sioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. Divieto 
di applicazione analogica. Insussistenza dell'analogia. 
La giurisdizione esclusiva e i diritti conseguenziali. 
Opinioni del Forti,_ del Cammeo, del Colzi. 
PARTE IV: 0-0nclusioni. -Limiti del ricorso ex 
art. 27, n. 4. Sua natura. Necessit� del contradittorio. 
sioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. Divieto 
di applicazione analogica. Insussistenza dell'analogia. 
La giurisdizione esclusiva e i diritti conseguenziali. 
Opinioni del Forti,_ del Cammeo, del Colzi. 
PARTE IV: 0-0nclusioni. -Limiti del ricorso ex 
art. 27, n. 4. Sua natura. Necessit� del contradittorio. 
ANNO VI -N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 1953 
RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


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?.@: PUBBLICJA.ZIONE DI SERVIZIO 

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L'OBBLIGO DELL'AMMINISTRAZIONE 
DI CONFORMARSI AL GIUDICATO 


(L'a�rt. 27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato in relazione alla Costituzione) 

PARTE I: Evoluzione . giurisprudenziale dell'istituto. 
-L'obbligo dell'Am�ninistrazione di conformarsi 
alla decisione del Consiglio di Stato. La 
illegittimit� del provvedimento adottato in violazione 
del predetto obbligo. Estensione dell'art. 27, 

n. 4, alle decisioni del Consiglio di Stato .in materia 
di esclusiva giurisdizione. Alternativit� fra ricorso 
ordinario e ricorso ex art. 27, n. 4. Estensione della 
norma alle decisioni in materia di giurisdizione 
non esclusiva. Poteri del Consiglio di Stato; emanazione 
di provvedimenti in sostituzione dell'Amministrazione 
inadempiente. Estensione dell'art. 27, 
n. 4 alle pronuncie del Capo dello Stato su ricorso 
straordinario. 
Natura e forme del giudizio instaurato col ricorso, 
di cui all'art. 27, n. 4. Costituzione del contradittorio: 
irrilevanza. La pronuncia del Consiglio 
di Stato non implica controversia. Decisione del 
ricorso in Camera di Consiglio. 

PARTE II: Esame critico della giurisprudenza. Precedenti 
legislativi. La legge 31 marzo 1889, 

n. 5992, e i lavori preparatori. Scopo della norma; 
suo collegamento con l'art. 4 legge 20 marzo 1865, 
all. E. 
Il dovere di conformarsi al giudicato come regola 
finale. Esclusione di tale dovere dagli obblighi 
nascenti dal giudicato. Contenuto di esso. L'obbligo 
di conformarsi al giudicato introdotto dall'articolo 
27, n. 4: sua natura. Consistenza dell'interesse 
del privato all'annullamento dell'atto dichiarato 
illecito: non � diritto soggettivo. L'annullamento 
dell'atto deve essere rivolto al soddisfacimento di 
un pubblico interesse. Opinioni del Vitta, del 
Guicciardi, del Colzi. Critica. L'obbligo di eliminare 
l'atto illecito non costituisce esecuzione della 
sentenza. Controversia,. sul modo di conformarsi 
al giudicato: oggetto. Se il ricorso ex art. 27, n. 4, 
presupponga. necessariamente l'inerzia dell' Amministrazione 
e se sia alternativo col ricorso ordinario. 
Impossibilit� di estendere l'art. 27, n. 4, alle deci


L'estensione dell'art. 27, n. 4, alle pronuncie 
del Capo dello Stato. Inammissibilit�. Insussistenza 
dell'analogia. Abrogazione delle norme sul 
ricorso straordinario al Capo dello Stato per effetto 
dell'art. 113 della Costituzione. 

Il provvedimento, col quale � deciso il ricorso 
straordinario: natura giuridica di atto amministrativo. 
Proponibilit� dell'azione giudiziaria e del 
ricorso al Consiglio di Stato. Illegittimit� costituzionale 
di norme, che pongano limiti ai rimedi 
giurisdizionali contro la decisione del ricorso straordinario. 
Natura della giurisdizione amministrativa. 
Oggetto della tutela. Il ricorso ex art. 27, n. 4 
e le sentenze di condanna al pagamento di somma di 
denaro. Opinione del Fragola: critica. 

PARTE ITI: L'art. 27, n. 4, in relazione alla Oostituzionz. 
-Suo collegamento con l'art. 4 legge 
abolitiva del contenzioso amministrativo. Natura 
costituzionale di tale norma. Sua ragion d'essere. 
Il Consiglio di Stato e la giurisdizionalit� delle sue 
decisioni. Il Consiglio di Stato e la Costituzione. 
Necessit� di assicurare anche nei suoi confronti 
l'indipendenza del potere esecutivo. Soppressione 
del potere generale di annullamento attribuito al 
Consiglio di Stato e del divieto di annullamento 
posto al giudice ordinario dall'art. 4. 

L'art. 113 della Costituzione e la nuova disciplina 
dell'istituto. 

Il potere di annullamento attribuito alla giurisdizione, 
ordinaria e amministrativa, in via eccezionale. 


Incompatibilit� della cos� detta giurisdizione di 
merito con la Costituzione. La tutela giurisdizionale 
degli interessi legittimi. Esclusione di tale 
tutela per gli interessi semplici. Interessi legittimi 
e interessi semplici; differenze; Opinioni del Guicciardi 
e del Vitta. "" 

Divieto di: revocare o modificare l'atto amministrativo. 
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2


PARTE I 

Evoluzione giurisprudenziale dell'Istituto. 

L'art. 27, n. 4, del T. U. delle leggi sul Consiglio 
di Stato, approvato con r. d. 26 giugno 1924, 

n. 1054, riproducendo la norma, contenuta nell'articolo 
23, n. 5, legge 17 agosto 1907, n. 638, attribuisce 
alla giurisdizione �i merito non esclusiva 
del Consiglio di Stato il ricorso diretto ad ottenere 
.l'adempimento dell'obbligo 
dell'autorit� amministrativa 
di conformarsi, in quanto riguarda il 
caso deciso, al giudicato dei ~tribu,p.ali che abbia 
riconosciuto la lesione di un diritto civile o� 
politico. 

L'art. 90 del regolamento, approvato con r. d. 
17 agosto 1907, n. 642, nel regolare la speciale 
procedura di questo eccezionale ricorso, prescrive 
che esso sia proposto fi.nch� duri l'azione di giudicato, 
ma non prima di 30 giorni da quello, in cui 
l'autorit� amministrativa sia stata messa in mora 
di provvedere. 


Da queste due norme, che hanno natura prevalentemente 
processuale, sono stati tratti i principi 
sostanziali, che regolano l'istituto, al�quale � stata 
impressa una forza evolutiva, che non accenna ad 
esaurirsi. 

La cennata evoluzione ebbe origine dalla considerazione 
che, a parte gli altri eventuali rimedi ipotizzabili 
secondo i principi generali del diritto (ricorso 
al controllo parlamentare, ovvero, secondo che si 
tratti di� organo dello Stato o di ente autarchico, 
al controllo del superiore gerarchico o all'autorit�. 
di vigilanza; azione giudiziaria per l'accertamento 
di una responsabilit� civile o penale dei funzionari), 

cc fosse d'ammettersi la proponibilit�. dinanzi al 
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, della 
domanda del privato diretta ad ottenere la dichiarazione 
dell'obbligo della autorit�. amministrativa, 
di conformarsi, in quanto riguardasse il caso deciso, 
al giudicato nascente da precedente decisione giurisdizionale 
del Oonsiglio di Stato sulla controversia n; 
giacch� sembr� alla giurisprudenza del Consiglio 

di Stato che, cc ove lAmministrazione, violando il 
giudicato amministrativo, avesse emesso un provvedimento 
difforme dalla dichiarazione di diritto 
contenuta nel predetto giudicato, ben fosse possibile 
la istanza del privato diretta all'annullamento 
del medesimo; e sembr�, altresi, che se, poi, l'Amministrazione, 
di fronte al giudicato . amministrativo, 
si fosse mantenuta in atteggiamento negativo, 
poich� la perdurante omissione dell'Amministrazione 
sempre avrebbe importato lesione ili un legittimo 
interesse del privato, riconos�iuto e dichiarato 
dal giudicato, ben fosse a ritenersi in tal caso ammissibile 
il ricorso del privato all'autorit� giurisdizionale 
�. 

Alla dichiarazione giurisdizionale, dunque, dello 
obbligo dell'Amministrazione. di conformarsi ad 
una precedente decisione della giurisdizione amministrativa 
si ritenne di poter far luogo con le ordinarie 
forme dei giudizi davanti il Consiglio di Stato, 
.mediante un esame sulla legittimit� dell'atto con 
..cui fosse stata rifiutata od omessa la esecuzione 
del precedente giudicato, ravvisando nella viola~ 

zione di tale giudicato un vizio della volont�. manifestata 
dall'autorit� amministrativa col proprio 
comportamento, impugnato davanti il Consiglio 
di Stato (1). 

La stessa giurisprudenza abbandon� presto, i 
peraltro, il suddetto indirizzo, �e pur 'senza darne m 
adeguata motivazione (anzi richiamandosi a pre-j' 
cedenti che non confortavano il nuovo orientamento), 
afferm� che il ricorso; diretto ad ottenere, � "" 
ai sensi dell'art. 27, n. 4, del T. U. 26 giugno 1924p::::/f 

n. 1054, l'adempimento dell'obbligo dell'autorittf:.fi;:: 
amministrativa di conformarsi, in quanto riguar4�mffi 
il caso deciso, al giudicato dei tribunali che abb~~ty=::t 
riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, ~ 
fosse proponibile anche quando l'autorit�. am:niinistratiya, 
rimanendo in atteggiamento di inetzia, 
non si fosse uniformata ad una decisione pronunziata 
dal Consiglio di Stato in materia �i esclusiva giurisdizione 
(2). Il detto indirizzo, salva qualche riserva (3) 
(1) Sez. IV, 9 �marzo 1928: lntini-Ministero Marina, 
�Foro A.mm.�, 1928, I, .1, 1950 (si trattava di ricorso 
avverso il mancato richiamo in servizio, per sopravvenute 
disposizioni di legge, di un sottufficiale, il cui collocamento 
a riposo era stato annullato da precedente 
giudicato amministrativo);. Sez.IV, 28 giugno 1930: De 
PompeiB-Ministero Affari esteri, cc Foro Am.m. >>, 1930, I, 
1, 195 (era stato impugnato, nella specie, il provvedimento 
con cui l'Amministrazione aveva dichiarato di 
non poter riesaminare, per decorso del termine di 113gge, 
la domanda di ammissione del ricorrente al ruolo del 
Corpo consolare, dopo la pronunzia amministrativa di 
annullamento dell'atto con cui l'Amministrazione stessa 
aveva precedentemente escluso l'interessato dal concorso); 
Sez. V, 21 marzo 1930: BattiBta-Oongregazione di 
carit� di Larino, cc Foro A.mm.�, 1930, I, 2, 123 (si ricorreva, 
nel caso deciso, contro il rifiuto di riammissione 
in servizio del ricorrente, quale impiegato della Congregazione 
di carit� di Larino, malgrado il precedente giudicato 
di annullamento del licenziamento per decorso 

periodo di servizio, adducendosi che, frattanto, il ri


corrente era stato destituito, con provvedimento pre


fettizio, dall'ufficio di medico condotto dello stesso 

Comune). 

. 
(2) Sez. V, 13 marzo 1931: Eikermann-Governatorato 
di Roma, cc Foro A.mm. �, 1931, I, 2, 91! il giudicato di 
cui l'Amministrazione aveva omesso l'esecuzione era 
stato emanato, nella fattispecie, dalla G. P. A., trattandosi 
di questione relativa a rapporto di impiego di 
dipendente da ente locale; confr., anche, Sez. V; 5 dicembre 
1931: Oelentano-Azienda comunale Servizi elettrici di 
Trieste, �Foro A.mm.>>, 1931, I, 2, 242 (la decisione, pur 
riaffermando la proponibilit� del rimedio dell'art. 27, 

n. 4, per ottenere la liquidazione di indennit� d� licenziamento 
in esecuzione di precedente giudicato amministrativo 
che ne aveva riconosciuto il diritto, rite:n�e 
che n~lla specie. il ricorso dovesse condiderarsi, per le 
modalit� con cui era stato proposto, come un ricorso di 
legittimit� avverso il provvedimento di rifiuto delle indennit� 
stesse, e fosse, pertanto, devoluto alla competenza 
della G. P. A. trattandosi di controversia relativa 
a rapporto di impiego con amminitrazione locale. 
(3) Sez. IV, 6 ottobre 1936: Vacirca-Ministero Agricoltura 
e Foreste, cc Foro A.mm.�, 1937, I, 1, 78, in cui il 
Consiglio di Stato, sempre in tema di giurisdizione esclusiva, 
dichiarando che non occorreva, nel csi,so in esame 
risolvere la questione circa l'applic~N1it� dell'art. 27; 
n. 4, .alle decisioni del giudice amministrativ..Q, percP,� 
non s1 trattava di emetter provvedimenti di merito in 
sostituzione di quelli negati dall'Amministrazione annullava 
il provvedimento impugnato col quale era ~tata 
rifiutata l'esecuzione di precedente giudicato amministrativo 
di annullamento. di un giudizio. di promozione 
per merito comparativo. � 

-3


o esitazione (1), si and� consolidando, attraverso le 
numerose applicazioni fattene in materia �i pubblico 
impiego (2). In qualche caso, tuttavia, in cui 
non era stati;i, osservata la procedura stabilita dallo 
art. 90 del regolamento 17 agosto 1907, n. 642, 
, perch� il ricorso era stato diretto �al Consiglio di 
1 Stato�, invece che �al Presidente� del detto Con~\ 
sesso (3), o perch� lo stesso ricorso, malgrado la 
{/,precedente messa in mora e il decorso del termine 
Hmvrescritto, era stato proposto nei modi ordinari, 
Ifi@n via giurisdizionale, al Consiglio (4), fu giudicato 
M~Mhe il rimedio dell'art. 27, n. 4, altrimenti propo];
F'mbile nelle controversie in esame, in cui pur si 
trattava di questioni di pubblico impiego, non 
potesse essere invocato nelle anzidette situazioni 
e che, pertanto, il Consiglio di Stato non potesse 
pron'Unziare anche in merito sul ricorso, ma dovesse 
esaminare il comportamento dell'Amministrazione, 
concretatosi nel silenzio-rifiuto di uniformarsi al 

(1) Sez. IV, 11maggio1943: Cerone-Ministero Ed. Naz., 
"Foro Amm. �, 1943, I, 1, 105 (in questa pronunzia, 
mentre si sottolinea che l'estenzione della potest� giurisdizionale 
prevista dall'art. 27, n. 4, all'esecuzione dei 
giudicati amministrativi � subordinata alla condizione 
che si tratti di giudicati i quali abbiano riconosciuto 
diritti di un cittadino verso la p. a., si limita l'applicabilit� 
del citato art. 27, n. 4, al caso in cui il mancato 
adempimento consista in un comportamento negativo del1'
Amministrazione stessa, dovendosi ritenere che il provvedimento 
positivo, incompatibile col giudicato, sia affetto 
da un vizio che deve essere riparato mediante il ricorso 
alla ordinaria competenza generale di legittimit�. 
(2) Sez. V, 12 maggio 193'1: Galanti-Comune di Veroli, 
"Foro Amm. �. 1937, I, 2, 230; Sez. IV, 14 ottobre 
1941; Sacchi-Ministero Ed. Naz., �Foro Amm. �, 1942, 
I, 1, 26; Sez. IV, 21 giugno 1946: Pafundi-Ministero Difesa, 
�Foro Amm. �, 1946, I, 1, 99; Sez. V, 20 dicembre 
1947: Zannoncelli-Comune di Borghetto Lodigiano, 
�Foro Amm. �, 1948, I, 2, 152; Sez. V, 26 novembre 
1948: Manzini-Comune (l,i Milano, �Foro Amm. "� 1949, 
I, 2, 157; Sez. IV, 10 febbraio 1950; Buttafuoco-Ministero 
Difesa, "Foro Amm. "� 1950, I, 1, 189: Sez. V, 1 aprile 
1950: Bertoldi-Comune di Legnano, �Foro Amm. "� 1950, 
I, 2, 288, Sez. IV, 2'1 aprile 1951: Bencivenga-Ministero 
Interno, �Foro Amm. �, 1951, I, 1, 319; .Sez. VI, 27 settembre 
1951; Civinini-Consorzio Naz. Canapa, �Foro 
Amm. "� 1952, I, 3, 41. 
� stata peraltro, riconfermata, di recente, la proponibilit� 
dinanzi la G. P. A. dell'ordinario ricorso di legittimit�, 
notificato da un impiegato comunale avverso il 
comportamento dell'Amministrazione che aveva rifiutato 
la esecuzione di precedente giudicato della stessa 
Giunta; Sez. V, 3 maggio 1952, Musotto-Comune di Bastia 
Umbra," Racc. compi. della giur. del C. di S. "� 1952, 

p. 706. . 
Oltre le citate decisioni, sempre in materia di pubblico 
impiego, confr.: Sez. VI, 8 maggio 1951: Greco-Ministero 
Difesa, �Foro Amm. "� 1951, I, 3, 241 e Sez. VI, 16 
luglio 1951: Bottiglieri-Ministero Difesa, �Foro Amm.�, 
1951, I, 3, 315, che escludono l'applicabilit� dell'art. 27, 

n. 4, perch�, nel primo caso, si tendeva col ricorso a 
far definire dal Consiglio di Stato i punti di diritto sui 
quali doveva fo:n,darsi il nuovo atto, e, nel secondo, si 
ricorreva contro un'erronea e viziata esecuzione del 
giudicato che avrebbe comportato l'esercizio di un sindacato 
di legittimit� non proposti nei modi e termini 
prescritti; Sez. IV, 19 ottobre 1951: Giuliano-Ministero 
Difesa, cc Foro Amm. "� 1952, I, 1, 28 in cui si ammette 
l'impossibilit� di eseguire il giudicato per mutamento 
della situazione di fatto non imputabile a colpa dell'amministrazione. 
(3) Sez. IV, 5 novembre 1948: Bedini-Ministero Africa 
Italiana, ccForo-Amm. '" 1949, I, 1, 163. 
'~(4) Sez. IV, 23 settembre""l949: De Witt-Pres. Consiglio 
Ministri, cc Foro Amm. "� 1950, I, 1, 52. 

precedente giudicato, sotto il profilo della legittimit� 
dell'atto e cio� dell'inosservanza dell'obbligo nascente 
dal giudicato stesso (1). 

Spingendosi, poi, anche pi� oltre, .l'evoluzione 
giurisprudenziale di cui � cenno trasse ad ulteriori 
conseguenze il risultato a cui era pervenuta, fino 
al punto da ritenere applicabile (anche qui senza 
ampia motivazione) la disposizione dell'art. 27, 

n. 4, alla violazione dell'obbligo dell'Autorit� 
amministrativa di conformarsi alle pronunzie delle 
giurisdizioni amministrative attinenti, non solo ai 
diritti,� ma anche agli interessi legittimi. Questa 
tendenza fu riaffermata in alcune decisioni pi� 
recenti (2), e ne fu fatta applicazione, ad es., nel 
c1;tso di esecuzione del giudicato con cui era stato 
revocato il precedente provvedimento di revoca 
di una licenza di commissionario nei mercati generali 
(3) o nel caso di mancata restituzione di fondi 
privati, a seguito di pronuncia amministrativa di 
illegittimit� dell'occupazione di urgenza disposta 
ai fini della successiva espropriazione dei beni 
medesimi (4). 
Inoltre, superando ogni precedente perplessit� 
al riguardo (5), il Consiglio di Stato giunse a 
sostituirsi nell'esercizio della sua giurisdizione di 
merito alle competenti autorit� amministrative, 
riaffermando la propria potest� di emanare, con 
la decisione, i provvedimenti che l'Amministrazione 
avrebbe dovuto adottare per porre l'interessato 
nella posizione giuridica riconosciutagli dal precedente 
giudicato (6). 

Ed infine, la giurisprudenza ha ora ammesso 
anche la proponibilit� del ricorso di merito previsto 
dall'art. 27, n. 4, del testo unico sul Consiglio di 
Stato per ottenere l'adempimento della pronuncia 
emessa dal Capo dello Stato in accoglimento di 
ricorso straordinario (7) (8). 

N� con tale applicazione pu� dirsi esaurita 
l'analogia a catena, perch� gran parte degli argo


(1) In una particolare fattispecie in cui il ricorso 
diretto al Presidente, era stato notificato a mezzo di 
ufficiale giudiziario, il Consiglio di Stato ritenne di poter 
decidere anche in merito, ai sensi dell'art. 27 (Sez. V, 
17 febbraio 1950: Soletti-Istituto Romano San Michele, 
" Foro Amm. '" 1950, 1, 2, 226).
(2) Cos�, senza attinenza con la ragione del decidere, 
trattandosi di controversia di impiego pubblico, nella 
decisione gi� citata alla nota 7. 
(3) Sez. V, 22 aprile 1947: Magrini-Comune di Roma, 
cc Foro Amm. '" 1947, I, 2, 165. 
(4) Sez. V, 20 gennaio 1951: Ripa-Provv. 00.PP. di 
Bari, <c Foro Amm. >>, 1951, I, 2, 138. 
(5) Su tale perplessit�, confr. ad es., Sez. V, 1� aprile 
1950, Bertoldi, citata alla nota 5, con osservazioni di 
M. Nigro. 
(6) Tale potest�, peraltro, incontra un limite, secondo 
la stessa giurisprudenza, nell'impossibilit� di emetter 
provvedimenti che non derivino immediatamente dall'annullamento 
dell'atto impugnato e non siano totalmente 
vincolati; ne rimangono 'esclusi, pertanto; i provvedimenti 
che presuppongono l'esercizio di facolt� discrezionali: 
Sez. VI, 27 settembre 1951: Asinelli-Poligrafico dello 
Stato, cc Foro Amm. >>, 1952, I, 3, 39; Sez. VI; 17 ottobre 
1951: Napolitano Ist. Naz. ,Assic. Malattie," Foro Amm. �, 
1952, I, 3, 111. 
Il"' (7) Sez. VI, 16 ottobre 1951: Diegoli-Consorzio della 
bonificazione ferrarese, cc Foro Amm. �, 1952, I, 3, 69. 
(8) La rapida sintesi della evoluzione giurisprudenziale 
e la copiosa giurisprudenza citata sono tratte dal 
ricorso proposto avverso la decisione dell'Adunanza plenaria 
9 giugno-3 luglio 1952, di cui si dir� in seguito. 

-11


menti addotti per giustificare l'estensione del rimedio 
al decreto del Capo dello Stato, che abbia 
deciso un ricorso straordinario, ne giustificherebbero 
l'applicazione anche ai provvedimenti amministrativi, 
che abbiano deciso ricorso gerarchici. 

Collateralmente a questa evolazione spaziale, 
che ha enormemente ampliato il campo di applicazione 
della norma, si � venuta modificando l'essenza 
del ricorsi. 

La Sezione IV (1), esattamente interpretando 
la norma dell'art. 27, n. 4, in relazione a q�ella 
generale contenuta nel precedente art. 26 T. U., 
ritenne che il ricorso in esame desse luogo a� un 

regolare giudizio con pienezza di contraddittorio e 

sfociasse in una pronunzia avente natura ed efficaci.a 

di sentenza; 

La Sezione VI, invece (2), senza tener conto 
che le norme regolamentari contenute negli articoli 
90 e 91 r. d. 17 agosto 1907, n. 642, erano inidonee 
a modificare i concetti sostanziali chiaramente 
espressi agli articoli 26 e 27 T.U., avente efficacia 
formale di legge, e che pertanto, nell'eventuale 
contrasto fra i due gruppi di norme fossero quelle 
del T.U. destinate a prevalere, and� in contrario 
avviso, affermando che: cc La legge non vuole che 
si esamini il comportamento assunto dall'Amministrazione 
sotto il profilo dell'interesse o della convenienza 
amministrativa . . . Non possono proporsi 
eccezioni, oltre quelle rilevabili d'ufficio e la mancata 
esecuzione non pu� giustificarsi dalla Pubblica 
.Amministrazione con argomenti giuridici, n� con 
richiamo alla opportunit�. ... 

Il giudizio si riduce alla determinazione del 
contenuto (interpretazioae) della sentenza inadempiuta, 
ai fini della pronuncia sostitutiva.... Non � 
possibile difesa ... Non serve notifica (nel senso, cio�, . 
che non sia necessario il c'mtraddittorio )... � un 
procedimento sommario, analogo ai provvedimenti 
di volontaria giurisdizione, che interessa una sola 
parte... La Pubblica Amministrazione non � parte, 
la sua presenza in giudizio si giustifica con l'intento 
di assicurare la collaborazione tra pubblica amministrazione 
e giudice. La prima dev:e limitarsi a 
prendere atto della pronuncia, che non implica 
controversia >> � 

Con tale decisione l'istituto verrebbe a collocarsi 
extra iuris ordinem e sarebbe interessante, ove a 
tale opinione si accedesse, esaminare l'efficacia 
formale della pronuncia: provvedimento sostanzialmente 
amministrativo (non decisione su controversia) 
emesso da organo, al quale sono attribuite 
due funzioni: l'una giurisdizionale e l'altra amministrativa 
(consultiva). Rientrando la pronuncia 
de qua nella funzione amministrativa ne deriverebbe 
due conseguenze: attribuzione al Consiglio 
di Stato di una funzione amministrativa attiva; 
annullabilit� della pronuncia e:x: art. 6 T.U. leggi 
comunali e provinciali. 

Il contrasto sostanziale fra le due Sezioni si 
rifletteva sulla forma del procedimento, ritenendo 
runa che la decisione dovesse essere emessa in 

(1) Consiglio di Stato IV, 9 novembre 1951, n. 832: 
Acerbo-P. I., �Foro It. �, 1951, III, 257. 
(2) Consiglio di Stato, 4 luglio 1950, n. 252: Autelitano-
I] 
jj 

I. N. P. S., cc Foro It. �, 1951, III, 68. 
seguito a discussione in pubblica udienza, adottando 
l'altra il provvedimento in Camera di Consiglio. 

Il conflitto � stato superato, almeno per il momento, 
dalla Adunanzar plenaria ehe ... decise in 
Camera di Consiglio. 

La dottrina non � mai stata concorde sulla legittimit� 
dell'estensione analogica, n� consta che 
sulla questione si sia pronunciata la Suprema Corte ,.;, ..,.,.,. 
di Cassazione. ~:::fil;;;:: 

Le due questioni~ intimamente c?nne~se,. delfaffnatura 
del provvedimento, che decide il r1cors Jt::'fD 
ex art. 27, n. 4, e del rito sono recentissime e stif'&fil 
di esse la dottrina non si � ancora pronunciata. '";;tffilii 

La mancanza di un incondizionato consenso della 

I dottrina e di una consolidata giurisprudenza della 
della Corte di Cassazione, regolatrice della giuri-' 
sdizione, inducono a ritenere che; a prescindere ! 
dalle innovazioni introdotte dall'art. 113 della 

I 

Costituzione, la questione non possa considerarsi 

definitivamente risolta. 

L'ulteriore non prevedibile sviluppo evolutivo [ 
dell'istituto fa ritenere indispensabile un riesame I 
approfondito della questione. j 

PARTE II 

I 

Esame critico della giurisprudenza 

L~rt. 23, n. 5, legge 17 agosto 1907, n. 538, riproduce 
l'art. 4, n. 4, della legge 31 marzo 1889, 

n. 5992 ed �, pertanto, ai lavori preparatori di 
questa legge che occorre rifarsi per accertarne i 
precedenti storici ed i fini, che la norma si proponeva. 
Nella relazione al Senato (on. Crispi) (1) si 
legge: cc ... il n. 7 colma una lacuna dell'art. 4 
legge 20 marzo 1865, all.E, dando alla parte, che 
non si contenta degli effetti civili della decisione 
dell'Autorit�. giudiziaria, il mezzo di far cadere interamente 
il provvedimento illegittimo dell'Autorit� 
amministrativa. 

Il concetto, scolpito nella relazione al Senato, 
subi per� qualche deformazione. Nella relazione 
dell'Ufficio centrale del Senato, infatti, si legge 
(2): cc Fermo il concetto, si � creduto pi� corretto 
valersi per qua.nto possibile, per esprimerlo, delle 
parole stesse usate nell'art. 4 legge 20 marzo 1865. 
Parve, infatti, che non. fosse esatto concentrare 
l'intento del ricorso nella revoca o modificazione 
�ell'atto... n ritenuta non sempre necessaria per la 
esecuzione del giudicato. 

Nella relazione alla Camera (3) si parla di mezzo 
offerto per cc ottenere l'adempimento dell'obbligo 
d� conformarsi �. 

Scopo della norma fu dunque quello di colmare 
una lacuna dell'art. 4 nel senso, cio�, di fornire 
alla parte un mezzo per ottenere la modificazione 

o la revoca dell'atto dichiarato illecito o, in senso 
meno proprio, l'adempimento degli obblighi sostanzialmente 
previsti nel predetto art. 4. 
(1) Senato, leg. XVI, 2a. Sessione, 1887, n. 6, p. 2. 
(2) Senato, loc. cit. 6-A, p. 17, on. Costa relatore. 
(3) Camera dei deputati, leg. XVI, 2a. Sessione, 
1887-88, n. 139, p. 3. 

-5


.Al soddisfacimento:� degli interessi tutelati dalla 
predetta� norma, infatti, non poteva considerarsi 
sufficiente il ricorso di legittimit�, perch� nella 
specie ipotizzata mancava un provvedimento amministrativo 
e non era stata ancora costruita la teoria 
del silenzio-rifiuto, che consente d'impugnare anche 
l'inerzia dell'Amministrazione. 

&� Ma la formulazione della norma, a mio modesto 

m~vviso, non pu� dirsi felice; essa altera profonda-

1.@fanente, almeno nel suo significato letterale, il con-� 

~N&etto dell'art. � 4, a cui, invece, voleva adeguarsi. 

~MM Questa norma� pone il divieto per il giudice ordi


f?hario di revocare o modificare l'atto amministrativo 
riconosciuto illecito (lesivo di diritti) e successivamente, 
ribadendo il principio che a tanto potr� 
pervenirsi soltanto da parte dell'Autorit� .amministrativa, 
enuncia, come regola finale, il dov.ere di 
questa di conformarsi al giudicato del Tribunale. 
� chiaro come questo dovere, per effetto dell'art. 
4, sussista .in relazione alla revoca o modificazione 
dell'atto; la quale non costituisce esecuzione 
del giudicato. 
Sarebbe assurdo considerare che questo imponga 
all'Amministrazione Pobbligo di revocare l'atto 
amministrativo riconosciuto illecito, nel qual caso 
la pronuncia del giudice ordinario sarebbe costitutiva 
e di condanna ad un facere (1) (revoca o 
modificazione). La stessa funzione del Consiglio 
di Stato resterebb�, a mio avviso, sminuita se 
�'alto consesso amministrativo �dovesse necessariamente 
revocare, in vece dell'Amministrazione inattiva, 
l'atto amministrativo dichiarato illecito da 
un qualunque organo della giurisdizione ordinaria. 
Il giudicato �si costituisce sulla esistenza del 
diritto vantato e sulla sua lesione ad opera dell'atto 
amministrativo, -'riconosciuto illecito. L'a1t. 4 impone 
all'Autorit� amministrativa �di conforinarsi 
al giudicato per quanto attiene � alla illiceit� 
dell'atto. 
L'Amministrazione, cio�, nell'esercitare il potere 
di revoca, riconosciutole come esclusivo dall'articolo 
4, deve partire dalla premessa della illiceit� 
dell'atto sanzionata nel giudicato; non le � consentito 
riesaminare o discutere tale qualificazione. 
Ma tali concetti, chiaramente espressi nell'art. 4, 
risultano modificati dall'art. 27, n. 4, che fonde 
il potere di annullare o modificare l'atto illecito 
con l'obbligo di conformarsi alla pronuncia d'illiceit�, 
donde deriva l'obbligo dell'Amministrazione 
di conformarsi dl giudicato annullando o� modifioando 
l'atto illecito. Ma tale obbligo non pu� intendersi 
nel senso che ad esso faccia riscontro un 
diritto soggettivo dell'altra parte all'annullamento. 
La norma dell'art. 4 � posta nell'interesse generale 
e non tutela in modo illlmediato e diretto 
l'interesse del singolo, titolare del diritto leso, alla 
revoca o modificazione dell'atto amministrativo. 
E ci� trova conferma nell'art. 27, .n. 4, che attribuisce 
alla giurisdizione non esclusiva il ricorso 
diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo 
di conformarsi. 
L'ordinamento tutela in via occasionale l'interesse 
del cittadino alla modificazione o revoca 

(1) GmcOIARDI: Giustizia amministrativa, 1943, p. 368 
o seguenti�. 
dell'atto amministrativo, che abbia leso uri suo 
diritto soggettivo e che sia stato dichiarato illecito 
dalla autorit� giudiziaria ordinaria. Diritto soggettivo 
leso e interesse alla revoca dell'atto lesivo 
non coincidono. 

L'interesse alla revoca � riconosciuto non come 
diritto soggettivo, nella quale ipotesi la controversia 
relativa si sarebbe dovuta attribuire al giudice 
ordinario o, comunque, al giudice amministrativ� 
in sede di giuril dizione esclusiva, ma come interesse 
occasionalmente protetto, protetto, cio�, finch� coincida 
o almeno non contrasti con l'interesse generale. 
In questi sensi, sia pure non esplicitamente, mi 
pare che si esprima il Vitta (1), il quale ritiene 
che l'Amministrazione abbia l'obbligo di eliminare 
l'atto dichiarato illecito quando ci� sia possibile, 
quando cio� gli effetti dell'atto non siano esauriti 
e possa ripristinarsi, senza troppo pregiudizio 
dell'interesse pubblico, la situazione anteriore. 

Dall'art. 4 si evince il potere-facolt� dell' Amministrazione 
di revocare l'atto e l'obbligo, posto. da 
regola finale, di conformarsi al giudicato ove intenda 
esercitare il potere di revoca. L'art. 27, 

n. 4, invece, lascia intendere che l'Amministrazione 
.abbia in ogni caso il dovere di conformarsi 
al giudicato revocando o modificando l'atto, riconosciuto 
illecito. 
Ma questo dovere non potrebbe mai intendersi 
contro l'interesse generale, che deve essere contemperato 
con l'interesse privato in canflitto (2). 

Negli stessi sensi' si esprime il Guicciardi (3), 
il quale ritiene che l'obbligo sancito dall'art. 4 
si riferisce all'annullamento, a cui la parte non ha 
un diritto, n� l'Amministrazione il dovere, dovendo 
lo stesso essere rivolto, come tutti gli atti amministrativi, 
al soddisfacimento di un pubblico interesse. 


A risultati analoghi perviene il Colzi (4) il quale, 
pure, a mio modesto avvis:o, parte dalla premessa 
sostanzialmente errata che l'eliminazione dell'atto 
costituisca esecuzione del giudicato in forma specifica. 

In analogia all'art. 2058 Codice civile egli ritiene 
che il Consiglio di Stato, giudice della �esecuzione, 
debba accertare se sia possibile la reintegrazione 
in forma specifica e se questa non sia eccessivamente 
onerosa. 

Tale onerosit� eccessiva, evidentemente, dovrebbe 
riscontrarsi ogni volta vi fosse sproporzione 
tra l'interesse del singolo all'annullamento 
e l'interesse generale. 

Definivo errata la premessa perch� l'obbligo 
di conformarsi esula dal giudicato nel senso che� 
questo si forma sulla illiceit� dell'atto e sulla lesione 
del diritto soggettivo: non � il giudl.cato, che imponga 
all'Amministrazione la revoca� o modificazione 
dell'atto, ma � la legge che nell'interesse 
generale :impone l'eliminazione delPatto, se possibile 
e se ci� � conforme al pubblico interesse. 

L'obbligo di eliminare l'atto illecito, <ionformandosi 
in ci� al giudicato, nvn costituisce ese�uzione 
della sentenza. -� , -


. . 

(1) VITTA: Diritto amministrativo, vol. II, p. 533 seg. 
(2) VITTA: loc. cit., p. 535. 
(3) GUICCIARDI: loc. cit�. 
(4) CoLZI, in cc R�v. Amm. �, 1952, p. 82. 

-6


.All'adempimento di questo obbligo la parte ah 
un interesse, che, per essere tutelato occasionalmente 
dalla legge (art. 4 in relazione all'art. 27, 

n. 4), assume la consistenza di un interesse legittimo. 
Ma l'obbligo di conformarsi al giudicato non importa 
necessariamente l'annullamento dell'atto ancorch� 
non contrasti col pubblico interesse, potendo 
l'Amministrazione limitarsi a modificare l'atto 
stesso. 
Donde una controversia sul mopo di conf orinarsi, 
che � appunto attribuita alla giurisdizione di merito 
non esclusiva del Consiglio di Stato dall'art. 27, 

n. 4. Oggetto del ricorso � l'interesse (originariamente 
anche semplice) all'adempimento dell'obbligo 
di conformarsi annullando o modificando l'atto 
illecito. 
Su questo punto non ritengo di poter aderire 
all'opinione del Guicciardi (1), secondo il quale 
la Pubblica Amministrazione dovrebbe riesaminare 
l'atto illecito� e accertare se la sua illiceit� ne comporti 
anche l'illegittimit�, procedendo, in caso affermativo, 
all'annullamento dell'atto. Oggetto del 
ricorso sarebbe appunto un tale riesame ed il Consiglio 
di Stato, ove riconoscesse che l'atto illecito 
sia anche illegittimo, dovrebbe procederne all'annullamento; 


Secondo me il riesame dell'atto illecito � precluso 
e l'Amministrazione deve riesaminare non l'atto, 
ma la situazione giuridica determinatasi, adottando 
i provvedimenti pi� opportuni per conformarla al 
giudicato compatibilmente col pubblico interesse. 

N� mi sembra esatto affermare che il ricorso 
ex art. 27, n. 4, presupponga necessariamente 
l'assoluta inerzia dell'Amministrazione. Dall'art. 27, 

n. 4 tale necessit� non risulta, ne � decisivo l'art. 90 
del regolamento che accenna ad una messa in mora 
di provvedere. 
La controversia di cui al ricorso ex art. 27, n. 4, 
ha ad oggetto il modo. �i conformarsi e pu� sussistere 
sia nel caso di inerzia, sia, e forse pi�, quando 
l'Amministrazione abbia prov':veduto a conformarsi 
al giudicato i:�. �modo dalla .parte non ritenuto 
soddisfacente. 

Da quanto � stato detto risulta chiara, a mio 
avviso, l'impossibilit� di estensione della norma 
all'ipotesi del giudicato amministrativo. 

In primo luogo trattasi di no.i'ma eccezionale, 
che non consente applicazione analogica, tanto pi� 
cl:t'essa stessa limita rigorosamente il suo campo 
di applicazione. 

Il rimedio dell'art. 27, n. 4, � concesso per la 
tutela degli interessi, di cui all'art. 4 legge 20 marzo 
1865; ove questa non trovi applicazione esula 
ogni possibilit� di ricorso ex art. 27, n. 4. 

Esattamente fu ritenuto (2) che il rimedio, 
di cui all'art. 27, n. 4, � cc complemento giurisdizionale 
dei poteri riconosciuti all'Autorit� giudiziaria 
.ordinaria e comincia l� dove questi poteri 
si arrestano per il limite dell'art. 4 ... Nelle questioni 
patrimoniali non c'� per la Pubblica Amministrazione 
obbligo di conformarsi, .ma obbligo di eseguire, 
con la sanzione della ~secuzione forzata �. 
Donde la chiara distinzione tra esecuzione della 

(1) GuICOIARDI: loc. cit., p, 264. 
(2) U. FORTI, in "Foro It. >>, 1937, III, p. 250. 
sentenza in forza del gfodicato ed �obbligo di eliminare 
l'atto ritenuto illecito, derivante dalla 
legge, e la logiCa conseguenza che l'eliminazione, 
totale o parziale, dell'atto � il m~ssimo (1) che si 
possa chiedere al giudice amministrativo, il quale 
non potrebbe andare oltre e pcfrre con la decisione 
il contenuto di atti amministrativi. 

Il. Con~iglio di Stato, investito del ricorso ~i ==I 
sensi dell art. 27, ~� _4, po~rebb~ annul~are ~ m~di�p:tnl 
ficare. l'atto ammm1strativo r~con_?scmto illec1t<>fff.@i 
ove ci� fosse conforme al pubblico mteresse ed ovfr%1llil 
a ci� non av~s~.e o a:vesse inadeguatamente provv&@l'ffi 

duto l'Ammm1straz10ne. ��=:;;:~% 

L'estensione analogica, infine, non � possibile ' 
perch� tra le varie ipotesi non Sl!ssiste alcuna 
analogia... 

In tema di giurisdizione esclusiva, tra l'altro, 
il ricorso � il pi� delle volte superfluo ed eccede 
dalla giurisdizione amministrativa, avendo ad 
oggetto diritti conseguenziali. Si pensi, ad esempio, 
alla decisione, con la quale sia s.tato accertato e 
dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di corrispondere 
all'impiegato-ricorrente una ceita indennit�. 
Il diritto di quest'ultimo � ceito, determinato 
e la questione del pagamento esula ormai dalla 
giurisdizione esclusiva per rientrare in quella ordi


naria. Risoluta la questione di pubblico impiego, 
accertato l'obbligo dell'Ammillistrazione di pagare 
una certa somma, ove. l'Amministrazione non paghi, 
il ricorrente potr� e dovr� rivolgersi al giudice 
ordinario per ottenere condanna �l pagamento di 
somma di denaro e, successivamente, .procedere 
alla esecuzione forzata. 

Lo stesso avviene in varie ipotesi di annullamento 
di atti, che abbiano irregolarmente imposto 
il sacrificio di un diritto soggettivo (espropriazione). 
Eliminato l'atto per effetto dell'annullamento, 
il diritto affievolito riacquista la originaria 
sua consistenza e la sua lesione, passata o 
futura, pu� formare oggetto di giudizio davanti 
il giudice ordinario, ma esula dalla giurisdizione 
non esclusiva del Consiglio di Stato (2). 

In entrambe le ipotesi il ricorso ex art. 27, n. 4, 
� superfluo perch� la decisione su di esso si risolverebbe 
in una reiterata dichiarazione di illegittimit�, 
essendo .evidente che �il Oo�rs�glio di Stato 
non potrebbe� emettere il mandato di pagamento� 
n� �restituire il fondo� occupato� e neppure ordinarne 
la restituzione, �� risolvendo le complesse 
questioni patrimoniali .relative ai danni,' da una 
parte, all'indennizzo per i .miglioramenti, dall'altra, 
che attribuiscono all'Amministrazione occupante, 
il cui possesso � certamente di buona fede, lo jus 
'�'etinendi. 

Ma l'analogia non sussiste perch�~ l'art. 27, n. 4, 
come credo .di aver dimostrato, tende a completare 
i poteri limitati del giudice ordinario, in relazione 
al divieto dell'art. 4 e a far �ttene.re al cittadino 
leso, ove ci� sia compatibile col pubblico 
interesse, l'eliminazione dell'atto; fa_ decisiQne_.amministrativa, 
invece, elimina direttamente il prov


(1) VITTA: loc. cit'., p. 523. "(
2) VITTA: loc. cit., p. 407; Cassazione, Sez. Un. 17 
agosto 1945, in � Giur. It. �, 1946, I, 1, 132; Id.. 8 gennaio 
1952, n. 13, in e<Riv. Amrn.>>, 1952, II, 99. 

vedimento e lAmministrazione non pu� che prenderne 
atto. 
L'emanazione di atti ulteriori resta fuori del 
campo di applicazione dell'art. 27, n. 4. 
L'estensione di questa norma alle decis~oni 
amministrative, in sede esclusiva o non esclusiva, 
7giudiziaria 
(1) e che, entro certi limiti, contro di 
esso possa proporsi ricorso al Consiglio di Stato (2). 
La proposizione di tale ricorso precludeva il 
ricorso al Consiglio di Stato per espressa volont� 
della legge (art. 34 cpv.), ma questa norma � 
vedimento e lAmministrazione non pu� che prenderne 
atto. 
L'emanazione di atti ulteriori resta fuori del 
campo di applicazione dell'art. 27, n. 4. 
L'estensione di questa norma alle decis~oni 
amministrative, in sede esclusiva o non esclusiva, 
7giudiziaria 
(1) e che, entro certi limiti, contro di 
esso possa proporsi ricorso al Consiglio di Stato (2). 
La proposizione di tale ricorso precludeva il 
ricorso al Consiglio di Stato per espressa volont� 
della legge (art. 34 cpv.), ma questa norma � 
. 
~ non sembra legittima. Con tale estensione la giui\
risdizione di legittimit� si trasforma, sia pure con 

;IJ~m doppio giudizio, in giurisdizione di merito. 

&Mf,,, In questi sensi si espressero il Forti (1) e il 

s@@ammeo (2), contestando la legittimit� di una 

@@$.le estensione. Al contrario di quanto � affermato 

;,:::="a.a Oolzi (3), il quale ritiene che vi sia una lacwna 
della legge, i menzionati autori riconoscevano l'ar. 
monia del sistema e il ricorso ex art. 27, n. 4, come 
completamento della limitata giurisdizione ordinaria: 
In senso conforme si � espresso il Guicciardi, 
definendo l'estensione analogica audace e quasi 
inutile (4). 
L'estensione, poi, dell'art. 27, n. 4, al decreto 
del Capo dello Stato, che decida un ricorso straordinario 
(5), rappresenta la autentica espressione 
di un potere legislativo, che non � dal vigente ordinamento 
attribuito ad alcun giudice, neppure alla 
costituenda Corte costituzionale. Costituisce un 
giudizio di equit�, nel quale � lo stesso giudice, 
che pone la norma e la applica al caso concreto. 
Tale potere, di giudicare, eio�, prescindendo dal 
diritto vigente non � riconosciuto dall'ordinamento 
giuridico al Consiglio di Stato, n�, in via ordinaria, 
ad alcun giudice. 
Questa che il Oolzi esattamente definisce analogia 
a catena �, perci�, decisamente da avversarsi: non 
sussiste alcuna analogia fra il decreto del Capo 
dello Stato e la sentenza del Giudice ordinario o 
speciale ed in pi� all'estensione ostano le . stesse 
ragioni addotte contro la applicazione analogica 
alle decisioni amministrative. 
Ma v'� di pi�: il noto parallelismo tra ricorso 
giurisdizionale e ricorso straordinario e gli articoli 
16, n. 4 e 23 T. U., 23, n. 3 e 36 regolamento r. d. 
26 giugno 1924, n. 1055, debbono ritenersi, comunque, 
soppressi o modificati dall'art. 113 della Costituzione 
(6), la cui importanza nel vigente ordinamento 
va ben oltre la soppressione delle poche 
norme, che dichiaravano non impugnabili taluni 
atti amministrativi. 
Ohe il decreto del Capo dello Stato sia un atto 
amministrativo � fuor di dubbio (7). Ed � altrettanto 
certo ch'esso non sia preclusivo dell'azione 

(1) U. FORTI, in �Foro It. �, 1937; III, 3 e 250. 
(2) F. CAMMEO, in e< Giur, It. �, 1937, III, 65. 
(3) COLZI: loc. cit. . 
(4) Gmoo1ARDI: La Giustizia amministrativa, 1943, 
p. 368. 
(5) Sulla sua ammissibilit� cfr;: cc Rassegna Avvocatura 
l>, 1948, n. 10, p. 1 e segg. e 1951, n. 2, p. 39 e seg. 
ed autori ivi citati. 
(6) Il ragionamento � ipotetico e postula, per ragioni 
dialettiche, l'ammissibilit� del ricorso straordinario. Esso 
� fatto al solo scopo di dimostrare che il decreto del Capo 
dello Stato, che decida un ricorso straordinario, non pu� 
neppure con riguardo ai soli effetti pratici equipararsi 
al giudicato, non risolvendo irrevocabilmente la controversia. 
(7) Consiglio di Stato IV, 31 marzo 1939: MarconiGnl'rra, 
e< Giur. It. l>, 1940, III, 35. 
stata certamente abrogata dall'art. 113, 20 comma, 
il quale sancisce la illegittimit� costituzionale di 
qualunque legge, che nel futuro cc escluda la tutela 
giurisdizionale degl'interessi legittimi contro gli 
atti della Pubblica Amministrazione n ed abroga 
le norme poste da leggi ordinarie preesistenti contrarie 
al �suo precetto. 

Non v'� ragione per ritenere che l'art. 34 cpv. 
faccia eccezione a tal~ regola. Gl'inconvenienti 
lamentati, che poi si riducono ad uno solo, possono 
essere eliminati. Basterebbe che il parere fosse 
espresso dal Consiglio di Stato a Sezione semplice 

o che, comunque, i consiglieri presenti in adunanza 
generale si astenessero dal giudicare; ma l'imperativo 
categorico, �che vieta la esclusione della tutela 
giurisdizionale, non pu� essere violato. E, perci�, 
la proposizione del ricorso straordinario e la sua decisione 
non precludono il ricorso al Consiglio di Stato. 
Potrebbe obiettarsi che il termine per proporre 
ricorso giurisdizionale avverso l'atto definitivo, 
gi� impugnato con ricorso straordinario si trova 
normalmente ad essere scaduto da tempo al momento 
della decisione di quest'ultimo. Ma tale 
obiezione, d'altronde superabile, non avrebbe alcun 
valore per le� questioni relative a diritti soggettivi, 
attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato. � pacifico in giurisprudenza e in 
dottrina che tali questioni possono essere proposte, 
almeno in linea generale, in qualunque tempo, 
salva l'avvenuta prescrizione. 

Il decorso del termine, dunque, non sarebbe preclusivo 
del ricorso, n� questo potrebbe essere escluso 

o limitato per essere intervenuto il decreto del Capo 
dello Stato, essendo ci� in aperto contrasto con 
l'art. 113. 
Lo stesso ragionamento deve valere in tema di 
giurisdizione non esclusiva; sar� eventualmente 
il decorso del termine ad impedire la proposizione 
del ricorso giurisdizionale, sempre che il termine 
stesso non debba ritenersi riaperto dal riesame 
dell'atto compiuto dall'Amministrazione, sia pure 
in sede di ricorso straordinario. 

N� sembra accettabile l'opinione, che limita 
il ricorso ai motivi relativi a vizi propri del decreto 
del Capo dello Stato, tutelando cosi l'interesse al 
legittimo esercizio di questo potere di decisione, 
ma trascurando del tutto l'interesse legittimo sostanziale, 
che troppo spesso si perde di vista. 

Ammesso dalla prevalente dottrina (3) e dalla 
giurisprudenza che la giurisdizione amministrativa, 
esclusiva e non escllisiva, �, come quella civile, giurisdizione 
di diritto soggettivo e non obiettivo; confermato 
dal pi� volte citato art. 113 ch� obietto della 

(1) ZANOBINI, II vol. p. 122; ROMANELLI: L'annullamento, 
p. 287; Sez. Un. Cass. 9 luglio 1936 rie. Bonc�, iii 
e< Foro Amm. l>, 1937, II, l; VITTA: loc. cit., II, p. 405; 
LESSONA: Giustizia amministrativa, p. 59. 
(2) Consiglio di Stato IV, 31 marzo 1939: MarconiGuerra, 
"Giur. It. ll, 1940, III, 35. 
(3) VITTA: loc..cit.' II, p. 520, contra FilomusiGue).
fi, Salandra, d'Alessio, Guiccia.rdi, 

-s 

tutela giurisdizionale sono [i diritti soggettivi e gli 
interessi legittimi sostanziali; non pu� questa tutela 
negarsi agli stessi per l'intervento del decreto del 
Capo dello Stato, che � pur sempre atto amministrativo. 


La soluzione prospettata � evidente in tema di 
giurisdizione esclusiva. Se un impiegato assuma di 
aver diritto ad una certa indennit�, egli potr�. ricorrere 
in sede giurisdizionale anche se avr� proposto 
e sia stato deciso il ricorso straordinario. 
L'art. 113 gli concede la tutela giuris�izionale del 
diritto alla indennit�, a cui non pu� su:pplire la 
tutela dell'interesse al regolare esercizio del potere 
che sarebbe attribuito al C~po dello Stato, di decidere 
il ricorso straordinario. 

Lo stesso ragionamento vale per la giurisdizione 
non esclusiva: si pensi al proprietario espropriato. 
Egli ha diritto alla tutela giurisdizionale del suo 
interesse (diritto affievolito) alla legittimit� della 
espropriazione e questa tutela non potr�., comunque, 
essergli negata, salva la eventuale decadenza, 
in cui sia incorso. 

�, quindi, inconcepibile un ricorso ex art. 27, 

n. 4, per ottenere che l'Amministrazione si conformi 
al decreto del Capo della Stato, col quale sia 
stato deciso un ricorso straordinario, sia perch� 
questo provvedimento amministrativo non � affatto 
analogo ad una sentenza del Giudice ordinario, sia 
perch� non � irrevocabile e non � suscettibile di passaggio 
in giudicato o di acquistare efficacia analoga 
al giudicato. 
Credo opportuno, infine, accennare alla tesi, di 

recente sostenuta dal Fragola (1). Questo autore,� 

pur partendo dalla esatta premessa che il ricorso, 

di cui all'art. 27, n. 4, postuli come presupposto 

necessario la sentenza del Giudice ordinario passata 

in cosa giudicata, donde, sia pur implicitamente, 

l'inammissibilit� di un'estensione analogica alle 

ipotesi in cui sia intervenuta una decisione del 

Consiglio di Stato o di altro organo di giurisdizione 

amministrativa, propone un'estensione in direzione 

diversa. Egli ritiene, cio�, che, in analogia a quanto 

disposto dall'art. 220 T. U. legge comunale e pro


vinciale 1915 per gli enti locali, il ricorso, di cui 

all'art. 27, n. 4, possa essere proposto per ottenere 

l'esecuzione del giudicato di condanna. 

Il Consiglio di Stato, cio�, a somiglianza di quanto 

� compiuto dalla Giunta Provinciale Amministra


tiva, quale organo amministrativo �i controllo e� in 

virt� �ei poteri surrogatori in tale qualit� riconosciu


tile, dovrebbe sostituirsi all'amministrazione nella 

emissione del mandato di pagamento. 

� chiaro come qui siamo fuori della ipotesi pre


vista dall'art. 27, n. 4, in relazione all'art. 4 legge 

abolitiva del contenzioso, non avendo il giudice 

ordinario dichiarato la illiceit�. di un atto ammi


nistrativo, che occorra poi eliminare, ma avendo 

condannato l'Amministrazione al pagamento di 

somma di denaro. 

Per l'esecuzione di questo genere di sentenze soccorrono 
i mezzi apprestati dall'ordinamento processuale 
civile e la difficolt�. della esecuzione non autorizza 
il ricorso a mezzi previsti per altre ipotesi. 


(I) U. FRAGOLA, in �Foro It. �, 1952, I, p. 1486.0 
Sarebbe come invocare. la sanzione penale per 
ottenere il pagamento di un credito civile contro 
il debitore insolvente! 

Esattamente ritenevai il Forti .che il rimedio, di 
cui all'art. 27, n. 4, � completamento giurisdizionale 
dei poteri limitati riconosciuti all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria e comincia l� dove questi si arrestano. 
Ma in tema di condanna al pagamento di � 
somma di denaro il potere del giudi�e ordinario no tMd 
� limitato da alcuna norma JMiiffJ 

D'~lt_ra ~arte non si vede ~oll1;e ~n~ decisione c;I~(J[ilConsiglio di Stato potrebbe sostitmrs1 a quell'uruc~!Wlli!M 
atto che, secondo le norme sulla Contabilit� gene>''.::=;;;;t;. 

rale dello Stato, � indispensabile per giustificare i 

I pagamenti dell'Amministrazione statale: cio� il 
mandato. �, infatti, evidente che perch� una. tale 
sostituzione fosse possibile, occorrerebbe predisporre 
mezzi normativi in base ai quali sia consentito al 
Consiglio di Stato accertare il capitolo di bilancio 
sul quale imputare la spesa e accertare di questo 
capitolo la disponibilit� agli effetti di determinarne 
la capienza; dovrebbe, infine, essere la decisione 
assoggettata a quel riscontro contabile e di legittimit� 
cui tutti gli ordinativi di spesa debbono 
essere, in via normale, sottoposti, e cio� il visto 
della Ragioneria centrale e la registrazione della 
Corte dei Conti. 

Basta avere enunciato quanto sopra per convincersi 
dell'assoluta inconsistenza delle proposte formulate 
dal Fragola. 

Non ci sembra infine il caso di soffermarci sull'altra 
proposta del Fragola, secondo la quale potrebbero 
impugnarsi avanti il Consiglio di Stato i 
disegni di legge con i .quali si sottopongono al 
Parlamento i singoli bilanci di previsione della 
spesa, e ci� al fine di farvi stanziare le somme necessarie 
perl'esecuzione di decisioni di condanna a pagamenti. 
� appena necessario rilevare, infatti, che i 
disegrii di legge, anche d'iniziativa governativa, non 
sono atti amministrativi, e non lo sono nemmeno 
quelli preordinati all'approvazione dei bilanci perche, 
com'� noto, anche le leggi di bilancio sono 
atti legislativi, sia pur solo formali. 

PARTE ili 

L'art. 27, n. 4, in relazione alla vigente
Costituzione 


Si � detto innanzi, e non pare sia contestabile, 
che l'art. 27, n. 4, del T. U. delle leggi sul Consiglio 
di Stato � in connessione necessaria con l'art. 4 
della legge abolitiva del contenzioso amministrativo 
nel senso, cio�, che presuppone l'esistenza di una 
giurisdizione limitata. Ove, infatti, fosse eliminato 
il divieto posto all'Autorit� giudiziaria ordinaria 
dal citato art. 4 e le. fosse conferito il potere di 
annullare l'atto dichiarato illecito, ..non vi sarebbe 
alcun motivo logico, e, tanto meno, giuridic9, 
per lasciar sussistere l'eccezionale ricorso, di cui 
all'art. 27, n. 4. Questa norma, d'altra parte, attribuiva 
alla giurisdizione di merito non esclusiva 
del Consiglio di Stato la tutela dell'interesse del 
cittadino, il cui diritto soggettivo fosse stato leso 
da un provvedimento amministrativo, dichiarato 



illecito dall' .Autorit� giudiziaria ordinaria, inteso 
ad ottenere che il riesame della situazione giuridica, 
creata dal provvedimento dichiarato illecito, al 
fine di adeguarla al giudicato, si svolgesse secondo 
le regole del diritto e, cio�, fosse esente dai ben noti 
vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione 
di legge, e secondo i principi dell'opportunit� aro


~

ft. ministrativa. 
In quest'ultimo senso principalmente fu inteso 
[iJ;,dalla dottrina il sindacato di merito, sulla cui natura 
@Mgiurisdizionale permangono tuttora gravi contrasti 
fil@@l). La potest� di sindacare la opportunit� dell'atto 
~Mtiu ritenuta, infatti, prevalente sull'altra di sostituire 
.,.~ la Pubblica .Amministrazione nell'emettere un provvedimento, 
che pure si considera compresa nella 
giurisdizione di merito (2). Se questa non � pi� 
configurabile nell'attuale ordinamento costituzionale, 
l'istituto in esame pu� considerarsi sostanzialmente 
soppresso, potendo ricondursi nell'ipotesi 
generale del controllo di legittimit� sugli atti, positivi 
o negativi, della Pubblica .Amministrazione. 
� necessario, pertanto, esaminare se la vigente 
Costituzione abbia modificato il sistema, sopprimendo 
e il �limite dell'art. 4 e la giurisdizione di 
merito: 
L'art. 4 della legge 20 marzo 1865, all. E, poneva 
una norma d'ordine costituzionale in applicazione 
del principio della separazione dei poteri. � 
Col vietare all' .Autorit� giudiziaria di annullare 
o modificare il provvedimento amministrativo, ancorch� 
fosse stato riconosciuto lesivo di diritti, essa 
garantiva il potere esecutivo da interferenze dell'ordine 
giudiziario (3), che avrebbero potuto turbare 
gravemente lo svolgimento dell'attivit� amministrativa, 
della quale il potere esecutivo assumeva piena 
responsabilit� civile e politica, sia nei confronti del 
Parlamento, che del Corpo elettorale. 
Il potere di annullare, revocare o modificare il 
provvedimento era riconosciuto come esclusivo alla 
Pubblica Amministrazione. 
Successivamente questo potere fu attribuito, per 
una maggiore tutela degli interessi privati e per 
una pi� intensa attuazione della legalit� nell'amministrazione, 
al Consiglio di Stato, organo della Pubblica 
.Amministrazione, assistito, per�, da garanzie 
tali, che ne assicuravano la massima indipendenza 
di giudizio. Parve, cos�, che fosse assicurata adeguata 
tutela al cittadino, lasciando impregiudicato 
il principio dell'assoluta indipendenza dei poteri 
dello Stato. 
Gli autori della riforma del 1889 evitarono, per 
quanto era possibile, di definire la natura delle funzioni 
attribuite alla IV Sezione del Consiglio di 
Stato, prospettando i nuovi ricorsi, concessi contro 
gli atti della Pubblica .Amministrazione, come perfezionamenti 
dei rimedi amministrativi previsti 
dall'art. 3, legge 20 maggio 1865, all. E. La dottrina 
prevalente ritenne, quindi, che non si trattasse di 

(1) E. CASETTA, in � Rass. Diritto pubbl. �, 1951, I, 
p. 178 e autori ivi citati, �Rass. Avvocatura�, 1951, 
p. 135-139. 
(2) U. FORTI, in� Foro It. �, 1937, III, 3; ZANOBINI: 
Oorso, bol. II, p. 254 e segg., il quale la definisce � ���� 
funzione di amministrazione attiva esercitata . . . in 
forma giurisdizionale �; 
(3) ZANOBINI: Oorso, vol. II, p. 46 e segg. 
-9funzione 
giurisdizionale, ma di amministrazione 
contenziosa, di controllo amministrativo, cio�, attuato 
con la garenzia del contraddittorio e da parte 
di organi indipendenti (1). 

La questione fu legislativamente risQlta soltanto 
con la legge 7 marzo 1907, n. 62, che qualific� giurisdizionale 
la funzione attribuita alla IV ed alla V 
Sezione del Consiglio di Stato, riconoscendo efficacia 
di giudicato alle relative decisioni. Ma si 
trattava pur sempre di funzione giurisdizionale affidata 
ad organi della Pubblica .Amministrazione. 

La vigente Costituzione ha completato questa 
evoluzione, riconoscendo al Consiglio di Stato la 
natura di organo giurisdizionale alla pari dell'ordine 
giudiziario con la sola differenza della materia, 
che pu� essere oggetto della giurisdizione dell'uno 

o dell'altro. Il Consiglio di Stato ha giurisdizione 
per la tutela nei confronti della Pubblica .Amministrazione, 
degli interessi legittimi; l'ordine giudiziario 
ha giurisdizione per la tutela dei diritti soggettivi. 
Ma tale tutela, a parte la distinzione della materia, 
� attuata dal Consiglio di Stato e dall'ordine 
giudiziario alla stessa maniera. .Anche a quello sono 
applicabili gli articoli 101, 111, 112 e 113 della 
Costituzione, compresi nei titolo IV relativo alla 
magistratura. 

Da questo pi� spiccato carattere giurisdizionale, 
attribuito al Consiglio di Stato ed agli altri organi 
di giustizia amministrativa, sorgeva, per�, il problema 
di assicurare anche nei confronti di questi 
l'indipendenza del potere esecutivo. Il limite, posto 
in via assoluta al giudice ordinario, ed il potere di 
annullare il provvedimento, attribuito con altrettanta 
assolutezza e generalit� al Consiglio di Stato, 
non avevano pi� ragion d'essere ed il problema 
andava risolto con criteri univoci. L'esigenza di 
tutelare intensamente gl'interessi privati non consentiva 
che il generale divieto dell'art. � 4 fosse 
esteso al Consiglio di Stato ed agli altri organi di 
giustizia amministrativa. Vi sono ipotesi, nelle 
quali l'interesse leso dal provvedimento amministrativo 
non.pu� essere tutelato che con l'eliminazione 
del provvedimento stesso. L'esigenza di tutelare 
l'interesse del privato e quella di garantire 
l'indipendenza del potere esecutivo risultano, nelle 
anzidette ipotesi, incompatibili e, pertanto, una 
delle due doveva essere sacrificata. La Costituzione 
ha risolto questo problema con l'ultimo comma 
dell'art. 113, mandando al legislatore ordinario il 
compito di determinare, caso per caso, quando l'una 
esigenza debba essere sacrificata all'altra. Ma questa 
regolamentazione legislativa deve essere specifica. 
In linea generale � fatto divieto a qualunque organo 
di giurisdizione, ordinaria o amministrativa, di annullare 
gli atti della Pubblica .Amministrazione. 

Per i casi eccezionali, nei quali la legge riterr� 
che l'esigenza di tutela debba prevalere su quella 
della indipendenza dei poteri, dovr� la legge determinare 
l'organo di giurisdizione, cui � conferito il 

(1) ScHAUREZ: La giurisdizione amministrativa in Francia 
ed in Italia, in << Giust. Arnm. �, 1896; CoDACCI 
PISANELLI: Le decisioni del Consiglio di Stato, in Scritti 
di diritto pubblico, Citt� di Castello, 1900, p. 205-347; 
ORLANDO: La Giustizia amministrativa, p. 729 e segg.; 
ZANOBINI: Oorso, vol. II, p. 53 e segg. 

N� il problema pu� porsi nel senso di ricercare la 
norma costituzionale che espressamente sopprima 
la cos� detta giurisdizione di merito. 

La Costituzione � la fonte primaria di ogni potere 
e regola le attribuziooi di ciascun potere dello " 
Stato, espressamente garantendo, col giudizio della 
Corte costituzionale, che l'uno non invada la sfera 
di attribuzione dell'altro (art. 134). 

Basta, perci�, soltanto notare che l'art. 113 non::'.:. _., 
attribuisce agli organi giurisdizionali un poteri:dMti1 
analogo a quello, che costituiva la cos� detta giur~Ji8 
sdizione di merito; la cui soppressione, infin~ftfftd 

troverebbe la sua giustificazione nella pi� nettWi;@f&i 

distinzione e separazione fra i tre Poteri dello Stato, ~;:...,�=. 
attuata dalla Costituzione, e nella generale tutela concessa 
contro gli atti della Pubblica .Amministrazione. 

L'art. 113, dunque, mentre da un lato vieta che 
alcun atto della Pubblica .Amministrazione si sottragga, 
in tutto o in parte, al sindacato giurisdizionale, 
dall'altra esclude ogni ingerenza della giurisdizione 
nell'a-ttivit� amministrativa, restituendo 
all'attribuzione esclusiva della Pubblica Amministrazione 
il giudizio sulla opportunit� degli atti 
amministrativi e sulla rispondenza degli stessi al 
pubblico interesse. 

L'interpretazione logico-grammaticale della norma 
conferma, a mio avviso, quanto sopra � esposto. 

L'espressione interesse legittimo ba nel nostro 
ordinamento un significato preciso e ben definito. 
Essa sta ad indicare l'interesse puramente di fatto 
del singolo alla legittimit� dell'atto amministrativo, 
che, trovandosi in particolare connessione con 
l'interesse generale, in vista del quale � posta la 
norma, assurge ad interesse legittimo (1). 

Sono le norme che regolano la legittimit� degli 
atti amministrativi che fanno sorgere gli interessi 
legittimi, i quali sono appunto interessi alla legittimit� 
dell'azione amministrativa (2), occasionalmente 
protetti da norme giuridiche (3). In questi 
sensi si esprime il Guicciardi (4), il quale definisce 
illegittimo l'atto emanato nell'inosservanza di norme 
giuridiche strumentali, inopportuno quello emanato 
in violaz_ione di � norme non giuridiche, che ne 
disciplinano il contenuto, e perci� viziato nel merito. 
Ed ancor pi� esplicito � il Vitta, il quale, dopo aver 
definito l'interesse legittimo (5) come l'interesse 
di persona determinata all'osservanza di una norma 
giuridica, la quale stabilisca limiti e condizioni 
all'attivit� della Pubblica .Amministrazione, e l'interesse 
semplice come quello diretto alla opportunit�. 
dell'azione amministrativa (6), precisa che 
il vizio di merito implica inopportunit� dell'atto 
e che la giurisdizione di merito � in materia d'in


teressi semplici (8). 

(1) Per una diversa concezione dell'interesse legittimo, 
non contrastante col testo, cfr. CASETTA, in "Riv. 
trim. Diritto pubblico�, 1952, loc. cit. 
(2) CANNADA-BARTOLI: L'inapplicabilit� degli atti amministrativi, 
p. 77-78 e autori ivi citlit:ti, 
(3) Consiglio di Stato, IV, 28 agosto 1951, n. 563: 
Finanze-Cruciani in" Riv. Amm. �, 1952, 43; ZANOBil'il: 
Diritto amm. Il, p. 236. 
(4) GUICCIARDI, loc. cit., p. 23-24. 
(5) VITTA: Diritto amm., 1948, I, p. 117. 
(6) VITTA: loc. cit., p. 118. 
(7) VITTA: loc. cit., p. 435. . 
(8) VITTA: loc. cit., vol. II, p. 538. 
-10 

potere di annullamento, e gli effetti di tale annullamento, 
se, cio�, questo debba avere efficacia ex tunc 

o invece ex nunc, salvi gli effetti prodotti dall'atto 
amministrativo anteriormente all'annullamento. 
Il legislatore, nel valutare se l'esigenza di tutela 
degli interessi privati debba prevalere su quella 
dell'indipendenza del potere esecutivo, non mancher� 
di tener conto della infungibilit� dell'interesse 
e della possibilit� ch'esso riceva una tutela per 
equivalente, riconoscendo il potere di annullamento 
soltanto quando l'interesse non possa essere tutelato 
diversamente che con l'eliminazione del provvedimento 
lesivo. Questo potere di annullamento 
potr� essere riconosciuto in casi determinati soltanto 
ad alcuni organi di giurisdizione, ordinaria o amministrativa, 
ad esempio alla Corte di Cassazione ed al 
Consiglio di Stato, con esclusione degli organi 
minori. Ma nelle ipotesi, in cui tale potere non sia 
riconosciuto ad alcun organo di giurisdizione, il 
provvedimento potr� essere annullato soltanto-dal1'.
Autorit� amministrativa. � 

Trascurando di esaminare di proposito se l'articolo 
113 u. p. sia di immediata applicazione e se, conseguentemente, 
siano state abrogate le norme, che 
attualmente conferiscono al Consiglio di Stato il 
potere di annullare gli atti amministrativi, baster� 
qui osservare che il citato art. 113 ha certamente 
abrogato l'art. 4, almeno come principio di ordine � 
costituzionale, ch'esso ha integralmente sostituito. 
D'altra parte, poich� il pi� volte citato art. 113, 
non conferisce il potere di annullamento, ma rinvia 
alla legge ordinaria, perch�, caso per caso, lo attribuisca 
a determinati organi di giurisdizione, l'abrogazione 
dell'art. 4 non eliminerebbe il divieto, gi� 
posto al giudice ordinario, di annullare l'atto amministrativo. 
Il predetto divieto � stato generalizzato, 
salve le specifiche eccezioni apportate dalla 
legge. Ma se il divieto, come principio d'ordine 
costituzionale, dettato nei soli confronti del giudice 
ordinario, � venuto meno, potendo la legge attribuire 
anche al giudice ordinario il potere di annullamento, 
vien meno ogni ragion d'essere del ricorso 
di cui all'art. 27, n. 4. Quando la legge consentir� 
l'annullamento del provvedimento, questo potr� 
essere attuato dallo stesso organo di giurisdizione, 
competente ad accertarne la legittimit� o liceit�. 
Quando, invece, l'annullamento non sar� consentito, 
perch� l'esigenza dell'indipendenza del potere 
esecutivo sar� stata considerata prevalente rispetto 
alla esigenza di tutela degl'interessi privati, l'annullamento 
non potr� essere pronunciato da alcun 
organo di giurisdizione. 

.Ammettendosi, invece, che l'ultima parte dello 
art. 113 abbia valore soltanto programmatico, � necessario 
esaminare se la Costituzione abbia mantenuto 
in vigore la giurisdizione di merito. L'art. 113 

p. p. assicura la tutela giurisdizionale ai soli diritti 
soggettivi ed interessi legittimi, con esclusione degli 
interessi semplici. Questa norma va interpretata 
in relazione con quella contenuta n�l precedente 
art. 103, il quale attribuisce al Consiglio di Stato 
ed agli altri organi di giustizia amministrativa la 
giurisdizione per la tiltela degli interessi legittimi. 
Questa giurisdizione pu� estendersi, in particolari 
materie, alla tutela dei diritti soggettivi, ma non 
pu� mai estendersi agli interessi semplici. 

-11


Questi, pertanto, non possono ritenersi compresi 
nella nozione d'interessi legittimi e non godono 
della tutela giurisdizionale (1). 

Oi� � confermato, direi quasi in modo inconfuta


bile, dal 3� comma dell'art. 113, il quale attribuisce 
� ~tgli organi giurisdizionali, nei casi previsti dalla 
~ legge, il potere di annullare, non quello di revocarefu o modificare gli atti amministrativi. 

t%,, Sicch� deve concludersi che non essendo ammessa 
j)jfiljj)}lalla Oostituzione la tutela degli interessi semplici, 
fiiM~;ton pu� essere ammessa la giurisdizione di merito 
l@@he quella tutela dovrebbe attuare.
if!F Anche ammesso il potere di sindacare il merito, 
w dell'atto, resterebbe sempre escluso quello di modi


ficarlo e, soprattutto, di porre con la decisione 
l'equipollente dell'atto amministrativo. 

PARTE IV 

In conclusione ritengo che, soppresso, per effetto 
dell'art.' 113 �. p. il divieto posto al giudice 
ordinario dell'art. 4 legge 20 marzo 1865, all. E, sia 
venuta meno ogni ragion d'essere del ricorso, previsto 
dall'art. 27, n. 4, T. U. delle leggi sul Oonsiglio 
di Stato. � 

In ogni caso, essendo stata soppressa la giurisdi-
zione di merito, finch� la legge non conformi ilsistema 
al principio costituzionale sancito dall'art. 113 

u. p., ove questo sia ritenuto, contrariamente 
ai comma precedenti, di natura programmatica e 
non di immediata applicazione, il ricorso, di cui 
all'art. 27, n. 4, dovr� intendersi limitato alla legittimit� 
del riesame, effettuato dalla Pubblica Amministrazione 
al fine di conformare, per quanto � 
possibile.ed in corrispondenza col pubblico interesse, 
la situazione giuridica creata per effetto 
(1) MIELE, in� Riv. Diritto finanziario e Scienza delle 
finanze�, 1952, p. 101. 
dell'atto dichiarato illecito con il giudicato, che 
tale illiceit� abbia dichiarato. 

Esclusa ogni estensione analogica, il ricorso deve 
ritenersi ammissibile soltanto in presenza di una 
sentenza del giudice ordinario, che abpia dichiarato 
l'atto amministrativo illecito e, cio�, lesivo di 
un diritto soggettivo perftitto di un privato cittadino 
o di un ente. Ed il ricorso d� luogo ad una 
controversia, avente ad oggetto il modo di conformarsi 
al giudicato, che � decisa con atto giurisdizionale 
avente efficacia di sentenza ed in contraddittorio 
fra le parti. 

Ove non si voglia ritenere illegittimo l'art. 91 
del regolamento perch� in contrasto con l'art. 36 
del T. U. (art. 28 T. U. 17 agosto 1907, n. 638) e 
quindi necessaria la notificazione del ricorso sia 
all'autorit� o all'ente, dal quale fu emanato l'atto 
dichiarato illecito e che fU parte nel giudizio davanti 
l'Autorit� giudiziaria, avente ad oggetto l'illi
�ceit� dell'atto, che al Ministero, dal quale l'autorit� 
predetta dipende gerarchicamente o che sull'ente 
esercita il potere d� vigilanza e tutela, pu� considerarsi 
sufficiente, ma necessaria ad instaurare il 
contraddittorio la comunicazione del ricorso fatta 
a cura della Segreteria. 

Il contraddittorio s'instaurerebbe, per�, in ogni 
caso tra la parte e l'Amministrazione centrale dello 
Stato, ancorch� l'atto illecito fosse stato emesso 
da un ente pupblico o da un'autorit� amministrativa 
periferica. Tale soluzione confermerebbe che 
non di esecuzione del giudicato si tratta, bensi di 
adeguamento al giudicato della situazione giuridica; 
adeguamento che, nell'inerzia dell'ente o della 
autorit� inferiore, dovrebbe essere attuato dagli 
organi di controllo in forza del potere sostitutivo 
loro attribuito. 

Ma con ci� non si elimina l'incongruenza degli 
articoli 90 e 91 del regolamento e l'anomalia di un 
procedimento, nel quale non sia assicurata la presenza 
della parte pi� direttamente interessata. 

GIUSEPPE GUGLIELMI 

AVVOOATO DELLO STATO 



NOTE D I DOTTRINA 



Giurisprudenza completa della Corte Suprema di Cassazione 
(Sezioni Civili), vol. XXX, anno 1951, 
10, 20, 3� quadrimestre. A cura dell'Istituto Italiano 
di Studi legislativi: 

La pubblicazione che recensiamo ha ormai rag


giunto un posto di primissimo piano tra le riviste 

di giurisprudenza e di dottrina giuridica. Sue carat


teristiche sono la completezza e l'esatfozza delle 

massime, l'importanza, l'ampiezza e l'acutezza delle 

note recensive, la richezza dei richiami giurispru


denziali, dottrinali e legislativi, l'agevolezza di 

ricerca attraverso i vari e razionali indici. 

.Nel volume XXX dell'anno 1951 sono state pub


blicate le massime o il testo integrale di oltre 2300 

sentenze della Corte Suprema, di oltre 1300 deci


sioni del Consiglio di Stato e di numerose sentenze 

delle Corti di merito. . 

In linea generale, non s� rilevano in tali pronuncie 

mutamenti radicali di orientamenti giurispruden


ziali; si nota invece una prevalente tendenz� al 

consolidamento delle precedenti decisioni. 

Notevole � il numero di decisioni pubblicate in 
ordine a fattispecie nuove, cos� come rilevante � 
il numero di questioni giuridiche particolari o co, 
munque trattate in termini di cui non si conoscono 

precedenti giurisp_rudenziali. 

Di quelle, di tali sentenze e delle relative note, 

che si presentano di maggior rilievo o che possono 

particolarmente interessare l'Avvocatura dello Sta


to, faremo qui di seguito una breve rassegna recen


siva. 

A proposito di sindacato di costituzionalit�, le 

Sezioni Unite della Cassazione, affrontando una 

questione che non ha precedenti in giurisprudenza, 

hanno deciso, con sentenza n. 1030 del 27 aprile 

1951, che nel sistema giuridico vigente -che, 

come noto, consente all'Autorit� giudiziaria di 

giudicare sulla legittimit� costituzionale delle leggi 

per non essere entrata in funzione la Corte costitu


zionale: art. 134 Costituzione VII delle Norme 

transitorie -anche gli arbitri, si� pure autorizzati 

a decidere secondo equit�, possono giudicare sulla 

costituzionalit� delle leggi. 

La Rivista, nel fascicolo del primo quadrimestre, 

pubblica la nota sentenza 20 aprile 1951, n. 7, 

dell'Alta Corte per la Regione Siciliana sulla legge 

regionale siciliana 24 febbraio 1951 riguardante la 

� organizzazione degli organi e degli uffici ammini


strativi decentrati del Governo regionale �. Secondo 

:.::...-:::....�.�.:: 

' 


l'Alta Corte, tale legge non concerne un complesso 
organico di norme che possa essere considerato un 
ordinamento degli uffici regionali, ma si limita a 
sostituire ai prefetti di nomina statale i procuratori 
di nomina regionale e a fondere la Giunta provinciale 
amministrativa e il Consiglio di prefettura nel 
comitato di controllo. Pertanto tale legge sarebbe 
costituzionalmente illegittima nel suo complesso 
in relazione agli art. 15 e 16 dello Statuto siciliano. 

La decisione ha accolto la tesi del Commissario 
dello Stato, il quale, con _ricorso 3 marzo 1951, 
illustrato da ampia memoria dell'Avvocatura dello 
Stato, aveva sostenuto che l'art. 15 dello Statuto 
ha posto il principio negativo che il nuovo ordinamento 
amministrativo regionale non possa adottare 
il criterio provinciale per la distribuzione territoriale 
delle competenze. 

Il prof. Crisafulli, in nota a detta sentenza, pone 
argutamente in rilievo un aspetto davvero singolare 
della decisione: quello secondo il �quale la controversia, 
scaturita 'originariamente e in linea di fatto 
dalla ostilit� del Governo centrale nei confronti 
dell'abolizione dei prefetti nell'Isola, si � conclusa, 
in linea di diritto, con l'afferma~ione solenne che 
non soltanto i prefetti debbono scomparire nell'ordinamento 
siciliano, ma scomparire addirittura 
senza eredi di sorta, comunque denominati. 

In materia di giurisdizione deve essere segnalata 
la sentenza delle Sezioni Unite 9 giugno 1951, 

n. 1471. Secondo il Supremo Collegio va devoluta 
alla competenza del Giudice ordinario la protezione 
giurisdizionale di un diritto subbiettivo, che si assume 
vulnerato dalla Pubblica .Amministrazione, 
alla quale si contesti dal cittadino il potere discrezionale 
di affievolire quel diritto per ragioni pubblicistiche, 
cosi da trasformarlo in interesse legittimo, 
occasionalmente o condizionatamente protetto. 
Sarebbe di competenza del Giudice amministrativo 
il giudizio, non sull'esistenza, ma sull'esercizio, che 
si assume non corretto, di un potere discrezionale 
riconosciuto di spettanza dell' .Amministrazione. 
La Suprema Corte, nell'anzidetta pronuncia, ha 
esattamente stabilito che la decisione sulla giurisdizione 
va imperniata sull'oggetto. della domanda 
(386 C. p. c.) dovendosi considerare come tale-l'oggetto 
essenziale della pretesa dedotta in giudizio 
(diritto soggettivo o interesse legittimo). Tale indagine 
forma il contenuto della decisione e ne segna, 
nel contempo, il limite. (Vedasi, per un'interessante 
questione di limite di giurisdizione, in materia 



-13 


d'impugnativa davanti al Consiglio di Stato di una 
delibera comunale istitutiva di un tribunale speciale, 
la sentenza n. 2519 in data 14 agosto 1951 
delle Sezioni Unite, recensita dal Chicco in questa 
Rassegna, 1952, p. 41). 

~ Circa la giurisdizione in materia di controversie 
~ relative a rapporto d'impiego presso enti pubblicift,,economici, il contrasto netto fra giurisprudenza del 
jb{;Jonsiglio di Stato e giurisprudenza della Cassazione 
.1:mmi continuato, per cos� dire, su tutta la linea. 
Mfi, Mentre le decisioni del Consiglio di Stato n. 30 
~NW:~1 23 gennaio 1951 (Sez. VI), n. 191 del 23 aprile 
1~MM~51 (Sez. VI), n. 436 del 18 maggio 1951 (Sez. V), 
illifb_:,608 del 30 giugno 1951 (Sez. V) hanno affermato 
F l'appartenenza di tali controversie alla giurisdizione 

del 13.iudice amministrativo, la Corte Suprema, con 
le sentenze n. 896 del 14 aprile 1951, n. 1223 del 13 
maggio 1950 ed inf�.ne con quella n. 2505 emessa 
il 18agosto1951 dalle Sezioni Unite, ha decisamente 
ribadito che anche dopo l'abrogazione dell'ordinamento 
sindacale, spetta all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, non al giudice amministrativo, di giudicare 
delle controversie in parola.

[� da seg'nalare la sentenza n. 223 in data 15 
maggio 1951 del Consiglio di Stato (Sez. VI), nella 
quale, per la prima volta (se non erriamo), � stato 
deciso che le controversie relative al rapporto d'impiego 
dei dipendenti della Gestione Raggruppamenti 
Autocarri -azienda autonoma del Ministero dei 
Trasporti -rientrano nella competenza del Consiglio 
di Stato in sede giurisdizionale]. 

Sulla veroata quaestio che, sul terreno giudiziale 
e dottrinale, ci sembra non possa essere risolta che 
nel 'Senso deciso dalla Suprema Corte, richiamiamo 
lo scritto del SIMI (Il rapporto di lavoro con enti 
pubblici economici e la Costituzione) pubblicato in 
questa Rivista, 1951, p. 129. 

A proposito di limiti di giurisdizione, la Cassazione, 
con la sentenza 15 dicembre 1951, n. 2824, 
delle Sezioni Unite, ha deciso che contro la Pubblica 
Amministrazione � esperibile l'azione di danno 
temuto quando questa non sia diretta contro l'esplicazione 
di un'attivit� discrezionale dell'Amministrazione 
stessa, nell'esercizio di un potere riconosciuto 
dalla legge. In ogni caso, l'Autorit� giudiziaria 
ordinaria non potrebbe indagare la sfera di 
attivit� dell'Amministrazione imponendole di eseguire 
determinate opere. L'A. sarebbe, per�, tenuta 
a rispondere, sotto forma di un'indennit� pecuniaria, 
del rimborso delle spese occorse e di quelle che occorreranno 
per ovviare alla minaccia del danno grave 

7\ e prossimo, e del risarcimento dei danni gi� verificatisi. 
Sempre in materia di giurisdizione, nella sentenza 
11 aprile 1951, n. 864, delle Sezioni Unite, � stato 
ritenuto proponibile il regolamento di giurisdizione 
che miri a risolvere la questione, sollevata dall'Amministrazione 
delle Finanze, relativa al potere o 
meno del contribuente di far valere il proprio diritto 
avanti al giudice ordinario prima che sulla controversia 
abbiano deciso le Commissioni amministrative 
(prec. sent. n. 2597 del 16 novembre 1950). 
Peraltro, la Suprema Corte, nella stessa sentenza 
ha deci.so che, nelle controversie relative ad imposte 
indirette, il ricorso alle competenti Commissioni 
amministrative non costituisce condizione di pro


ponibilit� dell'azione giudiziaria (prec. sent. 30 
aprile 1949, n. 1069). 

In materia di competenza � da ricordare, anzitutto, 
la sentenza n. 221 del 25 gennaio 1951, nella 
quale la Superma Corte, riaffermato che Ltribunali 
regionali delle acque hanno natura di organi speciali 
della giurisdizione ordinaria e ritenuto pertanto 
che la questione sulla competenza del Tribunale 
ordinario ovvero del Tribunale regionale delle acque 
pubbliche � questione di competenza e:non di giurisdizione, 
ha esattamente deciso che l'eccezione di 
incompetenza territoriale ai sensi dell'art. 25 C. p. c., 
sollevata da un'Amministrazione statale (A. N. 

A. S.) chiamata in causa a termini dell'art. 102 
C. p. c., ha logicamente carattere pregiudiziale 
rispetto all'anzidetta eccezione di incompetenza del 
Tribunale ordinario. 
Va poi menzionata la sentenza n. 2605 del 2 
ottobre 1951, secondo la quale il Collegio arbitrale 
costituito ai sensi dell'art. 42 del Capitolato generale 
di appalto delle opere dipendenti dal Ministero 
dei Lavori pubblici, approvato con D. M. 28 maggio 
1895, non ha carattere di giurisdizione speciale, per 
la cui istituzione occorre una norma avente carattere 
di legge. Pertanto la questione circa la competenza 
per materia dell'A. G. O. oppure del 
predetto Collegio arbitrale sarebbe ben proposta 
all'esame della Corte Suprema mediante regolamento 
di competenza (conf. sent. n. 1133 del 10 
maggio 1951). 

Nella sentenza n. 1061 del 5 maggio 1951, le 
Sezioni Unite, decidendo la questione se il Presidente 
del Tribunale nell'emettere i pro;vvedimenti 
demandati alla sua competenza dalle leggi sulla 
avocazione dei profitti di regime (sequestro, riduzione, 
revoca, commutazione, decisione sull'approvazione 
del rendiconto del sequestratario, liquidazione 
compensi a quest'ultimo) agisca in veste 
di organo dell'Autorit� giudiziaria ordinaria o 
quale giudice speciale, ha fermato il principio che 
il giudice ordinario non cessa di essere tale, quando, 
restando immutata la sua composizione istituzionale, 
ad esso �venga da nuove norme attribuita la 
cognizione di nuove particolari controversie. 

La Rivista che recensiamo pubblica anche una 

nota del Salvatori, contraria alla sentenza n. 2164 

del 29 luglio 1950, con la quale le Sezioni Unite 

hanno ancora una volta ribadito la natura giurisdi


zionale delle Commissioni tributarie, compresa quel


la centrale, considerando che in contrario non 

varrebbe obiettare l'inapplicabilit�, ai pronunziati 

della Commissione centrale, dall'art. 111 della Co


stituzione circa il controllo di legittimit� da parte 

del Supremo Collegio. 

L'Avvocatura aveva sostenuto che se si dovesse 
attribuire carattere di giurisdizione speciale alla 
Commissione centrale, si dovrebbe pure ammettere, 
in base al citato art. 111 della Costituzione, la 
possibilit� del .. ricorso in Cassazione per violazione 
di legge contro le decisioni da essa ,prpnunziate: 
ma siccome ci� sarebbe da escludersi, perch� __ per 
le controversie tributarie il controllo di legittimit� 
della Corte di Cassazione � gi� reso possibile con il 
normale esperimento dell'azione giudi21iaria in tutti 
i suoi gradi e d'altra parte non potrebbe lasciarsi in 
facolt� delle parti di adire direttamente il giudizio 


decreto un provvedimento avente la natura di 
sentenza e sempre che si tratti di prov.:vedimento che 
defi.nisca l'intero giudizio o risolva definitivamente 
singole questioni attinenti al merito o al processo. 
Affermato questo come principio generale, la Suprema 
Corte ha peraltro ritenuto che debba derogarsi 
al principio medesimo nel caso in cui la legge 
stabilisca con particolare espressa disposizione che 
il giudice debba statuire con pronuncia diversa 
dalla sentenza e che per sua natura non � soggetta 
ai mezzi d'impugnazione delle sentenze: cos� com'era 
nella fattispecie decisa, nella quale il Presidente 
del Tribunale, in sede di applicazione delle leggi ~ 
sull'avocazione dei profitti di regiine, decidendo in 1� 
contraddittorio delle part i la controversia sorta in >~g 
ordine all'approvazione del rendiconto della ge-B 
stione finale del seques~ra~ario e alla liquidazione fM 
del compenso a quest ultimo, aveva emesso ::::?:o:::::?'%?: 
;~=~~~:i~i=1!~.~:~.n�::::dli 
!~:~~ ~!~~t!~~ae1~:r~~;~~~:~a~~t:~1f~c~~r.'\j~illii@ 
osserva che riconoscendo al legislatore ordinario 
la facolt� di privare il cittadino dei mezzi d'tnpugnazione 
previsti per le sentenze, sia pure -come 
dice la decisione 
�in via di eccezione e in materie 
particolarissime � in considerazione � di esigenze di 
celerit� del processo e di economia dei giudizi �, si 
finisce con l'attribuire al medesimo legislatore ordinario 
un potere, non solo uguale, ma superiore a 
quello della legge fondamentale dello Stato, in 
quanto ogni impugnazione possa resistere anche 
alla. norma costituzionale successiva. 
Riteniamo che la decisione della Corte Suprema 
sia esatta, non tanto per le considerazioni di cc eccezionalit� 
� poste in rilievo nella sentenza e giustamente 
criticate dalla nota recensiva, quanto per 
altra ragione accennata di sfuggita nella sentenza 
medesima e svolta con maggiore ampiezza in una �� 
precedente sentenza del 26 marzo 1949 (n. 1�566): -_,~__,__,! 
cio�, per la considerazione che di <e sente_nza � pu� 
parlarsi solo quando il giudice che emette il provvedimento 
decisorio sia abilitato a pronunciare :! 
sentenze (il che non � per il Presidente del Tribunale). 
� 
In tal modo si spiega come, contrariamente a 
quanto ritiene il Bianchi d'Espinosa, non vi sia 
contrasto fra la decisione di cui si � fatta parola 
e altra precedente del 14 dicembre 1950 (n. 2727), 
nella quale la Cassazione aveva deciso che l'ordinanza 
cc non impugnabile� (cos� defi.nita dall'art. 29 
della legge 13 giugno 1942, n. 794) con cui �il Collegio 
� in camera di consiglio (non il solo Presidente) 
definisce il procedimento di liquidazione delle spese 
e degli onorari dovuti ai procuratori ed avvocati j'dai loro clienti � diventata impugnabile per cassa~ 
zione, con l'entrata in vigore della Costituzione, ~" 
per violazione di legge, dovendosi considerare senf~ 
tenza in senso materiale. ] 
Sempre in materia processuale debbono segna\.
�,,t'_':i��-:. 
larsi la sentenza 17 agosto 1951, n. 2531 e quella r 
(delle Sez. Un.) 11. 1468 dell'8 giugno 1951. Dalla /::: 
prima si evince il noto principio che, pur nell'unit� V 
organica dello Stato, ciascun Ministero, Ammini/ 
__;~ 
strazione autonoma, ha una propria sfera di attrifh;; 
nella seconda sentenza dove si afferma che non pu� 
ritenersi validamente costituito il rapporto proces14 
-
di Cassazione anzich� quello davanti al tribunale, 
ne conseguirebbe che neppure quelle decisioni possono 
considerarsi emesse da un organo di Giurisdizione 
speciale. 

Secondo la Corte Suprema, invece, se si ritene11se 
che l'art. 111 della Costituzione non possa applicarsi 
per le decisioni della Commissione centrale 
delle imposte, perch� il cittadino, come contribuente, 
avendo il diritto di rinnovare ab imis la lite tributaria 
(con esclusione dell'estimo) avanti l'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, ha la possibilit� di fare esaminare 
a suo luogo anche in sede di Cassazione la 
questione sulla legittimit� dell'imposizione tributaria, 
risulterebbe chiaro da questa stessa proposizione 
che l'inapplicabilit� dell'art. 111 non deriverebbe 
dal fatto che quelle decisioni non hanno 
carattere giurisdizionale, ma �sibbene dalla circostanza 
ben diversa che il cittadino ha in questa 
materia una tutela giurisdizionale pi� ampia di 
quella che gli concede la Costituzione. 

H Salvatori dissente soprattutto sul punto in cui, 
pur di mantenere di fronte al citato articolo della 
Costituzione il principio della giurisdizionalit� delle 
commissioni, la Corte Suprema non ha esitato a 
considerare inapplicabile la Costituzione, attribuendo 
anche in questo campo alle Commissioni 
tributarie una particolarit� che verrebbe a farne 
un unicum fra tutte le giurisdizioni speciali esistenti, 
alle cui decisioni, come la stessa Corte Suprema ha 
pi� volte deciso, l'art. 111 � perfettamente ed immediatamente 
applicabile. (Ved�si, ora, la sentenza 

n. 1023/52 della I Sez. civ. della Cassazione, pubblicata 
in questa Rassegna, 1952, p. 107, con nota). 
In tema di applicabilit� dell'art. 113 della Costituzione, 
il Consiglio di Stato, con le pronuncie 

n. 901 del 4 dicembre 1951 e n. 928 del 15 dicembre 
1951, ha esattamente deciso che l'articolo in parola, 
il quale -come noto -vieta che sia esclusa o limitata 
la tutela giurisdizionale contro gli atti della 
Pubblica Amministrazione, non ha abrogato, ne 
reso facoltativo il ricorso gerarchico e cio� il rimedio 
giuridico previsto dalla legge in sed~ amministrativa. 
Con altra decisione (n. 262 del 4 aprile 1951) 
ha poi ritenuto che la predetta norma costituzionale 
si riferisca agli atti amministrativi, ma non agli 
atti politici. 
In relazione all'applicazione della Costituzione, e 
precisamente in relazione al menzionato art. 111, 
� trattata un'interessante questione di diritto processuale 
nella sentenza n. 1061 del 5 maggio 1951 
nella quale la Cassazione (Sezioni Unite) ha, anzitutto, 
ribadito, in conformit� dei precedenti giurisprudenziali, 
che l'articolo in parola, ammettendo 
il ricorso in Cassazione per violazione di legge 
contro tutte le sentenze degli organi giurisdizionali 
ordinari e speciali, � applicabile anche allorch� il 
giudice qualifi.chi erroneamente come ordinanza o 


-10 



Unite (con nota adesiva del Liguori) ha ritenuto 
che il tributo stesso (secondo il sistema della legge 
n. 1271 del 1936, art. 30) � unico e colpisce tutto 
il reddito ricavato .dai fondi, dimodoch� i vari 
elementi di tale reddito non possono essere considerati 
come indipendenti e aut9nomi l'uno rispetto 
all'altro. Pertanto, se qualcuno di tali elementi 
sia sfuggito al primo accertamento (nella specie: 
reddito derivante dalla trasformazione del latte in 
burro e formaggio), esso -secondo il Supremo 
Collegio -potr� farsi rientrare nella tassazione 
solo in via di rettifica dell'accertamento precedente 
del 1946), nonch� dall'identit� di disciplina giuridica 
dell'avocazione dei profitti di regime con quella 
dell'imposta sui profitti di guerra. 
Per un ulteriore approfondimento della struttura 
tributaria della avocazione dei profitti di regime, 
richiamiamo la nota pubblicata in questa Rassegna, 
1951, 119 mentre per una rassegna completa-di-. 
giurisprudenza rimandiamo allo scritto del Calenda, 
in questa stessa Rassegna, 1952, p. 57. 
Riguardo alla considerazione della situazione soggettiva 
della Pubblica .Amministrazione nei rapporti 
stretti con i privati, merita di essere particosuale 
nei confronti della Pubblica .Amministrazione 
se non sia stato chiamato in giudizio l'organo che 
per legge deve difendere gli interessi della stessa 
.Amministrazione nella vertenza cui il predetto rapporto 
si rife1isce. 

In materia tributaria � stata ribadita, con la 
sentenza 12 gennaio 1951, n. 54, delle Sezioni Unite, 
la costantissima giurisprudenza, secondo la quale 
al precetto del solve et repete pu� derogarsi solamente 
quando sia possibile rilevare prima facie, 
s~nza necessit� di complesse indagini in fatto e in 
diritto, il difetto di un titolo formalmente valido 
per la esazione del tributo in contesa oppure della 
qualit� di debitore in chi oppone di non essere 
tenuto al pagamento. 

Altro costante indirizzo giurisprudenziale viene 
riconfermato nella sentenza n. 638 del 14 marzo 
1951, secondo la quale, disposta la restituzione di 
tributi indebitamente percepiti (nella specie: diritti 
doganali), gli interessi decorrono dalla data del 
passaggio in giudicato della sentenza e non da 
quello della domanda giudiziale. 

In tema di obbligazione d'imposta, la Suprema 
Corte, con sentenza 30 maggio 1951, n. 1362, ha 
enunciato il noto concetto che pi� persone intestatarie 
di un'unica p,artita d'imposta, sono tutte obbligate 
in solido verso l'.Amministrazione finanziaria ed 
ha ribadito il vecchio principio che l'obbligazione 
d'imposta -anche quando faccia capo ad una pluralit� 
di debitori -� considerata come unica, cos� 
che i coobbligati assumono la figura di un consorzio 
perfetto non solo relativamente all'oggetto 'finale 
della prestazione, ma anche riguardo al sorgere, 
allo svolgersi e all'estinguersi del rapporto:tributario. 
(Vedasi, in proposito, la nota del Gargiulo in <<Foro 
Ital. �, 1949, I p. 1121). . 

Con la sentenza 13 febbraio 1951, n. 347, la Suprema 
Corte ha esattamente stabilito che la classificazione 
dell'atto adottata dagli uffici finanziari, 
ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, 
non vincola, in sede di giudizio, n� l'.Amministrazione 
stessa n� l'Autorit� giudiziaria le quali 
possono, quindi, qualificare diversamente l'atto o 
trasferimento su cui � caduta la contestazione. 

Pure a proposito d'imposta di registro, la Cassazione, 
con la sentenza 6 luglio 1951, n. 1804, ha 
deciso che � nullo il patto diretto a registrare un 
atto soltanto in caso di contestazione ed a porre 
le relative spese a carico del soccombente; e che, 
data la nullit� del patto, il carico della tassa non 
pu� essere regolato tra le parti c~e dalle norme 
comuni di diritto. 

In materia di tributo sul reddito agrario, la 
sentenza 14 agosto 1951, n. 2516, delle Sezioni 

e non ex novo con accertamento suppletivo avente 
efficacia retroattiva, nel qual caso, non trattandosi 
di estimazione semplice, l'imposizione potr� essere 
impugnata dinanzi al giudice ordinario. (In materia 
di reddito agrario e ricchezza mobile,�� vi'ldasi la 
sentenza n. 2651 in data 30 ottobre 1951 delle 
Sezioni Unite). 

I profitti di regime avocati allo Stato non rispondono 
al concetto di tributo, ma a quello 
di responsabilit� per fatto illecito: questo concetto 

l
l
i..' 

� enunciato nella sentenza 9 giugno 1951, n. 1472, 

, 

delle Sezioni Unite, a riconferma delle sentenze 

' 

-

18 gennaio 1950, n. 151, 27 febbraio 1951, n. 492 

e 6 aprile 1951, n. 799. 

La sentenza 18 gennaio 1950 � pubblicata nel 
fascicolo del primo quadrimestre della Rivista con 
nota pienamente adesiva del Liguori. Il Berliri, in 
una perspicua nota pubblicata in �Foro Ital. � 
1951, �I, 426, ha criticato recisamente la decisione 
del Supremo Collegio, il quale, nell'inquadrare la 
a vocazione dei profitti di regime nel campo della 
responsabilit� illecita anzich� in quello tributario, 
aveva rilevato che, quando l'avocazione allo Stato 

. del bene colpito sia totale, come nel caso considerato, 
si esula completamente dal concetto di tributo 
per entrare in quello di confisca o di sanzione; e 
che elemento a suffragio di tale concezione si desumerebbe 
dallo stesso D. L. 27 luglio 1944, n. 159, 
che pone tale avocazione fra le sanzioni contro il 
fascismo. 

Il Berliri ha facilmente"din�ostrato l'erroneit� dei 
suesposti criteri, menzionando non pochi casi d'imposizione 
qualificate pacifi.camente tributarie in cui 
l'oggetto d'imposta era stato colpito in modo totale 

(D. L. 17 maggio 1950, n. 598, istitutivo dell'imposta 
del 100 per cento sulle spese voluttuarie; decreto 
27 dicembre 1940, n. 1714, che colpiva al 100 
per cento i passaggi di riserva a capitale; art. 18 
del decreto 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione 
dei profitti di contingenza; legge 24 settembre 
1940, n. 1298') ed osservando inoltre che l'avocazione 
dei profitti di regime, dopo la prima affrettata 
sistemazione tra le sanzioni contro il fascismo, 
datale dal decreto legislativo del 1944, era stata 
defi.nitivamente svincolata da tali sanzioni col D. L. 
26 marzo 1946, n. 434, il quale l'aveva inquadrata 
nel sistema tributario giusta lo stesso titolo del provvedimento 
legislativo. 
L'Autore ritiene -esattamente -di desumere 
il carattere tributario dell'avocazione dall'evoluzione 
storica dell'istituto (D. L. 27 luglio 1944, 

n. 159; D. L. 22 settembre 1945, n. 623; D. L. L. 
26 marzo 1946, n. 134), dalla lettera della legge 
(titolo e articoli 25, 27, 28 e 30 del D. L. L. n. 134 

--16 


larmente segnalata la sentenza 26 aprile 1951, 

n. 1014, con la quale � stato esattamente deciso 
che la Pubblicg, Amministrazione non pu� considerarsi 
in mora per il pagamento di quanto � dalla 
stessa dovuto fino a quando non abbia esplicato 
tutti gli accertamenti o controlli prescritti e secondo 
una determinata procedura cui � tenuta per legge. 
Invero, fi.no a tale momento, essendo la sua attivit� 
regolata da norme che la vincolano e dovendosi 
svolgere in conformit� delle medesime, non pu� 
l'eventuale ritardo del pagamento essere attribuito 
a colpa e quindi non pu� parlarsi di mora. 
Interessantissima � poi la sentenza n. 1410 d�l 
5 giugno 1951, con la quale la Suprema Corte ha 
ritenuto che, nel caso di debito a carico di una 
Pubblica Amministrazione la circostanza che questa 
abbia omesso di stanziare in bilincio la somma 
necessaria al pagamento del debito, ancorch� questo 
sia certo ed abbia scadenza fissa, non equivale alla 
ipotesi prevista dall'art.1219, 2� comma, n. 2, Codice 
civile del debitore che abbia dichiarato per iscritto 
di non volere eseguire l'obbligazione, e non esonera 
pertanto il creditore dalla necessit� di costituire in 
mora l'.Amministrazione debitrice, mediante intimazione 
o richiesta fatta per iscritto. Secondo il Supremo 
Collegio, una diversa pi� rigorosa disciplina, agli 
effetti della costituzione in mora, non pu� desumersi 
n� dalle norme del Regolamento per la contabilit� 
generale dello Stato (art. 312 e 313), n� da quelle 
contenute nel Regolamento per l'esecuzione della 
legge comunale e provinc~ale (art. 205), per le 
quali il pagamento effettuato da parte dello Stato, 
delle Provincie e dei Comuni deve avvenire a mezzo 
di mandato e tramite il tesoriere il quale provvede 
a dare avviso al creditore dell'emissione del mandato 
stesso. Invero, dette norme riguardanti le 
modalit� di pagamento non esonerano il creditore 
dal costituire in mora l'Amministrazione e portano 
invece ad escludere l'applicabilit� del n. 3 del 
citato art. 1219 (per il quale la costituzione non � 
necessaria, se scaduto il termine, la prestazione 
deve essere eseguita al domicilio del creditore), 
dovendo in ogni caso il pagamento avvenire presso 
il tesoriere dell'Amministrazione debitrice. 

La sentenza � annotata in senso adesivo dal Pece, 
il quale dimostra in modo limpido e corretto come 
l'obbligazione della Pubblica Amministrazione rientri 
nella categoria delle cosiddette obbligazioni querables, 
esigibili cio� presso il domicilio del debitore. 

Premesso che lo Stato, al pari dei privati, � tenuto 
al pagamento degli interessi corrispettivi che decorrono 
di diritto dal giorno in cui il credito diviene 
liquido ed esigibile, tale condizione, nei confronti 
della Pubblica .Amministrazione, si avvera, in mancanza 
di pattuizioni o di speciali norme, quando 
alla procedura di verifi.cazione e di liquidazione segua 
quella di ordinazione che si esaurisce con l'emissione 
del titolo di spesa: cosi, esattamente, ha decis,o la 
Corte d'.Appello di Roma nella sentenza 6 aprile 
1950, pubblicata nella Rivista con nota contraria 
del Capaccioli. 

Stretta attinenza con l'accennata situazione soggettiva 
della Pubblica Amministrazione ha, infi.ne, 
il principio riconfermato, sia pure incidentalmente, � 
dopo l'entrata in vigore della Costituzione (art. 28), 
dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 

8 giugno 1951, n. 1468, a proposito di responsabii 
lit� della Pubblica .Amministrazione per aziondolose 
dei funzionari (vedasi, in argomento, lo 
scritto del Guglielmi in questa Rivista,, 1949, p, 169). 
Gli atti illegittimi e dannosi per i terzi dei dipendenti 
della Pubblica .Amministrazione debbono essere 
stati posti in essere senza dolo, perch� possa 
ammettersi la loro riferibilit� alla Pubblica .Amministrazione 
e quindi la responsabilit� della medesima 
Pubblica Amministrazione (Di recente, il 
principio si � defi.nitivamente consolidato -dopo 
l'entrata in vigore della Costituzione -nella giurisprudenza 
della Suprema Corte con le sentenze 
9 maggio 1952, n. 1312 e 19 maggio 1952, n. 1434: 
vedasi in questa Rivista 1952, p. 145). 

Per quanto attiene al demanio e alla demanialit�, 
va segnalata la sentenza 5 maggio 1951, n. 1065, 
nella quale, premesso che l'atto amministrativo 
pu� consistere in azioni materiali positive o negative 
(confr.: Cassazione 7 giugno 1949, n. 1415), � 
detto che la demanialit� pu� venir meno, riguardo 
ai singoli beni, col cessare della destinazione, dalla 
quale essa deriva. Ci� potrebbe accadere sia per 
effetto di in fatto naturale, sia in dipendenza di 
un atto volontario dell'Amministrazione, la quale 
deliberi di sottrarre la cosa al servizio cui l'aveva 
destinata. La stessa sentenza precisa, in relazione 

.alla fattispecie, che la declassifi.cazione delle strade 
pu� avvenire anche tacitamente, mediante atti univoci 
della Pubblica .Amministrazione incompatibili 
con la volont� di devolvere ancora quel determinato 
bene ltll'uso pubblico. Gli elenchi dei beni demaniali 
non avrebbero, pertanto, natura di atti costitutivi, 
ma semplicemente quella di atti dichiarativi. 

.A tale riguardo si segnala una nota dell' .Aliotta, 
con la quale viene manifestata adesione alla sentenza 
31 marzo 1951, n. 768. In detta sentenza � 
ribadito il concetto accennato, giacch� la Cassazione, 
seguendo il precedente indirizzo giurisprudenziale 
e uniformandosi ad autorevole dottrina, 
ritiene che le formalit� per la declassifi.cazione dei 
beni demaniali, previste dall'art. 829 Codice civile, 
abbiano semplicemente carattere dichiarativo, essendo 
la destinazione del bene decisiva ai fi.ni della 
determinazione del regime giuridico cui esso deve 
essere sottoposto. Il Supremo Collegio ritiene conseguentemente 
legale la prova della cessazione 
della demanialit� indipendentemente dall'esistenza 
di un'espressa dichiarazione dell'Autorit� amministrativa, 
quando risultino atti univoci di questa, 
incompatibili con la volo,nt� di rivolgere ancora un 
dete.rminato bene ad uso pubblico. 

Con la sentenza 26 giugno 1951, n. 17 41, la 
Cassazione ha poi ritenuto: 

a) che i beni appartenenti al patrimonio indisponibile 
dello Stato e degli Enti pubblici possono 
formare oggetto di private contrattazioni (e quindi 
di locazioni), sempre che tali rapporti non contraddicano 
alla loro destinazione; 

b) che il carattere di demanialit� di un ingno: 
bile deriva esclusivamente dal diritto positivo, il 
quale non consente di attribuire la qualit� demaniale 
ad un immobile solo per essere stata effettuata 
l'espropriazione da parte ed a favore di un 
Ente pubblico (nella specie Comune); tuttavia la 
espropriazione, creando un rapporto essenzialmente 



-17 


l'espressione letterale e, ira l'altro, equiparando i 
poligoni di tiro ai fabbricati adibiti ad uffici pubblici, 
che l'inalienabilit� dei beni demaniali � � un principio 
generale che cessa di essere applicabile quando 
la stessa legge dispone che non sia applicato �. 
Osserva, a quest'ultimo riguardo, il Manzari, che 
in tal modo ci si viene a trovare di fronte ad una 
nuova ed inaspettata classificazione dei beni demaniali 
(in quanto e fi.nch� tali) in alienabili ed inalienabili: 
ci�, quando � demanialit� e inalienabilit� 
di un bene sono due facce dello stesso fenomeno, 
sono concetti indissociabili �. Soggiunge -esattatamente 
-il Manzari che � se una legge contemplasse 
l'alienabilit� di un bene demaniale non vi 
sarebbe una deroga legislativa al principio dell'inalienabilit� 
del demanio; si avrebbe invece l'imgi� 
determinato e preventivamente depositato si 
attua contestualmente al passaggio della propriet� 
del bene stesso al momento in cui viene emesso il 
provvedimento di espropriazione, dimodoch� non 
pu� tenersi conto della svalutazione, precisa che 
quest'ultima deve, invece, essere considerata in 
tutti quegli altri casi della responsabilit� della 
Pubblica Amministrazione per atti legittimi, in cui 
non � prescritto l'onere di un preventivo deposito 
della somma dovuta per i danni arrecati e in cui 
l'ammontiare dell'indennit� non viene �a�terminato 
che successivamente nel giudizio di liquidazione 
e nella relativa sentenza del giudice che, rispetto 
alla liquidazione, ha carattere costitutivo. 
La vera e propria indennit� di espropriazione e 
quella per occupazione temporanea vanno deterdi 
diritto pubblico, importa che l'immobile stesso 
entri a far parte del� patrimonio indisponibile 
dell'Ente che ad essa ha proceduto. 

Mentre la seconda massima sembra senz'altro 
ineccepibile come quella che nella fase di transizione 
dall'atto espropriativo al sorgere della demanialit�, 
e cio� nel cosiddetto stadio formativo della 
demanialit�, attribuface al bene -in considerazione 
della avvenuta concreta destinazione del ~bene privato 
allo scopo di pubblica utilit� -la natura 
giuridica di patrimonio indisponibile; non sembra, 
per contro, possa aderirsi alla tesi enunciata nella 
prima massima. Invero, il carattere di patrimonio 
indisponibile attribuito all'immobile espropriato 
importa necessariamente che i rapporti obbligatori 
stretti con privati dalla Pubblica .Amministrazione 
per l'utilizzazione dell'immobile medesimo siano 
disciplinati dalle norme di diritto pubblico e si 
abbia, quindi, ad esempio, concessione amministrativa, 
ma non locazione. (In conformit� vedasi Cassazione 
30novembre1949 in � Giur. Compl. Cass. �, 
1949, III, p. 929; Consiglio di Stato 31 marzo 1950, 
in questa Rivista, 1950, p. 107. Vedasi anche la 
nota, in questa stessa Rivista, 1951, p. 164-165). 

1 

Proprio in base a tale ultimo principio di diritto, 
il Consiglio di Stato (Sez. IV), nella pronuncia 
17 aprile 1951, n. 267, ribadendo il concetto che il 
rapporto che si � costituisce tra l'Amministrazione 
della Difesa �e gli� ufficiali ai quali vengono assegnati 
alloggi a pagamento, appunto in considerazione 
della loro qualit� di ufficiali, � un rapporto di concessione 
amministrativa e non di locazione, ha 
deciso che � leg�ttimamente revocata la concessione 
di tale alloggio, se la revoca sia determinata dal 
fatto che l'alloggio stesso deve essere assegnato ad 
altro ufficiale che, per le mansioni cui � addetto, 
debba abitare nell'edificio dove ha sede l'ufficio e 
nel quale si trova l'alloggio.. (Vedasi in senso adesivo 
ad analoga decisione -n. 196 del 1950 -la nota 
pubblicata in questa Rivista, 1950, 4, p. 106). 

A proposito di questioni sulla demanialit� � da 
segnalare una bella e provveduta nota del Manzari, 
il quale dissente -ci sembra, esattamente dalla 
sentenza 2 agosto 1950, n. 2303, nella quale 
le Sezioni Unite hanno ritenuto i campi militari 
di tiro a segno come beni demaniali, fondandosi 
su un'imprecisa ed atecnica espressione letterale del 
legislatore (�beni demaniali�, nel senso di beni appartenenti 
allo Stato); ed hanno altres� ritenuto, 
fondandosi su un analogo equivoco ingenerato dal


�'! 

plicita squalificazione di quel bene dal pubblico 
demanio ii. 
Rilevante appare la sentenza 5 luglio 1951, 

n. 1761, con la quale la Cassazione ha riconfermato 
che le disposizioni del capitolato generale di appalto 
per le opere dello Stato, in quanto emanato in base 
ad espressa autorizzazione legislativa, hanno valore 
ogettivo e di carattere dispositivo. La Suprema 
Corte ha per� precisato che la loro osservanza � 
obbligatoria soltanto se il contratto d'appalto interessa 
l'ente per il quale il capitolato generale fu 
predisposto e cio� lo Stato; pertanto, ove interessi 
un ente diverso dallo Stato, il rinvio alle �norme 
dell'anzidetto capitolato ha carattere ricettizio e 
la norma regolatrice richiamata non pu� avere che 
lo stesso carattere dell'atto giuridico che la richiama 

ossia carattere contrattuale. 

Circa la questione se tale affermazione del valore 
normativo dei capitolati sia o meno in contrasto 
con la giurisprudenza (sopra richiamata) della 
Suprema Corte secondo la quale deve essere negata 
la natura giurisdizionale speciale ai collegi arbitrali 
delle opere pubbliche in quanto non disposti 
da una norma di �legge �, vedansi, nel senso della 
esclusione del contrasto in parola, le brevi note 
pubblicate in questa Rassegna, 1948, fase. 1-2, 

p. 7 e anno 1951, p. 120). 
Secondo la sentenza 26 aprile 1951, n. 1020, le 
clausole dei capitolati speciali per le opere pubbliche, 
a differenza di quelle dei capitolati generali, 
hanno valore di norme contrattuali, la cui interpretazione 
da parte del giudice di merito non � 
censurabile in Cassazione. 

In tema di espropriazione per pubblica utilit�, 
segnaliamo la sentenza 10 aprile 1951, n. 836 (con 
nota contraria dell'Ardizzone), nella quale viene 
riconfermata la natura di obbligazione pecuniaria 
fi.n dall'origine dell'indennit� di espropriazione e trovasi 
svolta -per la prima volta, se non erriamo la 
considerazione che il principio-dell'arricchimento 
senza causa non � applicabile in materia di espropriazione, 
perch� mentre ques'ultima � conseguenza 
di un'attivit� legittima della Pubblica Amministrazione, 
per contro quel p~incipio esige che l'aumento 
patrimoniale dell'uno sia, oltre che correlativo ad una 
ingiusta perdita dell'altro, ingiustamente conseguito. 

Nella sentenza 12 mairzo 1951, n. 594 (ancora con 
una nota contraria dell'Ardizzone), il Supremo 
Collegio a Sezione Unite dopo aver precisato che 
la conversione del bene nell'equivalente pecuniario 


-18 


minate, la prima in base al valore dei beni al momento 
dell'espropriazione e la seconda in base alla 
utilit� economica che i beni sono capaci di arrecare 
al proprietario al momento dell'occupazione (sentenza 
n. 1432 del 6 giugno 1951). Tratterebbesi 
-secondo il Supremo Collegio -di rapporti analoghi, 
rispettivamente, a quelli della compravendita 
e della locazione, con la differenza, fra le altre, 
che il prezzo della compravendita e il corrispettivo 
della locazione sono pattuiti dai contraenti, mentre 
l'indennit� � determinata secondo criteri stabiliti 
dalla legge in mancanza di accordi fra gli interessati. 
Si hanno, pertanto, fin dall'origine, obbligazioni 
pecuniarie vere e proprie, cui � applicabile 
il� principio nominalistico, seocndo il quale sono 
dovute le somme determinate e, se del caso, gli 
interessi legali (art. 1224 e seg., Codice civile). (Per 
qualche dissenso in dottrina, vedasi lo scritto del 
Vitta, pubblicato in cc Riv. Amm. � 1951, I, p. 1, 
e recensito dal Rebori in questa Rassegna, 1952, 

p. 64). 
Sempre in tema di espropriazione, deve ancora 
ricordarsi la sentenza 19 dicembre 1951, n. 2860, 
nella quale inecepibilmente si considera che con 
l'espropriazione per pubblica utilit� la propriet� 
dell'immobile che ne forma oggetto passa all'Ente 
espropriante, e pertanto il subietto nei cui confronti 
avvenne l'espropriazione non conserva la propriet� 
latente dell'immobile, qualora vengano meno le 
ragioni che hanno indotto all'espropriazione, bensi 
semplicemente solo un jus ad rem (e non gi� in re). 
Tale diritto pu� farsi valere nei confronti dell'espropriante, 
non con l'azione di rivendita, bensi 
solo con la procedura amministrativa di retrocessione 
secondo le modalit� degli articoli 60 e 61 
della legge fondamentale, ed unicamente tale diritto, 
e non gi� un diritto che pi� ha, pu� l'espropriato 
trasmettere a terzi. 

Si � detto all'inizio di questo scritto che nell'anno 
1951 non vi erano stati notevoli mutamenti di 
giurisprudenza del Supremo Collegio. Senonch� 
un'eccezione deve segnalarsi in materia di poteri 
spettanti a Potenze occupanti il territorio italiano 
in tempo di guerra e di validit� della vendita di 
materiali dello Stato a cittadini italiani. 

ta Corte Suprema, nelle sentenze 20 gennaio 
1951, n. 163, e 15 giugno 1951, n. 1551, ribadendo 
principi gi� chiaramente enunciati nella sentenza . 

n. 774 del 22 marzo 1950, aveva ritenuto che, a 
termini dell'art. 53 della II Convenzione dell'Aja, 
lo Stato occupante non pu� appropriarsi di beni 
dello Stato, che siano destinati a fini militari, per 
farne commercio con i cittadini italiani, giacch� 
cc di fronte a costoro � sempre in vigore la norma 
dell'ordinamento giuridico interno per cui essi non 
possono validamente acquistare beni che fanno 
parte del patrimonio indisponibile dello Stato e 
che non possono essere sottratti alla loro destinazione 
se non nei modi stabiliti dalle leggi che li 
riguardano (art. 826, comma 2�; 828, comma 20, 
Codice civile) �. 
Per contro, nella sentenza delle Sezioni Unite, 

n. 2644, del 19 ottobre 1951, troviamo sanzionato 
il principio che il potere di appropriazione da 
parte dello Stato occupante di ogni bene mobile 
dj pertinenza dello Stato occupato che sia idoneo 
alle operazioni di guerra, importa, per lo Stato 
�occupante, il potere di disporre senza limitazioni 
dei beni di cui si � appropriato (nella specie, due 
muli dell'esercito italiano, predati dalle truppe 
anglo-americane occupanti �1a Sicilia prima dell'armistizio), 
ritenendoli o alienandoli, con piena vali


dit� del trasferimento. 

Di fronte a questa nuova giurisprudenza che d� 
assoluta prevalenza all'ordinamento internazionale 
sull'ordinamento giuridico interno, in materia disciplinata 
da norme attinenti all'ordine pubblico 
e nei confronti di privati cittadini, non si pu� restare 
sorpresi e ritenere che sia fondata l'opinione 
manifestata in questa Rivista (1951, p. 206), nel 
senso che �la sentenza delle Sezioni Unite abbia ceduto 
alla suggestione equitativa della fattispecie �. 

Il rovescio, per cos� dire, delle situazioni consi-. 
derate nelle decisioni ora ricordate trova una notevole 
affermazione giurisprudenziale nella sentenza 
delle Sezioni Unite, n. 1059, del:.30 aprile 1951, 
nella quale � nunciato eil principio che qualsiasi 
violazione dei limiti e delle~:condizioni posti dallo 
art. 52 della Convenzione dell'Aja del 23luglio1899, 
pu� determinare responsabilit� dello Stato Italiano 
solamente sul piano internazionale, ossia direttamente 
v;erso altri Stati; ed � escluso che l'abitante 
dello Stato occupato derivi dalla norma stessa un 
diritto soggettivo proprio per tutelarsi contro requisizioni 
subite e ritenute illegittimamente com: 
piute. 

Non va sottaciuta la sentenza n. 1179 del 12 
maggio 1951 (con nota di M. S. Giannini), a termini 
della quale le alienazioni di beni dello Stato compiuta 
da organi dell'ex R. S. I. sono irrilevanti 
rispetto all'ordinamento giuridico dello Stato Italiano 
indipendentemente dalla formale dichiarazione 
di inefficacia espressa dal D. L. 5 ottobre 
1944, n. 249. 

� noto che, nella elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, 
cui il problema della sistemazione 
nell'ordinamento giuridico italiano degli atti della 

R. S. I. �ha dato luogo, l'attivit� della R. S. I. si 
qualifica come attivit� di un ordinamento diverso 
dallo Stato. Posto il principio della pluralit� degli 
ordinamenti ne discende la necessit� di una norma 
di collegamento attraverso la quale uno degli ordinamentj, 
nella specie quello dello Stato Italiano, 
attribuisca rilevanza giuridica all'attivit� dell'altro 
ordinamento, quello della R. S. I., consideri cio� 
come fatto rilevante quello svolto in seno all'altro 
ordinamento. Pertanto -secondo l'esattissima tesi 
del Supremo Collegio -le norme del decreto n. 249 
del 1944, in quanto stabiliscono l'inefficacia di 
determinati atti dell'attivit� della R. S. I., hanno 
carattere dichiarativo, dichiarano cio� che tali atti . 
non possono essere recepiti nell'ordinamento giuridico 
italiano e riferiti in qualsiasi modo allo Stato. 
In relazione al periodo della c. d. R. S. I. occorre 
anch� ricordare la sentenza 13 gennaio 1951, n. 81, 
con la quale la Suprema Corte ha ritenuto che i 
Comitati di liberazione nazionale Alta Italia, tanto in 
periodo clandestino, nel quale ~unzionavano in 
opposizione all'organizzazione illegittima del sedicente 
governo della R. S. I., quando nel periodo 
successivo al 25 aprile 1945, agirono in virt� dei 
poteri delegati dal Governo legittimo centrale per 


-19 



Da segnalare, per l'Avvocatura, la sentenza n. 522 del 
2 marzo 1951, con la quale la Cassazione ha ribadito 
un indirizzo giurisprudenziale segnato con la sentenza 
n. 2478 del 19 agosto 1950, in contrasto con 
quanto precedentemente deciso da molte Corti di 
merito. Secondo il Supremo Collegio nessuna detrazione 
di interessi a scalare deve essere apportata 
alla somma liquidata per risarcimento del danno 
per l'inabilit� permanente, qualora come criterio 
di liquidazione non sia assunto il cumulo puro e 
semplice delle rate annuali che il responsabile civile 
vato all'Amministrazione, l'A. esamina l'eventualit� 
che possa essere chiesta ed ottenuta una sentenza 
di condanna in futuro. 
Ritenutane l'ammissibilit�, il Sandulli rileva la 
scarsa utilit� pratica per il creditore di ricorrere 
ad un rimedio siffatto in mancanza �ell'emissione 
del titolo di spesa. 
La sentenza di condanna in futuro diverrebbe 
difatti operante solo dQpo l'esaurimento della 
procedura amministrativa, attraverso la emissione 
del titolo di spesa, in quanto, prima di tal mo-
l'esercizio delle funzioni rappresentative, che esso 

non era in grado di esercitare, compresa quella 

dell'emanazione delle norme giuridiche. 

Riguardo alle funzioni (amministrative) dei 

C. L. N. si richiama la nota pubblicata in questa 
Rivista (1951, p. 95), nella quale con argomenti 
desunti dal D. L. 28 febbraio 1945, n. 73 e dal D. L. 
1� aprile 1948, n. 317 (norme per l'assunzione e liquidazione 
da parte dello Stato dei debiti contratti 
dalle formazioni partigiane ai fini della lotta di 
liberazione: articoli 1 e 19) esattamente si sostiene 
che quella dei C. L. N. fosse rappresentanza politica 
per le esigenze della lotta contro il nemico, 
senza alcuna delega di puboliche funzioni di carattere 
amministrativo e quindi con esclusione della 
riferibilit� diretta allo Stato degli atti compiuti 
dai C. L. N. 
A proposito di atti amministrativi emessi da.Il' Autorit� 
militare occupante, il Consiglio di Stato 
(Sez. VI), nella decisione 23 ottobre 1951, n. 527 
(non esistono precedenti specifici editi). ha deciso che 
spetta direttamente� al Governo di giudicare della 
conformit� all'ordinamento giuridico italiano di tali 
atti e di stabilire se gli atti medesimi possano essere 
considerati validi come se'f'compiuti da un'autorit� 
italiana. .. 

Giacch� si '� fatto cenno di pronuncie giurisprudenziali 
relative a situazioni attinenti ai verifi,catisi 
eventi bellici, sembra opportuno ricordare la sentenza 
n. 657 del 15 marzo 1951, nella quale la 
Suprema Corte ha ritenuto che, anche dopo l'entrata 
in vigore del trattato di pace e fino a quando 
non cessi l'attuale Amministrazione provvisoria, lo 
Stato Italiano -pur non essendo pi� titolare della 
sovranit� sopra la zona destinata a costituire il 
Territorio Libero di Trieste -continua ad esercitarvi, 
per implicita delegazione contenuta nel Trattato 
stesso, la funzione giurisdizionale a mezzo 
degli organi giudiziari da esso gi� istituiti, e di 
magistrati che non hanno cessato di appartenere 
all'ordine giudiziario italiano e che continuano ad 
applicarvi le norme di procedura italiane e, in genere, 
dell'ordinamento precedente,. Pertanto le sentenze, 
emesse del detto T.. L. T. dai predetti organi 
dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, devono 
considerarsi sentenze italiane e contro di esse 
� ammissibile il ricorso alla Corte Suprema di Cassazione 
italiana. 

In materia di risarcimento di danni, la Rivista 
che recensiamo pubblica numerose sentenze e note 
sul tormentato. problema della svalutazione e della 
decorrenza degli interessi. (Vedasi le note del Rubino, 
del Distaso, del Miccio, del Pugliese e del De Martini: 
quest'ultimo con frequenti richiami ad analogo scritto 
del Rebori, pubblicato in �Foro Ital. �, 1951). 

dovrebbe corrispondere al danneggiato per risarcirlo 
del danno medesimo, ma sia assunta la equivalenza 
dell'indennizzo con la somma capitale che 
il danneggiato dovrebbe versare -secondo lenote 
tariffe allegate al R. D. 9 ott.obre 1922, n. 1403 per 
ottenere una rendita vitalizia pari alla rendita 
annua accertata. 

U. CORONA.S 
ALDO M. SANDULLI: La posizione dei creditori pecuniari 
dello Stato. cc Riv. trim. Diritto pubbl. �, 
1952, p. 543. 

Il problema della pos1z10ne dei creditori pecu


niari dello Stato viene esaminato ancora una volta 

attraverso il pregevole studio dell' A. Il Sandulli, 

posta la distinzione tra diritto di credito pecuniario 

e diritto al pagamento, � di avviso che il diritto 

di credito pecuniario verso lo Stato deve conside


rarsi perfetto quando, a sensi delle leggi civili, il 

credito diviene liquido ed esigibile. 

Senonch�, la perfezione del diritto di credito non 
costituisce presupposto sufficiente per determinare, 
in caso di mancato �pagamento, la mora della 
Amministrazione, in -quanto occorre altres� che 
venga esaurito, con l'emissione del titolo di spesa, 
ilJ procedimento amministrativo, previsto dalle 
norme di contabilit�, per far luogo al pagamento 
della somma dovuta. 

Avanti l'inizio e durante lo svolgersi di tale procedimento 
amministrativo, il diritto al pagamento, 
pur esistendo e spettante al creditore, si trova in 
uno stadio di pendenza, e quindi esso si palesa 
inoperante nei confronti dell'Amministrazione. 

Premessi taluni cenni intorno all'incidenza dei 
vari momenti della procedura delle spese erariali 
(stanziamenti in bilancio; destinazione dei fondi; 
liquidazione e] ordinazione) sulla posizione giuridica 
del creditore dello Stato, l'A. afferma il principio 
della obbligatoriet� per l'Amministrazione 
all'osservanza delle norme di contabilit� e della 
rilevanza esterna delle norme medesime nei confronti 
dei terzi interessati, per modo che il 'pagamento 
disposto in violazione di esse, si paleserebbe 
illegittimo e quindi ripetibile. 

Il Sandulli esamina quindi la possibilit� delle 
azioni rivolte ad ottenere la condanna dello Stato 
ad un pagamento. 

Eliminata fa possibilit� di ottenere, durante lo 
stadio di pendenza del diritto al pagamento, una 
sentenza di condanna al pagamento immediato, 
in quanto l'ordinazione della spesa � atto riser



-20 

mento, il diritto al pagamento resterebbe egual


mente in pendenza. 

.Alcuna tutela offrirebbe, peraltro, l'ordinamento 

giuridico per le ipotesi di ritardo nello stanziamento 

in bilancio delle somme dovute dallo Stato, in 

quanto, concretandosi l'atto di approvazione del 

bilancio in un atto politico, non potrebbe sussi


stere una lesione di un diritto subiettivo, quale 

presupposto indeclinabile per ottenere il risarci


mento dei danni derivanti dal ritardo verifi.catosi. 

Nell'ipotesi invece di ritardo nel compimento 

degli atti della procedura contabile, il Saridulli 

ammette la possibilit� del rimedio giurisdizionale 

amministrativo avverso il comportamento omissivo 

dell' .Amministrazione, al fine di ottenere una pro


nunzia di illegittimit� che consenta al creditore 

di richiedere in sede giurisdizionale ordinaria la 

condanna dell' .Amministrazione al risarcimento 

dei danni. Ulteriore rimedio concesso al creditore, 

nell'ipotesi di persistente rifiuto dell'.Amministra


zione, dopo la pronunzia giurisdizionale di illegitti


mit� per il comportamento omissivo dello Stato, si 

concreterebbe nella proposizione del ricorso pre


visto dall'art. 27, n. 4, del T. U. sul Consiglio di 

Stato, al fine di ottenere una pronunzia che tenga 

luogo della mancata emissione dell'ordine di paga


mento. 

Rimane invece esclusa per l'.A. la possibilit� 

dell'esperimento di azioni esecutive prima dell'emis~ 

sione del titolo di spesa, in quanto mancherebbe 

in realt� un titolo esecutivo operante; n� la con


danna in futuro potrebbe costituire titolo esecutivo 

in tal senso, prima del momento in cui viene disposta 

l'ordinazione del pagamento. 

Esaminando infine la quistione della possibile 

condanna dell' .Amministrazione al pagamento degli 

interessi moratori e degli interessi corrispettivi, 

l'.A., riaffermata la rilevanza esterna delle norme di 

contabilit�, esclude che l'Amministrazione possa 

essere condannata al pagamento degli interessi 

moratori, almeno fino a quando non intervenga 

una pronunzia di illegittimit� del comportamento 

omissivo dell' .Amministrazione medesima. 

Viceversa il Sandulli ritiene ammissibile la con


danna dell' .Amministrazione al pagamento degli 

interessi corrispettivi, in quanto alcuna norma 

particolare preclude l'applicabilit� nella specie 

dell'art. 1282 Codice civile con il quale il legisla


tore ha inteso impedire l'indebito arricchimento 

per chi, con il rimanere inadempiente, ha, in realt�, 

continuato a godere della possibilit� di disporre 

del denaro altrui. 

La distinzione posta dal Sandulli fra diritto di 

credito � diritto al pagamento per i fini che l'A. 

intende conseguire non appare acoettabile. 

Ohe il titolare di una pretesa pecuniaria abbia 
diritto ad ottenere il pagamento oggetto del~'obbligazione 
di denaro, non vi � dubbio; ma tale particolare 
diritto, su cui l'A. ha posto in modo preminente l'ac,
cento logico della tesi indioata, non costituisce altro 
ohe il contenuto normale del rapporto obbligatorio a 

parte creditoris. 

Il diritto al pagamento si traduce sostanzialmente 
nell'ordinaria formula giuridica di diritto all'adempimento 
della pretesa pecuniaria. 

Ora, il diritto all'adempimento non � altro ohe il 

diritto all'attuazione del oredito vantato, e quindi 

oostituisoe la oondizione normale su oui si svolge e 

si esaurisoe l'ordinario rapporto obbligatorio, oosti


tuendo appunto la prest�zione ded�tta in obbligazione. 

Senonoh�, non pu� oonvenirsi nel oonsiderare 
del tutto distinto e separato il o.d. diritto al pagamento 
dal diritto subbiettivo di oredito, quasi ohe la 
sfera giuridica del titolare del credito debba potersi 
sdoppiare e dar luogo a separati settori in oui esistono 
diritti distinti l'uno dall'altro. 

Ohe se poi in realt� il materiale ade�mpimento 
dell'obbligazione peouni�r,ria richiede il previo compimento 
di partioolari atti o operazioni, nulla togae 
ohe il momento in oui si esercita il o.d. diritto al 
pagamento, si sostanzia nella fase finale e solutoria 
del rapporto obbligatorio. 

� sempre per� il diritto di oredito originario di 
oui si ohiede l'attuazione ohe si rende attuale ed operante 
e non anohe un diverso e parallelo diritto al 
pagamento ohe invero non sembra ooesistente in modo 
autonomo. 

Se, dunque, nella fase solutoria del rapporto obbligatorio, 
� solo ed esolusivamente il diritto di credito 
che si rende attuale ed operante, non vi � luogo per 
la distinzione posta dall' A. e pi� particolarmente per 
i fini ohe egli vuole trarre. 

Non appare neoessario ricorrere alla costruzione 
indicata nello studio del Sandulli per spiegare il 
fenomeno normale e quotidiano attinente aWadempimento 
delle obbligazioni pecuniarie da parte dello Stato. 

Ohe il diritto di credito possa trovare attuazione 
nei confronti del massimo Ente pubblico solo attraverso 
il compimento di particolari atti della procedura 
contabile amministrativa, non autorizza a ritenere 
la presenza di un ulteriore diritto (quale quello 
al pagamento) atteggiantesi in modo affatto speoiale. 

Il fenomeno rilevato si presenta egualmente anche 
in ipotesi diverse della comune vita del diritto, 6 non 
si � mai ritenuto ohe il c.d. diritto al pagamento 
rimanga compresso o limitato nel suo contenuto, 
essendosi sempre affermato che � per l'att�azione del 
diritto originario di oredito che si richiede il previo necessario 
oompimento di formalit� disposte dalla norma. 

Se, quindi, non pu� ammettersi la coesistenza a 
fianoo del diritto di oredito, dell'ulteriore diritto al 
pagamento, poich� � sempre lo stesso diritto di credito 
manifestantesi nella fase della sua normale attuazione 
cos� come si verifica per ogni altro diritto, non � dato 
parlare di inoperativit� di un preteso diritto nei confronti 
dello Stato. 

La verit� � che l'ordinario diritto di credito si 
palesa nei confronti della Pubblica Amministrazione, 
allo stesso modo che nei riguardi del comune debitore 
solo che l'adempimento spontanep da parte dello 
Stato richiede l'emanazione di particolari atti imposti 
dalle norme contabili. E poioh� tali norme 
assumono rilevanza esterna nel mondo giuridico, 
l'attuazione di esse si rende obbligatoria erga omnes. 

Consegue che la forma di tutela "iiel creditore si 
paleser� in funzione della particolare situazi�ne 
giuridica, predisposta dalla norma, senza peraltro 
che sia consentita una moltiplicazione di mezzi di 
tutela non autorizzata dall'ordinamento giuridico. 

Ohe se poi a seguito della comparazione tra la 
posizione giuridica del creditore nei confronti del 


-21



debitore comune e quella dello stesso soggetto nei 
confronti dello Stato, possa apparire come deteriore 
la posizione del creditore verso lo Stato, ci� non legittima 
l'intendimento manifestato da una parte della 
dottrina di accrescere i mezzi di tutela al fine di raggiungere 
una completa equipollenza fra le due posizioni 
sopra considerate. 

Il constatare che a seguito di un esatto indirizzo 
giurisprudenziale il creditore si trova ormai ad avere 
aperta soltanto la via. all'adempimento volontario da, 
parte dell'Amministrazione, giustifica lo sforzo della 
dottrina per la ricerca di altri mezzi di coazione nei 
confronti della Pubblica Amministrazione, ma non 
rende lecito l'uso di mezzi di tutela predisposti 
dall'ordinamento giuridico per ipotesi diverse e 
per la tutela d'interessi ben determinati nel loro 
contenuto e nella loro struttura. � l'ipotesi questa 
prospettata dall'A. e riguardante l'ammissibilit� 
.del ricorso giurisdizionale amministrativo avverso 
il mancato compimento degli atti della procedura 
contabile. Si tende attraverso questa via di ottenere 
una pronuncia di illegittimit� in punto alla pretesa 
omissione da parte della Pubblica Amministrazione 
onde ottenere in tempo successivo o una pronuncia 
da parte della giurisdizione ordinaria di risarcimento 
dei danni, ovvero una decisione ex art. 27, 

n. 4, T. U. sul Consiglio di Stato da parte dell'organo 
di giustizia amministrativa. 
Senonch�, mancano, nella specie, i presupposti per 
ottenere la pronuncia indicata. 
Ed invero, posto il principio che il creditore fa 
valere in concreto solo ed esclusivamente la sua pretesa 
creditoria (id est un diritto subiettivo) e che dal 
mancato adempimento degli atti della procedura contabile, 
deriverebbe uno stato di inadempimento da 
parte dell'Amministrazione, lo stesso creditore verrebbe 
a far valere dinanzi all'organo di qualsiasi 
Amministrazione la lesione del suo diritto di credito. 

Ed invero, non � dato distinguere fra il diritto di 
credito e l'interesse in capo allo stesso creditore rivolto 
al compimento degli atti della procedura contabile, 
in quanto gli atti medesimi in realt� non assumono 
ne potrebbero assumere per ci�. stesso . ri"levanza 
esterna. 

L'iter formativo della volont� dell'Amministrazione 
conduce soltanto ad una manifestazione positiva 
o negativa in ordine all'adempimento dell'obbligazione, 
e pertanto l'atto conclusivo, il solo che abbia 
rilevanza esterna, sar� suscettibile di esame al fine 
d'interpretare il contenuto della volont� della Amministrazione. 
Senonch� tale atto (id est la manifestazione 
dell'Amministrazione) incider� non su posizioni 
giuridiche assumenti la natura e la struttura 
d'interessi, ma solo ed esclusivamente sull'originaria 
posizione del creditore concretantesi nel suo diritto 

del complesso procedimento, concorre anche la volont� 
di organi diversi da quelli dell'Amministrazione 
attiva, e tenuto conto, altres�, che i singoli atti appaiono 
dotati tra loro di autonomia, anche se tutti 
concorrenti ad un medesimo fine, non .s-i ritiene ohe 
una eventuale pronuncia ex art. 27, n. 4, possa 
tener luogo anche d�lla mancata manifestazione di 
volont� degli organi diversi da quello dell'Ammini� 
strazione attiva. . 

Ed, infatti, posti i princip~ regolanti la responsabilit� 
della Pubblica Amministrazione non si saprebbe 
come imputare all'Amministrazione interessata 
il mancato pagamento quando questo possa 
derivare dalla omissione� dell'organo di controllo o 
comunque di un �organo diverso da quello dell' Amministrazione 
attiva. 

Le considerazioni che precedono valgono a dimostrare 
che il mezzo di tutela in caso di inadempimento 
o di ritardo nell'adempimento da parte dello 
Stato di un'obbligazione pecuniaria non pu� ricercarsi 
tra quelli giurisdizionali amministrative, dovendosi, 
per costringere l'Amministrazione al pagamento, 
far ricorso agli ordinari mezzi predisposti 
dall'ordinamento giuridico a tutela dei crediti comuni 
con i limiti stabiliti nelle leggi di contabilit�. 

.A.. TERRANOV.A. 

.A.. GIANNINI-F. VALORI: Codice dell'Esercito. Oedam, 
1953, p. 1629). 

La disciplina legislativa degli ordinamenti militari, 
dovendo attuare la regolamentazione capillare 
delle Forze .Armate dello Stato in pace ed 
in guerra, � necessariamente delicata e complessa. 
Delicata perch� l'organizzazione della difesa dello 
Stato � per sua natura indissociabile dai fattori 
di carattere politico e storico della vita del Paese 
con innegabili riflessi internazionali; complessa 
perch� il succedersi degli avvenimenti nazionali 
-particolarmente vertiginoso in questi ultimi 
decenni -ha imposto, nella materia che ne riguarda, 
la risoluzione di problemi contingenti, 
che fra una congerie di divieti, restrizioni e limitazioni, 
si � potuto attuare soltanto attraverso 
il susseguirsi pressoch� continuo di provvedimenti 
legislativi, senza alcuna armonia di sistema. 

Quest'ultimo fenomeno, aggravatosi per le ragioni 
ora dette, nel momento attuale, ha impedito 
il tanto auspicato assestamento della legislazione 
in esame mediante l'emanazione di appositi testiunici 
ed ha aumentato la mole, spesso frammentaria, 
dei provvedimenti legislativi ridetti. 

subiettivo di credito. 
Trattandosi, quindi, di questione riguardante un 
diritto subiettivo perfetto, alcuna doglianza potr� 
essere fatta valere in sede giurisdizionale amministrativa. 
La mancanza della decisione amministrativa dichiarante 
l'illegittimit� del preteso comportamento 
omissivo dell'Amministrazione, renderebbe impossibile 
l'esperimento del rimedio ex art. 27, n. 4, 
T. U. sul Consiglio di Stato, e, in ogni caso, tenuto 
conto che, alla formazione dei vari _atti, facenti parte 
Una guida aggiornata, armonica ed omogenea 
delle �sparse membra della ridetta legislazione, 
costituisce pertanto, in vista sopratsutto della necessaria 
riorganizzazione militare delle forze armate 
e del sistema difensivo italiano, pi� che una sola 
esigenza un cc ferro del mestiere � per tuttLcol!m~. 
che, avvocati, magistrati, funzionari, ufficiali, sono 
costretti ad affrontare, nelle varie direzioni, la 
particolare ardua materia. 
.A. tanto, limitatamente all'Esercito, hanno provveduto 
con particolare cura il prof. .A.. Giannini e 

il dott. F. Valori. Il Codice dell'Eeercito, pubblicato 
dalla Oedam �in elegante veste editoriale, ha 
un'ottima disposizione sistematica delle norme relative 
a far data dal 1833. 

In esso gli AA. dopo aver riportate, a mo' 
di inquadramento generale, le norme che disciplinano 
l'organizzazione centrale della difesa e 
l'ordinamento dell'Esercito, hanno sistematicamente 
coordinate, in parti distinte, le norme relative 
agli ufficiali (reclutamento, stato, avanzamento 
e sfollamento), ai sottufficiali e truppa (reclutamento 
e stato), al trattamento economico, alle onorificenze, 
alla giustizia militare, alla sanit� ed igiene, 
all'amministrazione ed alla contabilit�. Hanno 
quindi aggiunto la legge di guerra del 1938 ed 
altre leggi di carattere generale, con in appendice 
le leggi emanate nei primi del 1952. 

In tale lavoro di coordinamento inoltre gli AA. 
con particolare competenza, hanno tenuto conto 
del sovrapporsi di talune disposizioni che, per le 
mutate esigenze, hanno radicalmente trasformato 
la lettera e lo spirito delle norme' primitive. , 

.Ai numerosissimi richiami a pie' di pagina ed 
alle abbondanti note di riferimento e di chiarificazione 
aventi lo scopo, egregiamente raggiunto, 
di fornire un quadro, per quanto possibile completo, 
della complessa materia, seguono un ottimo 
indice, sistematico, cronologico ed analitico, particolarmente 
agevole per la consultazione e la indicazione, 
per ogni provvedimento, dei numeri della 
Gazzetta Uffeciale e del Giornale Militare, particolarmente 
utile per il reperimento del testo originale. 
Qua e l� infine si rinvengono anche norme, 
isolate, riguardanti altre Forze Armate dello Stato. 

L. O. 
, 
,

' 
, 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 



AMMINISTRAZIONE .PUBBLICA -Istituzione di un 
servizio di posteggio &icfcldte -Perdita di &ictcletta Responsa&
ilitd dell'Ammfnistrazione. (Corte di Cass., 
Sez. I, Sent. n. 1567/52 -Pres.: Piacentini; Est.: Passanisi; 
P. M.: Pafundi -Amministrazione PP. TT. 
contro Francini). 

La istituzione, la organizzazione e l'esercizio di 
un servizio di posteggio da parte della Pubblica 
Amministrazione non esige che la volont� di questa, 
diretta a tale scopo, venga espressa in modo tassativo 
e prefissato, ma pu� risultare da fatti univoci, 
attraverso i quali possa desumersi la esistenza di 
un contratto di deposito. 

Non ci sembra che questa .sentenza abbia risolto in 
modo esauriente la grave e delicata questione della 
responsabilit� della Pubblica Amministrazione per i 
danni derivanti dalla istituzione, organizzazione e 
funzionamento di un pub~lico servizio. 

La parte sostanziale della motivazione della sentenza 
in esame, risulta dalla massima sopra trascritta. 
Da essa appare chiaro come la Oorte sia rimasta 
perplessa sul punto se la responsabilit� dell' Amministrazione 
nella fattispecie (perdita di una bicicletta 
lasciata in un posteggio esistente di fatto nei locali 
di un ufficio pubblico) fosse di natura extra contrattuale 
o contrattuale. 

Oi sembra, infatti, che la sentenza abbia promiscuamente 
applicato i princip~, propri di entrambi 
i tipi di responsabilit�, finendo con il fare affermazioni, 
quali quella della possibilit� di un contratto di 
deposito che vincoli l'Amministrazione indipendentemente 
dalla forma scritta, decisamente contrarie alla 
giurisprudenza costante del Supremo Oollegio. 

La materia merita evidentemente di essere riesaminata. 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Impianti idroelettrici 
-Costruzione di elettrodotti sul Parco Nazionale 
del Gran Paradiso � Occupazione -Controversie Competenza 
dell'Autoritd giudiziaria. (Corte di Cass., 
Sez. unite, Sent. 19 giugno-14 settembre 1952 -Pres.: 
Ferrara; Est.: Gualtieri; P. M.: Eula -Consorzio Elettrico 
del Buthier contro Ente Parco Nazionale Gran 
Paradiso). 

� competente l'Autorit� giudiziaria ordinaria a 
conoscere di una lite nella quale il Parco Nazionale 
del Gran Paradiso si opponga alla costruzione nella 
zona del Parco di un elettrodotto autorizzato dal 
Ministero dei Lavori pubblici. 

Questa sentenza � stata emessa in una causa nella 
quale l'Amministrazione dello Stato non era parte, s� 
che non vi � stato intervento dell'Avvocatura. � evidente, 
peraltro, come i princip~ affermati nella sentenza 
siano di importanza fondamentale proprio per 
l'Amministrazione dello Stato. Oi sembra, pertanto, 
essenziale esporre il nostro punto di vista sulla 
questione, completamente contrario alla tesi della 
Oorte Suprema. 

La specie di fatto era la seguente: Il Consorzio 
Elettrico del Buthier aveva ottenuto dal Ministero 
dei Lavori pubblici l'autorizzazione provvisoria, ai 
sensi dell'art. 113 del T. U. sulle acque pubbliche, 
seguita poi da quella definitiva, ad iniziare le ope-re 
di costruzione di un elettrodotto che doveva attraversare 
il Parco Nazionale del Gran Paradiso, opere 
dichiarate urgenti ed indifferibili aisensi dell'art. 33 
del predetto T. U. e per gli effetti dell'art. 71 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359. � 

In base a tale autorizzazione, il Consorzio occup� 
la zona del Parco nella quale i lavori dovevano essere 
eseguiti. L'Ente Parco Nazionale ha chiesto al giudice 
istruttore del Tribunale di Torino la sospensione 
dei lavori suddetti; nel corso del giudizio, il Consorzio 

� ha proposto il regolamento preventivo di giurisdiziorw. 
La sentenza cos� enuncia la tesi sostenuta dal 
Consorzio Elettrico del Buthier: 
a) � attribuito esclusivamente alla Pubblica 
Amministrazione il potere di decidere in materia di 
autorizzazione ad eseguire impianti di trasmissione 
e distribuzione dell'energia elettrica e perci� la domando 
proposta dall'Ente Parco del Gran Paradiso 
davanti al Tribunale di Torino per ottenere la declaratoria 
di illegittimit� dei lavori ed impianti elettrici, 
di cui in narrativa, sfugge alla competenza dell' A utorit� 
giudiziaria; 
b) sull'autorizzazione chiesta al Ministero dei 
Lavori pubblici dal Consorzio Elettrico, l'Ente Parco 
ha gi� esercitato, in sede amministrativa, il suo potere-
dovere di pronunziarsi .e non pu� esercitare 
una seconda volta il suo potere-dovere; 
e) il decreto 4 agosto 1951 del Ministero dei 
Lavori pubblici emanato in pendenza del giudizio 
civile costituisce un evento giuridico <;P,e importerebbe 
un soprav'l{enuto difetto di giurisdizione, se tal~ diletto 
non sussistesse fin da quando la causa civile fu dall'Ente 
Parco promossa davanti al Tribiinale di Torino. 
La sentenza dopo aver precisato esattamente i limiti 
del potere giurisdizionale in confronto dell'atto 
amministrativo osserva: 


-

�Non � da porre in dubbio che rientri nella potest� 
riconosciuta al Ministero dei Lavori pubblici e a 
Prefetto, nei limiti della rispettiva competenza, dagli 
articoli 113 e segg. del T. U. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, anche il disporr6 di diritti soggettivi perfetti 
senza il consenso dei loro titolari, giacch� contrariamente 
a quanto si riteneva dalla dottrina prevalente 
sotto il regime della legge 7 giugno 1894, n. 237, e 
del Regolamento approvato con decreto 23 ottobre 
1895, n. 642, il provvedimento governativo di autorizzazione 
non si limita in materia a rimuovere un ostacolo 
posto dalla legge al diritto di costruire elettrodotti, 
insito nel pi� comprensivo diritto di libert� di esplicazione 
della propria attivit�, ma impone al proprietario 
del fondo da attraversarsi con la conduttura 
autorizzata, l'onere di dare passaggio attraverso lo 
stesso fondo alla suddetta conduttura (art. 119 T. U.) 
ed al proprietario non � data, contro l'imposizione 
del predetto obbligo, altra difesa all'infuori della 
opposizione preventiva di cui all'art. 112, comma 10 �. 
Dopo questa esatta premessa, la sentenza osserva: 
�Ma il riconoscimento della suddetta potest� amministrativa 
di disposizione del suddetto proprietario 
senza il di lui consenso, non autorizza, come mostra 
di credere la difesa del ricorrente, a concludere 
senz'altro che il diritto soggettivo dedotto dall'Ente 
Parco Nazionale del Gran Paradiso, debba considerarsi 
come interesse legittimo o diritto affievolito .... �. 

Occorre gi� qui rilevare l'inesatta impostazione del 
problema che prelude alla errata risoluzione dello 
stesso. 

Non si trattava di veden se il diritto del Parco 
Nazionale potesse o no essere affievolito dall'esercizio 
del potere statale di imporre la servit� di elettrodotto; 
ma piuttosto di vedere se il potere che l'Ente N azionale 
Gran Paradiso esercita sui beni compresi nel 
perimetro del Parco per l'attuazione dei fini stabiliti 
dalla legge istitutiva sia compatibile col potere statale 
di imporre la servit� di elettrodotto e se l'Ente possa 
opporsi in base alla stessa legge costitutiva all'esercizio 
di quel potere. E la soluzione negativa al quesito 
� presto data dalla sentenza: 

� Ora, che il Ministero dei Lavori pubblici e il 
Prefetto non abbiano il potere di autorizzare la costru~ 
zione di impianti elettrici o di altre simili opere 
nel comprensorio del Parco del Gran Paradiso, e 
d'imporre in tal modo allo stesso Parco vincoli di 
elettrodotto o altre limitazioni senza il consenso dell'Ente 
Parco Nazionale del Gran Paradiso, pu� con 
sicurezza affermarsi, in base agli articoli 113 e 120 
del citato T. U. sulle acque pubbliche, sia in base 
all'art. 3 del decreto 7 marzo 1935, n. 1332 �. 

La gravit� di questa decisione sta nell'aver voluto 
riconoscere al Parco Nazionale la facolt� di escludere 
il potere statale di imposizione della servit� di el6ttrodotto 
non solo valutando inesattamente la facolt� 
concessa dall'art. 3 del decreto 7 marzo 1935, n. 1332 
al Parco Nazionale di autorizzare le nuove costruzioni 
nel perimetro del Parco, ma dando anche una 
errata interpretazione dtgli articoli 113 e 120 del 

T. U. sulle acque (e questo � l'errore pi� gravido di 
dannose conseguenze per l'Amministrazione pubblica). 
La sentenza dopo aver notato che l'art. 5 del Rego.
lamento per l'esecuzione della legge 7 giugno 1894, 

n. 232, richiedeva il consenso delle Amministrazioni 
interessate quando l'elettrodotto attraversava strade 
24 


pitbbliche, ferrovie, fiumi, torrenti ed altri beni di 
pubblico demanio, dice: 


�Il T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, contiene, 
sul punto in esame, disposizioni non molto chiare, 
giacch� mentre l'art. 113 richiede espressamente il 
preventivo consenso di massima delle autorit� interessate, 
l'art. 120 dispone che le Autorit� interessate 
si siano preventivamente pronunciate, ma l'interpretazione 
pi� rispondente alla mens legis � quella 
secondo la quale, sia che l'impianto elettrico debba 
essere autorizzato in via provvisoria, sia che debba ' 

. 

essere autorizzato in via definitiva, il previo consenso 

l 
~ 

delle ''Autorit� interessate'' � sempre necessario, ma 
nella prima ipotesi pu� essere soltanto di massima. 


�Tale interpretazione del resto si spiega razionalmente 
considerando quanto assurdo sia l'ammettere 
che il Ministero dei Lavori pubblici chiamato a 
decidere sostanzialmente se l'impianto elettrico da 
autorizzare sia rispondente '' agli interessi generali 


connessi alla trasmissione e distribuzione della energia 
elettrica'', possa e debba dire l'ultima parola 


j

anche su problemi spesso gravi, per la soluzione dei 
quali i suoi uffici potrebbero non avere i necessari 
elementi, come potrebbe accadere, per esempio, quando 
si trattasse di stabilire se debba essere sottoposta a 
servit� di elettrodotto una zona ed un'opera militare 
destinata a fini da mantenersi segreti anche per il 
Ministero dei Lavori pubblici e per il Prefetto. La 


� pronuncia preventiva di cui all'art. 120 del T. U. 
sopra citato deve dunque avere carattere di autorizzazione 
preventiva ed autonoma, presupposto e non 
semplice elemento dell'autorizzazione del Ministero dei 
Lavori pubblici �. 

Come si scorge agevolmente dalla motivazione che 
abbiano riportata il Supremo Collegio n� ha fatto 
una esatta interpretazione delle norme di legge che 
ha applicate, n� si � reso conto dei gravi effetti della 
sua decisione. 


Il regolamento legislativo della servit� di elettrodotto 
si � andato evolvendo in relazione al grande 
sviluppo che le linee di trasmissione elettrica hanno 
avuto agli inizi del secolo. Nessuna meraviglia quindi 
che vi sia una diversit� tra una disposizione della 
legge del 1894 e del Regolamento del 1895 relativamente 
alle linee attraversanti opere pubbliche o d'interesse 
militare e l'analoga disposizione del T. U. del 1933. 


Questo ha regolato organicamente la procedura che 
occorre seguire per l'emanazione del provvedimento di 
autorizzazione all'impianto di linee elettriche, in modo 
s� da tener conto di tutti gli interessi pubblici relativi 
a tutti i settori della Pubblica Amministrazione, ma 
altres� in modo da concentrare la potest� di consentire 
all'impianto solo negli organi dell'Amministrazione 
dei Lavori pubblici, per rendere praticamente possibile 
l'impianto di nuove linee. 


Difficilmente, invero, si .potrebbe giungere all'impianto 
di una grande linea d� trasmissione di energia 
elettrica attraversante opere pubbliche amministrate da 
diverse branche della organizzazione statale, se ogni 
autorit� interessata dovesse dare, com@ -ha ritenuto 
il Supremo Collegio, una preventiva autorizzazione di 
carattere autonomo. 


Le diverse �autorit� interessate� guardando specialmente 
agli interessi che ognuna di esse amministra 
sono naturalmente portate a far prevalere questi 
interessi anche se essi ostacolano l'impianto di una 



-25 


nuova linea. Viceversa l'Amministrazione dei Lavori 
pubblici ehe � competente a esaminare il progetto di 
una nuova linea sia dal lato tecnico che dal lato della 
sua importanza per l'economia nazionale, attraverso 
ad una minuziosa istruttoria, pu� a-pprendere quali 
siano in relazione col nuovo impianto gli interessi 
statali da rispettare e valutare se nell'interesse supremo 
dello Stato debba prevalere l'uno o gli altri. 

Il sistema creato nel T. U. del 1933 risponde a 
questa necessit� di devolvere ad un solo organo dell'Amministrazione 
la decisione ultima sulla opportunit� 
o meno di consentire l'autorizzazione, f acend,o 
per� convergere alla formazione di questa decisiva 
volont� l'apporto della competenza di tutti gli altri 
organi dell'Amministrazione statale interessata. 

Cos� l'art. 112 del T. U. stabilisce che �le autorit� 
di cui all'art. 120 devono comunicare all'Ufficio del 
Genio Civile le loro eventuali osservazioni e opposizioni 
e specificare le condizioni a cui intendono che 
l'autorizzazione sia vincolata�. 

Ecco come tutte le Autorit� interessate possono far 
valere i diversi interessi che interferiscono con quello 
che eventualmente l'economia nazionale ha per il nuovo 
impianto di trasmissione elettrica. 

Esse possono anche far presente la necessit� che 
l'opera pubblica o il terreno di pubblico demanio o 
d'interesse militare non sia attraversato dalla nuova 
linea. E non vi � ragione di credere che queste ragioni 
siano tenute in non cale dal Ministero dei Lavori � 
pubblici. 

Soggiunge l'art. 112 che sul merito delle domande 
e sulle opposizioni e richieste pervenutegli, il Genio 
Civile riferisce al Ministero dei Lavori pubblici o al 
Prefetto secondo le rispettive competenze. 

E chiaro che ove la legge a-vesse previsto una autorizzazione 
autonoma di ciascuna Autorit� interessata 
-come dice la sentenza della Corte Suprema non 
avrebbe richiesto che la relazione del giudice conclusiva 
della istruzione delle domande si occupasse 
comulativamente delle comuni opposizioni di privati 

o enti e di quelle delle cc autorit� interessate �. Queste 
piuttosto che presentare delle opposizioni a-vrebbero 
potuto negare il loro consenso all'impianto. 
Ed invece la legge nell'art. 120 impone per la 
legittimit� e la validit� del provvedimento di autorizzazione 
che le �autorit� interessate� si siano pro-. 
nunciate; abbiano cio�, a norma dell'art. 112, presentate 
tutte le loro opposizioni, osservazioni o messe 
condizioni. 

In nessun modo pu� ritenersi clie questa pronuncia 
si traduca in una dichiarazione di consenso o di dissenso 
e tanto men9 che questa dichiarazione sia valida 
da s� sola ad impedire l'esercizio della facolt� che il 
Ministro dei Lavori pubblici o il Prefetto hanno di 
assentire o meno l'autorizzazione all'impianto della 
nuova linea. 

Dove invece la legge ha voluto il previo consenso 
delle Autorit� interessate lo ha detto chiaramente. 

E infatti nell'art. 113, dove � previsto che nei casi 
di urgenza pu� essere autorizzata, prima che si compia 
l'istruzione della domanda, l'inizio della costruzione 
della linea, � detto che l'autorizzazione � concessa 
�quando sia intervenuto il consenso di massima 
del Ministero delle Comunicazioni che pu� essere subordinato 
a condizioni da precisare non oltre tre mesi 
�dalla presentazione dei progetti >>. 

Aggiunge l'articolo: �Per le parti riguardanti 
opere pubbliche e zone militarmente importanti, l'autorizzazione 
provvisoria deve essere subordinata al 
consenso di massima delle Autorit� interessate a 
mente dell'art. 120 �. 
La ragione per cui � necessario per l'autorizzazione 
provvisoria il previo consenso di quelle stesse Autorit� 
che in caso di autorizzazione definitiva debbono 
solo pronunciarsi preventivamente, � evidente. 
L'autorizzazione provvisoria si d� o quando non 
� ancora iniziata o quando non � ancora completa 
'l'istruzione della domanda. 
Non avend,o ancora il Ministero dei Lavori pubplici 
o il Prefetto tutti gli elementi per poter valutare i' 
' 
' 
i. . 
gli eventuali ostacoli che si frappongono nel pubblico 
interesse, al nuovo impianto � necessario che vi sia 
il consenso di massima delle a-utorit� interessate. 
La diversa espressione usata nei due artt. 113 e 120 
rende chiaro e non oscuro il significato della norma 
di quest'ultimo. Anche in dottrina non � apparsa 
dubbia l'interpretazione dell'art. 120. 
Su di esso ecco cosa scrive il O:;i.stelli-Avolio, a 
pag. 519 del suo commento al T. U. del 1933: 
�Il contenuto dell'articolo � da porsi in relazione 
al disposto del comma dell'art. 117. 
Nell'impianto delle linee bisogna usare tutte quelle 
precauzioni atte a garantire l'incolumit� delle persone 
ed evitare danni e pertubazioni alle altre linee elettriche 
e ad impianti che fanno uso dell'elettricit� come; 
quelli radiotelegrafici e radiotelefonici. Le Autorit� 
competenti dovranno quindi esprimere il loro avviso 
sui progetti ed impianti di linee aeree e sotterranee 
di trasmissione o di distribuzione dell'energia, e 
suggerire tutte quelle modalit� da introdurre nei progetti 
per la esecuzione e l'esercizio delle linee, che 
potranno giovare ad evitare eventuali danni e disgrazie. 
Esse esprimeranno il loro a-vviso al Genio 
Civile o al Ministero dei Lavori pubblici, come � 
stabilito negli articoli 113 e 117 della legge. Le loro 
osservazioni f ormerannp oggetto di esame da parte 
degli organi amministrativi che dovranno accordare 
l'autorizzazione e di opportuni accordi in base ai 
quali si detteranno le modalit� per l'impianto e 
l'esercizio delle linee. Gli interessati dovranno accettare 
tali modalit� con la stipulazione di appositi atti di 
sottomissione prima che sia accordata l'autorizzazione >>. 
Ha poi la senteniza ritenuto anche 
erroneamente 
-che la necessit� del preventivo consenso 
dell'Ente Parco Gran Paradiso, discendesse anche 
dal disposto dell'art. 3 del R. D. 7 marzo 1935, 
n. 1332 (che approva il Regolamento per l'applicazione 
delle leggi sul Parco N azionaledel Gran Paradiso) 
che cos� suona: 
�I comuni, enti e privati che nel territorio del 
Parco intendano eseguire costruzioni e ricostruzioni 
di qualsiasi genere ovvero l'esercizio di cave, dovranno 
ottenere la preventiva autorizzazione dell'Azienda di 
Stato per le foreste demaniali, la quale potr� prescrivere 
la distanza, le misure e le altre norme necessarie 
aff�nch� le nuove opere non contrastino oon la finalit� 
del Parco�. 
Questa norma non poteva giustificare l'opinione 
espressa dalla Suprema Corte. Essa rion f� che dare 
all'Ente il mezzo di garentirsi contro fatti che contrastino 
con le finalit� che essa persegue. Ma questi 
poteri non si oppongono al potere che la legge d� 


-26 .


all'Amministrazione dei Lavori pubblici per permet


tere l'attraversamento anche dei beni di pubblico 

demanio da parte delle condutture elettriche. In fondo 

quella disposizione non concede all'Ente Parco facolt� 

superiori a quelle che le diverse Amministrazioni 

dello Stato hanno sui beni di demanio pubblico che 

amministrano. Eppure l'a~traversamento doi beni de


maniali � consentito con la sola condizione, come 

sopra abbiamo visto, che le Autorit� interessate si 

pronuncino preventivamente. 

Il solo efletto che pu� produrre quella norma in 
confronto degli prgani amministrativi che autorizzano 
l'impianto di nuove linee � che l'Ente Parco 
sia interpellato e si pronunci a norma dell'art. 120 
prima~della emissione del provvedimento. 

E. GATTA 
' 

NOTIFICAZIONE di sentenza di conciliatore direttamente 
all'Amministrazione interessata -Decorrenza 
di termini ai 'fini dell'appello -Validit�. (Corte di 
Cass,, Sez. unite, Sent. n. 14104/52 -Pres.: Ferrara; 
Rel.: Petrella; P. M.: Macaluso; -Lauricella contro 
Ferrovie dello Stato). 


Le sentenze dei PrBtori e dei Conciliatori, nelle 
cause in cui � parte l'Amministrazione dello Stato, 
si notificano direttamente all'Amministrazione 
interessata, ai sensi dell'art. 12 del T. U. 30 ottobre 
1933, n. 1611, non essendo ad esse estensibile, 
per la riserva di cui al 1� comma dell'articolo 
11 del T. U. stesso, la disposizione di cui al 
2� comma dello stesso art. 11. 

Oonfidiamo che l'interpretazione data dalla Oassazione 
al disposto dell'art. 12 del R. D. 30 ottobre 1933, 

n. 1611, rimanga fermo anche nelle future decisioni 
tanto dei giudici di merito che dello stesso Supremo 
Oollegio. Quanto sopra non gi� perch� le conclusioni 
cui � pervenuta la .Oorte e le argom6ntazioni che le 
sostengono meritino un incondizionato consenso ma 
solo per l'esigenza di certezza che si avverte di fronte 
alla non esauriente dizione legislativa. I contrastanti 
giudicati cui da luogo l'interpretazione dell'art. 
11 citato accentuano lo stato di disagio che si 
avverte di fronte alla non felice formulazione della 
norma, frustrando in tal modo l' aspettiva di una 
concorde etero integrazione d'origine giurisprudenziale. 
La Corte, con il duplice mezzo ermeneutico, 
storico-sistematico, � pervenuta al convincimento 
che le sentenze dei Pretori e Conciliatori debbono 
essere notificate direttamente alle Amministrazioni 
interessate e non gi� alla Avvocatura dello Stato. 
Oon il primo mezzo d'interpretazione la Oorte si � 
rifatta al precedente storico legislativo che ha ravvisato 
nell'art. 25 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 2828, 
nel quale veniva espressamente disposto l'obbligo della 
notifica delle sentenze dei Pretori e dei Oonciliatori 
direttamente alle Amministrazioni. 

Poich� l'art. 12 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
dovrebbe essere in sostanza una riproduzione del 
detto art. 25 del citato decreto n. 2828 del 30 dicombre 
1923, la Oorte ha ritenuto di poter concludere che 
necessariamente l'art. 12� stesso deve riferirsi ancho 
alle notificazioni delle sentenze dei Pretori e Oonciliatori 
cos� come espressamente vi si riferiva il pre


cedente art. 25 del citato R. D. Ma l'argomentazione 

non convince. Ed infatti che detto precedente non sia 
�stato trasfuso per intero nell'art. 12 del T. U. 30 ottobre 
1933, n. 1611, potrebbfl condurre all'opposta 
conclusione e cio� che il legislatore ha, innovando, 
regolata con il 2� comma dell'art. 11 l'intera materia 
delle notifiche delle sentenzo da qualunque giudice 
emesse e che la riserva di cui al 1o comma dell'art. 11 
riguarda soltanto gli atti processuali di parte di cui 
� menzione nello stesso 1� comma. 

Pertanto l'omissione non sarebbe causale, ma avrebbe 

la sua ratio proprio nel detto proposito innovativo. 

L'interpretazione sistematica ha poi portato la 

Corte a ritenere non solo che la riserva del 10 comma 

dell'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, si 

estende a tutti gli atti (sentenze e atti processuali 

di parte) ma che la norma di cui all'art. 170 O.p.c. 

richiamato nell'art. 285 dello stesso Oodice, non pu� 

estendersi ai giudizi in cui � parte l'Amministrazione 

dello Stato per la riserva contenuta nell'art. 170 

O.p.c. che subordina l'applicazione del detto articolo 
alla condizione: che la legge disponga altrimenti. 
Osserva il Oollegio che l'inciso cc salvo che la legge 
disponga altrimenti�, nel generico riferimento alla 
legge, ricomprende nel suo ambito non soltanto le 
diverse disposizioni che si contengono nel Oodice (come 
quelle degli articoli 237, 20 comma; 286, 2� comma e 
. 288, 3� comma) ma anche le diverse disposizioni che 


si contengano in leggi speciali. 

La fatica esegetica della Corte merita attento esame. 

Per dimostrare che l'art. 285 C.p.c. non trova appli


cazione �nelle cause in cui � parte l'Amministrazione 

dello Stato, la Corte si avvale della riserva contenuta 

nell'art. 170 O.p.c.: cc se la legge non dispone altri


menti�. 

Ma ci S6mbra che proprio da questo argomento si 
deduce il contrario. Il T. U. 30 ottobre 1933 che 
regola, agli articoli 11 e 12, la materia delle notifiche 
pu� essere interpretato infatti solo in due modi: 

a) o il disposto di cui al 2� comma dell'art. 11 
vale per le notificazioni delle sentenze da qualunque 
giudice emesse in rruanto la riserva dell'art. 11, 
1� comma, si riferisce ai soli atti in essa menzionati 
(che altrimenti non si comprenderebbe l'autonomia 
del 2� comma dell'art. 11 stesso); 

b) o il titolo che comprende i detti articoli 11 e 
12 del T. U. nulla dispone per la notificazione delle 
sentenze dei Conciliatori e Pretori, e allora deve 
trovare piena applicazione l'art. 170 del' O.p.c., 
non potendosi per tale mancanza di una cc diversa 
disposizione di legge >i estendere all'art. 11 del T. U. 
la riserva di cui all'art. 170 del C.p.c. 

La Oorte prosegue ancora osservando che � l'inten,
to legislativo di lasciare immutato il sistema del 

T. U. 30 ottobre 1933 si deriva dall'art. 144 C.p.c., 
il quale, dopo avere nel 1� comma disposto che 
' ' per le Amministrazioni dello Stato si osservano 
le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la 
notificazione presso gli uffici dell'Avvocatura dello 
Stato ", aggiunge nel 2� comma che.. '"' fuori dei 
casi previsti nel comma precedente, le notificazioni s� 
fanno direttamente presso l'Amministrazione destinataria, 
a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede 
il giudice davanti al quale si procede ''. Nella materia 
che si riferisce alle notificazioni alle Amministrazioni 
dello Stato, tale articolo sostanzialmente rinvia alle 

-27



disposizioni delle leggi speciali. Il 1� comma si coordina 
all'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, il 
quale pone la regola generale che ogni atto giudiziale, 
comprese le sentenze, deve essere notificato presso gli 
uffici dell'Avvocatura dello Stato; il 2� comma si 
coordina all'eccezione che alla regola generale apporta 
l'art. 12 dello stesso testo. 

.A nostro avviso, il 2� comma dell'art. 144 G.p.c. 
nulla prova per la tesi sostenuta datla Corte di Cassazione, 
in quanto detto articolo disciplina solo la notifica 
degli atti di parte e non gi� delle sentenze. 
Oi� � dimostrato dalla sistemazione dell'art. 144 
nella parte del O.p.c. riguardante le disposizioni 
generali e dal fatto che l'art. 285 che s'intitola modo 
di notificazione delle sentenze richiama il solo 
art. 170 situato nel libro II del O.p.c. (Del Processo 
di cognizione) e non fa alcun richiamo degli articoli 
relativi alle notifiche contenuti nella parte generale 
del Codice. Un altro argomento, di natura less~cale, 
si trae anche dalla dizione dell'art; 144 O.p.c. che 
al 2� comma dice: cc Le notificazioni si fanno diretta


. mente presso l' .Amministrazione destinataria ntJl, 
luogo dove risiede il giudice davanti al quale si 
procede �. Dunque la norma ha riguardo ad atti 
. introduttivi della lite e ad atti che si rende necessario 
notificare nel corso della lite e non riguarda affatto 
le sentenze. La legge avrebbe dovuto infatti dire non 
gi� cc davanti ai quale si procede ma davanti al quale 
si � proceduto �; La sentenza infatti spoglia il giudice 
della controversia e quindi � assurdo esprimersi come se 
ancora vi fasse pendenza di giudizio davanti allo stesso 
giudice. Concludiamo quindi le nostre osservazioni. 
10 � esatto che il T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
� ancora in vigore anche per l'espresso richiamo che 
di esso fa l'art. 144 O.p.c. 
2� �� indubitabile che ove non si voglia attendere 
la tesi dell'Amministrazione che il 2� comma 
dell'art. 11 del citato T. U. ha portata generale, 
bisogna concludere che il Testo stesso nulla dispone 
per le notifiche delle sentenze dei Pretori e Conciliatori 
e che in conseguenza la riserva di cui all'art. 170 

O.p.c. non torna ad esso applicabile. 
3� La norma di cui al 2� comma dell'art. 144 
del O.p.c. per ragioni di interpretazione lessicale 
e sistematica e soprattutto perch� esiste una norma 
specifica che regola la notifica delle sentenze (art. 285 
O.p.c.) non riguarda che gliatti diversi dalle sentenze. 

4� .Appare, comunque, sempre pi� necessaria una 
chiarificazione legislativa in senso unitario, attribuendo 
solo all'Avvocatura dello Stato, sia attivamente 
che passivamente, la rappresentanza dell'Amministrazione 
statale in tutto il campo dell'attivit� giudiziaria. 


E. ANTONINI 
REQUISIZIONI -Indennizzi per requisizioni e danni 
alle Forze Armate Alleate -Diritto soggettivo perfetto 
-Giurisdizione. (Corte di Cass., Sez. unite, 
Sent. n. 1908/52 -Pres.; Anichini; Est.: Gualtieri; 

P. M.: Macaluso -Ministero Difesa-Esercito contro 
Petrillo ed altri). 
Gli indennizzi per le requisizioni e per i danni da 
logorio o deterioramento della cosa requisita dalle 
Forze Alleate costituiscono diritto soggettivo perfetto 
del cittadino sia per il decreto n. 451 del 

21maggio1946 che per la legge n. 10 del .9 gen


naio 1951. 

Le controversie relative (fatta eccezione per le 

requisizioni degli autoveicoli), prima della legge 

1951 rientravano nella competenza gittrisdizionale 

del Comitato giurisdizionale centrale per le requi


sizioni, istituito col R. D. n. 1741 del 1940. Inter


venuta la citata legge n. 10 del 1951, dopo l'esau


rimento del procedimento amministrativo, il dan


neggiato pu� ricorrere al Consiglio di Stato se 

intenda impugnare la legittimit� della requisi


zione e chiedere ad esempio; la revoca di un atto 

amministrativo e adire il giudice ordinario per 

l'accertamento delle condizioni indicate nell'art. 1 

della legge e per la liquidazione delle indennit�. 

Riportiamo testualmente la motivazione della sen


tenza: 

cc � pacifico tra le parti che nella specie si tratti 

di danni da logorio e deterioramento di due apparta


menti requisiti dalle .Autorit� Militari .Alleate e tra


sfarmati in parte in lavanderia. 

Ohe il diritto al risarcimento di un siffatto danno 

sia stato riconosciuto al danneggiato dallo Stato 

Italiano dovrebbe essere incontestabile e comunque � 

certo di fronte alle disposizioni del R. L. D. 11 feb


brario 1944, n. 31 e del D. L. L. 20 luglio 1944, 

n. 162, seguite poi dal proclama del Presidente del 
� Consiglio dei Ministri iAi data 31 dicembre 1945. 
Con le suddette disposizioni, nello stabilire che non 

dovessero avere pi� vigore nei territori italiani i 

proclami e le ordinanze del Governo militare delle 

Forze .Alleate, fu statuito espressamente quanto 

appresso: "Resta ferma l'efficacia degli atti compiuti 

dalle .Autorit� Militari Alleate di cui al comma prece


dente, in virt� di proclami ed ordinanze, ecc. ecc., 

cui sar� riconosciuta in ogni caso piena validit�, 

agli effetti di legge, come se compiuti dal Governo 

italiano. Tanto fu disposto anche perch� in sede di 

armistizio erano intervenuti accordi fra l'Italia e gli 

.Alleati ai fini della cosiddetta cobelligeranza e della 

fornitura di cose e servizi alle Forze .Armate .Alleate. 

In tale senso provvedendo i cennati decreti mira


rono, non a regolare i rapporti fra i cittadini italiani 

danneggiati dagli atti di cui sopra e gli Stati .Alleati, 

ma conferire ai predetti cittadini il diritto soggettivo 

perfetto di dedurre determinati fatti per loro dannosi, 

posti in essere da uffici o membri delle Forze .Armate 

.Alleate, come fatti posti in essere dagli organi dello 

Stato Italiano. 

.Anche le requisizioni disposte dalle .Autorit� 
Alleate dovevano, a mente dei cennati decreti, avere gli 
stessi effetti che avrebbero avuto se fossero state disposte 
dalle .Autorit� civili o militari italiane, giacch� quelle 
requisizioni, tolti i casi di comportamento arbitrario, 
erano dalle Forze .Alleate attuate anche esse in esecuzione 
di proclami od ordinanze" (Proclamation, 

n. 2). 
I singoli atti di requisizione dovevano, quindi, con-. 

siderarsi a tutti gli effetti di legge come provenienti 

da .Autorit� requirenti italiane. 

Ora, poich� le requisizioni di guerra delle .Autorit� 

civili e militari italiane erano disciplinate dal R. D. 

18 agosto 1940, n. 17 41, integrato dal decreto 21 giu


gno 1951, n. 688, e dalla legge 3 dicembre 1942, 

n. 1819, non � da porre in dubbio che in un primo 

-28 


tempo e fino a che non si provvide a dare alle requisizioni 
degli Alleati itn'autonoma e distinta disciplina 
giuridica le controversie derivate da queste 
ultime requisizioni rientravano anch'esse nella competenza 
giurisdizionale del Comitato centrale istituito, 
in espressa deroga alla giurisdizione ordinaria 
(art. 1 Q.p.c.), col R. D. 18 agosto 1940, n. 174:1. 

In tale senso questa Oorte ebbe a pronunciarsi 
con sentenza 28 maggio-2 agosto 1947, n. 174:1. 

Il decreto 18 agosto 1940, n. 1741, apparve ad 
un certo momtnto insufficiente all'integrale disciplina 
dei danni comunque derivati dalle requisizioni e 
dagli atti non di combattimento posti in essere dagli 
uffici o dai membri delle Forze Armate Alleate, 
giacch� potevano esistere ed esistevano pretese estranee 
al concetto della requisizion6 (compensi per prestazioni 
di lavoro o per fornitura) o pretese fondate su 
requisizioni irregolari, o su atti connessi colle requisizioni 
o su atti non di combattimento, e codeste 
pretese non trovavano evidentemente alcuna base 
giuridica nel suddetto decreto. Fu emanato perci� 
il R. D. L. 21 maggio 1946, n. 451, contenente le 
'' Norme concernenti il pagamento degli indennizzi 
per requisizioni e servizi per le truppe alleate ''. 

Secondo l'intendimento del legislatore il predetto 
decreto, fatta eccezione per le requisizioni di autoveicoli, 
doveva servire a sottrarre alla disciplina del 
decreto n. 1741del1940 tutta la materia di cui trattasi, 
ma in sede di applicazione e d'interpretazione della 
legge, data l'imperfetta formulazione dell'art. 1 
del decreto n. 451 del 1946 non parve sufficientemente 
che nello stesso articolo rientrassero anche gli indennizzi 
per logorio e deterioramento della cosa requisita. 
Si ritenne perci� che gli stessi indennizzi e le relative 
controversie dovessero continuare a restare, anche per 
quanto concerne la competenza giurisdizionale, sotto 
la disciplina del decreto 18 agosto 1940, n. 14:71 
(Cassazione civile 23 aprile 1949, n. 979 e 26 giugno 
1950, n. 1657; 23 maggio 1949, n. 1107). 

Il decreto 21 maggio 1946, n. 451, nella sua pratica 

applicazione si manifest� anch'esso "insufficiente e 

lacunoso ''. A parte l'intralcio che gli uffici periferici 

alle dipendenze del Ministero della Difesa (Direzione 

generale del Genio), portavano al sollecito f'anziona


mento delle liquidazioni, ed a parte inoltre la necessit� 

delle liquidazioni, ed a parte inoltre la necessit� 

di stabilire criteri di liquidazione che tenessero conto 

della svalutazione monetaria, fu constatato che il 

suddetto decreto non prevedeva o non prev�desse 

abbastanza chiaramente tutti i danni che lo Stato 

Italiano si era impegnato coll'art. 76 del Trattato di 

pace e con altri accordi internazionali, a risarcire 

ai propri cittadini lesi da atti delle Forze Armate 

Alleate. 

Gol suddetto art. 76 fu statuito infatti quanto 

appresso: � Il Governo italiano accetta di corrispon


der� una indennit� in lire alle persone che abbiano 

fornito, a seguito di requisizione, merci e servizi a 

favore delle Forez Armate delle Potenze Alleate e per 

soddisfare le domande avanzate co'ntro le Forze 

Armate Alleate, relative a danni causati in territorio 

italiano e non provenienti da fatti d~ guerra �. 

All'accordo di cui al suddetto articolo segu� l'ac


cordo Lombardo, firmato a Washington il 14: agosto 

1947, col quale gli Stati Uniti d'America, per faci


litare il compito assuntosi dal Governo� italiano, 

effettuarono delle compensazioni con alcuni loro 
crediti. 

Per tutte le suddette considerazioni si pens� di 
abrogare il decreto n. 451 del 1946 e di disciplinare 
la materia di cui trattasi con una nuova 'legge. 

Il senatore Longoni present�, il 30 novt,mbre 
1949, un disegno di legge diretto ad estendere con 
opportune integrazioni alla soggetta materia il decreto 
18 agosto 1940, n. 1741, ma tale disegno fu 
scartato, perch� fu unanimemente riconosciuto che 
le norme contenute nel suddetto decreto dovevano 
subire radicali ed opportune modificazioni per divenire 
adatte allo scopo. 

Fu perci� approvato il disegno di legge che figura 
trasfuso nella legge 9 gennaio 1951, n. 10, con la 
quafo sotto il profilo sostanziale si provvide a riconoscere 
espressamente anche la risarcibilit� dei danni 
derivati direttamente da requisizioni irregolari, da 
occupazioni di immobili, da logorio o deterioramento 
conseguente all'uso normale della cosa requisita, e 
da fatti od atti non di combattimento, dolosi o colposi 
dflle Forze Armate Alleate. 

La disciplina integrale, autonoma e distinta degli 

� indennizzi per danni arrecati con azioni non di 

combattimento e per requisizioni disposte da Forze 

Armq,te Alleate � fu cos� realizzata in pieno con la 

legge 9 gennaio 1951, n. 10, coll'effetto di rendere 

inapplicabile, dal giorno dell'andata in vigore di detta 

legge, il decreto n. 1741 del 1940 e la deroga espressa 

alla competenza del giudice ordinario contenuta nello 

stesso decreto. La giurisdizione ordinaria, venuta 

meno la norma legislativa che consentiva la deroga 

di cui all'art. 1 O.p.c., divenne obbligatoria, senza 

bisogno ch6 la legge nuova la richiamasse, per tutte 

le controversie come quella in esame, in cui si disputa 

intorno all'esistenza e alla misura di un diritto sog


gettivo perfetto. 

Sotto il profilo della giurisdizione giova mettere 

in rilievo che il principio secondo il quale gli inden


nizzi ed i compensi previsti nella vecchia e nella 

nuova legge costituiscono, in ogni, caso, dei diritti 

soggettivi perfetti venne pi� chiaramente espresso 

col sostituire, alle parole �pu� essere concessa un'in


dennit� � contenute nell'art. 1 del testo ministeriale 

del disegno di legge, le parole cc � concessa un'indennit�� 

ritenut6, secondo quanto si legge nella relazione della 

5a Commissione permanent@ per le Finanze ed il 

Tesoro, pi� a.datte delle altre sopra accennate a 

significare che si tratta, non di semplici interessi il 

cui riconoscimento dipenda da una fa_colt� discr6


zionale del Ministro competente, ma di un diritto, 

giustificato �sia p6r l'obbligo assuntosi dallo Stato 

verso gli Alleati, sia specialmente in seguito all'ac


cordo di Washington liberamente trattati �. 

Va pure messo in rilievo che l'esclusione del ricorso 

al giudice ordinario, prevista dall'art. 7 del 21 mag


gio 1946,. n.. 451, limitatamente alla ipotesi di cui 

alla lettera d) dell'art. 1 dello stesso decreto, non fu 

riprodotta nella nuova legge per essere stata ritenuta 

incompatibile coll'art. 113 della Oostituzivne della 

Repubblica. Al che devesi aggiungere che il relatore 

durant6 la discussione al Senato del disegno di 

legge in questione rispondendo anche ad un se


natore il quale aveva chiesto di sapere, fra l'altro, 

se le controversie della specie in esame si dovessero 

intendere sottratte alla competenza giurisdizionale 

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-29



del Oomitato centrale istituito col decreto n. 1741 
del 1940, ebbe a rilevare che per l'avvenire i reclami 
�sono sempre possibili o presso il Oonsiglio di Stato 

o presso l'Autorit� giudiziaria, a seconda del tipo 
del ricorso che viene presentato �. 
Le considerazioni che precedon<f con fermano in 
modo inoppugnabile. la conclusione gi� formulata 
in ordine all'attuale carenza di giurisdizione dell'adito 
Oomitato giurisdizionale centrale e rendono in particolare 
evidente: 

a) che il procedimento amministrativo per l'accertamento 
dei presupposti del diritto all'indennit� 
e per la liquidazione della stessa indennit� fu introdotto, 
unitamente al ricorso semplice al Ministro 
contro il provvedimento dell'Intendente, non per 
affievolire il diritto all'indennit�, ma per evidenti 
esigenze di natura tecnico-amministrativa; 

b) e che dopo l'esaurimento del suddetto procedimento, 
dal quale ovviamente non si pu� prescindere, 
il preteso danneggiato, pu� ricorrere al Oonsiglio 
di Stato, se intende impugnare la legittimit� della 
requisizione o chiedere ad esempio, la revoca di un 
atto amministrativo, e pu� invece adire il giudice 
ordinario per l'accertamento delle condizioni indicate 
nell'art. 1 della legge in esame e per la liquidazione 
dell'indennit��. 

Per quanto ci risulta la sentenza sopra riportata � 
stata finora annotata solo dal Landi (in �Foro It. �, 
1953, 1, 22), il quale l'ha criticata radicalmente. 

Di questa nota ci sembra opportuno riportare il 
nucleo essenziale: �L'argomento testuale si basa, in 
ultima analisi, sull'art. 14 della legge 9 gennaio 
1951 che dichiara abrogato il D. L. 21 maggio 1946, 

n. 451. In base a tale decreto, come ricorda la sentenza, 
era stata ritenuta la competenza del Oomitato 
delle Requisizioni. Ora, l'argomento potrebbe avere 
qualche peso, se il decreto del 1946 avesse contenuto 
norme in materia di competenza giurisdizionale. Ma 
tale decreto conteneva una sola disposizione in tema 
di tutela giurisdizionale: quella, gi� ricordata, dell'art. 
7, la cui abrogazione fu dovuta ad un motivo 
tutto particolare e cio� al, contrasto 1con l'art. 113 della 
Oostituzione. La verit� � che tanto la legge del 1946, 
quanto quella del 1951, �nulla dicono della competenza 
giurisdizionale, limitandosi a regolare il procedimento 
amministrativo di liquidazione dell'indennit�, 
e �la seconda, inoltre, a stabilire i criteri sostanziali 
della liquidazione stessa. E,d � quindi evidente il 
vizio logico dell'argomentazione dove � detto che l'entrata 
in vigore della legge 9 gennaio 1951 ha avuto 
l'effetto di rendere inapplicabile il decreto n. 17 41 
del 1940 e la deroga espressa alla competenza del 
giudice ordinario contenuta nello stesso decreto. Al 
contrario, il rapporto fra la legge 9 gennaio 1951 
e il R. D. 18 agosto 1940, n. 17 41, � il medesimo 
che gi� esisteva fra tale decreto e il D. L. 21 maggio 
1946, di modo che non vi ha motivo, ne tanto meno sono 
sufficienti i motivi adottati, per aggiungere oggi una 
interpretaziontd iversa da quella seguita in passato >>. 

Il Landi conclude la sua nota affermando che le 
norme della legge 9 gennaio 1951 sono � norme integrative 
della disciplina del medesimo istituto >> regolate 
dal decreto n. 17 41 del 1940. 

Questa tesi sostenuta dal Landi continua ad essere 
seguita, per quanto ci risulta, dal Oomitato giurisdizionale 
centrale per le Requisizioni, del quale sono 
parte importantissima autorevoli magistrati della 
Oorte Suprema di Oassazione. 

La Oorte Suprema, invwe, ha recentemente confermato 
la giurisprudenza stabilita nella sentenza 
in esame. 

Pare evidente che, anche se la competenza in materia 
di requisizioni alleate spetta ora all'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, l'azione giudiziaria non � 
proponibile finch� non si sia esaurita la procedura 
amministrativa prevista dalla legge n. 10 del 1951. 

Per quanto riguarda la natura della pretesa che si 
fa valere sulla base dt!lla citata legge del 1951, non 
ci �sembra che sia stato ancora sufficientemente chiarito 
il punto se si possa trattare invece che di un diritto 
soggettivo di un interesse legittimo. A questo proposito, 
ritorneremo sull'argomento in occasione del 
commento a rwenti sentenze della Oorte Suprema 
che hanno deciso in punto a regolamento di giurisdizione 
in vertenze relative ad indennizzi per perdita 
di beni o diritti in base al Trattato di Pace. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


IMPOSTE E TASSE -I. G. E. -Assoggettabil�t� allu 

I. G. E. della sterlina oro, "all'atto dell'importazione 
nel territorio nazionale. (Tribunale Civile di Roma, 
Sez. I, 5366/52 -Pres.: Capitolo; Est.: Ta:mburrinoB. 
Teche contro Ministero Finanze). 
La sterlina oro sovrana, siccome moneta non 
avente corso legale nel nostro ordinamento, deve 
considerarsi merce, ai sensi dell'art. 17 del D. L. 9 
gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 
1940, n. 762, e come tale soggetta ad imposta generale 
sull'entrata, all'atto dell'importazione nel territorio 
nazionale nella quantit� ili metallo prezioso 
contenuto. 

Le specie decisa dal Tribunale, sulla quale non 
constano precedenti, � la seguente: 
Il signor B. dichiarava, ai fini dell'importazione, 

13.175 sterline oro. 
L'Ufficio di Dogana, ritenuto che le monete dovessero 
scontare l'I. G. E., emise la prescritta bolletta 
e fece depositare l'importo del tributo, calcolato in 

L. 8600 per ogni specie, valore, all'epoca quotato 
dalla sterlina sul mercato. 
Contro la determinazione dell'Ufficio, l'importatore 
ricorreva al Ministero delle Finanze, ma quest'ultimo, 
confermava la tassabilit� delle monete, decideva che il 
tributo doveva essere riscosso, non sulla quotazione di 
mercato, bens� sulla quantit� di metallo prezioso contenuto 
ed ordinava il rimborso al contribuente della 
maggior somma pagata. 

Il B. adiva, quindi, il Tribunale, chiedendo che 
fosse dichiarata l'illegittimit� della pretesa tributaria, 
anche nella pi� ridotta base, indicata dal Ministero, 
perch�, a sito dire, non poteva essere considerata alla 
stregua di merce una moneta avente tuttora corso legale. 

L'assunto veniva contrastato col rilievo che la sterlina 
oro, nel nostro sistema, al quale unicamente si 
doveva e poteva fare riferimento, non ha corso legale 
e ohe, neppure nello stesso paese di origine, come dal 
resto attestava un Olrtifieato esibito dall'attore, essa 
pu� considerarsi come mezzo normale di pagamento, 
tali sono le retribuzioni poste in Inghilterra al commercio 
in valuta aurea. 

Significativo, al riguardo, � il fatto, non noto, peraltro, 
al momento della spedizione a sentenza della causa, 
ohe la Svizzera ha respinto una richiesta di estradizione 
del nostro Governo, relativa ad alcune persone, 
a cui carico 6ra stata elevata imputazione di falso 
sommario, per falsificazione di sterline oro, non avendo 

quella Nazione ritenuto integrare gli estremi di tale 
reato la contraffazione di monete fuori corso. 

Contestata, cos�, e disattesa la qualit� di moneta 
in senso proprio, della sterlina oro, rimaneva da esaminare 
il secondo aspetto del problema se cio� vi 
fossero ostacoli per sottoporre, come merce, al tribunale 
preteso le speci in questione, per la quantit� 
di fino contenuta in ciascuna di esse. 

Un argomento positivo, in appoggio alla tesi, per 
quanto indiretto, si � potuto rinvenire nel nostro stesso 
ordinamento. 

Come � noto, l'imposta generale sull'entrata ha la sua 
derivazione dalla tassa di scambio, ohe ha sostituita. 

La legge sulla tassa di scambio (R. D. L. 22 marzo 
1932, n. 206), all'art. 18, disponeva l'esenzione dal 
tributo per l'oro grezzo, in lingotti, in polvere, comprese 
le ceneri aurifere, ed in monete, sia all'atto 
della importazione, ohe degli scambi posti in essere 
nello Stato. 

Tale disposizione, ohe sta a dimostrare come, in 
principio, non sussista alcuna impossibilit� giuridica 
a sottoporre a tributo l'oro monetato, non risulta riprodotta 
nella legge istitutiva dell'imposta sulla entrata. 

Il che � di decisiva importanza, peroh�, in ossequio 
al precetto informatore della legislazione fiscale, non 
� possibile ammettere l'esistenza di una qualsiasi 
esenzione tributaria, in mancanza di una espressa 
statuizione legislativa. 

La sentenza del Tribunale, che ha integralmente 
aceolto la tesi dell'Amministrazione, va segnalata per 
l'importanza dei prineip'i affermati e per i riflessi 
di indole eoonomiea di cui � suscettiva. 

PUBBLICO MINISTERO � Condanna del P. M. alle 

spese di giudizio -Legittimit�. (Corte di Appello di 

Napoli, Sent. 3 giugno 1952, Sez. I -Est.: Vela; 

P. M. appellante: Ministero Grazia e Giustizia, interventore 
contro Moretti Tecla, Langella Francesco ed 
altri appellati). 
Il Pubblico Ministero � parte in giuilizio. Legittima 
� pertanto la sua condanna alle spese in caso 
ili soccombenza. Il Ministero di Grazia e �Giustizia 
� l'organo dell'Amministrazione centrale su cui-deve -incidere, 
in definitiva l'onere ili tale condanna. 

La Corte di Appello di Napoli non � riuscita a 
sottrarsi alla suggestione esercitata dalla dottrina del, 
Chiovenda (OmoVENDA: La condanna alle spese 


-31


dizio esclusivamente dall'Avvocatura dello Stato. 
Il P. JJ!J. � invece come il giudice un organo 
schiettamente giurisdi.zionale, la cui funzione consiste 
nell'aiuto dato al giudice, ed estrinsecantesi in un impulso 
processuale, od esattamente applicarei,ie norme in 
,quei particolari casi, previsti dalla legge, in cui � necessario 
o opportuno che un organo superiore alle parti e 
ai loro limitati interessi, intervenga in giudizio o alle 
parti si sostituisca, con i poteri propri del.le parti, 
e cio� di formulare prove, indicare testi, esprimere 
conclusioni, ma con la funzione specifica non di far 
2� La sclassifi,cazione dei beni del pa�brimonio 
indisponibile dello Stato, delle provincie e dei 
comuni pu�, salvo le norme speciali a particolari 
categorie di detti beni, essere espressa o tacita, 
diretta .o indiretta e risultare anche da fatti incompatibili 
con la volont� di mantenere la s~eciale 
destinazione. La dichiarazione espressa di voler�� 
alienare il bene, che fa parte del patrimonio indisponibile; 
importa sclassif�,cazione tacita. 
30 La donazione fatta ad un ent�' pubblico e da 
questo accettata vincola le parti e rende la dona-
giudiziarie) e ha infranto, con la sentenza riportata, 

una lunga a luminosa tradizione giurisprudenziale. 

� la prima volta infatti, se le nostre ricerche sono 

esatte, che un Oolltgio giudicante ha dichiarato il 

P. M. e per esso l'Erario dello Stato soggetto alla 
condanna alle spese di un giudizio civile da lui proposto. 
In dottrina, invece, � dato ritrovare a tal proposito 
le pi� discordi opinioni, riportate in un recente, 
pregevole, ed esauriente studio del Battaglini (MARIO 
BAT!fAGUNI: Appunti sulla natura e sulle funzioni 
del P. M. nel processo civile, in cc Giustizia Penale�, 
dicembre 1952, parte prima, c. 353). 
V ero � che, a parte la considerazione eh& il P. M. 

nella sua attivit� giurisdizionale civile, come in quella 

penale, deve essere lasciato libero, per quanto pi� � 

possibile, di prendere i provvedimenti che ritfone op


portuni; e che la sua attivit� fatalmente diverrebbe 

soggetta a remore nel caso dovesse ascoltare, oltre che 

le esigenze della propria coscienza giuridica, anche 

la preocc�pazione di potere, con la propria iniziativa, 

cagionare un danno patrimoniale allo Stato, nel 

quale caso la sua azione non diverrebbe pi� oculata, 

ma pi� lenta e guardinga in definitiva pii), impac


ciata, resta il punto che la condanna del P. M. alle 

spese di giudizio � un principio inaccettabile special


mente dal punto di vista giuridico. Ogni qualvolta 

si � tentato di giustificare tale condanna ci si � basati 

su questo sillogismo: i presupposti della condanna 

alle spese sono la qualit� di parte e la soccombenza. 

Il P. M. � parte. Se dunque rimane soccombente, 

legittima � la sua condanna alle spese di giudizio a 

favore dell'altra parte. Tale sillogismo � per� viziato 

dalle sue Btesse premesse, e l'errore consiste nel voler 

attribuire al P. M. una veste che non gli compete: 

la qualit� di parte. 

Al processo partecipano infatti numerosi soggetti, 

ma non tutti, p6r il solo fatto di contrib1dre con la 

propria attivit� alla funzione giudiziaria sono parti: 

non � parte il giudice, non il cancelliere, non il con


sulente di ufficio, non i testimoni. Parte � soltanto 

colui che porta nel processo un interesse penwnale. 

Tutti gli altri sono organi, volontari o necessari, per


manenti o occasionali, dell'Amministrazione giudi


ziaria. 

I soggetti del processo possono essere cos� distinti 
in due grandi categorie, a seconda della qualit� dell'interesse 
di cui sono portatori. I soggetti portatori 

o depositari dell'interesse statuale a che sia esattamente 
applicata la legg6 e i soggetti portatori di un 
� interesse personale all'applicazione della norma. Solo 
questi ultimi ripetiamo sono parti. 
Il P. M. non porta nel processo alcun interesse 
personale; n� un interesse statuale diverso da quello 
gi-urisdizionale: gli interessi dello Stato inteso come 
Amministrazione sono, infatti, rappresentati in giu


trionfare questo o quell'interesse, ma di far esattamente 
applicare al caso concreto le norme di legge. 

Giudice e P. �M. sono depositari di una funzione 
e di un potere unico, e portatori altres� di un iinico 
interesse: l'interesse statale alla realizzazione della 
volont� della legge (confr.: SATTA: Diritto processuale 
civile, p. 50-51). 

Dai concetti suesposti discende, come logico corollario, 
che il P. M. non essendo parte, non pu�esse re 
nemmeno considerato soccombente, cos� come non soccombe 
il giudice che veda in appello modificata 
una sua sentenza; o il consulente che veda in sentenza 
disattese le conclusioni della sua perizia; o il teste che 
senta dichiarata meritoria di maggior fede una deposizione 
contraria alla sua. 

Prova ne sia che quando la sua domanda � respinta 
non viene certo riconosciuto in sentenza un interesse 
del privato in contrasto con quello del P. M. e dello 
Stato, ma viene proprio affermata la coincidenza dell'interesse 
privato con l'interesse pubblico. La tesi 
suesposta � maggior ragione doveva trovare accoglimento 
nel processo Moretti, dato che l'azione di contestazione 
di legittimit� era stata proposta dal P. M. 
ai sensi dell'art. 19 O. p. p., sicch� l'azione stessa 
doveva ritenersi pi� una estrinsecazione della potest� 
giiwisdizionale penale del P. M. che di quella civile. 
Quando, infatti, in un processo penale sorge eccezionalmente 
una questione che deve, in via pregiudiziale, 

.. essere risolta dal giudice civile con decisione che ha 
valore di giudicato nel processo penale, il P. M. cui 
la legge fa obbligo di promuovere l'azione civile, sostanzialmente 
non fa che continuare a esercitare, sia 
pure in sede diversa da quella ordinaria, l'azione 
penale. E come non potrebbe in tale giudizio penale 
essere condannato alle spese e onorari di giudizio, 
non consentendolo la lettera della legge, analogamente, 
tale condanna non avrebbe dovuto essergli infiitta in 
un processo civilf che, a quello penale, era inscindibilmente 
legato. 

G. S.CIARELLI 
DONAZIONE -Capacit� degli enti pubblici a donare Beni 
del patrimonio indisponibile -Sclassif�cazione 
tacita -Ammissibilit� -Donazione accettata dallo 
ente donatario non ancora autorizzato -Rilevanza Fasci 
e federazione dei fasci � Autorizzazione a sensi 
della legge 25 gennaio 1937, n. 2484 � Effetti. (Tribunale 
.di Genova, Sent... 25 gennaio 1952 -Provincia 
di La Spezia contro Gioveni.� Italiana). 

10 Le limitazioni alla capacit� delle persone 
giuridiche devono risultare dalla legge o dallo 
statuto. In difetto le persone giuridiche hanno piena 
capacit� giuridica e possono perci� compiere anche 
atti di disposizione a titolo gratuito. 


32 


zione irrevocabile, ancorch� non sia ancora intervenuta 
l'autorizzazione governativa. 

40 L'autorizzazione data dal Ministro, segretario 
del p.n.f., a sensi dell'art. 1 della legge 
30 dicembre 1937, n. 2484, integra la condicio iuris 
necessaria per dare giuridica efficacia alla donazione 
accettata da una federazione provinciale 
fascista. 

Sulla prima massima concorda la pi� recente giurisprudenza 
e la pi� autorevole dottrina: A. Firenze 
12 giugno 1950, in cc Rep. Foro It. i>, 1950, voce 
Corpo morale n. 9; Trib. Firenze, 11 luglio 1947, 
in cc Giur. Compl. cass. civ. "' 2� quadr. p. 481; 
FERRARA: Teoria della pers. giur., p. 809 e 848; 
ALESSI, in cc Giur. compl. cass. civ. '' l. c.; FORTI: 
Teoria dell'organ. e della pers. giur., p. 96; LuorFREDI, 
in cc Foro It. "' 1937, I, p. 258; Vitali: La donazione, 
in cc Tratt. Fiore"' p. 81. Contro: CAMMEO: 
I contratti della Pubblica .Amministrazione, p.170. 

In ordine alla sclassificazione dei beni del patrimonio 
indisponibile si deve distinguere a seconda 
che la destinazione derivi da una disposizione legislativa 
o regolamentare, che contempli in generale 
determinate categorie di beni, oppure da uno speciale 
atto amministrativo espresso o tacito, come avviene 
in genere per gli edifici destinati a sede di pubblici 
itffici e per gli altri beni, diversi da quelli considerati 
nel 2� comma dell'art. 828 C. c. destinati ad altro 
pubblico servizio. 

Nel primo caso la sclassificazione non pu� essere 
posta in essere che mediante atto formale, avente pari 
efficacia a quello che ha determinato l'inclusione del 
bene nel patrimonio indisponibile, o a mezzo di un 
atto amministrativo posto in essere secondo le forme 
e la procedura stabilita dalle leggi speciali. 

Nel secondo caso, ossia per gli altri beni che non 
hanno in s� caratteristiche particolari, per le quali 
la lfgge riconnette direttamente al bene la qualit� 
d'indisponibile, la sclassificazione pu� essere tacita 

o espressa e risultare anche da atti univoci, incompatibili 
con la volont� di continuare a rivolgere quel 
determinato bene ad un servizio pubblico. (Conforme 
SANTI ROMANO, Corso Dir. amm., p. 214}. 

Si ha qui, in sostanza, una situazione analoga a 
quella che riguarda i beni del demanio accidentale, 
dove, gi� sotto il vigore dell'abrogato codice, era ius 
receptum che la sdemanializzazione potesse operarsi 
con una dichiarazione o anche rebus ipsis et factis. 
(Cass. 6 agosto 1934, in cc Mass. Foro It. "' 1934, 

n. 3019 ed in cc Riv. dei demani "' 1934, n. 422 con 
ampia nota di richiami; Cass. 22 luglio 1938 in 
cc Giur. It. "' I, 111070; RANELLE':rTI: Guarantigie, 
p. 106; SANTI ROMANO, op. cit. p. 185). 
A questo indirizzo si � mantenuta ferma la giurisprudenza 
della Suprema Corte e la prevalente dottrina, 
anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, 
essendosi riconosciuto che le formalit� previste dall'art. 
829 C. c. hanno carattere dichiarativo e non 
costitutivo. (Cass. 5 agosto 1949, in cc Giur. compl. 

cass. civ."' 30 quadr. n. 2183, con nota di :F. NUNZIATA: 
Cass. 31 marzo 1951, in Riv. cit., 1951, 
10 quadr. n. 668; ZANOBINI: Corso, vol. IV, p. 37; 
VITTA: Diritto a.mm., vol. I, p. 241; RESTA, in 
Comm., SCIALOJA e BRANCA: -Voi. dell& propriet�, 

p. 71). 
Circa gli effetti della donazione accettata dall'ente 
donatario, non ancora autorizzato, era, vigente 
l'abrogato codice, opinione dominante che, mediante 
l'accettazione il contratto di donazione diventasse 
valido e per/etto, e quindi irrevocabile, rimanendo 
in sospeso soltanto l'efficacia traslativa della propriet�. 

Questa opinione � ancora oggi seguita dalla Suprema 
Corte e dalle Corti di merito (Cass. 27 gennaio 
1949, in cc Giur. compl. cass. civ. "' 1949, n. 123, 

p. 318; A. Milano, 12 dicembre 1947, in cc Giur. It. "' 
1949, I, 2, 25; A. Genova, in cc Foro It. "' I, 211). 
Nella surricordata sentenza 27 gennaio 1949, lv 
Suprema Corte ha statuito che �tanto per il Codice 
del 1865, quanto per quello vigente la donazione 
accettata � irrevocabile. 

Con il sistema introdotto dall'art. 782 C. c. si 
� voluto accordare all'ente, oltre quello normale della 
accettazione, un ulteriore mezzo per vincolare il 
donante e cio� la notificazione della domanda diretta 
ad ottenere l'autorizzazione ''� 

La soluzione � contrastata da una parte della dottrina 
(ZANOBINI: Corso di Dir. a.mm., V, p. 205, 
Russo in Tratt.; D'AMELIO: Succes. e donaz., 

p. 113, ecc.). 
Per pi� ampi richiami dottrinari e giurisprudenziali 
nell'uno e nell'altro senso, vedasi: ROSSANO, in 
�Foro It. "' 1951, I, 1551 e REBORI, id. 1952, I, 
1625. 

Sugli effetti dell'autorizzazione concessa a sensi 
della legge 30 dicembre 1937, n. 2484, giova ricordare 
che trattasi di una legge speciale, che ha regolato, 
relativamente ai fasci e alle federazioni provinciali, 
l'intera materia gi� disciplinata dalla legge 6 giugno 
1850, n. �1037. 

Da ci� la sua efficacia derogativa della legge 
generale anteriore, per il noto principio: lex specialis 
posterior derogat priori generali. 

Il fatto che la� legge speciale regoli anche, oltre 
quella comune, una materia sua propria (atti di 
alienazione oltre quelli di acquisto) non pu� avere 
alcuna infiuenza sulla suddetta conclusione. 

Nella relazione alla Camera alla predetta legge del 
1937 � stato esplicitamente dichiarato che con essa 
si � voluto apprestare un congegno atto a far s� che 
non potesse cc mai essere opposto difetto di autorizzazione''
� 

Sull'argomento vedasi conforme alla soluzione 
accolta dal Tribunale di Genova, la sentenza della 
Corte di Appello di Firenze, 12 giugno 1950, in 
�Rep. Foro It. "' 1950, voce: Corpo morale n. 8, 
gi� citata. 

In dottrina sulla inammissibilit� di una duplice 
autorizzazione vedasi: GIORGI: La dottrina delle 
pers. giur. e corpi morali, vol. I, p. 831.. 

.A. R-.



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA'J'l S'ECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA � G�ZZETTA UFFICIALE� 

I.� 

1. 
Legge 18 dicembre 1952, n. 3058 (G. U.,n. 10): Norme 
per la concessione della fideiussione statale sui prestiti 
accordati ad aziende italiane dagli enti di cui all'art. 1� 
della legge 3 dicembre 1948, n. 1425. 
Si segnala particolarmente l'art. 3 il quale dispone 
che �sulle somme che le aziende italiane ricevono in 
prestito, a norma dell'art. 1, non sono ammessi sequestri, 
pignora:menti, opposizioni o altro impedimento 
qualsiasi>>, � da ritenere che tale divieto di misure 
cautelari ed esecutive valga soltanto finch� le somme 
si trovino ancora presso gli enti mutuanti, sembrando 
evidente che tali somme, una volta passate nella disponibilit� 
dei mutuatari, non possono essere sottratte alle 
misure suddette, non essendo concepibile una loro separazione 
nei confronti del restante patrimonio. 

2. 
Legge 11 dicembre 1952, n. 3094 (G. U., n. 12): Nuove 
disposizioni in materia di indennit� per danni alla 
propriet� industriale italiana degli Stati Uniti d'America, 
in applicazione degli accordi approvati con D. L. 
31 dicembre 1947, n. 1747. 
Si veda in questa Rassegna, 1949,. p. 33, la legge 
fondamentale in materia (24 novembre 1948, n. 1493). 
Ci sembra di poter affermare che, specie dopo la recente 
sentenza della Corte Suprema che pubblicheremo prossimamente, 
sia chiaro che la natura della pretesa fatta 
valere per gli indennizzi regolati dalle leggi suddette, 
sia quella dell'interesse legittimo. 

Si segnala, per la sua stranezza, l'art. 5 nel quale 
� stabilito che � tutti i reclami pendenti dinanzi alla 
Commissione di cui al precedente articolo dovranno 
essere definiti nel termine massimo di un anno dalla 
entrata in vigore della presente legge; la Commissione 
cesser� di esistere un mese dopo la scadenza del predetto 
termine ȥ. Che cosa accadr� di quei reclami che 
non si siano potuti definire entro il termine cos� fis


sato la legge non dice; ma n,on ci sembra che v1 sia 
soluzione diversa di quella di ritenere che essi saranno 
definiti, in prima istanza, dall'Amministrazione competente 
(Tesoro ed Industria) salvi gli eventuali rimedi 
giurisdizionali. 

3. Legge 
27 dicembre 1952, n. 3596 (G. U., n. 15): Delega 
al Governo dell'esercizio della funzione legislativa per 
l'emanazione di nuove norme sulle imposte sul bollo e 
sulkt pubblicit�. 
Vedi la Relazione in �Le leggi�, 1953, p. 45 e segg. 
Si tratta in parte di una delega legislativa, e cio� di 
una serie di norme giuridiche che hanno per destinatario 
solo il Governo, e in parte di norme destinate a 
tutti i cittadini (sono quelle di carattere penale di cui 
agli artfooli 3 e 6) le quali, peraltro, entreranno in vigore 
solo se e quando saranno emanate le norme delegate 
della cui inosservanza esse stabiliscono le sanzioni. 
Anche per questo esercizio di funzione legislativa delegata 
� prevista la costituzione di una Commissione 
parlamentare, organo che oramai � entrato nella prassi 
costituzionale. 

4. Legge 
23 dicembre 1952, n. 4415 (G. U., n. 22): Modificazioni 
alla legge 16 novembre 1950, n. 979, sulle 
promozioni per merito di guerra. 
Proroga alla facolt� di conferire promozioni per merito 
di guerra � purch� si tratti di proposte... presentate 
entro il 15 ottobre 1949 �, Secondo una recente decisione 
del Consiglio di Stato (n. 7, del 14 gennaio 1953), 
rie. Liguori) una proposta deve intendersi presentata 
quando il documento che la contiene � stato trasmesso 
ad autorit� gerarchicamente superiore. Lo stesso Consiglio 
di Stato ha affermato che si pu� dare aliunde 
la prova che la presentazione sia avvenuta in termini 
e che il documento che la conteneva sia andato distrutto 

o smarrito. 

I N D' I e E -s-� 1�sT E M A T I -e o 
DELLE CONSULTAZIONI 


, LL1 FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA 80L UZIONE CIIE NE � STATA DATA 

AERONAUTICA E AEROMOBILI -Se l'art. 10, 
lett. a e b della Convenzione per l'esercizio dell'attivit� 
delle Societ� di navigazione aerea comprenda, nell'uso 
gratuito degli aeroporti e dei campi di fortuna, 
anche quello dei locali adibiti ad ufficio o ad attivit� 
commerciali (n. 2). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 1) Se la Gestione 
I.N.A.-Casa possa considerarsi un'Amroinistra'
zione dello Stato (n. 134). -II) Se la Societ� Nazionale 
Approvvigionamento Grassi (S.N.A.G.) abbia la 
natura di pubblica amministrazione ~ possa, quindi, 
avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato 

(n. 135). -III) Quale sia la natura dei Comitati di 
Liberazione Nazionale (n. 136). -IV) Se il controllo 
delle condizioni di ammissibilit� delle domande per la 
liquidazione di debiti partigiani possa essere fatto dal 
Ministero, cos� da respingere senz'altro le domande che 
difettino delle condizioni richieste, senza sentire il parere 
della speciale Commissione consultiva (n. 137). 
APPALTO -I) Se le riserve avanzate da un'impresa 
alla chiusura della contabilit� dei lavori, ma non tradotte 
in precise clausole del contratto successivamente 
stipulato, possano ritenersi ancora operanti (n. 159). 
-II) Se il supplente che subentri all'appaltatore nel 
contratto di appalto sia tenuto solo alle stipulazioni 
espressamente contenute nel contratto o anche alle 
eventuali variazioni o . modifiche concordate, senza il 
suo intervento, dall'appaltatore stesso e dall'Amministrazione 
in epoca successiva alla stipulazione del contratto 
medesimo (n. 160). -III) Se le cessioni eventualmente 
pattuite dall'appaltatore, anteriormente al 
subentro del supplente, purch� riconosciute come legittime 
dall'Amministrazione, siano vincolative anche per 
il supplente medesimo (n. 160). 

AUTOVEICOLI -Se la pubblicazione sulla Gazzetta 
Ufficiale dei dati di individuazione dell'autoveicolo, 
richiesta dall'art. 13 del D. L. 22 gennaio 1948, 

n. 118 (ultimo comma), sia stabilita agli effetti della 
legittimit� dell'alienazione del medesimo oppure ai fini 
della decorrenza del termine entro il quale il proprietario 
pu� far valere i suoi diritti sulla somma ricavata 
dalla vendita (n. 39). 
AVVOCATI E PROCURATORI -I) Se la Fondazione 
�Il Vittoriale degli Italiani� possa ritenersi compresa 
fra gli enti, istituti ed accademie, cui il R. D. 
8 giugno 1940, n. 779, conserva l'assistenza e la rappreseQtazione 
in giudizio dell'Avvocatura dello Stato 


(n. 17). -II) Se il cc Centro di Studi leopardiani� di 
Recanati sia compreso fra gli enti, istituti ed accade.
mie, cui il R. D. 8 giugno 1940, n. 779, conserva l'assistenza 
e la rappresentanza in giudizio dell'Avvocat,ura 
dello Stato (n. 17). � 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI -I) Se per 
i contratti messi, in essere in epoca precedente l'entrata 
in vigore della legge 2 luglio 1949, n. 408, sulle case 
per i senza tetto, possa procedersi alla riduzione dei 
prezzi dell'importo dell'imposta sui materiali da costruzione, 
tanto in via di rimborso che di pagamento, ove, 
in effetti, le imprese abbiano usufruito ed usufruiscano 
dell'esenzione stabilita dalla legge (n. 38). -II) Se 
gli articoli 47 della legge 23 maggio 1950, n. 253 e 2 
della legge 23 maggio 1951, n. 357, che d�nno al Pretore 
la facolt� di graduare e prorogare gli sfratti, siano 
applicabili alle ordinanze emanate dalla Pubblica Amministrazione 
per il rilascio di alloggi compresi quelli delle 
case economiche per ferrovieri e postelegrafonici (n. 39). 


COMUNI E PROVINCIE -I) Se sia dato ricorso 

giurisdizionale al Consiglio comunale contro le decisioni 

adottate dal Consiglio stesso in materia di eleggibilit�, 

ai sensi dell'art. 67 del Testo Unico 5 aprile 1951 (n. 40). 

-II) Se il Prefetto sia legittimato a impugnare le 

deliberazioni del Consiglio comunale per convalida delle 

elezioni (n. 40). -III) Se, ai sensi e per gli effetti del


l'art. 67 del T. U. 5 aprile 1951, possa considerarsi equi


pollente alla pubblicazione del provvedimento di con


valida la piena conoscenza che il Prefetto abbia rice


vuto del provvedimento mediante la comunicazione di 

esso fattagli in epoca anteriore (n. 40). 

CONCESSIONI -.,.. I) Se la nullit� della conces'Siorre del 
servizio di trasporto, sancita dall'art. 32 della legge 
28 settembre 1939, n. 1822, per il caso che la cessione 
della concessione non abbia l'approvazione governativa, 
;ricorra anche quando il titolare della concessione la 
conferisca in una societ� (sia di capitali che di per



-35



sone) (n. 33). -II) Se la detta. nullit� ricorr� quando, 
invece della concessione, si conferisca l'esercizio di essa 

(n. 33). -III) Se la nullit� di cui al succitato art. 32 
ricorra quando la concessione veng� conferita in associazione 
in partecipazione (.�. 33). -IV) Quale estensione 
abbia la nullit� disposta dall'art.� 32, in caso di 
cessione e in. mancanza dell'approvazione governativa 
(n. 33). -V) Se una societ�, che i soci hanno qualificato 
come semplice, possa �assumere una concessione 
di pubblici servizi, quale quella di trasporto, che va 
compresa tra le attivit� commerciali (n. 33). -VI) 
Se l'aspettativa di un concessionario di un autoservizio 
pubblico ad ottenere la concessione di una linea, che 
costituisca integrazione del primo servizio, ai sensi dell'art. 
5 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, concreti 
lID diritto soggettivo o solo un interesse legittimo (n. 33). 
CONFISCA -I) Quale sia il concetto di � appartenenza,, 
nel diritto penale (n. 9). -II) Se la norma 
dell'art. 240 c.p. (3� comma) sia di generale applicazione 
(salvo espresse eccezioni) nel diritto penale (n. 9). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 
I) Se fra gli atti di ordinaria amministrazione che rientrano 
nella competenza dello speciale Comitato, istituito 
con la legge 17 ottobre 1950, n. 840, siano da 
comprendersi le transazioni e le riduzioni di credito, 
oppure se il Comitato. suddetto possa formulare soltanto 
le necessarie proposte al. Ministro del Tesoro, il quale 
proV\Tede poi nella sua competenza (n. 98). -II) Se 
il Ministro del Tesoro, per l'�ccoglimento della proposta 
del Comitato nel senso indicato, debba limitarsi ad 
una valutazione sull'opportunit� politica. ed amministrativa 
dell'atto o debba invece, seguire la procedura 
prescritta per l'annullamento dei crediti dello Stato 

(n. 98). -III) Se la dichiarazione giurata, di cui allo 
art. 11 del D. L. L. 8 maggio 1946, n. 428, debba essere 
resa dall'interessato in persoria oppure possa essere 
resa da un procuratore generale del medesimo (n. 99). 
-IV) Se, in base alle vigenti norme di contabilit� 
dello Stato, possa procedersi al pagamento frazionato 
di un ordinativo di pagamento .intestato a pi� persone, 
che avrebbe dovuto essere esatto con quietanza congiuntiva 
da parte di tutti i creditori (n. iOO). -V) Se 
l'ufficiale pagatore, in base ad un unico ordinativo di 
pagamento, possa tener conto di un atto legale che 
determini le quote tra gli aventi diritto e pagare, q\lindi, 
le singole quote ai singoli creditori, con quietanze parziali 
(n. 100). 
CONTRABBANDO. -Se, nel caso di generi confiscabili 
ai sensi degli articoli 87 della legge sul monopolio 
e 116 di quella doganale, il trasportatore, persona 
estranea al reato, possa pretendere la tutela di altri 
diritti, che siano diversi da quelli che hanno per oggetto 
i mezzi di trasporto e, in particolare, di quelli derivanti 
dal privilegio sulle cose trasportate, ove il trasporto 
non sia stato pagato dal proprietario delle cose 
medesime (n. 20). 

. DEMANIO -I) Se � beni appartenenti al patrimonio 
indisponibile �dello Stato siano sottratti all'obbligo della 
comunione forzosa �lel .muro di confine (n. 85). -II) 
Se i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello 
Stato siano sottratti all'obbligo d�ll'osservanza delle 
distanze legali (n. 85). -III) Se i beni del patrimo


nio indisponibile dello Stato siano sottratti all'obbligo 
di consentire la costruzione in aderenza (n. 85). -IV) 
Se l'art. 3 della iegge 5 gennaio 1933, n. 30, abbia derogato 
al disposto dell'art. 106 del R. D. 30 dicembre 
1923, n. 3267, nel senso che non abbia pi� luogo il trasferimento 
ipso jure al patrimonio dell'Azienda di Stato 
per le Foreste demaniali dei terreni boschivi o suscettibili 
di cultura forestale, che siano pervenuti o pervengano 
allo Stato dopo l'entrata in vigore della legge 
medesima (n. 86). 

EMIGRAZIONE -Se all'ufficiale medico, gi� a 

I

bordo di piroscafo in. servizio di emigrazione, il quale 
effettui il viaggio di ritorno su altra nave, in qualit� 

i

f 

di passeggero, spettino, a carico del vettore originario, 
oltre le competenze previste dall'art. 10, lett. d, del 

R. D. 10 settembre 1914, n. 1158, anche lo stipendio 
e l'indennit� d'arma (n. 2). 
ENFITEUSI -I) Se possano ritenersi tacitamente 
abrogate le leggi speciali riguardanti le enfiteusi costituite 
da privati nelle provincie napoletane, sarde e siciliane 
(n. 20). -II) Se la tariffa all. B, art. 27, della 
legge di registro, la quale stabilisce espressamente che 
il contratto di enfiteusi debba contenere il patto di 
indivisibilit� del canone e di impossibilit� di riscatto 
prima di 90 anni, possa trovare applicazione dopo l'entrata 
in vigore del nuovo codice che non ammette tali 
pattuizioni (n. 20). 

ESECUZIONE FORZATA -I) Se siano proponibili, 
da parte dei creditori di enti sindacali disciolti, 
azioni individuali, sia di cognizione che di esecuzione 


(n. 11). -II) Se le notificazioni del titolo esecutivo 
e del precetto debbano considerarsi atti del processo 
esecutivo o non, piuttosto, completamento del giudizio 
di cognizione (n. 11). -III) Se le. spese per la notificazione 
del titolo esecutivo e del precetto debbano 
essere rimborsate al� creditore istante nei confronti di 
enti sindacali disciolti (n. 11). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se la mancata 
pr�fissione del termine finale dei lavori nel decreto di 
espropriazione infirmi la procedura di esproprio (n. 75). 
-Il) Se la mancata prefissione del termine finale dei 
lavori nel decreto di occupazione di urgenza infirmi 
la relativa procedura (n. 75). -III) Se il preteso vizio 
dell'atto amministrativo per mancata prefissione del 
termine finale dei lavori trasformi la eventuale lesione 
dell'interesse legittimo del privato proprietario del bene 
in diritto subiettivo (n, 75). -IV) Se detto vizio debba 
farsi valere dinanzi al G. O., ovvero dinanzi al Consiglio 
di Stato entro il termine di sessanta giorni dalla notifica 
del provvedimento amministrativo (n. 75). 


FALLIMENTO -Se l'Amministrazione dello Stato 
possa insinuarsi direttamente nel fallimento di una 
ditta debitrice della Societ� Nazionale Approvvigionamento 
Grassi per crediti che quest'ultima riscuota per 
conto dello Stato (n. 8)� 


FERROVIE -I) Se possano ottenere i benefici 
concessi con i DD. MM., n. 1970, del 22 novembre 1950, 


n. 4494 del .2 maggio 1951 gli operai delle Ferrovie 
dello Stato, i quali, pur trovandosi n,elle condizioni 
rispettivamente previste dai due decreti, siano stati 

36 


collocati a riposo anteriormente alla data di emanazione 
dei decreti medesimi (n. 154). -II) Se possano 
ottenere i suddetti benefici gli operai esonerati .succes� 
sivamente alle date di emanazione dei decreti dinanzi 
indicati, sempre che essi, dopo il conseguimento della 
idoneit� e fino al momento dell'esonero, non abbiano 
demeritato (n. 154). -III) A quali effetti valga la 
promozione concessa ai suddetti agenti in virt� delle 
citate disposizioni (n. 154). 

FERROVIE E TRANVIE -I) Se la nullit� della 
concessione d.el servizfo di trasporto, sancita dall'articolo 
32 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, per il 
caso che la cessione della concessione non abbia l'approvazione 
governativa, ricorre anche quando il titolare 
della concessione la confisca in una societ� (sia di capitali 
che di persone) (n. 155). -II) Se la detta nullit� 
ricorre quando, invece della concessione si conferisca 
l'esercizio di essa (n. 155). -III) _Se la nullit� di cui 
al succitato art. 32 ricorra quando la concessione venga 
conferita in associazione in partecipazione (n. 155). IV) 
Quale estensione abbia la nullit� disposta dall'articolo 
32, in caso di cessione e in mancanza dell'approvazione 
governativa (n. 155). -V) Se una societ�, che 
i soci hanno qualificato�come semplice, possa assumere 
una concessione di pubblici servizi, quale quella di trasporto 
che va compresa tra le attivit� commerciali 

(n. 155). -V) Se l'aspettativa di un concessionario di 
un autoservizio pubblico ad ottenere la concessione di 
una linea, che costituisca integrazione del primo servizio, 
ai sensi dell'art�. 5 della legge 28 settembre 1939, 
n. 1822, concreti un diritto soggettivo o solo un interesse 
legittimo (n. 155). -VI) Se il trasferimento delle 
quote e il conseguente mutamento dei soci rappresentino 
una modificazione dell'atto costitutivo di una societ� 
a responsabilit� limitata, ai sensi e per gli effetti 
della circolare ministeriale 23 gennaio 1934, in relazione 
all'art. 31 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 (n. 156). 
GUERRA -Se i cittadini o gli enti italiani, colpiti 
dal sequestro di loro beni ed attivit� in Egitto, effettuato 
dal Governo di quel paese durante la rece1;1;_j;e 
guerra, possano avanzare alcuna pretesa verso il Governo 
italiano sotto il profilo di risarcimento danni di 
guerra (n. 118). 

IMPIEGO PUBBLICO -I) Se l'art. 62 del R. P. 
delle Ferrovie dello Stato il quale statuisce che l'agente 
non pu� essere scrutinato, quando nei di lui confronti 
sia in corso �procedimento disciplinare� possa applicarsi, 
ove sia in corso, a carico dell'agente stesso, procedimento 
penale e non anche disciplinare (n. 316). II) 
Se, dovendo l'Anuninistrazione pagare ai due. figli 
minori di un suo dipendente le indennit� spettanti al 
loro padre defunto, sia necessaria o meno l'autorizzazione 
del giudice tutelare perch� la madre possa quietanzare 
anche per i figli minori (n. 317). 

IMPOSTA DI REGISTRO -I) Se, in presenza di 
un contratto scritto di appalto, cui il D. L. L. 7 giugno 
1945, n. 322, concede il beneficio delle registrazione 
con tassa fissa, possa farsi riferimento ad un momento 
anteriore alla stipulazione dell'atto per negare il beneficfo 
tributario, in funzione della precedente denuncia 
di contratto verbale di appalto derivante dall'affida


mento dei lavori (n. 78). -II) Se la tariffa �ll. B, articolo 
27, della legge di registro, la quale stabilisce espressamente 
che il contratto di enfiteusi debba contenere 
il patto di indivisibilit� del canone e di �impossibilit� 
di riscatto prima di 90 anni, possa trovare applicazione 
dopo l'entrata in vigore del nuovo codice che non ammette 
tali pattuizioni (n. 79). -III) Se, ai sensi dell'art. 
80, n. 2, della legge di registro, il cancelliere sia 
solidalmente tenuto con i contraenti al pagamento 
della tassa di registro dovuta su di un atto di natura 
contrattuale redatto in un verbale cui il cancelliere 
medesimo partecipa come ausiliario del giudice (n. 80). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA -I) Se le ditte appaltatrici 
possano esercitare rivalsa verso le stazioni appaltanti 
-diverse dalle Anuninistrazioni dello Stato ora 
da Enti a queste assimilabili ad ogni effetto fiscale al 
fine di ottenere il rimborso dell'I.G.E. da esse corrisposta 
(n. 35). -II) Se la Gestione I.N.A.-Casa sia 
tenuta a rimborsare alle stazioni appaltanti l'I.G.E. da 
queste versata alle imprese appaltatrici (n. 35). 

IMPOSTE E TASSE -Se, agli effetti dell'applicazione 
dell'imposta, di cui al D. L. 6 ottobre 1948, n. 1199, 
debba ravvisarsi unicit� di stabilimento nell'intera rete 
tranviaria di una citt� (n. 186). -II) Quale sia la 
natura dello speciale diritto di licenza previsto nel Regio 

D. L. 13 maggio 1934, n. 894 (n. 187). -II) Se sia 
�dovuto 
il diritto di licenza sulle importazioni temporanee, 
precedenti l'entrata in vigore della legge 15 giugno 
1950, n. 330, ove si sia verificata l'importazione 
definitiva (n. 187). -III) In quale momento l'importazione 
temporanea determini il sorgere del rapporto 
tributario concernente il pagamento del diritto di licenza 
(n~ 187). -IV) Se, per i contratti messi in 
essere in epoca precedente l'entrata in vigore della legge 
2 luglio 1949, n. 408, sulle case per i senza tetto, possa 
procedersi alla riduzione dei prezzi dell'importo della 
imposta sui materiali da costruzione, tanto in via di 
rimborso che di pagamento, ove in effetti, le imprese 
abbiano usufruito ed usufruiscano dell'esenzione, stabilita 
dalla legge (h. 188). 

INFORTUNI SUL LAVORO. -Se, nel caso in cui 
l'infortunio dipenda da fatto-reato, trovi luogo l'ordinaria 
disciplina della responsabilit� da illecito nei confronti 
di coloro che abbiano riportato condanna penale 
per l'infortunio (art. 4, 20 comma del R. D. 17 agosto 
1935, n. 1765) (n. 30). -II) Se, per il caso di infortunio 
derivante da fatto-reato di proprio dipendente, 
di cui debba civilmente rispondersi, trovi luogo l'ordinaria 
responsabilit� del datore di lavoro (n. 30). III) 
Se la medesima disciplina trovi luogo anche quando, 
indipendentemente da ogni condanna, sia stabilito, nella 
sentenza penale, che l'infortunio si � verificato per fatto 
imputabile al preposto al lavoro (n. 30). 

IPOTECHE -I) Se l'art. 22 della legge mineraria, 
che prescrive, nel caso di iscrizione di ipoteche, l'obbligo 
della preventiva autorizzazione ministeriale,�debba ritenersi 
applicabile anche al caso di iscrizione del pr�Vile-gio 
generale che assiste i mutui concessi dall'I.M.I.,tra 
le altre, ad aziende minerarie (n. 9). -II) Se l'art. 22 
suddetto debba considerarsi ancora in vigore dopo il 
passaggio delle miniere al patrimonio delle Regioni 

(n. 9). 

LOCAZIONI -Se gli articoli 47 della legge 23 maggio 
1950, n. 253 e 2 della legge 23 maggio 1951, n. 357, 
che d�nno al Pretore la facolt� di graduare e prorogare' 
gli sfratti, siano applicabili alle ordinanze emanate dalla 
Pubblica Amministrazione per il rilascio di alloggi compresi 
quelli delle ease economiche per ferrovieri e postelegrafonici 
(n. 70). -II) Quale sia la natura del decreto 
del pretore, con il quale si fissa o si proroga lo sfratto 

(n. 70). -III) Se gli aumenti dei canoni delle focazioni 
previsti dalla legge 23 maggio 1950, n. 253, possan.
o essere richiesti in epoca posteriore, con effetto 
retroattivo della data prefissata dalla legge (n. 71). IV) 
Se la legge 253 del 1950 ponga alcun termine di 
decadenza all'esercizio del suddetto potere di richiedere 
gli aumenti previsti (n. 71). -V) Se il termine di prescrizione 
quinquennale, di cui all'art. 2948 c. c. sia 
applicabile nella specie (n. 71). 
MINIERE -�I) Se l'art. 22 della legge mineraria 
che prescrive, nel caso di iscrizione di ipoteche, l'obbligo 
della preventiva autorizzazione ministeriale, debba ritenersi 
applicabile anche al caso di iscrizione del privilegio 
generale che assiste i mutui concessi dall'I.M.I., tra 
le altre, ad aziende minerarie (n. 6). .,...-II) Se l'art. 22 
suddetto debba considerarsi ancora in vigore dopo il 
passaggio delle miniere al patrimonio delle Regioni 

(n. 6). 
MONOPOLI -I) Se il delitto di cui al D. L. L. 14 
marzo 1945, n: 111, sia un delitto contro il commercio, 
onde, anche se non previsto,. dal codice penale, 
rientri nella elencazione di cui alla lettera b), n. 3, dell'art. 
55 dell'Ordinamento dei servizi di distribuzion.e 
e di vendita dei generi di monopolio (n. 18). -II) Se 
il resto finanziario, previsto dall'art. 55 del Testo Unico 
14 settembre 1931, n. 1175, rientri in quelli previsti 
come causa di indegnit� dall'art. 55 del R. D. 14 giugno 
1941, n. 577, sull'ordinamento dei servizi di distribuzione 
e vendita di generi di monopolio (n. 19). 

POSTE E TELEGRAFI. -Se l'art. 140 del Codice 
postale, approvato con R. D. 27 febbraio 1936, n. 145, 
il quale stabilisce che i buoni postali fruttiferi sono 
insequestrabili, tranne che per ordine dell'autorit� giudiziaria, 
vada interpretato nel senso che per � ordine 
dell'autorit� giudiziaria penale,, debba intendersi esclusivamente 
.quello che si riferisce al sequestro del corpo 
di reato, di cui agli articoli 337 e segg. C. p. p., oppure 
che per detto ordine debba intendersi anche quello 
relativo al sequestro previsto dall'art. 189 C. p. (n. 30). 

PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se gli inviti, 
rivolti verbalmente da singoli funzionari ed ex partigiani, 
sbandati e prigionieri di guerra, aventi diritto 
alla corresponsione dei prescritti assegni da parte dello 
Stato, a non presentare nuove domande, possano sollevare 
i medesimi dal decorso della prescrizione o, comunque, 
possano impegnare lo Stato a non far valere 
la prescrizione maturata (n. 16). -II) Se la norma 
dell'art. 9 della legge 3 marzo 1951, n. 193, possa applicarsi 
per analogia, agli effetti della sospensione dei termini 
di prescrizione del diritto ai suddetti assegni, a 
favore degli ex prigionieri di guerra o sbandati oltre 
confine rimasti in territori ceduti ad altri Stati o appartenenti 
a Stati con i quali l'Italia abbia interrotto le 
relazioni diplomatiche (n. 16). 

REGIONI -I) Se lo schema di legge, recante le 
norme di attuazione dello Statuto siciliano in tema di 
pubblica istruzione, possa dare adito ad impugnativa 
per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 35). -II) 
Se sia legittima la disposizione di detto schema che assicura 
alla Regione una propria rappresentanza nei consessi 
consultivi e deliberativi del Ministero della Pubblica 
istruzione, per la tutela degli interessi regionali 

(n. 35). 
REQUISIZIONI -I) Se l'applicazione dell'art. 32 
della legge 23 maggio 1952, n. 253, alle occupazioni di 
immobili, derivanti da provvedimenti dell'Autorit� 
amministrativa, debba intendersi ammessa con i limiti 
imposti dalla legge alla funzione del g. o. di fronte ai 
poteri della Pubblica Amministrazione (n. 98). -II) 
Se l'azione d� rilascio, di cui all'art. 32 della legge n.253, 
sia proponibile quando sia fatta valere contro il terzo 
beneficiario, in tema di requisizioni dipendenti dalla 
guerra e dallo sfollamento (n. 98). -III) Se tale azione 
possa proporsi contro la Pubblica Amministrazione, 
ove sia intervenuta la cessazione ope legis del provvedimento 
di requisizione (n. 98). -IV) Se l'azione di 
rilascio, di cui all'art. 32 della legge 23 maggio 1950, 

n. 253, possa proporsi contro la Pubblica Amministrazione, 
nell'ipotesi di immobili occupati in virt� di titolo 
non locativo, non dipendente dalle contingenze della 
guerra o dello sfollamento (n. 98). -V) Se il giudizio 
di cui all'art. 32 citato, debba proporsi con rito ordinario 
o mediante ricorso al pretore (n. 98). 
RESPONSABILITA' CIVILE -I) Se le Amministrazioni 
interessate possano sempre procedere al recupero, 
nei confronti di militari, ora in congedo, delle 
somme pagate a seguito di incidenti stradali da quelli 
cagionati; mediante la speciale procedura ingiunzionale, 
di cui al Testo Unico n. 639 del 1910 (n. 133). -II) A 
chi spetti la competenza nei giudizi di responsabilit� 
a carico di dipendenti, legali allo Stato da rapporto di 
pubblico impiego (n. 133). 

SINDACATI -I) Se siano proponibili, da parte 
dei creditori di enti sindacali disciolti, azioni individuali, 
sia di cognizione che di esecuzione (n. 16). II) 
Se le. spese per la notificazione del titolo esecutivo 
e del precetto:debbano essere rimborsate al creditore 
istante nei confronti di enti sindacali disciolti (n. 16). 
-III) Se gli scritti giudiziari defensionali nell'interesse 
degli uffici stralcio delle soppresse ;organizzazioni 
sindacali fasciste siano esenti dalle imposte di bollo 

(n. 17). 
SOCIETA' -I) Se i Comitati aziendali di liberazione 
nazionale possano ritenersi organi dell'Ente sociale 

(n. 43). -II) Se una societ�, che i soci hanno qualificato 
come semplice, possa assumere una concessione 
di pubblici servizi, quale quella di trasporto, che va 
compresa tra le attivit� commerciali (n. 44). -III) Se 
il trasferimento delle quote ed il conseguente mutam 
mento dei soci rappresentino una modificazione -dello 
atto costitutivo di una societ� a responsabilit� limitata, 
ai sensi e per gli effetti della circolare ministeriale 23 
gennaio 1934, in relazione a,ll'art. 31 della legge 28 settembre 
1939, n. 1822 (n. 45). -IV) In qual senso debbano 
intendersi le �agevolazioni � concesse alle Coope

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r�tive di cui all'art. 16 del D. L. C. P. S. 14 dicembre 
1947, n. 1577, tenendo presente che la norma citata 
subordina la concessione delle � agevolazioni � stesse 
all'iscrizione delle cooperative nel registro prefettizio 

(n. 46). -V) Se possa senz'altro negarsi ad una societ� 
cooperativa, non iscritta nel pubblico registro prefettizio, 
la licenza di commercio o altra comune autorizzazione 
(n. 46). 
SUCCESSIONI -I) Se, dovendo l'Amministrazione 
pagare ai due figli minori di un suo dipendente le indennit� 
spettanti al loro padre defunto, sia necessaria o 
meno l'autorizzazione del giudice tutelare, cperch� la 
madre possa quietanzare anche per i figli minori (n. 34). 
-II) ~e la norma dell'ultimo comma dell'art. 299, 
Reg. Cont. Gen. Stato, posta in favore degli eredi degli 
impiegati dello Stato ai fini della riscossione delle rate 

di stipendio e di altri assegni, concerna 8emplicemente 
la prova della loro qualit� ereditaria o anche la possibilit� 
di riscossione da parte degli eredi minori (n. 34). 

TASSA DI BOLLO -Se gli. scritti difensivi nello 
interesse degli uffici stralcio delle soppresse organizzazioni 
sindacali fasciste siano esenti dalle imposte di 
bollo (n. 8). 

TRASCRIZIONE -I) Se possa prendersi nota sui 
registri immobiliari dei passaggi di propriet� e della 
devoluzione di beni immobili attraverso annotazioni 
marginali e precedenti trascrizioni (n. 3). -II) Se possa 
procedersi a trascrizione di un provvedimento della 
Presidenza del Consiglio. dei ministri, che disponga la 
devoluzione di un immobile da altro ente all'Opera 
Nazionale Orfani di Guerra (n. 3). 

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