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ANNO VII N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 1954 

~ RASSEGNA MENSILE 


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DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

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PUBB:f...ICAZIONE DI SERVIZIO 

AZIENDE AUTONOME DELLO STATO 
E NATURA DELL'A.R.A.R. 


SOMMARIO. -1. Problema preliminare. -2. L'applicabilit� 
dell'art. 2093 Codice Civile alle Imprese gestite 
dallo Stato. -3. Le aziende autonome e l'organizzazione 
ad impresa. -4. Struttura essenziale delle Aziende 
autonome. A.R.A.R. e G.R.A. -5. La rappresentanza. 
legale non pu� confondersi con la personalit� 
giuridica. -6. La mancanza di un patrimonio esclude 
la personalit� giuridica. -7. Elementi esegetici che 
escludono la personalit� giuridica. -8. Un preteso precedente 
giurisprudenziale. -9. La dottrina, la prassi: 

personalit� giuridica 
clusioni. 
o organo dello Stato. -10. Con' 


1. La sentenza n. 2218 del 9 luglio 1953 delle 
Sezioni Unite sulla natura dell'.A.R . .A.R. appare 
dominata, pur senza confessarlo espressamente, 
dalla pretesa impossibilit� di concepire un'azienda 
autonoma dello Stato che presenti i caratteri dell'impresa 
ed operi nel settore della attivit� economica 
in concorrenza con le imprese private: una azienda 
autonoma che per i contratti di impiego postuli 
l'applicazione dell'art. 2093 Codice civile con la 
soggezione potenziale al contratto collettivo e la 
correlata competenza del Giudice ordinario in sede 
di lavoro (1). 
Le Sezioni Unite appaiono avvinte all'idea che 
quando si tratti di un'.Azienda dello Stato, pur se 
autonoma o patrimoniale, non possano operarsi 
distinzioni tra la natura dell'impresa e i suoi contratti 
di lavoro, ma si debba riconoscere sempre 
la competenza del Consiglio di Stato. Per modo 
che quando tale competenza non vi sia per espresso 
disposto di legge o per palese natura del rapporto, . 
esse si trovano indotte a distaccare l'.Azienda dallo 
Stato e a farne un ente pubblico economico. E 
ci� tanto vale che esse superano la dizione letterale 
delle leggi, la prassi amministrativa, la realt� della 
situazione giuridica per giungere a definire una 
chiara Azienda statale come la G.R . .A. quale ente 
pubblico a s� stante (2). 

(1) Sia poi tale competenza in rapporto al n. 1 dell'art. 
429, anzich� al n. 3 dello stesso articolo, cosi 
come � stato ritenuto costantemente per quelle particolari 
imprese del Comune che sono le aziende municipalizzate 
prive di personalit� giuridica (vedi per tale 
assenza della personalit� giuridica: Cassazione, Sez. Un., 
6 marzo 1931, in �Foro It. � 1931, I, 1163). 
(2) Vedi per la G.R.A., Sez. Un. n. 964 del 1953 in 
questa Rassegna, 1953, p. 188 con nota critica di dissenso. 
Si tratta di un atteggiamento spirituale inconscio, 
di una sensazione pi� che di un proponimento, 
che tuttavia influenza profondamente la Corte Suprema 
nelle sue decisioni. 

In realt� l'unanimit� della Corte non � al riguardo 
cos� piena come appare. La sentenza di cui sopra 
per esempio risulta con conformi conclusioni del P. 
M., ma se ci� � vero per il dispositivo e cio� per il 
riconoscimento della giurisdizione del Giudice ordinario 
per i rapporti di lavoro con l'.A.R . .A.R., non 
sembra vero per la motivazione. S.E. .Aula che 
rappresentava il P.M., infatti, se abbiamo esattamente 
interpretato le sue parole, espresse in udienza 
con la chiarezza, la profondit� e il vigore consueti, 
il suo pensiero nel S'.:\nso che proprio alla giurisdizione 
del giudice ordinario dovesse arrivarsi applicando 
alla Stato per Imprese da esso esercitate 
(quale l'A.R. .A.R.) l'art. 2093 Codice civile e di 
conseguenza l'art. 429 Codice procedura civile. 

� pertanto il pensiero dell'illustre giurista che 
rappresentava il P.M. che ci conforta nell'esamedel 
delicato problema, malgrado che la Corte, nella 
motivazione, abbia battuto una via diversa. 

2. L'art. 2093 Codice civile, come � noto, regola 
i contratti di lavoro delle Imprese pubbliche in 
due comma: il primo fa riferimento agli Enti pubplici 
inquadrati sindacalmente, cio� agli enti pubplici 
che agiscono come vere e proprie imprese 
economiche, i c.d. enti pubblici economici; il secondo 
riguarda, invece le Imprese gestite da Enti 
pubblici non inquadrati, e non inquadrabili, sindacalmente. 
Esso dice testualmente: �.Agli Enti pubblici 
non inquadrati si applicano le disposizioni di 
questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate
�. 
Con tale disposizione, come � pacifico, si vengono 
ad applicare i contratti collettivi agli Enti 
pubblici non economici per le imprese da essi esercitate: 
si vengono, cio�, a parificare le imprese 
gestite da ente pubblico non econom~.co all'ente 
economico organizzato ad impresa: con un c_on~-cetto 
essenzialmente unitario di impresa pubblica (1). 

(1) Vedi Cass., Sez. II, 17 aprile 1952, n. 1038, in 
�Riv. Giur. Lav. '" 1952, fase. 4 e 5 con nostra nota; 
vedi SIMI in questa Rassegna, 1950, 65. 


-2 

Si tratta ora di vedere se nella espressione Enti 
pubblici possa e debba comprendersi lo Stato; questo 
� l'unico probletna esegetico che deve risolversi. 

Tale problema pu� esaminarsi dal punto di vista 
della terminologia giuridica e da quella delle ragioni 
sostanziali della disposizione: dal punto di 
vista della terminologia non sembra che possa 
negarsi allo Stato, che � la massima entit� pubblica, 
la qualifica di cc ente pubblico�: la stessa consueta 
espressione legislativa e dottrinaria che contrappone 
lo Stato agli Enti pubblici minori o agli Enti 
pubblici diversi dallo Stato, con l'espressione �minori 
� o cc diversi � mostra chiaramente come vi sia 
un ente maggiore che � appunto l'altro termine 
della contrapposizione, cio� lo Stato. 

Ma uscendo dalle discussioni terminologiche e 
riferendosi alla ratio legis, appare palese che l'articolo 
2093 abbraccia anche lo Stato per le Imprese 
da esso esercitate. Esso, infatti vuole comprendere 
tutte le Imprese pubbliche come ha ritenuto 
lo stesso Supremo Collegio (1): l'elemento che lo 
informa � la applicazione paritaria della legislazione 
del lavoro quando vi sia, comunque, per 
opera di un ente pubblico o di un privato, l'organizzazione 
ad impresa di cui all'art. 2082 Codice 
civile. 

� l'elemento della organizzazione ad impresa, a 
prescindere dall'ente che gestisce l'impresa, quello 
che � decisivo per l'art. 2093 Codice civile, e ci� 
� chiarito nella Relazione ministeriale al libro del 
lavoro dove � precisato che rientra nel concetto 
dell'impresa anche quella pubblica e dove si fa� 
riferimento, in primis ed espressamente allo Stato 
che in base alla Dichiarazione IX dell'allora vigente 
Carta del Lavoro era legittimato ad intervenire 
nella produzione anche sotto forma di gestione 
diretta. 

� pur vero che la Relazione pone in luce come 
in genere lo Stato trovi pi� conveniente organizzare 
le imprese, che intende assumere, nella forma privata 
della Societ� per azioni cc nel qual caso dice 
la Relazione -non vi � luogo a parlare di 
impresa pubblica �, ma quando tale forma privata 
dell'impresa non � stata scelta si rientra ovviamente 
nel concetto di impresa pubblica e trova 
applicazione l'art. 2093 Codice civile. 

L'art. 2093 Codice civile � pertanto, come ha 
ritenuto in genere la dottrina che si � occupata 
del problema, applicabile pienamente allo Stato (2), 
quando tra le varie forme di intervento nella 
economia prescelga, per ragioni di pubblico interesse, 
quella dell'impresa pubblica, mentre quando crea 
persone giuridiche private, di cui � proprietario, 

il problema non sorge neppure. 

N� vi sarebbe motivo per negare allo Stato la 
possibilit� di gestire un'impresa sia per esercitare 

o rafforzare un'attivit� utile alla generalit�, sia 
per esplicare azione calmieratrice indiretta, sia per 
realizzare, nel migliore dei modi, un'ingente quantit� 
di beni residuati di guerra immettendoli nel 
mercato a vantaggio della economia e soprattutto 
della ricostruzione. 
(I) Vedi sentenza cit. alla nota 3. 
(2) Vedi RIVA SANSEVERINO: Commentario al Codice 
civile, diretto da Scialoia, vol. V: Libro del Lavoro. 
3. Qui il problema dell'A.R.A.R., come quello 
della G.R.A., e di altre entit� ecqnomiche, si innesta 
nella evoluzione delle attivit� dello Stato. 
Come la stessa sentenza delle Sezioni Unite pone 
in rilievo ad un certo :rp.omento .si � rilevata in 
seno alla organizzazione statale cc una intrinseca incompatibilit� 
tra l'attivit� amministrativa vera e 
propria, diretta ad adempiere i compiti tradizionali 
dello Stato e l'attivita amministrativa richiesta 
da quelle funzioni' economiche e industriali che 
man mano lo Stato, o per esigenze sociali o per 
farne oggetto di pubblico monopolio e procurarsi 
indirettamente una fonte di tributo, si � andato 
assumendo �. 

Cosi � sorta l'azienda autonoma, con un proprio 
particolare ordinamento, realizzando quel decentramento 
patrimoniale e di funzioni di cui parla 
la dottrina (1). 

Nulla da eccepire su tale esatta messa a punto 
dell'origine dell'azienda autonoma da parte della 
sentenza in esame, la quale fissa nel modo sopra 
trascritto le ragioni e l'atto di nascita della azienda 
autonoma statale, mostrando di avere chiara percezione 
della evoluzione dello Stato moderno svoltasi 
e conclusasi anteriormente alla seconda guerra 
mondiale se non alla prima. 

Ma l'evoluzione degli ordinamenti statali non si 
ferma n� al 1900, n� al 1924, n� al 1939, l'evoluzione 
prosegue incessantemente ed � opera del 
giurista, e soprattutto del giurista interprete sensibile 
della legge, di seguirne e identificarne, con 
la stessa vigile sensibilit�, le tappe successive e 
gli orientamenti presenti. 

Ora lo Stato contemporaneo si muove indubbiamente 
verso forme di intervento nel campo 
economico dettate non tanto da necessit� di monopolio, 
quanto da necessit� sociali e da finalit� in 
gran parte economiche, cio� con particolari fini 
anche di utile economico, e soprattutto con forme 
nuove ignote al passato (Comitati U.N.R.R.A., 
Endimea, ecc.). 

In una recente memoria dell'Avvocatura (avv. 
Peronaci), � stato posto in luce come anche per lo 
Stato il centro della ricchezza si sia staccato lentamente 
dal patrimonio immobiliare per passare 
a quello mobiliare, seguendo l'evoluzione della 
economia generale. � perci� logico, per non dire 
indispensabile, che accanto agli Istituti tradizionali 
si pongano nuove forme di organizzazione adatte
� alla economia moderna. E se l'evoluzione 
economica generale ha provocato modifiche nella 
propriet� statale � logico che essa provochi anche � 

.modifiche nella struttura degli organi statali. 

La stessa Relazione ministeriale citata riconosceva, 
gi� in regime corporativo, l'esistenza di tale 
evoluzione dello Stato e ne esaminava le vie: o l'Impresa 
privata di propriet� dello Stato quale azionista 
(il c.d. azionariato di Stato) o l'Impresa pubblica 
gestita dallo Stato. 

Da tale seconda via prendono vita le particolari 
e pi� snelle organizzazioni dell'A.R.A.R., della Q:. 

R.A. e di alcune gestioni extra. bilancio, che la� 
dottrina -cos� il Treves, il Sandulli, il Giannini 
(1) Vedi per esempio GRISOLIA: Teoria del decentramento 
amministrativo. Torino, 1929, p. 362 e segg. 

3 


-ha gi� da tempo identificato come una categoL'unica 
particolarit� di rilievo � che, tanto per la 
ria nuova, e pi� prossima all'impresa privata, di A.R.A.R. come per la G.R.A. il controllo � affidato 
aziende autonome. a un Collegio di tre revisori in cui � un consigliere 

Voler negare che motivi diversi da quelli origidella 
Corte dei Conti e un rappresentante del 
nariamente caratteristici delle Aziende autonome Ministero del Tesoro (vedi rispettivamente d.l. 
possano consigliare al legislatore di dar vita a n. 793 del 23 novembre 1945, D.L. n. 321 del 
questa nuova categoria di aziende autonome in 13 aprile 1948). 
cui vi � una pi� evidente organizzazione ad imQuanto 
ai fini, le aziende autonome, essendo 
presa non sembra possibile: come l'esigenza soorgani 
dello Stato, sia pur decentrati nel patrimociale 
pu� far sorgere l'azienda autonoma, cos� la nio e nelle funzioni, non hanno che fini propri 
pu� far sorgere la necessit� di utilizzare nel pubdello 
Stato, senza che si possa tracciare una deliblico 
interesse un cospicuo patrimonio lasciato mitazione dei loro fini che variano da azienda ad 
dagli alleati: i Centri autocarri; o la pu� determiazienda 
ed hanno come unica caratteristica uninare 
la necessit� di reperire, custodire e rimettere forme quella di essere appunto fini propri dello � 
in circolazione i materiali residuati bellici nell'inStato. 
teresse e del Paese e delle finanze dello Stato con Ora sia la G.R.A. che l'A.R..A..R. anche come 
forme pi� semplici delle normali burocratiche fini non evadono dallo schema.delle aziende auto(
A.R.A.R.). nome (11) perch� la loro finalit� non � che una 

Non sembra quindi sostenibile la tesi, del resto finalit� dello Stato e il loro patrimonio che un 
appena adombrata, che possano ravvisarsi Aziende patrimonio dello Stato: la prima utilizza i Centri 
autonome solo quando concorrano determinati moautocarri 
dello Stato e coopera al servizio trasporti; 
tivi e finalit� per la creazione dell'azienda, e non la seconda reperisce, custodisce e realizza un paquando 
le finalit�, pur essendo sempre statali, siano trimonio dello Stato, senza mezzi e fini propri didiverse, 
e frutto di concezioni nuove. stinti da quelli statali, come meglio vedremo. 

Vi sono perci� soltanto modifiche di struttura, 

4. In realt� la dottrina che ha studiato a fondo ma non tali da autorizzare lo sganciamento dallo 
il problema delle Aziende autonome non ha poStato 
di queste particolari Aziende: che per la 
tuto fissare elementi uniformi n� nei fini o nelle loro organizzazione ad imprese hanno appunto forragioni 
della creazione, n� nella struttura (1). Essa me pi� agili di quelle tradizionali e pi� prossime 
si � limitata a chiarire come la . creazione della alle forme economiche e semplificate delle aziende 
azienda risponda a opportunit� di decentramenti private. E proprio mentre si cerca di svecchiare 
dell'attivit� statale, sia nel patrimonio, con la la vecchia bardatura burocratica tanto criticata, 
formazione di contabilit� o bilancio separati, sia si vorrebbe negare la possibilit� di forme nuove 
nella funzioni con particolare ordinamento. dettate da esigenze nuove che rappresentano anPu� 
solo dirsi quanto alla struttura che tali che un vero e proprio esperimento nel campo del


aziende sorgono presso un Ministero e in certo l'organizzazione statale. 

senso alle dipendenze di esso. In genere l'organo 

che le dirige � un Consiglio di amministrazione, a 5. Dopo queste brevi considerazioni di inqua


capo del quale sta un organo del Ministero (Minidramento 
del problema, passiamo all'esame della 

stro o Direttore generale) che ne ha la rappresensentenza 
delle Sezioni Unite sulla natura della 

tanza, e che � composto di rappresentanti dei A.R.A.R., sentenza che ha gi� suscitato critiche in 

vari Ministeri interessati (2). dottrina (12) e ne susciter� certamente altre per 

Ora la G.R.A. ha appunto tali requisiti poich� i motivi addotti su cui brevemente ci sofferme


suoi organi sono il Ministro, il Direttore generale remo. 

della Motorizzazione, e il Comitato di gestione, Il problema della natura dell' A.R.A.R. poteva 

composto di rappresentanti dei Ministeri ed essa porsi da un punto di vista di interpretazione delle 

� �alle dipendenze n (3) appunto del Ministero dei leggi attraverso la loro attenta esegesi, punto di 

Trasporti. E l'A.R.A.R. ha una struttura analoga vista quanto meno preliminare ad ogni altro. Ma 

poich� la legge precisa che � istituita presso il poich� la Corte Suprema ha ritenuto di non soffer


Ministero della Ricostruzione (4), ed essa � retta marsi in tale ind!tgine, la seguiamo in tale indi


da un Consiglio di amministrazione in cui prevalrizzo 
pur ponendo in rilievo alla fine gli elementi 

gono funzionari statali. esegetici del testo di legge, insuperabile per l'in


terprete e da essa trascurati. 

(1) Vedi per la dottrina sulle aziende autonome, La Corte Suprema, dopo aver detto che non � 
ZANOBINI: Corso di Diritto amministrativo, Milano, 1949, elemento decisivo la denominazione di <e azienda 
vol. III, p. 28 e segg.; VITTA: Diritto amministrativo, 
autonoma n (cio� la denominazione attribuita all'a


Torino, 1948, vol. I, p. 127 e segg.; GIANNINI M. S.: 

zienda dal legislatore con l'uso di un termine

Lezioni di Diritto amministrativo, Milano, 1950, Vol. I, 
.�P� 149 e segg.; GRISOLIA: Op. cit., p. 367 e segg.; SANDULLI: tecnico-giuridico) e dopo aver trascurati tutti gli 

Manuale di Diritto amministrativo, 1952, p. 135 e segg. altri elementi esegetici, imposta il problema nei 

(2) Vedi dottrina citata alla�nota 7. 
(3) Vedi sul valore della espressione �alle dipendenze,, 
la nota in questa Rassegna 1953, 190, in cui � pre(
1) Vedi VITTA: Op. cit. che pone in risalto c6�necisato 
come tale espressione sia usata dal legislatore caratteristica delle aziende autonome (senza personalit� 
anche per il Consiglio nazionale delle Ricerche (organo giuridica) � che gli atti siano posti in essere per scopi 
con personalit� giuridica) all'art. 1 della legge relativa dello Stato e gli utili vadano ad esso. 
per caratterizzare appunto l'organo dello Stato. (2) Vedi nota redazionale del �Mass. Giur. Lav. >>, 
(4) Vedi art. 1 del D.L.C.p.S. 28 febbraio 1947, 1953, 153, in cui si dissente con chiare precisazioni 
n. 120. della sentenza delle Sez. Un. sulla natura dell'A.R.A.R. 

termini seguenti: cc ma in linea concettuale nulla 
impedisce che lo Stato con norme positive, possa 
rendere pi� profonda (di quella normale delle 
Aziende autonome) questa separazione dell'Azienda 
dalla Amministrazione centrale conferendo all'azienda 
la personalit� giuridica n, e precisa che non 
si concepisce nel nostro ordinamento una persona 
giuridica che sia nello stesso tempo anche organo 
dello Stato (1). 

La ricerca che consegue da tale impostazione, 
pur discutibile, come vedremo, era quella di vedere 
se vi erano le norme positive da cui derivava 
la personalit� giuridica conferita all'Azienda. E 
difatti la Cassazione ravvisa tali norme nel conferimento 
della legale rappresentanza al Presidente 
del Consiglio di amministrazione. Rappresentanza 
legale e personalit� giuridica sono la stessa cosa 
per questa sentenza al punto che l'esistenza della 
rap'presentanza implica, pur nel silenzio della legge, 
il conferimento della personalit� giuridica. 

L'infondatezza di tale argomento � palese e 
dispiace che esso si trovi in una sentenza del massimo 
organo di sapienza giuridica italiana. Non � 
possibile confondere la rappresentanza legale che 
� conferita anche al Presidente o al Direttore 
delle varie Aziende autonome e dei vari Ministeri 
e persino di organi locali dei Ministeri stessi (ad 
es. Provveditori), con la personalit� giuridica che 
� concetto ben diverso come la Cassazione e la 
dottrina hanno sempre insegnato sino ad oggi (2). 

Nessuno vuol sostenere che la Cassa Depositi e 
Prestiti abbia la personalit� giuridica solo perch� per 
legge il suo Direttore ne ha la rappresentanza legale. 

Se si rimuove tale grave e pericolosa n'ovit� 
giuridica che rivoluzionerebbe tutto il nostro diritto 
pubblico, le argomentazioni successive perdono 
ogni base. 

Dice la sentenza per quale motivo non dovrebbe 

apparire incongrua la concessione della personalit� 

giuridica: essa spiega quindi argomenti non per 

indicare che. � stata conferita la personalit� giuridica, 

ma per spiegare perch� la si sarebbe conferita. 

Il conferimento, perci�, rimane affidato alla tesi 

della coincidenza tra rappresentanza legale e perso


nalit� che non pu� che essere disattesa. 

Comunque esaminiamo anche tali argomenti. 

Essi consistono in definitiva nell'affermare che 

la personalit� giuridica � stata data perch� � stato 

ritenuto pi� idoneo ad esplicare un'attivit� econo


mica un ente pubblico anzich� un'azienda autonoma. 

Ma � palese che tale argomento nulla dice perch� 

l'ordinamento dell'A.R.A.R. non � lasciato ad un 

suo statuto ma � dettato dalla legge e quindi il 

fatto che vi sia o meno la personalit� giuridica 

non pu� importare una differenza di funzionamen 


to (3). Esso d'altra parte si capovolge perch� se 

(1) Vedi sul punto il n. 10 del presente studio. 
(2) Per la distinzione tra rappresentanza di organo 
e persona giuridica vedi ZANOBINI: Oorso di Diritto 
amministrativo, I, Milano, 1947, 104, e autori ivi citati; 
vedi pure la successiva nota n. 23. 
(3) Acutamente il GIANNINI: Lezioni di Diritto amministrativo, 
vol. I, Milano, 1950, 148 e segg. rileva 
che le aziende autonome, pur non avendo la personalit� 
giuridica, conseguono gli .stessi effetti che conse� 
guirebbe un ente dotato di piena personalit� giuridica. 
non vi � la personalit� giuridica (che ripetiamo 
dovrebbe esservi solo per la norma sulla rappresentanza) 
vuol dire che il legislatore ha visto il 
problema diversamente e ha ritenuto pi� opportuno 
organizzare una impresa. autonoma di stato 
che creare un ente pubblico autonomo. 

6. Ulteriore conferma dell'insostenibile posizione 
assunta dalla sentenza si ha nei motivi con cui 
essa si libera di alcune obbiezioni alla sua tesi. 
Ammette la sentenza che l' A.R.A.R. manca di 
un patrimonio proprio (cio� di uno degli elementi 
indispensabili perch� vi sia la persona giuridica 
pubblica o privata (1), ma liquida l'obiezione col 
rilevare che I'A.R.A.R. cc non ha bisogno di un 
patrimonio (!) n proprio per il suo scopo. 

Siamo d'accordo che I'A.R.A.R. non ha bisogno 
di un patrimonio perch� esso � organo dello Stato 
e il suo patrimonio � costituito dal patrimonio 
dello Stato che deve ricuperare, mentre i suoi 
utili vanno immediatamente e senza possibilit� 
di altro impiego, al Tesoro (art. 6 D.L.C.p.S. 18 
ottobre 1947, n. 1223) ma ci� � la migliore dimostrazione 
che non ha la personalit� giuridica, la 
quale ha sempre presupposto l'elemento di un patrimonio 
distinto ed anzi � tale solo in quanto 
vi sia appunto un patrimonio distinto. 

Se tuttavia, la Corte non si fosse fermata alla 
prima obiezione, che di per s� era gi� decisiva e 
avesse esaminato le altre, si sarebbe convinta che 
di personalit� giuridica non poteva parlarsi. 

Oltre a non avere patrimonio, I'A.R.A.R. non 
ha scopo distinto da quello dello Stato. Manca, 
perci�, anche il secondo dei requisiti di ogni persona 
giuridica. 

Non patrimonio e non scopo: cosa c'� allora di 
distinto 

La struttura ~ 

Ma, come abbiamo veduto, la struttura essenziale 
dell' A.R.A.R. � quella di una azienda autonoma: 
un Consiglio di amministrazione composto 
di rappresentanti di Ministeri, un Presidente che 
ha la rappresentanza legale dell'Azienda, l'istituzione 
di essa presso un Ministero. 

Perch� mai tale struttura dovrebbe diventare indice 
della personalit� giuridica ~ 

7. E veniamo rapidissimamente agli argomenti 
esegetici. 
L'art. 1 del D.L.L. 29 ottobre 1945, n. 683, 
dispone: cc � istituita presso il Ministero della Ricostruzione 
nell'interesse e per conto dello Stato, una 
azienda autonoma per il rilievo, la custodia, l'alienazione 
dei materiali residuati di guerra cedute 
daUe autorit� alleate o abbandonate dai tedeschi in 
Italia o in altro modo acquistate n. 

Dunque � istituita presso un Ministero, non 
semplicemente sotto la vigilanza di un Ministero, 
ma � presso n, cio� nel seno del Ministero, come le 
altre aziende. autonome, una nuov~ �azienda autonoma 
n. 

Tale Azienda � istituita nell'interesse e per conto 
dello Stato: essa cosi non ha un interesse proprio, 

f 

(1) Vedi per tutti MESSINEO: Diritto civile e comm., 
Milano, 1947, vol. I, 165 e segg. 

-5 


� ma deve semplicemente curare un interesse dello 
Stato. Ora se ci rifacciamo a tutta la dottrina che 
ha studiato la differenza e il legame tra gli interessi 
degli Enti pubblici e quelli dello Stato, ed 
ha posto in ci� il carattere della �pubblicit�>> (1), 
ci appare palese che non ha senso un ente pubblico 
che non cura un interesse proprio, che non ha un 
interesse proprio, ma soltanto un interesse dello Stato. 
La medesimezza dell'interesse esclude la possibile 
distinzione, cos� come la esclude la unicit� del 
patrimonio. 

L'Azienda non ha patrimonio proprio, ma il 
suo patrimonio � costituito dal patrimonio dello 
Stato senza bisogno non solo di atti di trasf erimento, 
ma con presa di possesso diretta rafforzata 
da poteri di imperio. Il bottino di guerra, i beni 
ceduti dagli alleati e tutti gli altri beni illeggittimamente 
detenuti dai privati non sono pi� reperiti, 
fermati, acquisiti dai normali organi dello Stato, 
ma da questa Azienda che mano mano acquisisce 
i beni, e passa il ricavato di essi allo Stato immediatamente 
per una specie di cordone ombelicale 
(2). 

� dunque nello stesso primo articolo della legge 
il richiamo preciso alla inesistenza di un interesse 

o scopo proprio e di un patrimonio proprio: questa 
Azienda autonoma non � che una specificazione 
dello Stato che ha per interesse quello dello Stato 
per patrimonio quello dello Stato, e che versa 
senza indugio tutti i suoi utili allo Stato. 
8. N� deve illudere la pretesa concordia tra la 
sentenza della II Sezione in causa Monteleone 
contro A.R.A.R. (3) e la attuale. 
In realt� la pretesa concordia tra la sentenza 
delle Sezioni Unite e quella della II Sezione non 
sussiste, se concordia vuol dire somiglianza o uniformit� 
nell'iter logico del ragionamento. 

La sentenza della II Sezione considera l'A.R.


A.R. come una azienda patrimoniale dello Stato 
e solo tende ad escludere tutte le Aziende patrimoniali 
(in contrasto con precedenti pronunce delle 
stesse Sezioni Unite) (4) dalla vera e propria organizzazione 
statale, e ci� ai limitati fini della ammissibilit� 
o meno di azioni possessorie nei confronti 
dell' A.R.A.R. Basta leggere la frase conclusiva 
della sentenza, e poi rileggerne attentamente il 
testo, per convincersene: �se rivelano la situazione 
di preminenza che ha lo Stato considerato come 
la prima e pi� forte persona giuridica, non fanno 
rientrare nella vera e propria organizzazione sta(
1) Vedi ROMANO: Gli intereBBi dei Boggetti autarchici 
e gli intereBBi dello Stato in Studi per Ranelletti, vol. II, 
Padova, 1931, 431. 
(2) Presso l'A.R.A.R. � la Commissione per le rivendiche 
cui il S;C. ha riconosciuto carattere di Organo 
amminiBtrativo che decide dei reclami dei beni acquisiti 
dall'A.R.A.R. come patrimonio dello Stato. Vedi 
Cass., Sez. Un., sent. n. 67 del 52 in questa Rassegna 
1953, 16, la quale precisa che la Commissione delibera 
in luogo dell'A.R.A.R. se la domanda debba essere 
accolta o l'A.R.A.R. debba resistere in giudizio (a difesa 
di un patrimonio dello Stato). 
(3) Vedi Cass. Sez. II, n. 2507 dell'll agosto 1951, 
in "Foro It. �, 1952, I, 1222. 
(4) Vedi p. es. Sez. Un., 11 luglio 1951, Bavagnoli 
contro Terme di Salsomaggiore n. 1186, in �Foro It. �, 
1952, I, 1068. 
tale n� l'A.R.A.R. n� le altre aziende patrimo� 
niali dello Stato n, dove l'espressione �altre n � 
decisiva. 

Quindi niente concordia, ma anzi pieno contrasto; 
perch� per le Sezioni Unite le .Aziende patrimoniali 
dello Stato hanno il carattere di organi 
statali e l' A.R.A.R. non � azienda di Stato, mentre 
per la II Sezione l' A.R.A.R. � un'azienda patrimoniale 
dello Stato e perch� tale, e solo perch� 
tale, non � organo vero e proprio dello Stato. 

9. La sentenza, quindi, rimane isolata nella giurisprudenza. 
N� essa trova appoggio in dottrina. 
Perch�, anzi, tutti coloro che hanno esaminato 
il problema hanno finito -cosi i pi� illustri tra 
i giovani professori amministrativisti: Sandulli, Treves 
e indirettamente il Giannini M.S., cos� i lavoristi 
v. Giuliano (1) -col porre in luce che si tratta 
di amministrazione autonoma dello Stato con particolare 
ordinamento e struttura. 
Non trova infine appoggio nella prassi amministrativa, 
nella quale anzi produrrebbe se confermata 
una vera rivoluzione. Perfino provvedimenti 
formali, quali il decreto del Ministro per le finanze 
30 gennaio 1946, non avrebbero pi� base, e le 
varie circolari relative al trattamento tributario 
dei residuati di guerra di importazione verrebbero 
a cadere. 

La prassi, infatti, confortata poi dal parere del 
Consiglio di Stato 27 gennaio 1948, n. 118, ha 
sempre considerata l'A.R.A.R. come una azienda 
autonoma di Stato. C'� da aggiungere che sarebbe 
assurdo che lo Stato ponesse delle imposte su un 
suo patrimonio e non. consentisse ad una azienda, 
che non ha altro fine che quello di realizzare un 
patrimonio statale, godesse delle varie facilitazioni 
di esenzioni proprie degli organi statali. Anche in 
ci� � implicito il pensiero del legislatore che non 
poteva dettare norme di parificazione perch� ovviamente 
considerava amministrazione dello Stato, 
questa azienda patrimoniale. 

Abbiamo veduto che l'A.R.A.R. non ha la personalit� 
giuridica poich� l'unico argomento addotto 
� quello della rappresentanza che non pu� essere 
seguito. Ma se avesse la personalit� giuridica, non 
sarebbe ancora provato il distacco dell'A.R.A.R. 
dalla Amministrazione statale. 

Vi sono nello Stato aziende autonome che hanno 
anche la personalit� giuridica e non pertanto sono 
organi dello Stato: tipici il Fondo per il culto e 
l'Azienda delle Foreste demaniali, e vi sono degli 
altri organi, quali il Consiglio nazionale delle Ricerche, 
per cui la legge prevede espressamente la 
conciliabilit� tra la personalit� giuridica e la qualit� 
di organo dello Stato. Molto pi� chiari ed imponenti 
gli esempi dei governi coloniali e dello stesso 
Governatorato Generale dell'Etiopia. Del resto la 
stessa Cassazione in altre occasioni ha ricordato 
tali principi (2). 

(1) Vedi SANDULLI: Op. cit., p. 135; TREVES: L'Im� 
preBa pubblica, 81 e pasBim; GIANNINI: Op. cit. 148; 
vedi anche GIULIANO, in � Giur. It. >>, 1950, 1, 2, 36. 
(2) Sulla compatibilit� tra organo dello Stato e personalit� 
giuridica vedi Cass. Sez. Un., Sent. n. 1488/52 
in questa Rassegna 1953, 60 con nota critica. 

-6


Se anche vi fosse la. personalit� giuridica., perci�, 
il problema. resterebbe aperto perch� si tratterebbe 
di vedere se una. azienda. con fini dello Stato 
e col patrimonio dello Stato possa. considerarsi distinta. 
da.ilo Stato stesso: ci sarebbe una. .forte 

� analogia. tra. l'A.R.A.R. e l'Azienda. delle Foreste 
demaniali perch� entrambi curerebbero e amministrerebbero 
un patrimonio dello Stato. 

* * * 

Oi sia.mo sofferma.ti a. lungo e dettagliata.mente 
sul problema. perch� esso merita. attenta. considerazione 
non tanto per la. questione specifica. e limitata., 
pur rilevante, della. natura. dell' A.R.A.R., ma. 
per i principi genera.li sulla. attivit� dello Stato 
nel campo economico e con organizzazione a.d impresa.. 


Esso merita. attenta. considerazione e riesame anche 
perch� non si consolidino orienta.menti che 
superando il costante insegna.mento della. giurisprudenza. 
e della. dottrina., faccia.no coincidere, 
come nella. sentenza. esaminata., la. personalit� giurid!
ca. con la. rappresentanza. organica., cio� le due 

configurazioni, ben distinte, della. soggettivit� giuridica. 
(1). 

Confidiamo di aver posto in luce, anche se non 
tutti gli argomenti che attesta.no la. natura. di amministrazione 
stata.le a.ut<omoma.. deJ,l'A.R.A.R., come 
la. sentenza. esaminata. non appaia. in armonia. 
con il pensiero del legislatore e l'esegesi dei testi 
legislativi, la. sostanza. delle cose, la. prassi amministrativa., 
la. dottrina. e, perch� no~, anche la. giurisprudenza. 
sinora. dominante: cio� con tutti quegli 
elementi che costituiscono la. comunis opinio nel 
campo del diritto e da.i qua.li non si pu� prescindere 
se si vuol mantenere il diritto in stretto armonico 
contatto con la. realt�. 

VALENTE SIMI 

0 

AVVOOATO DELLO STATO 

(1) Sul delicato problema della �soggettivit�� che 
pur non � personalit� e che compete anche ad organi di 
persone giuridiche quando si presentino come titolari 
di poteri, diritti, doveri, vedi SANTI ROMANO: Frammenti 
di un dizionario giuridico, Milano, 1947, p. 145 segg.; 
ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo, Milii.no, 1947, 
vol. I, p. 104 e segg.; GASPARRI: Corso di Diritto amministrativo, 
I,. Bologna, 1953, p. 185 e segg.; ESPOSITO: 
Organo, ufficio e soggettivit� dell'ufficio, P�d,ova, 1932. 

NOTE DI DOTTRINA 


R. 
NrcoL�, V. ANDRIOLI, .A. SEGNI, G . .A. MrCHELr, 
G. .AzzARITI, G. SCARPELLO: Tutela dei 
diritti, art. 2900-2969. (Zanichelli -Soc. Foro 
Italiano, 1953). 
Come � noto, la materia trattata dal Codice civile 
nel libro della tutela dei diritti e fra le pi� 
eterogenee. Ci� spiega la quantit�, variet� .e complessit� 
delle questioni che si incontrano in questo 
volume (pp. xxr-726) del Commentario dello ScIALOIA 
e BRANCA, e la difficolt� del compito di chi 
sia chiamato a recensirlo. 

Un buon commentario, essendo in primo luogo 
un'opera destinata, per propria natura, ad indicare 
la soluzione per un'infinit� di cc casi �, deve toccare 
i pi� svariati problemi giuridici, data la neces.sit� 
di inquadrare ogni questione, sia pur di dettaglio, 
nell'intero sistema di cui ogni norma � parte organica. 
Orbene, si pu� affermare senza tema di smentite, 
che nell'opera qui recensita � stata tenuta 
presente questa fondamentale esigenza: i commentatori 
sono saliti dalla norma al principio per ridiscendere, 
poi, dal principio al caso pratico. La 
ricca casistica, infatti, che giunge talvolta a ricordare 
quella dei classici e ben pi� voluminosi commentarli 
tipo Baudry-Lacantinerie, e che � spesso 
accompagnata da vasti e comodissimi elenchi di 
testi legislativi, non intacca mai l'organica compattezza 
del commento, inquadrato in un rigore dogmatico 
ignoto ai pur valorosi esegeti della vecchia 
scuola francese. 

Per la verit� non pu� negarsi che talvolta traspare 
agli occhi di un attento lettore l'origine 
composita dell'opera, in alcune disarmonie di sviluppo 
di una qualche parte rispetto alle altre, nella 
diversa funzione assegnata dai varii . autori alle 
note a pi� di pagina, ed in altri dettagli del genere. 
Data la funzione dell'opera, destinata sopra tutto 
alla consultazione, queste caratteristiche non meritano 
rilievo, se non forse in quei rari casi in cui si 
manifesta un aperto contrasto fra le posizioni assunte 
da due collaboratori su un medesimo problema 
(ad es. a p. 61 il Nicol� ravvisa nell'art. 2939 
un'applicazione della surrogatoria, mentre a p. 579 
l'.Azzariti e Scarpello escludono ogni nesso di questo 
articolo con la surrogatoria o con la pauliana). Nel 
complesso per altro, se si tengono presenti le difficolt� 
di coordinamento fra il pensiero dei vari 
autori in una materia che, dopo la recente riforma 
del codice, non ha ancora potuto subire in ogni 

sua parte una esauriente elaborazione dottrinale 
e giurisprudenziale, deve riconoscersi una ammirevole 
unit� di pensiero e di indirizzo nell'opera recensita. 


Gli argomenti esaminati si riferiscono alla surrogatoria, 
revocatoria, sequestro conservativo, giudicato, 
esecuzione forzata, prescrizione e decadenza:: 
,tutti istituti, come si vede, di amplissima portata 
e collegati, per mille nessi, alle pi� svariate situazioni 
giuridiche. Ci� rende impossibile seguire, in 
questa sede, gli autori nella loro minuta disamina 
dei singoli articoli; ci limiteremo �quindi a segnalare 
il profilo che i pi� importanti istituti trattati 
vengono ad assumere, solo incidentalmente indugiando 
su qualche particolare che ci ha per una 
ragione od un'altra colpito. 

La surrogatoria e la revocatoria si presentano 
inquadrate fra i mezzi di conservazione indiretta 
della garanzia patrimoniale; ci� non perch� sia riconosciuto 
un diritto di garanzia di natura sostanziale 
spettante ai creditori sui beni del debitore, ma nel 
senso che i detti istituti, cosi come il sequestro conservativo 
ed altre fattispecie particolari disciplinate 
qu� e l� nella legge, tendono a tutelare il diritto 
di credito prevenendo o scongiurando situazioni 
idonee a svuotare il diritto stesso del suo contenuto 
economico. 

Considerando in particolare la surrogatoria, di 
cui si sottolinea il carattere conservativo (che non 
implica la necessit� giuridica di cumulo con l'azione 
esecutiva), si esamina il fondamento del rimedio, 
il quale viene configurato come un caso di 
legittimazione (che diventa sostituzione processuale 
se esercitata giudizialmente) concessa al creditore 
(potere giuridico), autorizzato a far valere un diritto 
altrui, nell'interesse tanto proprio che del 
debitore. Elencate le condizioni della surrogatoria 
(qualit� di creditore, pericolo, natura patrimoniale 
del diritto, inerzia del debitore), viene posta una 
cura particolare della ricerca dei limiti oltre i quali 
la surrogatoria non pu� esercitarsi. I diritti non 
patrimoniali, anche se rivestano alcuni aspetti 
secondarii di patrimonialit�, e le facolt� discrezionali 
non corrispondenti ad un precedent� �obbligo 
di terzi, restano fuori dell'applicazione del rimedio: 
ugualmente dicasi degli interessi legittimi, con conseguente 
esclusione dalla surrogatoria dei ricorsi 
alla giustizia amministrativa, dato che gli interessi 
legittimi non sono esercitabili e comunque tutelabili 
ex art. 2900. L'.A. non scende ad �esaminare 


l'ipotesi, che potrebbe meritare approfondimento in 

altra sede, della attribuzione alla giustizia ammi


nistrativa di competenza esclusiva in materia in 

cui diritti ed interessi si trovino indissolubilmente 

commisti. 

Rigorosamente tracciata � poi la differenza fra 
surrogatoria e pauliana, sottolineandosi che quest'ultima 
azione � diretta ad ottenere giudizialmente 
la pronunzia di una semplice inefficacia, non 
solo relativa (come � pacifico nella nuova codificazione) 
ma anche parziale dell'atto revocato. Sulla 
scorta degli artt. 2910 O.e., e 602 e 604 O.p.c. � 
infatti dimostrato che il terzo acquirente � e rimane 
proprietario anche nei confronti del creditore 
vittorioso in revocatoria, il quale ha bensi il 
diritto di agire in executivis sul bene oggetto dell'atto 
revocato, ma tale azione esecutiva egli deve 
proporre nei confronti del terzo, non del debitore: 
il diritto del creditore vittorioso opera quindi come 
una garanzia reale che segue il bene presso il terzo 
acquirente pur senza intaccare, per il resto, l'efficacia 
dell'atto di acquisto. 

Qualche dubbio pu�, a nostro avviso, lasciare 
una distinzione formulata a proposito dell'elemento 
psicologico legittimante la revocatoria, l� dove 
� accennato al differente fondamento della rilevanza 
della semplice scientia damni per la revoca dell'atto 
posteriore al debito, e del consilium fraudis 
richiesto per la revoca dell'atto anteriore: in quest'ultimo 
caso la revoca sarebbe fondata sulla responsabilit� 
aquiliana del debitore alienante (pagina 
197); ma a noi sembra lecito obiettare che, se 
cosi fosse, dovrebbe conseguirne sempre un diritto 
del creditore al risarcimento del danno ex art. 2043, 
diritto che acquisterebbe rilievo ogni qual volta 
la pauliana non potesse conseguire il suo effetto: 
ora, se pu� darsi che, in molti casi, consilium fraudis 
ed illecito aquiliano concorrano in linea di fatto 
nel comportamento del debitore o del terzo, non 
ci pare vi sia nella legge alcun elemento atto a 
giustificare una automatica sussunzione di una 
fattispecie nell'altra. 

Cosi pure qualche incertezza ci resta circa i criterii 
con cui debba stabilirsi l'onerosit� e gratuit� 
dell'atto revocabile agli effetti della rilevanza dell'emento 
psicologico nel terzo acquirente. Dalla 
stessa enunciazione del quesito, e dato che la 
norma � sopra tutto diretta alla tutela dell'acquirente 
a titolo oneroso, ci sembra che possa ritenersi 
con il Oosattini e contrariamente al testo (p. 238) 
che la gratuit� od onerosit� debba stabilirsi. con 
riguardo al terzo, e non al debitore alienante. 

Menzione merita il diffuso studio dei problemi 
processuali cui la revocatoria pu� dar luogo, e 
l'indagine sulla estensione del giudicato, che trova 
un suo limite (ovviamente attraverso una nuova 
pronunzia) in ogni successivo mutamento dello 
stato economico del debitore che faccia venir meno 
il presupposto dell' eventus damni. 

Scarsa, ma ricca di richiami alla legge processuale 
la trattazione del sequestro conservativo. �vi 
l'estrema concisione nuoce talvolta alla chiarezza; 
cos� avviene a p. 276 dove non � facile afferrare 
la struttura sintatt~ca del periodo in cui l'A. acutamente 
critica 1'\'trt. 647 O.p.c. perch� autorizza 
il giudice a concedere il sequestro conservativo 

dietro cauzione, mentre tale cautela, giustificata 
solo per l'ipotesi che si tema una azione imprudente 
dell'istante, (art. 98 O.p.c.) appare incompatibile 
con il fumus boni juris richiesto per la 
concessione del sequestro.� 

Di maggior respiro appare il commento ai pochi 
articoli (2907-2909) di disposizioni generali sulla 
tutela giurisdizionale dei diritti, ma la materia del 
giudicato, cui l'indagine � diretta, legittima lo 
spazio dedicatole nell'opera, tanto pi� che, come 
rileva l'A., la disciplina positiva � assolutamente 
inadeguata, per scarsezza e disorganicit�, all'importanza 
dell'argomento. 

Punto di partenza � il rilievo che il giudicato 
opera fra le parti ma non a favore di una contro 
l'altra, l'azione contrastante con il giudicato essendo 
dichiarata dalla legge non infondata, ma 
improponibile anche dal vincitore. La cosa giudicata 
viene cosi riportata ad un caso di preclusione; 
fenomeno processuale, quindi (ma da non confondersi 
con la cosa giudicata in senso formale di 
cui all'art. 324 O.p.c.), risolventesi nel divieto 
rivolto al giudice di pronunziare una seconda volta 
su una questione di merito gi� decisa. 

La critica alla teoria sostanziale del giudicato � 
basata sul rigetto della concezione del diritto come 
potere di chiedere allo Stato la tutela giuridica e 
quindi, in ultima analisi, come forza che fa applicare 
la norma in caso di inosservanza. N� la teoria 
sostanziale potrebbe essere sostenuta attribuendo 
al processo una funzione creativa del diritto che il 
processo non ha. Secondo l'A., infatti, il giudice 
non crea mai il diritto, o, comunque, la sua volont� 
non ha mai il potore di costituire direttamente 
mutamenti nei rapporti giuridici sostanziali. Anche 
nelle sentenze costitutive, infatti, il giudice si 
limita a dichiarare la volont� della legge; l'effetto 
costitutivo segue come una conseguenza, discendente 
di diritto, dall'accertamento contenuto nella 
sentenza, la quale opera in tal caso come fatto 
giuridico e non come atto del giudice. Ci� avverrebbe 
persino nelle cos� dette sentenze dispositive in cui 
il giudice, decidendo il caso concreto in base a 
principi di opportunit�, di equit� ecc., non farebbe 
::1Jtro che dichiarare il diritto positivo il quale, in 
forza di apposite disposizioni recepisce in s� norme 
di per loro extragiuridiche. 

Le eccezioni al principio sopra enunciato, stante 
la irrilevanza giuridica della sentenza ingiusta, si 
ridurrebbero al solo caso di sentenza emessa a E:;:,

"" 

seguito di giuramento decisorio poi riconosciuto 

ru

falso. 

r=

L'A. indugia poi nella ricerca dei limiti del giudicato: 
a proposito dei limiti obiettivi, sottolinea 
innanzi tutto la necessit� di non confondere il giudicato, 
che copre �il prodotto della attivit� giurisdizionale 
ii, con le preclusioni operanti solo sui 
� mezzi di produzione della tutela n; dal che deve 
desumersi che il termine di preclusione � qu� usato 
in un'accezione pi� ristretta di qua:iJ..do � richiamato 
per sottolineare la teoria processuale del--giu.--
i 
dicato. Solo le decisioni di merito passano in giu


~~~ 

dicato, con esclusione di ci� che venga accertato :�:incidenter 
tantum o comunque al solo fine di deci'
I' 
dere sulla domanda: alla risposta del giudice, non 
ai suoi motivi, compete l'immutabilit�. 


-9


Vengono quindi esaminate la portata del giudi


cato della Cassazione, le sentenze sotto condizione 

e 
rebus sio stantibus (che non impediscono una 

nuova pronunzia, immutabile essendo non il fatto 

giuridico ma solo l'accertamento riferito al mo


mento in cui fu emesso), ed altre numerose que


stioni minori. 

La molteplicit� di problemi trattati in tema di 

esecuzione forzata rende impossibile sintetizzare in 

breve spazio il contenuto di questa parte dell'opera. 

Ci limiteremo a segnalare che l'A., pur negando 

che il processo esecutivo sia retto dal principio 

del contraddittorio, ne disconosce il carattere di 

procedimento di natura amministrativa. 

Interessante il parallelo fra pignoramento inteso 
come mezzo tecnico per impedire alterazioni giuridiche 
della cosa pignorata, e custodia, diretta ad 
impedire alterazioni materiali. Rigettate le teorie 
che concepivano il pignoramento come impossibilit� 
giuridica di alienare, e quelle pi� recenti che 
lo considerano alla stregua di una garanzia reale 
la quale non impedisce la circolazione della cosa 
oum onere suo, il vincolo � ricondotto alla inopponibilit� 
dell'atto di alienazione nel senso che, agli 
effetti del soddisfacimento dei creditori, il bene si 
considera ancora di pertinenza del debitore (a differenza 
di quanto si � visto per la revocatoria che 
autorizza l'espropriazione nei confronti del terzo 
acquirente). 

Ricorderemo brevemente che l'esecuzione per 
consegna o rilascio � configurata come una forma 
di tutela possessoria, e che l'esecuzione forzata 
degli obblighi di fare o di non fare non � considerata 
come caso di risarcimento del danno in forma 
specifica, secondo quanto, sulla base del nemo ad 
faotum oogi potest e del faotum infeotum fieri nequit, 
ritengono coloro che considerano oggetto dell'obbligazione 
il comportamento del debitore. L'A., 
che considera invece oggetto dell'obbligazione l'utilit� 
dovuta, trova esatto definire esecuzione in 
forma specifica quella in cui l'utilit� dovuta sia 
comunque assicurata in via coattiva al creditore�. 

Restano infine da esaminare la prescrizione e la 
decadenza: trattasi di istituti largamente disciplinati 
nel diritto positivo, che poco hanno risentito 
della recente modifica del codice civile, e che 
si presentano quindi gi� ben inquadrati dogmaticamente 
ad accuratamente elaborati dalla giurisprudenza. 
L'esauriente commento segue le vie 
tradizionali, alle quali appare talvolta sin troppo 
fedele, come l� dove sembra indicare come diritti 
imprescrittibili quelle semplici facolt�, che non si 
prescrivono solo perch� sono contenuto di un diritto 
�ma non diritti essi stessi (p. 550), o dove 
configura la petitio hereditatis regolata dall'art. 553 

O.e. come diretta al riconoscimento della qualit� 
di erede (p. 549), mentre il detto articolo regola 
un caso di rivendica dei beni ereditarii (e ci� basta 
a spiegarne l'imprescrittibilit�). 
Naturalmente le semplici, ed opinabili, questioni 
di dettaglio che ci siamo permessi di sollevare non 
sono assolutamente idonee ad influire sul giudizio 
incondizionatamente favorevole da cui, a nostro 
avviso, l'opera ....merita di essere accolta. 

MARIO FERRAR! 

M. 
MIELE: Principi di diritto internazionale. Ed. 
Barb�ra, Firenze, 1953. 
Occorre dire subito che l'A. ha raggiunto lo 
scopo che si era prefisso .nel dare .. alle stampe 
questi suoi Principi di diritto internazionale. Nella 
tradizionale lucida sintesi dei cc Manuali Barb�ra n, 
il libro riesce a dare, anche al lettore non iniziato, 
una completa visione degli attuali orientamenti 
della scienza del diritto internazionale, nei nuovi 
confini da questa acquisiti ed in base a dati tecnici 
e d'informazione pienamente aggiornati. Esso, 
inoltre, appresta a chi voglia approfondire istituti 
e problemi una ricca ed aggiornata bibliografia, 
riportata, molto opportunamente, in fondo ad ogni 
capitolo. 

Il rapido ma esauriente esame che l'A. fa della 
comunit� internazionale e del relativo ordinamento 
giuridico sul piano storico, pone in luce come le 
grandi componenti del diritto internazionale attuale 
siano rappresentate dall'incivilimento dei 
rapporti fra gli Stati e dall'equilibrio politico fra 
questi ultimi nell'et� moderna. 

In particolare, lo sviluppo del moderno ordinamento 
internazionale, iniziato dalla dottrine giusnaturalistiche, 
fu poi decisamente favorito da~la 
democratizzazione degli ordinamenti dei vari Stati, 
prodottasi sotto l'impulso dei principi della Rivoluzione 
francese, del costituzionalismo e di nazionalit�. 


In epoca recente e recentissima, la cosiddetta 
cc profilassi della guerra d'aggressione ii, la protezione 
internazionale dei diritti dell'uomo, la repressione 
dei crimini di guerra, la coesistenza del 
principio di organizzazione universale secondo la 
Carta dell'O.N.U. con quello di organizzazione regionale, 
continentale ed intercontinentale: tutte 
queste tendenze, di carattere politico e giuridico 
ad un tempo, hanno rivelato che l'attuale ordinamento 
internazionale va sempre pi� evolvendosi 
secondo principi di <e democratizzazione n e � socializzazione 
ii, e verso forme sempre pi� larghe di 
organizzazione e di cooperazione fra Stati. Tali 
forme di organizzazione e cooperazione, attraverso 
l'attuale politica d13i �blocchi n (i c.d. sistemi occidentali 
ed orientali), dovrebbero preludere ad un 
futuro armonico equilibrio degli Stati medesimi 
in una vera e propria organizzazione universale. 

Sotto quest'ultimo profilo, si sembra che la dottrina 
del formalismo monistico del Kelsen (inaccettabile 
per il Miele, come quella che si discosta 
dai valori storici ed umani), nel suo tentativo di 
comporre l'esperienza giuridica in un unitario sistema 
di valori giuridici sia per gli Stati che per 
gli individui, possa forse essere considerata e, per 
cos� dire, giustificata come l'esasperazione, sul terreno 
formale, della moderna tendenza verso l'organizzazione 
universale degli Stati. 

Nello studio del fenomeno giuridico internazionale, 
il Miele � per l'adozione del metodq.giuridicostorico, 
e tale suo orientamento -che ha il pregio _ 
di considerare la realt� normativa in funzione della 
realt� storica e sociale -traspare continuamente 
nel corso della trattazione. 

Cos�, deve ricondursi ad un'esatta visione della 
realt� storica e sociale, l'acuta distinzione che l'A, 


-10


fa, a proposito della consuetudine internazionale, fra 
l'opinio juris costituita dalla interpretazione (o valutazione) 
dell'esigenza internazionale del comportamento 
uniforme -interpretazione che � limitata 
alla fase creativa del precetto consuetudinario e 
la volont� di rispettare il precetto, che sta alla 
base dei componenti successivi. Egli adagia, inoltre, 
la positivit� dell'accordo internazionale sul piano 
dell'esistenza storica di esso accordo: in altre parole, 
il valore obbligatorio dell'accordo deriverebbe 
dal convincimento razionale degli Stati sulll'imprescindibilit� 
di tale procedimento per il regolamento 
dei conflitti d'interesse o delle attivit� di cooperazione 
proprie della comunit� internazionale. L'A. 
in buona sostanza, riconduce ad una stessa fonte 
sia la produzione giuridica consuetudinaria che 
quella convenzionale: questa fonte � rappresentata 
dal fondamentale principio storico e pregiuridico 
della cc necessit� internazionale�. 

L'indirizzo storico-giuridico adottato dall' A. viene 
in considerazione anche in sede di trattazione 
dei rapporti fra diritto internazionale e diritto 
interno. 

Bisogna convenire, a tale proposito, che qualsiasi 
sforzo della cc giurisprudenza pura )) per ridurre ad 
unit� il diritto internazionale e il diritto interno 

(c.d. dottrina pura del diritto, del Kelsen) s'infrange 
di fronte alla logica della storia e alla diversa 
morfologia degli ordinamenti considerati. 
Sembra, quindi, possa considerarsi come concezione 
.sicuramente acquisita dalla attuale scienza 
giurisprudenziale la posizione dualistica degli ordinamenti 
internazionale ed interno. 

Sussiste pertanto un'impossibilit� del rinvio recettizio 
fra i due ordinamenti, impossibilit� determinata 
dalla distinzione degli ordinamenti medesimi 
e dal conseguente relativismo dei valori giuridici, 
in particolare da quello delle fonti di produzione. 


Ci� non toglie che si verifichi, nell'ordinamento 
internazionale, un fenomeno caratteristico di osmosi 
storica di figure giuridiche appartenenti ad ordinamenti 
interni: qui, per�, non si tratterebbe che 
della formazione di norme consuetudinarie internazionali. 


Diverso dal caso della recezione � anche il c.d. 
adattamento del diritto interno al diritto internazionale, 
e cio� la teoria relativa a quei fenomeni 
di produzione di norme che si verificano negli 
ordinamenti statuali moderni in dipendenza del 
diritto internazionale. 

Il sistema italiano si tripartisce nel procedimento 
ordinario di legislazione, in quello speciale consistente 
nel cosiddetto cc ordine di esecuzione )) (in 
veste di legge formale o di decreto) ed infine nel 
procedimento di adattamento automatico previsto 
dall'art. 10 della vigente Costituzione. 

Anche la personalit� internazionale � -secondo 
l'A. -prevalentemente apprezzabile sul piano storico: 
essa infatti non risulterebbe da un'unica norma 
attributiva, bensi dalle varie correlazoni storicamente 
gi� in atto fra le norme esistenti e gli enti 
statuali per cui le norme erano venute creandosi. 
Solo in base a tale criterio ci si pu� rendere conto 
della perdurante esclusione dell'individuo dal novero 
dei soggetti internazionali; e si pu� anche 

attribuire la personalit� internazionale alle Unioni 
di Stati caratterizzate da un intenso vincolo associativo 
e da una convergenza d'interessi che renda 
necessaria un'attivit� unitaria. Altrettanto pu� dirsi 
per la Santa Sede e per le c.d. Un.ioni universali 
ed in genere per quei soggetti funzionali che sono 
titolari di funzioni internazionali o di diritti soggettivi 
internazionali. 

Deve, per contro, negarsi, sul piano della funzionalit� 
internazionale, la personalit� del Commonwealth: 
e questo, proprio per il carattere che esso 
ha di cc unione per secessione n (tale, la paradossale 
definizione che ne d� il Miele), essendo, come noto 
la risultante storica del processo di autonomizzazione 
delle antiche colonie della Corona britann�ca. 

L'esame che l'A. fa delle principali organizzazioni 
fra gli Stati e dei pi� importanti enti funzionali 
� -dati i limiti di trattazione -necessariamente 
sommario, ma i principali punti sono toccati 
in maniera da fornire una sufficiente veduta 
d'insieme e soprattutto un orientamento per quella 
sistemazione dottrinaria completa della organizza


zione internazionale che � ancora allo stato fluido. 
Sembra, infatti, da un canto che la dottrina non 
sia disposta ad abbandonare gli schemi usuali, e, 
d'altra parte, che lo stato attuale del diritto internazionale 
positivo non consenta una teoria dell'organizzazione 
internazionale in senso oggettivo. 


Fra gli enti .di cui sopra assume una posizione 
di assoluta preminenza l'O.N.U., che si presenta 


�giuridicamente quale unione di Stati a fini generali 
e permanenti, universale o comunque virtualmente 
universale, con personalit� internazionale 
limitata a talune funzioni (ad es., in materia di 
Amministrazione fiduciaria) ad essa spettanti quali 
ente distinto dagli Stati membri. 

Altro ente funzionale da ricordare � la Comunit� 
Europea del Carbone e dell'Acciaio (O.E.O.A.), la 
quale, costituita il 18 aprile 1951 fra Germania, 
Francia, Italia, Belgio, Lussemburgo e Olanda, 
intende instaurare una collaborazione tendente alla 
produzione unica, al mercato unico, ai prezzi 
unici, all'abolizione delle tariffe doganali, all'incremento 
delle imprese di produzione dei due rami 
e alla elevazione �del tenore di vita dei popoli degli 
Stati aderenti. La caratteristica pi� rilevante (sul 
piano giuridico) di questo ente � che l'Alta Auto-� 
rit� -paragonabile al potere legislativo centrale 
di uno Stato federale ___, pu� emettere decisions 
vincolanti, oltre che. per gli Stati membri, per i :~ 

:..-.

soggetti (imprenditori dei due rami) degli ordina


., 
.,
~=� 

menti interni, nei confronti dei quali soggetti ha 
anche poteri d'i:rnposizione tributaria. 
:-: 

Dall'esame della natura e delle caratteristiche 
di funzionalit� degli enti di cui sopra ed in particolare 
dal testo della Carta dell'O.N.U. si desume 
chiaramente che la logica evolutiva del diritto internazionale 
sta nell'apprestare, parallelamente al divieto 
di ricorso alla guerra, una serie di procedimenti 
adatti ad assicurare il cc ricambio l> delle 
norme internazionali nonch� a realizzar� il diritto 
rispondente, in un dato momento storico, all'entit� 
dei conflitti di interessi fra gli Stati. 

Questo concetto �, per cos� dire, il substrato politico 
e pregiuridico sulla base del quale il Miele, 
fedele al suo metodo storico-giuridico, delinea la 


-11


trattazione dei fatti e degli atti giuridici internazionali, 
dei diritti soggettivi e degli interessi internazionali. 


A proposito degli atti giuridici internazionali, 
interessa porre in rilievo come accanto alle tradizionali 
distinzioni se ne vada delineando in dottrina 
una nuova: quella fra cc accordi � e cc carte �. 
La locuzione << carta �, per la. prima volta usata a 
proposito dell'O.N.U., rispecchierebbe sia. la. mole 
che la. grande importanza deU'atto per l'organizzazione 
internazionale: in tal senso si pu� ravvisare 
un :parallelismo con le �carte � costituzionali 
degli Stati, e ci� quale frutto di quel procedimento 
di osmosi storico-giuridica di cui si � fatto cenno 
pi� sopra.. 

In tema di accordi internazionali, l' A. giustamente 
nota come la validit� internazionale della 
�ratifica �, e (per analogia.) dell'atto di adesione 
nei c.d. cc trattati aperti �, sia. condizionata, dall'attuale 
convincimento degli Stati (vedasi l'attualissimo 
caso -ancora. allo stato fluido e perci� 
non citato nel libro che recensiamo -della ratifica 
del trattato della C.E.D. da parte degli Stati cosidetti 
cc occidentali �) al rispetto delle Costituzioni 
e, in particola.re, all'intervento degli organi rappresentativi 
della volont� popolare. Trattasi, secondo 
noi, di una gi� solida consuetudine inte:i:nazionale 
ispirata .dal principio di cc democratizzazione 
� del diritto internazionale. 

Dati i noti effetti degli accordi internazionali tra 
le parti e di fronte ai terzi, l'A. si propone il problema 
-che, almeno sul terreno concreto, sembra 
ormai definitivamente risolto dall'attuale ordinamento 
internazionale -della soggezione dei 
terzi Stati ai poteri di tutela associata. Tale soggezione 
sarebbe conseguenza dell'universalit� (quanto 
meno� virtuale) propria della nuova organizzazione 
internazionale, che vuole la difesa contro 
l'aggressione da parte di qualsiasi Stato anche se 
non membro. In altri termini, pi� che di deroga 
al principio generale dell'efficacia degli accordi internazionali 
nei confronti dei soggetti destinatari, si 
tratterebbe di una conseguenza propria del funzionamento 
dei sistemi di tutela associata. 

Altro problema di rilievo che il Miele si propone 
� quello degli effetti della guerra sui trattati. Il 
problema � importante anche per il diritto costituzionale, 
giacch� si tratta di sapere se sia necessario 
procedere a nuove norme di adattamento o a conferma 
delle norme di esecuzione preesistenti o se 
queste siano di per s� sempre in vigore: la questione 
si fa, in particolare, nel sistema italiano, per il 

c.d. ordine di esecuzione. 
La soluzione, in conformit� dei prevalenti e diremmo 
-pratici orientamenti deUa dottrina, non 
pu� essere (anche secondo il Miele) che quella della 
sospensione: ci�, in base al principio consolidato 
che lo stato di guerra non annulla l'ordine giuridico 
del tempo di pace, ma semplicemente lo sospende 
in parte nei rapporti fra i belligeranti. 

Trattando dei diritti soggettivi internazionali, l'A. 
accanto ai diritti di personalit�, pone su un piano 
di rilievo i diritti dell'autonomia che egli ripartisce, 
con criterio forse troppo analitico, in diritti. 
attinenti al c.d. dominio riservato; diritti all'esercizio 
di attivit� extraterritoriale; diritti ad un 

trattamento dei propri organi esterni; diritti al


l'immunit� dalle giurisdizioni estere; diritti d'asilo. 

A proposito di dominio riservato, non si pu� 
non condividere la considerazione del Miele, nel 
senso che il diritto intern11izionale Q$lierno, mentre 
da un lato ne proclama il rispetto, dall'altro lato 
tende ad cc impadronirsene �. Trattasi, per�, di 
tendenza che non ha ancora trovato una definizione 
sul piano formale. Cosi, ad esempio, la �questione 
della c.d. internnazioalit� del problema costituzionale, 
inquadrata nell'ambito della interdipendenza 
dei fattori politici e storici delle odierne 
forme degli Stati, si pu� porre, per il momento, 
esclusivamente sul terreno politico. 

Il diritto di ogni Stato all'esercizio di attivit� 
extraterritoriale e ad un trattamento dei propri 
organi esterni pone, come suol dirsi, sul tappeto 
la questione dei limiti delle immunit� diplomatiche 
e consolari. Per gli agenti diplomatici � consuetudinariamente 
riconosciuta un'ampia imm~nit� 
dalla giurisdizione penale e civile, eccettuato, per 
quest'ultima, il caso delle azioni reali o possessorie 
relative ad immobili situati nello Stato di accreditamento. 
A titolo storico, vanno ricordate due sentenze 
della nostra Corte Suprema (20 aprile 1915 
e 31 gennaio 1922) che, negando l'immunit� diplomatica 
oltre la sfera ufficiale, sollevarono in passato 
l'unanime protesta del Corpo diplomatico 
accreditato presso il nostro Stato. (Sulla questione, 
vedansi le recenti sentenze 24 marzo 1953 e 13 luglio 
1953 del Tribunale di Roma, con nota di 
richiami, in �Foro It. �, 1954, I, 136). 

Quanto all'immunit� dello Stato dalle giurisdizioni 
estere, si osserva che essa non � riconosciuta 
in relazione ad atti o fatti di diritto privato. Con 
riferimento all'Italia, � opportuno ricordare che 
il D.L. 30 agosto 1925, n. 1621, convertito in legge 
15 luglio 1926, n. 1263, subordina all'autorizzazione 
del Ministro della Giustizia l'esecuzione 
forzata sui beni degli Stati esteri. 

Fin qui si sono ricordati i diritti soggettivi internazionali. 
Ma neffordinamento internazionale si 
pu�, com'� noto, parlare anche di interessi protetti 
degli Stati in un significato non troppo lontano da 
quello del diritto interno. 

L'A. pone acutamente in rilievo che gli stessi 
sviluppi del diritto formale o strumentale relativo 
alla risoluzione pacifica delle controversie c.d .. cc politiche
� (quelle controversie, cio�, insorte in dipendenza 
di una pretesa che non trova fondamento 
nel regolamento giuridico costituito e che pertanto 
tende ad evertere quest'ultimo) attestano la necessit� 
in cui si trova l'attuale diritto internazionale 
di ammettere una indiretta tutela degli interessi. 

Trattando della responsabilit� internazionale per 
fatti illeciti, il Miele, pur distinguendo fra responsabilit� 
per fatto dell'organo e responsabilit� per 
fatto d'individui, osserva giustamente che non v'� 
posto per la responsabilit� indiretta, gia�ch� in 
ogni caso trattasi di responsabilit� dello Stato per 
fatto proprio in occasione della condotta di orga:aj. 
od in genere di individui, contraria, come si suol 
dire, al diritto internazionale. In tali casi, il singolo 
individuo non potr�, di regola, essere tenuto 
responsabile internazionalmente del suo operato. 
Unica eccezione, ancora non del tutto defluita posi



-12 


tivamente, � quella dei criminali di guerra ed a tale 

proposito I'A. si augura l'istituzione di un vero e pro


prio tribunale internazionale permanente, neutrale 

e precostituito a qualsiasi pericolo di conflagrazione. 

Il Miele respinge la dottrina che, sulla base di 
un preteso realismo giuridico, afferma l'impossibilit� 
della valutazione giuridica del ricorso alla 
guerra, e plaude alla pi� recente dottrina che, pur 
continuando ad occuparsi del fenomeno bellico sul 
piano del diritto internazionale, lo ha relegato o 
fra le garanzie del diritto internazionale di pace 

o fra le sanzioni del diritto internazionale. Ci� 
nonostante, egli segue la sistematica tradizionale, 
che fa un capitolo a s� delle norme del diritto di 
guerra, premettendo che, oggigiorno, il ricorso alla 
guerra che non sia di autodifesa o di esecuzione 
degli obblighi di tutela associata (contenuti nella 
Carta dell'O.N.U.) � illecito. 
� sottile, ma sostanzialmente esatta, l'osservazione. 
che l'instaurazione dello stato di guerra, sul 
piano giuridico, ha come effetto, non tanto l'applicazione 
diretta del diritto di guerra, come usualmente 
si dice, bensi il preliminare effetto di colorare 
o caratterizzare le fattispecie o gli eventi 
posteriori, nella cerchia degli Stati fra i quali 
sorge lo stato di guerra, come di natura bellica in 
senso giuridico; ossia, fattispecie tali da essere sussunte 
dalle norme di guerra. 

Accurata ed aggiornata � la trattazione dell'occupazione 
bellica con particolare riguardo ai poteri 
e ai doveri dello Stato occupante. L'A. considera 
anche il caso dell'occupazione armistiziale e ritiene 
che di tale natura debba essere considerata l'occupazione 
di Trieste, nel periodo dall'armistizio con 
l'Italia fino alla entrata in vigore (15 settembre 
1947) del Trattato di pace Italia-Nazioni Unite. 
Con l'entrata in vigore di tale trattato, l'occupazione 
interalleata -non essendosi costituito, per 
la mancata applicazione del Trattato circa il governo 
del territorio internazionale, il c.d. Territorio 
Libero di Trieste -trova il suo titolo giuridico, 
secondo il Miele, nell'art. 21 del Trattato stesso, 
il quale prevede la cessione del territorio da parte 
dell'Italia condizionatamente alla effettiva erezione 
del Territorio internazionale: di qui, il permanere 
d'ell'occupazione alleata e (sebbene I'A. non lo dica 
esplicitamente) la sopravvivenza della sovranit� 
italiana, anche se non effettuale. (Per lo stato della 
giurisprudenza interna in proposito, vedasi il voi.III 
della Relazione della Avvocatura Generale dello Stato 
1942-1950). 

Gravi e delicati problemi sono quelli che si pongono 
(e per l'Italia si tratta, purtroppo, di recente 
esperienza) circa la validit� da riconoscersi agli 
atti, specie amministrativi e giurisdizionali, dello 
Stato occupante. Come criterio generale di valutazione 
degli atti dell'occupante, l'A. propone, in 
conformit� del prevalente orientamento, il principio 
della legittimit� internazionale del singolo atto 
come condizione di validit� del medesimo nell'ordinamento 
dello Stato occupato. (Sulla questione, con 
riferimento al nostro ordinamento e ai periodi di 
occupazione tedesca e alleata del nostro territorio, 
vedasi il cit. vol. III della Relazione dell' A vvocatura 
Generale della Stato). 

U. CORONAS 
VINCENZO SICA: La controfirma. Napoli, Jovene' 
1953. 


1. In tutti gli Stati moderni gli atti del Capo 
dello Stato sono controfirmati da un Ministro. 
A parere del Sica, la� controfirma � un mezzo 
tecnico per attuare le norme costituzionali determinanti 
la competenza del Capo dello Stato 
e del Governo e la relazione fra questi due organi, 
donde la conseguenz�a che essa pu� assumere 
un valore diverso nei vari ordinamenti positivi. 
L'interpretazione corrente, per cui la controfirma 
esprime sempre la paternit� effettiva 
dell'atto� e l'assunzione di responsabilit� politica 
di fronte alle Camere. se � valida per l'ordinamento 
inglese, non lo � altrettanto per gli altri 
ordinamenti positivi. In un regime costituzionale 
puro, in cui il Governo non � responsabile di fronte 
alle Camere, la controfirma non pu� avere il 
valore sopra accennato. Ma anche nell'ambito 
dei regimi parlamentari,� essa pu� assumere qualificazioni 
e sfumature diverse. 
Un sistema abbastanza affine al clich� britannico 
era quello vigente nel Regno d'Italia. 
Il concetto inglese per cui al Re spetta il potere 
nominale, al Governo il potere effettivo, si traduce 
nella formula italiana per cui il Re � titolare 
del potere, ma il Governo ne ha l'esercizio. 
I Ministri svolgono l'attiv'it� di indirizzo politico 
e determinano il contenuto degli atti, che il 
Re fa propri con la firma. Ma formalmente � 
il Re titolare del potere, e potrebbe egli stesso, 
almeno in casi particolari, assumersi la iniziativa 
di atti politici o comunque esercitare un controllo 
di merito sul contenuto proposto dai Ministri: 
� solo una norma� di correttezza costituzionale 
che induce il Re ad astenersene. 

Non vi � dunque un netto limite giuridico fra 
competenza regia e ministeriale, per quanto la 
prassi tenda ad attribuire al Governo l'esercizio 
integrale del potere. �Non vi � articolazione vincolata 
di competenze. Vi � al contrario una disarticolazione 
che consente l'alternarsi di situazioni 
diverse, che consente in concreto l'evoluzione 
su descritta (p. 222). Re e Ministro concorrono 
a formare un atto complesso, nel senso che lo 
stesso atto � voluto e compiuto da due organi 
diversi. Ma la complessit�, avverte il Sica, � un 
genere comprendente varie specie. Quella cui 
dava luogo lo Statuto Albertino era una �complessit� 
disarticolata, in quanto l'ordinamento 
non descrive n� fissa il ruolo o la posizione delle 
attivit� elementari che danno vita all'atto complesso 
�: vi era infatti una �partecipazione indifferenziata 
dei Ministri e del Re alla formazione 
dell'atto (p. 223). 

Diversa � la situazione nell'ordinamento attuale, 
in cui il Capo dello Stato non � pi� il titolare 
dei massimi poteri, il perno del sistema. 
Non vi � pi� un Governo del Re, ma un Governo 
della Repubblica: prima il Govern� esercitava 
funzioni del Capo dello Stato; ora Governo e 
Capo dello Stato esercitano ciascuno funzioni 
proprie fissate dalla Costituzione. Il Governo 
ha il potere generale di indirizzo politico e amministrativo 
(art. 95); il Presidente della Repub-

J 


-13


blica ha una serie di attribuzioni specifiche (per 
lo pi� elencate nell'art. 87). Anche nel nuovo ordinamento 
gli atti del Capo dello Stato sono 
controfirmati da un Ministro e sono quindi atti 
complessi in quanto voluti e compiuti da due 
organi. Ma la complessit� � qui caratterizzata 
dalla �articolazione rigida delle competenze, distribuzione 
vincolata di competenza agli organi 
costitutivi del sistema di governo>> (p. 228). 

2. Il Sica mette peraltro in rilievo un secondo 
e importante elemento differenziale delle due 
Costituzioni. In quella del 1848 la preminenza 
nel sistema � attribuita all'istituzione regia contrappposta 
all'organizzazione rappresentativa, che 
ha il suo centro nella Camera dei deputati. La 
evoluzione costituzionale italiana � caratterizzata 
.. dall'espansione dell'organizzazione rappresentativa 
mediante il controllo della Camera 
bassa sul Governo, il quale da emanazione �della 
Corona si trasforma in espressione della maggioranza 
di essa Camera. Il Governo assorbe allora 
tutto il potere del Re; gli atti del quale, eccettuati 
i pochi di regia prerogativa, sono in realt� 
atti del Governo. 
La situazione si altera nel regime attuale, in 
cui anche il Capo dello Stato, quale eletto del 
Parlamento e �rappresentante dell'unit� nazionale))' 
fa parte dell'organizzazione rappresentativa. 
Mentre da un lato gli si � tolta la preminenza 
di cui godeva l'istituzione regia, dall'altro 
non si � sentito il bisogno di sottrargli ogni potere 
effettivo. Pertanto accanto agli atti il cui 
contenuto, come in regime monarchico, � determinato 
dal Governo, la costituzione ha previsto 
atti di iniziativa presidenziale. 

Anche questa seconda peculiarit� del nuovo 
sistema si riflette sulla controfirma. Poich� mentre 
nel regime precedente essa aveva sempre lo 
stesso valore, nel senso che tutti gli atti reali 
erano in realt� proposti e formulati dal Ministro 
controfirmante, il quale ne assumeva la responsabilit� 
politica, nel regime attuale vi sono due 
categorie di atti presidenziali: quelli di indirizzo 
politico e amministrativo formulati dal Governo 
e quelli costituzionali determinati dal Presidente. 
Principali fra questi: la nomina del Presidente 
del Consiglio (che secondo il Sica andrebbe controfirmata 
dal Premier dimissionario), di un terzo 
dei giudici della Corte costituzionale e di cinque 
senatori, la convocazione straqrdinaria e lo scioglimento 
delle Camere, il messaggio, il veto sospensivo 
delle leggi, la grazia, nonch� alcuni atti 

c.d. automatici, che il Presidente � tenuto a compiere 
verificandosi certi presupposti (indire le 
elezioni, fissare la prima riunione delle Camere, 
promulgare le leggi). 
La distinzione fra le due categorie di atti � 
importantissima ai fini del presente studio, poich� 
negli atti di indirizzo politico o amministrativo 
la controfirma esprime l'esercizio di un vero 
(( potere determinante n: iniziativa, formulazione 
dell'atto e quindi responsabilit� politica del Ministro; 
negli atti costituzionali la controfirma 
esprime l'esercizio di un mero cc potere costitutivo 
))' che si sostanzia in un controllo di costitu


zionalit� da parte del Ministro, soggetto non 

alla responsabilit� politica, ma solo a quella 

penale per alto tradimento o attentato alla co


stituzione. 

Inversamente, la firma presiden7Jale realizza 

nella prima categoria di atti un puro controllo 

di costituzionalit�, esclusa qualsiasi partecipa


zione al merito; nella seconda l'esercizio di un 

vero potere determinante del contenuto dell'atto. 

L'inversione del rapporto Pr�sidente-Ministro 

non � peraltro completa, sotto due profili. In 

primo luogo in entrambe le categorie di atti la 

firma presidenziale ha la funzione di attribuirli 

al Capo dello Stato rappresentante dell'unit� 

nazionale, anzich� al Governo, che non � l'or


gano pi� elevato dello Stato e per giunta non 

rappresenta l'intera Nazione, ma solo la maggio


ranza (maggioranza di oggi che pu� diventare 

la minoranza di domani). 

Inoltre il Capo dello Stato � sempre politica.


mente irresponsabile dei propri atti, anche di 

quelli emessi di propria iniziativa. 

Secondo il Sica, la sua tesi non � in contrasto 

con l'art. 89 della Costituzione: cc Nessun atto 

del Presidente della Repubblica � valido se non 

� controfirmato dai Ministri proponenti, che ne 

assumono la responsabilit� n. La formula pecca 

di imprecisione, ma se indubbiamente sancisce 

l'obbligo della controfirma per tutti gli atti del 

Presidente, essa non dice che per tutti vi sia la 

proposta e l'assunzione di responsabilit� del 

Governo. Come aveva gi� rilevato il Vitta, la 

formulazione dell'art. 89 si spiega, oltre che con 

ragioni storiche, col fatto che gli atti di proposta 

governativa sono la grande maggioranza e costi


tuiscono l'id quod plerumque accidit. 

3. Una delle parti pi� interessanti del libro � 
l'indagine diretta ad individuare gli atti, il cui 
contenuto � determinato dal Presidente della 
Repubblica. Per la nomina del Presidente del 
Consiglio, il messaggio e il veto sospensivo delle 
leggi, il potere determinante e la discrezionalit� 
del Capo dello Stato � intuitiva. Per altri non 
lo � altrettanto, come testimoniano le diatribe 
svoltesi al proposito in sede politica. 
Varie ragioni inducono l'A. a ritenere di formulazione 
presidenziale la nomina di un terzo 
dei giudici della Corte costituzionale. La Corte 
� organo di giustizia; deve esserne assicurata la 
imparzialit� anche nell'eventualit� che deve giu


. dicare 
su accuse promosse contro Ministri e su 
conflitti fra il Governo e altri poteri dello Stato. 
Devono essere scelte persone qualificate non da 
meriti politici, ma da requisiti tecnici (magistrati, 
avvocati, professori). Deve essere sottratta la 
nomina di questi giudici alla maggioranza; un 
giudice legato alla maggioranza di oggi, durando 
in carica dodici anni, pu� diventare avversario 
del Governo di domani: cc si avr� allora una Corte 
costituzionale composta di rappresentanti _del}a 
minoranza, il che praticamente porterebbe ad una 
degenerazione dello istituto, trasformandolo 
molto facilmente in un organo politico di lotta e 
resistenza dell'opposizione contro il Governo >> 

(p. 170). 

-14 


Il Sica fa rilevare che la sua interpretazione 
non � pregiudicata dall'art. 4 della legge 11 
marzo 1953, n. 87, per cui il Capo dello Stato 
nomina i giudici con decreto controfirmato dal 
Presidente del Consiglio, dato che tutti gli atti 
del Capo dello Stato devono essere controfirmati. 
Anzi, in sede di approvazione della legge gli 
oratori sarebbero stati unanimi nel riconoscere 
che l'iniziativa della nomina spetti al Presidente 
della Repubblica, mentre sarebbero rimasti divisi 
solo sul punto se il Presidente del Consiglio 
possa partecipare al merito dell'atto o -come 
l'.A. ritiene -deve limitarsi ad un puro controllo 
di costituzionalit�. 

Anche la nomina dei senatori a vita sarebbe 
atto di formulazione presidenziale, poich� devono 
essere scelte persone qualificate da meriti 
sociali, scientifici ed artistici, e non politici e 
poich� la potest� di alterare il rapporto fra maggioranza 
e minoranza, sia pure per una frazione 
esigua di parlamentari, non pu� essere demandata 
al Governo. 

Il potere di grazia spetta al Capo dello Stato, 
perch� non � materia politica e perch�, incidendo 
sull'efficacia di atti giurisdizionali, se fosse attribuito 
al Governo vulnererebbe in un certo 
senso l'autonomia e indipendenza dell'ordine 
giudiziario. Ci� non esclude peraltro l'importanza 
al riguardo dell'attivit� preliminare della pubblica 
amministrazione, in ispecie del Ministero 
della Giustizia, come stabilito dalle leggi ordinarie. 


Ohe lo scioglimento delle Camere sia atto presidenziale 
e non governativo, si desume dalla 
lettera dell'art. 88: cc pu�, sentiti i loro Presidenti, 
sciogliere le Camere �. cc Pu� �, ossia esercita una 
facolt� discrezionale, mentre quando un atto � 
proposto dal Governo il Presidente, se non � 
incostituzionale, deve firmare. cc Sentiti i loro 
Presidenti�: � lo stesso Capo dello Stato, e non 
il Governo, che� deve consultare i Presidenti. 
Ma il Sica insiste sopra tutto sulla funzione dello 
scioglimento delle Camere nella vigente Costituzione, 
che non sarebbe pi� quella di risolvere un 
conflitto politico fra le Camere e il Governo, bensi 
quella di risolvere una crisi provocata dall'inesistenza 
di una solida maggioranza nelle Camere. 
Nel nostro ordinamento, schiettamente parlamentare, 
sarebbe impossibile un conflitto fra Parlamento 
e Governo, perch� questo � l'espressione di 
quello: il Parlamento non si limita come nel vecchio 
ordinamento a minacciare un voto di sfiducia, 
ma deve fin dal primo momento dare la propria 
investitura con il voto di fiducia. � invece possibile 
che nelle Camere non riesca a formarsi una 
maggioranza attiva. ed operante, donde una crisi 
di funzionamento del sistema, perch� le Camere 
non potrebbero lavorare, n� esprimere dal proprio 
seno un governo stabile. Lo scioglimento 
mirerebbe dunque, attraverso nuove elezioni, a 
mutare la composizione delle Camere, in modo 
da assicurarvi una maggioranza efficiente. cc Non 
risponde a fini politici, ma ad esigenze di struttura
� (p. 145): non spetta quindi al Governo, 
organo di indirizzo politico, ma al Presidente, 
organo di funzionamento del sistema. 

4. La dimostrazione di queste tesi � l'epilogo 
di una chiara e diffusa disamina della costituzione, 
e sopra tutto delle attribuzioni presidenziali 
e governative. Il Governo ha il potere politico. 
Il Presidente ha .una competenza propria, 
quale cc organo di funzionamento del sistema � 
(p. 206), e in tale ambito compie atti di propria 
iniziativa. Gli � inoltre attribuito un controllo 
di costituzionalit� degli atti di governo. 
Il Governo, espressione della maggioranza, � 
oggi in realt� l'organo-guida del Parlamento, e 
persegue i suoi obiettivi non solo con atti politici 
ed amministrativi, ma anche con le leggi che induce 
il Parlamento a votare. Occorrono perci� 
efficaci controlli degli atti della maggioranza: 
la nostra Costituzione d� il potere alla maggioranza, 
ctma ad una maggioranza che sia e resti 
tale nel suo dialogo quotidiano con la minoranza� 

(p. 236). La Corte costituzionale � garanzia 
esterna al sistema. Il Presidente della Repubblica, 
con la sua alta e delicata funzione di controllo 
degli atti di governo e delle leggi, Ǐ l'estremo 
limite -l'ultimo -che agisca nel sistema per 
vincolare la maggioranza alla sua posizione 
strutturale, per impedire che la maggioranza si 
trasformi in dittatura � (p. 239). 
Ci� giustifica la facolt� presidenziale non solo 
di rinviare le leggi, ma anche di rifiutare la firma 
degli atti di governo anticostituzionali; facolt� 
che � anche un dovere, poich� altrimenti non si 
comprenderebbe la responsabilit� del Presidente 
per alto tradimento e attentato alla Costituzione 
(art: 90). 

Negli atti di iniziativa presidenziale le parti 
si invertono, e il controllo di costituzionalit� � 
compiuto dal Governo, il quale ha pertanto il 
potere di rifiutare la controfirma. 

� dunque possibile un conflitto fra i due organi, 
che secondo l'.A. non pu� essere deferito 
alla Corte costituzionale, poich� questa � chiamata 
a dirimere i conflitti fra i cc poteri � dello 
Stato, e il Presidente non � un potere nel senso 
che questa parola assume nella costituzione, 
cio� �attivit� dell'organizzazione statale nei riguardi 
della comunit� dei cittadini �: laddove 
la funzione del Capo dello Stato cc non supera 
ma si svolge nei limiti dell'organizzazione statale, 
non si indirizza alla comunit� dei cittadini � 

(p. 231, 240; contra BASCIDERI, B. d'E. e G.; 
La Costituzione italiana, Firenze, 1949, 463). 
Un conflitto fra Presidente e Ministro � perci� 
privo di rimedi giuridici e rende impossibile la 
emanazione dell'atto, di cui � rifiutata la firma 

o la controfirma. Tale pericolo non deve peraltro 
spaventare. In primo luogo esso pu� tradursi 
eccezionalmente in realt�; in secondo luogo la 
non emanazione dell'atto ritenuto incostituzionale 
da un altissimo organo dello Stato non 
deve in via di principio ritenersi un danno, ma 
un vantaggio: cc la crisi o la par~li!'li sono e si 
pongono non come un dato negativo, m&. cQme. 
la situazione voluta per fermare eventuali attivit� 
anticostituzionali � (p. 244). 
Sull'istituto della controfirma si � andato risveg�iando 
l'interesse della dottrina (cfr. LETTIERI: 
La controfirma degli atti del Presidente della 


-15 


Repubblica, Roma 1951; VITTA: Atti presidenziali 
e proposte ministeriali nella vigente Costituzione, 
in {{ Riv. .Amm. n, 1951, I, 297; RUINI: 
La controfirma ministeriale degli atti del Capo 
dello Stato, in Foro Padano 1951, IV, 17: le due 
ultime opere recensite dal Carbone in questa Rassegna, 
1951, 157 e 1952, 134). 

Le conclusioni cui giunge il Sica in quest' aggiornata 
e completa monografia sembrano in linea di 
massima accettabili. Effettivamente esiste nel nuovo 
ordinamento costituzionale un'articolazione di competenze 
fra Capo dello Stato e Governo, che era 
ignota all'ordinamento precedente. Riteniamo per� 
col Ruini che la situazione oon sia radicalmente 
mutata e che ancora oggi i rapporti fra Oapo dello 
Stato e Governo siano materia soprattutto di prassi 
e correttezza costituzionale. Il Sica ha forse contrapposto 
in modo troppo schematico i due ordinamenti 
succedutisi in Italia. I principi del sistema 
albertino non si possono enunciare citando articoli 
dello Statuto, che non fu applicato alla lettera neppure 
nel 1848 e diede subito luogo ad un regime 
schiettamente parlamentare. Quanto alla costituzione 
del 1947, la lettera � certo pi� aderente allo 
spirito e la molteplicit� e sviluppo delle norme permette, 
con la semplice lettura, di cogliere pi� f acilmente 
l'essenza del sistema. Ma non � possibile 
ridurre in schemi perfetti e rigidi una realt� ancora 
in gestazione, che solo un'adeguata vegetazione 
di norme scritte e non scritte potr� realizzare (vedi 
per il governo di gabinetto le convincenti osservazioni 
del CARBONE: L'interpretazione delle norme 
costituzionali, Padova, 1951, 25 s. ). � 

Sembra esatta l'opinione che una serie di atti 
previsti dalla costituzione siano di iniziativa del 
Capo dello Stato e non del Governo. Negare in 
blocco l'esistenza di tali atti sarebbe assurdo, poich� 
per uno almeno di essi, la nomina del Presidente 
del Consiglio, � inammissibile una proposta ministeriale; 
e perch� l'iniziativa del Capo dello Stato � 
intuitiva per altri atti, come il messaggio e il veto 
sospensivo di una legge. Il pericolo di una dittatura 
presidenziale � addirittura inconcepibile in un ordinamento 
come il nostro, che affida i massimi poteri 
al Governo e al Parlamento. L'argomento potrebbe 
essere rovesciato, e sostenersi che se la costituzione 
d� tutto il potere politico a questi due organi, non 
vi sarebbe posto per �un'attivit� politica del Presidente. 
Senonch� l'autonoma attivit� presidenziale 
non � di indirizzo politico, ma � diretta al funzionamento 
del sistema; essa comunque si giustifica 
con esigenze di equilibrio. 

Assai interessante nel lavoro del Sica � la disamina 
dei vari atti del Capo dello Stato, e persuasiva 
la dimostrazione della di lui iniziativa nei 
riguardi dei c.d. atti costituzionali. Non convince 

peraltro la limitazione del potere di scioglimento 
delle Camere al caso di insistenza di un'efficiente 
maggioranza. Ci� sar� esatto per la Costituzione 
di Bonn, dove � sancito da una norma espressa, 
non per la Costituzione italiana. N ~� sembra vero 
che nel nostro sistema sia impossibile un confiitto 
fra Governo e Camere, solo perch� occorre fin dall'inizio 
il voto di fiducia: � ben possibile che dopo il 
voto di fiducia un gruppo favorevole al Governo 
passi all'opposizione, trasf armandola in maggioranza. 
Ed anche altre crisi costituzionali sono 
concepibili. 

Non si pu� dunque ridurre il potere di scioglimento 
a quell'unico caso. Lo stesso Guarino, che 
in precedenza lo aveva limitato al caso di confiitto 
fra Camera e Governo, ha dovuto ricredersi dopo 
lo scioglimento del Senato disposto nel 1953 in seguito 
ad una crisi politica non determinata da un 
suo confiitto col Governo (n� dall'inesistenza di una 
maggioranza efficiente): �I recenti avvenimenti dimostrano 
che non tutti i casi dell'esperienza si la


sciano inquadrare negli schemi sopra segnati. La 
fantasia della realt� � pi� ricca di quella degli 
scrittori n (Lo scioglimento anticipato del Senato, 
in cc Foro It. �, 1953, IV, 89). 

Se si ritenesse possibile lo scioglimento delle 
Camere per confiitto col Governo, dovrebbe per� ritenersi 
che il relativo atto, squisitamente politico, 
sia di iniziativa del Governo o almeno frutto di un 
accordo fra Governo e Capo dello Stato. Ci� fa 
pensare che alla netta bipartizione del Sica fra atti 
di iniziativa presidenziale ed atti di iniziativa 
governativa, sia forse preferibile la' classificazione 
del Ruini, comprendente una categoria intermedia 
di atti, il cui contenuto pu� essere determinato secondo 
i casi dall'uno o dall'altro organo; e che comunque 
la materia sia regolata non tanto da rigide 
norme giuridiche, quanto da norme pi� elastiche 
di correttezza e opportunit�. 

Passando agli atti di indirizzo politico e amministrativo, 
propri del Governo, sembra giusta la 
opinione del Sica che il Presidente possa rifiutarne 
la firma quando li ritenga anticostituzionali. Questo 
potere si giustifica con la posizione di garante 
della Costituzione assegnata al Capo dello Stato. 
Si ritiene tuttavia che esso potere sia discrezionale, 
e che non costituisca un preciso dovere, sanzionato 
dalla responsabilit� di cui all'art. 90, se non quando 
l'atto violi la costituzione in modo grave e pericoloso 
per la struttura dello Stato. Nell'ambito di tale 
discrezionalit�, il Presidente pu� quindi concedere 
la sua firma, quando ritenga ci� politicamente opportuno, 
p.e. quando il suo rifiuto possa apparire 
una presa di posizione a favore di una parte in 
quel dialogo fra maggioranza e minoranza, cui egli 
dovrebbe rimanere sempre neutrale. 

GIANCARLO OLMI 


RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Opera Nazionale 
Combattenti -Deliberazione del Collegio Centrale 
arbitrale sui trasferimenti in propriet� -Natura di 
atto amministrativo -Inammissibilit� del ricorso in 
cassazione. (Corte di Cass., Sez. Un., Sent. n. 2278/53 -
Pres.: Acampora; Est.: Pepe; P. M.: De Martini Geronimo 
contro O.N.C. e Ministero Agricoltura). 

Hanno natura puramente amministrativa, e 
non giurisdizionale, le deliberazioni del Collegio 
centrale arbitrale presso l'Opera Nazionale Combattenti, 
con le quali si dichiara la sussistenza 
delle condizioni, richieste dall'art. 14 del regolamento 
allegato al R.D.L. 16 settembre 1926, 

n. 1606, per procedere ai trasferimenti in propriet� 
dei fondi espropriati a favore dell'Opera 
stessa. 
�, pertanto, inammissibile il ricorso in Cassazione 
proposto contro tali deliberazioni. 

1. La questione presa in esame dal Supremo Collegio 
(vedi anche Lanza Branciforte contro O.N.C. 
e Ministero .Agricoltura e Foreste, in �Foro It. �, 
1953, I, 779;. Tiralosi �e Visacchi contro O.N.C. 
e Ministero .Agricoltura e Foreste; e altre) si presenta 
con carattere di novit�, non risultando in 
materia precedenti specifici (vedi rif. Cons. Stato, 
Sez. VI, 27 agosto 1951, n .. 368, in � Giur. Cass. 
� Civ. n, 1951, III, 1266; Cons. Stato, Sez. IV, 
l� novembre 1948, n. 470, in � Giur. Cass. Civ.>>, 
1948, III, 1001). 

I termini della questione sono i seguenti: ai 
sensi dell'art. 16 del Regolamento legislativo per 
l'ordinamento e le funzioni dell'Opera Nazionale 
Combattenti, approvato con R.D.L. 16 settembre 
1926, n. 1606, il Collegio centrale arbitrale, costituito 
a norma dell'art. 30, dichiara �la sussistenza 
delle condizioni previste dall'art. 14 per il trasferimento 
di propriet� e l'assegnazione in enfiteusi o 
in affitto >> di immobili suscettibili di opere, modifiche 
e costruzioni attinenti ai fini dell'attivit� che l'Opera 
svolge nel campo agricolo. 

Il trasferimento in propriet� e l'assegnazione in 
enfiteusi o in affetto vengono disposti (art. 17) successivamente 
con decreto del Capo dello Stato su 
proposta del Presidente del Consiglio di concerto 
con uno dei Ministri, indicati nell'art. 17, secondo 
le rispettive competenze. . 

In caso di pronuncia, favorevole alla richiesta 
dell'Opera -quella negativa, costituisce, di per s�, 
rigetto della domanda -il provvedimento del Capo 

dello Stato pu� essere di reiezione o di accoglimento 
della richiesta stessa; infatti, esso, non pare vincolato 
(v. art. 17) alla dichiarazione p.ositiva di sussistenza 
delle condizioni di legge da parte del Collegio 
centrale. 

Rettamente, a nostro avviso, la Suprema Corte 
ha affermato il carattere amministrativo e non 
giurisdizionale, o misto, del procedimento e dell'atto 
dichiarativo, di cui all'art. 16 del R.D.L. 16 
giugno 1926. In materia si ravvisano opportune 
alcune osservazioni. 

2. Nel nostro ordinamento positivo, nell'ambito 
dell'attivit� amministrativa della Pubblica .Amministrazione, 
� dato riscontrare una zona qualificata 
dal carattere contenzioso. dell'attivit� medesima: 
ctlmpo, invero, solo di recente compiutamente esplorato 
e sistemato dalla dottrina, in relazione alle esigenze 
della vita giuridica e a perspicue affermazioni 
giurisprudenziali (GIANNINI, M. S.; Decisioni e 
deliberazioni amministrative, in cc Foro .Amm. �, 
1946, I, 154; IDEM: Sulle decisioni amministrative 
contenziose, in cc Foro .Amm. �, 1949, I, 1, 
316; IDEM: .Accertamenti amministrativi e decisioni 
amministrative, in cc Foro It. �, 1952, �IV, 
169; N�'GRO: Le decisioni amministrative, 1953). 
Nella nostra esposizione, richiamiamo, in particolare, 
l'attivit� delle speciali commissioni in materia 
di assegnazione di terre incolte, di danni di 
guerra, di epurazione, di revindica di beni .A.R. 
.A.R. ecc. 

a) n D.L.L. 19 ottobre 1944, n. 279, il D.L.L. 
26 aprile 1946, n. 597, il D.L.C.p.S. 6 settembre 
1946, n. 89 e il D.L.C.p.S. 27 dicembre 1947, 

n. 1710, avevano istituito e regolato apposite Commissioni, 
sedenti presso i Tribunali dei capoluoghi 
e competenti all'esame delle domande di concessione 
(e di decadenza) di terre incolte. 
Le Commissioni (LANDI: Concessione di terre 
incolte ai contadini, 1947, 'p. 46) accertavano e 
dichiaravano la sussistenza delle condizioni di 
legge richieste per far luogo alla concessione e de� 
terminavano l'indennit�, in caso di mancato accordo 
tra le parti, attraverso un p_r:ocedimento, ispirato 
al principio del contraddittorio e pro_mo_f!SO ad 
istanza di parte. 


La decisione negativa concretava, di per s�, il 
rigetto della domanda ed era dichiarata impugnabile 
solo con ricorso (gerarchico) dell'Ispettorato com-lpartimentale al Ministero dell' .Agricoltura --e Foreste. 


-17 



La pronuncia favorevole della Commissione vincolava 
il Prefetto all'emanazione del provvedimento 
prefettizio di concessione, la cui impugnabilit�, 
esclusa dalla legge tranne che per la parte concernente 
l'indennit�, � stata riconosciuta in seguito 
dal Consiglio di Stato, dopo un'incerta elaborazione 
giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 303/48 
Sez. V, 342/48; Sez. V, 255/49), susseguente alla 
entrata in vigore della Costituzione (art. 113). 

Parallelo era il procedimento di decadenza delle 
concessioni. 

Con legge 18 aprile 1950, n. 199, la funzione delle 
Commissioni di cui sopra � stata limitata alla sola 
determinazione dell'indennit�, mentre le funzioni, 
gi� demandat.e a questa per l'accertamento della 
sussistenza delle condizioni richieste per la dichiarazione 
di decadenza, sono state trasferite ad .altre 
Commissioni sedenti presso le Prefetture, i cui 
�pareri n, favorevoli o meno all'istanza di concessione 
o di decadenza, vengono sempre seguiti dal 
decreto prefettizio. 

Sotto l'imperio delle precedenti disposizioni, dopo 
qualche affermazione del carattere giurisdizionale 
delle CommissiOni e delle loro decisioni (Rep. cc Foro 
It. n, 1946, col. 24, n. 8; TORRISI, in cc Foro It. n, 
194 7, III., 156: .Alcune questioni in tema di concessione), 
la prevalente dottrina e giurisprudenza 
ne hanno concordemente affermato il carattere amministrativo, 
senza, per�, che fosse accertato definitivamente, 
il carattere della pronuncia, che la 
stessa legge qualificava a volte cc parere � (art. 6 

D.L.L. 279/1944), a volte cc decisione n (art. 5 stesso 
D.L.L. 279} e che la dottrina indicava ora come 
pareri, ora come accertamenti tecnico-amministrativi. 
In base alla nuova legge 199/1950, non sembra 
possano sussistere dubbi sulla natura amministrativa 
delle Commissioni istituite presso le Prefetture. 

b) In materia di epurazione, il D.L.L. 27 luglio 
1944, n. 159, aveva affidato a speciali Commissioni 
il compito della valutazi�ne degli addebiti e 
della determinazione delle sanzioni (limitato dal 
successivo D.L.L. 9 novembre 1945, n. 702, alla 
sola dichiarazione di incompatibilit� dell'impiegato). 

La pronuncia di detta Commissione, emessa a 
seguito di un procedimento pure ispirato al principio 
del contraddittorio, e variamente definita dal legislatore, 
aveva efficacia assolutamente vincolante per 
l'Amministrazione. Il carattere amministrativo delle 
Commissioni e delle loro decisioni, dapprima contrastato, 
� stato poi costantem�nte ribadito dal Consiglio 
di Stato e dalla Corte di Cassazione. 

c) La speciale Commissione incaricata (D.L. 

C.p.S. 28 febbraio 1947, n. 119) dell'accertamento dei 
diritti di terzi sui beni pervenuti in possesso dell'A.
R.A.R., ha, secondo la. prevalente dottrina, carattere 
amministrativo. (Vedi in questa Rassegna, 
1953, 16). 

d} Come � stato giustamente osservato (NIGRO, 
Op. cit.) anche carattere amministrativo va attribuito 
alle Commissioni per l'assegnazione degli alloggi 
I.N.A.-Casa (D.P. 22 giugno 1949, n. 340), le quali, 
decidendo sulle opposizioni prodotte avverso la graduatoria 
provvisoria, formano quella definitiva. 

Si ricordano ancora l'attivit� della Pubblica Amministrazione 
diretta alla decisione dei ricorsi amministrativi, 
l'attivit� dei consigli di disciplina, 

quali espressioni tra le pi� salienti dell'attivit� am


ministrativa contenziosa. 

Riteniamo, per l'evidente analogia con gli organi 

sopra descritti, che anche il Collegio arbitrale cen


trale, istituito presso l'O.N.Q. ai sensi. �lell'art. 30 

del R.D.L. 16 settembre 1926, n. 1606, nell'esercizio 

delle funzioni di cui all'art. 16 dello stesso decreto, 

abbia natura amministrativa ed esplichi, quindi, 

un'attivit� amministrativa, culminante in atti (de


cisioni) amministrativi, attraverso un procedimento 

ammihistrativo, di carattere contenzioso,� ampia


mente ispirato al principio del contraddittorio. 

Lo stesso legislatore riconosce (art. 30) che il detto 
Collegio esercita funzioni amministrative, oltre che 
giurisdizionali e l'attivit� di cui all'art. 16 non pu� 
qualificarsi che amministrativa. L'accertamento e 
la dichiarazione della sussistenza delle condizioni, 
richieste da,lla legge per farsi luogo al trasferimento 
di propriet� o all'assegnazione in enfiteusi, mirano 
alla cura di interessi pratici e concreti dell' A mmini.
strazione; le decisioni (recanti la pronuncia, positiva 
o negativa) sono atti amministrativi e non sentenze, 
con efficacia di giudicato, non importando, 
tra l'altro, la preclusione della. questione; lo stesso 
procedimento, se pure ispirato al principio del con


traddittorio, non � quindi giurisdizionale. 

3. Il fenomeno della collaborazione giuridica tra 
la Pubblica Amministrazione e il privato (intesa la 
parola nella sua pi� estesa accezione) nel procedimento 
di formazione dell'atto amministrativo non 
ha largo sviluppo nel nostro ordinamento, come � 
dato facilmente di rilevare. 
Peraltro, osserva giustamente il Guieciardi, il prin


cipio sostanzialmente accolto dal legislatore, ma che 

non � stato mai praticamente tradotto nella realt� 

degli istituti positivi, sembra essere l'opposto, ispi


rato cio� ad ampia, normale partecipazione del pri


vato alla formazione dell'atto. Infatti, l'art. 3 della 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, cos� di'Spone: 

cc Gli affari non compresi nell'articolo precedente, sa


ranno attribuiti alle autorit� amministrative, le quali, 

ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto 

delle parti interessate, provvederanno con decreti 

motivati, previo parere dei Consigli amministrativi 

che, nei diversi casi, siano dalla legge stabiliti �. V'�, 

quindi, un principio che ammette, in via ordinaria 

e normale, la partecipazione attiva del privato, ma 

che, peraltro, come osserva il chiaro A. � rimasto 

allo stato meramente progr�mmatco. Comunque, � 

un'esigenza, specialmente oggi vivamente sentita, 

che detto principio informi sempre pi� gli istituti, 

s� da caratterizzare il normale procedimento ammi


nistrativo . 

. � dato poi di rilevare l'ulteriore tendenza a che la 

collaborazione del privato s� esplichi secondo i limiti e 

con le garanzie, proprie del contraddittorio. (MoRTATI, 

Istituzioni di Diritto pubblico, pag. 507). E sembra� 

che nell'art. 3 della legge sul contenzioso amministra


tivo questa forma d~ attivit� trovi il suo addentellato: 

il carattere del contraddittorio qualifica "�nche l'atto 

amministrativo ((( decreto motivato ))), che, in modo


appropriato la dottrina definisce cc decisione �. 

Si determina, in tal modo, l'attivit� amministrativa 
c.d. contenziosa, diretta alla risoluzione di controversie 
con le formalit� del contraddittorio. 


-18 


4. L'attivit� contenziosa (amministrativa) della 
Pubblica Amministrazione va distinta dall'attivit� 
giurisdizionale. A criterio discretivo non va posta 
n� la risoluzione di controversie n� il carattere contenzioso 
del procedimento: questi ultimi sarebbero 
elementi propri della giurisdizione, come ritenuto 
dalla migliore dottrina. La distinzione pu� formularsi 
tenendo presente l'essenza stessa delle due forme di 
attivit�: quella giurisdizionale tende alla conservazione 
dell'ordine giuridico, l'altra alla realizazzione 
dei singoli interessi pubblici (ROMANO: Principi di 
Diritto amm., pag. 1-4). N�, d'altra parte, detta 
attivit� contenziosa � assimilabile a quella dei tribunali 
del contenzioso amministrativo, esistenti nel 
sistema del 1859, atteso che essa si concreta in una 
attivit� di amministrazione attiva, esplicata da organi 
che all'amministrazione attiva appartengono, 
e che non sono caratterizzati secondo un criterio organico 
di competenza, ma secondo l'ogetto della loro 
attivit� o, meglio, secondo l'oggetto delle controversie 
portate al loro esame (LAVAGNA: Rass. dir.pubblico, 
1947, III, 325 e segg.). 
Trattasi, dunque, di attivit� amministrativa diretta 
alla risoluzione di controversie che si svolge secondo le 
regole del contraddittorio, da intendersi nell'accezione 
di cui all'art. 101 O.p.c. (NIGRO, op. cit.). L'estensione 
dell'oggetto delle controversie non �, per�, pacifica. 

Il Laiiagna (loc. cit.) sostiene trattarsi di controversie 
sulla validit� degli atti della Pubblica Amministrazione, 
in altri termini sulla conformit� degli 
atti amministrativi alle c.d. norme di azione; di 
controversie, cio� � le quali appaiono costituite non 
gi� da contrasto di interessi, ma da una diversa 
valutazione della fattispecie per la tutela di un medesimo 
interesse, cio� dell'interesse pubblico. Sotto 
altro profilo, il contenzioso amministrativo, nel suo 
pi� ristretto concetto materiale, star� ad indicare le 
sole controversie relative ad interessi semplici o legittimi, 
non anche quelle su veri e propri diritti 
soggettivi >i. 

L'affermazione non convince. Basta tener mente 

al sistema dei ricorsi amministrativi, attraverso i 

quali pu� attuarsi la tutela di diritti subiettivi, per 

osservare come la suddetta limitazione non sia giu


stificata. Si rileva, inoltre, che dette controversie, 

come si evince dagli esempi sub 2, rifiettono anche e 

sopratutto la conformit� degli atti amministrativi 

alle c.d. norme di relazione, .interessanti la sfera 

giuridica degli altri soggetti. Le controversie, perci�, 

abbracciano contrasti di interessi sia economici che 

giuridici. 

N �, quindi, l'attivit� contenziosa si limita, come 

assume il Lavagna, alla materia dei ricorsi ammini


strativi e alla risoluzione di controversie sulla vali


dit� di atti o di provvedimenti gi� emanati, abbrac


ciando essa, invece, potenzialmente, tutto il canpo 

dell'attivit� della Pubblica Amministrazione. 

La � decisione �, alla stregua delle suesposte con


siderazioni, � senza dubbio un atto amministrativo. 

Il Nigro (op. cit., p. 49) la classifica, secondo 
l'orientamento della dottrina germanica, tra gli accertamenti 
costitutivi. L'A. distingue, anzitutto gli 
accertamenti storici, operanti in un campo puramente 
logico, dagli accertamenti giuridici, i quali, 
pur muovendo dall'accertamento di determinati fatti, 
pongono una determinata situazione giuridica. Tra 

questi ultimi distingue ancora gli accertamenti meri, 
i quali realizzano le condizioni per la creazione di 
una situazione e accertamenti pienamente costitutivi 
i quali di per s� creano detta nuova situazione. La 
distinzione corrisponde appunto a q'l!-ella tra. decisioni 
finali e non finali. 

Il Giannini (M.S.) rileva, invece, che le decisioni 
sono precipuamente manifestazioni di volont�. Esse, 
nella azione volitiva amministrativa, determinano il 
contenuto della volizione, che, di regola, � poi estrinsecata 
in un atto successivo: cio�, possono formare 
l'atto terminale del procedimento, quando la determinazione 
del voluto (es.: pronuncia negativa) sia 
sufficiente a produrre l' e'ffetto giuridico, oppure vanno 
seguite dall'atto recante la volizione concreta. Nel secondo 
caso costituiscono un atto preliminare del procedimento 
oppure si fondono insieme all'atto che le 
segue in un atto complesso. 

Il Vitta (gli atti certificativi e le decisioni amministrative, 
in � Giur. It. �, 1924, IV, 97), infine, 
pur classificando le decisioni tra gli accertamenti, 
ritiene che si tratti di pronuncie dichiarative preliminari 
ad una manifestazione di volont�. 

Or non � dubbio che la decisione consista in una 
manifestazione di volont�; per�, la distinzione posta 
tra determinazione del voluto e volizione, se pur interessante 
nel processo psicologico di formazione dell'atto, 
non � conferente nella specie, non avendo, in 
effetti rilevanza esterna. 

La decisione in s� e per s�, � una volizione, recante, 
per�, un accertamento di carattere costitutivo, in 
quanto crea una situazione giuridica nuova sulla 
base di precedenti dati di fatto; si presenta, perci�, 
come un atto misto, quali di frequente si riscontrano 
nel nostro campo. Pu� avere carattere finale, ed allora, 
nel procedimento di realizzazione della fattispecie, 
integra e conclude la fase costitutiva; pu�, 
invece, essere strumentale agli effetti di un successivo 
atto, ed allora si pone nel pi� ampio procedimento, 
in una posizione particolare ad integrare una fase 
del procedimento, che, in dottrina, � stata indicata 
quale sub-procedimento. 

Nel primo caso, la decisione sar� immediatamente 
impugnabile, nell'altro, pur costituendo una nuova 
situazione giuridica, concreter� una effettiva lesione 
di interessi solo attraverso l'atto finale. 

La decisione, infine, si distingue dalla deliberazione 
-intesa, questa, nella pi� comune accezione 
di atto collegiale o di forma del medesimo -in quanto 
nella deliberazione, la volont�, di carattere meramente 
programmatico, si concreta, in genere in atti interni 
della Pubblica Amministrazione e non � qualificata a 
dirimere controversie (GIANNINI M.S., in �Foro It. �, 
1952, cit.: NIGRO, Op. cit.). 

R. LASOHENA 
GIURISDIZIONE -Pronuncia di decadenza dalla ca


rica di sindaco per sopravvenuti motivi di ine


leggibilit� -Competenza dell'autorit� giudiziaria 

ordinaria. (Corte di Cass., Sez. Un., i:!lent. n. 3188/53 -

Pres.: Acampora; Est.: Ricciardelli; P.M.: DeMartini 

(conf.) -Cuccagna contro Prefetto di Perugia). 

La pronunzia di decadenza dalla carica di consigliere 
comunale congiunta a quella di Sindaco, 
a causa di sopraggiunti motivi di ineleggibilit�, 


-19


I 
I 
spetta al Consiglio comunale, che vi procede su 
formale richiesta del Prefetto. 
In caso di omessa pronuncia nel termine di due 
mesi o di ricorso avverso la deliberazione del Con


~ 
siglio comunale, la controversia � demandata alla 
cognizione della Giunta provinciale amministra


i ~ 
tiva e la decisione di tale organo � impugnabile, 
ai sensi della legge elettorale politica approvata 
con R. D. 2 settembre 1919, n. 1495, con ricorso

I 

alla Corte di Appello, la cui sentenza � ricorribile 
~ per Cassazione.

I 

I 
I 
Segnaliamo all'attenzione degli studiosi questa 
importante sentenza, che, modificando la precedente 
giurisprudenza (Cass. 15 marzo 1948, n. 399: Contenti-
Mascia, in � Riv. Amm. �, 1948, 280), afferma 
alcuni fondamentali principi in una materia, nella 
quale si sente sempre pi� viva l'esigenza di una legislazione 
organica, che renda possibile all'interprete 

ed al pratico l'individ1,azione delle norme in vigore. 
Nella specie l'Amministrazione aveva seguito la 
procedura che la Corte ha poi ritenuto corretta. Il 
Prefetto, cio�, aveva chiesto al Consiglio comunale 
di Cannara la pronunzia di decadenza del sindaco, 
Feliciano Cuccagna, per sopraggiunti motivi di ineleggibilit�. 
La richiesta del Prefetto fu respinta, 
donde il ricorso alla G.P.A. che pronunzi�. la decadenza 
del Cuccagna, il cui ricorso alla Corte di Appello 
di Perugia fu respinto, donde il ricorso per 
Cassazione. All'udienza del 22 aprile 1952 il P.M., 
in considerazione della citata sentenza n. 399/48, 
chiese che il ricorso fosse rimesso alle Sezioni Unite 
per la risoluzione della questione di giurisdizione. 

La Corte, modificando la precedente giurisprudenza, 
ha ritenuto sussistere nella specie la giurisdizione 
della Corte di Appello, ma a tale conclusione � pervenuta 
ritenendo abrogate le norme contenute nel comma 
9 dell'art. 149 del T. U. 4 febbraio 1915, n. 148 
e nell'art. 30 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, 
per effetto del D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1 e dell'articolo 
1 D.L.L. 10 febbraio 1946, n. 76, che hanno 
regolato ex novo la materia dell'ineleggibilit� e della 
decadenza e� che, quando hanno voluto richiamare in 
vigore le norme del T. U. 1915, lo hanno fatto espressamente 
(art. 4, 6 u.p. e 10 D.L.L. n. 1 del 1946). 


Dall'annotata sentenza si evince che il potere concesso 
al Prefetto dall'art. 30 del R.D. 30 dicembre 
1923, n. 2839, di pronunziare, invece del Governo, 
come disponeva il comma 9 dell'art. 149 del T. U.1915, 
la decadenza del Sindaco per sopravvenuti motivi 
di ineleggibilit�, pi� non esisterebbe. 

A tale conclusione, che la Corte non ha esplicitamente 
enunciato, ma che deriva logicamente dalle 
premesse, non riteniano di poter aderire. 

Per una migliore comprensione delle questioni � 
necessario ricordare le varie norme che hanno regolato 
la materia. 

L'art. 146 del T. U. 1915 prevedeva alcuni casi 
di ineleggibilit� a sindaco in aggiunta a quelli di 
ineleggibilit� a consigliere. L'art. 147, comma 8, 
attribuiva al Prefetto il potere di annullare con decreto 
motivato la nomina del sindaco, che si trovasse 
in uno dei casi stabiliti dall'art. 146. 

In armonia con queste norme l'art. 149, comma 
9, stabiliva che la qualit� di sindaco si perde per le 
stesse cause, per le quali si perde la qualit� _di con


sigliere o per� sopravvenienza di una delle cause di 
ineleggibilit� indicate nell'art. 146. La decadenza 
doveva essere pronunziata dal consiglio comunale o 
in mancanza dal Governo. 

L'art. 30 R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, modific� 
questo ultimo punto; �attribuendo il relativo potere 
al Prefetto invece del Governo. 

La legge 7 gennaio 1946, n. 1 all'art. 6 (art. 5 

T. U. 5 aprile 1951, n. 203), nello stabilire le modalit� 
per l'elezione del sindaco, dichiara applicabili i 
comma 6, 7, 8 e 9 del T. U. 1915. Non v'� dubbio, 
perci�, che il Prefetto possa annullare la nomina del 
Sindaco, che si trovi in uno dei casi di speciale ineleggibilit�, 
gi� previsti dall'art. 146 T. U. 1915 ed 
ora indicati nell'art. 7 del D.L.L. 7 gennaio 1946, 
n. 1 (art. 6 T. U. n. 203/1951). 
La legge del 1946 non riproduce, per�, n� richiama 
le norme contenute nell'art. 149 del T. U. 1915. Essa 
all'art. 9 (art. 9 del T. U. 1951, n. 203) stabilisce che 
la qualit� di consigliere e di assessore si perde verificandosi 
uno degli impedimenti, delle incompatibilit� 
o delle incapacit� contemplate dalla legge. 

Sembrerebbe, perci�, non prevista la decadenza 
del Sindaco. Ma il successivo art. 10 (art. 10, comma 
1, del T. U. 203/1951) richiama espressament�, 
per il regolamento delle attribuzioni e del funzionamento 
degli organi comunali, il T. U. 1915; ed in 
questo richiamo � certamente compreso l'art. 149; e, 
a nostro avviso, esattamente il T. U. 203/1951 al 
comma 2 dell'art. 10 dispone che al Sindaco si applicano 
le disposizioni del citato T. U. 1915. 

� vero che il T. U. del 1951 � stato emesso in forza 
dell'art. 21 della legge 24 febbraio 1951 n. 84, che 
non attribuisce al Governo il potere di coordinare il 

D.L.L. n. 1 del 1946 col T. U. del 1915, bens� di 
coordinare con la stessa legge n. 84 i DD. LL. LL. 1, 
76 e 83 del 1946, ma il richiamo dell'art. 149 deve 
ritenersi contenuto nell'art. 10 del D.L.L. n. 1 dell'anno 
1946. 
-Riteniamo, pertanto, che sia in vigore il citato articolo 
149 e che la decadenza del Sindaco possa essere 
pronunziata dal Consiglio comunale o dal Governo (non 
dal Prefetto perch� il rinvio � fatto al T. U. del 1915 
non modificato dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839). 

Da queste premes,se deriva la conseguenza che la 
decadenza dalla qualit� di sindaco pu� essere pronunciata 
dal Consiglio comunale o dal Governo. In 
quest'ultimo caso contro il provvedimento, eminentemente 
discrezionale, del Governo � dato ricorso al 
Consiglio di Stato. 

Quando, invece, la decadenza sia pronunciata dal 
Consiglio comunale dovranno seguirsi le norme del 
contenzioso elettorale (art. 54 D.L.L. n. 1 del 1946 
e 7 4 T. U. n. 203 del 1951). 

Riteniamo che la richiesta di decadenza possa essere 
fatta non solo dal Prefetto, ma da chiiinque vi 
abbia interesse, e che la pronuncia del Consiglio 
comunale abbia natura giurisdizionale (decisione e 
non deliberazione; cfr. Cass., I, 3 settembre 1947, 

n. 1565 in � Riv. Amm. �, 1948, 25). 
Questa soluzione, cui pienamente ..aderiamo, sembra 
sia stata adottata dalla Corte, che ha ritenuto.im.:: 
pugnabile la decisione comunale alla G.P.A., secondo 
le norme del contenzioso elettorale. 

Diversamente potrebbe opinarsi nel caso di decadenza 
pronunziata ex officio dal Consiglio comunale; 


-20


in tale ipotesi riteniamo che la pronunzia abbia natura 
amministrativa, come la deliberazione con la quale, 
nella prima seduta, si convalidano le elezioni o si 
dichiara l'ineleggibiltt� di alcuni eletti. � 

Entrambe le pronuncie, amministrative, sono soggette 
al controllo prefettizio (art. 3 legge 9 luglio 1947, 

n. 530) e possono essere impugnate, nel termine di 
trenta giorni, con ricorso giurisdizionale al Consiglio 
comunale (artt. 58, 65, 7 4, 76 T. U. 5 aprile 
1951, n. 203), la cui decisione potr�, poi, essere 
impugnata anche avanti la G.P.A. e, successivamente, 
avanti la Corte di Appello. 
'La possibilit� di esperire entrambe le procedure 
ci sembra indiscutibile quando si tratti di una causa 
di decadenza comune alle qualit� di sindaco e di consigliere. 
La lettera e lo spirito dell'art. 149 in relazione 
alla legislazione recente ci autorizza a pervenire 
alla stessa conclusione nell'ipotesi che la causa 
di decadenza si riferisca� esclusivamente alla qualit� 
di Sindaco. 

A nostro avviso, per�, il potere del Governo sussiste 
soltanto se il Consiglio comunale non provveda in 
senso positivo o negativo, entro un mese. La decisione, 
giurisdizionale, del Consiglio esclude il potere 
del Governo ed apre la via alla normale procedura 
del contenzioso elettorale. 

G. GUGLIELMJ 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Proventi 
giuoco d'azzardo nel Casin� municipale di San 
Remo -Non sono entrate tributarie -Assoggettabilit�. 
(Corte Cass., Sez. I, Sent. 1� giugno-17 ottobre 
1953 -Est.: Di Liberti -Comune di San Remo contro 
Ammini trazione Finanze). 

I proventi che il Comune di San Remo ricava 
dall'esercizio dei giuochi d'azzardo nel Casin� municipale 
non hanno natura di entrata tributaria. 

Detti proventi sono quindi soggetti all'Imposta 
generale sull'entrata. 

Il Supremo Collegio ha deciso in senso negativo 
l'interessante questione se i proventi che il Comune 
di San Remo ritrae dall'esercizio del giuoco d'azzardo 
nel Casin� municipale abbiano o meno carattere 
tributario. 

La soluzione ci sembra ineccepibile: 

A) perch� manca, nel caso, quella regolamentazione 
legislativa o pubblicistica che, ispirandosi al 
noto principio di legalit� (gi� consacrato nell'art. 30 
dello Statuto ed ora trasfuso nell'art. 23 della Costituzione 
della Repubblica) ed anzi realizzando tale 
postulato, caratterizza ogni specie di tributo, comprese 
le �cosiddette << privative fiscali �; 

B) perch� non solo manca quella parte essenziale 
e fondamentale del rapporto� giuridico tributario 
che � costituita dalla obbligazione tributaria in senso 
stretto (debito dell'imposta) corrispondente all'esplicazione 
del potere d'imposizione da parte dell'Ente 
pubblico; ma manca persino una qualsiasi obbligazione 
giuridica, manca cio� quel minimum indefettibile 
che contraddistingue qualsiasi tributo, anche 
di struttura anomala come le cosiddette << privative 
fiscali�. 

C) perch� neppure si pu� ravvisare� nell'esercizio 
del giuoco d'azzardo da parte del Comune di 

San Remo una concessione statale di una attivit� a 
carattere monopolistico fiscale. 

Esaminiamo con pi� ampiezza i predetti tre punti. 

Sub A). Com'� noto, la determinazione dei casi 
nei quali il tributo � dovuto, delle persone obbligate 
al pagamento, del suo ammontare; .dei modi e delle 
forme in cui il tributo stesso dev'essere accertato e 
riscosso: tutto ci�, nello Stato moderno, � regolato 
dall'ordinamento giuridico con disposizioni imperative, 
alla cui osservanza sono tenuti gli organi dello 
Stato non meno che le persone soggette alla sua potest�. 
Da quelle disposizioni, perci�, sorgono, fra 
lo Stato ed i contribuenti, reciproci diritti e doveri, 
che formano il contenuto di uno speciale rapporto, 
il rapporto giuridico tributario. 

La fonte del regolamento giuridico del tributo �, 
pertanto, la legge ed il cosiddetto principio di legalit�, 
che deve presiedere all'esercizio della potest� 
imposizionale pubblica, � forse la pi� antica fra le 
guarentigie costituzionali dei diritti dei cittadini. 

Anche gli Enti pubblici minori (Comuni, Provincie 
ed ora anche Regioni) possono, com'� noto, 
istituire tributi, ma soltanto quando siano autorizzati 
dalla legge e nei limiti da questa fissati. 

Abbiamo detto che anche i tributi dello Stato non 
possono essere imposti se non per legge, ma la legge 
ha un diverso contenuto nelle due ipotesi dei tributi 
statali e dei tributi degli altri Enti pubblici. 

Nella prima ipotesi, la legge � la fonte diretta 
dell'obbligazione d'imposta; nella seconda, essa contiene 
l'autorizzazione esplicita (che tale debba essere 
l'autorizzazione, appare ovvio, trattandosi di materia 
tributaria) agli Enti suddetti, di imporre il tributo, 
lasciando al successivo provvedimento dell'ente la 
funzione di costituire la fonte dell'obbligazione di 
imposta. � 

La norma legislativa, che autorizza esplicitamente 
l'ente alla imposizione, determina anche, pi� o meno 
completamente, i termini e le modalit� dell'imposizione 
stessa, per lo pi� fissando dei limiti entro i 
quali si svolge poi la facolt� regolamentare dell'ente, 
che ha funzione integrativa. delle norme legislative 
in quanto regola in concreto l'applicazione dell'imposta, 
ossia la pi� minuta disciplina del tributo. 
A tale scopo, l'ente, se non un vero e proprio regolamento, 
deve almeno, secondo la legge (art. 56 n. 11 
legge comunale e provinciale), emanare una deliberazione 
avente ad oggetto la istituzione e la disciplina 
del tributo, deliberazione che � poi soggetta a vari 
controlli, 

Ora, nessuna regolamentazione, nessuna disciplina 
n� legislativa n� pubblicistica regola le prestazioni 
dei frequentatori delle sale da giuoco del Casin� municipale 
di San Remo, e tanto meno le prestazioni 
in denaro (giuocate) dei privati utenti del giuoco o le 
vincite da corrispondersi dall'ente pubblico esercente 
il giuoco d'azzardo o comunque il rapporto di fatto 
che viene ad instaurarsi fra quest'ultimo e l'utente 
(giuocatore). 

N � si dica che la disciplina legislativa o pubblicistica, 
la quale � apprestabile per qu-alsiasi altra 
specie di tributo, non pu� invece attagliarsi aa urr 
tributo di struttura anomala qual' � l'esercizio del 
giuoco in condizioni di monopolio. Sarebbe agevole 
fare richiamo alla minuziosa disciplina legislati1Ja 
che governa i cosiddetti monopoli fis�ali ed in modo 


-21


] 

! 
! 
particolare il lotto pubblico. Per quest'ultimo, basta tributario, ma neppure pu� essere considerato rapconsultare 
la legge fondamentale del 19 ottobre 1938 porto giuridico (sia pure contrattuale). 

n. 1933, ed il regolamento (di ben 404 articoli) apIl 
rapporto medesimo �, infatti, da parificarsi ad 
provato con R.D. 25 luglio 1940, n. 1077, per riun 
qualsiasi rapporto di giuoco, e come tale cade 

~ 

) scontrare come si sia dettagliatamente disposto sulsotto 
la disciplina della legge comune (art. 1933 e 

~ 

I 
I 
l'ordinamento e sullo svolgimento del giuoco, considerato 
sia sotto il profilo delle prestazioni dell'utente 
(giuocate) che sotto quello delle vincite da corrispon-, 
dersi. dallo Stato quale esercente il <e servizio deli lotto� (cos� all'art. 1 della legge): vedansi, in parti


! 

colare, per la disciplina del rapporto fra Stato e b utente (giuocatore) gli articoli 21 e 22. 

I 
I 
A proposito di raffronto fra il lotto pubblico e 
l'esercizio del giuoco d'azzardo da parte del Comune 
di San Remo, � interessante riportare la seguente 
motivazione della sentenza del Supremo Collegio: 

� � da escludersi anzitutto che l'esercizio di una 

casa da giuoco d'azzardo da parte del Comune di San ~ Remo possa concepirsi come monopolio fiscale. 
<e Com'� noto, il monopolio fiscale � uno_ dei mezzi 
r di cui si avvale lo Stato per creare e riscuotere una 
imposta indiretta sul consumo.

! 

i 
! �Esigenze di tecnica tributaria ed insieme l'indero� 
gabile prineipio di legalit� che deve regolare qualsiasi 

i 

imposizione tributaria vogliono che nel creare una 
imposta sia fissato il cos� detto tasso o saggio d'imposta 
che costituisce in concreto la misura dell'imposta 
medesima. 

�Nei monopoli fiscali l'organizzazione di essi � 
regolata in modo che il loro gettito rappresenta per 
una parte il costo economico della produzione del 
bene o della gestione del servizio e per il resto un prelievo 
di ricchezza costituente il vero debito d'imposta 
e ragguagliato nei pi� vari modi a quel costo. 

�Anche nel monopolio del giuoco del lotto da parte 
dello Stato � attuato questo sistema adattandolo al 
particolare congegno di tale giuoco. 

� Infatti, lo Stato non tiene banco alla pari col. 
giuocatore, ma paga le vincite 'in base ad una tariffa 
speciale che garantisce al giuocatore, in caso di vincita, 
una somma assai minore di quella che riscuoterebbe 
con la stessa posta da chi terrebbe banco alla 
pari. 

� In questo modo il giuocatore, pagando la posta, 
paga con essa anche un tributo rappresentato da 
quella parte di sonma che, anche in caso di vincita, 
non serve a fargli guadagnare alcunch� e quindi non 
esplica in definitiva la funzione di posta di giuoco. 

� Ma, per il giuoco di azzardo che il Comune di 
San. Remo � stato autorizzato ad esercitare, tutto ci� 
non avviene perch� � paeifico ed � peraltro notorio 
che in quel Casin� Municipale il banco � tenuto 
alla pari e quindi la posta che il giuocatore paga ha 
la pura e semplice funzione di una posta da giuoco 
in tutta la sua interezza, senza possibilit� alcuna di 
scorgere nel pagamento di quella posta anche il pa



.gamento di un particolare tributo in favore del Comune 
non eome tenutario del banco di giuoco ma 
come Ente pubblico �. 

Sub B). Manca, d'altra parte, n~l caso esaminato, 
una qualsiasi larva -d sia consentito di dire cos� 
per dare migliore evidenza al nostro concetto -di 
obbligazione giuridica, giaech�, mancando una disciplina 
legislativa speciale del rapporto fra esercente 
il giuoco e giuocatore, tale rapporto non solo 
non pu� essere minimamente considerato rapporto 

segg. del Codiee civile). 

Quest'ultima -in stretta relazione con la legge 
sul lotto pubblico e particolarmente con gli articoli 39 
e 40 concernenti le tombole e le lotterie � autorizzate 
dall'Amministrazione delle Finanze previo nulla 
osta della Prefettura -statuendo, all'art. 1935 Codice 
civile, che � le lotterie danno luogo ad azione 
in giudizio, qualora siano state legalmente autorizzate 
�, ribadisce nel miglior modo, attraverso l'eccezione, 
la regola posta dall'art. 1933, secondo il quale 
� non compete azione per il pagamento di un debito 
di giuoco o di scommessa non proibiti �. 

Resta chiaro, quindi, che dal rapporto fra il Comune 
esercente il giuoco d'azzardo ed il privato giuocatore 
non scaturisce alcuna obbligazione giuridica 
e per ci� stesso esula ogni carattere tributario dei 
proventi di giuoco realizzati dal Comune. 

N � pu� addursi, anche a questo proposito, la 
struttura anomala del tributo riscosso attraverso 
l'esercizio del giuoco, giacch� � agevole rilevare come, 
ad esempio, nella legge del lotto, sia stato dettagliatamente 
regolato -ci� si � gi� accennato -il rapporto 
fra lo Stato quale esercente il � servizio del 
lotto � ed il giuocatore. In detta legge, infatti, l' articolo 
21 statuisce quando le giuocate debbano considerarsi 
valide e produttive di effetti, e l'art. 22, quando 
le giuocate stesse siano nulle e diano al giuocatore 
il diritto al rimborso della somma giuacata. D'altro 
canto, l'art. 27 stabilisce che �nessuna vincita pu� 
essere pagata senza la presentazione della bolletta �; 
l'art. 26: �che tutte le vincite si prescrivono entro il 
termine di trenta giorni dalla estrazione�; l'art. 36: 
� che le vincite sono esenti da imposta di ricchezza 
mobile�; ed infine l'art. 32: <e che qualsiasi posta o 
frazione di posta accettata contrariamente alle condizioni 
espresse nei precedenti articoli non produce 
alcun diritto in chi giuoca �. 

Del resto, la dottrina (vedansi: Trattato D'AMELIO 
Obbligazioni, val. II, p. II, p. 370; FUNAIOLI, 
Il giuoco e la scommessa, n. 15, p. 65, e n. 18, 

p. 86) e la stessa Relazione ministeriale (n. 756) al 
vigente Codice civile chiariscono che anche i giuochi 
d'azzardo sottratti alla legge penale per speeiale 
autorizzazione amministrativa (San Remo, Lido di 
Venezia, Campione d'Italia) non fanno sorgere a 
differenza del lotto pubblico (legge 19 ottobr.e 1938, 
n. 1933, cit.) e delle lotterie autorizzate (art. 1935 
O.e. ) -alcun diritto di azione a favore del vincente. 
Il che riprova come, a parte il cosiddetto debito rJ,i 
onore, il giuocatore oon abbia -neppure rispetto ai 
giuochi d'azzardo eccezionalmente permessi. -un 
vero debito di carattere giuridico. 
� pertanto evidente che questo non obbligo, questa 
mancanza di obbligo giuridico non pu� in alcun 
modo conciliarsi con un preteso carattere tributario 
delle prestazioni in denaro del giuocatere. 

La sentenza della Suprema Corte cos� motiva a,l ___ 
riguardo: 

� Ci� � stato riconosciuto implicitamente da questo 
Supremo Collegio tutte le volte che ha affermato 
che il debito per l'acquisto di gettoni per partecipare 


-22 


ad un giuoco d'azzardo, anche se questo � esercitato 
nei Casin� che eccezionalmente ne sono autorizzati, 
rappresenta sempre un debito per riscuotere il quale 
non vi � azione. 

� Evidentemente, se l'esercizio del giuoco in quei 
Casin� dovesse ritenersi davvero un monopolio fiscale, 
cio� un mezzo per pagare una imposta indiretta 
a quei Comuni, non sarebbe poi possibile giuridicamente 
negare azione ad essi o ai loro gestori per ottenere 
il pagamento di quei gettoni e � a majori � per 
il pagamento eventuale di un debito di giuoco sorto 
direttamente verso il banco, perch� non un debito 
di giuoco, in queste obbligazioni del giuocatore, si 
dovrebbe riscontrare, ma, almeno in parte, un debito 
d'imposta per il quale non avrebbe senso negare 
azione�. 

Sub O). L'esercizio del giuoco d'azzardo da parte 
del Comune di San Remo non pu� infine essere considerato 
(come, invece, l'ha considerato la Commissione 
e.entrale delle imposte nelle decisioni n. 17278 
dell'll novembre 1950 e n. 64 7 43 del 27 giugno 1934, 
in �Riv. Leg. Fisc. � 1952 e 1934) come concessione 
statale di una attivita, a carattere monopolistico 
fiscale. 

Il R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2448, dicendo che 
cc � data facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare, 
anche in deroga alle leggi vigenti, purch� senza 
aggravio per il bilancio dello Stato, il Comune di 
San Remo ad adottare i provvedimenti necessari per 
poter addivenire all'assestamento del proprio bilancio 
e all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili�, 
null'altro ha voluto statuire se non quanto la Suprema 
Corte ha posto magistralmente in evidenza nella 
sentenza massimata con la seguente motivazione: 

cc Esclusa quindi una capacit� originaria del Comune 
ad istituire monopoli fiscali, si dovrebbe necessariamente 
ricorrere alla ipotesi di una potest� 
tributaria delegata per tale scopo dallo Stato al Comune 
e questo in sostanza vorrebbe sostenere la difesa 
del Comune ricorrente, ma erra quando una 
simile delega vuole ritrovarla nel R.D.L. 27 aprile 
1924, n. 637. nel R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2448 
convertito nella legge 27 dicembre 1928, n. 3125 e 

-nei decreti ministeriali 4 gennaio 1928 e 9 gennaio 
1932. 

�Infatti, il R.D.L. 27 aprile 1924, n. 636, non 
solo non � stato convertito in legge, ma esso non delegava 
affatto ai Comuni la facolt� di istituire monopoli 
fiscali con l'esercizio del giuoco d'azzardo, 
contemplando la facolt� del Ministero dell'Interno di 
concedere genericamente e quindi anche in favore di 
privati nelle localit� indicate nel primo articolo di 
detto decreto, l'apertura di case da giuoco nelle quali 
fosse permesso il giuoco d'azzardo in deroga agli articoli 
484 e 487 Codice penale (oggi 718 e 720 Codice 
penale). 

cc Quanto poi al R.D.L. 22 dicembre 1927, n. 2248, 
neanche esso concedeva una delega al Comune ricorrente 
di istituire monopoli fiscali mediante l' esercizio 
del giuoco d'azzardo. 

cc Con tale decreto-legge si concedeva soltanto la 
facolt� al Ministro per l'Interno di autorizzare, anche 
in deroga alle leggi vigenti, il Comune di San Remo 
ad adottare i provvedimenti necessari � per potere 
addivenire all'assestamento del proprio bilancio e 
alla esecuzione delle opere pubbl�che indilazionabili n. 

� E quali dovessero essere, secondo la volont� legislativa, 
questi provvedimenti necessari a procurare 
l'assestamento del bilancio comunale di San Remo, 
� reso manifesto dal contenuto del decreto emesso sucessivamente 
dal Ministro dell'Interno in data 4 
gennaio 1928 per dare esecuzione atla legge suddetta. 

� Con questo decreto il Ministro dell'Interno altro 
non fece che autorizzare l'esercizio del giuoco d'azzardo 
nel Casin� municipale di San Remo per la 
durata di anni quattro. Questa autorizzazione, con 
successivo decreto emesso in data 9 gennaio 1932 
dallo stesso Ministro, fu confermata e prorogata per 
un quindicennio a datare dal 21 gennaio 1933. 

cc Dunque, non una autorizzazione ad imporre 
tributi per mezzo di un monopolio fiscale si vol(}va 
concedere al Comune di San Remo, ma unicamente 
una autorizzazione amministrativa diretta a far compiere 
a tale Comune una attivit� che altrimenti gli 
sarebbe stata interdetta, quella cio� di esercitare o direttamente 
(ma sempre attraverso una organizzazione 
autonoma) o a mezzo di concessionari il giuoco d'azzardo 
vietato dalla legge penale. 

� N � vale, in contrario, obiettare come si obietta nella 
memoria difensiva del ricorrente, che, essendosi detto 
nella legge che lo scopo dei provvedimenti da adottare in 
favore del Comune di San Remo era quello di agevolare 
il riassetto del bilancio e la esecuzione di opere pubbliche 
indilazionabili, ci� implicava anche la possibilit� 
della istituzione di nuovi tributi da parte del Comune. 

cc Infatti, se veramente scopo della legge fosse stato 
quello di dare facolt� al Comune di istituire nuovi 
tributi, la legge avrebbe senz'altro dato direttamente 
questa facolt� e non aveva necessit� di riservare al 
Ministro dell'Interno il compito di emanare i provvedimenti 
suddetti. 

�Se questa riserva ha fatto, � segno che la natura 
dei provvedimenti che si volevano adottare a favore 
del Comune di San Remo era tale da farli ritenere 
di competenza specifica del Ministero dell'Interno in 
quanto si trattava appunto di concedere 1J,na autorizzazione 
amministrativa che � tipico atto di competenza 
della Pubblica Amministrazione. 

� N � questa soluzione pu� essere elusa col sostenere 
che i due decreti ministeriali 4 gennaio 1928 e 
9 gennaio 1932 sono provvedimenti � aventi carattere 
e portata di norme legislative n perch�, pur quando 
per mera ipotesi, si potesse in ci� consentire, il chiaro 
ed esplicito dettato di essi escluderebbe ugualmente 
che il loro contenuto fosse quello di autorizzare il 
Comune ad istituire tributi per mezzo di un monopolio 
fiscale n. 

U. OORONAS 
RESPONSABILIT� CIVILE -Responsabilit� indiretta 
della Pubblica Amministrazione per fatto illecito 
del dipendente -Esclusione -Atto del funzionario 
compiuto non per fini dell'Ente -Non riferibilit� 
alla Pubblica Amministrazione -Violazione di regolamento 
nell'attivit� esecutiva dell'illecito compiuto 
-Irrilevanza. (Corte di Cass., Sez. Un. civ., 
30 aprile-21 luglio 1953, n. 2433/53 -Pres.: Ferranti; 
Est.: Lorizio; P. M.: Macaluso -Amministrazione 
delle Poste contro Mattoscio). 

La Pubblica Amministrazione non risponde dei 
fatti dannosi commessi dai suoi dipendenti nell'ambito 
delle mansioni loro affidate a titolo di 


-23 



responsabilit� indiretta, ai sensi dell'art. 2049 
Codice civile, perch� tale responsabilit� di diritto 
p#vato, � fondata su di una presunzione di colpa, 
in eligendo o in vigilando, che 'non � applicabile 
nei confronti della pubblica amministrazione. 

Il fatto del funzionario, che non agisca per le 
finalit� dell'ente pubblico, ma invece per soddisfare 
fini propri e personali, sia pure abusando 
delle sue funzioni, non � riferibile alla pubblica 
amministrazione. 

Con questa pregevole sentenza la Corte di Cassazione 
riafferma, accogliendo le tesi da noi sempre 
sostenute, che la responsabilit� della Pubblica Amministrazione 
per i fatti dannosi commessi dai propri 
dipendenti � ontologicamente diversa da quella 
dei privati per i fatti dei propri commessi. La prima, 
di diritto pubblico, si fonda sul rapporto organico; 
la seconda, di diritto privato, si basa sul rapporto 
institorio e sulla presunzione di colpa. 

Viene, altres�, precisata la distinzione concettuale 
fra riferibilit� o imputabilit� del fatto alla pubblica 
amministrazione e responsabilit� di essa (sull'argomento 
confronta �Rass. Avv. >>~ 1949, p. 166 -176) e 
riconfermato il principio che il dolo del funzionario, 
civile o penale, rompe il rapporto organico ed.esclude 
la riferibilit� del fatto alla Pubblica Amministrazione 
(sulle varie questioni confronta � Rass. Avv. >> 
1949, p. �111-il2; Id. 1950, p. 129-131; Id. 1952, 

p. 145). 
Data l'importanza della questione trattata si ritiene 
opportuno riportare integralmente la chiara 
motivazione della sentenza: 

cc Censura l'Amministrazione, col primo mezzo, 
la Corte d'Appello per avere, esclusa nel fatto del Pellicciotti 
una responsabilit� diretta della Pubblica 
Amministrazione, ritenuto la responsabilit� indiretta 
della Amministrazione stessa ex art. 1133 Codice 
civile 1865 (art. 2049 Codice civile vigente). 

cc L'addebito � fondato; Giurisprudenza ormai costante 
del Supremo Collegio esclude che la pubblica 
amministrazione possa rispondere dei fatti dannosi 
commessi dai suoi dipendenti nell'ambito delle mansioni 
loro affidate sulla base delle citate norme degli 
artt. 1153 Codice ciVile abrogato e 2049 Codice civile 
vigente concernenti la responsabilit� dei padroni 
e dei committenti per i danni arrecati dai loro domestici 
e commessi nell'esercizio delle incombenze 
cui sono adibiti. Giustamente si osserva, contro responsabilit� 
cotale, che essendo essa fondata, in diritto 
privato, su una presunzione di colpa nella scelta 
della persona cui viene affidato l'incarico o nella vigilanza 
sulle medesime durante l'adempimento di 
esso (in eligendo o in vigilando), siffatta presunzione 
non � applicabile nei confronti della Pubblica Amministrazione, 
che presceglie i propri funzionari con 
cautele predisposte dalla legge (concorsi ed esami) e 
ne controlla l'attivit� con gli Uffici di sorveglianza 
dalla legge istituiti. 

cc La responsabilit� di cui si tratta, della Pubblica 
Amministrazione va invece fondata sul moderno 
concetto della persona giuridica -cui lo Stato � il 
massimo esemplare -esplicantesi nella proposizione 
che lo Stato (o l'ente pubblico in genere) non pu� 

operare altrimenti per il raggiungimento delle sue 
finalit� se non a mezzo dei suoi organi, che s'incarnano 
nelle persone fisiche (funzionari e collegi), che 
spiegano la loro attivit� per i fini dell'Ente. In quanto 
tali persone agiscano nell'ambito della funzione di 
cui sono investite, si confondono� e si immedesimano 
nella personalit� dell'Ente, e l'atto-fatto di dette 
persone, anche se irregolare o viziato, si considera 
quale atto o fatto dell'Ente, che ne diviene pertanto 

direttamente responsabile. Onde l'attivit� del fun


zionario, sempre quando esplicata per i fini dell'Ente, 

� attivit� propria dell'Ente, anche se illecita ed anche 
se l'illecito si concreti in una colpa grave del funzionario, 
giacch� anche quando la sua attivit� sia viziosa 
o irregolare, il funzionario agisce nell'esercizio 
delle sue mansioni, nell'interesse, sia pure male inteso 
o male perseguito, della pubblica amministrazione. 


Donde segue che allorch� il funzionario non agisca 
per le finalit� dell'Ente pubblico, ma invece per soddisfare 
fini propri e personali, vien meno l'identit� 
soggettiva tra la Pubblica Amministrazione e il funzionario 
e l'attivit� di quest'ultimo non pu� considerarsi 
propria dell'Ente. E ci� pure quando il funzionario 
abbia agito abusando delle sue funzioni e 
queste altres� gli siano servite quale mezzo per commettere 
l'illecito. In questi casi, la attivit� del funzionario 
spiegata in collegamento con l'esercizio delle 
sue funzioni, non � pi� riferibile all'Amministrazione, 
di cui va esclusa la responsabilit�. Non � pi� 
la Pubblica Amministrazione che attua i propri scopi 
per mezzo del funzionario, ma � questo che si serve 
della sua funzione, manomettendola per suo interesse 
privato. Il fatto iUecito doloso rompe (vien detto con 
locuzione espressiva) il rapporto fra l'Ente pubblico 
ed i suoi funzionari e fa considerare l'azione come 
commessa fuori dell'ambito dell'attivit� dell'Ente; 
responsabile perci� rimane solo il funzionario che 
commise l'illecito. � 

<<Gli esposti principi conservano la loro efficacia 
anche di fronte a recenti tentativi apparsi in dottrina 
per rinverdire una responsabilit� indiretta della 
Pubblica Amministrazione quando il funzionario 
agisca per un fine del tutto personale e comunque diverso, 
da quello perseguito dall'Ente, ma nella esplicazione 
di funzioni e nell'esercizio di poteri a lui 
devoluti quale organo della Pubblica Amministrazione. 
Non pare che la circostanza che il funzionario 
abbia trovato nelle mansioni di cui � investito la 
cc necessaria occasione >> per commettere il fatto illecito 
sia da sola sufficiente a far sorgere una responsabilit� 
(indiretta) della Pubblica Amministrazione, 
da aggiungere a quella della persona fisica (organo 
della Amministrazione) che ha compiuto l'illecito. 
Detta circostanza ha manifesto carattere estraneo agli 
scopi dell'Ente e non si scorge come possa fondarsi 
una responsabilit� dell'Ente data l'insuperabilit�, 
per l'Ente pubblico, della esclusione di una colpa in 
eligendo nella scelta dei suoi dipende.ti# e in vigilando 
sulla loro condotta. E la natura e gli scopi de_lla]?u]>blica 
Amministrazione rendono inapplicabile an�he 
il principio, esso pure di diritto privato, che chi si 
avvale dei suoi rappresentanti in utilibus debba rispondere 
anche in damnis. 


-24 


�Per quanto esposto, va accolto il primo mezzo dcl 
ricorso, con la conseguente cassazione, nella parte 
discussa della sentenza pronunciata. 

<< Il secondo mezzo censura la Corte di merito di 
aver tratto argomento, ad ulteriore sostegno della 
responsabilit� dell'Amministrazione, dal fatto che il 
Pellicciotti pag� a s� stesso i buoni illecitamente ottenuti. 
La Corte scorse, nel pagamento eseguito a persona 
diversa dal vero intestatario dei buoni, una violazione 
del regolamento che imponeva al ricevitore 
postale di accertare l'identit� del vero titolare. E tal 
secondo abuso costituirebbe il vero atto produttivo 

del danno non decampantc dall'esercizio <lelle mansioni 
.affidate. 

� Senonch�, prescindendo da ogni altro rilievo, 
par chiaro che l'avere pagato i buoni a s� stesso non 
costitu� un secondo illecito, bens�. atto esecutiPO dell'unico 
illecito, consistito nell'aver ottenuto con artificio 
ed inganno i buoni e nell'essersi appropriato 
della somma dovuta per l'estinzione dei buoni medesimi. 


� L'illecito fu quindi uno solo, per quanto costituito 
da piu atti, tutti estranei ai fini della Pubblica 
Amministrazione�. 

G. GUGLIELMI 

~ 

ffe. 

f ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 

~ 

f DELLE CORTI DI MERITO


I 


I 


! 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI � Vizio del consenso � 

Violenza � Causa determinante del contratto � Per


secuzioni operate in applicazione di provvedimenti 

legislativi: irrilevanza � Prescrizione dell'azione di 

annullamento per violenza: decorrenza. (Corte di 

Appello di Roma, Sez. I civ., 9 aprile-31 agosto 1953 -

Pres.: Varallo; Est.: Cesaroni -Ministero Finanze e 

Pubblica Istruzione contro Soc. An. U.R.B.S.). 

Perch� la violenza possa avere giuridica rilevanza 
quale vizio del consenso, atto ad invalidare 
un negozio giuridico, � necessario che essa sia stata 
causa determinant� del negozio. 

Non costituiscono violenza giuridicamente rilevante, 
per gli effetti di cui all'art. 1108 Codice civile 
1865 (art. 1427 Codice civile vigente) le persecuzioni 
generiche ed indiscriminate compiute 
dal fascismo contro i propri oppositori politici 
(nella specie Massoneria), quando non sussista 
una specifica e diretta relazione fra dette persecuzioni 
ed il negozio giuridico che si assume compiuto 
sotto l'azione della violenza. 

Non costituiscono violenza, giuridicamente rilevante, 
per gli effetti dianzi indicati, le persecuzioni 
e i soprusi compiuti dal governo fascista contro 
i propri oppositori politici in applicazione di 
provvedimenti legislativi. � . 

Il termine di prescrizione quinquennale dell'azione 
di annullamento di un contratto che si 
assuma determinato dalla violenza operata dal 
governo fascista decorre dalla data della conclusione 
del contratto e non da quella della caduta 
del regime fascista. 

La sentenza che si annota � stata resa dalla Corte 
di Appello di Roma in causa promossa dalla Societ� 
Anonima U.R.B.S., che si assume espressione e 
prestanome della Massoneria italiana, contro i Ministeri 
delle Finanze e della Pubblica Istruzione, causa 
che ha per oggetto il noto Palazzo Giustiniani di Roma. 

Riteniamo anzitutto interessante esporre, succintamente, 
i termini della controversia. 
Con atto del 16 febbraio 1911 venne venduto dai 
fratelli Riccardo ed Emilio Questa alla Societ� U.R. 

B.S. il Palazzo Giustiniani, dichiarato, fin dal 1909, 
con provvedimento notificato ai proprietari del tempo, 
di importante interesse storico ed artistico, ai sensi e 
per gli effetti della legge 20 giugno 1909, n. 364. 
La vendita non fu denunziata al Ministero della 
Pubblica Istr'lfzione n� dai venditori n� dalla So


ciet� acquirente e pertanto non ebbe mai ad iniziarsi 
il decorso del termine stabilito dalla legge per l' esercizio 
da parte dello Stato del diritto di prelazione. 

Tale diritto veniva quindi esercitato con decreto 
del Ministero della Piibblica Istruzione del 20 gennaio 
1926, stabilendosi con lo stesso provvedimento, 
come per legge, che sarebbe stata corrisposta alla 
Societ� U.R.B.S. la somma di lire 1.055.000, corrispondente 
al prezzo portato nell'atto di compravendita 
tra i fratelli Questa e la Societ�. 

Avverso l'indicato decreto la U.R.B.S. propose ricorso 
al Consiglio di Stato, assumendo, in primo 
luogo, che dovesse ritenersi inesistente il vincolo di 
importanza storica ed artistica del Palazzo, per vizio 
di notifica dell'atto con il quale tale importanza era 
stata a suo tempo dichiarata; in secondo luogo che, 
essendo noto da tempo al Ministero della Pubblica 
Istruzione il tra1Sferimento del Palazzo dei fratelli 
Questa alla Societ� U.R.B.S., doveva, anche in 
mancanza della f armale notifica prescritta dalla legge, 
ritenersi decorso il termine di due mesi stabilito, con 
decorrenza da tale notifica, per l'esercizio del diritto 
di prelazione. 

Contemporaneamente la Societ� U.R.B.S. promosse 
azione innanzi alla Magistratura ordinaria 
richiedendo che fosse, in ogni caso, dichiarato che 
essa Societ� era ormai divenuta, irrevocabilmente, 
proprietaria del Palazzo per la prescrizione decennale 
di cui all'art. 2137 del Codice civile del 1865, 
avendo acquistato l'immobile in virt� di un titolo 
debitamente trascritto e non nullo pm� difetto di forma 
ed avendo posseduto detto immobile per oltre un decennio 
in buona fede. 

Successivamente alla proposizione dei due giudizi, 
furono svolte fra le parti trattative di accordo, che 
portarono alla stipula, in data 13 giugno 1927, di 
una convenzione, con la quale il Demanio dello Stato 
assumeva obbligo di corrispondere alla Societ� la 
Somma di lire 4.000.000, in luogo di quella di un 
milione 055.000, portata nel decreto di prelazione, 
mentre la Societ� �U.R.B.S. dichiarava di essere� 
tacitata di ogni pretesa relativa al diritto di prela-� 
zione esercitato dallo Stato sul Palazzo e rinunziava 
ad entrambi i giudizi iniziati. 

La convenzione ebbe piena esecuzione. Oen -de�isione 
del 4 luglio-13 dicembre 1930 il ricorso della 
Societ� al Consiglio di Stato veniva dichiarato perento 
e perento and� anche il giudizio innanzi al 
Tribunale ordinario. 



~ 26 

Trascorsero cos� molti anni, durante i quali lo Stato 

rimaneva pacifico ed incontrastato proprietario del 

Palazzo. 

Con atto di citazione del 22 ottobre 1947 la Societ� 

U.R.B.S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale 
di Roma, l'Amministrazione del Demanio dello 
Stato, assumendo che la convenzione del 13 giugno 
1927 era stata determinata con la violenza dal 
governo fascista. Chiedeva che pertanto la convenzione 
fosse dichiarata nulla per vizio di consenso e 
che il Demanio dello Stato fosse condannato a restituire 
ad essa istante il Palazzo Giustiniani. 
L'Amministrazione convenuta si costituiva in 
giudizio e, ponendo in rilievo come il titolo di acquisto 
da parte dello Stato della propriet� del Palazzo 
Giustiniani fosse costituito dal Decreto di prelazione, 
atto amministrativo sicuramente di carattere discrezionale, 
eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di 
giurisdizione dell'adita Autorit� giudiziaria ordinaria. 

Quindi, avvalendosi della facolt� concessa dall'art. 
41 Codice procedura civile, l'Amministrazione 
del Demanio e quella della Pubblica Istruzione, 
frattanto chiamata ad intervenire nella causa, proponevano 
ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione 
per regolamento di giurisdizione. 

Le Sezioni Unite con decisione del 23 marzo 1950, 
dichiaravano la competenza della giurisdizione ordonaria 
a conoscere delle questioni concernenti l' annullabilit�, 
per vizio di consenso, dell'accordo risultante 
dalla Convenzione 13 giugno 1927; dichiaravano 
la competenza della giurisdizione amministrativa 
a conoscere di tutte le questioni concernenti la 
legittimit� del decreto ministeriale di prelazione; dichiaravano 
la improponibilit� temporanea nei confronti 
della Pubblica Amministrazione dei capi della 
domanda diretti ad ottenere la restituzione del Palazzo 
Giustiniani, l'accertamento della usucapione 
decennale ed in risarcimento dei danni conseguenziali 
al dedotto illegittimo esercizio del diritto di 
prelazione. 

Riassunta la causa a cura della Societ� U.R.B.S., 
innanzi al Tribunale di Roma, per� la decisione delle 
questioni concernenti l'annullabilit� della Convenzione 
13 giugno 1927, detto Tribunale, con .sentenza 
28 luglio-10 ottobre 1951, annullava, per vizio di 
consenso a causa di violenza morale, la convenzione 
indicata e condannava le due Amministrazioni dello 
Stato al pagamento delle spese del giudizio. 

Il Tribunale, �ritenuto domostrato che la Societ� 

U.R.B.S. fosse espressione e prestanome della Massoneria 
italiana di Palazzo Giustiniani, era pervenuto 
alle proprie conclusioni, disattendendo tutte le 
eccezioni che erano state dedotte nell'interesse delle 
Amministrazioni dello Stato. 
In particolare aveva disatteso la eccezione di estinzione 
della azione di v.iolenza per la prescrizione 
quinquennale di cui all'art. 1300 Codice civile 
del 1865. 

Si era dedotto dalla difesa dello Stato che, ove anche 
il consenso della U.R.B.S. fosse stato determinato 
alla stipula della convenzione da una specifica situazione 
di violenza tale situazione si sarebbe comunque 
esaurita a seguito della avvenuta stipula 
dell'atto e non sarebbe rimasta permanente nel tempo. 
Ma il Tribunale aveva superato la eccezione, aff ermando: 


� Ma non deve negligersi la particolarit� della situazione 
in cui venne a trovarsi la Societ� U.R.B.S., 
in quanto la asserita violenza proveniva non gi� da 
una persona fisica, sibbene da un partito totalitario, 
il quale disponeva di gravi poteri di �intimidazione 
anche a mezzo della potest� dello Stato, ormai caduto 
nelle sue mani (confino di polizia, provvedimenti 
avanti il Tribunale speciale per la difesa dello 

� Stato); cosocch� mentre la violenza del privato pu� 
normalmente esplicarsi solo in via temporanea, per 
la difficolt� che si perpetuino attraverso gli anni 
quelle particolari favorevoli condizioni e per la possibilit� 
che essa venga neutralizzata dall'intervento 
della forza pubblica e in genere della pubblica autorit�, 
nella specie non pu� dirsi che lo stato di intimidamento 
e di terrore dei perseguitati dal fascismo sia 
scomparso sinch� esso fascismo rimase al potere, ch� 
anzi la trasformazione del partito in regime ne consolid� 
la supremazia nella vita del paese... � ovvio, 
infine, che l'azione specificatamente rivolta a costringere 
la Massoneria a rinunziare ad ogni suo diritto 
sulla sede di Palazzo Giustiniani, anche se effettivamente 
fu esplicata, cess� con la transazione 13 giugno 
1927 ma � altrettanto ovvio che essa sarebbe stata 
ripresa, ove si fosse chiesto l'annullamento di tale 
transazione �. 

Nel merito la difesa dello Stato aveva sostenuto 
che non ricorressero nella specie gli estremi della 
violenza, a cui la legge fa conseguire effetti giuridici 
nella materia contrattuale. Sarebbe stato necessario 
-si assumeva -che la violenza fosse stata esercitata 
proprio in relazione al contratto, di cui si chiedeva 
l'annullamento e ad integrare tale tipo di violenza 
non potevano dfrsi idonee la lotta e le persecuzioni 
generiche ed indiscriminate compiute dal fascismo 
contro la Massoneria. 

Si aggiungeva come fosse confortato da una antica 
tradizione il principio secondo cui, perch� la violenza 
possa essere considerata vizio del consenso prestato 
nella conclusione di un contratto, � necessario che 
essa sia stata causa determinante del contratto, che 
si sia specificatamente posta come causa ad effetto 
rispetto alla conclusione del contratto (cfr. GroRGI: 
Teoria generale delle obbligazioni, vol. IV). Non 
bastava quindi far richiamo ad una generica, sia 
pur grave, situazione di violenza, che avesse potuto 
indurre la Massoneria a regolare i propri interessi 
nel modo ritenuto pi� opportuno in relazione al clima 
politico del tempo, ma sarebbe stato necessario addurre 
e dimostrare che quel determinato negozio giuridico 
fosse stato stipulato sotto l'azione di una violenza 
posta in essere proprio per determinare il consenso. 
Si richiamava l'insegnamento del Coviello (Manuale 
di diritto civile, p. 395) secondo il quale: ((Non si 
pu� dimenticare che la legge non ebbe tanto riguardo 
alla condizione psicologica di chi agisce quanto� alla 
causa; non parla di timore, ma di violenza; non dice 
nullo il contratto se ci fu mancanza di libert� di consentire 
ma dichiara non valido il consenso se fu 
estorto con violenza �. Ed, infine, si oss.ervava che 
nella lotta del fascismo contro la Massoneria fin daL 
1925 ad una fase extralegale era succeduta una fase 
legale per �ui le persecuzioni vennero operate in 
applicazione di specifici provvedimenti legislativi. 

Senonch� il Tribunale, che pur non aveva potuto 
disconoscere la esigenza di una specifica violenza 


~ 27 



che fosse stata la causa determinante del negozio 
giuridico, si era anzitutto posto al difuori della realt� 
dei fatti, affermando come verificatesi circostanze che 
la Societ� attrice non soltanto non aveva dimostrate 
ma non aveva nemmeno dedotte, ritenendo cio� che 
quello di privare la Massoneria della sua sede di 
Palazzo Giustiniani fosse uno degli obiettivi della 
lotta contro di essa scatenata dalla classe politica allora 
predominante; ritenendo altres� che la violenza 
fascista perseguiva, tra gli altri fini, quello si indurre 
la U.R.B.S. a desistere dalle procedure giudiziarie 
iniziate a seguito dell'esercizfo del diritto di prelazione. 

In secondo luogo, il Tribunale, del tutto dimenticando 
che la questione sottoposta al suo esame non 
poteva e non doveva essere risolta se non secondo i 
concetti giuridici in materia di violenza -vizio del 
consenso, si era foggiato un tipo di violenza del tutto 
diversa da quello a cui le norme legislative nonch� i 
principi con/ ortati da una antica tradizione attribuivano 
efficacia come vizio del consenso nella materia 
contrattuale. Probabilmente suggestionato dagli 
aspetti indubbiamente drammatici assunti dalla lotta 
del fascismo contro la Massoneria, il Tribunale era 
pervenuto ad identificare la violenza negli stessi 
principi politici ispiratori del regime fascista nonch� 
in tutto l'apparato giuridico-amministrativo costruito 
dallo Stato fascista per eliminare i propri 
oppositori. 

Avverso la decisione del Tribunale venne proposto 
appello nell'interesse della Amministrazione dello 
Stato e la Corte di Appello, con sentenza veramente 
pregevole, che si articola in proposizioni semplici e 
chiare, ha ricondotto la lite entro i suoi giusti termini 
pervenendo quindi a quelle conclusioni alle quali 
logicamente si doveva pervenire quando non si fossero 
ipotizzate situazioni di fatto diverse da quelle reali e 
le questioni di diritto fossero state impostate in aderenza 
ai principi. 

La Corte ha risolto la controversia accogliendo la 
eccezione pregiudiziale di estinzione, per prescrizione 
quinquennale, della azione di annullamento 
per violenza proposta dalla U.R.B.S., ma proprio 
per far luogo a tale eccezione ha dovuto esaminare 
la causa nel merito, perch� nella sostanza le questioni 
di merito si unificavano e si con/ ondevano con quelle 
relative alla detta eccezione di prescrizione. Si trattava 
cio� di stabilire, in via di principio, se l'apparato 
giuridico-amministrativo creato dal regime fascista 
contro i propri oppositori potesse costituire quella 
violenza alla quale il diritto privato attribuisce efficacia 
determinante sulla validit� di un negozio giuridico. 


La Corte ha in primo luogo riportato i fatti della 
causa a quella realt� storica, da cui il Tribunale si 
era artificiosamente allontanato, riconoscendo che le 
devastazioni e i saccheggi delle sedi massoniche, le 
violenze contro i massoni e le loro cose ebbero, salvo 
un episodio isolato avvenuto in Genova nd novembre 
1926, le loro ultime manifestazioni nel 1925, 
allorch� l'attentato a Mussolini dell'onorevole Zaniboni 
forn� al regime l'occasione per imporre una 
serie di leggi e di misure di polizia, destinate ad 
abbattere ogni superstite opposizione e a dare veste 
legale alla lotta del fascismo contro i suoi nemici 
politici, per cui, secondo la espressione dello stesso 
M uss-olini, da allora in poi �la violenza doveva 

essere, negli istrumenti e nei fini, esclusivamente 
statale�. 

Di conseguenza, nella seconda fase della lotta 
contro la Massoneria, le persecuzioni e i soprusi 
in danno dei Massoni (scioglimento .delle loggie 
massoniche; dispensa dal servizio dei funzionari 
dello Stato massoni, in quanto ritenuti contrari alle 
direttive politiche del governo; assegnazione al confino 
degli esponenti della Massoneria e provvedimenti 
innanzi al Tribunale Speciale) furono operati 
in applicazione dei richiamati provvedimenti legislativi 
e di polizia. Eppertanto esattamente osserva 
la sentenza della Corte di Appello �se tutto ci� avvenne 
in applicazione delle leggi, potr� parlarsi di 
leggi inique, di leggi lesive di ogni principio di giustizia 
e di libert� ... �. Ma � mani/estamente inutile 
qualsiasi richiamo alle leggi stesse ed ai gravi ed 
ingiusti provvedimenti che ne conseguirono a carico 
dei dirigenti massonici per trarne argomento a favore 
della proposta azione di annullamento ... In tal guisa 
si con/ onderebbe la coazione che � insita in ogni comando 
giuridico con la minaccia usata dal privato 
per costringere altri con cui sia venuto in rapporti 
negoziali ad di aderire alla propria volont�... Pi� 
precisamente si verrebbe a sostenere che un determinato 
negozio, compiuto per sfuggire alle sanzioni 
minacciate da una legge iniqua e nello stato di intimidazione 
prodotto dalla legge stessa e dai provvedimenti 
persecutori, gi� presi in applicazione di essa, 
sarebbe suscettivo di annullamento per vizio di consenso. 
Ma, ponendosi la detta condizione psicologica 
sullo stesso piano della violenza invalidatrice 
del consenso in tema contrattuale, si sconvolge il 
concetto giuridico di questa, quale si ricava dalle 
norme codificate, conformi, del resto, ai principi tradizionali 
in materia, il concetto, cio� che per aversi 
violenza, atta a viziare il consenso di un contraente 
ed a produrre l;annullamento del concluso negozio � 
necessario che la violenza venga appositamente esercitata 
per estorcere il consenso a quel determinato 
negozio ... Evadere da questo concetto della via compulsiva 
non � possibile ed � sempre in relazione ad 
esso che si deve superare il pi� ampio costrutto difensivo 
della Societ� appellata, che di quel concetto 
estende la portata per farlo operare sia in rapporto 
alle sopraffazioni subite in epoca precedente alla 
emanazione dei richiamati provvedimenti legislativi 
sia in rapporto al successivo consolidamento della 
dittatura fascista con la conseguente determinazione 
di un persistente clima di violenza politica, che 
avrebbe impedito qualsiasi mani/estazione contraria 
alla volont� del regime. Questo tipo di violenza potr� 
aver creato negli esponenti della Massoneria uno 
stato di soggezione, che avr� potuto eventualmente 
consigliare di accettare, per ragioni di contingente 
convenienza, la transazione in parola ma questo stato 
psicologico non ha nulla a che vedere con la violenza 
in materia contrattuale �. 

La Corte ha cos� pienamente accolto le difese svolte 
nell'interesse delle Amministrazioni d~~lo Stato, sostituendo 
a quella artificiosa costruzione, che jfolla 
violenza, quale vizio del consenso nella materia contrattuale, 
aveva fatto il Tribunale, concetti tratti da 
una esatta interpretazione delle norme legislative e 
sviluppando. tali concetti con una chiara precisione, 
che immediatamente convince della fondatezza di essi. 


-28 

Anche su un altro punto la decisione della ()orte 
ha accolto le deduzioni della difesa dello Stato, affermando: 
� N � potrebbe indurre in contrario avviso il 
fatto che, nel periodo 1924-1925, si ebbero vari assalti, 
da parte dei fascisti, proprio al Palazzo Giustiniani, 
seguiti, dopo l'attentato Zaniboni, della 
temporanea occupazione da parte della P.S. del palazzo 
stesso per fini di polizia, giacch� questo episodio, 
inquadrandosi fra le tante violenze e sopraffazioni 
indiscriminate consumate contro le cose e 
le persone dei massoni, gi� da qualche anno cessate 
all'epoca della impugnata transazione, non possono, 
per il loro stesso fine indiscriminato e perch� lontano 
nel tempo, riguardarsi come atti di violenza ancora 
efficienti, diretti a spossessare della sua sede la 

�Massoneria, sotto forma di una regolare convenzione �. 

Escluso che la violenza prevista dall'art. 1108 

Codice civile 1865 (art. 1427 Codice civile vigente) 

potesse ravvisarsi � nel clima determinato dall' appa


rato politico-giuridico dello Stato fascista e pi� par.


ticolarmente in quel complesso d'ingiuste persecu


zioni, di cui fu vittima la Massoneria italiana �, la 

Corte di Apvello, ha, per logica conseguenza, accolto 

la eccezione pregiudiziale di prescrizione, che pur 

avendo aspetti comuni con la questione di merito, 

ritualmente la precedeva. 

La controversia probabilmente avr� successive fasi 
ma -a nostro avviso -la sentenza della Corte di 
merito costituisce, nella chiara e precisa impostazione 
e risoluzione delle questioni prospettate, 
un punto fermo, non facilmente. superabile. 

G . .ALBISINNI 
COMPROMESSO ED ARBITRI � Appalto di opere 
pubbliche -Controversie � Istanza di arbitrato � 
Termine. (Collegio arbitrale, lodo del 18-22 aprile 
1953 -Pres.: Sangiorgio: membri: Miraglia, Galdi, 
Della Valle, Taddeucci -Impresa Boccardo Antonio 
contro Ministero Lavori Pubblici). 

Il termine di 30 giorni stabilito dall'art. 45 del 
Capitolato generale sulle opere pubbliche � perentorio, 
e l'istanw. di arbitrato che venisse successivamente 
proposta dall'Impresa � inammissibile. 

La pronuncia del Collegio arbitrale � particolarmente 
rilevante anche per aver escluso che il termine 
per l'istanza di arbitrato potesse ritenersi riaperto da 
un provvedimento puramente confermativo di quello 
ordine di servizio di rigetto delle riserve che l'impresa 
non impugn� tempestivamente. 


ID 

J 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINAIr 
E GIURISPRUDENZA 

' 



L'AMMINISTRAZIONE IN GENER.ALE 

.ASSETTO COSTITUZIONALE. 

I poteri del Presidente della Repubblica, articolo 
di F. BOZZINI (cc Nuova .Antologia�, 1954, 11). 

L'art. 618, 2� e 3� comma C.p.c. per cui le sentenze 
emesse in opposizione ad atti esecutivi sono 
non impugnabili � stato derogato dall'art. 111 Costituzione 
che ammette contro tutte le sentenze 
il ricorso in Cassazione per violazione di legge 
(Corte Cass., 9 settembre 1943, n. 3006). 

L'autorizzazione a stare in giudizio per gli Enti 
locali non costituisce un'inibizione della tutela giurisdizionale, 
ma solo un controllo preventivo non 
in contrasto con l'art. 113 della Costituzione (Cons. 
Stato, 4 luglio 1953, << Cons. Stato �, 1953, 659). 

Regioni. -La decisione dell' .Alta Corte per la 
Regione Siciliana che dichiari una legge regionale 
conforme alla Costituzione preclude l'indagine di 
costituzionalit� proposta incidenter tantum in altro 
giudizio (Cons. Giust. .Amm. Reg. Sic. 16 aprile 
1953. cc Rass. Dir. Pubbl. �, 1953, II, 238). � 

La potest� normativa della Regione Siciliana in 
materia di agricoltura e foreste riguarda le attivit� 
con contenuto complementare e integrativo delle 
leggi dello Stato, ma non si estende ai rapporti di 
diritto privato (come il premio di coltivazione) 
retti dalle leggi nazionali (Corte Cass. 30 settembre 
1953, n. 3114.). 

.ATTRIBUZIONE AMMINISTRATIVA ESCLUSIVA. 

Non basta che una materia appartenga al diritto 
pubblico perch� tutte le disposizioni di legge 
che la riguardano siano inderogabili, ma occorre 
indagare se le singole disposizioni siano dettate 
nel pubblico interesse (Corte Cass. 5 ottobre 1953, 

n. 3176). 
� inammissibile in ricorso per cassazione contro 
la decisione del Consiglio di Stato che rigetta il 
ricorso contro una decisione del Presidente del1'.
Assemblea Costituente (Corte Cass., S.U., 25 settembre 
1953. cc Foro Padano �, 1953, I, 1277). 

La determinazione del canone di concessione amministrativa 
� demandata al criterio discrezionale 
della Pubblica .Amministrazione la quale per� non 
pu� mutare la misura del canone con effetto re


troattivo (Trib. Torino, 29 agosto 1953. Cont. 18, 

.Avv. Torino) . 

.Ai fini del reato di inosservanza di provvedimento 
dell'autorit� � inibito al giudice ordinario 
il sindacato sulla necessit� ed urgenza del provvedimento 
se trattisi di ordinanza di urgenza del 
Prefetto ai sensi dell'art. 2 T.U. legge P.S. la. 
quale d'altra parte non � illegittima se non contenga 
il termine di validit� (ponendosi ricorrere al 
Ministero dell'Interno se non fosse revocata l'ordinanza 
cessate le contingenze), n� � incompatibile con 
gli artt.13-76-77 della Costituzione (Corte Cass. pen., 
7 marzo 1953. cc Rass. Dir. Pubbl. �, 1953, II, 266). 

Conflitti di giurisdizione. -Poich� rispetto ad 
un atto di concessione sono concepibili, solo interessi 
legittimi e pofoh� essendo i cimiteri demanio, 
l'attribuzione a singoli di diritti d� luogo a concessioni, 
� competente il giudice amministrativo sulla 
impugnazione proposta da un terzo contro la delibera 
del Comune che dia una concessione ad altri, 
anche se l'annullamento travolga l'atto bilaterale e 
i diritti soggettivi che ne sono sorti (Corte Cass., 
S.U., 18 maggio 1953. cc Giur. Civ. �, 1953, 1651). 

L'adozione di provv�dimenti del Sindaco per edilit�, 
polizia locale e igiene degradano a semplice 
interesse il diritto soggettivo del privato: contestandosi 
l'esistenza del potere discrezionale correlativo 
il giudice ordinario non pu� indagare sul 
buon uso del potere stesso, ma solo se i motivi 
siano diversi da quelli adottati poich� in tal caso 
permangono il diritto soggettivo e la competenza 
del Giudice ordinario (Corte Cass., 23 marzo 1953 
cc Giust. Civ.�, 1953, 1054). 

Rimedi giuridici per la risoluzione dei conflitti. 

-Pu� �denunciarsi per cassazione una decisione 
della Commissione centrale imposte, per omessa 
motivazione su un punto decisivo della controversia 
(Corte Cass., 28 marzo 1953. cc Giust. Trib. Imp. 
Dir. �, 1954, 5). 

RESPONSABILIT� DELL'AMMINISTRAZIO!'E� 

Il Comune ha non la facolt� ma l'obbligo di se~ gnalare 
se fabbricati lungo le strade cittadine costituiscono 
pericolo, e adottare le pi� urgenti cautele, 
salvo stabilire su chi incombe l'onere della definitiva 
sistemazione. � responsabile dei danni, se ci� non : 


-30


faccia, n� pu� invocare la discrezionalit� amm1mstrativa 
(Corte Cass.; 25 settembre 1953, n. 3065). 

L'azione di responsabilit� per l'esecuzione da 
parte dello Stato di opere pubbliche straordinarie di 
competenza comunale, esecuzione affidata all'ufficio 
tecnico comunale; va rivolta contro lo Stato e non 
contro il Comune da cui dipende detto Ufficio (Corte 
Cass., 27 maggio 1953, cc Giust. Civ�, 1953, 1747). 

L'occupazione col consenso del proprietario dei 
locali da parte di un Provveditorato agli studi in 
attesa di regolare stipula di locazione da parte 
dell'Amministrazione provinciale, d� luogo, se manchi 
l'accordo per tale stipula, a responsabilit� solidale 
del Provveditorato e d�ll' Amministrazione Provinciale 
pei danni dovuti al proprietario per la protrazione 
dell'occupazione oltre il termine fissato dal 
proprietario con disdetta, e ci� perch� il Provveditorato 
ha continuato l'occupazione contro la volont� 
del proprietario e l'.Amministrazione provinciale non 
ha adempiuto all'obbligo di fornire i locali (Trib. 
Torino, 21ottobre1953, Cont. 760, .Avv. Torino). 

Il rifiuto. del capo di un Istituto d'istruzione ad 
eseguire la delibera dei capi di istituto collegialmente 
riuniti, per il conferimento delle supplenze 
scolastiche determina l'obbligo di risarcire i danni 
derivati da tale rifiuto (Corte Cass., 19 novembre 
1953, n. 3544). 

Lo Stato � responsabile della negligente custodia 
da parte del Cancelliere delle cose cadute in sequestro 
penale e competente a decidere sui danni 
� il Giudice civile (Corte Cass., S.U., 8 maggio 1953, 
<< Giust. Civ.�, 1953, 1541). 

DEMANIO E BENI P .ATRIMONI.ALI 

Generalit�. -I beni patrimoniali indisponibili, 
per essere destinati ad un pubblico servizio possono 
formare oggetto di concessione amministrativa 
e non di locazione, se non per la parte eccedente le 
necessit� del pubblico servizio (Trib. Torino, 29 agosto 
1953, Cont. 18, .Avv. Torino). 

.ACQUE PUBBLICHE 

Generalit�. -Le acque sotterranee sono demaniali 
se ricorra l'attitudine a usi di pubblico generale 
interesse, n� pu� farsi distinzione fra acque 
sotterranee e subalvee (Trib. .Acque Catania, 15 
ottobre 1953, Cont. 9400, .Avv. Catania). 

Concessioni. -L'impugnativa di un decreto di 
concessione di acque pubbliche da parte di un 
utente che assuma che da tale concessione siano 
stati pregiudicati i suoi anteriori diritti, pertiene 
al Tribunale Superiore delle .Acque Pubbliche in 
sede di giurisdizione amministrativa. (Trib . .Acque 
Catania 29 ottobre 1953, Cont. 646, .Avv. Catania). 

ENTRATE 

TRIBUTI IN GENERALE 

Generalit�. -In tema di solidarit� processuale 
sulla obbligazione tributaria articolo del dott. R. LtGUORI, 
contenente un esame critico della giurisprudenza 
della Corte di Cassazione, in senso conforme 
alla tesi erariale (cc Riv. Trib �, 1954, 1). 

Accertamento. -� annullabile il concordato fiscale 
stipulato nella erronea convinzione comune 
all'Ufficio, che nessuna imposta doveva essere 
pagata (Comm. Imp. Cremona, 16 ottobre 1953, 
cc Corti Ven. Brescia 1953, 804 �). � 

Solve et repete. -Poich� ha natura tributaria 
anche la controversia in cui si discuta l'esistenza, 
la regolarit� e l'estensione dei privilegi, ha natura 
tributaria e soggiace al solve et repete anche la 
revindica delle cose pignorate da parte di parenti 
ed affini entro il 2� grado, coabitanti col debitore :~ 

(Corte Cass., S.U., 7 ottobre 1953, n. 3191.). 

Nel caso di concessa rateazione del pagamento 
di un tributo il contribuente per opporsi al tributo 
deve pagare l'intero e non le sole rate scadute 
(Corte .App. Torino, 30 luglio 1953. cc Riv. Tribut. �, 
1954, 21). 

.Anche quando si contesti contemporaneamente 
avanti alla Commissione provinciale in primo grado, 
il criterio di liquidazione dell'imposta supplettiva 
adottata dall'Ufficio, non � proponibile ricorso alla 
Commissione stessa, contro la valutazione fatta 
dalla Commissione distrettuale, senza previo pagamento' 
del tributo (Comm. Oentr. Imp., 14 novero-� 
bre 1951. cc Dir. Prat. Trib. �, 1953, II, 353). 

Sussiste il solve et repete anche quando proposta 
opposizione davanti al pretore e questi dichiaratosi 
incompetente, il tributo sia stato pagato solo 
prima della ripropozizione del giudizio davanti al 
Tribunale (Corte Cass., 30 ottobre 1953, n. 3509). 

Contenzioso amministrativo. -� valido il reclamo 
presentato tempestivamente ad ufficio finanziario 
incompetente anche se pervenuto tardivamente 
a quello competente (Comm. Centr. Imp., 
7 marzo 1952. cc Giust. Trib. Imp. Dir.�, 1954, 23). 

Il giudicato formatosi sull'impugnativa dell'accertamento 
tributario di una determinata annata, 
non estende la sua efficacia anche agli anni successivi 
essendo ogni accertamento autonomo (Corte 
Cass., S.U., 18 giugno 1953. cc Riv. L~g. Fisc. �, 
1954, 143). ' 

RICCHEZZA MOBILE 

Reddito imponibile. -La gestione di un magazzino 
di formaggio da parte di un Istituto di credito, 
se connessa con l'attivit� creditizia, e limitata alla 
sola custodia di merce depositata a garanzia di 
anticipazioni non d� luogo a tassazione separata 
in R.M. (Comm. Centr. Imp., 5 aprile 1951. cc Dir. 
Prat. Trib.�, 1953, II, 343). 

Accertamento. -� necessaria la comunicazione 
nell'atto di accertamento o in atto separato 'dei 
motivi per cui procedendosi all'accertamento induttivo 
dell'imposta di R. M. a sensi dell'art. 20 legge 

n. 1231 del 1936 l'Ufficio si allontani dalle risultanze 
del bilancio di una Societ� anonima. La omissione 
dei motivi vizia non solo tutto il procedimento 
contenzioso, ma lo stesso accertameiit� (Comm. 
Centr. Imp., S.U., 27 giugno 1951. cc Giur. Ump~ 
Dir. Reg. Negoz. �, 1953, 303). -� 
� nullo l'accertamento per gli interessi sui debiti 
delle Societ� anonime, se fatto a carico del reddituario 
anzich� della Societ� debitrice salvo rivalsa 


-31 


(Comm. Centr. Imp., 16 ottobre 1951. � Giust. Trib. 

Imp. Dir. �, 1954, 13). 

Il ricorso ali' Autorit� giudiziaria in materia di 
imposta di R.M. � improponibile ove manchi il 
previo esperimento dell'azione amministrativa (Tribunale 
Catania, 9 novembre 1953, Cont. 18266, 
Avv. Catania). 

Gli accertamenti della Polizia tributaria non costi


tuiscono l'elemento decisivo e vincolativo delle pro


nuncie delle Commissioni amministr�tive, ma solo 

uno degli elementi di giudizio (Comm. Centr. Imp., 

16 gennaio 1952. �Dir. Prat. Trib. n, 1953, II, 385). 

Per l'accertamento induttivo ex art. 20 legge, 

n. 1231, del 1936 occorre ad substantiam la notificazione 
dei motivi, non bastando a sanare la relativa 
nullit� n� la comparizione del contribuente n� la 
sua conoscenza dei motivi attraverso l'esame del 
rapporto dell'Ufficio alla Commissione: tale notificazione 
deve avvenire quanto meno prima della 
decisione in primo grado e in tempo utile per la 
presentazione da parte del contribuente di deduzioni 
aggiunte (Comm. Centr. Imp., S.U: 25 maggio 
1953. � Riv. Trib. n, 1954, 52). 
In applicazione analogica della legge n. 581 del 
1950, le decisioni parziali delle Commissioni provinciali 
sono impugnabili davanti alla Centrale e diviene 
ammissibile una impugnativa proposta prima 
dell'entrata in vigore di quella legge (Comm. Centr. 
Imp. 5 febbraio 1951, � Giur. Imp. Dir. Reg. 
Negoz. �, 1953, 309). 

REDDITI AGRARI 

Con la legge n. 976 del 1939 il normale ciclo produttivo 
agrario va determinato non gi� astrattamente 
ma in relazione a quanto praticato nella 
singola zona censuaria. Perci� il reddito per la 
trasformazione del pomodoro in concentrato in una 
singola zona soggiace all'imposta normale di R.M. 
e non a quella sul reddito agrario se in quella zo~a 
tale trasformazione non � considerata rientrante 
nel normale ciclo agrario. 

Con la legge n. 976 del 1939 la trasformazione 
fatta da una cooperativa o consorzio dei prodotti 
conferiti dai partecipanti, semprech� la trasformazione 
rimanga nei limiti del ciclo produttivo agrario 
non � tassabile perch� compresa nel reddito 
agrario accertato a carico, dei singoli (Corte Cass., 
14 aprile 1953. cc Giur. Imp. Dir. Reg. Negoz. n, 
1953, 299, cfr. cc Rassegna n, 1952, 47. 

F ABBRIOATI. 

� giudizio di estimazione complessa di competenza 
del giudice la questione sull'assoggettamento 
nel caso concreto ad imposta di R.M., in luogo di 
quella sui fabbricati, di edifici inscindibill:nente collegati 
all'azienda e concorrenti alla produzione del 
reddito (Corte App. Milano, 26 febbraio 1952. 
cc Dir. Prat. Trib. n , 1953, II, 337). 

REGISTRO. 

Generalit�. -Sussiste la solidariet� sostanziale 
fra le varie parti contraenti di un contratto complesso 
(Comm. Centr. Imp., 23 marzo 1953. cc Riv. 
Tribut. �, 1954, 30). 

� invalida la decisione della Commissione che 
stabilisce un valore inferiore a quello irretrattabilmente 
offerto dal contribuente a rettifica di quello 
originariamente dichiarato (Comm. Centr. Imp., 9 
maggio 1952. cc Giust. Trib. Imp. Dir. �, 1954, 27). 

Atti tassabili. -Il regime fiscale delle pertinenze 
articolo del dott. A. ROTONDI (Dir. Prat. Trib. �, 
1953, I, 260). 

L'acquisto di autoveicoli inefficienti ritenuti come 
complesso di materiali ferrosi non � assoggettato 
allo speciale trattamento tributario di cui al D.L. 

n. 299 del 1945 bens� come .vendita di mobili alla 
normale imposta di registro (Comm. Centr. Imp., 
10 novembre 1951. cc Dir. Prat. Trib. n , 1953, 
II, 393). 
Negli appalti con la Pubblica Amministrazione 
� sufficiente per l'imposta di registro l'esecuzione 
(e quindi la consegna dei lavori per atto scritto) 
ancorch� non sia intervenuta la approvazione; e 
il termine per la registrazione decorre dalla data 
del verbale di consegna dei lavori (Comm. Centr. 
Imp., 11 novembre 1951. �Rie. Leg. Fisc. �, 
1954, 78). 

Alla costituzione di patrimonio familiare si applica 
l'imposta di registro dei trasferimenti gratuiti 
quando i beni siano conferiti da un terzo senza 
riserva di propriet� o conferiti dalla sposa con beni 
propri di non comprovata provenienza (nel primo 
caso l'imposta � dovuta con riguardo al grado di 
parentela fra il costituente e il coniuge beneficiario, 
nel secondo, per essere i beni considerati di propriet� 
dei genitori della sposa, nella misura stabilita per 
ascendenti e discendenti). Se la propriet� dei beni 
rimane del confel'ente (caso di costituzione da 
parte degli sposi con beni propri, o durante il matrimonio 
da parte di uno o di entrambi i coniugi) 
� dovuta l'imposta fissa (Comm. Contr. Imp., 2 
febbraio 1953. cc Riv. Leg. Fisc. n, 1954, 87). 

Il criterio di distinzione fra le arti liberali o professioni 
e i servizi personali o altre opere ai fini 
di sottoporre quelle a imposta proporzionale di Registro, 
questi a.imposta fissa ai sensi dell'art. 33 
Tar. ali. A legge di registro, � data dalla natura 
delle prestazioni (intellettuali o manuali) non dall'autonomia 
o dipendenza del prestatore d'opera 
(Corte Cass., 11 luglio 1953. << Giur. Imp. Dir. Reg. 
Neg. �, 1953, 383). 

Non � dovuta l'imposta registro sui trasferimenti 
sulla sentenza che accoglie un'azione revocatoria, 
e ci� perch� non si produce con essa la risoluzione 
del contratto. Pu� applicarsi solo l'imposta graduale 
qualora accerti il credito e lo attribuisca al creditore 
(Comm. Centr. Imp.. , 27 aprile 1951. cc Riv. 
Leg. Fisc. n, 1954, 75). 

Esenzioni e agevolazioni. -Non competono le 
agevolazioni tributarie per l'industrializzazione del 
mezzogiorno all'atto di trasferimento di un: fabbricato 
destinato a cinema, poich� questo non pu� 
considerarsi opificio industriale (Comm. Centr. Imp. 
24 ottobre 1951. cc Giur. Imp. Dir. 'Reg. Negoz. �, 
1953, 378). 

Non � applicabile l'agevolazione tributaria di 
che all'art. 3 Tar. all. A legge di registro bens� 
l'aliquota ordinaria mobiliare di cui all'art. 2 let~ 
tera A stessa Tariffa, alla compravendita di nave 


-32


affondata (Comm. Centr. �lmp. Dir. Reg. Negoz. �, 
1953, 380). 

.A.i fini della decadenza del beneficio ai sensi 
dello art. 110 legge di registro va considerata riduzione 
dell'imposta normale l'imposta fissa per la 
registrazione degli atti dei Consorzi prevista dall'art. 
66 legge n. 195 del 1900. (Comm. Centr. Imp. 
11 novembre 1951. � Riv. Leg. Fisc. n, 1954, 78). 

Per l'art. 110 legge di registro non pu� applicarsi 
il beneficio dell'imposta fissa di registro a un 
contratto di acquisto di immobili sinistrati dalla 
guerra, se la presentazione per la registrazione 
avviene oltre il termine di legge (Comm. Centr. 
Imp., 11 aprile 1951. � Riv. Leg. Fisc~ n, 1954, 3). 

Prescrizione e decadenza. -Ilbiennio per chiedere 
la registrazione della maggior tassa pagata nei 
contratti a corrispettivo variabile o presunto, decorre 
dalla registrazione dell'atto, se si quistioni 
sui criteri per la qualit� della tassa da pagare, 
e ci� anche se si richieda solo la restituzione della 
tassa complementare sul corrispettivo definitivo 
(Corte Cass., � 12 febbraio 1952. cc Foro It. n, 1953, 
I, 1668). 

REPRESSIONI DELLE VIOLAZIONI. 

Legge n. 4 del 1929. -La competenza per territorio 
nei reati finanziari .� determinata dal luogo 
ove il fatto venne accertato e ci� per l'art. 21 cpv. 
2 della legge n. 4 del 1929 che conserva il suo 
vigore (Corte Cass. Pen., 3 giugno 1953. � Giust. 
Pen. n 1954, III, 31). 

RISCOSSIONE. 

Entrate patrimoniali. -Se al giudice in ~a.usa 
di opposizione a ingiunzione fiscale � vietato di 
modificare o sostituire una tassazione ad un'altra, 
non dando luogo l'opposizione ad un vero e proprio 
giudizio di cognizione, tuttavia non gli � precluso 
di riesaminare il titolo giuridico posto dall'Ufficio 
a base della tassazione e giustificare questa con 
una diversa definizione legale dell'atto tassato 
(Corte Cass., 16 aprile 1953. cc Giur. Imp. Dir. 
Reg. Negoz. n, 1953, 395). 

Il termine a comparire anche nelle opposizioni 
ad ingiunzioni fiscali � quello ridotto di cui all'articolo 
645 e non quello dell'art. 163 C.p.c. (Trib. 
Perugia, 2 maggio 1953. � Riv. Tribut. n, 1954, 43). 

Se un comune agisce per la riscossione delle entrate 
patrimoniali a mezzo di Esattore che emette 
ingiunzione a sensi della legge n. 639 del 1910, 
legittimato a resistere in caso di opposizione � 
l'esattore; l'art. 17 dei Capitolato normali che 
obbliga l'esattore a chiamare in causa l'.Amministrazione 
non attua un litisconsorzio necessario 
ma un intervento coatto a istanza di parte, accollando 
all'Esattore, in mancanza di chiamata in 
causa, i danni dell' .Amministrazione in conseguenza 
della lite svoltasi nei soli confronti dell'Esattore 
(Corte Cass., 8 luglio 1953. cc Riv. Leg. Fisc. ))' 
1954, 149). 

La copia dell'ingiunzione notificata al debitore 
� valida anche se non porta la firma autografa 
del Procuratore del registro, esistente per� nell'o


riginale, e l'autenticit� della firma del Pretore e 
del Cancelliere nel decreto di esecutoriet� risulta 
nella copia dalla attestazione del Procuratore del 
registro che la copia � conforme all'originale (Trib. 
Torino, 29 agosto 1953, Qont. 18, . .Avv. 'L'orino). 

.ATTIVIT� FORMALE DELL'AMMINISTRAZIONE 
E CONTROLLO 

I 
.
.ATTI AMMINISTRATIVI. 

I

Formazione. -Non ha natura di ente pubblico 
una societ� gerente l'esattoria il cui capitale azionario 
sia concentrato nelle mani dell'I.R.I. (Corte 
Cass., 24 settembre 1953, n. 3055). 

Gli atti del funzionario di fatto non si possono 
considerare come attivit� della Pubblica .Amministrazione 
(Corte Cass., 15 ottobre 1953, n. 3371). 

.Anche per i contratti a trattativa privata, pur 
se verbali, che i Comuni possono stipulare senza 
approvazione e visti prefettizi occorre una precedente 
delibera del Sindaco scritta e munita del 
visto prefettizio (Corte Cass., 16 ottobre 1953, 

n. 3396). 
Di regola occorrono tanti visti di approvazione 
quanti gli atti di un'.Amministrazione Pubblica 
sottoposta a vigilanza statale; pu� tuttavia ammettersi 
in una pluralit� di atti una approvazione 
implicita di taluni di essi, sempre che fra 
quello esplicitamente approvato e l'altro intercorra 
un tale rapporto di interferenza che non si possa 
approvare l'uno senza presupporre l'approvazione 
anche dell'altro (C(ll'te Cass., 12 dicembre 1953, 

n. 3687). 
Quando l'atto amministrativo sia previsto come 
necessario perch� una convenzione fra privati sia 
efficace, integra una condicio juris retroattiva. Tuttavia 
se l'atto amministrativo, anche se a contenuto 
negativo, sia emanato con provvedimento 
non legittimo o non definitivo, non pu� ritenersi 
senz'altro come non avverata la condicio juris 
(Corte Cass., 25 gennaio 1953. cc Corti Ven. Brescia n, 
1953, 714). 

Vizi. -Non � affetto da nullit� assoluta l'atto 
col quale nell'ambito della capacit� di diritto privato, 
l'ente pubblico dispone del proprio patrimonio 
per fini non istituzionali (Corte Cass., S.U., 
16 aprile 1952. cc Foro It. n, 1953, I, 1664). 

CONTROLLO GIURISDIZIONALE' 

Procedimento impugnabile. -Il diniego a stare 
in giudizio a ente locale, non � atto definitivo, 
pertanto � inammissibile il ricorso giurisdizionale 
contro di esso, mentre solo � ammissibile il ricorso 
gerarchico (Cons. Stato, 4 luglio 1953. cc Cons. Stato 
))' 1953, 659). 

Ricorso. -� inammissibile il ricors� al Consiglio 
di Stato per la esecuzione del giudicato, per 
ottenere l'esecuzione della decisione del Capo dello 
Stato su ricorso straordinario, decisione che ha 
natura amministrativa (Corte Cass., S.U., 2 ottobre 
1953. cc Foro It. ))' 1953, 1577). 


33 


ATT1V1TA1 SOSTANZIALE DELL'.AMMINISTRAZIONE 


ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Le opposizioni contro la stima del perito nelle 
espropriazioni per p.u. vanno proposte qualunque 
sia il valore controverso al Tribunale che nomin� 
il perito (Corte Cass., 28 marzo 1953. � Giust. Civ �, 
1953, 1113 ). 

TRASPORTI FERROVIARI. 

Trasporto di cose. -� trasporto ferroviario internazionale 
quello che si effettua tra almeno due 
Stati contraenti e su linee iscritte nella lista di 
che all'art. 58 C.I.M. Alle norme della C.I.M. 
non possono le parti derogare scegliendo il tipo 
della lettera di vettura (Corte App. Milano, 29 dicembre 
1953. �Foro Padano �, 1953, I, 1309). 

Il termine concesso dal punto 7� delle Condizioni 
e Tariffe per documentare la destinazione e 
l'impiego di materiali trasportati a mezzo ferrovia 
con tariffa di favore, � di decadenza (Corte App. 
Catania, 27 novembre 1953, Cont. 17289, Avv. 
Catania). 

La responsabilit� del vettore sussiste per i danni 
causati da difetti del carro non visibili ictu oculi 
e per l'accertamento dei quali occ�rrerebbe un 
minuzioso esame non richiesto al mittente. Un 
temporale anche se unito a vento per cui penetri 
acqua nelle fessure e fori non costituisce un evento 
straordinario di forza maggiore (Corte App. Milano, 
29 dicembre 1953. cc Foro Padano �, 1953, I, 1309). 

La prescrizione dell'azione per trasporto di cose 
sulle ferrovie dello Stato � sospesa dalla presentazione 
del reclamo alla notifica della decisione 
amministrativa, e, se il reclamo � respinto, alla 
restituzione dei documenti, indipendentemente dall'art. 
64 par .1 Condizioni e Tariffe (Corte App. 
Milano, 29 dicembre 1953. e< Foro Padano �, 1953, 
I, 1309). 

Passaggi a livello. -Solo nelle ferrovie principali, 
e non nelle ferrovie secondarie (ove l'obbligo 
di custodia riguarda solo i passaggi a livello di 
strade di primaria importanza e a visuale insufficiente), 
� concesso di provvedere alla custodia dei 
passaggi a livello privati con sistema della chiusura 
a chiave, salva rimessa della chiave all'utente per 
effettuare il transito (Trib di Cremona, 12 maggio 
1953. e< Corti Ven. e Brescia.�, 1953, 772). 

RAPPORTI DI PUBBLICO IMPIEGO 

Generalit�. -L'A.R.A.R. � un ente economico 
e pertanto le controversie sui rapporti d'impiego 
dei suoi dipendenti sono di competenza del giudice 
ordinario (Corte Cass., S.U., 9 lt1.glio 1953. cc Foro 
It. �, 1953, 1593: questione aperta sul primo punto). 

DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE. 

Si ha una lacuna nelle leggi solo se queste siano 
insufficienti a regolare nel caso concreto tutte le 
fattispecie che occorrano, mentre l'assoluta inesi


stenza di una norma che contempli una determinata 
fattispecie significa la volont� di non limitare 
la libera esplicazione della relativa attivit� (Corte 
Cass., 5 ottobre 1953, n. 3174). 

Nel caso di autoveicoli non iscritti in piena propriet� 
nel P.R.A. non c'� osta��lff, quanto meno 
dopo il D.L.P. n. 118 del 1948, al trasferimento 
anche in propriet� col verificarsi delle condizioni 
poste nel citato decreto (Corte Cass., 10 settembre 
1953, Il. 3016). 

Nel conflitto tra pi� persone circa la propriet� 
dell'automezzo funge da determinatore l'iscrizione 
al Pubblico Registro Automobilistico (Corte Cass., 
9 novembre 1953, n. 3517). 

L'azione di risarcimento anche se esercitata indipendentemente 
dalla azione di risoluzione per mancate 
qualit� della cosa consegnata rispetto a quella 
pattuita, � soggetta anch'essa alla prescrizi�ne di 
un anno dalla consegna della merce (Corte Cass., 
26 settembre 1953, n. 3084). 

L'irrevocabilit� della domanda di risoluzione proposta 
in luogo di quella di adempimento ex art. 1453 
Codice civile non � applicabile in caso di perenzione 
del giudizio sulla domanda di risoluzione (Corte 
Cass., 26 novembre 1953, n. 3611). 

Se colui che diffida ad adempiere ai sensi dell'art. 
1454 Codice civile sia a sua volta inadempiente, 
non avviene la risoluzione del contratto 
per colpa del diffidato se questi non abbia adempiuto 
nel termine prescritto (Corte Cass. 3 dicembre 
1953, n. 3530). 

La condizione risolutiva espressa opera solo con 
la dichiarazione della parte titolare di un diritto 
potestativo, mancando la quale ed avvenendo l'adempimento 
tardivo la successiva dichiarazione � 
irrilevante (Corte Cass., 1� ottobre 1953, n. 3127). 

La denuncia di smarrimento di un assegno circolare 
fatta alla banca emittente non � sufficiente 
ad impedirne il pagamento fatto senza colpa al 
detentore dei titolo; n� al riguardo pu� porsi a 
carico dell'istituto pagatore la mancata indagine 
sulla buona fede del presentatore al momento 
dell'acquisto del titolo, esulando ci� dagli obblighi 
dell'emittente (Trib. di Brescia, 19 novembre 1953, 
Cont. 2941, Avv. Brescia). 

Il procuratore generale ha facolt� di sostituire 
altri a s� anche per il disimpegno integrale dell'attivit� 
demandategli anche se riguardi la rappresentanza 
in giudizio (Corte Cass., 25 settembre 
1953, Il. 3073). 

La revisione del prezzo d'appalto a sensi dell'art. 
1664 Codice civile non si ha quando i prezzi 
varino di un decimo rispetto a quelli previsti in 
contratto, ma quando la loro variazione superi di 
un decimo l'intero prezzo dell'opera appaltata: 
comunque non c'� revisione per le parti dell'opera 
gi� eseguite in condizioni normali (Corte Cass., 
24 settembre 1953, n. 3042). 

L'adeguamento monetario della obbligazione 
principale non fa venir meno il debito degli interessi, 
ma questi possono essere liquidati solidal 
mente ed in via equitativa insieme alla prest-azione 
principale (Corte Cass. 24 settembre 1953, n. 3040). 

Non occorre istanza di parte perch� il giudice 
possa procedere ad una valutazione equitativa del 
danno essendo ci� rimesso alla iniziativa e al 


-34 



prudente apprezzamento del giudice (Corte Cass. 
24 settembre 1953, n. 3040). 

La denuncia di un'impresa alla Camera di Commercio 
non � compresa fra gli equipollenti del 
registro delle imprese ex art, 100 dispos. att. e.e. 
(Corte Cass., 28 novembre 1953, n. 3618). 

DmITTO ECCLESIASTICO. 

Generalit�. -I privati proprietari di edifici destinati 
all'esercizio del culto cattolico e perci� 
vincolati a tale destinazione non sono tuttavia 
tenuti a provvedere per legge alla manutenzione 
d'essi (Corte Cass., 20 ottobre 1953, n. 3460). 

Asse ecclesiastico. -I diritti come le pensioni 
�cupane � di Enti ecclesiastici soppressi con le 
leggi eversive, pi� non esistono nel patrimonio da 
loro relitto, e del relativo onere resta liberato il 
Fondo per il Culto (Corte Cass. 9 ottobre 1953, 

n. 3281.' 
PROCEDURA CIVILE. 

Questioni varie. -L'autorizzazione ad una lite 
data ad un ente pubblico vale per tutti i gradi del 
giudizio (Corte di Cass., 23 ottobre 1953, n. 3487). 

Sopraggiunto il fallimento l'impugnazione di una 
sentenza per danni extracontrattuali inferti a un 
terzo, compete al fallimento, per� essendo l'incapacit� 
processuale del fallito relativo alla massa 
solo questa pu� eccepirla, e quindi se il fallito 
abbia impugnato la sentenza nella inerzia del 
curatore, n� la controparte, n� l'Ufficio, n� lo stesso 
fallito successivamente possono rilevare il difetto 
di capacit� processuale (Corte Cass., 31 marzo 
1953. �Giust. Civ. � 1953, 1153). 

� nulla la citazione con termine di comparizione 
inferiore al dovuto, e ad essa non � applicabile 
l'art. 291 C.p.c. n� l'insufficienza pu� essere superata 
da un eventuale spostamento ope legis dell'udienza 
di comparizione (Corte Cass., 24 settembre 
1953, n. 3062). 

Nella divergenza fra originale e copia della cita-. 
zione circa la data della notifica, prevale a favore 
del notificato la data indicata nella copia (Corte 
Cass., S.U., 8 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 
1541). 

Non � nulla la citazione se nella copia notificata 
manchi la firma autografa del difensore (corte 
Cass., S.U., 28 novembre 1953, n. 3621). 

La notifica di una opposizione a decreto ingiuntivo 
a una societ� irregolare in nome collettivo, e 
cio� ad una unica parte rappresentata da pi� persone, 
� regolare anche in una sola copia (Corte 
Casso., 19 novembre 1953, n. 3549). 

� valida la citazione notificata in uni<;ia copia 
presso il domicilio o il procuratore di pi� parti a 
un'unica persona che rappresenti pi� incapaci (Corte 
Cass., 10 dicembre 1953, n. 3658). 

La competenza per valore nella cause riguardanti 
locazioni soggette a proroga a tempo inteterminato, 
va indeterminata in base ad un'annualit� di fitto, 
senza che abbia rilievo il minor periodo di durata 
previsto da eventuali usi locali per tali locazioni 
(Corte Cass., 9 settembre 1953, n. 3006). 

Per la competenza per valore in controversia di 
locazioni prorogate, bisogna calcolare gli aumenti 
di legge anche se non ancora richiesti dal locatore 
(Corte Cass., 14 ottobre 1953, n. 3359). 

La richesta di ufficio del regolamento. di comp.etenza 
pu� farsi per la competenza per materia o 
per territorio inderogabile, non per quella p�r valore, 
nella quale se le parti non abbiano chiesto il 
regolamento ed abbiano riassunto la causa davanti 
al giudice indicato competente, questi deve decidere 
la causa nel merito (Corte Cass., 23 ottobre 
1953, n. 3484). 

Nessuno, fuori dei casi dell'art. 81 C.p.c. pu� 
nel processo far valere in proprio un diritto altrui; 
senza preventivo mandato scritto (Corte Cass., 12 
ottobre 1953, n. 3220). 

Il creditore dell'attore pu� intervenire ad adiuvandum 
nel giudizio per nullit� di una vendita per 
violazione di norme imperative di diritto pubblico, 
tanto pi� trattandosi di nullit� che pu� essere 
fatta valere da chiunque abbia interesse e rilevabile 
di ufficio (Corte Cass., 24 settembre 1953, n. 3043). 

L'interveniente pur accettando la causa nello stato 
in cui si trova � facultato a proporre senza vincoli 
tutte le istanze, difese e prove (Corte Cass., 26 novembre 
1953, n. 3588). 

Il terzo successore a titolo particolare pu� intervenire 
per la prima volta in appello (Corte Cass., 
15 ottobre 1953, n. 3778). 

Le dichiarazioni di persone incapaci a testimoniare 
come aventi interesse in causa possono essere 
utilizzate dal giudice come elementi di prova, se 
non siano rivolte in favore del dichiarante (Corte 
Cass., 10 ottobre 1953, n. 3300). 

Occorre l'istanza di proroga anteriormente alla 
scadenza del termine di una prova delegata anche 
se il Pretore delegato per impedimento di ufficio 
abbia fissato l'inizio della istruttoria dopo la scadenza 
di tale termine (Corte Cass., 8 ottobre 1953, 

n. 3219). 
Non � ammesso gravame quando una domanda 
sia accolta o respinta per ragioni diverse da quelle 
prospettate tranne che la motivazione possa di 
per se recare un pregiudizio giuridico (Corte Cass., 
11 dicembre 1953, n. 3679). 

Non si possono produrre documenti nuovi in Cassazione 
ai fini di accertare la legittimazione attiva 
e passiva nel giudizio di merito e ci� perch� la censura 
� impostata sull'art. 360 n. 4 C.p.c. in relazione 
agli art. 156 e 161 C.p.c. (Corte Cass., 26 
settembre 1953, n. 3092). 

La parte sequestrata che contesti la legittimit� 
del sequestro e chieda i danni non � tenuta a chiedere 
che la loro liquidazione avvenga nello stessa 
giudizio di convalida e pu� chiedere il 1invio dello 
liquidazione a separato giudizio (Corte Cass., 10 
settembre 1953, n. 3016). 

Accertato con giudicato in ordine ad una annualit� 
del canone che il rapporto ha natura di concessione 
amministrativa di sfruttamento .agricolo e 
non di affitto di fondo rustico, sussiste la cosa 
giudicata nei �giudizi successivi relativi alle successive 
annualit� (Trib di Catania, 3 novembre 1953, 
Cont. 17367, avv.Catania). 

La preclusione del giudicato non opera sulle 
domande che pur dirette allo stesso oggetto, si 


-35


fondano su pretesa diversa (Oorte Oass., 16 ottobre 
1953, n. 3399). 

La facolt� di prove nuove in appello spetta anche 
al contumace in primo grado anche se non dimostri 
il legittimo impedimento o chieda prove su 
fatti diversi da quello della istruzione in primo 
grado (Oorte Oass., 8 ottobre 1943, n. 3220). 

Non si pu� impugnare per revocazione la sentenza 
di Oassazione (Oorte Oass., 25settembre1953, 

n. 3064). 
L'assoluzione perch� il fatto non costituisce reato 
per esclusione dell'elemento soggettivo della 
colpa nel reato colposo, preclude l'ordinaria azione 
civile di danno, non quella per presunzione di 
colpa del conducente di veicoli salvo che il giudice 
civile interpretando la sentenza penale accerti che 
questa in realt� abbia escluso il nesso di causalit� 
fra il comportamento del reo e l'evento, sussistendo 
soltanto o caso fortuito o comportamento colposo 
di un terzo o dello stesso leso (Oorte Oass., 31 
marzo 1953. � Giust. Oiv. � , 1953, 1153). 

DIRITTO PENALE. 

Il custode di materiali sequestrati che se ne sia 
appropriato, successivamente alienandoli, � colpevole 
del reato di cui all'art. 334 O.p. (Trib. 
di Trento, 6 marzo 1953, Oont. 657, Avv. Trento). 

La velocit� di un veicolo investitore non � di 

per s� elemento sufficiente per ravvisare una colpa; 

il giudice di merito non deve limitarsi a precisare 

che la velocit� della macchina era inadeguata al 

luogo, ma deve considerare ogni circostanza per 

accertare se una minore velocit� consentiva o meno 

di evitare l'investimento (Oorte Oass. Pen., 1� giu


gno 1953. �Riv. It. Dir. Pen. � 1953, 784). 

La speciale tenuit� del danno in un furto ai danni 
della Amministrazione Pubblica non pu� sostenersi 
se non si tenga conto anche del valore oggettivo 
delle cose oltrech� delle particolari circostanze che 
abbiano aggravato od attenuato il danno, poich� 
la molteplicit� d'imponderabili oneri finanziari del1' 
Amministrazione possono minimizzare o annullare, 
quelle esuberanze di attivo apparse a un giudizio 
esteriore (Oorte Oass. Pen., 3 luglio 1953 �Giust. 
Pen. �, 1954, II, 65). 

L'omessa applicazione di marche da bollo sup


plementari sui mazzi di carte da gioco d� vita a 

tante infrazioni quanti i mazzi non regolarmente 

bollati. Trattandosi di reato continuato l'aumento 

della pena va considerato alla met� della pena con


siderata in astratto con riferimento al massimo 

edittale; e pu� applicarsi oltre alle ipotesi di con


fisca obbligatoria prevista riella legge speciale per 

ipotesi pi� gravi anche la confisca di cui all'art. 240 

O.p. (Oorte Oass. Pen., 4 febbraio 1953. �Giust. 
Pen. �, 1954, II, 51). 
PROCEDURA PENALE 

Le parti lese, articolo del prof. G. FoscmNI 

(� Riv. It. Dir. Pen. �, 1953, 701). 

Non costituisce revoca del~a parte civile la man


cata comparizione, dopo regolare costituzione in 

primo grado, della parte civile in appello; ma il 

difensore di tale parte civile assente non pu� 

rappresentare la parte civile e concludere, se non 
sia munito di mandato speciale (Oorte Oass. Pen., 
3 luglio 1953. � Giust. Pen., 1954, III, 13). 

TRASFORMAZIONE COSTITUZIONALE 

P.N.Jl'. 

I beni del p. n. f. sono destinati a scopi d'inte


resse generale e fanno parte del patrimonio indisponibile 
dello Stato (Trib. di Torino, 29 agosto 
19531 Cont. 18, Avv. Torino). 

LEGISLAZIONE RAZZIALE. 

Gli israeliti stranieri o quelli ai quali fu revocata 
la cittadinanza non possono esperimentare l'azione 
di rescissione di cui all'art. 19 D.L.L. n. 222 del 
1945 (Corte Cass., 10 ottobre 1953, n. 3301). 

Un contratto di deposito non fruisce delle esecuzioni 
fiscali ex art. D.L.L. n. 222 del 1945 relativi 
ai trasferimenti, locazione ed altri atti pqsti in 
�essere da israeliti fittiziamente per sottrarsi alle 
persecuzioni razziali (Corte Cass., 10dicembre1953, 

n. 3664). 
ATTIVITA' DELLO STATO DI GUERRA 

BENI NEMICI. 

Il decreto prefettizio che sottopone a sequestro i 
beni di presunta appartenenza a nemici non � 
impugnabile avanti al giudice ordinario se si contesti 
la legittimit� formale del provvedimento; se 
per� l'impugnativa riflette una revindica, essa � 
di competenza del giudice ordinario (Pret. di 
Torino, 15 luglio 1953, Cont. 9779, Avv. Torino). 


REQUISIZIONI. 

Tutte le requisizioni, e non solo quelle militari, 
che possano collegarsi anche indirettamente. allo 
stato di guerra, soggiacciono alla disciplina di 
quelle di cui al R. D. n. 17 41 del 1940 (Corte Cass. 


S.U. 4 maggio 1953 �Giust. Civ. � 1953, 1511). 
L'azione promossa dal proprietario o dall'origi


nario conduttore dell'immobile requisito in tempo 

di guerra per ottenere il rilascio � di competenza 

del giudice ordinario se proposta dopo la cessa


zione delle requisizioni disposte per legge (Corte 

Cass., S.U. 4 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 

1510). 

Una locazione la cui durata superi quella della 

requisizione � sospesa, non risolta (Corte Cass., 

S.U., 4 maggio 1953. cc Giust. Civ. �, 1953, 1510) 

Il D.L. n. 264 del 1947 (cessazione delle requisizioni) 
si applica alle assegnazioni di alloggi in forza 
di requisizione di autorit� diverse dai Commissari 
governativi per gli alloggi e traenti ragicne da 
necessit� di guerra. (Corte Cass. 15 ottobre 1953 


n. 3364. 
LA R. S. I. 

L'art. 1 del D.L. n. 112 del 1946 (non restituzione 
dei tributi pagati durante l'occupazione tedesca 
su norme emanate dalla r.s.i., salvo che -u 



-36 



pagamento sia avvenuto dopo la liberazione) � 
applicabile ai tributi riscossi con ritenuta sul versamento 
di una somma (Corte Cass., S.U. 21 marzo 
1953. cc Giust. Civ. n, 1953) -1031). 

La nullit� degli atti di assunzione e di carriera 
sotto la r.s.i. riguarda non solo il personale degli 
enti pubblici ma anche quello degli enti privati 
nei quali lo Stato ha partecipazione finanziaria 
(Corte Oass., 26 settembre 1953, n. 3099). 

OCCUPAZIONI BELLICHE 

IN GENERALE. 

Lo Stato occupante pu� appropriarsi dei beni 
dello Stato occupato ed anche trasferirli ad altri 
se il trasferimento corrisponde ad esigenze militari, 
come quello di una cosa di preda bellica a 
cittadini italiani per risarcimento di danni cagionati 
dalle truppe� di occupazione (Corte di Cass., 
11 aprile 1953, cc Giust. Civ. n, 1953, 1199). 

OCCUPAZIONI TEDESCHE 

La legge n. 249 del 1944 non � applicabile alle 
Prealpi ove fu instaurato un regime di occupazione 
bellica, tuttavia i provvedimenti amministrativi 
emanati non sono validi se come per la legge 

n. 1095 del 1935 concernente la disciplina della 
propriet� in zone militarmente importanti, essi 
rivestano carattere politico interno dello Stato occupato 
e quindi siano estranei ai compiti ed ai fini 
dell'occupante (Corte Cass., 25 gennaio 1953. cc Corti 
Yen. Brescia n, 1953, 714). 

Le requisizioni tedesch~ non soggi~cciono alla 
inefficacia delle requisizioni r.s.i. e Sono valide 
(quando la merce requisita sia stata fornita con 
regolare contratto eseguito all'assegnatario indicato 
dai tedeschi, il quale avrebbe poi dovuto adibirla 
ai bisogni dello esercito di occupazione) anche se 
tale destinazione non sia avvenuta per la cessa-~ 
zione delle ostilit� (Corte Cass., 17 marzo 1953. 
cc Corti Yen. e Brescia n, 1953, 730). 

TRATTATO DI PACE 

OBBLIGAZIONI ASSUNTE DALLO STATO. 

La rinuncia di che all'art. 77 del Trattato di 
pace ad ogni domanda cont:r:o la Germania e i 
suoi cittadini, anche per i cittadini italiani integra 
carenza di giurisdizione, tuttavia essa non funziona 
contro eventuali coobbligati in solido di 
nazionalit� non tedesca, n� il fatto che questi 
abbiano esercitato la loro attivit� a favore dello 
Stato tedesco, venendo a tal fine investiti anche 
di potere d'impero comporta l'assorbimento di tale 
attivit� in quella dei tedeschi (Corte Cass., 2 febbraio 
1953. cc Corti Yen. Brescia n, 1953, 718). 


INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


L� FORMUL�ZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN �LOUN MODO L� SOLUZIONE OHE NE P1 ST�T� PRESA 

ACQUE PUBBLICHE. -I) Se ricorrano gli estremi 
di fatto richiesti per far luogo all'applicazione dell'articolo 
221 del T.U. Il dicembre 1933, n. 1775, ove il 
privato intraprenda i lavori per la ricerca di acqua 
sotterranea, prima ancora di aver ottenuto la prescritta 
autorizzazione amministrativa, e alteri lo stato dei luoghi, 
in ispreto a due successivi ordini di sospensioni 

(n. 26). -II) Se la necessit� di una preventiva regolare 
denuncia, di cui � cenno all'art. 221 del T.U. 11 dicembre 
1933, n. 117 5, possa ritenersi superata dalla conoscenza 
diretta che l'Amministrazione abbia dell'avvenuta 
alterazione dello stato dei luoghi (n. 26). 
ANTICHIT� E BELLE ARTI. -Se la persona 
che identifichi il valore scientifico di oggetti di valore 
archeologico; ritrovati da un terzo, abbia diritto ad 
ottenere il premio, previsto dalla legge 10 giugno 1939, 

n. 1089, per il ritrovamento degli oggetti suindicati 
(n. 25). 
APPALTO. -I) Se l'Amministrazione possa, senza 
il consenso dell'appaltatore, assumere in gestione di 
retta il servizio di casermaggio, limitatamente all'intervenuto 
aumento della forza organica (n. 184). -II) 
Se per le transazioni stipulate dalle Amministrazioni 
dello Stato sia obbligatorio il parere dell'Avvocatura 
dello Stato, come quello del Consiglio di Stato, anche 
quando sia previsto il parere di altri organi consultivi 
di particolari Amministrazioni (n. 185). -III) Se le 
riserve avanzate dall'appaltatore e i provvedimenti che 
su di esse sono adottati dall'Amministrazione diano, in 
ogni caso, luogo a vera e propria transazione (n. 185). 

COMMERCIO. -Se il D.L.L. 111 del 1945 sulla 
disciplina del commercio possa ritenersi abrogato per 
desuetudine (n. 6). 

CONCESSIONI. -Se possa ritenersi legittimamente 
emesso, a norma dell'art. I del R.D.L. 18 maggio 1942, 

n. 617, sulla disciplina della utilizzazione delle torbiere, 
il decreto di concessione per la coltivazione di una 
torbiera, che non sia stata mai intrapresa dal proprietario 
del fondo, prescindendo dalla preventiva fissazione 
di un termine al proprietario medesimo (n. 36.) 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. 
I) Se l'ulteriore ritardo, verificatosi nei pagamenti dello 
Stato, quando l'attivit� di accertamento si sia esaurita 
e si siano compiuti tutti quegli atti che la legge sulla 

contabilit� dello Stato prescrive prima che il pagamento 
sia autorizzato, possa ritenersi colpevole e, quindi, far 
sorgere l'obbligo della corresponsione degli interessi 
da parte dello Stato stesso (n. 112). -II) Se sia legittima 
la determinazione di eliminare gli atti di ufficio, 
relativi a pratiche per le quali si sia maturato il termine 
di prescrizione di eventuali ulteriori diritti da parte di 
privati (~. 113). -III) Se, in relazione alle disposizioni 
contenenti norme per l'applicazione in Italia degli accordi 
di pagamento stipulati con Paesi esteri, il termine 
di presct'izione di. eventuali diritti relativi ad atti interessanti 
persone ed enti stranieri, agli. effetti della conservazione 
degli atti medesimi, debba desumersi dalla 
rispettive legislazioni straniere (n. 113). 

CONTRABBANDO. -I) Se il capo stazione sia 
tenuto a provvedere all'&sseveramento da parte del 
giudice, del verbale di sequestro di merce di contrabbando 
(n. 22). -II) Se il verbale di sequestro, redatto 
dagli agenti della Finanza, debba essere asseverato da 
parte del giudice, per far fede di quanto in esso venga 
accertato (n. 22). -III) Se sia ammissibile la costituzione 
di parte civile dell'Amministrazione finanziaria 
per il risarcimento dei danni derivanti da reato di contrabbando, 
quando la merce contrabbandata sia stata 
sequestrata (n. 23). 

DANNI DI GUERRA. -I) Se lo Stato italiano 
possa concedere anticipazioni ai titolari di beni, diritti 
e interessi italiani, situati nel territorio ceduto alla 
Jugoslavia in base al Trattato di pace o nell'antico territorio 
jugoslavo, e sottoposti a nazionalizzazione, a riforma 
agraria o a qualsiasi altra misura di carattere 
generale o particolare, concernente la propriet� in J ugoslavia 
(n. 38). -II) Se lo Stato italiano possa concedere 
anticipazioni ai titolari di beni, diritti e interessi 
italiani, siti nel territorio ceduto alla Jugoslavia e non 
soggetti ad alcuna delle misure indicate, cio� c.d. liberi, 
prima della ratifica degli accordi italo-jugoslavi al riguardo 
(n. 38). 

DAZI DOGANALI. -Se, dopo che il processo verbale, 
che contesta la violazione della "iegge do~an~le, 
sia stato inviato all'11iutorit� giudiziaria, sia possibileapplicar� 
l'art. 36 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, e, 
pertanto, accogliere la domanda di definizione amministrativa 
avanzata dal contribuente, semprech� ricorrano 
gli altri requisiti previsti dall'art. 36 (n. 3). 


-38 



�ENTI E BENI ~CCLESIASTICI. -I) Se sia ipotizzabile 
lo sfratto in via amministrativa contro abusivi 
occupanti di una casa canonica di una chiesa parrocchiale 
(n. 22). -II) Se i beni degli enti ecclesiastici 
possano considerarsi alla stregua dei beni demaniali 

(n. 22). -III) Se la casa canonica possa considerarsi 
pertinenza dell'ufficio di culto (n. 22). -IV) Se, per 
ottenere il rilascio della casa canonica da parte di occu-� 
panti abusivi, possa adottarsi un provvedimento di P.S., 
ai sens� dell'art. 1 T.U. 18 giugno 1931, n. 773 (che 
sarebbe esecutorio, previa diffida, ai sensi del successivo 
art. 5) fondato sulla violazione, costituente attentato 
all'ordine pubblico, della piena libert� degli edifici di 
culto, garantita dall'art. 9 del Concordato (n. 22). 
FALLIMENTO. -Se la vendita in massa dell'azienda 
commerciale fallita, eseguita dal curatore, previe 
le autorizzazioni di legge, implichi nell'acquirente il 
�passaggio di esercizio� agli effetti dell'applicabilit� 
degli artt. 62 e 63 della legge di R.M. (n. IO). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se sia ammissibile ed 
efficace la revoca della rinuncia all'assegnazione di condotta 
veterinaria, effettuata dall'interessato prima dell'interpello 
da parte della Prefettura (n. 344). -II) 
Se uri concorso gi� bandito, tra il personale non di ruolo 
di uri Ente pubblico, debba essere revocato dopo la 
entrata irt vigore della legge 3 giugno 1950, n. 375. 

(n. 345). -III) Se la legge 3 giugno 1950, n. 375, sia 
da interpretarsi nel senso che essa vieti i concorsi interni 
banditi tra il personale non di ruolo (n. 345). -, IV) 
Se ai sensi del regolamento del personale dell'I.G.E� 
sussista l'obbligo di permanenza in un grado, ai fini 
della promozione al grado superiore (n. 346). -V) Se 
un Ente pubblico possa disporre la riapertura del termine 
per la presentazione delle domande di partecipazione 
ad un concorso interno, modificando il bando del 
concorso stesso nel senso di ammettere all'esame, in 
relazione a tale proroga di termine, anche altri concorsi 
che abbiano frattanto maturato le condizioni richieste 
per l'ammissione (n. 347). -VI) Se lo Stato possa 
ripetere da un proprio dipendente gli assegni e le indennit� 
da questi indebitamente riscossi (n. 348). -VII) 
In quale termine si prescriva il diritto dello Stato alla 
ripetizione degli assegni indebitamente riscossi da un 
proprio dipendente (n. 348). -VIII) Da quando decorra 
la prescrizione del diritto dello Stato al recupero 
degli assegni indebitamenti percepite dai propri dipendenti 
(n. 348). 
IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se la copia fotografica 
di un documento pervenuta indirettamente 
all'Amministrazione e priva di autenticazione, costituisca 
titolo idoneo per giustificare la registrazione di 
ufficio ai sensi della legge 26 settembre 1935, n. 17 49 

(n. 96). -II) Se il contratto, con il quale il Ministero 
della Pubblica Istruzione acquisti un'intera biblioteca 
privata per ricostituire la dotazione d'una biblioteca 
pubblica danneggiata dalla guerra, vada sottoposto a 
registrazione ai sensi dell'art. 3 della legge 23 marzo 
1940, n. 283, o dell'art. 94 della legge di registro (n. 97). 
IMPOSTA DI R. M. -Se la vendita in massa dell'azienda 
commerciale fallita, eseguita dal curatore, previe 
le autorizzazioni di legge, implichi nell'acquirente il 
�passaggio di esercizio�, agli effetti dell'applicabilit� 
degli artt. 62 e 63 della legge di R. M. (n. 6). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -I) Se sia applicabile 
l'esenzione dall'I.G.E. alle somme introitate a titolo 
di contributi statali dell'Ente nazionale dell'Artigianato 
e delle Piccole industrie (n. 40). -II) Se le somme 
introitate, a titolo di contriputo stataJe. dall'Jj].N.I.T. 
(Ente Nazionale Industria Turistiche) siano ammesse 
al beneficio dell'esenzione dall'I.G.E., di cui alla lettera e 
dell'art. 1 della legge 19 giugno 1940, n. 762 (n. 41). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se il privilegio della 
Finanza sui mobili e sugli immobili, facenti parte del 
patrimonio del contribuente alla data di trascrizione 
dell'avviso di accertamento, previsto dal primo comma 
dell'art. 3 del D.L. 2 luglio 1947, n. 683, presupponga 
la trascrizione dell'avviso di accertamento (n. 225). Il) 
Se, in materia di riscossione dell'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio, si rendano applicabili 
le disposizioni di cui agli artt. 62 e 63 della legge organica 
sull'imposta di R. M., concernenti rispettivamente, 
il privilegio speciale sui beni e sulle merci esistenti 
presso il contribuente (debitore) e la responsabilit� 
solidale del successore del. contribuente ,medesimo in 
un esercizio d'industria e commercio (n. 226). -III) 
Se l'aumento del 10 % del reddito precedentemente 
accertato, previsto dall'art. 3, secondo comma, della 
legge Il gennaio 1951; n. 25 nel caso di omessa presentazione 
della dichiarazione ai bia il carattere di pena 

(n. 227). -IV) Se l'aumento del IO % sul reddito 
precedentemente accertato, previsto dall'art. 3, 2� comma 
della legge 11 gennaio 1951, n. 25, nel caso di omessa 
presentazione della dichiarazione, sia riconducibile nell'ambito 
di applicazione dell'art. 15 (4� comma) del 
R.D. 17 settembre 1931, n. 1608, nel senso, che, ove 
la dichiarazione stessa sia presentata con un ritardo che 
non superi il mese non possa applicarsi l'aumento, ma 
soltanto la sopratassa (n. 227). -V) Se il Io comma 
dell'art. 22 del T.U. 5 luglio 1951, n. 573 vada applicato 
a tutti i contribuenti, ivi comprese le Societ� e gli enti 
tassati in base a bilancio (n. 227). -VI) Se l'amuento 
del IO% previsto dall'art. 22 1� comma della legge 5 
luglio 1951, n. 573, operi solo sulla iscrizione futura o anche 
sul reddito risultante dal bilancio di competenza, cio� 
sulla iscrizione a ruolo esistente (n. 227). -VII) Se, in 
caso di mancata presentazione della dichiarazione da 
parte di Societ� ed Enti tassabili in base a bilancio, la 
nuova iscrizione al ruolo del reddito dell'anno precedente, 
accertato in via definitiva, con l'aumento del IO % ri� 
manga provvisoria (n. 227). -VIII) Se le modificazioni 
delle tassazioni provvisorie effettuate sul bilancio di 
votazione costituiscano una vera e propria rettifica da 
parte del contribuente o semplici modalit� di accertamento 
del reddito definitivo (n. 227). 
INVALIDI DI GUERRA. -I) Se un concorso, gi� 
bandito, trBi il personale non di ruolo, di un Ente pubblico, 
debba essere revocato dopo l'entrata in vigore 
della legge 3 giugno 1950, n. 375 (n. 2). -II) Se la legge 
3 giugno 1950, n. 375, sia da interpretarsi nel senso che 
essa vieti i concorsi interni banditi tra il personale non 
di ruolo (n. 2). 

LOCAZIONI. -I) Se l'Amministrazione possa far 
valere la clausola di anti�ipata risoluzione della locazione 
di beni immobili, contenuta nei contratti da essa stipulati, 
ove abbia bisogno di tali locali per il raggiungimento 
delle sue pubbliche finalit�, in deroga alla norme 


w 


-39


' vincolistiche (n. 75). -II) Se la disposizione dell'articolo 
98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, determini 

una sostituzione ope legis della Amministrazione ai

J 

, 
, 
precedenti locatari nei contratti di affitto dei locali 

adibiti ad uso di ricevitorie P.T. (n. 76). -III) Se 

i 
per dare esecuzione a tale sostituzione, debbano stipularsi 
con i locatori nuovi contratti (n. 76). -IV) Se, 
per operare detta sostituzione, sia sufficiente l'emanazione 
di appositi decreti ministeriali, con i quali, sulla 
base del citato art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, 
si dichiari avvenuta la sostituzione e si provveda al relativo 
impegno di spesa (n. 76). 

MILITARI. -I) Se dal rapporto di serv1z10 militare 
di leva sorgano, nel soggetto passivo, diritti subiettivi 
o interessi legittimi verso l'Amministrazione 
in punto al suo esercizio. (n. 1). -II) Se nell'ipotesi 
di richiamo alle armi, dopo l'espletamento del servizio 
di leva possano sussistere diritti subiettivi e interessi 
legittimi del soggetto passivo verso l'Amministrazione 

(n. I). -III) Se il richiamo alle armi, effettuato per 
errore, di militare in congedo illimitato, possa dar luogo 
ad azione di risarcimento danni da parte del militare 
medesimo (n. I). 
MINIERE. Se possa ritenersi legittimamente emesso, 
a norma dell'art. I del R.D.L. 18 maggio 1942, 

n. 617, sulla disciplina della utilizzazione delle torbiere, 
il decreto di concessione per la coltivazione di una torbiera, 
che non sia stata mai intrapresa dal proprietario 
del fondo, prescindendo dalla preventiva f�gsazione di 
un termine al proprietario medesimo (n. 9). 
OPERE PUBBLICHE. -I) Se la norma dell'art. 2 
della legge 6 dicembre 1947, n. 1501, abbia carattere 
innovativo (n. 34). -II) Se la limitazione temporale 
all'esercizio del diritto (o della facolt�) di chiedere la 
revisione dei prezzi da parte dell'appaltatore in un 
contratto con la Pubblica Amministrazione, sancita 
dall'art. 2 della legge n. 1501 del 6 dicembre 1947, sia 
applicabile a tutti i contratti, qualunque sia la data di 
stipulazione, purch� i contratti medesimi non siano 
ancora definiti o sia applicabile solo ai contratti stipulati 
dopo la pubblicazione della legge medesima (n. 34). 

PIANI REGOLATORI. -Se la norma dell'art. 33 
del R.D.L. 22 novembre 1937, n. 2105, che regola le 
cc nuove costruzioni in vecchi centri abitati � contempli 
le costruzioni effettuate completamente ex novo o le ricostruzioni 
effettU�te la dove distruzioni e demolizioni si 
siano verificate a causa di movimenti tellurici (n. 2). 

POLIZIA. -I) Se l'Amministrazione ai sensi dell'art. 
I (ultimo comma) del capitolato generale d'oneri 

� 
per il servizio di casermaggio della P.S., sia in via ordinaria 
tenuta a corrispondere all'impresa assuntrice la diaria 
prevista per la sistemazione delle famiglie dei sottufficiali 
e appuntati di P. S., coniugati o vedovi con prole, 
fruenti di alloggio di servizio, anche se i medesimi non 
richiedano dette prestazioni (n. 3). -II) Se, ai suddetti 
effetti, i militari fruenti di alloggio di servizio debbano 
essere considerati come forza effettivamente accasermata 
(n. 3). 
POSTE. -I) Se l'Amministrazione delle Poste e 
dei Telegrafi possa rinunziare alla prescrizione intervenuta 
in ordine ad un assegno postale (n. 36). -II) 

Se la disposizione dell'art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, 

n. 656, determini una sostituzione ope legis della Amministrazione 
ai precedenti locatari nei contratti di affitto 
dei locali ad uso di ricevitorie P.T. (n. 37). -III) Se, 
per dare esecuzione a tale sostituzione, debbano stipularsi 
con i locatori nuovi contratti (n. �a7j. -lII) Se, 
per operare detta sostituzione, sia sufficiente l'emanazione 
di appositi decreti ministeriali, con i quali, sulla 
base del citato art. 98 del D.P.R. 5 giugno 1952, n. 656, 
si dichiari avvenuta la sostituzione e si provveda al 
relativo impegno di spesa (n. 37). 
PRESCRIZIONE. -I) Se sia legittima la determinazione 
di eliminare gli. atti di ufficio, relativi a 
pratiche per le quali si sia maturato il termine di prescrizione 
di eventuali ulteriori diritti da parte di privati 

(n. 16). -II) Se in relazione alle disposizioni contenenti 
norme per la applicazione in Italia degli accordi 
di pagamento stipulati con Paesi esteri, il termine di 
prescrizione di eventuali diritti relativi ad atti interes. 
santi persona ed enti stranieri, agli effetti della conservazione 
degli atti medesimi, debba desumersi dalle 
rispettive legislazioni straniere (n. 16). -III) Se l'Amministrazion.
e delle Poste e del Telegrafi possa rinunziare 
alla prescrizione intervenuta in ordine ad tm assegno 
postale (n. 17). -IV) In quale termine si prescriva 
il diritto dello Stato alla ripetizione degli assegni 
indebitamente riscossi da un -proprio dipendente (n. 18). 
-V) Da quando decorra la prescrizione del diritto dello 
Stato al recupero degli assegni indebitamente percepiti 
dai propri dipendenti (n. 18). -VI) Se la prescrizione 
annuale prevista dall'art. 2955 O.e. n. 5 per il 
cc diritto dei commercianti per il prezzo <lolle merci vendute 
a chi non ne fa commercio�, possa applicarsi al 
diritto delle Societ� somministratrici di anergia elettrica 
al pagamento del prezzo (n. 19). 

PREZZI. -I) Se la, norma dell'art. 2 della legge 
6 dicembre 1947, n. 1501, abbia ca,rattere innovativo 

(n. 18). -II) Se la limitazione temporale all'esercizio 
del diritto (o della facolt�) di chiedere la revisione dei 
prezzi da parte dell'appaltatore in un contra,tto con 
la Pubblica Amministrazione sa,ncita dall'art. 2 della 
legge n. 1501 del 6 dicembre 1947, sia applicabile a 
tutti i contrat.ti, qualunque sia la data di stipulazione, 
purch� i contratti medesimi non siano ancora definiti 
o sia applicabile solo ai contratti stipulati dopo la pubblicazione 
della legge medesima (n. 18). 
PROFITTI DI REGIME. -Se l'espressione cc ~ra 
i suoi danti causa� di cui all'art. 45 (3o comma) del 

D.L. 26 marzo 1946 ~.� 134, si riferisca. solo al dante 
causa immediato dell'attuale possessore �della cosa gi� 
appartenente al debitore di profitti di regime o anche 
al dante ca.usa mediato (n. 66). 
PROPRIET� INTELLETTUALE. -I) Se 1a norma 
dell'art. 43 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127, 
sia applicabile su brevetti gi� concessi e per i quali non 
sia stata. promossa la procedura i esp:i:pprio, ove le 
Amministrazioni militari interessate non abbiano ..eser..citato 
la facolt� di imposizione del segreto sulle domande 

o l'abbiano esercitato illegittimamente (n. 11). -II) 
Se la facolt�, prevista dall'art. 43 del R.D. 29 giugno 
1939, n. 1127, debba ritenersi vincolata al termine di 
otto mesi dalla domanda di provetto, previsto dall'ar

40 


ticolo 40 entro il quale l'Amministrazione deve comunicare 
la propria volonta di procedereall'espropriazione 

(n. Il). -III) Se il legittimo esercizio, da parte delle 
Amministrazioni militari interessate, del potere di imporre 
il vincolo del segreto sia sulle domande d'invenzione, 
ai sensi dell'art. 40, 3� comma, sia sui brevetti 
gi� concessi, nei casi previsti dall'art. 43, comporti 
l'obbligo di pagamento della indennit� nei riguardi degli 
interessati (n. Il). 
REGIONI. -Se la Regione autonoma della Sardegna 
abbia la potest� legislativa in materia di sanzioni 
punitive (n. 44). 

REQUISIZIONI. -Se le pertinenze di beni immobili, 
agli effetti della legge 9 gennaio 1951, debbano considerarsi 
beni immobili o mobili (n. 102). 

SOCIET�. -I) Se il primo comma dell'art. 22 del 

T.U. 5 luglio 1951, n. 573, vada applicato a tutti i contribuenti 
ivi comprese le Societ� e gli enti tassati in base 
a bilancio (n. 50). -II) Se, in caso di mancata presentazione 
della dichiarazione da parte di Societ� ed enti 
tassabili in base a bilancio, la nuova iscrizione al ruolo 
del reddito dell'anno precedente, accertato in via definit.
iva, con l'aumento del 10 %, rimanga provvisoria 
(n. 50). -III) Se le modifica.zioni delle tassa.zioni provvisorie 
effettuate sul bilancio di votazione costituiscano 
una vera e propria rettifica da parte del contribuente 
o semplici modalit� di accertamento del reddito definitivo 
(n. 50). 
SUCCESSIONI. _:_ Se sia lecita la condizione, apposta 
ad una disposizione testamentaria, che limiti la 
possibilit� di nozze in considerazione dello stato sociale 
della persona (n. 37). 

TERREMOTI. -Se la norma dell'art. 33 del R. 

D.L. 22 novembre 1937, n. 2105, che regola le �nuove 
costruzioni in vecchi centri abitati � contempli la costruzioni 
effettuate completamente ex novo o le icostruzioni 
effettuate l� dove distruzioni o demolizioni si siano 
verificate a causa di movimenti tellurici (n.�8). 
TRANSAZIONI. -I) Se per le transazioni st.ipulate 
dalle Amministrazioni dello Stato sia obbligatorio 
il parere dell'Avvoca,tura dello Stato, anche quando sia 
previsto il parere di altri organi consultivi di particola.ri 
amministrazioni. (n. 5). -II) Se le riserve avanzate 
dell'appaltatore ed i provvedimenti che su di esse sono 
adottati dall'Amministrazione dia.no, in ogni caso, luogo 
a vera e propria transazione (n. 5). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se la procedura pre-. 
vista dall'articolo unico del D.L. 25 maggio 1946, n. 434, 
e dell'art. 1 del D.L. 12 giugno 1947, n. 557, in relazione 
al dispo13to dell'art. 9 del D.L. 26 marzo 1946, n. 140, 
possa essere applicata, oltre che all'ipotesi di locazione 
stipulata " dal sequestratario o dal suo rappresentante � 
anche nel caso in cui la locazione sia. stata. stipulata 
dall'amministratore, che agiva in nome e per conto 
del suddito ex nemico, quando le misure di guerra 
erano gi� revocate (n. 53). -II) Se coll'espressione 
"territoriale italiano>>, di cui all'art. 76 n. 2 del Trattato 
di pace, sia da intendersi soltanto quel territorio, che 
tale sia rimasto per effetto del Trattato o nell'espressione 
medesima vadano comprese anche quelle zone 
che, in seguito al trattato, abbiano cessato di appartenere 
all'Ita.lia (n. 54). -III) Se la dichiarata annessione 
di Curzola all'Italia per effetto del D.L. 18 maggio 
1941, n. 452, sia sufficiente a qualificare l'isola come 
compresa in �territorio italiano� agli effetti dell'art. 76 

n. 2 del Trattato di pace (n. 54). 
(1108019) Roma, 1954 � Istituto Poliirrafico dello Stato -G. C.