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APBJLE 1953

ANNO VI -N. 4 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. 
AR-TICOLI ORIGINALI 
Osservazioni sulla possibilit� di uno Stato di esigere crediti tributari all'estero, 

dell'avv. P. PAONE, p. 77-89. 

II. NOTE DI DOTTRINA 
1) F. FORTE: Sul trattamento fiscale delle attivit� illecite, recensione �ritica 
di G. OLMI, P� 90-91. 
2) P. D'ONOFRIO: Commento al Codice di procedura civile, recensione critica 
di A. Cmooo, p. 91-92. 
3) FRAGALI e VARANESE: Codice delle leggi sulla industria e sul commercio, 
recensione critica di A. TERRANOVA, p. 92-93. 

III. RACCOLTA DI GIUR.lSPRUDENZA 
1) Amministrazione Pubblica -Foro dello Statci -Intervento in causa 
(Corte di Cassazione), p. 94. 
2) Amministrazione dello Stato -Ricorso per Cassazione -Notificazione 
(Corte di Cassazione), p. 94-95. 
3) Appalti e forniture -Eccessiva onerosit� -Pubblica Amministrazione 
(Corte di Cassazione), p. 96-98. 
4) Pubblico impiego -Avventizio -Incarico interinale (Consiglio di Stato), 

p. 98. 
5) Responsabilit� civile -Automezzi alleati (Corte di Cassazione), p. 98. 
IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI 
MERITO 
1) Guerra -Forniture alle �Forze Armate Alleate (Certe di Appello di 
Roma), p. 99. 
2) Imposte e tasse -Navi Liberty -Diritto di licenza (Tribunale di Roma), 

p. 99-101. 
3) Imposte e tasse -Agevolazioni tributarie per la ricostruzione edilizia 
(Tribunale di Roma), p. 101. 
4) 
Obbligazioni e contratti -Crediti dello Stato -Compensazione (Tribunale 
di Trento), p. 101-103. 

V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, p. 104. 
VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, p. 105-108. 

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ANNO VI -N. 4 APRILE 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO �STATO 


PUBBLI�JAZIONE DI SERVIZIO 


OSSERVAZIONI SULLA POSSIBILIT� DI UNO STATO 
DI ESIGERE CREDITI TRIBUTARI ALL'ESTERO 


SOMMARIO. -I. Premessa. Posizione del problema. 


2. Il diritto internazionale tributario generale. Inesistenza 
di una norma internazionale relativamente alla 
esazione di crediti tributari all'estero. Il diritto internazionale 
tributario particolare. Cenni sull'assistenza 
internazionale tributaria. -3. Il diritto tributario internazionale. 
Caratteri differenziali tra esso e il diritto 
internazionale privato. -4. Critica di alcuni pseudoargomenti. 
-5. L'indagine giuridica ed extragiuridica 
del problema se le norme di diritto internazionale privato 
possano funzionare per il diritto tributario. Inesistenza 
di un ostacolo di ordine tecnico al detto funzionamento. 
-6. I concetti di territorialit� e di inderogabilit� 
di una norma. Sulla territorialit� delle norme 
di diritto tributario in rapporto al nostro problema. 
Norme inderogabili e norme di ordine pubblico interno 
ed internazionale. Il principio c. d. di esclusivit� dal 
diritto pubblico e il diritto internazionale privato. 7. 
Il principio di esclusivit�: precisazioni suila ragion 
d'essere di esso. Il detto principio come principio informatore 
dell'ordinamento giuspubblicistico. Il rinvio di 
produzione giuridica e il diritto penale da un lato, il 
diritto tributario dell'altro; differenze, applicazioni. 8. 
Il diritto internazionale privato come diritto rivolto 
a disciplinare fatti della vita umana e privata. Sua 
inapplicabilit�, per tale ragione, al diritto tributario. 
9. Il problema della delibazione delle sentenze straniere 
in materia tributaria. Si prospettano gli argomenti 
pro e contro la soluzione affermativa. � 
1. Il problema della esazione di crediti tributari 
all'estero � stato riproposto in un recente lavoro 
da Victor UcKMAR (1). Le osservazioni che seguono, 
mentre hanno preso occasione dal detto scritto, si 
propongono di mettere in evidenza alcuni aspetti del 
problema, internazionalmente rilevanti e non, che, 
nell'esposizione dell'U ckmar, non hanno trovato adeguato 
sviluppo o, addirittura, non sono stati posti. 
Da questo punto di vista, � interessante notare come, 
all'insaputa dell'Uckmar, proprio uno studioso di diritto 
internazionale aveva dedicato la sua attenzione 
al tema dell'assistenza tributaria internazionale e, 
ribadendo quello che egli chiama �principe g�n�ral 
de la non-collaboration internationale en mati�re fiscale 
�, era giunto a risultati completamente opposti. 
. Ci riferiamo all'articolo di Rolando QUADRI apparsosulla� Revue �gyptienne de droit international � (2). 

(1) Esazione all'estero di crediti tributari, cc Giurisprudenza 
delle imposte dirette e di negoziazione �, lugliodicembre 
1952, col. 550 e segg. 
(2) Oonsid�rations sur l'entr'aide fiscale internationale 
sp�cialement en mati�re de Oommissions rogatoires, loc. 
cit., 1951, p. 1 e segg. 
La fattispecie seguente: esazione da parte di 
uno Stato di un proprio credito tributario nel 
territorio di altro Stato, presenta due aspetti suscettibili 
di indagine. Un aspetto propriamente 
internazionalistico, consistente nel determinare 
se l'ordinamento internazionale contenga disposizioni 
al riguardo. � appena il caso di notare 
che questo esame, sulla base della distinzione tra 
diritto internazionale generale e particolare, si 
deve poi risolvere in due diverse ricerche: se esista 
una valutazione in proposito e in forza� della 
quale siano obbligati tutti gli Stati della comunit� 
internazionale; se esistano valutazioni in proposito 
e in forza delle quali siano obbligati i soli 
Stati che hanno contribuito a porle in essere. Un 
aspetto propriam�nte interno, consistente nel determinare 
quale modo d'essere assumano gli ordinamenti 
statuali rispetto al problema. Anche questo 
esame � suscettibile poi di una duplice considerazione 
a seconda che si esamini quella parte 
degli ordinamenti statuali che ha esclusivo riferimento 
ai fatti di vita reale interna; ovvero quella 
parte dei medesimi che, sul presupposto della 
esistenza di Stati stranieri ovvero di fatti che a 
quella esistenza si ricollegano, ad essi si riferisce 
per qualche effetto, ed � perci� comprensiva.mente 
denominato diritto statuale relativo ai rapporti 
con l'estero, o, altrimenti, diritto interno in materia 
internazionale. Le pagine che seguono contengono 
alcune osservazioni, naturalmente non esaurienti, 
su tali problemi. 

2. Il diritto internazionale tributario � quella 
parte dell'ordinamento internazionale che attiene 
alla materia tributaria. A questa definizione potrebbero 
farsi molteplici precisazioni le quali, per�, 
nell'economia del presente lavoro, risulterebbero 
superflue (1). Per i nostri fini basta precisare che 
nel diritto internazionale tributario � opportuno 
isolare una zona di esso avente riferimento al modo 
d'essere di quella parte degli ordinamenti interni 
costituita dal diritto tributario, e di cui gli. Stati, 
internazionalmente, si presentano come gestori. 
(1) Su ci�, UDINA: Il Diritto internazionale tributario, 
nel <c Trattato di Diritto internazionale �, diretto da P. 
Fedozzi e S. Romano, 1949, p. 16 e segg. 

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La destinatariet� in capo a ciascuno Stato di 
una pretesa diretta ad ottenere la collaborazione 
di un altro Stato per la realizzazione degli atti 
necessari alla riscossione dei propri crediti tributari, 
con la conseguenza normale, da parte di 
quest'ultimo, di adattare il proprio diritto interno 
alla valutazione internazionale, non potrebbe risultare 
che da una norma consuetudinaria. La prova 
dell'esistenza di una norma consiste nell'accertare 
che quella norma operi in un certo sistema 
come criterio o canone di valutazione giuridica (I). 
La prova dell'esistenza di una norma consuetudinaria, 
trattandosi di diritto non scritto, non 
pu� darsi se non in base alla manifestazione che 
della presenza di detta norma nell'ordinamento 
diano i comportamenti, intesi non in senso materialmente 
uguale, dei consociati (2). Oi� posto, 
si pu� dire che nella nostra materia esistono solo 
manifestazioni nettamente opposte alla presenza 
di una norma di tale specie. Intanto possono riscontrarsi 
riferimenti impliciti degli stessi Stati 
che, nel porre norme pattizie, riconoscono l'insussistenza 
di una norma generale (3). Una prassi 
giurisprudenziale interna, nel senso della inammis~ 
sibilit� dell'azione, mostra poi, con indubbia evidenza, 
quale sia l'atteggiamento degli Stati in 
materia di realizzazione negli ambiti spaziali da 
essi controllati di crediti tributari esteri (4). La 
giurisprudenza di cui sopra �, del resto, tanto pi� 
orientativa al riguardo quando si pensi che, almeno 
per qu11nto ci consta, gli Stati attori non 
hanno mai protestato a seguito delle singole decisioni 
(5). 

Del diritto internazionale tributario dovrebbero 
far parte la norma o le norme consuetudinarie 
di cui sopra, ove ne fosse provata l'esistenza. 
A tale settore dell'ordinamento internazionale 
deve attualmente ascriversi per� anche un gruppo, 
oggi abbastanza numeroso, di norme convenzionali 
relative alle doppie imposizioni in particolare, 

(1) Sulla norma giuridica come canone di valutazione, 
PERASSI: Introduzione allo studio delle Scienze giuridiche, 
Roma, 1948. -AGO: Scienza giuridica e Diritto internazionale, 
Milano, 1950, p. 74, nota 2. 
(2) Sul procedimento per stabilire l'esistenza di una 
norma in un ordinamento dato, ultimamente, AGo, 
op. cit., p. 80 e segg. Sulla prova della esistenza di una 
norma consuetudinaria, ibidem, p. 82 e segg. 
(3) Es. convenzione sull'assistenza amministrativa e 
giudiziaria in materia tributaria, tra l'Italia e la Germania, 
del 9 giugno 1938: �Sua Maest� il Re d'Italia, 
ecc. ed il Cancelliere del Reich, nell'intento di stabilire 
delle norme sulla reciproca assistenza amministrativa 
e giudiziaria in materia tributaria, ecc. '" Lo stesso 
numero considerevole di trattati bilaterali in materia, 
ed i lavori della Societ� delle Nazioni che sfociarono 
in due schemi di convenzione, costituiscono un'indicazione 
non trascurabile. 
(4) Oltre le citazioni contenute in QUADRI, op. cit., 
p. 7 ed 8, e in UcKMAR, op. cit., coll. 551 e 552, si veda 
SACK: La succession aux dettes publiques d' �tat, � Recueil 
des Cours de l'Academie de Droit international de I'Haye" 
(d'ora in poi, citata R. C.), 1928, III), p. 235 e segg. 
L'UDINA dice: �In assenza d'un principio generale di 
diritto internazionale che lo imponga, o pi� esattamente, 
in presenza d'una pratica internazionale in senso contrario"� 
op. cit., p. 421. 
(5) Sulla giurisprudenza interna come indizio dell'esistenza 
o meno di una norma internazionale, specialmente 
in materie attinenti alla giurisdizione, QUADRI: 
La giuriBdizione Bugli Stati stranieri, Milano, 1941, p. 19. 
e, in generale, al diritto tributario interno. La 
caratteristica di tali norme � quella di determinare 
un coordinamento nella materia tributaria 
tra gli ordinamenti degli Stati che partecipano 
alle r�lative conveD:zioni (1)... ii fenomeno delle 
attivit� degli Stati dirette sia ad attuare spontaneamente 
un coordinamento tra la propria e la 
altrui legislazione, sia ad attuare� lo stesso coordinamento 
per effetto di obblighi internazionali, 
rivela che, sia pure in vario modo, ciascuno Stato 
tiene conto di coesistere con altri Stati. Al coordinamento, 
relativo al sussistere di interessi comuni 
interstatuali in certe materie, e non manifestantesi 
in riferimenti spontanei ad altri ordinamenti, 
fa capo la c. d. cc assistenza internazionale �. 
Oon tale denominazione si fa riferimento al complesso 
di mezzi con cui gli Stati s'impegnano di 
soddisfare certi interessi comuni, all'interno dei 
rispettivi ordinamenti, e la collaborazione che 
consegue come effetto dell'impiego di tali mezzi. 
Oi� sembra sufficiente per avere un'idea anche 
di quella particolare forma di assistenza internazionale 
attuata nel campo tributario, assistenza 
principalmente amministrativa, ma anche giurisdizionale, 
che si specifica nella fase dell'accertamento 
dei tributi e in quella della riscossione; 
nella prevenzione e nella repressione delle frodi 
tributarie (2). 

3. Il complesso di norme che gli Stati immettono 
nei propri ordinamenti, sia spontaneamente, 
sia in adempimento di obblighi internazionali, e 
aventi per oggetto determinati riferimenti ad 
ordinamenti stranieri in materia. tributaria, costituisce 
il diritto tributario in materia internazionale. 
Esclusa la parte di tale diritto la cui immissione 
� effetto di un'esigenza liberamente valutata 
dagli Stati, esiste la possibilit� di stabilire normalmente 
-e le deviazioni sono date dal mancato 
uniformarsi dello Stato agli obblighi internazionali 
-un parallelo tra diritto tributario 
internazionale e diritto internazionale tributario. 
Non � da escludere che, salvo le precisazioni che 
avremo modo di fare sulla portata di tale possibilit�, 
nel diritto tributario internazionale di un 
certo Stato siano comprese, per formulazione 
spontanea di quest'ultimo, una o pi� norme la 
cui funzione consiste in ci�, che per la classe di 
fatti da essa o da esse contemplata, si produca 
l'immissione nell'ordinamento cui appartengono 
di norme il cui contenuto � ricalcato su quelle 
che negli ordinamenti stranieri regolano o rego(
1) Per un elenco delle convenzioni, UnrNA: op. cit., 
p. 432 e segg. Il movimento convenzionale � continuato 
nel dopoguerra. Sulla ultima convenzione a nostra conoscenza, 
MrcHEL: LeB conventionB fiBcales franco-am�ricaineB 
de8 25 fuillet 1939 e 18 octobre 1946, <e Journal 
du Droit international >>, 1950, p. 422 e segg.; 1951, 
p. 66 e segg. 
(2) L'UDINA (op. cit., p. 428), definisce l'assistenza 
internazionale come quella forma di collaliorazione 
interstatuale manifestantesi � attraverso l'attivit� coordinata, 
ma distinta, di organi�interni di due o pi� Stati, 
mirante di volta in volta ad attuare i fini di uno tra 
essi indifferentemente, fini trovanti rispondenza negli 
analoghi degli altri, aventi ugualmente diritto alla loro 
attuazione "� 

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leranno la medesima classe di fatti. In tal caso 
avremmo una o pi� norme sul tipo di quelle di diritto 
. internazionale privato operanti in materia tributaria 
(1). � facile osservare per�, tenendo presenti 
i risultati cui � giunta la giurisprudenza 
interna richiamata, che tale possibilit�, spontaneamente, 
non si � tradotta mai sul piano positivo. 


Per essere organici, esaminando quella parte 

del diritto tributario in materia internazionale 

la cui posizione � effetto di libera determinazione 

dello Stato, � possibile ipotizzare in esso una serie 

assai varia di riferimenti a Stati esteri o a fatti 

con quest'ultimo collegati. Si pensi alla norma 

che dichiari soggetti ad una data imposta solo 

gli individui residenti nel territorio. Si pensi alla 

norma che escluda gli stranieri dal pagamento di 

una data imposta. Si pensi ancora alla norma 

che condizioni l'esercizio del potere di imposi


zione al mancato esercizio dello stesso potere 

da parte di altro Stato. La circostanza per cui 

questa parte del diritto tributario internazionale 

pu� essere differenziata dal diritto internazionale 

privato � data dal fatto che la norme in essa con


tenute hanno la sola funzione di determinare la 

sfera di applicazione di altre norme: quelle di 

diritto tributario poste direttamente dal legisla


tore, mentre le norme di diritto internazionale 

privato hanno anche, o soltanto (2), la funzione 

positiva di produrre automaticamente nello stesso 

ordinamento norme sostanzialmente identiche a 

norme di un ordinamento straniero per la regola


mentazione dei fatti in esse contemplati. In altri 

termini, le norme di diritto tributario internazio


nale su specificate, facendo riferimento a certi 

fatti aventi carattere di estraneit�, delimitano 

l'applicazione della norma tributaria interna e si 

fermano a questo risultato. Le norme di diritto 

internazionale privato provocano l'immissione di 

nuove norme nell'ordinamento (3). 

Volendo poi considerare quelle norme di diritto 

tributario internazionale la cui sussistenza deve 

riportarsi indirettamente ad un obbligo assunto 

dallo Stato rispetto ad altri Stati, deve dirsi che 

non si � d'accordo sul tipo di rinvio a cui esse 

d�nno luogo. Il FEnozzI, affrontando il problema 

del richiamo a norme straniere contenuto nelle 

norme di un ordinamento, nel caso di richiamo 

non unilaterale, accenna ad una delega reciproca 

degli Stati contraenti avente per oggetto la disci


plina di certe materie, con impegno da parte del 

delegante di prestare la propria organizzazione 

giudiziaria per l'applicazione della norma che 

(1) Accogliamo l'opinione che vede nelle norme di 
diritto internazionale privato norme sulla produzione' 
giuridica automatica. Per le diverse opinioni in argomento 
si veda P AU: Caratteri del Diritto internazionale 
privato, Roma, 1951, cap. II, ed ivi interessanti sviluppi 
dell'Autore. 
(2) Non tutti gli AA. sostengono la duplice funz�one 
delle norme di diritto internazionale privato; su ci�, 
per un orientamento, MONACO: Manuale di Diritto internazionale 
pubblico e privato, Torino, 1949, p. 413 e 
seguenti. 
(3) Su ci�, BULHER: Les Accorda internationaux 
concernant la double imposition et l'�vasion fiscale, R. C., 
1936, I, p. 455 e segg. NEUMEYER, cit. in NrnoYET, 
Les doubles impositions au point de vue juridique, R.C. 
1930, I, pag. 45. 
l'altro Stato abbia dettato o detter�, nella specie 
(1). Lo SPERDUTI classifica il richiamo delle 
norme in esame nel tipo di rinvio di produzione 
giuridica automatica (2). Il BARILE ha distinto 
il riferimento come rinvio a situazioni giuridiche 
concrete di diritto pubblico str�niero al fine di 
costituire nell'ordinamento rinviante situazioni 
giuridiche concrete sostanzialmente identiche. In 
altre parole, mentre nel rinvio di produzione giuridica 
la norma straniera � presa in considerazione 
per la immissione di norme sostanzialmente identiche 
ad essa, nel rinvio a situazione giuridica 
concreta, il fatto preso in considerazione sarebbe 
la situazione concreta di diritto pubblico straniero: 
es. atto di imposizione, e la conseguenza ad esso 
annessa non sarebbe il sorgere di una norma nell'ordinamento 
rinviante, ma di una situazione 
concreta il. cui contenuto � ricalcato su quella 
gi� verificatasi nell'ordinamento straniero (3). 

Non pare necessario, � per queste brevi osservazioni, 
approfondire il problema . ..A. noi bastava, 
infatti, mettere in evidenza soltanto una circostanza 
negativa: l'inesistenza nel diritto tributario 
internazionale di norme le quali, come quelle 
di diritto internazionale privato, adempiano allo 
scopo di attuare nell'ordinamento cui appartengono 
una uniformit� nella disciplina dei rapporti 
tributari aventi certi caratteri di estraneit�. Anche 
se si ritenga che parte delle norme di diritto 
tributario internazionale operino con un rinvio 
di produzione giuridica, come quelle di diritto 
internazionale privato, esse non potrebbero attuare 
la relazione di uniformit� se non con un 
ordinamento determinato. Pi� specificamente, le 
differenze tra di esse e le comuni norme di diritto 
internazionale privato sarebbero le seguenti. Le 
prime: a) verrebbero formulate in adempimento 
di obblighi internazionali; b) attuerebbero un rinvio 
soltanto a determinati ordinamenti stranieri; 
e) riguarderebbero rapporti di natura tributaria. 

Non sfugge per� che, anche con le precisazioni 
fatte, rimane sempre aperto il problema se, al di 
fuori dei riferimenti offerti dal diritto tributario 
internazionale, possa attuarsi un regolamento uniforme 
in due qualsiasi ordinamenti di uno stesso 
rapporto tributario concreto. � evidente che una 
simile possibilit� non potrebbe essere data se non 
dalle norme di diritto internazionale privato. 

Prima di esaminare pi� da vicino la questione, 
� bene rendersi conto della fondatezza di alcune 
affermazioni fatte in argomento. 

4. Sarebbe erroneo dedurre, ai fini della responsabilit� 
internazionale dello Stato, dal fatto che 
quest'ultimo abbia negato ad altro Stato di promuovere, 
nel proprio ambito territoriale, azioni 
giudiziarie per l'adempimento di un'obbligazione 
tributaria sorta nell'ambito dello Stato attore. 
Si � detto, infatti, che ci� costituirebbe un incen(
1) Il Diritto internationale privato. Teorie generali 
e diritto civile, nel � Trattato " diretto dal Medesimo e 
S. Romano, p. 166 e segg. 
(2) La produzione di norme giuridiche mediante rinvio 
al d.iritto straniero, Torino, s. d., p. 51 e segg. 
(3) Appunti sul valore del Diritto pubblico straniero 
nell'ordinamento nazionale, Milano, 1948, p. 77 e segg. 

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tivo alla violazione delle leggi di un altro Stato 
e, quindi, sarebbe contrario al principio di diritto 
internazionale per cui �nessuno Stato civile deve 
incoraggiare le violazioni delle leggi di un altro 
Stato� (1). Questa affermazione ha molti punti 
di contatto -in quanto si pensi che l'azione non 
potrebbe avere effetto positivo perch� inesistente 
una delle sue condizioni: una volont� di legge 
che garantisca un bene all'attore -con l'altra 
la quale ritiene l'esistenza di un dovere internazionale 
dello Stato di emanare norme interne in 
materia di diritto internazionale privato. Ma, in 
realt�, non esiste obbligo internazionale dello 
Stato di riconoscere l'ordinamento di cui ciascun 
altro � portatore; n�, corrispondentemente, obbligo 
del medesimo di annettere efficacia, nell'ambito 
da esso controllato, alle altrui leggi (2). Detta 
esistenza � smentita dalla esatta opinione per cui 
il diritto internazionale non impone agli Stati di 
adottare un proprio diritto internazionale privato 
(3). � da notare poi che la tesi contraria, in una 
delle sue formulazioni, in quanto affermerebbe la 
necessit� del. riconoscimento da parte di uno Stato 
degli ordinamenti giuridici di cui gli altri sono 
portatori, non potrebbe che contrastare con la 
soluzione dualistica dei rapporti tra dirittolinterno 
e diritto internazionale (4). Per quanto precede, 
nessuna rilevanza"pu�, a m.aggior ragione, annettersi 
poi al principio rilerito, ove lo si esamini 
solo sotto il profilo della sua eventuale idoneit� 
a mettere.:._in pericolo lefficacia della legge straniera 
(5). 

.Altrettanto erronea ci sembra la distinzione 
tra esercizio del potere di imposizione ed esercizio 
del potere d'azione da parte dello Stato per il 
recupero della somma all'estero, ai fini di escludere 
che quest'ultimo, a differenza del primo, 
costituisca una manilestazione di sovranit� la 
quale, non essendo consentita in ambiti controllati 
da altri Stati, sarebbe dai considerarsi illecita 
(6). � indubbio infatti che la potest� dello 
Stato sugli individui deve ritenersi, internazional


(1) Cos� UoKMAR, op. cit., col. 554, argomentando 
dal principio (nel testo, tra virgolette) enunciato dal 
CHENEY HYDE; International Law, Boston, 1922, p. 2119. 
(2) FEDOZZI, op. cit., p. 115 e segg. 
, (3) QUADRI: Funzione del Diritto internazionale privato, 
�Archivio di Diritto pubblico�, 1936, p. 338 e 
seguenti.
(4) Perspicue pagine ha dedicato a questa dimostra. 
zione il BALLADORE-PALLIBRI: La natura della potest� 
dello Stato sugli individui, Torino, 1932, Questo A. dice 
poi, con esattezza, in un'altra opera (Diritto internazionale 
privato, Milano, 1950, p. 18): �Lo Stato non reputa 
sussistere alcun omaggio o alcuna offesa alla propria 
sovranit� per il fatto che uno Stato straniero applica 
o non applica una sua legge �. 
(5) Mentre da un indirizzo giurisprudenziale che neghi 
la proponibilit� dell'azione nulla � dato di concludere, 
il contegno diretto ad incoraggiare la violazione 
dell'altrui legge, contegno positivo, che potr� risultare 
anche da una sola sentenza, originerebbe una responsabilit� 
dello Stato solo ove esso potesse considerarsi 
lesivo di un distinto diritto dello Stato attore, per es.: 
il diritto che quest'ultimo ha alla sua dignit�. Ma saremmo 
manifestamente fuori del campo di cui trattiamo. 
(6) Cos� ancora UcKMAR (op. cit., coll. 554 e 555), 
o almeno in maniera non chiara relativamente alla distinzione 
fatta nel testo, per confutare una posizione 
assai comune in giurisprudenza. 
mente, un'attivit� materiale, un comportamento 
(agere) dello Stato. Qualsiasi costruzione che voglia 
essere coerente con i principi dualistici deve 
attribuire alla potest� d'impero dello Stato una 
rilevanza diversa da quella che la medesima ha 
nel diritto interno; il �he � assicurato quando essa 
venga internazionalmente considerata come attivit� 
giuridicamente rilevante perch� contenuta in 
un diritto soggettivo e non giuridicamente rilevante 
perch� esercizio di un potere giuridico indirizz�to 
ad individui (1). Ma se la sovranit�, internazionalmente, 
� potere di coercizione, per il diritto 
internazionale � indifferente la potest� di 
imposizione il cui esercizio, ove non si specifichi 
in attivit� materiali: es. quelle dirette all'accertamento 
in loco dell'imponibile, � da ricomprendersi 
nelle manilestazioni della potest� di comando. 
Ingiustificata risulta dunque la contrapposizione 
tra esercizio della pretesa all'ammontare dell'imposta 
accertata, manilestantesi nell'esercizio della 
azione davanti a tribunali esteri, e esercizio del 
potere d'imposizione, per mettere in risalto che 
la prima, non consistendo in una mantlestazione 
di sovranit�, non pu� considerarsi vietata in linea 
di principio negli altrui territori. Il problema non 
pu� porsi in termini di sovranit�, rispetto alla 
quale categoria -ripetiamo -il potere di imposizione, 
come qualsiasi altro potere giuridico rivolto 
ad individui, pu� denominarsi, usando una caratteristica 
espressione del BALLADORE-PALLIERr, �un 
programma di future azioni �; �ma deve porsi, 
avendo riguardo al credito tributario, come proble~
a delle relazioni tra quest'ultimo in qualit� 
di fatto avente certi caratteri di estraneit� e l'ordinamento 
dello Stato in cui si chiede che ad esso 
venga attribuita rilevanza giuridica. Non si esclude, 
peraltro, che, come sar� detto in seguito, potrebbe 
farsi applicazione della distinzione tra esercizio 
del potere d'imposizione e conseguenza di tale 
esercizio, cio� rapporto tributario concreto, ma la 
distinzione medesima, come sar� chiaro oltre, 
opererebbe allora a tutt'altro riguardo. 

5. Nell'esaminare se la norma di diritto internazionale 
privato possa funzionare con l'effetto di 
produrre l'immissione nell'ordinamento cui appartiene 
di una norma di diritto tributario straniero, � 
bene tenere distinte le considerazioni di tecnica giuridica 
da quelle di convenienza, di opportunit� o 
altre, le quali hanno influito soprattutto sull'indirizzo 
della giurisprudenza in argomento. 
Per quanto riguarda queste ultime, � innegabile 
che alcuni fattori non trascurabili hanno ostacolato 
e continuano ad ostacolare la realizzazione 
all'estero di crediti tributari. In senso negativo, 
ha operato la previsione della necessaria discriminazione 
tra le azioni proponibili dallo Stato estero 
in relazione al pericolo che quest'ultima avrebbe 
rappresentato per l'amichevole andamento dei 

(1) Questo problema � trattato in un nostro lavoro 
di prossima pubblicazione, intitolato: Contributo alla 
determinazione della posizione dell'individuo rispetto allo 
ordinamento internazionale, Per ora, si veda, BARILE; 
I diritti assoluti nell'ordinamento internazionale, Milano, 
1952, p. 103, nota 10 e p. 122 nota 43. 

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rapporti tra Stati (1); si � tenuto conto anche 
della mancanza di un corrispettivo per il servizio 

.reso allo Stato estero e di un indebolimento, invece, 
della situazione economica dello Stato richiesto (2), 
senza che, come contropartita, abbia potuto manifestarsi 
la funzione del principio di reciprocit� 
(3). Ma � facile notare che a questi argomenti 
sarebbe facile contrapporne almeno altrettanti 
uguali e contrari, tali da portare a tutt'altre conclusioni. 
Noi peraltro, si ripete, non ci proponiamo 
di risolvere il problema di politica fiscale o simili 
(4), sibbene di accertare quali difficolt� e di quanta 
consistenza, rimanendo immutato il sistema di 
diritto tributario internazionale come specificato 
pi� sopra, si incontrerebbero nell'applicazione del 
diritto internazionale privato nella materia che 
ci occupa (5). 

Il verificarsi dell'ipotesi che la norma di diritto 
internazionale privato immetta nell'ordinamento 
nazionale norme di diritto pubblico straniero, e, 
in particolare, norme di diritto tributarfo, non 
incontra alcuna difficolt� di ordine tecnico ove 
si abbia riguardo appunto alla tecnica del funzionamento 
della prima norma: l'appartenenza della 
norma all'ordinamento pubblico non � tale da 
impedire il funzionamento del rinvio di produzione 
giuridica automatica. Con ci�, certo, il problema 
� lungi dall'essere risolto. Tra l'altro, rimane ancora 
da accertare se la qualificazione di diritto 
pubblico della norma straniera possa avere l'effetto 
di porre in essere un ostacolo esterno all'attuazione 
del collegamento. L'inapplicabilit� all'estero di 
una norma di diritto pubblico potrebbe infatti 
derivare da qualche pi� generale principio attinente 
a quella parte degli ordinamenti giuridici 
interni costituita dal diritto pubblico. L'inidoneit� 
della norma di diritto pubblico ad attuare all'estero 
lo scopo per cui essa � stata emanata potrebbe 
allora risultare non gi� dal meccanismo di collegamento 
tra due ordinamenti dati, ma dalla circostanza 
che la norma del cui richiamo si tratta 

(1) DrcEY, citato in WORTLEY; Probl�mes soulev�s 
en Droit international priv� par la l�gislation sur l'expropriation, 
R. C., 1939, I, p. 418. 
(2) WoRTLEY, op. cit. 
(3) Sulla reciprocit� in materia fiscale, QUADRI, op. 
cit., p. 15. 
(4) Per tali questioni, GRIZIOTTI; L'imposition fiscale 
des �trangers, R. C., 1926, III; EINAUDI; La coop�ration 
internationale en mati�re fiscale, R. C., 1928, V. 
(5) Desta meraviglia che il BERLIBI (Principi di Diritto 
tributario, vol. I, Milano, 1952, p. 105) non accenni 
neppure alle di:ffi.colt� del problema e dia per assolutamente 
sicuro che � fino a pochi anni fa il Diritto tributario 
non aveva proprie norme di rinvio: quindi si applicava 
la regola comune secondo la quale le obbligazioni 
ex lege (quali appunto le imposte) sono rette dalla 
legge dello Stato in cui � avvenuto il fatto giuridico... �! 
Ma c'� di pi�. Con l'attacco del periodo �fino a poco 
tempo fa� (e cio�, per l'A., il periodo anteriore a quello 
delle stipulazioni di convenzioni internazionali in materia 
di assistenza tributaria) fa pensare che, secondo 
lui, oggi, l'esistenza di norme convenzionali sarebbe 
di ostacolo al funzionamento del Diritto internazionale 
privato anche in rapporto agli ordinamenti degli Stati 
che :qon hanno partecipato alle convenzioni! E da notare 
ancora che l'UCKM.A.R mentre respinge la seconda 
conclusione del Berliri, neppure lui accenna ad alcun 
dubbio relativamente alla prima (op. cit., coll. 555 
e 556).. � 
appartenga al diritto pubblico. Un'indagine sui 
concetti di �territorialit� � e �inderogabilit� � di 
una norma, si presenta perci� come condizione 
del proseguimento di queste osservazioni. 

6. Il termine cc territorialit� >> di una norma o 
di un gruppo di norme, che non � esclusivo del 
diritto pubblico, � polisenso. Scartato l'uso del 
termine extraterritorialit� di una norma per indicare 
che l'efficacia di cui questa appare dotata 
nell'ordinamento di uno Stato e< si prolunghi nell'ordinamento 
di un altro >> (1), cio�, che una 
norma, pur rimanendo immessa in un ordinamento 
straniero, produca in quest'ultimo gli effetti che 
le sono propri in quanto canone di valutazione 
appartenente ad altro ordinamento, il che contrasterebbe 
con il principio della relativit� dei valori 
giuridici, la qualifica di territoriale attribuita ad 
una norma pu� riguardare sia gli eventi che ne 
condizionano il funzionamento sia l'attuazione 
degli effetti che discendono dalla valutazione in 
cui quella consiste. Nel primo senso, la norma 
sar� territoriale in quanto certi fatti sono da essa 
contemplati soltanto se in qualche modo collegati 
con l'ambito territoriale dello Stato; � stato 
osservato che in tal caso: cc Lo spazio viene, cosi, 
a costituire una condizione per la giuridicit� del 
fatto� (2). Nel secondo senso, la norma sar� territoriale 
in quanto il mezzo o i mezzi predisposti 
per reintegrare l'interesse leso, protetto dalla norma, 
possano praticamente attuarsi solo nell'ambito 
dello Stato portatore dell'ordinamento giuridico 
al quale la norma in oggetto appartiene. Con 
queste precisazioni, � agevole delineare il correlativo 
concetto di extraterritorialit�. Quest'ultimo 
pu� significare che i fatti contemplati da una data 
norma, in qualunque luogo si verifichino, producono 
l'effetto di determinare il passaggio della 
medesima da valutazione astratta a valutazione 
concreta; oppure che essa � suscettibile di essere, 
praticamente, materialmente attua,ta (sia in quanto 
implichi esercizio del potere di coercizione 
sia in quanto implichi esercizio del potere di 
comando) all'estero, intendendo per estero non 
tanto gli ambiti spaziali non soggetti ad alcuna, 
sovranit� (spazi nullius, alto mare), quanto gli 
ambiti spa,ziali soggetti alla sovranit� di altro � 
Sta,to. La norma di diritto pubblico pu� essere, 
normalmente, extraterritoriale nel primo senso; �, 
invece, eccezionalmente, extraterritoriale nel secondo 
senso. 

Venendo peraltro al nostro problema, � da considera,
re qua,li effetti potrebbero avere i detti concetti 
ai fini dell'applicazione eventuale delle norme 
di diritto internazionale privato in caso di richiamo 
di norme pubbliche straniere. Se la norma, si dice 
territoriale nel primo senso, � evidente che, mentre 
il verificarsi di un fatto al di fuori del territorio 
dello Stato, all'ordina,mento del quale la 
norma appartiene, � indifferente per il suo funzionamento, 
la qua,lificazione della, normai-, � fino 

(1) PERASSI, op. cit., p. 50. 
(2) MORELLI; Limiti dell'ordinamento statuale e limiti 
della giurisdizione, �Rivista di Diritto internazionale �, 
1933, p. 382. 

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ad ora, non pu� invece svolgere alcuna pratica 
influenza sull'applicabilit� in un ordinamento 
straniero di una norma ricalcata su quella territoriaJ.
e, ai fini di regolare uniformemente un dato 
rapporto concreto il cui fatto genetico sia gi� 
avvenuto nel detto ambito territoriale. L'affermare 
dunque che il diritto tributario � composto 
(almeno in linea generale) di norme strettamente 
territoriali, significa semplicemente dire che i fatti 
i quali condizionano il funzionamento delle valutazioni 
appartenenti a quel tipo sono solo eventi 
collegat� con il territorio; non pu� voler dire invece 
che il rapporto tributario concreto il quaJ.e sia 
sorto� da quel normale funzionamento non possa 
ricevere una regolamentazione uniforme anche 
al di fuori dell'ambito spaziale in cui si verificano 
i fatti contemplati nella norma tributaria, 
e ci� per effetto del richiamo che le norme di diritto 
internazionale privato di altro ordinamento 
abbiano fatto a quest'ultima. 

Se la norma, invece, � territoriale nel secondo 
senso, e, come si � detto, tutte le norme di un 
ordinamento, in linea generale, sono in tal guisa 
territoriali, sar� bens� vietato che la norma venga 
attuata in un ambito territoriaJ.e straniero, ma 
questa osservazione ha un ben preciso significato. 
Quella non potr� essere applicata iure nel territorio 
di altro Stato solo perch� ci� importerebbe 
esercizio di un potere di coercizione (e come tale, 
cio� come attivit� materiale, pu� essere considerata, 
da questo punto di vista, anche la potest� 
di comando) da parte di organi stranieri in 
ambiti spaziali riservati alla attivit� esclusiva altrui, 

� per i quali un preciso canone di valutazione di 
diritto internazionale pubblico fa sorgere un dovere 
assoluto di non turbativa. .Anche questa qualifica 
di territoriale da attribuirsi aJ.la norma tributaria 
non pu� avere allora nessuna efficacia ai fini 
di porre un ostacolo al funzionamento della norma 
di diritto internazionale privato, perch�, come � 
evidente, l'attivit� diretta alla pratica attuazione 
della norma tributaria straniera, e. manifestantesi 
soprattutto nella esecuzione forzata, non solo appare 
voluta da una norma nazionale, sia pure 
ricaJ.cata su quella estera, ma viene posta in essere 
dagli organi esecutivi dello Stato territoriale. 

Si parla per� di territorialit� anche in un senso 
diverso da quelli pi� sopra precisati. Sono dette 
norme territoriali anche quelle che �per il principio 
di sovranit� si applicano nel territorio dello Stato 
esclusivamente, senza lasciar margine di applicazione 
a leggi straniere� (1). � qui il che il concetto 
di territorialit� sconfina in altri estremamente 
controversi, almeno in rapporto al diritto internazionale 
privato : quelli di norma inderogabile e di 
ordine pubblico. 

Derogabilit� di una norma vuol dire essenzialmente 
questo : non essere esclusa la possibilit� 
che un determinato rapporto contemplato da essa 

(1) MoNAco; Manuale di Diritto internazionale pubblico 
e privato, Torino, 1949, p. 473; Aao; Teoria del 
Diritto internazionale privato, Padova, 1934, p. 282 e 
seguenti. 
abbia una disciplina diversa da quella che essa 
stessa prevede. In altri termini, offrendosi in 
via astratta e preventiva la soluzione di un conflitto 
di interessi, non � escluso che una volont� diversa 
possa risolvere in altrQ modo il conflitto dato. La 
caratteristica della derogabilit� o meno di una 
data norma ha grande importanza nella problematica 
del diritto internazionale privato, stante la 
connessione dell'argomento con quelli dell'ordine 
pubblico interno e internazionale, di rilievo cen, 
trale per la teoria internazionalprivatistica. Da un 
esame della dottrina risulta in complesso che essa 
pone una correlazione generale tra inderogabilit� 
di una norma e qualificazione della medesima come 
di ordine pubblico. La distinzione tra limite di ordine 
pubblico interno e internazionale viene fatta 
poi avendo riguardo ai soggetti cui pu� ricollegarsi 
la deroga. Il problema della inderogabilit� 
di una valutazione normativa, infatti, appare delineato, 
sia avendo riguardo alla volont� degli 
individui e in tal caso si ritiene che consista nell'impossibilit� 
da parte di questi ultimi di porre in 
essere una regolamentazione di certi rapporti difforme 
da quella data dal legislatore : qui il limite, 
all'autonomia privata, � detto di ordine pubblico 
interno; sia avendo riguardo a quei particolari riferimenti 
posti in essere da uno Stato all'ordinamento 
giuridico di un altro e in tal caso si ritiene che consista 
nell'impossibilit� di immettere norme, originate 
dalla volont� del legislatore straniero, le quali regolerebbero 
certe materie in maniera diversa da quella 
predisposta dalle norme locali: qui il limite, all'imsione 
di norme straniere, � detto di ordine pubblico 
internazionaJ.e (1). 

Considerando il problema della inderogabilit� 
delle norme di diritto pubblico di un certo ordinamento, 
deve osservarsi che esso riceve diversa 
soluzione a seconda che si esamini in rapporto 
alla volont� individuale ovvero alla volont� del 
legislatore straniero: all'ordine pubblico interno 
cio�, o all'ordine pubblico internazionale. Nella 
prima ipotesi, si dice che il limite di ordine pubblico 
non ricopre l'ordinamento pubblicistico nel suo 
complesso, sia nel senso che anche norme private 
possano essere inderogabili sia nel senso che anche 
norme pubbliche possano non esserlo (2). Nella 
seconda ipotesi, � comunemente detto invece che 
tutte le norme di diritto pubblico sono inderogabili. 
Questa conclusione appare confermata anche 
da un A. che di recente ha riesaminato i concetti 
di ordine pubblico interno e internazionale. Le 
norme di diritto pubblico -secondo questo A., 

(1) MORELLI: Elementi di diritto internazionale privato 
italiano, Napoli, 1946, p. 60 e segg. MONACO: Manuale 
cit., p. 471 e segg. Oltre naturalmente, e per tutti, 
ad Aao; Teoria cit., p. 276 e segg. 
(2) Su ci�, GuICCIARDI: Le transazioni degli enti 
pubblici, �Archivio di diritto pubblicu; n 1936, p. 124 
e AA. in nota. Per una iniziale commistione delle leggi 
di diritto pubblico con quelle di ordine pubblico e la 
successiva distinzione operata dalla dottrina, si veda 
FEnozz1: Il Diritto internazionale privato, cit., p. 283 
e segg., specialmente p. 296. Per ulteriori precisazioni 
al pensiero del FEDOZZI, SoERNI, Ordine pubblico, voce 
in �Nuovo Digesto Italiano�, p. 322. 

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lo SPERDUTI -sono quelle che �qual che ne sia 
la sfera di applicazione, ossia la delimitazione dei 

.fatti e rapporti che intendono valutare, hanno 
appunto di caratteristico di essere dotate, nello 
ordinamento a cui appartengono, di validit� esclusiva, 
rimanendo escluso di regola, il riconoscimento 
accanto ad esse di norme di diritto pubblico 
straniero � (1). 

Non � difficile notare che questa affermazione 
rappresenta davvero un ostacolo grave per chi voglia 
ritenere l'applicabilit� delle norme di diritto 
internazionale privato in materia tributaria. Rispetto 
ad una tesi che volesse discostarsi dal principio 
di esclusivit� del diritto pubblico (territorialit�, 
inderogabilit�, esclusivit� del diritto pubblico, 
con le precisazioni fatte, appaiono espressioni fungibili) 
sarebbe pi� che lecito, data la compattezza 
della dottrina sul punto, dubitare sul suo fonda


. mento. Peraltro, non pare assolutamente inutile 
fare qualche precisazione �sulla ragione del detto 
principio: ci� pu� condurre ad un diverso intendimento 
della sua portata, che, se certo non � tale, 
per ostacoli di altra natura, da convincere sul funzionamento 
del diritto internazionale privato in 
materia tributaria, tuttavia � suscettibile di altre 
importanti applicazioni. 

7. Il principio di territorialit� del diritto pubblico 
nel terzo dei significati precisati ricorre frequentemente, 
soprattutto nelle opere di diritto 
amministrativo (2). Non si rinviene peraltro alcuna 
precisazione sulla sua portata, tranne la generica 
espressione per cui le norme di diritto pubblico 
escludono la validit� nell'ambito nel quale 
vigono delle norme straniere; o altre consimili, 
quale quella che le medesime sono di ordine pubblico 
e di natura inderogabile. Spesso poi, anche 
nelle trattazioni pi� pregevoli, tutti e tre i significati 
di territorialit� vengono confusi. 
Per stabilire in che senso una determinata norma 
si presenta come esclusiva di un'altra deve partirsi 
da una constatazione: e cio�, che non pu� appagare 
il ritenere che la caratteristica di esclusivit� 
riguardi l'ambito spaziale di validit� della 
norma stessa. Non � sufficiente dire che una deter


(1) Sulla capacit� in di,ritto internazionale privato, 
con particolare riguardo alla capacit� d'obbligarsi per 
fatto illecito, � Rivista italiana per le scienze giuridiche �, 
1950, p. 308. Dello stesso A., Ordine pubblico e divorzio, 
�Studi in, onore di F. Carnelutti �, Padova, 1950, IV, 
p. 473 e segg. Questi studi dello Sperduti sono di grande 
importanza, tra l'altro, perch� in essi � fatto oggetto 
di revisione sia il concetto di ordine pubblico interno 
che il concetto di ordine pubblico internazionale. Lo 
indirizzo dello Sperduti � stato recentemente ripreso 
dal MALINTOPPI: Osservazioni in tema di riconoscimento 
di sentenze straniere di divorzio, estratto dalla �Giurisprudenza 
completa della Corte Suprema di Cassazione '" 
Sezioni civili, vol. XXXI. 
(2) Per esempio, S. ROMANO: Principi di Diritto 
amministrativo, Padova, 1930, p. 75. Uno spazio rilevante 
occupa il problema nel Diritto Amministrativo 
del FORTI (Parte generale, vol. I, 1931, p. 127 e segg.). 
Per il Diritto tributario si veda, per tutti, TESORO: 
Principi di Diritto tributario, Bari, 1938, p. 28. 
minata norma escluda la contemporanea validit� 
di un'altra per la sola ragione di voler essere valida 
in un certo territorio. La posizione della norma 
come la sola vigente in un dato ambito si presenta 
piuttosto come la conseguenza o, meglio, il modo 
d'essere concreto in che si specifica l'esclusivit�, 
non la ragione di essa. Quest'ultima deve, pertanto, 
ricercarsi in quelle diverse parti della fattispecie 
materiale della norma, eccettuato l'ambito 
spaziale della sua validit� (1). A questo proposito, 
l'esclusivit� potr� attenere alla parte soggettiva 
di tale fattispecie come alla parte oggettiva 
della medesima. La forza esclusiva di una data 
norma si ricercher� allora, sia nell'intenzione da 
parte di chi la pose di evitare che certi soggetti 
appaiano, o, anche, non appaiano, destinatari 
della valutazione in cui quella norma consiste; 
sia nella preoccupazione che determinati tipi di 
fatti -distinguibili per il luogo della loro verificazione 
o per la loro intrinseca natura --:-cui la 
valutazione per il suo funzionamento appare con. 
dizionata, abbiano una disciplina uniforme det


tata da essa in via primaria. 

Applicando i principi precedenti alla esclusivit� 

delle norme di diritto pubblico, sembra pacifico 

che tali principi non risultino dotati di forza esclu


siva in un certo ambito spaziale nel senso che tale 

esclusivit� sia voluta solo per raggiungere questo 

fine. In particolare, scartato che la norma sia 

esclusiva nel senso di voler valutare essa ed essa 

sola determinati fatti a cui � condizionato ilproprio 

funzionamento (2), sul che ci riserviamo di tor


nare subito, la norma pu� essere esclusiva nel 

senso di voler evitare che gli effetti, consistenti 

nelle situazioni giuridiche soggettive, ad essa con


seguenti, si riferiscano a certi soggetti e non ad 

altri. In tal caso, l'esclusivit� appare raggiunta 

coll'impedire che valutazioni diverse, attraverso 

una diversa determinazione d�l loro ambito di 

efficacia soggettiva, pongano in essere situazioni 

in contrasto con quella che essa si propone di 

attuare (3). 

Da questo punto di vista, in verit�, deve no


tarsi una coincidenza tra norme di diritto pub


blico e norme di diritto privato e di ordine pub


(1) Altro �deve dirsi, naturalmente, per la situazione 
di esclusivit� riferita ad una norma che attribuisce un 
diritto soggettivo, per esempio, di propriet�. Il modo 
d'essere dell'esclusivit� per�, in questo caso, non riguarder� 
la norma, ma la facolt� che deriva da quella 
norma, e, quindi, l'attivit� materiale nella quale si 
specifica la facolt�. 
(2) Se cos� fosse avremmo una situazione per molti 
riguardi simile a quella di territorialit� delle norme nel 
suo primo significato. La differenza consisterebbe, tra 
l'altro, nel fatto che la norma in tal modo esclusiva 
potrebbe riferirsi ad un'individuazione non spaziale, 
ma attinente al contenuto dei fatti e, quindi, prevedere 
anche fatti di quel dato contenuto verificatisi oltre il 
territorio. 
(3) A questa esigenza, avendo presenti le sole situa-�zioni 
inattive derivanti dalla norma, deve ricollegarsi 
la comune affermazione per cui, stante l'esclusivit� 
delle norme di Diritto pubblico, gli stranieri residenti 
nel territorio sono soggetti, non meno dei sudditi, a 
tutte le leggi di Diritto pubblico. 

i&&lh'fu fR-pm.rm m fW 44= =3 ::; b ma i 


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blico (1), in quanto entrambe sarebbero esclusive 
nel senso di determinare la propria sfera di 
applicazione soggettiva sottraendola alla determinazione 
di norme straniere. .Ad un pi� approfondito 
esame per�, e sciogliendo la riserva fatta, 
risulta che oltre tale innegabile caratteristica in 
comune, tra le dette norme esiste una differenza 
pi� sottile pur se meno evidente. Mentre per le 
norme private di ordine pubblico, infatti, pu� 
dirsi che esse determinano rigidamente la loro 
sfera di efficacia soggettiva allo scopo di predisporre 
una regolamentazione uniforme delle materie 
in esse contemplate, per le norme di diritto 
pubblico sembra di dover affermare esattamente 
il contrario. La delimitazione dell'ambito di efficacia 
personale di queste ultime appare predisposta, 
principalmente, non tanto per disciplina.re 
una determinata materia in via esclusiva quanto 
proprio per escludere che destinatari di esse siano 
certi soggetti e non altri. L'esclusivit�, per esempio, 
relativa a.Ile norme sugli atti di certificazione 
non deve tanto ricercarsi nel fatto che chi pose 
le disposizioni volesse evitare che la materia delle 
certificazioni fosse regolata da norme straniere, 
quanto piuttosto in quello di evitare che soggetti 
stranieri apparissero dotati della potest� certificativa, 
e, corrispondentemente, individui nel territorio 
vi fossero soggetti. �� proprio a questo 
intento che, prevaJentemente, deve ricollegarsi la 
affermata esclusivit� di una norma di diritto pubblico: 
evitare che enti stranieri appaiano dotati 
nell'ambito territoriale di validit� dell'ordinamento 
di situazioni soggettive, manifestazione della 
loro capacit� di diritto pubblico (2). Risulta ora 
anche per quaJe ragione si escluda che la norma 
di diritto internazionale privato possa funziona.re 
per l'immissione di norme straniere di diritto pubblico 
e di norme private di ordine pubblico. Nel 
secondo caso esse introdurrebbero una disciplina 
diversa di certe materie considerate di applica


(1) Di ordine pubblico internazionale, secondo la 
dottrina comune; di ordine pubblico interno, invece, 
secondo Io Sperduti. � opportuno, anzi, a questo punto, 
accennare ai risultati cui � giunto lo Sperduti (opp. citt.) 
sull'argomento, e che noi, in massima, condividiamo. 
Tale Autore distingue nettamente l'ordine pubblico 
interno dall'ordine pubblico internazionale, sganciando 
la distinzione del carattere di derogabilit� o meno dalle 
norme. L'ordine pubblico internazionale stabilisce un 
limite all'immissione di norme straniere o di statuizioni 
concrete che contrastino con i principi informatori 
di un certo sistema giuridico. L'ordine pubblico 
interno, da riferirsi al solo diritto privato, stabilisce 
un limite rispetto ad altri principi o a singole valutazioni. 
Ne deriva, tra l'altro, un'indipendenza dei due 
ordini di limiti: cosicch� constatata la non operabilit� 
del primo limite, resterebbe in ogni caso da fare una 
indagine sull'operabilit� del secondo, Da distinguere 
-ci� si ricava in via indiretta da quanto dice I'A. � 
poi il principio di esclusivit� del diritto pubblico, al 
quale lo Sperduti si riferisce con le parole gi� riportate 
nel testo tra virgolette. 
(2) Per il diritto tributario ci� � maggiormente evidente. 
Considerando infatti l'esclusivit� come riferita, 
alla disciplina dei soli fatti previsti dalla norma dovrebbe 
concludersi che la prima non sussisterebbe per 
i fatti di quel tipo non contemplati da alcuna norma. 
In realt�, ci� che si presenta come esclusiva � la materia 
tributaria in complesso, il che vale a dire la potest� 
tributaria nazionale. 
zione esclusiva; nel primo caso provocherebbero 
l'attribuzione di situazioni soggettive la cui titolarit� 
� considerata di esclusiva spettanza di enti 
nazionali. Ma la determinazione del principio di 
esclusivit� del diritto pubblico, nonostante quanto 
precede, sembra an�Ora approssimativa. Rimane 
da vedere se sia possibile apportare ulteriori precisazioni 
intorno alle situazioni soggettive che si 
atteggiano appunto come esclusive. 

� noto come la capacit� di diritto pubblico si 
sostanzi sia in poteri sia in diritti soggettivi sia 
in obblighi. In particola.re, gli enti pubblici e lo 
Stato appaiono dotati nella loro capacit� di diritto 
pubblico di tutte e tre queste situazioni. 
Deve esaminarsi se il principio di esclusivit� con 
le precisazioni fatte possa ritenersi riferito a tutte 
le manifestazioni della capacit� di diritto pubbli�o 
ovvero solo ad alcune di esse. 

Diciamo subito che, stando alle affermazioni 
della dottrina sul tema, l'esclusivit� dovrebbe 
intendersi in maniera assoluta. In tal caso, qualsiasi 
discussione sulla possibilit� di distinguere 
tra norma e norma di diritto pubblico, tra fatto 
e fatto da esse valutato, sarebbe superflua. Ma 
l'applicazione del principio risulterebbe, a nostro 
parere, ultronea. Certo, si intuisce che l'indagine 
a questo punto diventa estremamente delicata, 
come del resto ogni qual volta per determina.re 
un certo valore normativo si debba risalire ai 
principi generali, ai motivi ispiratori di un sistema 

o di parte di esso. Ma, pur sottolineando la difficolt�, 
a noi pare di poter stabilire la ragion di 
essere della esclusivit� del diritto pubblico nella 
sola preoccupazione di evitare che enti stranieri 
appaiano dotati nell'ambito territoriale di validit� 
dell'ordinamento di situazioni soggettive consistenti 
in poteri o potest� di natura pubblica. 
Solo l'esercizio della potest� di comando da parte 
di organi stranieri potrebbe contrastare con i principi 
su cui riposa l'organizzazione politica e sociale 
dello Stato e, pertanto, porre in pericolo lo svolgimento 
delle funzioni essenziali del medesimo (1). 
Il far valere invece un diritto soggettivo, sia pure 
di natura pubblica, da parte di un ente straniero, 
non sembra che presenti la stessa assoluta inconciliabilit� 
con le funzioni di organizzazione di un 
certo Stato, anzi, poich� esso nella sua tendenza 
all'attuazione non potrebbe che risultare stretta(
1) Non � superfluo richiamare la differenza tra la 
esclusivit� o la territorialit� di una norma in questo 
senso e il primo o il secondo dei significati di territorialit� 
gi� precisati. Nel primo e nel secondo dei significati 
di territorialit� la norma territoriale ha di caratteristico 
di non venire in contatto con l'ordinamento 
giuridico di altro Stato: nel primo senso il verificarsi 
del fatto contemplato dalla norma nel territorio di altro 
Stato � condizione per la sua giuridicit�; nel secondo, 
il potere di coercizione o il potere di comando sono 
svolti in territorio di altro Stato,-rimanendo peraltro 
estranei all'ordinamento che vige in quest'ultimo (esempio: 
funzioni consolari). Nel terzo dei significati di extraterritorialit� 
che ora ci interessa, in.vece, il potere di 
comando svolto nel territorio di altro Statu_ sarebbe 
giuridico per l'ordinamento che vige nel territorio. �E 
perci� che qui si stabilirebbe un rapporto sul piano 
normativo: tra la norma pubblica straniera tendente 
alla extraterritorialit� e la norma pubblica interna 
strettamente collegata col principio informatore della 
esclusivit�. 

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&& 
-85 


mente subordinato ai poteri di organizzazione 
dello Stato territoriale, sotto tale profilo sarebbe 
del tutto assimilabile ad un diritto soggettivo di 
natura privata. In via induttiva, pertanto, pu� 
stabilirsi l'esatta portata del principio di esclusivit� 
-da considerarsi un principio informatore dell'ordinamento 
giuspubblicistico, ossia un principio 
che non esplica una funzione valutativa autonoma, 
ma esprime solo una linea direttiva riscontrabile 
nel contenuto valutativo delle norme di diritto 
pubblico (1) -affermando che esso esclude appunto 
l'investitura in enti stranieri di poteri attribuiti 
da norme, giuridiche per l'ordinamento considerato, 
di natura pubblica (2). Giova ora apportare 
qualche chiarimento al nostro problema, 
avendo presenti i risultati raggiunti in tema di 
esclusivit� del diritto pubblico. 

La situazione in materia di rapporti tributari 
interstatuali la cui pratica verificabilit� appare 
difficile, a meno di una modificazione dello schema 
attuale delle relazioni internazionali, � quella per 
cui lo Stato A, verificandosi certe condizioni, consenta 
l'applicazione, per esempio, relativamente 
agli immobili esistenti nel proprio ambito territoriale, 
non delle proprie norme originarie sulla 
imposta fondiaria, ma delle norme dello Stato B immesse 
nell'ordinamento mediante un rinvio di produzione 
giuridica (3). Il potere giuridico di imposizione 
verrebbe in tal caso esercitato, nell'ambito 
spaziale controllato da A, da organi dello Stato B. 
Considerando il presente stadio del sistema di relazioni 
interstatuali, tale ipotesi, attuabile solo attraverso 
l'utilizzazione di particolari norme strumentali 
che vigono negli ordinamenti interni (diritto c. d. 
internazionale privato), urterebbe contro il principio 
di esclusivit� del diritto pubblico. Quest'ultimo principio 
invece, a nostro parere, non sarebbe idoneo a 
far respingere l'altra ipotesi che una norma sull'imposta 
fondiaria dello Stato B venga immessa nello 
ordinamento di A quando si tratti di applicarla 
non gi� al fatto che condiziona il suo funzionamento 
(relazione tra certi soggetti e certi immobili 
nel territorio) ma ad un fatto o rapporto ulte


(1) Il concetto di principio giuridico informatore � 
stato sviluppato soprattutto dalla scienza internazionalistica. 
Ne ha fatto un'applicazione lo Sperduti, in 
relazione all'effettivit�, distinguendo tra principi informatori, 
principi normativi, principi giuridico-dogmatici, 
principi scientifici (L'individuo nel diritto internazionale, 
Milano, 1950, p. 6 e segg.). 
(2) Dal punto di vista del nostro ordinamento, � 
interessante notare che la esclusivit� � menzionata 
espressamen1;e per quelle parti del diritto pubblico ove 
� pi� evidente quanto detto nel testo: il diritto penale; 
il diritto processuale e il diritto di polizia. Gli AA. invece 
-non contribuendo certo con ci� a stabilire la 
distinzione che si � tentato di porre nel testo -equiparano 
tutte le leggi di diritto pubblico ai fini della 
esclusivit�, ritenendo il riferimento espresso dal legislatore 
semplicemente indicativo: cos�, MONACO: Manuale 
cit., p. 458; UDINA: Elementi di Diritto internazionale 
privato italiano, Roma, 1933, p. 56. 
(3) Ci riferiamo al normale rinvio di produzione 
giuridica e non a quel tipo di rinvio che pure si conosce 
(su esso, BARILE: Appunti cit., p. 33 e segg.) operante 
la produzione con trasformazione delle norme richiariore 
che si presenta come risultato di quel funzionamento. 
Tra valutazione della giuridicit� di un 
fatto che condiziona l'applicazione di una norma 
e valutazione di un fatto che � operata da una 
norma distinta o distinguibile, esiste un profilo 
di differenza che non permette. di esclude.-i:e, accanto 
alla possibilit� di ammettere la sussistenza 
del primo fatto in quanto fatto giuridico nell'ordinamento 
rinviante (il che significa ammettere 
la ~uridicit� della norma cui quel fatto appare 
in correlazione, con tutte le conseguenze che ad 
essa debbono annettersi: in particolare, situazioni 
giuridiche soggettive: potere di imposizione, soggezione 
a tale potere) anche la sussistenza di quel 
secondo fatto come rapporto giuridico nello stesso 
ordinamento. Ci spieghiamo stabilendo un parallelo 
con il diritto penale le cui norme sono indubbiamente 
esclusive, e, nello stesso tempo, per 
essere norme sostanziali, maggiormente si avvicinano 
alle norme tributarie. 

Norma penale e norma tributaria trovano il 
loro fondamento nell'esistenza di un interesse 
statuale protetto attraverso di esse. Sia la prima 
che la seconda, come del resto qualsiasi valutazione 
giuridica, viste nel momento della loro posizione 
appaiono come manifestazioni della sovranit� 
dello Stato. Considerata invece la norma 
penale in un momento successivo, essa appare 
differenziabile essenzialmente per questo: per la 
circostanza che, una volta posta, attribuisce allo 
Stato-amministrazione una situazione giuridica 
materiale, un diritto soggettivo di natura assoluta 
cui fa riscontro un dovere dei consociati di 
non ledere l'interesse protetto; la norma tributaria, 
per contro, attribuisce allo Stato amministrazione 
una situazione strumentale, vale a dire un potere 
giuridico, una forza che l'ordinamento considera 
idonea a produrre una modificazione giuridica a 
cui tutti i consociati, ovvero categorie di essi individuate 
con certi criteri, appaiono soggetti. Ci� 
permette di dire che mentre la situazione dello 
Stato amministrazione, in quanto destinatario di 
obblighi a protezione di interessi penalmente protetti 
non � pi� quella di un ente dotato di poteri 
di supremazia, ma appunto di un ente che persegue 
certi interessi concreti; la situazione dello 
Stato amministrazione in quanto destinatario di 
una norma tributaria primaria appare in maniera 
meno evidente una posizione non sovrana. La 
differenziazione tra potere d'imposizione e sovranit� 
certo andrebbe specificata e messa in tutta 
luce, ma l'indagine costituirebbe in questa sede 
un fuor d'opera. � indubbio, infatti, che la situazione 
dello Stato amministrazione in materia tributaria 
appare ad un certo punto una situazione 
materiale nettamente distinta dalla sovranit�, e 
ci� per noi � sufficiente. Quando, esercitato il potere 
d'imposizione ad esso consegue il sorgere di 
un diritto soggettivo dell'ente al credito tributario 
e, correlativamente, un obbligo del contribuente 
al pagamento, la differenza tra situazioJ?-.e. derivante 
dalla norma penale e situazione derivante_ 
dalla norma tributaria emerge in modo univoco. 

mate. Detta trasformazione consiste poi proprio nelLa 
norma penale, per il solo fatto che vige in un 
l'attribuire la situazione giuridica dall'ente straniero 

certo ordinamento attribuisce un diritto sogget


ad un ente nazionale; esempio: art. 4 legge 7 giugno 

1929 della Citt� del Vaticano. tivo allo Stato amministrazione, la dinamica della 



& T m l� Jiilllill& ii.E 222d &HL !&82 ldlii&& J&rufi &ED ;;:p ~-&W& � Hfifil &W& B Lii.a 

-86 


norma in esame pu� evolversi solo nel senso della 
antigiuridicit�; la norma tributaria per il solo fatto 
che vige in un certo ordinamento, attribuisce un 
potere giuridico allo Stato amministrazione, la 
dinamica della norma in esame deve evolversi nel 
senso della giuridicit�. Il fatto dunque che la 
norma penale prende in considerazione � rispetto 
a s� contrastante; il fatto che invece la norma 
tributaria prende in esame � un fatto rispetto a 
s� non contrastante. 

Il discorso che precede ha la sua ragione perch� 
serve a stabilire che, al verificarsi del fatto, mentre 
la situazione dello Stato, in un caso, si risolve 
nell'attribuzione di un potere giuridico (ius puniendi, 
pretesa punitiva) diretto alla reintegrazione 
dell'interesse leso, esercitato da un organo 
nel processo e connesso intimamente con l'organizzazione 
della funzione giurisdizionale si da 
doverne seguire i limiti di attuazione derivanti 
dal principio di esclusivit� del diritto pubblico e 
di territorialit� del medesimo nel secondo senso 
(I); nell'altro si risolve nell'attribuzione di un 
diritto soggettivo rispetto a cui deve tenersi nettamente 
distinta la fase, solo eventuale, di realizzazione 
processuale. Niente esclude, sotto questo 
aspetto, che tale realizzazione possa avvenire 
anche con l'ausilio di norme di organizzazione di 
uno Stato diverso da quello all'ordinamento del 
quale la norma tributaria appartiene. N� sembra 
da dubitare che sia possibile attribuire rilevanza 
giuridica al rapporto tra Stato creditore e contribuente 
debitore, senza attribuire �uguale� rilevanza 
alle situazioni logicamente precedenti di 
Stato titolare del potere di imposizione e contribuente 
soggetto a tale potere. 

� stato messo esattamente in evidenza che il 
principio della relativit� dei valori giuridici conduce 
a sostenere che non solo le norme non appartenenti 
ad un ordinamento giuridico non costituiscono 
in esso canoni di valutazione giuridica, 
ma anche cc che le norme sono in ogni ordinamento 
canone di valutazione dei soli fatti che contemplano
� (2). La conseguenza traibile da tale affermazione 
consiste in ci�, che rispetto ai fatti non 
contemplati, le norme giuridiche hanno un rilievo 
essenzialmente negativo, di non costituire cio� 
le valutazioni di quei fatti, e, quindi, di non avere 
valore di norme giuridiche rispetto ad essi. Questo 
fenomeno � di grande importanza e assai comune, 
anche se per lo pi� i suoi riflessi teorici passano 
inosservati: una s.;.a applicazione si ha in tutti i casi 
in cui certe situazioni giuridiche, pur non presentandosi 
pi� come attualmente operative, sono 
considerate nella loro esistenza storico-empirica, 
costituendo il presupposto di una valutazione 

(1) Lo Ziccardi (Il valore, cit., p. 62 e segg.) osserva: 
� ... La sentenza penale � fonte integrativa rispetto alla 
valutazione penale concreta: prima della sentenza non 
c'� altro che una valutazione generica di responsabilit� 
penale. Cosicch� i limiti della giurisdizione penale finiscono 
per concorrere alla determinazione della sfera di 
validit� delle norme penali in quanto la sentenza � 
fonte integrativa della norma nel caso concreto rispetto 
alla legge penale '" 
(2) BISCOTTINI: Osservazioni sulla funzione delle norme 
di Diritto internazionale privato, Jus, 1941, p. 24 dello 
estratto. 
attuale (1). Un fenomeno simile si ha per le relazioni 
tra ordinamenti giuridici ogni qual volta 
la norma straniera in esame rileva come semplice 
norma tecnica (2). Rispetto alla regolamentazione 
uniforme di uno stesso rapporto tributario concreto, 
il potere d'imposizione 11otrebbe rappresentare 
dunque, un fatto di cui interesserebbe soltanto 
provare storicamente la sua verificazione e 
le modalit� attraverso cui sarebbe stato esercitato. 
Considerando il giudizio attraverso cui si 
giungerebbe alla sentenza in materia di esazione 
di crediti tributari esteri, il potere d'imposizione 
riguarderebbe la posizione e l'accertamento del 
fatto (questione di fatto) (3). Sempre in via di 
ipotesi, immessa la norma che riguarda il diritto 
di credito tributario dello Stato estero attraverso 
un apposito sillogismo strumentale la cui premessa 
maggiore sarebbe costituita, per il nostro 
ordinamento, dalla norma di diritto internazionale 
privato: �le obbligazioni non contrattuali 
sono regolate dalla legge del luogo in cui � avvenuto 
il fatto dal quale esse derivano� (art. 22 
delle disposizioni sulla legge in generale) ( 4), il 
sillogismo principale in cui consisterebbe la sentenza 
sulla esigibilit� di un credito tributario 
estero sarebbe il seguente: la norma attribuisce 
allo Stato estero un diritto di credito e correlativamente 
un obbligo al contribuente per la somma 
x al verificarsi del fatto z; il fatto z si � verificato; 
lo Stato straniero ha il diritto di credito e il contribuente 
il correlativo obbligo di pagare. 

Ci� posto, potrebbe sembrare che non rimanesse 
altro che affermare la funzionabilit� del diritto 
internazionale privato in materia tributaria. 
Eppure questo passo non pu� essere compiuto. 

8. Con le precisazioni sulla esclusivit� delle norme 
di diritto pubblico, la soluzione affermativa sulla 
esigibilit� di un credito tributario all'estero attraverso 
il rinvio di produzione giuridica del diritto 
internazionale privato non � dimostrato. La difficolt� 
deve ricollegarsi alla circostanza che le 
(1) Lo Ziccardi (Il valore cit., p. 56) afferma: � II 
Diritto straniero, nelle situazioni giuridiche concrete 
in cui abbia trovato espressione preliminarmente a 
quella che viene richiamata, non � che un fatto -esattamente 
come lo � lo stesso diritto interno in tutti i 
casi in cui le situazioni da esso valutate abbiano esaurito 
la loro efficacia giuridica senza che perci� interessi meno 
di sapere quali esse siano state storicamente -poich� 
di esse in particolare, pu� essere necessaria la determinazione 
come presupposto di una valutazione presente"
� l'A. fa, a tale proposito, l'esempio della catena 
dei trasferimenti del diritto di propriet�. 
(2) Su ci�, PERASSI, op. cit., p. 54; e autori riportati 
in BARILE: Appunti, p. 68, nota 2. 
(3) In materia di imposta fondiaria italiana, per 
esempio, non si immetterebbero le norme del testo 
unico delle leggi sul nuovo catasto, sibbene, tra i c�si 
possibili, la norma che scaturisce dall'art. 1 della legge. 
10 giugno 1880, n. 5458 sul procedimento relativo ai 
reclami per le imposte dirette: << ��� � per� in facolt� 
di impugnarle (le decisioni delle Commissioni cio�) nei 
venti giorni dalla ricevuta notificazione. Scorso g_uesto 
termine senza impugnazione, le decisioni diventano 
definitive anche per il contribuente '" 
(4) Sul sillogismo strumentale in genere e, in particolare, 
nel caso del testo, MORELLI: Il diritto processuale 
civile internazionale, nel � Trattato " diretto da P. FEDOZZI 
e SANTI ROMANO, p. 52 e segg. 

-87


norme di diritto internazionale privato disciplinano 
fatti relativi al commercio giuridico tra privati 
(1). Mentre la natura delle norme di diritto 
internazionale privato d� luogo a discussioni, si 
concorda invece nel porre una correlazione tra 
queste e il diritto privato, correlazione che negativamente 
si esprime nel principio: le fonti di produzione 
delle norme di diritto pubblico straniero 
non possono condizionare il funzionamento delle 
norme di diritto internazionale privato. � vero 
che il detto principio non � tenuto fermo, ma il 
massimo cui si giunge � nell'ammettere �che il 
diritto pubblico possa essere richiamato attraverso 
il sistema internazionalprivatistico quando 
si tratti di attuazione del primo in occasione dell'applicazione 
di norme di diritto privato (2). 

Una tesi che volesse sostenere il funzionamento 

dell'art. 25 delle nostre disposizioni sulla legge 

in generale in materia tributaria non avrebbe 

alcun argomento sicuro al quale riferirsi. 

� nota l'affermazione della difficolt� di trac


ciare un sicuro criterio discretivo tra diritto pub


blico e privato: difficolt� che, quando non con


duce addirittura a negare la possibilit� della di


stinzione stessa, porta almeno a riconoscere delle 

zone di confine tra l'uno e l'altro diritto, delle 

zone grigie come si � detto, per le quali la qua


lificazione di pubblico o di privato si presenta 

estremamente difficile. Un ragionamento per� che 

facesse richiamo a criteri cos� generali allo scopo 

di dimostrare che anche per il diritto internazio


nale privato non sarebbe possibile distinzione 

alcuna ovvero che lo stesso diritto, ogni qual volta 

richiami norme relative alle materie comprese 

nelle dette zone, quanto meno immette norme di 

dubbia natura, dovrebbe del tutto trascurarsi. 

N� potrebbero invocarsi quei casi in cui non 
� incerta la qualificazione di un rapporto come 
pubblico o privato, ma d� luogo a dubbi il far 
discendere un determinato effetto dalla qualificazione 
medesima. Pu� verificarsi, e l'ipotesi � 
tutt'altro che eccezionale, che mentre nell'ordinamento 
richiamante un rapporto Vl'lnga considerato 
di diritto privato, nell'ordinamento le cui 
norme debbono essere richiamate, il medesimo 
venga qualificato di diritto pubblico o viceversa. 
�La discussione riguarda proprio le conseguenze 
che da tale qualificazione derivano rispetto al 
problema della immissione delle norme in oggetto 
nell'ordinamento rinviante, ed � risolta in maniera 
diversa dai vari il. Il FEDOZZI esclude il funzionamento 
stesso ogni qual volta esista divergenza 
di qualificazione in uno qualunque dei due ordinamenti 
rispetto a cui il rinvio deve operare (3). 
Il BALLADORE-PALLIERl nega, per contro, che la 
norma straniera di diritto pubblico possa applicarsi, 

(1) Su ci� BALLADORE-PALLIERI: Diritto internazionale 
privato cit., p. 17; MONACO: Manuale cit., p. 458. 
(2) FEDOZZI: De l'effecacit� extraterritoriale cit., p. 171 
e segg., specialmente p. 176. QUADRI: Leggi politiche e 
Diritto internazionale privato, cc Giurisprudenza comparata 
di d.i.p. �, vol. X, p. 189. MORELLI: I provvedimenti 
stranieri di giurisdizione volontaria, cc Foro Italiano 
�, 1933, col. 901, testo e nota 21. 
(3) Il Diritto internazionale privato cit., p. 201, in 
un paragrafo in cui � rifuso per buona parte il contenuto 
dell'opera citata alla nota precedente. 
anche se, nelliordinamento rinviante, la corrispondente 
materia sia regolata da norme considerate 
di diritto privato, mentre ritiene il contrario per 
la ipotesi inversa (1). Il BARILE, infine, adotta 
una soluzione completamente opposta a quella 
precedente: le norme straniere� sono riehiamate 
anche se di diritto pubblico, quando l'ordinamento 
rinviante qualifica di diritto privato il rapporto; 
per la qualificazione inversa il rinvio non entra 
in funzione (2). 

Tutte queste ipotesi, quale che sia il fondamento 
pi� generale su cui si basano, presuppongono sempre 
che le norme di diritto internazionale privato 
realizzino una uniformit� di trattamento di uno 
stesso rapporto concreto in due ordinamenti diversi 
con il richiamo di norme di un altro ordinamento 
identificato attraverso determinati criteri 
di collegamento. E il richiamo -questo ci 
interessa -predisposto per le caratteristiche di 
estraneit� del fatto, si considera attuato sempre 
allo scopo di far s� che � in ogni paese possano 
farsi valere gli obblighi e tutte le altre valutazioni, 
inerenti alla condizione giuridica dei soggetti in 
un qualsiasi altro ordinamento ... � (3). 

� bene precisare per� che l'impossibilit� di 
funzionamento del diritto internazionale privato 
per la norma di diritto pubblico in genere, e di 
diritto tributario in particolare, deve ricercarsi 
nella mancanza di rispondenza tra lo scopo delle 
seconde e quello del primo: consistente questo 
ultimo -si ripete -nel soddisfare le esigenze 
di relazione tra l'elemento personale dei diversi 
Stati; non piuttosto nella circostanza che altrimenti 
non si verificherebbe la divisata uniformit� 
di trattamento di uno stesso rapporto concreto. 
Il MORELLI, per esempio, esclude che il diritto 
internazionale privato possa immettere norme di 
diritto pubblico in quanto mancherebbe la base 
stessa su cui funziona il richiamo attuato dal 
primo: oltre che l'esistenza di due rapporti giuridici 
che debbono assumere contenuto uniforme, 
soprattutto la persistente identit� del rapporto 
concreto da regolare. Tale A. precisa: cc ... quando 
trattasi di disciplinare attivit� pubbliche o rapporti 
facenti capo allo Stato, il funzionamento 
di norme di diritto internazionale privato, in quanto 
diretto all'indicato scopo, non �, in genere, concepibile. 
Infatti manca, qui, l'identit� della fattispecie 
concreta, poich�, mentre le norme di un dato 
ordinamento contemplano l'attivit� dello Stato, 
che dell'ordinamento stesso � il portatore, ed i 
rapporti che fanno capo al medesimo Stato, le 
norme di un qualsiasi ordinamento straniero contemplano, 
invece, l'attivit� dello Stato straniero 
e i rapporti che allo Stato straniero fanno capo � 
(4). Questa osservazione non ha valore generale 
(5). Mentre potrebbe infatti riferirsi al rapporto 
pubblico relativ9 all'esercizio della potest� tributaria 
e alla soggezione ad essa, non potrebbe valere 
per il rapporto tributario concreto, pur esso 

(1) Diritto internazionale privato cit., p. 78 e segg. �(
2) Appunti cit., p. 47 e segg. 
(3) ZICCARDI: Il valore, cit., p. 55. 
(4) MORELLI: Il Diritto processuale civile, cit., p. 12. 
(5) Su di essa si vedano i �rilievi del BARILE: Appunti 
cit., p. 31, nota 16. 

-88


pubblico, che sorge come effetto di quell'esercizio. 
Sia nell'uno che nell'altro degli ordinamenti 
ipotizzati, il rapporto tributario da regolare uniformemente 
intercorrerebbe sempre tra gli stessi 
soggetti: Stato creditore e contribuente. Ci� che 
invece, piuttosto, non si riscontra nell'ipotesi che 
ci occupa � -stando all'attuale modo d'essere 
degli ordinamenti interni in materia tributaria 
-l'esistenza di uno dei due rapporti giuridici, 
pi� esattamente, del rapporto giuridico nello Stato 
richiamante, il cui contenuto dovrebbe uniformarsi 
a quello del rapporto giuridico estero. In 
altri termini, mentre le norme di diritto internazionale 
privato, per i rapporti che esse si propongono 
di regolare, inseriscono nell'ordinamento cui 
appartengono norme straniere sul presupposto 
che i detti rapporti ammettano nel medesimo 
ordinamento una disciplina diversa da quella prescritta 
nell'ordinamento richiamato, per la materia 
tributaria, invece, non pu� porsi una correlazione 
tra due possibili regolamentazioni giuridiche, 
ma tra una regolamentazione e la sua mancanza: 
in una parola, tra rilevanza e irrilevanza del con


creto rapporto tributario (1). 

9. � utile riassumere i risultati raggiunti. La 
applicazione all'estero di una norma tributaria 
non pu� risultare ostacolata dal carattere di territorialit� 
da attribuirsi alla norma in oggetto; 
d'altro canto, il principio di esclusivit� del diritto 
pubblico o di territorialit� nel terzo senso di cui 
sopra, ove precisato, risulta non idoneo, di per 
s�, a far escludere l'immissione in un ordinamento 
straniero di qualunque norma tributaria. Ci� che 
fa concludere in senso negativo -poich� l'immissione 
dovrebbe avvenire servendosi del mezzo 
generale offerto dal diritto internazionale privato 
-� la considerazione della ragione per cui questo 
ultimo viene adottato dai singoli Stati. La 
regolamentazione uniforme del rapporto tributario 
concreto, cui dovrebbe tendere l'adattamento 
operato dal diritto internazionale privato, non 
appare necessaria perch� non tocca le relazioni 
intercedenti tra i componenti dei singoli gruppi 
organizzati a Stato. Ci� nonostante, non sembra 
sicuro di poter chiudere l'indagine con un risultato 
totalmente negativo. 
Al quesito se uno Stato possa esigere un proprio 
credito tributario all'estero deve forse rispondersi 
affermativamente ove si abbia riguardo, non alla 
immissione nell'ordinamento in cui si vuole procedere 
di una norma tributaria attraverso il sistema 
internazionalprivatistico, sibbene alla sentenza 
in materia tributaria e alla sua possibilit� 
di delibazione in un ordinamento estero (2). La 

(1) Cos� anche QUADRI: Leggi politiche, cit., p. 192: 
cc Se non viene riconosciuta in Italia la pretesa tributaria 
di uno Stato straniero, � perch� il rapporto tributario 
straniero � indifferente per la vita sociale italiana 
e da tale disconoscimento non restano turbate le 
condizioni dell'interscambio internazionale cui lo Stato 
italiano ha interesse�. Rimane spiegata perci� la ragione 
della mancanza, nell'ordinamento che dovrebbe attuare 
il rinvio, della regolamentazione del rapporto tributario 
concreto. 
(2) Sulla delibazione, oltre l'opera del MORELLI cit., 
si veda MONACO: Il giudizio di delibazione, Milano, 1940. 
indagine sul principio di esclusivit� del diritto 
pubblico e sulla sua ragion d'essere, che potr� 
essere sembrata anche eccessivamente specifica, 
appare invece ora, a questo proposito, del tutto 
giustificata. La possibilit� di delibazione della 
sentenza straniera e il funzionamento del rinvio 
di produzione giuridica del diritto internazionale 
privato hanno alcuni problemi in comune, tra 
l'altro, certi ostacoli che possono impedire il rinvio 
hanno lo stesso effetto per la delibazione della 
sentenza straniera. In particolare, mentre l'obiezione 
che ci ha portato a negare che le norme di diritto 
internazionale privato possano funzionare per la 
materia tributaria non hanno rilevanza alcuna in 
tema di delibazione, potrebbe invece essere importante 
il principio di esclusivit� cui si informano 
le norme di diritto pubblico (1). � appena 
il caso di notare, infatti, che la caratteristica del 
diritto pubblico di escludere la contemporanea 
validit� di quello straniero, avrebbe l'identico 
effetto preclusivo anche rispetto alle statuizioni 
che appaiono la concretizzazione della valutazione 
astratta posta dalla norma; in altri termini, 
il limite precluderebbe il riconoscimento della 
attuazione del diritto tributario non meno che 
la produzione del diritto tributario ricalcato su 
quello estero (2). Ma se deve ritenersi che il detto 
principio vieti la contemporanea validit� della 
norma come valutazione astratta o della medesima 
come valutazione di una fattispecie singola, 
allo scopo di evitare che poteri pubblici vengano 
attribuiti ad enti stranieri, la delibazione della 
sentenza straniera non potr� essere preclusa nel 
caso che tale atto accerti l'esistenza di un diritto 
dello Stato straniero al credito tributario. La compatibilit� 
della sentenza in oggetto con la regolamentazione 
esclusiva del diritto pubblico pertanto 
appare certa, ove si ritenga, come si � cercato 
di stabilire, che quest'ultima non si riferisce 
in genere a rapporti in cui appaiano enti stranieri 
nella loro capacit� di diritto pubblico, ma, specificamente, 
gli stessi in quanto titolari di poteri 

o potest� pubbliche. 
Stabilito che in tema di delibazione non rileva 
il limite derivante dal principio di esclusivit� del 
diritto pubblico, il quale -si noti -funzionerebbe 
da limite preventivo all'applicazione del diritto 
internazionale privato e da limite, invece, 
ulteriore alla delibazione di sentenze straniere (3), 

(1) Per la delibazione non � necessario che risulti 
l'elemento positivo di un interesse comune, almeno� 
potenziale, alla disciplina del rapporto che ha formato 
oggetto della sentenza straniera. Questo requisito � 
necessario solo per il funzionamento del diritto internazionale 
privato. (Sull'interesse comune, QUADRI: 
Leggi politiche cit., p. 191). 
(2) Pu� richiamarsi quanto dice lo Sperduti a proposito 
del limite derivante dall'ordine pubblico internazionale: 
cc In altri termini, si tratta di un limite che riguarda 
il contenuto del Diritto straniero e non pure 
la forma in cui il diritto stesso si present&.al momento 
in cui deve operare la nazionalizzazione� (Ordine pubfllico_ 
e divorzio cit., p. 315). 
(3) Il limite derivante dal principio di esclusivit� 
del diritto pubblico entrerebbe in funzione nello stesso 
momento del limite derivante dall'ordine pubblico interno. 
Si veda SPERDUTI e MALINTOPPI, opp. citt., sul 
limite dell'ordine pubblico interno. 

-89


� necessario per� farsi carico delle osservazioni di 
un .A. che recentemente ha riconfermato l'indirizzo 
assolutamente negativo della dottrina e della giurisprudenza 
in argomento. Il Qu.ADRI ha osservato 
che: cc En ce qui concerne la reconnaissance et 
l'�x�cution des jugements �trangers, elles ne furent 
jamais admises en mati�re fiscale ... On pense g�n�ralement 
qu'il s'agit d'un terrain purement politique, 
comme lorsqu'il s'agit de livrer des d�serteurs 
ou des r�fugi�s politiques. E quindi: cc Mais 
oomme en mati�re fiscale, il s'agit des besoins de 
chaque r�gime politique et parfois de l'avidit� 
du Tr�sor, on n'a aucune raison de preter appui 
� de pareilles pr�tentions au d�triment de la libert� 
individuelle >> (1). 

L'obiezione che attinge al carattere politico dell'imposta 
non � nuova (2), n� ci pare insormontabile, 
ove venga opportunamente inquadrata 
nei concetti generali in materia di relazioni tra 
ordinamenti giuridici. 

Innanzi tutto, che la norma tributaria sia una 
legge politica nel senso in cui il termine � usato 
dall'.A.. -l'ARMINJON -che ha trattato l'argomento 
e a cui generalmente si rif� la dottrina, � 
da escludere. L'.A.rminjon definisce legge politica 
quella cc qui fait exception aux principes et aux 
regles du droit dans l'interet d'un Etat, d'un 
parti, d'un classe, voire de certaines croyances ou 
id�es � (3). � evidente come non tutte le leggi 
che hanno per iscopo di soddisfare un interesse 
collettivo con sacrificio di interessi individuali 
possano considerarsi ispirate a motivi politici, e, 
quindi, per essere di n:;i,tura eccezionale, escluse 
dalla possibilit� di produrre effetti, sotto qualsiasi 
forma, in altri ordinamenti. In rapporto alle leggi 
tributarie, pi� che di interesse politico, deve parlarsi 
perci� di interesse pubblico. Rimane da vedere 
se il solo fatto che la sentenza da delibare abbia 
applicato le norme straniere di diritto pubblico, 
e, nel nostro caso, norme tributarie, sia sufficiente 
a farne escludere il riconoscimento. 

.A questo proposito, eccettuato il limite derivante 
dal principio di esclusivit� di cui sopra, non 
rimarrebbe che riferirsi ad un secondo limite di 
ordine generale: intendiamo dire, ai principi di 
ordine pubblico internazionale. Questi ultimi, come 
si sa, funzionano da �limitatore � -per dirla col 
PER.A.SSI -inerente sia al rinvio di diritto internazionale 
privato sia alla delibazione della sen


(1) L'entr'aide cit., p. 9. 
(2) Su ci�, per tutti, UDINA: Il Diritto internazionale 
tributario cit., p. 443. 
(3) Les lois politiques et le droit international priv�, 
�Revue de droit international priv� �, 1930, p. 385 e 
seguenti. 
tenza straniera (1). I principi di ordine pubblico 
internazionale sono quelli che informano un ordinamento 
in un dato momento storico e costituiscono 
i cardini su cui riposa la societ� della quale 
esso � la sovrastruttura: essi rappresentano quelle 
regole generali alle quali non � �possibile Mntravvenire 
senza ledere l'armonia del sistema di un 
dato ordinamento. � appena da notare per� che 
i detti principi -ove non vogliano confondersi, 
nel loro riferimento al diritto pubblico, con un 
male inteso principio di esclusivit� del medesimo 
-dovranno interpretarsi con particolare significato 
restrittivo. Non nel senso cio� che il riconoscimento 
in genere di una sentenza straniera in 
materia di diritto pubblico e di diritto tributario 
in particolare, leda l'armonia del sistema che il 
limitatore costituito dall'ordine pubblico internazionale 
vuole preservare, ma nel senso che solo 
alcune di queste sentenze avrebbero tale effetto: 
in particolare, quelle che riconoscessero un diritto 
di credito dello Stato estero sulla base di norme 
tributarie ispir11te a principi in contrasto con quelli 
stabiliti dall'art. 53 della nostra Costituzione, per 
fare un esempio dal punto di vista dell'ordinamento 
italiano. Il ritenere invece, come fa il Quadri, 
che qualsiasi norma tributaria nella sua applicazione 
rappresenti una negazione della libert� 
individuale (2) significherebbe invocare l'applicazione 
del limitatore dell'ordine pubblico internazionale 
sul presupposto, niente affatto pacifico, 
che l'imposta, tra l'altro, costituisca nello Stato 
di diritto una cc nota captivitatis o servitutis � (3). 
Se ci� non �, non dovrebbe meravigliare che la 
giurisprudenza -spinta anche da una dottrina 
pi� accorta e vigile rispetto alle sue conclusioni meditando 
sui problemi di diritto tributario internazionale, 
provvedesse a rivederne certe impostazioni 
troppo largamente ripetute. Il che si � tentato poi di 
fare in questo scritto, nei limiti, necessariamente ristretti, 
delle cc osservazioni �. 

PASQUALE PAONE 

PROCURATORE DELLO STATO 

(1) Per l'ordine pubblico internazionale in rapporto 
alla delibazione, MONACO: Il giudizio cit. � da notare 
che i principi di ordine pubblico internazionale funzionano 
da limite ulteriore rispetto al diritto internazionale 
privato e da limite preventivo rispetto alla delibazione. 
(Su ci�, SPERDUTI: Sulla capacit� cit.). In tema 
di delibazione pertanto, ove la sentenza riguardi norme 
straniere di diritto pubblico avre=o un limite preventivo 
dato dai principi di ordine pubblico internazionale 
e. un limite ulteriore dato dal principio di esclusivit� 
del diritto pubblico. 
(2) Questo argomento si ricollega a quello gi� espresso 
dal CHESHIRE (in WORTLEY, op. cit., p. 417, il quale 
peraltro d� un'interpretazione errata di esso) per cui: 
�Les imp6ts ne font pas naitre d'obligations contractuelles, 
mais ces sont des taxes recouvrables par la force 
o par voie d'autorit� �. 
(3) Su tale carattere dell'imposta GRIZIOTTI, op. 
cit., p. 21 e 22; e 22; PuaLmsE: Istituzioni di Diritto. 
tributario, Padova, 1937, p. 98 e segg. 

NOTE D I DOTTRINA 


FRANCESCO FORTE: Sul trattamento fiscale delle 
attivit� illecite. (� Rivista Diritto Finanziario )) , 
1952, II, 119). 

Il prof. Forte illustra con copia di persuasivi argomenti 
la tesi della tassabilit� delle attivit� illecite, 
che diede luogo in passato a vaste discussioni. 

Nella circolare 4 ottobre 1870 il Ministero delle 
Finanze stabiliva che la imposta diricchezza mobile 
dovesse colpire i proventi del meretricio. Ma sul 
rilievo che quest'ultimo � �privo di protezione governativa 
))' la Cassazione di Firenze con sentenza 
25 marzo 1871 (Merlini -Finanze; v. QUARTA: Commento 
alla legge sull'imposta di ricchezza mobile, Milano, 
1917, I, 210) escludeva che i proventi di esso 
venissero �sottoposti a tributo, che in ogni Stato 
bene organizzato � razionalmente il corrispettivo 
della sociale protezione ll. 

Il Forte mette in luce l'errore dei sostenitori 
dell'intassabilit�, che ravvisavano nell'imposta il 
corrispettivo della protezione sociale, mentre tutto 
il nostro ordinamento positivo (cifr. art. 25 dello 
Statuto, ora 53 della Costituzione) era ed � ispirato 
al criterio della capacit� contributiva. Se il cittadino 
� tassato in quanto possiede una determinata 
ricchezza, non importa che questa abbia un'origine 
lecita o illecita. Osserva l'A. con incisive parole: 
� Lo Stato, prelevando una� quota della ricchezza 
illecitamente e turpemente conseguita, non si fa 
complice di un'attivit� contraria al diritto e alla 
morale pubblica, poich� non assorbe tali lucri a 
titolo di corrispettivo, n� si assume l'impegno di 
fornire per la loro riproduzione una protezione sociale 
o un compiacente non intervento. Esso si 
limita a chiedere a membri della collettivit� forniti 
di capacit� contributiva che compiano il loro 
dovere fiscale alla stessa stregua degli altri cittadini 
parimenti capaci )), 

La dottrina non tard� ad ammettere la tassabilit� 
del reddito derivante da attivit� immorali tollerate, 
ma si rifiut� di equipararvi, dapprima, le 
attivit� assolutamente vietate dalla legge: sarebbe 
stato <e assurdo che si comprendesse fra i redditi 
che debbono concorrere alle spese della sociale comunanza 
ci� che per legge non potrebbe avere 
esistenza)) (Quarta, ivi). 

Qui il Forte alle radici del problema ed esattamente 
ne addita la soluzione cc nella autonomia dogmatica 
del diritto finanziario dagli altri campi del 
diritto: privato, amministrativo e penale )). Di un 
determinato fatto, � rilevante agli effetti del diritto 

finanziario cc quel tanto della sua essenza economicosociale 
che soddisfa alla ratio legis del tributo )), 
Non � consentito dare rilievo ad elementi (quale 
l'illiceit� civile e penale) non considerati dalla norma 
tributaria, per accordare alla fattispecie da essa 
preveduta un'ingiustificata esenzione. 

L'.A. prosegue ricordando che anche la giurisprudenza 
fini col ritenere illogico distinguere fra attivit� 
contra bonos mores, tollerate e attivit� propriamente 
contra legem. Gi� con sentenza 17 maggio 
1911 (Di Nola -Finanze) il Tribunale di Napoli 
dichiar� tassabile il guadagno derivante da un traffico 
illegale di licenze d'importazione: cc sia pure il 
lucro fosse illecito, ma una volta che esso si � prodotto 
di fatto e non vi � mezzo per eliminarlo, non 
vi sarebbe ragione perch� si sottraesse anche alla 
legge tributaria ll. Tale orientamento si conserva 
immutato (conf. G�NNINI: Ist. di diritto tributario, 
Milano, 1951, 324, con richiami di giurisprudenza; 
Cass. 30 luglio 1952, n. 2402, Nicotra -Finanze, 
Dir. Prat. Trib. 1952, II, 284). 

Secondo il Forte, il problema della tassabilit� 
delle attivit� illecite si pone e va risolto ugualmente 
sia per l'imposta di R.M. e l'I.G.E. (che hanno dato 
luogo al maggior numero di decisioni), sia per ogni 
altro tributo: quali i dazi doganali, la tassa di registro 
(in base agli articoli 11 e 14 vi sono soggetti i 
contratti nulli per vizi imputabili alle parti e quindi 
anche i contratti illeciti), le tasse sulle concessioni 

g~vernative. 

La questione dell'efficacia dell'atto illecito nei vari 
campi del diritto � stato particolarmente approfondito 
in questi ultimi anni (1). 

Il De Oupis eveva sottolineato che l'identico fatto 
pu� essere diversamente valutato dal diritto privato e 
dal diritto pubblico (op. cit.). Da un lato la sanzione 
penale comminata al giuoco o all'esercizio di una 
professione da parte di non iscritto all'albo non im-. 
pedisce a tali attivit� di produrre effetti civilistici 

(1) CARRARO: Valore attuale della massima "fraus 
omnia corrumpit >>, "Riv. Trim. Dir. Proc. Civ� 1949, 
795; CALABRIA:, In tema di risarcibilit� dei danni derivanti 
ai vicini dall'esercizio di case di meretricio, �Foro 
Ital. 1950, IV, 60; SIMONOELLI SoIALoIA:. �Illiceit� del 
gioco d'azzardo autorizzate, ivi, 47; In.: Ancora suU'iUi-.-ceit� 
ecc., ivi, I 1934; V ALSEOOHI:. Sulla pretesa immoralit� 
del giuoco proibito e autorizzato, Temi 1950, 510; 
FRAGOLA: Rifiessione di atti amministrativi sul gioco di 
azzardo ed attivit� connesse, �Foro Ital. >>, 1951, I, 188, 
DE CUPIS: I rri'.levanza di atti e sanzioni di diritto pitbblico 
nella sfera del diritto privato, ivi, IV, 145). 

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-91



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(per esempio la soluti retentio). Inversamente, l'eventuale 
autorizzazione amministrativa toglie alla ge


. stione di bische o case di tolleranza l'illiceit� penale; 
ma ne lascia integra l'illiceit� civile, donde la nullit� 
dei relativi negozi e la risarcibilit� dei danni a terzi. 
La perspicua nota del Forte s'inserisce in questa 
corrente dottrinale e pone giustamente in luce l'autonomia, 
con la quale il diritto tributario valuta quei 
medesimi fatti economico-sociali, che il diritto civile 
e penale considera a tutt'altri fini. Non possiamo 
non aderire alla sua realistica tesi. 
Sembra, tuttavia, che non vengano citate a proposito 
dall'A., allo scopo di confortare la tesi stessa, 
numerose leggi fiscali, le quali dispongono per i casi 
di evasione che il contribuente, oltre alla pena pecuniaria, 
paghi anche l'imposta evasa (art. 55 T. U. 
finanza locale; 19, legge sulle radioaudizioni; 32, legge 
sull'I.G.E.; 145, legge sulle imposte doganali, ecc.). 
Non si vede quale connessione vi sia fra attivit� 
illeciti tassabili ed evasioni fiscali, salvo la circostanza 
estrinseca che il soggetto � ad un tempo colpito 
d� un tribiao e da una sanzione. Nel primo caso 
l'illiceit� � insita nella stessa attivit� costituente il 
presupposto del tributo: la gestione di una bisca � in 
s� contra legem ed � fonte diretta, oltre che di un 
guadagno tassabile, anche di sanzioni penali e civili 
(pene, nullit� di negozi, ecc.). Nel secondo caso invece 
l'illiceit� attiene non all'attivit� tassabile, ma ad un 
�fatto diverso e di regola posteriore, ossia all'evasione: 
una vendita di merci, un atto scritto sono per s� leciti, 
anche se non seguiti dal pagamento dell'I.E.G. o dalla 
registrazione; da essi discende l'obbligazione d'imposta, 
mentre solo l'inadempimento di questa d� luogo 
alla pena pecuniaria. 
Giustamente il Forte pone e risolve il problema del 
trattamento fiscale delle attivit� illecite ugualmente 
per qualsiasi tributo. Dissentiamo, peraltro, dall'opinione 
che l'esercizio abusivo di un'attivit� soggetta 
ad autorizzazione comporti il pagamento non solo 
della penale per la violazione del divieto, ma anche 
della tassa di concessione governativa che si sarebbe 
dovuta ove l'autorizzazione fosse stata rilasciata. 
In senso contrario sono la giurisprudenza dominante 
(vedi ad esempio Cass. � 31 marzo 1939 e 21 
giugno 1939 in � Giust. Penale�, 1940, III, 108 e 
420) e la prassi del Ministero delle Finanze, rivelata 
da due circolari 15 aprile 1948, n. 116964 e 31 Marzo 
1951, n. 148849 -quest'ultima oggetto di vivaci critiche 
del Forte -per cui la tassa � dovuta solo cc se 
ed in quanto sia stato emesso il provvedimento �. 
A favore della prassi ministeriale spezza una lancia 
con notevole padronanza della delicata materia, l'intendente 
di finanza Antonio De Luca (la causa giuridica 
della obbligazione tributaria nelle tasse sulle 

cc. gg., �Dir. Prat. Trib. �, 1952, I, 279). Questo 
contrasto fra la dottrina e la Finanza che si rifiuta 
di esigere un tributo sembra, ma non �, paradossale: 
poich� il motto cc giustizia nell'amministrazione � � 
spontaneamente fatto proprio dalla grande maggioranza 
dei pubblici funzionari. 
Il Forte configura le tasse sulle cc. gg. come vere e 
proprie imposte. La norma che le ri�ollega all'atto di 
concessione od autorizzazione sarebbe cc di mero diritto 
formale�, poich� il loro real� presupposto consisterebbe: 
a) nel beneficio della percezione di utili monopolistici 
mediante l'esercizio di attivit� economiche vietate alla 

generalit� dei cittadini; b) nella capacit� contributiva 
rivelata dall'esercizio delle stesse. Anche chi esercita 
dette attivit� senza licenza percepisce quei tali utili 
monopolistici e rivela tal capacit� contributiva: ponendo 
quindi in essere, sia pur illegalmente, il presupposto 
del tributo. 

Alla configurazione delle tasse in questione come 
imposte il De Luca oppone penetranti critiche. Il 
beneficio puo anche mancare (si pensi a chi si uccide 
con l'arma, di cui ha ottenuto il porto) o non essere 
economico (es. autorizzazione a trasportare un cadavere). 
La capacit� contributiva � irrilevante per la 
legge, la quale certo non consentirebbe lo sgravio del 
tributo a chi pur dimostrasse di non aver svolto l'attivit� 
autorizzata o di non averne realizzato un lucro. 

Possiamo aggiungere che � erroneo sottovalutare la 

c. d. norma di diritto formale determinatrice del presupposto, 
e che � assai pericoloso ricercare quest'ultimo 
altrove col sussidio della scienza delle finanze, 
usando quall' audace tecnica interpretativa, cui il 
Forte d� il nome espressivo di cc integrazione ii. 
L'art. 1 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3279 stabilisce: 
�Le concessioni governative, le autorizzazioni, 
gli atti, le dichiarazioni ed i provvedimenti amministrativi 
designati nelle annesse tabelle sono soggetti 
alle tasse in esse determinate ii. La norma sembra chiaramente 
designare la causa giuridica della tassa nell'emissione 
del provvedimento, il cui costo viene in 
tutto o in parte fatto sostenere all'interessato. Se dunque 
l'atto non � emanato, non si � verificato il presupposto 
della tassa, che non appare quindi dovuta. 

G. O. 
P. 
D'ONOFRIO: Commento al Codice di procedura 
civile, vol. I, p. 639 e vol. II, p. 559. Torino, 
U.T.E.T., 1952. 
Questa terza edizione, dopo il rapido esaurimento 
della seconda del 1951, conserva tutti i pregi della 
precedente, ed appare migliorata da un accurato 
aggiornamento giurisprudenziale e dottrinario. A 
riprova dell'attualit� di taluni richiami, baster� 
ricordare che l'A. ha affrontato il quesito dell'ammissibilit� 
di un decreto ingiuntivo da notificare nel 
territorio libero di Trieste, e correlativamente il 
problema della sovranit� italiana su tale territorio: 
e l'ha risolto in senso affermativo, tenendo conto 
di recentissime decisioni di Londra, aggiornate fino 
al momento del licenziamento delle bozze (Capodanno 
1953). Per incidenza, si osserva che l'Amministrazione 
ha altre volte chiesto ed ottenuto senza 
difficolt� sequestri a giudici italiani, da eseguire a 
Trieste; il Governo militare alleato si limita, in tali 
casi, ad autorizzarne la materiale esecuzione. 

Una recensione dell'intera opera richiederebbe pi� 

spazio di quanto ci � consentito. Limitandoci ad al


cune delle questioni di particolare interesse per l'Av


vocatura, si rileva che l'A. dichiara di concordare 

con la giurisprudenza dominante della Suprema �Corte, 

in ordine all'insanabilit� della nullit� di notificazione-


della citazione direttamente alla Pubblica Amministra


zione, anche in caso di comparizione dell'Avvocatura. 

L'esame delle situazioni che si verificano in caso 

di litisconsorzio, con citazione regolare rispetto ad una 



CT ;,,,

mii !EH&� fil SE Z LEU 

-

delle parti e nulla rispetto alla Pubblica Amministra


zione, non viene, per�, affrontato. Si puo rilevare che 

questo problema � particolarmente interessante in sede 

di impugnativa e in cause inscindibili, dovendosi 

decidere se la nullit� della notificazione faccia passare 

in giu-dicato la sentenza rispetto alla Pubblica Ammi


nistrazione, ovvero sia ancora aperto l'adito ad una 

rinnovazione in via di integrazione. La Cassazione, 

che con sentenza 31 luglio 1947, n. 1337 (�Foro It. � 

1948, I, 102) aveva ritenuto addirittura superflua 

l'integrazione, considerando regolare la comparizione 

dell'Amministrazione in giudizio nonostante la nul


lit� del ricorso, successivamente mut� giurisprudenza, 

dichiarando non solo impossibile l'integrazione per 

consumazione dell'impugnativa, ma travolgendo nel


l'inammissibilit� anche il ricorso regolarmente notifi


cato al litisc'onsorte (sentenza 9 dicembre 1950, n. 

2698, �Foro padano�, 1951, I, 131; per le cause 

scindibili, vedi sentenza 8 agosto 1952, n. 2598). 

Circa le notificazioni delle sentenze alla Pubblica 

Amministrazione, l' A. ritiene che esse debbano essere 

fatte al procuratore presso l'Avvocatura, ma ricono


sce che non occorre indicare nominativamente il pro


curatore dello Stato, trattandosi di ufficio fitngibile. 

Questa questione, per la v.erit� alquanto sottile, sem


bra risolta dalla legge speciale (art. 11 T. U. 30 otto


bre 1933, n. 1611) nel senso che la notificazione 

possa essere fatta genericamente all'Avvocatura. 

Notiamo qui che la sentenza del Pretore di Palermo, 

10 maggio 1949 (�Foro It. �, 1950, I, 248) che ritenne 
valida la notificazione di una sentenza di conciliatore 
direttamente alla Pubblica Amministrazione, 
anzich� al procuratore costituito, come stabilisce il 
� nuovo Codice di rito, � stata confermata dalla Corte 
Suprema con la sentenza 24 marzo 1952, n. 796, 

non citata dall'egregio A. 

Sempre in tema di notificazioni alla Pubblica Am


ministrazione l'A. segnala l'uniformit� della giuri


sprudenza della Corte Suprema in ordine alla neces


sit� della notificazione del ricorso per cassazione al


l'Avvocatura Generale, e non alla distrettuale. 

Viene a tale riguardo richiamata come ultima la 

sentenza 23 luglio 1951, n. 2130, della Cassazione, 

che peraltro � stata seguita da pi� recenti decisioni, 

tutte conformi (sentenza 15 marzo n. 710, 30 maggio 

n. 1558, 8 agosto n. 2598, 12 agosto n. 2684, tutte 
del 1952). 
Per contro, la revisione dell'A., rispetto alla precedente 
edizione 1951, appare pi� accurata in ordine 
alla diretta impugnabilit� in Cassazione dalle sentenze 
delle giurisdizioni speciali, in virt� dell'articolo 
111 della Costituzione. La distinzione tra sentenze 
e provvedimenti di altra natura � esattamente impostata: 
cfr. in argomento la sentenza della Cassazione 
5 luglio 1952, n. 2025, non citata dal'Autore. Altrettanto 
aggiornato � lo stato della giurisprudenza 
sul noto dissenso fra Cassazione e Consiglio di Stato 
circa la permanenza dell'art. 429 n. 3 e 4 C.p.c. 
(controversie di lavoro e di impiego di dipendenti da 
enti pubblici). Mentre la precedente edizione portava 
una lunga trascrizione di brani di decisioni dell'uno 
e dell'altro Supremo Consesso, nell'edizione attuale 
l'A. ha opportunamente preferito sostituirvi ampie 
note di richiami a recenti studi, aggiornando la giurisprudenza 
fino alle sentenze della Cassazione a 
Sezioni Unite 9 giugno 1952, n. 1644 e 1645. 

92 

La parte relativa all'ingiunzione amministrativa 
regolata dalla legge del 1910, trattata in occasione del 
richiamo fattone dall'art. 635 C.p.c., pu� sembrare 
succinta, ma � sufficiente ad orientare verso le varie 
questioni. Forse sarebbe stato utile ag9iornare i richiami 
dottrinali, dato che sull'ingiunzione amministrativa 
si sono avuti, dopo lo scritto del Micheli 
citato dall'A. (<< Giur. it. � 1949, I, 588) sentenze e 
studi pi� recenti (� Giur. it. �, 1951, I, 1, 598; �Giur. 
Compl. Cassaz. civ. �, 1950, II, p. 369). Recentissime 
sono poi, in materia, le sentenza 12 gennaio 1953 e 
16 dicembre 1952 della Corte Suprema (� Leg. Fisc. �, 
1953, 253 e 250) che ribadirono l'ordinaria competenza 
per valore nelle controversie di opposizione ad 
ingiunzione per le entrate patrimoniali. � 

Gli argomenti su cui sembrerebbe opportuna una 
pi� ampia trattazione sono rari, giacch� lo studiono 
� in grado di trovare nell'opera sufficienti chiarimenti 
su ogni questione. L� dove la precedente edizione era 
inspiegabilmente muta (come sulla questione della proponibilit� 
delle azioni possessorie contro la Pubblica 
Amministrazione), la nuova edizione provvede a colmare 
la lacuna con opportuni accenni. Sempre a 
proposito delle azioni possessorie, l'A. afferma genericamente 
la proponibilit� di tali azioni contro la 
Pubblica Amministrazione, quando non operi in forza 
di atto amministrativo, richiamando le sentenze 11 
agosto 1951, n. 2507 e 12 febbraio 1952 n. 352 della 
Cassazione. 

Per la verit�, ia seconda di tali sentenze riconferma 
l'improponibilit� delle azioni possessorie contro meri 
atti di esecuzione, affermando che �non � possibile 
attribuire all'atto di esecuzione, compiuto dalla Pubblica 
Amministrazione per realizzare la sua pretesa 
contro il privato, natura diversa dall'atto che tale 
pretesa pone in essere in forma di per s� coattiva; 
come atto amministrativo � l'uno, cos� atto amministrativo 
� l'altro�. Ad ogni modo, sembra difficile configurare 
un operato della Pubblica Amministrazione, 
indipendente da un atto amministrativo, anche se non 
voglia ritenersi che il semplice fatto sia, di per s�, 

. una espressione di volont� della Pubblica Amministrazione, 
come tale non revocabile dal giudice ordinario. 
Riteniamo che l'argomento potesse meritare pi� 
ampio sviluppo (cfr. Cass. 3 giugno 1950, n. 360, in 
� Giur. Compl. Cassaz. civ. ))' 1950, III, p. 269 
con nota; cfr. pure �Foro it. � 1951, I, pag. 395 e 
�Foro Amm. � 1952, I, 2, 13 con nota critica alla 
sentenza 11 agosto 1951, n. 2507). 

Comunque, � appena il caso di osservare che questi 
rilievi, assolutamente marginali e concernenti questioni 
del tutto particolari, non tolgono nulla alla 
bont� dell'opera, che � di indiscussa utilit� pratica, 
e presentata con la consueta accuratezza tipografica 
dall' U.T.E.T.. 

A. C. 
M. 
FRAGALI A. V ARANESE: Codice delle leggi sulla 
industria e sul commercio, 1952,..Giuffr�, Milano. 
La legislazione sull'industria e sul commercio interno 
ed esterno non aveva ancora ricevuto in Italia 
una ricostruzione sistematicamente completa. 

Qualche precedente raccolta si riferiva esclusivamente 
a determinati settori dell'industria e del 


-93



commercio (brevetti per invenzioni industriali, com-. 
mercio ambulante, frodi in commercio, ecc.) senza 
offrire uno sguardo panoramico e, nello stesso tempo, 
particolareggiato della vastissima legislazione 
esistente sull'argomento. 

Questo codice, aggiornato al 31 dicembre 1952, 
viene a colmare tale lacuna e costituisce la prima 
raccolta organica della legislazione in materia di 
industria e commercio. 

Esso � costituito da una parte generale, contenente 
gli articoli della Costituzione e degli Statuti 
regionali che si . riferiscono a.Ua materia trattata, 
e di sei libri: Libro I: L'Amministrazione dell'industria 
e del commercio (L'amministrazione governativa; 
L'amministrazione autarchica; L'amministrazione 
dei monopoli dello Stato; L'organizzazione 
amministrativa all'estero). Libro II: L'industria e il 
commercio in generale (I censimenti economici; IJ'impresa 
in generale; Le societ� commerciali; I consorzi; 
Le disposizioni generali in materia di insolvenza). 

�Libro III: L'industria in particolare (La propriet� 
industriale; Le servit� per utilit� industriale; La 
ripresa industriale; L'industrializzazione dell'Italia 
meridionale ed insulare; Le zone industriali; Le medie 
e le piccole industrie e l'artigianato; Le industrie 
pericolose o insalubri; Le limitazioni all'impiego delle 
materie prime). Libro IV: Il commercio interno 
in particolare (Gli usi commerciali; Le licenze di 
commercio; I pesi e le misure; L'esercizio del com


mercio; Gli istituti di agevolazione del commercio; 
Le scorte statali per gli approvvigionamenti interni). 
Libro V: I singoli settori dell'industria e del commercio 
interno (Le miniere; I metalli preziosi; Gli 
impianti elettrici; L'industria siderurgica, meccanica, 
edilizia, tessile, chimica, farmaceutica, della 
gomma, della carta, delle sostanze di uso agrario, 
degli alimentari ecc.). Libro VI: Il commercio con 
l'estero (I divieti di importazione e di esportazione; 
Gli scambi in compensazione generale e privata; 
Le operazioni di reciprocit�; Le disposizioni speciali 
per le importazioni e le esportazioni; La garanzia 
dei crediti e dei rischi di cambio; Le importazioni 
e le esportazioni temporanee). 

Come pu� constatarsi da questo breve sommario, 
la raccolta si distingue innanzi tutto per la sua 
esauriente completezza, per la sistematica adottata 
che risulta scientificamente esatta, per la ricostruzione 
unitaria dei testi pi� disparati riguardanti 
lo stesso argomento ed, in modo particolare, 
per l'ampio ed accurato indice e per quelli sistematico 
e cronologico che rendono. facile ed agevole l� 
consultazione del volume. 

Se una raccolta legislativa, in quanto tale, non 
pu� che contenere testi normativi, questo codice 
realizza, inoltre, con il sistema adottato dagli .Autori, 
la concreta esposizione della disciplina dei 
singoli istituti e pertanto costituisce un utile strumento 
di studio e di lavoro. 

.A. T. 



-96 



APPALTI E FORNITURE � Eccessiva onerosit� . 
Risoluzione � Applicazione ai contratti di fornitura 
con la Pubblica Amministrazione. (Corte di Cassazione, 
Sez. I, Sent. n. 2116/52 -Pres.: Cannada-Bartoli; 
Est.: Chieppa; P.M.: Reale. -Amministrazione 
della Difesa-Esercito c. Carf�). 

L'applicabilit� dell'art. 1467 O.e. relativa alla 
eccessiva onerosit� sopravvenuta, non contrasta con 
la disciplina dei contratti tra privati e Pubblica 
Amministrazione, n� � invocabile in contrario il 
principio della invariabilit� dei prezzi o l'ostacolo 
a scopi di pubblico generale interesse. 

La motivazione della surriportata sentenza, non � 
molto persuasiva. 

Si trattava della forni tura di una certa quantit� (ii 
vino a consegna in aliquote determinate, ad �epoche 
indicande dall'Amministrazione creditrice, e del rifiuto 
del fornitore di proseguire nelle consegne, fatte 
alcune di queste, a causa del forte rincaro della merce. 

Dal fornitore si invocava, e dall'Amministrazione 
si negava, l'applicabilit� dell'art. 1467 O.e. 
Per ritenere applicabile l'art. 1467 l'annotata sentenza 
ha seguito in sintesi i sottoindicati criteri: 

a) i contratti della Pubblica Amministrazione 
soggiacciano a tutte le norme dei civili contratti, ove 
non derogate da legge o da patto particolare. La specie 
pertanto dell'art. 1467 O.e. si applica ad essi, 
tanto pi� che nella materia dei contratti con la Pubblica 
Amministrazione � sorto, prima ancora che 
esistesse l'art. 1467 O.e., l'espediente della revisione 
dei prezzi, con cui ovviare ad una insorta iniquit�; 

b) nei contratti della Pubblica Amministrazione, 
a consegne ripartite, per i quali non vige l'apparato 
legislativo della revisione amministrativa dei prezzi, e 
quando, nella specie, in essi non sia contenuto alcun 
patto circa la revisione, sussiste integro il diritto del 
forni tor e alla risoluzione per eccessiva sopravvenuta 
onerosit�; � 

e) fosse pure generale ed inderogato il principio 
della invariabilit� dei prezzi nei contratti con la Pubplioa 
Amministrazione, esso funzionerebbe solo come 
divieto di stabilire nuovi prezzi non gi� come divieto 
di risoluzione per le cause previste dalla legge fra le 
quali quelle dell'art. 1467 O.e.; 

d) rimane a salvaguardia del pubblico generale 
interesse la possibilit� per la Pubblica Amministrazione, 
di mantenere in vita il contratto offrendone 
l'equa modificazione a' sensi delVultimo oapov. dell'art. 
1467 e.e. 

Le ragioni per cui la Suprema Corte abbia ritenuto 
di abbandonare il contrario insegnamento di cui alla 
sentenza della stessa sezione 19 agosto 1950, presidente 
Pellegrini, estensore JJ'ibbi; Granata o. Ministero Difesa-
Esercito (in questa Rassegna, 1950, p. 221) 
resa in una fattispecie del tutto analoga non sono 
chiare. 

In quel precedente la Suprema Oorte ha ritenuto 
inesperibile l'azione di risoluzione per eccessiva onerosit� 
di ohe all'art. O.o., per valida rinuncia preventiva, 
in quanto introducendosi pattiziamente nel 
rapporto un ooefficente di assoluta incertezza nel rischio 
consistente nella assunzione dell'alea per ogni 
evento anche il pi� anormale, il rapporto assumeva 
figura e contenuto aleatorio vero e proprio e veniva 
sottratto all'applicazione dell'art. 1467 O.e. 

L'elemento alteratore dell'originaria figura del rap~ 
porto commutativo era individuato nell'art. 31 delle 
Condizioni Generali per le forniture militari (approvate 
con D.M. 30 giugno 1930) il quale, sotto il titolo 
della invariabilit� dei prezzi, cos� dispone: � i prezzi 
contrattuali si intendono accettati ddlla ditta a tutto 
suo rischio e pericolo e sono. quindi invariabili nel 
modo piu assoluto ed indipendenti da q�alsiasi eventualit� 
e circostanze che la ditta non abbia tenuto 
presente. La ditta perci� non avr� ragione di pretendere 
sopraprezzo od indennit� speciali di nessun genere 
per aumento anche eccessivo di materie prime o 
lavorate o della mano d'opera ll, eco. ecc. Tale elemento 
alteratore sussisteva in quella come in questa fattispecie. 


Per giustificare l'abbandono da parte della annotata 
decisione, della via seguita in precedenza non pu� 
invocarsi ohe una delle seguenti due tesi: o che il diritto 
di chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva 
onerosit� sia irrinunciabile, non importa per quale 
ragione (ma una tale tesi contrasterebbe con l'art. 1469 

O.o. ohe eccettuando dall'art. 1467 O.e. i contratti 
aleatori individua questi non solo nei contratti tali 
per loro natura ma anche in quelli che lo siano divenuti 
per volont� della parti, accordando al riguardo, 
a queste, la pi� ampia autonomia; d'altronde tale �tesi 
non sembra adombrata nella annotata sentenza); o ohe, 
invece, (ed appare qiwsta la via seguita) l'alea assunta 
dalla debitrice impresa riguardi un solo aspetto e,� 
cio�, quello della invariabilit� dei prezzi, non l'altro 
conseguente aspetto di soggiacere al contratto anooroh� 
a prezzi variati. 
A tale concetto peraltro pu� obiettarsi che un'alea, 
ohe si concluda con l'assumere a tutto proprio rischio 
e pericolo la determinazione del prezzo talch� quest'ultimo 
sia invariabile per qualsivoglia motivo, deve di 
necessit� portare all'effetto che l'obbligato sia tenuto 
all'osservanza del contratto ancoroh� divenuto dannoso: 
altrimenti ...... non � un'alea. 

L'indagine, dunque, cade sul punto se {{ l'invariabilit� 
dei prezzi, a tutto proprio rischio e pericolo, per 
qualsiasi motivo � posta a base di un contratto, sposti, 
oppur no, quest'ultimo nelle categorie dei contratti 
aleatori descritte dallo art. 1469 O.e. , quindi se con 
tale clausola venga o no assunta una effettiva alea. 

Il senso piano delle parole starebbe per l'affermativa; 
per negarlo occorrerebbe una impostazione press' a poco 
nei seguenti termini: ohe l'invariabilit� del contratto, 
nel suo insieme e nelle sue singole clausole, sarebbe 
gi� un effetto naturale del contratto e sarebbe addirittura 
inutile il sanzionarla con un'apposita clausola 
(quest'ultima, se adottata, non comporterebbe l'assunzione 
di un'alea diversa da quella normale); ohe d'altra 
parte anche l'istituto della reductio ad aequitatem 
sarebbe ormai un effetto naturale del contratto (re� 
stando indifferente il mezzo adottato dal legislatori 
per attuarla, e -Oio�, generalmente e salva l'eccezion 
di modificazione, con l'azione di risoluzione, e in oas 
particolari con l'azione di modificazione); che l'arml 
nia dei due predetti effetti naturali comporterebbe l 
compatibilit� di una clausola di invariabilit� dei pre 
zi con la possibilit� di una reductio ad aequitater 
che le eventuali formule qualificative della clausola 
invariabilit�, e cio� l'{{ a tutto rischio � rmrwolo �, 
�per qualsiasi motivo �, ecc. potrebbero essere int 
pretate, per salvare la predetta armonia (il che 



=m mw n mr ucmrnnmrmrm fjj u 

-93 


nmm; :m mum; , 

commercio (brevetti per invenzioni industriali, com-�� 
mercio ambulante, frodi in commercio, ecc.) senza 
offrire uno sguardo panoramico e, nello stesso tempo, 
particolareggiato della vastissima legislazione 
esistente sull'argomento. 

Questo codice, aggiornato al 31 dicembre 1952, 
viene a colmare tale lacuna e costituisce la prima 
raccolta organica della legislazione in materia di 
industria e commercio. 

Esso � costituito da una parte generale, contenente 
gli articoli della Costituzione e degli Statuti 
regionali che si . riferiscono alla materia trattata, 
e di sei libri: Libro I: L'Amministrazione dell'industria 
e del commercio (L'amministrazione governativa; 
L'amministrazione autarchica; L'amministrazione 
dei monopoli dello Stato; L'organizzazione 
amministrativa all'estero). Libro II: L'industria e il 
commercio in generale (I censimenti economici; Vimpresa 
in generale; Le societ� commerciali; I consorzi; 
Le disposizioni generali in materia di insolvenza). 

�Libro III: L'industria iri particolare (La propriet� 
industriale; Le servit� per utilit� industriale; La 
ripresa industriale; L'industrializzazione dell'Italia 
meridionale ed insulare; Le zone industriali; Le medie 
e le piccole industrie e l'artigianato; Le industrie 
pericolose o insalubri; Le limitazioni all'impiego delle 
materie prime). Libro IV: Il commercio interno 
in particolare (Gli usi commerciali; Le licenze di 
commercio; I pesi e le misure; L'esercizio del com


mercio; Gli istituti di agevolazione del commercio; 
Le scorte statali per gli approvvigionamenti interni). 
Libro V: I singoli settori dell'industria e del commercio 
interno (Le miniere; I metalli preziosi; Gli 
impianti elettrici; L'industria siderurgica, meccanica, 
edilizia, tessile, chimica, farmaceutfoa, della 
gomma, della carta, delle sostanze di uso agrario, 
degli alimentari ecc.). Libro VI: Il commercio con 
l'estero (I divieti di importazione e di esportazione; 
Gli scambi in compensazione generale e privata; 
Le operazioni di reciprocit�; Le disposizioni speciali 
per le importazioni e le esportazioni; La garanzia 
dei crediti e dei rischi di cambio; Le importazioni 
e le esportazioni temporanee). 

Come pu� constatarsi da questo breve sommario, 
la raccolta si distingue innanzi tutto per la sua 
esauriente completezza, per la sistematica adottata 
che risulta scientificamente esatta, per la ricostruzione 
unitaria dei testi pi� disparati riguardanti 
lo stesso argomento ed, in modo particolare, 
per l'ampio ed accurato indice e per quelli sistematico 
e cronologico che rendono. facile ed agevole l� 
consultazione del volume. 

Se una raccolta legislativa, in quanto tale, non 
pu� che contenere testi normativi, questo codice 
realizza, inoltre, con il sistema adottato dagli Autori, 
la concreta esposizione della disciplina dei 
singoli istituti e pertanto costituisce un utile strumento 
di studio e di lavoro. 

A.T. 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Foro dello Stato Intervento 
in causa -Intervento volontario e intervento 
coatto. (Corte di Cass., Sez. I, Sent. n. 1506/52Pres.: 
Piacentini; Est.: Chieppa; P.M.: Malacuso. Pastore 
c. Ferrovie dello Stato). 

Secondo l'art. 8 del T.U. 30ottobre1933, n. 1611, 
le norme ordinarie di competenza, in deroga alle 
disposizioni sul Foro dello Stato, rimangono ferme 
nei casi di volontario intervento in causa di una 
Amministrazione dello Stato. 

Questa ipotesi di volontario intervento (art. 105 
C.p.c.), nella sostanziale identit� della situazione 
giuridica e della ratio legis, deve intendersi comprensiva 
del caso nel quale l'Amministrazione dello 
Stato intervenga soltanto di fatto (art. 106 C.p.c.) 
od anche jussu judicis (art. 107 C.p.c.) ed accetti 
di stare in causa innanzi al giudice adito. 

Nella specie l'Amministrazione delle Ferrovie dello 
Stato era stata chiamata in garanzia. Doveva perci� 
applicarsi il capoverso dell'art. 6 del T. U. 30 ottobre 
1933, n. 1611; e poich� l'Amministrazione non� aveva 
chiesto lo spostamento della competenza al Foro dello 
Stato, era perfettamente legittima la continuazione del 
processo presso il giudice previamente adito. 

Sembra invece eccessiva l'affermazione, peraltro 
inutile, della Corte Suprema secondo la quale l'ipotesi 
di volontario intervento della Pubblica Amministrazione 
sia equivalente alle altre ipotesi di intervento cos� 
detto coatto (ad istanza di parte o invero jussu judicis), 
ai fini di determinare l'applicazione delle norme ordinarie 
di competenza in deroga al Foro dello Stato. 

Per quanto ci risulta esiste un solo precedente in 
una sentenza della Corte Suprema resa sotto l'impero 
del vecchio codice di procedura civile (sentenza n. 
3100 del 25 novembre 1938, settimana della Cassazione, 
1939, col. 111), nella quale si afferma che 
�lq, deroga alla norma generale nel caso di intervento 
non pu� intendersi se non in relazione ad una 
partecipazione volontaria della P.A. ad un giudizio 
vertente tra altre parti, e determinata da una sua spontanea 
valutazione dell'opportunit� di non avvalersi dellaprerogativa 
che le compete �. Nella massima che si 
riferisce a questa sentenza, � esplicitamente ~affermato 
che le norme ordinarie di competenza rest~no ferme 
solo nei casi di intervento volontario e non nei casi 
di intervento coatto. 

Deve peraltro notarsi che con sentenza n. 329 del 

12 febbraio 1953 la Corte Suprema ha riaffermato 

che l' � intervento di un terzo per ordine del giudice 
(art. 107 C.p.c) � obbligatorio solo nelle ipotesi di litisconsorzio 
necessario �. Con tale sentenza sembra che 
la Corte abbia voluto riconfermare il principio, d'altronde 
seguito da una parte della dottrina (V. D'ONOFRIO: 
Commento al Codice di procedura civile, articoli 
105, 106, 107), secondo il quale sia l'intervento su 
istanza di parte, sia l'intervento per ordine del giudice 
(fuori del caso di litisconsorzio necessario) si 
fondano, in sostanza, sulla spontanea adesione al 
processo della parte chiamata e pertanto debbono equipararsi 
ad un intervento volontario. 

Come si vede, si tratta di questione delicata, e 

� 
poich� nessuno pu� essere costretto ad intervenire 
in una causa vertente tra altre persone, sembra logico 
che, nei casi in cui l'Amministrazione sia chiamata 
in causa per ragioni diverse da quella della chiamata 
in garanzia, ove non vi siano motivi particolari 
che consiglino l'intervento, sia conveniente astenersi 
dall'intervento stesso, quando si voglia conservare 
il privilegio del Foro dello Stato. 


. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO -Ufficio Stralcio 
per la liquidazione delle soppresse organizzazioni 
sindacali fasciste; rappresentanza in giudizio -Cassazione; 
nullit� del ricorso per omessa notificazione 
presso l'Avvocatura generale dello Stato; causa 
inscindibile; ammissibilit� del ricorso. (Cassaz., Sez. 
Un. Civ., 18/1-7/3-1953; Pres.: Anichini; Re!.: Moscati; 
P. M.: Pafundi -Associazione Nazionale Enti 
Economici dell'Agricoltura (A.N.E.E.A.) e Consorzio 
Agrario provinciale di Parma contro Ufficio stralcio 
per la liquidazione della soppressa Confederazione 
fascista degli agricoltori -Ministero del Lavoro 
e della Previdenza Sociale e Ministero dell'Agricoltura 
e Foreste). 

La nullit� della notifica del ricorso per cassazione 
verificatasi nei confronti di uno solo dei resistenti, 
anche se questo sia un'amministrazione 
dello Stato, non determina di per se la inammissibilit� 
del gravame ed impone soltanto aJ ricorrente � 
d'integrare il giudizio ai termini dell'art. 331 C. 

p. c., integrazione per altro non pi� necessaria se 
il resistente, al quale il ricorso sia�� stato ir.!'egglarmente 
notificato, siasi costituito in giudizio. La 
fattispecie sottoposta all'esame delle Sezioni 
Unite della Cassazione era davvero singolare e 
possiamo dire costituisse un caso limite. La Confe




-95


derazione degli agricoltori in liquidazione, in persona 
dei Commissari liquidatori, aveva impugnato con 

�ricorso al Consiglio di Stato il provvedimento del 
Ministro dell'Agricoltura e Foreste, che aveva convalidato 
alcuni atti di disposizione di beni, avvenuta 
sotto il governo della r.s.i., deducendone l'illegittimit� 
per incompetenza del Ministero. Nelle more del 
giudizio ai Commissari liquidatori era stato sostituito 
l'Ufficio stralcio, organo statale, ma, per l' evidente 
confiitto d'interesse, si era ritenuto opportuno 
che nella discussione del ricorso l'ufficio stralcio fosse 
assistito da avvocato del libero foro. 

La nullit� del ricorso per Cassazione notificato 
all'ufficio stralcio presso il predetto avvocato era 
stata sostenuta; in forza dei principi generali, con 
due ordini di motivi: perch� competente a giudicare 
della persistenza del confiitto d'interessi era esclusivamente 
la pubblica amministrazione, e, pertanto, 
il ricorso, essf}ndo l'ufficio stralcio un organo statale, 
doveva essere notificato allo stesso presso l'Avvocatura 
generale dello Stato; perch� la nullit� del ricorso ne 
importava l'inammissibilit�, ancorch� si trattasse 
di causa inscindibile, e ci� sopratutto perch� i Ministeri 
del lavoro e dell'agricoltura, resistenti nel giudizio, 
in cui l'ufficio stralcio era ricorrente, conservavano 
la stessa situazione di opposizione nel giudizio 
di Cassazione e non potevano considerarsi 
consorti in lite dell'ufficio straclio. La Corte ha 
accolto il primo motivo, ma ha rigettato il secondo 
con una motivazione, che possiamo ritenere di specie 
e che non sembra contrasti con il principio recentemente 
affermato della inammissibilit� del ricorso, 
non notificato presso l'Avvocatura generale dello 
Stato, nei confronti di tutte le parti ancorch� si fosse 
trattato di causa inscindibile (Oass. I Sez. Anichini; 
Est. Di Liberti; P.M. Gasoli, 9 dicembre 1950, 

n. 2698: Leo -Ministero lavori pubblici e Pastigliano, 
in �Foro Padano�, 1951, I, 131). L'annotata 
sentenza, infatti, ritenne decisivo il rilievo 
che la decisione impugnata era stata pronunziata 
anche in confronto di altre amministrazioni dello 
Stato e che a questa il ricorso era stato regolarmente 
notificato presso l'Avvocatura generale dello Stato. 
Al principio generale affermato con la sentenza 
n. 2698 del 1950 (la questione � stata nuovamente 
sottoposta alla Corte di Cassazione, Sez. I, relativamente 
al ricorso Gambacciani -Esattoria comunale 
di Poggio Bracciolini e Finanze, discusso alla 
udienza del 10 marzo 1953 e di cui s'ignora l'esito) 
la Corte avrebbe, quindi, apportato un temperamento 
nel senso, cio�, di ritenere ammissibile il ricorso 
quando lo stesso fosse stato regolarmente notificato 
ad altra amministrazione dello Stato. Riteniamo, 
infine, che, sia pure implicitamente, la Corte abbia 
confermato la natura di organi statali degli uffici 
stralcio per il compimento delle operazioni di liquidazione 
delle soppresse, ma non ancora giuridicamente 
estinte, associazioni sindacali fasciste (�Rassegna 
Avvocatura �, 1952, � p. 190). Per una pi� 
completa intelligenza delle questioni trattate si reputa 
opportuno trascrivere, per la parte che interesse, 
la pregevole motivazione della sentenza: 
cc Per pervenire a tale illazione non preme accertare 
se gli uffici stralcio costituiti con decreto ministeriale 
del 25 giugno 1946 in esecuzione dell'art. 5 

D. L. 10 dicembre 1947, n. 1611, del Capo Provvisorio 
dello Stato, per il compimento delle operazioni 
di liquidazione delle soppresse ma non ancora giuridicamente 
estinte associazioni sindacali fasciste siano 
organi dell'amministrazione statale sia pure con 
patrimonio distinto e se quindi gli atti -giudiziari 
che contro di esse vengano proposti debbano a norma 
dell'art. 11 del decreto 30 ottobre 1933, n. 1811, 
innovativo rispetto all'art. 25 del D. L. 30 dicembre 
1923, n. 2828 venire inderogabilmente notificato 
presso l'Avvocatura generale dello Stato sotto pena 
d'inammissibilit� rilevabile anche d'ufficio e non 
sanabile neppure con la comparizione degli intimati. 
� Anche a voler in ipotesi ed in analogia di quanto 

� stato praticato per la liquidazione degli enti colo


niali riconoscere detta qualifica all'Ufficio Stralcio 

a mezzo del quale lo Stato proponendovi propri fun


zionari ha assunto il compito di espletare e portare 

a termine in sostituzione del Commissario liqitida


tore la liq,uidazione della Oonf ederazione Nazionale 

degli Agricoltori � decisivo il rilievo che la sentenza 

ora denunziata fu pronunziata anche in confronto 

di altre amministrazioni dello Stato (Ministero 

dell'Agricoltura e Foreste e Ministero del Lavoro 

e della Previdenza Sociale) alle quali i ricorsi ven


nero notificati in termine e regolarmente nel loro 

domicilio legale onde l'Avvocatura si ebbe ben due 

notifiche dei medesimi ricorsi. 

cc Ben vero che pur essendo stato nella fase del 

giudizio innanzi al Consiglio di Stato affidato il 
patrocinio dei liquidatori della Confederazione ed 
avvocatura del libero foro per un supposto confiitto 
d'interessi con le altre suindicate amministrazioni 
dello Stato della permanenza o meno di tale confiitto 
non erano arbitri a giudicare i ricorr.enti cui perci� 
incomba l'obbligo di attenersi alle regole dettate negli 
articoli 299 e 300 O.p.c. ma non meno vero nel caso 
�che nei rapporti tra Ufficio Stralcio e Ministeri della 
agricoltura e del lavoro la causa non pu� non riguardarsi 
come inscindibile non potendo il decreto emesso 
dai due Ministeri restare valido per essi e nullo per 
l'Ufficio Stralcio nei cui confronti fu emesso e vice


versa. 

cc Soccorre quindi il criterio gi� altra volta pro


clamato in analoghi riscontri di queste. Sezioni se


condo cui la nullit� della notifica del ricorso per cassa


zione verificatasi in confronto di uno solo dei resi


stenti anche se questo sia un'Amministrazione dello 

Stato non determina di per se la inammissibilit� 

del gravame ed impone soltanto al ricorrente d'inte


grare il giudizio ai termini dell'art. 331 O.p.c. inte


grazione per altro non pi� necessaria se il resistente 

al quale il ricorso sia stato irregolarmente notificato, 

siasi costituito in giudizio come si � verificato nella 

specie dimostrando in tal modo di aver avuto piena 

conoscenza del ricorso stesso. 

cc Ne pu� riconoscere pregio alla sottile distinzione 
delle parti, prospettata dall'avvocato generale con 
riferimento alla posizione processuale tenuta dai 
liquidatori e dai due Ministeri nel giudizio-vertito 
avanti il Consiglio di Stato giacch� � innegabile che in 
questa sede tutti e tre gli enti statali assumono 
la eguale e comune veste di resistenti �. 

G. GUGLIELMI 

-96 


APPALTI E FORNITURE -Eccessiva onerosit� Risoluzione 
-Applicazione ai contratti di fornitura 
con la Pubblica Amministrazione. (Corte di Cassazione, 
Sez. I, Sent. n. 2116/52 -Pres.: Cannada-Bartoli; 
Est.: Chieppa; P.M.: Reale. -Amministrazione 
della Difesa-Esercito c. Carfi). 

L'applicabilit� dell'art. 1467 O.e. relativa alla 
eccessiva onerosit� sopravvenuta, non contrasta con 
la disciplina dei contratti tra privati e Pubblica 
.Amministrazione, n� � invocabile in contrario il � 
principio della invariabilit� dei prezzi o l'ostacolo 
a scopi di pubblico generale interesse. 

La motivazione della surriportata sentenza, non � 
molto persuasiva. 

Si trattava della fornitura di una certa quantit� di 
vino a consegna in aliquote determinate, ad� epoche 
indicande dall'Amministrazione creditrice, e del rifiuto 
del fornitore di proseguire nelle consegne, fatte 
alcune di qu,este, a causa del forte rincaro della merce. 

Dal fornitore si invocava, e dall' A mrninistrazione 
si negava, l'applicabilit� dell'art. 1467 O.e. 
Per ritenere applicabile l'art. 1467 l'annotata sentenza 
ha seguito in sintesi i sottoindicati criteri: 

a) i contratti della Pubblica Amministrazione 
soggiacciano a tutte le norme dei civili contratti, ove 
non derogate da legge o da patto particolare. La specie 
pertanto dell'art. 1467 O.e. si applica ad essi, 
tanto pi� che nella materia dei contratti con la Pubblica 
Amministrazione � sorto, prima ancora che 
esistesse l'art. 1467 O.e., l'espediente della revisione 
dei prezzi, con cui ovviare ad una insorta iniquit�; 

b) nei contratti della Pubblica Amministrazione, 
a consegne ripartite, per i quali non vige l'apparato 
legislativo della revisione amministrativa dei prezzi, e 
quando, nella specie, in essi non sia contenuto alcun 
patto circa la revisione, sussiste integro il diritto del 
fornitore alla risoluzione per eccessiva sopravvenuta 
onerosit�; � 

c) fosse pure generale ed inderogato il principio 
della invariabilit� dei prezzi nei contratti con la Pubplica 
Amministrazione, esso funzionerebbe solo come 
divieto di stabilire nuovi prezzi non gi� come divieto 
di risoluzione per le cause previste dalla legge fra le 
quali quelle dell'art. 1467 O.e.; 

d) rimane a salvaguardia del pubblico generale 
interesse la possibilit� per la Pubblica Amministrazione, 
di mantenere in vita il contratto offrendone 
l'equa modificazione a' sensi deWultimo capov. dell'art. 
1467 O.e. 

Le ragioni per cui la Suprema Corte abbia ritenuto 
di abbandonare il contrario insegnamento di cui alla 
sentenza della stessa sezione 19 agosto 1950, presidente 
Pellegrini, estensore Fibbi; Granata c. Ministero Difesa-
Esercito (in questa Rassegna, 1950, p. 221) 
resa in una fattispecie del tutto analoga non sono 
chiare. 

In quel precedente la Suprema Corte ha ritenuto 
inesperibile l'azione di risoluzione per eccessiva onerosit� 
di che all'art. O.e., per valida rinuncia preventiva, 
in quanto introducendosi pattiziamente nel 
rapporto un coefficente di assoluta incertezza nel rischio 
consistente nella assunzione dell'alea per ogni 
evento anche il pi� anormale, il rapporto assumeva 
figura e contenuto aleatorio vero e proprio e veniva 
sottratto all'applicazione dell'art. 1467 O.e. 

L'eleme;nto alteratore dell'originaria figura del rapporto 
commutativo era individuato nell'art. 31 delle 
Condizioni Generali per le forniture militari (approvate 
con D.M. 30 giugno 1930) il quale, sotto il titolo 
della invariabilit� de~ prezzi, cos�. dispone: �i prezzi 
contrattuali si intendono accettati ddlla ditta a tutto 
suo rischio e pericolo e sono quindi invariabili nel 
modo piu assoluto ed indipendenti da qualsiasi eventualit� 
e circostanze che la ditta non abbia tenuto 
presente. La ditta perci� non avr� ragione di pretendere 
sopraprezzo od indennit� speciali di nessun ge


.nere per aumento anche eccessivo di materie prime o 
lavorate o della mano d'opera n, ecc. ecc. Tale elemento 
alteratore sussisteva in quella come in questa fattispecie. 


Per giustificare l'abbandono da parte della annotata 
decisione, della via seguita in precedenza non pu� 
invocarsi che una delle seguenti due tesi: o che il diritto 
di chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva 
onerosit� sia irrinunciabile, non importa per quale 
ragione (ma una tale tesi contrasterebbe con l'art. 1469 

O.e. che eccettuando dall'art. 1467 O.e. i contratti 
aleatori individua questi non solo nei contratti tali 
per loro natura ma anche in quelli che lo siano divenuti 
per volont� della parti, accordando al riguardo, 
a queste, la pi� ampia autonomia; d'altronde tale �tesi 
non sembra adombrata nella annotata sentenza); o che, 
invece, (ed appare questa la via seguita) l'alea assunta 
dalla debitrice impresa riguardi un solo aspetto e., 
cio�, quello della invariabilit� dei prezzi, non l'altro 
conseguente aspetto di soggiacere al contratto ancorch� 
a prezzi variati. 
A tale concetto peraltro pu� obiettarsi che un'alea, 
che si concluda con l'assumere a tutto proprio rischio 
e pericolo la determinazione del prezzo talch� quest'ultimo 
sia invariabile per qualsivoglia motivo, deve di 
necessit� portare all'effetto che l'obbligato sia tenuto 
all'osservanza del contratto ancorch� divenuto dannoso: 
altrimenti ...... non � un'alea. 

L'indagine, dunque, cade sul punto se �l'invariabi


lit� dei prezzi, a tutto proprio rischio e pericolo, per 

qualsiasi motivo>> posta a base di un contratto, sposti, 

oppur no, quest'ultimo nelle categorie dei contratti 

aleatori descritte dallo art. 1469 O.e. , quindi se con 

tale clausola venga o no assunta una effettiva alea. 

Il senso piano delle parole starebbe per l'affermativa; 
per negarlo occorrerebbe una impostazione press' a poco 
nei seguenti termini: che l'invariabilit� del contratto, 
nel suo insieme e nelle sue singole clausole, sarebbe 
gi� un effetto naturale del contratto e sarebbe addirittura 
inutile il sanzionarla con un'apposita clausola 
(quest'ultima, se adottata, non comporterebbe l'assunzione 
di un'alea diversa da quella normale); che d'altra 
parte anche l'istituto della reductio ad aequitatem 
sarebbe ormai un effetto naturale del contratto (restando 
indifferente il mezzo adottato dal legislatore 
per attuarla, e cio�, generalmente e salva l'eccezione 
di modificazione, con l'azione di risoluzione, e in casi 
particolari con l'azione di modificazione); che l'armonia 
dei due predetti effetti naturali comporterebbe la 
compatibilit� di una clausola di inv�riabilit�_dei.pre..zzi 
con la possibilit� di una reductio ad aequitatem; 
che le eventuali formule qualificative della clausola di 
invariabilit�, e cio� l'� a tutto rischio e pericolo �, il 
� per qualsiasi motivo �, ecc. potrebbero essere interpretate, 
per salvare la predetta armonia (il che si 


-97 

risolve nel salvare ad ogni costo l'istituto della reductio 
ad aequitatem) solo nel senso, limitandone l'asso.
lutezza, di riferirle alle alee normali contrattuali; che 
insomma nessuna espressione, per quanto ampia, relativa 
all'assunzione dei rischi, sarebbe sufficiente, se 
non consistesse o, direttamente, nella rinuncia espressa 
ai benefici dell'art. 1467 O.e., o, indirettamente, nell' 
ad�zione di un particolare rimedio sostitutivo di 
detto articolo (revisione dei prezzi). 

(Avvertiamo che lo sviluppo di tale pensiero, � 
frutto in parte di nostra interpolazione). 


La critica della surriportata opinione potrebbe 
anche essere impostata sul terreno specifi.co (e rispetto 
all'art. 31 Condizioni Generali per le forniture militari, 
nel senso che apparirebbe essersi riguardato solo 
al titolo della norma << invariabilit� dei prezzi contrattuali 
))' e non al testo della norma stessa, e ci� non 
tanto per valorizzare il titolo, il che gi� sarebbe discutibile, 
quanto addirittura per contrapporlo alla norma); 
peraltro pi� interessante sar� impostare una critica 
sul terreno generale. 

Secondo la combattuta opinione il richiamo esentivo 
ai contratti aleatori per volont� delle parti identificherebbe 
quei contratti in cui o per escluderne l' applicazione 
o per assicurare una diversa disciplina, le 
parti avessero disposto altrimenti dalla norma dell'art. 
1467 O.e. 


Insomma la categoria dei contratti resi aleatori 
dalla volont� delle parti, ai fini del predetto articolo, 
sarebbe definita negativamente e cio� come quella dei 
contratti da cui �la volont� delle parti abbia esplicitamente 
esclusa l'applicazione dell'art. 1467 O.e. 


Tale definizione non regge alla critica e si rivela 
evidentemente tautologica. Essa inoltre � resistita 
della dizione della norma. Infatti per enunciare in 
tal senso una chiara volont� la legge non avrebbe dovuto 
menzionare i contratti aleatori per volont� di parte 
unitamente a quelli alaetori per propria natura, ma 
avrebbe dovuto, se mai, spostarne l'ubicazione nella 
sede della enunciazione del principio generale -articolo 
1467 prima parte -ed adottare la nota formula di 
apertura cc salvo che le parti abbiano diversamente 
disposto, ecc.. ecc. ll, enunciazione tuttavia quasi pleonastica 
quando si ritenga dispositivo e non imperativo 
il disposto di detto articolo. 

Dunque la definizione dei contratti aleatori per volont� 
di parte deve essere diversa, per avere un senso; 
e cio� deve essere proprio quella accolta nel precedente 
Granata -Ministero Difesa-Esercito, secondo il quale 
contratto aleatorio per volont� di parte � quello in 
cui l'alea normale sia stata pattiziamente ampliata 
fino a comprendere ogni evento anche il pi� anormale. 

Non si disconosce, qui, il disagio concettuale di 
porre sullo stesso piano il contratto aleatorio, stricto 
sensu, e quello con rischio completo (pattizio) i quali 
differiscono fra loro per l'essenza (si d� pertanto tutto 
il pregio spettantele alla sottile distinzione posta dal 
PINO in La eccessiva onerosit� della prestazione; 
Cedam 1952, p. 70 e segg., fra alea normale e alea del 
contratto aleatorio, spesso confuse per impropriet� di 
linguaggio: e si concorda con detto Autore che la prima 
riguardi l'onerosit� e la seconda la corrispettivit�). 
Si conviene comunque che i due esaminati tipi 
di contratto nori possano sussumersi sotto un unico 
concetto in modo che criterio determinatore dell'alea del 
contratto aleatorio sia solo l'entit� del rischio assunto. 

Di conseguenza si ammette che l'ampliamento del 
rischio del contratto all'infinito non abbia mai tale 
forza da attribuire ad un contratto che non l'avrebbe, 
la natura di contratto aleatorio; tutt'al pi� accanto a 
quest'ultimo potr� costituirsi, con un antico espediente 
di linguaggio, la categoria dei contratti qu�si~al�atori 
comprendendo in essa i contratti in cui l'ampliamento 
del rischio all'infinito, voluto dalle parti, perviene 
a conseguenza pratiche non diverse da quelle 
proprie dei contratti strettamente aleatori. 

Tuttavia tale distinzione non � in contrasto con la 
legge, anzi la giustifica, nei casi in cui la legge, in 
vista appunto della identit� delle pratiche conseguenze, 
e ai fini di una particolare norma, sottopone alla 
stessa disciplina entrambe le specie di contratti a rischio 
integrale. 

Il quesito, che potrebbe sorgere, se cio� la legge 
quando in una particolare norma menzioni i contratti 
aleatori intenda comprendere in essi anche quelli 
che abbiamo chiamato quasi aleatori, � di ordine interpretativo; 
pertanto se ad esempio il quesito pu� profilarsi 
per l'azione generale di rescissione per lesione 
di cui all'art. 1448 O.e. (perch� la legge menziona 
solo i contratti aleatori, come esclusi da tale azione), 
non pu� profilarsi, per il caso della onerosit� eccessiva 
regolata dall'art. 1467 O.e., perch� la legge lo ha gi� 
testualmente ed inequivocabilmente risolto, nel senso 
di escludere da tale azione entrambe le specie di contratti 
aleatori. 

Superato con un motivo de lege lata ogni disagio 

concettuale dell'appaiamento sotto una stessa disciplina 
di specie dfverse di contratti a rischio integrale, 
cade l'illazione della annotata decisione che cio� l' autonomia 
contrattuale potrebbe � vero estendere a dismisura 
le alee del contratto, ma queste rimarrebbero 
della natura delle alee normali (amplificate) e quindi 
per ampia che fosse la sfera delle alee assunte sarebbe 
sempre possibile (il che non avverrebbe per i contratti 
.aleatori in senso proprio) che avvenimenti di eccezionale 
imprevedibilit� rimanessero fuori delle alee contrattuali 
e che per essi si applicasse l'art. 1467 O.e. 
Questa illazione per� in pratica depennerebbe dall'art. 
1469 O.e. la menzione dei contratti aleatori per 
volont� delle parti (perch� gi� compresi nel 2� capov. 
dell'art. 1467 O.e.), e comunque distinguerebbe nel 
grembo dell'art. 1469 O.e. (contro il tenore della norma 
che senza restrinzioni le equipara) le due specie di contratti 
a rischio integrale attribuendo alla prima (contratti 
aleatori in senso proprio) un'esenzione assoluta 
dal vigore dell'art. 1467, ed alla seconda (contratti 
aleatori per volont� delle parti) un'esenzione relativa. 

La qual cosa persuade che solo sovvertendo la norma 

civile e scivolando per la china del diritto libero, pu� 

svuotarsi di contenuto la menzione che l'art. 1469 fa 

dei contratti in esame. 

E tale persuasione � suffragata, oltre che per le vie 

dirette, sopra esaminate, ma anche per le vie indirette 

(che sembrano anche, e forse piuttosto, essere state 

seguite nella annotata decisione) e cio� mediante la 

contrapposizione tra la fissit� dei prezzi e la risolu


zione per eccessiva onerosit�. 

Dire infatti che il debitore, soggiacendo alla inva-


riabilit� dei prezzi, rinuncia a chiederne la� varia


zione (e quindi deve sottostare ai prezzi stessi), e che 

tuttavia, pu� sempre liberarsene con una azione riso


lutoria per inadeguatezza dei prezzi, significa dire 


-98 


con evidente contraddizione che egli possa sciogliersi 
dall'osservanza dei prezzi stessi. 

Di conseguenza la deviazione dal precedente Granata-
Amministrazione Difesa-Esercito lascia insoddisfatti 
s� da non potersi ritenersi che con la sentenza 
annotata sia stata detta veramente una parola decisiva. 

.A. NIST.A 

PUBBLICO IMPIEGO -Enti pubblici -Avventizio. 

assunto con incarico interinale -Destinazione ad 

altro incarico -Necessit� di giusta causa. (Consiglio 

di Stato VI, 13 aprile, n. 1953, n. 151. Pres. De Marco; 

Est. Cesareo -Colombo contro Reg. Aer. !tal.). 

L'impiegato, cessato dal servizio di ruolo e trattenuto 
come avventizio con l'incarico temporaneo 
di direttore generale f.f. di un ente pubblico, per 
il cui posto di ruolo doveva essere bandito pubblico 
concorso, non pu� essere rimosso tranne che con 
decreto motivato, dovendosi riconoscere una certa 
stabilit� nell'incarico di facente funzioni. 

La decisione non � tanto sorprendente per il riconoscimento 
di una relativa stabilit� ad un rapporto 
d'impiego pubblico �non di ruolo� (il che si ricollega 
all'indirizzo dominante in materia) ma � singolare 
per l'estensione del criterio della cc stabilit� >> quale jus 
ad officium ossia all'incarico di facente funzione, attribuito 
all'impiegato avventizio anche se assunto ad hoc. 

L'interinato, fuor dei casi nei quali esso � previsto 
con particolare disciplina, per determinati posti, ed 
ammesso che possa considerarsi -ex se -causa 
della costituzione di un rapporto d'impiego pubblico 
cc non di ruolo � non sembra compatibile con il criterio 
della �stabilit��. 

Poich� non pu� esservi stabilit� -neppur relativa 
~in un incarico, consistente nell'adempimento 
di funzioni, che non sono proprie del soggetto, 
e, proprio per questo, detto adempimento pu� e deve, 
in ogni momento, essere soggetto al discrezionalissimo 
apprezzamento dell'organo, da cui il facente funzione 
dipende. 

Non si sentiva davvero il bisogno di qitesto ennesimo 
elemento di incertezza in una materia, gi�, 
travagliata. 

RESPONSABILIT� CIVILE -Danni derivanti dalla 

circolazione di automezzi alleati guidati da militari 

italiani -Responsabilit� dell'Amministrazione ita


liana. (Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. n. 3155-52 -

Pres.: Mandrioli; Este.: D'Apolito; P. M.: Macaluso 


Ministero Difesa-Esercito c. Cantone). 

Poich� per effetto della proclamata cobelligeranza, 
le operazioni di guerra delle truppe italiane 
e delle armate alleate ubbidivano al comune 
intento di sconfiggere l'esercito tedesco e di estrometterlo 
dal territorio nazionale, la cooperazione, 
prestata da reparti italiani agli alleati -sia in 
combattimento, sia nei servizi ausiliari dell'esercito 
-non rendeva i reparti stessi avulsi dall'esercito 
italiano e non faceva del loro servizio un'opera 
svolta per conto e nell'interesse dello straniero, 
anche se, per necessit� di impiego, dovessero prendere 
direttamente gli ordini dal Comando alleato. 

Rientrano, pertanto, nella cognizione della .Autorit� 
giudiziaria ordinaria, le controversie relative 
all'accertamento di responsabilit� per danni a 
privati, cagionati da appartenenti a reparti italiani 
cooperanti con le truppe alleate, e sono, 
quindi, i�applicabili il R.D.L. 21 maggio 1946 

n. 452 e la legge 9 gennaio 1951, n. 10 concernenti 
gli indennizzi per danni arrecati con azioni non di 
combattimento delle forze armate alleate. 
Con questa sentenza la Corte Suprema ha confermato 
in modo ci sembra esplicito ed esauriente, la 
sua giurisprudenza nella materia, gi� delineatasi 
con la setenza n. 1656 del 1950 (vedi in questa Rassegna, 
1950, 173) e soprattutto, con la sentenza 23 ottobre 
1952 delle stesse Sezioni Unite in causa Corsino c. 
Ministero della Difesa-Esercito, con la quale � stata 
annullata la sentenza della Corte di Appello di Genova, 
confermativa della sentenza di quel Tribunale sulla 
quale ci eravamo intrattenuti in questa Rassegna, 
1949, 192. 

Gli argomenti adottati dalla Corte Suprema per 
giustificare la sua pronunzia, sono tali (essi risultano 
sostanzialmente dalle massime sopra trascritte 
che riportano la parte centrale della motivazione) 
che � da escludere la probabilit� di un ulteriore 
mutamento della giurisprudenza. 



ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


GUERRA � Fornitura alle forze armate alleate �Legge 
9 gennaio 1951, n. 10 �Efficacia retroattiva� Impro� 
ponibilit� della domanda. (Corte d'Appello di Roma 
I Sez., Pres. Varallo; Est. Valillo -Ministero Tesoro 
contro Pontesilli). 

La legge 9 gennaio 1951, n. 10, ha efficacia retroattiva, 
non :potendo essa regolare che ra:p:porti 
sorti durante l'occupazione militare. 

Per i beni mobili acquistati dalle forze armate 
alleate deve, :pertanto, essere corri:posto non il 
:prezzo relativo, ma un'indennit� da liquidarsi 
avendo riguardo ai :prezzi legalmente autorizzati o, 
in mancanza a quelli correnti al 30 giugno 1943 
moltiplicati :per il coefficiente 5. 

� im:pro:ponibile la domanda giudiziaria se non 
sia esaurita la :procedura amministrativa, lJrevista 
dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10. 

Massime di ovvia esattezza, applicabili non solo 
agli acquisti, ma anche alle requisizioni e ai danni 
d'azioni non di combattimento, la cui disciplina � 
stata decisamente unificata con la legge n. 10 del 
1951. 

IMPOSTE E TASSE � Navi Liberty vendute dagli 

S. U. d'America al Governo Italiano e da questo ad 
armatori privati � Contratto di ''vendita contenente 
una clausola che vieve interpretata come di esonero 
dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 1935 
n. 894. (Trib. Roma, 8 ottobre 1952, I Sez. -Pres.: Boccia; 
Est.: Mani). 
La clausola colla quale il Ministero del Tesoro, 
nei contratti di vendita delle navi Liberty ai rispettivi 
armatori, dichiara che i detti contratti erano 
esenti dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 
1935, n. 894 non :pu� essere interpretata come 
assunzione da :parte del Ministero del Tesoro 
dell'obbligo di far emanare un :provvedimento 
legislativo :per l'esenzione dal tributo; ed anche 
cos� interpretata la clausola sarebbe nulla. 

La nota distribuzione di navi americane Liberty 
agli armatori italiani avvenne attraverso due passaggi 
di propriet�, entrambi effettuati negli Stati Uniti: 
un primo passaggio fra il Governo statunitense e 
quello italiano; un secondo fra il Governo italiano, 
e per esso il Ministero del Tesoro, e i singoli armatori. 
Fu predisposto un unico schema per i relativi 

atti di vendita, la stipulazione dei quali si protrasse 
per oltre due anni a decorrere dalle trattative colle 
quali nella prima settimana del giugno 1946 furono 
definite fra il Ministero del Tesoro e la Federazione 
degli Armatori le linee dell'operazione. 

In tali trattative il Ministero del Tesoro aveva 
dato affidamento alla Federazione degli Armatori 
che il trasferimento delle navi avrebbe avuto luogo in 
esenzione dalla tassa di registro, dalla tassa sull'entrata 
e dal diritto di licenza di cui al D. L. 13 maggio 
1935, n. 894. E di tali cc intese � venne dato atto 
in un apposito art. 7 dello schema che poi venne 
adottato per i singoli contratti. 

Per quanto riguardava la tassa di registro e l'imposta 
sull'entrata, furono emanati i rispettivi decreti 
legislativi 11 novembre 1947 n. 1337 e 29 giugno 1947 

n. 779, di totale esenzione. Per il diritto di licenza, 
invece, fu emanato il D. L. 7 maggio 1948, n. 822, 
che si limit� a ridurre l'aliquota al 2 per cento. 
Ne sono sorte numerose cause davanti a Tribunali 
diversi, fra i quali quelli di Roma e di Genova, contro 
il Ministero del Tesoro quale inadempiente (~) alle 
promesse esenzioni, e in via subordinata contro il 
Ministero delle Finanze, nei confronti del quale si 
propongono questioni diverse (principalmente, si 
nega che ai contratti in questione. fosse applicabile il 
diritto di licenza o si fa questione circa il cambio in 
base al quale fu determinato l'imponibile sottoposto 
al tributo, poich� il prezzo delle navi era stato stipulato 
in dollari), sulle quali avremo occasione di ritornare. 


Limitandoci qui a parlare della mancata esenzione, 
segnaliamo le due contrarie sentenze del Tribunale 
di Roma ((Est. Mani) che ha respinto la domanda 
di un armatore contro il Ministero del Tesoro, e del 
Tribunale di Genova che invece l'ha accolta; sentenze 
di cui la motivazione � stata riportata in � Giur. It. �, 
1953, 1, 2, 205, con una nota del prof. Balbi, di 
adesione alla seconda sentenza. 

Le vertenze pendono in appello e non � il caso di 
anticipare qui le nostre osservazioni difensive. 

Di sfuggita tuttavia osserveremo che intorno a 
queste cause ha fatto comodo al patrocinio dei vari 
attori di montare una cosidetta questione morale sul 
tema dello scandalo di un'Amministrazione dello Stato 
che violi i suoi impegni, questione morale la 
quale pu� fare impressione solo a chi si tenga alla 
superficie delle cose. Non si dubita certamente che 
sarebbe stato opportuno evitare l'equivoco che si � 



[fff JR 7 g o ; JR 


-100 


verificato, per il che sarebbe bastato un maggior 
grado di tecnica giuridica da parte di chi stese quello 
schema di contratto. Ma da questo a parlare, come 
hanno parlato il Tribunale di Genova nonch� l'annotatore 
della sua sentenza prof. Balbi, di attentato 
alla � buona fede contrattuale � ... ci corre un bel po'. 

Si tratta, infatti, del solito fenomeno ... corporativo 
delle categorie produttive che fanno ressa nelle anticamere 
ministeriali per ottenere condizioni di favore 
e strappare agevolazioni di ogni sorta, sempre, naturalmente, 
in nome degli interessi superiori dell' economia 
nazionale. Quando non si ottiene quel che si 
desidera, si sfruttano tutti i pretesti per �mettere in 
stato di accusa gli organi colpevoli di aver resistito. 

Ora, non � possibile affermare con seriet� quello 
che in sostanza si vorrebbe dare a credere nel caso 
presente, che cio� il Ministero del Tesoro abbia tratto 
in inganno gli armatori. Per aversi l'inganno occorre 
la materia atta a produrlo ed occorre, soprattutto, 
un soggetto passivo che per le sue condizioni d'inf eriorit� 
si presti ad esserne vittima. Esclusa evidentemente 
per gli A.rmatori quest'ultima alternativa, resta 
ch'essi non potevano ignorare quel che tutti sanno: 
che un patto relativo all'esenzione da un tributo non 
ha senso alcuno. 

Sicch�, come si desume anche dai termini ambigui 
nei quali l'art. 7 fu formulato con uno strano rif erimento 
a cc passate intese �, l'articolo stesso non fece 
che riprodurre i generici affidamenti eh'erano stati 
dati alla Federazione Armatori durante le trattative 
del 1946. Solo l'inesperienza di chi compil� lo 
schema pot� non avvertire che si trattava di materia 
da non potersi inserire in un contratto perch�, esclusa 
la possibilit� di dare a quell'articolo il carattere di un 
impegno che sarebbe stato assolutamente nullo, esso 
si riduceva a un contenuto del tutto pleonastico, privo 
di qualsiasi concludenza. 

La realt� invece � che, se si fosse voluta accordare 
l'esenzione, si sarebbe provveduto nelle forme di legge. 
E, nonostante che il provvedimento legislativo non 
fosse venuto, gli armatori pur sapendo che non sarebbe 
ormai venuto neanche in un momento successivo 
(perch� mai altrimenti lo si sarebbe fatto tanto aspettare?), 
stipularono egualmente l'acquisto per l'ottima 
ragione che, pur senza l'esenzione, non era il caso 
di farsi sfuggire un cos� vantaggioso affare. 

Dopo di che, si farebbe proprio bene ad accantonare 
la questione morale. 

Ma, per aver ragione dell'impossibilit� giuridica 
di prendere sul serio la tesi degli armatori, il Tribunale 
di Genova, ed il Balbi che ha creduto di dif enderne 
il pronunziato, si sono attaccati all'art. 3 del 
ripetuto D. L. n. 894 del 1935, istitutivo del diritto 
di licenza: cc Le norme di applicazione del presente 
decreto e le eventuali esenzioni del diritto di cui 
all'art. 1 saranno stabilite con decreto del Ministro 
per le Finanze, di concerto coi Ministri per gli Affari 
Esteri, per le Corporazioni e per l'Agricoltura e 
Foreste>>. 

Onde si argomenta: non pu� pi� parlarsi di 
nullit� del patto quand'era nella facolt� discrezionale 
della cc Pubbl~ca Amministrazione� (si adopera pour 
cause questo termine generico) di esentare dal 
tributo. 

Cos� il Balbi, nella sua elaboratissima nota alla 
sentenza del Tribunale di Genova, senza la minima 

riserva, tranquillamente perviene a rilievi di questo 
genere: cc Ben diversa � l'ipotesi in cui la norma 
attribuisce alla Pubblica Amministrazione la facolt� 
di esonerare dal pagamento del tributo. Qui entra in 
gioco un criterio di valutazione discrezionale che 
rientra nell'ambito dei p�oteri della� Pubblica A mministrazione, 
che, anzi la Pubblica Amministrazione 
deve fare, nei limiti della facolt� attribuitale dalla 
norma, e sempre seguendo, s'intende, quella finalit� 
di pubblico interesse che in ogni caso guida la sua 
attivit� discrezionale o vincolata che sia. Ora, stando 
al caso che interessa, ecco come s'imposta il quesito: 
quando la Pubblica Amministrazione ha la facolt� 
di esonerare dal pagamento di un tributo, puo' ritenersi 
ch'essa possa validamente impegnarsi, intervenendo 
quale parte in un contratto, ad esonerare dal 
contributo l'altra parte contraente. Ci sembra di poter 
rispondere tranquillamente in senso positivo �. , 

Ora, tutto ci� � di un semplicismo che si confuta da s�. 

Ad una confutazione esauriente basta, infatti, 
rilevare la stranezza che, a sostegno della lagalit� 
di un asserito impegno che si attribuisce al Ministero 
del Tesoro di aver assunto relativamente all'esenzione 
da un tributo, venga invocata la facolt� di esenzione 
che l'art. 3 del decreto legislativo n. 894 attribuisce ... 
al Ministero delle Finanze di concerto con altri tre 
Ministeri diversi anch'essi da quello del Tesoro! 

� sufficiente questo banalissimo rilievo per fare 
cadere la posizione della sentenza di Genova e del 
Balbi. 

Ma, a voler approfondire il problema, molte cose 
vi sarebbero da aggiungere, circa la superficialit� di 
quella posizione. 

Essa trascura affatto la natura della norma contenuta 
dell'art. 3. � questo un problema assai complesso, 
al quale, pei fini della presenta nota, basta accennare 
di sfuggita. Ma almeno prima facie si potrebbe in 
detta norma addirittura ravvisare una delega legislativa, 
sotto il profilo che, com'� materia di legge l'imposizione 
di un tributo, altrettanto sembri dover 
essere l'esenzione dal medesimo: onde se ad un Ministero 
� stata data la facolt� di esentare, si � incoraggiati 
alla conclusione che gli sia stato conferito un 
potere di carattere legislativo. E se di delega legislativa 
si trattasse, sorgerebbe anche la questione se attualmente 
detta delega potesse ritenersi legittima, rispetto 
a]l'art. 76 della Costituzione della Repubblica. 

Ma, intanto, interessa qui notare che se, come vi 
sono apprezzabili motivi per ritenere, al provvedimento 
interministeriale previsto dall'art. 3 fosse da riconoscersi 
carattere legislativo, la sentenza del Tribunale 
di Genova sarebbe incorsa nientemeno che in un 
equivoco di questo genere: di aver stabilito un'identificazione 
fra un atto di volont� ministeriale espressa in 
un contratto di diritto privato, e quello che sarebbe 
eventualmente potuto essere un atto di volont� emanante 
da un provvedimento del potere esecutivo 
emesso nell'esercizio di una facolt� legislativa delegata. 
Insomma, avrebbe confuso il contratto e la legge ! 

Non � il caso, ai fini informativi della presente 
nota, scavare oltre in una materia tanto delicata e 
tanto opinabile. Perci�, indipendentemente -datla soluzione 
del problema che ci siamo limitati ad accennare, 
e cio� anche ove si escluda nell'art. 3 il carattere 
di delega legislativa, non per questo verrebbero 
meno analoghi motivi di censura alla sentenza. 



-101


Esclusa la delega legislativa, il provvedimento 
previsto nell'art. 3 non pu� avere che carattere rego.
lamentare, cio� pur sempre normativo. Esso non gi� 
prevede una facolt� del Ministro di esentare dal 
tributo in una data occasione l'importazione di 
alcune determinate navi; ma prevede l'emanazione 
� di norme di applicazione del presente decreto >> 
fra le quali ipotizza �le eventuali esenzioni �, non 
relative a casi singoli da prendere in considerazione 
una tantum, ma considerate come oggetto di ulteriori 
norme che attengono alla disciplina generale della 
materia. Onde, a parte il vedere se le previste � norme 
di applicazione >> non si trasformino addirittura, 
limitatamente al punto dell'esenzione, in norme 
legislative delegate, resta ad ogni modo che, in quanto 
norme di applicazione, esse hanno i caratteri che 
distinguono il potere regolamentare: di dar luogo, 
cio�, ad atti esterni, di contenuto generale ed astratto, 
vincolanti l'Autorit� che li emana, aventi efficacia 
erga omnes, cio�, come scrive il De Valles, �costitutivi 
di diritto positivo >> (1). 

Ora, come possa uno di tali atti essere ravvisato in 
una clausola contrattuale di diritto privato, � quello 
che la sentenza di Genova avrebbe dovuto spiegarci: 
ma � un punto che n� essa n� la pur elaborata nota 
del Balbi minimamente sfiorano. 

E ai fini della presente nota sufficit quanto precede. 

G. O.ALENDA 
IMPOSTE E TASSE � Registro � AgevolaziOni tribu� 
tarie di cui ai DD. LL. LL. 7 giugno 1945, n. 322 e 
26 marzo 1946, n. 221. (Tribunale civile di Roma, 
Sez. I, n. 7050/52. Pres.: Boccia; Est.: Santoni; RuginBagnagatti 
c. finanze). 

La legge 19 luglio 1941, n. 1771, dettata per 
distinguere, agli effetti della legge di registro, �1e 
ipotesi di appalto da quelle di compravendita, � 
applicabile ai contratti per la ricostruzione di cui 
al D. L. L. 26 marzo 1946, n. 221. 

Il Tribunale di Roma, con la sentenza, cui appartiene 
la massima sopratrascritta, ha confermato, 
come � dichiarato esplicitamente all'inizio della parte 
motiva, un suo precedente indirizzo, in materia di 
agevolazioni fiscali di cui ai DD. LL. LL. 7 giugno 
1945, n. 322, e 26 marzo 1946, n. 221. 

Ma la sentenza, oltre che per la conferma di un 
orientamento giurisprudenziale favorevole, va segnalata 
per i principi affermati e per il contributo portato 
alla risoluzione di questioni complesse. 

Rimarchevole �, infatti, la dimostrazione relativa 
all'efficacia della legge 19 luglio 1941, n. 771, alla 
quale viene riconosciuta una portata generale nel 

(1) DE V ALLES: Regolamenti ministeriali e ordinanze 
generali, �Foro It. '" 1951, IV, 97. Vedi pure sull'interessante 
argomento: GIANNINI: Sui regolamenti ministeriali 
(a proposito degli ammassi dell'olio e dei vincoli dei 
prezzi), nota alla sentenza 27 aprile 1950, n. 1126 della 
Corte di Cassazione �Foro It. '" 1950, 1, 664; GUARINO: 
Legge e regolcumento, nota a sentenza Trib. Torino, �Foro 
It. '" 1953, 1, 118; GIANNINI: Nota a decisione del Consiglio 
di Stato 9 giugno 1952, n. 9 �Foro It. >>, 1953, III' 9. 
GUARINO: Sul carattere discrezionale del Regolamenti, nota 
a sentenza Corte App. Torino, �Foro It. '" 1953, 1, 536. 
campo tributario, nonch� l'esplicazione, fatta con 
riferimento al caso deciso, del concetto di ordinaria 
produzione, contenuto nella legge suddetta. 
~)1 In relazione al primo punto, il Tribunale per individuare 
l'esatta natura giuridica del negozio controverso, 
se vendita, come sostenutd dalla Finanza, 
oppure appalto secondo la tesi del contribuente, in 
accoglimento del punto di vista dell'Amministrazione, 
si � rifatto al criterio discretivo posto dalla legge 
1941, n. 771, che ha ritenuto applicabile alla specie, 
nonostante la mancanza di un qualunque richiamo, 
al riguardo, nel D. L. L. 7 giugno 1945, n. 322 e 
successive modifiche, per la decisiva considerazione che 
l'omesso riferimento non pu� valere ad escludere 
l'applicabilit� di una legge, che, agli effetti fiscali, 
contiene la definizione di appalto. 
liIl Tribunale, tuttavia, si � posto il quesito se la 
legge citata, emanata sotto l'imperio del Codice civile 
del 1865, allo scopo di porre fine alle dispute, allora 
sorte, circa la definizione del contratto di appalto, 
abbia perduto ogni ragion d'essere con l'entrata in 
vigore del nuo110 Codice, ma lo ha risolto in senso 
negativo, sul riflesso che. trattandosi di legge speciale, 
questa pu� venir meno per abrogazione espressa e 
non per semplice incompatibilit�, peraltro, non 
sussistente, con una norma di carattere generale, 
qual'� quella contenuta nell'art. 1655 dell'attuale 

Codice civile. 

Circa il secondo dei profili accennati, venendo, cos� 
disattesa, sotto altro aspetto, la tesi del contribuente 
che voleva ravvisare nel contratto un appalto, con cui 
egli si impegnava ad apportare trasformazioni o 
adattamenti a materiale fornito dall'Amministrazione, 
la sentenza ha rilevato che, per disposizione 
dello stesso 60 comma dell'art. 1, legge 1941, n. 771, 
l'ordinaria produzione deve essere intesa in funzione 
della ordinaria organizzazione industriale ed attrezzatura 
tecnica della ditta. 

Tale criterio ha consentito al Tribunale, ed � questa 
la parte pi� perspicua della sua pronunzia, di poter 
affermare che, nel concetto di ordinaria produzione, 
sia da ricomprendere, non solo la semplice modifica 
di un dato oggetto, in riferimento al normale tipo di 
produzione, ma anche ci� che all'atto della stipulazione 
non si produce, purch� la ditta sia in grado 
di produrlo senza mutamenti di organizzazione e di 
attrezzatura. 

G.M. 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI � Compenzazione � 
Crediti dello Stato � Recupero delle differenze di 
prezzo sulle giacenze dei cereali � Estinzione del cre. 
dito per compensazione -Inammissibilit�. (Trib. 
Trento, Sez. I, 7 maijgio 1952 -Pres.: Bertolotti; 
Est.: Ponzielli). 

�Le differenze di prezzo, da pagare allo Stato, 
sulle giacenze di cereali e derivati, di cui al D.L.L. 
16 novembre 1945, n. 805, hanno natura di somme 
destinate ad un pubblico servizio e non � perci� 
ammessa la estinzione del debito per coll?-yensazione 
�. 

La sentenza cos� motiva : 

� Sostiene la difesa dell'Amministrazione del 
Tesoro che la compensazione non pu� mai ammettersi 
nei confronti dell'Amministrazione Pubblica 



�' w 


-102


sia perch� vi osta l'art. 225 del regolamento sulla 
contabilit� generale dello Stato sia perch� non 
pu� il privato, facendo valere i credito proprio, 
ottenere il pagamento in deroga a quelle norme 
speciali e rigorose che la legge detta per la estinzione 
dei debiti dello Stato. 

� .Aggiunge ancora che osta alla ammissione 
della compensazione l'art. 1246, n. 3 C. c. che 
dichiara non soggetti a compensazione i beni 
impignorabili, tali dovendosi considerare tutti i 
beni dello Stato ivi comprese le somme di denaro. 

�La disputa sulla pignorabilit� dei beni dello 
Stato e degli altri enti pubblici, non � nuova ma, 
come � noto, non vi � una soluzione che possa dirsi 
comunemente accettata in dottrina o in giurisprudenza. 
D'altra parte la Corte di Cassazione (1) non 
ha avuta occasione da molti anni di decidere la 
questione. 

� Come � risaputo, i beni dello Stato e degli altri 
enti pubblici (dopo la entrata in vigore del nuovo 
Codice che ha armonizzato anche la terminologia) 
si dividono in beni demaniali e beni patrimoniali 
(articoli 822-24-26 C. c.) i quali ultimi si dipartiscono 
in beni disponibili e beni indisponibili (art. 3 

R. D. 23 maggio 1924, 'n. 827). Nessuno ha mai 
pensato di mettere il denaro tra i beni demaniali 
che, come � noto, sono quelli da cui i cittadini 
traggono una utilit� diretta sono cio� beni di 
primo grado (si concreti o meno tale utilit� anche 
nell'uso diretto). Non resta che assegnare il denaro 
alla categoria dei beni patrimoniali. I beni patrimoniali 
a loro volta si distinguono in beni patrimoniali 
disponibili e in beni patrimoniali indisponibili 
secondo che non abbiano o abbiano ricevuta. 
una determinata destinazione ovvero che per 
disposizione di legge non possano venir alienati o 
comunque tolti dal patrimonio dello Stato (art. 9 
Regolamento citato). Poich� questa ultima ipotesi 
non riguarda evidentemente il denaro non rimane 
che vedere se questo sia sempre o in quali casi, 
da ri~uardarsi come indisponibile per aver ricevuto 
una particolare destinazione. Torna qui 
opportuno dire subito che non ha alcuna rilevanza 
l'origine del denaro ma la sua destinazione, essendo 
questo, come si � detto, e non altro, il criterio 
distintivo delle indisponibilit� ... (Omissis). 
�Se i beni che hanno ricevuto una speciale destinazione 
non possono essere da tale destinazione 
distratti se non nelle forme e nei modi voluti dalla 
legge ne consegue che non pu� il privato, sostituendo 
la sua volont� a quella della amministrazione 
pubblica, raggiungere il fine dalla legge 
vietato della predetta distrazione o storno dalla 
ricevuta destinazione. 

�Ci� infatti avverrebbe consentendo l'assoggettamento 
alla pretesa esecutiva. Nel caso che ne 
occupa il credito vantato dallo Stato, pur essendo 
patrimoniale, era il realizzo della vendita del bene 
ammassato e destinato ad alimentare il servizio 
dell'ammasso. Sotto questo profilo ha rilevanza 
che si tratti nella specie di servizio pubblico. 
Impedire l'incasso significa impedirne la utilizza


(1) Successivamente � stata pubblicata la sent. 
20 marzo 1952 in <<Foro It. � 707; cfr. pure CALAPAI in 
questa Rasse�pia, 1950, p. 82. 
zione per lo scopo che � in re ipsa senza necessit� 
di speciali provvedimenti di destinazione. Da qui 
la pignorabilit� senza che occorra una norma ad hoo 
che del resto non si ritrova espressa neppure per i 
tributi. Dalla impignorabilit� discende l'inammissibilit� 
d�lla compensazione per il citato art. 1246 
Il. 3 c. c.)), 

Come appare dalla surriportata motivazione il 

. Tribunale non ha affrontato la questione della inammissibilit� 
in genere della oompensazione oontro lo 
Stato in base ai prinoipi ed alle norme di oontabilit� 
generale dello Stato, indagine ohe data la partioolarit� 
della materia doveva rioonosoersi preliminare e ohe 
a nostro parere doveva portare a ritenere ohe la 
oompensazione era direttamente esolusa da una forma 
speoifioa quale l'art. 225 del Regolamento di oontabilit� 
generale dello Stato (R. D. 23 maggio 1924, 

n. �827): �Le entrate dello Stato si risouotono in 
oontanti. Nessun titolo di oredito verso lo Stato pu� 
essere rioevuto in oonto di debiti verso lo stesso tranne 
ohe non vi sia una speoiale autorizzazione del Ministro 
delle Finanze >>. 
In questo senso vi era una autorevole preoedente 
giurisprudenziale (1), ohe aveva rioonosoiuto oome 
la oompensazione fosse esolusa dalla detta norma 
(l'art. 255 del preoedente Regolamento R. D. 4 maggio 
1885 era di identioo tenore): 

� Come ognuno vede -motivava la Cassazione 
di Palermo -il legislatore ha parlato delle entrate 
dello Stato e non dei soli tributi e lo stesso legislatore 
nel preoedente art. 248 (ora art. 219) ebbe aura di 
indioare quali siano le entrate. Ed � talmente vero 
ohe oome norrna generale e di massima il legislatore 
italiano, nell'interesse pubblioo, non consente la 
compensazione fra il credito del privato ed il debito 
dello Stato e quando ha creduto di ammettere l' ecoe


zione, tassativamente lo ha detto tanto nello stesso 
Regolamento di Contabilit� che in altre speciali 
disposizioni >>. 

In dottrina la decisione trov� assenso ed il Cuturi 

(2) trattando diffusamente l'argomento poneva sempre 
in luce l'autonomia e i principi che regolano la speoiale 
materia della Contabilit� � dello Stato: �Il Diritto 
amministrativo impera sulla riscossione di tutte le 
entrate e su tutti i pagamenti dello Stato, per la destinazione 
delle entrate, della regolare tenuta dei conti, 
per il sindaoato amministrativo e per quello costituzionale 
n. 
L'Ente statale nell'acquistare beni, conservarli, 
trarne profitto ed alienarli, come nel contrattare e 
nell'esercitare imprese a soopo di luoro � soggetto alle 
regole del Codice oivile, ma sempre nei limiti imposti 
dal diritto pubblioo per il suo speciale carattere di 
ente politioo e per la .yua unit� organica di funzione 
e di azione. 

Le esigenze di ordine pubblioo si estrinseoano in 
tutto un sistema di istituto e di provvedimenti intesi 
acoh� i proventi patrimoniali rientrino nell'ordine 
finanziario oome mezzi destinati alle spese pubbliohe. 

Le entrate dello Stato sono costituite di tutti i redditi, 
proventi e orediti di qualsiasi natura ohe lo Stato ka 

(1) Cass. Palermo 31 marzo 1900, <<Foro It. '" 421. 
(2) CuTURI: Trattato delle Compensazioni. S.E.I., 
Milano, 1909, p. 389 e segg. 

-103


il diritto di riscuotere in virt� di leggi, decreti, regolamenti 
ed altri titoli. Tutte le entrate dello Stato 

�debbono essere iscritte nel bilancio di previsione 
(art. 219 Regolamento). La classificazione di tutte 
le entrate dello Stato previste nel bilancio, l'assegna-� 
zione di esse alle diverse Amministrazioni centrali 
sotto la propria responsabilit� debbono curarne 
l'accertamento e la riscossione e la imputazione dei 
versamenti da farsi dagli agenti della riscossione, 
sono stabilite con quadri di classificazione annuale 
delle entrate che si compila dalla Ragioneria generale 
(art. 220). 

La riscossione � fatta ,per mezzo degli agenti destinati 
dalle relative leggi e dai regolamenti e nei modi 

e. nelle forme ivi prescritte (art. 222). 
Le somme di spettanza dello Stato introitate per 
qualsivoglia titolo debbono essere integralmente versate 
nelle casse dello Stato (art. 226 del Regolamento; 
art. 46 della Legge 18 novembre 1923, n. 2440). 

In tale sistema rigoroso di norme si inquadra 
l'art. 225 del Regolamento che stabilisce che le entrate 
dello Stato si riscuotano in contanti e da tali premesse 
il Cuturi (1) trae la conclusionf}: �Non � possibile 
ammettere che i crediti di una Amministrazione 
Pubblica per solo fatto dello scontro con altri crediti 
esigibili contro di essa debbano essere eliminati, 
come avviene tra privati �. 

Tale indirizzo � seguito concordemente dagli autori 
pi� moderni e qualificati. 

Il Giannini dopo aver ricordato (2) che: �Porre 
in evidenza il carattere giuridico delle norme relative 
alla Contabilit� dello Stato, coordinandole in 
un sistema organico e armonizzandole con le altre 
norme del diritto pubblico e del diritto privato, non 

(1) Trattato cit., p. 396. 
(2) Ist. Dir. Trib., 1948, p. 5. 
serve soltanto a soddisfare una esigenza scientifica, 
ma anche a far considerare sotto nuovi aspetti varie 
questioni concrete di grande importanza pratica, alle 
quali non pare si sia riusciti a dare fin'ora una 
soluzione soddisfacente, appunto perch� non si � 
posto nel dovuto rilievo l'infiuenz� �che nell'e-game di 
esse potevano avere le norme sulla contabilit� dello 
Stato �, altrove (l) sulla specifica questione che interessa 
afferma senz'altro che: �Non � ammessa la 
compensazione quale mezzo di estinzione delle obbligazioni 
verso lo Stato a meno che essa non sia consentita 
da una legge speciale o da un provvedimento 
amministrativo. A nostro avviso, la compensazione 
deve ritenersi esclusa in via di principio in conseguenza 
delle speciali norme di Contabilit� che disciplinano 
le riscossioni ed i pagamenti dello Stato e la 
cui applicazione appare incompatibile con l'istituto 
della compensazione�. 

In questo ordine di idee la Corte Suprema, con 
sentenza 1 aprile 1936, gi� aveva avuto occasione di 
affermare l'esistenza <<del principio di massima 
dell'inapplicabilit� della compensazione ai crediti 
tributari in genere, e, in via anche pi� generale, 
dell'inammissibilit� dell'estinzione dei crediti, che, 
costituiscono entrate dello Stato, altrimenti che con 
versamento in danaro � (� Riv. leg. fisc. �, 1936, 329). 

Onde il Tribunale doveva prescindere completamente 
dalla natura del credito della Pubblica Amministrazione 
e riconoscere perci� nei principi e nelle 
norme che regolano la contabilit� dello Stato uno 
specifico divieto� all'ammisqibilit� della compensazione 
(art. 1246, n. 5 C. c.). 

LIVIO PIFFERI 

(1) Elementi Dir. Fin., 1946, p. 316; cfr. pure BENTIVENGA; 
Cont. di Stato, 1950, p. 198; INGROSSO: Ist. Dir. 
Fin., 1937, II, p. 50; PUGLIESE; Ist. Dir. Fin., 1937, 
p. 341. 

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RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCATI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA �GAZZETTA UFFICULE t 

I. 
Legge 24 febbraio 1953, n. 90 (G. U., n. 63): Norme 
per la rivalutazione delle rendite vitalizie in denaro. 
L'art. I dispone la rivalutazione di 16 volte. Il fatto 
che sia intervenuto il legislatore per stabilire l� rivalutazione, 
� una riprova (se pur ve n'era bisogno) della 
esattezza del principio secondo il quale i debiti di valuta 
(quali sono quelli di rendita vitalizia) non sono rivalutabili 
ad opera del Giudice. 

2. D. P. L. 20 marzo 1953, n. 112 (G; U., n. 67 S.O.): 
T. U. delle leggi vigenti in materia di tasse sulle concessioni 
governative. 
3. Legge 10 febbraio 1953, n. 1136 (G. U., n. 72): Istituzione 
dell'Ente Nazionale Idrocarburi. 
Secondo l'art. 25 l'Ente pu� farsi rappresentare e 
difendere dall'Avvocatura dello Stato. Trattasi comunque 
di persona giuridica diversa dallo Stato, e pertanto la 
difesa e la rappresentanza in giudizio da parte dell'Avvocatura 
� regolata dall'art. 43 del T. U. 30 ottobre 1933, 

n. 1611. � 
4. 
Legge 11 marzo 1953, n. 150 (G. U., n. 75): Delega 
legislativa al Governo per l'attribuzione di funzioni 
statali di interesse esclusivamente locale alle provincie, 
ai Comuni e agli altri enti locali e per l'attuazione del 
decentramento amministrativo. 
Si tratta della prima applicazione dell'art. 5 della 
Costituzione. Particolarmente notevole � l'art. 8 che 
concerne la possibilit� di attribuzione ad organi periferici 
di funzioni proprie degli organi centrali, con il 
conferimento del carattere della definitivit� ai provvedimenti 
emessi da detti organi decentrati. 

5. 
Legge 21 maggio 1953, n. 161 (G. U., n. 76): Modificazioni 
al Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti. 
� completamente modificato il sistema del controllo 
sugli atti dell'Amministrazione statale; ai Consiglieri 
capi degli uffici di controllo non � pi� data ora la facolt� � 
di rifiutare il visto, Tale rifiuto pu� essere pronunziato 
solo dalla Sezione di controllo. 

L'art. 3 prescrive che in tutti i giudizi di competenza 
della Corte dei conti salvo quelli per pensioni di guerra 
lo jus postulandi spetti ad un avvocato ammesso al 
patrocinio in Corte di Cassazione. 



INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA. FORMULA.ZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN A.LOUN MODO LA. SOLUZIONE OHE NE � STA.TA. DA.TA 

ACQUE PUBBLICHE. -Se le cauzioni a garanzia 
degli obblighi derivanti dalle autorizzazioni di linee elettriche 
di cui all'art. 113, ultimo comma, del T. U. 11 dicembre 
1933, n. 1775, debbano essere necessariamente 
depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti oppure 
possano essere costituite mediante annotazione su certificati 
nominativi del Debito Pubblico (n. 23). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Quale sia 
la natura giuridica di una Stazione agraria sperimentale 

(n. 140). -II) Se l'organo di una Amministrazione statale 
possa godere dei contributi di ricostruzione di un 
fabbricato distrutto per eventi bellici a carico dello Stato 
(n. 141). -III) Se le Giunte del C.A.S.A.S., come in 
genere i Comitati U.N.R.R.A., siano amministrazioni 
dello Stato (n. 142). -IV) Se, nei confronti della Giunta 
U.N.R.R.A. C.A.S.A.S., possano essere disposte le ritenute 
sui mandati o sui mutui, di cui alla legge 17 luglio 
1951, n. 575, e alla Tabella allegata (n. 142). 
APPALTO. -I) Se la Pubblica Amministrazione 
sia tenuta ad indennizzare l'Impresa appaltatrice per 
i danni causati da un evento di forza maggiore ai lavori 
gi� eseguiti dall'Impresa stessa (n. 166). -II) Se la 
Pubblica Amministrazione sia tenuta ad indennizzare 
l'Impresa appaltatrice per i danni causati da un evento 
di forza maggiore ai materiali da costruzione, gi� introdotti 
in cantiere e accettati dall'Amministrazione stessa 

(n. 166). -III) Se la Pubblica Amministrazione sia 
tenuta ad indennizzare l'Impresa appaltatrice per i danni 
causati da un evento di forza maggiore ai mezzi impiegati 
dall'Impresa stessa per il trasporto dei materiali o alle 
attrezzature necessarie per i lavori (n. 166). -IV) Se 
il termine per la consegna della merce dovuta dal fornitore 
all'Amministrazione per effetto dell'aumento del 
quinto decorra soltanto dal giorno in cui il fornitore 
stesso abbia avuto notizia ufficiale del nuovo obbligo 
impostogli (n. 167). -V) Se sia legittima l'applicazione 
di sovrimposta per pretesa tardiva registrazione di contratto 
di appalto, stipulato in corso di esecuzione dei 
lavori, sull'assunto dell'omessa denunzia verbale del 
contratto, entro i venti giorni dell'inizio dei lavori medesimi 
(n. 168). -VI) Se la facolt� concessa all'Amministrazione 
dall'art. 345 della legge sui lavori pubblici 
presupponga un contratto gi� perfezionato (n. 169). VII) 
Se, quando la comunicazione dell'approvazione del 
contratto all'Impresa non intervenga nel termine massimo 
di quattro mesi dal giorno in cui l'Impresa stessa 
abbia adempiuto agli obblighi previsti dall'art. 6 delle 
Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio 
Militare o ne sia stata effettuata la consegna dei lavori, 
l'assuntore, sci9lto da ogni impegno ai sensi dell'art. 114 
del Regolamento per la Contabilit� generale dello Stato, 
possa pretendere alcun indennizzo, oltre il rimborso 
delle spese d'asta, di bollo ed eventualmente di quelle 
di registro e di segreteria (n. 169). -VIII) Se l'Impresa 
appaltatrice possa recedere dal contratto, ove la relativa 
approvazione, pur ritardando al termine prescritto di 
quattro mesi, intervenga comunque prima che l'Impresa 

medesima abbia notificato il suo recesso (n. 170). 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Se la 
dichiarazione di decadenza dell'assegnazione di alloggio 
INA-CASA prevista dall'art. 17 della legge 28 febbraio 
1949, n. 28, abbia carattere di atto amministrativo 

(n. 41). -II) Se il provvedimento, recante la dichiarazione 
di decadenza dall'assegnazione di alloggio INACASA, 
sia soggetto alla graduazione del pretore, prevista 
dall'art. 33 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (n. 41). III) 
Se, in seguito al provvedimento di graduazione del� 
Pretore, l'atto di dichiarazione di decadenza sia esecutorio 
e, pertanto, la Gestione INA-CASA possa provvedere 
ad eseguire lo sfratto in via amministrativa (n. 41) 
-IV) Se la Gestione, nell'esecuzione dello sfratto, possa 
richiedere l'assistenza della Forza Pubblica (n. 41). 
CINEMATOGRAFIA. -Se il produttore di un cortometraggio, 
prodotto nel 1946, abbia diritto, al fine di 
ottenere i benefici di legge, alla proroga per la prima 
proiezione al 31 dicembre 1951, ai sensi dell'art. 34 della 
legge 29 dicembre 1949, n. 958 (n. 8). 


COMUNI E PROVINCIE. -I) Se le spese di trasporto 
di un infermo per il ricovero in ospedale, quando 
al trasporto non possa l'interessato provvedere direttamente 
per ragioni di urgenza o simili, rientrino nel concetto 
di spese di spedalit�, a carico del Comun�"di soccorso 
o di quello di origine a seconda dei casi (n. 42). -
II) Se, almeno in via normale, l'ordinanza di ricovero 
debba considerarsi un presupposto inderogabile sia per 
il ricovero stesso che per costituire il Comune debitore 
delle spese di spedalit� (n. 42). -III) Se, in casi di 



-106 


assoluta urgenza, possa provvedersi� a seguito di accertamento 
all'uopo fatto dai sanitari dell'Ospedale, al ricovero, 
anche se l'ordinanza non sia stata emessa (n. 42). 
-IV) Se dalla ritardata o mancata notifica del ricovero 
consegua, per l'Ospedale, la decadenza dal diritto di 
ottenere dal Comune il rimborso delle spese di spedalit� 

(n. 42). -V) Se le Aziende municipalizzate abbiano 
una personalit� giuridica propria (n. 43). -VI) Se la 
concessione di un mutuo possa essere assentita direttamente 
all'Azienda municipalizzata (n. 43). -VII) Se vi . 
sia incompatibilit� tra la carica di Consigliere Comunale 
e quella di amministratore di una Societ� il cui pacchetto 
azionario sia quasi per intero nella mani del Comune, 
la quale amministri, senza alcuna convenzione o concessione, 
beni di propriet� del Comune medesim� (n. 44). 
CONFISCA. -Se l'integrazione della sentenza di 

condanna, che abbia omesso di provvedere sulla confisca 

dei beni dell'imputato possa essere richiesta, ai sensi 

dell'art. I (4�, comma) del D.L.L. 26 marzo 1946, n. 134, 

anche nel caso in cui sia intervenuto giudicato, che abbia 

escluso l'applicazion~ della confisca medesima (n. IO). 

CONTRABBANDO. -Se l'imputato del delitto 
previsto dall'art. 65 della legge 17 luglio 1942, n. 907, 
abbia diritto alla definizione amministrativa della fattispecie, 
in base alle disposizioni della legge 3 gennaio 
1951, n. 27 (n. 21). 

DANNI DI GUERRA. -Se l'organo di una Amministrazione 
statale possa godere dei contributi di ricostruzione 
di un fabbricato distrutto per eventi bellici 
a carico dello Stato (n. 33). 

DEBITO PUBBLICO. -Se, convalidatesi dall'apposita 
Commissione cedole di cartelle del Prestito della 
Ricostruzione Redimibile 3,50 %, senza che la Commissione 
abbia ritenuto di convalidare il corpo delle cartelle 
stesse, possa effettuarsi il rilascio e pagamento delle 
cedole, quando risultino in precedenza sorteggiate (n. 7). 

DEPOSITO, -Se le cauzioni a garenzia degli obblighi 
derivanti dalle autorizzazioni di linee elettriche di 
cui all'art. 113, ultimo comma, del T. U. Il dicembre 
1933, n. 1775, debbano essere necessariamente depositate 
presso la Cassa Depositi e Prestiti possano essere costituite 
mediante annotazione su certificati nominativi 
del Debito Pubblico (n. 14). 

DONAZIONI. -I) Se possa imporsi validamente un 
vincolo perpetuo circa la destinazione dell'immobile 
donato cummodo (n. 21). -II) Se lo Stato, che � subentrato 
al donatario in forza di legge, possa alienare l'immobile, 
trasferendo nell'acquirente l'onere dell'adempimento 
del modus (n. 21). -III) Se la richiesta risoluzione 
di una donazione modale, convenuta nel 1932, 
per inadempimento dell'onere, non espressamente previsto 
quale� causa della risoluzione stessa, possa essere 
valutata in base alla norma dell'art. 793 del vigente 
Codice civile o a quella dell'art. 1080 Codice civile del 
1865, vigente al tempo della stipulazione dell'atto di 
liberalit� (n. 22). 

ELETTRODOTTO. -Se la norma del 1� comma 
�dell'art. 7 della legge 21 gennaio 1949, n. 8, stabilisca 
il " minimo " per tutti i canoni per concessioni demaniali 

o solo per i canoni per concessioni demaniali non disciplinati 
da apposite disposizioni legislative (n. 6). 
ESPROPRIAZIONE. -I) Se gli anticipi corrisposti 
ai proprietari dei fondi, ai sensi dell'art. I della legge 
25 agosto 1940, n. 1382, dall'Amministrazione, in attesa 
di provvedere all'espletamento delle regolare procedura 
espropriativa, possano considerarsi quali indennit� di 
esproprio (n. 78). -II} Se detti anticipi siano soggetti 
a rivalutazione monetaria, agli effetti del computo della 
indennit� di esproprio (n. 78). -III) Se, nel caso di 
espropriazione di terreni, effettuata in applicazione delle 
. leggi 12 maggio 1950, n. 230 e 21 ottobre 1950, n. 841, 
sulla riforma fondiaria, possa configurarsi l'esercizio. del 
diritto di prelazione d~llo Stato per gli scopi di tutela 
delle cose d'interesse archeologico di cui all'art. 30 e 
segg. della legge 1� giugno 1939 n. 1089 (n. 79). -IV) 
Se un decreto di esproprio, emesso nel periodo 1943-45, 
dal Prefetto di Bolzano, nominato dall'autorit� germa


nica occupante, possa considerarsi valido (n. 80). 

FERROVIE. -I) Se gli agenti delle Ferrovie dello 
Stato addetti al controllo dei biglietti ed all'accertamento 
detle infrazioni relative e, in generale tutti i 
suddetti agenti, siano pubblici ufficiali (n. 162). -III) 
Se gli accertamenti, compiuti dai detti agenti nell'esercizio 
delle loro funzioni col rispetto delle cc formalit� 
richieste >>, costituiscano atti pubblici (n. 162). -III) 
Quale efficacia probatoria possa essere attribuita nei 
processi civili ai verbali di accertamento redatti dal personale 
viaggiante delle Ferrovie dello Stato (n. 162). 

FERROVIE E TRANVIE. -Se anche dopo l'entratata 
in vigore della legge 14 giugno 1949, n. 410, 
il contributo di sorveglianza per le tranvie urbane di 
pertinenza delle aziende municipalizzate o in maggioranza 
di propriet� dei Comuni, sia quello fissato in lire 
1000 al km. dall'ultimo comma dell'art. I della legge 
9 marzo 1949, n. 106 (n. 163). 

GUERRA. -Se l'art. 13 della legge 9 gennaio 1951, 

n. 10, conceda una remissione in termini per chi abbia 
presentato o presenti, entro gli otto mesi dalla data di 
entrata in vigore della legge, domanda di pagamento 
di indennit�, sia pure dopo i due danni dal verificato 
incidente o se, invece, il predetto articolo si riferisca solo 
a quegli incidenti per i quali non si sia ancora verificata 
la prescrizione biennale di cui all'art. 2947 Codice civile 
(n. 19). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se l'indennit� di licenziamento 
spetti ai dipendenti non di ruolo di un Ente 
pubblico, per i quali l'inesistenza di un trattamento di 
liquidazione sia prevista da apposita norma della legge 
speciale applicabile al personale dell'Ente medesimo 

(n. 321). -II) Se abbia diritto a preavviso il personale 
di un Ente Pubblico, licenziato quando il rapporto di 
lavoro era ormai al termine (n. 321). -III) Se i rilievi 
mossi dalla Corte dei conti ad atti di liquidazione di 
competenze o le revisioni contabili effettuate dagli 
Uffici della Amministrazione valgano ad interrompere la 
prescrizione delle rate di stipendio e degli altri assegni 
indicati nell'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 
(n. 322). -IV) Se i suddetti rilievi '0 revisio:Q.i filan.9 
idonei a determinare lo spostamento della data di inizi.o 
del termine di prescrizione, quale gi� � stabilita al 3� 
comma del citato art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, 
n. 295 (n. 322). -V) Se la disposizioni contenuta nell'art. 
3 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, secondo la 

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quale spetta alla Amministrazione di procedere al recupero 
delle somme eventualmente pagate per rate gi� 
,prescritte di stipendio o di altri assegni, possa considerarsi 
abrogata dall'art. 2940 del vigente Codice civile 

(n. 322). -VI) Se l'impiegato, gi� dispensato dal 
servizio per epurazione e poi riassunto, il quale sia stato 
collocato a riposo avendo rifiutato di rinnovare il giuramento 
prescritto dalla legge 23 dicembre 1946, n. 478, 
conservi i diritti e le aspettative di carriera, maturati 
tra il sollevamento dal servizio per epurazione e il collocamento 
a riposo (n. 323). 
IMPOSTA DI REGISTRO. -Se sia legittima l'applicazione 
di sovrimposta per pretesa tardiva registrazione� 
di contratto di appalto, stipulato in corso di esecuzione 
dei lavori, sull'assunto dell'omessa denuncia verbale del 
contratto, entro i venti giorni dall'inizio dei lavori medesimi 
(n. 84). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se il privilegio dello 
Stato di cui all'art. 44 della Legge 19 giugno 1940, 

n. 762, abbia lo stesso grado del privilegio generale stabilito 
nell'art. 2752 Codice civile (n. 36). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se l'obbligo della denuncia 
ai fini dell'imposta complementare progressiva sul 
reddito sussista anche per i redditi provenienti da somm� 
investite in buoni postali fruttiferi (n. �197). -II) Sela 
norma dell'art. 5 delle disposizioni preliminari della tariffa 
doganale sia applicabile per la merce, che si trova 
nei depositi di propriet� privata (n. 198). -III) Se 
i contratti di appalto relativi alla riparazione dei danni 
causati da requisizioni alleate godano dei benefici fiscali 
di cui al D.L. 7 maggio 1945, n. 322 (n. 199). -IV) 
Se i diritti di magazzinaggio siano compresi tra i diritti 
doganali (n. 200). 

IPOTECHE. -Se l'omessa indicazione dei confini 
del fondo nell'atto costitutivo dell'ipoteca, intavolato 
nei libri fondiari, esistenti nelle provincie ex austriache, 
sia causa di nullit� dell'intavolazione stessa (n. 10). 

LOCAZIONI. -Se i contratti di locazione, stipulati 
dopo il 1� marzo 1947, ma con effetto retroattivo 
(riferentisi, cio�, a data anteriore al 1� marzo 1947) siano 
soggetti a proroga legale (n. 72). -II) Se la norma del 
2� comma dell'art. 4 del D.L. 22 marzo 1948, n. 505, 
trovi applicazione soltanto nel caso in cui l'immobile 
adibito ad uso di ricevitoria sia di propriet�. dello stesso 
ricevitore o gerente (n. 73). -III) Se il termine cc propriet� 
>>, di cui all'art. 4 (2� comma) del D.L. n. 505 
del 1948, possa esattamente riferirsi anche alle ipotesi 
in cui il ricevitore o gerente abbia, se non la propriet�, 
almeno la disponibilit� materiale o giuridica del bene 
nonch� il godimento pieno (n. 73). -IV) Se la norma 
del primo comma del citato art: 4 possa applicarsi ove 
il locale sia in propriet� della moglie del gerente o ricevitore 
e si tratti di bene parafernale (n. 73), -V) Se 
possa applicarsi il 2� comma del detto articolo ove il 
locale, di propriet� della moglie del ricevitore o gerente, 
sia in regime di comunione fra i coniugi (n. 73). -IV) 
Se possa applicarsi il 2� comma dell'art. 4 del D.L. 

n. 505 del 1948, quando il locale, di propriet� della moglie 
del ricevitore o gerente, faccia parte dei beni dotali o 
costituenti il patrimonio famigliare (n. 73). 
NAVI. -I) Se, ai sensi dell'art. 16 dell'atto di sottomissione, 
intervenuto tra il Sindacato Armatori e le 
Societ� Concessionarie per l'impianto e per l'esercizio 
di stazioni radioelettriche a bordo delle navi mercantili, 
sulle navi da passeggeri, costruite in base alla legge 
8 maggio 1948, n. 75 complete deile apparecrchiature 
radioelettriche, le apparecchiature medesime debbano 
essere necessariamente di propriet� della Societ� concessionaria 
(n. 52). -II) Se gli apparecchi esistenti 
su navi da. passeggeri, acquistate all'estero complete 
delle attrezzature radioelettriche, possano essere di 
propriet� degli armatori (n. 52). 

POSTE. -I) Se l'obbligo della denuncia ai fini della 
imposta complementare progressiva sul reddito sussista 
anche per i redditi provenienti da somme investite in 
buoni postali .fruttiferi (n. 31). -II) Se la norma del 
2� comma dell'art. 4 del D.L. 22 marzo 1948, n. 505, 
trovi applicazione soltanto nel caso in cui l'immobile 
adibito ad uso di ricevitoria sia di propriet� dello stesso 
ricevitore o gerente (n. 32). -III) Se il termine cc propriet�>>, 
di cui all'art. 4 (2� comma) del D.L. n. 505 del 
1948, possa esattamente riferirsi anche alle ipotesi in 
cui il ricevitore o gerente abbia, se non la propriet�, 
almeno la disponibilit� materiale e giuridica del bene 
nonch� il godimento pieno (n. 32). -IV) Se la norma 
del 1� comma del citato art. 4 possa applicarsi ove il 
locale sia in propriet� della moglie del gerente o ricevitore 
e si tratti di b�ne parafernale (n. 32). -V Se 
possa applicarsi il 20 comma del detto articolo ove il 
locale, di propriet� della moglie del ricevitore o gerente, 
sia in regime di comunione fra i coniugi (n. 32). -VI) 
Se possa applicarsi il 20 comma dell'art. 4 del D.L. 

n. 505 del 1948, quando il locale, di propriet� della 
moglie del ricevitore o gerente, faccia parte dei beni 
dotali o costituenti il patrimonio familiare (n. 32). 
PRESCRIZIONE. -I) Se i rilievi mossi dalla Corte 
dei conti ad atti di liquidazione di competenze o le 
revisioni contabili effettuate dagli Uffici dell'Amministrazione 
valgano ad interrompere la prescrizione delle 
rate di stipendio e degli altri assegni indicati nell'art. 2 
del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 14). -II) Se i 
suddetti rilievi o revisione siano idonei a determinare lo 
spostamento della data di inizio del termine di prescrizione, 
quale gi� � stabilita al 3� comma del citato articolo 
2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 14). -III) 
Se la disposizione contenuta nell'art. 3 del R.D.L. 19 gennaio 
1939, n. 295, secondo la quale spetta all'Amministrazione 
di procedere al recupero delle sorrime eventualmente 
pagate per rate gi� prescritte di stipendio o di 
altri assegni, possa considerarsi abrogata dall'art. 2940 
del vigente Codice civile (n. 14). 

PRIGIONIERI DI GUERRA. -I) Se i militari, 
detenuti negli stabilimenti di peria alla data dell'8 settembre 
1943, i quali furono prelevati dalle truppe tedesche 
ed internati in Germania, possano essere assimilati 
ai prigionieri di guerra, ai fini del trattamento economico 
previsto dagli articoli 40 e 41 del D.L. 19 "tn�ggio 
1951, n. 583 (n. 17). -II) Se il medesimo trattamento economico 
possa farsi ai militari detenuti, che non abbiano 
pi� fatto ritorno e siano stati considerati dispersi o 
dichiarati irreperibili, ignorandosi laloro posizione successivamente 
al prelievo degli stabilimenti carcesari (n. 17). 



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RADIO E RADIOFONIA. -I) Se, ai sensi dell'articolo 
16 dell'atto di sottomissione, intervenuto tra il 
Sindacato Armatori e le Societ� concessionarie per lo; 
impianto e l'esercizio di stazioni radioelettriche a bordo 
delle navi mercantili, sulle navi da passeggeri, costruite 
in base alla legge 8 maggio 1948, n. 75, complete delle 
apparecchiature radioelettriche, le apparecchiature medesime 
debbano essere necessariamente di propriet� della 
Societ� concessionaria (n. 2). -II) Se gli apparecchi 
esistenti su navi da passeggeri, acquistji.te all'estero 
complete delle attrezzature radioelettriche, possano 
essere di propriet� degli armatori (n. 2). 

RAPPORTI DI LAVORO. -I) Se l'obbligo degli 
assegni familiari riguardi �l personale dipendente dalla 
Amministrazione, addetto alle mense dei Carabinieri, 
gestite dall'Amministrazione stessa e che gi� goda di un 
suo particolare trattamento di famiglia (n. 22). -II) 
Se l'obbligo degli assegni familiari riguardi il personale 
assunto direttamente dalle mense private, e dai conviventi 
di esse, istituite presso i Comandi dell'Arma dei 
Carabinieri (n. 22). 

REQUISIZIONI. -Se i danni conseguenti alle requisizioni 
anglo-ame:ricane possano essere considerati danni 
di guerra (n. 99). -II) Se i contratti di appalto relativi 
alla riparazione dei predetti danni godano dei benefici 
fiscali, di cui al D.L. 7 maggio I945, n. 322 (n. 99). 
-III) Se il termine perentorio di sei mesi, stabilito, 
a pena di decadenza dal D.L.L. 7 maggio I948, n. 656, 
per la presentazione delle domande di indennizzo possa 
ritenersi applicabile, nel caso in cui l'interessato, che 
gi� aveva presentato l'istanza prima dell'entrata in 
vigore del suddetto D. L. n. 656, riproponga la domanda 
dopo il decorso del termine stesso (n. 100). 

RESPONSABILITA' CIVILE. -Se l'art. I3 della 
legge 9 gennaio 195I, n. 10, conceda una remissione in 
termini per chi abbia presentato o presenti, entro gli 
otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, 
domanda di pagamento di indennit�, sia pure dopo i due 
anni dal verificato incidente o se, invece, il predetto 
articolo si riferisca solo a quegli incidenti per i quali 
non si sia ancora verificata la prescrizione biennale di 
cui all'art. 2947 Codice civile (n. I35). 

SENTENZA. -Se la sentenza di appello che dichiari 
la nullit� della fase o precedimento di primo grado chiuda, 
davanti al giudice di app~llo, il processo inteso in tali 
sensi, anche in ordine al disposto dell'art. 9I (I0 comma) 
C.p.c., ove le parti siano state rimesse dinanzi al giudice 
di primo grado (n. 5). � �� 

SINDACATI. -I) In quale misura debba maggiorarsi 
l'indennit� di anzian;t� spettante al personale, 
di ruolo o non di ruolo, delle disciolte Associazioni sindacali 
fasciste, per il servizio militare prestato sul fronte 
di guerra o in zona di operazioni, prima o durante il rapporto 
d'impiego (n. I8). -II) Se possa tenersi conto, 
nel computo di detta indennit�, anche del servizio militare 
prestato dopo la cessazione del rapporto d'impiego 
'(n. I8). -III) Con quale decorrenza debba considerarsi 
licenziato il personale assunto dalle soppresse Associazioni 
sindacali fasciste, per i territori sottoposti al 
Governo italiano (n. I8). -IV) Con quale decorrenza 
debba considerarsi licenziato il detto personale per i 
territori sottoposti al G.M.A. (n. I8). -V) Se l'eventuale 
successiva assunzione del suddetto personale 
licenziato, da parte dell'Ufficio stralcio delle disciolte 
Associazioni, debba considerarsi, ai fini della liquidazione, 
come assunzione e:x: novo, regolata non pi� dalle 
norme disciplinanti il rapporto d'impiego con le Asso-ciazioni 
medesime, ma dalle norme stabilite dall'Ufficio 
Stralcio citato e, in difetto, dalla legge sull'impiego privato 
(n. I8). -VI) Se il servizio militare prestato dal 
personale in questione dopo il licenziamento e prima 
della nuova assunzione presso l'Ufficio Stralcio possa computarsi 
ai fini della determinazione dell'indennit� di anzianit�, 
relativamente al secondo rapporto di impiego (n. I8). 

SPESE GIUDIZIALI. -Se la sentenza di appello 
che dichiari la nullit� della fase o procedimento di primo 
grado chiuda, davanti al giudice di appello, il processo 
inteso in tali sensi, anche in ordine al disposto dell'articolo 
9I (Io comma) C.p.c., ove le parti siano state 
rimesse dinanzi al giudice di primo grado (n. 7). 

TABACCHI. -Se l'imputato del delitto previsto 
dall'art. 65 della legge 17 luglio 1942, n. 907, abbia 
diritto alla definizione amministrativa della fattispecie, 
in base alle disposizioni della legge 3 gennaio 195I, 

n. 27 (n. 5).