ANNO V -N. 12 DICEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTIOOLI ORIGINALI La requisitoria del Procuratore generale e la sentenza della Oorte di Cassazione suUa impugnabilit� dei decreti legislativi di espropriazione in applicazione delle leggi di riforma fondiaria, pag. 205-222. II. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 1) Competenza e giurisdizione -Pensioni -Consiglio di Stato e Corte dei Conti, pag. 223-225. 2) Compromesso ed arbitri -Contratto di appalto di opera pubblica Clausola compromissoria -Art. 1341 Codice civile -Opposizione a decreto ingiuntivo (Corte di Cassazione), pag. 225-228. 3) Fe~ovie -Condizioni e Tariffe per trasporto cose -Indennizzi -Debito di valuta (Corte di Cassazione), pag. 228-231. 4) Requisizioni -Indennit� una tantum -Impugnazione (Corte di Cassazione), pag. 231-232. m. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI MERITO 1) Appalto -Rescissione in tronco -Prove dell'inadempienza (Corte di Appello di Roma), pag. 233-234. 2) Imposta di registro -Alienazione di fondo enfiteutico -Sentenza di riscatto a favore del concedente (Corte di Appello di Catania), pag~ 234-235. 3) Partiti politici -Rappresentanza processuale -Sezioni (Tribunale di Varese), pag. 235-236. IV. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 237. V. INDIOE SISTEMATIOO DELLE OONSULTAZIONI, pag. 238-2!0. =~ . �: �: ANNO V -N. 12 DICEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLitJA.ZIONE DI SERVIZIO LA ~EQUISITORIA DEL PROCURATORE GENERALE E LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULLA IMPUGNABILIT� DEI DECRETI LEGISLATIVI DI ESPROPRIAZIONE IN APPLICAZIONE DELLE LEGGI DI RIFORMA FONDIARIA Dopo quanto abbiamo scritto su questa Rassegna (1951, pag. 153 e segg., 177 e segg.; 1952, pag. 85 e segg.) pubblichiamo ora la requisitoria del Procuratore Generale e la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha definitivamente deciso sul punto della natura di atto legislativo dei decreti presidenziali di espropriazione. LA REQUISITORIA SOMMARIO. -I. Estensibilit� del regolamento di giurisdizione ai procedimenti avanti a giudici speciali ed al Consiglio di Stato. -2. Importanza del sindacato giurisdizionale nella materia della causa. -3. Natura e limiti dell'indagine in sede di regolamento preventivo. -4. Ord�ne logico giuridico delle questioni a trattarsi. Priorit� di quelle pregiudiziali, sulla proponibilit� dell'impugnativa rispetto ad atti formalmente legislativi. Posteriorit� logica ed eventualit� della ricerca di incostituzionalit� sostanziale. -5. Il criterio estrinseco e l'intrinseco nell'indagine di proponibilit�. -6. Prevalenza di massima del criterio estrinseco. -7. Limiti di utilizzabilit� del criterio intrinseco. -8. L'accertamento di qualificazione degli atti per dare ingresso alla azione. Inammissibilit� di procedimenti strumentali invalidativi e di conversione. -9. Applicazione, negativa, alla specie. -10. Ricerca subordinata pregiudiziale sulla ammissibilit� del sindacato di costituzionalit�. Presupposti. -11. La situazione di incidentalit� come condizione per l'ammissibilit� del sindacato. Applicazione, negativa, alla specie per trattarsi di sindacato principale. -12. Riprova di esattezza dei rilievi gi� esposti nell'ipotesi che fosse gi� funzionante la Corte Costituzionale. -13. Conclusione sulle questioni pregiudiziali. Opportunit� di delibare anche la questione di costituzionalit� sostanziale nell'ambito di competenza della Corte di Cassazione. -14. Impostazione teorica della ricerca. -15. Il principio della divisione dei poteri nella costituzione italiana. Ambito della funzione legi~lativa, comprensiva anche di funzioni atipiche. In particolare in materia di espropriazione e in tema di riforma fondiaria. -16. Possibilit� di aggettivazione anche in tali funzioni atipiche delle delegazioni legislative. Ammissibilit� di delegazioni formali. Presupposti e finalit� -giustificative. I concetti di responsabilit�, di semplificazione ed acceleramento, di oogenza, di potenzialit� novativa. Applicazione (positiva) alla specie. -17. La pretesa violazione del precetto costituzionale della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi, contro ogni atto della pubblica amministrazione. L'eccesso di potere legislativo. Insindacabilit� sul piano giurisdizionale. -18. Conclusione, altri ipotizzabili profili di sindacato giurisdizionale in materia di riforma fondiaria. 1. Si ripropone anzitutto in queste cause, con ampiezza nuova di disamina, la questione pregiudiziale sulla possibilit� di applicazione del regolamento di giurisdizione (art. 41 Cod. Proc. Civ.) nel caso di procedimenti pendenti avanti a magistrature speciali, ed in particolare avanti al �Consiglio di Stato. In proposito, come � ben noto, la giurisprudenza della Suprema Corte si � da tempo consolidata in senso affermativo, in base al rilievo essenziale della posizione di istituto ordinario, anzi fondamentale, assunta nel nuovo codice processuale dal regolamento di giurisdizione, per cui si presenta ammissibile e doverosa una interpretazione razionale, anche estensiva, delle norme, volta a ricercare la portata vera ed integrale della volont� legislativa in materia, conforme ai principi informatori di un organico sistema. A questa giurisprudenza, affermatasi esplicitamente anche a riguardo del Consiglio di Stato (Sent. 2246-50, 1823-51, 3023-52), potrei semplicemente richiamarmi, anche in considerazione della complessit� della disamina che si dovr� esperire sul tema principale della causa. Vorrei, tuttavia, rilevare, sul piano pratico, come la normalit� e funzionalit� viva dell'istituto, siano ben dimostrate dalla stessa frequenza -veramente imponente -con la quale vi si fa quotidianamente ricorso, e con risultati, d'altra parte, di utilit� evidente, sia per l'economia dei giudizi, che come mezzo a fi.ne per la certezza del diritto, attraverso la iniziale sicura individuazione del giudice. E, sul terreno propriamente giuridico, � forse opportuno ancora insistere sugli indicativi che si posson trarre, per una corretta interpretazione dell'ambito di applicazione dell'istituto, dalla confi. gurazione amplissima della competenza e delle potest� attribuite dal nuovo codice alla Corte di cassazione in materia di giurisdizione, con decisa. evoluzione ed integrazione rispetto alle posizioni,. pur gi� notevoli, segnate dalla nota legge sui conflitti 31 marzo 1877, n. 3761. Laddove, mentre il sindacato regolatore della Suprema Corte � statoesteso a tutte le magistrature, ordinarie e speciali,. -206 e con riguardo sia alle decisioni positive che alle negative della competenza (art. 362 c. pr. civ., attraverso la pi� ampia formula � motivi attinenti alla giurisdizione n), � stato correlativamente bene affermato il principio (art. 382 c. pr. civ.) della efficacia generale eostitutiva delle pronuncie della Suprema Corte per quanto attiene alla designazione del giudice competente: efficacia vincolante, preelusiva di ogni riesame della questione di giurisdizione, non soltanto per la magistratura (ordinaria) si giustificherebbe. L'unica differenza introdotta dall'art. 111 Costituzione fra la posizione delle altre giurisdizioni speciali e quella del Consiglio di Stato, riguarda l'ambito oggettivo del sindacato demandato alla Corte di Cassazione, che si volle mantener limitato, per le deci~ioni di questa magistratura, alle questioni di giurisdizione, mentre per le altre fu esteso anche alle violazioni di legge:_ ma trattasi di differenziazione qui non rilevante. .N� sembra esatto -.,. come altrimenti si oppone a.fui;f!i, .ma per qualsivoglia giudice eventualmen~::�CP~�~a di~ciplina del regolamento preventivo, ove dichiarato competente, e quindi anche per le giurisdizioni speciali, e tuttoch� avanti al giudice designato non abbia comunque ancora avuto inizio il giudizio. Per cui, tenuto conto, altres�, della estensibilit� ora generalmente riconosciuta, della competenza regolatrice della Suprema Corte anche a riguardo dei conflitti cosidetti virtuali (in potenza), e delle magistrature speciali fra di loro, pu� ben dirsi che, nel quadro delle accennate potest�, sia compresa, con largo raggio, anche quella di una regolazione preventiva dei problemi di giurisdizione, non legata necessariamente a decisioni gi� pronunciate, e neppure, in certo senso, a procedimenti pendenti. Potest� di posizione generale nel sistema, e di fondamento positivo (deduttivo) ancorch� non esplicitamente dichiarata: rispetto alla quale, pertanto, la disciplina tracciata negli articoli 41 e .37 del codice, non rappresenta che un caso di applicazione particolare, giustificato, nei suoi riferimenti apparentemente limitativi, dalla destinazione normale delle discipline processuali ai procedimenti ordinari, senza esclusione, peraltro, di altre possibili applicazioni, ove legittimate da identit� di presupposti e di fi.ni, alla stregua del pi� vasto principio di cui sopra. In realt�, attraverso all'ampio sindacato, preventivo o successivo, demandato in tema di giurisdizione alle Sezioni Unite dell,a Cassazione, si � inteso idealmente realizzare quella unit� della giurisdizione che � obbiettivo sempre pi� sentito di giu. stizia e di progresso, decisamente affermato anche nella nuova Carta Costituzionale (art. 102). Nel senso che le Sezioni Unite sono state poste al vertice di tutte le giurisdizioni, in posizione di organo superiore, svincolato ed autonomo, per cos� dire, dallo stesso ordine giudiziario dal quale strutturalmente i suoi magistrati derivano. Posizione questa che basta a legittimare tutta l'ampiezza e l'efficacia della sua potest� regolatrice, comunque configurata e funzionante. Ed il principio, come per ogni magistratura, vale logicamente anche per il Consiglio di Stato {e per la Corte dei Conti), senza che possa opporvisi la formulazione, solo apparentemente limitativa (in quanto riferita alle deeisioni) dell'art. 111 ultimo comma della Costituzione, tenuto conto .che la Carta non contempla, n� aveva ragione di .contemplare, l'istituto essenzialmente processuale .del regolamento preventivo, e che, comunque, il riferimento alle decisioni o provvedimenti, appare .comune, nell'economia della norma, anche alle .altre magistrature (art. 111 p. p.), per cui una limitazione particolare al Consiglio di Stato non estesa al Consiglio di Stato, importerebbe praticamente la sottrazione, a quest'organo generale di giurisdizione amministrativa, di quella potest� di giudicare sulla propria competenza, che gli era stata attribuita nella legge di riforma del 1907, a modifi.ca di una precedente norma (art. 41 legge del 1889) per la quale le questioni di giurisdizione dovevano essere devolute alla cognizione della Corte di Cassazione, con la conseguente necessit� di sospendere nel frattempo, il procedimento: laddove, in realt�, si era trattato solo del riconoscimento, anche al Consiglio di Stato, di una naturale potest� gi� riconosciuta ad ogni giudice, quale quella di verificare i presupposti ed i limiti della propria giurisdizione o competenza. Onde essendo ora, in sostanza, la posizione del Consiglio di Stato, uguale a quella di ogni altro giudice, ivi compresa la magistratura ordinaria, � naturale che possa operare anche a suo riguardo un istitut<> come quello del regolamento di giurisdizione per cui si ammette in via generale -in base ad un principio dispositivo della privata volont� che si � ritenuto convergente con superiori interessi che l'esercizio di quella potest� possa essere prevenuto ad istanza di parte, attraverso la preliminare adizione di quel supremo organo che delle questioni di giurisdizione dovrebbe in defi.nitiva poi essere il giudice. Ed infine non vale prospettare l'inconveniente per cui la proposizione del regolamento impedirebbe al Consiglio di Stato di esercitare quella facolt� di sospensione della esecuzione dell'atto amministrativo impugnato, che gli deriva dall'articolo 39 cap. del Testo Unico: laddove, a prescindere dalla inidoneit� di cotali empiriche argomentazioni per la soluzione di questioni propriamente giuridiche, riterrei che in realt� la detta facolt� non dovrebbe risultarne paralizzata, trattandosi di misura cautelare provvisoria consentita ad ogni giudice, non solamente nell'atto in cui sospende, ma talvolta, anche quando si spogli del giudizio. 2. Concludendo, su questo punto, non pu� dunque disconoscersi, anche sul piano preventivo, e per ogni giurisdizione, questa generale, amplissima potest� regolatrice alla Suprema Corte. Potest� alla quale corrisponde, peraltro, anche una somma di eccezionali responsabilit�, quali si rivelano in tutta la loro impressionante gravit� -che non trova precedenti nella attivit� giu;risdizionale del Supremo Collegio -nelle attuali cause. Ove si tratta, in realt�, di risolvere un conflitto che supera i normali schemi e contorni dei contrasti giurisdizionali, per spaziare nel campo --207 pi� alto e fluido dei rapporti fra i poteri dello Stato, nel perseguimento di una riforma di profondi riflessi. economici e sociali. Conscio, anche da questo Banco, di cotale pesante responsabilit�, ma nello stesso tempo consapevole che alla Suprema Corte, in questa, come in ogni altra congiuntura, con compete, n� pu� competere, che un compito di stretto sindacato giurisdizionale, mi sforzero a mia volta di attenermi, nella disamina che sto per intraprendere, ad un metodo rigorosamente giuridico, nonch� ad un rigoroso ordine logico. Astenendomi, pertanto da qualsiasi apprezzamento di politica legislativa, o comunque estraneo al tema giuridico, cercher� anzitutto di fissare, con la possibile precisione, gli obbiettivi ed i limiti che ad un sindacato strettamente giurisdizionale sono inerenti, con particolare riguardo a questa sede di giudizio; ed a tali limiti mi preoccuper� poi costantemente di attenermi nel corso ulteriore della indagine. 3. Trattasi, nella specie, di un regolamento di giurisdizione che � stato proposto relativamente a procedimenti appena in limine. Pi� che di un sindacato, pertanto, potrebbe parlarsi, della contemplazione preliminare, prevalentemente astratta, dei problemi di giurisdizione, in relazione alla impostazione iniziale, necessariamente ancora non elaborata, delle impugnazioni proposte: e ci� per l'accertamento preventivo, sulla base di quella impostazione, della esistenza o meno d'un giudice, e quale, per la tutela dell'avanzata pretesa. Onde l'indagine, con doverosa cautela, per non pregiudicare gli sviluppi ulteriori eventuali delle cause, deve restare circoscritta su quei presupposti e per quel fine, senza anticipazioni o sconfinamenti nel merito. E forse la giustificazione pi� convincente dell'istituto del regolamento preventivo sta appunto nella possibilit� di rendere pi� precisa e rigorosa, anche attraverso una separazione di fasi, quella distinzione fra giurisdizione e merito, fra sussistenza del diritto e sua tutelabilit� giurisdizionale, che dovrebbe sempre informare lo svolgimento del processo, al fine di collocare ogni questione sul proprio piano. Onde si � insegnato doversi evitare l'empirismo compendiato nel noto aforisma: �hai torto e perci� ti nego il giudice n, al quale fa simmetrico riscontro l'altro, non meno empirico e fallace: cc hai ragione, perci� deve trovarsi necessariamente un giudice che te la possa riconoscere e tutelare �. In realt� il torto e la ragione, devono restare estranei alla indagine, essenzialmente processuale, sulla giurisdizione: e soprattutto quando questa si svolga in fase preventiva. Ed analogamente, pur nel quadro della giurisdizione, si devono tenere separati i temi sostanziali da quelli formali e processuali: la posizione dei presupposti e dei limiti, dalla disamina delle questioni di fondo, logicamente di ordine successivo e da doversi inquadrare in quelle premesse, tuttoch�, sotto un pi� ampio aspetto, ancora alla giurisdizione inerenti. 4. Ora a me sembra di potere sin da ora rilevare, nella cospicua autorevole elaborazione dottrinale che si � sin qui sviluppata sull'importante tema della riforma fondiaria e relativi problemi di tutela giurisdizionale, nonch� nelle esaurienti difese dei resistenti, un vizio logico cori:nih� e dominante, consistente appunto nella inversione dell'ordine delle questioni a trattarsi, secondo l'accennato improprio schema di premettere l'indagine di sostanza -che nella specie sarebbe la questione di costituzionalit� -a quella processuale sui presupposti e sui limiti in base ai quali e nei quali possa la questione essere contemplata. Si parte, invero, in quelle elaborazioni, da una ricerca, astratta e libera, sulla legittimit� costituzionale delle leggi di delegazione e provvedimenti legislativi delegati, in tema di espropriazione e nel quadro della legge fondiaria, col risultato di affermare sotto pi� aspetti la incostituzionalit� del sistema adottato: e da questa affermazione di ordine sostanziale deducendosi la natura intimamente amministrativa dei provvedimenti di esproprio, si conclude per l'ammissibilit� della impugnativa avanti la giurisdizione del Consiglio di Stato, per vizi di illegittimit� amministrativa che quei provvedimenti inficiere b bero. Richiamandomi a quanto sopra esposto, sembra a me invece che, trattandosi di provvedimenti i quali si presentano inequivocabilmente in forma di legge, ed emanati da una suprema autorita che vi assume pure inequivocabilmente (attraverso il richiamo degli art. 77 prima parte ed 87 n. 5 della Costituzione) posizione delegata di legislatore -indagine preliminare debba essere quella di ricercare, sotto l'aspetto teorico, se una impugnazione avverso tal genere di atti, possa concepirsi come ammissibile, nel sistema del diritto positivo in vigore -avanti quali magistrature e sotto quali profili, condizioni e limiti. Per discendere di poi solo eventualmente, alla stregua dei risultati e comunque nei confini accertati di tale preliminare ricerca, alla disamina della questione di costituzionalit�, sopra enunciata, da valere per i :fini eventuali ulteriori, della complessa questione a risolversi. Non pertanto l'indagine di costituzionalit� come prius per la conseguenziale affermazione di proponibilit� dell'impugnativa, ma il procedimento inverso: di premessa dell'indagine sulla proponibilit� astratta dell'impugnativa e suoi giuridici confi.ni, per dare ingresso ed inquadrare in una esatta rigorosa cornice, la questione di costituzionalit�, che potrebbe quindi anche risultare insuscettibile di sindacato od altrimenti inconferente ai fini della proponibilit� della impugnativa, in relazione a quelle fondamentali, eventualmente preclusive, premesse. Al quale criterio ed ordine cercher� appunto, di attenermi, nella disamina che vado a svolgere. 5. Forma o sostanza, confi,gurazione formale esteriore degli atti o loro intima essenza: ecco il dilemma in cui si compendia, schematicamente, la questione di competenza, agitata (e complicata) nella causa. LE arn -208 Se cio� nella ricerca sulla sussistenza e per l'individuazione del giudice rispetto a date azioni od impugnative, si debba rigorosamente aver riguardo, o dar prevalenza, al criterio cos� detto estrinseco, inerente alla classificazione formale degli atti o negozi, o piuttosto a quello intrinseco, della natura sostanziale: e sotto quali profili e sino a qual punto questo pi� penetrante criterio possa essere adottato ed utilizzato. 6. Considerando anzitutto il problema, attraverso una visione realistica, ed insieme panoramica, del diritto costituito, mi sembrerebbe di poter cogliere, nel sistema della impugnazioni, una costante direttiva secondo la quale � per regola con riferimento immediato alla tipicit� di dati atti, e parallelamente alla configurazione tipica degli organi che li pongono in essere, che vien costruita e disciplinata la discriminazione e gerarchia delle impugnative: badandosi alla forma ed aHa provenienza degli atti cio�, piuttosto, che alla loro essenza, tuttoch�, in ipotesi, diversa e con quegli indicativi esteriori discordante. Cos�, ad esempio, ove una autorit� amministrativa, un Prefetto, addivenisse, sotto forma di atto amministrativo, ad una decisione giurisdizionale, od altrimenti un organo giudiziario, un Pretore, emanasse sotto forma di sentenza un atto sostanziale di amministrazione, le relative impugnaziolli,' ancorch� propriamente dirette a denunciare cotali deviazioni per fini di invalidamento o di riforma, dovrebbero indubbiamente essere proposte rispettivamente al Consiglio di Stato od al Tribunale e non viceversa, come si potrebbe essere indotti a ritenere con riguardo alla realt� sostanziale della materia controversa. E parimenti, ove una autorit� tipicamente amministrativa, come ad es., un Comune, addivenisse, sotto forma di regolamento (atto amministrativo normativo) alla posizione vera e propria di norme legislative in senso materiale, l'impugnazione di legittimit� per straripamento od eccesso, dovrebbe dirigersi al giudice istituzionale degli atti amministrativi, e non a quello delle leggi, tutto che nell'ordinamento, un tale giudice fosse gi� istituito e funzionante. Se questi rilievi sono esatti, riportandone ora il concetto alla situazione contemplata, posto che qui pure trattasi di atti aventi una tipica configurazione, nella specie di ordine legislativo, e provenienti da autorit� in posizione legislativa operante, non dovrebbe per intanto dubitarsi, che se un organo giurisdizionale di legittimit� delle leggi, una Corte Costituzionale gi� esistesse nel sistema e potesse essere adito, a questo soltanto, e non mai, sotto qualsivoglia aspetto, alla giurisdizione amministrativa, dovrebbero le eventuali impugnative essere proposte, quanto meno come prius di ogni eventuale contestazione in materia. E questa considerazione, se pure in quest'ultimo caso solo ipotetica, basterebbe gi� a mio avviso per giustificare ogni perplessit� dell'interprete circa la ortodossia e possibilit� pratica di adozione -sul terreno rigoroso delle giurisdizioni -di un criterio di libera valutazione discri minatrice, quale dovrebbe essere quello intrinseco, volto a scoprire il contenuto sotto le strutture dell'involucro, per i fini stessi" preliminari, della ricerca ed individuazione del giudice. Onde si pone quant,o mai vivo il problema -postoch� nel momento attuale un giudice costituzionale ancora non esiste, e comunque, ove costituito, secondo il gi� costruito sistema, non potrebbe essere adito in via diretta principale, ma solo in relazione incidentale con altre cause pendenti, secondo si vedr� a suo luogo -se, mancando per quei tipici atti un tipico giudice, debba senz'altro concludersi per il difetto assoluto, in materia, della tutela giurisdizionale, o se invece alla carenza legislativa possa rimediarsi, almeno contingentemente, con l'espediente di puntare, con penetrante pregiudiziale valutazione, sulla sostanza, pretesa adulterata, anzich� sulla forma, come se si trattasse in realt� di atti aventi una diversa configurazione e natura, tali da potersi ricondurre al sindacato di altro organo giurisdizionale, per cotale genere di atti gi� istituito e competente. Al quale quesito potrebbe essere facile rispondere che, trattandosi in sostanza di un artificio volto ad eludere, per via indiretta, impedimenti concreti del sistema, il procedimento si presenterebbe a priori colorato di arbitrariet� postoch� in materia di giurisdizione non � dato ricorrere ad espedienti elusivi, e tanto meno creare fantasmi di giurisdizioni od alterare competenze, in contrasto con la legge. 7. Ma, pur ammettendo che una tale soluzione sarebbe di drastico rigore e forse formalistica, laddove in tesi, non si tratterebbe di creare od ampliare competenze, ma solo di attrarvi contestazioni, che, per materia gi� vi sarebbero comprese, ecco che il problema, si risolve (e pi� propriamente) nell'altro, parimenti delicato ed essenziale, inerente ai possibili profili ed ai limiti di cotali procedure qualificatrici: problema a sua volta inquadrato nel tema pi� vasto dell'ambito della potest� pregiudiziale, spettante, come si � visto, ad ogni giudice, di accertare i presupposti legittimatori della propria competenza giurisdizionale. Esiste, senza dubbio, un tale potere di accertamento e di controllo: ma non � esatto che sia senza confini, cosi da poter liberamente spaziare, sul terreno pregiudiziale, anche in quei campi ed oltre a quelle barriere che delimitano, ai fini del giudizio, la competenza dell'organo: quando, soprattutto, quel pregiudiziale excursus gi� importerebbe, implicitamente, anticipazioni intempestive del merito. In realt� l'ambito dell'indagine di che si tratta, in quanto appunto di solo accertamento e di controllo, deve mantenersi nella cornice, in quell'area marginale che ad ogni accertamen.to strumentale si conviene. Si versa, per cosi dire, in ju'l'e e--non ancora in judicio: onde la fisionomia dei fenomeni va delibata pi� che anatomizzata. E con riferimento, soprattutto, alla �fattispecie n cos� come si presenta, nella sua attuale consistenza e nei vari elementi che la caratterizzano, sul piano della -209 �ealt� e non della supposizione: senza quelle defor: nazioni ed ortopedie, od altrimenti di organica iisintegrazione, che prospetterebbero, in effetti, 'enomeni diversi, l'ipotesi invece della realt�, o 3he comunque presupporrebbero gi� l'attuazione ii momenti costitutivi o di decisione, solo proprii �tlla fase di merito. E per concentrare il tema sull'indagine di qua: ificazione degli atti per i fini di dare ingresso al ~'iudizio, sembrami che il procedimento dovrebbe !tppena consistere, da una parte, in una attivit� ili interpretazione, con particolare riguardo alla volont� od elemento soggettivo, che anima il rapporto e nell'atto si obbiettivizza, e, dall'altra in ima operazione tecnica di inquadramento, di quella obbiettivata volont� e fattispecie, nei pi� appropriati schemi dell'ordinamento giuridico, in modo ila potervi dare una definizione che aderisca in3ieme alla realt� del fenomeno ed alla legge. Anche qui, pertanto, semplici accertamenti di esistenza, valutazione di elementi concreti, reali e loro giuridica definizione, senza la possibilit� di ipotetici riferimenti ad atteggiamenti solo suppositivi, e tanto meno di procedere ad operazioni correttive -sanzionatorie o deformatrici -intese ad imprimere all'atto una diversa, se pure in ipotesi, pi� corretta ed ortodossa fisionomia. Si presenta pertanto estraneo, in tale preliminare ambito di indagine il momento declaratorio, tuttoch� strumentale, di nullit� riscontrate nell'atto, sia ai fi.ni conservatori riduttivi, come nel caso di nullit� parziali (art. 1419 c. c.) che a quelli anche pi� ampii di conversione dell'atto o negozio (art. 1424). Tutto ci� implica necessariamente gi� un contenuto di decision.e, vincolante per le parti, e quindi con efficacia di giudicato, quale potrebbe esprimersi in iudioio ma non in jure, se e dopo introdotta e non per l'introduzione della azione, laddove, evidentemente non pu� essere consentito in limine al giudice, n� di annullare n� di convertire, ma soltanto di esaminare se l'atto si presti, nella sua attuale configurazione e consistenza, al suo sindacato. 8. Ci� posto, trattandosi, nella specie, di qualificare un atto in forma (pretesa impropria) di decreto legislativo delegato, non pu� anzitutto non tenersi conto di quella che appaia essere stata al riguardo la volont� dell'autorit� che lo ha posto in essere, tanto pi� quando questa volont� sia quella di un potere dello Stato, del Parlamento, nel quale si esprime in modo pi� diretto e rappresentativo, in regime democratico, la volont� del popolo sovrano. Certo la volont� legislativa pu� essere interpretata, e soprattutto accertata, quando non ne risulti sicuro l'atteggiamento, facendosi ricorso ai noti sistemi deduttivi, dall'organico coordinamento delle norme o dai principi'. generali del sistema. � quanto, in altri campi, si � fatto, con note decisioni, anche da questa Suprema Corte: come nella citata sentenza 9 luglio 1947, n. 1093 a proposito dei provvedimenti di decadenza dei senatori ex regime per parte dell'Alta Corte di giustizia, laddove, nel silenzio della legge, ma utilizzandone indiretti indicativi e risalendosi ai principii, si � pervenuto a riconoscere carattere giurisdizionale, invece che amministrativo, alle decisioni emanate: procedimento qualificativo mantenutosi sul puro piano dell'interpretazione esegetiua e logica,� nel quadro della legge. Ma quando l'elemento volitivo appaia manifesto ed inequivoco -mentre ogni interpretazione si presenterebbe superflua, se non artificiosa ed arbitraria -la sua preterizione o sottovalutazione rappresenterebbe indubbiamente un grave vizio dell'indagine, come riguardo ad un indicativo che pu� essere di decisiva rilevanza. Ora � questo appunto il caso dei decreti contemplati, nei quali la precisa, inequivoca volont� parlamentare di costruire tutta la riforma sul piano legislativo, dalla posizione delle norme e dei principii alla loro concreta attuazione mediante gli atti di esproprio, ha trovato espressione formale altrettanto chiara e solenne nella configurazione esteriore dei provvedimenti impugnati, laddove in realt�, non solo verun adempimento del procedimento � legislativo delegato appare trascurato, ma sono precisi i richiami ai prescritti presupposti ed alle norme, ben chiara la posizione che l'autorit� emanante vi ha assunto, indicata persino, in termini espressi, quella singolare partecipazione, propriamente legislativa, all'atto, sotto forma del previo parere di una commissione parlamentare, che nel caso particolare era stata predisposta per una pi� precisa inquadratura dei provvedimenti negli schemi della legislazione anzich� dell'amministrazione. Questa precisa direzione di volont� � d'altra parte concordemente riconosciuta da quanti in dottrina si sono occupati della materia, tuttoch� in contrasto, per altre ragioni, con la tesi della qualificazione legislativa degli atti. Ed inoltre tale volont�, oggettivata nei decreti, aderisce e trovasi in diretta relazione con una legge formale, quale � indubbiamente la legge Sila che contiene la delegazione, legge che non pu� essere avulsa dal sistema giuridico positivo e rappresenta anzi la pi� diretta fonte regolatrice della materia. Per cui, in realt�, non di ricerca di volont�, e neppure di interpretazione, pu� nella specie trattarsi, ma piuttosto ed esclusivamente di invalidamento di questa volont�, e di vizi sostanziali che la travaglierebbero. Non prospettabile quindi una tesi di inesistenza, od altrimenti di sola apparenza della legislazione delegata, quasi per inconsistenza della delegazione e di tutta la costruzione normativa perseguita, ma, eventualmente solo una situazione di nullit�, totale o parziale, dei decreti impugnati e della delegazione su cui si fondano, laddove allo schema giuridico della nullit� pu� certamente ricondursi l'illegittimit� costituzionale, per contrasto coi precetti imperativi superiori posti al legislatore dell'autorit� costituente. Diverso � il caso dell'imperfezione estrinseca formale del procedimento delegativo, o di esorbitanza dai limiti obbiettivi della delegazione, come contemplato in altre sentenze men recenti di questa Suprema Corte (e particolarmente in 7 7 W: 1: 'f P � 7 T!SCT mz mt :rn w :a E -210 quella 30 novembre 1929, n. 629 sui piani edificatori di Palermo), laddove il difetto di adempimenti formali fa realmente venir meno il presupposto di una delegazione come disciplinato dalla legge, od altrimenti, nella parte esorbitante, il provvedimento delegato, manca in realt� di delegazione e quindi non � legge, onde a ragione di insussistenza pu� parlarsi o di sola parvenza di delegazione. Qui, sia l'attivit� delegante che quella delegata sono invece. formalmente perfette e quindi esistono; sol che se ne assumerebbe il contrasto con norme di maggior resistenza: onde � chiara l'evasione dal piano dell'interpretazione secundum legem, e l'impingenza in altro ordine di indagini, che sarebbero contra legem o contra voluntatem. 9. Ed allora ecco che la direzione, in tal senso, della indagine, risulta insuperabilmente preclusa dai limiti che abbiam visti esser proprii della fase preliminare. "haddove si tratterebbe in realt� di annullare e di convertire; di riscontrare una nullit� che non potrebbe considerarsi solo parziale, postoch� inciderebbe proprio su quell'elemento subbiettivo che dal legislatore � considerato come unico rilevante ai fini conservatori, riduttivi, dell'atto (art. 1419 c. c.). E quindi di una nullit� totale, rispetto alla quale, pertanto, l'unico strumento giuridico utilizzabile per mantenere, sotto diversa configurazione, una vita ed una efficacia all'atto, sarebbe proprio quell'istituzione della conversione che invano si cerca di nascondere o di aggirare nelle artificiose costruzioni difensive dei proprietari espropriati. Procedimento di conversione, di cui si presenta gi� difficile teoricamente il trasporto nel campo del diritto pubblico, ove gli atteggiamenti volitivi degli enti e la forma degli atti sono sottoposti ad un rigore tutto particolare, che � gaianzia di legalit� e di giustizia. Provvedimento di conversione, attraverso il quale, dopo il momento invalidativo, si dovrebbe attuare quello costitutivo, in forma di sostitu zione di uno ad altro atto, nonch� di animare l'atto nuovo sostitutivo con l'attribuzione di una ipotetica volont� al soggetto che aveva posto in essere l'atto originario. E nella specie l'atto da costruire per la sostituzione sarebbe un atto am ministrativo in luogo di altro legislativo invalido, mentre la volont� suppositizia si dovrebbe attri buire addirittura al Legislatore: nel senso di im plicito riconoscimento della nullit� costituzionale perpetrata e di direzione di tanto importante ri forma su tutt'altro piano, che non quello che vera mente era stato voluto per una somma di motivi che qui non � il caso di considerare. In defi,nitiva il giudice amministrativo, per attuare i presupposti del suo sindacato. giurisdi zionale, dovrebbe forgiarsi esso stesso l'atto se condo uno schema di tale sindacato suscettibile: farsi prima legislatore e poi amministratore, per essere, infine giudice. Ma tutto ci� � manifestamente contrario al nostro sistema giuridico, per cui da una declaratoria di improponibilit� non si potrebbe, gi� sotto questo aspetto, prescindere; 10. Tuttavia, anche a volere, in ipotesi, concedere che un tale procedimento, di annullamento e di conversione, fosse ammissibile -poich� nella sostanza esso si concreterebbe in una indagine di costituzionalit� -ecco che subordinatamente si pone l'altro inevitabile problema�� sui limiti consentiti al giudice per tale ricerca, alla stregua del diritto positivo attualmente in vigore. Nel pormi questo problema, non ho difficolt� di aderire, come punto di partenza, alla interpre-1 tazione che la prevalente dottrina suole dare ,: della disposizione VII transitoria della Costituzione. Nel senso che il rinvio ivi posto alle forme ed ai limiti delle norme preesistenti, debba essere I inteso con solo riguardo alla forma incidentale con & cui la questione di costituzionalit� possa essere sollevata, ed alla efficacia limitata, strumentale, della soluzione adottata, all'oggetto principale dedotto in giudizio. Possibilit�, quindi, come si vedr�, a suo luogo, anche di un bene inteso sindacato di costituzionalit� di ordine intrinseco, per contrasto del contenuto della legge con precetti imperativi della Costituzione. Laddove in realt� niuna norma dianzi impediva, nella costituzione anteriore, quel pi� penetrante sindacato, ma solo la situazione derivante dalla c. detta flessibilit� delle disposizioni, statutarie, modificabili anche con leggi ordinarie, per cui mancava la possibilit� stessa di un contrasto di norme, per dovere in ogni caso prevalere la posteriore sull'anteriore, tutto che di diversa posizione. Onde essendo ora una tale situazione venuta meno, in relazione alla rigidit� della nuova ' Carta, nonch�. al rapporto di subordinazione in :::! cui il legislatore ordinario � stato posto rispetto ti,~ al costituente, ecco che contrasti costituzionali f?. possono oggi sorgere, in relazione ai quali, man-ru; cando disposizioni proibitive, deve riconoscersene I la contingente potest� di cognizione anche al giu-, dit.?li~ ordib.?-liario, nel qdua~o delldallricerca delle i:orme @ u 1 zza 1 per 1a ems1one e a causa, e smo a ~..., quando del particolare oggetto non possa essere rq investito il giudice costituzionale. 11. Tuttavia, anche circoscrivendo, in questa fase, la disamina ai limiti pi� ortodossi -della incidentalit� e della processualit� -come richiamati dalla disposizione transitoria della costituzione, sembrami che altre insuperabili preclusioni sorgerebbero, per difetto di presupposti e per la , obbiettivazione dell'impugnativa, all'esperimento I dell'indagine costituzionale. H Pu� quanto meno dubitarsi, anzitutto, che ri-fi.,:.';;�'�k.~,.: ..=,. corra gi� sotto l'aspetto processuale, una vera ~ situazione di incidentalit� sulla quale la questione rra di costituzionalit� possa innestarsi. @ taiitC: p1:~e:sS:!i~ ~~~:~~ei~~er~;or~el;aal!~~i~,~~~ .\!\I dicativo desumibile dall'art. 1� Legge costituzio-W nale n. I che regola appunto in via esplicita, se ITT pur con riguardo alla disciplina della Corte Costi lq tuzionale, le condizioni di proponibilit� aell'Tn-. ' cidente di legittimit� costituzionale. Necessit�, fW quindi, di un . giudizio in corso, I:~ in pendenza dell quale la quest10ne venga sollevata, al fine di sta-il! bilire se una data legge possa applicarsi per la � -211 risoluzione della questione principale controversa. Onde risulterebbe difficile estendere la nozione �alle situazioni pregiudiziali, in cui la questione invece si sollevi per dar corso al giudizio, e senza riflessi sul merito. Ma, anche a voler considerare di troppo rigore tale concezione, ed ambientando l'incidentalit�, pure ai fini costituzionali, nella pi� ampia inquadratura degli art. 34 cod. di proc. civ., 28 legge sul Consiglio di Stato, la proposizione della questione si presenterebbe, a mio avviso, egualmente inammissibile, in quanto oggettivata in via diretta principale e non incidenter tantum. Invero, il rapporto di incidentalit�, a riguardo della dedotta incostituzionalit� di una legge rispetto a giudizi di legittimit� avanti al Consiglio di Stato, presupporrebbe una netta, precisa distinzione tra la legge, pretesa incostituzionale, e l'atto impugnato, una relazione di semplice connessione, a fini strumentali, fra la questione di costituzionalit� e l'oggetto principale del giudizio. In altri termini la ricerca costituzionale non dovrebbe invocarsi in via immediata e con riferimento diretto assorbente al tema del giudizio, ma soltanto mediatamente, per saggiare l'applicabilit� di una norma alla materia principale controversa, e quindi con riflesso contingente solo sul modus decidendi di questa autonoma, bene oggettivata questione, sulla quale soltanto possa il giudicato formarsi. Ora, nella specie questo rapporto di distinzione e di connessione, si profilerebbe, secondo la per spicace prospettazione difensiva dei resistenti, fra la legge di delegazione ed i decreti impugnati, nel senso di riscontrare in questi l'oggetto principale della impugnativa e nell'altra l'ambito di una ricerca strumentale, da valere come presupposto per la procedibilit� dell'azione. Trattasi peraltro di una costruzione artificiosa, ed innanzi tutto reticente e manchevole. � evidente, infatti, che si cerca di sottacere come gli atti stessi impugnati, e cio� i decreti presidenziali, si presentano in forma di legge, quali provvedimenti legislativi, sia pure delegati. Onde la questione di costituzionalit� investe necessariamente e per primo proprio gli atti impugnati, entrando a far parte intrinseca del tema del giudizio ed immedesimandosi nel suo oggetto. Per superare cotale situazione di identit� si dovrebbe idealmente distinguere, nel corpo dell'unico atto, il momento, per cos� dire, normativo da quello amministrativo, operare cio� nell'interno, con una finzione artificiosa, quella separazione di posizioni, e quella autonomia di rapporti che dovrebbero sussistere realisticamente all'esterno. Ma � chiaro che si tratterebbe di un procedimento disintegratore in contrasto con l'organicit� dell'atto, tutto costruito sul piano legislativo, e che comunque la distinzione sarebbe sterile, laddove il momento normativo, riferendosi soltanto al provvedimento in cui si incorpora, resterebbe attratto nell'orbita del giudicato, od altrimenti esaurirebbe nell'oggetto del giudizio ogni sua possibile funzione: con effetto sostanziale, perci�, in caso di riconosciuta incostituzionalit�, di vera abrogazione e non solamente di disapplicazione a limitato oggetto, dato che il momento normativo, isolato dal provvedimento, non sopravviverebbe, e nessuna possibilit� di applicazioni ulteriori potrebbe residuarne, per altri casi o per altri giudizi. D'altra parte, anche a voler profi,lare il mpporto di che trattasi fra i provvedimenti impugnati e la legge di delegazione, la situazione sostanziale non muterebbe, ed analoghe sarebbe le conseguenze. Invero la legge, o meglio la formula di delegazione, non ha posizione finita autonoma, produttiva di per s� stessa di effetti giuridici sostanziali; ma sta tutta in funzione e quale presupposto della successiva manifestazione delegata, che veramente attuer� la volont� legislativa con effetto sostanziale sull'ordinamento giuridico. Onde, a malgrado della formale distinzione di fasi, si ha. in sostanza anche qui un complesso organico inscindibile, di reciproca integrazione tra il momento delegante e quello delegato: per cui, in realt�, colpire la legge di delegazione vuol dire col' ire l'atto delegato e viceversa, con la conseguenza del darsi luogo, necessariamente, ad una situazione complessa interferente che tutta viene ad essere abbracciata dall'ambito del giudicato e dei suoi pratici effetti. Manca quindi in ogni caso un rapporto di vera incidentalit�, ed in definitiva la decisione sulla questione costituzionale verrebbe a confondersi col merito, o quanto meno a costituire uno degli obbietti nella progressione vera e propria del giudizio. Non si vuol dire con ci� che una situazionne di incidentalit� rispetto alla contestata costituzionalit� della legge fondiaria, non possa in alcuna fattispecie giudiziale tecnicamente mai realizzarsi. Le considerazioni sopra svolte valgono per l' attuale, non per altri giudizi: laddove, ad esempio, si potrebbe ricordare quale configurazione giudiziale, in ipotesi, di vera incidentalit�, quella che si era tempo addietro prospettata alla Suprema Corte in relazione ad altro regolamento di giurisdizione, che peraltro � stato poi rinunciato. Si trattava di una azione possessoria di spoglio, intentata da un proprietario della regione Silana contro organi dell'ente che si assumeva si fossero impossessati arbitrariamente di dati beni estraniandone con violenza i coloni. L'ente si difendeva richiamandosi, per legittimare il proprio comportamento, alla legge fondiaria ed ai decreti di esproprio. L'attore contestava la legittimit� costituzionale dell'una e dell'altro. Per cui, come mezzo a fine per decidere sulla arbitrariet� o meno dell'impossessamento, sorgeva, in vera posizione incidentale, la necessit� di accertare strumentalmente la ortodossia costituzionale della complessa procedura inerente alla delegazione ed agli atti delegati; la quale questione, che indubbiamente avrebbe potuto essere contemplata incidenter tantum dallo stesso pretore adito per l'azione di spoglio e per i fini (principali) di questa, del pari legittimamente sarebbero stati prospettati, in sede di regolamento preventivo, alla Corte di Cassazione. E la stessa cosa potrebbe dirsi per una azione petitoria di rivendicazione o per altre analoghe -212 di bene individuata ed autonoma obbiettivit� giudiziaJ.e. Ma nel caso nostro, a riguardo delle impugnative avanti aJ. Consiglio di Stato, la situazione, come si � gi� esaurientemente rilevato, � diversa: manca una obbiettivazione di azione che si distingua nettamente dalla contestazione di legittimit� costituzionale e possa, in ipotesi, indipendentemente operare verso proprii fini e su propri presupposti; l'uno e l'altro momento, comunque, si intrecciano in unitaria cornice, per cui, sotto l'apparenza dell'accertamento pregiudiziale, in realt� gi� si impingerebbe nel merito, e si proietterebbero nell'ambito finaJ.e del giudicato elementi che vi dovrebbero rigorosamente restare estranei. 12 . .A coronamento e conferma di tutti i sopra esposti rilievi, mi sembra infine opportuno la prospettazione, per cos� dire sperimentale, del come potrebbe svolgersi, in ipotesi, il complesso procedimento ove la Corte Costituzionale fosse gi� costituita e funzionante. Pur ammesso che la questione di costituzionalit� potesse comunque alla Corte essere deferita essa dovrebbe indubbiamente coinvolgere sia la legge di delegazione che quella delegata, in quanto entrambe adagiate sul piano legislativo ed in forma legislativa configurate. N� la magistratura amministrativa investita primariamente del giudizio potrebbe arbitrarsi di sceverare l'una dall'altra legge, trattenendo presso di s� e riservando al proprio giudizio l'atto delegato e rinviando alla Corte la cognizione sull'altro. E quanto agli effetti della declaratoria della Corte, essi non potrebbero a loro volta dividersi, n� potrebbe, in verun caso, sopravvivere alla declaratoria stessa un seguito di giudizio avanti alla magistratura adita. Laddove, in caso di riconosciuta costituzionalit�, il giudizio di legittimit� amministrativa risulterebbe senz'altro precluso per difetto di obbietto, e cio� di atti amministrativi da potersi sottoporre a sindacato. Mentre, nel caso inverso di dichiarata incostituzionalit�, cadrebbe per abrogazione (art. 136 costituzione) tutto l'organico complesso normativo costituito dalla delegazione e dai decreti, venendo a mancare per estinzione, avanti alla magistratura amministrativa adita, la materia stessa del con tendere. In realt�, alla declaratoria della Corte non potrebbe, in ipotesi, succedere che una nuova attivit� di ordine legislativo e di governo, dato che solo in questa direzione � contemplato, dalla Costituzione, un possibile imperativo, od indicativo, della Corte (art. 136 cap. Costituzione). Nel senso che il Parlamento, di propria iniziativa o del governo, ove intendesse comunque insistere nel perseguimento della propria obbiettivit� di riforma, dovrebbe uniformarsi all'ortodossia dei criteri e dei procedimenti risultanti dalle indicazioni della decisione costituzionale: costruire cio�, quanto al momento esecutivo, la riforma, sul piano amministrativo anzich� su quello legislativo. E sol quando il Parlamento fosse a tanto addivenuto, e l'amministrazione, a sua volta, avesse rinnovati, in forma amminii:itrativa, gli atti di esproprio, questi nuovi atti potrebbero, con nuova proposizione di giudizio, essere impugnati: non mai proseguirsi i giudizi ordinari ormai caducati, rispetto ad atti travolti nella frana dell'abrogazione e comunque inconvertibili, n� dalla Corte Costituzionale investita di sola competenza negativa, n� tanto meno dal Consiglio di Stato, che non potrebbe sovrapporsi alla Corte Costituzionale ed al legislatore. Ora, se questa sarebbe la via (l'unica via) da seguirsi, e questi gli effetti, in ipotesi di funzionamento della Corte Costituzionale, che rappresenta indubbiamente il maius, la meta di (relativa) perfezione alla quale si vorrebbe tendere col nuovo ordinamento giuridico costituzionaJ.e, come � possibile ammettere che procedure pi� libere ed effetti maggiori -di immediata attuazione giudiziale -siano ora raggiungibili, in questo periodo transitorio che rappresenta un minus, quasi un ripiego rispetto a quel maius In verit� � tutta una impalcatura artificiosa ed estranea al nostro ordinamento giuridico: la quale, come sarebbe arbitraria ed irrealizzabile a Costituzione attuata, cos� deve sin da ora condannarsi, tenuto conto che la Costituzione gi� vive, nella concezione superiore del sistema, alla quale anche la vita del diritto deve uniformarsi. 13 . .A questo punto la disamina potrebbe senza altro conchiudersi, essendovi gi� ragioni pi� che sufficienti per giustificare una declaratoria in limine d'improponibilit� dell'azione secondo il profilo dell'impugnativa diretta al Consiglio di Stato, indubbiamente carente di giurisdizione per difetto di presupposti o di obbietto. E penso che la Suprema Corte potr� forse qui arrestarsi, trattandosi di rilievi preclusivi di per s� decisori ed esaurienti, particolarmente aderenti al carattere preliminare preventivo di questa sede di giudizio. Tuttavia � tale l'importanza della causa, e cos� gravi i riflessi che potranno derivarne sul piano giuridico, politico e sociale, che mi .sembrerebbe di venir meno al dovere e quasi di eludere le responsabilit� che mi sono state imposte, ove non esaminassi, quanto meno in via di delibazione, anche la questione di fondo, inerente alla legittimit� costituzionale intrinseca delle manifestazioni legislative denunciate. Trattasi, d'altra parte, di una disamina che ancora si inquadra nel sindacato sulla giurisdizione, eppertanto rientrante nella competenza delle Sezioni Unite. La quale sar� comunque utile, nel senso di saggiare anche sul concreto, sul terreno sostanziale, se l'attivit� esplicata in materia dai poteri dello Stato possa inquadrarsi nella funzione legislativa, I assumere come contenuto, oltre che come forma, ! posizione superiore di legge, di fronte alla quale !. resti di per s� inconcepibile, a priari, una contrap-� posizione di pretese giurisdizionalmente "'tutelabili. I Se sussistano cio� le basi, o potrebbero, per ragione di materia, sussistere, per il possibile profi.larsi di contestazioni giudiziali, ed avanti a quali giudici, secondo i noti criteri discriminatori del 1 diritto e dell'interesse. -213 14. Anche in questa disamina, che cercher� per quanto possibile di riassumere nei rilievi essenziali, non ho difficolt� ad accettare, come punto di partenza l'impostazione teorica, di principio, pressoch� unanimamente prospettata dalla dottrina costituzionale, come direttiva per la ricerca sulla legittimit� delle delegazioni legislative. Nel senso che, per aversi una delegazione costituzionalmente legittima di potest� legislativa, ed in genere di ogni potest�, occorre, da una parte, che la potest� oggetto della delegazione rientri nell'ambito di competenza dell'autorit� delegante, e, dall'altra, che della potest� delegata non sia gi�, per ragion propria, investita l'autorit� delegataria. Peraltro gran parte degli autori, e la perspicace difesa dei resistenti, vorrebbero poi sviluppare i principi, in guisa di applicazione alla specie, nel senso di escludere a priori che attivit� amministrative, come tali qualificabili per ragione naturale, possano essere attratte nell'ambito legislativo e prenderne qualifi.cazione; con la conseguenza, comunque; di non potere formare oggetto di delegazione, postoch� tratterebbesi di attivit� propriamente gi� rientranti nella competenza naturale dell'autorit� amministrativa, onde la delegazione si presenterebbe superflua ed inconferente. Ci� troverebbe conferma esplicita nell'art. 76 della Costituzione che contemplerebbe (e legittimerebbe) solo la delegazione della funzione legislativa, e cio� per la emanazione di norme giuridiche, con carattere di generalit� e di astrattezza. Ora a me sembra che, se � esatta la impostazione teorica iniziale, siano invece quanto meno assai discutibili, dense di interrogativi e di problemi, le susseguenti proposizioni concrete. l E ci� sia sotto l'uno che sotto l'altro aspetto. 15. Anzitutto, quanto alla prima indagine -potest� rientrante nella competenza dell'autorit� (legislativa) delegante -se � vero che il principio della divisione dei poteri informa ampiamente, come gi� la costituzione Albertina, anche l'attuale (accennano, fra l'altro, ai poteri dello Stato gli artt. 104 p. p. e 134, 30 comma, relativo l'uno alla posizione della Magistratura, l'altro ai conflitti di attribuzione), � tuttavia generalmente ammesso che la distinzione non vi � compiutamente definita n� rigorosa, in altri incontri parlandosi -a proposito della Magistratura o del Parlamento -solo di funzioni, legislative o giurisdizionali, n�, �d'altra parte, corrispondendo appieno alla distinzione oggettiva delle funzioni, quella soggettiva degli organi od uffici chiamati ad esercitarle. Onde mentre, ad esempio, sono ancor vive nell'ordinamento positivo discipline di leggi che investono organi tipicamente amministrativi di funzioni giurisdizionali (casi, sia pure rari, del c. d. ministro giudice) � pure pacifico che funzioni tipicamente amministrative sono affidate e largamente esercitate dall'autorit� giudiziaria. In particolare, poi, per l'autorit� legislativa, si arriva addirittura ad affermare dalla dottrina men recente, che il potere legislativo potesse legittimamente attrarre nel'a propria orbita quanto meno quelle pi� importanti funzioni amministrative che, per ragion di materia o per altri motivi, presentassero riflessi di ordine politico o sociale. Ci� si giustificava con riferimento alla fonte della sovranit�, che, in regime democratico si .faceva risiedere essenzialmente nel Parlamento, come espressione diretta della sovranit� popolare, mentre nei regimi assoluti, o di costituzion�lit� pura; si concentrava nel Principe, e per sua derivazione nella Legge, con la conseguenza che, nel quadro di questa ideale unit�, le competenze potessero intrecciarsi ed interferire. Questa tendenza all'attrazione � penetrata anche nei pi� moderni regimi. E se � vero che negli ultimi tempi, come � stato rilevato (Vitta) si � venuta attenuando, non � peraltro mai scomparsa, sino ad affiorare anche nelle costituzioni pi� recenti ed elaborate, come � appunto della nostra: nella quale, non soltanto si � avuto titubanza a definire la funzione amministrativa, come contrapposta alle altre, invece contemplate, della giurisdizione e della legislazione, ma si � data esplicita disciplina a tutto un quadro di funzioni propriamente amministrative, demandate al Parlamento: attribuzioni deliberative (stato di guerra, art. 78), autorizzative (per la ratifica di trattati internazionali, art. 80), o di approvazione (Bilanci, art. 81), le quali attribuzioni, per imperativo costituzionale, debbono propriamente esplicarsi per via di legge. Sotto l'aspetto teorico, d'altra parte, � ormai generalmente ammesso che per la nozione di legge possa in certo senso prescindersi dai requisiti tradizionali della generalit� e dell'astrattezza: onde il rhi vere delle cosi dette leggi in privos latae, nelle quali il momento normativo si riscontra soltanto in quel jus novi che, ci insegna, poter valere anche al solo stato potenziale. Ora da tutto ci� sembra potersi dedurre che, se pure normalmente la funzione legislativa si esprime, e dovrebbe esprimersi, nella posizione di norme (onde i precetti, ad es. degli artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 della Costituzione), sotto l'aspetto pratico e positivo possano trovar posto nella nozione altre competenze al potere legislativo deferite: tutto ci�, in definitiva, che possa o debba farsi per via di legge, e quindi anche le funzioni atipiche, semprech� nell'orbita legislativa operanti. � cos� che nelle moderne costituzioni, e partii: iolarmente nella nostra, non solamente non trova ricetto la nozione cosi detta dell'atto amministrativo naturale, ma manca ogni base per la positiva costruzione di una riserva amministrativa nella quale, per ragion di materia, le altre potest�, e particolarmente la parlamentare, abbiano divieto costituzionale di penetrare. Ed, anzi, si suol dire, con fondamento, che l'amministrazione, anzich� delimitare, sia costantemente in funzione della legge, ricevendone disciplina e limiti, nel senso di potersi affermare solo dove e quando la legge, con proprie disposizioni gi� non provveda. In particolare poi, quanto al tema dell'espropria zione per pubblica utilit�, un limite costante e rigoroso, fra la legislazione e l'amministrazione, a ben vedere, non sussiste, o comunque, se Bstrat tamente posto, ha sempre consentito le pi� lar ghe trasposizionj ed.. intE?rferenze, -214 Se � vero, infatti che l'art. 29 statuto Alberrino, come l'art. 42 dell'attuale Costituzione, demandano come . .prius necessario alla legge la posizione dei casi di espropriabilit� e la disciplina del procedimento, a� ci� si ferma il precetto statutario, nel senso che non vi sia rincontro anche un imperativo di limite, �he a quella primaria funzione restringe l'ambito della legge, escludendone la possibile estensione anche a momenti successivi, di attuazione dell'espropriazione. Anzi, da una parte, gi� la legge fondamentale sull'espropriazione (1865) prevedeva dei casi (art. 9) in cui la dichiarazione (concreta) di pubblica utilit� doveva farsi per legge, col conseguente corredo gi� di piani di massima (art. 15), ed eventualmente anche di piani particolareggiati (art. 21), direttamente individuati in singoli beni, e dall'altra la nuova costituzione contempla essa stessa materie e circostanze nelle quali ad espropriazioni determinate (di categorie di imprese, o di singole imprese) abbia a provvedersi con legge (art. 43: nazionalizzazione di imprese produttive od altrimenti di preminente interesse generale). Ed anzi � proprio la Costituzione che con una sua norma (XIV transitoria) volle procedere direttamente ad una ampia espropriazione (avocazione allo Stato), relativamente ai beni degli ex sovrani di Casa Savoia, e loro consorti e dipendenti. Si ammette con ci� che nella funzione legislativa possa talvolta ben concentrarsi -per attrazione� e semplificazione -anche quella che normalmente sarebbe funzione amministrativa, di attuazione dell'esproprio per singoli obbietti e su singoli beni. Necessit�, bens�, della posizione di norme propriamente regolatrici, con che l'imperativo della Costituzione risulti osservato, ma possibi!it� poi che, in casi particolari e per dati fini, anche la funzione normalmente amministrativa assuma forma e si attui per legge, recependo a tutti i fini tale qualificazione dalla struttura legislativa fondamentale del complesso. Onde ad es. con la legge 23 maggio 1940, n. 556, sulle terme di Chianciano, premesso un semplice richiamo a fini di pubblica utilit�, si � disposta senz'altro l'attribuzione allo Stato dei beni immobiliari del comprensorio termale, a far tempo dalla entrata in vigore della legge. Ed altri casi analoghi si potrebbero ricordare. Nulla vi sarebbe di anomalo, pertanto, che, anche in tema di riforma fondiaria -ove, a sua volta l'art. 44 Costituzione si limita a demandare alla legge la potest� d'imporre obblighi o limiti di estensione alla propriet� terriera -si fosse provveduto direttamente con leggi formali, oltre che alla posizione normativa di cui sopra, anche alla espropriazione concreta di beni o comprensori di beni. Un tal sistema, anzi, a ben vedere, potrebbe ben rientrare nello stesso schema del precedente art. 43, potendosi concepire la organizzazione ad impresa anche di beni terrieri produttivi (art. 2135 e segg. C. C. sull'impresa agricola), e potendo avvenire che queste imprese assumano, per estensione ed importanza, carattere di preminente interesse generale. In sostanza, con questa norma (art. 43) si � voluta porre costituzionalmente la possibilit� giuridica che, per motivi superiori di pubblico interesse, anche singole importanti imprese, vengano, con leggi espropriative, sottratte alla titolarit� e gestioni private per essere attribuite a titolarit� e gestioni pubbliche. Ora, a ben vedere, anche la legge fondiaria mira, appunto,. a sottrarre dati beni immobili ad una titolarit� e gestione private, dimostratesi improduttive o socialmente ingiuste, per attribuirli alla titolarit� e gestione di pubblici enti all'uopo creati e organizzati: attrazione temporanea, � vero, in quanto destinazione ulteriore dei beni dovr� essere quella dell'assegnazione a privati coltivatori idonei, ma con immanenza indeterminata, quanto meno, di una amministrazione pubblica di direzione e di contratto, il che basta, sul piano teorico, per restare nello schema qualificatore di cui sopra. Mi sembra, pertanto, di poter conchiudere -su questo primo aspetto della ricerca -nel senso che date funzioni sostanzialmente amministrative e normalmente da organi amministrativi esplicate, possano pur nel quadro del sistema costituzionale in vigore, essere attratte ed ampiamente classificarsi nell'ambito della funzione legislativa; in particolare che lo si possa per l'attivit� di espropriazione per pubblica utilit�, ed anche nel quadro della riforma fondiaria, e per fini di questa. 16. Ma (2� quesito), questa facolt� o potest� (di attrazione) che all'autorit� legislativa, come tale, competerebbe, pu� a sua volta formare oggetto di delegazione ad organi amministrativi, a quali condizioni, per quali fini, e con quali effetti? La risposta non � difficile, ove si segua anche qui, senza preconcetti, un sano criterio logico positivo; e mi sembra debba essere affermativa. Stando anzitutto al precetto dell'art. 76 -poich� l'unica condizione limite che vi si pu� riscontrare, per la legittimit� della delegazione, � quella del riferimento alla funzione legislativa -dato che in tale nozione, come si � visto pi� sopra, anche attivit� atipiche possono rientrare, purch� operanti sotto forma di leggi, Sf mbra conseguente che tutte cotali attivit�, sotto l'aspetto della materia e della forma, possano altresi formare oggetto di delegazione, dato che, sempre sul riano legislativo l'attivit� verrebbe ad essere esplicata. E d'altra parte, � principio generale che ogni diritto o potest� (anche di diritto pubblico) possa, per l'esercizio, essere delegata da uno ad altro organo, con sola eccezione di quelle attribuzioni, che per essere intimamente aderenti alla individua natura dell'organo, perderebbero, estraniandosi, la loro istituzionale funzione; tali ad es., nel campo legislativo, le leggi di approvazione di atti amministrativi (bilanci), che, se delegati all'autorit� che li ha posti in essere, importerebbero soppressione dell'approvazione. Non � poi da trascurare una autorevole e non isolata opinione (Ranelletti) che rav.viserebbe nella prima parte dell'art. 77 costituzione, non S6lamente una proposizione negativa, a ribadimento del principio limite gi� posto nell'art. 76, ma una I portata positiva di legittimazione esplicita anche di un'altra categoria di decreti legge (oltre a quelli provvisori per encessit� ed urgenza): categoria I -215 svincolata dalla necessaria obbiettivazione in funzioni legislative, purch� derivanti tali decreti da .delegazione del Parlamento. Ed a tale concezione sembrerebbero appunto ispirarsi i decreti impugnati, nelle cui premesse solo all'art. 77 pr. comma, e non all'art. 76 si fa richiamo e riferi mento. D'altro canto, anche sotto l'aspetto teorico, non sembra possa escludersi a priori che oggetto e fine della delegazione possan concentrarsi anche nel solo attributo formale, imperativo e dinamico, della legge: in quell'imprimere a dati atti la forza di legge, per cui, anche a prescindere dal conte nuto materiale, l'atto acquista maggior rigore di comando, si impone all'universale come pre cetto cogente. In questi precisi sensi gi� si era espressa quella sentenza della S. C., 30 novem bre 1929, n. 629 sui piani edilizi di Palermo, alla quale pi� sopra, in altro incontro, si � avuto occa sione di accennare. In verit�, anche a prescindere dalla sostanza (normativa) della materia delegata, altre e ben valide ragioni possono sussistere, e si presentano a mio avviso sufficienti, per legittimare la delegazione. Trattasi, soprattutto, della manifesta imma nenza, anche attraverso il procedimento delega tivo, di quelle giustificazioni e di quei fini che soccorrono e basterebbero per legittimare l'attra zione di date materie od attivit�. amministrativa, nella funzione legislativa diretta. In primo luogo l'assunzione di tali materie ed attivit�. sotto la responsabilit� parlamentare, lad dove il Parlamento pu� ben ritenere, in particolari momenti e per dati obbietti, opportuno e dove roso assumere direttamente, di fronte al paese ed alla storia, tutta la responsabilit�. dell'azione; porre questa responsabilit�. sul piano politico an zich� su quello normale amministrativo, impri mervi il proprio sigillo, che � espressione di so vranit�., derivata dal popolo ed al popolo di retta. Secondariamente, finalit�. (giustifi.cative) di semplificazione, di rapidit� di azione, il che pu� ben rispondere ad esigenze vive della materia, per il possibile perseguimento di quei fini che altrimenti le complicazioni e le dilazioni di una ordinaria procedura potrebbero frustrare. In.fi.ne quella esigenza non secondaria di particolare solennit�, per cui l'imperativo si ammanta di pi� alte insegne, acquista quella �puissance renforce� � alla quale accennava la vecchia dottrina francese, che bene ravvisava nella forma quasi un attributo di sostanza. Ora tutto ci� resta ben vivo anche nel procedimento per delegazione. Resta l'assunzione di responsabilit�. in quanto il delegante, come nel rapporto di mandato,� mantiene la titolarit�. e la responsabilit�. tutta dell'attivit�. del delegato (man-� datario) che agisce in suo nome e vece. Si realizzano forse ancor meglio la semplifi.cazione e la celerit�., attraverso l'opera di organi pi� snelli e pi� adatti all'azione. E resta infine la solennit�. formale in quanto l'atto appare rivestito di forme analoghe a quelle della legge, e soprattutto anche estrinsecamente ancora si riporta alla titolarit�. del legislatore. E se poi voglia ravvisarsi -come si insegna nello jus o potestas novandi, una condizione essenziale di qualifi.cazione legislativa, e quindi altra giustificazione e limite per la possibile attrazione di date materie� od attivit�. nell'orbita della legge~ non sembrami che anche tali condizioni e fini vengano meno allorquando alla funzione si p:i;ovveda per via di delegazione: laddove, prima attraverso l'attrazione della materia nell'ambito legislativo, e poi nel demandarne l'attuazione, in forma legislativa delegata, ad autorit�. amministrative (che per regola son quelle supreme, ehe stanno al vertice dell'organizzazione), si pu� tendere appunto ad investire l'autorit�. delegataria di poteri maggiori e di altro ordine, che non quelli di s mplice discrezionalit�. amministrativa che gli sarebbero proprii ove quel genere di materia e di attivit�. venissero trattate direttamente (jure proprio): poteri cio� di maggior libert�., di adattamento anche eventualmente modificativo delle norme, posizione di legislazione cio�, anzich� di semplice amministrazione. Ed allora, per concludere anche su questo punto, come dire che la funzione legislativamente delegata sia ancora quella, quella stessa funzione sostanzialmente amministrativa e solo amministrativa, che gi�. all'autorit�. delegata per sua competenza spetterebbe '1 In realt� quella funzione, attratta e mantenuta sotto l'egida di un'altra responsabilit�., munita di maggior forza, innalzata e nobilit�ta nella veste, ed arricchita, almeno potenzialmente, di nuovi attributi, quali quelli inerenti alla potestas novandi, risulter�. trasformata, e nello stesso tempo l'attribuzione traslativa trasformer� gli organi delegati in autorit�. legislativa, non pi� amministratori ma legislatori. Tutto ci� pu� (o potrebbe essere) sul piano politico e di politica legislativa pi� o meno opportuno e commendevole: sono aspetti assolutamente estranei alla presente ricerca. Sul piano giuridico, ove quegli elementi e profili possan riscontrarsi come aderenti alla specie, ci� basta perch� la legittimit�. della delegazione debba essere riconosciuta: con che l'indagine costituzionale, sotto questo aspetto, resta esaurita. E che questa sia in effetti la situazione di specie, non mi sembra dubitabile. Qui, sopratutto, la precisa volont�. parlamentare di attrarre la materia nella propria funzione e responsabilit�., e nel senso, particolarmente, di attrarvela con immanenza, anche visibilmente operante durante tutto l'esercizio della funzione, risulta dall'aver condizionato ed affiancato, l'esercizio della delega, con una continuativa partecipazione parlamentare, sotto forma dell'attivit�. consultiva, necessaria se pur non vincolante, demandata ad una commissione di deputati e senatori: adempimento da dover risultare nelle premesse legittimatrici dei decreti; e parimenti l'imperativo maggiore, la puissance renf orc�e risulta dalla esplicita (non superflua) attribuzione della forza di legge,�� mentre infine -a tacere della semplificazione ed acceleramento che si presentano evidenti -anche l'attribuzione (potenziale) della potestas novandi, risulta implicita nella formula di delegazione, laddove, per lasciare appunto un ambito di maggior -216 libert�, eventualmente adattativa e modificativa, alla autorit� delegata, si son degradate a posizione di meri principii o criteri direttivi, quanto meno quelle disposizioni o def�,nizioni che si presentano nella legge con pi� generica formulazione, come potrebbe essere, ad esempio quella sulla � suscettibilit� di trasformazione agraria � di cui agli art. 1 legge Sila, 5 legge stralcio, in modo da potersene, eventualmente, fare pi� ampia discrezionale applicazione nelle variet� di specie, in posizione di legislatore oltre che di amministratore. 17. Resta da considerare il profilo di violazione degli artt. 24 pr. p. e 113 della Costituzione, in quanto, attraverso la procedura della delegazione legislativa, si sarebbero sottratti atti, aventi sostanza e natura amministrativa, alla garanzia del sindacato giurisdizionale, e privati di ogni azione e tutela posizioni di diritti subbiettivi, o di interessi legittimi, dei proprietari espropriati. Da parte della dottrina e nelle difese dei resistenti, questo delicato profilo di illegittimit� costituzionale, viene, con cauto accorgimento, prospettato in senso obbiettivo, con riguardo alla situazione intrinseca di insuperabile contrasto in cui la procedura adottata si troverebbe col precetto costituzionale, ed agli effetti che necessariamente ne deriverebbero, e tutto ci� a prescindere (dicesi) da ogni ricerca o sindacato sulla intenzione del legislatore, con preoccupazione di eludere, cio�, quel profilo, della frode costituzionale, dell'eccesso di potere legislativo, che altrimenti si presenterebbe di pi� intimo difficile accertamento, oltrech� di discutibile legittimazione giurisdizionale. Certo, ove contenuto in quei limiti; il sindacato di costituzionalit�, ancorch� di natura intrinseca, potrebbe considerarsi ortodosso. Ma a condizione che il contrasto si presentasse veramente obbiettivo, e la incompatibilit� di ordine assoluto, generale, nel senso di dover considerare comunque viziata, in conflitto insuperabile con quel costituzionale precetto, qualsivoglia situazione o procedura che avesse per risultato l'elusione del precetto: ch� se invece tale assolutezza e generalit� non su~sistessero, per aversi dei casi in cui la sostanziale elusione si dovesse ravvisare non condannabile, allora la stessa forza imperativa del precetto risulterebbe attenuata, e comunque sarebbe difficile distinguere caso da caso senza ricorrere ad altri elementi od indagini pi� penetranti, quale sarebbe appunto l'intenzione in frode. Ora � generalmente ammesso, per intanto, ed anche dalla difesa dei resistenti, che il conflitto di illegittimit� di che trattasi, non potrebbe essere dedotto nel caso che la materia ed attivit� aromi nistrativa venissero assunte direttamente dal Par lamento mediante proprie leggi formali, non dele gate: laddove la legge formale snaturerebbe inte gralmente la configurazione degli atti, e rientre rebbe nella potest� della legge sopprimere anche posizioni di diritto, togliendo con ci� il presup posto e l'oggetto della tutela giurisdizionale. In realt� considerare suscettibili di sindacato amministrativo, in quanto di amministrativa so stanza, leggi propriamente formali, rivestite di tutti i crismi e gli attributi della legislazione considerare in ipotesi suscettibili di tale tutel~ attivit� che la stessa costituzione (art. 43) contempla come riducibili .alle forme. di legge, sarebbe assai forte, n� mi risulta essere mai stato tentato. La stessa agguerrita difesa dei resistenti ne ammette francamente la impossibilit� pratica e concettuale, e non esita, anzi, ad estendere cotesta negativa proposizione anche al caso di leggi espropriative delegate, purch� concentranti nello stesso atto la posizione delle norme (momento normativo) e l'attivit� concreta di espropriazione. Ma allora, in questi ed altri ipotizzabili casi, l'incompatibilit� costituzionale cederebbe, ed in realt�, a malgrado della sostanza amministrativa, la tutela giurisdizionale potrebbe essere elusa: il che vuol dire che il contrasto non � assoluto, ma relativo, contingente, a seconda delle circostanze e dei mezzi, secondo un panorama di casistiche in cui sarebbe estremamente difficile cogliere un criterio distintivo di vero fondamento giuridico. Nella specie, come distinguere dai decreti legislativi per cosi dire integral,i (di posizione normativa e di atti) i decreti di attuazione ma con potenzialit� normativa (modificativa), come sarebbe di quelli di specieY Anche cotali delegazioni abbiamo visto poter essere legittime, per cui lo strumento sarebbe di per s� idoneo ed ortodosso. Ecco dunque che inevitabilmente volendo in uno e non in altri casi -obbiettivamente analoghi e strumentalmente legittimi -trovare una ragione di incriminazione, questa non pu� incidere che nella direzione del fine, e qujndi proprio in quella intenzione frodatoria od elusiva, 1 in quell'eccesso di potere per sviamento, il cui J,�, schema si cerca invano di evitare, ma che, cac ciato dalla finestra rientra prepotentemente dalla j porta. Trattasi, peraltro, di un profilo o vizio di ille-I1 gittimit�, il quale -per quanto si possa dilatare I la nozione di incostituzionalit� intrinseca -non I pu� non ritenersi improponibile in sede giurisdi-I ztio~ale, quantdro mdenoli ~ella attuale fase transi-j ona, ne1qua o e1 rmtato controllo incidentale accertativo, per i fini della causa, che � consentito ai magistrati ordinari o speciali: laddove si trat- I terebbe di indagare sui motivi di determinazione del legislatore, spesso incerti e neppure nei lavori I preparatori adombrati, comunque non obbietti vati nella legge e pertanto ad essa estranei, posti ,. all'infuori cio� di quell'obbietto (atto legislativo) I sul quale deve e sol pu� incentrarsi il sindacato ~ della giurisdizione. f. Un tale sindacato (d indagine non sarebbe di !_: natura giuridica, ma politica; per cui l'unico con- ~ trollo possibile � quello politico o di organi che, ~ per avventura, partecipino anche di funzioni poli 1 tiche. Il che certamente per i giudici ordinari f o speciali non si potrebbe sostener�. _ __ _ ~ ~ 18. Sotto ogni profilo pertanto, la questione di ~ costituzionalit�, in immediato rapporto ai decreti ,,_� legislativi come tali e con riguardo ai momenti od attivit� che nei decreti medesimi finitamente si ~ m:"'~~.W.&l.'�'.$~.-=�'ff..@SW.::::W,:W::mlmr:!J@i:!:'w:;w,IBf:m;:J~w:;~ -217 concentrino, si presenta, a mio avviso, improponibile, o comunque infondata: e ci� sia rispetto � alla giurisdizione del Oonsiglio di Stato, per difetto di atti amministrativi impugnabili, che rispetto ad analoghe azioni (direttamente nei decreti obbiettivate) avanti la magistratura ordinaria, per il venir meno di diritti subbiettivi tutelabili di fronte a manifestazioni legislative legittime. Solo potrebbe, l'una o l'altra impugnativa ipotizzarsi come ammissibile -vi accenno non impegnativamente appena come una eventualit� qualora, attravers� l'ulteriore svolgersi, sul piano propriamente amministrativo, del fenomeno espropriativo, venissero emanati nuovi atti, od esplicate nuove attivit� in se stesse pretese lesive di diritti o di interessi. Potrebbero, invero, allor!1 prospettarsi contestazioni di vario profilo, avanti la giurisdizione ordinaria od amministrativa, secondo i noti criteri discriminatori della competenza, con la eventuale possibilit�, altresi, di sollevare, in corso e per i fini sostanziali della causa (qui propriamente incide.nter tantum) la questione di costituzionalit� che nelle situazioni di specie si � considerata invece preclusa. In particolare, poi, sarei per ritenere ipotizzabile una fase di sindacato giurisdizionale in punto alla determinazione delle indennit� di esproprio (caso del ricorso Boncompagni); sindacato che sarebbe di competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria trattandosi di perfetti diritti di credito per effetto di conversione dai diritti dominicali espropriati. Laddove, come, nei piani particolareggiati predisposti degli enti, l'indennit�, attraverso un progetto di liquidazione, viene soltanto offerta .....:. cosi � solo questa offerta, e non una gi� perfezionata liquidazione che viene d1 poi approvata nei Decreti Presidenziali legislativi contemplati dalla legge. E la legge stessa rimanda d'altro canto, ad una ulteriore liquidazione definitiva e contempla una fase (censuaria) giurisdizionale amministrativa (art. 18) -la quale non dovrebbe a sua volta escludere, come analogamente in materia contenziosa tributaria, un ulteriore sindacato in sede giurisdizionale ordinaria, o quanto meno quel sindacato superiore della Suprema Oorte che si estende alle decisioni di ogni giurisdizione speciale (art. 362 c. pr. civ., 111 Oostituzione). Non pu� dirsi pertanto, come vorrebbesi, che ogni tutela giurisdizionale nella contemplata materia sia esclusa. Peraltro le accennate ipotesi -s�lo in visione panoramica delibate -sono fuori della attuale contestazione che si concentra e solo pu� riguardare le impugnative nel modo e per i fini in cui sono state proposte. Per cui, ponendo termine a questa gi� lunga disamina, mi sembra di potere, con serena' obbiettivit�, conchiudere col domandare alla Suprema Corte di voler dichiarare la improponibilit� delle azioni proposte ed il difetto assoluto di giurisdizione, al riguardo, del Oonsiglio di Stato adito. ERNESTO EULA PROCURATORE GENERALE LA SENTENZA COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Regolamento preventivo di giurisdizione -Procedimento avanti il Consiglio di Stato -Ammissibilit� -Decreti presi� denziali di esproprio in applicazione delle "leggi di riforma fondiaria -Natura di atto legislativo. (Corte di Cass.; Sez. Unite, Sent. n. 107-53 -Pres.: Mandrioli; Est.: Torrente; P. M. Eula -Ministero Agricoltura e Foreste contro Buoncompagni Ludovisi). Il regolamento preventivo di giurisdizione � ammissibile anche in relazione a giudizi pendenti innanzi al Oonsiglio di Stato. I decreti presidenziali di espropriazione emanati in applicazione della legge 15 maggio 1950, n. 230, sono atti legislativi e non amministrativi e non possono, pertanto, essere impugnati avanti il Consiglio di Stato. (Omissis) Il ricorso � fondato. La prima questione di ordine pregiudiziale che si presenta all'esame della Oorte concerne l'inammissibilit� del regolamento preventivo di giurisdizione in relazione ai giudizi pendenti dinanzi al Consiglio di Stato. La questione � stata gi� risolta da queste Sezioni Unite in senso contrario a tale assunto. E questa Corte, dopo aver proceduto ad un approf on� dito riesame del problema, ritiene di riaffermare la propria �giurisprudenza. Gli argomenti contrari all'opinione accolta furono esposti in una notevole decisione del Supremo Consesso amministrativo (Sez. IV, 17 giugno 1949, n. 213). Fu, anzitutto, fatto richiamo alla lettera degli articoli 41 e 37 Codice procedura civile e, particolarmente di quest'ultimo che si limita� a considerare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali. Da ci� si � dedotta l' esclusionf/ del regolamento di giurisdizione nei confronti dei pro� cedimenti che si svolgono davanti a giudici speciali ed eo magis davanti al Consiglio di Stato. Sembra, peraltro, a questo Collegio che, la limitazione della esrpessione letterale contenuta nell'art. 37 all'ipotesi del difetto di giurisdizione del giudice ordinario trova la sua spiegazione nella vis attractiva eser� citata dalla collocazione dell'articolo in un complesso di norme (Sez. V, difetto di giurisdizione, incompetenza e litispendenza) destinato a regolare il procedimento davanti al giudice ordinario. E, cio�, in quella sede il difetto di giurisdizione si � presentato al legislatore sotto un aspetto frammentario, sotto un angolo visuale limitato alla considerazione del procedimento che si svolge davanti al giu'dice ordinario. Ma la norma costituisce la manifestazione di un principio pi� ampio che si ricava dall'inter� pretazione sistematica e dalla ricostruzione della mens legis che anima e vivifica tutta la materia re� lativa alla risoluzione delle questioni di giurisdizione. Gi� un primo e significativo indice dell'am.piezza di orizzonte che il rimedio, un tempo regolato nella -legge del 1877, assume nel sistema innovatore introdotto nel Codice procedura civile 1942 si rinviene nella configurazione che l'istituto � attribuita. Non solo il rimedio, che costituiva anteriormente un mezzo esclusivo di difesa della pubblica amministrazione, -218 diviene accessibile anohe .alle parti private, ma esso contempla il difetto di giurisdizione tanto nei confronti della pubblica amministrazione, quanto del giudice speciale. E, mentre, secondo l'art. 3, n. 1, della legge 27 marzo 1877, n. 3761, sui oonfiitti di attribuzione oompeteva alle Sezioni di cassazione istituite in Roma giudicare sulla competenza del- l'Autorit� giudiziaria, spetta ora alle Sezioni Unite di questa Oorte -secondo l'art. 382 Oodice procedura civile che per il richiamo agli articoli 364 e segg. contenuto. nell'art. 41 si applica anche in tema di regolamento di giurisdizione -statuire sulla questione di giurisdizione, determinando, quando occorre, il giudice competente. Da questo complesso di norme tra, loro inscindibil'mente collegate risulta che il compito delle Sezioni Unite di questa Oorte, allorch� sono investite del regolamento di giurisdizione, non si esaurisce nel controllo sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, ma eventualmente si estende a considerare quella del giudice speciale, con l'effetto che, se le sezioni stesse ritengono che la giurisdizione appartiene a tale giudice, la deoisione di questa Suprema Oorte � attributiva in modo irrevocabile di giurisdizione. Viene, peroi�, secondo l'avviso di questa Oorte, a cadere l'argomento di ordine logico che si � op~ posto all'estensione del regolamento di giurisdizione ai giudizi che si svolgono davanti al giudice speoiale. Si osserva infatti, che la facolt� di portare direttamente dinanzi alle Sezioni Unite della Oassazionei omisso medio, la questione sulla giurisdizione importa per necessit� una deroga al principio per il quale ogni giudice ha il potere di decidere se sia investito di giurisdizione in rapporto alla specifica controversia che gli viene sottoposta. Orbene, la de~ roga, senza dubbio, sussiste, ma dall'art. 382, primo oomma, risulta che essa � stata voluta dal legislatore per la finalit� di ordine generale superiore, di offrire un rimedio per sgombrare il campo delle questioni di giurisdizione, e -ci� che pi� importa ai fini della risoluzione della questione qui consid�-' rata -non soltanto in relazione ai poteri del giudie() ordinario, ma anche in relazione a quelli del giudice speciale. � _ Se, in base ai rilievi che precedono, viene a cadere il fondamen,tale ostacolo d'ordine logico e giuridico che si � dedotto contro l'estensione delle norme che disciplinano il regolamento di giurisdizione ai giudici speciali, le stesse ragioni intese a snellire il procedimento, ad affrettarne la decisione e l'attuazione della giustizia sostanziale, che ne giustificano l'adozione �rispetto ai giudizi svolgentisi davanti ai giudici ordinari, militano per la appUcazione del rimedio al procedimento davanti al giudice speciale. N� vale opporre che il legislatore era mosso, det tando l'art. 41 Oodice procedura civile 1942, dalla preoccupazione della lungaggine del processo ci vile davanti ai giudici ordinari. JJ'u questa Z'occasio legis, che non si confonde, peraltro, com'� noto, con la ratio legis che in questa materia si riassume nell'istanza suprema di accelerare il corso della gl/,u stizia, istanza valida rispetto a tutte le giurisdizioni. Si �, peraltro, obiettato che l'applicazione al Oon siglio di Stato del regolamento preventivo di giuri sdizione farebbe risorgere gli inconvenienti a cui la W~..&w'#///ff#ff/ffffe//fi.'S."}.}"/;r,,.y..-.-. Y/P.h:O-/.l'/.�FF. ;.:.:..:--..-..-...; ~==~==r==Y==w=hY=-~~-Y--=__J legge 7 marzo 1907, n. 62, aveva voluto ovviare. Secondo l'anteriore sistema previsto nella legge 31 marzo 1889, n. 3992 (art. 41), se era sollevata dalle parti o di ufficio l'incompetenza del Oonsiglio di Stato, la Sezione doveva sospender.e il giudir4io e rinviare gli atti alla Oorte di Oassazione perch� questa deoidesse sulla questione di giurisdizione. Si afferma ohe in tal guisa per effetto della proposizione del regolamento di giurisdizione verrebbe a togliersi al Oo.nsiglio di Stato il potere di ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo impugnato oppure, ottenuta tale sospensione, la parte a cui essa giova potrebbe avva.lersi della proposizione del regolamento per procrastinare la decisione e, in tal guisa, potrebbe protrarre gli effetti favorevoli della sospensione. � Quest'inconvenienti sarebbero, senza dubbio, gravi, ma essi non possono verificarsi, perch�, a norma del secondo comma dell'art. 48 Oodice procedura civile, che nulla vieta di estendere al regolamento preventivo di giurisdizione e al procedimento davanti al Oonsiglio di Stato, il giudice adito, nonostante la sospensione del procedimento che si verifica per effetto della proposizione del regolamento rimane investito del potere di emettere gli atti che ritiene urgenti. N�, infine, vale richiamarsi alla posizione che la Oostituzione:attribuisce al Consiglio di Stato e alla Oorte dei Oonti (art. 103, 111 Costituzione). Non ha importanza stabilire se al Supremo Oonsesso amministrativo oompeta o no la qualifica di giudice speciale: ci� che conta � la natura giurisdizionale dell'attivit� svolta dalle sue Sezioni giurisdizionali. Se questa � fuor di dubbio, si manifesta, anche rispetto ad essa quell'esigenza di solleoita definizione delle questioni di giurisdizione che sta a base del regolamento preventivo .di giurisdizione. JJJ, come il deferimento a queste Sezioni Unite del potere di decidere sui ricorsi contro le deoisioni di quel Oonsesso per motivi attinenti alla giurisdizione non incide sulla sua posizione di autonomia e di distacco rispetto al giudice ordinario, cos� non v'incide nemmeno l'estensione del regolamento di giurisdizione ai procedimenti che davanti ad esso si svolgono, da~o che, le Sezioni Unite della Oassazione, quale supremo organo regolatore della giurisdizione, sono esse stesse distinte e distaccate dall'organizzazione della giurisdizione ordinaria. Superata questa questione pregiudiziale e ritenuta � l'ammissibilit� del ricorso, il Oollegio deve passare all'esame dei gravi e delicatissimi problemi prospettati dalle parti. Ed, anzitutto, prima si presenta nell'ordine logico quella che s'impernia sull'interpretazione della VII disposizione transitoria della Oostituzione. Oon i ricorsi proposti al Oonsiglio di Stato si deduce, infatti, che la delega legislativa contenuta nell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, al Governo ed il provvedimento emesso in virt� di tale delega sarebbero viziati di incostituzionalit�,. in quanto contrasterebbero con le norme degli articoli 24, 42 e 113 della Oostituzione. Si assume dai ricorrenti che eon la proposizione di-siffatta questione di legittimit� costituzionale o intrinseca della legge �i delega e del decreto legislativo �avente forza di legge� s'intende investire il giudice amministrativo di una potest� di controllo che � riservata dalla Oostituziane alla Oorte costituzionale che, -219 attualmente, non essendo ancora quest'Organo Supremo stato istituito, non competerebbe ad alcun giudice. Le cont-roversie relative alla legittimit� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge -si sostiene -sarebbero riservate dall'art. 134 della Costituzione alla Corte costituzionale; nella carenza di quest'organo ogni giudice incontrerebbe, nell'esame della questione di costituzionalit�, i �limiti che erano posti nelle norme preesistenti alla Costituzione. n�giudice, sia ordinario che amministrativo, dovrebbe -com'era stabilito nel sistema anteriore alla Costituzione -ridurre il suo esame all'accertamento dell'esistenza della legge, alla verifica, quindi, della regolarit� del procedimento di formazione della legge medesima, senza poter compiere un pi� penetrante controllo sul suo contenuto, per stabilire se esso non contrasti con quelle norme d'ordine superiore o, come sono state definite in dottrina, <<pi� resistenti))' che sono le regole costituzionali. Quest'opinione, che ha trovato scarso seguito nella dottrina, non pu� essere accolta da questo Collegio. La limitazione che, sotto il vigore dello Statuto albertino, la potest� del giudice incontrava in questa materia non discendeva affatto dalla natura della attivit� giurisdizionale. Costituiva, essa, invece, il logico corollario del carattere flessibile di quella Costituzione, per effetto del quale nessuna differenza sussisteva tra norme costituzionali e norme ordinarie: tutte le manifestazioni della volont� legislativa erano poste sullo stesso piano e il conflitto tra norme regolanti la stessa materia era disciplinato dall'unico principio lex posterior derogat priori. La r:igidit� della Costituzione modifica questo sistema rendendolo pi� complesso: esso postula l'esistenza di norme (norme costituzionali) che com'� stato efficacemente rilevato .presentano un grado di maggiore consistenza o durezza o resistenza, per cui nel conflitto con altre norme non costituzionali, prevalgono le prime, ancorch� anteriori. Pertanto, se il costituente ha inteso imprimere carattere di rigidit� alla Costituzione, l'esame del giudice, ordinario o amministrativo, non pu� non investire anche questo aspetto, a meno che un'apposita norma non attribuisca ad un organo particolare l'indagine sulla legittimit� costituzionale. In altre parole, sempre che non sia stabilita all'uopo una competenza specifica ed esclusiva di apposita autorit�, alla stessa guisa che nel sistema di costituzione flessibile, il giudice ri.on pu� sottrarsi alla verifica dell'esistenza della legge, nell'ipotesi di costituzione rigida egli non pu� non domandarsi se la legge ordinaria resista alla eventuale collisione con la norma costituzionale o non venga a frangersi �contro la maggiore consistenza o durezza offerta dall'ostacolo che alla sua esistenza e validit� si frappone. Come si vede, nell'una e nell'altra ipotesi il problema si presenta identico ed � problema al quale nessun giudice pu� sottrarsi: esso consiste nella posizione della premessa maggiore del sillogismo giudiziale. La rigidezza o la flessibilit� della costituzione incide soltanto sul criterio che dev'essere adottato per la risoluzione di questo fondamentale, ineliminabile problema, inerente ad ogni attivit� giurisdizionale. momento e; cio�, a quello delVistituzione della Corte costituzionale l'applicazione del principio della rigidit� della Costituzione. La tesi, che si tenta di giustificare facendo ricorso ad un preteso oolorito o sapore politico del controllo che � attribuito alla Corte costituzionale, � destinata a naufragare sol che si consideri che il sindacato di costituzionalit� �rimane confinato, seoondo i propositi del Costituente, nell'ambito della mera legittimit�: un esame, cio�, come la dottrina ha avvertito, di carattere meramente giuridico, che non pu� e non deve soonfinare in una valutazione di opportunit� politica, senza sovvertire l'ordine e la ripartizione di competmza tra gli organi costituzionali e senza attribuire alla Corte oostituzionale una posizione di super legislatore, che esula del tutto, dall'intenzione del costituente. Perci� -com'� stato opportunamente notato -l'indagine di legittimit� costituzionale non si distingue, nel suo obietto e nei suoi limiti, da quella verifica della corrispondenza del regolamento alla legge che � prescritta dall'art. 4 disp. sulla legge in generale. Si aggiunga, d'altro canto, che questo preteso intento di differire ad un momento ulteriore l'applicazione del principio di rigidit� della Costituzione, lungi dal trovar suffragio, trova smentita nei lavori preparatori della Costituzione. Senza dire che l'opinione qui combattuta ha il torto di far dipendere dall'iniziativa e dalla volont� dello stesso potere legislativo ordinario l'attuazione di quel sistema di limiti che il costituente aveva predisposto alla sua attivit�. Del resto, lo stesso secondo comma della disposizione transitoria VII della Costituzione, ove si dia� alle espressioni in essa contenute il loro preciso significato, lungi dal confermare, smentisce l'opinione restrittiva che questa Corte ripudia . .Essa, infatti, prende in considerazione �le controversie indicate nell'art. 134 della Costituzione� per stabilire che la decisione ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione. Orbene, � stato opportunamente osservato che le controversie indicate nell'art. 134 della Costituzione non si identificano affatto con le questioni sulla mera esistenza e sulla regolarit� formale, esteriore della legge che in sede giudiziaria si potevano proporre prima dell'entrata in vigore della Costituzione.~~� Le controversie indicate nell'art. 134 della Costi ~uzione sono, invece, quelle medesime che la Costi tuzione� devolve alla competenza della Corte costitu zionale: tra di esse sono -in prima linea -come testualmente s'esprime l'art. 134 della Costituzione le controversie relative alla legittimit�� costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge �. D'altro canto, non � �nemmeno esatto che il regime preesi stente alla entrata in vigore della Costituzione igno~ rasse un controllo sulla legittimit� intrinseca, sul contenuto della legge. Al sistema basato sullo Statuto albertino si era sostituito un ordinamento costitu zionale provvisorio che aveva trovato la sua ..espres sione nei decreti legislativi luogotenenziali 25 giu-- gno 1944, n. 151, e 16 marzo 1946, n. 98: in virt� I dell'art. 3 di quest'ultimo provvedimento legislativo, durante il periodo della Costituente e fino alla con I I ~ -N � si opponga che con la disposizione transitoria V II vocazione del Parlamento, a norma della nuova della Costituzione si volle rinviare ad un successivo Costituzione, l'esercizio del potere legislativo, che -_J -220 veniva affidato al Governo, trovava un limite nella materia costituzionale. E da ci� l'esigenza di una indagine sul contenuto delle norme emanate dal Governo per verificare, ai fini della loro validit�, se esse non avessero valore costituzionale ed esorbitassero, quindi, dalla delega. L'insieme di queste considerazioni induce, pertanto, questa Oorte ad adottare l'opinione che � largamente seguita dalla dottrina e che pone nella sua giusta luce il significato della disposizione transitoria VII della Oostituzione. Ed il valore della disposizione � il seguente. Mentre l'art. 137 della O ostituzione rimette ad una ulteriore legge costituzionale (che � stata poi emanata: Legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1) la disciplina delle condizioni, delle forme e dei termini di proponibilit� dei giudizi di legittimit� costituzionale, la norma transitoria rinvia, invece, alle regole ordinarie che disciplinano il giudizio davanti al giudice (ordinario o amministrativo o speciale) adito. E, mentre l'art. 136, primo comma, della Oostituzione dispone che, la dichia razione d'illegittimit� costituzionale pronunciata dalla Oorte costituzionale implica la cessazione-dell'efficacia della norma di legge o deU' atto avente forza di legge dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, il che importa che la Oorte costituzionale conosce in via principale della questione di legittimit� ed il suo giudicato ha efficacia erga omnes, invece, secondo la pi� volte ricordata dispo-. sizione VII, la risoluzione della questione medesima incontra gli stessi limiti che erano stabiliti dalle norme preesistenti per l'attivit� giurisdizionale: la questione pu� essere proposta soltanto in �� via incidentale e non forma oggetto di giudicato. Pertanto, con l'osservanza di questi limiti, il giudice, ordinario od amministrativo, ha il potere di esaminare la costituzionalit� intrinseca delle leggi . e degli atti aventi forza di legge, fino a quando non entri in funzione la Oorte costituzionale. Peraltro, se, nell'attuale fase di carenza dell'Organo supremo di revisione costituzionale, compete ad ogni giudiue il potere di sindacato costituzionale intrinseco sulle norme di legge ordinaria o sugli atti aventi forza di legge, questo potere non pu� essere esercitato se non dal giudice che sia stato legittimamente investito, secondo le norme vigenti, della questione cos� com'essa � stata proposta. In altre parole, l'esercizio del potere medesimo presuppone la giurisdizione del giudice investito, giurisdizione che si determina in base alle norme vigenti. � Si presenta, quindi, in tutta la sua gravit� e in tutta la sua estrema delicatezza all'esame di queste Sezioni unit� il problema se, in base alle affermazioni contenute nel ricorso, proposto davanti al Oonsiglio di Stato, sussista la giurisdizione del Supremo Oonsesso amministrativo. � noto che, a norma dell'art. 26 T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Oonsiglio di Stato, la giurisdizione di quest'Organo esige, quale indefettibile presupposto, un atto o provvedimento di una autorit� amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, un atto, cio� -come la dottrina lo ha qualificato -soggettivamente ed oggettivamente amministrativo. All'attivit� amministrativa si ricollega, infatti, la configurabilit� di quella specifica - legittimo, alla cui tutela -salvo le ipotesi particolari di giurisdizione esclusiva che qui sono fuori discussione -presiede quest'Organo Sup'l'emo di giustizia amministrativa. Ed � coerentemente e conseguentemente fuori di dubbio che il ricorso giurisdizionale al Oonsiglio di Stato non pu� rivolgersi n� contro una legge n� contro un atto avente forza di legge. Il ricorso giurisdizionale al Oonsiglio di Stato, �el quale si discute, � stato proposto contro il provvedimento de~ Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, del quale sar� bene riportare il preciso tenore: �Il Governo, per delegazione concessa con la presente legge e secondo i principi e i criteri direttivi definiti dalla legge medesima... provvede ... , con decreti aventi valore di legge... �. Si assume nel predetto ricorso giurisdizionale al Oonsiglio di Stato che la delega sarebbe incostituzionale, perch� contrasterebbe con le regole contenute negli articoli 24 e 113 della Oostituzione e che, pertanto, il provvedimento medesimo perderebbe il carattere di atto avente forza di legge che il Parlamento ed il Governo hanno inteso attribuirgli e dovrebbe essere degradato al rango di un comune atto amministrativo, suscettibile, quindi, d'impugnazione davanti al Oonsiglio di Stato. A sorreggere questa tesi si fa richiamo alla potest� di qualificazione della fattispecie e, in particolare, del provvedimento impugnato che spetta ad ogni giudice. E si deduce che, in virt� di tale potest� di qualificazione, caduta, per effetto dell'asserita incostituzionalit� la delega, si dovrebbe applicare il principio in virt� del quale la natura deWatto si desume, anzicM dalla sua forma, dal suo intrinseco contenuto: pertanto il provvedimento in esame, siccome avente per oggetto la disciplina di una fattispecie particolare e concreta, senza forza innovativa rispetto all'ordinamento preesistente, dovrebbe clas ~if:~::e~~o-:-come si � premesso -quale atto ammi- Or bene, che a ciascun giudice spetti il potere di qualificare o classificare le fattispecie sottoposte al suo esame, � verit� ineccepibile. Il punto delicato, che costituisce, al tempo stesso, il problema centrale della presente causa, concerne i limiti di quest'attivit� di qualificazione e, meglio, si direbbe di classificazione. Olassificare, significa, senza dubbio, attribuire una classe, inquadrare in uno schema prestabilito, constatare la corrispondenza di un caso particolare e specifico particolare ad un modello gi� fissato. � noto che in questa indagine, come in genere nell'esercizio della sua attivit� giurisdizionale, il giudice non pu� procedere liberamente, in base a criteri propri o a concezioni astratte sia s:.~f:~:: 00r.:.~~:~..'.!?i !r!::J~ getta i giudici alla legge. Peraltro, se queste sono le linee semplici, se pur rigide, che s'impongono all'attivit� del giudice, vincolato alla norma, secondo la concezione accolta nel- l'attuale civilt� giuridica, servo della legge e non libero nella sua potestas decidendi come i cc giudici regali � di Platone, l'indagine assume un aspetto i:i ~ li~: ~ ~ ili ~iim W M m ~i:..,� ;: I~~: ~ 1~ @ i�i.=F�'�f�;��~.�.i.' . �fo ffi: ~:~.:;=:.:,::'':�;':,�� .. p � � ~~] W.�. E I;; ~ituazione SO!J!Jettiva che � costituita dall'interesse complesso ed inconsueto, allorch� la rieerca qualifi-.,< _J ~..#'..:W7~km.M.%'..i&w.ffe.dlliW'.&.M-..::::::&?%.W;,;:mx;:::;:w..iiiii&i"..a.:w&kWddili"'.M::W7fff..&m=".J&iV.&&.:7..Y.M-..::::::&YAW,m>'.J�lY..::MW'::W"..:m -221 cativa o classificativa si complica per l'interferenza del problema di legittimit� costituzionale della norma legislativa. � Gi� si � contestato in questa causa che la questione di legittimit� costituzionale si possa porre in questa fase dell'attivit� giurisdizionale, in questa fase preliminare, in limine litis, in cui il giudice ha il compito di verificare i suoi poteri. Si � detto che il controllo di costituzionalit� non pu� svolgersi in questo momento, ma in quello successivo; che esso presuppone gi� superata, la valutazione relativa alla sussistenza della giurisdizione; che esso appartiene al merito della controversia. Non sembra, peraltro, al Collegio che questa opinione, sebbene espressa con notevole vigore, almeno in apicibus, sia fondata. Se la qualificazione della fattispecie concreta ai fini della risoluzione della questione di giurisdizione o di competenza deve avere come termine di rif erimento la volont� legislativa, anche in quest'indagine la rigidit� della Costituzione implica che il giudice non possa fermarsi, nell'adozione della premessa maggiore del suo ragionamento, a constatare la sussistenza della volont� legislativa, ma � deve investire anche la sua validit�: altrimenti egli correrebbe il rischio di applicare, sia pure in questa fase preliminare, una norma che, pur essendo espressione del potere legislativo, si � invalidata (o infranta, per seguirne l'immagine dell'urto tra la pi� fragi"le norma ordinaria e la pi� dura, resistente norma costituzionale) per il suo contrasto con le supreme regole costituzionali. Peraltro, se anche in questa fase preliminare della sua attivit� il giudice deve tener conto del vizio d'incostituzionalit� della legge, ove mai esso sussista, non sembra alla Corte che, almeno con stretto riferimento al ricorso cos� come nel caso specifico � stato proposto, possa pervenirsi al risultato di ritenere la sussistenza dell'atto amministrativo, ohe costituisce -come si � detto -il presupposto della giurisdi. zione amministrativa (non esclusiva). Infatti, sia che nel caso determinato si accolga l'opinione dell'illegittimit� costituzionale dell'art. 5 della legge surricordata e del provvedimento, dotato di forza legislativa, ohe � stato impugnato, sia ohe si respinga tale opinione la risoluzione di questa questione non ha importanza, peroh� in entrambi i casi non sar� possibile al giudice affermare la sussistenza dell'atto amministrativo ohe -come pi� volte si � detto -rappresenta il presupposto della giurisdizione � amministrativa. Invero, se, come si � premesso il giudice nella classificazione o qualificazione deve ispirarsi unicamente alla� volont� legislativa, nell'art. 5 della legge Sila egli trov� la definizione precisa ed irrefutabile: provvedimento legislativo delegato; atto avente forza di legge. Ove mai egli ritenga viziati di illegittimit� costituzionale la delega e il provvedimento presidenziale, la conseguenza sar� una sola: egli si trover� dinanzi ad un illegittimo � atto avente forza di legge n, ad un provvedimento legislativo delegato invalido, ohe egli ha� il potere-dovere di non applicare. Ma nulla lo autorizza a trasforma re questo decreto legislativo, sia pure illegittimo, in un atto di natura diversa, in un atto soggettivamente ed oggettivamente amministrativo, quale -come si � premesso -� presupposto per la sussistenza della giurisdizione amministrativa. Conseguenza, questa, ohe, secondo l'avviso di questo Collegio, scaturisce limpida e cristallina dalle premesse ohe si sono poste sulla natura e sui limiti del controllo di legittimit� costituzionale delle leggi. Come gi� si � notato, questo controllo ha carattere giuridico e non politico, esso riguarda il controllo tra la norma di ordine superiore (Costituzione) e quella subordinata (norma di legge), esclusa ogni valutazione di opportunit�. Al tempo stesso questo controllo non pu� aver altro risultato che la disapplicazione o, quando la Corte costituzionale entrer� in funzione, l'annullamento della norma di legge o dell'atto avente forza di legge. Ma non pu�, ora, il giudice, n� potr�, almeno per quanto � dato ritenere, la stessa Corte costituzionale, sostituire una propria statuizione alla volont� legislativa riconosciuta illegittima ed inoperante. Ci� risulta a chiare note dal carattere di giurisdizione di annullamento, iJ,i mera legittimit� che compete alla Corte costituzionale; se questa potesse sostituire la propria volont� a quella riconosciuta valida, essa si trasformerebbe da giudice in legislatore, usurpando il potere e le funzioni che, costituzionalmente, competono al Parlamento. Ulteriore conferma si ha nello stesso disposto dell'art. 136 della Costituzione, che dalla dichiarazione di illegittimit� costituzionale fa derivare soltanto l'abrogazione della norma o dell'atto avente forza di legge. Significativo �, al riguardo, il secondo comma dell'art. 136, secondo il quale la decisione della Corte � pubblicata e comunicata alle Camere aff�nch�, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali. Dalla quale disposizione emerge in maniera chiara, precisa ed inequivocabile che la riconduzione della norma ad vi11m iuris � subordinata ad un apprezzamento ad una valutazione di opportunit� politica, riservata al sovrano potere del Parlamento. ~ Sembra, pertanto, a queste Sezioni Unite che,"'"se il Parlamento ha impresso al provvedimento ohe � stato impugnato la qua?i fica di atto avente forza di legge, solo la sovrana determinazione del Parlamento potrebbe mutarne la natura. Il giudice pu� -ove ritenga incostituzionale l'attribuzione del potere legislativo al Governo e la definizione del suo provvedimento come � atto avente forza di legge � disapplicarlo, ma, se ne modifica la natura attribuitagli, sostituisce la propria volont� a quella del Parlamento. Se questo, e sia pure soltanto per fini di particolare solennit� ha inteso rivestire il provvedimento ora impugnato delle forme proprie della legislazione delegata, potr� il vizio da cui eventualmente sia colpito renderlo inoperante, ma non imporgli un carattere ohe deliberatamente il Parlamento non volle imprimergli, con una valutazione d'ordine esclusivamente politico, legislativo, che si sottrae a qualsiasi sindacato. ;i�~ e N � si obietti ohe diverso sia il procedimento logico mediante il quale il giudice amministrativo dovrebbe pervenire alla definizione della natura amministra tiva del provvedimento impugnato. La questione di incostituzionalit� -si sostiene -riguarda la de-� lega: disapplicata questa per effetto del riconosci mento della sua incostituzionalit� (ove questa si ravvisi), residuerebbe un'attribuzione di competenza amministrativa al Governo. L'abile deduzione ha, -222 peraltro, per quel che a questa Oorte sembra, il torto di frantumare l'unitaria volizione legislativa ohe �, invece, insoindibile: non due distinte e autonome volizioni (attribuzione del potere al Governo� e definizione della natura legislativa delegata dei provvedimenti emessi), ma unica, indissociabile volizione (investitura di un potere di legislazione delegata al Governo medesimo), com'� fatto palese, tra l'altro, anche dall'istituzione della commissione consultiva cost.ituita da parlamentari, quanto meno inconsueta se si voglia riferire ad un'attivit� meramente amministrativa. In ogni caso, seppure si potesse soindere l'unitaria, indissolubile volizione legislativa, non potrebbe in questa materia applicarsi il principio utile per inutile non vitiatur. Esso implica, infatti, l'eseroizio di un potere che, se � consentito al giudice rispetto all'autonomia privata, per la posizione subordinata che a questa spetta nell'ambito dell' ordinamento giuridico, deve ritenersi escluso di fronte all'autonomia sovrana del Parlamento. Di fronte alla nullit� parziale di un contratto o alla nullit� di singole clausole � lecito al giudice di porsi alla ricerca della. volont�, non reale n� concreta, ma ipotetica delle parti, per stabilire se esse lo avrebbero ugualmente concluso senza quella parte del suo contenuto che � colpito dalla nullit� (art. 14\9, primo comma, Oodice oivile). Ma nessun giudice, e nemmeno, quando sar� istituita la Corte costituzionale, pu� porsi alla ricerca di un'ipotetica volont� legislativa, se � vero, come non sembra discutibi~e, che la volont� del legislatore costituisce il frutto di una valutazione assolutamente libera, ispirata a criteri di ordine essenzialmente politico. Se esula dalla potest� del giudice investito dell'esame di costituzionalit� l'applicazione del principio della conservazione del negozio parzialmente invalido, tanto meno vi sar� in questa materia posto per l'istituto della conversione (art. 1424 Codice civile) che egualmente postula la costruzione di una volont� ipotetica. Dalla quale conversione la stessa difesa del proprietario resistente dichiara di rifuggire, sebbene per sostituire al provvedimento legislativo delegato l'atto amministrativo, inevitabilmente ad essa o quanto meno al prinoipio utile per inutile non vitiatur debbasi far ricorso. N � si dica che, disapplicata per effetto della sua asserita ed ipotizzata incostituzionalit� la norma relativa, la questione dovrebbe risolversi in base all'ordinamento vigente, alla stregua del quale dovrebbe considerarsi amministrativo. Anche se cos� fosse la pretesa attivit� amministrativa non troverebbe alcun fondamento nella legge e realizzerebbe l'ipotesi di assoluta carenza di potere della Pubblica Amministrazione e non quella di un esercizio viziato ed illegittimo del potere medesimo che giustifica la giurisdizione del Consiglio di Stato. Se le considerazioni svolte sono esatte, risulta dimostrato che, si ritenga o meno l'illegittimit� costituzionale della delega e del provvedimento legislativo delegato che viene ora impugnato, in ogni caso non sussiste l'atto amministrativo che costituisce l'indefettibile presupposto della giurisdizione amministrativa (non esclusiva). Questa conclusione rende superfluo l'esame delle ulteriori questioni, determinando l'accoglimento del ri�orso per regolamento di giurisdizione. La deli catezza delle questioni, che finora non hanno formato oggetto di esame da parte di questa Oorte, giustifica l�i compensazione delle spese. P. Q. M. La Corte accoglie il ricorso per regolamento di giurisdizione e dichiara il difetto assoluto di giurisdizione del Oonsiglio di Stato sul ricorso giurisdizionale cos� come proposto. Sminuirebbe l'importanza di questa sentenza, de� stinata a restare memorabile negli annali della giurisprudenza italiana, qualsiasi commento che, del resto, potrebbe, anche sotto altro aspetto, apparire superfluo, dato che il nostro punto di vista � stato largamente esposto, a pi� riprese, su questa stessa Rassegna. Non possiamo, tuttavia, non notare che la decisione � stata quale era da attendersi dalle lunghe tradizioni di indipendenza, saggezza e squisita sensibilit� giuridica che hanno sempre caratterizzato l'attivit� del Supremo Organo giurisdizionale nell'esercizio di quelle delicatissime funzioni che sono dirette ad al':sicurare, secondo quanto prescrive l'art. 65 dell'ordinamento giudiziario, l'esatta osservanza e �'uniforme applicazione della legge, l'unit� del diritto oggettivo, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni. .A.I di sopra delle polemiche dottrinarie alle quali l'elemento politico, che, indubbiamente, permeava la materia in discussione, ha fi,nito, sia pure inavvertitamente, col dare una accentuata coloritura ed, inconsuetamente, una vasta concordanza di pareri; al di sopra delle vacue dissertazioni e dei tentativi dei fogli a grande tiratura di creare perplessit� ed inquietudini, si � levata alta e solenne la parola della Corte Suprema a ridare fiducia nella immutabilit� e certezza giuridica di quei principi che costituiscono alcuni dei cardini pi� importanti, finora sempre pacifi,camente riconosciuti, dal nostro ordinamento. Al di l� dell'esito stesso di liti, indubbiamente di grande interesse, sia sul piano amministrativo che su quello sociale, ci ha fatto piacere la riacquistata certezza che la dialettica giuridica, per quanto affinata e portata alle sue espressioni pi� audaci, non riuscir� a scuotere quei principi che ci vennero indicati nelle stesse aule universitarie come .veri e propri capisaldi di tutto il sistema. Pochi giorni prima di chiudere la sua lunga luminosa esistenza, 1'11 novembre 1952, il compianto '.Maestro Vittorio Emanuele Orlando, nel porgere, a nome del Consiglio dell'Ordine degli A v-Vocati, il commiato al Primo Presidente Ferrara volle, per esprimere in sintesi il suo pensiero sulla Suprema Corte, inserire nel suo discorso il ricordo di un lontano episodio, che in quel momento gli veniva in mente: pochi anni prima del terribile terremoto, a '.Messina, un tale aveva fatto costruire una casa con speciali accorgimenti, per renderla il pi� possibile solida, considerati da tutti eccessivi, tanto da essere giudicato un maniaco; al tempo del terremoto, in pochi minuti, su un mare infiiiito di }lla~er~e, emerse sola, intatta, quella casa. E l'insigne vegliardo ricordava quella casa per indicare un altro edificio solidissimo, che tutti i sommovimenti degli ultimi decenni non erano riusciti minimamente a scuotere: la Suprema Corte di Cassazione. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA COMPETENZA E GIURISDIZIONE-Pensioni -Ripartizione di competenza tra Cottsiglio di Stato e Corte dei Conti. 1. La Corte dei Conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva jn materia di pensioni, � giudice anche di interessi; ed ha il potere di sindacare la legittimit� dell'atto amministrativo di diniego del ripristino del diritto a pensione, emanato nei confronti del dipendente destituito e poi riabilitato, e di annullarlo se risulti viziato per eccesso di potere. (Corte dei Conti, Sez. II giurisdiz., 26 maggio 1951, n. 12249 -Pres.: Belli; est.: D'Angelo; P. G. Giocoli (eoncl. conf.). Liguori c. Ferrovie dello Stato). 2. Il Consiglio di Stato, sia in dipendenza della propria giurisdizione generale di legittimit�, che per la competenza esclusiva conferitagli in materia di pubblico impiego, � il solo organo competente ad annullare per un vizio di legittimit�, l'atto amministrativo di diniego del ripristino del diritto a pensione emanato nei confronti del dipendente . destituito e poi riabilitato. (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 settembre 1952, n. 639 -Pres.: Macchia; est.: Carini. Andal� c. Ministero Trasporti). Le decisioni che precedono, con le quali si manifesta un confUtto positivo di competenza tra Consiglio di Stato e Corte dei Conti, sono state rese in fattispecie del tutto analoghe; e precisamente in sede di impugnativa di provvedimenti ministeriali di diniego del ripristino del diritto a pensione, emanati nei confronti di dipendenti dell'Azienda delle Ferrovie dello Stato, riabilitati dopo essere stati a suo tempo sottoposti a procedimento disciplinare e destituiti con sanzione di perdita del trattamento di quiescenza. In casi del genere, come � noto, la riammissione al beneficio della pensione � consentita dalla Amministrazione previo avviso favorevole della stessa speciale Commissione, investita del compito di esaminare -in sede di destituzione -i motivi determinanti la misura disciplinare, e conseguentemente di esprimere il parere se i medesimi risultino tanto gravi, da giustificare anche la perdita del diritto a pensione (1). E ci� pure quando il fatto determi (1) Art. 16 del T. U. 22 aprile 1909, n. 229, sulle pensioni del personale ferroviario, come modificato dal D. L. L. 8 giugno 1945, n. 915. Identica disciplina � prevista dal D. L. 3 giugno 1938, n. 1032, in relazione al T. U. 21 febbraio 1895, n. 70, per il personale statale in genere. nante la destituzione, sia consistito in una condanna penale importante in via automatica la perdita del diritto suddetto, e l'impiegato condannato sia stato poi riabilitato. Data, quindi, la facolt� di valutazione sempre accordata all'Amministrazione, si trattava evidentemente di atti posti in essere nell'esercizio di un potere discrezionale, e perci� incidenti su meri interessi degli ex dipendenti (1). Dai quali, infatti, era stata denunciata la pretesa illegittimit� degli atti stessi, sotto il profilo dell'eccesso di potere; assumendosi un difetto o una inadeguatezza nella loro motivazione ed invocandosi esplicitamente il loro annullamento. La Corte dei Conti, ha creduto di poter provvedere in conformit�, desumendo la propria competenza nella questione dal disposto dell'art. 13 del T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, sul proprio ordinamento, e dell'art. 26 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, sul Consiglio di Stato. E cio� ritenendo che -data la limitazione posta dall'ultima parte di tale norma alla competenza generale di legittimit� del Giud;i,ce amministrativo -necessariamente la competenza riconosciuta ad essa Corte in materia di pensione, doveva intendersi estesa anche a controversie relative ad interessi; poich�, altrimenti, sarebbe mancata quella tutela giurisdizionale, che l'art. 113 della Costituzione ha voluto sempre accordare contro gli atti della Pubblica Amministrazione (2). Cos�, mentre per il passato la Corte aveva costantemente e pacificamente ritenuta essere la giurisdizione conferitale per le pensioni ordinarie sostitutiva di quella del Magistrato ordinario -e quindi relativa alle sole lesioni di diritti ed esercitata con i limiti di cui agli artt. 4 e 5 della Legge 20 marzo 1865, e ristretta al sindacato di legittimit� sotto il profilo della violazione di legge e non pure sotto l'aspetto dell'eccesso di potere (3) -con la decisione annotata viene mutata radicalmente opinione; configurandosi la giurisdizione suddetta come esclusiva nel senso strettamente tecnico dell'espressione, e cio� (1) In tal senso: Consiglio Stato, Sez. IV, 21 giugno 1938, n. 343, in �Foro Amm. �, 1938, I, 1, 312. (2) Rivista della Corte dei Conti, 1951, III, J.56 e sg.; con nota adesiva di GRECO, ivi, I, 43. (3) VITTA: Dir. Amm., vol. lI, pag. 648; Corte deC Conti, Sez. un., 28 novembre 1930, in� Riv. Dir. pubb. �, 1931, II, lll; Sez. II, 16 febbraio 1935, in �Foro amm. �, 1936, III, 5; 12 ottobre 1938, ivi, 1939, III, 36; 12 novembre 1948, ivi, 1949, III, 28; 3 dicembre 194.8, in �Riv. Corte Conti�, 1949, III, 78; 14 aprile 1950, ivi, 1950, III, 76. -224 estesa a questioni relative sia a lesioni di diritti ohe d'interessi: in buona sostanza, quindi; intendendo la giurisdizione affidata al magistrato oontabile in materia di pensione, oome perfettamente equivalente a quella esolusiva eseroitata del Consiglio di Stato per il pubblioo impiego. Il Consiglio di Stato a sua volta, respingendo e oritioando tale indirizzo, ha affermato la propria oompetenza nella f attispeoie peroh�: a) data la disorezionalit� di giudizio oonsentita all'Amministrazione nel negare il ripristino del diritto a pensione, rioorreva evidentamente ~'ipotesi della lesione di un � diritto affievolito �, e quindi di oontroversia riservata alla propria oompetenza quale giudioe generale d'interessi; b) peroh�, inoltre, oostituendo la perdita del diritto a pensione un provvedimento di oarattere aooessorio, rispetto a quello disoiplinare di destituzione, anohe la questione del suo eventuale ripristino doveva ritenersi assorbita nell'ampio oampo del rapporto di impiego, affidato alla propria esolusiva oompetenza dell'art. 29 del T. U. n. 1054 del 1924 (1). * * * La deoisione del Consiglio di Stato sembra senza altro esatta' e da approvare; ma per l'impostazione data dalla Corte dei Conti alla propria deoisione, una motivazione pi�Jpertinente sarebbe stata senza dubbio desiderabile. Infatti, posto ohe dalla stessa Corte si era esplicitamente rioonosoiuta la oiroostanza, che nella specie si trattava della lesione di un interesse e non di un diritto, il motivo centrale della controversia consisteva nel saggiare la validit� degli argomenti aiidotti a sostegno della conclusione cui la Corte medesima era pervenuta; e cio� nel controllare se fosse esatto, o meno che la competenza attribuita a tale Organo in materia di pensione risultava estesa a questioni sia di diritti che d'interessi, e perci� limitativa di quella generale di legittimit� del Consiglio di Stato. E la relativa indagine poteva prendere le mosse da una preliminare osservazione di importanza assorbente; e cio� che -dato il testo e la portata dell'art. 26 della legge 26 giugno 1924 -la giurisdizione generale d'interessi spettante al Consiglio di Stato, poteva risultare esclusa solo in via di eccezione e per materie tassativamente determinate da preoise norme positive, chiaramente attributive (espressamente o taoitamente, ma sempre in maniera sicura ed inequivocabile) della competenza di legittimit� ad altro organo o collegio speoiale (2); cos� come -per fare qualche esempio -� sanoito dall'art. 143 del T. U. 11 dioembre 1933, n. 1175, per il Tribunale Superiore delle acque pubbliche, o dalle molteplioi norme dettate per la competenza delle Commissioni tributarie su questioni relative alla estimazione dei redditi ed ai criteri tecnioi discrezionali di tassazione (3), ovvero dall'articolo unico della legge 3 dicembre 1942, n. 1819 per la compe (1) <<Raccolta completa giurisprudenza Consiglio Stato�, 1952, pag. 1330. (2) LESSONA: La giustizia amministrativa, pag. 97. (3) ZANOBINI: Corso, 1946, vol. II, pag. 278. tenza del Comitato giurisdizionale centrale oirca la legittimit� dei provvedimenti di requisizione eseguite durante la guerra ed a causa di questa. Per cui, andava anzitutto riaffermato il prinoipio, che -in difetto di speoifica indi�aZione legislativa�nessuna deroga poteva ammettersi alla giurisdizione d'interessi del Consiglio di Stato; e che l'implicita attribuzione della medesima, per singole materie ad altro organo, doveva senz'altro escludersi. La quale proposizione era -del resto -tanto esatta, che proprio per la Corte dei Conti la competenza sugli eventuali vizi di legittimit� degli atti attinenti al rapporto d'impiego dei propri dipendenti, si era dovuta fissare con esplicita norma di legge (l), anteriore all'art. 29 del T. U. del 1924 su Consiglio di Stato; e peroi� dettata evidentemente in deroga alla generale giurisdizione d'interessi riconosoiuta ad esso Consiglio dall'art. 24 del T. U. 2 giugno 1889, n. 6166, trasfuso poi nell'art. 22 del T. U. 17 agosto 1907, n. 638, e nell'art. 26 del vigente T. U. del 1924. * * * Ci� posto, l'ulteriore indagine indispensabile per la risoluzione del contrasto, doveva preoccuparsi di accertare, se dalle specifiche disposizioni relative alla tutela giurisdizionale in materia pensionistica, poteva desumersi l'attribuzione alla Corte dei Conti anche della competenza per lesione d'interessi. E cos� si sarebbe assodato, che sia dall'art. 174 del T. U. 21 febbraio 1895, n. 70 sulle pensioni, ohe dagli articoli 13 e 62 del T. U. 12 luglio 1934, n. 1214, sull'ordinamento della Corte, la compet�nza affidata a tale Organo risulta ristretta alle sole questioni relative a diritti; prevedendosi il suo intervento quando la pretesa al trattamento di quiescenza si � ormai concretata in un diritto perfetto del dipendente, e . oio�: o in sede di ricorso �contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione �, ovvero -nel caso di rifiuto o di inerzia dell'Amministrazione per l'emanazione di sentenze sostitutive del decreto di collocamento a riposo con declaratoria �dell' essersi verificate nell'impiegato dello Stato ... -le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione� (art. 62 cit., 1� e 20 comma) (2). Perci�, con concorde opinione, non si � mai per il passato dubitato, che la competenza in materia della Corte fosse sostitutiva di quella del giudice ordinario; e quindi relativa alla sola lesione di di ritti, e non anche d'interessi (3). N�, a nostro av viso, potrebbe ora dubitarsi dell'esattezza della deci (1) Art. 58 della Legge 22 novembre 1908, n. 693, riaffermato nell'art. 65 dell'attuale T. U. del 1934; CAMMEO : La competenza della Corte dei Conti sui reclami dei propri impiegati, in << Giur. It. "� 1912, III, 33. (2) Ad identica conclusione si poteva pervenire anche nel vigore dell'art. II della Legge 14 agosto 1862, n. 800, istitutiva della Corte dei Conti. Con .. il quale ad una Sezione di essa, erano state commesse le operazioni di liquidazione della pensione, ed alle Sezioni riunite, era stata attribuita la decisione dell'eventuale ricorso contro la liquidazione medesima. (3) Corte dei Conti, 12 novembre 1948, in <<Foro Amm. �, 1949, III, 28. Vedi anche i richiami di cui alla precedente nota n. 4. w. -225 sione annotata; nella quale ricorreva appunto l'ipotesi della lesione di un mero interesse dell'ex dipen dente alla riammissione al trattamento di quiescenza (1). * * "' Il secondi> argomento, indicato dal Consiglio di Stato a conferma della propria competenza, non sembra molto valido. Se � esatto, invero, che la destituzione rappresenta un provvedimento disciplinare incidente sul rapporto d'impiego (e come tale soggetto al solo sindacato del giudice amministrativo) e che la perdita del diritto a pensione pu� considerarsi una pena accessoria della destituzione (2); non per questo sar� consentito supporre una necessaria attrazione delle controversie relative alla perdita o al mancato riacquisto di tale diritto, nella competenza esclusiva del Consiglio di Stato. Gi�, infatti, il diritto a pensione -se pure � radicato nel rapporto d'impiego e direttamente infiuenzato dalle vicende di esso -tuttavia rappresenta sempre un interesse autonomo, che si afferma come diritto perfetto proprio quando il rapporto d'impiego viene a cessare (3). Inoltre, sia nella perdita del diritto a pensione per destituzione, che nell'eventuale riacquisto di esso a seguito di riabilitazione, ricorrono ipotesi del tutto estranee al rapporto d'impiego, e possibili proprio perch� questo � stato risolto. Per cui, se in genere accade di imbattersi in controversie relative a provvedimenti incidenti direttamente sul (1) � tuttavia qui opportuno segiialare, che la decisione medesima risulta contraria a quella resa in questione analoga dalla Sez. IV il 13 febbraio. 1952 (n. 157, in � Racc. compl. giur. Consiglio Stato'" 1952, pag. 150); con la quale -proponendosi d'ufficio l'indagine relativa alla propria competenza -l'Organo giudicante ebbe a declinarla in favore della Corte dei Conti. Tale pronunciato, per�, � sfmnito di una adeguata motivazione; essendosi la Sezione semplicemente limit~a a riportare il secondo comma dell'art. 62 del T. U. del 1934 sulla Corte dei Conti, ed a richiamare un preteso conforme suo precedente, reso in data 7 dicembre 1937 (Sez. IV, n. 516, in � Giur. It. '" 1938, III, 197). E si � detto preteso precedente, perch� quest'ultima decisione era stata emanata in sede di interpretazione della prima parte dell'art. 185 del T. U. n. 70 del 1895 sulle pensioni, anteriormente alle innovazioni introdotte in materia con il D. L. 3 giugno 1938, n. 1032. La controversia allora discussa, verteva infatti sul punto, se avesse o meno il dipendente destituito per condanna penale e privato della pensione, il diritto a conseguire ope legis per effetto della riabilitazione, la riammissione al godimento del trattamento di quiescenza. Attualmente, invece, e stabilendo l'art. 2 del citato decreto, che i dipendenti comunque incorsi nella perdita del diritto a pensione e riabilitati, sono riammessi al trattamento di quiescenza a seguito di parere favorevole della speciale Commissione di cui si � fatto cenno al principio di questa nota, � evidente che non solo non � pi� possibile affermare un diritto all'automatico riacquisto della pensione quale conseguenza della riabilitazione, ma non � pi� nemmeno ipotizzabile in materia un diritto qualsiasi, data la facolt� di discrezionale valutazione consentita all'Amministrazione. Perci�, come si � notato, il richiamo non era pertinente; trattandosi di fattispecie profondamente diverse. (2) ZANOBINI: Oorso, 1946, vol. III, pag. 54. (3) PETROZZIELLO: Il rapporto di pubblico impiego, nel "Trattato di Dir. amm." diretto dall'Orlando, vol. 2�, P� III, pag. CCCLXIII e CCCLXX. rapporto d'impiego e di rifiesso soltanto rilevanti ai fini della pensione (in quanto, appunto, le circostanze proprie di quel rapporto hanno una ripercussione decisiva sul trattamento di quiescenza), e perci� conosciute in sede esclusiva dal Consiglio di Stato; tuttavia non � affatto da, escludere la possibilit� di trovarsi di fronte ad atti rilevanti ai soli fini della pensione, nel qual caso � ovvio ritenere che la tutela giurisdizionale utilizzabile non potr� non essere che quella propria del rapporto giuridico leso. Tanto, del resto, era esattamente capitato nelle controversie in esame, nelle quali non si faceva minimamente questione del rapporto d'impiego, da tempo cessato per� destituzione; ma solo dell'uso del potere discrezionale consentito all'Amministrazione, di riammettere o meno a godere del trattamento di quiescenza gli em dipendenti riabilitati. Non ricorreva, quindi, nessun legame tra rapporto d'impiego ed interesse a riacquistare la pensione, e la competenza a provvedere da parte del Consiglio di Stato, non poteva essere che soltanto quella dipendente dalla giurisdizione generale di legittimit�, trattandosi precisamente di decidere sulla asserita lesione di un interesse, riconosciuto in via autonoma e come tale indubbiamente meritevole di autonoma e propria tutela. (G. DEL GRECO) COMPROMESSO ED ARBITRI -Clausola compromissoria inserita in un contratto di appalto di opera pubblica -Non necessit� di approvazione per iscrittoCompetenza arbitrale e ordinaria-Decreto ingiuntivoOpposizione -Diritto a far valere la �Clausola compromissoria. (Corte di Cass.; Sez. I, Sent. n. 1808-52 - Pres.: Piacentini; Est.: Di Vberti; P. M.: Azara; Ditta Pace contro Comune Pacentro). Non pu� essere invocata la disposizione dell'ultima parte dell'art. 1341 Codice civile, concernente la necessit� di approvazione per iscritto delle clausole limitative del contratto, allorch� trattisi di clausola compromissoria inserita in un contratto di appalto di opera pubblica, la cui effi cacia deriva, oltrech� dalla volont� negoziale espressa dalle parti contraenti, anche dall'art. 42 del Capitolato generale per le opere pubbliche, che impone, con la imperativit� propria di una norma di diritto obiettivo, la inserzione di quella clausola in ogni contratto di appalto in cui � parte contraente la Pubblica Amministrazione. La richiesta del decreto ingiuntivo, anche se possa apparire giustifi.cata da una prova documentale, esprime niente altro che una pretesa, la quale potr� divenire diritto soltanto se mancher� la opposizione. Se la opposizione viene proposta si apre la fase contenziosa e, se le parti sono vincolate da una clausola compromissoria, hanno diritto, in virt� di essa, di far giudicare dagli arbitri, anzich� dall'Autorit� giudiziaria, la controversia in tal modo insorta. 1. La clausola compromissoria, derogando alla competenza dell'Autorit� giudiziaria, deve esserrJ approvata specificamente per iscritto qualora sia compresa in condizioni generali di contratto (1341 Codice civile). In una nota apparsa sulla � Giur. Compl. Cass. Civ. � 1945, I. 60, A. D. Giannini ~ -226 adombr� la tesi che questa approvazione specifica la possibilit� dell'applicazione dell'un. 1341 O&dioe fosse richiesta anche per gli arbitrati obbligatori, civile ai contratti stipulati fra enti pubblici e privati, previsti dai capitolati generali per le opere pubbliche. � con richiamo alle .norme dei capitolati, o di altre Lo stesso Giannini non nascose per� la difficolt� di generali condizioni: Infatti, in questi contratti, non estendere l'applicazione dell'art. 1341 al campo dei pubsi ha propriam�nte una predisposizione unilater�le blici appalti, il quale � regolato da norme tutt'afdi condizioni, ma un vero � �proprio regolamento fatto speciali, che lasciano scarso adito all'applicalegale del rapporto, che assume caratteri del tutto zione integrale delle norme comuni; inoltre, i capipeculiari. � merito del Balandra (� Riv. Dir. comm. � tolati hanno di per s� stessi una tale pubblicit�, da 1928, I, 515, e segg.) av(!r messo in luce questi rendere in gran parte superflua quella particolare caratteri, che delineano una figura di contratto per tutela, che il secondo comma dell'art. 1341 Oodice adesione tutt'affatto speciale, rispetto ai. contratti civile mira appunto ad assicurare. congeneri. E va precisato che l'esistenza di un rego Questi rilievi non parvero decisivi al Giannini lamento preventivo legale non richiede, secondo il per escludere la necessit� dell'approvazione specifica: Salandra, un atto legislativo: � sufficiente un atto ma ad essi possono aggiungersene altri, che dimoamministrativo di approvazione del regolamento strano chiaramente come la tesi sia insostenibile. come fonte normativa, per conferire quel carattere Non � inopportuno premetterec he per i contratti di universalit� e di inderogabilit� anche per la Pubstipulati dalle Amministrazioni statali la questione blica Amministrazione, nel quale si manifesta apnon potrebbe neppure sorgere. Di fronte agli artipunto l'aspetto legale -e non puramente contratcoli 59 e 99 del regolamento di contabilit� dello Stato, tuale -del regolamento. l'approvazione specifica di cui all'art. 1341 Oodice In virt� di questi effetti vincolativi, la struttura civile appare inattuabile. (Cfr. MoRONE, in Riv. di normale del contratto di adesione subisce alcuni adatdiz. e proc. civ. 1949, 230, e recensione su questa tamenti: il pi� importante dei quali � la minore Rassegna, 1949, 179). rilevanza della volont� delle parti ai fini dell' obbli Se � sufficiente la menzione dei capitolati, senza gatoriet� del regolamento stesso. Poich� questo opera necessit� di allegarli ai contratti, � infatti imposs~al di sopra di entrambi i contraenti, questi vengono bile pretenderne l'approvazione specifica, giacch� a trovarsi rispetto ad esso non in una posizione questa presuppone l'esistenza materiale della claucontrattuale (libert� di predisposizione, da un lato, sola da sottoscrivere: cio�, una vera e propria trae libert� di adesione, dall'altro), ma nella posizione scrizione delle condizioni contrattuali, che � invece caratteristica delle obbligazioni ex lege. In altri teresclusa dagli articoli citati. Ma, indipendentemente mini, il richiamo al regolamento legale del rapporto da questo argomento testuale, va osservato che le viene a configurare una comune relatio, che non norme dei capitolati sono obbligatorie nei rapporti richiede necessariamente la tutela dell'art. 1341 fra Stato ed altri contraenti non gi� in forza di una Oodice civile (MESSINEO: Manuale, vol. II, pag. 484); adesione di questi, ma in forza del carattere di nortenendo peraltro presente che qui la relatio si verifica me dispositive insito nei capitolati stessi: carattere rispetto ad una fonte regolatrice del contratto stesso, recentemente confermato dalla Oorte Suprema nella anzich� ad un elemento del suo contenuto obiettivo. sentenza 5 l1lglio 1951, n. 1761 (�Foro It. � 1951, La giurisprudenza appare, al riguardo, nettaI, 475 con richiami; questa �Rassegna n 1951, 120). mente orientata nei sensi sopra esposti. Anzi, si La questione pu� sorgere, quindi, soltanto per i direbbe che la tendenza sia piuttosto di ravvisare contratti di altri enti, diversi dallo Stato, che facciano forme di regolamenti legali anche l� dove i caratteri richiamo a condizioni generali o norme di capito � propri di siffatti regolamenti sembrano piuttosto lati statali, ovvero ad altre condizioni approvate evanescenti. Perfino nella clausola a stampa dei da organi pubblici, predeterminate per regolare unifortagliandi della Sisal, che avvertiva come cc per quanto memente i rapporti fra detti enti ed i terzi contraenti. non previsto in questo estratto valgono le norme del Per una esatta impostazione della questione � regolamento ufficiale, approvato dalle competenti utile avvertire che l'art. 1341 Oodice civile trova la autorit� �, si ritenne sussistente un vero e proprio sua giustificazione non tanto in una esigenza proregolamento legale, non soggetto all'adesione specipria del contratto di adesione, la cui figura dogmafica dell'art.1341 Oodice civile (O. Appello di Milano, tica � discussa (SIMONOELLI SoIALoIA, �Foro It. � 11 febbraio 1949, cc Riv. Dir. comm. � 1949, II, 332); 1949, IV, 33), quanto piuttosto nello scopo di evimentre � almeno dubbio che semplici autorizzazioni tare che il contraente cos� detto pi� forte sorprenda di P. S., limitate all'accertamento degli estremi per e sopraffaccia, con la predisposizione di condizioni legittimare il giuoco, possano aver l'effetto di conf eparticolarmente onerose, il contraente pi� debole. rire vigore normativo alle condizioni cos� approvate. Ora, � chiaro che sfuggono a questo angolo di visuale Se, in queste particolari fattispecie, deve essere esclusa i contratti fra pubbliche amministrazioni ed i pril'applicazione dell'art. 1341 Oodice procedura civile vati, non essendo concepibile, neppure in astratto, secondo comma, ci� avviene piuttosto per il motivo un intento vessatorio da parte di un ente pubblico che cc nel giudicare di tale applicabilit� non si pu� (O. Appello di Genova, 16 maggio-27 giugno 1950 -prescindere dalla ratio di quella disposizione e da Impresa Parodi c. Oomune di Genova e Min. Inquelle eventuali peculiarit� del contratto che. possano terni, inedita; O. Appello di Genova, 4 gennaio-14 far apparire non confacente alla Kpecie il rimedio febbraio 1950, Peragine c. ARAR, inedita; Tridel secondo comma� (Oass. 14 aprile 1950, n ..'956, bunale di Torino, 24 aprile 1950, cc Temi n 1951, cc Foro It. � 1950, I, 677 con nota di Simoncelli 263, confermata da O. Appello di Torino 22 giugno Scialoja). Alla luce di questi criteri va risolta la 1951, cc Foro Pad. n 1951, 1242). Ma, a parte questa questione per altre ipotesi, per es. per le condizioni considerazione, una ragione pi� prof onda esclude generali delle polizze di assicurazione, approvate -227 daWAutorit� amministrativa; mentre sfuggono certamente all'applicazione dell'art. 1341, secondo comma, quelle clausole che trovano la loro consacrazione in fonti sussidiarie del diritto, come deterrdnati usi (Tribunale di Genooa, �Foro It. �, 1950, I, 364). In questo orientamento giurisdizionale si inquadra per l'appunto la sentenza 15 aprile 1949, n. 913, della Oorte Suprema, che esclude l'applicabilit� dell'art. 1341, .Oodice civile alle vendite fatte dai comuni mediant.e licitazione, in base a capitolati d'oneri approvati dalle autorit� competenti. La Oassazione arri'V� a questa conclusione negando che tali contratti rientrassero nella figura dei contratti di adesione( � Giur. Oompl. Oass. Oiv. �, 1949, I, pag. 575): notevole premessa, che sen:ibra costituire una resipiscenza rispetto alla precedente sentenza a Sezioni Unite 21 giugno 1945, n. 448 (� Giur. Oompl. Oass. Oiv. ,,, 1945, II, pag. 22) la quale aveva riconosciuto invece che nei contratti stipulati in base a capitolati � si delinea, sostanzialmente, la figura giuridica dei contratti di adesione �. L'attuale pronuncia della Oorte Suprema non sembra addentrarsi in questa delicata questione, limitandosi ad osservare che la clausola arbitrale � pre'l]ista come obbligatoria dall'art. 42 del Oapitolato generale approvato con D. M. 28 maggio 1895, il che pone la clausola stessa al di sopra di una semplice pattuizione contrattuale. Soluzione, codesta, senza dubbio corretta, che presuppone tuttavia -attraverso il richiamo dell'art. 294 del T. U. della legge comunale e provinciale -il riconoscimento di una oi-iginaria forza cogente dello stesso art. 42 del Capitolato generale. In altri termini, presuppone appunto quel riconoscirr. ento del carattere di regolamento legale del rapporto, che lo svincola dalle strettoie dell'art. 1341 Codice civile. 2. La seconda massima trova un precedente nella sentenza 9 marzo 1943, n. 553, della stessa Oorte Suprema (�Foro. It. � 1943, I, 836, con nota di MIOHELI; � Riv. Dir. e Proc. civ. �, 1998, 424). Secondo l'art. 645 Oodice procedura civile il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo deve svolgersi davanti al giudice adito per il decreto. Sebbene non siano mancate pronunce che hanno qualificato come funzionale questa competenza del giudice rispetto alle opposizioni (Oass., 15 giugno 1951, n. 1559, �Mass. Foro It. ii, 1951, 379), non v'� dubbio che �essa pu� considerarsi tale solo ricorrendo determinati presupposti: cio�, previ quei controlli derivanti dalle funzioni ordinatorie-preparatorie del giudice, che secondo il Redenti investono le questioni pregiudiziali. Non sarebbe infatti ammissibile che l'eventuale emissione di un decreto ingiuntivo da parte di un giudice incompetente rendesse quest'ultimo, sempre e definitivamente, competente in ordine al merito. In questo caso il giudice adito rimane invece competente solo a giudicare della propria incompetenza, e nulla pi�. Per giungere a questa conclusione, la Oorte Suprema ha ancora una volta ribadito quella resolutio in via dtationis, che altre volte essa aveva affermato come automatica conseguenza dell'opposizione. Senonch� va osservato che questa trasformazione (o diminuzione) del decreto in una semplice pretesa vale soltanto rispettQ allo svolgimento del giudizio di op posizione; non vale -o almeno non vale sempre rispetto alla pronuncia che chiude questo giudizio: giacch� sembra chiaro che la reiezione dell'opposiz�one, provocando un consolidamento di efficacia del decreto, determini un effetto o un fenomeno diverso dal semplice accoglimento �ai domar�la. � Riaffermata la trasformazione del decreto in semplice pretesa, la Oorte ha aggiunto che rimane in facolt� delle parti (e quindi non solo dell'opponente) il diritto di eccepire la competenza arbitrale: conseguenza che pare del tutto coerente con la particolare posizione del richiedente il decreto ingiuntivo, il cui ricorso all'autorit� giudiziaria (improponibile davanti agli arbitri) non implica �alcuna rinuncia alla competenza arbitrale per il merito. L'assimilazione di questa competenza alla competenza per territorio (Oass. 19 gennaio 1948, n. 75, cc Mass. Foro It. �, 1948, 16; Oass. 31 luglio 1951, n. 2279, � Giur. Oompl. Cass. Oiv. �, 1951, II, p. 837) e quindi i limiti temporali e sostanziali della relativa eccezione (art. 28 e 38 Codice procedura civile) non sembrano rilevanti in questa situazione. � vero che, per coloro� i quali ritengono preclusa all'attore l'eccezione di incompetenza per territorio (D'ONOFRIO: Commento, vol. I, 71), l'equiparazione �ricorrente-attore� potrebbe portare all'estrema conseguenza di estendere al primo tutte le preclusioni stabilite per il secondo; ma questa illazione ci sembra da respingere. Ohi richiede un decreto ingiuntivo al giudice stabilito dalZ'art. 637 Codice procedura civile si rivolge al giudice effettivamente competente, s� che non si verifica quella implicita deroga alla competenza, che pu� ravvisarsi nel comportamento dell'attore che adisca un giudice territorialmente incompetente, o nel comportamento del convenuto che ometta di sollevare l'eccezione nei termini previsti. La sentenza annotata ha, dunque, esattamente attribuito ad entrambe le parti -ricorrente ed opponente -la facolt� di eccepire la competenza arbitrale: ma non ha proseguito nell'indagine, e non ha sufficientemente chiarito la portata della eccezione nei confronti del decreto ingiuntivo. Era questo senza dubbio il punto pi� interessante della questione. La sentenza 9 marzo 1943 della Cassazione aveva ritenuto ehe il giudice adito, aeeolta la eeeezione di ineompetenza per la sussistenza della competenza arbitrale, potesse anche dichiarare l'inefficacia del decreto. Soluzione, codesta, che il Micheli e la Sbaiz qualificarono errata, sostenendo che l'annullamento del decreto potrebbe in ipotesi �derivare solo dall'eventuale decisione degli arbitri, e non dalla sentenza declaratoria di incompetenza del giudice adito in sede di opposizione. Ma � evidente che la tesi del M icheli � fondata, o almeno � agevolata dalla sua particolare concezione dei rapporti fra decreto e. giudizio di opposizione, ritenuti due fasi del tutto distinte e separate. Da questo angolo di visuale � relativamente facile scorge1�e, nel lodo arbitrale di accoglimento dell'opposizione, una decisione che non importi modificazione del proovedimento del giudice ~modificazione inammissibile, in qtJ,anio esor-_ bitante dai poteri degli arbitri -ma semplicemente ne paralizzi gli effetti. Il che trova riscontro in altre situazioni, di cui la pi� nota � forse la sovrapposizione della sentenza sulle decisioni giurisdizionali delle Commiss. ioni per le imposte; l'autonomia dei procedimenti -228 non permette, infatti, l'annullamento della decisione delle Commissioni, ma solo la pratica eliminazione dell' aeeertamento conseguente alla decisione stessa. La spiegazione di questo fenomeno., tuttavia, diviene meno agevole se in luogo dell'autonomia dei procedimenti (o delle situazioni) si configura una continuit� di fasi di uno stesso procedimento. Se � vero ohe �l'opposizione a decreto ingiuntivo determina un giudizio di cognizione in cui la domanda giudiziale � costituita dal ricorso notificato al debitore, e non dall'atto di opposizione� (Cass. 12 febbraio 1947, n. 182 � Giur. eomp. Cass. eiv. � 1947, I, pag. 250), eome la sentenza annotata conferma, diviene estremamente� arduo scindere il decreto dalle vicende del giudizio di opposizione. Pi� logica appare la soluzione data dalla sentenza n. 553 del 1943, nel senso ohe l'incompetenza dichiarata dal giudice adito di fronte alla riconosciuta competenza arbitrale, si riverberi anche sul decreto rendendolo senz'altro ineff�eaee. � effetto connaturato alla sentenza una particolare retroattivit� al momento della domanda; ed anche una declaratoria di incompetenza provocata da una eeeezione rimessa alla vovolont� delle parti (o anche di una sola parte) mantiene senza dubbio inalterato questo particolare effetto. Quando il giudice adito aeeoglie l'opposizione per motivi di incompetenza, anehe per territorio, � � naturale ohe venga meno anche il decreto ingiuntivo da lui esaminato. Ci� � una conseguenza di diritto che non ha bisogno di una particolare statuizione � (Cass. 4 febbraio 1949, n. 160 -Sett. Oass. 1949, 136). Non vediamo pereh� questo automatismo non debba funzionare nel easo dell'incompetenza derivata dall' eeeezione di compromesso. Nonostante le differenze sopra aeeennate fra la incompetenza per territorio e l'incompetenza derivante dal compromesso in arbitri, sembra ohe la innegabile competenza iniziale del giudice ordinario, valga solo in via provvisoria, essendo subordinata ad un determinato evento sueeessivo (proposizione o meno dell'eeeezione), i eui effetti non possono non retroagire. Esclusa la possibilit� di una sospensione -giae~ ch� lo strumento offerto al giudice ordinario dell'articolo 295 Codice civile non sembra utilizzabile rispetto alle controversie rimesse agli arbitri, che non sono �giudici � in senso tecnico -non resta al giudice ordinario ohe provvedere sull'opposizione, cio� giudicare sul decreto. Ci� non significa giudicare nel merito (efr. Cass. 1949-160 test� citata) ma significa nee�ssariamente sostituire al decreto la pronuncia del giudice. Di ei� si ha la riprova nel easo di aeeoglimento parziale dell'opposizione: l'art. 653 Codice procedura civile � esplicito nell'avvertire ohe in tale ipotesi �il titolo esecutivo � costituito esclusivamente dalla sentenza �: ci� importa una vera e propria sostituzione della sentenza al decreto. In altri termini, inversamente di quanto aeeade alla reiezione dell'opposizione, l' aeeoglimento (totale o parziale) di questa fa s� ohe il decreto venga, per ei� solo, in tutto o in parte sostituito da una pronuncia giurisdizionale: e non si riesce a comprendere �eome, possa sopravvivere il decreto in una pronuncia di incompetenza, ohe ad esso si sostituisce. Nel easo preso in esame dalla sentenza annotata, spettava dunque agli arbitri decidere il merito della controversia, eome avverte esattamente la Cassazione: ma ei� non implica certamente ohe una reiezione in sede arbitrale delle ragioni di merito dell' opponente, abbia il �taumaturgico effetto di far risorgere il decreto ingiuntivo, una volta ohe il giudice ordinario, adito in sede di opposizione, abbia emesso una sentenza definitiva di incompetenza. (A. O.) FERROVIE -Inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose sulle Ferrovie dello Stato Indennizzi stabiliti nell'art. 68 Condizioni e Tariffe per la perdita e l'avaria di cose trasportate -Svalutazione monetaria -Debito di valuta -Applicabilit� art. 1224 Codice civile (Corte di Cass.; Sez. Unite civili, n. 2589-52 -Pres.: Mandrioli; Est. : Lonardo; Pubblico Min.: Eula -Ferrovie dello Stato c. Di Furia). Le condizioni e tariffe per il trasporto delle� cose sulle Ferrovie dello Stato sono inderogabili in ogni loro parte. Pertanto gli indennizzi per la perdita o l'avaria di cose trasportate devono essere liquidati in base all'art. 58 delle Condizioni e Tariffe medesime. Tale articolo stabilisce una predeterminata liquidazione legale del danno e la obbligazione relativa costituisce obbligazione pecuniaria sottratta agli effetti della rivalutazione. Riportiamo testualmente le parti della motivazione della sentenza ohe chiariscono le massime sopra indicate. � ��� La legge inderogabile sui trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato � costituita dalle Condizioni e Tariffe approvate con R. D. 25 gennaio 1940, n. 9, giaooh� se � vero che anehe i trasporti ferroviari traggono norma dal Codice civile, � vero pure che que-fil sto non si sovrappone alla legge speciale, ohe, in mate-m ria, � sotto molti riguardi assorbente, come si rileva fili limpidamente dal disposto dell'art. 1680. Orbene, pre-,~ cisa l'art. 1, par. 3, di detta legge speciale che le condizioni e tariffe devono essere strettamente applicate in ogni loro parte, che qualunque deroga ad essa rf: � nulla di pieno diritto. Di tal che dalla in�erogabi-~j\ lit� delle norme che disciplinano in modo integrale r i contratti di trasporto delle cose per ferrovia deriva [1' la conseguenza che agli obblighi dell'Amministrazione anche in ordine alla liquidazione delle inden1 nit� per perdita ed avaria debbono essere rigorosa-m mente circoscritti nell'ambito dei precisi limiti sta-1�=� biliti dalle Condizioni e Tariffe ohe rappresentano un blocco ferreo di Norme cogenti. ~ ... venendo pi� dappresso al thema decidendutn g oeeorre subito sottolineare che gi� dalla rubri�a del-k l'art. 58 che parla di �indennit� per avaria e per la ~ ~~:d~~~:n=in~:tr::o~:i~ote~~r::n!or::;;ir~ a~l~;:'t~: ,~:',,.=�.� 1�.:,'.=i.�';��� .. I .. ressato, in caso di avaria o di perdita delle cose trasportate, altro non sia e rappresenti che un debito � 1 di valuta, pereh� viene a sostanziarsi in una presta-;@ ':i:;;;.~V::::::.7:,1� che ha efleUo !ilma!<Yl"io ai fini Ma ogni dubbio al riguardo resta fugato quando r�;i l'interprete si faccia a considerare lo spirito e lq,_ le(; @. tera della legge, la quale, con il disporre al para-.,. grafo 2 dell'art. 58 che in caso di perdita, totale o ~ID parziale, l'Amministrazione corrisponde: p: a) per le cose contemplate nei capoversi a, $ h, c par. 1 dell'art. 6 spedite a bagaglio, a grande I V" i MJll. rnrn i MJll. rnrn -229 o a piccola velocit�,� <e lire 100 per ogni chilogrammo di peso lordo ))' mette nitidamente in risalto e stabilisce senza possibilit� di equivoci o di dubbi che la liquidazione della indennit� � fatta forfettariamente con riferimento all'epoca della spedizione. N� il carattere di debito di valuta, muta nella ipotesi disciplinata alla lettera e dello stesso paragrafo, l� dove � precisato che l'Amministrazione corrisponde, sempre in caso di perdita totale o parziale, per tutte le altre cose comunque spedite, il cc valore � ordinario, debitamente comprovato, che avevano le cose della stessa qualit� e specie nel luogo e nel tempo in cui vennero accettate per il trasporto. A prescindere invero, che la locuzione cc valore )) usata nell'art. 58 altro non � che il � prezzo corrente � di cui parla l'art. 1696 Codice civile,, giova considerare che il legislatore, stabilendo in modo inderogabile la indennit� secondo il valore delle cose, rapportato a. specifici criteri cronologici e spaziali, fissa automaticamente la conversione o traduzione del debito di valore in debito di valuta, cristallizza cio� una situazione che non pu� subire alterazioni o cangiamenti nel tempo. A conforto e conferma d�l quale opinamento non pu� essere sottaciuto che il legislatore stesso stabilisce dei limiti insormontabili; vale a dire dei massimi di tale indennit� risarcitoria, in quanto aggiunge in terminis. La indennit� dovuta per queste cose non potr� superare lire 1000 per ogni chilogrammo di peso netto, oltre il valore dell'imballaggio. Ed allora non v'� chi non veda che con l'art. f.8 in disputa si ha una predeterminata liquidazione legal� del danno., per cui l'obbligazione per l'inadempimento � unicamente quella stabilita dalla legge. In altri termini, il giudice � tenuto a liquidare il danno della perdita e dell'avaria, in base ai prezzi unitari inderogabilmente prefissati nelle condizioni e tariffe o in misura non superiore a limiti anche essi prestabiliti, senza possibilit� di deroga, ed, appunto per tale specifico carattere dell'indennizzo dovuto, il danno verificatosi, la perdita o l'avaria della cosa trasportata, si trasforma automaticamente in un determinato ammontare monetario in luogo e vece della cosa perduta o danneggiata. A ben considerare ed approfondendo vieppi� la ricerca si pu� e deve riconoscersi come l'obbligo di corrispondere un valore non snatura, n� elimina il carattere pecuniario dell'obbligazione quando la aestimatio � soggetta e rimane vincolata ad un metro monetario prel/Jentivamente stabilito e inderogabile per legge. In altre parole ed in buona sostanza, il concetto che quando l'indennit� � determinata secondo criteri stabiliti dalla legge si ha fin dall'origine una obbligazione pecunaria vera e propria, cui � applicabile il principio nominalistico, ha virt� e forza operante anche nella specie, perch�, come si � avuto agio di puntualizzare, nei trasporti ferroviari, esiste una tariffa insuscettibile di deroga per gli indennizzi. Dalla quale verit� scaturisce la illazione che la tariffa stessa non pu� essere soggetta a rivalutazione che soltanto ed esclusivamente dal legislatore, proprio perch� i prezzi unitari ed i limiti massimi per il calcolo della liquidazione forfettaria del danno, vengono dallo stesso legislatore stabiliti, tenendo presente le condizioni del mercato, e vengono riveduti e modificati allorquando dette condiz~oni si presentino diverse�. Spetta, adunque, al legislatore operare la rivalutazione cos� delle tariffe come degli indennizzi dovuti in caso di perdita o di avaria delle cose trasportate ed il giudice non ha il potere di ricercare una equivalenza economica, precisamente perch�, al pari dell'accertamento concordato dalle� parti, �con la clausola penale, quando la prestazione dovuta per l'inadempienza � stata stabilita per legge in termini monetari gi� precisati (art. 58, paragrafo 2, lettera a) o senz'altro precisabili in base a tassativi criteri spaziali e temporali e senza che si possano superare. prefissati limiti (lettera e) dello stesso �paragrafo (secondo del medesimo art. 58), questa prestazione sostitutiva ha natura ed efficacia liberatoria, indipendentemente da un concreto, effettivo rapporto di correlazione economica fra essa e la prestazione originariamente dovuta e non adempiuta. A ribadire la esattezza della quale esegesi non pu� farsi a meno di osservare che, se il giudice nella soggetta materia non ha il potere di liquidare la indennit� in modo da farla corrispondere al valore effettivo delle cose perdute per colpa dell' Amministrazione ferroviaria... � gioco/ orza riconoscere che, essendo il risarcimento dovuto soltanto parziale, giacch� alla relativa mitezza del prezzo del servizio -0orrisponde l'obbligazione di indennizzo entro confini pi� ristretti di quelli stabiliti dalle leggi generali, mancherebbe assolutamente al giudice qualunque base, un punto di partenza fisso su cui effettuare la rivalutazione. Infatti, la legge speciale (Condizioni e Tariffe) non ha stabilito che l'indennit� per perdita debba essere liquidata in misura sufficiente a coprire una determinata quota del valore intrinseco ed effettivo delle cose perdute per colpa del vettore ferroviario, ma soltanto ha fissato un preciso ed inderogabile criterio di liquidazione dell'indennit�. Perde cos�. ogni importanza e si svuota di contenuto il rilievo che la maggiore quantit� di moneta legale che l' autore del danno deve pagare in conseguenza della sval~ tazione monetaria servirebbe sempre a risarcire una stessa quantit� di danno, perch� tale principio, applicabile nelle comuni obbligazioni derivanti da fatto illecito, nelle quali il risarcimento in forma specifica rappresenta il fondamento razionale del concetto che il debito derivante da obbligazione extracontrattuale � debito di valore, non trova elementi di concreta legittimazione, in tema di obbligazioni derivanti da inadempimento del coutratto di trasporto ferroviario di cose; per le ragioni di sopra prospettate. Tanto meno a contrastare la delineata conclusione pu� aver forza e virt� persuasiva la considerazione che solo al momento della liquidazione giudiziale il debito dell'Amministrazione viene convertito in debito di valuta, donde la incidenza su di esso della svalutazione monetaria. A prescindere che, cos� ragionando, si confonde il momento della liquidazione giudiziale con quello della conversione del debito in valuta -che avviene e diventa produttiva di effetti ope legis all'atto del verificarsi dell'inadempimento, appunto perch� la particolare disciplina del risarcimento nel c�so attuale esclude che possano operare in pieno i comuni -principt del risarcimento del danno quale differenza fra due situazioni economiche, con la conseguenza ulteriore che il processo causale generatore del danno rimane circoscritto ai punti indicati dalla disci ffe& % rg; lidi JfilLJ -230 plina speciale, con esclusione di ogni ulteriore consegu�nza dannosa -giova rivelare che, precisamente per tale natura del debito, � stato sottolineato che la decisione del giudice ha carattere meramente dichiarativo. Ne consegue, dato il criterio di liquidazione legale dell'adempimento delle Ferrovie dello Stato per la perdita od avaria delle cose trasportate, che la obbligazione sorga come una vera e propria obbligazione pecuniaria o, comunque, rispetto alla svalutazione, non si comporti diversamente. Del resto, secondo l'insegnamento di queste stesse Sezioni Unite (sent. n. 2159 del 1950) obbligazione pecuniaria non � soltanto quella che sorge specificamente in contemplazione di una somma di danaro, indipendentemente dal rapporto di corrispettivit� fra essa ed un bene diverso dal danaro, ma ogni altra che si concreti comunque nel dovere di corrispondere una determinata quantit� di moneta, anche se in funzione di moneta di scambio. Riassumendo: pu� adunque fondamentalmente ritenersi che, sustanziandosi l'inadempimento dell'Amministrazione ferroviaria in una obbligazione di somma con riferimento all'aestimatio rei al momento della spedizione, vale a dire in relazione ad un metro monetario fermo, il relativo debito si pu� considerare debito di valuta e si sottrae, pertanto, agli effetti della rivalutazione monetaria in caso di svalutazione. Tale conclusione porta anche alla innegabile conseguenza che, a torto, la sentenza impugnata ha ritenute applicabili alla specie le disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 29 marzo 1947, n. 164. ... Dalle discorse cose manifestamente consegue che vanno accolti il primo e secondo mezzo del ricorso principale con la precisazione che pur riconoscendo che l'indennizzo da corrispondersi dall'Amministrazione varia in applicazione dei criteri stabiliti dalle condizioni e tariffe sia un debito di valuta, resta per� salvo al magistrato di merito di accertare se per siffatto indennizzo la svalutazione possa venire in considerazione quale ulteriore danno risarcibile in caso di .mora dell'Amministrazione stessa (art. 1224, ultimo comma, Codice civile). Ma, come � ovvio di tale maggior danno da dedursi sempre dal creditore e che non sia interamente compensabile con gli interessi legali che costituiscono normalmente il corrispettivo per il ritardo nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie. occorre dare la dimostrazione che non solo faccia capo ad un danno colpevole ma che in concreto si sia realmente verificato ...� � Abbiamo ritenuto opportuno riportare buona parte della motivazione in diritto di questa sentenza, data la particolarissima importanza della decisione, con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato, in materia di incidenza della svalutazione monetaria sugli indennizzi dovuti dal vettore per la perdita o l'avaria di merci affidate per il trasporto, un principio nettamente contrario a quello sul quale sembrava che si andasse cc consolidando � la giurisprudenza delle Sezioni Semplici. Queste ultime, infatti, pur fra la diversit� di opinioni manifestate dai Giudici di merito (cfr. le decisioni richiamate in questa cc Rassegna�, febbraio 1950, pag. 21), avevano affermato che il debito per gli indennizzi in precedenza indicati costituisse debito di valore e ci� avevano fatto in un primo tempo in relazione ai trasporti disciplinati dal diritto comune e poi anche, con la sentenza resa in causa Polvani c. Ferrovie dello Stato (Cass. Sez. I Civ., n. 4 del 1950), in relazione ai trasp�rti di merci sulle Ferrovie dello St�to, disciplinati dalla legge speciale ferroviaria. La sentenza in causa Polvani, pronunziata su conclusioni difformi del P. M., non ebbe critiche favorevoli (cfr. nota del FERR.ARINI in �Foro It. �1950, I, col.152 e segg.; nota in questa� Rassegna�, loc. citato). Soltanto l' Asquini, in una annotazione sulla Giurisprudenza completa della Corte Suprema di Cassazione (Sez. Civili, 1950, I, pagg. 277-278), si espresse in termini non del tutto contrari, ma anche egli non potette nascondet:si la seriet� di alcuni dei rilievi che alla decisione erano stati mossi e termin� la sua nota con il concludere: La tesi della Cassazione non manca di ardimento; ma mi sembra logicamente sostenibile, oltre che equa. In realt�, assai probabilmente, erano state proprio preoccupazioni di equit� che avevano indotto la Corte Suprema a pervenire ad una decisione che nemmeno all' Asquini appariva sostenibile in punto di diritto. La strada tracciata dalla Cassazione con la sentenza Polvani veniva poi naturalmente seguita da Tribunali e Corti di merito. Ma l'Avvocatura dello Stato, convinta che la questione meritasse un riesame, l'ha nuovamente portata innanzi alla Corte Suprema, sollecitando ed ottenendo che su di essa fossero chiamate a pronunziarsi le Sezioni Unite. Queste ultime hanno ora, con la decisione che si annota, pienamente accolto le ragioni che la difesa dello Stato, nell'interesse dell'Amministrazione ferroviaria, aveva prospettate. Le Sezioni Unite hanno preso l'avvio dal principio della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe, principio tassativamente stabilito dalla legge ferroviaria (art. 1, par. 3 delle Condizioni e Tariffe) e che in verit� era stato anteriormente alla sentenza Polvani sempre riconosciuto dalla Giurisprudenza. Senonch� nella decisione Polvani la Corte Suprema, che pur aveva espressamente dichiarato di tener fermo il principio stesso, lo aveva poi nella sostanza vulnerato, svol,gendo argomentazioni e pervenendo a conclusioni che apparivano con esso in stridente contrasto. Sicuramente inconciliabile con l'in<Jicato principio della inderogabilit� delle Oondizi-Oni e Tariffe era l'affermazione, contenuta nella sentenza Polvani, che, nella ipotesi di indennizzi per perdita od avaria di merci trasportate, f orf etariamente stabiliti nella loro misura unitaria oppure fissati nel loro ammontare massimo, per la quantit� di moneta stabilita come misura di tali indennizzi non � il valore nominale, ma il potere ai acquisto quello che conta. Tale affermazione non poteva certamente dirsi fondata sulla interpretazione letterale delle Condizioni e Tariffe n� poteva ritenersi che il legislatore, usando, nella determinazione degli indennizzi, espressioni valutarie (lire 100 al chilogrammo, :fing al 1947, forfetariamente stabilite, per alcune cat�gorie di merci; massimo di indennizzo di lire 1000 al chilogrammo pe1� altre categorie), avesse tenuto in conto il potere di acquisto e non il valore nominale della moneta. Non si comprendeva peraltro come CTET ili -231 potesse ritenersi jermo ed invulnerabile il principio della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe quando, .di fronte alla disposizione di cui all'art. 58, par. 2, lett. c, delle Condizioni e Tariffe, secondo la quale l'indennizzo va liquidato con riferimento al valore ordinario, debitam�nte comprovato, che avevano le cose della stessa qualit� e specie nel luogo e nel t�mpo in cui erano state accettate per il trasporto, il giudice affermava, nella sostanza, che si dovesse tener conto dei valori monetari correnti al momento della liquidazione giudiziale. � Le Sezioni Unite, riconfermando il principio della inderogabilit� delle Condizioni e Tariffe, hanno sicuramente avvertito l'inconciliabile contrasto in cui era incorsa la I Sezione Civile nella sua decisione ed hanno perci� affermato che dalla inderogabilit� delle norme che disciplinano in modo integrale i contratti di trasporto delle cose per ferrovie deriva la conseguenza che gli obblighi della .Amministrazione, anche in ordine alla indennit� per perdita od avaria debbono essere rigorosamente circoscritti nell'ambito dei precedenti limiti stabiliti_ dalle Condizioni e Tariffe, che rappresentano un blocco ferreo di Norme cogenti. A questo punto la questione specifica dedotta nel giudizio, e cio� la incidenza della svalutazione mone taria sulla misura degli indennizzi dovuti per la per dita o la avaria di merci trasportate sulle Ferrovie dello Stato, poteva dirsi risolta. Senonch� le Sezioni Unite hanno voluto svolgere una indagine pi� profonda ed acuta ed hanno perci� esaminato in termini generali il profilo, che ad esse veniva prospettato, del problema, tuttora di grande attualit�, della incidenza della svalutazione mone taria sui rapporti di obbligazione. Esse sono cos� pervenute, attraverso un rigore scientifico e dialettico, che a noi pare veramente inattaccabile, alla affermazione di principi vale voli non soltanto per il limitato campo dei trasporti, ferroviari o comuni, ma anche per rapporti giuridici aventi diverso oggetto. Richiamando il loro prece dente insegnamento, contenuto nella sentenza n. 2159 del 1950 (in � Giur. Compl. Corte Cass. n, 1950, II, n. 1975), hanno affermato che, nei casi in cui la legge od anche un accordo contrattuale prestabili scano i criteri per la determinazione di una presta zione in danaro, dovuta a seguito di inadempienza, tale prestazione costituisce oggetto di una obbliga zione che �, fin dall'origine, pecuniaria o che, comun que, rispetto alla svalutazione monetaria si comporta come tale. Di conseguenza il giudice, quando sia chiamato ad effettuare, nel disaccordo fra le parti, la liquidazione della prestazione, non pu� distaccarsi dai criteri che sono prestabiliti, non essendogli consentito di determinare una equivalenza economica fra i termini monetari, gi� precisati oppure precisabili in base a tas sativi criteri temporali e spaziali, ed i valori monetari correnti al tempo in cui la sentenza venga pronunziata. La sentenza cio� pu� avere effetti costitutivi in ordine alla determinazione dell'entit� materiale del danno o a diverse questioni eventualmente dedotte nel giudizio ma non pu� mai averli in ordine alla liquidazione in moneta del danno stesso, dovendosi in questa limitare a dichiarare una aestimatio, vin colata a valori monetari prestabiliti dalla legge o dal contratto e che, rispettivamente, il legislatore o la volont� delle parti, ma non il giudice, possono modificare . Si tratta di affermazioni che hanno indubbiamente una portata di carattere generale e che costituiscono una tappa importante nell' ancor iltibattuto proPlema degli effetti giuridici della svalutazione monetaria, tanto pi� in quanto la Corte Suprema � pervenuta alle sue conclusioni attraverso una motivazione ampia, completa, particolarmente elaborata. Troppe volte il problema era stato esaminato e risolto sia da giudici di merito che dalla Corte di Cassazione, nelle varie fattispecie in cui si era presentato, sulla base di una distinzione, non sempre ben definita, fra debito di valore e debito di valuta, intendendosi normalmente il debito di indennizzo come debito di valore. Ma anzitutto non � esatto che ogni debito di indennizzo sia un debito di valore, perch� talune volte l'indennizzo � determinato nel suo ammontare pecuniario dalla legge o dal contratto ed allora nel momento stesso in cui sorge l'obbligo alla corresponsione di esso, quale sostitutivo di un precedente obbligo rimasto inadempiuto, l'indennizzo stesso si atteggia immediatamente come debito di valuta. Ma vi ha dippi�. �Anche se si voglia genericamente ritenere che ogni debito di indennizzo costituisca un debito di valore, allorch�, ai fini dell'adempimento, si debba operare la conversione del debito di valore in debito di valuta, non si pu� non tener conto della circostanza che, eventualmente, la legge oppure la volont� delle parti abbiano gi� prestabilito i criteri per la determinazione della quantit� di pecunia atta a liberare dalla obbligazione. � il caso, gi� pacificamente risolto dalla giurisprudenza, rich'iamato anche dal Procuratore generale nella requisitoria pronunziata nella discussione del ricorso deciso con la sentenza che si annota, della indennit� dovuta per le espropriazioni per pubblica utilit , la quale va commisurata, per espressa statuizione del legislatore, ai valori correnti alla data del decreto di esproprio; � il caso altres�, posto in luce dalla dottrina (in questa �Rassegna� loc. citato) e richiamato nella sentenza di cui ci occupiamo, della clausola penale, con la quale le parti contraenti prestabiliscono l'ammontare pecuniario della prestazione dovuta in sostituzione di altra prestazione rimasta inadempiuta. (G. .ALBISINNI) REQUISIZIONI -Comitato giurisdizionale centrale Impugnazioni per violazione di legge -Indennit� supplementare, art. 60 Decr. n. 1741-40 -Mancata impugnazione della liquidazione -AcquiE:scenza. (Corte di Cass.; Sez. III, Sent. n. 1664-52 -Pres.: Acampora; Est.: Maccarone; P. M.: Toro -Fattorusso contro Ministero Difesa-Esercito). Per l'art. 85 del R. D. 18 agosto 1940, n. 1741, le decisioni del Comitato giurisdizionale centrale in materia di requisizioni sono impugnabili soltanto con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 3 della Legge 3 marzo 1877, n. 361 (incompetenza ed eccesso di potere); ma, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, che all'art. 111 stabilisce il principio che contro le sentenze di qualsiasi giurisdizione � sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge, le dette decisioni possono essere rnarn 111 � Z&&ffi111111E &mm ;:i;r rn ET EE1il m L amzc @&& == -232 impugnate anche per tale l�timo motivo dinanzi alla Sezione semplice del Supremo Collegio. L'indennizzo previsto dall'art. 60 del R. D. 18 agosto 1940, n. 1741 Secondo il quale, quando la cosa requisita sia indispensabile per l'esercizio di una industria, di un commercio o di una professione e ne sia difficoltosa o eccessivamente onerosa la sostituzione, � dovuta, oltre l'indennit� per l'uso della cosa, altro indennizzo supplementare, commisurato alla presumibile durata della requisizione) non ha carattere distinto ed autonomo rispetto alla ordinaria indennit� corrisposta per l'uso della cosa, ma, nei casi in cui sia dovuta, integra quest'lliiima, quale un suo complemento, e con essa costituisca l'indennit� di requisizione. Da ci� consegue che l'indennizzo supplementare, quando sia dovuto, deve essere attribuito insieme con quello corrisposto per l'uso della cosa; la liquidazione complessiva costituir� l'indennit� di requisizione stabilita dalla legge. Pertanto, la mancata attribuzione dell'indennizzo supplementare se dovuto, si risolve in un motivo di invalidit� della liquidazione della indennit� di requisizione, che non comprende l'intero corrispettivo stabilito dalla legge; di conseguenza, la parte interessata deve far valere il suo diritto a percepire l'indennizzo anzidetto mediante la impugnazione del provvedimento di liquidazione, da proporsi per l'art. 30 del decreto nel termine preventivo di giorni 30 dalla notifica del provvedimento medesimo. Qualora tale impugnazione non sia stata proposta deve ritenersi precluso l'esercizio di un diverso potere di azione per fare valere la pretesa. Parimenti l'acquiescenza al provvedimento di liquidazione consistente nella riscossione della indennit� sllila misura liquidata, importa, a norma dell'art. 66 del decreto: preclusione della possibilit� di domandare con separata azione l'indennizzo supplementare di cui all'art. 60, che si ritenga essere stato ingiustamente non contemplato nella liquidazione. 1. La natura giurisdizionale del Comitato giurisdizionale centrale per le controversie in materia di requisizioni non � mai stata posta in dubbio, talch�, affermato dalla Cassazione il principio della applicabilit� immediata dell'art. 111 della Costituzione a tutte le decisioni dei giudici speciali, meno quelle espressamente eccettuate dalla Costituzione stessa (v. sentenza n. 838-49 in questa <<Rassegna n, 1949, 117), il Sitpremo Collegio ha costantemente ritenuto la ammissibilit� del ricorso per violazione di legge avverso le decisioni del Comitato (v. sentenza n. 2109-49 in � Giur. Compl. Cass. Civ. n, 49, 3�, 113; 2480/49, ivi, 520; 1929/50 in << Rep. Foro It. n, 50, 263, 28; 800/52 in<< Mass. Foro It. n, 52, 199). Sul problema di diritto transitorio, che ha peraltro oggi perso gran parte della sua importanza essendo ormai trascorsi pi� di cinque anni dalla entrata in vigore della Costituzione, va ricordato che con la sentenza 2480/49, sopra citata, la Cassazione ebbe a ritenere implicitamente ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge se questo fosse stato notificato dopo l'entrata in vigore della Costituzione, in ci� aderendo alla tesi prospettata dal MORTATI in Il ricorso in cassazione contro le deci sioni delle giurisdizioni speciali (cc Giur. Compl. Cass. Civ. n, 1949, 1, 230). Si tratta per� di una decisione rimasta isolata, perch� con le rimanenti sentenze sopra citate riferentisi al Comitato per le controversie in materia di requisizioni, alle quali vanno aggiunte numerose altre riferentisi -alle diverse giurisdizioni speciali (n. 838/49 in questa <<Rassegna �, 1949, 117; 980/49 in� Foro Pad. n, 1949, I, 158; 1108/49 in � Rep. Foro It. n, 1949, 239, 53; 1131/49 in << Giur. It. n, 1950, I, 1, 442; 1329, ivi; 2037 /49 in � Rep. Foro It. �, 1949, 240, 56; 1659/50 in << Rep. Foro It. �, 1950, 263, 29; 824/50 ivi, 30) � stato ritenuto conformemente alla dottrina prevalente, ammissibile il ricorso per violazione di legge avverso le sole decisioni dei giudici speciali emanate dopo l'entrata in vigore della Costituzione. Sul termine per proporre ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Comitato e sulla sua decorrenza v. la sentenza n. 279/49 in questa << Rassegna n, 1949, 152. 2. La Corte Suprema ha cos� motivato nella seconda massima: _ � La liquidazione ed il pagamento della indennit� di requisizione sono disciplinati dal capo V I del decreto sopra citato (18 agosto 1940, n. 1741) il quale (art. 55 e segg.) affermato il principio che per ogni requisizione � dovuta una giusta indennit� detta i criteri per determinare l'ammontare, disponendo, tra l'altro (art. 60) che quando la cosa requisita sia indispensabile per l'esercizio di una industria, di un commercio e di una professione e ne sia difficoltosa o eccessivamente onerosa la sostituzione, � dovuto oltre l'indennit� per l'uso della cosa, altro indennizzo supplementare, il cui importo deve essere commisurato alla presumibile durata della requisizione. Dal sistema della legge deriva che l' anzidetta indennit� supplementare non � distinta ed autonoma rispetto a quella corrisposta per l'uso della cosa ma, nei casi in cui sia dovuta, integra quest'ultima e con essa costituisce la indennit� di requisizione. <<Qualora si verifichino i presupposti di applicazione della norma che lo stabilisce, l'indennizzo supplementare rappresenta un complemento dell'indennit� normalmente dovuta per l'uso della cosa requisita e, come quest'ultima, viene commisurato alla presumibile durata della requisizione. <<Da ci� consegue che l'indennizzo supplementare, quando sia dovuto deve essere attribuito insieme con quello corrisposto per l'uso della cosa, la liquidazione complessiva costituisce le indennit� di requisizione stabilite dalla legge. <<Pertanto, la mancata attribuzione dell'indennizzo supplementare dovuto si risolve in un motivo di invalidit� della liquidazione della indennit� di requi-l sizione, che non comprende l'intero corrispettivo stabilito dalla legge, di conseguenza, la parte interessata deve far valere il suo diritto a percepire l'in-1 dennizzo anzidetto mediante l'impugnazione del provvedimento di liquidazione, da proporsi, per l'art. 80 del decreto, nel termine perentorio -di giQ_rni_ trenta dalla notifica del provvedimento medesimo �. - Sui presupposti per la liquidazione dell'indennit� supplementare prevista dall'art. 60 R. D. 18 agosto 1940, n. 1741, vedi sentenza n. 10 aprile 1951 in questa <<Rassegna�, 1951, pag. 121. ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI DELLE CORT.I DI MERITO . "' F---------------------------------------------------------------------------------------- APPALTO -Pubblico appalto di servizi -Rescissione in tronco per grave inadempienza dell'appaltatore Valutazione delle prove offerte dalla Pubblica Amministrazione. (Corte di Appello di Roma, Sez. I - Pres.: Varallo, Est.: Tavolaro -15 luglio-12 novembre 1952 -Ferrovie dello Stato contro Ditta Ajmone). Il contratto di appalto di un servizio continuativo stipulato da una Pubblica Amministrazione costitu.isce fonte di diritti soggettivi per il privato contraente, e quindi le controversie relative sono di competenza dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, alla quale compete anche di conoscerfo se la Pubblica Amministrazione abbia fatto uso legittimo della riservatasi facolt� di risoluzione in tronco per grave inadempienza contrattuale. Una clausola siffatta deve ritenersi perfettamente efficace, ancorch� riportata con le altre in un modulo a stampa, ed � sottratta alla disciplina degli artt. 1341 e 1342 Codice civile. La gravit� dell'inadempienza deve essere valutata in relazione all'interesse dell'appaltante (articolo 1455 Codice civile): e quindi ben possono assurgere al grado di gravit� necessario e sufficiente per giustificare la risoluzione in tronco, in relazione all'interesse che l'appaltante aveva alla puntuale ed esatta esecuzione del contratto, inadempienze che in s� e per s� considerate potrebbero essere giudicate di lieve entit�.. La qualit� di dipendente statale conferisce maggiore attendibilit� alla deposizione resa dal medesimo: e ci� sia per i requisiti di onest� che il pubblico impiegato deve possedere e conservare sia per l'inammissibilit� del sospetto di influenze illecite da parte della Pubblica Amministrazione sul proprio dipendente per indurlo a rendere deposizioni non conformi a verit�. Nelle massime sopra riportate � contenuta sostanzialmente anche la motivazione di questa veramente pregevole sentenza. � evidente l'importanza delle questioni decise e risolte in aderenza ad ineccepibili principi giuridici e con notevole senso di equilibrio. Segnaliamo, come particolarmente importanti e degne di uno studio pi� approfondito, le questioni relative alla inapplicabilit�, alle clausole a stampa dei contratti conclusi dalla Pubblica Amministrazione, degli articoli 1341 e 1342 Codice civile. La sen tenza su questo punto ha cos� sobriamente motivato: cc Difatti, se tra privati alla compilazione del contratto si perviene al seguito di discussione fra le parti interessate, nei contratti conclusi dall' A mministrazione pubblica, � di regola essa che prepara il testo del contratto, essendo soggetta a preventiva autorizzazione anche l'iniziale determinazione di contrattare, la quale, attenendo alla interna formazione della volont�, resta di regola, nei rapporti tra privati, al di fuori del campo giuridico. Ora, la preordinazione del testo, essendo diretta, nell'interesse dello stesso privato contraente, al fine di perfezionare la manifestazione di volont� dell'ente e di facilitare poi la successiva approvazione (costituente condizione necessaria perch� il contratto diventi impegnativo per l'Amministrazione Pubblica), rimane necessariamente sottratta alla disciplina degli articoli 1341 e 1342 Codice civile, la quale presuppone che le parti possano discutere e modificare le singole clausole, mentre nel caso in cui si contratti con un ente pubblico, il privato non pu� che accettare le condizioni predisposte o almeno quelle che lo sono state. Se, secondo l'insegnamento della Corte Suprema, basta a creare in quel determinato senso il vincolo per il privato il semplice richiamo che nel contratto si faccia alle clausole di un capitolato d'oneri precedentemente pubblicato (sentenza n. 913 del 1949), a maggior ragione tale regola dell'efficacia deve valere per le clausole espressamente riportate nel corpo stesso del contratto �. Altra importante questione decisa dalla sentenza � quella relativa alla attendibilit� delle testimonianze rese in giudizio da dipendenti della Pubblica Amministrazione a favore di questa. Troppo spesso, nella valutazione delle prove raccolte nei giudizi, sia civili che penali, interessanti la Pubblica Amministrazione, i giudici di merito sono apparsi infiuenzati dal preconcetto che alle deposizioni dei dipendenti dell'Amministrazione stessa non fosse da accordare, solo perch� tali, quella piena credibilit� che, purtroppo non sempre a ragione, viene accordata invece ai testi indotti dalle parti private. A questa sospettosa discriminazione fra testi di parte privata e testi dipendenti dalla Pubblica A m ministrazione non aveva saputo sottrarsi -nella causa decisa con la sentenza che abbiamo il piacere di segnalare -il Tribunale, il quale nella forma discreta della semplice menzione che i testi indotti M rn iil E 1 l& dld ZZT -234 dall'Amministrazione ferroviaria erano dipendenti della medesima, aveva negato alle deposizioni di costoro quel valore probatorio che invece aveva riconosciuto alle deposizioni dei testi indotti dalla I mpresa appaltatrice in relazione alla sussistenza e gravit� delle inadempienze che avevano determinato la risoluzione in tronco del contratto di appalto. La Oorte di Appello, riscontrato come le deposizioni dei testi dipendenti dalle Ferrovie trovassero perfetta rispondenza nei documenti esibiti da entrambe le parti, nel censurare la sentenza dei primi giudici, ha osservato che � la qualit� di pubblico impiegato, essendo rivestita da persone che debbono possedere e conservare requisiti di onest� di vita, vale se mai a conferir loro maggiore attendibilit� e che le Amministrazioni dello Stato non possono essere sospettate di infiuenzare illecitamente i propri dipendenti, perch� rendano deposizioni non conformi al vero, valendo se mai in loro favore la presunzione che esse non solo proce.dano con le dovute cautele ma non si lascino certamente determinare da motivi personalistici o di mercantile convenienza �. Parole giustamente riparatrici, queste, che ci auguriamo che i nostri Tribunali vorranno tenere presenti ogni qualvolta, chiamati a far uso delle facolt� sovrane spettanti al Giudice nell'apprezzamento delle prove, si accingeranno a valutare quelle offerte dalla Pubblica Amministrazione. (A. PIETRINI P ALLOTTA) IMPOSTA DI REGISTRO -Alienazione di fondo en'f�� teutico irrequisito domino -Sentenza di riscatto a favore del concedente -Tassazione secondo il valore effett:vivo del bene al momento della pubblicazione della sentenza. (Corte di Appello di Catania, Sez. I, 4 luglio 1952 -Pres. ed E3t.: D'Angelo -Corselli contro Ministero Finanze). Qualora per contratto la cessione del diritto dell'enfiteuta sia soggetta a prelazione, la vendita effettuata a favore di un terzo irrequisHo domino, non � soggetta a condizione risolutiva, ma sospensiva. La sentenza che attribuisce all'irrequisito do mino il dominio utile, ha carattere costitutivo, ma non: cancella in senso assoluto il fatto storico e giuridico dell'acquisto del terzo, che, per effetto della sentenza, viene annullato. Pertanto � erroneo sostenere che si abbia un unico trapasso; si hanno invece due trapassi: il primo in favore dell'acqui rente -che resta annullato -ed il secondo in favore del concedente, che, facendo valere il suo diritto di prelazione, si sovrappone al terzo acqui rente. Pertanto la sentenza con la quale il conce dente facendo valere il suo diritto di prelazione acquista il dominio utile � soggetta ad imposta proporzionale di registro. L'imponibile va commisurato al valore venale del bene in comune commercio al momento d,ella pubblicazione della sentenza. La Oorte ha confermato la sentenza 23 luglio 1951 della Sez. III del Tribunale di Catania, gi� segnalata e commentata su questa �Rastregna � (rnar.~o� aprile 1952, pag. 50). La questione relativa alla esatta configurazione giuridica del retratto si pone nella fattispecie per decidere se il trapasso di beni attuato con la sentenza che accoglie la domanda dell'irrequisito domino, sia soggetto ad impostar di regib'tro. La Gotte ha confermato che la cessione del diritto dell'enfiteuta, eff ettuata irrequisito domino in favore di un terzo, deve ritenersi soggetta a condizione sospensiva. Su tale premessa, affrontando il problema della tassabilit� del trasferimento attuato da potere del terzo ed in favore dell'irrequisito domino iussum iudicis, la Oorte ha rilevato che ((l'acquisto del terzo � una realt�, un fatto storico e giuridico, che non pu� essere cancellato, e, innegabilmente, con la sentenza che ammette la prelazione, a tale acquisto si sovrappone, non si sostituisce soltanto, l'acquisto a favore del concedente�. Per tale via la Oorte � giunta alla conclusione che sono da considerare due trapassi: il primo d?.-ll'enfiteuta al terzo, ed il secondo, da quest'ultimo al domino irrequisito. Riteniamo che le conclusioni della Oorte, sostanzialmente conformi all'assunto difensivo dell'Amministrazione, siano esatte. Ma la motivazione che le precede non ci appaga appieno, anzi ci induce a confermare le annotazioni redatte a commento della sentenza di primo grado. Invero quanto osservato dalla Oorte � ineccepibile, ma attiene alla esteriorit� del fenomeno giuridico, pi� che alla sua intrinseca natura. Ohe il primo trapasso sia un fatto realmente accaduto, e come tale non cancellabile s1tl piano della realt� storica, � considerazione incontrovertibile, di intuitiva evidenza; ma non spiega perch� sul piano giuridico non sia totalmente eliminabile il primo negozio, il cui fondamentale effetto giuridico (conservazione da parte del terzo del diritto acquistato da potere dell'enfiteuta) resta tuttavia annientato. Riteniamo quindi che le esatte conclusioni della sentenza possano trovare una pi� solida base ripu diando la tesi secondo cui la vendita del diritto enfi teutico effettuata irrequisito domino sarebbe soggitta a condizione sospensiva, ed accettando invece la con figurazione del retratto come rivendica, secondo la dottrina precedentemente richiamata nelle sopra indi cate pagine di questa <( Rassegna � (per la pi� re cente critica dellw configurazione del retratto come condizione: S. ORLANDO: La struttura della pre lazione e del riscatto nell'enfiteusi, in Rivista trim. di ((Dir. e Proc. Oiv. �, giugno 1952, pag. 290). Comunque nell'ambito della lite tributaria conta soprattutto ribadire che l'acquisto in favore dell'ir requisito domino attuato in virt� di una sentenza costituisce in ogni caso un trapasso di valori auto nomo, rispetto al precedente trapasso attuato fra l'enfiteuta ed il terzo, e va tassato secondo il valore venale del bene in comune commercio alla data della stentenza. Le ultime massime tneritano un breve commento. La appaltante sosteneva, in subordine che l' Uf ficio non avrebbe dovuto tassare il suo acquisto tenuto conto del valore effettivo del bene, bens� in--ba/fe al prezzo di lire 40.000 gi� pattuito fra enfiteuta e ter,,o, stante che essa domina irrequisita a seguito della sentenza aveva conseguito il dominio utile sborsabdo ni realt� solo tale somma. La pretesa non mancava di un certo vigore suggestivo, venendo cos� -235 presentata: l'Ufficio deve accertare il valore effettivo del bene trasferito allorch� possa dubitarsi della sincerit� delle dichiarazioni degli interessati, ma non pu� procedere a tale accertamento se il valore risulta dal corrispettivo prezzo fissato in sentenza. Ma tale argomentazione � artificiosa. Con l'imposta di registro si attua a favore dell'erario un prelevamento di ricchezza privata in occasione del trasferimento di beni; e la misura del prelievo � proporzionata alla entit� reale (!,ella ricchezza trasferita. Ci� posto, va rilevato anzitutto che la sentenza con la quale l'irrequisito domino acquista il dominio utile non fissa obiettivamente il valore di tale dominio utile, ma si limita a sancire che il diritto passi in testa all'irrequisito domino per il medesimo corrispettivo che risulta essere stato pattuito fra l' enfiteuto ed il terzo. Pertanto nessuna insanabile antinomia si profila fra titolo giudiziale e pretesa fiscale allorch� l'Ufficio accerta un valore diverso rispetto al prezzo che per sentenza � corrispettivo dell'acquisto. All'irrequisito domino spetta, nei confronti del terzo acquirente, il privilegio di far proprio il dominio utile pagando lo stesso prezzo che risulta fissato fra enfiteuta e terzo. Nulla per� comprova che il prezzo pattuito fra l'enfiteuta ed il terzo corrisponda al valore effettivo del bene in comune commercio. Il prezzo dichiarato fa stato nella fattispecie nei confronti dell'irrequisito domino, ma non nei confronti dell'Amministrazione. Anche in questo caso, come in qualunque trasferimento di beni o diritti a titolo oneroso, il prezzo dichiarato dalle parti non fa stato per l'Amministrazione, che si attiene al valore effettivo. Ci�, � opportuno notare, non solo in considerazione del fatto che spesso concordemente le parti sogliono dichiarare un prezzo inferiore a quello effettivarnente convenuto, ma anche per la ipotesi che, per qualsiasi motivo, si sia nella contrattazione privata addivenuti al trasferimento per un prezzo inadeguato al valore del bene. � poi indifferente che il trasferimento si attui per contratto od in virt� di sentenza. Diversamente sarebbe estremamente agevole frodare la legge tributaria: basterebbe che, sull'accordo dei contraenti, indicato un prezzo irrisorio, il venditore si fingesse inadempiente ed il compratore chiedendo la esecuzione specifica ottenesse una sentenza costitutiva che lo abilita all'acquisto dietro versamento dell'irrisorio prezzo. Sarebbe assurdo pretendere che l' Ufficio, chiamato ad accertare i valori reali nel caso in cui il trasferimento si attua in esecuzione di contratto, debba, qualora sia intervenuto il magistrato a dirimere una contestazione fra i contraenti, accettare per buono il prezzo risultante dalla sentenza resa inter alios. � La legittimit� dell'accertamento del valore effettivo si desume inoltre positivamente dalla legge del registro (art. 50) che specifica essere dovute per le sentenze di aggiudicazione a seguito di pubblici incanti, tasse proporzionali al prezzo della vendita risultante dall'ultimo incanto. E si comprende il perch�: in questo caso non pu� dubitarsi del valore effettivo in libero mercato, controllato dall'esito degli incanti. La testuale disciplina del caso particolare prova che, se tale � la regolamentazione del caso eccezionale, tutt' affatto opposta deve essere la Acutamente ha rilevato l'UCKMAR (Legge del Registro, ed. 1928, vol. II, pag. 372) che: �le vere tasse giudiziali sono quelle che si percepiscono sulle sentenze che senza nulla trasmettere dichiarano i diritti delle parti �, mentre vi sono delle tasse dette giudiziali che in realt� cc non colpiscono l<rsentenza, ma la convenzione (trasferimento) che con essa viene posta in essere �. Infine, secondo altra subordinata istanza dell' appellante, il valore effettivo del bene avrebbe dovuto essere calcolato non alla data della sentenza, bens� risalendo al tempo della proposizione della domanda giudiziale da parte dell'irrequisita domina. Anche tale tesi � stata disattesa dalla Corte perch� inficiata da un voluto equivoco: la confusione del momento del trasferimento, che indubbiamente coincide con la data della sentenza, con gli effetti retroattivi della sentenza costitutiva (in proposito: OmoVENDA: Ist. Dir. Proc. Civ., 1933, vol. I, pag. 182). Una sola voce, non recente, conforta in dottrina la tesi rigettata (OLEMENTINI: Tasse di Registro, 1914, vol. I, pag. 760), ed in giurisprudenza, una antica decisione della Cassazione di Roma del 6 febbra io 1905. Di contro, favorevoli alla tesi vittoriosamente propugnata innanzi la Corte di Catania, sono, per la dottrina: UcKMAR (o. cit., vol. II, pag. 307); BATTISTA e J.AMMARINO (Tasse del Registro, vol. I, pag. 478); ed in particolare per il caso specifico della risoluzione della enfiteusi, CAPPELLOTTO (Tasse del Registro, 1932, vol. I, pag. 457); per la giurisprudenza: Cassazione 25 gennaio 1928, in causa Bursi c. Finanze (F. I. 1928, P. I, col. 335). (F. .A.) PARTITI POLITICI -Rappresntanza processuale delle Sezioni dei partiti politici -Non hanno capacit� processuale -La rappresentanza in giudizio compete all'organo centrale. (Tribunale di Varese -Ordinan za 23 giugno 1950; Sent. 9 gennaio 1952 -AlettiCattarin- Cerri-Sezione Centro P. C. I. Varese-P. C. I.) Le Sezioni rionali del P.O.I. sono organi del Partito, prive di personalit� giuridica e senza capacit� processuale: devono essere quindi rappresentate in giudizio dall'Organo centrale del Partito (nella specie, Segretario generale). Il principio affermato dal Tribunale di Varese in ordine al difetto di capacit� processuale di una cc sezione � di un partito politico non pu� essere condiviso, attesa la particolare natura giuridica del partito e dei nuclei minori dello stesso. Invero sia il Partito, che le <<cellule�, <<sezioni� e << federazioni �, sia provinciali che regionali, presentano tutti gli elementi necessari e sufficienti perch� venga a giuridica sussistenza la fattispecie legale dell' << associazione volontaria � ex art. 36 Codice civile. I soggetti, il fine comune, l'interesse collettivo, l'organizzazione ed il vincolo giuridico sostanziano in ciascun organismo del partito, sia periferico che centrale, un'associazione avente una sua propria autonomia, anche amministrativa e patri-... moniale, essendo fra l'altro rette da persone elette dalle singole assemblee. Il Tribunale di Varese sembra abbia assunto regola. quale fondamento della sua statuizione quella norma w @f W* fil llldiiib&&& Im31 wcmi& IIUl&iID bi f: Tff fu w 'WF1FFf%i!E: 12 zmm Ni &Li# w "ii 4 -236 dello statuto del P.O.I. dal quale si evince (art. 18) �che la sezione � un organo � del partito (1). Al riguardo va osservato che, a parte ogni valutazione sull' e fficacia di uno statuto di un'associazione in ordine alla qualificazione giuridica di altre associazioni, lo statuto del P.C.I. (art. 47) fissa espressamente la cc distinta entit� � delle cellule, sezioni e federazioni, nel campo patrimoniale con loro autonomi mezzi cc fra di loro oltre che nei confronti della Direzione del Partito, la quale non � legalmente responsabile della loro attivit� amministrativa �. � evidente che il Tribunale erroneamente quindi si � richiamato allo statuto, salva la riserva di cui sopra, in quanto avrebbe dovuto esaminare non il solo art. 18 del medesimo, ma anche il successivo art. 4 7: erroneamente ancora ha inteso la locuzione << organismo del partito �, quale � organo � in senso tecnico di una persona giuridica, quando il Partito indubbiamente non � neanche tale. In realt� tutte le espressioni che si trovano nello statuto, nella specie � organismo �, cc unit� del partito �, ecc., non altro significano che tutte le associazioni periferiche sono ascritte da un vincolo di natura esclusivamente politica, nel senso che da quelle viene accettata la c. d. <<linea del partito�, non gi� cc vincolo giuridico � nel senso che di tutti i loro fatti ed atti debba rispondere l'associazione centrale. Il principio qui criticato non solamente si rivela inaccettabile sul piano giuridico, ma aberrante anche su quello meramente pratico, con tale evidenza da� esimere da ulteriOri commenti (cfr. VALCAVI in cc Foro Pad. �, 1952, 1, 81; contra: RIBOLZI in� Mon. Trib.�, 1952, 288). La giurisprudenza del resto conforta i lineamenti sopra accennati: il Tribunale di Roma (sentenza n. 1368, 12 dicembre 1951, inedita -Istituto Romano Beni Stabili, Ministero Difesa-Esercito c. Partito Comunista Italiano, Sezione Ludovisi del P.C.I.), accogliendo l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal P.C.I., affermava infatti che � detto Partito � organizzato e suddiviso in cellule, sezioni, federazioni, ciascuna costituente un organismo superiore rispetto a quello precedente, ma ciascuno avente un proprio massimo organo deliberativo democraticamente eletto... s� che deve concludersi che l'affermazione contenuta nello statuto e secondo cui �il Partito � una organizzazione unitaria � deve intendersi riferita alla struttura politica e non spiega invece alcuna infiuenza sulla struttura giuridico-amministrativa, che � e rimane decentrata �. (1) VIRGA: Il partito nell'ordinamento giuridico, Giuffr�, 1948, 36 e 74. .Analogamente statuivano la Corte di .Appello di Bari (26 aprile 1949: Pangini-Loiodice -Direzione generale Partito Reduce, cc Rep. Giur. It. �, 1950 col. 1884) ed il Tribunale di Milano (24 giugno 1949: JJtfarino -Federazione Provinciale Milanese P.S.I., cc Foro Pa�l. �, 19�52,�1, 81). Implicitamente sembra poi abbia affermato questo principio anche la Corte Suprema (Sezione III civile, 16 aprile 1952, n. 895, cc Mass. Giur. It. �, 1952, 278) quando ha affermato che, trattandosi di partiti politici e delle loro sezioni periferiche, � la qualit� di segretario si identifica con quella del presidente o di direttore generale nelle associazioni di diversa natura onde al segretario spetta la rappresentanza processuale del partito o della sezione ... �. Non diversamente si presenta il problema per la Confederazione Generale del Lavoro e per le associazioni sindacali in genere, in quanto l'autonomia delle organizzazioni periferiche � giuridica-amministrativa, solo esistendo un vincolo federativo (Tribunale Roma, 29 dicembre 1947 : Esattoria comunale Roma c. Confederazione Generale Italiana del Lavoro in� Foro It. �, 1948, I, 799; Tribunale Venezia, 21 gennaio 1950: Federazione Italiana Postelegrafonici c. Libero Sindacato Nazionale Postelegrafonici in �Foro It. �, 1950, I. 622). Merita infine un cenno il problema di ordine pratico che si pu� presentare quando la Sezione, Oellula, Federazione o Organismo centrale, contestino la loro legittimazione passiva, ovver9 l'cc organo� evocato in giudizio contesti la sua capacit� a rappresentare l'associazione, ovvero infine la persona fisica indicata quale rappresentante, contesti la sua appartenenza all'associazione stessa. In tali casi non v' ha dubbio che, trattandosi di �condizioni dell'azione� ovvero, negli ultimi due, di � presupposti processuali �, incomberebbe all' attore la prova della sussistenza dei �fatti costitutivi � (Cassazione: 10 aprile 1934, n. 1015, Rep. �Foro It. � 1934, voce << proc. civile� n. 54; id. 5 maggio 1947, n. 675, Rep. �Foro It. �, 1947, col. 1016; id. 24 aprile 1950, n. 1087, Rep. �Foro It. �, 1950, col. 1631; MICHELI: Onere della prova, CED.AM, 1942, pag. 400), attraverso la produzione in giudizio dei patti associativi. Ma la giuridica impossibilit� di acquisire al processo gli statuti, per i quali nessuna forma di pubblicit� � prevista dalla legge, dovrebbe indurre il giudice istruttore, su segnalazione dell'attore, ad avvalersi dei poteri attribuitigli dall' articolo 210 Oodice procedura civile ai fini dell'esibizione da parte del convenuto di un documento indispensabile per la trattazione della causa. (R. C.) RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICZIONE SULLA �GAZZETTA UFFICIALE" I. I. Legge 26 ottobre 1952, n. 1784 (G. U., n. 281): Norme per Balvare i ragazzi d'Italia dalla defiagrazione di ordigni di guerra. Questa legge che persegue uno scopo nobilissimo, non sembra che modifichi in alcun modo le disposizioni contenute nel decreto legisl. n. 226 del 10 settembre 1946, n� quelle contenute nella legge n. 648 del 10 agosto 1950 sul riordinamento delle pensioni di guerra, per quanto riguarda le responsabilit� per i danni derivanti dalle esplosioni. Ed invero, non si saprebbe come utilizzare questa legge per dedurne una disciplina in ordine alle responsabilit� civili, data l'estrema genericit� di alcune disposizioni, come ad esempio quella dell'art. 3, che stabilisce obblighi a carico di �autorit�� senza indicare quali siano e se si tratti di autorit� statali o comunali o provinciali. Per quanto riguarda la ipotesi penale di cui all'art. 2, sarebbe forse stato pi� opportuno configurarla come una fattispecie contravvenzionale, per eliminare la necessit� di una ricerca, evidentemente difficile e complicata, dell'elemento doloso. 2. Legge 3 novembre 1952, n. 1902 (G. U. n. 286): MiBure di Balvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori. Con questa legge si attribuisce all'autorit� amministrativa (sindaco e prefetto) il potere rispettivamente di sospendere la concessione di licenze edilizie o sospendere l'esecuzione di lavori di trasformazione delle propriet� private, nel periodo che va dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani generali e dei piani particolareggiati regolatori previsti dalla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, fino alla emanazione del relativo decreto di approvazione. Gli scopi di questa legge sono perspicuamente enunciati nella relazione ministeriale in �Le leggi>>, 1952, pag. 2003 e segg. Pu� sorgere questione per quanto riguarda i piani regolatori deliberati in applicazione di leggi diverse da quella urbanistica e ad essa anteriori, ma non sembra che possa dubitarsi che i poteri sopra riferiti sussistano anche nei �confronti di detti piani. Problema diverso da quello regolato dalla presente legge � quello che concerne i poteri spettanti alle autorit� competenti nel periodo tra l'approvazione del piano generale e l'approvazione del piano particolareggiato, specie ai fini degli articoli 26 e 27 della citata legge urbanistica. Non sembra che si possa contestare che anche il piano generale abbia la forza di stabilire vincoli alla propriet� e che la demolizione delle opere prevista dall'art. 26, come l'annullamento delle deliberazioni comunali, previste nell'art. 27, possano riguardare anche violazioni delle prescrizioni del piano generale e non del solo piano particolareggiato. II. SENATO DELLA REPUBBLICA 1. Disegno di legge n. 2632-A (iniziativa parlamentare): Proroga del termine di cui alla XI delle � DiBpoBizioni tranBitorie finali� della CoBtituzione. Nella relazione si spiega perch� si ritiene legittimo prorogare con legge ordinaria il termine stabilito nella XI Disposizione transitoria della Costituzione. Si sostiene che le disposizioni transitorie sono da alcuni ritenute non di natura costituzionale; tesi questa che ci sembra assolutamente da scartare ove si rifletta che le disposizioni transitorie e finali fanno parte integrante della Costituzione e sono state approvate con lo stesso sistema usato per le altre norme. D'altra parte � proprio l'XI disposizione transitoria a confermare questa tesi, in quanto stabilisce che entro il termine di cinque anni possono istituirsi nuove Regioni con leggi coBtituzionali. � evidente che mai una norma ordinaria potrebbe sancire l'obbligo di emanare una legge costituzionale per regolare una certa materia. Piuttosto � molto discutibile che il termine stabilito dalla citata XI Disposizione sia perentorio e improrogabile. Sembra invece che esso abbia la stessa natura, semplicemente comminatoria e politica, di tutti gli altri termini stabiliti nelle disposizioni transitorie della Costituzione, s� che la sua inosservanza non porta conseguenza alcuna. Tanto pi� che, come s'� visto, l'istituzione di nuove regioni deve avvenire con legge costituzionale e questa legge potrebbe benissimo sanare l'inosservanza del termine. 2. Disegno di legge n. 2733 (iniziativa governativa): Modifica alla legge 10 agoBto 1950, n. 646, iBtitutiva della CaBBa per il Mezzogiorno. Con questo disegno di legge si attribuiscono al Presidente del Comitato dei Ministri e al Comitato dei Ministri gi� previsto dalla legge n. 646, ulteriori e pi� ampi poteri. La figura di questo organo collegiale intermedio tra Consiglio dei Ministri e Ministri, merita di essere opportunamente studiata dal punto di vista costituzionalistico. Non � solo per le Cassa del Mezzogiorno che un organo del genere � previsto, ma anche in relazione ad altre attivit� amministrative dello Stato. Quello che ci sembra possa affermarsi � che, a differenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato dei Mmistri ha funzioni solo amministrative e non politiche, ma si tratta di funzioni amministrative in senso molto lato, comprendenti anche, come risulta dall'art. 5 del disegno di legge, perfino attivit� di collaborazione nella formazione delle leggi. INDICE SISTEMATICO DELLE CON SUL T.A ZIO N I LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA PRESA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -1) Quale sia la natura .giuridica dell'Ufficio centrale del Servizio contributi unificati in agricoltura (n. 133). -Il) Se l'Avvocatura dello Stato debba assumere -il patrocinio legale dell'Ufficio centrale del Servizio Contributi unificati in agricoltura (n. 133). APPALTO. -Se la mancata accettazione da parte dell'Impresa, delle determinazioni dell'Amministrazione in ordine all'importo della revisione dei prezzi di un contratto di appalto nonch� l'esperimento, da parte della medesima impresa, del ricorso previsto dalla legge, possano ostare ai pagamenti dei compensi revisionali (n. 158). APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -Se l'Ente Nazionale per la Distillazione delle materie vinose (Enedistil) abbia acquistato la propriet� dei prodotti, alla cui raccolta era preposto, ai sensi del decreto ministeriale 29 agosto 1942, per destinarli poi al consumo delle FF. AA. o all'industria distillatoria (n. 28). CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO. I) Se ai sensi dell'art. 7 del Capitolato generale dei lavori pubblici sia comminata alcuna sanzione per l'inosservanza del termine di due mesi, ivi indicato per provvedere alla stipulazione formale del contratto (n. 96). -II) Se la mancata approvazione d�l contratto nell'ulteriore termine di quattro mesi dia diritto all'appaltatore di sciogliersi dagli obblighi contrattuali, cui era vincolato fin dall'aggiudicazione (n. 96). -III) Se, in base al combinato disposto degli articoli 7 e 13 del C.G.A. possa ritenersi che, col decorso di sei mesi dall'aggiudicazione, l'aggiudicatario abbia diritto all'esonero dagli obblighi assunti (n. 96). -IV) Se le attivit� che l'Amministrazione ritenga di svolgere, anteriormente alla diramazione degli inviti alle ditte, al fine di stabilire l'idoneit� delle ditte medesime o, comunque, per la maggiore tutela dei propri interessi, possano dar luogo al sorgere, nelle Ditte che intendono partecipare alla gara, di un interesse legittimo, la cui lesione possa formare oggetto di tutela dinanzi al Consiglio di Stato (n. 97). CONTRATTI DI GUERRA. -Seilcontratto di guerra possa intendersi �definito� e, quindi, sottratto alla competenza di liquidazione del Commissariato, quando la parte privata abbia eseguito la �sua prestazione e rimanga soltanto il debito del corrispettivo da parte dell'Amministrazione (n. 18). DANNI DI GUERRA. -I) Se le pretesa dei cittadini alla concessione dei contributi per danni di guerra abbia natura di cc interesse � o di cc diritto soggettivo perfetto � (n. 31). -Il) Se possa l'Amministrazione provvedere di autorit� a porre nel nulla quegli atti amministrativi con i quali sul presupposto (di poi dimostratosi falso) dell'esistenza delle condizioni volute dalla legge, si ' sia provveduto alla concessione di contributi per danni di guerra (n. 31). -III) Se i privati, i quali abbiano avuto affidamento della concessione del contributo possano intentare azione di responsabilit� contro l'Amministrazione per i danni subiti per effetto dell'affidamento, cui non sia seguito in fatto il pagamento del contributo medesimo (n. 31). DEMANIO. -I) Se i beni patrimoniali indisponibili dello Stato siano suscettibili dei provvedimenti di autotutela amministrativa (n. 84). -II) Se i beni patrimoniali indisponibili dello Stato possano perdere la loro destinazione per il mancato uso o per un preteso tacito consenso dell'Amministrazione (n. 84). DONAZIONE. --I) Se possa ritenersi fondata la domanda di revindica di un bene a suo tempo donato da un Comune alla Federazione dei fasci di combattimento di Firenze, sulla base di una pretesa inefficacia della donazione per non ess~e stato il relativo atto sottoposto al visto prefettizio ai sensi dell'art. 296 della legge comunale e provinciale (n. 20). -II) Se, in caso di eccedenza deilimitifissati dall'art. 296 (ultimo comma) fosse richiesto, agli effetti della validit� della donazione, oltre all'approvazione della G.P.A., quale elemento integrativo delle volont� del Comune, anche il visto prefettizio, per il riesame della convenienza dell'atto (n. 20). ENFITEUSI. -I) Se la sentenza che, disponendo l'affrancazione della colonia perpetua di un terreno, stabilisca il deposito del prezzo relativo presso la Cassa DD. PP., faccia stato anche nei confronti della medesima (n. 19). -II) Quale funzione abbia il deposito del prezzo di affrancazione presso la Cassa DD. PP. (n. 19). ESPROPRIAZIONE PER UTILIT� PUBBLICA. I) Se l'atto, con il quale siasi concordata.consensualmente tra espropriante ed espropriato l'indennit� di-esp-;op"i-iazione, possa considerarsi contratto traslativo della propriet� del bene (n. 74).-II) Quale sia la natura del concordato sull'indennit� di espropriazione (n. 74). -III) Se possa proporsi opposizione dinanzi al G. O. avverso rnEWW rnEWW -239 il decreto prefettizio di espropriazione, relativamente .alla misura dell'indennit�, qualora l'indennit� stessa sia stata determinata in sede di concordato (n. 74). FER.ROVIE, -Se l'evento dannoso occorso a un viaggiatore per la rottura di vetri del treno, cagionata dalla grande differenza di temperatura fra l'interno e l'esterno del treno stesso e dalla massa d'aria spinta dal locomotore di altro treno incrociantesi con il primo, possa dar adito a responsabilit� civile dell'Amministrazione (n. 153). IMPIEGO PRIVATO. -Se l'insorgere di una malattia del dipendente interrompe il termine di preavviso del licenziamento (n. 27). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se l'art. 14 del decreto legge luogotenenziale 21 'novembre 1945, n. 722, il quale stabilisce ohe il trattamento economico fatto dagli enti pubblici ai propri impiegati non pu� superar�' di oltre il 20 % il trattamento degli impiegati dello Stato, nei cui confronti si sia avuta la parificazione, possa tro� vare applicazione anche ai compensi per lavoro straor� dinario (n. 314). -II) Se la Corte dei conti sia com� petente nei giudizi di responsabilit� a carico di dipendenti della G.R.A. assunti a norma dell'art. 12, lettera B, del decreto-legge 13 aprile 1948, n. 321 (n. 315). IMPOSTA DI REGISTRO. -Se, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 7 della legge di registro (1� comma), l'Amministrazione debba dar essa la prova ohe il bestiame, ohe trovasi a servizio di un fondo, abbia avuto tale destinazione da parte del proprietario, in caso di contestazione (n. 77). IMPOSTE E TASSE. -I) Se la circostanza ohe, all'atto dell'esportazione di filati di fibra artificiale, la Dogana abbia rilasciato la bolletta semplice e non la bolletta speciale, richiesta dall'art. 13 del decreto-legge 3 gennaio 1947, n. 1, come prova esclusiva per poter ottenere la restituzione dell'imposta, precluda la restituzione stessa, ove si consideri che detti filati sono stati riconosciuti della categoria per la quale � ammessa la restituzione (e la relativa fimposta 'applicata) solo in epoca successiva al rilascio di siffatta bolletta (n.185), -II) Se la mancanza di campioni drii fihti esportati precloda la restituzione dell'imposta (n. 185). INFOR.TUNIO SUL LAVORO. -In quali limiti sia ammessa la prescrizione del diritto dei minori, orfani di un agente ferroviario, deceduto per causa di servizio, alla rendita infortunistica loro spettante (n. 29). IPOTECHE. -Se l'ispezione dei registri immobiliari, effettuata ai sensi dell'art. 2673 O.o., debba essere sempre subordinata all'indicazione del nominativo nei cui riguardi � rivolta l'ispezione medesima e la relativa ricerca nonoh� alla corresponsione degli emolumenti indicati per ciascuna formalit� dell'apposita tariffa (n. 8). LOCAZIONI. -Se, agli effetti dell'applicazione dello art. 13 della legge 23 maggio 1950, n. 253, relativa all'aumento sulle locazioni� di immobili,� l'LN.A.M. � debba considerarsi quale ente assistenziale (n. 69). PENSIONI. -I) Se l'aver contratto matrimonio durante il periodo di servizio attivo permanente del militare costituisca condizione essenziale perch� la vedova possa godere della pensione di riversibilit� o una semplice condizione limitativa del diritto della vedova, agli effetti dell'art. 5 del R. deerete 27 gennafo 1941, n. 311 (n. 53). -II) Se l'indennit� supplementare, da corrispondersi da parte della cc Cassa Ufficiali �alla vedova dell'ufficiale iscritto, spetti alla vedova medesima anche se il matrimonio sia stato contratto dopo la cessazione del militare dal servizio attivo permanente (n. 53). POSTE E TELEGRAFI. --I) Se ricorre l'ipotesi di indebito soggettivo ovvero quello di indebito oggettivo, quando l'Amministrazione PP. TT. paghi assegni falsi alle banche, alle quali gli assegni medesimi siano stati girati da Ditte che ne abbiano ottenuto il rilascio dal falsificatore, verso forniture di materiale vario (n. 29). -II) Se la ripetizione dell'indebito da parte del trattario (Amministrazione PP. TT.) sia sempre escluso nei confronti dell'aooipiens (Banche) il quale, essendo realmente creditore di un terzo, si sia, in conseguenza del pagamento ed in buona fede, privato del titolo e della garenzia del credito (n. 29). PRESCRIZIONE. -I) Entro quali limiti il Codice civile vigente ammetta la sospensione della prescrizione dei diritti Mi confronti dei minorenni (n. 12). -II) In quali limiti sia ammessa la prescrizione del diritto dei minorf orfani di un agente ferroviario, deceduto rper causa di servizio, alla rendita infortunistica loro spettante (n. 13). PREZZI. -Se la mancata accettazione da parte dell'Impresa, delle determinazioni1 dell'Amministrazione in ordine all'importo della revisione prezzi di un contratto di appalto nonoh� l'esperimento, da parte della medesima impresa, del ricorso previsto dalla legge possano ostare al pagamento dei compensi revisionali (n. 11). PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se l'azione svolta dall'Amministrazione per il recupero di somme dovute per assegni di prigionia erroneamente corrisposti o per valore di oggetti di corredo nei confronti di ex militari, in servizio di leva o richiamati, concreti una questione attinente a rapporto di pubblico impiego, devoluta, pertanto alla competenza esclusiva del Consiglio di Stato (n. 15). -II) Se per il recupero dei crediti suindicati possa farsi ricorso alla procedura prevista dal T. U. 14 aprile 1910, n. 639 (n. 15). PROCEDIMENTO CIVILE. -I) Se, in base alla nu'.)va, Costituzione, il P. M. possa ritenersi far parte del potere giudiziario (n. 18). -II) Se, per la nuova Costituzione, possa ritenersi ancora vigente quella disposizione dell'ordinamento giudiziario, secondo la quale il P. M. esercita la sua attivit� sotto la direzione del Ministro di grazia e giustizia (n. 18). -III) Se il P. M. che soccomba in giudizio, possa essere condannato al pagamento delle spese di giudizio (n, 18). -IV) Se ii� P. M. nel processo, rappresenti un altro organo dello Stato (n. 18). -V) A quale organo dello Stato debba far carico l'onere delle spese di giudizio, cui sia stato condannato I i il P. M; soccombente (n. 18). -VI) Se i Ministeri di grazia e giustizia e del tesoro possano proporre appo-I j -240 s1z1one di terzo, contro la sentenza che rechi la loro condanna al pagamento delle spese giudiziali, in caso di soccombenza del P. M. (n. 18). PROPRIET�. -Se l'esercizio dei diritti dominicali, spettanti al proprietario di un appartamento sopraelevato, possa essere limitato, in quanto da esso derivi intralcio o fastidio al buon andamento del servizio di una Pubblica Amministrazione, che abbia i suoi-uffici in altri locali dell'immobile in cui l'appartamento medesimo � sito (n. 6). RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se una controversia relativa al rapporto di lavoro costituito da una domestica nei confronti dei carabinieri di una stazione, ai quali incombe l'onere del pagamento del corrispettivo, possa considerarsi come controversia relativa al rapporto di impiego di un dipendente dello Stato devoluta alla competenza del giudice amministrativo (n. 21). -Il) Se l'attivit� di detta domestica, limitata alla pulizia della cucina e al rigoverno delle stoviglie, integri le condizioni di un vero e proprio rapporto di lavoro domestico, inteso in senso tecnico (n. 21). REQUISIZIONI. -Se, a mente dell'art. 76 del Trattato di Pace, la rinuncia, da parte dei cittadini italiani, all'indennit� per le requisizioni operate dalle Forze ed Autorit� Alleate, valga per le sole requisizioni operate nel territorio italiano o anche per quelle effettuate in altri paesi (n. 97). RESPONSABILIT� CIVILE. -Se l'evento dannoso occorso a un viaggiatore per la rottura di vetri del treno, cagionata dalla grande differenza di temperatura fra l'interno e l'esterno del treno stesso 'e della massa d'aria spinta dal locomotore di altro treno incrociantesi con il primo, possa dar adito a responsabilit� civile dell'Amministrazione (n. 132). SERVIT�. -Se possano imporsi limitazioni al diritto� di propriet� privata su una strada (attigua ad un edificio, destinato ad ufficio dell'Amministrazione militare (n. 11). SINDACATI. -Se la Confederazione fascista dei professionisti ed artisti in liquidazione, abbia conservato� la personalit� giuridica, sia pure ai soli fini della liquidazione (n. 15). SUCCESSIONI. -Se la disposizione, contenuta in un atto di vendita, di capitali mobili semoventi e di denari ovunque situati, che la venditrice lascer� morendo, concreti un patto sull'eredit� della venditrice medesima, nullo a termini dell'art. 458 Codice civile (n. 33). TITOLI DI CREDITO. -I)' Se l'anticipo, da parte dell'Amministrazione, della somma occorrente per l'acquisto di Buoni del Tesoro, sottoscritti dai propri agenti, possa far considerare l'Amministrazione stessa come parte del rapporto di sottoscrizione dei singoli buoni (n. 8). -II) Se possano sospendersi le pubblicazioni pelative alla procedura di ammortamento di Buoni del Tesoro smarriti o rubati o sottratti, ove i titoli o i certificati vengano presentati prima delle pubblicazio:i:ii medesime (n. 9). TRATTATO DI PACE. -Se, a mente dell'art. 76 del Trattato di Pace, la rinunzia, da parte dei cittadini italiani, alle indennit� per le requisizioni operate dalle Forze ed Auto:�it� Alleate valga per le sole requisizioni operate nel territorio italiano o anche per quelle effettuate in altri Paesi. (n. 23). USO DELLE ARMI. -Se e quando sia consentito l'uso delle armi da parte degli agenti di cusodia (n. 3). (91C4555) Roma, 1953 -Istituto Poligrafico d-ello Stato -G. C.