ANNO IV -N. 2 
FEBBRAIO 1951 

fRASSEGNA MENSILE 


~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO 


IL RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO 
ELA NUOVA COSTITUZIONE 


1. La paziente opera di sistemazione degli 
istituti di diritto positivo preesistenti, nel quadro 
del nuovo ordine costituzionale, desta tutt'ora 
notevoli perplessit� negli studiosi, che si dividono, 
a volte con orientamenti diversi, nello stabilire 
la portata delle nuove norme e dei nuovi principi 
informatori in relazione alle norme ed ai principi 
dell'ordinamento giuridico precostituito. 
Molti di questi problemi, peraltro, risultano 

w� 
essenzialmente da. elaborazioni dogmatiche, frutto 
dell'applicazione di schemi dottrinali tutt'altro 
f'he condivisi uniformemente, e rivestono quindi 
una utilit� alquanto dubbia nell'attuale fase di 
coordinamento, in cui il processo interpretativo 
ancora non consolidato rende necessaria la esegesi 
della norma, piuttosto che la formulazione teorica 
del sistema. 
� In uno scritto pubblicato su questa Rassegna un 
chiaro Autore (1), ottemperando con vigile sensibilit� 
alla sopraccennata esigenza, ha segnalato 
an problema di notevole portata, sollevando forti 
dubbi sull'attuale ammissibilit� dell'antico ricorso 
straordinario al Re, con il conseguente trapasso 
del potere di decisione dall'organo monarchico a 
quello presidenziale, dato che il carattere di esclusivit� 
delle norme costituzionali porterebbe ad 
escludere che l'�mbito delle competenze del Capo 
dello Stato possa esorbitare dai limiti di quelle 
espressamente stabilite dalla legge (art. 87 Oost.) 
-tra cui non risulta;il potere di decisione sopraccennato 
-e dato che,'wer il disposto dell'art. 113 
Oost., l'atto di decisione sul ricorso non potrebbe 
pi� ritenersi sottratto al controllo giurisdizionale, 
con un evidente snaturamento dell'istituto nei 
suoi essenziali caratteri. 

(1) AGR�: Osservazioni sull'ammissibilit� attuale del 
rico1'8o straordinario al Capo dello Stato. "Rassegna>>, 
1948, n. 10, p. I e segg. 
Recentemente, un acuto giurista, replicando alle 
osservazioni di Agr�, in un elaborato saggio (1), 
si � invece pronunciato per la soluzione affermatova, 
sostenendo, da un lato, che l'art. 87 Oost. 
avrebbe la unica funzione di rivestire di garanzia 
t'�ostituzionale alcune delle competenze presiden7;
iali, onde quelle di natura amministrativa gi� 
spettanti al Re sarebbero da ritenersi trasferite 
;tI .Presidente della Repubblica, sottentrato al 
primo nella posizione di Capo dello Stato. D'altra 
parte, l'istituto in questione esulerebbe dall'ipotesi 
prevista nell'art. 113 Oost., che riguarda, 
soltanto gli atti lesivi di interessi legittimi (o di 
diritti), perch� la particolare natura che, secondo 
tale Autore, rivestirebbe il ricorso straordinario, 
di mezzo extra j1iris ordinem, sfornito delle caratteristiche 
proprie del rimedio assistito da garanzie 
giuridiche e, quindi, al di fuori della categoria 
dei mezzi che esplicano una funzione perfetta


(1) SANDULLI: Sull'ammissibilit� del ricorso straordinario 
al Presidente della Repubblica. "Giur1spr. It. >>, 
1950, IV, 89 e segg., v. anche Rooco in" Foro It. '" 1951, 
IV, 73. Il problema � stato preso in esame anche da M:oRTATI 
(Corso ist. dir. pubbl., Padova, 1949, 408) a proposito 
della successione da parte del Governo della Repubblica 
nelle attribuzioni di indole amministrativa gi� spettanti 
al Re. Si deve inoltre osservare che la migliore dottrina 
continua a classificare nei trattati il ricorso straordinario 
come un mezzo di giustizia amministrativa tutt'ora 
ammissibile: vedi in proposito ZANOBINI: Corso dir. 
Amm., Milano, 1949, III, p. 18 e segg.; VITTA: Dir. Amm., 
lJ.T.E.T., 1950, II, 393; ALESSI: Corso dir. Amm., Milano, 
1950, II, 119; RAGGI: Giust. Amm., Genova, 1950, 173; 
MAROHI: Il Capo dello Stato, Commentario sistematico.d(!,lla 
Costituzione italiana, Firenze, 1950, II, 119; PERGOLESI: 
Diritto cost., Bologna, 1948, 85. Non mi sembra, per�, 
che tali testi possano in effetti soccorrere alla soluzione 
affermativa del problema, dato che questo non risulta 
ivi nemmeno impostato nei suoi termini essenziali. 

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mente riparatoria, importerebbe che il singolo 
non potrebbe vantare la lesione d� alcun interesse 
legittimo attraverso l'atto di decisione sul ricorso, 
come, del resto, nessuna lesione tutelabile attraverso 
le ordinarie forme di impugnazione gli 
deriverebbe dal provvedimento impugnato in 
via straordinaria, nei confronti del quale il ricorrente 
avrebbe gi�� rinunciato o, comunque, sarebbe 
gi� decaduto dall'esercizio dei rimedi forniti di 
garanzie giuridiche. 

Peraltro, mi s�mbra che tale orientamento, 
fondandosi su presupposti in parte avversati dalla 
dominante dottrina. e giurisprudenza, non abbia 
affrontato soddisfacentemente, n� esaurito il problema. 
Compito, questo, cui non presumo di assolvere 
con il presente studfo, limitato a brevi considerazioni 
critiche, con la speranza che altri possa, 
pi� degnamente di me, approfondirle e risolverle. 

2. Dal profilo storico-giuridico (1), il ricorso 
straordinario al Re si ricollega alle istanze in via di 
giustizia e di grazia, che nel regime di monarchia 
.assoluta era consentito inoltrare al sovrano 
contro i provvedimenti sia giudiziari che am_ministrativi. 
Tali istanze, limitate in un secondo 
tempo ai soli atti amministrativi (2), erano dichiarate 
espressamente ammissibili nelle Costituzioni 
generali di Vittorio .Amedeo II del 1770 (3) e 
facevano capo al principio, dominan~e l'antico 
regime, della giustizia ritenuta -in contrapposto 
a quello della giustizia delegata ai giudici .
per cui il sovrano, titolare e supremo moderatore 
di tutte le pubbliche funzioni, si arrogava la 
potest� di rivedere e modificare le sentenze ed i 
provvedimenti delle autorit�, per renderli, in via 
di giustizia o di gr�zia, pi� conformi alle esigenze 
etiche e politiche dei tempi. Il Re si pronunciava 
sul ricorso sentito, in un primo tempo, il 
parere del Consiglio dei Memoriali e, successivamente, 
quello del Consiglio di Stato, la cui competenza 
consultiva permase poi sempre immutata 
(RR. PP. 30 aprile 1749 e RR. PP. di Carlo 
Alberto del 18 agosto 1831, artt. 22, 23, 29). 

Tali disposizioni, peraltro, non possono considerarsi 
la attuale fonte legislativa dell'istituto, 
rimasto in vita anche successivamente al trapasso 
della stato sabaudo nel regime cost~tuzionale. 
D'altra parte, lo Statuto Albertino, prima carta 
costituzionale del regno unificato, non contiene 

(1) Per un riferimento ~llo sviluppo storico dell'istituto 
v. ORLANDO: Giustizia Amm., Milano, 1907, 688 
e segg.; CAMMEO: Commentario, Vallardi, 620; RANEL� 
LETTI: Le Guarentigie della Giustizia della Pubblica 
Amministrazione, Milano, 1934, 258; RAGNISCO: I 
ricorsi amministrativi, Roma, 1936, 271; TIEPOLO: Il 
Provvedimento definitivo e il ricorso al Re, �Giustizia 
Amm. '" 1890, IV, 45. 

(2) Tale limitazione si � verificata in seguito alla 
instaurazione del Magistrato di Cassazione, avvenuta 
con R. D. 30 ottobre 1847, '" D'ALESSIO: Le leggi sulla 
GiustiziaA~inistrativa commentata, U.T.E.T., 1938, 50. 
(3) Libro II, Cap. II, art. 1 e segg. 
alcuna norma che riguardi il ricorso straordinario, 
il quale per� fu incidentalmente disciplinato da 
sporadiche disposizioni di legge, regolanti la competenza 
e le attribuzioni del Consiglio di Stato. 
Vart. 15 della legge 30 ottobr<:1_185!.}, n.. 3707, 
gi� trasfuso con qnalche variante nell'art. 12 
della legge 20 marzo 1865, all. D sul Consiglio 
di Stato, venne riportato anche nell'art. 16, n. 4 
del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 attualmente 
vigente, che prevede il parere obbligatorio del 
supremo consesso sui ricorsi presentati al Re 
� contro la legittimit� dei provvedimenti governativi, 
di carattere amministrativo, pei quali siano 
gi� esaurite o non si possano proporre in via 
gerarchica le domande di riparazione �. N ell'ultimo 
comma. dell'art. 16 sopracitato e negli 
artt. 60 e 61 del Regolamento 21 aprile 1942, 
venivano poi stabiliti il termine e le modalit� per 
la presentazione d_el ricorso. Tali norme, hanno 
senza dubbio meglio inquadrato l'istituto, confinandolo, 
attraverso un rigido ordine di preclusioni 
e decadenze, nell'ambito dei normali mezzi di 
tutela giuridica (1 ). Non direi per� che possano 
essere ritenute la fonte costitutiva diretta del 
potere di decisione sul ricorso straordinario. In 
proposito mi sembra infatti che queste disposizioni 
di legge, essendosi proposta la particolare 
finalit� di disciplinare il provvedimento assumes, 
sero una funzione sussidiaria nel quadro dell'ordinamento 
costituzionale allora vigente e trovassero 
giustificazione solo in quanto il potere di 
decisione del sovrano in subiecta materia risultasse 
legittimato da una norma di diritto positivo 

costituzionale. Tale norma la dottrina. credette ~ 

infatti di ravvisare nell'art. 5 dello Statuto AlberI


I

tino, secondo il quale soltanto al Re spettava il 
potere esecutivo (2). Contro questa tendenza fu 
per� successivamente osservato che, attraverso 
l'art. 5, poteva ricavar.si il fondamento della. 
funzione esercitata dal monarca in ordine al c.d. 
ricorso gerarchico aJ Re (3) quale ultimo gradino 
della gerarchia amministrativa, il cui provvedimento 
doveva costituire il necessario presupposto 
per la definitivit� dell'atto impugnato. Nella 

(1) Anteriormente al 1907, difatti, il ricorso straordinario 
non risultava vincolato da alcun termine di 
decadenza� mentre, prima della riforma della giustizia 
amministrativa del 1889 la decisione sull'istanza era 
affidata alla assoluta discrezionalit� del sovrano. Tali 
caratteri facevano dell'istituto un rimedio di ordine 
eccezionale, di cui il cittadino poteva avvalersi in qualunque 
momento, senza che, peraltro, incombesse sull'organo 
sovrano alcun obbligo di provvedere. V. in 
proposito PORTA: Natura del decreto reale che decide 
il ricorso straordinario, � Giurispr. It. '" 1941, III, 113. 
(2) ORLANDO: Giustizia Amministrativa, in Trattato, 
696 e segg.� verso il medesimo principio se.r;nbrano orientati 
TIEPOLO: op. cit.; DE GIANNIS: �Corso dir. amm., 
nn. 1735 e 1794; RAGNISCO: Il Ricorso in via ?Jtra;ordinaria 
al Re, � Giur. It. >>, 1908, IV, 136. 
(3) rectius: ricorso al Governo del Re. Come � noto, 
la possibilit� di distinguere e di inquadrare i due diversi 

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istanza esperita invece in via straordinaria l'attribuzione 
sovrana di decidere sul ricorso non 
poteva promanare dal principio del collegamento 
gerarchico, poich� oggetto dell'impugnazione erano 
i provvedimenti amministrativi gi� consolida.ti e, 
d'altra parte, tale rimedio risultava proponibile 
per i soli motivi di legittimit� (1). 

Qnesto orientamento critico, oggi uniformemente 
condiviso, diede, cos�, �dito a una duplice 
tendenza, giurisprudenziale e dottrinale. Da una 
parte si sostenne che, mentre la decisione sul 
ricorso gerarchico atteneva all'organo monarchico 
nella sua qualit� di capo-amministratore dello 
Stato, onde esattamente se ne ritraeva fondamento 
attraverso l'art. 5 dello Statuto, nella pronuncia 
sulla domanda proposta in via straordinaria, 
invece, la volont� regia si manifestava nell'esercizio 
di una funzione misenzialmente sovrana, in 
cui il Capo dello Stato agiva, in quanto tale, al 
di sopra e al di fuori dell'ordinamento amministrativo 
(2). La opposta tendenza. che fin� 
per prevalere, osserv� che il Capo dello Stato, 
in q1tanto tale, non poteva a vere attribuzioni che 
non rientrassero nella sfera di una delle tre fondamentali 
funzioni dello Stato stesso, quella legislativa, 
esecutiva e giurisdizionale, onde era da 
ritenere che, nella decisione sul ricorso straordinal'.
io, il Re agisse pur sempre nell'�mbito della 
amministrazione, quale capo supremo dell'esecutivo 
(3). Questa autorevole corrente di opinioni, 
poi, riconfermando i caratteri differenziali che 
distinguevano le due figure di ricorsi, quello 
gerarchico e quello straordinario, ne ravvis� la 
differenza, soprattutto, nella diversa genesi del 
potere di decisione che il sovrano esercitava in 
ordine a ciascuno di essi. Nel ricorso gerarchico 
-si afferm� -il Re si pronunciava in base alla 
competenza funzionale derivatagli dall'art. 5 suddetto, 
mentre nella decisione in via straordinaria 

sercitata, con rinnovato spirito, nell'ambito 

ricorsi, ha destato vive perplessit� nella dottrina e 
nella giurisprudenza. Cfr. in proposito i testi sopraconsiderati 
e, per un'analisi delle pi� antiche opinioni, 
CAMMEO: Commenta'l'io, Zoe. dt.; ORLANDO: Giustizia 
cit. 693, Cons. Stato, parere 7 aprile 1861, Manuale 
degli Amm. 1862, 37; RAGNISco: Il 'l'icorso in via stmc'l'dfaa't'ia 
cit., 141; Cons. Stato (IV Sez.) 8 giugno 1894, 
aiurispr. Jt., 1894, III, 308; Cons. Stato (IV Sez.) 
8 maggio 1891, Giust. Amm. 1891, 197; Cons. Stato 
(IV Sez.), 13 settembre 1894, Giust. ltal., 1894, III, 355. 

(1) v. Dottrina e giurisprudenza citata da RAGNISCO 
Il rico'l'so in via strao'J'dina'l'ia e la giurisprudenza del C~nsiglio 
di Stato, in Il Consiglio di Stato, 1932, II, 7 e segg� 

(2) Questo � sostanzialmente l'atteggiamento as� 
sunto per un certo periodo di tEmpo dal Consiglio di 
Stato, v. (IV Sez.) 28 agosto 1890, Giust. Amm., 1890, 
I, 250; Id. 28 marzo 1892, Giust. Amm., 1892, I, 205. 
A tale orientamento sembra, di recente, essersi accostato 
il PORTA: op. loc.� cit. 
(3) RANELLETTI : Guarentigie. cit. 262; GIROLA : 
Il 'l'icorso straordinario al 'l'e, in <e Nuovo Dig. It. n, II, 
652 e la m%ggioranza degli Autori. 
dell'esecutivo, l'antica funzione di correttore dei 
torti e delle illega�it�, superamento e residuo del 
preesistente regime di assolutismo e della particolare 
funzione di giustizia affidata al principe, in 
virt� di un potere ricorisacr�to, a mfo � avvfso, 
nella monarchia costituzionale, da una norma di 
diritto consuetudinario (1). 

3. Per quanto poi riguarda la natura giuridica 
dell'istituto, la dottrina e la giurisprudenza, 
superate le prime incertezze sopracennate, si 
soffermavonoad esaminarne la natura dell'atto di 
decisione al fine di stabilire il �arattere amministrativo 
o giurisdizionale. La perplessit�, d'altronde, 
appariva giustificata pienamente dalla 
peculiare struttura dell'istituto. Da un Iato la 
iirni azione del ricorso alla stretta legittimit� 
del provvedimento impugnato, e dall'altro, il 
principio alternativo per cui la istanza in via 
straordinaria pre�ludeva l'e'Sperimento dell'azione 
giurisdizionale avverso la lesione di interessi 
legittimi, costituivano elementi atti ad inquadrare 
il ricorso stesso tra i rimedi di ordine giurisdizionale 
(2), mentre, a soccorso della opposta tesi, 
la natura dell'organo decidente e la esperibilit� 
dell'azione giudiziaria parallelamente al ricorso, 
per quanto riguardava i diritti soggettivi, mettevano 
a fuoco il carattere amministrativo del 
provvedimento sovrano (3).. . 
Oggi, almeno per quanto mi consta, non sussistono 
pi� dubbi sulla indole amministrativa 

(1) Traggo questa considerazione, che condivido, 
da un pregevole scritto inedito del collega CARBONE: 
Osservazioni sul ricorso straordinario al Capo dello Stato. 

Alla consuetudine, del resto, ricollega l'istituto il CAM� 
MEO: Commentario cit., 620 e Io stesso ORLANDO: op. 
cit., 696, afferma che i du~ sistemi relativi alla competenza 
in ordine al ricorso gerarchico ed al ricorso straordinario 
al Re si sono affermati ccpi� per vie di fatto 
che per ragioni coscienti e teoricamente maturate�. 
La maggioranza della dottrina, pur senza prendere 
direttamente in esame il fondamento consuetudinario 
del potere di' decisione sovrana in via straordinaria, 
ricollega quest'ultimo alla funzione esercitata dal Re 
anteriormente al trapasso del regime assoluto in regime 
di monarchia costituzionale, (cosi RAGGI: op. loc. cit.) 
osservando altresi che l'istituto appare attualmente 
regolato solo indirettamente e sporadicamente. V. RANELLETTI: 
op. loc. cit.; ALESSI, op. loc. cit., ZANOBINI: 
op. loc. cit. 

(2) In tale senso difatti si era ripetutamente pronunciato 
il Consiglio di Stato (Adunanza Gen. 10 gennaio 
1908, cc Riv. Dir. Pubbl. >>, 1908, 87; Adunanza generale 
29 novembre 1926 citata da RANELLETTI, cit. 266). 
(3) RAGNISCO: Il 'l'icorso sl'l'aordinario la Giu'l'ispi
�udenza del Consiglio di Stato, loc. cit.; ALESSI: op. 
cit. ll9; RANELLETTI: Guarantigie loc., ;cit. e~la giurisprudenza 
della Cassazione ivi indicata, pag. 266, n. I. 
A questo orientamento ha aderito in un secondo �momento 
anche il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, 
con decisione 4 marzo 1932, Foro Amm., 1932, 
I, 2, 93; v. da ultimo anche Cass. 9 luglio 1936 ivi 1937, 
II, I; Cass. 9 dicembre 1937,; Rep. Giur. lt., 1937, voce 
Giusti:zia Amministrativa, n. 33. 

-4.2 


dell'istituto. � opportuno rilevare in proposito, 
ai fini delle considerazioni che si svolgeranno, 
l'argomento deci..sivo su cui fa leva l'opinione 
accennata. Nel ricorso straordinario -si � detto il 
Re agisce sempre, � vero, come il correttore delle 
illegalit�, e vi continua quell'alta funzione di 
custode del diritto e di correttore del torto che 
aveva nella monarchia assoluta. l\fa la natura 
dell'attivit� che il monarca esercit� sul ricorso 
straordinario, si � nel nostro ordinamento profondamente 
mutata dietro la, spinta delle mutate 
esigenze sociali. Egli compie quella funzione di 
giustizia non pi�.in una attivit� di giurisdizione, 
ma in quella di amministrazione, cio� come organo 
supremo dello Stato nella sua funzione governa


tiva, e il suo atto di decisione non � una sentenza, 
ma un provvedimento amministrativo, poich� 
� pur sempre l'amministrazione che trova nel suo 
seno organi ed istituti per riparare i torti che abbia 

eventualmente arrecati nell'esplicamento della 
sua attivit� (1 ). 

4. All'atto dell'entrata in vigore della nuova 
Costituzione, dunque, l'istituto in esame si delineava, 
allo stato di elaborazione sopraccennata, 
sotto un duplice profilo: da un lato, come un 
residuo storico-giuridico dell'antica� funzione di 
giustizia demandata al Principe nel regime di 
assolutismo, ed in concreto come espressione 
della particolare posizione di supremazia rivestita 
dal sovrano nella monarchia costituzionale, posizione 
che il potere di decisione sul ricorso tendeva 
appunto a confermare. D'altro canto, come un 
ricorso amministrativo, la cui indole era determinata 
sia darlla qualit� di capo supremo dell'esecutivo 
che, secondo l'ordinamento statutario 
competeva al Re, e sia dalla peculiare attivit� 
esercitata da tale organo in ordine al ricorso stesso, 
la quale si rifletteva nell'ambito della sfera giuridico-
amministrativa. 
Sulla base di tali premesse mi sembra che, per 
stabilire, se l'istituto sia sopravvissuto al mutamento 
della forma istituzionale clello Stato, si 
renda necessario esaminare se, nel vigente sistema 
repubblicano e negli organi supremi di governo ivi 
costituiti, si sia mantenuta quella identit� di 
caratteri strutturali che aveva indotto, a suo 
tempo, dottrina e giurisprudenza a giustificare il 
fondamento del ricorso medesimo. 

Intanto pu� apparire ammissibile, in un nuovo 
ordine giuridico, un istituto regolato da una norma 
preesistente, in quanto tale norma non contrasti 
nel suo contenuto, nei suoi presupposti e nei suoi 
effetti con il nuovo oridinamento (2). Nel caso 
specifico, poi, trattandosi di una, disposizione di 
carattere consuetudinario e, quindi, di una fonte 
meramente sussidiaria del diritto, l'indagine si 
presenta tanto pi� necessaria e complessa in 

(1) Cos� RANELLETTI: op. loc. cit. 
(2) Sulla possibilit� di abrogazione di una norma 
giuridica per la soppressione di un suo presupposto 
v, in generale DE RuGGIERO-MAROI: Ist. dfr. priv., 
Milano, 1944, I, 86. 
quanto va estesa all'intero sistema costituzionale 
(1). Alla stregua del quale, la risposta negativa 
al proposto quesito non mi sembra dubbia. 
Il nuovo ordine repubblicano ha sostanzialment,e 
modificato la, figura del Capo _dello Stato. Il 
Presidente della Repubblica, com'� noto, non 
riveste pi� quella particolare posizione di supremazia 
che lo Statuto Albertino attribuiva invece 
al monarca, ivi considerato l'effettivo vertice di 
una piramide, cui facevano capo le tre funzioni 
fondamentali della sovranit�. L'organo presidenziale 
invece non � pi� partecipe del potere legii;
dativo, n� di quello giurisdizionale e, per quanto 
particolarmente ci interessa, non � pi� il capo 
supremo dell'esecutivo. J,e attribuzioni del Presidente 
sono essenzialmente determinate da quella 
funzione di cooperazione attiva e, direi quasi 
paritaria, con gli altri organi supremi costituzionali, 
alla quale eg~i � chiamato ad adempiere. 
Il complesso della norme che mirano a fissarne 
la figura e le competenze si propongono appunto, 
secondo la comune opinione, la particolare finalit� 
di impedire che, nel nuovo sistema democratico 
e repubblicano, il pi� alto organo rappresentativo 
possa assumere l'antica posizione di supremazia 
gi� spettante al Re (2). 


� Stanti tali premesse mi sembra che l'istituto del 
; ricorso 
straordinario risulta attualmente inammissibile 
per nn duplice ordine di considerazioni: 
anzitutto � venuto meno, nel nuovo sistema costituzionale, 
il presupposto logico e giuridico della 
norma costitutiva dei potere di decisione sul 
ricorso e cio� la esistenza di un organo sovrano, 
destinatario dell'antica funzione di giustizia affi. 
data al Principe; in secondo luogo, la norma medesima 
risulterebbe contrastante con il nuovo ordinamento, 
poich� tenderebbe a confermare, nell'organo 
presidenziale, l'originaria posizione di supre


1

mazia spettante al Capo dello Stato monarchi~o 
e, quanto meno, l'esercizio di una funzione proprrn 
del Capo Supremo dell'esecutivo, che invece, la 
nuova costituzione tende ad escludere (3). 

D'altra parte, mi sembra che l'affermata 
opinione secondo la quale la norma contenuta 
nell'art. 's7 Cost. non precluderel)be l'�dito al 
Presidente della Repubblica delle altre attribu: 
zioni di carattere amministrativo gi� spettanti 
al Re, opinione dalla quale il ,Sandnlli trae argomento 
per sostenere l'ammissibilit� attuale del 
ricorso, se pure possa apparire fondata nelle sue 
linee generali (mi esprimo con tutte le riserve; 
non avendo approfondito il problema) mal s1 

(1) Sul valore e sull'efficacia della consuetudine 
in generale c. BoBBio: La consuetudine come fatto norrnativo, 
Padova, 1942 e in particolare ZANOBINI: La 
gerarchia della fonti. Commentario sistematico della Cost. 
italiana, I, 47. 
(2) MARCHI: Il Capo dello Stato, cit:,� 114. 
(3) Per questo motivo non ritengo di poter -aderire 
all'opinione del MORTATI: op. loc. cit., che ritiene essersi 
trasferito dal sovrano al governo della Repubblica 
il potere di decisione sul ricorso straordinario. 

-43 


adatterebbe al caso in questione, poich� ritengo 
che la estensibilit� di tali attribuzioni, al di l� 
dai confini indicati nelle norme costituziona.li, 
debba in ogni caso trovare un necessario limite 
nei confronti di quelle competenze che, per la 
loro particolare natura o per i loro particolari 
effetti importerebbero uno snaturamento dell'organo, 
attribuendogli caratteri funzionali contrastanti 
con la posizione a questo attribuita dall'ordinamento 
stesso. 

5. Alla ammissibilit� del ricorso straordinario, 
d'altra parte, si oppone la norma contenuta 
nell'art. 113 Cost.: <e Contro gli atti dello P.A. 
� sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei 
diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi 
di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale 
tutela giurisdizionale non pu� essere esclusa o 
limitata a particolari mezzi di impugnazione n. 
Il contrasto che si genera fra questa disposizione 
e l'istituto in esame, colpito nei suoi caratteri 
essenziali, mi sembra evidente. Anzitutto si 
rende incompatibile con il nuovo rigoroso sistema 
di tutela giurisdizionale il principio della alternativit�, 
che costituisce il necessario presupposto 
per la proposizione del ricorso. In secondo lnogo, 
lo stesso provvedimento di decisione, dato il 
suo carattere amministrativo, dovrebbe sottostare, 
sia per quanto riguarda i vizi di forma e sia. 
per quelli di sostanza, al controllo della giurisdizione. 
Insomma, sono venuti meno gli elementi 
informatori ed i presupposti che tanto l'ordinamento 
positivo quanto uniformi tendenze erine-
W 
neut.iche si sono affannate ad affermare, al fine di 
evitare, per un giustificato rigore di principi, che 
il Consiglio di Stato, organo consultivo per quanto 
concerne i rie.orsi in via straordinaria e organo di 
giurisdizione sui gravami proposti avverso gli atti 
amministrativi, avesse a pronunciarsi due e, magari, 
tre volte in ordine al medesimo rapporto (1). 

Osserva per� Sandulli che tale norma sarebbe 
inapplicabile all'istituto in questione pereh� si 
riferisce unica.mente agli atti lesivi di interessi 
legittimi, mentre il contenuto della decisione di un 

(1) Per questo sono portato a dissentire dalla opinione 
profilata da SANDULLI, secondo il quale la eventuale 
cumulabilit� dei due ricorsi, quello in via straordinaria 
e quello giurisdizionale, non apparrebbe di 
tale ostacolo da far ritenere inapplicabile l'istituto 
nel nuovo ordinamento di giustizia amministrativa, 
dato che il parallelo esperim,ento delle due forme di 
tutela � gi� previsto per le questioni attinenti ai diritti 
soggettivi. Tale parallelismo, invero, mi sembra giustificato 
in questo caso, dato il diverso obbietto che si 
propone il provvedimento giudiziario rispetto a quello 
adottato in via straordinaria l'uno mirando alla mera 
reintegrazione dei diritti soggettivi lesi, e l'altro all'annullamento 
dell'atto impugnato. Nell'ipotesi, invece, 
in cui il privato si dolga per la lesione di un interesse 
legittimo, ambedue i provvedimenti riparatori 
producono il medesimo effetto dell'annullamento, 
onde il parallelismo dei due ricorsi risulterebbe, oltre 
che poco opportuno, pericoloso. 
ricorso straordinario, ancorch� non soddisfi alle 
richieste del ricorrente, mai lederebbe siffatta 
forma di interessi, dato che nessun interesse 
legittimo potrebbe vantare il-privato in ordine 
alla sostanza della decisione. D'altra parte, 
continua l'Autore, la norma contenuta nell'articolo 
113 Oost. non pu� essere destinata a proteggere 
situazioni giuridiche nei confronti delle quali 
non fosse orma.i pi� consentito avvalersi di rimedi 
forniti di garanzie giuridiche. 

Non mi sento di condividere tali affermazioni, 
fondate essenzialmente sulla particolare configurazione 
che all'istituto attribuisce il chiaro studioso, 
considerandolo quale rimedio extra juris 
ordinem, sfornito delle peculiar�t� attinenti 3,i 
mezzi riparatori assistiti da garanzie giuridiche. 

Tale carattere di rimedio extra juris ord.inem, 
invero, tramandato allo istituto fin dalle remote 
origini, in cui questo appariva come una domanda 
rivolta alla grazia sovrana, libera da ogni vincolo 
di termini ed in ordine a.Ila quale l'organo decidente 
non aveva alcun obbligo di provvedere, si � 
completamente trasformato in seguito alla entrata 
in vigore delle varie norme procedurali sopra considerate, 
ed alla riforma della giustizia amministrativa 
del 1889. Con la quale, istituitasi la IV sezione 
del Consiglio di Stato e disciplinato, quindi, il 
ricorso straordinario come un rimedio alternativo 
con quello giurisdizionale (1), ne deriv� che alla 
proposizione corrispondesse nell'organo adito l'obbligo 
della decisione. Per tale effetto e per il rigore 
dei termini e delle preclusioni fissate dalla vigente 
normativa, mi sembra che l'antica istanza abbia 
perduto la sua orginaria fisionomia, che ne faceva 
un rimedio di carattere eccezionale (2), posto 
al di sopra e al di fuori degli ordinari mezzi destinati 
a svolgere una funzione riparatoria nell'intereRse 
dei privati ricorrimti. In funzione di tale 
intereSf?e, invece, l'istituto risulta oggi principalmente 
cireoscritto, tanto vero che l'atto di annullamento 
o di eonferma del provvedimento impugnato 
in via straordinaria intanto appare ammissibile 
in quanto sussiste quel concreto interesse di 
giustizia che si determina appunto attraverso la 
doglianza del singolo, la cui realizzazione � garantita 
dall'ordinamento giuridi<iO al di fuori da ogni 
sfera di discrezionalit� amministrativa (3). Per 
queste considerazioni ritengo che la dottrina 
abbia sempre ravvisato nel ricorso medesimo 
un ordinario mezzo amministrativo di difesa del 
privato e non gi� una mera guarentigia amministrativa 
che, com'� noto, � posta invece in funzione 
di un astratto interesse di giustizia, al fine di assicurare 
l'osservanza del diritto obiettivo ed il buon 

(1) Vedi ScIALOJA: Oome il Consiglio di Stato divenne 
organo giurisdizionale,� Riv. dir. pubbl. n, 1931, I;, 407. 
(2) Concorda su questa osservazione PRESUTTI : 
Istituz. dir. amm., Milano, II, 130, n. 37 e HAUPTMANN, 
ivi richiamato. 
(3) ZANOBINI: op.. cit., II, 43, Id. Ricorso amministrativo 
e annullamento di ufficio. cc Giur. It. �, 1942, 
III, 51; 78. RANELLETTI: cit. 201. 

-44 


funzionamento della P. A.; indipendentemente ed 
anche fuori da ogni lesione individuale (1). 

N� in diverso avviso mi induce l'opposta opinione 
di Sandulli, che nega il carattere funzionale 
propriamente riparatorio dell'atto di decisione 
sul ricorso, in base alla considerazione che, con la 
proposizione della domanda in via straordinaria, 
il ricorrente avrebbe rinunciato o, comunque, 
sarebbe decaduto dalla possibilit� di esperire 
rimedi forniti di garanzie giuridiche, ed in quanto 
nessun interesse legittimo potrebbe pi� vantare 
costui in ordine alla sostanza della decisione. 
Anzitutto, mi sembra che il ragionamento del 
Sandulli, bench� svolto con quella acutezza di 
analisi che � propria di tale autore, parta da un 
assioma non confortato da una rigorosa dimostra.zione. 
Affermare infatti che l'atto di decisione in 
via straordinaria non pu� ritenersi lesivo di interessi 
legittimi in quanto risulta enucleato dalla 
cerchia dei rimedi assistiti da garanzie giuridiche, 
e che intanto i ricorrenti non possono pi� vantare 
la lesione di interessi legittimi in ordine alla 
sostanza della decisione in quanto sono decaduti 

o hanno rinunciato ad avvalersi dei rimedi forniti 
di tali guarentigie, non significa ancora aver 
dimostrato come e perch� il ricorso straordinario 
non debba considerarsi alla stregua di tali rimedi. 
Posto viceversa, come si � sopra veduto, che al ricorso 
straordinario attiene un carattere strettamente 
riparatorio, si potr� tutto al pi� constatare che 
il ricorrente abbia rinunciato o sia decaduto dall'esercizio 
dell'azione giurisdizionale, ma non dal diritto 
alla tutela giuridica dei propri interessi lesi dal 
provvedimento dell'Autorit�, che possono essere 
appunto fatti sempre valere in via straordinaria. 
D'altra parte, non mi sembra che la inoppugnabilit� 
dell'atto importi una degradazione dell'interesse 
legittimo al rango di interesse semplice, nei 
confronti del quale l'ordinamento giuridico rimane 
indifferente. Tale effetto � essenzialmente attinente 
alla sfera di privata utilit� che interferisce nel 
campo di azione entro cui la P.A. esplica un potere 
assolutamente discrezionale, in conseguenza del 
quale, soltanto, tali interessi restano assolutamente 
privi di protezione giuridic.a. Per altro se 
� vero che, mancando tale protezione per effetto 
della discrezionalit� amministrativa, non pu� 
ovviamente esistere la tutela giurisdizionale, 
non mi sembra affatto esatta la proposizione 
inversa, e cio� che, qualora la tutela giurisdizionale 
sia soppressa o divenuta impossibile nei confronti 
di un interesse legittimo, cessi ogni protezione 
giuridica e sopravvenga la degradazione di essa, 
con il conseguente ingresso di un potere assolutamente 
discrezionale della P. A. rispetto a quella 
situazione giuridica, in ordine alla quale, fino a 
che la difesa giurisdizionale del privato risulta.va 
esperibile, l'Autorit� amministrativa restava, in


(1) ZANOBINI: cit. 43; .ALESSI: op. cit., 6, 92 e segg.; 
RAGGI: op. loc. cit.; sui caratteri differenziali tra guarantigie 
giudiziali ed amministrativE;i cfr. l'acuta analisi 
del RANELJ,ETTI, cit., 195 e segg. 
vece, vincolata (1). Se mi fosse consentito in 
proposito un accostamento concettuale alla dogmatica 
processualista, direi che alla possibilit� di 
una identificazione fra protezione giuridica e 
tutela giurisdizionale dell'interesse, si opporrebbe 
il concetto dell'azione, elaborato dalla dottrina 
moderna come un potere assolutamente autonomo 
dal diritto sostanziale che si pretende leso (2 ). 
Nella teorica del diritto amministrativo, poi, la 
indipendenza della situazione ginridica sostanziale 
da quella propriamente riparatoria si puntualizza 
nella distinzione affermata dal pi� consolid,ato 
orientamento tra l'interesse legittimo propriamente 
detto (interesse legittimo sostanziale), la 
cui esistenza compete dall'ordinamento giuridico, 
e l'inter�sse formale al ricorso, che si sostanzia 
attraverso ed a seguito della lesione del primo (3). 
Se il rapporto formale viene quindi ad esaurir&i 
per effetto della decadenza, della, preclusione 
oppure in conseguenza del proposto gravame, 
non per questo l'interesse legittimo sostanziale 
leso si degrada dalla sua funzione di limite alla 
attivit� della P. A. La quale, ancorch� non possa 
essere pi� denunciata dal privato in sede riparatoria, 
per effetto della sopravvenuta causa impeditiva, 
eonserva per� la saliente nota di illegittimit�, 
che la lesione dell'interesse ha appunto 

(1) Cfr. da ultimo su questo ptmto PALLOTINO: 
Efficacia nel tempo dei rimedi giurisdizionali ripristinati 
dall'art. 113 Oost. cc Foro It. '" 1951, I, 203. RANELLETTI: 

cit. 160. 

,,,,J

.,:;.:::::

(2) CHIOVENDA: L'azione nel sistema dei diritti. Saggi 
I, 3; PuGLIESE, Actio e diritto subbiettivo, Milano, 1939; 
Rocco A.: Sentenza civile, n. 31; CARNELUTTI: Teoria 
1

generale, 131. 

(3) TOSATO: Interesse materiale e interesse processuale 
nella giurisdizfone amministrativa di legittimit�; 
I 

BoDDA: Interesse a ricorrere e interesse legittimo cc Foro 
Amm. '" 1935, I, 1, 48; RANELLETTI: cit. 395 n. l; 
BoNI: La Giustizia amm., 204; .ALESSI: Interesse 
sostanziale e interesse proc. nella giurisd. amm. Archivio 
Giuridico 1942, 132. Da questo orientamento, per� 
dissentono alcuni Autori, che configurano una sola 
forma di interesse, quello al ricorso, che sarebbe comprensivo 
anche dell'interesse legittimo. Tale tendenza 
fonda sulla particolare concezione della giurisdizione 
di legittimit�, considerata da tali Autori come una 

I giurisdizione di diritto obbiettivo, ammessa soltanto 
per la tutela dell'interesse generale, vedi GUICCIARDI: 

. 

.

Giustizia Amministrativa, Padova, 35 e segg., 60 e segg. 
153 segg.; D'ALESSIO: Ist. dir. amm. U.T.E.T. 1941; 

II20, II, 385; SALANDRA: Giustizia amm. 779. La maggioranza 
della dottrina e della giurisprudenza, per�, 
si mostrano contrari a questo orientamento, v. in pro


. 
.

posito la critica dello ZANOBINI: op. cit., I, 286. La 
giurisprudenza del Consiglio di Stato ha pi� volte riconosciuto 
la sussistenza delle due distinte forme d'in


;
;
" 
:--;

I~ 
teresse: cos� (IV Sez.) 13 luglio 1934, Foro Amm. ~34'. 

I, 1 %, 317; Id. 7 dicembre 1934, ivi, 1935, I, 1, 47~ . 

,

id. 8 giugno 1935; ivi, I, 1, 276; id. 11 maggio 1938, 

" 

ivi, I, 1, 195; id. 14 aprile 1939, ivi, I, I, 167; id. 15 , 
maggio 1946, �Foro It. '" 1946, III, 46. 


-45


determinato, tanto vero che � sempre possibile rit�, senza limitazioni di ordine soggettivo o proreintegrare 
l'ordine giuridico e l'interesse violati cessuale, e pertanto si deve ritenere che la gaattraverso 
un a,tto di auto-impugnazione (1). ranzia della tutela giurisdizionale sia posta in 
funzione non soltanto dei sogg.etti che Bi preten


6. Le argomentazioni fin qui svolte mi sembrano dano direttamente danneggiati dall'atto amminisufficienti 
ad escludere l'ammissibilit� dell'isti-strativo: ma anche di coloro che, trovandosi in 
tuto nel vigente sist,ema costituzionale. un rapporto giuridicamente rilevante con la si-
Da un lato l'indole del ricorso straordinario tuazione sostanziale determinata dal provvediquale 
mezzo di tutela giuridica e, dall'altro, la mento medesimo, risultino titolari di un interesse 
sussistenza nei ricorrenti dell'interesse legittimo al mantenimento della situazione sostanziale stessostanziale 
e di quello formale in ordine all'atto di sa, di cui gli altri soggetti chiedono la modifica. 
decisione, importerebbero l'applicabilit� dell'arti-Riportando tale considerazione all'istituto in esacolo 
113 Cost. nei confronti del provvedimento me, mi sembra che il carattere alternativo del 
del Capo dello Stato, con la conseguente sottopo7 ricorso, ove anche si fondasse su di una prevensizione 
di questo al controllo giurisdizionale e, tiva rinunzia dell'interessato, risulterebbe ugualquindi 
con uno snaturamento dell'istituto cos� mente contrastante con i principi fissati nell'artinotevole, 
da farne eseludere la ulteri�re perma-colo 113, poich� priverebbe i controinteressati 
nenza. , della garanzia costituzionale di attuare la difesa 

Si osserva inoltre che, attraverso il disposto dei propri interessi attraverso il controllo della 
della norma sopra richiamata, il legislatore ha giurisdizione. 
inteso elevare a dignit� costituzionale il principio D'altra parte -e questo costituisce, a mio avdella 
inderogabilit� della giurisdizione ordinaria viso, l'argomento pi� decisivo che porta ad esclu


o amministrativa, al fine di attuare un sistema di dere l'ammissibilit� dell'istituto -� innegabile 
migliori garanzie, che assicurino ai cittadini la che, una volta intervenuto il provvedimento di 
effettiva tutela dei propri diritti ed interessi lesi. decisione sul ricorso straordinario che disponga 
Da questo profilo, mi sembra che l'indole alterna-l'annullamento dell'a~to impugnato, i controintetiva 
del ricorso s.tesso risulti contrastante con il ressati, pur risultando lesi in un proprio interesse 
nuovo ordinamento, poich� fornirebbe all'interes-da tale provvedimento, di natura amministrativa, 
sato la facolt� di avvalersi di un mezzo sostitutivo e pur essendo, quindi, divenuti a loro volta gli 
della giurisdizione. N� ritengo che, ad ovviare interessati diretti in rapporto alla nuova situaquesto 
contrasto, possa correttamente affermarsi zione giuridica, si troverebbero assolutamente 
che l'esperimento del ricorso risulta condiziona.to sforniti di tutela giurisdizionale, non potendo far 
ad una preventiva rinunzia all'azione giurisdi-valere le proprie doglianze in sede 1 di gravame, 
[llzionale 
da parte degli interessati, poich� tale a causa della peculiare inoppugnabilit� dell'atto 
rinunzia sarebbe, in ogni caso, effettuata in fun-di decisione, e ci�� con una evidente violazione 
zione del principio dell'alternativit� che, a lume dei principi e delle garanzie fissate nella norma 
del nuovo orientamento costituzionale deve rite-costituzionale predetta. 
nersi invece abrogata. Per quanto poi riguarda 

7. N� infine ritengo che risulti di conforto
l'ipotesi della proposizione dell'istanza successiva


alcuno alla tesi della ammissibilit� dell'istituto

mente alla decadenza dai termini stabiliti per 

la norma contenuta nell'art. 23 dello Statuto

l'esperimento dell'azione giurisdizionale, l'inammis


per la Regione siciliana, la quale appunto prevede

sibilit� del principio alternativo apparir� evidente 

la, possibilit� di ricorrere in via straordinaria la

ove si consideri il caso in cui esistano dei contro


Presidente della regione stessa.

interessati al ricorso. Questi ultimi, difatti, dopo il 

A parte la considerazione che il ricorso la

consolidamento dell'atto amministrativo, verifi


Presidente regionale potrebbe piuttosto equi


catosi con il decorso dei termini fissati dalla legge 

pararsi al rieorso al Capo del governo, piuttosto

per l'impugnativa, si vedrebbero esposti, attra


che al Capo dello Stato, la norma citata risulta,

verso il riesame in sede straordinaria del provve


invero, giustificata dal fatto che, al momento

dimento medesimo, al pericolo di una modifica 

della sua introduzione, rispecchiava nell'ambito

della situazione giuridica gi� determinatasi, senza 

regionale il sistema di giustizia amministrativa

peraltro poter far valere le proprie doglianze, 

adottato dall'ordinamento statuale allora vigente.

conseguenti all'annullamento dell'atto impugnato, 

Non mi sembra perci� che l'ipotesi configurata

innanzi all'organo di giurisdizione, in conformit� 

nello art. 23 possa servire da elemento di inter


di quanto verrebbe loro, inveee, espressamente 

pretazione delle nuove norme costituzionali. Si

riconosciuto dall'art. 113 Cost. (2 ). 

deve piuttosto osservare che il riconoscimento

J;a disposizione dell'articolo 113, infatti, si ri


espresso dell'istituto nel sistema regionale sici


ferisce alle situazioni giuridiche sostanziali che 

liano crea una disarmonia tra l'ordinamento

si pretendono lese dal provvedimento dell'auto


regionale stesso e quello risultante dalla Costituzione. 
Sarebbe pertanto auspicabile che tale 

(1) RANELLETTI: cit., 195. 
contrasto venisRe Aliminato, attraverso una precisa 
(2) Sulla posizione giuridica del controint.eressato 1mh1zione, da prendersi, naturalmente, in sede 
cfr. GrnccrARDI: Sulla nozione di controinteressato. legislativa. 
"Giur. It. '" 1948, 107, Oons. Stato (IV Rez.) 28 �febENZO 
CIARDULLI 
braio 1947, ivi, 108. .A.VVOOATO DELLO STATO 

NOTE D I DOTTRINA 


Raccolta completa della giurisprudenza del Consiglio 
di Stato (a cura di vari Magistrati del 
Consiglio di Stato, Editore Giuffr�). 

Segnaliamo con piacere questa Rivista trimestrale 
che colma brillantemente una lacuna, particolarmente 
sentita per coloro che debbono mantenersi 
al corrent,e della giurisprudenza del Consiglio 
di Stato, sia perch� giuristi, sia perch� 
avvocati, sia perch� funzionari dell'Amministrazione 
attiva. 

Sono riportate nella rivista tutte le decisioni 
emanate dalle tre sezioni giurisdizionali e, dall'Adunanza 
plenaria (con la sola indicazione di 
quelle motivate in fatto o innterlocutorie). Della 
motivazione delle decisioni� � riportata la parte 
che ha un reale interesse giuridico e i tagli sono 
fatti con grande oculatezza,. Note brevi ma documentate 
e precise completano il pregio della 
pubblicazione. 

RENATO ALEssr: Questioni processuali e questioni 
sostanziali in materia di rapporto di impiego di 
dipendenti da enti pubblici e�onomici, in �Rivista 
Amministrativa n, 1950, I, 605. 

L'A. spezza una lancia a favore della natura 
privatistica del rapporto di impiego con enti 
pubblici economici, distinguendo tra l'attivit� 
dell'ente e le sue condizioni soggettive, e richiamando 
l'attenzione degli studiosi sugli artt. 2093 
e 2129 del Codice civile. 

Il suo assunto � che il rapporto � privato o pubblico 
a seconda della natura pubblica o privata 
delle norme che lo disciplinano. 

Rileva, infine, che in tal modo la disposizione 
processuale dell'art. 429 c.p.c. non � che la esplicazione 
della situazione sost,anziale, rappresentata 
dalla gi� esaminata disciplina del rapporto (articoli 
2093 e 2129 Codice civile) e che sarebbe inconseguent~ 
una� soppressione o modifica della 
norma processuale non accompagnata dalla sop
�pressione o modifica della norma sostanziale. 

Concordiamo pienamente con la tesi dell'A. che 
si incontra, senza conoscerla, con quella sostenuta 
da questa rivista (v. SrMr: in questa Rassegna, 
anno 1950, pagg. 65-70). 

Questo incontro di pensiero non ci appare come 
puramente causale: esso � indice che a un certo 
momento i problemi, anche pi� ardui, del diritto, 
vengono a maturazione spontanea. 

Rileviamo tuttavia la nostra� perplessit� sulla 
attribuita rilevanza all'art. 2129 come norma che 
porrebbe una disciplina di carattere privatistico. 

� inf11tti, secondo noi, da ritenersi che l'arti


colo 2129 non importi l'applicazione che delle 

sole norme del codice sull'impresa (Sezione III 

del Libro V) in via sussidiaria per gli enti pubblici: 

per cui esso terrebbe le veci dell'art. 2 della legge @ 

sull'impiego privato e configurerebbe quell'attra


zione della norma sostanziale privata nel campo 

pubblicistico in via, sussidiaria, integrativa e su


bordinata ai principii di diritto pubblico, che non 
toglie il carattere pubblieo del rapporto, giusta la 
costa,nte giurisprudenza appunto sull'art. 2 della 
legge sull'impiego privato/. 

Diverso � invece l'art. 2093, il quale effettivamente 
sottopone il rapporto alla disciplina integrale 
del diritto del lavoro e in primis come fonte 
primaria, ai contratti collettivi. 

Ci� evidentemente nulla toglie, tuttavia, alla 
validit� della tesi generale sostenuta nello studio 
in esame. 


RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


APPROVltlGIONAMENTI E CONSUMI -Poteri del 
Ministero dell'agricoltura nel periodo di guerra Delega 
dei poteri di controllo ed enti privati Iscrizione 
di quota di rimborso spese a carico della 
ditta controllata -Natura giuridica. (Corte di Cass., 
Sent. n. 2792/50 -Pres.: Pellegrini, Est.: Mancini, 

P. M. : Macaluso -Soc. S. Erasmo -S. A. I. EB. 
Comm. Alimentazione). 
Nell'ampio potere cbe il R.D.J,. n.1716 del 1940 
convertito nella legge 385 del 1941 confer� al Ministero 
dell'agricoltura e foreste per disciplinare 
la distribuzione dei generi alimentari, rientrava 
la facolt� di esso Ministero di avvalersi della collaborazione 
di altri enti rrer controllare ai fini accennati 
le ditte produttrici dei generi medesimi. La 
indicazione degli enti, ai quali, giusta l'art. 7 del 
predetto R.D.L. il controllo poteva essere affidato, 
non aveva carattere tassativo, e quindi il Ministero 
poteva legittimamente delegare il controllo 

[l anche a societ� private. � 
Nell'�mbito dei predetti poteri rientrava anche 
la facolt� del Ministero di imporre a carico della 
ditta produttrice controllata e a favore dell'ente 
privato cui era stato delegato il controllo, una 
quota di rimborso spese per ciascuna unit� di peso 
(quintale) di prodotto controllato; detta prestazione 
patrimoniale, essendo stabilita a favore non 
di un ente pubblico, bens� di una persona giuridica 
privata, non venfva ad assumere alcun ca.rattere 
di tributo fiscale (tassa) e pertanto poteva 
essere legittimamente imposta con semplice decreto 
miri�steriale, anzich� con legge. 

Bench� le questioni esaminate e decise in questa 
sentenza si riferiscano a situazioni giuridiche sorpassate, 
in qitanto collegate con lo stato di guerra, 
tuttavia appare evidente la loro importanza; sia in 
relazione alla possibilit� che le situazioni stesse 
possano ripresentarsi, anche in connessione di 
emergenze diverse da quelle belliche, sia per l'a considerazione 
che, specie la seconda massima trascende 
la particolarit� del caso deciso per assurgere alla 
formulazione di un principio generale. 

L'esclusione dalla categoria. dei. tributi delle prestazioni 
impo8te dall'Amministrazione a privati 
in favore di altri privati, quale corrispettivo di, servizi 
obbligatoriamente resi da questi a quelli, deriva 
infatti dall'aver considerato tale imposizione come 
una con8egu.enza del potere dell'Amministrazione di 
costituire rapporti fra privati, sostituendo la propria 

vulont� imperativa al consensus che di tali rapporti 

� la fonte normale. 

Trattasi, come si vede, ci un problema molto com


plesso ed ampio, che prossimamente sar� oggetto di 

particolare studio su questa Rassegna. 

CASSAZIONE -Termini -Anno della pubblicazione 


Sentenze di giurisdizioni speciali -Co~missioni 

requisizioni alloggi. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. 

n. 2590/50 -Pres. : Pellegrini; Est. : Passanisi, P. M. : 
Pittiruti -Marchi� contro Court Reder). 
I/art. 327 c.p.c. relativo all'improponibilit� del 
ricorso per cassazione dopo decorso un anno dalla 
pubblicazione .delle sentenze, trova applicazione 
non solo nei confronti delle pronunzie dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, ma anche a tutte le decisioni 
del giudice speciale quando per disposizione espressa 
o per rinvio sia stabilito che la decisione di detti 
giudici � resa pubblica mediante deposito nella 
cancelleria o segreteria od in genere nell'ufficio 
del giudice stesso, salvo norme contrarie od incompatibili 
con il sistema stabilito dal codice di 
rito civile contenute nella legge istitutiva della 
giurisdizione speciale. 

Si � compiuta con questa sentenza l'evoluzione 

della giurisprudenza in materia di applicazione del


l'art. 327 alle sentenze delle giurisdizioni speciali. 

La tappa precedente su questa strada � costituita 

dalla sentenza n. 295 del 1948 delle ste8se Sezioni 

Unite (v. in questa Rassegna 1948, fase. 6, pag. 6). 

Secondo questa sentenza (annotata dal Caporaso 

in Arch. Ricerche giur., 1951, col. 155) pu� dirsi 

che non vi siano pi� sentenze di giudici speciali alle 

quali l'art. 327 non si applichi. 

Per quanto riguarda la materia traUata dall'Avvocatura, 
non vi � dubbio che la norma in questione 
.si applichi alle decisioni del Con8iglio di Stato e del 

Comitato giurisdizionale delle requi8izioni. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Diritto e interesse 
-Sindacato di eccesso di potere -(Cons. di 
Stato, IV Sez., 29 ottobre 1950, n. 518 -Rie. Ti;i!si). 

1. I membri della Deputazione Provinciale, 
nominati ai sensi dell'art. 1 del regio decretolegge 
4 aprile 1944, n. 111, godono di un diritto 
soggettivo alla carica, il quale resta affievolito 
in confronto dei poteri discrezionali di revoca o di 

-48 


scioglimento spettanti alla Pubblica amministrazione, 
ma non anche allorch� si tratta di rinnovare 
la Deputazione per decorso del quadriennio. 

2. Il sindacato di eccesso di potere pu� dal Consiglio 
di Stato essere esercitato soltanto nelle materie 
che sono devolute alla sua giurisdizione e 
non anche quando l'atto amministrativo abbia 
violato un diritto soggettivo del privato sul quale 
la giurisdizione spetta al giudice ordi~ario. 
3. Un diritto soggettivo non pu� essere fatto 
valere come interesse legittimo. 
4. Se attraverso le deduzioni del ricorrente si 
acquisisce la certezza che egli pretende di possedere 
e di far valere un interesse legittimo, tale 
atteggiamento � decisivo agli effetti della pronuncia 
sulla giurisdizione. 1\fa se il Consiglio di Stato 
accerta poi da un punto di vista obiettivo, che il 
nostro ordinamento positivo non riconosce al 
ricorrente un interesse legittimo, il ricorso deve 
essere dichiarato inammissibile per l'inesistenza di 
un presupposto necessario, cio� della titolarit� 
dell'interesse legittimo. 
1-4. Sulla posizione giuridica dei membri di 
Deputazione provinciale il Consiglio di Stato non 
ha fatto che confermare l'indirizzo preso con la 
decisione 26 febbraio 1949, n. 213 su ricorso Pierangeli, 
riportata nella Rassegna (anno 1949, 
pag. 213) con nota adesiva. 

Ci� sembra anche che non dia luogo a dubbi 
l'altro principio affermato nella decisione, e cio� 
che l'eccesso di potere pu� essere rilevato dal Consiglio 
di Stato in confronto di atti amministrativi, 
che rientrano nelle materie di sua competenza, 
che toccano interessi legittimi del privato 
(e in linea eccezionale anche diritti soggettivi 
devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo); ma non pu� essere rilevato in 
confronto a diritti soggettivi, la cui violazione 
richiama la giurisdizione ordinaria. Pet ammettere 
ci� sarebbe necessario che un diritto soggettivo 
possa farsi valere come interesse legittimo, mentre 
nella decisione � stato richiamato e ribadito 
l'indirizzo cont,rario affermatosi ormai da lungo 
tempo sulla base della diversa consistenza del 
diritto rispetto all'interesse e quindi della diversa 
guarentigia giurisdizionale che il nostro ordinamento 
giuridico assegna all'uno rispetto all'altro. 

Recentemente le Sezioni Unite di Cassazione 
hanno avuto modo con sentenza 24 marzo 1949 

n. 635 di affermare il principio della impossibilit� 
per il giudice ordinario di rilevare l'eccesso di potere 
nelle materie devolute alla sua giurisdizione; 
e la dottrina ha aderito a tale insegnamento (JEMOLo, 
Giudice ordinario e sinda,cato di eccesso di 
potere, in � Rivista Giurid. del Lavoro ))' 1949, 
n. 27; di tale nota si � data notiz�a con commento 
favorevole nella Rassegna; 1950, pag. 18). � da 
notare che la decisione del Consiglio di Stato e la 
sentenza delle Sezioni Unite considerano due 
aspetti di uno stesso problema: si tratta in ambedue 
i casi della impossibilit� di un sindacato di 
eccesso di potere nelle materie devolute alla giurisdizione 
ordinaria; e solo che tale impossibilit� 
nella derisione del Consiglio di Stato viene considerata 
in confronto del giudice amministrativo 
e si configura propr�amente oome difotto di giurisdizione 
di esso giudice amministrativo in quelle 
determinate materie, a norma dell'art. 2 della 
legge 20 marzo 1865 sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo nonch� degli artt. 26 a 29 
del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 sul Consiglio di 
Stato; nella sentenza delle Sezioni Unite invece 
viene considerata in confronto del giudice ordinario, 
e si configura propriamente come difetto in 
tale giudice del potere di annullare, revocare o 
modificare l'atto amministrativo nelle materie 
soggette alla sua giurisdizione, secondo il principio 
dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865. Sicch�, 
pur tenendo presenti i due diversi aspetti della 
questione, non si :pu� non prendere atto della conforme 
soluzione che ad essa � stata in sostanza 

data.dai due giudici. 

Nell'ultima massima il Consiglio di Stato ritorna 
su una questione, che � stata gi� esaminata 
nella Rassegna (anno 1950, pag. 151), quella cio� 
di stabilire in quale senso debba essere inteso l'oggetto 
della domanda, e pi� particolarmente la 
causa petendi, al fine di discriminare la giurisdizione 
fra, giudice ordinario e giudice amministrativo. 
Come fu fatto notare nella precedente nota 
della Rassegna, mentre Ja, OassaziOne si � pronunziata 
in modo piuttosto perplesso su t,ale questione, 
il Consiglio di Stato invece ha molto chiaramente 
affermato il principio che la discriminazione della . 
giurisdizione ordinaria da quella amministrativa�l 
va fatta in base alla tesi del privato, a seconda I 
cio� che esso pretenda di far valere un diritto o 1 
un interesse legittimo, e indipendentemente dalla 
indagine obbiettiva se la legge riconosca l'uno o 
l'altro. 

Non staremo a ripetere le ragioni che port,ano a 
dissentire da un tale indirizzo. Diremo soltanto 
che di esse deve essersi fatta eco la odierna decisione, 
nella quale ci sembra di notare il tentativo 
di rimeditare il problema e sottoporlo a una indagine 
pi� approfondita, col che peraltro si � giunti 
a conclusioni a nostro avviso ugualmente inaccettabili. 


l.Ja decisione comincia col rilevare che �se attraverso 
l'interpretazione delle deduzioni del ricorrente 
si acquisisce la certezza che egli pretende di 
far valere un interesse legittimo, tale atteggia-:,; 
mento � decisivo agli effetti della pronuncia sulla ~,~~

... 
giurisdizione. l.Ja domanda � atto di parte ed � li-,� 
bera espressione� della pretesa che la parte sotto-j~ 
pone al giudice amministrativo, chiedendone l'ac-�" 
certamento e la tutela nei confronti dell'Amministrazione; 
oggetto della domanda � dunque 
la causa petendi (interesse legittimo o diritto soggettivo) 
di cui il ricorrente assume di essere tito-:::: 
lare. Se si chiede la tutela d'un iiit�resse]eg!ttimo 
la cognizione della domanda � devoluta al giudice 
amministrativo, il quale poi esamina in un 

momento successivo e sotto altro profilo se il 
vantato interesse legittimo realmente sussista. m 



-49


Nella fattispeeie una esplicita e categorica a.ffer-i�perch� bisogna riconoscere all'odierna decisione 
mazione nel senso accennato non vi � stata da parte 'til merito di avere rimeditato il problema, giundel 
ricorrente, tuttavia nella tesi, decisamente 1i'gendo a una soluzione che consente di evitare tali 
oltre che abilmente sostenuta, della competenza/ :inconvenienti. . . .. 

d.i ~uesto Consiglio di sindacare il decreto prefet~ 1�) Ma, detto ci�, bisogna domandarsi se veratiz10 
de quo sotto i dedotti profili di eccesso\ ,mente l'indagine preliminare sulla esistenza deldi 
potere sembra necessariamente implicito l'as-, 1. l'interesse legittimo attiene -come � affermato 
sunto che il ricorrente possegga un cc.interesse 1nella decisione -alla titolarit� che ne abbia il 
legittimo �. ricorrente, cio� alla legitimatio ad causam, ov-
E poi la decisione aggiunge: cc Se cos� �, il Con-I vero attiene alla giurisdizione. B si comprende 

1

siglio -pur riconoscendo di essere stato sulla.'� 
base di detto presupposto correttamente adito deve 
passare ad esaminare obbiettivamen.te se in! 
effetti, alla stregua del nostro ordinamento posi-� 
tivo, i ricorrenti siano titolari del vantato interesse1t 
legittimo. E il risultato di tale esame ... non pu�! 
essere che negativo. Cosicch� il ricorso ... deve 
dichiararsi inammissibile per inesistenza di uni. 
presupposto della proposta azione di impu-1 

gnativa, cio� della titolarit� di un interesse)� 
legittimo �. 

Sicch�, se non abbiamo compreso male il ragionamento 
della decisione, il giudice amministra-I 
tivo deve accertare in via preliminare se l'ordina-. 
mento ,giuridico riconosce l'interesse legittimo che1 
il privato pretende di far valere col suo ricorso;'� 

e se l'accertamento � negativo, deve diehiarare' , rispetto all'altro ovvero nei confronti delle attril'inammissibilit� 
del ricorso proposto. Bisogna' buzioni esclusive riservate alla P.A. 
dire che questo indirizzo del Consiglio di Stato' Non � possibile non notare lo sforzo dialettico 
consente di evitare alcuni dei pi� gravi inconve-1 1 della decisione per configurare l'indagine sulla 
nienti, poich� nella giurisdizione degli interessi esistenza dell'interesse legittimo come indagine

1 

legittimi l'indagine sulla esistenza (obbiettiva);' relativa alla titolarit� dello stesso. E tale sforzo 
dell'interesse legittimo, che si pone a fondamento' � tanto pi� evidente in quanto la decisione aveva 
del ricorso, se non viene compiuta in via preli-'. � avuto modo di accertare che nel caso concreto 
minare, non pu� essere pi� compiuta o quanto' la legge riconosceva al ricorrente un diritto sub


'jmeno difficilmente pu� essere compiuta nel corso';, biettivo perfetto alla carica (jus in officio), sicdel 
giudizio. Occorre infatti considerare il (\arat-j cn� l'unica conseguenza che da tale accertamento 
tere particolare del giudizio sugli interessi legit-j si poteva trarre era il difetto di giurisdizione del 
timi, cio� il duplice aspetto che esso assume, ba-Consiglio di Stato, non anche l'inammissibilit� 
sandosi sulla tutela degli interessi legittimi per ' del ricorso per mancanza di titolarit� di un inte


1

giungere a salvaguardare l'interesse . pubblico: 1. resse legittimo inesistente. 

esso, infatt.i, ha come presupposto la tutela degli 
interessi legittimi, come oggetto la salvaguardia 
dell'interesse pubblico. Sicch� l'indagine sulla 
esistenza dell'interesse legittimo si pone e non 
pu� che porsi allorch� si tratta di vedere se pu� 
darsi ingresso all'azione d'impugnativa, mentre, 
una. volta ammessa tale azione, il giudizio si svolge 
in tutt'altra. direzione e con tutt'altro oggetto, 
e~sen~o. diretto a. stabilire se l'atto amministrat1vo 
e nspondente all'interesse pubblico. Il precedente 
indirizzo del Consiglio di ~tato, da n?i gi~� 
segnalato nella Rassegna (loc. cit. ), allorche mirava 
a far~ ~ell'ind~~ine ~ulla ~siste~za dell'in: 
!'eresse. legittimo un mdagme di merito (vedasi 
111 particolare IV Sezione 16 maggio 1945 in cc Foro 
!tal. �, 1944-46, III, 19), non teneva presente che 
m effetti nel merito del giudizio amministrativo 
una tale indagine non si ripresenta o si ripresenta 
molto difficilmente; e quindi, a non porsi il compito 
di svolgerla in via preliminare, si rischia di 
trasformare il ricorso giurisdizionale in un'azione 
popolare, e la giurisdizione sugli interessi legittimi 
in una giurisdizione di diritto obbiettivo. Ecco 

�.1a necessit� di una rigorosa preeisione di concetti 
~in proposito, poich� solo nel secondo caso pu� 
,� ammettersi il ricorso alle Sezioni Unite della Cas


~� sazione per motivi attinenti ailla giurisdizione 

(art. 362 c.p.c. e 111 Costituiozne). 
~j Su questo punto non si pu� non rilevare che 
)'indagine sull'esistenza dell'interesse legittimo, 

,come ugualmente quella sull'esistenza del diritto 
soggettivo, � indipendente� dall'altra relativa alla 
titolarit� dell'azione, e pregiudiziale rispetto ad 
essa. Ohe poi nei giudizi concernenti la P.�. quel-
l'indagine attenga alla giurisdizione pu� desumersi 
dal fatto che l'esistenza dell'interesse legit
� timo o del diritto soggettivo segna il fondamento 
1 e nello stesso tempo il limite per l'esercizio della 
funzione giurisdizionale spettante all'un giudice 

1 

Tanto pi� la tesi adottata non pu� essere con


divisa, in quanto porterebbe a questa conclu1 
sione, che l'indagine sulla giurisdizione verrebbe 
' a dipendere dall'arbitrio del ricorrente e il po' 
tere, che al giudice � riconosciuto, di svolgerla 

di ufficio, cio� in sostanza in maniera autonoma 
e obiettiva, resterebbe esantorato dall'iniziativa. 
di parte. .Anzi, a leggere bene la_ decisione', si pu� 
aggiungere qualcosa di pi�, e cio� che la questione 
di giurisdizione non si porrebbe affatto per il 
giudice amministrativo, poich� -secondo quanto 
� stato ritenuto con riferimento al ca.so concreto 
esaminato --basterebbe che il privato proponga 
ricorso al Consiglio di Stato perch� questo debba 
ritenersi correttamente adito. � agevole comprender� 
come un tale indirizzo porterebbe ad 
escludere qualsiasi indagine e qualsiasi controllo 
sui limiti della funzione giurisdizionale del� gin-._ 
dice in genere e di quello amministrativo in particolare, 
nonostante che la legge (art. 41, 362 
c.p.c.), abbia predisposto appositi istituti a tale 
scopo. 

(R. P. O.) 

-50 


IMPIEGO PUBBLICO -Elementi distintivi -Sanitario 
addetto a stabilimento statale con facolta di eserzio 
della libera professione. (Corte di Cass., Sez, 
Unite Civili 23 dicembre 1950; Pres.: Ferrara, P.P., 
Est.: Cataldi, P.M. Eula, concl. diff. -rie. De Angelis 
contro Ministero finanza). 

Il rapporto di impiego pubblico � caratterizzato 
dagli elementi della collaborazione diretta al raggiungimento 
dei fini dell'ente, della prevalenza e 
continuit� della prestazione e della dipendenza 
gerarchica. 

Non � pertanto pubblico impiegato il sanitario 
incaricato dell'assistenza medica al personale di 
uno stabilimento statale, con facolt� di esercitare, 
senza alcnn vincolo, la libera professione; e pertanto 
le controversie relative alle prestazioni 
del sanitario appartengono alla competenza del 
giudice ordinario. 

1. La massima che si annota si riferisce ad una 
sentenza della Corte Sitprema che ha deciso per la 
vrima volta una questione di notevole .rilievo per il 
numero delle persone che vi sono interessate. Essa 
rigitarda la natura del rapporto che lega l' A mministrazione 
dei Monopoli ai sanitari ai qitali � affidata 
l'assistenza sanitaria negli stabilimenti di 
detta Amministrazione, assistenza regolata dal 
D.M. 5 ottobre 1928. 
Il ricorrente aveva prestato servizio per cinquanta 
anni svolgendo l'assistenza sanitu,ria in 
uno degli stabilirnenti dell'Amministrazione: revo-� 
catogli l'incarico da parte di qiiesta, dopo s� litngo 
servizio, a causa dell'et� avanzata, aveva chiesto 
all'Amministrazione che gli fosse fatto il trattamento 
che � riser11ato ai pitbblici impiegati che lasciano 
il servizio per limiti di et�,. L'Amministrazione 
rispose negativamente ed allora l'interessato 
fece ricorso al Consiglio di Stato che, in accogliniento 
della tesi dell'Avvocatura la qu,ale sostenne 
che nella svecie non si verteva in materia, di pitbblico 
irnpiego, con decisione 18 giugno-25 novembre 
1949, dichiar� il proprio difetto di giuri8dizion.e. 
Qnesta decisione fu impugnata dal ricorrente avanti 
le Sezioni Unite della Cassazione che, colla sentenza 
di cni si annota la massima., contro le conclusioni 
del P.JJI., respinse il ricorso. 

2. A parte la segnalazione della novit� del caso, 
poco � a dire circa i principii di cui la sentenza ha 
fatto retta applicazione. Quali siano infatti gli elementi 
che caratterizzano il rapporto di impiego 
pubblico � noto a tutti: la giurisprudenza in proposito 
� costante. Si trattava nella specie di accertare 
se nell'attivit� esplicata dai sanitari alle dipendenze 
dell'Amministrazione dei Monopoli sussistano 
il rapporto di collaborazione diretta al raggiungimento 
dei fini dell'ente e la; prevalenza e la continuit� 
della prestazione, nessun dubbio .essendoci 
circa la dipendenza gerarchica. 
Dinnanzi al Consiglio di Stato si era contestato 
sopratutto la sussistenza della pre11alenza e della 
contin1iit� della prestazione, escludendosi qucll~ 
per la esiguit� delle attivit� esplicate, che trova. ri: 

stabilimenti a tutti i sanitari, questa invece per la 
temporaneit� e la revocabilit� dell'incarico affidato 


. al sanitario, che esclitdono per s� rnedesi1fte la stabilit�, 
per q1tanto attenuato voglia intendersene il significato. 
� . . .. .. . 
Il Consiglio di Stato, nell'accogliere le argomentazioni 
circa la mancanza del carattere della prevalenza 
de_lla prestazione, aveva esclu.so anche, ~n_dando 
per questa parte oltre la difesa dell' Amministrazione, 
il rapporto di collaborazione, ritenendo 
che l'atti11it� del Sanitario non possa � essere raff�g1irata 
come intesa ad attuare i fini propri dell' A mministrazione 
dei JJfonopoli di Stato, che sono di 
natura diversa e ben definita �. 

3. � evidente che questo punto della decisione 
si presentava il pi� debole, il pi� f acilrnente attaccabile 
dalle censure del soccombente. Essendo . la 
difesa dell'Amministrazione in pratica vincolata 
dalla decisione nel g�udizio daMnti alla Corte Suprema, 
in qiianto una ditf erenza di vedute tra il 
Giudice amministrativo e la difesa sarebbe stata 
sfruttata dalla difesa am1ersaria, si dovettero confortare 
le considerazioni esposte, in parte equa, 
dal Giudice amministrativo con gli argomenti che 
apparivano i pi� attendibili. Si rilev� in proposito 
che i mezzi str1tmentali predisposti per l'attuazione 
dei fini di un Ente non sono tutti della stessa qualit� 
e non hanno tutti pari importanza. 
� fuori dubbio che di tali rnezzi pu� esser~ rap: 
presentata una gamma, nella quale, a lato di quei 
mezzi che, in .modo maerosoopieo, servono al ra~gittngimento 
degli scopi proprio del~' En~e, ne sussi: 
stono altri che, al eonseg11hrnento dei fini, servor:o di 
mano in rnano sempre pi� indirettamente ed inavvertitamente. 
Cos� l'assistenza ai bambini ricoverati 
nell'annessa sala di rnaternit� � espressione di 
attivit� �rtiunifiea esplicata dall'Amministrazione 
che non concorre eertaniente ad una migliore provvista 
dei generi di cui la produzione � sua fondamentale 
funzione. Cos� non potrebbe di;si legato ~a 
collaborazione intesa nel senso che e neeessarto 
per la su.ssist~nza di un rapporto di ir_npie~o, qu.el 
tecnico di arte teatrale o quell' esp01�to di tecnica calcistica 
che fosse incaricato da,ll'Amminist:azion:e d~ 
istruire la filodrammatica. o la squadra di calcio di 
uno stabilirnento di produzione di tabacchi, pur non 
essendo contestabile l'interesse all' A mministrazionea 
tali attivit� ricreative. 



Si volle insomma, cogli argornenti che precedono, 
porre qiianto meno in diibbio la sussistenza del rapporto 
di collaborazione nel .caso in esame, anche se r; 
la parte della decisione che appariva di gran lunga 

. 

la pi� consistente era quella relativa alla ~enegata 

.

sussistenza della prevalenza della prestazione. . 

. 

4. Circa la quale, la esposizione delle varie atti~~ 
vit� affida.te al sanitario, elencate nel eit~to D.Jl!l: 
5 ottobre 1928, congiunta alla rappresentazwne degli 
elementi iimani che il caso presenta'Da (il ricorrente 
at,eva, come ,�'� 'detto, prestato servizio per cinq~iint~ 
anni), fatta dalla difesa del ricorrente, infiui evidentemente 
sulle determinazioni del Procuratore gescontro 
nella modestissima mercede pagata dagli nerale in udienza che concluse per l' aocoglimento 



_..._ 51 


del ricorso, nonostante si fosse posto nella dovuta 
luce eh.e la prevalenza delle prestazioni era assolutamente 
da escludersi per la esiguit� delle attivit� 
affidate al sanitario, p�i� apparenti ad un osservatore 
superficiale che effettivamente consistenti, e 
pm� la non continuit� di essa, essendo evidente il 
riferimento che poteva farsi coll'analoga situazione 
in cui versano i sanitari addetti agli istituti di prevenzione 
e di pena ai quali � esclusa, dal D.L. 
30 ottobre 1924, n. 1758 (art. 3), la qualifica di 
impiegati pubblici, definendosi incarico -cos� 
come � detto per i sanitari del ]}fonopoli -il rapporto 
che li lega all'Amministrazione. 

La Suprema Corte, respingendo il ricorso del 
sanitario, in difforme a1Jviso da quello espresso 
da P.JYI., ha accolto la tesi dell'Amministrazione 
con afferrnazione di principio di particolare rilievo 
perch� valido per i numerosi casi analoghi 
a quello che � stato deciso. 

(F.C.) 

SCAMBI E VALUTE -Accordo di pagamento italobulgaro 
-ritardo nel pagamento di creditori italiani 
da parte dell'Ufficio Cambi -Differenza di cambio. 
(Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 2084/50 -Pres.: Anichini, 
Est.: Stella Richter, P. M. Rossi, S.p.A. Italcable 
contro Ufficio Italiano Cambi). 

A norma dell'art. 6 dell'Accordo di clearing 
italo-bulgaro del 31 dicembre 1940, al debitore 
straniero fanno carico le oscillazioni dei cambi 
per tutto il tempo necessario per le operazioni di 
compensazione. Tale responsabilit� cessa nel gior


g no in cui, esaurite le dette operazioni, l'Ufficio 
italiano dei Cambi � in condizioni di potere effettuare 
il pagamento al creditore. 
Se il pagamento � colposamente ritardato, 
l'U.I.O. risponde dei danni a norma degli artt. 1218 
e 1224 e.e.; in questi danni pu� essere compresa 
la svalutazione monet.aria. 

Trascrit,iamo qui di seguito quella parte della 
motivazione della sentenza nella quale si enunciano 
perspicuamente i principi che regolano i pagamenti 
internazionali col sistema del clearing. 

cc Come � noto, nel sistema del cl.earing, l'impor. 
tatore, debitore, versa la somma dovuta in moneta 
nazionale, secondo il cambio ufficiale, all'ufficio 
del suo Paese incaricato della. gestione 
del clearing. La somma versata viene poi accreditata 
al corrispondente ufficio dello Stato dell'esportatore, 
creditore e ad esso trasferita quando 
l'affluire di disponibilit� presso quell'ufficio, e 
cio� l'affluire di versamenti da parte degli importa,
tori, renda possibile la compensazione. Avviene 
cos� che in ogni Sta.to i propri esportatori sono 
pagati dai propri importatori. Il cambio si considera. 
provvisorio; il rischio delle successive oscil~ 
!azioni viene addossato a.I debitore, che non resta 
liberato del suo debito fino a quando il creditore 
non ha ricevuto l'ammontare del suo credito. Il 
debitore quindi pu� essere tenuto ad effettuare, 
sempre con il meccanismo del clearing, dei versamenti 
supplementari. A questi principii si ispira, 

al pari di infiniti altri, Paccordo di pagamento 
italo-bulgaro del 31 dicembre 1940, il quale stabilisce 
appunto all'art,, 6 che il e.ambio tra la lira e 
il leva stabilito al corso ufficiale dal giorno precedente 
a quello del versamento, ha un �carattere 
provvisorio, e che il debitore non � liberato che 
quando il creditore abbia .ricevuto l'ammontare 
del suo credito. La norma regola poi i versamenti 
supplementari e soggiunge che, per quanto concerne 
la responsabilit� del debitore verso il creditore 
prevista dall'articolo medesimo nessuna 
obbligazione pu� esRere posta a carico dei due Stati, 
n� dai due istituti incaricati dell'esecuzione dell'accordo 
fra gli Stati. Ora non pu� ammettersi 
che tale norma sancisca una irresponsabilit� assoluta 
degli uffici di clearing e una corrispondente 
responsabilit� illimitata degli importatori. Per fa, 
finalit� cui � diretta e per le ragioni che la giustificano, 
la. irresponsabilit� degli uffici non pu� riferirsi 
che alle conseguenze della oseillazione dei 
cambi per tutto il tempo nec�ssario al compimento 
delle operazioni di compensazione, e cio� per il 
periodo che va dal momento in cui il debitore 
versa la somma nella sua moneta a quello in cui 
l'ufficio del creditore ha la possibilit� e quindi il 
dovere di effettuare il pagamento nella propria. 
moneta. Se l'ufficio ritarda colpevolmente il pagamento 
non pu� non rispondere delle conseguenze 
dannose che ne derivano. Il sistema del clearing, 
lascfando inalterata nel resto la disciplina dei contratti, 
impone partfr,olari modalit� per il pagamento, 
nel senso che questo, anzich� avvenire 
direttamente e liberamente tra debitore e creditore, 
deve obbligatoriamente effettuarsi 'per il 
tramite degli uffici di compensazione e secondo un 
determinato proeedimento. Quegli uffici non sono 
rappresentati o mandatari delle parti ma agiseono 
nella veste di enti di diritto pubblico per 
attuare un interesse economico dello Stato. I due 
contraenti hanno l'obbligo di diritto pubblico di 
servirsi, rispettivamente per il versamento e per 
la riscossione, dell'attivit� amministrativa degli 
uffici stessi, ed a tale obbligo corrisponde un diritto 
soggettivo di natura pubblica. 

E poieh� per la neeessaria adesione del sistema 
del clearing la riscossione non pu� avvenire che 
qualche tempo dopo il versamento, non si considera 
compiuto il pagamento fino a che la somma 
versata dal debitore nella propria moneta non si 
sia trasformata in quella spettante al creditore 
nella sua valuta ed essa non sia esigibile dallo 
stesso creditore. E in eonseguenza si addossa al 
debitore il rischio delle oscillazioni dei cambi 
verificatesi m.edio tempore. Ma quando le operazioni 
di compensa,zioni sono compiute, quando 
cio� l'ufficio ha la somma a disposizione del creditore 
e nessuna ragione di ordine pubblico osta 
a che il pagamento sia effettuato, esso ufficio 
diviene debitore della somma come lo sarebbe 
un privato, e, se per colpa ritarda di pagarla, 
risponde come un privato delle conseguenze della 
mora. Cio� � responsabile dei danni, secondo il 
principio dell'art. 1218 Codice civile e deve corrispondere 
quindi gli estremi legali e l'ulteriore 



-52 


risarcimento, qualora il creditore dimostri di 
aver subito un danno maggiore, a norma dell'articolo 
1224 dello stesso Codice. Tale maggior danno, 
senza dubbio, pu� consistere anche nella successiva 
oscillazione del cambio, di cui non risponde 
pi� il debitore�. 

Condividiamo pienamente la fesi della Oorte 
suprema in ordine alla natura giuridica del clearing, 
specie per quanto riguarda il punto secondo 
il quale l'istituto del clearing � completamente estraneo 
ai rapporti contrattuali tra debitore e creditore, 
e ha una funzione esclusivamente pubblicistica. 

Oon questa sentenza, in fondo, la O orte suprema 
conferma il suo indirizzo, gi� affermato in altre 
occasioni, dell'assoluta indipendenza tra il rapporto 
giuridico che si costituisce in forza del clearing 
ed il rapporto giuridico contrattuale, in relazione 
al quale viene effettuato il pagamento internazionale. 
Da questa assoluta indipendenza discende, 
come anche la stessa Oorte ha altra volta 
riconosciuto, l'impossibilit� per le parti contraenti 
in rapporto di diritto privato di effettuare azioni 
esecutive o cautelari che incidano comun�ue sul 
procedimento di clearing. 

In linea astratta, possiamo anche condividere 
il pensiero della Oorte cfrca la risarcibilit� dei 

danni cagionati da ritardo colposo nei pagamenti 
da effettuarsi dall'Ufficio Gambi al creditore 
nazionale. 

Riteniamo per� che questa tesi sia destinata 
necessariamente a rimanere una<pq,i,ra aflermazio~e 
di principio, senza conseguenze pratiche, e ci� 
per la fondamentale ragione che � preclusa all'autorit� 
giudiziaria l'indagine sulla sussistenza effettiva 
della colpa dell'Ufficio Gambi nel ritardo del 
pagamento. 

Invero, non vi � alcun dubbio che il procedimento 
di compensazione il quale si conclude con 
l'ordine di pagamento, � un procedimento di natura 
eminentemente tecnico-discrezionale che non 
pu� essere sindacato dall'autorit� giudiziaria. 

Questa opinione � seguita dall'assoluta maggioranza 
degli autori, anche dopo che la nuova Costituzione 
ha, con l'art. 113, esteso al massimo il potere 
di sindacato , dell'autorit� giudiziaria sugli 
atti e procedimenti amministrativi. (Vedi per tutti 
Baschieri -Gianni D'Espinosa -Giannattasio La 
Costituzione Italiana, pagg . ... ). 

Dalla impossibilit� di sindacare il procedimento 
preordinato obbligatoriamente al pagamento deriva, 
secondo noi, la impossibilit� di accertare la colpa 
nella quale si pretenda essere incorso l'Ufficio �Gambi 
in relazione al procedimento medesimo. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERI.TO 


SENTENZA CIVILE -Provvedimento emesso da un 
giudice della Repubblica Italiana successivamente 
all'entrata in vigore del trattato di pace -EfP.cacia 
nella zona anglo-americana del Territorio Libero di 
Trieste�-Delibazione non necessaria. (Corte d'Appello 
di Trieste, 20 aprile-25 maggio 1950, n. 484 -Pres� 
ed. Est.: il P.P. Rivesa -Amministrazione Finanze STEAL). 


II provvedimento emesso da un giudice nella 
Repubblica Italiana dopo l'entrata in vigore del 
Trattato di pace (nella specie: decreto di autorizzazione 
a sequestro conservativo emesso dal 
Presidente del Tribunale di Bolzano), � direttamente 
efficace nella Zona anglo-americana del 
territorio Libero di Trieste, senza bisogno di delibazione; 
e viceversa. 


1. Il decreto pronunciato dalla Corte d'Appello di 
TriMte ai sensi dell'art. 130 della legge tavolare 
tuttora vigente nella Venezia Giulia, rappresentd 
un altro lodm,ole tentati1'0 di dare una sistemaz�one 
gi1.tridica, per quanto possibile conclusiva alla 
a,ttuale fluida situazione del T. L. T. nei co~fronti 
della Repubblica Italiana. 
In breve, ecco la fattispecie che ha dato origine 
alla pronuncia. 

Nel corso d'un procedirnento per ai,ocazione di 
profitti di regirne (art. 32 del D. L. L. 26 marzo 
1945, n. 134), il Presidente del Tribunale di Bolzano, 
su ricorso di quella Intendenza di Finanza 
e in applicazione dell'art. 871 Cod. Proc. Civ., (in 
sicurezza di un credito di 200 milioni circa avocabili 
ai sensi della citata legge) il sequestro convatfoo, 
anche presso terzi, di tutti i beni, ovunque 
si trovassero, appartenenti, anche per interposte 
persone, a Federico Scnvend e altri associati, cointeressati 
e prestanomi, fra cui espres.~amente la 
Societ� Triestina Esercizi Alberghi� (STEAL). Su 
invito dell'Intendente di Finanza di Bolzano il 

Cl � '

1)ovraintendente di Finanza di Trieste chiedeva 
quindi, ed otteneva, dal giudice tavolare della Pretura 
di Trieste, un decreto di autorizzazione del 
sequestro conservatico a peso della partita.tavolare 

n. 598, di iscritta propriet� della STEAL (15 
luglio 194~). Reclamava la STEAL contro l'avvenuta 
annotazione, assumendo c'he il provvedimento 
del Presidente del Tribitnale di Bolzano, non es.~
endo stato delibato nel T. L. T., non era qui eseguibile; 
e il Tribunale di Trieste, con d�creto 19 
-25 novembre 1949, accoglie1!a tale tesi revocando 
il decreto del giudice tavolare e ordinando la cancellazione 
delle eseguite annotazioni. Contro tale 
provvedimento ricorreva a sua volta l'A rnministrazione 
assumendo, in primo luogo, che i provvedimenti 
cautelari, per la loro stessa natura di atti 
meramente conservativi e non anche dispositivi, non 
sono soggetti alla procedura pre1,ista nel Titolo VII 
del libro IV del Cod. Proc. Civ.; affermando in 
secondo luogo l'insussistenza del presupposto fondamentale 
che la legge richiede perch� si faccia 
luogo alla delibazione, e cio� la provenienza da un 
giudice straniero del provvedi1nento da delibare, in 
quanto il Presidente del Tribunale di Bolzano non 
poteva cpnsiderarsi straniero rispetto all'ordinamento 
giurisdizionale operante a Trieste. 

Nel decreto che si annota, la �orte di Trieste ha 
ben.~� confermato l'importantissimo principio che i 
provvedimenti del gi1ldice ital'iano sono eseguibili 
direttamente nel T. L. T. e 1'iceversa.: ma lo ha fatto 
ricorrendo ad una moti'nazione che lascia perplessi. 

� Le norme del l'italo VII del libro I V del Codice 
Proc. Civ. -ha detto la Corte -come sicuramente 
si desitme dall'art. 797 e dal complesso di tutti gli 
altri articoli, presuppongono non soltanto che il 
provved�imento da delibarsi si.a stato emanato dall'autorit� 
g'iudiziaria d'uno Stato, ma pure che lo 
stesso provvedimento debba eseguirsi nel territorio 
di un altro Stato. 

�Interpretando larganiente tali norme si p1t� 
convenire che esse tro1,ino la loro applicazione anche 
quando non si tratta di enti a carattere di vero e 
proprio Stato, ma di enti di diritto internazionle 
organizzati per� au.tonornamente e stabilmente. 

cc � essenzialmente questa organizzazione autonoma 
e stabile che, concorrendo gli altri elementi 
del territorio e del popolo riesce a creare l'ente di 
diritto internazionale ed a giustificare la larga interpretazione 
>>. 

Continua il decreto ammettendo che cc il trattato di 
pace tendeva e per il gi.urista tende a costituire un 

I 
ente di diritto internazionale autonomamente e stabilmente 
organizzato con proprio territorio e con 

I.,

proprio popolo)), Senon�h�, mentre alla formazione 
di questo ente si sarebbe dovuti pervenire, secondo 

. 
il Trattato, attraverso tre fasi (amministrazione dei . 
,

comandi militari: stritmento per il regime provvisorio; 
Statuto permanente), in realt� ci si � ferrnati j 

I .
alla prima fase, cui non pu� essere riconisciutoche 

iun carattere cc conservati1!o dello stato di fatto tro-_ __ 
vato all'entrata in vigore del Trattato ll. 

Il cafa,ttere esclusivamente conser1Jativo di tale 
fase � dimostrato anzitutto dalla lettera del Trattato 
il quale, nell'art. 1 dell'Allegato VII, dice che 
il T. L. T. continuer� ad essere amministrato (fino 



-54


alla nomina del Governatore) dai eomandi militari 
alleati (ciascuno nella sua rspettitia zona.), volendo 
con ci� indicare la persistenza dell'occupazione militare, 
per quanto modificata, da bellica ed occupante 
in pacifica e fiduciaria in rapporto all'O. 

N. U. In secondo luogo tale carattere � dimostrato 
dallo spirito del Trattato, e specialmente dalla 
enunciazione contenuta nel citato art. 1 dell'Allegato 
VII, dove si legge che il Governatore avrebbe 
dovuto entrare in carica �il pi� presto possibile >>, 
ponendo cos� fine alla fase preliminare dell' evoli1,zione 
del T. L. T. Il prolungarsi d'una siffatta situazione, 
ch'era destinata ad essere brevissima ed 
effimera non � base sufficiente per far sorgere un 
ente di diritto internaziona.le con organizzazione 
autonoma; e la riprova di ci� si ha dall'esame del 
modo come il comando militare alleato ha esercitato 
ed esercita i poteri giudiziario e legfalativo. Il pri1no, 
infatti, � esercitato per mezzo di magistrati che sono 
individualmente magistrati italiani, la cui carriera 
� tuttora regolata sulla base del rapporto d'impiego 
colla Repubblica Italiana: in altri termini, magistrati 
italiani mutuati al Governo Militare Alleato. 
Il secondo � esercitato mediante l'emanazione di 
Ordini, formalmente emessi dal G. M. A., ma clie 
in sostanza, e salvo modificazioni di lieve entit�, 
riproducono le leggi della Repubblica Italiana: 
anche queste, dunq1te, leggi mutuate. 

Deve concludersi che �dall'amministrazione militare 
per quanto si sia protratta e si protragga non 
� sorto un ente di diritto internazionale con orgabizzazione 
stabile ed essenzialmente autonoma, che 
giustifichi l'applicazione delle norme del Titolo VII 
del libro IV del Codice di rito ... �. Ne consegue 
l'inammissibilit� dell'azione di deliberazione. Conseguenza 
ulteriore, che deriva dalla conformit� dei 
due ordinamentf, quello della Rep1;,bblica Italiana 
e quello della Zona anglo-americana del T. L. T., 
� che �i reciproci provvedimenti di natura giurisdizionale 
e amministrativa (volontaria giurisdizione) 
possono avere la loro piena e normale esecuzione 
nei rispettivi territori �. 

2. Sembra che, per giungere all'esclusione dell'ammissibilit� 
dell'azione di delibazione, la Corte 
di Trie,~te abbia preso le mosse dalla �tesi Camrnarata 
�, rna, pentitasi poi a mezza strada, non abbia 
avuto il coraggio di spingere il suo ragionamento 
fino alle .~ue estreme conseg11enze logiche: l' affermazione, 
cio�, della persistenza della sovranit� italiana 
sul territorio di Trieste. 
Com'� noto, l'art. 21 del Trattato di pace contiene 
un'espressione che, nella precisione dei suoi termin
�i, non pareva lasciar posto a dubbi: 

� La sovranit� italiana sulla zona costituente il 

.1'. L. T. cos� come esso � sopra definito, cesser� 
coll'entrata in vigore rlel presente Tra.ttato ii (mezzanotte 
del 15 aprile 1947). 

Il O ammarata, Rettore dell'Universit� tergestina, 
nel discorso �inaugurale dell'anno accademico 19491950, 
propose per la prima volta l'ingegnosa tesi 
secondo la quale la sovranit� italiana non sarebbe 
invece cess'ata in tale ricorrenza, in quanto detta 
cessazione, per la volont� stessa drlle parti contraenti, 
sarebbe stata subordinata e condizionata 

all'effettiM nostituzione <lel T. L. T. Arrestatasi 
invece l'evoluzione dello stesso alla Sua prima fa.�e, 
e dimostratasi anzi la suddetta condizione impossibile, 
la sovranit� italiana su questa terra sarebbe 
sempre in vigore, anche se non eff�ttuaie, ed anzi 
col decorso del tempo sarebbe divenuta imprescrittibile, 
come in sostanza avrebbero riconosciuto anche 
le grandi Potenze occidentali nella famosa dichiarazione 
tripartita del 20 marzo 1948. 

Se la Corte di Trieste avesse aderito a questa 
tesi, cli.e pure ha raccolto i consensi di vari studiosi, 
fra cui l' U dina (Giornale di Trieste, 6 dicembre 
1949e14 gennaio1951), l'Andrioli �Foro Italiano�, 
1950, IV, pag. 1), lo Scerni (ii Giurisp. Ital. ii), 
1950) e il Favilli (Rivista di Studi politici internazionali
�, Firenze, 1950), il problema ad essa sottoposto 
a1webbe dovuto consi.derarsi risolto ab initio, 
non essendo neppure concepibile che si parli di delibazione 
tra due territori soggetti alla medesima 
sovranit�. 

111a la Corte di Trieste. non essendo necessaria


mente tenuta ad esprimersi sull'impegnativa que


stione, si � limitata a prendere quella parte della 

tesi menzionata ch'essa ha ritenuto utilizzabile ai 

fini della prop1�ia decisione, e cio� la distinzione 

tra periodo preliminare nella formazione del nuovo 

ente (durante il quale l'ente non sarebbe giunto a 

concretarsi in un soggetto qu.anto meno autonomo di 

diritto internazionale), e i periodi s'uccessivi (ri


spett� ai quali sembra che la Corte rironosca la 

pre8enza degli elementi 1ninimi necessari per l'i:n


sorgere di tale soggetto). 

Non � qui il caso di muovere i1.n appunto alla 

Corte di Trieste per non avere avvalorato coll'auto


rit� del suo giu.ilicato, una teoria che forse non con


divide. La critica dalla quale la decisione annotata 

non sembra per� �salvarsi consi.ste nel fatto che essa 

ha do1,uto fare ricorso al concetto di Stato (i quan


tomeno di ente internazionale con organizzazione 

stabile e autonoma) con riferimento al luogo dove il 

proin;edimento del giitdicato pretesamente ,�trani.e'ro 

dovrebbe trovare esecuzione: criterio che sicuramente 

non esiste nel Titolo VII, libro IV del Codice di 

rito, il quale, nella sua originaria applicazione, 

presume che il proV1Jedimento del giudice straniero 

debba e8eguirsi in territorio soggetto alla sovranit� 

italiana (Art. 796: cc chi vuol far valere nel Regno 

una sentenza straniera ..... �), e certamente in nes


sun altro. 

Restavano dunque due vie soltanto al giudice di 

Trieste, per tentare la sua dimostrazione: o quella 

che ha per presupposto appunto la prova della per


sistenza nel T. L. T. della sovranit� italiana (di


mostrazione che non ha voluto dare): oppure qu.ella 

che, partendo dai criteri intrinseci dell'istituto della 

delibazione, ne escludesse l'applicazione nella specie 

per mancanza del presupposto fondarnentale, vale a 

dire la provenienza del provvedimento da deliba.re 

da un giudice straniero. 11[a allora� bi.wgnava af


fermare non solo che i magistrati della Zona-anylo~ 

americana sono individualmente magistrati ita


liani, ma (come aveva sostenuto in causa l'Ai�voca


tura dello Stato) che gli stessi organi giudiziari della 

Zona 8ono organi del poteregiurisdizionaleitaliano. 



-55 


Questa seconda dimostrazione ci sembra senza 
altro possibile. Infatti gli �organi giudiziari della 
zona certamente non sono organi del G. lJII. A., in 
quanto esso, nell'assumere l'amministrazione di 
questo territorio, conferm� nelle loro funzioni gli 
itffiei giudiziari gi� esistenti in loco, vale a dire, 
senza possibilit� di equivoci, gli organi della amministra.
zione italiana della giustizia (Sezione I, 
Ordine generale n. 6, dd. 12 luglio 1945); e tale 
provi1edimento fu a sua .volta convalidato dal � 4 
del Proclama n. 1 del 15 settem.bre 1947 in relazione 
all'entrata in vigore del Trattato di pace. 
N� sono organi del T. L. T., pereh� le norme che 
dovrebbero presiedere alla eostit1.tzione del nuovo or-. 
dinamento giudiziario, essendo previste nello Statuto 
permanente, non solo non hanno potuto ancora 
entrare in vigore, ma non sono sta.te neppure for


mulate. Non pare perci� dubitabile che, pur colle 
mutilazioni, contrazioni e compressioni dovute alla 
singolarissima situazione giuridica e di fatto venutasi 
a creare, gli uff�ci giudiziari di Trieste debbano 
essere riconosciuti per quegli stessi organi 
italiani che il G. M. A. avei1a trovato operanti sul 
posto nell'ormai lontana estate del 1945. 

Tali principi, in sostanza, a11eva poco prima 
adottato il Trib'!fnale di Torino (sent. 5 marzo 
1950, O. e. a. t. c. Rungaria), trattando il caso 
inverso d'una sentenza pronunciata dopo il 15 
settembre 1947 dai giudici triestini, la citi efficacia 
automatica in Italia veniva contestata. Ed anzi, 
nell'affermare l'automaticit� di tale eff�caeia, il Tribunale 
sostenne esplicitamente che gli organi gi1tdiziari 
italiani di Trieste continuavano, anche dopo 
l'entrata in vigore del Trattato, ad esercitare la loro 
funzione giurisdizion�le come espressione della sovranit� 
italiana a tale funzione necessariamente 
inerente; e giustific� il frazionamento della sovra~ 
col meccanismo progressivo e non simultaneo di 

formazione del T. L. T. 

3. La materia che sta alla base del decreto che si 
annota materia viva e tuttora in evoluzione, giustifica 
'in gran parte, coll'incertezza dei principi 
non ancora consolidati ai quali continuamente deve 
essere fatto ricorso, la pronuncia di com,promesso 
emessa dalla Corte di 'l'rieste. 
Un rapido esame cronologico della giurisprudenza 
sia di Trieste che della Repubblica, d� ragione di 
tale apprezzamento. 

Nella sentenza 9 dicembre 1947 (causa civile 
Cortegiani contro Tereuz), la Corte d'Appello di 
Trieste aveva affermato che, in conseguenza della 
entrata in vigore del Trattato di pace, Trieste era 
stata sottratta alla sovranit� italiana. Il 16 gennaio 
1948 la Corte d'assise di Trieste (procedimento

' 

contro Bosedniach ed altri), dichiar� che il T. L. T. 
costituisce una mwva entit� giuridicamente distinta 
dall'Italia. Nella sentenza 28 aprile 1950 
con cui. si chiudeva il procedimento penale a 
carico di Renko Stanislao, che, cittadino italiano 
aveva commesso a Trieste, a. mezzo della 
stam;a, .vilipendio alla nazione italiana, il Tr~bunale 
di Gorizia affermava e,~sere Trieste << territorio 
estero �. 

La stessa O orte di Cassazione eonf erm� poi ripetutamente 
tali concetti (sentenze: 20 settembre 
1948, in .causa Zanini c. Busato, est. l'allora consigliere 
Rivera, che poi, come Prilfno� presidente 
della Corte di Trieste, estese il decreto annotato; 
11 ottobre 1948, in causa Pellegrini contro Trai1ani; 
3 agosto 1949, in causa JJfazzola contro Teavibra; 
17 dicembre 1949, Sezioni Unite penal,i, nel 
proerdimento a carico di Ciuk, Godnik ed altri). 

Questa lunga serie di gi1tdicati deeiwmente negativi 
sulla questione della persistenza della sovranit� 
italiana sul territorio di Trieste (e, per implicito, 
s1tlle questioni rniriori con quella connesse o da 
quella dipendenti), si ehiitde sostanzialmente in 
corrispondenza del diffondersi della conoscenza della 
tesi Cammarata. La sentenza 17 dicembre 1949 della 
Suprema Corte, in fatti � troppo vicina al 4 dicembre 
1949, data in cui il discorso fu pronunciato, 
perch� ne possa sentire l'infiuenza; mentre la sentenza 
28 aprile 1950 del Tribunale di Gorizia risente 
evidentemente di motivi politici contingenti e 
della preoccupazione di non lasciare impunito un 
delitto odioso contro lo Stato italiano. 

A questa serie, pera.Uro, si oppone quella dei 
giudicati positivi, o qu.antomeno di quelli che lasciano 
impregiudicata la questione� fondamentale; 
serie che va dalla sentenza 14 ottobre 1948 della 
Corte d'Appello di� Tsieste, procedimento penale a 
carico di Lena Luigi alla sentenza 14-11-1950 delle 
Sezioni Unite penali della Corte Suprema, pronunciato 
su ricorso degli imputati Passolunghi e 
Salomon in tema di conflitto positivo di competenza 
fra gfadiei della Repubblica e giitdici di Trieste. 

Colla sentenza 14 ottobre 1948, la Corte di Trieste 
affermava, in contrasto colla sua giitrisprudenza 
precedente, che il T. L. T. non pu� a,neora essere 
considerato territorio straniero, rispetto all'Italia, 
non essendo esso stato ancora praticamente realizzato, 
come risulta dalla mancata nomina del Governatore 
e dal fatto .che vi vigono tuttora le leggi 
italiane e ne l'iene fatta applicazione da parte di 
giudici italiani. Il 23 giugno 1949, in causa Duplica 
contro Impresa Costruzione Tergestina, il 
Tribunale di Gorizia si pronunciava nello stesso 
senso e, il 22 luglio 1949, la Corte di Trieste, a sua 
volta cambiando la propria giurisprudenza, eonf 
ermava i principi espres-si dalla Corte d'Appello 
usando quasi le identiche parole (procedimento a 
carico di Chersovani Albino ed altri). 

Il decreto che si annota, si inserisce nella lista a 
questo punto: �tra esso e la precedente giurisprudenza 
c'� il discorso del Rettore dell'Universit� di Trieste 
e il tempo di, meditarci sopra. Meditazione che, 
xome abbiamo visto, non ha portato all'accettazione 
sic et simpliciter della nuova teoria, che pur avrebbe 
risolto ogni suo problema. 

Il 28 aprile 1950, lo stesso giorno cio� in cui il 
Tribunale di Gorizia giudicava Trieste ter:r.itnrio 
estero, il Tribunale di Udine, in causa Arreghini 

e. Pieotti e Vertnik, affermava l'opposto principio 
che il T. L. T., pur soggetto ad occupazione militare 
straniera, va considerato sempre come zona 
appartenente al' territorio e alla sovranit� della 
Repubblica Italiana. Il 10 maggio 1950, in causa 

--56 


M organd ini contro Jl!forgandini, il Tribunale di 
Trieste seguiva il nuovo indirizzo tracciato dalla 
Oorte d'Appello, e, prendendo ancora spunto dal 
mancato perfezionamento della costituzione del T. 

L. T., afferma1'a che la Zona anglo-americana non 
pu� considerarsi allo stato attuale territorio distinto 
da quello italiano; per cui, s�ulla domanda di separazione 
da parte di un cittadino italiano residente a 
Trieste contro il c'oniuge cittadino italiano residente 
nella Rep1tbblica, dichiarava inapplicabile 
l'art. 18 Ood. Prot. Oiv. e competente quindi, in 
base all'art. 706 Ood. Proc. Oiv. il Tribunale del 
luogo di residenza della convenuta. 
Nella sentenza 7 agosto 1950, pronuncia.ta nel 
procedimento penale a carico di Gigante Oarrnelo 
ed altri, imputati di furto consumato nel territorio 
della, Repubblica ma connesso con reati di ricettazione 
e incauto acquisto consumati nella Zona anglo-
americana, la Oorte d'Appello di Trieste afferma 
d�i nuovo che, per la mancata entrata in vigore 
dello Statuto permanente del T. L. T., qiiesto 
non � ancora giuridicamente assurto ad ente di diritto 
internazionale con organizzazione autonoma 
e stabile e che pertanto non pu� farsi questione di 
giurisdizione fra l'autorit� giudiziaria della Zona 
e quella della Repubblica Italiana, i cittadini dal 

T. L. T. avendo conservato la cittadinanza italina 
e trovandosi nelle identiche condizioni dei cittadini 
della Repubblica Italiana. 
Infine, con la citata sentenza 14 settembre 1950, 
su ricorso degli imputati Passolunghi e Salomon, 
la Siiprema Oorte a Sezioni unite, facendo il punto 
della situazione, ancora una volta sfiorava l'argomento 
senza entrar1Jici. �Qualunque infatti sia. la 
soluzione che di tale questione debba essere accolta 
-dice la sentenza -o quella secondo cui la ceszazione 
della sovranit� italiana sul territorio di 
'l'rieste per l'entrata in vigore del Trattato di pace 
deve intendersi implicitamente siibordinata alla 
condizione dell'effettiva costituzione della nuova 
Oornunit� e debba perci� ritenersi tuttora soprav1Jivente 
su quel territorio la sovranit� italiana, ovvero 
l'opinione secondo cui il territorio stesso, in 
mancanza della nomina del Governatore e della co,
9tituzione del T. L. nella struttura pre�veduta dal 
Trattato debba considerarsi terra nullius, sottoposta 
a.d occupazione militare ternporanea, ovvero 
quella per cui nel territorio di Trieste la sovranit� 
� temporaneamente esercitata da.ll'O. N. U., di cui 
le Aiitorit� militari alleate occupanti sono manda


tarie; q�alunqiie sia insomma la soluzione pi� 
aderente alla eccezionale situazione giuridica, se 
ne pu� prescindere ai fini della proposta questione 
pregiudiziale �. La quale questione pregiudiziale 
verteva sul punto se si potesse ammettere l'esistenza 
di confUtti positivi di competenza (per cui il ricorso 
a.lla Suprem.a Oorte ai sens�i dell'art. 53 Ood. Proc. 
Pen.) tra l'autorit� giudiziaria di Trieste e quella 
della Repubblica (nella specie, il giudice istruttore 
di Torino, che voleva procedere per il reato commesso 
a Trieste ai sensi dell'art. 9 Ood. Proc. Pen., 
come cio� se si trattasse di reato commesso all'estero). 

N epp1tre qu�i, dunque, la Suprema Corte ha voluto 
affrontare il problema della sovranit�; essendosi 
limitata a ricordare come non ci sia nel diritto 
internazionale una norrna. che escluda la possibili.
t� .e la liceit� del fiinzionamentu di organi giudiziari 
d'uno Stato fuori dei limiti del territorio sottoposto 
alla propria sovranit�. Una situazione siffatta 
sarebbe in tutti i casi da riconoscersi nei confronf.
i di Trieste, dove gli organi attualmente funzionanti 
sono organi giurisizionali dello Stato 
italiano in quanto, in regime d'occupa.zione bellica, 
(cosi viene definito il periodo preliminare della formazione 
del T. L. T. ), l'organizzazione giudiziaria 
trovata funzionante sul posto rimane ed �, di fatto 

. ' 

rimasta inalterata. L'assunto del giudice istruttore 
di 'Torino, secondo cui l'insorgenza di un tale confiitto 
sarebbe impossibile, � stato pertanto respinto 
e, nel merito, si � riconosciuta la cornpetenza 
del Tribunale di Trieste, non essendo applicabile 
l'articolo 9 Ood. Proc. Pen. ad un territorio 
(anche se non soggetto a sovranit� italiana) in cui 
funzionino organi giudiziari italiani, l'attivit� 
dei quali va considerata attivit� giurisdizionale 
italiana. 

Solo pe.r la cronaca noteremo che il GovernoMilitare 
Alleato si rifiut� di riconoscere la sentenza 
della Suprerna Oorte (sulla base dell'Ordine generale 

n. 7 del 12 agosto 1945, che testualmente dice: 
�Nessun appello sar� ammesso contro le decisioni 
di qualsiasi autorit� giudiziaria che funzioni nel 
territorio occupato, davanti a qualsiasi autorit� 
giudiziaria di qualsiasi cornpetenza con sede fuori 
del territorio occupato �; e ordin� al giudice istruttore 
di Trieste di procedere nell'istruzione della 
causa su.Ua base della propria precedente ordinanza 
con la quale esso aveva affermato la propria competenza. 
Per completezza vanno ancora qui ricordate, per 
quanto non strettamente attinenti all'oggetto di questa 
nota, la sentenza 19 maggio 1949 della Corte 
d'Appello di Torino, nella quale per la prima 
volta si afferma che le sentenze pronunciate dal 
Tribunale di Capodistria (Zona j1tgoslava del T. 

L. T.) sono da considerarsi straniere evannoquindi 
delibate prima di avere efficacia nella Repubblica; 
la sentenza 2 marzo 1950, Bohm contro Martini, 
della Oorte d'Appello di Trieste, nella quale si afferm� 
lo stesso principio rispetto all'efficacia di 
dette decisioni nella Zona anglo-americana; ed infine 
ia sentenza. 27 maggio 1950, della stessa Corte 
di T.rieste, che, modificando su questo punto la, 
propria giu.rispr1idenza, stabil� il principio che le 
sentenze del Tribunale di Oapodistria n� sono ef.: 
ficaci nella Zona anglo-americana direttamente 
(perch� pronunciate sulla base di leggi ed istituti 
imposti dal Oomando ju'goslavo in violazione della 
Oonvenzione dell' Aja del 1947 e dei poteri ad eS.90 
spettanti in base al Trattato di pace), n� possono 
acquistarri efficacia mediante delibazione (questa 
essendo inammissibile tra due monconi d'uno 
stesso unico ente di diritto internazionale, -qual' e 
q1lello che il Trattato prevede). 

(MANI,IO 0ECOVINI) 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDillfENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA e GAZZETTA UFFICIALE � 

I. 
i. Legge 28 dicembre 1950, n. 1019 (G. U.): Disciplina 
di talune situazioni riferentisi ai pubblici dipendenti 
non di ruolo. Particolarmente notevoli le disposizioni 
degli articoli 2 e 3, che debbono essere messe 
in relazione all'art. 1 del D. L. L. 15 novembre 
1946, n. 375, per stabilire i precisi limiti del concetto 
di cc riassunzione in servizio >>, la quale comporta 
quei benefici previsti dalla legge in esame, in 
contrapposto alla nuova assunzione a'lla quale la 
legge non si riferisce. 
2. 
Legge 9 gennaio 1951, n. 10 (G. U. n. 18): Norme 
in materia di indennizzi per danni arrecati con azioni 
non di cpmbatth:nento e per requisizioni disposte 
dalle Forze Armate Alleate. 
Su questa legge abbiamo gi� espresso il nostro 
parere genericamente contrario in sede di esame del 
relativo disegno di legge (V. in questa Rassegna, 
1950, pag. 183). Alcuni dei principali difetti da noi 
rilevati sono stati invero eliminati, ma non si pu� 
nascondere che l'emanazione di questa legge rimetter� 
necessariamente in discussione una serie di questioni 
che una consolidata interpretazione giurisprudenziale 
del D. L. n. 451 aveva ormai risolto. Per quanto 
riguarda la competenza giurisdizionale in materia di 
requisizioni nulla. dispone la legge in esame, e se si 
tien conto della natura della competenza dei Comitati 
per le requisizioni, che � di carattere generale 
nella materia e che concerne tutte le requisizioni disposte 
durante la guerra e per causa di guerra nel 
territorio dello Stato, � da ritenere che l'interpretazione 
pi� adeguata del silenzio mantenuto� sull'argomento 
dalla legge in questione sia quella secondo 
la quale, in tema di giurisdizione le cose restano co:tne 
erano. Si veda in proposito lo scritto del Favara in 
�Foro It. "� 1951, IV, 18, le cui critiche alla legge in 
gran parte condividiamo. 

II. 
I. 
Camera dei Deputati: Disegno di legge n. 1176-B 
(Iniziativa governa,t�va). -Modifica agli articoli 34 
e 35 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'Am-� 
ministrazione del Patrimonio della Contabilit� generale 
dello Stato -Con questo disegno di legge il 
Governo proponeva la modificazione dell'articolo 35 
succitato nel 'senso di essere autorizzato apresentare 
sia lo stato di previsione della entrata sia tutti 
gli stati di previsione della spesa dei singoli Ministeri 
ed aziende autonome in un solo disegno di 
legge. La Camera aveva approvato la proposta, ma 
il Senato ha negato l'approvazione, ritenendo che 
la norma dell'art. 81 della Costituzion,e, specie se 
messa in relazione con le affermazioni fatte in sede 
di discussione alla Costituente, non consenta l'unicit� 
del bilancio. Si tratta di questione molto dibattuta 
e molto antica. 


2. 
Camera dei Deputati: Disegno di legge n. 1750 
(Iniziativa governativa). -Costituzione e compiti 
del Comitato dei Ministri per il coordinamento delle 
commesse e forniture delle Amministrazioni dello 
Stato. � un disegno di legge di rilevante importanza 
in quanto con esso si modificano norme fondamentali 
della Contabilit� dello Stato in materia di contratti, 
stabilendosi tra l'altro che sia il Comitato dei 
Ministri (organo non nuovo nell'ordinamento amministrativo 
italiano -si vedano i vari Comitati 
interministeriali ad esempio per la tutela del risparmio, 
per la ricostruzione, ecc.) ad autorizzare la trattativa 
privata nei contratti dello Stato, in deroga 
all'art. 6 della vigente legge di contabilit�. 
Viene� altres� istituito un Comitato composto da 
un Consigliere di Stato, da un Sostituto avvocato. 
dello Stato e da un funzionario della Ragioneria ge


gerale dello Stato per l'esame degli schemi di contratti 
fatti in deroga alla Contabilit� generale dello 
Stato; la deliberazione di questo Comitato sostituisce 
il parere del Consiglio di Stato. Il controllo 
della Corte dei Conti permane, e non poteva essere 
altrimenti, ma � esercitato in un modo particolare. 



INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA JPORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIF'LETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA 

ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se il cittadino 
italiano il quale ebbe a cedere in permuta a personalit� 
politiche naziste delle opere d'arte, possa pretenderne 
la restituzione in deroga alla legge 14 gennaio 1950, 

n. 77, assumendo di aver sub�to evizione delle opere 
� d'arte dategli dalle personalit� politiche predette (numero 
14). 

APPALTI. -1) Se siano obbligatori per l'Amministrazione 
i patti con i quali si sia convenuto con 
un'Impresa appaltatrice uno speciale premio di acceleramento 
(n. 141). -2) Se nel premio di acceleral:Ilento 
sia compreso qualsiasi altro compenso straordinario 
anche a titolo di revisione dei prezzi (n. 141). -3) 
Quali siano i limiti di applicazione dell'art. 22 Cap. 
Gen. e dell'art. 351 della legge sui LL. PP. in 
caso di fallimento dell'Impresa appaltatrice (numero 
142). -4) Se il supplente dell'appaltatore possa. 
chiedere la restituzione della imposta di registro sul 
contratto di appalto, per essere questo stato non eseguito 
(n. 143). -5) Se la clausola revisionale introdotta 
illegittimamente in un contratto, stipulato sotto 
l'impero della legge 1938, possa valere a giustificare 
una pretesa di compensi basata su errore di calcolo 

(n. 144). 
ASSICURAZIONI. -1) Se nell'assicurazione dei 
valori e cose esistenti nelle Ricevitorie postali di che 
alla legge 28 ottobre 1942, n. 1407, sia compreso anche 
il danno derivante da furto di timbri, bilanche e bolgette 
di propriet� dell'Amministrazione postale (numero 
30}. -2) Se l'obbligo delle assicurazioni sociali 
trovi applicazione nei confronti del personale mobilitato 
civilmente durante la guerra (n. 31). 

AUTOVEICOLI. -Se l'Amministrazione possa, in 
base a criteri di opportunit� amministrativa aderire 
alla proposta di risoluzione consensuale di contratti 
di vendita di autoveicoli ai reduci, posti in essere in 
esecuzione dei DD. LL. 25 aprile 1946, n. 240 e 23 
gennaio '1948, n. 78 (n. 28). 

AVVOCATI E PROCURATORI. -Se l'avvocato 
dello Stato debba essere specificamente autorizzato a 
recarsi fuori sede per esercitare le sue funzioni, alfine 
di ottenere il rimborso della indennit� di missione 

(n. 12). 
CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -1) Se il 
socio d'una cooperativa regolata dal T. U. sull'edilizia 
economica e popolare possa alienare il diritto di so


praelevazione, uti singolus o aderendo alla deliberazione 
dell'assemblea deicondomini, prima del riscatto 
dell'appartamento (n. 28). ~ Se la Gestione INACasa, 
per acquistare a titolo oneroso le aree necessarie 
alla costruzione di case per i lavoratori, sia soggetta 
all'autorizzazione governativa prevista dalla legge 5 
giugno 1850n. n. 1036 (n. 29). -3) Se possa considerarsi 
contratto a titolo oneroso quello con il quale un 
ente cede all'INA-Casa un'area, impegnandosi l'INACasa 
a destinarla alla costruzione di case per i lavoratori 
dipendenti dall'ente cedente (n. 29). 

COMUNI E PROVINCIE. -Se l'art. 80 del T. U. 
14 settembre 1931, n. 1175 sulla Finanza locale si applichi 
sia agli appalti per le imposte di consumo a 
canone fisso, sia agli appalti ad aggio (25). 

CONFISCA. -Se la cessione all'IST-Cambi di 
monete d'oro confiscate per motivi razziali possa costituire 
quel trasferimento a terzi previsto dall'art. r '�1 
del D. L. 5 maggio 1946, n. 393 (n. 6). I 

CONTABILITA' DELLO STATO. -1) Se il D. 

P. R. 29 luglio.1948, n. 1309 che modifica l'art. 54 del 
Regolamento per la Contabilit� generale dello Stato 
si applichi ai contratti stipulati anteriormente alla sua 
entrata in vigore (n. 69). -2) Se il funzionario delegato 
ai contratti abbia potere certificante in ordine 
alle copie di atti di svincolo dei depositi cauzionali 
(n. 70). -3) Se il fermo amministrativo previsto dall'art. 
69 della legge di Contabi�it� possa non applicarsi, 
da parte dell'Amministrazione debitrice quando 
le somme siano dovute per un appalto od una fornitura 
(71). 
DEPOSITO. -Se, per svincolare un deposito cauzionale 
la firma del funzionario delegato ai contratti 
sulia copia del1'11tto di svincolo debba essere autenticata 
(n. 12). 

DONAZIONI. -Se la donazione fatta ad un Comune 
di un immobile con l'espressa volont� del donante 
che esso sia destinato a favore del fascio di combattimento 
locale che a quell'epoca non aveva perso-� 
nalit� giuridica dia titolo al fascio stesso, una volta 
acquistata tale personalit� di chied!'lr.e al Comune il 
trasferimento dell'immobile a suo nome (n._ ll~. _ 

ELETTRODOTTO. -Se le Ferrovie dello Stato 
proprietarie di centrali elettriche date in gestione ad 
rma societ� privata, obbligata per questo a fornire 



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l'energia, possano prendere possesso di dette centrali 
quando la societ� gerente, per qualsiasi rnotivo, interrompa 
la fornitura (n. 1). 

ENTI ECCLESIASTICI. -1) Quale sia la natura 
giuridica delle confraternite religiose (n. 13). -2) Quale 
sia la portata del potere dello Stato italiano nel riconoscimento 
di enti ecclesiastici (n. 13). -3) Se lo 
Stato italiano possa pretendere per riconoscere la personalit� 
giuridica di una confraternita religiosa che essa 
sia costituita per atto pubblico (n. 13). 

ESECUZIONE FISCALE. -Quali siano i diritti 
spettanti ad un esattore dichiarato deca.duto per mancata 
integrazione della cauzione, e che abbia lasciato 
debiti nei confronti del ricevitore provinciale e del Comune 
che abbiano proceduto alla riscossione dei residui 
(n. 19). 

ESPROPRIAZION1. -1) Se l'espropriazione di terreni 
necessari per la costruzione delle case del piano 
Fanfani debba fatta su richiesta della gestione INACasa 
ed a favore di questa (n. 61). -2) Se un decreto 
di espropriazione emesso a favore di ente diverso 
da quello previsto dalla legge leda un interesse legittimo 
o un diritto subiettivo degli espropriati (61). 3) 
Se i decreti di occupazione di urgenza e i decre� di 
espropriazione emessi dal Prefetto possano considerarsi 
atti esecutivi, agli effetti della esecuzione forzata 
(n. 62). -4) Se gli ufficiali giudiziari siano tenuti 
a prestare la loro opera per l'esecuzione dei de�reti di 
espropriazione (n. 62). -5) Quali siano le modalit� 
di procedura per l'esecuzione dei decreti di espropria-

WJ zione e di occupazione temporanea (n. 62).. 

FERROVIE. -1) Se le Ferrovie possano prendere 
possesso di Centrali elettriche di loro propriet� affidate 
in gestione ad una Societ� privata, quando questa 
non adempia all'obbligo di fornitura dell'energia (numero 
120). -2) Se le Ferrovie dello Stato possono 
partecipare a Societ� commerciali costituite per fini 
attinenti all'incremento della elettrificazione senza un 
apposito provvedimento legislativo (n. 121). 

GUERRA. -Quali siano le norme applicabili per 
il pagam.ent� agli eredi di militari defunti in guerra di 
somme loro spettanti a tiolo ereditario (n. 107). 

IMPIEGO PUBBLICO. -1) Se il rapporto di impiego 
con le associazioni sindacali ex fascis'te in liquidazione 
sia di carattere pubblico (250). -2) Se l'obbligo 
delle assicurazioni sociali trovi applicazione nei 
confronti del personale mobilitato civilmente e posto a 
prestar servizio a disposizione di organi dello Stato 

(n. 251). -3) Come debbano regolarsi i rapporti tra 
il personale gi� dipendente dalla Missione Italiana 
UNRRA e l'Amministrazione Aiuti Internazionali (numero 
252). -4) Come debbano eseguirsi nei confronti 
degli impiegati dello Stato le decisioni della Corte dei 
conti che li condannano per responsabilit� contabile 
(n. 253). -5) Se ai fini della corresponsione del 
fondo di previdenza agli impiegati dipendenti dagli 
enti pubblici dell'Alimentazione debba calcolarsi, per 
stabilire l'importo della retribuzione mensile, anche 
l'indennit� di carovita (n. 254). --6) Se durante la fase 
di liquidazione d'un ente pubblico si possa proqedere 
a promozione degli impiegati (n. 255). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se sia valida una 
clausola di esenzione da imposta sl�l'entrata contenuta 
in un contratto di appalto di opere pubbliche (n. 26). 

IMPOSTE E TASSE. -1) Se l'art. 80 del T. U. sulla 
Finanza Locale si applichi agli appaltatori di imposte 
di consumo, sia se retribuiti a canone fisso, sia se retribuiti 
ad aggio (n. l.�8). -2) Quali siano i limiti di 
applicazione della presunzione stabilita nell'art. 3 del 

D. L. 2 luglio 1947, n. 683, sulla riscossione delle imposte 
straordinarie (n. 149). -3) Se possa dichiararsi 
la decadenza dell'appalto delle imposte di consumo 
di una Societ� per il solo fatto della sua messa in liquidazione 
(n. 150). -4) Se per dichiarare la decadenza 
di m1a societ� che gestisce il servizio di riscossione 
delle imposte di consumo e che sia stata messa 
in liquidazione debbano le contestazioni farsi al liquidatore 
(n. 150). -5) Davanti a chi debbano prestare 
giuramento il vice presidente ed i membri della Commissione 
delle Imposte quando manchi il Presidente 
(n. 151). -6) Quale sia il momento da tener presente 
per stabilire l'imposta di fabbricazione dovuta sugli 
olii di semi (n. 152). 
IPOTECA. -Se il decreto ingiuntivo emesso secondo 
il T. U. del 1910 possa essere compreso tra i 
provvedimenti che danno titolo alla iscrizione della 
ipoteca giudiziale (n. 5). 

LOCAZIONI. -� 1) Se l'Amministrazione possa invocare 
la proroga della locazione per un immobile 
adibito ad abitazione di suoi dipendenti, basandosi 
sull'art. 7 della legge 23 dicembre 1947, n. 1461 (numero 
53). -2) Se possano computarsi a favore dell'Istituto 
delle Case popolari gli aumenti dei canoni 
locatizi stabiliti in via generale con le leggi 30 dicembre 
1948, n. 1471 e 29 aprile 1949, n. 160 in relazione 
ad immobili locati ad uso di caserme delle Forze di 
Polizia (n. 54). 

MATRIMONIO. -Se si debba procedere a recupero 
della pensione nei confronti della vedova di guerra 
passata a seconde nozze, in pendenza del giudizio di 
nullit� del secondo matrimonio (n. 6). 

NAVI. -1) Se l'impossessamento da parte del nemico 
di navi mercantili requisite dallo Stato italiano 
equivalga a loro perdita per fatto di guerra e spetti 
all'Amministrazione liquidare i relat.ivi danni (n. 42). 
-2) Quale sia la portata dell'accordo Italo-Greco relativo 
alle navi mercantili italiane cadute in possesso 
delle autorit� elleniche per causa di guerra, stipulato 
il 21 agosto 1949 (n. 42). 

OPERE PUBBLICHE. --Se stabilito. in un eontratto 
di bonifica di campo minato l'obbligo di un 
doppio collaudo possa l'impresa bonificatrice vantare 
diritto a compensi speciali per lavori dovuti eseguire 
per la c. d. ribonifica tra il primo ed il secondo collaudo 
(n. 14). 



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PENSIONI.� -Se si debba procedere a recupero 
della pensione nei confronti della vedova di guerra 
passata a seconde nozze, in pendenza del giudizio di 
nullit� del secondo matrimonio (n. 44). 

POSTE E TELEGRAFI. -1) Se nell'assicurazione 
del valori e cose esistenti nelle Ricevitorie postali di 
che alla legge 28 ottobre 1942, n. 1407, sia compreso 
anche il danno derivante da furto di timbri, bilance e 
bolgette di propriet� dell'Amministrazione postale (numero 
21). -2) Se colui il quale � indicato in un decreto 
del Presidente del Tribun~le emesso ai sensi dell'art. 
22 del Regolamento postale come la persona che 
deve riscuotere determinate somme dalla posta, possa 
delegare altri per la riscossione (n. 22). 

SINDACATI. -Quali siano i riflessi dei provvedimenti 
legislativi che hanno stabilito la soppressione e 
la liquidazione delle Associazioni sindacali fasciste e 
la costituzione degli uffici stralcio (n. 8). 

SOCIETA'. -1) Se una Societ� commerciale che 
gestisce l'appalto delle imposte di consumo, possa essere 
dichiarata decaduta per 11 fatto di essere posta in 
liquidazione (n. 25). -.2) Se gli emolumenti e retribuzioni 
agli amministratori delle Societ� .esercenti le 
aziende patrimoniali dello Stato deboano gravare sull'esercizio 
o invece sulla quota di ut,ili spettanti ala 
societ� concessionaria (n. 26). -3) Se le Ferrovie dello 
Stato possano partecipare a Societ� cominerciali aventi 
per oggetto lo sviluppo della elettrificazione senza 
un'apposita disposizione legislativa (n. 27). -4) Se 
il deposito delle somme costituite da quote di riparto 
di societ� in liquidazione non riscosse possa, dopo l'entrata 
in vigore del Codice civile del 1942, farsi anche 
presso la Cassa DD. PP. (n. 28). 

SUCCESSIONI. -Quali siano le norme applicacabili 
per il pagamento agli eredi di militari defunti 
in guerra di somme loro spettanti a titolo ereditario 

(n. 26).