sioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. Divieto di applicazione analogica. Insussistenza dell'analogia. La giurisdizione esclusiva e i diritti conseguenziali. Opinioni del Forti,_ del Cammeo, del Colzi. PARTE IV: 0-0nclusioni. -Limiti del ricorso ex art. 27, n. 4. Sua natura. Necessit� del contradittorio. sioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. Divieto di applicazione analogica. Insussistenza dell'analogia. La giurisdizione esclusiva e i diritti conseguenziali. Opinioni del Forti,_ del Cammeo, del Colzi. PARTE IV: 0-0nclusioni. -Limiti del ricorso ex art. 27, n. 4. Sua natura. Necessit� del contradittorio. ANNO VI -N. 1-2 GENNAIO-FEBBRAIO 1953 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ fu ;.r;; ?.@: PUBBLICJA.ZIONE DI SERVIZIO ~~u?~ i~.i.ii!it;:.,===================::::;:;=====::;:;================= j/Y L'OBBLIGO DELL'AMMINISTRAZIONE DI CONFORMARSI AL GIUDICATO (L'a�rt. 27, n. 4 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato in relazione alla Costituzione) PARTE I: Evoluzione . giurisprudenziale dell'istituto. -L'obbligo dell'Am�ninistrazione di conformarsi alla decisione del Consiglio di Stato. La illegittimit� del provvedimento adottato in violazione del predetto obbligo. Estensione dell'art. 27, n. 4, alle decisioni del Consiglio di Stato .in materia di esclusiva giurisdizione. Alternativit� fra ricorso ordinario e ricorso ex art. 27, n. 4. Estensione della norma alle decisioni in materia di giurisdizione non esclusiva. Poteri del Consiglio di Stato; emanazione di provvedimenti in sostituzione dell'Amministrazione inadempiente. Estensione dell'art. 27, n. 4 alle pronuncie del Capo dello Stato su ricorso straordinario. Natura e forme del giudizio instaurato col ricorso, di cui all'art. 27, n. 4. Costituzione del contradittorio: irrilevanza. La pronuncia del Consiglio di Stato non implica controversia. Decisione del ricorso in Camera di Consiglio. PARTE II: Esame critico della giurisprudenza. Precedenti legislativi. La legge 31 marzo 1889, n. 5992, e i lavori preparatori. Scopo della norma; suo collegamento con l'art. 4 legge 20 marzo 1865, all. E. Il dovere di conformarsi al giudicato come regola finale. Esclusione di tale dovere dagli obblighi nascenti dal giudicato. Contenuto di esso. L'obbligo di conformarsi al giudicato introdotto dall'articolo 27, n. 4: sua natura. Consistenza dell'interesse del privato all'annullamento dell'atto dichiarato illecito: non � diritto soggettivo. L'annullamento dell'atto deve essere rivolto al soddisfacimento di un pubblico interesse. Opinioni del Vitta, del Guicciardi, del Colzi. Critica. L'obbligo di eliminare l'atto illecito non costituisce esecuzione della sentenza. Controversia,. sul modo di conformarsi al giudicato: oggetto. Se il ricorso ex art. 27, n. 4, presupponga. necessariamente l'inerzia dell' Amministrazione e se sia alternativo col ricorso ordinario. Impossibilit� di estendere l'art. 27, n. 4, alle deci L'estensione dell'art. 27, n. 4, alle pronuncie del Capo dello Stato. Inammissibilit�. Insussistenza dell'analogia. Abrogazione delle norme sul ricorso straordinario al Capo dello Stato per effetto dell'art. 113 della Costituzione. Il provvedimento, col quale � deciso il ricorso straordinario: natura giuridica di atto amministrativo. Proponibilit� dell'azione giudiziaria e del ricorso al Consiglio di Stato. Illegittimit� costituzionale di norme, che pongano limiti ai rimedi giurisdizionali contro la decisione del ricorso straordinario. Natura della giurisdizione amministrativa. Oggetto della tutela. Il ricorso ex art. 27, n. 4 e le sentenze di condanna al pagamento di somma di denaro. Opinione del Fragola: critica. PARTE ITI: L'art. 27, n. 4, in relazione alla Oostituzionz. -Suo collegamento con l'art. 4 legge abolitiva del contenzioso amministrativo. Natura costituzionale di tale norma. Sua ragion d'essere. Il Consiglio di Stato e la giurisdizionalit� delle sue decisioni. Il Consiglio di Stato e la Costituzione. Necessit� di assicurare anche nei suoi confronti l'indipendenza del potere esecutivo. Soppressione del potere generale di annullamento attribuito al Consiglio di Stato e del divieto di annullamento posto al giudice ordinario dall'art. 4. L'art. 113 della Costituzione e la nuova disciplina dell'istituto. Il potere di annullamento attribuito alla giurisdizione, ordinaria e amministrativa, in via eccezionale. Incompatibilit� della cos� detta giurisdizione di merito con la Costituzione. La tutela giurisdizionale degli interessi legittimi. Esclusione di tale tutela per gli interessi semplici. Interessi legittimi e interessi semplici; differenze; Opinioni del Guicciardi e del Vitta. "" Divieto di: revocare o modificare l'atto amministrativo. �� '< � 2 PARTE I Evoluzione giurisprudenziale dell'Istituto. L'art. 27, n. 4, del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, riproducendo la norma, contenuta nell'articolo 23, n. 5, legge 17 agosto 1907, n. 638, attribuisce alla giurisdizione �i merito non esclusiva del Consiglio di Stato il ricorso diretto ad ottenere .l'adempimento dell'obbligo dell'autorit� amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei ~tribu,p.ali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o� politico. L'art. 90 del regolamento, approvato con r. d. 17 agosto 1907, n. 642, nel regolare la speciale procedura di questo eccezionale ricorso, prescrive che esso sia proposto fi.nch� duri l'azione di giudicato, ma non prima di 30 giorni da quello, in cui l'autorit� amministrativa sia stata messa in mora di provvedere. Da queste due norme, che hanno natura prevalentemente processuale, sono stati tratti i principi sostanziali, che regolano l'istituto, al�quale � stata impressa una forza evolutiva, che non accenna ad esaurirsi. La cennata evoluzione ebbe origine dalla considerazione che, a parte gli altri eventuali rimedi ipotizzabili secondo i principi generali del diritto (ricorso al controllo parlamentare, ovvero, secondo che si tratti di� organo dello Stato o di ente autarchico, al controllo del superiore gerarchico o all'autorit�. di vigilanza; azione giudiziaria per l'accertamento di una responsabilit� civile o penale dei funzionari), cc fosse d'ammettersi la proponibilit�. dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, della domanda del privato diretta ad ottenere la dichiarazione dell'obbligo della autorit�. amministrativa, di conformarsi, in quanto riguardasse il caso deciso, al giudicato nascente da precedente decisione giurisdizionale del Oonsiglio di Stato sulla controversia n; giacch� sembr� alla giurisprudenza del Consiglio di Stato che, cc ove lAmministrazione, violando il giudicato amministrativo, avesse emesso un provvedimento difforme dalla dichiarazione di diritto contenuta nel predetto giudicato, ben fosse possibile la istanza del privato diretta all'annullamento del medesimo; e sembr�, altresi, che se, poi, l'Amministrazione, di fronte al giudicato . amministrativo, si fosse mantenuta in atteggiamento negativo, poich� la perdurante omissione dell'Amministrazione sempre avrebbe importato lesione ili un legittimo interesse del privato, riconos�iuto e dichiarato dal giudicato, ben fosse a ritenersi in tal caso ammissibile il ricorso del privato all'autorit� giurisdizionale �. Alla dichiarazione giurisdizionale, dunque, dello obbligo dell'Amministrazione. di conformarsi ad una precedente decisione della giurisdizione amministrativa si ritenne di poter far luogo con le ordinarie forme dei giudizi davanti il Consiglio di Stato, .mediante un esame sulla legittimit� dell'atto con ..cui fosse stata rifiutata od omessa la esecuzione del precedente giudicato, ravvisando nella viola~ zione di tale giudicato un vizio della volont�. manifestata dall'autorit� amministrativa col proprio comportamento, impugnato davanti il Consiglio di Stato (1). La stessa giurisprudenza abbandon� presto, i peraltro, il suddetto indirizzo, �e pur 'senza darne m adeguata motivazione (anzi richiamandosi a pre-j' cedenti che non confortavano il nuovo orientamento), afferm� che il ricorso; diretto ad ottenere, � "" ai sensi dell'art. 27, n. 4, del T. U. 26 giugno 1924p::::/f n. 1054, l'adempimento dell'obbligo dell'autorittf:.fi;:: amministrativa di conformarsi, in quanto riguar4�mffi il caso deciso, al giudicato dei tribunali che abb~~ty=::t riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, ~ fosse proponibile anche quando l'autorit�. am:niinistratiya, rimanendo in atteggiamento di inetzia, non si fosse uniformata ad una decisione pronunziata dal Consiglio di Stato in materia �i esclusiva giurisdizione (2). Il detto indirizzo, salva qualche riserva (3) (1) Sez. IV, 9 �marzo 1928: lntini-Ministero Marina, �Foro A.mm.�, 1928, I, .1, 1950 (si trattava di ricorso avverso il mancato richiamo in servizio, per sopravvenute disposizioni di legge, di un sottufficiale, il cui collocamento a riposo era stato annullato da precedente giudicato amministrativo);. Sez.IV, 28 giugno 1930: De PompeiB-Ministero Affari esteri, cc Foro Am.m. >>, 1930, I, 1, 195 (era stato impugnato, nella specie, il provvedimento con cui l'Amministrazione aveva dichiarato di non poter riesaminare, per decorso del termine di 113gge, la domanda di ammissione del ricorrente al ruolo del Corpo consolare, dopo la pronunzia amministrativa di annullamento dell'atto con cui l'Amministrazione stessa aveva precedentemente escluso l'interessato dal concorso); Sez. V, 21 marzo 1930: BattiBta-Oongregazione di carit� di Larino, cc Foro A.mm.�, 1930, I, 2, 123 (si ricorreva, nel caso deciso, contro il rifiuto di riammissione in servizio del ricorrente, quale impiegato della Congregazione di carit� di Larino, malgrado il precedente giudicato di annullamento del licenziamento per decorso periodo di servizio, adducendosi che, frattanto, il ri corrente era stato destituito, con provvedimento pre fettizio, dall'ufficio di medico condotto dello stesso Comune). . (2) Sez. V, 13 marzo 1931: Eikermann-Governatorato di Roma, cc Foro A.mm. �, 1931, I, 2, 91! il giudicato di cui l'Amministrazione aveva omesso l'esecuzione era stato emanato, nella fattispecie, dalla G. P. A., trattandosi di questione relativa a rapporto di impiego di dipendente da ente locale; confr., anche, Sez. V; 5 dicembre 1931: Oelentano-Azienda comunale Servizi elettrici di Trieste, �Foro A.mm.>>, 1931, I, 2, 242 (la decisione, pur riaffermando la proponibilit� del rimedio dell'art. 27, n. 4, per ottenere la liquidazione di indennit� d� licenziamento in esecuzione di precedente giudicato amministrativo che ne aveva riconosciuto il diritto, rite:n�e che n~lla specie. il ricorso dovesse condiderarsi, per le modalit� con cui era stato proposto, come un ricorso di legittimit� avverso il provvedimento di rifiuto delle indennit� stesse, e fosse, pertanto, devoluto alla competenza della G. P. A. trattandosi di controversia relativa a rapporto di impiego con amminitrazione locale. (3) Sez. IV, 6 ottobre 1936: Vacirca-Ministero Agricoltura e Foreste, cc Foro A.mm.�, 1937, I, 1, 78, in cui il Consiglio di Stato, sempre in tema di giurisdizione esclusiva, dichiarando che non occorreva, nel csi,so in esame risolvere la questione circa l'applic~N1it� dell'art. 27; n. 4, .alle decisioni del giudice amministrativ..Q, percP,� non s1 trattava di emetter provvedimenti di merito in sostituzione di quelli negati dall'Amministrazione annullava il provvedimento impugnato col quale era ~tata rifiutata l'esecuzione di precedente giudicato amministrativo di annullamento. di un giudizio. di promozione per merito comparativo. � -3 o esitazione (1), si and� consolidando, attraverso le numerose applicazioni fattene in materia �i pubblico impiego (2). In qualche caso, tuttavia, in cui non era stati;i, osservata la procedura stabilita dallo art. 90 del regolamento 17 agosto 1907, n. 642, , perch� il ricorso era stato diretto �al Consiglio di 1 Stato�, invece che �al Presidente� del detto Con~\ sesso (3), o perch� lo stesso ricorso, malgrado la {/,precedente messa in mora e il decorso del termine Hmvrescritto, era stato proposto nei modi ordinari, Ifi@n via giurisdizionale, al Consiglio (4), fu giudicato M~Mhe il rimedio dell'art. 27, n. 4, altrimenti propo]; F'mbile nelle controversie in esame, in cui pur si trattava di questioni di pubblico impiego, non potesse essere invocato nelle anzidette situazioni e che, pertanto, il Consiglio di Stato non potesse pron'Unziare anche in merito sul ricorso, ma dovesse esaminare il comportamento dell'Amministrazione, concretatosi nel silenzio-rifiuto di uniformarsi al (1) Sez. IV, 11maggio1943: Cerone-Ministero Ed. Naz., "Foro Amm. �, 1943, I, 1, 105 (in questa pronunzia, mentre si sottolinea che l'estenzione della potest� giurisdizionale prevista dall'art. 27, n. 4, all'esecuzione dei giudicati amministrativi � subordinata alla condizione che si tratti di giudicati i quali abbiano riconosciuto diritti di un cittadino verso la p. a., si limita l'applicabilit� del citato art. 27, n. 4, al caso in cui il mancato adempimento consista in un comportamento negativo del1' Amministrazione stessa, dovendosi ritenere che il provvedimento positivo, incompatibile col giudicato, sia affetto da un vizio che deve essere riparato mediante il ricorso alla ordinaria competenza generale di legittimit�. (2) Sez. V, 12 maggio 193'1: Galanti-Comune di Veroli, "Foro Amm. �. 1937, I, 2, 230; Sez. IV, 14 ottobre 1941; Sacchi-Ministero Ed. Naz., �Foro Amm. �, 1942, I, 1, 26; Sez. IV, 21 giugno 1946: Pafundi-Ministero Difesa, �Foro Amm. �, 1946, I, 1, 99; Sez. V, 20 dicembre 1947: Zannoncelli-Comune di Borghetto Lodigiano, �Foro Amm. �, 1948, I, 2, 152; Sez. V, 26 novembre 1948: Manzini-Comune (l,i Milano, �Foro Amm. "� 1949, I, 2, 157; Sez. IV, 10 febbraio 1950; Buttafuoco-Ministero Difesa, "Foro Amm. "� 1950, I, 1, 189: Sez. V, 1 aprile 1950: Bertoldi-Comune di Legnano, �Foro Amm. "� 1950, I, 2, 288, Sez. IV, 2'1 aprile 1951: Bencivenga-Ministero Interno, �Foro Amm. �, 1951, I, 1, 319; .Sez. VI, 27 settembre 1951; Civinini-Consorzio Naz. Canapa, �Foro Amm. "� 1952, I, 3, 41. � stata peraltro, riconfermata, di recente, la proponibilit� dinanzi la G. P. A. dell'ordinario ricorso di legittimit�, notificato da un impiegato comunale avverso il comportamento dell'Amministrazione che aveva rifiutato la esecuzione di precedente giudicato della stessa Giunta; Sez. V, 3 maggio 1952, Musotto-Comune di Bastia Umbra," Racc. compi. della giur. del C. di S. "� 1952, p. 706. . Oltre le citate decisioni, sempre in materia di pubblico impiego, confr.: Sez. VI, 8 maggio 1951: Greco-Ministero Difesa, �Foro Amm. "� 1951, I, 3, 241 e Sez. VI, 16 luglio 1951: Bottiglieri-Ministero Difesa, �Foro Amm.�, 1951, I, 3, 315, che escludono l'applicabilit� dell'art. 27, n. 4, perch�, nel primo caso, si tendeva col ricorso a far definire dal Consiglio di Stato i punti di diritto sui quali doveva fo:n,darsi il nuovo atto, e, nel secondo, si ricorreva contro un'erronea e viziata esecuzione del giudicato che avrebbe comportato l'esercizio di un sindacato di legittimit� non proposti nei modi e termini prescritti; Sez. IV, 19 ottobre 1951: Giuliano-Ministero Difesa, cc Foro Amm. "� 1952, I, 1, 28 in cui si ammette l'impossibilit� di eseguire il giudicato per mutamento della situazione di fatto non imputabile a colpa dell'amministrazione. (3) Sez. IV, 5 novembre 1948: Bedini-Ministero Africa Italiana, ccForo-Amm. '" 1949, I, 1, 163. '~(4) Sez. IV, 23 settembre""l949: De Witt-Pres. Consiglio Ministri, cc Foro Amm. "� 1950, I, 1, 52. precedente giudicato, sotto il profilo della legittimit� dell'atto e cio� dell'inosservanza dell'obbligo nascente dal giudicato stesso (1). Spingendosi, poi, anche pi� oltre, .l'evoluzione giurisprudenziale di cui � cenno trasse ad ulteriori conseguenze il risultato a cui era pervenuta, fino al punto da ritenere applicabile (anche qui senza ampia motivazione) la disposizione dell'art. 27, n. 4, alla violazione dell'obbligo dell'Autorit� amministrativa di conformarsi alle pronunzie delle giurisdizioni amministrative attinenti, non solo ai diritti,� ma anche agli interessi legittimi. Questa tendenza fu riaffermata in alcune decisioni pi� recenti (2), e ne fu fatta applicazione, ad es., nel c1;tso di esecuzione del giudicato con cui era stato revocato il precedente provvedimento di revoca di una licenza di commissionario nei mercati generali (3) o nel caso di mancata restituzione di fondi privati, a seguito di pronuncia amministrativa di illegittimit� dell'occupazione di urgenza disposta ai fini della successiva espropriazione dei beni medesimi (4). Inoltre, superando ogni precedente perplessit� al riguardo (5), il Consiglio di Stato giunse a sostituirsi nell'esercizio della sua giurisdizione di merito alle competenti autorit� amministrative, riaffermando la propria potest� di emanare, con la decisione, i provvedimenti che l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare per porre l'interessato nella posizione giuridica riconosciutagli dal precedente giudicato (6). Ed infine, la giurisprudenza ha ora ammesso anche la proponibilit� del ricorso di merito previsto dall'art. 27, n. 4, del testo unico sul Consiglio di Stato per ottenere l'adempimento della pronuncia emessa dal Capo dello Stato in accoglimento di ricorso straordinario (7) (8). N� con tale applicazione pu� dirsi esaurita l'analogia a catena, perch� gran parte degli argo (1) In una particolare fattispecie in cui il ricorso diretto al Presidente, era stato notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, il Consiglio di Stato ritenne di poter decidere anche in merito, ai sensi dell'art. 27 (Sez. V, 17 febbraio 1950: Soletti-Istituto Romano San Michele, " Foro Amm. '" 1950, 1, 2, 226). (2) Cos�, senza attinenza con la ragione del decidere, trattandosi di controversia di impiego pubblico, nella decisione gi� citata alla nota 7. (3) Sez. V, 22 aprile 1947: Magrini-Comune di Roma, cc Foro Amm. '" 1947, I, 2, 165. (4) Sez. V, 20 gennaio 1951: Ripa-Provv. 00.PP. di Bari, <c Foro Amm. >>, 1951, I, 2, 138. (5) Su tale perplessit�, confr. ad es., Sez. V, 1� aprile 1950, Bertoldi, citata alla nota 5, con osservazioni di M. Nigro. (6) Tale potest�, peraltro, incontra un limite, secondo la stessa giurisprudenza, nell'impossibilit� di emetter provvedimenti che non derivino immediatamente dall'annullamento dell'atto impugnato e non siano totalmente vincolati; ne rimangono 'esclusi, pertanto; i provvedimenti che presuppongono l'esercizio di facolt� discrezionali: Sez. VI, 27 settembre 1951: Asinelli-Poligrafico dello Stato, cc Foro Amm. >>, 1952, I, 3, 39; Sez. VI; 17 ottobre 1951: Napolitano Ist. Naz. ,Assic. Malattie," Foro Amm. �, 1952, I, 3, 111. Il"' (7) Sez. VI, 16 ottobre 1951: Diegoli-Consorzio della bonificazione ferrarese, cc Foro Amm. �, 1952, I, 3, 69. (8) La rapida sintesi della evoluzione giurisprudenziale e la copiosa giurisprudenza citata sono tratte dal ricorso proposto avverso la decisione dell'Adunanza plenaria 9 giugno-3 luglio 1952, di cui si dir� in seguito. -11 menti addotti per giustificare l'estensione del rimedio al decreto del Capo dello Stato, che abbia deciso un ricorso straordinario, ne giustificherebbero l'applicazione anche ai provvedimenti amministrativi, che abbiano deciso ricorso gerarchici. Collateralmente a questa evolazione spaziale, che ha enormemente ampliato il campo di applicazione della norma, si � venuta modificando l'essenza del ricorsi. La Sezione IV (1), esattamente interpretando la norma dell'art. 27, n. 4, in relazione a q�ella generale contenuta nel precedente art. 26 T. U., ritenne che il ricorso in esame desse luogo a� un regolare giudizio con pienezza di contraddittorio e sfociasse in una pronunzia avente natura ed efficaci.a di sentenza; La Sezione VI, invece (2), senza tener conto che le norme regolamentari contenute negli articoli 90 e 91 r. d. 17 agosto 1907, n. 642, erano inidonee a modificare i concetti sostanziali chiaramente espressi agli articoli 26 e 27 T.U., avente efficacia formale di legge, e che pertanto, nell'eventuale contrasto fra i due gruppi di norme fossero quelle del T.U. destinate a prevalere, and� in contrario avviso, affermando che: cc La legge non vuole che si esamini il comportamento assunto dall'Amministrazione sotto il profilo dell'interesse o della convenienza amministrativa . . . Non possono proporsi eccezioni, oltre quelle rilevabili d'ufficio e la mancata esecuzione non pu� giustificarsi dalla Pubblica .Amministrazione con argomenti giuridici, n� con richiamo alla opportunit�. ... Il giudizio si riduce alla determinazione del contenuto (interpretazioae) della sentenza inadempiuta, ai fini della pronuncia sostitutiva.... Non � possibile difesa ... Non serve notifica (nel senso, cio�, . che non sia necessario il c'mtraddittorio )... � un procedimento sommario, analogo ai provvedimenti di volontaria giurisdizione, che interessa una sola parte... La Pubblica Amministrazione non � parte, la sua presenza in giudizio si giustifica con l'intento di assicurare la collaborazione tra pubblica amministrazione e giudice. La prima dev:e limitarsi a prendere atto della pronuncia, che non implica controversia >> � Con tale decisione l'istituto verrebbe a collocarsi extra iuris ordinem e sarebbe interessante, ove a tale opinione si accedesse, esaminare l'efficacia formale della pronuncia: provvedimento sostanzialmente amministrativo (non decisione su controversia) emesso da organo, al quale sono attribuite due funzioni: l'una giurisdizionale e l'altra amministrativa (consultiva). Rientrando la pronuncia de qua nella funzione amministrativa ne deriverebbe due conseguenze: attribuzione al Consiglio di Stato di una funzione amministrativa attiva; annullabilit� della pronuncia e:x: art. 6 T.U. leggi comunali e provinciali. Il contrasto sostanziale fra le due Sezioni si rifletteva sulla forma del procedimento, ritenendo runa che la decisione dovesse essere emessa in (1) Consiglio di Stato IV, 9 novembre 1951, n. 832: Acerbo-P. I., �Foro It. �, 1951, III, 257. (2) Consiglio di Stato, 4 luglio 1950, n. 252: Autelitano- I] jj I. N. P. S., cc Foro It. �, 1951, III, 68. seguito a discussione in pubblica udienza, adottando l'altra il provvedimento in Camera di Consiglio. Il conflitto � stato superato, almeno per il momento, dalla Adunanzar plenaria ehe ... decise in Camera di Consiglio. La dottrina non � mai stata concorde sulla legittimit� dell'estensione analogica, n� consta che sulla questione si sia pronunciata la Suprema Corte ,.;, ..,.,.,. di Cassazione. ~:::fil;;;:: Le due questioni~ intimamente c?nne~se,. delfaffnatura del provvedimento, che decide il r1cors Jt::'fD ex art. 27, n. 4, e del rito sono recentissime e stif'&fil di esse la dottrina non si � ancora pronunciata. '";;tffilii La mancanza di un incondizionato consenso della I dottrina e di una consolidata giurisprudenza della della Corte di Cassazione, regolatrice della giuri-' sdizione, inducono a ritenere che; a prescindere ! dalle innovazioni introdotte dall'art. 113 della I Costituzione, la questione non possa considerarsi definitivamente risolta. L'ulteriore non prevedibile sviluppo evolutivo [ dell'istituto fa ritenere indispensabile un riesame I approfondito della questione. j PARTE II I Esame critico della giurisprudenza L~rt. 23, n. 5, legge 17 agosto 1907, n. 538, riproduce l'art. 4, n. 4, della legge 31 marzo 1889, n. 5992 ed �, pertanto, ai lavori preparatori di questa legge che occorre rifarsi per accertarne i precedenti storici ed i fini, che la norma si proponeva. Nella relazione al Senato (on. Crispi) (1) si legge: cc ... il n. 7 colma una lacuna dell'art. 4 legge 20 marzo 1865, all.E, dando alla parte, che non si contenta degli effetti civili della decisione dell'Autorit�. giudiziaria, il mezzo di far cadere interamente il provvedimento illegittimo dell'Autorit� amministrativa. Il concetto, scolpito nella relazione al Senato, subi per� qualche deformazione. Nella relazione dell'Ufficio centrale del Senato, infatti, si legge (2): cc Fermo il concetto, si � creduto pi� corretto valersi per qua.nto possibile, per esprimerlo, delle parole stesse usate nell'art. 4 legge 20 marzo 1865. Parve, infatti, che non. fosse esatto concentrare l'intento del ricorso nella revoca o modificazione �ell'atto... n ritenuta non sempre necessaria per la esecuzione del giudicato. Nella relazione alla Camera (3) si parla di mezzo offerto per cc ottenere l'adempimento dell'obbligo d� conformarsi �. Scopo della norma fu dunque quello di colmare una lacuna dell'art. 4 nel senso, cio�, di fornire alla parte un mezzo per ottenere la modificazione o la revoca dell'atto dichiarato illecito o, in senso meno proprio, l'adempimento degli obblighi sostanzialmente previsti nel predetto art. 4. (1) Senato, leg. XVI, 2a. Sessione, 1887, n. 6, p. 2. (2) Senato, loc. cit. 6-A, p. 17, on. Costa relatore. (3) Camera dei deputati, leg. XVI, 2a. Sessione, 1887-88, n. 139, p. 3. -5 .Al soddisfacimento:� degli interessi tutelati dalla predetta� norma, infatti, non poteva considerarsi sufficiente il ricorso di legittimit�, perch� nella specie ipotizzata mancava un provvedimento amministrativo e non era stata ancora costruita la teoria del silenzio-rifiuto, che consente d'impugnare anche l'inerzia dell'Amministrazione. &� Ma la formulazione della norma, a mio modesto m~vviso, non pu� dirsi felice; essa altera profonda- 1.@fanente, almeno nel suo significato letterale, il con-� ~N&etto dell'art. � 4, a cui, invece, voleva adeguarsi. ~MM Questa norma� pone il divieto per il giudice ordi f?hario di revocare o modificare l'atto amministrativo riconosciuto illecito (lesivo di diritti) e successivamente, ribadendo il principio che a tanto potr� pervenirsi soltanto da parte dell'Autorit� .amministrativa, enuncia, come regola finale, il dov.ere di questa di conformarsi al giudicato del Tribunale. � chiaro come questo dovere, per effetto dell'art. 4, sussista .in relazione alla revoca o modificazione dell'atto; la quale non costituisce esecuzione del giudicato. Sarebbe assurdo considerare che questo imponga all'Amministrazione Pobbligo di revocare l'atto amministrativo riconosciuto illecito, nel qual caso la pronuncia del giudice ordinario sarebbe costitutiva e di condanna ad un facere (1) (revoca o modificazione). La stessa funzione del Consiglio di Stato resterebb�, a mio avviso, sminuita se �'alto consesso amministrativo �dovesse necessariamente revocare, in vece dell'Amministrazione inattiva, l'atto amministrativo dichiarato illecito da un qualunque organo della giurisdizione ordinaria. Il giudicato �si costituisce sulla esistenza del diritto vantato e sulla sua lesione ad opera dell'atto amministrativo, -'riconosciuto illecito. L'a1t. 4 impone all'Autorit� amministrativa �di conforinarsi al giudicato per quanto attiene � alla illiceit� dell'atto. L'Amministrazione, cio�, nell'esercitare il potere di revoca, riconosciutole come esclusivo dall'articolo 4, deve partire dalla premessa della illiceit� dell'atto sanzionata nel giudicato; non le � consentito riesaminare o discutere tale qualificazione. Ma tali concetti, chiaramente espressi nell'art. 4, risultano modificati dall'art. 27, n. 4, che fonde il potere di annullare o modificare l'atto illecito con l'obbligo di conformarsi alla pronuncia d'illiceit�, donde deriva l'obbligo dell'Amministrazione di conformarsi dl giudicato annullando o� modifioando l'atto illecito. Ma tale obbligo non pu� intendersi nel senso che ad esso faccia riscontro un diritto soggettivo dell'altra parte all'annullamento. La norma dell'art. 4 � posta nell'interesse generale e non tutela in modo illlmediato e diretto l'interesse del singolo, titolare del diritto leso, alla revoca o modificazione dell'atto amministrativo. E ci� trova conferma nell'art. 27, .n. 4, che attribuisce alla giurisdizione non esclusiva il ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo di conformarsi. L'ordinamento tutela in via occasionale l'interesse del cittadino alla modificazione o revoca (1) GmcOIARDI: Giustizia amministrativa, 1943, p. 368 o seguenti�. dell'atto amministrativo, che abbia leso uri suo diritto soggettivo e che sia stato dichiarato illecito dalla autorit� giudiziaria ordinaria. Diritto soggettivo leso e interesse alla revoca dell'atto lesivo non coincidono. L'interesse alla revoca � riconosciuto non come diritto soggettivo, nella quale ipotesi la controversia relativa si sarebbe dovuta attribuire al giudice ordinario o, comunque, al giudice amministrativ� in sede di giuril dizione esclusiva, ma come interesse occasionalmente protetto, protetto, cio�, finch� coincida o almeno non contrasti con l'interesse generale. In questi sensi, sia pure non esplicitamente, mi pare che si esprima il Vitta (1), il quale ritiene che l'Amministrazione abbia l'obbligo di eliminare l'atto dichiarato illecito quando ci� sia possibile, quando cio� gli effetti dell'atto non siano esauriti e possa ripristinarsi, senza troppo pregiudizio dell'interesse pubblico, la situazione anteriore. Dall'art. 4 si evince il potere-facolt� dell' Amministrazione di revocare l'atto e l'obbligo, posto. da regola finale, di conformarsi al giudicato ove intenda esercitare il potere di revoca. L'art. 27, n. 4, invece, lascia intendere che l'Amministrazione .abbia in ogni caso il dovere di conformarsi al giudicato revocando o modificando l'atto, riconosciuto illecito. Ma questo dovere non potrebbe mai intendersi contro l'interesse generale, che deve essere contemperato con l'interesse privato in canflitto (2). Negli stessi sensi' si esprime il Guicciardi (3), il quale ritiene che l'obbligo sancito dall'art. 4 si riferisce all'annullamento, a cui la parte non ha un diritto, n� l'Amministrazione il dovere, dovendo lo stesso essere rivolto, come tutti gli atti amministrativi, al soddisfacimento di un pubblico interesse. A risultati analoghi perviene il Colzi (4) il quale, pure, a mio modesto avvis:o, parte dalla premessa sostanzialmente errata che l'eliminazione dell'atto costituisca esecuzione del giudicato in forma specifica. In analogia all'art. 2058 Codice civile egli ritiene che il Consiglio di Stato, giudice della �esecuzione, debba accertare se sia possibile la reintegrazione in forma specifica e se questa non sia eccessivamente onerosa. Tale onerosit� eccessiva, evidentemente, dovrebbe riscontrarsi ogni volta vi fosse sproporzione tra l'interesse del singolo all'annullamento e l'interesse generale. Definivo errata la premessa perch� l'obbligo di conformarsi esula dal giudicato nel senso che� questo si forma sulla illiceit� dell'atto e sulla lesione del diritto soggettivo: non � il giudl.cato, che imponga all'Amministrazione la revoca� o modificazione dell'atto, ma � la legge che nell'interesse generale :impone l'eliminazione delPatto, se possibile e se ci� � conforme al pubblico interesse. L'obbligo di eliminare l'atto illecito, <ionformandosi in ci� al giudicato, nvn costituisce ese�uzione della sentenza. -� , - . . (1) VITTA: Diritto amministrativo, vol. II, p. 533 seg. (2) VITTA: loc. cit., p. 535. (3) GUICCIARDI: loc. cit�. (4) CoLZI, in cc R�v. Amm. �, 1952, p. 82. -6 .All'adempimento di questo obbligo la parte ah un interesse, che, per essere tutelato occasionalmente dalla legge (art. 4 in relazione all'art. 27, n. 4), assume la consistenza di un interesse legittimo. Ma l'obbligo di conformarsi al giudicato non importa necessariamente l'annullamento dell'atto ancorch� non contrasti col pubblico interesse, potendo l'Amministrazione limitarsi a modificare l'atto stesso. Donde una controversia sul mopo di conf orinarsi, che � appunto attribuita alla giurisdizione di merito non esclusiva del Consiglio di Stato dall'art. 27, n. 4. Oggetto del ricorso � l'interesse (originariamente anche semplice) all'adempimento dell'obbligo di conformarsi annullando o modificando l'atto illecito. Su questo punto non ritengo di poter aderire all'opinione del Guicciardi (1), secondo il quale la Pubblica Amministrazione dovrebbe riesaminare l'atto illecito� e accertare se la sua illiceit� ne comporti anche l'illegittimit�, procedendo, in caso affermativo, all'annullamento dell'atto. Oggetto del ricorso sarebbe appunto un tale riesame ed il Consiglio di Stato, ove riconoscesse che l'atto illecito sia anche illegittimo, dovrebbe procederne all'annullamento; Secondo me il riesame dell'atto illecito � precluso e l'Amministrazione deve riesaminare non l'atto, ma la situazione giuridica determinatasi, adottando i provvedimenti pi� opportuni per conformarla al giudicato compatibilmente col pubblico interesse. N� mi sembra esatto affermare che il ricorso ex art. 27, n. 4, presupponga necessariamente l'assoluta inerzia dell'Amministrazione. Dall'art. 27, n. 4 tale necessit� non risulta, ne � decisivo l'art. 90 del regolamento che accenna ad una messa in mora di provvedere. La controversia di cui al ricorso ex art. 27, n. 4, ha ad oggetto il modo. �i conformarsi e pu� sussistere sia nel caso di inerzia, sia, e forse pi�, quando l'Amministrazione abbia prov':veduto a conformarsi al giudicato i:�. �modo dalla .parte non ritenuto soddisfacente. Da quanto � stato detto risulta chiara, a mio avviso, l'impossibilit� di estensione della norma all'ipotesi del giudicato amministrativo. In primo luogo trattasi di no.i'ma eccezionale, che non consente applicazione analogica, tanto pi� cl:t'essa stessa limita rigorosamente il suo campo di applicazione. Il rimedio dell'art. 27, n. 4, � concesso per la tutela degli interessi, di cui all'art. 4 legge 20 marzo 1865; ove questa non trovi applicazione esula ogni possibilit� di ricorso ex art. 27, n. 4. Esattamente fu ritenuto (2) che il rimedio, di cui all'art. 27, n. 4, � cc complemento giurisdizionale dei poteri riconosciuti all'Autorit� giudiziaria .ordinaria e comincia l� dove questi poteri si arrestano per il limite dell'art. 4 ... Nelle questioni patrimoniali non c'� per la Pubblica Amministrazione obbligo di conformarsi, .ma obbligo di eseguire, con la sanzione della ~secuzione forzata �. Donde la chiara distinzione tra esecuzione della (1) GuICOIARDI: loc. cit., p, 264. (2) U. FORTI, in "Foro It. >>, 1937, III, p. 250. sentenza in forza del gfodicato ed �obbligo di eliminare l'atto ritenuto illecito, derivante dalla legge, e la logiCa conseguenza che l'eliminazione, totale o parziale, dell'atto � il m~ssimo (1) che si possa chiedere al giudice amministrativo, il quale non potrebbe andare oltre e pcfrre con la decisione il contenuto di atti amministrativi. Il. Con~iglio di Stato, investito del ricorso ~i ==I sensi dell art. 27, ~� _4, po~rebb~ annul~are ~ m~di�p:tnl ficare. l'atto ammm1strativo r~con_?scmto illec1t<>fff.@i ove ci� fosse conforme al pubblico mteresse ed ovfr%1llil a ci� non av~s~.e o a:vesse inadeguatamente provv&@l'ffi duto l'Ammm1straz10ne. ��=:;;:~% L'estensione analogica, infine, non � possibile ' perch� tra le varie ipotesi non Sl!ssiste alcuna analogia... In tema di giurisdizione esclusiva, tra l'altro, il ricorso � il pi� delle volte superfluo ed eccede dalla giurisdizione amministrativa, avendo ad oggetto diritti conseguenziali. Si pensi, ad esempio, alla decisione, con la quale sia s.tato accertato e dichiarato l'obbligo dell'Amministrazione di corrispondere all'impiegato-ricorrente una ceita indennit�. Il diritto di quest'ultimo � ceito, determinato e la questione del pagamento esula ormai dalla giurisdizione esclusiva per rientrare in quella ordi naria. Risoluta la questione di pubblico impiego, accertato l'obbligo dell'Ammillistrazione di pagare una certa somma, ove. l'Amministrazione non paghi, il ricorrente potr� e dovr� rivolgersi al giudice ordinario per ottenere condanna �l pagamento di somma di denaro e, successivamente, .procedere alla esecuzione forzata. Lo stesso avviene in varie ipotesi di annullamento di atti, che abbiano irregolarmente imposto il sacrificio di un diritto soggettivo (espropriazione). Eliminato l'atto per effetto dell'annullamento, il diritto affievolito riacquista la originaria sua consistenza e la sua lesione, passata o futura, pu� formare oggetto di giudizio davanti il giudice ordinario, ma esula dalla giurisdizione non esclusiva del Consiglio di Stato (2). In entrambe le ipotesi il ricorso ex art. 27, n. 4, � superfluo perch� la decisione su di esso si risolverebbe in una reiterata dichiarazione di illegittimit�, essendo .evidente che �il Oo�rs�glio di Stato non potrebbe� emettere il mandato di pagamento� n� �restituire il fondo� occupato� e neppure ordinarne la restituzione, �� risolvendo le complesse questioni patrimoniali .relative ai danni,' da una parte, all'indennizzo per i .miglioramenti, dall'altra, che attribuiscono all'Amministrazione occupante, il cui possesso � certamente di buona fede, lo jus '�'etinendi. Ma l'analogia non sussiste perch�~ l'art. 27, n. 4, come credo .di aver dimostrato, tende a completare i poteri limitati del giudice ordinario, in relazione al divieto dell'art. 4 e a far �ttene.re al cittadino leso, ove ci� sia compatibile col pubblico interesse, l'eliminazione dell'atto; fa_ decisiQne_.amministrativa, invece, elimina direttamente il prov (1) VITTA: loc. cit'., p. 523. "( 2) VITTA: loc. cit., p. 407; Cassazione, Sez. Un. 17 agosto 1945, in � Giur. It. �, 1946, I, 1, 132; Id.. 8 gennaio 1952, n. 13, in e<Riv. Amrn.>>, 1952, II, 99. vedimento e lAmministrazione non pu� che prenderne atto. L'emanazione di atti ulteriori resta fuori del campo di applicazione dell'art. 27, n. 4. L'estensione di questa norma alle decis~oni amministrative, in sede esclusiva o non esclusiva, 7giudiziaria (1) e che, entro certi limiti, contro di esso possa proporsi ricorso al Consiglio di Stato (2). La proposizione di tale ricorso precludeva il ricorso al Consiglio di Stato per espressa volont� della legge (art. 34 cpv.), ma questa norma � vedimento e lAmministrazione non pu� che prenderne atto. L'emanazione di atti ulteriori resta fuori del campo di applicazione dell'art. 27, n. 4. L'estensione di questa norma alle decis~oni amministrative, in sede esclusiva o non esclusiva, 7giudiziaria (1) e che, entro certi limiti, contro di esso possa proporsi ricorso al Consiglio di Stato (2). La proposizione di tale ricorso precludeva il ricorso al Consiglio di Stato per espressa volont� della legge (art. 34 cpv.), ma questa norma � . ~ non sembra legittima. Con tale estensione la giui\ risdizione di legittimit� si trasforma, sia pure con ;IJ~m doppio giudizio, in giurisdizione di merito. &Mf,,, In questi sensi si espressero il Forti (1) e il s@@ammeo (2), contestando la legittimit� di una @@$.le estensione. Al contrario di quanto � affermato ;,:::="a.a Oolzi (3), il quale ritiene che vi sia una lacwna della legge, i menzionati autori riconoscevano l'ar. monia del sistema e il ricorso ex art. 27, n. 4, come completamento della limitata giurisdizione ordinaria: In senso conforme si � espresso il Guicciardi, definendo l'estensione analogica audace e quasi inutile (4). L'estensione, poi, dell'art. 27, n. 4, al decreto del Capo dello Stato, che decida un ricorso straordinario (5), rappresenta la autentica espressione di un potere legislativo, che non � dal vigente ordinamento attribuito ad alcun giudice, neppure alla costituenda Corte costituzionale. Costituisce un giudizio di equit�, nel quale � lo stesso giudice, che pone la norma e la applica al caso concreto. Tale potere, di giudicare, eio�, prescindendo dal diritto vigente non � riconosciuto dall'ordinamento giuridico al Consiglio di Stato, n�, in via ordinaria, ad alcun giudice. Questa che il Oolzi esattamente definisce analogia a catena �, perci�, decisamente da avversarsi: non sussiste alcuna analogia fra il decreto del Capo dello Stato e la sentenza del Giudice ordinario o speciale ed in pi� all'estensione ostano le . stesse ragioni addotte contro la applicazione analogica alle decisioni amministrative. Ma v'� di pi�: il noto parallelismo tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario e gli articoli 16, n. 4 e 23 T. U., 23, n. 3 e 36 regolamento r. d. 26 giugno 1924, n. 1055, debbono ritenersi, comunque, soppressi o modificati dall'art. 113 della Costituzione (6), la cui importanza nel vigente ordinamento va ben oltre la soppressione delle poche norme, che dichiaravano non impugnabili taluni atti amministrativi. Ohe il decreto del Capo dello Stato sia un atto amministrativo � fuor di dubbio (7). Ed � altrettanto certo ch'esso non sia preclusivo dell'azione (1) U. FORTI, in �Foro It. �, 1937; III, 3 e 250. (2) F. CAMMEO, in e< Giur, It. �, 1937, III, 65. (3) COLZI: loc. cit. . (4) Gmoo1ARDI: La Giustizia amministrativa, 1943, p. 368. (5) Sulla sua ammissibilit� cfr;: cc Rassegna Avvocatura l>, 1948, n. 10, p. 1 e segg. e 1951, n. 2, p. 39 e seg. ed autori ivi citati. (6) Il ragionamento � ipotetico e postula, per ragioni dialettiche, l'ammissibilit� del ricorso straordinario. Esso � fatto al solo scopo di dimostrare che il decreto del Capo dello Stato, che decida un ricorso straordinario, non pu� neppure con riguardo ai soli effetti pratici equipararsi al giudicato, non risolvendo irrevocabilmente la controversia. (7) Consiglio di Stato IV, 31 marzo 1939: MarconiGnl'rra, e< Giur. It. l>, 1940, III, 35. stata certamente abrogata dall'art. 113, 20 comma, il quale sancisce la illegittimit� costituzionale di qualunque legge, che nel futuro cc escluda la tutela giurisdizionale degl'interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione n ed abroga le norme poste da leggi ordinarie preesistenti contrarie al �suo precetto. Non v'� ragione per ritenere che l'art. 34 cpv. faccia eccezione a tal~ regola. Gl'inconvenienti lamentati, che poi si riducono ad uno solo, possono essere eliminati. Basterebbe che il parere fosse espresso dal Consiglio di Stato a Sezione semplice o che, comunque, i consiglieri presenti in adunanza generale si astenessero dal giudicare; ma l'imperativo categorico, �che vieta la esclusione della tutela giurisdizionale, non pu� essere violato. E, perci�, la proposizione del ricorso straordinario e la sua decisione non precludono il ricorso al Consiglio di Stato. Potrebbe obiettarsi che il termine per proporre ricorso giurisdizionale avverso l'atto definitivo, gi� impugnato con ricorso straordinario si trova normalmente ad essere scaduto da tempo al momento della decisione di quest'ultimo. Ma tale obiezione, d'altronde superabile, non avrebbe alcun valore per le� questioni relative a diritti soggettivi, attribuiti alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato. � pacifico in giurisprudenza e in dottrina che tali questioni possono essere proposte, almeno in linea generale, in qualunque tempo, salva l'avvenuta prescrizione. Il decorso del termine, dunque, non sarebbe preclusivo del ricorso, n� questo potrebbe essere escluso o limitato per essere intervenuto il decreto del Capo dello Stato, essendo ci� in aperto contrasto con l'art. 113. Lo stesso ragionamento deve valere in tema di giurisdizione non esclusiva; sar� eventualmente il decorso del termine ad impedire la proposizione del ricorso giurisdizionale, sempre che il termine stesso non debba ritenersi riaperto dal riesame dell'atto compiuto dall'Amministrazione, sia pure in sede di ricorso straordinario. N� sembra accettabile l'opinione, che limita il ricorso ai motivi relativi a vizi propri del decreto del Capo dello Stato, tutelando cosi l'interesse al legittimo esercizio di questo potere di decisione, ma trascurando del tutto l'interesse legittimo sostanziale, che troppo spesso si perde di vista. Ammesso dalla prevalente dottrina (3) e dalla giurisprudenza che la giurisdizione amministrativa, esclusiva e non escllisiva, �, come quella civile, giurisdizione di diritto soggettivo e non obiettivo; confermato dal pi� volte citato art. 113 ch� obietto della (1) ZANOBINI, II vol. p. 122; ROMANELLI: L'annullamento, p. 287; Sez. Un. Cass. 9 luglio 1936 rie. Bonc�, iii e< Foro Amm. l>, 1937, II, l; VITTA: loc. cit., II, p. 405; LESSONA: Giustizia amministrativa, p. 59. (2) Consiglio di Stato IV, 31 marzo 1939: MarconiGuerra, "Giur. It. ll, 1940, III, 35. (3) VITTA: loc..cit.' II, p. 520, contra FilomusiGue). fi, Salandra, d'Alessio, Guiccia.rdi, -s tutela giurisdizionale sono [i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sostanziali; non pu� questa tutela negarsi agli stessi per l'intervento del decreto del Capo dello Stato, che � pur sempre atto amministrativo. La soluzione prospettata � evidente in tema di giurisdizione esclusiva. Se un impiegato assuma di aver diritto ad una certa indennit�, egli potr�. ricorrere in sede giurisdizionale anche se avr� proposto e sia stato deciso il ricorso straordinario. L'art. 113 gli concede la tutela giuris�izionale del diritto alla indennit�, a cui non pu� su:pplire la tutela dell'interesse al regolare esercizio del potere che sarebbe attribuito al C~po dello Stato, di decidere il ricorso straordinario. Lo stesso ragionamento vale per la giurisdizione non esclusiva: si pensi al proprietario espropriato. Egli ha diritto alla tutela giurisdizionale del suo interesse (diritto affievolito) alla legittimit� della espropriazione e questa tutela non potr�., comunque, essergli negata, salva la eventuale decadenza, in cui sia incorso. �, quindi, inconcepibile un ricorso ex art. 27, n. 4, per ottenere che l'Amministrazione si conformi al decreto del Capo della Stato, col quale sia stato deciso un ricorso straordinario, sia perch� questo provvedimento amministrativo non � affatto analogo ad una sentenza del Giudice ordinario, sia perch� non � irrevocabile e non � suscettibile di passaggio in giudicato o di acquistare efficacia analoga al giudicato. Credo opportuno, infine, accennare alla tesi, di recente sostenuta dal Fragola (1). Questo autore,� pur partendo dalla esatta premessa che il ricorso, di cui all'art. 27, n. 4, postuli come presupposto necessario la sentenza del Giudice ordinario passata in cosa giudicata, donde, sia pur implicitamente, l'inammissibilit� di un'estensione analogica alle ipotesi in cui sia intervenuta una decisione del Consiglio di Stato o di altro organo di giurisdizione amministrativa, propone un'estensione in direzione diversa. Egli ritiene, cio�, che, in analogia a quanto disposto dall'art. 220 T. U. legge comunale e pro vinciale 1915 per gli enti locali, il ricorso, di cui all'art. 27, n. 4, possa essere proposto per ottenere l'esecuzione del giudicato di condanna. Il Consiglio di Stato, cio�, a somiglianza di quanto � compiuto dalla Giunta Provinciale Amministra tiva, quale organo amministrativo �i controllo e� in virt� �ei poteri surrogatori in tale qualit� riconosciu tile, dovrebbe sostituirsi all'amministrazione nella emissione del mandato di pagamento. � chiaro come qui siamo fuori della ipotesi pre vista dall'art. 27, n. 4, in relazione all'art. 4 legge abolitiva del contenzioso, non avendo il giudice ordinario dichiarato la illiceit�. di un atto ammi nistrativo, che occorra poi eliminare, ma avendo condannato l'Amministrazione al pagamento di somma di denaro. Per l'esecuzione di questo genere di sentenze soccorrono i mezzi apprestati dall'ordinamento processuale civile e la difficolt�. della esecuzione non autorizza il ricorso a mezzi previsti per altre ipotesi. (I) U. FRAGOLA, in �Foro It. �, 1952, I, p. 1486.0 Sarebbe come invocare. la sanzione penale per ottenere il pagamento di un credito civile contro il debitore insolvente! Esattamente ritenevai il Forti .che il rimedio, di cui all'art. 27, n. 4, � completamento giurisdizionale dei poteri limitati riconosciuti all'Autorit� giudiziaria ordinaria e comincia l� dove questi si arrestano. Ma in tema di condanna al pagamento di � somma di denaro il potere del giudi�e ordinario no tMd � limitato da alcuna norma JMiiffJ D'~lt_ra ~arte non si vede ~oll1;e ~n~ decisione c;I~(J[ilConsiglio di Stato potrebbe sostitmrs1 a quell'uruc~!Wlli!M atto che, secondo le norme sulla Contabilit� gene>''.::=;;;;t;. rale dello Stato, � indispensabile per giustificare i I pagamenti dell'Amministrazione statale: cio� il mandato. �, infatti, evidente che perch� una. tale sostituzione fosse possibile, occorrerebbe predisporre mezzi normativi in base ai quali sia consentito al Consiglio di Stato accertare il capitolo di bilancio sul quale imputare la spesa e accertare di questo capitolo la disponibilit� agli effetti di determinarne la capienza; dovrebbe, infine, essere la decisione assoggettata a quel riscontro contabile e di legittimit� cui tutti gli ordinativi di spesa debbono essere, in via normale, sottoposti, e cio� il visto della Ragioneria centrale e la registrazione della Corte dei Conti. Basta avere enunciato quanto sopra per convincersi dell'assoluta inconsistenza delle proposte formulate dal Fragola. Non ci sembra infine il caso di soffermarci sull'altra proposta del Fragola, secondo la quale potrebbero impugnarsi avanti il Consiglio di Stato i disegni di legge con i .quali si sottopongono al Parlamento i singoli bilanci di previsione della spesa, e ci� al fine di farvi stanziare le somme necessarie perl'esecuzione di decisioni di condanna a pagamenti. � appena necessario rilevare, infatti, che i disegrii di legge, anche d'iniziativa governativa, non sono atti amministrativi, e non lo sono nemmeno quelli preordinati all'approvazione dei bilanci perche, com'� noto, anche le leggi di bilancio sono atti legislativi, sia pur solo formali. PARTE ili L'art. 27, n. 4, in relazione alla vigente Costituzione Si � detto innanzi, e non pare sia contestabile, che l'art. 27, n. 4, del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato � in connessione necessaria con l'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo nel senso, cio�, che presuppone l'esistenza di una giurisdizione limitata. Ove, infatti, fosse eliminato il divieto posto all'Autorit� giudiziaria ordinaria dal citato art. 4 e le. fosse conferito il potere di annullare l'atto dichiarato illecito, ..non vi sarebbe alcun motivo logico, e, tanto meno, giuridic9, per lasciar sussistere l'eccezionale ricorso, di cui all'art. 27, n. 4. Questa norma, d'altra parte, attribuiva alla giurisdizione di merito non esclusiva del Consiglio di Stato la tutela dell'interesse del cittadino, il cui diritto soggettivo fosse stato leso da un provvedimento amministrativo, dichiarato illecito dall' .Autorit� giudiziaria ordinaria, inteso ad ottenere che il riesame della situazione giuridica, creata dal provvedimento dichiarato illecito, al fine di adeguarla al giudicato, si svolgesse secondo le regole del diritto e, cio�, fosse esente dai ben noti vizi di incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, e secondo i principi dell'opportunit� aro ~ ft. ministrativa. In quest'ultimo senso principalmente fu inteso [iJ;,dalla dottrina il sindacato di merito, sulla cui natura @Mgiurisdizionale permangono tuttora gravi contrasti fil@@l). La potest� di sindacare la opportunit� dell'atto ~Mtiu ritenuta, infatti, prevalente sull'altra di sostituire .,.~ la Pubblica .Amministrazione nell'emettere un provvedimento, che pure si considera compresa nella giurisdizione di merito (2). Se questa non � pi� configurabile nell'attuale ordinamento costituzionale, l'istituto in esame pu� considerarsi sostanzialmente soppresso, potendo ricondursi nell'ipotesi generale del controllo di legittimit� sugli atti, positivi o negativi, della Pubblica .Amministrazione. � necessario, pertanto, esaminare se la vigente Costituzione abbia modificato il sistema, sopprimendo e il �limite dell'art. 4 e la giurisdizione di merito: L'art. 4 della legge 20 marzo 1865, all. E, poneva una norma d'ordine costituzionale in applicazione del principio della separazione dei poteri. � Col vietare all' .Autorit� giudiziaria di annullare o modificare il provvedimento amministrativo, ancorch� fosse stato riconosciuto lesivo di diritti, essa garantiva il potere esecutivo da interferenze dell'ordine giudiziario (3), che avrebbero potuto turbare gravemente lo svolgimento dell'attivit� amministrativa, della quale il potere esecutivo assumeva piena responsabilit� civile e politica, sia nei confronti del Parlamento, che del Corpo elettorale. Il potere di annullare, revocare o modificare il provvedimento era riconosciuto come esclusivo alla Pubblica Amministrazione. Successivamente questo potere fu attribuito, per una maggiore tutela degli interessi privati e per una pi� intensa attuazione della legalit� nell'amministrazione, al Consiglio di Stato, organo della Pubblica .Amministrazione, assistito, per�, da garanzie tali, che ne assicuravano la massima indipendenza di giudizio. Parve, cos�, che fosse assicurata adeguata tutela al cittadino, lasciando impregiudicato il principio dell'assoluta indipendenza dei poteri dello Stato. Gli autori della riforma del 1889 evitarono, per quanto era possibile, di definire la natura delle funzioni attribuite alla IV Sezione del Consiglio di Stato, prospettando i nuovi ricorsi, concessi contro gli atti della Pubblica .Amministrazione, come perfezionamenti dei rimedi amministrativi previsti dall'art. 3, legge 20 maggio 1865, all. E. La dottrina prevalente ritenne, quindi, che non si trattasse di (1) E. CASETTA, in � Rass. Diritto pubbl. �, 1951, I, p. 178 e autori ivi citati, �Rass. Avvocatura�, 1951, p. 135-139. (2) U. FORTI, in� Foro It. �, 1937, III, 3; ZANOBINI: Oorso, bol. II, p. 254 e segg., il quale la definisce � ���� funzione di amministrazione attiva esercitata . . . in forma giurisdizionale �; (3) ZANOBINI: Oorso, vol. II, p. 46 e segg. -9funzione giurisdizionale, ma di amministrazione contenziosa, di controllo amministrativo, cio�, attuato con la garenzia del contraddittorio e da parte di organi indipendenti (1). La questione fu legislativamente risQlta soltanto con la legge 7 marzo 1907, n. 62, che qualific� giurisdizionale la funzione attribuita alla IV ed alla V Sezione del Consiglio di Stato, riconoscendo efficacia di giudicato alle relative decisioni. Ma si trattava pur sempre di funzione giurisdizionale affidata ad organi della Pubblica .Amministrazione. La vigente Costituzione ha completato questa evoluzione, riconoscendo al Consiglio di Stato la natura di organo giurisdizionale alla pari dell'ordine giudiziario con la sola differenza della materia, che pu� essere oggetto della giurisdizione dell'uno o dell'altro. Il Consiglio di Stato ha giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica .Amministrazione, degli interessi legittimi; l'ordine giudiziario ha giurisdizione per la tutela dei diritti soggettivi. Ma tale tutela, a parte la distinzione della materia, � attuata dal Consiglio di Stato e dall'ordine giudiziario alla stessa maniera. .Anche a quello sono applicabili gli articoli 101, 111, 112 e 113 della Costituzione, compresi nei titolo IV relativo alla magistratura. Da questo pi� spiccato carattere giurisdizionale, attribuito al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giustizia amministrativa, sorgeva, per�, il problema di assicurare anche nei confronti di questi l'indipendenza del potere esecutivo. Il limite, posto in via assoluta al giudice ordinario, ed il potere di annullare il provvedimento, attribuito con altrettanta assolutezza e generalit� al Consiglio di Stato, non avevano pi� ragion d'essere ed il problema andava risolto con criteri univoci. L'esigenza di tutelare intensamente gl'interessi privati non consentiva che il generale divieto dell'art. � 4 fosse esteso al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giustizia amministrativa. Vi sono ipotesi, nelle quali l'interesse leso dal provvedimento amministrativo non.pu� essere tutelato che con l'eliminazione del provvedimento stesso. L'esigenza di tutelare l'interesse del privato e quella di garantire l'indipendenza del potere esecutivo risultano, nelle anzidette ipotesi, incompatibili e, pertanto, una delle due doveva essere sacrificata. La Costituzione ha risolto questo problema con l'ultimo comma dell'art. 113, mandando al legislatore ordinario il compito di determinare, caso per caso, quando l'una esigenza debba essere sacrificata all'altra. Ma questa regolamentazione legislativa deve essere specifica. In linea generale � fatto divieto a qualunque organo di giurisdizione, ordinaria o amministrativa, di annullare gli atti della Pubblica .Amministrazione. Per i casi eccezionali, nei quali la legge riterr� che l'esigenza di tutela debba prevalere su quella della indipendenza dei poteri, dovr� la legge determinare l'organo di giurisdizione, cui � conferito il (1) ScHAUREZ: La giurisdizione amministrativa in Francia ed in Italia, in << Giust. Arnm. �, 1896; CoDACCI PISANELLI: Le decisioni del Consiglio di Stato, in Scritti di diritto pubblico, Citt� di Castello, 1900, p. 205-347; ORLANDO: La Giustizia amministrativa, p. 729 e segg.; ZANOBINI: Oorso, vol. II, p. 53 e segg. N� il problema pu� porsi nel senso di ricercare la norma costituzionale che espressamente sopprima la cos� detta giurisdizione di merito. La Costituzione � la fonte primaria di ogni potere e regola le attribuziooi di ciascun potere dello " Stato, espressamente garantendo, col giudizio della Corte costituzionale, che l'uno non invada la sfera di attribuzione dell'altro (art. 134). Basta, perci�, soltanto notare che l'art. 113 non::'.:. _., attribuisce agli organi giurisdizionali un poteri:dMti1 analogo a quello, che costituiva la cos� detta giur~Ji8 sdizione di merito; la cui soppressione, infin~ftfftd troverebbe la sua giustificazione nella pi� nettWi;@f&i distinzione e separazione fra i tre Poteri dello Stato, ~;:...,�=. attuata dalla Costituzione, e nella generale tutela concessa contro gli atti della Pubblica .Amministrazione. L'art. 113, dunque, mentre da un lato vieta che alcun atto della Pubblica .Amministrazione si sottragga, in tutto o in parte, al sindacato giurisdizionale, dall'altra esclude ogni ingerenza della giurisdizione nell'a-ttivit� amministrativa, restituendo all'attribuzione esclusiva della Pubblica Amministrazione il giudizio sulla opportunit� degli atti amministrativi e sulla rispondenza degli stessi al pubblico interesse. L'interpretazione logico-grammaticale della norma conferma, a mio avviso, quanto sopra � esposto. L'espressione interesse legittimo ba nel nostro ordinamento un significato preciso e ben definito. Essa sta ad indicare l'interesse puramente di fatto del singolo alla legittimit� dell'atto amministrativo, che, trovandosi in particolare connessione con l'interesse generale, in vista del quale � posta la norma, assurge ad interesse legittimo (1). Sono le norme che regolano la legittimit� degli atti amministrativi che fanno sorgere gli interessi legittimi, i quali sono appunto interessi alla legittimit� dell'azione amministrativa (2), occasionalmente protetti da norme giuridiche (3). In questi sensi si esprime il Guicciardi (4), il quale definisce illegittimo l'atto emanato nell'inosservanza di norme giuridiche strumentali, inopportuno quello emanato in violaz_ione di � norme non giuridiche, che ne disciplinano il contenuto, e perci� viziato nel merito. Ed ancor pi� esplicito � il Vitta, il quale, dopo aver definito l'interesse legittimo (5) come l'interesse di persona determinata all'osservanza di una norma giuridica, la quale stabilisca limiti e condizioni all'attivit� della Pubblica .Amministrazione, e l'interesse semplice come quello diretto alla opportunit�. dell'azione amministrativa (6), precisa che il vizio di merito implica inopportunit� dell'atto e che la giurisdizione di merito � in materia d'in teressi semplici (8). (1) Per una diversa concezione dell'interesse legittimo, non contrastante col testo, cfr. CASETTA, in "Riv. trim. Diritto pubblico�, 1952, loc. cit. (2) CANNADA-BARTOLI: L'inapplicabilit� degli atti amministrativi, p. 77-78 e autori ivi citlit:ti, (3) Consiglio di Stato, IV, 28 agosto 1951, n. 563: Finanze-Cruciani in" Riv. Amm. �, 1952, 43; ZANOBil'il: Diritto amm. Il, p. 236. (4) GUICCIARDI, loc. cit., p. 23-24. (5) VITTA: Diritto amm., 1948, I, p. 117. (6) VITTA: loc. cit., p. 118. (7) VITTA: loc. cit., p. 435. . (8) VITTA: loc. cit., vol. II, p. 538. -10 potere di annullamento, e gli effetti di tale annullamento, se, cio�, questo debba avere efficacia ex tunc o invece ex nunc, salvi gli effetti prodotti dall'atto amministrativo anteriormente all'annullamento. Il legislatore, nel valutare se l'esigenza di tutela degli interessi privati debba prevalere su quella dell'indipendenza del potere esecutivo, non mancher� di tener conto della infungibilit� dell'interesse e della possibilit� ch'esso riceva una tutela per equivalente, riconoscendo il potere di annullamento soltanto quando l'interesse non possa essere tutelato diversamente che con l'eliminazione del provvedimento lesivo. Questo potere di annullamento potr� essere riconosciuto in casi determinati soltanto ad alcuni organi di giurisdizione, ordinaria o amministrativa, ad esempio alla Corte di Cassazione ed al Consiglio di Stato, con esclusione degli organi minori. Ma nelle ipotesi, in cui tale potere non sia riconosciuto ad alcun organo di giurisdizione, il provvedimento potr� essere annullato soltanto-dal1'. Autorit� amministrativa. � Trascurando di esaminare di proposito se l'articolo 113 u. p. sia di immediata applicazione e se, conseguentemente, siano state abrogate le norme, che attualmente conferiscono al Consiglio di Stato il potere di annullare gli atti amministrativi, baster� qui osservare che il citato art. 113 ha certamente abrogato l'art. 4, almeno come principio di ordine � costituzionale, ch'esso ha integralmente sostituito. D'altra parte, poich� il pi� volte citato art. 113, non conferisce il potere di annullamento, ma rinvia alla legge ordinaria, perch�, caso per caso, lo attribuisca a determinati organi di giurisdizione, l'abrogazione dell'art. 4 non eliminerebbe il divieto, gi� posto al giudice ordinario, di annullare l'atto amministrativo. Il predetto divieto � stato generalizzato, salve le specifiche eccezioni apportate dalla legge. Ma se il divieto, come principio d'ordine costituzionale, dettato nei soli confronti del giudice ordinario, � venuto meno, potendo la legge attribuire anche al giudice ordinario il potere di annullamento, vien meno ogni ragion d'essere del ricorso di cui all'art. 27, n. 4. Quando la legge consentir� l'annullamento del provvedimento, questo potr� essere attuato dallo stesso organo di giurisdizione, competente ad accertarne la legittimit� o liceit�. Quando, invece, l'annullamento non sar� consentito, perch� l'esigenza dell'indipendenza del potere esecutivo sar� stata considerata prevalente rispetto alla esigenza di tutela degl'interessi privati, l'annullamento non potr� essere pronunciato da alcun organo di giurisdizione. .Ammettendosi, invece, che l'ultima parte dello art. 113 abbia valore soltanto programmatico, � necessario esaminare se la Costituzione abbia mantenuto in vigore la giurisdizione di merito. L'art. 113 p. p. assicura la tutela giurisdizionale ai soli diritti soggettivi ed interessi legittimi, con esclusione degli interessi semplici. Questa norma va interpretata in relazione con quella contenuta n�l precedente art. 103, il quale attribuisce al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giustizia amministrativa la giurisdizione per la tiltela degli interessi legittimi. Questa giurisdizione pu� estendersi, in particolari materie, alla tutela dei diritti soggettivi, ma non pu� mai estendersi agli interessi semplici. -11 Questi, pertanto, non possono ritenersi compresi nella nozione d'interessi legittimi e non godono della tutela giurisdizionale (1). Oi� � confermato, direi quasi in modo inconfuta bile, dal 3� comma dell'art. 113, il quale attribuisce � ~tgli organi giurisdizionali, nei casi previsti dalla ~ legge, il potere di annullare, non quello di revocarefu o modificare gli atti amministrativi. t%,, Sicch� deve concludersi che non essendo ammessa j)jfiljj)}lalla Oostituzione la tutela degli interessi semplici, fiiM~;ton pu� essere ammessa la giurisdizione di merito l@@he quella tutela dovrebbe attuare. if!F Anche ammesso il potere di sindacare il merito, w dell'atto, resterebbe sempre escluso quello di modi ficarlo e, soprattutto, di porre con la decisione l'equipollente dell'atto amministrativo. PARTE IV In conclusione ritengo che, soppresso, per effetto dell'art.' 113 �. p. il divieto posto al giudice ordinario dell'art. 4 legge 20 marzo 1865, all. E, sia venuta meno ogni ragion d'essere del ricorso, previsto dall'art. 27, n. 4, T. U. delle leggi sul Oonsiglio di Stato. � In ogni caso, essendo stata soppressa la giurisdi- zione di merito, finch� la legge non conformi ilsistema al principio costituzionale sancito dall'art. 113 u. p., ove questo sia ritenuto, contrariamente ai comma precedenti, di natura programmatica e non di immediata applicazione, il ricorso, di cui all'art. 27, n. 4, dovr� intendersi limitato alla legittimit� del riesame, effettuato dalla Pubblica Amministrazione al fine di conformare, per quanto � possibile.ed in corrispondenza col pubblico interesse, la situazione giuridica creata per effetto (1) MIELE, in� Riv. Diritto finanziario e Scienza delle finanze�, 1952, p. 101. dell'atto dichiarato illecito con il giudicato, che tale illiceit� abbia dichiarato. Esclusa ogni estensione analogica, il ricorso deve ritenersi ammissibile soltanto in presenza di una sentenza del giudice ordinario, che abpia dichiarato l'atto amministrativo illecito e, cio�, lesivo di un diritto soggettivo perftitto di un privato cittadino o di un ente. Ed il ricorso d� luogo ad una controversia, avente ad oggetto il modo di conformarsi al giudicato, che � decisa con atto giurisdizionale avente efficacia di sentenza ed in contraddittorio fra le parti. Ove non si voglia ritenere illegittimo l'art. 91 del regolamento perch� in contrasto con l'art. 36 del T. U. (art. 28 T. U. 17 agosto 1907, n. 638) e quindi necessaria la notificazione del ricorso sia all'autorit� o all'ente, dal quale fu emanato l'atto dichiarato illecito e che fU parte nel giudizio davanti l'Autorit� giudiziaria, avente ad oggetto l'illi �ceit� dell'atto, che al Ministero, dal quale l'autorit� predetta dipende gerarchicamente o che sull'ente esercita il potere d� vigilanza e tutela, pu� considerarsi sufficiente, ma necessaria ad instaurare il contraddittorio la comunicazione del ricorso fatta a cura della Segreteria. Il contraddittorio s'instaurerebbe, per�, in ogni caso tra la parte e l'Amministrazione centrale dello Stato, ancorch� l'atto illecito fosse stato emesso da un ente pupblico o da un'autorit� amministrativa periferica. Tale soluzione confermerebbe che non di esecuzione del giudicato si tratta, bensi di adeguamento al giudicato della situazione giuridica; adeguamento che, nell'inerzia dell'ente o della autorit� inferiore, dovrebbe essere attuato dagli organi di controllo in forza del potere sostitutivo loro attribuito. Ma con ci� non si elimina l'incongruenza degli articoli 90 e 91 del regolamento e l'anomalia di un procedimento, nel quale non sia assicurata la presenza della parte pi� direttamente interessata. GIUSEPPE GUGLIELMI AVVOOATO DELLO STATO NOTE D I DOTTRINA Giurisprudenza completa della Corte Suprema di Cassazione (Sezioni Civili), vol. XXX, anno 1951, 10, 20, 3� quadrimestre. A cura dell'Istituto Italiano di Studi legislativi: La pubblicazione che recensiamo ha ormai rag giunto un posto di primissimo piano tra le riviste di giurisprudenza e di dottrina giuridica. Sue carat teristiche sono la completezza e l'esatfozza delle massime, l'importanza, l'ampiezza e l'acutezza delle note recensive, la richezza dei richiami giurispru denziali, dottrinali e legislativi, l'agevolezza di ricerca attraverso i vari e razionali indici. .Nel volume XXX dell'anno 1951 sono state pub blicate le massime o il testo integrale di oltre 2300 sentenze della Corte Suprema, di oltre 1300 deci sioni del Consiglio di Stato e di numerose sentenze delle Corti di merito. . In linea generale, non s� rilevano in tali pronuncie mutamenti radicali di orientamenti giurispruden ziali; si nota invece una prevalente tendenz� al consolidamento delle precedenti decisioni. Notevole � il numero di decisioni pubblicate in ordine a fattispecie nuove, cos� come rilevante � il numero di questioni giuridiche particolari o co, munque trattate in termini di cui non si conoscono precedenti giurisp_rudenziali. Di quelle, di tali sentenze e delle relative note, che si presentano di maggior rilievo o che possono particolarmente interessare l'Avvocatura dello Sta to, faremo qui di seguito una breve rassegna recen siva. A proposito di sindacato di costituzionalit�, le Sezioni Unite della Cassazione, affrontando una questione che non ha precedenti in giurisprudenza, hanno deciso, con sentenza n. 1030 del 27 aprile 1951, che nel sistema giuridico vigente -che, come noto, consente all'Autorit� giudiziaria di giudicare sulla legittimit� costituzionale delle leggi per non essere entrata in funzione la Corte costitu zionale: art. 134 Costituzione VII delle Norme transitorie -anche gli arbitri, si� pure autorizzati a decidere secondo equit�, possono giudicare sulla costituzionalit� delle leggi. La Rivista, nel fascicolo del primo quadrimestre, pubblica la nota sentenza 20 aprile 1951, n. 7, dell'Alta Corte per la Regione Siciliana sulla legge regionale siciliana 24 febbraio 1951 riguardante la � organizzazione degli organi e degli uffici ammini strativi decentrati del Governo regionale �. Secondo :.::...-:::....�.�.:: ' l'Alta Corte, tale legge non concerne un complesso organico di norme che possa essere considerato un ordinamento degli uffici regionali, ma si limita a sostituire ai prefetti di nomina statale i procuratori di nomina regionale e a fondere la Giunta provinciale amministrativa e il Consiglio di prefettura nel comitato di controllo. Pertanto tale legge sarebbe costituzionalmente illegittima nel suo complesso in relazione agli art. 15 e 16 dello Statuto siciliano. La decisione ha accolto la tesi del Commissario dello Stato, il quale, con _ricorso 3 marzo 1951, illustrato da ampia memoria dell'Avvocatura dello Stato, aveva sostenuto che l'art. 15 dello Statuto ha posto il principio negativo che il nuovo ordinamento amministrativo regionale non possa adottare il criterio provinciale per la distribuzione territoriale delle competenze. Il prof. Crisafulli, in nota a detta sentenza, pone argutamente in rilievo un aspetto davvero singolare della decisione: quello secondo il �quale la controversia, scaturita 'originariamente e in linea di fatto dalla ostilit� del Governo centrale nei confronti dell'abolizione dei prefetti nell'Isola, si � conclusa, in linea di diritto, con l'afferma~ione solenne che non soltanto i prefetti debbono scomparire nell'ordinamento siciliano, ma scomparire addirittura senza eredi di sorta, comunque denominati. In materia di giurisdizione deve essere segnalata la sentenza delle Sezioni Unite 9 giugno 1951, n. 1471. Secondo il Supremo Collegio va devoluta alla competenza del Giudice ordinario la protezione giurisdizionale di un diritto subbiettivo, che si assume vulnerato dalla Pubblica .Amministrazione, alla quale si contesti dal cittadino il potere discrezionale di affievolire quel diritto per ragioni pubblicistiche, cosi da trasformarlo in interesse legittimo, occasionalmente o condizionatamente protetto. Sarebbe di competenza del Giudice amministrativo il giudizio, non sull'esistenza, ma sull'esercizio, che si assume non corretto, di un potere discrezionale riconosciuto di spettanza dell' .Amministrazione. La Suprema Corte, nell'anzidetta pronuncia, ha esattamente stabilito che la decisione sulla giurisdizione va imperniata sull'oggetto. della domanda (386 C. p. c.) dovendosi considerare come tale-l'oggetto essenziale della pretesa dedotta in giudizio (diritto soggettivo o interesse legittimo). Tale indagine forma il contenuto della decisione e ne segna, nel contempo, il limite. (Vedasi, per un'interessante questione di limite di giurisdizione, in materia -13 d'impugnativa davanti al Consiglio di Stato di una delibera comunale istitutiva di un tribunale speciale, la sentenza n. 2519 in data 14 agosto 1951 delle Sezioni Unite, recensita dal Chicco in questa Rassegna, 1952, p. 41). ~ Circa la giurisdizione in materia di controversie ~ relative a rapporto d'impiego presso enti pubblicift,,economici, il contrasto netto fra giurisprudenza del jb{;Jonsiglio di Stato e giurisprudenza della Cassazione .1:mmi continuato, per cos� dire, su tutta la linea. Mfi, Mentre le decisioni del Consiglio di Stato n. 30 ~NW:~1 23 gennaio 1951 (Sez. VI), n. 191 del 23 aprile 1~MM~51 (Sez. VI), n. 436 del 18 maggio 1951 (Sez. V), illifb_:,608 del 30 giugno 1951 (Sez. V) hanno affermato F l'appartenenza di tali controversie alla giurisdizione del 13.iudice amministrativo, la Corte Suprema, con le sentenze n. 896 del 14 aprile 1951, n. 1223 del 13 maggio 1950 ed inf�.ne con quella n. 2505 emessa il 18agosto1951 dalle Sezioni Unite, ha decisamente ribadito che anche dopo l'abrogazione dell'ordinamento sindacale, spetta all'Autorit� giudiziaria ordinaria, non al giudice amministrativo, di giudicare delle controversie in parola. [� da seg'nalare la sentenza n. 223 in data 15 maggio 1951 del Consiglio di Stato (Sez. VI), nella quale, per la prima volta (se non erriamo), � stato deciso che le controversie relative al rapporto d'impiego dei dipendenti della Gestione Raggruppamenti Autocarri -azienda autonoma del Ministero dei Trasporti -rientrano nella competenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale]. Sulla veroata quaestio che, sul terreno giudiziale e dottrinale, ci sembra non possa essere risolta che nel 'Senso deciso dalla Suprema Corte, richiamiamo lo scritto del SIMI (Il rapporto di lavoro con enti pubblici economici e la Costituzione) pubblicato in questa Rivista, 1951, p. 129. A proposito di limiti di giurisdizione, la Cassazione, con la sentenza 15 dicembre 1951, n. 2824, delle Sezioni Unite, ha deciso che contro la Pubblica Amministrazione � esperibile l'azione di danno temuto quando questa non sia diretta contro l'esplicazione di un'attivit� discrezionale dell'Amministrazione stessa, nell'esercizio di un potere riconosciuto dalla legge. In ogni caso, l'Autorit� giudiziaria ordinaria non potrebbe indagare la sfera di attivit� dell'Amministrazione imponendole di eseguire determinate opere. L'A. sarebbe, per�, tenuta a rispondere, sotto forma di un'indennit� pecuniaria, del rimborso delle spese occorse e di quelle che occorreranno per ovviare alla minaccia del danno grave 7\ e prossimo, e del risarcimento dei danni gi� verificatisi. Sempre in materia di giurisdizione, nella sentenza 11 aprile 1951, n. 864, delle Sezioni Unite, � stato ritenuto proponibile il regolamento di giurisdizione che miri a risolvere la questione, sollevata dall'Amministrazione delle Finanze, relativa al potere o meno del contribuente di far valere il proprio diritto avanti al giudice ordinario prima che sulla controversia abbiano deciso le Commissioni amministrative (prec. sent. n. 2597 del 16 novembre 1950). Peraltro, la Suprema Corte, nella stessa sentenza ha deci.so che, nelle controversie relative ad imposte indirette, il ricorso alle competenti Commissioni amministrative non costituisce condizione di pro ponibilit� dell'azione giudiziaria (prec. sent. 30 aprile 1949, n. 1069). In materia di competenza � da ricordare, anzitutto, la sentenza n. 221 del 25 gennaio 1951, nella quale la Superma Corte, riaffermato che Ltribunali regionali delle acque hanno natura di organi speciali della giurisdizione ordinaria e ritenuto pertanto che la questione sulla competenza del Tribunale ordinario ovvero del Tribunale regionale delle acque pubbliche � questione di competenza e:non di giurisdizione, ha esattamente deciso che l'eccezione di incompetenza territoriale ai sensi dell'art. 25 C. p. c., sollevata da un'Amministrazione statale (A. N. A. S.) chiamata in causa a termini dell'art. 102 C. p. c., ha logicamente carattere pregiudiziale rispetto all'anzidetta eccezione di incompetenza del Tribunale ordinario. Va poi menzionata la sentenza n. 2605 del 2 ottobre 1951, secondo la quale il Collegio arbitrale costituito ai sensi dell'art. 42 del Capitolato generale di appalto delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori pubblici, approvato con D. M. 28 maggio 1895, non ha carattere di giurisdizione speciale, per la cui istituzione occorre una norma avente carattere di legge. Pertanto la questione circa la competenza per materia dell'A. G. O. oppure del predetto Collegio arbitrale sarebbe ben proposta all'esame della Corte Suprema mediante regolamento di competenza (conf. sent. n. 1133 del 10 maggio 1951). Nella sentenza n. 1061 del 5 maggio 1951, le Sezioni Unite, decidendo la questione se il Presidente del Tribunale nell'emettere i pro;vvedimenti demandati alla sua competenza dalle leggi sulla avocazione dei profitti di regime (sequestro, riduzione, revoca, commutazione, decisione sull'approvazione del rendiconto del sequestratario, liquidazione compensi a quest'ultimo) agisca in veste di organo dell'Autorit� giudiziaria ordinaria o quale giudice speciale, ha fermato il principio che il giudice ordinario non cessa di essere tale, quando, restando immutata la sua composizione istituzionale, ad esso �venga da nuove norme attribuita la cognizione di nuove particolari controversie. La Rivista che recensiamo pubblica anche una nota del Salvatori, contraria alla sentenza n. 2164 del 29 luglio 1950, con la quale le Sezioni Unite hanno ancora una volta ribadito la natura giurisdi zionale delle Commissioni tributarie, compresa quel la centrale, considerando che in contrario non varrebbe obiettare l'inapplicabilit�, ai pronunziati della Commissione centrale, dall'art. 111 della Co stituzione circa il controllo di legittimit� da parte del Supremo Collegio. L'Avvocatura aveva sostenuto che se si dovesse attribuire carattere di giurisdizione speciale alla Commissione centrale, si dovrebbe pure ammettere, in base al citato art. 111 della Costituzione, la possibilit� del .. ricorso in Cassazione per violazione di legge contro le decisioni da essa ,prpnunziate: ma siccome ci� sarebbe da escludersi, perch� __ per le controversie tributarie il controllo di legittimit� della Corte di Cassazione � gi� reso possibile con il normale esperimento dell'azione giudi21iaria in tutti i suoi gradi e d'altra parte non potrebbe lasciarsi in facolt� delle parti di adire direttamente il giudizio decreto un provvedimento avente la natura di sentenza e sempre che si tratti di prov.:vedimento che defi.nisca l'intero giudizio o risolva definitivamente singole questioni attinenti al merito o al processo. Affermato questo come principio generale, la Suprema Corte ha peraltro ritenuto che debba derogarsi al principio medesimo nel caso in cui la legge stabilisca con particolare espressa disposizione che il giudice debba statuire con pronuncia diversa dalla sentenza e che per sua natura non � soggetta ai mezzi d'impugnazione delle sentenze: cos� com'era nella fattispecie decisa, nella quale il Presidente del Tribunale, in sede di applicazione delle leggi ~ sull'avocazione dei profitti di regiine, decidendo in 1� contraddittorio delle part i la controversia sorta in >~g ordine all'approvazione del rendiconto della ge-B stione finale del seques~ra~ario e alla liquidazione fM del compenso a quest ultimo, aveva emesso ::::?:o:::::?'%?: ;~=~~~:i~i=1!~.~:~.n�::::dli !~:~~ ~!~~t!~~ae1~:r~~;~~~:~a~~t:~1f~c~~r.'\j~illii@ osserva che riconoscendo al legislatore ordinario la facolt� di privare il cittadino dei mezzi d'tnpugnazione previsti per le sentenze, sia pure -come dice la decisione �in via di eccezione e in materie particolarissime � in considerazione � di esigenze di celerit� del processo e di economia dei giudizi �, si finisce con l'attribuire al medesimo legislatore ordinario un potere, non solo uguale, ma superiore a quello della legge fondamentale dello Stato, in quanto ogni impugnazione possa resistere anche alla. norma costituzionale successiva. Riteniamo che la decisione della Corte Suprema sia esatta, non tanto per le considerazioni di cc eccezionalit� � poste in rilievo nella sentenza e giustamente criticate dalla nota recensiva, quanto per altra ragione accennata di sfuggita nella sentenza medesima e svolta con maggiore ampiezza in una �� precedente sentenza del 26 marzo 1949 (n. 1�566): -_,~__,__,! cio�, per la considerazione che di <e sente_nza � pu� parlarsi solo quando il giudice che emette il provvedimento decisorio sia abilitato a pronunciare :! sentenze (il che non � per il Presidente del Tribunale). � In tal modo si spiega come, contrariamente a quanto ritiene il Bianchi d'Espinosa, non vi sia contrasto fra la decisione di cui si � fatta parola e altra precedente del 14 dicembre 1950 (n. 2727), nella quale la Cassazione aveva deciso che l'ordinanza cc non impugnabile� (cos� defi.nita dall'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794) con cui �il Collegio � in camera di consiglio (non il solo Presidente) definisce il procedimento di liquidazione delle spese e degli onorari dovuti ai procuratori ed avvocati j'dai loro clienti � diventata impugnabile per cassa~ zione, con l'entrata in vigore della Costituzione, ~" per violazione di legge, dovendosi considerare senf~ tenza in senso materiale. ] Sempre in materia processuale debbono segna\. �,,t'_':i��-:. larsi la sentenza 17 agosto 1951, n. 2531 e quella r (delle Sez. Un.) 11. 1468 dell'8 giugno 1951. Dalla /::: prima si evince il noto principio che, pur nell'unit� V organica dello Stato, ciascun Ministero, Ammini/ __;~ strazione autonoma, ha una propria sfera di attrifh;; nella seconda sentenza dove si afferma che non pu� ritenersi validamente costituito il rapporto proces14 - di Cassazione anzich� quello davanti al tribunale, ne conseguirebbe che neppure quelle decisioni possono considerarsi emesse da un organo di Giurisdizione speciale. Secondo la Corte Suprema, invece, se si ritene11se che l'art. 111 della Costituzione non possa applicarsi per le decisioni della Commissione centrale delle imposte, perch� il cittadino, come contribuente, avendo il diritto di rinnovare ab imis la lite tributaria (con esclusione dell'estimo) avanti l'Autorit� giudiziaria ordinaria, ha la possibilit� di fare esaminare a suo luogo anche in sede di Cassazione la questione sulla legittimit� dell'imposizione tributaria, risulterebbe chiaro da questa stessa proposizione che l'inapplicabilit� dell'art. 111 non deriverebbe dal fatto che quelle decisioni non hanno carattere giurisdizionale, ma �sibbene dalla circostanza ben diversa che il cittadino ha in questa materia una tutela giurisdizionale pi� ampia di quella che gli concede la Costituzione. H Salvatori dissente soprattutto sul punto in cui, pur di mantenere di fronte al citato articolo della Costituzione il principio della giurisdizionalit� delle commissioni, la Corte Suprema non ha esitato a considerare inapplicabile la Costituzione, attribuendo anche in questo campo alle Commissioni tributarie una particolarit� che verrebbe a farne un unicum fra tutte le giurisdizioni speciali esistenti, alle cui decisioni, come la stessa Corte Suprema ha pi� volte deciso, l'art. 111 � perfettamente ed immediatamente applicabile. (Ved�si, ora, la sentenza n. 1023/52 della I Sez. civ. della Cassazione, pubblicata in questa Rassegna, 1952, p. 107, con nota). In tema di applicabilit� dell'art. 113 della Costituzione, il Consiglio di Stato, con le pronuncie n. 901 del 4 dicembre 1951 e n. 928 del 15 dicembre 1951, ha esattamente deciso che l'articolo in parola, il quale -come noto -vieta che sia esclusa o limitata la tutela giurisdizionale contro gli atti della Pubblica Amministrazione, non ha abrogato, ne reso facoltativo il ricorso gerarchico e cio� il rimedio giuridico previsto dalla legge in sed~ amministrativa. Con altra decisione (n. 262 del 4 aprile 1951) ha poi ritenuto che la predetta norma costituzionale si riferisca agli atti amministrativi, ma non agli atti politici. In relazione all'applicazione della Costituzione, e precisamente in relazione al menzionato art. 111, � trattata un'interessante questione di diritto processuale nella sentenza n. 1061 del 5 maggio 1951 nella quale la Cassazione (Sezioni Unite) ha, anzitutto, ribadito, in conformit� dei precedenti giurisprudenziali, che l'articolo in parola, ammettendo il ricorso in Cassazione per violazione di legge contro tutte le sentenze degli organi giurisdizionali ordinari e speciali, � applicabile anche allorch� il giudice qualifi.chi erroneamente come ordinanza o -10 Unite (con nota adesiva del Liguori) ha ritenuto che il tributo stesso (secondo il sistema della legge n. 1271 del 1936, art. 30) � unico e colpisce tutto il reddito ricavato .dai fondi, dimodoch� i vari elementi di tale reddito non possono essere considerati come indipendenti e aut9nomi l'uno rispetto all'altro. Pertanto, se qualcuno di tali elementi sia sfuggito al primo accertamento (nella specie: reddito derivante dalla trasformazione del latte in burro e formaggio), esso -secondo il Supremo Collegio -potr� farsi rientrare nella tassazione solo in via di rettifica dell'accertamento precedente del 1946), nonch� dall'identit� di disciplina giuridica dell'avocazione dei profitti di regime con quella dell'imposta sui profitti di guerra. Per un ulteriore approfondimento della struttura tributaria della avocazione dei profitti di regime, richiamiamo la nota pubblicata in questa Rassegna, 1951, 119 mentre per una rassegna completa-di-. giurisprudenza rimandiamo allo scritto del Calenda, in questa stessa Rassegna, 1952, p. 57. Riguardo alla considerazione della situazione soggettiva della Pubblica .Amministrazione nei rapporti stretti con i privati, merita di essere particosuale nei confronti della Pubblica .Amministrazione se non sia stato chiamato in giudizio l'organo che per legge deve difendere gli interessi della stessa .Amministrazione nella vertenza cui il predetto rapporto si rife1isce. In materia tributaria � stata ribadita, con la sentenza 12 gennaio 1951, n. 54, delle Sezioni Unite, la costantissima giurisprudenza, secondo la quale al precetto del solve et repete pu� derogarsi solamente quando sia possibile rilevare prima facie, s~nza necessit� di complesse indagini in fatto e in diritto, il difetto di un titolo formalmente valido per la esazione del tributo in contesa oppure della qualit� di debitore in chi oppone di non essere tenuto al pagamento. Altro costante indirizzo giurisprudenziale viene riconfermato nella sentenza n. 638 del 14 marzo 1951, secondo la quale, disposta la restituzione di tributi indebitamente percepiti (nella specie: diritti doganali), gli interessi decorrono dalla data del passaggio in giudicato della sentenza e non da quello della domanda giudiziale. In tema di obbligazione d'imposta, la Suprema Corte, con sentenza 30 maggio 1951, n. 1362, ha enunciato il noto concetto che pi� persone intestatarie di un'unica p,artita d'imposta, sono tutte obbligate in solido verso l'.Amministrazione finanziaria ed ha ribadito il vecchio principio che l'obbligazione d'imposta -anche quando faccia capo ad una pluralit� di debitori -� considerata come unica, cos� che i coobbligati assumono la figura di un consorzio perfetto non solo relativamente all'oggetto 'finale della prestazione, ma anche riguardo al sorgere, allo svolgersi e all'estinguersi del rapporto:tributario. (Vedasi, in proposito, la nota del Gargiulo in <<Foro Ital. �, 1949, I p. 1121). . Con la sentenza 13 febbraio 1951, n. 347, la Suprema Corte ha esattamente stabilito che la classificazione dell'atto adottata dagli uffici finanziari, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, non vincola, in sede di giudizio, n� l'.Amministrazione stessa n� l'Autorit� giudiziaria le quali possono, quindi, qualificare diversamente l'atto o trasferimento su cui � caduta la contestazione. Pure a proposito d'imposta di registro, la Cassazione, con la sentenza 6 luglio 1951, n. 1804, ha deciso che � nullo il patto diretto a registrare un atto soltanto in caso di contestazione ed a porre le relative spese a carico del soccombente; e che, data la nullit� del patto, il carico della tassa non pu� essere regolato tra le parti c~e dalle norme comuni di diritto. In materia di tributo sul reddito agrario, la sentenza 14 agosto 1951, n. 2516, delle Sezioni e non ex novo con accertamento suppletivo avente efficacia retroattiva, nel qual caso, non trattandosi di estimazione semplice, l'imposizione potr� essere impugnata dinanzi al giudice ordinario. (In materia di reddito agrario e ricchezza mobile,�� vi'ldasi la sentenza n. 2651 in data 30 ottobre 1951 delle Sezioni Unite). I profitti di regime avocati allo Stato non rispondono al concetto di tributo, ma a quello di responsabilit� per fatto illecito: questo concetto l l i..' � enunciato nella sentenza 9 giugno 1951, n. 1472, , delle Sezioni Unite, a riconferma delle sentenze ' - 18 gennaio 1950, n. 151, 27 febbraio 1951, n. 492 e 6 aprile 1951, n. 799. La sentenza 18 gennaio 1950 � pubblicata nel fascicolo del primo quadrimestre della Rivista con nota pienamente adesiva del Liguori. Il Berliri, in una perspicua nota pubblicata in �Foro Ital. � 1951, �I, 426, ha criticato recisamente la decisione del Supremo Collegio, il quale, nell'inquadrare la a vocazione dei profitti di regime nel campo della responsabilit� illecita anzich� in quello tributario, aveva rilevato che, quando l'avocazione allo Stato . del bene colpito sia totale, come nel caso considerato, si esula completamente dal concetto di tributo per entrare in quello di confisca o di sanzione; e che elemento a suffragio di tale concezione si desumerebbe dallo stesso D. L. 27 luglio 1944, n. 159, che pone tale avocazione fra le sanzioni contro il fascismo. Il Berliri ha facilmente"din�ostrato l'erroneit� dei suesposti criteri, menzionando non pochi casi d'imposizione qualificate pacifi.camente tributarie in cui l'oggetto d'imposta era stato colpito in modo totale (D. L. 17 maggio 1950, n. 598, istitutivo dell'imposta del 100 per cento sulle spese voluttuarie; decreto 27 dicembre 1940, n. 1714, che colpiva al 100 per cento i passaggi di riserva a capitale; art. 18 del decreto 27 maggio 1946, n. 436, sull'avocazione dei profitti di contingenza; legge 24 settembre 1940, n. 1298') ed osservando inoltre che l'avocazione dei profitti di regime, dopo la prima affrettata sistemazione tra le sanzioni contro il fascismo, datale dal decreto legislativo del 1944, era stata defi.nitivamente svincolata da tali sanzioni col D. L. 26 marzo 1946, n. 434, il quale l'aveva inquadrata nel sistema tributario giusta lo stesso titolo del provvedimento legislativo. L'Autore ritiene -esattamente -di desumere il carattere tributario dell'avocazione dall'evoluzione storica dell'istituto (D. L. 27 luglio 1944, n. 159; D. L. 22 settembre 1945, n. 623; D. L. L. 26 marzo 1946, n. 134), dalla lettera della legge (titolo e articoli 25, 27, 28 e 30 del D. L. L. n. 134 --16 larmente segnalata la sentenza 26 aprile 1951, n. 1014, con la quale � stato esattamente deciso che la Pubblicg, Amministrazione non pu� considerarsi in mora per il pagamento di quanto � dalla stessa dovuto fino a quando non abbia esplicato tutti gli accertamenti o controlli prescritti e secondo una determinata procedura cui � tenuta per legge. Invero, fi.no a tale momento, essendo la sua attivit� regolata da norme che la vincolano e dovendosi svolgere in conformit� delle medesime, non pu� l'eventuale ritardo del pagamento essere attribuito a colpa e quindi non pu� parlarsi di mora. Interessantissima � poi la sentenza n. 1410 d�l 5 giugno 1951, con la quale la Suprema Corte ha ritenuto che, nel caso di debito a carico di una Pubblica Amministrazione la circostanza che questa abbia omesso di stanziare in bilincio la somma necessaria al pagamento del debito, ancorch� questo sia certo ed abbia scadenza fissa, non equivale alla ipotesi prevista dall'art.1219, 2� comma, n. 2, Codice civile del debitore che abbia dichiarato per iscritto di non volere eseguire l'obbligazione, e non esonera pertanto il creditore dalla necessit� di costituire in mora l'.Amministrazione debitrice, mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto. Secondo il Supremo Collegio, una diversa pi� rigorosa disciplina, agli effetti della costituzione in mora, non pu� desumersi n� dalle norme del Regolamento per la contabilit� generale dello Stato (art. 312 e 313), n� da quelle contenute nel Regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinc~ale (art. 205), per le quali il pagamento effettuato da parte dello Stato, delle Provincie e dei Comuni deve avvenire a mezzo di mandato e tramite il tesoriere il quale provvede a dare avviso al creditore dell'emissione del mandato stesso. Invero, dette norme riguardanti le modalit� di pagamento non esonerano il creditore dal costituire in mora l'Amministrazione e portano invece ad escludere l'applicabilit� del n. 3 del citato art. 1219 (per il quale la costituzione non � necessaria, se scaduto il termine, la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore), dovendo in ogni caso il pagamento avvenire presso il tesoriere dell'Amministrazione debitrice. La sentenza � annotata in senso adesivo dal Pece, il quale dimostra in modo limpido e corretto come l'obbligazione della Pubblica Amministrazione rientri nella categoria delle cosiddette obbligazioni querables, esigibili cio� presso il domicilio del debitore. Premesso che lo Stato, al pari dei privati, � tenuto al pagamento degli interessi corrispettivi che decorrono di diritto dal giorno in cui il credito diviene liquido ed esigibile, tale condizione, nei confronti della Pubblica .Amministrazione, si avvera, in mancanza di pattuizioni o di speciali norme, quando alla procedura di verifi.cazione e di liquidazione segua quella di ordinazione che si esaurisce con l'emissione del titolo di spesa: cosi, esattamente, ha decis,o la Corte d'.Appello di Roma nella sentenza 6 aprile 1950, pubblicata nella Rivista con nota contraria del Capaccioli. Stretta attinenza con l'accennata situazione soggettiva della Pubblica Amministrazione ha, infi.ne, il principio riconfermato, sia pure incidentalmente, � dopo l'entrata in vigore della Costituzione (art. 28), dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 8 giugno 1951, n. 1468, a proposito di responsabii lit� della Pubblica .Amministrazione per aziondolose dei funzionari (vedasi, in argomento, lo scritto del Guglielmi in questa Rivista,, 1949, p, 169). Gli atti illegittimi e dannosi per i terzi dei dipendenti della Pubblica .Amministrazione debbono essere stati posti in essere senza dolo, perch� possa ammettersi la loro riferibilit� alla Pubblica .Amministrazione e quindi la responsabilit� della medesima Pubblica Amministrazione (Di recente, il principio si � defi.nitivamente consolidato -dopo l'entrata in vigore della Costituzione -nella giurisprudenza della Suprema Corte con le sentenze 9 maggio 1952, n. 1312 e 19 maggio 1952, n. 1434: vedasi in questa Rivista 1952, p. 145). Per quanto attiene al demanio e alla demanialit�, va segnalata la sentenza 5 maggio 1951, n. 1065, nella quale, premesso che l'atto amministrativo pu� consistere in azioni materiali positive o negative (confr.: Cassazione 7 giugno 1949, n. 1415), � detto che la demanialit� pu� venir meno, riguardo ai singoli beni, col cessare della destinazione, dalla quale essa deriva. Ci� potrebbe accadere sia per effetto di in fatto naturale, sia in dipendenza di un atto volontario dell'Amministrazione, la quale deliberi di sottrarre la cosa al servizio cui l'aveva destinata. La stessa sentenza precisa, in relazione .alla fattispecie, che la declassifi.cazione delle strade pu� avvenire anche tacitamente, mediante atti univoci della Pubblica .Amministrazione incompatibili con la volont� di devolvere ancora quel determinato bene ltll'uso pubblico. Gli elenchi dei beni demaniali non avrebbero, pertanto, natura di atti costitutivi, ma semplicemente quella di atti dichiarativi. .A tale riguardo si segnala una nota dell' .Aliotta, con la quale viene manifestata adesione alla sentenza 31 marzo 1951, n. 768. In detta sentenza � ribadito il concetto accennato, giacch� la Cassazione, seguendo il precedente indirizzo giurisprudenziale e uniformandosi ad autorevole dottrina, ritiene che le formalit� per la declassifi.cazione dei beni demaniali, previste dall'art. 829 Codice civile, abbiano semplicemente carattere dichiarativo, essendo la destinazione del bene decisiva ai fi.ni della determinazione del regime giuridico cui esso deve essere sottoposto. Il Supremo Collegio ritiene conseguentemente legale la prova della cessazione della demanialit� indipendentemente dall'esistenza di un'espressa dichiarazione dell'Autorit� amministrativa, quando risultino atti univoci di questa, incompatibili con la volo,nt� di rivolgere ancora un dete.rminato bene ad uso pubblico. Con la sentenza 26 giugno 1951, n. 17 41, la Cassazione ha poi ritenuto: a) che i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e degli Enti pubblici possono formare oggetto di private contrattazioni (e quindi di locazioni), sempre che tali rapporti non contraddicano alla loro destinazione; b) che il carattere di demanialit� di un ingno: bile deriva esclusivamente dal diritto positivo, il quale non consente di attribuire la qualit� demaniale ad un immobile solo per essere stata effettuata l'espropriazione da parte ed a favore di un Ente pubblico (nella specie Comune); tuttavia la espropriazione, creando un rapporto essenzialmente -17 l'espressione letterale e, ira l'altro, equiparando i poligoni di tiro ai fabbricati adibiti ad uffici pubblici, che l'inalienabilit� dei beni demaniali � � un principio generale che cessa di essere applicabile quando la stessa legge dispone che non sia applicato �. Osserva, a quest'ultimo riguardo, il Manzari, che in tal modo ci si viene a trovare di fronte ad una nuova ed inaspettata classificazione dei beni demaniali (in quanto e fi.nch� tali) in alienabili ed inalienabili: ci�, quando � demanialit� e inalienabilit� di un bene sono due facce dello stesso fenomeno, sono concetti indissociabili �. Soggiunge -esattatamente -il Manzari che � se una legge contemplasse l'alienabilit� di un bene demaniale non vi sarebbe una deroga legislativa al principio dell'inalienabilit� del demanio; si avrebbe invece l'imgi� determinato e preventivamente depositato si attua contestualmente al passaggio della propriet� del bene stesso al momento in cui viene emesso il provvedimento di espropriazione, dimodoch� non pu� tenersi conto della svalutazione, precisa che quest'ultima deve, invece, essere considerata in tutti quegli altri casi della responsabilit� della Pubblica Amministrazione per atti legittimi, in cui non � prescritto l'onere di un preventivo deposito della somma dovuta per i danni arrecati e in cui l'ammontiare dell'indennit� non viene �a�terminato che successivamente nel giudizio di liquidazione e nella relativa sentenza del giudice che, rispetto alla liquidazione, ha carattere costitutivo. La vera e propria indennit� di espropriazione e quella per occupazione temporanea vanno deterdi diritto pubblico, importa che l'immobile stesso entri a far parte del� patrimonio indisponibile dell'Ente che ad essa ha proceduto. Mentre la seconda massima sembra senz'altro ineccepibile come quella che nella fase di transizione dall'atto espropriativo al sorgere della demanialit�, e cio� nel cosiddetto stadio formativo della demanialit�, attribuface al bene -in considerazione della avvenuta concreta destinazione del ~bene privato allo scopo di pubblica utilit� -la natura giuridica di patrimonio indisponibile; non sembra, per contro, possa aderirsi alla tesi enunciata nella prima massima. Invero, il carattere di patrimonio indisponibile attribuito all'immobile espropriato importa necessariamente che i rapporti obbligatori stretti con privati dalla Pubblica .Amministrazione per l'utilizzazione dell'immobile medesimo siano disciplinati dalle norme di diritto pubblico e si abbia, quindi, ad esempio, concessione amministrativa, ma non locazione. (In conformit� vedasi Cassazione 30novembre1949 in � Giur. Compl. Cass. �, 1949, III, p. 929; Consiglio di Stato 31 marzo 1950, in questa Rivista, 1950, p. 107. Vedasi anche la nota, in questa stessa Rivista, 1951, p. 164-165). 1 Proprio in base a tale ultimo principio di diritto, il Consiglio di Stato (Sez. IV), nella pronuncia 17 aprile 1951, n. 267, ribadendo il concetto che il rapporto che si � costituisce tra l'Amministrazione della Difesa �e gli� ufficiali ai quali vengono assegnati alloggi a pagamento, appunto in considerazione della loro qualit� di ufficiali, � un rapporto di concessione amministrativa e non di locazione, ha deciso che � leg�ttimamente revocata la concessione di tale alloggio, se la revoca sia determinata dal fatto che l'alloggio stesso deve essere assegnato ad altro ufficiale che, per le mansioni cui � addetto, debba abitare nell'edificio dove ha sede l'ufficio e nel quale si trova l'alloggio.. (Vedasi in senso adesivo ad analoga decisione -n. 196 del 1950 -la nota pubblicata in questa Rivista, 1950, 4, p. 106). A proposito di questioni sulla demanialit� � da segnalare una bella e provveduta nota del Manzari, il quale dissente -ci sembra, esattamente dalla sentenza 2 agosto 1950, n. 2303, nella quale le Sezioni Unite hanno ritenuto i campi militari di tiro a segno come beni demaniali, fondandosi su un'imprecisa ed atecnica espressione letterale del legislatore (�beni demaniali�, nel senso di beni appartenenti allo Stato); ed hanno altres� ritenuto, fondandosi su un analogo equivoco ingenerato dal �'! plicita squalificazione di quel bene dal pubblico demanio ii. Rilevante appare la sentenza 5 luglio 1951, n. 1761, con la quale la Cassazione ha riconfermato che le disposizioni del capitolato generale di appalto per le opere dello Stato, in quanto emanato in base ad espressa autorizzazione legislativa, hanno valore ogettivo e di carattere dispositivo. La Suprema Corte ha per� precisato che la loro osservanza � obbligatoria soltanto se il contratto d'appalto interessa l'ente per il quale il capitolato generale fu predisposto e cio� lo Stato; pertanto, ove interessi un ente diverso dallo Stato, il rinvio alle �norme dell'anzidetto capitolato ha carattere ricettizio e la norma regolatrice richiamata non pu� avere che lo stesso carattere dell'atto giuridico che la richiama ossia carattere contrattuale. Circa la questione se tale affermazione del valore normativo dei capitolati sia o meno in contrasto con la giurisprudenza (sopra richiamata) della Suprema Corte secondo la quale deve essere negata la natura giurisdizionale speciale ai collegi arbitrali delle opere pubbliche in quanto non disposti da una norma di �legge �, vedansi, nel senso della esclusione del contrasto in parola, le brevi note pubblicate in questa Rassegna, 1948, fase. 1-2, p. 7 e anno 1951, p. 120). Secondo la sentenza 26 aprile 1951, n. 1020, le clausole dei capitolati speciali per le opere pubbliche, a differenza di quelle dei capitolati generali, hanno valore di norme contrattuali, la cui interpretazione da parte del giudice di merito non � censurabile in Cassazione. In tema di espropriazione per pubblica utilit�, segnaliamo la sentenza 10 aprile 1951, n. 836 (con nota contraria dell'Ardizzone), nella quale viene riconfermata la natura di obbligazione pecuniaria fi.n dall'origine dell'indennit� di espropriazione e trovasi svolta -per la prima volta, se non erriamo la considerazione che il principio-dell'arricchimento senza causa non � applicabile in materia di espropriazione, perch� mentre ques'ultima � conseguenza di un'attivit� legittima della Pubblica Amministrazione, per contro quel p~incipio esige che l'aumento patrimoniale dell'uno sia, oltre che correlativo ad una ingiusta perdita dell'altro, ingiustamente conseguito. Nella sentenza 12 mairzo 1951, n. 594 (ancora con una nota contraria dell'Ardizzone), il Supremo Collegio a Sezione Unite dopo aver precisato che la conversione del bene nell'equivalente pecuniario -18 minate, la prima in base al valore dei beni al momento dell'espropriazione e la seconda in base alla utilit� economica che i beni sono capaci di arrecare al proprietario al momento dell'occupazione (sentenza n. 1432 del 6 giugno 1951). Tratterebbesi -secondo il Supremo Collegio -di rapporti analoghi, rispettivamente, a quelli della compravendita e della locazione, con la differenza, fra le altre, che il prezzo della compravendita e il corrispettivo della locazione sono pattuiti dai contraenti, mentre l'indennit� � determinata secondo criteri stabiliti dalla legge in mancanza di accordi fra gli interessati. Si hanno, pertanto, fin dall'origine, obbligazioni pecuniarie vere e proprie, cui � applicabile il� principio nominalistico, seocndo il quale sono dovute le somme determinate e, se del caso, gli interessi legali (art. 1224 e seg., Codice civile). (Per qualche dissenso in dottrina, vedasi lo scritto del Vitta, pubblicato in cc Riv. Amm. � 1951, I, p. 1, e recensito dal Rebori in questa Rassegna, 1952, p. 64). Sempre in tema di espropriazione, deve ancora ricordarsi la sentenza 19 dicembre 1951, n. 2860, nella quale inecepibilmente si considera che con l'espropriazione per pubblica utilit� la propriet� dell'immobile che ne forma oggetto passa all'Ente espropriante, e pertanto il subietto nei cui confronti avvenne l'espropriazione non conserva la propriet� latente dell'immobile, qualora vengano meno le ragioni che hanno indotto all'espropriazione, bensi semplicemente solo un jus ad rem (e non gi� in re). Tale diritto pu� farsi valere nei confronti dell'espropriante, non con l'azione di rivendita, bensi solo con la procedura amministrativa di retrocessione secondo le modalit� degli articoli 60 e 61 della legge fondamentale, ed unicamente tale diritto, e non gi� un diritto che pi� ha, pu� l'espropriato trasmettere a terzi. Si � detto all'inizio di questo scritto che nell'anno 1951 non vi erano stati notevoli mutamenti di giurisprudenza del Supremo Collegio. Senonch� un'eccezione deve segnalarsi in materia di poteri spettanti a Potenze occupanti il territorio italiano in tempo di guerra e di validit� della vendita di materiali dello Stato a cittadini italiani. ta Corte Suprema, nelle sentenze 20 gennaio 1951, n. 163, e 15 giugno 1951, n. 1551, ribadendo principi gi� chiaramente enunciati nella sentenza . n. 774 del 22 marzo 1950, aveva ritenuto che, a termini dell'art. 53 della II Convenzione dell'Aja, lo Stato occupante non pu� appropriarsi di beni dello Stato, che siano destinati a fini militari, per farne commercio con i cittadini italiani, giacch� cc di fronte a costoro � sempre in vigore la norma dell'ordinamento giuridico interno per cui essi non possono validamente acquistare beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato e che non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 826, comma 2�; 828, comma 20, Codice civile) �. Per contro, nella sentenza delle Sezioni Unite, n. 2644, del 19 ottobre 1951, troviamo sanzionato il principio che il potere di appropriazione da parte dello Stato occupante di ogni bene mobile dj pertinenza dello Stato occupato che sia idoneo alle operazioni di guerra, importa, per lo Stato �occupante, il potere di disporre senza limitazioni dei beni di cui si � appropriato (nella specie, due muli dell'esercito italiano, predati dalle truppe anglo-americane occupanti �1a Sicilia prima dell'armistizio), ritenendoli o alienandoli, con piena vali dit� del trasferimento. Di fronte a questa nuova giurisprudenza che d� assoluta prevalenza all'ordinamento internazionale sull'ordinamento giuridico interno, in materia disciplinata da norme attinenti all'ordine pubblico e nei confronti di privati cittadini, non si pu� restare sorpresi e ritenere che sia fondata l'opinione manifestata in questa Rivista (1951, p. 206), nel senso che �la sentenza delle Sezioni Unite abbia ceduto alla suggestione equitativa della fattispecie �. Il rovescio, per cos� dire, delle situazioni consi-. derate nelle decisioni ora ricordate trova una notevole affermazione giurisprudenziale nella sentenza delle Sezioni Unite, n. 1059, del:.30 aprile 1951, nella quale � nunciato eil principio che qualsiasi violazione dei limiti e delle~:condizioni posti dallo art. 52 della Convenzione dell'Aja del 23luglio1899, pu� determinare responsabilit� dello Stato Italiano solamente sul piano internazionale, ossia direttamente v;erso altri Stati; ed � escluso che l'abitante dello Stato occupato derivi dalla norma stessa un diritto soggettivo proprio per tutelarsi contro requisizioni subite e ritenute illegittimamente com: piute. Non va sottaciuta la sentenza n. 1179 del 12 maggio 1951 (con nota di M. S. Giannini), a termini della quale le alienazioni di beni dello Stato compiuta da organi dell'ex R. S. I. sono irrilevanti rispetto all'ordinamento giuridico dello Stato Italiano indipendentemente dalla formale dichiarazione di inefficacia espressa dal D. L. 5 ottobre 1944, n. 249. � noto che, nella elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, cui il problema della sistemazione nell'ordinamento giuridico italiano degli atti della R. S. I. �ha dato luogo, l'attivit� della R. S. I. si qualifica come attivit� di un ordinamento diverso dallo Stato. Posto il principio della pluralit� degli ordinamenti ne discende la necessit� di una norma di collegamento attraverso la quale uno degli ordinamentj, nella specie quello dello Stato Italiano, attribuisca rilevanza giuridica all'attivit� dell'altro ordinamento, quello della R. S. I., consideri cio� come fatto rilevante quello svolto in seno all'altro ordinamento. Pertanto -secondo l'esattissima tesi del Supremo Collegio -le norme del decreto n. 249 del 1944, in quanto stabiliscono l'inefficacia di determinati atti dell'attivit� della R. S. I., hanno carattere dichiarativo, dichiarano cio� che tali atti . non possono essere recepiti nell'ordinamento giuridico italiano e riferiti in qualsiasi modo allo Stato. In relazione al periodo della c. d. R. S. I. occorre anch� ricordare la sentenza 13 gennaio 1951, n. 81, con la quale la Suprema Corte ha ritenuto che i Comitati di liberazione nazionale Alta Italia, tanto in periodo clandestino, nel quale ~unzionavano in opposizione all'organizzazione illegittima del sedicente governo della R. S. I., quando nel periodo successivo al 25 aprile 1945, agirono in virt� dei poteri delegati dal Governo legittimo centrale per -19 Da segnalare, per l'Avvocatura, la sentenza n. 522 del 2 marzo 1951, con la quale la Cassazione ha ribadito un indirizzo giurisprudenziale segnato con la sentenza n. 2478 del 19 agosto 1950, in contrasto con quanto precedentemente deciso da molte Corti di merito. Secondo il Supremo Collegio nessuna detrazione di interessi a scalare deve essere apportata alla somma liquidata per risarcimento del danno per l'inabilit� permanente, qualora come criterio di liquidazione non sia assunto il cumulo puro e semplice delle rate annuali che il responsabile civile vato all'Amministrazione, l'A. esamina l'eventualit� che possa essere chiesta ed ottenuta una sentenza di condanna in futuro. Ritenutane l'ammissibilit�, il Sandulli rileva la scarsa utilit� pratica per il creditore di ricorrere ad un rimedio siffatto in mancanza �ell'emissione del titolo di spesa. La sentenza di condanna in futuro diverrebbe difatti operante solo dQpo l'esaurimento della procedura amministrativa, attraverso la emissione del titolo di spesa, in quanto, prima di tal mo- l'esercizio delle funzioni rappresentative, che esso non era in grado di esercitare, compresa quella dell'emanazione delle norme giuridiche. Riguardo alle funzioni (amministrative) dei C. L. N. si richiama la nota pubblicata in questa Rivista (1951, p. 95), nella quale con argomenti desunti dal D. L. 28 febbraio 1945, n. 73 e dal D. L. 1� aprile 1948, n. 317 (norme per l'assunzione e liquidazione da parte dello Stato dei debiti contratti dalle formazioni partigiane ai fini della lotta di liberazione: articoli 1 e 19) esattamente si sostiene che quella dei C. L. N. fosse rappresentanza politica per le esigenze della lotta contro il nemico, senza alcuna delega di puboliche funzioni di carattere amministrativo e quindi con esclusione della riferibilit� diretta allo Stato degli atti compiuti dai C. L. N. A proposito di atti amministrativi emessi da.Il' Autorit� militare occupante, il Consiglio di Stato (Sez. VI), nella decisione 23 ottobre 1951, n. 527 (non esistono precedenti specifici editi). ha deciso che spetta direttamente� al Governo di giudicare della conformit� all'ordinamento giuridico italiano di tali atti e di stabilire se gli atti medesimi possano essere considerati validi come se'f'compiuti da un'autorit� italiana. .. Giacch� si '� fatto cenno di pronuncie giurisprudenziali relative a situazioni attinenti ai verifi,catisi eventi bellici, sembra opportuno ricordare la sentenza n. 657 del 15 marzo 1951, nella quale la Suprema Corte ha ritenuto che, anche dopo l'entrata in vigore del trattato di pace e fino a quando non cessi l'attuale Amministrazione provvisoria, lo Stato Italiano -pur non essendo pi� titolare della sovranit� sopra la zona destinata a costituire il Territorio Libero di Trieste -continua ad esercitarvi, per implicita delegazione contenuta nel Trattato stesso, la funzione giurisdizionale a mezzo degli organi giudiziari da esso gi� istituiti, e di magistrati che non hanno cessato di appartenere all'ordine giudiziario italiano e che continuano ad applicarvi le norme di procedura italiane e, in genere, dell'ordinamento precedente,. Pertanto le sentenze, emesse del detto T.. L. T. dai predetti organi dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, devono considerarsi sentenze italiane e contro di esse � ammissibile il ricorso alla Corte Suprema di Cassazione italiana. In materia di risarcimento di danni, la Rivista che recensiamo pubblica numerose sentenze e note sul tormentato. problema della svalutazione e della decorrenza degli interessi. (Vedasi le note del Rubino, del Distaso, del Miccio, del Pugliese e del De Martini: quest'ultimo con frequenti richiami ad analogo scritto del Rebori, pubblicato in �Foro Ital. �, 1951). dovrebbe corrispondere al danneggiato per risarcirlo del danno medesimo, ma sia assunta la equivalenza dell'indennizzo con la somma capitale che il danneggiato dovrebbe versare -secondo lenote tariffe allegate al R. D. 9 ott.obre 1922, n. 1403 per ottenere una rendita vitalizia pari alla rendita annua accertata. U. CORONA.S ALDO M. SANDULLI: La posizione dei creditori pecuniari dello Stato. cc Riv. trim. Diritto pubbl. �, 1952, p. 543. Il problema della pos1z10ne dei creditori pecu niari dello Stato viene esaminato ancora una volta attraverso il pregevole studio dell' A. Il Sandulli, posta la distinzione tra diritto di credito pecuniario e diritto al pagamento, � di avviso che il diritto di credito pecuniario verso lo Stato deve conside rarsi perfetto quando, a sensi delle leggi civili, il credito diviene liquido ed esigibile. Senonch�, la perfezione del diritto di credito non costituisce presupposto sufficiente per determinare, in caso di mancato �pagamento, la mora della Amministrazione, in -quanto occorre altres� che venga esaurito, con l'emissione del titolo di spesa, ilJ procedimento amministrativo, previsto dalle norme di contabilit�, per far luogo al pagamento della somma dovuta. Avanti l'inizio e durante lo svolgersi di tale procedimento amministrativo, il diritto al pagamento, pur esistendo e spettante al creditore, si trova in uno stadio di pendenza, e quindi esso si palesa inoperante nei confronti dell'Amministrazione. Premessi taluni cenni intorno all'incidenza dei vari momenti della procedura delle spese erariali (stanziamenti in bilancio; destinazione dei fondi; liquidazione e] ordinazione) sulla posizione giuridica del creditore dello Stato, l'A. afferma il principio della obbligatoriet� per l'Amministrazione all'osservanza delle norme di contabilit� e della rilevanza esterna delle norme medesime nei confronti dei terzi interessati, per modo che il 'pagamento disposto in violazione di esse, si paleserebbe illegittimo e quindi ripetibile. Il Sandulli esamina quindi la possibilit� delle azioni rivolte ad ottenere la condanna dello Stato ad un pagamento. Eliminata fa possibilit� di ottenere, durante lo stadio di pendenza del diritto al pagamento, una sentenza di condanna al pagamento immediato, in quanto l'ordinazione della spesa � atto riser -20 mento, il diritto al pagamento resterebbe egual mente in pendenza. .Alcuna tutela offrirebbe, peraltro, l'ordinamento giuridico per le ipotesi di ritardo nello stanziamento in bilancio delle somme dovute dallo Stato, in quanto, concretandosi l'atto di approvazione del bilancio in un atto politico, non potrebbe sussi stere una lesione di un diritto subiettivo, quale presupposto indeclinabile per ottenere il risarci mento dei danni derivanti dal ritardo verifi.catosi. Nell'ipotesi invece di ritardo nel compimento degli atti della procedura contabile, il Saridulli ammette la possibilit� del rimedio giurisdizionale amministrativo avverso il comportamento omissivo dell' .Amministrazione, al fine di ottenere una pro nunzia di illegittimit� che consenta al creditore di richiedere in sede giurisdizionale ordinaria la condanna dell' .Amministrazione al risarcimento dei danni. Ulteriore rimedio concesso al creditore, nell'ipotesi di persistente rifiuto dell'.Amministra zione, dopo la pronunzia giurisdizionale di illegitti mit� per il comportamento omissivo dello Stato, si concreterebbe nella proposizione del ricorso pre visto dall'art. 27, n. 4, del T. U. sul Consiglio di Stato, al fine di ottenere una pronunzia che tenga luogo della mancata emissione dell'ordine di paga mento. Rimane invece esclusa per l'.A. la possibilit� dell'esperimento di azioni esecutive prima dell'emis~ sione del titolo di spesa, in quanto mancherebbe in realt� un titolo esecutivo operante; n� la con danna in futuro potrebbe costituire titolo esecutivo in tal senso, prima del momento in cui viene disposta l'ordinazione del pagamento. Esaminando infine la quistione della possibile condanna dell' .Amministrazione al pagamento degli interessi moratori e degli interessi corrispettivi, l'.A., riaffermata la rilevanza esterna delle norme di contabilit�, esclude che l'Amministrazione possa essere condannata al pagamento degli interessi moratori, almeno fino a quando non intervenga una pronunzia di illegittimit� del comportamento omissivo dell' .Amministrazione medesima. Viceversa il Sandulli ritiene ammissibile la con danna dell' .Amministrazione al pagamento degli interessi corrispettivi, in quanto alcuna norma particolare preclude l'applicabilit� nella specie dell'art. 1282 Codice civile con il quale il legisla tore ha inteso impedire l'indebito arricchimento per chi, con il rimanere inadempiente, ha, in realt�, continuato a godere della possibilit� di disporre del denaro altrui. La distinzione posta dal Sandulli fra diritto di credito � diritto al pagamento per i fini che l'A. intende conseguire non appare acoettabile. Ohe il titolare di una pretesa pecuniaria abbia diritto ad ottenere il pagamento oggetto del~'obbligazione di denaro, non vi � dubbio; ma tale particolare diritto, su cui l'A. ha posto in modo preminente l'ac, cento logico della tesi indioata, non costituisce altro ohe il contenuto normale del rapporto obbligatorio a parte creditoris. Il diritto al pagamento si traduce sostanzialmente nell'ordinaria formula giuridica di diritto all'adempimento della pretesa pecuniaria. Ora, il diritto all'adempimento non � altro ohe il diritto all'attuazione del oredito vantato, e quindi oostituisoe la oondizione normale su oui si svolge e si esaurisoe l'ordinario rapporto obbligatorio, oosti tuendo appunto la prest�zione ded�tta in obbligazione. Senonoh�, non pu� oonvenirsi nel oonsiderare del tutto distinto e separato il o.d. diritto al pagamento dal diritto subbiettivo di oredito, quasi ohe la sfera giuridica del titolare del credito debba potersi sdoppiare e dar luogo a separati settori in oui esistono diritti distinti l'uno dall'altro. Ohe se poi in realt� il materiale ade�mpimento dell'obbligazione peouni�r,ria richiede il previo compimento di partioolari atti o operazioni, nulla togae ohe il momento in oui si esercita il o.d. diritto al pagamento, si sostanzia nella fase finale e solutoria del rapporto obbligatorio. � sempre per� il diritto di oredito originario di oui si ohiede l'attuazione ohe si rende attuale ed operante e non anohe un diverso e parallelo diritto al pagamento ohe invero non sembra ooesistente in modo autonomo. Se, dunque, nella fase solutoria del rapporto obbligatorio, � solo ed esolusivamente il diritto di credito che si rende attuale ed operante, non vi � luogo per la distinzione posta dall' A. e pi� particolarmente per i fini ohe egli vuole trarre. Non appare neoessario ricorrere alla costruzione indicata nello studio del Sandulli per spiegare il fenomeno normale e quotidiano attinente aWadempimento delle obbligazioni pecuniarie da parte dello Stato. Ohe il diritto di credito possa trovare attuazione nei confronti del massimo Ente pubblico solo attraverso il compimento di particolari atti della procedura contabile amministrativa, non autorizza a ritenere la presenza di un ulteriore diritto (quale quello al pagamento) atteggiantesi in modo affatto speoiale. Il fenomeno rilevato si presenta egualmente anche in ipotesi diverse della comune vita del diritto, 6 non si � mai ritenuto ohe il c.d. diritto al pagamento rimanga compresso o limitato nel suo contenuto, essendosi sempre affermato che � per l'att�azione del diritto originario di oredito che si richiede il previo necessario oompimento di formalit� disposte dalla norma. Se, quindi, non pu� ammettersi la coesistenza a fianoo del diritto di oredito, dell'ulteriore diritto al pagamento, poich� � sempre lo stesso diritto di credito manifestantesi nella fase della sua normale attuazione cos� come si verifica per ogni altro diritto, non � dato parlare di inoperativit� di un preteso diritto nei confronti dello Stato. La verit� � che l'ordinario diritto di credito si palesa nei confronti della Pubblica Amministrazione, allo stesso modo che nei riguardi del comune debitore solo che l'adempimento spontanep da parte dello Stato richiede l'emanazione di particolari atti imposti dalle norme contabili. E poioh� tali norme assumono rilevanza esterna nel mondo giuridico, l'attuazione di esse si rende obbligatoria erga omnes. Consegue che la forma di tutela "iiel creditore si paleser� in funzione della particolare situazi�ne giuridica, predisposta dalla norma, senza peraltro che sia consentita una moltiplicazione di mezzi di tutela non autorizzata dall'ordinamento giuridico. Ohe se poi a seguito della comparazione tra la posizione giuridica del creditore nei confronti del -21 debitore comune e quella dello stesso soggetto nei confronti dello Stato, possa apparire come deteriore la posizione del creditore verso lo Stato, ci� non legittima l'intendimento manifestato da una parte della dottrina di accrescere i mezzi di tutela al fine di raggiungere una completa equipollenza fra le due posizioni sopra considerate. Il constatare che a seguito di un esatto indirizzo giurisprudenziale il creditore si trova ormai ad avere aperta soltanto la via. all'adempimento volontario da, parte dell'Amministrazione, giustifica lo sforzo della dottrina per la ricerca di altri mezzi di coazione nei confronti della Pubblica Amministrazione, ma non rende lecito l'uso di mezzi di tutela predisposti dall'ordinamento giuridico per ipotesi diverse e per la tutela d'interessi ben determinati nel loro contenuto e nella loro struttura. � l'ipotesi questa prospettata dall'A. e riguardante l'ammissibilit� .del ricorso giurisdizionale amministrativo avverso il mancato compimento degli atti della procedura contabile. Si tende attraverso questa via di ottenere una pronuncia di illegittimit� in punto alla pretesa omissione da parte della Pubblica Amministrazione onde ottenere in tempo successivo o una pronuncia da parte della giurisdizione ordinaria di risarcimento dei danni, ovvero una decisione ex art. 27, n. 4, T. U. sul Consiglio di Stato da parte dell'organo di giustizia amministrativa. Senonch�, mancano, nella specie, i presupposti per ottenere la pronuncia indicata. Ed invero, posto il principio che il creditore fa valere in concreto solo ed esclusivamente la sua pretesa creditoria (id est un diritto subiettivo) e che dal mancato adempimento degli atti della procedura contabile, deriverebbe uno stato di inadempimento da parte dell'Amministrazione, lo stesso creditore verrebbe a far valere dinanzi all'organo di qualsiasi Amministrazione la lesione del suo diritto di credito. Ed invero, non � dato distinguere fra il diritto di credito e l'interesse in capo allo stesso creditore rivolto al compimento degli atti della procedura contabile, in quanto gli atti medesimi in realt� non assumono ne potrebbero assumere per ci�. stesso . ri"levanza esterna. L'iter formativo della volont� dell'Amministrazione conduce soltanto ad una manifestazione positiva o negativa in ordine all'adempimento dell'obbligazione, e pertanto l'atto conclusivo, il solo che abbia rilevanza esterna, sar� suscettibile di esame al fine d'interpretare il contenuto della volont� della Amministrazione. Senonch� tale atto (id est la manifestazione dell'Amministrazione) incider� non su posizioni giuridiche assumenti la natura e la struttura d'interessi, ma solo ed esclusivamente sull'originaria posizione del creditore concretantesi nel suo diritto del complesso procedimento, concorre anche la volont� di organi diversi da quelli dell'Amministrazione attiva, e tenuto conto, altres�, che i singoli atti appaiono dotati tra loro di autonomia, anche se tutti concorrenti ad un medesimo fine, non .s-i ritiene ohe una eventuale pronuncia ex art. 27, n. 4, possa tener luogo anche d�lla mancata manifestazione di volont� degli organi diversi da quello dell'Ammini� strazione attiva. . Ed, infatti, posti i princip~ regolanti la responsabilit� della Pubblica Amministrazione non si saprebbe come imputare all'Amministrazione interessata il mancato pagamento quando questo possa derivare dalla omissione� dell'organo di controllo o comunque di un �organo diverso da quello dell' Amministrazione attiva. Le considerazioni che precedono valgono a dimostrare che il mezzo di tutela in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento da parte dello Stato di un'obbligazione pecuniaria non pu� ricercarsi tra quelli giurisdizionali amministrative, dovendosi, per costringere l'Amministrazione al pagamento, far ricorso agli ordinari mezzi predisposti dall'ordinamento giuridico a tutela dei crediti comuni con i limiti stabiliti nelle leggi di contabilit�. .A.. TERRANOV.A. .A.. GIANNINI-F. VALORI: Codice dell'Esercito. Oedam, 1953, p. 1629). La disciplina legislativa degli ordinamenti militari, dovendo attuare la regolamentazione capillare delle Forze .Armate dello Stato in pace ed in guerra, � necessariamente delicata e complessa. Delicata perch� l'organizzazione della difesa dello Stato � per sua natura indissociabile dai fattori di carattere politico e storico della vita del Paese con innegabili riflessi internazionali; complessa perch� il succedersi degli avvenimenti nazionali -particolarmente vertiginoso in questi ultimi decenni -ha imposto, nella materia che ne riguarda, la risoluzione di problemi contingenti, che fra una congerie di divieti, restrizioni e limitazioni, si � potuto attuare soltanto attraverso il susseguirsi pressoch� continuo di provvedimenti legislativi, senza alcuna armonia di sistema. Quest'ultimo fenomeno, aggravatosi per le ragioni ora dette, nel momento attuale, ha impedito il tanto auspicato assestamento della legislazione in esame mediante l'emanazione di appositi testiunici ed ha aumentato la mole, spesso frammentaria, dei provvedimenti legislativi ridetti. subiettivo di credito. Trattandosi, quindi, di questione riguardante un diritto subiettivo perfetto, alcuna doglianza potr� essere fatta valere in sede giurisdizionale amministrativa. La mancanza della decisione amministrativa dichiarante l'illegittimit� del preteso comportamento omissivo dell'Amministrazione, renderebbe impossibile l'esperimento del rimedio ex art. 27, n. 4, T. U. sul Consiglio di Stato, e, in ogni caso, tenuto conto che, alla formazione dei vari _atti, facenti parte Una guida aggiornata, armonica ed omogenea delle �sparse membra della ridetta legislazione, costituisce pertanto, in vista sopratsutto della necessaria riorganizzazione militare delle forze armate e del sistema difensivo italiano, pi� che una sola esigenza un cc ferro del mestiere � per tuttLcol!m~. che, avvocati, magistrati, funzionari, ufficiali, sono costretti ad affrontare, nelle varie direzioni, la particolare ardua materia. .A. tanto, limitatamente all'Esercito, hanno provveduto con particolare cura il prof. .A.. Giannini e il dott. F. Valori. Il Codice dell'Eeercito, pubblicato dalla Oedam �in elegante veste editoriale, ha un'ottima disposizione sistematica delle norme relative a far data dal 1833. In esso gli AA. dopo aver riportate, a mo' di inquadramento generale, le norme che disciplinano l'organizzazione centrale della difesa e l'ordinamento dell'Esercito, hanno sistematicamente coordinate, in parti distinte, le norme relative agli ufficiali (reclutamento, stato, avanzamento e sfollamento), ai sottufficiali e truppa (reclutamento e stato), al trattamento economico, alle onorificenze, alla giustizia militare, alla sanit� ed igiene, all'amministrazione ed alla contabilit�. Hanno quindi aggiunto la legge di guerra del 1938 ed altre leggi di carattere generale, con in appendice le leggi emanate nei primi del 1952. In tale lavoro di coordinamento inoltre gli AA. con particolare competenza, hanno tenuto conto del sovrapporsi di talune disposizioni che, per le mutate esigenze, hanno radicalmente trasformato la lettera e lo spirito delle norme' primitive. , .Ai numerosissimi richiami a pie' di pagina ed alle abbondanti note di riferimento e di chiarificazione aventi lo scopo, egregiamente raggiunto, di fornire un quadro, per quanto possibile completo, della complessa materia, seguono un ottimo indice, sistematico, cronologico ed analitico, particolarmente agevole per la consultazione e la indicazione, per ogni provvedimento, dei numeri della Gazzetta Uffeciale e del Giornale Militare, particolarmente utile per il reperimento del testo originale. Qua e l� infine si rinvengono anche norme, isolate, riguardanti altre Forze Armate dello Stato. L. O. , , ' , RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA AMMINISTRAZIONE .PUBBLICA -Istituzione di un servizio di posteggio &icfcldte -Perdita di &ictcletta Responsa& ilitd dell'Ammfnistrazione. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1567/52 -Pres.: Piacentini; Est.: Passanisi; P. M.: Pafundi -Amministrazione PP. TT. contro Francini). La istituzione, la organizzazione e l'esercizio di un servizio di posteggio da parte della Pubblica Amministrazione non esige che la volont� di questa, diretta a tale scopo, venga espressa in modo tassativo e prefissato, ma pu� risultare da fatti univoci, attraverso i quali possa desumersi la esistenza di un contratto di deposito. Non ci sembra che questa .sentenza abbia risolto in modo esauriente la grave e delicata questione della responsabilit� della Pubblica Amministrazione per i danni derivanti dalla istituzione, organizzazione e funzionamento di un pub~lico servizio. La parte sostanziale della motivazione della sentenza in esame, risulta dalla massima sopra trascritta. Da essa appare chiaro come la Oorte sia rimasta perplessa sul punto se la responsabilit� dell' Amministrazione nella fattispecie (perdita di una bicicletta lasciata in un posteggio esistente di fatto nei locali di un ufficio pubblico) fosse di natura extra contrattuale o contrattuale. Oi sembra, infatti, che la sentenza abbia promiscuamente applicato i princip~, propri di entrambi i tipi di responsabilit�, finendo con il fare affermazioni, quali quella della possibilit� di un contratto di deposito che vincoli l'Amministrazione indipendentemente dalla forma scritta, decisamente contrarie alla giurisprudenza costante del Supremo Oollegio. La materia merita evidentemente di essere riesaminata. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Impianti idroelettrici -Costruzione di elettrodotti sul Parco Nazionale del Gran Paradiso � Occupazione -Controversie Competenza dell'Autoritd giudiziaria. (Corte di Cass., Sez. unite, Sent. 19 giugno-14 settembre 1952 -Pres.: Ferrara; Est.: Gualtieri; P. M.: Eula -Consorzio Elettrico del Buthier contro Ente Parco Nazionale Gran Paradiso). � competente l'Autorit� giudiziaria ordinaria a conoscere di una lite nella quale il Parco Nazionale del Gran Paradiso si opponga alla costruzione nella zona del Parco di un elettrodotto autorizzato dal Ministero dei Lavori pubblici. Questa sentenza � stata emessa in una causa nella quale l'Amministrazione dello Stato non era parte, s� che non vi � stato intervento dell'Avvocatura. � evidente, peraltro, come i princip~ affermati nella sentenza siano di importanza fondamentale proprio per l'Amministrazione dello Stato. Oi sembra, pertanto, essenziale esporre il nostro punto di vista sulla questione, completamente contrario alla tesi della Oorte Suprema. La specie di fatto era la seguente: Il Consorzio Elettrico del Buthier aveva ottenuto dal Ministero dei Lavori pubblici l'autorizzazione provvisoria, ai sensi dell'art. 113 del T. U. sulle acque pubbliche, seguita poi da quella definitiva, ad iniziare le ope-re di costruzione di un elettrodotto che doveva attraversare il Parco Nazionale del Gran Paradiso, opere dichiarate urgenti ed indifferibili aisensi dell'art. 33 del predetto T. U. e per gli effetti dell'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359. � In base a tale autorizzazione, il Consorzio occup� la zona del Parco nella quale i lavori dovevano essere eseguiti. L'Ente Parco Nazionale ha chiesto al giudice istruttore del Tribunale di Torino la sospensione dei lavori suddetti; nel corso del giudizio, il Consorzio � ha proposto il regolamento preventivo di giurisdiziorw. La sentenza cos� enuncia la tesi sostenuta dal Consorzio Elettrico del Buthier: a) � attribuito esclusivamente alla Pubblica Amministrazione il potere di decidere in materia di autorizzazione ad eseguire impianti di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica e perci� la domando proposta dall'Ente Parco del Gran Paradiso davanti al Tribunale di Torino per ottenere la declaratoria di illegittimit� dei lavori ed impianti elettrici, di cui in narrativa, sfugge alla competenza dell' A utorit� giudiziaria; b) sull'autorizzazione chiesta al Ministero dei Lavori pubblici dal Consorzio Elettrico, l'Ente Parco ha gi� esercitato, in sede amministrativa, il suo potere- dovere di pronunziarsi .e non pu� esercitare una seconda volta il suo potere-dovere; e) il decreto 4 agosto 1951 del Ministero dei Lavori pubblici emanato in pendenza del giudizio civile costituisce un evento giuridico <;P,e importerebbe un soprav'l{enuto difetto di giurisdizione, se tal~ diletto non sussistesse fin da quando la causa civile fu dall'Ente Parco promossa davanti al Tribiinale di Torino. La sentenza dopo aver precisato esattamente i limiti del potere giurisdizionale in confronto dell'atto amministrativo osserva: - �Non � da porre in dubbio che rientri nella potest� riconosciuta al Ministero dei Lavori pubblici e a Prefetto, nei limiti della rispettiva competenza, dagli articoli 113 e segg. del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, anche il disporr6 di diritti soggettivi perfetti senza il consenso dei loro titolari, giacch� contrariamente a quanto si riteneva dalla dottrina prevalente sotto il regime della legge 7 giugno 1894, n. 237, e del Regolamento approvato con decreto 23 ottobre 1895, n. 642, il provvedimento governativo di autorizzazione non si limita in materia a rimuovere un ostacolo posto dalla legge al diritto di costruire elettrodotti, insito nel pi� comprensivo diritto di libert� di esplicazione della propria attivit�, ma impone al proprietario del fondo da attraversarsi con la conduttura autorizzata, l'onere di dare passaggio attraverso lo stesso fondo alla suddetta conduttura (art. 119 T. U.) ed al proprietario non � data, contro l'imposizione del predetto obbligo, altra difesa all'infuori della opposizione preventiva di cui all'art. 112, comma 10 �. Dopo questa esatta premessa, la sentenza osserva: �Ma il riconoscimento della suddetta potest� amministrativa di disposizione del suddetto proprietario senza il di lui consenso, non autorizza, come mostra di credere la difesa del ricorrente, a concludere senz'altro che il diritto soggettivo dedotto dall'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, debba considerarsi come interesse legittimo o diritto affievolito .... �. Occorre gi� qui rilevare l'inesatta impostazione del problema che prelude alla errata risoluzione dello stesso. Non si trattava di veden se il diritto del Parco Nazionale potesse o no essere affievolito dall'esercizio del potere statale di imporre la servit� di elettrodotto; ma piuttosto di vedere se il potere che l'Ente N azionale Gran Paradiso esercita sui beni compresi nel perimetro del Parco per l'attuazione dei fini stabiliti dalla legge istitutiva sia compatibile col potere statale di imporre la servit� di elettrodotto e se l'Ente possa opporsi in base alla stessa legge costitutiva all'esercizio di quel potere. E la soluzione negativa al quesito � presto data dalla sentenza: � Ora, che il Ministero dei Lavori pubblici e il Prefetto non abbiano il potere di autorizzare la costru~ zione di impianti elettrici o di altre simili opere nel comprensorio del Parco del Gran Paradiso, e d'imporre in tal modo allo stesso Parco vincoli di elettrodotto o altre limitazioni senza il consenso dell'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, pu� con sicurezza affermarsi, in base agli articoli 113 e 120 del citato T. U. sulle acque pubbliche, sia in base all'art. 3 del decreto 7 marzo 1935, n. 1332 �. La gravit� di questa decisione sta nell'aver voluto riconoscere al Parco Nazionale la facolt� di escludere il potere statale di imposizione della servit� di el6ttrodotto non solo valutando inesattamente la facolt� concessa dall'art. 3 del decreto 7 marzo 1935, n. 1332 al Parco Nazionale di autorizzare le nuove costruzioni nel perimetro del Parco, ma dando anche una errata interpretazione dtgli articoli 113 e 120 del T. U. sulle acque (e questo � l'errore pi� gravido di dannose conseguenze per l'Amministrazione pubblica). La sentenza dopo aver notato che l'art. 5 del Rego. lamento per l'esecuzione della legge 7 giugno 1894, n. 232, richiedeva il consenso delle Amministrazioni interessate quando l'elettrodotto attraversava strade 24 pitbbliche, ferrovie, fiumi, torrenti ed altri beni di pubblico demanio, dice: �Il T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, contiene, sul punto in esame, disposizioni non molto chiare, giacch� mentre l'art. 113 richiede espressamente il preventivo consenso di massima delle autorit� interessate, l'art. 120 dispone che le Autorit� interessate si siano preventivamente pronunciate, ma l'interpretazione pi� rispondente alla mens legis � quella secondo la quale, sia che l'impianto elettrico debba essere autorizzato in via provvisoria, sia che debba ' . essere autorizzato in via definitiva, il previo consenso l ~ delle ''Autorit� interessate'' � sempre necessario, ma nella prima ipotesi pu� essere soltanto di massima. �Tale interpretazione del resto si spiega razionalmente considerando quanto assurdo sia l'ammettere che il Ministero dei Lavori pubblici chiamato a decidere sostanzialmente se l'impianto elettrico da autorizzare sia rispondente '' agli interessi generali connessi alla trasmissione e distribuzione della energia elettrica'', possa e debba dire l'ultima parola j anche su problemi spesso gravi, per la soluzione dei quali i suoi uffici potrebbero non avere i necessari elementi, come potrebbe accadere, per esempio, quando si trattasse di stabilire se debba essere sottoposta a servit� di elettrodotto una zona ed un'opera militare destinata a fini da mantenersi segreti anche per il Ministero dei Lavori pubblici e per il Prefetto. La � pronuncia preventiva di cui all'art. 120 del T. U. sopra citato deve dunque avere carattere di autorizzazione preventiva ed autonoma, presupposto e non semplice elemento dell'autorizzazione del Ministero dei Lavori pubblici �. Come si scorge agevolmente dalla motivazione che abbiano riportata il Supremo Collegio n� ha fatto una esatta interpretazione delle norme di legge che ha applicate, n� si � reso conto dei gravi effetti della sua decisione. Il regolamento legislativo della servit� di elettrodotto si � andato evolvendo in relazione al grande sviluppo che le linee di trasmissione elettrica hanno avuto agli inizi del secolo. Nessuna meraviglia quindi che vi sia una diversit� tra una disposizione della legge del 1894 e del Regolamento del 1895 relativamente alle linee attraversanti opere pubbliche o d'interesse militare e l'analoga disposizione del T. U. del 1933. Questo ha regolato organicamente la procedura che occorre seguire per l'emanazione del provvedimento di autorizzazione all'impianto di linee elettriche, in modo s� da tener conto di tutti gli interessi pubblici relativi a tutti i settori della Pubblica Amministrazione, ma altres� in modo da concentrare la potest� di consentire all'impianto solo negli organi dell'Amministrazione dei Lavori pubblici, per rendere praticamente possibile l'impianto di nuove linee. Difficilmente, invero, si .potrebbe giungere all'impianto di una grande linea d� trasmissione di energia elettrica attraversante opere pubbliche amministrate da diverse branche della organizzazione statale, se ogni autorit� interessata dovesse dare, com@ -ha ritenuto il Supremo Collegio, una preventiva autorizzazione di carattere autonomo. Le diverse �autorit� interessate� guardando specialmente agli interessi che ognuna di esse amministra sono naturalmente portate a far prevalere questi interessi anche se essi ostacolano l'impianto di una -25 nuova linea. Viceversa l'Amministrazione dei Lavori pubblici ehe � competente a esaminare il progetto di una nuova linea sia dal lato tecnico che dal lato della sua importanza per l'economia nazionale, attraverso ad una minuziosa istruttoria, pu� a-pprendere quali siano in relazione col nuovo impianto gli interessi statali da rispettare e valutare se nell'interesse supremo dello Stato debba prevalere l'uno o gli altri. Il sistema creato nel T. U. del 1933 risponde a questa necessit� di devolvere ad un solo organo dell'Amministrazione la decisione ultima sulla opportunit� o meno di consentire l'autorizzazione, f acend,o per� convergere alla formazione di questa decisiva volont� l'apporto della competenza di tutti gli altri organi dell'Amministrazione statale interessata. Cos� l'art. 112 del T. U. stabilisce che �le autorit� di cui all'art. 120 devono comunicare all'Ufficio del Genio Civile le loro eventuali osservazioni e opposizioni e specificare le condizioni a cui intendono che l'autorizzazione sia vincolata�. Ecco come tutte le Autorit� interessate possono far valere i diversi interessi che interferiscono con quello che eventualmente l'economia nazionale ha per il nuovo impianto di trasmissione elettrica. Esse possono anche far presente la necessit� che l'opera pubblica o il terreno di pubblico demanio o d'interesse militare non sia attraversato dalla nuova linea. E non vi � ragione di credere che queste ragioni siano tenute in non cale dal Ministero dei Lavori � pubblici. Soggiunge l'art. 112 che sul merito delle domande e sulle opposizioni e richieste pervenutegli, il Genio Civile riferisce al Ministero dei Lavori pubblici o al Prefetto secondo le rispettive competenze. E chiaro che ove la legge a-vesse previsto una autorizzazione autonoma di ciascuna Autorit� interessata -come dice la sentenza della Corte Suprema non avrebbe richiesto che la relazione del giudice conclusiva della istruzione delle domande si occupasse comulativamente delle comuni opposizioni di privati o enti e di quelle delle cc autorit� interessate �. Queste piuttosto che presentare delle opposizioni a-vrebbero potuto negare il loro consenso all'impianto. Ed invece la legge nell'art. 120 impone per la legittimit� e la validit� del provvedimento di autorizzazione che le �autorit� interessate� si siano pro-. nunciate; abbiano cio�, a norma dell'art. 112, presentate tutte le loro opposizioni, osservazioni o messe condizioni. In nessun modo pu� ritenersi clie questa pronuncia si traduca in una dichiarazione di consenso o di dissenso e tanto men9 che questa dichiarazione sia valida da s� sola ad impedire l'esercizio della facolt� che il Ministro dei Lavori pubblici o il Prefetto hanno di assentire o meno l'autorizzazione all'impianto della nuova linea. Dove invece la legge ha voluto il previo consenso delle Autorit� interessate lo ha detto chiaramente. E infatti nell'art. 113, dove � previsto che nei casi di urgenza pu� essere autorizzata, prima che si compia l'istruzione della domanda, l'inizio della costruzione della linea, � detto che l'autorizzazione � concessa �quando sia intervenuto il consenso di massima del Ministero delle Comunicazioni che pu� essere subordinato a condizioni da precisare non oltre tre mesi �dalla presentazione dei progetti >>. Aggiunge l'articolo: �Per le parti riguardanti opere pubbliche e zone militarmente importanti, l'autorizzazione provvisoria deve essere subordinata al consenso di massima delle Autorit� interessate a mente dell'art. 120 �. La ragione per cui � necessario per l'autorizzazione provvisoria il previo consenso di quelle stesse Autorit� che in caso di autorizzazione definitiva debbono solo pronunciarsi preventivamente, � evidente. L'autorizzazione provvisoria si d� o quando non � ancora iniziata o quando non � ancora completa 'l'istruzione della domanda. Non avend,o ancora il Ministero dei Lavori pubplici o il Prefetto tutti gli elementi per poter valutare i' ' ' i. . gli eventuali ostacoli che si frappongono nel pubblico interesse, al nuovo impianto � necessario che vi sia il consenso di massima delle a-utorit� interessate. La diversa espressione usata nei due artt. 113 e 120 rende chiaro e non oscuro il significato della norma di quest'ultimo. Anche in dottrina non � apparsa dubbia l'interpretazione dell'art. 120. Su di esso ecco cosa scrive il O:;i.stelli-Avolio, a pag. 519 del suo commento al T. U. del 1933: �Il contenuto dell'articolo � da porsi in relazione al disposto del comma dell'art. 117. Nell'impianto delle linee bisogna usare tutte quelle precauzioni atte a garantire l'incolumit� delle persone ed evitare danni e pertubazioni alle altre linee elettriche e ad impianti che fanno uso dell'elettricit� come; quelli radiotelegrafici e radiotelefonici. Le Autorit� competenti dovranno quindi esprimere il loro avviso sui progetti ed impianti di linee aeree e sotterranee di trasmissione o di distribuzione dell'energia, e suggerire tutte quelle modalit� da introdurre nei progetti per la esecuzione e l'esercizio delle linee, che potranno giovare ad evitare eventuali danni e disgrazie. Esse esprimeranno il loro a-vviso al Genio Civile o al Ministero dei Lavori pubblici, come � stabilito negli articoli 113 e 117 della legge. Le loro osservazioni f ormerannp oggetto di esame da parte degli organi amministrativi che dovranno accordare l'autorizzazione e di opportuni accordi in base ai quali si detteranno le modalit� per l'impianto e l'esercizio delle linee. Gli interessati dovranno accettare tali modalit� con la stipulazione di appositi atti di sottomissione prima che sia accordata l'autorizzazione >>. Ha poi la senteniza ritenuto anche erroneamente -che la necessit� del preventivo consenso dell'Ente Parco Gran Paradiso, discendesse anche dal disposto dell'art. 3 del R. D. 7 marzo 1935, n. 1332 (che approva il Regolamento per l'applicazione delle leggi sul Parco N azionaledel Gran Paradiso) che cos� suona: �I comuni, enti e privati che nel territorio del Parco intendano eseguire costruzioni e ricostruzioni di qualsiasi genere ovvero l'esercizio di cave, dovranno ottenere la preventiva autorizzazione dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali, la quale potr� prescrivere la distanza, le misure e le altre norme necessarie aff�nch� le nuove opere non contrastino oon la finalit� del Parco�. Questa norma non poteva giustificare l'opinione espressa dalla Suprema Corte. Essa rion f� che dare all'Ente il mezzo di garentirsi contro fatti che contrastino con le finalit� che essa persegue. Ma questi poteri non si oppongono al potere che la legge d� -26 . all'Amministrazione dei Lavori pubblici per permet tere l'attraversamento anche dei beni di pubblico demanio da parte delle condutture elettriche. In fondo quella disposizione non concede all'Ente Parco facolt� superiori a quelle che le diverse Amministrazioni dello Stato hanno sui beni di demanio pubblico che amministrano. Eppure l'a~traversamento doi beni de maniali � consentito con la sola condizione, come sopra abbiamo visto, che le Autorit� interessate si pronuncino preventivamente. Il solo efletto che pu� produrre quella norma in confronto degli prgani amministrativi che autorizzano l'impianto di nuove linee � che l'Ente Parco sia interpellato e si pronunci a norma dell'art. 120 prima~della emissione del provvedimento. E. GATTA ' NOTIFICAZIONE di sentenza di conciliatore direttamente all'Amministrazione interessata -Decorrenza di termini ai 'fini dell'appello -Validit�. (Corte di Cass,, Sez. unite, Sent. n. 14104/52 -Pres.: Ferrara; Rel.: Petrella; P. M.: Macaluso; -Lauricella contro Ferrovie dello Stato). Le sentenze dei PrBtori e dei Conciliatori, nelle cause in cui � parte l'Amministrazione dello Stato, si notificano direttamente all'Amministrazione interessata, ai sensi dell'art. 12 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, non essendo ad esse estensibile, per la riserva di cui al 1� comma dell'articolo 11 del T. U. stesso, la disposizione di cui al 2� comma dello stesso art. 11. Oonfidiamo che l'interpretazione data dalla Oassazione al disposto dell'art. 12 del R. D. 30 ottobre 1933, n. 1611, rimanga fermo anche nelle future decisioni tanto dei giudici di merito che dello stesso Supremo Oollegio. Quanto sopra non gi� perch� le conclusioni cui � pervenuta la .Oorte e le argom6ntazioni che le sostengono meritino un incondizionato consenso ma solo per l'esigenza di certezza che si avverte di fronte alla non esauriente dizione legislativa. I contrastanti giudicati cui da luogo l'interpretazione dell'art. 11 citato accentuano lo stato di disagio che si avverte di fronte alla non felice formulazione della norma, frustrando in tal modo l' aspettiva di una concorde etero integrazione d'origine giurisprudenziale. La Corte, con il duplice mezzo ermeneutico, storico-sistematico, � pervenuta al convincimento che le sentenze dei Pretori e Conciliatori debbono essere notificate direttamente alle Amministrazioni interessate e non gi� alla Avvocatura dello Stato. Oon il primo mezzo d'interpretazione la Oorte si � rifatta al precedente storico legislativo che ha ravvisato nell'art. 25 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 2828, nel quale veniva espressamente disposto l'obbligo della notifica delle sentenze dei Pretori e dei Oonciliatori direttamente alle Amministrazioni. Poich� l'art. 12 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, dovrebbe essere in sostanza una riproduzione del detto art. 25 del citato decreto n. 2828 del 30 dicombre 1923, la Oorte ha ritenuto di poter concludere che necessariamente l'art. 12� stesso deve riferirsi ancho alle notificazioni delle sentenze dei Pretori e Oonciliatori cos� come espressamente vi si riferiva il pre cedente art. 25 del citato R. D. Ma l'argomentazione non convince. Ed infatti che detto precedente non sia �stato trasfuso per intero nell'art. 12 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, potrebbfl condurre all'opposta conclusione e cio� che il legislatore ha, innovando, regolata con il 2� comma dell'art. 11 l'intera materia delle notifiche delle sentenzo da qualunque giudice emesse e che la riserva di cui al 1o comma dell'art. 11 riguarda soltanto gli atti processuali di parte di cui � menzione nello stesso 1� comma. Pertanto l'omissione non sarebbe causale, ma avrebbe la sua ratio proprio nel detto proposito innovativo. L'interpretazione sistematica ha poi portato la Corte a ritenere non solo che la riserva del 10 comma dell'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, si estende a tutti gli atti (sentenze e atti processuali di parte) ma che la norma di cui all'art. 170 O.p.c. richiamato nell'art. 285 dello stesso Oodice, non pu� estendersi ai giudizi in cui � parte l'Amministrazione dello Stato per la riserva contenuta nell'art. 170 O.p.c. che subordina l'applicazione del detto articolo alla condizione: che la legge disponga altrimenti. Osserva il Oollegio che l'inciso cc salvo che la legge disponga altrimenti�, nel generico riferimento alla legge, ricomprende nel suo ambito non soltanto le diverse disposizioni che si contengono nel Oodice (come quelle degli articoli 237, 20 comma; 286, 2� comma e . 288, 3� comma) ma anche le diverse disposizioni che si contengano in leggi speciali. La fatica esegetica della Corte merita attento esame. Per dimostrare che l'art. 285 C.p.c. non trova appli cazione �nelle cause in cui � parte l'Amministrazione dello Stato, la Corte si avvale della riserva contenuta nell'art. 170 O.p.c.: cc se la legge non dispone altri menti�. Ma ci S6mbra che proprio da questo argomento si deduce il contrario. Il T. U. 30 ottobre 1933 che regola, agli articoli 11 e 12, la materia delle notifiche pu� essere interpretato infatti solo in due modi: a) o il disposto di cui al 2� comma dell'art. 11 vale per le notificazioni delle sentenze da qualunque giudice emesse in rruanto la riserva dell'art. 11, 1� comma, si riferisce ai soli atti in essa menzionati (che altrimenti non si comprenderebbe l'autonomia del 2� comma dell'art. 11 stesso); b) o il titolo che comprende i detti articoli 11 e 12 del T. U. nulla dispone per la notificazione delle sentenze dei Conciliatori e Pretori, e allora deve trovare piena applicazione l'art. 170 del' O.p.c., non potendosi per tale mancanza di una cc diversa disposizione di legge >i estendere all'art. 11 del T. U. la riserva di cui all'art. 170 del C.p.c. La Oorte prosegue ancora osservando che � l'inten, to legislativo di lasciare immutato il sistema del T. U. 30 ottobre 1933 si deriva dall'art. 144 C.p.c., il quale, dopo avere nel 1� comma disposto che ' ' per le Amministrazioni dello Stato si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato ", aggiunge nel 2� comma che.. '"' fuori dei casi previsti nel comma precedente, le notificazioni s� fanno direttamente presso l'Amministrazione destinataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui risiede il giudice davanti al quale si procede ''. Nella materia che si riferisce alle notificazioni alle Amministrazioni dello Stato, tale articolo sostanzialmente rinvia alle -27 disposizioni delle leggi speciali. Il 1� comma si coordina all'art. 11 del T. U. 30 ottobre 1933, il quale pone la regola generale che ogni atto giudiziale, comprese le sentenze, deve essere notificato presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato; il 2� comma si coordina all'eccezione che alla regola generale apporta l'art. 12 dello stesso testo. .A nostro avviso, il 2� comma dell'art. 144 G.p.c. nulla prova per la tesi sostenuta datla Corte di Cassazione, in quanto detto articolo disciplina solo la notifica degli atti di parte e non gi� delle sentenze. Oi� � dimostrato dalla sistemazione dell'art. 144 nella parte del O.p.c. riguardante le disposizioni generali e dal fatto che l'art. 285 che s'intitola modo di notificazione delle sentenze richiama il solo art. 170 situato nel libro II del O.p.c. (Del Processo di cognizione) e non fa alcun richiamo degli articoli relativi alle notifiche contenuti nella parte generale del Codice. Un altro argomento, di natura less~cale, si trae anche dalla dizione dell'art; 144 O.p.c. che al 2� comma dice: cc Le notificazioni si fanno diretta . mente presso l' .Amministrazione destinataria ntJl, luogo dove risiede il giudice davanti al quale si procede �. Dunque la norma ha riguardo ad atti . introduttivi della lite e ad atti che si rende necessario notificare nel corso della lite e non riguarda affatto le sentenze. La legge avrebbe dovuto infatti dire non gi� cc davanti ai quale si procede ma davanti al quale si � proceduto �; La sentenza infatti spoglia il giudice della controversia e quindi � assurdo esprimersi come se ancora vi fasse pendenza di giudizio davanti allo stesso giudice. Concludiamo quindi le nostre osservazioni. 10 � esatto che il T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, � ancora in vigore anche per l'espresso richiamo che di esso fa l'art. 144 O.p.c. 2� �� indubitabile che ove non si voglia attendere la tesi dell'Amministrazione che il 2� comma dell'art. 11 del citato T. U. ha portata generale, bisogna concludere che il Testo stesso nulla dispone per le notifiche delle sentenze dei Pretori e Conciliatori e che in conseguenza la riserva di cui all'art. 170 O.p.c. non torna ad esso applicabile. 3� La norma di cui al 2� comma dell'art. 144 del O.p.c. per ragioni di interpretazione lessicale e sistematica e soprattutto perch� esiste una norma specifica che regola la notifica delle sentenze (art. 285 O.p.c.) non riguarda che gliatti diversi dalle sentenze. 4� .Appare, comunque, sempre pi� necessaria una chiarificazione legislativa in senso unitario, attribuendo solo all'Avvocatura dello Stato, sia attivamente che passivamente, la rappresentanza dell'Amministrazione statale in tutto il campo dell'attivit� giudiziaria. E. ANTONINI REQUISIZIONI -Indennizzi per requisizioni e danni alle Forze Armate Alleate -Diritto soggettivo perfetto -Giurisdizione. (Corte di Cass., Sez. unite, Sent. n. 1908/52 -Pres.; Anichini; Est.: Gualtieri; P. M.: Macaluso -Ministero Difesa-Esercito contro Petrillo ed altri). Gli indennizzi per le requisizioni e per i danni da logorio o deterioramento della cosa requisita dalle Forze Alleate costituiscono diritto soggettivo perfetto del cittadino sia per il decreto n. 451 del 21maggio1946 che per la legge n. 10 del .9 gen naio 1951. Le controversie relative (fatta eccezione per le requisizioni degli autoveicoli), prima della legge 1951 rientravano nella competenza gittrisdizionale del Comitato giurisdizionale centrale per le requi sizioni, istituito col R. D. n. 1741 del 1940. Inter venuta la citata legge n. 10 del 1951, dopo l'esau rimento del procedimento amministrativo, il dan neggiato pu� ricorrere al Consiglio di Stato se intenda impugnare la legittimit� della requisi zione e chiedere ad esempio; la revoca di un atto amministrativo e adire il giudice ordinario per l'accertamento delle condizioni indicate nell'art. 1 della legge e per la liquidazione delle indennit�. Riportiamo testualmente la motivazione della sen tenza: cc � pacifico tra le parti che nella specie si tratti di danni da logorio e deterioramento di due apparta menti requisiti dalle .Autorit� Militari .Alleate e tra sfarmati in parte in lavanderia. Ohe il diritto al risarcimento di un siffatto danno sia stato riconosciuto al danneggiato dallo Stato Italiano dovrebbe essere incontestabile e comunque � certo di fronte alle disposizioni del R. L. D. 11 feb brario 1944, n. 31 e del D. L. L. 20 luglio 1944, n. 162, seguite poi dal proclama del Presidente del � Consiglio dei Ministri iAi data 31 dicembre 1945. Con le suddette disposizioni, nello stabilire che non dovessero avere pi� vigore nei territori italiani i proclami e le ordinanze del Governo militare delle Forze .Alleate, fu statuito espressamente quanto appresso: "Resta ferma l'efficacia degli atti compiuti dalle .Autorit� Militari Alleate di cui al comma prece dente, in virt� di proclami ed ordinanze, ecc. ecc., cui sar� riconosciuta in ogni caso piena validit�, agli effetti di legge, come se compiuti dal Governo italiano. Tanto fu disposto anche perch� in sede di armistizio erano intervenuti accordi fra l'Italia e gli .Alleati ai fini della cosiddetta cobelligeranza e della fornitura di cose e servizi alle Forze .Armate .Alleate. In tale senso provvedendo i cennati decreti mira rono, non a regolare i rapporti fra i cittadini italiani danneggiati dagli atti di cui sopra e gli Stati .Alleati, ma conferire ai predetti cittadini il diritto soggettivo perfetto di dedurre determinati fatti per loro dannosi, posti in essere da uffici o membri delle Forze .Armate .Alleate, come fatti posti in essere dagli organi dello Stato Italiano. .Anche le requisizioni disposte dalle .Autorit� Alleate dovevano, a mente dei cennati decreti, avere gli stessi effetti che avrebbero avuto se fossero state disposte dalle .Autorit� civili o militari italiane, giacch� quelle requisizioni, tolti i casi di comportamento arbitrario, erano dalle Forze .Alleate attuate anche esse in esecuzione di proclami od ordinanze" (Proclamation, n. 2). I singoli atti di requisizione dovevano, quindi, con-. siderarsi a tutti gli effetti di legge come provenienti da .Autorit� requirenti italiane. Ora, poich� le requisizioni di guerra delle .Autorit� civili e militari italiane erano disciplinate dal R. D. 18 agosto 1940, n. 17 41, integrato dal decreto 21 giu gno 1951, n. 688, e dalla legge 3 dicembre 1942, n. 1819, non � da porre in dubbio che in un primo -28 tempo e fino a che non si provvide a dare alle requisizioni degli Alleati itn'autonoma e distinta disciplina giuridica le controversie derivate da queste ultime requisizioni rientravano anch'esse nella competenza giurisdizionale del Comitato centrale istituito, in espressa deroga alla giurisdizione ordinaria (art. 1 Q.p.c.), col R. D. 18 agosto 1940, n. 174:1. In tale senso questa Oorte ebbe a pronunciarsi con sentenza 28 maggio-2 agosto 1947, n. 174:1. Il decreto 18 agosto 1940, n. 1741, apparve ad un certo momtnto insufficiente all'integrale disciplina dei danni comunque derivati dalle requisizioni e dagli atti non di combattimento posti in essere dagli uffici o dai membri delle Forze Armate Alleate, giacch� potevano esistere ed esistevano pretese estranee al concetto della requisizion6 (compensi per prestazioni di lavoro o per fornitura) o pretese fondate su requisizioni irregolari, o su atti connessi colle requisizioni o su atti non di combattimento, e codeste pretese non trovavano evidentemente alcuna base giuridica nel suddetto decreto. Fu emanato perci� il R. D. L. 21 maggio 1946, n. 451, contenente le '' Norme concernenti il pagamento degli indennizzi per requisizioni e servizi per le truppe alleate ''. Secondo l'intendimento del legislatore il predetto decreto, fatta eccezione per le requisizioni di autoveicoli, doveva servire a sottrarre alla disciplina del decreto n. 1741del1940 tutta la materia di cui trattasi, ma in sede di applicazione e d'interpretazione della legge, data l'imperfetta formulazione dell'art. 1 del decreto n. 451 del 1946 non parve sufficientemente che nello stesso articolo rientrassero anche gli indennizzi per logorio e deterioramento della cosa requisita. Si ritenne perci� che gli stessi indennizzi e le relative controversie dovessero continuare a restare, anche per quanto concerne la competenza giurisdizionale, sotto la disciplina del decreto 18 agosto 1940, n. 14:71 (Cassazione civile 23 aprile 1949, n. 979 e 26 giugno 1950, n. 1657; 23 maggio 1949, n. 1107). Il decreto 21 maggio 1946, n. 451, nella sua pratica applicazione si manifest� anch'esso "insufficiente e lacunoso ''. A parte l'intralcio che gli uffici periferici alle dipendenze del Ministero della Difesa (Direzione generale del Genio), portavano al sollecito f'anziona mento delle liquidazioni, ed a parte inoltre la necessit� delle liquidazioni, ed a parte inoltre la necessit� di stabilire criteri di liquidazione che tenessero conto della svalutazione monetaria, fu constatato che il suddetto decreto non prevedeva o non prev�desse abbastanza chiaramente tutti i danni che lo Stato Italiano si era impegnato coll'art. 76 del Trattato di pace e con altri accordi internazionali, a risarcire ai propri cittadini lesi da atti delle Forze Armate Alleate. Gol suddetto art. 76 fu statuito infatti quanto appresso: � Il Governo italiano accetta di corrispon der� una indennit� in lire alle persone che abbiano fornito, a seguito di requisizione, merci e servizi a favore delle Forez Armate delle Potenze Alleate e per soddisfare le domande avanzate co'ntro le Forze Armate Alleate, relative a danni causati in territorio italiano e non provenienti da fatti d~ guerra �. All'accordo di cui al suddetto articolo segu� l'ac cordo Lombardo, firmato a Washington il 14: agosto 1947, col quale gli Stati Uniti d'America, per faci litare il compito assuntosi dal Governo� italiano, effettuarono delle compensazioni con alcuni loro crediti. Per tutte le suddette considerazioni si pens� di abrogare il decreto n. 451 del 1946 e di disciplinare la materia di cui trattasi con una nuova 'legge. Il senatore Longoni present�, il 30 novt,mbre 1949, un disegno di legge diretto ad estendere con opportune integrazioni alla soggetta materia il decreto 18 agosto 1940, n. 1741, ma tale disegno fu scartato, perch� fu unanimemente riconosciuto che le norme contenute nel suddetto decreto dovevano subire radicali ed opportune modificazioni per divenire adatte allo scopo. Fu perci� approvato il disegno di legge che figura trasfuso nella legge 9 gennaio 1951, n. 10, con la quafo sotto il profilo sostanziale si provvide a riconoscere espressamente anche la risarcibilit� dei danni derivati direttamente da requisizioni irregolari, da occupazioni di immobili, da logorio o deterioramento conseguente all'uso normale della cosa requisita, e da fatti od atti non di combattimento, dolosi o colposi dflle Forze Armate Alleate. La disciplina integrale, autonoma e distinta degli � indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento e per requisizioni disposte da Forze Armq,te Alleate � fu cos� realizzata in pieno con la legge 9 gennaio 1951, n. 10, coll'effetto di rendere inapplicabile, dal giorno dell'andata in vigore di detta legge, il decreto n. 1741 del 1940 e la deroga espressa alla competenza del giudice ordinario contenuta nello stesso decreto. La giurisdizione ordinaria, venuta meno la norma legislativa che consentiva la deroga di cui all'art. 1 O.p.c., divenne obbligatoria, senza bisogno ch6 la legge nuova la richiamasse, per tutte le controversie come quella in esame, in cui si disputa intorno all'esistenza e alla misura di un diritto sog gettivo perfetto. Sotto il profilo della giurisdizione giova mettere in rilievo che il principio secondo il quale gli inden nizzi ed i compensi previsti nella vecchia e nella nuova legge costituiscono, in ogni, caso, dei diritti soggettivi perfetti venne pi� chiaramente espresso col sostituire, alle parole �pu� essere concessa un'in dennit� � contenute nell'art. 1 del testo ministeriale del disegno di legge, le parole cc � concessa un'indennit�� ritenut6, secondo quanto si legge nella relazione della 5a Commissione permanent@ per le Finanze ed il Tesoro, pi� a.datte delle altre sopra accennate a significare che si tratta, non di semplici interessi il cui riconoscimento dipenda da una fa_colt� discr6 zionale del Ministro competente, ma di un diritto, giustificato �sia p6r l'obbligo assuntosi dallo Stato verso gli Alleati, sia specialmente in seguito all'ac cordo di Washington liberamente trattati �. Va pure messo in rilievo che l'esclusione del ricorso al giudice ordinario, prevista dall'art. 7 del 21 mag gio 1946,. n.. 451, limitatamente alla ipotesi di cui alla lettera d) dell'art. 1 dello stesso decreto, non fu riprodotta nella nuova legge per essere stata ritenuta incompatibile coll'art. 113 della Oostituzivne della Repubblica. Al che devesi aggiungere che il relatore durant6 la discussione al Senato del disegno di legge in questione rispondendo anche ad un se natore il quale aveva chiesto di sapere, fra l'altro, se le controversie della specie in esame si dovessero intendere sottratte alla competenza giurisdizionale '@ 'I~I I , ' I . I f,f I ,, 1 I -29 del Oomitato centrale istituito col decreto n. 1741 del 1940, ebbe a rilevare che per l'avvenire i reclami �sono sempre possibili o presso il Oonsiglio di Stato o presso l'Autorit� giudiziaria, a seconda del tipo del ricorso che viene presentato �. Le considerazioni che precedon<f con fermano in modo inoppugnabile. la conclusione gi� formulata in ordine all'attuale carenza di giurisdizione dell'adito Oomitato giurisdizionale centrale e rendono in particolare evidente: a) che il procedimento amministrativo per l'accertamento dei presupposti del diritto all'indennit� e per la liquidazione della stessa indennit� fu introdotto, unitamente al ricorso semplice al Ministro contro il provvedimento dell'Intendente, non per affievolire il diritto all'indennit�, ma per evidenti esigenze di natura tecnico-amministrativa; b) e che dopo l'esaurimento del suddetto procedimento, dal quale ovviamente non si pu� prescindere, il preteso danneggiato, pu� ricorrere al Oonsiglio di Stato, se intende impugnare la legittimit� della requisizione o chiedere ad esempio, la revoca di un atto amministrativo, e pu� invece adire il giudice ordinario per l'accertamento delle condizioni indicate nell'art. 1 della legge in esame e per la liquidazione dell'indennit��. Per quanto ci risulta la sentenza sopra riportata � stata finora annotata solo dal Landi (in �Foro It. �, 1953, 1, 22), il quale l'ha criticata radicalmente. Di questa nota ci sembra opportuno riportare il nucleo essenziale: �L'argomento testuale si basa, in ultima analisi, sull'art. 14 della legge 9 gennaio 1951 che dichiara abrogato il D. L. 21 maggio 1946, n. 451. In base a tale decreto, come ricorda la sentenza, era stata ritenuta la competenza del Oomitato delle Requisizioni. Ora, l'argomento potrebbe avere qualche peso, se il decreto del 1946 avesse contenuto norme in materia di competenza giurisdizionale. Ma tale decreto conteneva una sola disposizione in tema di tutela giurisdizionale: quella, gi� ricordata, dell'art. 7, la cui abrogazione fu dovuta ad un motivo tutto particolare e cio� al, contrasto 1con l'art. 113 della Oostituzione. La verit� � che tanto la legge del 1946, quanto quella del 1951, �nulla dicono della competenza giurisdizionale, limitandosi a regolare il procedimento amministrativo di liquidazione dell'indennit�, e �la seconda, inoltre, a stabilire i criteri sostanziali della liquidazione stessa. E,d � quindi evidente il vizio logico dell'argomentazione dove � detto che l'entrata in vigore della legge 9 gennaio 1951 ha avuto l'effetto di rendere inapplicabile il decreto n. 17 41 del 1940 e la deroga espressa alla competenza del giudice ordinario contenuta nello stesso decreto. Al contrario, il rapporto fra la legge 9 gennaio 1951 e il R. D. 18 agosto 1940, n. 17 41, � il medesimo che gi� esisteva fra tale decreto e il D. L. 21 maggio 1946, di modo che non vi ha motivo, ne tanto meno sono sufficienti i motivi adottati, per aggiungere oggi una interpretaziontd iversa da quella seguita in passato >>. Il Landi conclude la sua nota affermando che le norme della legge 9 gennaio 1951 sono � norme integrative della disciplina del medesimo istituto >> regolate dal decreto n. 17 41 del 1940. Questa tesi sostenuta dal Landi continua ad essere seguita, per quanto ci risulta, dal Oomitato giurisdizionale centrale per le Requisizioni, del quale sono parte importantissima autorevoli magistrati della Oorte Suprema di Oassazione. La Oorte Suprema, invwe, ha recentemente confermato la giurisprudenza stabilita nella sentenza in esame. Pare evidente che, anche se la competenza in materia di requisizioni alleate spetta ora all'Autorit� giudiziaria ordinaria, l'azione giudiziaria non � proponibile finch� non si sia esaurita la procedura amministrativa prevista dalla legge n. 10 del 1951. Per quanto riguarda la natura della pretesa che si fa valere sulla base dt!lla citata legge del 1951, non ci �sembra che sia stato ancora sufficientemente chiarito il punto se si possa trattare invece che di un diritto soggettivo di un interesse legittimo. A questo proposito, ritorneremo sull'argomento in occasione del commento a rwenti sentenze della Oorte Suprema che hanno deciso in punto a regolamento di giurisdizione in vertenze relative ad indennizzi per perdita di beni o diritti in base al Trattato di Pace. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO IMPOSTE E TASSE -I. G. E. -Assoggettabil�t� allu I. G. E. della sterlina oro, "all'atto dell'importazione nel territorio nazionale. (Tribunale Civile di Roma, Sez. I, 5366/52 -Pres.: Capitolo; Est.: Ta:mburrinoB. Teche contro Ministero Finanze). La sterlina oro sovrana, siccome moneta non avente corso legale nel nostro ordinamento, deve considerarsi merce, ai sensi dell'art. 17 del D. L. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, e come tale soggetta ad imposta generale sull'entrata, all'atto dell'importazione nel territorio nazionale nella quantit� ili metallo prezioso contenuto. Le specie decisa dal Tribunale, sulla quale non constano precedenti, � la seguente: Il signor B. dichiarava, ai fini dell'importazione, 13.175 sterline oro. L'Ufficio di Dogana, ritenuto che le monete dovessero scontare l'I. G. E., emise la prescritta bolletta e fece depositare l'importo del tributo, calcolato in L. 8600 per ogni specie, valore, all'epoca quotato dalla sterlina sul mercato. Contro la determinazione dell'Ufficio, l'importatore ricorreva al Ministero delle Finanze, ma quest'ultimo, confermava la tassabilit� delle monete, decideva che il tributo doveva essere riscosso, non sulla quotazione di mercato, bens� sulla quantit� di metallo prezioso contenuto ed ordinava il rimborso al contribuente della maggior somma pagata. Il B. adiva, quindi, il Tribunale, chiedendo che fosse dichiarata l'illegittimit� della pretesa tributaria, anche nella pi� ridotta base, indicata dal Ministero, perch�, a sito dire, non poteva essere considerata alla stregua di merce una moneta avente tuttora corso legale. L'assunto veniva contrastato col rilievo che la sterlina oro, nel nostro sistema, al quale unicamente si doveva e poteva fare riferimento, non ha corso legale e ohe, neppure nello stesso paese di origine, come dal resto attestava un Olrtifieato esibito dall'attore, essa pu� considerarsi come mezzo normale di pagamento, tali sono le retribuzioni poste in Inghilterra al commercio in valuta aurea. Significativo, al riguardo, � il fatto, non noto, peraltro, al momento della spedizione a sentenza della causa, ohe la Svizzera ha respinto una richiesta di estradizione del nostro Governo, relativa ad alcune persone, a cui carico 6ra stata elevata imputazione di falso sommario, per falsificazione di sterline oro, non avendo quella Nazione ritenuto integrare gli estremi di tale reato la contraffazione di monete fuori corso. Contestata, cos�, e disattesa la qualit� di moneta in senso proprio, della sterlina oro, rimaneva da esaminare il secondo aspetto del problema se cio� vi fossero ostacoli per sottoporre, come merce, al tribunale preteso le speci in questione, per la quantit� di fino contenuta in ciascuna di esse. Un argomento positivo, in appoggio alla tesi, per quanto indiretto, si � potuto rinvenire nel nostro stesso ordinamento. Come � noto, l'imposta generale sull'entrata ha la sua derivazione dalla tassa di scambio, ohe ha sostituita. La legge sulla tassa di scambio (R. D. L. 22 marzo 1932, n. 206), all'art. 18, disponeva l'esenzione dal tributo per l'oro grezzo, in lingotti, in polvere, comprese le ceneri aurifere, ed in monete, sia all'atto della importazione, ohe degli scambi posti in essere nello Stato. Tale disposizione, ohe sta a dimostrare come, in principio, non sussista alcuna impossibilit� giuridica a sottoporre a tributo l'oro monetato, non risulta riprodotta nella legge istitutiva dell'imposta sulla entrata. Il che � di decisiva importanza, peroh�, in ossequio al precetto informatore della legislazione fiscale, non � possibile ammettere l'esistenza di una qualsiasi esenzione tributaria, in mancanza di una espressa statuizione legislativa. La sentenza del Tribunale, che ha integralmente aceolto la tesi dell'Amministrazione, va segnalata per l'importanza dei prineip'i affermati e per i riflessi di indole eoonomiea di cui � suscettiva. PUBBLICO MINISTERO � Condanna del P. M. alle spese di giudizio -Legittimit�. (Corte di Appello di Napoli, Sent. 3 giugno 1952, Sez. I -Est.: Vela; P. M. appellante: Ministero Grazia e Giustizia, interventore contro Moretti Tecla, Langella Francesco ed altri appellati). Il Pubblico Ministero � parte in giuilizio. Legittima � pertanto la sua condanna alle spese in caso ili soccombenza. Il Ministero di Grazia e �Giustizia � l'organo dell'Amministrazione centrale su cui-deve -incidere, in definitiva l'onere ili tale condanna. La Corte di Appello di Napoli non � riuscita a sottrarsi alla suggestione esercitata dalla dottrina del, Chiovenda (OmoVENDA: La condanna alle spese -31 dizio esclusivamente dall'Avvocatura dello Stato. Il P. JJ!J. � invece come il giudice un organo schiettamente giurisdi.zionale, la cui funzione consiste nell'aiuto dato al giudice, ed estrinsecantesi in un impulso processuale, od esattamente applicarei,ie norme in ,quei particolari casi, previsti dalla legge, in cui � necessario o opportuno che un organo superiore alle parti e ai loro limitati interessi, intervenga in giudizio o alle parti si sostituisca, con i poteri propri del.le parti, e cio� di formulare prove, indicare testi, esprimere conclusioni, ma con la funzione specifica non di far 2� La sclassifi,cazione dei beni del pa�brimonio indisponibile dello Stato, delle provincie e dei comuni pu�, salvo le norme speciali a particolari categorie di detti beni, essere espressa o tacita, diretta .o indiretta e risultare anche da fatti incompatibili con la volont� di mantenere la s~eciale destinazione. La dichiarazione espressa di voler�� alienare il bene, che fa parte del patrimonio indisponibile; importa sclassif�,cazione tacita. 30 La donazione fatta ad un ent�' pubblico e da questo accettata vincola le parti e rende la dona- giudiziarie) e ha infranto, con la sentenza riportata, una lunga a luminosa tradizione giurisprudenziale. � la prima volta infatti, se le nostre ricerche sono esatte, che un Oolltgio giudicante ha dichiarato il P. M. e per esso l'Erario dello Stato soggetto alla condanna alle spese di un giudizio civile da lui proposto. In dottrina, invece, � dato ritrovare a tal proposito le pi� discordi opinioni, riportate in un recente, pregevole, ed esauriente studio del Battaglini (MARIO BAT!fAGUNI: Appunti sulla natura e sulle funzioni del P. M. nel processo civile, in cc Giustizia Penale�, dicembre 1952, parte prima, c. 353). V ero � che, a parte la considerazione eh& il P. M. nella sua attivit� giurisdizionale civile, come in quella penale, deve essere lasciato libero, per quanto pi� � possibile, di prendere i provvedimenti che ritfone op portuni; e che la sua attivit� fatalmente diverrebbe soggetta a remore nel caso dovesse ascoltare, oltre che le esigenze della propria coscienza giuridica, anche la preocc�pazione di potere, con la propria iniziativa, cagionare un danno patrimoniale allo Stato, nel quale caso la sua azione non diverrebbe pi� oculata, ma pi� lenta e guardinga in definitiva pii), impac ciata, resta il punto che la condanna del P. M. alle spese di giudizio � un principio inaccettabile special mente dal punto di vista giuridico. Ogni qualvolta si � tentato di giustificare tale condanna ci si � basati su questo sillogismo: i presupposti della condanna alle spese sono la qualit� di parte e la soccombenza. Il P. M. � parte. Se dunque rimane soccombente, legittima � la sua condanna alle spese di giudizio a favore dell'altra parte. Tale sillogismo � per� viziato dalle sue Btesse premesse, e l'errore consiste nel voler attribuire al P. M. una veste che non gli compete: la qualit� di parte. Al processo partecipano infatti numerosi soggetti, ma non tutti, p6r il solo fatto di contrib1dre con la propria attivit� alla funzione giudiziaria sono parti: non � parte il giudice, non il cancelliere, non il con sulente di ufficio, non i testimoni. Parte � soltanto colui che porta nel processo un interesse penwnale. Tutti gli altri sono organi, volontari o necessari, per manenti o occasionali, dell'Amministrazione giudi ziaria. I soggetti del processo possono essere cos� distinti in due grandi categorie, a seconda della qualit� dell'interesse di cui sono portatori. I soggetti portatori o depositari dell'interesse statuale a che sia esattamente applicata la legg6 e i soggetti portatori di un � interesse personale all'applicazione della norma. Solo questi ultimi ripetiamo sono parti. Il P. M. non porta nel processo alcun interesse personale; n� un interesse statuale diverso da quello gi-urisdizionale: gli interessi dello Stato inteso come Amministrazione sono, infatti, rappresentati in giu trionfare questo o quell'interesse, ma di far esattamente applicare al caso concreto le norme di legge. Giudice e P. �M. sono depositari di una funzione e di un potere unico, e portatori altres� di un iinico interesse: l'interesse statale alla realizzazione della volont� della legge (confr.: SATTA: Diritto processuale civile, p. 50-51). Dai concetti suesposti discende, come logico corollario, che il P. M. non essendo parte, non pu�esse re nemmeno considerato soccombente, cos� come non soccombe il giudice che veda in appello modificata una sua sentenza; o il consulente che veda in sentenza disattese le conclusioni della sua perizia; o il teste che senta dichiarata meritoria di maggior fede una deposizione contraria alla sua. Prova ne sia che quando la sua domanda � respinta non viene certo riconosciuto in sentenza un interesse del privato in contrasto con quello del P. M. e dello Stato, ma viene proprio affermata la coincidenza dell'interesse privato con l'interesse pubblico. La tesi suesposta � maggior ragione doveva trovare accoglimento nel processo Moretti, dato che l'azione di contestazione di legittimit� era stata proposta dal P. M. ai sensi dell'art. 19 O. p. p., sicch� l'azione stessa doveva ritenersi pi� una estrinsecazione della potest� giiwisdizionale penale del P. M. che di quella civile. Quando, infatti, in un processo penale sorge eccezionalmente una questione che deve, in via pregiudiziale, .. essere risolta dal giudice civile con decisione che ha valore di giudicato nel processo penale, il P. M. cui la legge fa obbligo di promuovere l'azione civile, sostanzialmente non fa che continuare a esercitare, sia pure in sede diversa da quella ordinaria, l'azione penale. E come non potrebbe in tale giudizio penale essere condannato alle spese e onorari di giudizio, non consentendolo la lettera della legge, analogamente, tale condanna non avrebbe dovuto essergli infiitta in un processo civilf che, a quello penale, era inscindibilmente legato. G. S.CIARELLI DONAZIONE -Capacit� degli enti pubblici a donare Beni del patrimonio indisponibile -Sclassif�cazione tacita -Ammissibilit� -Donazione accettata dallo ente donatario non ancora autorizzato -Rilevanza Fasci e federazione dei fasci � Autorizzazione a sensi della legge 25 gennaio 1937, n. 2484 � Effetti. (Tribunale .di Genova, Sent... 25 gennaio 1952 -Provincia di La Spezia contro Gioveni.� Italiana). 10 Le limitazioni alla capacit� delle persone giuridiche devono risultare dalla legge o dallo statuto. In difetto le persone giuridiche hanno piena capacit� giuridica e possono perci� compiere anche atti di disposizione a titolo gratuito. 32 zione irrevocabile, ancorch� non sia ancora intervenuta l'autorizzazione governativa. 40 L'autorizzazione data dal Ministro, segretario del p.n.f., a sensi dell'art. 1 della legge 30 dicembre 1937, n. 2484, integra la condicio iuris necessaria per dare giuridica efficacia alla donazione accettata da una federazione provinciale fascista. Sulla prima massima concorda la pi� recente giurisprudenza e la pi� autorevole dottrina: A. Firenze 12 giugno 1950, in cc Rep. Foro It. i>, 1950, voce Corpo morale n. 9; Trib. Firenze, 11 luglio 1947, in cc Giur. Compl. cass. civ. "' 2� quadr. p. 481; FERRARA: Teoria della pers. giur., p. 809 e 848; ALESSI, in cc Giur. compl. cass. civ. '' l. c.; FORTI: Teoria dell'organ. e della pers. giur., p. 96; LuorFREDI, in cc Foro It. "' 1937, I, p. 258; Vitali: La donazione, in cc Tratt. Fiore"' p. 81. Contro: CAMMEO: I contratti della Pubblica .Amministrazione, p.170. In ordine alla sclassificazione dei beni del patrimonio indisponibile si deve distinguere a seconda che la destinazione derivi da una disposizione legislativa o regolamentare, che contempli in generale determinate categorie di beni, oppure da uno speciale atto amministrativo espresso o tacito, come avviene in genere per gli edifici destinati a sede di pubblici itffici e per gli altri beni, diversi da quelli considerati nel 2� comma dell'art. 828 C. c. destinati ad altro pubblico servizio. Nel primo caso la sclassificazione non pu� essere posta in essere che mediante atto formale, avente pari efficacia a quello che ha determinato l'inclusione del bene nel patrimonio indisponibile, o a mezzo di un atto amministrativo posto in essere secondo le forme e la procedura stabilita dalle leggi speciali. Nel secondo caso, ossia per gli altri beni che non hanno in s� caratteristiche particolari, per le quali la lfgge riconnette direttamente al bene la qualit� d'indisponibile, la sclassificazione pu� essere tacita o espressa e risultare anche da atti univoci, incompatibili con la volont� di continuare a rivolgere quel determinato bene ad un servizio pubblico. (Conforme SANTI ROMANO, Corso Dir. amm., p. 214}. Si ha qui, in sostanza, una situazione analoga a quella che riguarda i beni del demanio accidentale, dove, gi� sotto il vigore dell'abrogato codice, era ius receptum che la sdemanializzazione potesse operarsi con una dichiarazione o anche rebus ipsis et factis. (Cass. 6 agosto 1934, in cc Mass. Foro It. "' 1934, n. 3019 ed in cc Riv. dei demani "' 1934, n. 422 con ampia nota di richiami; Cass. 22 luglio 1938 in cc Giur. It. "' I, 111070; RANELLE':rTI: Guarantigie, p. 106; SANTI ROMANO, op. cit. p. 185). A questo indirizzo si � mantenuta ferma la giurisprudenza della Suprema Corte e la prevalente dottrina, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, essendosi riconosciuto che le formalit� previste dall'art. 829 C. c. hanno carattere dichiarativo e non costitutivo. (Cass. 5 agosto 1949, in cc Giur. compl. cass. civ."' 30 quadr. n. 2183, con nota di :F. NUNZIATA: Cass. 31 marzo 1951, in Riv. cit., 1951, 10 quadr. n. 668; ZANOBINI: Corso, vol. IV, p. 37; VITTA: Diritto a.mm., vol. I, p. 241; RESTA, in Comm., SCIALOJA e BRANCA: -Voi. dell& propriet�, p. 71). Circa gli effetti della donazione accettata dall'ente donatario, non ancora autorizzato, era, vigente l'abrogato codice, opinione dominante che, mediante l'accettazione il contratto di donazione diventasse valido e per/etto, e quindi irrevocabile, rimanendo in sospeso soltanto l'efficacia traslativa della propriet�. Questa opinione � ancora oggi seguita dalla Suprema Corte e dalle Corti di merito (Cass. 27 gennaio 1949, in cc Giur. compl. cass. civ. "' 1949, n. 123, p. 318; A. Milano, 12 dicembre 1947, in cc Giur. It. "' 1949, I, 2, 25; A. Genova, in cc Foro It. "' I, 211). Nella surricordata sentenza 27 gennaio 1949, lv Suprema Corte ha statuito che �tanto per il Codice del 1865, quanto per quello vigente la donazione accettata � irrevocabile. Con il sistema introdotto dall'art. 782 C. c. si � voluto accordare all'ente, oltre quello normale della accettazione, un ulteriore mezzo per vincolare il donante e cio� la notificazione della domanda diretta ad ottenere l'autorizzazione ''� La soluzione � contrastata da una parte della dottrina (ZANOBINI: Corso di Dir. a.mm., V, p. 205, Russo in Tratt.; D'AMELIO: Succes. e donaz., p. 113, ecc.). Per pi� ampi richiami dottrinari e giurisprudenziali nell'uno e nell'altro senso, vedasi: ROSSANO, in �Foro It. "' 1951, I, 1551 e REBORI, id. 1952, I, 1625. Sugli effetti dell'autorizzazione concessa a sensi della legge 30 dicembre 1937, n. 2484, giova ricordare che trattasi di una legge speciale, che ha regolato, relativamente ai fasci e alle federazioni provinciali, l'intera materia gi� disciplinata dalla legge 6 giugno 1850, n. �1037. Da ci� la sua efficacia derogativa della legge generale anteriore, per il noto principio: lex specialis posterior derogat priori generali. Il fatto che la� legge speciale regoli anche, oltre quella comune, una materia sua propria (atti di alienazione oltre quelli di acquisto) non pu� avere alcuna infiuenza sulla suddetta conclusione. Nella relazione alla Camera alla predetta legge del 1937 � stato esplicitamente dichiarato che con essa si � voluto apprestare un congegno atto a far s� che non potesse cc mai essere opposto difetto di autorizzazione'' � Sull'argomento vedasi conforme alla soluzione accolta dal Tribunale di Genova, la sentenza della Corte di Appello di Firenze, 12 giugno 1950, in �Rep. Foro It. "' 1950, voce: Corpo morale n. 8, gi� citata. In dottrina sulla inammissibilit� di una duplice autorizzazione vedasi: GIORGI: La dottrina delle pers. giur. e corpi morali, vol. I, p. 831.. .A. R-. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA'J'l S'ECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA � G�ZZETTA UFFICIALE� I.� 1. Legge 18 dicembre 1952, n. 3058 (G. U.,n. 10): Norme per la concessione della fideiussione statale sui prestiti accordati ad aziende italiane dagli enti di cui all'art. 1� della legge 3 dicembre 1948, n. 1425. Si segnala particolarmente l'art. 3 il quale dispone che �sulle somme che le aziende italiane ricevono in prestito, a norma dell'art. 1, non sono ammessi sequestri, pignora:menti, opposizioni o altro impedimento qualsiasi>>, � da ritenere che tale divieto di misure cautelari ed esecutive valga soltanto finch� le somme si trovino ancora presso gli enti mutuanti, sembrando evidente che tali somme, una volta passate nella disponibilit� dei mutuatari, non possono essere sottratte alle misure suddette, non essendo concepibile una loro separazione nei confronti del restante patrimonio. 2. Legge 11 dicembre 1952, n. 3094 (G. U., n. 12): Nuove disposizioni in materia di indennit� per danni alla propriet� industriale italiana degli Stati Uniti d'America, in applicazione degli accordi approvati con D. L. 31 dicembre 1947, n. 1747. Si veda in questa Rassegna, 1949,. p. 33, la legge fondamentale in materia (24 novembre 1948, n. 1493). Ci sembra di poter affermare che, specie dopo la recente sentenza della Corte Suprema che pubblicheremo prossimamente, sia chiaro che la natura della pretesa fatta valere per gli indennizzi regolati dalle leggi suddette, sia quella dell'interesse legittimo. Si segnala, per la sua stranezza, l'art. 5 nel quale � stabilito che � tutti i reclami pendenti dinanzi alla Commissione di cui al precedente articolo dovranno essere definiti nel termine massimo di un anno dalla entrata in vigore della presente legge; la Commissione cesser� di esistere un mese dopo la scadenza del predetto termine ȥ. Che cosa accadr� di quei reclami che non si siano potuti definire entro il termine cos� fis sato la legge non dice; ma n,on ci sembra che v1 sia soluzione diversa di quella di ritenere che essi saranno definiti, in prima istanza, dall'Amministrazione competente (Tesoro ed Industria) salvi gli eventuali rimedi giurisdizionali. 3. Legge 27 dicembre 1952, n. 3596 (G. U., n. 15): Delega al Governo dell'esercizio della funzione legislativa per l'emanazione di nuove norme sulle imposte sul bollo e sulkt pubblicit�. Vedi la Relazione in �Le leggi�, 1953, p. 45 e segg. Si tratta in parte di una delega legislativa, e cio� di una serie di norme giuridiche che hanno per destinatario solo il Governo, e in parte di norme destinate a tutti i cittadini (sono quelle di carattere penale di cui agli artfooli 3 e 6) le quali, peraltro, entreranno in vigore solo se e quando saranno emanate le norme delegate della cui inosservanza esse stabiliscono le sanzioni. Anche per questo esercizio di funzione legislativa delegata � prevista la costituzione di una Commissione parlamentare, organo che oramai � entrato nella prassi costituzionale. 4. Legge 23 dicembre 1952, n. 4415 (G. U., n. 22): Modificazioni alla legge 16 novembre 1950, n. 979, sulle promozioni per merito di guerra. Proroga alla facolt� di conferire promozioni per merito di guerra � purch� si tratti di proposte... presentate entro il 15 ottobre 1949 �, Secondo una recente decisione del Consiglio di Stato (n. 7, del 14 gennaio 1953), rie. Liguori) una proposta deve intendersi presentata quando il documento che la contiene � stato trasmesso ad autorit� gerarchicamente superiore. Lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che si pu� dare aliunde la prova che la presentazione sia avvenuta in termini e che il documento che la conteneva sia andato distrutto o smarrito. I N D' I e E -s-� 1�sT E M A T I -e o DELLE CONSULTAZIONI , LL1 FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA 80L UZIONE CIIE NE � STATA DATA AERONAUTICA E AEROMOBILI -Se l'art. 10, lett. a e b della Convenzione per l'esercizio dell'attivit� delle Societ� di navigazione aerea comprenda, nell'uso gratuito degli aeroporti e dei campi di fortuna, anche quello dei locali adibiti ad ufficio o ad attivit� commerciali (n. 2). AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 1) Se la Gestione I.N.A.-Casa possa considerarsi un'Amroinistra' zione dello Stato (n. 134). -II) Se la Societ� Nazionale Approvvigionamento Grassi (S.N.A.G.) abbia la natura di pubblica amministrazione ~ possa, quindi, avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 135). -III) Quale sia la natura dei Comitati di Liberazione Nazionale (n. 136). -IV) Se il controllo delle condizioni di ammissibilit� delle domande per la liquidazione di debiti partigiani possa essere fatto dal Ministero, cos� da respingere senz'altro le domande che difettino delle condizioni richieste, senza sentire il parere della speciale Commissione consultiva (n. 137). APPALTO -I) Se le riserve avanzate da un'impresa alla chiusura della contabilit� dei lavori, ma non tradotte in precise clausole del contratto successivamente stipulato, possano ritenersi ancora operanti (n. 159). -II) Se il supplente che subentri all'appaltatore nel contratto di appalto sia tenuto solo alle stipulazioni espressamente contenute nel contratto o anche alle eventuali variazioni o . modifiche concordate, senza il suo intervento, dall'appaltatore stesso e dall'Amministrazione in epoca successiva alla stipulazione del contratto medesimo (n. 160). -III) Se le cessioni eventualmente pattuite dall'appaltatore, anteriormente al subentro del supplente, purch� riconosciute come legittime dall'Amministrazione, siano vincolative anche per il supplente medesimo (n. 160). AUTOVEICOLI -Se la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei dati di individuazione dell'autoveicolo, richiesta dall'art. 13 del D. L. 22 gennaio 1948, n. 118 (ultimo comma), sia stabilita agli effetti della legittimit� dell'alienazione del medesimo oppure ai fini della decorrenza del termine entro il quale il proprietario pu� far valere i suoi diritti sulla somma ricavata dalla vendita (n. 39). AVVOCATI E PROCURATORI -I) Se la Fondazione �Il Vittoriale degli Italiani� possa ritenersi compresa fra gli enti, istituti ed accademie, cui il R. D. 8 giugno 1940, n. 779, conserva l'assistenza e la rappreseQtazione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato (n. 17). -II) Se il cc Centro di Studi leopardiani� di Recanati sia compreso fra gli enti, istituti ed accade. mie, cui il R. D. 8 giugno 1940, n. 779, conserva l'assistenza e la rappresentanza in giudizio dell'Avvocat,ura dello Stato (n. 17). � CASE ECONOMICHE E POPOLARI -I) Se per i contratti messi, in essere in epoca precedente l'entrata in vigore della legge 2 luglio 1949, n. 408, sulle case per i senza tetto, possa procedersi alla riduzione dei prezzi dell'importo dell'imposta sui materiali da costruzione, tanto in via di rimborso che di pagamento, ove, in effetti, le imprese abbiano usufruito ed usufruiscano dell'esenzione stabilita dalla legge (n. 38). -II) Se gli articoli 47 della legge 23 maggio 1950, n. 253 e 2 della legge 23 maggio 1951, n. 357, che d�nno al Pretore la facolt� di graduare e prorogare gli sfratti, siano applicabili alle ordinanze emanate dalla Pubblica Amministrazione per il rilascio di alloggi compresi quelli delle case economiche per ferrovieri e postelegrafonici (n. 39). COMUNI E PROVINCIE -I) Se sia dato ricorso giurisdizionale al Consiglio comunale contro le decisioni adottate dal Consiglio stesso in materia di eleggibilit�, ai sensi dell'art. 67 del Testo Unico 5 aprile 1951 (n. 40). -II) Se il Prefetto sia legittimato a impugnare le deliberazioni del Consiglio comunale per convalida delle elezioni (n. 40). -III) Se, ai sensi e per gli effetti del l'art. 67 del T. U. 5 aprile 1951, possa considerarsi equi pollente alla pubblicazione del provvedimento di con valida la piena conoscenza che il Prefetto abbia rice vuto del provvedimento mediante la comunicazione di esso fattagli in epoca anteriore (n. 40). CONCESSIONI -.,.. I) Se la nullit� della conces'Siorre del servizio di trasporto, sancita dall'art. 32 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, per il caso che la cessione della concessione non abbia l'approvazione governativa, ;ricorra anche quando il titolare della concessione la conferisca in una societ� (sia di capitali che di per -35 sone) (n. 33). -II) Se la detta. nullit� ricorr� quando, invece della concessione, si conferisca l'esercizio di essa (n. 33). -III) Se la nullit� di cui al succitato art. 32 ricorra quando la concessione veng� conferita in associazione in partecipazione (.�. 33). -IV) Quale estensione abbia la nullit� disposta dall'art.� 32, in caso di cessione e in. mancanza dell'approvazione governativa (n. 33). -V) Se una societ�, che i soci hanno qualificato come semplice, possa �assumere una concessione di pubblici servizi, quale quella di trasporto, che va compresa tra le attivit� commerciali (n. 33). -VI) Se l'aspettativa di un concessionario di un autoservizio pubblico ad ottenere la concessione di una linea, che costituisca integrazione del primo servizio, ai sensi dell'art. 5 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, concreti lID diritto soggettivo o solo un interesse legittimo (n. 33). CONFISCA -I) Quale sia il concetto di � appartenenza,, nel diritto penale (n. 9). -II) Se la norma dell'art. 240 c.p. (3� comma) sia di generale applicazione (salvo espresse eccezioni) nel diritto penale (n. 9). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO I) Se fra gli atti di ordinaria amministrazione che rientrano nella competenza dello speciale Comitato, istituito con la legge 17 ottobre 1950, n. 840, siano da comprendersi le transazioni e le riduzioni di credito, oppure se il Comitato. suddetto possa formulare soltanto le necessarie proposte al. Ministro del Tesoro, il quale proV\Tede poi nella sua competenza (n. 98). -II) Se il Ministro del Tesoro, per l'�ccoglimento della proposta del Comitato nel senso indicato, debba limitarsi ad una valutazione sull'opportunit� politica. ed amministrativa dell'atto o debba invece, seguire la procedura prescritta per l'annullamento dei crediti dello Stato (n. 98). -III) Se la dichiarazione giurata, di cui allo art. 11 del D. L. L. 8 maggio 1946, n. 428, debba essere resa dall'interessato in persoria oppure possa essere resa da un procuratore generale del medesimo (n. 99). -IV) Se, in base alle vigenti norme di contabilit� dello Stato, possa procedersi al pagamento frazionato di un ordinativo di pagamento .intestato a pi� persone, che avrebbe dovuto essere esatto con quietanza congiuntiva da parte di tutti i creditori (n. iOO). -V) Se l'ufficiale pagatore, in base ad un unico ordinativo di pagamento, possa tener conto di un atto legale che determini le quote tra gli aventi diritto e pagare, q\lindi, le singole quote ai singoli creditori, con quietanze parziali (n. 100). CONTRABBANDO. -Se, nel caso di generi confiscabili ai sensi degli articoli 87 della legge sul monopolio e 116 di quella doganale, il trasportatore, persona estranea al reato, possa pretendere la tutela di altri diritti, che siano diversi da quelli che hanno per oggetto i mezzi di trasporto e, in particolare, di quelli derivanti dal privilegio sulle cose trasportate, ove il trasporto non sia stato pagato dal proprietario delle cose medesime (n. 20). . DEMANIO -I) Se � beni appartenenti al patrimonio indisponibile �dello Stato siano sottratti all'obbligo della comunione forzosa �lel .muro di confine (n. 85). -II) Se i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato siano sottratti all'obbligo d�ll'osservanza delle distanze legali (n. 85). -III) Se i beni del patrimo nio indisponibile dello Stato siano sottratti all'obbligo di consentire la costruzione in aderenza (n. 85). -IV) Se l'art. 3 della iegge 5 gennaio 1933, n. 30, abbia derogato al disposto dell'art. 106 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3267, nel senso che non abbia pi� luogo il trasferimento ipso jure al patrimonio dell'Azienda di Stato per le Foreste demaniali dei terreni boschivi o suscettibili di cultura forestale, che siano pervenuti o pervengano allo Stato dopo l'entrata in vigore della legge medesima (n. 86). EMIGRAZIONE -Se all'ufficiale medico, gi� a I bordo di piroscafo in. servizio di emigrazione, il quale effettui il viaggio di ritorno su altra nave, in qualit� i f di passeggero, spettino, a carico del vettore originario, oltre le competenze previste dall'art. 10, lett. d, del R. D. 10 settembre 1914, n. 1158, anche lo stipendio e l'indennit� d'arma (n. 2). ENFITEUSI -I) Se possano ritenersi tacitamente abrogate le leggi speciali riguardanti le enfiteusi costituite da privati nelle provincie napoletane, sarde e siciliane (n. 20). -II) Se la tariffa all. B, art. 27, della legge di registro, la quale stabilisce espressamente che il contratto di enfiteusi debba contenere il patto di indivisibilit� del canone e di impossibilit� di riscatto prima di 90 anni, possa trovare applicazione dopo l'entrata in vigore del nuovo codice che non ammette tali pattuizioni (n. 20). ESECUZIONE FORZATA -I) Se siano proponibili, da parte dei creditori di enti sindacali disciolti, azioni individuali, sia di cognizione che di esecuzione (n. 11). -II) Se le notificazioni del titolo esecutivo e del precetto debbano considerarsi atti del processo esecutivo o non, piuttosto, completamento del giudizio di cognizione (n. 11). -III) Se le. spese per la notificazione del titolo esecutivo e del precetto debbano essere rimborsate al� creditore istante nei confronti di enti sindacali disciolti (n. 11). ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se la mancata pr�fissione del termine finale dei lavori nel decreto di espropriazione infirmi la procedura di esproprio (n. 75). -Il) Se la mancata prefissione del termine finale dei lavori nel decreto di occupazione di urgenza infirmi la relativa procedura (n. 75). -III) Se il preteso vizio dell'atto amministrativo per mancata prefissione del termine finale dei lavori trasformi la eventuale lesione dell'interesse legittimo del privato proprietario del bene in diritto subiettivo (n, 75). -IV) Se detto vizio debba farsi valere dinanzi al G. O., ovvero dinanzi al Consiglio di Stato entro il termine di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento amministrativo (n. 75). FALLIMENTO -Se l'Amministrazione dello Stato possa insinuarsi direttamente nel fallimento di una ditta debitrice della Societ� Nazionale Approvvigionamento Grassi per crediti che quest'ultima riscuota per conto dello Stato (n. 8)� FERROVIE -I) Se possano ottenere i benefici concessi con i DD. MM., n. 1970, del 22 novembre 1950, n. 4494 del .2 maggio 1951 gli operai delle Ferrovie dello Stato, i quali, pur trovandosi n,elle condizioni rispettivamente previste dai due decreti, siano stati 36 collocati a riposo anteriormente alla data di emanazione dei decreti medesimi (n. 154). -II) Se possano ottenere i suddetti benefici gli operai esonerati .succes� sivamente alle date di emanazione dei decreti dinanzi indicati, sempre che essi, dopo il conseguimento della idoneit� e fino al momento dell'esonero, non abbiano demeritato (n. 154). -III) A quali effetti valga la promozione concessa ai suddetti agenti in virt� delle citate disposizioni (n. 154). FERROVIE E TRANVIE -I) Se la nullit� della concessione d.el servizfo di trasporto, sancita dall'articolo 32 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, per il caso che la cessione della concessione non abbia l'approvazione governativa, ricorre anche quando il titolare della concessione la confisca in una societ� (sia di capitali che di persone) (n. 155). -II) Se la detta nullit� ricorre quando, invece della concessione si conferisca l'esercizio di essa (n. 155). -III) _Se la nullit� di cui al succitato art. 32 ricorra quando la concessione venga conferita in associazione in partecipazione (n. 155). IV) Quale estensione abbia la nullit� disposta dall'articolo 32, in caso di cessione e in mancanza dell'approvazione governativa (n. 155). -V) Se una societ�, che i soci hanno qualificato�come semplice, possa assumere una concessione di pubblici servizi, quale quella di trasporto che va compresa tra le attivit� commerciali (n. 155). -V) Se l'aspettativa di un concessionario di un autoservizio pubblico ad ottenere la concessione di una linea, che costituisca integrazione del primo servizio, ai sensi dell'art�. 5 della legge 28 settembre 1939, n. 1822, concreti un diritto soggettivo o solo un interesse legittimo (n. 155). -VI) Se il trasferimento delle quote e il conseguente mutamento dei soci rappresentino una modificazione dell'atto costitutivo di una societ� a responsabilit� limitata, ai sensi e per gli effetti della circolare ministeriale 23 gennaio 1934, in relazione all'art. 31 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 (n. 156). GUERRA -Se i cittadini o gli enti italiani, colpiti dal sequestro di loro beni ed attivit� in Egitto, effettuato dal Governo di quel paese durante la rece1;1;_j;e guerra, possano avanzare alcuna pretesa verso il Governo italiano sotto il profilo di risarcimento danni di guerra (n. 118). IMPIEGO PUBBLICO -I) Se l'art. 62 del R. P. delle Ferrovie dello Stato il quale statuisce che l'agente non pu� essere scrutinato, quando nei di lui confronti sia in corso �procedimento disciplinare� possa applicarsi, ove sia in corso, a carico dell'agente stesso, procedimento penale e non anche disciplinare (n. 316). II) Se, dovendo l'Anuninistrazione pagare ai due. figli minori di un suo dipendente le indennit� spettanti al loro padre defunto, sia necessaria o meno l'autorizzazione del giudice tutelare perch� la madre possa quietanzare anche per i figli minori (n. 317). IMPOSTA DI REGISTRO -I) Se, in presenza di un contratto scritto di appalto, cui il D. L. L. 7 giugno 1945, n. 322, concede il beneficio delle registrazione con tassa fissa, possa farsi riferimento ad un momento anteriore alla stipulazione dell'atto per negare il beneficfo tributario, in funzione della precedente denuncia di contratto verbale di appalto derivante dall'affida mento dei lavori (n. 78). -II) Se la tariffa �ll. B, articolo 27, della legge di registro, la quale stabilisce espressamente che il contratto di enfiteusi debba contenere il patto di indivisibilit� del canone e di �impossibilit� di riscatto prima di 90 anni, possa trovare applicazione dopo l'entrata in vigore del nuovo codice che non ammette tali pattuizioni (n. 79). -III) Se, ai sensi dell'art. 80, n. 2, della legge di registro, il cancelliere sia solidalmente tenuto con i contraenti al pagamento della tassa di registro dovuta su di un atto di natura contrattuale redatto in un verbale cui il cancelliere medesimo partecipa come ausiliario del giudice (n. 80). IMPOSTA SULL'ENTRATA -I) Se le ditte appaltatrici possano esercitare rivalsa verso le stazioni appaltanti -diverse dalle Anuninistrazioni dello Stato ora da Enti a queste assimilabili ad ogni effetto fiscale al fine di ottenere il rimborso dell'I.G.E. da esse corrisposta (n. 35). -II) Se la Gestione I.N.A.-Casa sia tenuta a rimborsare alle stazioni appaltanti l'I.G.E. da queste versata alle imprese appaltatrici (n. 35). IMPOSTE E TASSE -Se, agli effetti dell'applicazione dell'imposta, di cui al D. L. 6 ottobre 1948, n. 1199, debba ravvisarsi unicit� di stabilimento nell'intera rete tranviaria di una citt� (n. 186). -II) Quale sia la natura dello speciale diritto di licenza previsto nel Regio D. L. 13 maggio 1934, n. 894 (n. 187). -II) Se sia �dovuto il diritto di licenza sulle importazioni temporanee, precedenti l'entrata in vigore della legge 15 giugno 1950, n. 330, ove si sia verificata l'importazione definitiva (n. 187). -III) In quale momento l'importazione temporanea determini il sorgere del rapporto tributario concernente il pagamento del diritto di licenza (n~ 187). -IV) Se, per i contratti messi in essere in epoca precedente l'entrata in vigore della legge 2 luglio 1949, n. 408, sulle case per i senza tetto, possa procedersi alla riduzione dei prezzi dell'importo della imposta sui materiali da costruzione, tanto in via di rimborso che di pagamento, ove in effetti, le imprese abbiano usufruito ed usufruiscano dell'esenzione, stabilita dalla legge (h. 188). INFORTUNI SUL LAVORO. -Se, nel caso in cui l'infortunio dipenda da fatto-reato, trovi luogo l'ordinaria disciplina della responsabilit� da illecito nei confronti di coloro che abbiano riportato condanna penale per l'infortunio (art. 4, 20 comma del R. D. 17 agosto 1935, n. 1765) (n. 30). -II) Se, per il caso di infortunio derivante da fatto-reato di proprio dipendente, di cui debba civilmente rispondersi, trovi luogo l'ordinaria responsabilit� del datore di lavoro (n. 30). III) Se la medesima disciplina trovi luogo anche quando, indipendentemente da ogni condanna, sia stabilito, nella sentenza penale, che l'infortunio si � verificato per fatto imputabile al preposto al lavoro (n. 30). IPOTECHE -I) Se l'art. 22 della legge mineraria, che prescrive, nel caso di iscrizione di ipoteche, l'obbligo della preventiva autorizzazione ministeriale,�debba ritenersi applicabile anche al caso di iscrizione del pr�Vile-gio generale che assiste i mutui concessi dall'I.M.I.,tra le altre, ad aziende minerarie (n. 9). -II) Se l'art. 22 suddetto debba considerarsi ancora in vigore dopo il passaggio delle miniere al patrimonio delle Regioni (n. 9). LOCAZIONI -Se gli articoli 47 della legge 23 maggio 1950, n. 253 e 2 della legge 23 maggio 1951, n. 357, che d�nno al Pretore la facolt� di graduare e prorogare' gli sfratti, siano applicabili alle ordinanze emanate dalla Pubblica Amministrazione per il rilascio di alloggi compresi quelli delle ease economiche per ferrovieri e postelegrafonici (n. 70). -II) Quale sia la natura del decreto del pretore, con il quale si fissa o si proroga lo sfratto (n. 70). -III) Se gli aumenti dei canoni delle focazioni previsti dalla legge 23 maggio 1950, n. 253, possan. o essere richiesti in epoca posteriore, con effetto retroattivo della data prefissata dalla legge (n. 71). IV) Se la legge 253 del 1950 ponga alcun termine di decadenza all'esercizio del suddetto potere di richiedere gli aumenti previsti (n. 71). -V) Se il termine di prescrizione quinquennale, di cui all'art. 2948 c. c. sia applicabile nella specie (n. 71). MINIERE -�I) Se l'art. 22 della legge mineraria che prescrive, nel caso di iscrizione di ipoteche, l'obbligo della preventiva autorizzazione ministeriale, debba ritenersi applicabile anche al caso di iscrizione del privilegio generale che assiste i mutui concessi dall'I.M.I., tra le altre, ad aziende minerarie (n. 6). .,...-II) Se l'art. 22 suddetto debba considerarsi ancora in vigore dopo il passaggio delle miniere al patrimonio delle Regioni (n. 6). MONOPOLI -I) Se il delitto di cui al D. L. L. 14 marzo 1945, n: 111, sia un delitto contro il commercio, onde, anche se non previsto,. dal codice penale, rientri nella elencazione di cui alla lettera b), n. 3, dell'art. 55 dell'Ordinamento dei servizi di distribuzion.e e di vendita dei generi di monopolio (n. 18). -II) Se il resto finanziario, previsto dall'art. 55 del Testo Unico 14 settembre 1931, n. 1175, rientri in quelli previsti come causa di indegnit� dall'art. 55 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577, sull'ordinamento dei servizi di distribuzione e vendita di generi di monopolio (n. 19). POSTE E TELEGRAFI. -Se l'art. 140 del Codice postale, approvato con R. D. 27 febbraio 1936, n. 145, il quale stabilisce che i buoni postali fruttiferi sono insequestrabili, tranne che per ordine dell'autorit� giudiziaria, vada interpretato nel senso che per � ordine dell'autorit� giudiziaria penale,, debba intendersi esclusivamente .quello che si riferisce al sequestro del corpo di reato, di cui agli articoli 337 e segg. C. p. p., oppure che per detto ordine debba intendersi anche quello relativo al sequestro previsto dall'art. 189 C. p. (n. 30). PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se gli inviti, rivolti verbalmente da singoli funzionari ed ex partigiani, sbandati e prigionieri di guerra, aventi diritto alla corresponsione dei prescritti assegni da parte dello Stato, a non presentare nuove domande, possano sollevare i medesimi dal decorso della prescrizione o, comunque, possano impegnare lo Stato a non far valere la prescrizione maturata (n. 16). -II) Se la norma dell'art. 9 della legge 3 marzo 1951, n. 193, possa applicarsi per analogia, agli effetti della sospensione dei termini di prescrizione del diritto ai suddetti assegni, a favore degli ex prigionieri di guerra o sbandati oltre confine rimasti in territori ceduti ad altri Stati o appartenenti a Stati con i quali l'Italia abbia interrotto le relazioni diplomatiche (n. 16). REGIONI -I) Se lo schema di legge, recante le norme di attuazione dello Statuto siciliano in tema di pubblica istruzione, possa dare adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 35). -II) Se sia legittima la disposizione di detto schema che assicura alla Regione una propria rappresentanza nei consessi consultivi e deliberativi del Ministero della Pubblica istruzione, per la tutela degli interessi regionali (n. 35). REQUISIZIONI -I) Se l'applicazione dell'art. 32 della legge 23 maggio 1952, n. 253, alle occupazioni di immobili, derivanti da provvedimenti dell'Autorit� amministrativa, debba intendersi ammessa con i limiti imposti dalla legge alla funzione del g. o. di fronte ai poteri della Pubblica Amministrazione (n. 98). -II) Se l'azione d� rilascio, di cui all'art. 32 della legge n.253, sia proponibile quando sia fatta valere contro il terzo beneficiario, in tema di requisizioni dipendenti dalla guerra e dallo sfollamento (n. 98). -III) Se tale azione possa proporsi contro la Pubblica Amministrazione, ove sia intervenuta la cessazione ope legis del provvedimento di requisizione (n. 98). -IV) Se l'azione di rilascio, di cui all'art. 32 della legge 23 maggio 1950, n. 253, possa proporsi contro la Pubblica Amministrazione, nell'ipotesi di immobili occupati in virt� di titolo non locativo, non dipendente dalle contingenze della guerra o dello sfollamento (n. 98). -V) Se il giudizio di cui all'art. 32 citato, debba proporsi con rito ordinario o mediante ricorso al pretore (n. 98). RESPONSABILITA' CIVILE -I) Se le Amministrazioni interessate possano sempre procedere al recupero, nei confronti di militari, ora in congedo, delle somme pagate a seguito di incidenti stradali da quelli cagionati; mediante la speciale procedura ingiunzionale, di cui al Testo Unico n. 639 del 1910 (n. 133). -II) A chi spetti la competenza nei giudizi di responsabilit� a carico di dipendenti, legali allo Stato da rapporto di pubblico impiego (n. 133). SINDACATI -I) Se siano proponibili, da parte dei creditori di enti sindacali disciolti, azioni individuali, sia di cognizione che di esecuzione (n. 16). II) Se le. spese per la notificazione del titolo esecutivo e del precetto:debbano essere rimborsate al creditore istante nei confronti di enti sindacali disciolti (n. 16). -III) Se gli scritti giudiziari defensionali nell'interesse degli uffici stralcio delle soppresse ;organizzazioni sindacali fasciste siano esenti dalle imposte di bollo (n. 17). SOCIETA' -I) Se i Comitati aziendali di liberazione nazionale possano ritenersi organi dell'Ente sociale (n. 43). -II) Se una societ�, che i soci hanno qualificato come semplice, possa assumere una concessione di pubblici servizi, quale quella di trasporto, che va compresa tra le attivit� commerciali (n. 44). -III) Se il trasferimento delle quote ed il conseguente mutam mento dei soci rappresentino una modificazione -dello atto costitutivo di una societ� a responsabilit� limitata, ai sensi e per gli effetti della circolare ministeriale 23 gennaio 1934, in relazione a,ll'art. 31 della legge 28 settembre 1939, n. 1822 (n. 45). -IV) In qual senso debbano intendersi le �agevolazioni � concesse alle Coope -38 r�tive di cui all'art. 16 del D. L. C. P. S. 14 dicembre 1947, n. 1577, tenendo presente che la norma citata subordina la concessione delle � agevolazioni � stesse all'iscrizione delle cooperative nel registro prefettizio (n. 46). -V) Se possa senz'altro negarsi ad una societ� cooperativa, non iscritta nel pubblico registro prefettizio, la licenza di commercio o altra comune autorizzazione (n. 46). SUCCESSIONI -I) Se, dovendo l'Amministrazione pagare ai due figli minori di un suo dipendente le indennit� spettanti al loro padre defunto, sia necessaria o meno l'autorizzazione del giudice tutelare, cperch� la madre possa quietanzare anche per i figli minori (n. 34). -II) ~e la norma dell'ultimo comma dell'art. 299, Reg. Cont. Gen. Stato, posta in favore degli eredi degli impiegati dello Stato ai fini della riscossione delle rate di stipendio e di altri assegni, concerna 8emplicemente la prova della loro qualit� ereditaria o anche la possibilit� di riscossione da parte degli eredi minori (n. 34). TASSA DI BOLLO -Se gli. scritti difensivi nello interesse degli uffici stralcio delle soppresse organizzazioni sindacali fasciste siano esenti dalle imposte di bollo (n. 8). TRASCRIZIONE -I) Se possa prendersi nota sui registri immobiliari dei passaggi di propriet� e della devoluzione di beni immobili attraverso annotazioni marginali e precedenti trascrizioni (n. 3). -II) Se possa procedersi a trascrizione di un provvedimento della Presidenza del Consiglio. dei ministri, che disponga la devoluzione di un immobile da altro ente all'Opera Nazionale Orfani di Guerra (n. 3). �'