ANNO XXXVIII -N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 1986 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1986 ABBONAMENTI ANNO 1986 ANNO ... L. 37.000 UN NUMERO SEPARATO 7.000 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorluulone Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu1lio 1966 (7219257) Roma, 1987 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato -P.V. Ripubblichiamo nella pagina seguente la nota redazionale e il discorso del Presidente della Repubblica gi apparsi nel fascicolo precedente. La redazione formula le pi sentite scuse per la precedente errata composizione tipografica del testo e prega di voler eliminare dal suindicato fascicolo la pagina mal pubblicata. Indirizzo di saluto del Presidente della Repubblica in occasione della restituzione degli auguri nella sede dell'Avvocatura dello Stato. Il Presidente della Repubblica On.le Prof. Avv. Francesco Cossiga ha onorato l'Is1lituto con una sua visita all'Avvocato Generale per formulare gli auguri di Natale 1985 e Capodanno 1986. Pubblichiamo il testo registrato del saluto del Capo dello Stato al quale l'Avvocato Generale ha risposto esprimendo il profondo ringraziamento suo personale e dell'Istituto per l'alto l?coonscimento dato dal Presidente col suo gesto e con le sue parole. Queste -ha detto, tra l'altro, l'Avvocato Generale -costituiscono il miglior incitamento per i giovani cui affidato l'arduo compito di conservare la gloriosa tradizione dell'Avvocatura dello Stato e un premio ambito per le fatiche di tutti quelli che con grande sacrificio e difficolt continuano a far fronte a crescenti ed onerosi impegni di lavoro, nonostante le vistose carenze dell'organico professionale. Con riguardo a. tale argomento l'Avvocato Generale ha auspicato che il Governo -come ha promesso il Presidente del Consiglio nella lettera di risposta alla presentazione, da parte dell'Avvocato 'Generale, dell'ultima relazione quinquennale -dia rapidamente corso alle proposte che egli inoltrer appena definita la legge in corso di approvazione relativa alla integrazione dell'organico del personale amministrativo. L'Avvocato Generale, a nome di tu~ti gli appartenenti all'Istituto, rinnova al Presidente della Repubblica' il ringraziamento e gli auguri attraverso la Rassegna, che ha l'onore di riportarne, qui di seguito, le parole: Era mio dovere, come Capo dello Stato, venire nella sede dell'Avvocatura generale dello Stato. Le feste natalizie e il desiderio di ricambiare gli auguri che l'Avvocato generale cos cortesemente mi ha presentato questa mattina, anche a nome di tutti gli avvocati, sono soltanto un'occasione: l'occasione di un incontro che av.evo gi programmatO da tempo. Desidero pertanto che la mia visita di oggi venga accolta anche come voluta e realizzata al di fuori di questa occasione. L'Avvocatura dello Stato posta a difendere e tutlare interessi e diritti che sono in modo particolarmente diretto ed immediato riferibili allo Stato. Ritengo doveroso ringraziare gli avvocati dello Stato per tale opera, che svolgono con spirito di servizio, profonda preparazione e alta professionalit, come io stesso ho potuto sperimentare nella ormai non breve esperienza politico-amministrativa. Essi svolgono il lorn lavoro essendo prima avvocati, nel senso pi nobile della parola, e poi avvocati dello Stato. proprio in tal senso che deve essere intesa, a mio avviso, la funzione dell'Avvocatura dello Stato, ohe non partecipe dell'azione dello RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Stato solo come rappresentanza e difesa dinanzi alle Corti di giustizia, ma anche nell'attivit di consulenza e di assistenza, che anch'essa momento rilevante di attuazione della giustizia, non solo perch evidentemente, sotto il profilo pratico, pi opportuno prevenire il conflitto che non porvi rimedio quando sia gi insorto, ma anche perch questo un modo, forse il pi desiderabile, di rendere giustizia. E anche per questo gli avvocati dello Stato e forse a maggior ragione degli stessi avvocati del libero foro, fanno parte del circuito dell'amministrazione della giustizia. L'avvocato, il difensore della parte, vi appartiene allo stesso titolo del giudice o del pubblico ministero, perch un'altra delle conquiste della civilit moderna e dello Stato liberale, il giudice come terzo: il giudice come terzo non pu essere tale se non assicurato alle parti il diritto di difesa. Concorrono quindi all'amministrazione della giustizia i giudici non meno che i difensori delle parti, anche perch senza il contraddittorio il giudice diventa un inquisitore. I poteri, i diritti, le facolt, la stessa posizione dell'avvocato nel processo sono, dunque, garanzia di libert. V a osservato, a tale riguardo, che gli ordinamenti che hanno realizzato i migliori sistemi di giustizia, sono proprio quelli che hanno introdotto il concetto di parit delle parti. Credo, infatti, che la giustizia in concreto realizzabile solo quella in cui possibile pervenire attraverso e nella griglia delle leggi. Ritenere di avere il diritto, nel nome della verit, di costruire o di affermare verit diverse da quelle che si possono costruire attraverso il sistema delle prove, attraverso il sistema della dialettica processuale, pu essere, in astratto, espressione di alta ispirazione ideale, ma rischia di portare in concreto alla negazione della giustizia, come ci ricorda quel periodo molto critico della storia della Chiesa, che quello della Santa Inquisiiione. La pratica attuazione di quella che gli Enciclopedisti chiamarono l'utopia delle leggi appare la via pi concreta e sicura di realizzazione della giustizia degli uomini. per questa ragione che, .venendo qui, compio doverosa testimonianza a chi ha il compito di tutelare diritti e interessi immediatamente riferibili all'apparato statale o agli altri soggetti che a questo fine sono equiparati allo Stato, ma nello stesso tempo, esercitano l'avvocatura con le stesse prerpgative con le quali viene esercitata da ogni avvocato. Ed per questa condizione di parit, tanto nel vestire la toga, quanto nei poteri, negli oneri e negli obblighi, che l'avvocato dello Stato, a mio avviso, deve essere considerato (e se non lo fosse. non avremmo un sistema di giustizia liberale) soggetto del processo di giustizia alla stregua del difensore della. parte privata, ed al pari dello stesso giudice, cui si affianca nell'esercizio di una funzione che in quanto pubblica istituzionale, esprime una fondamentale vocazione giustiziale. Per questo ho voluto portare all'Avvocato generale dello Stato ed a que,sto Istituto il mio saluto ed il mio. augurio che si rivolge alle persone, all'~stituzione, al Paese ..come auspicio di giustizia .e quindi di pace e di ser-enit . , INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del /'avv. Franco Favara) ...... . Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNA ZIONALE (a cura dell'avv. Oscar Fiumara) .... Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) . . . . . . . . . . . . Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerini) ...... . Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura def/'avvocaio Carlo Bafile) . . . . . . . . . . . . . Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) . . . Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/monte e Nicola Bruni) . . Parte seconda: QUESTIONI RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE La pubblicazione diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO pag. 1 )) 23 )) 37 )) 41 )) 52 66 )) 84 pag. 1 )) 9 )) 20 CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANcms, Trento; Paolo ScTTI, Trieste; Giancarlo MANDb, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI P. CoSENTINO, Sulla tutela giurisdizionale nelle controversie di invalidit civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 42 O. FIUMARA, La libera circolazione delle merci nell'ultimo quinquennio di giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunit europee (maggio 1980-luglio 1985) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE -Acque pubbliche -Accertamento giudiziale della natura pubblica -Fattispecie, 74. -Acque pubbliche -Competenza e giurisdizione -Aggiudicazione di appalto di opera idraulica -Ricorso Giurisdizione del Tribunale superiore delle acque -Non sussiste, 81. -Acque pubbliche Tribunali r~gionali delle acque -Giudizio e procedimento -Controversie sulla demanialit delle acque -Legittimazione passiva della Regione Esclusione, 74. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Clausola di esclusione della revisione dei prezzi -Applicabilit degli articoli 1341 e 1342 coc;l. civ., 66. COMPETENZA CIVILE -Pronuncie sulla giurisdizione e sul merito Appello del soccombente ApJ? ello incidentale sulla giurisdi zione -Ammissibilit -In caso di fondatezza dell'appello principale, 74. COMUNIT EUROPEE -Agricoltura -Organizzazioni comuni di mercato relative agli animali vivi Transito di animali vivi, 23. -Libera circolazione dei lavoratori Trasporto pubblico -Condizioni oggettive e generali di accesso -Situazioni puramente interne, con nota di M. CONTI, 32. -Sistema comune d'imposta del valore aggiunto -Ambito territoriale di applicazione, 27. CORTE DEI CONTI -Giurisdizione esclusiva -Contestazione della qualifica impiegatizia in relazione ai benefici combattentistici -Atto inerente al rapporto di impiego -Cognizione incidentale della Corte dei Conti -Esclusione, 40. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione Regolamento ministeriale di attuazione Questione gi decisa in relazione alle disposizioni legislative -Inammissibilit del conflitto Atti di mera esecuzione di detto regolamento -Inammissibilit del conflitto, 1. ENTI PUBBLICI -Soppressione -Liquidazione attribuita al Ministero del tesoro e disciplinata dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 -Liquidazione concor suale -Esclusione, 70. -Soppressione -Trasferimento delle attribuzioni ad altro ente -Succes sione universale o a titolo particolare -Soppressione dell'E.N.A.L.C. Successione universale delle regioni -Esclusione, 69. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT -Occupazione non autorizzata -Trasformazione del bene ed estinzione del diritto di propriet -Requisiti, 78. -Terreni a destinazione agricola o comunque privi di attitudine edificatoria -Criterio del valore agricolo medio -Legittimit costituzionale -Termini di inizio e ultimazione delle espropriazioni -Necessit, 18. ~ [~j .. ~: INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Xl FRIULI-VENEZIA GIULIA -Enti sottoposti alla potest legisla tiva regionale Norme statali di tesoreria Sono applicabili, 3. PENSIONI -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti Atti amministrativi de finitivi inerenti al rapporto d'im piego Cognizione incidentale Esclusione, 39. -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti Atti amministrativi de finitivi relativi al rapporto di pub blico impiego Sindacato inciden tale di legittimit Esclusione Eccesso di potere giurisdizionale, 37. PREVIDENZA -Assistenza sociale -Invalidi civili Pensione e assegno Azione innan zi l'A.G.O. Procedibilit -Condi zioni Decisione definitiva della Commissione sanitaria regionale Sufficienza, con nota di P. CosEN TINO, 41. -Assistenza sociale Invalidi civili Pensione e assegno -Domanda giudiziale -Legittimazione passiva del Ministero dell'interno -Sussistenza in via esclusiva -Trasferimento del le Commissioni sanitarie alle Regio ni -Irrilevanza, con nota di P. COSENTINO, 41. -Assistenza sociale -Invalidi civili Pensione e assegno -Procedimen to amministrativo di accertamento delle condizioni -Rilevanza sull'a zione proposta innanzi all'A.G.O., con nota di P. COSENTINO, 41. PROCEDIMENTO CIVILE -Controversie in materia di previ denza e assistenza Pretesa non manifestamente infondata o teme raria -Esonero del lavoratore dalle spese -Estensione alle controver sie di assistenza sociale non correlate a rapporto di lavoro, con nota di P. COSENTINO, 41. ll/lllllflllllllllllrllllllllrllllllllllllltfll.lf=lllllllll-111 -Controversie in materia di previdenza e assistenza -Pretesa non manifestamente infondata o teme.. raria -Esonero del lavoratore dalle spese -Obbligo di motivazione del giudice -Insussistenza, con nota di P. COSENTINO, 41. REATO -Reati valutari -Violazione dell'art. 2, primo e quinto comma, legge 30 aprile 1976, n. 159 e successive modifiche -Autonomo titolo di reato e non ipotesi aggravata, 84. REGIONI -Deleghe ad enti locali -Controllo sugli atti emessi dagli enti delegati Attribuzione ai Co.Re.Co. -Legittimit costituzionale, 18. -Urbanistica -Limiti competenza re gionale -Opere e beni di interesse nazionale. 8. SICILIA -Lavori pubblic~ -Acquedotti infra regionali -Attribuzione deJla regione -Limite alla disponibilit di cassa -Computabilit dei mandati in corso non pagati, 3. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Accertamento Metodo induttiv0 Preliminare accertamento analitico Non necessario, 61. -Imposte sui redditi di ricchezza mo bile -Plusvalenze -Enti con fini di lucro -Societ cooperative, 58. -Rimborsi di ritenute diretti e di versamenti diretti Diversit di termini -Legittimit costituzionale, 14. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Agevolazioni tributarie a favore del l'edilizia -Parte di area non edificabile per prescrizione di piano paesistico -Violazione del principio di eguaglianza Non sussiste, 15. -Agevolazioni tributarie a favore del l'edilizia Uffici e negozi trasferiti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO separatamente Diversit di trattamento Legittimit costituzionale, 14. -Imposta di registro Societ di persone Socio d'opera -Liquidazione di quota Tassabilit con imposta graduale, 54. -Imposta di successione -Deduzione di passivit Debiti verso pubbliche amministrazioni Imposta complementare per accertamento di maggior valore Impugnazione dell'accertamento -Deducibilit -Condizioni, 52. -Sanzioni Sopratassa -Interessi Decorrenza, 56. URBANISTICA -Decadenza della licenza edilizia per sopravvenuto strumento urbanistico -Legittimit costituzionale, 17. -Piano regolatore generale e programma di fabbricazione -Delibera di approvazione -Ricorso per conflitto di attribuzione -:E:. ammissibile, 8. i! t I ' f: f ! f f INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 29 ottobre 1985, n. 245 . 29 ottobre 1985, n. 246 . . . . 15 novembre 1985, n. 286 . . 22 novembre 1985, n. 305 (ord.) . 11 dicembre 985, n. 325 (ord. in cam. cons.) . 13 dicembre 1985, n. 339 (ord. in cam. cons.) .. 21 dicembre 1985, n. 355 . . . . . . . . . . . 30 dicembre 1985, n. 385 (ord. in cam. cons.) . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE Sed. plen., 15 gennaio 1986, nella causa 121/84 . Sez. Il, 23 gennaio 1986, nella causa 283/84 . Sez. Il, 23 gennaio 1986, nella causa 298/84 ... GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 16 ottobre 1985, n. 5081 . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5126 . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5134 . . Sez. I, 18 ottobre 1985, n. 5136 . . Sezioni unite, 24 ottobre 1985, n. 5252 . Sez. I, 26 ottobre 1985, n. 5273 . . . . . Sez. Un., civili, 28 ottobre 1985, n. 5293 . Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5294 . Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5295 . Sez. I, 22 gennaio 1986, n. 398 . Sez. I, 24 gennaio 1986, n. 465 . . . TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 20 febbraio 1986, n. 8 . . . . . . . . 26 febbraio 1986, n. 10 . . . 27 febbraio 1986, n. 14. ..... . GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. III penale, 14 ~ennaio 1986, n. 191 . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 1 )) 3 )) 8 )) 14 14 )) 17 18 )) 15 Pag. 23 )) 27 )) 32 Pag. 52 )) 54 )) 56 )) 58 41 )) 61 )) 37 )) 39 40 )) 66 )) 69 Pag. 74 )) 78 81 Pag. 84 PARTE SECONDA Questioni ...... . dottrina . Pag. PARTE SECONDA Questioni ...... . dottrina . Pag. III -Questioni proposte ....... . 25 Rassegna di RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I -Norme dichiarate incostituzionali . II -Questioni dichiarate non fondate . 9 Pag. 20 )) 22 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 29 ottobre 1985, n. 245 -Pres. Roehrssen -Rel. Paladin -Regione Emilia-Romagna (avv. Predieri) e Presidente Con siglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Corte Costituzionale Conflitto di attribuzione Regolamento ministeriale di attuazione Questione gi decisa in relazione alle disposizioni legislative Inammissibilit del conflitto Atti di mera esecuzione di detto regolamento . Inammissibilit del conflitto. Non ammissibile un conflitto con cui si risollevi la medesima questione gi proposta nei confronti della disciplina legislativa di base, senza che sia ravvisabile la necessaria distinzione fra il tema del conflitto stesso e quello del previo giudizio di legittimit costituzionale. N ammissibile un conflitto proposto in relazione ad atti di mera esecuzione di preesistente o contemporaneo atto. (omissis) I due ricorsi proposti dalla Regione Emilia-Romagna sono accomunati dal fatto di concernere la prima applicazione dell'art. 35 della legge 30 marzo 1981, n. 119, in tema di tesorerie e di finanziamento delle unit sanitarie locali; ed a ci si aggiunge che gli atti impugnati mediante il primo ricorso, cio il telegramma 9 maggio 1981 del Direttore generale del tesoro e la circolare 5 maggio 1981, n. 88438, della stessa direzione (successivamente pervenuta alla Regione), sono strettamente connessi -come si precisa nel seguito della presente sentenza -all'ultimo fra gli atti dei quali richiesto l'annullamento, vale a dire al de creto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro, sulla determinazione delle modalit di funzionamento del conto corrente e delle contabilit speciali intestate alle unit sanitarie locali. Pertanto, i due giudizi si prestano ad essere riuniti e congiuntamente decisi. Entrambi i ricorsi vanno per dichiarati inammissibili, in base a due diversi ordini di considerazioni. a) Relativamente alla circolare ed al telegramma della Direzione generale del tesoro, la Regione assume che essi invadano l'ambito di sua competenza, introducendo una normativa di dettaglio in un campo gi disciplinato della legge regionale n. 22 del 1980, e comunque contrastino con la legge n. 119, sostituendosi al decreto ministeriale previsto dall'art. 35 2 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO (del quale la stessa ricorrente afferma -nel primo ricorso -di non avere preso alcuna conoscenza). A questo riguardo, tuttavia, s'impongono i seguenti rilievi. In primo lugo, il decreto miniseriale cui si riferiscono tanto il telegramma quanto la circolare risulta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1981: cio in un momento di molto precedente la proposizione del ricorso. In secondo luogo, la Giunta dell'Emilia-Romagna, all'atto di sollevare il relativo conflitto, decideva di ottemperare per il momento alle suddette istruzioni: il che potrebbe far dubitare. dell'attualit dell'interesse a ricorrere. In terzo luogo, l'Avvocattfra dello Stato ha formalmente eccepito in un duplice senso l'inammissibilit del ricorso medesimo: da un lato, poich il telegramma impugnato si limita a richiamare le disposizioni del previo decreto ed invita la Regione ad osservarle, senza dunque comportare una lesione concreta della sfera della competenza regionale in materia di organizzazione finanziaria: d'altro lato, poich la circolare presenta anch'essa natura e funzione meramente esplicativa delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato . Tali eccezioni sono comunque risolutive. Entrambi gli atti impugnati adempiono, in altre parole, la mera esecuzione del contemporaneo o preesistente decreto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro. Ed solo nei confronti di quest'ultimo provvedimento che pu dunque ammettersi, in via di principio, un regolamento di competenza suscettibile di essere risolto dalla Corte. b) Senonch lo stesso Decreto ministeriale viene impugnato dal secondo ricorso regionale in termini tali da far escludere -come ha messo in luce l'Avvocatura dello Stato -che ne derivi alcun apporto novativo o modificativo di quanto gi disposto dall'art. 35 della legge n. 119. Vero che l'atto in questione stato emanato sulla base del penulti mo comma del predetto articolo: il quale demanda ad appositi decreti del Ministro del tesoro il compito di stabilire le modalit di funzionamento del conto corrente e delle contabilit speciali intestate alle U.S.L. (come appunto risulta dal titolo del decreto stesso). Ed il conto del quale .si tratta quello in cui l'art. 35, quinto comma, impone l'accreditamento, mediante prelievo dai conti intestati alle corrispettive Regioni, degli importi destinati alle U.S.L. per ogni trimestre, in base al penultimo comma dell'art. 51_ della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale; dopo di che le varie sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, dando sempre applicazione ai provvedimenti regionali di riparto dei fondi disponibili, accreditano a loro volta le quote spettanti alle Unit -sulla base del sesto comma dell'art. 35 - ad apposite contabilit speciali . Ora, su tutta questa normativa la Corte si gi pronunciata, mediante la sentenza di rigetto n. 162 del 1982: con cui si respinta -fra l'altro -un'impugnativa proposta in via prinicipale dalla stessa Regione ! ~ f PARTE I, SEZ. T, GIURTSPRliDENZA COSTITUZIONALE Emilia-Romagna, precisando che il meccanismo or ora descritto non viola l'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto resta integro il potere di ripartire le risorse finanziarie disponibili tra le diverse destinazioni: ed aggiungendo che l'aver il legislatore creato un pi stretto coordinamento temporale fra il momento del prelievo dalla Tesoreria Centrale e il momento della spesa effettuata dagli organi erogatori del servizio sanitario risponde alla esigenza obiettiva, nell'interesse dell'intera comunit nazionale, di un opportuno coordinamento del flusso della spesa sanitaria con quello delle entrate destinate a fronteggiarla . Ma la prima e fondamentale doglianza prospettata dal ricorso in esame non fa che ribadire i motivi gi ritenuti infondati dalla citata decisione della Corte. Non a ca~o, la ricorrente avverte in modo espresso che le denunce mosse con riguardo all'impugnato decreto ministeriale coincidono... nella sostanza con quelle gi rivolte a sostenere l'illegittimit dell'art. 35 della legge n. 119. E dunque s'impongono -a pi forte ragione -le conclusioni raggiunte dalla sentenza n. 28 del 1979, nel senso che non ammissibile un conflitto con cui si risollevi la medesima questione gi proposta nei confronti della disciplina legislativa di base, senza che sia ravvisabile la necessaria distinzione fra il tema del conflitto stesso e quello del previo giudizio di legittimit costituzionale. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 29 ottobre 1985, n. 246 -Pres. Roehrssen - Rel. Paladin -Regione Sicilia (avv. Fazio), regione Toscana (avv. Cheli e Predieri), regione Friuli-Venezia Giulia (avv. Pacia) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Vittoria). Sicilia -Lavori pubblici Acquedotti infraregionali Attribuzione della regione Limite alla disponibilit di cassa Computabilit dei mandati in corso non pagati. Friuli-Venezia-Giulia Enti sottoposti alla potest legislativa regionale Norme statali di tesoreria Sono applicabili. Poich la materia dei lavori pubblici (eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale) stata trasferita alla regione Sicilia, ed in tale materia sono compresi gli acquedotti infraregionali, non spetta allo Stato includere l'Ente acquedotti siciliani (E.A.S.) fra gli enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit e dei relativi bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato. Spett allo Stto includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia - RASSEGNA DELL'A,WOCATURA DELLO STATO 4 Giulia fra gli organismi e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e succpssive modificazioni ed integrazioni, disposizioni che si applicano anche alle regioni a sta tuta speciale. (omissis) I cinque conflitti di attribuzione, promossi con i ricorsi descritti in narrativa, riguardano una serie di provvedimenti statali che hanno applicato ad enti pubblici dipendenti da varie Regioni differenziate ed ordinarie (quali la Sicilia, la Toscana, la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia) le disposizioni dettate dall'art. 25 lella legge 5 agosto 1978, n. 468, nonch dall'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni. Comune dunque il problema se le competenze legislative ed amministrative, che le Regioni possono esercitare nei riguardi degli enti predetti, siano state lese dagli impugnati decreti emessi dal Presidente del Consiglio dei ministri e da Ministri del tesoro e dei lavori pubblici, che hanno incluso gli enti stessi fra quelli tenuti ad adeguarsi al,l'ordinamento statale di contabilit e di bilancio ovvero a sottostare alle norme di tesoreria introdotte dalla legge finanziaria per il 1981. La Regione Sicilia impugna, anzitutto, il decreto del 5 marzo 1979, per mezzo del quale il Presidente del Consiglio dei ministri ha determinato -ad integrazione della tabella allegata alla legge n. 468 del 1978 gli I! enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit e dei relativi bi lanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato; e chiede specificamente che la Corte annulli tale atto, per quanto concerne l'indicazione dell'Ente acquedotti siciliani . L'inserimento dell'E.A.S. accanto agli altri enti pubblici tenuti ad osservare l'art. 25 della legge n. 468 comporterebbe, infatti, l'invasione d'una sfera di competenza regionale esclusiva, passata alla Sicilia per effetto delle norme sul trasferimento delle funzioni amministrative statali in tema di opere e di acque pubbliche (d.P.R. 1 luglio 1977, n. 683): in conseguente violazione degli artt. 14, 20 e 43 dello Statuto speciale. La potest organizzatoria dell'E.A.S., spettante in tal senso alla Sicilia, non lascerebbe spazio -in aitri termini -ad atti statali incidenti sulla contabilit dell'ente stesso; tanto pi che il modello dovrebbe in tal senso consistere, se mai, nella contabilit della Regione anzich nella contabilit di Stato. Posto in questi termini il problema, diviene indispensabile affrontare il quesito -cui la difesa regionale e l'Avvocatura dello Stato rispondono in modo antitetico -se le funzioni relative all'Ente acquedotti sici~ liani, compreso il potere di definire l'ordinamento e dunque le norme di contabilit, siano state o meno attribuite alla Sicilia. Originariamente, in vero, la legge 19 gennaio 1942, n. 24, istitutiva dell'E.A.S., lo collocava alle dipendenze del Ministero dei lavori pubblici, oltre che sottoporlo alla vigilanza del Ministero delle finanze, quanto alla gestione finan PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5 zatia (cfr. l'art. 2 I. cit.). Su questa base, per pi di un trentennio fu dunque lo Stato a curare il finanziamento della costruzione, del completamento e della sistemazione degli acquedotti siciliani e delle connesse opere igieniche: come gi risultava dal d. lg. 17 aprile 1948, n. 774, che nel secondo comma dell'art. 2 conteneva soltanto la genrica previsione di intese da prendersi con la Regione siciliana, circa la scelta delle opere da finanziare . Coerentemente, nella tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70, stato quindi incluso -accanto ad una serie di altri enti di carattere nazionale -anche l'Ente acquedotti siciliani; ed alla tabella in questione hanno fatto esplicito richiamo. le premesse dell'impugnato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 1979, quale punto di riferimento per l'individuazione degli organismi tenuti ad osservare l'art. 25 della legge n. 468 del 1978. Tuttavia, l'ultima concessione di contributi straordinari a favore dell'Ente acquedotti siciliani stata effettuata dalla legge statale 25 maggio 1978, n. 229, con il solo intento di ripianarne i disavanzi di bilancio alla data del 31 dicembre 1976 (cfr. l'art. 2 1. cit.). Nel frattempo, infatti, erano entrate in vigore le nuove norme di attuazione statutaria dettate dal d.P.R. 1 luglio 1977, n. 683 (a modificazione ed integrazione del d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878), per cui la Sicilia ha potuto esercitare tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in tema di lavori pubblici (ivi compresi gli enti operanti esclusivamente in Sicilia ), eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale: fra le quali, per altro, non figurano gli acquedotti infraregionali (cfr. gli artt. 1, primo comma, 3 e 5 d.P.R. cit.). A confermare l'avvenuto trasferimento delle funzioni in esame concorre, del resto, la legge siciliana 14 settembre 1979, n. 212, in base alla quale la Regione ha disciplinato -fra l'altro -l'ordinamento dell'Ente acquedotti, accanto a vari altri istituti da essa dipendenti; ed a ci si aggiungono le leggi regionali 9 agosto 1980, n. 81, 6 maggio 1981, n. 92, 2 agosto 1982, n. 81, 21 agosto 1984, n. 59, tutte contenenti disposizioni finanziarie in favore dell'E.A.S .. Di qui discende che, in vista del riparto fra le competenze statali e regionali, l'atto impugnato non dispone pi del necessario fondamento giustificativo. Enti ed organismi dipendenti dalla Regione vanno pacificamente esclusi -come la Corte ha rilevato nella sentenza n. 299 del 1984, sia pure con riguardo .alle Amministrazioni regionali di diritto comune -dalla sfera di applicazione dell'art. 25 della ... legge n. 468 del 1978 . E dunque dev'esser dichiarato che non spetta al Presidente del Consiglio dei ministri includere l'Ente acquedotti siciliani fra quelli tenuti ad adeguarsi all'ordinamento statale di contabilit e di bilancio, con il conseguente annullamento -in parte qu_a -del decreto 5 marzo 1979. (omissis) Diversamente dai detti decreti presidenziali del 5 marzo 1979, del 2 luglio e del 3 novembre 1983 che si limitano a considerare gli enti e r111111111111;111111111111J11111111111r11111111111 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gli organismi da sottoporre alle disposizioni dell'art. 25 della legge n. 468, il decreto emesso 1'8 agosto 1984 dal Presidente del Consiglio dei ministri contiene una congiunta rideterminazione degli organismi ed enti tenuti ad osservare tanto il citato art. 25, quanto l'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni ed integrazioni. Sotto entrambi i profili, tale provvedimento peraltro impugnato dalla Regione FriuliVenezia Giulia, nella parte in cui esso concerne una serie di enti che si assumono dipendere dall'Amministrazione ricorrente: quali le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, l'Ente zona industriale di Trieste. Nei medesimi termini la Regione impugna inoltre i conseguenti decreti. del Ministro del tesoro e del Ministro dei lavori pubblici, entrambi datati 10 agosto 1984; ma la legittimit degli atti in questione viene altres contestata, poich essi non escludono i1 Friuli-Venezia Giulia dal novero degli enti ai quali si applica l'art. 40 della legge n. 119. Circa il decreto presidenziale dell'8 agosto, l'impugnativa dev'essere, per, distintamente valutata dalla Corte, secondo che essa riguardi l'applicazione dell'art. 25 della legge n. 468 o dell'art. 40 della legge n. 119. Nel primo senso, s'impongono le stesse conclusioni gi raggiunte per il decreto del 5 marzo 1979, nella parte relativa all'Ente acquedotti siciliani. Siano o meno dipendenti dalla Regione, anche le Camere di commercio rientrano infatti nella competenza ordinamentale del Friuli-Vene zia Giulia (si veda in proposito la sent. n. 65 del 1982); e non diverso si rivela il caso degli Istituti autonomi case popolari (dati l'art. 5 n. 18 dello Statuto speciale e gli artt. 22 ss. del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, e successive modificazioni), delle Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo (in base all'art. 4 n. 10 dello Statuto ed agli artt. 15 e ss. del d.P.R. n. 1116 cit. e successive modificazioni), nonch. dell'Ente zona industriale di Trieste (di cui all'art. 20, secondo comma, del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902). Nel secondo senso, vicerversa, va ricordato che anche le Regioni a statuto speciale soho tenute ad osservare l'art. 40 della legge n. 119 del 1981 e successive modificazioni ed integrazioni, con particolare riguardo al primo comma dell'articolo stesso (come questa Corte ha gi messo in luce, nella sentenza n. 162 del 1982 e poi nelle sentenze nn. 242-243 del presente anno). Cade con ci la premessa del ricorso regionale in esame; e diviene senz'altro insostenibile che gli enti dipendenti dal Friuli- Venezia Giulia (o sottoposti alla potest legislativa regionale, per ci che attiene al loro ordinamento) debbano disporre di un trattamento diverso e privilegiato rispetto a quello spettante alla Regione medesima. Dal che discende l'infondatezza del ricorso, sia per quanto concerne questa parte del decreto presidenziale 8 agosto 1984, sia relativamente agli impugnati decreti ministeriali, che la stessa ricorrente considera meramente conseguenziali. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COl>'TITUZIONALE Da ultimo, va ancora esaminato il ricorso con cui la Regione siciliana ha impugnato il predetto decreto 10 agosto 1984 del Ministro del tesoro (contenente Modificazioni ed integrazioni alla normativa stabilita con i decreti ministeriali 11 aprile 1981 e 30 luglio 1981, ai sensi dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119 ). Pi precisamente, vanno valutati i due ordini di motivi in base ai quali la Sicilia richiede il parziale annullamento di tale atto: primo, che non spetterebbe allo Stato ricomprendere, nell'elenco degli organismi e degli enti tenuti ad osservare il citato art. 40, anche l'Ente acquedotti siciliani, gli Istituti autonomi case popolari, l'Ente regionale di sviluppo agricolo, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, gli Enti provinciali per il turismo della Regione; secondo, che sarebbe comunque lesivo della riserva di legge, costituzionalmente imposta in materia, il metodo di determinazione delle entrate finali>>, risultante dai commi secondo, terzo e quarto dell'art. 1 del provvedimento in questione. Quanto al primo motivo, tuttavia, esso. si palesa inammissibile per le ragioni indicate dall'Avvocatura dello Stato. L'elenco degli organismi e degli enti cui si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge n. 119 non determinato, infatti, dal decreto ministeriale impugnato, bens dal decreto 8 agosto 1984 del Presidente del Consiglio dei ministri, avverso il quale la Sicilia non ha solle~ato alcun conflitto di attribuzione; e il decreto ministeriale del 10 agosto -come si desume dalle sue premesse - per questo verso fedelmente attuativo del previo decreto pre sidenziale. / . A sua volta, il secondo complesso di motivi in parte inammissibile, in parte infondato. L'art. 1, secondo comma, del decreto in discussione non fa che riprendere -alla lettera -l'art. 21, quarto comma, del decreto- legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638); sicch non ha senso censurarlo per violazione della riserva di legge di cui al primo comma dell'art. 119 Cost.. L'art. l, quarto comma, dispone che i titoli ed i depositi concernenti accantonamenti per fondi di previdenza a capitalizzazione per la quiescenza del personale dipendente dagli enti ed organismi pubblici, . previsti e disciplinati da particolari disposizioni, non vanno considerati come disponibilit ai fini del calcolo del sei per cento; sicch non si comprende in che consistano le doglianze della Regione, n il ricorso provvede in alcun modo a motivarle. L'art. l, terzo comma, nella parte concernente i titoli di Stato e non>>, fedelmente ripetitivo dell'art. 2 del decreto 30 luglio 1981 dello stesso Ministro del tesoro: come questa Corte ha gi nesso in luce, nella sentenza n. 244 del presente anno. Residua il terzo comma dell'art. 1, nella parte riguardante i mandati in corso non ancora pagati . Ma valgono in tal senso le stesse conclusioni di infondatezza, gi raggiunte in proposito -sia pure con riguardo ad altri decreti del Ministro del tesoro -dalla citata sentenza n. 244/1985. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO p.q.m. LA CoRTE COSTITUZIONALE 1) dichiara che non spetta allo Stato includere l'Ente acquedotti siciliani (E.A.S.) fra gli enti pubblici non economici ai quali si applicano le disposizioni riguardanti l'adeguamento del sistema della contabilit e dei relativi bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato: e di conseguenza, annulla in questa parte il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 marzo 1979; 3) dichiara che non spetta allo Stato includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia fra gli organismi e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 25 della legge 5 agosto 1978, n. 468; e, di conseguenza, aruulla in queste parti il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1984; 4) dichiara che spetta allo Stato includere l'Ente zona industriale di Trieste, le Camere di commercio, gli Istituti autonomi case popolari, le Aziend~ autonome di cura, soggiorno e turismo operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia fra gli organismi e gli enti ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 40 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni ed integrazioni; 5) dichiara che spetta allo Stato computare i mandati in corso non ancora pagati, ai fini del calcolo delle disponibilit depositabili dalla Regione siciliana presso le aziende di credito incaricate del servizio di tesoreria. CORTE COSTITUZIONALE, 15 novembre 1985, n. 286 -Pres. Paladin -Rel. Saja -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti), Regione Lombardia (avv. Pototschnig), Regione Veneto (avv. Cevalotto), ProvineENZA COSTITUZIONALE di scelte del legislatore, sindacabili dal giudice di legittimit costituzio nale soltanto se irrazionali o ingiustificate; che nella specie la norma denunciata (cit. art 6 ter d.I. 11 dicembre 1967, n. 1150, conv. con modificazioni in legge 7 febbraio 1968, n. 26) prevede i benefici tributari di cui all'art. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408 e succ. mod. (imposta fissa di registro e riduzione al quarto di quella ipotecaria) per il trasferimento dell'intera area necessaria a realizzare in zone residenziali i volumi fabbricabili stabiliti dal piano regolatore generale o dal programma di fabbricazione, mentre non vi comprende le analoghe prescrizioni dei piani paesistici; che le due situazioni messe a raffronto, contrariamente a quanto ritiene il giudice a quo, sono profondamente eterogenee; invero, la ricordata agevolazione tributaria trova il suo fondamento nel fine, perseguito dal legislatore, di incentivare le costruzioni nelle zone destinate all'espansione edilizia, fine a cui data speciale rilevanza anche rispetto all'ordinaria imposizione tributaria; per contro, nelle localit incluse nei piani paesistici viene prevalentemente in considerazione la salvaguardia estetico-paesaggistica delle zone protette, per cui sono imposti dai detti piani divieti o liinitazioni alle costruzioni (cfr. cit. legge 29 giugno 1939, n. 1497, con il relativo regolamento approvato con r.d. 3 giugno 1940, n. 1357; e, ora, anche, d.I. 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431); che quindi, rispetto alle zone protette per le loro bellezze naturali, non ricorre certamente la medesima ratio della denunciata disposizione, risultando anzi evidente, in base a quanto ora detto, la profonda differenza, se non la contrapposizione, tra le due situazioni messe a confronto dall'ordinanza di rimessione; che in conclusione la questione si presenta manifestamente non fond~ta. I CORTE COSTITUZIONALE, 13 dicembre 1985, n. 339 (ord. in cam. cons.) - Pres. e rei. Paladin -Fabris e Presidente Consiglio dei Ministri. Urbanistica Decadenza della licenza edilizia per sopravvenuto strumen to urbanistico -Legittimit costituzionale. (Cost., artt. 3, 4 e 42; I. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31 come sostituito da I. 6 ago sto 1967, n. 765). La libera iniziativa economica dei costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del territorio; ed il termine triennale previsto per il completamento delle costruzioni non pu dirsi inadeguato. 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II 18 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 21 dicembre 1985, n. 355 -Pres. e rel. Roebrssen -Romei ed altri (n.p.), regione Emilia Romagna (avv. Lorenzoni I e Roversi Monaco) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Carafa). Regioni -Deleghe ad enti locali -Controllo sugli atti emessi dagli enti delegati Attribuzione ai Co.Re.Co. -Legittimit costituzionale. (Cost. art. 125; l. 22 luglio 1975, n. 382, art. 4). I ~ Espropriazione per p.u. -Terreni a destinazione agricola o comunque privi di attitudine edificatoria Criterio del valore agricolo medio Legittimit costituzionale -Termini di inizio e ultimazione delle espropriazioni -Necessit. (Cost. art. 42; I. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 11 e 16; I. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14). L'attribuzione ai comitati regionali di controllo della funzione di controllo sugli atti emessi dagli enti locali nelle materie ad essi delegate dalle regioni non contrasta con l'art. 125 primo comma Cost.,-peraltro lo Stato pu rifiutare il visto su delibere legislative regionali le quali abbondino in deleghe. Il riferimento al valore agricolo medio per la determinazione dell'indennit di espropriazione per p.u. lesivo dei princpi costituzionali solo quando si tratti di terreni che hanno ricevuto destinazione non agricola. La fissazione dei termini di inizio ed ultimazione delle espropriazioni necessaria anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 865 del 1971 (1). I Ritenuto che il Pretore cli Bassano del Grappa ha sollevato questione di legittimit costituzionale dell'art. 31, penultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (come sostituito dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765), in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione; che, infatti, la norma impugnata (disponendo che l'entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle licenze in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data cli inizio) (1) La pronuncia presenta qualche marginale incertezza laddove da un canto parla di terreni che hanno ricevuto una destinazione non agricola (e quindi fa riferimento agli strumenti urbanistici ed in genere a connotati legali) e d'altro canto parla di attitudine edificatoria in termini meno rigorosi. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE determinerebbe obblighi temporalmente del tutto diseguali in relazione al momento dell'ntrata in vigore delle previsioni predette, facendo s che il titolare della licenza si trovi di fronte ad un obbligo ineseguibile ; e che, d'altra parte, la norma medesima violerebbe inoltre la libert di iniziativa economica e la garanzia costituzionale della propriet privata, negando al cittadino la sicurezza di un termine sufficiente all'ultimazione dell'attivit costruttiva; Considerato che il termine triennale di cui al novellato art. 31, penultimo comma, si applica soltanto -come ha argomentato l'Avvocatura dello Stato -alle licenze rilasciate successivamente all'entrata in vigore della legge n. 765/1967 (qual era, del resto, la licenza rilasciata il 10 gennaio 1973 all'imputato nel giudizio a quo); che il termine stesso (protrattosi, nella specie, per pi di quattro anni) non pu dirsi affatto inadeguato al caso delle licenze contrastanti con le sopravvenute previsioni urbanistiche; che la prevista decadenza delle licenze medesime non comporta nessuna disparit di trattamento costituzionalmente censurabile, posto che la norma denunciata non distingue in alcun modo fra i loro titolari; che la libera iniziativa economica dei costruttori e il godimento delle aree fabbricabili devono pur sempre sottostare ai provvedimenti nei quali si concreta, legittimamente, il governo del territorio; che, di conseguenza, la proposta questione si dimostra, in tutti i suoi aspetti, manifestamente non fondata. Il Le ordinanze in epigrafe sollevano varie questioni di legitthnit costituzionale in ordine a disposizioni legislative statali o regionali, relative tutte alla materia delle espropriazioni per causa di pubblica utilit o al controllo sui relativi atti e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un'unica sentenza. Una~ prima questione di legittimit costituzionale ha ad oggetto l'articolo 4 della legge statale 22 luglio 1975, n. 382 (norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione), a norma del quale il controllo sulle deliberazioni adottate dalle provincie, dai comuni e dagli altri enti locali nelle materie ad essi delegate dalle Regioni attribuito ai comitati regionali di controllo. I giudici a quibus dubitano che tale disposizione violi l'art. 125, primo comma, Cost., H quale, parlando di atti amministrativi regionali si riferirebbe anche agli atti delegati dalla Regione agli enti locali: ne conseguirebbe che per effetto della norma costituzionale anche gli atti delegati dovrebbero essere soggetti al controllo dell'organo previsto dalla medesima disposizione e la legge ordinaria non potrebbe trasferire il controllo medesimo ad altro organo, come ha fatto l'art. 4 della legge statale n. 382 del 1975. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La questione non fondata. Invero l'art. 125, primo comma, Cost., quando parla di atti amministrativi regionali non contiene alcuna precisazione o specificazione, n fa riferimento ad alcun criterio che possa valere ad individuare la categoria degli atti amministrativi da sottoporre al sindacato del ripetuto organo. La dizione adoperata, quindi, nella sua latitudine, pu comprendere tanto gli atti che siano direttamente emanati dagli organi regionali quanto quelli che, pur essendo delegati ad enti locali, siano obbiettivamente regionali siccome emanati nell'ambito di materie rientranti nelle competenze regionali: tali competenze, d'altro canto, non vengono certamente meno per il fatto che la Regione, seguendo il criterio indicato in via preferenziale dall'art. 118, terzo comma, Cost., abbia ritenuto di avvalersi della delega, che pu sempre revocare nelle forme di legge. Consegue da questa premessa che in mancanza, nella Costituzione, di una norma rigida, il legislatore ordinario, nel disciplinare il modo di esercizio del controllo sui ripetuti atti gode di una facolt di scelta e pu, quindi, sottoporre al controllo dell'organo statale di cui all'art. 125 Cost. tutti gli atti rientranti nella competenza regionale, quale, che sia in concreto il soggetto che li adotta, ma pu anche sottoporre solo quelli che vengano adottati direttamente dagli organi della Regione, affidando invece quelli adottati dai soggetti delegatari al controllo proprio degli atti degli enti locali (art. 130 Cost.). Il legislatore or4inario, cio, pu, in caso di delega da parte della Regione, attribuife maggiore rilievo ad un dato oggettivo, vale a dire al carattere delle funzioni ed al legame con il soggetto astrattamenfe competente (e, quindi, delegante) ma pu invece far leva sul dato puramente soggettivo, riferendosi esclusivamente alla appartenenza dell'organo che adotta l'atto all'uno od all'altro soggetto. Al primo dei cennati criteri si era attenuto il legislatore con l'art. 62 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, e questa Corte, con la sentenza n. 40 del 1972, ritenne costituzionalmente legittima la norma, tenuto conto che le funzioni delegate non cessano di essere imputabili alle Regioni. Ma ugualmente non contrastante con la Costituzione appare il diverso criterio seguito ora dalla pi recente legge n. 382 del 1975, ove si consideri che nella realt concreta l'atto soggetto a controllo viene emanato da organi appartenf'.nti ad altri soggetti e non , quindi, irrazionale sottoporlo al medesimo sindacato al quale sono assoggettati tutti gli altri atti che promanano dai medesimi organi. Del resto questa Corte ha pi volte riconosciuto che il rapporto delegatorio comporta per l'ente delegante poteri di vigil~a e controllo, che possono giungere fino alla sostituzione (sent. n. 29 del 1975; sent. n. 40 del 1960 e sent. n. 40 del 1961), sicch il principio contenuto nell'articolo in discussione si inserisce anche logicamente in questa realt. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 21 N pu dirsi che in tal modo la Regione, abbondando in deleghe, potrebbe sottrarre i suoi atti al controllo preveduto dall'art. 125, cio all'organo statale; poich la delega avviene a mezzo di leggi regionali sulle quali, come noto, deve essere esercitato il controllo voluto dall'art. 127 Cost. Neppure ha rilievo costituzionale il fatto che con il sistema pm recente il sindacato su atti obbiettivamente regionali viene esercitato da un organo regionale, poich, come si gi detto, la stessa norma costituzionale (art; 125) che consente questa soluzione (al che, in ogni caso, si aggiunga che l'organo regionale preveduto dall'art. 55 della legge n. 62 del 1953 collegiale e di esso fanno parte anche membri non nominati dalla Regione). Una seconda questione di legittimit costituzionale investe l'art. 16, primo e terzo comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nonch l'art. 14, quarto comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in quanto prevedono che per le aree esterne ai centri abitati la indennit di espropriazione sia commisurata al valore agricolo medio del precedente anno solare corrispondente al tipo di coltura in atto nell'area da espropriare. Tali norme, ad avviso del giudice a qo, violerebbero l'art. 42, terzo comma, Cost., perch; escludendo il ricorso al valore venale, si fa riferimento ad un dato di valutazione estraneo alle caratteristiche dell'immobile e relativo ad un bene di tipo diverso, conducendo ad una quantificazione dell'immobile del tutto irrisoria. Anche tale questione non fondata. La giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 5 del 1980 e n. 231 del 1984) ha chiarito, in sostanza, che per la determinazione della indennit di espropriazione occorre che la legge faccia riferimento alle caratteristiche essenziali del bene ablato, e cio tenga esatto conto della realt delle cose: in conseguenza, soprattutto con la sentenza n. 231, si affermto che il criterio del valore agri~ colo, se lesivo dei princpi costituzional quando si tratti di terreni che hanno ricevuto diversa destinazione, non lo quando viene riferito alle aree prive di attitudine edificatoria cos come definita dalla medesima giurisprudenza (vedasi in particolare la cit. sent. n. 231). Nel quadro di queste affermazioni la Corte di cassazione (sent. 24 ottobre 1984, n. 5401) ha anch'essa sostanzialmente precisato che occorre avere riguardo alla consistenza del bene da espropriare per cui, anche dopo la sent. n. 5 del 1980, il criterio del valore agricolo rimane fermo per le aree che hanno in realt destinazione agricola. Ed allora le norme impugnate in questa sede . devono essere interpretate nel senso che laddove l'area sia da considerare edificatoria (nei sensi precisati dalla ripetuta sent. n. 231 del 1984), la indennit non. pu non tenPre conto di questa realt, mentre il riferimento al valore agricolo rimane fermo sempre che le aree abbiano effettivamente desti\ nazione agricola: cos interpretate, le norme in discussione appaiono i RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conformi ai princpi costituzionali e non meritano censura sotto il profilo in esame. (omissis) Una quinta questione di legittimit costituzionale ha ad oggetto l'articolo 11, primo comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, poich non prevede che l'autorit alla quale spetta dichiarare la pubblica utilit, la indifferibilit e la urgenza delle opere in vista delle quali occorra procedere ad espropriazione fissi i termini per l'inizio e l'ultimazione sia delle espropriazioni sia dei lavori. In tal modo si violerebbero i princpi contenuti nell'art. 42, terzo comma, Cost., sia in ordine alla riserva di legge per le espropriazioni per causa di p. u. sia in ordine alla congruit dell'indennizzo il cui contenuto economico potrebbe venire ridotto per il ritardo del provvedimento di espropriazione rispetto al momento in cui l'indennit provvisoria stata accettata. La questione non fondata. ben vero che la legge n. 865 del 1971 non parla della fissazione dei termini per l'inizio e la ultimazione delle espropriazioni e dei lavori, ma anche ben vero che la giurisprudenza del tutto costante e pacifica nel senso che la fissazione di tali termini costituisce regola indefettibile per ogni e qualsiasi procedimento espropriativo. E la necessit della fissazione di tali termini, posta gi in via generale con l'art. 13 della legge 23 giugno 1865, n. 2359, rimasta ferm~ anche dopo la entrata in vigore della legge n. 865 del 1971, la quale ha modificato soltanto in parte le norme precedenti sulle espropriazioni in questione ma, se ha taciuto in ordine alla fissazione di quei termini, non ha abrogato il citato art. 13 della legge del 1865. Questa legge, d'altro canto, conserva tuttora, secondo la . giurisprudenza, valore di legge generale applicabile in tutti i casi nei quali le leggi speciali non la abbiano modificata anche implicitamente: e nel caso di specie non sussiste alcun motivo per ritenere abrgato implicitamente il citato art. 13. (omissis) ! SEZIONE SECONEIA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, Sed. plen., 15 gennaio 1986, nella causa 121/84 -Pre8. f.f. Everling -Avv. Gen. Slynn Commissione delle C.E. (ag. Marenco) c. Rep. Italiana (avv. Stato Fiumara). Comunit europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni di mercato rela tive agli animali vivi -Transito di animali vivi. (Trattato CEE, art. 30; reg. CEE del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, art. 20). Non risultando che in Italia sussista alcun divieto di transito per gli autocarri che trasportano animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un altro Stato membro, divieto implicante lo scarico degli autocarri e il trasbordo degli animali su vagoni ferroviari, la Repubblica Italiana non venuta me~o agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 30, 34 del Trattato CEE e dell'art. 20, n. 2, del reg. CEE del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo alla organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine e delle corrispondenti organizzazioni comuni di mercato relative ad animali vivi (1). (omissis) 1. -Con atto depositato in cancelleria 1'8 maggio 1984, la Commissione delle Comunit Europee ha sottoposto a questa Corte, in forza dell'art. 169 del Trattato CEE, un ricorso inteso a far dichiarare (1) Invero, n alla data del parere motivato, n tantomeno alla data del ricorso della Commissione le autorit italiane ponevano pi alcuna restrizione al transito su strada attraverso il territorio nazionale di animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un altro Stato membro o a un paese terzo. L'art. 49 del regolamento di polizia veterinaria appr. con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, nella parte in cui prescriveva che il trasporto degli animali vivi venisse effettuato di norma per ferrovia (e ci per la inadeguatezza delle strutture per il trasporto stradale) era stato abrogato dall'art. 26 della legge 30 aprile 1976, n. 397, e, sia pur con gradualit, era stato possibile liberalizzare completamente il traffico su strada, esaurendo affine tutte le richieste degli operatori. Per ci solo il ricorso proposto dalla Commissione era infondato e la Corte lo ha rigettato. La Commissione per in corso di causa aveva rilevato che una restrizione comunque sussisteva in quanto solo per gli animali in transito per il territorio nazionale e non anche per que_Hi importati in Italia le autorit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che la Repubblica italiana, imponendo restrizioni al transito su strada, attraverso il territorio itailiano, di animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un altro Stato membro o ad un paese terzo, venuta meno agli obblighi ad essa incmbenti in forza degli artt. 30, 34 del Trattato CEE, nonch dell'art. 20, n. 2, del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (G. U. n. L. 148, pag. 1), e delle corrispondenti disposizioni di altre organizzazioni comuni di mercato relative ad animali vivi. 2. Il ricorso in esame trae origine da un reclamo rivolto alla Commissione, nel 1981, dal Governo belga. Secondo la Commissione, detto Governo fa valere che le autorit italiane impongono lo scarico dagli autocarri e il trasbordo su vagoni ferroviari quando si tratta di animali vivi che transitano attraverso il territorio italiano in quanto destinati ad un altro Stato membro o ad uno Stato terzo, m~ntre le stesse autorit non si oppongono al trasporto su strada di animali vivi destinati al mercato interno. 3. -Rispondendo alla lettera con la quale veniva invitato. a presentare le proprie osservazioni in merito a tale comportamento discriminatorio, il Governo italiano sosteneva, da un lato, che non poteva esservi alcuna discriminazione a danno degli operatori belgi, data la mancanza di concorrenti esportazioni italiane destinate alla Grecia, e, dall'altro, che il trasporto per ferrovia consentiva di sfruttare utilmente gli impianti predisposti dalle ferrovie dello Stato. 4. -Il 16 marzo 1980, ritenendo di non poter modificare il proprio punto di vista a seguito delle suddette osservazioni, la Commissione emetteva un parere motivato nel quale faceva carico alla Repubblica I taliana di vietare il transito di autocarri che trasportano animali vivi originar:i di _uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un italiane richiedevano, ai sensi dell'art. 61 del regolamento di polizia veterinaria sopra citato, un'autorizzazione, non prevista da norme comunitarie n giustificata da motivi di tutela della salute degli animali, subordinata oltretutto al rilascio, da parte delle autorit del paese di esportazione, di un certificato che assicurasse che gli animali non sarebbero stati respinti alla frontiera dello Stato di destinazione definitivo o di ulteriore transito. La Corte ha ritenuto, giustamente, che nella causa al suo esame non po tevano essere. dedotte censure non contenute gi nel parere motivato. Il Governo italiano, comunque, aveva contestato anche la fondatezza di tali rilievi della Commissione. La ratio della norma contestata -era stato precisato -va ricercata nell'esigenza di tutelare la salute degli animali e non sottoporli ad un trattamento crudele ed inutile. L'Italia, cio, accetta illimitatamente le importazioni di animali vivi destinati al proprio territorio nazionale e per essi, j. f: i~ f: I r PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTBR..'i!AZIONALE 25 altro Stato membro. Essa impartiva alla Repubblica Italiana un termine di due mesi per conformarsi a tale parere. 5. -Nella, risposta al suddetto parere motivato il Governo italiano spiegava che la preoccupazione dei servizi veterinari italiani era semplicemente quella di programmare i trasporti stradali in funzione della ricettivit delle infrastrutture esistenti ai diversi valichi di confine. Per centro, a suo dire, il trasporto ferroviario non era sistematicamente preferito al trasporto stradale, n il commercio di animali destinati al mercato italiano era favorito rispetto a quello di animali destinati ad altri mercati. Il Governo italiano informava inoltre la Commissione del fatto che, a seguito di riunioni fra le autorit veterinarie belghe ed i servizi italiani, erano state concesse autorizzazioni per il transito di un certo numero di animali trasportati a mezzo autocarri, in base alla prova che detti animali non sarebbero .stati respinti dallo Stato di destinazione e rispondevano alle norme sanitarie comunitarie. 6. -Poich con lettera dell'agosto 1983 il Governo belga le comunicava di non essere soddisfatto -in ragione di limitazioni stagionali imposte al transito di autocarri e di sistematici controlli sanitari alla frontiera -del risultato delle suddette riunioni, la Commissione proponeva il ricorso ora in esame. 7. -Nella replica, e in udienza, la Commissione ha fatto valere il carattere generale delle conclusioni formulate nel ricorso relativamente alle restrizioni del transito a mezzo autocarri, per mettere in dubbio la legittimit della richiesta di certificati di accettazione degli animali, nonch del regime stesso di autorizzazione quale risulta dall'art. 61 del regolamento di polizia veterinarj.a, approvato con d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 142, del 24 giugno 1954), secondo cui il transito degli animali attraverso il territorio nazionale con diretta destinazione ad altri Paesi, quando non esistano spequindi, non chiede alcunch: tutto ci fuori discussione. Non pu, per, ignorare l'Italia che alcuni paesi pongono, legittimamente o illegittimamente, delle restrizioni e non accettano l'entrata o il transito nel loro territorio, o li accettano solo a determinate condizioni. :t; evidente che nel caso in cui gli animali transitati per l'Italia siano respinti dallo Stato di ulteriore transito o di destinazione, si dovr far luogo ad un nuovo transito in senso inverso, con quanta gioia per gli animali facile immaginare. Ebbene, proprio per evitare questa inutile crudelt, le autorit italiane intendono essere garantite che il trasporto prosegua senza ostacoli (infatti, per il transito di carni, prodotti e avanzi-animali, per i quali non v' la rilevata esigenza di tutela della salute degli animali, lo stesso art. 61, nel secondo comma, precisa che nessuna formalit richiesta). :t>, del resto, interesse dello stesso operatore dello Stato di provenienza assicurarsi del buon esito del trasporto, al fine di evitare sensibili perdite economiche . 26 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ciali convenzioni veterinarie, consentito dall'Alto Commissariato per l'igiene e la sanit pubblica, su richiesta delle competenti autorit del paese di destinazione, con l'osservanza di norme da stabilirsi di volta in volta... , 8. -Si deve ricordare anzitutto che in nessun caso l'oggetto della controversia, quale risulta definito dal parere motivato, pu essere ampliato. 9. -Nella fattispecie, l'unico comportamento criticato nel parere motivato il divieto di transito per gli autocarri che trasportano animali vivi originari di uno Stato membro e destinati ad un paese terzo o ad un altro Stato membro, divieto implicante lo scarico degli autocarri e il trasbordo degli animali su vagoni ferroviari. Nell'ambito della presente causa non possono quindi esser prese in considerazione n la censura riguardante il regime stesso di previa autorizzazione per il transito di animali vivi, n quella relativa a:lla prassi consistente nel subordinare il rilascio dell'autorizzazione di transito al fatto che il trasportatore sia in possesso di un certificato di accettazione . 10. -Quanto alla-prassi che imporrebbe il trasbordo, si deve sottolineare che, secondo l'art. 169, secondo comma, del Trattato CEE, la Corte di giustizia pu essere adita soltanto qualora lo Stato in causa non si conformi al parere motivato nel termine fissato dalla Commissione. 11. -Nella fattispecie, il Governo italiano sembra ammettere che l'obbligo di trasbordo esistesse quando l'infrastruttura degli autoporti non consentiva controlli sanitari efficaci, ma nel rispondere al parere motivato esso ha sottolineato che tale obbligo non viene comunque pi imposto dall'amministrazione italiana. A riprova, esso ha addotto le autorizzazioni di transito che sono state rilasciate, prima che venisse emesso il parere motivato, a trasportatori stradali, autorizzazioni il cui elenco stato versato agli atti. 12. -Poich controverso che il comportamento criticato sia perdurato dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato, spettava alla Commissione fornirne la prova. 13. -Si deve constatare che la Commissione non ha adempiuto tale obbligo. Il reclamo col quale il Governo belga le ha comunicato le lagnanze degli operatori belgi risale, a detta della Commissione, al 1981. D'altro canto, la lettera dell'agosto 1983 nella quale il Governo belga dichiara di ritenere insufficienti i risultati dei contatti con le autorit italiane non fa menzione di un obbligo di trasbordo. 14. -Stando cos le cose, il ricorso dev'essere respinto. (omissis) ii f' .. II ""'Z-'.:-:-'.-'.'.''.':-:':-'.'.:-:-'.-'.'.-:-:-:-:-:-:-:-'.-:-:-:-:-'.-:-'.-'.'.:-:-:-'.-:-:-:-:-'.-Z'.'.:-:-:-'.'.-:-'.-'.'.'.'.-'.'.-'.-'.'.'.-:-:-'.'.-:-:-:-z-:-:-:-'.-'.-'.:-z-:-:-:-:-:-z-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-z-z-:-z-:-:-:-:-z-:-:-:-z-z-:-:-z-:-:-z-:-z-:-:-:zz:-:-z-:-:-:-:-:-:-:-:-:-:-z-:-:-:-z-:zz-rnc-z-::-:z-z:-zc-:-:-zc-:-:-z-::cn-zz:zcH--"-'''------' r1111a11111t1rt1i11111111~1r11ir111111111111r41111111111=r11 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 27 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, 2a sez., 23 gennaio 1986, nella causa 283/84 -Pres. Bahlmann -Avv. Gen. Slynn Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione tributaria di secondo grado di Sassari nella causa Trans Tirreno Express s.p.a. c. Uff. prov. IVA di Sassari -Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder), francese (ag. Renouard e Abraham), danese (ag. Mikaelsen) e italiano (avv. Stato Conti) e Commissione delle C.E. (ag. Berardis). Comunit europee -Sistema comune d'imposta del valore. aggiunto Ambito .territoriale di applicazione. (Trattato CEE, art. 227; direttiva CEE del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388, artt. 2, 3 e 9, n. 2, lett. b; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 9, lett. e). L'art. 9, n. 2, lett. b, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme -non osta a che uno Stato membro applichi la propria legislazione sull'IVA alle prestazioni di trasporto effettuate fra due punti del suo territorio nazionale, nemmeno qualora il trasporto si svolga in parte fuori di tale territorio, purch tale Stato non invada l'ambito della potest tributaria di altri Stati (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 23 novembre 1984, pervenuta in cancelleria il 29 novembre successivo, la Commissione tributaria di secondo (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano, il quale aveva sottolineato i limiti dell'art. 9 della direttiva, il quale non indica quali siano le prestazioni di servizi che possono considerarsi effettuate all'interno del paese, ma ripartisce soltanto la competenza impositiva allorch si tratti di prestazioni che potrebbero apparire effettuate all'interno di pi paesi. Al di fuori di questa ipotesi i criteri dettati dall'art. 9 non sono pi utilizzabili e occorre far capo alle norme generali dei precedenti articoli 2 e 3. E proprio secondo l'art. 3 l'interno del paese corrisponde, -secondo quanto precisato in precedenza dalla stessa Corte con la sentenza 4 luglio 1985, nella causa 168/84, BERKHOLZ, in Racc., 1985, citata in mot'ivazione -, per ciascuno Stato membro, con il campo di applicazione della sua legislazione fiscale. L'art. 3, infatti, fa rinvio all'art. 227 del Trattato, il quale, a sua volta, non fa che rinviare ai singoli ordinamenti. Compete, quindi, a ciascuno Stato membro di determinare il campo di applicazione della propria legislazione, e, con ci stesso, anche i limiti di quella sfera dell' interno del paese entro la quale ogni prestazione di servizi ed ogni cessione di beni -a parte le eccezioni ammesse -deve essere assoggettata ad IVA. Nulla impedisce, perci, che gli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, applichino la loro legisla zione fiscale agli atti posti in essere a bordo delle navi battenti la loro bandiera che si trovino in acque internazionali, le quali continuano ad essere soggette, in tale situazione, alla sovranit di tali Stati. 28 RSSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO grado di Sassari ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione'pregiudiziale relativa all'interpretazione dell'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva del Consiglio 14 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (G. U. n. L. 145, pag. 1) (in prosieguo: Sesta direttiva). Gli antefatti 2. -Dalle informazioni fornite dal giudice nazionale risulta che la ricorrente nella causa principale, societ Trans Tirreno Express S.p.A., effettua un servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra il porto di Livorno, sito nell'Italia peninsulare, e quello di Olbia, sito in Sardegna. Per tale trasporto, l'Ufficio provinciale IV A di Sassari le chiedeva il pagamento dell'IVA relativamente all'intero percorso, ivi compreso il tratto effettuato in acque internazionali. 3,. -La ricorrente nella causa principale si oppone al pagamento di quella parte dell'imposta richiesta che si riferisce alle distanze percorse in acque Internazionali, contestando il diritto dello Stato italiano di applicare l'imposta per tale parte del tragitto. A tal fine, essa fa valere che l'art. 9, lett. e), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 292, pag. 2), modificato dal d.P.R. 31 marzo 1979, n. 94 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 93, pag. 3011), articolo che determina la base imponibile dell'IVA per le prestazioni di trasporto effettuate sul territorio dello Stato in proporzione alla distanza ivi percorsa , costituisce attuazione dell'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva, il quale escluderebbe, in applicazione del principio della territorialit, la percezione dell'IVA per i tragitti compiuti fuori del territorio nazionale. 1 4. -Ritenendo che, stando cos le cose, l'interpretazione dell'art. 9, n. 2, )ett. b), della Sesta direttiva sia indispensabile per potere decidere la causa e considerando inoltre che il diritto comunitario in materia debba trovare identica applicazione in tutti gli Stati membri, la Commissione tributaria di secondo grado di Sassari ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale: Se l'art. 9, n. 2, lett. b) della Sesta direttiva CEE riferisca l'imposizione dell'I.V.A. alle sole distanze percorse all'interno del territorio di Stati membri nel corso di trasporti internazionali (da Stato a Stato) ovvero anche ai trasporti nazionali (da un punto all'altro dello stesso Stato) che si svolgano -come nella specie -prevalentemente su mare extraterritoriale. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTBRNAZIONALB Le osservazioni presentate alla Corte 5. -La Trans Tirreno Express S.p.A., il Governo della Repubblica federale di Germania, il Governo della Repubblica francese e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte ed orali. Il Governo del Regno di Danimarca ha presentato osservazioni scritte, quello della Repubblica italiana osservazioni orali. 6. -Secondo la Trans Tirreno Expr~ss S.p.A., dall'interpretazione letterale e rigorosa della disposizione risulta che la stessa sancisce il principi<> della territorialit dell'imposta che i tragitti effettuati in acque internazionali non possono n debbono dar luogo ad imposizione. 7. -Il Governo della RepubbHca federale di Germania richiamandosi agli artt. 2 e 3 della Sesta direttiva, assume che le acque extraterritoriali non fanno parte dell' interno del paese ai sensi della direttiva, e che soggetta all'IVA -anche nel caso in cui il tragitto inizi e termini nello stesso Stato membro soltanto la parte del trasporto effettuata all'interno del paese. 8. -Il Governo della Repubblica francese sostiene che la Sesta direttiva impone agli Stati membri soltanto l'obbligo di assoggettare all'IVA le prestazioni di trasporto effettuate nel territorio nazionale. Fuori del territorio nazionale, g\i Stati membri sarebbero liberi di applicare o meno l'IVA, come la Corte avrebbe riconosciuto, seppur in riferimento ad una diversa disposizione, nella sentenza 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz (ancora inedita). 9. -Secondo il Governo del Regno di Danimarca, la Sesta direttiva non risolve espressamente detta questione, ma dall'interpretazione sistematica della direttiva stessa emerge che la riscossione dell'IVA relativamente alle parti del tragitto percorso in acque internazionali non soltanto pu, ma deve essere effettuata, onde evitare che si commettano abusi consistenti in evasioni d'imposta attraverso artificiosi dirottamenti in acque internazionali. Esso ritiene inoltre che, quando le navi nazionali si trovano in acque internazionali, la prestazione di trasporto effettuata in acque internazionali rimane soggetta a.Ile norme tributarie nazionali, in quanto tali navi sono soggette alla giurisdizione dello Stato d'immatricolazione. 10. -Secondo il Governo della Repubblica italiana, l'art. 9 della Sesta direttiva avrebbe la funzione di risolvere i conflitti di competenza che sorgono nel caso in cui una prestazione di servizi interessi l'ordina 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento giuridico di ~versi Stati. Nella specie non sussisterebbe un conflitto del genere e la questione andrebbe risolta in base agli artt. 2 e 3 della Sesta direttiva. Spetterebbe in definitiva a ciascuno Stato membro determinare l'ambito territoriale di applicazione del proprio regime IVA. 11. -La Commissione assume che l'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva va applicato unicamente al trasporto di persone, mentre il trasporto di merci, essendo una prestazione accessoria, sarebbe disciplinato da altre disposizioni. Il trasporto di persone tra due punti del territorio di uno stesso Stato rappresenterebbe un'operazione interna che, in base alla direttiva, va assoggettata all'IVA nazionale anche per le distanze percorse in acque internazionali, a condizione che non venga effettuato alcuno scalo in un altro Stato. Sulla soluzione della questione pregiudiziale 12. -Per risolvere la questione sollevata dal giudice a quo occorre esaminare quale sia lo scopo dell'art. 9 nel sistema generale della direttiva. 13. -L'ambito territoriale di applicazione della direttiva defini_ to negli artt. 2 e 3. Ai termini dell'art. 2, sono soggette all'IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto pass~vo che agisce in quanto tale. Secondo l'art. 3, l'interno del pase corrisponde al campo d'applicazione del Trattato che istituisce la Comunit Economica Europea, qual definito per ciascuno Stato membro dall'art. 277. L'art. 3, n. 2, ne esclude espressamente taluni territori nazionali. 14. -La Corte ha gi affermato, nella suddetta sentenza 4 luglio 1985 (Berkholz), che l'art. 9 intende stabilire, come risulta dal settimo punto del preambolo della direttiva, una razionale delimitazione delle sfere di applicazione delle norme interne in materia di IVA, definendo in modo uniforme il luogo. d'imposizione delle prestazioni di servizi. 15. -Per prevenire il verificarsi di conflitti di competenza nella ipotesi in cui una prestazione di servizi possa rientrare nell'ambito d'applicazione dell'ordinamento giuridico di pi Stati membri, l'art. 9, n. 1, derogando al rigoroso principio della territorialit, stabilisce la regola generale secondo cui si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attivit economica o ha costituito un centro di attivit stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa. l 1 I - PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERN.\ZIONALE 16. -L'art. 9, n. 2, contempla, rispetto a tale regola generale, talune deroghe per determinate prestazioni specifiche relativamente alle quali la localizzazione fittizia della prestazione presso la sede dell'attivit del prestatore sarebbe inadeguata e per le quali detta norma stabilisce altri criteri di collegamento. 17. -Cos, per quanto riguarda le prestazioni di trasporto, l'art. 9, n. 2, lett. b), identifica il luogo di esecuzione e, quindi, di imposizione, col luogo in cui viene effettuato il trasporto in funzione delle distanze percorse. Questa ecce~ione alla regola, generale sancita dal n. 1 neces saria poich, nell'ipotesi del trasporto, la sede dell'attivit economica non costituisce un criterio di collegamento utile J>er stabilire la compe tenza territoriale ai fini impositivi; in effetti, la natura stessa di quella particolare prestazione di servizi costituita dal trasporto, prestazione idonea a svolgersi sul territorio di pi Stati membri, esige un diverso criterio che permetta essenzialmente di delimitare le rispettive sfere di competenza dei diversi Stati membri ai fini dell'imposizione. 18. -Si deve constatare che un trasporto come quello su cui verte la causa principale non determina alcun concorso di competenze, per quanto riguarda l'applicazione dell'IVA, se la nave che effettua il trasporto collega due punti di uno stesso Stato e se l'itinerario prescelto, pur sviluppandosi parzialmente fuori del territorio nazionale, non attraversa spazi soggetti alla sovranit di un altro Stato. 19. -Nel caso dei trasporti suddetti, che possono essere considerati come trasporti puramente interni, l'ambito territoriale di applicazione dell'IVA va determinato secondo le regole di base contenute negli artt. 2 e 3 della direttiva e non a norma dell'art. 9. 20. -Bench l'ambito territoriale di applicazione della Sesta direttiva corrisponda, come stato sopra rilevato, al campo d'applicazione del Trattato CEE qual definito, per ciascuno Stato membro, dall'art. 227, e bench, di conseguenza, il regime della direttiva si applichi obbligatoriamente ed imperativamente all'insieme del territorio nazionale degli Stati membri, la direttiva, ed in particolare l'art. 9, n. 2, lett. b), non limita in alcun modo la facolt degli Stati membri di estendere il campo d'applicazione della propria legislazione fiscale al di l dei loro veri e propri limiti territoriali, purch non venga invasa la sfera di competenza di altri Stati. 21. -La questione posta dal giudice a quo va dunque risolta nel senso che l'art. 9, n. 2, lett. b), della Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO membri relative alle imposte sulla cifra di affari -Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, non osta a che uno Stato membro applichi la propria legislazione sull'IVA alle prestazioni di trasporto effettuate fra due punti del suo territorio nazionale, nemmeno qualora il trasporto si svolga in parte fuori di tale territorio, purch tale Stato non invada l'ambito della potest tributaria di altri Stati. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT EUROPEE, 2" sez., 23 gennaio 1986, nella causa 298/84 -Pres. Bahlmann -Avv. Gen. Mancini -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal vice Pretore di Latina nella causa Iorio c. Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato -lnterv.: Governo italiano (avv. Stato Conti) e Commissione delle C.E. (ag. Amphoux e Traversa). Comunit europee -Libera circolazione dei lavoratori Trasporto pub blico Condizioni oggettive e generali di accesso Situazioni pura mente interne. .(Trattato CEE, artt. 7 e 48; regolamento CEE del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, e direttiva del Consiglio 15 ottobre 1%8, n. 68/360; r.d.!. 11 ottobre 1934, n. 1948, conv. in legge 4 aprile 1935, n. 911, e succ. mod., art.3). L'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE e le disposizioni adottate per la sua attuazione non si applicano a situazioni puramente interne di uno Stato membro, come quella del cittadino di uno Stato membro che non abbia mai risieduto o lavorato in un altro Stato membro; n l'art. 48 n alcun'altra disposizione di diritto comunitario ostano all'applicazione di disposizioni nazionali che consentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a condizioni oggettive e generali (1). (1) La libera circolazione delle persone -aveva osservato il Governo italiano con riguardo all'aspetto pi generale e rilevante delle questioni trattate, di cui alla seconda parte della massima -non implica certo il diritto di usare indiscriminatamente tutti i mezzi di trasporto pubblico esistenti, senza adempiere alle condizioni di ammissione prescritte. N l'art. 48 del Trattato, n altre norme o principi di diritto comunitario escludono il potere degli Stati membri di stabilire direttamente (o di consentire che i gestori sta biliscano) i requisiti di ammissione all'uso del mezzo pubblico in generale, nonch i requisiti di ammissione all'uso di un particolare mezzo. Richiedere il possesso di tali requisiti non significa, certo, impedire ai cittadini dei Paesi membri di spostarsi liberamente nel territorio della Comunit . ano scopo di rispondere a offert~ di lavoro. (art. 48), oppure di esercitare il diritto di stabilimento (art. 52), oppure di prestar o di usufruire di servizi (art. 59). Significa soltanto disciplinare il corretto uso di un determinato mezzo di trasporto, ferma restando la libert di circolazione in s considerata, nonch la libert di usare altri mezzi. > -.-.x~ -.-.x~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE , (omissis) 1. -Con ordinanza 3 dicembre 1984, pervenuta in cancelleria l 12 dicembre successivo, il Vice Pretore di Latina ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, quattro questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 48 del Trattato. 2. -Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra il sig. Iorio e l'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato vertente sulla riscossione, tramite ingiunzione di pagamento, di un'ammenda inflitta allo Iorio per infrazione di una disposizione che limita l'accesso a taluni treni. 3. -In base all'art. 3, n. 2, del regio decreto-legge 11 ottobre 1934, n. 1948, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911, come in seguito modificata, relativo alle condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle ferrovie dello Stato, l'Amministrazione pu stabilire particolari limitazioni per determinati treni e linee. 4. -Il 17 gennaio 1984 lo Iorio, cittadino italiano, avvocato in Roma, saliva nella stazione di Roma sul treno rapido 991 diretto a Palermo e Siracusa il quale, secondo l'orario ufficiale, era accessibile ai viaggiatori di seconda classe solamente per un percorso superiore a 400 Km. Lo Iorio era in possesso di un biglietto di seconda classe per un percorso inferiore. Invitato dal personale di controllo delle Ferrovie dello Stato a regolarizzare la sua posizione, lo Iorio si rifiutava di pagare immediatamente l'ammenda prescritta per detta infrazione. Di conseguenza, l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato emetteva, a norma dell'art. 84 del decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R.) 11 luglio 1980, n. 753 ( Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarit dell'esercizio delle ferrovie e di. altri servizi di trasporto; G. U. della Repubblica italiana, Supplemento ordinario n. 314 del 15 novembre 1980, pag. 1), una ordinanza-ingiunzione, costituente titolo esecutivo, per la somma di 30.000 lire. Soltanto un'ipotetica (e inverosimile) limitazione all'uso dei mezzi di trasporto che fosse talmente estesa e generalizzata da escludere, praticamente, il concreto esercizio del diritto di spostarsi nel territorio degli Stati membri potrebbe incidere sulla libera circolazione dei lavoratori, sulla libert di stabilimento e sulla libera prestazione dei servizi. Ma non certo questo il caso delle norme che, ad esempio, richiedono particolari condizioni per l'uso di autoveicoli privati, o di quelle che subor. dinano l'uso dei mezzi pubblici al pagamento di determinati diritti o ad altre condizioni. Ancor meno, poi, pu pensarsi che incida sulla libera circolazione delle persone una disposizione relativa ad un solo treno e diretta allo scopo di regO.. lame razionalmente l'uso come mezzo di trasporto per lunghe percorrenze, escludendo, coerentemente, la possibilit di usarlo (col rischio di eccessivi affollamenti) anche per percorsi brevi. Il non poter usare quel treno per un percorso breve e il doversi servire, allo scopo, degli altri (numerosi) treni a 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 5. -Lo Iorio proponeva opposizione contro detta ingiunzione sostenendo che la normativa italiana relativa alle limitazioni d'accesso ad alcuni treni in contrasto con l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE. 6. -Il Vice Pretore di Latina, adito con la predetta opposizione, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre a questa Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1. Se le disposizioni contenute nel d.P.R. 753/80, nonch_ il 2 dell'art. 3 delle "Condizioni e tariffe delle Ferrovie di Stato" sono in contrasto con l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato di Roma; 2) se il principio della libera circolazione contenuto nel citato articolo applicato anche all'interno di ogni Stato membro della Comunit Europea; 3) se tale principio osti a che l'Autorit Amministrativa, nell~ specie il Ministro dei trasporti o il Direttore Compartimentale delle Ferrovie di Stato, possono limitare la,libera circolazione dei lavoratori all'interno del paese istituendo treni il cui accesso a bordo ammesso soltanto per viaggiatori muniti di biglietto con minimo percorso chilometrico; 4) se la fattispecie in esame in contrasto con ogni altra norma prevista nei Trattati comunitari o regolamenti o atti aventi forza di legge all'interno della Repubblica italiana . 7. -Il Governo della Repubblica italiana solleva il problema della ricevibilit della prima e della quarta questione, deducendo che la Corte non pu, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi su asserite infrazioni del Trattato da parte di uno Stato membro n sulla compatibilit di norme nazionali con il diritto comunitario. disposizione di tutti non ha evidentemente proprio nulla a che fare con il diritto di spostarsi liberamente in tutto il territorio dello Stato. ~ netta e incontestabile, perci, la distinzione fra libert di circolazione delle persone e diritto all'uso dei mezzi pubblici di trasporto. La prima soggetta solo alle limitazioni ammesse dal diritto comunitario e, al di l di tali limitazioni, incondizionata. Il secondo, invece, soggetto a tutte le condizioni imposte dagli Stati membri allo scopo di disciplinare la corretta e razionale utilizzazione del trasporto pubblico. Certo, anche nell'ambito di questa disciplina potrebbero, in teoria, verificarsi, per altro verso, violazioni dei principi di diritto comunitario e, in particolare, del principio fondamentale che vieta ogni discriminazione in base alla nazionalit (art. 7 del Trattato CEE).. Ma se, come accade nella specie, una particolare condizione di ammissione ad un determinato mezzo di trasporto pubblico stabilita con carattere di generalit e senza alcuna discriminazione fra i cittadini dello Stato membro interessato e i cittadini degli altri Stati membri, non pu sorgere alcun dubbio sulla sua piena compatibilit con principi e le norme del diritto comunitario . (M. C.). PARTE I, !>EZ. H, GIURIS. COMUNITARlA E INTERNAZIONALE 8. -Questa Corte -come essa stessa ha pi volte ricordato, in particolare nella sentenza 30 npvembre 1983 (causa 227/83, Van Bennekom, Racc. pag. 3883) -bench non le spetti, nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, pronunciarsi sulla compatibilit di una legge nazionale col Trattato, pu, tuttavia, indicare al giudice nazionale tutti i criteri d'interpretazione del diritto comunitario che possano consentirgli di decidere su detta compatibilit. Essa pu, cos, individuare nelle questioni formulate dal giudice nazionale gli elementi pertinenti all'interpretazione del diritto comunitario. 9. -Risulta dall'esame delle questioni sollevate che, in sostanza, il giudice nazionale desidera sapere se l'art, 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE, che sancisce il principio della libera circolazione dei lavoratori, e le disposizioni adottate per la sua attuazione si applichino anche all'interno di uno Stato membro e se detto articolo, o qualsiasi altra disposizione di diritto comunitario, osti all'applicazione di disposizioni nazionali che consentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a determinate condizioni. 10. -Il ricorrente nella causa principale sostiene che il princ1p10 della libera circolazione deve applicarsi senza restrizioni all'interno di ciascuno Stato. 11. -Secondo il Governo italiano, n l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE n altre norme di diritto comunitario ostano ad una normativa sull'uso dei mezzi di trasporto pubblico. Le limitazioni derivanti da detta normativa, essendo di carattere generale, non violerebbero il prin~ cipio di non discriminazione in ragione della cittadinanza. 12. -La Commissione sostiene che l'art. 48, n. 3, lett. b), non osta ad una disciplina che limiti l'accesso a taluni treni, a condizione che tali limitazioni non siano basate su criteri di discriminazione in funzione della cittadinanza del viaggiatore~ 13. -La soluzione delle questioni dipende dalla determinazione del campo d'applicazione delle disposizioni comunitarie relative alla libera circolazione dei lavoratori: l'art. 48 del Trattato e le norme derivate, i particolare il regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit (G. U. n. L 2S7, pag. 2), e la direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunit (G. U. n. L 257, pag. 13). Come la Corte ha rilevato nella sentenza 27 ottobre 1982 (cause riunite 35 e 36/82, Morson, Racc. pag. 3723), le suddette disposizioni hanno lo scopo di contribuire ad eliminare tutti gli ostacoli all'instaurazione di un mercato comune nel RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quale i cittadini degli Stati membri possano spostarsi liberamente nel territorio degli Stati stessi al fine di svolgere le loro attivit economiche. Attuando il principio di non discriminazione sancito dall'art. 7 del Trattato CEE, l'art. 48 e i provvedimenti adottati per la sua applicazione mirano cos a realizzare il libero accesso dei lavoratori stabiliti nei vari paesi della Comunit a posti di lavoro offerti in paesi della Comunit diversi da quello in cui sono stabiliti, senza distinzione di cittadinanza, vietando qualsiasi restrizione del loro spostamento all'interno della Comunit che ostacoli l'esercizio effettivo di tale diritto, tanto se si tratti di restrizioni dell'accesso del territorio nazionale quanto se si tratti di restrizioni della libera circolazione all'interno di un territorio nazionale. 14. -Ne consegue che le disposizioni del Trattato e la normativa adottata per la loro attuazione in materia di libera circolazione dei lavoratori non si possono applicare a situazioni che non hanno alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario (si vedano la precitata sentenza Morson, la sentenza 28 marzo 1979, causa 175/78, Saunders, Racc. pag. 1129, e la sentenza 28 giugno 1984, causa 180/83, Moser, Racc. pag. 2539). 15. -Nella fattispecie, dai dati forniti dal giudice nazionale risulta che la situazione del ricorrente nella causa principale non ha alcun nesso con le disposizioni del diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori. 16. -Peraltro, non esistono altre disposizioni di diritto comunitario n principi generali ammessi in diritto comunitario che vietino restrizioni, da applicare senza discriminazione, del libero accesso ai mezzi di trasporto all'interno di uno Stato membro giustificate da esigenze di organizzazione razionale ed economica. 17. -Le questioni sollevate dal giudice nazionale devono pertanto essere risolte nel senso che l'art. 48, n. 3, lett. b), del Trattato CEE e le disposizioni adottate per la sua attuazione non si applicano a situazioni puramente interne di uno Stato membro, come quella del cittadino di uno Stato membro che non abbia mai risieduto o lavorato in un altro Stato membro, e che n l'art. 48 n alcun'altra disposizione di diritto comunitario ostano all'applicazione di disposizioni nazionali che con sentano di subordinare l'uso di taluni mezzi di trasporto pubblico a condizioni oggettive e generali. (omissis) ! I i SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. civili, 28 ottobre 1985, n. 5293 -Pres. Mirabelli -Rel. Laudato -P. M. Pandolflli (conci. conf.) -Succhi Battista (avv. Guarino) c. Ministero Agricoltura e Foreste e Procuratore Generale Corte dei Conti (avv. Stato De Francisci). Pensioni -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti ammini strat'ivi definitivi relativi al rapporto di pubblico impiego -Sinda cato incidentale di legittimit -Esclusione -Eccesso di potere giu risdizionale. (artt. 13 e 62 r.d. 12 dicembre 1934 n. 1214). La Corte dei Conti, nell'eserci.zio della giurisdizione esclusiva in materia di pensioni, non pu conoscere in via incidentale degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego e rilevanti per l'an e il quantum della pensione, divenuti ormai definitivi per mancata impugnazione, allo scopo di escluderne l'efficacia ai fini pensionistici, realizzandosi in tal modo un'ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale (1). Con l'unico mezzo di annullamento, il ricorrente, denunciato difetto di giurisdizione (art. 360 n. 1 .p.c., in relazione agli artt. 64 e 67 del d'P.R. n. 748 del 1972) deduce che la Corte dei Conti non ha tenuto presente che il ricorso della Procura Generale era improponibile per difetto di giurisdizione, in quanto, aveva per oggetto una questione di attribuzione di qualifica, che, pur ripercuotendosi sul trattamento di quiescenza attiene allo status del dipendente e non concerne direttamente la liquidazione della pensione, la quale soltanto riservata alla competenza della Corte dei Conti, a norma dell'art. 11 All. T. dell'art. 39 legge n. 486 del 1985 .e dell'art. 62 R.D. n. 1214 del 1934. La censura fondata. Indubbia la, legittimazione ad agire del Procuratore Generale, ex art. 76 del regolamento di procedura r.d. n. 1038 del 1933, trattandosi di pensione a (1) Giurisprudenza costante. Cfr. al riguardo, da ultimo, Cass., Sez. Un. 7 dicembre 1983, n. 7293, in Foro it., 1984, I, 1304, con nota di richiami, nonch, in questa Rassegna, 1984, I, 721, con nota di richiami, nonch, soprattutto, Cass., Sez. Un., 15 novembre 1982, n. 6084, in Foro it., 1983, I, 359, con ampia nota di precedenti conformi. Vedi, in senso conforme, le coeve sentenze 5294 e 5295, pubblicate di seguito. 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATU\!A DELLO STATO totale carico dello Stato, la questione da risolvere, che rappresenta l'oggetto sostanziale del mezzo di annullamento, quella di accertare se la Corte dei Conti, con la impugnata decisione, abbia esorbitato dalla sua potestas decidendi, pronunziando in materia demandata alla cognizione di un diverso apparato giurisdizionale o sottratta alla cognizione di qualsiasi giudice. Questa Corte, ora, con sentenza n. 6084 del 1982, ha ritenuto essere esatto che nn sorgono problemi di giurisdizione o di competenza in relazione al potere spettante, in via di principio, ad ogni giudice di risolvere incidenter tantum questioni pregiudiziali. Quando, per, la controversia sull'antecedente logico giuridico non costituisce mera questione pregiudiziale ma, piuttosto, una causa pregiudiziale, che debba essere decisa, in via principale, da altro giudice, non opera pi la competenza incidentale, sicch riprendono vigore, rispetto a tale causa pregiudiziale, le ordinarie regole sulla competenza e sulla giurisdizione, con la conseguenza che se il giudice adito, invece di sospendere il processo di sua competenza, decida sulla causa pregiudiziale, appartenente ad un diverso organo giurisdizionale, la sua pronuncia viziata da difetto ' di giurisdizione, risolvendosi in tale vizio l'errore sulla spettanza della competenza incidentale. _ Costituisce, pertanto, questione di giurisdizione accertare se la Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia di pensione, abbia o meno il potere di sindacare, in via incidentale, per escluderne l'efficacia, ai fini pensionistici, la legittimit degli atti amministrativi che, sebbene rilevanti ai fini dell'an e del quantum della pensione, attengono direttamente al rapporto di attivit, e danno, perci luogo a controversie devolute, trattandosi di rapporto di pubblico impiego, alla giurisdizione del giudice amministrativo. Tale questione, non pu che risolversi in senso negativo, m quanto la Corte dei Conti, ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione e degli altri assegni che ne costituiscano parte integrante, ma non pu conoscere, neppure in via incidentale (il che esclude in radice la possibilit del ricorso all'istituto della disapplicazione) degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit di servizio, inerenti allo status de1l'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto. N vale in contrario rilevare che il provvedimento di pensione sarebbe fondato su di un autonomo accertamento dei presupposti stabiliti dalla legge sia in ordine alla spettanza del diritto al trattamento pensionistico, sia in ordine alla determinazione del suo ammontare, sicch non sarebbe condizionato in modo rigido dagli atti di carriera, potendo da questi discostarsi, se lo impone la necessit di rispettare il dettato legislativo, previsto. per quegli atti. Non ammissibile, infatti, che i predetti 38 RASSEGNA DELL'AVVOCATU\!A DELLO STATO totale carico dello Stato, la questione da risolvere, che rappresenta l'oggetto sostanziale del mezzo di annullamento, quella di accertare se la Corte dei Conti, con la impugnata decisione, abbia esorbitato dalla sua potestas decidendi, pronunziando in materia demandata alla cognizione di un diverso apparato giurisdizionale o sottratta alla cognizione di qualsiasi giudice. Questa Corte, ora, con sentenza n. 6084 del 1982, ha ritenuto essere esatto che nn sorgono problemi di giurisdizione o di competenza in relazione al potere spettante, in via di principio, ad ogni giudice di risolvere incidenter tantum questioni pregiudiziali. Quando, per, la controversia sull'antecedente logico giuridico non costituisce mera questione pregiudiziale ma, piuttosto, una causa pregiudiziale, che debba essere decisa, in via principale, da altro giudice, non opera pi la competenza incidentale, sicch riprendono vigore, rispetto a tale causa pregiudiziale, le ordinarie regole sulla competenza e sulla giurisdizione, con la conseguenza che se il giudice adito, invece di sospendere il processo di sua competenza, decida sulla causa pregiudiziale, appartenente ad un diverso organo giurisdizionale, la sua pronuncia viziata da difetto ' di giurisdizione, risolvendosi in tale vizio l'errore sulla spettanza della competenza incidentale. _ Costituisce, pertanto, questione di giurisdizione accertare se la Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia di pensione, abbia o meno il potere di sindacare, in via incidentale, per escluderne l'efficacia, ai fini pensionistici, la legittimit degli atti amministrativi che, sebbene rilevanti ai fini dell'an e del quantum della pensione, attengono direttamente al rapporto di attivit, e danno, perci luogo a controversie devolute, trattandosi di rapporto di pubblico impiego, alla giurisdizione del giudice amministrativo. Tale questione, non pu che risolversi in senso negativo, m quanto la Corte dei Conti, ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione e degli altri assegni che ne costituiscano parte integrante, ma non pu conoscere, neppure in via incidentale (il che esclude in radice la possibilit del ricorso all'istituto della disapplicazione) degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit di servizio, inerenti allo status de1l'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto. N vale in contrario rilevare che il provvedimento di pensione sarebbe fondato su di un autonomo accertamento dei presupposti stabiliti dalla legge sia in ordine alla spettanza del diritto al trattamento pensionistico, sia in ordine alla determinazione del suo ammontare, sicch non sarebbe condizionato in modo rigido dagli atti di carriera, potendo da questi discostarsi, se lo impone la necessit di rispettare il dettato legislativo, previsto. per quegli atti. Non ammissibile, infatti, che i predetti atti vengano considerati legittimi nel rapporto di pubblico impiego per PARTE I, SEZ. lii, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE mancata impugnativa e illegittimi nel rapporto pensionistico che si costituisce sulla base del primo e presuppone la medesima posizione giuridica. Tali principi, ora._ trovano puntuale applicazione nella fattispecie, ove sostanzialmente si controverte della qualifica attribuita in sede di esodo al Succhi, quale contenuto dei benefici previsti per i pubblici impiegati dal d.P.R. n. 74.8 del 1972. II fatto, in verit, che la soluzione della questione si ripercuote su almeno due diritti conseguenziali alla cessazione del rapporto di impiego, vale a dire il trattamento di pensione e l'indennit di buonuscita, il cui contenzioso rientra nella cognizione di due diversi giudici, dimostra che si tratta di questione concernente una posizione dello impiegato stesso, insuscettiva anche per questo di essere risolta incidenter tantum da un giudice che non sia quello proprio del rapporto di pubblico impiego. Fra l'altro, non si comprenderebbe la ragione per la quale il provvedimento di collocamento a riposo, mentre deve essere sindacato dal giudice del rapporto di impiego, per quanto concerne il diritto alla cessazione del rapporto stesso (sant. n. 318 del 1979), potesse, poi, essere sindacato da altro giudice o, addirittura, da pi giudici, per quanto si riferisce all,a qualifica attribuita. La verit che il provvedimento attributivo di qualifica sotto.. ogni aspetto atto inerente al rapporto d'impiego, in quanto incide sullo status, dell'impiegato, determinando la qualifica di questo al momei;tto della cessazione del rapporto, sicch ogni questione sulla legittiinit di esso, anche se insorta in sede di liquidazione di pensione, controversia rientrante nella cognizione del giudice del rapporto d'impiego. Il ricorso va, pertanto, accolto, e, dichiarandosi il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, va cassata la sentenza impugnata senza rinvio. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5294 -Pres. Mirabelli -Rel. Laudato -P. M. Pandolfelli (conci. conf.) -Robba (avv. Guarino) c. Ministero Agricoltura e foreste e Procuratore Generale della Corte dei Conti (avv. Stato De Francisci). Pensioni -Giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti -Atti amministrativi definitivi inerenti al rapporto d'impiego -Cognizione Incidentale Esclusione. (Artt. 64 e 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748). La Corte dei Conti ha il potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione e degli altri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 40 assegni che ne costituiscono parte integrante, ma non pu conoscere, neppure in via incidentale, degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit di servizio, inerenti allo status dell'impiegato, divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo competente per tale rapporto (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 ottobre 1985, n. 5295 Pres. Mira belli Rel. Laudato P. M. Pandolfelli (conci. conf.) Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (avv. Stato Sernicola) c. Ricelli (avv. Andrioli). Corte dei Conti Giurisdizione esclusiva -Contestazione della qualifica impiegatizia in relazione ai benefici combattentistici -Atto inerente al rapporto di impiego -Cognizione incidentale della Corte dei Con ti -Esclusione. (L. 24 maggio 1970, n. 336; d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748). La questione sulla legittimit del provvedimento con il quale, in sede di applicazione dei benefici combattentistici stata attribuita una data qual{fica, controversia rientrante nella cognizione del giudice del rap porto d'impiego, trattandosi di atto incidente sullo status dell'impiegato, e non gi nell'ambito della giurisdizione esclusiva in materia pensionistica della Corte dei Conti. Pertanto, la Corte non pu conoscere, neppure in via incidentale, trattandosi di causa pregiudiziale, degli atti amministrativi relativi al rapporto di impiego negli aspetti di attivit di servizio, inerenti allo status dell'impiegato divenuti definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo proprio di tale rapporto (2). (1-2) Giurisprudenza costante. Cfr. in termini Cass., Sez. Un., 6 giugno 1979, n. 3183, in Giust. civ., 1979, I, 1882; id., 5 gennaio 1981, n. 3, ivi, 1981, I, 1, 216 e la coeva n. 5, Mass., 1981; id., 15 novembre 1982, n. 6084, in Foro it., 1983, I, 359 con ampia nota redazionale; id., 7 dicembre 1983, n. 7293, ivi, 1984, I, 1304; id., 10 gennaio 1984, n. 168, ibidem. Anche 'la giurisprudenza amministrativa pacifica sul punto. Cfr. per tutte 'Cons. Stato, IV sez., 30 settembre 1976, n. 832, in Cons. Stato, 1976, I, 946; id., VI sez., 27 aprile 1974, n. 204, ibidem, 539. Sulla giurisdizione della Corte dei Conti ed, in particolare, sulle controversie in tema di ripetizione di somme indebitamente corrisposte a titolo cli assegni accessori alla pensiene cfr.: Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1982, n. 5333, in questa Rassegna, 1983, I, 142, con nota Giurisdizione della Corte dei Conti in tema di recupero di somme indebitamente corrisposte a titolo di assegni accessori alla pensione di G. P. PoLIZZI. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni unite, 24 ottobre 1985 n. 5252 Pres. Brancaccio Rel. Chiavelli P. M . .Sgroi (conci. parz. conf.) Ministero dell'Interno (avv. Stato Cosentino) c. Zanchini Teresa ed altri (avv. Novelli). Previdenza Assistenza sociale Invalidi civili Pensione e assegno Procedimento amministrativo di accertamento delle condizioni Rilevanza sull'azione proposta innanzi all'A.G.O. (Art. 443 c.p.c.; legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 9, 14, 15 e 22). Previdenza Assistenza sociale Invalidi civili Pensione e assegno Azione innanzi I'A.G.O. Procedibilit Condizioni Decisione defi nitiva della Commissione sanitaria regionale Sufficienza. (Art. 443 c.p.c.; legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 2, 9, 12, 13 e 22). Previdenza Assistenza sociale Invalidi civili Pensione e assegno Domanda giudiziale Legittimazione passiva del Ministero dell'inter no Sussistenza in via esclusiva Trasferimento delle Commissioni sanitarie alle Regioni Irrilevanza. (Legge 30 marzo 1971 n. 118, artt. 12 e 18). Procedimento civile Controversie in materia di previdenza e assistenza Pretesa non manifestamente infondata o temeraria Esonero del lavoratore dalle spese Estensione alle controversie di assistenza sociale non correlate a rapporto di lavoro. (Art. 152 disp. att. c.p.c.). Procec;limento civile Controversie in materia di previdenza e assistenza Pretesa non manifestamente infondata o temeraria Esonero del la voratore dalle spese Obbligo di motivazione del giudice Insussistenza. (Art. 152 disp. att. c.p.c.). Al procedii:nento amministrativo previsto dalla legge 30 marza 1971 n. 118 per l'accertamento delle condizioni, sia di minorazione psicofisica che economiche, che danno titolo alla conessione di pensione o di assegno' di invalidit civile, deve essere attribuita la stessa rilevanza p1e vista dall'art. 443 c.p.c., in via generale, in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, e cio che le domande relative a tale materia non sono procedibili se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti medesimi o siano RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comunque decorsi 180 giorni dalla data in cui stato presentato il ricorso (1). La condizione di procedibilit dell'azione innnanzi all'Autorit giudiziaria prevista dall'art. 443 c.p.c., e cio l'esaurimento del procedimento amministrativo prescritto dalla legge speciale per la composizione amministrativa, deve ritenersi verificato, per quanto riguarda i diritti di cui agli artt. 12 e 13 della legge 30 marzo 1971 n. 118, con la decisione definitiva della Commissione regionale di cui all'art. 9 che nega la sussistenza delle condizioni di minorazione di cui all'art. 2, rendendo cos inutile e quindi improseguibile il procedimento per l'accertamento delle condizioni economiche necessarie per il conseguimento del diritto vantato (2). Gli artt. 12 e 18 della legge 30 marzo 1971 n. 118 pongono a carico dello Stato e a cura del Ministero dell'Interno la pensione di inabilit e l'assegno mensile a favore degli invalidi civili e quindi legittimato passivo nei giudizi per il' riconoscimento del diritto alle dette provvidenze esclusivamente il Ministero dell'Interno, per legge obbligato alle prestazioni relative, nulla rilevando in contrario l'avvenuto trasferimento delle Commissioni sanitarie alla competenza delle Regioni (3). La norma dell'art. 152 disp. att. c.p.c., che consente di porre a carico degli Istituti di previdenza e assistenza, pur se vittoriosi in giudizio, le spese di consulenza tecnica quando la domanda del lavoratore non sia temeraria o manifestamente infondata, trova applicazione anche nelle controversie di assistenza obbligatoria, che non siano correlate ad un rapporto di avoro e a prestazioni di Istituti di previdenza e assistenza in senso stretto (4). Ai fini dell'applicazione dell'art. 152 disp. att. c.p.c. il giudice di mel'ito non tenuto a motivare in ordine alla non manifesta infondqtezza della pretesa dell'attore ed alla sua non temerariet, in quanto l'esonero dall'obbligo delle spese deriva direttamente dalla legge e vien meno solo nel caso in cui la pretesa sia ritenuta dal giudice, il quale solo in tal caso ha l'obbligo di motivare l'esclusione del beneficio di legge, manifestamente infondata o temeraria (5). (1-5) Sulla tutela giurisdizionale nelle controversie di invalidit civile. Con la sentenza in rassegna (ed altre due coeve di identico contenuto in diritto) le Sezioni Unite hanno recato importanti e definitivi chiarimenti in ordine a taluni aspetti ancora controversi in materia di giudizi relativi alle provvidenze a favore degli invalidi civili, e segnatamente sui rapporti tra previa procedura in sede amministrativa e successiva fase giurisdizionale innanzi l'A.G.O. e sulla legittimazione passiva dello Stato (Ministero dell'Interno) anche nel caso in cui la fase amministrativa non abbia superato la soglia dell'accertamento -di competenza delle Commissioni; provinciali e regionali, ora entrambi or~ani dell'Ente 'regione -del requisito sanitario. Quanto al primo punto, la sentenza sottopone totalmente la fase amministrativa prevista dalla legge 30 marzo 1971 n. 118 ai principi generali propri dl contenzioso previdenziale di cui all'art. 443 c.p.c.; per cui -in sintesi PARTE I, Sl!Z. IV, GIURISPRUDENZA CIVILB 43 (omissis) Nell'ordine logico, deve essere esaminato per prima il quarto motivo del ricorso, con il quale il Ministero degli Interni denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 22 della legge 3 marz 1971 n. 118 nonch dell'art. 443 c.p.c. (nuovo testQ) nonch difetto, quanto meno temporaneo, di giurisdizione (art. 360 nn. 1 e 3 c.p.c.). Secondo il ricorrente, nella specie, il procedimento amministrativo non si era ancora concluso, al momento in cui furono proposti i ricorsi al Pretore del lavoro. Il procedimento, infatti, doveva terminire a seguito del provvedi mento di diniego da parte del Ministero. ~ Erroneamente, invece, il Tribunale avrebbe ritenuto irrilevante, a seguito della pronuncia delle commissioni sanitarie, l'ulteriore decorso amministrativo ed ancora pi erroneamente avrebbe considerato l'esperimento di tale seconda fase alla stregua di una condizione di mera procedibilit dell'azione (art. 443 c.p.c.), la quale, peraltro, non sarebbe stata rilevata nella prima udienza di discussione. Il motivo non fondato, sotto alcun profilo. 1. La legge n. 118/1971, dopo aver determinato nell'art. 2 natura e grado delle minorazioni psico-fisiche dell'invalido civile, considerate agli effetti della legge stessa, affida l'accertamento delle condizioni di minorazione degli aspiranti alle provvidenze da essa previste ad una commissione sanitaria nominata dal Prefetto (art. 6). La Commissione, compiuti gli accertamenti previsti dall'art. 8 comunica, a cura del segretario, direttamente alla prefettura i nominativi dei mutilati ed invalidi ci'vili. che hanno diritto alla pensione di inabilit o all'assegno di assistenza. La domanda per il conseguimento delle provvidenze previste dagli artt. 12 (pensione di inabilit) 13 (assegno mensile) 23 (addestramento, qualificazione professionale ecc.) e 24 (indennit frequenza corsi adde / da escludere l'improponibilit della domanda, e quindi il difetto di giurisdizione, quando, presentata l'istanza in sede amministrativa, siano comunque trascorsi 180 giorni dalla sua presentazione; ci in conformit cn una ten denza sempre pi diffusa ad interpretare in senso restrittivo ogni vincolo o condizionamento posto dalle leggi in vigore alla tutela giurisdizionale, soprat tutto quella in materia di diritti soggettivi (in motivazione richiamata al riguardo anche giurisprudenza costituzionale formatasi in consimili altre ipotesi di giurisdizione condizionata dal previo esperimento di reclami in via amministrativa: cfr. C. Cost. 29 marzo 1972 n. 57, in Foro lt., 1972, I, 1172). L'equiparazione in parola altresl corroborata dalla riaffermazione, fatta qui incidenter, della competenza specifica del giudice del lavoro nelle controversie di cui alla citata legge n. 118, competenza gi affermata la prima volta da Cass. 16 gennaio 1979 n. 319 (in Foro lt., 1979, I, 643) e successivamente ribadita da numerose altre sentenze del S.C. (per tutte Cass. 15 luglio 1980 n. 4565, in Foro lt., 1980, I, 3022). Le Sezioni Unite sono inoltre pervenute alla espli cita negazione della natura di procedimento di impugnazione ..del giudizio pro 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stramento) deve essere presentata direttamente alla commissione sanitaria provinciale. Contro il giudizio delle commissioni sanitarie provinciali previsto il ricorso alla commissione regionale sanitaria, nominata dal ministro della sanit, la cui decisione definitiva (art. 9). Con tale decisione si conclude il procedimento amministrativo per l'accertamento delle condizioni di minorazione, ai fini dei benefici di cui agli artt. 23 e 24. Per quanto riguarda invece i benefici di cui all'art. 12 e 13 il procedimento amministrativo prosegue (eventualmente, come si dir in appresso) per l'accertamento delle condizioni economiche davanti al comitato provinciale di assistenza e beneficenza e l'eventuale delibera di concessione della pensione o dell'assegno (art. 14). Contro tale deliberazione ammesso ricorso al ministero dell'interno (art. 15). Infine contro i provvedimenti definitivi previsti dagli artt. 9 e 15 ammessa la tutela giurisdizionale dinanzi ai competenti organi ordinari e amministrativi (art. 22). 2. Nulla dispone, espressamente, la legge in ordine alla rilevanza del procedimento amministrativo rispetto alla propon,ibilit o procedibilit dell'azione giudiziaria. Tuttavia, da tale silenzio deriva, senza ombra di dubbio, che deve essere escluso sussista, tra procedimento amministrativo ed azione giudiziaria, un rapporto di proponibilit della domanda, posto che, laddove previsto, tale rapport0 (limitativo, sia pure temporaneamente, della giurisdizione ordinaria in materia di diritti) stato sempre espressamente sancito (cfr. art. unico legge n. 633/1957 che ha sostituito l'art. 10 r.d. numero 636/31; 47 d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e 460 c.p.c. nel testo precedente alla modifica di cui alla legge n. 533/73; salve et repete). posto innanzi l'A.G.O. dopo l'esaurimento, anche nel senso gi detto, della fase amministrativa; escludendo altres, anche qui incidenter, che in materia possa sostenersi l'esistenza di una giurisdizione del giudice amministrativo (e quindi di tipo impugnatorio) o quanto meno escludendo, anche sulla scorta di C. St. 25 gennaio 1983 n. 36 (in Foro amm:vo, 1983, I, 22), che questo possa arguirsi dal solo disposto (a rigore superfluo, perch ripetitivo dell'art. 113 Cost.) dell'art. 22 della legge n. 118. La qualificazione del giudizio proposto innanzi l'A.G.O. quindi, s,econdo le Sezioni Unite, nel senso dell'azione di accertamento (e di condanna); azione non limitata,. vertendosi in tema di diritti soggettivi, dar motivi fatti valere nella previa fase amministrativa e soprattutto non limitata all'accertamento della legittimit dei motivi della reiezione dell'istanza proposta dall'interessato in quella sede. Quanto al punto della legittimazione passiva del Ministero dell'Interno nei riguardi di atti e attivit che non provengono da organi dello Stato o a PARTB I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 45 Va, poi, aggiunto che le norme, le quali stabilivano tale rapporto, sono state successivamente cancellate dall'ordinamento, o a seguito di dichiarazione di illegittimit costituzionale (sent. n. 57/72 della C. C.) o a seguito di modifica legislativa (art. 443 c.p.c.). Che, poi, anche la pretesa alla pensione per invalidit civile muova, come quella alla pensione per invalidit del lavoratore subordinato (derivante dal rapporto di previdenza obbligatoria), da una posizione di diritto soggettivo perfetto, non pu essere revocato in dubbio, n sembra che lo contesti lo stesso Ministero ricorrente. Ed infatti incontestabile che tale pretesa deriva dal rapporto di assistenzfl sociale, costituito nell'sclusivo interesse della categoria protetta dalla legge n. 118/71, in ottemperanza al principio costituzionale secondo cui ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha giritto al mantenimeno e all'assistenza sociale ~art. 38 Cost.). Detta legge, in coerenza con tale esplicito precetto sovraordinato, garantisce la posizione dell'invalido civile con precise norme di relazione le quali ricollegano il sorgere dell'interesse protetto alle provvidenze da esse previste, con il correlativo obbligo della P. A., a presupposti di fatto, in ordine ai quali alla P. A. non riconosciuto alcun potere di discrezionalit amministrativa, ma una mera discrezionalit tecnica, volta ad accertare la esistenza dei presupposti gi delineati dalla legge. Pu quindi, sul punto, pervenirsi ad una prima conclusione e, cio, che al procedimento amministrativo previsto dalla legge n: 118/71 deve essere attribuita la stessa rilevanza prevista dall'art. 443 c.p.c., in via generale, in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria e, cio, che le domande relative a tale materia non sono procedibili se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti o siano comunque decorsi 180 gg. dalla data in cui stato proposto il ricorso . quello sottoposti gerarchicamente, la tesi negativa stata disattesa, in conformit peraltro con la quasi concorde giurisprudenza dei giudici di merito, nella considerazione dell'onere finanziario delle provvidenze previste dalla citata legge n. 118, onere che stabilito esclusivamente a carico dello Stato (cfr. artt. 12 e 18 1. cit.). Per cui le stesse Commissioni sanitarie (provinciale in primo grado e regionale in appello) finiscono, secondo le Sezioni Unite, con l'assumere la veste di organi ausiliari del Ministero dell'Interno. Da ultimo, la sentenza in rassegna estende alle controversie di invalidit civile i principi in tema (di non rimborsabilit) di spese giudiziali posti a favore dei lavoratori dipendenti dall'art. 152 disp. att. c.p.c.; nel testo novellato dalla legge 11 agosto 1973 n. 533. La prima delle due affermazioni, riferite propriamente a fattispecie di spese di consulenza tecnica, peraltro strettamente conseguenziale alla decla ratoria di (parziale) illegittimit costituzionale della citata norma del rito emessa da C. Cost. 26 luglio 1979 n. 85 (in Foro lt., 1979, I, 2294); per effetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO Questa conclusione , peraltro, coerente con le norme di cui all'art. 442 c.p.c. (nuovo testo) che ascrive alla competenza del giudice del lavoro tutte le controversie in materia di previdenza e di assis_!enza obbligatoria, tra le quali d~vono essere comprese quelle di cui alla legge in discorso, come da costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 319/79; 4565/80; 2054/81; cfr. pure Corte Cost. 26 luglio 1979 n. 85). ~ 3. Sostiene, tuttavia, il ricorrente Ministero che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella violazione o falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 22 della legge n. 118/71 nonch dell'art. 443 c.p.c. (nuovo testo) per aver ritenuto procedibile l'azione giudiziaria, nonostante le parti non avessero ottenuto il provvedimento definitivo del Ministero (art. 15) e fosse stata omessa addirittura tutta la seconda fase amministrativa I volta all'accertamento dello stato economico e sociale. Nulla rileverebbe, secondo il ricorrente, l'osservazione del Trjbunale, secondo il quale l'azione giudiziaria non avrebbe potuto essere condizionata da un procedimento che non poteva essere svolto, essendo stato I negato l'accertamento sanitario della inabilit da parte della Commissione P. regionale. I Ci perch, altrimenti, si finirebbe con il trasformare in un processo di accertamento quello che la legge avrebbe voluto fosse, invece, un ~ processo di impugnazione. I La tesi, per, non pu essere condivisa. Vero che la legge in discorso, come si gi rilevato, nulla dispone, espressamente, circa il rapporto tra procedimento amministrativo e azione giudiziaria, salvo che, prevedendo i ricorsi giurisdizionali contro i provvedimenti definitivi della commissione regionale e del Ministero, ll'azione giudiziaria deve necessariamente seguire l'esaurimento del procedimento amministrativo, concluso -per i benefii di cui agli artt. 12 e 13, nella ipotesi in cui abbia potuto svolgersi in tutte e due le sue I fasi -con il provvedimento del Ministero dell'interno. i= f: I ~ ~ della quale il particolare trattamento di favore deve intendersi ormai esteso a tutti i destinatari di assistenza pubblica, quali sono appunto quelli di cui alla legge n. 118. ' La seconda affermazione, con cui le Sezioni Unite escludono ogni obbligo di motivazione, del giudice con riguardo alla statuizione di esonero dalle spese, cio in sostanza con riguardo alla non ricorrenza degli estremi di manifesta infondatezza o temerariet della lite, nuova, ma non pu non destare notevoli perplessit. La ratio dell'affermazione invero stata ravvisata nell'essere il beneficio in discorso derivante dalla legge; ma ognun vede come tale argomento appaia del tutto insufficiente, in quanto qualsiasi beneficio iuris publici J.eriva in astratto, direttamente o indirettamente, dalla legge e qualora esso sia controverso nei suoi presupposti concreti, la sentenza che ne accerta l'esistenza non per questo pu ritenersi sottratta all'obbligo costituzionale di cui all'art. 111, 1 comma, della Costituzione. PAOLO COSENTINO I I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Nessun altro pi specifico significato pu essere attribuito all'art. 22 della legge, la cui formula stata ritenuta espressa ad abundantiam e superflua nella sua totalit, in quanto meramente ripetitiva dell'art. 113 Cost. (cfr. Cons. Stato 25 gennaio 1983 n. 37): tanto meno, quello di attribuire all'azione giudiziaria natura di procedimento di i~pugnazione dell'atto definitivo del.la Commissione regionale o del Ministero. In particolare, la legge tace per il caso -come quello di specie in i;:ui il procedimento amministrativo per la concessione della pensio ne o dell'assegno non possa svolgersi nelle due fasi previste dell'ac certamento sanitario (e relativo ricorso) e dell'accertamento delle condi zioni economiche del richiedente, per la preclusione definitiva della se conda fase, a seguito della conclusione negativa della prima. Tale silenzio, per, non significa che la soluzione del caso non possa e non debba essere trovata nell'ambito del sistema; anzi, che non esista, sia pure implicita, nel sistema stesso, in coerenza, sia con il principio del preventiv esperimento del procedimento amministrativo~ previsto dalla legge speciale per la composizione in sede amministrativa delle contro versie in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, sia con quello dell'autonomia dell'azione giudiziaria rispetto al procedimento ammini strativo. La soluzione proposta dal Ministero, ma non sviluppata nelle sue implicazioni, parrebbe essere quella secondo cui, in obbedienza letterale del disposto dell'art. 22, l'azione giudiziaria per essere proponibile (o pro cedibile) dovrebbe, in ogni caso, seguire ed essere proposta contro il provvedimento definitivo del Ministero . Ci, quindi, anche nel caso in cui la prima fase in ordine all'accer tamento sanitario si sia conclusa negativamente, in via definitiva. In tale ipotesi, il richiedente avrebbe l'onere di sollecitare il comitato di assistenza e beneficenza a compiere l'accertamento delle condizioni di cui all'art. 16 e, quindi, di ricorrere al Ministro, ai sensi dell'art. 15. Tale soluzione , per, contraddetta dal sistema che non prevede tale onere, posto che l'istanza, per il conseguimento dei benefici in discorso, deve essere prodotta alla commissione sanitaria provinciale (art. II); che il comitato di assistenza e beneficenza provvede d'ufficio solo -previo accertamento delle condizioni di cui agli artt. 11, 12 e 13, tra le quali quello delle condizioni di minorazione degli aspiranti, rimesso alle commissioni sanitarie provinciali o regionali (art. 6); che il proseguimento della procedura amministrativa, dopo l'accertamento negativo della Commissione sanitaria costituirebbe un inutile ritardo per l'esperimento della tutela giudiziaria, dal momento che, n il comitato di assistenza e beneficenza, n il Ministero avrebbero il potere di modificare o rimuovere l'accertamento negativo della Commissione regionale. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 48 Parimenti inaccettabile deve ritenersi un'altra possibile soluzione suggerita dalla lettera dell'art. 22 secondo il quale contro i provvedimenti definitivi dell'art. 9 (la decisione della commissione regionale) e dell'art. 15 (la decisione del Mirustero) ammessa la tutela giurisdizionale ai competenti organi ordinari e amministrativi . Secondo tale ipotesi di soluzione, contro la decisione negativa della commissione regionale, l'aspirante all'assegno o alla pensione dovrebbe adire l'AGO, limitatamente all'accertamento delle sue condizioni di minorazione ai fini di cui all'art. 2 della legge e, quindi, ottenuta una sentenza di accertamento sul punto, richiedere al C.P.A.B.P. la concessione della pensione, previo accertamento delle condizioni economiche; ricorrere contro l'eventuale deliberazione negativa del comitato al Ministero e, infine, sempre nella ipotesi di reiezione del ricorso, adire nuovamente l":i\.G.O. per il riconoscimento del diritto alla pensione o all'assegno. La inaccettabilit di detta soluzione appare manifesta, ove si consideri, non solo la macchinosit di un procedimento alternato di natura amministrativ5l, giurisdizionale e, poi, ancora, di prosecuzione in sede amministrativa ed, eventualmente, ancora in sede giurisdizionale, in ordine al riconoscimento di un diritto, scisso in relazione all'accertamento dei due presupposti di esso (condizioni di minorazione e condizioni economiche) ma, anche, il contrasto di tale soluzione con il principio dell'autonomia dell'azione giudiziaria per il conseguimento del diritto alla pensione di invalidit rispetto al procedimento amministrativo richiesto dall'art. 460 c.p.c. ed .ora dall'art. 443 c.p.c. In base a tale principio, come noto, in tema di controversie in materia previdenziale, l'onere previsto dall'art. 460 c.p.c. ed ora dallo art. 443 c.p.c. non trasforma l'azione giudiziaria in mera impugnazione della decisione amministrativa, in quanto una volta esaurito il procedimento. amministrativo, il cui scopo quello di tentare di comporre la controversia evitando l'azione giudiziale, questa, anche se formalmente pu sembrare diretta a far dichiarare l'illegittimit della decisione amministrativa, sostanzialmente accerta, con poteri autonomi e svincolati dal procedimento amministrativo, se sussistono le condizioni del diritto alla previdenza o all'assistenza. Si verte, infatti, in tema di diritti soggettivi perfetti, in relazione ai quali al giudice spetta di provvedere esaminando tutte le ragioni su cui fondata la domanda, quale che siano stati i motivi della reiezione di questa nel procedimento amministrativo. (Cass. 9 dicembre 1974 numero 2613; 11 giugno 1975 n. 2315). Ci posto e, conclusivamente, la Corte ritiene che la soluzione interpretativa adottata dal Tribunale, oltre che lineare, semplice ed adeguata alla sollecita. tutela del diritto all'assistenza sociale (costituzionalmente garantito dall'art. 38) anche corretta e conforme al sistema. I l i ~ PARTE I, SEZ'; IV, GIURISPRUDENZA . CVILB Ed, infatti, non v' dubbio che la condizione di procedibilit previ sta dall'art. 443 c.p.c. e, cio l'esurimento del procedimento ammini strativo prescritto dalla legge speciale per la composizione amministra tiva deve ritenersi verificato, per quanto riguarda i diritti di cui agli artt. 12 e '13 (pensione ed assegno), con la decisione definitiva della com Inissione regionale di cui all'art. 9 che nega la sussistenza delle condi zioni di minorazione di .cui all'art. 2, rendendo cos inutile e, quindi, im proseguibile il procedimento per l'accertamento delle condizioni econo niiche necessarie per il conseguimento del diritto vantato. Si perfeziona in tale momento, in modo definitivo, il rifiuto della pensione o dell'assegno e non pu, quindi, non venir meno ogni ostacolo alla procedibilit della tutela giudiziaria del diritto, tutela che si svol \ ' ge, autonomamente, in relazione al rapporto dedotto in giudizio, e non gi per la rimozione dell'atto definitivo che nega la pensione o l'assegno. Del resto, tale soluzione sembra conforme perfino alla lettera del l'art. 22, al quale, al di qua della sovrabbondanza possibile della sua fo:i:mu !azione, pu attribuirsi proprio il significato (prescindendosi, qui, dal problema se, per i provvedimenti di cui agli artt. 9. 15, siano ipotizzabili posizioni di interesse legittimo e spazio, quindi, per la tutela gurisdizionale amministrativa richiamata dalla norm~) di prevedere la possibilit di immediat~ tutela giudiziaria, sia nel caso di cui all'art. 9, nella ipotesi che, con tale provvedimento, si concluda definitivamente il procedimento per la concessione della pensione o dell'ass.egno, sia nel caso di cui all'art. 15, nell~ ipotesi in cui, invece, il procedimento abbia potuto svolgersi, invece, nelle sue due fasi di accertamento (delle condizioni di minorazione e delle condizioni economiche). Sempre, nell'ordine logico, deve essere ora esaminato il terzo motivo del ricorso, con il quale il ricorrente Ministero denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 34 legge 3 marzo 1971 n. 118; 1, 12 lett. a) e g) e 13 n. 2 d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4 (in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.) e riproduce la propria ecc;ezione di carenza di legittimazione passiva. Esso sostiene che nessun organo del Ministero convenuto ha il potere di verificare ii deliberato delle commission,i sanitarie. Le prefetture infatti, solo nel caso in cui le predette abbiano accertata lo stato di invi.idit, intervengono a verificare la sussistenza degli ulteriori presupposti di concessione. Quindi, nella specie, le doglianze dovevano essere rivolte verso l'ente regione EmiliaRomagna, responsabile dell'operato delle commissioni. Il motivo non fondato. Gli artt. 12 e 18 della legge 30 marzo 1971 n. 118 pongono a carico dello Stato e a cura del Ministero dell'Interno la pensione di inabilit e l'assegno mensile e, quindi, legittimato passivo, nel giudizio per il riconoscimento dei diritti predetti, non pu non essere che il Ministero, per legge obbligato alle prestazioni relative. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Tale situazione non mutata con il trasferimento delle commissioni sanitarie alla organizzazione della regione Emilia-Romagna e a seguito della relativa disciplina delle stesse ad opera della legislazione regionale che ne ha regolato il funzionamento. Ed, infatti, nessun rilievo pu avere il fatto che le commissioni sani tarie non siano organi del Ministero degli Interni, o che questo non abbia alcun potere in ordine agli accertamenti compiuti dalle commissioni e che le doglianze, al fine di richiedere il riconoscimento della pensione, sia no tutte rivolte contro gli accertamenti predetti, essendo evidente che, nel sistema della legge, le commissioni non svolgono una funzione auto noma ma bens, per quanto riguarda il diritto all'assegno e alla pensione. una funzione strettamente strumentale all'accertamento della prestazione del Ministero e del relativo obbligo. Esse, pertanto, costituiscono organi ausiliari del Ministero per il corretto svolgimento della funzione di cura dell'interesse a questo affi dato, anche se esse non sono integrate nell'organizzazione ministeriale e risultano costituite, adottandosi un modello organizzativo non infrequente nel nostro sistema den;iocratico, ad opera dell'ente regionale, sostituito al ministro della sanit che, prima del trasferimento delle commissioni alle regioni, provvedeva alla loro nomina, a norma dell'art. 9 della legge. Infine, nessun rilievo pu avere il fatto che le doglianze investano gli accertamenti compiuti da tali commissioni, posto che, come si gi innanzi rilevato, l'azione giudiziaria, per il conseguimento del diritto a pensione, non un procedimento di impugnazione dell'atto illegittimo delle commissioni o del Ministero ma, bens, un autonomo processo per l'accerta" nellto del diritto a pensione, di fronte al diniego dello stesso da parte del Ministero obbligato, cui va interamente imputato l'esito negativo della procedura amministrativa, che a tale diniego abbia condotto. Con il primo motivo, infine che, con il secondo, sostanzia l'interesse ad agire del Ministero anche nei confronti delle parti delle quali stata rigettata nel merito la domanda, il ricorrente denuncia violazione del l'art. 91 c.p.c. e 152 disp. att. c.p.c. relativaniente alla pronuncia compen sativa delle spese di giudizio e lamenta che, sia il Pretore che il Tribu nale, abbiano posto a carico dell'Amministrazione vittoriosa le spese di consulenza tecnica. Secondo il ricorrente, la disposizione applicata dai primi giudici, troverebbe, invece, specifico ed esclusivo spazio nei giudizi previdenziali nei quali sia parte un soggetto che abbia veste di lavoratore subordinato. Il motivo non fondato. . Vero che la norma di cui all'art. 152 disp. att. menziona, letteral mente, soltanto il lavoratore soccombente da una parte e gli isti tuti di previdenza ed assistenza dall'altra, con esclusione dal suo am bito di applicazione delle controversie di assistenza obbligatoria, che non siano correlate ad un rapporto di lavoro e a prestazioni degli istituti di assistenza e previdenza. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE In proposito, per, va tenuto presente che, con sentenza 12/26 luglio 1979 n. 85, la e.e. ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nei testo sostituito dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973 n. 533, nella parte in cui non include tra coloro che possono beneficiare del particolare trattamento riguardante le spese giudiziali, i destinatari di assistenza pubblica.-quale appunto quella di cui alla legge n. 118/71. Parimenti infondato , poi, il secondo motivo, subordinato al primo, con il quale si lamenta carenza di motivazione da parte del Tribunale, nella parte in cui ritiene non temerarie e manifestamente infondate le domande respinte nel merito. Il giudice, infatti, non tenuto a motivare in ordine alla non manifesta infondatezza della pretesa ed alla sua non temerariet, ai fini dell'sonero dell'obbligo delle spese, derivando esso dalla legge, in ragione della natura della pretesa dedotta in giudizio, beneficio che viene meno solo nel caso in cui la pretesa stessa sia ritenuta dal giudice manifestamente infondata e temeraria. Ed solo, in tale ipotesi, che il giudice ha l'obbligo di motivare, in ordine alla sussistenza degli elementi che fanno venir meno il beneficio voluto dalla legge. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA 1'RIBUT ARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre l985 n. 5081 -Pres. Scanzano SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA 1'RIBUT ARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 ottobre l985 n. 5081 -Pres. Scanzano Est. Battimelli -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vittori'a) c. Carbonelli. Tributi erariali indiretti Imwsta di successione Deduzione di passivit Debiti verso pu~bliche amministruloni Xmpo~ta complementa re per accertamento di maggior valore Impugnazione dell'accei:tamenfo Deducibilit Condizioni. (R.D. 30 dicembre 1923 n. 3270, art. 45). In base all'art. 45 dell'abrogata legge sull'imposta di successione potevano essere dedotti come debiti verso pubbliche amministrazioni, certi bench non ancora liquidi, i debiti per imposta complementare sul maggior valore dei beni trasferiti il cui accertamento fosse sta to impugnato, solo nell'ipotesi in cui con il ricorso fosse stata contestata in parte la congruit del valore, in ogni altra ipotesi di impugnazione dell'accertamento per motivi che, se accolti, potevano portare ad escludere la sussistenza di ogni obbligazione, la deduziotJ-e non poteva essere ammessa 1>, e quindi, non queste, funzionalmente 11111111ra11111r1111111111J11111'11'1111111r11111l1r11111111 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO intese come complessi istituzionali, ma le loro componenti materiali, sopravvissute all'estinzione degli enti di provenienza, ma non pi vivificate dagli apparati originari. Alla luce dei principi precedentemente enunciati, non , dunque, ipotizzabile, nel particolare caso, una successione in universum (neppure parziale, nella versione, cio proposta dalla giurisprudenza in occasione del subentro dell'ENEL alle imprese elettriche private e riemersa nella interpretazione della legge 132/ 1968 istitutiva degli enti ospedalieri mediante scorporo dei beni di propriet degli enti preesistenti: Cass. 1977 n. 4786, 1978 n. 522, 1980 nn. 6379-6334-3742) della regione Lazio all'ENALC e correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha respinto, pur se con motivazione sobria, l'opposta tesi anche in questa sede sostenuta dall'Amministrazione ricorrente, sulla base, nella sostanza, di un inesistente automatismo fra trasferimento dei beni e trapasso delle obbligazioni occasionate dalla loro realizzazione. A carico della regione, subentrata solo nella propriet dei beni trasferiti, non pu, quindi, configurarsi alcun obbligo per debiti contratti dal committente verso l'appaltatore, trattandosi, incontestabilmente, di obbligazione in senso proprio, non gi di oneri reali e nemmeno di ob-. bligazioni propter rem. Con la conseguenza che, non essendo :l'ente locale onerato ad altro titolo del relativo adempimento (espressamente escluso, anzi, dall'art. 13 d.P.R~ 1972/10, prevalente, siccome disposizione speciale, rispetto alla previsione di cui all'art. 31, ultimo comma, e.e. -e dall'art. 2 del consecutivo decreto ministeriale 8 giugno 1972), non v' ragione di derogare, nel caso concreto, al principio generale di esonero de~ successore a titolo particolare della responsabilit per debiti del dante causa e, quindi, di disattendere la regola che, quante volte l'estinzione dell'ente sia mediata dalla procedura liquidatoria, nell'ambito di quest'ultima che i rapporti pendenti debbono essere, di regola, definiti (non diverge da questo indirizzo la recente Cass. 1985 n. 1713, che, in presenza dell'apposita disposizione di cui all'art. 2, ultimo comma, legge 1975 n. 764, ha ritenuto le regioni obbligate al pagamento del residuo corrispettivo dovuto all'appaltatore per la costruzione di immobili commessi dalla soppressa Giovent Italiana e ad esse trasferiti. Analogamente Cass. 1980 nn. 3850 e 654, in relazione all'art. 14 d.P.R. 1036/1972, che ha devoluto agli Istituti autonomi per le case popolari i beni di propriet degli enti edilizi disciolti). Il primo motivo deve essere, pertanto, rigettato. Privo di fondamento anche il secondo motivo, col quale il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 legge 1956/1404, dell'art. 21 legge 1978/845 e dell'art. 1979/143, sostiene che il giudice del merito ha errato nel non ritenere improponibile la domanda PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI per omessa presentazione della preventiva istanza di riconoscimento del credito, ai sensi dell'art. 8 legge 1956/1404. Per la parte in cui la legge ora citata (concernente -giova precisare -ipotesi di soppressione disposta per provvedimento amministrativo, non ex lege: Cass. 1985 n. 1713, 1984 n. 2142) rileva nel caso della specie, sufficiente, infatti, richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui non tenuto a presentare la richiesta de qua il creditore che abbia gi proposto domanda giudiziale di accertamento del credito nei confronti dell'ente posto successivamente in liquidazione (Cass. 1984 n. 4070, 1982 n. 5075 e 2822, 1981 n. 4108). N v' ragione di mutare indirizzo, essendo esso validamente sorretto dal rilievo che, nella situazione data, manifestamente superflua la reiterazione di un'istanza volta a far valere una pretesa della quale l'ufficio liquidatore gi a conoscenza e che intende, quindi, solo di essere soddisfatta con le inerenti modalit. Col terzo motivo, l'Amministrazione ricorrente, denunciando, violazione e fals~ applicazione degli artt. 8, 9 e 10 legge 1956/1404, dell'art. 1224 e.e. e dei principi generali in materia di liquidazione degli enti soppressi, deduce, in primo luogo, che la Corte di appello ha errato nel condannarla al pagamento degli interessi, poich la procedura di liquidazione disciplinata dalla legge n. 1404 cit. governata dal principio della concorsualit e devono, quindi, ad essa applicarsi i principi propri delle ordinarie procedure concorsuali, compreso quello della sospensione del corso degli interessi fino alla chiusura della procedura (combinato disposto dagli artt. 201 e 55 l.f.). Neppure questo motivo fondato. Quali che siano, infatti, le possibili ripercussioni sul credito fatto valere giudizialmente del meccanismo satisfattorio proposto dalla speciale procedura liquidatoria, , comunque, certo che questa, essendo istituzionalmente preordinata all'accertamento rapido e concentrato dei crediti in funzione non (necessariamente) della loro falcidia ma del loro integrale soddisfacimento, non richiama i principi applicabili alle procedure concorsuali tipiche -che muovono, al contrario, dal presupposto dello stato di insolvenza -se non nell'eventualit (neppure prospettata nel caso di specie) di liquidazioni deficitarie, destinate a sfociare, ex art. 15 Le., nella liquidazione coatta amministrativa, qualora questa non sia stata scongiurata dai prelevamenti sullo speciale fondo previsto dal precedente art. 14 (Cass. 1985, n. 772, 1984 n. 4070). N, contrariamente a quanto la ricorrente afferma, la necessit che i crediti siano contestualmente accertati ne impedisce, comunque, la esigibilit e osta al sorgere dell'obbligazione degli interessi, poich la esigibilit costituisce una qualit del credito deswnibile esclusivamente dal titolo che vi ha dato origine, nel senso che se da questo non sia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO subordinata a condizioni o a termine -e, nel caso contrario, se le prime si siano verificate o il secondo sia scaduto -eventuali ostacoli sopravvenuti alla realizzazione del credito non possono negativamente incidere (ancorch non imputabili all'obbligato) sulle sue caratteristiche originarie (e neppure, quindi, sulla sua esigibilit), essendo essi ascrivibili esclusivamente al momento esecutivo dell'obbligazione assunta. La ricorrente lamenta, infine, di essere stata condannata al risarcimento del maggior danno (art. 1224, II comma e.e.), pur nell'assoluta mancanza di morte debendi . Ma se codesta mancanza si inteso dedurre dalla (pretesa) inesigibilit del credito contestato, la doglianza ripropone la questione di diritto gi esaminata con riguardo al debito degli interessi e non richiede, perci, ulteriori. indagini. Se, invece, si vuol sostenere che il ritardo non soggettivamente qualificato dalla colpevolezza, perch non imputabile ad inerzia dell'obbligato, la questione , nei precisi termini, nuova e non pu essere esaminata per la prima volta in questa sede, involgendo apprezzamenti di fatto, che esulano dal giudizio di legittimit. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con la condanna dell'amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di questa fase (omissis). TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE, 20 febbraio 1986, n. 8 Pres. Moscone -Rel. Morsillo -Laurelli (avv. Selvaggi) c. Amministrazione dei lavori pubblici (avv. Stato Carbone) e regione Molise (non cast.). Acque Acque pubbliche Tribunali regionali delle acque Giudizio e procedimento Controversie sulla demanialit delle acque Legittimazione passiva della Regione Esclusione. (t.u. 11 diceII)bre 1933, n. 1775, art. 140 lett.. a; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 90 e 91). Acque Acque pubbliche -Accertamento giudiziale della natura pubblica Fattispecie. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). Competenza civile Pronuncia sulla giurisdizione e sul merito . Appello del soccombente Appello incidentale sulla giurisdizione Ammissibilit In' caso di fondatezza dell'appello principale. La Regione non ha legittimazione a contraddire in una controversia intorno alla demanialit di acque, giacch la delega delle funzioni relative alla tutela, disciplina e utilizzazione delle risorse idriche disposta dall'ar.t. 90 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 non comprende la funzione l ! f PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 75 concernente la dichiarazione di pubblicit delle acque, riservata allo Stato dall'art. 91 dello stesso decreto (1). correttamente ritenuta la natura pubblica di un corso d'acqua che sottende un bacino di 16 km; pu, in regime di piena, raggiungere la portata di 100 metri cubi al secondo; evita che opere pubbliche esistenti nel luogo risultino danneggiate in caso di regime di piena del bacino imbrifero (2). L'appello incidentale della parte vittoriosa nel merito e soccombente sulla giurisdizione ammissibile solo nel caso di accoglimento dell'appello principale (2). (omissis) Preliminarmente deve risolversi la questione sulla pretesa legittimazione passiva della Regione a contraddire alla domanda spiegata dal Laurelli. Assume l'appellante, senza peraltro chiarire le ragioni del proprio convincimento, che nella specie, la Regione, in quanto titolare degli interventi di polizia in materia di acque, apparirebbe legittimo contraddittore in ordine alle domande di accertamento dell'illiceit dell'ordinanza del Genio Civile per cui causa. L'assunto infondato. Come hanno gi rilevato i giudici del primo grado, il Laurelli ha chiesto sostenendo l'illegittimit del decreto del Dirigente Superiore dell'Ufficio del Genio Civile di Campobasso del 29 maggio 1975, l'accertamento della natura privatistica del Vallone delle canne, per il tratto attraversante il fondo di sua propriet. Nel caso di specie si controverte in ordine alla sostenuta abusiva interclusione dell'alveo del Vallone delle Canne che, secondo l'Amministrazione resistente, appariva in netto contrasto con il regolamento delle acque pubbliche e costituiva un serio pericolo per la stabilit della strada statale ivi esistente (strada statale n. 16) e per il ponte della ferrovia Termoli-Foggia, in corrispondenza del Km 450 + 10, situazione -che diede. luogo a due ordinanze del Genio civile di Campobasso in data' 23 maggio 1975, n. 3214 e 11 luglio 1975, n. 4070, di rimozione della condotta di tubi in cemento depositata nell'alveo del fosso Vallone. Entrambe le ordinanze sono state emanate anteriormente al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che ha delegato alle Regioni le funzioni relative alla tutela, disciplina ed utilizzazione delle acque pubbliche, ad eccezione, tra (1) Stl'interpretazione degli artt. 90 e 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. _616, cfr. AA.VV., I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, a cura di BARBERA e BASSANINI, Ed. Il Mulino, Bologna 1978, pag. 492 ss. (2) Sulla appartenenza delle acque pubbliche allo Stato ed in particolare sulla propriet dei beni appartenenti al demanio fluviale, cfr., da ultimo, Corte cost,, 4 giugno 1986 n. 133. (3) Cass. 15 ottobre 1983, n. 6051, richiamata in motivazione, pubblicata iri questa Rassegna 1984, I, 83. Sul punto cfr., altres Cass. 6 giugno 1977 n. 2326, in questa Rassegna 1977, I, 572. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'altro, di quelle concernenti la dichiarazione di pubblicit delle acque, che secondo l'art. 91, restano riservate allo Stato. Asserisce l'appellante che nella specie, la Regione sarebbe legittimo contraddittore in quanto tratterebbesi di interventi di polizia sulle acque, in quanto tali aspettanti alla Regione. L'eccezione per infondata. perch la domanda spiegata dal Laurelli investe la stessa declaratoria di pubblicit delle acque, dal momento che egli chiede che il Vallone delle Canne sia dichiarato non essere un corso d'acqua pubblico n un bene demaniale, per cui il suo alveo abbandonato andrebbe regolato dalla norma di cui all'art. 947 e.e. Trattasi, pertanto, di una domanda del tutto estranea al regime degli interventi regionali di polizia sulle acque, onde la declaratoria di difetto di legittimazione dell'ente Regione gi pronunciata dai giudici di primo grado deve essere confermata. Nel merito il Laurelli contesta il dichiarato regime di pubblicit delle acque, sostenendo che la ragione di tale pubblicit consisterebbe nella estensione del bacino imbrifero, le cui acque confluiscono nel Vallone delle Carine, raggiungendo in regime di piena una portata di cento metri cubi al secondo. Sostiene l'appellante che tali calcoli erano stati effett.ati dal consulente non per identificare gli usi dell'acqua eventualmente ,fluente nel fosso delle Canne, ma solo per criticare la razionalit della sistemazione idraulica dell'intero bacino, che riceve acque meteoriche, facendole defluire ve~so il mare per vie diverse, ma nel complesso insufficienti di fronte ad eventi possibili di eccezionale violenza. Secondo l'appellante il Fosso delle Canne, anche inteso come canale potenzialmente destinato a smaltire acque meteoriche non avrebbe nessl;llla funzione utile, perch il bacino imbrifero dovrebbe gravitare su altri corsi d'acqua di ben maggiore portata. Il ragionamento del perito non poteva, pertanto, essere posto dal tribunale regionale a base della dichiarazione di pubblicit delle acque in questione, poich per il fosso non scorrerebbe acqua di nessun genere, per cui mancherebbe l'oggetto stesso della dichiarazione di pubblica utilit. Conseguentemente, ove il tribunale avesse preso in esame le conclusioni della perizia avrebbe constatato che il fosso, nella tratta in questione, non svolge funzione di colatoio (e, comunque, la disciplina dei colatoi sarebbe diversa da quella delle acque) e che il Fosso non porta acque di pubblico generale interesse. L'assunto infondato. Dall'esame della eseguita consulenza il tribunale regionale ha tratto la convinzione che la natura demaniale del corso d'acqua in questione dev'essere riconosciuta ai sensi dell'art. 1 T.U. n. 1775 del 1933 per il fatto che essa sottende un bacino di ben 16 km e che in regime di piena esso pu raggiungere un portata di ben 100 metri cubi al secondo. Sostenere come fa l'appellante che nella specie non vi sarebbe passaggio di acque smentito non solo dalla consulenza tecnica eseguita ma dalla constatazione che il Fosso sottende un bacino di rilevanti proporzioni, onde i lavori eseguiti dal Laurelli con la posa in I i ! f l I PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN .MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI opera di una canalizzazione di soli 60 cm. non poteva non essere di pregiudizio notevole e di evidente pericolo al buon regime delle acque pubbliche della zona, attesa la vicinanza della strada statale n. 16 e del ponte della ferrovia Termoli-Foggia. E che nella specie il Vallone delle Canne costituisca parte del bacino imbrifero indicato e conseguentemente risenta del regime pubblicistico di cui all'art. 1 r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, facilmente desumibile dalla lettura della consulenza d'ufficio, le cui conclusioni sono state attentamente vagliate e recepite nel loro giusto significato dai priini giudici, dovendosi al riguardo osservare che l'art. 1 del r.d. cit. considera pubbliche tutte le acque le quali abbiano o acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse, indipendentemente dalla loro iscrizione negli appositi elenchi, che ha un effetto soltanto dichiarativo e non anche costitutivo o attributivo (Cass. S.U. 25 gennaio 1975 n. 286) a prescindere peraltro dal rilievo che nel caso di specie vi l'iscrizione del Vallone nelle acque esenti da estimo, come da nota UTE del 10 ottobre 1975. La consistenza e la stabilit~ del regime imbrifero sotteso al Fosso in questione esclude pertanto che possa riconoscersi fondatezza alla tesi dell'appellante, che sembra proporre una nozione di acque pubbliche ristretta al solo deflusso delle stesse, dimenticando gli interessi pubblici connessi al loro regime, nella specie evidenziati chiaramente nella sicurezza delle strade statali ivi esistenti e nella tranquillit della circolazione ferroviaria anche in regime di piena dell'esistente bacino imbrifero, che altrimenti sarebbe gravemente alterato dalle opere di canalizzazione abusive. Obietta ancora l'appellante che se il Tribunale regionale avesse preso in considerazione le conclusioni della perizia avrebbe dovuto notare due coincidenti affermazioni: che il fosso non svolge n pu svolgere in futuro funzioni di colatoio e che il fosso non porta acque di pubblico generale interesse. La doglianza non fondata sia perch a foglio 2 della perizia Cafiero si pone in evidenza la funzione del bacino, affermandosi che nello stesso si possono verificare piogge di breve durata ma di grande intensit tali da provocare, in bacini di estensione ridotta ma caratterizzati da natura impermeabile del suolo e notevoli acclivit s~e pendici eventi di piena di valore anche notevole, sia perch come risulta chiaramente dagli atti il Consorzio di bonifica ha convogliato soltanto parte delle acque del Vallone delle Canne nel canale di bonifica Collettore Acque alte allo scopo di alleggerire almeno parzialmente la portata delle acque defluenti a valle del fosso, il quale contribuisce attualmente a recepire i deflussi delle acque dal punto della deviazione effettuata dal consorzio allo sbocco a mare, tanto vero che altrimenti non si spiegherebbe il perch della installazione in cemento operata dal Laurelli sotto l'interramento. Le conclusioni, peraltro, del consulente sulla scarsa funzione attuale del_ fosso vanno integrate con quanto egli ha scritto nelle considerazioni sopra riportate di cui alla ricordata pag. 2, e quanto alla prevedibile inidoneit i& RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del fosso a servire per il futuro da colatoio, essa investe un giudizio dl probabilit che non pu interessare in questa sede. Ne consegue che la consulenza va utilizzata soprattutto nella sua parte motiva, in ordine alla portata ed alla descrizione del bacino, che evidenzia la funzione attuale del fosso, nell svuotamento delle acque, almeno parzialmente. Quanto alla censura che anche il Tribunale Regionale abbia utilizzata come prova della demanialit la tesi del Laurelli di acquisto della propriet del Fosso ex art. 746 e.e. il tribunale non ha fatto discendere da tale tesi alcuna prova a sostegno della natura pubblica del fosso avendo tale natura desunto da ben altre indicazioni, ma si limitato a rettamente e congruamente osservare che, ai sensi dell'art. 947 e.e., il presupposto che possa verificarsi ex art. 976 e.e. il diritto di accessione a favore dei proprietari confinanti sull'alveo derelitto di un fiume o di un torrente, che questo abbia abbandonato il suo letto per .forza spontanea naturale e non per l'opera artificiale dell'uomo, (cass. 28 luglio 1950, n. 2140). L'appello del Laurelli va, pertanto, rigettato: conseguentemente questo Tribunale Superiore dichiara assorbito l'appello incidentale dell'Amministrazione, condizionato all'eventuale accoglimento dell'appello principale. Infatti, la questione di giurisdizione, essendo stata oggetto di specifica statuizione da parte del giudice di primo grado, potrebbe essere riesaminata in questa sede solo ove investita da ammissibile impugnazione; ma di ammissibile impugnazione della parte totalmente vittoriosa nel 1I1erito (il Ministero dei LL.PP.) sarebbe possibile parlare solo nel caso di acco-: glimento dell'impugnazione principale della controparte, mancando altrimenti ogni interesse della parte totalmente vittoriosa nel merito a pro porre impugnazione incidentale: i che nel caso di specie non si verificato per quanto esposto in motivazione, circa la totale infondatezza dell'appello principale. (Cass. S.U. 15 ottobre 1983, n. 6051; Cass. S.U. 11 maggio 1982 n. 2920). La sentenza impugnata va, pertanto, integralmente confermata. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 26 febbraio 1986 n. 10 -Pres. Moscone, Rel. Taddeucci -Ente acquedotti siciliani (avv. Stato Carbone) c. Cammarata (avv. Di Blasi). Espropriazione per pubblica utilit Occupazione non autorizzata Trasformazione del bene ed estinzione del diritto di propriet' Requisiti. Nel caso di occup(J.zione non autorizzata, il diritto di propriet resta estinto con l'irreversibile trasformazione del bene, che va per intesa non PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 79 tanto in senso di modifica morfologica o strutturale di una realt am bientale, quanto in senso fu,nzionale o di destinaziOne, quale definitiva sottrazione dell'immobile all'utilizzazione assegnatagli o che possa essergli assegnata dal proprietario. In questo si richiede che l'attivit operativa svolta dalla p.a. sul bene si manifesti esaurita, per essere stato ultimato ogni lavoro anche accessorio rispetto al manufatto costituente il corpo principale od essenziale dell'opera pubblica, sempre che concorra a defi nire i limiti dell'apprensione della propriet privata da parte della p.a. (principio enunciato con riguardo alla costruzione di una porzione di acquedotto) (1). (omissis) L'eccezione di prescrizione, di cui al primo motivo dell'ap pello principale, deve essere disattesa. Secondo ormai consolidato insegnamento della Corte Suprema di Cas sazione (cfr., tra le altre, sentenza n. 3118 del 1984).in ipotesi di illegittima occupazione da parte della p.a. di fondo di propriet privata occorrente alla costruzione di un'opera pubblica, in mancanza di provvedimento autorizzativo (come nel caso di speci) la radicale trasformazione del bene univocamente interpretabile nel senso della sua irreversibile destinazione al fine della costruzione dell'opera stessa comporta, da un lato, la estin zione in quel momento del diritto di propriet del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della propriet in capo all'ente costruttore e, dall'altro, costituisce un illecito (istantaneo, con effetti per manenti) che abilita il privato a richiedere, nel termine prescriziona.J.e di cinque anni, dal momento della trasformazione del fondo nel senso sopra indicato, la condanna dell'ente medesimo a risarcire il danno derivante dalla perdita del diritto di propriet mediante il pagamento di una somma pari al valore che il fondo aveva in quel momento con la rivalutazione monetaria. Se a tale principio non risulta ispirata la sentenza del Tribunale Re gionale (a giudizio del quale l'illecito da occupazione abusiva avrebbe natura permanente, rinnovandosi di momento in momento, consentirebbe di spostare il termine iniziale della decorrenza della prescrizione al momento in cui la occupazione illegittima sia venuta a cessare), occorre comunque precisare i criteri in base ai quali possa ritenersi realizzato l'evento della irreversibile trasformazione del bene di propriet privata. Poich detta trasformazione va intesa non tanto in senso di modifica morfologica o strutturale di una realt ambientale, quanto in senso fun. (1)-Nen consta di precedenti in termini. La decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale che ha trovato sistemazione nel~a nota sentenza delle Sezioni unite 26 febbraio 1983, n. 1464, che pu leggersi in questa Rassegna 1983, I, 124 con nota di LAPORTA, Occupazione appropriativa : puntualizzazione giurisprudenziale in tema di occupazione illegittima sguita da esproprio. 80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale o cli destinazione -quale definitiva sottrazione dell'immobile alla utilizzazione assegnatagli o che intenda assegnargli il singolo proprietario, -resta indifferente, ai fini dell'esame, l'attivit svolta dall'ente pubblico o dal suo concessionario per la realizzazione dell'opera pubblica al di fuori della sfera di appartenenza del predetto singolo soggetto privato, senza perci incidere sui suoi diritti. Quando i lavori (come nel caso di specie: costruzione di una porzione di acquedotto) abbiano interessato un notevole numero cli superfici di terreno di diversa propriet, seguendo un progressivo sviluppo nel territorio, non sono pertanto dati significativi l'epoca in cui abbia avuto inizio la costruzione dell'opera pubblica nel suo complesso, con la consegna dei lavori all'appaltatore (contrariamente al giudizio espresso dal Tribunale Regionale); n l'epoca in cui l'opera pubblica sia da ritenere realizzata secondo il certificato di ultimazione dei lavori appaltati (contrariamente all'avviso espresso dalla appellata Cammarata): tutto ci attiene ovviamente ai rapporti tra stazione appaltante ed appaltatore, non ai rapporti tra ente costruttore e soggetto espropriato, potendo al pi, rispetto a questi ultimi, fornire elementi indiretti cli riscontro. Devesi invece avere riguardo al tempo in cui i lavori, nel loro progredire, abbianq in concreto investito, in pregiudizio cli ciascun proprietario, ogni singolo suo appezzamento di terreno, dotato di unitaria fisionomia strutturale e di idoneit ad autonomo sfruttamento economico, alterando la prima e sopprimendo la seconda: cosicch la irreversibile trasformazione del bene risulta univocamente rilevabile e rilevante solo nel momento in cui la attivit operativa svolta dalla p.a. sul singolo appezzamento si manifesti esaurita e completata. Tale esaurimento si verifica, dunque, non con la sola realizzazione del manufatto costituente il corpo principale od essenziale dell'opera pubblica, ma con la ultimazione cli ogni altro lavoro per la creazione di opere accessorie, inservienti . o complementari rispetto a quel manufatto, se anche esse concorrono a definire i limiti dell'apprensione della propriet privata da parte della p.a. Prima cli quel momento, infatti, non essendo il privato in grado di apprezzare globahnente la entit dell'intervento ablatorio della p.a. nella sua definitiva consistenza, in termini quantitativi e qualitativi, e non essendo nemmeno quell'intervento definibile nella sua oggettiva, cristallizzata fisionomia, non pu dirsi che la fattispecie estintiva-acquisitiva del diritto di propriet sia completata e che il diritto risarcitorio possa essere fatto valere, con conseguente inizio della decorrenza della prescrizione (cfr. Trib. Sup. Acque Pubbliche n. 4, del 1984). Ragionare diversamente significherebbe rapportare, molecolarmente, la illegittimit dell'operato della p.a. ad ogni singolo metro quadrato tolto dalla disponibilit del privato, compromettendo oltretutto in pregiudizio cli quest'ultimo la possibilit di valutare, consuntivamente, se dalla perdita di una frazione PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 81 di bene sia derivata in misura apprezzabile, la svalutazione della frazione (forse solo provvisoriamente) conservata. Applicando al caso di specie i suesposti criteri si osserva: a) per quanto concerne la particella 110: sebbene per la costruzione di un serbatoio interrato (ultimata nel luglio 1970) fossero stati occupati sin dal dicembre del 1969 mq. 225 di terreno, soltanto in data 14 giugno 1974 avvenne la recinzione della zona di rispetto del serbatoio, comprensiva di altri mq. 675 (cfr. relazione suppletiva del C.T.U. pag. 4 e 5), cos inequivocabilmente rendendo palese che l'arbitraria occupazione veniva in definitiva a privare la Cammarata della propriet di mq. 900 di quell'appezzamento. Risulta pertanto tempestiva e non inficiabile con eccezione di prescrizione l'azione risarcitoria fatta valere dalla proprietaria con atto di citazione del 5 aprile 1977, entro un quinquennio dalla data del 14 giugno 1974; . b) per quanto concerne la particella 113: alla medesima conclusione deve pervenirsi, dato che le occupazioni avvennero, nella misura
  • >. Il motivo avrebbe dov.to essere dichiarato inaminissibile perch non specifico. Il giudice di appello invece ha ridotto la pena detentiva, probabilmente allo scopo. di farla rientrare nei limiti degli indulti concessi con i decreti 4 agosto 1978 n. 413 e 18 dicembre 1981, n. 744. Tale pronunzia deve r~manere ferma, non essendovi stata impugnazione da parte del Pubblico Ministero, ma il ricorrente non pu dolersi n della mancata ulteriore riduzione. della pena <;letentiva n di vizi di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancat~ riduzione della pena pecuniaria e di quella. accessori~, . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 86 Con il quinto motivo il ricorrente assume infine l'illegittimit del sequestro conservativo delle azioni perch eseguito mediante annotazione sul libro dei soci anzich con le forme stabilite dal codice di procedura civile per il pignoramento dei beni mobili, come prescrive il quarto comma dell'art. 617 c.p.p. Neppure tale motivo fondato. sufficiente rilevare al riguardo che non vi stato alcun sequestro conservativo delle azioni, ai sensi dell'art. 189 c.p. Esse sono state invece sequestrate dal Pubblico Ministero come cose pertinenti al reato, a norma dell'art. 337 c.p.p., e soltanto con la sentenza di primo grado stato disposto il mantenimento del sequestro a garanzia dei crediti di cui al suddetto art. 189 c.p. Con l'unico motivo di ricorso il Fantoni lamenta che l'ipotesi di violazione dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159 riguardante disponibilit od attivit di valore superiore a quindici milioni di lire sia stata configurata quale autonomo titolo di reato anzich quale semplice ipotesi aggravata e che, di conseguenza, sia stata negata la possibilit del giudizio di comparazione con le circostanze attenuanti, che gli sono state concesse. Il motivo non fondato. Come noto, l'art. 1 del decreto legge 4 marzo 1976, n. 31 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico i reati di illecita esportazione e di illecita costituzione all'estero di disponibilit valutarie od attivit di qualsiasi genere e li ha puniti con la multa dalla met al triplo del valore dei beni esportati o delle disponibilit od attivit (primo e secondo comma). Se il valore superava i cinque milioni di lire, la pena era la reclusione da uno a sei anni e la multa dal doppio al quadruplo del valore stesso (terzo comma). L'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159 ha esteso tali pene al nuovo reato di omessa dichiarazione di disponibilit od attivit all'estero costituite illecitamente prima, del 6 marzo 1976. La giurisprudenza di questa Corte Suprema (sentenza 7 novembre 1979 -udienza del 18 giugno 1979, n. 1490 -massima n. 143.363) e la prevalente giurisprudenza dei giudici di merito erano orientate a configurare il valore superiore ai cinque milioni di lire come circostanza aggravante. intervenuta poi la legge 8 ottobre 1976, n. 689, il cui art. 3 ha interamente sostituito l'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159 disponendo nel quinto comma che chi non osserva le prescrizioni stabilite nello stesso articolo in ordine alla dichiarazione delle disponibilit od attivit all'estero ed ai successivi adempimenti punito con la multa fino a cinquecentomila lire ovvero, se la violazione si riferisce a disponibilit od attivit superiori a quindicimilioni di lire, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa fino al quadruplo del predetto valore. Infine 1l'art. 2 della legge 23 dicembre 1976, n. 863 ha interamente sostituito l'art. 1 del decreto legge 4 marzo 1976, n. 31 e successive modifiche, stabilendo come pena base per i reati di illecita esportazione e di illecita costituzione di disponibilit ed attivit la reclusione da uno a sei anni e la multa dal doppio al quadruplo del valore dei beni esportati e delle disponibilit od attivit (primo e secondo comma) e, nel PARTB I, SEZ, Vlll, GIURISPRUDENZA PENALB 87 l'ipotesi di valore non superiore complessivamente a cinque milioni di lire, la pena della multa dalla met al triplo del valore medesimo (sesto comma). Secondo le Sezioni unite penali di questa Corte Suprema (sentenza 26 novembre 1982 -udienza del 19 giugno 1982, n. 8 -massima n. 156.405) quest'ultimo comma configura un'ipotesi autonoma di. reato e non una circostanza attenuante poich il legislatore, con la modifica apportata ha voluto evidenziare che il valore del bene illecitamente esportato o della disponibilit od attivit costituita all'estero non riveste quella na.tura meramente accidentale, che tipica della circostanza, ma si qualifica invece come elemento specializzante. I giudici del merito, esaminando la presente fattispecie, hanno ritenuto che anche il quinto comma dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, dovesse essere interpretato in tal senso in base sia alla lettera della norma che all'intenzione del legislatore. Ora, l'argomento che si ricava dalla lettera della norma non appare probante dato che la circostanza che le due ipotesi siano state concentrate in un unico comma separate dalla congiunzione disgiuntiva ovvero non pu essere considerata come una modifica sostanziale rispetto alla precedente configurazione delle stesse ipotesi in due distinti commi. Per quanto riguarda invece l'intenzione del legislatore, l'avere diminuito sensibilmente la pena per le violazioni relative alle disponibilit od attivit fino a quindici milioni di lire, non pi configurata come pena proporzionale, dimostra chiara mente la volont di usare un trattamento di particolare favore verso le suddette violazioni, evidentemente considerate di scarsa importanza, ma non certamente quella di estendere tale trattamento, sia pure soltanto in caso di concorso di circostanze attenuanti, alle violazioni pi gravi con il rischio, conseguente alla minore efficacia preventiva della pena minacciata, di compromettere il fine della legge, cio il rientro dei capitali illecitamente posseduti all'estero, non essendo ancora scaduto il termine fissato per la dichiarazione prevista dal primo comma dell'art. 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159. quindi da ritenere che anche qui il valore della disponibilit od attivit debba essere qualificato come elemento specializzante e, di conseguenza, corretta l'affermazione che il valore. superiore a quindici milioni di lire non configura una circostanza aggravante bens un'ipotesi autonoma di reato. (omissis) r~11111,111111111111111111111111111111111111111111 PARTE SECONDA QUESTIONI LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI NELL'ULTIMO QUINQUENNIO DI GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE (maggio 1980 -luglio 1985) (*) 1. Copiosa (e largamente confermativa di quella precedente) stata, anche nell'ultimo quinquennio (**), la giurisprudenza della Corte di giustizia sulla libera circolazione delle merci (1), e la frequenza delle occasioni fornite alla Corte per pronunciarsi in una materia che pur appare regolata, forse pi di ogni altra, con sufficiente chiarezza dal Trattato evidenzia il persistere di resistenze nazionali non facilmente eliminabili. Nel ribadire principi di carattere generale la Corte ha ricordato ancora l'efficacia diretta delle norme in materia (2), precisando che il principio fondamentale dell'unit del mercato e il suo corollario, la libera circolazione delle merci, non possono in alcun caso essere subordinati alla condizione preliminare del ravvicinamento delle legislazioni nazionali, in quanto una subordinazione di questo genere svuoterebbe il principio in questione del suo contenuto (3). La libera circolazione delle merci un diritto il cui esercizio non pu dipendere da un potere discrezionale o da una tolleranza delle amministrazioni nazionali (4), e riguarda, ovviamente, non solo i prodotti originari degli Stati membri ma anche quelli dei paesi terzi immessi in libera pratica nella Comunit, in quanto questi sono totalmente e definitivamente assimilati ai prodotti di origine comunitaria (5). Meramente confermativa di indirizzi ormai consolidati la giurisprudenza in tema di dazi doganali e tasse di effetto equivalente. Cos (*) Relazione di settore presentata nel convegno di studio tenutosi a Siena nei giorni 17-19 ottobre 1985, sul tema POLITICHE COMUNITARIE E GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA . Pubblicazione autorizzata dal Comitato organizzatore dell'incontro: (**) Per la giurisprudenza precedente v. FIUMARA, Corte di giustizia delle comunit europee e libera circolazione delle merci, in questa Rassegna, 1978, Il, 1, e Le pi recenti sentenze della Corte di giustizia sulla libera circolazione delle merci (settembre 1977 -aprile 1980), ibidem, 1980, Il, 75. (1) Non ci occuperemo in questa sede della problematica relativa all'art. 95 del Trattato CEE, la quale forma oggetto di separata relazione. (2) Sentenze 10 luglio 1980, nella causa 811/79, Ariete, in Racc. 1980, 2545, e nella causa 826/79, Mireco, in Racc. 1980, 2559 (e in questa Rassegna, 1980, I, 743); 14 dicembre 1982, nelle cause 314-316/81 e 83/82, Waterkeyn, in Racc. 1982, 4337. . (3) Sentenza 9 dicembre 1981, nella causa 193/80, Conzmissione c. Italia, in Racc. 1981, 3019 (e in questa Rassegna, 1982, I, 53, con nota di FERRI). (4) Donde l'incompatibilit con il Trattato, in linea generale, di regimi nazionali di licenze all'importazione: sentenza 8 febbraio 1983, nella causa 124/81, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1983, 203. (5) Sentenza 11 giugno 1985, nella causa 288/85, Commissione c. Irlanda. in Racc. 1985, RASSEGNA DELL'AWOCATURA :DELLO STATO la Corte ha avuto occasione di ribadire che va considerato come una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale un diritto per controllo sanitario del prodotto importato, stabilito e applicato, senza obiettiva giustificazione, secondo criteri propri per quanto riguarda vuoi la natura, vuoi lo stato della merce, non comparabili ai criteri che servono a determinare gli oneri pecuniari gravanti sui prodotti nazio-. nali della stesso genere (6); e comunque costituisce tassa di effetto equivalente, quando non un dazio doganale propriamente detto, qualsiasi onere pecuniario, unilateralmente imposto, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua tecnica e che grava su merci che attraversano la frontiera, salvo che costituisca una retribuzione di un servizio effettivamente reso all'importatore o all'esportatore d'importo proporzionato al suddetto servizio (7). La peculiarit propria di una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, che la distingue da un tributo interno, sta nella circostanza che la prima colpisce esclusivamente il prodotto importato in quanto tale, mentre la seconda grava sui prodotti importati e al tempo stesso sui prodotti nazionali (8). 2. Certamente pi articolata e interessante la giurisprudenza in tema di restrizioni quantitative all'esportazione e all'importazione e di misure di effetto equivalente, soprattutto per quanto riguarda la puntualizzazione dei limiti intrinseci del divieto sancito negli artt. 30-34 del Trattato e della portata delle deroghe contenute nell'art. 36. E naturalmente le controversie hanno riguardato essenzialmente le misure di effetto equivalente e non le vere e proprie restrizioni quantitative, la cui nozione troppo chiara per consentire dubbi e perplessit. La Corte ha ribadito la sua giurisprudenza consolidata secondo cui costituisce misura di effetto equivalente a restrizione quantitativa ogni disciplina commerciale degli Stati membri che pu porre ostacolo, direttamente o indirettamente, attualmente o potenzialmente, al commercio intracomunitario , puntualizzando cos che la restrizione pu discendere non solo da una vera e propria normativa, ma pi in generale da qualsivoglia disciplina, che pu consistere in provvedimenti e misure autoritative e persino in prassi amministrative e atti governativi non aventi forza vincolante (9); che indifferente il verificarsi di una restri (6) Sentenza 7 aprile 1981, nella causa 132/80, United Foods, in Racc. 1981, 995. (7) Sentenze 12 gennaio 1983, nella causa 39/82, Donner, in Racc. 1983, 19, in tema di diritti di sdoganamento; 17 maggio 1983, nella causa 132/82, Commissione c. Belgio, in Racc. 1983, 1469, in tema di diritti di magazzinaggio; 9 novembre 1983, nella causa 158/82, Commissione c. Danimarca, in Racc. 1983, 3573, in tema di confrolli sanitari. (8) Sentenza 5 maggio 1982, nella causa 15/81, Schul Douane, in Racc. 1982, 1409. Cfr. anche sentenze 3 febbraio 1981, nella causa 90/79, Commissione c. Francia, in Racc. 1981, 283; 28 gennaio 1981, nella causa 32/80, Kortmann, in Racc. 1981, 251. (9) Sentenze 17 giugno 1981, nella causa 113/80, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1981, 1625; 31 marzo 1982, nella causa 75/81, Blesgen, in Racc. 1982, 1211; 9 giugno 1982, nella causa 95/81, Commis.sione c. Italia, in Racc. 1982, 2133 (e in questa Rassegna, 1982, I, 907); 14 luglio 1983, nella causa .174/82, Sandoz, in Racc. 1983, 2445 (e in questa Rassegna, 1983, I, 836); 14 marzo 1985, nella causa 269/83, Commissione e~ Francia. E in particolare cfr. la sentenza 24 novembre 1982, nella causa 249/81, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1982, I I i ! ! ~ PARTE II, QUESTIONI 1 zione negli scambi, essendo sufficiente il rischio di una distorsione (10); che sufficiente un effetto restrittivo di qualsiasi entit~ (11). Quanto alla portata del divieto dell'art. 30, la Corte nel quinquennio, ribadito che in mancanza di norme comuni o uniformi, spetta agli Stati membri disciplinare, ciascuno nel suo territorio, tutto ci che riguarda la produzione, la distribuzione e il consumo dei prodotti, a 4005, dove, contestandosi allo Stato membro di aver concorso ad organizzare la promozione e lo svolgimento di una campagna pubblicitaria a favore dei prodotti nazionali sul proprio territorio, la Corte ha precisato che la campagna di cui era causa non poteva equipararsi ad una campagna pubblicitaria, da parte di imprese private e pubbliche, per l'acquisto di merci da esse prodotte, ma rifletteva la deliberata volont del Governo nazionale di sostituire sul mercato interno i prodotti importati con prodotti nazionali e di porre cosi un freno alle importazioni da altri Stati membri; ma siffatta prassi, istituita dal Governo nazionale o con il suo concorso, non poteva esulare dai divieti dell'art. 30 del Trattato per il solo fatto che non era basata su decisioni aventi effetto obbligatorio per le imprese: infatti anche atti del Governo di uno Stato membro privi di forza vincolante possono essere tali da influire sul comportamento dei commercianti e dei consumatori nel territorio di tale Stato ed avere quindi, per effetto, di porre nel nulla le finalit della Comunit. Particolare segnalazione merita anche la sentenza 9 maggio 1985, nella causa 21/84, Commissione c. Francia, in Racc., 1985, 1797, in tema di diniego di omologazione di affrancatrici postali provenienti da un'altro Stato membro, dove la Corte ha rilevato che la conformit formale di un testo regolamentare nazionale con l'art. 30 del Trattato non sufficiente per mettere uno Stato membro in regola con gli obblighi che derivano da tale norma, perch, sotto l'apparenza di un testo di portata generale, l'amministrazione nazionale potrebbe molto bene adottare un atteggiamento sistematicamente sfavorevole ai prodotti importati vuoi per le notevoli lungaggini di cui essa si renderebbe responsabile nelle risposte alle domande di omologazione o nell'espletamento del provvedimento d'esame, vuoi con rifiuti di omologazione giustificati da difetti tecnici diversi che non costituirebbero oggetto di circostanziate delucidazioni o che si rivelerebbero inesatti: il divieto di .misure di effetto equivalente sarebbe privato di gran parte del suo effetto -utile qualora esso non consentisse di comprendere pratiche protezionistiche o discriminatorie di tale genere; naturalmente una prassi amministrativa, per poter essere rilevante, deve presentare un certo grado di costanza e di generalit, che per va valutato di volta in volta, non potendosi escludere che sia sufficientemente rilevante (per la ristrettezza del mercato del prodotto considerato) l'atteggiamento adottato da un'amministrazione nei confronti di una sola impresa. (11) Sentenza 5 aprile 1984, nelle cause 177-178/82, Kaves'ka, in Racc. 1984, 1797. (11) Sentenza 5 aprile 1984, nelle cause 177-178/82, Kaveka, in Racc., 1984, . Fra le tante che hanno ravvisato la sussistenza di una misura vietata si segnalano le sentenze: -26 giugno 1980, nella causa 788/79, Gilli, in Racc. 1980, 2071, e 9 dicembre 1981, nella causa 193/80, gi citata nella nota 3, che hanno ritenuto incompatibile con l'art. 30 del Trattato il divieto in Italia di importare o di porre in commercio aceto contenente acido acetico non derivante dalla fermentazione acetica del vino, e in particolare aceto di mele, qualora si tratti di aceto legalmente prodotto e messo in commercio in un altro Stato membro; -10 luglio 1980, nella causa 152/78, Commissione c. Francia, in Racc. 1980, 2299, con la quale si rilevato il carattere discriminatorio della normativa francese sulla pubblicit delle bevande alcoliche (sugli effetti di tale pronuncia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO condizione di non ostacolare gli scambi intracomunitari (12), ha nettamente separato, per la prima volta, le limitazioni agli scambi che non rientrano nel divieto in quanto giustificate da esigenze imperative ,, dalle vere e proprie deroghe previste tassativamente dall'art. 36: distinzione che appare rilevante -se non si vuole in alternativa allargare il campo di applicazione dell'art. 36, considerando esemplificativo l'elenco delle ragioni ivi indicate -ove si ponga come presupposto che solo l'art. 3.0. e non anche l'art. 36, impone una disciplina uniforme del commercio dei prodotti nazionali e di quelli importati (13). cfr. la successiva sentenza 14 dicembre 1982, nelle cause 314-316/81, citata nella nota 2); -16 dicembre 1980, nella causa 27/80, Fietje, in Racc. 1980, 3839, ancora in tema di bevande alcoliche, con la quale stato precisato che costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa vietare la vendita del prodotto sotto una denominazione diversa da quella prescritta dalle norme nazionali, qualora le indicazioni che si trovano sull'etichetta originale abbiano, per i consumatori, per quanto riguarda la natura del prodotto, un contenuto informativo equivalente a quello della determinazione legalmente prescritta; -19 febbraio 1981, nella causa 130/80, Kelderman, in Racc. 1980, 527, secondo la quale rientra nel divieto in questione una normativa che prescriva che la quantit di materia secca di un pane deve rimanere nell'ambito di un bidente di valori determinati, qualora essa si applichi all'importazione di pane legalmente fabbricato e smerciato in un altro Stato membro; -10 novembre 1982, nella causa 261/81, Ran, in Racc. 1982, 3961, dove, analogamente, stato ritenuto che non si pu imporre una determinata confezione per la commercializzazione dei prodotti importati (nella specie margarina e grassi alimentari) se l'informazione e la protezione del consumatore possono essere garantite con mezzi che creino nuovi ostacoli alla libert degli scambi; e 17 marzo 1983, nella causa 94/81, De Kikvorsch, in Racc. 1983, 947, per una normativa similare che imponga di non indicare sull'etichtta del prodotto (nella specie birra) una certa caratteristica; -22 marzo 1983, nella causa 42/82, Commissione c. Francia, in Racc. 1983, 1013, nella ben nota controversia relativa alle importazioni di vino italiano in Francia, con la quale stato ritenuto violato l'art. 30 del Trattato per il ritardo nella messa in consumo del prodotto importato causato da modalit di controllo ingiustificate; -14 marzo 1985, nella causa 269/83, Commissione c. Francia, che ha ritenuto incompatibili con l'art. 30 il beneficio di una tariffa postale preferenziale per i soli giornali e periodici francesi editi in Francia; e 7 maggio 1985, nella causa 18/84, Commissione c. Francia, in cui la compati)?ilit stata ravvisata in un sistema di agevolazioni fiscali per le pubblicazioni stampate in Francia. (12) Sentenze 26 giugno 1980, nella causa 788/79, citata nella nota precedente; 7 aprile 1981, nella causa 132/80, citata nella nota 6; 17 dicembre 1981, nella causa 272/80, Biologische Producten, in Racc. 1981, 3277; 15 dicembre 1982, nella causa 286/81, Oosthoek's, in Racc. 1982, 4575; 20 aprile 1983, nella causa 59/82, Schutzverband, in Racc. 1983, 1217; 27 marzo 1985, nella causa 73/84, Denkavit. (13) Sentenza 17 giugno 1981, nella causa 113/80, Commissione c. Irlanda, in Racc. 1981, 1625 (c.d. souvenirs d'Irlanda); 20 aprile 1983, nella causa 59/82, citata nella nota precedente; 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, Duphar, in Racc. 1984, 523 (e in questa Rassegna, 1984, I, 456, con nota di FIUMARA, Della compatibilit con il Trattato CEE di limitazioni nazionali all'assistenza farmaceutica), per la quale cfr. anche la nota 20; 11 luglio 1985, nelle cause 60-61/84, Socit Cinthque, per la quale cfr. anche la nota 21. i I ! ' ! I PARTE II, QUESTIONI J In precedenza, infatti, la Corte aveva ritenuto accettabili gli ostacoli alla circolazione intracomnitaria derivanti da disparit delle legislazioni nazionali ove ci fosse stato necessario per esigenze imperative attinenti, in particolare, ll'efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute pubblica, alla lealt dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori (14), con una commistione fra ipotesi previste specificamente dall'art. 36 (sia pure per ammettere discriminazioni non arbitrarie) e esigenze imperative di diversa natura. A partire dalla sentenza 17 .giugno 1981, nella causa 113/80 (15), la Corte ha nettamente distinto le due categorie, precisando che l'art. 36, in quanto deroga al principio fondamentale dell'eliminazione di tutti gli ostacoli alla libera circolazione, si interpreta restrittivamente e le eccezioni che esso elenca non possono essere estese: fra le eccezioni non sono menzionate n la difesa dei consumatori, n la lealt dei negozi commerciali, nozioni, per, che, in quanto incidono sui diritti fondamentali (esigenze imperative), vanno vagliate ai sensi dell'art. 30, onde verificare se consentito negare la esistenza di misure di effetto eqtiivalente alle restrizioni quantitative. Sono esigenze imperative, valutabili nell'ambito dell'art. 30 (in particolare dice la Corte), la lealt dei negozi commerciali (16), la difesa dei consumatori (17), l'effettivit dei controlli fiscali (18), la politica sociale (19), nonch (ed qui, forse, la maggiore apertura operatasi nel quinquennio) alcuni profili di politica economica (20). Per la tutela di (14) Si veda, per tutte, la sentenza 20 febbraio 1979, nella causa 120/78, Rewe, in Racc. 1979, 649, ben nota come Cassis de Dijon. (15) Citata nella nota 13; cfr. poi sentenze 2 marzo 1982, nella causa 6/81, Groep, in Racc. 1982, 707; 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, anch'essa citata nella nota 13. (16) Sentenze 26 giugno 1980, nella causa 788/79, e 19 febbraio 1981, nella causa 130/80 (citate nella nota 11); 2 marzo 1982, nella causa 6/81 (citata nella nota precedente); 15 dicembre 1982, nella causa 286/81 (citata nella nota 12). (17) Le sentenze della nota precedente nonch le sentenze 16 dicembre 1980, nella causa 27/80, 10 novembre 1982, nella causa 261/81, 17 marzo 1983, nella causa 94/82, citate nella nota 11. Non pu essere invocata la tutela dei consumatori -ha precisato la sentenza 25 aprile 1985, nella causa 207/83, Commissione c. Regno Unito, per giustificare la non commerciabilit al minuto di prodotti privi dell'indicazione dell'origine, perch tale esigenza pu essere soddisfatta in altri modi che non con un sistema che fornisce loro anche la possibilit di far valere i loro pregiudizi eventuali contro i prodotti stranieri. (18) Sentenza 9 ottobre 1980, nella causa 823/79, Carciati, in Racc. 1980, 2773 (e in questa Rassegna, 1980, I, 921): le norme sulla libera circolazione delle merci non fanno ostacolo a che una disciplina nazionale imponga ai residenti nel territorio di uno Stato membro il divieto, sanzionato penalmente, di usare autoveicoli i quali abbiano fruito di un regime di importazione temporanea e quindi siano stati esentati dal pagamento dell'IVA. Cfr., poi, nello stesso senso la sentenza 11 dicembre 1984, nella causa 134/83, Abbink, in Racc., 1984, 4097. (19) Sentenza 14 luglio 1981, nella causa 155/80, Oebel, in Racc. 1981, 1993. (20) Sentenza 29 novembre 1983, nella causa 181/82, Roussel, in Racc. 1983, 3849, relativamente alla possibilit di certe misure inflazionistiche; e soprattutto la sentenza 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, citata nella nota 13, dove stato precisato che il diritto comunitario non scalfisce la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi previdenziali e ad adottare, in particolare, norme miranti a disciplinare il consumo dei prodotti farmaceutici salvaguardando l'equilibrio finanziario dei loro sistemi previdenziali contro. le malattie . / 6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . tali esigenze occorre, per, - stato ribadito -, rispettare la condizione che gli eventuali ostacoli agli scambi intracomunitari non vadano oltre quanto necessario per assicurare la finalit perseguita e che tale finalit sia giustificata rispetto al diritto comunitario (rule of reason, principio di proporzionalit) (21). Pi agevole cos risultata l'interpretazione dell'art. 36, applicabile solo in mancanza di norme comuni o uniformi (22), in relazione al quale si potuto dire che esso contiene un'elencazione tassativa e che il senso di ciascuna ipotesi va inteso restrittivamente, in quanto si tratta di vere e proprie deroghe alla regola fondamentale della libera circolazione delle merci: cos, stato precisato, la norma non prevede la tutela di interessi direttamente economici e le misure adottate devono essere indispensabili per il r~ggiungimento dello scopo senza che vi sia la possibilit di ricorrere ad un'alternativa meno restrittiva (23). La Corte ha avufo occasione di pronunciarsi in tema di ordine pub blico e di sicurezza pubblica, affermando che il primo non pu essere invocato per la tutela di interessi economici (24), e, in relazione alla fissazione di prezzi minimi dei carburanti in Francia con un sistema svantaggioso per i prodotti importati, affermando, contro la tesi del Governo francese che deduceva i perturbamenti dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza provocati da reazioni violente cui si sarebbe potuto andare incontro da parte dei dettaglianti colpiti da una concor ren2Ja illimitata, che il Governo stesso non aveva dimostrato che una modifica della disciplina in causa avrebbe avuto sull'ordine pubblico e sulla sicurezza pubblica conseguenza cui esso non avrebbe potuto far fronte (25); e, in relazione ad un obbligo imposto agli importatori di prodotti petroliferi di rifornirsi in parte presso raffinerie stabilite nel territorio nazionale, che lo scopo di garantire, in ogni tempo, un approv viggionamento minimo di prodotti petroliferi supera considerazioni di (21) Da ultimo cfr. sentenza 11 luglio 1985, nelle cause 60-61/84, citata nella nota 13, dove stato precisato che l'art. 30 non si applica ad una legislazione nazionale che disciplina la diffusione di opere cinematografiche scaglionando nel tempo il passaggio da un sistema di distribuzione all'altro mediante il divieto di sfruttare simultaneamente tali opere, per un periodo limitato, tramite la rappresentazione nelle sale cinematografiche e la diffusione di videocassette qualora tale divieto si applichi indistintamente alle videocassette fabbricate nel territorio nazionale ed a quelle importate e gli eventuali ostacoli che la sua applicazione possa provocare .per gli scambi intracomunitari non eccedano quanto necessario per garantire, durante un periodo iniziale, la priorit allo sfruttamento in sale delle opere cinematografiche di qualsiasi origine rispetto ad altri mezzi di diffusione. , (22) Sentenza 10 luglio 1984, nella causa 72/83, Campus Oil, in Racc. 1984, 2727: il licorso all'art. 36 non pi giustificato se una normativa comunitaria dispone misure necessarie per garantire la tutela dgli interessi enumerati in tali articoli (cfr. anche la successiva nota 26). (23) Sentenze 28 gennaio 1981, nella causa 32/80, citata nella nota 8; 7 aprile 1981, nella causa 132/80, citata nella nota 6; 9 giugno 1982, nella causa 95/81, citata nella nota 9; 8 febbraio 1983, nella causa 124/81, citata nella nota 4; 2 marzo 1983, nella causa 155/82, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1983, 531; 22 marzo 1983, nella causa 88/82, Leonelli, in Racc. 1983, 1061 (e in questa Rassegna, 1983, I, 300); 7 febbraio 1984, nella causa 238/82, citata nella nota 13. (24) Sentenza 11 giugno 1985, nella causa 288/85, Commissione c. Irlanda. (25) Sentenza 29 gennaio 1985, nella causa 231/83, Cullet, in Racc. 1985, 306. PARTE II, QUESTIONI 7 natura puramente economica e pu quindi costituire uno scopo compreso nella nozione di pubblica sicurezza, beninteso sempre che l'obbligo di acquisto non superi i limiti dell'approvviggionamento minimo senza il quale sarebbero pregiudicati la pubblica sicurezza dello Stato membro e, in particolare, il funzionamento dei suoi pubblici servizi essenziali e la sopravvivenza della sua popolazione (26). Quanto alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali la Corte ha precisato che la valutazione dei rischi in materia presenta difficolt e incertezze che giustificano la mancanza di uniformit delle legislazioni nazionali (27): occorre tener conto delle condizioni climatologiche nazionali, della composizione dell'abituale alimentazione della popolazione, nonch dello stato di salute della stessa (28), e non occorre dimostrare l'esistenza e la gravit del pericolo, essendo sufficiente che non sia impossibile escludere con certezza l'eventualit di un danno alla salute (29), non bastando peraltro una esigua, anche non puramente ipotetica, possibilit di contaminazione (30). Sulla tutela della propriet industriale e commerciale appare' significativa l'esplicita dichiarazione che essa comprende anche il diritto d'autore, giacch lo sfruttamento commerciale di esso solleva gli stessi problemi di quello di un altro diritto di propriet industriale o commerciale (31). La tutela riguarda brevetti, disegni, modelli, marchi, diritti esclusivi di produzione di materiale di riproduzione e di moltiplicazione vegetativa, e non pu essere invocata per opporsi all'importazione di un prodotto che stato lecitamente messo in commercio sul mercato di un altro Stato membro dallo stesso titolare del diritto o con il suo consenso (principio c.d. dell'esaurimento comunitario) (32). (26) Sentenza 10 luglio 1984, nella causa 72/83, citata nella nota 22. (27) Sentenze 5 febbraio 1981, nella causa 53/80, Eyssen, in Racc. 1981, 409; 17 dicembre 1981, nella causa 272/80, citata nella nota 12; 14 luglio 1983, nella causa 174/82, citata nella nota 9; 30 novembre 1983, nella causa 227/82, van Bennekom, in Racc. 1983, 3883 (e in questa Rassegna, 1984, I, 72). (28) Sentenza 6 giugno 1984, nella causa 97/83, Melkunie Holland, in Racc. 1984, 2367; 19 settembre 1984, nella causa 94/83, Heijn, in Racc. 1984, 3263 (e in questa Rassegna, 1985, I, 38, con nota di FIUMARA, Dell'uso di alcune sostanze antiparassitarie sugli ortofrutticoli: limiti nazionali alla commercializzazione del prodotto). (29) Cfr. sentenze citate nella nota 27. (30) Sentenza 15 luglio 1982, nella causa 40/82, Commissione c. Regno Unito, in Racc. 1982, 2793. (31) Sentenza 20 gennaio 1981, nelle cause 55 e 57/80, Gema, in Racc. 1981, 147; cfr. anche la sentenza 9 febbraio 1982, nella causa 270/80, Polydor, in Racc. 1982, 329, per l'estensione del principio. nell'interpretazione di accordi di libero scambio. (32) Sentenza 22 gennaio 1981, nella causa 58/80, Danks Supermarked, in Racc. 1981, 181; 14 luglio 1981, nella causa 187/80, Merck Stephar, in Racc. 1981, 2063; 8 giugno 1982, nella causa 258/78, Eisele, in Racc. 1982, 2015; 14 settembre 1982, nella causa 144/81, Keurkoop, in Racc. 1982, 2853. Nella sentenza 3 dicembre 1981, nella causa 1/81, Pfizer, in Racc. 1981, 2913, stato precisato che il diritto attribuito al titolare del marchio di opporsi a qualsiasi impiego dello stesso che possa falsare la garanzia dell'origine rientra nell'aspetto specifico del diritto di marchio: non per nel caso in cui l'importatore parallelo si sia limitato a dare un diverso imballaggio esterno al prodotto, lasciando ben visibile il marchio originario del produttore apposto sull'imballaggio interno, senza omettere di indicare chiaramente sulla confezione esterna che il prodotto stato fabbricato dalla filiale del titolare e 8 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 8 Meno rigida che in tema di misure equivalenti a restrizioni quantitative all'importazione sembrata la Corte riguardo allo speculare divieto relativo alle esportazioni. stato confermato che l'art. 34 riguarda le misure che hanno lo scopo o l'effetto di restringere le correnti di esportazione e di stabilire quindi una differenza fra commercio interno di uno Stato membro e commercio d'esportazione, sicch non trova applicazione in caso di misure prive di carattere discriminatorio (33). 3..Quando alla tariffa doganale comune, numerosissime sono state le sentenze della Corte, riguardanti casi specifici. Meritano una citazione particolare le sentenze che hanno stabilito: -confermandosi quanto gi statuito in precedenza, che l'accerta mento del valore in dogana conformemente ai regolamenti comunitari non pu avere l'effetto di obbligare le amministrazioni fiscali e finanziarie degli Stati membri ad ammettere tale valore per fini diversi dalla applicazione della tariffa doganale comune (34); -in occasione del sequestro alla frontiera di un quantitativo di eroina acquistato al mercato nero, sul quale l'autorit nazionale vuole applicare i dazi doganali, che un dazio doganale ad valorem non pu essere determinato per merci di natura tale che esse non possono essere messe in circolazione in alcuno degli Stati membri ma devono, invece, essere sequestrate e messe fuori circolazione dalle competenti autorit non appena scoperte (35); ~ -che spetta agli Stati membri designare le autorit o le persone incaricate di procedere alla classificazione doganale dei prodotti nonch decidere sulla preparazione di tali persone in modo da consentire loro di svolgere correttamente il suddetto incarico (36). OSCAR FIUMARA reimballato dall'importatore. Con la sentenza 9 luglio 1985, nella causa 19/84, Pharmon (in questa Rassegna, 1985, I, 748) stato ritenuto che gli artt. 30 e 36 del Trattato non vietano l'applicazione della normativa di uno Stato membro che attribuisce al titolare di un brevetto la facolt di impedire la messa in commercio, in tale Stato, di un prodotto fabbricato in un altro Stato membro dal concessionario di una licenza obbligatoria relativa ad un brevetto parallelo detenuto dal medesimo titolare. (33) Sentenze 14 luglio 1981, nella causa 155/80, citata nella nota 19; 1 aprile 1982, nelle cause 141 e 143/81, Holdi.jk, in Racc. 1982, 1299, 15 dicembre 1982, nella causa 286/81, e 17 maggio 1984, nella causa 15/83, entrambe citate nella nota 12. (34) Sentenza 4 dicembre 1980, nella causa 54/80, Wilner, in Racc. 1980, 3673. (35) Sentenza 5 febbraio 1981, nella causa 50/80, Horvath, in Racc. 1981, 385; e la sentenza 26 ottobre 1982, nella causa 221/81, Wolf, in Racc. 1982, 3681, ha aggiunto che deve prescindersi dal se i prodotti stessi vengano scoperti e distrutti o sfuggano alla vigilanza dell'autorit. (36) Sentenza 30 settembre 1982, nella causa 317/81, Howe, in Racc. 1982, 3257. RASSEGNA DI DOTTRINA INDICE-SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO COSTITUZIONALE R. PARDOLESI, Ripetitori esteri e pubblicit: dall'oscuramento all'oscurantismo. DIRITTO AMMINISTRATIVO M. ANNUNZIATA, La ricerca del dolo e della colpa nei confronti della P. A. M. BERTUZZI, Organi dotati di personalit giuridica e rappresentanza obbligatoria dell'Avvocatura dello Stato. S. CASSARINO, Problemi della disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile. D. CORAPI, Recenti modifiche alla disciplina delle associazioni temporanee d'imprese per l'esecuzione di appalti pubblici. F. ESPOSITO, Non sono legittimabili le occupazioni abusive di terreni demaniali di uso civico successive all'entrata in vigore deUa legge 16 giugno 1927 n. 1766. M. U. FRANCESE, La responsabilit dei dirigenti statali nella problematica generale della responsabilit dei pubblici dipendenti. S. GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva. F. MANGANARO, Riflessioni sulla natura giuridica del silenzio-assenso. B. MELCHIORRI, Politica, gestione del territorio e reati contro la P. A. D. RESTA, Limiti temporali dell'ordinanza di sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Profili di incostituzionalit. B. SELLERI, Principi della tradizione o nuove direttive in tema di indennit di esproprio? DIRITTO E PROCEDURA CIVILE G. ANDREAZZA, Astensione, ricusazione ed interesse politico. M. DoGLIOTTI, Il diritto all'identit personale approda in Cassazione. A. M .PRINCIGALLI, Quand' pi s che no: perdita di chance come danno risarcibile. A. PROTO PISANI, La Corte Costituzionale estende la revocazione per errore di fatto ex art. 95 n. 4 cod. proc. civ. alle sentenze della Cassazione. A. RONCO, Processo per decreto ingiuntivo e continenza di cause. 111m11.1111111111r1a11l11111111111111111,1111111&:t1111111iJ11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 1.0 DIRITTO PENALE M. BoscHI, L'oblazione prevista dall'art. 162 bis cod. pen. e i reati finanziari. G. FoRNACIARI, Sulla rilevanza penale delle costruzioni edilizie realizzate in base ad atti concessori illegittimi. G. LANZA, Sulla attribuibilit della qualifica di pubblico ufficiale al privato progettista di piano regolatore. VARIE M. IovENE, Immunit dei quartieri generali della NATO dall'esecuzione forzata. DIRITTO COSTITUZIONALE ROBERTO PARDOLESI, Ripetitori esteri e pubblicit: dall'oscuramento all'oscurantismo, in Foro Italiano 1985 n. 11, I 2829. L'autore, nel commentare la sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 17 ottobre 1985, fa rilevare come questa abbia sempre considerato la pubblicit sui c.d. network privati quale attivit commerciale e non quale comunicazione al pubblico di contenuti informativi. Notevoli i riferimenti alla giurisprudenza di altri paesi (soprattutto Stati Uniti). G. LANCIA DIRITTO AMMINISTRATIVO MICHELE ANNUNZIATA, La ricerca del dolo e della colpa nei confronti della P. A., ne il Foro Amministrativo, n. 12, dic. 1985, p. 2609 ss. Si tratta di una lezione del Corso di diritto Amministrativo tenuta dall'Autore il 27 maggio 1985, nella quale, attraverso una piana esposizione, viene esaminato il problema della ricerca dell'elemento psicologico nella responsabilit della P. A. Dopo avere richiamato le pi importanti acquisizioni dell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, l'Autore giunge alla conclusione che la responsabilit della P. A. , in linea generale, regolata dai medesimi principi che sono dettati per la comune responsabilit, con alcune particolarit che attengono alla struttura organizzativa degli enti pubblici, i quali operano a mezzo dei propri dipendenti. In particolare vengono brevemente esaminati i temi dell'attivit materiale e dell'attivit discrezionale della P. A., e le ipotesi di culpa in vigilando, di quella ex art. 2049 e.e., di quella per l'esercizio di attivit pericolose, e di quella ex artt. 2051, 2052, 2053 e 2054; ed infine della responsabilit per danni non patrimoniali. G. D'ELIA PARTE Il, RASSEGN.A DI DOTTRINA .l\iARio BERTUZZI, Organi dotati di personalit giuridica e rappresntanza obbligatoria dell'Avvocatura dello Stato, nota a Cass. 30 settembre 1984, n. 5544, in Giust. civ. 1985, fase. 11, I, 2832. La nota in esame riguarda una recente sentenza della Cassazione in cui si afferma che le norme sul foro dello Stato si applicano alle cause in cui parte l'A.I.M.A. (Azienda per gli investimenti nel mercato agricolo), in quanto essa tenuta ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, avendo natura di amministrazione statale autonoma ed essendo irrilevante, a tal fine, che sia dotata di propria personalit giuridica. La questione -che pu dirsi oggi superata dall'art. 12 1. 14 agosto 1982 n. 610 il quale estende all'A.I.M.A. le disposizioni vigenti per le amministrazioni statali sulla rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato -appare strettamente collegata al pi generale problema degli organi dotati di personalit giuridica. Infatti l'Autore trae spunto dalla sentenza per ricordare le posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla figura dell'organo-persona giuridica oggi generalmente ammessa come uno degli aspetti evolutivi del decentramento statale. Dopo averne analizzato gli aspetti pi qualificanti e la differenza rispetto alla figura della persona giuridica titolare di organo l'Autore sottolinea che ancora oggi il problema di fondo come conciliare nello stesso sog , getto la duplice qualit di organo e di persona giuridica. F. SCLAFANI SEBASTIANO CASSARINO, Problemi della disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile, n. 4, dicembre 1985, pag. 864. L'autore delinea un quadro dei principali problemi che si dibattono in ordine alla disapplicazione degli atti amministrativi nel giudizio civile, richiamando le varie posizioni assunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul tema. Attraverso un'approfondita analisi interpretativa e comparativa degli artt. 4 e 5 della legge del 1865 viene posta in evidenza la diversa portata applicativa delle due norme ed in particolare il diverso modo con cui nelle rispettive ipotesi il giudice conosce della conformit o difformit dell'atto rispetto alla legge. In quest'ottica, l'autore ritiene che il fenomeno della disapplicazione rientri nella sola previsione dell'art. 5 della I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E per cui il giudice, nel decidere della legittimit dell'atto, in via incidentale (e non principale), quando ne riconosca la illegittimit, lo disapplica. Viene quindi affrontata la questione relativa ai vizi dell'atto amministrativo oggetto di disapplicazione. Alla tesi restrittiva che limita il sindacato del G. O. anche nella cognizione in via incidentale, alla sola illiceit, nullit e contrasto con norme di relazione, si contrappone l'opinione, seguita dall'autore, favorevole all'estensione del sindacato sull'eccesso di potere e pi in generale, sui vizi dell'atto illegittimo. Interessanti sono, infine, le ragioni che l'autore adduce a sostegno della disapplicabilit dell'atto inoppugnabile dinanzi al G. A., nonch le considerazioni dallo stesso svolte sulla natura e gli effetti della pronuncia di disapplicazione. M.L. GUIDA ./ RASSEGl!o!A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DIEGO CORAPI, Recenti modifiche alla disciplina delle associazioni tempo ranee di imprese per l'esecuzione di appalti pubblici, in Rivista di diritto civile, fase. n. l, parte II, pagg. 5-22. L'autore si occupa della legge 8 ottobre 1984 n. 687, con particolare riferimento alla disciplina delle associazioni temporanee di imprese. Lo scritto in esame si rivela particolarmente interessante, poich analizza gli articoli pi significativi della legge del 1984 sopra citata, passando in rassegna tutti i problemi applicativi delle norme in essa contenute. Di particolare rilevanza ed importanza appare il problema relativo alla natura giuridica del rapporto che si pone alla base delle associazioni temporanee di imprese per l'esecuzione di appalti pubblici. L'autore si pone, cio -tentando di risolverlo -il quesito se tale rapporto configuri un mandato o addirittura una nuova figura associativa sui generis . M.G. MANGIA FILIPPO ESPOSITO, Non sono legittimabili le occupazioni abusive di terreni demaniali di uso-civico successive all'entrata in vigore della legge 16 giugno 1927 n. 1766, in T.A.R. n. 10/1985, p. 259 e ss. La decisione del T.A.R. Campania, I Sez., n. 131/1985, secondo cui sono illegittimi per violazione dell'art. 9, primo comma lett. c, 1. 16 giugno 1927 n. 1766, l'ordinanza del commissario per la liquidazione degli usi civici ed il relativo decreto presidenziale di approvazione, che legittimano l'occupazione di fondi gi facenti parte del demanio comw1ale soggetto ad uso civico, nel caso in cui tale occupazione abbia avuto luogo dopo l'entrata in vigore della citata legge, viene criticata dall'Autore, secondo il quale, in base alla ratio ed alla lettera della norma e per considerazioni di concreta opportunit, si sarebbe dovuti giungere alla opposta conclusione. E. DE GIOVANNI MICHELE UMBERTO FRANCESE, La responsabilit dei dirigenti statali nella problematica generale della responsabilit dei pubblici dipendenti, ne Il Foro Amministrativo n. 12, dicembre 1985, p. 2613 ss. L'Autore esamina la norma.contenuta nell'art. 19 del d.P.R. n. 748 del 30 giugno 1972, il quale sancisce una responsabilit dei dirigenti statali legata alle loro competenze in relazione ai canoni di buon andamento, imparzialit e legittimit dell'azione amministrativa; ferma rimanendo la responsabilit penale, civile, amministrativa, contabile e disciplinare previst per tutti gli impie_gati civili dello Stato. Dopo aver sottolineato come in quel testo di legge si facciano delle aperture a concetti caratteristici della conduzione aziendalista, quali " riduzione dei costi ed efficienza dei servizi ed economicit, e dopo avere individuato nell'art. 97 della Costituzione il fondamento giuridico ed etico della norma in esame, il Francese si pone il problema se questa normativa ponga a carico dei dirigenti delle responsabilit nuove e diverse da quelle comuni a tutti gli impiegati dello Stato; faccia cio sorgere in capo ad essi doveri giuridici nuovi. La conclusione negativa, nel senso che ai dirigenti -secondo l'Autore -incombe responsabilit per l'efficienza dell'azione della P. A. (cio per gli aspetti funzionali ed orga PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 1.J nizzatvi) e non per l'efficacia della medesima (os~ia per il raggiungi mento del risultato); e che pertanto non sono configurabili a carico dei dirigenti statali doveri giuridici nuovi rispetto a quelli gi scaturenti dal rapporto di pubblico impiego. G. D'ELIA SALVATORE GIACCHETTI, La giurisdizione esclusiva ne il Foro Amministra tivo, ottobre 1985, n. 10, p. 2068 ss. Premessi alcuni cenni storici sull'evoluzione giurisprudenziale della giurisdizione esclusiva, l'Autore compie un'analisi del disegno di legge di delega per la riforma del processo _ amministrativo, con specifico riguardo al tipo di giurisdizione in argomento. Si segnala la prevista estensione di questa ad una serie di materie nuove (espropriazione; diritti patrimoniali conseguenziali; prestazioni del servizio sanitario nazionale, dell'istruzione e dell'assistenza pubblica; giudizio di ottemperanza; contenzioso elettorale; contratti ad evidenza pubblica) ed il progettato rafforzamento del sistema probatori e si svolgono considerazioni cri tiche sulle concrete modalit di aftuazione previste nel d.d.l. L'articolo si conclude con una valutazione della trasformazione . in atto del diritto amministrativo e dei rapporti fra Stato Amministrazione ed il privato cittadino. G. D'ELIA FRANCESCO MANGANARO, Riflessioni sulla natura giuridica del silenzioassenso, in T.A.R., Luglio-Agosto 1985, p. 177 e ss. L'Autore prende le mosse da un esame della dottrina e della giurisprudenza in terna di silenzio della Pubblica Amministrazione, limitando l'ipdagine ai casi in cui la legge attribuisce all'inerzia della P. A. un valore tipico; fornisce, poi, spunti di riflessione per una ricostruzione dogmatica del silenzio positivo tipico e conclude applicando i risultati dell'indagine ad alcune fattispecie normative concernenti l'attivit edilizia. E. DE GrovANNI BENITO MELCHIORRI, Politica, gestione del territorio e reati contro la P. A., in T.A.R. n. 11/1985, p. 353 e ss. L'Autore, dopo aver sottolineato come una politica del territorio vada elaborata sui poli costituiti dalla tutela della memoria storica e di valori estetici, nonch della programmazione ambientale integrata e coordinata, segnala la necessit di una politica territoriale ed ambientale finalizzata al benessere dei singoli ed all'equilibrato sviluppo della societ. Dopo un breve excursus storico sulla legislazione fascista, l'Autore sottolinea come, in assenza di una chiara visione del valore ambientale del territorio nella Costituzione solo il degrado dell'ambiente ha indotto il legislatore ad assumere iniziative normative in vari settori (inquinamento, edificabilit dei suoli, tutela delle bellezze paesistiche ecc.), iniziative che, peraltro, si appalesano insufficienti, mentre lo stesso decentramento, realizzato nel frattempo con attribuzione agli enti locali di nume. rosi poteri e funzioni, non sembra .avere risolto i preesistenti problemi, stanti le disfunzioni dell'attivit amministrativa. " RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 Proprio per far fronte a tali inefficienze si manifestata una tendenza del legislatore ad allargare l'area dell'intervento penale a carico di pubblici amministratori che si concreta in taluni disegni di legge attualmente al vaglio del Parlamento che potranno modificare l'attuale ed ormai superata disciplina dei delitti contro la P. A. E. DE GIOVANNI DoNELLA RESTA, Limiti temporali dell'ordinanza di sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Profili di incost.ituzionalit, in Cons. Stato 1986 n. 1, parte seconda, pag. 137 ss. L'autore imposta la sua analisi riferendosi alla sent. n. 190 del 25 giugno 1985 della Corte Costituzionale ed individuando in essa una svolta fondamentale in relazione alla possibilit di applicare, nei confronti di un atto amministrativo, i rimedi cautelari consentiti al giudice ordinario dall'art. 700 cod. proc. cvile. . Infatti, come noto, con la sentenza della Corte Costituzionale sopra citata stato dichiarato illegittimo l'art. 21, ultimo comma, della legge sui T.A.R. nella parte in cui limitava la capacit di intervento del giudice amministrativo in sede di cautela alla mera sospensione dell'atto, anche ove la controversia, in sede di giurisdizione esclusiva ed in particolare relativamente al rapporto di impiego pubblico, vertesse su questioni patrimoniali e diritti soggettivi. Nello scritto in rassegna si esamina, inoltre, analiticamente, tutta la giurisprudenza riguardante l'istituto della sospensione cautelare del provvedimento amministrativo. Prendendo spunto da tale esame viene decisamente e fermamente criticato l'art. 23-sexies della legge n. 187 del 1982 (concernente la disciplina per la gestione stralcio dell'attivit del commissario per le zone terremotate della Campania e della Basilicata), poich tale norma inserisce una clausola risolutiva della sospensiva che, sempre secondo l'autore concreta in effetti un vero e proprio esempio di condizione impossibile . Della legittimit di tale norma si recentemente occupato il Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 65, 29 gennaio 1985, della IV Sezione, affermando che nulla vieta al giudice di pronunciare, alla scadenza del periodo di sospensione del provvedimento amministrativo, su richiesta di parte, una nuova ordinanza di sospensione. Nello scritto si critica, per, tale ordinanza poich si ritiene sia un espediente per eludere il problema di fondo, e cio l'illegittimit del suddetto art. 23-sexies citato. Si auspica, quindi, una dichiarazione di incostituzionalit di tale norma per affermare il riconoscimento di quelle garanzie predisposte a tutela del cittadino nei confronti del potere esecutivo. M.G. MANGIA BARTOLOMEO SELLERI, Principi della tradizione o nuove direttive in tema di indennit di esproprio?, in Cons. Stato 1985, parte seconda, pag. 1649 ss. (fase. n. 11, novembre 1985). L'autore affronta analiticamente tutta la pi recente giurisprudenza riguardante l'istituto dell'espropriazione per pubblica utilit, ponendo .., PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA in evidenza una sostanziale divaricazione tra il modello di propriet privata proposto in tempi diversi dal legislatore e quello disegnato dai giudici, in particolare dalla Corte Costituzionale. Viene esaminata poi, nello scritto in esame, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4091 dell'8 luglio 1985. Secondo la Cassazione, la legge n. 865 del 1971 non ha privato di efficacia la legge fondamentale n. 2359 del 1865, ma ha solo derogato alla disciplina generale con dispo sizioni di carattere speciale applicabili a taluni tipi di espropriazione. Conseguenza di ci che, eliminata la norma derogatrice, riprende vigore la normativa generale, La declaratoria di incostituzionalit della legge 865/71 rende, pertanto, nuovamente applicabile la legge fondamentale del 1865. L'autore stesso, peraltro, rileva che deve essere affrontato con estrema attenzione il problema della misura dell'indennizzo, nel senso di serio ristoro, accennando alle modifiche legislative in materia di espropriazione per pubblica utilit, attualmente allo studio. M.G. MANGIA DIRITTO E PROCEDURA CIVILE GASTONE ANDREAZZA, Astensione, ricusazione e interesse politico, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile n. 4, dicembre 1985, pag. 1070. , Nota all'ordinanza 22 giugno 19~3 n. 187 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilit della questione di legittimit costituzionale degli artt. 51 e 52 cod. proc. civ. nella parte in cui non consentono l'astensione e ricusazione di un giudice che abbia interesse meramente politico alla controversia. Criticando l'orientamento univoco e negativo seguito dalla giurisprudenza sul tema, l'autore spiega come la tassativit dei motivi che legittimano astensione e ricusazione, non affatto incompatibile con un'interpretazione di carattere storicoevolutivo dei motivi stessi. Tale interpretazione, si legge, viene operata su due formule presenti nei codici di procedura: da un lato le gravi ragioni li convenienza che nel processo civile consentono ed in quello penale obligano il giudice ad astenersi e, dall'altro interesse personale nel procedimento che legittima la parte a chiedere la ricusazione del giudice, oltre, naturalmente a consentirne l'astensione. Si dimostra quindi come la figura dello iudex suspectus possa agevolmente ricomprendersi in entrambe le ipotesi. M.L. GUIDA MASSIMO DoGLIOTTI, Il diritto all'identit personale approda in Cassazione, nota a Cass. 22 giugno 1985 n. 3769, in Giust. civ. 1985, fase. 12, I, 3059. Nella nota viene esaminata la prima (ed ancora unica) pronuncia della Cassazione sul tanto discusso diritto all'identit personale che negli ultimi anni stato al centro di un vivace dibattito nella giurisprudenza di merito e nella dottrina. Dopo una rapida ma completa rassegna dei casi giudiziari che hanno portato all'affermazione di questo nuovo diritto di " creazione giurispru denziale e delle diverse posizioni emerse in dottrina, l'Autore sottolinea 16 RASSEGNA DELL'AVVOCA1'URA DELLO STATO l'estrema lucidit della sentenza della Cassazione in cui si afferma, senza mezzi termini, l'esistenza del diritto di ogni individuo a non veder travisato o alterato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, proporre l'impugnazione de qua, alla forma dell'atto relativo ecc. Nell'analizzare attentamente la sentenza l'Autore si sofferma in particolare sulla distinzione, operata dalla Corte, tra il diritto all'identit personale e le altre posizioni giuridiche soggettive che, pur essendo riconducibili anch'esse ad una generale esigenza di identit, garantiscono forme di tutela sostanzialmente diverse: il diritto all'onore, alla reputazione, al nome, all'immagine e alla riservatezza. Quanto al fondamento normativo del diritto all'identit personale l'Autore manifesta qualche perplessit sulle argomentazioni offerte dalla Cassazione che, mentre da un lato richiama l'art. 2 cost., dall'altro fa riferimento all'applicazione analogica della disciplina sul diritto al nome. Comunque, a parte questi ed altri rilievi marginali, egli aderisce in pieno alla decisione tanto da definirla un vero e proprio modello anche dal punto di vista stilistico che contiene un apprezzabile contributo di chiarezza, oltre che di autorevolezza sull'esatta configurazione di questo nuovo diritto della personalit. F. SCLAFANI ANNA MARIA PRINCIGALLI, Quand' pi s elle no: perdita di chance come danno risarcibile, in Foro Italiano 1986 n. 1, I, 384. La Cassazione, con s,entenza n. 6506 del 19 dicembre 1985, ha stabilito che pu dar luogo a risarcimento del danno la perdita della possibilit di conseguire un risultato utile, sempre che siffatta possibilit sia supe" riore al 50 %. L'Autore sostanzialmente aderisce alla pronuncia. Copiosa la messe di riferimenti alla giurisprudenza ed alla dottrina (anche straniera, in ispecie francese). G. LANCIA ANDREA PROTO PISANI, ,La Corte Costituzionale estende la revocazione per errore di fatto ex art. 395 n. 4 cod. proc. civ. alle sentenze della Cassazione, in Foro Italiano 1986 n. 2, I, 313. Nota sostanzialmente adesiva alla sentenza n. 17/86 della Corte Costituzionale con cui stato dichiarato incostituzionale l'art. 395 prima parte n. 4 cod. proc. civ nella parte in cui non prevede la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione rese su ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 stesso codice. L'Autore analizza una serie di problematiche poste dalla pronuncia in ordine al momento del formarsi della cosa giudicata, ai termini entro cui ALBERTO RONCO, Processo per decreto ingiuntivo e contingenza di cause, in G. LANCIA ALBERTO RoNco, Processo per decreto ingiuntivo e continenza di causa, in Riv. Trim. di dir. e proc. civile, n. 4, dicembre 1985, pag. 1076. L'autore trae spunto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6019 del 22 novembre 1984 per affrontare. il problema inerente ai rapporti tra procedimento .esecutorio e continenza di cause. PARTE II, RASSEGNA DI DOTIRINA Dopo aver richiamato le principali opinioni espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza sul concetto di continenza, l'attenzione si focalizza sull'applicabilit dell'istituto all'ipotesi in cui una delle due cause sia stata introdotta secondo le norme del procedimento ordinario e l'altra secondo il rito di cui agli artt. 633 e ss. cod. proc. civ. L'indagine viene svolta con riferimento ai momenti strutturalmente diversi in cui si articola il procedimento per decreto ingiuntivo: Si illustrano le ragioni di carattere empirico e tecnico-processuale che .sicuramente escludono che il giudice della c.d. fase inaudita altera parte possa tenere conto della pendenza di una causa ordinaria in relazione di continenza con quella su cui chiamato a decidere. Pi complessa si presenta la soluzione del problema in relazione all'ipotesi di eventuale opposizione al decreto. Contro l'opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza che interpreta la norma di cui all'art. 465 cod. proc. civ. e ss., come attributiva di una competenza funzionale ed inderogabile, in particolare per ragioni di continenza o di connessione, l'autore dimostra con serrate argomentazioni la piena assoggettabilit dell'opposizione al decreto ingiuntivo alla previsione dell'art. 39 comma secondo cod. proc. civ., illustrando altres la conseguenza che tale soluzione comporta. M.L. GUIDA DIRITTO PENALE I GIOVANNA LANZA, Sulla attribuibilit della qualifica di pubblico Ufficiale al privato progettista di piano regolatore, in Foro Italiano 1986 n. 2, II, 76. Nota adesiva a recente sentenza delle SS.UU. penali della Cassazione in data 25 maggio 1985, che, risolvendo un precedente contrasto di sezioni, ha attribuito la qualifica di pubblico Ufficiale al privato progettista di P. R. G. LANCIA MARCO BoscHI, L'oblazione prevista dall'art. 162 bis cod. proc. civ. e reati finanziari, in Foro Italiano 1986, n. l, II, 11. Nota adesiva a sentenza della Cassazione, sez. I penale del 22 aprile 1986 che ha statuito che l'oblazione prevista dall'art. 162 bis ammissisibile anche per i reati contravvenzionali di natura finanzfaria. G. LANCIA GABRIELE FORNACIARI, Sulla rilevanza penale delle costruzioni edilizie realizzate in base ad atti concessori illegittimi, in Foro Italiano 1986 n. 2, II, 84. Nota adesiva ad ordinanza della sez. III penale della Cassazione del 13 marzo 1985 che esclude sussistere il reato di costruzione in assenza di concessione, ove taluno edifichi in base a concessione illegittimamente rilasciata. G. LANCIA RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO VARIE MASSIMO IovENE, Immunit dei quartieri generali della Nato dall'esecuzione forzata, in Rivista di diritto internazionale, 1982, fase. n. 2, pagg. 326-338. L'autore analizza le questioni sorte in occasione di controversie di lavoro promosse dai dipendenti delle organizzazioni medesime aventi ad oggetto contestazioni sul trattamento economico-previdenziale e rivendicazioni dei diritti sindacali. Rileva come l'orientamento della giurisprudenza prevalente sia stato nel senso di decidere siffatte questioni sulla base della teoria dell'immunit ristretta degli Stati stranieri dalla giurisdizione. L'autore in particolare prende in esame la sentenza della Corte di Cassazione n. 1920 del 22 aprile 1984, che si occupata per la prima volta del problema dell'immunit delle organizzazioni internazionali dall'esecuzione forzata, ritenendo che la relativa disciplina ripropone dubbi circa la compatibilit di tali immunit con le disposizioni costituzionali in materia di tutela processuale. Dubbi che la stessa dottrina ha sollevato da tempo con riferimento all'istituto dell'immunit giurisdizionale in generale, e che diventano maggiori quando questioni di immunit dall'esecuzione interferiscono, come nel caso deciso con la sentenza, anche con quelle norme costituzionali che tutelano il lavoro nei suoi aspetti retributivi. F. MANZARI SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE GIOVANNI IUDICA, La responsabilit contrattuale degli appaltatori in joint venture (Quaderni di Giurisprudenza Commerciale, n. 55), Giuffr, Milano 1984, pp..114. Nello scri.tto in esame l'Autore si occupa della responsabilit contrattuale degli appaltatori in joint venture, trattando del tema riguardante l'associazione temporanea di imprese con particolare riguardo al fenomeno della gestione di un appalto. Infatti, con l'espressione joint venture, come noto, si indicano le ipotesi di collaborazione temporanea imprenditoriale variamente atteggiate. E si tratta di un fenomeno ormai sempre pi ricorrente, in particolare modo nel campo dei grandi appalti quando la complessit tecnica dell'opera esige la partecipazione di operatori specializzati in settori diversi. Il libro si presenta cos estremamente interessante ed attuale affrontando, in modo articolato e significativo, il problema della responsabilit degli appaltatori che si riuniscono per l'assunzione e l'esecuzione di un appalto. M.G. MANGIA TOMMASO ALIBRANDI -PIERGIORGIO FERRI, I beni culturali ed ambientali, Giuffr, Milano 1985. Il volume (che fa parte del Commentario di legislazione amministrativa edito dalla Giuffr) costituisce un aggiornamento dell'opera pubblicata con tanto successo nel '78. ! ! f - PARTE Il, RASSEGNA DI DOTTRINA La trattazione prende le mosse dalle leggi organiche del '39 sul patrimonio artistico e storico e sulle bellezze naturali, considerando poi altre categorie di ben culturali, ed estendendo la propria analisi fino a comprendervi le sedi e gli strumenti di tutela urbanistica e naturalistica. L'opera completata da un,commento della l. 512/82 sul regime fiscale dei beni di interesse culturale. E. DE GIOVANNI RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE RASSEGNA DI LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura civile, art. 395, prima parte, n. 4, nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze dalla Corte di cassazione rese sui ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 del codice di procedura civile e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 dello stesso codice. Sentenza 30 gennaio 1986, n. 17, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 8 agosto 1895, n. 486, art. 11, sesto comma, dell'allegato T all'art. 39, nella parte concernente la giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla liquidazione delle pensioni spettanti ai dipendenti del Banco di Sidlia. Sentenza 3 febbraio 1986, n. 26, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. r.c:Ll. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 1, nella parte in cui non prevede le assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero alle dipendenze di impresa italiana. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 369, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.IJ. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, ultimo comma, e legge 20 novembre 1955, n. 1123, articolo unico, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale pi sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 13, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.P.R. 19 maggio 1950, n. 327, art. 4, secondo comma, nella parte in cui si prevede che i regolamenti di esecuzione delle leggi regionali siano approvati con deliberazipne della giunta regionale. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 371, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 10 agosto 1950, n. 648, art. 55, ultimo comma, nel testo originario e nel testo modificato dall'art. 12 della legge 9 novembre 1961, n. 1240, nella parte in cui non considera come vedova di guerra la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte del militare o del civile, avvenuta a causa della guerra, anche nel caso che siano state richieste le prescritte pubblicazioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5,, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, nelle parti in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche_per i terreni compresi in territori montani ubiati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 370, G. U. 8 gnnaio 1986, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISl,AZIONE legge 20 novembre 1955, n. 1123, articoio unico, e d.IJ. 8 marzo 1945, n. 90, art. 1, ultimo comma, nella parte in cui, per i discendenti dei figli adottivi del de cuius, che succedono a questo per rappresentazione, dispongono un trattamento fiscale pi sfavorevole rispetto a quello previsto per i discendenti dei figli legittimi. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 13, G. V. 5 febbraio 1986, n. 5. Legge regionale Sardegna 7 marzo 1956, n. 37, art. 2, n. 3. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 371, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 1 e 4, nella parte in cui non prevede le assicurazioni obbligatorie a favore del lavoratore italiano operante all'estero alle dipendenze di impresa italiana. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 369, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 18 marzo 1968, n. 313, art. "42, secondo e terzo comma, nella parte in cui non considera come vedova di guerra la donna che non abbia potuto contrarre matrimonio per la morte del militare o del civile, avvenuta a causa della guerra, anche nel caso che siano state richieste le prescritte pubblicazioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 43, s'econdo comma, nella parte dn cui, per ipotesi di redditi del genitore a carico non derivanti esclusivamente da pensione, stabilisce un limite ostativo al conseguin1ento del diritto agli assegni familiari diverso da quello previsto per i redditi derivanti esclusivamente da pensioni. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 8, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 6 dicembre 1971, n. 1083, art. 4, nella parte in cui non riconosce all'interessato il diritto alla revisione dell'analisi, nemmeno quando nell'ambito degli accertamenti ivi previsti sia stata compiuta un'analisi di campioni senza contraddittorio: revisione da effettuarsi con l'applicazione degli artt. 390, 304-bis, 304-ter e 304-quater del codice di procedura penale. Sentenza 28 gennaio 1986, n. 15, G. V. 5 febbraio 1986, n. 5. d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 7 [convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 41], nelle parti in cui non prevede l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri sul livello del mare. Sentenza 30 dicembre 1985, n. 370, G. V. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 37 [cos come riproduce i commi secondo e terzo dell'art. 42 della legge 18 marzo 1968, n. 313]. Sentenza 14 gennaio 1986, n. 5, G. V. 22 gennaio 1986, n. 3. 22 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II. -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 2118 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. codice di procedura civile, art. 413, secondo comma [nel testo sostituito dalla legge 11 agosto 1973, n. 533] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 361, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. codice di procedura penale, art. 202, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 33, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. di.I. 1 febbraio 1946, n. 122, art. 2 [modificato dalla legge 3 febbraio 1957, n. 16] (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 1, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 luglio 1952, n. 1126, art. 1, primo e terzo comma (art. 23 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 34, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.P.R. 26 dicembre 1962, n. 2109, art. 52, secondo e quinto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Sentenza 30 gennaio 1986, n. 19, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 15 luglio 1966, n. 604, artt. 8 e 11 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 11, primo comma (artt. 3, 4, 35, 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 19, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 24 luglio 1969, n. 990, art. 6, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 19 dicembre 1985, n. 353, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. PARrE II, RASSEGNA DI I'..EGISLAZIONE . 23 legge 20>..magglo 1970, n. 300, art. 18 (artt. 3 e 38. della Cstituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 7, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 (artt. 3, 4, 35 e 41 della Costituzione). Sntenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 35, primo e secondo. comina (artt. 3, 4, 35, 41 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 2, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 11, primo col1111a (art. 42 della Costituzione). Sentenz~ 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennai.o 1986, n. 1). legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, primo e secondo comma (art. 43 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, art. 22 (artt. 3, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 gennaio 1986, n. 6, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 37, primo e terzo comma {artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Sentenza 7 febbraio 1986, n. 36, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 31 ma'ggio 1974~ n. 420, artt. 24 e 29, sesto comma (artt, 3, 36, 76 e 97 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, .n. 32, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 44 (ar~t. 3, 21 e 41 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 35, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 1, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 2 e 9 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 5 febbraio 1986, n. 31, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 3 giugno 1975, n. 160, artt. 9 e 10 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. Legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10 (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. 9 24 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, primo, terzo e quinto comma (artt. 3 e I 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. I legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, quinto comma (artt. 3 e 38 della . Costituzione). .Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. I. legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 4 (art. 125 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. I legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 70 !(art. 102, secondo comma, della Costituzione). " Sentenza 14 gennaio 1986, n. 4, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. I legge 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14, quarto comma (art. 43 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 355, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.L 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 3 febbraio 1986, n; 25, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.l. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 21 dicembre 1978, n. 843, artt. 16 e 18 (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 16, secondo comma (art. 3 della Costituzione) . .Sentenza 3 febbraio 1986, n. 25, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 18, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, artt. 14, 14-bis e 14-ter [convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3, 35, 36, 38, 42, 45, 47 e 53 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14, quarto comma [convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 28 gennaio 1986, n. 12, G; U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 1 (artt. 3, 36, 38, 42, 47 della Costituzione). Sentenza 17 dicembre 1985, n. 349, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 3, primo e secondo comma, 6, 11, quarto e quinto comma (artt. 117, 118 e 119 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984, n. 194, artt. 7, 9, 11, primo e secondo comma, e 13, primo comma (artt. 117, 118, 119 e 136 della Costituzione). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 4 giugno 1984 n. 194, artt. 16, primo e secondo comma, e 19, secondo comma (artt. 3, terzo comma; 8, nn. 7, 8; 15, 16 e 21; 16, 78 e 79 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige). Sentenza 21 dicembre 1985, n. 356, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. III -QUESTIONI PROPOSTE Disposizioni sulla legge in generale, preliminari al codice civile, art. 18 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 11 gennaio 1985, n. 514, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. cod. proc. civ., art. 668 cpv. (art. 24 della Costitu?ione). Tribunale di Catania, ordinanza 15 maggio 1985, n. 582, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. codice penale, art. 219, terzo comma (art. 3 della Costituzione). / Corte di cassazione, ordinanza 5 febbraio 1985, n. 599, G. U. -12 febbraio 1986, n. 6. codice penale, art. 384 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Corte di assise d.i Rovigo, ordinanza 28 maggio 1985, n. 573, G. U. 26 febbraio 1986, n. ~ 26 RASSBGNA DELl.'AVVOCATUM DELLO S'l'ATO codice di procedura penale, art. '115 (art. 24 della Costituzione). 26 RASSBGNA DELl.'AVVOCATUM DELLO S'l'ATO codice di procedura penale, art. '115 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia. ordinanza 20 giugno 1985, n. 572, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. codice di procedura penale, rt. 238, primo comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). ' Pretore di Termini imerese, ordinanza 13 aprile 1985, n. 596, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. codice di procedura penale,. ~rt. 263, secqndo COJDma (artt. 3 e 34 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 26 marzo 1985, n. 516, G. U. 5 febbndo 1986, n. 5. codice di procedura penale, art. 282, terzo comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 569/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. codice penale militare di pace, art. 230, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 21 marzo 1985, n. 595, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, art. 374 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 27 novembre 1984, n. 515/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. r.d. 8 maggio 1904, n. 368, art. 142 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Susa, ordinanza 27 novembre 1984, n. 515/85, G. U. 29 gennaio . 1986, n. 4. legge 10 luglio 1930, n. 1078, art. 4, primo comma (artt. 3 e 24 della Costi tuzione). Corte di cassazione, ordinanza 19 ottobre 1984, n. 6,67/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. r.d 18 luglio 1931, n. 773, art. 110 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pontedera, ordinanza 17 aprile 1985, n. 589, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. t.u.f.l. approv. con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, artt. 278, terzo comma, e 283, secondo comma (artt. 101 e 108 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 3 giugno 1985, n. 687, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. P{\RTE, II,, lWlSEGNA DI LEGISLAZIONE ;27 t.u. approv. con r.d. .31 agosto 1933, 11. 1592, artt. 180 e 184 (artt. 3 e 33 della Costituzione). Pretore di Novara, ordinanza 7 marzo 1985, n. 575, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. r.d.l. 12 agosto 1937, n. 1757, art. 2 [conv. in legge 16 giugno 1938, n. 1207] (artt. 3 e 39 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 29 aprile 1985, n. 674, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. r.d.l. 28 febbraio 1939, .n. 334, art.-23 .(artt. 27' e 53 della Costititzione). Tribunale di Brescia, ordinanza 31 ottobre 1984, n. 523/85, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 10 giug1U> ,1939, .n. 1089, art. 66. (art. 3 . della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 19 novembre 1984, n: 669/85, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 9 dicembre 1941, n. 1383, art. 3 (art. 3 della Costituzione) . . Cort. militare d'appe6 di Rmna, ord.iri~liza 22 in~ggio 1985, n. 676, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge iS febbraio 1958,' n. 411, 'artt. 12, secondo comma, e 13 (art. 3' della . ostituzione). Corte dei conti, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 698/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80-bis (art. 27 della Costituzione). Pretore di Novafeltria, rdirl~nza. i.5 .marzo. 1985, n .. e520, G. U. 22 gehnaio 1986, n. 3. d.P.R. 15 giugno 1959, n: 39'3, art. 37, sesto comnia (ari:. 3 della Costituzione). Pretore di 'Milano, ordiitiiza 16 aprile 1~85, IL 623, G. u. 12. febbrafo 1986, n. 6. .. .._, d.P. reg. Sicilia 20 .gosto 1960, n. 3, .rt. 6 (al'tt. 3 e 51 della Costituzione). Tribunale di Messina, ordil;ianza lf febbrai@ 1985,; n: 505, G: U. 15 gennaio 1986, n. 2. legge 27 novembre 1960, n. 1397, art. 2, s~condo comma .(artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 2 aprile 1985, n. 583, G.. U. 26 febbraio 1986, n. 8. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 30 aprile 1962, n. 283, art. 3 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Empoli, ordinanza 19 febbraio 1985, n. 527, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. ll) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 13 giugno 1985, n. 522, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. Pretore di Caltanissetta, ordinanza 9 luglio 1985, n. 559, G. U. 15 gennaio 1986, Il. 2. Tribunale di Torino, ordinanza 29 agosto 1985, n. 742, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 10 maggio 1964, n. 336, artt. 1 e 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 9 maggio 1985, n. 506, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 209 e 349 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 26 giugno 1985, n. 717, G. U. 26 febbraio 1985, n. 8. l~ge 22 luglio 1966, n. 613, art. 12, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Parma, ordinanza 2 aprile 1985, n. 583, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 12 febbraio 1968, n. 132, art. 66 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16-bis (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 501, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 28 aprlle 1968, n. 1339, articolo unico, lett. b) (artt. 72, 80, 81 e 87 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre 1983, n. 788/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. ! ! I f I ~ PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 12 marzo 1985, n. 517, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. Corte di cassazione, ordinanza 12 marzo 1985, n. 598, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, lett. c) (artt. 3, 29, 30, 31 e 37 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 17 gennaio 1985, n. 549, G. U. 5 febbraio , 1986, n. 5. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, artt. 4, primo comma, lett. c), e 12 (artt. 3, 30, 31 ,e 37 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 24 gennaio 1985, n. 627, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, art. 47 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 29 gennaio 1985, n. 501, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 4, lett. e), tariffa ali. A (artt. 11 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Monza, ordinanza 15 aprile 1985, n. 592, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, artt. 49 e 55 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanza 22 febbraio 1985, n. 681, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 12, trzo comma (artt. 101 e 108 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Verbania, ordinanza 11 febbraio 1985, n. 535, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di . Termini lmerese, ordinanza 22 febbraio 1985, n. 681, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 20, settimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanze (due) 11 ottobre 1984, nn. 639-640/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. 30 RASSEGNA DELL'AVVOCATUAA DEU.O STATO d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156,' artt. 191, pi;imo : coirtma, n. 2, 403r' primo comma e 409, primo comma (artt. 3 e 41 della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanza 22 settembre 1984, n. 775/85, G. U. 2.9 gennaio 1986, n. 4. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commiksione tributaria di primo gralo di Ron:ia. rdinar:iza 25 giU:grtd 1984, n. 528/85, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 12, lett. e) e 13 (artt. 3 e' 53 della Costituzione). -Commissione tributaria centrale,. ordinanza 25 gennaio 1985, n.. 760, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. d.Plt. 29 settembre 1973, n. 600; rt. 36-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 12 marzo 1985, n. 541, G.: U. 22 . genm1io. 1986, n. 3, d~P.R. 29 settembre 1973, n. 601, .art;. 34, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Ascoli Piceno, ordinanza 19 .:giugno 1985, n. 787, G. U. 5 febbraio 1986, n; 5.. d.P,lt., 29 settembre 1973, n. 602, artt. ll, 15, primo comma, e 39 (artt. 3, 24 e 113 'Clelia Costituzione). Pretore di Alessandria, ordinanza 28 maggio 1985, n. 578, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, 'artt. 82, prim comma, e 86, primo comma (art. 3 della Costituzione). . Corte dei conti, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 698/85, G. U. 15 gennaio 1980, n.2. legge 18 aprile 1975, n.. 110, ar:t. 2, secondo capoverso (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 11 marzo 1983, n. 533/85, G. U. 22 gennaio 1986,, n. 3. ' legge 18 aprile 1975, n. HO, art. 2, terio comm~ (art. 3 della, Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 16 aprile 1985, n. 469, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. Tribunale di Sondrio, ordinanza 19 rri'ario 1985, ri. 468, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. Triounale ,di Sondrio, ordinanza 12 marzo 1985, n. 467, G. U. l'i gennaio 1986, n. 2. Ji'ARTB li, R/\SSEGNA DI LEGISLAZIONE 31 legge 3 giugno .1975,r n. 160, art. 27 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore. di Genova,. ordinanza 10 giugno 1985, n. 584, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. Pretore di Genova, ordinanza 24 giugno 1984, n. 587/85, G. U. 26 febbraio 1986; n. 8. legge 21 giugno 1975, n. 287, art. 20, penultimo comma '(artt. 72; 80, '8-L e 87_ del.la Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 5 dicembre J 1983, n. 788/85, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 26 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appell di Fir~nze,' ordinanza 17 'giugno 1985, n. S97, C. U. 26 feb .~ ' .;I . ' braio 1986-, n. 8. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. '26, :z8 e 71 (art. 3 della Costl1zione). Tribunale di Fire~ze,, ordinanza 3 maggio 85, D.. '608,' G. U. 26 febbraio 1986, Il. 8. d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, nono comma (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Venezia, ordinanza 20 giugno 1985, n. 572, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 26 febbraio 1977, n . 39, art. 4, quarto comma (art. 3 della Costi .tuzione). .~. '. Giudice conciliatore di Arcore, ordinanza .25 maggio 1985, n. 574, G.U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 6 aprile 1977, n. 233, art..15, primo comma, lett. b) (artt. 3 e-53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza' 17 ottobre 1983, n. 529/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5, lett. f) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 25 giugno 1984, n. 528/85, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. . . . . . . . legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 21, primo comma, n. ~-(artt. 3, 25 e 29 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di R~ma, ordinza 3 . luglio 1984, n. 563/85, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6 (artt. 3, 29, 30, 31 e, 37 della Costituzione). Pretore di Latina, ordinanza 17 gennaio 1985, n. 549, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 32 legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 8 e 19 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Bergamo, ordinanza 26 febbraio 1985, n. 625, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. dJ. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 1 [conv. in legge 27 febbraio 1978, n. 41] (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1983, n. 564/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 27 dicembre 1977, n. 968, art. 22, ultimo comma (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, .n. 1. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 3, 58 e 65 (art. 3 della Costitu:llione). Pretore di Partinico, ordinanza 2 aprile 1984, n. 780/85, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 69 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 22 aprile 1985, n. 530, G.U. 29 gennaio 1986, n. 4. Tribunale di Genova, ordinanza 31 maggio 1985, n. 543, G.U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 21 dicembre 1978, n. 843, art. 16 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 novembre 1983, n. 564/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P.R. 27 settembre 1979, n. 506, art. 2 (art. 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 5 febbraio 1985, n. 624, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge reg. Piemonte 17 ottobre 1979, n. 60, art. 57 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 24 dicembre 1979, n. 650, artt. 6 e 17, ultima parte (artt. 25 e 77 della Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanza 7 maggio 1985, n. 542, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. d.l. 30 dicembre 1979, n. 633,' art. 3, primo comma, lett. b) [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Cuneo, ordinanza 12 giugno 1984, n. 534, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE JJ legge reg. Piemonte 6 marzo 1980, n. 13, tariffa allegata, n. 14 (art. 119 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 7 maggio 1985, n. 526, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 14 maggio 1985, n. 524; G.U. 5 febbraio 1986, n. 5. Pretore di Roma, ordinanza 22 aprile 1985, n. 550, G.U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 7 luglio 1980, n. 299, art. 3 (art. 38 della Costituzione)~ Pretore di Roma, ordinanza 10 aprile 1985, n. 525, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, terzo comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 20 settembre 1980, n. 576, art. 7 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 25 giugno 1985, n. 561, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. _ legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, artt. 3 e 10 (artt. 3, 36. 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gen naio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. -legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 47 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge reg. Campania 17 marzo 1981, n. 12, art. 51 (artt. 3, 36, 38, 97 e 117 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ordinanza 15 gennaio 1985, n. 632, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 21 maggio 1985, n. 570, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore. di Genova, ordinanza 10 giugno 1985, n. 584, G. U. 22 ~ennaio 1986, n. 3. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE!.W SIATO legge 23 aprUe 1981, ȥ 155, art. 19 (artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione). Pretore di Cagliari, ordinanza 18 giugno 1985, n. 551, G. U~ .. 15 gennaio 1986, Il. 2. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 9 (artt. 3, 36, 38, 42 e 53 della Cost,ituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 27 aprile 1985, n. 594, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] -(artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di 'sondri; ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.P,Jt. 25 ottobre 1981, n. 737, ~rt, 8, primo comma, lett. b) (artt.~ 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale della Liguda, ordinanza 14 giug!l-O 1984, n. 607/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 14 giugno 1984, n. 606/85, G . .U,. 22 genna~o 1986, u. 3. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 54 (art. 3 della Costituzione). Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, ordinanza 11 luglio 1985, n. 675, G. U'. 19 febbraio 1986, n. 7. lgge 26 aprile 198!?, n. 181, art. 14 (artt. 3 e . 53 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 15 giugno 1985, n. 603, G. U. 26 febbraio 1986, n.s. lgge 3 .maggio 1982, n. 203, artt. 25; 26, 28 e 30 (artt. 3, 4, 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di M~c}ena, or:dinanza 16 gennaio 1984, n. 768/85, G. U. 29. gennaio 1986, n. 4. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tr<'!iceshno comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine; -ordinanza 21 maggio 1985~ n. 570; G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (artt. 3, 36, 38, 42 e 53 della Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza. .27 aprile 1985, n. 594, G.U. 22 gennaio 1986, n. 3. I 1 I' PARTE li, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE.'. Jf :d;I. 2 luglio 1982, n. 402, art: !5 [nel testo modificato daUa legge di conversione 3 settembre 1982, n. 627] (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 11 aprile 1985, n. 545, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 7 agosto 1982, 11t 526, art. 8 (rtt. 3 ~ 23 della Costituzione). Giudice conciliatore di Arcore, ordinanza 25 maggio. 1985, .n. 574, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.I. 30 settembre 1982, n. 6881-art. 19 [conv. in lgge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 554, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. dJ. 30 settembre 1982, n. .873, art. 19, primo e secondo comma [recte: d.I.. 30 settembre 1982, n. 688, conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3, 11 e 24 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 17 dicembre 1984, n. 553/85, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. d.I. 29 gennaio 1983, n. 17, art. ~O [conv. in legge 25 marzo 1983, n. 79] (artt. 36 e 38 della Costituzione); Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanze (tre) 21 giugno 1984, nn. 678-680/85, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 68 (artt. 3 e 102 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Bolqgna, ordinanza 2 luglio 1985, n. 716, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. dJ. 12 settembre 1983, n. 468, art.. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Pretore di Sondrio, ordinanza 21 giugno 1985, n. 571, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. l~ge 11 novembre 1983, n. 638, articolo Unico, penultimo comma (artt. 3, 70 e 77 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 12 novembre 1984, n. 638/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Cuneo, ordinanza 12 giugno 1984, n. 534/85, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. J6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge' 27 luglio 1984,. n. 397, art. 3, primo, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3 e 25 della Costituzione). Pretore di Termini Imerese, ordinanza 13 aprile 1985, n. 596, G. U. 12 febbraio 1986, n. 6. legge 30 luglio 1984, n. 399, artt. 1, 3 e 5 (artt. 102 e 106 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 25 luglio 1985, n. 682, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 30 luglio 1984, n. 399, art. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Forl, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 715, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 6 agosto 1984, n. 425, artt. 1 e 10, secondo comma (artt. 3, 36, 97 e 107 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 670, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 3, 24, 25, 36, 97, 101, 102, 103, 104, 113, 134 e 137 della Costituzione). r Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 670, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 6 agosto 1984 n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). Consiglio di Stato, ordinanza 30 aprile 1985, n. 593, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis [cos come aggiunto dalla legge di conversione 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Ferrara, ordinanza 5 luglio 1985, n. 600, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 giugno 1985, n. 536, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. d.I. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, settimo comma [conv. nella legge 5 aprile 1985, n. 118] (a:r:t. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 24 aprile 1985, n. 503, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. I I ' I ! I I . PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE cU. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 1, commi 9-bis, 9-quater e 9-quinquies [conv. in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 3 e 42 della Costituziqne). Tribunale di Napoli, ordinanza 29 maggio 1985, n. 591, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 31, 35 e 39 (artt. 25, 79 e 101 della Costituzione). Pretore di Mal, ordinanze (due) 15 maggio 1985, nn. 585 e 586, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 38, primo comma, e 44 (art. 3 de,lla Costituzione). Pretore di Palmi, ordinanze (due) 17 maggio 1985, nn. 565 e 566, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 28 febbraio 1985, n. 47, artt. 38, terzo comma, e 44 (art. 3 della Costi tuzione). Pretore di Palmi, ordinanza 20 marzo 1985, n. 567, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. Pretore di Palmi, ordinanza 10 aprile 1985, n. 568, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1 (art. 42 della Costituzione). Tribunale di Catania, ordinanze (due) 8 maggio 1985, nn. 580 e 581, G. U. 26 febbraio 1986, n. 8. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis (artt. 41 e 42 della Costituzione). Pretore di Sanremo, ordinanza 25 giugno 1985, n. 562, G. U. 19 febbraio 1986, n. 7. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanze (tre) 27 maggio 1985, nn. 510-512, G. U. 29 gennaio 1986, n. 4. legge 5 aprile 1985, n. 118, art. 1, comma 9-bis, primo alinea e comma 9-quater (art. 42 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 maggio 1985, n. 513, G. U. 5 febbraio 1986, n. 5. legge 5 aprile 1985, n. 118, art: 1, comma 9-bis e quater (artt. 3, 24, 41, 42, 77, 101, 102 e 103 della Costituzione). Pretore di Palermo, ordinanza 10 luglio 1985, n. 579, G. U. 15 gennaio 1986, n. 2. 38 ltASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATo legge ! aprile 1985, n. 118, art.' 1, commi 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9quinquies (artt. 3, 24, 42, 101, 102 e 103 della Costituzione). Pretore di Monza, ordinanze (due) 26 giugno. 1985, nn. 683 e 684, G. U. 8 gennaio 1986, n. 1. legge 23 ottobre 1985, n. 595, 1trt. 6, secondo comma (artt. 117, 118 e 125 della Costituzione). Regione Lombardia, dcorso. 16 dicembre 1985, n. 48, G. U.-8 gennaio 1986, Il. 1. d,J. 2 dicembre 1985, n. 688, art. 4 (artt. 81 e ~ 19 di::J.la Costituzione). Regione Toscana, ricorso 4 gennaio 1986, n. 1, G. U. 22 gennaio 1986, n. 3.