ANNO IV -N. 2 FEBBRAIO 1951 fRASSEGNA MENSILE ~ DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO IL RICORSO STRAORDINARIO AL CAPO DELLO STATO ELA NUOVA COSTITUZIONE 1. La paziente opera di sistemazione degli istituti di diritto positivo preesistenti, nel quadro del nuovo ordine costituzionale, desta tutt'ora notevoli perplessit� negli studiosi, che si dividono, a volte con orientamenti diversi, nello stabilire la portata delle nuove norme e dei nuovi principi informatori in relazione alle norme ed ai principi dell'ordinamento giuridico precostituito. Molti di questi problemi, peraltro, risultano w� essenzialmente da. elaborazioni dogmatiche, frutto dell'applicazione di schemi dottrinali tutt'altro f'he condivisi uniformemente, e rivestono quindi una utilit� alquanto dubbia nell'attuale fase di coordinamento, in cui il processo interpretativo ancora non consolidato rende necessaria la esegesi della norma, piuttosto che la formulazione teorica del sistema. � In uno scritto pubblicato su questa Rassegna un chiaro Autore (1), ottemperando con vigile sensibilit� alla sopraccennata esigenza, ha segnalato an problema di notevole portata, sollevando forti dubbi sull'attuale ammissibilit� dell'antico ricorso straordinario al Re, con il conseguente trapasso del potere di decisione dall'organo monarchico a quello presidenziale, dato che il carattere di esclusivit� delle norme costituzionali porterebbe ad escludere che l'�mbito delle competenze del Capo dello Stato possa esorbitare dai limiti di quelle espressamente stabilite dalla legge (art. 87 Oost.) -tra cui non risulta;il potere di decisione sopraccennato -e dato che,'wer il disposto dell'art. 113 Oost., l'atto di decisione sul ricorso non potrebbe pi� ritenersi sottratto al controllo giurisdizionale, con un evidente snaturamento dell'istituto nei suoi essenziali caratteri. (1) AGR�: Osservazioni sull'ammissibilit� attuale del rico1'8o straordinario al Capo dello Stato. "Rassegna>>, 1948, n. 10, p. I e segg. Recentemente, un acuto giurista, replicando alle osservazioni di Agr�, in un elaborato saggio (1), si � invece pronunciato per la soluzione affermatova, sostenendo, da un lato, che l'art. 87 Oost. avrebbe la unica funzione di rivestire di garanzia t'�ostituzionale alcune delle competenze presiden7; iali, onde quelle di natura amministrativa gi� spettanti al Re sarebbero da ritenersi trasferite ;tI .Presidente della Repubblica, sottentrato al primo nella posizione di Capo dello Stato. D'altra parte, l'istituto in questione esulerebbe dall'ipotesi prevista nell'art. 113 Oost., che riguarda, soltanto gli atti lesivi di interessi legittimi (o di diritti), perch� la particolare natura che, secondo tale Autore, rivestirebbe il ricorso straordinario, di mezzo extra j1iris ordinem, sfornito delle caratteristiche proprie del rimedio assistito da garanzie giuridiche e, quindi, al di fuori della categoria dei mezzi che esplicano una funzione perfetta (1) SANDULLI: Sull'ammissibilit� del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. "Giur1spr. It. >>, 1950, IV, 89 e segg., v. anche Rooco in" Foro It. '" 1951, IV, 73. Il problema � stato preso in esame anche da M:oRTATI (Corso ist. dir. pubbl., Padova, 1949, 408) a proposito della successione da parte del Governo della Repubblica nelle attribuzioni di indole amministrativa gi� spettanti al Re. Si deve inoltre osservare che la migliore dottrina continua a classificare nei trattati il ricorso straordinario come un mezzo di giustizia amministrativa tutt'ora ammissibile: vedi in proposito ZANOBINI: Corso dir. Amm., Milano, 1949, III, p. 18 e segg.; VITTA: Dir. Amm., lJ.T.E.T., 1950, II, 393; ALESSI: Corso dir. Amm., Milano, 1950, II, 119; RAGGI: Giust. Amm., Genova, 1950, 173; MAROHI: Il Capo dello Stato, Commentario sistematico.d(!,lla Costituzione italiana, Firenze, 1950, II, 119; PERGOLESI: Diritto cost., Bologna, 1948, 85. Non mi sembra, per�, che tali testi possano in effetti soccorrere alla soluzione affermativa del problema, dato che questo non risulta ivi nemmeno impostato nei suoi termini essenziali. -40 mente riparatoria, importerebbe che il singolo non potrebbe vantare la lesione d� alcun interesse legittimo attraverso l'atto di decisione sul ricorso, come, del resto, nessuna lesione tutelabile attraverso le ordinarie forme di impugnazione gli deriverebbe dal provvedimento impugnato in via straordinaria, nei confronti del quale il ricorrente avrebbe gi�� rinunciato o, comunque, sarebbe gi� decaduto dall'esercizio dei rimedi forniti di garanzie giuridiche. Peraltro, mi s�mbra che tale orientamento, fondandosi su presupposti in parte avversati dalla dominante dottrina. e giurisprudenza, non abbia affrontato soddisfacentemente, n� esaurito il problema. Compito, questo, cui non presumo di assolvere con il presente studfo, limitato a brevi considerazioni critiche, con la speranza che altri possa, pi� degnamente di me, approfondirle e risolverle. 2. Dal profilo storico-giuridico (1), il ricorso straordinario al Re si ricollega alle istanze in via di giustizia e di grazia, che nel regime di monarchia .assoluta era consentito inoltrare al sovrano contro i provvedimenti sia giudiziari che am_ministrativi. Tali istanze, limitate in un secondo tempo ai soli atti amministrativi (2), erano dichiarate espressamente ammissibili nelle Costituzioni generali di Vittorio .Amedeo II del 1770 (3) e facevano capo al principio, dominan~e l'antico regime, della giustizia ritenuta -in contrapposto a quello della giustizia delegata ai giudici . per cui il sovrano, titolare e supremo moderatore di tutte le pubbliche funzioni, si arrogava la potest� di rivedere e modificare le sentenze ed i provvedimenti delle autorit�, per renderli, in via di giustizia o di gr�zia, pi� conformi alle esigenze etiche e politiche dei tempi. Il Re si pronunciava sul ricorso sentito, in un primo tempo, il parere del Consiglio dei Memoriali e, successivamente, quello del Consiglio di Stato, la cui competenza consultiva permase poi sempre immutata (RR. PP. 30 aprile 1749 e RR. PP. di Carlo Alberto del 18 agosto 1831, artt. 22, 23, 29). Tali disposizioni, peraltro, non possono considerarsi la attuale fonte legislativa dell'istituto, rimasto in vita anche successivamente al trapasso della stato sabaudo nel regime cost~tuzionale. D'altra parte, lo Statuto Albertino, prima carta costituzionale del regno unificato, non contiene (1) Per un riferimento ~llo sviluppo storico dell'istituto v. ORLANDO: Giustizia Amm., Milano, 1907, 688 e segg.; CAMMEO: Commentario, Vallardi, 620; RANEL� LETTI: Le Guarentigie della Giustizia della Pubblica Amministrazione, Milano, 1934, 258; RAGNISCO: I ricorsi amministrativi, Roma, 1936, 271; TIEPOLO: Il Provvedimento definitivo e il ricorso al Re, �Giustizia Amm. '" 1890, IV, 45. (2) Tale limitazione si � verificata in seguito alla instaurazione del Magistrato di Cassazione, avvenuta con R. D. 30 ottobre 1847, '" D'ALESSIO: Le leggi sulla GiustiziaA~inistrativa commentata, U.T.E.T., 1938, 50. (3) Libro II, Cap. II, art. 1 e segg. alcuna norma che riguardi il ricorso straordinario, il quale per� fu incidentalmente disciplinato da sporadiche disposizioni di legge, regolanti la competenza e le attribuzioni del Consiglio di Stato. Vart. 15 della legge 30 ottobr<:1_185!.}, n.. 3707, gi� trasfuso con qnalche variante nell'art. 12 della legge 20 marzo 1865, all. D sul Consiglio di Stato, venne riportato anche nell'art. 16, n. 4 del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 attualmente vigente, che prevede il parere obbligatorio del supremo consesso sui ricorsi presentati al Re � contro la legittimit� dei provvedimenti governativi, di carattere amministrativo, pei quali siano gi� esaurite o non si possano proporre in via gerarchica le domande di riparazione �. N ell'ultimo comma. dell'art. 16 sopracitato e negli artt. 60 e 61 del Regolamento 21 aprile 1942, venivano poi stabiliti il termine e le modalit� per la presentazione d_el ricorso. Tali norme, hanno senza dubbio meglio inquadrato l'istituto, confinandolo, attraverso un rigido ordine di preclusioni e decadenze, nell'ambito dei normali mezzi di tutela giuridica (1 ). Non direi per� che possano essere ritenute la fonte costitutiva diretta del potere di decisione sul ricorso straordinario. In proposito mi sembra infatti che queste disposizioni di legge, essendosi proposta la particolare finalit� di disciplinare il provvedimento assumes, sero una funzione sussidiaria nel quadro dell'ordinamento costituzionale allora vigente e trovassero giustificazione solo in quanto il potere di decisione del sovrano in subiecta materia risultasse legittimato da una norma di diritto positivo costituzionale. Tale norma la dottrina. credette ~ infatti di ravvisare nell'art. 5 dello Statuto AlberI I tino, secondo il quale soltanto al Re spettava il potere esecutivo (2). Contro questa tendenza fu per� successivamente osservato che, attraverso l'art. 5, poteva ricavar.si il fondamento della. funzione esercitata dal monarca in ordine al c.d. ricorso gerarchico aJ Re (3) quale ultimo gradino della gerarchia amministrativa, il cui provvedimento doveva costituire il necessario presupposto per la definitivit� dell'atto impugnato. Nella (1) Anteriormente al 1907, difatti, il ricorso straordinario non risultava vincolato da alcun termine di decadenza� mentre, prima della riforma della giustizia amministrativa del 1889 la decisione sull'istanza era affidata alla assoluta discrezionalit� del sovrano. Tali caratteri facevano dell'istituto un rimedio di ordine eccezionale, di cui il cittadino poteva avvalersi in qualunque momento, senza che, peraltro, incombesse sull'organo sovrano alcun obbligo di provvedere. V. in proposito PORTA: Natura del decreto reale che decide il ricorso straordinario, � Giurispr. It. '" 1941, III, 113. (2) ORLANDO: Giustizia Amministrativa, in Trattato, 696 e segg.� verso il medesimo principio se.r;nbrano orientati TIEPOLO: op. cit.; DE GIANNIS: �Corso dir. amm., nn. 1735 e 1794; RAGNISCO: Il Ricorso in via ?Jtra;ordinaria al Re, � Giur. It. >>, 1908, IV, 136. (3) rectius: ricorso al Governo del Re. Come � noto, la possibilit� di distinguere e di inquadrare i due diversi -41 istanza esperita invece in via straordinaria l'attribuzione sovrana di decidere sul ricorso non poteva promanare dal principio del collegamento gerarchico, poich� oggetto dell'impugnazione erano i provvedimenti amministrativi gi� consolida.ti e, d'altra parte, tale rimedio risultava proponibile per i soli motivi di legittimit� (1). Qnesto orientamento critico, oggi uniformemente condiviso, diede, cos�, �dito a una duplice tendenza, giurisprudenziale e dottrinale. Da una parte si sostenne che, mentre la decisione sul ricorso gerarchico atteneva all'organo monarchico nella sua qualit� di capo-amministratore dello Stato, onde esattamente se ne ritraeva fondamento attraverso l'art. 5 dello Statuto, nella pronuncia sulla domanda proposta in via straordinaria, invece, la volont� regia si manifestava nell'esercizio di una funzione misenzialmente sovrana, in cui il Capo dello Stato agiva, in quanto tale, al di sopra e al di fuori dell'ordinamento amministrativo (2). La opposta tendenza. che fin� per prevalere, osserv� che il Capo dello Stato, in q1tanto tale, non poteva a vere attribuzioni che non rientrassero nella sfera di una delle tre fondamentali funzioni dello Stato stesso, quella legislativa, esecutiva e giurisdizionale, onde era da ritenere che, nella decisione sul ricorso straordinal'. io, il Re agisse pur sempre nell'�mbito della amministrazione, quale capo supremo dell'esecutivo (3). Questa autorevole corrente di opinioni, poi, riconfermando i caratteri differenziali che distinguevano le due figure di ricorsi, quello gerarchico e quello straordinario, ne ravvis� la differenza, soprattutto, nella diversa genesi del potere di decisione che il sovrano esercitava in ordine a ciascuno di essi. Nel ricorso gerarchico -si afferm� -il Re si pronunciava in base alla competenza funzionale derivatagli dall'art. 5 suddetto, mentre nella decisione in via straordinaria sercitata, con rinnovato spirito, nell'ambito ricorsi, ha destato vive perplessit� nella dottrina e nella giurisprudenza. Cfr. in proposito i testi sopraconsiderati e, per un'analisi delle pi� antiche opinioni, CAMMEO: Commenta'l'io, Zoe. dt.; ORLANDO: Giustizia cit. 693, Cons. Stato, parere 7 aprile 1861, Manuale degli Amm. 1862, 37; RAGNISco: Il 'l'icorso in via stmc'l'dfaa't'ia cit., 141; Cons. Stato (IV Sez.) 8 giugno 1894, aiurispr. Jt., 1894, III, 308; Cons. Stato (IV Sez.) 8 maggio 1891, Giust. Amm. 1891, 197; Cons. Stato (IV Sez.), 13 settembre 1894, Giust. ltal., 1894, III, 355. (1) v. Dottrina e giurisprudenza citata da RAGNISCO Il rico'l'so in via strao'J'dina'l'ia e la giurisprudenza del C~nsiglio di Stato, in Il Consiglio di Stato, 1932, II, 7 e segg� (2) Questo � sostanzialmente l'atteggiamento as� sunto per un certo periodo di tEmpo dal Consiglio di Stato, v. (IV Sez.) 28 agosto 1890, Giust. Amm., 1890, I, 250; Id. 28 marzo 1892, Giust. Amm., 1892, I, 205. A tale orientamento sembra, di recente, essersi accostato il PORTA: op. loc.� cit. (3) RANELLETTI : Guarentigie. cit. 262; GIROLA : Il 'l'icorso straordinario al 'l'e, in <e Nuovo Dig. It. n, II, 652 e la m%ggioranza degli Autori. dell'esecutivo, l'antica funzione di correttore dei torti e delle illega�it�, superamento e residuo del preesistente regime di assolutismo e della particolare funzione di giustizia affidata al principe, in virt� di un potere ricorisacr�to, a mfo � avvfso, nella monarchia costituzionale, da una norma di diritto consuetudinario (1). 3. Per quanto poi riguarda la natura giuridica dell'istituto, la dottrina e la giurisprudenza, superate le prime incertezze sopracennate, si soffermavonoad esaminarne la natura dell'atto di decisione al fine di stabilire il �arattere amministrativo o giurisdizionale. La perplessit�, d'altronde, appariva giustificata pienamente dalla peculiare struttura dell'istituto. Da un Iato la iirni azione del ricorso alla stretta legittimit� del provvedimento impugnato, e dall'altro, il principio alternativo per cui la istanza in via straordinaria pre�ludeva l'e'Sperimento dell'azione giurisdizionale avverso la lesione di interessi legittimi, costituivano elementi atti ad inquadrare il ricorso stesso tra i rimedi di ordine giurisdizionale (2), mentre, a soccorso della opposta tesi, la natura dell'organo decidente e la esperibilit� dell'azione giudiziaria parallelamente al ricorso, per quanto riguardava i diritti soggettivi, mettevano a fuoco il carattere amministrativo del provvedimento sovrano (3).. . Oggi, almeno per quanto mi consta, non sussistono pi� dubbi sulla indole amministrativa (1) Traggo questa considerazione, che condivido, da un pregevole scritto inedito del collega CARBONE: Osservazioni sul ricorso straordinario al Capo dello Stato. Alla consuetudine, del resto, ricollega l'istituto il CAM� MEO: Commentario cit., 620 e Io stesso ORLANDO: op. cit., 696, afferma che i du~ sistemi relativi alla competenza in ordine al ricorso gerarchico ed al ricorso straordinario al Re si sono affermati ccpi� per vie di fatto che per ragioni coscienti e teoricamente maturate�. La maggioranza della dottrina, pur senza prendere direttamente in esame il fondamento consuetudinario del potere di' decisione sovrana in via straordinaria, ricollega quest'ultimo alla funzione esercitata dal Re anteriormente al trapasso del regime assoluto in regime di monarchia costituzionale, (cosi RAGGI: op. loc. cit.) osservando altresi che l'istituto appare attualmente regolato solo indirettamente e sporadicamente. V. RANELLETTI: op. loc. cit.; ALESSI, op. loc. cit., ZANOBINI: op. loc. cit. (2) In tale senso difatti si era ripetutamente pronunciato il Consiglio di Stato (Adunanza Gen. 10 gennaio 1908, cc Riv. Dir. Pubbl. >>, 1908, 87; Adunanza generale 29 novembre 1926 citata da RANELLETTI, cit. 266). (3) RAGNISCO: Il 'l'icorso sl'l'aordinario la Giu'l'ispi �udenza del Consiglio di Stato, loc. cit.; ALESSI: op. cit. ll9; RANELLETTI: Guarantigie loc., ;cit. e~la giurisprudenza della Cassazione ivi indicata, pag. 266, n. I. A questo orientamento ha aderito in un secondo �momento anche il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, con decisione 4 marzo 1932, Foro Amm., 1932, I, 2, 93; v. da ultimo anche Cass. 9 luglio 1936 ivi 1937, II, I; Cass. 9 dicembre 1937,; Rep. Giur. lt., 1937, voce Giusti:zia Amministrativa, n. 33. -4.2 dell'istituto. � opportuno rilevare in proposito, ai fini delle considerazioni che si svolgeranno, l'argomento deci..sivo su cui fa leva l'opinione accennata. Nel ricorso straordinario -si � detto il Re agisce sempre, � vero, come il correttore delle illegalit�, e vi continua quell'alta funzione di custode del diritto e di correttore del torto che aveva nella monarchia assoluta. l\fa la natura dell'attivit� che il monarca esercit� sul ricorso straordinario, si � nel nostro ordinamento profondamente mutata dietro la, spinta delle mutate esigenze sociali. Egli compie quella funzione di giustizia non pi�.in una attivit� di giurisdizione, ma in quella di amministrazione, cio� come organo supremo dello Stato nella sua funzione governa tiva, e il suo atto di decisione non � una sentenza, ma un provvedimento amministrativo, poich� � pur sempre l'amministrazione che trova nel suo seno organi ed istituti per riparare i torti che abbia eventualmente arrecati nell'esplicamento della sua attivit� (1 ). 4. All'atto dell'entrata in vigore della nuova Costituzione, dunque, l'istituto in esame si delineava, allo stato di elaborazione sopraccennata, sotto un duplice profilo: da un lato, come un residuo storico-giuridico dell'antica� funzione di giustizia demandata al Principe nel regime di assolutismo, ed in concreto come espressione della particolare posizione di supremazia rivestita dal sovrano nella monarchia costituzionale, posizione che il potere di decisione sul ricorso tendeva appunto a confermare. D'altro canto, come un ricorso amministrativo, la cui indole era determinata sia darlla qualit� di capo supremo dell'esecutivo che, secondo l'ordinamento statutario competeva al Re, e sia dalla peculiare attivit� esercitata da tale organo in ordine al ricorso stesso, la quale si rifletteva nell'ambito della sfera giuridico- amministrativa. Sulla base di tali premesse mi sembra che, per stabilire, se l'istituto sia sopravvissuto al mutamento della forma istituzionale clello Stato, si renda necessario esaminare se, nel vigente sistema repubblicano e negli organi supremi di governo ivi costituiti, si sia mantenuta quella identit� di caratteri strutturali che aveva indotto, a suo tempo, dottrina e giurisprudenza a giustificare il fondamento del ricorso medesimo. Intanto pu� apparire ammissibile, in un nuovo ordine giuridico, un istituto regolato da una norma preesistente, in quanto tale norma non contrasti nel suo contenuto, nei suoi presupposti e nei suoi effetti con il nuovo oridinamento (2). Nel caso specifico, poi, trattandosi di una, disposizione di carattere consuetudinario e, quindi, di una fonte meramente sussidiaria del diritto, l'indagine si presenta tanto pi� necessaria e complessa in (1) Cos� RANELLETTI: op. loc. cit. (2) Sulla possibilit� di abrogazione di una norma giuridica per la soppressione di un suo presupposto v, in generale DE RuGGIERO-MAROI: Ist. dfr. priv., Milano, 1944, I, 86. quanto va estesa all'intero sistema costituzionale (1). Alla stregua del quale, la risposta negativa al proposto quesito non mi sembra dubbia. Il nuovo ordine repubblicano ha sostanzialment,e modificato la, figura del Capo _dello Stato. Il Presidente della Repubblica, com'� noto, non riveste pi� quella particolare posizione di supremazia che lo Statuto Albertino attribuiva invece al monarca, ivi considerato l'effettivo vertice di una piramide, cui facevano capo le tre funzioni fondamentali della sovranit�. L'organo presidenziale invece non � pi� partecipe del potere legii; dativo, n� di quello giurisdizionale e, per quanto particolarmente ci interessa, non � pi� il capo supremo dell'esecutivo. J,e attribuzioni del Presidente sono essenzialmente determinate da quella funzione di cooperazione attiva e, direi quasi paritaria, con gli altri organi supremi costituzionali, alla quale eg~i � chiamato ad adempiere. Il complesso della norme che mirano a fissarne la figura e le competenze si propongono appunto, secondo la comune opinione, la particolare finalit� di impedire che, nel nuovo sistema democratico e repubblicano, il pi� alto organo rappresentativo possa assumere l'antica posizione di supremazia gi� spettante al Re (2). � Stanti tali premesse mi sembra che l'istituto del ; ricorso straordinario risulta attualmente inammissibile per nn duplice ordine di considerazioni: anzitutto � venuto meno, nel nuovo sistema costituzionale, il presupposto logico e giuridico della norma costitutiva dei potere di decisione sul ricorso e cio� la esistenza di un organo sovrano, destinatario dell'antica funzione di giustizia affi. data al Principe; in secondo luogo, la norma medesima risulterebbe contrastante con il nuovo ordinamento, poich� tenderebbe a confermare, nell'organo presidenziale, l'originaria posizione di supre 1 mazia spettante al Capo dello Stato monarchi~o e, quanto meno, l'esercizio di una funzione proprrn del Capo Supremo dell'esecutivo, che invece, la nuova costituzione tende ad escludere (3). D'altra parte, mi sembra che l'affermata opinione secondo la quale la norma contenuta nell'art. 's7 Cost. non precluderel)be l'�dito al Presidente della Repubblica delle altre attribu: zioni di carattere amministrativo gi� spettanti al Re, opinione dalla quale il ,Sandnlli trae argomento per sostenere l'ammissibilit� attuale del ricorso, se pure possa apparire fondata nelle sue linee generali (mi esprimo con tutte le riserve; non avendo approfondito il problema) mal s1 (1) Sul valore e sull'efficacia della consuetudine in generale c. BoBBio: La consuetudine come fatto norrnativo, Padova, 1942 e in particolare ZANOBINI: La gerarchia della fonti. Commentario sistematico della Cost. italiana, I, 47. (2) MARCHI: Il Capo dello Stato, cit:,� 114. (3) Per questo motivo non ritengo di poter -aderire all'opinione del MORTATI: op. loc. cit., che ritiene essersi trasferito dal sovrano al governo della Repubblica il potere di decisione sul ricorso straordinario. -43 adatterebbe al caso in questione, poich� ritengo che la estensibilit� di tali attribuzioni, al di l� dai confini indicati nelle norme costituziona.li, debba in ogni caso trovare un necessario limite nei confronti di quelle competenze che, per la loro particolare natura o per i loro particolari effetti importerebbero uno snaturamento dell'organo, attribuendogli caratteri funzionali contrastanti con la posizione a questo attribuita dall'ordinamento stesso. 5. Alla ammissibilit� del ricorso straordinario, d'altra parte, si oppone la norma contenuta nell'art. 113 Cost.: <e Contro gli atti dello P.A. � sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non pu� essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione n. Il contrasto che si genera fra questa disposizione e l'istituto in esame, colpito nei suoi caratteri essenziali, mi sembra evidente. Anzitutto si rende incompatibile con il nuovo rigoroso sistema di tutela giurisdizionale il principio della alternativit�, che costituisce il necessario presupposto per la proposizione del ricorso. In secondo lnogo, lo stesso provvedimento di decisione, dato il suo carattere amministrativo, dovrebbe sottostare, sia per quanto riguarda i vizi di forma e sia. per quelli di sostanza, al controllo della giurisdizione. Insomma, sono venuti meno gli elementi informatori ed i presupposti che tanto l'ordinamento positivo quanto uniformi tendenze erine- W neut.iche si sono affannate ad affermare, al fine di evitare, per un giustificato rigore di principi, che il Consiglio di Stato, organo consultivo per quanto concerne i rie.orsi in via straordinaria e organo di giurisdizione sui gravami proposti avverso gli atti amministrativi, avesse a pronunciarsi due e, magari, tre volte in ordine al medesimo rapporto (1). Osserva per� Sandulli che tale norma sarebbe inapplicabile all'istituto in questione pereh� si riferisce unica.mente agli atti lesivi di interessi legittimi, mentre il contenuto della decisione di un (1) Per questo sono portato a dissentire dalla opinione profilata da SANDULLI, secondo il quale la eventuale cumulabilit� dei due ricorsi, quello in via straordinaria e quello giurisdizionale, non apparrebbe di tale ostacolo da far ritenere inapplicabile l'istituto nel nuovo ordinamento di giustizia amministrativa, dato che il parallelo esperim,ento delle due forme di tutela � gi� previsto per le questioni attinenti ai diritti soggettivi. Tale parallelismo, invero, mi sembra giustificato in questo caso, dato il diverso obbietto che si propone il provvedimento giudiziario rispetto a quello adottato in via straordinaria l'uno mirando alla mera reintegrazione dei diritti soggettivi lesi, e l'altro all'annullamento dell'atto impugnato. Nell'ipotesi, invece, in cui il privato si dolga per la lesione di un interesse legittimo, ambedue i provvedimenti riparatori producono il medesimo effetto dell'annullamento, onde il parallelismo dei due ricorsi risulterebbe, oltre che poco opportuno, pericoloso. ricorso straordinario, ancorch� non soddisfi alle richieste del ricorrente, mai lederebbe siffatta forma di interessi, dato che nessun interesse legittimo potrebbe vantare il-privato in ordine alla sostanza della decisione. D'altra parte, continua l'Autore, la norma contenuta nell'articolo 113 Oost. non pu� essere destinata a proteggere situazioni giuridiche nei confronti delle quali non fosse orma.i pi� consentito avvalersi di rimedi forniti di garanzie giuridiche. Non mi sento di condividere tali affermazioni, fondate essenzialmente sulla particolare configurazione che all'istituto attribuisce il chiaro studioso, considerandolo quale rimedio extra juris ordinem, sfornito delle peculiar�t� attinenti 3,i mezzi riparatori assistiti da garanzie giuridiche. Tale carattere di rimedio extra juris ord.inem, invero, tramandato allo istituto fin dalle remote origini, in cui questo appariva come una domanda rivolta alla grazia sovrana, libera da ogni vincolo di termini ed in ordine a.Ila quale l'organo decidente non aveva alcun obbligo di provvedere, si � completamente trasformato in seguito alla entrata in vigore delle varie norme procedurali sopra considerate, ed alla riforma della giustizia amministrativa del 1889. Con la quale, istituitasi la IV sezione del Consiglio di Stato e disciplinato, quindi, il ricorso straordinario come un rimedio alternativo con quello giurisdizionale (1), ne deriv� che alla proposizione corrispondesse nell'organo adito l'obbligo della decisione. Per tale effetto e per il rigore dei termini e delle preclusioni fissate dalla vigente normativa, mi sembra che l'antica istanza abbia perduto la sua orginaria fisionomia, che ne faceva un rimedio di carattere eccezionale (2), posto al di sopra e al di fuori degli ordinari mezzi destinati a svolgere una funzione riparatoria nell'intereRse dei privati ricorrimti. In funzione di tale intereSf?e, invece, l'istituto risulta oggi principalmente cireoscritto, tanto vero che l'atto di annullamento o di eonferma del provvedimento impugnato in via straordinaria intanto appare ammissibile in quanto sussiste quel concreto interesse di giustizia che si determina appunto attraverso la doglianza del singolo, la cui realizzazione � garantita dall'ordinamento giuridi<iO al di fuori da ogni sfera di discrezionalit� amministrativa (3). Per queste considerazioni ritengo che la dottrina abbia sempre ravvisato nel ricorso medesimo un ordinario mezzo amministrativo di difesa del privato e non gi� una mera guarentigia amministrativa che, com'� noto, � posta invece in funzione di un astratto interesse di giustizia, al fine di assicurare l'osservanza del diritto obiettivo ed il buon (1) Vedi ScIALOJA: Oome il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale,� Riv. dir. pubbl. n, 1931, I;, 407. (2) Concorda su questa osservazione PRESUTTI : Istituz. dir. amm., Milano, II, 130, n. 37 e HAUPTMANN, ivi richiamato. (3) ZANOBINI: op.. cit., II, 43, Id. Ricorso amministrativo e annullamento di ufficio. cc Giur. It. �, 1942, III, 51; 78. RANELLETTI: cit. 201. -44 funzionamento della P. A.; indipendentemente ed anche fuori da ogni lesione individuale (1). N� in diverso avviso mi induce l'opposta opinione di Sandulli, che nega il carattere funzionale propriamente riparatorio dell'atto di decisione sul ricorso, in base alla considerazione che, con la proposizione della domanda in via straordinaria, il ricorrente avrebbe rinunciato o, comunque, sarebbe decaduto dalla possibilit� di esperire rimedi forniti di garanzie giuridiche, ed in quanto nessun interesse legittimo potrebbe pi� vantare costui in ordine alla sostanza della decisione. Anzitutto, mi sembra che il ragionamento del Sandulli, bench� svolto con quella acutezza di analisi che � propria di tale autore, parta da un assioma non confortato da una rigorosa dimostra.zione. Affermare infatti che l'atto di decisione in via straordinaria non pu� ritenersi lesivo di interessi legittimi in quanto risulta enucleato dalla cerchia dei rimedi assistiti da garanzie giuridiche, e che intanto i ricorrenti non possono pi� vantare la lesione di interessi legittimi in ordine alla sostanza della decisione in quanto sono decaduti o hanno rinunciato ad avvalersi dei rimedi forniti di tali guarentigie, non significa ancora aver dimostrato come e perch� il ricorso straordinario non debba considerarsi alla stregua di tali rimedi. Posto viceversa, come si � sopra veduto, che al ricorso straordinario attiene un carattere strettamente riparatorio, si potr� tutto al pi� constatare che il ricorrente abbia rinunciato o sia decaduto dall'esercizio dell'azione giurisdizionale, ma non dal diritto alla tutela giuridica dei propri interessi lesi dal provvedimento dell'Autorit�, che possono essere appunto fatti sempre valere in via straordinaria. D'altra parte, non mi sembra che la inoppugnabilit� dell'atto importi una degradazione dell'interesse legittimo al rango di interesse semplice, nei confronti del quale l'ordinamento giuridico rimane indifferente. Tale effetto � essenzialmente attinente alla sfera di privata utilit� che interferisce nel campo di azione entro cui la P.A. esplica un potere assolutamente discrezionale, in conseguenza del quale, soltanto, tali interessi restano assolutamente privi di protezione giuridic.a. Per altro se � vero che, mancando tale protezione per effetto della discrezionalit� amministrativa, non pu� ovviamente esistere la tutela giurisdizionale, non mi sembra affatto esatta la proposizione inversa, e cio� che, qualora la tutela giurisdizionale sia soppressa o divenuta impossibile nei confronti di un interesse legittimo, cessi ogni protezione giuridica e sopravvenga la degradazione di essa, con il conseguente ingresso di un potere assolutamente discrezionale della P. A. rispetto a quella situazione giuridica, in ordine alla quale, fino a che la difesa giurisdizionale del privato risulta.va esperibile, l'Autorit� amministrativa restava, in (1) ZANOBINI: cit. 43; .ALESSI: op. cit., 6, 92 e segg.; RAGGI: op. loc. cit.; sui caratteri differenziali tra guarantigie giudiziali ed amministrativE;i cfr. l'acuta analisi del RANELJ,ETTI, cit., 195 e segg. vece, vincolata (1). Se mi fosse consentito in proposito un accostamento concettuale alla dogmatica processualista, direi che alla possibilit� di una identificazione fra protezione giuridica e tutela giurisdizionale dell'interesse, si opporrebbe il concetto dell'azione, elaborato dalla dottrina moderna come un potere assolutamente autonomo dal diritto sostanziale che si pretende leso (2 ). Nella teorica del diritto amministrativo, poi, la indipendenza della situazione ginridica sostanziale da quella propriamente riparatoria si puntualizza nella distinzione affermata dal pi� consolid,ato orientamento tra l'interesse legittimo propriamente detto (interesse legittimo sostanziale), la cui esistenza compete dall'ordinamento giuridico, e l'inter�sse formale al ricorso, che si sostanzia attraverso ed a seguito della lesione del primo (3). Se il rapporto formale viene quindi ad esaurir&i per effetto della decadenza, della, preclusione oppure in conseguenza del proposto gravame, non per questo l'interesse legittimo sostanziale leso si degrada dalla sua funzione di limite alla attivit� della P. A. La quale, ancorch� non possa essere pi� denunciata dal privato in sede riparatoria, per effetto della sopravvenuta causa impeditiva, eonserva per� la saliente nota di illegittimit�, che la lesione dell'interesse ha appunto (1) Cfr. da ultimo su questo ptmto PALLOTINO: Efficacia nel tempo dei rimedi giurisdizionali ripristinati dall'art. 113 Oost. cc Foro It. '" 1951, I, 203. RANELLETTI: cit. 160. ,,,,J .,:;.::::: (2) CHIOVENDA: L'azione nel sistema dei diritti. Saggi I, 3; PuGLIESE, Actio e diritto subbiettivo, Milano, 1939; Rocco A.: Sentenza civile, n. 31; CARNELUTTI: Teoria 1 generale, 131. (3) TOSATO: Interesse materiale e interesse processuale nella giurisdizfone amministrativa di legittimit�; I BoDDA: Interesse a ricorrere e interesse legittimo cc Foro Amm. '" 1935, I, 1, 48; RANELLETTI: cit. 395 n. l; BoNI: La Giustizia amm., 204; .ALESSI: Interesse sostanziale e interesse proc. nella giurisd. amm. Archivio Giuridico 1942, 132. Da questo orientamento, per� dissentono alcuni Autori, che configurano una sola forma di interesse, quello al ricorso, che sarebbe comprensivo anche dell'interesse legittimo. Tale tendenza fonda sulla particolare concezione della giurisdizione di legittimit�, considerata da tali Autori come una I giurisdizione di diritto obbiettivo, ammessa soltanto per la tutela dell'interesse generale, vedi GUICCIARDI: . . Giustizia Amministrativa, Padova, 35 e segg., 60 e segg. 153 segg.; D'ALESSIO: Ist. dir. amm. U.T.E.T. 1941; II20, II, 385; SALANDRA: Giustizia amm. 779. La maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, per�, si mostrano contrari a questo orientamento, v. in pro . . posito la critica dello ZANOBINI: op. cit., I, 286. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha pi� volte riconosciuto la sussistenza delle due distinte forme d'in ; ; " :--; I~ teresse: cos� (IV Sez.) 13 luglio 1934, Foro Amm. ~34'. I, 1 %, 317; Id. 7 dicembre 1934, ivi, 1935, I, 1, 47~ . , id. 8 giugno 1935; ivi, I, 1, 276; id. 11 maggio 1938, " ivi, I, 1, 195; id. 14 aprile 1939, ivi, I, I, 167; id. 15 , maggio 1946, �Foro It. '" 1946, III, 46. -45 determinato, tanto vero che � sempre possibile rit�, senza limitazioni di ordine soggettivo o proreintegrare l'ordine giuridico e l'interesse violati cessuale, e pertanto si deve ritenere che la gaattraverso un a,tto di auto-impugnazione (1). ranzia della tutela giurisdizionale sia posta in funzione non soltanto dei sogg.etti che Bi preten 6. Le argomentazioni fin qui svolte mi sembrano dano direttamente danneggiati dall'atto amminisufficienti ad escludere l'ammissibilit� dell'isti-strativo: ma anche di coloro che, trovandosi in tuto nel vigente sist,ema costituzionale. un rapporto giuridicamente rilevante con la si- Da un lato l'indole del ricorso straordinario tuazione sostanziale determinata dal provvediquale mezzo di tutela giuridica e, dall'altro, la mento medesimo, risultino titolari di un interesse sussistenza nei ricorrenti dell'interesse legittimo al mantenimento della situazione sostanziale stessostanziale e di quello formale in ordine all'atto di sa, di cui gli altri soggetti chiedono la modifica. decisione, importerebbero l'applicabilit� dell'arti-Riportando tale considerazione all'istituto in esacolo 113 Cost. nei confronti del provvedimento me, mi sembra che il carattere alternativo del del Capo dello Stato, con la conseguente sottopo7 ricorso, ove anche si fondasse su di una prevensizione di questo al controllo giurisdizionale e, tiva rinunzia dell'interessato, risulterebbe ugualquindi con uno snaturamento dell'istituto cos� mente contrastante con i principi fissati nell'artinotevole, da farne eseludere la ulteri�re perma-colo 113, poich� priverebbe i controinteressati nenza. , della garanzia costituzionale di attuare la difesa Si osserva inoltre che, attraverso il disposto dei propri interessi attraverso il controllo della della norma sopra richiamata, il legislatore ha giurisdizione. inteso elevare a dignit� costituzionale il principio D'altra parte -e questo costituisce, a mio avdella inderogabilit� della giurisdizione ordinaria viso, l'argomento pi� decisivo che porta ad esclu o amministrativa, al fine di attuare un sistema di dere l'ammissibilit� dell'istituto -� innegabile migliori garanzie, che assicurino ai cittadini la che, una volta intervenuto il provvedimento di effettiva tutela dei propri diritti ed interessi lesi. decisione sul ricorso straordinario che disponga Da questo profilo, mi sembra che l'indole alterna-l'annullamento dell'a~to impugnato, i controintetiva del ricorso s.tesso risulti contrastante con il ressati, pur risultando lesi in un proprio interesse nuovo ordinamento, poich� fornirebbe all'interes-da tale provvedimento, di natura amministrativa, sato la facolt� di avvalersi di un mezzo sostitutivo e pur essendo, quindi, divenuti a loro volta gli della giurisdizione. N� ritengo che, ad ovviare interessati diretti in rapporto alla nuova situaquesto contrasto, possa correttamente affermarsi zione giuridica, si troverebbero assolutamente che l'esperimento del ricorso risulta condiziona.to sforniti di tutela giurisdizionale, non potendo far ad una preventiva rinunzia all'azione giurisdi-valere le proprie doglianze in sede 1 di gravame, [llzionale da parte degli interessati, poich� tale a causa della peculiare inoppugnabilit� dell'atto rinunzia sarebbe, in ogni caso, effettuata in fun-di decisione, e ci�� con una evidente violazione zione del principio dell'alternativit� che, a lume dei principi e delle garanzie fissate nella norma del nuovo orientamento costituzionale deve rite-costituzionale predetta. nersi invece abrogata. Per quanto poi riguarda 7. N� infine ritengo che risulti di conforto l'ipotesi della proposizione dell'istanza successiva alcuno alla tesi della ammissibilit� dell'istituto mente alla decadenza dai termini stabiliti per la norma contenuta nell'art. 23 dello Statuto l'esperimento dell'azione giurisdizionale, l'inammis per la Regione siciliana, la quale appunto prevede sibilit� del principio alternativo apparir� evidente la, possibilit� di ricorrere in via straordinaria la ove si consideri il caso in cui esistano dei contro Presidente della regione stessa. interessati al ricorso. Questi ultimi, difatti, dopo il A parte la considerazione che il ricorso la consolidamento dell'atto amministrativo, verifi Presidente regionale potrebbe piuttosto equi catosi con il decorso dei termini fissati dalla legge pararsi al rieorso al Capo del governo, piuttosto per l'impugnativa, si vedrebbero esposti, attra che al Capo dello Stato, la norma citata risulta, verso il riesame in sede straordinaria del provve invero, giustificata dal fatto che, al momento dimento medesimo, al pericolo di una modifica della sua introduzione, rispecchiava nell'ambito della situazione giuridica gi� determinatasi, senza regionale il sistema di giustizia amministrativa peraltro poter far valere le proprie doglianze, adottato dall'ordinamento statuale allora vigente. conseguenti all'annullamento dell'atto impugnato, Non mi sembra perci� che l'ipotesi configurata innanzi all'organo di giurisdizione, in conformit� nello art. 23 possa servire da elemento di inter di quanto verrebbe loro, inveee, espressamente pretazione delle nuove norme costituzionali. Si riconosciuto dall'art. 113 Cost. (2 ). deve piuttosto osservare che il riconoscimento J;a disposizione dell'articolo 113, infatti, si ri espresso dell'istituto nel sistema regionale sici ferisce alle situazioni giuridiche sostanziali che liano crea una disarmonia tra l'ordinamento si pretendono lese dal provvedimento dell'auto regionale stesso e quello risultante dalla Costituzione. Sarebbe pertanto auspicabile che tale (1) RANELLETTI: cit., 195. contrasto venisRe Aliminato, attraverso una precisa (2) Sulla posizione giuridica del controint.eressato 1mh1zione, da prendersi, naturalmente, in sede cfr. GrnccrARDI: Sulla nozione di controinteressato. legislativa. "Giur. It. '" 1948, 107, Oons. Stato (IV Rez.) 28 �febENZO CIARDULLI braio 1947, ivi, 108. .A.VVOOATO DELLO STATO NOTE D I DOTTRINA Raccolta completa della giurisprudenza del Consiglio di Stato (a cura di vari Magistrati del Consiglio di Stato, Editore Giuffr�). Segnaliamo con piacere questa Rivista trimestrale che colma brillantemente una lacuna, particolarmente sentita per coloro che debbono mantenersi al corrent,e della giurisprudenza del Consiglio di Stato, sia perch� giuristi, sia perch� avvocati, sia perch� funzionari dell'Amministrazione attiva. Sono riportate nella rivista tutte le decisioni emanate dalle tre sezioni giurisdizionali e, dall'Adunanza plenaria (con la sola indicazione di quelle motivate in fatto o innterlocutorie). Della motivazione delle decisioni� � riportata la parte che ha un reale interesse giuridico e i tagli sono fatti con grande oculatezza,. Note brevi ma documentate e precise completano il pregio della pubblicazione. RENATO ALEssr: Questioni processuali e questioni sostanziali in materia di rapporto di impiego di dipendenti da enti pubblici e�onomici, in �Rivista Amministrativa n, 1950, I, 605. L'A. spezza una lancia a favore della natura privatistica del rapporto di impiego con enti pubblici economici, distinguendo tra l'attivit� dell'ente e le sue condizioni soggettive, e richiamando l'attenzione degli studiosi sugli artt. 2093 e 2129 del Codice civile. Il suo assunto � che il rapporto � privato o pubblico a seconda della natura pubblica o privata delle norme che lo disciplinano. Rileva, infine, che in tal modo la disposizione processuale dell'art. 429 c.p.c. non � che la esplicazione della situazione sost,anziale, rappresentata dalla gi� esaminata disciplina del rapporto (articoli 2093 e 2129 Codice civile) e che sarebbe inconseguent~ una� soppressione o modifica della norma processuale non accompagnata dalla sop �pressione o modifica della norma sostanziale. Concordiamo pienamente con la tesi dell'A. che si incontra, senza conoscerla, con quella sostenuta da questa rivista (v. SrMr: in questa Rassegna, anno 1950, pagg. 65-70). Questo incontro di pensiero non ci appare come puramente causale: esso � indice che a un certo momento i problemi, anche pi� ardui, del diritto, vengono a maturazione spontanea. Rileviamo tuttavia la nostra� perplessit� sulla attribuita rilevanza all'art. 2129 come norma che porrebbe una disciplina di carattere privatistico. � inf11tti, secondo noi, da ritenersi che l'arti colo 2129 non importi l'applicazione che delle sole norme del codice sull'impresa (Sezione III del Libro V) in via sussidiaria per gli enti pubblici: per cui esso terrebbe le veci dell'art. 2 della legge @ sull'impiego privato e configurerebbe quell'attra zione della norma sostanziale privata nel campo pubblicistico in via, sussidiaria, integrativa e su bordinata ai principii di diritto pubblico, che non toglie il carattere pubblieo del rapporto, giusta la costa,nte giurisprudenza appunto sull'art. 2 della legge sull'impiego privato/. Diverso � invece l'art. 2093, il quale effettivamente sottopone il rapporto alla disciplina integrale del diritto del lavoro e in primis come fonte primaria, ai contratti collettivi. Ci� evidentemente nulla toglie, tuttavia, alla validit� della tesi generale sostenuta nello studio in esame. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA APPROVltlGIONAMENTI E CONSUMI -Poteri del Ministero dell'agricoltura nel periodo di guerra Delega dei poteri di controllo ed enti privati Iscrizione di quota di rimborso spese a carico della ditta controllata -Natura giuridica. (Corte di Cass., Sent. n. 2792/50 -Pres.: Pellegrini, Est.: Mancini, P. M. : Macaluso -Soc. S. Erasmo -S. A. I. EB. Comm. Alimentazione). Nell'ampio potere cbe il R.D.J,. n.1716 del 1940 convertito nella legge 385 del 1941 confer� al Ministero dell'agricoltura e foreste per disciplinare la distribuzione dei generi alimentari, rientrava la facolt� di esso Ministero di avvalersi della collaborazione di altri enti rrer controllare ai fini accennati le ditte produttrici dei generi medesimi. La indicazione degli enti, ai quali, giusta l'art. 7 del predetto R.D.L. il controllo poteva essere affidato, non aveva carattere tassativo, e quindi il Ministero poteva legittimamente delegare il controllo [l anche a societ� private. � Nell'�mbito dei predetti poteri rientrava anche la facolt� del Ministero di imporre a carico della ditta produttrice controllata e a favore dell'ente privato cui era stato delegato il controllo, una quota di rimborso spese per ciascuna unit� di peso (quintale) di prodotto controllato; detta prestazione patrimoniale, essendo stabilita a favore non di un ente pubblico, bens� di una persona giuridica privata, non venfva ad assumere alcun ca.rattere di tributo fiscale (tassa) e pertanto poteva essere legittimamente imposta con semplice decreto miri�steriale, anzich� con legge. Bench� le questioni esaminate e decise in questa sentenza si riferiscano a situazioni giuridiche sorpassate, in qitanto collegate con lo stato di guerra, tuttavia appare evidente la loro importanza; sia in relazione alla possibilit� che le situazioni stesse possano ripresentarsi, anche in connessione di emergenze diverse da quelle belliche, sia per l'a considerazione che, specie la seconda massima trascende la particolarit� del caso deciso per assurgere alla formulazione di un principio generale. L'esclusione dalla categoria. dei. tributi delle prestazioni impo8te dall'Amministrazione a privati in favore di altri privati, quale corrispettivo di, servizi obbligatoriamente resi da questi a quelli, deriva infatti dall'aver considerato tale imposizione come una con8egu.enza del potere dell'Amministrazione di costituire rapporti fra privati, sostituendo la propria vulont� imperativa al consensus che di tali rapporti � la fonte normale. Trattasi, come si vede, ci un problema molto com plesso ed ampio, che prossimamente sar� oggetto di particolare studio su questa Rassegna. CASSAZIONE -Termini -Anno della pubblicazione Sentenze di giurisdizioni speciali -Co~missioni requisizioni alloggi. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 2590/50 -Pres. : Pellegrini; Est. : Passanisi, P. M. : Pittiruti -Marchi� contro Court Reder). I/art. 327 c.p.c. relativo all'improponibilit� del ricorso per cassazione dopo decorso un anno dalla pubblicazione .delle sentenze, trova applicazione non solo nei confronti delle pronunzie dell'autorit� giudiziaria ordinaria, ma anche a tutte le decisioni del giudice speciale quando per disposizione espressa o per rinvio sia stabilito che la decisione di detti giudici � resa pubblica mediante deposito nella cancelleria o segreteria od in genere nell'ufficio del giudice stesso, salvo norme contrarie od incompatibili con il sistema stabilito dal codice di rito civile contenute nella legge istitutiva della giurisdizione speciale. Si � compiuta con questa sentenza l'evoluzione della giurisprudenza in materia di applicazione del l'art. 327 alle sentenze delle giurisdizioni speciali. La tappa precedente su questa strada � costituita dalla sentenza n. 295 del 1948 delle ste8se Sezioni Unite (v. in questa Rassegna 1948, fase. 6, pag. 6). Secondo questa sentenza (annotata dal Caporaso in Arch. Ricerche giur., 1951, col. 155) pu� dirsi che non vi siano pi� sentenze di giudici speciali alle quali l'art. 327 non si applichi. Per quanto riguarda la materia traUata dall'Avvocatura, non vi � dubbio che la norma in questione .si applichi alle decisioni del Con8iglio di Stato e del Comitato giurisdizionale delle requi8izioni. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Diritto e interesse -Sindacato di eccesso di potere -(Cons. di Stato, IV Sez., 29 ottobre 1950, n. 518 -Rie. Ti;i!si). 1. I membri della Deputazione Provinciale, nominati ai sensi dell'art. 1 del regio decretolegge 4 aprile 1944, n. 111, godono di un diritto soggettivo alla carica, il quale resta affievolito in confronto dei poteri discrezionali di revoca o di -48 scioglimento spettanti alla Pubblica amministrazione, ma non anche allorch� si tratta di rinnovare la Deputazione per decorso del quadriennio. 2. Il sindacato di eccesso di potere pu� dal Consiglio di Stato essere esercitato soltanto nelle materie che sono devolute alla sua giurisdizione e non anche quando l'atto amministrativo abbia violato un diritto soggettivo del privato sul quale la giurisdizione spetta al giudice ordi~ario. 3. Un diritto soggettivo non pu� essere fatto valere come interesse legittimo. 4. Se attraverso le deduzioni del ricorrente si acquisisce la certezza che egli pretende di possedere e di far valere un interesse legittimo, tale atteggiamento � decisivo agli effetti della pronuncia sulla giurisdizione. 1\fa se il Consiglio di Stato accerta poi da un punto di vista obiettivo, che il nostro ordinamento positivo non riconosce al ricorrente un interesse legittimo, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per l'inesistenza di un presupposto necessario, cio� della titolarit� dell'interesse legittimo. 1-4. Sulla posizione giuridica dei membri di Deputazione provinciale il Consiglio di Stato non ha fatto che confermare l'indirizzo preso con la decisione 26 febbraio 1949, n. 213 su ricorso Pierangeli, riportata nella Rassegna (anno 1949, pag. 213) con nota adesiva. Ci� sembra anche che non dia luogo a dubbi l'altro principio affermato nella decisione, e cio� che l'eccesso di potere pu� essere rilevato dal Consiglio di Stato in confronto di atti amministrativi, che rientrano nelle materie di sua competenza, che toccano interessi legittimi del privato (e in linea eccezionale anche diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo); ma non pu� essere rilevato in confronto a diritti soggettivi, la cui violazione richiama la giurisdizione ordinaria. Pet ammettere ci� sarebbe necessario che un diritto soggettivo possa farsi valere come interesse legittimo, mentre nella decisione � stato richiamato e ribadito l'indirizzo cont,rario affermatosi ormai da lungo tempo sulla base della diversa consistenza del diritto rispetto all'interesse e quindi della diversa guarentigia giurisdizionale che il nostro ordinamento giuridico assegna all'uno rispetto all'altro. Recentemente le Sezioni Unite di Cassazione hanno avuto modo con sentenza 24 marzo 1949 n. 635 di affermare il principio della impossibilit� per il giudice ordinario di rilevare l'eccesso di potere nelle materie devolute alla sua giurisdizione; e la dottrina ha aderito a tale insegnamento (JEMOLo, Giudice ordinario e sinda,cato di eccesso di potere, in � Rivista Giurid. del Lavoro ))' 1949, n. 27; di tale nota si � data notiz�a con commento favorevole nella Rassegna; 1950, pag. 18). � da notare che la decisione del Consiglio di Stato e la sentenza delle Sezioni Unite considerano due aspetti di uno stesso problema: si tratta in ambedue i casi della impossibilit� di un sindacato di eccesso di potere nelle materie devolute alla giurisdizione ordinaria; e solo che tale impossibilit� nella derisione del Consiglio di Stato viene considerata in confronto del giudice amministrativo e si configura propr�amente oome difotto di giurisdizione di esso giudice amministrativo in quelle determinate materie, a norma dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865 sull'abolizione del contenzioso amministrativo nonch� degli artt. 26 a 29 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054 sul Consiglio di Stato; nella sentenza delle Sezioni Unite invece viene considerata in confronto del giudice ordinario, e si configura propriamente come difetto in tale giudice del potere di annullare, revocare o modificare l'atto amministrativo nelle materie soggette alla sua giurisdizione, secondo il principio dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865. Sicch�, pur tenendo presenti i due diversi aspetti della questione, non si :pu� non prendere atto della conforme soluzione che ad essa � stata in sostanza data.dai due giudici. Nell'ultima massima il Consiglio di Stato ritorna su una questione, che � stata gi� esaminata nella Rassegna (anno 1950, pag. 151), quella cio� di stabilire in quale senso debba essere inteso l'oggetto della domanda, e pi� particolarmente la causa petendi, al fine di discriminare la giurisdizione fra, giudice ordinario e giudice amministrativo. Come fu fatto notare nella precedente nota della Rassegna, mentre Ja, OassaziOne si � pronunziata in modo piuttosto perplesso su t,ale questione, il Consiglio di Stato invece ha molto chiaramente affermato il principio che la discriminazione della . giurisdizione ordinaria da quella amministrativa�l va fatta in base alla tesi del privato, a seconda I cio� che esso pretenda di far valere un diritto o 1 un interesse legittimo, e indipendentemente dalla indagine obbiettiva se la legge riconosca l'uno o l'altro. Non staremo a ripetere le ragioni che port,ano a dissentire da un tale indirizzo. Diremo soltanto che di esse deve essersi fatta eco la odierna decisione, nella quale ci sembra di notare il tentativo di rimeditare il problema e sottoporlo a una indagine pi� approfondita, col che peraltro si � giunti a conclusioni a nostro avviso ugualmente inaccettabili. l.Ja decisione comincia col rilevare che �se attraverso l'interpretazione delle deduzioni del ricorrente si acquisisce la certezza che egli pretende di far valere un interesse legittimo, tale atteggia-:,; mento � decisivo agli effetti della pronuncia sulla ~,~~ ... giurisdizione. l.Ja domanda � atto di parte ed � li-,� bera espressione� della pretesa che la parte sotto-j~ pone al giudice amministrativo, chiedendone l'ac-�" certamento e la tutela nei confronti dell'Amministrazione; oggetto della domanda � dunque la causa petendi (interesse legittimo o diritto soggettivo) di cui il ricorrente assume di essere tito-:::: lare. Se si chiede la tutela d'un iiit�resse]eg!ttimo la cognizione della domanda � devoluta al giudice amministrativo, il quale poi esamina in un momento successivo e sotto altro profilo se il vantato interesse legittimo realmente sussista. m -49 Nella fattispeeie una esplicita e categorica a.ffer-i�perch� bisogna riconoscere all'odierna decisione mazione nel senso accennato non vi � stata da parte 'til merito di avere rimeditato il problema, giundel ricorrente, tuttavia nella tesi, decisamente 1i'gendo a una soluzione che consente di evitare tali oltre che abilmente sostenuta, della competenza/ :inconvenienti. . . .. d.i ~uesto Consiglio di sindacare il decreto prefet~ 1�) Ma, detto ci�, bisogna domandarsi se veratiz10 de quo sotto i dedotti profili di eccesso\ ,mente l'indagine preliminare sulla esistenza deldi potere sembra necessariamente implicito l'as-, 1. l'interesse legittimo attiene -come � affermato sunto che il ricorrente possegga un cc.interesse 1nella decisione -alla titolarit� che ne abbia il legittimo �. ricorrente, cio� alla legitimatio ad causam, ov- E poi la decisione aggiunge: cc Se cos� �, il Con-I vero attiene alla giurisdizione. B si comprende 1 siglio -pur riconoscendo di essere stato sulla.'� base di detto presupposto correttamente adito deve passare ad esaminare obbiettivamen.te se in! effetti, alla stregua del nostro ordinamento posi-� tivo, i ricorrenti siano titolari del vantato interesse1t legittimo. E il risultato di tale esame ... non pu�! essere che negativo. Cosicch� il ricorso ... deve dichiararsi inammissibile per inesistenza di uni. presupposto della proposta azione di impu-1 gnativa, cio� della titolarit� di un interesse)� legittimo �. Sicch�, se non abbiamo compreso male il ragionamento della decisione, il giudice amministra-I tivo deve accertare in via preliminare se l'ordina-. mento ,giuridico riconosce l'interesse legittimo che1 il privato pretende di far valere col suo ricorso;'� e se l'accertamento � negativo, deve diehiarare' , rispetto all'altro ovvero nei confronti delle attril'inammissibilit� del ricorso proposto. Bisogna' buzioni esclusive riservate alla P.A. dire che questo indirizzo del Consiglio di Stato' Non � possibile non notare lo sforzo dialettico consente di evitare alcuni dei pi� gravi inconve-1 1 della decisione per configurare l'indagine sulla nienti, poich� nella giurisdizione degli interessi esistenza dell'interesse legittimo come indagine 1 legittimi l'indagine sulla esistenza (obbiettiva);' relativa alla titolarit� dello stesso. E tale sforzo dell'interesse legittimo, che si pone a fondamento' � tanto pi� evidente in quanto la decisione aveva del ricorso, se non viene compiuta in via preli-'. � avuto modo di accertare che nel caso concreto minare, non pu� essere pi� compiuta o quanto' la legge riconosceva al ricorrente un diritto sub 'jmeno difficilmente pu� essere compiuta nel corso';, biettivo perfetto alla carica (jus in officio), sicdel giudizio. Occorre infatti considerare il (\arat-j cn� l'unica conseguenza che da tale accertamento tere particolare del giudizio sugli interessi legit-j si poteva trarre era il difetto di giurisdizione del timi, cio� il duplice aspetto che esso assume, ba-Consiglio di Stato, non anche l'inammissibilit� sandosi sulla tutela degli interessi legittimi per ' del ricorso per mancanza di titolarit� di un inte 1 giungere a salvaguardare l'interesse . pubblico: 1. resse legittimo inesistente. esso, infatt.i, ha come presupposto la tutela degli interessi legittimi, come oggetto la salvaguardia dell'interesse pubblico. Sicch� l'indagine sulla esistenza dell'interesse legittimo si pone e non pu� che porsi allorch� si tratta di vedere se pu� darsi ingresso all'azione d'impugnativa, mentre, una. volta ammessa tale azione, il giudizio si svolge in tutt'altra. direzione e con tutt'altro oggetto, e~sen~o. diretto a. stabilire se l'atto amministrat1vo e nspondente all'interesse pubblico. Il precedente indirizzo del Consiglio di ~tato, da n?i gi~� segnalato nella Rassegna (loc. cit. ), allorche mirava a far~ ~ell'ind~~ine ~ulla ~siste~za dell'in: !'eresse. legittimo un mdagme di merito (vedasi 111 particolare IV Sezione 16 maggio 1945 in cc Foro !tal. �, 1944-46, III, 19), non teneva presente che m effetti nel merito del giudizio amministrativo una tale indagine non si ripresenta o si ripresenta molto difficilmente; e quindi, a non porsi il compito di svolgerla in via preliminare, si rischia di trasformare il ricorso giurisdizionale in un'azione popolare, e la giurisdizione sugli interessi legittimi in una giurisdizione di diritto obbiettivo. Ecco �.1a necessit� di una rigorosa preeisione di concetti ~in proposito, poich� solo nel secondo caso pu� ,� ammettersi il ricorso alle Sezioni Unite della Cas ~� sazione per motivi attinenti ailla giurisdizione (art. 362 c.p.c. e 111 Costituiozne). ~j Su questo punto non si pu� non rilevare che )'indagine sull'esistenza dell'interesse legittimo, ,come ugualmente quella sull'esistenza del diritto soggettivo, � indipendente� dall'altra relativa alla titolarit� dell'azione, e pregiudiziale rispetto ad essa. Ohe poi nei giudizi concernenti la P.�. quel- l'indagine attenga alla giurisdizione pu� desumersi dal fatto che l'esistenza dell'interesse legit � timo o del diritto soggettivo segna il fondamento 1 e nello stesso tempo il limite per l'esercizio della funzione giurisdizionale spettante all'un giudice 1 Tanto pi� la tesi adottata non pu� essere con divisa, in quanto porterebbe a questa conclu1 sione, che l'indagine sulla giurisdizione verrebbe ' a dipendere dall'arbitrio del ricorrente e il po' tere, che al giudice � riconosciuto, di svolgerla di ufficio, cio� in sostanza in maniera autonoma e obiettiva, resterebbe esantorato dall'iniziativa. di parte. .Anzi, a leggere bene la_ decisione', si pu� aggiungere qualcosa di pi�, e cio� che la questione di giurisdizione non si porrebbe affatto per il giudice amministrativo, poich� -secondo quanto � stato ritenuto con riferimento al ca.so concreto esaminato --basterebbe che il privato proponga ricorso al Consiglio di Stato perch� questo debba ritenersi correttamente adito. � agevole comprender� come un tale indirizzo porterebbe ad escludere qualsiasi indagine e qualsiasi controllo sui limiti della funzione giurisdizionale del� gin-._ dice in genere e di quello amministrativo in particolare, nonostante che la legge (art. 41, 362 c.p.c.), abbia predisposto appositi istituti a tale scopo. (R. P. O.) -50 IMPIEGO PUBBLICO -Elementi distintivi -Sanitario addetto a stabilimento statale con facolta di eserzio della libera professione. (Corte di Cass., Sez, Unite Civili 23 dicembre 1950; Pres.: Ferrara, P.P., Est.: Cataldi, P.M. Eula, concl. diff. -rie. De Angelis contro Ministero finanza). Il rapporto di impiego pubblico � caratterizzato dagli elementi della collaborazione diretta al raggiungimento dei fini dell'ente, della prevalenza e continuit� della prestazione e della dipendenza gerarchica. Non � pertanto pubblico impiegato il sanitario incaricato dell'assistenza medica al personale di uno stabilimento statale, con facolt� di esercitare, senza alcnn vincolo, la libera professione; e pertanto le controversie relative alle prestazioni del sanitario appartengono alla competenza del giudice ordinario. 1. La massima che si annota si riferisce ad una sentenza della Corte Sitprema che ha deciso per la vrima volta una questione di notevole .rilievo per il numero delle persone che vi sono interessate. Essa rigitarda la natura del rapporto che lega l' A mministrazione dei Monopoli ai sanitari ai qitali � affidata l'assistenza sanitaria negli stabilimenti di detta Amministrazione, assistenza regolata dal D.M. 5 ottobre 1928. Il ricorrente aveva prestato servizio per cinquanta anni svolgendo l'assistenza sanitu,ria in uno degli stabilirnenti dell'Amministrazione: revo-� catogli l'incarico da parte di qiiesta, dopo s� litngo servizio, a causa dell'et� avanzata, aveva chiesto all'Amministrazione che gli fosse fatto il trattamento che � riser11ato ai pitbblici impiegati che lasciano il servizio per limiti di et�,. L'Amministrazione rispose negativamente ed allora l'interessato fece ricorso al Consiglio di Stato che, in accogliniento della tesi dell'Avvocatura la qu,ale sostenne che nella svecie non si verteva in materia, di pitbblico irnpiego, con decisione 18 giugno-25 novembre 1949, dichiar� il proprio difetto di giuri8dizion.e. Qnesta decisione fu impugnata dal ricorrente avanti le Sezioni Unite della Cassazione che, colla sentenza di cni si annota la massima., contro le conclusioni del P.JJI., respinse il ricorso. 2. A parte la segnalazione della novit� del caso, poco � a dire circa i principii di cui la sentenza ha fatto retta applicazione. Quali siano infatti gli elementi che caratterizzano il rapporto di impiego pubblico � noto a tutti: la giurisprudenza in proposito � costante. Si trattava nella specie di accertare se nell'attivit� esplicata dai sanitari alle dipendenze dell'Amministrazione dei Monopoli sussistano il rapporto di collaborazione diretta al raggiungimento dei fini dell'ente e la; prevalenza e la continuit� della prestazione, nessun dubbio .essendoci circa la dipendenza gerarchica. Dinnanzi al Consiglio di Stato si era contestato sopratutto la sussistenza della pre11alenza e della contin1iit� della prestazione, escludendosi qucll~ per la esiguit� delle attivit� esplicate, che trova. ri: stabilimenti a tutti i sanitari, questa invece per la temporaneit� e la revocabilit� dell'incarico affidato . al sanitario, che esclitdono per s� rnedesi1fte la stabilit�, per q1tanto attenuato voglia intendersene il significato. � . . .. .. . Il Consiglio di Stato, nell'accogliere le argomentazioni circa la mancanza del carattere della prevalenza de_lla prestazione, aveva esclu.so anche, ~n_dando per questa parte oltre la difesa dell' Amministrazione, il rapporto di collaborazione, ritenendo che l'atti11it� del Sanitario non possa � essere raff�g1irata come intesa ad attuare i fini propri dell' A mministrazione dei JJfonopoli di Stato, che sono di natura diversa e ben definita �. 3. � evidente che questo punto della decisione si presentava il pi� debole, il pi� f acilrnente attaccabile dalle censure del soccombente. Essendo . la difesa dell'Amministrazione in pratica vincolata dalla decisione nel g�udizio daMnti alla Corte Suprema, in qiianto una ditf erenza di vedute tra il Giudice amministrativo e la difesa sarebbe stata sfruttata dalla difesa am1ersaria, si dovettero confortare le considerazioni esposte, in parte equa, dal Giudice amministrativo con gli argomenti che apparivano i pi� attendibili. Si rilev� in proposito che i mezzi str1tmentali predisposti per l'attuazione dei fini di un Ente non sono tutti della stessa qualit� e non hanno tutti pari importanza. � fuori dubbio che di tali rnezzi pu� esser~ rap: presentata una gamma, nella quale, a lato di quei mezzi che, in .modo maerosoopieo, servono al ra~gittngimento degli scopi proprio del~' En~e, ne sussi: stono altri che, al eonseg11hrnento dei fini, servor:o di mano in rnano sempre pi� indirettamente ed inavvertitamente. Cos� l'assistenza ai bambini ricoverati nell'annessa sala di rnaternit� � espressione di attivit� �rtiunifiea esplicata dall'Amministrazione che non concorre eertaniente ad una migliore provvista dei generi di cui la produzione � sua fondamentale funzione. Cos� non potrebbe di;si legato ~a collaborazione intesa nel senso che e neeessarto per la su.ssist~nza di un rapporto di ir_npie~o, qu.el tecnico di arte teatrale o quell' esp01�to di tecnica calcistica che fosse incaricato da,ll'Amminist:azion:e d~ istruire la filodrammatica. o la squadra di calcio di uno stabilirnento di produzione di tabacchi, pur non essendo contestabile l'interesse all' A mministrazionea tali attivit� ricreative. Si volle insomma, cogli argornenti che precedono, porre qiianto meno in diibbio la sussistenza del rapporto di collaborazione nel .caso in esame, anche se r; la parte della decisione che appariva di gran lunga . la pi� consistente era quella relativa alla ~enegata . sussistenza della prevalenza della prestazione. . . 4. Circa la quale, la esposizione delle varie atti~~ vit� affida.te al sanitario, elencate nel eit~to D.Jl!l: 5 ottobre 1928, congiunta alla rappresentazwne degli elementi iimani che il caso presenta'Da (il ricorrente at,eva, come ,�'� 'detto, prestato servizio per cinq~iint~ anni), fatta dalla difesa del ricorrente, infiui evidentemente sulle determinazioni del Procuratore gescontro nella modestissima mercede pagata dagli nerale in udienza che concluse per l' aocoglimento _..._ 51 del ricorso, nonostante si fosse posto nella dovuta luce eh.e la prevalenza delle prestazioni era assolutamente da escludersi per la esiguit� delle attivit� affidate al sanitario, p�i� apparenti ad un osservatore superficiale che effettivamente consistenti, e pm� la non continuit� di essa, essendo evidente il riferimento che poteva farsi coll'analoga situazione in cui versano i sanitari addetti agli istituti di prevenzione e di pena ai quali � esclusa, dal D.L. 30 ottobre 1924, n. 1758 (art. 3), la qualifica di impiegati pubblici, definendosi incarico -cos� come � detto per i sanitari del ]}fonopoli -il rapporto che li lega all'Amministrazione. La Suprema Corte, respingendo il ricorso del sanitario, in difforme a1Jviso da quello espresso da P.JYI., ha accolto la tesi dell'Amministrazione con afferrnazione di principio di particolare rilievo perch� valido per i numerosi casi analoghi a quello che � stato deciso. (F.C.) SCAMBI E VALUTE -Accordo di pagamento italobulgaro -ritardo nel pagamento di creditori italiani da parte dell'Ufficio Cambi -Differenza di cambio. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 2084/50 -Pres.: Anichini, Est.: Stella Richter, P. M. Rossi, S.p.A. Italcable contro Ufficio Italiano Cambi). A norma dell'art. 6 dell'Accordo di clearing italo-bulgaro del 31 dicembre 1940, al debitore straniero fanno carico le oscillazioni dei cambi per tutto il tempo necessario per le operazioni di compensazione. Tale responsabilit� cessa nel gior g no in cui, esaurite le dette operazioni, l'Ufficio italiano dei Cambi � in condizioni di potere effettuare il pagamento al creditore. Se il pagamento � colposamente ritardato, l'U.I.O. risponde dei danni a norma degli artt. 1218 e 1224 e.e.; in questi danni pu� essere compresa la svalutazione monet.aria. Trascrit,iamo qui di seguito quella parte della motivazione della sentenza nella quale si enunciano perspicuamente i principi che regolano i pagamenti internazionali col sistema del clearing. cc Come � noto, nel sistema del cl.earing, l'impor. tatore, debitore, versa la somma dovuta in moneta nazionale, secondo il cambio ufficiale, all'ufficio del suo Paese incaricato della. gestione del clearing. La somma versata viene poi accreditata al corrispondente ufficio dello Stato dell'esportatore, creditore e ad esso trasferita quando l'affluire di disponibilit� presso quell'ufficio, e cio� l'affluire di versamenti da parte degli importa, tori, renda possibile la compensazione. Avviene cos� che in ogni Sta.to i propri esportatori sono pagati dai propri importatori. Il cambio si considera. provvisorio; il rischio delle successive oscil~ !azioni viene addossato a.I debitore, che non resta liberato del suo debito fino a quando il creditore non ha ricevuto l'ammontare del suo credito. Il debitore quindi pu� essere tenuto ad effettuare, sempre con il meccanismo del clearing, dei versamenti supplementari. A questi principii si ispira, al pari di infiniti altri, Paccordo di pagamento italo-bulgaro del 31 dicembre 1940, il quale stabilisce appunto all'art,, 6 che il e.ambio tra la lira e il leva stabilito al corso ufficiale dal giorno precedente a quello del versamento, ha un �carattere provvisorio, e che il debitore non � liberato che quando il creditore abbia .ricevuto l'ammontare del suo credito. La norma regola poi i versamenti supplementari e soggiunge che, per quanto concerne la responsabilit� del debitore verso il creditore prevista dall'articolo medesimo nessuna obbligazione pu� esRere posta a carico dei due Stati, n� dai due istituti incaricati dell'esecuzione dell'accordo fra gli Stati. Ora non pu� ammettersi che tale norma sancisca una irresponsabilit� assoluta degli uffici di clearing e una corrispondente responsabilit� illimitata degli importatori. Per fa, finalit� cui � diretta e per le ragioni che la giustificano, la. irresponsabilit� degli uffici non pu� riferirsi che alle conseguenze della oseillazione dei cambi per tutto il tempo nec�ssario al compimento delle operazioni di compensazione, e cio� per il periodo che va dal momento in cui il debitore versa la somma nella sua moneta a quello in cui l'ufficio del creditore ha la possibilit� e quindi il dovere di effettuare il pagamento nella propria. moneta. Se l'ufficio ritarda colpevolmente il pagamento non pu� non rispondere delle conseguenze dannose che ne derivano. Il sistema del clearing, lascfando inalterata nel resto la disciplina dei contratti, impone partfr,olari modalit� per il pagamento, nel senso che questo, anzich� avvenire direttamente e liberamente tra debitore e creditore, deve obbligatoriamente effettuarsi 'per il tramite degli uffici di compensazione e secondo un determinato proeedimento. Quegli uffici non sono rappresentati o mandatari delle parti ma agiseono nella veste di enti di diritto pubblico per attuare un interesse economico dello Stato. I due contraenti hanno l'obbligo di diritto pubblico di servirsi, rispettivamente per il versamento e per la riscossione, dell'attivit� amministrativa degli uffici stessi, ed a tale obbligo corrisponde un diritto soggettivo di natura pubblica. E poieh� per la neeessaria adesione del sistema del clearing la riscossione non pu� avvenire che qualche tempo dopo il versamento, non si considera compiuto il pagamento fino a che la somma versata dal debitore nella propria moneta non si sia trasformata in quella spettante al creditore nella sua valuta ed essa non sia esigibile dallo stesso creditore. E in eonseguenza si addossa al debitore il rischio delle oscillazioni dei cambi verificatesi m.edio tempore. Ma quando le operazioni di compensa,zioni sono compiute, quando cio� l'ufficio ha la somma a disposizione del creditore e nessuna ragione di ordine pubblico osta a che il pagamento sia effettuato, esso ufficio diviene debitore della somma come lo sarebbe un privato, e, se per colpa ritarda di pagarla, risponde come un privato delle conseguenze della mora. Cio� � responsabile dei danni, secondo il principio dell'art. 1218 Codice civile e deve corrispondere quindi gli estremi legali e l'ulteriore -52 risarcimento, qualora il creditore dimostri di aver subito un danno maggiore, a norma dell'articolo 1224 dello stesso Codice. Tale maggior danno, senza dubbio, pu� consistere anche nella successiva oscillazione del cambio, di cui non risponde pi� il debitore�. Condividiamo pienamente la fesi della Oorte suprema in ordine alla natura giuridica del clearing, specie per quanto riguarda il punto secondo il quale l'istituto del clearing � completamente estraneo ai rapporti contrattuali tra debitore e creditore, e ha una funzione esclusivamente pubblicistica. Oon questa sentenza, in fondo, la O orte suprema conferma il suo indirizzo, gi� affermato in altre occasioni, dell'assoluta indipendenza tra il rapporto giuridico che si costituisce in forza del clearing ed il rapporto giuridico contrattuale, in relazione al quale viene effettuato il pagamento internazionale. Da questa assoluta indipendenza discende, come anche la stessa Oorte ha altra volta riconosciuto, l'impossibilit� per le parti contraenti in rapporto di diritto privato di effettuare azioni esecutive o cautelari che incidano comun�ue sul procedimento di clearing. In linea astratta, possiamo anche condividere il pensiero della Oorte cfrca la risarcibilit� dei danni cagionati da ritardo colposo nei pagamenti da effettuarsi dall'Ufficio Gambi al creditore nazionale. Riteniamo per� che questa tesi sia destinata necessariamente a rimanere una<pq,i,ra aflermazio~e di principio, senza conseguenze pratiche, e ci� per la fondamentale ragione che � preclusa all'autorit� giudiziaria l'indagine sulla sussistenza effettiva della colpa dell'Ufficio Gambi nel ritardo del pagamento. Invero, non vi � alcun dubbio che il procedimento di compensazione il quale si conclude con l'ordine di pagamento, � un procedimento di natura eminentemente tecnico-discrezionale che non pu� essere sindacato dall'autorit� giudiziaria. Questa opinione � seguita dall'assoluta maggioranza degli autori, anche dopo che la nuova Costituzione ha, con l'art. 113, esteso al massimo il potere di sindacato , dell'autorit� giudiziaria sugli atti e procedimenti amministrativi. (Vedi per tutti Baschieri -Gianni D'Espinosa -Giannattasio La Costituzione Italiana, pagg . ... ). Dalla impossibilit� di sindacare il procedimento preordinato obbligatoriamente al pagamento deriva, secondo noi, la impossibilit� di accertare la colpa nella quale si pretenda essere incorso l'Ufficio �Gambi in relazione al procedimento medesimo. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERI.TO SENTENZA CIVILE -Provvedimento emesso da un giudice della Repubblica Italiana successivamente all'entrata in vigore del trattato di pace -EfP.cacia nella zona anglo-americana del Territorio Libero di Trieste�-Delibazione non necessaria. (Corte d'Appello di Trieste, 20 aprile-25 maggio 1950, n. 484 -Pres� ed. Est.: il P.P. Rivesa -Amministrazione Finanze STEAL). II provvedimento emesso da un giudice nella Repubblica Italiana dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace (nella specie: decreto di autorizzazione a sequestro conservativo emesso dal Presidente del Tribunale di Bolzano), � direttamente efficace nella Zona anglo-americana del territorio Libero di Trieste, senza bisogno di delibazione; e viceversa. 1. Il decreto pronunciato dalla Corte d'Appello di TriMte ai sensi dell'art. 130 della legge tavolare tuttora vigente nella Venezia Giulia, rappresentd un altro lodm,ole tentati1'0 di dare una sistemaz�one gi1.tridica, per quanto possibile conclusiva alla a,ttuale fluida situazione del T. L. T. nei co~fronti della Repubblica Italiana. In breve, ecco la fattispecie che ha dato origine alla pronuncia. Nel corso d'un procedirnento per ai,ocazione di profitti di regirne (art. 32 del D. L. L. 26 marzo 1945, n. 134), il Presidente del Tribunale di Bolzano, su ricorso di quella Intendenza di Finanza e in applicazione dell'art. 871 Cod. Proc. Civ., (in sicurezza di un credito di 200 milioni circa avocabili ai sensi della citata legge) il sequestro convatfoo, anche presso terzi, di tutti i beni, ovunque si trovassero, appartenenti, anche per interposte persone, a Federico Scnvend e altri associati, cointeressati e prestanomi, fra cui espres.~amente la Societ� Triestina Esercizi Alberghi� (STEAL). Su invito dell'Intendente di Finanza di Bolzano il Cl � ' 1)ovraintendente di Finanza di Trieste chiedeva quindi, ed otteneva, dal giudice tavolare della Pretura di Trieste, un decreto di autorizzazione del sequestro conservatico a peso della partita.tavolare n. 598, di iscritta propriet� della STEAL (15 luglio 194~). Reclamava la STEAL contro l'avvenuta annotazione, assumendo c'he il provvedimento del Presidente del Tribitnale di Bolzano, non es.~ endo stato delibato nel T. L. T., non era qui eseguibile; e il Tribunale di Trieste, con d�creto 19 -25 novembre 1949, accoglie1!a tale tesi revocando il decreto del giudice tavolare e ordinando la cancellazione delle eseguite annotazioni. Contro tale provvedimento ricorreva a sua volta l'A rnministrazione assumendo, in primo luogo, che i provvedimenti cautelari, per la loro stessa natura di atti meramente conservativi e non anche dispositivi, non sono soggetti alla procedura pre1,ista nel Titolo VII del libro IV del Cod. Proc. Civ.; affermando in secondo luogo l'insussistenza del presupposto fondamentale che la legge richiede perch� si faccia luogo alla delibazione, e cio� la provenienza da un giudice straniero del provvedi1nento da delibare, in quanto il Presidente del Tribunale di Bolzano non poteva cpnsiderarsi straniero rispetto all'ordinamento giurisdizionale operante a Trieste. Nel decreto che si annota, la �orte di Trieste ha ben.~� confermato l'importantissimo principio che i provvedimenti del gi1ldice ital'iano sono eseguibili direttamente nel T. L. T. e 1'iceversa.: ma lo ha fatto ricorrendo ad una moti'nazione che lascia perplessi. � Le norme del l'italo VII del libro I V del Codice Proc. Civ. -ha detto la Corte -come sicuramente si desitme dall'art. 797 e dal complesso di tutti gli altri articoli, presuppongono non soltanto che il provved�imento da delibarsi si.a stato emanato dall'autorit� g'iudiziaria d'uno Stato, ma pure che lo stesso provvedimento debba eseguirsi nel territorio di un altro Stato. �Interpretando larganiente tali norme si p1t� convenire che esse tro1,ino la loro applicazione anche quando non si tratta di enti a carattere di vero e proprio Stato, ma di enti di diritto internazionle organizzati per� au.tonornamente e stabilmente. cc � essenzialmente questa organizzazione autonoma e stabile che, concorrendo gli altri elementi del territorio e del popolo riesce a creare l'ente di diritto internazionale ed a giustificare la larga interpretazione >>. Continua il decreto ammettendo che cc il trattato di pace tendeva e per il gi.urista tende a costituire un I ente di diritto internazionale autonomamente e stabilmente organizzato con proprio territorio e con I., proprio popolo)), Senon�h�, mentre alla formazione di questo ente si sarebbe dovuti pervenire, secondo . il Trattato, attraverso tre fasi (amministrazione dei . , comandi militari: stritmento per il regime provvisorio; Statuto permanente), in realt� ci si � ferrnati j I . alla prima fase, cui non pu� essere riconisciutoche iun carattere cc conservati1!o dello stato di fatto tro-_ __ vato all'entrata in vigore del Trattato ll. Il cafa,ttere esclusivamente conser1Jativo di tale fase � dimostrato anzitutto dalla lettera del Trattato il quale, nell'art. 1 dell'Allegato VII, dice che il T. L. T. continuer� ad essere amministrato (fino -54 alla nomina del Governatore) dai eomandi militari alleati (ciascuno nella sua rspettitia zona.), volendo con ci� indicare la persistenza dell'occupazione militare, per quanto modificata, da bellica ed occupante in pacifica e fiduciaria in rapporto all'O. N. U. In secondo luogo tale carattere � dimostrato dallo spirito del Trattato, e specialmente dalla enunciazione contenuta nel citato art. 1 dell'Allegato VII, dove si legge che il Governatore avrebbe dovuto entrare in carica �il pi� presto possibile >>, ponendo cos� fine alla fase preliminare dell' evoli1,zione del T. L. T. Il prolungarsi d'una siffatta situazione, ch'era destinata ad essere brevissima ed effimera non � base sufficiente per far sorgere un ente di diritto internaziona.le con organizzazione autonoma; e la riprova di ci� si ha dall'esame del modo come il comando militare alleato ha esercitato ed esercita i poteri giudiziario e legfalativo. Il pri1no, infatti, � esercitato per mezzo di magistrati che sono individualmente magistrati italiani, la cui carriera � tuttora regolata sulla base del rapporto d'impiego colla Repubblica Italiana: in altri termini, magistrati italiani mutuati al Governo Militare Alleato. Il secondo � esercitato mediante l'emanazione di Ordini, formalmente emessi dal G. M. A., ma clie in sostanza, e salvo modificazioni di lieve entit�, riproducono le leggi della Repubblica Italiana: anche queste, dunq1te, leggi mutuate. Deve concludersi che �dall'amministrazione militare per quanto si sia protratta e si protragga non � sorto un ente di diritto internazionale con orgabizzazione stabile ed essenzialmente autonoma, che giustifichi l'applicazione delle norme del Titolo VII del libro IV del Codice di rito ... �. Ne consegue l'inammissibilit� dell'azione di deliberazione. Conseguenza ulteriore, che deriva dalla conformit� dei due ordinamentf, quello della Rep1;,bblica Italiana e quello della Zona anglo-americana del T. L. T., � che �i reciproci provvedimenti di natura giurisdizionale e amministrativa (volontaria giurisdizione) possono avere la loro piena e normale esecuzione nei rispettivi territori �. 2. Sembra che, per giungere all'esclusione dell'ammissibilit� dell'azione di delibazione, la Corte di Trie,~te abbia preso le mosse dalla �tesi Camrnarata �, rna, pentitasi poi a mezza strada, non abbia avuto il coraggio di spingere il suo ragionamento fino alle .~ue estreme conseg11enze logiche: l' affermazione, cio�, della persistenza della sovranit� italiana sul territorio di Trieste. Com'� noto, l'art. 21 del Trattato di pace contiene un'espressione che, nella precisione dei suoi termin �i, non pareva lasciar posto a dubbi: � La sovranit� italiana sulla zona costituente il .1'. L. T. cos� come esso � sopra definito, cesser� coll'entrata in vigore rlel presente Tra.ttato ii (mezzanotte del 15 aprile 1947). Il O ammarata, Rettore dell'Universit� tergestina, nel discorso �inaugurale dell'anno accademico 19491950, propose per la prima volta l'ingegnosa tesi secondo la quale la sovranit� italiana non sarebbe invece cess'ata in tale ricorrenza, in quanto detta cessazione, per la volont� stessa drlle parti contraenti, sarebbe stata subordinata e condizionata all'effettiM nostituzione <lel T. L. T. Arrestatasi invece l'evoluzione dello stesso alla Sua prima fa.�e, e dimostratasi anzi la suddetta condizione impossibile, la sovranit� italiana su questa terra sarebbe sempre in vigore, anche se non eff�ttuaie, ed anzi col decorso del tempo sarebbe divenuta imprescrittibile, come in sostanza avrebbero riconosciuto anche le grandi Potenze occidentali nella famosa dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948. Se la Corte di Trieste avesse aderito a questa tesi, cli.e pure ha raccolto i consensi di vari studiosi, fra cui l' U dina (Giornale di Trieste, 6 dicembre 1949e14 gennaio1951), l'Andrioli �Foro Italiano�, 1950, IV, pag. 1), lo Scerni (ii Giurisp. Ital. ii), 1950) e il Favilli (Rivista di Studi politici internazionali �, Firenze, 1950), il problema ad essa sottoposto a1webbe dovuto consi.derarsi risolto ab initio, non essendo neppure concepibile che si parli di delibazione tra due territori soggetti alla medesima sovranit�. 111a la Corte di Trieste. non essendo necessaria mente tenuta ad esprimersi sull'impegnativa que stione, si � limitata a prendere quella parte della tesi menzionata ch'essa ha ritenuto utilizzabile ai fini della prop1�ia decisione, e cio� la distinzione tra periodo preliminare nella formazione del nuovo ente (durante il quale l'ente non sarebbe giunto a concretarsi in un soggetto qu.anto meno autonomo di diritto internazionale), e i periodi s'uccessivi (ri spett� ai quali sembra che la Corte rironosca la pre8enza degli elementi 1ninimi necessari per l'i:n sorgere di tale soggetto). Non � qui il caso di muovere i1.n appunto alla Corte di Trieste per non avere avvalorato coll'auto rit� del suo giu.ilicato, una teoria che forse non con divide. La critica dalla quale la decisione annotata non sembra per� �salvarsi consi.ste nel fatto che essa ha do1,uto fare ricorso al concetto di Stato (i quan tomeno di ente internazionale con organizzazione stabile e autonoma) con riferimento al luogo dove il proin;edimento del giitdicato pretesamente ,�trani.e'ro dovrebbe trovare esecuzione: criterio che sicuramente non esiste nel Titolo VII, libro IV del Codice di rito, il quale, nella sua originaria applicazione, presume che il proV1Jedimento del giudice straniero debba e8eguirsi in territorio soggetto alla sovranit� italiana (Art. 796: cc chi vuol far valere nel Regno una sentenza straniera ..... �), e certamente in nes sun altro. Restavano dunque due vie soltanto al giudice di Trieste, per tentare la sua dimostrazione: o quella che ha per presupposto appunto la prova della per sistenza nel T. L. T. della sovranit� italiana (di mostrazione che non ha voluto dare): oppure qu.ella che, partendo dai criteri intrinseci dell'istituto della delibazione, ne escludesse l'applicazione nella specie per mancanza del presupposto fondarnentale, vale a dire la provenienza del provvedimento da deliba.re da un giudice straniero. 11[a allora� bi.wgnava af fermare non solo che i magistrati della Zona-anylo~ americana sono individualmente magistrati ita liani, ma (come aveva sostenuto in causa l'Ai�voca tura dello Stato) che gli stessi organi giudiziari della Zona 8ono organi del poteregiurisdizionaleitaliano. -55 Questa seconda dimostrazione ci sembra senza altro possibile. Infatti gli �organi giudiziari della zona certamente non sono organi del G. lJII. A., in quanto esso, nell'assumere l'amministrazione di questo territorio, conferm� nelle loro funzioni gli itffiei giudiziari gi� esistenti in loco, vale a dire, senza possibilit� di equivoci, gli organi della amministra. zione italiana della giustizia (Sezione I, Ordine generale n. 6, dd. 12 luglio 1945); e tale provi1edimento fu a sua .volta convalidato dal � 4 del Proclama n. 1 del 15 settem.bre 1947 in relazione all'entrata in vigore del Trattato di pace. N� sono organi del T. L. T., pereh� le norme che dovrebbero presiedere alla eostit1.tzione del nuovo or-. dinamento giudiziario, essendo previste nello Statuto permanente, non solo non hanno potuto ancora entrare in vigore, ma non sono sta.te neppure for mulate. Non pare perci� dubitabile che, pur colle mutilazioni, contrazioni e compressioni dovute alla singolarissima situazione giuridica e di fatto venutasi a creare, gli uff�ci giudiziari di Trieste debbano essere riconosciuti per quegli stessi organi italiani che il G. M. A. avei1a trovato operanti sul posto nell'ormai lontana estate del 1945. Tali principi, in sostanza, a11eva poco prima adottato il Trib'!fnale di Torino (sent. 5 marzo 1950, O. e. a. t. c. Rungaria), trattando il caso inverso d'una sentenza pronunciata dopo il 15 settembre 1947 dai giudici triestini, la citi efficacia automatica in Italia veniva contestata. Ed anzi, nell'affermare l'automaticit� di tale eff�caeia, il Tribunale sostenne esplicitamente che gli organi gi1tdiziari italiani di Trieste continuavano, anche dopo l'entrata in vigore del Trattato, ad esercitare la loro funzione giurisdizion�le come espressione della sovranit� italiana a tale funzione necessariamente inerente; e giustific� il frazionamento della sovra~ col meccanismo progressivo e non simultaneo di formazione del T. L. T. 3. La materia che sta alla base del decreto che si annota materia viva e tuttora in evoluzione, giustifica 'in gran parte, coll'incertezza dei principi non ancora consolidati ai quali continuamente deve essere fatto ricorso, la pronuncia di com,promesso emessa dalla Corte di 'l'rieste. Un rapido esame cronologico della giurisprudenza sia di Trieste che della Repubblica, d� ragione di tale apprezzamento. Nella sentenza 9 dicembre 1947 (causa civile Cortegiani contro Tereuz), la Corte d'Appello di Trieste aveva affermato che, in conseguenza della entrata in vigore del Trattato di pace, Trieste era stata sottratta alla sovranit� italiana. Il 16 gennaio 1948 la Corte d'assise di Trieste (procedimento ' contro Bosedniach ed altri), dichiar� che il T. L. T. costituisce una mwva entit� giuridicamente distinta dall'Italia. Nella sentenza 28 aprile 1950 con cui. si chiudeva il procedimento penale a carico di Renko Stanislao, che, cittadino italiano aveva commesso a Trieste, a. mezzo della stam;a, .vilipendio alla nazione italiana, il Tr~bunale di Gorizia affermava e,~sere Trieste << territorio estero �. La stessa O orte di Cassazione eonf erm� poi ripetutamente tali concetti (sentenze: 20 settembre 1948, in .causa Zanini c. Busato, est. l'allora consigliere Rivera, che poi, come Prilfno� presidente della Corte di Trieste, estese il decreto annotato; 11 ottobre 1948, in causa Pellegrini contro Trai1ani; 3 agosto 1949, in causa JJfazzola contro Teavibra; 17 dicembre 1949, Sezioni Unite penal,i, nel proerdimento a carico di Ciuk, Godnik ed altri). Questa lunga serie di gi1tdicati deeiwmente negativi sulla questione della persistenza della sovranit� italiana sul territorio di Trieste (e, per implicito, s1tlle questioni rniriori con quella connesse o da quella dipendenti), si ehiitde sostanzialmente in corrispondenza del diffondersi della conoscenza della tesi Cammarata. La sentenza 17 dicembre 1949 della Suprema Corte, in fatti � troppo vicina al 4 dicembre 1949, data in cui il discorso fu pronunciato, perch� ne possa sentire l'infiuenza; mentre la sentenza 28 aprile 1950 del Tribunale di Gorizia risente evidentemente di motivi politici contingenti e della preoccupazione di non lasciare impunito un delitto odioso contro lo Stato italiano. A questa serie, pera.Uro, si oppone quella dei giudicati positivi, o qu.antomeno di quelli che lasciano impregiudicata la questione� fondamentale; serie che va dalla sentenza 14 ottobre 1948 della Corte d'Appello di� Tsieste, procedimento penale a carico di Lena Luigi alla sentenza 14-11-1950 delle Sezioni Unite penali della Corte Suprema, pronunciato su ricorso degli imputati Passolunghi e Salomon in tema di conflitto positivo di competenza fra gfadiei della Repubblica e giitdici di Trieste. Colla sentenza 14 ottobre 1948, la Corte di Trieste affermava, in contrasto colla sua giitrisprudenza precedente, che il T. L. T. non pu� a,neora essere considerato territorio straniero, rispetto all'Italia, non essendo esso stato ancora praticamente realizzato, come risulta dalla mancata nomina del Governatore e dal fatto .che vi vigono tuttora le leggi italiane e ne l'iene fatta applicazione da parte di giudici italiani. Il 23 giugno 1949, in causa Duplica contro Impresa Costruzione Tergestina, il Tribunale di Gorizia si pronunciava nello stesso senso e, il 22 luglio 1949, la Corte di Trieste, a sua volta cambiando la propria giurisprudenza, eonf ermava i principi espres-si dalla Corte d'Appello usando quasi le identiche parole (procedimento a carico di Chersovani Albino ed altri). Il decreto che si annota, si inserisce nella lista a questo punto: �tra esso e la precedente giurisprudenza c'� il discorso del Rettore dell'Universit� di Trieste e il tempo di, meditarci sopra. Meditazione che, xome abbiamo visto, non ha portato all'accettazione sic et simpliciter della nuova teoria, che pur avrebbe risolto ogni suo problema. Il 28 aprile 1950, lo stesso giorno cio� in cui il Tribunale di Gorizia giudicava Trieste ter:r.itnrio estero, il Tribunale di Udine, in causa Arreghini e. Pieotti e Vertnik, affermava l'opposto principio che il T. L. T., pur soggetto ad occupazione militare straniera, va considerato sempre come zona appartenente al' territorio e alla sovranit� della Repubblica Italiana. Il 10 maggio 1950, in causa --56 M organd ini contro Jl!forgandini, il Tribunale di Trieste seguiva il nuovo indirizzo tracciato dalla Oorte d'Appello, e, prendendo ancora spunto dal mancato perfezionamento della costituzione del T. L. T., afferma1'a che la Zona anglo-americana non pu� considerarsi allo stato attuale territorio distinto da quello italiano; per cui, s�ulla domanda di separazione da parte di un cittadino italiano residente a Trieste contro il c'oniuge cittadino italiano residente nella Rep1tbblica, dichiarava inapplicabile l'art. 18 Ood. Prot. Oiv. e competente quindi, in base all'art. 706 Ood. Proc. Oiv. il Tribunale del luogo di residenza della convenuta. Nella sentenza 7 agosto 1950, pronuncia.ta nel procedimento penale a carico di Gigante Oarrnelo ed altri, imputati di furto consumato nel territorio della, Repubblica ma connesso con reati di ricettazione e incauto acquisto consumati nella Zona anglo- americana, la Oorte d'Appello di Trieste afferma d�i nuovo che, per la mancata entrata in vigore dello Statuto permanente del T. L. T., qiiesto non � ancora giuridicamente assurto ad ente di diritto internazionale con organizzazione autonoma e stabile e che pertanto non pu� farsi questione di giurisdizione fra l'autorit� giudiziaria della Zona e quella della Repubblica Italiana, i cittadini dal T. L. T. avendo conservato la cittadinanza italina e trovandosi nelle identiche condizioni dei cittadini della Repubblica Italiana. Infine, con la citata sentenza 14 settembre 1950, su ricorso degli imputati Passolunghi e Salomon, la Siiprema Oorte a Sezioni unite, facendo il punto della situazione, ancora una volta sfiorava l'argomento senza entrar1Jici. �Qualunque infatti sia. la soluzione che di tale questione debba essere accolta -dice la sentenza -o quella secondo cui la ceszazione della sovranit� italiana sul territorio di 'l'rieste per l'entrata in vigore del Trattato di pace deve intendersi implicitamente siibordinata alla condizione dell'effettiva costituzione della nuova Oornunit� e debba perci� ritenersi tuttora soprav1Jivente su quel territorio la sovranit� italiana, ovvero l'opinione secondo cui il territorio stesso, in mancanza della nomina del Governatore e della co, 9tituzione del T. L. nella struttura pre�veduta dal Trattato debba considerarsi terra nullius, sottoposta a.d occupazione militare ternporanea, ovvero quella per cui nel territorio di Trieste la sovranit� � temporaneamente esercitata da.ll'O. N. U., di cui le Aiitorit� militari alleate occupanti sono manda tarie; q�alunqiie sia insomma la soluzione pi� aderente alla eccezionale situazione giuridica, se ne pu� prescindere ai fini della proposta questione pregiudiziale �. La quale questione pregiudiziale verteva sul punto se si potesse ammettere l'esistenza di confUtti positivi di competenza (per cui il ricorso a.lla Suprem.a Oorte ai sens�i dell'art. 53 Ood. Proc. Pen.) tra l'autorit� giudiziaria di Trieste e quella della Repubblica (nella specie, il giudice istruttore di Torino, che voleva procedere per il reato commesso a Trieste ai sensi dell'art. 9 Ood. Proc. Pen., come cio� se si trattasse di reato commesso all'estero). N epp1tre qu�i, dunque, la Suprema Corte ha voluto affrontare il problema della sovranit�; essendosi limitata a ricordare come non ci sia nel diritto internazionale una norrna. che escluda la possibili. t� .e la liceit� del fiinzionamentu di organi giudiziari d'uno Stato fuori dei limiti del territorio sottoposto alla propria sovranit�. Una situazione siffatta sarebbe in tutti i casi da riconoscersi nei confronf. i di Trieste, dove gli organi attualmente funzionanti sono organi giurisizionali dello Stato italiano in quanto, in regime d'occupa.zione bellica, (cosi viene definito il periodo preliminare della formazione del T. L. T. ), l'organizzazione giudiziaria trovata funzionante sul posto rimane ed �, di fatto . ' rimasta inalterata. L'assunto del giudice istruttore di 'Torino, secondo cui l'insorgenza di un tale confiitto sarebbe impossibile, � stato pertanto respinto e, nel merito, si � riconosciuta la cornpetenza del Tribunale di Trieste, non essendo applicabile l'articolo 9 Ood. Proc. Pen. ad un territorio (anche se non soggetto a sovranit� italiana) in cui funzionino organi giudiziari italiani, l'attivit� dei quali va considerata attivit� giurisdizionale italiana. Solo pe.r la cronaca noteremo che il GovernoMilitare Alleato si rifiut� di riconoscere la sentenza della Suprerna Oorte (sulla base dell'Ordine generale n. 7 del 12 agosto 1945, che testualmente dice: �Nessun appello sar� ammesso contro le decisioni di qualsiasi autorit� giudiziaria che funzioni nel territorio occupato, davanti a qualsiasi autorit� giudiziaria di qualsiasi cornpetenza con sede fuori del territorio occupato �; e ordin� al giudice istruttore di Trieste di procedere nell'istruzione della causa su.Ua base della propria precedente ordinanza con la quale esso aveva affermato la propria competenza. Per completezza vanno ancora qui ricordate, per quanto non strettamente attinenti all'oggetto di questa nota, la sentenza 19 maggio 1949 della Corte d'Appello di Torino, nella quale per la prima volta si afferma che le sentenze pronunciate dal Tribunale di Capodistria (Zona j1tgoslava del T. L. T.) sono da considerarsi straniere evannoquindi delibate prima di avere efficacia nella Repubblica; la sentenza 2 marzo 1950, Bohm contro Martini, della Oorte d'Appello di Trieste, nella quale si afferm� lo stesso principio rispetto all'efficacia di dette decisioni nella Zona anglo-americana; ed infine ia sentenza. 27 maggio 1950, della stessa Corte di T.rieste, che, modificando su questo punto la, propria giu.rispr1idenza, stabil� il principio che le sentenze del Tribunale di Oapodistria n� sono ef.: ficaci nella Zona anglo-americana direttamente (perch� pronunciate sulla base di leggi ed istituti imposti dal Oomando ju'goslavo in violazione della Oonvenzione dell' Aja del 1947 e dei poteri ad eS.90 spettanti in base al Trattato di pace), n� possono acquistarri efficacia mediante delibazione (questa essendo inammissibile tra due monconi d'uno stesso unico ente di diritto internazionale, -qual' e q1lello che il Trattato prevede). (MANI,IO 0ECOVINI) RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDillfENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA e GAZZETTA UFFICIALE � I. i. Legge 28 dicembre 1950, n. 1019 (G. U.): Disciplina di talune situazioni riferentisi ai pubblici dipendenti non di ruolo. Particolarmente notevoli le disposizioni degli articoli 2 e 3, che debbono essere messe in relazione all'art. 1 del D. L. L. 15 novembre 1946, n. 375, per stabilire i precisi limiti del concetto di cc riassunzione in servizio >>, la quale comporta quei benefici previsti dalla legge in esame, in contrapposto alla nuova assunzione a'lla quale la legge non si riferisce. 2. Legge 9 gennaio 1951, n. 10 (G. U. n. 18): Norme in materia di indennizzi per danni arrecati con azioni non di cpmbatth:nento e per requisizioni disposte dalle Forze Armate Alleate. Su questa legge abbiamo gi� espresso il nostro parere genericamente contrario in sede di esame del relativo disegno di legge (V. in questa Rassegna, 1950, pag. 183). Alcuni dei principali difetti da noi rilevati sono stati invero eliminati, ma non si pu� nascondere che l'emanazione di questa legge rimetter� necessariamente in discussione una serie di questioni che una consolidata interpretazione giurisprudenziale del D. L. n. 451 aveva ormai risolto. Per quanto riguarda la competenza giurisdizionale in materia di requisizioni nulla. dispone la legge in esame, e se si tien conto della natura della competenza dei Comitati per le requisizioni, che � di carattere generale nella materia e che concerne tutte le requisizioni disposte durante la guerra e per causa di guerra nel territorio dello Stato, � da ritenere che l'interpretazione pi� adeguata del silenzio mantenuto� sull'argomento dalla legge in questione sia quella secondo la quale, in tema di giurisdizione le cose restano co:tne erano. Si veda in proposito lo scritto del Favara in �Foro It. "� 1951, IV, 18, le cui critiche alla legge in gran parte condividiamo. II. I. Camera dei Deputati: Disegno di legge n. 1176-B (Iniziativa governa,t�va). -Modifica agli articoli 34 e 35 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 sull'Am-� ministrazione del Patrimonio della Contabilit� generale dello Stato -Con questo disegno di legge il Governo proponeva la modificazione dell'articolo 35 succitato nel 'senso di essere autorizzato apresentare sia lo stato di previsione della entrata sia tutti gli stati di previsione della spesa dei singoli Ministeri ed aziende autonome in un solo disegno di legge. La Camera aveva approvato la proposta, ma il Senato ha negato l'approvazione, ritenendo che la norma dell'art. 81 della Costituzion,e, specie se messa in relazione con le affermazioni fatte in sede di discussione alla Costituente, non consenta l'unicit� del bilancio. Si tratta di questione molto dibattuta e molto antica. 2. Camera dei Deputati: Disegno di legge n. 1750 (Iniziativa governativa). -Costituzione e compiti del Comitato dei Ministri per il coordinamento delle commesse e forniture delle Amministrazioni dello Stato. � un disegno di legge di rilevante importanza in quanto con esso si modificano norme fondamentali della Contabilit� dello Stato in materia di contratti, stabilendosi tra l'altro che sia il Comitato dei Ministri (organo non nuovo nell'ordinamento amministrativo italiano -si vedano i vari Comitati interministeriali ad esempio per la tutela del risparmio, per la ricostruzione, ecc.) ad autorizzare la trattativa privata nei contratti dello Stato, in deroga all'art. 6 della vigente legge di contabilit�. Viene� altres� istituito un Comitato composto da un Consigliere di Stato, da un Sostituto avvocato. dello Stato e da un funzionario della Ragioneria ge gerale dello Stato per l'esame degli schemi di contratti fatti in deroga alla Contabilit� generale dello Stato; la deliberazione di questo Comitato sostituisce il parere del Consiglio di Stato. Il controllo della Corte dei Conti permane, e non poteva essere altrimenti, ma � esercitato in un modo particolare. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA JPORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIF'LETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se il cittadino italiano il quale ebbe a cedere in permuta a personalit� politiche naziste delle opere d'arte, possa pretenderne la restituzione in deroga alla legge 14 gennaio 1950, n. 77, assumendo di aver sub�to evizione delle opere � d'arte dategli dalle personalit� politiche predette (numero 14). APPALTI. -1) Se siano obbligatori per l'Amministrazione i patti con i quali si sia convenuto con un'Impresa appaltatrice uno speciale premio di acceleramento (n. 141). -2) Se nel premio di acceleral:Ilento sia compreso qualsiasi altro compenso straordinario anche a titolo di revisione dei prezzi (n. 141). -3) Quali siano i limiti di applicazione dell'art. 22 Cap. Gen. e dell'art. 351 della legge sui LL. PP. in caso di fallimento dell'Impresa appaltatrice (numero 142). -4) Se il supplente dell'appaltatore possa. chiedere la restituzione della imposta di registro sul contratto di appalto, per essere questo stato non eseguito (n. 143). -5) Se la clausola revisionale introdotta illegittimamente in un contratto, stipulato sotto l'impero della legge 1938, possa valere a giustificare una pretesa di compensi basata su errore di calcolo (n. 144). ASSICURAZIONI. -1) Se nell'assicurazione dei valori e cose esistenti nelle Ricevitorie postali di che alla legge 28 ottobre 1942, n. 1407, sia compreso anche il danno derivante da furto di timbri, bilanche e bolgette di propriet� dell'Amministrazione postale (numero 30}. -2) Se l'obbligo delle assicurazioni sociali trovi applicazione nei confronti del personale mobilitato civilmente durante la guerra (n. 31). AUTOVEICOLI. -Se l'Amministrazione possa, in base a criteri di opportunit� amministrativa aderire alla proposta di risoluzione consensuale di contratti di vendita di autoveicoli ai reduci, posti in essere in esecuzione dei DD. LL. 25 aprile 1946, n. 240 e 23 gennaio '1948, n. 78 (n. 28). AVVOCATI E PROCURATORI. -Se l'avvocato dello Stato debba essere specificamente autorizzato a recarsi fuori sede per esercitare le sue funzioni, alfine di ottenere il rimborso della indennit� di missione (n. 12). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -1) Se il socio d'una cooperativa regolata dal T. U. sull'edilizia economica e popolare possa alienare il diritto di so praelevazione, uti singolus o aderendo alla deliberazione dell'assemblea deicondomini, prima del riscatto dell'appartamento (n. 28). ~ Se la Gestione INACasa, per acquistare a titolo oneroso le aree necessarie alla costruzione di case per i lavoratori, sia soggetta all'autorizzazione governativa prevista dalla legge 5 giugno 1850n. n. 1036 (n. 29). -3) Se possa considerarsi contratto a titolo oneroso quello con il quale un ente cede all'INA-Casa un'area, impegnandosi l'INACasa a destinarla alla costruzione di case per i lavoratori dipendenti dall'ente cedente (n. 29). COMUNI E PROVINCIE. -Se l'art. 80 del T. U. 14 settembre 1931, n. 1175 sulla Finanza locale si applichi sia agli appalti per le imposte di consumo a canone fisso, sia agli appalti ad aggio (25). CONFISCA. -Se la cessione all'IST-Cambi di monete d'oro confiscate per motivi razziali possa costituire quel trasferimento a terzi previsto dall'art. r '�1 del D. L. 5 maggio 1946, n. 393 (n. 6). I CONTABILITA' DELLO STATO. -1) Se il D. P. R. 29 luglio.1948, n. 1309 che modifica l'art. 54 del Regolamento per la Contabilit� generale dello Stato si applichi ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 69). -2) Se il funzionario delegato ai contratti abbia potere certificante in ordine alle copie di atti di svincolo dei depositi cauzionali (n. 70). -3) Se il fermo amministrativo previsto dall'art. 69 della legge di Contabi�it� possa non applicarsi, da parte dell'Amministrazione debitrice quando le somme siano dovute per un appalto od una fornitura (71). DEPOSITO. -Se, per svincolare un deposito cauzionale la firma del funzionario delegato ai contratti sulia copia del1'11tto di svincolo debba essere autenticata (n. 12). DONAZIONI. -Se la donazione fatta ad un Comune di un immobile con l'espressa volont� del donante che esso sia destinato a favore del fascio di combattimento locale che a quell'epoca non aveva perso-� nalit� giuridica dia titolo al fascio stesso, una volta acquistata tale personalit� di chied!'lr.e al Comune il trasferimento dell'immobile a suo nome (n._ ll~. _ ELETTRODOTTO. -Se le Ferrovie dello Stato proprietarie di centrali elettriche date in gestione ad rma societ� privata, obbligata per questo a fornire -59 l'energia, possano prendere possesso di dette centrali quando la societ� gerente, per qualsiasi rnotivo, interrompa la fornitura (n. 1). ENTI ECCLESIASTICI. -1) Quale sia la natura giuridica delle confraternite religiose (n. 13). -2) Quale sia la portata del potere dello Stato italiano nel riconoscimento di enti ecclesiastici (n. 13). -3) Se lo Stato italiano possa pretendere per riconoscere la personalit� giuridica di una confraternita religiosa che essa sia costituita per atto pubblico (n. 13). ESECUZIONE FISCALE. -Quali siano i diritti spettanti ad un esattore dichiarato deca.duto per mancata integrazione della cauzione, e che abbia lasciato debiti nei confronti del ricevitore provinciale e del Comune che abbiano proceduto alla riscossione dei residui (n. 19). ESPROPRIAZION1. -1) Se l'espropriazione di terreni necessari per la costruzione delle case del piano Fanfani debba fatta su richiesta della gestione INACasa ed a favore di questa (n. 61). -2) Se un decreto di espropriazione emesso a favore di ente diverso da quello previsto dalla legge leda un interesse legittimo o un diritto subiettivo degli espropriati (61). 3) Se i decreti di occupazione di urgenza e i decre� di espropriazione emessi dal Prefetto possano considerarsi atti esecutivi, agli effetti della esecuzione forzata (n. 62). -4) Se gli ufficiali giudiziari siano tenuti a prestare la loro opera per l'esecuzione dei de�reti di espropriazione (n. 62). -5) Quali siano le modalit� di procedura per l'esecuzione dei decreti di espropria- WJ zione e di occupazione temporanea (n. 62).. FERROVIE. -1) Se le Ferrovie possano prendere possesso di Centrali elettriche di loro propriet� affidate in gestione ad una Societ� privata, quando questa non adempia all'obbligo di fornitura dell'energia (numero 120). -2) Se le Ferrovie dello Stato possono partecipare a Societ� commerciali costituite per fini attinenti all'incremento della elettrificazione senza un apposito provvedimento legislativo (n. 121). GUERRA. -Quali siano le norme applicabili per il pagam.ent� agli eredi di militari defunti in guerra di somme loro spettanti a tiolo ereditario (n. 107). IMPIEGO PUBBLICO. -1) Se il rapporto di impiego con le associazioni sindacali ex fascis'te in liquidazione sia di carattere pubblico (250). -2) Se l'obbligo delle assicurazioni sociali trovi applicazione nei confronti del personale mobilitato civilmente e posto a prestar servizio a disposizione di organi dello Stato (n. 251). -3) Come debbano regolarsi i rapporti tra il personale gi� dipendente dalla Missione Italiana UNRRA e l'Amministrazione Aiuti Internazionali (numero 252). -4) Come debbano eseguirsi nei confronti degli impiegati dello Stato le decisioni della Corte dei conti che li condannano per responsabilit� contabile (n. 253). -5) Se ai fini della corresponsione del fondo di previdenza agli impiegati dipendenti dagli enti pubblici dell'Alimentazione debba calcolarsi, per stabilire l'importo della retribuzione mensile, anche l'indennit� di carovita (n. 254). --6) Se durante la fase di liquidazione d'un ente pubblico si possa proqedere a promozione degli impiegati (n. 255). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se sia valida una clausola di esenzione da imposta sl�l'entrata contenuta in un contratto di appalto di opere pubbliche (n. 26). IMPOSTE E TASSE. -1) Se l'art. 80 del T. U. sulla Finanza Locale si applichi agli appaltatori di imposte di consumo, sia se retribuiti a canone fisso, sia se retribuiti ad aggio (n. l.�8). -2) Quali siano i limiti di applicazione della presunzione stabilita nell'art. 3 del D. L. 2 luglio 1947, n. 683, sulla riscossione delle imposte straordinarie (n. 149). -3) Se possa dichiararsi la decadenza dell'appalto delle imposte di consumo di una Societ� per il solo fatto della sua messa in liquidazione (n. 150). -4) Se per dichiarare la decadenza di m1a societ� che gestisce il servizio di riscossione delle imposte di consumo e che sia stata messa in liquidazione debbano le contestazioni farsi al liquidatore (n. 150). -5) Davanti a chi debbano prestare giuramento il vice presidente ed i membri della Commissione delle Imposte quando manchi il Presidente (n. 151). -6) Quale sia il momento da tener presente per stabilire l'imposta di fabbricazione dovuta sugli olii di semi (n. 152). IPOTECA. -Se il decreto ingiuntivo emesso secondo il T. U. del 1910 possa essere compreso tra i provvedimenti che danno titolo alla iscrizione della ipoteca giudiziale (n. 5). LOCAZIONI. -� 1) Se l'Amministrazione possa invocare la proroga della locazione per un immobile adibito ad abitazione di suoi dipendenti, basandosi sull'art. 7 della legge 23 dicembre 1947, n. 1461 (numero 53). -2) Se possano computarsi a favore dell'Istituto delle Case popolari gli aumenti dei canoni locatizi stabiliti in via generale con le leggi 30 dicembre 1948, n. 1471 e 29 aprile 1949, n. 160 in relazione ad immobili locati ad uso di caserme delle Forze di Polizia (n. 54). MATRIMONIO. -Se si debba procedere a recupero della pensione nei confronti della vedova di guerra passata a seconde nozze, in pendenza del giudizio di nullit� del secondo matrimonio (n. 6). NAVI. -1) Se l'impossessamento da parte del nemico di navi mercantili requisite dallo Stato italiano equivalga a loro perdita per fatto di guerra e spetti all'Amministrazione liquidare i relat.ivi danni (n. 42). -2) Quale sia la portata dell'accordo Italo-Greco relativo alle navi mercantili italiane cadute in possesso delle autorit� elleniche per causa di guerra, stipulato il 21 agosto 1949 (n. 42). OPERE PUBBLICHE. --Se stabilito. in un eontratto di bonifica di campo minato l'obbligo di un doppio collaudo possa l'impresa bonificatrice vantare diritto a compensi speciali per lavori dovuti eseguire per la c. d. ribonifica tra il primo ed il secondo collaudo (n. 14). � � 60 PENSIONI.� -Se si debba procedere a recupero della pensione nei confronti della vedova di guerra passata a seconde nozze, in pendenza del giudizio di nullit� del secondo matrimonio (n. 44). POSTE E TELEGRAFI. -1) Se nell'assicurazione del valori e cose esistenti nelle Ricevitorie postali di che alla legge 28 ottobre 1942, n. 1407, sia compreso anche il danno derivante da furto di timbri, bilance e bolgette di propriet� dell'Amministrazione postale (numero 21). -2) Se colui il quale � indicato in un decreto del Presidente del Tribun~le emesso ai sensi dell'art. 22 del Regolamento postale come la persona che deve riscuotere determinate somme dalla posta, possa delegare altri per la riscossione (n. 22). SINDACATI. -Quali siano i riflessi dei provvedimenti legislativi che hanno stabilito la soppressione e la liquidazione delle Associazioni sindacali fasciste e la costituzione degli uffici stralcio (n. 8). SOCIETA'. -1) Se una Societ� commerciale che gestisce l'appalto delle imposte di consumo, possa essere dichiarata decaduta per 11 fatto di essere posta in liquidazione (n. 25). -.2) Se gli emolumenti e retribuzioni agli amministratori delle Societ� .esercenti le aziende patrimoniali dello Stato deboano gravare sull'esercizio o invece sulla quota di ut,ili spettanti ala societ� concessionaria (n. 26). -3) Se le Ferrovie dello Stato possano partecipare a Societ� cominerciali aventi per oggetto lo sviluppo della elettrificazione senza un'apposita disposizione legislativa (n. 27). -4) Se il deposito delle somme costituite da quote di riparto di societ� in liquidazione non riscosse possa, dopo l'entrata in vigore del Codice civile del 1942, farsi anche presso la Cassa DD. PP. (n. 28). SUCCESSIONI. -Quali siano le norme applicacabili per il pagamento agli eredi di militari defunti in guerra di somme loro spettanti a titolo ereditario (n. 26).