~ ANNO VII N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 1954 ~ RASSEGNA MENSILE r ~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ ?~ PUBB:f...ICAZIONE DI SERVIZIO AZIENDE AUTONOME DELLO STATO E NATURA DELL'A.R.A.R. SOMMARIO. -1. Problema preliminare. -2. L'applicabilit� dell'art. 2093 Codice Civile alle Imprese gestite dallo Stato. -3. Le aziende autonome e l'organizzazione ad impresa. -4. Struttura essenziale delle Aziende autonome. A.R.A.R. e G.R.A. -5. La rappresentanza. legale non pu� confondersi con la personalit� giuridica. -6. La mancanza di un patrimonio esclude la personalit� giuridica. -7. Elementi esegetici che escludono la personalit� giuridica. -8. Un preteso precedente giurisprudenziale. -9. La dottrina, la prassi: personalit� giuridica clusioni. o organo dello Stato. -10. Con' 1. La sentenza n. 2218 del 9 luglio 1953 delle Sezioni Unite sulla natura dell'.A.R . .A.R. appare dominata, pur senza confessarlo espressamente, dalla pretesa impossibilit� di concepire un'azienda autonoma dello Stato che presenti i caratteri dell'impresa ed operi nel settore della attivit� economica in concorrenza con le imprese private: una azienda autonoma che per i contratti di impiego postuli l'applicazione dell'art. 2093 Codice civile con la soggezione potenziale al contratto collettivo e la correlata competenza del Giudice ordinario in sede di lavoro (1). Le Sezioni Unite appaiono avvinte all'idea che quando si tratti di un'.Azienda dello Stato, pur se autonoma o patrimoniale, non possano operarsi distinzioni tra la natura dell'impresa e i suoi contratti di lavoro, ma si debba riconoscere sempre la competenza del Consiglio di Stato. Per modo che quando tale competenza non vi sia per espresso disposto di legge o per palese natura del rapporto, . esse si trovano indotte a distaccare l'.Azienda dallo Stato e a farne un ente pubblico economico. E ci� tanto vale che esse superano la dizione letterale delle leggi, la prassi amministrativa, la realt� della situazione giuridica per giungere a definire una chiara Azienda statale come la G.R . .A. quale ente pubblico a s� stante (2). (1) Sia poi tale competenza in rapporto al n. 1 dell'art. 429, anzich� al n. 3 dello stesso articolo, cosi come � stato ritenuto costantemente per quelle particolari imprese del Comune che sono le aziende municipalizzate prive di personalit� giuridica (vedi per tale assenza della personalit� giuridica: Cassazione, Sez. Un., 6 marzo 1931, in �Foro It. � 1931, I, 1163). (2) Vedi per la G.R.A., Sez. Un. n. 964 del 1953 in questa Rassegna, 1953, p. 188 con nota critica di dissenso. Si tratta di un atteggiamento spirituale inconscio, di una sensazione pi� che di un proponimento, che tuttavia influenza profondamente la Corte Suprema nelle sue decisioni. In realt� l'unanimit� della Corte non � al riguardo cos� piena come appare. La sentenza di cui sopra per esempio risulta con conformi conclusioni del P. M., ma se ci� � vero per il dispositivo e cio� per il riconoscimento della giurisdizione del Giudice ordinario per i rapporti di lavoro con l'.A.R . .A.R., non sembra vero per la motivazione. S.E. .Aula che rappresentava il P.M., infatti, se abbiamo esattamente interpretato le sue parole, espresse in udienza con la chiarezza, la profondit� e il vigore consueti, il suo pensiero nel S'.:\nso che proprio alla giurisdizione del giudice ordinario dovesse arrivarsi applicando alla Stato per Imprese da esso esercitate (quale l'A.R. .A.R.) l'art. 2093 Codice civile e di conseguenza l'art. 429 Codice procedura civile. � pertanto il pensiero dell'illustre giurista che rappresentava il P.M. che ci conforta nell'esamedel delicato problema, malgrado che la Corte, nella motivazione, abbia battuto una via diversa. 2. L'art. 2093 Codice civile, come � noto, regola i contratti di lavoro delle Imprese pubbliche in due comma: il primo fa riferimento agli Enti pubplici inquadrati sindacalmente, cio� agli enti pubplici che agiscono come vere e proprie imprese economiche, i c.d. enti pubblici economici; il secondo riguarda, invece le Imprese gestite da Enti pubblici non inquadrati, e non inquadrabili, sindacalmente. Esso dice testualmente: �.Agli Enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate �. Con tale disposizione, come � pacifico, si vengono ad applicare i contratti collettivi agli Enti pubblici non economici per le imprese da essi esercitate: si vengono, cio�, a parificare le imprese gestite da ente pubblico non econom~.co all'ente economico organizzato ad impresa: con un c_on~-cetto essenzialmente unitario di impresa pubblica (1). (1) Vedi Cass., Sez. II, 17 aprile 1952, n. 1038, in �Riv. Giur. Lav. '" 1952, fase. 4 e 5 con nostra nota; vedi SIMI in questa Rassegna, 1950, 65. -2 Si tratta ora di vedere se nella espressione Enti pubblici possa e debba comprendersi lo Stato; questo � l'unico probletna esegetico che deve risolversi. Tale problema pu� esaminarsi dal punto di vista della terminologia giuridica e da quella delle ragioni sostanziali della disposizione: dal punto di vista della terminologia non sembra che possa negarsi allo Stato, che � la massima entit� pubblica, la qualifica di cc ente pubblico�: la stessa consueta espressione legislativa e dottrinaria che contrappone lo Stato agli Enti pubblici minori o agli Enti pubblici diversi dallo Stato, con l'espressione �minori � o cc diversi � mostra chiaramente come vi sia un ente maggiore che � appunto l'altro termine della contrapposizione, cio� lo Stato. Ma uscendo dalle discussioni terminologiche e riferendosi alla ratio legis, appare palese che l'articolo 2093 abbraccia anche lo Stato per le Imprese da esso esercitate. Esso, infatti vuole comprendere tutte le Imprese pubbliche come ha ritenuto lo stesso Supremo Collegio (1): l'elemento che lo informa � la applicazione paritaria della legislazione del lavoro quando vi sia, comunque, per opera di un ente pubblico o di un privato, l'organizzazione ad impresa di cui all'art. 2082 Codice civile. � l'elemento della organizzazione ad impresa, a prescindere dall'ente che gestisce l'impresa, quello che � decisivo per l'art. 2093 Codice civile, e ci� � chiarito nella Relazione ministeriale al libro del lavoro dove � precisato che rientra nel concetto dell'impresa anche quella pubblica e dove si fa� riferimento, in primis ed espressamente allo Stato che in base alla Dichiarazione IX dell'allora vigente Carta del Lavoro era legittimato ad intervenire nella produzione anche sotto forma di gestione diretta. � pur vero che la Relazione pone in luce come in genere lo Stato trovi pi� conveniente organizzare le imprese, che intende assumere, nella forma privata della Societ� per azioni cc nel qual caso dice la Relazione -non vi � luogo a parlare di impresa pubblica �, ma quando tale forma privata dell'impresa non � stata scelta si rientra ovviamente nel concetto di impresa pubblica e trova applicazione l'art. 2093 Codice civile. L'art. 2093 Codice civile � pertanto, come ha ritenuto in genere la dottrina che si � occupata del problema, applicabile pienamente allo Stato (2), quando tra le varie forme di intervento nella economia prescelga, per ragioni di pubblico interesse, quella dell'impresa pubblica, mentre quando crea persone giuridiche private, di cui � proprietario, il problema non sorge neppure. N� vi sarebbe motivo per negare allo Stato la possibilit� di gestire un'impresa sia per esercitare o rafforzare un'attivit� utile alla generalit�, sia per esplicare azione calmieratrice indiretta, sia per realizzare, nel migliore dei modi, un'ingente quantit� di beni residuati di guerra immettendoli nel mercato a vantaggio della economia e soprattutto della ricostruzione. (I) Vedi sentenza cit. alla nota 3. (2) Vedi RIVA SANSEVERINO: Commentario al Codice civile, diretto da Scialoia, vol. V: Libro del Lavoro. 3. Qui il problema dell'A.R.A.R., come quello della G.R.A., e di altre entit� ecqnomiche, si innesta nella evoluzione delle attivit� dello Stato. Come la stessa sentenza delle Sezioni Unite pone in rilievo ad un certo :rp.omento .si � rilevata in seno alla organizzazione statale cc una intrinseca incompatibilit� tra l'attivit� amministrativa vera e propria, diretta ad adempiere i compiti tradizionali dello Stato e l'attivita amministrativa richiesta da quelle funzioni' economiche e industriali che man mano lo Stato, o per esigenze sociali o per farne oggetto di pubblico monopolio e procurarsi indirettamente una fonte di tributo, si � andato assumendo �. Cosi � sorta l'azienda autonoma, con un proprio particolare ordinamento, realizzando quel decentramento patrimoniale e di funzioni di cui parla la dottrina (1). Nulla da eccepire su tale esatta messa a punto dell'origine dell'azienda autonoma da parte della sentenza in esame, la quale fissa nel modo sopra trascritto le ragioni e l'atto di nascita della azienda autonoma statale, mostrando di avere chiara percezione della evoluzione dello Stato moderno svoltasi e conclusasi anteriormente alla seconda guerra mondiale se non alla prima. Ma l'evoluzione degli ordinamenti statali non si ferma n� al 1900, n� al 1924, n� al 1939, l'evoluzione prosegue incessantemente ed � opera del giurista, e soprattutto del giurista interprete sensibile della legge, di seguirne e identificarne, con la stessa vigile sensibilit�, le tappe successive e gli orientamenti presenti. Ora lo Stato contemporaneo si muove indubbiamente verso forme di intervento nel campo economico dettate non tanto da necessit� di monopolio, quanto da necessit� sociali e da finalit� in gran parte economiche, cio� con particolari fini anche di utile economico, e soprattutto con forme nuove ignote al passato (Comitati U.N.R.R.A., Endimea, ecc.). In una recente memoria dell'Avvocatura (avv. Peronaci), � stato posto in luce come anche per lo Stato il centro della ricchezza si sia staccato lentamente dal patrimonio immobiliare per passare a quello mobiliare, seguendo l'evoluzione della economia generale. � perci� logico, per non dire indispensabile, che accanto agli Istituti tradizionali si pongano nuove forme di organizzazione adatte � alla economia moderna. E se l'evoluzione economica generale ha provocato modifiche nella propriet� statale � logico che essa provochi anche � .modifiche nella struttura degli organi statali. La stessa Relazione ministeriale citata riconosceva, gi� in regime corporativo, l'esistenza di tale evoluzione dello Stato e ne esaminava le vie: o l'Impresa privata di propriet� dello Stato quale azionista (il c.d. azionariato di Stato) o l'Impresa pubblica gestita dallo Stato. Da tale seconda via prendono vita le particolari e pi� snelle organizzazioni dell'A.R.A.R., della Q:. R.A. e di alcune gestioni extra. bilancio, che la� dottrina -cos� il Treves, il Sandulli, il Giannini (1) Vedi per esempio GRISOLIA: Teoria del decentramento amministrativo. Torino, 1929, p. 362 e segg. 3 -ha gi� da tempo identificato come una categoL'unica particolarit� di rilievo � che, tanto per la ria nuova, e pi� prossima all'impresa privata, di A.R.A.R. come per la G.R.A. il controllo � affidato aziende autonome. a un Collegio di tre revisori in cui � un consigliere Voler negare che motivi diversi da quelli origidella Corte dei Conti e un rappresentante del nariamente caratteristici delle Aziende autonome Ministero del Tesoro (vedi rispettivamente d.l. possano consigliare al legislatore di dar vita a n. 793 del 23 novembre 1945, D.L. n. 321 del questa nuova categoria di aziende autonome in 13 aprile 1948). cui vi � una pi� evidente organizzazione ad imQuanto ai fini, le aziende autonome, essendo presa non sembra possibile: come l'esigenza soorgani dello Stato, sia pur decentrati nel patrimociale pu� far sorgere l'azienda autonoma, cos� la nio e nelle funzioni, non hanno che fini propri pu� far sorgere la necessit� di utilizzare nel pubdello Stato, senza che si possa tracciare una deliblico interesse un cospicuo patrimonio lasciato mitazione dei loro fini che variano da azienda ad dagli alleati: i Centri autocarri; o la pu� determiazienda ed hanno come unica caratteristica uninare la necessit� di reperire, custodire e rimettere forme quella di essere appunto fini propri dello � in circolazione i materiali residuati bellici nell'inStato. teresse e del Paese e delle finanze dello Stato con Ora sia la G.R.A. che l'A.R..A..R. anche come forme pi� semplici delle normali burocratiche fini non evadono dallo schema.delle aziende auto( A.R.A.R.). nome (11) perch� la loro finalit� non � che una Non sembra quindi sostenibile la tesi, del resto finalit� dello Stato e il loro patrimonio che un appena adombrata, che possano ravvisarsi Aziende patrimonio dello Stato: la prima utilizza i Centri autonome solo quando concorrano determinati moautocarri dello Stato e coopera al servizio trasporti; tivi e finalit� per la creazione dell'azienda, e non la seconda reperisce, custodisce e realizza un paquando le finalit�, pur essendo sempre statali, siano trimonio dello Stato, senza mezzi e fini propri didiverse, e frutto di concezioni nuove. stinti da quelli statali, come meglio vedremo. Vi sono perci� soltanto modifiche di struttura, 4. In realt� la dottrina che ha studiato a fondo ma non tali da autorizzare lo sganciamento dallo il problema delle Aziende autonome non ha poStato di queste particolari Aziende: che per la tuto fissare elementi uniformi n� nei fini o nelle loro organizzazione ad imprese hanno appunto forragioni della creazione, n� nella struttura (1). Essa me pi� agili di quelle tradizionali e pi� prossime si � limitata a chiarire come la . creazione della alle forme economiche e semplificate delle aziende azienda risponda a opportunit� di decentramenti private. E proprio mentre si cerca di svecchiare dell'attivit� statale, sia nel patrimonio, con la la vecchia bardatura burocratica tanto criticata, formazione di contabilit� o bilancio separati, sia si vorrebbe negare la possibilit� di forme nuove nella funzioni con particolare ordinamento. dettate da esigenze nuove che rappresentano anPu� solo dirsi quanto alla struttura che tali che un vero e proprio esperimento nel campo del aziende sorgono presso un Ministero e in certo l'organizzazione statale. senso alle dipendenze di esso. In genere l'organo che le dirige � un Consiglio di amministrazione, a 5. Dopo queste brevi considerazioni di inqua capo del quale sta un organo del Ministero (Minidramento del problema, passiamo all'esame della stro o Direttore generale) che ne ha la rappresensentenza delle Sezioni Unite sulla natura della tanza, e che � composto di rappresentanti dei A.R.A.R., sentenza che ha gi� suscitato critiche in vari Ministeri interessati (2). dottrina (12) e ne susciter� certamente altre per Ora la G.R.A. ha appunto tali requisiti poich� i motivi addotti su cui brevemente ci sofferme suoi organi sono il Ministro, il Direttore generale remo. della Motorizzazione, e il Comitato di gestione, Il problema della natura dell' A.R.A.R. poteva composto di rappresentanti dei Ministeri ed essa porsi da un punto di vista di interpretazione delle � �alle dipendenze n (3) appunto del Ministero dei leggi attraverso la loro attenta esegesi, punto di Trasporti. E l'A.R.A.R. ha una struttura analoga vista quanto meno preliminare ad ogni altro. Ma poich� la legge precisa che � istituita presso il poich� la Corte Suprema ha ritenuto di non soffer Ministero della Ricostruzione (4), ed essa � retta marsi in tale ind!tgine, la seguiamo in tale indi da un Consiglio di amministrazione in cui prevalrizzo pur ponendo in rilievo alla fine gli elementi gono funzionari statali. esegetici del testo di legge, insuperabile per l'in terprete e da essa trascurati. (1) Vedi per la dottrina sulle aziende autonome, La Corte Suprema, dopo aver detto che non � ZANOBINI: Corso di Diritto amministrativo, Milano, 1949, elemento decisivo la denominazione di <e azienda vol. III, p. 28 e segg.; VITTA: Diritto amministrativo, autonoma n (cio� la denominazione attribuita all'a Torino, 1948, vol. I, p. 127 e segg.; GIANNINI M. S.: zienda dal legislatore con l'uso di un termine Lezioni di Diritto amministrativo, Milano, 1950, Vol. I, .�P� 149 e segg.; GRISOLIA: Op. cit., p. 367 e segg.; SANDULLI: tecnico-giuridico) e dopo aver trascurati tutti gli Manuale di Diritto amministrativo, 1952, p. 135 e segg. altri elementi esegetici, imposta il problema nei (2) Vedi dottrina citata alla�nota 7. (3) Vedi sul valore della espressione �alle dipendenze,, la nota in questa Rassegna 1953, 190, in cui � pre( 1) Vedi VITTA: Op. cit. che pone in risalto c6�necisato come tale espressione sia usata dal legislatore caratteristica delle aziende autonome (senza personalit� anche per il Consiglio nazionale delle Ricerche (organo giuridica) � che gli atti siano posti in essere per scopi con personalit� giuridica) all'art. 1 della legge relativa dello Stato e gli utili vadano ad esso. per caratterizzare appunto l'organo dello Stato. (2) Vedi nota redazionale del �Mass. Giur. Lav. >>, (4) Vedi art. 1 del D.L.C.p.S. 28 febbraio 1947, 1953, 153, in cui si dissente con chiare precisazioni n. 120. della sentenza delle Sez. Un. sulla natura dell'A.R.A.R. termini seguenti: cc ma in linea concettuale nulla impedisce che lo Stato con norme positive, possa rendere pi� profonda (di quella normale delle Aziende autonome) questa separazione dell'Azienda dalla Amministrazione centrale conferendo all'azienda la personalit� giuridica n, e precisa che non si concepisce nel nostro ordinamento una persona giuridica che sia nello stesso tempo anche organo dello Stato (1). La ricerca che consegue da tale impostazione, pur discutibile, come vedremo, era quella di vedere se vi erano le norme positive da cui derivava la personalit� giuridica conferita all'Azienda. E difatti la Cassazione ravvisa tali norme nel conferimento della legale rappresentanza al Presidente del Consiglio di amministrazione. Rappresentanza legale e personalit� giuridica sono la stessa cosa per questa sentenza al punto che l'esistenza della rap'presentanza implica, pur nel silenzio della legge, il conferimento della personalit� giuridica. L'infondatezza di tale argomento � palese e dispiace che esso si trovi in una sentenza del massimo organo di sapienza giuridica italiana. Non � possibile confondere la rappresentanza legale che � conferita anche al Presidente o al Direttore delle varie Aziende autonome e dei vari Ministeri e persino di organi locali dei Ministeri stessi (ad es. Provveditori), con la personalit� giuridica che � concetto ben diverso come la Cassazione e la dottrina hanno sempre insegnato sino ad oggi (2). Nessuno vuol sostenere che la Cassa Depositi e Prestiti abbia la personalit� giuridica solo perch� per legge il suo Direttore ne ha la rappresentanza legale. Se si rimuove tale grave e pericolosa n'ovit� giuridica che rivoluzionerebbe tutto il nostro diritto pubblico, le argomentazioni successive perdono ogni base. Dice la sentenza per quale motivo non dovrebbe apparire incongrua la concessione della personalit� giuridica: essa spiega quindi argomenti non per indicare che. � stata conferita la personalit� giuridica, ma per spiegare perch� la si sarebbe conferita. Il conferimento, perci�, rimane affidato alla tesi della coincidenza tra rappresentanza legale e perso nalit� che non pu� che essere disattesa. Comunque esaminiamo anche tali argomenti. Essi consistono in definitiva nell'affermare che la personalit� giuridica � stata data perch� � stato ritenuto pi� idoneo ad esplicare un'attivit� econo mica un ente pubblico anzich� un'azienda autonoma. Ma � palese che tale argomento nulla dice perch� l'ordinamento dell'A.R.A.R. non � lasciato ad un suo statuto ma � dettato dalla legge e quindi il fatto che vi sia o meno la personalit� giuridica non pu� importare una differenza di funzionamen to (3). Esso d'altra parte si capovolge perch� se (1) Vedi sul punto il n. 10 del presente studio. (2) Per la distinzione tra rappresentanza di organo e persona giuridica vedi ZANOBINI: Oorso di Diritto amministrativo, I, Milano, 1947, 104, e autori ivi citati; vedi pure la successiva nota n. 23. (3) Acutamente il GIANNINI: Lezioni di Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1950, 148 e segg. rileva che le aziende autonome, pur non avendo la personalit� giuridica, conseguono gli .stessi effetti che conse� guirebbe un ente dotato di piena personalit� giuridica. non vi � la personalit� giuridica (che ripetiamo dovrebbe esservi solo per la norma sulla rappresentanza) vuol dire che il legislatore ha visto il problema diversamente e ha ritenuto pi� opportuno organizzare una impresa. autonoma di stato che creare un ente pubblico autonomo. 6. Ulteriore conferma dell'insostenibile posizione assunta dalla sentenza si ha nei motivi con cui essa si libera di alcune obbiezioni alla sua tesi. Ammette la sentenza che l' A.R.A.R. manca di un patrimonio proprio (cio� di uno degli elementi indispensabili perch� vi sia la persona giuridica pubblica o privata (1), ma liquida l'obiezione col rilevare che I'A.R.A.R. cc non ha bisogno di un patrimonio (!) n proprio per il suo scopo. Siamo d'accordo che I'A.R.A.R. non ha bisogno di un patrimonio perch� esso � organo dello Stato e il suo patrimonio � costituito dal patrimonio dello Stato che deve ricuperare, mentre i suoi utili vanno immediatamente e senza possibilit� di altro impiego, al Tesoro (art. 6 D.L.C.p.S. 18 ottobre 1947, n. 1223) ma ci� � la migliore dimostrazione che non ha la personalit� giuridica, la quale ha sempre presupposto l'elemento di un patrimonio distinto ed anzi � tale solo in quanto vi sia appunto un patrimonio distinto. Se tuttavia, la Corte non si fosse fermata alla prima obiezione, che di per s� era gi� decisiva e avesse esaminato le altre, si sarebbe convinta che di personalit� giuridica non poteva parlarsi. Oltre a non avere patrimonio, I'A.R.A.R. non ha scopo distinto da quello dello Stato. Manca, perci�, anche il secondo dei requisiti di ogni persona giuridica. Non patrimonio e non scopo: cosa c'� allora di distinto La struttura ~ Ma, come abbiamo veduto, la struttura essenziale dell' A.R.A.R. � quella di una azienda autonoma: un Consiglio di amministrazione composto di rappresentanti di Ministeri, un Presidente che ha la rappresentanza legale dell'Azienda, l'istituzione di essa presso un Ministero. Perch� mai tale struttura dovrebbe diventare indice della personalit� giuridica ~ 7. E veniamo rapidissimamente agli argomenti esegetici. L'art. 1 del D.L.L. 29 ottobre 1945, n. 683, dispone: cc � istituita presso il Ministero della Ricostruzione nell'interesse e per conto dello Stato, una azienda autonoma per il rilievo, la custodia, l'alienazione dei materiali residuati di guerra cedute daUe autorit� alleate o abbandonate dai tedeschi in Italia o in altro modo acquistate n. Dunque � istituita presso un Ministero, non semplicemente sotto la vigilanza di un Ministero, ma � presso n, cio� nel seno del Ministero, come le altre aziende. autonome, una nuov~ �azienda autonoma n. Tale Azienda � istituita nell'interesse e per conto dello Stato: essa cosi non ha un interesse proprio, f (1) Vedi per tutti MESSINEO: Diritto civile e comm., Milano, 1947, vol. I, 165 e segg. -5 � ma deve semplicemente curare un interesse dello Stato. Ora se ci rifacciamo a tutta la dottrina che ha studiato la differenza e il legame tra gli interessi degli Enti pubblici e quelli dello Stato, ed ha posto in ci� il carattere della �pubblicit�>> (1), ci appare palese che non ha senso un ente pubblico che non cura un interesse proprio, che non ha un interesse proprio, ma soltanto un interesse dello Stato. La medesimezza dell'interesse esclude la possibile distinzione, cos� come la esclude la unicit� del patrimonio. L'Azienda non ha patrimonio proprio, ma il suo patrimonio � costituito dal patrimonio dello Stato senza bisogno non solo di atti di trasf erimento, ma con presa di possesso diretta rafforzata da poteri di imperio. Il bottino di guerra, i beni ceduti dagli alleati e tutti gli altri beni illeggittimamente detenuti dai privati non sono pi� reperiti, fermati, acquisiti dai normali organi dello Stato, ma da questa Azienda che mano mano acquisisce i beni, e passa il ricavato di essi allo Stato immediatamente per una specie di cordone ombelicale (2). � dunque nello stesso primo articolo della legge il richiamo preciso alla inesistenza di un interesse o scopo proprio e di un patrimonio proprio: questa Azienda autonoma non � che una specificazione dello Stato che ha per interesse quello dello Stato per patrimonio quello dello Stato, e che versa senza indugio tutti i suoi utili allo Stato. 8. N� deve illudere la pretesa concordia tra la sentenza della II Sezione in causa Monteleone contro A.R.A.R. (3) e la attuale. In realt� la pretesa concordia tra la sentenza delle Sezioni Unite e quella della II Sezione non sussiste, se concordia vuol dire somiglianza o uniformit� nell'iter logico del ragionamento. La sentenza della II Sezione considera l'A.R. A.R. come una azienda patrimoniale dello Stato e solo tende ad escludere tutte le Aziende patrimoniali (in contrasto con precedenti pronunce delle stesse Sezioni Unite) (4) dalla vera e propria organizzazione statale, e ci� ai limitati fini della ammissibilit� o meno di azioni possessorie nei confronti dell' A.R.A.R. Basta leggere la frase conclusiva della sentenza, e poi rileggerne attentamente il testo, per convincersene: �se rivelano la situazione di preminenza che ha lo Stato considerato come la prima e pi� forte persona giuridica, non fanno rientrare nella vera e propria organizzazione sta( 1) Vedi ROMANO: Gli intereBBi dei Boggetti autarchici e gli intereBBi dello Stato in Studi per Ranelletti, vol. II, Padova, 1931, 431. (2) Presso l'A.R.A.R. � la Commissione per le rivendiche cui il S;C. ha riconosciuto carattere di Organo amminiBtrativo che decide dei reclami dei beni acquisiti dall'A.R.A.R. come patrimonio dello Stato. Vedi Cass., Sez. Un., sent. n. 67 del 52 in questa Rassegna 1953, 16, la quale precisa che la Commissione delibera in luogo dell'A.R.A.R. se la domanda debba essere accolta o l'A.R.A.R. debba resistere in giudizio (a difesa di un patrimonio dello Stato). (3) Vedi Cass. Sez. II, n. 2507 dell'll agosto 1951, in "Foro It. �, 1952, I, 1222. (4) Vedi p. es. Sez. Un., 11 luglio 1951, Bavagnoli contro Terme di Salsomaggiore n. 1186, in �Foro It. �, 1952, I, 1068. tale n� l'A.R.A.R. n� le altre aziende patrimo� niali dello Stato n, dove l'espressione �altre n � decisiva. Quindi niente concordia, ma anzi pieno contrasto; perch� per le Sezioni Unite le .Aziende patrimoniali dello Stato hanno il carattere di organi statali e l' A.R.A.R. non � azienda di Stato, mentre per la II Sezione l' A.R.A.R. � un'azienda patrimoniale dello Stato e perch� tale, e solo perch� tale, non � organo vero e proprio dello Stato. 9. La sentenza, quindi, rimane isolata nella giurisprudenza. N� essa trova appoggio in dottrina. Perch�, anzi, tutti coloro che hanno esaminato il problema hanno finito -cosi i pi� illustri tra i giovani professori amministrativisti: Sandulli, Treves e indirettamente il Giannini M.S., cos� i lavoristi v. Giuliano (1) -col porre in luce che si tratta di amministrazione autonoma dello Stato con particolare ordinamento e struttura. Non trova infine appoggio nella prassi amministrativa, nella quale anzi produrrebbe se confermata una vera rivoluzione. Perfino provvedimenti formali, quali il decreto del Ministro per le finanze 30 gennaio 1946, non avrebbero pi� base, e le varie circolari relative al trattamento tributario dei residuati di guerra di importazione verrebbero a cadere. La prassi, infatti, confortata poi dal parere del Consiglio di Stato 27 gennaio 1948, n. 118, ha sempre considerata l'A.R.A.R. come una azienda autonoma di Stato. C'� da aggiungere che sarebbe assurdo che lo Stato ponesse delle imposte su un suo patrimonio e non. consentisse ad una azienda, che non ha altro fine che quello di realizzare un patrimonio statale, godesse delle varie facilitazioni di esenzioni proprie degli organi statali. Anche in ci� � implicito il pensiero del legislatore che non poteva dettare norme di parificazione perch� ovviamente considerava amministrazione dello Stato, questa azienda patrimoniale. Abbiamo veduto che l'A.R.A.R. non ha la personalit� giuridica poich� l'unico argomento addotto � quello della rappresentanza che non pu� essere seguito. Ma se avesse la personalit� giuridica, non sarebbe ancora provato il distacco dell'A.R.A.R. dalla Amministrazione statale. Vi sono nello Stato aziende autonome che hanno anche la personalit� giuridica e non pertanto sono organi dello Stato: tipici il Fondo per il culto e l'Azienda delle Foreste demaniali, e vi sono degli altri organi, quali il Consiglio nazionale delle Ricerche, per cui la legge prevede espressamente la conciliabilit� tra la personalit� giuridica e la qualit� di organo dello Stato. Molto pi� chiari ed imponenti gli esempi dei governi coloniali e dello stesso Governatorato Generale dell'Etiopia. Del resto la stessa Cassazione in altre occasioni ha ricordato tali principi (2). (1) Vedi SANDULLI: Op. cit., p. 135; TREVES: L'Im� preBa pubblica, 81 e pasBim; GIANNINI: Op. cit. 148; vedi anche GIULIANO, in � Giur. It. >>, 1950, 1, 2, 36. (2) Sulla compatibilit� tra organo dello Stato e personalit� giuridica vedi Cass. Sez. Un., Sent. n. 1488/52 in questa Rassegna 1953, 60 con nota critica. -6 Se anche vi fosse la. personalit� giuridica., perci�, il problema. resterebbe aperto perch� si tratterebbe di vedere se una. azienda. con fini dello Stato e col patrimonio dello Stato possa. considerarsi distinta. da.ilo Stato stesso: ci sarebbe una. .forte � analogia. tra. l'A.R.A.R. e l'Azienda. delle Foreste demaniali perch� entrambi curerebbero e amministrerebbero un patrimonio dello Stato. * * * Oi sia.mo sofferma.ti a. lungo e dettagliata.mente sul problema. perch� esso merita. attenta. considerazione non tanto per la. questione specifica. e limitata., pur rilevante, della. natura. dell' A.R.A.R., ma. per i principi genera.li sulla. attivit� dello Stato nel campo economico e con organizzazione a.d impresa.. Esso merita. attenta. considerazione e riesame anche perch� non si consolidino orienta.menti che superando il costante insegna.mento della. giurisprudenza. e della. dottrina., faccia.no coincidere, come nella. sentenza. esaminata., la. personalit� giurid! ca. con la. rappresentanza. organica., cio� le due configurazioni, ben distinte, della. soggettivit� giuridica. (1). Confidiamo di aver posto in luce, anche se non tutti gli argomenti che attesta.no la. natura. di amministrazione stata.le a.ut<omoma.. deJ,l'A.R.A.R., come la. sentenza. esaminata. non appaia. in armonia. con il pensiero del legislatore e l'esegesi dei testi legislativi, la. sostanza. delle cose, la. prassi amministrativa., la. dottrina. e, perch� no~, anche la. giurisprudenza. sinora. dominante: cio� con tutti quegli elementi che costituiscono la. comunis opinio nel campo del diritto e da.i qua.li non si pu� prescindere se si vuol mantenere il diritto in stretto armonico contatto con la. realt�. VALENTE SIMI 0 AVVOOATO DELLO STATO (1) Sul delicato problema della �soggettivit�� che pur non � personalit� e che compete anche ad organi di persone giuridiche quando si presentino come titolari di poteri, diritti, doveri, vedi SANTI ROMANO: Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947, p. 145 segg.; ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, Milii.no, 1947, vol. I, p. 104 e segg.; GASPARRI: Corso di Diritto amministrativo, I,. Bologna, 1953, p. 185 e segg.; ESPOSITO: Organo, ufficio e soggettivit� dell'ufficio, P�d,ova, 1932. NOTE DI DOTTRINA R. NrcoL�, V. ANDRIOLI, .A. SEGNI, G . .A. MrCHELr, G. .AzzARITI, G. SCARPELLO: Tutela dei diritti, art. 2900-2969. (Zanichelli -Soc. Foro Italiano, 1953). Come � noto, la materia trattata dal Codice civile nel libro della tutela dei diritti e fra le pi� eterogenee. Ci� spiega la quantit�, variet� .e complessit� delle questioni che si incontrano in questo volume (pp. xxr-726) del Commentario dello ScIALOIA e BRANCA, e la difficolt� del compito di chi sia chiamato a recensirlo. Un buon commentario, essendo in primo luogo un'opera destinata, per propria natura, ad indicare la soluzione per un'infinit� di cc casi �, deve toccare i pi� svariati problemi giuridici, data la neces.sit� di inquadrare ogni questione, sia pur di dettaglio, nell'intero sistema di cui ogni norma � parte organica. Orbene, si pu� affermare senza tema di smentite, che nell'opera qui recensita � stata tenuta presente questa fondamentale esigenza: i commentatori sono saliti dalla norma al principio per ridiscendere, poi, dal principio al caso pratico. La ricca casistica, infatti, che giunge talvolta a ricordare quella dei classici e ben pi� voluminosi commentarli tipo Baudry-Lacantinerie, e che � spesso accompagnata da vasti e comodissimi elenchi di testi legislativi, non intacca mai l'organica compattezza del commento, inquadrato in un rigore dogmatico ignoto ai pur valorosi esegeti della vecchia scuola francese. Per la verit� non pu� negarsi che talvolta traspare agli occhi di un attento lettore l'origine composita dell'opera, in alcune disarmonie di sviluppo di una qualche parte rispetto alle altre, nella diversa funzione assegnata dai varii . autori alle note a pi� di pagina, ed in altri dettagli del genere. Data la funzione dell'opera, destinata sopra tutto alla consultazione, queste caratteristiche non meritano rilievo, se non forse in quei rari casi in cui si manifesta un aperto contrasto fra le posizioni assunte da due collaboratori su un medesimo problema (ad es. a p. 61 il Nicol� ravvisa nell'art. 2939 un'applicazione della surrogatoria, mentre a p. 579 l'.Azzariti e Scarpello escludono ogni nesso di questo articolo con la surrogatoria o con la pauliana). Nel complesso per altro, se si tengono presenti le difficolt� di coordinamento fra il pensiero dei vari autori in una materia che, dopo la recente riforma del codice, non ha ancora potuto subire in ogni sua parte una esauriente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, deve riconoscersi una ammirevole unit� di pensiero e di indirizzo nell'opera recensita. Gli argomenti esaminati si riferiscono alla surrogatoria, revocatoria, sequestro conservativo, giudicato, esecuzione forzata, prescrizione e decadenza:: ,tutti istituti, come si vede, di amplissima portata e collegati, per mille nessi, alle pi� svariate situazioni giuridiche. Ci� rende impossibile seguire, in questa sede, gli autori nella loro minuta disamina dei singoli articoli; ci limiteremo �quindi a segnalare il profilo che i pi� importanti istituti trattati vengono ad assumere, solo incidentalmente indugiando su qualche particolare che ci ha per una ragione od un'altra colpito. La surrogatoria e la revocatoria si presentano inquadrate fra i mezzi di conservazione indiretta della garanzia patrimoniale; ci� non perch� sia riconosciuto un diritto di garanzia di natura sostanziale spettante ai creditori sui beni del debitore, ma nel senso che i detti istituti, cosi come il sequestro conservativo ed altre fattispecie particolari disciplinate qu� e l� nella legge, tendono a tutelare il diritto di credito prevenendo o scongiurando situazioni idonee a svuotare il diritto stesso del suo contenuto economico. Considerando in particolare la surrogatoria, di cui si sottolinea il carattere conservativo (che non implica la necessit� giuridica di cumulo con l'azione esecutiva), si esamina il fondamento del rimedio, il quale viene configurato come un caso di legittimazione (che diventa sostituzione processuale se esercitata giudizialmente) concessa al creditore (potere giuridico), autorizzato a far valere un diritto altrui, nell'interesse tanto proprio che del debitore. Elencate le condizioni della surrogatoria (qualit� di creditore, pericolo, natura patrimoniale del diritto, inerzia del debitore), viene posta una cura particolare della ricerca dei limiti oltre i quali la surrogatoria non pu� esercitarsi. I diritti non patrimoniali, anche se rivestano alcuni aspetti secondarii di patrimonialit�, e le facolt� discrezionali non corrispondenti ad un precedent� �obbligo di terzi, restano fuori dell'applicazione del rimedio: ugualmente dicasi degli interessi legittimi, con conseguente esclusione dalla surrogatoria dei ricorsi alla giustizia amministrativa, dato che gli interessi legittimi non sono esercitabili e comunque tutelabili ex art. 2900. L'.A. non scende ad �esaminare l'ipotesi, che potrebbe meritare approfondimento in altra sede, della attribuzione alla giustizia ammi nistrativa di competenza esclusiva in materia in cui diritti ed interessi si trovino indissolubilmente commisti. Rigorosamente tracciata � poi la differenza fra surrogatoria e pauliana, sottolineandosi che quest'ultima azione � diretta ad ottenere giudizialmente la pronunzia di una semplice inefficacia, non solo relativa (come � pacifico nella nuova codificazione) ma anche parziale dell'atto revocato. Sulla scorta degli artt. 2910 O.e., e 602 e 604 O.p.c. � infatti dimostrato che il terzo acquirente � e rimane proprietario anche nei confronti del creditore vittorioso in revocatoria, il quale ha bensi il diritto di agire in executivis sul bene oggetto dell'atto revocato, ma tale azione esecutiva egli deve proporre nei confronti del terzo, non del debitore: il diritto del creditore vittorioso opera quindi come una garanzia reale che segue il bene presso il terzo acquirente pur senza intaccare, per il resto, l'efficacia dell'atto di acquisto. Qualche dubbio pu�, a nostro avviso, lasciare una distinzione formulata a proposito dell'elemento psicologico legittimante la revocatoria, l� dove � accennato al differente fondamento della rilevanza della semplice scientia damni per la revoca dell'atto posteriore al debito, e del consilium fraudis richiesto per la revoca dell'atto anteriore: in quest'ultimo caso la revoca sarebbe fondata sulla responsabilit� aquiliana del debitore alienante (pagina 197); ma a noi sembra lecito obiettare che, se cosi fosse, dovrebbe conseguirne sempre un diritto del creditore al risarcimento del danno ex art. 2043, diritto che acquisterebbe rilievo ogni qual volta la pauliana non potesse conseguire il suo effetto: ora, se pu� darsi che, in molti casi, consilium fraudis ed illecito aquiliano concorrano in linea di fatto nel comportamento del debitore o del terzo, non ci pare vi sia nella legge alcun elemento atto a giustificare una automatica sussunzione di una fattispecie nell'altra. Cosi pure qualche incertezza ci resta circa i criterii con cui debba stabilirsi l'onerosit� e gratuit� dell'atto revocabile agli effetti della rilevanza dell'emento psicologico nel terzo acquirente. Dalla stessa enunciazione del quesito, e dato che la norma � sopra tutto diretta alla tutela dell'acquirente a titolo oneroso, ci sembra che possa ritenersi con il Oosattini e contrariamente al testo (p. 238) che la gratuit� od onerosit� debba stabilirsi. con riguardo al terzo, e non al debitore alienante. Menzione merita il diffuso studio dei problemi processuali cui la revocatoria pu� dar luogo, e l'indagine sulla estensione del giudicato, che trova un suo limite (ovviamente attraverso una nuova pronunzia) in ogni successivo mutamento dello stato economico del debitore che faccia venir meno il presupposto dell' eventus damni. Scarsa, ma ricca di richiami alla legge processuale la trattazione del sequestro conservativo. �vi l'estrema concisione nuoce talvolta alla chiarezza; cos� avviene a p. 276 dove non � facile afferrare la struttura sintatt~ca del periodo in cui l'A. acutamente critica 1'\'trt. 647 O.p.c. perch� autorizza il giudice a concedere il sequestro conservativo dietro cauzione, mentre tale cautela, giustificata solo per l'ipotesi che si tema una azione imprudente dell'istante, (art. 98 O.p.c.) appare incompatibile con il fumus boni juris richiesto per la concessione del sequestro.� Di maggior respiro appare il commento ai pochi articoli (2907-2909) di disposizioni generali sulla tutela giurisdizionale dei diritti, ma la materia del giudicato, cui l'indagine � diretta, legittima lo spazio dedicatole nell'opera, tanto pi� che, come rileva l'A., la disciplina positiva � assolutamente inadeguata, per scarsezza e disorganicit�, all'importanza dell'argomento. Punto di partenza � il rilievo che il giudicato opera fra le parti ma non a favore di una contro l'altra, l'azione contrastante con il giudicato essendo dichiarata dalla legge non infondata, ma improponibile anche dal vincitore. La cosa giudicata viene cosi riportata ad un caso di preclusione; fenomeno processuale, quindi (ma da non confondersi con la cosa giudicata in senso formale di cui all'art. 324 O.p.c.), risolventesi nel divieto rivolto al giudice di pronunziare una seconda volta su una questione di merito gi� decisa. La critica alla teoria sostanziale del giudicato � basata sul rigetto della concezione del diritto come potere di chiedere allo Stato la tutela giuridica e quindi, in ultima analisi, come forza che fa applicare la norma in caso di inosservanza. N� la teoria sostanziale potrebbe essere sostenuta attribuendo al processo una funzione creativa del diritto che il processo non ha. Secondo l'A., infatti, il giudice non crea mai il diritto, o, comunque, la sua volont� non ha mai il potore di costituire direttamente mutamenti nei rapporti giuridici sostanziali. Anche nelle sentenze costitutive, infatti, il giudice si limita a dichiarare la volont� della legge; l'effetto costitutivo segue come una conseguenza, discendente di diritto, dall'accertamento contenuto nella sentenza, la quale opera in tal caso come fatto giuridico e non come atto del giudice. Ci� avverrebbe persino nelle cos� dette sentenze dispositive in cui il giudice, decidendo il caso concreto in base a principi di opportunit�, di equit� ecc., non farebbe ::1Jtro che dichiarare il diritto positivo il quale, in forza di apposite disposizioni recepisce in s� norme di per loro extragiuridiche. Le eccezioni al principio sopra enunciato, stante la irrilevanza giuridica della sentenza ingiusta, si ridurrebbero al solo caso di sentenza emessa a E:;:, "" seguito di giuramento decisorio poi riconosciuto ru falso. r= L'A. indugia poi nella ricerca dei limiti del giudicato: a proposito dei limiti obiettivi, sottolinea innanzi tutto la necessit� di non confondere il giudicato, che copre �il prodotto della attivit� giurisdizionale ii, con le preclusioni operanti solo sui � mezzi di produzione della tutela n; dal che deve desumersi che il termine di preclusione � qu� usato in un'accezione pi� ristretta di qua:iJ..do � richiamato per sottolineare la teoria processuale del--giu.-- i dicato. Solo le decisioni di merito passano in giu ~~~ dicato, con esclusione di ci� che venga accertato :�:incidenter tantum o comunque al solo fine di deci' I' dere sulla domanda: alla risposta del giudice, non ai suoi motivi, compete l'immutabilit�. -9 Vengono quindi esaminate la portata del giudi cato della Cassazione, le sentenze sotto condizione e rebus sio stantibus (che non impediscono una nuova pronunzia, immutabile essendo non il fatto giuridico ma solo l'accertamento riferito al mo mento in cui fu emesso), ed altre numerose que stioni minori. La molteplicit� di problemi trattati in tema di esecuzione forzata rende impossibile sintetizzare in breve spazio il contenuto di questa parte dell'opera. Ci limiteremo a segnalare che l'A., pur negando che il processo esecutivo sia retto dal principio del contraddittorio, ne disconosce il carattere di procedimento di natura amministrativa. Interessante il parallelo fra pignoramento inteso come mezzo tecnico per impedire alterazioni giuridiche della cosa pignorata, e custodia, diretta ad impedire alterazioni materiali. Rigettate le teorie che concepivano il pignoramento come impossibilit� giuridica di alienare, e quelle pi� recenti che lo considerano alla stregua di una garanzia reale la quale non impedisce la circolazione della cosa oum onere suo, il vincolo � ricondotto alla inopponibilit� dell'atto di alienazione nel senso che, agli effetti del soddisfacimento dei creditori, il bene si considera ancora di pertinenza del debitore (a differenza di quanto si � visto per la revocatoria che autorizza l'espropriazione nei confronti del terzo acquirente). Ricorderemo brevemente che l'esecuzione per consegna o rilascio � configurata come una forma di tutela possessoria, e che l'esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare non � considerata come caso di risarcimento del danno in forma specifica, secondo quanto, sulla base del nemo ad faotum oogi potest e del faotum infeotum fieri nequit, ritengono coloro che considerano oggetto dell'obbligazione il comportamento del debitore. L'A., che considera invece oggetto dell'obbligazione l'utilit� dovuta, trova esatto definire esecuzione in forma specifica quella in cui l'utilit� dovuta sia comunque assicurata in via coattiva al creditore�. Restano infine da esaminare la prescrizione e la decadenza: trattasi di istituti largamente disciplinati nel diritto positivo, che poco hanno risentito della recente modifica del codice civile, e che si presentano quindi gi� ben inquadrati dogmaticamente ad accuratamente elaborati dalla giurisprudenza. L'esauriente commento segue le vie tradizionali, alle quali appare talvolta sin troppo fedele, come l� dove sembra indicare come diritti imprescrittibili quelle semplici facolt�, che non si prescrivono solo perch� sono contenuto di un diritto �ma non diritti essi stessi (p. 550), o dove configura la petitio hereditatis regolata dall'art. 553 O.e. come diretta al riconoscimento della qualit� di erede (p. 549), mentre il detto articolo regola un caso di rivendica dei beni ereditarii (e ci� basta a spiegarne l'imprescrittibilit�). Naturalmente le semplici, ed opinabili, questioni di dettaglio che ci siamo permessi di sollevare non sono assolutamente idonee ad influire sul giudizio incondizionatamente favorevole da cui, a nostro avviso, l'opera ....merita di essere accolta. MARIO FERRAR! M. MIELE: Principi di diritto internazionale. Ed. Barb�ra, Firenze, 1953. Occorre dire subito che l'A. ha raggiunto lo scopo che si era prefisso .nel dare .. alle stampe questi suoi Principi di diritto internazionale. Nella tradizionale lucida sintesi dei cc Manuali Barb�ra n, il libro riesce a dare, anche al lettore non iniziato, una completa visione degli attuali orientamenti della scienza del diritto internazionale, nei nuovi confini da questa acquisiti ed in base a dati tecnici e d'informazione pienamente aggiornati. Esso, inoltre, appresta a chi voglia approfondire istituti e problemi una ricca ed aggiornata bibliografia, riportata, molto opportunamente, in fondo ad ogni capitolo. Il rapido ma esauriente esame che l'A. fa della comunit� internazionale e del relativo ordinamento giuridico sul piano storico, pone in luce come le grandi componenti del diritto internazionale attuale siano rappresentate dall'incivilimento dei rapporti fra gli Stati e dall'equilibrio politico fra questi ultimi nell'et� moderna. In particolare, lo sviluppo del moderno ordinamento internazionale, iniziato dalla dottrine giusnaturalistiche, fu poi decisamente favorito da~la democratizzazione degli ordinamenti dei vari Stati, prodottasi sotto l'impulso dei principi della Rivoluzione francese, del costituzionalismo e di nazionalit�. In epoca recente e recentissima, la cosiddetta cc profilassi della guerra d'aggressione ii, la protezione internazionale dei diritti dell'uomo, la repressione dei crimini di guerra, la coesistenza del principio di organizzazione universale secondo la Carta dell'O.N.U. con quello di organizzazione regionale, continentale ed intercontinentale: tutte queste tendenze, di carattere politico e giuridico ad un tempo, hanno rivelato che l'attuale ordinamento internazionale va sempre pi� evolvendosi secondo principi di <e democratizzazione n e � socializzazione ii, e verso forme sempre pi� larghe di organizzazione e di cooperazione fra Stati. Tali forme di organizzazione e cooperazione, attraverso l'attuale politica d13i �blocchi n (i c.d. sistemi occidentali ed orientali), dovrebbero preludere ad un futuro armonico equilibrio degli Stati medesimi in una vera e propria organizzazione universale. Sotto quest'ultimo profilo, si sembra che la dottrina del formalismo monistico del Kelsen (inaccettabile per il Miele, come quella che si discosta dai valori storici ed umani), nel suo tentativo di comporre l'esperienza giuridica in un unitario sistema di valori giuridici sia per gli Stati che per gli individui, possa forse essere considerata e, per cos� dire, giustificata come l'esasperazione, sul terreno formale, della moderna tendenza verso l'organizzazione universale degli Stati. Nello studio del fenomeno giuridico internazionale, il Miele � per l'adozione del metodq.giuridicostorico, e tale suo orientamento -che ha il pregio _ di considerare la realt� normativa in funzione della realt� storica e sociale -traspare continuamente nel corso della trattazione. Cos�, deve ricondursi ad un'esatta visione della realt� storica e sociale, l'acuta distinzione che l'A, -10 fa, a proposito della consuetudine internazionale, fra l'opinio juris costituita dalla interpretazione (o valutazione) dell'esigenza internazionale del comportamento uniforme -interpretazione che � limitata alla fase creativa del precetto consuetudinario e la volont� di rispettare il precetto, che sta alla base dei componenti successivi. Egli adagia, inoltre, la positivit� dell'accordo internazionale sul piano dell'esistenza storica di esso accordo: in altre parole, il valore obbligatorio dell'accordo deriverebbe dal convincimento razionale degli Stati sulll'imprescindibilit� di tale procedimento per il regolamento dei conflitti d'interesse o delle attivit� di cooperazione proprie della comunit� internazionale. L'A. in buona sostanza, riconduce ad una stessa fonte sia la produzione giuridica consuetudinaria che quella convenzionale: questa fonte � rappresentata dal fondamentale principio storico e pregiuridico della cc necessit� internazionale�. L'indirizzo storico-giuridico adottato dall' A. viene in considerazione anche in sede di trattazione dei rapporti fra diritto internazionale e diritto interno. Bisogna convenire, a tale proposito, che qualsiasi sforzo della cc giurisprudenza pura )) per ridurre ad unit� il diritto internazionale e il diritto interno (c.d. dottrina pura del diritto, del Kelsen) s'infrange di fronte alla logica della storia e alla diversa morfologia degli ordinamenti considerati. Sembra, quindi, possa considerarsi come concezione .sicuramente acquisita dalla attuale scienza giurisprudenziale la posizione dualistica degli ordinamenti internazionale ed interno. Sussiste pertanto un'impossibilit� del rinvio recettizio fra i due ordinamenti, impossibilit� determinata dalla distinzione degli ordinamenti medesimi e dal conseguente relativismo dei valori giuridici, in particolare da quello delle fonti di produzione. Ci� non toglie che si verifichi, nell'ordinamento internazionale, un fenomeno caratteristico di osmosi storica di figure giuridiche appartenenti ad ordinamenti interni: qui, per�, non si tratterebbe che della formazione di norme consuetudinarie internazionali. Diverso dal caso della recezione � anche il c.d. adattamento del diritto interno al diritto internazionale, e cio� la teoria relativa a quei fenomeni di produzione di norme che si verificano negli ordinamenti statuali moderni in dipendenza del diritto internazionale. Il sistema italiano si tripartisce nel procedimento ordinario di legislazione, in quello speciale consistente nel cosiddetto cc ordine di esecuzione )) (in veste di legge formale o di decreto) ed infine nel procedimento di adattamento automatico previsto dall'art. 10 della vigente Costituzione. Anche la personalit� internazionale � -secondo l'A. -prevalentemente apprezzabile sul piano storico: essa infatti non risulterebbe da un'unica norma attributiva, bensi dalle varie correlazoni storicamente gi� in atto fra le norme esistenti e gli enti statuali per cui le norme erano venute creandosi. Solo in base a tale criterio ci si pu� rendere conto della perdurante esclusione dell'individuo dal novero dei soggetti internazionali; e si pu� anche attribuire la personalit� internazionale alle Unioni di Stati caratterizzate da un intenso vincolo associativo e da una convergenza d'interessi che renda necessaria un'attivit� unitaria. Altrettanto pu� dirsi per la Santa Sede e per le c.d. Un.ioni universali ed in genere per quei soggetti funzionali che sono titolari di funzioni internazionali o di diritti soggettivi internazionali. Deve, per contro, negarsi, sul piano della funzionalit� internazionale, la personalit� del Commonwealth: e questo, proprio per il carattere che esso ha di cc unione per secessione n (tale, la paradossale definizione che ne d� il Miele), essendo, come noto la risultante storica del processo di autonomizzazione delle antiche colonie della Corona britann�ca. L'esame che l'A. fa delle principali organizzazioni fra gli Stati e dei pi� importanti enti funzionali � -dati i limiti di trattazione -necessariamente sommario, ma i principali punti sono toccati in maniera da fornire una sufficiente veduta d'insieme e soprattutto un orientamento per quella sistemazione dottrinaria completa della organizza zione internazionale che � ancora allo stato fluido. Sembra, infatti, da un canto che la dottrina non sia disposta ad abbandonare gli schemi usuali, e, d'altra parte, che lo stato attuale del diritto internazionale positivo non consenta una teoria dell'organizzazione internazionale in senso oggettivo. Fra gli enti .di cui sopra assume una posizione di assoluta preminenza l'O.N.U., che si presenta �giuridicamente quale unione di Stati a fini generali e permanenti, universale o comunque virtualmente universale, con personalit� internazionale limitata a talune funzioni (ad es., in materia di Amministrazione fiduciaria) ad essa spettanti quali ente distinto dagli Stati membri. Altro ente funzionale da ricordare � la Comunit� Europea del Carbone e dell'Acciaio (O.E.O.A.), la quale, costituita il 18 aprile 1951 fra Germania, Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo e Olanda, intende instaurare una collaborazione tendente alla produzione unica, al mercato unico, ai prezzi unici, all'abolizione delle tariffe doganali, all'incremento delle imprese di produzione dei due rami e alla elevazione �del tenore di vita dei popoli degli Stati aderenti. La caratteristica pi� rilevante (sul piano giuridico) di questo ente � che l'Alta Auto-� rit� -paragonabile al potere legislativo centrale di uno Stato federale ___, pu� emettere decisions vincolanti, oltre che. per gli Stati membri, per i :~ :..-. soggetti (imprenditori dei due rami) degli ordina ., ., ~=� menti interni, nei confronti dei quali soggetti ha anche poteri d'i:rnposizione tributaria. :-: Dall'esame della natura e delle caratteristiche di funzionalit� degli enti di cui sopra ed in particolare dal testo della Carta dell'O.N.U. si desume chiaramente che la logica evolutiva del diritto internazionale sta nell'apprestare, parallelamente al divieto di ricorso alla guerra, una serie di procedimenti adatti ad assicurare il cc ricambio l> delle norme internazionali nonch� a realizzar� il diritto rispondente, in un dato momento storico, all'entit� dei conflitti di interessi fra gli Stati. Questo concetto �, per cos� dire, il substrato politico e pregiuridico sulla base del quale il Miele, fedele al suo metodo storico-giuridico, delinea la -11 trattazione dei fatti e degli atti giuridici internazionali, dei diritti soggettivi e degli interessi internazionali. A proposito degli atti giuridici internazionali, interessa porre in rilievo come accanto alle tradizionali distinzioni se ne vada delineando in dottrina una nuova: quella fra cc accordi � e cc carte �. La locuzione << carta �, per la. prima volta usata a proposito dell'O.N.U., rispecchierebbe sia. la. mole che la. grande importanza deU'atto per l'organizzazione internazionale: in tal senso si pu� ravvisare un :parallelismo con le �carte � costituzionali degli Stati, e ci� quale frutto di quel procedimento di osmosi storico-giuridica di cui si � fatto cenno pi� sopra.. In tema di accordi internazionali, l' A. giustamente nota come la validit� internazionale della �ratifica �, e (per analogia.) dell'atto di adesione nei c.d. cc trattati aperti �, sia. condizionata, dall'attuale convincimento degli Stati (vedasi l'attualissimo caso -ancora. allo stato fluido e perci� non citato nel libro che recensiamo -della ratifica del trattato della C.E.D. da parte degli Stati cosidetti cc occidentali �) al rispetto delle Costituzioni e, in particola.re, all'intervento degli organi rappresentativi della volont� popolare. Trattasi, secondo noi, di una gi� solida consuetudine inte:i:nazionale ispirata .dal principio di cc democratizzazione � del diritto internazionale. Dati i noti effetti degli accordi internazionali tra le parti e di fronte ai terzi, l'A. si propone il problema -che, almeno sul terreno concreto, sembra ormai definitivamente risolto dall'attuale ordinamento internazionale -della soggezione dei terzi Stati ai poteri di tutela associata. Tale soggezione sarebbe conseguenza dell'universalit� (quanto meno� virtuale) propria della nuova organizzazione internazionale, che vuole la difesa contro l'aggressione da parte di qualsiasi Stato anche se non membro. In altri termini, pi� che di deroga al principio generale dell'efficacia degli accordi internazionali nei confronti dei soggetti destinatari, si tratterebbe di una conseguenza propria del funzionamento dei sistemi di tutela associata. Altro problema di rilievo che il Miele si propone � quello degli effetti della guerra sui trattati. Il problema � importante anche per il diritto costituzionale, giacch� si tratta di sapere se sia necessario procedere a nuove norme di adattamento o a conferma delle norme di esecuzione preesistenti o se queste siano di per s� sempre in vigore: la questione si fa, in particolare, nel sistema italiano, per il c.d. ordine di esecuzione. La soluzione, in conformit� dei prevalenti e diremmo -pratici orientamenti deUa dottrina, non pu� essere (anche secondo il Miele) che quella della sospensione: ci�, in base al principio consolidato che lo stato di guerra non annulla l'ordine giuridico del tempo di pace, ma semplicemente lo sospende in parte nei rapporti fra i belligeranti. Trattando dei diritti soggettivi internazionali, l'A. accanto ai diritti di personalit�, pone su un piano di rilievo i diritti dell'autonomia che egli ripartisce, con criterio forse troppo analitico, in diritti. attinenti al c.d. dominio riservato; diritti all'esercizio di attivit� extraterritoriale; diritti ad un trattamento dei propri organi esterni; diritti al l'immunit� dalle giurisdizioni estere; diritti d'asilo. A proposito di dominio riservato, non si pu� non condividere la considerazione del Miele, nel senso che il diritto intern11izionale Q$lierno, mentre da un lato ne proclama il rispetto, dall'altro lato tende ad cc impadronirsene �. Trattasi, per�, di tendenza che non ha ancora trovato una definizione sul piano formale. Cosi, ad esempio, la �questione della c.d. internnazioalit� del problema costituzionale, inquadrata nell'ambito della interdipendenza dei fattori politici e storici delle odierne forme degli Stati, si pu� porre, per il momento, esclusivamente sul terreno politico. Il diritto di ogni Stato all'esercizio di attivit� extraterritoriale e ad un trattamento dei propri organi esterni pone, come suol dirsi, sul tappeto la questione dei limiti delle immunit� diplomatiche e consolari. Per gli agenti diplomatici � consuetudinariamente riconosciuta un'ampia imm~nit� dalla giurisdizione penale e civile, eccettuato, per quest'ultima, il caso delle azioni reali o possessorie relative ad immobili situati nello Stato di accreditamento. A titolo storico, vanno ricordate due sentenze della nostra Corte Suprema (20 aprile 1915 e 31 gennaio 1922) che, negando l'immunit� diplomatica oltre la sfera ufficiale, sollevarono in passato l'unanime protesta del Corpo diplomatico accreditato presso il nostro Stato. (Sulla questione, vedansi le recenti sentenze 24 marzo 1953 e 13 luglio 1953 del Tribunale di Roma, con nota di richiami, in �Foro It. �, 1954, I, 136). Quanto all'immunit� dello Stato dalle giurisdizioni estere, si osserva che essa non � riconosciuta in relazione ad atti o fatti di diritto privato. Con riferimento all'Italia, � opportuno ricordare che il D.L. 30 agosto 1925, n. 1621, convertito in legge 15 luglio 1926, n. 1263, subordina all'autorizzazione del Ministro della Giustizia l'esecuzione forzata sui beni degli Stati esteri. Fin qui si sono ricordati i diritti soggettivi internazionali. Ma neffordinamento internazionale si pu�, com'� noto, parlare anche di interessi protetti degli Stati in un significato non troppo lontano da quello del diritto interno. L'A. pone acutamente in rilievo che gli stessi sviluppi del diritto formale o strumentale relativo alla risoluzione pacifica delle controversie c.d .. cc politiche � (quelle controversie, cio�, insorte in dipendenza di una pretesa che non trova fondamento nel regolamento giuridico costituito e che pertanto tende ad evertere quest'ultimo) attestano la necessit� in cui si trova l'attuale diritto internazionale di ammettere una indiretta tutela degli interessi. Trattando della responsabilit� internazionale per fatti illeciti, il Miele, pur distinguendo fra responsabilit� per fatto dell'organo e responsabilit� per fatto d'individui, osserva giustamente che non v'� posto per la responsabilit� indiretta, gia�ch� in ogni caso trattasi di responsabilit� dello Stato per fatto proprio in occasione della condotta di orga:aj. od in genere di individui, contraria, come si suol dire, al diritto internazionale. In tali casi, il singolo individuo non potr�, di regola, essere tenuto responsabile internazionalmente del suo operato. Unica eccezione, ancora non del tutto defluita posi -12 tivamente, � quella dei criminali di guerra ed a tale proposito I'A. si augura l'istituzione di un vero e pro prio tribunale internazionale permanente, neutrale e precostituito a qualsiasi pericolo di conflagrazione. Il Miele respinge la dottrina che, sulla base di un preteso realismo giuridico, afferma l'impossibilit� della valutazione giuridica del ricorso alla guerra, e plaude alla pi� recente dottrina che, pur continuando ad occuparsi del fenomeno bellico sul piano del diritto internazionale, lo ha relegato o fra le garanzie del diritto internazionale di pace o fra le sanzioni del diritto internazionale. Ci� nonostante, egli segue la sistematica tradizionale, che fa un capitolo a s� delle norme del diritto di guerra, premettendo che, oggigiorno, il ricorso alla guerra che non sia di autodifesa o di esecuzione degli obblighi di tutela associata (contenuti nella Carta dell'O.N.U.) � illecito. � sottile, ma sostanzialmente esatta, l'osservazione. che l'instaurazione dello stato di guerra, sul piano giuridico, ha come effetto, non tanto l'applicazione diretta del diritto di guerra, come usualmente si dice, bensi il preliminare effetto di colorare o caratterizzare le fattispecie o gli eventi posteriori, nella cerchia degli Stati fra i quali sorge lo stato di guerra, come di natura bellica in senso giuridico; ossia, fattispecie tali da essere sussunte dalle norme di guerra. Accurata ed aggiornata � la trattazione dell'occupazione bellica con particolare riguardo ai poteri e ai doveri dello Stato occupante. L'A. considera anche il caso dell'occupazione armistiziale e ritiene che di tale natura debba essere considerata l'occupazione di Trieste, nel periodo dall'armistizio con l'Italia fino alla entrata in vigore (15 settembre 1947) del Trattato di pace Italia-Nazioni Unite. Con l'entrata in vigore di tale trattato, l'occupazione interalleata -non essendosi costituito, per la mancata applicazione del Trattato circa il governo del territorio internazionale, il c.d. Territorio Libero di Trieste -trova il suo titolo giuridico, secondo il Miele, nell'art. 21 del Trattato stesso, il quale prevede la cessione del territorio da parte dell'Italia condizionatamente alla effettiva erezione del Territorio internazionale: di qui, il permanere d'ell'occupazione alleata e (sebbene I'A. non lo dica esplicitamente) la sopravvivenza della sovranit� italiana, anche se non effettuale. (Per lo stato della giurisprudenza interna in proposito, vedasi il voi.III della Relazione della Avvocatura Generale dello Stato 1942-1950). Gravi e delicati problemi sono quelli che si pongono (e per l'Italia si tratta, purtroppo, di recente esperienza) circa la validit� da riconoscersi agli atti, specie amministrativi e giurisdizionali, dello Stato occupante. Come criterio generale di valutazione degli atti dell'occupante, l'A. propone, in conformit� del prevalente orientamento, il principio della legittimit� internazionale del singolo atto come condizione di validit� del medesimo nell'ordinamento dello Stato occupato. (Sulla questione, con riferimento al nostro ordinamento e ai periodi di occupazione tedesca e alleata del nostro territorio, vedasi il cit. vol. III della Relazione dell' A vvocatura Generale della Stato). U. CORONAS VINCENZO SICA: La controfirma. Napoli, Jovene' 1953. 1. In tutti gli Stati moderni gli atti del Capo dello Stato sono controfirmati da un Ministro. A parere del Sica, la� controfirma � un mezzo tecnico per attuare le norme costituzionali determinanti la competenza del Capo dello Stato e del Governo e la relazione fra questi due organi, donde la conseguenz�a che essa pu� assumere un valore diverso nei vari ordinamenti positivi. L'interpretazione corrente, per cui la controfirma esprime sempre la paternit� effettiva dell'atto� e l'assunzione di responsabilit� politica di fronte alle Camere. se � valida per l'ordinamento inglese, non lo � altrettanto per gli altri ordinamenti positivi. In un regime costituzionale puro, in cui il Governo non � responsabile di fronte alle Camere, la controfirma non pu� avere il valore sopra accennato. Ma anche nell'ambito dei regimi parlamentari,� essa pu� assumere qualificazioni e sfumature diverse. Un sistema abbastanza affine al clich� britannico era quello vigente nel Regno d'Italia. Il concetto inglese per cui al Re spetta il potere nominale, al Governo il potere effettivo, si traduce nella formula italiana per cui il Re � titolare del potere, ma il Governo ne ha l'esercizio. I Ministri svolgono l'attiv'it� di indirizzo politico e determinano il contenuto degli atti, che il Re fa propri con la firma. Ma formalmente � il Re titolare del potere, e potrebbe egli stesso, almeno in casi particolari, assumersi la iniziativa di atti politici o comunque esercitare un controllo di merito sul contenuto proposto dai Ministri: � solo una norma� di correttezza costituzionale che induce il Re ad astenersene. Non vi � dunque un netto limite giuridico fra competenza regia e ministeriale, per quanto la prassi tenda ad attribuire al Governo l'esercizio integrale del potere. �Non vi � articolazione vincolata di competenze. Vi � al contrario una disarticolazione che consente l'alternarsi di situazioni diverse, che consente in concreto l'evoluzione su descritta (p. 222). Re e Ministro concorrono a formare un atto complesso, nel senso che lo stesso atto � voluto e compiuto da due organi diversi. Ma la complessit�, avverte il Sica, � un genere comprendente varie specie. Quella cui dava luogo lo Statuto Albertino era una �complessit� disarticolata, in quanto l'ordinamento non descrive n� fissa il ruolo o la posizione delle attivit� elementari che danno vita all'atto complesso �: vi era infatti una �partecipazione indifferenziata dei Ministri e del Re alla formazione dell'atto (p. 223). Diversa � la situazione nell'ordinamento attuale, in cui il Capo dello Stato non � pi� il titolare dei massimi poteri, il perno del sistema. Non vi � pi� un Governo del Re, ma un Governo della Repubblica: prima il Govern� esercitava funzioni del Capo dello Stato; ora Governo e Capo dello Stato esercitano ciascuno funzioni proprie fissate dalla Costituzione. Il Governo ha il potere generale di indirizzo politico e amministrativo (art. 95); il Presidente della Repub- J -13 blica ha una serie di attribuzioni specifiche (per lo pi� elencate nell'art. 87). Anche nel nuovo ordinamento gli atti del Capo dello Stato sono controfirmati da un Ministro e sono quindi atti complessi in quanto voluti e compiuti da due organi. Ma la complessit� � qui caratterizzata dalla �articolazione rigida delle competenze, distribuzione vincolata di competenza agli organi costitutivi del sistema di governo>> (p. 228). 2. Il Sica mette peraltro in rilievo un secondo e importante elemento differenziale delle due Costituzioni. In quella del 1848 la preminenza nel sistema � attribuita all'istituzione regia contrappposta all'organizzazione rappresentativa, che ha il suo centro nella Camera dei deputati. La evoluzione costituzionale italiana � caratterizzata .. dall'espansione dell'organizzazione rappresentativa mediante il controllo della Camera bassa sul Governo, il quale da emanazione �della Corona si trasforma in espressione della maggioranza di essa Camera. Il Governo assorbe allora tutto il potere del Re; gli atti del quale, eccettuati i pochi di regia prerogativa, sono in realt� atti del Governo. La situazione si altera nel regime attuale, in cui anche il Capo dello Stato, quale eletto del Parlamento e �rappresentante dell'unit� nazionale))' fa parte dell'organizzazione rappresentativa. Mentre da un lato gli si � tolta la preminenza di cui godeva l'istituzione regia, dall'altro non si � sentito il bisogno di sottrargli ogni potere effettivo. Pertanto accanto agli atti il cui contenuto, come in regime monarchico, � determinato dal Governo, la costituzione ha previsto atti di iniziativa presidenziale. Anche questa seconda peculiarit� del nuovo sistema si riflette sulla controfirma. Poich� mentre nel regime precedente essa aveva sempre lo stesso valore, nel senso che tutti gli atti reali erano in realt� proposti e formulati dal Ministro controfirmante, il quale ne assumeva la responsabilit� politica, nel regime attuale vi sono due categorie di atti presidenziali: quelli di indirizzo politico e amministrativo formulati dal Governo e quelli costituzionali determinati dal Presidente. Principali fra questi: la nomina del Presidente del Consiglio (che secondo il Sica andrebbe controfirmata dal Premier dimissionario), di un terzo dei giudici della Corte costituzionale e di cinque senatori, la convocazione straqrdinaria e lo scioglimento delle Camere, il messaggio, il veto sospensivo delle leggi, la grazia, nonch� alcuni atti c.d. automatici, che il Presidente � tenuto a compiere verificandosi certi presupposti (indire le elezioni, fissare la prima riunione delle Camere, promulgare le leggi). La distinzione fra le due categorie di atti � importantissima ai fini del presente studio, poich� negli atti di indirizzo politico o amministrativo la controfirma esprime l'esercizio di un vero (( potere determinante n: iniziativa, formulazione dell'atto e quindi responsabilit� politica del Ministro; negli atti costituzionali la controfirma esprime l'esercizio di un mero cc potere costitutivo ))' che si sostanzia in un controllo di costitu zionalit� da parte del Ministro, soggetto non alla responsabilit� politica, ma solo a quella penale per alto tradimento o attentato alla co stituzione. Inversamente, la firma presiden7Jale realizza nella prima categoria di atti un puro controllo di costituzionalit�, esclusa qualsiasi partecipa zione al merito; nella seconda l'esercizio di un vero potere determinante del contenuto dell'atto. L'inversione del rapporto Pr�sidente-Ministro non � peraltro completa, sotto due profili. In primo luogo in entrambe le categorie di atti la firma presidenziale ha la funzione di attribuirli al Capo dello Stato rappresentante dell'unit� nazionale, anzich� al Governo, che non � l'or gano pi� elevato dello Stato e per giunta non rappresenta l'intera Nazione, ma solo la maggio ranza (maggioranza di oggi che pu� diventare la minoranza di domani). Inoltre il Capo dello Stato � sempre politica. mente irresponsabile dei propri atti, anche di quelli emessi di propria iniziativa. Secondo il Sica, la sua tesi non � in contrasto con l'art. 89 della Costituzione: cc Nessun atto del Presidente della Repubblica � valido se non � controfirmato dai Ministri proponenti, che ne assumono la responsabilit� n. La formula pecca di imprecisione, ma se indubbiamente sancisce l'obbligo della controfirma per tutti gli atti del Presidente, essa non dice che per tutti vi sia la proposta e l'assunzione di responsabilit� del Governo. Come aveva gi� rilevato il Vitta, la formulazione dell'art. 89 si spiega, oltre che con ragioni storiche, col fatto che gli atti di proposta governativa sono la grande maggioranza e costi tuiscono l'id quod plerumque accidit. 3. Una delle parti pi� interessanti del libro � l'indagine diretta ad individuare gli atti, il cui contenuto � determinato dal Presidente della Repubblica. Per la nomina del Presidente del Consiglio, il messaggio e il veto sospensivo delle leggi, il potere determinante e la discrezionalit� del Capo dello Stato � intuitiva. Per altri non lo � altrettanto, come testimoniano le diatribe svoltesi al proposito in sede politica. Varie ragioni inducono l'A. a ritenere di formulazione presidenziale la nomina di un terzo dei giudici della Corte costituzionale. La Corte � organo di giustizia; deve esserne assicurata la imparzialit� anche nell'eventualit� che deve giu . dicare su accuse promosse contro Ministri e su conflitti fra il Governo e altri poteri dello Stato. Devono essere scelte persone qualificate non da meriti politici, ma da requisiti tecnici (magistrati, avvocati, professori). Deve essere sottratta la nomina di questi giudici alla maggioranza; un giudice legato alla maggioranza di oggi, durando in carica dodici anni, pu� diventare avversario del Governo di domani: cc si avr� allora una Corte costituzionale composta di rappresentanti _del}a minoranza, il che praticamente porterebbe ad una degenerazione dello istituto, trasformandolo molto facilmente in un organo politico di lotta e resistenza dell'opposizione contro il Governo >> (p. 170). -14 Il Sica fa rilevare che la sua interpretazione non � pregiudicata dall'art. 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per cui il Capo dello Stato nomina i giudici con decreto controfirmato dal Presidente del Consiglio, dato che tutti gli atti del Capo dello Stato devono essere controfirmati. Anzi, in sede di approvazione della legge gli oratori sarebbero stati unanimi nel riconoscere che l'iniziativa della nomina spetti al Presidente della Repubblica, mentre sarebbero rimasti divisi solo sul punto se il Presidente del Consiglio possa partecipare al merito dell'atto o -come l'.A. ritiene -deve limitarsi ad un puro controllo di costituzionalit�. Anche la nomina dei senatori a vita sarebbe atto di formulazione presidenziale, poich� devono essere scelte persone qualificate da meriti sociali, scientifici ed artistici, e non politici e poich� la potest� di alterare il rapporto fra maggioranza e minoranza, sia pure per una frazione esigua di parlamentari, non pu� essere demandata al Governo. Il potere di grazia spetta al Capo dello Stato, perch� non � materia politica e perch�, incidendo sull'efficacia di atti giurisdizionali, se fosse attribuito al Governo vulnererebbe in un certo senso l'autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario. Ci� non esclude peraltro l'importanza al riguardo dell'attivit� preliminare della pubblica amministrazione, in ispecie del Ministero della Giustizia, come stabilito dalle leggi ordinarie. Ohe lo scioglimento delle Camere sia atto presidenziale e non governativo, si desume dalla lettera dell'art. 88: cc pu�, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere �. cc Pu� �, ossia esercita una facolt� discrezionale, mentre quando un atto � proposto dal Governo il Presidente, se non � incostituzionale, deve firmare. cc Sentiti i loro Presidenti�: � lo stesso Capo dello Stato, e non il Governo, che� deve consultare i Presidenti. Ma il Sica insiste sopra tutto sulla funzione dello scioglimento delle Camere nella vigente Costituzione, che non sarebbe pi� quella di risolvere un conflitto politico fra le Camere e il Governo, bensi quella di risolvere una crisi provocata dall'inesistenza di una solida maggioranza nelle Camere. Nel nostro ordinamento, schiettamente parlamentare, sarebbe impossibile un conflitto fra Parlamento e Governo, perch� questo � l'espressione di quello: il Parlamento non si limita come nel vecchio ordinamento a minacciare un voto di sfiducia, ma deve fin dal primo momento dare la propria investitura con il voto di fiducia. � invece possibile che nelle Camere non riesca a formarsi una maggioranza attiva. ed operante, donde una crisi di funzionamento del sistema, perch� le Camere non potrebbero lavorare, n� esprimere dal proprio seno un governo stabile. Lo scioglimento mirerebbe dunque, attraverso nuove elezioni, a mutare la composizione delle Camere, in modo da assicurarvi una maggioranza efficiente. cc Non risponde a fini politici, ma ad esigenze di struttura � (p. 145): non spetta quindi al Governo, organo di indirizzo politico, ma al Presidente, organo di funzionamento del sistema. 4. La dimostrazione di queste tesi � l'epilogo di una chiara e diffusa disamina della costituzione, e sopra tutto delle attribuzioni presidenziali e governative. Il Governo ha il potere politico. Il Presidente ha .una competenza propria, quale cc organo di funzionamento del sistema � (p. 206), e in tale ambito compie atti di propria iniziativa. Gli � inoltre attribuito un controllo di costituzionalit� degli atti di governo. Il Governo, espressione della maggioranza, � oggi in realt� l'organo-guida del Parlamento, e persegue i suoi obiettivi non solo con atti politici ed amministrativi, ma anche con le leggi che induce il Parlamento a votare. Occorrono perci� efficaci controlli degli atti della maggioranza: la nostra Costituzione d� il potere alla maggioranza, ctma ad una maggioranza che sia e resti tale nel suo dialogo quotidiano con la minoranza� (p. 236). La Corte costituzionale � garanzia esterna al sistema. Il Presidente della Repubblica, con la sua alta e delicata funzione di controllo degli atti di governo e delle leggi, Ǐ l'estremo limite -l'ultimo -che agisca nel sistema per vincolare la maggioranza alla sua posizione strutturale, per impedire che la maggioranza si trasformi in dittatura � (p. 239). Ci� giustifica la facolt� presidenziale non solo di rinviare le leggi, ma anche di rifiutare la firma degli atti di governo anticostituzionali; facolt� che � anche un dovere, poich� altrimenti non si comprenderebbe la responsabilit� del Presidente per alto tradimento e attentato alla Costituzione (art: 90). Negli atti di iniziativa presidenziale le parti si invertono, e il controllo di costituzionalit� � compiuto dal Governo, il quale ha pertanto il potere di rifiutare la controfirma. � dunque possibile un conflitto fra i due organi, che secondo l'.A. non pu� essere deferito alla Corte costituzionale, poich� questa � chiamata a dirimere i conflitti fra i cc poteri � dello Stato, e il Presidente non � un potere nel senso che questa parola assume nella costituzione, cio� �attivit� dell'organizzazione statale nei riguardi della comunit� dei cittadini �: laddove la funzione del Capo dello Stato cc non supera ma si svolge nei limiti dell'organizzazione statale, non si indirizza alla comunit� dei cittadini � (p. 231, 240; contra BASCIDERI, B. d'E. e G.; La Costituzione italiana, Firenze, 1949, 463). Un conflitto fra Presidente e Ministro � perci� privo di rimedi giuridici e rende impossibile la emanazione dell'atto, di cui � rifiutata la firma o la controfirma. Tale pericolo non deve peraltro spaventare. In primo luogo esso pu� tradursi eccezionalmente in realt�; in secondo luogo la non emanazione dell'atto ritenuto incostituzionale da un altissimo organo dello Stato non deve in via di principio ritenersi un danno, ma un vantaggio: cc la crisi o la par~li!'li sono e si pongono non come un dato negativo, m&. cQme. la situazione voluta per fermare eventuali attivit� anticostituzionali � (p. 244). Sull'istituto della controfirma si � andato risveg�iando l'interesse della dottrina (cfr. LETTIERI: La controfirma degli atti del Presidente della -15 Repubblica, Roma 1951; VITTA: Atti presidenziali e proposte ministeriali nella vigente Costituzione, in {{ Riv. .Amm. n, 1951, I, 297; RUINI: La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello Stato, in Foro Padano 1951, IV, 17: le due ultime opere recensite dal Carbone in questa Rassegna, 1951, 157 e 1952, 134). Le conclusioni cui giunge il Sica in quest' aggiornata e completa monografia sembrano in linea di massima accettabili. Effettivamente esiste nel nuovo ordinamento costituzionale un'articolazione di competenze fra Capo dello Stato e Governo, che era ignota all'ordinamento precedente. Riteniamo per� col Ruini che la situazione oon sia radicalmente mutata e che ancora oggi i rapporti fra Oapo dello Stato e Governo siano materia soprattutto di prassi e correttezza costituzionale. Il Sica ha forse contrapposto in modo troppo schematico i due ordinamenti succedutisi in Italia. I principi del sistema albertino non si possono enunciare citando articoli dello Statuto, che non fu applicato alla lettera neppure nel 1848 e diede subito luogo ad un regime schiettamente parlamentare. Quanto alla costituzione del 1947, la lettera � certo pi� aderente allo spirito e la molteplicit� e sviluppo delle norme permette, con la semplice lettura, di cogliere pi� f acilmente l'essenza del sistema. Ma non � possibile ridurre in schemi perfetti e rigidi una realt� ancora in gestazione, che solo un'adeguata vegetazione di norme scritte e non scritte potr� realizzare (vedi per il governo di gabinetto le convincenti osservazioni del CARBONE: L'interpretazione delle norme costituzionali, Padova, 1951, 25 s. ). � Sembra esatta l'opinione che una serie di atti previsti dalla costituzione siano di iniziativa del Capo dello Stato e non del Governo. Negare in blocco l'esistenza di tali atti sarebbe assurdo, poich� per uno almeno di essi, la nomina del Presidente del Consiglio, � inammissibile una proposta ministeriale; e perch� l'iniziativa del Capo dello Stato � intuitiva per altri atti, come il messaggio e il veto sospensivo di una legge. Il pericolo di una dittatura presidenziale � addirittura inconcepibile in un ordinamento come il nostro, che affida i massimi poteri al Governo e al Parlamento. L'argomento potrebbe essere rovesciato, e sostenersi che se la costituzione d� tutto il potere politico a questi due organi, non vi sarebbe posto per �un'attivit� politica del Presidente. Senonch� l'autonoma attivit� presidenziale non � di indirizzo politico, ma � diretta al funzionamento del sistema; essa comunque si giustifica con esigenze di equilibrio. Assai interessante nel lavoro del Sica � la disamina dei vari atti del Capo dello Stato, e persuasiva la dimostrazione della di lui iniziativa nei riguardi dei c.d. atti costituzionali. Non convince peraltro la limitazione del potere di scioglimento delle Camere al caso di insistenza di un'efficiente maggioranza. Ci� sar� esatto per la Costituzione di Bonn, dove � sancito da una norma espressa, non per la Costituzione italiana. N ~� sembra vero che nel nostro sistema sia impossibile un confiitto fra Governo e Camere, solo perch� occorre fin dall'inizio il voto di fiducia: � ben possibile che dopo il voto di fiducia un gruppo favorevole al Governo passi all'opposizione, trasf armandola in maggioranza. Ed anche altre crisi costituzionali sono concepibili. Non si pu� dunque ridurre il potere di scioglimento a quell'unico caso. Lo stesso Guarino, che in precedenza lo aveva limitato al caso di confiitto fra Camera e Governo, ha dovuto ricredersi dopo lo scioglimento del Senato disposto nel 1953 in seguito ad una crisi politica non determinata da un suo confiitto col Governo (n� dall'inesistenza di una maggioranza efficiente): �I recenti avvenimenti dimostrano che non tutti i casi dell'esperienza si la sciano inquadrare negli schemi sopra segnati. La fantasia della realt� � pi� ricca di quella degli scrittori n (Lo scioglimento anticipato del Senato, in cc Foro It. �, 1953, IV, 89). Se si ritenesse possibile lo scioglimento delle Camere per confiitto col Governo, dovrebbe per� ritenersi che il relativo atto, squisitamente politico, sia di iniziativa del Governo o almeno frutto di un accordo fra Governo e Capo dello Stato. Ci� fa pensare che alla netta bipartizione del Sica fra atti di iniziativa presidenziale ed atti di iniziativa governativa, sia forse preferibile la' classificazione del Ruini, comprendente una categoria intermedia di atti, il cui contenuto pu� essere determinato secondo i casi dall'uno o dall'altro organo; e che comunque la materia sia regolata non tanto da rigide norme giuridiche, quanto da norme pi� elastiche di correttezza e opportunit�. Passando agli atti di indirizzo politico e amministrativo, propri del Governo, sembra giusta la opinione del Sica che il Presidente possa rifiutarne la firma quando li ritenga anticostituzionali. Questo potere si giustifica con la posizione di garante della Costituzione assegnata al Capo dello Stato. Si ritiene tuttavia che esso potere sia discrezionale, e che non costituisca un preciso dovere, sanzionato dalla responsabilit� di cui all'art. 90, se non quando l'atto violi la costituzione in modo grave e pericoloso per la struttura dello Stato. Nell'ambito di tale discrezionalit�, il Presidente pu� quindi concedere la sua firma, quando ritenga ci� politicamente opportuno, p.e. quando il suo rifiuto possa apparire una presa di posizione a favore di una parte in quel dialogo fra maggioranza e minoranza, cui egli dovrebbe rimanere sempre neutrale. GIANCARLO OLMI RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Opera Nazionale Combattenti -Deliberazione del Collegio Centrale arbitrale sui trasferimenti in propriet� -Natura di atto amministrativo -Inammissibilit� del ricorso in cassazione. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 2278/53 - Pres.: Acampora; Est.: Pepe; P. M.: De Martini Geronimo contro O.N.C. e Ministero Agricoltura). Hanno natura puramente amministrativa, e non giurisdizionale, le deliberazioni del Collegio centrale arbitrale presso l'Opera Nazionale Combattenti, con le quali si dichiara la sussistenza delle condizioni, richieste dall'art. 14 del regolamento allegato al R.D.L. 16 settembre 1926, n. 1606, per procedere ai trasferimenti in propriet� dei fondi espropriati a favore dell'Opera stessa. �, pertanto, inammissibile il ricorso in Cassazione proposto contro tali deliberazioni. 1. La questione presa in esame dal Supremo Collegio (vedi anche Lanza Branciforte contro O.N.C. e Ministero .Agricoltura e Foreste, in �Foro It. �, 1953, I, 779;. Tiralosi �e Visacchi contro O.N.C. e Ministero .Agricoltura e Foreste; e altre) si presenta con carattere di novit�, non risultando in materia precedenti specifici (vedi rif. Cons. Stato, Sez. VI, 27 agosto 1951, n .. 368, in � Giur. Cass. � Civ. n, 1951, III, 1266; Cons. Stato, Sez. IV, l� novembre 1948, n. 470, in � Giur. Cass. Civ.>>, 1948, III, 1001). I termini della questione sono i seguenti: ai sensi dell'art. 16 del Regolamento legislativo per l'ordinamento e le funzioni dell'Opera Nazionale Combattenti, approvato con R.D.L. 16 settembre 1926, n. 1606, il Collegio centrale arbitrale, costituito a norma dell'art. 30, dichiara �la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 14 per il trasferimento di propriet� e l'assegnazione in enfiteusi o in affitto >> di immobili suscettibili di opere, modifiche e costruzioni attinenti ai fini dell'attivit� che l'Opera svolge nel campo agricolo. Il trasferimento in propriet� e l'assegnazione in enfiteusi o in affetto vengono disposti (art. 17) successivamente con decreto del Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio di concerto con uno dei Ministri, indicati nell'art. 17, secondo le rispettive competenze. . In caso di pronuncia, favorevole alla richiesta dell'Opera -quella negativa, costituisce, di per s�, rigetto della domanda -il provvedimento del Capo dello Stato pu� essere di reiezione o di accoglimento della richiesta stessa; infatti, esso, non pare vincolato (v. art. 17) alla dichiarazione p.ositiva di sussistenza delle condizioni di legge da parte del Collegio centrale. Rettamente, a nostro avviso, la Suprema Corte ha affermato il carattere amministrativo e non giurisdizionale, o misto, del procedimento e dell'atto dichiarativo, di cui all'art. 16 del R.D.L. 16 giugno 1926. In materia si ravvisano opportune alcune osservazioni. 2. Nel nostro ordinamento positivo, nell'ambito dell'attivit� amministrativa della Pubblica .Amministrazione, � dato riscontrare una zona qualificata dal carattere contenzioso. dell'attivit� medesima: ctlmpo, invero, solo di recente compiutamente esplorato e sistemato dalla dottrina, in relazione alle esigenze della vita giuridica e a perspicue affermazioni giurisprudenziali (GIANNINI, M. S.; Decisioni e deliberazioni amministrative, in cc Foro .Amm. �, 1946, I, 154; IDEM: Sulle decisioni amministrative contenziose, in cc Foro .Amm. �, 1949, I, 1, 316; IDEM: .Accertamenti amministrativi e decisioni amministrative, in cc Foro It. �, 1952, �IV, 169; N�'GRO: Le decisioni amministrative, 1953). Nella nostra esposizione, richiamiamo, in particolare, l'attivit� delle speciali commissioni in materia di assegnazione di terre incolte, di danni di guerra, di epurazione, di revindica di beni .A.R. .A.R. ecc. a) n D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 279, il D.L.L. 26 aprile 1946, n. 597, il D.L.C.p.S. 6 settembre 1946, n. 89 e il D.L.C.p.S. 27 dicembre 1947, n. 1710, avevano istituito e regolato apposite Commissioni, sedenti presso i Tribunali dei capoluoghi e competenti all'esame delle domande di concessione (e di decadenza) di terre incolte. Le Commissioni (LANDI: Concessione di terre incolte ai contadini, 1947, 'p. 46) accertavano e dichiaravano la sussistenza delle condizioni di legge richieste per far luogo alla concessione e de� terminavano l'indennit�, in caso di mancato accordo tra le parti, attraverso un p_r:ocedimento, ispirato al principio del contraddittorio e pro_mo_f!SO ad istanza di parte. La decisione negativa concretava, di per s�, il rigetto della domanda ed era dichiarata impugnabile solo con ricorso (gerarchico) dell'Ispettorato com-lpartimentale al Ministero dell' .Agricoltura --e Foreste. -17 La pronuncia favorevole della Commissione vincolava il Prefetto all'emanazione del provvedimento prefettizio di concessione, la cui impugnabilit�, esclusa dalla legge tranne che per la parte concernente l'indennit�, � stata riconosciuta in seguito dal Consiglio di Stato, dopo un'incerta elaborazione giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 303/48 Sez. V, 342/48; Sez. V, 255/49), susseguente alla entrata in vigore della Costituzione (art. 113). Parallelo era il procedimento di decadenza delle concessioni. Con legge 18 aprile 1950, n. 199, la funzione delle Commissioni di cui sopra � stata limitata alla sola determinazione dell'indennit�, mentre le funzioni, gi� demandat.e a questa per l'accertamento della sussistenza delle condizioni richieste per la dichiarazione di decadenza, sono state trasferite ad .altre Commissioni sedenti presso le Prefetture, i cui �pareri n, favorevoli o meno all'istanza di concessione o di decadenza, vengono sempre seguiti dal decreto prefettizio. Sotto l'imperio delle precedenti disposizioni, dopo qualche affermazione del carattere giurisdizionale delle CommissiOni e delle loro decisioni (Rep. cc Foro It. n, 1946, col. 24, n. 8; TORRISI, in cc Foro It. n, 194 7, III., 156: .Alcune questioni in tema di concessione), la prevalente dottrina e giurisprudenza ne hanno concordemente affermato il carattere amministrativo, senza, per�, che fosse accertato definitivamente, il carattere della pronuncia, che la stessa legge qualificava a volte cc parere � (art. 6 D.L.L. 279/1944), a volte cc decisione n (art. 5 stesso D.L.L. 279} e che la dottrina indicava ora come pareri, ora come accertamenti tecnico-amministrativi. In base alla nuova legge 199/1950, non sembra possano sussistere dubbi sulla natura amministrativa delle Commissioni istituite presso le Prefetture. b) In materia di epurazione, il D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159, aveva affidato a speciali Commissioni il compito della valutazi�ne degli addebiti e della determinazione delle sanzioni (limitato dal successivo D.L.L. 9 novembre 1945, n. 702, alla sola dichiarazione di incompatibilit� dell'impiegato). La pronuncia di detta Commissione, emessa a seguito di un procedimento pure ispirato al principio del contraddittorio, e variamente definita dal legislatore, aveva efficacia assolutamente vincolante per l'Amministrazione. Il carattere amministrativo delle Commissioni e delle loro decisioni, dapprima contrastato, � stato poi costantem�nte ribadito dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Cassazione. c) La speciale Commissione incaricata (D.L. C.p.S. 28 febbraio 1947, n. 119) dell'accertamento dei diritti di terzi sui beni pervenuti in possesso dell'A. R.A.R., ha, secondo la. prevalente dottrina, carattere amministrativo. (Vedi in questa Rassegna, 1953, 16). d} Come � stato giustamente osservato (NIGRO, Op. cit.) anche carattere amministrativo va attribuito alle Commissioni per l'assegnazione degli alloggi I.N.A.-Casa (D.P. 22 giugno 1949, n. 340), le quali, decidendo sulle opposizioni prodotte avverso la graduatoria provvisoria, formano quella definitiva. Si ricordano ancora l'attivit� della Pubblica Amministrazione diretta alla decisione dei ricorsi amministrativi, l'attivit� dei consigli di disciplina, quali espressioni tra le pi� salienti dell'attivit� am ministrativa contenziosa. Riteniamo, per l'evidente analogia con gli organi sopra descritti, che anche il Collegio arbitrale cen trale, istituito presso l'O.N.Q. ai sensi. �lell'art. 30 del R.D.L. 16 settembre 1926, n. 1606, nell'esercizio delle funzioni di cui all'art. 16 dello stesso decreto, abbia natura amministrativa ed esplichi, quindi, un'attivit� amministrativa, culminante in atti (de cisioni) amministrativi, attraverso un procedimento ammihistrativo, di carattere contenzioso,� ampia mente ispirato al principio del contraddittorio. Lo stesso legislatore riconosce (art. 30) che il detto Collegio esercita funzioni amministrative, oltre che giurisdizionali e l'attivit� di cui all'art. 16 non pu� qualificarsi che amministrativa. L'accertamento e la dichiarazione della sussistenza delle condizioni, richieste da,lla legge per farsi luogo al trasferimento di propriet� o all'assegnazione in enfiteusi, mirano alla cura di interessi pratici e concreti dell' A mmini. strazione; le decisioni (recanti la pronuncia, positiva o negativa) sono atti amministrativi e non sentenze, con efficacia di giudicato, non importando, tra l'altro, la preclusione della. questione; lo stesso procedimento, se pure ispirato al principio del con traddittorio, non � quindi giurisdizionale. 3. Il fenomeno della collaborazione giuridica tra la Pubblica Amministrazione e il privato (intesa la parola nella sua pi� estesa accezione) nel procedimento di formazione dell'atto amministrativo non ha largo sviluppo nel nostro ordinamento, come � dato facilmente di rilevare. Peraltro, osserva giustamente il Guieciardi, il prin cipio sostanzialmente accolto dal legislatore, ma che non � stato mai praticamente tradotto nella realt� degli istituti positivi, sembra essere l'opposto, ispi rato cio� ad ampia, normale partecipazione del pri vato alla formazione dell'atto. Infatti, l'art. 3 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, cos� di'Spone: cc Gli affari non compresi nell'articolo precedente, sa ranno attribuiti alle autorit� amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei Consigli amministrativi che, nei diversi casi, siano dalla legge stabiliti �. V'�, quindi, un principio che ammette, in via ordinaria e normale, la partecipazione attiva del privato, ma che, peraltro, come osserva il chiaro A. � rimasto allo stato meramente progr�mmatco. Comunque, � un'esigenza, specialmente oggi vivamente sentita, che detto principio informi sempre pi� gli istituti, s� da caratterizzare il normale procedimento ammi nistrativo . . � dato poi di rilevare l'ulteriore tendenza a che la collaborazione del privato s� esplichi secondo i limiti e con le garanzie, proprie del contraddittorio. (MoRTATI, Istituzioni di Diritto pubblico, pag. 507). E sembra� che nell'art. 3 della legge sul contenzioso amministra tivo questa forma d~ attivit� trovi il suo addentellato: il carattere del contraddittorio qualifica "�nche l'atto amministrativo ((( decreto motivato ))), che, in modo appropriato la dottrina definisce cc decisione �. Si determina, in tal modo, l'attivit� amministrativa c.d. contenziosa, diretta alla risoluzione di controversie con le formalit� del contraddittorio. -18 4. L'attivit� contenziosa (amministrativa) della Pubblica Amministrazione va distinta dall'attivit� giurisdizionale. A criterio discretivo non va posta n� la risoluzione di controversie n� il carattere contenzioso del procedimento: questi ultimi sarebbero elementi propri della giurisdizione, come ritenuto dalla migliore dottrina. La distinzione pu� formularsi tenendo presente l'essenza stessa delle due forme di attivit�: quella giurisdizionale tende alla conservazione dell'ordine giuridico, l'altra alla realizazzione dei singoli interessi pubblici (ROMANO: Principi di Diritto amm., pag. 1-4). N�, d'altra parte, detta attivit� contenziosa � assimilabile a quella dei tribunali del contenzioso amministrativo, esistenti nel sistema del 1859, atteso che essa si concreta in una attivit� di amministrazione attiva, esplicata da organi che all'amministrazione attiva appartengono, e che non sono caratterizzati secondo un criterio organico di competenza, ma secondo l'ogetto della loro attivit� o, meglio, secondo l'oggetto delle controversie portate al loro esame (LAVAGNA: Rass. dir.pubblico, 1947, III, 325 e segg.). Trattasi, dunque, di attivit� amministrativa diretta alla risoluzione di controversie che si svolge secondo le regole del contraddittorio, da intendersi nell'accezione di cui all'art. 101 O.p.c. (NIGRO, op. cit.). L'estensione dell'oggetto delle controversie non �, per�, pacifica. Il Laiiagna (loc. cit.) sostiene trattarsi di controversie sulla validit� degli atti della Pubblica Amministrazione, in altri termini sulla conformit� degli atti amministrativi alle c.d. norme di azione; di controversie, cio� � le quali appaiono costituite non gi� da contrasto di interessi, ma da una diversa valutazione della fattispecie per la tutela di un medesimo interesse, cio� dell'interesse pubblico. Sotto altro profilo, il contenzioso amministrativo, nel suo pi� ristretto concetto materiale, star� ad indicare le sole controversie relative ad interessi semplici o legittimi, non anche quelle su veri e propri diritti soggettivi >i. L'affermazione non convince. Basta tener mente al sistema dei ricorsi amministrativi, attraverso i quali pu� attuarsi la tutela di diritti subiettivi, per osservare come la suddetta limitazione non sia giu stificata. Si rileva, inoltre, che dette controversie, come si evince dagli esempi sub 2, rifiettono anche e sopratutto la conformit� degli atti amministrativi alle c.d. norme di relazione, .interessanti la sfera giuridica degli altri soggetti. Le controversie, perci�, abbracciano contrasti di interessi sia economici che giuridici. N �, quindi, l'attivit� contenziosa si limita, come assume il Lavagna, alla materia dei ricorsi ammini strativi e alla risoluzione di controversie sulla vali dit� di atti o di provvedimenti gi� emanati, abbrac ciando essa, invece, potenzialmente, tutto il canpo dell'attivit� della Pubblica Amministrazione. La � decisione �, alla stregua delle suesposte con siderazioni, � senza dubbio un atto amministrativo. Il Nigro (op. cit., p. 49) la classifica, secondo l'orientamento della dottrina germanica, tra gli accertamenti costitutivi. L'A. distingue, anzitutto gli accertamenti storici, operanti in un campo puramente logico, dagli accertamenti giuridici, i quali, pur muovendo dall'accertamento di determinati fatti, pongono una determinata situazione giuridica. Tra questi ultimi distingue ancora gli accertamenti meri, i quali realizzano le condizioni per la creazione di una situazione e accertamenti pienamente costitutivi i quali di per s� creano detta nuova situazione. La distinzione corrisponde appunto a q'l!-ella tra. decisioni finali e non finali. Il Giannini (M.S.) rileva, invece, che le decisioni sono precipuamente manifestazioni di volont�. Esse, nella azione volitiva amministrativa, determinano il contenuto della volizione, che, di regola, � poi estrinsecata in un atto successivo: cio�, possono formare l'atto terminale del procedimento, quando la determinazione del voluto (es.: pronuncia negativa) sia sufficiente a produrre l' e'ffetto giuridico, oppure vanno seguite dall'atto recante la volizione concreta. Nel secondo caso costituiscono un atto preliminare del procedimento oppure si fondono insieme all'atto che le segue in un atto complesso. Il Vitta (gli atti certificativi e le decisioni amministrative, in � Giur. It. �, 1924, IV, 97), infine, pur classificando le decisioni tra gli accertamenti, ritiene che si tratti di pronuncie dichiarative preliminari ad una manifestazione di volont�. Or non � dubbio che la decisione consista in una manifestazione di volont�; per�, la distinzione posta tra determinazione del voluto e volizione, se pur interessante nel processo psicologico di formazione dell'atto, non � conferente nella specie, non avendo, in effetti rilevanza esterna. La decisione in s� e per s�, � una volizione, recante, per�, un accertamento di carattere costitutivo, in quanto crea una situazione giuridica nuova sulla base di precedenti dati di fatto; si presenta, perci�, come un atto misto, quali di frequente si riscontrano nel nostro campo. Pu� avere carattere finale, ed allora, nel procedimento di realizzazione della fattispecie, integra e conclude la fase costitutiva; pu�, invece, essere strumentale agli effetti di un successivo atto, ed allora si pone nel pi� ampio procedimento, in una posizione particolare ad integrare una fase del procedimento, che, in dottrina, � stata indicata quale sub-procedimento. Nel primo caso, la decisione sar� immediatamente impugnabile, nell'altro, pur costituendo una nuova situazione giuridica, concreter� una effettiva lesione di interessi solo attraverso l'atto finale. La decisione, infine, si distingue dalla deliberazione -intesa, questa, nella pi� comune accezione di atto collegiale o di forma del medesimo -in quanto nella deliberazione, la volont�, di carattere meramente programmatico, si concreta, in genere in atti interni della Pubblica Amministrazione e non � qualificata a dirimere controversie (GIANNINI M.S., in �Foro It. �, 1952, cit.: NIGRO, Op. cit.). R. LASOHENA GIURISDIZIONE -Pronuncia di decadenza dalla ca rica di sindaco per sopravvenuti motivi di ine leggibilit� -Competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria. (Corte di Cass., Sez. Un., i:!lent. n. 3188/53 - Pres.: Acampora; Est.: Ricciardelli; P.M.: DeMartini (conf.) -Cuccagna contro Prefetto di Perugia). La pronunzia di decadenza dalla carica di consigliere comunale congiunta a quella di Sindaco, a causa di sopraggiunti motivi di ineleggibilit�, -19 I I spetta al Consiglio comunale, che vi procede su formale richiesta del Prefetto. In caso di omessa pronuncia nel termine di due mesi o di ricorso avverso la deliberazione del Con ~ siglio comunale, la controversia � demandata alla cognizione della Giunta provinciale amministra i ~ tiva e la decisione di tale organo � impugnabile, ai sensi della legge elettorale politica approvata con R. D. 2 settembre 1919, n. 1495, con ricorso I alla Corte di Appello, la cui sentenza � ricorribile ~ per Cassazione. I I I Segnaliamo all'attenzione degli studiosi questa importante sentenza, che, modificando la precedente giurisprudenza (Cass. 15 marzo 1948, n. 399: Contenti- Mascia, in � Riv. Amm. �, 1948, 280), afferma alcuni fondamentali principi in una materia, nella quale si sente sempre pi� viva l'esigenza di una legislazione organica, che renda possibile all'interprete ed al pratico l'individ1,azione delle norme in vigore. Nella specie l'Amministrazione aveva seguito la procedura che la Corte ha poi ritenuto corretta. Il Prefetto, cio�, aveva chiesto al Consiglio comunale di Cannara la pronunzia di decadenza del sindaco, Feliciano Cuccagna, per sopraggiunti motivi di ineleggibilit�. La richiesta del Prefetto fu respinta, donde il ricorso alla G.P.A. che pronunzi�. la decadenza del Cuccagna, il cui ricorso alla Corte di Appello di Perugia fu respinto, donde il ricorso per Cassazione. All'udienza del 22 aprile 1952 il P.M., in considerazione della citata sentenza n. 399/48, chiese che il ricorso fosse rimesso alle Sezioni Unite per la risoluzione della questione di giurisdizione. La Corte, modificando la precedente giurisprudenza, ha ritenuto sussistere nella specie la giurisdizione della Corte di Appello, ma a tale conclusione � pervenuta ritenendo abrogate le norme contenute nel comma 9 dell'art. 149 del T. U. 4 febbraio 1915, n. 148 e nell'art. 30 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, per effetto del D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1 e dell'articolo 1 D.L.L. 10 febbraio 1946, n. 76, che hanno regolato ex novo la materia dell'ineleggibilit� e della decadenza e� che, quando hanno voluto richiamare in vigore le norme del T. U. 1915, lo hanno fatto espressamente (art. 4, 6 u.p. e 10 D.L.L. n. 1 del 1946). Dall'annotata sentenza si evince che il potere concesso al Prefetto dall'art. 30 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, di pronunziare, invece del Governo, come disponeva il comma 9 dell'art. 149 del T. U.1915, la decadenza del Sindaco per sopravvenuti motivi di ineleggibilit�, pi� non esisterebbe. A tale conclusione, che la Corte non ha esplicitamente enunciato, ma che deriva logicamente dalle premesse, non riteniano di poter aderire. Per una migliore comprensione delle questioni � necessario ricordare le varie norme che hanno regolato la materia. L'art. 146 del T. U. 1915 prevedeva alcuni casi di ineleggibilit� a sindaco in aggiunta a quelli di ineleggibilit� a consigliere. L'art. 147, comma 8, attribuiva al Prefetto il potere di annullare con decreto motivato la nomina del sindaco, che si trovasse in uno dei casi stabiliti dall'art. 146. In armonia con queste norme l'art. 149, comma 9, stabiliva che la qualit� di sindaco si perde per le stesse cause, per le quali si perde la qualit� _di con sigliere o per� sopravvenienza di una delle cause di ineleggibilit� indicate nell'art. 146. La decadenza doveva essere pronunziata dal consiglio comunale o in mancanza dal Governo. L'art. 30 R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, modific� questo ultimo punto; �attribuendo il relativo potere al Prefetto invece del Governo. La legge 7 gennaio 1946, n. 1 all'art. 6 (art. 5 T. U. 5 aprile 1951, n. 203), nello stabilire le modalit� per l'elezione del sindaco, dichiara applicabili i comma 6, 7, 8 e 9 del T. U. 1915. Non v'� dubbio, perci�, che il Prefetto possa annullare la nomina del Sindaco, che si trovi in uno dei casi di speciale ineleggibilit�, gi� previsti dall'art. 146 T. U. 1915 ed ora indicati nell'art. 7 del D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1 (art. 6 T. U. n. 203/1951). La legge del 1946 non riproduce, per�, n� richiama le norme contenute nell'art. 149 del T. U. 1915. Essa all'art. 9 (art. 9 del T. U. 1951, n. 203) stabilisce che la qualit� di consigliere e di assessore si perde verificandosi uno degli impedimenti, delle incompatibilit� o delle incapacit� contemplate dalla legge. Sembrerebbe, perci�, non prevista la decadenza del Sindaco. Ma il successivo art. 10 (art. 10, comma 1, del T. U. 203/1951) richiama espressament�, per il regolamento delle attribuzioni e del funzionamento degli organi comunali, il T. U. 1915; ed in questo richiamo � certamente compreso l'art. 149; e, a nostro avviso, esattamente il T. U. 203/1951 al comma 2 dell'art. 10 dispone che al Sindaco si applicano le disposizioni del citato T. U. 1915. � vero che il T. U. del 1951 � stato emesso in forza dell'art. 21 della legge 24 febbraio 1951 n. 84, che non attribuisce al Governo il potere di coordinare il D.L.L. n. 1 del 1946 col T. U. del 1915, bens� di coordinare con la stessa legge n. 84 i DD. LL. LL. 1, 76 e 83 del 1946, ma il richiamo dell'art. 149 deve ritenersi contenuto nell'art. 10 del D.L.L. n. 1 dell'anno 1946. -Riteniamo, pertanto, che sia in vigore il citato articolo 149 e che la decadenza del Sindaco possa essere pronunziata dal Consiglio comunale o dal Governo (non dal Prefetto perch� il rinvio � fatto al T. U. del 1915 non modificato dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839). Da queste premes,se deriva la conseguenza che la decadenza dalla qualit� di sindaco pu� essere pronunciata dal Consiglio comunale o dal Governo. In quest'ultimo caso contro il provvedimento, eminentemente discrezionale, del Governo � dato ricorso al Consiglio di Stato. Quando, invece, la decadenza sia pronunciata dal Consiglio comunale dovranno seguirsi le norme del contenzioso elettorale (art. 54 D.L.L. n. 1 del 1946 e 7 4 T. U. n. 203 del 1951). Riteniamo che la richiesta di decadenza possa essere fatta non solo dal Prefetto, ma da chiiinque vi abbia interesse, e che la pronuncia del Consiglio comunale abbia natura giurisdizionale (decisione e non deliberazione; cfr. Cass., I, 3 settembre 1947, n. 1565 in � Riv. Amm. �, 1948, 25). Questa soluzione, cui pienamente ..aderiamo, sembra sia stata adottata dalla Corte, che ha ritenuto.im.:: pugnabile la decisione comunale alla G.P.A., secondo le norme del contenzioso elettorale. Diversamente potrebbe opinarsi nel caso di decadenza pronunziata ex officio dal Consiglio comunale; -20 in tale ipotesi riteniamo che la pronunzia abbia natura amministrativa, come la deliberazione con la quale, nella prima seduta, si convalidano le elezioni o si dichiara l'ineleggibiltt� di alcuni eletti. � Entrambe le pronuncie, amministrative, sono soggette al controllo prefettizio (art. 3 legge 9 luglio 1947, n. 530) e possono essere impugnate, nel termine di trenta giorni, con ricorso giurisdizionale al Consiglio comunale (artt. 58, 65, 7 4, 76 T. U. 5 aprile 1951, n. 203), la cui decisione potr�, poi, essere impugnata anche avanti la G.P.A. e, successivamente, avanti la Corte di Appello. 'La possibilit� di esperire entrambe le procedure ci sembra indiscutibile quando si tratti di una causa di decadenza comune alle qualit� di sindaco e di consigliere. La lettera e lo spirito dell'art. 149 in relazione alla legislazione recente ci autorizza a pervenire alla stessa conclusione nell'ipotesi che la causa di decadenza si riferisca� esclusivamente alla qualit� di Sindaco. A nostro avviso, per�, il potere del Governo sussiste soltanto se il Consiglio comunale non provveda in senso positivo o negativo, entro un mese. La decisione, giurisdizionale, del Consiglio esclude il potere del Governo ed apre la via alla normale procedura del contenzioso elettorale. G. GUGLIELMJ IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Proventi giuoco d'azzardo nel Casin� municipale di San Remo -Non sono entrate tributarie -Assoggettabilit�. (Corte Cass., Sez. I, Sent. 1� giugno-17 ottobre 1953 -Est.: Di Liberti -Comune di San Remo contro Ammini trazione Finanze). I proventi che il Comune di San Remo ricava dall'esercizio dei giuochi d'azzardo nel Casin� municipale non hanno natura di entrata tributaria. Detti proventi sono quindi soggetti all'Imposta generale sull'entrata. Il Supremo Collegio ha deciso in senso negativo l'interessante questione se i proventi che il Comune di San Remo ritrae dall'esercizio del giuoco d'azzardo nel Casin� municipale abbiano o meno carattere tributario. La soluzione ci sembra ineccepibile: A) perch� manca, nel caso, quella regolamentazione legislativa o pubblicistica che, ispirandosi al noto principio di legalit� (gi� consacrato nell'art. 30 dello Statuto ed ora trasfuso nell'art. 23 della Costituzione della Repubblica) ed anzi realizzando tale postulato, caratterizza ogni specie di tributo, comprese le �cosiddette << privative fiscali �; B) perch� non solo manca quella parte essenziale e fondamentale del rapporto� giuridico tributario che � costituita dalla obbligazione tributaria in senso stretto (debito dell'imposta) corrispondente all'esplicazione del potere d'imposizione da parte dell'Ente pubblico; ma manca persino una qualsiasi obbligazione giuridica, manca cio� quel minimum indefettibile che contraddistingue qualsiasi tributo, anche di struttura anomala come le cosiddette << privative fiscali�. C) perch� neppure si pu� ravvisare� nell'esercizio del giuoco d'azzardo da parte del Comune di San Remo una concessione statale di una attivit� a carattere monopolistico fiscale. Esaminiamo con pi� ampiezza i predetti tre punti. Sub A). Com'� noto, la determinazione dei casi nei quali il tributo � dovuto, delle persone obbligate al pagamento, del suo ammontare; .dei modi e delle forme in cui il tributo stesso dev'essere accertato e riscosso: tutto ci�, nello Stato moderno, � regolato dall'ordinamento giuridico con disposizioni imperative, alla cui osservanza sono tenuti gli organi dello Stato non meno che le persone soggette alla sua potest�. Da quelle disposizioni, perci�, sorgono, fra lo Stato ed i contribuenti, reciproci diritti e doveri, che formano il contenuto di uno speciale rapporto, il rapporto giuridico tributario. La fonte del regolamento giuridico del tributo �, pertanto, la legge ed il cosiddetto principio di legalit�, che deve presiedere all'esercizio della potest� imposizionale pubblica, � forse la pi� antica fra le guarentigie costituzionali dei diritti dei cittadini. Anche gli Enti pubblici minori (Comuni, Provincie ed ora anche Regioni) possono, com'� noto, istituire tributi, ma soltanto quando siano autorizzati dalla legge e nei limiti da questa fissati. Abbiamo detto che anche i tributi dello Stato non possono essere imposti se non per legge, ma la legge ha un diverso contenuto nelle due ipotesi dei tributi statali e dei tributi degli altri Enti pubblici. Nella prima ipotesi, la legge � la fonte diretta dell'obbligazione d'imposta; nella seconda, essa contiene l'autorizzazione esplicita (che tale debba essere l'autorizzazione, appare ovvio, trattandosi di materia tributaria) agli Enti suddetti, di imporre il tributo, lasciando al successivo provvedimento dell'ente la funzione di costituire la fonte dell'obbligazione di imposta. � La norma legislativa, che autorizza esplicitamente l'ente alla imposizione, determina anche, pi� o meno completamente, i termini e le modalit� dell'imposizione stessa, per lo pi� fissando dei limiti entro i quali si svolge poi la facolt� regolamentare dell'ente, che ha funzione integrativa. delle norme legislative in quanto regola in concreto l'applicazione dell'imposta, ossia la pi� minuta disciplina del tributo. A tale scopo, l'ente, se non un vero e proprio regolamento, deve almeno, secondo la legge (art. 56 n. 11 legge comunale e provinciale), emanare una deliberazione avente ad oggetto la istituzione e la disciplina del tributo, deliberazione che � poi soggetta a vari controlli, Ora, nessuna regolamentazione, nessuna disciplina n� legislativa n� pubblicistica regola le prestazioni dei frequentatori delle sale da giuoco del Casin� municipale di San Remo, e tanto meno le prestazioni in denaro (giuocate) dei privati utenti del giuoco o le vincite da corrispondersi dall'ente pubblico esercente il giuoco d'azzardo o comunque il rapporto di fatto che viene ad instaurarsi fra quest'ultimo e l'utente (giuocatore). N � si dica che la disciplina legislativa o pubblicistica, la quale � apprestabile per qu-alsiasi altra specie di tributo, non pu� invece attagliarsi aa urr tributo di struttura anomala qual' � l'esercizio del giuoco in condizioni di monopolio. Sarebbe agevole fare richiamo alla minuziosa disciplina legislati1Ja che governa i cosiddetti monopoli fis�ali ed in modo -21 ] ! ! particolare il lotto pubblico. Per quest'ultimo, basta tributario, ma neppure pu� essere considerato rapconsultare la legge fondamentale del 19 ottobre 1938 porto giuridico (sia pure contrattuale). n. 1933, ed il regolamento (di ben 404 articoli) apIl rapporto medesimo �, infatti, da parificarsi ad provato con R.D. 25 luglio 1940, n. 1077, per riun qualsiasi rapporto di giuoco, e come tale cade ~ ) scontrare come si sia dettagliatamente disposto sulsotto la disciplina della legge comune (art. 1933 e ~ I I l'ordinamento e sullo svolgimento del giuoco, considerato sia sotto il profilo delle prestazioni dell'utente (giuocate) che sotto quello delle vincite da corrispon-, dersi. dallo Stato quale esercente il <e servizio deli lotto� (cos� all'art. 1 della legge): vedansi, in parti ! colare, per la disciplina del rapporto fra Stato e b utente (giuocatore) gli articoli 21 e 22. I I A proposito di raffronto fra il lotto pubblico e l'esercizio del giuoco d'azzardo da parte del Comune di San Remo, � interessante riportare la seguente motivazione della sentenza del Supremo Collegio: � � da escludersi anzitutto che l'esercizio di una casa da giuoco d'azzardo da parte del Comune di San ~ Remo possa concepirsi come monopolio fiscale. <e Com'� noto, il monopolio fiscale � uno_ dei mezzi r di cui si avvale lo Stato per creare e riscuotere una imposta indiretta sul consumo. ! i ! �Esigenze di tecnica tributaria ed insieme l'indero� gabile prineipio di legalit� che deve regolare qualsiasi i imposizione tributaria vogliono che nel creare una imposta sia fissato il cos� detto tasso o saggio d'imposta che costituisce in concreto la misura dell'imposta medesima. �Nei monopoli fiscali l'organizzazione di essi � regolata in modo che il loro gettito rappresenta per una parte il costo economico della produzione del bene o della gestione del servizio e per il resto un prelievo di ricchezza costituente il vero debito d'imposta e ragguagliato nei pi� vari modi a quel costo. �Anche nel monopolio del giuoco del lotto da parte dello Stato � attuato questo sistema adattandolo al particolare congegno di tale giuoco. � Infatti, lo Stato non tiene banco alla pari col. giuocatore, ma paga le vincite 'in base ad una tariffa speciale che garantisce al giuocatore, in caso di vincita, una somma assai minore di quella che riscuoterebbe con la stessa posta da chi terrebbe banco alla pari. � In questo modo il giuocatore, pagando la posta, paga con essa anche un tributo rappresentato da quella parte di sonma che, anche in caso di vincita, non serve a fargli guadagnare alcunch� e quindi non esplica in definitiva la funzione di posta di giuoco. � Ma, per il giuoco di azzardo che il Comune di San. Remo � stato autorizzato ad esercitare, tutto ci� non avviene perch� � paeifico ed � peraltro notorio che in quel Casin� Municipale il banco � tenuto alla pari e quindi la posta che il giuocatore paga ha la pura e semplice funzione di una posta da giuoco in tutta la sua interezza, senza possibilit� alcuna di scorgere nel pagamento di quella posta anche il pa .gamento di un particolare tributo in favore del Comune non eome tenutario del banco di giuoco ma come Ente pubblico �. Sub B). Manca, d'altra parte, n~l caso esaminato, una qualsiasi larva -d sia consentito di dire cos� per dare migliore evidenza al nostro concetto -di obbligazione giuridica, giaech�, mancando una disciplina legislativa speciale del rapporto fra esercente il giuoco e giuocatore, tale rapporto non solo non pu� essere minimamente considerato rapporto segg. del Codiee civile). Quest'ultima -in stretta relazione con la legge sul lotto pubblico e particolarmente con gli articoli 39 e 40 concernenti le tombole e le lotterie � autorizzate dall'Amministrazione delle Finanze previo nulla osta della Prefettura -statuendo, all'art. 1935 Codice civile, che � le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate �, ribadisce nel miglior modo, attraverso l'eccezione, la regola posta dall'art. 1933, secondo il quale � non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa non proibiti �. Resta chiaro, quindi, che dal rapporto fra il Comune esercente il giuoco d'azzardo ed il privato giuocatore non scaturisce alcuna obbligazione giuridica e per ci� stesso esula ogni carattere tributario dei proventi di giuoco realizzati dal Comune. N � pu� addursi, anche a questo proposito, la struttura anomala del tributo riscosso attraverso l'esercizio del giuoco, giacch� � agevole rilevare come, ad esempio, nella legge del lotto, sia stato dettagliatamente regolato -ci� si � gi� accennato -il rapporto fra lo Stato quale esercente il � servizio del lotto � ed il giuocatore. In detta legge, infatti, l' articolo 21 statuisce quando le giuocate debbano considerarsi valide e produttive di effetti, e l'art. 22, quando le giuocate stesse siano nulle e diano al giuocatore il diritto al rimborso della somma giuacata. D'altro canto, l'art. 27 stabilisce che �nessuna vincita pu� essere pagata senza la presentazione della bolletta �; l'art. 26: �che tutte le vincite si prescrivono entro il termine di trenta giorni dalla estrazione�; l'art. 36: � che le vincite sono esenti da imposta di ricchezza mobile�; ed infine l'art. 32: <e che qualsiasi posta o frazione di posta accettata contrariamente alle condizioni espresse nei precedenti articoli non produce alcun diritto in chi giuoca �. Del resto, la dottrina (vedansi: Trattato D'AMELIO Obbligazioni, val. II, p. II, p. 370; FUNAIOLI, Il giuoco e la scommessa, n. 15, p. 65, e n. 18, p. 86) e la stessa Relazione ministeriale (n. 756) al vigente Codice civile chiariscono che anche i giuochi d'azzardo sottratti alla legge penale per speeiale autorizzazione amministrativa (San Remo, Lido di Venezia, Campione d'Italia) non fanno sorgere a differenza del lotto pubblico (legge 19 ottobr.e 1938, n. 1933, cit.) e delle lotterie autorizzate (art. 1935 O.e. ) -alcun diritto di azione a favore del vincente. Il che riprova come, a parte il cosiddetto debito rJ,i onore, il giuocatore oon abbia -neppure rispetto ai giuochi d'azzardo eccezionalmente permessi. -un vero debito di carattere giuridico. � pertanto evidente che questo non obbligo, questa mancanza di obbligo giuridico non pu� in alcun modo conciliarsi con un preteso carattere tributario delle prestazioni in denaro del giuocatere. La sentenza della Suprema Corte cos� motiva a,l ___ riguardo: � Ci� � stato riconosciuto implicitamente da questo Supremo Collegio tutte le volte che ha affermato che il debito per l'acquisto di gettoni per partecipare -22 ad un giuoco d'azzardo, anche se questo � esercitato nei Casin� che eccezionalmente ne sono autorizzati, rappresenta sempre un debito per riscuotere il quale non vi � azione. � Evidentemente, se l'esercizio del giuoco in quei Casin� dovesse ritenersi davvero un monopolio fiscale, cio� un mezzo per pagare una imposta indiretta a quei Comuni, non sarebbe poi possibile giuridicamente negare azione ad essi o ai loro gestori per ottenere il pagamento di quei gettoni e � a majori � per il pagamento eventuale di un debito di giuoco sorto direttamente verso il banco, perch� non un debito di giuoco, in queste obbligazioni del giuocatore, si dovrebbe riscontrare, ma, almeno in parte, un debito d'imposta per il quale non avrebbe senso negare azione�. Sub O). L'esercizio del giuoco d'azzardo da parte del Comune di San Remo non pu� infine essere considerato (come, invece, l'ha considerato la Commissione e.entrale delle imposte nelle decisioni n. 17278 dell'll novembre 1950 e n. 64 7 43 del 27 giugno 1934, in �Riv. Leg. Fisc. � 1952 e 1934) come concessione statale di una attivita, a carattere monopolistico fiscale. Il R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2448, dicendo che cc � data facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purch� senza aggravio per il bilancio dello Stato, il Comune di San Remo ad adottare i provvedimenti necessari per poter addivenire all'assestamento del proprio bilancio e all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili�, null'altro ha voluto statuire se non quanto la Suprema Corte ha posto magistralmente in evidenza nella sentenza massimata con la seguente motivazione: cc Esclusa quindi una capacit� originaria del Comune ad istituire monopoli fiscali, si dovrebbe necessariamente ricorrere alla ipotesi di una potest� tributaria delegata per tale scopo dallo Stato al Comune e questo in sostanza vorrebbe sostenere la difesa del Comune ricorrente, ma erra quando una simile delega vuole ritrovarla nel R.D.L. 27 aprile 1924, n. 637. nel R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito nella legge 27 dicembre 1928, n. 3125 e -nei decreti ministeriali 4 gennaio 1928 e 9 gennaio 1932. �Infatti, il R.D.L. 27 aprile 1924, n. 636, non solo non � stato convertito in legge, ma esso non delegava affatto ai Comuni la facolt� di istituire monopoli fiscali con l'esercizio del giuoco d'azzardo, contemplando la facolt� del Ministero dell'Interno di concedere genericamente e quindi anche in favore di privati nelle localit� indicate nel primo articolo di detto decreto, l'apertura di case da giuoco nelle quali fosse permesso il giuoco d'azzardo in deroga agli articoli 484 e 487 Codice penale (oggi 718 e 720 Codice penale). cc Quanto poi al R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2248, neanche esso concedeva una delega al Comune ricorrente di istituire monopoli fiscali mediante l' esercizio del giuoco d'azzardo. cc Con tale decreto-legge si concedeva soltanto la facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, il Comune di San Remo ad adottare i provvedimenti necessari � per potere addivenire all'assestamento del proprio bilancio e alla esecuzione delle opere pubbl�che indilazionabili n. � E quali dovessero essere, secondo la volont� legislativa, questi provvedimenti necessari a procurare l'assestamento del bilancio comunale di San Remo, � reso manifesto dal contenuto del decreto emesso sucessivamente dal Ministro dell'Interno in data 4 gennaio 1928 per dare esecuzione atla legge suddetta. � Con questo decreto il Ministro dell'Interno altro non fece che autorizzare l'esercizio del giuoco d'azzardo nel Casin� municipale di San Remo per la durata di anni quattro. Questa autorizzazione, con successivo decreto emesso in data 9 gennaio 1932 dallo stesso Ministro, fu confermata e prorogata per un quindicennio a datare dal 21 gennaio 1933. cc Dunque, non una autorizzazione ad imporre tributi per mezzo di un monopolio fiscale si vol(}va concedere al Comune di San Remo, ma unicamente una autorizzazione amministrativa diretta a far compiere a tale Comune una attivit� che altrimenti gli sarebbe stata interdetta, quella cio� di esercitare o direttamente (ma sempre attraverso una organizzazione autonoma) o a mezzo di concessionari il giuoco d'azzardo vietato dalla legge penale. � N � vale, in contrario, obiettare come si obietta nella memoria difensiva del ricorrente, che, essendosi detto nella legge che lo scopo dei provvedimenti da adottare in favore del Comune di San Remo era quello di agevolare il riassetto del bilancio e la esecuzione di opere pubbliche indilazionabili, ci� implicava anche la possibilit� della istituzione di nuovi tributi da parte del Comune. cc Infatti, se veramente scopo della legge fosse stato quello di dare facolt� al Comune di istituire nuovi tributi, la legge avrebbe senz'altro dato direttamente questa facolt� e non aveva necessit� di riservare al Ministro dell'Interno il compito di emanare i provvedimenti suddetti. �Se questa riserva ha fatto, � segno che la natura dei provvedimenti che si volevano adottare a favore del Comune di San Remo era tale da farli ritenere di competenza specifica del Ministero dell'Interno in quanto si trattava appunto di concedere 1J,na autorizzazione amministrativa che � tipico atto di competenza della Pubblica Amministrazione. � N � questa soluzione pu� essere elusa col sostenere che i due decreti ministeriali 4 gennaio 1928 e 9 gennaio 1932 sono provvedimenti � aventi carattere e portata di norme legislative n perch�, pur quando per mera ipotesi, si potesse in ci� consentire, il chiaro ed esplicito dettato di essi escluderebbe ugualmente che il loro contenuto fosse quello di autorizzare il Comune ad istituire tributi per mezzo di un monopolio fiscale n. U. OORONAS RESPONSABILIT� CIVILE -Responsabilit� indiretta della Pubblica Amministrazione per fatto illecito del dipendente -Esclusione -Atto del funzionario compiuto non per fini dell'Ente -Non riferibilit� alla Pubblica Amministrazione -Violazione di regolamento nell'attivit� esecutiva dell'illecito compiuto -Irrilevanza. (Corte di Cass., Sez. Un. civ., 30 aprile-21 luglio 1953, n. 2433/53 -Pres.: Ferranti; Est.: Lorizio; P. M.: Macaluso -Amministrazione delle Poste contro Mattoscio). La Pubblica Amministrazione non risponde dei fatti dannosi commessi dai suoi dipendenti nell'ambito delle mansioni loro affidate a titolo di -23 responsabilit� indiretta, ai sensi dell'art. 2049 Codice civile, perch� tale responsabilit� di diritto p#vato, � fondata su di una presunzione di colpa, in eligendo o in vigilando, che 'non � applicabile nei confronti della pubblica amministrazione. Il fatto del funzionario, che non agisca per le finalit� dell'ente pubblico, ma invece per soddisfare fini propri e personali, sia pure abusando delle sue funzioni, non � riferibile alla pubblica amministrazione. Con questa pregevole sentenza la Corte di Cassazione riafferma, accogliendo le tesi da noi sempre sostenute, che la responsabilit� della Pubblica Amministrazione per i fatti dannosi commessi dai propri dipendenti � ontologicamente diversa da quella dei privati per i fatti dei propri commessi. La prima, di diritto pubblico, si fonda sul rapporto organico; la seconda, di diritto privato, si basa sul rapporto institorio e sulla presunzione di colpa. Viene, altres�, precisata la distinzione concettuale fra riferibilit� o imputabilit� del fatto alla pubblica amministrazione e responsabilit� di essa (sull'argomento confronta �Rass. Avv. >>~ 1949, p. 166 -176) e riconfermato il principio che il dolo del funzionario, civile o penale, rompe il rapporto organico ed.esclude la riferibilit� del fatto alla Pubblica Amministrazione (sulle varie questioni confronta � Rass. Avv. >> 1949, p. �111-il2; Id. 1950, p. 129-131; Id. 1952, p. 145). Data l'importanza della questione trattata si ritiene opportuno riportare integralmente la chiara motivazione della sentenza: cc Censura l'Amministrazione, col primo mezzo, la Corte d'Appello per avere, esclusa nel fatto del Pellicciotti una responsabilit� diretta della Pubblica Amministrazione, ritenuto la responsabilit� indiretta della Amministrazione stessa ex art. 1133 Codice civile 1865 (art. 2049 Codice civile vigente). cc L'addebito � fondato; Giurisprudenza ormai costante del Supremo Collegio esclude che la pubblica amministrazione possa rispondere dei fatti dannosi commessi dai suoi dipendenti nell'ambito delle mansioni loro affidate sulla base delle citate norme degli artt. 1153 Codice ciVile abrogato e 2049 Codice civile vigente concernenti la responsabilit� dei padroni e dei committenti per i danni arrecati dai loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze cui sono adibiti. Giustamente si osserva, contro responsabilit� cotale, che essendo essa fondata, in diritto privato, su una presunzione di colpa nella scelta della persona cui viene affidato l'incarico o nella vigilanza sulle medesime durante l'adempimento di esso (in eligendo o in vigilando), siffatta presunzione non � applicabile nei confronti della Pubblica Amministrazione, che presceglie i propri funzionari con cautele predisposte dalla legge (concorsi ed esami) e ne controlla l'attivit� con gli Uffici di sorveglianza dalla legge istituiti. cc La responsabilit� di cui si tratta, della Pubblica Amministrazione va invece fondata sul moderno concetto della persona giuridica -cui lo Stato � il massimo esemplare -esplicantesi nella proposizione che lo Stato (o l'ente pubblico in genere) non pu� operare altrimenti per il raggiungimento delle sue finalit� se non a mezzo dei suoi organi, che s'incarnano nelle persone fisiche (funzionari e collegi), che spiegano la loro attivit� per i fini dell'Ente. In quanto tali persone agiscano nell'ambito della funzione di cui sono investite, si confondono� e si immedesimano nella personalit� dell'Ente, e l'atto-fatto di dette persone, anche se irregolare o viziato, si considera quale atto o fatto dell'Ente, che ne diviene pertanto direttamente responsabile. Onde l'attivit� del fun zionario, sempre quando esplicata per i fini dell'Ente, � attivit� propria dell'Ente, anche se illecita ed anche se l'illecito si concreti in una colpa grave del funzionario, giacch� anche quando la sua attivit� sia viziosa o irregolare, il funzionario agisce nell'esercizio delle sue mansioni, nell'interesse, sia pure male inteso o male perseguito, della pubblica amministrazione. Donde segue che allorch� il funzionario non agisca per le finalit� dell'Ente pubblico, ma invece per soddisfare fini propri e personali, vien meno l'identit� soggettiva tra la Pubblica Amministrazione e il funzionario e l'attivit� di quest'ultimo non pu� considerarsi propria dell'Ente. E ci� pure quando il funzionario abbia agito abusando delle sue funzioni e queste altres� gli siano servite quale mezzo per commettere l'illecito. In questi casi, la attivit� del funzionario spiegata in collegamento con l'esercizio delle sue funzioni, non � pi� riferibile all'Amministrazione, di cui va esclusa la responsabilit�. Non � pi� la Pubblica Amministrazione che attua i propri scopi per mezzo del funzionario, ma � questo che si serve della sua funzione, manomettendola per suo interesse privato. Il fatto iUecito doloso rompe (vien detto con locuzione espressiva) il rapporto fra l'Ente pubblico ed i suoi funzionari e fa considerare l'azione come commessa fuori dell'ambito dell'attivit� dell'Ente; responsabile perci� rimane solo il funzionario che commise l'illecito. � <<Gli esposti principi conservano la loro efficacia anche di fronte a recenti tentativi apparsi in dottrina per rinverdire una responsabilit� indiretta della Pubblica Amministrazione quando il funzionario agisca per un fine del tutto personale e comunque diverso, da quello perseguito dall'Ente, ma nella esplicazione di funzioni e nell'esercizio di poteri a lui devoluti quale organo della Pubblica Amministrazione. Non pare che la circostanza che il funzionario abbia trovato nelle mansioni di cui � investito la cc necessaria occasione >> per commettere il fatto illecito sia da sola sufficiente a far sorgere una responsabilit� (indiretta) della Pubblica Amministrazione, da aggiungere a quella della persona fisica (organo della Amministrazione) che ha compiuto l'illecito. Detta circostanza ha manifesto carattere estraneo agli scopi dell'Ente e non si scorge come possa fondarsi una responsabilit� dell'Ente data l'insuperabilit�, per l'Ente pubblico, della esclusione di una colpa in eligendo nella scelta dei suoi dipende.ti# e in vigilando sulla loro condotta. E la natura e gli scopi de_lla]?u]>blica Amministrazione rendono inapplicabile an�he il principio, esso pure di diritto privato, che chi si avvale dei suoi rappresentanti in utilibus debba rispondere anche in damnis. -24 �Per quanto esposto, va accolto il primo mezzo dcl ricorso, con la conseguente cassazione, nella parte discussa della sentenza pronunciata. << Il secondo mezzo censura la Corte di merito di aver tratto argomento, ad ulteriore sostegno della responsabilit� dell'Amministrazione, dal fatto che il Pellicciotti pag� a s� stesso i buoni illecitamente ottenuti. La Corte scorse, nel pagamento eseguito a persona diversa dal vero intestatario dei buoni, una violazione del regolamento che imponeva al ricevitore postale di accertare l'identit� del vero titolare. E tal secondo abuso costituirebbe il vero atto produttivo del danno non decampantc dall'esercizio <lelle mansioni .affidate. � Senonch�, prescindendo da ogni altro rilievo, par chiaro che l'avere pagato i buoni a s� stesso non costitu� un secondo illecito, bens�. atto esecutiPO dell'unico illecito, consistito nell'aver ottenuto con artificio ed inganno i buoni e nell'essersi appropriato della somma dovuta per l'estinzione dei buoni medesimi. � L'illecito fu quindi uno solo, per quanto costituito da piu atti, tutti estranei ai fini della Pubblica Amministrazione�. G. GUGLIELMI ~ ffe. f ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI ~ f DELLE CORTI DI MERITO I I ! OBBLIGAZIONI E CONTRATTI � Vizio del consenso � Violenza � Causa determinante del contratto � Per secuzioni operate in applicazione di provvedimenti legislativi: irrilevanza � Prescrizione dell'azione di annullamento per violenza: decorrenza. (Corte di Appello di Roma, Sez. I civ., 9 aprile-31 agosto 1953 - Pres.: Varallo; Est.: Cesaroni -Ministero Finanze e Pubblica Istruzione contro Soc. An. U.R.B.S.). Perch� la violenza possa avere giuridica rilevanza quale vizio del consenso, atto ad invalidare un negozio giuridico, � necessario che essa sia stata causa determinant� del negozio. Non costituiscono violenza giuridicamente rilevante, per gli effetti di cui all'art. 1108 Codice civile 1865 (art. 1427 Codice civile vigente) le persecuzioni generiche ed indiscriminate compiute dal fascismo contro i propri oppositori politici (nella specie Massoneria), quando non sussista una specifica e diretta relazione fra dette persecuzioni ed il negozio giuridico che si assume compiuto sotto l'azione della violenza. Non costituiscono violenza, giuridicamente rilevante, per gli effetti dianzi indicati, le persecuzioni e i soprusi compiuti dal governo fascista contro i propri oppositori politici in applicazione di provvedimenti legislativi. � . Il termine di prescrizione quinquennale dell'azione di annullamento di un contratto che si assuma determinato dalla violenza operata dal governo fascista decorre dalla data della conclusione del contratto e non da quella della caduta del regime fascista. La sentenza che si annota � stata resa dalla Corte di Appello di Roma in causa promossa dalla Societ� Anonima U.R.B.S., che si assume espressione e prestanome della Massoneria italiana, contro i Ministeri delle Finanze e della Pubblica Istruzione, causa che ha per oggetto il noto Palazzo Giustiniani di Roma. Riteniamo anzitutto interessante esporre, succintamente, i termini della controversia. Con atto del 16 febbraio 1911 venne venduto dai fratelli Riccardo ed Emilio Questa alla Societ� U.R. B.S. il Palazzo Giustiniani, dichiarato, fin dal 1909, con provvedimento notificato ai proprietari del tempo, di importante interesse storico ed artistico, ai sensi e per gli effetti della legge 20 giugno 1909, n. 364. La vendita non fu denunziata al Ministero della Pubblica Istr'lfzione n� dai venditori n� dalla So ciet� acquirente e pertanto non ebbe mai ad iniziarsi il decorso del termine stabilito dalla legge per l' esercizio da parte dello Stato del diritto di prelazione. Tale diritto veniva quindi esercitato con decreto del Ministero della Piibblica Istruzione del 20 gennaio 1926, stabilendosi con lo stesso provvedimento, come per legge, che sarebbe stata corrisposta alla Societ� U.R.B.S. la somma di lire 1.055.000, corrispondente al prezzo portato nell'atto di compravendita tra i fratelli Questa e la Societ�. Avverso l'indicato decreto la U.R.B.S. propose ricorso al Consiglio di Stato, assumendo, in primo luogo, che dovesse ritenersi inesistente il vincolo di importanza storica ed artistica del Palazzo, per vizio di notifica dell'atto con il quale tale importanza era stata a suo tempo dichiarata; in secondo luogo che, essendo noto da tempo al Ministero della Pubblica Istruzione il tra1Sferimento del Palazzo dei fratelli Questa alla Societ� U.R.B.S., doveva, anche in mancanza della f armale notifica prescritta dalla legge, ritenersi decorso il termine di due mesi stabilito, con decorrenza da tale notifica, per l'esercizio del diritto di prelazione. Contemporaneamente la Societ� U.R.B.S. promosse azione innanzi alla Magistratura ordinaria richiedendo che fosse, in ogni caso, dichiarato che essa Societ� era ormai divenuta, irrevocabilmente, proprietaria del Palazzo per la prescrizione decennale di cui all'art. 2137 del Codice civile del 1865, avendo acquistato l'immobile in virt� di un titolo debitamente trascritto e non nullo pm� difetto di forma ed avendo posseduto detto immobile per oltre un decennio in buona fede. Successivamente alla proposizione dei due giudizi, furono svolte fra le parti trattative di accordo, che portarono alla stipula, in data 13 giugno 1927, di una convenzione, con la quale il Demanio dello Stato assumeva obbligo di corrispondere alla Societ� la Somma di lire 4.000.000, in luogo di quella di un milione 055.000, portata nel decreto di prelazione, mentre la Societ� �U.R.B.S. dichiarava di essere� tacitata di ogni pretesa relativa al diritto di prela-� zione esercitato dallo Stato sul Palazzo e rinunziava ad entrambi i giudizi iniziati. La convenzione ebbe piena esecuzione. Oen -de�isione del 4 luglio-13 dicembre 1930 il ricorso della Societ� al Consiglio di Stato veniva dichiarato perento e perento and� anche il giudizio innanzi al Tribunale ordinario. ~ 26 Trascorsero cos� molti anni, durante i quali lo Stato rimaneva pacifico ed incontrastato proprietario del Palazzo. Con atto di citazione del 22 ottobre 1947 la Societ� U.R.B.S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, l'Amministrazione del Demanio dello Stato, assumendo che la convenzione del 13 giugno 1927 era stata determinata con la violenza dal governo fascista. Chiedeva che pertanto la convenzione fosse dichiarata nulla per vizio di consenso e che il Demanio dello Stato fosse condannato a restituire ad essa istante il Palazzo Giustiniani. L'Amministrazione convenuta si costituiva in giudizio e, ponendo in rilievo come il titolo di acquisto da parte dello Stato della propriet� del Palazzo Giustiniani fosse costituito dal Decreto di prelazione, atto amministrativo sicuramente di carattere discrezionale, eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione dell'adita Autorit� giudiziaria ordinaria. Quindi, avvalendosi della facolt� concessa dall'art. 41 Codice procedura civile, l'Amministrazione del Demanio e quella della Pubblica Istruzione, frattanto chiamata ad intervenire nella causa, proponevano ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione per regolamento di giurisdizione. Le Sezioni Unite con decisione del 23 marzo 1950, dichiaravano la competenza della giurisdizione ordonaria a conoscere delle questioni concernenti l' annullabilit�, per vizio di consenso, dell'accordo risultante dalla Convenzione 13 giugno 1927; dichiaravano la competenza della giurisdizione amministrativa a conoscere di tutte le questioni concernenti la legittimit� del decreto ministeriale di prelazione; dichiaravano la improponibilit� temporanea nei confronti della Pubblica Amministrazione dei capi della domanda diretti ad ottenere la restituzione del Palazzo Giustiniani, l'accertamento della usucapione decennale ed in risarcimento dei danni conseguenziali al dedotto illegittimo esercizio del diritto di prelazione. Riassunta la causa a cura della Societ� U.R.B.S., innanzi al Tribunale di Roma, per� la decisione delle questioni concernenti l'annullabilit� della Convenzione 13 giugno 1927, detto Tribunale, con .sentenza 28 luglio-10 ottobre 1951, annullava, per vizio di consenso a causa di violenza morale, la convenzione indicata e condannava le due Amministrazioni dello Stato al pagamento delle spese del giudizio. Il Tribunale, �ritenuto domostrato che la Societ� U.R.B.S. fosse espressione e prestanome della Massoneria italiana di Palazzo Giustiniani, era pervenuto alle proprie conclusioni, disattendendo tutte le eccezioni che erano state dedotte nell'interesse delle Amministrazioni dello Stato. In particolare aveva disatteso la eccezione di estinzione della azione di v.iolenza per la prescrizione quinquennale di cui all'art. 1300 Codice civile del 1865. Si era dedotto dalla difesa dello Stato che, ove anche il consenso della U.R.B.S. fosse stato determinato alla stipula della convenzione da una specifica situazione di violenza tale situazione si sarebbe comunque esaurita a seguito della avvenuta stipula dell'atto e non sarebbe rimasta permanente nel tempo. Ma il Tribunale aveva superato la eccezione, aff ermando: � Ma non deve negligersi la particolarit� della situazione in cui venne a trovarsi la Societ� U.R.B.S., in quanto la asserita violenza proveniva non gi� da una persona fisica, sibbene da un partito totalitario, il quale disponeva di gravi poteri di �intimidazione anche a mezzo della potest� dello Stato, ormai caduto nelle sue mani (confino di polizia, provvedimenti avanti il Tribunale speciale per la difesa dello � Stato); cosocch� mentre la violenza del privato pu� normalmente esplicarsi solo in via temporanea, per la difficolt� che si perpetuino attraverso gli anni quelle particolari favorevoli condizioni e per la possibilit� che essa venga neutralizzata dall'intervento della forza pubblica e in genere della pubblica autorit�, nella specie non pu� dirsi che lo stato di intimidamento e di terrore dei perseguitati dal fascismo sia scomparso sinch� esso fascismo rimase al potere, ch� anzi la trasformazione del partito in regime ne consolid� la supremazia nella vita del paese... � ovvio, infine, che l'azione specificatamente rivolta a costringere la Massoneria a rinunziare ad ogni suo diritto sulla sede di Palazzo Giustiniani, anche se effettivamente fu esplicata, cess� con la transazione 13 giugno 1927 ma � altrettanto ovvio che essa sarebbe stata ripresa, ove si fosse chiesto l'annullamento di tale transazione �. Nel merito la difesa dello Stato aveva sostenuto che non ricorressero nella specie gli estremi della violenza, a cui la legge fa conseguire effetti giuridici nella materia contrattuale. Sarebbe stato necessario -si assumeva -che la violenza fosse stata esercitata proprio in relazione al contratto, di cui si chiedeva l'annullamento e ad integrare tale tipo di violenza non potevano dfrsi idonee la lotta e le persecuzioni generiche ed indiscriminate compiute dal fascismo contro la Massoneria. Si aggiungeva come fosse confortato da una antica tradizione il principio secondo cui, perch� la violenza possa essere considerata vizio del consenso prestato nella conclusione di un contratto, � necessario che essa sia stata causa determinante del contratto, che si sia specificatamente posta come causa ad effetto rispetto alla conclusione del contratto (cfr. GroRGI: Teoria generale delle obbligazioni, vol. IV). Non bastava quindi far richiamo ad una generica, sia pur grave, situazione di violenza, che avesse potuto indurre la Massoneria a regolare i propri interessi nel modo ritenuto pi� opportuno in relazione al clima politico del tempo, ma sarebbe stato necessario addurre e dimostrare che quel determinato negozio giuridico fosse stato stipulato sotto l'azione di una violenza posta in essere proprio per determinare il consenso. Si richiamava l'insegnamento del Coviello (Manuale di diritto civile, p. 395) secondo il quale: ((Non si pu� dimenticare che la legge non ebbe tanto riguardo alla condizione psicologica di chi agisce quanto� alla causa; non parla di timore, ma di violenza; non dice nullo il contratto se ci fu mancanza di libert� di consentire ma dichiara non valido il consenso se fu estorto con violenza �. Ed, infine, si oss.ervava che nella lotta del fascismo contro la Massoneria fin daL 1925 ad una fase extralegale era succeduta una fase legale per �ui le persecuzioni vennero operate in applicazione di specifici provvedimenti legislativi. Senonch� il Tribunale, che pur non aveva potuto disconoscere la esigenza di una specifica violenza ~ 27 che fosse stata la causa determinante del negozio giuridico, si era anzitutto posto al difuori della realt� dei fatti, affermando come verificatesi circostanze che la Societ� attrice non soltanto non aveva dimostrate ma non aveva nemmeno dedotte, ritenendo cio� che quello di privare la Massoneria della sua sede di Palazzo Giustiniani fosse uno degli obiettivi della lotta contro di essa scatenata dalla classe politica allora predominante; ritenendo altres� che la violenza fascista perseguiva, tra gli altri fini, quello si indurre la U.R.B.S. a desistere dalle procedure giudiziarie iniziate a seguito dell'esercizfo del diritto di prelazione. In secondo luogo, il Tribunale, del tutto dimenticando che la questione sottoposta al suo esame non poteva e non doveva essere risolta se non secondo i concetti giuridici in materia di violenza -vizio del consenso, si era foggiato un tipo di violenza del tutto diversa da quello a cui le norme legislative nonch� i principi con/ ortati da una antica tradizione attribuivano efficacia come vizio del consenso nella materia contrattuale. Probabilmente suggestionato dagli aspetti indubbiamente drammatici assunti dalla lotta del fascismo contro la Massoneria, il Tribunale era pervenuto ad identificare la violenza negli stessi principi politici ispiratori del regime fascista nonch� in tutto l'apparato giuridico-amministrativo costruito dallo Stato fascista per eliminare i propri oppositori. Avverso la decisione del Tribunale venne proposto appello nell'interesse della Amministrazione dello Stato e la Corte di Appello, con sentenza veramente pregevole, che si articola in proposizioni semplici e chiare, ha ricondotto la lite entro i suoi giusti termini pervenendo quindi a quelle conclusioni alle quali logicamente si doveva pervenire quando non si fossero ipotizzate situazioni di fatto diverse da quelle reali e le questioni di diritto fossero state impostate in aderenza ai principi. La Corte ha risolto la controversia accogliendo la eccezione pregiudiziale di estinzione, per prescrizione quinquennale, della azione di annullamento per violenza proposta dalla U.R.B.S., ma proprio per far luogo a tale eccezione ha dovuto esaminare la causa nel merito, perch� nella sostanza le questioni di merito si unificavano e si con/ ondevano con quelle relative alla detta eccezione di prescrizione. Si trattava cio� di stabilire, in via di principio, se l'apparato giuridico-amministrativo creato dal regime fascista contro i propri oppositori potesse costituire quella violenza alla quale il diritto privato attribuisce efficacia determinante sulla validit� di un negozio giuridico. La Corte ha in primo luogo riportato i fatti della causa a quella realt� storica, da cui il Tribunale si era artificiosamente allontanato, riconoscendo che le devastazioni e i saccheggi delle sedi massoniche, le violenze contro i massoni e le loro cose ebbero, salvo un episodio isolato avvenuto in Genova nd novembre 1926, le loro ultime manifestazioni nel 1925, allorch� l'attentato a Mussolini dell'onorevole Zaniboni forn� al regime l'occasione per imporre una serie di leggi e di misure di polizia, destinate ad abbattere ogni superstite opposizione e a dare veste legale alla lotta del fascismo contro i suoi nemici politici, per cui, secondo la espressione dello stesso M uss-olini, da allora in poi �la violenza doveva essere, negli istrumenti e nei fini, esclusivamente statale�. Di conseguenza, nella seconda fase della lotta contro la Massoneria, le persecuzioni e i soprusi in danno dei Massoni (scioglimento .delle loggie massoniche; dispensa dal servizio dei funzionari dello Stato massoni, in quanto ritenuti contrari alle direttive politiche del governo; assegnazione al confino degli esponenti della Massoneria e provvedimenti innanzi al Tribunale Speciale) furono operati in applicazione dei richiamati provvedimenti legislativi e di polizia. Eppertanto esattamente osserva la sentenza della Corte di Appello �se tutto ci� avvenne in applicazione delle leggi, potr� parlarsi di leggi inique, di leggi lesive di ogni principio di giustizia e di libert� ... �. Ma � mani/estamente inutile qualsiasi richiamo alle leggi stesse ed ai gravi ed ingiusti provvedimenti che ne conseguirono a carico dei dirigenti massonici per trarne argomento a favore della proposta azione di annullamento ... In tal guisa si con/ onderebbe la coazione che � insita in ogni comando giuridico con la minaccia usata dal privato per costringere altri con cui sia venuto in rapporti negoziali ad di aderire alla propria volont�... Pi� precisamente si verrebbe a sostenere che un determinato negozio, compiuto per sfuggire alle sanzioni minacciate da una legge iniqua e nello stato di intimidazione prodotto dalla legge stessa e dai provvedimenti persecutori, gi� presi in applicazione di essa, sarebbe suscettivo di annullamento per vizio di consenso. Ma, ponendosi la detta condizione psicologica sullo stesso piano della violenza invalidatrice del consenso in tema contrattuale, si sconvolge il concetto giuridico di questa, quale si ricava dalle norme codificate, conformi, del resto, ai principi tradizionali in materia, il concetto, cio� che per aversi violenza, atta a viziare il consenso di un contraente ed a produrre l;annullamento del concluso negozio � necessario che la violenza venga appositamente esercitata per estorcere il consenso a quel determinato negozio ... Evadere da questo concetto della via compulsiva non � possibile ed � sempre in relazione ad esso che si deve superare il pi� ampio costrutto difensivo della Societ� appellata, che di quel concetto estende la portata per farlo operare sia in rapporto alle sopraffazioni subite in epoca precedente alla emanazione dei richiamati provvedimenti legislativi sia in rapporto al successivo consolidamento della dittatura fascista con la conseguente determinazione di un persistente clima di violenza politica, che avrebbe impedito qualsiasi mani/estazione contraria alla volont� del regime. Questo tipo di violenza potr� aver creato negli esponenti della Massoneria uno stato di soggezione, che avr� potuto eventualmente consigliare di accettare, per ragioni di contingente convenienza, la transazione in parola ma questo stato psicologico non ha nulla a che vedere con la violenza in materia contrattuale �. La Corte ha cos� pienamente accolto le difese svolte nell'interesse delle Amministrazioni d~~lo Stato, sostituendo a quella artificiosa costruzione, che jfolla violenza, quale vizio del consenso nella materia contrattuale, aveva fatto il Tribunale, concetti tratti da una esatta interpretazione delle norme legislative e sviluppando. tali concetti con una chiara precisione, che immediatamente convince della fondatezza di essi. -28 Anche su un altro punto la decisione della ()orte ha accolto le deduzioni della difesa dello Stato, affermando: � N � potrebbe indurre in contrario avviso il fatto che, nel periodo 1924-1925, si ebbero vari assalti, da parte dei fascisti, proprio al Palazzo Giustiniani, seguiti, dopo l'attentato Zaniboni, della temporanea occupazione da parte della P.S. del palazzo stesso per fini di polizia, giacch� questo episodio, inquadrandosi fra le tante violenze e sopraffazioni indiscriminate consumate contro le cose e le persone dei massoni, gi� da qualche anno cessate all'epoca della impugnata transazione, non possono, per il loro stesso fine indiscriminato e perch� lontano nel tempo, riguardarsi come atti di violenza ancora efficienti, diretti a spossessare della sua sede la �Massoneria, sotto forma di una regolare convenzione �. Escluso che la violenza prevista dall'art. 1108 Codice civile 1865 (art. 1427 Codice civile vigente) potesse ravvisarsi � nel clima determinato dall' appa rato politico-giuridico dello Stato fascista e pi� par. ticolarmente in quel complesso d'ingiuste persecu zioni, di cui fu vittima la Massoneria italiana �, la Corte di Apvello, ha, per logica conseguenza, accolto la eccezione pregiudiziale di prescrizione, che pur avendo aspetti comuni con la questione di merito, ritualmente la precedeva. La controversia probabilmente avr� successive fasi ma -a nostro avviso -la sentenza della Corte di merito costituisce, nella chiara e precisa impostazione e risoluzione delle questioni prospettate, un punto fermo, non facilmente. superabile. G . .ALBISINNI COMPROMESSO ED ARBITRI � Appalto di opere pubbliche -Controversie � Istanza di arbitrato � Termine. (Collegio arbitrale, lodo del 18-22 aprile 1953 -Pres.: Sangiorgio: membri: Miraglia, Galdi, Della Valle, Taddeucci -Impresa Boccardo Antonio contro Ministero Lavori Pubblici). Il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 45 del Capitolato generale sulle opere pubbliche � perentorio, e l'istanw. di arbitrato che venisse successivamente proposta dall'Impresa � inammissibile. La pronuncia del Collegio arbitrale � particolarmente rilevante anche per aver escluso che il termine per l'istanza di arbitrato potesse ritenersi riaperto da un provvedimento puramente confermativo di quello ordine di servizio di rigetto delle riserve che l'impresa non impugn� tempestivamente. ID J SEGNALAZIONI DI DOTTRINAIr E GIURISPRUDENZA ' L'AMMINISTRAZIONE IN GENER.ALE .ASSETTO COSTITUZIONALE. I poteri del Presidente della Repubblica, articolo di F. BOZZINI (cc Nuova .Antologia�, 1954, 11). L'art. 618, 2� e 3� comma C.p.c. per cui le sentenze emesse in opposizione ad atti esecutivi sono non impugnabili � stato derogato dall'art. 111 Costituzione che ammette contro tutte le sentenze il ricorso in Cassazione per violazione di legge (Corte Cass., 9 settembre 1943, n. 3006). L'autorizzazione a stare in giudizio per gli Enti locali non costituisce un'inibizione della tutela giurisdizionale, ma solo un controllo preventivo non in contrasto con l'art. 113 della Costituzione (Cons. Stato, 4 luglio 1953, << Cons. Stato �, 1953, 659). Regioni. -La decisione dell' .Alta Corte per la Regione Siciliana che dichiari una legge regionale conforme alla Costituzione preclude l'indagine di costituzionalit� proposta incidenter tantum in altro giudizio (Cons. Giust. .Amm. Reg. Sic. 16 aprile 1953. cc Rass. Dir. Pubbl. �, 1953, II, 238). � La potest� normativa della Regione Siciliana in materia di agricoltura e foreste riguarda le attivit� con contenuto complementare e integrativo delle leggi dello Stato, ma non si estende ai rapporti di diritto privato (come il premio di coltivazione) retti dalle leggi nazionali (Corte Cass. 30 settembre 1953, n. 3114.). .ATTRIBUZIONE AMMINISTRATIVA ESCLUSIVA. Non basta che una materia appartenga al diritto pubblico perch� tutte le disposizioni di legge che la riguardano siano inderogabili, ma occorre indagare se le singole disposizioni siano dettate nel pubblico interesse (Corte Cass. 5 ottobre 1953, n. 3176). � inammissibile in ricorso per cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato che rigetta il ricorso contro una decisione del Presidente del1'. Assemblea Costituente (Corte Cass., S.U., 25 settembre 1953. cc Foro Padano �, 1953, I, 1277). La determinazione del canone di concessione amministrativa � demandata al criterio discrezionale della Pubblica .Amministrazione la quale per� non pu� mutare la misura del canone con effetto re troattivo (Trib. Torino, 29 agosto 1953. Cont. 18, .Avv. Torino) . .Ai fini del reato di inosservanza di provvedimento dell'autorit� � inibito al giudice ordinario il sindacato sulla necessit� ed urgenza del provvedimento se trattisi di ordinanza di urgenza del Prefetto ai sensi dell'art. 2 T.U. legge P.S. la. quale d'altra parte non � illegittima se non contenga il termine di validit� (ponendosi ricorrere al Ministero dell'Interno se non fosse revocata l'ordinanza cessate le contingenze), n� � incompatibile con gli artt.13-76-77 della Costituzione (Corte Cass. pen., 7 marzo 1953. cc Rass. Dir. Pubbl. �, 1953, II, 266). Conflitti di giurisdizione. -Poich� rispetto ad un atto di concessione sono concepibili, solo interessi legittimi e pofoh� essendo i cimiteri demanio, l'attribuzione a singoli di diritti d� luogo a concessioni, � competente il giudice amministrativo sulla impugnazione proposta da un terzo contro la delibera del Comune che dia una concessione ad altri, anche se l'annullamento travolga l'atto bilaterale e i diritti soggettivi che ne sono sorti (Corte Cass., S.U., 18 maggio 1953. cc Giur. Civ. �, 1953, 1651). L'adozione di provv�dimenti del Sindaco per edilit�, polizia locale e igiene degradano a semplice interesse il diritto soggettivo del privato: contestandosi l'esistenza del potere discrezionale correlativo il giudice ordinario non pu� indagare sul buon uso del potere stesso, ma solo se i motivi siano diversi da quelli adottati poich� in tal caso permangono il diritto soggettivo e la competenza del Giudice ordinario (Corte Cass., 23 marzo 1953 cc Giust. Civ.�, 1953, 1054). Rimedi giuridici per la risoluzione dei conflitti. -Pu� �denunciarsi per cassazione una decisione della Commissione centrale imposte, per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (Corte Cass., 28 marzo 1953. cc Giust. Trib. Imp. Dir. �, 1954, 5). RESPONSABILIT� DELL'AMMINISTRAZIO!'E� Il Comune ha non la facolt� ma l'obbligo di se~ gnalare se fabbricati lungo le strade cittadine costituiscono pericolo, e adottare le pi� urgenti cautele, salvo stabilire su chi incombe l'onere della definitiva sistemazione. � responsabile dei danni, se ci� non : -30 faccia, n� pu� invocare la discrezionalit� amm1mstrativa (Corte Cass.; 25 settembre 1953, n. 3065). L'azione di responsabilit� per l'esecuzione da parte dello Stato di opere pubbliche straordinarie di competenza comunale, esecuzione affidata all'ufficio tecnico comunale; va rivolta contro lo Stato e non contro il Comune da cui dipende detto Ufficio (Corte Cass., 27 maggio 1953, cc Giust. Civ�, 1953, 1747). L'occupazione col consenso del proprietario dei locali da parte di un Provveditorato agli studi in attesa di regolare stipula di locazione da parte dell'Amministrazione provinciale, d� luogo, se manchi l'accordo per tale stipula, a responsabilit� solidale del Provveditorato e d�ll' Amministrazione Provinciale pei danni dovuti al proprietario per la protrazione dell'occupazione oltre il termine fissato dal proprietario con disdetta, e ci� perch� il Provveditorato ha continuato l'occupazione contro la volont� del proprietario e l'.Amministrazione provinciale non ha adempiuto all'obbligo di fornire i locali (Trib. Torino, 21ottobre1953, Cont. 760, .Avv. Torino). Il rifiuto. del capo di un Istituto d'istruzione ad eseguire la delibera dei capi di istituto collegialmente riuniti, per il conferimento delle supplenze scolastiche determina l'obbligo di risarcire i danni derivati da tale rifiuto (Corte Cass., 19 novembre 1953, n. 3544). Lo Stato � responsabile della negligente custodia da parte del Cancelliere delle cose cadute in sequestro penale e competente a decidere sui danni � il Giudice civile (Corte Cass., S.U., 8 maggio 1953, << Giust. Civ.�, 1953, 1541). DEMANIO E BENI P .ATRIMONI.ALI Generalit�. -I beni patrimoniali indisponibili, per essere destinati ad un pubblico servizio possono formare oggetto di concessione amministrativa e non di locazione, se non per la parte eccedente le necessit� del pubblico servizio (Trib. Torino, 29 agosto 1953, Cont. 18, .Avv. Torino). .ACQUE PUBBLICHE Generalit�. -Le acque sotterranee sono demaniali se ricorra l'attitudine a usi di pubblico generale interesse, n� pu� farsi distinzione fra acque sotterranee e subalvee (Trib. .Acque Catania, 15 ottobre 1953, Cont. 9400, .Avv. Catania). Concessioni. -L'impugnativa di un decreto di concessione di acque pubbliche da parte di un utente che assuma che da tale concessione siano stati pregiudicati i suoi anteriori diritti, pertiene al Tribunale Superiore delle .Acque Pubbliche in sede di giurisdizione amministrativa. (Trib . .Acque Catania 29 ottobre 1953, Cont. 646, .Avv. Catania). ENTRATE TRIBUTI IN GENERALE Generalit�. -In tema di solidarit� processuale sulla obbligazione tributaria articolo del dott. R. LtGUORI, contenente un esame critico della giurisprudenza della Corte di Cassazione, in senso conforme alla tesi erariale (cc Riv. Trib �, 1954, 1). Accertamento. -� annullabile il concordato fiscale stipulato nella erronea convinzione comune all'Ufficio, che nessuna imposta doveva essere pagata (Comm. Imp. Cremona, 16 ottobre 1953, cc Corti Ven. Brescia 1953, 804 �). � Solve et repete. -Poich� ha natura tributaria anche la controversia in cui si discuta l'esistenza, la regolarit� e l'estensione dei privilegi, ha natura tributaria e soggiace al solve et repete anche la revindica delle cose pignorate da parte di parenti ed affini entro il 2� grado, coabitanti col debitore :~ (Corte Cass., S.U., 7 ottobre 1953, n. 3191.). Nel caso di concessa rateazione del pagamento di un tributo il contribuente per opporsi al tributo deve pagare l'intero e non le sole rate scadute (Corte .App. Torino, 30 luglio 1953. cc Riv. Tribut. �, 1954, 21). .Anche quando si contesti contemporaneamente avanti alla Commissione provinciale in primo grado, il criterio di liquidazione dell'imposta supplettiva adottata dall'Ufficio, non � proponibile ricorso alla Commissione stessa, contro la valutazione fatta dalla Commissione distrettuale, senza previo pagamento' del tributo (Comm. Oentr. Imp., 14 novero-� bre 1951. cc Dir. Prat. Trib. �, 1953, II, 353). Sussiste il solve et repete anche quando proposta opposizione davanti al pretore e questi dichiaratosi incompetente, il tributo sia stato pagato solo prima della ripropozizione del giudizio davanti al Tribunale (Corte Cass., 30 ottobre 1953, n. 3509). Contenzioso amministrativo. -� valido il reclamo presentato tempestivamente ad ufficio finanziario incompetente anche se pervenuto tardivamente a quello competente (Comm. Centr. Imp., 7 marzo 1952. cc Giust. Trib. Imp. Dir.�, 1954, 23). Il giudicato formatosi sull'impugnativa dell'accertamento tributario di una determinata annata, non estende la sua efficacia anche agli anni successivi essendo ogni accertamento autonomo (Corte Cass., S.U., 18 giugno 1953. cc Riv. L~g. Fisc. �, 1954, 143). ' RICCHEZZA MOBILE Reddito imponibile. -La gestione di un magazzino di formaggio da parte di un Istituto di credito, se connessa con l'attivit� creditizia, e limitata alla sola custodia di merce depositata a garanzia di anticipazioni non d� luogo a tassazione separata in R.M. (Comm. Centr. Imp., 5 aprile 1951. cc Dir. Prat. Trib.�, 1953, II, 343). Accertamento. -� necessaria la comunicazione nell'atto di accertamento o in atto separato 'dei motivi per cui procedendosi all'accertamento induttivo dell'imposta di R. M. a sensi dell'art. 20 legge n. 1231 del 1936 l'Ufficio si allontani dalle risultanze del bilancio di una Societ� anonima. La omissione dei motivi vizia non solo tutto il procedimento contenzioso, ma lo stesso accertameiit� (Comm. Centr. Imp., S.U., 27 giugno 1951. cc Giur. Ump~ Dir. Reg. Negoz. �, 1953, 303). -� � nullo l'accertamento per gli interessi sui debiti delle Societ� anonime, se fatto a carico del reddituario anzich� della Societ� debitrice salvo rivalsa -31 (Comm. Centr. Imp., 16 ottobre 1951. � Giust. Trib. Imp. Dir. �, 1954, 13). Il ricorso ali' Autorit� giudiziaria in materia di imposta di R.M. � improponibile ove manchi il previo esperimento dell'azione amministrativa (Tribunale Catania, 9 novembre 1953, Cont. 18266, Avv. Catania). Gli accertamenti della Polizia tributaria non costi tuiscono l'elemento decisivo e vincolativo delle pro nuncie delle Commissioni amministr�tive, ma solo uno degli elementi di giudizio (Comm. Centr. Imp., 16 gennaio 1952. �Dir. Prat. Trib. n, 1953, II, 385). Per l'accertamento induttivo ex art. 20 legge, n. 1231, del 1936 occorre ad substantiam la notificazione dei motivi, non bastando a sanare la relativa nullit� n� la comparizione del contribuente n� la sua conoscenza dei motivi attraverso l'esame del rapporto dell'Ufficio alla Commissione: tale notificazione deve avvenire quanto meno prima della decisione in primo grado e in tempo utile per la presentazione da parte del contribuente di deduzioni aggiunte (Comm. Centr. Imp., S.U: 25 maggio 1953. � Riv. Trib. n, 1954, 52). In applicazione analogica della legge n. 581 del 1950, le decisioni parziali delle Commissioni provinciali sono impugnabili davanti alla Centrale e diviene ammissibile una impugnativa proposta prima dell'entrata in vigore di quella legge (Comm. Centr. Imp. 5 febbraio 1951, � Giur. Imp. Dir. Reg. Negoz. �, 1953, 309). REDDITI AGRARI Con la legge n. 976 del 1939 il normale ciclo produttivo agrario va determinato non gi� astrattamente ma in relazione a quanto praticato nella singola zona censuaria. Perci� il reddito per la trasformazione del pomodoro in concentrato in una singola zona soggiace all'imposta normale di R.M. e non a quella sul reddito agrario se in quella zo~a tale trasformazione non � considerata rientrante nel normale ciclo agrario. Con la legge n. 976 del 1939 la trasformazione fatta da una cooperativa o consorzio dei prodotti conferiti dai partecipanti, semprech� la trasformazione rimanga nei limiti del ciclo produttivo agrario non � tassabile perch� compresa nel reddito agrario accertato a carico, dei singoli (Corte Cass., 14 aprile 1953. cc Giur. Imp. Dir. Reg. Negoz. n, 1953, 299, cfr. cc Rassegna n, 1952, 47. F ABBRIOATI. � giudizio di estimazione complessa di competenza del giudice la questione sull'assoggettamento nel caso concreto ad imposta di R.M., in luogo di quella sui fabbricati, di edifici inscindibill:nente collegati all'azienda e concorrenti alla produzione del reddito (Corte App. Milano, 26 febbraio 1952. cc Dir. Prat. Trib. n , 1953, II, 337). REGISTRO. Generalit�. -Sussiste la solidariet� sostanziale fra le varie parti contraenti di un contratto complesso (Comm. Centr. Imp., 23 marzo 1953. cc Riv. Tribut. �, 1954, 30). � invalida la decisione della Commissione che stabilisce un valore inferiore a quello irretrattabilmente offerto dal contribuente a rettifica di quello originariamente dichiarato (Comm. Centr. Imp., 9 maggio 1952. cc Giust. Trib. Imp. Dir. �, 1954, 27). Atti tassabili. -Il regime fiscale delle pertinenze articolo del dott. A. ROTONDI (Dir. Prat. Trib. �, 1953, I, 260). L'acquisto di autoveicoli inefficienti ritenuti come complesso di materiali ferrosi non � assoggettato allo speciale trattamento tributario di cui al D.L. n. 299 del 1945 bens� come .vendita di mobili alla normale imposta di registro (Comm. Centr. Imp., 10 novembre 1951. cc Dir. Prat. Trib. n , 1953, II, 393). Negli appalti con la Pubblica Amministrazione � sufficiente per l'imposta di registro l'esecuzione (e quindi la consegna dei lavori per atto scritto) ancorch� non sia intervenuta la approvazione; e il termine per la registrazione decorre dalla data del verbale di consegna dei lavori (Comm. Centr. Imp., 11 novembre 1951. �Rie. Leg. Fisc. �, 1954, 78). Alla costituzione di patrimonio familiare si applica l'imposta di registro dei trasferimenti gratuiti quando i beni siano conferiti da un terzo senza riserva di propriet� o conferiti dalla sposa con beni propri di non comprovata provenienza (nel primo caso l'imposta � dovuta con riguardo al grado di parentela fra il costituente e il coniuge beneficiario, nel secondo, per essere i beni considerati di propriet� dei genitori della sposa, nella misura stabilita per ascendenti e discendenti). Se la propriet� dei beni rimane del confel'ente (caso di costituzione da parte degli sposi con beni propri, o durante il matrimonio da parte di uno o di entrambi i coniugi) � dovuta l'imposta fissa (Comm. Contr. Imp., 2 febbraio 1953. cc Riv. Leg. Fisc. n, 1954, 87). Il criterio di distinzione fra le arti liberali o professioni e i servizi personali o altre opere ai fini di sottoporre quelle a imposta proporzionale di Registro, questi a.imposta fissa ai sensi dell'art. 33 Tar. ali. A legge di registro, � data dalla natura delle prestazioni (intellettuali o manuali) non dall'autonomia o dipendenza del prestatore d'opera (Corte Cass., 11 luglio 1953. << Giur. Imp. Dir. Reg. Neg. �, 1953, 383). Non � dovuta l'imposta registro sui trasferimenti sulla sentenza che accoglie un'azione revocatoria, e ci� perch� non si produce con essa la risoluzione del contratto. Pu� applicarsi solo l'imposta graduale qualora accerti il credito e lo attribuisca al creditore (Comm. Centr. Imp.. , 27 aprile 1951. cc Riv. Leg. Fisc. n, 1954, 75). Esenzioni e agevolazioni. -Non competono le agevolazioni tributarie per l'industrializzazione del mezzogiorno all'atto di trasferimento di un: fabbricato destinato a cinema, poich� questo non pu� considerarsi opificio industriale (Comm. Centr. Imp. 24 ottobre 1951. cc Giur. Imp. Dir. 'Reg. Negoz. �, 1953, 378). Non � applicabile l'agevolazione tributaria di che all'art. 3 Tar. all. A legge di registro bens� l'aliquota ordinaria mobiliare di cui all'art. 2 let~ tera A stessa Tariffa, alla compravendita di nave -32 affondata (Comm. Centr. �lmp. Dir. Reg. Negoz. �, 1953, 380). .A.i fini della decadenza del beneficio ai sensi dello art. 110 legge di registro va considerata riduzione dell'imposta normale l'imposta fissa per la registrazione degli atti dei Consorzi prevista dall'art. 66 legge n. 195 del 1900. (Comm. Centr. Imp. 11 novembre 1951. � Riv. Leg. Fisc. n, 1954, 78). Per l'art. 110 legge di registro non pu� applicarsi il beneficio dell'imposta fissa di registro a un contratto di acquisto di immobili sinistrati dalla guerra, se la presentazione per la registrazione avviene oltre il termine di legge (Comm. Centr. Imp., 11 aprile 1951. � Riv. Leg. Fisc~ n, 1954, 3). Prescrizione e decadenza. -Ilbiennio per chiedere la registrazione della maggior tassa pagata nei contratti a corrispettivo variabile o presunto, decorre dalla registrazione dell'atto, se si quistioni sui criteri per la qualit� della tassa da pagare, e ci� anche se si richieda solo la restituzione della tassa complementare sul corrispettivo definitivo (Corte Cass., � 12 febbraio 1952. cc Foro It. n, 1953, I, 1668). REPRESSIONI DELLE VIOLAZIONI. Legge n. 4 del 1929. -La competenza per territorio nei reati finanziari .� determinata dal luogo ove il fatto venne accertato e ci� per l'art. 21 cpv. 2 della legge n. 4 del 1929 che conserva il suo vigore (Corte Cass. Pen., 3 giugno 1953. � Giust. Pen. n 1954, III, 31). RISCOSSIONE. Entrate patrimoniali. -Se al giudice in ~a.usa di opposizione a ingiunzione fiscale � vietato di modificare o sostituire una tassazione ad un'altra, non dando luogo l'opposizione ad un vero e proprio giudizio di cognizione, tuttavia non gli � precluso di riesaminare il titolo giuridico posto dall'Ufficio a base della tassazione e giustificare questa con una diversa definizione legale dell'atto tassato (Corte Cass., 16 aprile 1953. cc Giur. Imp. Dir. Reg. Negoz. n, 1953, 395). Il termine a comparire anche nelle opposizioni ad ingiunzioni fiscali � quello ridotto di cui all'articolo 645 e non quello dell'art. 163 C.p.c. (Trib. Perugia, 2 maggio 1953. � Riv. Tribut. n, 1954, 43). Se un comune agisce per la riscossione delle entrate patrimoniali a mezzo di Esattore che emette ingiunzione a sensi della legge n. 639 del 1910, legittimato a resistere in caso di opposizione � l'esattore; l'art. 17 dei Capitolato normali che obbliga l'esattore a chiamare in causa l'.Amministrazione non attua un litisconsorzio necessario ma un intervento coatto a istanza di parte, accollando all'Esattore, in mancanza di chiamata in causa, i danni dell' .Amministrazione in conseguenza della lite svoltasi nei soli confronti dell'Esattore (Corte Cass., 8 luglio 1953. cc Riv. Leg. Fisc. ))' 1954, 149). La copia dell'ingiunzione notificata al debitore � valida anche se non porta la firma autografa del Procuratore del registro, esistente per� nell'o riginale, e l'autenticit� della firma del Pretore e del Cancelliere nel decreto di esecutoriet� risulta nella copia dalla attestazione del Procuratore del registro che la copia � conforme all'originale (Trib. Torino, 29 agosto 1953, Qont. 18, . .Avv. 'L'orino). .ATTIVIT� FORMALE DELL'AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO I . .ATTI AMMINISTRATIVI. I Formazione. -Non ha natura di ente pubblico una societ� gerente l'esattoria il cui capitale azionario sia concentrato nelle mani dell'I.R.I. (Corte Cass., 24 settembre 1953, n. 3055). Gli atti del funzionario di fatto non si possono considerare come attivit� della Pubblica .Amministrazione (Corte Cass., 15 ottobre 1953, n. 3371). .Anche per i contratti a trattativa privata, pur se verbali, che i Comuni possono stipulare senza approvazione e visti prefettizi occorre una precedente delibera del Sindaco scritta e munita del visto prefettizio (Corte Cass., 16 ottobre 1953, n. 3396). Di regola occorrono tanti visti di approvazione quanti gli atti di un'.Amministrazione Pubblica sottoposta a vigilanza statale; pu� tuttavia ammettersi in una pluralit� di atti una approvazione implicita di taluni di essi, sempre che fra quello esplicitamente approvato e l'altro intercorra un tale rapporto di interferenza che non si possa approvare l'uno senza presupporre l'approvazione anche dell'altro (C(ll'te Cass., 12 dicembre 1953, n. 3687). Quando l'atto amministrativo sia previsto come necessario perch� una convenzione fra privati sia efficace, integra una condicio juris retroattiva. Tuttavia se l'atto amministrativo, anche se a contenuto negativo, sia emanato con provvedimento non legittimo o non definitivo, non pu� ritenersi senz'altro come non avverata la condicio juris (Corte Cass., 25 gennaio 1953. cc Corti Ven. Brescia n, 1953, 714). Vizi. -Non � affetto da nullit� assoluta l'atto col quale nell'ambito della capacit� di diritto privato, l'ente pubblico dispone del proprio patrimonio per fini non istituzionali (Corte Cass., S.U., 16 aprile 1952. cc Foro It. n, 1953, I, 1664). CONTROLLO GIURISDIZIONALE' Procedimento impugnabile. -Il diniego a stare in giudizio a ente locale, non � atto definitivo, pertanto � inammissibile il ricorso giurisdizionale contro di esso, mentre solo � ammissibile il ricorso gerarchico (Cons. Stato, 4 luglio 1953. cc Cons. Stato ))' 1953, 659). Ricorso. -� inammissibile il ricors� al Consiglio di Stato per la esecuzione del giudicato, per ottenere l'esecuzione della decisione del Capo dello Stato su ricorso straordinario, decisione che ha natura amministrativa (Corte Cass., S.U., 2 ottobre 1953. cc Foro It. ))' 1953, 1577). 33 ATT1V1TA1 SOSTANZIALE DELL'.AMMINISTRAZIONE ESPROPRIAZIONE PER P. U. Le opposizioni contro la stima del perito nelle espropriazioni per p.u. vanno proposte qualunque sia il valore controverso al Tribunale che nomin� il perito (Corte Cass., 28 marzo 1953. � Giust. Civ �, 1953, 1113 ). TRASPORTI FERROVIARI. Trasporto di cose. -� trasporto ferroviario internazionale quello che si effettua tra almeno due Stati contraenti e su linee iscritte nella lista di che all'art. 58 C.I.M. Alle norme della C.I.M. non possono le parti derogare scegliendo il tipo della lettera di vettura (Corte App. Milano, 29 dicembre 1953. �Foro Padano �, 1953, I, 1309). Il termine concesso dal punto 7� delle Condizioni e Tariffe per documentare la destinazione e l'impiego di materiali trasportati a mezzo ferrovia con tariffa di favore, � di decadenza (Corte App. Catania, 27 novembre 1953, Cont. 17289, Avv. Catania). La responsabilit� del vettore sussiste per i danni causati da difetti del carro non visibili ictu oculi e per l'accertamento dei quali occ�rrerebbe un minuzioso esame non richiesto al mittente. Un temporale anche se unito a vento per cui penetri acqua nelle fessure e fori non costituisce un evento straordinario di forza maggiore (Corte App. Milano, 29 dicembre 1953. cc Foro Padano �, 1953, I, 1309). La prescrizione dell'azione per trasporto di cose sulle ferrovie dello Stato � sospesa dalla presentazione del reclamo alla notifica della decisione amministrativa, e, se il reclamo � respinto, alla restituzione dei documenti, indipendentemente dall'art. 64 par .1 Condizioni e Tariffe (Corte App. Milano, 29 dicembre 1953. e< Foro Padano �, 1953, I, 1309). Passaggi a livello. -Solo nelle ferrovie principali, e non nelle ferrovie secondarie (ove l'obbligo di custodia riguarda solo i passaggi a livello di strade di primaria importanza e a visuale insufficiente), � concesso di provvedere alla custodia dei passaggi a livello privati con sistema della chiusura a chiave, salva rimessa della chiave all'utente per effettuare il transito (Trib di Cremona, 12 maggio 1953. e< Corti Ven. e Brescia.�, 1953, 772). RAPPORTI DI PUBBLICO IMPIEGO Generalit�. -L'A.R.A.R. � un ente economico e pertanto le controversie sui rapporti d'impiego dei suoi dipendenti sono di competenza del giudice ordinario (Corte Cass., S.U., 9 lt1.glio 1953. cc Foro It. �, 1953, 1593: questione aperta sul primo punto). DIRITTO COMUNE DIRITTO CIVILE. Si ha una lacuna nelle leggi solo se queste siano insufficienti a regolare nel caso concreto tutte le fattispecie che occorrano, mentre l'assoluta inesi stenza di una norma che contempli una determinata fattispecie significa la volont� di non limitare la libera esplicazione della relativa attivit� (Corte Cass., 5 ottobre 1953, n. 3174). Nel caso di autoveicoli non iscritti in piena propriet� nel P.R.A. non c'� osta��lff, quanto meno dopo il D.L.P. n. 118 del 1948, al trasferimento anche in propriet� col verificarsi delle condizioni poste nel citato decreto (Corte Cass., 10 settembre 1953, Il. 3016). Nel conflitto tra pi� persone circa la propriet� dell'automezzo funge da determinatore l'iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico (Corte Cass., 9 novembre 1953, n. 3517). L'azione di risarcimento anche se esercitata indipendentemente dalla azione di risoluzione per mancate qualit� della cosa consegnata rispetto a quella pattuita, � soggetta anch'essa alla prescrizi�ne di un anno dalla consegna della merce (Corte Cass., 26 settembre 1953, n. 3084). L'irrevocabilit� della domanda di risoluzione proposta in luogo di quella di adempimento ex art. 1453 Codice civile non � applicabile in caso di perenzione del giudizio sulla domanda di risoluzione (Corte Cass., 26 novembre 1953, n. 3611). Se colui che diffida ad adempiere ai sensi dell'art. 1454 Codice civile sia a sua volta inadempiente, non avviene la risoluzione del contratto per colpa del diffidato se questi non abbia adempiuto nel termine prescritto (Corte Cass. 3 dicembre 1953, n. 3530). La condizione risolutiva espressa opera solo con la dichiarazione della parte titolare di un diritto potestativo, mancando la quale ed avvenendo l'adempimento tardivo la successiva dichiarazione � irrilevante (Corte Cass., 1� ottobre 1953, n. 3127). La denuncia di smarrimento di un assegno circolare fatta alla banca emittente non � sufficiente ad impedirne il pagamento fatto senza colpa al detentore dei titolo; n� al riguardo pu� porsi a carico dell'istituto pagatore la mancata indagine sulla buona fede del presentatore al momento dell'acquisto del titolo, esulando ci� dagli obblighi dell'emittente (Trib. di Brescia, 19 novembre 1953, Cont. 2941, Avv. Brescia). Il procuratore generale ha facolt� di sostituire altri a s� anche per il disimpegno integrale dell'attivit� demandategli anche se riguardi la rappresentanza in giudizio (Corte Cass., 25 settembre 1953, Il. 3073). La revisione del prezzo d'appalto a sensi dell'art. 1664 Codice civile non si ha quando i prezzi varino di un decimo rispetto a quelli previsti in contratto, ma quando la loro variazione superi di un decimo l'intero prezzo dell'opera appaltata: comunque non c'� revisione per le parti dell'opera gi� eseguite in condizioni normali (Corte Cass., 24 settembre 1953, n. 3042). L'adeguamento monetario della obbligazione principale non fa venir meno il debito degli interessi, ma questi possono essere liquidati solidal mente ed in via equitativa insieme alla prest-azione principale (Corte Cass. 24 settembre 1953, n. 3040). Non occorre istanza di parte perch� il giudice possa procedere ad una valutazione equitativa del danno essendo ci� rimesso alla iniziativa e al -34 prudente apprezzamento del giudice (Corte Cass. 24 settembre 1953, n. 3040). La denuncia di un'impresa alla Camera di Commercio non � compresa fra gli equipollenti del registro delle imprese ex art, 100 dispos. att. e.e. (Corte Cass., 28 novembre 1953, n. 3618). DmITTO ECCLESIASTICO. Generalit�. -I privati proprietari di edifici destinati all'esercizio del culto cattolico e perci� vincolati a tale destinazione non sono tuttavia tenuti a provvedere per legge alla manutenzione d'essi (Corte Cass., 20 ottobre 1953, n. 3460). Asse ecclesiastico. -I diritti come le pensioni �cupane � di Enti ecclesiastici soppressi con le leggi eversive, pi� non esistono nel patrimonio da loro relitto, e del relativo onere resta liberato il Fondo per il Culto (Corte Cass. 9 ottobre 1953, n. 3281.' PROCEDURA CIVILE. Questioni varie. -L'autorizzazione ad una lite data ad un ente pubblico vale per tutti i gradi del giudizio (Corte di Cass., 23 ottobre 1953, n. 3487). Sopraggiunto il fallimento l'impugnazione di una sentenza per danni extracontrattuali inferti a un terzo, compete al fallimento, per� essendo l'incapacit� processuale del fallito relativo alla massa solo questa pu� eccepirla, e quindi se il fallito abbia impugnato la sentenza nella inerzia del curatore, n� la controparte, n� l'Ufficio, n� lo stesso fallito successivamente possono rilevare il difetto di capacit� processuale (Corte Cass., 31 marzo 1953. �Giust. Civ. � 1953, 1153). � nulla la citazione con termine di comparizione inferiore al dovuto, e ad essa non � applicabile l'art. 291 C.p.c. n� l'insufficienza pu� essere superata da un eventuale spostamento ope legis dell'udienza di comparizione (Corte Cass., 24 settembre 1953, n. 3062). Nella divergenza fra originale e copia della cita-. zione circa la data della notifica, prevale a favore del notificato la data indicata nella copia (Corte Cass., S.U., 8 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 1541). Non � nulla la citazione se nella copia notificata manchi la firma autografa del difensore (corte Cass., S.U., 28 novembre 1953, n. 3621). La notifica di una opposizione a decreto ingiuntivo a una societ� irregolare in nome collettivo, e cio� ad una unica parte rappresentata da pi� persone, � regolare anche in una sola copia (Corte Casso., 19 novembre 1953, n. 3549). � valida la citazione notificata in uni<;ia copia presso il domicilio o il procuratore di pi� parti a un'unica persona che rappresenti pi� incapaci (Corte Cass., 10 dicembre 1953, n. 3658). La competenza per valore nella cause riguardanti locazioni soggette a proroga a tempo inteterminato, va indeterminata in base ad un'annualit� di fitto, senza che abbia rilievo il minor periodo di durata previsto da eventuali usi locali per tali locazioni (Corte Cass., 9 settembre 1953, n. 3006). Per la competenza per valore in controversia di locazioni prorogate, bisogna calcolare gli aumenti di legge anche se non ancora richiesti dal locatore (Corte Cass., 14 ottobre 1953, n. 3359). La richesta di ufficio del regolamento. di comp.etenza pu� farsi per la competenza per materia o per territorio inderogabile, non per quella p�r valore, nella quale se le parti non abbiano chiesto il regolamento ed abbiano riassunto la causa davanti al giudice indicato competente, questi deve decidere la causa nel merito (Corte Cass., 23 ottobre 1953, n. 3484). Nessuno, fuori dei casi dell'art. 81 C.p.c. pu� nel processo far valere in proprio un diritto altrui; senza preventivo mandato scritto (Corte Cass., 12 ottobre 1953, n. 3220). Il creditore dell'attore pu� intervenire ad adiuvandum nel giudizio per nullit� di una vendita per violazione di norme imperative di diritto pubblico, tanto pi� trattandosi di nullit� che pu� essere fatta valere da chiunque abbia interesse e rilevabile di ufficio (Corte Cass., 24 settembre 1953, n. 3043). L'interveniente pur accettando la causa nello stato in cui si trova � facultato a proporre senza vincoli tutte le istanze, difese e prove (Corte Cass., 26 novembre 1953, n. 3588). Il terzo successore a titolo particolare pu� intervenire per la prima volta in appello (Corte Cass., 15 ottobre 1953, n. 3778). Le dichiarazioni di persone incapaci a testimoniare come aventi interesse in causa possono essere utilizzate dal giudice come elementi di prova, se non siano rivolte in favore del dichiarante (Corte Cass., 10 ottobre 1953, n. 3300). Occorre l'istanza di proroga anteriormente alla scadenza del termine di una prova delegata anche se il Pretore delegato per impedimento di ufficio abbia fissato l'inizio della istruttoria dopo la scadenza di tale termine (Corte Cass., 8 ottobre 1953, n. 3219). Non � ammesso gravame quando una domanda sia accolta o respinta per ragioni diverse da quelle prospettate tranne che la motivazione possa di per se recare un pregiudizio giuridico (Corte Cass., 11 dicembre 1953, n. 3679). Non si possono produrre documenti nuovi in Cassazione ai fini di accertare la legittimazione attiva e passiva nel giudizio di merito e ci� perch� la censura � impostata sull'art. 360 n. 4 C.p.c. in relazione agli art. 156 e 161 C.p.c. (Corte Cass., 26 settembre 1953, n. 3092). La parte sequestrata che contesti la legittimit� del sequestro e chieda i danni non � tenuta a chiedere che la loro liquidazione avvenga nello stessa giudizio di convalida e pu� chiedere il 1invio dello liquidazione a separato giudizio (Corte Cass., 10 settembre 1953, n. 3016). Accertato con giudicato in ordine ad una annualit� del canone che il rapporto ha natura di concessione amministrativa di sfruttamento .agricolo e non di affitto di fondo rustico, sussiste la cosa giudicata nei �giudizi successivi relativi alle successive annualit� (Trib di Catania, 3 novembre 1953, Cont. 17367, avv.Catania). La preclusione del giudicato non opera sulle domande che pur dirette allo stesso oggetto, si -35 fondano su pretesa diversa (Oorte Oass., 16 ottobre 1953, n. 3399). La facolt� di prove nuove in appello spetta anche al contumace in primo grado anche se non dimostri il legittimo impedimento o chieda prove su fatti diversi da quello della istruzione in primo grado (Oorte Oass., 8 ottobre 1943, n. 3220). Non si pu� impugnare per revocazione la sentenza di Oassazione (Oorte Oass., 25settembre1953, n. 3064). L'assoluzione perch� il fatto non costituisce reato per esclusione dell'elemento soggettivo della colpa nel reato colposo, preclude l'ordinaria azione civile di danno, non quella per presunzione di colpa del conducente di veicoli salvo che il giudice civile interpretando la sentenza penale accerti che questa in realt� abbia escluso il nesso di causalit� fra il comportamento del reo e l'evento, sussistendo soltanto o caso fortuito o comportamento colposo di un terzo o dello stesso leso (Oorte Oass., 31 marzo 1953. � Giust. Oiv. � , 1953, 1153). DIRITTO PENALE. Il custode di materiali sequestrati che se ne sia appropriato, successivamente alienandoli, � colpevole del reato di cui all'art. 334 O.p. (Trib. di Trento, 6 marzo 1953, Oont. 657, Avv. Trento). La velocit� di un veicolo investitore non � di per s� elemento sufficiente per ravvisare una colpa; il giudice di merito non deve limitarsi a precisare che la velocit� della macchina era inadeguata al luogo, ma deve considerare ogni circostanza per accertare se una minore velocit� consentiva o meno di evitare l'investimento (Oorte Oass. Pen., 1� giu gno 1953. �Riv. It. Dir. Pen. � 1953, 784). La speciale tenuit� del danno in un furto ai danni della Amministrazione Pubblica non pu� sostenersi se non si tenga conto anche del valore oggettivo delle cose oltrech� delle particolari circostanze che abbiano aggravato od attenuato il danno, poich� la molteplicit� d'imponderabili oneri finanziari del1' Amministrazione possono minimizzare o annullare, quelle esuberanze di attivo apparse a un giudizio esteriore (Oorte Oass. Pen., 3 luglio 1953 �Giust. Pen. �, 1954, II, 65). L'omessa applicazione di marche da bollo sup plementari sui mazzi di carte da gioco d� vita a tante infrazioni quanti i mazzi non regolarmente bollati. Trattandosi di reato continuato l'aumento della pena va considerato alla met� della pena con siderata in astratto con riferimento al massimo edittale; e pu� applicarsi oltre alle ipotesi di con fisca obbligatoria prevista riella legge speciale per ipotesi pi� gravi anche la confisca di cui all'art. 240 O.p. (Oorte Oass. Pen., 4 febbraio 1953. �Giust. Pen. �, 1954, II, 51). PROCEDURA PENALE Le parti lese, articolo del prof. G. FoscmNI (� Riv. It. Dir. Pen. �, 1953, 701). Non costituisce revoca del~a parte civile la man cata comparizione, dopo regolare costituzione in primo grado, della parte civile in appello; ma il difensore di tale parte civile assente non pu� rappresentare la parte civile e concludere, se non sia munito di mandato speciale (Oorte Oass. Pen., 3 luglio 1953. � Giust. Pen., 1954, III, 13). TRASFORMAZIONE COSTITUZIONALE P.N.Jl'. I beni del p. n. f. sono destinati a scopi d'inte resse generale e fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato (Trib. di Torino, 29 agosto 19531 Cont. 18, Avv. Torino). LEGISLAZIONE RAZZIALE. Gli israeliti stranieri o quelli ai quali fu revocata la cittadinanza non possono esperimentare l'azione di rescissione di cui all'art. 19 D.L.L. n. 222 del 1945 (Corte Cass., 10 ottobre 1953, n. 3301). Un contratto di deposito non fruisce delle esecuzioni fiscali ex art. D.L.L. n. 222 del 1945 relativi ai trasferimenti, locazione ed altri atti pqsti in �essere da israeliti fittiziamente per sottrarsi alle persecuzioni razziali (Corte Cass., 10dicembre1953, n. 3664). ATTIVITA' DELLO STATO DI GUERRA BENI NEMICI. Il decreto prefettizio che sottopone a sequestro i beni di presunta appartenenza a nemici non � impugnabile avanti al giudice ordinario se si contesti la legittimit� formale del provvedimento; se per� l'impugnativa riflette una revindica, essa � di competenza del giudice ordinario (Pret. di Torino, 15 luglio 1953, Cont. 9779, Avv. Torino). REQUISIZIONI. Tutte le requisizioni, e non solo quelle militari, che possano collegarsi anche indirettamente. allo stato di guerra, soggiacciono alla disciplina di quelle di cui al R. D. n. 17 41 del 1940 (Corte Cass. S.U. 4 maggio 1953 �Giust. Civ. � 1953, 1511). L'azione promossa dal proprietario o dall'origi nario conduttore dell'immobile requisito in tempo di guerra per ottenere il rilascio � di competenza del giudice ordinario se proposta dopo la cessa zione delle requisizioni disposte per legge (Corte Cass., S.U. 4 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 1510). Una locazione la cui durata superi quella della requisizione � sospesa, non risolta (Corte Cass., S.U., 4 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 1510) Il D.L. n. 264 del 1947 (cessazione delle requisizioni) si applica alle assegnazioni di alloggi in forza di requisizione di autorit� diverse dai Commissari governativi per gli alloggi e traenti ragicne da necessit� di guerra. (Corte Cass. 15 ottobre 1953 n. 3364. LA R. S. I. L'art. 1 del D.L. n. 112 del 1946 (non restituzione dei tributi pagati durante l'occupazione tedesca su norme emanate dalla r.s.i., salvo che -u -36 pagamento sia avvenuto dopo la liberazione) � applicabile ai tributi riscossi con ritenuta sul versamento di una somma (Corte Cass., S.U. 21 marzo 1953. cc Giust. Civ. n, 1953) -1031). La nullit� degli atti di assunzione e di carriera sotto la r.s.i. riguarda non solo il personale degli enti pubblici ma anche quello degli enti privati nei quali lo Stato ha partecipazione finanziaria (Corte Oass., 26 settembre 1953, n. 3099). OCCUPAZIONI BELLICHE IN GENERALE. Lo Stato occupante pu� appropriarsi dei beni dello Stato occupato ed anche trasferirli ad altri se il trasferimento corrisponde ad esigenze militari, come quello di una cosa di preda bellica a cittadini italiani per risarcimento di danni cagionati dalle truppe� di occupazione (Corte di Cass., 11 aprile 1953, cc Giust. Civ. n, 1953, 1199). OCCUPAZIONI TEDESCHE La legge n. 249 del 1944 non � applicabile alle Prealpi ove fu instaurato un regime di occupazione bellica, tuttavia i provvedimenti amministrativi emanati non sono validi se come per la legge n. 1095 del 1935 concernente la disciplina della propriet� in zone militarmente importanti, essi rivestano carattere politico interno dello Stato occupato e quindi siano estranei ai compiti ed ai fini dell'occupante (Corte Cass., 25 gennaio 1953. cc Corti Yen. Brescia n, 1953, 714). Le requisizioni tedesch~ non soggi~cciono alla inefficacia delle requisizioni r.s.i. e Sono valide (quando la merce requisita sia stata fornita con regolare contratto eseguito all'assegnatario indicato dai tedeschi, il quale avrebbe poi dovuto adibirla ai bisogni dello esercito di occupazione) anche se tale destinazione non sia avvenuta per la cessa-~ zione delle ostilit� (Corte Cass., 17 marzo 1953. cc Corti Yen. e Brescia n, 1953, 730). TRATTATO DI PACE OBBLIGAZIONI ASSUNTE DALLO STATO. La rinuncia di che all'art. 77 del Trattato di pace ad ogni domanda cont:r:o la Germania e i suoi cittadini, anche per i cittadini italiani integra carenza di giurisdizione, tuttavia essa non funziona contro eventuali coobbligati in solido di nazionalit� non tedesca, n� il fatto che questi abbiano esercitato la loro attivit� a favore dello Stato tedesco, venendo a tal fine investiti anche di potere d'impero comporta l'assorbimento di tale attivit� in quella dei tedeschi (Corte Cass., 2 febbraio 1953. cc Corti Yen. Brescia n, 1953, 718). INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI L� FORMUL�ZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN �LOUN MODO L� SOLUZIONE OHE NE P1 ST�T� PRESA ACQUE PUBBLICHE. -I) Se ricorrano gli estremi di fatto richiesti per far luogo all'applicazione dell'articolo 221 del T.U. Il dicembre 1933, n. 1775, ove il privato intraprenda i lavori per la ricerca di acqua sotterranea, prima ancora di aver ottenuto la prescritta autorizzazione amministrativa, e alteri lo stato dei luoghi, in ispreto a due successivi ordini di sospensioni (n. 26). -II) Se la necessit� di una preventiva regolare denuncia, di cui � cenno all'art. 221 del T.U. 11 dicembre 1933, n. 117 5, possa ritenersi superata dalla conoscenza diretta che l'Amministrazione abbia dell'avvenuta alterazione dello stato dei luoghi (n. 26). ANTICHIT� E BELLE ARTI. -Se la persona che identifichi il valore scientifico di oggetti di valore archeologico; ritrovati da un terzo, abbia diritto ad ottenere il premio, previsto dalla legge 10 giugno 1939, n. 1089, per il ritrovamento degli oggetti suindicati (n. 25). APPALTO. -I) Se l'Amministrazione possa, senza il consenso dell'appaltatore, assumere in gestione di retta il servizio di casermaggio, limitatamente all'intervenuto aumento della forza organica (n. 184). -II) Se per le transazioni stipulate dalle Amministrazioni dello Stato sia obbligatorio il parere dell'Avvocatura dello Stato, come quello del Consiglio di Stato, anche quando sia previsto il parere di altri organi consultivi di particolari Amministrazioni (n. 185). -III) Se le riserve avanzate dall'appaltatore e i provvedimenti che su di esse sono adottati dall'Amministrazione diano, in ogni caso, luogo a vera e propria transazione (n. 185). COMMERCIO. -Se il D.L.L. 111 del 1945 sulla disciplina del commercio possa ritenersi abrogato per desuetudine (n. 6). CONCESSIONI. -Se possa ritenersi legittimamente emesso, a norma dell'art. I del R.D.L. 18 maggio 1942, n. 617, sulla disciplina della utilizzazione delle torbiere, il decreto di concessione per la coltivazione di una torbiera, che non sia stata mai intrapresa dal proprietario del fondo, prescindendo dalla preventiva fissazione di un termine al proprietario medesimo (n. 36.) CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) Se l'ulteriore ritardo, verificatosi nei pagamenti dello Stato, quando l'attivit� di accertamento si sia esaurita e si siano compiuti tutti quegli atti che la legge sulla contabilit� dello Stato prescrive prima che il pagamento sia autorizzato, possa ritenersi colpevole e, quindi, far sorgere l'obbligo della corresponsione degli interessi da parte dello Stato stesso (n. 112). -II) Se sia legittima la determinazione di eliminare gli atti di ufficio, relativi a pratiche per le quali si sia maturato il termine di prescrizione di eventuali ulteriori diritti da parte di privati (~. 113). -III) Se, in relazione alle disposizioni contenenti norme per l'applicazione in Italia degli accordi di pagamento stipulati con Paesi esteri, il termine di presct'izione di. eventuali diritti relativi ad atti interessanti persone ed enti stranieri, agli. effetti della conservazione degli atti medesimi, debba desumersi dalla rispettive legislazioni straniere (n. 113). CONTRABBANDO. -I) Se il capo stazione sia tenuto a provvedere all'&sseveramento da parte del giudice, del verbale di sequestro di merce di contrabbando (n. 22). -II) Se il verbale di sequestro, redatto dagli agenti della Finanza, debba essere asseverato da parte del giudice, per far fede di quanto in esso venga accertato (n. 22). -III) Se sia ammissibile la costituzione di parte civile dell'Amministrazione finanziaria per il risarcimento dei danni derivanti da reato di contrabbando, quando la merce contrabbandata sia stata sequestrata (n. 23). DANNI DI GUERRA. -I) Se lo Stato italiano possa concedere anticipazioni ai titolari di beni, diritti e interessi italiani, situati nel territorio ceduto alla Jugoslavia in base al Trattato di pace o nell'antico territorio jugoslavo, e sottoposti a nazionalizzazione, a riforma agraria o a qualsiasi altra misura di carattere generale o particolare, concernente la propriet� in J ugoslavia (n. 38). -II) Se lo Stato italiano possa concedere anticipazioni ai titolari di beni, diritti e interessi italiani, siti nel territorio ceduto alla Jugoslavia e non soggetti ad alcuna delle misure indicate, cio� c.d. liberi, prima della ratifica degli accordi italo-jugoslavi al riguardo (n. 38). DAZI DOGANALI. -Se, dopo che il processo verbale, che contesta la violazione della "iegge do~an~le, sia stato inviato all'11iutorit� giudiziaria, sia possibileapplicar� l'art. 36 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, e, pertanto, accogliere la domanda di definizione amministrativa avanzata dal contribuente, semprech� ricorrano gli altri requisiti previsti dall'art. 36 (n. 3). -38 �ENTI E BENI ~CCLESIASTICI. -I) Se sia ipotizzabile lo sfratto in via amministrativa contro abusivi occupanti di una casa canonica di una chiesa parrocchiale (n. 22). -II) Se i beni degli enti ecclesiastici possano considerarsi alla stregua dei beni demaniali (n. 22). -III) Se la casa canonica possa considerarsi pertinenza dell'ufficio di culto (n. 22). -IV) Se, per ottenere il rilascio della casa canonica da parte di occu-� panti abusivi, possa adottarsi un provvedimento di P.S., ai sens� dell'art. 1 T.U. 18 giugno 1931, n. 773 (che sarebbe esecutorio, previa diffida, ai sensi del successivo art. 5) fondato sulla violazione, costituente attentato all'ordine pubblico, della piena libert� degli edifici di culto, garantita dall'art. 9 del Concordato (n. 22). FALLIMENTO. -Se la vendita in massa dell'azienda commerciale fallita, eseguita dal curatore, previe le autorizzazioni di legge, implichi nell'acquirente il �passaggio di esercizio� agli effetti dell'applicabilit� degli artt. 62 e 63 della legge di R.M. (n. IO). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se sia ammissibile ed efficace la revoca della rinuncia all'assegnazione di condotta veterinaria, effettuata dall'interessato prima dell'interpello da parte della Prefettura (n. 344). -II) Se uri concorso gi� bandito, tra il personale non di ruolo di uri Ente pubblico, debba essere revocato dopo la entrata irt vigore della legge 3 giugno 1950, n. 375. (n. 345). -III) Se la legge 3 giugno 1950, n. 375, sia da interpretarsi nel senso che essa vieti i concorsi interni banditi tra il personale non di ruolo (n. 345). -, IV) Se ai sensi del regolamento del personale dell'I.G.E� sussista l'obbligo di permanenza in un grado, ai fini della promozione al grado superiore (n. 346). -V) Se un Ente pubblico possa disporre la riapertura del termine per la presentazione delle domande di partecipazione ad un concorso interno, modificando il bando del concorso stesso nel senso di ammettere all'esame, in relazione a tale proroga di termine, anche altri concorsi che abbiano frattanto maturato le condizioni richieste per l'ammissione (n. 347). -VI) Se lo Stato possa ripetere da un proprio dipendente gli assegni e le indennit� da questi indebitamente riscossi (n. 348). -VII) In quale termine si prescriva il diritto dello Stato alla ripetizione degli assegni indebitamente riscossi da un proprio dipendente (n. 348). -VIII) Da quando decorra la prescrizione del diritto dello Stato al recupero degli assegni indebitamenti percepite dai propri dipendenti (n. 348). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se la copia fotografica di un documento pervenuta indirettamente all'Amministrazione e priva di autenticazione, costituisca titolo idoneo per giustificare la registrazione di ufficio ai sensi della legge 26 settembre 1935, n. 17 49 (n. 96). -II) Se il contratto, con il quale il Ministero della Pubblica Istruzione acquisti un'intera biblioteca privata per ricostituire la dotazione d'una biblioteca pubblica danneggiata dalla guerra, vada sottoposto a registrazione ai sensi dell'art. 3 della legge 23 marzo 1940, n. 283, o dell'art. 94 della legge di registro (n. 97). IMPOSTA DI R. M. -Se la vendita in massa dell'azienda commerciale fallita, eseguita dal curatore, previe le autorizzazioni di legge, implichi nell'acquirente il �passaggio di esercizio�, agli effetti dell'applicabilit� degli artt. 62 e 63 della legge di R. M. (n. 6). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se sia applicabile l'esenzione dall'I.G.E. alle somme introitate a titolo di contributi statali dell'Ente nazionale dell'Artigianato e delle Piccole industrie (n. 40). -II) Se le somme introitate, a titolo di contriputo stataJe. dall'Jj].N.I.T. (Ente Nazionale Industria Turistiche) siano ammesse al beneficio dell'esenzione dall'I.G.E., di cui alla lettera e dell'art. 1 della legge 19 giugno 1940, n. 762 (n. 41). IMPOSTE E TASSE. -I) Se il privilegio della Finanza sui mobili e sugli immobili, facenti parte del patrimonio del contribuente alla data di trascrizione dell'avviso di accertamento, previsto dal primo comma dell'art. 3 del D.L. 2 luglio 1947, n. 683, presupponga la trascrizione dell'avviso di accertamento (n. 225). Il) Se, in materia di riscossione dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, si rendano applicabili le disposizioni di cui agli artt. 62 e 63 della legge organica sull'imposta di R. M., concernenti rispettivamente, il privilegio speciale sui beni e sulle merci esistenti presso il contribuente (debitore) e la responsabilit� solidale del successore del. contribuente ,medesimo in un esercizio d'industria e commercio (n. 226). -III) Se l'aumento del 10 % del reddito precedentemente accertato, previsto dall'art. 3, secondo comma, della legge Il gennaio 1951; n. 25 nel caso di omessa presentazione della dichiarazione ai bia il carattere di pena (n. 227). -IV) Se l'aumento del IO % sul reddito precedentemente accertato, previsto dall'art. 3, 2� comma della legge 11 gennaio 1951, n. 25, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione, sia riconducibile nell'ambito di applicazione dell'art. 15 (4� comma) del R.D. 17 settembre 1931, n. 1608, nel senso, che, ove la dichiarazione stessa sia presentata con un ritardo che non superi il mese non possa applicarsi l'aumento, ma soltanto la sopratassa (n. 227). -V) Se il Io comma dell'art. 22 del T.U. 5 luglio 1951, n. 573 vada applicato a tutti i contribuenti, ivi comprese le Societ� e gli enti tassati in base a bilancio (n. 227). -VI) Se l'amuento del IO% previsto dall'art. 22 1� comma della legge 5 luglio 1951, n. 573, operi solo sulla iscrizione futura o anche sul reddito risultante dal bilancio di competenza, cio� sulla iscrizione a ruolo esistente (n. 227). -VII) Se, in caso di mancata presentazione della dichiarazione da parte di Societ� ed Enti tassabili in base a bilancio, la nuova iscrizione al ruolo del reddito dell'anno precedente, accertato in via definitiva, con l'aumento del IO % ri� manga provvisoria (n. 227). -VIII) Se le modificazioni delle tassazioni provvisorie effettuate sul bilancio di votazione costituiscano una vera e propria rettifica da parte del contribuente o semplici modalit� di accertamento del reddito definitivo (n. 227). INVALIDI DI GUERRA. -I) Se un concorso, gi� bandito, trBi il personale non di ruolo, di un Ente pubblico, debba essere revocato dopo l'entrata in vigore della legge 3 giugno 1950, n. 375 (n. 2). -II) Se la legge 3 giugno 1950, n. 375, sia da interpretarsi nel senso che essa vieti i concorsi interni banditi tra il personale non di ruolo (n. 2). LOCAZIONI. -I) Se l'Amministrazione possa far valere la clausola di anti�ipata risoluzione della locazione di beni immobili, contenuta nei contratti da essa stipulati, ove abbia bisogno di tali locali per il raggiungimento delle sue pubbliche finalit�, in deroga alla norme w -39 ' vincolistiche (n. 75). -II) Se la disposizione dell'articolo 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, determini una sostituzione ope legis della Amministrazione ai J , , precedenti locatari nei contratti di affitto dei locali adibiti ad uso di ricevitorie P.T. (n. 76). -III) Se i per dare esecuzione a tale sostituzione, debbano stipularsi con i locatori nuovi contratti (n. 76). -IV) Se, per operare detta sostituzione, sia sufficiente l'emanazione di appositi decreti ministeriali, con i quali, sulla base del citato art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, si dichiari avvenuta la sostituzione e si provveda al relativo impegno di spesa (n. 76). MILITARI. -I) Se dal rapporto di serv1z10 militare di leva sorgano, nel soggetto passivo, diritti subiettivi o interessi legittimi verso l'Amministrazione in punto al suo esercizio. (n. 1). -II) Se nell'ipotesi di richiamo alle armi, dopo l'espletamento del servizio di leva possano sussistere diritti subiettivi e interessi legittimi del soggetto passivo verso l'Amministrazione (n. I). -III) Se il richiamo alle armi, effettuato per errore, di militare in congedo illimitato, possa dar luogo ad azione di risarcimento danni da parte del militare medesimo (n. I). MINIERE. Se possa ritenersi legittimamente emesso, a norma dell'art. I del R.D.L. 18 maggio 1942, n. 617, sulla disciplina della utilizzazione delle torbiere, il decreto di concessione per la coltivazione di una torbiera, che non sia stata mai intrapresa dal proprietario del fondo, prescindendo dalla preventiva f�gsazione di un termine al proprietario medesimo (n. 9). OPERE PUBBLICHE. -I) Se la norma dell'art. 2 della legge 6 dicembre 1947, n. 1501, abbia carattere innovativo (n. 34). -II) Se la limitazione temporale all'esercizio del diritto (o della facolt�) di chiedere la revisione dei prezzi da parte dell'appaltatore in un contratto con la Pubblica Amministrazione, sancita dall'art. 2 della legge n. 1501 del 6 dicembre 1947, sia applicabile a tutti i contratti, qualunque sia la data di stipulazione, purch� i contratti medesimi non siano ancora definiti o sia applicabile solo ai contratti stipulati dopo la pubblicazione della legge medesima (n. 34). PIANI REGOLATORI. -Se la norma dell'art. 33 del R.D.L. 22 novembre 1937, n. 2105, che regola le cc nuove costruzioni in vecchi centri abitati � contempli le costruzioni effettuate completamente ex novo o le ricostruzioni effettU�te la dove distruzioni e demolizioni si siano verificate a causa di movimenti tellurici (n. 2). POLIZIA. -I) Se l'Amministrazione ai sensi dell'art. I (ultimo comma) del capitolato generale d'oneri � per il servizio di casermaggio della P.S., sia in via ordinaria tenuta a corrispondere all'impresa assuntrice la diaria prevista per la sistemazione delle famiglie dei sottufficiali e appuntati di P. S., coniugati o vedovi con prole, fruenti di alloggio di servizio, anche se i medesimi non richiedano dette prestazioni (n. 3). -II) Se, ai suddetti effetti, i militari fruenti di alloggio di servizio debbano essere considerati come forza effettivamente accasermata (n. 3). POSTE. -I) Se l'Amministrazione delle Poste e dei Telegrafi possa rinunziare alla prescrizione intervenuta in ordine ad un assegno postale (n. 36). -II) Se la disposizione dell'art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, determini una sostituzione ope legis della Amministrazione ai precedenti locatari nei contratti di affitto dei locali ad uso di ricevitorie P.T. (n. 37). -III) Se, per dare esecuzione a tale sostituzione, debbano stipularsi con i locatori nuovi contratti (n. �a7j. -lII) Se, per operare detta sostituzione, sia sufficiente l'emanazione di appositi decreti ministeriali, con i quali, sulla base del citato art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, si dichiari avvenuta la sostituzione e si provveda al relativo impegno di spesa (n. 37). PRESCRIZIONE. -I) Se sia legittima la determinazione di eliminare gli. atti di ufficio, relativi a pratiche per le quali si sia maturato il termine di prescrizione di eventuali ulteriori diritti da parte di privati (n. 16). -II) Se in relazione alle disposizioni contenenti norme per la applicazione in Italia degli accordi di pagamento stipulati con Paesi esteri, il termine di prescrizione di eventuali diritti relativi ad atti interes. santi persona ed enti stranieri, agli effetti della conservazione degli atti medesimi, debba desumersi dalle rispettive legislazioni straniere (n. 16). -III) Se l'Amministrazion. e delle Poste e del Telegrafi possa rinunziare alla prescrizione intervenuta in ordine ad tm assegno postale (n. 17). -IV) In quale termine si prescriva il diritto dello Stato alla ripetizione degli assegni indebitamente riscossi da un -proprio dipendente (n. 18). -V) Da quando decorra la prescrizione del diritto dello Stato al recupero degli assegni indebitamente percepiti dai propri dipendenti (n. 18). -VI) Se la prescrizione annuale prevista dall'art. 2955 O.e. n. 5 per il cc diritto dei commercianti per il prezzo <lolle merci vendute a chi non ne fa commercio�, possa applicarsi al diritto delle Societ� somministratrici di anergia elettrica al pagamento del prezzo (n. 19). PREZZI. -I) Se la, norma dell'art. 2 della legge 6 dicembre 1947, n. 1501, abbia ca,rattere innovativo (n. 18). -II) Se la limitazione temporale all'esercizio del diritto (o della facolt�) di chiedere la revisione dei prezzi da parte dell'appaltatore in un contra,tto con la Pubblica Amministrazione sa,ncita dall'art. 2 della legge n. 1501 del 6 dicembre 1947, sia applicabile a tutti i contrat.ti, qualunque sia la data di stipulazione, purch� i contratti medesimi non siano ancora definiti o sia applicabile solo ai contratti stipulati dopo la pubblicazione della legge medesima (n. 18). PROFITTI DI REGIME. -Se l'espressione cc ~ra i suoi danti causa� di cui all'art. 45 (3o comma) del D.L. 26 marzo 1946 ~.� 134, si riferisca. solo al dante causa immediato dell'attuale possessore �della cosa gi� appartenente al debitore di profitti di regime o anche al dante ca.usa mediato (n. 66). PROPRIET� INTELLETTUALE. -I) Se 1a norma dell'art. 43 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, sia applicabile su brevetti gi� concessi e per i quali non sia stata. promossa la procedura i esp:i:pprio, ove le Amministrazioni militari interessate non abbiano ..eser..citato la facolt� di imposizione del segreto sulle domande o l'abbiano esercitato illegittimamente (n. 11). -II) Se la facolt�, prevista dall'art. 43 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, debba ritenersi vincolata al termine di otto mesi dalla domanda di provetto, previsto dall'ar 40 ticolo 40 entro il quale l'Amministrazione deve comunicare la propria volonta di procedereall'espropriazione (n. Il). -III) Se il legittimo esercizio, da parte delle Amministrazioni militari interessate, del potere di imporre il vincolo del segreto sia sulle domande d'invenzione, ai sensi dell'art. 40, 3� comma, sia sui brevetti gi� concessi, nei casi previsti dall'art. 43, comporti l'obbligo di pagamento della indennit� nei riguardi degli interessati (n. Il). REGIONI. -Se la Regione autonoma della Sardegna abbia la potest� legislativa in materia di sanzioni punitive (n. 44). REQUISIZIONI. -Se le pertinenze di beni immobili, agli effetti della legge 9 gennaio 1951, debbano considerarsi beni immobili o mobili (n. 102). SOCIET�. -I) Se il primo comma dell'art. 22 del T.U. 5 luglio 1951, n. 573, vada applicato a tutti i contribuenti ivi comprese le Societ� e gli enti tassati in base a bilancio (n. 50). -II) Se, in caso di mancata presentazione della dichiarazione da parte di Societ� ed enti tassabili in base a bilancio, la nuova iscrizione al ruolo del reddito dell'anno precedente, accertato in via definit. iva, con l'aumento del 10 %, rimanga provvisoria (n. 50). -III) Se le modifica.zioni delle tassa.zioni provvisorie effettuate sul bilancio di votazione costituiscano una vera e propria rettifica da parte del contribuente o semplici modalit� di accertamento del reddito definitivo (n. 50). SUCCESSIONI. _:_ Se sia lecita la condizione, apposta ad una disposizione testamentaria, che limiti la possibilit� di nozze in considerazione dello stato sociale della persona (n. 37). TERREMOTI. -Se la norma dell'art. 33 del R. D.L. 22 novembre 1937, n. 2105, che regola le �nuove costruzioni in vecchi centri abitati � contempli la costruzioni effettuate completamente ex novo o le icostruzioni effettuate l� dove distruzioni o demolizioni si siano verificate a causa di movimenti tellurici (n.�8). TRANSAZIONI. -I) Se per le transazioni st.ipulate dalle Amministrazioni dello Stato sia obbligatorio il parere dell'Avvoca,tura dello Stato, anche quando sia previsto il parere di altri organi consultivi di particola.ri amministrazioni. (n. 5). -II) Se le riserve avanzate dell'appaltatore ed i provvedimenti che su di esse sono adottati dall'Amministrazione dia.no, in ogni caso, luogo a vera e propria transazione (n. 5). TRATTATO DI PACE. -I) Se la procedura pre-. vista dall'articolo unico del D.L. 25 maggio 1946, n. 434, e dell'art. 1 del D.L. 12 giugno 1947, n. 557, in relazione al dispo13to dell'art. 9 del D.L. 26 marzo 1946, n. 140, possa essere applicata, oltre che all'ipotesi di locazione stipulata " dal sequestratario o dal suo rappresentante � anche nel caso in cui la locazione sia. stata. stipulata dall'amministratore, che agiva in nome e per conto del suddito ex nemico, quando le misure di guerra erano gi� revocate (n. 53). -II) Se coll'espressione "territoriale italiano>>, di cui all'art. 76 n. 2 del Trattato di pace, sia da intendersi soltanto quel territorio, che tale sia rimasto per effetto del Trattato o nell'espressione medesima vadano comprese anche quelle zone che, in seguito al trattato, abbiano cessato di appartenere all'Ita.lia (n. 54). -III) Se la dichiarata annessione di Curzola all'Italia per effetto del D.L. 18 maggio 1941, n. 452, sia sufficiente a qualificare l'isola come compresa in �territorio italiano� agli effetti dell'art. 76 n. 2 del Trattato di pace (n. 54). (1108019) Roma, 1954 � Istituto Poliirrafico dello Stato -G. C.