraprezzo azionario, ad incrementare il patrimonio della societ�. (La sentenza si pu� leggere in Giust. Civ., 1962, I, 2026). TRATTAMENTO TRIBUTARIO DEL SOPRAPREZZO .AZIONARIO 1. La sentenza che si annota, affrontando la nota questione relativa al regime fiscale del sopraprezzo versato dai soci in occasione della sottoscrizione dell'aumento di capitale di una societ� p. a. e confermando la sentenza del Tribunale di Milano sottoposta a gravame (vedila in Banca, borsa, ecc., 1961, II, 619), si � discostata dall'insegnamento della Suprema Corte contenuto nella decisione 19 novembre 1959, n. 3411 (v. in Giust. Oiv., 1690, I, 513) che � l'unica con cui la Cassazione ha affrontato ex professo l'argomento. Le due decisioni dei Giudici milanesi hanno trovato per� in dottrina pronta critica ( cfr. ANTONINI: Brevi considerazioni metodologiche ai margini del del noto problema della assoggettabilit�, all'imposta di registro dei soprapre.zzo azionario, in <e Banca, borsa n, ecc. 1961, II, 619 e GAGLIARDI: Sopraprezzi azionari ed imposta di registro, in << Giust . Civ. n, 1962, I, 2026), sicch� la questione si presenta ora pi� che mai aperta e pertanto non crediamo del tutto inutili le brevi considerazioni che svolgeremo qui appresso . 2. La Suprema Corte ba tratto argomenJ!o _dai suoi precedenti arresti giurisprudenziali in tema __ di tassazione del passaggio delle riserve a capitale (v. Cassazione 24 gennaio 1924 in Riv. Dir. Oornm., , 1925, II, 121; Cassazione 28 maggio 1932 in Le massime, 1932, 302; Cassazione 4 marzo 1936 in � 1tf&& =��1 J@� mmrnn -5i Foro It., 1936, I, 1154; Cassazione 28 giugno 1937 in Riv. Dir. Fin., 1937, II, 283) per sostenere che il sopraprezzo azionario, non importando aumento di capitale, non pu� essere assoggettato all'imposta prevista dall'art. 85 della tariffa allegato A della legge di registro. La Corte milanese, negando invece la possibilit� di tassazione del passaggio delle riserve a capitale, ha invece affermato l'applicabilit� dell'art. 85 ai sopraprezzi azionari. Sembrerebbe, pertanto, (v. per� sul punto GAGLIARDI, op. cit., pag. 2027) che il punto cruciale da risolvere risieda nel delicato problema della assoggettabilit� a tassazione ex art. 85 della tariffa allegato A della deliberazione che disponga il passaggio dei fondi iscritti a riserva a capitale di una societ� p. a. .A nostro parere tuttav�a, l'indagine che occorre affrontare per giungere ad una appagante soluzione dei problemi posti dalle norme che stiamo esaminando consiste nella esatta enucleazione dei concetti di capitale e patrimonio sociale, perch� solo da una retta nozione dei due concetti sar� possibile rinvenire il fondamento per una logica interpretazione di tutta la normativa in esame. Nella ricerca che intendiamo sviluppare ci � d'aiuto l'elaborazione della dottrina commercialista alla quale spetta il merito di aver approfondito e chiarito i concetti di capitale e di patrimonio sociale nel diritto societario. � stato recentemente scritto al riguardo (SIMONETTO: Concetto e composizione del capitale sociale, in Riv. Dir. Comm. �, 1956, I, 133, e segg.) che fanno parte del capitale sociale quei eonferimenti i quali rappresentino una concreta garanzia per i creditori -mentre ogni altro conferimento o bene della societ� riguarderebbe solo il patrimonio. Tale affermazione � stata esattamente criticata dalla migliore dottrina, la quale ha affermato che il :capitale sociale di una societ� p.a., � solo una cifra indicativa (avente valore essenzialmente formale): � cio�, l'ammontare, stabilito nell'atto costitutivo o nelle sue successive modifiche, espresso in moneta legale, del valore del conferimento dei soci. Il patrimonio sociale �, invece, il complesso dei beni (quindi una entit� reale) di cui la societ� � titolare durante tutta la sua esistenza. Il capitale sociale pertanto non rappresenta un fondo particolare delle societ� destinato a garanzia dei creditori, ma costituisce solo un limite al di sotto del quale il patrimonio sociale non deve mai discendere: un limite che agisce quando il valore del patrimonio della societ�, a seguito di esercizi sociali non fortunati, divenga inferiore alla cifra esposta come capitale, determinando l'entrata in funzione della normativa prevista dagli artt. 2446 e 2447 C.c., secondo la quale i soci dovranno (a secondo dell'ammontare delle perdite) reintegrare il capitale oppure sciogliere o trasformare la societ�. In sostanza la funzione del capitale � s� quella di costituire una garanzia dei creditori, ma non nel senso che essa costituisca un fondo destinato al soddisfo delle loro ragioni creditorie, ma di limite oltre il quale il patrimonio sociale (che costituisce la vera garanzia dei creditori, art. 2740 e.e.) non pu� discendere, senza provocare l'immediata responsabilit� degli amministratori che omettano di compiere i doveri loro imposti dai gi� richiamati artt. 2446, 2447 (conforme su:l punto FERRI: Manuale di diritto commerciale, Torino, 1960, 247;. GRAZIANI: Diritto delle societ�, Napoli, 1959, 268; GREGO: Le societ� nel sistema legislativo italianor Torino, 1959, 216, inoltre ci permettiamo richiamare il nostro scritto: Perdita totale e reintegra del capitale nelle societ� a responsabilit� limitata in � Riv. Dir. Comm. �, 1961, II, 99 e segg.). 3. Alla luce di queste premesse, sembra evidente che non possa condividersi l'interpretazione data. all'art. 85 della tariffa allegato A della legge di registro dalla Cassazione nei gi� richiamati suoi arresti. Ha affermato, infatti, il S.C., in una sentenza.. ormai non pi� recente (Cassazione 24 gennaio 1924 sopra richiamata con ivi nota adesiva del MossA) confermata poi da numerose altre deeisionir la tassabilit� del passaggio delle riserve a capitaler in quanto ha ritenuto che tale delibera determini la distribuzione ai soci degli utili rappresentati dalle riserve e contemporaneamente determini il confe rimento da parte dei soci alla societ� a titolo di capitale, degli utili in precedenza distribuiti. Tale costruzione trova il suo fondamento in un non esatto concetto di capitale sociale. Solo, infattir considerando il capitale sociale come un fondo particolare nell'ambito del patrimonio della societ� � possibile giungere a conclusioni cos� artificiose come quella a cui � pervenuta la Cassazione. Se si parte da altre premesse se si riconosce cio� che il capitale sociale � solo l'espressione del limite al di sotto del quale non pu� discendere il patrimonio sociale senza che vengano presi i prov vedimenti previsti dalla legge, si deve giungere a conclusioni totalmente diverse. In particolare dovr� negarsi che possano distinguersi nell'ambito del patrimonio sociale, beni destinati a garanzia dei terzi e beni destinati a distribuirsi tra i soci. (� appena il caso, comunque, di osservare che anche il cosidetto �capitale>> (rectius il patrimonio sociale corrispondente al valore portato come capitale nominale) pu� essere distribuito ai soci attraverso il particolare procedimento previsto e regolato dall'art. 2445 e.e.). In realt� il passaggio delle riserve a capitale non attua nessun trasferimento e non pu� pertanto ricomprendersi tra gli atti previsti e tassati dall'ar ticolo 85 della tariffa allegato A. Ma a ben vedere � la stessa Jet.tera del richiamato art. 85 che non consente di giungere a conclusioni diverse. � merito della sentenza che si annota (la quale~ peraltro, ha erroneamente basato la sua soluzione sulla distinzione tra oggetto di imposta e base imponibile, distinzione in s(~ esatta, ma gi� malamente applicata nella decisione del Tribunale .-e pertanto giustamente criticata dall'ANTONINI, op. cit., pag. 622 e segg.) l'aver rilevato che gli artt. 81 e 85 costituiscono due norme collegate e formanti un sistema, cosicch�, quando la nota dell'art. 85 ri -55 chiama l'art. 81, non intenderichia mare solo le aliquote (come pure � stato sostenuto, GAGLIARDI, op. cit.) ma intende recepirne tuUo il sistema. Ci� vuol dire che non ogni aumento di capitale � tassabile, ma solo l'aumento di capitale che importi altres� aumento di patrimonio. L'art. 85 dovr�, pertanto, essere letto cos�: l'aumento di capitale viene tassato con aliquote . differenziate a secondo che avvenga: 1) con conferimento di immobili; 2) con confm�imento di opifici; 3) con conferimento di mobili. Risulta cos� dalla stessa lettera della legge che solo quando ricorre un conferimento vi pu� essere tassazione dell'aumento di capitale. Il che d'altronde � logico atteso che l'imposta di registro ha come presupposto un trasferimento; fatto questo che non si verifica nel caso della deliberazione di aumento di capitale con passaggio di riserve a capitale (art.1 legge di registro) (conforme, anche se con altre argomentazioni, V.A.NONI: Il passaggio di riserva a capitale in �Riv. Dir. Fin. �, 1937, II, 283; FERRI: Distribuzione e azioni gratuite collegata con l'emissione a pagamento di diritti individuali degli azionisti, in �Riv. Dir. Oomm. �, 1939 II, 434). 4. Dalle pregresse considerazioni discende, a no~_tro parere, anche la soluzione del problema affrontato dalla decisione che si annota. Ha affermato il S.O. nella sentenza n. 3411 del 1959: << Il legislatore ha inteso assoggettare all'imposta di cui all'art. 85 della tariffa non ogni conferimento patrimoniale ma solo quelli che vengono stabilmente destinati ad incrementare il fondo sociale e si traducono nell'aumento del capitale sociale�. Tale insegnamento � stato disatteso dalla Corte milanese, la quale tuttavia non ha esattamente motivato la soluzione cui � giunta (Oonf. GAGLIARDI, op. cit., pag. 2028). Secondo noi, infatti, la decisione dei giudici milanesi pu� trovare valido fondamento solo se si dimostra che l'art. 85 tariffa allegato A della legge di registro intende assoggettare a tassazione ogni conferimento sia che determini. aumento del capitale sociale sia che determini solo aumento del patrimonio sociale. Ma prima di giungere a tale conclusione occorre dimostrare che il sopraprezzo azionario ha natura di conferimento. Si insegna in dottrina che il sopraprezzo � volto a evitare il cosidetto fenomeno dell'� annacqua mento del patrimonio sociale � che si verifica ogni volta che si aumenta il capitale attribuendo il diritto di opzione a favore di nuovi soci. � risa puto infatti che, dopo lo svolgimento di esercizi sociali fortunati, quando non tutto l'utile conse guito venga distribuito ai soci, il patrimonio della societ� subisce un incremento di guisa che il valore del diritto di partecipazione di ogni socio al pa trimonio sociale, non � pi� quello iniziale rappre sentato dal valore nominale di ogni azione ma su bisce a sua volta un aumento di valore che � pari a quello degli utili non distribuiti diviso per il nu mero delle azioni. L'ingresso di nuovi soci in tale situazione determina che costoro, ove la loro partecipazione non venga adeguata con opportuno versamento maggiorato (poich� non � possibile emettere azioni con valore nominale maggiore di quello gi� esistente,. dovendo tutte le azioni avere lo stesso valore nominale ex art. 2348 O.e.), vengono � godere dell'incremento patrimoniale ottenuto dalla societ�.negli esercizi precedenti con una sua conseguente diminuzione a danno dei soci preesistenti. La funzione del sopraprezzo � appunto quella di costringere i nuovi soci ad un ulteriore versamento,. al fine di mantenere la proporzione nelle partecipazioni (v. FERRI, op. cit., pag. 336; FR�: Le societ� p. a. in � Commentario Scialoia e Branca �, Bologna,. 1956; 554 ed in particolare VISENTINI: Compatibilit� del sopraprezzo azionario con il diritto di: opzione, in �Banca borsa�, ecc. 1961, I, 26 doveanche richiami in dottrina e giurisprudenza). Da quanto sopra risulta evidente la natura di conferimento del sopraprezzo azionario in quanto� volto ad incrementare il patrimonio sociale, senza. tuttavia che tale incremento determini un aumento� della cifra esposta come capitale della societ�. Tanto premesso si pu� passare all'esame del problema del trattamento fiscale del sopraprezzo .. 5. Deve escludersi innanzi tutto che il sopraprezzo azionario possa considerarsi un reddito della. societ� atteso che esso non costituisce un lucro realizzato nell'esercizio della slia attivit� (v. FR�,, op. cit., pag. 554) e ora art. 83 lettera 6, T.U. 29 gennaio 1958, IL 645), resta da vedere se esso possa. essere tassato a sensi dell'art. 85 della tariffa. allegato A della legge di registro. La Cassazione (sopra riportata) lo ha escluso, facendo leva sulla lettera della legge che parla di aumento di capitale e non di patrimonio. L'argo mento letterale � l'unico invocato a sostegno della. tesi accolta. A nostro sommesso avviso tuttavia tale soluzione lascia perplessi. L'argomento letterale su cui fa leva il S.O. e con esso la dottrina (GAGLIARDI, op. cit., pag. 2028}� � infatti facilmente superabile. Si � detto che l'espressione� aumento di capitale�� ha un significato tecnico ben preciso e non ignoto al legislatore e che pertanto non pu� ritenersi che� il legislatore abbia inteso. capitale come sinonimo� di patrimonio. L'osservazione tuttavia non � con vincente, essendo sufficiente considerare che i concetti di capitale e patrimonio sono frutto della . elaborazione della dottrina e non del legislatore, il quale non sempre ne ha esattamente percepito la differenza; ci� vale non solo per l'art. 85 che ora.. commentiamo, quanto, sopratutto, per le norme contenute nel Codice civile, dove � estremamente facile individuare casi in cui il termine capitale viene usato con significato di patrimonio sociale. Vogliamo indicare solo alcuni esempi in cui questo fatto si pu� percepire pi� facilmente: cos� l'art. 244& il quale recita: �quando il capitale � diminuito di oltre un terzo ... � in tal caso, poich�� � di tutta evidenza che il capitale non pu� diminuire- n� aumentare senza una delibera dell'assemblea, il legislatore intendeva riferirsi al patrimonio. Ma le stesse considerazioni valgono per l'art.. 2447 (quale parla di capitale cc ridotto di oltre uru -56 terzo ... )) ) e cos� ancora per l'art. 2445 (in cui si parla di rimborso del capitale ai soci e di capitale -esuberante). Tutto ci� dimostra quanto poco precisa sia la -dizione del legislatore e come sia impossibile fon. dare su di essa la interpretazione della norma in .esame. Occorrebbe apportare validi argomenti di .ordine sistematico a sostegno della tesi che si .contrasta. Ma tali argomenti non esistono o comunque non sono stati addotti, mentre ne eidstono a favore della tesi da noi sostenuta. Abbiamo gi� notato, infatti, che l'art. 85 richiama l'art. 81, sancendo l'applicazione delle stesse ali. quote previste per conferimenti versati alla societ� al momento della costituzione, anche all'ipotesi .dell'aumento di capitale. Se si considera che in :sede di costituzione non pu� distinguersi tra conferimento destinato ad aumento del capitale e aumento del patrimonio (essendo il capitale al momento iniziale la valutazione in moneta legale del patrimonio sociale), sembra evidente, almeno in tale momento, che ogni conferimento debba essere tassato in base al suo valore effettivo e non alla -valutazione datane dai soci (ossia in base al valore esposfo come capitale). Anzi, qualora si tratti di conferimento di immobili o di aziende, il relativo valore sar� oggetto .dell'accertamento di congruit� previsto dagli artt. 15 e 20 della legge 7 giugno 1936, n. 1639. Ci� vuol dire che, almeno in sede di costituzione, .ci� che viene tassato � il conferimento in patrimonio e non il cosidetto conferimento di capitale. Ma se ci� � esatto� deve altres� ritenersi che, anche . durante la vita della societ�, cio� anche dopo la costituzione, la legge intende colpire ogni conferi mento sia che determini aumento di capitale sia che determini invece sol� aumeri.tc� del patrimonio. Sarebbe illogico pensare, facendo l'ipotesi di aumento di capitale con conferimento di beni in natura (ad es. immobili) che l'Ufficio non possa sottoporre il bene conferito all'accertamento di congruit�, perch�, essendo tassabile (secondo la tesi che si contrasta) il solo aumento di capitale, il maggior valore del bene trasferito alla societ� sfugga all'imposizione, quando l'art. 85 richiamando l'art. 81 impone invece proprio il procedimento opposto. Si verrebbero ad applicare due pesi e due misure diverse ad uguali situazioni. Ci sembm, dunque, che, superato l'argomento letterale, l'unica soluzione logica del problema che stiamo esaminando sia quella sopra prospettata la quale d'altronde raccoglie la maggioranza dei consensi in dottrina ( conf. SARCINEIJLI: Gli aumenti di capitale delle societ� p. A. e l'imposta di registro in cc Riv. Dir. Fin.))' 1957, II, 111; VALENZIANO: Il sopraprezzo azionario e l'irnposta di registro, ivi, 1957, II, 11; UCKMAR: La legge di registro, 1958, col. II, 132 e segg. con ivi ampi richiami di dottrina e giurisprudenza ai quali si fa rinvio) e ha portato i giudici del Tribunale e della Corte di Milano ad allontanarsi da una interpretazione troppo ristr�t� tiva, legata alla lettera della legge (diremo quasi fiscale se non fosse contraria al fisco!) e priva di giustificazione logica, quale quella seguita dal S.(\ ADRIANO ROSSI INDICE SIS1,EMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA. FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA. SOLUZIONE OHE NE � ST.4.T� D�T� ACQUE PUBBLICHE CORSI D'ACQUA NON ARGINATI. 1) Se i proprietari dei terreni siti lungo i corsi d'acqua non arginati e non pertinenti ad opere di bonifica possano costruire sul ciglio delle sponde fino al limite della zona demaniale (n. 70). Nuovo ALVEO. 2) Se, variato artificialmente il corso di un'acqua gi� iscritta nell'elenco delle acque pubbliche, il nuovo alveo del fiume, trasferito su terreni acquistati od espropriati direttamente dalla societ� esecutrice dei lavori, venga a far parte ipso iure del demanio dello Stato o se sia necessario un atto di acquisto dell'Amministrazion<t di.Ha societ�lmedesima (n. 71). SOTTENSIONE DI UTENZA. �e:.. 3) Se in virt� dell'ultimo comma dell'art. 45 R. D. 11 dicembre 1933, n. 1775 il Ministro dei Lavori Pubblici abbia oltre il potere di stabilire se l'utente sotteso debba essere compensato in natura o in danaro:anche quello di determinare l'ammontare del compenso (n. 72). 4) Se l'indennit� spettante all'utente sotteso debba essere commisurata non soltanto al sacrificio effettivo e reale delle aspettative economiche gi� matUI'ate dallo utente sotteso, ma anche al sacrificio potenziale dello sfruttamento della concessione proiettat.a negli anni della sua durata (n. 72). 5) Se la nuova concessione incompatibile con quella precedente possa essere assentita formalmente anche pendente la procedura di liquidazione dell'utente sotteso (n. 72). AERONAUTICA E AEROMOBILI AEROPORTI PRIVATI. Quale sia la procedura per l'asservimento delle zone circostanti gli aerodromi privati onde assicurare la protezione e la sicurezza della navigazione aerea (n. 11). AGRICOLTURA E FORESTE lMPOSTA DI REGISTRO -VENDITA TERRENI BOSCHIVI. 1) Se nel contratto di compravendita di terreni concluso dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali sia soggetta ad autonoma imposta di registro ai sensi dell'art. 9 legge registro la clausola che prevede il depo sito cauzionale di parte del prezzo a garanzia dell'Amministrazione per la non provata propriet� e libert� da gravami dei terreni alienati. (n. 31) PICCOLA PROPRIET� CONTADINA -DECADENZA DEL MUTUATARIO DAI BENEFICI TRIBUTARI. 2) Se, ai sensi dell'art. 9, 1� comma, del D. L. 26 febbraio 1948,�n. 114, quando sia intervenuta la decadenza del mutuatario dei benefici tributari e finanziari previsti dalla legge sulla formazione della piccola propriet� contadina, l'Amministrazione possa esimersi dal contim; iare a versare all'Istituto mutuante le quote di con .corso (n. 32). 3) Se, ai sensi del suddetto art. 9, debba essere dichiarata la decadenza del beneficiario nel caso che questo ometta di immettersi nella conduzione diretta del fondo (n. 32). 4) Se debba essere dichiarata la decadenza del beneficiario quando venga accertato, successivamente alla concessione del contributo, che il beneficiario stesso manci:>va di alcuni dei requisiti richiesti dalla legge Jn. 32). 5) Quale sia la procedura da seguire per il recupero delle somme versate dallo Stato a titolo di contributo (n. 32). 6) Se l'Istituto mutuan:te sia obbligato a dar notizia all'Amministrazione dell'eventuale anticipata estinzione del mutuo da parte del mutuatario (n. 32). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA ENTE MORALE. 1) Se l'Ente morale, proprietario di un fondo, debba munirsi dell'autorizzazione governativa ex art. 17 O. c. per l'acquisto per accesione di un fabbricato costruito sul fondo stesso, con il suo consenso, da un terzo� con materiali propri (n. 267). ISTRUZIONE PUBBLICA. 2) Quale sia la natura giuridica della " Scuola Convitto C. R. I. per infermiere professionali " E. e V. Agnelli� con sede in Roma (n. 268). APPALTO CONTRATTO DI APPALTO -REGISTRAZIONE DI UFFICIO. Se l'art. 6 del D. L. 15 novembre 1937, n. 1924, che autorizza la registrazione di ufficio del contratto di -58 'appalto quando la suu, esistenza possa presumersi da fatti, atti, scritti e da ogni altro elemento informativo adeguato, sia in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (n. 267). CACCIA E PESCA COOPERATIVE DI PESCATORI -CONCESSIONI. 1) Se la disposizione della lettera e) dell'art. 47 del Testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, riguardante specificamente le concessioni in favore delle so� ciet� coqperative di pescatori, sia ancora applicabile nonostante l'entrata in vigore del Codice della Navi� gazione approvato con R. D. 30 marzo 1942, n. 327 regolante la concessione di beni del demanio marittimo (n. 23). PESCA MARITTIMA -REGIONE SICILIANA. 2) Se possa ritenersi legittimo il decreto dell'Assessore alla Regione Siciliana in data 20 novembre 1956 che detti una particolare disciplina in materia di pesca ma� rittima e che preveda sanzioni amministrative per il caso di inosservanza (n. 24). COMUNI E PROVINCIE fMPIANTI DISTRIBUZIONE AUTOMATICA DI CARBURANTI. 1) Se il parere da richiedersi all'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade, a norma dell'art. 46 del Regolamento per l'esecuzione del R. D. 2 novembre 1933, numero 1741 approvato con R. D. 20 luglio 1934, n. 1303 e degli artt. 12 e 15 del R. D. 2 novembre 1933, n. 1711 e 2 della legge 23 febbraio 1950, n. 170, per il rilascio da parte dei Prefetti delle licenze all'impianto e all'esercizio dei distributori automatici dei carburanti, vada richiesta anche per la voltura delle licenze stesse, regolate dagli artt. 40 del Regolamento per l'esecuzione del R. D. 2 novembre 1933, n. 1741 e dall'art. 16 di detta legge ~n. 101). 2) Se sia consentita impugnativa in via am.iinistrativa o giurisdizionale avverso l'atto con il quale l'Azienda Nazionale Autonoma della Strada, esprima al Prefetto ehe ne fa richiesta, parere negativo alla voltura della licenza all'impianto e all'esercizio di distributori automatici di carburanti, regolata dagli artt. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n ..1741 e 40 del Regolamento relativo (n. 101). 3) Se ha carattere definitivo il Decreto con il quale il Prefetto provv:ede a norma degli artt. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del relativo regolamento, in ordine alle richieste di voltura della licenza di impianto e di esercizio dei distributori automatici di carburanti (n. 101). 4) Se sia consentito al Ministero dei Lavori Pubblici impartire ai Compartimenti della Viabilit� direttive tecniche di massima per le licenze di accesso agli impi&,nti di distributori automatici di carburanti (n. 101). 5) Se la volturc1, delle licenze all'impianto ed all'esercizio di distributori automatici di carburanti, richiesta a norma dell'art. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del relativo regolamento, possa essere negata con richiamo alla rispondenza dell'impianto alle mutate esigenze del traffico e della circolazione (n. 101). 6) Se e con quali mezzi l'A.N.A.S. � abilitata a pro� muovere la rimozione e la modifica degli impianti di distribuzione automatica di carburanti in relazione alle mutate esigenze del traffico (n. 101)-. PROVINCIA DI BOLZANO -LEGGE PROVINCIALE 10 LU� GLIO 1960, N. 8. 7) Se l'art. 29 della legge urbanistica nazionale 17 ago� sto 1942, n. 1150 sia stato abrogato per il territorio della Provincia di Bolzano dalla legge provinciale 10 luglio 1960, n. 8 (n. 102). 8) Se per le costruzioni da effettuarsi nell'ambito della Provincia di Bolzano sia necessario chiedere la licenza comunale (n. 102). CONCESSIONI COOPERATIVE DI PESCATORI, Se la disposizione della lettera e) dell'art. 47 del Testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, riguardante specificamente le concessioni in favore delle societ� coo� perative di pescatori, sia ancora applicabile nonostante l'entrata in vigore del Codice della Navigazione approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327 regolante la concessione di beni del demanio marittimo (n. 69). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO LICITAZIONE PRIVATA -ESCLUSIONE. Se l'omissione, la incompletezza o la imperfezione dei documenti richiesti dall'avviso di una licitazione privata siano causa di legittima esclusione dalla gara (n. 188). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. Se il trl;i,sferimento a favore della Cassa del Mezzo. giorno, disposto dall'art. Il della legge 10 agosto 1950, n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, tra un proprio credito verso un'impresa pri'Vata debitrice nei termini anzidetti ed in istato di fallimento, ed il proprio debito per danni �i guerra (n. 46). COSTITUZIONE CONTRATTO DI APPALTO -REGISTRAZIONE DI UFFICIO. 1) Se l'art. 6 del D.L. 15 novembre 937, n. 1924, che autorizza la registrazione di ufficio del contratto di appalto, quando la sua esistenza possa presumersi da fatti, atti, scritti e da ogni altro elemento informativo adeguato, sia in contrasto con gli itrtt. 3, 24 e 113 della Costituzione (n. 14). VAGLIA TELEGRAFICO -RITARDO NEL RECAPITO. 2) Se la norma dell'art. 7 del Codice Postale sia in contrasto con l'art. 28 della Costituzione (n. 15). DAZI DOGANALI.. . FIDEIUSSIONE. Se l'obbligazione fideiussoria stipulata a favore della Amministrazione delle Finanze a garanzia di diritti doganali e stabilita per la durata di sei mesi con possi &"f"Lmillf&dtfiliQ M T?fff' 59 bilit� di conferma di semestre in semestre, comunque :fino alla completa definizione delle operazioni doganali compiute e per le quali si presta garanzia, possa essere .ritenuta obbligazione a tempo indeterminato e pertanto possa essere assoggettata all'aliquota del 10 per .mille previRta dall'art. 54 della tariffa allegato A legge di registro (n. 19). DEMANIO BENI DEMANIALI -VARIANTE DEL OORSO DI UN FIUME. 1) Se, variato artificialmente il corso di_ un'acqua .gi� iscritta nell'elenco delle acque pubbliche, il nuovo ttlveo del fiume, trasferito su terreni acquistati od esproR priati direttamente dalla societ� esecutrice dei lavori, venga a far parte ipso iure del demanio dello Stato o se sia necessario un atto di' acquistodell'Amministrazione dalla societ� medesima (n. 170). F ABBRIOATI EX OONVENTUALI -GRATUITO GODIMENTO VENDITA. 2) Se il diritto di uso gratuito e perpetuo di un fabbricato ex conventuale concesso ad un Istituto reli_ gioso di.I Ducato di Parma nel 1857 e mantenuto anche dopo il passaggio della propriet� dei beni allo Stato italiano, possa ritenersi ancora sussistente o debba invece ritenersi estinto in forza del disposto del Codice -civile del 1865, in base al quale i diritti reali di godimento perpetuo vennero ridotti a trentennali (n. 171 ). PORTI. 3) Quali provvedimenti possa legittimamente adottare l'Amministrazione della Marina Mercantile nell'ipotesi in cui il titolare di una concessione di area portuale per uso deposito per conto terzi riservi stabilmente una iparte dell'area concessagli a favore di un singolo utente ~n. 172). DIRITTO INTERNAZIONALE BENI AO(�UIST.A.TI DA STRANIERI. 1) Se sian@ validi in Italia gli acquisti immobiliari .effettuati da stranieri quando il loro Stato non accordi la reciprocit� ai cittadini italiani (n. 2). oQONOESSI0NE liii CREDITO FINANZIARIO. 2) Se im una convenzione concernente la concessione <la parte dell'Italia di credito finanziario a Stati esteri ;ai sensi dell'i;,rt. 21 legge 5 luglio 1961, n. 635 sia ammis: Sibile inserire una clausola compromissoria che devolve fo controversie derivanti dalla convenzione al giudizio .di un collegio arbitrale straniero quale la Camera di Commercio Internazionale di Ginevra (n. 3). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE ALLOGGI INA-CASA -CONSEGNA SENZA AUTORIZZAZIONE. 1) Se a carico 1Jlelle stazioni appaltanti di fabbricati .costruiti in esecuzione degli artt. 11 legge 28 febbraio 1948, n. 43 ed 8 legge 26 novembre 1955, n. 1148, che .abbiano assegnato gli alloggi senza autorizzazione della 'Gestione INA-Casa .e .e.om:unque senza far firmare dagli assegnatari il contratto provvisorio di assegnazione, possono essere applicabili le penali stabilite nella circolare dell'Ente n. 090 dell'll aprile 1960 (n. 131). 2) Se sia possibile inoltre in tale ipotesi pretendere dalle stazioni appaltanti il risarcimento dei dari.�i conseguenti al ritardo con cui siano ammesse e pagttmento le quote di ammortamento (n. 131). ALLOGGI DELL'AMMINISTRAZIONE POSTE E TELEGRAFI. 3) Se sia applicabile alla cessione degli alloggi economici costruiti dall'Amministrazione Poste e Telegrafi la disposizione dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, secondo cui il prezzo di cessione viene stabilito nella misura del 50 % del costo di costruzione, ovvero la disposizione dell'art. 4 stessa legge, per la quale il prezzo di cessione � fissato nella misura del valore venale ridotto del 30 % e di un successivo 0,25 % per ogni anno di effettiva occupazione da P'.1-rte del richiedente (n. 132). COOPERATIVA EDILIZIA -STATO DI INSOLVENZA. 4) Quali effetti abbia sulla sentenza dichiarativa dello Stato di insolvenza di una cooperativa edilizia soggetta alla liquidazione coatta amministrativa la mancata audizione dell'Autorit� di vigilanza richiesta dall'art. 195 della legge fallimentare (n. 133). 5) Quale sia l'autorit� competente ad emettere il parere previsto dall'art. 195 legge fallimentare nei riguardi di cooperative edilizie a contributo statale (n. 133). ELETTRODOTTI CONDUTTORI COPPERWELD. 1) Se le norme emanate dal Comitato Elettronico Italiano in data 8 giugno 1961, riguardanti i conduttori di acciaio rivestiti di rame ( conduttori copperweld) siano obbligatorie (n. 11). RIMOZIONE DI LINEA TELEFONICA -INDENNIZZO. 2) Se sia dovuto indennizzo per la rimozione di una linea telefonica appartenente ad una societ� telefonica impiantata su terreno privato, espropriato dall'A.N.A.S. per una variante su una strada statale (n. 12) . ENTI E BENI ECCLESIASTICI FABBRICATI EX CONVENTUALI -GRATUITO GODIMENTO. Se il diritto di uso gratuito e perpetuo di un fabbricato ex conventuale concesso ad un Istituto religioso dal Ducato di Parma nel 1857 e mantenuto anche dopo il passaggio della propriet� dei beni allo Stato Italiano, possa ritenersi ancora sussistente o debba invece ritenersi estinto in forza del disposto del Codice civile del 1865, in base al quale i diritti reali di godimento perpetuo vennero ridotti a trentennali (n. 38). ESPROPRIAZIONE PER P.U. SERVIT� -LIQUIDAZIONE DELL'�NDENNIT�. Se l'espropriante sia tenuto a corrispondere un'autonoma indennit� in favore del titolare di una servit� di passaggio sul fondo espropriato (n. 176). M::::::: :::&ryW FfTF?SZ 777 TW?f? w-1===========wczmp��gzm M::::::: :::&ryW FfTF?SZ 777 TW?f? w-1===========wczmp��gzm -60 FALLIMENTO CHIUSURA -p AGAMENTO CREDITI. 1) Se dichiarato chiuso un fallimento per mancanza di attivo possa essere pagato un credito al fallito tuttora isC'ritto nel relativo �albo (n. 69). COOPERATIVA EDILIZIA -STATO DI INSOLVENZA. 2) Quali effetti abbia sulla sentenza dichiarativa dello Stato di insolvenza di una cooperativa edilizia soggetta alla liquidazione coatta amministrativa la mancata audizione dell'Autorit� di vigilanza richiesta dall'art. 195 della legge fallimentare (n. 70). 3) Quale sia l'autorit� competente ad emettere il parere previsto dall'art. 195 Legge fallimentare nei riguardi di cooperative edilizie a contributo statale (n. 70). DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO �POST MORTEM >>. 4) Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento dell'imposta di successione dovuta per la morte del de cuius dichiarato fallito post-mortem (n. 71). RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. 5) Se il trasferimento a favore della Cassa del Mezzogiorno, disposto dall'art. Il della legge 10 agosto 1950, n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, tra un proprio credito verso un'impresa privata debitrice nei termini anzidetti ed in istato di fallimento, ed il proprio debito per danni di guerra (n. 72). REVOCATORIA FALLIMENTARE -DICHIARAZIONE DI INEFFICACIA DELLA CESSIONE DEI CREDITI. 6) Se, dichiarata inefficace, a sensi dell'art. 64 legge fallimentare, la cessione dei crediti effettuata da una Societ� successivamente fallita, cada automaticamente anche la cessio bonorum -riguardo ai crediti acquistati -stipulata tra il cessionario dei crediti stessi e i suoi creditori (n. 73). FERROVIE AGENTI F. s. INFORTUNI SUL LAVORO. 1) Se siano dovuti i contributi della Cassa di previdenza avvocati e i diritti di cancelleria sugli atti relativi a controversie giudiziarie che sorgano tra agenti F. S. infortunati o i loro aventi diritto e l'Amministrazione (n. 339). CONCESSIONI DI VIAGGIO -ART. 17 R.D. N. 286/1942. 2) Se per il servizio militare prestato prima della nomina a ruolo, ai fini del computo dell'anzianit� del personale per la concessione di viaggio ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 17 del R.D. 29 gennaio 1942, n. 286, debba intendersi il servizio militare prestato in una delle Forze Armate dello St�to anche volontariamente (n. 340). LICENZIAMENTO E RIAMMISSIONE DI CONTRATTISTI. 3) Se siano applicabili ai pubblici dipendenti non di ruolo licenziati dal sedicente governo della r.s.i per chiamata alle armi di leva, e successivamente riassunti in servizio, le disposizioni di cui all'art. 2 legge 28 dicembre 1950, n. 1079, secondo le quali, a favore dei dipendenti non di ruolo cessati dal servizio dopo il 30 giu. gno 1943 in dipendenza di eventi bellici o politici o per soppressione di ufficio o per riduzione di personale, deve essere computato come servizio utile a tutti gli effetti il periodo di tempo intercorso tra la d .. ta della cessazione dal servizio e la riassunzione, purch� si tratti di dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore d3lla legge (n. 341). FILIAZIONE FIGLI NATURALI -INDENNIT� DI CAROVITA. Se la madre, la quale dimostri che il figlio naturale viva effettivamente a suo carico abbia diritto alla quota di indennit� di carovita (n. 5). IMPIEGO PUBBLICO DIPENDENTI DELL'UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA. 1) Se l'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 322' sia applicabile ai dipendenti dell'Istituto Centrale di Statistica i quali, per qualunque causa, cessino dal rapporto di impiego, prima di aver mi.turato il diritto alla liquidazione di riscatto o al passaggio in propriet� delle polizze di assicurazione costituenti l'intero fondo di previdenza (n. 542). FIGLI NATURALI -INDENNIT� DI CAROVITA. 2) Se la madre la quale dimostri che il figlio naturale viva effettivamente a suo carico abbia diritto alla quota di indennit� di carovita (n. 543). LICENZIAMENTO E RIASSUNZIONE DI CONTRATTISTl! DELLE F.S. 3) Se siano applicabili ai pubblici dipendenti non di ruolo licenziati dal sedicente governo della r.s.i. per chiamata ~lle armi di leva, e successivamente riassunti in servizio, le disposizioni di cui all'art. 2 legge 28 dicembre 1950, n. 1079, secondo le quali, a favore dei dipendenti non di ruolo, cessati dal servizio dopo il 30 giugno 1943 in dipendenza di eventi bellici o politici per soppressione di ufficio o per riduzione di personale, deve essere computato come servizio utile a tutti gli effetti il periodo di tempo intercorso tra la data della cessazione dal servizio e la riassunzione, purch� si tratti di dipendenti in servizio alla data di entrata in vigore della legge (n. 544). STIPENDI. 4) Se le somi:ne oggetto di ritenuta debbano essere restituite all'avente diritto, nell'ipotesi in ctii entro sei mesi dalla data del decreto di ritenuta di cui all'art. 1 R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, non sia stato iniziato il giudizio di responsabilit� innanzi la Corte dei Conti o presentata richiesta per il sequestro (n. S45,). IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE __ CONCESSIONE DI CREDITO FINANZIARI@. Se in una convenzione concernente la cessione� da parte dell'Italia di credito finanziario a Stati esteri ai, RE! WTii :::: [�j i li �m w;w -61 sensi dell'art. 21 legge 5 luglio 1961, n. 635 sia ammissibile illl.serire Lma clausola compromissoria che devolve le colll.troversie derivanti dalla convenzione al giudizio �di un collegio arbitrale straniero quale la Camera di 'Commercio Internazionale di Ginevra (n. 27). IMPOSTA DI REGISTRO AGEVOLAZIONI EDILIZIE -COSTRUZIONI PREESISTENTI. 1) Se la norma dell'art. 14 della legge n. 408 del 1949, recante agevolazioni tributarie in favore delle nuove +Costruzioni edilizie, si applichi anche nel caso di acquisto di aree non nude ma coperte da fabbricati in cattive condizioni e destinati alla demolizione (n. 189). FIUBEIUSSIONE DOGANALE. 2) Se l'obbligazione fideiussoria stipulata a favore .dell'Amministrazione delle Finanze a garanzia di diritti doganali e stabilita per la durata di sei mesi con possibilit� di conferma di semestre in semestre, comunque fino alla completa definizione delle operazioni doganali .compiute e per le quali si presta garanzia, possa essere ritenuta obbligazione a tempo indeterminato e pertanto rJoss>t essere assoggettata 1:>Jl'aliquota del 10 per mille 1prevista dall'art. 54 della tariffa allegato A legge di registro (n. 190). �VENDITA TERRENI BOSCHIVI -CAUZIONE. 3) Se nel contratto di compravenditi;, di terreni con. eluso dall'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali sia soggetta ad autonoma imposta di registro ai sensi dell'art. 9 legge di registro la clausola che prevede il deposito cauzionale di parte del prezzo a garanzia dell'Amministrazione per la non provata propriet� e libert� da gravami dei terreni alienati (n. 191). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 'SOCIET� IN LIQUIDAZIONE -LEGGE 25 FEBBRAIO 1960, n. 163. Quali siano, in sede di applicazione della legge 25 febbraio 1960, n. 163, i criteri da seguire per il recupero o il rimborso di imposta di Ricchezza Mobile e imposta sulle societ�, quando le societ� siano poste in liquida. zione e la liquidazione stessa sia gi� chiusa (n. 22). IMPOSTA DI SUCCESSIONE DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO � POST-MORTEM �. Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento -dell'imposta di successione dovuta per la morte del de cuius dichiarato fallito post-mortem (n. 33). IMPOSTA SUL PATRIMONIO PRIVILEGIO SPECIALE. Se il privilegio speciale che assiste l' imposta straordinaria progressiva sul patrimonio (D.L. 11 ottobre 1947, n. 1331, Testo unico D.P. 9 maggio 1950, n. 203) si estenda a tutti gli immobili facenti parte del patrimonio del contribuente alla data del 28 marzo 1947, indipendentemente dal fatto che un determinato immobile sia stato omesso nella dichiarazione del contribuente o sia sfuggito comunque alla valuti;,zione del patrimonio imponibile (n. 10). INFORTUNI SUL LAVORO AGENTI F,.S. -DIRITTI DI CANCELLERIA. Se siano dovuti i contributi della Cassa di Previdenza Avvocati e i diritti di cancelleria sugli atti relativi a controversie giudiziarie che sorgano tra gli agenti F.S. infortunati o i loro aventi diritto e l'Amministrazione (n. 45). INVALIDI DI GUERRA ASSUNZIONE OBBLIGATORIA. Quali siano i provvedimenti da adottare nel caso di inosservanza da parte delle Pubbliche Amministrazioni dell'invio dei prospetti numerici sulla situazione del personale valido ed invalido in applic;;,zione dell'art. 11 legge 3 giugno 1950, n. 375 sulla assunzione obbligatoria degli invalidi di guerra (n. 17). LOTTO E LOTTERIE CONCORSO A PREMI -TASSA DI LOTTERIA. Se la tassa di lotteria, che ai sensi dell'art. 45 D.L. 19 ottobre 1938, n. 1933 sarebbe dovuta su un concorso a premi per la emissione diun prestito obbligazionario di una societ� per la costruzione di autostrade, sia compresa nella agevolazione tributaria prevista dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, concernente la costruzione di autostrade (n. 17). MEZZOGIORNO RECUPERO CREDITI DIPENDENTI DA FINANZIAMENTO. Se il trasferimento t1, favore della Cassa del Mezzogiorno, disposto dall'art. 11 della legge 10 agosto 1950 n. 646, per taluni crediti dello Stato, sia di ostacolo a, che il Tesoro operi la compensazione ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare-, tra un proprio credito verso un'impresa privi;.ta debitrice nei termini anzidetti ed in istato di fallimento, ed il proprio debito per danni di guerra (n. 22). OPERE PUBBLICHE Nuovo CAPITOLATO DI APPALTO PER LE OPERE DI COMPETENZA DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI. 1) Se siano applicabili le norme del Capitolato Generale approvato con R.P.R. 16 luglio 1962, n. 106 agli appalti aggiudicati anteriormente all'entn.ta in vigore deI Capitolato stesso ma i cui relativi contratti..debbano essere perfezionati successivamente (n. 53). 2) Se dette norme siano senz'altro applicabili agli appalti non ancora aggiudicati alla data di entrata in vigore del nuovo Capitolato (n. 53). & 2U:lliihlt'. &iJIE Ll&lilZllil &Lfill lllli&l&I&HfillIIl$lJ r.=:w ll 62 PENSIONE PENSIONE PRIVILEGIATA -PRESCRIZIONE. 1) Se l'internamento definitivo in manicomio comporti la perdita delle capacit� giuridiche (n. 104). 2) Se lt1. tutrice definitiva di un alienato -gi� dipendente di ruolo dispensato dal servizio per inabilit� nel 1932 e internato definitivamente in manicomio alla stessa epoca --dichiarato interdetto con decreto del Tribunale nel 1960, possa utilmente proporre domanda, ai sensi �dell'art. 36 del Regolamento di esecuzione del Testo unico 1957, n. 3, per ottenere la concessione della pensione privilegiata a favore del suo rappresentato (n. 104). PORTI DEMANIO. Quali provvedhhenti possa legittimamente adottare l'Amministrazione della Marina Mercantile nella ipotesi in cui il titolare di una concessione di area portuale per uso deposito per conto terzi riservi stabilmente una parte dell'area concessagli a favore di un singolo utente (n. 13). POSTE E TELECOMUNICAZIONI ALLOGGI DELL'AMMINISTRAZIONE P.T. 1) Se sia applicabile alla cessione degli alloggi economici costruiti dall'Amministrazione Poste e Telegrafi la disposizione dell'art. 14 legge 27 aprile 1962, n. 231, secondo cui il prezzo di cessione viene stabilito nella misura del 50 % del costo di costruzione, ovvero la disposizione dell'art. 4 stessa legge, per la quale il prezzo di cessione � :fissato nella misura del valore venale ridotto del 30 % e di un successivo 0,25 % per ogni anno di effettiva occupazione da parte del richiedente (n. 89). CONDUTTORI COPPERWELD. 2) Se le norme emanate dal Comitato Elettronico Italiano in data 8 giugno 1961, rigua.rdanti i conduttori di acciaio rivestiti di rame (conduttori metallici copperweld) siano obbligatorie (n. 90). TITOLI E DEPOSITI POSTALI -PIGNORAMENTO. 3) Se in caso di sequestro o pignoramento di titoli o depositi postali nelle dichiarazioni di terzo da rendere innanzi all'Autorit� giudiziaria l'Amministrazione debba dichiarare gli estremi di detti titoli o depositi (n. 91). VAGLIA TELEGRAFICO RITARDO NEL RECAPITO. 4) Se possa essere accolta la richiesta avanzata dal mittente di un vaglia telegrafico per essere reintegrato del danno derivante dal ritardato recapito del vaglia stesso (n. 92). 5) Se la norma dell'art. 7 del Codice Postale sia in contrasto con l'art. 28 della Costituzione (n. 92). PREVIDENZA ED ASSISTENZA DIPENDENTI DELL'UFFICIO CENTRALE DI STATISTICA� Se l'articolo unico della legge 2 aprile 1958 n. 322 sia applicabile ai dipendenti dell'Istituto Centrale di Statistica i quali,, per qualunque causa, cessino dal rapporto di impiego prima di aver maturato il diritto alla liquidazione di riscatto o al passaggio in propriet� delle polizze di assicurazione costituenti l'intero fondo di previdenza (n. 41). PROPRIET� AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -ENTE MORALE. 1) Se l'Ente morale, proprietario di un fondo, debba munirsi dell'autorizzazione governativa ex art. 17 C. c. per l'acquisto per accessione di un fabbricato costruito sul fondo stesso, con il suo consenso, d"' un terzo con materiali propri (n. 31). CORSI D'ACQUA NON ARGINATI. 2) Se i proprietari dei terreni siti lungo i corso d'acqua non pertinenti ad opere di bonifica possano costruire sul ciglio delle sponde fino al limite della zona demaniale (n. 32). REGIONI REGIONE SICILIANA -PESCA MARITTIMA. 1) Se possa ritenersi legittimo il decreto dell'Assessore alla Regione Siciliana in data 20 novembre 1956 che detti una particolare disciplina in materia di pesca marittima e che preveda sanzioni amministrative per il caso di inosservanza (n. 102). REGIONE SICILIANA -RIFORMA FONDIARIA. 2) Se sia applicabile in Sicilia, ai fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione per riforma; fondiaria, la l~gge 15 marzo 1956, n. 156 (n. 103). RESPONSABILIT� CIVILE STRADE -'-GETTI DI MATERIALE DA UN PONTE. Se sia configurabile una. responsabilit� dell'A.N.A.S. per danni cagionati a terzi dall'abbatthnento, ad opera di un automezzo, del muretto di protezione di un ponte ovvero per getti di materiali d&l ponte stesso, e se la stessa Azienda possa ritenersi obbligatc0, a sostituire il detto muretto con una rete metallica (n. 201). RIFORMA FONDIARIA REGIONE SICILIANA. Se sia applicabile in Sicilia, ai fini della determinazione dell'indennit� di espropriazione per riforma fondiaria, la legge 15 marzo 1956, n. 156 (n. 8). SERVIT� SERVIT� DI PASSAGGIO. Se l'espropriante sia tenuto a corrispondere un'tmtonoma indennit� in favore del titolare di una servit� di passaggio sul fondo espropriato (n. 34). SOCIET� SOCIET� IN LIQUIDAZIONE -IMPOSTA DI RICCHEZZ:A Mo-.BILE. Quali siano, in sede di applicazione della legge 25 febbraio 1960, n. 163, i criteri da segui~e per il recupero o il iWL::ill -63 rimborso di imposta di R.M. e imposta societ� quando le societ� siano poste in liquidazione e laliquidazione stessa sia gi� chiusa (n. 99). STRADE IMPIANTI DISTRIBUZIONE AUTOMATICA CARBURANTI. 1) Se il parere da richiedersi all'A.N.A.S. a norma dell'art. 46 del Regolamento per l'esecuzione del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741, approvato con R.D. 20 lu� glio 1934 n. 1303 e degli artt. 12 e 15 del R.D. 2 novem� bre 1933, n. 1711 e 2 della legge 23 febbraio 1950, n. 170 per il rilascio da parte del Prefetto delle licenze all'im� pianto e all'esercizio dei distributori automatici dei carburanti, vada richiesta anche per la voltura delle licenze stesse, regolata dagli artt. 40 del Regolamento per l'esecuzione del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e dallo art. 16 di detta legge (n. 43). 2) Se sia consentita impugnativa in vi.,, amministra� tiva o giurisdizionale avverso l'atto con il quale l'A.N.A.S. esprima al Prefetto che ne fa richiesta, parere negativo alla voltura della licenza all'impianto ed all'esercizio di distributori automatici di carburanti, regolata dagli artt. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del Regolamento relativo (n. 43). 3) Se ha carattere definitivo il decreto con il quale il Prefetto provvede a norma degli artt. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n. 1741 e 40 del relativo Regolamento, ordine alla richiesta di voltura della licenza di impianto e di esercizio dei distributori autom,;,tici di carburanti. (n. 43). 4) Se sia consentito al Ministero dei Lavori Pubblici impartire ai Compartimenti della Viabilit� direttive tecniche di massima per le licenze di i.ccesso agli impianti di distributori automatici di carburanti (n. 43). 5) Se la volturi;. delle licenze all'impianto ed all'eser� cizio di distributori automatici di carburanti, richiesta a norma dell'art. 16 del R.D. 2 novembre 1933, n.1741 e 40 del Relativo Regolamento, possa essere negata con richiamo alla rispondenza dell'impianto ed alle mutate esigenze del traffico e della circolazione (n..43). 6) Se e con quali mezzi l'A.N.A.S. � abilitata a promuovere la rimozione e la modifica degli impianti di distribuzione automatica di carburanti in relazione alle mutate esigenze del traffico (n. 43). RIMOZIONE DI LINEA TELEFONICA. 7) Se sia dovuto indennizzo per la rimozione di una. linea telefonica appartenente ad una societ� telefonica impiantat1:1. su terreno privato, espropriato dall'A.N.A.S. per una variante su una strada statale (n. 44). RESPONSABILIT� 8) Se sia configurabile una responsabilit� dell'A.N.A.S.. per danni cagionati a terzi dall'abbattimento ad opera di un automezzo, del muretto di protezione di un ponte .ovvero per getti di materiale dal ponte stesso, e se la stessa Azienda possa ritenersi obbligata a sostituire il. detto muretto con una rete metallica (n. 45). SUCCESSIONE PROVA DELLA QUALIT� DI EREDE. Se sia sufficiente a dimostrare la qualit� di erede legittimo di cittadino italiano deceduto ab intestato un provvedimento di autorit� giudiziaria straniera (n. 67). TRATTATO DI PACE BENI ITALIANI IN TUNISIA. Se il conguaglio tra le somme corrisposte dall'Am-ministrazione in lire italiane, a titolo di indennizzo di beni liquidati ex art. 79 del Trattato di Pace, in forza. del decreto legislativo n. 521 del 1948 e le somme attribuite in franchi francesi agli stessi beneficiari dell'indennizzo da decisiop.i di collegi arbitrali internazionali, vada effettuato con riferimento alla moneta italiana o a quella. francese (n. 81).