PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNo x;n -N. I-2-3 GENNAIO-FEBBRAIO-MARZO I961 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COSTITUZIONE -Solve et repete. Illegittimit� costituzionale 
del secondo comma dell'art��.6, L. 20 marZoi_
1865, n. 2248 allegato E. (Corte Costituzionale, 
31 marzo 1961, n. 21 -Pres.: Cappi; Rel.: ,Jaeger). 

Il principio del solve et repete � costituzionalmente 
illegittimo per contrasto con l'art. 3 Cost., essendo 
evidente la differenza di trattamento fra il contribuente 
che sia in grado di pagare immediata


. mente l'intero tributo e quello, che non abbia i 
mezzi sufficienti, e con �gli artt. 24, primo comma 
e 113 Cost., che ribadiscono l'uguaglianza di diritto 
e di fatto di tutti i cittadini per quanto concerne 
la possibilit� di chiedere ed ottenere la tutela 
giurisdizionale nei confronti dello Stato e 
degli enti pubblici minori. 

* * * 

La questione che forma oggetto del presente giudizio 
ha dato luogo da tempo a discussioni e decisioni 
nella dottrina e nella giurisprudenza, che 
hanno prospettato diversi modi di qualificare l'istituto 
del solve et repete. Compito della Corte Costituzionale 
non � quello di inquadrarlo nell'una 

o �nell'altra categoria dogmatica, ma solo di risolvere 
la questione se esso sia da ritenere legittimo 
costituzionalmente rispetto alle norme contenute 
negli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, richiamati 
nell'ordinanza del pretoJ:'.!'l di Pavia. 
Sembra opportuno anzitutto rilevare che ogni 
richiamo al principio della normale esecutoriet� 
degli atti amministrativi non reca alcun contributo 
alla soluzione della questione nel senso sostenuto 
dalla amministrazione :finanziaria, perch� quel principio 
non verrebbe in alcun modo intaccato o eluso 
dal venir meno dell'istituto del solve et repete, ben 
potendo aneli.e in tal caso l'amministrazione stessa 
procedere in via esecutiva contro il contribuente 
moroso, nonostante qualsiasi sua opposizione, posto 
che il giudice ordinario non � mai autorizzato a 
sospendere l'esecuzione di provvedimenti dell'autorit� 
amministrativa. Si pu� dire, piuttosto, che 
proprio l'esistenza di tale istituto indebolisce in 
certo senso l'efficacia di quel principio, razionalmente 
e praticamente. 

Il solve et repete � indubbiamente una misura 
particolarmente energica ed efficace al fine dell'attuazione 
del pubblico interesse alla percezione dei 

tributi; e appunto per questo venne introdotto ed 
� stato conservato tanto a lungo nella legislazione 
italiana, nonostante vari progetti per l'abolizione 
di iniziativa governativa e parlamentare, e pur 
essendo stato esposto altrettanfo a lungo a severe 
critiche da parte della dottrina o ad interpreta� 
zioni correttive e limitative per opera della giurisprudenza, 
la quale � giunta ad escludere l'applicabilit� 
dell'istituto stesso quando la pretesa tributaria 
risulti prima facie assolutamente infondata. 

Tutto ci� conferma che, anche indipendentemente 
dai principi contenuti nella Costituzione, e gi� 
prima dell'approvazione di questa, si era avuta 
una no~evole evoluzione nella sensibilit� di coloro, 
cui spettavano la interpretazione e l'applicazione 
delle norme vigenti: evoluzione provocata proprio 
dalla eccessivit� di quella misura, che gi� appariva 
non consentanea ai principi in formatori di un or. 
dinamento moderno in tema di rapporti fra il cit. 
tadino e lo Stato. 

Sembra difficile supporre che il legislatore costituente 
abbia ignorato il problema tanto dibattuto 
e, meno ancora, che non lo abbia considerato 
risolto implicitamente attraverso la formulazione 
dei principi generali, diretti in gran parte proprio 
a regolare i rapporti fra i cittadini e lo Stato, contemperando 
le esigenze di questo con i diritti 
di quelli, e -in ogni caso -ponendo le condizioni 
necessarie perch� questi diritti possano essere fatti 
valere ugualm�nte da tutti. 

La imposizione dell'onere del pagamento del 
tributo, regolato quale presupposto imprescindibile 
della esperibilit� dell'azione giudiziaria diretta a 
ottenere la tutela del diritto del contribuente mediante 
l'accertamento giudiziale della illegittimit� 
del tributo stesso, � in contrasto, a giudizio della 
Corte, con tutti i principi contenuti negli articoli 
della Costituzione enunciati nella ordinanza del 
pretore. 

Essa � in contrasto con la norma contenuta 
nell'art. 3, perch� � evidente la differenza di trattamento 
che ne consegue fra il contribuente, che sia 
in grado di pagare immediatamente l'intero tributo, 
ed il contribuente, che non abbia mezzi sufficienti 
per fare il pagamento, n� possa procurarseli agevolmente 
ricorrendo al credito, fra l'altro perch�, 
anche in caso di vittoria in giudizio, non otterrebbe 
il rimborso delle somme versate se non con 
ritardo. 


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.Al primo � dunque consentito, proprio in conseguenza 
delle sue condizioni economiche, di chiedere 
giustizia e di ottenerla, ove possa provare di aver 
ragione; al secondo questa facolt� � resa difficile e 
talvolta impossibile, non solo di fatto, ma anche 
in base al diritto, in forza di un presupposto processuale 
stabilito dalla legge e consistente nell'onere 
del versamento di una somma eventualmente assai 
ingente. 

Le stesse considerazioni valgono a giustificare 
anche il richiamo alle norme contenute negli articoli 
24, primo comma, e 113 della Costituzione, nei 
quali l'uso delle parole tutti e sempre ha chiaramente 
lo scopo di ribadire la uguaglianza di diritto 
e di fatto 'a.i tutti i cittadini per quanto concerne 
la possibilit� d.i richiedere e di ottenere la tutela 
giurisdizionale, sia nei confronti di altri privati 
sia in quelli dello Stato e di enti pubblici minori. 

La Corte � pertanto dell'avviso che l'istituto del 

' solve et repete sia in contrasto con le norme della 
Costituzione e che debba essere dichiarata illegittima 
la disposizione che le prevede. 
� da osservare che nell'ordinanza del pretore si 
propone letteralmente la questione della illegittimit� 
costituzionale dell'intero art. 6 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, mentre l'istituto 
del solve et repete � previsto solo nel secondo 
comma di tale disposizione e gli altri commi riguardano 
oggetti del tutto diversi. Poich� l'ordinanza 
tratta esclusivamente, anche quando motiva 
sulla rilevanza della questione, di quell'istituto, la 
C�rte ritiebe di dover interpretare l'ordinanza stessa 
nel senso che il pretore intendeva proporre la questione 
di legittimit� del solo secondo comma dell'articolo 
citato e che di conseguenza le altre norme, 
pur contenute nello stesso articolo, non fanno 
parte dell'oggetto del presente giudizio. 

Per una maggior comprensione dell'importanza e 
delicatezza della questione decisa, riteniamo opportuno 
riportare integralmente la memoria dell'Avvocatura. 

Il giudizio nel quale � sorta l'attuale questione di 
costituzionalit� concerne un'opposizione al Pretore 
di Pavia proposta dal sig. Stroppa Franco, ai sensi 
dell'art. 3 della legge 14 aprile 1910, n. 639, avverso 
la ing;iunzione, a lui fatta intimare il 15 novembre 
1958 dall'Ufficio Atti giuziziari, Bollo e Demanio 
di Pavia per il pagamento d L. 23.750 a 
titolo di canoni radio evasi (L. 22.000) e di ammenda 

(L. 1500) comminata con Ordinanza dell'Intendente 
di Pavia 31 marzo 1959, divenuta definitiva 
per avere il Tribunale di Pavia dichiarata inammissibile 
l'impugnativa del condannato. 
Avverso l'atto di opposizione proposto ad evidente 
scopo dilatorio e manifestamente infondato, 
oltre che inammissibile, l'Amministrazione delle 
Finanze, costituitasi in giudizio, oppose l'inadempimento 
della regola del solve et repete, ai sensi dell'art. 
6 della legge 20 marzo 1865, allegato E. 

Sulla eccezione di incostituzionalit� sollevata dal 
patrocinio dell'opponente, il quale si � per la 
verit� del tutto inesattamente, richiamato a pretesi 
dubbi che sarebbero stati avanzati circa la legittimit� 
attuale dello istituto del solve et repete 

dalla Corte di Cassazione (e vedremo che non � 
cos�) e persino da noi stessi ( : ), il Pretore di 
Pavia, pur manifestando varie perplessit� a pr� 
della infondatezza della questione, in relazione a 
ciascuno dei tre profili di cont!asto prospettati 
dall'opponente, ha deciso di rimettere la questione 
al giudizio di codesta Ecc.ma Corte ritenendo determinanti, 
a pr� della non manifesta infondatezza, 
gli argomenti che abbiamo riassunti nell'atto di 
intervento e nelle deduzioni (pag. 3) e che torneremo 
ad esaminare qui di seguito. 

* * * 

In via preliminare, si osserva che la Ordinanza di 

rimessione promana da un Giudice certamente in


competente, in quanto, trattandosi di controversia 

di imposta, si verteva in materia di competenza 

funzionale del Tribunale, ai sensi dell'art. 9 del 

C.p.c., nonch� dell'ultimo comma dello stesso arti


colo 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. 

Vedr�, pertanto, l'Ecc.ma Corte Costituzionale 

se possano ritenersi, nella specie, adempiuti i pre


supposti per la valida instaurazione del giudizio, ai 

sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

* * * 

I~a questione di costituzionalit� dell'art. 6, se


condo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248 

allegato E, che viene per la prima volga all'esame 

dell'Ecc.ma Corte, appare manifestamente infon


data, sotto tutti i profili addotti nell'Ordinanza di 

rimessione. 

In precedenza, la giurisprudenza, sia della Corte 

di Cassazione che dei Tribunali di merito, ha sempre 

ritenuto infondata la questione di illegittimit� co


stituzionale dell'art. 6, sia in relazione all'art. 113 

della Costituzione (cfr. Cassazione, Sezioni Unite 

30 divembre 1957, n. 4551, Foro it., 1958, I, 27; 

Sezioni Unite, Ordinanza 25 gennaio ''1957, n. 260 

in Giust. Civ. 1957, III, 1959 e Dir. e prat. tributaria, 

1958, II, 237; Sezioni Unite 3 dicembre 1957, 

Piaccinato c. Finanze, in Dir. e prat. tributaria, 

1958, II, 241), sia in relazione all'art. 111 della 

Costituzione (Cassazione, Sezioni Unite 26 giugno 
1957, Ditta Molinari c. Comune di Finale Emilia, 
in Dir. e prat. tributaria, 1958, II, 240), sia in 
relazione all'art. 3 della Costituzione (Appello Mi
�Iano, sentenza 19 dicembre 1957, in Foro Padano, 

1957, II, 78 e 1958, I, 1322 con nota di Stendardi); 

sia infine, all'art. 24 della Costituzione (Tribunale 

di Firenze, sentenza 4 giugno 1954, riportata nel 

Il Contenzioso dello Stato negli anni 1951-1955, 

Roma, 1957 vol. I, p. 398; con riferimento agli 

artt. 24 e 113 della Costituzione, Tribunale di Pi


stoia Ordinanza 16 novembre 1959 in Giustizia Ci


vile, 1960, n. III, 67). 

Contro questa giurisprudenza che sembra ormai 
consolidata circa la manifesta infondatezza della 
questione della legittimit� costituzfonale del solve 
et repete sotto gli accennati profili, il Pretore di 
Pavia ha ritenuto di poter ,rimettere a codesta 
Ecc.ma Corte l'esame della questione stessa, per 
gli stessi profili e con argomenti sostanzialmente 


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analoghi a quelli in base ai quali la Cassazione �ed i 
Tribunali di merito avevano dichiarato di escludere 
il contrasto con le norme costituzionali. 

A) Ome.A IL PRETESO CONTRASTO DEL �SOLVE ET 
REPETE� CON L'ART 3 DELLA COSTITUZIONE. 

Secondo la Ordinanza di rimessione, il precetto 
del solve et repete violerebbe in particolare il principio 
sancito nell'art. 3, secondo comma della Costituzione, 
in quanto costituirebbe un ostacolo di 
ordine economico che limiterebbe di fatto l'eguaglianza 
dei cittadini menoabbientisia riguardo alla 
possibilit�. di agire in giudizio per la tutela dei propri 
diritti ed interessi (art. 24, primo comma), sia in 
particolare, riguardo alla possibilit�. di agire in 
giudizio contro gli atti della P.A. (art. 113). 

Senonch�, com'� stato esattamente deciso dalla 
giurisprudenza gi� menzionata (Appello Milano, 
sentenza 19 dicembre 1957, in Foro padano, 1958, 
I, 1322, con nota di,Stendardi) l'art. 3, sia considerato 
nella disposizione del primo comma che del 
secondo, non pu� ritenersi in contrasto col solve et 
repete; anzi, appare addirittura invocato fuor di 

proposito . 

Invero, sotto il primo aspetto (preteso contrasto 
con l'art. 3, primo comma) � fin troppo agevole osservare 
che il precetto del solve et repete si applica 
indistintamente a tutti i cittadini, senza distinzione 
di ceto o di censo, e con inderogabile rigore; quindi 
non pu� determinare alcuna disparit�. di trattamento 
dei cittadini di fronte alla legge. 

Del resto, l'uguaglianza alla quale si riferisce 
l'art. 3 della Costituzione � l'uguaglianza giuridica 
tra tu:tti i cittadini della Repubblica, intesa nel 
senso di parit� assoluta circa la capacit�. di essere 
titolari di diritti privati e pubblici e circa il potere 
di esercitarli, sia nei confronti dei privati che nei 
confronti degli organi dello Stato. 

Questa eguaglianza non concerne direttamente la 
capacit�. economica dei cittadini ed i beni che mediante 
tale capacit�. essi possono procurarsi; e 
soprattutto, non importa l'adozione di un principio 
costituzionale che elimini tra i singoli quelle 
inevitabili differenze di ricchezza che, in un paese 
ad economia libera, non possono non concretarsi 
in una diversa possibilit�. di acq1listo di qualsiasi 
bene, e, quindi, anche in una situazione di favore 
in cui il pi� abbiente venga naturalmente a trovarsi 
nello svolgimento della sua attivit�.: si potrebbe, 
ad es~mpio, al riguardo, osservare che nel 
nostro ordinamento la incapacit�. economica non 
viene mai presa in considerazione come causa 
giustificatrice dell'inadempimento della obbliga


zione�. 

Sotto il secondo aspetto (asserito contrasto con 

l'art. 3, secondo comma) �, anzitutto da rilevare 

che gli scopi e le funzioni per le quali il principio 

stesso � proclamato ad integrazione del principio 

stabilito nel primo comma (assicurare il pieno svi


luppo della persona umana e l'effettiva partecipa


zione di tutti i lavoratori all'organizzazione po


litica., economica e sociale del Paese) non sem


brano avere alcuna diretta attinenza con la ma


teria tributaria e con l'istituto del solve et repete. 

In secondo luogo, il principio per cui lo Stato 
deve creare le condizioni per cui tutti i lavoratori 
possano partecipare alla organizzazione politica, 
economica e sociale del Paese, significa che lo Stato 
deve attuare, nel proprio ordinamento; le" provvidenze 
atte ad eliminare, per tutti i lavoratori, le 
accennate disuguaglianze economiche iniziali, ma 
non significa certamente che la Costituzione intende 
pareggiare in fatto le condizioni sociali, politiche 
ed economiche dei cittadini. 

Nella specie, comunque, anche di questo principio 
mancano i presupposti oggettivi e soggettivi 
di applicazione ed} in ogni caso la confighrabilit�., 
nei riguardi del solve et repete dello �ostacolo di 
ordine economico� alla parit� dei cittadini. 

Infatti, qualunque teoria si segua circa il fondamento 
della regola del solve et repete � certo, sotto 
il profilo che qui interessa, che essa non pu� costituire 
un ostacolo di ordine economico alla parit� 
dei cittadini, essendo questi, in quanto contribuenti, 
soggetti em lege al potere extra-processuale di riscossione 
dell'imposta da parte dell'Amministrazione, 
basato sul principio generale e fondamentale 
della esecutoriet�. dell'atto amministrativo (il c. d. 
�accertamento �) col quale viene determinata la 
pretesa tributaria. 

Il solve et repete non importa, dunque, alcuna 
menomazione del principio della eguaglianza dei 
cittadini: anzi, come � stato affermato in giurisprudenza 
con evidenti riferimenti all'art. 53 della Costituzione 
(cfr. la citata sentenza 19 novembre 
1957 della Corte d'Appello di Milano) �ne promuove 
il comune interesse in quanto, assicurando la re� 
golare esazione dei tributi, garantisce l'ordinario 
soddisfacimento dei bisogni della collettivit�., a 
vantaggio della quale le imposte vengono pagate�. 

B) CIRO.A IL PRETESO CONTRASTO DEL �SOLVE ET 
REPETE� CON L'ART. 113 DELLA COSTITUZIONE 

Il precetto del solve et repete non pu� neanche 
ritenersi in contrasto con l'art. 113 della Costituzione 
n�, come subito si vedr�, con l'art. 24, articoli 
che devono essere necessariamente collegati su:l 
piano logico e giuridico, ai fini della questione in 
esame. 

Come gi� si � ricordato, la manifesta infondatezza 
della questione di costituzionalit�. con riferimento 
all'art. 113 (come quella proposta con riferimento 
all'art. 24) � stata ripetutamente dichiarata dalla 
Corte di Cassazione a Sezioni Unite (cfr. Ordinanza� 

n. 61 del 25 gennaio 1957, in Giust. Civ. 1957, II, 
159; sentenza n. 2482 del 26 giugno 1957 Molinari 
c. Comune di Finale Emilia in Giust. Ci., 1957, 
963; sentenza n. 4515 del 3 novembre 1957 in 
Foro It., 1958, 27) ed anche dai tribunali di merito 
(Tribunale di Firenze, sentenza 4 giugno 1954, 
riport�ta ne Il contenzioso dello Btato negli anni 
1951-1955, Roma 1957, vol. I, pag. 397). 
Invero, l'art. 113 della Costituzione sancisce il 
principio della tutela giurisdizionale dei diritti e 
degli interessi legittimi del cittadino innanzi agli 
organi di giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
contro . gli atti della Pubblica Amministrazione e 
proibisce la esclusione di questa tutela od anche l� 


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limitazione a particolari mezzi di impugnazione o 
per determinate categorie di atti. 

Ora, nessuna di queste ipotesi di contrasto con 
la norma costituzionale si verifica nei riguardi del 
precetto del solve et repete quale che sia il fondamento 
e la natura giuridica che ad esso si voglia 
assegnare nell'attuale stato della legislazione e della 
giurisprudenza. 

Si tratta, com'� noto,. di un problema dibattuto, 
perch� mentre un'autorevole e forse prevalente 
dottrina, sulle orme del Chiovenda (1), ritiene che 
si tratti di un presupposto processuale, la cui mancanza 
determina una eccezione processuale che pu� 
essere fatta valere soltanto dall'Amministrazione 
convenuta (2), la giurisprudenza della Corte di 
Cassazione, seguendo l'opinione tradizionale che risale 
a Ludovico Mortara (3), � da lungo tempo 
consolidata nel senso che si tratta di norma la cui 
inosservanza determina un difetio, sia pure condizionato, 
temporaneo (e con determinati limiti ed 
eccezioni), dell'Autorit� giudiziaria Ordinaria (4). 

�, altres�, noto che, oltre a.le esclusioni ammesse 
dalla stessa giurisprudenza (infondateza manifesta 
prima facie della pretesa tributaria) il solve 
et repete non vige. nei giudizi proposti dal contribuente 
innanzi alle Commissioni tributarie, alle 
quali � stato riconosciuto il carattere di organi di 
giurisdizione, e neanche per il ricorso in Cassazione 
avverso la decisione della Commissione Centrale, ricorso 
che pu� essere anche proposto per violazione 
di-legge ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. 

Non � qui il luogo di esaminare la intrinseca rispondenza 
dell'una o dell'altra teoria circa la 
struttura e gli effetti processuali del solve et repete. 

Interessa, piuttosto, stabilirne il fondamento, 
che qualunque sia il pratico congegno e l'efficacia 
processuale propria dell'istituto, non pu� che essere 
ravvisato nel principio generale e fondamentale 
della esecutoriet� dell'atto amministrativo col 
quale � stata in concreto determinata la pretesa 
tributaria, principio del quale secondo la pi� autorevole 
dottrina di diritto amministrativo, la regola 
del solve et repete costituisce una applicazione 
specifica, un modo particolare di atteggiarsi nel 
campo tributario (5). 

(1) Cfr. CHIOVEND.A: Istituzioni di diritto processuale 
civile, Napoli, 1934, vol. Il, p. 343-344. 
(2) Cfr. GIA.NNINI A. D.: Istituzioni di diritto tributario, 
Milano, 1960, pp. 219 a 227 e la dottrina ivi 
citata ARomuooNO: in �Foro It. >>, 1960, I, 1151. 
(3) Cfr. MORTARA: Commentario, I, pp. 330 e segg. 
(4) C.ASSAZIONE, Sezione Unite sentenza 10 luglio 1957, 
n. 2742 in (< Giust. Civ. >>, 1958; I, 140; III, Sezione 
21 febbraio 1958 in �Riv. Leg. Fiscale>>, 1958, 936; 
in data meno recente, Cassazione: sentenza 9 dicembre 
1938 in cc Giust. Civ. � 1939, I, 1, 206; 2 maggo 1942 
in cc Foro It. >>, 1942, I, 827. Secondo la giurisprudenza 
il difetto temporaneo di giurisdizione conseguente. alla 
inosservanza del salve et repete deve essere esammato 
d'ufficio, prima di ogni altra questione: Cassazione 17 maggio 
1958, n. 1606, in cc Foro It. �, rep. 1958, v. salve et 
repete, n. 18; 21 febbraio 1958, n. 564, ibidem n. 19. 
� (5) Cfr. ZANOBINI: Corso di Diritto Amministrativo, 
Milano 1954, vol. 1 cap. VII, paragr. 4, n. 3; GuICCI.ARDI 
La Giustizia Amministrativa, Padova, 1954, pp. 315-316; 
V1TT.A: Manuale di diritto amministratwo, Torino, 1950, 
II, 690. 

Si tratta, in sostanza, di un ulteriore mezzo di 

. tutela concesso per la realizzazionedel credito tributario, 
in funzione dei noti fini di interesse generale 
(assicurare il regolare gettito delle imposte 
e, con es.so, la realizzazione dei -fini dello Stato) 
per indurre il cittadino, sempre soggetto al potere 
extraprocessuale di riscossione dell'imposta da parte 
dell' .Amministrazione, a pagare la stessa prima di 
agire innanzi all'Autorit� Giudiziaria. 
Si utilizza, in sostanza, il condizionamento della 
esperibilit� del giudizio quale mezzo coercitivo 
affinch� nel pubblico interesse, il contribuente 
adempia alla obbligazione ex lege, che pu� essere 
dall'Amministrazione coattivamente realizzata anche 
al di fuori del giudizio stesso. 
Qualcosa di analogo, com'� stato osservato in 
dottrina, avviene nel diritto privato per i titoli di 
credito c.d. �astratti� dal rapporto fondamentale 
(1). 
Che, in ci�, sia violazione del diritto da parte 
del cittadino di agire in giudizio contro gli atti 
della Pubblica .Amministrazione � certamente da 
negare. 
Il precetto del solve et repete non esclude affatto 
la tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti 
dell'atto amministrativo col quale viene determinato 
il credito dell' .Amministrazione Finanziaria n� la 
limita a particolari mezzi di impugnazione, ma soltanto, 
negli anzidetti termini, la condiziona, nel 
pubblico interesse, alla circostanza che venga previamente 
pagato il tributo in contestazione. 
Che questo concreti un privilegio concesso allo 
Stato, ed, in particolare, un privilegio di esecuzione, 
consistente in una particolare efficacia del 
titolo, costituito dall'accertamento tributario non 
supplementare � certo. Ma si tratta di privilegio che, 
com'� stato bene ritenuto dalla Corte di Cassazione 
(2), � giustificato oltre che dalla necessit� del 
sollecito introito d!li tributi, e dalla particolare 
solubilit� dello Stato che permette di mantenere 
integra la esecutoriet� �dell'atto amministrativo di 
imposizione del tributo, dalla ulteriore considerazione 
(3) che, nella specie, la presunzione di legittimit� 
dell'atto, dal quale in definitiva scaturisce 
il precetto del solve et repete, � resa ancora pi� sicura 
dal previo esperimento, da parte del contribuente, 
dei ricorsi alle Commissioni giurisdizionali, 
Sicch�, anche da un punto di vista logico e sostanziale, 
se nonostante tale vaglio, il contribuente ritenga 
di doversi ancora gravare nei confronti della 
imposizione tributaria, non appare ingiusto che sia 
prima obbligato al versamento della somma accertata 
a suo debito, salvo rimborso in caso d'accoglimento 
della domand1:1i in sede giudiziaria. 
In definitiva, come fu bene osservato dalle Sezioni 
Unite della Cassazione, nella sentenza n. 4551 
del 3 dicembre 1957, l'istituto del solve et repete 
contemperando le esigenze proprie della P. A. con 

(1) MONTES.ANO: La condanna nel processo civile a!IWhi!,_ 
tra privati e P. A. Napoli 1957, pagg. 206-209. 
. (2) Cfr. la citata Ordinanza 25 gennaio 1957 delle 
Sezioni Unite in cc Giust. Civ.�, 1957, II, 1959. 
� (3) L'osservazione � gi� nel VTT.A: Manuale,cit. vol. Il, 
pag. 690. 


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quelle� dei contribuenti, d� all'azione di questi 
ultimi in sede giurisdizionale �una particolare regolamentazione 
di contenuto� quella di azione in ripetizione 
del tributo pagato, con l'accertameno 
del.la illegittimit� della imposizione, quando la 
illegittimit� gi� non risulti prima facie, nel qual 
caso l'accertamento pu� astrarre dal presupposto 
del pagamento del tributo. 

Del resto, questa regolamentazione e relativa configurazione 
del contenuto dell'azione del soggetto 
passivo dell'imposta, nei casi espressamente previsti 
dalla legge, nulla ha in se di antigiuridico, esistendo 
nel nostro ordinamento, sia pure con diversa 
intensit� ed effica�ia, il principio in base al 
quale si possono stipulare convenzionalmente clausole 
preclusive di eccezioni al fine di evitare o ritardare 
la prestazione dovuta (art. 1462 O.e.). 

Si tratta, dunque, di un istituto che non � nato 
per ilprocesso e per ragioni d'ordine meramente procedurali, 
bens� di istituto sorto in funzione degli 
interessi pubblici sostanziali sopra richiamati e 
ad ulteriore tutela e cautela della presunzione di 
legittimit� e dell'esecutoriet� dell'atto amministrativo 
di imposizione tributaria: e si tratta, pertento, 
di istituto che impone un onere derivante da 
un presupposto obbiettivo, non da condizioni subbiettive 
e personali, come �, ad esempio, dell'istituto 
processuale della cauzione per le spese (art. 98 
O.p.c.), la cui ditl'erenza ontologica e sostanziale 
dal solve et repete � stata esattamente posta in 
rilievo da codesta Ecc.ma Oorte nella recente sentenza 
n. 67 del 29 novembre 1960, con orgomenti 
chiaramente concludenti per la soluzione del tutto 
diversa da quella adottata per la cauzione delle 
spese. 

0) 01RCA IL PRETESO CONTRASTO DEL �SOLVE �ET 
R�PETE � CON L'ART. 24 DELLA 00STITUZIONE, 

La sentenza n. 67 del 29 novembre 1960 di co


desta Ecc.ma Oorte Costituzionale in materia di 

cauzione per le spese si �, indirettamente ed inci


dentalmente, �ccupata del solve et repete, in rela


zione all'art. 24 della Oostituzione, richiamato in 

quel giudizio. 

Nell'attuale giudizio non pu� esservi dubbio che 

l'asserito contrasto tra il solve et repete e l'art. 24 

non sussiste, sia che all'istituto si riconosca un 

fondamento di diritto sostanziale per quanto di


rettamente influente sul processo (teoria che a noi 

sembra preferibile), sia che, invece, ad esso si attri


buisca la natura di una mera eccezione processuale 

introdotta a favore dell' .A:mministrazione finan


ziaria. 

Seguendosi la prima teoria, il diritto di difesa 

individuale sancito nell'art. 24 non appare, sotto 

alcun aspetto, violato, per le stesse ragioni gi� sopra 

espresse a confutazione dell'asserita violazione del 

pricipio stabilito nell'art. 113 della Costituzione. 

Ma anche seguendosi la teoria della eccezione 

processuale si perviene allo stesso risultato, in 

quanto la concessione della eccezione stessa alla 

Amministrazione finanziaria non implica certamente 

che l'altra part.e, cio� il contribuente, non possa 

agire in giudizio per la difesa dei suoi diritti. 

Invero, l'art. 24, primo e secondo com.ma, � 
volto a vietare che la tutela giurisdizionale possa 
essere esclusa principalmente per condizioni di 
carattere soggettivo, cio� con riguardo a certe 
qualit� della persona, mentre il solve et repete si 
fonda su di un presupposto obbiettivo, eguale per 
tutti e non esclude l'azione giudiziaria, anzi neppure 
la limita, condizionandola soltanto al presupposto 
stesso, cio� al previo pagamento del tributo 
da parte del cittadino. 

Assolutamente ininfluente � infine, l'argomento 
che l'Ordinanza ritiene di poter desumere dall'articolo 
24, terzo comma circa gli istituti a tutela 
delle ragioni dei meno abbienti (gratuito patrocinio). 


Invero l'art. 24 terzo com.ma, allorch� menziona. 
questi istituti, intende riferirsi evidentemente ad 
una difesa in senso teorico, cio� alla opportunit� 
che ogni cittadino abbia, comunque, un difensore 
in giudizio e non pone certo una regola concernente 
l'efficienza. di tale difesa, nel senso che tutti devono 
avere una difesa egualmente valida ed efficace: 
in altre parole, il gratuito patrocinio costituisce 
un correttivo della disparit� economica. esistente 
tra i singoli, non gi� un illimitato ed integra.
le livella.mento tra i cittadini circa il modo con 
cui essi devono venir difesi in giudizio. 

Il che conferma. che il gratuito patrocinio ed 

istituti affini sono invocati del tutto fuori posto 

nella questione del solve et repete. 

* * * 

Ooncludendo; sotto ogni aspetto o profilo, la 

questione di legittimit� costituzionale dell'art. 6 

della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E si 

rivela palesemente infondata. 

N� varrebbe osservare che da pi� parti ed anche 

in sede preparatoria legislativa si �, talvolta, pro


spettata la opportunit� di una abolizione dello 

istituto. 

Queste iniziative non si sono mai basate sulla 

pretesa incostituzionalit� del solve et repete ma su 

motivi di politica legislativa assolutamente estra


nei alla questione stessa. 

Pertanto, essendo compito dell'Ecc.ma Oorte il 

giudicare della legittimit� costituzionale delle leg


gi esistenti, insistiamo nelle conclusioni di dichia


razione di non fondatezza della questione di ille


gittimit� costituzionale dell'art. 6 della legge 20 mar


zo 1865, n. 2248 proposta con l'Ordinanza in epi


grafe. � 

Nella memoria dianzi trascritta, si era ritenuto 

doveroso prospettare alla Oorte tutte le ragioni in 

base alla quali sembrava dovesse escludere l'illegit


timit� costituzionale del solve et re�ete, arwhe e 

soprattutto per la considerazione che si era formata 

al riguardo una consolidata giurisprudenza della 

Oorte di Oassazione, la quale aveva pi� volte dfohia


rato manifestamente infondata la questione di le


gittimit� costituzionale del secondo comma delVar


ticolo 6 L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E. 

D'altra parte la stessa Oorte� Costituzionale, nella 

sentenza� n. 67 del 1960, aveva fatto espressamente 


6 

salva la predetta questione, che era da ritenersi, 

perci6, del tutto impregiudicata. 

L� sentenza, comunque, lascia notevolmente per


plessi, sia per la conclusione sia per la motivazione 

attraverso la quale ad essa si � pervenuti. 

Non v'� dubbio che il principio del solve et repete 

dovesse considerarsi ormai in ogni punto superato e 

di scarso valore pratico. 

L'istituto era stato uno dei cardini della finanza 

statale e locale quando il gettito tributario era costi


tuito principalmente dalle imposte dirette, e da quelle 

indirette sugli affari, perch� garantiva la continuit� 

e la sicurezza delle maggiori entrate, su cui si fondava 

il bilancio -tanto che la Corte di Cassazione aveva 

pi� volte affermato ch'esso non costituiva un'ecce


zione, ma una regola in materia di tasse e imposte 

(Sezioni Unite, 4 maggio 1929, in Foro It., 1929, 

I, 1080; vedi anche Rel. avv. Erariale 1926-29 

p. 395). 
Con l'evoluzione del sistema fiscale, conseguente 

alla evoluzione della economia, con il sempre minor 

peso delle imposte dirette e di quelle indirette sugli 

affari nel quadro generale delle entrate statali, il 

solve et repete era andato via via perdendo impor


tanza, anche perch� la giurisprudenza vi aveva ap


portato il temperamento del prima facie, che trovava 

sempre pi� frequente applicazione e che era diretto, 
.soprattutto, ad evitare proprio quelle situazioni di 
ingiustizia grave, di cui si � preoccupata la Corte. 
In pratica il sol ve et repete si applicava ai complementi 
d'imposta, ili registro, successione, doganale, 
ecc. richiesti a chi, avendo compiuto atti economici 
proporzionati alle proprie possibilit�, era da ritenere 
ben in grado di adempiere al preventivo pagamento 
dell'imposta. N� va trascurata la considerazione 
che, a prescindere dal solve et repete, la maggior 
parte delle opposizioni giudiziarie erano anche 
infondate nel merito e prodotte a scopo meramente 
dilatorio. 

D'altra parte � da notare che per le impo.ste dirette 
e, in genere, per quelle che si riscuotono mediante 
ruoli, l'entrata, allo Stato ed all'ente pubblico, � 
garantita dal principio del non riscosso per riscosso 
contrattualmente imposto all'esattore. 

L'abolizione del solve et repete d'altronde risulter� 
in gran parte compensata dalle disposizioni 
della legge 26 .gennaio 1961, n. 29 le quali, disponendo 
il pagamento d'interessi moratori nella misura 

.del 3 % semestrale ed a decorrere dal giorno, in cui il 

tributo � esigibile, costituiranno indubbiamente una 

remora alle opposizioni, fatte solo a scopo dilatorio. 

Nessun dubbio, quindi, sulla attuale scars(l, importanza 
pratica e sulla opportunit� politica di sopprimere 
il principio del solve et repete, soppression& 
alla quale, peraltro, si accingeva il Parlamento 
in occasione della riforma del contenzioso tributario. 

Le nostre vive perplessit� attengono, invece come si 
accennava alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
del principio, che, a nostro avviso, non 
sembra contrastasse con alcuna norma della Costituzione. 


Motivo di perplessit� �, altres�, la motivazione 
della sentenza, la quale, trascurando la maggiorre 
delle specifiche argomentazioni prospettate dall'Avvocatura 
si ripete, sulla scorta di una consolidata 

giurispridenza e di un'autorevole dottrina., afferma 
categoricamente rispetto alla tutela giurisdizionale, 
un principio di uguaglianza, di fatto e di diritto, 
suscettibile di pericolose ulteriori applicazioni, che 
potrebbero finire per incidere gr()!l)(Jffb(3nte sul nostro 
sistema processuale. In base allo stesso principio, 
infatti, potrebbe ritenersi incostituzionale non solo 
il deposito per multa, previsto per il ricorso per 
Cassazione, ma anche ogni altro gravame fiscale 
(bollo e registro) imposto per gli atti giudiziari. 

La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo 
solo il secondo comma dell'art. 6 L. 20 marzo 
1865, senza tener conto delle altre norme, che ribadisono 
il principio del solve et repete nei riguardi 
delle singole imposte (art. 149 legge di registro, art. 97 
legge sulle successioni, art. 52 legge sull'I.G.E., 
art. 15 legge doganale etc.) Tuttavia dato che queste 
norme rappresentano l'applicazione particolare del 
principio generale affermato nell'art. 6 deve ritenersi 
che siano rimaste travolte dalla dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale dell'art. 6 citato e, in 
genere, del principio del solve et repete, sicch� la 
.Avvocatura d'ora innanzi si asterr� dal richiederne 
l'applicazione auspicando che i giudici, ordinari e 
speciali, aderiscano a questa interpretazione rendendo 
'superfluo il rinvio alla Corte delle singole norme delle 
leggi tributarie, che prevedono appunto, in relazione 
ai singoli tributi, l'applicazione del principio del 

solve et repete. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Contratti � Con� 
trolli preventivi e successivi � Mancata registrazione 
da parte della Corte dei Conti, del decreto di approvazione 
di un contratto tra ente pubblico e privato � 
Non costituisce titolo per risarcimento di danno 
da inesecuzione di contratto � Limiti. (Corte di 
Cassazione, Sent. n. 3042/60, Sezio~i Unite, Presidente: 
Oggioni; Est.: Straniero; P.M.: Pomodoro (conf.) 
Spinelli c. Assessorato Reg. Lav. e Prev. Soc, Regione 
Siciliana). 

La mancata registrazione, da parte della Oorte 
dei Oonti, del decreto di approvazione di un contratto 
tra ente pubblico e privato, contratto per il 
quale tale registrazione sia tassativamente prescritta 
dalla legge, non costituisce, di per se, titolo 
per risarcimento di danno da inesecuzione di 
contratto, anche quando essa sia dovuta ad omissione 
di presentazione imputabile alla P.A. 

* * * 

<< Ora, ci� premesso, si osserva che la questione 
fondamentale da risolvere, per il suo nesso pi� 

o meno diretto con ciascuno dei motivi test� sin tetizzati, 
concerne lo status che alla registrazione 
deve essere assegnato rispetto al procedimento di 
formazione del contratto soggetto ad approvazione 
Tale questione �, d'altra parte, intimamente connessa 
con l'altra sulla natura intrinseca della. regi:-. 
strazione e sulle sue possibilit� di fusione o, co~ 
munque, di collegamento con la nozione giuridica 
dell'� approvazione�, dal momento che per questa 
ultima la giurisprudenza di questa Oorte e la dot

-7


trina pi� cospicua hanno fissato alcuni principi, nel 
cui complesso schema il disconoscimento, da parte 
della Corte di Palermo, della responsabilit� contrattuale 
(unica da essa considerata) pu� trovare sostanziale 
giustificazione. 

Questa Corte ha, invero, gi� precisato che, riguardo 
all'approvazione, in quanto atto di controllo 
esercitabile ad esclusiva tutela dell'interesse 
pubblico, possono profilarsi, a favore del privato 
contraente, soltanto interessi legittimi (sentenze 
15 ottobre 1956, n. 3620 e 9 agosto 1959, n. 3113). 

Il principio medesimo � stato, d'altra parte, applicato 
(sentenze 3 ottobre 1959, n. 2655 e 31 luglio 
1955, n. 2482), proprio in tema di mancato 
esercizio, da parte dell'Amministrazione, della attivit� 
che, per istituto, deve svolgere al fine di 
render possibile la pronuncia dell'autorit� di controllo, 
sotto l'identico profilo dell'intima connessione 
fra l'interesse privato all'esercizio del controllo 
e l'interesse pubblico e sotto l'altro, particolare, 
della inesistenza, nell'ordinamento giuridico 
vigente, di una qualsiasi norma che, nell'interesse 
privato, obblighi l'organo amministrativo agente a 
trasmettere l'atto, per il quale il controllo � necessario, 
all'autorit� che detto controllo deve esercitare. 
Questa Cor~e, ha infine, ritenuto (sentenza 
Sezioni Unite 15 agosto 1953, n. 2376) che non � 
possibile applicare la disciplina sull'avveramento 
della condizione ai sensi dell'art. 1359 C.c. neppur 
quando l'omissione imputabile alla pubblica amministrazione 
sia determinata da un interesse di 
quest'ulthria contraria a detto avveramento, dal 
momento che tale norma, in quanto intimamente 
collegata con l'origin� volontaria della condizione 
e sostanzialmente creatrice di una finzione, non 
pu� che riguardare le condizioni proprie o facti non 
gi� la approvazione, condizione juris o impropria, 
nel cui schema la finzione non pu� sostituirsi all'evento 
al cui avverarsi la legge subordina, necessariamente 
ed inderogabilmente, l'attuazione del 
negozio per superiori esigenze della pubblica amministrazione 
e nell'esercizio di un controllo, che 
costituisce estrinsicazione di un'attivit� a finalit� 
diversa da quelle peseguite in concreto dall'amministrazione 
attiva. 

Nei rilievi precedenti vi �, d'altra parte, materia 
sufficiente per trarne argomenti decisivi a 
favore della non configurabilit� di un risarcimento 
di danno per colpa contrattuale da inadempimento 
o per colpa in contraendo riferita all'attivit� 
precontrattuale in s� stessa. Non pu� prospettarsi, 
invero, l'inadempimento rispetto ad un rapporto 
negoziale nel quale la pretesa parte inadempiente 
� giuridicamente obbligata. soltanto dopo 
l'approvazione n�, l'inderogabilit�, per legge, del 
controllo e l'inammissibilit�, a suo riguardo, di 
alcun equivalente consentono di fondare un qualsiasi 
preteso diritto del contraente privato su alcuna 
delle norme sugli effetti dei contratti (articoli 
1374 e 1375 C.c.) dal momento che queste presuppongono 
l'esistenza dell'obbligazione della parte 
nei cui confronti si pretende applicarle. D'altra 
parte, la caratteristica di semplice interesse legittimo 
nell'interesse del privato contraente a che 
l'approvazione sia concessa, la non sindacabilit� 

dei motivi, di legittimit� o di interesse pubblico, 
che abbiano in concreto indotto l'organo di controllo 
a pronunciarsi negativamente, da parte dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria (quest'ultima, altrimenti, 
esorbiterebbe, attraverso detto controllo, 
dai limiti assegnatigli dalle norme abolitrici del 
contenzioso amministrativo e verrebbe a sostituirsi 
all'amministrazione nella valuiiazione degli 
interessi pubblici e dei criteri amministrativi), 
l'inesistenza, per l'Amministrazione, di vincoli precontrattuali 
ed il collegamento del perfezionamento 
dei contratti nei suoi confronti all'esercizio 
di poteri discrezionali costituiscono altrettanti elementi 
concorrenti per contestare a favore di un 
contraente che, oltre tutto, dovendo conoscere i 
principi che disciplinano la formazione dei contratti 
in questione � da ritenere che abbia volontariamente 
assunto un'alea conosciuta sin dal tempo della 
contrattazione. N�, come questa Corte ha gi� deciso 
(sentenza 30 ottobre 1959, n. 2655), vi � motivo 
di adottare soluzione diversa quando si pretende 
far derivare il danno, sotto il profilo della 
responsabilit� contrattuale, dal mancato esercizio, 
da parte dell'Amministrazione, del potere-dovere 
di compiere, l'attivit� diretta ad ottenere l'atto di 
controllo. La possibilit� giuridica che l'atto inefficace, 
pur non essendo idoneo a produrre gli effetti 
suoi propri, possa venire in considerazione ad altri 
effetti rilevanti per il diritto e la considerazione che 
l'autorit� di controllo deve essere sempre posta 
in grado di procurarsi la conoscenza di tutti gli 
elementi utili all'esercizio del suo ministero non 
tolgono, infatti, che si verta pur sempre in tema di 
attivit� precontrattuale (come tale intesa sotto il 
profilo che l'approvazione costituisce l'atto conclusivo 
del procedimento contrattuale nel senso che, 
in sua mancanza, non si raggiunge la liberalit� del 
vincolo) e che debba valere, in s� stessa e nelle sue 
conseguenze, la limitazione del diritto del privato 
alla sfera dell'interesse legittimo ... 

L'indagine, posta la premessa che la registrazione 
non importa soltanto un riscontro finanziario 
nell'ambito della tutela della legge del bilancio, 
bens� anche un pi� ampio esame sulla legittimit� del 
provvedimento alla stregua dell'osservanza, da 
parte dell'Amministrazfone, di tutti i precetti giuridici 
vigenti nella materia contrattuale, va pertanto, 
necessariamente accentrata, come gi� accennato, 
nella identificazione dello status della registrazione 
e, in particolare, nella possibilit� di 
riconoscere al contraente privato, quando il contratto 
sia stato approvato ma non registrato, l'esercizio 
di una qualsiasi pretesa, diretta o per equivalente, 
nei confronti della pubblica amministrazione 
J.Ja Corte di merito si � al riguardo pronunciata negativamente 
e la decisione va, ad avviso di questa 
Corte, tenuta ferma con qualche ulteriore precisazione. 
Non vi � dubbio infatti, che la registrazione 
costituisca una condicio juris dell'efficacia pratica 
del contratto dal momento che l'eseguibi.J.i_t�, di 
quest'ultimo � evidentemente impedita dal rifiuto ._ 
del visto da parte della Corte d~i Conti, onde essa 
viene sostanzialmente a porsi, ad ogni effetto, 
sulla stesso piano giuridico dell'approvazione, almeno 
secondo quell'interpretazione dottrinale, con



-8


divisa dalla pressoch� costante giurisprudenza di 
questa Corte, per la quale l'approvazione non � 
elemento di perfezione del contratto, quale parte 
integrativa e decisiva della volont� di uno dei contraenti, 
ma soltanto condicio juris dell'efficacia del 
medesimo. D'altra parte, il visto della Corte dei 
Conti, suppur formalmente distinto dal decreto di 
approvazione per ilquale � prescritto, viene sostanzialmente 
ad integrare il medesimo nel senso, corrispondente 
alla gi� rilevata sua natura, che gli attribuisce 
ad ogni effetto, compreso evidentemente 
quello per il quale il decreto conclude, nei riguardi 
dell'Amministrazione, il procedimento contrattuale 
e viene, di conseguenza, a vincolarla, un'efficacia 
che precedentemente non aveva perch� condizionata, 
per l'appunto, alla registrazione e, in particolare, 
alla circostanza saliente che la registrazione 
possa eventualmente essere. negata per un motivo 
di illegittimit�, direttamente inerente alla regolarit� 
formale del decreto stesso. Fino a quando il visto 
non intervenga, e a maggior ragione, quando sia 
rifiutato, non pu� pertanto, sostenersi n� che la 
pubblica amministrazione debba considerarsi vincolata 
dal contratto e sia, quindi tenuta ad ese� 
guirlo ovvero a rispondere per equivalente della 
mancata esecuzione della sua prestazione n� che 
la dichiarazione di non voler pi� eseguire o, comunque, 
il comportamento negativo debbano essere 
qualificati come manifestazioni della volont� di 
recesso unilaterale da un contratto gi� formalmente 
perietto e vincolante per entrambi i contraenti. Il 
rilievo, infine, che la registrazione � certamente 
prescritta nell'interesse pubblico rende applicabili, 
a suo riguardo, le stesse considerazioni gi� fatte, per 
l'approvazione in ordine alla insindacabilit� del 
provvedimento negativo da parte dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria, alla natura da attribuirsi all'interesse 
del contraente privato anche per la mancata 
presentazione dell'atto di controllo ai riflessi di tal 
natura sulla profilabilit� e risarcibilit� di un danno. 

I motivi di ricorso sin qui citati vanno pertanto 
tutti rigettati perch� sostanzialmente assorbiti, almeno 
quanto alla loro rilevanza, dalle considerazioni 
gi� svolte e, soltanto ad abundantiam, pu� 
aggiungersi, al riguardo del terzo motivo, che � da 
escludersi il carattere contrattuale di un impegno 
di stile che l'Assessorato ha specificato, in adempimento 
di un preciso obbligo legale derivantegli dall'art. 
18 della legge sulla Corte dei Conti, in un atto, 
che sostanzialmente � interno, malgrado abbia 
riflessi sul procedimento contrattuale, Col quarto 
motivo si denunciano la violazione delle stesse 
norme indicate nel motivo preliminare in relazione 
agli artt. 2697, 2730 e 2735 O.e. e 115 e 116 C.p.c. 
nonch� il vizio di motivazione insufficiente. Si 
sostiene, in altri termini, che la Corte di merito 
ha dato credito, con un semplice cenno sommario 
ed incerto, all'affermazione dell' .Assessorato, secondo 
la quale ragioni di interesse pubblico rendevano 
opportuno di non dare corso alla pubblicazione 
del Vademecum, senza considerare che 
dell'effettivo concorso di ragioni del genere la parte 
non aveva dato prova alcuna e che, se mai, una 
tranquillante prova del contrario, poteva, invece, 
trarsi dalla lettera 29 dicembre 1954, dal momento 

che quest'ultima, unica manifestazione di volont� 
portata a conoscenza-delle controparte, non menzionava 
affatto un qualsiasi diverso apprezzament� 
del pubblico interesse. La censura non pu� essere 
accolta dal momento che l'apprezzl!lmento non pu�, 
per s� stesso, costituire oggetto di riesame da 
parte del giudice ordinario e che, d'altra parte, 
sotto il profilo dell'adempimento dell'onere della 
prova, la Corte non merita censura di difetto di 
motivazione se non ha svolto indagini in ordine ad 
un collegamento eziologico che l'.Assessorato aveva 
specificato e la cui sostanza lo Spinelli non aveva 
posto in discussione nel corso del giudizio di merito�. 

La chiarezza della motivazione dispensa da ulteriori 
commenti. 

V a rilevato tuttavia che nella fattispecie la Oorte 
Suprema ha ritenuto ipotizzabile una responsabilit� 
della Regione per comportamento colposo degli organi 
dell'Assessorato, ma ha espressamente precisato 
che il principio di diritto affermato nella massima 
deve essere mantenuto fermo. 

La sentenza � stata annotata sul Foro It. (1961, I, 
451 e segg.) da Ooletti e Nigro, in senso contrario. 

Segnaliamo particolarmente la nota del Ooletti 
per i precisi ed abbondanti riferimenti giurisprudenziali, 
richiamando l'attenzione su quella che riteniamo 
essere stata una svista dell'Autore, laildov� 
afferma che l'esercizio di �ogni ,potere discrezionale 
delle Pubbliche Amministrazioni non pu6 tramutarsi 
in abuso o in arbitrio, abuso ed arbitrio che possono 
essere rilevati anche dal giudice ordinario {sic) sotto 
il profilo dell'eccesso di potere nella sua forma di 
straripamento di potere�.... 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA � Enti Pubblici 


Sospensione -Liquidazione e incorporazione -Disci


plina relativa (legge n. 1004 del 1956) -Domande di 

riconoscimento di crediti o di rivendicazione e resti


tuzione di cose � Procedimenti civili pendenti, relativi 


al predetto oggetto. Disciplina. (Corte di Cassazione, 

sent. n. 2840, Sez. II -Pres. Varallo; Est.: Albano; 

P.M. Trotta (conf.) -Ministero Tesoro c. Bultrini). 
Il secondo comma dell'art. 8 della legge 4 dicembre 
1956, n. 1404, la quale disciplina la soppressione, 
liquidazione ed incorporazione degli enti 
pubblici, stabilisce, in i1pplicazione del principio 
generale sulla conservazione dei diritti quesiti, che 
le domande di riconoscimento di credito e le 
istanze per rivendicazione o restituzione di cose 
presentate, nei termini prescritti, all� precedenti 
gestioni di liquidazione, conservano tutti i loro 
effetti. 

In forza dello stesso principio, qualora alla data 
della soppressione o messa in liquidazione diun ente 
pubblico siano pendenti procedimenti civili aventi 
ad oggetto domande, neico~ronti dell'ente medesimo, 
di riconoscimento di crediti o di rivendicazioni 
o restituzione di cose, i credifoii stessi e in 
genere i terzi interessati non sono tenuti a presen~tare 
alcun'altra domanda o istanza in forma amministrativa, 
a norma del primo comma del predetto 
art. 8, per ilriconoscimento del lorodiritto rispettivo. 


-9


-


Trasoriviamo la motivazione in diritto della sentenza: 


Sostiene il ricorrente che, poich� con la legge 

n. 1122 del 1957 la G. R. A. era stata posta in 
liquidazione secondo le norme della legge n. 1404 
del 1956, la domanda del Bultrini avrebbe dovuto 
essere dichiarata improponibile per non essere 
stata preventivamente espletata la procedura regolata 
dagli art. 8 e 9 della legge n. 1404. Lamenta 
che erroneamente la Corte abbia disattesa la relativa 
eccezione di improponibilit�, che era stata 
sollevata, per il fatto che il Bultrini aveva proposta. 
la domanda davanti al Tribunale quando ancora. 
la G. R. A. non era stata posta in liquidazione e 
non erano ancora intervenute le leggi n. 1404 del 
1956 e n. 1122 del 1957, e osserva in contrario che, 
quando nel corso del processo, interviene una nuova 
legge che toglie al giudice ordinario talune attribuzioni 
per conferirle ad un organo speciale o ad un 
giudice speciale, senza dettare norme transitorie 
per le cause pendenti, la nuova legge � di immediata 
applicazione. Osserva, infine, che la procedura 
precontenziosa di cui ai detti artt. 8 e 9 della legge 
del 1956 deve ritenersi necessaria perla formazione 
degli elenchi dei creditori, ammessi o non ammessi, 
e per le successive determinazioni dell'Amministrazione, 
che pu� far luogo alla liquidazione concorsuale 
nel caso previsto dall'art. 15 della stessa 
legge n. 1404. 
Questa Corte ritiene che la dedotta censura non 
abbia fondamento e che l'interpretazione, data 
dalla Corte di merito, degli artt. 8 e 9 della legge 

n. 
1404 sia sostanzialmente esatta. 
� da premettere che la legge 4 dicembre 1956, 
n. 1404 contiene la disciplina generale relativa alla 
soppressione, liquidazione ed incorporazione degli 
enti pubblici e che la liquidazione dell'Ente in 
questione -Gestione Raggruppamento Autocarri 
(G. R. A.), � stata disposta solo successivamente, 
con la ricordata legge 16 novembre 1957, n. 1122. 
Orbene, l'art. 8, 1� comma della legge n. 1404 
�impone a �coloro che hanno diritti da far valere � 
nei confronti degli enti, la liquidazione dei quali � 
affidata all'Ufficio liquidazioni, l'obbligo di presentare 
la domanda di riconoscimento di credito e le 
istanze per rivendicazione o restituzione di cose 
entro il termine di sessanta giorni dalla data di 
pubblicazione del provvedimento di soppressione, 
liquidazione o incorporazione. Il secondo � comma 
dello stesso art. 8, per�, in applicazione del principio 
generale relativo alla conservazione dei diritti 
quesiti, stabilisce che le domande presentate nei 
termini prescritti alle precedenti gestioni di liquidazione 
conservano tutti i loro effetti. 

Il successivo art. 9 disciplina, invece, l'attivit� 
dell'ufficio liquidazione in relazione ai crediti e alle 
rivendicazioni vantati dai terzi: la norma innanzi 
tutto impone all'ufficio la formazione dell'elenco 
dei crediti ammessi o non ammessi, con annotazione 
degli eventuali diritti di prelazione, e quello delle 
domande di rivendicazione o restituzione, accolte 

o respinte. 
E interessante rilevare che la norma stabilisce 
anche il termine in cui tali elenchi devono essere 

formati (90 giorni) e tale termine fa decorrere -il 
che � particolarmente significativo -dalla data 
della presa in consegna delpatrimonio dell'ente 
soppresso e posto in liquidazione. Delle decisioni 
adottate con gli elenchi deve essere, infu:l,e, data 
comunicazione agli interessati -creditori e terzii 
quali possono cosi, entro il termine perentorio di 
30 giorno dalla comunicazione delle decisioni, 
proporre ricorso ali' Autorit� giudiziaria. Non si fa 
cenno nei due articoli ora ricordati, 8 e 9 (n�, perla 
verit�, nelle altre disposizioni della legge), della 
sorte dei processi pendenti alla data .della soppressione 
o messa in liquidazione dell'ente pubblico. 

Tenuto conto della ratio delle due norme in 
parola, ispirate indubbiamente al principio della 
economia e della rapidlt�dei procedimenti e avuto 
riguardo sopratutto al secondo comma dell'art. 8, 
che, come si � detto, ammette la piena efficacia 
delle domande dicredito presentate alleprecedenti 
gestioni di liquidazione, � da ritenere che, ove, alla 
data della soppressione o messa in liquidazione di un 
ente pubblico, siano pendenti procedimenti civili 
aventi ad oggetto domande nei confronti dell'ente 
medesimo, di riconoscimento di crediti o di rivendicazione 
o restituzione di cose, i creditori stessi e in 
genere i terzi interessati non siano tenuti a presentare 
alcun'altra domanda o istanza in forma amministrativa, 
ai sensi dell'art. 8 suddetto, per il riconoscimento 
del loro diritto rispettivo, e ci� per 
l'ovvia considerazi�ne che, esistendo gi� una domanda 
in forma contenziosa, l'ente pubblico, e 
per esso l'Ufficio liquidazioni che gli succede, � 
gi� a conoscenza sia dell'esistenza.del credito (o di 
danaro o di cosa) e sia della relativa richiesta del 
creditore. Se la legge (2� comma dell'art. 8) riconosce 
pieno effetto alle domande in forma amministrativa 
presentate alle precedenti gestioni, e 
non ;richiede in tal caso una nuova domanda, a 
maggior ragione deve ritenersi non necessaria tale 
nuova domanda in forma amministrativa, allorch� 
sia stata gi� proposta quella contenziosa. 

Diversamente opinando, si pretermetterebbe del 
tutto il principio dell'economia dei procedimenti, 
che pure si � visto essere invece alla base delle norme 
in esame. 

D'altra parte, l'Ufficio liquidazioni non � tenuto 
affatto, in linea di principio, a proseguire a tutti i 
costi il processo pendente, e, se intende riconoscere 
il credito, pu� farlo benissimo, anzi devef arlo, includendolo 
nell'elenco dei crediti ammessi o pagandolo 
addirittura (come avrebbe fatto appunto nella specie 
per un credito del Bultrini, relativo ad interessi). 

Ad avvalorare la tesi fin qui seguita esiste ancora 
un altro argomento, che si trae dalla disposizione, 
gi� ricordata dell'art. 9, la quale � senza dubbio collegata 
con il secondo comma del precedente art. 8. 

L'Ufficio liquidazioni, in base appunto all'art. 9, 
deve formare l'elenco dei crediti (ammessi o non 
ammessi) e quello delle domande di rivendicazione 

o restituzione (accolte o non accolte) in un termine 
-di 90 giorni -che non decorre -badis�i alla 
data di presentazione delle domande, bensi 
dalla data di presa in consegna del �patrimonio. 
Il che, mentre conferma indirettamente la limitata 
funzione della domanda amministrativa prevista 

-10 


dal primo comma dell'art. 8, che � quella di portare 
a conoscenza dell'ufficio l'esistenza dei crediti dei 
terzi, quando essi non siano stati altrimenti o 
diversamente richiesti, trova, d'altra parte, spiegazione 
nel rilievo che l'Ufficio liquidazioni, all'atto 
della presa in consegna del patrimonio poich� in 
questo sono comprese sia le attivit� che le passivit� 
dell'ente, viene necessariamente a conoscenza delle 
domande di riconoscimento di crediti dei terzi e 
di quelle di rivendicazione o di restituzione, quando 
le stesse gi� risultino proposte (anteriormente cio� 
alla messa in liquidazione dell'ente pubblico) o in 
forma amministrativa o gi� informa contenziosa 
dinanzi all'Autorit� giudiziaria. 

L'Ufficio liquidazioni, essendo regolarmente in 
possesso di tutti gli elemen,ti di giudizio � perci� 
in condizioni di poter ugualmente formare gli 
elenchi di cui all'art. 9 e procedere eventualmente 
anche alla liquidazione concorsuale nel caso previsto 
dall'art. 15 della stessa legge n. 1404. 

Nella specie, pertanto, mentre il Bultrini doveva 
ritenersi esonerato -come esattamente ha affermato 
anche la Corte di merito -dall'obbligo di 
presentare una nuova domanda, non vi � stata, per 
contro, alcuna carenza, neanche temporanea, di 
giurisdizione del giudice ordinario (Corte di .Appello), 
che ha perci� legittimamente conosciuto della controversia 
in esame. 

La sentenza, nonostante l'ampia ed accurata moti


vazione, non � convincente. Ben � vero che, a diffe


renza di altre leggi analoghe. (vedasi, ad esempio lo 

art. 20, del D. L. L; 23 novembre 1944, n. 369 sulla 

soppressione delle associazioni sindacali fasciste), 

la legge 4 dicembre 1956, n. 1404, non dispone in 

merito ai giudizi in corso; ma da� questa omissione 

non poteva certo argomentarsi che la legge ne consen


tisse la pura e semplice continuazione. aontro questa 

soluzione, quanto meno in riferimento alle sentenze 

di condanna, sta non solo il sistema, che si ricava 

dagli artt. 8 e 9 della legge e dalla perentoriet� dei 

termini in essi previsti, quanto l'esigenza, di cui si fa 

carico il successivo art. 15, che, a nostro avviso, � 

stato del tutto trascurato. 

Se il Ministro del Tesoro deve scegliere, per le 

liquidazioni deficitarie, fra cui notoriamente � quella 

della G. R. A., fra intervento finanziario e liquida


zione coatta amministrativa, � necessario che sia 

prima formato lo stato passivo e che, nelle more di 

questa formazione, sia esclusa ogni azione indivi


duale, suscettibile di ledere la par condicio credi


torum. 

ai sembra, altres�, che la aorte non abbia tenuto 

nel debito conto che le domande, ai sensi dell'art. 8, 

debbono essere presentate al Ministero del Tesoro, 

non all'ente soppresso, e che la legge conserva gli 

effetti alle sole domande presentate nei termini pre


scritti alle precedenti gestioni di liquidazione non 

all'ente anteriormente alla messa in liquidazione, 

com'era nella specie. 

Ragioni pratiche inducono a non riproporre la 

questione, che peraltro � limitata ai giudizi in corso, 

attualmente in numero non rilevante, all'esame della 

aorte di aassazione a Sezioni Unite. 

G. G. 
APPALTO � Contratti di appalto e di forniture pubbliche 
� Revisione dei prezzi � Norme contenute nel 

R.D.L. n. 901 del 1940 � Incostituzionalit� � Insussi� 
stenza � Revisione non contrattualmente prevista � 
Discrezionalit� della P. A. � Controversia � Interesse 
legittimo del privato. 
APPALTO � Opere pubbliche � Revisione dei prezzi � 
Decisione del Ministro � Natura Amministrativa Conseguenze. 
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 
Sentenza n. 2685/60 -Pres.: Chiappa; Est.: Caporaso; 
P.M.: Tavolaro -Trischitta c. Ministero Tesoro e 
Difesa). 

1) Non viola alcuna norma costituzionale la 
disciplina legislativa della revisione dei prezzi nei 
contratti di appalto e di forniture pubbliche, con la 
quale si stabiliscano il limite e le modalit� entro cui 
tale revisione pu� essere consentita e ci� in deroga 
al canone fondamentale della invariabilit� dei prezzi, 
tuttora vigente per i contratti dello Stato. 

Conseguentemente, nessun contratto e nessun 
divieto nell'ordinamento giuridico in vigore pu� 
incontrare il R. D. L. n. 901 del 1940, con cui si � 
stabilito che qualora la revisione dei prezzi non sia 
contrattualmente prevista e regolata, � in facolt� 
della P . .A. di procedervi: di contro a tale facolt� 
non sussiste che il mero interesse legittimo e non 
gi� il diritto soggettivo del privato, onde, in caso 
di controversia, il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario. 

2) La decisione del Ministro dei J,avori Pubblici, 

che conclude la procedura della revisione dei prezzi 

dei pubblici appalti, ha carattere amministrativo 

e perci� contro di essa non � ammesso ricorso per 

cassazione, a norma dell'art. 111 della Costituzione 

*** 

�La Societ� Silva, dopo la decisione negativa del 

Commissariato per la liquidazione e sistemazione 

dei contratti di guerra, ha agito in giudizio per i 

seguenti due titoli di credito: 

a) revisione dei prezzi contrattuali della forni


tura di cinquantamila quintali di legna da ardere; 

b) rivalutazione m�netaria delle somme dovute 

a saldo dell'importo della fornitura anzidetta. 

Il primo motivo di ricorso riguarda il credito 

dell'art. 1 R. D. L. 13 giugno 1940, n. 901 e la vio


lazione degli artt. 1467, 1469 e 1664 C. c., nonch� 

la violazione dei principi giuridici in materia di 

poteri della S. A. nella gestione dei pubblici con


tratti. 

La Corte di merito ha, in ordine a tale capo di 

domanda, esattamente ritenuto il difetto di giurisdi


zione dell'autorit� giudiziaria ordinaria, sul riflesso 

che per il contratto de quo, non contenente clausola 

espressa di revisione dei;prezzi, questa sia rimessa, 

giusta l'art. 1 R. D. L. 13 giugno 1940 n. 901, al 

discrezionale potere dell'Amministrazione che ha 

in carico l'appalto o la fornitura. 

Com'� noto la materia della revis��ne dei prezzi 

nei pubblici appalti � limitata a quelle due sol� voci� 

di onerosit� sopravvenuta, costo dei materiali e 

della mano d'opera, che sono prese in particolare 

considerazione dall'art. 1664 codice civile. 


-11 

Secondo il ricorrente, da tale articolo del codice 
dovrebbe trarsi il principio regolatore della chiesta 
revisione dei prezzi, in quanto la norma speciale contenuta 
nel richiamato R.D.L. del 1940 sarebbe stata 
sostituita da quelle successive del codice civile. 

Tale tesi non pu� essere condivisa da queste 
Sezioni Unite. 

L'abrogazione tacita della legge pu� aversi solo 
nei casi d'incompatibilit� della medesima con una 
norma sopravvenuta, che abbia interamente regolata 
la stessa materia, ritenendo in tal modo impossibile 
la coesistenza e la concorrenza delle due successive
� disposizioni. Nel caso della revisione, una 
siffatta incompatibilit� tra i due sistemi normativi, 
quello del codice civile e quello della leggedel1940, 
non sussiste. 

Il primo concerne tutti gli appalti di natura privata; 
l'altro abbraccia la.singola categoria dei contratti 
con la P. A., ponendosi in una situazione non 
gi� di inconciliabilit�, sebbene di specialit� rispetto 
alla regola generale contenuta nel codice civile. 

Quanto alla sollevata eccezione di incostituzionalit� 
del citato R. D. L n. 901 del 1940, per essere 
in contrasto con la disciplina legale dettata dallo 
art. 1664 C. c., essa � sicuramente e manifestamente 
infondata. 

La incidenza della sopravvenienza nel contratto 
in genere ed in quello d'appalto, in specie, non pu� 
farsi assurgere a principio di ordine costituzionale, 
sol perch� esso trovasi accolto e sancito negli articoli 
del codice civile vigente. Trattasi, invero, di 
una ordinaria regola di diritto, che non ha neppure 
carattere cogente, in quanto � ben possibile, per 
ilnostro ordinamento giuridico, addossare all'appaltatore 
(o al fornitore) l'intera alea del contratto, 
ed in particolare, il rischio relativo alla eventualit� 
di un mutamento dei prezzi della mano d'opera o 
dei materiali. Analogamente potrebbe regolarsi 
la P. A. nei contratti in cui essa � parte e, quindi, 
non pu� violare alcuna norma costituzionale la 
disciplina legislativa della revisione dei prezzi nei 
contratti di appalti e forniture pubbliche, con la 
quale si stabilisca il limite e le modalit� entro cui 
tale revisione pu� essere consentita e ci� in deroga 
al canone fondamentale della invariabilit� dei 
prezzi, tuttora vigente per i contratti dello Stato. 

Trattasi, come si vede, di un temperamento del 

principio della invariabilit� dei prezzi, tempera


mento che � stato per� contenuto in ben determi


nati limiti, essendosi attribuito alla revisione il 

carattere di una facolt� discrezionale, che si tramuta 

in obbligo della P. A., con corrispondente diritto 

soggettivo del privato, in cospetto e per effetto di 

una espressa clausola di rivedibilit� dei prezzi inse


rita in contratto. 

Conseguentemente, nessun contrasto a nessun 

divieto nell'ordinamento giuridico in vigore pu� 

incontrare il R. D. L. n. 901 del 1940, con cui � 

stabilito che, qualora la revisione dei prezzi non 

fosse contrattualmente prevista e regolata, � in 

facolt� dell'Amministrazione di procedervi. 

Di contro a tale facolt� non c'� che il mero 

interesse legittimo e non gi� il diritto soggettivo 

del privato, onde il difetto di giurisdizione d�lgiu


dice ordinario. 

Oltre che manifestata.mente infondata, addirittura 
irrilevante ai fini della decisione di questa causa 
� poi la questione di illegittimit� costituzionale se 
riferita alla validit� dell'articolo 2 dello stesso 


R. D. L. del 1940, il quale prevede un& speciale 
procedimento contenzioso, procedimento che sfocia 
nella decisione del Ministro. Secondo il ricorrente, 
la norma sarebbe incostituzionale, perch� darebbe 
luogo alla cos� d.etta figura del Ministro -Giudice, 
inconcepibile sul piano costituzionale. 
In primo luogo, � da rilevare che la pi� recente 
giurisprudenza delle Sezioni Unite (decisione n. 529, 
620 e 1851del1960) ha finito col negare che ilprov


. vedimento emanato dal Ministro in tema di revisione 
prezzi abbia la natura ed il contenuto dello 
atto giurisdizionale, avendolo inquadrato nella 
categoria degli atti amministrativi.. 

Ci� toglie alla sollevata eccezione di incostituzionalit� 
l'unico suo presupposto, che, cio�, si versi 
nella ipotesi del Ministro-Giudice. 


D'altra parte, per la decisione della causa era 
sufficiente rilevare, come � stato dichiarato dalla 
impugnata sentenza, che la controversia, non 
facendosi valere in essa un diritto soggettivo, non 
apparteneva alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria. Ogni altra questione, come quella 
della compatibilit� della figura del Ministro-Giudice 
con i principi della nostra costituzione o quella 
dell'ammissibilit� dell'ordinario ricorso al Consi� 
glio di Stato nonostante la contraria disposizione 
del ripetuto R. D. L. del1940, era assolutamente 
estranea e non poteva esercitarealcuna influenza 
sulla pronunzia negativa in ordine alla questione di 
giurisdizione. Difatti, trattandosi di interesse legittimo, 
e non di diritto soggettivo perfetto, era in 
ogni caso esclusa lagiurisdizionedell'autorit� giudidiziaria 
ordinaria, con che la questione di legittimit� 
costituzionale dell'articolo 2 diventa oltre 
tutto, irrilevante�. 


Richiamiamo l'attenzione sull'importanza di questa 
sentenza che, per la prima volta, decide la questione 
di giurisdizione conseguente al mutamento di giurisprudenza 
determinato in tema di Ministro-giudice, 
dopo le note sentenze della Oorte Oostituzionale che 
hanno dichiarato la illegittimit� costituzionale dello 
art. 26 capoverso del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 
sul Oonsiglio di Stato, in materia di decisioni del 
Ministro delle Finanze sulla qualificazione del~e 
merci ai fini doganali. Oome si vede anche nella 
sentenza resa dalla Oorte Suprema proprio in tema 
di controversie doganali (pubblicata in questo stesso 
fascicolo) la O orte di Oassazione dopo avere espressamente 
modificato la propria giurisprudenza in 
materia di Ministro-giudice negando la esistenza di 
una tale figura nel nostro ordinamento costituzionale, 
ha poi esaminato la conseguente questione di giurisdizione, 
riconoscendo sia per quanto riguarda la 
revisione dei prezzi delle pubbliche forniture sia 
per quanto riguarda le controversie doganf1tli; la 
giurisdizione del Oonsiglio di Stato in relazione al 
carattere di interesse legittimo riconosciuto alle 
pretese fatte valere nei rapporti giuridici suddetti. 

La sentenza in esame concerne specificamente la 
revisione dei prezzi nei contratti di pubbliche forni



-12 


ture, materia regolata dal R. D. L. 13 giugno 1940, 

n. 901, ma gli argomenti addotti (che accolgono integralmente 
la tesi sostenuta dall'Avvocatura) sembrano 
tali da giustificare analoga soluzione anche per la 
materia di revisione dei prezzi nei contratti di pubblici 
appalti regolati dal D. L. N. 1501 del 1947 
convertito nella legge N. 329 del 1950. 
CASSAZIONE -Notificazione del ricorso -Su richiesta 

dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato -Ammis


sibilit�. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza 

n. 2831/60 -Pres.: Torrente; Est.: Malfitano; P. M.: 
Pedote (conf). -Amministrazione Finanze dello Stato 
c. Soc. AGIP). 
Nelle cause davanti alla Corte di Cassazione 
soltanto gli atti di difesa sono attribuiti in via 
esclusiva alla Avvocatura Generale dello Stato. 

Gli atti che non abbiano tale natura, come le 
richieste di notificazione dei ricorsi, ben possono 
essere eseguiti dalle Avvocature Distrettuali. 

Pertanto, deve ritenersi ammissibile il ricorso, 
che, sottoscritto dall'Avvocato Generale dello 
Stato, sia stato notificato su richiesta dell'Avvocatura 
Distrettuale. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza: 

Le societ� resistenti eccepiscono la inammissibilit� 
del ricorso perch� notificato su richiesta 
dell.a Avvocatura dello Stato di Genova anzich� 
dell'Anocatura Generale dello Stato. Al riguardo 
sostengono che essendo attribuita a quest'ultima 
la competenza esclusiva a esercitare ladifesa delle 
cause davanti alla Corte di Cassazione, la A vvocatura 
distrettuale di Genova non sarebbe stata 
legittimata a richiedere la notificazione del ricorso, 
la quale pertanto, sarebbe inficiata da nullit� assoluta 
e insanabile. 

La eccezione � infondata. 

L'art. 1 del regolamento della Avvocatura dello 
Stato stabilisce che l'Avvocatura Generale provved� 
alla difesa delle cause davanti alla Corte di 
Cassazione. 

Ora, da tale norma si desume che l'Avvocatura 
Generale deve provvedere alla redazione dei -ricorsi 
dei controricorsi e delle memorie, alle discussioni 
orali e agli altri atti inerenti alla difesa davanti alla 
Corte di Cassazione, ma non anche che essa debba 
richiedere direttamente la notificazione deiricorsi 
e degli altri atti per i quali questa � richiesta. 

Tale notificazione ben pu� essere eseguita su 
richiesta dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto 
risiedono le persone alle quali gli atti devono 
essere notificati, perch� le Avvocature Distrettuali 
sono organi della stessa Amministrazione di cui fa 
parte l'Avvocatura Generale, dalla quale gerarchicamente 
dipendono. 

Invero, quando il compimento di un atto non � 

devoluto alla competenza esclusiva di un organo 

della Amministrazione, l'atto, in virt� del rapporto 

organico, pu� essere legittimamente compiuto da 

qualsiasi organo della stessa. 

La legge attribuisce in via esclusiva alla A vvoca


tura Generale dello Stato soltanto il compimento 

degli atti di difesa delle cause davanti alla Corte 
di Cassazione e, pertanto, non vi � dubbio che gli 
atti che non abbiano tale natura, come le richieste 
.di notificazione dei ricorsi, possano essere eseguiti 
dalle Avvocature Distrettuali. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Imposta do� 

ganale -Qualificazione delle merci -Questioni dari


solversi in sede amministrativa -Provvedimento 

del Ministro Finanze che accerta il valore della merce 

-Impugnativa -Competenza del Consiglio di Stato 

-Anche per violazione di legge. (Corte di Cassazione, 

Sezione Unite, Sentenza,n. 207/1961 -Pres.: Cataldi; 

Est.: Cesaroni; P.M:: Criscuoli (diff.) -Ditta Squinzano 

c. Amministrazione Finanze). 
Le questioni in tema di accertamento di valore 
delle merci, ai fini della imposta doganale, devono 
essere considerate questioni da risolversi� in sede 
amministrativa, in quanto concernenti interessi 
legittimi ed interessi discrezionalmente protetti. 
Pertanto, competente a conoscere delle impugnative 
avverso il provvedimento del Ministro delle 
Finanze che accerti il valore della merce presentata 
allo sdoganamento, � il Consiglio di Stato, 
come giudice di legittimit� degli atti amministrativi: 
ed in seguito alla cessazione diefficacia (per dichiarata 
incostituzionalit�) dell'art. 26, comma 2� 

T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, che consentiva il 
ricorso solo per incompetenza ed eccesso di potere, 
� ora ammesso il ricorso generale di legittimit�, 
disciplinato dalla prima parte del citato art. 26, 
senza alcuna limitazione, e cio� anche per violazione 
di legge. 
*** 

�Con l'unico motivo di ricorso, la ditta Squinzano, 
denunciando la violazione dell'art. 113, primo 
comma, della Costituzione, dell'art. 2 legge 20 
marzo 1865, n. 2248, allegato E e dell'art. 16 comma 
primo, T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, in relazione 
all'art. 111 comma terzo della Costituzione, 
e dell'art. 362, comma primo C. p. c., assume che 
la decisione del Ministro delle Finanze in materia 
doganale avrebbe il carattere di atto amministrativo 
vincolato -nessun margine essendo lasciato 
alla discrezionalit� della pubblica amministrazione 
-dinanzi a cui la pretesa del privato, di 
corrispondere il tributo secondo la natura e lo 
esatto ammontare del valore imponibile, non pu� 
raffigurarsi come interesse legittimo, ma come 
diritto soggettivo; tutelabile avanti il giudice ordinario, 
dopo l'esaurimento dell'iter amministrativo 
quando, come nella specie, non siano previsti 
organi giurisdizionali speciali. 

Queste Sezioni Unite ritengono che tale tesi 
non possa essere accolta. 

Come � noto, alla prima legge dgg!1nale sarda 
del 9 luglio 1959 n. 3494, che affidava al Mirl.istro _ 
le decisioni delle controversie per il caso di diver-� 
genza delle parti in ordine al diritto dovuto, segu� 
la legge 30 maggio 1878, n. 4390, i cui art. 6 e 7 
regolavano le controversie sulla qualificazione ed 


-13


assimi�azione delle merci, rimettendo sempre alla 
decisione del Ministro le liti relative, previo parere 
del Collegio Consultivo previsto dal R. D. 5 agosto 
1878, n. 4479. 

Nulla venne poi innovato con la legge ulteriore 
13 novembre 1887, n. 5028, n� infine col T. U. 
24 novembre 1895, n. 679,le disposizioni del quale 
insieme a quelle della legge 22 dicembre 1910, 

n. 860, formarono la sostanza del Testo unico 
approvato con R. D. 9 aprile 1911, tuttora vigente, 
con le modifiche ad esso apportate dal R. D. 8 giugno 
1936, n. 1234, dalla legge 4 dicembre 1939, 
n. 2026 e dal D. P. 7 luglio 1950, n. 442, emanato 
in virt� della legge 24 dicembre 1949, n. 993, che 
ha regolato, acc1llto alle precedenti controversie, 
anche quelle riguardanti il valore, ma senza modificare 
nella sostanza o nella forma la procedura di 
cui al ricordato Testo unico del 1911 per le controversie 
in tema di qualificazione delle merci, quando 
esse riguardino la classificazione di queste, ovvero 
l'accertamento della genuit� del grado alcoolico 
o saccarometrico o d:lla qualit� e misura di una 
merce o d3i suoi componenti, second::i � specificato 
nell'art. 4 lettera a), b), e d3l detto Testo unico. 
Ci� posto, non sembra potersi negare che la 
disciplina di tale procedimento sia sostanzialmente 
affine a quella del ricorso gera.rchico e che la. decisione 
trovi fondamento nell'esercizio di un potere 
discrezionale, nel senso che tanto il Ministro quanto 
il corpo consultivo possono, secondo il loro apprezzamento, 
classificare la merce nell'una o nell'altra 
categoria o attribuirle il valore che si ritenga pi� 
appropriato, con che il diritto del privato si affievolisce 
ad interesse legittimo. 

Il che si giustifica, come � stato rilevato anche 
dalla dottrina pi� informata, avendo riguardo alla 
natura del tutto particolare della legge doganale, 
agli interessi di carattere generale che la legge 
intende tutelare, non escluso quello di prevenire 
liti giudiziarie lunghe e costose, in materia che, 
nella pratica, si avvale, dei pi� abili accorgimenti 
per sfuggire al dazio di contme e alle tariffe relative. 

Nessuna meraviglia, quindi, se le questioni di 
classificazione delle merci, ai fini della imposta 
doganale, siano state sempre considerate dalla 
dottrina come questioni da risolversi in sede amministrativa, 
in quanto concernenti interessilegittimi, 
ed interessi discrezionalmente protetti. 

N�, in proposito, pu� sfuggire la dichiarazione 
fatta dalla Corte Costituzionale nella motivazione 
della propria sentenza, con il rilievo che, in effetti 
l'art. 3 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (corrispondente, 
al primo e secondo comma dell'art. 26 
della legge del Consiglio di Stato del 1924) nello 
escludere, in sede di sindacato di legittimit� delle 
decisioni ministeriali in materia doganali, il sindacato 
per violazione di legge, non lo fece sul presupposto 
della natura giurisdizionale di quelle decisioni, 
bens�, come risulta dai lavori preparatori, 
unicamente per la consi�lerazione che in quella 
materia �la maggiore tutela degli interessi individuali 
sarebbe riuscita irreparabilmente dannosa 
alla difesa e alla economia sociale �.. 

Ben si comprende, perci�, e si spiega come, data 
la natura e la organizzazione del sistema di accerta


mento, il legislatore abbia configurato, nella pretesa 
dell'importatore, un interesse legittimo e ne 
abbia affidato il controllo al Supremo Organo amministrativo, 
eliminando per di pi�, dal controllo 
stesso, il vizio di violazione di legge. 

N� vi � motivo per ritenere che tale situazione 
legislativa sia mutata dopo la sentenza della Corte 
Costituzionale, la quale conduce bens� a riconoscere 
il carattere di atto amministrativo della decisione 
del Ministro, ma non tocca, ed anzi conferma 
l'esclusione della giurisdizione del giudice ordinario, 
per le ragioni stesse per le quali non si volle dare 
un-controllo pi� penetrante al giudice amministrativo. 


D'altra parte, la Corte Costituzionale ha bensl, 
affermato la incostituzionalit� del capoverso dello 
art. 26 del Testo unico sopra citato, ma soltanto 
perch� esso limitava i motivi di impugnazione e ci� 
in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, e 
senza infirmare le determinazioni legislative di 
deferimento di tutta la materia al giudizio del 
Consiglio di Stato. 

Ma vi � di pi�. 

Il nostro ordinamento tributario, infatti, � venuto 
sempre pi� orientandosi, dopo la legge del 1865 
sul contenzioso amministrativo, nel senso di sottrarre 
alla cognizione dell'.A. G. O. le questioni di 
estimazione semplice, e cio� quelle aventi per 
oggetto l'attribuzione di un valore ad una cosa, 
e che possono essere decise con indagine empirica, 
non implicando la risoluzione di questioni giuridiche. 

Sotto tale aspetto, il giudizio viene sdoppiato 
in due distinte ed indipendenti categorie di indagini, 
per quanto l'una sia il presupposto dell'altra; 
per cui, quella di semplice estimazione viene affidata 
al suo proprio giudice, (normalmente le Commissioni 
delle imposte), mentre l'altra, di ordine 
esclusivamente giuridico, o di fatto, ma non vertenti 
sulla estimazione, resta attribuita al suo 
giudice naturale (autorit� giudiziaria ordinaria) 
che la risolver� sulla base dell'accertamento al quale 
si sia pervenuti nella precedente indagine di fatto. 

E tale, appunto, deve ritenersi il sistema instaurato 
dalle leggi doganali, nel quale,ad una prima 
fase di accertamento dei singoli dati di fatto (valore 
e natura delle merci) che, in caso di contestazione, 
si svolge, ad istanza dell'importatore, innanzi alla 
Camera di Commercio o al Collegio dei periti doganali, 
pu� seguire una seconda fase, di carattere 
spiccatamente contenzioso, avanti all' .Autorit� Giudiziaria 
ordinaria, quando ad accertamento compiuto, 
sorga contestazione circa l'applicazione del 
dazio secondo tariffa. 

Nella specie, come risulta dallo svolgimento del 
giudizio, si trattava di importazione di alcuni 
milioni di chilogrammi di zucchero avariato, per 
cui la ditta Squinzano chiedeva la riduzione di 
valore a L. 50 il kg., mentre l'ufficio doganale 
ammetteva una riduzione minore, sulla base del 
valore di L. 70 al kg. 

Sorta controversia, e non avendo la ditta Squin--


zano chiesto il giudizio della Camera di Commercio, 

il Ministro, con suo provvedimento del 14 luglio 

1955, sentito il parere dei Periti doganali, deter


minava il prezzo in L. 63 al kg. 


-14


Il che dimostra come il decreto del Ministro pi� 
che facente parte diun procedimento complesso, 
sia un presupposto autonomo, che si stacca dalle 
restanti operazioni di accertamento, dando vita ad 
un giudizio di estimazione semplice. 

A ci� si aggiunga che, secondo la procedura 
stabilita dal Testo unico del 1911, sorta controversia 
tra i contribuenti e la dogana rispetto alla 
qualificazione delle merci, l'imposizione resta sospesa, 
sicch� fino a tale momento non � nemmeno 
concepibile una lite tra il contribuente e la finanza, 
la quale non avendo percepito alcun tributo non 
pu� aver leso alcun diritto. 

E se cos� �, cade anche l'obiezione del ricorrente, 
che nella specie la estimazione sarebbe legislativamente 
vincolata, avuto riguardo alle norme stabilite 
dall'art. 17 delle disposizioni preliminari delle tariffe 
doganali, approvate con D. P. 7 luglio 1950, n. 442. 

A parte, infatti, il rilievo che nella estimazione 
del valore in relazione al �prezzo normale ed attuale 
delle merci � non pu� prescindersi da un elemento 
di discrezionalit�, dovuto al carattere eminentemente 
pratico di tale criterio, sta di fatto che la 
invocata disposizione non basterebbe a far sorgere 
la competenza della giurisprudenza ordinaria, per 
la considerazione pi� sopra esposta, che i ricorsi in 
tema di controversie doganali sono stati considerati 
dal legislatore, come riguardanti, almeno di regola, 
materia di interessi legittimi e come tali, sottoposti 
alla giurisdizione del giudice amministrativo. 

In conclusione, quindi, competente a conoscere 
delle impugnative avverso il provvedimento del 
Ministro, che accerti, come nel caso, il valore della 
merce presentata allo sdoganamento, per la successiva 
applicazio~e della tariffa, non pu� essere che 
il Oonsiglio di Stato come giudice di legittimit� 
degli atti amministrativi, con l'unica conseguenza, 
che abrogato l'art. 26, secondo comma, che consentiva 
il ricorso solo per incompetenza ed eccesso 
di potere, sar� ora ammesso il ricorso generale di 
legittimit�, disciplinato dalla prima parte dello 
art. 26 del Testo unico, senza alcuna limitazione, 
e cio� anche per violazione di legge. 

Pertanto, il ricorso della Ditta Squinzano, tendente 
a far dichiarare che la competenza a giudicare 
della controversia, relativa alla decisione ministeriale 
di cui � causa, appartiene alla Autorit� giudiziaria 
Ordinaria, deve essere respinto�. 

Vedi nota alla sentenza in causa Trisohitta o. 

Ministero Tesoro (sopra pag. 10). 

La Oorte, in difformit� delle conclusioni del P. M. 

ha accolto integralmente la tesi dell'Avvocatura. 

L'importanza della soluzione adottata va sotto-� 
lineata in relazione sopratutto al fatto ohe, riconoscendosi 
il carattere di interesse legittimo alla situazione 
giuridica sorgente dal rapporto di qualificazione 
delle merci ai fini doganali, e conseguentemente 
la giurisdizione del Consiglio di Stato, si esclude 
qualsiasi possibilit� di interventi di consulenti 
tecnici, periti di parte e simili, in una materia cos� 
delicata, in cui la inattendibilit� del parere dello 
apposito organo tecnico pu6 essere giuridicamente 
rilevante solo nei limiti in citi si identifichi con un 
vizio di legittimit� della procedura seguita. 

ESECUZIONE FISCALE � Procedura � Ingiunzione 
fiscale � Omessa certificazione del cancelliere nella 
copia da notificare dell'avvenuta vidimazione -Cer� 
tificazione fatta dal Procuratore del registro. 

IMPOSTA DI REGISTRO � Prescrizione � Atti interruttivi 
di cui all'art. 140 legge di registro � Avviso 
di accertamento di valore fatto notificare al contribuente 
� Natura di atto interruttivo � Fattispecie. 
(Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza 131/60 -Pres.: 
Fragali; Est.: Gabrieli; P.M.: Gedda (conf.) -Ceschi 

c. Finanze). 
Poich� la potest� conferita al Pretore di vidimare 
e rendere esecutiva l'ingiunzione fiscale esula 
dalla iurisdictio vera e propria, la copia della ingiun zione, 
occorrente per la notifica al contribuente 
non � indispensabile che sia autenticata dal cancelliere, 
ben potendo la sua conformit� all'originale 
essere certificata dal Procuratore del Registro. 

L'elenco degli atti interruttivi della prescrizione, 
contenuto nell'art. 140 della legge di registro, non 
deroga alle norme generali in tema di interruzione 
della prescrizione, il cui presupposto � l'inerzia del 
creditore. 

L'avviso di accertamento di valore, fatto notificare 
dalla finanza al contribuente, costituisce, 
pertanto, atto interruttivo della prescrizione della 
azione della Finanza stessa, tendente ad ottenere 
il pagamento dell'imposta di consolidazione dello 
usufrutto con propriet�. 

* * * 

ccOol primo mezzo del ricorso si denuncia violazione 
degli artt. 136 e 140 della legge di registro. 
Si assume che la Oorte d'Appello diceva ritenere 
prescritto il supplemento d'imposta e che ha errato 
nel ritenere che la prescrizione era rimasta interrotta 
dal ricorso 27 aprile 1953, proposto dal Oeschi 
contro l'avviso di accertamento di valore notificatogli 
il 1� aprile 1953. I 1 

Ool secondo motivo si sostiene che la Oorte stessa 
doveva dichiarare illegittima la seconda ingiunzione 
e che erroneamente ha ritenuto che essa 
avesse tacitamente revocato la prima ingiunzione. 

Si denuncia, col terzo motivo, violazione dello 
art. 144 della legge di registro. Si sostiene che la 
ingiunzione era nulla per inidentificabilit� formale 
dell'autorit� giudiziaria che l'aveva vidimata e 
perch� la sua copia non era.attestata conforme allo 
originale del cancelliere. 

Inoltre, sussisterebbe incertezza sulla legittimit� 
della notifica e quindi sull'efficacia della 
ingiunzione, perch� dalla copia in possesso del 
ricorrente non risulterebbe dove la notifica avvenne 
e se l'usciere notificante fosse o meno competente. 

Ool quarto motivo si denuncia omessa motivazione 
su punto decisivo della controversia, avendo 
la Oorte d'Appello affermato apodittieamente essere 
i Oeschi i soggetti passivi della imposta di consolida-zione, 
mentre ilricorrente aveva sostenuto che detto 
tributo grava sul nudo proprietario venditore. 

Inoltre, la Oorte medesima avrebbe omesso di 
considerare che nel calcolo del valore imponibile 


-M& -M& 
-15 


era stata compresa dall'Amministrazione delle 
Finanze anche la nuda propriet� delle accessioni, 
che invece fin dall'origine spettava ai Ceschi e 
non era quindi cassabile in via di consolidazione. 

N� sul detto valore si era formato il giudicato 
perch� questo � limitato all'oggetto del giudizio, 
e cio� alla stima della piena propriet� al momento 
della consolidazione, onde il giudicato della commissione 
tributaria si era formato sul valore della 
piena propriet� e non gi� sul valore imponibile. 

Il primo motivo � senza fondamento. 

Dato atto che la prescrizione -triennale della 
tassa di consolidazione de quo decorre dalla 
data dell'atto di rinuncia all'usufrutto in discorso, 
fatto dal Rigatti a favore del Ceschi, e cio� dal 
3 giugno 1952, donde la scadenza del termine al 
2 giugno 1955; che in detto periodo di tempo vi fu, 
da parte dell' .Amministrazione delle Finanze uno 
avviso ai accertamento di valore. notificato al 
Ceschi il 1 aprile 1953, e, in data 27 aprile 1953, il 
corrispondente ricorso del Ceschi alla commissione 
distrettuale delle imposte contro l'accertamento 
in parola; e, precisato che le due ingiunzioni di 
pagamento della tassa furono notificate al contribuente 
nel novembre, e, rispettivamente, nel dicembre 
del 1955; la Corte di Appello ha ritenuto che il 
detto termine triennale, decorrente dal 3 giugno 
1952, fu interrotto dal ricorso 27 aprile 1953 
del Ceschi alla Commissione distrettuale pel giudizio 
di estimazione, ricorso avente, a dire della Corte 
medesima, . natura di domanda giudiziale, ai sensi 
dell'art. 140 della legge di registro. 

La censura contro tale statuizione, svolta nel 

motivo del ricorso in esame, � fondata sul duplice 

assunto che il ricorso del contribuente alla Commis


sione distrettuale contro l'accertamento di valore 

da parte della finanza non ha natura di domanda 

giudiziale e non pu�, comunque, giovare alla Fi


nanza. 

La discussione su tale punto � per� ultronea ai 

fini della decisione, bastando rilevare che a inter


rompere la prescrizione de quo era sufficiente lo 

avviso di accertamento di valore che, come lasen


tenza impugnata dice e il ricorrente non contesta, 

fu notificato, a cura della finanza, al Ceschi, il 1� apri


le 1953, e cio� pochi giorni prima del corrispon


dente ricorso del Ceschi sulla proposizione del quale 

soltanto la Corte di merito ha ritenuto fondare la 

tesi della verificatasi interruzione della prescri


zione. 

In effetti l'elenco degli atti interruttivi della 

prescrizione, contenuta nell'art. 140 della legge 

di registro, non deroga alle norme generali in tema 

di interruzione della prescrizione, il cui presup


posto � l'inerzia del creditore, e non � perci� dubbio 

che l'avviso di accertamento di valore fatto noti


ficare dalla Finanza al contribuente sia atto inter


ruttivo della prescrizione dell'azione della finanza 

per ottenere il pagamento della imposta di consoli


dazione dell'usufrutto con la propriet�. 

Non � fondato nemmeno il secondo motivo di 

ricorso perch� l'avviso espresso dalla Corte d'Ap


pello, secondo cui, con l'emettere l'ingiunzione di 

pagamento 15 dicembre 1955, la finanza aveva 

voluto sostituire con un atto immune da vizi la 

precedente ingiunzione del novembre 1955, formalmente 
viziata, � insindacabile in Cassazione, in 
quanto si risolve in un giudizio di fatto corretto 
sotto il profilo logico giuridico. 

Erronea � infatti l'astratta enunciazione di diritto 
sostanzialmente fatta dal ricorrente, secondo 
la quale sarebbe in ogni caso inibito alla finanza, 
che abbia emesso un'ingiunzione viziata sotto il 
profilo formale, di sostituirla con un'ingiunzione 
immune da vizi. 

Quanto alla prima censura svolta nel terzo motivo 
(asserita non inidentificabilit�, nella copia 
notificata della ingiunzione de qua, dell'autorit� 
giudiziaria vidimante) essa � priva di consistenza 
perch� contrasta con il preciso accertamento di 
merito secondo cui dalla copia in questione risulta 
chiaramente essere stata l'autorit� vidimante il 
Pretore di Trento, dott. Elberto. 

Infondata � anche la seconda censura svolta 
nello stesso motivo. 

Poich� la potest� conferita al Pretore di vidimare 
e rendere esecutiva la ingiunzione fiscale esula dalla 
jurisdictio vera e propria, la copia dell'ingiunzione 
occorrente per la notifica al contribuente non � 
indispensabile che sia autenticata dal Cancelliere, 
potendo la sua conformit� all'originale essere 
certificata anche dal procuratore del registro. 

Pure inattendibile � la terza censura, risultando, 
dalla copia dell'ingiunzione, che questafu notificata 
dal messo di conciliazione di Trento, cio� dal 
messo competente, e fu consegnata, come ivi � 
scritto al signor Ceschi, da intendersi quale 
espressione, nel senso �in mani del Ceschi �, com'� 
argomentabile soprattutto dalla firma autografa 
del Ceschi apposta sull'originale. 

Non sussistono, poi, difformit� fra l'originale e la 
copia inducenti nullit�. 

Pu� aggiungersi che comunque la notificazione 
di una ingiunzione irritualmente eseguita da un 
usciere incompetente non importa nullit� dello 
atto se questo abbia, come nella specie, raggiunto 
lo scopo�. 

IMPOSTE E TASSE -Commissioni tributarie � lm� 
pugnazioni -Mancata indicazione dei motivi -Inammissibilit�. 
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 
n. 1505/59 -Pres.: Oggioni; Est.: Stella; P.M.: 
Colli (conf.) -Ditta F.lli Berti c. Amministrazione 
Finanze Stato). 


� inammissibile il ricorso alle commissioni 
distrettuali e provinciali delle imposte avverso 
l'atto di imposizione tributaria se il contribuente 
non deduce i motivi della sua impugnazione, vale 
a dire le ragioni per le quali deduce l'illegittimit�, 
nonch� la natura stessa di tale illegittimit�, che pu� 
importare o la. riforma dell'accertamento o la 
esclusione di un qualsiasi atto di impugnazione. E 
quand'anche si tratti di ricorso interruttivo, esso non 
pu� essere preso in esame se la riserva dell'indicazione 
dei motivi non sia sciolta tempestivamente, 
per consentire all'ufficio impositore di controdedurre, 
previa cognizione dei punti del pontendere. 


-16 

Trascriviamo la ny,otivazione in diritto, veramente 
ammirevole per la sua sobriet� e precisione di concetti. 

Contro le due conformi decisioni della Commissione 
Centrale delle Imposte, confermative di 
quelle della Commissione provinciale, aloro volta 
confermative di quella della Commissione distrettuale, 
che avevanodichiarato inammissibile iricorsi 
della contribuente, per non avere questa indicato 
n� il petitum n� la causa petendi, si propongono 
le seguenti censure: 

1) violazione degli art. 91 del R. D. 11 luglio 
1907, n. 560, e 23 del R. D. 8 luglio 1937, 

n. 1516, nonch� dei principii generali sul procedimento 
avanti alle Commissioni tributarie, secondo 
i quali per il reclamo contro l'avviso di accertamento 
� prescritta solo l'osservanza del termine 
e non altra formalit�, in relazione alla natura 
stessa dello avviso, che costituisce una proposta 
della Amministrazione Finanziaria, e del reclamo, 
che costituisce un'opposizione a quella proposta, 
per modo che l'Amministrazione ha la veste di 
attrice nel processo tributario e il contribuente ha 
quella di convenuto, con l'ulteriore consegnenza che 
alla prima e non al secondo incombe l'onere di 
provare la domanda; 
2) violazione dell'articolo 157 codice procedura 
civile, nonch� dei principi generali di diritto sulla 
nullit� e inesistenza degli atti, secondo i quali 
l'inesistenza di. un atto presuppone vizi tali da 
rend.ere impossibile l'identificazione di esso con 
il tipo previsto dalla legge, mentre in ogni altro 
caso pu� ricorrere solo la nullit� dell'atto, non rilevabile 
di ufficio. 

Per valutare queste doglianze si deve �aver presente 
che l'ufficio delle imposte con i suoi avvisi 
di accertamento elev� i redditi di ricchezza mobile, 
dichiarati dalla contribuente, esponendo analiticamente 
i criteri seguiti e i presupposti di fatto; 
che la contribuente reclam� alla Commissione 
distrettuale in questi precisi sensi: �chiede di 
essere sentita da codesta on. commissione circa lo 
accertamento dei suoi redditi presentatole dallo 
ufficio delle imposte dirette con avviso n. 441, 
per l'anno 1951-1952 (e n. 444 per l'anno 19521953); 
che nella seduta fissata per la discussione 
dE:li ricorsi la contribuente non si present�, n� comunic� 
di essere impedita, nonostante che fosse stata 
ritualmente avvertita. 

Ora la tesi della contribuente, secondo la quale 
la Commissione distrettuale, di fronte al detto suo 
comportamento processuale, avrebbe dovuto prendere 
inesame l'accertamento dell'ufficio finanziario 
e decidere se esso fosse da confermare o meno, 
non pu� essere condivisa. 

Tale tesi si basa su una confusione dello 

accertamento tributario e del processo avanti 

alle commissioni tributarie assolutamente inaccet


tabile. 

� infatti erroneo considerare l'accertamento 
come una mera proposta, ponendo cos� su uno 
stesso piano l'ente impositore e il contribuente e 
disconoscere la potest� d'impero dello Stato e degli 
altri enti pubblici. 

L'accertamento tributario � un atto ammm1strativo, 
assistito dalla presu:.zione di legittimit� 
e dalla efficacia esecutiva. 

Nell'avviso di accertamento non possono ravvisarsi 
i requisiti della domanda giud~~iale, che consistono 
nell'affermazione della volont� della legge 
con l'intenzione di vederla attuata, nell'invocacazione 
dell'organo dello Stato per ottenere tale 
attuazione, l'atto dell'ente impositore non tende a 
costituire un rapporto processuale, e cio� ad ottenere 
l'attuazione della volont� della legge mediante 
l'intervento del giudice, ma ad accertare di per s� 
il debito tributario del contribuente. 

L'Amministrazione non invoca il giudice e non 
chiama il contribuente a costituirsi avanti ad esso 
(vocatio in ius), ma esercita il suo potere d'impero 
con l'atto di imposizione aggiungendo una formula 
d'uso (non obbligatoria per legge), con la quale 
ricorda all'intimato che, se egli si ritenga leso,pu� 
insorgere contro l'accertamento e l'iscrizione a 
l'iscrizione a ruolo, ricorrendo alle Commissioni. 

� quindi il contribuente che ritenendo illegittimo 
l'operato dell'Amministrazione, conviene questa 
dinanzi al giudice, per ottenere in proprio 
favore l'attuazione della volont� della legge, che 
pretente violata. . 

Con la sua impugnazione il contribuente tende 
all'annullamento o alla modificazione dell'atto di 
imposizione che ritiene illegittimo, come avviene 
per ogni altra impugnazione di atti amministrativi. 

La caratteristica della giurisdizione tributaria, 
rispetto alle altre giurisdizioni amministrative, 
consiste in ci� che essa, se riconosce la fondatezza 
della impugnazione, non si limita all'annullamento 
dell'atto illegittimo, malo sostituisce con un'altra 
determinazione giusta. � 

� chiaro quindi che il contribuente ha l'iniziativa 
nel processo tributario, assumendo in esso la veste 
di attore, in quanto impugna l'imposizione. 

Non vale, in contrario, richiamarsi agli argomenti 
letterali desunti da qualche disposizione 
legislativa, che parla di assenso del contribuente 
alla rettifica della denuncia del reddito o di adesione 
alla determinazione del valore del bene 
trasferito o di proposta della determinazione del 
reddito fatta dalle commissioni invece dell'ufficio 
impositore, in virt� della facolt� ad essere conferita. 

Trattasi di impropriet� terminologiche, che 
non possono mutare la configurazione del sistema. 

Le espressioni di assenso e di adesione intendono 
alludere all'acquiscenza del contribuente, che preclude 
la impugnazione dell'atto di imposizione; 
quella di proposta vuole accentuare il carattere 
eccezionale del provvedimento della Commissione 
che opera non pi� come organo giurisdizionale, ma 
come organo amministrativo, invece dell'ente impositore. 


Dalle esposte considerazioni consegue che il 
contribuente, impugnando l'atto di imposizione, 
non pu� non dedurne i motivi della .~uft. impugnazione, 
vale a dire le ragioni per le quali ne d.edu~e . 
l'illegittimit�, nonch� la natura stessa di tale ille-� 
gittimit�, che pu� importare o la riforma dello 
accertamento o l'esclusione di un qualsiasi atto di 
imposizione. 


-17 


� esatto che l'art. 94 del regolamento sull'imposta 
di ricchezza mobile approvato con R. D. 11 luglio 
1907, n. 560, e l'art. 23 del R. D. 8 luglio 1937, 

n. 15H�, sulla costituzione e il funzionamento delle 
Commissioni tributarie, non prescrivono particolari 
formalit� per i reclami alle Commissioni medesime 
in prima istanza, a differenza dell'art. 108 del 
primo decreto e dell'art. 46 del secondo, i quali 
per il ricorso alla. Commissione centrale richiedono 
l'esposizione del fatto, delle questioni e dei capi 
della decisione contestati, nonch� l'indicazione degli 
articoli di legge violati o erroneamente applicati. 
Senonch� l'articolo 24 del decreto del 1937, 
concernente il procedimento davanti alla Commissione, 
stabilisce che i documenti, le note e i ricorsi 
aggiunti e le repliche devono essere depositati in 
termine fisso prima della seduta fissata per la 
discussione (e salvo esplicito assenso del rappresentante 
della Finanza). 

Da ci� si argomenta che, mentre avanti alla 
Commissione centrale il cos� detto ricorso inter� 
ruttivo, e cio� non contenente la specificazione 
dei motivi, � inammissibile (come questa Suprema 
Corte ha affermato con la recente pronuncia 11 giugno 
1958, n. 1925), avanti alle Commissione distrettuali 
e provinciali esso pu� essere ammesso, ma a 
condizione che la riserva della indicazione dei 
motivi sia sciolta tempestivamente, anche per 
consentire all'Ufficio impositore di controdedurre, 
previa cognizione dei punti del contendere. 

Quando il contribuente non abbia indicato i 

motivi, e a maggiore ragione quando, come nella 

specie, non abbia neppure dedotto quale sia l'og


getto della sua domanda, il ricorso non pu� essere 

preso in esame, perch� non contiene una domanda. 

Risponde ad un'esigenza di logica naturale, 

prima che giuridica, che un giudice non possa 

provvedere sul merito se manchi la domanda, la 

quale consta, come � noto, del petitum e della causa 

petendi. 

Queste considerazioni dimostrano l'infondatezza, 
oltre che del primo mezzo di ricorso, anche del 
secondo, dato che, nella specie, non poteva farsi 
questione della rilevabilit� o meno di ufficio di un 
vizio dell'atto, ma si trattava invece dell'impossibilit� 
in cui si � trovato il giudice di pronunciarsi 
sul merito, per il fatto della parte, che aveva omesso 
di sottoporgli una domanda. 

REQUISIZIONE � ex art. 7. Legge 20 marzo 18650 

n. 2248 allegato E -Regolata come le occupazioni 
d'urgenza ex art. 71 legge 25 giugno 1865, n. 2359 Indennit� 
liquidata dal Prefetto -Definitivit� -Mancanza 
-Azione giudiziale -Proponibilit�. (Corte di 
Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 2448/60 -Pres. : 
Lorizio; Est.: Bartolomei; P.M.: Caldarera (conf.) -
Casoria c. Ministero Interni). 
La requisizione amministrativa ex art. 7 della 
legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, 
rientrando nella categoria delle occupazioni 
di urgenza, � regolata dalla procedura, dettata, per 
le occupazioni di urgenza, dall'art. 72 della legge 
sull'espropriazione per pubblica utilit�. Sicch�, 

per la determinazione dell'indennit� di requisizione 
(come, in genere, di ogni occupazione di 
urgenza), si applicano giusta il rinvio dell'art. 72 
agli artt. 24 e seguenti della legge, le norme stabilite 
per la determinazione dell'indennizzo, 11el procedimento 
di espropriazione per pubblica utilit�, 
tra le quali � compreso l'art. 51 della legge stessa. 

Peraltro, in virt� dell'art. 51 predetto, diviene 
definitiva, ove non sia impugnata entro il termine 
perentorio prescritto, soltanto l'indennit� determinata 
dalla stima giudiziale; non anche quella 
offerta dal Prefetto; onde la mancata impugnazione 
dell'indennit� liquidata dal decreto prefettizio, 
da parte del soggetto passivo della requisizione, 
non preclude a costui la proposizione della 
azione giudiziale, volta a conseguire un maggiore 
indennizzo, pi� adeguato al pregiudizio economico 
sofferto in conseguenza del provvedimento di 
imperio. 

Lx Oorte ha cos� motivato: 

Va pure accolto, per le ragioni che si esporranno, 
il secondo mezzo, con cui si censura la Corte di 
merito per aver ritenuto che il decreto prefettizio 
dovesse essere impugnato dal Oasoria, a pena di 
decadenza, entro il termine perentorio, stabilito 
dal menzionato art. 51, e che fosse perci� inammissibile 
l'azione, proposta dal Casoria, dopo il decorso 
di tale termine, per conseguire un'indennit� di 
requisizione di ammontare superiore a quella liquidatagli 
dal provvedimento amministrativo. 


In proposito � da osservare che, come ha posto 
in evidenza autorevole dottrina, la requisizione, 
che l'autorit� amministrativa pu� disporre, a 
norma dell'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo 
(20 marzo 1865, n. 2248 allegato E) per 
�grave necessit� pubblica �, allorch� � debba senza 
indugio disporre della propriet� priva~a �, va giuridicamente 
qualificata come una forma di occupazione 
di urgenza, analoga a quelle previste dallo 
art. 71 della legge sull'espropriazione per pubblica 
utilit� (25 giugno 1865, n. 2359), che il Prefetto pu� 
normalmente disporre, per pubbliche esigenze, in 
casi di forza maggiore oppure di lavori urgenti ed 
indifferibili. Trattasi, infatti, sia nell'ipotesi di cui 

al precisato art. 7 sia in quelle contemplate dal 
menzionato art. 71, di occupazioni urgenti di beni 
privati, imposte da ragioni imperiose di pubblica 
amministrazione. 

Ora, poich� la legge sul contenzioso amministrativo 
non stabilisce alcun particolare procedimento 
per le requisizioni ex art. 7, tali requisizioni, rientrando 
nella categoria delle occupazioni di urgenza, 
non possono essere regolate che dalla procedura, 
dettata, appunto per le occupazioni di urgenza, 
dall'art. 72 della legge sull'espropriazione per causa 
di pubblica utilit�. Secondo questa procedura, il 
Prefetto stabilisce, soltanto in via provvisoria, 
l'indennit� da corrispondersi ai proprietari dei 
beni occupati, mentre, per la determinazione 
definitiva dell'indennit�, debbono essere osservate__ 
le disposizioni contenute nei richiamati art. 24 e 
seguenti della legge, che sono quelle concernenti 
la determinazione degli indennizzi nel normale 
procedimento di espropriazione per pubblica utilit�. 


-18 


Le norme richiamate prevedono che, nel proce


dimento di espropriazione per pubblica utilit�, la 

determinazione dell'indennit�, spettante al sog


getto passivo del provvedimento d'imperio, possa 

anzitutto avvenire o previa accettazione da parte 

di costui dell'indennit� offertagli o perch� le parti 

raggiungano l'accordo su una diversa misura dello 

indennizzo; dettano inoltre che, ove l'indennit� 

non sia, in tal guisa, determinata, sul piano nego


ziale, il Prefetto deve sollecitare dal competente 

tribunale la determinazione dell'indennizzo attra


verso la stima giudiziale dei beni, da affidarsi ad� 

uno o pi� periti. Successivamente il Prefetto pro


nuncia, con decreto, a sensi dell'art. 51 della legge, 

l'espropriazione sulla base dell'indennit� giudi


zialmente liquidata, che diviene definitiva, secondo 

l'espresso disp~sto della norma in parola, qualora 

gl'interessati, entro il termine perentorio di trenta 

giorni della notificazione del decreto, non propon


gano le loro istanze, davanti all'autorit� giudiziaria 

competente, contro la stima fatta dai periti. 

Orbene, estendendosi l'applicazione delle accen


nate norme, giusta l'espresso richiamo legislativo, 

al procedimento delle occupazioni di urgenza (tra 

le quali rientra, come si � detto, la requisizione ex 

art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo), 

appare evidente che il Prefetto, qualora, (come 

nella specie) l'indennit� di occupazione non sia 

stata stabilita mediante accettazione o concordato, 

deve richiederne la determinazione a mezzo di 

perizia giudiziale, nel modo predetto; deve poi, 

in applicazione del menzionato art. 51, notificare 

agl'interessati l'indennit�, determinata dalla peri


zia, in base alla quale viene disposta l'occupazione. 

Ed � questo indennizzo, che, in virt� dell'art. 51, 

diviene definitivo, ove non sia dagl'interessati 

impugnato, in sede giurisdizionale, entro il pre


scritto termine perentorio, con conseguente preclu


sione di ogni loro eventuale azione giudiziaria volta 

a conseguire una maggiore indennit�. 

Nella specie, per�, il Prefetto, pur non essendo 

stata accettata dal Casoria l'indennit� da lui offerta 

n� essendo stata altra indennit� concordata tra 

lui e l'autorit� amministrativa, non osserv� la 

procedura tracciata dalla legge per la determina


zione giudiziale dell'indennizzo. Sicch� non fu mai 

eseguita quella stima giudiziaria dell'indennit�, 

che il Casoria avrebbe dovuto impugnare, entro 

il termine perentorio di cui all'art. 51, per impe


dire che la determinazione dell'indennizzo dive


nisse definitiva, precludendogli la richiesta, in sede 

giudiziaria, di un pi� adeguato ristoro del pregiu


dizio economico sofferto per effetto della requisi


zione. 

Non pu� essere, dunque, condivisa l'opinione dei 
giudici d'appello che, non avendo il Casoria impugnato, 
entro il termine prescritto dall'art. 51, la 
liquidazione provvisoria dell'indennit�, operata 
dal Prefetto, tale indennit� sia divenuta denitiva 
onde sarebbe inammissibile l'attuale azione, proposta 
dal Casoria per conseguire un pi� ampio 
risarcimento del danno derivatogli dall'occupa. 
zione coattiva del suo stabile. Difatti, come si � 
notato, l'art. 51 stabilisce che diventi definitiva, 
per mancata impugnazione, entro il termine pre


scritto, da parte del soggetto passivo del provvedimento 
d'imperio, la stima peritale dell'indennit�, 
e non la provvisoria stima prefettizia, che l'interessato 
non � affatto tenuto ad impugnare, a pena 
di decadenza dall'esercizio dei diritti concernenti 
le sue spettanze, ben potendo li.ili.tarsi a non 
accettarla per costituire senz'altro in obbligo la 
autorit� amministrativa di richiedere la liquidazione 
giudiziale dell'indennizzo. 

Dovendo, pertanto, esiliudersi la ritenuta decadenza 
del ricorrente ex art. 51 dal diritto di conseguire, 
in sede giudiziale, il giusto indennizzo della 
subita privazione del su� bene, eventualmente 
superiore a quello liquidatogli dall'autorit� amministrativa, 
� indubbiamente ammissibile l'azione 
risarcitoria da lui esperitacontrole resistenti .Amministrazioni. 


La Oassazione conferma quanto ebbe gi� ad affermare 
implicitamente con la sentenza n. 2626 del 
13 luglio 1956 sulla applicabilit� alle requisizioni 
em art. 7 legge 20 marzo 1-865, n. 2248, allegato E 
delle norme che regolano le occupazioni di urgenza, 
di cui agli artt. 71 e segg. legge sulle espropriazioni 

P. U., e quindi anche dell'art. 51 detta legge. 
Ha qui pero negata l'applicazione di detta ultima 
norma perch� ha qualificato la notifica del decreto 
di liquidazione della indennit�, operata dal Prefetto 
senza la preventiva stima giudiziale, quale una semplice 
offerta della indennit� stessa. , 

Non sembra possa a ci6 aderirsi. La retta interpretazione 
dell'art. 72 legge sulle espropriazioni P. U. 
porta a ritenere che la liquidazione della indennit� 
di occupazione effettuata dal Prefetto tiene luogo a 
ogni effetto della stima peritale prevista dal normale 
procedimento di espropriazione. 

Solo con tale interpretazione acquistano preciso 
significato il 20 e il 30 comma del citato art. 12 che 
fanno richiamo alla �determinazione giudiziale � 
e alla proposizione di �richiami avanti al Tribunale 
competente �, che altrimenti avrebbero senso equivoco 

o contrastante con le norme che regolano il regolare 
procedimento di espropriazione se riferite alla offerta 
della indennit� e non alla determinazione prefettizia 
della stessa. 
RESPONSABILIT� CIVILE -Amministrazione pub


blica -Responsabilit� in dipendenza di attivit� le


gittima -Indennizzo -Quando � dovuto. 

CACCIA � Diritto del concessionario alla riserva di 
caccia � Natura e contenuto � Diritto del concessionario 
sugli animali vaganti nella riserva. (Corte 
di Cassazione, Sezioni Unite, Sent. 2687/60 -Pres.: 
Cataldi; Est.: Laporta; P.M.: Pomodoro (conf.) Nani 
Mocenigo c. Amministrazione Difesa Esercito). 

Perch� la Pubblica .Amministrazione sia tenuta 
ad indennizzo di danni conseguiti ad esercizio di 
sua legittima attivit� (nella specie, �secuzio!J.e ..~_ 
manovre ed esercitazioni militari) occorre che tali� 
danni si pongano come effetto a causa rispetto allo 
esercizio dell'attivit� della pubblica amministrazione, 
e che essi siano permanenti ed emergenti e 


-19


che al sacrificio del diritto corrisponda un vantaggio 
per la generalit�. 

Il diritto del concessionario di una riserva di 
caccia, anche quando questasia organizzata industrialmente, 
non consiste in una potest� immediata 
sulla cosa, tutelata di fronte a tutti i terzi, n� 
promana dal diritto di propriet�, neppure nel caso 
che il concessionario sia proprietario del terreno, 
ma deriva dalla concessione amministrativa, e 
consiste nell'esclusiva di esercitare la caccia nella 
riserva, con conseguente ius prohibendi nei confronti 
dei terzi. � � 

Il concessionario non ha un diritto di propriet� 
sulla selvaggina vagante nella riserva giacch� gli 
animali vaganti, anche se immessi dal concessionario 
a scopo di ripopolamento, costituiscono 
res nullius, delle quali si acqui.sta la propriet� sol� 
tanto con l'occupazione. ~., 

*** 

�Con l'unico motivo si denuncia la falsa appli" 
cazione degli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1865 
allegato E, nonch� degli art. 844, 923 e 2043 codice 
civile e degli artt. 43 e 44 del Testo unico 5 giugno 
1939, n. 1016, assumendosi che la decisione impugnata 
sia incorsa in errore nel dichiarare impropoponibile 
la domanda. Il ricorrente assume che il 
concessionario, attraverso il diritto esclusivo di 
caccia, acquista la possibilit� di organizzare il 
fondo a riserva; che l'organizzazione della riserva, 
attraverso . il capitale del riservista ed il lavoro dei 
suoi dipendenti, � una vera e propria organizzazione 
produttiva, capace di dare un profitto, che 
il riservista ha il diritto di procurarsi e di non 
vedere eliminato o diminuito da attivit� altrui; 
che � principio indiscusso di diritto che la Pubblica 
Amministrazione � tenuta a risarcire ai privati 
i danni loro cagionati, anche quando abbia esercitato 
attivit� legittima, sempre che sia rimasto 
leso un diritto soggettivo. La censura non � fondata. 

L'obbligazione di risarcimento presupp�ne la 
ingiustizia del danno, ossia l'illiceit� del comportamento 
di colui che ha commesso il fatto produttivo 
del danno. Nel caso di danni, conseguiti allo 
esercizio di attivit� pienamente legittima della 
Pubblica Amministrazione, non v'� luogo a risarcimento, 
perch� manca il presupposto dell'agire 
illecito. Tuttavia, per un principio di giustizia 
distributiva il sacrificio imposto al privato per 
il raggiungimento di un fine di utilit� generale va 
distribuito fra tutti i membri della collettivit� 
organizzata, attribuendosi al danneggiato un compenso, 
che ha carattere di indennizzo, tutte le volte 

�che al sacrificio corrisponde un acquisto od un 
profitto concretamente determinabile, anche se 
non immediato, a favore della generalit�. Fuori 
della ipotesi di un vantaggio, immediato o mediato, 
per la generalit�,il sacrificio imposto al privato 
cittadino non pu� dar diritto ad indennit�, perch� 
l'art. 42 della Costituzione della Repubblica, come 
gi� l'art. 29 dello Statuto .Albertino, e l'art. 834 
del codice civile non pongono un principio generale 

di indennizzabilit� di ogni sacrificio seguito ad 
esercizio di attivit� legittima, bens� stabiliscono 
che va indennizzato ogni sacrificio di dirittisubiettivi, 
cui consegua un danno patrimoniale permanente, 
nei limiti dei vantaggi dei quali pr.ot.i.tta 11:1 
generalit�. Ci� precisato, � chiaro che, perch� la 
Pubblica Amministrazione sia tenuta ad indennizzo 
di danni conseguiti ad esercizio di sua legittima 
attivit�, occorre che tali danni si pongano come 
effetto a causa rispetto allo esercizio della attivit� 
della Pubblica Amministrazione, che essi siano 
permanenti ed emergenti (il lucro cessante ed il 
profitto sperato, poich� non possono oggettivamente 
essere compresi nel valore attuale ed effettivo dei 
beni oggetto del diritto sacrificato, non sono indennizzabili) 
e che al sacrificio del diritto corrisponda 
un vantaggio per la generalit�. 

Va, altres�, �rilevato che la richiamata norma 
costituzionale � subordina la indennizzabilit� del 
danno permanente alla lesione di un diritto reale. 

Ora, il diritto del concessionario di una riserva 
di caccia, anche quando questa sia organizzata 
industrialmente, non consiste in una potest� 
immediata sulla cosa, tutelata di fronte a tutti i 
terzi, non promana dal diritto di propriet�, neppure 
nel caso che il concessionario sia proprietario del 
terreno. Tale diritto deriva, infatti, dalla concessione 
amministrativa, e consiste nella esclusiva 
di esercitare la caccia nella riserva, con conseguente 
jus prohibendi nei confronti dei terzi. Il concessionario 
non ha un diritto di propriet� sulla selvaggina 
vagante nella riserva, giacch� gli animali vaganti, 
anche se immessi dal concessionario a scopo di 
ripopolamento, costituiscono res nullius, delle 
quali si acquista la propriet� soltanto con l'occupazione 
(art. 923 O. c.). 

L'attivit� dell'amministrazione militare diretta 
all'esecuzione di manovre ed esercitazioni militari 
� attivit� legittima, perch� l'aiddestramento delle 
forze armate risponde alla pubblica finalit� di apprestare 
i mezzi per la difesa della nazione. La scelta 
dei luoghi e delle modalit� delle manovre e� delle 
esercitazioni costituisce esplicazione di attivit� 
discrezionale insindacabile. 

In difetto di :una situazione giuridica idonea a 
legittimare la indennizzabilit� dei danni conseguiti 
all'esercizio dell'attivit� legittima della pubblica 
amministrazione, la domanda correttamente � stata 
dichiarata improponibile dall'impugnata sentenza. 

Per le esposte considerazioni, il ricorso va rigettato, 
con le conseguenze di legge �. 

Anche questa sentenza � particolarmente note'Dole 
per la perspicuit� della moti'Dazione con la quale 
sono stati indicati il fondamento e i limiti della 

c. d. responsabilit� dell' .Amministrazione per atti 
legittimi, resistendo a suggestioni vagamente demagodiche 
sorgenti da una interpretazione superficiale 
dell'art. 42 della Costituzione. 
Sulla specifica questione dei danni a riserv.a di 
caccia vedi lo studio del collega lf'ierro in �.Archivio ._ 
della Responsabilit� ci'Dile �, 1959, 433. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE � Sequestro dei 
proventi dell'Enalotto � Difetto di giurisdizione dell'A.
G.O. (Pretore di Roma; Sentenza 18dicembre1960 
-rie. Perrera c. Finanze). 

Difetta di giurisdizione l'.A. G. O. ad ordinare 
il sequestro dei proventi e delle schedine dell'Enalotto 
chiesto sulla base della legge per la protezione 
del diritto di autore da chi pretenda diaver inventato 
il metodo sul quale � fondato il concorso pronostici. 


Riportiamo la motivazione in diritto della sentenza: 


L'eccezione dei resistenti, relativa alla ammissibilit�. 
del ricorso stesso, dev'essere esaminata 
preliminarmente in quanto si profila il difetto di 
giurisdizione dell'.A. G. O. 

Deducono, infatti le difese del Ministero delle 
Finanze e dell'EN.AL, che un provvedimento cautelare 
che sottraesse all'EN.AL la gestione del conconcorso 
pronostici per affidarla ad un sequestra� 
tario operebbe un'inammissibile modifica di atti 
amministrativi, nella specie D. M. 5 luglio 1957 
e 10 luglio 1957, con i quali la gestione del concorso 
�Enalotto � veniva affidata all'EN.AL. 

Replica il ricorrente di aver chiesto non il sequestro 
della gestione �Enalotto �, ma dei proventi 
e delle schedine che costituiscono violazione dei 
diritti d'utilizzazione, e, poich�, l'atto amministrativo 
avrebbe leso il suo diritto d'autore, da tale 
violazione deriverebbe la facolt� di avvalersi della 
speciale procedura prevista dalla legge sul diritto 
d'autore. 

L'eccezione pregiudiziale dei resistenti � fondata. 
I menzionati D. M. 9 e 10 luglio 1957 sono, 
infatti, atti amministrativi con i quali la P . .A. 
dopo aver istituito il concorso pronostici abbinato 
al gioco del Lotto ne ha affidato la gestione 
all'EN.AL . .Affidamento, questo, derivante dalla 
legge 14 gennaio 1948, n. 496, con la quale veniva 
stabilito che l'organizzazione e l'esercizio dei 
giochi di abilit� e concorsi pronostici sono riservati 
allo Stato ed affidati al Ministero delle Finanze 
per la gestione diretta o a mezzo di persone fisiche 
e giuridiche. 

Stante la loro niftura di atti amministrativi, i 
Decreti Ministeriali di cui sopra sono assoggettati 
al particolare regime giuridico previsto dalla legge; 
e, in particolare, come tali non possono essere revocati 
o modificati dall'autorit�. giudiziaria in base 
all'art. 4 legge 20 marzo �1865, n. 2248 allegato F. 

Per costante giurisprudenza alla rev')ca e alla 
modifica � sempre stata equiparata la sospensione. 
� evidente, che infatti, che se l'.A. G. potesse 
disporre la sospensione di un atto amministrativo, 
opererebbe una revoca sia pure temporanea, in 
quanto la sospensione non pu� non risolversi in 
una paralisi dell'efficacia dell'atto amministrativo 
stesso, che diverrebbe, quindi, inidoneo a produrre 
quegli effetti, in quel tempo e con quella modalit�. 
che la P. .A. ha stabilito nella sua emanazione. 


Data, quindi, la natura di atto amministrativo 
dei D. M. sopra richiamati, e data la preclusione 
per il giudice ordinario di modificare, revocare e 
sospendere un atto della P. A., consegue che un 
provvedimento di natura cautelare verrebbe a 
revocare temporaneamente la gestione Enalotto 
e ad incidere in definitiva, sull'efficacia dell'atto 
di concessione. 

N� giova al ricorrente limitare la sua domanda 

di sequestro alle schedine e ai proventi del gioco. 

Oon il sequestro delle schedine si paralizzerebbe 

di fatto la gestione del concorso che non potrebbe 

pi� svolgersi; con il sequestro dei proventi s'impe


derirebbe pure la gestione, intesa nel suo pi� ampio 

significato di amministrazione dei proventi e delle 

spese e di tutto ci� che forma ilpatrimonio dell'ente, 

temporaneamente o definitivamente di sua perti


nenza. 

I proventi, infatti, non sono una partita avulsa 

dalle altre, ma concorrono con le altre, ad una 

equilibrata gestione dell'ente. 

Un sequestro, quindi, finirebbe per scalfire lo 

originario atto di concessione, che, come si � detto, 

� atto amministrativo, e trasformerebbe, quindi, 

inammissibilmente, un giudicato civile in una 

attivit�. amministrativa, con la sostituzione di 

fatto del giudice all'autorit� amni.�r�istratiya._ 

Dalle considerazioni che precedono discende 

che dev'essere dichiarato il difetto di giurisdizione 

dell'autorit�. giudiziaria ordinaria a pronunziare 

sul ricorso. 


-21 

COMPROMESSO ED ARBIRTI -Domanda di arbitrato 
-Notificazione all'Amministrazione dello 
Stato. (Collegio arbitrale, lodo 20 luglio 1959 -Pres.: 
Stumpo; Impresa Rea c. Ministero Poste e Telecomunicazioni). 


.Ai sensi della legge 25 marzo 1958 n. 260 .e dello 
art. 11 T. U. 30ottobre1933, n.1611 le dom.ande di 
arbitrato nei confronti delle .Amministrazioni dello 
Stato, anche ad ordinamento autonomo, si notificano 
a pena di nullit� all e.Amministrazioni stesse nella 
persona del Ministro presso l'Avvocatura Generale. 

Trascriviamo la motivazione in diritto del lodo 

Il Collegio deve esaminare due questioni preliminari 
rilevabili di ufficio: la prima relativa alla 
notifica della domanda di arbitrato; la seconda 
relativa alla propria competenza. 

Tali eccezioni attengono entrambe alla sussistenza 
di un presupposto processuale, e cio� di una 
delle condizioni necessarie perch� questo Collegio 
possa emettere una qualsiasi decisione (favorevole 

o sfavorevole) sulla domanda. 
Ma, nell'ordine logico; l'esame della questione 
concernente la validit� o nullit� della predetta 
notifica deve avere la precedenza in quanto attiene 
alla instaurazione del procedimento arbitrale. Se, 
infatti, tale procedimento non � stato validamente 
istituito � precluso al Collegio l'esame diognialtra 
questione di rito, oltre che, ovviamente, del merito 

,della controversia. 
Com'� noto, l'art. 2 della legge 25 marzo 1958, 

n. 260, ha abrogato l'art. 12 del Testo unico delle 
norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, 
approvato con R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
secondo cui per i giudizi innanzi agli arbitri le notificazioni 
andavano fatte direttamente presso le 
.Amministrazioni. 
L'art. 1 della legge stessa, sostituendo il primo 

comma dell'art. 11 dell'anzidetto Testo unico, ha 

disposto che gli atti istitutivi dei giudizi che si 

svolgono innanzi agli arbitri � devono essere noti


ficati alle .Amministrazioni dello Stato presso l'Uf


ficio dell'Avvocatura dello Stato, nel cui distretto 

ha sede l'autorit� giudiziaria innanzi alla quale � 

portata la causa, nella persona del Ministro com


petente�. 

Poich� l'impresa ing. Rea ha, invece, notificato 

la domanda di arbitrato direttamente all'Ammi


nistrazione appaltante, nella persona del Ministro 

pro-tempore, la notifica � affetta da nullit� rilevabile 

anche d'ufficio (art. 11, ultimo comma, Testo unico 

citato). 

Non vale obbiettare, come fa l'Impresa nelle 

sue memorie ed ha.ripetuto nell'udienza didiscus


sione, che la nullit� non pu� essere dichiarata, 

perch� la notifica � avvenuta � nella forma solenne �, 

e perch�, comunque, l'atto avrebbe raggiunto lo 

scopo cui era destinato; riferendosi, con questo 

ultimo rilievo, implicitamente all'art. 156, ultimo 

comma, del codice di procedura civile. 

La norma di legge violata ha carattere cogente, 
e la nullit� comminata dall'art. 11, ultimo comma, 
del predetto Testo unico � da ritenersi assoluta 
ed insanabile. 

Tale nullit� sussisterebbe, perci�, anche se la 
notifica avesse raggiunto il suo effetto, ovvero 
se si potesse riconoscerealla comparizione, a titolo 
personale. dell'Avvocato dello Stato il valore di 
costituzione dell'Amministrazione appaltainte. lp. 
tali sensi � la costante giurisprudenza (posteriore 
all'entrata in vigore del vigente C. p. c.) della 
Corte Suprema di Cassazione (v., da ultimo, Sezioni 
Unite, Cassazione 21 febbraio 1954, n. 494, in 
Causa FF. SS. c . .Alessi). 

� da rilevare, inoltre, che -mentre la legge 
1958, n. 260, ha provveduto ad eliminare le cause 
di nullit� degli atti giudiziali, dipendenti da errore 
di identificazione dell'organo investito della rappresentanza 
della P . .A. -nessuna nuova disposizione 
ha emanato in ordine alla nullit� prevista dallo 
art. 11, ultimo comma, del Testo unico 1933, 

n. 1611 (Cassazione civ., 16 febbraio 1959; Leonetti 
c. Finanze, Rep. Foro It. 1959, 87; id. 12 marzo 
1959, Broccoletti c. Ufficio del Registro, Firenze 
Re. Foro It. 1959, 131). 
Pertanto, la domanda di arbitrato proposta 
dall'Impresa ing. .Augusto Rea con atto indata 
30 agosto 1958 � improduttiva di effetti giuridici 
nei confronti dell'Amministrazione convenuta. Ne 
consegue che questo Collegio, � carente di ogni 
ulteriore potest� di cognizione in rito e in merito. 

DEMANIO -Passaggio a livello privato -Servit� di 
passaggio su strada ferrata -Insussistenza -Natura 
giuridica dell'interesse. (App. Catania 6 giugno 1957 
-Pres.: Smiroldo; Pst.: Torresi -Occhipinti c. 
Ferrovie dello Stato). 

Non � configurabile nel nostro ordinamento una 
servit� a favore di fondi privati su beni demaniali; 
pertanto il proprietario della strada attri:i.versata 
dalla ferrovia, non ha alcun diritto di godimento 
sul passaggio a livello, ma solo un interesse semplice. 

La Oorte ha rigettato la domanda riconoscendo, 

da un canto, il potere dell'Azienda di adottare il prean


nunciato provvedimento, e negando d'altro canto l'esi


l'esistenza del diritto fondamentale asserito dallo 

attore. 

Sul primo punto, si � uniformata all'indirizzo 
giurisprudenziale che interpreta il comma 40 dello 
art. 10 legge 30 giugno 1906, n. 272. (�I passaggi 
a livello privati possono essere muniti di chiusura 
con chiave, da tenersi in consegna dall'utente sotto 
la sua responsabilit��) nel senso che la norma 
attribuisce all'Amministrazione �il potere di riversare, 
in ogni tempo, l'onere della custodia e la relativa 
spesa, nonch� la relativa responsabilit�, a 
carico dell'utente del passaggio a livello privato, 
derivandogli tale potere da una espressa norma 
di legge. . . . Si volle evidentemente con tale norma 
alleviare il grave peso posto a carico della pubblica 
amministrazione di provvedere alla custo.(lii;ii dei 
numerosissimi passaggi a livello su strade private _ 
lungo la intera rete ferroviaria e, sopratutto, la 
si volle esimere dalla enorme responsabilit� inerenti 
alla custodia, trasferendola dalla pubblica aromi 
nistrazione all'utente �. 


-22 


Questa interpretazione fu fissata dalle Sezioni 
Unite della Cassazione di Roma con sentenza 19 febbraio 
1918 (in Giur. It. 1918, I, 308 e in .Acque e 
Trasp. 1918, 106 con nota ad. di MATTEUCCI; conforme 
la sentenza delle stesse Sezioni Unite, 4 �aprile 
1918 in id. 573; nello stesso senso si erano pronunciate 
le magistrature di� merito: Appello Catanzaro, 
1� agosto 1916, in Foro It., 1917, 90; Appello Brescia, 
5 dicembre 1916 in id. 1917, I, 277; Tribunale 
Salerno, 17 aprile 1917, in Rep. Foro-It. 1917, v. 
Ferrovie, nn. 66 e 67). 

In questa sentenza della Cassazione di Roma � 
l'affermazione che lo sbarramento del passaggio a 
livello, in caso di rifiuto dell'utente ad assumerne la 
custodia, costituisce. manifestazione del potere di 
polizia ferroviaria, che l'Amministrazione pu6 attuare 
�auct9ritate propria senza dover ricorrere all'autorit� 
giudiziaria in via� penale, elevando contravvenzione
�. 

� da avvertire che la norma in esame si applica 
alle ferrovie �principali� (comma 1�, dell'art. 10 
ed art. 1, Legge 30 giugno 1906, n. 272); ossia, 
al presente, a ferrovie esercitate direttamente dallo 
Stato. 

Pi� rimarchevole, nella sentenza in esame, � l'affermazione 
compendiata nella massima. 

Non sussiste -vi si dice -�un diritto soggettivo, 
da far valere contro la P . .A., avente per 
oggetto. . . . �il libero e sicuro transito, in qualunque 
ora di giorno e di notte � attraverso il passaggio 
a livello de quo, con il solo limite dell'attesa nella 
imminenza del passaggio dei treni. . . . Ben � vero 
che, a norma dell'art. 229 della legge 20 marzo 1865, 
allegato F, sui lavori pubblici, spetta alla pubblica 
Amministrazione di � ristabilire in convenienti 
condizioni di comodit� e sicurezza, a proprie spese 
tutte le comunicazfoni pubbliche e private, che 
dalle opere della sua impresa rimanessero interrotte
�. Da tale obbligo dalla legge posto a carico 
della P. .A. non sorge, per�, a favore del privato 
alcun diritto di godimento del passaggio a livello, 
n� tanto meno un diritto avente natura reale, un 
diritto, cio�, di passaggio attraverso la strada 
ferrata, che si atteggi quasi ad un ius in re aliena 
non essendo configurabile, nel sistema del nostro 
diritto, la esistenza di una servit� a favore di fondi 
privati gravante su di un bene demaniale, quale 
indubbiamente � la strada ferrata di propriet� 
della .Amministrazione delle ferrovie dello Stato 
(art. 822 e 823 c. c.). Solo, infatti, in via di eccezione 
e � nei limiti � stabiliti dalle leggi speciali, possono 
i beni che fanno parte del demanio pubblico formare 
oggetto di godimento da parte di terzi, ma ci� 
mediante concessione amministrativa a carattere 
prettamente personale, per sua natura essenzialmente 
revocabile, e sempre che tale godimento non 
sia incompatibile con le esigenze dell'uso pubblico 
cui il bene � destinato �. 

E, dopo aver richiamato il cennato concetto che lo 
sbarramento del passaggio a livello, in caso di rifiuto 
dello utente, � sanzione di polizia ferroviaria (rectius, 
demaniale; art. 823� O. c.), esclude comunque la 
applicabilit� delle norme sull'espropriazione P. U., 

invocate dall'attore, in quanto; �La eventuale abolizione 
del passaggio non si risolverebbe, infatti, 
� nella perdita o nella diminuzione di un diritto � 
mai sorto in favore dell'Occhipinti (art. 46a legge 
25 giugno 1865, n. 2359), ma, se mai, nella privazione 
di una semplice utilit�, sulla quale lo stesso 
Occhipinti non avrebbe nemmeno acquisito alcun 
diritto (art. 460, legge cit.) �. 

La giurisprudenza aveva gi� avuto occasione di 

affermare che il privato non ha azione per chiedere 

il ripristino di un passaggio a livello soppresso dalle 

FF. SS. per ragioni di sicurezza (Appello' Milano 

12novembre1926 in Ferrovie It., 1926, 207; Appello 

Venezia 9 gennaio 1930 in id. 1930, 94); neanche 

nel caso di interclusione del fondo: Sezioni. Unite 

13maggio1935, n.1799 in Giur. It., 1935, I, 1,630). 

Quest'ultima sentenza riconosce che il bene dema


niale non � assoggettabile a servit� di passaggio 
necessario . .A fortiori ci6 vale per le servit� prediali 
(private), in genere. Fra i due istituti vi � incompatibilit�: 
� nell'essenza della demanialit� il potere 
dell'ente titolare di far cessare autoritativamente 
ogni uso (eccezionale) del bene da parte di un privato, 
allorch� ritenga quell'uso in contrasto con la destinazione
� primaria del bene; onde non pu6 sussistere, nei 
�confronti dell'ente pubblico cui il bene appartiene, 
quell'assolutezza e soprattutto quella pienezza di 
tutela che sono nell'essenza deldiritto reale, e della 
servit� in particolare (v. BRANCA, sub art. 1306, 

n. 2, in Commentario Scialoja). . 
La sentenza in esame, per altro, afferma che al 
privato non pu6 riconoscersi n� un diritto avente 
natura reale ossia una servit�, n�, pi� generalmente, 

�alcun diritto di godimento del passaggio a livello �. 

Cio implica che la Corte ha interpretato l'art. 229 

legge sui LL PP. (il quale, come si � visto, prescrive 

che, costruendosi una strada ferrata pubblica, si 

debbono ristabilire �tutte le comunicazioni pubbliche 

e private�, nonch� tutti i corsi d'acqua) nel senso 

che esso sancisce, nei riguardi della P. A., non pro


priamente obblighi, ma �doveri a tutela di interessi 

generali (non alterare il regime delle acque, non 

sminuire in alcun modo la efficienza della rete di 

comunicazioni ordinarie); doveri, cio�, che non 

entrano, come elementi passivi, in rapporti giuridici 

nei quali si trovino, come correlatum, altrui diritti 

soggettivi. Ammesso cio, l'interesse del singolo (lo 

utente di strada privata) all'osservanza di un siffatto 

dovere pu6 risultare differenziato, per particolare 

intensit�, rispetto a quello della generalit�, ma rimane 

un interesse semplice. 

Dal disconoscimento di un diritto del privato al 

godimento del p. l. ci sembra derivi la impossibilit� 

di costruire l'obbligo di custodia del medesimo,. di 

cui alla sopracitata giurisprudenza, come onere 

(che divenga efficiente se e quando l'Amministrazione 

ne richieda l'adempimento); doversi invece pensare 

ad un obbligo nascente da un rapporto ordinatorio, 

nel quale la legittimazione passiva sarebbe data dalla 

relazione con una cosa, ob rem (la dt,finizione di 

�utenti di strada privata �come � quelli che ne fanno. 

uso per recarsi alle loro propriet� �, si argomenta 

dagli art. 51 a 54 Legge sui LL. PP.). 

VINCENZO O.A.SCINO 


-23 


FALLIMENTO -Richiesta di insinuazione di credito d'imposta 
in via privilegiata nel giudizio di 1 grado, 
e successiva richiesta di collocazione in sede chirografaria 
in grado d'appello -Non costituisce domanda 
nuova. (Corte Appello di Bologna, 16 febbraio 1960 
-Pres.: Narella; Est.: Sbrocca -Finanze c. Fallimento 
Ditta Mori). 

�L'Amministrazione delle Finanze pu� ben 
chiedere, in sede di appello la ammissione di un suo 
credito d'imposta al passivo chirografario del 
fallimento, dopo averne chiesta l'ammissione in 
sede privilegiata nel giudizio di 1 grado, perch� 
la richiesta non pu� ritenersi domanda nuova �. 

Si legge nella motivazione testualmente: 

�In linea di principio, non costituisce domanda 
nuova quella che non importi una modificazione 
del fatto giuridico posto a fondamento della pretesa, 
non deducendosi nuovi elementi che immutino il 
fatto costitutivo del diritto vantato, e che non 
aggiunga o sostituisca al bene della vita controverso 
in primo grado, un diverso oggetto della 
pretesa�. 

In particolare, dottrina e giurisprudenza (ANDRIOLI: 
Commento C. p. c., ed. III, pag. 452-53, 
val. II) si rifanno al principio dell'assorbimento, 
per cui non pu� considerarsi nuova una domanda 
di appello che era gi� implicita in quella di I grado, 
nel rapporto dell'intero rispetto alle parti, e del maggior 
contenuto rispetto al minore (conformi; Oassazione 
4 ottobre 1956, n. 3340, DONATI, in Foro Pad., 1956, 

P. I., p. 1332: Oassazione, 7 maggio 1958, n. 1493, 
Arrus-Piras-Oomune di Teleuada, in Foro It., 1959, 
pag. 635 P. I.). 
Pertanto, una insinuazione domandata in via 
priviiegiata contiene evidentemente in s� la domanda 
subordinata di un'ammissione del credito, quanto 
meno in via chirografaria, ove sia negato il privilegio 
speciale. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Promessa di vendita Imposta 
proporzionale. (Appello Caltanissetta 16 febbraio 
1961 -Finanze c. Cannav� -Pres.: Garofalo; 
Est.: Curto). 

Il Legislatore con l'art. 5 della tariffa allegato A 
alla legge del Registro ha inteso riferirsi alla vera e 
propria promessa bilaterale di compravendita 
(contratto preliminare), per cui se esiste il consenso 
sulla cosa e sul prezzo, l'imposta proporzionale � 
in ogni caso dovuta, senza necessit� di stabilire se 
le parti vollero stipulare un contratto preliminare 
ovvero una vendita immediatamente traslativa d�e1 
dominio. 

Segnaliamo l'interessante sentenza della Oorte di 
Appello di Oaltanissetta che, attraverso un'interpretazione 
storica dell'art. 5 della tariffa, allegato A alla 
legge del Registro, in accoglimento della tesi erariale 
si discosta da un orientamento costante circa il regime 
tributario della promessa di vendita e cos� motiva: 

�Carattere preliminare e assorbente ha la questione 
se la tariffa Parte I, allegato A alla legge 
del Registro 30 dicembre 1923, n. 3269, fissata 
all'art. 1, l'imposta proporzionale per le vendite 
di immobili, abbia -con l'assoggettare, nel successivo 
art. 5, alla stessa tassazione le � promesse di 
compravendita se esiste consenso delle parti sulla 
cosa e sul prezzo � -voluto riferirsi precisamente 
al contratto preliminare contenente la sola obbligazione 
di addivenire allafutura stipulazione della 
compravendita. 

� Risolta infatti positivamente la questione, la 
causa risulterebbe senz'altro decisa senza necessit� 
di stabilire se le parti vollero stipulare un contratto 
preliminare ovvero una vendita immediatamente 
traslativa del dominio. 

�Per interpretare la dizione del suddetto art. 5 
non si pu� evidentemente basarsi sulla semplice 
lettera della norma e tener conto della elaborazione 
dottrinaria e giurisprudenziale successiva alla legge 
del Registro, che ha oggi nettamente distinto tra 
preliminare bilaterale e vendita definitiva. Deve, 
invece, aversi riguardo al tempo in cui la legge fu 
emanata. La Suprema Corte, Sezioni Unite, 23 
maggio 1930, in causa Morandini-Barbieri (Riv. 
Leg. Fisc., 1930, 432), rilev� che la tariffa della 
legge del Registro del 1923 fu compilata in un 
momento in cui sia la vendita che la promessa di 
vendita ritenevansi traslative di propriet� (si era 
osservato che un soggetto, promettendo ad un altro 
una prestazione, � gi� obbligato, onde sarebbe 
superfluo fare una seconda volta la medesima promessa). 
Pertanto la Suprema Corte ritenne occorrere, 
per l'applicabilit� dell'imposta proporzionale 
prevista dall'art. 5 della indicata tariffa, che la 
promessa determini l'attuale trasferimento della 
cosa (come quando, racchiudendo gi� gli elementi 
per essere produttiva di una vendita effettiva, contenga 
il patto di futura stipulazione, cos� per la 
necessit� della trascrizione, da farsi in base ad atto 
pubblico o scrittura priv-ata con firme autenticate: 
documentazione successiva, o ritardata, con fun� 
zione ricognitiva -certificativa -o riproduttiva 
del contratto gi� validamente formato). 

� Senonch�, � vero che la Cassazione di Torino, 

con sentenza 6 giugno 1911 (Crosti-Girola, in sinossi 

Giur. It., fase. 289, 80), la Cassazione di Roma, con 

sentenza 11 gennaio 1912 (Gori-Paniccia, in Giu. 

It., 1912, I, 1, 128), e la Cassazione pure di Roma, 

con sentenza 27 agosto 1920 (Farina, in Giur. It. 

1920, I, 1, 934) avevano affermato che, per la 

perfezione della promessa bilaterale di compra


vendita., bastava il consenso sulla cosa e sul prezzo 

e che, in tal caso, la promessa equivaleva alla ven


dita, ma � vero anche che la Cassazione di Roma, 

a Sezioni Unite, con decisione 28 novembre 1921 

(Pres. Mortara, Est. Faggella, P. M. De Notari


stefani -concl. conf. -; vedi Giur. It. 1922, 

11), aveva poi puntualizzato in senso del tutto 

moderno la distinzione tra preliminare .bilate


rale e compravendita, statuendo che il carattere 


differenziale della vendita rispetto alla promessa 

di vendita di. immobili � dato dal fatto che, nella 

vendita, la manifestazione della volont� contrat


tuale ha un contenuto reale, cio� la trasmissione 


-~4 --


del dominio, mentre, con la promessa di vendita, 
il promittente si obbliga soltanto a dare un consenso 
futuro a tale trasmissione, la quale si attua 
unicamente in virt� della nuova e successiva dichiarazione 
di volont�.. 

�E lo stesso criterio ribadiva successivamente 
la Cassazione, con sentenza 14 gennaio 1925 (Morrone-
Soc. Sylos, in Corte Oass. 1925, 465), confermando 
che la promessa contiene solo un'obbligazione 
di fare, poich� in essa � rimandato ad epoca 
successiva il trasferimento della propriet�., mentre 
nella vendita tale effetto si vuole che si verifichi 
attualmente. 

�Non si pu� pensare dunque che gli autori della 
legge del Registro del 1923, non abbiano tenuto 
conto della suddetta precisazione giurisprudenziale, 
gi�. intervenuta fin dal 1921; e anzi, se avessero 
voluto, nello art. 5 della Tariffa, considerare promesse 
a contenuto traslativo, e non solo obbligatorio, 
non avrebbero affatto dettato la norma, in 
quanto, automaticamente, tali negozi sarebbero 
stati compresi nelle ipotesi del precedente art. 1, 
che appunto disciplina il trattamento tributario 
degli atti traslativi. 

�N� si adduca l'improbabilit�. di un' ec�ezione 
inserita nello art. 5 della tariffa, rispetto all'art. 8 
della legge a termini del quale �le tasse sono applicate 
secondo l'intrenseca natura e gli effetti degli 
atti o dei trasferimenti, se anche non vi corrisponda 
il titolo o la forma apparente ȥ.Anzitutto, il citato 
art. 8 fu scritto per regolare i frequenti casi di 
difformit�. tra lo scriptum e il gestum, dandosi 
efficacia prevalente a quest'ultimo, e d'altra parte, 
la tariffa non rappresenta una nuda elencazione di 
aliquote, ma � parte viva della stessa legge, sicch� 
le rispettive disposizioni si integrano e si interpretano 
a vicenda, e la tariffa determina anch'essa il 
debito tributario, non solo nella sua entit�.,ma 
anche nella sua causale. 

�Va invece rilevato che, per la specificazione, 
nello art. 5 della tariffa, della promessa di vendita 
a contenuto obbligatorio, quale negozio distinto 
dalla vendita, di per s� traslativa esisteva un chiaro 
scopo fiscale; e infatti, mentre la promessa stipulata 
dalle parti contiene l'indicazione del reale 
prezzo convenuto, ilsuccessivo atto formale di vendita 
ne indica quasi sempre uno di gran lunga 
inferiore. 

�Ed esisteva altresi la giustificazione tecnica 
della norma. Il legislatore ha considerato che la � 
promessa di compravendita � preordinata al trasferimento, 
e, in vista di questo unico fine utile, il 
solo economicamente apprezzabile, ha fatto astrazione 
dalla circostanza che esso si raggiunge 
attraverso due distinti contratti, aventi contenuto 
giuridico diverso, ed, invece di tassare disgiustamente 
i due negozi, ne ha tassato uno solo, il trasferimento. 
In altri termini: la legge ha prescritto che, 
per l'esazione dell'unica tassa, non si attenda il 
momento in cui il trasferimento avviene, ma che 
essa si esiga sin dal momento nel quale sorge l'obbligazione 
a trasferire. 

� � appena il caso di notare ch'e non poteva 
indurre ad altro avviso il legislatore il fatto che il 
contratto definitivo pu� anche non seguire; ci�, in


fatti se avvenisse, dipenderebbe dalla volont�. risolutiva 
manifestata dalle parti successivamente, e tale 
volont�. risolutiva, secondo i principi che regolano 
il tributo di registro (art. 12 della Legge), non � 
produttiva di effetti fiscali sull'atto che si risolve. 

�Pertanto deve ritenersi che il legislatore, con 
l'art. 5 della tariffa della legge del Registro, intese 
riferirsi alla vera e propria promessa bilaterale di 
compravendita (contratto preliminare). 

�Consegue, nella specie, che l'imposta proporzionale 
� in ogni caso dovuta .......... �. 

L'art. 5 della tariffa allegato .A alla legge sulla 
imposta di Registro (R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269) 
prevede la tassa sui trasferimenti per �le promesse 
di vendita se esiste consenso delle parti sulla cosa e 
sul prezzo �. 

Orbene, malgrado autorevoli opinioni in contrario, 
si d� per scontato che il detto art. 5 assoggetta alla 
imposta proporzionale di trasferimento solo la promessa 
di vendita t1�aslativa di propriet� e non anche 
quella semplicemente obbligatoria, con la quale le 
parti contraenti hanno assunto l'obbligazione di 
addivenire alla futura stipulazione del contratto di 
compravendita, quantunque nello atto stesso fossero 
precisati la cosa e il prezzo. 

Si d� pertanto atto di una interpretatio abrogans 
della norma in questione (v . .AZZA.RITI e GUGLIELMI: 
Le imposte di Registro, ed. 1959, pag. 112). 

Ma una interpretazione abrogativa della legge 
nel nostro ordinamento giuridico non � consentita, 
per cui la questione � stata ancora una volta riproposta 
nella vertenza di cui alla sopra riportata sentenza 
della Oorte di .Appello. 

Si � voluto osservare in quella sede come l'orientamento 
contrario trae il suo punto di partenza da una 
sentenza del Supremo Oollegio (25 marzo 1930, in 
Riv. Leg. Fisc., 1930, 325), peraltro molto antica, 
emanata sotto l'impero del vecchio codice, che non 
regolava la promessa di vendita. 

Per la verit� questa sentenza � stata accolta trionfalmente 
dai contribuenti e seguita tranquillamente 
dalla Oommissione Oentrale (v. tra l'altro Oommissione 
Oentrale 15 maggio 1953, n. 48150 in Riv. 
Leg. fisc., 1954, 974; 25 giugno 1952, n. 37931, in 
Boll. Trib., 1953, 156; 12 febbraio 1951, n. 20475, 
in Riv. Leg. fisc., 1953, 1430; 5 marzo 1952, n. 33693, 
in Giur. imp. reg. e neg., 1954, 217) e da alcune 
decisioni delle magistrature di merito: v . .Appello 
Firenze, 15 febbraio 1955, in Giur. tosc., 1955, 408; 
Tribunale Firenze, 27 febbraio 1956, Giur. It., 1957, 
I, 2 240). 

.Alla citata decisione della Oassazione 25marzo1930, 

hanno fatto seguito le pronunzie 10 febbraio 1931 

(in Riv. Leg. fisc. 1931, n. 9742) 5 marzo 1931 

(ivi 1931, 'li. 9789), 2 luglio 1932 (in Dir. prat. trib., 

1932, pag. 414), 7 aprile 1933(ivi.,1933, pag. 306); 

di recente solo con la sentenza 13 agosto 1948 (in Dir. 

prat. trib., 1949, II, 80) si ha una tamta riconferma, 

senza peraltro affrontare il problema ex professo.


Si avverte pertanto la necessit� che la Oorte di Oassa


zione riesamini la questione sotto la luce della pi� 

recente interpretazione in merito ai principi generali 

che regolano il tributo di registro. 


-25 


Non � mancato inoltre che un'autorevole dottrina 
stia mostrando da anni e ad ogni occasione il suo vivo 
disappunto per una interpretazione che le Commissioni 
tributarie hanno dato in onta ad ogni principio 
di ermeneutica. 

Cos� il RASTELLO : Il Tributo di Registro, ed. 
1955, pag. 711 e segg., si intrattiene a lungo sullo 
argomento e attraverso una interpretazione letterale, 
logica e storica dell'art. 5 dell� tariffa� conclude: �La 
promessa di vendita pura e semplice � soggetta al 
tributo previsto per la vendita, quando ricorre il 
consenso delle parti sulla cosa e sul prezzo, perch� 
tale contratto deve necessariamente sfociare nella 
vendita, e quando la vendita non viene posta in essere 
ci6 dipende da una ulteriore manifestazione di volont� 
con. effetto risolutivo, la quale non � idonea a modificare 
la tassazione della promessa �. 

La bont� e l'autorit� degli argomenti hanno finalmente 
ottenuto il pieno riconoscimento in sede di 
Commissione Centrale, che di recente ha mutato 
orientamento; ora si attende che la Suprema Corte 
si esprima sull'argomento, e con una decisione, che 
tenga conto delle moderne vedute e interpretazioni, si 
sostituisca alla vecchia e sorpassata sentenza del 1930. 

La Commissione Centrale, dunque, con la decisione 
27 febbraio 1958, n. 2368 (in Foro It., 1959, III, 211), 
ha finalmente detto che �La promessa di vendita � 
soggetta alla imposta proporzionale di registro 
anche se abbia contenuto obbligatorio �. 

Questa perspicua pronuncia non ignora i precedenti 
contrari a proposito della distinzione tra 
effetti reali e obbligatori della promessa di vendita 
e cos� dice: 

�La Commissione Centrale, per�, dopo attento 
esame, non ritiene giustificabile siffatta distinzione 
perch� non solo non � scritta nella legge, ma non 
� neanche reperibile nella ratio della legge stessa �. 

E questo principio � stato successivamente ribadito 

dalla stessa Commissione Centrale con una serie 

di altre pronunoie (v. Commissione Centrale 21 mar


zo 1958, n. 3502 inedita). 

D'altra parte l'opinione contraria non pu6 pi� 

reggersi, anche perch� in contraddizione con i principi 

informatori della legge di Registro. 

Invero, come ha ribadito la Corte di Cassazione 
nella motivazione della sentenza 10 luglio 1954 (in 
Giur. It., 1955, I, 650) �secondo laleggedi registro, 
il fatto giuridico che determina il sorgere del rapporto 
di imposta non �, infatti, il trasferimento di 
un bene o l'assunzione di una obbligazione, mala 
stipulazione di un atto di vendita, di permuta o di 
mutuo. Ci� che conta � unicamente l'esistenza di 
un atto�. 

Infatti si dice comunemente che l'imposta di regi


stro � imposta di atto e non di trasferimento. 

Insomma il fatto cui la legge del registro ricollega 

il sorgere del rapporto di imposta non � gi� il trasfe


rimento di un bene o l'assunzione di una obbligazione, 

quanto bens� la stipulazione del relativo negozio 

giuridico: � l'atto della stipulazione che � colpito, 

divenendo indifferente, ai fini della legge del registro 

se la convenzione sia valida o meno, se le parti daranno 

esecuzione o meno (v. art. 11 e 12 L. R.). . 

Perci�, una volta ohe un atto stipulato tra le parti 

per la intrinseca natura (art. 8 L. R.) viene considerato 

promessa di vendita, come tale deve esseretassato, 
senza ulteriormente indagare sugli effetti di esso. 

Il fisco non pu6 tener conto di elementi estrinseci o 
della diversa intenzionalit� delle parti e tanto meno 
del modo di esecuzione prescelto dalle stesse; (Cassazione 
29 maggio 1942, n. 1498, in Giur. Imp. reg. e 
neg., 1943 n. 18, col 63). 

Infine, �una ricerca dell'Ufficio sul :fine ultimo 
economico giuridico che le parti hanno voluto raggiungere 
con l'atto, al :fine di determinare la tassa 
di registro in relazione a questo fine, mentre da 
nessuna disposizione di legge � prescritto, � contrario 
a quel criterio di certezza, che deve presiedere 
alfa identificazione del contenuto giuridico 
degli atti�: cos� dice nella sua motivazione la Cassazione 
nella sentenza 19 agosto 1947, n. 1538 (in Giur. 
Imp. dir., 1948, n. 103, col 374). 

Ora se il tributo colpisce l'atto e non il fine ultimo 
economico che le parti hanno voluto raggiungere, 
come si pu6 giustificare il principio secondo cui per 
tassare una promessa di vendita bisogna considerare 
se le parti abbiano o meno voluto il trasferimento 
del bene Y 

Evidentemente la sentenza della Cassazione del 
1930 � in aperta contraddizione con i principi enunciati 
dalla stessa Corte Suprema nelle recenti citate 
pronunzie, e, sotto quale aspetto si voglia considerare 
la questione, non ci si pu� discostare dalla conclusione 
che arbitraria � la distinzione, agli effetti 
tributari, tra promessa di vendita non efficacia obbligatoria 
e promessa di vendita con efficacia traslativa. 

GIUSEPPE STIPO 

IMPOSTE E TASSE� Imposta di successione� Quote 
ereditarie spettanti ai figli naturali non riconosciuti 

o non riconoscibili � Aliquote di cui alla legge 19 
gennaio 1942, n. 23 -Non competono ai figli adulterini 
che usufruiscano �di uno stato di filiazione 
legittima. (Corte di Appello di Napoli, Sezione I, 
9 luglio -22 dicembre 1960 -Pres.: Caristo; Est.: 
Tafuri; ricorso Longobardi Nicoletta Anna). 

Il :figlio adulterino, che usufruisce dello stato di 
:figlio legittimo per il mancato esercizio dell'azione 
di disconoscimento da parte del marito della madre, 
non pu� anche pretendere di godere delle aliquote 
determinate dalla legge 19 gennaio 1942 n. 23 per 
le quote ereditarie spettanti ai :figli naturali non 
riconosciuti o non riconoscibili, nel caso in cui vengano 
a lui trasferiti mortis causa i beni del genitore 
naturale. 

La Corte di Appello di Napoli, adita in sede di 
ricorso avverso il provvedimento dei Primi Giudici, 
conferma la esatta decisione gi� emessa in merito 
dal Tribunale di Napoli in data 15 gennaio 1960, 
e pubblicata in questa Rassegna (1959, 151), con 
ampia nota di commento, e in Foro padano (1960, 
I, 896), osservando che la doglianza della reolurnante 
Longobardi non merita accoglimento. 

Ed invero � occorre premettere che, per adeguare 
la legislazione :fiscale alle innovazioni introdotte 
nel vigente codice civile in favore dei :figli naturali 


-26 


non riconosciuti o non riconoscibili, vennero adottate 
le disposizioni di cui alla legge 19 gennaio 1942, 

n. 23. Propriamente, in virt� dell'art. 1, le aliquote 
speciali delle imposte devono essere senz'altro 
applicate quando la paternit� o la maternit� risulti 
indirettamente da sen,tenza civile o penale, ovvero 
dipenda da un matrimonio dichiarato nullo; oppure 
quando, risultando da non equivoca dichiarazione 
scritta dei genitori, esista una sentenza di condanna 
agli alimenti nei loro confronti, ovvero altra sentenza 
che abbi.ai riconosciuto i diritti successori 
spettanti in qualit� di figli naturali non riconosciuti 
o non riconoscibili. 
�Altrimenti, prescrive l'art. 2, per ottenere il 
trattamento tributario di favore i figli naturali non 
riconosciuti o non riconoscibili, dei quali la filiazione 
risulti da non equivoca dichiarazione scritta 
dei genitori, devono provocare dal tribunale del 
luogo dell'aperta successione apposito decreto. 
Ora non pu� revocarsi in dubbio che, per realizzare 
l'intento di adeguamento dal legislatore perseguito, 
le provvidenze in esame debbano� coordinarsi con 
l'ordinamento dettato in tema di filiazione: e quindi 
subito traspare che il campo di applicazione di 
quello non possa estendersi a soggetti i quali gi� 
beneficiano di piena tutela, come che in possesso 
dello stato di figlio legittimo o naturale riconosciuto. 
Nel sistema vigente � noto che sono proibite le 
indagini sulla paternit� nei casi di filiazione incestuosa 
o adulterina (art. 278 c. c.); tuttavia in questi 
casi ed in quelli in cui non possa pi� proporsi 
l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternit�, 
il figlio naturale pu� agire per ottenere gli alimenti, 
qualora la paternit� o la maternit� risulti indirettamente 
da sentenza civile o penale, o da non 
equivoca dichiarazione scritta dei genitori, o dipenda 
da un matrimonio dichiarato nullo (art. 279 

C. c.). 
��Intanto, in forza dell'art. 593 C. c., � conferita 
ai fini naturali non riconosciuti la capacit� di ricevere 
per testamento; mentre, nelle successioni ab 
intestato, a norma dell'art. 580, agli stessi � attribuito 
il diritto ad un assegno vitalizio. � parso 
perci� conveniente che, allorquando il rapporto di 
filiazione risulti in uno dei modi elencati sub 1, 2 e 3 
dell'art. 279 C. c., le trasmissioni persuccessione 
legittima o testamentaria da parte dei genitori a 
favore dei figli naturali non riconosciuti o non 
riconoscibili siano assoggettate ad uno speciale 
sistema di tassazione che, lungi dal considerare 
costoro quali �estranei �, li accosti alla situazione 
dei legittimi, con la determinazione di aliquote 
speciali. Ma, presupposto logico affinch� siano operative 
le disposizioni di questo benevolo trattamento 
tributario, � che il destinatario sia privo, 
dinanzi alla legge, di uno stato di filiazione, appartenga 
cio� alla categoria derelitta, frutto della 
colpa dei loro genitori, dei � figli naturali non riconosciuti 
o non riconoscibili�. 

�Solo ad essi, rispetto a coloro che li generano, 
� garantita un'imposta di successione, meno gravosa 
di quella applicabile tra gli estranei e pi� 
elevata di quella a cui � assoggettata la prole legit


, tima, 
in sintesi pi� adeguata alla singolare situazione 
nella quale. sono posti dalla legge. Sarebbe 

perci� incoerente ed ultroneo che colui il quale 
usufruisca di paternit� legale ed � quindi assistito 
nel suo stato da tutela piena, privilegiata, possa 
beneficiare nel contempo di quello speciale regime, 
facendo valere, ai fini .tributari,.. la situazione di 
figlio illegittimo, nonostante il possesso a tutti 
gli effetti di uno stato di figlio legittimo. Siffatta 
coesistenza non pu� non essere ripudiata nell'ordinamento 
giuridico per la contra.dizione che non lo 
consente. 

� Infine non � valida, risolvendosi in sostanza 
in mera petizione di principio, l'obiezione della 
reclamante che il trattamento tributario di favore, 
essendo senz'altro concesso senza bisogno di apposita 
declaratoria qualora la paternit� risulti da 
sentenza civile o penale, non potrebbe negarsi al 
figlio legittimo, per il quale indirettamente risultasse 
la paternit� biologica, adulterina o incestuosa. 
Imperocch�, come sopra � chiarito, il presupposto 
che i destinatari del beneficio de quo agitur siano 
privi di uno stato di filiazione delimita in origine 
la sfera di applicazione della citata legge in tutti i 
casi, anche in quelli previsti dall'art. 1 �. 

La Oorte di Appello di Napoli modifica poi il 
provvedimento dei Primi Giudici solo in merito alle 
spese di giuilizio, in quella sede invece negate, osservando 
che �non osta all'applicazione del principio 
generale della soccombenza il carattere singolare 
del procedimento, regolato dalla.legge citata, snello 
e scevro dalle formalit� di procedura a carattere 
inquisitorio, che si conclude con provvedimento 
in camera di consiglio �. E ci6 perch� �la natura 
contenziosa, negata dal Tribunale, � invece chiaramente 
dimostrata dalla instaurazione del contraddittorio, 
mediante invito dell' .Amministrazione finanziaria 
a presentare deduzioni e richieste, nonch� 
della sua partecipazione ad assistere alla eventuale 
istruttoria �. 

Vale qui in merito porre in luce -lo osserva il 
Crou: La filiazione, Torino 1951, pag. 3, -che 
�il valore peculiare del titolo di stato sta in ci6 che, 
la persona non pu6 normalmente far valere il proprio 
stato ed i diritti che ne derivano, se non in quanto ne 
produca il titolo; e che chiunque � tenuto a considerare 
come legalmente esistente lo stato che risulta dal 
titolo; s� che non si pu6 dal figlio o contro di esso 
far valere uno stato diverso se non in quanto si contesti 
il titolo, che dovr� essere eliminato o modificato �. 
E del principio -che anche a noi sembra esattissimo 
-il Tribunale prima, e la Oorte di Appello 
ora, con le decisioni indicate fanno anch'essi in 
sostanza esatta applicazione. Nella �annotazione � 
al provvedimento di primo grado (in questa Rassegna, 
1959, 151) anchenoi facevamo rilevare -pur 
dandoci pero ivi carico di dimostrare come il rimedio 
non fosse nella specie assolutamente esperibile che 
la Longobardi Nicoletta Anna, per potersi avvalere 
ai fini invocati della condizione di figlia adulterina 
del testatore, avrebbe avuto l'obbligo .ai. contestare il 
suo stato di figlia legittima, perch� la pretesa di e8$er~ 
ad un tempo figlia legittima e figlia adulterina avrebbe 
integrato gli estremi di un assurdo giuridico. 

E la nostra giurisprudenza ha avuto anche altre 
volte occasione di fare applicazione dell'indicato 


-27 


principio: negando che si potesse proporre azio1!'e 
per alimenti ex art. 193 O. c. del 1865, nel caso in 
cui dall'atto di nascita il figlio risultava legittimo, 
nonostante che le parti in causa fossero invece d'accordo 
sulla adulterinit� esulla sussistenza dell'obbligo 
alimentare, ma solo disputassero sulla misura degli 
alimenti (Tribunale di Roma, 17 gennaio 1930, 
Giur. It. 1930, I, 2, 271); escludendo, nella stessa ipotesi 
ora prospettata, che il figlio potesse proporre 
azione alimentare contro il preteso padre naturale 
(Oassazione 18 novembre 1930, Foro. It., rep. 1930, 
voce Filiazione, n. 15); escludendo la possibilit� di 
eccepire che il figlio riconosciuto fosse invalidamente 
rappresentato in giudizio dal padre, perch� 
adulterino (Oassazione 11 giugno 1932, Giur. It. 
1932, I, 1, 1032); escludendo che in nome di un figlio 
legittimato per susseguente matrimonio potesse. proporsi 
azione alimentare contro un preteso diverso 

padre (Appello Bologna 28 aprile 1933, Temi emil. � 
1933, 244). 

Traendo spunto dalla fattispecie sottoposta alla 
valutazione del Magistrato, e commentando il provvedimento 
del Tribunale (in questa Rassegna, 1959, 
151), ci chiedevamo se la Longobardi Nicoletta Anna, 
concepita dalla D'Antuono Annunziata, non pero 
ad opera del marito Longobardi Giuseppe ma di 
tal Dello Joio Luigi, e denunziata allo stato civile 
come figlia legittima della madre D'Antuono Annunziata 
e del di lei marito Longobardi Giuseppe, senza 
che da parte di quest'ultimo venisse esercitata azione 
di disconoscimento, si fosse dovuto necessariamente 
denunziare a quel modo, senza quindi essersene potuto 
invece fare comunque denunzia come di figlia naturale 
del Dello Joio Luigi e di donna che non consentisse 
di essere nominata. E questo interrogativo ci 
dava la possibilit� di esaminare la fondatezza o meno 
della decisione delle Sezioni Unite della Oassazione 
penale in data 30 maggio 1959 (Foro It. 1959, II, 
201), ove, innovandosi alla pacifica precedente giurisprudenza, 
si � creduto di potere affermare che �la 
denunzia all'ufficio di stato civile di un infante, nato 
dalla� relazione adulterina tra una donna coniugata 
ed un uomo non vincolato da matrimonio, come figlio 
di quest'ultimo e di madre ignota, non costituisce 
reato di alterazione di stato �. E siamo insorti avverso 
la detta decisione, peraltro confermata successivamente 
da quella, pure a Sezioni Unite, 27 febbraio 1960 
(Giust. pen. 1960, II, 673), e poi con pi� ampia 
valutazione del problema (Presunzione di paternit� � 
e alterazione di stato, in �Riv. dir. civ. �, 1961, II, 
103) abbiamo ritenuto di dover proclamare che alla 
tesi innovativa della Oassazione va resistito ad oltranza. 


Non � pero da tacersi, e ce ne d� spunto ancora 
la fattispecie in esame, che dal Fiocca -il quale, 
dopo aver da magistrato condannato per soppressione 
di stato una levatrice la quale, pur a conoscenza del 
parto da donna regolarmente sposata, in conformit� 
dei voleri della partoriente aveva presentato all'ospizio 
dei trovatelli della congrega di carit� di Atessa un 
bambino, dichiarandolo falsamente come nato da 
genitori incerti, e dando cos� luogo alla redazione in 
quel modo del relativo atto di n�scita da parte dello 

11,fficio di stato civile, sosteneva poi su piano dottrinario, 
a seguito di ulteriore meditazione del problema 

(Se costituisca reato il fatto di chi denunzia allo 
ufficio dello stato dvile come nato da genitori 
incerti un infante adulterino di cui egli conosce 
la madre, in Cass. unica, 1900, 1057), la tesi contraria 
-si giunge ad affermare che �il pretendere 
che nell'atto di nascita si dichiari, contrariamente 
al vero, per legittima la prole che si sa ed � provato 
essere adulterina, � pretendere in sostanza la falsit� 
in atti pubblici la cui finalit� � l'accertamento 
del vero. N� si dica che i dichiaranti dovrebbero 
in quell'atto limitarsi semplicemente a dire che la 
prole � nata da persona coniugata, facendone i 
nomi senz'aggiungere altro in omaggio alla presunzione 
di legittimit� stabilita dall'art. 159 C. c. 
(del 1865, ora art. 231), perch� ci� sarebbe una 
reticenza, la quale moralmente e giuridicamente 
fa tutt'una cosa con la falsit��. 

Ai poco esperti ed ai superficiali verrebbe infatti 
di pensare che l'avvenuta denunzia della Longobardi 
Nicoletta Anna come figlia della madre D'Antuono 
Annunziata e del di lei marito Longobardi Giuseppe, 
invece che -in quanto adulterina -come figlia 
naturale del Dello Joio Luigi e di madre ignota, 
abbia in effetti anche integrato gli estremi di un'alterazione 
di stato, nella cui figura delittuosa incorre 

�chiunque, nella formazione di un atto di nascita, 
altera lo stato civile di un neonato, mediantefalse 
certificazioni, false attestazioni o altre falsit�� 
(art. 567 O. p.), e l'alterazione consisterebbe in tal 
caso nell'avere attribuito lo stato di figlio legittimo 
ad un neona"to al quale, in relazione al vero 
biologico, competeva invece lo stato di figlio illegittimo. 


� pero un fuor d'opera anche soltanto pensare 
che possa comunque incorrersi nel reato di alterazione 
di stato, ove si dia esecuzione alla tassativa disposizione 
di legge, di cui all'art. 231 O. c., redatta nel 
senso che �il marito � padre del figlio concepito 
durante il matrimonio �. E potendosi dal marito 
procedere, in casi determinati (art. 233 e 235 O. c.), 
al disconoscimento della paternit� presunta per legge 
a suo carico, la citata norma dell'art. 231 non puo e 
non deve essere intesa nel senso che da donna coniugata 
non possano nascere che figli legittimi, perch� . 
� vero che i figli di detta donna possono essere legittimi 
ed illegittimi, ma la illegittimit� dei figli in quel 
caso puo solo essere acclarata dal Magistrato, con 
tutte le pi� ampie garanzie della indagine e del proc6dimento 
giudiziario che venga promosso in sede di 
disconoscimento di paternit�. Ed � possibile in quel 
caso acclarare il vero, 6 cio� la loro condizione di 
adult6rini, solo attraverso d6tto predisposto mezzo, 
che sottrae la ignara sorte dei figli all'incontrollato 
voler6 dei genitori, i quali diversamente diverrebbero 
arbitri di disporre dello stato di filiazione della loro 
prole, pur se con il rischio di incorrere nel reato di 
alterazion6 di stato, ma p6r il solo caso in cui al figlio 
che � di fatto legittimo si attribuisca uno BU,1,to di 
filiazion6 illegittima. 

GIUSEPPE .A.ZZARITI 


INDICE SIS1,EMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFl,ETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA 

ACQUE PUBBLICHE 

CASSA PER IL MEZZOGIORNO. -Se la Cass� per il 
Mezzogio;rno possa assumere la gestione diretta degli 
acquedotti costruiti a totali'! suo carico (n. 67). 

AGENTI DIPLOMATICI E CONSOLARI 

PERSONALE DIPLOMATICO CONSOLARE -TRATTAMENTO 
ECONOMICO. -Quale sia la data di decorrenza della 
riduzione del 20 % dell'assegno di sede prevista, per i 
funzionari non coniugati, dal secondo comma dell'art. 4 
della legge 4 gennaio 1951, n. 13, sul trattamento economico 
del personale diplomatico-consolare in servizio 
all'estero, nel caso di un funzionario che abbia ottenuto 
una sentenza di annullamento di matrimonio da parte 
di un Tribunale straniero, �� successivamente delibata 
in Italia (n. 6). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

GESTIONI TENUTE PER CONTO DELLO STATO -CESSIONI 
E VENDITE DI GRANO. -1) Se in materia alimentare, 
ed in particolare in materia di cessioni o vendite di grano 
delle gestioni tenute per conto dello Stato, la legge 6 marzo 
1958, n. 199 abbia devoluto �all'Amministrazione 
dell'Agricoltura tutte le attribuzioni che precedentemente 
competevano all'Alto Commissariato dell'Alimentazione 
in virt� del D. L. L. 28 dicembre 1944, n. 411 (n. 24) 

2) Se la citata legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia demandato 
all'Amministrazione dell'Agricoltura la potest,� di 
disporre in via amministrativa, di concerto con le altre 
Amministrazioni interessate, delle eccedenze di grano di 
propriet� dello Stato non assorbite dal consumo interno 

(n. 24). 
AMMINISTRAZipNE PUBBLICA. 

ENTE NAZIONALE IDROCARBURI. -1) Se, ai sensi 
dell'art. 23 della legge 10 febbraio 1953 n. 136, il Ministro 
per l'Industria e il Commercio sia competente in materia 
di espropriazioni e occupazioni di urgenza per tutte le 
opere che l'E. N. I. intenda effettuare, non solo direttamente 
ma anche per mezzo delle societ� indicate nello 
art. 3 della citata legge, in attuazione dei propri compiti 
istituzionali, anche al di fuori della zona di esclusiva 

(n. 250). 
CESSIONE E VENDITE DI GRANO DELLE GESTIONI TENUTE 
PER CONTO DELLO STATO. -2) Se, in materia alimentare, 
ed in particolare in materia di cessioni o vendite 
di grano delle gestioni tenute per conto dello Stato, la 
legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia devoluto all'Amministrazione 
della Agricoltura tutte le attribuzioni che precedentemente 
competevano all'Alto Commissariato d~lla 
Alimentazione in virt� del D. L. L. 28 dicembre 1944, 

n. 411 (n. 251). 
2) Se la citata legge 6 marzo 1958, n. 199 abbia demandato 
all'Amministrazione dell'Agricoltura la potest� 
di disporre in via amministrativa, di concerto con le 
altre Amministrazioni interessate, delle eccedenze di 
grano di propriet� dello Stato non assorbite dal consumo 

(n. 251). 
IMPIANTI TELEFONICI A POSTI PLURIMI DI LAVORO ASSUNZIONE 
DI CENTRALINISTA CIECO. -3) Se la mera 
esistenza di un impianto telefonico a posti plurimi di 
lavoro sia condizione necessaria e suffeciente per il sorgere 
dell'obbligo, sancito a carico delle pubbliche amministrazioni 
e dei privati dall'art. 1 della legge 14 luglio 1957 

n. 594, di assumere in servizio per ogni ufficio, sede o 
stabilimento che sia dotato di centralino telefonico di 
smistamento o di collegamento con pi� di un posto di 
lavoro, un minorato della vista abilitato alle funzioni di 
centralinista (n. 252). 
e 

ISTITUTO INTERNAZIONALE PER L'UNIFICAZIONE DEL 
DmITTo PRIVATO. -4) Se l'Istituto Internazionale per 
l'unificazione del diritto privato sia compreso negli enti 
assoggettati, in virt� dell'art. 5 della legge 28 febbraio 
1949 n. 43, al pagamento dei contributi INA-Casa (n. 253). 

VENDITA DI BENI IMMOBILI A STRANIERI. -5) Se 
possano essere venduti a cittadini ed a persone giuridiche 
stranieri beni immobili di propriet� della Pubblica 
Amministrazione (n. 254). 

6) In ipotesi affermativa, con quali modalit� (n.254). 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

DmITTI DEL PROPRIETARIO DEL FONDO. -1) Se la 
Amministrazione dello Stato abbia il diritto di ottenere 
dal proprietario dei fondi finitimi il passaggio coattiv6di 
cui all'art. 1051 O. c. per accedere ad immobili interessanti 
l'archeologia e le altre categorie di legge quando 
tali immobili risultino interclusi (n. 43). 


-29


2) Se debba pagarsi al proprietario la porzione di 
terreno sulla quale insistono cose immobili di interesse 
archeologico, storico, artistico ecc. di propriet� dello 
Stato (n. 43). 

3) Se al proprietario del fondo nel quale vengono 
rinvenuti immobili di interesse archeologico, storico 
artistico ecc., spetti il premio previsto dagli artt. 44, 46 
e 49 della legge i0 giugno i939, n. 1089 (n. 43). 

4) Se il premio previsto dagli artt. 44, 46 e 49 della 
legge io giugno i939, n. i080 possa intendersi corrisposto 
a tacitazione dei diritti del proprietario sulla porzione 
di terreno sulla quale insistono i beni immobili rinvenuti 

(n. 43). 
5) Se sia possibile l'abbandono al proprietario del 
fondo delle cose immobili di interesse archeologico rinvenute 
quale quota del premio previsto dagli artt. 44, 46 
e 49 della legge io giugno i939, n. i089 (n. 43). 

APPALTO 

CONTRATTI DI FORNITURA. -i) Se l'aggiudicazione 
di una fornitura .a seguito di asta pubblica debba essere 
annullata, nel caso in cui il consenso manifestato dal 
miglior offerente :i:isulti viziato da errore (n. 258). 

2) Se, nel caso in cui l'aggiudicazione di una fornitura 
a seguito di asta pubblica sia stat_a annullata, possa essere 
ammessa ad eseguire la fornitura medesima, in base al 
prezzo. offerto in_sede d'asta, la ditta che aveva presentato 
la seconda offerta in ordine di graduatoria (n. 258). 

AUTOVEICOLI E AUOLINEE � 

REGIONE TRENTINO ALTO-ADIGE. -Se competa al 
Ministero dei Trasporti o alla Regione Trentino AltoAdige 
l'approvazione dei regolamenti comunali in tema 
di autoservizi di noleggio da rimessa (n. 60). 

CACCIA E PESCA. 

CREDITO PESCHERECCIO. -Se il mutuo previsto dalla 
legge 27 dicembre i956, n. i457, istituente un fondo di 
rotazione per l'esercizio del credito peschereccio, sia 
cumulabile con benefici concessi a favore dell'attivit� 
pescher~ccia dalla Cassa del Mezzogiorno e dalle Regioni 
autonome della Sicilia e della Sardegna (n. i6). 

CINEMATOGRAFIA 

ABBUONO DI DIBITTI ERARIALI. -Se l'abbuono del 
2 %previsto dall'art. i5 della legge 3i luglio i956 n. 897, 
si debba concedere limitatamente ai casi in cui siaprogrammato, 
oltre al film lungometraggio e al film nazionale 
di attualit�, un solo film cortometraggio (n. 30). 

CONCESSIONI 

DISTRIBUTORI DI CARBURANTE. -Se sia legittima la 
autorizzazione prefettizia relativa all'impianto di posti 
di rifornimento di carburante su suolo pubblico, emanata 
sulla base di nulla osta concessi dal Comune intuitu 
personae -in deroga all'opposto criterio fin li seguito 
~ a seguito di convenzione obbligatoria stipulata tra 
il Comune stesso e la Societ� erogatrice del carburante 

(n. 65). 
CONFISCA 

E. G. E. L. I. -i) Se i beni confiscati o sequestrati 
a favore dello Stato e attribuiti in gestione all'E. G. E. L.I 
con provvedimenti presi in applicazione delle leggi razziali 
emanate dal sedicente governo dell� repubblica 
sociale italiana (provvedimenti dichiarati inefficaci dallo 
art. i, n. 2, D. L. L. 5 ottobre i944, n. 249) possono 
essere liberamente alienati a favore dello Stato -e 
per esso della Liquidazione E. G. E. L. I. -, nell'ipotesi 
in cui gli interessati non abbiano tempestivamenteesercitato 
l'azione di rivendicazione di cui agli artt. 1 e 2 della 
legge 5 maggio i946, n. 393 (n. 20). 

2) Se l'aliena2lione dei suddetti beni possa essere 
disposta con le modalit� stabilite dalla legge 4 dicembre 
i956, n. i404 (n. 20). 

CONTABILITA GENERALE DELLO STATO 

p ARERE DEL CONSIGLIO DI STATO. -Se, ai sensi 
dell'art. i5 della legge sulla Contabilit� di Stato l'obbligo 
di richiedere il parere del Consiglio di Stato sussista 
anche quando l'Amministrazione ritenga di dover respin." 
gere la richiesta di disapplicazione della clausola penale 

(n. i82). 
COSE RUBATE O SMARRITE 

Se sia applicabile la particolare disciplina di cui agli 
artt. 927 e segg. cod. civ. nel caso in cui un oggetto smarrito 
sia stato rinvenuto nei locali dell'Amministrazione 
dello Stato aperti al pubblico e, inoltre, il ritrovamento 
sia stato effettuato da un dipendente dell'Amministrazione 
medesima (n. 11). 

DANNI DI GUERRA 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -i) Se, nell'ambito 
di applicazione delle norme di cui alla legge 27 dicembre 
1953, n. 968, a coloro che, non avendo alcun obbligo 
di chiedere l'autorizzazione al ripristino del bene danneggiato 
o distrutto da eventi bellici, abbiano effettuato 
senza autorizzazione il ripristino anteriormente all'entrata 
in vigore della legge stessa, spetti il contributo 
previsto nell'art. 23 nella misura integrale oppure quello 
in misura ridotta previsto dall'art. 55 (n. i04). 

2) Se, ai sensi della legge 27 dicembre 1953, n. 968, 
il contributo previsto dagli artt. 23 e 55 spetti anche a 
coloro che non abbiano denunciato il danno anteriormente 
alla ricostruzione dell'opera (n. 104). 

RIPARAZIONI D'UFFICIO. -3) Se l'art. 4i della legge 
27 dicembre i953, n. 968, che sancisce a favore dei proprietari 
di immobili danneggiati dalla guerra e riparati 
d'ufficio dal Genio Civile il diritto alla riduzione a i/3 
della spesa posta a loro carico, sempre che nei loro confronti 
ricorrano le condizioni patrimoniali e di reddito 
previste dal n. i, lettera a) dell'art. 39 della citata legge 
e si tratti � dell'unica casa del danneggiato, destinata ad 
abitazione propria e della propria famiglia >>, trovi' applicazione 
per i proprietari di un immobile costituito da un 
intero fabbricato con un numero notevole di vani, superiori 
alle esigenze famigliari e destinato in parte anche 
a studio professionale del proprietario (n. 105). 


-30


2) Se la riduzione di cui sopra possa essere concessa 
ai proprietari di immobili danneggiati dalla guerra e 
riparati di ufficio dal Genio Civile, che abbiano gi� effettuato 
il rimborso delle spese poste a loro carico prima 
dell'entrata in vigore della citata legge 27 dicembre 1953, 

n. 968 (n. 105). 
3) Se la suddetta riduzione possa essere concessa ai 
proprietari ammessi a pagamenti rateali, talch� alla 
data dell'entrata in vigore della citata legge 27 dicembre 
1953, n. 968 una parte del debito a loro carico sia 
gi� stata versata, e una parte sia ancora dovuta (n, 105). 

DAZI DOGANALI 

BENEFICI DOGANALI LEGGE 17 LUGLIO 1954, N. 522. 1) 
Se il cambiamento di destinazione di una nave originariamente 
di propriet� privata ed immatricolata come 
destinata alla navigazione marittima, alla quale siano 
pertanto stati riconosciuti i benefici doganali concessi 
dalla legge 17 luglio 1954, n. 522, importi ipeo iure la 
perdita di tali benefici e il sorgere dell'obbligazione 
tributaria doganale (n. 17). 

2), Se, in base all'art. 15 della succitata legge 17 luglio 
1954, n. 522, gli stessi effetti si producano in seguito 
al trasferimento della propriet� della suddetta nave dal 
privato titolare originario ad un'amministrazione dello 
Stato (n. 17). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

ALLOGGI INA-CASA. -1) Se, in applicazione della 
legge 26 novembre 1955, n. 1148, sia consentito agli 
assegnatari di alloggi INA-Casa a riscatto adottare il 
sistema della locazione (n. 105). 

ALLOGGI INA-CAsA -AMMINISTRAZIONE. -2) Se 

agli enti incaricati dell'amministrazione di alloggi INA


Casa debba riconoscersi legittimazione ad agire in giu


dizio in nome proprio (n. 106). 

ALLOGGI INA-CASA -NucLEO FAMILIARE. -3) Se 

nel nucleo familiare debba comprendersi, ai fini della 

legge 22 giugno 1949 n. 340, il coniuge legalmente 

separato (n. 107). 

ALLOGGI INA-CASA -RISCATTO ANTICIPATO. -4) 

Se la Qestione INA-Casa, nel caso di riscatto anticipato 

dell'alloggio, possa, avvalendosi del disposto di cui allo 

art. 10, n. 2 del D. P. R. 4 luglio 1949, n. 439, rin


viare la stipulazione dell'atto di vendita dell'alloggio 

alla scadenza dei cinque anni previsti dal D. P. R. 9 apri


le 1956, n. 1265 (n. 108). 

5) Se la Gestione INA-Casa, nel caso di riscatto anti


cipato dell'alloggio, possa limitare, nell'atto di vendita; 

la disponibilit� dell'immobile per il periodo dei cinque 

anni di cui al D. P. R. 9 aprile 1956, n. 1265 (n. 108). 

CONTRIBUTI INA-CAsA -IsT. ,INTERN. PER L'UNIFICAZIONE 
DEL DIRITTO PRIVATO. -6) Se l'Istituto Internazionale 
per l'unificazione del diritto privato sia compreso 
negli enti assoggettati, in virt� dell'art. 5 della 
legge 28 febbraio 1949 n. 43, al pagamento dei contributi 
INA-Casa (n. 109). 

COOPERATIVA EDILIZIA -ASSEGNAZIONE DI ALLOGGI 
PRENOTATI PRESSO L'INA-CASA. -7) Se i provvedidi 
decadenza adottati nei confronti di soci prenotatari da 

parte di una cooperativa edilizia che abbia prenotato 
alloggi a norma dell'art. 8 della legge 26 novembrel955, 

n. 1148, abbiano efficacia vincolante anche per la gestione 
INA-Casa (n. 110). 
8) Se la Gestione INA-Casa per prc:icedere alla assegnazione 
di alloggi prenotati da una cooperativa edilizia 
a norma dell'art. 8 della legge 26 novembre 1955, n. 1148, 
sia tenuta ad attendere l'esito di un procedimento di 
recesso o di esclusione promosso nei confronti di un socio 
prenotatario (n. 110). 

GESTIONE INA-CASA -AsSEGNAZIONE APPARTAMENTI 
-DECADENZA. -8) Se l'assegnatario di un appartamento 
INA-Casa che, dopo aver ricevuto la consegna 
dell'appartamento stesso,, rifiuti di sottoscrivere ilcontratto 
relativo e non paghi le rate di ammortamento per 
tre mensilit� consecutive, possa venir dichiarato decaduto, 
in base al combinato disposto dell'art. 14 terzo 
comma e dell'art. 17 secondo comma della legge 28 febbraio 
1949, n. 43 (111). 

GESTIONE INA-CASA -CONTRIBUTI -PARTECIPAZIONE 
AI BENEFICI CONCESSI DAL PIANO. -9) Se il lavoratore, 
che abbia pagato almeno una mensilit� di contributo 
INA-Casa, come richiede l'art. 13 del D. P. R. 22 giugno 
1949, n. 340, usufruisca dei benefici concessi dal 
piano (assegnazione o cessione di alloggi per lavoratori), 
anche quando si venga a trovare in condizione di non 
partecipare pi� al versamento dei contributi (n. 112). 

ESPROPRIAZIONE -RETROCESSIONE. -10) Se l'Istituto 
Case popolari sia tenuto a retrocedere agli aventi 
diritto i beni espropriati che non furono adoperati per, 
la costruzione di case economiche (n. 113). 

MUTUI EDILIZI. -11) Se gli Enti beneficiari del 
�fondo di rotazione � per Trieste, istituito con legge 
18 ottobre 1955, n. 908, abbiano diritto di fruire del 
contributo erariale pari al tasso di favore del 2,50 % 
sulla somma mutuata (n. 114). 

TERREMOTI. -12) Se i privati danneggiati in seguito 
a terremoto i quali abbiano acquistato il diritto al contributo 
diretto o al sussidio governativo oppure al concorso 
dello Stato nel mutuo di favore per l'acquisto di 
un alloggio economico, possano, incambio del contributo, 
sussidio o concorso dello Stato, acquistare le case costruite 
dallo Stato, ai 'sensi dell'art. 266 T. U. 28 aprile 1938, 

n. 1165, anche nel caso che non abbiano residenza nel 
Comune dove sono situate le case da acquistare,purch� 
non dispongano di alloggio stabile nel Comune dove hanno 
il proprio domicilio (n. 115). , 
ESECUZIONE FISCALE 

RISCOSSIONE'_ COMMISSARIO LILIDATORE. -1) Se 
sia applicabile al commissario liquidatore, nella procedura 
della liquidazione coatta amministrativa, l'art. 265, 
10 comma, T. U. 29 gennaio 1958, n. 645, per il quale i 
liquidatori dei soggetti tassabili in base..a,bilancio che 
non adempiono all'obbligo di pagare, con le attiv!t� 
della liquidazione, le imposte dovute dal soggetto per i 
periodo della liquidazione e per quello anteriore, rispondono 
in proprio del pagamento d9lle imposte stesse 

(n. 56). 

-31


FALLIMENTO -INSINUAZIONE TARDIVA. -2) Se l'esattore 
sia tenuto a proporre insinuazione tardiva nel fallimento 
del contribuente anche quando i ruoli siano a lui 
trasmessi dopo la chiusura della verifica dei crediti (n. 57). 

3) Se, nella stessa ipotesi, l'esattore che abbia provveduto 
all'insinuazione tardiva possa pretendere il rimborso 
delle spese sostenute (n. 57). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

INDENNIT�. -1) Se, nell'ipotesi in cui l'espropriato 
si sia opposto alla determinazione peritale dell'indennit� 
di espropriazione -indennit� depositata presso la 
Cassa DD. e PP. a norma dell'art. 49 legge n. 2359 del 
1865, -e, a seguito del giudizio di opposizione l'indennit� 
venga stabilita in una somma maggiore, l'espropriante 
debba gli interessi su quest'ultima somma dal 
mom�nto dell'occupazione del fondo (n. 161). 

M.AN�CATA COSTRUZIONE CASE ECONOMICHE. -2) 'Se 
l'Istituto Case Popolari sia tenuto a retrocedere agli 
aventi diritto i beni espropriati che non furono adoperati 
per la costruzione di case economiche (n. 162). 

OCCUPAZIONE D'URGENZA, -3) Se, emesso decreto 
di occupazione di urgenza a norma degli artt. 23 legge 
28 febbraio 1949, n. 43 e 73 della legge sull'espropriazione 
per p. u., sia necessario, per procedere all'espro�priazione, 
provvedere alla dichiarazione di pubblica 
utilit�, a norma degli �rtt. 1-15 della legge sull'espropriazione, 
o se possa considerarsi tale dichiarazione 
implicita nel decreto di occupazione di urgenza (n. 163). 

TERRE INCOLTE -INDENNIZZL. -4) Se al concessionario 
di terre incolte completa, in caso di espropriazione 
per pubblica utilit�, l'indennizzo per miglioramenti 

(n. 164). 
FALLIMENTO 

ESECUZIONE FISCALE -ESATTORE. -1) Se l'esattore 

sia tenuto a proporre insinuazione tardiva nel fallimento 

del contribuente anche quando i ruoli siano a lui trasmessi 

dopo la chiusu:ra della verifica dei crediti (n. 60). 

2) Se nella stessa ipotesi, l'esattore che abbia provve


duto all'insinuazione tardiva possa pretendere il rim


borso de~e spese sostenute (n. 60). 

FERROVIE 

CARRI PRIVATI -DANNI A FERROVIE STRANIERE -1) Se 
l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato sia tenuta 
ad agire direttamente, nei confronti del titolare di un 
carro privato immatricolato presso di essa, per il risarcimento 
dei danni derivati a Ferrovie straniere dall'uso 
del carro stesso (n. 317). 

ENERGIA ELETTRICA PER ILLUMINAZIONE DEGLI SCALI 

E IMPIANTI FERROVIARI. -2) Se l'energia elettrica 

destinata alla illuminazione degli scali ed impianti ferro


viari debba essere tariffata alla stregua dell'energia 

per la pubblica illuminazione (n. 318). 

VIAGGIATORE MUNITO DI ABBONAMENTO INTESTATO 

AD ALTRI. -3) Quale -ipotesi di reato vada ravvisata 

nel fatto di una persona che, trovata durante il viaggio 

in possesso di abbonamento ordinario intestato ad altri 
e senza il denaro necessario a pagare il biglietto ordinario 
e le dovute sopratasse, tenti di eludere la possibilit�di 
controllo della sua personale identit� con il titolare dello 
abbonamento asserendo di non essere in possess� di 
documenti di riconoscimento (n. 319). 

IMPIEGO PUBBLICO 

IMPIANTI TELEFONICI A POSTI PLURIMI DI LAVORO ASSUNZIONE 
CENTRALINISTA CIECO. -1) Se la mera 
esistenza materiale di un impianto telefonico a posti 
plurimi di lavoro sia condizione necessaria e sufficiente 
per il sorgere dell'obbligo sancito a carico delle pubbliche 
amministrazioni e dei privati dall'art. 1 della legge 
14 luglio 1957, n. 594, di assumere in servizio per ogni 
ufficio, sede o stabilimento che sia dotato di centralino 
telefonico di smistamento o di collegamento con pi� di 
un posto di lavoro, un minorato della vista abilitato alle 
funzioni di centralinista (n. 515). 

IMPIEGATO STATALE -PERSONALE DIPLOMATIOO 
CONSOLARE. -2) Quale sia la data di decorrenza della 
riduzione del 20 % dell'assegno di sede prevista, per i 
funzionari non coniugati, dal secondo comma dell'art. 4 
della legge 4 gennaio 1951 n. 13, sul trattamento economico 
del personale diplomatico consolare in servizio 
all'estero, nel caso di un funzionario che abbia ottenuto 
una sentenza di annullamento di matrimonio da parte 
di un Tribunale straniero, successivamente delibata 
in Italia (n. 516). 

IMPIEGATO STATALE -SEQUESTRO CONSERVATIVO 
DEGLI STIPENDI. -3) Se siano applicabili le norme di 
procedura previste dal codice di rito (artt. 686 C. p.c. 
e 156 C. p. c.) per la conversione in pignoramento del 
sequestro conservativo concesso, in pendenza di giudizio 
di responsabilit� dinanzi alla Corte dei Conti, su crediti 
del dipendente verso l'Amministrazione (n. 517). 

INSEGNANTI NON DI RUOLO -STIPENDI ARRETRATI IN 
SEGUITO A DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO. -4) 
Se un insegnante non di ruolo escluso per illegittima 
determinazione della P. A. dal conferimento di un incarico, 
abbia diritto agli arretrati, in seguito a decisione 
del Consiglio di Stato che annulli la determinazione 
stessa (n. 518). 

MORTE DELL'IMPIEGATO PER CAUSA DI SERVIZIO. -5) 
Se l'equo indennizzo che, a termini dell'art. 68, 8� comma 

D. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, spetta al pubblico impiegato 
nell'ipotesi di perdita dell'integrit� fisica in seguito 
ad infermit� riconosciuta dipendente da causa di servizio 
possa essere preteso dagli eredi nell'ipotesi di morte 
dell'impiegato per causa di servizio (n. 519). 
IMPORTAZIONE-ESPORTAZIONE 

OLIO DI SESAMO CONTENUTO IN OLII IDROGENATI 
IMPORTATI PER uso ALIMENTARE. -1) Se l'olio disesamo 
contenuto nella margarina e nei grassi idrogenati alimentari 
(che, a norma dell'art. 8 legge 4 novembre 1951, 

n. 1316 e dell'art. 9 D. P. R. 14 gennaio 1954, n. 131, 
devono essere addizionati con un rilevatore di olio di 
sesamo) sia soggetto alla sovrimposta di confine di cui 

-82 


:.. 

all'art. 1 D. L. 30 ottobre 1952, n. 1323 (art. T. U. 22 INVALIDI DI GUERRA 

dicembre 1954, n. 1217) (n. 22). 
2) Se la sovrimposta possa essere successivamente 
applicata in via di revisione dell'originaria imposizione 

(n. 22). 
IMPOSTA DI CONSUMO 

OPIFIOI INDUSTRIALI. -Se, alla stregua dei criteri 
stabiliti dall'art. 40 R. D. 30 aprile 1936 n. 1138, possano 
considerarsi �opifici industriali� le filiali F.I.A.T. ai 
fini dell'esenzione dell'imposta comunale di consumo sui 
pi.ateriali da costruzione di cui all'art. 30 n. 6 T. U. 
14 settembre 1931, n. 1175 sulla finanza locale (n. 6). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE -APPLIOAZIONE ART. 32 
LEGGE N. 603/954. -Se, nel caso di pi� acquirenti di 
un immobile in parti eguali ed indivise per unico prezzo, 
l'aliquota ridotta del 2 % prevista dall'art. 32 legge 6 
agosto 1954, n. 603 per il primo milione del valore imponibile 
debba applicarsi tante volte quanti sono gli acquirenti 
anzidetti (n. 169). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

LEGATI. -Se, al fine della determinazione delle quote 
di eredit� per la liquidazione dell'imposta di successione, 
l'ammontare dei legati debba farsi gravare per intero 
sulla quota disponibile (n. 31). 

IMPOSTE E TASSE 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE SUI FILATI, -1) Quale 
sia la decorrenza della riduzione dell'imposta� di fabbri.
cazione sui filati, prevista nell'art. 4 della legge 24 dicembre 
1949, n. 940, per il caso di inattivit� di singoli filatoi, 
in relazione al termine per effettuarne la denuncia di cui 
al terzo� comma dello stesso art. 4 (n. 338). 

SANZIONI TRIBUTARIE -CONDONO. -2) Se, per effetto 
dell'art. I della legge 30 luglio 1959, n. 559 suhondono 
in materia tributaria di sanzioni non aventi natura penale, 
possa applicarsi il condono della pena pecuniaria anche 
ai contesti elevati dall'U. T. E. per violazione dell'art. 57 
del T. U. 18 ottobre 1931, n. 1572 sul catasto, per i quali 
l'Ufficio stesso, prima del 18 dicembre 1959, abbia provveduto 
d'ufficio agli adempimenti di legge (n. 339). 

IMPOSTE VARIE 

ALCOLI DENATURATI. -Se, a norma dell'art. 8 del 

D. L. 16 settembre 1955 convertito con modificazioni 
nella legge 15 novembre 1955 n. 1037, sia applicabile il 
diritto erariale speciale sugli alcoli denaturati, nella misura 
stabilita dal detto decreto, agli alcoli sui quali sia gi� 
stato corrisposto il diritto erariale anteriormente vigente 
e che si trovino in recinti, spazi o l()cali sui quali viene 
esercitata la vigilanza :finanziaria prevista dall'art, 25 
capoverso D. M. 8 luglio 1924 (n. 3), 
ASSUNZIONE OBBLIGATORIA. -Se le ditte appaltatrici 
dei servizi ausiliari della Gestione Viveri (( La Provvida 
� siano tenute ad osservare gli obblighi derivanti 
dalla legge 3 giugno 1950, n. 375 sull'assunzione obbligatoria 
al lavoro degli invalidi di guerra (n. 15). 

ISRAELITI 
CONFISCA -E. G. E. L. I. -1) Se i beni confiscati 

o sequestrati a favore dello Stato e attribuiti in gestione 
all'E. G. E. L. I. con provvedimenti presi in applicazione 
delle leggi razz�ali emanate dal sedicente governo della 
. repubblica sociale italiana (provvedimenti dichiarati 
inefficaci dall'art. In. 2 D. L. L. 5 ottobre 1944, n. 249) 
possano essere liberamente alienati a favore dello Stato 
-e per esso della Liquidazione E. G. E. L. I. -nella 
ipotesi in cui gli interessati non abbiano tempestivamente 
esercitato l'azione di rivendicazione di cui agli art. 1 e 2 

D. L. L. 5 maggio 1946, n. 393 (n. 2). 
2) Se l'alienazione dei suddetti beni possa esser\3 
disposta con le modalit� stabilite dalla legge 4 dicembre 
1956, n. 1404 (n. 2). 

LAVORO 

BREVETTO DI SPECIALIZZATO. -1) Se sia legittima 
l'imposizione di un limite massimo di et� per il rilascio 
del brevetto di ((specializzato� di cui al D. L. L. 12 aprile 
1946, n. 320 (n. 29). 

MEZZOGIORNO. -2) Quale sia la portata della norma 
dell'art. 43 legge 29 luglio 1957, n. 634 per la quale~ nei 
provvedimenti di concessione dei benefici previsti dalla 
stessa legge e nei capitolati di appalto per le opere fuianziate, 
deve essere inserita una esplicita clausola determi~ 
nante l'obbligo dei beneficiari 'di applicare, nei confronti 
dei lavoratori, condizioni non infer10ri a quelle stabilite 
dai contratti collettivi, potendosi, in caso di inadempimento 
a tale obbligo, provvedere alla revoca del beneficio 
(n. 30). 

REDDITO DI LAVORO -AGGIUNTA DI FAMIGLIA. 3) 
Se l'indennit�, prevista dall'art, 17 della legge 26 agosto 
1950, n. 860, debba considerarsi ((reddito di lavoro" 
ai fini dell'art. 4 del D. P. R. 17 agosto 1955, n. 767 

(n. 31). 
4) Se si abbia diritto alla aggiunta di famiglia per la 
moglie che, assente dal lavoro per maternit�, percepisca 
l'indennit� prevista dall'art. 17 della legge 26 agosto 11J50, 

n. 860 (n. :H). 
MATRIMONIO 

MATRIMONIO .RELIGIOSO -TRASCRIZIONE. -S~ l� 

P. A. possa chiedere la trascrizione del matrimonio religioso 
di un cittadino, ai sensi dell'art. 14 della legge 
, 27 
maggio 1929, n. 847, che �attribuisce tale facolt� 
<(a chiunqu~ vi abbia interesse � (n. 14). 

MEZZOGIORNO 

. CASSA PER IL MEZZOGIORNO -COSTRUZIONE DI ~Q.c;:E:��� 
DOTTI. --: 1) Se la Cassa per il Mezzogiorno possa assumere 
la; gestitme diretta degli acquedotti costruiti a 
totale suo carico (n. 16). 


-33


CASSA PER IL MEZZOGIORNO -LEGGE 29 LUGLIO 1957, 

N. 634. -2) Quale sia la portata della norma dello 
art. 43 legge 29 luglio 1957, n. 634 per la quale, nei provvedimenti 
di concessione dei benefici previsti dalla stessa 
legge e nei capitolati di appalto per le opere finanziate, 
deve essere inserita una esplicita clausola determinante 
l'obbligo dei beneficiari di applicare, nei confronti dei 
lavoratori, condizioni non inferiori a quelle stabilite dai 
contratti collettivi, potendosi, in caso di inadempimento 
a tale obbligo, provvedere alla revoca del beneficio 
(n. 17). 
CASSA PER IL MEZZOGIORNO -RICORSI. -3) Quale 
sia, in relazione ai provvedimenti emessi dalla Cassa 
per il Mezzogiorno, il � Ministro competente � alla recezione 
ed alla istruttoria dei ricorsi straordinari ai sensi 
dell'art. 61 del Regolamento 21 aprile 1942, n. 444 perla 
esecuzione della legge sul Consiglio di Stato (n. 18). 

NAVE E NAVIGAZIONE 

BENEFIOI DOGANALI -LEGGE 17 LUGLIO 1954, N. 522. 


1) Se il cambiamento di destinazione di una nave origi


nariamente di propriet� privata ed immatricolata come 

destinata alla navigazione marittima, alla quale siano 

pertanto stati riconosciuti i benefici doganali concessi 

dalla legge 17 luglio 1954 n. 522, importi ipso iure la 

perdita di tali benefici ed il sorgere dell'obbligazione 

tributaria doganale (n. 106). 

2) Se, in. base all'art. 15 della succitata legge 17 lu


glio 1954, n. 522, gli stessi effetti si producano in seguito 

al trasferimento della propriet� della suddetta nave 

dal privato titolare originario ad una Amministrazione 

dello Stato (n. 106). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

SuCOESSIONI TESTAMENTARIE. -Se l'Amministrazione 

delle Poste possa addivenire al pagamento di titoli po


stali di risparmio, caduti in successione, in favore degli 

eredi universali istituiti con testamento dichiarato valido 

e non opposto, sulla base dell'attestazione di notoriet� 

prevista dall'art. 298 Reg. Cont. Gen. Stato, senza preoc


cuparsi, in difetto di impugnative in atto, di possibili 

lesioni di legittima (n. 81). 

PREZZI 

ENERGIA ELETTRICA PER ILLUMINAZIONE DEGLI SCALI 
E IMPIANTI FERROVIARI. -1) Se l'energia elettrica 
destinata alla illuminazione degli scali ed impianti ferroviari 
debba essere tariffata alla stregua dell'energia per 
la pubblica illuminazione (n. 49). 

NOLI CONTATORI PER ILLUMINAZIONE. -2) Se violi 
a norma penale dell'art. 14 D. Lgs. 15 settembre 1947,, 

n. 896, in relazione al provvedimento C. I. P., 28 dicem.
bre 1956, n. 620 capo II, l'Azienda distributrice di energia 
elettrica che esiga dall'utente, per un contatore a carico 
variabile, il nolo consentito per i contatori monofasi di 
portata corrispondente a quella masssima del contatore 
considerato (n. 50). 

PROPRIETA 

VINCOLI SU FABBRICATO IN CONDOMINIO. -1) Se, 
ed in quale modo, possa vincolarsi la destinazione di 
uno o pi� appartamenti in propriet� separata in un 
fabbricato in condominio con efficacia anche nei confronti 
dei terzi acquirenti (n. 28). 

2) Se, in particolare, la limitazione di godimento 
consistente nei vincoli, positivo o negativo, di destinazione 
di un immobile possa considerarsi come servit� 
prediale (n. 28). 

PROPRIETA INDUSTRIALE 

MA:aom D'IMPRESA. -1) Se siano valide nel nostro 
ordinamento, in relazione all'art. 2573 C. c. ed all'art. 15 
del R. D. 21 giugno 1942, n. 929, licenze d'uso non esclu-� 
sivo di marchi di impresa, ed in particolare se siano 
ammissibili quando ad esse corrisponda un notevole 
interesse per l'economia nazionale (n. 3). 

2) Se sia ammissibile }a concessione di licenza d'uso 
di marchio a pi� imprese associate (n. 3). 

REGIONI 

REGIONE SICILIANA -LEGGI REGIONALI. -1) Se 
possa ritenersi viziata di illegittimit� costituzionale, 
in relazione agli artt. 41, 42, 433 e 76 Cost., 14 e 17 Statuto 
Reg. Sic., la legge regionale siciliana 5 agosto 1948, 

n. 22, la quale autorizza l'assessore ai LL. PP. a prorogare 
fino a quattro anni, con proprio decreto, il termine 
assegnato dal terzo comma della legge nazionale 3 novembre 
1952, n. 1902 (n. 90). 
REGIONE TRENTINO-ALTO ADIGE -AUTOSERVIZI DI 
NOLEGGIO DA RIMESSA. -2) Se competa al Ministero 
dei Trasporti o alla Regione Trentino-Alto Adige l'approvazione 
dei regolamenti comunali in tema di autoservizi 
di noleggio da rimessa (n. 91). 

RESPONSABILITA CIVILE 

DANNI CAGIONATI DAGLI ALLEATI. -Se nel caso di 
danni prodotti dalle forze armate alleate per azioni non 
di combattimento, il giudice ordinario adito abbia cognizione 
della lite con pienezza di giurisdizione, ovvero debba 
limitarsi ad accertare la regolarit� e la legittimit� dello 
operato dell'Amministrazione nella determinazione della 
indennit� (n. 192). 

RICORSI 

CASSA PER IL MEZZOGIORNO -RICORSI AMMINISTRATIVI. 
-Quale. sia, in relazione ai provvedimenti� emessi 
dalla Cassa per il Mezzogiorno, il � Ministro competente � �� 
alla recezione ed alla istruttoria dei ricorsi straordinari 
ai sensi dell'art. 61 del Regolamento 21 aprile 1942, 

n. 444 per la esecuzione della legge sul Consiglio di Stato 
(n. 6). 

34 


SEQUESTRO 

CREDITI DI IMPIEGATI VERSO L'AMMINISTRAZIONE. -Se 
siano applicabili le norme di pro�edura previste dal 
codice di rito (artt. 686 C. p. c. e 156 att. C. p. c.) per 
la conversione in pignoramento del sequestro conservativo 
concesso, in pendenza di giudizio di responsabilit� 
dinanzi alla Corte dei Conti, su crediti del dipendente 
verso l'Amministrazione (n. 16). 

SERVIT� 

VINCOLI SU FABBRICATO IN CONDOMINIO. -1) Se, 
ed, in quale modo, possa vincolarsi la destinazione di 
uno o pi� appartamenti in propriet� separata in un fabbricato 
in condominio con efficacia anche nei confronti 
dei terzi acquirenti (n. 29). 

2) Se, in particolare, la limitazione di godimento 
consistente nel vincolo, positivo o negativo, di destinazione 
di un immobile possa configurarsi come servit� 
prediale (n. 29). 

SUCCESSIONI 

SUCCESSIONI TESTAMENTARIE. -Se l'Amministrazione 
delle Poste possa addivenire al pagamento di titoli 
postali di risparmio, caduti in successione, in favore de~ 
gli eredi universali istituiti con testamento dichiarato 
valido e non opposto, sulla base dell'attestazione di noto


' 


riet� prevista dall'art. 298 Reg. Cont. Gen. St., senza 
preoccuparsi, in difetto di impugnative in atto, di possibili 
lesioni di legittima (n. 63). 

TERREMOTI 

CONTRIBUTI. -1) Se i privati danneggiati in seguito 
a terremoto i quali abbiano acquistato il diritto al contributo 
diretto od al sussidio governativo oppure al concorso 
dello Stato nel mutuo di favore per l'acquisto di un 
alloggio economico, possano, in cambio del contributo, 
sussidio o concorso dello Stato, acquistare le case costruite 
dallo Stato, ai sensi dell'art. 266 T. U. 28 aprile 1938, 

n. 1165, anche nel caso che non abbiano residenza nel 
Comune dove sono situate le case da acquistare, purch� 
non dispongano di alloggio stabile nel Comune dove 
hanno il proprio domicilio (n. 13). 
ZONA INDUSTRIALE DI MESSINA. -Se l'art. 156 del 

T. U. 19 agosto 1917, n. 1399, quale risulta dal testo 
sostituito con D. L. 4 agosto 1918, n. 1481, debba interpretarsi 
nel senso che la cessazione del vincolo della 
destinazione a scopo industriale per le aree concesse 
anteriormente al 7 settembre 1915, nella parte dellaZona 
industriale di Messina riservata ad industria agrumaria, 
valga solo nei confronti del concessionario originario 
o se debba invece considerarsi obiettivamente 
con riferimento alle aree suddette (n. 14).