ANNO V -N. 12 
DICEMBRE 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. ARTIOOLI ORIGINALI 
La requisitoria del Procuratore generale e la sentenza della Oorte di Cassazione 
suUa impugnabilit� dei decreti legislativi di espropriazione in 
applicazione delle leggi di riforma fondiaria, pag. 205-222. 

II. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 
1) 
Competenza e giurisdizione -Pensioni -Consiglio di Stato e Corte dei 
Conti, pag. 223-225. 

2) 
Compromesso ed arbitri -Contratto di appalto di opera pubblica Clausola 
compromissoria -Art. 1341 Codice civile -Opposizione a 
decreto ingiuntivo (Corte di Cassazione), pag. 225-228. 

3) Fe~ovie -Condizioni e Tariffe per trasporto cose -Indennizzi -Debito 
di valuta (Corte di Cassazione), pag. 228-231. 
4) Requisizioni -Indennit� una tantum -Impugnazione (Corte di Cassazione), 
pag. 231-232. 

m. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI MERITO 
1) 
Appalto -Rescissione in tronco -Prove dell'inadempienza (Corte di 
Appello di Roma), pag. 233-234. 

2) 
Imposta di registro -Alienazione di fondo enfiteutico -Sentenza 
di riscatto a favore del concedente (Corte di Appello di Catania), 
pag~ 234-235. 

3) 
Partiti politici -Rappresentanza processuale -Sezioni (Tribunale di 
Varese), pag. 235-236. 

IV. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 237. 
V. 
INDIOE SISTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, pag. 238-2!0. 
=~ 

. �: 

�: 



ANNO V -N. 12 DICEMBRE 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLitJA.ZIONE DI SERVIZIO 

LA ~EQUISITORIA DEL PROCURATORE GENERALE E LA SENTENZA DELLA 
CORTE DI CASSAZIONE SULLA IMPUGNABILIT� DEI DECRETI LEGISLATIVI 
DI ESPROPRIAZIONE IN APPLICAZIONE DELLE LEGGI DI RIFORMA FONDIARIA 


Dopo quanto abbiamo scritto su questa Rassegna 
(1951, pag. 153 e segg., 177 e segg.; 1952, pag. 85 
e segg.) pubblichiamo ora la requisitoria del Procuratore 
Generale e la sentenza delle Sezioni Unite 
della Corte di Cassazione, che ha definitivamente 
deciso sul punto della natura di atto legislativo dei 
decreti presidenziali di espropriazione. 

LA REQUISITORIA 

SOMMARIO. -I. Estensibilit� del regolamento di 
giurisdizione ai procedimenti avanti a giudici speciali 
ed al Consiglio di Stato. -2. Importanza del sindacato 
giurisdizionale nella materia della causa. -3. Natura 
e limiti dell'indagine in sede di regolamento preventivo. 
-4. Ord�ne logico giuridico delle questioni a trattarsi. 
Priorit� di quelle pregiudiziali, sulla proponibilit� 
dell'impugnativa rispetto ad atti formalmente legislativi. 
Posteriorit� logica ed eventualit� della ricerca di 
incostituzionalit� sostanziale. -5. Il criterio estrinseco 
e l'intrinseco nell'indagine di proponibilit�. -6. Prevalenza 
di massima del criterio estrinseco. -7. Limiti di 
utilizzabilit� del criterio intrinseco. -8. L'accertamento 
di qualificazione degli atti per dare ingresso alla 
azione. Inammissibilit� di procedimenti strumentali 
invalidativi e di conversione. -9. Applicazione, negativa, 
alla specie. -10. Ricerca subordinata pregiudiziale 
sulla ammissibilit� del sindacato di costituzionalit�. 
Presupposti. -11. La situazione di incidentalit� 
come condizione per l'ammissibilit� del sindacato. Applicazione, 
negativa, alla specie per trattarsi di sindacato 
principale. -12. Riprova di esattezza dei rilievi gi� 
esposti nell'ipotesi che fosse gi� funzionante la Corte 
Costituzionale. -13. Conclusione sulle questioni pregiudiziali. 
Opportunit� di delibare anche la questione 
di costituzionalit� sostanziale nell'ambito di competenza 
della Corte di Cassazione. -14. Impostazione 
teorica della ricerca. -15. Il principio della divisione 
dei poteri nella costituzione italiana. Ambito della funzione 
legi~lativa, comprensiva anche di funzioni atipiche. 
In particolare in materia di espropriazione e in 
tema di riforma fondiaria. -16. Possibilit� di aggettivazione 
anche in tali funzioni atipiche delle delegazioni 
legislative. Ammissibilit� di delegazioni formali. Presupposti 
e finalit� -giustificative. I concetti di responsabilit�, 
di semplificazione ed acceleramento, di oogenza, 
di potenzialit� novativa. Applicazione (positiva) 
alla specie. -17. La pretesa violazione del precetto 
costituzionale della tutela giurisdizionale dei diritti e 
degli interessi, contro ogni atto della pubblica amministrazione. 
L'eccesso di potere legislativo. Insindacabilit� 
sul piano giurisdizionale. -18. Conclusione, altri 
ipotizzabili profili di sindacato giurisdizionale in materia 
di riforma fondiaria. 

1. Si ripropone anzitutto in queste cause, con 
ampiezza nuova di disamina, la questione pregiudiziale 
sulla possibilit� di applicazione del regolamento 
di giurisdizione (art. 41 Cod. Proc. Civ.) 
nel caso di procedimenti pendenti avanti a magistrature 
speciali, ed in particolare avanti al �Consiglio 
di Stato. 
In proposito, come � ben noto, la giurisprudenza 
della Suprema Corte si � da tempo consolidata 
in senso affermativo, in base al rilievo essenziale 
della posizione di istituto ordinario, anzi fondamentale, 
assunta nel nuovo codice processuale 
dal regolamento di giurisdizione, per cui si presenta 
ammissibile e doverosa una interpretazione 
razionale, anche estensiva, delle norme, volta a 
ricercare la portata vera ed integrale della volont� 
legislativa in materia, conforme ai principi informatori 
di un organico sistema. 

A questa giurisprudenza, affermatasi esplicitamente 
anche a riguardo del Consiglio di Stato 
(Sent. 2246-50, 1823-51, 3023-52), potrei semplicemente 
richiamarmi, anche in considerazione 
della complessit� della disamina che si dovr� esperire 
sul tema principale della causa. 

Vorrei, tuttavia, rilevare, sul piano pratico, 
come la normalit� e funzionalit� viva dell'istituto, 
siano ben dimostrate dalla stessa frequenza -veramente 
imponente -con la quale vi si fa quotidianamente 
ricorso, e con risultati, d'altra parte, 
di utilit� evidente, sia per l'economia dei giudizi, 
che come mezzo a fi.ne per la certezza del diritto, 
attraverso la iniziale sicura individuazione del 
giudice. 

E, sul terreno propriamente giuridico, � forse 
opportuno ancora insistere sugli indicativi che si 
posson trarre, per una corretta interpretazione 
dell'ambito di applicazione dell'istituto, dalla confi.
gurazione amplissima della competenza e delle 
potest� attribuite dal nuovo codice alla Corte di 
cassazione in materia di giurisdizione, con decisa. 
evoluzione ed integrazione rispetto alle posizioni,. 
pur gi� notevoli, segnate dalla nota legge sui conflitti 
31 marzo 1877, n. 3761. Laddove, mentre il 
sindacato regolatore della Suprema Corte � statoesteso 
a tutte le magistrature, ordinarie e speciali,. 


-206 


e con riguardo sia alle decisioni positive che alle 
negative della competenza (art. 362 c. pr. civ., 
attraverso la pi� ampia formula � motivi attinenti 
alla giurisdizione n), � stato correlativamente bene 
affermato il principio (art. 382 c. pr. civ.) della 
efficacia generale eostitutiva delle pronuncie della 
Suprema Corte per quanto attiene alla designazione 
del giudice competente: efficacia vincolante, preelusiva 
di ogni riesame della questione di giurisdizione, 
non soltanto per la magistratura (ordinaria) 

si giustificherebbe. L'unica differenza introdotta 
dall'art. 111 Costituzione fra la posizione delle 
altre giurisdizioni speciali e quella del Consiglio 
di Stato, riguarda l'ambito oggettivo del sindacato 
demandato alla Corte di Cassazione, che si volle 
mantener limitato, per le deci~ioni di questa magistratura, 
alle questioni di giurisdizione, mentre 
per le altre fu esteso anche alle violazioni di legge:_ 
ma trattasi di differenziazione qui non rilevante. 

.N� sembra esatto -.,. come altrimenti si oppone 


a.fui;f!i, .ma per qualsivoglia giudice eventualmen~::�CP~�~a di~ciplina del regolamento preventivo, ove 

dichiarato competente, e quindi anche per le giurisdizioni 
speciali, e tuttoch� avanti al giudice 
designato non abbia comunque ancora avuto inizio 
il giudizio. 

Per cui, tenuto conto, altres�, della estensibilit� 
ora generalmente riconosciuta, della competenza 
regolatrice della Suprema Corte anche a riguardo 
dei conflitti cosidetti virtuali (in potenza), e delle 
magistrature speciali fra di loro, pu� ben dirsi 
che, nel quadro delle accennate potest�, sia compresa, 
con largo raggio, anche quella di una regolazione 
preventiva dei problemi di giurisdizione, 
non legata necessariamente a decisioni gi� pronunciate, 
e neppure, in certo senso, a procedimenti 
pendenti. 

Potest� di posizione generale nel sistema, e di 
fondamento positivo (deduttivo) ancorch� non 
esplicitamente dichiarata: rispetto alla quale, pertanto, 
la disciplina tracciata negli articoli 41 e .37 
del codice, non rappresenta che un caso di applicazione 
particolare, giustificato, nei suoi riferimenti 
apparentemente limitativi, dalla destinazione normale 
delle discipline processuali ai procedimenti 
ordinari, senza esclusione, peraltro, di altre possibili 
applicazioni, ove legittimate da identit� di 
presupposti e di fi.ni, alla stregua del pi� vasto 
principio di cui sopra. 

In realt�, attraverso all'ampio sindacato, preventivo 
o successivo, demandato in tema di giurisdizione 
alle Sezioni Unite dell,a Cassazione, si � 
inteso idealmente realizzare quella unit� della giurisdizione 
che � obbiettivo sempre pi� sentito di giu.
stizia e di progresso, decisamente affermato anche 
nella nuova Carta Costituzionale (art. 102). 
Nel senso che le Sezioni Unite sono state poste 
al vertice di tutte le giurisdizioni, in posizione di 
organo superiore, svincolato ed autonomo, per 
cos� dire, dallo stesso ordine giudiziario dal quale 
strutturalmente i suoi magistrati derivano. 

Posizione questa che basta a legittimare tutta 
l'ampiezza e l'efficacia della sua potest� regolatrice, 
comunque configurata e funzionante. 

Ed il principio, come per ogni magistratura, 
vale logicamente anche per il Consiglio di Stato 
{e per la Corte dei Conti), senza che possa opporvisi 
la formulazione, solo apparentemente limitativa 
(in quanto riferita alle deeisioni) dell'art. 111 
ultimo comma della Costituzione, tenuto conto 
.che la Carta non contempla, n� aveva ragione di 
.contemplare, l'istituto essenzialmente processuale 
.del regolamento preventivo, e che, comunque, il 
riferimento alle decisioni o provvedimenti, appare 
.comune, nell'economia della norma, anche alle 
.altre magistrature (art. 111 p. p.), per cui una 
limitazione particolare al Consiglio di Stato non 

estesa al Consiglio di Stato, importerebbe praticamente 
la sottrazione, a quest'organo generale 
di giurisdizione amministrativa, di quella potest� 
di giudicare sulla propria competenza, che gli era 
stata attribuita nella legge di riforma del 1907, 
a modifi.ca di una precedente norma (art. 41 legge 
del 1889) per la quale le questioni di giurisdizione 
dovevano essere devolute alla cognizione della 
Corte di Cassazione, con la conseguente necessit� 
di sospendere nel frattempo, il procedimento: 
laddove, in realt�, si era trattato solo del riconoscimento, 
anche al Consiglio di Stato, di una naturale 
potest� gi� riconosciuta ad ogni giudice, 
quale quella di verificare i presupposti ed i limiti 
della propria giurisdizione o competenza. Onde 
essendo ora, in sostanza, la posizione del Consiglio 
di Stato, uguale a quella di ogni altro giudice, ivi 
compresa la magistratura ordinaria, � naturale 
che possa operare anche a suo riguardo un istitut<> 
come quello del regolamento di giurisdizione per 
cui si ammette in via generale -in base ad un 
principio dispositivo della privata volont� che si 
� ritenuto convergente con superiori interessi che 
l'esercizio di quella potest� possa essere prevenuto 
ad istanza di parte, attraverso la preliminare 
adizione di quel supremo organo che delle 
questioni di giurisdizione dovrebbe in defi.nitiva 
poi essere il giudice. 

Ed infine non vale prospettare l'inconveniente 
per cui la proposizione del regolamento impedirebbe 
al Consiglio di Stato di esercitare quella 
facolt� di sospensione della esecuzione dell'atto 
amministrativo impugnato, che gli deriva dall'articolo 
39 cap. del Testo Unico: laddove, a prescindere 
dalla inidoneit� di cotali empiriche argomentazioni 
per la soluzione di questioni propriamente 
giuridiche, riterrei che in realt� la detta 
facolt� non dovrebbe risultarne paralizzata, trattandosi 
di misura cautelare provvisoria consentita 
ad ogni giudice, non solamente nell'atto in 
cui sospende, ma talvolta, anche quando si spogli 
del giudizio. 

2. Concludendo, su questo punto, non pu� dunque 
disconoscersi, anche sul piano preventivo, e 
per ogni giurisdizione, questa generale, amplissima 
potest� regolatrice alla Suprema Corte. 
Potest� alla quale corrisponde, peraltro, anche 
una somma di eccezionali responsabilit�, quali si 
rivelano in tutta la loro impressionante gravit� 
-che non trova precedenti nella attivit� giu;risdizionale 
del Supremo Collegio -nelle attuali 
cause. Ove si tratta, in realt�, di risolvere un conflitto 
che supera i normali schemi e contorni dei 
contrasti giurisdizionali, per spaziare nel campo 



--207 


pi� alto e fluido dei rapporti fra i poteri dello 
Stato, nel perseguimento di una riforma di profondi 
riflessi. economici e sociali. 

Conscio, anche da questo Banco, di cotale pesante 
responsabilit�, ma nello stesso tempo consapevole 
che alla Suprema Corte, in questa, come 
in ogni altra congiuntura, con compete, n� pu� 
competere, che un compito di stretto sindacato 
giurisdizionale, mi sforzero a mia volta di attenermi, 
nella disamina che sto per intraprendere, 
ad un metodo rigorosamente giuridico, nonch� 
ad un rigoroso ordine logico. 

Astenendomi, pertanto da qualsiasi apprezzamento 
di politica legislativa, o comunque estraneo 
al tema giuridico, cercher� anzitutto di fissare, 
con la possibile precisione, gli obbiettivi ed i limiti 
che ad un sindacato strettamente giurisdizionale 
sono inerenti, con particolare riguardo a questa 
sede di giudizio; ed a tali limiti mi preoccuper� 
poi costantemente di attenermi nel corso 
ulteriore della indagine. 

3. Trattasi, nella specie, di un regolamento di 
giurisdizione che � stato proposto relativamente 
a procedimenti appena in limine. Pi� che di un 
sindacato, pertanto, potrebbe parlarsi, della contemplazione 
preliminare, prevalentemente astratta, 
dei problemi di giurisdizione, in relazione alla impostazione 
iniziale, necessariamente ancora non 
elaborata, delle impugnazioni proposte: e ci� per 
l'accertamento preventivo, sulla base di quella 
impostazione, della esistenza o meno d'un giudice, 
e quale, per la tutela dell'avanzata pretesa. 
Onde l'indagine, con doverosa cautela, per non 
pregiudicare gli sviluppi ulteriori eventuali delle 
cause, deve restare circoscritta su quei presupposti 
e per quel fine, senza anticipazioni o sconfinamenti 
nel merito. 

E forse la giustificazione pi� convincente dell'istituto 
del regolamento preventivo sta appunto 
nella possibilit� di rendere pi� precisa e rigorosa, 
anche attraverso una separazione di fasi, quella 
distinzione fra giurisdizione e merito, fra sussistenza 
del diritto e sua tutelabilit� giurisdizionale, 
che dovrebbe sempre informare lo svolgimento 
del processo, al fine di collocare ogni questione 
sul proprio piano. 

Onde si � insegnato doversi evitare l'empirismo 
compendiato nel noto aforisma: �hai torto e perci� 
ti nego il giudice n, al quale fa simmetrico 
riscontro l'altro, non meno empirico e fallace: 
cc hai ragione, perci� deve trovarsi necessariamente 
un giudice che te la possa riconoscere e tutelare
�. 

In realt� il torto e la ragione, devono restare 
estranei alla indagine, essenzialmente processuale, 
sulla giurisdizione: e soprattutto quando questa 
si svolga in fase preventiva. 

Ed analogamente, pur nel quadro della giurisdizione, 
si devono tenere separati i temi sostanziali 
da quelli formali e processuali: la posizione 
dei presupposti e dei limiti, dalla disamina delle 
questioni di fondo, logicamente di ordine successivo 
e da doversi inquadrare in quelle premesse, 
tuttoch�, sotto un pi� ampio aspetto, ancora alla 
giurisdizione inerenti. 

4. Ora a me sembra di potere sin da ora rilevare, 
nella cospicua autorevole elaborazione dottrinale 
che si � sin qui sviluppata sull'importante 
tema della riforma fondiaria e relativi problemi 
di tutela giurisdizionale, nonch� nelle esaurienti 
difese dei resistenti, un vizio logico cori:nih� e dominante, 
consistente appunto nella inversione 
dell'ordine delle questioni a trattarsi, secondo 
l'accennato improprio schema di premettere l'indagine 
di sostanza -che nella specie sarebbe la 
questione di costituzionalit� -a quella processuale 
sui presupposti e sui limiti in base ai quali 
e nei quali possa la questione essere contemplata. 
Si parte, invero, in quelle elaborazioni, da una 
ricerca, astratta e libera, sulla legittimit� costituzionale 
delle leggi di delegazione e provvedimenti 
legislativi delegati, in tema di espropriazione 
e nel quadro della legge fondiaria, col risultato 
di affermare sotto pi� aspetti la incostituzionalit� 
del sistema adottato: e da questa affermazione 
di ordine sostanziale deducendosi la 
natura intimamente amministrativa dei provvedimenti 
di esproprio, si conclude per l'ammissibilit� 
della impugnativa avanti la giurisdizione 
del Consiglio di Stato, per vizi di illegittimit� 
amministrativa che quei provvedimenti inficiere 
b bero. 

Richiamandomi a quanto sopra esposto, sembra 
a me invece che, trattandosi di provvedimenti 
i quali si presentano inequivocabilmente in forma 
di legge, ed emanati da una suprema autorita che 
vi assume pure inequivocabilmente (attraverso 
il richiamo degli art. 77 prima parte ed 87 n. 5 
della Costituzione) posizione delegata di legislatore 
-indagine preliminare debba essere quella 
di ricercare, sotto l'aspetto teorico, se una impugnazione 
avverso tal genere di atti, possa concepirsi 
come ammissibile, nel sistema del diritto 
positivo in vigore -avanti quali magistrature e 
sotto quali profili, condizioni e limiti. 

Per discendere di poi solo eventualmente, alla 
stregua dei risultati e comunque nei confini accertati 
di tale preliminare ricerca, alla disamina della 
questione di costituzionalit�, sopra enunciata, da 
valere per i :fini eventuali ulteriori, della complessa 
questione a risolversi. 

Non pertanto l'indagine di costituzionalit� come 
prius per la conseguenziale affermazione di proponibilit� 
dell'impugnativa, ma il procedimento 
inverso: di premessa dell'indagine sulla proponibilit� 
astratta dell'impugnativa e suoi giuridici 
confi.ni, per dare ingresso ed inquadrare in una 
esatta rigorosa cornice, la questione di costituzionalit�, 
che potrebbe quindi anche risultare insuscettibile 
di sindacato od altrimenti inconferente 
ai fini della proponibilit� della impugnativa, in 
relazione a quelle fondamentali, eventualmente 
preclusive, premesse. 

Al quale criterio ed ordine cercher� appunto, 
di attenermi, nella disamina che vado a svolgere. 

5. Forma o sostanza, confi,gurazione formale esteriore 
degli atti o loro intima essenza: ecco il 
dilemma in cui si compendia, schematicamente, 
la questione di competenza, agitata (e complicata) 
nella causa. 

LE arn 



-208 


Se cio� nella ricerca sulla sussistenza e per l'individuazione 
del giudice rispetto a date azioni 
od impugnative, si debba rigorosamente aver riguardo, 
o dar prevalenza, al criterio cos� detto 
estrinseco, inerente alla classificazione formale 
degli atti o negozi, o piuttosto a quello intrinseco, 
della natura sostanziale: e sotto quali profili e 
sino a qual punto questo pi� penetrante criterio 
possa essere adottato ed utilizzato. 

6. Considerando anzitutto il problema, attraverso 
una visione realistica, ed insieme panoramica, 
del diritto costituito, mi sembrerebbe di 
poter cogliere, nel sistema della impugnazioni, 
una costante direttiva secondo la quale � per regola 
con riferimento immediato alla tipicit� di 
dati atti, e parallelamente alla configurazione 
tipica degli organi che li pongono in essere, che 
vien costruita e disciplinata la discriminazione 
e gerarchia delle impugnative: badandosi alla 
forma ed aHa provenienza degli atti cio�, piuttosto, 
che alla loro essenza, tuttoch�, in ipotesi, 
diversa e con quegli indicativi esteriori discordante. 
Cos�, ad esempio, ove una autorit� amministrativa, 
un Prefetto, addivenisse, sotto forma di atto 
amministrativo, ad una decisione giurisdizionale, 
od altrimenti un organo giudiziario, un Pretore, 
emanasse sotto forma di sentenza un atto sostanziale 
di amministrazione, le relative impugnaziolli,' 
ancorch� propriamente dirette a denunciare cotali 
deviazioni per fini di invalidamento o di riforma, 
dovrebbero indubbiamente essere proposte 
rispettivamente al Consiglio di Stato od al Tribunale 
e non viceversa, come si potrebbe essere 
indotti a ritenere con riguardo alla realt� sostanziale 
della materia controversa. 

E parimenti, ove una autorit� tipicamente amministrativa, 
come ad es., un Comune, addivenisse, 
sotto forma di regolamento (atto amministrativo 
normativo) alla posizione vera e propria 
di norme legislative in senso materiale, l'impugnazione 
di legittimit� per straripamento od eccesso, 
dovrebbe dirigersi al giudice istituzionale degli 
atti amministrativi, e non a quello delle leggi, 
tutto che nell'ordinamento, un tale giudice fosse 
gi� istituito e funzionante. 

Se questi rilievi sono esatti, riportandone ora 
il concetto alla situazione contemplata, posto che 
qui pure trattasi di atti aventi una tipica configurazione, 
nella specie di ordine legislativo, e provenienti 
da autorit� in posizione legislativa operante, 
non dovrebbe per intanto dubitarsi, che 
se un organo giurisdizionale di legittimit� delle 
leggi, una Corte Costituzionale gi� esistesse nel 
sistema e potesse essere adito, a questo soltanto, 
e non mai, sotto qualsivoglia aspetto, alla giurisdizione 
amministrativa, dovrebbero le eventuali 
impugnative essere proposte, quanto meno come 
prius di ogni eventuale contestazione in materia. 

E questa considerazione, se pure in quest'ultimo 
caso solo ipotetica, basterebbe gi� a mio 
avviso per giustificare ogni perplessit� dell'interprete 
circa la ortodossia e possibilit� pratica di 
adozione -sul terreno rigoroso delle giurisdizioni 
-di un criterio di libera valutazione discri


minatrice, quale dovrebbe essere quello intrinseco, 
volto a scoprire il contenuto sotto le strutture 
dell'involucro, per i fini stessi" preliminari, 
della ricerca ed individuazione del giudice. 

Onde si pone quant,o mai vivo il problema -postoch� 
nel momento attuale un giudice costituzionale 
ancora non esiste, e comunque, ove costituito, 
secondo il gi� costruito sistema, non potrebbe 
essere adito in via diretta principale, ma 
solo in relazione incidentale con altre cause pendenti, 
secondo si vedr� a suo luogo -se, mancando 
per quei tipici atti un tipico giudice, debba 
senz'altro concludersi per il difetto assoluto, in 
materia, della tutela giurisdizionale, o se invece 
alla carenza legislativa possa rimediarsi, almeno 
contingentemente, con l'espediente di puntare, 
con penetrante pregiudiziale valutazione, sulla 
sostanza, pretesa adulterata, anzich� sulla forma, 
come se si trattasse in realt� di atti aventi una 
diversa configurazione e natura, tali da potersi 
ricondurre al sindacato di altro organo giurisdizionale, 
per cotale genere di atti gi� istituito e 
competente. 

Al quale quesito potrebbe essere facile rispondere 
che, trattandosi in sostanza di un artificio 
volto ad eludere, per via indiretta, impedimenti 
concreti del sistema, il procedimento si presenterebbe 
a priori colorato di arbitrariet� postoch� 
in materia di giurisdizione non � dato ricorrere ad 
espedienti elusivi, e tanto meno creare fantasmi 
di giurisdizioni od alterare competenze, in contrasto 
con la legge. 

7. Ma, pur ammettendo che una tale soluzione 
sarebbe di drastico rigore e forse formalistica, 
laddove in tesi, non si tratterebbe di creare od 
ampliare competenze, ma solo di attrarvi contestazioni, 
che, per materia gi� vi sarebbero comprese, 
ecco che il problema, si risolve (e pi� propriamente) 
nell'altro, parimenti delicato ed essenziale, 
inerente ai possibili profili ed ai limiti di 
cotali procedure qualificatrici: problema a sua 
volta inquadrato nel tema pi� vasto dell'ambito 
della potest� pregiudiziale, spettante, come si � 
visto, ad ogni giudice, di accertare i presupposti 
legittimatori della propria competenza giurisdizionale. 
Esiste, senza dubbio, un tale potere di accertamento 
e di controllo: ma non � esatto che sia 
senza confini, cosi da poter liberamente spaziare, 
sul terreno pregiudiziale, anche in quei campi ed 
oltre a quelle barriere che delimitano, ai fini del 
giudizio, la competenza dell'organo: quando, soprattutto, 
quel pregiudiziale excursus gi� importerebbe, 
implicitamente, anticipazioni intempestive 
del merito. 

In realt� l'ambito dell'indagine di che si tratta, 
in quanto appunto di solo accertamento e di controllo, 
deve mantenersi nella cornice, in quell'area 
marginale che ad ogni accertamen.to strumentale 
si conviene. Si versa, per cosi dire, in ju'l'e e--non 
ancora in judicio: onde la fisionomia dei fenomeni 
va delibata pi� che anatomizzata. E con riferimento, 
soprattutto, alla �fattispecie n cos� come 
si presenta, nella sua attuale consistenza e nei 
vari elementi che la caratterizzano, sul piano della 


-209 


�ealt� e non della supposizione: senza quelle defor:
nazioni ed ortopedie, od altrimenti di organica 
iisintegrazione, che prospetterebbero, in effetti, 
'enomeni diversi, l'ipotesi invece della realt�, o 
3he comunque presupporrebbero gi� l'attuazione 
ii momenti costitutivi o di decisione, solo proprii 
�tlla fase di merito. 

E per concentrare il tema sull'indagine di qua:
ificazione degli atti per i fini di dare ingresso al 
~'iudizio, sembrami che il procedimento dovrebbe 
!tppena consistere, da una parte, in una attivit� 
ili interpretazione, con particolare riguardo alla 
volont� od elemento soggettivo, che anima il rapporto 
e nell'atto si obbiettivizza, e, dall'altra in 
ima operazione tecnica di inquadramento, di quella 
obbiettivata volont� e fattispecie, nei pi� appropriati 
schemi dell'ordinamento giuridico, in modo 
ila potervi dare una definizione che aderisca in3ieme 
alla realt� del fenomeno ed alla legge. 

Anche qui, pertanto, semplici accertamenti di 
esistenza, valutazione di elementi concreti, reali 
e loro giuridica definizione, senza la possibilit� 
di ipotetici riferimenti ad atteggiamenti solo suppositivi, 
e tanto meno di procedere ad operazioni 
correttive -sanzionatorie o deformatrici -intese 
ad imprimere all'atto una diversa, se pure in 
ipotesi, pi� corretta ed ortodossa fisionomia. 

Si presenta pertanto estraneo, in tale preliminare 
ambito di indagine il momento declaratorio, 
tuttoch� strumentale, di nullit� riscontrate nell'atto, 
sia ai fi.ni conservatori riduttivi, come nel 
caso di nullit� parziali (art. 1419 c. c.) che a 
quelli anche pi� ampii di conversione dell'atto o 
negozio (art. 1424). 

Tutto ci� implica necessariamente gi� un contenuto 
di decision.e, vincolante per le parti, e 
quindi con efficacia di giudicato, quale potrebbe 
esprimersi in iudioio ma non in jure, se e dopo 
introdotta e non per l'introduzione della azione, 
laddove, evidentemente non pu� essere consentito 
in limine al giudice, n� di annullare n� di convertire, 
ma soltanto di esaminare se l'atto si presti, 
nella sua attuale configurazione e consistenza, al 
suo sindacato. 

8. Ci� posto, trattandosi, nella specie, di qualificare 
un atto in forma (pretesa impropria) di 
decreto legislativo delegato, non pu� anzitutto non 
tenersi conto di quella che appaia essere stata al 
riguardo la volont� dell'autorit� che lo ha posto 
in essere, tanto pi� quando questa volont� sia 
quella di un potere dello Stato, del Parlamento, 
nel quale si esprime in modo pi� diretto e rappresentativo, 
in regime democratico, la volont� del 
popolo sovrano. 
Certo la volont� legislativa pu� essere interpretata, 
e soprattutto accertata, quando non ne 
risulti sicuro l'atteggiamento, facendosi ricorso 
ai noti sistemi deduttivi, dall'organico coordinamento 
delle norme o dai principi'. generali del 
sistema. 

� quanto, in altri campi, si � fatto, con note 
decisioni, anche da questa Suprema Corte: come 
nella citata sentenza 9 luglio 1947, n. 1093 a proposito 
dei provvedimenti di decadenza dei senatori 
ex regime per parte dell'Alta Corte di giustizia, 

laddove, nel silenzio della legge, ma utilizzandone 
indiretti indicativi e risalendosi ai principii, si � 
pervenuto a riconoscere carattere giurisdizionale, 
invece che amministrativo, alle decisioni emanate: 
procedimento qualificativo mantenutosi sul puro 
piano dell'interpretazione esegetiua e logica,� nel 
quadro della legge. 

Ma quando l'elemento volitivo appaia manifesto 
ed inequivoco -mentre ogni interpretazione 
si presenterebbe superflua, se non artificiosa ed 
arbitraria -la sua preterizione o sottovalutazione 
rappresenterebbe indubbiamente un grave vizio 
dell'indagine, come riguardo ad un indicativo che 
pu� essere di decisiva rilevanza. 

Ora � questo appunto il caso dei decreti contemplati, 
nei quali la precisa, inequivoca volont� parlamentare 
di costruire tutta la riforma sul piano 
legislativo, dalla posizione delle norme e dei principii 
alla loro concreta attuazione mediante gli 
atti di esproprio, ha trovato espressione formale 
altrettanto chiara e solenne nella configurazione 
esteriore dei provvedimenti impugnati, laddove 
in realt�, non solo verun adempimento del procedimento
� legislativo delegato appare trascurato, 
ma sono precisi i richiami ai prescritti presupposti 
ed alle norme, ben chiara la posizione che l'autorit� 
emanante vi ha assunto, indicata persino, in 
termini espressi, quella singolare partecipazione, 
propriamente legislativa, all'atto, sotto forma del 
previo parere di una commissione parlamentare, 
che nel caso particolare era stata predisposta per 
una pi� precisa inquadratura dei provvedimenti 
negli schemi della legislazione anzich� dell'amministrazione. 


Questa precisa direzione di volont� � d'altra 
parte concordemente riconosciuta da quanti in 
dottrina si sono occupati della materia, tuttoch� 
in contrasto, per altre ragioni, con la tesi della 
qualificazione legislativa degli atti. Ed inoltre tale 
volont�, oggettivata nei decreti, aderisce e trovasi 
in diretta relazione con una legge formale, quale 
� indubbiamente la legge Sila che contiene la delegazione, 
legge che non pu� essere avulsa dal sistema 
giuridico positivo e rappresenta anzi la 
pi� diretta fonte regolatrice della materia. 

Per cui, in realt�, non di ricerca di volont�, e 
neppure di interpretazione, pu� nella specie trattarsi, 
ma piuttosto ed esclusivamente di invalidamento 
di questa volont�, e di vizi sostanziali che 
la travaglierebbero. 

Non prospettabile quindi una tesi di inesistenza, 
od altrimenti di sola apparenza della legislazione 
delegata, quasi per inconsistenza della delegazione 
e di tutta la costruzione normativa perseguita, 
ma, eventualmente solo una situazione di nullit�, 
totale o parziale, dei decreti impugnati e della 
delegazione su cui si fondano, laddove allo schema 
giuridico della nullit� pu� certamente ricondursi 
l'illegittimit� costituzionale, per contrasto 
coi precetti imperativi superiori posti al legislatore 
dell'autorit� costituente. 

Diverso � il caso dell'imperfezione estrinseca 
formale del procedimento delegativo, o di esorbitanza 
dai limiti obbiettivi della delegazione, 
come contemplato in altre sentenze men recenti 
di questa Suprema Corte (e particolarmente in 



7 

7 

W: 1: 
'f P � 

7

T!SCT mz mt :rn w :a E 


-210 


quella 30 novembre 1929, n. 629 sui piani edificatori 
di Palermo), laddove il difetto di adempimenti 
formali fa realmente venir meno il presupposto 
di una delegazione come disciplinato dalla 
legge, od altrimenti, nella parte esorbitante, il 
provvedimento delegato, manca in realt� di delegazione 
e quindi non � legge, onde a ragione di 
insussistenza pu� parlarsi o di sola parvenza di 
delegazione. 

Qui, sia l'attivit� delegante che quella delegata 
sono invece. formalmente perfette e quindi 
esistono; sol che se ne assumerebbe il contrasto 
con norme di maggior resistenza: onde � chiara 
l'evasione dal piano dell'interpretazione secundum 
legem, e l'impingenza in altro ordine di indagini, 
che sarebbero contra legem o contra voluntatem. 

9. Ed allora ecco che la direzione, in tal senso, 
della indagine, risulta insuperabilmente preclusa 
dai limiti che abbiam visti esser proprii della fase 
preliminare. 
"haddove si tratterebbe in realt� di annullare 
e di convertire; di riscontrare una nullit� che non 
potrebbe considerarsi solo parziale, postoch� inciderebbe 
proprio su quell'elemento subbiettivo che 
dal legislatore � considerato come unico rilevante 
ai fini conservatori, riduttivi, dell'atto (art. 1419 

c. c.). E quindi di una nullit� totale, rispetto alla 
quale, pertanto, l'unico strumento giuridico utilizzabile 
per mantenere, sotto diversa configurazione, 
una vita ed una efficacia all'atto, sarebbe 
proprio quell'istituzione della conversione che invano 
si cerca di nascondere o di aggirare nelle artificiose 
costruzioni difensive dei proprietari espropriati. 
Procedimento di conversione, di cui si presenta 
gi� difficile teoricamente il trasporto nel campo 
del diritto pubblico, ove gli atteggiamenti volitivi 
degli enti e la forma degli atti sono sottoposti 
ad un rigore tutto particolare, che � gaianzia di 
legalit� e di giustizia. 

Provvedimento di conversione, attraverso il 

quale, dopo il momento invalidativo, si dovrebbe 

attuare quello costitutivo, in forma di sostitu


zione di uno ad altro atto, nonch� di animare 

l'atto nuovo sostitutivo con l'attribuzione di una 

ipotetica volont� al soggetto che aveva posto in 

essere l'atto originario. E nella specie l'atto da 

costruire per la sostituzione sarebbe un atto am


ministrativo in luogo di altro legislativo invalido, 

mentre la volont� suppositizia si dovrebbe attri


buire addirittura al Legislatore: nel senso di im


plicito riconoscimento della nullit� costituzionale 

perpetrata e di direzione di tanto importante ri


forma su tutt'altro piano, che non quello che vera


mente era stato voluto per una somma di motivi 

che qui non � il caso di considerare. 

In defi,nitiva il giudice amministrativo, per 

attuare i presupposti del suo sindacato. giurisdi


zionale, dovrebbe forgiarsi esso stesso l'atto se


condo uno schema di tale sindacato suscettibile: 

farsi prima legislatore e poi amministratore, per 

essere, infine giudice. 

Ma tutto ci� � manifestamente contrario al nostro 
sistema giuridico, per cui da una declaratoria 
di improponibilit� non si potrebbe, gi� sotto questo 
aspetto, prescindere; 

10. Tuttavia, anche a volere, in ipotesi, concedere 
che un tale procedimento, di annullamento 
e di conversione, fosse ammissibile -poich� nella 
sostanza esso si concreterebbe in una indagine di 
costituzionalit� -ecco che subordinatamente si 
pone l'altro inevitabile problema�� sui limiti consentiti 
al giudice per tale ricerca, alla stregua del 
diritto positivo attualmente in vigore. 
Nel pormi questo problema, non ho difficolt� 
di aderire, come punto di partenza, alla interpre-1 
tazione che la prevalente dottrina suole dare 

,: 
della disposizione VII transitoria della Costituzione. 
Nel senso che il rinvio ivi posto alle forme 
ed ai limiti delle norme preesistenti, debba essere I 
inteso con solo riguardo alla forma incidentale con & 
cui la questione di costituzionalit� possa essere 
sollevata, ed alla efficacia limitata, strumentale, 
della soluzione adottata, all'oggetto principale 
dedotto in giudizio. Possibilit�, quindi, come si 
vedr�, a suo luogo, anche di un bene inteso sindacato 
di costituzionalit� di ordine intrinseco, 
per contrasto del contenuto della legge con precetti 
imperativi della Costituzione. 

Laddove in realt� niuna norma dianzi impediva, 
nella costituzione anteriore, quel pi� penetrante 
sindacato, ma solo la situazione derivante 
dalla c. detta flessibilit� delle disposizioni, statutarie, 
modificabili anche con leggi ordinarie, per 
cui mancava la possibilit� stessa di un contrasto 
di norme, per dovere in ogni caso prevalere la 
posteriore sull'anteriore, tutto che di diversa posizione. 
Onde essendo ora una tale situazione venuta 
meno, in relazione alla rigidit� della nuova ' 
Carta, nonch�. al rapporto di subordinazione in :::! 
cui il legislatore ordinario � stato posto rispetto ti,~ 
al costituente, ecco che contrasti costituzionali f?. 
possono oggi sorgere, in relazione ai quali, man-ru; 
cando disposizioni proibitive, deve riconoscersene I la contingente potest� di cognizione anche al giu-, 

dit.?li~ ordib.?-liario, nel qdua~o delldallricerca delle i:orme @
u 1 zza 1 per 1a ems1one e a causa, e smo a ~..., 
quando del particolare oggetto non possa essere rq 
investito il giudice costituzionale. 

11. Tuttavia, anche circoscrivendo, in questa 
fase, la disamina ai limiti pi� ortodossi -della 
incidentalit� e della processualit� -come richiamati 
dalla disposizione transitoria della costituzione, 
sembrami che altre insuperabili preclusioni 
sorgerebbero, per difetto di presupposti e per la 
, 
obbiettivazione dell'impugnativa, all'esperimento I dell'indagine costituzionale. H 

Pu� quanto meno dubitarsi, anzitutto, che ri-fi.,:.';;�'�k.~,.:

..=,. 

corra gi� sotto l'aspetto processuale, una vera ~ 
situazione di incidentalit� sulla quale la questione rra 
di costituzionalit� possa innestarsi. @ 

taiitC: p1:~e:sS:!i~ ~~~:~~ei~~er~;or~el;aal!~~i~,~~~ .\!\I 
dicativo desumibile dall'art. 1� Legge costituzio-W 
nale n. I che regola appunto in via esplicita, se ITT 
pur con riguardo alla disciplina della Corte Costi


lq

tuzionale, le condizioni di proponibilit� aell'Tn-. ' 
cidente di legittimit� costituzionale. Necessit�, fW 
quindi, di un . giudizio in corso, I:~

in pendenza dell 
quale la quest10ne venga sollevata, al fine di sta-il! 
bilire se una data legge possa applicarsi per la � 



-211


risoluzione della questione principale controversa. 
Onde risulterebbe difficile estendere la nozione 
�alle situazioni pregiudiziali, in cui la questione 
invece si sollevi per dar corso al giudizio, e senza 
riflessi sul merito. 

Ma, anche a voler considerare di troppo rigore 
tale concezione, ed ambientando l'incidentalit�, 
pure ai fini costituzionali, nella pi� ampia inquadratura 
degli art. 34 cod. di proc. civ., 28 legge 
sul Consiglio di Stato, la proposizione della questione 
si presenterebbe, a mio avviso, egualmente 
inammissibile, in quanto oggettivata in via diretta 
principale e non incidenter tantum. 

Invero, il rapporto di incidentalit�, a riguardo 
della dedotta incostituzionalit� di una legge rispetto 
a giudizi di legittimit� avanti al Consiglio 
di Stato, presupporrebbe una netta, precisa distinzione 
tra la legge, pretesa incostituzionale, e l'atto 
impugnato, una relazione di semplice connessione, 
a fini strumentali, fra la questione di costituzionalit� 
e l'oggetto principale del giudizio. In altri 
termini la ricerca costituzionale non dovrebbe 
invocarsi in via immediata e con riferimento diretto 
assorbente al tema del giudizio, ma soltanto 
mediatamente, per saggiare l'applicabilit� di una 
norma alla materia principale controversa, e quindi 
con riflesso contingente solo sul modus decidendi 
di questa autonoma, bene oggettivata questione, 
sulla quale soltanto possa il giudicato formarsi. 

Ora, nella specie questo rapporto di distinzione 

e di connessione, si profilerebbe, secondo la per


spicace prospettazione difensiva dei resistenti, 

fra la legge di delegazione ed i decreti impugnati, 

nel senso di riscontrare in questi l'oggetto principale 
della impugnativa e nell'altra l'ambito di 
una ricerca strumentale, da valere come presupposto 
per la procedibilit� dell'azione. 

Trattasi peraltro di una costruzione artificiosa, 

ed innanzi tutto reticente e manchevole. 

� evidente, infatti, che si cerca di sottacere 
come gli atti stessi impugnati, e cio� i decreti 
presidenziali, si presentano in forma di legge, quali 
provvedimenti legislativi, sia pure delegati. Onde 
la questione di costituzionalit� investe necessariamente 
e per primo proprio gli atti impugnati, entrando 
a far parte intrinseca del tema del giudizio 
ed immedesimandosi nel suo oggetto. Per superare 
cotale situazione di identit� si dovrebbe idealmente 
distinguere, nel corpo dell'unico atto, il 
momento, per cos� dire, normativo da quello amministrativo, 
operare cio� nell'interno, con una finzione 
artificiosa, quella separazione di posizioni, 
e quella autonomia di rapporti che dovrebbero 
sussistere realisticamente all'esterno. Ma � chiaro 
che si tratterebbe di un procedimento disintegratore 
in contrasto con l'organicit� dell'atto, tutto 
costruito sul piano legislativo, e che comunque 
la distinzione sarebbe sterile, laddove il momento 
normativo, riferendosi soltanto al provvedimento 
in cui si incorpora, resterebbe attratto nell'orbita 
del giudicato, od altrimenti esaurirebbe nell'oggetto 
del giudizio ogni sua possibile funzione: 
con effetto sostanziale, perci�, in caso di riconosciuta 
incostituzionalit�, di vera abrogazione e non 
solamente di disapplicazione a limitato oggetto, 

dato che il momento normativo, isolato dal provvedimento, 
non sopravviverebbe, e nessuna possibilit� 
di applicazioni ulteriori potrebbe residuarne, 
per altri casi o per altri giudizi. 

D'altra parte, anche a voler profi,lare il mpporto 
di che trattasi fra i provvedimenti impugnati e 
la legge di delegazione, la situazione sostanziale 
non muterebbe, ed analoghe sarebbe le conseguenze. 


Invero la legge, o meglio la formula di delegazione, 
non ha posizione finita autonoma, produttiva 
di per s� stessa di effetti giuridici sostanziali; 
ma sta tutta in funzione e quale presupposto della 
successiva manifestazione delegata, che veramente 
attuer� la volont� legislativa con effetto sostanziale 
sull'ordinamento giuridico. Onde, a malgrado 
della formale distinzione di fasi, si ha. in 
sostanza anche qui un complesso organico inscindibile, 
di reciproca integrazione tra il momento 
delegante e quello delegato: per cui, in realt�, 
colpire la legge di delegazione vuol dire col' ire 
l'atto delegato e viceversa, con la conseguenza 
del darsi luogo, necessariamente, ad una situazione 
complessa interferente che tutta viene ad 
essere abbracciata dall'ambito del giudicato e dei 
suoi pratici effetti. 

Manca quindi in ogni caso un rapporto di vera 
incidentalit�, ed in definitiva la decisione sulla 
questione costituzionale verrebbe a confondersi 
col merito, o quanto meno a costituire uno degli 
obbietti nella progressione vera e propria del 
giudizio. 

Non si vuol dire con ci� che una situazionne di 
incidentalit� rispetto alla contestata costituzionalit� 
della legge fondiaria, non possa in alcuna 
fattispecie giudiziale tecnicamente mai realizzarsi. 
Le considerazioni sopra svolte valgono per l' attuale, 
non per altri giudizi: laddove, ad esempio, 
si potrebbe ricordare quale configurazione giudiziale, 
in ipotesi, di vera incidentalit�, quella che 
si era tempo addietro prospettata alla Suprema 
Corte in relazione ad altro regolamento di giurisdizione, 
che peraltro � stato poi rinunciato. Si 
trattava di una azione possessoria di spoglio, intentata 
da un proprietario della regione Silana 
contro organi dell'ente che si assumeva si fossero 
impossessati arbitrariamente di dati beni estraniandone 
con violenza i coloni. L'ente si difendeva 
richiamandosi, per legittimare il proprio 
comportamento, alla legge fondiaria ed ai decreti 
di esproprio. L'attore contestava la legittimit� 
costituzionale dell'una e dell'altro. Per cui, come 
mezzo a fine per decidere sulla arbitrariet� o meno 
dell'impossessamento, sorgeva, in vera posizione 
incidentale, la necessit� di accertare strumentalmente 
la ortodossia costituzionale della complessa 
procedura inerente alla delegazione ed agli atti 
delegati; la quale questione, che indubbiamente 
avrebbe potuto essere contemplata incidenter tantum 
dallo stesso pretore adito per l'azione di spoglio 
e per i fini (principali) di questa, del pari legittimamente 
sarebbero stati prospettati, in sede di 
regolamento preventivo, alla Corte di Cassazione. 
E la stessa cosa potrebbe dirsi per una azione 
petitoria di rivendicazione o per altre analoghe 



-212 


di bene individuata ed autonoma obbiettivit� 
giudiziaJ.e. 

Ma nel caso nostro, a riguardo delle impugnative 
avanti aJ. Consiglio di Stato, la situazione, 
come si � gi� esaurientemente rilevato, � diversa: 
manca una obbiettivazione di azione che si distingua 
nettamente dalla contestazione di legittimit� 
costituzionale e possa, in ipotesi, indipendentemente 
operare verso proprii fini e su propri presupposti; 
l'uno e l'altro momento, comunque, si 
intrecciano in unitaria cornice, per cui, sotto l'apparenza 
dell'accertamento pregiudiziale, in realt� 
gi� si impingerebbe nel merito, e si proietterebbero 
nell'ambito finaJ.e del giudicato elementi che vi 
dovrebbero rigorosamente restare estranei. 

12 . .A coronamento e conferma di tutti i sopra 
esposti rilievi, mi sembra infine opportuno la prospettazione, 
per cos� dire sperimentale, del come 
potrebbe svolgersi, in ipotesi, il complesso procedimento 
ove la Corte Costituzionale fosse gi� costituita 
e funzionante. 
Pur ammesso che la questione di costituzionalit� 
potesse comunque alla Corte essere deferita essa 
dovrebbe indubbiamente coinvolgere sia la legge 
di delegazione che quella delegata, in quanto entrambe 
adagiate sul piano legislativo ed in forma 
legislativa configurate. N� la magistratura amministrativa 
investita primariamente del giudizio 
potrebbe arbitrarsi di sceverare l'una dall'altra 
legge, trattenendo presso di s� e riservando al 
proprio giudizio l'atto delegato e rinviando alla 
Corte la cognizione sull'altro. 

E quanto agli effetti della declaratoria della 
Corte, essi non potrebbero a loro volta dividersi, 
n� potrebbe, in verun caso, sopravvivere alla declaratoria 
stessa un seguito di giudizio avanti alla 
magistratura adita. Laddove, in caso di riconosciuta 
costituzionalit�, il giudizio di legittimit� 
amministrativa risulterebbe senz'altro precluso per 
difetto di obbietto, e cio� di atti amministrativi 
da potersi sottoporre a sindacato. Mentre, nel 
caso inverso di dichiarata incostituzionalit�, cadrebbe 
per abrogazione (art. 136 costituzione) 
tutto l'organico complesso normativo costituito 
dalla delegazione e dai decreti, venendo a mancare 
per estinzione, avanti alla magistratura amministrativa 
adita, la materia stessa del con tendere. 


In realt�, alla declaratoria della Corte non potrebbe, 
in ipotesi, succedere che una nuova attivit� 
di ordine legislativo e di governo, dato che 
solo in questa direzione � contemplato, dalla Costituzione, 
un possibile imperativo, od indicativo, 
della Corte (art. 136 cap. Costituzione). Nel senso 
che il Parlamento, di propria iniziativa o del governo, 
ove intendesse comunque insistere nel 
perseguimento della propria obbiettivit� di riforma, 
dovrebbe uniformarsi all'ortodossia dei 
criteri e dei procedimenti risultanti dalle indicazioni 
della decisione costituzionale: costruire cio�, 
quanto al momento esecutivo, la riforma, sul piano 
amministrativo anzich� su quello legislativo. E 
sol quando il Parlamento fosse a tanto addivenuto, 
e l'amministrazione, a sua volta, avesse rinnovati, 
in forma amminii:itrativa, gli atti di esproprio, 

questi nuovi atti potrebbero, con nuova proposizione 
di giudizio, essere impugnati: non mai proseguirsi 
i giudizi ordinari ormai caducati, rispetto 
ad atti travolti nella frana dell'abrogazione e 
comunque inconvertibili, n� dalla Corte Costituzionale 
investita di sola competenza negativa, 
n� tanto meno dal Consiglio di Stato, che non 
potrebbe sovrapporsi alla Corte Costituzionale ed 
al legislatore. 

Ora, se questa sarebbe la via (l'unica via) da 
seguirsi, e questi gli effetti, in ipotesi di funzionamento 
della Corte Costituzionale, che rappresenta 
indubbiamente il maius, la meta di (relativa) 
perfezione alla quale si vorrebbe tendere 
col nuovo ordinamento giuridico costituzionaJ.e, 
come � possibile ammettere che procedure pi� 
libere ed effetti maggiori -di immediata attuazione 
giudiziale -siano ora raggiungibili, in questo 
periodo transitorio che rappresenta un minus, 
quasi un ripiego rispetto a quel maius 

In verit� � tutta una impalcatura artificiosa ed 
estranea al nostro ordinamento giuridico: la quale, 
come sarebbe arbitraria ed irrealizzabile a Costituzione 
attuata, cos� deve sin da ora condannarsi, 
tenuto conto che la Costituzione gi� vive, nella 
concezione superiore del sistema, alla quale anche 
la vita del diritto deve uniformarsi. 

13 . .A questo punto la disamina potrebbe senza 
altro conchiudersi, essendovi gi� ragioni pi� che 
sufficienti per giustificare una declaratoria in limine 
d'improponibilit� dell'azione secondo il profilo 
dell'impugnativa diretta al Consiglio di Stato, 
indubbiamente carente di giurisdizione per difetto 
di presupposti o di obbietto. 
E penso che la Suprema Corte potr� forse qui 
arrestarsi, trattandosi di rilievi preclusivi di per 
s� decisori ed esaurienti, particolarmente aderenti 
al carattere preliminare preventivo di questa sede 
di giudizio. 

Tuttavia � tale l'importanza della causa, e cos� 
gravi i riflessi che potranno derivarne sul piano 
giuridico, politico e sociale, che mi .sembrerebbe 
di venir meno al dovere e quasi di eludere le responsabilit� 
che mi sono state imposte, ove non esaminassi, 
quanto meno in via di delibazione, anche 
la questione di fondo, inerente alla legittimit� 
costituzionale intrinseca delle manifestazioni legislative 
denunciate. 

Trattasi, d'altra parte, di una disamina che ancora 
si inquadra nel sindacato sulla giurisdizione, 
eppertanto rientrante nella competenza delle Sezioni 
Unite. 

La quale sar� comunque utile, nel senso di saggiare 
anche sul concreto, sul terreno sostanziale, 
se l'attivit� esplicata in materia dai poteri dello 
Stato possa inquadrarsi nella funzione legislativa, I 
assumere come contenuto, oltre che come forma, ! 
posizione superiore di legge, di fronte alla quale !. 
resti di per s� inconcepibile, a priari, una contrap-� 
posizione di pretese giurisdizionalmente "'tutelabili. I Se sussistano cio� le basi, o potrebbero, per ragione 
di materia, sussistere, per il possibile profi.larsi 
di contestazioni giudiziali, ed avanti a quali 
giudici, secondo i noti criteri discriminatori del 1 
diritto e dell'interesse. 


-213 



14. Anche in questa disamina, che cercher� 
per quanto possibile di riassumere nei rilievi essenziali, 
non ho difficolt� ad accettare, come punto 
di partenza l'impostazione teorica, di principio, 
pressoch� unanimamente prospettata dalla dottrina 
costituzionale, come direttiva per la ricerca 
sulla legittimit� delle delegazioni legislative. Nel 
senso che, per aversi una delegazione costituzionalmente 
legittima di potest� legislativa, ed in genere 
di ogni potest�, occorre, da una parte, che 
la potest� oggetto della delegazione rientri nell'ambito 
di competenza dell'autorit� delegante, e, 
dall'altra, che della potest� delegata non sia gi�, 
per ragion propria, investita l'autorit� delegataria. 
Peraltro gran parte degli autori, e la perspicace 
difesa dei resistenti, vorrebbero poi sviluppare i 
principi, in guisa di applicazione alla specie, nel 
senso di escludere a priori che attivit� amministrative, 
come tali qualificabili per ragione naturale, 
possano essere attratte nell'ambito legislativo 
e prenderne qualifi.cazione; con la conseguenza, 
comunque; di non potere formare oggetto di delegazione, 
postoch� tratterebbesi di attivit� propriamente 
gi� rientranti nella competenza naturale 
dell'autorit� amministrativa, onde la delegazione 
si presenterebbe superflua ed inconferente. 

Ci� troverebbe conferma esplicita nell'art. 76 
della Costituzione che contemplerebbe (e legittimerebbe) 
solo la delegazione della funzione legislativa, 
e cio� per la emanazione di norme giuridiche, 
con carattere di generalit� e di astrattezza. 

Ora a me sembra che, se � esatta la impostazione 
teorica iniziale, siano invece quanto meno 
assai discutibili, dense di interrogativi e di problemi, 
le susseguenti proposizioni concrete. 
l E ci� sia sotto l'uno che sotto l'altro aspetto. 

15. Anzitutto, quanto alla prima indagine -potest� 
rientrante nella competenza dell'autorit� 
(legislativa) delegante -se � vero che il principio 
della divisione dei poteri informa ampiamente, 
come gi� la costituzione Albertina, anche l'attuale 
(accennano, fra l'altro, ai poteri dello Stato 
gli artt. 104 p. p. e 134, 30 comma, relativo l'uno 
alla posizione della Magistratura, l'altro ai conflitti 
di attribuzione), � tuttavia generalmente 
ammesso che la distinzione non vi � compiutamente 
definita n� rigorosa, in altri incontri parlandosi 
-a proposito della Magistratura o del 
Parlamento -solo di funzioni, legislative o giurisdizionali, 
n�, �d'altra parte, corrispondendo appieno 
alla distinzione oggettiva delle funzioni, quella 
soggettiva degli organi od uffici chiamati ad esercitarle. 
Onde mentre, ad esempio, sono ancor vive 
nell'ordinamento positivo discipline di leggi che 
investono organi tipicamente amministrativi di 
funzioni giurisdizionali (casi, sia pure rari, del c. d. 
ministro giudice) � pure pacifico che funzioni tipicamente 
amministrative sono affidate e largamente 
esercitate dall'autorit� giudiziaria. In particolare, 
poi, per l'autorit� legislativa, si arriva 
addirittura ad affermare dalla dottrina men recente, 
che il potere legislativo potesse legittimamente 
attrarre nel'a propria orbita quanto meno 
quelle pi� importanti funzioni amministrative che, 
per ragion di materia o per altri motivi, presentassero 
riflessi di ordine politico o sociale. Ci� si giustificava 
con riferimento alla fonte della sovranit�, 
che, in regime democratico si .faceva risiedere 
essenzialmente nel Parlamento, come espressione 
diretta della sovranit� popolare, mentre nei regimi 
assoluti, o di costituzion�lit� pura; si concentrava 
nel Principe, e per sua derivazione nella 
Legge, con la conseguenza che, nel quadro di questa 
ideale unit�, le competenze potessero intrecciarsi 
ed interferire. 

Questa tendenza all'attrazione � penetrata anche 
nei pi� moderni regimi. E se � vero che negli 
ultimi tempi, come � stato rilevato (Vitta) si � 
venuta attenuando, non � peraltro mai scomparsa, 
sino ad affiorare anche nelle costituzioni pi� recenti 
ed elaborate, come � appunto della nostra: 
nella quale, non soltanto si � avuto titubanza a 
definire la funzione amministrativa, come contrapposta 
alle altre, invece contemplate, della giurisdizione 
e della legislazione, ma si � data esplicita 
disciplina a tutto un quadro di funzioni propriamente 
amministrative, demandate al Parlamento: 
attribuzioni deliberative (stato di guerra, art. 78), 
autorizzative (per la ratifica di trattati internazionali, 
art. 80), o di approvazione (Bilanci, art. 81), 
le quali attribuzioni, per imperativo costituzionale, 
debbono propriamente esplicarsi per via 
di legge. 

Sotto l'aspetto teorico, d'altra parte, � ormai 
generalmente ammesso che per la nozione di legge 
possa in certo senso prescindersi dai requisiti tradizionali 
della generalit� e dell'astrattezza: onde 
il rhi vere delle cosi dette leggi in privos latae, 
nelle quali il momento normativo si riscontra soltanto 
in quel jus novi che, ci insegna, poter valere 
anche al solo stato potenziale. 

Ora da tutto ci� sembra potersi dedurre che, 
se pure normalmente la funzione legislativa si 
esprime, e dovrebbe esprimersi, nella posizione di 
norme (onde i precetti, ad es. degli artt. 13, 14, 
15, 16, 17, 18, 19 della Costituzione), sotto l'aspetto 
pratico e positivo possano trovar posto nella nozione 
altre competenze al potere legislativo deferite: 
tutto ci�, in definitiva, che possa o debba 
farsi per via di legge, e quindi anche le funzioni 
atipiche, semprech� nell'orbita legislativa operanti. 


� cos� che nelle moderne costituzioni, e partii:
iolarmente nella nostra, non solamente non trova 
ricetto la nozione cosi detta dell'atto amministrativo 
naturale, ma manca ogni base per la positiva 
costruzione di una riserva amministrativa nella 
quale, per ragion di materia, le altre potest�, e 
particolarmente la parlamentare, abbiano divieto 
costituzionale di penetrare. Ed, anzi, si suol dire, 
con fondamento, che l'amministrazione, anzich� 
delimitare, sia costantemente in funzione della 
legge, ricevendone disciplina e limiti, nel senso 
di potersi affermare solo dove e quando la legge, 
con proprie disposizioni gi� non provveda. 

In particolare poi, quanto al tema dell'espropria


zione per pubblica utilit�, un limite costante e


rigoroso, fra la legislazione e l'amministrazione, 

a ben vedere, non sussiste, o comunque, se Bstrat


tamente posto, ha sempre consentito le pi� lar


ghe trasposizionj ed.. intE?rferenze, 


-214 


Se � vero, infatti che l'art. 29 statuto Alberrino, 
come l'art. 42 dell'attuale Costituzione, demandano 
come . .prius necessario alla legge la posizione 
dei casi di espropriabilit� e la disciplina del 
procedimento, a� ci� si ferma il precetto statutario, 
nel senso che non vi sia rincontro anche un imperativo 
di limite, �he a quella primaria funzione 
restringe l'ambito della legge, escludendone la 
possibile estensione anche a momenti successivi, 
di attuazione dell'espropriazione. Anzi, da una 
parte, gi� la legge fondamentale sull'espropriazione 
(1865) prevedeva dei casi (art. 9) in cui la 
dichiarazione (concreta) di pubblica utilit� doveva 
farsi per legge, col conseguente corredo gi� 
di piani di massima (art. 15), ed eventualmente 
anche di piani particolareggiati (art. 21), direttamente 
individuati in singoli beni, e dall'altra la 
nuova costituzione contempla essa stessa materie 
e circostanze nelle quali ad espropriazioni determinate 
(di categorie di imprese, o di singole imprese) 
abbia a provvedersi con legge (art. 43: 
nazionalizzazione di imprese produttive od altrimenti 
di preminente interesse generale). Ed anzi 
� proprio la Costituzione che con una sua norma 
(XIV transitoria) volle procedere direttamente 
ad una ampia espropriazione (avocazione allo 
Stato), relativamente ai beni degli ex sovrani di 
Casa Savoia, e loro consorti e dipendenti. 

Si ammette con ci� che nella funzione legislativa 
possa talvolta ben concentrarsi -per attrazione� 
e semplificazione -anche quella che normalmente 
sarebbe funzione amministrativa, di attuazione 
dell'esproprio per singoli obbietti e su singoli beni. 
Necessit�, bens�, della posizione di norme propriamente 
regolatrici, con che l'imperativo della 
Costituzione risulti osservato, ma possibi!it� poi 
che, in casi particolari e per dati fini, anche la 
funzione normalmente amministrativa assuma forma 
e si attui per legge, recependo a tutti i fini 
tale qualificazione dalla struttura legislativa fondamentale 
del complesso. Onde ad es. con la legge 
23 maggio 1940, n. 556, sulle terme di Chianciano, 
premesso un semplice richiamo a fini di pubblica 
utilit�, si � disposta senz'altro l'attribuzione allo 
Stato dei beni immobiliari del comprensorio termale, 
a far tempo dalla entrata in vigore della legge. 
Ed altri casi analoghi si potrebbero ricordare. 

Nulla vi sarebbe di anomalo, pertanto, che, 
anche in tema di riforma fondiaria -ove, a sua 
volta l'art. 44 Costituzione si limita a demandare 
alla legge la potest� d'imporre obblighi o limiti 
di estensione alla propriet� terriera -si fosse 
provveduto direttamente con leggi formali, oltre 
che alla posizione normativa di cui sopra, anche 
alla espropriazione concreta di beni o comprensori 
di beni. Un tal sistema, anzi, a ben vedere, 
potrebbe ben rientrare nello stesso schema del 
precedente art. 43, potendosi concepire la organizzazione 
ad impresa anche di beni terrieri produttivi 
(art. 2135 e segg. C. C. sull'impresa agricola), 
e potendo avvenire che queste imprese assumano, 
per estensione ed importanza, carattere 
di preminente interesse generale. 

In sostanza, con questa norma (art. 43) si � voluta 
porre costituzionalmente la possibilit� giuridica 
che, per motivi superiori di pubblico interesse, 

anche singole importanti imprese, vengano, con 
leggi espropriative, sottratte alla titolarit� e gestioni 
private per essere attribuite a titolarit� e 
gestioni pubbliche. Ora, a ben vedere, anche la 
legge fondiaria mira, appunto,. a sottrarre dati 
beni immobili ad una titolarit� e gestione private, 
dimostratesi improduttive o socialmente ingiuste, 
per attribuirli alla titolarit� e gestione di pubblici 
enti all'uopo creati e organizzati: attrazione temporanea, 
� vero, in quanto destinazione ulteriore 
dei beni dovr� essere quella dell'assegnazione a 
privati coltivatori idonei, ma con immanenza 
indeterminata, quanto meno, di una amministrazione 
pubblica di direzione e di contratto, il che 
basta, sul piano teorico, per restare nello schema 
qualificatore di cui sopra. 

Mi sembra, pertanto, di poter conchiudere -su 
questo primo aspetto della ricerca -nel senso 
che date funzioni sostanzialmente amministrative 
e normalmente da organi amministrativi esplicate, 
possano pur nel quadro del sistema costituzionale 
in vigore, essere attratte ed ampiamente 
classificarsi nell'ambito della funzione legislativa; 
in particolare che lo si possa per l'attivit� di espropriazione 
per pubblica utilit�, ed anche nel quadro 
della riforma fondiaria, e per fini di questa. 

16. Ma (2� quesito), questa facolt� o potest� 
(di attrazione) che all'autorit� legislativa, come 
tale, competerebbe, pu� a sua volta formare oggetto 
di delegazione ad organi amministrativi, a 
quali condizioni, per quali fini, e con quali effetti? 
La risposta non � difficile, ove si segua anche 
qui, senza preconcetti, un sano criterio logico positivo; 
e mi sembra debba essere affermativa. 

Stando anzitutto al precetto dell'art. 76 -poich� 
l'unica condizione limite che vi si pu� riscontrare, 
per la legittimit� della delegazione, � quella 
del riferimento alla funzione legislativa -dato 
che in tale nozione, come si � visto pi� sopra, anche 
attivit� atipiche possono rientrare, purch� 
operanti sotto forma di leggi, Sf mbra conseguente 
che tutte cotali attivit�, sotto l'aspetto della materia 
e della forma, possano altresi formare oggetto 
di delegazione, dato che, sempre sul riano 
legislativo l'attivit� verrebbe ad essere esplicata. 

E d'altra parte, � principio generale che ogni 
diritto o potest� (anche di diritto pubblico) possa, 
per l'esercizio, essere delegata da uno ad altro organo, 
con sola eccezione di quelle attribuzioni, 
che per essere intimamente aderenti alla individua 
natura dell'organo, perderebbero, estraniandosi, 
la loro istituzionale funzione; tali ad es., nel campo 
legislativo, le leggi di approvazione di atti amministrativi 
(bilanci), che, se delegati all'autorit� 
che li ha posti in essere, importerebbero soppressione 
dell'approvazione. 

Non � poi da trascurare una autorevole e non 
isolata opinione (Ranelletti) che rav.viserebbe nella 
prima parte dell'art. 77 costituzione, non S6lamente 
una proposizione negativa, a ribadimento 
del principio limite gi� posto nell'art. 76, ma una 

I 

portata positiva di legittimazione esplicita anche 
di un'altra categoria di decreti legge (oltre a quelli 
provvisori per encessit� ed urgenza): categoria 

I 


-215 


svincolata dalla necessaria obbiettivazione in funzioni 
legislative, purch� derivanti tali decreti da 
.delegazione del Parlamento. Ed a tale concezione 
sembrerebbero appunto ispirarsi i decreti impugnati, 
nelle cui premesse solo all'art. 77 pr. comma, 
e non all'art. 76 si fa richiamo e riferi


mento. 

D'altro canto, anche sotto l'aspetto teorico, 

non sembra possa escludersi a priori che oggetto 

e fine della delegazione possan concentrarsi anche 

nel solo attributo formale, imperativo e dinamico, 

della legge: in quell'imprimere a dati atti la forza 

di legge, per cui, anche a prescindere dal conte


nuto materiale, l'atto acquista maggior rigore 

di comando, si impone all'universale come pre


cetto cogente. In questi precisi sensi gi� si era 

espressa quella sentenza della S. C., 30 novem


bre 1929, n. 629 sui piani edilizi di Palermo, alla 

quale pi� sopra, in altro incontro, si � avuto occa


sione di accennare. 

In verit�, anche a prescindere dalla sostanza 

(normativa) della materia delegata, altre e ben 

valide ragioni possono sussistere, e si presentano a 

mio avviso sufficienti, per legittimare la delegazione. 

Trattasi, soprattutto, della manifesta imma


nenza, anche attraverso il procedimento delega


tivo, di quelle giustificazioni e di quei fini che 

soccorrono e basterebbero per legittimare l'attra


zione di date materie od attivit�. amministrativa, 

nella funzione legislativa diretta. 

In primo luogo l'assunzione di tali materie ed 

attivit�. sotto la responsabilit� parlamentare, lad


dove il Parlamento pu� ben ritenere, in particolari 

momenti e per dati obbietti, opportuno e dove


roso assumere direttamente, di fronte al paese ed 

alla storia, tutta la responsabilit�. dell'azione; 

porre questa responsabilit�. sul piano politico an


zich� su quello normale amministrativo, impri


mervi il proprio sigillo, che � espressione di so


vranit�., derivata dal popolo ed al popolo di


retta. 

Secondariamente, finalit�. (giustifi.cative) di semplificazione, 
di rapidit� di azione, il che pu� ben 
rispondere ad esigenze vive della materia, per il 
possibile perseguimento di quei fini che altrimenti 
le complicazioni e le dilazioni di una ordinaria 
procedura potrebbero frustrare. 

In.fi.ne quella esigenza non secondaria di particolare 
solennit�, per cui l'imperativo si ammanta 
di pi� alte insegne, acquista quella �puissance 
renforce� � alla quale accennava la vecchia dottrina 
francese, che bene ravvisava nella forma 
quasi un attributo di sostanza. 

Ora tutto ci� resta ben vivo anche nel procedimento 
per delegazione. Resta l'assunzione di 
responsabilit�. in quanto il delegante, come nel 
rapporto di mandato,� mantiene la titolarit�. e la 
responsabilit�. tutta dell'attivit�. del delegato (man-� 
datario) che agisce in suo nome e vece. Si realizzano 
forse ancor meglio la semplifi.cazione e la 
celerit�., attraverso l'opera di organi pi� snelli e 
pi� adatti all'azione. E resta infine la solennit�. 
formale in quanto l'atto appare rivestito di forme 
analoghe a quelle della legge, e soprattutto anche 
estrinsecamente ancora si riporta alla titolarit�. 
del legislatore. 

E se poi voglia ravvisarsi -come si insegna nello 
jus o potestas novandi, una condizione essenziale 
di qualifi.cazione legislativa, e quindi altra 
giustificazione e limite per la possibile attrazione 
di date materie� od attivit�. nell'orbita della legge~ 
non sembrami che anche tali condizioni e fini vengano 
meno allorquando alla funzione si p:i;ovveda 
per via di delegazione: laddove, prima attraverso 
l'attrazione della materia nell'ambito legislativo, 
e poi nel demandarne l'attuazione, in forma legislativa 
delegata, ad autorit�. amministrative (che 
per regola son quelle supreme, ehe stanno al vertice 
dell'organizzazione), si pu� tendere appunto 
ad investire l'autorit�. delegataria di poteri maggiori 
e di altro ordine, che non quelli di s mplice 
discrezionalit�. amministrativa che gli sarebbero 
proprii ove quel genere di materia e di attivit�. 
venissero trattate direttamente (jure proprio): 
poteri cio� di maggior libert�., di adattamento 
anche eventualmente modificativo delle norme, 
posizione di legislazione cio�, anzich� di semplice 
amministrazione. 

Ed allora, per concludere anche su questo punto, 
come dire che la funzione legislativamente delegata 
sia ancora quella, quella stessa funzione 
sostanzialmente amministrativa e solo amministrativa, 
che gi�. all'autorit�. delegata per sua competenza 
spetterebbe '1 In realt� quella funzione, 
attratta e mantenuta sotto l'egida di un'altra 
responsabilit�., munita di maggior forza, innalzata 
e nobilit�ta nella veste, ed arricchita, almeno 
potenzialmente, di nuovi attributi, quali quelli 
inerenti alla potestas novandi, risulter�. trasformata, 
e nello stesso tempo l'attribuzione traslativa trasformer� 
gli organi delegati in autorit�. legislativa, 
non pi� amministratori ma legislatori. 

Tutto ci� pu� (o potrebbe essere) sul piano politico 
e di politica legislativa pi� o meno opportuno 
e commendevole: sono aspetti assolutamente 
estranei alla presente ricerca. Sul piano giuridico, 
ove quegli elementi e profili possan riscontrarsi 
come aderenti alla specie, ci� basta perch� la legittimit�. 
della delegazione debba essere riconosciuta: 
con che l'indagine costituzionale, sotto questo 
aspetto, resta esaurita. 

E che questa sia in effetti la situazione di specie, 
non mi sembra dubitabile. Qui, sopratutto, la 
precisa volont�. parlamentare di attrarre la materia 
nella propria funzione e responsabilit�., e 
nel senso, particolarmente, di attrarvela con immanenza, 
anche visibilmente operante durante 
tutto l'esercizio della funzione, risulta dall'aver 
condizionato ed affiancato, l'esercizio della delega, 
con una continuativa partecipazione parlamentare, 
sotto forma dell'attivit�. consultiva, necessaria 
se pur non vincolante, demandata ad una 
commissione di deputati e senatori: adempimento 
da dover risultare nelle premesse legittimatrici 
dei decreti; e parimenti l'imperativo maggiore, 
la puissance renf orc�e risulta dalla esplicita (non 
superflua) attribuzione della forza di legge,�� mentre 
infine -a tacere della semplificazione ed acceleramento 
che si presentano evidenti -anche 
l'attribuzione (potenziale) della potestas novandi, 
risulta implicita nella formula di delegazione, laddove, 
per lasciare appunto un ambito di maggior 



-216 


libert�, eventualmente adattativa e modificativa, 
alla autorit� delegata, si son degradate a posizione 
di meri principii o criteri direttivi, quanto 
meno quelle disposizioni o def�,nizioni che si presentano 
nella legge con pi� generica formulazione, 
come potrebbe essere, ad esempio quella sulla 
� suscettibilit� di trasformazione agraria � di cui 
agli art. 1 legge Sila, 5 legge stralcio, in modo da 
potersene, eventualmente, fare pi� ampia discrezionale 
applicazione nelle variet� di specie, in 
posizione di legislatore oltre che di amministratore. 


17. Resta da considerare il profilo di violazione 
degli artt. 24 pr. p. e 113 della Costituzione, in 
quanto, attraverso la procedura della delegazione 
legislativa, si sarebbero sottratti atti, aventi sostanza 
e natura amministrativa, alla garanzia del 
sindacato giurisdizionale, e privati di ogni azione 
e tutela posizioni di diritti subbiettivi, o di interessi 
legittimi, dei proprietari espropriati. 
Da parte della dottrina e nelle difese dei resistenti, 
questo delicato profilo di illegittimit� costituzionale, 
viene, con cauto accorgimento, prospettato 
in senso obbiettivo, con riguardo alla situazione 
intrinseca di insuperabile contrasto in cui 
la procedura adottata si troverebbe col precetto 
costituzionale, ed agli effetti che necessariamente 
ne deriverebbero, e tutto ci� a prescindere (dicesi) 
da ogni ricerca o sindacato sulla intenzione del 
legislatore, con preoccupazione di eludere, cio�, 
quel profilo, della frode costituzionale, dell'eccesso 
di potere legislativo, che altrimenti si presenterebbe 
di pi� intimo difficile accertamento, oltrech� 
di discutibile legittimazione giurisdizionale. 

Certo, ove contenuto in quei limiti; il sindacato 
di costituzionalit�, ancorch� di natura intrinseca, 
potrebbe considerarsi ortodosso. 

Ma a condizione che il contrasto si presentasse 
veramente obbiettivo, e la incompatibilit� di 
ordine assoluto, generale, nel senso di dover considerare 
comunque viziata, in conflitto insuperabile 
con quel costituzionale precetto, qualsivoglia 
situazione o procedura che avesse per risultato 
l'elusione del precetto: ch� se invece tale assolutezza 
e generalit� non su~sistessero, per aversi dei 
casi in cui la sostanziale elusione si dovesse ravvisare 
non condannabile, allora la stessa forza 
imperativa del precetto risulterebbe attenuata, 
e comunque sarebbe difficile distinguere caso da 
caso senza ricorrere ad altri elementi od indagini 
pi� penetranti, quale sarebbe appunto l'intenzione 
in frode. 

Ora � generalmente ammesso, per intanto, ed 

anche dalla difesa dei resistenti, che il conflitto 

di illegittimit� di che trattasi, non potrebbe essere 

dedotto nel caso che la materia ed attivit� aromi


nistrativa venissero assunte direttamente dal Par


lamento mediante proprie leggi formali, non dele


gate: laddove la legge formale snaturerebbe inte


gralmente la configurazione degli atti, e rientre


rebbe nella potest� della legge sopprimere anche 

posizioni di diritto, togliendo con ci� il presup


posto e l'oggetto della tutela giurisdizionale. 

In realt� considerare suscettibili di sindacato 
amministrativo, in quanto di amministrativa so


stanza, leggi propriamente formali, rivestite di 
tutti i crismi e gli attributi della legislazione considerare 
in ipotesi suscettibili di tale tutel~ attivit� 
che la stessa costituzione (art. 43) contempla 
come riducibili .alle forme. di legge, sarebbe 
assai forte, n� mi risulta essere mai stato tentato. 
La stessa agguerrita difesa dei resistenti ne ammette 
francamente la impossibilit� pratica e concettuale, 
e non esita, anzi, ad estendere cotesta 
negativa proposizione anche al caso di leggi espropriative 
delegate, purch� concentranti nello stesso 
atto la posizione delle norme (momento normativo) 
e l'attivit� concreta di espropriazione. 

Ma allora, in questi ed altri ipotizzabili casi, 
l'incompatibilit� costituzionale cederebbe, ed in 
realt�, a malgrado della sostanza amministrativa, 
la tutela giurisdizionale potrebbe essere elusa: 
il che vuol dire che il contrasto non � assoluto, 
ma relativo, contingente, a seconda delle circostanze 
e dei mezzi, secondo un panorama di casistiche 
in cui sarebbe estremamente difficile cogliere 
un criterio distintivo di vero fondamento 
giuridico. Nella specie, come distinguere dai decreti 
legislativi per cosi dire integral,i (di posizione 
normativa e di atti) i decreti di attuazione ma 
con potenzialit� normativa (modificativa), come 
sarebbe di quelli di specieY Anche cotali delegazioni 
abbiamo visto poter essere legittime, per cui 
lo strumento sarebbe di per s� idoneo ed ortodosso. 


Ecco dunque che inevitabilmente volendo in 
uno e non in altri casi -obbiettivamente analoghi 
e strumentalmente legittimi -trovare una 
ragione di incriminazione, questa non pu� incidere 
che nella direzione del fine, e qujndi proprio 
in quella intenzione frodatoria od elusiva, 1 
in quell'eccesso di potere per sviamento, il cui 

J,�, 

schema si cerca invano di evitare, ma che, cac


ciato dalla finestra rientra prepotentemente dalla 
j 

porta. 

Trattasi, peraltro, di un profilo o vizio di ille-I1 
gittimit�, il quale -per quanto si possa dilatare I 
la nozione di incostituzionalit� intrinseca -non I 
pu� non ritenersi improponibile in sede giurisdi-I 
ztio~ale, quantdro mdenoli ~ella attuale fase transi-j 

ona, ne1qua o e1 rmtato controllo incidentale 
accertativo, per i fini della causa, che � consentito 
ai magistrati ordinari o speciali: laddove si trat-

I 

terebbe di indagare sui motivi di determinazione 

del legislatore, spesso incerti e neppure nei lavori 

I 

preparatori adombrati, comunque non obbietti


vati nella legge e pertanto ad essa estranei, posti 
,. 

all'infuori cio� di quell'obbietto (atto legislativo) 
I 

sul quale deve e sol pu� incentrarsi il sindacato 
~ 

della giurisdizione. 
f. 

Un tale sindacato (d indagine non sarebbe di !_: 

natura giuridica, ma politica; per cui l'unico con- 
~ 

trollo possibile � quello politico o di organi che, 
~ 

per avventura, partecipino anche di funzioni poli


1

tiche. Il che certamente per i giudici ordinari 
f 

o speciali non 
si potrebbe sostener�. _ __ _ ~ 
~ 
18. Sotto ogni profilo pertanto, la questione di ~ 
costituzionalit�, in immediato rapporto ai decreti ,,_� 
legislativi come tali e con riguardo ai momenti od 
attivit� che nei decreti medesimi finitamente si ~ 
m:"'~~.W.&l.'�'.$~.-=�'ff..@SW.::::W,:W::mlmr:!J@i:!:'w:;w,IBf:m;:J~w:;~ 


-217 


concentrino, si presenta, a mio avviso, improponibile, 
o comunque infondata: e ci� sia rispetto 

� alla giurisdizione del Oonsiglio di Stato, per difetto 
di atti amministrativi impugnabili, che rispetto 
ad analoghe azioni (direttamente nei decreti obbiettivate) 
avanti la magistratura ordinaria, per il venir 
meno di diritti subbiettivi tutelabili di fronte 
a manifestazioni legislative legittime. 

Solo potrebbe, l'una o l'altra impugnativa ipotizzarsi 
come ammissibile -vi accenno non impegnativamente 
appena come una eventualit� qualora, 
attravers� l'ulteriore svolgersi, sul piano 
propriamente amministrativo, del fenomeno espropriativo, 
venissero emanati nuovi atti, od esplicate 
nuove attivit� in se stesse pretese lesive di 
diritti o di interessi. Potrebbero, invero, allor!1 
prospettarsi contestazioni di vario profilo, avanti 
la giurisdizione ordinaria od amministrativa, secondo 
i noti criteri discriminatori della competenza, 
con la eventuale possibilit�, altresi, di sollevare, 
in corso e per i fini sostanziali della causa 
(qui propriamente incide.nter tantum) la questione 
di costituzionalit� che nelle situazioni di specie 
si � considerata invece preclusa. 

In particolare, poi, sarei per ritenere ipotizzabile 
una fase di sindacato giurisdizionale in punto 

alla determinazione delle indennit� di esproprio 

(caso del ricorso Boncompagni); sindacato che 
sarebbe di competenza dell'autorit� giudiziaria 
ordinaria trattandosi di perfetti diritti di credito 
per effetto di conversione dai diritti dominicali 
espropriati. Laddove, come, nei piani particolareggiati 
predisposti degli enti, l'indennit�, attraverso 
un progetto di liquidazione, viene soltanto 
offerta .....:. cosi � solo questa offerta, e non una gi� 
perfezionata liquidazione che viene d1 poi approvata 
nei Decreti Presidenziali legislativi contemplati 
dalla legge. E la legge stessa rimanda d'altro 
canto, ad una ulteriore liquidazione definitiva 
e contempla una fase (censuaria) giurisdizionale 
amministrativa (art. 18) -la quale non dovrebbe 
a sua volta escludere, come analogamente in materia 
contenziosa tributaria, un ulteriore sindacato 
in sede giurisdizionale ordinaria, o quanto meno 
quel sindacato superiore della Suprema Oorte che 
si estende alle decisioni di ogni giurisdizione speciale 
(art. 362 c. pr. civ., 111 Oostituzione). 

Non pu� dirsi pertanto, come vorrebbesi, che 
ogni tutela giurisdizionale nella contemplata materia 
sia esclusa. 

Peraltro le accennate ipotesi -s�lo in visione 
panoramica delibate -sono fuori della attuale 
contestazione che si concentra e solo pu� riguardare 
le impugnative nel modo e per i fini in cui 
sono state proposte. 

Per cui, ponendo termine a questa gi� lunga 
disamina, mi sembra di potere, con serena' obbiettivit�, 
conchiudere col domandare alla Suprema 
Corte di voler dichiarare la improponibilit� delle 
azioni proposte ed il difetto assoluto di giurisdizione, 
al riguardo, del Oonsiglio di Stato adito. 

ERNESTO EULA 

PROCURATORE GENERALE 

LA SENTENZA 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Regolamento 
preventivo di giurisdizione -Procedimento avanti il 
Consiglio di Stato -Ammissibilit� -Decreti presi� 
denziali di esproprio in applicazione delle "leggi di 
riforma fondiaria -Natura di atto legislativo. (Corte 
di Cass.; Sez. Unite, Sent. n. 107-53 -Pres.: Mandrioli; 
Est.: Torrente; P. M. Eula -Ministero Agricoltura 
e Foreste contro Buoncompagni Ludovisi). 

Il regolamento preventivo di giurisdizione � 
ammissibile anche in relazione a giudizi pendenti 
innanzi al Oonsiglio di Stato. 

I decreti presidenziali di espropriazione emanati 
in applicazione della legge 15 maggio 1950, n. 230, 
sono atti legislativi e non amministrativi e non 
possono, pertanto, essere impugnati avanti il Consiglio 
di Stato. 

(Omissis) 

Il ricorso � fondato. 

La prima questione di ordine pregiudiziale che 
si presenta all'esame della Oorte concerne l'inammissibilit� 
del regolamento preventivo di giurisdizione 
in relazione ai giudizi pendenti dinanzi al Consiglio 
di Stato. La questione � stata gi� risolta da queste 
Sezioni Unite in senso contrario a tale assunto. 
E questa Corte, dopo aver proceduto ad un approf on� 
dito riesame del problema, ritiene di riaffermare 
la propria �giurisprudenza. 

Gli argomenti contrari all'opinione accolta furono 
esposti in una notevole decisione del Supremo Consesso 
amministrativo (Sez. IV, 17 giugno 1949, 

n. 213). Fu, anzitutto, fatto richiamo alla lettera 
degli articoli 41 e 37 Codice procedura civile e, particolarmente 
di quest'ultimo che si limita� a considerare 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
nei confronti della pubblica amministrazione o dei 
giudici speciali. Da ci� si � dedotta l' esclusionf/ del 
regolamento di giurisdizione nei confronti dei pro� 
cedimenti che si svolgono davanti a giudici speciali 
ed eo magis davanti al Consiglio di Stato. Sembra, 
peraltro, a questo Collegio che, la limitazione della 
esrpessione letterale contenuta nell'art. 37 all'ipotesi 
del difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
trova la sua spiegazione nella vis attractiva eser� 
citata dalla collocazione dell'articolo in un complesso 
di norme (Sez. V, difetto di giurisdizione, incompetenza 
e litispendenza) destinato a regolare il procedimento 
davanti al giudice ordinario. E, cio�, in 
quella sede il difetto di giurisdizione si � presentato 
al legislatore sotto un aspetto frammentario, sotto 
un angolo visuale limitato alla considerazione del 
procedimento che si svolge davanti al giu'dice ordinario. 
Ma la norma costituisce la manifestazione 
di un principio pi� ampio che si ricava dall'inter� 
pretazione sistematica e dalla ricostruzione della 
mens legis che anima e vivifica tutta la materia re� 
lativa alla risoluzione delle questioni di giurisdizione. 
Gi� un primo e significativo indice dell'am.piezza 
di orizzonte che il rimedio, un tempo regolato nella -legge 
del 1877, assume nel sistema innovatore introdotto 
nel Codice procedura civile 1942 si rinviene 
nella configurazione che l'istituto � attribuita. Non 
solo il rimedio, che costituiva anteriormente un mezzo 
esclusivo di difesa della pubblica amministrazione, 


-218 


diviene accessibile anohe .alle parti private, ma esso 
contempla il difetto di giurisdizione tanto nei confronti 
della pubblica amministrazione, quanto del 
giudice speciale. E, mentre, secondo l'art. 3, n. 1, 
della legge 27 marzo 1877, n. 3761, sui oonfiitti di 
attribuzione oompeteva alle Sezioni di cassazione 
istituite in Roma giudicare sulla competenza del-
l'Autorit� giudiziaria, spetta ora alle Sezioni Unite 
di questa Oorte -secondo l'art. 382 Oodice procedura 
civile che per il richiamo agli articoli 364 
e segg. contenuto. nell'art. 41 si applica anche in tema 
di regolamento di giurisdizione -statuire sulla questione 
di giurisdizione, determinando, quando occorre, 
il giudice competente. 

Da questo complesso di norme tra, loro inscindibil'mente 
collegate risulta che il compito delle Sezioni 
Unite di questa Oorte, allorch� sono investite del 
regolamento di giurisdizione, non si esaurisce nel 
controllo sulla sussistenza della giurisdizione del 
giudice ordinario, ma eventualmente si estende a 
considerare quella del giudice speciale, con l'effetto 
che, se le sezioni stesse ritengono che la giurisdizione 
appartiene a tale giudice, la deoisione di questa Suprema 
Oorte � attributiva in modo irrevocabile di 
giurisdizione. 

Viene, peroi�, secondo l'avviso di questa Oorte, 
a cadere l'argomento di ordine logico che si � op~ 
posto all'estensione del regolamento di giurisdizione 
ai giudizi che si svolgono davanti al giudice speoiale. 
Si osserva infatti, che la facolt� di portare direttamente 
dinanzi alle Sezioni Unite della Oassazionei 
omisso medio, la questione sulla giurisdizione importa 
per necessit� una deroga al principio per il 
quale ogni giudice ha il potere di decidere se sia investito 
di giurisdizione in rapporto alla specifica 
controversia che gli viene sottoposta. Orbene, la de~ 
roga, senza dubbio, sussiste, ma dall'art. 382, primo 
oomma, risulta che essa � stata voluta dal legislatore 
per la finalit� di ordine generale superiore, di 
offrire un rimedio per sgombrare il campo delle questioni 
di giurisdizione, e -ci� che pi� importa ai 
fini della risoluzione della questione qui consid�-' 
rata -non soltanto in relazione ai poteri del giudie() 
ordinario, ma anche in relazione a quelli del giudice 
speciale. � _ 

Se, in base ai rilievi che precedono, viene a cadere 
il fondamen,tale ostacolo d'ordine logico e giuridico 
che si � dedotto contro l'estensione delle norme che 
disciplinano il regolamento di giurisdizione ai giudici 
speciali, le stesse ragioni intese a snellire il 
procedimento, ad affrettarne la decisione e l'attuazione 
della giustizia sostanziale, che ne giustificano 
l'adozione �rispetto ai giudizi svolgentisi davanti ai 
giudici ordinari, militano per la appUcazione del 
rimedio al procedimento davanti al giudice speciale. 

N� vale opporre che il legislatore era mosso, det


tando l'art. 41 Oodice procedura civile 1942, dalla 

preoccupazione della lungaggine del processo ci


vile davanti ai giudici ordinari. JJ'u questa Z'occasio 

legis, che non si confonde, peraltro, com'� noto, con 

la ratio legis che in questa materia si riassume 

nell'istanza suprema di accelerare il corso della gl/,u


stizia, istanza valida rispetto a tutte le giurisdizioni. 

Si �, peraltro, obiettato che l'applicazione al Oon


siglio di Stato del regolamento preventivo di giuri


sdizione farebbe risorgere gli inconvenienti a cui la 

W~..&w'#///ff#ff/ffffe//fi.'S."}.}"/;r,,.y..-.-. Y/P.h:O-/.l'/.�FF. ;.:.:..:--..-..-...;

~==~==r==Y==w=hY=-~~-Y--=__J 

legge 7 marzo 1907, n. 62, aveva voluto ovviare. Secondo 
l'anteriore sistema previsto nella legge 31 marzo 
1889, n. 3992 (art. 41), se era sollevata dalle parti 

o di ufficio l'incompetenza del Oonsiglio di Stato, 
la Sezione doveva sospender.e il giudir4io e rinviare 
gli atti alla Oorte di Oassazione perch� questa deoidesse 
sulla questione di giurisdizione. Si afferma 
ohe in tal guisa per effetto della proposizione del regolamento 
di giurisdizione verrebbe a togliersi al Oo.nsiglio 
di Stato il potere di ordinare la sospensione 
dell'esecuzione dell'atto amministrativo impugnato 
oppure, ottenuta tale sospensione, la parte a cui 
essa giova potrebbe avva.lersi della proposizione del 
regolamento per procrastinare la decisione e, in tal 
guisa, potrebbe protrarre gli effetti favorevoli della 
sospensione. 
� Quest'inconvenienti sarebbero, senza dubbio, gravi, 
ma essi non possono verificarsi, perch�, a norma del 
secondo comma dell'art. 48 Oodice procedura civile, 
che nulla vieta di estendere al regolamento preventivo 
di giurisdizione e al procedimento davanti al Oonsiglio 
di Stato, il giudice adito, nonostante la sospensione 
del procedimento che si verifica per effetto 
della proposizione del regolamento rimane investito 
del potere di emettere gli atti che ritiene urgenti. 

N�, infine, vale richiamarsi alla posizione che 
la Oostituzione:attribuisce al Consiglio di Stato e 
alla Oorte dei Oonti (art. 103, 111 Costituzione). 
Non ha importanza stabilire se al Supremo Oonsesso 
amministrativo oompeta o no la qualifica di 
giudice speciale: ci� che conta � la natura giurisdizionale 
dell'attivit� svolta dalle sue Sezioni giurisdizionali. 
Se questa � fuor di dubbio, si manifesta, 
anche rispetto ad essa quell'esigenza di solleoita definizione 
delle questioni di giurisdizione che sta a 
base del regolamento preventivo .di giurisdizione. 
JJJ, come il deferimento a queste Sezioni Unite del 
potere di decidere sui ricorsi contro le deoisioni di 
quel Oonsesso per motivi attinenti alla giurisdizione 
non incide sulla sua posizione di autonomia 
e di distacco rispetto al giudice ordinario, cos� non 
v'incide nemmeno l'estensione del regolamento di 
giurisdizione ai procedimenti che davanti ad esso 
si svolgono, da~o che, le Sezioni Unite della Oassazione, 
quale supremo organo regolatore della giurisdizione, 
sono esse stesse distinte e distaccate dall'organizzazione 
della giurisdizione ordinaria. 

Superata questa questione pregiudiziale e ritenuta � 
l'ammissibilit� del ricorso, il Oollegio deve passare 
all'esame dei gravi e delicatissimi problemi prospettati 
dalle parti. Ed, anzitutto, prima si presenta 
nell'ordine logico quella che s'impernia sull'interpretazione 
della VII disposizione transitoria della 
Oostituzione. Oon i ricorsi proposti al Oonsiglio 
di Stato si deduce, infatti, che la delega legislativa 
contenuta nell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, 

n. 230, al Governo ed il provvedimento emesso in 
virt� di tale delega sarebbero viziati di incostituzionalit�,. 
in quanto contrasterebbero con le norme degli 
articoli 24, 42 e 113 della Oostituzione. Si assume 
dai ricorrenti che eon la proposizione di-siffatta 
questione di legittimit� costituzionale o intrinseca 
della legge �i delega e del decreto legislativo �avente 
forza di legge� s'intende investire il giudice amministrativo 
di una potest� di controllo che � riservata 
dalla Oostituziane alla Oorte costituzionale che, 

-219 


attualmente, non essendo ancora quest'Organo Supremo 
stato istituito, non competerebbe ad alcun 
giudice. Le cont-roversie relative alla legittimit� costituzionale 
delle leggi e degli atti aventi forza di legge 
-si sostiene -sarebbero riservate dall'art. 134 
della Costituzione alla Corte costituzionale; nella 
carenza di quest'organo ogni giudice incontrerebbe, 
nell'esame della questione di costituzionalit�, i �limiti 
che erano posti nelle norme preesistenti alla 
Costituzione. n�giudice, sia ordinario che amministrativo, 
dovrebbe -com'era stabilito nel sistema 
anteriore alla Costituzione -ridurre il suo esame 
all'accertamento dell'esistenza della legge, alla verifica, 
quindi, della regolarit� del procedimento di 
formazione della legge medesima, senza poter compiere 
un pi� penetrante controllo sul suo contenuto, 
per stabilire se esso non contrasti con quelle norme 
d'ordine superiore o, come sono state definite in 
dottrina, <<pi� resistenti))' che sono le regole costituzionali. 


Quest'opinione, che ha trovato scarso seguito nella 
dottrina, non pu� essere accolta da questo Collegio. 
La limitazione che, sotto il vigore dello Statuto albertino, 
la potest� del giudice incontrava in questa 
materia non discendeva affatto dalla natura della 
attivit� giurisdizionale. Costituiva, essa, invece, il 
logico corollario del carattere flessibile di quella 
Costituzione, per effetto del quale nessuna differenza 
sussisteva tra norme costituzionali e norme ordinarie: 
tutte le manifestazioni della volont� legislativa erano 
poste sullo stesso piano e il conflitto tra norme regolanti 
la stessa materia era disciplinato dall'unico 
principio lex posterior derogat priori. 

La r:igidit� della Costituzione modifica questo 
sistema rendendolo pi� complesso: esso postula l'esistenza 
di norme (norme costituzionali) che com'� 
stato efficacemente rilevato .presentano un grado di 
maggiore consistenza o durezza o resistenza, per cui 
nel conflitto con altre norme non costituzionali, prevalgono 
le prime, ancorch� anteriori. Pertanto, se 
il costituente ha inteso imprimere carattere di rigidit� 
alla Costituzione, l'esame del giudice, ordinario 

o amministrativo, non pu� non investire anche questo 
aspetto, a meno che un'apposita norma non attribuisca 
ad un organo particolare l'indagine sulla 
legittimit� costituzionale. In altre parole, sempre 
che non sia stabilita all'uopo una competenza specifica 
ed esclusiva di apposita autorit�, alla stessa 
guisa che nel sistema di costituzione flessibile, il giudice 
ri.on pu� sottrarsi alla verifica dell'esistenza della 
legge, nell'ipotesi di costituzione rigida egli non pu� 
non domandarsi se la legge ordinaria resista alla 
eventuale collisione con la norma costituzionale o 
non venga a frangersi �contro la maggiore consistenza 
o durezza offerta dall'ostacolo che alla sua esistenza 
e validit� si frappone. Come si vede, nell'una e nell'altra 
ipotesi il problema si presenta identico ed � 
problema al quale nessun giudice pu� sottrarsi: esso 
consiste nella posizione della premessa maggiore 
del sillogismo giudiziale. La rigidezza o la flessibilit� 
della costituzione incide soltanto sul criterio 
che dev'essere adottato per la risoluzione di questo 
fondamentale, ineliminabile problema, inerente ad 
ogni attivit� giurisdizionale. 
momento e; cio�, a quello delVistituzione della Corte 
costituzionale l'applicazione del principio della rigidit� 
della Costituzione. 

La tesi, che si tenta di giustificare facendo ricorso 
ad un preteso oolorito o sapore politico del controllo 
che � attribuito alla Corte costituzionale, � destinata 
a naufragare sol che si consideri che il sindacato di 
costituzionalit� �rimane confinato, seoondo i propositi 
del Costituente, nell'ambito della mera legittimit�: 
un esame, cio�, come la dottrina ha avvertito, 
di carattere meramente giuridico, che non pu� e 
non deve soonfinare in una valutazione di opportunit� 
politica, senza sovvertire l'ordine e la ripartizione 
di competmza tra gli organi costituzionali e 
senza attribuire alla Corte oostituzionale una posizione 
di super legislatore, che esula del tutto, dall'intenzione 
del costituente. Perci� -com'� stato opportunamente 
notato -l'indagine di legittimit� costituzionale 
non si distingue, nel suo obietto e nei suoi 
limiti, da quella verifica della corrispondenza del 
regolamento alla legge che � prescritta dall'art. 4 
disp. sulla legge in generale. 

Si aggiunga, d'altro canto, che questo preteso intento 
di differire ad un momento ulteriore l'applicazione 
del principio di rigidit� della Costituzione, 
lungi dal trovar suffragio, trova smentita nei lavori 
preparatori della Costituzione. Senza dire che l'opinione 
qui combattuta ha il torto di far dipendere 
dall'iniziativa e dalla volont� dello stesso potere 
legislativo ordinario l'attuazione di quel sistema di 
limiti che il costituente aveva predisposto alla sua 
attivit�. 

Del resto, lo stesso secondo comma della disposizione 
transitoria VII della Costituzione, ove si dia� 
alle espressioni in essa contenute il loro preciso significato, 
lungi dal confermare, smentisce l'opinione 
restrittiva che questa Corte ripudia . .Essa, infatti, 
prende in considerazione �le controversie indicate 
nell'art. 134 della Costituzione� per stabilire che la decisione 
ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme 
preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione. 
Orbene, � stato opportunamente osservato che le controversie 
indicate nell'art. 134 della Costituzione non 
si identificano affatto con le questioni sulla mera 
esistenza e sulla regolarit� formale, esteriore della 
legge che in sede giudiziaria si potevano proporre 

prima dell'entrata in vigore della Costituzione.~~� 
Le controversie indicate nell'art. 134 della Costi


~uzione sono, invece, quelle medesime che la Costi


tuzione� devolve alla competenza della Corte costitu


zionale: tra di esse sono -in prima linea -come 

testualmente s'esprime l'art. 134 della Costituzione 

le controversie relative alla legittimit�� costituzionale 

delle leggi e degli atti aventi forza di legge �. D'altro 

canto, non � �nemmeno esatto che il regime preesi


stente alla entrata in vigore della Costituzione igno~ 

rasse un controllo sulla legittimit� intrinseca, sul 

contenuto della legge. Al sistema basato sullo Statuto 

albertino si era sostituito un ordinamento costitu


zionale provvisorio che aveva trovato la sua ..espres


sione nei decreti legislativi luogotenenziali 25 giu--


gno 1944, n. 151, e 16 marzo 1946, n. 98: in virt� I 

dell'art. 3 di quest'ultimo provvedimento legislativo, 

durante il periodo della Costituente e fino alla con


I 

I ~

-N � si opponga che con la disposizione transitoria V II vocazione del Parlamento, a norma della nuova 

della Costituzione si volle rinviare ad un successivo Costituzione, l'esercizio del potere legislativo, che 


-_J 



-220 

veniva affidato al Governo, trovava un limite nella 
materia costituzionale. E da ci� l'esigenza di una 
indagine sul contenuto delle norme emanate dal 
Governo per verificare, ai fini della loro validit�, se 
esse non avessero valore costituzionale ed esorbitassero, 
quindi, dalla delega. 


L'insieme di queste considerazioni induce, pertanto, 
questa Oorte ad adottare l'opinione che � largamente 
seguita dalla dottrina e che pone nella sua 
giusta luce il significato della disposizione transitoria 
VII della Oostituzione. Ed il valore della disposizione 
� il seguente. Mentre l'art. 137 della O ostituzione 
rimette ad una ulteriore legge costituzionale 
(che � stata poi emanata: Legge costituzionale 9 febbraio 
1948, n. 1) la disciplina delle condizioni, delle 
forme e dei termini di proponibilit� dei giudizi di 
legittimit� costituzionale, la norma transitoria rinvia, 
invece, alle regole ordinarie che disciplinano 
il giudizio davanti al giudice (ordinario o amministrativo 
o speciale) adito. E, mentre l'art. 136, primo 
comma, della Oostituzione dispone che, la dichia


razione d'illegittimit� costituzionale pronunciata 
dalla Oorte costituzionale implica la cessazione-dell'efficacia 
della norma di legge o deU' atto avente forza 
di legge dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione, il che importa che la Oorte costituzionale 
conosce in via principale della questione 
di legittimit� ed il suo giudicato ha efficacia erga 
omnes, invece, secondo la pi� volte ricordata dispo-. 
sizione VII, la risoluzione della questione medesima 
incontra gli stessi limiti che erano stabiliti 
dalle norme preesistenti per l'attivit� giurisdizionale: 
la questione pu� essere proposta soltanto in 

�� via incidentale e non forma oggetto di giudicato. 

Pertanto, con l'osservanza di questi limiti, il giudice, 
ordinario od amministrativo, ha il potere di 
esaminare la costituzionalit� intrinseca delle leggi 

. 
e degli atti aventi forza di legge, fino a quando non 
entri in funzione la Oorte costituzionale. 

Peraltro, se, nell'attuale fase di carenza dell'Organo 
supremo di revisione costituzionale, compete 
ad ogni giudiue il potere di sindacato costituzionale 
intrinseco sulle norme di legge ordinaria o sugli 
atti aventi forza di legge, questo potere non pu� essere 
esercitato se non dal giudice che sia stato legittimamente 
investito, secondo le norme vigenti, della 
questione cos� com'essa � stata proposta. In altre 
parole, l'esercizio del potere medesimo presuppone 
la giurisdizione del giudice investito, giurisdizione 
che si determina in base alle norme vigenti. � 

Si presenta, quindi, in tutta la sua gravit� e in 
tutta la sua estrema delicatezza all'esame di queste 
Sezioni unit� il problema se, in base alle affermazioni 
contenute nel ricorso, proposto davanti al Oonsiglio 
di Stato, sussista la giurisdizione del Supremo 
Oonsesso amministrativo. 

� noto che, a norma dell'art. 26 T. U. 26 giugno 
1924, n. 1054, delle leggi sul Oonsiglio di Stato, 
la giurisdizione di quest'Organo esige, quale indefettibile 
presupposto, un atto o provvedimento di una 
autorit� amministrativa o di un corpo amministrativo 
deliberante, un atto, cio� -come la dottrina lo 
ha qualificato -soggettivamente ed oggettivamente 
amministrativo. All'attivit� amministrativa si ricollega, 
infatti, la configurabilit� di quella specifica 

-

legittimo, alla cui tutela -salvo le ipotesi particolari 
di giurisdizione esclusiva che qui sono fuori discussione 
-presiede quest'Organo Sup'l'emo di giustizia 
amministrativa. 

Ed � coerentemente e conseguentemente fuori di 
dubbio che il ricorso giurisdizionale al Oonsiglio 
di Stato non pu� rivolgersi n� contro una legge n� 
contro un atto avente forza di legge. 

Il ricorso giurisdizionale al Oonsiglio di Stato, 
�el quale si discute, � stato proposto contro il provvedimento 
de~ Presidente della Repubblica emanato 
ai sensi dell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, 
del quale sar� bene riportare il preciso tenore: �Il 
Governo, per delegazione concessa con la presente 
legge e secondo i principi e i criteri direttivi definiti 
dalla legge medesima... provvede ... , con decreti aventi 
valore di legge... �. 

Si assume nel predetto ricorso giurisdizionale al 
Oonsiglio di Stato che la delega sarebbe incostituzionale, 
perch� contrasterebbe con le regole contenute 
negli articoli 24 e 113 della Oostituzione e che, pertanto, 
il provvedimento medesimo perderebbe il carattere 
di atto avente forza di legge che il Parlamento 
ed il Governo hanno inteso attribuirgli e dovrebbe 
essere degradato al rango di un comune atto amministrativo, 
suscettibile, quindi, d'impugnazione davanti 
al Oonsiglio di Stato. 

A sorreggere questa tesi si fa richiamo alla potest� 
di qualificazione della fattispecie e, in particolare, 
del provvedimento impugnato che spetta ad 
ogni giudice. E si deduce che, in virt� di tale potest� 
di qualificazione, caduta, per effetto dell'asserita 
incostituzionalit� la delega, si dovrebbe applicare 
il principio in virt� del quale la natura deWatto si 
desume, anzicM dalla sua forma, dal suo intrinseco 
contenuto: pertanto il provvedimento in esame, siccome 
avente per oggetto la disciplina di una fattispecie 
particolare e concreta, senza forza innovativa 
rispetto all'ordinamento preesistente, dovrebbe clas


~if:~::e~~o-:-come si � premesso -quale atto ammi-

Or bene, che a ciascun giudice spetti il potere di 
qualificare o classificare le fattispecie sottoposte al 
suo esame, � verit� ineccepibile.

Il punto delicato, che costituisce, al tempo stesso, 
il problema centrale della presente causa, concerne 
i limiti di quest'attivit� di qualificazione e, meglio, 
si direbbe di classificazione. Olassificare, significa, 
senza dubbio, attribuire una classe, inquadrare in 
uno schema prestabilito, constatare la corrispondenza 
di un caso particolare e specifico particolare ad un 

modello gi� fissato. � noto che in questa indagine, 

come in genere nell'esercizio della sua attivit� giurisdizionale, 
il giudice non pu� procedere liberamente, 
in base a criteri propri o a concezioni astratte sia 

s:.~f:~:: 00r.:.~~:~..'.!?i !r!::J~

getta i giudici alla legge. 

Peraltro, se queste sono le linee semplici, se pur 
rigide, che s'impongono all'attivit� del giudice, vincolato 
alla norma, secondo la concezione accolta nel-
l'attuale civilt� giuridica, servo della legge e non libero 
nella sua potestas decidendi come i cc giudici 
regali � di Platone, l'indagine assume un aspetto 

i:i 
~ 
li~: 
~ 

~ 

ili 

~iim 

W

M

m 

~i:..,�

;: 

I~~: 

~ 

1~ 

@

i�i.=F�'�f�;��~.�.i.' 

. 
�fo 
ffi: 

~:~.:;=:.:,::'':�;':,��


.. 

p 

� � 

~~] 

W.�. 

E 

I;; 

~ituazione SO!J!Jettiva che � costituita dall'interesse complesso ed inconsueto, allorch� la rieerca qualifi-.,<

_J 

~..#'..:W7~km.M.%'..i&w.ffe.dlliW'.&.M-..::::::&?%.W;,;:mx;:::;:w..iiiii&i"..a.:w&kWddili"'.M::W7fff..&m=".J&iV.&&.:7..Y.M-..::::::&YAW,m>'.J�lY..::MW'::W"..:m 


-221


cativa o classificativa si complica per l'interferenza 
del problema di legittimit� costituzionale della norma 
legislativa. 

� Gi� si � contestato in questa causa che la questione 
di legittimit� costituzionale si possa porre in questa 
fase dell'attivit� giurisdizionale, in questa fase preliminare, 
in limine litis, in cui il giudice ha il compito 
di verificare i suoi poteri. 
Si � detto che il controllo di costituzionalit� non 
pu� svolgersi in questo momento, ma in quello successivo; 
che esso presuppone gi� superata, la valutazione 
relativa alla sussistenza della giurisdizione; 
che esso appartiene al merito della controversia. 
Non sembra, peraltro, al Collegio che questa opinione, 
sebbene espressa con notevole vigore, almeno 
in apicibus, sia fondata. 
Se la qualificazione della fattispecie concreta ai 
fini della risoluzione della questione di giurisdizione 

o di competenza deve avere come termine di rif erimento 
la volont� legislativa, anche in quest'indagine 
la rigidit� della Costituzione implica che il giudice 
non possa fermarsi, nell'adozione della premessa 
maggiore del suo ragionamento, a constatare la sussistenza 
della volont� legislativa, ma � deve investire 
anche la sua validit�: altrimenti egli correrebbe il 
rischio di applicare, sia pure in questa fase preliminare, 
una norma che, pur essendo espressione del 
potere legislativo, si � invalidata (o infranta, per 
seguirne l'immagine dell'urto tra la pi� fragi"le norma 
ordinaria e la pi� dura, resistente norma costituzionale) 
per il suo contrasto con le supreme regole 
costituzionali. 
Peraltro, se anche in questa fase preliminare 
della sua attivit� il giudice deve tener conto del vizio 
d'incostituzionalit� della legge, ove mai esso sussista, 
non sembra alla Corte che, almeno con stretto riferimento 
al ricorso cos� come nel caso specifico � stato 
proposto, possa pervenirsi al risultato di ritenere 
la sussistenza dell'atto amministrativo, ohe costituisce 
-come si � detto -il presupposto della giurisdi.
zione amministrativa (non esclusiva). Infatti, sia 
che nel caso determinato si accolga l'opinione dell'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 5 della legge 
surricordata e del provvedimento, dotato di forza 
legislativa, ohe � stato impugnato, sia ohe si respinga 
tale opinione la risoluzione di questa questione non 
ha importanza, peroh� in entrambi i casi non sar� 
possibile al giudice affermare la sussistenza dell'atto 
amministrativo ohe -come pi� volte si � 
detto -rappresenta il presupposto della giurisdizione
� amministrativa. 

Invero, se, come si � premesso il giudice nella 
classificazione o qualificazione deve ispirarsi unicamente 
alla� volont� legislativa, nell'art. 5 della legge 
Sila egli trov� la definizione precisa ed irrefutabile: 
provvedimento legislativo delegato; atto avente forza 
di legge. Ove mai egli ritenga viziati di illegittimit� 
costituzionale la delega e il provvedimento presidenziale, 
la conseguenza sar� una sola: egli si trover� 
dinanzi ad un illegittimo � atto avente forza di legge n, 
ad un provvedimento legislativo delegato invalido, 
ohe egli ha� il potere-dovere di non applicare. Ma 
nulla lo autorizza a trasforma re questo decreto legislativo, 
sia pure illegittimo, in un atto di natura 
diversa, in un atto soggettivamente ed oggettivamente 
amministrativo, quale -come si � premesso -� 

presupposto per la sussistenza della giurisdizione 
amministrativa. Conseguenza, questa, ohe, secondo 
l'avviso di questo Collegio, scaturisce limpida e 
cristallina dalle premesse ohe si sono poste sulla 
natura e sui limiti del controllo di legittimit� costituzionale 
delle leggi. Come gi� si � notato, questo 
controllo ha carattere giuridico e non politico, esso 
riguarda il controllo tra la norma di ordine superiore 
(Costituzione) e quella subordinata (norma di 
legge), esclusa ogni valutazione di opportunit�. Al 
tempo stesso questo controllo non pu� aver altro risultato 
che la disapplicazione o, quando la Corte costituzionale 
entrer� in funzione, l'annullamento della 
norma di legge o dell'atto avente forza di legge. Ma 
non pu�, ora, il giudice, n� potr�, almeno per quanto 
� dato ritenere, la stessa Corte costituzionale, sostituire 
una propria statuizione alla volont� legislativa 
riconosciuta illegittima ed inoperante. Ci� risulta 
a chiare note dal carattere di giurisdizione di annullamento, 
iJ,i mera legittimit� che compete alla Corte 
costituzionale; se questa potesse sostituire la propria 
volont� a quella riconosciuta valida, essa si trasformerebbe 
da giudice in legislatore, usurpando il potere 
e le funzioni che, costituzionalmente, competono 
al Parlamento. Ulteriore conferma si ha nello stesso 
disposto dell'art. 136 della Costituzione, che dalla 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale fa derivare 
soltanto l'abrogazione della norma o dell'atto 
avente forza di legge. Significativo �, al riguardo, il 
secondo comma dell'art. 136, secondo il quale la 
decisione della Corte � pubblicata e comunicata alle 

Camere aff�nch�, ove lo ritengano necessario, provvedano 
nelle forme costituzionali. Dalla quale disposizione 
emerge in maniera chiara, precisa ed inequivocabile 
che la riconduzione della norma ad vi11m 
iuris � subordinata ad un apprezzamento ad una 
valutazione di opportunit� politica, riservata al sovrano 
potere del Parlamento. ~ 

Sembra, pertanto, a queste Sezioni Unite che,"'"se 
il Parlamento ha impresso al provvedimento ohe 
� stato impugnato la qua?i fica di atto avente forza 
di legge, solo la sovrana determinazione del Parlamento 
potrebbe mutarne la natura. Il giudice pu� 
-ove ritenga incostituzionale l'attribuzione del potere 
legislativo al Governo e la definizione del suo 
provvedimento come � atto avente forza di legge � disapplicarlo, 
ma, se ne modifica la natura attribuitagli, 
sostituisce la propria volont� a quella del 
Parlamento. Se questo, e sia pure soltanto per fini 
di particolare solennit� ha inteso rivestire il provvedimento 
ora impugnato delle forme proprie della 
legislazione delegata, potr� il vizio da cui eventualmente 
sia colpito renderlo inoperante, ma non imporgli 
un carattere ohe deliberatamente il Parlamento 
non volle imprimergli, con una valutazione d'ordine 
esclusivamente politico, legislativo, che si sottrae 
a qualsiasi sindacato. ;i�~ e 

N � si obietti ohe diverso sia il procedimento logico 

mediante il quale il giudice amministrativo dovrebbe 

pervenire alla definizione della natura amministra


tiva del provvedimento impugnato. La questione di 

incostituzionalit� -si sostiene -riguarda la de-�


lega: disapplicata questa per effetto del riconosci


mento della sua incostituzionalit� (ove questa si 

ravvisi), residuerebbe un'attribuzione di competenza 

amministrativa al Governo. L'abile deduzione ha, 



-222 


peraltro, per quel che a questa Oorte sembra, il torto 
di frantumare l'unitaria volizione legislativa ohe �, 
invece, insoindibile: non due distinte e autonome 
volizioni (attribuzione del potere al Governo� e definizione 
della natura legislativa delegata dei provvedimenti 
emessi), ma unica, indissociabile volizione 
(investitura di un potere di legislazione delegata al 
Governo medesimo), com'� fatto palese, tra l'altro, anche 
dall'istituzione della commissione consultiva cost.ituita 
da parlamentari, quanto meno inconsueta se si voglia 
riferire ad un'attivit� meramente amministrativa. 

In ogni caso, seppure si potesse soindere l'unitaria, 
indissolubile volizione legislativa, non potrebbe 
in questa materia applicarsi il principio 
utile per inutile non vitiatur. Esso implica, infatti, 
l'eseroizio di un potere che, se � consentito al giudice 
rispetto all'autonomia privata, per la posizione 
subordinata che a questa spetta nell'ambito dell' ordinamento 
giuridico, deve ritenersi escluso di fronte 
all'autonomia sovrana del Parlamento. 

Di fronte alla nullit� parziale di un contratto o 
alla nullit� di singole clausole � lecito al giudice di 
porsi alla ricerca della. volont�, non reale n� concreta, 
ma ipotetica delle parti, per stabilire se esse 
lo avrebbero ugualmente concluso senza quella parte 
del suo contenuto che � colpito dalla nullit� (art. 14\9, 
primo comma, Oodice oivile). Ma nessun giudice, 
e nemmeno, quando sar� istituita la Corte costituzionale, 
pu� porsi alla ricerca di un'ipotetica volont� 
legislativa, se � vero, come non sembra discutibi~e, 
che la volont� del legislatore costituisce il frutto di 
una valutazione assolutamente libera, ispirata a 
criteri di ordine essenzialmente politico. 

Se esula dalla potest� del giudice investito dell'esame 
di costituzionalit� l'applicazione del principio 
della conservazione del negozio parzialmente 
invalido, tanto meno vi sar� in questa materia posto 
per l'istituto della conversione (art. 1424 Codice civile) 
che egualmente postula la costruzione di una 
volont� ipotetica. Dalla quale conversione la stessa 
difesa del proprietario resistente dichiara di rifuggire, 
sebbene per sostituire al provvedimento legislativo 
delegato l'atto amministrativo, inevitabilmente 
ad essa o quanto meno al prinoipio utile per inutile 
non vitiatur debbasi far ricorso. 

N � si dica che, disapplicata per effetto della sua 
asserita ed ipotizzata incostituzionalit� la norma relativa, 
la questione dovrebbe risolversi in base all'ordinamento 
vigente, alla stregua del quale dovrebbe 
considerarsi amministrativo. Anche se cos� fosse la 
pretesa attivit� amministrativa non troverebbe alcun 
fondamento nella legge e realizzerebbe l'ipotesi di 
assoluta carenza di potere della Pubblica Amministrazione 
e non quella di un esercizio viziato ed illegittimo 
del potere medesimo che giustifica la giurisdizione 
del Consiglio di Stato. 

Se le considerazioni svolte sono esatte, risulta 
dimostrato che, si ritenga o meno l'illegittimit� costituzionale 
della delega e del provvedimento legislativo 
delegato che viene ora impugnato, in ogni caso non 
sussiste l'atto amministrativo che costituisce l'indefettibile 
presupposto della giurisdizione amministrativa 
(non esclusiva). 

Questa conclusione rende superfluo l'esame delle 
ulteriori questioni, determinando l'accoglimento del 
ri�orso per regolamento di giurisdizione. La deli


catezza delle questioni, che finora non hanno formato 
oggetto di esame da parte di questa Oorte, giustifica 
l�i compensazione delle spese. 

P. Q. M. 
La Corte accoglie il ricorso per regolamento di 
giurisdizione e dichiara il difetto assoluto di giurisdizione 
del Oonsiglio di Stato sul ricorso giurisdizionale 
cos� come proposto. 

Sminuirebbe l'importanza di questa sentenza, de� 
stinata a restare memorabile negli annali della giurisprudenza 
italiana, qualsiasi commento che, del 
resto, potrebbe, anche sotto altro aspetto, apparire 
superfluo, dato che il nostro punto di vista � stato 
largamente esposto, a pi� riprese, su questa stessa 
Rassegna. Non possiamo, tuttavia, non notare che la 
decisione � stata quale era da attendersi dalle lunghe 
tradizioni di indipendenza, saggezza e squisita sensibilit� 
giuridica che hanno sempre caratterizzato 
l'attivit� del Supremo Organo giurisdizionale nell'esercizio 
di quelle delicatissime funzioni che sono 
dirette ad al':sicurare, secondo quanto prescrive 
l'art. 65 dell'ordinamento giudiziario, l'esatta osservanza 
e �'uniforme applicazione della legge, 
l'unit� del diritto oggettivo, il rispetto dei limiti 
delle diverse giurisdizioni. 

.A.I di sopra delle polemiche dottrinarie alle quali 
l'elemento politico, che, indubbiamente, permeava 
la materia in discussione, ha fi,nito, sia pure inavvertitamente, 
col dare una accentuata coloritura 
ed, inconsuetamente, una vasta concordanza di 
pareri; al di sopra delle vacue dissertazioni e dei 
tentativi dei fogli a grande tiratura di creare perplessit� 
ed inquietudini, si � levata alta e solenne 
la parola della Corte Suprema a ridare fiducia 
nella immutabilit� e certezza giuridica di quei 
principi che costituiscono alcuni dei cardini pi� 
importanti, finora sempre pacifi,camente riconosciuti, 
dal nostro ordinamento. 

Al di l� dell'esito stesso di liti, indubbiamente 
di grande interesse, sia sul piano amministrativo 
che su quello sociale, ci ha fatto piacere la riacquistata 
certezza che la dialettica giuridica, per 
quanto affinata e portata alle sue espressioni pi� 
audaci, non riuscir� a scuotere quei principi che 
ci vennero indicati nelle stesse aule universitarie 
come .veri e propri capisaldi di tutto il sistema. 

Pochi giorni prima di chiudere la sua lunga luminosa 
esistenza, 1'11 novembre 1952, il compianto 
'.Maestro Vittorio Emanuele Orlando, nel porgere, 
a nome del Consiglio dell'Ordine degli A v-Vocati, 
il commiato al Primo Presidente Ferrara volle, per 
esprimere in sintesi il suo pensiero sulla Suprema 
Corte, inserire nel suo discorso il ricordo di un lontano 
episodio, che in quel momento gli veniva in mente: 
pochi anni prima del terribile terremoto, a '.Messina, 
un tale aveva fatto costruire una casa con 
speciali accorgimenti, per renderla il pi� possibile 
solida, considerati da tutti eccessivi, tanto da essere 
giudicato un maniaco; al tempo del terremoto, 
in pochi minuti, su un mare infiiiito di }lla~er~e, 
emerse sola, intatta, quella casa. E l'insigne vegliardo 
ricordava quella casa per indicare un altro 
edificio solidissimo, che tutti i sommovimenti degli 
ultimi decenni non erano riusciti minimamente a 
scuotere: la Suprema Corte di Cassazione. 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE-Pensioni -Ripartizione 
di competenza tra Cottsiglio di Stato e Corte 
dei Conti. 

1. La Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione 
esclusiva jn materia di pensioni, � giudice 
anche di interessi; ed ha il potere di sindacare la 
legittimit� dell'atto amministrativo di diniego 
del ripristino del diritto a pensione, emanato nei 
confronti del dipendente destituito e poi riabilitato, 
e di annullarlo se risulti viziato per eccesso 
di potere. 
(Corte dei Conti, Sez. II giurisdiz., 26 maggio 1951, 

n. 12249 -Pres.: Belli; est.: D'Angelo; P. G. Giocoli 
(eoncl. conf.). Liguori c. Ferrovie dello Stato). 
2. Il Consiglio di Stato, sia in dipendenza della 
propria giurisdizione generale di legittimit�, che 
per la competenza esclusiva conferitagli in materia 
di pubblico impiego, � il solo organo competente 
ad annullare per un vizio di legittimit�, l'atto 
amministrativo di diniego del ripristino del diritto 
a pensione emanato nei confronti del dipendente 
. destituito e poi riabilitato. 
(Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 settembre 1952, n. 639 
-Pres.: Macchia; est.: Carini. Andal� c. Ministero 
Trasporti). 

Le decisioni che precedono, con le quali si manifesta 
un confUtto positivo di competenza tra Consiglio 
di Stato e Corte dei Conti, sono state rese in fattispecie 
del tutto analoghe; e precisamente in sede di 
impugnativa di provvedimenti ministeriali di diniego 
del ripristino del diritto a pensione, emanati nei 
confronti di dipendenti dell'Azienda delle Ferrovie 
dello Stato, riabilitati dopo essere stati a suo tempo 
sottoposti a procedimento disciplinare e destituiti 
con sanzione di perdita del trattamento di quiescenza. 

In casi del genere, come � noto, la riammissione 
al beneficio della pensione � consentita dalla Amministrazione 
previo avviso favorevole della stessa speciale 
Commissione, investita del compito di esaminare 
-in sede di destituzione -i motivi determinanti 
la misura disciplinare, e conseguentemente 
di esprimere il parere se i medesimi risultino tanto 
gravi, da giustificare anche la perdita del diritto a 
pensione (1). E ci� pure quando il fatto determi


(1) Art. 16 del T. U. 22 aprile 1909, n. 229, sulle 
pensioni del personale ferroviario, come modificato dal 
D. L. L. 8 giugno 1945, n. 915. Identica disciplina � 
prevista dal D. L. 3 giugno 1938, n. 1032, in relazione 
al T. U. 21 febbraio 1895, n. 70, per il personale statale 
in genere. 
nante la destituzione, sia consistito in una condanna 
penale importante in via automatica la perdita del 
diritto suddetto, e l'impiegato condannato sia stato 
poi riabilitato. 

Data, quindi, la facolt� di valutazione sempre 
accordata all'Amministrazione, si trattava evidentemente 
di atti posti in essere nell'esercizio di un 
potere discrezionale, e perci� incidenti su meri interessi 
degli ex dipendenti (1). Dai quali, infatti, era 
stata denunciata la pretesa illegittimit� degli atti 
stessi, sotto il profilo dell'eccesso di potere; assumendosi 
un difetto o una inadeguatezza nella loro 
motivazione ed invocandosi esplicitamente il loro 
annullamento. 

La Corte dei Conti, ha creduto di poter provvedere 
in conformit�, desumendo la propria competenza 
nella questione dal disposto dell'art. 13 del T. U. 
12 luglio 1934, n. 1214, sul proprio ordinamento, e 
dell'art. 26 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, sul 
Consiglio di Stato. E cio� ritenendo che -data la 
limitazione posta dall'ultima parte di tale norma 
alla competenza generale di legittimit� del Giud;i,ce 
amministrativo -necessariamente la competenza 
riconosciuta ad essa Corte in materia di pensione, 
doveva intendersi estesa anche a controversie relative 
ad interessi; poich�, altrimenti, sarebbe mancata 
quella tutela giurisdizionale, che l'art. 113 della 
Costituzione ha voluto sempre accordare contro gli 
atti della Pubblica Amministrazione (2). 

Cos�, mentre per il passato la Corte aveva costantemente 
e pacificamente ritenuta essere la giurisdizione 
conferitale per le pensioni ordinarie sostitutiva 
di quella del Magistrato ordinario -e quindi relativa 
alle sole lesioni di diritti ed esercitata con i 
limiti di cui agli artt. 4 e 5 della Legge 20 marzo 
1865, e ristretta al sindacato di legittimit� sotto il 
profilo della violazione di legge e non pure sotto 
l'aspetto dell'eccesso di potere (3) -con la decisione 
annotata viene mutata radicalmente opinione; configurandosi 
la giurisdizione suddetta come esclusiva 
nel senso strettamente tecnico dell'espressione, e cio� 

(1) In tal senso: Consiglio Stato, Sez. IV, 21 giugno 
1938, n. 343, in �Foro Amm. �, 1938, I, 1, 312. 
(2) Rivista della Corte dei Conti, 1951, III, J.56 e sg.; 
con nota adesiva di GRECO, ivi, I, 43. 
(3) VITTA: Dir. Amm., vol. lI, pag. 648; Corte deC 
Conti, Sez. un., 28 novembre 1930, in� Riv. Dir. pubb. �, 
1931, II, lll; Sez. II, 16 febbraio 1935, in �Foro 
amm. �, 1936, III, 5; 12 ottobre 1938, ivi, 1939, III, 36; 
12 novembre 1948, ivi, 1949, III, 28; 3 dicembre 194.8, 
in �Riv. Corte Conti�, 1949, III, 78; 14 aprile 1950, 
ivi, 1950, III, 76. 

-224


estesa a questioni relative sia a lesioni di diritti ohe 
d'interessi: in buona sostanza, quindi; intendendo 
la giurisdizione affidata al magistrato oontabile in 
materia di pensione, oome perfettamente equivalente 
a quella esolusiva eseroitata del Consiglio di Stato 
per il pubblioo impiego. 

Il Consiglio di Stato a sua volta, respingendo e 
oritioando tale indirizzo, ha affermato la propria 
oompetenza nella f attispeoie peroh�: 

a) data la disorezionalit� di giudizio oonsentita 
all'Amministrazione nel negare il ripristino 
del diritto a pensione, rioorreva evidentamente ~'ipotesi 
della lesione di un � diritto affievolito �, e quindi 
di oontroversia riservata alla propria oompetenza 
quale giudioe generale d'interessi; 

b) peroh�, inoltre, oostituendo la perdita del 
diritto a pensione un provvedimento di oarattere 
aooessorio, rispetto a quello disoiplinare di destituzione, 
anohe la questione del suo eventuale ripristino 
doveva ritenersi assorbita nell'ampio oampo del rapporto 
di impiego, affidato alla propria esolusiva 
oompetenza dell'art. 29 del T. U. n. 1054 del 1924 (1). 

* * * 

La deoisione del Consiglio di Stato sembra senza 
altro esatta' e da approvare; ma per l'impostazione 
data dalla Corte dei Conti alla propria deoisione, 
una motivazione pi�Jpertinente sarebbe stata senza 
dubbio desiderabile. 

Infatti, posto ohe dalla stessa Corte si era esplicitamente 
rioonosoiuta la oiroostanza, che nella specie 
si trattava della lesione di un interesse e non di 
un diritto, il motivo centrale della controversia consisteva 
nel saggiare la validit� degli argomenti aiidotti 
a sostegno della conclusione cui la Corte medesima 
era pervenuta; e cio� nel controllare se fosse 
esatto, o meno che la competenza attribuita a tale 
Organo in materia di pensione risultava estesa a 
questioni sia di diritti che d'interessi, e perci� limitativa 
di quella generale di legittimit� del Consiglio 
di Stato. 

E la relativa indagine poteva prendere le mosse 
da una preliminare osservazione di importanza 
assorbente; e cio� che -dato il testo e la portata 
dell'art. 26 della legge 26 giugno 1924 -la giurisdizione 
generale d'interessi spettante al Consiglio 
di Stato, poteva risultare esclusa solo in via di eccezione 
e per materie tassativamente determinate da 
preoise norme positive, chiaramente attributive (espressamente 
o taoitamente, ma sempre in maniera sicura 
ed inequivocabile) della competenza di legittimit� 
ad altro organo o collegio speoiale (2); cos� 
come -per fare qualche esempio -� sanoito dall'art. 
143 del T. U. 11 dioembre 1933, n. 1175, per 
il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, o dalle 
molteplioi norme dettate per la competenza delle 
Commissioni tributarie su questioni relative alla 
estimazione dei redditi ed ai criteri tecnioi discrezionali 
di tassazione (3), ovvero dall'articolo unico 
della legge 3 dicembre 1942, n. 1819 per la compe


(1) <<Raccolta completa giurisprudenza Consiglio 
Stato�, 1952, pag. 1330. 
(2) LESSONA: La giustizia amministrativa, pag. 97. 
(3) ZANOBINI: Corso, 1946, vol. II, pag. 278. 
tenza del Comitato giurisdizionale centrale oirca la 
legittimit� dei provvedimenti di requisizione eseguite 
durante la guerra ed a causa di questa. 

Per cui, andava anzitutto riaffermato il prinoipio, 
che -in difetto di speoifica indi�aZione legislativa�nessuna 
deroga poteva ammettersi alla giurisdizione 
d'interessi del Consiglio di Stato; e che l'implicita 
attribuzione della medesima, per singole materie ad 
altro organo, doveva senz'altro escludersi. La quale 
proposizione era -del resto -tanto esatta, che 
proprio per la Corte dei Conti la competenza sugli 
eventuali vizi di legittimit� degli atti attinenti al 
rapporto d'impiego dei propri dipendenti, si era 
dovuta fissare con esplicita norma di legge (l), anteriore 
all'art. 29 del T. U. del 1924 su Consiglio 
di Stato; e peroi� dettata evidentemente in deroga 
alla generale giurisdizione d'interessi riconosoiuta 
ad esso Consiglio dall'art. 24 del T. U. 2 giugno 
1889, n. 6166, trasfuso poi nell'art. 22 del T. U. 
17 agosto 1907, n. 638, e nell'art. 26 del vigente 

T. U. del 1924. 
* * * 

Ci� posto, l'ulteriore indagine indispensabile per 
la risoluzione del contrasto, doveva preoccuparsi di 
accertare, se dalle specifiche disposizioni relative 
alla tutela giurisdizionale in materia pensionistica, 
poteva desumersi l'attribuzione alla Corte dei Conti 
anche della competenza per lesione d'interessi. E 
cos� si sarebbe assodato, che sia dall'art. 174 del T. U. 
21 febbraio 1895, n. 70 sulle pensioni, ohe dagli 
articoli 13 e 62 del T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, 
sull'ordinamento della Corte, la compet�nza affidata 
a tale Organo risulta ristretta alle sole questioni relative 
a diritti; prevedendosi il suo intervento quando 
la pretesa al trattamento di quiescenza si � ormai 
concretata in un diritto perfetto del dipendente, e . 
oio�: o in sede di ricorso �contro i provvedimenti 
definitivi di liquidazione di pensione �, ovvero -nel 
caso di rifiuto o di inerzia dell'Amministrazione per 
l'emanazione di sentenze sostitutive del decreto 
di collocamento a riposo con declaratoria �dell' essersi 
verificate nell'impiegato dello Stato ... -le condizioni 
dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il 
diritto a pensione� (art. 62 cit., 1� e 20 comma) (2). 

Perci�, con concorde opinione, non si � mai per 

il passato dubitato, che la competenza in materia 

della Corte fosse sostitutiva di quella del giudice 

ordinario; e quindi relativa alla sola lesione di di


ritti, e non anche d'interessi (3). N�, a nostro av


viso, potrebbe ora dubitarsi dell'esattezza della deci


(1) Art. 58 della Legge 22 novembre 1908, n. 693, 
riaffermato nell'art. 65 dell'attuale T. U. del 1934; 
CAMMEO : La competenza della Corte dei Conti sui 
reclami dei propri impiegati, in << Giur. It. "� 1912, 
III, 33. 
(2) Ad identica conclusione si poteva pervenire anche 
nel vigore dell'art. II della Legge 14 agosto 1862, 
n. 800, istitutiva della Corte dei Conti. Con .. il quale 
ad una Sezione di essa, erano state commesse le operazioni 
di liquidazione della pensione, ed alle Sezioni riunite, 
era stata attribuita la decisione dell'eventuale 
ricorso contro la liquidazione medesima. 
(3) Corte dei Conti, 12 novembre 1948, in <<Foro 
Amm. �, 1949, III, 28. Vedi anche i richiami di cui alla 
precedente nota n. 4. 
w. 

-225


sione annotata; nella quale ricorreva appunto l'ipotesi 
della lesione di un mero interesse dell'ex dipen


dente alla riammissione al trattamento di quiescenza 
(1). 
* * "' 

Il secondi> argomento, indicato dal Consiglio di 
Stato a conferma della propria competenza, non 
sembra molto valido. 

Se � esatto, invero, che la destituzione rappresenta 
un provvedimento disciplinare incidente sul rapporto 
d'impiego (e come tale soggetto al solo sindacato 
del giudice amministrativo) e che la perdita del diritto 
a pensione pu� considerarsi una pena accessoria 
della destituzione (2); non per questo sar� 
consentito supporre una necessaria attrazione delle 
controversie relative alla perdita o al mancato riacquisto 
di tale diritto, nella competenza esclusiva del 
Consiglio di Stato. 

Gi�, infatti, il diritto a pensione -se pure � 
radicato nel rapporto d'impiego e direttamente infiuenzato 
dalle vicende di esso -tuttavia rappresenta 
sempre un interesse autonomo, che si afferma come 
diritto perfetto proprio quando il rapporto d'impiego 
viene a cessare (3). Inoltre, sia nella perdita del 
diritto a pensione per destituzione, che nell'eventuale 
riacquisto di esso a seguito di riabilitazione, ricorrono 
ipotesi del tutto estranee al rapporto d'impiego, 
e possibili proprio perch� questo � stato risolto. Per 
cui, se in genere accade di imbattersi in controversie 
relative a provvedimenti incidenti direttamente sul 

(1) � tuttavia qui opportuno segiialare, che la 
decisione medesima risulta contraria a quella resa in 
questione analoga dalla Sez. IV il 13 febbraio. 1952 
(n. 157, in � Racc. compl. giur. Consiglio Stato'" 1952, 
pag. 150); con la quale -proponendosi d'ufficio l'indagine 
relativa alla propria competenza -l'Organo 
giudicante ebbe a declinarla in favore della Corte dei 
Conti. Tale pronunciato, per�, � sfmnito di una adeguata 
motivazione; essendosi la Sezione semplicemente 
limit~a a riportare il secondo comma dell'art. 62 del 
T. U. del 1934 sulla Corte dei Conti, ed a richiamare 
un preteso conforme suo precedente, reso in data 7 dicembre 
1937 (Sez. IV, n. 516, in � Giur. It. '" 1938, 
III, 197). E si � detto preteso precedente, perch� quest'ultima 
decisione era stata emanata in sede di interpretazione 
della prima parte dell'art. 185 del T. U. 
n. 70 del 1895 sulle pensioni, anteriormente alle innovazioni 
introdotte in materia con il D. L. 3 giugno 1938, 
n. 1032. La controversia allora discussa, verteva infatti 
sul punto, se avesse o meno il dipendente destituito 
per condanna penale e privato della pensione, 
il diritto a conseguire ope legis per effetto della riabilitazione, 
la riammissione al godimento del trattamento 
di quiescenza. Attualmente, invece, e stabilendo l'art. 2 
del citato decreto, che i dipendenti comunque incorsi 
nella perdita del diritto a pensione e riabilitati, sono 
riammessi al trattamento di quiescenza a seguito di 
parere favorevole della speciale Commissione di cui 
si � fatto cenno al principio di questa nota, � evidente 
che non solo non � pi� possibile affermare un diritto 
all'automatico riacquisto della pensione quale conseguenza 
della riabilitazione, ma non � pi� nemmeno 
ipotizzabile in materia un diritto qualsiasi, data la facolt� 
di discrezionale valutazione consentita all'Amministrazione. 
Perci�, come si � notato, il richiamo 
non era pertinente; trattandosi di fattispecie profondamente 
diverse. 
(2) ZANOBINI: Oorso, 1946, vol. III, pag. 54. 
(3) PETROZZIELLO: Il rapporto di pubblico impiego, 
nel "Trattato di Dir. amm." diretto dall'Orlando, 
vol. 2�, P� III, pag. CCCLXIII e CCCLXX. 
rapporto d'impiego e di rifiesso soltanto rilevanti 
ai fini della pensione (in quanto, appunto, le circostanze 
proprie di quel rapporto hanno una ripercussione 
decisiva sul trattamento di quiescenza), 
e perci� conosciute in sede esclusiva dal Consiglio 
di Stato; tuttavia non � affatto da, escludere la possibilit� 
di trovarsi di fronte ad atti rilevanti ai soli 
fini della pensione, nel qual caso � ovvio ritenere 
che la tutela giurisdizionale utilizzabile non potr� non 
essere che quella propria del rapporto giuridico leso. 

Tanto, del resto, era esattamente capitato nelle 
controversie in esame, nelle quali non si faceva minimamente 
questione del rapporto d'impiego, da tempo 
cessato per� destituzione; ma solo dell'uso del potere 
discrezionale consentito all'Amministrazione, di riammettere 
o meno a godere del trattamento di quiescenza 
gli em dipendenti riabilitati. 

Non ricorreva, quindi, nessun legame tra rapporto 
d'impiego ed interesse a riacquistare la pensione, 
e la competenza a provvedere da parte del 
Consiglio di Stato, non poteva essere che soltanto 
quella dipendente dalla giurisdizione generale di 
legittimit�, trattandosi precisamente di decidere sulla 
asserita lesione di un interesse, riconosciuto in via 
autonoma e come tale indubbiamente meritevole di 
autonoma e propria tutela. 

(G. DEL GRECO) 
COMPROMESSO ED ARBITRI -Clausola compromissoria 
inserita in un contratto di appalto di opera 
pubblica -Non necessit� di approvazione per iscrittoCompetenza 
arbitrale e ordinaria-Decreto ingiuntivoOpposizione 
-Diritto a far valere la �Clausola compromissoria. 
(Corte di Cass.; Sez. I, Sent. n. 1808-52 -
Pres.: Piacentini; Est.: Di Vberti; P. M.: Azara; 
Ditta Pace contro Comune Pacentro). 

Non pu� essere invocata la disposizione dell'ultima 
parte dell'art. 1341 Codice civile, concernente 
la necessit� di approvazione per iscritto 
delle clausole limitative del contratto, allorch� 
trattisi di clausola compromissoria inserita in un 
contratto di appalto di opera pubblica, la cui effi


cacia deriva, oltrech� dalla volont� negoziale 
espressa dalle parti contraenti, anche dall'art. 42 
del Capitolato generale per le opere pubbliche, 
che impone, con la imperativit� propria di una 
norma di diritto obiettivo, la inserzione di quella 
clausola in ogni contratto di appalto in cui � parte 
contraente la Pubblica Amministrazione. 

La richiesta del decreto ingiuntivo, anche se 
possa apparire giustifi.cata da una prova documentale, 
esprime niente altro che una pretesa, 
la quale potr� divenire diritto soltanto se mancher� 
la opposizione. Se la opposizione viene proposta 
si apre la fase contenziosa e, se le parti 
sono vincolate da una clausola compromissoria, 

hanno diritto, in virt� di essa, di far giudicare 
dagli arbitri, anzich� dall'Autorit� giudiziaria, 
la controversia in tal modo insorta. 

1. La clausola compromissoria, derogando alla 
competenza dell'Autorit� giudiziaria, deve esserrJ 
approvata specificamente per iscritto qualora sia 
compresa in condizioni generali di contratto (1341 
Codice civile). In una nota apparsa sulla � Giur. 
Compl. Cass. Civ. � 1945, I. 60, A. D. Giannini 
~ 


-226 


adombr� la tesi che questa approvazione specifica la possibilit� dell'applicazione dell'un. 1341 O&dioe 
fosse richiesta anche per gli arbitrati obbligatori, civile ai contratti stipulati fra enti pubblici e privati, 
previsti dai capitolati generali per le opere pubbliche. � con richiamo alle .norme dei capitolati, o di altre 
Lo stesso Giannini non nascose per� la difficolt� di generali condizioni: Infatti, in questi contratti, non 
estendere l'applicazione dell'art. 1341 al campo dei pubsi 
ha propriam�nte una predisposizione unilater�le 
blici appalti, il quale � regolato da norme tutt'afdi 
condizioni, ma un vero � �proprio regolamento 
fatto speciali, che lasciano scarso adito all'applicalegale 
del rapporto, che assume caratteri del tutto 
zione integrale delle norme comuni; inoltre, i capipeculiari. 
� merito del Balandra (� Riv. Dir. comm. � 
tolati hanno di per s� stessi una tale pubblicit�, da 1928, I, 515, e segg.) av(!r messo in luce questi 
rendere in gran parte superflua quella particolare caratteri, che delineano una figura di contratto per 
tutela, che il secondo comma dell'art. 1341 Oodice adesione tutt'affatto speciale, rispetto ai. contratti 
civile mira appunto ad assicurare. congeneri. E va precisato che l'esistenza di un rego


Questi rilievi non parvero decisivi al Giannini lamento preventivo legale non richiede, secondo il 
per escludere la necessit� dell'approvazione specifica: Salandra, un atto legislativo: � sufficiente un atto 
ma ad essi possono aggiungersene altri, che dimoamministrativo 
di approvazione del regolamento 
strano chiaramente come la tesi sia insostenibile. come fonte normativa, per conferire quel carattere 

Non � inopportuno premetterec he per i contratti di universalit� e di inderogabilit� anche per la Pubstipulati 
dalle Amministrazioni statali la questione blica Amministrazione, nel quale si manifesta apnon 
potrebbe neppure sorgere. Di fronte agli artipunto 
l'aspetto legale -e non puramente contratcoli 
59 e 99 del regolamento di contabilit� dello Stato, tuale -del regolamento. 

l'approvazione specifica di cui all'art. 1341 Oodice In virt� di questi effetti vincolativi, la struttura 
civile appare inattuabile. (Cfr. MoRONE, in Riv. di normale del contratto di adesione subisce alcuni adatdiz. 
e proc. civ. 1949, 230, e recensione su questa tamenti: il pi� importante dei quali � la minore 
Rassegna, 1949, 179). rilevanza della volont� delle parti ai fini dell' obbli


Se � sufficiente la menzione dei capitolati, senza gatoriet� del regolamento stesso. Poich� questo opera 
necessit� di allegarli ai contratti, � infatti imposs~al 
di sopra di entrambi i contraenti, questi vengono 
bile pretenderne l'approvazione specifica, giacch� a trovarsi rispetto ad esso non in una posizione 
questa presuppone l'esistenza materiale della claucontrattuale 
(libert� di predisposizione, da un lato, 

sola da sottoscrivere: cio�, una vera e propria trae 
libert� di adesione, dall'altro), ma nella posizione 
scrizione delle condizioni contrattuali, che � invece caratteristica delle obbligazioni ex lege. In altri teresclusa 
dagli articoli citati. Ma, indipendentemente mini, il richiamo al regolamento legale del rapporto 
da questo argomento testuale, va osservato che le viene a configurare una comune relatio, che non 
norme dei capitolati sono obbligatorie nei rapporti richiede necessariamente la tutela dell'art. 1341 
fra Stato ed altri contraenti non gi� in forza di una Oodice civile (MESSINEO: Manuale, vol. II, pag. 484); 

adesione di questi, ma in forza del carattere di nortenendo 
peraltro presente che qui la relatio si verifica 
me dispositive insito nei capitolati stessi: carattere rispetto ad una fonte regolatrice del contratto stesso, 
recentemente confermato dalla Oorte Suprema nella anzich� ad un elemento del suo contenuto obiettivo. 
sentenza 5 l1lglio 1951, n. 1761 (�Foro It. � 1951, La giurisprudenza appare, al riguardo, nettaI, 
475 con richiami; questa �Rassegna n 1951, 120). mente orientata nei sensi sopra esposti. Anzi, si 

La questione pu� sorgere, quindi, soltanto per i direbbe che la tendenza sia piuttosto di ravvisare 
contratti di altri enti, diversi dallo Stato, che facciano forme di regolamenti legali anche l� dove i caratteri 
richiamo a condizioni generali o norme di capito
� propri di siffatti regolamenti sembrano piuttosto 
lati statali, ovvero ad altre condizioni approvate evanescenti. Perfino nella clausola a stampa dei 
da organi pubblici, predeterminate per regolare unifortagliandi 
della Sisal, che avvertiva come cc per quanto 
memente i rapporti fra detti enti ed i terzi contraenti. non previsto in questo estratto valgono le norme del 
Per una esatta impostazione della questione � regolamento ufficiale, approvato dalle competenti 
utile avvertire che l'art. 1341 Oodice civile trova la autorit� �, si ritenne sussistente un vero e proprio 
sua giustificazione non tanto in una esigenza proregolamento 
legale, non soggetto all'adesione specipria 
del contratto di adesione, la cui figura dogmafica 
dell'art.1341 Oodice civile (O. Appello di Milano, 
tica � discussa (SIMONOELLI SoIALoIA, �Foro It. � 11 febbraio 1949, cc Riv. Dir. comm. � 1949, II, 332); 
1949, IV, 33), quanto piuttosto nello scopo di evimentre 
� almeno dubbio che semplici autorizzazioni 
tare che il contraente cos� detto pi� forte sorprenda di P. S., limitate all'accertamento degli estremi per 

e sopraffaccia, con la predisposizione di condizioni legittimare il giuoco, possano aver l'effetto di conf eparticolarmente 
onerose, il contraente pi� debole. rire vigore normativo alle condizioni cos� approvate. 
Ora, � chiaro che sfuggono a questo angolo di visuale Se, in queste particolari fattispecie, deve essere esclusa 
i contratti fra pubbliche amministrazioni ed i pril'applicazione 
dell'art. 1341 Oodice procedura civile 

vati, non essendo concepibile, neppure in astratto, secondo comma, ci� avviene piuttosto per il motivo 

un intento vessatorio da parte di un ente pubblico che cc nel giudicare di tale applicabilit� non si pu� 

(O. Appello di Genova, 16 maggio-27 giugno 1950 -prescindere dalla ratio di quella disposizione e da 
Impresa Parodi c. Oomune di Genova e Min. Inquelle 
eventuali peculiarit� del contratto che. possano 
terni, inedita; O. Appello di Genova, 4 gennaio-14 far apparire non confacente alla Kpecie il rimedio 
febbraio 1950, Peragine c. ARAR, inedita; Tridel 
secondo comma� (Oass. 14 aprile 1950, n ..'956, 
bunale di Torino, 24 aprile 1950, cc Temi n 1951, cc Foro It. � 1950, I, 677 con nota di Simoncelli 
263, confermata da O. Appello di Torino 22 giugno Scialoja). Alla luce di questi criteri va risolta la 
1951, cc Foro Pad. n 1951, 1242). Ma, a parte questa questione per altre ipotesi, per es. per le condizioni 
considerazione, una ragione pi� prof onda esclude generali delle polizze di assicurazione, approvate 

-227 


daWAutorit� amministrativa; mentre sfuggono certamente 
all'applicazione dell'art. 1341, secondo comma, 
quelle clausole che trovano la loro consacrazione 
in fonti sussidiarie del diritto, come deterrdnati 
usi (Tribunale di Genooa, �Foro It. �, 1950, I, 364). 

In questo orientamento giurisdizionale si inquadra 
per l'appunto la sentenza 15 aprile 1949, n. 913, 
della Oorte Suprema, che esclude l'applicabilit� dell'art. 
1341, .Oodice civile alle vendite fatte dai comuni 
mediant.e licitazione, in base a capitolati d'oneri approvati 
dalle autorit� competenti. La Oassazione 
arri'V� a questa conclusione negando che tali contratti 
rientrassero nella figura dei contratti di adesione(
� Giur. Oompl. Oass. Oiv. �, 1949, I, pag. 575): 
notevole premessa, che sen:ibra costituire una resipiscenza 
rispetto alla precedente sentenza a Sezioni Unite 
21 giugno 1945, n. 448 (� Giur. Oompl. Oass. Oiv. ,,, 
1945, II, pag. 22) la quale aveva riconosciuto invece 
che nei contratti stipulati in base a capitolati 
� si delinea, sostanzialmente, la figura giuridica dei 
contratti di adesione �. 

L'attuale pronuncia della Oorte Suprema non 
sembra addentrarsi in questa delicata questione, 
limitandosi ad osservare che la clausola arbitrale � 
pre'l]ista come obbligatoria dall'art. 42 del Oapitolato 
generale approvato con D. M. 28 maggio 1895, 
il che pone la clausola stessa al di sopra di una semplice 
pattuizione contrattuale. Soluzione, codesta, 
senza dubbio corretta, che presuppone tuttavia -attraverso 
il richiamo dell'art. 294 del T. U. della 
legge comunale e provinciale -il riconoscimento 
di una oi-iginaria forza cogente dello stesso art. 42 
del Capitolato generale. In altri termini, presuppone 
appunto quel riconoscirr. ento del carattere di regolamento 
legale del rapporto, che lo svincola dalle strettoie 
dell'art. 1341 Codice civile. 

2. La seconda massima trova un precedente nella 
sentenza 9 marzo 1943, n. 553, della stessa Oorte 
Suprema (�Foro. It. � 1943, I, 836, con nota di 
MIOHELI; � Riv. Dir. e Proc. civ. �, 1998, 424). 
Secondo l'art. 645 Oodice procedura civile il giudizio 
di opposizione a decreto ingiuntivo deve svolgersi 
davanti al giudice adito per il decreto. Sebbene non 
siano mancate pronunce che hanno qualificato come 
funzionale questa competenza del giudice rispetto 
alle opposizioni (Oass., 15 giugno 1951, n. 1559, 
�Mass. Foro It. ii, 1951, 379), non v'� dubbio che 
�essa pu� considerarsi tale solo ricorrendo determinati 
presupposti: cio�, previ quei controlli derivanti 
dalle funzioni ordinatorie-preparatorie del giudice, 
che secondo il Redenti investono le questioni pregiudiziali. 
Non sarebbe infatti ammissibile che l'eventuale 
emissione di un decreto ingiuntivo da parte 
di un giudice incompetente rendesse quest'ultimo, 
sempre e definitivamente, competente in ordine al 
merito. In questo caso il giudice adito rimane invece 
competente solo a giudicare della propria incompetenza, 
e nulla pi�. 

Per giungere a questa conclusione, la Oorte Suprema 
ha ancora una volta ribadito quella resolutio 
in via dtationis, che altre volte essa aveva affermato 
come automatica conseguenza dell'opposizione. Senonch� 
va osservato che questa trasformazione (o diminuzione) 
del decreto in una semplice pretesa vale 
soltanto rispettQ allo svolgimento del giudizio di op


posizione; non vale -o almeno non vale sempre rispetto 
alla pronuncia che chiude questo giudizio: 
giacch� sembra chiaro che la reiezione dell'opposiz�one, 
provocando un consolidamento di efficacia 
del decreto, determini un effetto o un fenomeno diverso 
dal semplice accoglimento �ai domar�la. � 

Riaffermata la trasformazione del decreto in semplice 
pretesa, la Oorte ha aggiunto che rimane in 
facolt� delle parti (e quindi non solo dell'opponente) 
il diritto di eccepire la competenza arbitrale: conseguenza 
che pare del tutto coerente con la particolare 
posizione del richiedente il decreto ingiuntivo, il cui 
ricorso all'autorit� giudiziaria (improponibile davanti 
agli arbitri) non implica �alcuna rinuncia alla 
competenza arbitrale per il merito. L'assimilazione 
di questa competenza alla competenza per territorio 
(Oass. 19 gennaio 1948, n. 75, cc Mass. Foro It. �, 
1948, 16; Oass. 31 luglio 1951, n. 2279, � Giur. 
Oompl. Cass. Oiv. �, 1951, II, p. 837) e quindi i 
limiti temporali e sostanziali della relativa eccezione 
(art. 28 e 38 Codice procedura civile) non sembrano 
rilevanti in questa situazione. � vero che, per coloro� 
i quali ritengono preclusa all'attore l'eccezione di 
incompetenza per territorio (D'ONOFRIO: Commento, 
vol. I, 71), l'equiparazione �ricorrente-attore� potrebbe 
portare all'estrema conseguenza di estendere 
al primo tutte le preclusioni stabilite per il secondo; 
ma questa illazione ci sembra da respingere. Ohi 
richiede un decreto ingiuntivo al giudice stabilito 
dalZ'art. 637 Codice procedura civile si rivolge al 
giudice effettivamente competente, s� che non si verifica 
quella implicita deroga alla competenza, che 
pu� ravvisarsi nel comportamento dell'attore che 
adisca un giudice territorialmente incompetente, o 
nel comportamento del convenuto che ometta di sollevare 
l'eccezione nei termini previsti. 

La sentenza annotata ha, dunque, esattamente 
attribuito ad entrambe le parti -ricorrente ed opponente 
-la facolt� di eccepire la competenza arbitrale: 
ma non ha proseguito nell'indagine, e non ha 
sufficientemente chiarito la portata della eccezione 
nei confronti del decreto ingiuntivo. 

Era questo senza dubbio il punto pi� interessante 
della questione. La sentenza 9 marzo 1943 della Cassazione 
aveva ritenuto ehe il giudice adito, aeeolta 
la eeeezione di ineompetenza per la sussistenza della 
competenza arbitrale, potesse anche dichiarare l'inefficacia 
del decreto. Soluzione, codesta, che il Micheli 
e la Sbaiz qualificarono errata, sostenendo che l'annullamento 
del decreto potrebbe in ipotesi �derivare 
solo dall'eventuale decisione degli arbitri, e non dalla 
sentenza declaratoria di incompetenza del giudice 
adito in sede di opposizione. Ma � evidente che la 
tesi del M icheli � fondata, o almeno � agevolata dalla 
sua particolare concezione dei rapporti fra decreto 

e. giudizio di opposizione, ritenuti due fasi del tutto 
distinte e separate. Da questo angolo di visuale � 
relativamente facile scorge1�e, nel lodo arbitrale di 
accoglimento dell'opposizione, una decisione che non 
importi modificazione del proovedimento del giudice 
~modificazione inammissibile, in qtJ,anio esor-_ 
bitante dai poteri degli arbitri -ma semplicemente 
ne paralizzi gli effetti. Il che trova riscontro in altre 
situazioni, di cui la pi� nota � forse la sovrapposizione 
della sentenza sulle decisioni giurisdizionali delle Commiss.
ioni per le imposte; l'autonomia dei procedimenti 

-228 


non permette, infatti, l'annullamento della decisione 
delle Commissioni, ma solo la pratica eliminazione 
dell' aeeertamento conseguente alla decisione stessa. 

La spiegazione di questo fenomeno., tuttavia, diviene 
meno agevole se in luogo dell'autonomia dei 
procedimenti (o delle situazioni) si configura una 
continuit� di fasi di uno stesso procedimento. Se � 
vero ohe �l'opposizione a decreto ingiuntivo determina 
un giudizio di cognizione in cui la domanda 
giudiziale � costituita dal ricorso notificato al debitore, 
e non dall'atto di opposizione� (Cass. 12 febbraio 
1947, n. 182 � Giur. eomp. Cass. eiv. � 1947, 
I, pag. 250), eome la sentenza annotata conferma, 
diviene estremamente� arduo scindere il decreto dalle 
vicende del giudizio di opposizione. 

Pi� logica appare la soluzione data dalla sentenza 

n. 553 del 1943, nel senso ohe l'incompetenza dichiarata 
dal giudice adito di fronte alla riconosciuta 
competenza arbitrale, si riverberi anche sul decreto 
rendendolo senz'altro ineff�eaee. � effetto connaturato 
alla sentenza una particolare retroattivit� al momento 
della domanda; ed anche una declaratoria di incompetenza 
provocata da una eeeezione rimessa alla vovolont� 
delle parti (o anche di una sola parte) mantiene 
senza dubbio inalterato questo particolare effetto. 
Quando il giudice adito aeeoglie l'opposizione 
per motivi di incompetenza, anehe per territorio, 
� � naturale ohe venga meno anche il decreto ingiuntivo 
da lui esaminato. Ci� � una conseguenza di 
diritto che non ha bisogno di una particolare statuizione
� (Cass. 4 febbraio 1949, n. 160 -Sett. 
Oass. 1949, 136). Non vediamo pereh� questo automatismo 
non debba funzionare nel easo dell'incompetenza 
derivata dall' eeeezione di compromesso. 
Nonostante le differenze sopra aeeennate fra la 
incompetenza per territorio e l'incompetenza derivante 
dal compromesso in arbitri, sembra ohe la 
innegabile competenza iniziale del giudice ordinario, 
valga solo in via provvisoria, essendo subordinata ad 
un determinato evento sueeessivo (proposizione o meno 
dell'eeeezione), i eui effetti non possono non retroagire. 

Esclusa la possibilit� di una sospensione -giae~ 
ch� lo strumento offerto al giudice ordinario dell'articolo 
295 Codice civile non sembra utilizzabile rispetto 
alle controversie rimesse agli arbitri, che non 
sono �giudici � in senso tecnico -non resta al giudice 
ordinario ohe provvedere sull'opposizione, cio� 
giudicare sul decreto. Ci� non significa giudicare 
nel merito (efr. Cass. 1949-160 test� citata) ma significa 
nee�ssariamente sostituire al decreto la pronuncia 
del giudice. Di ei� si ha la riprova nel easo di 
aeeoglimento parziale dell'opposizione: l'art. 653 
Codice procedura civile � esplicito nell'avvertire ohe 
in tale ipotesi �il titolo esecutivo � costituito esclusivamente 
dalla sentenza �: ci� importa una vera 
e propria sostituzione della sentenza al decreto. In 
altri termini, inversamente di quanto aeeade alla 
reiezione dell'opposizione, l' aeeoglimento (totale o 
parziale) di questa fa s� ohe il decreto venga, per ei� 
solo, in tutto o in parte sostituito da una pronuncia 
giurisdizionale: e non si riesce a comprendere �eome, 
possa sopravvivere il decreto in una pronuncia di 
incompetenza, ohe ad esso si sostituisce. 

Nel easo preso in esame dalla sentenza annotata, 
spettava dunque agli arbitri decidere il merito della 
controversia, eome avverte esattamente la Cassazione: 

ma ei� non implica certamente ohe una reiezione 
in sede arbitrale delle ragioni di merito dell' opponente, 
abbia il �taumaturgico effetto di far risorgere 
il decreto ingiuntivo, una volta ohe il giudice ordinario, 
adito in sede di opposizione, abbia emesso 
una sentenza definitiva di incompetenza. 

(A. O.) 
FERROVIE -Inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe 
per il trasporto delle cose sulle Ferrovie dello Stato Indennizzi 
stabiliti nell'art. 68 Condizioni e Tariffe 
per la perdita e l'avaria di cose trasportate -Svalutazione 
monetaria -Debito di valuta -Applicabilit� 
art. 1224 Codice civile (Corte di Cass.; Sez. Unite civili, 

n. 2589-52 -Pres.: Mandrioli; Est. : Lonardo; Pubblico 
Min.: Eula -Ferrovie dello Stato c. Di Furia). 
Le condizioni e tariffe per il trasporto delle� cose 
sulle Ferrovie dello Stato sono inderogabili in ogni 
loro parte. 

Pertanto gli indennizzi per la perdita o l'avaria 
di cose trasportate devono essere liquidati in base 
all'art. 58 delle Condizioni e Tariffe medesime. 

Tale articolo stabilisce una predeterminata liquidazione 
legale del danno e la obbligazione relativa 
costituisce obbligazione pecuniaria sottratta agli 
effetti della rivalutazione. 

Riportiamo testualmente le parti della motivazione 
della sentenza ohe chiariscono le massime sopra indicate. 
� ��� La legge inderogabile sui trasporti delle 
cose sulle Ferrovie dello Stato � costituita dalle Condizioni 
e Tariffe approvate con R. D. 25 gennaio 1940, 

n. 9, giaooh� se � vero che anehe i trasporti ferroviari 
traggono norma dal Codice civile, � vero pure che que-fil 
sto non si sovrappone alla legge speciale, ohe, in mate-m 
ria, � sotto molti riguardi assorbente, come si rileva fili 
limpidamente dal disposto dell'art. 1680. Orbene, pre-,~ 
cisa l'art. 1, par. 3, di detta legge speciale che le 
condizioni e tariffe devono essere strettamente applicate 
in ogni loro parte, che qualunque deroga ad essa rf: 
� nulla di pieno diritto. Di tal che dalla in�erogabi-~j\ 
lit� delle norme che disciplinano in modo integrale r 
i contratti di trasporto delle cose per ferrovia deriva [1' la conseguenza che agli obblighi dell'Amministrazione 
anche in ordine alla liquidazione delle inden1


nit� per perdita ed avaria debbono essere rigorosa-m 

mente circoscritti nell'ambito dei precisi limiti sta-1�=� 
biliti dalle Condizioni e Tariffe ohe rappresentano 
un blocco ferreo di Norme cogenti. ~ 

... venendo pi� dappresso al thema decidendutn g 
oeeorre subito sottolineare che gi� dalla rubri�a del-k 
l'art. 58 che parla di �indennit� per avaria e per la ~ 

~~:d~~~:n=in~:tr::o~:i~ote~~r::n!or::;;ir~ a~l~;:'t~: ,~:',,.=�.�


1�.:,'.=i.�';��� .. 

I 
.. 

ressato, in caso di avaria o di perdita delle cose trasportate, 
altro non sia e rappresenti che un debito �

1 

di valuta, pereh� viene a sostanziarsi in una presta-;@ 
':i:;;;.~V::::::.7:,1� che ha efleUo !ilma!<Yl"io ai fini 

Ma ogni dubbio al riguardo resta fugato quando r�;i 
l'interprete si faccia a considerare lo spirito e lq,_ le(; @. 
tera della legge, la quale, con il disporre al para-.,. 
grafo 2 dell'art. 58 che in caso di perdita, totale o ~ID 
parziale, l'Amministrazione corrisponde: p:

a) per le cose contemplate nei capoversi a, $ 
h, c par. 1 dell'art. 6 spedite a bagaglio, a grande I 

V" 


i MJll. rnrn i MJll. rnrn 
-229 


o a piccola velocit�,� <e lire 100 per ogni chilogrammo 
di peso lordo ))' mette nitidamente in risalto e stabilisce 
senza possibilit� di equivoci o di dubbi che la 
liquidazione della indennit� � fatta forfettariamente 
con riferimento all'epoca della spedizione. 
N� il carattere di debito di valuta, muta nella ipotesi 
disciplinata alla lettera e dello stesso paragrafo, 
l� dove � precisato che l'Amministrazione corrisponde, 
sempre in caso di perdita totale o parziale, 
per tutte le altre cose comunque spedite, il cc valore � 
ordinario, debitamente comprovato, che avevano le 
cose della stessa qualit� e specie nel luogo e nel 
tempo in cui vennero accettate per il trasporto. A 
prescindere invero, che la locuzione cc valore )) usata 
nell'art. 58 altro non � che il � prezzo corrente � di 
cui parla l'art. 1696 Codice civile,, giova considerare 
che il legislatore, stabilendo in modo inderogabile 
la indennit� secondo il valore delle cose, rapportato 
a. specifici criteri cronologici e spaziali, fissa 
automaticamente la conversione o traduzione del debito 
di valore in debito di valuta, cristallizza cio� 
una situazione che non pu� subire alterazioni o 
cangiamenti nel tempo. 

A conforto e conferma d�l quale opinamento non 
pu� essere sottaciuto che il legislatore stesso stabilisce 
dei limiti insormontabili; vale a dire dei massimi 
di tale indennit� risarcitoria, in quanto aggiunge 
in terminis. La indennit� dovuta per queste cose 
non potr� superare lire 1000 per ogni chilogrammo 
di peso netto, oltre il valore dell'imballaggio. 

Ed allora non v'� chi non veda che con l'art. f.8 
in disputa si ha una predeterminata liquidazione 
legal� del danno., per cui l'obbligazione per l'inadempimento 
� unicamente quella stabilita dalla legge. 
In altri termini, il giudice � tenuto a liquidare il 
danno della perdita e dell'avaria, in base ai prezzi 
unitari inderogabilmente prefissati nelle condizioni 
e tariffe o in misura non superiore a limiti anche 
essi prestabiliti, senza possibilit� di deroga, ed, appunto 
per tale specifico carattere dell'indennizzo 
dovuto, il danno verificatosi, la perdita o l'avaria 
della cosa trasportata, si trasforma automaticamente 
in un determinato ammontare monetario in luogo 
e vece della cosa perduta o danneggiata. 

A ben considerare ed approfondendo vieppi� la 
ricerca si pu� e deve riconoscersi come l'obbligo di 
corrispondere un valore non snatura, n� elimina il carattere 
pecuniario dell'obbligazione quando la aestimatio 
� soggetta e rimane vincolata ad un metro monetario 
prel/Jentivamente stabilito e inderogabile per legge. 

In altre parole ed in buona sostanza, il concetto 
che quando l'indennit� � determinata secondo criteri 
stabiliti dalla legge si ha fin dall'origine una 
obbligazione pecunaria vera e propria, cui � applicabile 
il principio nominalistico, ha virt� e forza 
operante anche nella specie, perch�, come si � avuto 
agio di puntualizzare, nei trasporti ferroviari, esiste 
una tariffa insuscettibile di deroga per gli indennizzi. 
Dalla quale verit� scaturisce la illazione che la tariffa 
stessa non pu� essere soggetta a rivalutazione che 
soltanto ed esclusivamente dal legislatore, proprio 
perch� i prezzi unitari ed i limiti massimi per il 
calcolo della liquidazione forfettaria del danno, vengono 
dallo stesso legislatore stabiliti, tenendo presente 
le condizioni del mercato, e vengono riveduti e modificati 
allorquando dette condiz~oni si presentino diverse�. 

Spetta, adunque, al legislatore operare la rivalutazione 
cos� delle tariffe come degli indennizzi dovuti 
in caso di perdita o di avaria delle cose trasportate 
ed il giudice non ha il potere di ricercare una equivalenza 
economica, precisamente perch�, al pari 
dell'accertamento concordato dalle� parti, �con la clausola 
penale, quando la prestazione dovuta per l'inadempienza 
� stata stabilita per legge in termini monetari 
gi� precisati (art. 58, paragrafo 2, lettera a) 

o senz'altro precisabili in base a tassativi criteri 
spaziali e temporali e senza che si possano superare. 
prefissati limiti (lettera e) dello stesso �paragrafo 
(secondo del medesimo art. 58), questa prestazione 
sostitutiva ha natura ed efficacia liberatoria, indipendentemente 
da un concreto, effettivo rapporto di 
correlazione economica fra essa e la prestazione originariamente 
dovuta e non adempiuta. 
A ribadire la esattezza della quale esegesi non pu� 
farsi a meno di osservare che, se il giudice nella 
soggetta materia non ha il potere di liquidare la 
indennit� in modo da farla corrispondere al valore 
effettivo delle cose perdute per colpa dell' Amministrazione 
ferroviaria... � gioco/ orza riconoscere che, 
essendo il risarcimento dovuto soltanto parziale, 
giacch� alla relativa mitezza del prezzo del servizio -0orrisponde 
l'obbligazione di indennizzo entro confini pi� 
ristretti di quelli stabiliti dalle leggi generali, mancherebbe 
assolutamente al giudice qualunque base, un punto 
di partenza fisso su cui effettuare la rivalutazione. 

Infatti, la legge speciale (Condizioni e Tariffe) 
non ha stabilito che l'indennit� per perdita debba 
essere liquidata in misura sufficiente a coprire una 
determinata quota del valore intrinseco ed effettivo 
delle cose perdute per colpa del vettore ferroviario, 
ma soltanto ha fissato un preciso ed inderogabile 
criterio di liquidazione dell'indennit�. Perde cos�. 
ogni importanza e si svuota di contenuto il rilievo 
che la maggiore quantit� di moneta legale che l' autore 
del danno deve pagare in conseguenza della sval~
tazione monetaria servirebbe sempre a risarcire 
una stessa quantit� di danno, perch� tale principio, 
applicabile nelle comuni obbligazioni derivanti da 
fatto illecito, nelle quali il risarcimento in forma 
specifica rappresenta il fondamento razionale del 
concetto che il debito derivante da obbligazione extracontrattuale 
� debito di valore, non trova elementi 
di concreta legittimazione, in tema di obbligazioni 
derivanti da inadempimento del coutratto di trasporto 
ferroviario di cose; per le ragioni di sopra prospettate. 

Tanto meno a contrastare la delineata conclusione 
pu� aver forza e virt� persuasiva la considerazione 
che solo al momento della liquidazione giudiziale 
il debito dell'Amministrazione viene convertito in 
debito di valuta, donde la incidenza su di esso della 
svalutazione monetaria. 

A prescindere che, cos� ragionando, si confonde 
il momento della liquidazione giudiziale con quello 
della conversione del debito in valuta -che avviene 
e diventa produttiva di effetti ope legis all'atto del 
verificarsi dell'inadempimento, appunto perch� la 
particolare disciplina del risarcimento nel c�so attuale 
esclude che possano operare in pieno i comuni -principt 
del risarcimento del danno quale differenza 
fra due situazioni economiche, con la conseguenza 
ulteriore che il processo causale generatore del danno 
rimane circoscritto ai punti indicati dalla disci




ffe& % rg; lidi JfilLJ 


-230


plina speciale, con esclusione di ogni ulteriore consegu�nza 
dannosa -giova rivelare che, precisamente 
per tale natura del debito, � stato sottolineato 
che la decisione del giudice ha carattere meramente 
dichiarativo. Ne consegue, dato il criterio di liquidazione 
legale dell'adempimento delle Ferrovie dello 
Stato per la perdita od avaria delle cose trasportate, 
che la obbligazione sorga come una vera e propria 
obbligazione pecuniaria o, comunque, rispetto alla 
svalutazione, non si comporti diversamente. Del 
resto, secondo l'insegnamento di queste stesse Sezioni 
Unite (sent. n. 2159 del 1950) obbligazione pecuniaria 
non � soltanto quella che sorge specificamente in 
contemplazione di una somma di danaro, indipendentemente 
dal rapporto di corrispettivit� fra essa 
ed un bene diverso dal danaro, ma ogni altra che si 
concreti comunque nel dovere di corrispondere una 
determinata quantit� di moneta, anche se in funzione 
di moneta di scambio. 

Riassumendo: pu� adunque fondamentalmente ritenersi 
che, sustanziandosi l'inadempimento dell'Amministrazione 
ferroviaria in una obbligazione di 
somma con riferimento all'aestimatio rei al momento 
della spedizione, vale a dire in relazione ad un metro 
monetario fermo, il relativo debito si pu� considerare 
debito di valuta e si sottrae, pertanto, agli effetti 
della rivalutazione monetaria in caso di svalutazione. 

Tale conclusione porta anche alla innegabile conseguenza 
che, a torto, la sentenza impugnata ha 
ritenute applicabili alla specie le disposizioni del 
decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 
29 marzo 1947, n. 164. 

... Dalle discorse cose manifestamente consegue 
che vanno accolti il primo e secondo mezzo del ricorso 
principale con la precisazione che pur riconoscendo 
che l'indennizzo da corrispondersi dall'Amministrazione 
varia in applicazione dei criteri stabiliti dalle 
condizioni e tariffe sia un debito di valuta, resta per� 
salvo al magistrato di merito di accertare se per 
siffatto indennizzo la svalutazione possa venire in 
considerazione quale ulteriore danno risarcibile in 
caso di .mora dell'Amministrazione stessa (art. 1224, 
ultimo comma, Codice civile). Ma, come � ovvio di 
tale maggior danno da dedursi sempre dal creditore 
e che non sia interamente compensabile con gli interessi 
legali che costituiscono normalmente il corrispettivo 
per il ritardo nell'adempimento delle obbligazioni 
pecuniarie. occorre dare la dimostrazione che 
non solo faccia capo ad un danno colpevole ma che 
in concreto si sia realmente verificato ...� � 

Abbiamo ritenuto opportuno riportare buona parte 
della motivazione in diritto di questa sentenza, data 
la particolarissima importanza della decisione, con 
la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
hanno affermato, in materia di incidenza della svalutazione 
monetaria sugli indennizzi dovuti dal vettore 
per la perdita o l'avaria di merci affidate per 
il trasporto, un principio nettamente contrario a 
quello sul quale sembrava che si andasse cc consolidando 
� la giurisprudenza delle Sezioni Semplici. 

Queste ultime, infatti, pur fra la diversit� di opinioni 
manifestate dai Giudici di merito (cfr. le decisioni 
richiamate in questa cc Rassegna�, febbraio 1950, 
pag. 21), avevano affermato che il debito per gli 
indennizzi in precedenza indicati costituisse debito 

di valore e ci� avevano fatto in un primo tempo 
in relazione ai trasporti disciplinati dal diritto comune 
e poi anche, con la sentenza resa in causa 
Polvani c. Ferrovie dello Stato (Cass. Sez. I Civ., 

n. 4 del 1950), in relazione ai trasp�rti di merci 
sulle Ferrovie dello St�to, disciplinati dalla legge speciale 
ferroviaria. 
La sentenza in causa Polvani, pronunziata su 
conclusioni difformi del P. M., non ebbe critiche favorevoli 
(cfr. nota del FERR.ARINI in �Foro It. �1950, I, 
col.152 e segg.; nota in questa� Rassegna�, loc. citato). 

Soltanto l' Asquini, in una annotazione sulla Giurisprudenza 
completa della Corte Suprema di Cassazione 
(Sez. Civili, 1950, I, pagg. 277-278), si espresse 
in termini non del tutto contrari, ma anche egli non 
potette nascondet:si la seriet� di alcuni dei rilievi che 
alla decisione erano stati mossi e termin� la sua nota 
con il concludere: La tesi della Cassazione non 
manca di ardimento; ma mi sembra logicamente 
sostenibile, oltre che equa. 

In realt�, assai probabilmente, erano state proprio 
preoccupazioni di equit� che avevano indotto la Corte 
Suprema a pervenire ad una decisione che nemmeno 
all' Asquini appariva sostenibile in punto di diritto. 

La strada tracciata dalla Cassazione con la sentenza 
Polvani veniva poi naturalmente seguita da 
Tribunali e Corti di merito. 

Ma l'Avvocatura dello Stato, convinta che la questione 
meritasse un riesame, l'ha nuovamente portata 
innanzi alla Corte Suprema, sollecitando ed 
ottenendo che su di essa fossero chiamate a pronunziarsi 
le Sezioni Unite. 

Queste ultime hanno ora, con la decisione che si 
annota, pienamente accolto le ragioni che la difesa 
dello Stato, nell'interesse dell'Amministrazione ferroviaria, 
aveva prospettate. 

Le Sezioni Unite hanno preso l'avvio dal principio 
della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe, principio 
tassativamente stabilito dalla legge ferroviaria 
(art. 1, par. 3 delle Condizioni e Tariffe) e che in 
verit� era stato anteriormente alla sentenza Polvani 
sempre riconosciuto dalla Giurisprudenza. Senonch� 
nella decisione Polvani la Corte Suprema, che 
pur aveva espressamente dichiarato di tener fermo 
il principio stesso, lo aveva poi nella sostanza vulnerato, 
svol,gendo argomentazioni e pervenendo a conclusioni 
che apparivano con esso in stridente contrasto. 

Sicuramente inconciliabile con l'in<Jicato principio 
della inderogabilit� delle Oondizi-Oni e Tariffe 
era l'affermazione, contenuta nella sentenza Polvani, 
che, nella ipotesi di indennizzi per perdita 
od avaria di merci trasportate, f orf etariamente stabiliti 
nella loro misura unitaria oppure fissati nel 
loro ammontare massimo, per la quantit� di moneta 
stabilita come misura di tali indennizzi non � il valore 
nominale, ma il potere ai acquisto quello che 
conta. Tale affermazione non poteva certamente 
dirsi fondata sulla interpretazione letterale delle 
Condizioni e Tariffe n� poteva ritenersi che il legislatore, 
usando, nella determinazione degli indennizzi, 
espressioni valutarie (lire 100 al chilogrammo, :fing 
al 1947, forfetariamente stabilite, per alcune cat�gorie 
di merci; massimo di indennizzo di lire 1000 
al chilogrammo pe1� altre categorie), avesse tenuto 
in conto il potere di acquisto e non il valore nominale 
della moneta. Non si comprendeva peraltro come 



CTET ili 


-231 


potesse ritenersi jermo ed invulnerabile il principio 
della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe quando, 
.di fronte alla disposizione di cui all'art. 58, par. 2, 
lett. c, delle Condizioni e Tariffe, secondo la quale 
l'indennizzo va liquidato con riferimento al valore 
ordinario, debitam�nte comprovato, che avevano le 
cose della stessa qualit� e specie nel luogo e nel 
t�mpo in cui erano state accettate per il trasporto, 
il giudice affermava, nella sostanza, che si dovesse 

tener conto dei valori monetari correnti al momento 

della liquidazione giudiziale. � 

Le Sezioni Unite, riconfermando il principio 
della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe, hanno 
sicuramente avvertito l'inconciliabile contrasto in cui 
era incorsa la I Sezione Civile nella sua decisione 
ed hanno perci� affermato che dalla inderogabilit� 
delle norme che disciplinano in modo integrale 
i contratti di trasporto delle cose per ferrovie deriva 
la conseguenza che gli obblighi della .Amministrazione, 
anche in ordine alla indennit� per 
perdita od avaria debbono essere rigorosamente 
circoscritti nell'ambito dei precedenti limiti stabiliti_ 
dalle Condizioni e Tariffe, che rappresentano 
un blocco ferreo di Norme cogenti. 

A questo punto la questione specifica dedotta nel 

giudizio, e cio� la incidenza della svalutazione mone


taria sulla misura degli indennizzi dovuti per la per


dita o la avaria di merci trasportate sulle Ferrovie 

dello Stato, poteva dirsi risolta. 

Senonch� le Sezioni Unite hanno voluto svolgere 

una indagine pi� profonda ed acuta ed hanno perci� 

esaminato in termini generali il profilo, che ad esse 

veniva prospettato, del problema, tuttora di grande 

attualit�, della incidenza della svalutazione mone


taria sui rapporti di obbligazione. 

Esse sono cos� pervenute, attraverso un rigore 

scientifico e dialettico, che a noi pare veramente 

inattaccabile, alla affermazione di principi vale


voli non soltanto per il limitato campo dei trasporti, 

ferroviari o comuni, ma anche per rapporti giuridici 

aventi diverso oggetto. Richiamando il loro prece


dente insegnamento, contenuto nella sentenza n. 2159 

del 1950 (in � Giur. Compl. Corte Cass. n, 1950, 

II, n. 1975), hanno affermato che, nei casi in cui 

la legge od anche un accordo contrattuale prestabili


scano i criteri per la determinazione di una presta


zione in danaro, dovuta a seguito di inadempienza, 

tale prestazione costituisce oggetto di una obbliga


zione che �, fin dall'origine, pecuniaria o che, comun


que, rispetto alla svalutazione monetaria si comporta 

come tale. Di conseguenza il giudice, quando sia 

chiamato ad effettuare, nel disaccordo fra le parti, la 

liquidazione della prestazione, non pu� distaccarsi dai 

criteri che sono prestabiliti, non essendogli consentito di 

determinare una equivalenza economica fra i termini 

monetari, gi� precisati oppure precisabili in base a tas


sativi criteri temporali e spaziali, ed i valori monetari 

correnti al tempo in cui la sentenza venga pronunziata. 

La sentenza cio� pu� avere effetti costitutivi in 

ordine alla determinazione dell'entit� materiale del 

danno o a diverse questioni eventualmente dedotte 

nel giudizio ma non pu� mai averli in ordine alla 

liquidazione in moneta del danno stesso, dovendosi 

in questa limitare a dichiarare una aestimatio, vin


colata a valori monetari prestabiliti dalla legge o dal 

contratto e che, rispettivamente, il legislatore o la 

volont� delle parti, ma non il giudice, possono modificare 
. 

Si tratta di affermazioni che hanno indubbiamente 
una portata di carattere generale e che costituiscono 
una tappa importante nell' ancor iltibattuto proPlema 
degli effetti giuridici della svalutazione monetaria, 
tanto pi� in quanto la Corte Suprema � pervenuta 
alle sue conclusioni attraverso una motivazione 
ampia, completa, particolarmente elaborata. 

Troppe volte il problema era stato esaminato e 
risolto sia da giudici di merito che dalla Corte di 
Cassazione, nelle varie fattispecie in cui si era presentato, 
sulla base di una distinzione, non sempre 
ben definita, fra debito di valore e debito di valuta, 
intendendosi normalmente il debito di indennizzo 
come debito di valore. Ma anzitutto non � esatto 
che ogni debito di indennizzo sia un debito di valore, 
perch� talune volte l'indennizzo � determinato nel 
suo ammontare pecuniario dalla legge o dal contratto 
ed allora nel momento stesso in cui sorge l'obbligo 
alla corresponsione di esso, quale sostitutivo 
di un precedente obbligo rimasto inadempiuto, l'indennizzo 
stesso si atteggia immediatamente come debito 
di valuta. Ma vi ha dippi�. �Anche se si voglia 
genericamente ritenere che ogni debito di indennizzo 
costituisca un debito di valore, allorch�, ai fini dell'adempimento, 
si debba operare la conversione del 
debito di valore in debito di valuta, non si pu� non 
tener conto della circostanza che, eventualmente, la 
legge oppure la volont� delle parti abbiano gi� prestabilito 
i criteri per la determinazione della quantit� 
di pecunia atta a liberare dalla obbligazione. 
� il caso, gi� pacificamente risolto dalla giurisprudenza, 
rich'iamato anche dal Procuratore generale 
nella requisitoria pronunziata nella discussione del 
ricorso deciso con la sentenza che si annota, della 
indennit� dovuta per le espropriazioni per pubblica 
utilit , la quale va commisurata, per espressa statuizione 
del legislatore, ai valori correnti alla data 
del decreto di esproprio; � il caso altres�, posto in 
luce dalla dottrina (in questa �Rassegna� loc. citato) 
e richiamato nella sentenza di cui ci occupiamo, 
della clausola penale, con la quale le parti contraenti 
prestabiliscono l'ammontare pecuniario della prestazione 
dovuta in sostituzione di altra prestazione 
rimasta inadempiuta. 

(G. .ALBISINNI) 
REQUISIZIONI -Comitato giurisdizionale centrale Impugnazioni 
per violazione di legge -Indennit� supplementare, 
art. 60 Decr. n. 1741-40 -Mancata 
impugnazione della liquidazione -AcquiE:scenza. (Corte 
di Cass.; Sez. III, Sent. n. 1664-52 -Pres.: Acampora; 
Est.: Maccarone; P. M.: Toro -Fattorusso 
contro Ministero Difesa-Esercito). 

Per l'art. 85 del R. D. 18 agosto 1940, n. 1741, 
le decisioni del Comitato giurisdizionale centrale 
in materia di requisizioni sono impugnabili soltanto 
con ricorso alle Sezioni Unite della Corte 
di Cassazione, ai sensi dell'art. 3 della Legge 3 
marzo 1877, n. 361 (incompetenza ed eccesso di 
potere); ma, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, 
che all'art. 111 stabilisce il principio che 
contro le sentenze di qualsiasi giurisdizione � sempre 
ammesso il ricorso in Cassazione per violazione 
di legge, le dette decisioni possono essere 



rnarn 111 � Z&&ffi111111E &mm ;:i;r rn ET EE1il m L amzc @&&

== 

-232 


impugnate anche per tale l�timo motivo dinanzi 
alla Sezione semplice del Supremo Collegio. 

L'indennizzo previsto dall'art. 60 del R. D. 
18 agosto 1940, n. 1741 Secondo il quale, quando 
la cosa requisita sia indispensabile per l'esercizio 
di una industria, di un commercio o di una professione 
e ne sia difficoltosa o eccessivamente onerosa 
la sostituzione, � dovuta, oltre l'indennit� 
per l'uso della cosa, altro indennizzo supplementare, 
commisurato alla presumibile durata della 
requisizione) non ha carattere distinto ed autonomo 
rispetto alla ordinaria indennit� corrisposta 
per l'uso della cosa, ma, nei casi in cui sia dovuta, 
integra quest'lliiima, quale un suo complemento, 
e con essa costituisca l'indennit� di requisizione. 

Da ci� consegue che l'indennizzo supplementare, 
quando sia dovuto, deve essere attribuito 
insieme con quello corrisposto per l'uso della cosa; 
la liquidazione complessiva costituir� l'indennit� 
di requisizione stabilita dalla legge. 

Pertanto, la mancata attribuzione dell'indennizzo 
supplementare se dovuto, si risolve in un 
motivo di invalidit� della liquidazione della indennit� 
di requisizione, che non comprende l'intero 
corrispettivo stabilito dalla legge; di conseguenza, 
la parte interessata deve far valere il suo diritto 
a percepire l'indennizzo anzidetto mediante la 
impugnazione del provvedimento di liquidazione, 
da proporsi per l'art. 30 del decreto nel termine 
preventivo di giorni 30 dalla notifica del provvedimento 
medesimo. Qualora tale impugnazione 
non sia stata proposta deve ritenersi precluso 
l'esercizio di un diverso potere di azione per fare 
valere la pretesa. Parimenti l'acquiescenza al 
provvedimento di liquidazione consistente nella 
riscossione della indennit� sllila misura liquidata, 
importa, a norma dell'art. 66 del decreto: preclusione 
della possibilit� di domandare con separata 
azione l'indennizzo supplementare di cui all'art. 60, 
che si ritenga essere stato ingiustamente non contemplato 
nella liquidazione. 

1. La natura giurisdizionale del Comitato giurisdizionale 
centrale per le controversie in materia 
di requisizioni non � mai stata posta in dubbio, 
talch�, affermato dalla Cassazione il principio della 
applicabilit� immediata dell'art. 111 della Costituzione 
a tutte le decisioni dei giudici speciali, meno 
quelle espressamente eccettuate dalla Costituzione 
stessa (v. sentenza n. 838-49 in questa <<Rassegna n, 
1949, 117), il Sitpremo Collegio ha costantemente 
ritenuto la ammissibilit� del ricorso per violazione 
di legge avverso le decisioni del Comitato (v. sentenza 
n. 2109-49 in � Giur. Compl. Cass. Civ. n, 49, 3�, 
113; 2480/49, ivi, 520; 1929/50 in << Rep. Foro It. n, 
50, 263, 28; 800/52 in<< Mass. Foro It. n, 52, 199). 
Sul problema di diritto transitorio, che ha peraltro 
oggi perso gran parte della sua importanza essendo 
ormai trascorsi pi� di cinque anni dalla entrata 
in vigore della Costituzione, va ricordato che 
con la sentenza 2480/49, sopra citata, la Cassazione 
ebbe a ritenere implicitamente ammissibile il ricorso 
per cassazione per violazione di legge se questo fosse 
stato notificato dopo l'entrata in vigore della Costituzione, 
in ci� aderendo alla tesi prospettata dal 
MORTATI in Il ricorso in cassazione contro le deci


sioni delle giurisdizioni speciali (cc Giur. Compl. 
Cass. Civ. n, 1949, 1, 230). Si tratta per� di una decisione 
rimasta isolata, perch� con le rimanenti sentenze 
sopra citate riferentisi al Comitato per le controversie 
in materia di requisizioni, alle quali vanno aggiunte 
numerose altre riferentisi -alle diverse giurisdizioni 
speciali (n. 838/49 in questa <<Rassegna �, 1949, 
117; 980/49 in� Foro Pad. n, 1949, I, 158; 1108/49 
in � Rep. Foro It. n, 1949, 239, 53; 1131/49 in << Giur. 
It. n, 1950, I, 1, 442; 1329, ivi; 2037 /49 in � Rep. 
Foro It. �, 1949, 240, 56; 1659/50 in << Rep. Foro 
It. �, 1950, 263, 29; 824/50 ivi, 30) � stato ritenuto 
conformemente alla dottrina prevalente, ammissibile 
il ricorso per violazione di legge avverso le sole decisioni 
dei giudici speciali emanate dopo l'entrata in 
vigore della Costituzione. 

Sul termine per proporre ricorso in Cassazione 
avverso le decisioni del Comitato e sulla sua decorrenza 
v. la sentenza n. 279/49 in questa << Rassegna 
n, 1949, 152. 

2. La Corte Suprema ha cos� motivato nella seconda 
massima: _ 
� La liquidazione ed il pagamento della indennit� 
di requisizione sono disciplinati dal capo V I del 
decreto sopra citato (18 agosto 1940, n. 1741) il 
quale (art. 55 e segg.) affermato il principio che per 
ogni requisizione � dovuta una giusta indennit� 
detta i criteri per determinare l'ammontare, disponendo, 
tra l'altro (art. 60) che quando la cosa requisita 
sia indispensabile per l'esercizio di una industria, 
di un commercio e di una professione e ne 
sia difficoltosa o eccessivamente onerosa la sostituzione, 
� dovuto oltre l'indennit� per l'uso della cosa, 
altro indennizzo supplementare, il cui importo deve 
essere commisurato alla presumibile durata della 
requisizione. Dal sistema della legge deriva che l' anzidetta 
indennit� supplementare non � distinta ed 
autonoma rispetto a quella corrisposta per l'uso della 
cosa ma, nei casi in cui sia dovuta, integra quest'ultima 
e con essa costituisce la indennit� di requisizione. 

<<Qualora si verifichino i presupposti di applicazione 
della norma che lo stabilisce, l'indennizzo supplementare 
rappresenta un complemento dell'indennit� 
normalmente dovuta per l'uso della cosa 
requisita e, come quest'ultima, viene commisurato 
alla presumibile durata della requisizione. 

<<Da ci� consegue che l'indennizzo supplementare, 
quando sia dovuto deve essere attribuito insieme con 
quello corrisposto per l'uso della cosa, la liquidazione 
complessiva costituisce le indennit� di requisizione 
stabilite dalla legge. 

<<Pertanto, la mancata attribuzione dell'indennizzo 
supplementare dovuto si risolve in un motivo di 
invalidit� della liquidazione della indennit� di requi-l sizione, che non comprende l'intero corrispettivo 
stabilito dalla legge, di conseguenza, la parte interessata 
deve far valere il suo diritto a percepire l'in-1 
dennizzo anzidetto mediante l'impugnazione del provvedimento 
di liquidazione, da proporsi, per l'art. 80 
del decreto, nel termine perentorio -di giQ_rni_ trenta 
dalla notifica del provvedimento medesimo �. -


Sui presupposti per la liquidazione dell'indennit� 
supplementare prevista dall'art. 60 R. D. 18 agosto 
1940, n. 1741, vedi sentenza n. 10 aprile 1951 
in questa <<Rassegna�, 1951, pag. 121. 



ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI 
DELLE CORT.I DI MERITO


. "' 

F----------------------------------------------------------------------------------------


APPALTO -Pubblico appalto di servizi -Rescissione 
in tronco per grave inadempienza dell'appaltatore Valutazione 
delle prove offerte dalla Pubblica Amministrazione. 
(Corte di Appello di Roma, Sez. I -
Pres.: Varallo, Est.: Tavolaro -15 luglio-12 novembre 
1952 -Ferrovie dello Stato contro Ditta Ajmone). 

Il contratto di appalto di un servizio continuativo 
stipulato da una Pubblica Amministrazione 
costitu.isce fonte di diritti soggettivi per 
il privato contraente, e quindi le controversie 
relative sono di competenza dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, alla quale compete anche di 
conoscerfo se la Pubblica Amministrazione abbia 
fatto uso legittimo della riservatasi facolt� di 
risoluzione in tronco per grave inadempienza 
contrattuale. 

Una clausola siffatta deve ritenersi perfettamente 
efficace, ancorch� riportata con le altre in 
un modulo a stampa, ed � sottratta alla disciplina 
degli artt. 1341 e 1342 Codice civile. 

La gravit� dell'inadempienza deve essere valutata 
in relazione all'interesse dell'appaltante (articolo 
1455 Codice civile): e quindi ben possono 
assurgere al grado di gravit� necessario e sufficiente 
per giustificare la risoluzione in tronco, in 
relazione all'interesse che l'appaltante aveva alla 
puntuale ed esatta esecuzione del contratto, inadempienze 
che in s� e per s� considerate potrebbero 
essere giudicate di lieve entit�.. 

La qualit� di dipendente statale conferisce maggiore 
attendibilit� alla deposizione resa dal medesimo: 
e ci� sia per i requisiti di onest� che il 
pubblico impiegato deve possedere e conservare 
sia per l'inammissibilit� del sospetto di influenze 
illecite da parte della Pubblica Amministrazione 
sul proprio dipendente per indurlo a rendere deposizioni 
non conformi a verit�. 

Nelle massime sopra riportate � contenuta sostanzialmente 
anche la motivazione di questa veramente 
pregevole sentenza. 

� evidente l'importanza delle questioni decise e 
risolte in aderenza ad ineccepibili principi giuridici 
e con notevole senso di equilibrio. 

Segnaliamo, come particolarmente importanti e 
degne di uno studio pi� approfondito, le questioni 
relative alla inapplicabilit�, alle clausole a stampa 
dei contratti conclusi dalla Pubblica Amministrazione, 
degli articoli 1341 e 1342 Codice civile. La sen


tenza su questo punto ha cos� sobriamente motivato: 
cc Difatti, se tra privati alla compilazione del contratto 
si perviene al seguito di discussione fra le 
parti interessate, nei contratti conclusi dall' A mministrazione 
pubblica, � di regola essa che prepara il 
testo del contratto, essendo soggetta a preventiva 
autorizzazione anche l'iniziale determinazione di 
contrattare, la quale, attenendo alla interna formazione 
della volont�, resta di regola, nei rapporti tra 
privati, al di fuori del campo giuridico. Ora, la 
preordinazione del testo, essendo diretta, nell'interesse 
dello stesso privato contraente, al fine di perfezionare 
la manifestazione di volont� dell'ente e di facilitare 
poi la successiva approvazione (costituente condizione 
necessaria perch� il contratto diventi impegnativo 
per l'Amministrazione Pubblica), rimane necessariamente 
sottratta alla disciplina degli articoli 1341 
e 1342 Codice civile, la quale presuppone che le parti 
possano discutere e modificare le singole clausole, 
mentre nel caso in cui si contratti con un ente pubblico, 
il privato non pu� che accettare le condizioni 
predisposte o almeno quelle che lo sono state. Se, 
secondo l'insegnamento della Corte Suprema, basta a 
creare in quel determinato senso il vincolo per il 
privato il semplice richiamo che nel contratto si 
faccia alle clausole di un capitolato d'oneri precedentemente 
pubblicato (sentenza n. 913 del 1949), a 
maggior ragione tale regola dell'efficacia deve valere 
per le clausole espressamente riportate nel corpo 

stesso del contratto �. 

Altra importante questione decisa dalla sentenza 
� quella relativa alla attendibilit� delle testimonianze 
rese in giudizio da dipendenti della Pubblica Amministrazione 
a favore di questa. 

Troppo spesso, nella valutazione delle prove raccolte 
nei giudizi, sia civili che penali, interessanti 
la Pubblica Amministrazione, i giudici di merito 
sono apparsi infiuenzati dal preconcetto che alle deposizioni 
dei dipendenti dell'Amministrazione stessa 
non fosse da accordare, solo perch� tali, quella 
piena credibilit� che, purtroppo non sempre a ragione, 
viene accordata invece ai testi indotti dalle 
parti private. 

A questa sospettosa discriminazione fra testi di


parte privata e testi dipendenti dalla Pubblica A m


ministrazione non aveva saputo sottrarsi -nella 

causa decisa con la sentenza che abbiamo il piacere 

di segnalare -il Tribunale, il quale nella forma 

discreta della semplice menzione che i testi indotti 


M rn iil E 1 l& dld ZZT 



-234 

dall'Amministrazione ferroviaria erano dipendenti 
della medesima, aveva negato alle deposizioni di 
costoro quel valore probatorio che invece aveva riconosciuto 
alle deposizioni dei testi indotti dalla I mpresa 
appaltatrice in relazione alla sussistenza e 
gravit� delle inadempienze che avevano determinato 
la risoluzione in tronco del contratto di appalto. 

La Oorte di Appello, riscontrato come le deposizioni 
dei testi dipendenti dalle Ferrovie trovassero 
perfetta rispondenza nei documenti esibiti da entrambe 
le parti, nel censurare la sentenza dei primi 
giudici, ha osservato che � la qualit� di pubblico impiegato, 
essendo rivestita da persone che debbono possedere 
e conservare requisiti di onest� di vita, vale 
se mai a conferir loro maggiore attendibilit� e che 
le Amministrazioni dello Stato non possono essere 
sospettate di infiuenzare illecitamente i propri dipendenti, 
perch� rendano deposizioni non conformi al 
vero, valendo se mai in loro favore la presunzione 
che esse non solo proce.dano con le dovute cautele 
ma non si lascino certamente determinare da motivi 
personalistici o di mercantile convenienza �. 

Parole giustamente riparatrici, queste, che ci auguriamo 
che i nostri Tribunali vorranno tenere presenti 
ogni qualvolta, chiamati a far uso delle facolt� 
sovrane spettanti al Giudice nell'apprezzamento delle 
prove, si accingeranno a valutare quelle offerte dalla 
Pubblica Amministrazione. 

(A. PIETRINI P ALLOTTA) 
IMPOSTA DI REGISTRO -Alienazione di fondo en'f�� 
teutico irrequisito domino -Sentenza di riscatto a 
favore del concedente -Tassazione secondo il valore 
effett:vivo del bene al momento della pubblicazione 
della sentenza. (Corte di Appello di Catania, Sez. I, 
4 luglio 1952 -Pres. ed E3t.: D'Angelo -Corselli 
contro Ministero Finanze). 

Qualora per contratto la cessione del diritto dell'enfiteuta 
sia soggetta a prelazione, la vendita 
effettuata a favore di un terzo irrequisHo domino, 
non � soggetta a condizione risolutiva, ma sospensiva. 


La sentenza che attribuisce all'irrequisito do


mino il dominio utile, ha carattere costitutivo, 

ma non: cancella in senso assoluto il fatto storico 

e giuridico dell'acquisto del terzo, che, per effetto 

della sentenza, viene annullato. Pertanto � erroneo 

sostenere che si abbia un unico trapasso; si hanno 

invece due trapassi: il primo in favore dell'acqui


rente -che resta annullato -ed il secondo in 

favore del concedente, che, facendo valere il suo 

diritto di prelazione, si sovrappone al terzo acqui


rente. Pertanto la sentenza con la quale il conce


dente facendo valere il suo diritto di prelazione 

acquista il dominio utile � soggetta ad imposta 

proporzionale di registro. 

L'imponibile va commisurato al valore venale 

del bene in comune commercio al momento d,ella 

pubblicazione della sentenza. 

La Oorte ha confermato la sentenza 23 luglio 1951 
della Sez. III del Tribunale di Catania, gi� segnalata 
e commentata su questa �Rastregna � (rnar.~o� 
aprile 1952, pag. 50). 

La questione relativa alla esatta configurazione 
giuridica del retratto si pone nella fattispecie per 
decidere se il trapasso di beni attuato con la sentenza 
che accoglie la domanda dell'irrequisito domino, 
sia soggetto ad impostar di regib'tro. La Gotte ha confermato 
che la cessione del diritto dell'enfiteuta, eff ettuata 
irrequisito domino in favore di un terzo, deve 
ritenersi soggetta a condizione sospensiva. Su tale 
premessa, affrontando il problema della tassabilit� 
del trasferimento attuato da potere del terzo ed in 
favore dell'irrequisito domino iussum iudicis, la 
Oorte ha rilevato che ((l'acquisto del terzo � una realt�, 
un fatto storico e giuridico, che non pu� essere cancellato, 
e, innegabilmente, con la sentenza che ammette 
la prelazione, a tale acquisto si sovrappone, 
non si sostituisce soltanto, l'acquisto a favore del 
concedente�. Per tale via la Oorte � giunta alla conclusione 
che sono da considerare due trapassi: il 
primo d?.-ll'enfiteuta al terzo, ed il secondo, da quest'ultimo 
al domino irrequisito. 

Riteniamo che le conclusioni della Oorte, sostanzialmente 
conformi all'assunto difensivo dell'Amministrazione, 
siano esatte. Ma la motivazione che le 
precede non ci appaga appieno, anzi ci induce a 
confermare le annotazioni redatte a commento della 
sentenza di primo grado. 

Invero quanto osservato dalla Oorte � ineccepibile, 
ma attiene alla esteriorit� del fenomeno giuridico, 
pi� che alla sua intrinseca natura. 

Ohe il primo trapasso sia un fatto realmente accaduto, 
e come tale non cancellabile s1tl piano della 
realt� storica, � considerazione incontrovertibile, di 
intuitiva evidenza; ma non spiega perch� sul piano 
giuridico non sia totalmente eliminabile il primo 
negozio, il cui fondamentale effetto giuridico (conservazione 
da parte del terzo del diritto acquistato da 
potere dell'enfiteuta) resta tuttavia annientato. 

Riteniamo quindi che le esatte conclusioni della 

sentenza possano trovare una pi� solida base ripu


diando la tesi secondo cui la vendita del diritto enfi


teutico effettuata irrequisito domino sarebbe soggitta 

a condizione sospensiva, ed accettando invece la con


figurazione del retratto come rivendica, secondo la 

dottrina precedentemente richiamata nelle sopra indi


cate pagine di questa <( Rassegna � (per la pi� re


cente critica dellw configurazione del retratto come 

condizione: S. ORLANDO: La struttura della pre


lazione e del riscatto nell'enfiteusi, in Rivista trim. 

di ((Dir. e Proc. Oiv. �, giugno 1952, pag. 290). 

Comunque nell'ambito della lite tributaria conta 

soprattutto ribadire che l'acquisto in favore dell'ir


requisito domino attuato in virt� di una sentenza 

costituisce in ogni caso un trapasso di valori auto


nomo, rispetto al precedente trapasso attuato fra 

l'enfiteuta ed il terzo, e va tassato secondo il valore 

venale del bene in comune commercio alla data della 

stentenza. 

Le ultime massime tneritano un breve commento. 

La appaltante sosteneva, in subordine che l' Uf


ficio non avrebbe dovuto tassare il suo acquisto tenuto 

conto del valore effettivo del bene, bens� in--ba/fe al 

prezzo di lire 40.000 gi� pattuito fra enfiteuta e 

ter,,o, stante che essa domina irrequisita a seguito 

della sentenza aveva conseguito il dominio utile 

sborsabdo ni realt� solo tale somma. La pretesa non 

mancava di un certo vigore suggestivo, venendo cos� 



-235 


presentata: l'Ufficio deve accertare il valore effettivo 
del bene trasferito allorch� possa dubitarsi della sincerit� 
delle dichiarazioni degli interessati, ma non 
pu� procedere a tale accertamento se il valore risulta 
dal corrispettivo prezzo fissato in sentenza. 

Ma tale argomentazione � artificiosa. Con l'imposta 
di registro si attua a favore dell'erario un prelevamento 
di ricchezza privata in occasione del trasferimento 
di beni; e la misura del prelievo � proporzionata 
alla entit� reale (!,ella ricchezza trasferita. 
Ci� posto, va rilevato anzitutto che la sentenza con 
la quale l'irrequisito domino acquista il dominio 
utile non fissa obiettivamente il valore di tale dominio 
utile, ma si limita a sancire che il diritto passi 
in testa all'irrequisito domino per il medesimo corrispettivo 
che risulta essere stato pattuito fra l' enfiteuto 
ed il terzo. Pertanto nessuna insanabile antinomia 
si profila fra titolo giudiziale e pretesa fiscale 
allorch� l'Ufficio accerta un valore diverso rispetto 
al prezzo che per sentenza � corrispettivo dell'acquisto. 
All'irrequisito domino spetta, nei confronti del terzo 
acquirente, il privilegio di far proprio il dominio 
utile pagando lo stesso prezzo che risulta fissato fra 
enfiteuta e terzo. Nulla per� comprova che il prezzo 
pattuito fra l'enfiteuta ed il terzo corrisponda al 
valore effettivo del bene in comune commercio. Il 
prezzo dichiarato fa stato nella fattispecie nei confronti 
dell'irrequisito domino, ma non nei confronti 
dell'Amministrazione. Anche in questo caso, come 
in qualunque trasferimento di beni o diritti a titolo 
oneroso, il prezzo dichiarato dalle parti non fa stato 
per l'Amministrazione, che si attiene al valore effettivo. 
Ci�, � opportuno notare, non solo in considerazione 
del fatto che spesso concordemente le parti sogliono 
dichiarare un prezzo inferiore a quello effettivarnente 
convenuto, ma anche per la ipotesi che, 
per qualsiasi motivo, si sia nella contrattazione 
privata addivenuti al trasferimento per un prezzo 
inadeguato al valore del bene. 

� poi indifferente che il trasferimento si attui 
per contratto od in virt� di sentenza. Diversamente 
sarebbe estremamente agevole frodare la legge tributaria: 
basterebbe che, sull'accordo dei contraenti, 
indicato un prezzo irrisorio, il venditore si fingesse 
inadempiente ed il compratore chiedendo la esecuzione 
specifica ottenesse una sentenza costitutiva 
che lo abilita all'acquisto dietro versamento dell'irrisorio 
prezzo. Sarebbe assurdo pretendere che l' Ufficio, 
chiamato ad accertare i valori reali nel caso in 
cui il trasferimento si attua in esecuzione di contratto, 
debba, qualora sia intervenuto il magistrato 
a dirimere una contestazione fra i contraenti, accettare 
per buono il prezzo risultante dalla sentenza 
resa inter alios. � 

La legittimit� dell'accertamento del valore effettivo 
si desume inoltre positivamente dalla legge del 
registro (art. 50) che specifica essere dovute per le 
sentenze di aggiudicazione a seguito di pubblici incanti, 
tasse proporzionali al prezzo della vendita 
risultante dall'ultimo incanto. E si comprende il 
perch�: in questo caso non pu� dubitarsi del valore 
effettivo in libero mercato, controllato dall'esito degli 
incanti. La testuale disciplina del caso particolare 
prova che, se tale � la regolamentazione del 
caso eccezionale, tutt' affatto opposta deve essere la 

Acutamente ha rilevato l'UCKMAR (Legge del 
Registro, ed. 1928, vol. II, pag. 372) che: �le vere 
tasse giudiziali sono quelle che si percepiscono sulle 
sentenze che senza nulla trasmettere dichiarano i 
diritti delle parti �, mentre vi sono delle tasse dette 
giudiziali che in realt� cc non colpiscono l<rsentenza, 
ma la convenzione (trasferimento) che con essa viene 
posta in essere �. 

Infine, secondo altra subordinata istanza dell' appellante, 
il valore effettivo del bene avrebbe dovuto 
essere calcolato non alla data della sentenza, bens� 
risalendo al tempo della proposizione della domanda 
giudiziale da parte dell'irrequisita domina. 

Anche tale tesi � stata disattesa dalla Corte perch� 
inficiata da un voluto equivoco: la confusione del 
momento del trasferimento, che indubbiamente coincide 
con la data della sentenza, con gli effetti retroattivi 
della sentenza costitutiva (in proposito: OmoVENDA: 
Ist. Dir. Proc. Civ., 1933, vol. I, pag. 182). 

Una sola voce, non recente, conforta in dottrina 
la tesi rigettata (OLEMENTINI: Tasse di Registro, 
1914, vol. I, pag. 760), ed in giurisprudenza, una 
antica decisione della Cassazione di Roma del 6 febbra 
io 1905. Di contro, favorevoli alla tesi vittoriosamente 
propugnata innanzi la Corte di Catania, sono, 
per la dottrina: UcKMAR (o. cit., vol. II, pag. 307); 
BATTISTA e J.AMMARINO (Tasse del Registro, vol. I, 
pag. 478); ed in particolare per il caso specifico della 
risoluzione della enfiteusi, CAPPELLOTTO (Tasse 
del Registro, 1932, vol. I, pag. 457); per la giurisprudenza: 
Cassazione 25 gennaio 1928, in causa 
Bursi c. Finanze (F. I. 1928, P. I, col. 335). 

(F. .A.) 
PARTITI POLITICI -Rappresntanza processuale delle 
Sezioni dei partiti politici -Non hanno capacit� 
processuale -La rappresentanza in giudizio compete 
all'organo centrale. (Tribunale di Varese -Ordinan


za 23 giugno 1950; Sent. 9 gennaio 1952 -AlettiCattarin-
Cerri-Sezione Centro P. C. I. Varese-P. C. I.) 


Le Sezioni rionali del P.O.I. sono organi del 
Partito, prive di personalit� giuridica e senza capacit� 
processuale: devono essere quindi rappresentate 
in giudizio dall'Organo centrale del Partito 
(nella specie, Segretario generale). 

Il principio affermato dal Tribunale di Varese 
in ordine al difetto di capacit� processuale di una 
cc sezione � di un partito politico non pu� essere condiviso, 
attesa la particolare natura giuridica del 
partito e dei nuclei minori dello stesso. 

Invero sia il Partito, che le <<cellule�, <<sezioni� 
e << federazioni �, sia provinciali che regionali, presentano 
tutti gli elementi necessari e sufficienti perch� 
venga a giuridica sussistenza la fattispecie legale 
dell' << associazione volontaria � ex art. 36 Codice civile. 
I soggetti, il fine comune, l'interesse collettivo, 
l'organizzazione ed il vincolo giuridico sostanziano 
in ciascun organismo del partito, sia periferico 
che centrale, un'associazione avente una sua 
propria autonomia, anche amministrativa e patri-... 
moniale, essendo fra l'altro rette da persone elette 
dalle singole assemblee. 

Il Tribunale di Varese sembra abbia assunto 

regola. quale fondamento della sua statuizione quella norma 



w @f W* fil llldiiib&&& Im31 wcmi& IIUl&iID bi f: Tff fu w 'WF1FFf%i!E: 12 zmm Ni &Li# w "ii 4 

-236 


dello statuto del P.O.I. dal quale si evince (art. 18) 
�che la sezione � un organo � del partito (1). Al riguardo 
va osservato che, a parte ogni valutazione sull' e fficacia 
di uno statuto di un'associazione in ordine 
alla qualificazione giuridica di altre associazioni, 
lo statuto del P.C.I. (art. 47) fissa espressamente 
la cc distinta entit� � delle cellule, sezioni e federazioni, 
nel campo patrimoniale con loro autonomi mezzi 
cc fra di loro oltre che nei confronti della Direzione 
del Partito, la quale non � legalmente responsabile 
della loro attivit� amministrativa �. � evidente che 
il Tribunale erroneamente quindi si � richiamato 
allo statuto, salva la riserva di cui sopra, in quanto 
avrebbe dovuto esaminare non il solo art. 18 del 
medesimo, ma anche il successivo art. 4 7: erroneamente 
ancora ha inteso la locuzione << organismo del 
partito �, quale � organo � in senso tecnico di una 
persona giuridica, quando il Partito indubbiamente 

non � neanche tale. 

In realt� tutte le espressioni che si trovano nello 
statuto, nella specie � organismo �, cc unit� del partito
�, ecc., non altro significano che tutte le associazioni 
periferiche sono ascritte da un vincolo di natura 
esclusivamente politica, nel senso che da quelle 
viene accettata la c. d. <<linea del partito�, non gi� 
cc vincolo giuridico � nel senso che di tutti i loro fatti 
ed atti debba rispondere l'associazione centrale. 

Il principio qui criticato non solamente si rivela 
inaccettabile sul piano giuridico, ma aberrante anche 
su quello meramente pratico, con tale evidenza da� 
esimere da ulteriOri commenti (cfr. VALCAVI in 
cc Foro Pad. �, 1952, 1, 81; contra: RIBOLZI in� Mon. 
Trib.�, 1952, 288). 

La giurisprudenza del resto conforta i lineamenti 

sopra accennati: il Tribunale di Roma (sentenza 

n. 1368, 12 dicembre 1951, inedita -Istituto Romano 
Beni Stabili, Ministero Difesa-Esercito c. 
Partito Comunista Italiano, Sezione Ludovisi del 
P.C.I.), accogliendo l'eccezione di difetto di legittimazione 
passiva sollevata dal P.C.I., affermava infatti 
che � detto Partito � organizzato e suddiviso in 
cellule, sezioni, federazioni, ciascuna costituente un 
organismo superiore rispetto a quello precedente, 
ma ciascuno avente un proprio massimo organo 
deliberativo democraticamente eletto... s� che deve 
concludersi che l'affermazione contenuta nello statuto 
e secondo cui �il Partito � una organizzazione unitaria 
� deve intendersi riferita alla struttura politica 
e non spiega invece alcuna infiuenza sulla struttura 
giuridico-amministrativa, che � e rimane decentrata �. 
(1) VIRGA: Il partito nell'ordinamento giuridico, Giuffr�, 
1948, 36 e 74. 
.Analogamente statuivano la Corte di .Appello di 
Bari (26 aprile 1949: Pangini-Loiodice -Direzione 
generale Partito Reduce, cc Rep. Giur. It. �, 
1950 col. 1884) ed il Tribunale di Milano (24 giugno 
1949: JJtfarino -Federazione Provinciale Milanese 
P.S.I., cc Foro Pa�l. �, 19�52,�1, 81). 

Implicitamente sembra poi abbia affermato questo 
principio anche la Corte Suprema (Sezione III civile, 
16 aprile 1952, n. 895, cc Mass. Giur. It. �, 
1952, 278) quando ha affermato che, trattandosi di 
partiti politici e delle loro sezioni periferiche, � la 
qualit� di segretario si identifica con quella del 
presidente o di direttore generale nelle associazioni 
di diversa natura onde al segretario spetta 
la rappresentanza processuale del partito o della 
sezione ... �. 

Non diversamente si presenta il problema per 
la Confederazione Generale del Lavoro e per le associazioni 
sindacali in genere, in quanto l'autonomia 
delle organizzazioni periferiche � giuridica-amministrativa, 
solo esistendo un vincolo federativo (Tribunale 
Roma, 29 dicembre 1947 : Esattoria comunale 
Roma c. Confederazione Generale Italiana del Lavoro 
in� Foro It. �, 1948, I, 799; Tribunale Venezia, 
21 gennaio 1950: Federazione Italiana Postelegrafonici 
c. Libero Sindacato Nazionale Postelegrafonici 
in �Foro It. �, 1950, I. 622). 

Merita infine un cenno il problema di ordine pratico 
che si pu� presentare quando la Sezione, Oellula, 
Federazione o Organismo centrale, contestino 
la loro legittimazione passiva, ovver9 l'cc organo� 
evocato in giudizio contesti la sua capacit� a rappresentare 
l'associazione, ovvero infine la persona fisica 
indicata quale rappresentante, contesti la sua 
appartenenza all'associazione stessa. 

In tali casi non v' ha dubbio che, trattandosi di 
�condizioni dell'azione� ovvero, negli ultimi due, 
di � presupposti processuali �, incomberebbe all' attore 
la prova della sussistenza dei �fatti costitutivi � 
(Cassazione: 10 aprile 1934, n. 1015, Rep. �Foro 
It. � 1934, voce << proc. civile� n. 54; id. 5 maggio 
1947, n. 675, Rep. �Foro It. �, 1947, col. 1016; 
id. 24 aprile 1950, n. 1087, Rep. �Foro It. �, 1950, 
col. 1631; MICHELI: Onere della prova, CED.AM, 
1942, pag. 400), attraverso la produzione in giudizio 
dei patti associativi. Ma la giuridica impossibilit� 
di acquisire al processo gli statuti, per i quali nessuna 
forma di pubblicit� � prevista dalla legge, dovrebbe 
indurre il giudice istruttore, su segnalazione 
dell'attore, ad avvalersi dei poteri attribuitigli dall' articolo 
210 Oodice procedura civile ai fini dell'esibizione 
da parte del convenuto di un documento indispensabile 
per la trattazione della causa. 

(R. C.) 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICZIONE SULLA �GAZZETTA UFFICIALE" 

I. 
I. Legge 26 ottobre 1952, n. 1784 (G. U., n. 281): Norme 
per Balvare i ragazzi d'Italia dalla defiagrazione di 
ordigni di guerra. 
Questa legge che persegue uno scopo nobilissimo, 
non sembra che modifichi in alcun modo le disposizioni 
contenute nel decreto legisl. n. 226 del 10 settembre 
1946, n� quelle contenute nella legge n. 648 del 
10 agosto 1950 sul riordinamento delle pensioni di guerra, 
per quanto riguarda le responsabilit� per i danni derivanti 
dalle esplosioni. Ed invero, non si saprebbe come 
utilizzare questa legge per dedurne una disciplina in 
ordine alle responsabilit� civili, data l'estrema genericit� 
di alcune disposizioni, come ad esempio quella 
dell'art. 3, che stabilisce obblighi a carico di �autorit�� 
senza indicare quali siano e se si tratti di autorit� statali 
o comunali o provinciali. Per quanto riguarda la 
ipotesi penale di cui all'art. 2, sarebbe forse stato pi� 
opportuno configurarla come una fattispecie contravvenzionale, 
per eliminare la necessit� di una ricerca, 
evidentemente difficile e complicata, dell'elemento doloso. 

2. Legge 3 novembre 1952, n. 1902 (G. U. n. 286): MiBure 
di Balvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani 
regolatori. 
Con questa legge si attribuisce all'autorit� amministrativa 
(sindaco e prefetto) il potere rispettivamente 
di sospendere la concessione di licenze edilizie o sospendere 
l'esecuzione di lavori di trasformazione delle propriet� 
private, nel periodo che va dalla data della deliberazione 
comunale di adozione dei piani generali e 
dei piani particolareggiati regolatori previsti dalla legge 
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, fino alla emanazione 
del relativo decreto di approvazione. Gli scopi 
di questa legge sono perspicuamente enunciati nella relazione 
ministeriale in �Le leggi>>, 1952, pag. 2003 e segg. 

Pu� sorgere questione per quanto riguarda i piani 
regolatori deliberati in applicazione di leggi diverse da 
quella urbanistica e ad essa anteriori, ma non sembra 
che possa dubitarsi che i poteri sopra riferiti sussistano 
anche nei �confronti di detti piani. 

Problema diverso da quello regolato dalla presente 
legge � quello che concerne i poteri spettanti alle autorit� 
competenti nel periodo tra l'approvazione del piano 
generale e l'approvazione del piano particolareggiato, 
specie ai fini degli articoli 26 e 27 della citata legge 
urbanistica. Non sembra che si possa contestare che 
anche il piano generale abbia la forza di stabilire vincoli 
alla propriet� e che la demolizione delle opere prevista 
dall'art. 26, come l'annullamento delle deliberazioni 
comunali, previste nell'art. 27, possano riguardare 
anche violazioni delle prescrizioni del piano generale 
e non del solo piano particolareggiato. 

II. 
SENATO DELLA REPUBBLICA 

1. Disegno di legge n. 2632-A (iniziativa parlamentare): 
Proroga del termine di cui alla XI delle � DiBpoBizioni 

tranBitorie finali� della CoBtituzione. 

Nella relazione si spiega perch� si ritiene legittimo 
prorogare con legge ordinaria il termine stabilito nella 
XI Disposizione transitoria della Costituzione. Si sostiene 
che le disposizioni transitorie sono da alcuni ritenute 
non di natura costituzionale; tesi questa che ci sembra 
assolutamente da scartare ove si rifletta che le disposizioni 
transitorie e finali fanno parte integrante della 
Costituzione e sono state approvate con lo stesso sistema 
usato per le altre norme. D'altra parte � proprio l'XI 
disposizione transitoria a confermare questa tesi, in 
quanto stabilisce che entro il termine di cinque anni 
possono istituirsi nuove Regioni con leggi coBtituzionali. 
� evidente che mai una norma ordinaria potrebbe 
sancire l'obbligo di emanare una legge costituzionale 
per regolare una certa materia. Piuttosto � molto discutibile 
che il termine stabilito dalla citata XI Disposizione 
sia perentorio e improrogabile. Sembra invece che 
esso abbia la stessa natura, semplicemente comminatoria 
e politica, di tutti gli altri termini stabiliti nelle 
disposizioni transitorie della Costituzione, s� che la sua 
inosservanza non porta conseguenza alcuna. Tanto pi� 
che, come s'� visto, l'istituzione di nuove regioni deve 
avvenire con legge costituzionale e questa legge potrebbe 
benissimo sanare l'inosservanza del termine. 

2. Disegno di legge n. 2733 (iniziativa governativa): 
Modifica alla legge 10 agoBto 1950, n. 646, iBtitutiva 
della CaBBa per il Mezzogiorno. 

Con questo disegno di legge si attribuiscono al Presidente 
del Comitato dei Ministri e al Comitato dei 
Ministri gi� previsto dalla legge n. 646, ulteriori e pi� 
ampi poteri. La figura di questo organo collegiale intermedio 
tra Consiglio dei Ministri e Ministri, merita di 
essere opportunamente studiata dal punto di vista 
costituzionalistico. Non � solo per le Cassa del Mezzogiorno 
che un organo del genere � previsto, ma anche 
in relazione ad altre attivit� amministrative dello Stato. 
Quello che ci sembra possa affermarsi � che, a differenza 
del Consiglio dei Ministri, il Comitato dei Mmistri 
ha funzioni solo amministrative e non politiche, 
ma si tratta di funzioni amministrative in senso molto 
lato, comprendenti anche, come risulta dall'art. 5 del 
disegno di legge, perfino attivit� di collaborazione nella 
formazione delle leggi. 


INDICE SISTEMATICO 
DELLE CON SUL T.A ZIO N I 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -1) Quale sia 
la natura .giuridica dell'Ufficio centrale del Servizio 
contributi unificati in agricoltura (n. 133). -Il) Se 
l'Avvocatura dello Stato debba assumere -il patrocinio 
legale dell'Ufficio centrale del Servizio Contributi unificati 
in agricoltura (n. 133). 

APPALTO. -Se la mancata accettazione da parte dell'Impresa, 
delle determinazioni dell'Amministrazione in 
ordine all'importo della revisione dei prezzi di un contratto 
di appalto nonch� l'esperimento, da parte della 
medesima impresa, del ricorso previsto dalla legge, 
possano ostare ai pagamenti dei compensi revisionali 

(n. 158). 
APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -Se 
l'Ente Nazionale per la Distillazione delle materie vinose 
(Enedistil) abbia acquistato la propriet� dei prodotti, 
alla cui raccolta era preposto, ai sensi del decreto 
ministeriale 29 agosto 1942, per destinarli poi al consumo 
delle FF. AA. o all'industria distillatoria (n. 28). 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) 
Se ai sensi dell'art. 7 del Capitolato generale dei lavori 
pubblici sia comminata alcuna sanzione per l'inosservanza 
del termine di due mesi, ivi indicato per provvedere alla 
stipulazione formale del contratto (n. 96). -II) Se la mancata 
approvazione d�l contratto nell'ulteriore termine 
di quattro mesi dia diritto all'appaltatore di sciogliersi 
dagli obblighi contrattuali, cui era vincolato fin dall'aggiudicazione 
(n. 96). -III) Se, in base al combinato 
disposto degli articoli 7 e 13 del C.G.A. possa ritenersi 
che, col decorso di sei mesi dall'aggiudicazione, l'aggiudicatario 
abbia diritto all'esonero dagli obblighi assunti 

(n. 96). -IV) Se le attivit� che l'Amministrazione ritenga 
di svolgere, anteriormente alla diramazione degli 
inviti alle ditte, al fine di stabilire l'idoneit� delle ditte 
medesime o, comunque, per la maggiore tutela dei propri 
interessi, possano dar luogo al sorgere, nelle Ditte 
che intendono partecipare alla gara, di un interesse 
legittimo, la cui lesione possa formare oggetto di tutela 
dinanzi al Consiglio di Stato (n. 97). 
CONTRATTI DI GUERRA. -Seilcontratto di guerra 
possa intendersi �definito� e, quindi, sottratto alla competenza 
di liquidazione del Commissariato, quando la parte 
privata abbia eseguito la �sua prestazione e rimanga 
soltanto il debito del corrispettivo da parte dell'Amministrazione 
(n. 18). 

DANNI DI GUERRA. -I) Se le pretesa dei cittadini 
alla concessione dei contributi per danni di guerra abbia 
natura di cc interesse � o di cc diritto soggettivo perfetto � 

(n. 31). -Il) Se possa l'Amministrazione provvedere 
di autorit� a porre nel nulla quegli atti amministrativi 
con i quali sul presupposto (di poi dimostratosi falso) 
dell'esistenza delle condizioni volute dalla legge, si ' 
sia provveduto alla concessione di contributi per danni 
di guerra (n. 31). -III) Se i privati, i quali abbiano 
avuto affidamento della concessione del contributo possano 
intentare azione di responsabilit� contro l'Amministrazione 
per i danni subiti per effetto dell'affidamento, 
cui non sia seguito in fatto il pagamento del contributo 
medesimo (n. 31). 
DEMANIO. -I) Se i beni patrimoniali indisponibili 
dello Stato siano suscettibili dei provvedimenti di autotutela 
amministrativa (n. 84). -II) Se i beni patrimoniali 
indisponibili dello Stato possano perdere la loro 
destinazione per il mancato uso o per un preteso tacito 
consenso dell'Amministrazione (n. 84). 

DONAZIONE. --I) Se possa ritenersi fondata la domanda 
di revindica di un bene a suo tempo donato da 
un Comune alla Federazione dei fasci di combattimento 
di Firenze, sulla base di una pretesa inefficacia della 
donazione per non ess~e stato il relativo atto sottoposto 
al visto prefettizio ai sensi dell'art. 296 della 
legge comunale e provinciale (n. 20). -II) Se, in caso 
di eccedenza deilimitifissati dall'art. 296 (ultimo comma) 
fosse richiesto, agli effetti della validit� della donazione, 
oltre all'approvazione della G.P.A., quale elemento 
integrativo delle volont� del Comune, anche il visto prefettizio, 
per il riesame della convenienza dell'atto (n. 20). 

ENFITEUSI. -I) Se la sentenza che, disponendo l'affrancazione 
della colonia perpetua di un terreno, stabilisca 
il deposito del prezzo relativo presso la Cassa DD. 
PP., faccia stato anche nei confronti della medesima 

(n. 19). -II) Quale funzione abbia il deposito del prezzo 
di affrancazione presso la Cassa DD. PP. (n. 19). 
ESPROPRIAZIONE PER UTILIT� PUBBLICA. I) 
Se l'atto, con il quale siasi concordata.consensualmente 
tra espropriante ed espropriato l'indennit� di-esp-;op"i-iazione, 
possa considerarsi contratto traslativo della propriet� 
del bene (n. 74).-II) Quale sia la natura del concordato 
sull'indennit� di espropriazione (n. 74). -III) Se 
possa proporsi opposizione dinanzi al G. O. avverso 


rnEWW rnEWW 
-239 


il decreto prefettizio di espropriazione, relativamente 
.alla misura dell'indennit�, qualora l'indennit� stessa 
sia stata determinata in sede di concordato (n. 74). 

FER.ROVIE, -Se l'evento dannoso occorso a un viaggiatore 
per la rottura di vetri del treno, cagionata dalla 
grande differenza di temperatura fra l'interno e l'esterno 
del treno stesso e dalla massa d'aria spinta dal locomotore 
di altro treno incrociantesi con il primo, possa 
dar adito a responsabilit� civile dell'Amministrazione 

(n. 153). 
IMPIEGO PRIVATO. -Se l'insorgere di una malattia 
del dipendente interrompe il termine di preavviso 
del licenziamento (n. 27). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se l'art. 14 del decreto 
legge luogotenenziale 21 'novembre 1945, n. 722, il quale 
stabilisce ohe il trattamento economico fatto dagli enti 
pubblici ai propri impiegati non pu� superar�' di oltre 
il 20 % il trattamento degli impiegati dello Stato, nei 
cui confronti si sia avuta la parificazione, possa tro� 
vare applicazione anche ai compensi per lavoro straor� 
dinario (n. 314). -II) Se la Corte dei conti sia com� 
petente nei giudizi di responsabilit� a carico di dipendenti 
della G.R.A. assunti a norma dell'art. 12, lettera 
B, del decreto-legge 13 aprile 1948, n. 321 (n. 315). 

IMPOSTA DI REGISTRO. -Se, ai sensi e per gli 
effetti dell'art. 4 7 della legge di registro (1� comma), l'Amministrazione 
debba dar essa la prova ohe il bestiame, 
ohe trovasi a servizio di un fondo, abbia avuto tale 
destinazione da parte del proprietario, in caso di contestazione 
(n. 77). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se la circostanza ohe, all'atto 
dell'esportazione di filati di fibra artificiale, la Dogana 
abbia rilasciato la bolletta semplice e non la bolletta 
speciale, richiesta dall'art. 13 del decreto-legge 3 gennaio 
1947, n. 1, come prova esclusiva per poter ottenere 
la restituzione dell'imposta, precluda la restituzione 
stessa, ove si consideri che detti filati sono stati 
riconosciuti della categoria per la quale � ammessa la 
restituzione (e la relativa fimposta 'applicata) solo 
in epoca successiva al rilascio di siffatta bolletta (n.185), 
-II) Se la mancanza di campioni drii fihti esportati 
precloda la restituzione dell'imposta (n. 185). 

INFOR.TUNIO SUL LAVORO. -In quali limiti sia 
ammessa la prescrizione del diritto dei minori, orfani di 
un agente ferroviario, deceduto per causa di servizio, 
alla rendita infortunistica loro spettante (n. 29). 

IPOTECHE. -Se l'ispezione dei registri immobiliari, 
effettuata ai sensi dell'art. 2673 O.o., debba essere sempre 
subordinata all'indicazione del nominativo nei cui 
riguardi � rivolta l'ispezione medesima e la relativa 
ricerca nonoh� alla corresponsione degli emolumenti 
indicati per ciascuna formalit� dell'apposita tariffa 

(n. 8). 
LOCAZIONI. -Se, agli effetti dell'applicazione dello 
art. 13 della legge 23 maggio 1950, n. 253, relativa 
all'aumento sulle locazioni� di immobili,� l'LN.A.M. � 
debba considerarsi quale ente assistenziale (n. 69). 

PENSIONI. -I) Se l'aver contratto matrimonio durante 
il periodo di servizio attivo permanente del militare 
costituisca condizione essenziale perch� la vedova 
possa godere della pensione di riversibilit� o una semplice 
condizione limitativa del diritto della vedova, 
agli effetti dell'art. 5 del R. deerete 27 gennafo 1941, 

n. 311 (n. 53). -II) Se l'indennit� supplementare, da 
corrispondersi da parte della cc Cassa Ufficiali �alla vedova 
dell'ufficiale iscritto, spetti alla vedova medesima anche 
se il matrimonio sia stato contratto dopo la cessazione 
del militare dal servizio attivo permanente (n. 53). 
POSTE E TELEGRAFI. --I) Se ricorre l'ipotesi di 
indebito soggettivo ovvero quello di indebito oggettivo, 
quando l'Amministrazione PP. TT. paghi assegni falsi 
alle banche, alle quali gli assegni medesimi siano stati 
girati da Ditte che ne abbiano ottenuto il rilascio dal 
falsificatore, verso forniture di materiale vario (n. 29). 
-II) Se la ripetizione dell'indebito da parte del trattario 
(Amministrazione PP. TT.) sia sempre escluso 
nei confronti dell'aooipiens (Banche) il quale, essendo 
realmente creditore di un terzo, si sia, in conseguenza 
del pagamento ed in buona fede, privato del titolo e 
della garenzia del credito (n. 29). 

PRESCRIZIONE. -I) Entro quali limiti il Codice 
civile vigente ammetta la sospensione della prescrizione 
dei diritti Mi confronti dei minorenni (n. 12). -II) In 
quali limiti sia ammessa la prescrizione del diritto dei 
minorf orfani di un agente ferroviario, deceduto rper 
causa di servizio, alla rendita infortunistica loro spettante 
(n. 13). 

PREZZI. -Se la mancata accettazione da parte dell'Impresa, 
delle determinazioni1 dell'Amministrazione in 
ordine all'importo della revisione prezzi di un contratto 
di appalto nonoh� l'esperimento, da parte della medesima 
impresa, del ricorso previsto dalla legge possano 
ostare al pagamento dei compensi revisionali (n. 11). 

PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se l'azione svolta 

dall'Amministrazione per il recupero di somme dovute 
per assegni di prigionia erroneamente corrisposti o per 
valore di oggetti di corredo nei confronti di ex militari, 
in servizio di leva o richiamati, concreti una questione 
attinente a rapporto di pubblico impiego, devoluta, 
pertanto alla competenza esclusiva del Consiglio di 
Stato (n. 15). -II) Se per il recupero dei crediti suindicati 
possa farsi ricorso alla procedura prevista dal 

T. U. 14 aprile 1910, n. 639 (n. 15). 
PROCEDIMENTO CIVILE. -I) Se, in base alla 
nu'.)va, Costituzione, il P. M. possa ritenersi far parte del 
potere giudiziario (n. 18). -II) Se, per la nuova Costituzione, 
possa ritenersi ancora vigente quella disposizione 
dell'ordinamento giudiziario, secondo la quale il P. M. 
esercita la sua attivit� sotto la direzione del Ministro 
di grazia e giustizia (n. 18). -III) Se il P. M. che soccomba 
in giudizio, possa essere condannato al pagamento 
delle spese di giudizio (n, 18). -IV) Se ii� P. M. 
nel processo, rappresenti un altro organo dello Stato 


(n. 18). -V) A quale organo dello Stato debba far carico 
l'onere delle spese di giudizio, cui sia stato condannato I
i

il P. M; soccombente (n. 18). -VI) Se i Ministeri di 
grazia e giustizia e del tesoro possano proporre appo-I 


j 



-240 


s1z1one di terzo, contro la sentenza che rechi la loro 
condanna al pagamento delle spese giudiziali, in caso 
di soccombenza del P. M. (n. 18). 

PROPRIET�. -Se l'esercizio dei diritti dominicali, 
spettanti al proprietario di un appartamento sopraelevato, 
possa essere limitato, in quanto da esso derivi 
intralcio o fastidio al buon andamento del servizio di 
una Pubblica Amministrazione, che abbia i suoi-uffici 
in altri locali dell'immobile in cui l'appartamento medesimo 
� sito (n. 6). 

RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se una controversia 
relativa al rapporto di lavoro costituito da una domestica 
nei confronti dei carabinieri di una stazione, ai quali 
incombe l'onere del pagamento del corrispettivo, possa 
considerarsi come controversia relativa al rapporto di 
impiego di un dipendente dello Stato devoluta alla competenza 
del giudice amministrativo (n. 21). -Il) Se 
l'attivit� di detta domestica, limitata alla pulizia della 
cucina e al rigoverno delle stoviglie, integri le condizioni 
di un vero e proprio rapporto di lavoro domestico, 
inteso in senso tecnico (n. 21). 

REQUISIZIONI. -Se, a mente dell'art. 76 del Trattato 
di Pace, la rinuncia, da parte dei cittadini italiani, 
all'indennit� per le requisizioni operate dalle Forze ed 
Autorit� Alleate, valga per le sole requisizioni operate 
nel territorio italiano o anche per quelle effettuate in 
altri paesi (n. 97). 

RESPONSABILIT� CIVILE. -Se l'evento dannoso 
occorso a un viaggiatore per la rottura di vetri del treno, 
cagionata dalla grande differenza di temperatura fra l'interno 
e l'esterno del treno stesso 'e della massa d'aria 
spinta dal locomotore di altro treno incrociantesi con il 
primo, possa dar adito a responsabilit� civile dell'Amministrazione 
(n. 132). 

SERVIT�. -Se possano imporsi limitazioni al diritto� 
di propriet� privata su una strada (attigua ad un edificio, 
destinato ad ufficio dell'Amministrazione militare 
(n. 11). 

SINDACATI. -Se la Confederazione fascista dei professionisti 
ed artisti in liquidazione, abbia conservato� 
la personalit� giuridica, sia pure ai soli fini della liquidazione 
(n. 15). 

SUCCESSIONI. -Se la disposizione, contenuta in un 
atto di vendita, di capitali mobili semoventi e di denari 
ovunque situati, che la venditrice lascer� morendo, 
concreti un patto sull'eredit� della venditrice medesima, 
nullo a termini dell'art. 458 Codice civile 

(n. 33). 
TITOLI DI CREDITO. -I)' Se l'anticipo, da parte 
dell'Amministrazione, della somma occorrente per l'acquisto 
di Buoni del Tesoro, sottoscritti dai propri agenti, 
possa far considerare l'Amministrazione stessa come 
parte del rapporto di sottoscrizione dei singoli buoni 

(n. 8). -II) Se possano sospendersi le pubblicazioni 
pelative alla procedura di ammortamento di Buoni del 
Tesoro smarriti o rubati o sottratti, ove i titoli o i certificati 
vengano presentati prima delle pubblicazio:i:ii 
medesime (n. 9). 
TRATTATO DI PACE. -Se, a mente dell'art. 76 del 
Trattato di Pace, la rinunzia, da parte dei cittadini italiani, 
alle indennit� per le requisizioni operate dalle 
Forze ed Auto:�it� Alleate valga per le sole requisizioni 
operate nel territorio italiano o anche per quelle effettuate 
in altri Paesi. (n. 23). 

USO DELLE ARMI. -Se e quando sia consentito 
l'uso delle armi da parte degli agenti di cusodia (n. 3). 

(91C4555) Roma, 1953 -Istituto Poligrafico d-ello Stato -G. C.