ANNO XXXVIII -N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1986 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR� DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1986 ABBONAMENTI ANNO 1986 ANNO ����������������������.�����.��.������ L. 37.000 UN NUMERO SEPARATO ���������������������� � 7.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorluulone Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu1lio 1966 (7219257) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. Ripubblichiamo nella pagina seguente la nota redazionale e il discorso del Presidente della Repubblica gi� apparsi nel fascicolo precedente. La redazione formula le pi� sentite scuse per la precedente errata composizione tipografica del testo e prega di voler eliminare dal suindicato fascicolo la pagina mal pubblicata. Indirizzo di saluto del Presidente della Repubblica in occasione della restituzione degli auguri nella sede dell'Avvocatura dello Stato. Il Presidente della Repubblica On.le Prof. Avv. Francesco Cossiga ha onorato l'Is1lituto con una sua visita all'Avvocato Generale per formulare gli auguri di Natale 1985 e Capodanno 1986. Pubblichiamo il testo registrato del saluto del Capo dello Stato al quale l'Avvocato Generale ha risposto esprimendo il profondo ringraziamento suo personale e dell'Istituto per l'alto l?�coonscimento dato dal Presidente col suo gesto e con le sue parole. Queste -ha detto, tra l'altro, l'Avvocato Generale -costituiscono il miglior incitamento per i giovani cui � affidato l'arduo compito di conservare la gloriosa tradizione dell'Avvocatura dello Stato e un premio ambito per le fatiche di tutti quelli che con grande sacrificio e difficolt� continuano a far fronte a crescenti ed onerosi impegni di lavoro, nonostante le vistose carenze dell'organico professionale. Con riguardo a. tale argomento l'Avvocato Generale ha auspicato che il Governo -come ha promesso il Presidente del Consiglio nella lettera di risposta alla presentazione, da parte dell'Avvocato 'Generale, dell'ultima relazione quinquennale -dia rapidamente corso alle proposte che egli inoltrer� appena definita la legge in corso di approvazione relativa alla integrazione dell'organico del personale amministrativo. L'Avvocato Generale, a nome di tu~ti gli appartenenti all'Istituto, rinnova al Presidente della Repubblica' il ringraziamento e gli auguri attraverso la �Rassegna�, che ha l'onore di riportarne, qui di seguito, le parole: �Era mio dovere, come Capo dello Stato, venire nella sede dell'Avvocatura generale dello Stato. Le feste natalizie e il desiderio di ricambiare gli auguri che l'Avvocato generale cos� cortesemente mi ha presentato questa mattina, anche a nome di tutti gli avvocati, sono soltanto un'occasione: l'occasione di un incontro che av.evo gi� programmatO da tempo. Desidero pertanto che la mia visita di oggi venga accolta anche come voluta e realizzata al di fuori di questa occasione. L'Avvocatura dello Stato � posta a difendere e tut�lare interessi e diritti che sono in modo particolarmente diretto ed immediato riferibili allo Stato. Ritengo doveroso ringraziare gli avvocati dello Stato per tale opera, che svolgono con spirito di servizio, profonda preparazione e alta professionalit�, come io stesso ho potuto sperimentare nella ormai non breve esperienza politico-amministrativa. Essi svolgono il lorn lavoro essendo prima avvocati, nel senso pi� nobile della parola, e poi avvocati dello Stato. � proprio in tal senso che deve essere intesa, a mio avviso, la funzione dell'Avvocatura dello Stato, ohe non � partecipe dell'azione dello RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato solo come rappresentanza e difesa dinanzi alle Corti di giustizia, ma anche nell'attivit� di consulenza e di assistenza, che � anch'essa momento rilevante di attuazione della giustizia, non solo perch� evidentemente, sotto il profilo pratico, � pi� opportuno prevenire il conflitto che non porvi rimedio quando sia gi� insorto, ma anche perch� questo � un modo, forse il pi� desiderabile, di rendere giustizia. E anche per questo gli avvocati dello Stato e forse a maggior ragione degli stessi avvocati del libero foro, fanno parte del circuito dell'amministrazione della giustizia. L'avvocato, il difensore della parte, vi appartiene allo stesso titolo del giudice o del pubblico ministero, perch� un'altra delle conquiste della civilit� moderna e dello Stato liberale, � il giudice come terzo: il giudice come terzo non pu� essere tale se non � assicurato alle parti il diritto di difesa. Concorrono quindi all'amministrazione della giustizia i giudici non meno che i difensori delle parti, anche perch� senza il contraddittorio il giudice diventa un inquisitore. I poteri, i diritti, le facolt�, la stessa posizione dell'avvocato nel processo sono, dunque, garanzia di libert�. V a osservato, a tale riguardo, che gli ordinamenti che hanno realizzato i migliori sistemi di giustizia, sono proprio quelli che hanno introdotto il concetto di parit� delle parti. Credo, infatti, che la giustizia in concreto realizzabile � solo quella in cui � possibile pervenire attraverso e nella griglia delle leggi. Ritenere di avere il diritto, nel nome della verit�, di costruire o di affermare verit� diverse da quelle che si possono costruire attraverso il sistema delle prove, attraverso il sistema della dialettica processuale, pu� essere, in astratto, espressione di alta ispirazione ideale, ma rischia di portare in concreto alla negazione della giustizia, come ci ricorda quel periodo molto critico della storia della Chiesa, che � quello della Santa Inquisiiione. La pratica attuazione di quella che gli Enciclopedisti chiamarono � l'utopia delle leggi� appare la via pi� concreta e sicura di realizzazione della giustizia degli uomini. � per questa ragione che, .venendo qui, compio doverosa testimonianza a chi ha il compito di tutelare diritti e interessi immediatamente riferibili all'apparato statale o agli altri soggetti che a questo fine sono equiparati allo Stato, ma nello stesso tempo, esercitano l'avvocatura con le stesse prerpgative con le quali viene esercitata da ogni avvocato. Ed � per questa condizione di parit�, tanto nel vestire la toga, quanto nei poteri, negli oneri e negli obblighi, che l'avvocato dello Stato, a mio avviso, deve essere considerato (e se non lo fosse. non avremmo un sistema di giustizia liberale) soggetto del processo di giustizia alla stregua del difensore della. parte privata, ed al pari dello stesso giudice, cui si affianca nell'esercizio di una funzione che in quanto pubblica istituzionale, esprime una fondamentale vocazione giustiziale. Per questo ho voluto portare all'Avvocato generale dello Stato ed a que,sto Istituto il mio saluto ed il mio. augurio che si rivolge alle persone, all'~stituzione, al Paese ..come auspicio di giustizia .e quindi di pace e di ser-enit� �. , INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del� /'avv. Franco Favara) ...... . Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA� ZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) .... Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerini) ...... . Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura def/'avvocaio Carlo Bafile) . . . . . . . . . . . . . Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . . . Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) . . Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO pag. 1 )) 23 )) 37 )) 41 )) 52 66 )) 84 pag. 1 )) 9 )) 20 CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, Trento; Paolo Sc�TTI, Trieste; Giancarlo MANDb, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI P. CoSENTINO, Sulla tutela giurisdizionale nelle controversie di invalidit� civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 42 O. FIUMARA, La libera circolazione delle merci nell'ultimo quinquennio di giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunit� europee (maggio 1980-luglio 1985) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Acque pubbliche -Accertamento giudiziale della natura pubblica -Fattispecie, 74. -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione -Aggiudicazione di appalto di opera idraulica -Ricorso Giurisdizione del Tribunale superiore delle acque -Non sussiste, 81. -Acque pubbliche � Tribunali r~gionali delle acque -Giudizio e procedimento -Controversie sulla demanialit� delle acque -Legittimazione passiva della Regione � Esclusione, 74. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Clausola di esclusione della revisione dei prezzi -Applicabilit� degli articoli 1341 e 1342 coc;l. civ., 66. COMPETENZA CIVILE -Pronuncie sulla giurisdizione e sul merito � Appello del soccombente ApJ? ello incidentale sulla giurisdi� zione -Ammissibilit� -In caso di fondatezza dell'appello principale, 74. COMUNIT� EUROPEE -Agricoltura -Organizzazioni comuni di mercato relative agli animali vivi � Transito di animali vivi, 23. -Libera circolazione dei lavoratori Trasporto pubblico -Condizioni oggettive e generali di accesso -Situazioni puramente interne, con nota di M. CONTI, 32. -Sistema comune d'imposta del valore aggiunto -Ambito territoriale di applicazione, 27. CORTE DEI CONTI -Giurisdizione esclusiva -Contestazione della qualifica impiegatizia in relazione ai benefici combattentistici -Atto inerente al rapporto di impiego -Cognizione incidentale della Corte dei Conti -Esclusione, 40. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione � Regolamento ministeriale di attuazione Questione gi� decisa in relazione alle disposizioni legislative -Inammissibilit� del conflitto � Atti di mera esecuzione di detto regolamento -Inammissibilit� del conflitto, 1. ENTI PUBBLICI -Soppressione -Liquidazione attribuita al Ministero del tesoro e disciplinata dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 -Liquidazione concor� suale -Esclusione, 70. -Soppressione -Trasferimento delle attribuzioni ad altro ente -Succes� sione universale o a titolo particolare -Soppressione dell'E.N.A.L.C. � Successione universale delle regioni -Esclusione, 69. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Occupazione non autorizzata -Trasformazione del bene ed estinzione del diritto di propriet� -Requisiti, 78. -Terreni a destinazione agricola o comunque privi di attitudine edificatoria -Criterio del valore agricolo medio -Legittimit� costituzionale -Termini di inizio e ultimazione delle espropriazioni -Necessit�, 18. ~ [~j .. ~: INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Xl FRIULI-VENEZIA GIULIA -Enti sottoposti alla potest� legisla� tiva regionale � Norme statali di tesoreria � Sono applicabili, 3. PENSIONI -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti � Atti amministrativi de� finitivi inerenti al rapporto d'im� piego � Cognizione incidentale � Esclusione, 39. -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti � Atti amministrativi de� finitivi relativi al rapporto di pub� blico impiego � Sindacato inciden� tale di legittimit� � Esclusione � Eccesso di potere giurisdizionale, 37. PREVIDENZA -Assistenza sociale -Invalidi civili � Pensione e assegno � Azione innan� zi l'A.G.O. � Procedibilit� -Condi� zioni � Decisione definitiva della Commissione sanitaria regionale � Sufficienza, con nota di P. CosEN� TINO, 41. -Assistenza sociale � Invalidi civili Pensione e assegno -Domanda giudiziale -Legittimazione passiva del Ministero dell'interno -Sussistenza in via esclusiva -Trasferimento del� le Commissioni sanitarie alle Regio� ni -Irrilevanza, con nota di P. COSENTINO, 41. -Assistenza sociale -Invalidi civili � Pensione e assegno -Procedimen� to amministrativo di accertamento delle condizioni -Rilevanza sull'a� zione proposta innanzi all'A.G.O., con nota di P. COSENTINO, 41. PROCEDIMENTO CIVILE -Controversie in materia di previ� denza e assistenza � Pretesa non manifestamente infondata o teme� raria -Esonero del lavoratore dalle spese -Estensione alle controver� sie di assistenza sociale non correlate a rapporto di lavoro, con nota di P. COSENTINO, 41. ll/llll�lflllllllllllrllllllllrllllllllllllltfll.lf=lllll�llll-111 -Controversie in materia di previdenza e assistenza -Pretesa non manifestamente infondata o teme.. raria -Esonero del lavoratore dalle spese -Obbligo di motivazione del giudice -Insussistenza, con nota di P. COSENTINO, 41. REATO -Reati valutari -Violazione dell'art. 2, primo e quinto comma, legge 30 aprile 1976, n. 159 e successive modifiche -Autonomo titolo di reato e non ipotesi aggravata, 84. REGIONI -Deleghe ad enti locali -Controllo sugli atti emessi dagli enti delegati Attribuzione ai Co.Re.Co. -Legittimit� costituzionale, 18. -Urbanistica -Limiti competenza re� gionale -Opere e beni di interesse nazionale. 8. SICILIA -Lavori pubblic~ -Acquedotti infra� regionali -Attribuzione deJla regione -Limite alla disponibilit� di cassa -Computabilit� dei mandati in corso non pagati, 3. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento � Metodo induttiv0 Preliminare accertamento analitico Non � necessario, 61. -Imposte sui redditi di ricchezza mo� bile -Plusvalenze -Enti con fini di lucro -Societ� cooperative, 58. -Rimborsi di ritenute diretti e di versamenti diretti � Diversit� di termini -Legittimit� costituzionale, 14. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Agevolazioni tributarie a favore del� l'edilizia -Parte di area non edificabile per prescrizione di piano paesistico -Violazione del principio di eguaglianza � Non sussiste, 15. -Agevolazioni tributarie a favore del� l'edilizia � Uffici e negozi trasferiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO separatamente � Diversit� di trattamento � �Legittimit� costituzionale, 14. -Imposta di registro � Societ� di persone � Socio d'opera -Liquidazione di quota � Tassabilit� con imposta graduale, 54. -Imposta di successione -Deduzione di passivit� � Debiti verso pubbliche amministrazioni � Imposta complementare per accertamento di maggior valore � Impugnazione dell'accertamento -Deducibilit� -Condizioni, 52. -Sanzioni � Sopratassa -Interessi Decorrenza, 56. URBANISTICA -Decadenza della licenza edilizia per sopravvenuto strumento urbanistico -Legittimit� costituzionale, 17. -Piano �regolatore generale e programma di fabbricazione -Delibera di approvazione -Ricorso per conflitto di attribuzione -:E:. ammissibile, 8. i! t I ' f: f ! f f INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 29 ottobre 1985, n. 245 . 29 ottobre 1985, n. 246 . . . . 15 novembre 1985, n. 286 . . 22 novembre 1985, n. 305 (ord.) . 11 dicembre �985, n. 325 (ord. in cam. cons.) . 13 dicembre 1985, n. 339 (ord. in cam. cons.) .. 21 dicembre 1985, n. 355 . . . . . . . . . . . 30 dicembre 1985, n. 385 (ord. in cam. cons.) . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE Sed. plen., 15 gennaio 1986, nella causa 121/84 . Sez. Il, 23 gennaio 1986, nella causa 283/84 . Sez. Il, 23 gennaio 1986, nella causa 298/84 ... GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 16 ottobre 1985, n. 5081 . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5126 . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5134 . . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5136 . . Sezioni unite, 24 ottobre 1985, n. 5252 . Sez. I, 26 ottobre 1985, n. 5273 . . . . . Sez. Un., civili, 28 ottobre 1985, n. 5293 . Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5294 . Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5295 . Sez. I, 22 gennaio 1986, n. 398 . Sez. I, 24 gennaio 1986, n. 465 . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 20 febbraio 1986, n. 8 . . . . . . . . 26 febbraio 1986, n. 10 . . . 27 febbraio 1986, n. 14. �..... . GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. III penale, 14 ~ennaio 1986, n. 191 . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1 )) 3 )) 8 )) 14 � 14 )) 17 � 18 )) 15 Pag. 23 )) 27 )) 32 Pag. 52 )) 54 )) 56 )) 58 � 41 )) 61 )) 37 )) 39 � 40 )) 66 )) 69 Pag. 74 )) 78 � 81 Pag. 84 PARTE SECONDA Questioni ...... . dottrina . Pag. PARTE SECONDA Questioni ...... . dottrina . Pag. III -Questioni proposte ....... . � 25 Rassegna di RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I -Norme dichiarate incostituzionali . II -Questioni dichiarate non fondate . � 9 Pag. 20 )) 22 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 29 ottobre 1985, n. 245 -Pres. Roehrssen -Rel. Paladin -Regione Emilia-Romagna (avv. Predieri) e Presidente Con siglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Corte Costituzionale � Conflitto di attribuzione � Regolamento ministeriale di attuazione � Questione gi� decisa in relazione alle disposizioni legislative � Inammissibilit� del conflitto � Atti di mera esecuzione di detto regolamento �. Inammissibilit� del conflitto. Non � ammissibile un conflitto con cui si risollevi la medesima questione gi� proposta nei confronti della disciplina legislativa di base, senza che sia ravvisabile la necessaria distinzione fra il tema del conflitto stesso e quello del previo giudizio di legittimit� costituzionale. N� � ammissibile un conflitto proposto in relazione ad atti di mera esecuzione di preesistente o contemporaneo atto. (omissis) I due ricorsi proposti dalla Regione Emilia-Romagna sono accomunati dal fatto di concernere la prima applicazione dell'art. 35 della legge 30 marzo 1981, n. 119, in tema di tesorerie e di finanziamento delle unit� sanitarie locali; ed a ci� si aggiunge che gli atti impugnati mediante il primo ricorso, cio� il telegramma 9 maggio 1981 del Direttore generale del tesoro e la circolare 5 maggio 1981, n. 88438, della stessa direzione (successivamente pervenuta alla Regione), sono strettamente connessi -come si precisa nel seguito della presente sentenza -all'ultimo fra gli atti dei quali � richiesto l'annullamento, vale a dire al de� creto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro, sulla �determinazione delle modalit� di funzionamento del conto corrente e delle contabilit� speciali intestate alle unit� sanitarie locali�. Pertanto, i due giudizi si prestano ad essere riuniti e congiuntamente decisi. Entrambi i ricorsi vanno per� dichiarati inammissibili, in base a due diversi ordini di considerazioni. a) Relativamente alla circolare ed al telegramma della Direzione generale del tesoro, la Regione assume che essi invadano l'ambito di sua competenza, introducendo una normativa di dettaglio in un campo gi� disciplinato della legge regionale n. 22 del 1980, e comunque contrastino con la legge n. 119, sostituendosi al decreto ministeriale previsto dall'art. 35 2 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO (del quale la stessa ricorrente afferma -nel primo ricorso -di non avere preso alcuna conoscenza). A questo riguardo, tuttavia, s'impongono i seguenti rilievi. In primo lu�go, il decreto miniseriale cui si riferiscono tanto il telegramma quanto la circolare risulta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1981: cio� in un momento di molto precedente la proposizione del ricorso. In secondo luogo, la Giunta dell'Emilia-Romagna, all'atto di sollevare il relativo conflitto, decideva � di ottemperare per il momento alle suddette istruzioni�: il che potrebbe far dubitare. dell'attualit� dell'interesse a ricorrere. In terzo luogo, l'Avvocattfra dello Stato ha formalmente eccepito in un duplice senso l'inammissibilit� del ricorso medesimo: da un lato, poich� il telegramma impugnato si limita a richiamare le disposizioni del previo decreto ed invita la Regione ad osservarle, senza dunque comportare � una lesione concreta della sfera della competenza regionale in materia di organizzazione finanziaria�: d'altro lato, poich� la circolare presenta anch'essa � natura e funzione meramente esplicativa delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato �. Tali eccezioni sono comunque risolutive. Entrambi gli atti impugnati adempiono, in altre parole, la mera esecuzione del contemporaneo o preesistente decreto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro. Ed � solo nei confronti di quest'ultimo provvedimento che pu� dunque ammettersi, in via di principio, un regolamento di competenza suscettibile di essere risolto dalla Corte. b) Senonch� lo stesso Decreto ministeriale viene impugnato dal secondo ricorso regionale in termini tali da far escludere -come ha messo in luce l'Avvocatura dello Stato -che ne derivi � alcun apporto novativo o modificativo� di quanto gi� disposto dall'art. 35 della legge n. 119. Vero � che l'atto in questione � stato emanato sulla base del penulti� mo comma del predetto articolo: il quale demanda ad appositi decreti del Ministro del tesoro il compito di stabilire � le modalit� di funzionamento del conto corrente e delle contabilit� speciali � intestate alle U.S.L. (come appunto risulta dal titolo del decreto stesso). Ed il conto del quale .si tratta � quello in cui l'art. 35, quinto comma, impone l'accreditamento, mediante prelievo dai conti intestati alle corrispettive Regioni, degli importi destinati alle U.S.L. per ogni trimestre, in base al penultimo comma dell'art. 51_ della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale; dopo di che le varie sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, dando sempre applicazione ai provvedimenti regionali di riparto dei fondi disponibili, accreditano a loro volta le quote spettanti alle Unit� -sulla base del sesto comma dell'art. 35 -� ad apposite contabilit� speciali �. Ora, su tutta questa normativa la Corte si � gi� pronunciata, mediante la sentenza di rigetto n. 162 del 1982: con cui si � respinta -fra l'altro -un'impugnativa proposta in via prinicipale dalla stessa Regione ! ~ f PARTE I, SEZ. T, GIURTSPRliDENZA COSTITUZIONALE Emilia-Romagna, precisando che il � meccanismo � or ora descritto � non viola l'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto resta integro il potere di ripartire le risorse finanziarie disponibili tra le diverse destinazioni�: ed aggiungendo che �l'aver il legislatore creato un pi� stretto coordinamento temporale fra il momento del prelievo dalla Tesoreria Centrale e il momento della spesa effettuata dagli organi erogatori del servizio sanitario risponde alla esigenza obiettiva, nell'interesse dell'intera comunit� nazionale, di un opportuno coordinamento del flusso della spesa sanitaria con quello delle entrate destinate a fronteggiarla �. Ma la prima e fondamentale doglianza prospettata dal ricorso in esame non fa che ribadire i motivi gi� ritenuti infondati dalla citata decisione della Corte. Non a ca~o, la ricorrente avverte in modo espresso che le denunce mosse con riguardo all'impugnato decreto ministeriale � coincidono... nella sostanza � con quelle gi� rivolte a sostenere l'illegittimit� dell'art. 35 della legge n. 119. E dunque s'impongono -a pi� forte ragione -le conclusioni raggiunte dalla sentenza n. 28 del 1979, nel senso che non � ammissibile un conflitto con cui si risollevi la medesima questione gi� proposta nei confronti della disciplina legislativa di base, senza che sia ravvisabile la necessaria distinzione fra il tema del conflitto stesso e quello del previo giudizio di legittimit� costituzionale. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 29 ottobre 1985, n. 246 -Pres. Roehrssen - Rel. Paladin -Regione Sicilia (avv. Fazio), regione Toscana (avv. Cheli e Predieri), regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Sicilia -Lavori pubblici � Acquedotti infraregionali � Attribuzione della regione � Limite alla disponibilit� di cassa � Computabilit� dei mandati in corso non pagati. Friuli-Venezia-Giulia � Enti sottoposti alla potest� legislativa regionale � Norme statali di tesoreria � Sono applicabili. Poich� la materia dei lavori pubblici (eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale) � stata trasferita alla regione Sicilia, ed in tale materia sono compresi gli acquedotti infraregionali, non spetta allo Stato includere l'Ente acquedotti siciliani (E.A.S.) fra gli enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit� e dei relativi bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato. Spett� allo St�to includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia - RASSEGNA DELL'A,WOCATURA DELLO STATO 4 Giulia fra gli organismi e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e succpssive modificazioni ed integrazioni, disposizioni che si applicano anche alle regioni a sta tuta speciale. (omissis) I cinque conflitti di attribuzione, promossi con i ricorsi descritti in narrativa, riguardano una serie di provvedimenti statali che hanno applicato ad enti pubblici dipendenti da varie Regioni differenziate ed ordinarie (quali la Sicilia, la Toscana, la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia) le disposizioni dettate dall'art. 25 �lella legge 5 agosto 1978, n. 468, nonch� dall'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni. Comune � dunque il problema se le competenze legislative ed amministrative, che le Regioni possono esercitare nei riguardi degli enti predetti, siano state lese dagli impugnati decreti emessi dal Presidente del Consiglio dei ministri e da Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, che hanno incluso gli enti stessi fra quelli tenuti ad adeguarsi al,l'ordinamento statale di contabilit� e di bilancio ovvero a sottostare alle norme di tesoreria introdotte dalla legge finanziaria per il 1981. La Regione Sicilia impugna, anzitutto, il decreto del 5 marzo 1979, per mezzo del quale il Presidente del Consiglio dei ministri ha determinato -ad integrazione della tabella allegata alla legge n. 468 del 1978 gli I! enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit� e dei relativi bi� lanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato�; e chiede specificamente �che la Corte annulli tale atto, � per quanto concerne l'indicazione dell'Ente acquedotti siciliani �. �L'inserimento dell'E.A.S. accanto agli altri enti pubblici tenuti ad osservare l'art. 25 della legge n. 468 comporterebbe, infatti, l'invasione d'una sfera di competenza regionale �esclusiva�, passata alla Sicilia per effetto delle norme sul trasferimento delle funzioni amministrative statali in tema di opere e di acque pubbliche (d.P.R. 1� luglio 1977, n. 683): in conseguente violazione degli artt. 14, 20 e 43 dello Statuto speciale. La potest� organizzatoria dell'E.A.S., spettante in tal senso alla Sicilia, non lascerebbe spazio -in aitri termini -ad atti statali incidenti sulla contabilit� dell'ente stesso; tanto pi� che il modello dovrebbe in tal senso consistere, se mai, nella contabilit� della Regione anzich� nella contabilit� di Stato. Posto in questi termini il problema, diviene indispensabile affrontare il quesito -cui la difesa regionale e l'Avvocatura dello Stato rispondono in modo antitetico -se le funzioni relative all'Ente acquedotti sici~ liani, compreso il potere di definire l'ordinamento e dunque le norme di contabilit�, siano state o meno attribuite alla Sicilia. Originariamente, in vero, la legge 19 gennaio 1942, n. 24, istitutiva dell'E.A.S., lo collocava alle dipendenze del Ministero dei lavori pubblici, oltre che sottoporlo alla vigilanza del Ministero delle finanze, quanto alla � gestione finan� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 zatia � (cfr. l'art. 2 I. cit.). Su questa base, per pi� di un trentennio fu dunque lo Stato a curare �il finanziamento della costruzione, del completamento e della sistemazione degli acquedotti siciliani e delle connesse opere igieniche: come gi� risultava dal d. lg. 17 aprile 1948, n. 774, che nel secondo comma dell'art. 2 conteneva soltanto la gen�rica previsione di �intese da prendersi con la Regione siciliana, circa la scelta delle opere da finanziare �. Coerentemente, nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70, � stato quindi incluso -accanto ad una serie di altri enti di carattere nazionale -anche l'Ente acquedotti siciliani; ed alla tabella in questione hanno fatto esplicito richiamo. le premesse dell'impugnato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 1979, quale punto di riferimento per l'individuazione degli organismi tenuti ad osservare l'art. 25 della legge n. 468 del 1978. Tuttavia, l'ultima � concessione di contributi straordinari � a favore dell'Ente acquedotti siciliani � stata effettuata dalla legge statale 25 maggio 1978, n. 229, con il solo intento di ripianarne i disavanzi di bilancio �alla data del 31 dicembre 1976 � (cfr. l'art. 2 1. cit.). Nel frattempo, infatti, erano entrate in vigore le nuove norme di attuazione statutaria dettate dal d.P.R. 1� luglio 1977, n. 683 (a modificazione ed integrazione del d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878), per cui la Sicilia ha potuto esercitare tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in tema di lavori pubblici (ivi compresi gli enti � operanti esclusivamente in Sicilia �), eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale�: fra le quali, per altro, non figurano gli acquedotti infraregionali (cfr. gli artt. 1, primo comma, 3 e 5 d.P.R. cit.). A confermare l'avvenuto trasferimento delle funzioni in esame concorre, del resto, la legge siciliana 14 settembre 1979, n. 212, in base alla quale la Regione ha disciplinato -fra l'altro -l'ordinamento dell'Ente acquedotti, accanto a vari altri istituti da essa dipendenti; ed a ci� si aggiungono le leggi regionali 9 agosto 1980, n. 81, 6 maggio 1981, n. 92, 2 agosto 1982, n. 81, 21 agosto 1984, n. 59, tutte contenenti disposizioni finanziarie in favore dell'E.A.S .. Di qui discende che, in vista del riparto fra le competenze statali e regionali, l'atto impugnato non dispone pi� del necessario fondamento giustificativo. � Enti ed organismi dipendenti dalla Regione � vanno � pacificamente esclusi � -come la Corte ha rilevato nella sentenza n. 299 del 1984, sia pure con riguardo .alle Amministrazioni regionali di diritto comune -�dalla sfera di applicazione dell'art. 25 della ... legge n. 468 del 1978 �. E dunque dev'esser dichiarato che non spetta al Presidente del Consiglio dei ministri includere l'Ente acquedotti siciliani fra quelli tenuti ad adeguarsi all'ordinamento statale di contabilit� e di bilancio, con il conseguente annullamento -in parte qu_a -del decreto 5 marzo 1979. (omissis) Diversamente dai detti decreti presidenziali del 5 marzo 1979, del 2 luglio e del 3 novembre 1983 che si limitano a considerare gli enti e r�1�111111�11111;111111111111J11111111�111r1111111111��1 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gli organismi da sottoporre alle disposizioni dell'art. 25 della legge n. 468, il decreto emesso 1'8 agosto 1984 dal Presidente del Consiglio dei ministri contiene una congiunta rideterminazione degli organismi ed enti tenuti ad osservare tanto il citato art. 25, quanto l'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni ed integrazioni. Sotto entrambi i profili, tale provvedimento � peraltro impugnato dalla Regione FriuliVenezia Giulia, nella parte in cui esso concerne una serie di enti che si assumono dipendere dall'Amministrazione ricorrente: quali le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, l'Ente zona industriale di Trieste. Nei medesimi termini la Regione impugna inoltre i conseguenti decreti. del Ministro del tesoro e del Ministro dei lavori pubblici, entrambi datati 10 agosto 1984; ma la legittimit� degli atti in questione viene altres� contestata, poich� essi non escludono i1 Friuli-Venezia Giulia dal novero degli enti ai quali si applica l'art. 40 della legge n. 119. Circa il decreto presidenziale dell'8 agosto, l'impugnativa dev'essere, per�, distintamente valutata dalla Corte, secondo che essa riguardi l'applicazione dell'art. 25 della legge n. 468 o dell'art. 40 della legge n. 119. Nel primo senso, s'impongono le stesse conclusioni gi� raggiunte per il decreto del 5 marzo 1979, nella parte relativa all'Ente acquedotti siciliani. Siano o meno � dipendenti � dalla Regione, anche le Camere di commercio rientrano infatti nella competenza ordinamentale del Friuli-Vene� zia Giulia (si veda in proposito la sent. n. 65 del 1982); e non diverso si rivela il caso degli Istituti autonomi case popolari (dati l'art. 5 n. 18 dello Statuto speciale e gli artt. 22 ss. del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, e successive modificazioni), delle Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo (in base all'art. 4 n. 10 dello Statuto ed agli artt. 15 e ss. del d.P.R. n. 1116 cit. e successive modificazioni), nonch�. dell'Ente zona industriale di Trieste (di cui all'art. 20, secondo comma, del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902). Nel secondo senso, vicerversa, va ricordato che anche le Regioni a statuto speciale soho tenute ad osservare l'art. 40 della legge n. 119 del 1981 e successive modificazioni ed integrazioni, con particolare riguardo al primo comma dell'articolo stesso (come questa Corte ha gi� messo in luce, nella sentenza n. 162 del 1982 e poi nelle sentenze nn. 242-243 del presente anno). Cade con ci� la premessa del ricorso regionale in esame; e diviene senz'altro insostenibile che gli enti dipendenti dal Friuli- Venezia Giulia (o sottoposti alla potest� legislativa regionale, per ci� che attiene al loro ordinamento) debbano disporre di un trattamento diverso e privilegiato rispetto a quello spettante alla Regione medesima. Dal che discende l'infondatezza del ricorso, sia per quanto concerne questa parte del decreto presidenziale 8 agosto 1984, sia relativamente agli impugnati decreti ministeriali, che la stessa ricorrente considera meramente �conseguenziali�. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COl>'TITUZIONALE Da ultimo, va ancora esaminato il ricorso con cui la Regione siciliana ha impugnato il predetto decreto 10 agosto 1984 del Ministro del tesoro (contenente �Modificazioni ed integrazioni alla normativa stabilita con i decreti ministeriali 11 aprile 1981 e 30 luglio 1981, ai sensi dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 �). Pi� precisamente, vanno valutati i due ordini di motivi in base ai quali la Sicilia richiede il parziale annullamento di tale atto: primo, che non spetterebbe allo Stato ricomprendere, nell'elenco degli organismi e degli enti tenuti ad osservare il citato art. 40, anche l'Ente acquedotti siciliani, gli Istituti autonomi case popolari, l'Ente regionale di sviluppo agricolo, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, gli Enti provinciali per il turismo della Regione; secondo, che sarebbe comunque lesivo della riserva di legge, costituzionalmente imposta in materia, il � metodo di determinazione delle entrate finali>>, risultante dai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 1 del provvedimento in questione. Quanto al primo motivo, tuttavia, esso. si palesa inammissibile per le ragioni indicate dall'Avvocatura dello Stato. L'elenco degli organismi e degli enti cui si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge n. 119 non � determinato, infatti, dal decreto ministeriale impugnato, bens� dal decreto 8 agosto 1984 del Presidente del Consiglio dei ministri, avverso il quale la Sicilia non ha solle~ato alcun conflitto di attribuzione; e il decreto ministeriale del 10 agosto -come si desume dalle sue premesse -� per questo verso fedelmente attuativo del previo decreto p�re sidenziale. / . A sua volta, il secondo complesso di motivi � in parte inammissibile, in parte infondato. L'art. 1, secondo comma, del decreto in discussione non fa che riprendere -alla lettera -l'art. 21, quarto comma, del decreto- legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638); sicch� non ha senso censurarlo per violazione della riserva di legge di cui al primo comma dell'art. 119 Cost.. L'art. l, quarto comma, dispone che �i titoli ed i depositi concernenti accantonamenti per fondi di previdenza a capitalizzazione per la quiescenza del personale dipendente dagli enti ed organismi pubblici, . previsti e disciplinati da particolari disposizioni, non vanno considerati come disponibilit� ai fini del calcolo del sei per cento�; sicch� non si comprende in che consistano le doglianze della Regione, n� il ricorso provvede in alcun modo a motivarle. L'art. l, terzo comma, nella parte concernente i �titoli di Stato e non>>, � fedelmente ripetitivo dell'art. 2 del decreto 30 luglio 1981 dello stesso Ministro del tesoro: come questa Corte ha gi� n�esso in luce, nella sentenza n. 244 del presente anno. Residua il terzo comma dell'art. 1, nella parte riguardante i �mandati in corso non ancora pagati �. Ma valgono in tal senso le stesse conclusioni di infondatezza, gi� raggiunte in proposito -sia pure con riguardo ad altri decreti del Ministro del tesoro -dalla citata sentenza n. 244/1985. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO p.q.m. LA CoRTE COSTITUZIONALE 1) dichiara che non spetta allo Stato includere l'Ente acquedotti siciliani (E.A.S.) fra gli enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit� e dei relativi bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato: e di conseguenza, annulla in questa parte il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 1979; 3) dichiara che non spetta allo Stato includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia fra gli organismi� e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 25 della legge 5 agosto 1978, n. 468; e,� di conseguenza, aru�ulla in queste parti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1984; 4) dichiara che spetta allo Stato includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziend~ autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia fra gli organismi e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni ed integrazioni; 5) dichiara che spetta allo Stato computare i � mandati in corso non ancora pagati�, ai fini del calcolo delle disponibilit� depositabili dalla Regione siciliana presso le aziende di credito incaricate del servizio di tesoreria. CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1985, n. 286 -Pres. Paladin -Rel. Saja -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti), Regione Lombardia (avv. Pototschnig), Regione Veneto (avv. Cevalotto), Provine<ia di Bolzano (avv. Panunzio), Regione Friuli-Venezia Giulia e Regione Puglia. Regioni -Urbanistica -Limiti della competenza regionale -Opere e beni di interesse nazionale. Urbanistica -Piano regolatore generale e programma di fabbricazione Delibera di approvazione -Ricorso per conflitto. di attribuzione il: ammis$ibile. La competenza regionale in materia di urbanistica subisce varie restrizioni, tra cui ad esempio quelle relative alla costruzione delle opere pubbliche di interesse nazionale, sempre appartenenti alla competenza r, [ ,f! . ~ ~ ~ ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTHUZIONALE 9 centrale; analoga restrizione si ha per i beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili) il cui uso attiene ai compiti dello Stato ed � inteso alla soddisfazione di interessi riferibili all'intera comunit� nazionale (1 ). L'approvazione dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione non ha soltanto una efficacia di controllo ma si inserisce, quale elemento costitutivo, in .una fattispecie a formazione progressiva; avverso la delibera di approvazione dei predetti strumenti urbanistici � pertanto ammissibile ricorso per conflitto di attribuzione (2) I quattordici ricorsi per conflitto di attribuzione promossi dallo Stato contro le Regioni Lombardia, Veneto, Puglia, Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Bolzano hanno fondamentalmente il medesimo oggetto, poich� riguardano la competenza dello Stato ovvero delle Regioni e delle Province autonome nella formazione degli strumenti urbanistici, quanto al mutamento di destinazione dei beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili). I relativi giudizi vanno perci� riuniti per essere decisi con unica sentenza. (omissis) Ci� posto, rileva la Corte che con i ricorsi in esame lo Stato; secondo quanto inequivocabilmente si evince dal loro contenuto, si duole che le Regioni e la Provincia autonoma suddetta abbiano approvato strumenti urbanistici comunali, attraverso i quali � stata mutata la destinazione di beni pubblici statali senza il concorso della sua volont�. Le Regioni e �la Provincia resistenti contestano l'ammissibilit� dei ricorsi predetti con varie eccezioni, che non sembrano per� fondate. Inaccettabile, anzitutto, � l'assunto della Provincia, che si traduce peraltro in una mera affermazione, secondo cui lo Stato eserciterebbe una rei vindicatio, inidonea a formare oggetto di un giudizio per conflitto di attribuzione, essendo per contro in discussione, come � stato gi� (1-2) La sentenza conferma l'esistenza di un ambito di �urbanistica statale � (sul quale cfr. MONTANARI, Sul regime urbanistico dei beni e delle opere dello Stato, Foro it., 1978, III, 570, DE LISE, Disciplina urbanistica e opere pubbliclie, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, II 1981, 917, e, CERULLI IRELLI, Pianificazione urbanistica e interessi differenziati, Riv. trim. dir. urb., 1985, 388). Dopo questa pronuncia, appare auspicabile una adeguata risposta organizzativa per l'esercizio delle funzioni di �urbanistica statale � attualmente esercitate (quando esercitate) presso la direzione generale per il coordinamento territoriale del Ministero dei lavori pubblici. In ordine alla seconda massima si osserva che l'art. 24, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sopprimendo (salvo eccezioni) l'approvazione regionale degli strumenti urbanistici attuativi, ha di riflesso prodotto un contenimento delle ipotizzabili controversie costituzionali per conflitto di attribuzione. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO accennato,� il potere dello Stato medesimo in ordine alla destinazione dei f: suoi beni pubblici. (.: ::.: Non regge poi l'altra deduzione della Provincia, secondo cui i ricorsi lJ riguarderebbero non questioni di competenza, ma, eventualmente, un 0 I ~~ ~: esercizio non corretto del potere ad essa spettante, che si risolverebbe in !.� un vizio deducibile soltanto davanti al giudice amministrativo. � vero, r::� infatti, che, come sar� chiarito in prosieguo, il potere reclamato dallo Stato in subiecta materia non � assoluto ed esclusivo ma va coordinato con quello appartenente in materia urbanistica agli enti di governo locale (regione, o provincia autonoma, e comune): ci� per� non esclude la configurabilit� del conflitto di attribuzione, il quale � ammissibile non soltanto se ricorra invasione di competenza ma anche quando, come nella specie, l'ordinamento richieda la collaborazione di una pluralit� I di enti e, per contro, uno di essi provveda autonomamente, senza tener conto della potest� altrui (da ultimo cfr. sent. n. 206 del 1985). ~ ' I � stato inoltre eccepito che i ricorsi non concernono una norma )~ di grado costituzionale o strettamente integrativa, bensl la disciplina ~ k ordinaria di beni pubblici statali. In contrario, va per� osservato che f: le impugnazioni si riferiscono all'art. 117 Cost. e alle correlative norme m I& degli statuti speciali delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (artt. 4 n. 12 e 8 stat. Friuli-Venezia Giulia, 8 n. 5 e 16 stat. Trentino- Alto Adige) nella parte in cui esse trasferiscono alle regioni e alle {:: t.; province autonome la materia dell'urbanistica: appunto sulle dette norili me costituzionali si fondano le resistenti per affermare il loro potere di comprendere negli strumenti urbanistici i beni dello Stato, prevedendo per essi nuove e diverse funzioni. I Occorre pertanto stabilire se detta attribuzione della materia di cui I ~ si tratta escluda ogni potest� dello Stato in ordine alla destinazione dei propri immobili, sicch� i suddetti soggetti di governo locale possano operarne da soli il mutamento, ovvero se essa determini in subiecta mai: teria un concorso di poteri, onde ogni determinazione locale resti pur @ ~ sempre condizionata dall'intervento della volont� statal�. � I ~ Deduce ancora la Provincia, al fine di sostenere l'inammissibilit� & dei licorsi, che essi investono atti di sola approvazione ossia, a suo dire, meri atti di controllo, mentre gli effetti di cui lo Stato si duole debbono essere imputati ai provvedimenti comunrui con cui � adottato lo strumento urbanistico: provvedimenti che non possono formare oggetto di un giudizio per regolamento di competenza perch� non promanano da uno dei soggetti del conflitto. I lli Rileva per� in contrario la Corte che l'intervento delle Regioni o m ~= delle Province autonome in materia di piani regolatori e programmi di \:: fabbricazione non ha soltanto una efficacia di controllo, ma si inserisce, 1' quale elemento costitutivo, in una fattispecie a formazione progressiva, 1: potendosi con esso apportare modificazioni, variazioni, soppressioni r.i ;., e aggiunte alle previsioni formulate dal Comune. (�: w 1. ~~j PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE :� vero che sin dal momento dell'adozione da parte degli organi comunali lo strumento urbanistico produce alcuni effetti prodromici, sia pur limitati, i quali trovano la loro giustificazione nell'esigenza che medio tempore non sia pregiudicata l'attuazione di esso. Tale efficacia anticipata non rileva per� sulla serie procedimentale di formazione del medesimo, serie che d� vita ad un atto complesso riferibile non soltanto agli enti minori (comuni) ma anche a quelli (regioni, province autonome) che provvedono all'approvazione. Si ripete qui pertanto, pur nella diversit� del caso concreto, la .medesima situazione gi� oggetto della sent. n. 175 del 1976, con cui questa Corte ha ritenuto ammissibile (ed anche fondato) il ricorso per conflitto di attribuzione da parte dello Stato contro la Regione Lazio. (omissis) N�, infine, pu� trovare accoglimento l'eccezione proposta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (e fatta propria dalla Regione Veneto) secondo cui il proposto conflitto � inammissibile, in quanto, a suo dire, il piano � regolatore � privo di una sua forza cogente e costituisce un mero programma, inidoneo a produrre lesione di posizioni giuridiche. Invero anche se cos� fosse, l'atto sarebbe tuttavia capace di dar luogo a conflitto, in quanto integrerebbe pur sempre una manifestazione di volont� diretta all'affermazione di una competenza in contrasto (vero o presunto) con quella di altro ente, il che, secondo la giurisprudenza di quest~{ Corte, � sufficiente per la configurabilit� di una controversia da decidere in sede di giudizio costituzionale. Peraltro, il piano regolatore, una volta approvato, ha una propria efficacia immediata ed � autonomamente impugnabile per vizi ad esso riferibili, i quali non possono pi� essere fatti valere contro lo strumento di attuazione (piano particolareggiato), soggetto ad impugnazione soltanto per quanto di nuovo e peculiare sia in esso contenuto. Nel merito, osserva la Corte che la questione generale e comune a tutti i ricorsi concerne l'ambito di attribuzioni da riconoscere alle Regioni e alle Province autonome nella �materia dell'urbanistica, secondo le previsioni della Costituzione e delle gi� citate norme degli statuti speciali. Precisamente si tratta di stabilire, agli effetti del presente giudizio, se il potere appartenente alle Regioni resistenti e alla Provincia di Bolzano sia pieno ed esclusivo, onde solo ad esse competa di approvare gli strumenti urbanistici, quando questi ultimi, come nella fattispecie in esame, non solo comprendano i beni pubblici statali (il che � necessario, dovendo il piano regolatore comprendere l'intero territorio comunale: art. 7 I. 17 agosto 1942, n. 1150, modif. dall'art. 1 1. 19 novembre 1968, n. 1187), ma contengano altres� previsioni di destinazioni diverse da quelle attuali, senza l'adesione dello Stato, pur sempre titolare della propriet� (pubblica) istituzionalmente preordinata alla cura di interessi generali da soddisfare con i beni medesimi. La questione, cos� posta, va risolta in senso favorevole allo Stato. 12 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Gi�, in linea di principio, questa Corte ha avuto modo di rilevare che le attribuzioni costituzionalmente garantite delle Regioni e delle due Province autonome non escludono senz'altro, nelle singole materie, la coesistenza di alcuni poteri statali, con la relativa necessit� di coordinamento, quanclo si tratti della tutela di esigenze che esorbitino dall'ambito regionale e non possano quindi non continuare a permanere nella sfera dello Stato: le Regioni, invero, com'� ius receptum, sono enti esponenziali di interessi locali e quindi� non possono incidere su posizioni giuridiche che fanno capo all'intera collettivit� nazionale. In particolare poi la Corte, dopo aver precisato in armonia con l'art. 80 d.P.R. n. 616/1977, che l'urbanistica comprende tutto quanto concerne l'uso dell'intero territorio ai fini della localizzazione e tipizzazione degli insediamenti, con le relative infrastrutture (sent. n. 239/1982), ha avvertito che la competenza regionale subisce varie restrizioni, tra cui, ad esempio, quelle relative alla costruzione di opere pubbliche di interesse nazionale, sempre appartenenti alla competenza centrale. Analoga restrizione, per I'eadem ratio, non pu� non verificarsi per i beni pubblici statali (demaniali e patrimoniali indisponibili), il cui uso, secondo }a loro natura e finalit�, attiene ai compiti dello Stato ed � inteso alla soddisfazione, con mod,alit� varie, di interessi riferibili a tutta la comunit� nazionale (si pu� invero distinguere, com'� noto, tra un uso indiretto, per il demanio e patrimonio militare, le strade ferrate, gli aeroporti, e un uso diretto, per il de'manio marittimo, idrico, stradale, ecc.). Giova in proposito ricordare come gi� nella vigenza della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il cui art. 10 attribuiva agli organi statali il potere (ora trasferito alle regioni) di approvazione del piano regolatore generale, il controllo di conformit� alle previsioni urbanistiche delle opere da eseguire su terreni demaniali (art. 31, modif. dall'art. 10 legge 6 agosto 1967, n. 765) spettava al Ministro dei lavori pubblici d'intesa con le amministrazioni interessate: sistema confermato testualmente dall'articolo 9, ultimo comma, legge 28 gennaio 1977, n. 10. E pu� anche ricordarsi che l'art. 3 legge 24 dicembre 1976, n. 898, affida, in materia di servit� militari, ad atti bilaterali l'armonizzazione tra i piani territoriali delle regioni o delle province autonome e le esigenze dell'Amministrazione centrale della difesa. Sulla linea di continuit� di dette norme, va affermato che ogni qual volta concorra -come nella fattispecie in esame -una molteplicit� di interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi e tutti di rilievo costituzionale, alla foro composizione deve provvedersi attraverso l'istituto, tipico e generale del diritto pubblico, rappresentato dall'intesa. In proposito� l'affermazione della Provincia di Bolzano, secondo cui l'intesa sarebbe� possibile soltanto nel caso specifico previsto dall'art. 81, secondo comma, d.P.R. 616/1977, non sembra alla Corte puntuale. La norma ora citata si riferisce invero ad una fattispecie particolare, che non PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE esclude certo l'impiego de1l'istituto (il quale, come s'� detto, � di portata generale) tutte le volte che esso costituisce strumento idoneo a realizzare la sua funzione ora detta. Tutto ci� conferma la gi� preannunciata conclusione, secondo cui non spetta alle Regioni ed alle Province autonome approvare gli strumenti urbanistici senza che, nelle parti in cui essi prevedono il mutamento di destinazione degli immobili pubblici appartenenti allo Stato, sia previamente intervenuta un'intesa con i com.petenti organi centrali. � In definitiva vanno quindi accolti tutti i ricorsi che hanno per oggetto esclusivamente la questione ora esaminata, mentre la Corte deve ancora soffermarsi brevemente sulle impugnazioni con cui sono state mosse alcune eccezioni particolari. Si tratta anzitutto del ricorso numero 6/1979, relativo al pian� urbanistico del Comune di Campo di Trens, approvato dalla Provincia di Bolzano. Al riguardo osserva la Corte che, in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla resistente, pu� ritenersi -sulla base degli atti ed anche in mancanza di specifica contestazione -che non vi sia� stata lesione della competenza statale poich� una parte della zona in questione (quella sud) appartiene al patrimonio disponibile dello Stato, e non � perci� soggetta ai principi di diritto pubblico ora detti, mentre per l'altra parte (quella nord) risulta gi� intervenuta l'intesa tra Stato e Comune. Non pu� invece essere accolta l'eccezione della Provincia (ricorso n. 3/1981) relativa al Com.une di Bressanone in quanto l'immobile di cui trattasi, un poligono di tiro, costituisce pertinenza delle opere di difesa nazionale e quindi rientra nella previsione dell'art. 822 �cod. civ. Peraltro, se pure in ipotesi potesse accettarsi l'affermazione della resistente Provincia, il bene rientrerebbe pur sempre -come la stessa in fondo riconosce -nella categoria dei beni patrimoniali indisponibili (ovviawente un temporaneo non uso sarebbe privo di rilevanza, dato che i beni del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano, com.e espressamente stabilisce l'art. 828, secondo com.ma, cod. civ.) e quindi rimarrebbero immutati i termini della questione, la quale concerne egualmente i beni demaniali e quelli patrimoniali indisponibili. p.q.m. (omissis) 3) dichiara che non spetta alle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Puglia nonch� alla Provincia autonoma di Bolzano di approvare gli strumenti urbanistici dei Com.uni di Trasaghis, Tarvisio, Venezia, Taranto, San Candido, Bolzano e Bressanone, nelle parti in cui essi prevedono un mutamento di destinazione di beni pubblici statali (demaniali e patri�: noniali indisponibili) senza che sia previamente intervenuta un'intesa con i competenti organi dello Stato; in conseguenza annulla, nelle parti predette, le deliberazioni... (omissis) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 22 novembre 1985, n. 305 (ord.) -Pres. Paladin -Rel. Borzellino -Cossio ed altro e Presidente Consiglio dei Ministri. Tributi erariali diretti � Rimborsi di ritenute diretti e di versamenti diretti � Diversit� di termini � Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; d.P.R. 29 settembre 1973; n. 602, artt. 37 e 38). Non sussistendo idonee caratteristiche di identit� ed omogeneit�, non contrasta con l'art. 3 Cast. la diversit� tra termine di decadenza .(18 mesi) per richiedere il rimborso di erroneo versamento diretto e termine di prescrizione (10 anni) per richiedere il rimborso di tributo assoggettato a ritenuta diretta . ... Ritenuto che � stata sollevata questione incidentale di legittimit� costituzionale, con l'ordinanza degli artt. 37 e 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul 1reddito), in riferimento all'art. 3 Cost. e, con l'ordinanza del solo art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973, in riferimento agli artt. 3 e 113 Cost., nella part~ in cui � previsto un ter;nine di decadenza di dicio!to mesi per ottenere il rimborso di erroneo versamento diretto (art. 38), e per contro il termine di prescrizione decennale per ottenere il rimborso del tributo assoggettato a ritenuta diretta (art. 37); (omissis) considerato che i termini di raffronto, posti a fondamento della questione ex art. 3 Cast., non rivestono idonee caratteristiche di identit� e di omogeneit�, essendo inteso il disposto dell'impugnato art. 38 del d.P.R. n. 602 a finalit� restitutoria, circoscritta agli ambiti connessi all' � obbligo di versamento �. I CORTE COSTITUZIONALE, 11 dicembre 1985, n. 325 (ord. in cam. cons.) - Pres e ReL Paladin -Rosso e Presidente Consiglio dei Ministri. Tributi erariali indiretti � Agevolazioni tributarie a favore dell'edilizia Uffici e negozi trasferiti separatamente � Diversit� di trattamento Legittimit� costituzionale. (Cost. artt. 3 e 53; I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17). Scopo specifico della legge n. 408 del 1949 essendo l'incentivazione della costruzione di case di abitazione e non di uffici o negozi, non contrasta con gli artt. 3 e 53 Cast. la disposizione che esclude dalle agevolazioni tributarie il trasferimento di soli negozi o uffici.� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE II CORTE COSTITUZIONALE, 30 dicembre 1985, n; 385 (ord. in cam. cons.) - Pres. Paladin -Rei. Saja. Tributi erariali indiretti � Agevolazioni tributarie a favore dell'edilizia � Parte di area non edificabile per prescrizione di piano paesistico � Violazione del principio di eguaglianza � Non sussiste. (Cost. art. 3; d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 conv. con I. 7 febbraio 1968, n. 26, art. 6 ter). Le disposizioni nelle quali sono previste agevolazioni tributarie hanno carattere derogatorio e costituiscono frutto di scelte del legislatore sindacabili solo se irrazionali o ingiustificate; e comunque le limitazioni all'edificazione imposte da piani paesistici determinano situazioni oggettive profondamente diverse da quelle conseguenti da prescr�zioni poste da strumenti urbanistici. I Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Enna ha sollevato questione di legittimit� costituzionale -per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cast. -dell'art. 17, comma secondo, della legge 2 luglio 1949, n. 408, che esplicitamente esclude, dalle agevolazioni tributarie accordate dalla legge medesima, � la vendita di negozi che non sia effettuata con lo stesso atto con il quale viene trasferito l'intero fabbricato �: argomentando che il legislatore avrebbe in tal modo irrazionalmente privilegiato � persone di cospicua potenza economica, capaci di acquistare interi fabbricati�, rispetto all'� artigiano ed al modesto commerciante che voglia acquistare la propriet� di un solo locale per svolgervi la propria attivit� di lavoro �, Considerato che scopo esplicito e specifico della legge n. 408 del 1949 essendo quello di incentivare la costruzione delle case di abitazione non di lusso e non anche quelle degli uffici o negozi, unicamente cori� siderati come accessori di quelle (anche agli effetti delle successive leggi 1493/1962 e 1212/1967), la fattispecie della vendita (come quella della costruzione) di soli negozi risulta perci� stesso oggettivamente scriminata: onde vengono a mancare i presupposti logici di una comparazione con la diversa ipotesi della alienazione di appartamenti e dunque neppure si pone un problema di violazione dell'art. 3 Cast.; che, d'altra parte, anche l'art. 53 Cast. non � utilmente invocato, poich� il principio della capacit� contributiva non �. posto in discussione da norme (come quella impugnata) che stabiliscono in via del tutto eccezionale agevolazioni fiscali per la incentivazione di particolari attivit� ritenute di rilevante interesse sociale; mentre, per quanto riguarda la normale tassa lf.f::@��-::::==-:m::::�����'W...z:������'w..x�f'.X�mffi .)':w~-~ '/� ��=�;.. lf.f::@��-::::==-:m::::�����'W...z:������'w..x�f'.X�mffi .)':w~-~ '/� ��=�;.. 16 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO zione delle altre attivit� che non coinvolgono tale interesse, la capacit� contributiva del singolo soggetto passivo di imposta non subisce alcuna diversa valutazione rispetto alla generalit� dei ca.si. II Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da Guidi Adele, avente ad oggetto agevolazioni tributarie per la costruzione di edifici di abitazione, previste dall'art. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408, la Commissione tributaria di primo grado di La Spezia sollevava, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimit� costituzionale dell'art. 6 ter d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, conv. in legge 7 febbraio 1968, n. 26, concernente l'ambito di applicabilit� di dette agevolazioni; che �la Commissione esponeva che la Guidi aveva acquistato nel territorio del Comune di Montignoso un'area necessaria a costruire una casa di abitazione ed aveva invocato il beneficio dell'imposta fissa di registro; e l'Ufficio del registro, ritenuto che il beneficio non potesse applicarsi per la parte di suolo eccedente l'area coperta, aveva notificato un'ingiunzione di pagamento per il recupero dell'imposta relativa a detta eccedenza; che la contribuente aveva presentato ricorso, richiamando il sopra citato art. 6 ter, il quale stabilisce che �nei comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione � i benefici di cui alla legge n. 408 del 1949 si applicano �all'intera area necessaria per realizzare i volumi fabbricabili stabiliti dalle norme e prescrizioni urbanistiche per le zone residenziali �; che, ci� premesso, la Commissione osservava come la ricorrente aveva dovuto lasciare non edificata una parte dell'area acquistata, in osservanza del locale piano territoriale paesistico, redatto sulla base della legge 29 giugno 1939, n. 1497; che il citato art 6 ter era di stretta interpretazione e perci� non permetteva l'applicazione dei benefici tributari quando la necessit� di lasciare non edificata una parte dell'area fosse imposta da disposizioni diverse (nella specie: piani paesistici) da quelle contenute nei piani regolatori o nei programmi di fabbricazione; che la Commissione riteneva che, per effetto di tale disciplina, a situazioni analoghe corrispondevano, senza plausibile giustificazione, trattamenti diversi, e pertanto essa impugnava il citato art. 6 ter � nella parte in cui non estende l'art. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni, alle zone residenziali che soggiacciano a norme e prescrizioni di piani territoriali paesistici per l'intera area necessaria a realizzare i volumi fabbricabili stabiliti da dette norme e prescrizioni�; Considerato che le disposizioni legislative in cui sono previste age volazioni tributarie hanno� carattere derogatorio e costituiscono frutto PARTE I, SEZ. I, GIURISP�RUJ>ENZA COSTITUZIONALE di scelte del legislatore, sindacabili dal giudice di legittimit� costituzio� nale soltanto se irrazionali o ingiustificate; che nella specie la norma denunciata (cit. art 6 ter d.I. 11 dicembre 1967, n. 1150, conv. con modificazioni in legge 7 febbraio 1968, n. 26) prevede i benefici tributari di cui all'art. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408 e succ. mod. (imposta fissa di registro e riduzione al quarto di quella ipotecaria) per il trasferimento dell'intera area necessaria a realizzare in zone residenziali i volumi fabbricabili stabiliti dal piano regolatore generale o dal programma di fabbricazione, mentre non vi comprende le analoghe prescrizioni dei piani paesistici; che le due situazioni messe a raffronto, contrariamente a quanto ritiene il giudice a quo, sono profondamente eterogenee; invero, la ricordata agevolazione tributaria trova il suo fondamento nel fine, perseguito dal legislatore, di incentivare le costruzioni nelle zone destinate all'espansione edilizia, fine a cui � data speciale rilevanza anche rispetto all'ordinaria imposizione tributaria; per contro, nelle localit� incluse nei piani paesistici viene prevalentemente in considerazione la salvaguardia estetico-paesaggistica delle zone protette, per cui sono imposti dai detti piani divieti o liinitazioni alle costruzioni (cfr. cit. legge 29 giugno 1939, n. 1497, con il relativo regolamento approvato con r.d. �3 giugno 1940, n. 1357; e, ora, anche, d.I. 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431); che quindi, rispetto alle zone protette per le loro bellezze naturali, non ricorre certamente la medesima ratio della denunciata disposizione, risultando anzi evidente, in base a quanto ora detto, la profonda differenza, se non la contrapposizione, tra �le due situazioni messe a confronto dall'ordinanza di rimessione; che in conclusione la questione si presenta manifestamente non fond~ta. I CORTE COSTITUZIONALE, 13 dicembre 1985, n. 339 (ord. in cam. cons.) - Pres. e rei. Paladin -Fabris e Presidente Consiglio dei Ministri. Urbanistica � Decadenza della licenza edilizia per sopravvenuto strumen to urbanistico -Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 4 e 42; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 come sostituito da I. 6 ago� sto 1967, n. 765). La libera iniziativa economica dei costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del territorio; ed il termine triennale previsto per il completamento delle costruzioni non pu� dirsi inadeguato. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1985, n. 355 -Pres. e rel. Roebrssen -Romei ed altri (n.p.), regione Emilia Romagna (avv. Lorenzoni I � e Roversi Monaco) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Carafa). Regioni -Deleghe ad enti locali -Controllo sugli atti emessi dagli enti delegati � Attribuzione ai Co.Re.Co. -Legittimit� costituzionale. (Cost. art. 125; l. 22 luglio 1975, n. 382, art. 4). I ~ Espropriazione per p.u. -Terreni a destinazione agricola o comunque privi di attitudine edificatoria � Criterio del valore agricolo medio Legittimit� costituzionale -Termini di inizio e ultimazione delle espropriazioni -Necessit�. (Cost. art. 42; I. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 11 e 16; I. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14). L'attribuzione ai comitati regionali di controllo della funzione di controllo sugli atti emessi dagli enti locali nelle materie ad essi delegate dalle regioni non contrasta con l'art. 125 primo comma Cost.,-peraltro lo Stato pu� rifiutare il visto su delibere legislative regionali le quali abbondino in deleghe. Il riferimento al valore agricolo medio per la determinazione dell'indennit� di espropriazione per p.u. � lesivo dei princ�pi costituzionali solo quando si tratti di terreni che hanno ricevuto destinazione non agricola. La fissazione dei termini di inizio ed ultimazione delle espropriazioni � necessaria anche dopo l'entrata in vigore� della legge n. 865 del 1971 (1). I Ritenuto che il Pretore cli Bassano del Grappa ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'art. 31, penultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (come sostituito dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765), in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione; che, infatti, la norma impugnata (disponendo che �l'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle licenze in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data cli inizio�) (1) La pronuncia presenta qualche marginale incertezza laddove da un canto parla di � terreni che hanno ricevuto � una destinazione non agricola (e quindi fa riferimento agli strumenti urbanistici ed in genere a connotati legali) e d'altro canto parla di � attitudine edificatoria � in termini meno rigorosi. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE determinerebbe � obblighi temporalmente del tutto diseguali in relazione al momento dell'�ntrata in vigore delle previsioni� predette, facendo s� che il titolare della licenza si trovi � di fronte ad un obbligo ineseguibile �; e che, d'altra parte, la norma medesima violerebbe inoltre la libert� di iniziativa economica e la garanzia costituzionale della propriet� privata, negando � al cittadino la sicurezza di un termine sufficiente all'ultimazione � dell'attivit� costruttiva; Considerato che il termine triennale di cui al novellato art. 31, penultimo comma, �si applica soltanto� -come ha argomentato l'Avvocatura dello Stato -�alle licenze rilasciate successivamente all'entrata in vigore della legge n. 765/1967 � (qual era, del resto, la licenza rilasciata il 10 gennaio 1973 all'imputato nel giudizio a quo); che il termine stesso (protrattosi, nella specie, per pi� di quattro anni) non pu� dirsi affatto inadeguato al caso delle licenze contrastanti con le sopravvenute previsioni urbanistiche; che la prevista decadenza delle licenze medesime non comporta nessuna disparit� di trattamento costituzionalmente censurabile, posto che la norma denunciata non distingue in alcun modo fra i loro titolari; che la libera iniziativa economica dei costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del territorio; che, di conseguenza, la proposta questione si dimostra, in tutti i suoi aspetti, manifestamente non fondata. Il Le ordinanze in epigrafe sollevano varie questioni di legitthnit� costituzionale in ordine a disposizioni legislative statali o regionali, relative tutte alla materia delle espropriazioni per causa di pubblica utilit� o al controllo sui relativi atti e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un'unica sentenza. Una~ prima questione di legittimit� costituzionale ha ad oggetto l'articolo 4 della legge statale 22 luglio 1975, n. 382 (�norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione�), a norma del quale il controllo sulle deliberazioni adottate dalle provincie, dai comuni e dagli altri enti locali nelle materie ad essi delegate dalle Regioni � attribuito ai comitati regionali di controllo. I giudici a quibus dubitano che tale disposizione violi l'art. 125, primo comma, Cost., H quale, parlando di � atti amministrativi regionali � si riferirebbe anche agli atti delegati dalla Regione agli enti locali: ne conseguirebbe che per effetto della norma costituzionale anche gli atti delegati dovrebbero essere soggetti al controllo dell'organo previsto dalla medesima disposizione e la legge ordinaria non potrebbe trasferire il controllo medesimo ad altro organo, come ha fatto l'art. 4 della legge statale n. 382 del 1975. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione non � fondata. Invero l'art. 125, primo comma, Cost., quando parla di � atti amministrativi regionali � non contiene alcuna precisazione o specificazione, n� fa riferimento ad alcun criterio che possa valere ad individuare la categoria degli atti amministrativi da sottoporre al sindacato del ripetuto organo. La dizione adoperata, quindi, nella sua latitudine, pu� comprendere tanto gli atti che siano direttamente emanati dagli organi regionali quanto quelli che, pur essendo delegati ad enti locali, siano obbiettivamente regionali siccome emanati nell'ambito di materie rientranti nelle competenze regionali: tali competenze, d'altro canto, non vengono certamente meno per il fatto che la Regione, seguendo il criterio indicato in via preferenziale dall'art. 118, terzo comma, Cost., abbia ritenuto di avvalersi della delega, che pu� sempre revocare nelle forme di legge. Consegue da questa premessa che in mancanza, nella Costituzione, di una norma rigida, il legislatore ordinario, nel disciplinare il modo di esercizio del controllo sui ripetuti atti gode di una facolt� di scelta e pu�, quindi, sottoporre al controllo dell'organo statale di cui all'art. 125 Cost. tutti gli atti rientranti nella competenza regionale, quale, che sia in concreto il soggetto che li adotta, ma pu� anche sottoporre solo quelli che vengano adottati direttamente dagli organi della Regione, affidando invece quelli adottati dai soggetti delegatari al controllo proprio degli atti degli enti locali (art. 130 Cost.). Il legislatore or4inario, cio�, pu�, in caso di delega da parte della Regione, attribuife maggiore rilievo ad un dato� oggettivo, vale a dire al carattere delle funzioni ed al legame con il soggetto astrattamenfe competente (e, quindi, delegante) ma pu� invece far leva sul dato puramente soggettivo, riferendosi esclusivamente alla appartenenza dell'organo che adotta l'atto all'uno od all'altro soggetto. Al primo dei cennati criteri si era� attenuto il legislatore con l'art. 62 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, e questa Corte, con la sentenza n. 40 del 1972, ritenne costituzionalmente legittima la norma, tenuto conto che le funzioni delegate non cessano di essere imputabili alle Regioni. Ma ugualmente non contrastante con la Costituzione appare il diverso criterio seguito ora dalla pi� recente legge n. 382 del 1975, ove si consideri che nella realt� concreta l'atto soggetto a controllo viene emanato da organi appartenf'.nti ad altri soggetti e non �, quindi, irrazionale sottoporlo al medesimo sindacato al quale sono assoggettati tutti gli altri atti che promanano dai medesimi organi. Del resto questa Corte ha pi� volte riconosciuto che il rapporto delegatorio comporta per l'ente delegante poteri di vigil~a e controllo, che possono giungere fino alla sostituzione (sent. n. 29 del 1975; sent. n. 40 del 1960 e sent. n. 40 del 1961), sicch� il principio contenuto nell'articolo in discussione si inserisce anche logicamente in questa realt�. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 21 N� pu� dirsi che in tal modo la Regione, abbondando in deleghe, potrebbe sottrarre i suoi atti al controllo preveduto dall'art. 125, cio� all'organo statale; poich� la delega avviene a mezzo di leggi regionali sulle quali, come � noto, deve essere esercitato il controllo voluto dall'art. 127 Cost. Neppure ha rilievo costituzionale il fatto che con il sistema pm recente il sindacato su atti obbiettivamente regionali viene esercitato da un organo regionale, poich�, come si � gi� detto, � la stessa norma costituzionale (art; 125) che consente questa soluzione (al che, in ogni caso, si aggiunga che l'organo regionale preveduto dall'art. 55 della legge n. 62 del 1953 � collegiale e di esso fanno parte anche membri non nominati dalla Regione). Una seconda questione di legittimit� costituzionale investe l'art. 16, primo e terzo comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nonch� l'art. 14, quarto comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in quanto prevedono che per le aree esterne ai centri abitati la indennit� di espropriazione sia commisurata al valore agricolo medio del precedente anno solare corrispondente al tipo di coltura in atto nell'area da espropriare. Tali norme, ad avviso del giudice a q�o, violerebbero l'art. 42, terzo comma, Cost., perch�; escludendo il ricorso al valore venale, si fa riferimento ad un dato di valutazione estraneo alle caratteristiche dell'immobile e relativo ad un bene di tipo diverso, conducendo ad una quantificazione dell'immobile del tutto irrisoria. Anche tale questione non � fondata. La giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 5 del 1980 e n. 231 del 1984) ha chiarito, in sostanza, che per la determinazione della indennit� di espropriazione occorre che la legge faccia riferimento alle caratteristiche essenziali del bene ablato, e cio� tenga esatto conto della realt� delle cose: in conseguenza, soprattutto con la sentenza n. 231, si � afferm�to che il criterio del valore agri~ colo, se � lesivo dei princ�pi costituzional� quando si tratti di terreni che hanno ricevuto diversa destinazione, non lo � quando viene riferito alle aree prive di attitudine edificatoria cos� come definita dalla medesima giurisprudenza (vedasi in particolare la cit. sent. n. 231). Nel quadro di queste affermazioni la Corte di cassazione (sent. 24 ottobre 1984, n. 5401) ha anch'essa sostanzialmente precisato che occorre avere riguardo alla consistenza del bene da espropriare per cui, anche dopo la sent. n. 5 del 1980, il criterio del valore agricolo rimane fermo per le aree che hanno in realt� destinazione agricola. Ed allora le norme impugnate in questa sede . devono essere interpretate nel senso che laddove l'area sia da considerare edificatoria (nei sensi precisati dalla ripetuta sent. n. 231 del 1984), la indennit� non. pu� non tenPre conto di questa realt�, mentre il riferimento al valore agricolo rimane fermo sempre che le aree abbiano effettivamente desti\ nazione agricola: cos� interpretate, le norme in discussione appaiono i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conformi ai princ�pi costituzionali e non meritano censura sotto il profilo in esame. (omissis) Una quinta questione di legittimit� costituzionale ha ad oggetto l'articolo 11, primo comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, poich� non prevede che l'autorit� alla quale spetta dichiarare la pubblica utilit�, la indifferibilit� e la urgenza delle opere in vista delle quali occorra procedere ad espropriazione fissi i termini per l'inizio e l'ultimazione sia delle espropriazioni sia dei lavori. In tal modo si violerebbero i princ�pi contenuti nell'art. 42, terzo comma, Cost., sia in ordine alla riserva di legge per le espropriazioni per causa di p. u. sia in ordine alla congruit� dell'indennizzo il cui contenuto economico potrebbe venire ridotto per il ritardo del provvedimento di espropriazione rispetto al momento in cui l'indennit� provvisoria � stata accettata. La questione non � fondata. � ben vero che la legge n. 865 del 1971 non parla della fissazione dei termini per l'inizio e la ultimazione delle espropriazioni e dei lavori, ma � anche ben vero che la giurisprudenza � del tutto costante e pacifica nel senso che la fissazione di tali termini costituisce regola indefettibile per ogni e qualsiasi procedimento espropriativo. E la necessit� della fissazione di tali termini, posta gi� in via generale con l'art. 13 della legge 23 giugno 1865, n. 2359, � rimasta ferm~ anche dopo la entrata in vigore della legge n. 865 del 1971, la quale ha modificato soltanto in parte le norme precedenti sulle espropriazioni in questione ma, se ha taciuto in ordine alla fissazione di quei termini, non ha abrogato il citato art. 13 della legge del 1865. Questa legge, d'altro canto, conserva tuttora, secondo la . giurisprudenza, valore di legge generale applicabile in tutti i casi nei quali le leggi speciali non la abbiano modificata anche implicitamente: e nel caso di specie non sussiste alcun motivo per ritenere abr�gato implicitamente il citato art. 13. (omissis) ! SEZIONE SECONEIA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, Sed. plen., 15 gennaio 1986, nella causa 121/84 -Pre8. f.f. Everling -Avv. Gen. Slynn Commissione delle C.E. (ag. Marenco) c. Rep. Italiana (avv. Stato Fiumara). Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni di mercato rela tive agli animali vivi -Transito di animali vivi. (Trattato CEE, art. 30; reg. CEE del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, art. 20). Non risultando che in Italia sussista alcun divieto di transito per gli autocarri che trasportano animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un altro Stato membro, divieto implicante lo scarico degli autocarri e il trasbordo degli animali su vagoni ferroviari, la Repubblica Italiana non � venuta me~o agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 30, 34 del Trattato CEE e dell'art. 20, n. 2, del reg. CEE del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo alla organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine e delle corrispondenti organizzazioni comuni di mercato relative ad animali vivi (1). (omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria 1'8 maggio 1984, la Commissione delle Comunit� Europee ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare (1) Invero, n� alla data del parere motivato, n� tantomeno alla data del ricorso della Commissione le autorit� italiane ponevano pi� alcuna restrizione al transito su strada attraverso il territorio nazionale di animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un altro Stato membro o a un paese terzo. L'art. 49 del regolamento di polizia veterinaria appr. con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, nella parte in cui prescriveva che il trasporto degli animali vivi venisse effettuato di norma per ferrovia (e ci� per la inadeguatezza delle strutture per il trasporto stradale) era stato abrogato dall'art. 26 della legge 30 aprile 1976, n. 397, e, sia pur con gradualit�, era stato possibile liberalizzare completamente il traffico su strada, esaurendo affine tutte le richieste degli operatori. Per ci� solo il ricorso proposto dalla Commissione era infondato e la Corte lo ha rigettato. La Commissione per� in corso di causa aveva rilevato che una restrizione comunque sussisteva in quanto solo per gli animali in transito per il territorio nazionale e non anche per que_Hi importati in Italia le autorit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la Repubblica italiana, imponendo restrizioni al transito su strada, attraverso il territorio itailiano, di animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un altro Stato membro o ad un paese terzo, � venuta meno agli obblighi ad essa inc�mbenti in forza degli artt. 30, 34 del Trattato CEE, nonch� dell'art. 20, n. 2, del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (G. U. n. L. 148, pag. 1), e delle corrispondenti disposizioni di altre organizzazioni comuni di mercato relative ad animali vivi. 2. Il ricorso in esame trae origine da un reclamo rivolto alla Commissione, nel 1981, dal Governo belga. Secondo la Commissione, detto Governo fa valere che le autorit� italiane impongono lo scarico dagli autocarri e il trasbordo su vagoni ferroviari quando si tratta di animali vivi che transitano attraverso il territorio italiano in quanto destinati ad un altro Stato membro o ad uno Stato terzo, m~ntre le stesse autorit� non si oppongono al trasporto su strada di animali vivi destinati al mercato interno. 3. -Rispondendo alla lettera con la quale veniva invitato. a presentare le proprie osservazioni in merito a tale comportamento discriminatorio, il Governo italiano sosteneva, da un lato, che non poteva esservi alcuna discriminazione a danno degli operatori belgi, data la mancanza di concorrenti esportazioni italiane destinate alla Grecia, e, dall'altro, che il trasporto per ferrovia consentiva di sfruttare utilmente gli impianti predisposti dalle ferrovie dello Stato. 4. -Il 16 marzo 1980, ritenendo di non poter modificare il proprio punto di vista a seguito delle suddette osservazioni, la Commissione emetteva un parere motivato nel quale faceva carico alla Repubblica I taliana di vietare il transito di autocarri che trasportano animali vivi originar:i di _uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un italiane richiedevano, ai sensi dell'art. 61 del regolamento di polizia veterinaria sopra citato, un'autorizzazione, non prevista da norme comunitarie n� giustificata da motivi di tutela della salute degli animali, subordinata oltretutto al rilascio, da parte delle autorit� del paese di esportazione, di un certificato che assicurasse che gli animali non sarebbero stati respinti alla frontiera dello Stato di destinazione definitivo o di ulteriore transito. La Corte ha ritenuto, giustamente, che nella causa al suo esame non po� tevano essere. dedotte censure non contenute gi� nel parere motivato. Il Governo italiano, comunque, aveva contestato anche la fondatezza di tali rilievi della Commissione. � La ratio della norma contestata -era stato precisato -va ricercata nell'esigenza di tutelare la salute degli animali e non sottoporli ad un trattamento crudele ed inutile. L'Italia, cio�, accetta illimitatamente le importazioni di animali vivi destinati al proprio territorio nazionale e per essi, j. f: i~ f: I r PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTBR..'i!AZIONALE 25 altro Stato membro. Essa impartiva alla Repubblica Italiana un termine di due mesi per conformarsi a tale parere. 5. -Nella, risposta al suddetto parere motivato il Governo italiano spiegava che la preoccupazione dei servizi veterinari italiani era semplicemente quella di programmare i trasporti stradali in funzione della ricettivit� delle infrastrutture esistenti ai diversi valichi di confine. Per centro, a suo dire, il trasporto ferroviario non era sistematicamente preferito al trasporto stradale, n� il commercio di animali destinati al mercato italiano era favorito rispetto a quello di animali destinati ad altri mercati. Il Governo italiano informava inoltre la Commissione del fatto che, a seguito di riunioni fra le autorit� veterinarie belghe ed i servizi italiani, erano state concesse autorizzazioni per il transito di un certo numero di animali trasportati a mezzo autocarri, in base alla prova che detti animali non sarebbero .stati respinti dallo Stato di destinazione e rispondevano alle norme sanitarie comunitarie. 6. -Poich� con lettera dell'agosto 1983 il Governo belga le comunicava di non essere soddisfatto -in ragione di limitazioni stagionali imposte al transito di autocarri e di sistematici controlli sanitari alla frontiera -del risultato delle suddette riunioni, la Commissione proponeva il ricorso ora in esame. 7. -Nella replica, e in udienza, la Commissione ha fatto valere il carattere generale delle conclusioni formulate nel ricorso relativamente alle restrizioni del transito a mezzo autocarri, per mettere in dubbio la legittimit� della richiesta di certificati di accettazione degli animali, nonch� del regime stesso di autorizzazione quale risulta dall'art. 61 del regolamento di polizia veterinarj.a, approvato con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 142, del 24 giugno 1954), secondo cui �il transito degli animali attraverso il territorio nazionale con diretta destinazione ad altri Paesi, quando non esistano spequindi, non chiede alcunch�: tutto ci� � fuori discussione. Non pu�, per�, ignorare l'Italia che alcuni paesi pongono, legittimamente o illegittimamente, delle restrizioni e non accettano l'entrata o il transito nel loro territorio, o li accettano solo a determinate condizioni. :t; evidente che nel caso in cui gli animali transitati per l'Italia siano respinti dallo Stato di ulteriore transito o di destinazione, si dovr� far luogo ad un nuovo transito in senso inverso, con quanta gioia per gli animali � facile immaginare. Ebbene, proprio per evitare questa inutile crudelt�, le autorit� italiane intendono essere garantite che il trasporto prosegua senza ostacoli (infatti, per il transito di carni, prodotti e avanzi-animali, per i quali non v'� la rilevata esigenza di tutela della salute degli animali, lo stesso art. 61, nel secondo comma, precisa che �nessuna formalit� � richiesta�). :t>, del resto, interesse dello stesso operatore dello Stato di provenienza assicurarsi del buon esito del trasporto, al fine di evitare sensibili perdite economiche �. 26 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ciali convenzioni veterinarie, � consentito dall'Alto Commissariato per l'igiene e la sanit� pubblica, su richiesta delle competenti autorit� del paese di destinazione, con l'osservanza di norme da stabilirsi di volta in volta... �, 8. -Si deve ricordare anzitutto che in nessun caso l'oggetto della controversia, quale risulta definito dal parere motivato, pu� essere ampliato. 9. -Nella fattispecie, l'unico comportamento criticato nel parere motivato � il divieto di transito per gli autocarri che trasportano animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un altro Stato membro, divieto implicante lo scarico degli autocarri e il trasbordo degli animali su vagoni ferroviari. Nell'ambito della presente causa non possono quindi esser prese in considerazione n� la censura riguardante il regime stesso di previa autorizzazione per il transito di animali vivi, n� quella relativa a:lla prassi consistente nel subordinare il rilascio dell'autorizzazione di transito al fatto che il trasportatore sia in possesso di un certificato di accettazione . 10. -Quanto alla-prassi che imporrebbe il trasbordo, si deve sottolineare che, secondo l'art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, la Corte di giustizia pu� essere adita soltanto qualora lo Stato in causa non si conformi al parere motivato nel termine fissato dalla Commissione. 11. -Nella fattispecie, il Governo italiano sembra ammettere che l'obbligo di trasbordo esistesse quando l'infrastruttura degli autoporti non consentiva controlli sanitari efficaci, ma nel rispondere al parere motivato esso ha sottolineato che tale obbligo non viene comunque pi� imposto dall'amministrazione italiana. A riprova, esso �ha addotto le autorizzazioni di transito che sono state rilasciate, prima che venisse emesso il parere motivato, a trasportatori stradali, autorizzazioni il cui elenco � stato versato agli atti. 12. -Poich� � controverso che il comportamento criticato sia perdurato dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato, spettava alla Commissione fornirne la prova. 13. -Si deve constatare che la Commissione non ha adempiuto tale obbligo. Il reclamo col quale il Governo belga le ha comunicato le lagnanze degli operatori belgi risale, a detta della Commissione, al 1981. D'altro canto, la lettera dell'agosto 1983 nella quale il Governo belga dichiara di ritenere insufficienti i risultati dei contatti con le autorit� italiane non fa menzione di un obbligo di trasbordo. 14. -Stando cos� le cose, il ricorso dev'essere respinto. (omissis) ii f' .. II ""'Z-'.�:-:-'.-'.�'.''.':-:':-'.�'.�:-:-'.-'.�'.-:-:-:-:-:-:-:-'.-:-:-:-:-'.-:-'.-'.�'.�:-:-:-'.-:-:-:-:-'.-Z�'.�'.�:-:-:-'.�'.-:-'.-'.�'.�'.�'.-'.�'.-'.-'.�'.�'.-:-:-'.�'.-:-:-:-z-:-:-:-'.-'.-'.�:-z-:-:-:-:-:-z-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-z-z-:-z-:-:-:-:-z-:-:-:-z-z-:-:-z-:-:-z-:-z-:-:-:�z�z�:-:-z-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:�-z-:-:-:-z-:�z�z-rnc-z-:�:-:�z-z�:-zc-:-:��-z�c-:-:-z�-:�:cn-z�z�:�z�c�H--"-'�'�'------' r11�1�1a11111t1rt1i11111111~1r11ir111111111111r41111111111=r11 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 27 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 2a sez., 23 gennaio 1986, nella causa 283/84 -Pres. Bahlmann -Avv. Gen. Slynn Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria di secondo grado di Sassari nella causa Trans Tirreno Express s.p.a. c. Uff. prov. IVA di Sassari -Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder), francese (ag. Renouard e Abraham), danese (ag. Mikaelsen) e italiano (avv. Stato Conti) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). Comunit� europee -Sistema comune d'imposta del valore. aggiunto Ambito .territoriale di applicazione. (Trattato CEE, art. 227; direttiva CEE del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388, artt. 2, 3 e 9, n. 2, lett. b; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, lett. e). L'art. 9, n. 2, lett. b, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme -non osta a che uno Stato membro applichi la propria legislazione sull'IVA alle prestazioni di trasporto effettuate fra due punti del suo territorio nazionale, nemmeno qualora il trasporto si svolga in parte fuori di tale territorio, purch� tale Stato non invada l'ambito della potest� tributaria di altri Stati (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 23 novembre 1984, pervenuta in cancelleria il 29 novembre successivo, la Commissione tributaria di secondo (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano, il quale aveva sottolineato i limiti dell'art. 9 della direttiva, il quale non indica quali siano le prestazioni di servizi che possono considerarsi effettuate all'interno del paese, ma ripartisce soltanto la competenza impositiva allorch� si tratti di prestazioni che potrebbero apparire effettuate all'interno di pi� paesi. Al di fuori di questa ipotesi i criteri dettati dall'art. 9 non sono pi� utilizzabili e occorre far capo alle norme generali dei precedenti articoli 2 e 3. E proprio secondo l'art. 3 l'interno del paese corrisponde, -secondo quanto precisato in precedenza dalla stessa Corte con la sentenza 4 luglio 1985, nella causa 168/84, BERKHOLZ, in Racc., 1985, citata in mot'ivazione -, per ciascuno Stato membro, con il campo di applicazione della sua legislazione fiscale. L'art. 3, infatti, fa rinvio all'art. 227 del Trattato, il quale, a sua volta, non fa che rinviare ai singoli ordinamenti. Compete, quindi, a ciascuno Stato membro di determinare il campo di applicazione della propria legislazione, e, con ci� stesso, anche i limiti di quella sfera dell'� interno del paese � entro la quale ogni prestazione di servizi ed ogni cessione di beni -a parte le eccezioni ammesse -deve essere assoggettata ad IVA. Nulla impedisce, perci�, che gli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, applichino la loro legisla� zione fiscale agli atti posti in essere a bordo delle navi battenti la loro bandiera che si trovino in acque internazionali, le quali continuano ad essere soggette, in tale situazione, alla sovranit� di tali Stati. 28 R�SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO grado di Sassari ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione'pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva del Consiglio 14 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (G. U. n. L. 145, pag. 1) (in prosieguo: Sesta direttiva). Gli antefatti 2. -Dalle informazioni fornite dal giudice nazionale risulta che la ricorrente nella causa principale, societ� Trans Tirreno Express S.p.A., effettua un servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra il porto di Livorno, sito nell'Italia peninsulare, e quello di Olbia, sito in Sardegna. Per tale trasporto, l'Ufficio provinciale IV A di Sassari le chiedeva il pagamento dell'IVA relativamente all'intero percorso, ivi compreso il tratto effettuato in acque internazionali. 3,. -La ricorrente nella causa principale si oppone al pagamento di quella parte dell'imposta richiesta che si riferisce alle distanze percorse in acque Internazionali, contestando il diritto dello Stato italiano di applicare l'imposta per tale parte del tragitto. A tal fine, essa fa valere che l'art. 9, lett. e), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 292, pag. 2), modificato dal d.P.R. 31 marzo 1979, n. 94 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 93, pag. 3011), articolo che determina la base imponibile dell'IVA per le prestazioni di trasporto effettuate sul territorio dello Stato � in proporzione alla distanza ivi percorsa �, costituisce attuazione dell'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva, il quale escluderebbe, in applicazione del principio della territorialit�, la percezione dell'IVA per i tragitti compiuti fuori del territorio nazionale. 1 4. -Ritenendo che, stando cos� le cose, l'interpretazione dell'art. 9, n. 2, )ett. b), della Sesta direttiva sia indispensabile per potere decidere la causa e considerando inoltre che il diritto comunitario in materia debba trovare identica applicazione in tutti gli Stati membri, la Commissione tributaria di secondo grado di Sassari ha sottoposto alla �Corte la seguente questione pregiudiziale: Se l'art. 9, n. 2, lett. b) della Sesta direttiva CEE riferisca l'imposizione dell'I.V.A. alle sole distanze percorse all'interno del territorio di Stati membri nel corso di trasporti internazionali (da Stato a Stato) ovvero anche ai trasporti nazionali (da un punto all'altro dello stesso Stato) che si svolgano -come nella specie -prevalentemente su mare extraterritoriale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTBRNAZIONALB Le osservazioni presentate alla Corte 5. -La Trans Tirreno Express S.p.A., il Governo della Repubblica federale di Germania, il Governo della Repubblica francese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte ed orali. Il Governo del Regno di Danimarca ha presentato osservazioni scritte, quello della Repubblica italiana osservazioni orali. 6. -Secondo la Trans Tirreno Expr~ss S.p.A., dall'interpretazione letterale e rigorosa della disposizione risulta che la stessa sancisce il principi<> della territorialit� dell'imposta che i tragitti effettuati in acque internazionali non possono n� debbono dar luogo ad imposizione. 7. -Il Governo della RepubbHca federale di Germania richiamandosi agli artt. 2 e 3 della Sesta direttiva, assume che le acque extraterritoriali non fanno parte dell'� interno del paese� ai sensi della direttiva, e che � soggetta all'IVA -anche nel caso in cui il tragitto inizi e termini nello stesso Stato membro soltanto la parte del trasporto effettuata all'interno del paese. 8. -Il Governo della Repubblica francese sostiene che la Sesta direttiva impone agli Stati membri soltanto l'obbligo di assoggettare all'IVA le prestazioni di trasporto �effettuate nel territorio nazionale. Fuori del territorio nazionale, g\i Stati membri sarebbero liberi di applicare o meno l'IVA, come la Corte avrebbe riconosciuto, seppur in riferimento ad una diversa disposizione, nella sentenza 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz (ancora inedita). 9. -Secondo il Governo del Regno di Danimarca, la Sesta direttiva non risolve espressamente detta questione, ma dall'interpretazione sistematica della direttiva stessa emerge che la riscossione dell'IVA relativamente alle parti del tragitto percorso in acque internazionali non soltanto pu�, ma deve essere effettuata, onde evitare che si commettano abusi consistenti in evasioni d'imposta attraverso artificiosi dirottamenti in acque internazionali. Esso ritiene inoltre che, quando le navi nazionali si trovano in acque� internazionali, la prestazione di trasporto effettuata in acque internazionali rimane soggetta a.Ile norme tributarie nazionali, in quanto tali navi sono soggette alla giurisdizione dello Stato d'immatricolazione. 10. -Secondo il Governo della Repubblica italiana, l'art. 9 della Sesta direttiva avrebbe la funzione di risolvere i conflitti di competenza che sorgono nel caso in cui una prestazione di servizi interessi l'ordina 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento giuridico di ~versi Stati. Nella specie non sussisterebbe un conflitto del genere e la questione andrebbe risolta in base agli artt. 2 e 3 della Sesta direttiva. Spetterebbe in definitiva a ciascuno Stato membro determinare l'ambito territoriale di applicazione del proprio regime IVA. 11. -La Commissione assume che l'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva va applicato unicamente al trasporto di persone, mentre il trasporto di merci, essendo una prestazione accessoria, sarebbe disciplinato da altre disposizioni. Il trasporto di persone tra due punti del territorio di uno stesso Stato rappresenterebbe un'operazione interna che, in base alla direttiva, va assoggettata all'IVA nazionale anche per le distanze percorse in acque internazionali, a condizione che non venga effettuato alcuno scalo in un altro Stato. Sulla soluzione della questione pregiudiziale 12. -Per risolvere la questione sollevata dal giudice a quo occorre esaminare quale sia lo scopo dell'art. 9 nel sistema generale della direttiva. � 13. -L'ambito territoriale di applicazione della direttiva � defini_ to negli artt. 2 e 3. Ai termini dell'art. 2, sono soggette all'IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto pass~vo che agisce in quanto tale. Secondo l'art. 3, l'interno del pa�se corrisponde al campo d'applicazione del Trattato che istituisce la Comunit� Economica Europea, qual � definito per ciascuno Stato membro dall'art. 277. L'art. 3, n. 2, ne esclude espressamente taluni territori nazionali. 14. -La Corte ha gi� affermato, nella suddetta sentenza 4 luglio 1985 (Berkholz), che l'art. 9 intende stabilire, come risulta dal settimo punto del preambolo della direttiva, una razionale delimitazione delle sfere di applicazione delle norme interne in materia di IVA, definendo in modo uniforme� il luogo. d'imposizione delle prestazioni di servizi. 15. -Per prevenire il verificarsi di conflitti di competenza nella ipotesi in cui una prestazione di servizi possa rientrare nell'ambito d'applicazione dell'ordinamento giuridico di pi� Stati membri, l'art. 9, n. 1, derogando al rigoroso principio della territorialit�, stabilisce la regola generale secondo cui si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attivit� economica o ha costituito un centro di attivit� stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa. l 1 I - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERN.\ZIONALE 16. -L'art. 9, n. 2, contempla, rispetto a tale regola generale, talune deroghe per determinate prestazioni specifiche relativamente alle quali la localizzazione fittizia della prestazione presso la sede dell'attivit� del prestatore sarebbe inadeguata e per le quali detta norma stabilisce altri criteri di collegamento. 17. -Cos�, per quanto riguarda le prestazioni di trasporto, l'art. 9, n. 2, lett. b), identifica il luogo di esecuzione e, quindi, di imposizione, col luogo in cui viene effettuato il trasporto in funzione delle distanze percorse. Questa ecce~ione alla regola, generale sancita dal n. 1 � neces� saria poich�, nell'ipotesi del trasporto, la sede dell'attivit� economica non costituisce un criterio di collegamento utile J>er stabilire la compe� tenza territoriale ai fini impositivi; in effetti, la natura stessa di quella particolare prestazione di servizi costituita dal trasporto, prestazione idonea a svolgersi sul territorio di pi� Stati membri, esige un diverso criterio che permetta essenzialmente di delimitare le rispettive sfere di competenza dei diversi Stati membri ai fini dell'imposizione. 18. -Si deve constatare che un trasporto come quello su cui verte la causa principale non determina alcun concorso di competenze, per quanto riguarda l'applicazione dell'IVA, se la nave che effettua il trasporto collega due punti di uno stesso Stato e se l'itinerario prescelto, pur sviluppandosi parzialmente fuori del territorio nazionale, non attraversa spazi soggetti alla sovranit� di un altro Stato. 19. -Nel caso dei trasporti suddetti, che possono essere considerati come trasporti puramente interni, l'ambito territoriale di applicazione dell'IVA va determinato secondo le regole di base contenute negli artt. 2 e 3 della direttiva e non a norma dell'art. 9. 20. -Bench� l'ambito territoriale di applicazione della Sesta direttiva corrisponda, come � stato sopra rilevato, al campo d'applicazione del Trattato CEE qual � definito, per ciascuno Stato membro, dall'art. 227, e bench�, di conseguenza, il regime della direttiva si applichi obbligatoriamente ed imperativamente all'insieme del territorio nazionale degli Stati membri, la direttiva, ed in particolare l'art. 9, n. 2, lett. b), non limita in alcun modo la facolt� degli Stati membri di estendere il campo d'applicazione della propria legislazione fiscale al di l� dei loro veri e propri limiti territoriali, purch� non venga invasa la sfera di competenza di altri Stati. 21. -La questione posta dal giudice a quo va dunque risolta nel senso che l'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati RASSEGNA DELL'AWOCATURA� DELLO STATO membri relative alle imposte sulla cifra di �affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non osta a che uno Stato membro applichi la propria legislazione sull'IVA alle prestazioni di trasporto effettuate fra due punti del suo territorio nazionale, nemmeno qualora il trasporto si svolga in parte fuori di tale territorio, purch� tale Stato non invada l'ambito della potest� tributaria di altri Stati. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 2" sez., 23 gennaio 1986, nella causa 298/84 -Pres. Bahlmann -Avv. Gen. Mancini -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal vice Pretore di Latina nella causa Iorio c. Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato -lnterv.: Governo italiano (avv. Stato Conti) e Commissione delle C.E. (ag. Amphoux e Traversa).� Comunit� europee -Libera circolazione dei lavoratori � Trasporto pub blico � Condizioni oggettive e generali di accesso � Situazioni pura� mente interne. .(Trattato CEE, artt. 7 e 48; regolamento CEE del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, e direttiva del Consiglio 15 ottobre 1%8, n. 68/360; r.d.!. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. in legge 4 aprile 1935, n. 911, e succ. mod., art.3). L'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE e le disposizioni adottate per la sua attuazione non si applicano a situazioni puramente interne di uno Stato membro, come quella del cittadino di uno Stato membro che non abbia mai risieduto o lavorato in un altro Stato membro; n� l'art. 48 n� alcun'altra disposizione di diritto comunitario ostano all'applicazione di disposizioni nazionali che consentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a condizioni oggettive e generali (1). (1) � La libera circolazione delle persone -aveva osservato il Governo italiano con riguardo all'aspetto pi� generale e rilevante delle questioni trattate, di cui alla seconda parte della massima -non implica certo il diritto di usare indiscriminatamente tutti i mezzi di trasporto pubblico esistenti, senza adempiere alle condizioni di ammissione prescritte. N� l'art. 48 del Trattato, n� altre norme o principi di diritto comunitario escludono il potere degli Stati membri di stabilire direttamente (o di consentire che i gestori sta� biliscano) i requisiti di ammissione all'uso del mezzo pubblico in generale, nonch� i requisiti di ammissione all'uso di un particolare� mezzo. Richiedere il possesso di tali requisiti non significa, certo, impedire ai cittadini dei Paesi membri di spostarsi liberamente nel territorio della Comunit� . ano scopo di rispondere a offert~ di lavoro. (art. 48), oppure di esercitare il diritto di stabilimento (art. 52), oppure di prestar� o di usufruire di servizi (art. 59). Significa soltanto disciplinare il corretto uso di un determinato mezzo di trasporto, ferma restando la libert� di circolazione in s� considerata, nonch� la libert� di usare altri mezzi. > -.-�.x~ -.-�.x~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE , (omissis) 1. -Con ordinanza 3 dicembre 1984, pervenuta in cancelleria �l 12 dicembre successivo, il Vice Pretore di Latina ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, quattro questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 48 del Trattato. 2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra il sig. Iorio e l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato vertente sulla riscossione, tramite ingiunzione di pagamento, di un'ammenda inflitta allo Iorio per infrazione di una disposizione che limita l'accesso a taluni treni. 3. -In base all'art. 3, n. 2, del regio decreto-legge 11 ottobre 1934, � n. 1948, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911, come in seguito modificata, relativo alle � condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie dello Stato�, l'Amministrazione pu� stabilire particolari limitazioni per determinati treni e linee. 4. -Il 17 gennaio 1984 lo Iorio, cittadino italiano, avvocato in Roma, saliva nella stazione di Roma sul treno rapido 991 diretto a Palermo e Siracusa il quale, secondo l'orario ufficiale, era accessibile ai viaggiatori di seconda classe solamente per un percorso superiore a 400 Km. Lo Iorio era in possesso di un biglietto di seconda classe per un percorso inferiore. Invitato dal personale di controllo delle Ferrovie dello Stato a regolarizzare la sua posizione, lo Iorio si rifiutava di pagare immediatamente l'ammenda prescritta per detta infrazione. Di conseguenza, l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato emetteva, a norma dell'art. 84 del decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R.) 11 luglio 1980, n. 753 ( � Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio delle ferrovie e di. altri servizi di trasporto�; G. U. della Repubblica italiana, Supplemento ordinario n. 314 del 15 novembre 1980, pag. 1), una ordinanza-ingiunzione, costituente titolo esecutivo, per la somma di 30.000 lire. � Soltanto un'ipotetica (e inverosimile) limitazione all'uso dei mezzi di trasporto che fosse talmente estesa e generalizzata da escludere, praticamente, il concreto esercizio del diritto di spostarsi nel territorio degli Stati membri potrebbe incidere sulla libera circolazione dei lavoratori, sulla libert� di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi. � Ma non � certo questo il caso delle norme che, ad esempio, richiedono particolari condizioni per l'uso di autoveicoli privati, o di quelle che subor. dinano l'uso dei mezzi pubblici al pagamento di determinati diritti o ad altre condizioni. � Ancor meno, poi, pu� pensarsi che incida sulla libera circolazione delle persone una disposizione relativa ad un solo treno e diretta allo scopo di regO.. lame razionalmente l'uso come mezzo di trasporto per lunghe percorrenze, escludendo, coerentemente, la possibilit� di usarlo (col rischio di eccessivi affollamenti) anche per percorsi brevi. Il non poter usare quel treno per un percorso breve e il doversi servire, allo scopo, degli altri (numerosi) treni a 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Lo Iorio proponeva opposizione contro detta ingiunzione sostenendo che la normativa italiana relativa alle limitazioni d'accesso ad alcuni treni � in contrasto con l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE. 6. -Il Vice Pretore di Latina, adito con la predetta opposizione, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre a questa Corte le seguenti questioni pregiudiziali: � 1. Se le disposizioni contenute nel d.P.R. 753/80, nonch�_ il � 2 dell'art. 3 delle "Condizioni e tariffe delle Ferrovie di Stato" sono in contrasto con l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato di Roma; 2) se il principio della libera circolazione contenuto nel citato articolo � applicato anche all'interno di ogni Stato membro della Comunit� Europea; 3) se tale principio osti a che l'Autorit� Amministrativa, nell~ specie il Ministro dei trasporti o il Direttore Compartimentale delle Ferrovie di Stato, possono limitare la,libera circolazione dei lavoratori all'interno del paese istituendo treni il cui accesso a bordo � ammesso soltanto per viaggiatori muniti di biglietto con minimo percorso chilometrico; 4) se la fattispecie in esame � in contrasto con ogni altra norma prevista nei Trattati comunitari o regolamenti o atti aventi forza di legge all'interno della Repubblica italiana �. 7. -Il Governo della Repubblica italiana solleva il problema della ricevibilit� della prima e della quarta questione, deducendo che la Corte non pu�, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi su asserite infrazioni del� Trattato da parte di uno Stato membro n� sulla compatibilit� di norme nazionali con il diritto comunitario. � disposizione di tutti non ha evidentemente proprio nulla a che fare con il diritto di spostarsi liberamente in tutto il territorio dello Stato. � ~ netta e incontestabile, perci�, la distinzione fra libert� di circolazione delle persone e diritto all'uso dei mezzi pubblici di trasporto. La prima � soggetta solo alle limitazioni ammesse dal diritto comunitario e, al di l� di tali limitazioni, � incondizionata. Il secondo, invece, � soggetto a tutte le condizioni imposte dagli Stati membri allo scopo di disciplinare la corretta e razionale utilizzazione del trasporto pubblico. � Certo, anche nell'ambito di questa disciplina potrebbero, in teoria, verificarsi, per altro verso, violazioni dei principi di diritto comunitario e, in particolare, del principio fondamentale �che vieta ogni discriminazione in base alla nazionalit� (art. 7 del Trattato CEE).. Ma se, come accade nella specie, una particolare condizione di ammissione ad un determinato mezzo di trasporto pubblico � stabilita con carattere di generalit� e senza alcuna discriminazione fra i cittadini dello Stato membro interessato e i cittadini degli altri Stati membri, non pu� sorgere alcun dubbio sulla sua piena compatibilit� con principi e le norme del diritto comunitario �. (M. C.). PARTE I, !>EZ. H, GIURIS. COMUNITARlA E INTERNAZIONALE 8. -Questa Corte -come essa stessa ha pi� volte ricordato, in particolare nella sentenza 30 npvembre 1983 (causa 227/83, Van Bennekom, Racc. pag. 3883) -bench� non le spetti, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi sulla compatibilit� di una legge nazionale col Trattato, pu�, tuttavia, indicare al giudice nazionale tutti i criteri d'interpretazione del diritto comunitario che possano consentirgli di decidere su detta compatibilit�. Essa pu�, cos�, individuare nelle questioni formulate dal giudice nazionale gli elementi pertinenti all'interpretazione del diritto comunitario. 9. -Risulta dall'esame delle questioni sollevate che, in sostanza, il giudice nazionale desidera sapere se l'art, 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE, che sancisce il principio della libera circolazione dei lavoratori, e le disposizioni adottate per la sua attuazione si applichino anche all'interno di uno Stato membro e se detto articolo, o qualsiasi altra disposizione di diritto comunitario, osti all'applicazione di disposizioni nazionali che consentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a determinate condizioni. 10. -Il ricorrente nella causa principale sostiene che il princ1p10 della libera circolazione deve applicarsi senza restrizioni all'interno di ciascuno Stato. 11. -Secondo il Governo italiano, n� l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE n� altre norme di diritto comunitario ostano ad una normativa sull'uso dei mezzi di trasporto pubblico. Le limitazioni derivanti da detta normativa, essendo di carattere generale, non violerebbero il prin~ cipio di non discriminazione in �ragione della cittadinanza. 12. -La Commissione sostiene che l'art. 48, n. 3, lett. b), non osta ad una disciplina che limiti l'accesso a taluni treni, a condizione che tali limitazioni non siano basate su criteri di discriminazione in funzione della cittadinanza del viaggiatore~ 13. -La soluzione delle questioni dipende dalla determinazione del campo d'applicazione delle disposizioni comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori: l'art. 48 del Trattato e le norme derivate, i� particolare il regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (G. U. n. L 2S7, pag. 2), e la direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunit� (G. U. n. L 257, pag. 13). Come la Corte ha rilevato nella sentenza 27 ottobre 1982 (cause riunite 35 e 36/82, Morson, Racc. pag. 3723), le suddette disposizioni hanno lo scopo di contribuire ad eliminare tutti gli ostacoli all'instaurazione di un mercato comune nel RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale i cittadini degli Stati membri possano spostarsi liberamente nel territorio degli Stati stessi al fine di svolgere le loro attivit� economiche. Attuando il principio di non discriminazione sancito dall'art. 7 del Trattato CEE, l'art. 48 e i provvedimenti adottati per la sua applicazione mirano cos� a realizzare il libero accesso dei lavoratori stabiliti nei vari paesi della Comunit� a posti di lavoro offerti in paesi della Comunit� diversi da quello in cui sono stabiliti, senza distinzione di cittadinanza, vietando qualsiasi restrizione del loro spostamento all'interno della Comunit� che ostacoli l'esercizio effettivo di tale diritto, tanto se si tratti di restrizioni dell'accesso del territorio nazionale quanto se si tratti di restrizioni della libera circolazione all'interno di un territorio nazionale. 14. -Ne consegue che le disposizioni del Trattato e la normativa adottata per la loro attuazione in materia di libera circolazione dei lavoratori non si possono applicare a situazioni che non hanno alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario (si vedano la precitata sentenza Morson, la sentenza 28 marzo 1979, causa 175/78, Saunders, Racc. pag. 1129, e la sentenza 28 giugno 1984, causa 180/83, Moser, Racc. pag. 2539). 15. -Nella fattispecie, dai dati forniti dal giudice nazionale risulta che la situazione del ricorrente nella causa principale non ha alcun nesso con le disposizioni del diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori. 16. -Peraltro, non esistono altre disposizioni di diritto comunitario n� principi generali ammessi in diritto comunitario che vietino restrizioni, da applicare senza discriminazione, del libero accesso ai mezzi di trasporto all'interno di uno Stato membro giustificate da esigenze di organizzazione razionale ed economica. 17. -Le questioni sollevate dal giudice nazionale devono pertanto essere risolte nel senso che l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE e le disposizioni adottate per la sua attuazione non si applicano a situazioni puramente interne di uno Stato membro, come quella del cittadino di uno Stato membro che non abbia mai risieduto o lavorato in un altro Stato membro, e che n� l'art. 48 n� alcun'altra disposizione di diritto comunitario ostano all'applicazione di disposizioni nazionali che con� sentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a condizioni oggettive e generali. (omissis) ! I i SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili, 28 ottobre 1985, n. 5293 -Pres. Mirabelli -Rel. Laudato -P. M. Pandolf�lli (conci. conf.) -Succhi Battista (avv. Guarino) c. Ministero Agricoltura e Foreste e Procuratore Generale Corte dei Conti (avv. Stato De Francisci). Pensioni -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti ammini� strat'ivi definitivi relativi al rapporto di pubblico impiego -Sinda cato incidentale di legittimit� -Esclusione -Eccesso di potere giu risdizionale. (artt. 13 e 62 r.d. 12 dicembre 1934 n. 1214). La Corte dei Conti, nell'eserci.zio della giurisdizione esclusiva in materia di pensioni, non pu� conoscere in via incidentale degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego e rilevanti per l'an e il quantum della pensione, divenuti ormai definitivi per mancata impugnazione, allo scopo di escluderne l'efficacia ai fini pensionistici, realizzandosi in tal modo un'ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale (1). Con l'unico mezzo di annullamento, il ricorrente, denunciato difetto di giurisdizione (art. 360 n. 1 �.p.c., in relazione agli artt. 64 e 67 del d'P.R. n. 748 del 1972) deduce che la Corte dei Conti non ha tenuto presente che il ricorso della Procura Generale era improponibile per difetto di giurisdizione, in quanto, aveva per�� oggetto una questione di attribuzione di qualifica, che, pur ripercuotendosi sul trattamento di quiescenza attiene allo status del dipendente e non concerne direttamente la liquidazione della pensione, la quale soltanto � riservata alla competenza della Corte dei Conti, a norma dell'art. 11 All. T. dell'art. 39 legge n. 486 del 1985 .e dell'art. 62 R.D. n. 1214 del 1934. La censura � fondata. Indubbia la, legittimazione ad agire del Procuratore Generale, ex art. 76 del regolamento di procedura r.d. n. 1038 del 1933, trattandosi di pensione a (1) Giurisprudenza costante. Cfr. al riguardo, da ultimo, Cass., Sez. Un. 7 dicembre 1983, n. 7293, in Foro it., 1984, I, 1304, con nota di richiami, nonch�, in questa Rassegna, 1984, I, 721, con nota di richiami, nonch�, soprattutto, Cass., Sez. Un., 15 novembre 1982, n. 6084, in Foro it., 1983, I, 359, con ampia nota di precedenti conformi. Vedi, in senso conforme, le coeve sentenze 5294 e 5295, pubblicate di seguito. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATU\!A DELLO STATO totale carico dello Stato, la questione da risolvere, che rappresenta l'oggetto sostanziale del mezzo di annullamento, � quella di accertare se la Corte dei Conti, con la impugnata decisione, abbia esorbitato dalla sua potestas decidendi, pronunziando in materia demandata alla cognizione di un diverso apparato giurisdizionale o sottratta alla cognizione di qualsiasi giudice. Questa Corte, ora, con sentenza n. 6084 del 1982, ha ritenuto essere esatto che n�n sorgono problemi di giurisdizione o di competenza in relazione al potere spettante, in via di principio, ad ogni giudice di risolvere incidenter tantum questioni pregiudiziali. Quando, per�, la controversia sull'antecedente logico giuridico non costituisce mera questione pregiudiziale ma, piuttosto, una causa pregiudiziale, che debba essere decisa, in via principale, da altro giudice, non opera pi� la competenza incidentale, sicch� riprendono vigore, rispetto a tale causa pregiudiziale, le ordinarie regole sulla competenza e sulla giurisdizione, con la conseguenza che se il giudice adito, invece di sospendere il processo di sua competenza, decida sulla causa pregiudiziale, appartenente ad un diverso organo giurisdizionale, la sua pronuncia � viziata da difetto ' di giurisdizione, risolvendosi in tale vizio l'errore sulla spettanza della competenza incidentale. _ Costituisce, pertanto, questione di giurisdizione accertare se la Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia di pensione, abbia o meno il potere di sindacare, in via incidentale, per escluderne l'efficacia, ai fini pensionistici, la legittimit� degli atti amministrativi che, sebbene rilevanti ai fini dell'an e del quantum della pensione, attengono direttamente al rapporto di attivit�, e danno, perci� luogo a controversie devolute, trattandosi di rapporto di pubblico impiego, alla giurisdizione del giudice amministrativo. Tale questione, non pu� che risolversi in senso negativo, m quanto la Corte dei Conti, ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e �la decorrenza della pensione e degli altri assegni che ne costituiscano parte integrante, ma non pu� conoscere, neppure in via incidentale (il che esclude in radice la possibilit� del ricorso all'istituto della disapplicazione) degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit� di servizio, inerenti allo status de1l'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto. N� vale in contrario rilevare che il provvedimento di pensione sarebbe fondato su di un autonomo accertamento dei presupposti stabiliti dalla legge sia in ordine alla spettanza del diritto al trattamento pensionistico, sia in ordine alla determinazione del suo ammontare, sicch� non sarebbe condizionato in modo rigido dagli atti di carriera, potendo da questi discostarsi, se lo impone la necessit� di rispettare il dettato legislativo, previsto. per quegli atti. Non � ammissibile, infatti, che i predetti 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATU\!A DELLO STATO totale carico dello Stato, la questione da risolvere, che rappresenta l'oggetto sostanziale del mezzo di annullamento, � quella di accertare se la Corte dei Conti, con la impugnata decisione, abbia esorbitato dalla sua potestas decidendi, pronunziando in materia demandata alla cognizione di un diverso apparato giurisdizionale o sottratta alla cognizione di qualsiasi giudice. Questa Corte, ora, con sentenza n. 6084 del 1982, ha ritenuto essere esatto che n�n sorgono problemi di giurisdizione o di competenza in relazione al potere spettante, in via di principio, ad ogni giudice di risolvere incidenter tantum questioni pregiudiziali. Quando, per�, la controversia sull'antecedente logico giuridico non costituisce mera questione pregiudiziale ma, piuttosto, una causa pregiudiziale, che debba essere decisa, in via principale, da altro giudice, non opera pi� la competenza incidentale, sicch� riprendono vigore, rispetto a tale causa pregiudiziale, le ordinarie regole sulla competenza e sulla giurisdizione, con la conseguenza che se il giudice adito, invece di sospendere il processo di sua competenza, decida sulla causa pregiudiziale, appartenente ad un diverso organo giurisdizionale, la sua pronuncia � viziata da difetto ' di giurisdizione, risolvendosi in tale vizio l'errore sulla spettanza della competenza incidentale. _ Costituisce, pertanto, questione di giurisdizione accertare se la Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia di pensione, abbia o meno il potere di sindacare, in via incidentale, per escluderne l'efficacia, ai fini pensionistici, la legittimit� degli atti amministrativi che, sebbene rilevanti ai fini dell'an e del quantum della pensione, attengono direttamente al rapporto di attivit�, e danno, perci� luogo a controversie devolute, trattandosi di rapporto di pubblico impiego, alla giurisdizione del giudice amministrativo. Tale questione, non pu� che risolversi in senso negativo, m quanto la Corte dei Conti, ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e �la decorrenza della pensione e degli altri assegni che ne costituiscano parte integrante, ma non pu� conoscere, neppure in via incidentale (il che esclude in radice la possibilit� del ricorso all'istituto della disapplicazione) degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit� di servizio, inerenti allo status de1l'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto. N� vale in contrario rilevare che il provvedimento di pensione sarebbe fondato su di un autonomo accertamento dei presupposti stabiliti dalla legge sia in ordine alla spettanza del diritto al trattamento pensionistico, sia in ordine alla determinazione del suo ammontare, sicch� non sarebbe condizionato in modo rigido dagli atti di carriera, potendo da questi discostarsi, se lo impone la necessit� di rispettare il dettato legislativo, previsto. per quegli atti. Non � ammissibile, infatti, che i predetti atti vengano considerati legittimi nel rapporto di pubblico impiego per PARTE I, SEZ. lii, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE mancata impugnativa e illegittimi nel rapporto pensionistico che si costituisce sulla base del primo e presuppone la medesima posizione giuridica. Tali principi, ora._ trovano puntuale applicazione nella fattispecie, ove sostanzialmente si controverte della qualifica attribuita in sede di esodo al Succhi, quale contenuto dei benefici previsti per i pubblici impiegati dal d.P.R. n. 74.8 del 1972. II fatto, in verit�, che la soluzione della questione si ripercuote su almeno due diritti conseguenziali alla cessazione del rapporto di impiego, vale a dire il trattamento di pensione e l'indennit� di buonuscita, il cui contenzioso rientra nella cognizione di due diversi giudici, dimostra che si tratta di questione concernente una posizione dello impiegato stesso, �insuscettiva anche per questo di essere risolta incidenter tantum da un giudice che non sia quello proprio del rapporto di pubblico impiego. Fra l'altro, non si comprenderebbe la ragione per la quale il provvedimento di collocamento a riposo, mentre deve essere sindacato dal giudice del rapporto di impiego, per quanto concerne il diritto �alla cessazione del rapporto stesso (sant. n. 318 del 1979), potesse, poi, essere sindacato da altro giudice o, addirittura, da pi� giudici, per quanto si riferisce all,a qualifica attribuita. La verit� � che il provvedimento attributivo di qualifica � sotto.. ogni aspetto atto inerente al rapporto d'impiego, in quanto incide sullo status, dell'impiegato, determinando la qualifica di questo al momei;tto della cessazione del rapporto, sicch� ogni questione sulla legittiinit� di esso, anche se insorta in sede di liquidazione di pensione, � controversia rientrante nella cognizione del giudice del rapporto d'impiego. Il ricorso va, pertanto, accolto, e, dichiarandosi il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, va cassata la sentenza impugnata senza rinvio. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5294 -Pres. Mirabelli -Rel. Laudato -P. M. Pandolfelli (conci. conf.) -Robba (avv. Guarino) c. Ministero Agricoltura e foreste e Procuratore Generale della Corte dei Conti (avv. Stato De Francisci). Pensioni -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti amministrativi definitivi inerenti al rapporto d'impiego -Cognizione Incidentale � Esclusione. (Artt. 64 e 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748). La Corte dei Conti ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione e degli altri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 40 assegni che ne costituiscono parte integrante, ma non pu� conoscere, neppure in via incidentale, degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit� di servizio, inerenti allo status dell'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5295 � Pres. Mira� belli � Rel. Laudato � P. M. Pandolfelli (conci. conf.) � Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (avv. Stato Sernicola) c. Ricelli (avv. Andrioli). Corte dei Conti � Giurisdizione esclusiva -Contestazione della qualifica impiegatizia in relazione ai benefici combattentistici -Atto inerente al rapporto di impiego -Cognizione incidentale della Corte dei Con� ti -Esclusione. � (L. 24 maggio 1970, n. 336; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748). La questione sulla legittimit� del provvedimento con il quale, in sede di applicazione dei benefici combattentistici � stata attribuita una� data qual{fica, � controversia rientrante nella cognizione del giudice del rap� porto d'impiego, trattandosi di atto incidente sullo status dell'impiegato, e non gi� nell'ambito della giurisdizione esclusiva in materia pensionistica della Corte dei Conti. Pertanto, la Corte non pu� conoscere, neppure in via incidentale, trattandosi di causa pregiudiziale, degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit� di servizio, inerenti allo status dell'impiegato divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo proprio di tale rapporto (2). (1-2) Giurisprudenza costante. Cfr. in termini Cass., Sez. Un., 6 giugno 1979, n. 3183, in Giust. civ., 1979, I, 1882; id., 5 gennaio 1981, n. 3, ivi, 1981, I, 1, 216 e la coeva n. 5, Mass., 1981; id., 15 novembre 1982, n. 6084, in Foro it., 1983, I, 359 con ampia nota redazionale; id., 7 dicembre 1983, n. 7293, ivi, 1984, I, 1304; id., 10 gennaio 1984, n. 168, ibidem. Anche 'la giurisprudenza amministrativa � pacifica sul punto. Cfr. per tutte 'Cons. Stato, IV sez., 30 settembre 1976, n. 832, in Cons. Stato, 1976, I, 946; id., VI sez., 27 aprile 1974, n. 204, ibidem, 539. Sulla giurisdizione della Corte dei Conti ed, in particolare, sulle controversie in tema di ripetizione di somme indebitamente corrisposte a titolo cli assegni accessori alla pensiene cfr.: Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1982, n. 5333, in questa Rassegna, 1983, I, 142, con nota �Giurisdizione della Corte dei Conti in tema di recupero di somme indebitamente corrisposte a titolo di assegni accessori alla pensione� di G. P. PoLIZZI. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni unite, 24 ottobre 1985 n. 5252 � Pres. Brancaccio � Rel. Chiavelli � P. M . .Sgroi (conci. parz. conf.) � Ministero dell'Interno (avv. Stato Cosentino) c. Zanchini Teresa ed altri (avv. Novelli). Previdenza � Assistenza sociale � Invalidi civili � Pensione e assegno � Procedimento amministrativo di accertamento delle condizioni � Rilevanza sull'azione proposta innanzi all'A.G.O. (Art. 443 c.p.c.; legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 9, 14, 15 e 22).�� Previdenza � Assistenza sociale � Invalidi civili � Pensione e assegno � Azione innanzi I'A.G.O. � Procedibilit� � Condizioni � Decisione defi� nitiva della Commissione sanitaria regionale � Sufficienza. (Art. 443 c.p.c.; legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 2, 9, 12, 13 e 22). Previdenza � Assistenza sociale � Invalidi civili � Pensione e assegno � Domanda giudiziale � Legittimazione passiva del Ministero dell'inter� no � Sussistenza in via esclusiva � Trasferimento delle Commissioni sanitarie alle Regioni � Irrilevanza. (Legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 12 e 18). Procedimento civile � Controversie in materia di previdenza e assistenza � Pretesa non manifestamente infondata o temeraria � Esonero del lavoratore dalle spese � Estensione alle controversie di assistenza sociale non correlate a rapporto di lavoro. (Art. 152 disp. att. c.p.c.). Procec;limento civile � Controversie in materia di previdenza e assistenza � Pretesa non manifestamente infondata o temeraria � Esonero del la� voratore dalle spese � Obbligo di motivazione del giudice � Insussistenza. (Art. 152 disp. att. c.p.c.). Al procedii:nento amministrativo previsto dalla legge 30 marza 1971 n. 118 per l'accertamento delle condizioni, sia di minorazione psicofisica che economiche, che danno titolo alla con�essione di pensione o di assegno' di invalidit� civile, deve essere attribuita la stessa rilevanza p1�e� vista dall'art. 443 c.p.c., in via generale, in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, e cio� che le domande relative a tale materia non sono procedibili se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti medesimi o siano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comunque decorsi 180 giorni dalla data in cui � stato presentato il ricorso (1). La condizione di procedibilit� dell'azione innnanzi all'Autorit� giudiziaria prevista dall'art. 443 c.p.c., e cio� l'esaurimento del procedimento amministrativo prescritto dalla legge speciale per la composizione amministrativa, deve ritenersi verificato, per quanto riguarda i diritti di cui agli artt. 12 e 13 della legge 30 marzo 1971 n. 118, con la decisione definitiva della Commissione regionale di cui all'art. 9 che nega la sussistenza delle condizioni di minorazione di cui all'art. 2, rendendo cos� inutile e quindi improseguibile il procedimento per l'accertamento delle condizioni economiche necessarie per il conseguimento del diritto vantato (2). Gli artt. 12 e 18 della legge 30 marzo 1971 n. 118 pongono a carico dello Stato e a cura del Ministero dell'Interno la pensione di inabilit� e l'assegno mensile a favore degli invalidi civili e quindi legittimato passivo nei giudizi per il' riconoscimento del diritto alle dette provvidenze � esclusivamente il Ministero dell'Interno, per legge obbligato alle prestazioni relative, nulla rilevando in contrario l'avvenuto trasferimento delle Commissioni sanitarie alla competenza delle Regioni (3). La norma dell'art. 152 disp. att. c.p.c., che consente di porre a carico degli Istituti di previdenza e assistenza, pur se vittoriosi in giudizio, le spese di consulenza tecnica quando la domanda del lavoratore non sia temeraria o manifestamente infondata, trova applicazione �anche nelle controversie di assistenza obbligatoria, che non siano correlate ad un rapporto di �avoro e a prestazioni di Istituti di previdenza e assistenza in senso stretto (4). Ai fini dell'applicazione dell'art. 152 disp. att. c.p.c. il giudice di mel'ito non � tenuto a motivare in ordine alla non manifesta infondqtezza della pretesa dell'attore ed alla sua non temerariet�, in quanto l'esonero dall'obbligo delle spese deriva direttamente dalla legge e vien meno solo nel caso in cui la pretesa sia ritenuta dal giudice, il quale solo in tal caso ha l'obbligo di motivare l'esclusione del beneficio di legge, manifestamente infondata o temeraria (5). (1-5) Sulla tutela giurisdizionale nelle controversie di invalidit� civile. Con la sentenza in rassegna (ed altre due coeve di identico contenuto in diritto) le Sezioni Unite hanno recato importanti e definitivi chiarimenti in ordine a taluni aspetti ancora controversi in materia di giudizi relativi alle provvidenze a favore degli invalidi civili, e segnatamente sui rapporti tra previa procedura in sede amministrativa e� successiva fase giurisdizionale innanzi l'A.G.O. e sulla legittimazione passiva dello Stato (Ministero dell'Interno) anche nel caso in cui la fase amministrativa non abbia superato la soglia dell'accertamento -di competenza delle Commissioni; provinciali e regionali, ora entrambi or~ani dell'Ente 'regione -del requisito sanitario. Quanto al primo punto, la sentenza sottopone totalmente la fase amministrativa prevista� dalla legge 30 marzo 1971 n. 118 ai principi generali propri d�l contenzioso previdenziale di cui all'art. 443 c.p.c.; per cui -in sintesi PARTE I, Sl!Z. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 43 (omissis) Nell'ordine logico, deve essere esaminato per prima il quarto motivo del ricorso, con il quale il Ministero degli Interni denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 22 della legge 3 marz� 1971 n. 118 nonch� dell'art. 443 c.p.c. (nuovo testQ) nonch� difetto, quanto meno temporaneo, di giurisdizione (art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c.). Secondo il ricorrente, nella specie, il procedimento amministrativo non si era ancora concluso, al momento in cui furono proposti i ricorsi al Pretore del lavoro. � Il procedimento, infatti, doveva termin�ire a seguito del provvedi� mento di diniego da parte del Ministero. ~ Erroneamente, invece, il Tribunale avrebbe ritenuto irrilevante, a seguito della pronuncia delle commissioni sanitarie, l'ulteriore decorso amministrativo ed ancora pi� erroneamente avrebbe considerato l'esperimento di tale seconda fase alla stregua di una condizione di mera procedibilit� dell'azione (art. 443 c.p.c.), la quale, peraltro, non sarebbe stata rilevata nella prima udienza di discussione. Il motivo non � fondato, sotto alcun profilo. 1. La legge n. 118/1971, dopo aver determinato nell'art. 2 natura e grado delle minorazioni psico-fisiche dell'invalido civile, considerate agli effetti della legge stessa, affida l'accertamento delle condizioni di minorazione degli aspiranti alle provvidenze da essa previste ad una commissione sanitaria nominata dal Prefetto (art. 6). La Commissione, compiuti gli accertamenti previsti dall'art. 8 comunica, a cura del segretario, direttamente alla prefettura i nominativi dei mutilati ed invalidi ci'vili. che hanno diritto alla pensione di inabilit� o all'assegno di assistenza. La domanda per il conseguimento delle provvidenze previste dagli artt. 12 (pensione di inabilit�) 13 (assegno mensile) 23 (addestramento, qualificazione professionale ecc.) e 24 (indennit� frequenza corsi adde� / � da escludere l'improponibilit� della domanda, e quindi il difetto di giurisdizione, quando, presentata l'istanza in sede amministrativa, siano comunque trascorsi 180 giorni dalla sua presentazione; ci� in conformit� c�n una ten� denza sempre pi� diffusa ad interpretare in senso restrittivo ogni vincolo o condizionamento posto dalle leggi in vigore alla tutela giurisdizionale, soprat� tutto quella in materia di diritti soggettivi (in motivazione � richiamata al riguardo anche giurisprudenza costituzionale formatasi in consimili altre ipotesi di giurisdizione condizionata dal previo esperimento di reclami in via amministrativa: cfr. C. Cost. 29 marzo 1972 n. 57, in Foro lt., 1972, I, 1172). L'equiparazione in parola � altresl corroborata dalla riaffermazione, fatta qui incidenter, della competenza specifica del giudice del lavoro nelle controversie di cui alla citata legge n. 118, competenza gi� affermata la prima volta da Cass. 16 gennaio 1979 n. 319 (in Foro lt., 1979, I, 643) e successivamente ribadita da numerose altre sentenze del S.C. (per tutte Cass. 15 luglio 1980 n. 4565, in Foro lt., 1980, I, 3022). Le Sezioni Unite sono inoltre pervenute alla espli� cita negazione della natura di procedimento di impugnazione ..del giudizio pro 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stramento) deve essere presentata direttamente alla commissione sanitaria provinciale. Contro il giudizio delle commissioni sanitarie provinciali � previsto il ricorso alla commissione regionale sanitaria, nominata dal ministro della sanit�, la cui decisione � definitiva (art. 9). Con tale decisione si conclude il procedimento amministrativo per l'accertamento delle condizioni di minorazione, ai fini dei benefici di cui agli artt. 23 e 24. Per quanto riguarda invece i benefici di cui all'art. 12 e 13 il procedimento amministrativo prosegue (eventualmente, come si dir� in appresso) per l'accertamento delle condizioni economiche davanti al comitato provinciale di assistenza e beneficenza e l'eventuale delibera di concessione della pensione o dell'assegno (art. 14). Contro tale deliberazione � ammesso ricorso al ministero dell'interno (art. 15). Infine �contro i provvedimenti definitivi previsti dagli artt. 9 e �15 � ammessa la tutela giurisdizionale dinanzi ai competenti organi ordinari e amministrativi� (art. 22). 2. Nulla dispone, espressamente, la legge in ordine alla rilevanza del procedimento amministrativo rispetto alla propon,ibilit� o procedibilit� dell'azione giudiziaria. Tuttavia, da tale silenzio deriva, senza ombra di dubbio, che deve essere escluso sussista, tra procedimento amministrativo ed azione giudiziaria, un rapporto di proponibilit� della domanda, posto che, laddove previsto, tale rapport0 (limitativo, sia pure temporaneamente, della giurisdizione ordinaria in materia di diritti) � stato sempre espressamente sancito (cfr. art. unico legge n. 633/1957 che ha sostituito l'art. 10 r.d. numero 636/31; 47 d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e 460 c.p.c. nel testo precedente alla modifica di cui alla legge n. 533/73; salve et repete). posto innanzi l'A.G.O. dopo l'esaurimento, anche nel senso gi� detto, della fase amministrativa; escludendo altres�, anche qui incidenter, che in materia possa sostenersi l'esistenza di una giurisdizione del giudice amministrativo (e quindi di tipo impugnatorio) o quanto meno escludendo, anche sulla scorta di C. St. 25 gennaio 1983 n. 36 (in Foro amm:vo, 1983, I, 22), che questo possa arguirsi dal solo disposto (a rigore superfluo, perch� ripetitivo dell'art. 113 Cost.) dell'art. 22 della legge n. 118. La qualificazione del giudizio proposto innanzi l'A.G.O. � quindi, s,econdo le Sezioni Unite, nel senso dell'azione di accertamento (e di condanna); azione non limitata,. vertendosi in tema di diritti soggettivi, dar� motivi fatti valere nella previa fase amministrativa e soprattutto non limitata all'accertamento della legittimit� dei motivi della reiezione dell'istanza proposta dall'interessato in quella sede. Quanto al punto della legittimazione passiva del Ministero dell'Interno nei riguardi di atti e attivit� che non provengono da organi dello Stato o a PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 45 Va, poi, aggiunto che le norme, le quali stabilivano tale rapporto, sono state successivamente cancellate dall'ordinamento, o a seguito di dichiarazione di illegittimit� costituzionale (sent. n. 57/72 della C. C.) o a seguito di modifica legislativa (art. 443 c.p.c.). Che, poi, anche la pretesa alla pensione per invalidit� civile muova, come quella alla pensione per invalidit� del lavoratore subordinato (derivante dal rapporto di previdenza obbligatoria), da una posizione di diritto soggettivo perfetto, non pu� essere revocato in dubbio, n� sembra che lo contesti lo stesso Ministero ricorrente. Ed infatti � incontestabile che tale pretesa deriva dal rapporto di assistenzfl sociale, costituito nell'�sclusivo interesse della categoria protetta dalla legge n. 118/71, in ottemperanza al principio costituzionale secondo cui � ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha giritto al mantenimeno e all'assistenza sociale � ~art. 38 Cost.). Detta legge, in coerenza con tale esplicito precetto sovraordinato, garantisce la posizione dell'invalido civile con precise norme di relazione le quali ricollegano il sorgere dell'interesse protetto alle provvidenze da esse previste, con il correlativo obbligo della P. A., a presupposti di fatto, in ordine ai quali alla P. A. non � riconosciuto alcun potere di discrezionalit� amministrativa, ma una mera discrezionalit� tecnica, volta ad accertare la esistenza dei presupposti gi� delineati dalla legge. Pu� quindi, sul punto, pervenirsi ad una prima conclusione e, cio�, che al procedimento amministrativo previsto dalla legge n: 118/71 deve essere attribuita la stessa rilevanza prevista dall'art. 443 c.p.c., in via generale, � in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria � e, cio�, che le domande relative a tale materia non sono procedibili se non quando siano � esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti o siano comunque decorsi 180 gg. dalla data in cui � stato proposto il ricorso �. quello sottoposti gerarchicamente, la tesi negativa � stata disattesa, in conformit� peraltro con la quasi concorde giurisprudenza dei giudici di merito, nella considerazione dell'onere finanziario delle provvidenze previste dalla citata legge n. 118, onere che � stabilito esclusivamente a carico dello Stato (cfr. artt. 12 e 18 1. cit.). Per cui le stesse Commissioni sanitarie (provinciale in primo grado e regionale in appello) finiscono, secondo le Sezioni Unite, con l'assumere la veste di organi ausiliari del Ministero dell'Interno. Da ultimo, la sentenza in rassegna estende alle controversie di invalidit� civile i principi in tema (di non rimborsabilit�) di spese giudiziali posti a favore dei lavoratori dipendenti dall'art. 152 disp. att. c.p.c.; nel testo novellato dalla legge 11 agosto 1973 n. 533. La prima delle due affermazioni, riferite propriamente a fattispecie di spese di consulenza tecnica, � peraltro strettamente conseguenziale alla decla ratoria di (parziale) illegittimit� costituzionale della citata norma del rito emessa da C. Cost. 26 luglio 1979 n. 85 (in Foro lt., 1979, I, 2294); per effetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO Questa conclusione �, peraltro, coerente con le norme di cui all'art. 442 c.p.c. (nuovo testo) che ascrive alla competenza del giudice del lavoro tutte le controversie in materia di previdenza e di assis_!enza obbligatoria, tra le quali d~vono essere comprese quelle di cui alla legge in discorso, come da costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 319/79; 4565/80; 2054/81; cfr. pure Corte Cost. 26 luglio 1979 n. 85). ~ 3. Sostiene, tuttavia, il ricorrente Ministero che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella violazione o falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 22 della legge n. 118/71 nonch� dell'art. 443 c.p.c. (nuovo testo) per aver ritenuto procedibile l'azione giudiziaria, nonostante le parti non avessero ottenuto il provvedimento definitivo del Ministero (art. 15) e fosse stata omessa addirittura tutta la seconda fase amministrativa I volta all'accertamento dello stato economico e sociale. Nulla rileverebbe, secondo il ricorrente, l'osservazione del Trjbunale, secondo il quale l'azione giudiziaria non avrebbe potuto essere condizionata da un procedimento che non poteva essere svolto, essendo stato I negato l'accertamento sanitario della inabilit� da parte della Commissione P. regionale. I Ci� perch�, altrimenti, si finirebbe con il trasformare in un processo di accertamento quello che la legge avrebbe voluto fosse, invece, un ~ processo di impugnazione. I La tesi, per�, non pu� essere condivisa. Vero � che la legge in discorso, come si � gi� rilevato, nulla dispone, espressamente, circa il rapporto tra procedimento amministrativo e azione giudiziaria, salvo che, prevedendo i ricorsi giurisdizionali contro i provvedimenti definitivi della commissione regionale e del Ministero, ll'azione giudiziaria deve necessariamente seguire l'esaurimento del procedimento amministrativo, concluso -per i benefi�i di cui agli artt. 12 e 13, nella ipotesi in cui abbia potuto svolgersi in tutte e due le sue I fasi -con il provvedimento del Ministero dell'interno. i= f: I ~ ~ della quale il particolare trattamento di favore deve intendersi ormai esteso a tutti i destinatari di assistenza pubblica, quali sono appunto quelli di cui alla legge n. 118. ' La seconda affermazione, con cui le Sezioni Unite escludono ogni obbligo di motivazione, del giudice con riguardo alla statuizione di esonero dalle spese, cio� in sostanza con riguardo alla non ricorrenza degli estremi di manifesta infondatezza o temerariet� della lite, � nuova, ma non pu� non destare notevoli perplessit�. La ratio dell'affermazione invero � stata ravvisata nell'essere il beneficio in discorso derivante dalla legge; ma ognun vede come tale argomento appaia del tutto insufficiente, in quanto qualsiasi beneficio iuris publici J.eriva in astratto, direttamente o indirettamente, dalla legge e qualora esso sia controverso nei suoi presupposti concreti, la sentenza che ne accerta l'esistenza non per questo pu� ritenersi sottratta all'obbligo costituzionale di cui all'art. 111, 1� comma, della Costituzione. PAOLO COSENTINO I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Nessun altro pi� specifico significato pu� essere attribuito all'art. 22 della legge, la cui formula � stata ritenuta espressa ad abundantiam e � superflua nella sua totalit�, in quanto meramente ripetitiva dell'art. 113 Cost. � (cfr. Cons. Stato 25 gennaio 1983 n. 37): tanto meno, quello di attribuire all'azione giudiziaria natura di procedimento di i~pugnazione dell'atto definitivo del.la Commissione regionale o del Ministero. In particolare, la legge tace per il caso -come quello di specie in i;:ui il procedimento amministrativo per la concessione della pensio ne o dell'assegno non possa svolgersi nelle due fasi previste dell'ac certamento sanitario (e relativo ricorso) e dell'accertamento delle condi zioni economiche del richiedente, per la preclusione definitiva della se conda fase, a seguito della conclusione negativa della prima. Tale silenzio, per�, non significa che la soluzione del caso non possa e non debba essere trovata nell'ambito del sistema; anzi, che non esista, sia pure implicita, nel sistema stesso, in coerenza, sia con il principio del preventiv� esperimento del procedimento amministrativo~ previsto dalla legge speciale per la composizione in sede amministrativa delle contro versie in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, sia con quello dell'autonomia dell'azione giudiziaria rispetto al procedimento ammini strativo. La soluzione proposta dal Ministero, ma non sviluppata nelle sue implicazioni, parrebbe essere quella secondo cui, in obbedienza letterale del disposto dell'art. 22, l'azione giudiziaria per essere proponibile (o pro cedibile) dovrebbe, in ogni caso, seguire ed essere proposta � contro il provvedimento definitivo del Ministero �. Ci�, quindi, anche nel caso in cui la prima fase in ordine all'accer tamento sanitario si sia conclusa negativamente, in via definitiva. In tale ipotesi, il richiedente avrebbe l'onere di sollecitare il comitato di assistenza e beneficenza a compiere l'accertamento delle condizioni di cui all'art. 16 e, quindi, di ricorrere al Ministro, ai sensi dell'art. 15. Tale soluzione �, per�, contraddetta dal sistema che non prevede tale onere, posto che l'istanza, per il conseguimento dei benefici in discorso, deve essere prodotta alla commissione sanitaria provinciale (art. II); che il comitato di assistenza e beneficenza provvede d'ufficio solo -previo accertamento delle condizioni di cui agli artt. 11, 12 e 13, tra le quali quello delle condizioni di minorazione degli aspiranti, rimesso alle commissioni sanitarie provinciali o regionali (art. 6); che il proseguimento della procedura amministrativa, dopo l'accertamento negativo della Commissione sanitaria costituirebbe un inutile ritardo per l'esperimento della tutela giudiziaria, dal momento che, n� il comitato di assistenza e beneficenza, n� il Ministero avrebbero il potere di modificare o rimuovere l'accertamento negativo della Commissione regionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 48 Parimenti inaccettabile deve ritenersi un'altra possibile soluzione suggerita dalla lettera dell'art. 22 secondo il quale � contro i provvedimenti definitivi dell'art. 9 (la decisione della commissione regionale) e dell'art. 15 (la decisione del Mirustero) � ammessa la tutela giurisdizionale ai competenti organi ordinari e amministrativi �. Secondo tale ipotesi di soluzione, contro la decisione negativa della commissione regionale, l'aspirante all'assegno o alla pensione� dovrebbe adire l'AGO, limitatamente all'accertamento delle sue condizioni di minorazione ai fini di cui all'art. 2 della legge e, quindi, ottenuta una sentenza di accertamento sul punto, richiedere al C.P.A.B.P. la concessione della pensione, previo accertamento delle condizioni economiche; ricorrere contro l'eventuale deliberazione negativa del comitato al Ministero e, infine, sempre nella ipotesi di reiezione del ricorso, adire nuovamente l":i\.G.O. per il riconoscimento del diritto alla pensione o all'assegno. La inaccettabilit� di detta soluzione appare manifesta, ove si consideri, non solo la macchinosit� di un procedimento alternato di natura amministrativ5l, giurisdizionale e, poi, ancora, di prosecuzione in sede amministrativa ed, eventualmente, ancora in sede giurisdizionale, in ordine al riconoscimento di un diritto, scisso in relazione all'accertamento dei due presupposti di esso (condizioni di minorazione e condizioni economiche) ma, anche, il contrasto di tale soluzione con il principio dell'autonomia dell'azione giudiziaria per il conseguimento del diritto alla pensione di invalidit� rispetto al procedimento amministrativo richiesto dall'art. 460 c.p.c. ed .ora dall'art. 443 c.p.c. In base a tale principio, come � noto, in tema di controversie in materia previdenziale, l'onere previsto dall'art. 460 c.p.c. ed ora dallo art. 443 c.p.c. non trasforma l'azione giudiziaria in mera impugnazione della decisione amministrativa, in quanto una volta esaurito il procedimento. amministrativo, il cui scopo � quello di tentare di comporre la controversia evitando l'azione giudiziale, questa, anche se formalmente pu� sembrare diretta a far dichiarare l'illegittimit� della decisione amministrativa, sostanzialmente accerta, con poteri autonomi e svincolati dal procedimento amministrativo, se sussistono le condizioni del diritto alla previdenza o all'assistenza. Si verte, infatti, in tema di diritti soggettivi perfetti, in relazione ai quali al giudice spetta di provvedere esaminando tutte le ragioni su cui � fondata la domanda, quale che siano stati i motivi della reiezione di questa nel procedimento amministrativo. (Cass. 9 dicembre 1974 numero 2613; 11 giugno 1975 n. 2315). Ci� posto e, conclusivamente, la Corte ritiene che la soluzione interpretativa adottata dal Tribunale, oltre che lineare, semplice ed adeguata alla sollecita. tutela del diritto all'assistenza sociale (costituzionalmente garantito dall'art. 38) � anche corretta e conforme al sistema. I l i ~ PARTE I, SEZ'; IV, GIURISPRUDENZA . C�VILB Ed, infatti, non v'� dubbio che la condizione di procedibilit� previ� sta dall'art. 443 c.p.c. e, cio� l'es�urimento del procedimento ammini� strativo� prescritto dalla legge speciale per la composizione amministra� tiva deve ritenersi verificato, per quanto riguarda i diritti di cui agli artt. 12 e '13 (pensione ed assegno), con la decisione definitiva della com� Inissione regionale di cui all'art. 9 che nega la sussistenza delle condi� zioni di minorazione di .cui all'art. 2, rendendo cos� inutile e, quindi, im� proseguibile il procedimento per l'accertamento delle condizioni econo� niiche necessarie per il conseguimento �del diritto vantato. Si perfeziona in tale momento, in modo definitivo, il rifiuto della pensione o dell'assegno e non pu�, quindi, non venir meno ogni ostacolo alla procedibilit� della tutela giudiziaria del diritto, tutela che si svol� \ ' ge, autonomamente, in relazione al rapporto dedotto in giudizio, e non gi� per la rimozione dell'atto definitivo che nega la pensione o l'assegno. Del resto, tale soluzione sembra conforme perfino alla lettera del� l'art. 22, al quale, al di qua della sovrabbondanza possibile della sua fo:i:mu� !azione, pu� attribuirsi proprio il significato (prescindendosi, qui, dal problema se, per i provvedimenti di cui agli artt. 9. � 15, siano ipotizzabili posizioni di interesse legittimo e spazio, quindi, per la tutela gurisdizionale amministrativa richiamata dalla norm~) di prevedere la possibilit� di immediat~ tutela giudiziaria, sia nel caso di cui all'art. 9, nella ipotesi che, con tale provvedimento, si concluda definitivamente il procedimento per la concessione della pensione o dell'ass.egno, sia nel caso di cui all'art. 15, nell~ ipotesi in cui, invece, il procedimento abbia potuto svolgersi, invece, nelle sue due fasi di accertamento (delle condizioni di minorazione e delle condizioni economiche). Sempre, nell'ordine logico, deve essere ora esaminato il terzo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente Ministero denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 34 legge 3 marzo 1971 n. 118; 1, 12 lett. a) e g) e 13 n. 2 d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.) e riproduce la propria ecc;ezione di carenza di legittimazione passiva. Esso sostiene che nessun organo del Ministero convenuto ha il potere di verificare ii deliberato delle commission,i sanitarie. Le prefetture infatti, solo nel caso in cui le predette abbiano accertata lo stato di invi.idit�, intervengono a verificare la sussistenza degli ulteriori presupposti di concessione. Quindi, nella specie, le doglianze dovevano essere rivolte verso l'ente regione Emilia�Romagna, responsabile dell'operato delle commissioni. Il motivo non � fondato. Gli artt. 12 e 18 della legge 30 marzo 1971 n. 118 pongono �a carico dello Stato e a cura del Ministero dell'Interno la pensione di inabilit� e l'assegno mensile � e, quindi, legittimato passivo, nel giudizio per il� riconoscimento dei diritti predetti, non pu� non essere che il Ministero, per legge obbligato alle prestazioni relative. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Tale situazione non � mutata con il trasferimento delle commissioni sanitarie alla organizzazione della regione Emilia-Romagna e a seguito della� relativa disciplina delle stesse ad opera della legislazione regionale che ne ha regolato il funzionamento. Ed, infatti, nessun rilievo pu� avere il fatto che le commissioni sani tarie non siano organi del Ministero degli Interni, o che questo non abbia alcun potere in ordine agli accertamenti compiuti dalle commissioni e che le doglianze, al fine di richiedere il riconoscimento della pensione, sia no tutte rivolte contro gli accertamenti predetti, essendo evidente che, nel sistema della legge, le commissioni non svolgono una funzione auto noma ma bens�, per quanto riguarda il diritto all'assegno e alla pensione. una funzione strettamente strumentale all'accertamento della prestazione del Ministero e del relativo obbligo. Esse, pertanto, costituiscono organi ausiliari del Ministero per il corretto svolgimento della funzione di cura dell'interesse a questo affi dato, anche se esse non sono integrate nell'organizzazione ministeriale e risultano costituite, adottandosi un modello organizzativo non infrequente nel nostro sistema den;iocratico, ad opera dell'ente regionale, sostituito al ministro della sanit� che, prima del trasferimento delle commissioni alle regioni, provvedeva alla loro nomina, a norma dell'art. 9 della legge. Infine, nessun rilievo pu� avere il fatto che le doglianze investano gli accertamenti compiuti da tali commissioni, posto che, come si � gi� innanzi rilevato, l'azione giudiziaria, per il conseguimento del diritto a pensione, non � un procedimento di impugnazione dell'atto illegittimo delle commissioni o del Ministero ma, bens�, un autonomo processo per l'accerta" n�ellto del diritto a pensione, di fronte al diniego dello stesso da parte del Ministero obbligato, cui va interamente imputato l'esito negativo della procedura amministrativa, che a tale diniego abbia condotto. Con il primo motivo, infine che, con il secondo, sostanzia l'interesse ad agire del Ministero anche nei confronti delle parti delle quali � stata rigettata nel merito la domanda, il ricorrente denuncia violazione del l'art. 91 c.p.c. e 152 disp. att. c.p.c. relativaniente alla pronuncia compen sativa delle spese di giudizio e lamenta che, sia il Pretore che il Tribu nale, abbiano posto a carico dell'Amministrazione vittoriosa le spese di consulenza tecnica. Secondo il ricorrente, la disposizione applicata dai primi giudici, troverebbe, invece, specifico ed esclusivo spazio nei giudizi previdenziali nei quali sia parte un soggetto che abbia veste di lavoratore subordinato. Il motivo non � fondato. . Vero � che la norma di cui all'art. 152 disp. att. menziona, letteral mente, soltanto � il lavoratore soccombente � da una parte e gli � isti tuti di previdenza ed assistenza� dall'altra, con esclusione dal suo am bito di applicazione delle controversie di assistenza obbligatoria, che non siano correlate ad un rapporto di lavoro e a prestazioni degli istituti di assistenza e previdenza. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE In proposito, per�, va tenuto presente che, con sentenza 12/26 luglio 1979 n. 85, la e.e. ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nei testo sostituito dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973 n. 533, nella parte in cui non include tra coloro che possono beneficiare del particolare trattamento riguardante le spese giudiziali, i destinatari di assistenza pubblica.-quale � appunto quella di cui alla legge n. 118/71. Parimenti infondato �, poi, il secondo motivo, subordinato al primo, con il quale si lamenta carenza di motivazione da parte del Tribunale, nella parte in cui ritiene non temerarie e manifestamente infondate le domande respinte nel merito. Il giudice, infatti, non � tenuto a motivare in ordine alla non manifesta infondatezza della pretesa ed alla sua non temerariet�, ai fini dell'�sonero dell'obbligo delle spese, derivando esso dalla legge, in ragione della natura della pretesa dedotta in giudizio, beneficio che viene meno solo nel caso in cui la pretesa stessa sia ritenuta dal giudice manifestamente infondata e temeraria. Ed � solo, in tale ipotesi, che il giudice ha l'obbligo di motivare, in ordine alla sussistenza degli elementi che fanno venir meno il beneficio voluto dalla legge. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA 1'RIBUT ARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre l985 n. 5081 -Pres. Scanzano SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA 1'RIBUT ARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre l985 n. 5081 -Pres. Scanzano Est. Battimelli -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vittori'a) c. Carbonelli. Tributi erariali indiretti � Imwsta di successione � Deduzione di passivit� � Debiti verso pu~bliche amministruloni � Xmpo~ta complementa� re per accertamento di maggior valore � Impugnazione dell'accei:tamenfo � Deducibilit� � Condizioni. � � (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3270, art. 45). In base all'art. 45 dell'abrogata legge sull'imposta di successione potevano essere dedotti come debiti verso pubbliche amministrazioni, certi bench� non ancora liquidi, i debiti per imposta complementare sul maggior valore dei beni trasferiti il cui accertamento fosse sta� to impugnato, solo nell'ipotesi in cui con il ricorso fosse stata contestata in parte la congruit� del valore,� in ogni altra ipotesi di impugnazione dell'accertamento per motivi che, se accolti, potevano portare ad escludere la sussistenza di ogni obbligazione, la deduziotJ-e non poteva essere ammessa 1<ton essendovi certezza del debito (1). (omissis) La questione sollevata in via generale nel ricorso � stat.a gi� decisa, in senso favorevole alla tesi dell'amministrazione ricorrente, da precedenti sentenze di questa Corte (n. 429 del 1974, n. 2844 del 1975, n. 162 del 1978), la cui statuizione va qu� riconfermata. Ed invero l'art. 45 della previgente normativa sull'imposta di successione (R.D. n. 3270 del 19l3), che in via generale prevedeva la deducibilit� dall'asse ereditario dei soli debiti certi, liquidi ed esigibili esistenti nel patrimonio del de cuius all'epoca dell'apertura della successione, recava un'eccezione� a tale principio per i debiti verso pubbliche amministrazioni, riconosciuti deducibili solo se sussistenti a tale data, anche se non ancora certi nel loro ammontare e liquidati -successivamente. Applicando tale principio ai debiti verso l'amministrazione finanziaria, ed in particolare a debito per imposta complementare di registro a ~eguito di accertamento di maggior valore, non pu� ritenersi che il sem� (1) Giurisprudenza costante. Cass. 11 gennaio 1978 n. 81 e 13 gennaio 1978 n. 162, in questa Rassegna 1978, I, 375. Assai pi� ampia � invece la previsione della vigente norma dell'art. 14 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 637. I!f f .~ f PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUI�ENZA' TRIBU'fARIA 5:3 plice tatto dell'accertamento, in presenza di opposizione ad esso da parte del contribuente, potesse ritenersi dimostrativo della certezza del debito, incerto solo nella sua quantificazione da effettuarsi nel corso del giudizio di valutazione proposto dal contribuente. Ed invero l'opposizione del contribuente ad un accertamento del genere pu� .essere fondata su varie ragioni, attinenti cos� alla legittimit� dell'accertamento stesso (ad es., per nullit� conseguente a difetto di motivazione), come alla tempestivit� del medesimo, come al merito, e in quest'ultimo. caso sia in funzione della affermazione della esattezza del valore dichiarato (con conseguente negazione di qualsiasi possibilit� di aumento di tale valore), sfa, infine, sulla semplice contestazione della congruit� del maggior valore accertato. In tutti i casi di cui innanzi, tranne per l'ultimo, non pu� ritenersi che, . in funzione del semplice accertamento, sia gi� � certo � �. un credito dell'Amministrazione, potendosi il relativo giudizio conseguente all'impugnativa del contribuente concludersi in .modo a lui completamente favor~vole, con la conseguenza che, se la successione si apra in pendenza del giudizio, non pu� dirsi esistente nell'asse ereditario un debito ."certo�; solo nell'ult!-!llo caso, qualora il contribuente, nell'impugnare il quantum dell'accertamento e nel contestarne la congruit�, non neghi del tutto la fondatezza della pretesa tributaria, ma solo intenda limitarne la portata, chiedendo solo una riduzione del maggior valore accertato o addirittura offrendo comunque, subordinatamente, un valore maggiore di quello denunciato, seppure inferiore a quello accertato, pu� dirsi sussistente con certezza un debito per imposta complementare, seppure ancora da liquidarsi in sede contenziosa o di concordato; e solo in tal caso, con~ seguentemente, era ipotizzabile in base alla preesistente normativa (quella attualmente vigente ha diversamente regolamentato la materia), una detrazione dall'asse ereditario,. con conseguente diminuzione dell'imponibile, da quantificarsi in un secondo tempo. A tale principio, sostanzialmente, sembra essersi ispirata, nella sua succinta motivazione, la decisione impugnata, la quale peraltro si � limitata ad affermare che il debito era certo, essendo in contestazione s�lo per il quantum, non anche per l'an, senza precisare in relazione a quali dati di fatto e a quale tipo di opposizione all'accertamento proposto a suo tempo dal de cuius ha formate il proprio convincimento. Il ricorso, pertanto, va accolto sotto il pr�filo del denunciato vizio di motivazione su punto .decisivo, a sensi del'art. 360 n. 5 c.p.c., con rinvio alla stessa Commissione Centrale; la quale, .esaminato il. contenuto dell'opposizione a suo tempo proposta dal de cuius contro l'accertamehto e le fasi. del gii.tdizio conseguente fino al momento dell'apertura della successione, provveder� in conformit� ai principi innanzi enunciati. (omissis) 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1985 n. 5126 -Pres. La Torre - Est. Scanzano -P. M. Leo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Soc. Bertrand. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Societ� di persone -Socio d'opera -Liquidazione di quota -Tassabilit� con imposta graduale. (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, tariffa A, art.88; e.e. art. 2289). Il socio d'opera, bench� non conferisca beni, acquista il diritto agli incrementi societari sia che siano distribuiti come utili sia che siano ac54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1985 n. 5126 -Pres. La Torre - Est. Scanzano -P. M. Leo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Soc. Bertrand. Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Societ� di persone -Socio d'opera -Liquidazione di quota -Tassabilit� con imposta graduale. (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, tariffa A, art.88; e.e. art. 2289). Il socio d'opera, bench� non conferisca beni, acquista il diritto agli incrementi societari sia che siano distribuiti come utili sia che siano accumulati nel patrimonio; di conseguenza al momento della liquidazione della quota sociale il socio d'opera, clw non avr� diritto al rimborso del conferimento ex art. 2282, e.e. ha per� diritto ex art. 2289 e.e. alla liquidazione in danaro della quota di patrimonio rappresentato dagli incrementi non distribuiti; sul valore della quota liquidata va applicata la sola imposta graduale di registro (1). (omissis) L'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 27 r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269; dell'art. 87 della Tariffa ali. A allo stesso decreto e dell'art. 2289 c. civ. e sostiene che il socio d'opera, pur non conferendo denaro od altri beni all'atto della costituzione della societ�, acquista il diritto non solo agli utili ma anche agli incrementi patrimoniali, alla cui formazione anch'egli indubbiamente concorre. Con riferimento ad essi pertanto deve trovare applicazione anche nei suoi confronti l'art. 2289 c. civ. che ricon,osce al socio uscente il diritto ad una somma che rappresenta il valore della quota; e siccome questa, a seguito della sua liquidazione, va ad accrescere l'entit� della partecipazione degli altri soci, si verifica il presupposto della tassazione proporzionale, che_ � indipendente da quella fissa che colpisce l'atto di recesso in s� considerato. Questa conseguenza -conclude la ricorrente -deriva proprio dal principio, enunciato dalla commissione centrale ma non applicato, della rilevanza dell'intrinseca natura e degli effetti dell'atto. (1) Decisione di notevole interesse per quanto concerne la posizione del sodo d'opera in relazione alle due distinte componenti del capitale e del patrimonio. Sul punto che la liquidazione in denaro della quota del socio uscente non determina trasferimento di beni dal socio alla societ� o agli altri soci la giurisprudenza � pacifica (Cass. 15 febbraio 1973 n. 470 in questa Rassegna, I, 440); la somma di denaro corrisposta al socio deve tuttavia provenire dalla societ�, che si impoverisce di un valore corrispondente, che se, al contrario, il patrimonio sociale accresciuto in beni non risulta di altrettanto diminuito in quanto la somma liquidata al socio uscente ha provenienza dal di fuori del patrimonio sociale, si dovrebbe avere un trasferimento soggetto alla imposta proporzionale. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARI.A Il ricorso � fondato nei sensi di cui alle considerazioni che seguono. Al momento de1la costituzione della societ� di persone colui che partecipa in qualit� di socio d'opera non conferisce, n� si obbliga a conferire beni, ma si impegna ad un apporto di tipo diverso (da indicarsi nell'atto costitutivo, ai sensi dell'art. 2295 n. 6 c. civ.), consistente appunto nella sua attivit� di lavoro. Egli dunque non concorre alla formazione del capitale ma concorre pur sempre a somministrare un mezzo (alla cui possibilit� di prestazione � condizionata la permanenza della qualit� di socio: v. art. 2286 c. civ.) che, come il capitale, � finalizzato alla realizzazione dell'oggetto sociale. Non pu� allora esser dubbio che i risultati positivi dell'impresa, cosi come sotto il profilo causale sono imputabili anche all'opera da lui prestata, egualmente debbano sortire effetti a suo favore anche sul piano giuridico ed economico. Tali effetti, quando i detti risultati vengono destinati alla remunerazione dei soci in forma di distribuzione di utili, si concretano appunto nel diritto alla loro percezione, mentre, quando vengono trattenuti dalla societ�, in funzione di una pi� intensa attivit� d'impresa, determinano un incremento del suo patrimonio. Orbene, le stesse ragioni che giustificano il diritto del socio d'opera alla percezione degli utili sono sufficienti per potersi affermare che spetta al medesimo anche il diritto (esercitabile alle condizioni e nei tempi dovuti) sul detto incremento. Ci� significa che quando diventano attuali il diritto del socio sul patrimonio netto (con lo scioglimento della societ�) o il �diritto a quella somma di denaro che esprime, secondo l'art. 2289, il valore della quota (all'atto dello scioglimento del rapporto limitatamente ad un socio), la posizione del socio d'opera assume una consistenza analoga a quella del socio capitalista, con la sola differenza che a � quest'ultimo, in sede di liquidazione della societ� ed alle condizioni di cui all'art. 2282, spetta anche il rimborso del conferimento, cio� una quota del capitale. � Ci� che la commissione tributaria centrale e la controricorrente trascurano � proprio la differenza tra capitale e patrimonio della societ�. E siccome alla formazione del patrimonio concorrono anche gli utili non distribuiti (i quali, se fossero stati distribuiti, sarebbero spettati a ciascuno dei soci), � evidente che il contenuto della partecipazione del socio d'opera non pu� ridursi alla percezione degli utili distribuiti in costanza del rapporto sociale. Deve quindi concludersi che quando tale rapporto si scioglie limitatamente al detto socio -come in caso di suo recesso -anche egli ha diritto, secondo l'art. 2289, alla liquidazione della quota, proporzionata ailla sua partecipazione ai guadagni. E con ci� rimane disatteso anche il contrario assunto prospettato dalla controricorrente nella (impropria) forma di ricorso incidentale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA llELLO STATO Se tali� sono gli effetti giuridici ed economici derivanti nella specie dal recesso, l'atto relativo deve essere, ai sensi dell'art. 8 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269, co~rispondentemente tassato. A ci� ovviamente non osta n� la dichiarazione del Fedi Tealdo di nulla pretendere dalla societ� o dall'altro socio, n� il fatto che l'ufficio non abbia impugnato (in� forme non meglio chiarite dalla Commissione tributaria centrale) l'atto di recesso. � evidente invero: a) che quella dichiarazione, ove non costituisca una rinuncia o una ricognizione della reale inesistenza di. un patrimonio netto, pu� essere anche il frutto di una liquidazione di quota gi� avvenuta ed assumere quindi anche sostanziale valore di quietanza; b) che l'accertamento tributario costituisce in s� una impugnazione dell'atto di recesso, sottoposta poi al sindacato del competente organo giurisdizionale a seguito della reazione del contribuente. La tesi dell'Amministrazione non pu� essere per� seguita laddove pretende che il valore della quota liquidata al socio receduto debba essere assoggettato all'imposta proporzionale. . . Ques.ta Corte infatti, con riferimento alla disciplina della r.d. 1923 n. 3269, ha pi� volte affermato che le assegnazioni fatte al socio receduto, nei limiti della sua quota di diritto, sono soggette al trattamento tributario della divisione tra comproprietari e coeredi e quindi soggette alla imposta graduale (cass. 22 dicembre 1981 n. 6766; 15 febbraio 1973 n. 470; 29 maggio 1973 n. 1595). L'orientamento va confermato, non prospettan- dosi fu contrario alcuna valida ragione. Tale invero non � quella che ri� collega al recesso un effetto traslativo a favore degli altri soci ravvisandolo nell'ampliamento della partecipazione dei soci residui. Al riguardo � sufficiente ricordare che un tale effetto � stato escluso dalla citata sentenza n. 1595 anche nel caso in cui l'assegnazione fatta al socio receduto sia inferiore alla quota di diritto, e che, se � vero che a seguito del recesso la quota dei soci superstiti si amplia in astratto, rimane identica in concreto perch� viene a riferirsi ad una entit� patrimoniale corrispondentemente minore, quale quella che risulta dopo l'operazione di liquidazione prevista dall'art. 2289. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5134 � Pres. Santosuosso -Est. Lipari -P. M. Caristo (conf.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Palatiello) c. Bonfante. Tributi erariali indiretti � Sanzioni ~ Sopratfassa � Interessi -Decorrenza. (L. 26 gennaio 1961 n. 29). Sulla soprattassa sono dovuti gli interessi con decorrenza dal verificarsi del fatto generatore, indipendentemente dalla emanazione e .dalla -. J~. PARTE I, SEZ~ VI., GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 57 definitivit� del � provvedimento dt liquidazione, con funzione dichiarativa (1). (omissis) 1) Il ricorso � fondato. Si discute in causa della fondatezza o meno della pretesa dell'ufficio del registro il quale, a seguito della decadenza del contribuente dal beneficio tributario, ha preteso non soltanto il tributo nella misura normale e la soprattassa, �na anche gli interessi dalla data dell'atto sia sull'imposta che sulla soprattassa. La Commissione Centrale ha dato ragione al contribuente richiamando una pronuncia di questa Corte Suprema (Cass. 4879 del 1980, secondo cui gli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse o imposte indirette, essendo contemplati da norma di carattere eccezionale, non sono applicabili, neppure in via analogica, alle somme dovute per le .pene pecuniarie o per le �soprattasse conseguenti all'inadempimento di obbligazioni tributarie, sicch�, non� spettano sulle somme dovute a titolo di soprattassa riscossa al momento della tardiva registrazione. Tale pronuncia, per la verit�, si poneva in contrasto con l'orientamento manifestato per l'innanzi da questa I Sezione, la quale aveva ritenuto che fra le � somme � dovute per tasse ed imposte indirette sugli affari, con riguardo alle quali sono applicabili gli interessi moratori previsti dalla legge 26 gennaio 1961 n. 29 (interpretata autenticamente dalla legge 28 marzo 1962, n. 147), vanno comprese le soprattasse, in considerazione del loro carattere integrativo del tributo e del conseguente . assoggettamento alla relativa disciplina. L'applicabilit� degli interessi anche per il periodo antecedente alla loro liquidazione era fatto discendere dalla qualificazione delle soprattasse medesime come obbligazioni accessorie di natura tributaria, in quanto tali regolabili dalla stessa disciplina applicabile al tributo (cfr. Cass. 727/78, 1549/78, 2689/78, ricollegabili, quanto alla natura giuridica della soprattassa, a Cass. S.U. 58/68, 3983/68, 446/67, 1238/70). Il contrasto � stato superato dall'apposito intervento delle S.U. di questa Corte, le quali hanno .confermato l'indfrizzo espresso dalle tre richiamate sentenze del 1978, stabilendo che fra le ..somme dovute per tasse ed imposte indirette sugli affari, cui si applicano gli interessi di mora ai sensi dell'art. 1 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, autenticamente interpretata dall'art. unico della legge 28 marzo 1962, n. 147, vanno comprese quelle dovute a titolo di soprattassa, perch� questa configura una prestazione integrativa del tributo cui si riferisce, avente identica natura, e come_ tale assoggettata alla stessa disciplina. (1) L'isolata sentenza 28 luglio 1980 n. 4879, richiamata nel testo, leggesi in questa Rassegna, 1981, I, 406; la sentenza delle Sez. Unite 5 ottobre 1982 n. 5115 � riportata ivi, 1983, I,� 181. ~ -~ 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tali interessi, a norma dell'art. 2 della citata legge, decorrono dal giorno in cui, per il verificarsi del fatto generatore, la soprattassa � divenuta esigibile, pure se non sia stata ancora liquidata, e, pertanto, nel caso di soprattassa relativa a tributo complementare gli interessi sulla soprattassa stessa sono dovuti dal giorno nel quale � sorto il rapporto trib�tario ed il correlativo obbligo di pagamento del tributo principale (il cui integrale tempestivo soddisfacimento � restato pregiudicato dal fatto generatore della soprattassa). All'indirizzo segnato dalle S.U. � sufficiente fare richiamo senza necessit� di approfondimenti argomentativi dal momento che la Commissione Centrale si � limitata, puramente e semplicemente, a recepire la � massima � della sentenza del 1980, ripudiata dalle S.U. Fulcro del ragionamento svolto a sostegno della accolta soluzione � il riconoscimento che alla soprattassa non pu� attribuirsi natura punitiva o risarcitoria, trattandosi di contribuzione pecuniaria imposta quale prestazione integrativa del tributo cui si riferisce e del quale costituisce mera maggiorazione. La complementariet� della disciplina della soprattassa rispetto a quella del tributo per un verso vale a comprovare che la legge ha in realt� previsto la imposizione di una prestazione integrativa del tributo e per altro verso comporta che anche ad ammettere la duplicit� delle obbligazioni, e la configurabilit� di quella relativa alla soprattassa come obbligazione di natura satisfattoria, accessoria a quella tributaria e perci� sottoposta ad identica disciplina formale, la soluzione della questione non muterebbe poich� la sovrattassa risulterebbe in tutto e per tutto assimilabile all'obbligazione tributaria cui accede con la correlativa esten� sione della disciplina sugli interessi moratori dettata dalla legge n. 29 del 1961, la quale, del resto, non si discosta, se non per il tasso di interesse e per il computo temporale, dalla generale disciplina civilistica delle obbligazioni pecuniarie, essendo perfettamente applicabile al riguardo il criterio della intepretazione estensiva. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 ottobre 1985 n. 5136 -Pres. Moscone Est. Zappulli -P.M. Sgroi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salimei) c. Consorzio Coop. Ferrovie Reggiane. Tributi erariali diretti -Imposte sui redditi di ricchezza mobile Plusvalenze -Enti con fini di lucro -Societ� cooperative. (T. U. 29, gennaio 1958 n. 645, art. 100 e 106). Agli effetti dell'art. 106 del t.u. sulle imposte dirette sono enti con fine di lucro, per i quali le plusvalenze sono tassabili indipendentemente dalla dimostrazione di un intento di speculazione, le societ�, anche coo ~ f. ~ ~ ~ f f ~� 59 PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA perative, ogni volta che il fine statutario non sia la mera conservazione di un patrimonio, ma la sua dinamica gestione (1). (omissis) Con l'unico motivo del ricorso il Ministero delle Finanze ha censurato la decisione di quella commissione centrale per violazione degli art. 100 e 106 del T.U. sulle imposte dirette approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 654 e dello art. 2082 e.e., nonch� per insufficienza di motivazione. L'Amministrazione Finanziaria ha lamentato che la commissione suddetta, nell'escludere l'applicabilit� delle citate norme sulla imponibilit�, ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, delle plusvalenze realizzate, ha collegato la presenza di intento speculativo delle vendite che le hanno prodotte non alla qualifica di impresa commerciale del contribuente ma alla dimostrazione di una concreta attivit� imprenditoriale. Ha sostenuto, in particolare, la ricorrente che il fine statutario della cooperativa assoggettata all'imposta era quello di acquisire, attraverso l'acquisto, la costruzione e l'affitto, sedi per le cooperative associate e altri enti e organizzazioni e che, qualunque fosse la destinazione di quei beni, il fine suddetto e'ra sufficiente ad attribuire alla attivit� sociale un carattere imprenditoriale. Il motivo � fondato. Va premesso, per un pm approfondito esame della controversia, che il citato art. 106 del T.U. del 1958, compreso nella sezione relativa alle imprese commerciali, statuiva che le plusvalenze dei beni appartenenti ai soggetti tassabili in base a bilancio concorrevano a formare il reddito imponibile dell'esercizio nel quale erano stati realizzati, distribuiti o iscritti in bilancio, aggiungendo, nel secondo comma, che per i sogetti i quali, ai sensi del precedente art. 104 avevano optato per la tassabilit� in base a bilancio, la disposizione suddetta si applicava soltanto alle plusvalenze dei beni relativi all'impresa e alle sopravvenienze con seguite nell'esercizio di ~ssa. (1) La decisione, pur esattissima, sembrerebbe ammettere la possibilit� che una societ� di capitali sia costituita al solo fine della conservazione di un patrimonio in fase statica e che in tal caso non possa ravvisarsi una impresa. Dal punto di vista civilistico � assai dubbio che una tale societ� possa validamente costituirsi; dal punto di vista tributario dovrebbe invece ritenersi che per la sola esistenza ogni societ� commerciale produce esclusivamente e necessariamente reddito di impresa, come � in modo ben chiaro oggi affermato dagli artt. 6, 40 e 51 d.P.R. n. 597/1973. Pi� radicalmente Cass. 27 aprile 1979, n. 2437 (in questa Rassegna, 1979, I, 753) aveva ritenuto che la societ� cooperativa, che persegue fini mutualistici nei rapporti interni, � una impresa nei rapporti esterni. Sull'argomento della natura necessariamente imprenditoriale dell'attivit� delle societ� cfr. S. BAFILE, Pu� esistere la societ� senza impresa? in Riv. dir. finanz. 1983, I, 682. 60 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO La parziale dichi�razione di illegittimit� costituzionale di quell'articolo, contenuta nella decisione 25 febbraio 1975, n. 32 della Corte Costituzionale citata nella motivazione impugnata, ha soltanto inciso sulla applicabilit� di quello articolo per quanto concerne la tassabilit� delle plusvalenze ti sopravvenienze attive di enti tassabili in base a bilancio quando i suddetti contribuenti, nonostante tale forma di contabilit�, siano � non esercenti attivit� commerciali �, come ben precisato nel dispositivo e nella motivazione della decisione stessa. Ci� premesso, non � dubbio, come indicato e riportato anche nella decisione impugnata, che I'� esercizio di una a~tivit� imprenditoriale caratterizzata dal fine di lucro costituisce il fondamento giuridico della presunzione che per essa le plusvalenze e le sopravvenienze attive vanno comprese nell'accertamento del reddito imponibile �. Ma, proprio nell'applicazione di tale principio, ,appare errata la motivazione della definizione data dalla commissione suddetta alla attivit� della cooperativa quale � meramente gestoria di immobili per fini sociali emergenti dallo statuto societario � per � il fine statutario di acquisire, attraverso acquisto, costruzione o affitto, immobili per le sedi della federazione provinciale delle cooperative e delle associazioni di categorie, delle singole cooperative o consorzi associati alle Federazioni provinciali, nonch� per Je colonie marine, montane e case di riposo, per attivit� culturali e ricreative di lavoratori e dei loro familiari�, Invero, nella decisione impugnata � stato applicato il principio, pure recentemente affermato da questa Suprema Corte, in virt� del quale non si pu� avere societ� senza impresa con conseguente intassabilit� delle plusvalenze di cui al menzionato art. 100 del T.V. solo ove l'oggetto della stessa � risieda unicamente nella conservazione del patrimonio immobiliare (riscossione dei �canoni locativi ed effettuazione delle normali opere di manutenzione, dei fabbricati in propriet�), trattandosi, in tal caso, di attivit� di mero godimento non rientrante in attivit� di impresa (Cass. 6 aprile 1982, n. 2104). Ma, nella decisione stessa, non � stato .considerato che tale situazione statica prevista dallo statuto non pu� sussistere quando il medesimo preveda un dinamismo imprenditoriale attraverso costruzioni e successivi acquisti, con implicita ammissione di vendite inerenti a trasformazioni �e rin~ovamenti del patrimonio immobiliare. D'altra parte, per un pi� approfondito accertamento sul carattere di mera conservazione del patrimonio e per la conseguente esclusione dell'attivit� imprenditoriale, va .considerato che questa Corte regolatrice ha gi� precisato che lo scopo di lucro costituente elemento essenz,ale della� nozione di impresa (e quindi dell'attivit� imprenditoriale) � individuabile non solo quando l'attivit� sia rivolta al diretto incremento pecuniario, ma anche quando tenda ad una qual~iasi attivit� economica, consistente anche in un risparmio di spese o in altro vantaggio patrimoniale (Cass. 3 dicembre 1981 n. 6395) e che la finalit� mutualistica istituzionale delle cooperative non esclude la tassabilit� delle sopravvenienze in quanto PARTE l, SEZ. VI, GIURISPRUDENZ'A TRIBUTARIA il presupposto .della tassa e la natura commerciale. del soggetto non pos' sono escludere che la cooperativa stia esercitando una delle attivit� commerciali contemplate. nell'art. 2195 e.e. (Cass. 27 aprile 1979, n. 2437). N� � da trascurare che questa Corte, pur in materia non tributaria, ha ravvisato una attivit� commerciale, quale quella di intermediazione nella raccolta del risparmio, anche quando la stessa non sia indirizzata �a soggetti non.indeterminati� (Cass. 6 agosto 1979, n. 4558), non avendo rilevanza decisiva la . indicazione, ampia o no, delle categorie di soggetti e organizzazioni alle cui sedi era finalizzata l'attivit� istituzionale della cooperativa assoggettata all'imposta in contestazione. Co;n,seguentemente, essendo imprenditore ai sensi dell'art. 2082 e.e. \ colui che esercita una attivit� economica organizzata ai fini della produzione o dello scambio di beni e servizi, tale � la cooperativa che la eserciti sia pure per risparmio di spese e senza un lucro distinto dal loro rimborso, onde la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Centrale. Quest'ultima dovr�, attenersi, nella nuova pronuncia, sulla base delle ragioni sopra esposte, al principio per il quale quando sia fine statutario di una societ�, sia pure di carattere cooperativo, non la mera. conservazione di un patrimonio immobiliare ma la sua dinamica gestione, anche attraverso i:1;1crementi e variazioni e pur se diretta a realizzare economie a favore di persone fisiche e giuridiche e organizzazioni varie, pi� o meno determinate ,la plusvalenza realizzatasi attraverso l'alienazione di un immobile rientra nel reddito imprenditoriale, come tale gi� tassabile secondo l'art. 106 del 1958. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1985, n. 527J -Pres. Zappulli , Est. Di Salvo -P. M. Caristo (conf.) Ministero d�lle Finanze (avv. Stato Laporta) c. Bigot (avv. Majo). Tributi erariali diretti -Accertament() -Metodo induttivo � Preliminare accertamento analitico ~ Non � necessario. (t.ti. 29 gennaio 1958 i\:.. 645, art. 't37). Il ricorso alla determinazione sintetica del reddito complessivo, quando sussistono fatti indice (e fra questi il tenore di vita del contribuente), che inducano a ritenere che il reddito posseduto si�. superiore a quello risultante dalla determinazione analitica, non richiede una preliminare verifica analitica dei redditi dichiarati, potendo la determinazione analitica essere solo quella esposta dal contribuente o quella eventualmente. effettuata dall'ufficio .. a fini interni (1). (1) In senso conforme le due coeve sentenze n. 5274 e ~275. Decisione importante che mette i:p. chiara evidenza alcuni profjll del� l'accertamento induttivo. Innanzi tutto � importante l'affermazione .che una 62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (omissis) La ricorrente Amministrazione, con il primo motivo, denunzia violazione dell'art. 137 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sostenendo che erroneamente la Commissione tributaria centrale aveva affermato �che l'ufficio, prima di determinare il reddito in via induttiva, avrebbe dovuto accertare analiticamente i redditi del contribuente; sostiene, infatti che l'espressione �reddito risultante dalla determinazione analitica� contenuta nell'art. 137 del T.U. n. 645, del 1958, non equivale a �reddito accertato analiticamente dall'ufficio � e non implica, quindi, necessariamente una specifica attivit� del medesimo ufficio diretta ad acquisire i singoli elementi fiscalmente rilevanti per l'individuazione della base d'imposta, ben pptendo, esso limit�rsi ad assumere, quale risultante della determinazione analitica, la somma algebrica degli elementi reddituali at:�vi e passivi denunciati dal contribuente per verificarne poi l'adeguatezza o meno al tenore di vita di quest'ultimo e giustificare cos� il ricorso al metodo sintetico. La censura � fondata. Questa Corte di legittimit� ha gi� avuto modo di statuire che in tema di imposta complementare sul reddito il ricorso al metodo sintetico, indubbiamente obbligatorio ai fini del controJlo sulla esattezza dell'accerta� mento al quale si � pervenuti con il metodo analitico, � legittimo allor- I verifica (quasi a riprova) in via sintetica del risultato dell'accertamento analitico (in proposito si rileva che la norma dell'art. 137 del T.U. delle imposte dirette � molto simile a quella dell'art. 38, quarto comma del d.P.R. n. 600/1973) � non solo consentita ma obbligatoria per l'ufficio. Ancora interessante l'affermazione che quantificare induttivamente un reddito in misura superiore alle risultanze della determinazione analitica non comporta prima la necessit� di procedere ad un completo accertamento analitico per poi passare ad una determinazione sintetica; la determinazione analitica, che si ritiene; inattendibile e da abbandonare, pu� bene essere quella risultante dalla dichiarazione e eventualmente da un tentativo di rettifica analitica (che resta un atto interno); se per� le risultanze di queste analisi sono manifestamente incongrue a confronto dei fatti indice, si prescinde interamente dalla analisi. (Cass. 4 giugno 1981, n. 3609 in questa Rassegna 1982, I, 142). Ci� non contraddice al principio che la dichiarazione analitica vincola l'ufficio a procede,re ad un accertamento analitico (il che vale con maggior concretezza per i redditi da determinare in base alle scritture contabili). Ove da dati certi (fatti indice) il reddito fondatamente attribuibile risulta superiore a quello dichiarato, si � necessariamente in presenza di una dichiarazione incompleta o solo apparentemente analitica. Nell'uno e nell'altro caso il ricorso al metodo induttivo � legittimo e doveroso. Altra proposizione importante � che l'ufficio nel ricostruire il reddito complessivo pu� operare sia, finch� � possibile, in via analitica sia, ad integrazione, in via induttiva, procedendo conclusivamente ad una valutazione complessiva. Altre volte � stato irragionevolmente affermato che ove si procede in via induttiva non possono essere in alcun modo utilizzati elementi di prova diretta (Cass. 12 ottobre 1981, n. 5338 e 7 febbraio 1984, n. 932, in questa Rassegna 1982 I, 175 e 1984, I, 354). I 1: 1: ! . I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ch� sussistano fatti indici, desumibili da pi� svariati elementi e, fra questt. il tenore di vita del contribuente, che inducano l'ufficio a ritenere che le risultanze emerse con l'adozione del metodo analitico non siano sufficienti a rivelare l'effettiva capacit� contributiva del soggetto (Cass. 1967, n. 219; 1973, n. 571; 1981, n. 3609). L'art. 137 del t.u. del 1958, n. 645, non richiede, infatti, che l'accertamento contenga l'esposizione della verifica analitica dei redditi dichiarati e solo successivamente l'indicazione delle ragioni poste a fondamento di una determinazione induttiva del reddito. La predetta norma prescrive soltanto che il reddito pu� essere determinato sinteticamente (e, quindi, non analiticamente) in base a determinati indizi che facciano apparire il reddito stesso, superiore a quello � risultante dalla determinazione analitica � e quest'ultima ben pu� essere solo quella esposta dal contribuente o quella eventualmente effettuata dall'ufficio ai fini interni del controllo della dichiarazione, la quale non deve essere necessariamente portata a conoscenza del contribuente. L'ufficio, infatti, quando ritenga che l'ammontare complessivo dei red� diti dichiarati (rettificati o meno) e di quelli accertati d'ufficio con motivazione non analitica, perch� non denunciati, non sia tale da giustificare il tenore di vita e gli atti dimostrativi di disponibilit� di un maggior reddito goduto dal contribuente, pu� nell'avviso di accertamento, trascurare sia il calcolo dell'imponibile complessivo risultato incongruo, quanto la determinazione specifica in via analitica dei redditi non denuncati, posto che i fatti indice di una maggiore redditivit�, gli permettono di prescindere, come la legge consente, dalla individuazione dei singoli redditi. L'ufficio, infatti, giudicando che il reddito desumibile dagli elementi in suo possesso non � congruente con la disponibilit� di denaro rivelata da vari fatti indice della posizione finanziaria del contribuente, pu� prescindere dall'accertamento dei singoli redditi, specificati o meno nel loro distinto ammontare, al fine di individuare la redditivit� complessiva del soggetto, risultando logicamente necessario che alla sua formazione abbiano contribuito anche redditi non dichiarati e di cui non sia stato possibile accertare n� la fonte, n�, tanto meno, il concreto specifico ammontare. Correttamente, quindi, l'ufficio, ha ritenuto di poter procedere all'accertamento sintetico, a norma del predetto art. 137 cl., di un reddito complessivo adeguato a quello rivelato dal tenore di vita del contribuente (crociere, viaggi all'estero, possesso di autovetture di prestigio) nonch� da circostanze ed elementi di fatto espressivi di disponibilit� di reddito (investimenti di notevoli capitali in titoli azionari od obbligazionari, partecipazione al capitale sociale di numerose societ�, numerosi e rilevanti investimenti immobiliari) sulla base del presupposto che tali fatti indice presupponessero la disponibilit� di un reddito complessivo spendibile superiore a quello accertabile analiticamente e proporzionato all'entit� delle erogazioni complessivamente effettuate dal contribuente. Quanto sopra esposto risulta convalidato dall'ulteriore considerazione che l'art. 137 III comma del predetto t.u. precisa che la motivazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO analitica dell'accertamento non � richiesta n� per l'accertamento dei red� diti che il contribuente abbia omesso di dichiarare, n� quando la dichiara� zione manchi dell'indicazione analitica degli elementi attivi e passivi, . mentre il successivo art. 137 consente che il reddito complessivo netto venga determinato sinteticamente qualora il tenore di vita del contribuente o altri elementi o circostanze di fatto facciano presumere l'esi~ stenza di un reddito netto superiore a quello risultante dalla determinazione analit�ca. Dall'esame coordinato di tali norme risulta, pertanto, che l'amministrazione che abbia individuato l'esistenza di un reddito posseduto dal contribuente ma da lui non dichiarato, pu� effettuare l'accertamento. d'ufficio ricorrendo ad una motivazione non analitica proprio in conseguenza della violazione da parte del contribuente del dovere di dichiarare tutti i redditi soggetti ad imposta (art. 17, d.P.R. n. 645/1958), la quale produce l'effetto di porre l'Amministrazione stessa nella impossibilit� di procedere alla determinazione analitica dell'ammontare del reddito complessivo. A questa ipotesi di incompletezza della denunzia dei redditi � da parificare, ai fini della legittimit� del ricorso all'accertamento induttiyo sintetico, l'ipotesi del carattere solo � apparentemente analitico della den\lncia dei redditi per l'inidoneit� dei documenti giustificativi a dare la prova della veridicit� della situazione rappresentata (Cass. 1982, n. 2343). In questi casi il reddito accertato con motivazione non analitica concorre, insieme con gli altri dichiarati dal contribuente e rettificati o meno d'ufficio, a costituire il reddito complessivo imponibile. Esaurita questa fase dell'accertamento l'ufficio pu� effettuare il controllo circa la congruenza del reddito globale, cos� determinato, e quello che si ritiene essere stato complessivamente a disposizione del contribuente in base al suo tenore di vita ed alle circostanze di fatto che siano espressione di un reddito maggiore. Ove tale esame lo induca a ritenere che il reddito dichiarato non corrisponda a quello effettivamente posseduto dal contribuente, l'ufficio pu� compiere, ai sensi dell'art. 137 del predetto t.u., l'accertamento sintetico. In questo caso non � necessario, come si � visto, che l'avviso di accertamento contenga la preliminare esposizione della verifica analitica dei redditi dichiarati. Per garantire il diritto di difesa del contribuente � sufficiente che tale avviso contenga gli elementi necessari per consentirgli di contestare efficacemente, nell'an e nel quantum, la pretesa creditoria, nonch� i fatti indice che, provando un certo ammontare delle spese, presuppongono la disponibilit� di un reddito complessivo spendibile superiore a quello accertabile analiticamente e proporzionato all'entit� delle erogazioni complessivamente effettuate dal contribuente. L'adozione del metodo sintetico anzich� di quello analitico, quando ne ricorrono i presupposti, rientra nel potere dell'amministrazione finanziaria, essendo il potere di controllo giurisdizionale circoscritto all'accertamento della avvenuta specificazione dei fatti indice posti a fondamento dell'accertamento sintetico, dell'avvenuta contestazione dei medesimi ru ..........,~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA contribuente e della astratta idoneit� di tali �fatti a legittimare nel caso concreto il ricorso al metodo sintetico (Cass. 1978, n. 48), mentre costituisce apprezzamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimit�, il giudizio del giudice di merito secondo cui nel caso considerato, J'applicazione del metodo sintetico � fondata su fatti determinati e specifici. (Cass. 1973, n. 571). Pertanto, la sentenza impugnata, la quale ha affermato che la Finanza non pu� mai procedere direttamente all'accertamento sintetico senza aver prima determinato analiticamente il reddito complessivo del contribuente deve essere cassata per violazione di legge (omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1986 n. 398 � Pres. Santosuosso -Rel. Corda -P. M. Grossi (conci. conf.) � Societ� a.s. Dante Castra~ cani e C. (avv. Montesano e Frisoli) c. Ministero della difesa (avv. Stato Del Greco). Appalto -Appalto di opere pubbliche � Clausola di esclusione della rt? visione dei prezzi � Applicabilit� degli artt. 1341 e 1342 cod. civ. (Cod. civ., artt. 1341 e 1342). Viola gli artt. 1341 e 1342 cod. civ. la sentenza che li dichiari inapplicabili riguardo ad una clausola di esclusione della revisione dei prezzi, inserita in un contratto di opera pubblica e non approvata specificamente per iscritto, affermando che le norme richiamate non si applicano ai contratti conclusi dalla p.a. a seguito di licitazione privata (1). (omissis) 1. Come detto nella precedente parte espositiva, la Corte di appello ha dichiarato la nullit� del lodo arbitrale dopo avere rilevato: a) che la ratio decidendi della pronuncia degli arbitri andava individuata nell'affermazione che era inefficace la clausola escludente la revisione dei prezzi, in quanto non espressamente approvata per iscritto (mentre dovevano essere considerate semplici obiter dieta tutte la altre considerazioni); b) che in tale affermazione era insito l'errore (conducente alla dichiarazione di nullit� del lodo) di non avere considerato che le disposizioni contenute negli articoli 1341 e 1342 codice civile non sono applicabili nei confronti della Pubblica Amministrazione (non potendosi concepire che questa inserisca nel contratto clausole di natura �vessatoria�), meno ancor8: quando il contr~tto � preceduto da una licitazione privata (dovendosi, in tal caso, presumere che l'altro contraente abbia avuto piena conoscenza dei patti e, quindi, possibilit� di valutarne il contenuto). Per censurare tale impostazione e conclusione, la ricorrente deduce i due seguenti motivi: a) (primo) violazione degli articoli 829, secondo comma, codice procedura civile e 1362 codice civile, per avere la sentenza impugnata rav (1) Cass. 29 settembre 1984 n. 4822, richiamata in mot'ivazione, � pubblicata in Foro it. 1984, I, 2442 con osservazioni cli C, M. BARONE; Giust. civ. 1984, I, 3254 e Giust. it. 1985, I, 1, 291 con nota di G. M DANUSS,o Gli artt. 1341 e 1342 c. c. e i contratti conclusi dalla p. a. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 67 visato nel lodo arbitrale una nullit� inesistente, poich� gli arbitri hanno fondato il loro convincimento non gi� sugli effetti giuridici che derivano dalla mancata sottoscrizione della clausola (come previsti dall'articolo 1341, secondo comma, codice civile), ma sul fatto che, in ordine a quella pattuizione, non vi era stato l'incontro della volont� delle parti; b) (secondo) violazione e falsa applicazione degli articoli 1341 e 1342 codice civile, anche in relazione all'articolo 3 Cost., per avere la Corte di Appello interpretato dette norme in modo tale che, se quella fosse un'interpretazione possibile, ne deriverebbe una manifesta incostituzionalit� per disparit� di trattamento (e ci� la ricorrente deduce per il caso possa ritenersi fondato l'assunto della sentenza, secondo cui la ratio decidendi del lodo andrebbe ravvisata nella ritenuta inefficacia della clausola, perch� non espressamente sottoscritta). 2. In relazione al giudizio sul rapporto, espresso dalla Corte di Appello in fase rescissoria, la ricorrente deduce i seguenti quattro motivi: a) (terio) violazion� degli articoli 112 e 829, secondo comma, codice procedura civile, per avere la sentenza impugnata qualificato il contratto (�appalto pubblico�) in modo differente da come lo aveva qualificato il lodo arbitrale (�appalto privato�) senza che l'Amministrazione, impugnando il lodo per nullit�, avesse richiesto quella diversa qualificazione; b) (quarto) violazione e falsa applicazione degli articoli 1664 codice civile e 241 codice navigazione, per avere la sentenza impugnata qualificato come � appalto di opera pubblica � l'appalto per la co~truzione di navi, cos� negando la possibilit� astratta della revisione dei prezzi e attribuendo natura �aleatoria� al contratto stesso; e) (quinto) violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1664 codice civile, nonch� difettto di motivazione, per non avere la sentenza considerat<? che la revisione dei prezzi c0stituisca un diritto soggettivo dell'appaltatore che una sempli~e clausola contrattuale, � nuda e generica �, non � idonea a sopprimere (conclusione, questa, cui la sentenza sarebbe dovuta pervenire se avesse interpretato la reale volont� della parti); . . . d) (sesto) violazione e falsa �pplicazione dell'articolo 2 della legge 22 febbraio 1973, n. 37, per non a':.:re la sentenza considerato che detta norma consente la revisione dei prezzi per tutti gli appalti �in corso,,; indipendentemente d~lla data della stipulazione. 3. I primi due motivi di ricorso (cio� quelli proposti per censurare il giudizio rescindente) sono fondati. La concreta operativit� della clausola che escludeva la revisione dei prezzi era stata, dal lodo arbitrale, negata col seguente ragionamento: si tratta di una di q�elle clausole che, dovendo in via di prin�ipio essere approvata per iscritto, deve rispondere al requisito della � specificit��; nel caso concreto� essa era �generica�; il fatto della genericit�, unito 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO alla valutazione del comportamento del contraente �pi� debole �, dimostra che, su di essa, non vi � stato affatto l'incontro della volont�. Nell'impugnare il lodo, su questo particolare punto, il Ministero della Difesa aveva individuato la nullit� nella erronea interpretazione degli articoli 1341 e 1342 codice civile, sostenendo che infondatamente gli Arbitri avevano ritenuto necessaria la specifica approvazione per iscritto della clausola escludente la revisione dei prezzi: e ci� perch�, essendo stata la clausola predisposta dalla Pubblica Amministrazione, essa non poteva essere ritenuta � vessatoria �. In fase 'di giudizio rescindente, la Corte di Appello ha accolto questo motivo di nullit� del lodo, individuando appunto la nullit� nel fatto che si fosse dichiarata la inefficacia della clausola in quanto non specificamente sottoscritta; laddove si sarebbe dovuto dichiarare, invece, che la regola dettata dalla citata norma del codice civile � inapplicabile quando il contraente che predispone la clausola sia la Pubblica Amministrazione. Ha, pertanto, buon gioco la ricorrente quando deduce che il Ministero aveva denunciato un motivo di nullit� che era inesistente sia in fatto (primo motivo) che in diritto (secondo motivo). In fatto quel motivo di nullit� era inesistente perch� l'inefficacia della clausola era stata, dal lodo, ricollegata non gi� alla mancata approvazione p�r iscritto, quanto, piuttosto, al mancato incontro delle volont� delle parti contraenti: la clausola, cio� era talmente generica e cos� male inserita nel contesto dello scritto, da far pensare che essa non fosse stata neppure voluta dalle parti contraenti (quindi, neanche dall'Amministrazione proponente), come restava confermato dal successivo comportamento di una di esse. Ed� � chiaro che una nullit� del lodo ricollegabile (all'ipotetico) errore di tale enunciato si sarebbe potuta dichiarare solo se la parte interessata ne avesse fatto una puntuale denuncia. Gi� da tempo, infatti, questa Corte. ha chiarito che al giudice del rescindente non � consentito di prendere in considerazione motivi di nullit� diversi da quelli specificamente dedotti dalle parti (sentenza 17 luglio 1953, n. 2368). In diritto, poi, il dichiarato motivo di nullit� era inesistente perch�, quando anche si potesse ritenere che, in definitiva, il lodo aveva attribuito rilevanza al fatto della mancata approvazione per iscritto della clausola (e, quindi, che la sentenza oggi impugnata abbia colto la vera ratio della pronuncia), la norma contenuta negli articoli 1341 e 1342 codice civile non prevede affatto la sua inapplicabilit� al caso che il predisponente della clausola onerosa sia la Pubblica Amministrazione. In passato, per la verit�, la giurisprudenza era prevalentemente orientata in tale senso; ma pi� di recente questa Corte � pervenuta alla conclusione opposta, affermando il principio che la regola di specifica approvazione delle clausole onerose (c,d. �vessatorie�) si applica anche ai contratti conclusi dalla Pubblica Amministrazione, pur con la forma �� della licitazione privata (sentenza 29 settembre 1984, n. 4822). E a tale I I I �-1 ! I f I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. lN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI enunciato non puO prestarsi piena ed incondizionata adesione, perch�, chiaramente si inquadra in quella generale e diffusa tendenza di livellamento, nelle contrattazioni delle posizioni dei � privati � e della Pubblica Amministrazione (o, come � stato affermato, della progressiva erosione delle immunit� e dei privilegi storicamente riconosciuti alla Pubblica Amministrazione) che � sicuramente in linea col generale prinicipio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione. 4. �, invece, infondato il terzo motivo di ricorso, col quale il ricorrente si duole che la Corte di appello, pur senza esserne specificamente richiesta, abbia proceduto a una qualificazione del contratto diversa da quella datane dal lodo arbitrale. La censura, invero, muove dall'equivoco di considerare che la detta qualificazione sia stata pronunciata nell'ambito del giudizio rescindente (il ricorrente, cio�, parte dall'erroneo presupposto che la nullit� del lodo sia stata dichiarata anche per la presenza di un errore in iudicando, consistente nell'erronea qualificazione del contratto). In questa prospettiva, infatti, deduce che quel motivo di nullit� non poteva essere rilevato, perch� non specificamente denunciato. Ma dall'esame della sentenza impugnata chiaramente si rileva che la qualificazione del contratto � stata espressa nell'ambito del giudizio rescissorio, il quale, per come era stata formulata la domanda, non poteva in alcun modo da essa prescindere. 5. Gli altri motivi di ricorso, in quanto atti,nenti al giudizio rescissorio, restano assorbiti dall'accoglimento dei due motivi attinenti al giudizio rescindente. 6. L'accoglimento dei motivi primo e secondo comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa ad un altro giudice (che si designa in un'altra Sezione della stessa Corte di appello di Roma). Al detto giudice � demandato il riesame dei motivi dedotti a nullit� del lodo, per una nuova pronunda in ordine alla � fase rescindente � (condotta in conformit� ai principi di diritto pi� sopra enunciati), nonch� l'eventuale pronuncia di merito (�fase rescissoria�). CORTE DI CASSAZIONE, sez. I, 24 gennaio 1986, n. 465 -Pres. Santosuosso -Rei. Senofonte; P. M. Minetti (conci. conf.) -Ministero del Tesoro (avv. Stato Fiorilli) c. Migliaccio (avv. Punzi). Enti p~bblici � Soppressione � Trasferimento delle attribuzioni ad altro ente -Successione universale o a titolo particolare -Soppressione dell'E.N.A.L.C. � Successione universale delle regioni -Esclusione (d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10, artt. 2 e 13; D.P.R. 30 giugno 1973, n. 478, art. 16; legge 21 dicembre 1978, n. 845; cod. civ., art. 30 a 32; Cost., art. 117). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 70 Enti pubblici -Soppressione -Liquidazione attribuita al Ministero del tesoro e disciplinata dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 -Liquida zione concorsuale -Esclusione. (Legge 21 dicembre 1978, n. 845, art. 21; legge 4 dicembre 1956, n. 1404}. Il trasferimento alle regioni dei compiti svolti dall'ENALC non ha comportato anche il passaggio delle relative strutture organizzative, ma solo il trasferimento dei beni costituenti le sedi periferiche nonch� di parte del personale addettovi, sicch�, per la mancanza d'uno dei tratti che contraddistinguono la successione a titolo universale tra enti pubblici, deve escludersi si sia avuta una tale forma di successione delle regioni all'ENALC, sicch� dei debiti nascenti da contratti stipulati da quest'ultimo deve rispondere il Ministro del tesoro, cui � stata attribuita la liquidazione dell'ente (1). La procedura liquidatoria disciplinata dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, essendo istituzionalmente preordinata all'accertamento rapido e concentrato dei redditi in funzion� non (necessariamente) della loro falcidia, ma del loro integrale soddisfacimento, non richiama i principi applicabili alle procedure concorsuali tipiche, salvo il caso di liquidazioni deficitarie destinate a sfociare nella liquidazione coatta amministrativa (2). (omissis) Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 d.P.R. 1972/10, dell'art. 16 d.P.R. 1973/478 e della legge 1978/845, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., il Ministero ricorrente sostiene che, essendo le regioni succedute a titolo universale all'ENALC ed essendo, perci�, subentrate anche nei rapporti obbligatori a quest'ultimo riferibili, erroneamente la Corte di appello ha rigettato l'ecce� zione di difetto di legittimazione passiva dell'Amministrazione statale, nella speciale veste ad essa confe:r;ita dalla fogge n. 1404 del 1956. Il mezzo ripropone questioni non ancora definitivamente risolte in materia di successione tra enti pubblici e relativamente alle quali occorre (1) In tema di soppressione di enti pubblici e di successione tra enti, cfr., tra le pi� recenti decisioni, Cass. 13 ottobre 1983, n. 5971, Giust. civ. Rep. 1983, enti pubblici. 374; Cass. 18 giugno 1980, n. 2850. Foro it. 1980, I, 2127; Cass. 12 giugno 1980 n. 3742, Foro it. 1980, I, 2129. (2) Ad altri effetti il medesimo principio era stato enunciato da Cass. 11 luglio 1984 n. 4070, in Foro it. 1984, I, 2388: in quel caso s'era discusso se l'esperimento della procedura preveduta dalla legge 1404 del 1956 costituisse necessario presupposto dell'azione giudiziaria, essendosi sostenuto che prima della formazione dello stato passivo a 1tutela della par condicio creditorum non potesse essere esperita alcuna azione. La decisione in rassegna trova poi uno specifico precedente conforme in Cass. 5 febbraio 1985 n. 772 pubblicata in Giust. civ. 1985, I, 980 e in Cass. 5 gennaio 1985 n. 7 pubblicata in Fallimento 1985, 636. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 71 muovere nei limiti che la sede consente, da alcune essenziali linee-guida generalmente condivise, che possono cos� rapidamente sintetizzarsi: a) non esiste un principio generale e incondizionatamente valido in base al quale tale successione possa � a priori � qualificarsi a titolo universale o a titolo particolare; b) � necessario, quindi, far capo alla disciplina positiva, per stabilire, di volta in volta, se la successione sia dell'una o dell'altra natura; e) alla stregua di questo criterio, l'ipotesi di successione a titolo universale pu� correttamente configurarsi, se non contraddetta da norme espresse, l� dove: 1) non sia cessato lo scopo perseguito dall'ente soppresso; 2) il suo perseguimento sia affidato ad altro ente, eventualmente di nuova istituzione; 3)� a quest'ultimo siano state trasferite, in tutto o in parte, senza soluzione di continuit�, le strutture organizzative, funzionalmente intese e il complesso delle posizioni giuridiche, dell'ente disciolto (Cass. 1983, n. 5971 e, tra le sentenze meno recenti, Cass. 1958, n. 2689); d) ove queste circostanze ricorrana solo in parte e manchino, altres�, apposite disposi,zioni che ricolleghino la successione in universum alla loro presenza, 'vale anche per gli enti pubblici (non territoriali) il principio -codificato per le persone giuridiche private dagli artt. 30-32 e.e., ma analogicamente applicabile, in virt� dell� sua forza espansiva, sottolineata anche nella relazione del guardasigilli -che la soppressione delle persone giuridiche non si identifica con la loro estinzione, ma segna l'apertura della fase di liquidazione e prelude, quindi alla successione a titolo particolare nei beni dell'ente-soppresso, perch�, pacificamente, � dove si fa luogo a liquidazione non pu� aversi successione a titolo universale� (Cass. 1983 n. 5971 cit., 1980 n. 3850, 1979 n. 104, 1975 n. 1811), salvo il caso di liquidazione atipica (non evocabile in questo giudizio), la quale richiama la successione a titolo universale, ma riguarda esclusivamente particolari situazioni soggettive dell'ente estinto non suscettibili di continuarsi nel successore e, perci�, destinate ad essere immediatamente risolte (cfr. Cass. 1958 n. 2689). Nella specie, alle regioni sono stati, s�, trasferiti i compiti addestra~ tivi svolti dall'ENALC (art. 2 d.P.R. 1972/10), ma non anche le sue strutture organizzative. N� avrebbe potuto essere diversamente, poich� nessuna legge ordinaria (e meno ancora un provvedimento amministrativo) avrebbe potuto disporre il passaggio di queste ultime alle regioni senza invadere la sfera di competenza riservata dall'art. 117 Cost. al legislatore regionale in materia di ordinamento degli uffici dell'ente locale (cfr. Corte Cost. 1980 n. 180). Coerentemente, con l'art. 2 cit., sono stati trasferiti alle regioni (oltre al personale, che segue normalmente i beni: Corte Cost. 1980 n. 357), non gli �pparati organizzatori degli enti soppressi, bens� i beni mobili ed immobili (beni singoli, �non quote di patrimonio) � costituenti le rispettive strutture periferiche >>, e quindi, non queste, funzionalmente 11111111ra11111r1111111111J11111'11'1111111�r111�11l1r11111111 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO intese come complessi istituzionali, ma le loro componenti materiali, sopravvissute all'estinzione degli enti di provenienza, ma non pi� vivificate dagli apparati originari. Alla luce dei principi precedentemente enunciati, non �, dunque, ipotizzabile, nel particolare caso, una successione in universum (neppure parziale, nella versione, cio� proposta dalla giurisprudenza in occasione del subentro dell'ENEL alle imprese elettriche private e riemersa nella interpretazione della legge 132/ 1968 istitutiva degli enti ospedalieri mediante scorporo dei beni di propriet� degli enti preesistenti: Cass. 1977 n. 4786, 1978 n. 522, 1980 nn. 6379-6334-3742) della regione Lazio all'ENALC e correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha respinto, pur se con motivazione sobria, l'opposta tesi anche in questa sede sostenuta dall'Amministrazione ricorrente, sulla base, nella sostanza, di un inesistente automatismo fra trasferimento dei beni e trapasso delle obbligazioni occasionate dalla loro realizzazione. A carico della regione, subentrata solo nella propriet� dei beni trasferiti, non pu�, quindi, configurarsi alcun obbligo per debiti contratti dal committente verso l'appaltatore, trattandosi, incontestabilmente, di obbligazione� in senso proprio, non gi� di oneri reali e nemmeno di ob-. bligazioni propter rem. Con la conseguenza che, non essendo :l'ente locale onerato ad altro titolo del relativo adempimento (espressamente escluso, anzi, dall'art. 13 d.P.R~ 1972/10, prevalente, siccome disposizione speciale, rispetto alla previsione di cui all'art. 31, ultimo comma, e.e. -e dall'art. 2 del consecutivo decreto ministeriale 8 giugno 1972), non v'� ragione di derogare, nel caso concreto, al principio generale di esonero de~ successore a titolo particolare della responsabilit� per debiti del dante causa e, quindi, di disattendere la regola che, quante volte l'estinzione dell'ente sia mediata dalla procedura liquidatoria, � nell'ambito di quest'ultima che i rapporti pendenti debbono essere, di regola, definiti (non diverge da questo indirizzo la recente Cass. 1985 n. 1713, che, in presenza dell'apposita disposizione di cui all'art. 2, ultimo comma, legge 1975 n. 764, ha ritenuto le regioni obbligate al pagamento del residuo corrispettivo dovuto all'appaltatore per la costruzione di immobili commessi dalla soppressa � Giovent� Italiana � e ad esse trasferiti. Analogamente Cass. 1980 nn. 3850 e 654, in relazione all'art. 14 d.P.R. 1036/1972, che ha devoluto agli Istituti autonomi per le case popolari i beni di propriet� degli enti edilizi disciolti). Il primo motivo deve essere, pertanto, rigettato. Privo di fondamento � anche il secondo motivo, col quale il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 legge 1956/1404, dell'art. 21 legge 1978/845 e dell'art. 1979/143, sostiene che il giudice del merito ha errato nel non ritenere improponibile la domanda PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI per omessa presentazione della preventiva istanza di riconoscimento del credito, ai sensi dell'art. 8 legge 1956/1404. Per la parte in cui la legge ora citata (concernente -giova precisare -ipotesi di soppressione disposta per provvedimento amministrativo, non ex lege: Cass. 1985 n. 1713, 1984 n. 2142) rileva nel caso della specie, � sufficiente, infatti, richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non � tenuto a presentare la richiesta de qua il creditore che abbia gi� proposto domanda giudiziale di accertamento del credito nei confronti dell'ente posto successivamente in liquidazione (Cass. 1984 n. 4070, 1982 n. 5075 e 2822, 1981 n. 4108). N� v'� ragione di mutare indirizzo, essendo esso validamente sorretto dal rilievo che, nella situazione data, � manifestamente superflua la reiterazione di un'istanza volta a far valere una pretesa della quale l'ufficio liquidatore � gi� a conoscenza e che intende, quindi, solo di essere soddisfatta con le inerenti modalit�. Col terzo motivo, l'Amministrazione ricorrente, denunciando, violazione e fals~ applicazione degli artt. 8, 9 e 10 legge 1956/1404, dell'art. 1224 e.e. e dei principi generali in materia di liquidazione degli enti soppressi, deduce, in primo luogo, che la Corte di appello ha errato nel condannarla al pagamento degli interessi, poich� la procedura di liquidazione disciplinata dalla legge n. 1404 cit. � governata dal principio della concorsualit� e devono, quindi, ad essa applicarsi i principi propri delle ordinarie procedure concorsuali, compreso quello della sospensione del corso degli interessi fino alla chiusura della procedura (combinato disposto dagli artt. 201 e 55 l.f.). Neppure questo motivo � fondato. Quali che siano, infatti, le possibili ripercussioni sul credito fatto valere giudizialmente del meccanismo satisfattorio proposto dalla speciale procedura liquidatoria, �, comunque, certo che questa, essendo istituzionalmente preordinata all'accertamento rapido e concentrato dei crediti in funzione non (necessariamente) della loro falcidia ma del loro integrale soddisfacimento, non richiama i principi applicabili alle procedure concorsuali tipiche -che muovono, al contrario, dal presupposto dello stato di insolvenza -se non nell'eventualit� (neppure prospettata nel caso di specie) di liquidazioni deficitarie, destinate a sfociare, ex art. 15 Le., nella liquidazione coatta amministrativa, qualora questa non sia stata scongiurata dai prelevamenti sullo speciale fondo previsto dal precedente art. 14 (Cass. 1985, n. 772, 1984 n. 4070). N�, contrariamente a quanto la ricorrente afferma, la necessit� che i crediti siano contestualmente accertati ne impedisce, comunque, la esigibilit� e osta al sorgere dell'obbligazione degli interessi, poich� la esigibilit� costituisce una qualit� del credito deswnibile esclusivamente dal titolo che vi ha dato origine, nel senso che se da questo non sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO subordinata a condizioni o a termine -e, nel caso contrario, se le prime si siano verificate o il secondo sia scaduto -eventuali ostacoli sopravvenuti alla realizzazione del credito non possono negativamente incidere (ancorch� non imputabili all'obbligato) sulle sue caratteristiche originarie (e neppure, quindi, sulla sua esigibilit�), essendo essi ascrivibili esclusivamente al momento esecutivo dell'obbligazione assunta. La ricorrente lamenta, infine, di essere stata condannata al risarcimento del maggior danno (art. 1224, II comma e.e.), �pur nell'assoluta mancanza di morte debendi �. Ma se codesta mancanza si � inteso dedurre dalla (pretesa) inesigibilit� del credito contestato, la doglianza ripropone la questione di diritto gi� esaminata con riguardo al debito degli interessi e non richiede, perci�, ulteriori. indagini. Se, invece, si vuol sostenere che il ritardo non � soggettivamente qualificato dalla colpevolezza, perch� non imputabile ad inerzia dell'obbligato, la questione �, nei precisi termini, nuova e non pu� essere esaminata per la prima volta in questa sede, involgendo apprezzamenti di fatto, che esulano dal giudizio di legittimit�. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con la condanna dell'amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di questa fase (omissis). TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE, 20 febbraio 1986, n. 8 � Pres. Moscone -Rel. Morsillo -Laurelli (avv. Selvaggi) c. Amministrazione dei lavori pubblici (avv. Stato Carbone) e regione Molise (non cast.). Acque � Acque pubbliche � Tribunali regionali delle acque � Giudizio e procedimento � Controversie sulla demanialit� delle acque � Legittimazione passiva della Regione � Esclusione. (t.u. 11 diceII)bre 1933, n. 1775, art. 140 lett.. a; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 90 e 91). Acque � Acque pubbliche -Accertamento giudiziale della natura pubblica � Fattispecie. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). Competenza civile � Pronuncia sulla giurisdizione e sul merito . Appello del soccombente � Appello incidentale sulla giurisdizione � Ammissibilit� � In' caso di fondatezza dell'appello principale. La Regione non ha legittimazione a contraddire in una controversia intorno alla demanialit� di acque, giacch� la delega delle funzioni relative alla tutela, disciplina e utilizzazione delle risorse idriche disposta dall'ar.t. 90 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 non comprende la funzione l ! f PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 75 concernente la dichiarazione di pubblicit� delle acque, riservata allo Stato dall'art. 91 dello stesso decreto (1). � correttamente ritenuta la natura pubblica di un corso d'acqua che sottende un bacino di 16 km; pu�, in regime di piena, raggiungere la portata di 100 metri cubi al secondo; evita che opere pubbliche esistenti nel luogo risultino danneggiate in caso di regime di piena del bacino imbrifero (2). L'appello incidentale della parte vittoriosa nel merito e soccombente sulla giurisdizione � ammissibile solo nel caso di accoglimento dell'appello principale (2). (omissis) Preliminarmente deve risolversi la questione sulla pretesa legittimazione passiva della Regione a contraddire alla domanda spiegata dal Laurelli. Assume l'appellante, senza peraltro chiarire le ragioni del proprio convincimento, che nella specie, la Regione, in quanto titolare degli interventi di polizia in materia di acque, apparirebbe legittimo contraddittore in ordine alle domande di accertamento dell'illiceit� dell'ordinanza del Genio Civile per cui � causa. L'assunto � infondato. Come hanno gi� rilevato i giudici del primo grado, il Laurelli ha chiesto sostenendo l'illegittimit� del decreto del Dirigente Superiore dell'Ufficio del Genio Civile di Campobasso del 29 maggio 1975, l'accertamento della natura privatistica del Vallone delle canne, per il tratto attraversante il fondo di sua propriet�. Nel caso di specie si controverte in ordine alla sostenuta abusiva interclusione dell'alveo del Vallone delle Canne che, secondo l'Amministrazione resistente, appariva in netto contrasto con il regolamento delle acque pubbliche e costituiva un serio pericolo per la stabilit� della strada statale ivi esistente (strada statale n. 16) e per il ponte della ferrovia Termoli-Foggia, in corrispondenza del Km 450 + 10, situazione -che diede. luogo a due ordinanze del Genio civile di Campobasso in data' 23 maggio 1975, n. 3214 e 11 luglio 1975, n. 4070, di rimozione della condotta di tubi in cemento depositata nell'alveo del fosso Vallone. Entrambe le ordinanze sono state emanate anteriormente al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che ha delegato alle Regioni le funzioni relative alla tutela, disciplina ed utilizzazione delle acque pubbliche, ad eccezione, tra (1) St�l'interpretazione degli artt. 90 e 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. _616, cfr. AA.VV., I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, a cura di BARBERA e BASSANINI, Ed. Il Mulino, Bologna 1978, pag. 492 ss. (2) Sulla appartenenza delle acque pubbliche allo Stato ed in particolare sulla propriet� dei beni appartenenti al demanio fluviale, cfr., da ultimo, Corte cost,, 4 giugno 1986 n. 133. (3) Cass. 15 ottobre 1983, n. 6051, richiamata in motivazione, � pubblicata iri questa Rassegna 1984, I, 83. Sul punto cfr., altres� Cass. 6 giugno 1977 n. 2326, in questa Rassegna 1977, I, 572. � 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'altro, di quelle concernenti la dichiarazione di pubblicit� delle acque, che secondo l'art. 91, restano riservate allo Stato. Asserisce l'appellante che nella specie, la Regione sarebbe legittimo contraddittore in quanto tratterebbesi di interventi di polizia sulle acque, in quanto tali aspettanti alla Regione. L'eccezione � per� infondata. perch� la domanda spiegata dal Laurelli investe la stessa declaratoria di pubblicit� delle acque, dal momento che egli chiede che il Vallone delle Canne sia dichiarato non essere un corso d'acqua pubblico n� un bene demaniale, per cui il suo alveo abbandonato andrebbe regolato dalla norma di cui all'art. 947 e.e. Trattasi, pertanto, di una domanda del tutto estranea al regime degli interventi regionali di polizia sulle acque, onde la declaratoria di difetto di legittimazione dell'ente Regione gi� pronunciata dai giudici di primo grado deve essere confermata. Nel merito il Laurelli contesta il dichiarato regime di pubblicit� delle acque, sostenendo che la ragione di tale pubblicit� consisterebbe nella estensione del bacino imbrifero, le cui acque confluiscono nel Vallone delle Carine, raggiungendo in regime di piena una portata di cento metri cubi al secondo. Sostiene l'appellante che tali calcoli erano stati effett.ati dal consulente non per identificare gli usi dell'acqua eventualmente ,fluente nel fosso delle Canne, ma solo per criticare la razionalit� della sistemazione idraulica dell'intero bacino, che riceve acque meteoriche, facendole defluire ve~so il mare per vie diverse, ma nel complesso insufficienti di fronte ad eventi possibili di eccezionale violenza. Secondo l'appellante il Fosso delle Canne, anche inteso come canale potenzialmente destinato a smaltire acque meteoriche non avrebbe nessl;llla funzione utile, perch� il bacino imbrifero dovrebbe gravitare su altri corsi d'acqua di ben maggiore portata. Il ragionamento del perito non poteva, pertanto, essere posto dal tribunale regionale a base della dichiarazione di pubblicit� delle acque in questione, poich� per il fosso non scorrerebbe acqua di nessun genere, per cui mancherebbe l'oggetto stesso della dichiarazione di pubblica utilit�. Conseguentemente, ove il tribunale avesse preso in esame le conclusioni della perizia avrebbe constatato che il fosso, nella tratta in questione, non svolge funzione di colatoio (e, comunque, la disciplina dei colatoi sarebbe diversa da quella delle acque) e che il Fosso non porta acque di pubblico generale interesse. L'assunto � infondato. Dall'esame della eseguita consulenza il tribunale regionale ha tratto la convinzione che la natura demaniale del corso d'acqua in questione dev'essere riconosciuta ai sensi dell'art. 1 T.U. n. 1775 del 1933 per il fatto che essa sottende un bacino di ben 16 km e che in regime di piena esso pu� raggiungere un portata di ben 100 metri cubi al secondo. Sostenere come fa l'appellante che nella specie non vi sarebbe passaggio di acque � smentito non solo dalla consulenza tecnica eseguita ma dalla constatazione che il Fosso sottende un bacino di rilevanti proporzioni, onde i lavori eseguiti dal Laurelli con la posa in I i ! f l I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN .MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI opera di una canalizzazione di soli 60 cm. non poteva non essere di pregiudizio notevole e di evidente pericolo al buon regime delle acque pubbliche della zona, attesa la vicinanza della strada statale n. 16 e del ponte della ferrovia Termoli-Foggia. E che nella specie il Vallone delle Canne costituisca parte del bacino imbrifero indicato e conseguentemente risenta del regime pubblicistico di cui all'art. 1 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, � facilmente desumibile dalla lettura della consulenza d'ufficio, le cui conclusioni sono state attentamente vagliate e recepite nel loro giusto significato dai priini giudici, dovendosi al riguardo osservare che l'art. 1 del r.d. cit. considera pubbliche tutte le acque le quali abbiano o acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse, indipendentemente dalla loro iscrizione negli appositi elenchi, che ha un effetto soltanto dichiarativo e non anche costitutivo o attributivo (Cass. S.U. 25 gennaio 1975 n. 286) a prescindere peraltro dal rilievo che nel caso di specie vi � l'iscrizione del Vallone nelle acque esenti da estimo, come da nota UTE del 10 ottobre 1975. La consistenza e la stabilit~ del regime imbrifero sotteso al Fosso in questione esclude pertanto che possa riconoscersi fondatezza alla tesi dell'appellante, che sembra proporre una nozione di acque pubbliche ristretta al solo deflusso delle stesse, dimenticando gli interessi pubblici connessi al loro regime, nella specie evidenziati chiaramente nella sicurezza delle strade statali ivi esistenti e nella tranquillit� della circolazione ferroviaria anche in regime di piena dell'esistente bacino imbrifero, che altrimenti sarebbe gravemente alterato dalle opere di canalizzazione abusive. Obietta ancora l'appellante che se il Tribunale regionale avesse preso in considerazione le conclusioni della perizia avrebbe dovuto notare due coincidenti affermazioni: che il fosso non svolge n� pu� svolgere in futuro funzioni di colatoio e che il fosso non porta acque di pubblico generale interesse. La doglianza� non � fondata sia perch� a foglio 2 della perizia Cafiero si pone in evidenza la funzione del bacino, affermandosi che nello stesso si possono verificare piogge di breve durata ma di grande intensit� tali da provocare, in bacini di estensione ridotta ma caratterizzati da� natura impermeabile del suolo e notevoli acclivit� s~e pendici eventi di piena di valore anche notevole, sia perch� come risulta chiaramente dagli atti il Consorzio di bonifica ha convogliato soltanto parte delle acque del Vallone delle Canne nel canale di bonifica Collettore Acque alte allo scopo di alleggerire almeno parzialmente la portata delle acque defluenti a valle del fosso, il quale contribuisce attualmente a recepire i deflussi delle acque dal punto della deviazione effettuata dal consorzio allo sbocco a mare, tanto � vero che altrimenti non si spiegherebbe il perch� della installazione in cemento operata dal Laurelli sotto l'interramento. Le conclusioni, peraltro, del consulente sulla scarsa funzione attuale del_ fosso vanno integrate con quanto egli ha scritto nelle considerazioni sopra riportate di cui alla ricordata pag. 2, e quanto alla prevedibile inidoneit� i& RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del fosso a servire per il futuro da colatoio, essa investe un giudizio dl probabilit� che non pu� interessare in questa sede. Ne consegue che la consulenza va utilizzata soprattutto nella sua parte motiva, in ordine alla portata ed alla descrizione del bacino, che evidenzia la funzione attuale del fosso, nell� svuotamento delle acque, almeno parzialmente. Quanto alla censura che anche il Tribunale Regionale abbia utilizzata come prova della demanialit� la tesi del Laurelli di acquisto della propriet� del Fosso ex art. 746 e.e. il tribunale non ha fatto discendere da tale tesi alcuna prova a sostegno della natura pubblica del fosso avendo tale natura desunto da ben altre indicazioni, ma si � limitato a rettamente e congruamente osservare che, ai sensi dell'art. 947 e.e., il presupposto che possa verificarsi ex art. 976 e.e. il diritto di accessione a favore dei proprietari confinanti sull'alveo derelitto di un fiume o di un torrente, � che questo abbia abbandonato il suo letto per .forza spontanea naturale e non per l'opera artificiale dell'uomo, (cass. 28 luglio 1950, n. 2140). L'appello del Laurelli va, pertanto, rigettato: conseguentemente questo Tribunale Superiore dichiara assorbito l'appello incidentale dell'Amministrazione, condizionato all'eventuale accoglimento dell'appello principale. Infatti, la questione di giurisdizione, essendo stata oggetto di specifica statuizione da parte del giudice di primo grado, potrebbe essere riesaminata in questa sede solo ove investita da ammissibile impugnazione; ma di ammissibile impugnazione della parte totalmente vittoriosa nel 1I1erito (il Ministero dei LL.PP.) sarebbe possibile parlare solo nel caso di acco-: glimento dell'impugnazione principale della controparte, mancando altrimenti ogni interesse della parte totalmente vittoriosa nel merito a pro� porre impugnazione incidentale: i� che nel caso di specie non si � verificato per quanto esposto in motivazione, circa la totale infondatezza dell'appello principale. (Cass. S.U. 15 ottobre 1983, n. 6051; Cass. S.U. 11 maggio 1982 n. 2920). La sentenza impugnata va, pertanto, integralmente confermata. (Omissis). � TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 26 febbraio 1986 n. 10 -Pres. Moscone, Rel. Taddeucci -Ente acquedotti siciliani (avv. Stato Carbone) c. Cammarata (avv. Di Blasi). Espropriazione �per pubblica utilit� � Occupazione non autorizzata � Trasformazione del bene ed estinzione del diritto di propriet'� � Requisiti. Nel caso di occup(J.zione non autorizzata, il diritto di propriet� resta estinto con l'irreversibile trasformazione del bene, che va per� intesa non PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 79 tanto in senso di modifica morfologica o strutturale di una realt� am� bientale, quanto in senso fu,nzionale o di destinaziOne, quale definitiva sottrazione dell'immobile all'utilizzazione assegnatagli o che possa essergli assegnata dal proprietario. In questo si richiede che l'attivit� operativa svolta dalla p.a. sul bene si manifesti esaurita, per essere stato ultimato ogni lavoro anche accessorio rispetto al manufatto costituente il corpo principale od essenziale dell'opera pubblica, sempre che concorra a defi� nire i limiti dell'apprensione della propriet� privata da parte della p.a. (principio enunciato con riguardo alla costruzione di una porzione di acquedotto) (1). (omissis) L'eccezione di prescrizione, di cui al primo motivo dell'ap� pello principale, deve essere disattesa. Secondo ormai consolidato insegnamento della Corte Suprema di Cas� sazione (cfr., tra le altre, sentenza n. 3118 del 1984).in ipotesi di illegittima occupazione da parte della p.a. di fondo di propriet� privata occorrente alla costruzione di un'opera pubblica, in mancanza di provvedimento autorizzativo (come nel caso di speci�) la radicale trasformazione del bene univocamente interpretabile nel senso della sua irreversibile destinazione al fine della costruzione dell'opera stessa comporta, da un lato, la estin� zione in quel momento del diritto di propriet� del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della propriet� in capo all'ente costruttore e, dall'altro, costituisce un illecito (istantaneo, con effetti per� manenti) che abilita il privato a richiedere, nel termine prescriziona.J.e di cinque anni, dal momento della trasformazione del fondo nel senso sopra indicato, la condanna dell'ente medesimo a risarcire il danno derivante dalla perdita del diritto di propriet� mediante il pagamento di una somma pari al valore che il fondo aveva in quel momento con la rivalutazione monetaria. Se a tale principio non risulta� ispirata la sentenza del Tribunale Re� gionale (a giudizio del quale l'illecito da occupazione abusiva avrebbe natura permanente, rinnovandosi di momento in momento, consentirebbe di spostare il termine iniziale della decorrenza della prescrizione al momento in cui la occupazione illegittima sia venuta a cessare), occorre comunque precisare i criteri in base ai quali possa ritenersi realizzato l'evento della irreversibile trasformazione del bene di propriet� privata. Poich� detta trasformazione va intesa non tanto in senso di modifica morfologica o strutturale di una realt� ambientale, quanto in senso fun. (1)-Nen consta di precedenti in termini. La decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale che ha trovato sistemazione nel~a nota sentenza delle Sezioni unite 26 febbraio 1983, n. 1464, che pu� leggersi in questa Rassegna 1983, I, 124 con nota di LAPORTA, Occupazione � appropriativa �: puntualizzazione giurisprudenziale in tema di occupazione illegittima s�guita da esproprio. 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale o cli destinazione -quale definitiva sottrazione dell'immobile alla utilizzazione assegnatagli o che intenda assegnargli il singolo proprietario, -resta indifferente, ai fini dell'esame, l'attivit� svolta dall'ente pubblico o dal suo concessionario per la realizzazione dell'opera pubblica al di fuori della sfera di appartenenza del predetto singolo soggetto privato, senza perci� incidere sui suoi diritti. Quando i lavori (come nel caso di specie: costruzione di una porzione di acquedotto) abbiano interessato un notevole numero cli superfici di terreno di diversa propriet�, seguendo un progressivo sviluppo nel territorio, non sono pertanto dati significativi l'epoca in cui abbia avuto inizio la costruzione dell'opera pubblica nel suo complesso, con la consegna dei lavori all'appaltatore (contrariamente al giudizio espresso dal Tribunale Regionale); n� l'epoca in cui l'opera pubblica sia da ritenere realizzata secondo il certificato di ultimazione dei lavori appaltati (contrariamente all'avviso espresso dalla appellata Cammarata): tutto ci� attiene ovviamente ai rapporti tra stazione appaltante ed appaltatore, non ai rapporti tra ente costruttore e soggetto espropriato, potendo al pi�, rispetto a questi ultimi, fornire elementi indiretti cli riscontro. Devesi invece avere riguardo al tempo in cui i lavori, nel loro progredire, abbianq in concreto investito, in pregiudizio cli ciascun proprietario, ogni singolo suo appezzamento di terreno, dotato di unitaria fisionomia strutturale e di idoneit� ad autonomo sfruttamento economico, alterando la prima e sopprimendo la seconda: cosicch� la irreversibile trasformazione del bene risulta univocamente rilevabile e rilevante solo nel momento in cui la attivit� operativa svolta dalla p.a. sul singolo appezzamento si manifesti esaurita e completata. Tale esaurimento si verifica, dunque, non con la sola realizzazione del manufatto costituente il corpo principale od essenziale dell'opera pubblica, ma con la ultimazione cli ogni altro lavoro per la creazione di opere accessorie, inservienti . o complementari rispetto a quel manufatto, se anche esse concorrono a definire i limiti dell'apprensione della propriet� privata da parte della p.a. Prima cli quel momento, infatti, non essendo il privato in grado di apprezzare globahnente la entit� dell'intervento ablatorio della p.a. nella sua definitiva consistenza, in termini quantitativi e qualitativi, e non essendo nemmeno quell'intervento definibile nella sua oggettiva, cristallizzata fisionomia, non pu� dirsi che la fattispecie estintiva-acquisitiva del diritto di propriet� sia completata e che il diritto risarcitorio possa essere fatto valere, con conseguente inizio della decorrenza della prescrizione (cfr. Trib. Sup. Acque Pubbliche n. 4, del 1984). Ragionare diversamente significherebbe rapportare, molecolarmente, la illegittimit� dell'operato della p.a. ad ogni singolo metro quadrato tolto dalla disponibilit� del privato, compromettendo oltretutto in pregiudizio cli quest'ultimo la possibilit� di valutare, consuntivamente, se dalla perdita di una frazione PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI �ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 81 di bene sia derivata in misura apprezzabile, la svalutazione della frazione (forse solo provvisoriamente) conservata. Applicando al caso di specie i suesposti criteri si osserva: a) per quanto concerne la particella 110: sebbene per la costruzione di un serbatoio interrato (ultimata nel luglio 1970) fossero stati occupati sin dal dicembre del 1969 mq. 225 di terreno, soltanto in data 14 giugno 1974 avvenne la recinzione della zona di rispetto del serbatoio, comprensiva di altri mq. 675 (cfr. relazione suppletiva del C.T.U. pag. 4 e 5), cos� inequivocabilmente rendendo palese che l'arbitraria occupazione veniva in definitiva a privare la Cammarata della propriet� di mq. 900 di quell'appezzamento. Risulta pertanto tempestiva e non inficiabile con eccezione di prescrizione l'azione risarcitoria fatta valere dalla proprietaria con atto di citazione del 5 aprile 1977, entro un quinquennio dalla data del 14 giugno 1974; . b) per quanto concerne la particella 113: alla medesima conclusione deve pervenirsi, dato che le occupazioni avvennero, nella misura <li mq. 4540 di terreno e sempre per la costituzione della zona di rispetto del serbatoio, il 14 giugno 1974; e nella misura di altri 660 mq., per .Ja costruzione dello scarico di fondo del serbatoio stesso, nel marzo del 1975, (cfr. relazione citata, pag. 5). (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 27 febbraio 1986, n. 14 -Pres. Moscone Rei. Bozzi -Soc. Opere pubbliche (avv. Ozzo e Marras) c. Regione Sardegna (avv. Stato Carbone). Acque -Acque pubbliche -Competenza e giurlsdizlone -Aggiudicazione di appalto di opera idraulica � Ricorso -Giurisdizione del Tribunale superiore delle acque -Non sussiste. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143, lett. a). Non rientra nella competenza giurisdizionale det Tribunale Superiore delle acque quale giudice 4i legittimit� conoscere di un ricors� contro l'aggiudicazione di un appalto di opera idraulica, giacch� in tale competenza rientrano le sole questioni relative all'utilizzazione diretta ed immediata delle acque pubbliche (1). (1) Cass. 16 giugno 1983 n. 1414 e 26 ottobre 1981 n. 5576, richiamate in motivazione, sono pubblicate, la prima in Foro it. 1984, I, 798 con osser. di V. CAPOZZA e la second� in questa Rassegna 1982, I, 193. Nella pi� recente giurisprudenza, cfr. Cons. St., sez. VI, 29 luglio 1983 n. 630 in Cons. Stato 1983, I, 847, che ha affermato la giurisdizione del Con RASSEGNA DELL' AWOCATURA DELLO STATO (omissis) L'eccezione pregiudiziale sollevata dalla Regione Autonoma della Sardegna � fondata. Ai sensi dell'art. 143, lett. a), del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque e sugli impianti elettrici, sono devolute alla cognizione diretta di questo Tribunale Superiore le controversie aventi per oggetto la legittimit� dei � provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche �. � noto che tale disposizione, introdotta con le prime riforme della legislazione in materia, venne in origine interpretata in senso restrittivo, nel senso cio� che essa avesse trasferito al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche la competenza a suo tempo organicamente deferita al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale su tutto ci� che attiene strettamente alle acque pubbliche, escluso pertanto quanto riguarda l'esecuzione delle opere dirette all'utilizzazione delle acque e, quindi, il relativo procedimento di espropriazione. Com'� parimenti noto, in un secondo momento si ritenne che la materia delle acque pubbliche comprendesse, oltre il demanio idrico, anche l'utilizzazione di esso e quindi tutte le opere dirette a tale utilizzazione, con la conseguenza che la giurisdizione di legittimit� del Tribunale Superiore non fosse limitata ai ricorsi concernenti la demanialit� delle acque e la legittimit� delle loro derivazioni o concessioni, ma venisse estesa anche ai ricorsi riguardanti l'utilizzazione e le opere relative. Successivamente, e con orientamento ormai da tempo costante ed univoco, � stato peraltro precisato che non deve intendersi deferita alla giurisdizione speciale di questo Tribunale Superiore ogni qualsiasi controversia comunque connessa, anche indirettamente, al tema delle acque pubbliche e degli impianti elettrici, come invece si sarebbe potuto verificare in base alla pura e semplice applicazione del principio su indicato. Sicch� l'interpretazione del concetto di utilizzazione delle acque fu temperata, affermandosi che rientrano nella competenza del Tribunale Superiore le sole questioni relative alla utilizzazione � diretta ed imme� diata � delle acque medesime (Cass. SS.UU. 16 giugno 1983, n. 4114; 26 ottobre 1981, n. 5576; 7 giugno 1943, n. 383). Alla stregua dei su esposti orientamenti giurisprudenziali appare dun que evidente che la competenza speciale del Tribunale Superiore, in tema di derivazione di acque e delle_ opere relative si arresta normalmente siglio di Stato riguardo a prowedimento che, pur incidendo sul buon regime delle acque, era stato adottato per ragioni di tutela del paesaggio. Trib. Sup. Acque 13 settembre 1985, n. 63, in Cons. Stato 1985, Il, 1193, dalla propria competenza giurisdizionale a conoscere dell'impugnazione proposta contro decreto di occupazione d'urgenza per la realizzazione di opera idrauli� ca, ha inferito la propria competenza a conoscere di motivi rivolti contro la decisione di approvazione della trattativa privata, in quanto atto presuppo sto del decreto di occupazione e perci� da ritenere anch'esso adottato � in materia di acque pubbliche �, j: ~ l: PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI quando la materia del contendere sia �stranea a tutto quanto riguarda la gestione, l'esercizio delle opere di adduzione e i rapporti con i concessionari, nonch� i modi per l'acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse. In particolare, poi, gli atti dell'amministrazione attinenti al procedimento formativo di un contratto di appalto dei lavori per la realizzazione di una rete di irrigazione non attengono logicamente alla utilizzazione diretta ed immediata delle acque pubbliche, ma ne rimangono nettamente distinti. Da ci� consegue che le relative controversie sono demandate alla giurisdizione generale di legittimit� del giudice amministrativo, innanzi al quale la Societ� ricorrente, che lamenta di essere rimasta soccombente nella gara per l'aggiudicazione del contratto di appalto, avrebbe dovuto proporre rituale impugnativa a sostegno del proprio interesse legittimo alla regolarit� degli atti amministrativi posti in essere durante il procedimento di licitazione, atti i quali, com'� noto, sono disciplinati da norme di diritto pubblico. Deve, per quanto precede, essere dichiarato il difetto di giurisdizione di questo Tribunale Superiore in ordine al ricorso in esame. (omissis) SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, sez. III penale, 14 gennaio 1986, n. 191 -Pres. Corbelli -Rel. Gambino -Rie. Pofferi (parte civile Ministero del Tesoro -Avv. dello Stato Nicola Bruni). Reato -Reati valutari -Violazione dell'art. 2, primo e quinto comma, legge 30 aprile 1976, n. 159 e successive modifiche � Autonomo titolo di reato e non ipotesi aggravata. Qualora la violazione prevista dall'art. 2, primo e quinto comma, della legge 30 aprile 1976, n. 159 e successive modifiche, si riferisca a disponibilit� o atNvit� di valore superiore ai quindici milioni di lire, si ha una ipotesi autonoma di reato e non una ipotesi aggravata (1). (omissis) Con il primo dei motivi di ricorso sottoscritti dall'avv. Ad�lfo Gatti il Pofferi lamenta anzitutto che la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio di travisamento del fatto, non essendo stato considerato che alcune delle societ� estere erano state costituite dopo il trasferimento della sua residenza in Svizzera cosicch� per la loro costituzione egli, come non residente in Italia, non era tenuto a munirsi di alcuna autorizzazione e, di conseguenza, non era neppure soggetto agli obblighi sanciti dall'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159. Il motivo non � fondato. Per dimostrare cne effettivamente vi era stato un travisamento del fatto il ricorrente avrebbe dovuto almeno indicare quali erano le societ� costituite quando egli aveva trasferito la sua residenza e ci� era tanto necessario in quanto nei motivi di appello egli si era limitato a contestare genericamente la stl.a qualit� di residente in Italia. In mancanza di tale indicazione il dedotto travisamento del fatto rimane una pura e semplice affermazione priva di qualsiasi riscontro. Sempre con il suddetto primo motivo e con la seconda parte del motivo sottoscritto dall'avv. Guido Calvi il ricorrente assume che l'art. 2 bis della legge 30 aprile 1976, n. 159 deve essere interpretato nel senso che non � tenuto agli adempimenti di cui allo stesso articolo ed al precedente arti (1) Anteriormente a questa decisione pnnc1p10 analogo era stato affermato dalle Sezioni Penali nella pronuncia 19 giugno 1982 rie. Greco (in Foro it. 1983, II, 277) in relazione all'art. 1 della legge 30 aprile 1986 n. 159. Con la sentenza che si pubblica la Suprema Corte, a sezione semplice, ha per la prima volta, a quel che consta, riaffermato il principio delle Sezioni Unite Penali in relazione all'art. 2 della legge 30 aprile 1976 n. 159 e successive modificazioni. . I PARTE I, SBZ. VIII, GIURI~PRUDENZA PENALE colo 2 il cittadino italiano non residente, che abbia acquistato con l'in' terposizione di un soggetto estero un'attivit� in ~talia. Neppure questi motivi sono fondati. IJ. suddetto art. 2 bis stabilisce soltanto una modalit� facoltativa di adempimento degli obblighi fissati dall'art. 2 in ordine alle disponibilit� valutarie od attivit� possedute all'estero. Nella specie, come � stato esattamente indicato nei capi a), e) e d) di imputazione, tali attivit� si identificano con le azioni delle societ� estere, alle quali il Pofferi ha trasferito azioni e quote di societ� italiane, cosicch� � irrilevante la circostanza che. queste ultime siano. state in parte trasferite quando egli non era pi� residente in Italia. Con il secondo motivo il ricorrente assume poi che con il capo e) gli � stata contestata l'omessa dichiarazione del possesso all'estero delle societ� Arreda Investiments e Tacoma Trust, che gli era stata contestata anche con il precedente capo d), con violazione del principio ne bis in idem ed inoltre con violazione deU'art. 1 c.p., essendo stata smembrata la norma di cui all'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159. Il motivo non � fondato. Il reato che � stato contestato all'imputato e per il quale egli � stato condannato � unicamente quello di costituzione di disponibilit� all'estero. Con la menzione nel capo di imputazione dell'omessa dichiarazione si � voluto soltanto indicare la circostanza di fatto, �he aveva pre� ceduto e reso possibile la consumazione del reato. Non vi � stata quindi alcuna violazione n� del principio ne bis in idem n� dell'art. 1 c.p. Non � fondato neppure il terzo motivo, con il quale il ricorrente lamenta il difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata sulla conferma della pronunzia di condanna per il reato di illecita esportazione di ottocento azioni, di cui al capo b) di imputazione. In ordine a tale reato non era stata avanzata alcuna richiesta con i motivi di appello e, di conseguenza, il giudice di secondo grado non era tenuto ad una specifica motivazione. Con il quartb dei motivi sottoscritti dall'avv. Gatti e con la prima parte del motivo sottoscritto dall'avv. Calvi il ricorrente lamenta poi violazione di legge e vizi di motivazione della sentenza impugnata per quanto riguarda la determinazione della pena detentiva e la mancata riduzione di quella pecuniaria e della pena accessoria. Nessuno dei motivi � fondato. Nel nono motivo di appello l'imputato si era limitato ad affermare che la pena era � eccessiva e sproporzionata ai fatti >>. Il motivo� avrebbe dov.to essere dichiarato inaminissibile perch� non specifico. Il giudice di appello invece ha ridotto la pena detentiva, probabilmente allo scopo. di farla rientrare nei limiti degli indulti concessi con i decreti 4 agosto �1978 n. 413 e 18 dicembre 1981, n. 744. Tale pronunzia deve r~manere ferma, non essendovi stata impugnazione da parte del Pubblico Ministero, ma il ricorrente non pu� dolersi n� della mancata ulteriore riduzione. della pena <;letentiva n� di vizi di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancat~ riduzione della pena pecuniaria e di quella. accessori~, . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 86 Con il quinto motivo il ricorrente assume infine l'illegittimit� del sequestro conservativo delle azioni perch� eseguito mediante annotazione sul libro dei soci anzich� con le forme stabilite dal codice di procedura civile per il pignoramento dei beni mobili, come prescrive il quarto comma dell'art. 617 c.p.p. Neppure tale motivo � fondato. � sufficiente rilevare al riguardo che non vi � stato alcun sequestro conservativo delle azioni, ai sensi dell'art. 189 c.p. Esse sono state invece sequestrate dal Pubblico Ministero come cose pertinenti al reato, a norma dell'art. 337 c.p.p., e soltanto con la sentenza di primo grado � stato disposto il mantenimento del sequestro a garanzia dei crediti di cui al suddetto art. 189 c.p. Con l'unico motivo di ricorso il Fantoni lamenta che l'ipotesi di violazione dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159 riguardante disponibilit� od attivit� di valore superiore a quindici milioni di lire sia stata configurata quale autonomo titolo di reato anzich� quale semplice ipotesi aggravata e che, di conseguenza, sia stata negata la possibilit� del giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti, che gli sono state concesse. Il motivo non � fondato. Come � noto, l'art. 1 del decreto legge 4 marzo 1976, n. 31 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico i reati di illecita esportazione e di illecita costituzione all'estero di disponibilit� valutarie od attivit� di qualsiasi genere e li ha puniti con la multa dalla met� al triplo del valore dei beni esportati o delle disponibilit� od attivit� (primo e secondo comma). Se il valore superava i cinque milioni di lire, la pena era la reclusione da uno a sei anni e la multa dal doppio al quadruplo del valore stesso (terzo comma). L'art. 2 �della legge 30 aprile 1976, n. 159 ha esteso tali pene al nuovo reato di omessa dichiarazione di disponibilit� od attivit� all'estero costituite illecitamente prima, del 6 marzo 1976. La giurisprudenza di questa Corte Suprema (sentenza 7 novembre 1979 -udienza del 18 giugno 1979, n. 1490 -massima n. 143.363) e la prevalente giurisprudenza dei giudici di merito erano orientate a configurare il valore superiore ai cinque milioni di lire come circostanza aggravante. � intervenuta poi la legge 8 ottobre 1976, n. 689, il cui art. 3 ha interamente sostituito l'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159 disponendo nel quinto comma che chi non osserva le prescrizioni stabilite nello stesso articolo in ordine alla dichiarazione delle disponibilit� od attivit� all'estero ed ai successivi adempimenti � punito con la multa fino a cinquecentomila lire ovvero, se la violazione si riferisce a disponibilit� od attivit� superiori a quindicimilioni di lire, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa fino al quadruplo del predetto valore. Infine 1l'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863 ha interamente sostituito l'art. 1 del decreto legge 4 marzo 1976, n. 31 e successive modifiche, stabilendo come pena base per i reati di illecita esportazione e di illecita costituzione di disponibilit� ed attivit� la reclusione da uno a sei anni e la multa dal doppio al quadruplo del valore dei beni esportati e delle disponibilit� od attivit� (primo e secondo comma) e, nel PARTB I, SEZ, Vlll, GIURISPRUDENZA PENALB 87 l'ipotesi di valore non superiore complessivamente a cinque milioni di lire, la pena della multa dalla met� al triplo del valore medesimo (sesto comma). Secondo le Sezioni unite penali di questa Corte Suprema (sentenza 26 novembre 1982 -udienza del 19 giugno 1982, n. 8 -massima n. 156.405) quest'ultimo comma configura un'ipotesi autonoma di. reato e non una circostanza attenuante poich� il legislatore, con la modifica apportata ha voluto evidenziare che il valore del bene illecitamente esportato o della disponibilit� od attivit� costituita all'estero non riveste quella na.tura meramente accidentale, che � tipica della circostanza, ma si qualifica invece come elemento specializzante. I giudici del merito, esaminando la presente fattispecie, hanno ritenuto che anche il quinto comma dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, dovesse essere interpretato in tal senso in base sia alla lettera della norma che all'intenzione del legislatore. Ora, l'argomento che si ricava dalla lettera della norma non appare probante dato che la circostanza che le due ipotesi siano state concentrate in un unico comma separate dalla congiunzione disgiuntiva � ovvero � non pu� essere considerata come una modifica sostanziale rispetto alla precedente configurazione delle stesse ipotesi in due distinti commi. Per quanto riguarda invece l'intenzione del legislatore, l'avere diminuito sensibilmente la pena per le violazioni relative alle disponibilit� od attivit� fino a quindici milioni di lire, non pi� configurata come pena proporzionale, dimostra chiara� mente la volont� di usare un trattamento di particolare favore verso le suddette violazioni, evidentemente considerate di scarsa importanza, ma non certamente quella di estendere tale trattamento, sia pure soltanto in caso di concorso di circostanze attenuanti, alle violazioni pi� gravi con il rischio, conseguente alla minore efficacia �preventiva della pena minacciata, di compromettere il fine della legge, cio� il rientro dei capitali illecitamente posseduti all'estero, non essendo ancora scaduto il termine fissato per la dichiarazione prevista dal primo comma dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159. � quindi da ritenere che anche qui il valore della disponibilit� od attivit� debba essere qualificato come elemento specializzante e, di conseguenza, � corretta l'affermazione che il valore. superiore a quindici milioni di lire non configura una circostanza aggravante bens� un'ipotesi autonoma di reato. (omissis) r�~1�1111,111111111111111111111111111111111111111111 PARTE SECONDA QUESTIONI LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI NELL'ULTIMO QUINQUENNIO DI GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE (maggio 1980 -luglio 1985) (*) 1. Copiosa (e largamente confermativa di quella precedente) � stata, anche nell'ultimo quinquennio (**), la giurisprudenza della Corte di giustizia sulla libera circolazione delle merci (1), e la frequenza delle occasioni fornite alla Corte per pronunciarsi in una materia che pur appare regolata, forse pi� di ogni altra, con sufficiente chiarezza dal Trattato evidenzia il persistere di resistenze nazionali non facilmente eliminabili. Nel ribadire principi di carattere generale la Corte ha ricordato ancora l'efficacia diretta delle norme in materia (2), precisando che il principio fondamentale dell'unit� del mercato e il suo corollario, la libera circolazione delle merci, non possono in alcun caso essere subordinati alla condizione preliminare del ravvicinamento delle legislazioni nazionali, in quanto una subordinazione di questo genere svuoterebbe il principio in questione del suo contenuto (3). La libera circolazione delle merci � un diritto il cui esercizio non pu� dipendere da un potere discrezionale o da una tolleranza delle amministrazioni nazionali (4), e riguarda, ovviamente, non solo i prodotti originari degli Stati membri ma anche quelli dei paesi terzi immessi in libera pratica nella Comunit�, in quanto questi sono �totalmente e definitivamente assimilati ai prodotti di origine comunitaria� (5). Meramente confermativa di indirizzi ormai consolidati � la giurisprudenza in tema di dazi doganali e tasse di effetto equivalente. Cos� (*) Relazione di settore presentata nel convegno di studio tenutosi a Siena nei giorni 17-19 ottobre 1985, sul tema �POLITICHE COMUNITARIE E GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA �. Pubblicazione autorizzata dal Comitato organizzatore dell'incontro: (**) Per la giurisprudenza precedente v. FIUMARA, Corte di giustizia delle comunit� europee e libera circolazione delle merci, in questa Rassegna, 1978, Il, 1, e Le pi� recenti sentenze della Corte di giustizia sulla libera circolazione delle merci (settembre 1977 -aprile 1980), ibidem, 1980, Il, 75. (1) Non ci occuperemo in questa sede della problematica relativa all'art. 95 del Trattato CEE, la quale forma oggetto di separata relazione. (2) Sentenze 10 luglio 1980, nella causa 811/79, Ariete, in Racc. 1980, 2545, e nella causa 826/79, Mireco, in Racc. 1980, 2559 (e in questa Rassegna, 1980, I, 743); 14 dicembre 1982, nelle cause 314-316/81 e 83/82, Waterkeyn, in Racc. 1982, 4337. . (3) Sentenza 9 dicembre 1981, nella causa 193/80, Conzmissione c. Italia, in Racc. 1981, 3019 (e in questa Rassegna, 1982, I, 53, con nota di FERRI). (4) Donde l'incompatibilit� con il Trattato, in linea generale, di regimi nazionali di licenze all'importazione: sentenza 8 febbraio 1983, nella causa 124/81, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1983, 203. (5) Sentenza 11 giugno 1985, nella causa 288/85, Commissione c. Irlanda. in Racc. 1985, RASSEGNA DELL'AWOCATURA :DELLO STATO la Corte ha avuto occasione di ribadire che va considerato come una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale un diritto per controllo sanitario del prodotto importato, stabilito e applicato, senza obiettiva giustificazione, secondo criteri propri per quanto riguarda vuoi la natura, vuoi lo stato della merce, non comparabili ai criteri che servono a determinare gli oneri pecuniari gravanti sui prodotti nazio-. nali della stesso genere (6); e comunque costituisce tassa di effetto equivalente, quando non � un dazio doganale propriamente detto, qualsiasi onere pecuniario, unilateralmente imposto, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua tecnica e che grava su merci che attraversano la frontiera, salvo che costituisca una retribuzione di un servizio effettivamente reso all'importatore o all'esportatore d'importo proporzionato al suddetto servizio (7). La peculiarit� propria di una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, che la distingue da un tributo interno, sta nella circostanza che la prima colpisce esclusivamente il prodotto importato in quanto tale, mentre la seconda grava sui prodotti importati e al tempo stesso sui prodotti nazionali (8). 2. Certamente pi� articolata e interessante � la giurisprudenza in tema di restrizioni quantitative all'esportazione e all'importazione e di misure di effetto equivalente, soprattutto per quanto riguarda la puntualizzazione dei limiti intrinseci del divieto sancito negli artt. 30-34 del Trattato e della portata delle deroghe contenute nell'art. 36. E naturalmente le controversie hanno riguardato essenzialmente le misure di effetto equivalente e non le vere e proprie restrizioni quantitative, la cui nozione � troppo chiara per consentire dubbi e perplessit�. La Corte ha ribadito la sua� giurisprudenza consolidata secondo cui costituisce misura di effetto equivalente a restrizione quantitativa �ogni disciplina commerciale degli Stati membri che pu� porre ostacolo, direttamente o indirettamente, attualmente o potenzialmente, al commercio intracomunitario �, puntualizzando cos� che la restrizione pu� discendere non solo da una vera e propria normativa, ma pi� in generale da qualsivoglia disciplina, che pu� consistere in provvedimenti e misure autoritative e persino in prassi amministrative e atti governativi non aventi forza vincolante (9); che � indifferente il verificarsi di una restri (6) Sentenza 7 aprile 1981, nella causa 132/80, United Foods, in Racc. 1981, 995. (7) Sentenze 12 gennaio 1983, nella causa 39/82, Donner, in Racc. 1983, 19, in tema di diritti di sdoganamento; 17 maggio 1983, nella causa 132/82, Commissione c. Belgio, in Racc. 1983, 1469, in tema di diritti di magazzinaggio; 9 novembre 1983, nella causa 158/82, Commissione c. Danimarca, in Racc. 1983, 3573, in tema di confrolli sanitari. (8) Sentenza 5� maggio 1982, nella causa 15/81, Schul Douane, in Racc. 1982, 1409. Cfr. anche sentenze 3 febbraio 1981, nella causa 90/79, Commissione c. Francia, in Racc. 1981, 283; 28 gennaio 1981, nella causa 32/80, Kortmann, in Racc. 1981, 251. (9) Sentenze 17 giugno 1981, nella causa 113/80, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1981, 1625; 31 marzo 1982, nella causa 75/81, Blesgen, in Racc. 1982, 1211; 9 giugno 1982, nella causa 95/81, Commis.sione c. Italia, in Racc. 1982, 2133 (e in questa Rassegna, 1982, I, 907); 14 luglio 1983, nella causa .174/82, Sandoz, in Racc. 1983, 2445 (e in questa Rassegna, 1983, I, 836); 14 marzo 1985, nella causa 269/83, Commissione e~ Francia. E in particolare cfr. la sentenza 24 novembre 1982, nella causa 249/81, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1982, I I i ! ! ~ PARTE II, QUESTIONI 1 zione negli scambi, essendo sufficiente il rischio di una distorsione (10); che � sufficiente un effetto restrittivo di qualsiasi entit~ (11). Quanto alla portata del divieto dell'art. 30, la Corte nel quinquennio, ribadito che in mancanza di norme comuni o uniformi, spetta agli Stati membri disciplinare, ciascuno nel suo territorio, tutto ci� che riguarda la produzione, la distribuzione e il consumo dei prodotti, a 4005, dove, contestandosi allo Stato membro di aver concorso ad organizzare la promozione e lo svolgimento di una campagna pubblicitaria a favore dei prodotti nazionali sul proprio territorio, la Corte ha precisato che la campagna di cui era causa non poteva equipararsi ad una campagna pubblicitaria, da parte di imprese private e pubbliche, per l'acquisto di merci da esse prodotte, ma rifletteva la deliberata volont� del Governo nazionale di sostituire sul mercato interno i prodotti importati con prodotti nazionali e di porre cosi un freno alle importazioni da altri Stati membri; ma siffatta prassi, istituita dal Governo nazionale o con il suo concorso, non poteva esulare dai divieti dell'art. 30 del Trattato per il solo fatto che non era basata su decisioni aventi effetto obbligatorio per le imprese: infatti anche atti del Governo di uno Stato membro privi di forza vincolante possono essere tali da influire sul comportamento dei commercianti e dei consumatori nel territorio di tale Stato ed avere quindi, per effetto, di porre nel nulla le finalit� della Comunit�. Particolare segnalazione merita anche la sentenza 9 maggio 1985, nella causa 21/84, Commissione c. Francia, in Racc., 1985, 1797, in tema di diniego di omologazione di affrancatrici postali provenienti da un'altro Stato membro, dove la Corte ha rilevato che la conformit� formale di un testo regolamentare nazionale con l'art. 30 del Trattato non � sufficiente per mettere uno Stato membro in regola con gli obblighi che derivano da tale norma, perch�, sotto l'apparenza di un testo di portata generale, l'amministrazione nazionale potrebbe molto bene adottare un atteggiamento sistematicamente sfavorevole ai prodotti importati vuoi per le notevoli lungaggini di cui essa si renderebbe responsabile nelle risposte alle domande di omologazione o nell'espletamento del provvedimento d'esame, vuoi con rifiuti di omologazione giustificati da difetti tecnici diversi che non costituirebbero oggetto di circostanziate delucidazioni o che si rivelerebbero inesatti: il divieto di .misure di effetto equivalente sarebbe privato di gran parte del suo effetto -utile qualora esso non consentisse di comprendere pratiche protezionistiche o discriminatorie di tale genere; naturalmente una prassi amministrativa, per poter essere rilevante, deve presentare un certo grado di costanza e di generalit�, che per� va valutato di volta in volta, non potendosi escludere che sia sufficientemente rilevante (per la ristrettezza del mercato del prodotto considerato) l'atteggiamento adottato da un'amministrazione nei confronti di una sola impresa. (11) Sentenza 5 aprile 1984, nelle cause 177-178/82, Kaves'ka, in Racc. 1984, 1797. (11) Sentenza 5 aprile 1984, nelle cause 177-178/82, Kaveka, in Racc., 1984, . Fra le tante che hanno ravvisato la sussistenza di una misura vietata si segnalano le sentenze: -26 giugno 1980, nella causa 788/79, Gilli, in Racc. 1980, 2071, e 9 dicembre 1981, nella causa 193/80, gi� citata nella nota 3, che hanno ritenuto incompatibile con l'art. 30 del Trattato il divieto in Italia di importare o di porre in commercio aceto contenente acido acetico non derivante dalla fermentazione acetica del vino, e in particolare aceto di mele, qualora si tratti di aceto legalmente prodotto e messo in commercio in un altro Stato membro; -10 luglio 1980, nella causa 152/78, Commissione c. Francia, in Racc. 1980, 2299, con la quale si � rilevato il carattere discriminatorio della normativa francese sulla pubblicit� delle bevande alcoliche (sugli effetti di tale pronuncia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO condizione di non ostacolare gli scambi intracomunitari (12), ha nettamente separato, per la prima volta, le limitazioni agli scambi che non rientrano nel divieto in quanto giustificate da � esigenze imperative ,, dalle vere e proprie deroghe previste tassativamente dall'art. 36: distinzione che appare rilevante -se non si vuole in alternativa allargare il campo di applicazione dell'art. 36, considerando esemplificativo l'elenco delle ragioni ivi indicate -ove si ponga come presupposto che solo l'art. 3.0. e non anche l'art. 36, impone una disciplina uniforme del commercio dei prodotti nazionali e di quelli importati (13). cfr. la successiva sentenza 14 dicembre 1982, nelle cause 314-316/81, citata nella nota 2); -16 dicembre 1980, nella causa 27/80, Fietje, in Racc. 1980, 3839, ancora in tema di bevande alcoliche, con la quale � stato precisato che costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa vietare la vendita del prodotto sotto una denominazione diversa da quella prescritta dalle norme nazionali, qualora le indicazioni che si trovano sull'etichetta originale abbiano, per i consumatori, per quanto riguarda la natura del prodotto, un contenuto informativo equivalente a quello della determinazione legalmente prescritta; -19 febbraio 1981, nella causa 130/80, Kelderman, in Racc. 1980, 527, secondo la quale rientra nel divieto in questione una normativa che prescriva che la quantit� di materia secca di un pane deve rimanere nell'ambito di un bidente di valori determinati, qualora essa si applichi all'importazione di pane legalmente fabbricato e smerciato in un altro Stato membro; -10 novembre 1982, nella causa 261/81, Ran, in Racc. 1982, 3961, dove, analogamente, � stato ritenuto che non si pu� imporre una determinata confezione per la commercializzazione dei prodotti importati (nella specie margarina e grassi alimentari) se l'informazione e la protezione del consumatore possono essere garantite con mezzi che creino nuovi ostacoli alla libert� degli scambi; e 17 marzo 1983, nella causa 94/81, De Kikvorsch, in Racc. 1983, 947, per una normativa similare che imponga di non indicare sull'etich�tta del prodotto (nella specie birra) una certa caratteristica; -22 marzo 1983, nella causa 42/82, Commissione c. Francia, in Racc. 1983, 1013, nella ben nota controversia relativa alle importazioni di vino italiano in Francia, con la quale � stato ritenuto violato l'art. 30 del Trattato per il ritardo nella messa in consumo del prodotto importato causato da modalit� di controllo ingiustificate; -14 marzo 1985, nella causa 269/83, Commissione c. Francia, che ha ritenuto incompatibili con l'art. 30 il beneficio di una tariffa postale preferenziale per i soli giornali e periodici francesi editi in Francia; e 7 maggio 1985, nella causa 18/84, Commissione c. Francia, in cui la compati)?ilit� � stata ravvisata in un sistema di agevolazioni fiscali per le pubblicazioni stampate in Francia. (12) Sentenze 26 giugno 1980, nella causa 788/79, citata nella nota precedente; 7 aprile 1981, nella causa 132/80, citata nella nota 6; 17 dicembre 1981, nella causa 272/80, Biologische Producten, in Racc. 1981, 3277; 15 dicembre 1982, nella causa 286/81, Oosthoek's, in Racc. 1982, 4575; 20 aprile 1983, nella causa 59/82, Schutzverband, in Racc. 1983, 1217; 27 marzo 1985, nella causa 73/84, Denkavit. (13) Sentenza 17 giugno 1981, nella causa 113/80, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1981, 1625 (c.d. souvenirs d'Irlanda); 20 aprile 1983, nella causa 59/82, citata nella nota precedente; 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, Duphar, in Racc. 1984, 523 (e in questa Rassegna, 1984, I, 456, con nota di FIUMARA, Della compatibilit� con il Trattato CEE di limitazioni nazionali all'assistenza farmaceutica), per la quale cfr. anche la nota 20; 11 luglio 1985, nelle cause 60-61/84, Soci�t� Cin�th�que, per la quale cfr. anche la nota 21. i I ! ' ! I PARTE II, QUESTIONI J In precedenza, infatti, la Corte aveva ritenuto accettabili gli ostacoli alla circolazione intracom�nitaria derivanti da disparit� delle legislazioni nazionali ove ci� fosse stato necessario per � esigenze imperative attinenti, in particolare, �ll'efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute pubblica, alla lealt� dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori� (14), con una commistione fra ipotesi previste specificamente dall'art. 36 (sia pure per ammettere discriminazioni non arbitrarie) e esigenze imperative di diversa natura. A partire dalla sentenza 17 .giugno 1981, nella causa 113/80 (15), la Corte ha nettamente distinto le due categorie, precisando che l'art. 36, in quanto deroga al principio fondamentale dell'eliminazione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione, si interpreta restrittivamente e le eccezioni che esso elenca non possono essere estese: fra le eccezioni non sono menzionate n� la difesa dei consumatori, n� la lealt� dei negozi commerciali, nozioni, per�, che, in quanto incidono sui diritti fondamentali (esigenze imperative), vanno vagliate ai sensi dell'art. 30, onde verificare se � consentito negare la esistenza di misure di effetto eqtiivalente alle restrizioni quantitative. Sono esigenze imperative, valutabili nell'ambito dell'art. 30 (�in particolare� dice la Corte), la lealt� dei negozi commerciali (16), la difesa dei consumatori (17), l'effettivit� dei controlli fiscali (18), la politica sociale (19), nonch� (ed � qui, forse, la maggiore apertura operatasi nel quinquennio) alcuni profili di politica economica (20). Per la tutela di (14) Si veda, per tutte, la sentenza 20 febbraio 1979, nella causa 120/78, Rewe, in Racc. 1979, 649, ben nota come Cassis de Dijon. (15) Citata nella nota 13; cfr. poi sentenze 2 marzo 1982, nella causa 6/81, Groep, in Racc. 1982, 707; 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, anch'essa citata nella nota 13. (16) Sentenze 26 giugno 1980, nella causa 788/79, e 19 febbraio 1981, nella causa 130/80 (citate nella nota 11); 2 marzo 1982, nella causa 6/81 (citata nella nota precedente); 15 dicembre 1982, nella causa 286/81 (citata nella nota 12). (17) Le sentenze della nota precedente nonch� le sentenze 16 dicembre 1980, nella causa 27/80, 10 novembre 1982, nella causa 261/81, 17 marzo 1983, nella causa 94/82, citate nella nota 11. Non pu� essere invocata la tutela dei consumatori -ha precisato la sentenza 25 aprile 1985, nella causa 207/83, Commissione c. Regno Unito, per giustificare la non commerciabilit� al minuto di prodotti privi dell'indicazione dell'origine, perch� tale esigenza pu� essere soddisfatta in altri modi che non con un sistema che fornisce loro anche la possibilit� di far valere i loro pregiudizi eventuali contro i prodotti stranieri. (18) Sentenza 9 ottobre 1980, nella causa 823/79, Carciati, in Racc. 1980, 2773 (e in questa Rassegna, 1980, I, 921): le norme sulla libera circolazione delle merci non fanno ostacolo a che una disciplina nazionale imponga ai residenti nel territorio di uno Stato membro il divieto, sanzionato penalmente, di usare autoveicoli i quali abbiano fruito di un regime di importazione temporanea e quindi siano stati esentati dal pagamento dell'IVA. Cfr., poi, nello stesso senso la sentenza 11 dicembre 1984, nella causa 134/83, Abbink, in Racc., 1984, 4097. (19) Sentenza 14 luglio 1981, nella causa 155/80, Oebel, in Racc. 1981, 1993. (20) Sentenza 29 novembre 1983, nella causa 181/82, Roussel, in Racc. 1983, 3849, relativamente alla possibilit� di certe misure inflazionistiche; e soprattutto la sentenza 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, citata nella nota 13, dove � stato precisato che �il diritto comunitario non scalfisce la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi previdenziali e ad adottare, in particolare, norme miranti a disciplinare il consumo dei prodotti farmaceutici salvaguardando l'equilibrio finanziario dei loro sistemi previdenziali contro. le malattie �. / 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . tali esigenze occorre, per�, -� stato ribadito -, rispettare la condizione che gli eventuali ostacoli agli scambi intracomunitari non vadano oltre quanto � necessario per assicurare la finalit� perseguita e che tale finalit� sia giustificata rispetto al diritto comunitario (rule of reason, principio di proporzionalit�) (21). Pi� agevole � cos� risultata l'interpretazione dell'art. 36, applicabile solo in mancanza di norme comuni o uniformi (22), in relazione al quale si � potuto dire che esso contiene un'elencazione tassativa e che il senso di ciascuna ipotesi va inteso restrittivamente, in quanto si tratta di vere e proprie deroghe alla regola fondamentale della libera circolazione delle merci: cos�, � stato precisato, la norma non prevede la tutela di interessi direttamente economici e le misure adottate devono essere indispensabili per il r~ggiungimento dello scopo senza che vi sia la possibilit� di ricorrere ad un'alternativa meno restrittiva (23). La Corte ha avufo occasione di pronunciarsi in tema di ordine pub blico e di sicurezza pubblica, affermando che il primo non pu� essere invocato per la tutela di interessi economici (24), e, in relazione alla fissazione di prezzi minimi dei carburanti in Francia con un sistema svantaggioso per i prodotti importati, affermando, contro la tesi del Governo francese che deduceva i perturbamenti dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza provocati da reazioni violente cui si sarebbe potuto andare incontro da parte dei dettaglianti colpiti da una concor ren2Ja illimitata, che il Governo stesso non aveva dimostrato che una modifica della disciplina in causa avrebbe avuto sull'ordine pubblico e sulla sicurezza pubblica conseguenza cui esso non avrebbe potuto far fronte (25); e, in relazione ad un obbligo imposto agli importatori di prodotti petroliferi di rifornirsi in parte presso raffinerie stabilite nel territorio nazionale, che lo scopo di garantire, in ogni tempo, un approv viggionamento minimo di prodotti petroliferi supera considerazioni di (21) Da ultimo cfr. sentenza 11 luglio 1985, nelle cause 60-61/84, citata � nella nota 13, dove � stato precisato che � l'art. 30 non si applica ad una legislazione nazionale che disciplina la diffusione di opere cinematografiche scaglionando nel tempo il passaggio da un sistema di distribuzione all'altro mediante il divieto di sfruttare simultaneamente tali opere, per un periodo limitato, tramite la rappresentazione nelle sale cinematografiche e la diffusione di videocassette qualora tale divieto si applichi indistintamente alle videocassette fabbricate nel territorio nazionale ed a quelle importate e gli eventuali ostacoli che la sua applicazione possa provocare .per gli scambi intracomunitari non eccedano quanto � necessario per garantire, durante un periodo iniziale, la priorit� allo sfruttamento in sale delle opere cinematografiche di qualsiasi origine rispetto ad altri mezzi di diffusione. � , (22) Sentenza 10 luglio 1984, nella causa 72/83, Campus Oil, in Racc. 1984, 2727: il licorso all'art. 36 non � pi� giustificato se una normativa comunitaria dispone misure necessarie per garantire la tutela d�gli interessi enumerati in tali articoli (cfr. anche la successiva nota 26). (23) Sentenze 28 gennaio 1981, nella causa 32/80, citata nella nota 8; 7 aprile 1981, nella causa 132/80, citata nella nota 6; 9 giugno 1982, nella causa 95/81, citata nella nota 9; 8 febbraio 1983, nella causa 124/81, citata nella nota 4; 2 marzo 1983, nella causa 155/82, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1983, 531; 22 marzo 1983, nella causa 88/82, Leonelli, in Racc. 1983, 1061 (e in questa Rassegna, 1983, I, 300); 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, citata nella nota 13. (24) Sentenza 11 giugno 1985, nella causa 288/85, Commissione c. Irlanda. (25) Sentenza 29 gennaio 1985, nella causa 231/83, Cullet, in Racc. 1985, 306. PARTE II, QUESTIONI 7 natura puramente economica e pu� quindi costituire uno scopo compreso nella nozione di pubblica sicurezza, beninteso sempre che l'obbligo di acquisto non superi i limiti dell'approvviggionamento minimo senza il quale sarebbero pregiudicati la pubblica sicurezza dello Stato membro e, in particolare, il funzionamento dei suoi pubblici servizi essenziali e la sopravvivenza della sua popolazione (26). Quanto alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali la Corte ha precisato che la valutazione dei rischi in materia presenta difficolt� e incertezze che giustificano la mancanza di uniformit� delle legislazioni nazionali (27): occorre tener conto delle condizioni climatologiche nazionali, della composizione dell'abituale alimentazione della popolazione, nonch� dello stato di salute della stessa (28), e non occorre dimostrare l'esistenza e la gravit� del pericolo, essendo sufficiente che non sia impossibile escludere con certezza l'eventualit� di un danno alla salute (29), non bastando peraltro una esigua, anche non puramente ipotetica, possibilit� di contaminazione (30). Sulla tutela della propriet� industriale e commerciale appare' significativa l'esplicita dichiarazione che essa comprende anche il diritto d'autore, giacch� lo sfruttamento commerciale di esso solleva gli stessi problemi di quello di un altro diritto di propriet� industriale o commerciale (31). La tutela riguarda brevetti, disegni, modelli, marchi, diritti esclusivi di produzione �di materiale di riproduzione e di moltiplicazione vegetativa, e non pu� essere invocata per opporsi all'importazione di un prodotto che � stato lecitamente messo in commercio sul� mercato di un altro Stato membro dallo stesso titolare del diritto o con il suo consenso (principio c.d. dell'esaurimento comunitario) (32). (26) Sentenza 10 luglio 1984, nella causa 72/83, citata nella nota 22. (27) Sentenze 5 febbraio 1981, nella causa 53/80, Eyssen, in Racc. 1981, 409; 17 dicembre 1981, nella causa 272/80, citata nella nota 12; 14 luglio 1983, nella causa 174/82, citata nella nota 9; 30 novembre 1983, nella causa 227/82, van Bennekom, in Racc. 1983, 3883 (e in questa Rassegna, 1984, I, 72). (28) Sentenza 6 giugno 1984, nella causa 97/83, Melkunie Holland, in Racc. 1984, 2367; 19 settembre 1984, nella causa 94/83, Heijn, in Racc. 1984, 3263 (e in questa Rassegna, 1985, I, 38, con nota di FIUMARA, Dell'uso di alcune sostanze antiparassitarie sugli ortofrutticoli: limiti nazionali alla commercializzazione del prodotto). (29) Cfr. sentenze citate nella nota 27. (30) Sentenza 15 luglio 1982, nella causa 40/82, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1982, 2793. (31) Sentenza 20 gennaio 1981, nelle cause 55 e 57/80, Gema, in Racc. 1981, 147; cfr. anche la sentenza 9 febbraio 1982, nella causa 270/80, Polydor, in Racc. 1982, 329, per l'estensione del principio. nell'interpretazione di accordi di libero scambio. (32) Sentenza 22 gennaio 1981, nella causa 58/80, Danks Supermarked, in Racc. 1981, 181; 14 luglio 1981, nella causa 187/80, Merck Stephar, in Racc. 1981, 2063; 8 giugno 1982, nella causa 258/78, Eisele, in Racc. 1982, 2015; 14 settembre 1982, nella causa 144/81, Keurkoop, in Racc. 1982, 2853. Nella sentenza 3 dicembre 1981, nella causa 1/81, Pfizer, in Racc. 1981, 2913, � stato precisato che il diritto attribuito al titolare del marchio di opporsi a qualsiasi impiego dello stesso che possa falsare la garanzia dell'origine rientra nell'aspetto specifico del diritto di marchio: non per� nel caso in cui l'importatore parallelo si sia limitato a dare un diverso imballaggio esterno al prodotto, lasciando ben visibile il marchio originario del produttore apposto sull'imballaggio interno, senza omettere di indicare chiaramente sulla confezione esterna che il prodotto � stato fabbricato dalla filiale del titolare e 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8 Meno rigida che in tema di misure equivalenti a restrizioni quantitative all'importazione � sembrata la Corte riguardo allo speculare divieto relativo alle esportazioni. � stato confermato che l'art. 34 riguarda le misure che hanno lo scopo o l'effetto di restringere le correnti di esportazione e di stabilire quindi una differenza fra commercio interno di uno Stato membro e commercio d'esportazione, sicch� non trova applicazione in caso di misure prive di carattere discriminatorio (33). 3..Quando alla tariffa doganale comune, numerosissime sono state le sentenze della Corte, riguardanti casi specifici. Meritano una citazione particolare le sentenze che hanno stabilito: -confermandosi quanto gi� statuito in precedenza, che l'accerta mento del valore in dogana conformemente ai regolamenti comunitari non pu� avere l'effetto di obbligare le amministrazioni fiscali e finanziarie degli Stati membri ad ammettere tale valore per fini diversi dalla applicazione della tariffa doganale comune (34); -in occasione del sequestro alla frontiera di un quantitativo di eroina acquistato al mercato nero, sul quale l'autorit� nazionale vuole applicare i dazi doganali, che un dazio doganale ad valorem non pu� essere determinato per merci di natura tale che esse non possono essere messe in circolazione in alcuno degli Stati membri ma devono, invece, essere sequestrate e messe fuori circolazione dalle competenti autorit� non appena scoperte (35); ~ -che spetta agli Stati membri designare le autorit� o le persone incaricate di procedere alla classificazione doganale dei prodotti nonch� decidere sulla preparazione di tali persone in modo da consentire loro di svolgere correttamente il suddetto incarico (36). OSCAR FIUMARA reimballato dall'importatore. Con la sentenza 9 luglio 1985, nella causa 19/84, Pharmon (in questa Rassegna, 1985, I, 748) � stato ritenuto che gli artt. 30 e 36 del Trattato non vietano l'applicazione della normativa di uno Stato membro che attribuisce al titolare di un brevetto la facolt� di impedire la messa in commercio, in tale Stato, di un prodotto fabbricato in un altro Stato membro dal concessionario di una licenza obbligatoria relativa ad un brevetto parallelo detenuto dal medesimo titolare. (33) Sentenze 14 luglio 1981, nella causa 155/80, citata nella nota 19; 1� aprile 1982, nelle cause 141 e 143/81, Holdi.jk, in Racc. 1982, 1299, 15 dicembre 1982, nella causa 286/81, e 17 maggio 1984, nella causa 15/83, entrambe citate nella nota 12. (34) Sentenza 4 dicembre 1980, nella causa 54/80, Wilner, in Racc. 1980, 3673. (35) Sentenza 5 febbraio 1981, nella causa 50/80, Horvath, in Racc. 1981, 385; e la sentenza 26 ottobre 1982, nella causa 221/81, Wolf, in Racc. 1982, 3681, ha aggiunto che deve prescindersi dal se i prodotti stessi vengano scoperti e distrutti o sfuggano alla vigilanza dell'autorit�. (36) Sentenza 30 settembre 1982, nella causa 317/81, Howe, in Racc. 1982, 3257. RASSEGNA DI DOTTRINA INDICE-SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO COSTITUZIONALE R. PARDOLESI, Ripetitori esteri e pubblicit�: dall'oscuramento all'oscurantismo. DIRITTO AMMINISTRATIVO M. ANNUNZIATA, La ricerca del dolo e della colpa nei confronti della P. A. M. BERTUZZI, Organi dotati di personalit� giuridica e rappresentanza obbligatoria dell'Avvocatura dello Stato. S. CASSARINO, Problemi della disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile. D. CORAPI, Recenti modifiche alla disciplina delle associazioni temporanee d'imprese per l'esecuzione di appalti pubblici. F. ESPOSITO, Non sono legittimabili le occupazioni abusive di terreni demaniali di uso civico successive all'entrata in vigore deUa legge 16 giugno 1927 n. 1766. M. U. FRANCESE, La responsabilit� dei dirigenti statali nella problematica generale della responsabilit� dei pubblici dipendenti. S. GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva. F. MANGANARO, Riflessioni sulla natura giuridica del silenzio-assenso. B. MELCHIORRI, Politica, gestione del territorio e reati contro la P. A. D. RESTA, Limiti temporali dell'ordinanza di sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Profili di incostituzionalit�. B. SELLERI, Principi della tradizione o nuove direttive in tema di indennit� di esproprio? DIRITTO E PROCEDURA CIVILE G. ANDREAZZA, Astensione, ricusazione ed interesse politico. M. DoGLIOTTI, Il diritto all'identit� personale approda in Cassazione. A. M �.PRINCIGALLI, Quand'� pi� s� che no: perdita di chance come danno risarcibile. A. PROTO PISANI, La Corte Costituzionale estende la revocazione per errore di fatto ex art. 95 n. 4 cod. proc. civ. alle sentenze della Cassazione. A. RONCO, Processo per decreto ingiuntivo e continenza di cause. 111m11.1111111111�r1a11l11111111111111111,1111111&:t1111111iJ11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 1.0 DIRITTO PENALE M. BoscHI, L'oblazione prevista dall'art. 162 bis cod. pen. e i reati finanziari. G. FoRNACIARI, Sulla rilevanza penale delle costruzioni edilizie realizzate in base ad atti concessori illegittimi. G. LANZA, Sulla attribuibilit� della qualifica di pubblico ufficiale al privato progettista di piano regolatore. VARIE M. IovENE, Immunit� dei quartieri generali della NATO dall'esecuzione forzata. DIRITTO COSTITUZIONALE ROBERTO PARDOLESI, Ripetitori esteri e pubblicit�: dall'oscuramento all'oscurantismo, in Foro Italiano 1985 n. 11, I 2829. L'autore, nel commentare la sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 17 ottobre 1985, fa rilevare come questa abbia sempre considerato la pubblicit� sui c.d. network privati quale attivit� commerciale e non quale comunicazione al pubblico di contenuti informativi. Notevoli i riferimenti alla giurisprudenza di altri paesi (soprattutto Stati Uniti). G. LANCIA DIRITTO AMMINISTRATIVO MICHELE ANNUNZIATA, La ricerca del dolo e della colpa nei confronti della P. A., ne il Foro Amministrativo, n. 12, dic. 1985, p. 2609 ss. Si tratta di una lezione del Corso di diritto Amministrativo tenuta dall'Autore il 27 maggio 1985, nella quale, attraverso una piana esposizione, viene esaminato il problema della ricerca dell'elemento psicologico nella responsabilit� della P. A. Dopo avere richiamato le pi� importanti acquisizioni dell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, l'Autore giunge alla conclusione che la responsabilit� della P. A. �, in linea generale, regolata dai medesimi principi che sono dettati per la comune responsabilit�, con alcune particolarit� che attengono alla struttura organizzativa degli enti pubblici, i quali operano a mezzo dei propri dipendenti. In particolare vengono brevemente esaminati i temi dell'attivit� materiale e dell'attivit� discrezionale della P. A., e le ipotesi di culpa in vigilando, di quella ex art. 2049 e.e., di quella per l'esercizio di attivit� pericolose, e di quella ex artt. 2051, 2052, 2053 e 2054; ed infine della responsabilit� per danni non patrimoniali. G. D'ELIA PARTE Il, RASSEGN.A DI DOTTRINA .l\iARio BERTUZZI, Organi dotati di personalit� giuridica e rappres�ntanza obbligatoria dell'Avvocatura dello Stato, nota a Cass. 30 settembre 1984, n. 5544, in Giust. civ. 1985, fase. 11, I, 2832. La nota in esame riguarda una recente sentenza della Cassazione in cui si afferma che le norme sul foro dello Stato si applicano alle cause in cui � parte l'A.I.M.A. (Azienda per gli investimenti nel mercato agricolo), in quanto essa � tenuta ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, avendo natura di amministrazione statale autonoma ed essendo irrilevante, a tal fine, che sia dotata di propria personalit� giuridica. La questione -che pu� dirsi oggi superata dall'art. 12 1. 14 agosto 1982 n. 610 il quale estende all'A.I.M.A. le disposizioni vigenti per le amministrazioni statali sulla rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato -appare strettamente collegata al pi� generale problema degli organi dotati di personalit� giuridica. Infatti l'Autore trae spunto dalla sentenza per ricordare le posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla figura dell'organo-persona giuridica oggi generalmente ammessa come uno degli aspetti evolutivi del decentramento statale. � Dopo averne analizzato gli aspetti pi� qualificanti e la differenza rispetto alla figura della persona giuridica titolare di organo l'Autore sottolinea che ancora oggi il problema di fondo � come conciliare nello stesso sog , getto la duplice qualit� di organo e di persona giuridica. F. SCLAFANI SEBASTIANO CASSARINO, Problemi della disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile, n. 4, dicembre 1985, pag. 864. L'autore delinea un quadro dei principali problemi che si dibattono in ordine alla disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile, richiamando le varie posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul tema. Attraverso un'approfondita analisi interpretativa e comparativa degli artt. 4 e 5 della legge del 1865 viene posta in evidenza la diversa portata applicativa delle due norme ed in particolare il diverso modo con cui nelle rispettive ipotesi il giudice conosce della conformit� o difformit� dell'atto rispetto alla legge. In quest'ottica, l'autore ritiene che il fenomeno della disapplicazione rientri nella sola previsione dell'art. 5 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E per cui il giudice, nel decidere della legittimit� dell'atto, in via incidentale (e non principale), quando ne riconosca la illegittimit�, lo disapplica. Viene quindi affrontata la questione relativa ai vizi dell'atto amministrativo oggetto di disapplicazione. Alla tesi restrittiva che limita il sindacato del G. O. anche nella cognizione in via incidentale, alla sola illiceit�, nullit� e contrasto con norme di relazione, si contrappone l'opinione, seguita dall'autore, favorevole all'estensione del sindacato sull'eccesso di potere e pi� in generale, sui vizi dell'atto illegittimo. Interessanti sono, infine, le ragioni che l'autore adduce a sostegno della disapplicabilit� dell'atto inoppugnabile dinanzi al G. A., nonch� le considerazioni dallo stesso svolte sulla natura e gli effetti della pronuncia di disapplicazione. M.L. GUIDA ./ RASSEGl!o!A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DIEGO CORAPI, Recenti modifiche alla disciplina delle associazioni tempo ranee di imprese per l'esecuzione di appalti pubblici, in Rivista di diritto civile, fase. n. l, parte II, pagg. 5-22. L'autore si occupa della legge 8 ottobre 1984 n. 687, con particolare riferimento alla disciplina delle associazioni temporanee di imprese. Lo scritto in esame si rivela particolarmente interessante, poich� analizza gli articoli pi� significativi della legge del 1984 sopra citata, passando in rassegna tutti i problemi applicativi delle norme in essa contenute. Di particolare rilevanza ed importanza appare il problema relativo alla natura giuridica del rapporto che si pone alla base delle associazioni temporanee di imprese per l'esecuzione di appalti pubblici. L'autore si pone, cio� -tentando di risolverlo -il quesito se tale rapporto configuri un mandato o addirittura una nuova figura associativa � sui generis �. � M.G. MANGIA FILIPPO ESPOSITO, Non sono legittimabili le occupazioni abusive di terreni demaniali di uso-civico successive all'entrata in vigore della legge 16 giugno 1927 n. 1766, in T.A.R. n. 10/1985, p. 259 e ss. La decisione del T.A.R. Campania, I Sez., n. 131/1985, secondo cui� sono illegittimi per violazione dell'art. 9, primo comma lett. c, 1. 16 giugno 1927 n. 1766, l'ordinanza del commissario per la liquidazione degli usi civici ed il relativo decreto presidenziale di approvazione, che legittimano l'occupazione di fondi gi� facenti parte del demanio comw1ale soggetto ad uso civico, nel caso in cui tale occupazione abbia avuto luogo dopo l'entrata in vigore della citata legge, �viene criticata dall'Autore, secondo il quale, in base alla ratio ed alla lettera della norma e per considerazioni di concreta opportunit�, si sarebbe dovuti giungere� alla opposta conclusione. E. DE GIOVANNI MICHELE UMBERTO FRANCESE, La responsabilit� dei dirigenti statali nella problematica generale della responsabilit� dei pubblici dipendenti, ne Il Foro Amministrativo n. 12, dicembre 1985, p. 2613 ss. L'Autore esamina la norma.�contenuta nell'art. 19 del d.P.R. n. 748 del 30 giugno 1972, il quale sancisce una responsabilit� dei dirigenti statali legata alle loro competenze in relazione ai canoni di buon andamento, imparzialit� e legittimit� dell'azione amministrativa; ferma rimanendo la responsabilit� penale, civile, amministrativa, contabile e disciplinare previst� per tutti gli impie_gati civili dello Stato. Dopo aver sottolineato come in quel testo di legge si facciano delle aperture a concetti caratteristici della conduzione aziendalista, quali " riduzione dei costi ed efficienza dei servizi� ed �economicit��, e dopo avere individuato nell'art. 97 della Costituzione il fondamento giuridico ed etico della norma in esame, il Francese si pone il problema se questa normativa ponga a carico dei dirigenti delle responsabilit� nuove e diverse da quelle comuni a tutti gli impiegati dello Stato; faccia cio� sorgere in capo ad essi doveri giuridici nuovi. La conclusione � negativa, nel senso che ai dirigenti -secondo l'Autore -incombe responsabilit� per l'efficienza dell'azione della P. A. (cio� per gli aspetti funzionali ed orga PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 1.J nizzat�vi) e non per l'efficacia della medesima (os~ia per il raggiungi� mento del risultato); e che pertanto non sono configurabili a carico dei dirigenti statali doveri giuridici nuovi rispetto a quelli gi� scaturenti dal rapporto di pubblico impiego. G. D'ELIA SALVATORE GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva ne il Foro Amministra� tivo, ottobre 1985, n. 10, p. 2068 ss. Premessi alcuni cenni storici sull'evoluzione giurisprudenziale della giurisdizione esclusiva, l'Autore compie un'analisi del disegno di legge di delega per la riforma del processo _ amministrativo, con specifico riguardo al tipo di giurisdizione in argomento. Si segnala la prevista estensione di questa ad una serie di materie nuove (espropriazione; diritti patrimoniali conseguenziali; prestazioni del servizio sanitario nazionale, dell'istruzione e dell'assistenza pubblica; giudizio di ottemperanza; contenzioso elettorale; contratti ad evidenza pubblica) ed il progettato rafforzamento del sistema probatori� e si svolgono considerazioni cri� tiche sulle concrete modalit� di aftuazione previste nel d.d.l. L'articolo si conclude con una valutazione della trasformazione . in atto del diritto amministrativo e dei rapporti fra Stato Amministrazione ed il privato cittadino. G. D'ELIA FRANCESCO MANGANARO, Riflessioni sulla natura giuridica del silenzioassenso, in T.A.R., Luglio-Agosto 1985, p. 177 e ss. L'Autore prende le mosse da un esame della dottrina e della giurisprudenza in terna di silenzio della Pubblica Amministrazione, limitando l'ipdagine ai casi in cui la legge attribuisce all'inerzia della P. A. un valore tipico; fornisce, poi, spunti di riflessione per una ricostruzione dogmatica del silenzio positivo tipico e conclude applicando i risultati dell'indagine ad alcune fattispecie normative concernenti l'attivit� edilizia. E. DE GrovANNI BENITO MELCHIORRI, Politica, gestione del territorio e reati contro la P. A., in T.A.R. n. 11/1985, p. 353 e ss. L'Autore, dopo aver sottolineato come una politica del territorio vada elaborata sui poli costituiti dalla tutela della memoria storica e d�i valori estetici, nonch� della programmazione ambientale integrata e coordinata, segnala la necessit� di una politica territoriale ed ambientale finalizzata al benessere dei singoli ed all'equilibrato sviluppo della societ�. Dopo un breve excursus storico sulla legislazione fascista, l'Autore sottolinea come, in assenza di una chiara visione del valore ambientale del territorio nella Costituzione solo il degrado dell'ambiente ha indotto il legislatore ad assumere iniziative normative in vari settori (inquinamento, edificabilit� dei suoli, tutela delle bellezze paesistiche ecc.), iniziative che, peraltro, si appalesano insufficienti, mentre lo stesso decentramento, realizzato nel frattempo con attribuzione agli enti locali di nume. rosi poteri e funzioni, non sembra .avere risolto i preesistenti problemi, stanti le disfunzioni dell'attivit� amministrativa.� " RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 Proprio per far fronte a tali inefficienze si � manifestata una tendenza del legislatore ad allargare l'area dell'intervento penale a carico di pubblici amministratori che si concreta in taluni disegni di legge attualmente al vaglio del Parlamento che potranno modificare l'attuale ed ormai superata disciplina dei delitti contro la P. A. E. DE GIOVANNI DoNELLA RESTA, Limiti temporali dell'ordinanza di sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Profili di incost.ituzionalit�, in Cons. Stato 1986 n. 1, parte seconda, pag. 137 ss. L'autore imposta la sua analisi riferendosi alla sent. n. 190 del 25 giugno 1985 della Corte Costituzionale ed individuando in essa una svolta fondamentale in relazione alla possibilit� di applicare, nei confronti di un atto amministrativo, i rimedi cautelari consentiti al giudice ordinario dall'art. 700 cod. proc. cvile. . Infatti, come � noto, con la sentenza della Corte Costituzionale sopra citata � stato dichiarato illegittimo l'art. 21, ultimo comma, della legge sui T.A.R. nella parte in cui limitava la capacit� di intervento del giudice amministrativo in sede di cautela alla mera sospensione dell'atto, anche ove la controversia, in sede di giurisdizione esclusiva ed in particolare relativamente al rapporto di impiego pubblico, vertesse su questioni patrimoniali e diritti soggettivi. Nello scritto in rassegna si esamina, inoltre, analiticamente, tutta la giurisprudenza riguardante l'istituto della sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Prendendo spunto da tale esame viene decisamente e fermamente criticato l'art. 23-sexies della legge n. 187 del 1982 (concernente la disciplina per la gestione stralcio dell'attivit� del commissario per le zone terremotate della Campania e della Basilicata), poich� tale norma inserisce una clausola risolutiva della sospensiva che, sempre secondo l'autore concreta in effetti un vero e proprio esempio di � condizione impossibile �. Della legittimit� di tale norma si � recentemente occupato il Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 65, 29 gennaio 1985, della IV Sezione, affermando che nulla vieta al giudice di pronunciare, alla scadenza del periodo di sospensione del provvedimento amministrativo, su richiesta di parte, una nuova ordinanza di sospensione. Nello scritto si critica, per�, tale ordinanza poich� si ritiene sia un espediente per eludere il problema di fondo, e cio� l'illegittimit� del suddetto art. 23-sexies citato. Si auspica, quindi, una dichiarazione di incostituzionalit� di tale norma per affermare il riconoscimento di quelle garanzie predisposte a tutela del cittadino nei confronti del potere esecutivo. M.G. MANGIA BARTOLOMEO SELLERI, Principi della tradizione o nuove direttive in tema di indennit� di esproprio?, in Cons. Stato 1985, parte seconda, pag. 1649 ss. (fase. n. 11, novembre 1985). L'autore affronta analiticamente tutta la pi� recente giurisprudenza riguardante l'istituto dell'espropriazione per pubblica utilit�, ponendo .., PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA in evidenza una sostanziale � divaricazione � tra il modello di propriet� privata proposto in tempi diversi dal legislatore e quello disegnato dai giudici, in particolare dalla Corte Costituzionale. Viene esaminata poi, nello scritto in esame, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4091 dell'8 luglio 1985. Secondo la Cassazione, la legge n. 865 del 1971 non ha privato di efficacia la legge fondamentale n. 2359 del 1865, ma ha solo derogato alla disciplina generale con dispo� sizioni di carattere speciale applicabili a taluni tipi di espropriazione. Conseguenza di ci� � che, eliminata la norma derogatrice, � riprende vigore la normativa generale�, La declaratoria di incostituzionalit� della legge 865/71 rende, pertanto, nuovamente applicabile la legge fondamentale del 1865. L'autore stesso, peraltro, rileva che deve essere affrontato con estrema attenzione il problema della misura dell'indennizzo, nel senso di �serio ristoro�, accennando alle modifiche legislative in materia di espropriazione per pubblica � utilit�, attualmente allo studio. M.G. MANGIA DIRITTO E PROCEDURA CIVILE GASTONE ANDREAZZA, Astensione, ricusazione e interesse politico, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile n. 4, dicembre 1985, pag. 1070. , � Nota all'ordinanza 22 giugno 19~3 n. 187 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale degli artt. 51 e 52 cod. proc. civ. nella parte in cui non consentono l'astensione e ricusazione di un giudice che abbia interesse meramente politico alla controversia. Criticando l'orientamento univoco e negativo seguito dalla giurisprudenza sul tema, l'autore spiega come la tassativit� dei motivi che legittimano astensione e ricusazione, non � affatto incompatibile con un'interpretazione di carattere storicoevolutivo dei motivi stessi. Tale interpretazione, si legge, viene operata su due formule presenti nei codici di procedura: da un lato � le gravi ragioni �li convenienza � che nel processo civile consentono ed in quello penale obligano il giudice ad astenersi e, dall'altro � interesse personale nel procedimento � che legittima la parte a chiedere la ricusazione del giudice, oltre, naturalmente a consentirne l'astensione. Si dimostra quindi come la figura dello � iudex suspectus � possa agevolmente ricomprendersi in entrambe le ipotesi. M.L. GUIDA MASSIMO DoGLIOTTI, Il diritto all'identit� personale approda in Cassazione, nota a Cass. 22 giugno 1985 n. 3769, in Giust. civ. 1985, fase. 12, I, 3059. Nella nota viene esaminata la prima (ed ancora unica) pronuncia della Cassazione sul tanto discusso diritto all'identit� personale che negli ultimi anni � stato al centro di un vivace dibattito nella giurisprudenza di merito e nella dottrina. Dopo una rapida� ma completa rassegna dei casi giudiziari che hanno portato all'affermazione di questo nuovo diritto di " creazione giurispru denziale� e delle diverse posizioni emerse in dottrina, l'Autore sottolinea 16 RASSEGNA DELL'AVVOCA1'URA DELLO STATO l'estrema lucidit� della sentenza della Cassazione in cui si afferma, senza mezzi termini, l'esistenza del diritto di ogni individuo a non veder travisato o alterato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, proporre l'impugnazione de qua, alla forma dell'atto relativo ecc. Nell'analizzare attentamente la sentenza l'Autore si sofferma in particolare sulla distinzione, operata dalla Corte, tra il diritto all'identit� personale e le altre posizioni giuridiche soggettive che, pur essendo riconducibili anch'esse ad una generale esigenza di identit�, garantiscono forme di tutela sostanzialmente diverse: il diritto all'onore, alla reputazione, al nome, all'immagine e alla riservatezza. Quanto al fondamento normativo del diritto all'identit� personale l'Autore manifesta qualche perplessit� sulle argomentazioni offerte dalla Cassazione che, mentre da un lato richiama l'art. 2 cost., dall'altro fa riferimento all'applicazione analogica della disciplina sul diritto al nome. Comunque, a parte questi ed altri rilievi marginali, egli aderisce in pieno alla decisione tanto da definirla �un vero e proprio modello anche dal punto di vista stilistico� che contiene un apprezzabile contributo di chiarezza, oltre che di autorevolezza sull'esatta configurazione di questo nuovo diritto della personalit�. F. SCLAFANI ANNA MARIA PRINCIGALLI, Quand'� pi� s� elle no: perdita di �chance� come danno risarcibile, in Foro Italiano 1986 n. 1, I, 384. La Cassazione, con s,entenza n. 6506 del 19 dicembre 1985, ha stabilito che pu� dar luogo a risarcimento del danno la perdita della possibilit� di conseguire un risultato utile, sempre che siffatta possibilit� sia supe" riore al 50 %. L'Autore sostanzialmente aderisce alla pronuncia. Copiosa la messe di riferimenti alla giurisprudenza ed alla dottrina (anche straniera, in ispecie francese). G. LANCIA ANDREA PROTO PISANI, ,La Corte Costituzionale estende la revocazione per errore di fatto ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ. alle sentenze della Cassazione, in Foro Italiano 1986 n. 2, I, 313. Nota sostanzialmente adesiva alla sentenza n. 17/86 della Corte Costituzionale con cui � stato dichiarato incostituzionale l'art. 395 prima parte n. 4 cod. proc. civ nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione rese su ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 stesso codice. L'Autore analizza una serie di problematiche poste dalla pronuncia in ordine al momento del formarsi della cosa giudicata, ai termini entro cui ALBERTO RONCO, Processo per decreto ingiuntivo e contingenza di cause, in G. LANCIA ALBERTO RoNco, Processo per decreto ingiuntivo e continenza di causa, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile, n. 4, dicembre 1985, pag. 1076. L'autore trae spunto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6019 del 22 novembre 1984 per affrontare. il problema inerente ai rapporti tra procedimento .esecutorio e continenza di cause. PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA Dopo aver richiamato le principali opinioni espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul concetto di continenza, l'attenzione si focalizza sull'applicabilit� dell'istituto all'ipotesi in cui una delle due cause sia stata introdotta secondo le norme del procedimento ordinario e l'altra secondo il rito di cui agli artt. 633 e ss. cod. proc. civ. L'indagine viene svolta con riferimento ai momenti strutturalmente diversi in cui si articola il procedimento per decreto ingiuntivo: Si illustrano le ragioni di carattere empirico e tecnico-processuale che .sicuramente escludono che il giudice della c.d. � fase inaudita altera parte � possa tenere conto della pendenza di una causa ordinaria in relazione di continenza con quella su cui � chiamato a decidere. Pi� complessa si presenta la soluzione del problema in relazione all'ipotesi di eventuale opposizione al decreto. Contro l'opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza che interpreta la norma di cui all'art. 465 cod. proc. civ. e ss., come attributiva di una competenza funzionale ed inderogabile, in particolare per ragioni di continenza o di connessione, l'autore dimostra con serrate argomentazioni la piena assoggettabilit� dell'opposizione al decreto ingiuntivo� alla previsione dell'art. 39 comma secondo cod. proc. civ., illustrando altres� la conseguenza che tale soluzione comporta. M.L. GUIDA DIRITTO PENALE I GIOVANNA LANZA, Sulla attribuibilit� della qualifica di pubblico Ufficiale al privato progettista di piano regolatore, in Foro Italiano 1986 n. 2, II, 76. Nota adesiva a recente sentenza delle SS.UU. penali della Cassazione in data 25 maggio 1985, che, risolvendo un precedente contrasto di sezioni, ha attribuito la qualifica di pubblico Ufficiale al privato progettista di P. R. G. LANCIA MARCO BoscHI, L'oblazione prevista dall'art. 162 bis cod. proc. civ. e reati finanziari, in Foro Italiano 1986, n. l, II, 11. Nota adesiva a sentenza della Cassazione, sez. I penale del 22 aprile 1986 che ha statuito che l'oblazione prevista dall'art. 162 bis � ammissisibile anche per i reati contravvenzionali di natura finanzfaria. G. LANCIA GABRIELE FORNACIARI, Sulla rilevanza penale delle costruzioni edilizie realizzate in base ad atti concessori illegittimi, in Foro Italiano 1986 n. 2, II, 84. Nota adesiva ad ordinanza della sez. III penale della Cassazione del 13 marzo 1985 che esclude sussistere il reato di costruzione in assenza di concessione, ove taluno edifichi in base a concessione illegittimamente rilasciata. G. LANCIA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO VARIE MASSIMO IovENE, Immunit� dei quartieri generali della Nato dall'esecuzione forzata, in Rivista di diritto internazionale, 1982, fase. n. 2, pagg. 326-338. L'autore analizza le questioni sorte in occasione di controversie di lavoro promosse dai dipendenti delle organizzazioni medesime aventi ad oggetto contestazioni sul trattamento economico-previdenziale e rivendicazioni dei diritti sindacali. Rileva come l'orientamento della giurisprudenza prevalente sia stato nel senso di decidere siffatte questioni sulla base della teoria dell'immunit� ristretta degli Stati stranieri dalla giurisdizione. L'autore in particolare prende in esame la sentenza della Corte di Cassazione n. 1920 del 22 aprile 1984, che si � occupata per la prima volta del problema dell'immunit� delle organizzazioni internazionali dall'esecuzione forzata, ritenendo che la relativa disciplina ripropone dubbi circa la compatibilit� di tali immunit� con le disposizioni costituzionali in materia di tutela processuale. Dubbi che la stessa dottrina ha sollevato da tempo con riferimento all'istituto dell'immunit� giurisdizionale in generale, e che diventano maggiori quando questioni di immunit� dall'esecuzione interferiscono, come nel caso deciso con la sentenza, anche con quelle norme costituzionali che tutelano il lavoro nei suoi aspetti retributivi. F. MANZARI SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE GIOVANNI IUDICA, La responsabilit� contrattuale degli appaltatori in joint venture (Quaderni di Giurisprudenza Commerciale, n. 55), Giuffr�, Milano 1984, pp..114. Nello scri.tto in esame l'Autore si occupa della responsabilit� contrattuale degli appaltatori in � joint venture�, trattando del tema riguardante l'associazione temporanea di imprese con particolare riguardo al fenomeno della gestione di un appalto. Infatti, con l'espressione joint venture, come � noto, si indicano le ipotesi di collaborazione temporanea imprenditoriale variamente atteggiate. E si tratta di un fenomeno ormai sempre pi� ricorrente, in particolare modo nel campo dei grandi appalti quando la complessit� tecnica dell'opera esige la partecipazione di operatori specializzati in settori diversi. Il libro si presenta cos� estremamente interessante ed attuale affrontando, in modo articolato e significativo, il problema della responsabilit� degli appaltatori che si riuniscono per l'assunzione e l'esecuzione di un appalto. M.G. MANGIA TOMMASO ALIBRANDI -PIERGIORGIO FERRI, I beni culturali ed ambientali, Giuffr�, Milano 1985. Il volume (che fa parte del Commentario di legislazione amministrativa edito dalla Giuffr�) costituisce un aggiornamento dell'opera pubblicata con tanto successo nel '78. ! ! f - PARTE Il, RASSEGNA DI DOTTRINA La trattazione prende le mosse dalle leggi organiche del '39 sul patrimonio artistico e storico e sulle bellezze naturali, considerando poi altre categorie di ben� culturali, ed estendendo la propria analisi fino a comprendervi le sedi e gli strumenti di tutela urbanistica e naturalistica. L'opera � completata da un,commento della l. 512/82 sul regime fiscale dei beni di interesse culturale. E. DE GIOVANNI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, art. 395, prima parte, n. 4, nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze dalla Corte di cassazione rese sui ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 del codice di procedura civile e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 dello stesso codice. Sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 8 agosto 1895, n. 486, art. 11, sesto comma, dell'allegato T all'art. 39, nella parte concernente la giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla liquidazione delle pensioni spettanti ai dipendenti del Banco di Sidlia. Sentenza 3 febbraio 1986, n. 26, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. r.c:Ll. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 1, nella parte in cui non prevede le assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero alle dipendenze di impresa italiana. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 369, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.IJ. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, ultimo comma, e legge 20 novembre 1955, n. 1123, articolo unico, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale pi� sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 13, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, art. 4, secondo comma, nella parte in cui si prevede che i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali siano approvati con deliberazipne della giunta regionale. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 371, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 55, ultimo comma, nel testo originario e nel testo modificato dall'art. 12 della legge 9 novembre 1961, n. 1240, nella parte in cui non considera come vedova di guerra la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte del militare o del civile, avvenuta a causa della guerra, anche nel caso che siano state richieste le prescritte pubblicazioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5,, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, nelle parti in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche_per i terreni compresi in territori montani ubi�ati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 370, G. U. 8 g�nnaio 1986, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISl,AZIONE legge 20 novembre 1955, n. 1123, articoio unico, e d.IJ. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, ultimo comma, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale pi� sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 13, G. V. 5 febbraio 1986, n. 5. Legge regionale Sardegna 7 marzo 1956, n. 37, art. 2, n. 3. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 371, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1 e 4, nella parte in cui non prevede le assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero alle dipendenze di impresa italiana. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 369, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. "42, secondo e terzo comma, nella parte in cui non considera come vedova di guerra la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte del militare o del civile, avvenuta a causa della guerra, anche nel caso che siano state richieste le prescritte pubblicazioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 43, s'econdo comma, nella parte dn cui, per ipotesi di redditi del genitore a carico non derivanti esclusivamente da pensione, stabilisce un limite ostativo al conseguin1ento del diritto agli assegni familiari diverso da quello previsto per i redditi derivanti esclusivamente da pensioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 8, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 6 dicembre 1971, n. 1083, art. 4, nella parte in cui non riconosce all'interessato il diritto alla revisione dell'analisi, nemmeno quando nell'ambito degli accertamenti ivi previsti sia stata compiuta un'analisi di campioni senza contraddittorio: revisione da effettuarsi con l'applicazione degli artt. 390, 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 15, G. V. 5 febbraio 1986, n. 5. d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 7 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41], nelle parti in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 370, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 37 [cos� come riproduce i commi secondo e terzo dell'art. 42 della legge 18 marzo 1968, n. 313]. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II. -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 2118 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. codice di procedura civile, art. 413, secondo comma [nel testo sostituito dalla legge 11 agosto 1973, n. 533] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 361, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. codice di procedura penale, art. 202, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 33, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. di.I. 1� febbraio 1946, n. 122, art. 2 [modificato dalla legge 3 febbraio 1957, n. 16] (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 1, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 luglio 1952, n. 1126, art. 1, primo e terzo comma (art. 23 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 34, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.P.R. 26 dicembre 1962, n. 2109, art. 52, secondo e quinto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 30 gennaio 1986, n. 19, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 15 luglio 1966, n. 604, artt. 8 e 11 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, 35, 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 19, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 24 luglio 1969, n. 990, art. 6, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1985, n. 353, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. PARrE II, RASSEGNA DI I'..EGISLAZIONE . 23 legge 20>..magglo 1970, n. 300, art. 18 (artt. 3 e 38. della C�stituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 7, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). S�ntenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 35, primo e secondo. comina � (artt. 3, 4, 35, 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 11, primo col�1111a (art. 42 della Costituzione). Sentenz~ 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennai.o 1986, n. 1). legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, primo e secondo comma (art. 43 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, art. 22 (artt. 3, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 6, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 37, primo e terzo comma {artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 7 febbraio 1986, n. 36, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 31 ma'ggio 1974~ n. 420, artt. 24 e 29, sesto comma (artt, 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). �� Sentenza 5 febbraio 1986, .n. 32, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 44 (ar~t. 3, 21 e 41 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 35, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 1, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 2 e 9 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 31, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 9 e 10 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. Legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10 (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. 9 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, primo, terzo e quinto comma (artt. 3 e I 38 della Costituzione). � Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. I legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, quinto comma (artt. 3 e 38 della . Costituzione). .Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. I. legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 4 (art. 125 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. I legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 70 !(art. 102, secondo comma, della Costituzione). " Sentenza 14 gennaio 1986, n. 4, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. I legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14, quarto comma (art. 43 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.L 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1986, n; 25, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge �21 dicembre 1978, n. 843, art. 16, secondo comma (art. 3 della Costituzione) . .Sentenza 3 febbraio 1986, n. 25, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 18, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, artt. 14, 14-bis e 14-ter [convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14, quarto comma [convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G; U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 1 (artt. 3, 36, 38, 42, 47 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 3, primo e secondo comma, 6, 11, quarto e quinto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 7, 9, 11, primo e secondo comma, e 13, primo comma (artt. 117, 118, 119 e 136 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984 n. 194, artt. 16, primo e secondo comma, e 19, secondo comma (artt. 3, terzo comma; 8, nn. 7, 8; 15, 16 e 21; 16, 78 e 79 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. III -QUESTIONI PROPOSTE Disposizioni sulla legge in generale, preliminari al codice civile, art. 18 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 11 gennaio 1985, n. 514, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. cod. proc. civ., art. 668 cpv. (art. 24 della Costitu?ione). Tribunale di Catania, ordinanza 15 maggio 1985, n. 582, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. codice penale, art. 219, terzo comma (art. 3 della Costituzione). / Corte di cassazione, ordinanza 5 febbraio 1985, n. 599, G. U. -12 febbraio 1986, n. 6. codice penale, art. 384 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Corte di assise d.i Rovigo, ordinanza 28 maggio 1985, n. 573, G. U. 26 febbraio 1986, n. ~� 26 RASSBGNA DELl.'AVVOCATUM DELLO S'l'ATO codice di procedura penale, art. '115 (art. 24 della Costituzione). 26 RASSBGNA DELl.'AVVOCATUM DELLO S'l'ATO codice di procedura penale, art. '115 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia. ordinanza 20 giugno 1985, n. 572, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. codice di procedura penale, �rt. 238, primo comma (artt. �3 e 25 della Costituzione). � ' � Pretore di Termini imerese, ordinanza 13 aprile 1985, n. 596, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. codice di procedura penale,. ~rt. 263, secqndo COJDma (artt. 3 e 34 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 26 marzo 1985, n. 516, G. U. 5 febbndo 1986, n. 5. codice di procedura penale, art. 282, terzo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 569/85, �G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. codice penale militare di pace, art. 230, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 21 marzo 1985, n. 595, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, art. 374 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 27 novembre 1984, n. 515/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. r.d. 8 maggio 1904, n. 368, art. 142 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 27 novembre 1984, n. 515/85, G. U. 29 gennaio . 1986, n. 4. legge 10 luglio 1930, n. 1078, art. 4, primo comma (artt. 3 e 24 della Costi� tuzione). Corte di cassazione, ordinanza 19 ottobre 1984, n. 6,67/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. r.d 18 luglio 1931, n. 773, art. 110 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pontedera, ordinanza 17 aprile 1985, n. 589, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. t.u.f.l. approv. con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, artt. 278, terzo comma, e 283, secondo comma (artt. 101 e 108 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza� 3 �giugno 1985, n. 687, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. � P{\RTE, II,, lWlSEGNA DI LEGISLAZIONE ;27 t.u. approv. con r.d. .31 agosto 1933, 11. 1592, artt. 180 e 184 (artt. 3 e 33 della Costituzione). Pretore di Novara, ordinanza 7 marzo 1985, n. 575, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. r.d.l. 12 agosto 1937, n. 1757, art. 2 [conv. in legge 16 giugno 1938, n. 1207] (artt. 3 e 39 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 29 aprile 1985, n. 674, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. r.d.l. 28 febbraio 1939, .n. 334, art.-23 .(artt. 27' e 53 della Costititzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 31 ottobre 1984, n. 523/85, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 10 giug1U> ,1939, .n. 1089, art. 66. (art. 3 . della Costituzione).� Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 novembre 1984, n: 669/85, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 9 dicembre 1941, n. 1383, art. 3 (art. 3 della Costituzione) . . Cort�. militare d'appe�6 di� Rmna, ord.iri~liza 22 in~ggio 1985, n. 676, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge iS febbraio 1958,' n. �411, 'artt. 12, secondo comma, e 13 �(art. 3' della . �ostituzione). Corte dei conti, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 698/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.P.R. �15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis (art. 27 della Costituzione). Pretore di Novafeltria, �rdirl~nza. i.5 .marzo. 1985, n .. e520, G. U. 22 gehnaio 1986, n. 3. d.P.R. 15 giugno 1959, n: 39'3, �art. �37, �sesto comnia (ari:. 3 della Costituzione). Pretore di 'Milano, ordiit�iiza 16 aprile 1~85, IL 623, G. u. 12. febbrafo 1986, n. 6. .. .._, d.P. reg. Sicilia 20 .�gosto 1960, n. 3, .�rt. 6 (al'tt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Messina, ordil;ianza lf febbrai@ 1985�,; n:� 505, G: U. 15 gennaio 1986, n. 2. legge 27 novembre 1960, n. 1397, art. �2, s~condo comma .(artt. �3 e 38 della Costituzione). �Pretore di Parma, ordinanza 2 �aprile 1985, n. 583, G.. U. 26 febbraio�� 1986, n. 8. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 19 febbraio 1985, n. 527, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. ll) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 13 giugno 1985, n. 522, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. Pretore di Caltanissetta, ordinanza 9 luglio 1985, n. 559, G. U. 15 gennaio 1986, Il. 2. Tribunale di Torino, ordinanza 29 agosto 1985, n. 742, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 10 maggio 1964, n. 336, artt. 1 e 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 9 maggio 1985, n. 506, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 209 e 349 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 26 giugno 1985, n. 717, G. U. 26 febbraio 1985, n. 8. l~ge 22 luglio 1966, n. 613, art. 12, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 2 aprile 1985, n. 583, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 66 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16-bis (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 501, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 28 aprlle 1968, n. 1339, articolo unico, lett. b) (artt. 72, 80, 81 e 87 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre 1983, n. 788/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. ! ! I f I ~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 marzo 1985, n. 517, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. Corte di cassazione, ordinanza 12 marzo 1985, n. 598, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, lett. c) (artt. 3, 29, 30, 31 e 37 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 17 gennaio 1985, n. 549, G. U. 5 febbraio , 1986, n. 5. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, artt. 4, primo comma, lett. c), e 12 (artt. 3, 30, 31 ,e 37 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 24 gennaio 1985, n. 627, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 47 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 501, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa ali. A (artt. 11 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 15 aprile 1985, n. 592, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 49 e 55 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 22 febbraio 1985, n. 681, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, t�rzo comma (artt. 101 e 108 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 11 febbraio 1985, n. 535, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di . Termini lmerese, ordinanza 22 febbraio 1985, n. 681, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, settimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanze (due) 11 ottobre 1984, nn. 639-640/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. �30 RASSEGNA DELL'AVVOCATUAA DEU.O STATO d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156,' artt. 191, �pi;imo : coirtma, n. 2, 403r' primo comma e 409, primo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 22 settembre 1984, n. 775/85, G. U. 2.9 gennaio 1986, n. 4. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10 (artt. 3 e 53 della Costituzione). � Commiksione tributaria di primo gra�lo di Ron:ia. �rdinar:iza 25 giU:grtd 1984, n. 528/85, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 13 (artt. 3 e' 53 della Costituzione). -Commissione tributaria centrale,�. ordinanza 25 gennaio 1985, n.. 760, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. d.Plt. 29 settembre 1973, n. 600; �rt. 36-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 12 marzo 1985, n. 541, G.: U. 22 . genm1io. 1986, n. 3, d~P.R. 29 settembre 1973, n. 601, .art;. 34, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 19 .:giugno 1985, n. 787, G. U. 5 febbraio 1986, n;� 5.. d.P,lt., 29 settembre 1973, n. 602, artt. ll, 15, primo comma, e 39 (artt. 3, 24 e 113 'Clelia Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 28 maggio 1985, n. 578, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, 'artt. 82, prim� comma, e 86, primo comma (art. 3 della Costituzione). � . Corte dei conti, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 698/85, G. U. 15 gennaio 1980, n.�2. legge 18 aprile 1975, n.. 110, ar:t�. 2, secondo capoverso (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 11 marzo 1983, n. 533/85, G. U. 22 gennaio 1986,, n. 3. ' legge 18 aprile 1975, n. HO, art. 2, terio comm~ (art. 3 della, Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 16 aprile 1985, n. 469, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. � Tribunale di Sondrio,� ordinanza �19 rri'ario 1985, ri. 468, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. Triounale ,di Sondrio, �ordinanza 12 marzo 1985, n. 467, G. U. l'i gennaio 1986, n. 2. � Ji'ARTB li, R/\SSEGNA �DI LEGISLAZIONE 31 legge 3 giugno .1975,r n. 160, art. 27 (artt. 3 e 53 della Costituzione).� Pretore. di Genova,. ordinanza 10 giugno 1985, n. 584, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. Pretore di Genova, ordinanza 24 giugno 1984, n. 587/85, G. U. 26 febbraio �1986; n. 8. legge 21 giugno 1975, n. 287, art. 20, penultimo comma '(artt. 72; 80, '8-L e 87_ del.la Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre J 1983, n. 788/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 26 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appell� di Fir~nze,' ordinanza �17 'giugno 1985, n. S97, C. U. 26 feb .~ ' .;I . ' braio 1986-, n. 8. legge� 22 dicembre 1975, n. 685, artt. '26, :z8 e 71 � (art. 3 della Cos�tl1zione). Tribunale di Fire~ze,, ordinanza 3 maggio �85, D.. '608,' G. U. 26 febbraio 1986, Il. 8. d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, nono comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 20 giugno 1985, n. 572, G. U. 12� febbraio 1986, n. 6.� legge 26 febbraio 1977, n . 39, art. 4, quarto comma (art. 3 della Costi� .tuzione). .~. '. Giudice conciliatore di Arcore, ordinanza .25 maggio 1985, n. 574, G.U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 6 aprile 1977, n. 233, art..15, primo comma, lett. b) (artt. 3 e-53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza' 17 �ottobre 1983, n. 529/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5, lett. f) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 25 giugno 1984, n. 528/85, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. . . . . . . . legge 13 � aprile 1977, n. 114, art. 21, primo comma, �n. ~-(artt. 3, 25 e 29 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di R~ma, ordi��nza 3 . luglio 1984, n. 563/85, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6 (artt. 3, 29, 30, 31 e, 37 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 17 gennaio� 1985, n. 549, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 32 legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 8 e 19 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, ordinanza 26 febbraio 1985, n. 625, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. dJ. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [conv. in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1983, n. 564/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 22, ultimo comma (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, .n. 1. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3, 58 e 65 (art. 3 della Costitu:llione). Pretore di Partinico, ordinanza 2 aprile 1984, n. 780/85, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 22 aprile 1985, n. 530, G.U. 29 gennaio 1986, n. 4. Tribunale di Genova, ordinanza 31 maggio 1985, n. 543, G.U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 16 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1983, n. 564/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 2 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 5 febbraio 1985, n. 624, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 24 dicembre 1979, n. 650, artt. 6 e 17, ultima parte (artt. 25 e 77 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanza 7 maggio 1985, n. 542, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.l. 30 dicembre 1979, n. 633,' art. 3, primo comma, lett. b) [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Cuneo, ordinanza 12 giugno 1984, n. 534, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE JJ legge reg. Piemonte 6 marzo 1980, n. 13, tariffa allegata, n. 14 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 maggio 1985, n. 524; G.U. 5 febbraio 1986, n. 5. Pretore di Roma, ordinanza 22 aprile 1985, n. 550, G.U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (art. 38 della Costituzione)~ Pretore di Roma, ordinanza 10 aprile 1985, n. 525, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 7 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 25 giugno 1985, n. 561, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. _ legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, artt. 3 e 10 (artt. 3, 36. 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gen� naio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. -legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 47 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 51 (artt. 3, 36, 38, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 21 maggio 1985, n. 570, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore. di Genova, ordinanza 10 giugno 1985, n. 584, G. U. 22 ~ennaio 1986, n. 3. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE!.W SIATO legge 23 aprUe �1981,� ȥ 155, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 18 giugno 1985, n. 551, G. U~ .. 15 gennaio 1986, �Il. 2. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. �9 (artt. 3, 36, 38, 42 e 53 della Cost,ituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 aprile 1985, n. 594, G. U. 22 gennaio 1986, �n. 3. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] -(artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di � 'sondri�; ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. � d.P,Jt. 25 ottobre 1981, n. 737, ~rt, 8, primo comma, lett. b) (artt.~ 3 e 97 della Costituzione). � Tribunale amministrativo regionale della Liguda, ordinanza 14 giug!l-O 1984, n. 607/85,� G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. � Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 14 giugno 1984, n. 606/85, G . .U,. 22 genna~o 1986, u. 3. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (art. 3 della Costituzione).� Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, ordinanza 11 luglio 1985, n. 675, G. U'. �19 febbraio 1986, n. 7. � l�gge 26 aprile 198!?, n. 181, art. 14 (artt. 3 e . 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n.s. l�gge 3 .maggio 1982, n. �203, artt. 25; �26, �28 e 30 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di M~c}ena, or:dinanza 16 gennaio 1984, n. 768/85, G. U. 29. gennaio 1986, n. 4. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tr�<'!iceshno comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine; -ordinanza 21 maggio 1985~ n. 570; G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (artt. 3, 36, 38, 42 e 53 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza. .27 aprile 1985, n. 594, G.U. 22 gennaio 1986, n. 3. I 1 I' PARTE li, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE.'. Jf :d;I. 2 luglio 1982, n. 402, art:� !5 [nel testo modificato daUa legge di conversione 3 settembre 1982, n. 627] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 7 agosto 1982, 11t 526, art. 8 (�rtt. 3 ~ 23 della Costituzione). Giudice conciliatore di Arcore, ordinanza 25 maggio. 1985, .n. 574, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.I. 30 settembre 1982, n. 6881-art. 19 [conv. in l�gge 27 novembre� 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 554, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. dJ. 30 settembre 1982, n. .873, art. 19, primo e secondo comma [recte: d.I.. 30 settembre 1982, n. 688, conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 17 dicembre 1984, n. 553/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.I. 29 gennaio 1983, n. 17, art. ~O [conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 36 e 38 della Costituzione); Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanze (tre) 21 giugno 1984, nn. 678-680/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 102 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Bolqgna, ordinanza 2 luglio 1985, n. 716, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. dJ. 12 settembre 1983, n. 468, art.. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 21 giugno 1985, n. 571, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. l~ge 11 novembre 1983, n. 638, articolo Unico, penultimo comma (artt. 3, 70 e 77 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 12 novembre 1984, n. 638/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Cuneo, ordinanza 12 giugno 1984, n. 534/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge' 27 luglio 1984,. n. 397, art. 3, primo, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Termini Imerese, ordinanza 13 aprile 1985, n. 596, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 30 luglio 1984, n. 399, artt. 1, 3 e 5 (artt. 102 e 106 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 25 luglio 1985, n. 682, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 30 luglio 1984, n. 399, art. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 715, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1 e 10, secondo comma (artt. 3, 36, 97 e 107 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 670, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 6 agosto �1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 3, 24, 25, 36, 97, 101, 102, 103, 104, 113, 134 e 137 della Costituzione). r Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 670, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 6 agosto 1984 n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 30 aprile 1985, n. 593, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [cos� come aggiunto dalla legge di conversione 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 5 luglio 1985, n. 600, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 giugno 1985, n. 536, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, settimo comma [conv. nella legge 5 aprile 1985, n. 118] (a:r:t. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 24 aprile 1985, n. 503, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. I I ' I ! I I . PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE cU. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, commi 9-bis, 9-quater e 9-quinquies [conv. in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3 e 42 della Costituziqne). Tribunale di Napoli, ordinanza 29 maggio 1985, n. 591, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 35 e 39 (artt. 25, 79 e 101 della Costituzione). Pretore di Mal�, ordinanze (due) 15 maggio 1985, nn. 585 e 586, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt�. 38, primo comma, e 44 (art. 3 de,lla Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanze (due) 17 maggio 1985, nn. 565 e 566, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 38, terzo comma, e 44 (art. 3 della Costi� tuzione). Pretore di Palmi, ordinanza 20 marzo 1985, n. 567, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. Pretore di Palmi, ordinanza 10 aprile 1985, n. 568, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanze (due) 8 maggio 1985, nn. 580 e 581, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 25 giugno 1985, n. 562, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze (tre) 27 maggio 1985, nn. 510-512, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea e comma 9-quater (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 maggio 1985, n. 513, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 5 aprile 1985, n. 118, art: 1, comma 9-bis e quater (artt. 3, 24, 41, 42, 77, 101, 102 e 103 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 luglio 1985, n. 579, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. 38 ltASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATo legge ! aprile 1985, n. 118, art.' 1, commi 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9�quinquies (artt. 3, 24, 42, 101, 102 e 103 della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanze (due) 26 giugno. 1985, nn. 683 e 684, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge �23 �ottobre 1985, n. 595, 1trt. 6, secondo comma (artt. 117, 118 e 125 della Costituzione). Regione Lombardia, dcorso. 16 dicembre 1985, n. 48, G. U.-8 gennaio 1986, Il. 1. d,J. 2 dicembre 1985, n. 688, art. 4 (artt. 81 e ~ 19 di::J.la Costituzione). Regione Toscana, ricorso 4 gennaio 1986, n. 1, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3.