PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO XIII -N. 4-5-6 APRILE-MAGGIO-GIUGNO r96I 

NOTE SUL SINDACATO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
DELLE LEGGI-PROVVEDIMENTO (l) 


1) � a tutti noto che, pur essendo ammessa e 
talora espressamente prevista dalla Costituzione 
la categoria giuridica delle leggi-provvedimento, 
non si � mai stabi�ito di differenziare queste ultime 
dalle leggi-norma per. quanto attiene -in concreto 
-all'esercizio del sindacato di legittimit�. 
costituzionale. 

Da ci� si � determinata la necessit�. di immettere 
una sostanza giuridica in una forma del tutto inadeguata, 
e -per questo -di deformare concetti 
ed istituti: non potendosi, infatti, limitare 
(una volta entrata in funzione la Corte Costituzionale} 
quel presidio, che la Costituzione, allo 
art. 134, e la legge costituzionale 9 febbraio 1948, 

n. 1, vogliono esteso a tutte le leggi ed a tutti gli 
atti aventi forza di legge, ad una sola categoria.di 
questi, unicamente per un difetto di previsione 
nella struttura del processo. 
Si sarebbe potuto� altrimenti? Forse si, una volta 
escluso, com'� ovvio, il divieto del sindacato costituzionale 
su questi atti. Ed invero -e pur con 
ogni riserva derivante, da una parte, dall'inesistenza 
di uno spunto qualsiasi in questo senso nelle 
leggi, e, dall'altra, dalla difficolt�. di inserire nelle 
consuete prospettive processuali tale fenomeno pu� 
costituire oggetto di seria meditazione l'idea 
di alcuni giuristi (p. es. MoRTATl) di dire che in casi 
del genere il processo civile o amministrativo a quo 
� un giudizio di delibazione del giudizio di legittimit� 
costituzionale, e non un processo principale 
onde dovrebbe snodarsi l'episodio (incidentale) 
di legittimit� costituzionale. Ohe, quindi, l'impugnativa 
costituzionale � principale e diretta, con 
una fase di sbarramento costituita appunto dalla 
delibazione, e non un incidente del processo civile 

o amministrativo. Che, infine, la Corte Costituzionale 
giudil'a definitivamente nel merito, e non 
si limita a sgombrare ilterreno da una pregiudiziale, 
essendo la questione risolta dall'Alta Sede l'ultima, 
e non la penultima, della controversia. 
2) Ma, tant'�, Ziber soriptus projeretur: le disposizioni 
in vigore obbligano a trattare le leggiprovvedimento 
allo stesso modo con cui sono trattate 
le leggi-norma. E quindi di una giurisdizione, 

che dovrebbe essere di annullamento, si fa una giurisdizione 
di abrogazione� per quel tanto di diritto 
obiettivo che � ravvisabile nella legge-provvedimento, 
interpretandosi l'atto sottoposto al giudizio 
della Corte Costituzionale non come un provvedimento 
concreto, ma come il metro di valutazione 
del rapporto giuridico soggiacente, e, nella � 
normalit�. delle ipotesi, e cio� in tutti quei casi 
in cui la Corte dichiari incondizionatamente legittimo 
od illegittimo l'atto legislativo, si torna al 
Giudice del c. d. processo �principale '' per sentir 
decidere un merito che non c'� pi�. Cos� che le 
parti vengono assoggettate -senza una ragione 
sufficiente -agli oneri di riassunzione che il 
codice di rito prevede nei casi di autentico giudizio 
incidentale, con tutte le complicazioni che non solo 
la fantasia pu� suggerire, ma che in pratica si sono 
effettivamente avverate. 

Tutto questo, sino a quando l'ordinanza di 
rinvio rivesta un valore (in pratica) apodittico e 
non ipotetico (il che, poi, � il quod plerumque aooidit 
in tema di riforma fondiaria, vero banco di prova 
delle leggi-proVV"edimento). In altre parole, sino 
a quando l'ord:nanza di rinvio del Giudice a quo 
faccia stato di situazioni giuridiche soggettive definitivamente 
accertate, cos� che si disputi non di 
queste posizioni di diritto soggettivo, ma delle 
conseguenze sul piano costituzionale di siffatte 
premesse, sulle quali in nessun modo sar� possibile 
ritornare nelle ulteriori fasi e negli ulteriori gradi 
del giudizio principale. 

Per esempio: posto (pacificamente) che il fondo 
Corneliano appartiene a Tizio e catastalmente � 
intestato a Caio, si chiede alla Corte se la delega 
ad espropriare conferita dal Parlamento al Governo 
obblighi quest'ultimo ad attenersi all'intestazione 
catastale, ovvero alla reale situazione di dominio, 
ecc. 

Ma si possono dare situazioni in cui questa bella 
certezza non c'�. Quid iuris, in questi casi~ 

A noi sembra chiaro (e la sentenza annotata ne 
� una conferma) che qui l'ipoteticit�. dell'ordinanza 
di rinvio debba necessariamente riverberarsi �sulla 
sentenza della Corte, la quale -cos� -verr� a 
risultare emessa in via puramente eventuale. 

(1) La sentenza annotata � pubblicata a pag. 38. 

-36


3) Ed invero: 

a) per quanto esigenti si possa essere sul requi


sito della rilevanza della questione di legittimit� 

costituzionale, trattasi sempre di un accertamento 

compiuto in una data fase ed in un dato grado del 

giudizio. Nessuno pu� obbligare un Giudice ad altro, 

se non a dare pieno ed esauriente conto del proprio 

convincimento, ma nessuno -del pari -pu� 

stabilire, prima del giudicato, se questo convinci


mento sia giusto od erroneo, debba restar fermo o 

modificarsi. 

.Ancora: le nostre strutture processuali, civili e 

costituzionali, non consentono di avere una situa


zione di questo genere: tutte le questioni contro


verse, meno una (legittimit� costituzionale) sono 

decise da sentenze (parziali?) passate in giudicato; 

b) n� il giudizio ultimo e definitivo sulle con


troversie di diritto soggettivo venutesi (o che pos


sono venirsi) ad agitare nel processo di merito, pu� 

essere dato dalla Oorte. � 

L'episodio di legittimit� costituzionale, infatti, 

non confisca i diritti e le facolt� processuali delle 

parti e la loro possibilit� di avvalersi sino in fondo 

delle possibilit� offerte a tal fine dall'ordinamento 
�vigente. 

� .Ancora: non pu� pretendersi che sia la stessa 

Oorte Oostituzionale a violare la Oostituzione, annet


tendosi zone (i diritti soggettivi) riservate alla 

giurisdizione ordinaria. 

N� pu� -infine -invocarsi il principio della 

decisione da parte del Giudi�e del processo princi


pale delle questioni pregiudiziali ed incidentali. E 

ci� perch� la Oorte � -essa stessa -Giudice 

di un processo incidentale (cosi vuole la legge: e 

cosi sia), e sarebbe assurdo pensare che in questo 

processo diventino incidentali le questioni (princi


pali) di competenza del Giudice nel processo prin


cipale. 

Quindi: decisione puramente eventuale, desti


nata a seguire le sorti dell'ordinanza. 

4) Ora, che il giudizio della Oorte Oostitu


zionale presenti una sensibile componente di even


tualit� rispetto alle sorti future del giudizio princi


pale, � fenomeno del tutto normale quando si tratti 

di sindacato su leggi-norma. Oome si � visto, per 

quanto rigorosi si voglia essere in ordine all'esi


genza della <<congrua� motivazione dell'ordinanza 

di rinvio sul punto della rilevanza della questione 

di legittimit�. costituzionale per la decisione del 

processo principale, � certo che solo la cosa giudi


cata nel merito potr�. verificare a posteriori se la 

pronunzia della Oorte Oostituzionale sia stata, o 

no, utile ai fini della definizione giudiziaria della 

controversia. Peraltro, anche quando il merito si 

decida in base a norme diverse da quella denun


ciata alla Oorte, non pu� dirsi che la sentenza di 

quest'ultima sia inutiliter data. Risplende, qui, 

infatti il carattere di pronuncia << di diritto obiet


tivo � di questa sentenza: resta abrogata la norma 

dichiarata costituzionalmente illegittima, e . con


fermata (nei limiti propri alla pronuncia di legit


timit�.) quella dichiarata legittima. 

Il rapporto � quello normale tra pregiudiziale 

.(vera) e merito (vero). La pregiudiziale si dilata in 

una dimensione sua propria: pu� coprire (e normal


mente copre) l'area del merito. Ma non necessaria


mente. 

Vediamo, ora, quello che accade al momento 
del rinvio al giudizio della Oorte Oostituzionale di 
una legge-provvedimento. Se perun. als ob giuridicamente 
irrefutabile, si deve ricorrere al concetto 
di questione pregiudiziale, pur nelle circostanze 
dianzi esposte, � chiaro che l'ordinanza di rinvio 
non pu� avere altro carattere logico se non quello 
di un'ipotesi di lavoro, e che soltanto nell'avverarsi 
.(in sede di merito) di siffatta ipotesi, la sentenza 
della Oorte Oostituzionale potr� effettivamente 
incid~re sull'ulteriore vita� dell'atto legislativo per 
cui si controverte. Oh�, se le successive vicende 
del giudizio smentiscano l'ipotesi del Giudice a quo, 
la sentenza dell'Alta Sede resta uno Schlag in die 
Lehre. Essa � inutiliter data perch� non copre, n� 
pu� coprire, per virt� propria, un'area diversa da 

quella in cui si dibatte il merito. 

Oonclusione: il fatto che il diritto positivo non 
differenzi il modo di esercizio del sindacato di legittimit�. 
costituzionale sulle leggi-provvedimento da 
quello sulle leggi norma comporta, come conseguenza 
inevitabile, che, l� dove le posizioni giuridiche 
soggettive costituenti le premesse dell'atto 
legislativo in privos non siano state definitivamente 
ed irrevocabilmente stabilite all'atto dell'emanazione 
dell'ordinanza di rinvio, la sentenza costituzionale 
resta condizionata al risultato ultimo del 
processo civile: in altre parole, al rimanere fermi 
nel giudicato degli accertamenti e dei giudizi che 
hanno determinato l'ordinanza medesima. 

5) La sentenza annotata � un esempio perspicuo 

di giusta applicazione dei suesposti principi. 

Ohe cosa, infatti, dice la Oorte Oostituzionale~ 

In definitiva, questo: il Tribunale di Potenza, nella 

ordinanza di remissione della questione di legit


timit� costituzionale d�. per stabilito che una sen


tenza, che si assume dichiarativa, passata in giudi


cato costituisce per i terzi (anzi, per gli arei-terzi, 

come sono le parti espressamente estromesse dal 

relativo giudizio) una specie di calamit� naturale: 

di quelle, per intenderci, che si abbattono inelut


tabilmente sul passante indifeso. 

Ora -ragiona la Oorte -se le cose stanno 

cosi, non resta che dichiarare l'illegittimit� costi


tuzionale dell'atto legislativo di espropriazione, 

emesso sul presupposto della validit� di un certo 

negozio giuridico traslativo del diritto dominicale, 

dichiarato -invece -nullo da un giudicato succes


sivamente intervenuto, ancorch� dal relativo pro


cesso i soggetti pubblici, autori dell'espropria


zione, siano stati estromessi. 

<<Se le cose stanno cos� .... � e non c'� che da 

ammirare lo scrupolo di correttezza e di chiarezza 

della sentenza annotata, che si esterna persino 

nella forma letteraria usata. Ogni periodo si apre 

con una restituzione a chi spetta della responsa


bilit� relativa alla configurazione giuridica rappre


sentata: <<dall'ordinanza del Tribunale di Potenza 

risulta...... >>; <<d'altra parte il Tribunale si � 

espresso .... �; <<e ci� ha fatto sulla base della 

sentenza. . . . � �che il tribunale di Potenza inter



pr�ta ...... )); cc di conseguenza sembra chiaro 
che il Tribunale ha riconosciuto ...... �, e via 
dicendo. Cadenza perfetta, che chiude perentoriamente 
la parte di motivazione che qui interessa: 
cc ������� del resto, il punto concernente l'eff�cacia 
stessa (scil. delprecedente giudicato) rientm 
nella competenza del giudice di merito, quale presupposto 
del giudizio di legittimit� costituzionale . .�. . >> 

Risulta, allora, chiaro che cosa la Corte Costituzionale 
abbia inteso dire con la frase cc in quanto 
l'espropriazione � stata diretta contro soggetto 
privo di diritto enfiteutico )) che figura nel dispositivo. 


La frase non ha il valore sintattico di una proposizione 
causale (cc in quanto � = cc perch��). Sarebbe, 
infatti, assurdo pensare che nel pensiero 
del Collegio possa aversi un effetto maggiore della 
causa: un annullamento definitivo ed irrevocabile 
come conseguenza di ~accertamento provvisorio 
e condizionato, qual'� quello che in un processo 
civile si esprime in un'ordinanza. L'inciso ha, 
invece, un significato essenzialmente limitativo 
(cc in quanto )) = �in tanto, in quanto �): solo quando 
la proporzione logica tra. causa ed effetto sar� 
stata ristabilita, quando -cio� -l'esito deLprocesso 
civile sar� tanto definito ed irrevocabile 
quanto la dichiarazione di illegittimit� costituzionale, 
ed in questo esito s'avveri l'ipotesi della 
ordinanza, la pronunzia della Corte potr�. avere 
efficacia. 

6) Forse si pu� imputare alla Corte di essersi 
sentita eccessivamente vincolata dall'ordinanza 
di rinvio, si da avere trascurato di valutarne le 
premesse. Giacch� la questione ritenuta di competenza 
del giudice di merito ha un'implicazione di 
legittimit� costituzionale, stavolta configurabile 
come vera e propria questione incidentale. Tale 
questione, affiorata nel dibattito avanti la Corte, 
� la seguente: per potersi appena cominciare a 
discorrere di sentenza dichiarativa di opponibilit�. 
erga omnes della nullit�. dell'atto, ecc., ecc., e 


cosi -consentire l'ingresso {alicorch� in forma, 
problematica) all'interpretazione che il Tribunale 
di Potenza ha creduto di dover dare al giudicato 
della Corte di .Appello di Napoli, occorre vedere 
se a fil di Costituzione (e di Concordato) sia legittimo 
usare un trattamento di maggior rigore agli 
atti ed ai contratti degli Enti ecclesiastici rispetto 
a quelli delle persone giuridiche civili. .Altrimenti 
non di inefficacia del tipo nullit�. si tratta, ma di 
inefficacia del tipo annullabilit�. (come � pacificamente 
ritenuto per i negozi giuridici degli enti 
civili), e dell'asserita natura dichiarativa del giudicato 
napoletano non pu� nemmeno farsi questione. 
Ch�, se poi, a sostegno della nullit�. si ponga lo 
art. 12 della)egge 27 maggio 1929, n. 848, � chiaro 
che sorge problema circa la legittimit�. costituzionale 
di questa norma (art. 20 della Costituzione). 


Un'altra lacuna � costituita dal fatto che la 
Corte non ha neppure considerato il problema 
(assorbente rispetto alla trama giuridica della 
ordinanza) della natura <c originaria� e non <e derivativa-)) 
dell'acquisto della propriet�. per espropriazione. 
:� chiaro, infatti, che se il titolo dello 
Ente di Riforma � originario, la questione dello 
acquisto a non domino resta svalutata e l'ordinanza 
di rinvio-priva di senso. 

Peraltro, data la linea in cui s'� posta la Corte, 
ed il rispetto professato per il giudizio di rilevanza 
e di non manifesta infondatezza del Giudice a 
quo, queste omissioni si spiegano e diventano 
logicamente accettabili. 

7) Resterebbe da esaminare la seconda parte 
della motivazione, che non ci trova del tutto 
consenzienti. 

Ma, per affrontare questi problemi sarebbe necessario 
procedere ad una rassegna critica della copiosa 
giurisprudenza costituzionale intervenuta in tema 
di riforma fondiaria. Ci� che esula dall'argomento 
della presente nota, e pu� essere ripreso in altra 
occasione, con forse maggiore utilit�.. 

FRANCBSCO AGR� 

AVVOCATO DELLO STATO 


RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE -Riforma fondiaria � 
Espropriazione di diritti en'fiteutici -Validitd della 
en'finteusi. (Corte Costituzionale, . Sentenza n. 12 del 
29 m:trzo 1961 -Pres. : Cappi; Est. : Jaeger -Arcivescovo 
di Napoli c. Ente Puglia e Lucania e Ministero 
Agricoltura}. 

� costituzionalmente illegittimo un decreto legislativo 
di esproprio emesso nel presupposto della 
appartenenza all'espropriato di diritti enfiteutici 
che invece siano stati ritenuti, con sentenza resa 
in giudizio dal quale l'ente espropriante sia stato 
estromesso, non validamente costituiti, sempr� che 
il giudice di merito, nella sua competenza, consi.deri 
� quella sentenza efficace anc]le nei confronti 
dell'ente espropriante. 

Trascriviamo la motivazione in diriti.o d�lla sentenza. 


Dalla ordinanza del tribunale di Potenza risulta 
che l'.A.rcivescovo di Napoli, nella qualit� dichiarata 
di rappresentante �della Mensa Arcivescovile, 
aveva chiesto che fosse dichiarata illegittima la 
espropriazione dei terreni disposta con il D.P.R. 
27 dicembre 1952, n. 3679, in quanto diretta contro 
'un soggetto privo di diritto enfiteutico in relazione 
al terreno espropriato;� solo tale questione, e 
non le altre, alle quali la difesa dell'Ente di riforma 
e del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste 
vorrebbe estendere l'esame della Corte, costituisce 
l'oggetto del giudizio demandato a questa. 

D'altra parte, il tribunale si � espresso negativa


mente anche sul punto, se la Societ� Agricola Meri


dionale Carmine De Martino e C., nei confronti 

della quale il Decreto presidenziale citato aveva 

disposto la espropriazione, fosse titolare del diritto 

reale (enfiteutico) presupposto del Decreto stesso. 

E ci� ha fatto sulla base della sentenza 20 luglio


30 agosto 1956 della Corte di appello di Napoli, 

passata in giudicato, che il tribunale di Potenza 

interpreta nel senso che sia �da inferirne la mancata 

costituzione del diritto reale enfiteutico in favore 

della Societ� concessionaria �, perch� �nel pensiero 

espresso dalla Corte napoletana il concetto di inef


fbacia riferito al contratto enfiteutico appare as


sunto nella sua propria significazione tecnico


giuridica di fattispecie negoziale perfetta ma im


produttiva medio tempore di effetti giuridici (nego


zio sospensivamente condizionato e sottoposto a 

termine iniziale) �. 

� stato rilevato che il tribunale, nella formula


zione del quesito sottoposto alla Corte costituzio


nale, ha parlato di espropriazione �contro soggetto 
privo, per giudicato successivamente intervenuto, 
in relazione al terreno espropriato, di diritto enfiteutico 
�, e che l'inciso �per giudicato -successivamente 
intervenuto� potrebbe sembrare di dubbio 
significato; ma nella stessa ord~anza si legge che 
quanto sopra Ǐ risultato accertato dalla citata 
sentenza della Corte di appello di Napoli, la cui 
pronuncia relativa alla ineffica<'ia del contratto di 
enfiteusi, retroagendo ex tunc, ha fatto venir meno 
la titolarit� del diritto della SAIM �. Di conseguenza 
sembra chiaro che il tribunale ha riconosciuto la 
natura dichiarativa, e non costitutiva, di tale 
sentenza, sul presupposto che questa abbia solo 
aCC'ertato, naturalmente in tempo successivo, quale 
fosse sin dall'inizio la condizione giuridica del rapporto 
in esame. � 

La difesa dell'Ente di riforma e del Ministero 
dell'Agricoltura e delle Foreste contesta la natura 
dichiarativa della sentenza stessa, e in particolare 
la� sua efficacia. erga omnes, aggiungendo che i 
propri rappresentati, gi� convenuti nel primo 
processo davanti al tribunale di Napoli, erano stati 
estromessi dal giudizio per motivi di incompetenza 
territoriale-funzionale. Non contesta per� che si 
sia formato il giudicato fra i due soggetti del rapporto 
di concessione enfiteutica (Mensa arcivescovil� 
e Societ� concessionaria); e ci� sembra sllfficiente 
ai fini del giudizio, perch� una sentenza 
dichiarativa concernente un rapporto fra pi� parti 
ha effetti anche nei confronti dei terzi, in quanto 
costituisca cosa giudicata fra i soggetti del rapporto 
controverso. Tale efficacia � stata ritenuta, come 
si � notato, ai fini della questione in esame, dal 
tribunale di Potenza nella ordinanza di rimessione 
degli atti alla Corte costituzionale, pronunciata 
in un processo nel quale fra l'altro erano convenuti 
e costituiti anche l'Ente di riforma e il Ministero; 
e del resto il punto concernente l'efficacia stessa 
rientra nella competenza del giudice di merito, 
quale presupposto del giudizio di legittimit� costituzionale, 
come � stato ripetutamente ritenuto 
da questa Corte (v. fra le altre, le ordinanze 

n. 77 del 16 maggio 1956 e n. 69 deJ 22 dicembre 
1959). � 
Le altre considerazioni, sulle quali si diffonde 
la difesa dell'Ente e del Ministero, hanno piuttosto 
carattere di segnalazione di inconvenienti, che di 
argomenti validi per la risoluzione di 'llna questione 
giuridica. Nessuno pu� contestare che il me tono e i termini 
prescritti dalla legge per l'attuazione della 
riforma fondiaria, da un lato, e la esistenza delle 
garanzie previste a salvaguardia dei diritti di sog




-39


� 

getti estranei all'ambito della riforma, dall'altro, 
possano aver messo talvolta in difficolt� le autorit� 
amministrative preposte a compiti tanto delicati 

� e difficili. 

Tuttavia, la considerazione di tali inconvenienti 
non pu� indurre la Oorte ad ammettere le estreme 
conseguenze, alle quali si giungerebbe accogliendo 
le tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato. La 
Oorte ritiene di dover riaffermare l'opinione, gi� 
espressa ripetutamente, che le risultanze dei dati 
catastali non possono considerarsi decisive ai fini 
della prova dei diritti reali in materia di espro


priazione fondiaria.. 

Nella specie che forma oggetto del presente giudizio 
non pare che gli organi amministrativi preposti 
alla riforma fondiaria abbiano svolto le indagini 
per accertare chi fosse titolare del diritto reale, 
oggetto del procedimento di espropriazione. A 
quanto risulta dagli atti, essi si sono limitati a rilevare 
i dati catastali e forse anche a ispezionar.e i 
registri immobiliari; ma � stato pure dimostrato 
ex adverso che pi� volte era, stata richiamata 
l'attenzione di tali organi sulle circostanze rileva,nti 
ai�fini della legittimit� del provvedimento in preparazione: 
erano stati presentati pi� esposti, era stato 
notificato un ricorso al Oonsiglio di Stato contro 
la predisposizione del piano di espropriazione e :a 
quanto � stato affermato dal difensore della Mensa 
Arcivescovile e non contestato dalla difesa dello 
Ente� di riforma -gli stessi motivi di opposizione 
sarebbero stati fatti valere davanti alla. Oomtnis.
sfone parlamentare, i cui membri, all'unanimit� 
meno uno, li avrebbero riconosciuti fondlliti. 

Si aggiunga che, proprio in una specie come la 
presente, nessuno meglio che l'amministrazione 
avrebbe pot11to agevolmente accertare se l'Arcivescovo 
di Napoli avesse ottenuto o no dall'autorit� 
governativa le autorizzazioni richieste dagli art. 9 
10 e 13 della legge 27 maggio 1929, n. 848, per la 
accettazione della eredit� Ferrara e per la stipulazione 
del �ontratto di enfiteusi, e dedurne se la 
Societ� concessionaria o altri soggetti fossero titolari 
di un diritto reale passibile di espropriazione. 


Anche in vista degli aspetti particolari ora rilevati, 
concernenti la� condizione giuridica dei beni 
c�i si riferisce il presente giudizio e i ripetuti atti 
di diffida e di opposizione notiftcati tempestivamente 
alla. pubblica amministrazione, non pu� ritenersi 
giustificato . il richiamo alle � difficolt� che 
questa ha frequentemente incontrato nel procedere 
alla riforma fondiaria; n� argomenti simili possono 
essere addotti efficacemente a dimostrazione della 
legittimit� del provvedimento impugnato. 

PER QUESTI MOTIVI LA CoRTE OosTITUZIONALE 

Dichiara la illegittimit� costituzionale del D.P;R. 
27 dicembre 1952, n.� 3679; in relazione all'art. 4 
della legge .21 ottobr.e 1950, n. 841, � alla tabella 
�allegata, e in riferimento� alle: norme contenute 
negli art. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, 
in quanto l'espropriazione � stata diretta contro 
soggetto privo di diritto enfiteutico in relazione 

a.i terreni espropria.ti. 
CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio di legittimit� 
costituzionale delle leggi regionali siciliane proposto 
in via principale. Competenza della Corte Costituzionale 
� Promulgazione e pubblicazione della 
legge in pendenza del giudizio -Irrilevanza -Effetti 
della decisione di annuJlamento -Art. 81 della 
Costituzione. (Corte Costituzionale, 9 giugno 1961, 

n. 31; Pres.: Cappi; Rel.: Jaeger -Presidente del 
Consiglio dei Ministri c. Regione Siciliana). 
La Oorte Costituzionale � competente a conoscere 

tutte le controversie gi� demandate al giudizio 

dell'Alta Corte per la Regione siciliana. 

Decorso il termine di �30 giorni, previsto dal


l'art. 29 S.S. Sic., il Presidente della Regione sici


liana ha facolt�, non gi� obbligo perentorio, di 

promulgare e pubblicare la legge in pendenza del 

ricorso. L'esercizio di tale facolt� rientra nel~'ap


prezzament9 e, quindi, nella responsabilit� degli 

organi della Regiqne .. 

La sentenza, che dichiara l'illegittimit� costitu,
zionale della. legge regionale, opera giuridicamente 
IJ.ella pienezza dei suoi effetti, del tutto identici 
a quelli che avrebbe se la promulgazione e la pubblicazione 
non fossero avvenute.� 

0gl}.i legge sostanziale che import! nuove e mag


giori� spese deve indicare i mezzi per farvi fronte e 

non pu� considerarsi assolto l'obbligo, imposto al 

legislatore dall'art. 81 Cost., mediante l'autorizza


zione a iscrizioni. nel bil�ncio, che non producono 

alcun effetto se non trovano rispondenza in leggi 

sostanziali. 

* * * 

1. La difesa della Regione ha ritenuto opportuno 
riproporre in questo giudizio la tesi della. incompetenza 
della Corte costituzionale rispetto a tutte 
le controversie gi� demandate al giudizio della 
Alta Oorte per la Regione siciliana, e l'ha svolta 
ampiamente nella. discussione orale, con l'aggiunta 
di nuovi profili, non tutti rigorosamente giuridici. 
La difesa dello Stato ha replicato richiamando il 
carattere temporaneo della competenza dell'Alta 
Oorte e la necessit� che l'organo di giurisdizione 
costituzionale sia unico e identico :per tutto lo 
Stato e non venga ad essere. n�ppure frazionato 
iii pi� organi a� struttura almen-0 parzialmente 
diversa. 
La Corte, che ha risolto da tempo e ripetutamente 
la questione, non pu� non richiamare la motivazione 
della sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 e 
riaffermare che il principio della unicit�. della giurisdizione 
costituzionale, coessenziale alla struttura 
dello Stato, non tollera deroghe o attenuazioni di 
alcun genere. 

2. Anche la eccezione di inammissibilit� (o improcedibilit�) 
del ricorso per sopravvenuta carenza 
di interesse, �sollevata dalla difesa della Regione, 
non pu� ritenersi fondata. Qualunque opinione si 
voglia accogliere in tema di interesse aQ. agire rispetto 
ai giudizi di legittimit� costituzionale proposti 
in via principale, non � dubbio che nella 
specie sussiste l'interesse dello Stato ad ottenere 
l'accertamento della illegittimit� della le~e impu� 

.._ 4� 


gnata e che la tesi, secondo la quale tale interesse 
sarebbe venuto meno proprio perch� la Regione 
ha dato applicazione alla stessa legge, che era stata 
denunciata come illegittima, non pu� essere accolta. 

La Oorte ha avuto gi� occasione di rilevare (sentenza 
n. 9 del 25 febbraio 1958, e precedenti ivi 
richiamati) che il termine di venti giorni, di cui al 
primo comma dell'art. 29 dello Statuto della Regione 
siciliana, ha carattere meramente ordinatorio 
e che, correlativamente, il termine di trenta 
giorni, di cui al secondo comma dello stesso articolo, 
crea non gi� un obbligo perentorio di prom.lgazione 
e pubblicazione immediata, ma soltanto una 
facolt� della Regione di promulgare e pubblicare 
la legge anche in pendenza del proposto giudizio 
di legittimit�; ha soggiunto che mentre da un lato 
l'esercizio di tale facolt� rientra nell'apprezzamento 
e quindi nella responsabilit� degli organi della 
Regione, la successiva decisione della Oorte, che 
eventualmente dichiari la illegittimit� costituzionale 
della legge, opera giuridicamente nella pienezza 
dei suoi effetti, del tutto identici a quelli che 
avrebbe, se la promulgazione e la pubblicazione 
non fossero avvenute. 

3. Nel merito, la difesa della Regione ha. sostenuto 
che l'inciso �esercizio in corso� contenuto nel 
primo comma dell'art. 3 della legge impugnata deve 
essere interpretato come riferito all'esercizio 19591960, 
posto che la legge stessa non avrebbe potuto 
trovare concreta attuazione prima del 30 giugno 
1959. La Oorte non ritiene di poter accogliere una 
interpretazione correttiva del genere, neppure se 
si trattasse, come fu detto all'udienza, di una svista 
del legislatore. 
Ildisegno di legge era stato presentato all'Assemblea 
dal President'tl della Regione in data 19 dicembre 
1958, riveduto �e presentato con la relazione 
dalla Oommissione legislativa il 18 marzo 1959, 
approvato dall'Assemblea il 3 aprile 1959, rimanendo 
costantemente immutata la formula, che 
faceva riferimen.to all'esercizio in corso. Del resto, 
anche al momento della promulgazione della legge 
(12 maggio 1959) mancavano quasi due mesi allo 
inizio dell'esercizio 1959-60, per designare il quale 
l'uso del termine �in corso � sarebbe stato assolutamente 
improprio. 

Il vero �, per�, che sussiste una patente violazione 
della norma contenuta nell'art. 81 della 
Costituzione, comunque si interpreti quell'inciso, 
perch� la legge non indica in alcun modo con quali 
mezzi si sarebbe dovuto far fronte alle spese occorrenti 
per applicare la legge. 

� esatta la affermazione della difesa della Regione, 
che nella legge di bilancio 8 gennaio 1960, 

n. 4, furono indicate ai capitoli 640 e 641, rubrica 
Agricoltura-Interventi straordinari, le somme di lire 
175 milioni per � Contributi ai produttori di uve 
da mosto che conferiscono l'uva o il mosto allo 
ammasso volontario presso consorzi, cantine sociali 
e loro consorzi o enopoli e cantine sociali gestite 
dall'Istituto regionale della vite e del vino� (con 
richiamo all'art. 1 della legge regionale 12 maggio 
1959, n. 22) e di lire 100 milioni quale �somma 
destinata per l'assunzione a carico della Regione 
delle eventuali passivit� risultanti dal conto sp�ciale 
previsto dal primo comma dell'art. 11 della 
legge regionale 22giugno1957, n. 34 �(con richiamo 
all'art. 2 della legge suddetta, impugnata nel presente 
giudizio). Senonch� tali iscrizioni non solo 
non sarebbero mai sufficienti a ,sanare la violazione 
della norma dell'art. 81 della Oostituzione, 
ma -se � vero che in base ad esse furono fatte 
anche le erogazioni, come ha affermato la difesa 
della Regione -aggravano ancor pi�, di fatto 
quella violazione. 

La Corte costituzionale ha avuto pi� volte occasione 
di precisare il significato delle disposizioni 
dell'art. 81 della Oostituzione. Ha cos� chiarito 
che in tale articolo il quarto comma forma sistema 
con il terzo, e che mentre quest'ultimo dispone che 
con la legge di approvazione del bilancio non si 
possono stabilire � nuovi tributi e nuove spese �, 
e cio� non si possono aggiungere spese e tributi 
a quelli contemplati dalla legislazione sostanziale 
preesistente, il quarto comma dispone che ogni 
legge sostanziale che importi � nuove o maggiori 
spese � deve indicare i mezzi per farvi fronte, e 
cio� che non possono emanarsi disposizioni, che 
importino per l'erario oneri di pi� ampia portata 
rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente, 
se non venga provveduto con legge 
sostanziale anche alla indicazione dei mezzi destinati 
alla copertura dei nuovi oneri (sentenza n. 66 
del 16 dicembre 1959). � 

Essa ha poi chiarito che l'obbligo del legislatore 
regionale di indicare i mezzi di copertura di una 
nuova o maggiore spesa non pu� ritenersi assoluto 
mediante l'autorizzazione a iscrizioni nel bilancio 
(sentenza n. 16 del 23 marzo 1961). Tali iscrizioni 
non producono, e non possono produrre, alcun 
effetto di per s�, ove non tl'ovino corrispondenza 
in una legge sostanziale, che preveda la spesa, 
nonch� i mezzi per farvi fronte. 

Infine, non merita accoglimento la tesi, secondo 
la quale la mancata impugnazione della legge del 
bilancio da parte del Oommissario dello Stato importerebbe 
sanatoria dei"vizi gi� denunciati da 
questo. 

Se in un bilancio sono stati inclusi alcuni capitoli 
senza la dovuta osservanza del disposto dell'art. 81, 
non � necessario promuovere un'azione per impugnarli, 
n� emettere una dichiarazione di illegittimit� 
di essi, proprio perch� quella iscrizione, di 
per s�, non determina alcuna modificazione dell'ordinamento 
giuridico. 

Questa sentenza, che riafferma principi ormai 
consolidati, e le numerose cause sorte a seguito dell'annullamento 
delle leggi regio'nali siciliane 12 e 
21 marzo 1958 che prorogavano i benefici fiscali 
previsti dalle leggi regionali siciliane 26 gennaio 
1953, n. 1 e 9 aprile 1958, n. 10, ci inducono a 
spendere qualche parola sull'art. 29 S. S. Sic., 
anche in relazione ad un parere pro-veritate reso 
da cinque noti giuristi e pubblicato, -a �cura della 
Presidenza della Regione, il 1o ottobre 1960. 


Le cause, cui abbiamo dianzi accennato, non de


stano alcuna preoccupazione dal punto di vista rigo


rosamente giuridico, perch� � fin troppo e.vidente 


-41 


che n� l'approvazione n� la promulgazione' e pubblicazione 
di una legge, successivamente dichiarata 
incostituzionale, possono esser causa di responsabilit� 
civile. L'art. 28 della Costitull:ione, in relazione anche 
al successivo art. 113, prevede, infatti, in conformit� 
dei principi vigenti anteriormente alla Costituzione 
repubblicana, la responsabilit� della Pubblica amministrazione 
e per atti amministrativi, lesivi dell'altrui 
diritto; resta del tutto esclusa, e su questo 
punto � concorde la dottrina, ogni responsabilit� 
dello Stato e, riteniamo, .delle Regioni per l'esercizio 
della funzione legislativa. E ci� a prescindere dalla 
considerazione che l'impugnazione � re.�a nota a tutti 
mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, 
quindi, tutti sanno che l'efficacia della legge � condizionata 
al rigetto della impugnazione stessa. Potrebbe, 
forse, ipotizzarsi una responsabilit� amministrativa 
del Presidente per danni cagionati alla Regione dalla 
promulgazione e pubblicazione della legge in pendenza 

del ricorso, ma la questione qui non interessa. 

Le predette cause, per�, sono abbastanza significative 
e pongono in luce gl'inconvenienti derivanti dalla 
imprudente ed affrettata promulgazione e pubblicazione 
di una legge impugnata dallo Stato ai sensi 
dell'art. 28 S. S. Sic. 

Nel citato parere, a cui la Presidenza della Regione 
Siciliana ha ritenuti> di adeguare il proprio 
comportamento, si afferma che: -trascorsi i trenta 
giorni assegnati dall'art. 29 S. S. Sic. per la emissione 
della sentenza della Corte sulla costituzionalit� 
della legge, il Presidente della Regione deve, in via 
di principio, procedere alla promulgazione della 
legge, anche in pendenza del giudizio; -il Presidente, 
tuttavia, valutata la circostanza e, ove lo creda, 
di accordo con la Giunta pu� sospendere la promulgazione; 
-la decisione di sospendere la promulgazione 
comporta la responsabilit� politica del 
Presidente o del Governo dinanzi all'Assemblea regionale; 
-per tale decisione il Presidente ed il Governo 
non possono, invece, incorrere n� in responsabilit� 
contabile (amministrativa?) n� in responsabilit� 
verso i terzi; -la sentenza della Corte, che dichiari 
la illegittimit� costituzionale della legge impugnata 
e promulgata in pendenza di giudizio, come in qualsiasi 
altro caso, produce effetti solo ex nunc. 

A nostro avviso, le conclusioni, cui perviene il 
citato parere, non sono esatte, come, peraltro, le sue 
premesse; esse sono, altres�, in contrasto con la ormai 
consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale 
~ con la stessa prassi dell'Alta Corte per la Regione 
Siciliana. 

Con la sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 la Corte 

Costituzionale, affermando per la prima volta la 

sua competenza sui giudizi di legittimit� costituzio


nale delle leggi regionali siciliane proposti in via 

principale, conferm� il carattere ordinatorio del ter


mine di venti giorni, fissato dall'art. 29 S.S. Sic. 

per la decisione, gi� considerato tale dall'Alta Corte. 

Con la successiva sentenza n. 112 del 28 giugno 

1957 la Corte ribad� questo principio ed inoltre 

precis� che, se la Regione aveva diritto di promulgare 

e pubblicare la legge in disputa, questa, in forza dello 

art. 136 Cost., cessava di avere efficacia in conse


guenza della sentenza, che fo, dichiarava costituzional


mente illegittima. 

Nella sentenza n. 9 del 25 febbraio 1958 la Corte 
affront� per la prima volta ex professo la questione 
che interessa, ed afferm� che l'art. 29 S.S. Sic. 
crea non gi� un obbligo perentorio di promulgazione 
e pubblicazione immediata, ma soltanto la 
facolt� per la Regione di procedere alla promulg�zione 
e pubblicazione della legge anche in pendenza 
di un ricorso per illegittimit� costituzionale. Con 
l'art. 29, afferm� la Corte, si vollero tener presenti le 
speciali ragioni di necessit� e di urgenza che in 
taluni casi possono suggerire la promulgazione e 
pubblicazione della legge anche in pendenza del 
ricorso, con .duplice conseguenza: che l'esercizio della 
predetta facolt� rientra nell'apprezzamento e quindi 
nella responsabilit� degli organi della Regione; che 
la successiva decisione della Corte, la quale eventualmente 
dichiari l'illegittimit� costituzionale della legge, 
opera giuridicamente nella pienezza dei suoi effetti, 

del tutto identici a quelli, che avrebbe se la promul 
gazione e la pubblicazione non fossero avvenute. 

Questi concetti sono stati riba.diti con la successiva 
sentenza n. 60 del 19 novembre 1958, nella quale 
si legge: �il fondamento e i limiti di queste facolt� 

(promulgazione e pubblicazione della legge im 
pugnata) sono tali da escludere che possa influire, 
allorch� sia esercitata, sullo svolgimento del processo 
costituzionale e sulla relativa decisione. Pertanto, 
anche se la legge regionale in oggetto possa 
ritenersi formalmente perfetta come atto legislativo, 
l'esercizio dell'anzidetta facolt� di promulgazione 
non impedisce che una dichiarazione di illegittimit� 
della Oorte Costituzionale ponga nel 
nulla la legge e travolga tutti gli effetti che essa, 
medio tempore, possa aver prodotto con eventuali 
conseguenti responsabilit� �. 

La sentenza annotata � confortne alle precedenti, 
che costituiscono ormai giurisprudenza consoliclata 
della Corte, la quale, dopo un iniziale, fugace ed 
ipotetico accenno all'art. 136 Cost., ha ritenuto di 
poter e dover applicare alle leggi regionali siciliane 
gli stessi principi dettati per l'impugnativa in via 
principale, da parte dello Stato, delle leggi delle altre 
Regioni a Statuto Ordinario o Speciale. 

La particolare forma di autonomia della Sicilia, 
con la costituzione ed il funzionamento della Corte 
e la piena attuazione del principio di unit� della 
giurisdizione costituzionale, � limitata ai pii� brevi 
termini di impugnativa, alla titolarit� di essa ed 
alla facolt� attribuita al Presidente della Regione 
di promulgare e pubblicare la legge in pendenza ~el 
ricorso. Per il resto, il controllo di costituzionalit� 
delle leggi da parte dello Stato � effettuato con identit� 
di mezzi e di risultati previsti per le altre Regioni. 
Esso � preventivo, si attua, cio�, sulla legge ancora 
non efficace e la sentenza di annullamento travolge 
la legge ex-tunc. 

D'altra parte, neppure gli estensori del parere 
citato hanno potuto trascurare la circostanza ohe 
l'art. 29 S.S. Sic. prevede una sentenza di annullamento, 
i cui effetti non possono non esser~. ~he extunc. 
. ._ 

In conclusione a noi sembra di poter affertnare che 
la Corte, insistendo particolarmente sul requisito 
della necessit� e dell'urgenza, quale fondamento della 
facolt�, attribuita al Presidente della Regione siciliana 


-42 


di promulgare e pubblioare la legge in pendenza del 
rioorso, e sulla responsabilit� (verso l'Assemblea e 
verso la Regione), ohe deriva dall'eseroizio di questa 
faoolt�, abbia inteso equiparare l'ipotesi in esame a 
quella prevista dall'art. 77 u. p. Cost. Come i deoreti 
legge, non oonvertiti nei sessanta giorni dalla loro 
pubblioazione, perdono effioaoia sin dall'inizio, oos� 
la legge regionale sioiliana, promulgata e pubblioata 
in pendenza del t�ioorso per partioolari motivi di 
neoessit� ed urgenza � posta nel nulla, oon pienezza 
di effetti, dalla sentenza di annullamento. 

Dalla giurisprudenza, si ripete, oostante e consolidata 
della Corte si trae, dunque, la duplioe, grave, 
oonseguenza: ohe la promulgazione e pubblioazione 
della legge in pendenza del rioorso � una faoolt� eccezionale 
attribuita al Presidente della Regione sioiliana, 
non 'l(,n dovere; ohe l'esercizio di tale faoolt� � legittimo 
solo se sussistono partioolari motivi di neoessit� 
e di urgenza e, in ogni oaso, involge la responsabilit� 
del Presidente; ohe la sentenza di annullamento 
opera ex-tunc e travolge tutti gli effetti della legge. 
N � potrebbe rioonosoersi all'Assemblea il potere di 
regolare i rapporti giuridioi sorti sulla _base della 
legge annullata, peroh� l'annullamento, almeno in via 
di massima, postula la inoompetenza della Regione. 

D'altra parte, per quanto riguarda l'ultima proposizione, 
anohe a voler disattendere la tesi suesposta 
e ritenere applioabili gli artt. 136 Cost. e 30, terzo 
comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, le oonseguenze, 
da un punto di vista pratioo non cambiano. Le sentenze 
della Corte, la quale non ignora il prinoipio 
dir�ttivo oontenuto nell'art. 29 S. S. Sio., sono pubblioate 
a breve distanza dalla proposizione del rioorso, 
siooh� nessun rapporto giuridioo sorto in base alla 
legge impugnata, si esaurisoe, tanto pi� ohe l'impugnativa 
� a tutti nota. In oonoreto, quindi, la sentenza 
di annullamento travolgerebbe in ogni oaso, tutti gli 
effetti della legge impugnata, salvo soltanto quelli 
negativi-proibitivi, irrevooabilmente verifioatisi. 

La gravit� delle oonseguenze, il turbamento dell'ordine 
giuridioo e il danno, ohe si arreoa ai oittadini, 
peroh�, oomunque gli effetti negativi della legge mai 
sarebbero eliminati, oi fanno auspioare ohe la Presidenza 
della Regione sioiliana voglia riesaminare 
la questione ed_ astenersi dal promulgare e pubbli-� 
oare le leggi in pendenza del rioorso dello Stato. 

CORTE COSTITUZIONALE � Giudizio di legittimit� 
costituzionale delle leggi regionali siciliane promosso 
in via principale. Competenza della Corte Costitu� 
zionale � Decorso dei termini per l'esercizio di pote� 
st� conferite ali'Assessore ed al Governo regionale 
-Interesse a ricorrere � Regolamenti regionali. 
Incompetenza dell'Assessore � Decreti . legislativi 
delegati � Inammissibilit� � Competenza dell'As� 
semblea. (Corte Costituzionale 9 giugno 1961, n. 32, 
Pres.: Cappi; Rel.: Jaeger -Presidente del Consiglio 
dei Ministri c. Regione Siciliana. 

La Oorte Oostituzionale � competente a conoscere 
tutte le controversie gi� demandate al giudizio 
dell'Al.ta Corte per la Regione siciliana. 

Il decorso dei termini fissati per l'esercizio della 

potest� regolamentare all'Assessore e della potest� 

legislativa delegata al Governo regionale non rende 

inammissibile il ricorso dello Stato, che ha interesse 

alla dichiarazione d'illegittimit� cQStituzionale delle 

norm� attributive di tali potest�. 

I regolamenti per l'esecuzione delle leggi regionali 

. sono emanati dal Governo regionale e, pertanto, 

� illegittima la norma, che attribuisce potest� re


golamentare all'Assessore. 

Lo Statuto Speciale per la Regione siciliana non 

ammette l'istituto della delegazione legislativa al 

Governo, n� � consentito estendere alle Regioni 

le norme costituzionali dell'ordinamento dello Stato, 

che non costituiscono applicazioni di principi gene


rali; �, pertanto, costituzionalmente illegittima la 

norma che delega al Governo regionale l'esercizio 

di potest� legislativa. 

* * * 

1. La eccezione di incompetenza della Corte 
costituzionale a decidere le controversie gi� demandate 
alla competenza dell'Alta Corte per la Regione 
siciliana � stata riproposta, riesaminata e nuovamente 
respinta nel giudizio deciso con la sentenza 
n. 31, di questa Corte, di pari data della presente, 
che richiama i motivi gi� esposti a fondamento 
della prima sentenza su questo punto (n. 38 del 
27 febbraio 1957). 
2. Ad analoga decisione negativa si deve pervenire 
riguardo alle eccezioni di inammissibilit� e 
improcedibilit� sollevate dalla difesa della Regione 
nella memoria, relativamente alle norme degli 
art. 15 e 16 della legge regionale impugnata, in 
base al rilievo che i termini stabiliti in tali disposizioni 
per l'esercizio della potest� regolarmentare 
conferita all'Assessore per l'agricoltura e le foreste 
(art. 15) e della delegazione legislativa al Governo 
regionale (art. 16) sono decorsi da tempo, senza 
che si sia provveduto all'esercizio delle potest� 
medesime. 
La sussistenza dell'interesse dello Stato ad ottenere 
l'accertamento della illegittimit� delle norme 
suddette e la loro eliminazione dall'ordinamento 
giuridico non pu� essere messa in dubbio. Anzitutto 
� da osservare che, se il termine stabilito per l'esercizio 
di una delegazione legislativa � sicuramente� 
perentorio, � quanto meno contra.verso se si;:i, tale, 

o non piuttosto meramente ordinatorio, un termine 
prefisso per l'emanazione di regolamenti. di 
guisa che il fattQ che sia scaduto il termine previsto 
nell'art. 15 della legge impugnata senza che l'Assessore 
abbia esercitato la potest� regolamentare 
conferitagli potrebbe, secondo talune opinioni, non 
precluderne l'ulteriore esercizio. L'art. 5, lettera h, 
del resto, non prevede affatto un termine. Si deve 
poi aggiungere che una impugnazione come la 
presente ha quale oggetto una affermata. violazione 
delle norme costituzionali sulla competenza --legi-slativa 
e regolamentare, non gi� il contenuto delle 
norme emanate da organi eventualmente incompetenti, 
contenuto che potrebbe non meritare di 
per s� alcuna censura: la illegittimit� delle norme 

-� 43


delegate � conseguenza della illegittimit� della 
legge di delegazione, che ne costituisce il prius, 
ed � proprio su questa che si appunta l'azione esperita 
dagli organi dello Stato. Sussiste quindi il 
dovere della Corte di esaminare la legittimit� di 
quelle norme, rispetto alle quali la difesa dello 
Stato ha insistito nella richiesta della dichiarazione 
di illegittimit�. 

3. L'art. 5, lettera h, della legge impugnata 
prevede la partecipazione al Consiglio di amministrazione 
dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia 
�ai cinque membri �eletti tra gli assegnatari dei 
lotti di riforma agraria con 113 modalit� che saranno 
stabilite dall'Assesi:;orato per l'agricoltura e le 
foreste�. Per stabilire tali modalit� l'Assessorato 
dovrebbe evidentemente emanare un regolamento, 
che, pur essendo diretto a disciplinare la struttura 
di un organo dell'Ente, avrebbe innegabilmente 
effetti riflessi non privi di importanza rispetto a 
interessi di terzi (la categoria degli assegnatari dei 
lotti di riforma). D'altra parte, la deliberazione 
dello statuto per il funzionamento dell'Ente e del 
regolamento organico del personale � attribuita 
alla competenza del Consiglio di amministrazione 
(art. 17). 
L'art. 15 dispone poi che � Entro sei mesi dalla 
pubblicazione della presente legge, l'Assessore per 
l'agricoltura e le foreste � autorizzato a fissare, 
con proprio decreto, le norme per la gestione del � 
fondo �, vale a dire di quel � fondo di rotazione � 
previsto nell'articolo precedente. 

Queste norme sono entrambe in contrasto con il 
disposto del terzo comma dell'art. 12 dello Statuto 
della Regione siciliana, ai sensi del quale �I regolamenti 
per l'esecuzione delle leggi formate dall'Assemblea 
regionale sono emanati dal Governo regionale 
�, poich� tale Governo � costituito da un organo 
collegiale composto dal Presidente della Regione 
e da tutti gli .Assessori, ed esattamente l'art. 13 
del decreto del Capo provvisorio dello Stato 25 
marzo 194 7, n. 204, recante le Norme per l'attuazione 
dello Statuto per la Regione siciliana, specifica 
che � I regolamenti del Governo regionale sono 
emanati con decreto del Presidente regionale, previa 
deliberazione della Giunta regionale �. 

La norma dello Statuto, che � norma costituzionale 
di attribuzione di competenza, in nessun 
caso pu� essere derogata da una disposizione di 
legge ordinaria, quali che siano i motivi di opportunit�, 
che a parere della stessa maggioranza della 
Assemblea legislativa potrebbero in qualche caso 
far considerare preferibile in linea di fatto una 
soluzione diversa. Fintanto che la n.orma costituzionale 
non venga modificata da un'altra norma 
costituzionale, gli organi legislativi sono tenuti ad 
osservarla rigorosamente, senza introdurre distinzioni 
non previste da quella. D'altra parte, si deve 
anche osservare che norme simili costituiscono 
altrettante garanzie per la autonomia regionale, 
assicurando che i provvedimenti meglio corrispondano 
all'interesse generale della Regione; e, anche 
per questo, non � consentito ricorrere ad analogie 
con quanto � praticato nell'ordinamento dello 
Stato. Del resto, la stessa legge denunciata pre


scrive, all'art. 17, ultimo comma, che lo Statuto 
dell'Ente � sottoposto all'approvazione della Giunta 
regionale. 

Perci� le norme contenute nell'art. 5 lettera h, 

e nell'art. 15 della legge impugnata devono essere 

dichiarate �ostituzionalmente illegittime~ 

4. La denuncia della illegittimit� dell'art. 16 
della legge impugnata, che delega al Governo 
regionale il potere di emanare le norme di coordinamento 
con le altre disposizioni concernenti la 
stessa mat�ria, offre alla Corte costituzionale quella 
occasione di esaminare em professo il problema 
della ammissibilit� delle leggi di delegazione nell'ordinamento 
siciliano, che non si era presentata finora, 
come venne rilevato nella sentenza n. 50 del 28 
luglio 1959. In tale decisione, nella quale la Corte 
ebbe ad escludere che il Governo della Regione 
potesse emanare legittimamente decreti-legge, essa 
ricord� una legge regionale 26 gennaio l 949, n. 4 
(modificata con le leggi 1� settembre 1949, n. 52 e 
3 gennaio 1952, n. 1), recante una �Delegazione 
temporanea di. potest� legislativa al Governo della 
Regione� rinnovata poi ripetutamente, ed osserv� 
che �Il conferimento di una siffatta potest� legislativa 
di urgenza al Governo della Regione da 
parte della Assemblea regionale, per tempo determinato 
e previo parere vincolante delle Commissioni 
legislative, dimostra che l'Assemblea stessa 
riconosceva che il Governo regionale non era gi� 
investito di tale potest�, perch� non si poteva ritenere 
applicabile, neppure in via analogica, la norma 
contenuta nell'art. 77 della Costituzione della 
Repubblica �. A questo richiamo la Corte faceva 
seguire l'osservazione, che non era certamente una 
manifestazione di adesione alla prassi adottata 
dalla Regione, che l'Assemblea �credette di poter 
supplire, con una legge ordinaria, al difetto di una 
norma attributiva di competenza �. 
Nemmeno pu� desumersi alcun argomento dalla 
precedente sentenza (n. 47 del 9 luglio 1959), nella 
quale fu dichiarata la illegittimit� di una delegazione 
legislativa, contenuta nell'art. 2 della legge 
regionale 7 maggio 1958, n. 14, e del decreto legislativo 
presidenziale 5 luglio 1958, n. 4, con il 
quale erano stati espletati i poteri delegati, in accoglimento 
del motivo addotto nel ricorso dello 
Stato, fondato sul rilievo che nel citato art~ 2 non 
erano stati determinati i principi e i criteri direttivi. 
Tale decisione dovette risolvere solo le questioni 
proposte e discusse dalle parti e non us� 
alcuna espressione, da cui potesse arguirsi il pensiero 
della Corte su un punto, che non faceva parte 
dell'oggetto della controversia. 

Il problema sottoposto all'esame della Corte 
nel presente giudizio trova soluzione nel principio 
generale della inderogabilit� delle competenze costituzionali. 
Le ipotesi, nelle quali la Costituzione 
ammette l'esercizio della potest� legislativa da 
parte del Governo (art. 76 e 77), sono da ritenere 
ecceziona.li; e nulla di simile si ritrova negli .ordinamenti 
regionali, anche perch� l'organo legislativJ) _ 
unicamerale e la minore complessit� dell'esercizio 
della funzione legislativa rendono pi� spedito il 
procedimento formativo delle leggi. 


-44


D'altra parte, la Oorte ha gi� ripetutamente 
affermato che non � consentito in via generale di 
estendere alle Regioni le norme costituzionali dello 
ordinamento dello Stato, che non costituiscano 
applicazioni di principi generali. 

Si deve pertanto escludere che lo Statuto speciale 
della Regione siciliana ammetta l'istituto della 
delegazione legislativa al Governo regionale; ne 
consegue che l'art. 16 della legge impugnata non 
pu� essere considerato costituzionalmente legittimo. 

, 5. Il Commissario dello Stato ha impugnato 
anche l'art. 14 della legge regionale 12 maggio 
1959, n. 21, per violazione dell'art. 81, ultimo 
comma, della Oostituzione della Repubblica; a 
sostegno della tesi dell'illegittimit� dell'intero articolo 
si adduce la indeterminatezza dell'ammontare 
del fondo di rotazione previsto nel primo comma 
di esso, della misura dell'apporto annuo della 
Regione, la cui fissazione � rimessa alla legge di 
bilancio, della natura e della entit� delle sopravvenienze 
attive e dei cespiti derivanti dalla creazione 
della propriet� contadina. 

La Oorte ritiene che la norma, la quale prevede 
che l'apporto annuo della Regione verr� fissato 
con la legge di bilancio (art. 14, n. 1), non possa 
sottrarsi alla dichiarazione di illegittimit�, anche 
perch� la formula adottata non pu� essere ritenuta 
di natura meramente direttiva, come � stato sostenuto 
dalla difesa della Regione. 

Essa ha infatti ripetutamente chiarito che l'ob~ 
bligo del legislatore regionale di indicare i mezzi 
di copertura di una nuova o maggiore spesa non pu� 
ritenersi assolto mediante l'autorizzazione a iscrizioni 
nel bilancio, che non producono, n� possono 
produrre, alcun effetto di per s�, ove non trovino 
corrispondenza nella legge sostanziale (sentenza 

n. 16 del 23 marzo 1961). 
A diversa conclusione si deve giungere invece 
per quanto concerne le altre disposizioni dell'articolo 
14, nelle quali non si fa che prevedere in 
astratto la possibilit� che il cos� detto fondo di 
rotazione sia incrementato da utili ed apporti di 
varia formazione e provenienza, il che non si presta 
ad alcuna censura di illegittimit�. Si pu� dubitare, 
tutt'al pi�, che queste entrate di incerta consistenza 
possano essere sufficienti a sopperire alle 
esigenze delle attivit� previste dalla legge, nell'articolo 
13; ma ci� non pu� provocare altra conseguenza 
che quella, di ordine pratico, di indurre gli 
organi competenti della Regione a provvedere secondo 
le norme vigenti -a reperire altrimenti i 
mezzi per farvi fronte. 

La prima massima, conforme a quella enunciata 
nella precedente sentenza n. 31, riafferma ancora 
una volta il carattere provvisorio dell'Alta aorte per 
la Regione Siciliana e l'unit� della giurisdizione 
costituzionale, affermati con la sentenza n. 38 del. 
1957, a cui anche la Regione siciliana aveva per 
lungo tempo prestato acquiescenza. a'� solo da meravigliarsi 
che la questione, da tempo sopita, sia stata 
riproposta e da notare come la aorte, enunciando il 
principio della sua esclusiva competenza su tutte 
fr controversie gi� devolute alla cognizione dell' 4-Ua 

aorte, abbia inteso proclamare la definitiva cessazione 
della giurisdizione provvisoria dell'Alta aorte, 
anche per quanto riguarda i reati compiuti dal 
Presidente e dagli Assessori regionali nell'esercizio 
delle loro funzioni (art. 26 S. S. Sic.). 

La seconda massima costituisce �applicazione di 
quella giurisprudenza, ormai consolidata, che esclude 
l'applicabilit� al giudizio costituzionale delle preclusioni 
e degli istituti propri del processo amministrativo. 
� 


Del tutto consenzienti, infine, ci trovano le due 
ultime massime; di particolare interesse, con le quali. 
sono stati confermati i principi della inderogabilit� 
delle competenze costituzionali e della non applicabilit� 
alle Regioni dei principi costituzionali sull'ordinamento 
dello Stato e sui poteri dei suoi organi. 

La quarta massima rappresenta, a nostro avviso, 
il logico corollario del principio enunciato nella 
sentenza n. 50 del 1959 (in Rass. Avv. Stato, 1959, 
pag. 87-97 e in Giur. Oost. 1959, pag. 779 con 
nota critica adesiva di ESPOSITO). Escluso il potere 
di decretazione di urgenza, non poteva non escludersi 
anche quello di legislazione delegata, che la aostituzione 
eccezionalmente attribuisce al solo Governo 
dello Stato. aome osservammo nella nota alla citata 
sentenza (a cui rimandiamo il cortese lettore), le 
norme dello Statuto speciale parlano espressamente, 
sempre e solo, di leggi approvate dall'Assemblea 
e della impugnativa di leggi dell'Assemblea trattano 

� gli artt. 25 e 28 S. S. Sic. 

D'altra parte, l'inderogabilit� delle competenze costituzionali, 
esclude che un organo possa delegare ad 
altro quelle funzioni che la aostituzione gli attribuisce, 
ove ci� non sia espres8amente consentito. 

COMPROMESSO ED ARBITRI � Lodo -Casi di nul� 
lit� � Indicazione del luogo di sottoscriziane � Omisione 
�-Possibilit� di desumerlo da dati equipollenti 

� Formula terminale del dispositivo che contenga 
solo l'indicazione del luogo di decisione -Consente 
di dedurre con certezza il luogo di sottoscrizione Anche 
se non coincidano le rispettive date � Accertamento 
di merito. (Corte di Cassazione, Sez. I. Sentenza 
n. 3323/60; Pres.: Lorizio; Est.: Arienzo; P. M.: 
Caldarera ( conf.) -Ministero Difesa Esercito c. Soc. 
F'.I.A.R.). 
Il luogo di sottoscrizione, non indicato espressamente 
nel lodo, pu� desumersi da dati equipollenti, 
contenuti nella sentenza arbitrale, che possono far 
le veci dell'indicazione mancante sostituendosi ad 
essa il\ guisa da ritenere in modo sicuro e tranquillante 
il luogo in cui il lodo fu sottoscritto; mentre 
non � consentito all'interprete fare ricorso a presunzioni 
pur basate su elementi obiettivi del lodo. 


L'inscindibile unit�, formale e sostanziale, della 
formula terminale del dispositivo del lodo, contenente 
. solo l'indicazione del luogo di decisione, 
consente di dedurr� con assoluta certezza il locus 
actus sia quando le date di decisione �' �.i sott9-. _ 
scrizione coincidano sia quando la data di questa 
ultima sia successiva. 

L'accertamento dell'unit� formale e sostanziale, 
della, formula, terminale del lodo � di puro merito. 



4.5 Trascriviamo 
la moti'fazione della sentenza. 

Ool primo motivo di ricorso si censura la sentenza 
impugnata per violazione .degli artt. 823 n. 5 e 
829 n. 5 O.p.c. e, rilevato che i precedenti giurisprudenziali 
di questa Suprema Oorte riguardano 
la distinta ipotesi in c11i, coincidendo la data di 
decisione e quella di sottoscrizione del lodo arbitrale, 
l'indicazione di questa � superflua, si sostiene 
che nella specie, non essendovi coincidenza tra le 
due date e trattandosi di adempimenti diversi, succeddutisi 
nel tempo, l'indicazione del luogo di 
sottoscrizione era necessaria e non era consentito 
sostituirla con una inammissibile presunzione. La 
amministrazione ricorrente, pertanto, � riproduce, 
in questa sede, la tesi della nullit� del lodo arbitrale 
per omessa indicazione del luogo di sottoscrizione 
e sostiene che nel caso di non contestualit� 
della decisione e della sottoscrizione, non possa 
invocarsi il principio, enunciato da questa Corte, 
secondo cui � consentito far ricorso ad equipollenti 
per desumere (non per presumere) il luogo 
di sottoscrizione. 

La doglianza, che si fonda sulla restrittiva interpretazione 
letterale . del principio sopra ric<5rdato 
di cui si oblitera la ragione giustificatrice, � infondata. 


L'art. 823 il. 5 O.p.c., invero, stabilisce che il 
lodo deve contenere, a pena di nullit� (art. 829 

n. 5 O.p.c.), l'indicazione del luogo in cui il lodo � 
viene sottoscritto. 
Ma t�le prevista nullit�, testuale ed obiettiva, 
che eleva un elemento formale a requisito essenziale 
dell'atto perch� si possa determinare con 
certezza l'autorit� giudiziaria competente per la 
esecutivit� del lodo, non esclude, che l'indicazione 
del luogo di sottoscrizione possa ricavarsi da elementi 
testuali. Il luogo di sottoscrizione, non indicato 
tassativamente nel lodo, pu� desumersi, cio� 
da dati equipollenti, contenuti nella sentenza arbitrale, 
che possano far le veci della indicazione mancante, 
quando il processo di interpretazione conduce 
ad individuare in modo sicuro e tranquillante 
il luogo in cui il lodo fu sottoscritto. 

Non � consentito, quindi, ricavare il luogo della 
sottoscrizione, non esplicitamente indicato, da una 
prova presuntiva, pur basata su elementi obiettivi, 
emergenti dalla sentenza arbitrale, perch� in tal 

� caso il locus actus, ricavato attraverso il processo 
logico dell'interprete non investirebbe il carattere 
di certezza, richiesto e garantito con la, sanzione 
di nullit�. 
� Il principio, ora ricordato, � stato �formulato 
da questa Oorte, con riguardo a casi controversi. 

�nelle cui sentenze arbitrali la daita di decisione 
coincideva con quella di sottoscrizione, fondandolo 
sull'inscindibile unit� logica della formula terminale 
del dispositivo, dalla quale si deduceva con certezza 
l'intima connessione, formale .e sostanziale, delle 
due parti che componevano la formula; 

Ci� posto, non sembra che sia consentito distaccarsi 
da questo principio, allorch� ricorre la stessa 
inscindibilit� logica della formula, nel caso in cui 
le date di decisione e di sottoscrizione siano distinte. 
La non contestualit� temporale non pu� far esclu


3 

dere l'intima unit� della formula, se le parti che 
la compongono formano un tutto formalmente unico 
e logicamente inscindibile sicch� il luogo della d�cisione, 
espressamente indicato nella prima parte 
della formula, � tacitamente richiamato nella seconda 
parte, con riguardo alla sottoscrizione. 

Trattasi, quindi, di una interpretazione che compete 
al giudice del merito, attraverso l'esame 
obiettivo degli elementi formali e logici della dichiarazione 
terminale del dispositivo ,e che � sottratto 
al sindacato di legittimit� se immune da vizi di 
motivazione. 

La sentenza impugnata, invero, ha fatto esatta 
applicazione dei principi di diritto sopra enunciati 
facendo rientrare sotto la loro disciplina anche il 
caso di non coincidenza temporale della decisione 
e della sottoscrizione. Infatti, ha rit�nuto �che la 
formula, composta di due periodi, costituiva, forma,
lmente e logicamente, un tutto unico e insciridibile 
sicch� la indicazione del luogo nella seconda 
parte era sottintesa, per evitare un'ovvia ripetizione, 
essendo stata gi� espressa nella prima parte. 

P~raltro, non pu� disconoscersi che la sentenza, 
dopo questa esatta intuizione e soluzione del problema, 
ha aggiunto che �qualora non risulti comunque 
che il lodo � stato sottoscritto in un luogo 
diverso, l'indicazione del luogo della decisione, 
seguita dalla data di sottoscrizione, non pu� avere 
altro significato se non quello che il lodo � stato 
deciso e successivamente sottoscritto nello stesso 
luogo�. 

.Trattasi di un argomento presuntivo che si fa 
Maturire necessariamente dalla mancata indicazione 
di un diverso locus actus, mentre la legge 
vuole che questo risulti dall'atto e la giurisprudenza 
ha precisato che possa desumersi anche da equipollenti: 
l'argomento della Oorte darebbe per ammesso 
che n� il luogo di sottoscrizione n� gli equipollenti 
sussistono per, poi, contraddittoriamente 
con le premesse, far ricorso ad una presunzione. 

Sull'infondatezza di questa affermazione non occorre 
soffermarsi, ma il vizio della motivazione non 
pu� condurre all'annullamento della sentenza impugnata 
perch� l'errore non incide su di un punto 
decisivo. La Oorte ha, infatti, .dato anche indicazione 
degli elementi equipollenti contenuti nel lodo, 
che facevano le veci della mancata espressa indicazione 
del locus actus, cos� che l'argomento richfamato 
ad �abundantiam, che si ritiene erroneo e non 
conforme alle premesse giuridiche esatte, non ha 
rilevanza. Rientra nel potere di questa Corte, ferme 
le statuizioni contenute nella sentenza impugnata, 
correggere la motivazione senza cassare la sentenza 
il cui dispositivo � conforme al diritto (art. 384 
O.p.c.) >>. 

Oon questa sentenza la Oorte di Oassazione compie 

l'ultima passo sulla via della sostanziale cancella


zione della norma contenuta nell'art. 823 n. 5 O.p.e., 

via gi� iniziata, pi� cautamente, con le precedenti 

sentenze n. 835 del 1957 e 1396 del 1960; � 

Oos� il giudizio arbitrale diventa sempre pi� legi-�bus 
solutus e la disposizione che impone agli� arbitri 
di decidere secondo le norme di diritto acquista il 
sapore di una beffa. � 


..,_ 46 


Non possiamo, tuttavia, credere che in, un ordinamento 
giuridico come il nostro, che con l'art. 111 
.<],e_lla Costituzione ha assoggettato al �controllo della 
Oorte di Ca.ysazione le sentenze di tutti .i giudici 
.ordinari o speciali, siano solo .le decisioni degli 
rtrbitri a sottrarsi a questo sindacato di conformit� 
al diritto. 

Sotto questo aspetto della inc.ompatibilit� dell'arti<;
olo 829 C.p. con l'art. 111 della Costituzione, la 
questione non mancher� di essere. opportunamente 
s_ollevata, specie in relMione alla .. estensio.ne che 
della norma contenutct nell'art. 829 citato; � stata 
fatta con riferimento all'art, 49 del capitolo generale 
il,i. appalto per le Opere pubbliche. 

IMPIEGO PUBBLICO -.. Impiegato statale -Atto 
amministrativo .illegittimo -Annullamento -Corre� 
sponsione di assegni .arretrati � Interessi � ~oratoria 
� Decorrenza. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO.�� Corre


sponsione di assegni arretrati ad impiegato statale 

, Interessi � Decorrenza. (Certe di Cassazione, .Se


zione ia, Sentenza n. 88i/61 -Pres. : L'Jnardo, Est. : 

.. Del Conte; P. M.: Colli (conf..) -:Gatti c. Ministero 

Difesa-Esercito). 

.Annullato perch� illegittimo dal Consiglio di 
Stato un provvedimento relativo ad impiegato 
statale, con conseguente obbligo dell'.Amministr.azione 
di corrispondere assegni arretrati, sono dovuti 
su t:Jili itssegni gli interessi moratori con decorrenza 
dalla scadenzf.11 delle singole rate. 

�. Ti�ascriviamo la motivazione in diritto della sentenza.. 


. Va preliminarmente esaminato il J.'icorso incidentale, 
con il quale si denunzia la violazione degli 
art, 360 n. 3 e 5 O.p.c.; 1224, 1218, 2697. C.c. dei 
principii regolanti la mora della Pubblica .Amministrazione, 
dal giudicato amministrativo, dagli articoli 
5 e 7 del D.L.O.P.S. 18 maggio 1947} n. 500, 
~ si sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto 
affermare il .diritto del Gatti agli interessi nelle 
misure legali anche per il periodo della data di 
decorrenza del collocamento in cpngedo (15 agosto 
l,9.J,7), in relazione alle. singole scadenze degli assegni, 
sino alla decisione del Consiglio di Stato {25 
gennaio 1955) poich�: a) con tale decisione il Gatti 
era stato ripristinato nella situazione patrimoni�le 
che gli sarebbe spettata in dipendenza del rapporto 
di impiego; b) dalla declaratoria d'illegittimit� 
Q.arivava la prova dell'illecito dell'Amministrazione, 
n� era necessaria quella del danno, trattandosi di 
interessi moratori; c) comunque, a prescindere dalla 
mora, il Gatti aveva diritto agli interessi �om,pensativi, 
avendo l'.Am.minist:razione indebitamente 
goduto si:. .dal .15 agosto 194 7 degli assegni allo 
stesso dovuti. 

La doglianza; nei suoi aspetti s.ostanziali, � fondata,.. 
in quanto dalla ritenuta .. illegittimit� .del 
proyved,imento, con il quale il Minister.o, ~neg� al 
G~tti il trattamento economi<io dovuto, deriva ,la 
responsabilit� della Amministraz~one per i da:i;mi 

consistenti negli interessi moratori sulle sofn�n� 
non pagate alle singole scadenze . 

. Invero, in tema di responsabilit� della P.A. per 
danni derivanti dalla dichiarazione di illegittimit� 
di un atto o provvedimento amministrativo, il 
concorso dell'elemento soggettivo non ha bisogno 
di essere provato, dovendosene ritenere la esistenza 
in conseguenza della violazione delle norme che 
l'organo amministrativo � tenuto ad osservare (v. 
Cassazione 9 aprile 1956, n. 1177). 

Al rigu.ardo � stato posto in evidenza che, .a 
causa della complessa procedura di formazione 
degli atti amministrativi, nei quali si ha quasi 
sempre l'intervento del giudizio .e della volont� 
di numerosi soggetti, la ricerca dell'elemento della 
colpa (in senso lato) a carico della P.A. appare il 
pi� delle volte impossibile, e, d'altronde, richiederebbe 
spesso un'indagine sull'uso da parte della 

P.A. del suo potere discrezionale; che � vietata al 
giudice ordinario. Una riprova di tale principio si 
� tratta dal richiamo all'art. 4 della legge 20 marzo 
1865 il qual.e stabilisce che �quando la contestazione 
cade sopra un diritto che si pretende leso d.a 
un atto dell'autorit� amministrativa, i tribunali 
si limiteranno a conoscere�. degli effetti dell'atto 
stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio >h 
� poich� tali effetti riguardano necessariamente 
soltanto l'obbligo del risarcimento .del danno del'.ivante 
dall'illegittimit� dell'atto, se ne � dedotto 
che il giudice ordinario pu� stabilire tale obbligo 
in base al solo elemento oggettivo dell'illegittimit� 
stessa, senza. che sia necessario l'accertamento 
dell'elemento soggettivo della colpa (in senso lato). 

Quanto poi alla prova del danno, si osserva che 
il Gatti ha limitato la sua pretesa ai soli interessi 
nella misura legale, e, come � noto, per l'art. 122-4 

O.p.c. il danno contenuto in tale misura non ha 
bisogno di essere provato. 
In contrario, ed al fine di sostenere una presunta 
improponibilit� dell'azione, non ha pregio il rilievo 
che il legislatore nel citato art. 1224 O.e. avrebbe 
poggiato un diritto a s� stante, diverso da quello 
del risarcimento del danno, in quanto gli interessi 
legali rappresentano invece, in tal caso, la liquid�zione 
ex lege del danno che ,l'inadempimento produce 
di per s� al creditore, e, pertanto, pur costituendo 
una forma speciale di liquidazione, rientrano 
nell'ordinario diritto di risarcimento dei danni. 

Del pari, non vale opporre che l'obbligazione 
dell'An�ministrazione consisterebbe in un fare, nel 
porre cio� in essere gli incombenti necessari per 
il pagamento, e non in un dare, in quanto l'inadempimento 
derivante dall'omissione degli. anzidetti 
incombenti si sostanzia, in definitiva nel mancato 
effetto finale dfll pagamento delle somme dovute. 

� Clou l'unico motivo del ricorso principale, si 
lamenta la violazione dell'art. 1224 O.e. in relazione 
all'art. 1218 O.e. ed ai principi che regolano 
la mora della P.A. e si sostiene che il Ministero 
non poteva essere condannato a corri.~p�mdere gli 
-interessi legali pel periodo successivo alla data della 
decisione del Consiglio di Stato, giacch� da tale 
data decorse il tempo strettamente indispensabile 
.per porre in essere gli adempimenti formali che la 
decisione stessa, aveva reso necessari. 


La doglianza � infondata, in quanto non solb i 
danni anteriori alla decisione del Consiglio di 

. Stato, m:a anche quelli posteriori alla. stessa sino 
al momento del pagamento sono conseguenze della 
illegittimit� del provvedimento amministrativo, che 
neg� al Gatti il trattamento economico dovuto, e 
quindi, anche per i secondi, al pari che per i primi 
sussiste la responsabilit� dell'Amministrazione, a 
prescindere da ogni indagine nella esistenza dello 
el~mento subbiettivo colposo. 

Il precedente della stessa Corte Suprema c�tato 
in moti'l)azio'f!>e,. concerne una .causa� in cui� .era 
parte il Oomune di Bologna e non l'Amministrazione 
statale 

Per una migliore intelligenza delle osservazioni che 
intendiamo formulare in �ordine -alla sentenza in . 
rassegna, ci sembra opportuno riportare testualmente 
la motivazione della sentenza della stessa ia Sezione 
della Corte Suprema n. 1878 del 1959 in causa Forlini 
contro Finanze. 

A parte, invero fu circostanza che la. Corte neg� 
l'ulteriore .danno anche perch� non provato, deve 
osservarsi che, durante il tempo necessario . per il 
completamento della pratica amministrativa di 
emissione del mandato, tempo che pu� esse'I'e �di 
maggiore o minore durata a seconda delle esigenze 
di servizio e della maggiore o minore complessit� 
degli accertamenti da compiere, la Pubblica Amministrazione 
non pu� ritenersi in mo;ra nell'esecuzione 
del pagamento, non-sussistendo, prima 
che. il mandato venga emesso, un diritto dello 
interessato alla riscossione. Come questa Corte 
Suprema ebbe. altra volta a precisare (Sentenza 

n. 1350 del 30 aprile 1954) solo dopo il c�mpimento 
degli atti prescritti dalla legge sulla contabilit� 
perch� il pagamento possa essere autorizzato�, l'ulteriore 
rita11do della Pubblica Amministrazione diventa 
colpevole e sorge, conseguentemente, l'obbligo 
degli interessi. 
In questa sentenza la Corte Suprema non fa alcun 
cenno, come si � visto, nella motivazione della decisione 
cui la presente nota si riferisce, n� fa cenno 
delle precedenti sentenze rese, nello stesso senso, sullo 
stesso argomento; dq, quella fondamentale n. 1601 
del 1952 in causa Consorzio di Credito Opere Pubbliche 
contro Ministero. della Marina Mercantile 
(in questa Rassegna 1_952; 143) a quella n. 2291 
del 1956 in causa Barberini contro Ministero della 
Pubbli.ca Istruzione, confermativa d�lla sentenza della 
Corte di Appello di Roma 4 giugno 1954 (in questa 
Rassegna, 1954, 154 con nota di richiami). 

�, pertanto, da escludere che con la presente 
sentenza �la Corte Suprema abbia inteso modificare 
l'indirizzo giurisprudenziale ormai costantemente seguito 
in materia di ritardo nel pagamento dei debiti 
dello Stato, per il quale resta fermo il principio �he 
il ritardo, generativo di responsabilitd per . danni 
consistenti nell'obbligo del pagamento� degli interessi, 
sussiste solo quando, adempiuti tutti gli incombenti 
previsti dalle norme sulla Contabilit� Generale d.eUo 
Stato, l'ulteriore mora non possa � trovare alcuna 
giustificazione. 

D'altra �parte, se si esamina non superficialmente 

�la. sentenza in rassegna, ci si render� conto che 
essa si �armonizza sufficientemente, salvo qualche 
imprecisione nella motivazione, col principio sopra 
esposto. 

Nella specie, infatti, si trattava di pagamento di 
debiti dello Stato compresi nella categoria delle spese 
fisse, per la cui liquidazione ed ordinazione non � 
richiesta la procedura prevista per l'emissione dei 
mandati, essendo pagate mediante ruoli con scadenze 
prestabilite. Pare chiaro, perci�, che il mancato 
pagamento alla scadenza di simili spese (tra le quali 
sono comprese, ovviamente, gli stipendi, le pensioni 
e, in genere tutte le retribuzioni fisse del personale 
statale) importa immediatamente l'obbligo del pagamento 
degli interessi a carico dell'Amministrazione 
ove il mancato pagamento non abbia la causa giustificativa, 
che non pu� mai riscontrarsi in un atto 
amministrativo succes1>ivamente dichiarato illegittimo. 

IMPOSTE E TASSE -Tassa di concession� govertiva 
� Come deve essere liquidata � Art. �.41 D. L. 


n. 604 del 1941 e art. 141 Tariffa allegato A Testo 
unico n. 112 .del 1953', 
LEGGI : Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� 
dell'art. 141 Testo unico della legge in materi� 
di tasse sulle concessioni governative 20 marzo 1953, 


n. 112 � Manifesta infondatezza -Possibilit� di va� 
l�rizzare la legge del 1953 ai 'fini della interpr�ta� 
zione della precedente legge del 1941, n. 604. (Corte 
di Cassazione, Sezione I, Sentenza n, 1067 del 1961; 
-Pres.: L�mario; Est.: Pece; P. M.: Pisano (conf.) 
-Soc. Adriat:ca elettricit� c. Amministrazione delle 
Fin11nze). 
�Sia ai sensi dell'art. 147 del D.L. 30 maggio 
1947, n. 604 che ai sensi dell'art. 147 della tariffa 
.Allegato A del Testo unico delle leggi in materia 
di tasse sulle concessioni governative, �approvato 
con D.P,R. 20 marzo 1953, n. 112, la tassa di 
concessione governativa deve essere liquidata sulla 
base dell'ammontare complessivo della spes�, quale 
risulta, al momento della emanazione del provvedimento 
di concessione, dalla previsione dell'interessato, 
integrata, se necessario, dagli accertamenti 
degli organi finanziari che devono procedere 
alla tassazione. 


. Deve ritenersi manifestamente infondata l'eccezione 
diin�ost:ltuzionalit� dell'art. 147 del Testo 
unico delle leggi in materia di tasse sulle concessioni 
governative, approvato con D.P.R. 20 marzo 
1953, n. 112 (ch� dispone che la :tassa deve essere 
liquidata sulla base dell'ammontare complessivo 
della spesa, quale risulta dall'atto della emanazione 
del provvedimento, tenendo conto di ogni 
eventuale aggiornamento), sotto il profilo di una 
pretesa' violazione dei limitidella delega al Governo, 
attesa la specifica delega (art. 10 legge 14 marzo 
1952, n. 128) a procedere �alla, raccolta dfun testQ unico 
di tutte le disposizioni vig�nti in materia 
di tasse sulle concessioni governative e ad appor7 
tarvi �e modifiche ed�� aggiunte che si renderanno 
necessarie per illoro coordinamento e per una pi� 


precisa formulazione tecnica delle disposizioni stesse
�. La menzionata legge del 1953 pu� dunque 
essere valorizzata ai fini della esatta interpretazione 
della precedente legge 30 maggio 1947, 

n. 604. 
Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza 
che ha �ccolto puntualmente le ragioni esposte 
dalla Avvocatura dello Stato. 

Sulla infondatezza della eccezione di incostituzionalit� 
vedi sentenza della Oorte Costituzionale n. 16 
del 19 gennaio 1957 e n. 49 del 5 aprile 1957. 

Con l'unico mezzo di ricorso la SADE denunzia 
la erronea interpretazione, da parte della sentenza 
impugnata, dell'art. 147 della tabella Allegato A 
del D.L. 30 maggio 1947, n. 604. 

Pi� specificamente, la ricorrente afferma che 
poich�, per l'art. 33 del Testo unico 11 dicembre 
1933, n. 1775, sulle acque e gli impianti elettrici, 
per le grandi derivazioni e per le opere di raccolta � 
e regolazione delle acque, il decreto di concessione 
ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilit� 
per tutti i lavori ed impianti occorrenti, cosL alla 
_costruzione che all'esercizio, la sentenza impugnata 
avrebbe dovuto far capo all'art. 3 della legge base 
sulle espropriazioni per pubblica utilit� (legge 
�n. 2359 del 1865) secondo cui qualul�que domanda, 
fatta anche dai privati per ottenere la dichiarazione 
di pubblica utilit�, deve essere accompagnata 
da una relazione sommaria, la quale. deve 
indicare -tra l'altro -la spesa presunta. 

La ricorrente vorrebbe dedurne che, ai fini dell'art. 
147 della tabella Allegato A del D.L. 30 mag
�gio 194 7 n. 604, la tassa sulla concessione deve 
essere rapportata alla previsione di spesa che 
l'aspirante concessionario dovette presentare unitamente 
alla domanda tendente ad ottenere la con cessione. 


Il rilievo sopra trascritto non appare determinante 
ai fini della decisione in quanto, se spiega 
l'obbligo di allegare, alla domanda di concessione, 
la indicazione della spesa presunta, non� permette 
anche di ritenere che la tassa di concessione debba 
essere rapportata esclusivamente, cos� come affermato 
dalla ricorrente, a quella indicazione di spesa, 
con esclusione di qualsiasi controllo da parte degli 
organi tributari in sede di tassazione della concessione. 


La previsione di spesa e la indicazione dei mezzi 
di esecuzione dell'opera pubblica, prescritti dall'art. 
3 della legge del 1865 sulla espropriazione, ed 
alle quali la ricorrente si � richiamata, ha la finalit� 
di evitare il pericolo di far subire, al proprietario 
del bene espropriando, una espropriazione senza la 
sicurezza, quanto meno presuntiva, della completa 
esecuzione delle opere progettate. Nella ipotesi, 
che qui interessa, delle concessioni governative, 
la previsione della spesa viene utilizzata anche ai 
fini tributari, ma resta pur sempre il problema, pi� 
sopra prospettato, del carattere vincolante o meno 
di quella previsione, per gli organi tributari. 

E a tal fine � necessario aver presente il carattere 
tributario della questione e procedere alla 
interpretazione della legge tributaria 30 maggio 

1947, n. 604 vigente all'epoca in cui la S.AlrE 
ottenne la concessione, postoch� la tassa colpisce 
l'atto di concessione. In tale interpretazione la 
Corte d'Appello non � incorsa nell'errore denunziato 
dalla ricorrente. 

Infatti, l'art. 147 della legge summenzionata 
prevede una tassazione con il cosiddetto �sistema 
per scaglioni �, nel senso che l'importo della tassa 
� determinato con riferimento al diverso ammontare 
della spesa complessiva prevista per l'opera. 

Il quesito centrale di causa consisteva nell'accertare 
se il riferimento legislativo dovesse intendersi 
fatto alla previsione di spesa p1�esentata dall'istante 
la concessione o �alla previsione di spesa quale 
accertata, in sede di controllo, dagli organi tributari. 
La sentenza impugnata ha ritenuta, esattamente, 
la seconda soluzione. 

Per vero, la locuzione della legge del 1947 �Se 
la spesa complessiva dell'opera fu prevista in somma 
non maggiore etc. �, non permette� di concludere, 
cosi come la ricorrente vorrebbe, che si debba 
aver riguardo esclusivamente alla previsione dello 
interessato, attribuendole un inammissibile e abn�rme 
carattere vincolante per gli organi finanziari. 
Al -contrario, la ratio della legge, la quale ha utilizzata 
la previsione della spesa quale criterio presuntivo 
dell'utilit� derivante al privato dalla concessione, 
impone di ritenere che -anche secondo 
la legge del 194 7 la previsione di spesa, da tenersi 
presente per la tassazione, si era quella fatta dallo 
interessato, ma controllata ed eventualmente integrata 
dagli organi finanziari in sede di tassazione, 
in modo da svincolarla dai criteri soggettivi dello 
interessato alla concessione e conferirle un carattere 
di obiettivit� ed attualit�. � 

La ratio della legge resterebbe frustrata in pieno 

qualora, nella ipotesi -che � quella di causa 


di un lungo periodo di tempo intercorso tra la 

presentazione della istanza e la emanazione del 

decreto di concessione, si dovesse ritenere vinco


lante, ai fini della tassazione del decreto di conces


sione, la previsione di spesa allegata dal privato 

alla istanza di concessione. 

D'altra parte, l'art. 10 della legge organica 30 

dicembre 1923, n. 3279 per le tasse sulle conces


sioni governative prevedendo esplicitamente un 

termine di prescrizione per l'azione, tanto della 

amministrazione finanziaria per �supplemento a 

causa di liquidazioni inesatte, quanto del contri


buente per restituzione di somme indebitamente 

pagate�, convalida la possibilit� di ulteriori accer


tamenti, sia a' vantaggio della .Amministrazione 

finanziaria, che del contribuente onde controllare 

la esattezza della previsione di spesa dedotta da,l 

richiedente la concessione. 

E, sotto l'accennato profilo, la stessa ricorrente 

ha ammesso, nella discussione orale del ricorso, 

che la dizione lata del richiamato art. 10 della 

legge n. 3279 del 1923 non permette di restringere 

il significato concettuale del supple1f!_e'fltto, in esso 

articolo previsto, . alla nozione tecnico-giuridica . 

della tassa suppletiva di cui all'art. 7 della legge 

di Registro. 

Deve essere ulteriormente sottolineato come altra 

conferma della esposta interpretazione deJl'art. 14-7 


della legge n. 604 del 1947 � stata dal vigente articolo 
147 della tariffa Allegato A del Testo unico 

� sulle concessioni governative, approvato con decreto 
Presidenziale n. 112 del 1953 postoch� la 
nota a tale voce della tariffa esplicitamente prescrive 
che �la tassa deve essere liquidata sulla 
base dell'ammontare complessivo della spesa, quale 
risulta dall'atto della emanazione del provvedimento, 
tenendo conto di ogni eventuale aggiornamento
�. 

La odierna ricorrente ha eccepito, nella memoria 
illustrativa del ricorso, che si sarebbe formato il 
giudicato sulla dichiarazione,. contenuta nella sentenza 
impugnata e non contestata dall'Amministrazione 
delle Finanze, che, nella specie, 'non � applicabile 
la legge del 1953, ma quella del 1947 comech� 
vigente (detta legge del 1947) all'epoca di emanazione 
del decreto di concessione di cui � discussione. 


Ogni questione sulla esistenza o meno dell'affermato 
giudicato resta assorbita dal duplice particolare 
che effettivamente, come gi� si � detto, 
la tassazione della concessione di cui trattasi va 
controllata con riferimento alla legge vigente al 
tempo del decreto di concessione e che la legge 
del 1953 viene qui valorizzata solo nel suo carattere, 
sul punto, di legge interpretativa e chiarificatrice 
della precedente legge del 1947. 

La ricorrente ha protestata la illegittimit� costituzionale 
della predetta legge del 1953, anche 
sotto ilprofilo interpretativo della precedente legge, 
affermando che sarebbero stati violati i limiti 
della delega al Governo per la compilazione dal 
testo Unico delle disposizioni sulle tasse per concessioni 
governative. 

L'eccezione di incostituzionalit� � per� manifestamente 
infondata, attesa la .specifica delega al 
Governo (art. 10 legge 14 marzo 1952, n. 128) a 
procedere �alla raccolta di un testo unico di tutte 
le disposizioni vigenti in materia di tasse sulle 
concessioni governative e ad apportarvi le modifiche 
ed aggiunte che si renderanno necessarie per il loro 
coordinamento e per una pi� precisa formulazione 
tecnica delle disposizioni stesse �. 

Ne consegue che ben� pu� la menzionata legge 
del 1953 essere valorizzata ai fini della esatta interpretazione 
della precedente legge del 1947. 

Atteso tutto quanto fin qui esposto, deve concludersene 
che, sia ai sensi dell'art. 147 del D.L. 
30 maggio 1947, n. 664 che ai sensi dell'art. 147 
della tariffa allegato A del Testo unico delle leggi 
in materia di tasse sulle concessioni governative, 
approvato con D.P.R. 20 marzo 1953, n. 112, la 
tas&a di concessione governativa deve essere liquidata 
sulla base dell'ammontare complessivo della 
spesa, quale risulta, al momento della emanazione 
del provvedimento di concessione, dalla previ&
ione dell'interessato, integrata -se ne(lessario dagli 
accertamenti degli organi finanziari che devono 
procedere alla tass.azione. 

In definitiva, il ricorso deve essere respinto e la 
societ� ricorrent� deve essere condannata alla 
perdita del deposito ed alle spese di questo giudizio 
di Cassazione. 

IMPOSTE E TASSE -Non impugnabilit� presso il 
giudice ordinario delle decisioni delle Commissioni 
tributarie � Limiti � Ricorso ex art. 111 della Costituzione 
� Mancanza di motivazione delle decisioni 
delle Commissioni tributarie. (Corte di Cassazione, 
Sezione 1a, Sentenza�n. 242/61 -Pres. : Lorizio; Est. : 
Bartolomei; P. M.: Pedote (conf.) -Mazza c. Amministrazione 
Finanze Stato). 

Data l'autonomia funzionale, nella materia tributaria, 
fra la giurisdizione delle Commissioni 
amministrative e quella successivamente esplicata 
ex novo dell'autorit� giuiiiziaria ordinaria, non 
sono impugnabili presso il giudice ordinario le 
decisioni delle Commissioni (nella specie decisa, 
per mancanza di motivazione). Esula la sola ipotesi, 
in cui la parte che si assume lesa dalla pronunzia 
della Commissione Centrale per le imposte (contribuente 
e� finanza), invece di instaurare un nuovo 
giudizio dinanzi alla autorit� giudi.ziaria ordinaria, 
proponga, cpntro tale pronunzia, ricorso per Cassazione, 
a sensi dell'art. 111 della Costituzione: nella 
ipotesi il procedimento presso la Corte di Cassazione 
non � che una prosecuzione di quelle svoltesi 
dinanzi agli organi della giustizia tributaria. 

Ma, nonostante l'autonomia funzionale delle due 
giurisdizioni, il giudice ordinario investito ex novo 
della �ognizione della lite tributaria, ha il potere 
di rilevare l'inesistenza giuridica del pregresso 
procedimento amministrativo (ad �sempio, nei casi 
di decisione non scritta o avente contenuto imposbile 
o priva della sottoscrizione del giudice), affinch� 
lo stesso possa essere ritualmente rinnovato 
in omaggfo all'esigenza dei sistema processuale 
finanziario che la giurisdizione del magistrato ordinario 
sia preceduta da quella degli organi tributari 
data la possibilit� che l'eventuale illegittimit� 
della imposizione fiscale sia riparata, con piena 
soddisfazione delle parti litiganti, nella fase giurisdizionale 
amministrativa, onde non occorra adire 
successivamente l'autorit� giudiziaria ordinaria. 
Non d� l�ogo peraltro all'inesistenza giuridica del 
pregresso procedimento amministrativo, rilevabile 
dal giudice ordinario, la mancanza di motivazione 
da cui siano eventualmente viziate le decisioni 
delle Commissioni tributarie. 

1'mscriviamo la per11picua motivazione della sentenza. 


Nulla questio circa l'autonomia funzionale, nella 
materia tributaria, fra la giurisdizione, delle Commissioni 
amministrative e quella successivamente 
esplicata w novo dall'autorit� giudiziaria ordinaria. 
Il che importa che, essendo il procedimento in 
corso davanti al giudice ordinado del tutto autonomo 
dall'anteriore procedimento amministrativo, 
non siano impugnabili, presso lo . stesso giudice 
ordinario, le decisioni delle Commissioni tributarie. 
Da tale sistema processuale esula la sola ipotesi, 
in cui. la parte che si assume lesa dalla pronunzia 
della Commissione Centrale per le imposte (contri.:buente 
o Finanza) invece di instaurare un nuovo 
giudizio dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria, 
proponga, contro la decisione amministrativa, ri



~ 5Q


corso per Cassazioue ai sensi dell'art. 111 della 

Costituzione, nella quale ipot�si (estranea p�raltro 

alla fattispecie) il procedimento presso la Corte 

di Cassazione non � che una prosecuzione di quello 

sv.oltosi dinanzi alle Commissioni �tributarie. 

Su questi criteri regolatori del contenzioso tri


butario (suffragati anche dalla� giurisprudenza di 

questo Collegio, particolarmente con la sentenza 

n. 128 del 1957 emessa a Sezioni Unite) concorda 
lo stesso ricorrente il quale tuttavia sostiene di 
non aver proposto, nel nuovo giudizio intrapreso 
dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria una semplice 
impugnazione delle indicate pronunzie am~ 
ministrative per motivi di nullit� procedurale e 
sostanziale (come tale inammissibile) ma di aver 
invocato dal giudice ordinario una declaratoria di 
inesistenza giuridica del procedimento amministrativo, 
per la ragione suaccennata, in guisa che lo 
stesso procedimento potesse essere ritualmente 
rinnovato. 
Orbene che il giudice ordinario, investito ex novo 
della cognizione della lite tributaria, abbia il potere 
di rilevare l'inesistenza giuridica del pregresso procedimento 
amministrativo (ad esempio nei casi di 
decisione non scritta o avente .contenuto impossibile 
o priva della sottoscrizione del giudice) affinch� 
lo stesso possa essere ritualmente rinnovato, e gi� 
stato riconosciuto dalla menzionata sentenza delle 
Sezioni Unite. Principio questo, che si. ricollega 
alla esigenza del sistema processuale finanziario 
che la giurisdjzione del magistrato ordinario sia 
pre�eduta da quella degli organi tributari, data la 
possibilit� eh~ l'eventuale illegittimit� della impostazione 
fiscale sia riparata, con piena soddisfazione 
delle parti litiganti, nella fase giurisdizionale 
amministrativa, onde non occorra adire successivamente 
l'autorit� giudiziaria ordinaria. Perci� si 
spiega, in omaggio a tale esigenza che qualora il 
giudizio amministrativo debba considerarsi giliridicamente 
inesistente, cio� tanquam. no'n esset, esso 
debba essere nuovamente espletato, a:ffinch� possa 
essere iri seguito adita, ove occorra la autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

Senonch�, nel caso concreto,. questo �ollegio 
esclude che possa parlarsi di inesistenza giuridica 
del procedimento amministrativo sotto il riflesso 
della mancanza di motivazione, in cui, sarebbero 
incorse, per le accennate ragioni, le Commissioni 
amministrative distrettuale e provinciale. 

In proposito � da riconoscere che la sentenza 
priva di motivazione viola sia il richiamato art. 111 
della Costituzione -secondo il quale �tutti i 
provvedimenti giurisdizionali devono essere moti" 
vati�, all'ovvio scopo del necessario controllo, cui, 
per inderogabili esigenze di giustizia, ogni decisione 
giudiziaria deve poter . essere sottoposta sia 
l'art. 132 n. 4 C.p.c. che elenca, .per lo stesso 
fine, la motivazione tra. i.necessari requisiti formali 
della sentenza medesima. 

Sicch� una pronuncia giurisdizionale, carente 
della parte motiva, manca di un requisito .formale 
indispensabile per il raggiungimento dello scopo 
collegato all'esigenza dei motivi della decisione, 
onde incorre nella nullit� di cui all'art. 156 comma 

20 O.p.c., in vir.t� del quale pu� essere pronunciata 

la nullit� di un atto processuale se �esso manca dei 

requisiti formali indispensabili� per il raggiungi


mento dello scopo � Ma la nullit� della sentenza 

ex art. 156 comma 2� precisato (n~l caso ipotizzato, 

sotto il profilo dell' error in procedendo, costituito 

dalla mancanza di motivazione) non significa che 

essa sia giuridicamente inesistente. 

Basta all'uopo considerare che, giusta il successivo 
art. Hll, la nullit� della sentenza non pu� 
essere fatta valere che soltanto nei limiti e secondo 
le regole dei mezzi di impugnazione cui essa sia 
soggetta, altrimenti non ne impedisce il passaggio 
in giudicato, passaggio in giudicato, che logicamente 
presuppone la giuridica esistenza della sentenza 
affetta da nullit�, si da rendere operativo il 
comando giurisdizionale in caso contenuto. 

Il sistema della legge di rito non autorizza, 
dunque, ad ammettere la pretesa inesistenza giuridica 
della sentenza mancante di motivazione, 
inesistenza giuridica che, del resto, ricorre in rari 
casi di scuola, estremamente abnormi, (ad esempio 
pronunzia emessa a non iudice) o in forma orale 

o senza sottoscrizione del giudice), nei quali, data 
la carenza del minimo indispensabile di elementi 
formali integratori dell'atto, questo va considers.to 
tanquam non esset nel modo giuridico. 
Pertanto il denunziato vizio procedurale delle 
pronunzie amministrative non dava luogo alla loro 
asserita inesistenza giuridica, rilevabile, come tale, 
dal giudice ordinario, al fine di rendere, possibile 
il ripristino del procedimento amministrativo. Sicch� 
la censura mossa dal Mazza alle decisioni degli 
organi tributari, sotto il profilo dell'error in procedendo, 
non poteva, per alcuna ragione, sottrarsi 
alla preclusione, derivante dalla rilevata autonomia 
nella materia finanziaria, tra la giurisdizione ordinaria 
e quella amministrativa onde la Corte di 
appello, che in tali sensi decise, non merita la 
censura mossale col primo motivo di ricorso. 

La sentenza � stata annotata da G. GRECO in 
Giur. it., 1961, I, 1, 553. 

Il Greco 1�tiene che il oontribuente abbia u,n vero 
e proprio diritto soggettivo ad essere tassato con il 
rispetto delle norme formali, tra le quali sa1�ebbe 
compresa quella c_he impone alle Oommissioni tributarie 
di motivare le proprie decisioni. Da ci� 
desume che la mancanza di motivazione, pur non 
potendo equipararsi ad inesistenza del procedimento 
contenzioso tributario, si risolverebbe in una violaziOne 
del suindicato diritto soggettivo, sindacabile da 
parte de.ll'Autorit� Giudiziaria. 

Questo argomerito tradotto in linguaggio accessibile, 
significa che il contribuente ha diritto a far rivedere 
dall'A.G.O. il proc�dimento svoltosi avanti le Oom� 
missioni tributarie per sindacarne tutte le irregola-. 
rit�, in quanto il preteso diritto soggettiv.o .al rispetto 
delle norme formali non puo essere limitato alle~ole 
norme concernenti l'obbligo della. motivaz.ion�. 

In altri termini, la soluzion!l proposta dal Greco 
� in netto e completo contra,sto con la. opinione della, 
Oorte Suprema. 


-51 ..,;... 


PROCEDIMENTO CIVILE � Morte del procuratore 
della parte costituita � Effetto automatico dell'inter� 
razione del processo. (Corte di Cassazione, Sezione I, 
Sentenza n. 501-61 -Pres.: Verzia, Est.: Bartolom3i, 

P. M.': Colli ( conf.) -Amministrazione Ferroviaria 
c. Grisaf�.). 
La morte del procmatore della parte costituita 
determina, con effetto automatico, l'interrl;lzione 
del processo, senza che la controparte possa provare 
di non aver avuto conoscenza dell'evento 
luttuoso, dovendo tale conoscenza ritenersi presunta 
dalla legge iuris et de iure. � 

Trascriviamo la motivazione in diritto di questa 
sentenza e richiamiamo su di essa l'attenzione di 
tutti i colleghi, perch� evitino di cedere alla suggestione 
d'una fiducia, tanto sup&rficiale quanto mal 
riposta, nelle dichiarazioni non documentate di chi 
si presenta come incaricato, delegato o rappresentante 
di color� che sono gli effettivi procuratori della parte 
privata nelle cause. � 

In materia processuale � solo la rigida osservanza 
della legge che evita il pericolo delle decadenze, che 
costituiscono, per gli avvocati, il pi� spiacevole� degli 
infortuni. 

J.Ja Corte di merito rilev� che il procedimento 
d� app�llo si era interrotto, giusta l'art. 301 C.p.c. 
alla data della morte del procuratore legale degli 
appellati Grisafi. (avv. Salvatore Porzio), avvenuta 
il 24 maggio 1954, e ehe l'appellante Amministrazione 
ferroviaria lo aveva riassunto soltanto a distanza 
di anni, con la citazione del 10 maggio 1957; 
ne argu� che il procedimento si era estinto, a norma 
del successivo art. 305 non essendo stato riassunto 
entro il termine perentorio di sei mesi, decorrente 
dalla data dell'evento interruttivo (morte del procuratore 
degli appellati). 

Con l'unico mezzo la ricorrente Amministra2'iione 
contesta che il decesso del difensore della controparte, 
durante lo svolgimento del processo di appello, 
ne abbia determinato l'immediata interruzione 
in guisa da mettere in moto senza altro il 
termine perentorio, entro il quale il processo� stesso 
dove'(ra, ai sensi del citato art. 305 essere riassunto 
sotto pena -in difetto -dell'estinzione. Sostiene, 
a giustificazione �i questa tesi, che il disposto del 
menzionato articolo 301 -. secondo il quale il 
processo � interrotto dal giorno della morte del 
procuratore della parte costituita -poggia sulla 
presunzione che l'evento luttoso venga rapidamente 
a conoscenza del difensore della controparte; epper� 
-a dire della ricorrente -qualora simil� 
presunzione sia smentita dagli atti processuali, 
da cili risulti che la morte del procuratore fli appresa 
dal patrono dell'altra parte soltanto iri una 
data posteriore in questa stessa data (e non nel 
giorno del decesso) si verificherebbe l'interruzione 
del procedimento e comincerebbe quindi da essa 
a decorrere il termine perentorio per la riassunzione 
della lite. Ora nella specie, secondo la ricorrente, 
il suo difensore, non fu posto in grado di aver 
pronta notizia della morte del procuratore degli 
appellati (odierni resistenti) giacch� successiva


mente, in varie udienze istruttorie del giudizio di 
appello (giusta acce:rtamento della stessa denunziata 
sentenza), altri avvocati, comparendo quali dele� 
gati del predetto procuratore, gi� passato a miglior 
vita, e chiedendo sempre, in sua vece, rinvii della 
causa, avevano radicato nel patrono di essa ricorrente, 
col loro comportamento sleale, il convinci~ 
mento che l'avv. Porzio fosse ancora vivente. 
Siech�, ad avviso dell'Amministrazione ferroviaria, 
essendo � esclusa dagli atti processuali la presunzione 
di conoscenza, da parte del suo patrono, del 
giorno della morte del .procuratore� avversario, 
avrebbe errato la Cor.te di merito nel ritenere 
avvenuta in quel giorno l'interruzione d.el processo 
di appello. Tale interruzione dovrebbe invece ritenersi 
avvenuta ..:.._.soggiunge la ricorrente all'udienza 
istruttoria del 15 gennaio 1957, allorch� 
l'Avvocatura dello Stato ebbe finalmente notizia 
della morte dell'Avvocato Porzio dal nuovo procuratore 
dei Grisafi; che si costitu� in sostituzione 
del loro defunto� difensore. Conclude la ricorrente 
che, dovendo farsi decorrere il termine per la riassunzione 
del processo d'appello dal 15 gennaio 
1957 (data dell'interruzione) e non dal 24 maggio 
1954 (data della morte del procuratore degli 
appellati) tempessivamente il procedimento sareb~ 
be stato riassunto con la citazione del 10 maggio 
1957, epper� ne sarebbe stata evitata l'estinzione, 
a torto dichiarata dalla Corte di merito. 

Oi� premesso, non pu� contestarsi che, come la 
ricorrente osserva, il disposto del richiamato art; 
301 -secondo il quale il processo � interrotto dal 
giorno della morte (come anche dal giorno � della 
radiazione � o sospensione) del procuratore della 
parte costituita -poggia sulla presunzione, desti.
nta . dall'inveterata esperienza processuale, che 
tali fatti, data la loro gravit�, vengano rapidamente 
a cognizione delle parti e del giudice. Deve per� 
aggiungersi che trattasi di presunzione iuris et de 
iure, in quanto 111 norma di rito non consente alla 
:pa1�te di eliminarla con la prova contraria di non 
aver .avuto conoscenza della morte o degli accennati 
impedimenti del procuratore avversario, al fine d,i 
evitare che l'interruzione del processo sia fatta 
risalire ad uno di tali eventi, e di posticiparla al 
� momento in cui essa ne riceva notizia (con l'effetto 
di posticipare ahche il dies a quo del termine perentorio, 
entro il quale il procedimento deve essere 
riassunto a pena .di estinzione). Di ci� costituisce 
riprova la considerazione che il legislatore, mentre, 
all'art. 300 C.p.c. richiede, ai fini della riduzione 
del processo per effetto della morte o della perdita 
di capacit� della parte costituita, che tali avvenimenti 
sian� di�hiarati in udienza o . notificati all� 
altre parti, ricollega invece, nel successivo .art. 301, 
l'interruzione del-processo alla morte. o all'impedimento 
del procuratore, senza �nece.s�sit� di dichiarazfone 
o notificazione di tali eventi, onde � da ritenersi 
che, verificandosi la morte dei� procuratore 
(come pure la sua radiazione o sospensione), 'venga 
ad operarsi ipso iure, con effetto automatico, l'interruzione 
del pro�esso, a prescindere d� ogni indagine 
circa la conoscenza (iuris et de iure presunta) 
che possano averne le parti e. il giudice (Cassazione 

n: 2619del1960, n. 2049del1957, n. 1311del1956). 

-52


Sicch� la tesi della ricorrente -secondo la quale, 
ove la parte non abbia avuto possibilit� di sapere 
della morte del procuratore avversario che a distanza 
di tempo, l'interruzione del procedimento 
dovrebbe prender data non dalla morte, ma dal 
momento successivo in cui la parte stessa ne ebbe 
conoscenza -per quanto apprezzabile de. iure 
oondendo, non trova fondamento nella vigente 
legge di rito. Perci� nonostante il comp6rtamento 
di quegli avvocati, che, dopo la morte del procuratore 
degli appellati, comparvero, nelle varie udienze 
istruttorie, quali suoi delegati, rafforzando l'opinione 
del difensore dell'.Amminis.tmzione che l'avv. 
Porzio fosse ancora in vita, non vi ha dubbio, giusta 
il rilevato sistema processuale che da quella morte 
deriv� ipso iure, con effetto automatico, l'interruzione 
del processo, in Virt� di una presunzione 
legale di conoscenza dell'evento infausto (razionale 

o meno che sia) la quale non consente prova contraria. 
� 
Non pu� dunque condividersi l'assunto della ricorrente 
che l'interruzione delprocesso di appello 
dovesse farsi coincidere non con la morte del procuratore. 
degli appellati (24 maggio 1954). ma c�n 
la successiva udienza istruttoria (15 gennaio 1957) 
nella quale il nuovo loro procuratore diede notizia 
dell'avvenuto decesso del collega, che egli si accin~ 
geva a sostituire. Ed � avvio che, se la denunziata 
sentenza, facendo coincidere l'interruzione del procedimento 
col giorno della morte del procuratore 
dei Grisafi (24 maggio 1954) non incorse nella 
lamentata violazione dell'art. 301 precitato; perfettamente 
c�rretta fu l'illazione che ne trasse, 
in applicazione del successivo art. 305 nel senso 
che il procedimento stesso si fosse estinto, non 
essendo stato riassunto nel termine perentorio 
di sei mesi, decorrente da quel giorno. 

Pertanto ilricorso va rigettato con le conseguenze 
di legge, mentre va dichiarato inammissibile il 
controricorso, .in quanto notificato tardivamente, 
dopo undici mesi dalla notificazione del ricorso 
quando era gi� scaduto il termine perentorio di 
quaranta giorni, di cui all'art; 370. C.p.c. Il che 
importa che non possano esser liquidati, a favore 
dei resistenti, onorari e spese concernenti il contr�ricorso, 
data la sua inammissibilit�, che deve perci� 
tale liquidazione esser limitata alla costituzione 
dell'avvocato difensore, alla discussione della causa 
all'udienza pubblica e alle note presentate dopo la 
discussione (Cassazione n. 2189 del 1957). 

RICORSO S'flMOIWINARIO AL. CA.P() DELLO S.T4� 

. TO� :aifiuto di _registrazione 4ella. corte dei Conti � 

Obbligo del MinistrQ pr.oponente di sottoporre la que~.. 

stione al Consiglio dei Ministri. (Consiglio 9i Stato, 

�Ad. plen., 25 ge.naio 1961, n. 1 -:t>~s. : Petrilli; 

Est. : Meregazzi -La Farina e� Graaj.one c. Ministero 

dei� Lavori pubblici). 

L'atto col quale il Ministro comunica il rifiuto 
di registrazione della Corte dei Conti .. e la conseguente 
impossibilit� di eseguire il provvedimento, 
che ha deciso il ricorso straordinario,. �. i!llpugna~ 

bile conl.'ico1�so al Consiglio di Stato.ed � illegittimo 
perch�, di fronte al rifiuto di registrazione, il Ministro 
proponente ha l'obbligo di portare l'affare in 
Oonsiglio dei ministri perch� decida sulla richiesta 
di registrazione con riserva. � 

P.er una migliore oomprensione della grave e delioata 
questione ohe ha formato oggetto dell'annotata 
decisione, se ne riporta integralmente la motivazione 
in diritto (1). 

I ricorsi sono gi� stati riuniti dalla Ordinanza 

n. 673/1960 della IV Sezione, che li ha rimessi a 
questa Adunanza plenaria. 
Per la maggior chiarezza della decisione, giova 
riepilogare i precedenti di fatto. 
Con decreti del Presidente del Consiglio dei 
Ministri, in data 15 giugno 1948, furono annullati 
(ai sensi della legge 25 giugno 1946, n. 15) i precedenti 
decreti del 29 gennaio 1945, coi quali i ricorrenti, 
alti funzionari del )Iinistero dei Lavori Pubblici, 
erano stati collocati a riposo ai sensi dell'articolo 
2 del D.L. 11 ottobre 1944, n. 257. 

-In sede di liquidazione delle competenze arretrate 
per il periodo durante il quale erano stati allontanati 
dal servizio, i predetti richiesero che fossero 
loro corrisposti anche il compenso per lavoro straordinario 
e l'indennit� di presenza, dato il carattere 
di normalit�, generalit� e periodicit� di tali assegni; . 
il Ministero dei Lavori Pubblici rispose con nota 

n. 11973 del 9 maggio 1949, che, pur'riconoscendo 
in linea di principio le ragioni di giustizia che 
sorreggevano la tesi dei richiedenti, era costretto 
a respingere la loro domanda, dato l'avviso contrario 
manifestato dal Ministero del Tesoro. 
Avverso tale determinazione gli interessati proposero 
ricorso straordinario al Capo dello Stato; 
e questi, su conforme parere del Consiglio di Stato 
in Adunanza generale, lo ac~olse con decreto del 
28 luglio 1950. Senonch� la Corte dei Conti rifiut� 
la registrazione del deGreto con un rilievo nel quale, 
anzich� limitarsi -come avrebbe dovuto -al 
controllo della legalit� estrinseca del provvedimento 
presidenziale -(cio� all'accertamento di eventuali 
vizi suoi proprii o di lacune ed errori della procedura) 
-sottoponeva a sindacato anche il merito 
del provvedimento ed intendeva dimostrare l'infondatezza 
delle ragioni giuridiche che avevano 
informato il parere del Consiglio di Stato. 

Non avendo il Consiglio dei Ministri, cui la questione 
fu deferita dal Ministro dei Lavori Pubblici, 
ritenuto di ordinare la registrazione con riserva, 
il decreto fu re.vocato con altro decreto Presidenziale 
del 24 dicembre 1951 ed il ricorso straordinario 
~u respin.to.. 

Avverso quest'ultimo .provvedimento, gli inte~ 
ressati proposero. ricorso al Consiglio di Stato in 
sede giurisd~zionale. Sottoposto a questa stess;:i, 

-~----=----__;___ -,-. 

(1) La decisione � pubblic<),te sul Foro it. 1961, Ili, 
p. 94: ivi � altres� pubblicata la prima decisione del 
Consiglio di Stato (Adunanza plenaria 30 ottobre 1954, 
n. 26, Foro it. 1955, III, 187) e la sentenza della Corte 
di Cassazione 22 gennaio 1957, n. 137 (Foro it. 1957; I, 
561), che re.spinse il ricorso per. difet.to di giurisdizione. 

.Adunanza plenaria, il grav�ine :fu accolto con 
decisione 30 ottobre 1954, n. 26, sotto il profilo 
della irrevocabilit� dei decreti del Capo dello Stato 
che decidono i ricorsi straordinari. Contro tale 
decisione il Ministero dei Lavori Pubblici propose 
ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 
per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato: 
ricorso respinto con sentenza del 18 ottobre 195622 
gennaio 1957. 

Con lettere in data 21 marzo 1958, n. di prot. 
7681, di identico contenuto, il Ministero dei Lavori 
Pubblici ha comunicato agli interessati che, rinviato 
nuovamente alla Corte dei Conti, con richiesta 
di registrazione, il primo decreto presidenziale 28 
luglio 1950, l'Organo di controllo, con rilievo del 
25ottobre1957, ha nuovamente rifiutato il� visto�, 
dichiarando il citato decreto Presidenziale privo 
di efficacia, perch� mai ammesso a registrazione. 
Il Ministero soggiunge che, in dipendenza di quanto 
sopra, si trova nella impossibilit� di far luogo alla 
corresponsione degli assegni di che trattasi. 

Questo � il provvedimento impugnato in questa 
sede. 

Le eccezioni di inammissibilit� del gravame, 
opposte in via pregiudiziale dall'Avvocatura Generale 
dello Stato, si palesano infondate. 

L'Avvocatura ritiene in primo luogo che i ricorsi 
siano preclusi perch� rivolti contro una rnera comunicazione: 
anzi, contro la comunicazione di un 
provvedimento negativo (rifiuto di registrazione) 
non del Ministero dei Lavori Pubblici, ma della 
Corte dei Conti, gli atti della quale -ad avviso 
della difesa dell'Amministrazione -sarebbero sottratti 
alla giurisdizione del Consiglio di� Stato, 
ancorch� se ne l'itenga la natura amministrativa. 

Per superare l'eccezione non � necessario l'esame 
di quest'ultima discutibile opinione. � certo che il 
Ministero non si � limitato a partecipare agli interessati 
il rifiuto� di registrazione da parte della 
Corte dei Conti, ma ha altres� espresso il convincimento 
(errato o no, si vedr� in seguito) di trovarsi 
nella impossibilit�, in dipendenza di tale rifiuto, 
di far luogo alla corresponsione degli assegni richiesti 
dai ricorrenti. Tale convincimento si pone 
come causa determinante -sul piano teleologico 
-della manifestazione di volont� dell'Amministrazione 
di negare ai ricorrenti la corresponsione degli 
assegni predetti: il che concreta un provvedimento 
negativo implicito, impugnabile in questa sede. 

Ugualmente infondata � la seconda eccezione di 
inammissibilit�. Secondo l'Avvocatura, il ri:fi.uto di 
registrazione sarebbe meramente confermativo del 
precedente e la situazione di fatto e di diritto, 
comunicata ai� ricorrenti, sarebbe perfettamente 
identica a quella sussistente nel 1950 e ad essi, 
peraltro, ben nota. 

� � giurisprudenza costante che non sia confer-. 
mativo l'atto se l'Amministmzione -pur giungendo 
nel dispositivo alle medesime conclusioni 
dell'atto precedente -abbia tenuto presenti, per 
le proprie determinazioni, nuovi presupposti intervenuti 
nel frattempo (IV Sezione, decisione 4 luglio 
1945, n. 103; 27 agosto 1947, n. 289; 28 gennaio 
1948, n. 54; 24 novembre 1948, n. 500; 6 dicembre 
1950, n. 596; 26 settembre 1952, n. 678; 10 maggio 

1957, n. 514; V Sezione, decisione� 26 settembre 
1952, n. 1120; 29 lu~lio 1957, n. 638; VI Sezione 
decisione 27 luglio 1949, n. 103; 13 dicembre 1949, 

n. 229; 16 gennaio 1950, n. 7; 7 febbraio 1950, 
n. 43; 27 aprile 19551 n. 271; 24 aprile 1946, n. 263). 
La sostanziale diversit� de� presupposti tra �1 
primo ed il secondo rifiuto della Corte dei Conti � 
data da due pronuncie giurisdizionali intervenute 
nel frattempo, cio� dalla decisione dell'Adunanza 
Plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio 
di Stato 30 ottobre 1954, n. 26, che dichiar� il 
decreto Presidenziale 28 luglio 1950 � unica decisione 
perfetta, valida ed irrevocabile del ricorso 
straordinario al Capo dello Stato; e dalla Sentenza 
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 18 
ottobre 1956-22 gennaio 1957, con la quale fu respinto 
il ricorso proposto dal Ministero dei Lavori 
Pubblici per difetto di giurisdizione co.Iitro la predetta 
decisione del Consiglio di Stato,. 

E tanto il Ministero dei Lavori Pubblici era 
convinto della sostanziale differenza tra la nuova 
e la precedente situazione giuridica che, con lettera 
5 settembre 1957, n. 22028, rinvi� il D.P. 28 luglio 
1950 alla Corte dei Conti, esponendo ampiamente 
le ragioni in base alle quali -su conforme parere 
del proprio Ufficio Legislativo -il decreto, in 
seguito alle pronuncie dei supremi organi giurisdizionali, 
avrebbe dovuto essere sottoposto a registrazione. 


Venendo al merito, la prima questione da esaminare 
� quella che si riferisce alla dichiarazione 
conclusiva del Ministero, ove esprime il convincimento 
di �trovarsi nella impossibilit��, in dipendenza 
del rifiuto di registrazione del D.P. 28 luglio 
1950 da parte della Corte dei Conti, � di far luogo 
alla corresponsione degli assegni di che trattasi�. 
Dichiarazione evidentemente errata, poich� al Ministro 
-come sar� dimostrato -, incombeva lo 
obbligo di portare a compimento l'itm� che lo stesso 
ordinamento giuridico chiaramente indicava. 

Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, non 
soltanto per le sue origini storiche, ma per la definizione 
giuridica che ad esso viene data dagli 
artt. 16 e 34 del Testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, 
dagli artt. 36 e 37 Regolamento di pari data numero 
1055 e degli artt. 47, 60 e 61 del Regolamento 
21 aprile 1942 n. 444, pur avendo natura amministrativa, 
� un rimedio giuridico generale, -proponibile 
avverso .qualsiasi provvedimento definitivo 
dell'Autorit� amministrativa, -col quale possono 
farsi valere, oltre che interessi legittimi, anche 
diritti soggettivi perfetti. 

Quest'ultima caratteristica, ma sopratutto la 
posizione super partes della suprema .Autorit� dello 
Stato, l'intervento di altri organi collegiali, quali 
il Consiglio di Stato ed eventualmente il Consiglio 
dei Ministri, la struttura contenziosa del procedimento, 
intesa a tutelare il diritto di difesa di tutti 
gli interessati, infine il principio della alternativit� 
del ric�rso straordinario con il ricorso in sede 
giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato, �stabilito 
dal citat� art. 34 del Testo unico 26 giugno 1924, 
n. 1054, conferiscono alla decisione del Presidente 
della Repubblica un carattere sui generis 
nel quadro della giustizia amministrativa. Se alla 


-54


decisione del Capo dello Stato fa difetto l'autorit� 
del giudicato, si pu� tuttavia riconoscere che sotto 
ogni altro aspetto essa viene posta dall'ordinamento 
vigente su di un piano parallelo a quello della decisione 
giurisdizionale: di qui deriva l'obbligo giuridico 
dell'Autorit� amministrativa di usare tutte le 
facolt� ad essa conferite dalla�legge per dare piena 
esecuzione alla decisione presidenziale. Se l'iter 
procedurale Iion fosse portato a compimento, si 
avrebbe un caso evidente di denegata giustizia, 
contro i principii sanciti dalla. Costituzione. 

� necessario a questo punto sottolineare che la 
decisione del Capo dello Stato � .subordinata soltanto 
all'attivit� di due Organi collegiali: necessaria 
del Consiglio di Stato ed eventuale del. Consiglio 
dei Ministri. Il parere del Consiglio di Stato � non 
solo obbligatorio, ma altres� vincolante nel senso 
che il Capo dello Stato non se ne pu� discostare, 
con congrua motivazione, se il Consiglio dei Ministri 
non abbia espresso contrario avviso, ai �sensi del 
20 comma dell'art. 16 del Testo unico 26 giugno 
1924; n, .1054 e dell'art. 54 del� Regolamento 21 
aprile 1942, n. 444. 

Il Ministro -una �volta sentito il Consiglio di 
Stato -non ha alcun potere di decidere da solola sorte del ricorso straordinario, ma, ove� non 
creda di uniformarsi al parere richiesto, deve sottoporre 
la questione al Consiglio dei Ministri, al quale 
unico organo spetta di deliberare in un senso piuttosto 
che nell'altro. La collegialit� della deliberazione, 
e di un organo cos� altamente. qualificato, 
� garanzia di giustizia per l'interessato. 

In �base ~ tali ovvi principii, quali si eyincono 
dalle vigenti disposizioni di legge, � chiaro che, 
in caso di rifiuto di registrazione da parte della 
Corte dei Conti del Decreto presidenziale che ha 
accolto .il ricorso (e che non pu� essere revocato 
d'ufficio, poich� il potere di decisione � consumato 
-ved. Adunanza Plenaria 30 ottobre 1954, n. 26 
-salvo il ricorso per revocazione nei casi previsti 
dall'art. 395 C.p.c.), 'riori. � esatto affermare che il 
Ministro non abbia pi� alcuna possibilit� di dare 
esecuzione alla decisione. Se egli .aderisse al rilievo 
della Corte, ancora� una volta sarebbe egli solo a 
decidere dell'ulteriore corso della decisione, cio� 
della sua inefficacia: potere ch� gli � assolutamente 
sottratto. 

L'art. 25, comma secondo, del Testo unico delle 
leggi sulla Corte dei Conti 12 lugiio 1934, n. 1214 
gli offre ancora la possibilit� di richiedere al Consiglio 
dei Ministri l'ordine di registrazione con riserva: 
ed egli, non potendo discrezionalmente decidere 
della sorte del ricorso straordinario, ha l'obbligo 
giuridico di sottoporre la questione al Consiglio 
dei Ministri. � � 

Sembra all'Adunanza plenaria opportuno chiarire 
alcuni equivoci che sono affiorati nel corso 
della discussione fra le parti. 

La deliberazione del Consiglio dei Ministri in 
senso eventualmente contrario al parere del Consiglio 
di Stato, prima dell'emanazione del Decreto 
del Capo dello Stato, rientra indubbiamente nella 
attivit� amministrativa del supremo organo di 
Governo. 

La facolt� di ordinare alla -Corte dei Conti la 
registrazione del decreto presidenziale, gi� perfe-. 
zionato e non registrato, � invece atto squisitameI).te 
politico e non amministrativo, dovendo il Governo 
rispondere di esso soltanto di fronte al Parlan;wnto 
(ar.t. 26 del Testo unico. 12 luglio �934, �n. 1214). 

Non � neppure il caso di parlare di discrezionalit� 
nei confronti di un atto che investe esclusivamente 
una responsabilit� politica e ehe il Consiglio dei 
Ministri � pienamente libero di adottare o meno, 
secondo criteri che esulano dai limiti dell'attivit� 
amministrativa. 

Ma la determinazione del Ministro proponente 
di sottoporre al Consiglio dei Ministri la questione 
relativa alla reo'istrazione con riserva del Decreto 

o . . 
presidenziale � ancora atto amministrativo. Vero 
� che tale atto � normalmente dlscrezionale, ma 
possono darsi dei casi in cui esso sipresenta invece 
come atto dovuto. Tale � indubbiamente quello 
che interessa la presente controversia, in base ai 
principii che informano le norme sulla giustizia 
amministrativa ed in particolare le norme sul 
ricorso straordinario al Capo dello Stato. 

Se la decisione del gravame in via straordinaria 
� in qualsiasi fase del procedimento sottratta alla 
competenza del Ministro, ed � invece subordinata 
esclusivamente all'intervento di organi collegiali 
(Consiglio di Stato e CoJ?.siglio dei Ministr~), a.i 
cui pareri o deliberazioni egli ha il dovere di uniformarsi, 
ne consegue che anche nell'ultima fase 
� inibita al Ministro la risoluzione di una controversia 
che trascende per sua natura i limiti delle 
propri~ attribuzioni. Il Ministro ha solo. flinzioni 
iStruttorie ed un potere-dovere di propulsione della 
procedura: egli ha pertanto l'obbligo giurid~co di 
ricorrere a tutti i mezzi che l'ordinamento vigente 
gli offre affinch� sia soddisfatto il diritto del .citt~dino 
che ha proposto ricorso in .via straordmaria 
al C~po dello Stato, una volta ottenuta la decisione, 
di vederla eseguita. 

Erra quindi il Ministero dei Lavori Pubblic~ 
quando dich.iara nel provvedimento impugnato, di 
�trovarsi nella impossibilit� di dar corso alla corresponsione 
degli assegni di che trattasi �. Al Ministro, 
io.vece, si apre ancora la possibilit� di .sott~porre 
al Consiglio dei Ministri la proposta d~ registrazione 
con riserva del Dacreto del ;presidente 
della Repubblica 28 luglio 1950. Mediante que~to 
estremo rimedio il Ministro pu� e deve esaurire 
l'iter segnato dalla stessa legge sull~ Corte dei 
Conti per dare esecuzione alla decisione del Capo 
dello Stato �perfetta, valida ed irrevocabile�, c~e, 
al pari di m~a pronuncia giurisdizionale, ha definito 
un rapporto di diritto, ed � espressione del supreI?-o 
sindacato di legittimit� degli atti della Pubblica 
Amministrazione. 

Tali principii sono gi� stati limpidamente enunciati 
in un'antica decisione della IV Sezione del 
Consiglio di Stato in �na situazione p.erfettamente 

dentica (30 gennaio 19J3: Pres.: Bonasi; �Est.: 
iPerla). 

Nell'attuale fattispecie l'obbligo giuridico del 
Ministro era ed � rafforzato dalla circostanza che 
sul merito della controversia non soltanto esiste il 


-55'.


parere 25 maggio 1950 dell'Adunanza g�enerale del 
Oonsiglio di Stato, -organo � competente, col 
Consiglio dei Ministri, a pronunciarsi sulla legittimit� 
intrinseca del provvedimento -, ina sono intervenute 
nel frattempo anche una decisione del 
Oonsiglio di Stato in sede giurisdizionale (:Adunanza 
Plenaria) ed una sentenza delle Sezioni Unit.e della 
Oorte di Oassazione, le quali ambedue hanno riconosciut� 
la fondatezza delle pretese di diritto sostanziale 
dei ricorrenti. 

L':Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali 
del Oonsiglio di Stato ha ritenuta il D.P. 28 luglio 
1950, come si � visto, �unica decisione perfetta, 
valida ed irrevocabile del ricorso straordinario �; 
e se � perfetta �riguarda ilperfezionamento dell'atto 
cio�, il compimehto del procedimento di formazione 
{e pertanto irretrattabile):, la qualifica di 
�valida � significa nel linguaggio giuridico immune 
da vizi di legittimit�. 

:A sua volta la Oorte di Oassazione a Sezioni 
Unite, negando il "difetto di giurisdizione del Oonsiglio 
di Stato, si � addentrata anche nell'esame 
del merito della controversia,. osservando testualmente 
nella motivazione della sentenza: 

�La di:chiarazione d'illegittimit� del provvedimento 
di collocamento a riposo del funzionario 
veniva a far rivivere ed a ricostituire nella sua 
pienezza il rapporto d'impiego, con l'effetto del 
requisito da parte del titolare di tutti quei �diritti 
che al rapporto facevano capo e che da esso traevano 
origine. Fra tali diritti erano compresi, accanto 
alla ricostituzione della carriera, lo stipendio 
e gli altri emolumenti, senza possibilit� di distin" 
zione fra assegni di carattere permanente e continuativo 
ed occasionali ed eventuali, giacch� fondamento 
e ragione di questi ultimi assegni, come dei 
primi, resta sempre il rapporto di impiego pubblico, 
mancando il quale viene meno il diritto a preten:. 
dere -eccetto la pensione, se dovuta, -la corresponsione 
sia dello stipendio, sia di retribuzioni di 
altra natura�. 

� quindi . evidente che a maggior ragione il 
Oonsiglio dei Ministri deve essere posto nella condizione 
di valutare se, -ancora dopo la pronuncia 
dei pi� alti collegi giurisdizionali -possa ritenersi 
giustificato il persistente rifiuto dell� Oorte de� 
Oonti alla registrazione del Decreto Presidenziale 
28 l�glio 1950 nell'esercizio di un'attivit� amministrativa 
di controllo. 

Ritenendosi assorbiti gli altri mezzi di gravame, 
i ricorsi devono essere accolti nei sensi sopra indicati, 
dichiarandosi l'obbligo del Ministro di sottoporre 
al Oonsiglio dei Ministri la questione, ai fini 
deil'eventuale ordine alla Oorte dei Oonti di regis:
trare-con riservail predetto Decreto Presidenziale. 

La decisione, a prescindere dagli errori di diritto, 
in cui, a nostro avviso, � incorsa, lascia profondamente 
perplessi per la gravit� delle �affermazioni, in 
essa contenute, peraltro non necessarie ai fini del 
decidere, e pm� la intenzione,. chiaramente in essa 
manifestata, di 1iprendere il cammino interrotto �on 
le ben note sentenze della Corte di Cassazione (Sezioni 
Unite 8 luglio e 2 ottobre 1953, in Foro it. 1953, I, 
1577 e in Rass. :Avv. Stato, 1953, pag. 278), le 

quali riaffermarono la natura meramente amministrativa 
-non giurisdizionale -del decreto del 
Capo dello Stato, che decide un ricorso straordinario 
e, eonseguentemente, esclusero che per la sua esecuzione 
potesse farsi ricorso al rimedio previsto dall' a1�tieolo 
27, n. 4 del Testo unico n. 1004 ael 1924. 
Noi �abbiamo pi� volte avuto occasione di porre 
in luce l'incompatibilit� dell'istituto, peraltro storicamente 
superato, con la vigente C-0stituzione repubblicana 
e non riteniamo di dover af/giungere altro alle 
cose gi�. dette (in questa Rassegna 1948, n. 10, 
pag. 1-11, n. 2, pag. 39; .1953, p. 7 e seg.). Invero, 

o ad esso si attribuisce quella efficacia giurisdizionale 
o para-giurisdizionale, esclusa dalla dottrina pi� 
autorevole e dalle citate sentenze della Corte di Cassazione, 
ed allora l'istituto contrasta con l'art. 24, 
secondo comma, della Costituzione e co.n i principi 
fondamentali della giurisdizione, che esigqno un contraddittorio 
ed una difesa -anche dell'Amministrazione 
-; o ad esso si attribuisce, come si deve, natura 
meramente. amministrativa, ed allora il diniego della 
piena tutela giurisdizionale degli interessi legittimi 
da esso eventUalmente lesi contrasta con l'art. 113 
della Costituzione. In questa ultima ipotesi l'istituto 
�, altres�, privo di sostanziale efficacia,. perch� l'ordinamento 
non pre1Jede e non pu6 prevedere alcun mezzo� 
pm� assicurare l'esecuzione del provvedimento decisorio, 
qualora non sia registrato alla Corte dei Conti, e, 
. tanto men-o, la conformit� della decisione, rimessa 
al Capo dello Stato, al parere del Consiglio di Stato. 
Questa controversia, di scarso valore economico, 
dimostra a sufficienza l'inutilit� dell'istituto e il grave 
pericolo, che si corre, di scardinare i principi fondamentali 
dell'ordinamento pur di assicurare in ogni 
modo e la conformit� del provvedimento al parere reso 
dal Consiglio di Stato in Adunanza Generale e la 
esecuzione del provvedimento, nonostante la sua eventuale 
sostanziale illegittimit� (nella specie il parere, 
com'� noto, era accidentalmente contrario alla giuri, 

. 
sprudenza del Consiglio di Stato in sede gj,urisdizio-. 
nale ed il provvedimento, conforme al parere, era 
senza dubbio illegittimo) . . 

'Il ricorso straordinario � sempre stato considerato 
un rimedio amministrativo, residuo storico della 
giustizia ritenuta, deciso con particolari garanzie, ma 
pu1� sempre con un provvedimento formxlmente e 
sostanzialmente amministrativo, avverso il quale il 
ricors-o giurisdizionale � escluso solo per la considerazione, 
d'ordine procedurale, che il Consiglio di Stato, 
sia pure in sede consultiva, si � gi� pronunziato sulla 
questione in Ad-ananza Generale, cio�, con la partecipazione 
di tutti i suoi componenti. . 

Questo provvedimento decisorio, che per la forma. 
� atto del Governo, � stato sempre sottoposto alla registrazione 
ed attualmente rion pu6 non esservi. soggetto 
per il categorico precetto contenuto nell'art. 100, 
secondo comma, della Carta Costituzionale. Quando 
abbia, come nella specie, ad oggetto questioni di pubblico 
impiego e per di pi� a contenuto economico, 
esso deve essere soggetto a registrazione anche per la 
sua intrinseca natura ed i suoi effetti fln�nziari. 

D'altra parte, la pi� antica dottrina si era posto 
il problema del rifiuto d�i registrazione ed avevx ritenuto 
ch'esso fosse esplicitamente e chixramente i�isolto 
dalla legge, la quale aveva attribuito,. in tale ipotelfi, 


-56


al Governo il potm�e di scegliere fra la richiesta di 1�e~ 
gistrazione con riserva -quando fosse possibile e 
l'emanazione di un nuovo p1�ovvedimento, difforme 
dal parere reso dal Consiglio di Stato. � 

Il Cammeo (Commentario delle leggi sulla giustizia 
amministrativa, pag. 644) cos� testualmente si 
esprimeva: <<Pu� accadere quindi (come � accaduto) 
che ad un� decreto reale, che ha risoluto un ricorso 
straordinario in conformit� dei criteri giuridici 
accolti nel parere del Consiglio di Stato, la Corte 
dei conti rifiuti la registrazione ritenendolo illegale 
per erroneit� dei criteri giuridici adottati in merito. 
Si verifica cos� un conflitto fra la Corte dei Conti e 
l'adunanza generale del Consiglio di Stato. 

Per risolvere questo conflitto non si possono in 
astratto che immaginare tre sistemi, i quali esaut�iscono 
tutte le pensabili ipotesi: o ritenere che con il 
rifiuto di registrazione della Corte dei Conti sia esaurita 
tutta la procedura senza necessit� di provocare 
un voto del Consiglio dei ministri, che decida se debba 
ordinarsi la registrazione con .riserva o emettere un 
decreto reale il quale si discosti dal parere del Consiglio 
di Stato e possa esser registrato o ritenere che il� 
governo abbia ipso jure l'obbligo di provocare la 
registrazione con riserva del decreto, cos� come � 
ormai redatto in conformit� del parm�e del Consiglio 
di Stato; o ritenere che il ministro competente debba 
provocare dal Consiglio dei ministri una deliberazione 
e che questo abbia facolt� di scegliere fra la 
tegistrazione con tiserva e la adozione di una decisione 
diversa da quella suggetita dal Consiglio di 
Stato. 

La pt�ima soluzione � evidentemente illegittima, 
perch� si riduce a rifiutare una legale decisione del 
ricorso. Con essa non si arriva mai all'emanazione 
di un decreto reale; ma il ministro proponente, non 
provocando il voto del Consiglio dei ministri pm�ch� 
in uno dei due modi possibili dirima positivamente 
il conflitto, in sostanza si arbitra da solo e negativamente 
a rigettare il ricorso. Cos� si viene a violare il . 
diritto del ricorrente ad ottenere una decisione e ad 
ottenerla con un decreto reale conforme o al parere 
del Consiglio di Stato o alla deliberazione del Consiglio 
dei Ministri. � 

La seconda soluzione non sarebbe meno errata. 
Innanzi tut.to se fosse obbligatorio per il ministro 
competente portare in consiglio dei ministri la proposta 
della registrazione con riserva e per il consiglio 
fosse obbligatoria votarla, ci� verrebbe ad implicare 
in ultima analisi che i decreti reali su t�icotso gerarchico 
sfuggono al controllo. della Corte dei Conti: il 
che, come abbiamo osservato, contrasta con il sistema 
vigente. In secondo luogo la registrazione con riserva 
� un. atto che involge la. responsabilit� collettiva del 
Gabinetto, che eccit� ipso jure il controllo parlamentare; 
� cio� un atto eminentemente discrezionale, 
che quindi non pu6 mai essere obbligatorio . .Anzi 
esso � un atto, che, portando con s� la presunzione 
che la necessit� di Stato s�vrasti alle ragioni di legittimit� 
affacciate dalla Corte, costituisce atto di potere 
politico; laonde la obbligatot�iet� ad emanarlo, se pu1� 
fosse concepibile, non potrebbe aver alcuna sanzione 
sia� in an'azione giudiziaria, sia in un ricorso alla 
IV Sezione, sia in qualunque altro 1�im�dio di legittimit�, 
cui sottostia il governo (numero. 254). 

. Il conflitto insot�to va certamente risoluto se non 
si vuole incorrere in un diniego di giustizia; ma esso 
non pu� risolversi nec�ssariamente a priori col da1� 
ragione senz'altro o alla Corte dei Conti o al Consiglio 
di Stato infmngendo la resistenza .della Corte. La 
alternativa fra queste due vie si impone ma la scelta 
fra le medesime appa"tiene al consiglio dei ministri. 
Se si prefm�isce l'opinione del Consiglio di Stato, 
occorre il deliberato del consiglio dei ministri per 
ordinare la registrazione con riserva; se si preferisce 
l'opinione della Corte e si vuol emanare un decreto 
1�eale che sia spontaneamente registrato, occorre il 
voto dello stesso consiglio dei ministri che autorizzi 
l'emanazione di un decreto reale non conforme al 
parere del consiglio di Stato. Perci� il ministro competente 
� obbligato a portare l'affare in consiglio 
dei ministri; e il consiglio obbligato soltanto a risolvere 
il conflitto, conservando per� piena facolt� di 
scelta fra una delle due vie. Entrambe per� rispondono 
alla legge e conducono alla decisione del ricorso 
con un decreto reale, che ha tutti gli elementi formali 
richiesti �. � 

.Analogamente si esprimeva il RANELLETTI (Le 
Guarentigie, pag. 167 e 192): �L'atto, oon cui 
l'amministrazione decide un ricorso � un atto amministrativo 
e per conseguenza l'autorit�, che lo hx 
emanato, pu6 sempre revocarlo, di propria iniziativa � 

o su domanda degli interessati. L'interessato potr� 
sempre chiedere al Re la revoca del decreto, ohe � 
atto amministrativo 1�egolato dai principi generali 
sulla revoca degli atti amministrativi >>. 
Non diversamente opina il BORSI (La Giustizia 
amministrativa�, pag. 95): �Il decreto (di decisione) 
� un puro e semplice atto amministrativo ... deve 
essere 1�egistrato alla Corte dei Conti . .. La revocazione 
� ammissibile tenendo conto del parziale fondamento 
comune della revocazione dei giudicati e 
della �revoca dei provvedimenti�. . 

Pi� espliciti al 1�iguardo sono il VITTA (Diritto 
amministrativo, vol. II, pag. 405) e lo ZANOBINI 
(Corso di diritto amministrativo, vol. II, pag. 86). 
Il prim:> cos� si esprime: � Il decreto presidenziale, 
che ha deciso il 1�icorso straordinario � sottoposto, 
come ogni altro decreto presidenziale, alla registrazione 
della Corte dei Conti. Se la Corte rifiuta il visto, 
nonostante il Governo si sia attenuto al parere del 
Consiglio di Stato, sar� chiamato il Consiglio dei 
ministri a dirimere tale conflitto di opinioni esistenti 
fra i due consessi. Vedr� il Consiglio dei ministri se 
convenga ins�istere nel primitivo decreto, chiedendone 
la 1�egistrazione con riserva (se possibile), oppure 
emanare un nuovo decreto difforme dal parere che. 
il Consiglio di Stato aveva dato >>. 

Lo Zanobini, infine, enuncia cos� il principio: 
� Pu� accadere che la Corte dei Conti, anoorch.� 
emesso in conformit� del parere del Consiglio di 
Stq,to, ritenga illegittimo il decreto e rifiuti in conseguenza 
la registrazione. In questa ipotesi si verifica 
un evidente contrasto fi�a .l'avviso del Consiglio di 
Stato e quello della Corte dei Conti; .contrasto, d.i 
fronte al quale il Governo pu� modificare il deoreio 
allontanandosi dal pa1�ere del Consiglio di Stato, 
oppure tener fermo l'atto e chiedere alla Corte la registrazione 
con riserva. Pm� entram;e le soluzioni � 
necessa1'ia la delibemzione del Consiglio dei ministri �. 


-51


ll Oonsigtio di Stato, con Ja sua prima decisione, 
ritenne di. superare il rifiuto di registrazione negando 
al Governo il potere di modificare il provvedimento, 
peraltro, non ancora efficace appunto peroh� non 
registrato, e la Corte di Cassazione, oon una sentenza, 
a nostro avviso non molto felice, rigett� il ricorso da 
noi proposto. 

Veniva cos� sconvolto uno dei cardini del sistema, 
negandosi all'amministrazione il potere di provvedere 
in seguito al rifiuto di registrazione della Corte dei 
Conti e di eliminare l'atto, non ancora efficace; ritenuto 
illegittimo. Ma la questione non trovava una 
soluzione, peroh� l'atto restava non eseguibile e legittim 
mente non �seguibile. 

Con la decisione, che si annota, si � fatto un passo 
avanti su una strada ancora pi� malsicura di quella, 
a suo tempo imboccata. Apparentemente si risolve 
una questione di competenza, affermandosi ohe competente 
a decidere la questione � il Consiglio dei 
Ministri e non il singolo Ministro; ma sostanzialmente 
si vuole escludere il controllo di legittimit� 
della Corte dei Conti o, comunque, affermare l'obbligo 
del Governo di chiedere la registrazione dell'atto 
con riserva. 

La decisione, a nostro avviso, � errata perck� l'atto 
impugnato era una mera comunicazione del rifiuto 
di registrazione e della inefficacia del provvedimento 
non registrato, con la conseguente innegabile impossibilit� 
di darvi esecuzione. 

N� poteva trascurarsi la considet�azione, di per 
s� assorbente, che non solo la richiesta di registrazione 
con riserva, mx anche l'atto qel Ministro, che questa 
richiesta proponga al Consiglio dei ministri, � atto 
politico, che involge �la responsabilit� politica del 
Ministro proponente e del Consiglio. 

Ma, come si diceva all'inizio, la decisione � grave 
e grav6mente errata per le cose non dette, pi� che 
per quelle che costituiscono i veri e propri motivi 
posti a base della decisione. 

Si definisce, ad esempio, discutibile opinione 
quella da noi espressa e secondo la quale gli atti 
di controllo della. Corte dei Conti son1> sottratti alla 
giurisdizione del Consiglio di Stato. Ma questo � 
notorie mente uno dei cardini del sistemx. 

La Corte dei Conti, organo costituzionale, non � 
un'autorit� amministmtiva, ai sensi dell'art. 26 
Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, e i suoi 
atti, anche quando attengono al rapporto di impiego 
dei suoi mxgistrati e funzionari, sono sottratti alla 
giurisdizione e del Consiglio di Stato e dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, salvo soltanto il ricorso alla 
Corte di Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, 
previsto dall'art. 111 della Costituzione, 
avverso le d�eisioni della Corte stessa. 

La decisione della Sezione de.l Controllo, che rifiuti 
la registrazione, � certamente sottratta ad ogni controllo 
giurisdizionale, ancorch� se ne riconosca la 
natura sostanzialmente amministrativa e non giurisdi.
donale, come da pi� parti si sostiene. 

Si riafferma la natura para-giurisdizionale del 
provvedimento. e l'obbligo dell'amministrazione di 
usare tutte le facolt�. per darvi esecuzione, sottintendendosi 
in questa lata accezione anche la facolt� 
di chiedere la registrazione con riserva, e si qualifica 
la violazione di questo preteso �obbligo� <JM>itJ un easo 
di denegata giustizia. Ma la giustizia � funzione 
giurisdizionale, affidata dalla Costituzione al potere 
giudiziario ed agli organi di giurisdizione speciale, 
con il rispetto di determinate garanzie, quali il contraddittorio, 
la difesa e il ricorso pm� Cassazione. 
Diniego di giustizia si ha quando non si pronunzi 

o non si esegua una decisione giurisdizionale, non 
gi� quando non si dia esecuzione ad un atto amministrativo, 
per di pi� non registrato perch� ritenuto 
illegittimo. ' 
Si afferma che la Corte dei Conti avrebbe dovuto 
limitarsi� al controllo della legalit�. estrinseca del 
provvedimento e non�sindacarne il merito quando � 
comunemente ritenuto che il controllo di legittimit� 
della Corte dei Conti (art. 100 Oost.) non � limitato 
alla legalit� estrinseca, ma ha la stessa estensione 
del controllo di legittimit� che esercita il Consiglio 
di Stato in sede giurisdizionale e ne �, anzi pi� 
ampio, perch� non condizionato dai motivi di ricorso. 
D'altra parte, il parere fatto proprio dal provvedimento 
diventa parte intrinseca di esso ed il controllo 
di� questo involge necessariamente il controllo� di 
quelw. 

Si afferma, inoltre, ohe la pretesa di diritto sostanziale 
dei ricorrenti � stata riconosciuta dalla decisione 
del Consiglio di Stato, ohe ha annullato il provvedimento 
di revoca, e dalla sentenza della Corte 
di Cassazione che ha respinto il ricorso, aff ermxndo 
la giurisdizione del Consiglio di Stato, quando n� 
l'una, n� l'altra decisero il merito della controversia, 
che non era oggetto del giudizio, limitandosi l'una a 
negare alla P.A. il potere di revocare il provvedimento 
decisorio e l'altra ad inquadrare la materia 
controversa nel rapporto di pubblico impiego. Ben � 
vero ohe la decisione del Consiglio di Stato defin� il 
primo decreto presidenziale, nonostante non fosse 
stato registrato, la �unica decisione perfetta, valida 
ed irrevoeabile n del ricorso straordinario; ma da 
questa affermazione, fatta ai fini della negazione del� 
potere di revoca, non pu6 trarsi la illazione ohe si 
sia formxto il giudicato sulla legittimit�. sostanziale 

e formale del decreto stesso. 

Tutto ci6, come si � detto, pe'�' assicurare la conformit� 
del provvedimento al parere espresso dal Consiglio 
di Stato e l'esecuzione di esso, nonostante il 
rifiuto di registrazione della Corte dei Conti. Riteniamo 
davvero ohe non valga la pena di scardinare 
i principi fondamentali dell'ordinamento e creare 
un grave confiitto fra i supremi organi dello Stato 
per cos� tenue risultato e per dare vitalit� ad un 
istituto, storicamente superato e contrastante con i 
principi fondamentali del vigente ordinamento costituzionale. 



\ ~; 

ORIENTAMENTI G I u�R ISP RUDE N ZIA L 1 
DELLE CORTI DI MERITO 


COMPETENZA E GIURISDIZIONE � Danni di guerra 

� Contestazione sui limiti di indennizz.o � Difetto 
di giurisdizione dell'A.G.O. (Tribunale di Mil11no, 
. Sent. 9 dicembl'.e 1930 e 30 gennaio 1961 -Pres. ed 
Est. : Castelli -Mazzanti c. Ministero del Tesoro); 
Difetta di giurisdizione l'A..G.O... a conoscere 
d'una azione proposta contro il Ministero del Tesoro 
con la quale, senza discutere se si::i, doyu,to indennizzo 
per danno di guerra e. quale ne sia l'importo, 
si contesti soltanto l'applicazione� dei criteri stabiliti 
nell'art. 28 della legge n. 968 del 1953 in 
materia di limiti di indennizzo. 

Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. 


La domanda � configurata dall'attore quale 
azione di responsabilit� della pubblica Amministrazione 
per atto illegittimo del funzionario. 

Per comprendere le ragioni su cni si fonderebbe 
l'asserita illegittimit�, bisogna tener presente il 
contenuto del comma primo degli art. 25 e 28 della 
legge 27 dicembre 1953, n. 968. Secondo l'art. 25: 
�l'indennizzo � concesso in misura .pari all'entit� 
del danno valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 
1943, moltiplicato per il coefficiente 5 �; secondo 

� l'art. 28, qualora l'entit� del danno valutato ai 
sensi della presente legge superi i 5 milioni, 10 
milioni, 15 milioni, l'indennizzo � ridotto rispettivamente 
a met�, ad un terzo, ad un quarpo. � 
avvenuto che l'Intendenza di Finanza, nella determinazione 
dell'indennizzo spettante al Mazzanti, 
ha ritenuto di applicare i limiti fissati dall'art. 28 
non sulle entit� del danno valutato ai prezzi vigenti 
al 30 giugno 1943, bens� sulla misura del danno 
stesso, moltiplicato per il coefficiente cinque. Secondo 
l'attore, tale interpretazione sarebbe erronea 
(da �ci� l'illegittimit� del provvedimento di liquidazione), 
in quanto, in base alla lettera. tre e allo 
spirito della legge, i limiti sopra richiamati dovrebbero 
essere applicati all'entit� del danno valutato 
ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, prima della 
moltiplicazione per il coefficiente predetto: adduce, 
a conforto del suo assunto, una conforme decisione, 
vend�ta del Consiglio di Stato, in data 27 giugno e 
25 ottobre 1960, pronunciata in causa Compagnia 
Italiana d'Oltremare contro il Ministero del Tesoro. 

.La convenuta . eccepisce, in via pregiudiziale, 
l'improponi'Qilit� della domanda per difetto di 
gh:.�isdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. 

L'eccezione � pienamente fondata. 
Poich�, invero, in base ai fondamentali principi 
della vigente legge sul contenzioso amministrativo 
(legge 20 marzo 1865, allegato E), la giurisdizione 
del magistrato ordinario nei confronti della pubblielli 
Amministrazione � limitata alla pretesa fondata 
su un vero diritto soggettivo, con esclusione 
di quelle fondate, invece, sopra un semplice interesse 
del singolo (attribuente per la decisione alle 
autorit� amministrative), in tanto questo Tribunale 
potrebbe conoscere� dell'azione proposta dal Mazzanti 
contro l'Amministrazione delle Finanze in 
quanto le norme che egli assume violate nella liquidazione 
del suo danno di guerra fossero fonte 
per il privato di un vero diritto soggettivo. 

Ma ci� non �. 

La Corte Suprema ha avuto occasjone di statuire 
che <dn materia di indennizzo per danni di guerra� 
che cc non sussiste un diritto soggettivo perfetto 
del privato, di proporre azione davanti all'autorit� 
giudiziaria ordinaria (Cassazione 20 giugno 1954) � 
e che <<il cittadino il quale. ritenga che ingiustamente 
gli sia stato negato l'indennizzo dei danni 
di guerra e gli sia stato liquidato in�misura-minore 
di quella dovuta non pu� invocare la tutela della 
autorit� giudiziaria ordinaria, perch� non � titolare 
di un diritto, perfetto da far valere� (Oassazi�ne 
23 febbraio 1954, n. 491). 

Analogo concetto trovasi pi� compiutamente 
espresso nella relazione ministeriale al progetto 
della legge n. 968: cc Partendo dal' presupposto che 
la materia dei danni di guerra � denominata dallo 
interesse pubblico, si perviene alla conclusione che 
un interesse individuale in tanto pu� viceversa 
protezione � dalle norme giuridiche in quanto � 
strettamente connesso con quelle generali. 

L'interesse privato viene cio� assunto come strumento 
giuridico per la realizzazione dell'interesse 
pubblico ed � tutelato, per la rigida osservanza delle 
norme e delle prescrizioni di legg�; �attra~er~o 
il ricorso al Consiglio di Stato. 

Questa protezione �, sotto alcuni profili, pi� 
intensa e penetrante di quella accordata al diritto 
soggettivo perfetto, poich�, com'� noto, il Giudice 



...... 59


amministrativo dispone del sindacato per accesso 
di potere che non possiede il Giudice ordinario �. 

Supposto, quindi, come vera la denunciata viofazione 
delle cennate norme di legge da parte della 
Amministrazione, poich� tali norme sono state 
dettate non gi� nell'interesse del singolo, ma nello 
interesse generale, la violazione di esse non costituisce 
per il singolo un diritto soggettivo, ma semplicemente 
un suo interesse occasionalmente� protetto, 
in quanto .nel caso� specific� il suo interesse 
coincide con quello generale; in questo caso, quindi 
il singolo non pu� invocare la tutela giurisdizionale 
d~'autorit� giudiziaria ordinaria. 

.Richiamiamo l'attenzione su questa interessante 
sentenza, la cui esattezza ci sembra indiscutibile. 

Essa, infatti ��sulla linea della giurisprudenza 
consolidata .della Corte Suprema della quale ci sembra 
opportuno richiamare qui la sentenza n. 1073 
dell'll aprile 1959 in causa Marvasi c. Ministero 
Giustizia, di cui riportiamo la motivazione in diritto 
sul punto che ci riguarda: 

Non si dubita che la situazione giuridica del 
Ma.rvasi sia quella di un concorrente escluso dalla 
partecipazione a pubblico concorso e che dalla 
affermata illegittimit� del provvedimento ammini;
strativo di esclusione, per violazione di norma di 
legge sui requisiti dei limiti di et� (D.L.L. n. 10 
del� 1945), il Marvasi stesso intende trarre titolo 
per chiedere al giudice ordinario la condanna della 
amministrazione � al risarcimento del danno. 

Ma se pure il Marvasi, col chiedere il risarcimento 
del danno,. abbia configurato la sua pretesa 
come diritto soggettivo perfetto, . tale prospettazione 
non � di per s� suffi.ciente a determinare la 
giurisdizione del giudice ordinario, essendo invece 
necessario, secondo il ben noto criterio di discriminazione 
delle competenze giurisdizionali nei confronti 
degli atti amministrativi (diritti -interessi 
legittimi), che il giudice, sia esso ordinario o amniinistrativo, 
per affermare o negare la propria giurisdizione, 
esamini la domanda, non soltanto in relazione 
a ci� che la .parte letteralmente prospetta 
e chiede (petitum formale), ma soprattutto in relazione 
all'oggetto essenziale della controversia quale 
risulta dalla materia dedotta in giudizio (petitum 
sostanziale) (da ult. cfr. sentenza 3457/1958). 

E, nella -fattispecie concreta, l'oggetto della domanda 
(secondo la testuale formula dell'art. 386 
O.p.c.) si fondava su interesse legittimo del privato 
nei confronti della pubblica amministrazione. Perch� 
le norme, alla cui violazione l'attuale ricorrente 
ricollega la cennata pretesa risarcitoria, in quanto 

� dirette a regolare l'ammissione a pubblico concorso, 
hanno a tutela, nel loro contenuto fondamentale, 
l'interesse pubblico, generale, attinente all'organizzazione 
dei pubblici uffici, e non prendendo 
quindi le norme medesime direttamente e immediatamente 
� in considerazione interessi individuali 
dei privati concorrenti, non possono esse ovviamente 
creare correlativamente in costoro un diritto 
soggettivo perfetto all'amm.issione. Diritto subbiettivo 
che non sorge ne'ppl,lre quando l'amministrazione, 
nell'esplicazione del suo potere di accerta


mento dei requisiti prescritti per Pamm�ssion�, 
trova tale suo potere vincolato dai rigtdi criteri 
obbiettivi fissati dalla legge per taluno o pi� requisiti 
medesimi (come, ad esempio,� per quello della 
et�); giacch� non � esatto, come assume ilricorrente, 
che dovunque vi sia attivit� vincolata d.ell'amministrazione 
ivi debba corrispondere, in perfetto parallelismo, 
diritto subbiettivo del cittadino. 

Nel diritto pubblico, � ben frequente la possibilit� 
di obblighi o doveri� giuridici, incombenti 
allai pubblica �amministrazione, i quali :rimangono 
disgiunti da un altrui diritto. 

Basti pensare a tutto il complesso di norme. poste 
a guida della pubblica amministrazione e regolanti 
l'attivit�, 'i criteri e i modi di azione di essa (le 
cosidette norme di azioni) �per scorgere infatti 
come, pur essendo l'amministrazione strettamente 
legata al rispetto delle norme stesse (e quelle di cui 
&i discute sono appunto di questa categoria) della 
attivit� cosi vincol�ta non sorgano in altri soggetti 
diritti subbiettivi che come tali possano farsi valere 
innanzi al giudice ordinario. Quei doveri imposti 
dalla norma non lo sono a tutela immediata e 
diretta di una posizione di vantaggio di 'singoli 
soggetti (come per converso avviene nelle contrapposte 
norme di relazione), bensi a tut�la di e�sclusivo 
interesse generale; ed in tal caso il principio operante 
� nel senso che di fronte all'atto illegittimo 
dell'amministrazione, che non pu� ledere altrui 
diritti, perch� questi non sono mai sorti, ma 
solo interessi legittimi, la �tutela giurisdizionale 
rispetto all'atto medesimo, a cui si riconnette il 
potere vincolato dell'amministrazione, spetti al 
giudice amministrativo (cfr. sentenza n. 762/1956; 
2551/1957). 

A. ragione quindi i giudici del merito hanno� declinato 
la propria giurisdizione a conoscere della 
presente controversia, il cui oggetto essenziale � 
costituito dalla lesione di un interesse legittimo e 
non di un diritto subbiettivo perfetto. 
La questione decisa dal Tribunale di Milano � 
probabilmente destinata a ripresentarsi a seguito 
della decisione dell'A.P. del Consiglio di Stato che 
ha interpretato l'art. 28 sopra citato nel senso che i 
limiti in esso stabiliti si applicamo all'importo dello 
indennizzo prima dell'applicazione del co'eff�ciente di 
rivalutazione, e non dopo come finora sempre praticato 
dall'Amministrazione. 

� evidente che se si accettasse la tesi della competenza 
dell'A.G.O. potrebbero essere avanzate, nei 
limiti del termine prescrizionale, pretese di rivalutazione 
da tutti quei danneggiati di guerra che finora 
si sono acquietati alla interpretazione dell' Amministrazione. 


REGISTRO -Rapporto di collegamento per impor


tazioni -Natura. (Appello di Catania -Pres. i Oiffo; 

Est.: Torresi; 12 gennaio 1961-Tringale c. ;ifi~anze). 

In un rapporto d'importazione-esportazione in 
compensazione privata gli operatori nazionali assumono 
obblighi di dare e di fare, che presciniono 
dai rispettivi contratti con gli operatori esteri ed 


hanno ad oggetto l'intero valore dell'operazione. 
Il predetto rapporto, perci�, quando sia enunciato 
in un atto sottoposto a registrazione o posto a base 
di una sentenza deve scontare la tassa d'obbligo. 

Segnaliamo questa sentenza sia pm� la importanza 
delle questioni giuridiche risolte, sia per la perspicua 
e dotta motivazione di cui trascriviamo la parte 
relativa alla massima. 

Osservai la Corte che, ai fini dell'esame del gravame 
proposto dalla ditta Tringale e prima ancora 
di esaminare la natura giuridica del rapporto intercorso 
tra i due operatori nazionali collegati (tra la 
ditta Tringale e la ditta Esposito) nell'affare di 
reciprocit� dal quale ha tratto origine la controversia 
defi.nita con la sentenza della cui tassazione 
si discute, occorre richiamare il contenuto dello 
art. 4, terzo comma della Legge del Registro, 
dell'art. 28 della relativa Tariffa allegato A (parte 
II) e dell'art. 72 della stessa Legge. 

Detta l'art. 4, terzo comma, della citata legge: 
cc La tassa proporzionale si applica alle trasmissioni 
a titolo oneroso di propriet�, di usufrutto, uso 
e godimento di beni mobili od immobili e di qualsiasi 
altro diritto reale, . ed agli atti che contengono 
obbligazione o liberazione di somme o p1�estazioni )). 

L'art. 28 allegato A della Tariffa prevede le 
e< obbligazioni di somme di denaro, promesse di 
pagare, prestiti, promesse di prestiti, aperture di 
crediti etc. )). L'art. 72 infine, dispone che cc quando 
le sentenze pronunciano su domande che si basano 
su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali 
non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, 
oltre la tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa 
alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi 
secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente 
registrata)). 

Come rilevasi dalla copia letterale dell'art. 14528 
del 25 agosto 1953, l'Ufficio impositore ha ritenuto 
che, in seguito ai rapporti intercorsi tra la ditta 
Tringale e la ditta Esposito, nell'affare di reciprocit� 
dal quale trasse origine la controversia definita 
con la sentenza 26 maggio-23 giugno 1951, della 
cui tassazione oggi si discute, sia sorto cc un obbligo 
di dare e di fare per l'intero ammontare dell'affare 
in L. 45.430.743 ii. 

Or ritiene la Corte .che tale interpretazione data 
dall'Ufficio impositore al rapporto intercorso tra 
i due operatori nazionali collegati nell'affare di reciprocit�, 
oggetto della menzionata sentenza ( ... ob-� 
bligo di dare e di fare) sia, oltre che corretta, aderente 
al pensiero espresso dal Tribunale con la 
menzionata sentenza 26 maggio-28 giugno 1951. 

E qui occorre sia subito messo in rilievo che, ai 
fini della tassazione e della conseguente necessaria 
qualifi.cazione giuridica di un atto, si deve, per 
espres.sa no;rma di legge (art. 8, primo comma, 
Legge del registro), avere riguardo alla natura intrinseca 
di esso ed agli effetti che ne derivano, se 
�nche non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. 
Principio questo il quale importa che, 
qualunque sia, in ipotesi, la natura giuridica che 
al rapporto in esame abbia dato-la sentenza della 
cui tassazione si discute, l'Ufficio impositore � 

solo tenuto, ai f�,ni. della tassazione, ad esaminare 
l'atto nella sua intrinseca natura giuridica, oltre 
che negli effetti, giuridici ed economici, che ne derivano 
.. Si che non � l'Ufficio tributario tenuto a 
conformarsi alla denominazione data all'atto dalle 
parti o dal giudice, ma deve accertare la vera, 
intrinseca sua natura giuridica e gli effetti che, 
nel campo giuridico-patrimoniale, ne sono derivati. 
E ci� va detto, sopratutto, per mettere in rilievo 
che qualunque fosse stato il pensiero espresso dal 
Tribunale con la sentenza in tassazione sulla natura 
giuridica del rapporto intercorso tra la ditta Tringale 
e la ditta Esposito, cio� sul negozio di collegamento 
intervenuto tra i due operatori nazionali 
(l'abbia il Tribunale considerato come un obbligo 
di dare, ovvero come un obbligo di fare, ovvero 
ancora come un obbligo di fare e di dare insieme), 
l'Ufficio impositore aveva il potere-dovere di procedere 
alla tassazione della convenzione intercorsa 
tra i due operatori nazionali collegati (non essendo 
dubbio che di una convenzione si tratti), con riguardo 
alla sua intrinseca natura giuridica e con 
riguardo ai suoi effetti. E gli era anche consentito 
il ricorso alla interpretazione analogica, per la 
norma contenuta nel secondo comma del citato 
articolo della Legge del registro. 

Fatta tale precisazione, osserva la Corte che la 
natura giuridica del rapporto intercorso, nell'affare 
ili reciprocit� in questione, tra i due operatori nazionali 
collegati (la ditta Tringale da Catania e 
la ditta Esposito da Napoli), consiste appunto in 
una convenzione, evidentemente bilaterale, avente 
per oggetto un obbligo reciproco di fare e di dare. 
E tale, a giudizio della Corte, lo ritenne il Tribunale 
con la sentenza in tassazione, nonostante talune 
espressioni usate possano, a prima vista, far pensare 
che si sia voluto� tale obbligo ...reciproco far 
consistere soltanto in un facere. 

Se � vero, infatti, che il Tribunale, a certo punto, 
osserv� che il mancato conseguimento del prezzo 
da parte della ditta Tringale della merce esportata, 
non imputabile all'U.I.C., non poteva dar luogo 
ad un'azione di adempimento nei confronti della 
ditta Esposito tendente al pagamento del prezzo, 
bens� cc ad un'altra azione fondata sull'inadempimento
� di un obbligo di fare, consistendo sempre 
in un facere l'obbligazione che l'importatore e lo 
esportatore nazionali assumono reciprocamente ii, 
� pur vero che lo stesso Tribunale, nello indagare 
sulla natura giuridica del rapporto (o vincolo giuridico) 
intercorso tra i due operatori nazionali, 
aveva poco prima ed esattamente rilevato trattarsi 
di una cc convenzione in virt� della quale esportatore 
ed importatore nazionali, consapevoli che 
l'uno conseguir� il prezzo della sua esportazione � 
in quanto l'altro adempia l'obbliga.zione (pagamento 
del prezzo) derivantegli dal suo contratto 
con il suo esportatore estero: e, viceversa, il secondo 
(importatore) conseguir� la cosa (merce) in quanto 
il primo (esporta.tor~) adempie la propria obbligazione 
(consegna della merce all'importatore �straniero), 
reciprocamente si impegnano alla piena e 
leale esecuzione del proprio contratto, e cio� non 
solo all'adempimento della propria obbligazione (vm�samerito 
del prezzo all' U. l. O. per l'1~1w e .':!ptJdizione 



-61


della merce pm� l'altro), ma anche a fare tutto quanto 
in potere di ciascuno per la completa e soddisfa


. cente liquidazione dell'affare �. 
~ Anche quindi secondo la costruzione giuridica 
data dal Tribunale con la sentenza della cui� tassazione 
si discute al negozio di collegamento intervenuto 
tra i due operatori nazionali. collegati nello 
affare di reciprocit�. in esame, l'operatore importatore 
nazionale, cio� la ditta Esposito, avrebbe 
assunto verso il suo operatore nazionale �collegato 
(la ditta Tringale) una duplice obbligazione; una 
tipicamente di dare (versare il prezzo della merce 
importata, cio� del pesce salinato, nell'intero importo 
di Korone 400.100 al cambio pattizio di 
Lit. 97198, pari a Lit. 45.430.749 all'Ufficio Italiano 
dei Cambi); l'altra tipicamente di fare (far si che 
dando piena� ed esatta esecuzione all'obbligazione 
assunta con il proprio contraente estero, la Dahl, 
l'affare di reciprocit� si fosse potuto portare feli 
cemente a termine). 

N� si dica che la prima di tali obbligazioni, 
quella cio� consistente nell'obbligo di pagare una 
somma di denaro (il prezzo della mer�e importata), 
la ditta Esposito l'abbia assunta unicamente nei 
confronti del proprio venditore estero (la Da.hl). 
Se � fin troppo chiaro che nella compra-vendita 
(e nessuno ha mai dubitato che tra l'esportatore 
nazionale ed il proprio importatore estero e tra 
l'importatore nazionale ed il proprio esportatore 
estero vengono ad essere poste in essere due distinte, 
per quanto non del tutto autonome, 'Convenzioni 
nelle quali vanno configurati due contratti 
di compravendita) l'obbligo del pagamento del 
prezzo da parte del compratore non pu� che assumersi 
nei confronti del proprio venditore, � per� 
pur vero che nell'affare di reciprocit�., per gli innegabili 
profili pubblicistici (valutari) che ogni singolo 
contratto di compra-vendita assume, l'obbligo del 
pagamento del prezzo da parte dell'importatore 
nazionale viene assunto, oltre che nei confronti del 
proprio contraente (venditore esportatore estero), 
anche nei confronti del proprio operatore nazionale 
collegato, in forza appunto del negozio di collegamento 
che assume cos� funzione strumentale rispetto 
all'affare di reciprocit�. al quale inerisce. 

N� vale che la ditta Esposito non sarebbe stata 
in ogni caso tenuta ad eseguire direttamente il pagamento 
del prezzo nelle mani del proprio operatore 
nazionale collegato (la ditta Tringale), dovendo 
per norma inderogabile, d'ordine pubblico, il versamento 
del prezzo della merce importata essere 
<<effettuato� presso l'Ufficio Italiano dei Cambi 
(.art. I, secondo e terzo comma, D.M. 31 marzo 
1948). Ci�, infatti, avviene soltanto ai fini di quel 
tal controllo nei pagamenti tra i due Stati interessati 
che, ai fini valutari, le norme contenute nel 
detto decreto hanno inteso assicurare per fini 
superiori di interesse nazionale, giacch� essendo quel 
prezzo sostanzialmente destinato al proprio operatore 
nazionale collegato, in �corrispettivo della 
merce esportata, il quale soltanto ha il diritto di 
riscuoterlo, l'obbligo di pagare il prezzo della merce 
importata certamente assunto dall'operatore nazionale 
importatore, devesi ritenere assunto, oltre 
che nei confronti dell'esportatore estero, anche nei 

confronti del proprio operatore collegato, cio� dall'esportatore 
nazionale. E se ne ha una riprova nel 
fatto che, volendo, ben potrebbe quest'ultimo esercitare, 
nei confronti del proprio operatore nazionale 
collegato inadempiente al pagamento del prezzo, 
l'azione tendente a far versare questo preBBo l'Ufficio 
Italiano dei Cambi, per quindi, attraverso tale 
ufficio, farlo proprio. 

Sono note alla Corte le dispute che in dottrina. 
si agitano intorno alla natura giuridica del negozio 
di collegamento e come, per darne una costruzione 
giuridica quanto pi� possibile aderente ai principi, 
esso sia stato talvolta avvicinato all'istituto della 
delegazione, talvolta a quello della estromissione, 
talvolta ancora a quello dell'accollo e talvolta, 
infine, all'adempimento del terzo. Qualunque sia 
per� la opinione che al riguardo si voglia seguire 
(la disputa non � affatto ancora sopita), ai fini della 
questione che ci occupa sembra alla Corte sia sufficiente 
rilevare che, contenendo il negozio di collegamento, 
oltre che un obbligo di fare, gi� sopra 
messo in rilievo, una indubbia �obbligazione d�i 
somme�, cio� anche un obbligo di dare, contratta 
si dall'importatore nazionale verso il proprio esportatore 
estero, ma altresi verso il proprio operatore 
nazionale collegato, sia pure con obbligo, posto 
da particolari norme pubblicistiche (art. I D.M. 
citato), di effettuarne il versamento presso l'U.I.0., 
esso non pu� che sottostare alla tassazione prevista 
dagli artt. 4, terzo comma, 73 della legge del registro 
sopra ricordati, e 28 Tariffa .Allegato A alla stessa 
legge. 

E quanto alla causa giuridica del negozio pu� 
bene osservarsi, in favore della tesi ch'esso contiene 
e un obbligo di fare e un obbligo di dare, che 
il fine pratico che i due operatori nazionali collegati 
si propongono di raggiungere non � soltanto 
quello diretto a far si che l'affare di reciprocit�., 
nel quale si inserisce, costituito dai due noti contratti 
di compravendita che tra di loro in senso opposto 
si incrociano, sia portato felicemente a 
compimento, ma altresi e sopratutto che l'esportatore 
nazionale possa riscuotere in Italia, sia pure 
tramite l'U.I.C., il prezzo della merce esportata 
al cambio convenuto, e che l'importatore italiano 
possa pervenire alla consegna della merce acquisita. 

Peraltro tale configurazione giuridica del rapporto 
intercorso tra i due operatori nazionali, di 
convenzione cio� che ha per oggetto nel contempo 
un reciproco obbligo, oltre che di fare, anche di 
dare, trova riscontro nella struttura che allo stesso 
negozio ha dato il Supremo Collegio il quale lo 
qualifica �un accordo di pagamento e di cambio n 
(cfr. sentenza 16 aprile 1952, n. 1001 in �Giurisprudenza 
Completa Cass. Sez. Civ. n, 1952, 2� 

qua.dr. I, 557). Ed anche con la sentenza del 28 
luglio 1951 n. 2165 (in Giur. It., 1951, I, col. 766 
e segg.). La Suprema Corte ha sof!tanzialmente 
riconosciuto la esistenza di una obbligazione di dare 
nel rapporto che collega i due operatori nazionali, 
allorquando ha affermato che con gli affari"�di reciprocit�. 
gli Stati interessati ad altro non mirano che ad 
impedire il trasferimento di valuta da un paese 
all'altro, in quanto �il prezzo� delle vendite con


cluse dai privati importatori ed esportatori, invece 


-62


di essere pagato iispettivamente dall'importatore 
nazionale all'esportatore straniero e dall'importatore 
straniero all'esportatore nazionale, viene s�ddisf 
atto nei diretti rapporti tra esportatore e importatore 
di oiasoun paese, attraverso l'opera e l'intervento 
di uffici amministrativi all'uopo predisposti�. 

La tesi �risulta anche essere stata di gi� accolta 
da questa Corte che, proprio nell'affare di reciprocit�. 
dal quale trae origine il negozio di collegamento 
intervenuto tra l~ ditta Tringale e la ditta 
Esposito, ha osservato che �nell'affare di reciprocit�. 
. . . ferma restando la struttura fondamentale 
di scambio duplice in senso contrapposto e per 
partit.e di valore equivalente n, la sola differenza 
dalla compensazione privata (comprivata) consiste 
solo in ci�: << ohe il pagamento del prezzo anzioh� 
direttamente tra privati avviene s� fra gli stessi, ma 
a mezzo ed attraverso gli uffici oambi dei paesi interessati 
n (sentenza 9 ottobre e 2 dicembre 1953). 

Visto cosi come devesi ritenere del tutto infondato 
il primo motivo di gravame, non potendosi 
seriamente sostenere che nella convenzione intervenuta 
tra i due operatori nazionali collegati vi 
sia solo una reciproca obbligazione di fare e non 
pure una obbligazione di dare, occorre passare allo 
esame del secondo e del terzo motivo. 

E qui occorre appena osservare che avendo l'obbligazione 
di pagamento assunta dall'importatore 
nazionale (la ditta Esposito) per oggetto l'intero 
prezzo. della merce che ha formato oggetto del 
contratto di compra-vendita intercorso tra l'esportatore 
nazionale (la ditta Tringale) e l'importatore 
straniero (la ditta Bache e Ambak), determinato 
al cambio originario di Lit. 97,98, la tassazione non 
poteva cadere che sulla intera somma di Lit. 

45.430.749, essendo questo il valore della convenzione 
intervenuta tra L due operatori nazionali 
collegati, e non gi�. quello di L. 32.487 .000. Tale 
minor somma, unicamente dovuta all'impedimento 
nel quale era incorso la ditta Esposito per effetto 
della riduzione del cambio rispetto a quello originariamente 
convenuto, non poteva incidere sul valore 
della convenzione che rimaneva quello iniziale, del 
momento cio� in cui la convenzione medesima venne 
tra le parti conclusa. Essa rappresentava la somma 
dovuta dalla ditta Esposito alla ditta Tringale a 
titolo di risarcimento dei danni da quest'ultima 
sofferti in dipendenza dell'inadempimento nel quale 
era incorsa la Esposito, ma non poteva per nulla 
alterare il valore originario della convenzione, che 
rimaneva sempre quello di Korone 400.100 al 
cambio convenuto di Lit. 97,98. 

N� sarebbe possibile scindere la convenzione di 
cambio dalla convenzione di pagamento, essendo 
unioa ed inscindibile la convenzione intervenuta 
tra i due operatori nazionali collegati, nella sua 
struttura giuridica ed economica sopra esaminata. 
Si che essa, nella sua interezza, deve sottostare 
alla tassazione, a norma dei citati art. 4, terzo 
comma, 72 della Legge del . registro e 28 Tariffa 
Allegato A alla stessa legge. 

.Aveva pertanto evidentemente errato l'Ufficio 
impositore allorquando, in un primo momento, 
aveva limitato la tassazione alla somma di Lit. 
32.487.000, la quale evidentemente �non rappresentava 
il valore della convenzione intervenuta 
tra i due operatori nazionali collegati. E sarebbe 
un ulteriore errore quello di scindere e separare 
ai fini della tassazione l'unica �convenzione intervenuta 
tra i due operatori nazionali, in due distinte 
convenzioni, una di pagamento ed una di cambio, 
e fissare il valore di quest'ultima nella differenza 
tra il cambio pattuito (Lit. 97,89 per Kor.) e quello 
corrente all'epoca della vendita in danno (Lit. 
70,15 per Kor.). Non poteva, pertanto, trovare 
accoglimento la domanda riconvenzionale proposta 
dalla ditta Tringale nei confronti della .Amministrazione 
e bene essa fu dal Tribunale disattesa. 


IN.DICE SIS'l1 EMATICO 
DELLE eo N s�u L T A zI oN I 


LA FORMUL.AZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA 

�~ 

. . 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA; 

ENTI PUBBLICI -CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE. 

1) Se sia legittima la partecipazione ad lln Consiglio di 
Amministrazione di �n ente pubblico di membri � esperti� 
non previsti dalla legge, che non abbiano diritto al voto 

(n. 255). 
CENTRI l'ER I SUSSIDI AUDIOVISIVI. 

2) Se i Centri per i sussidi audiovisivi possano avvalersi 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 256). 

ISTITUTI PROFESSIONALI l'ER L'AGRICOLTURA. 

3) Se sia ammesso al patrocinio dell'Avvocatura dello 
Stato l'Istituto Professionale per l'Agricoltura di Castelfranco 
Veneto, istituito con D.P.R. 30 settembre 1957 
in base all'art. 9 R.D.L. 21 settembre 1938, Il� 2038 

(n. 257). 
APPALTO 

FALLIMENTO DI IMPRESA Al'l'ALTATRICE -IMPOSTA DI 
CONSUMO. 

1) Se, ii�l caso di fallimento di un'impresa appaltatrice 
che abbia eseguito lavori stradali per conto della 
Pubblica Amministrazione,. e della quale l'ANAS sia 
debitrice in virt� di tali lavori, sia ammissibile il 
pagamento dell'imposta di consumo da parte dell'ANAS 
in forza dell'ingiunzione emessa dall'Ufficio� Imposte 
di Consumo ai sensi del T.U. 14 aprile 1910, n.� 639, ed 
il succ�ssivo ricorso all'istituto della comp�nsazione ex 
art. 56 della legge fallimentare, provocando il formale 
provvedimento del Ministro competente, che pronunci 
la compensazione del credito della ditta verso l'ANAS 
in relazione alle maggiori somme doyute alla ditta per 
la liquidazione dell'appalto (n. 259). 

2) Se sia .possibile chiedere l'annullamento della ingiunzione 
emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo pur 
senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi 
ammessi dall'art.' 90 del Testo unico sulla finanza 
locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 
1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto 
non il modo di 8d>plicaziori� dell'imposta, ma la legitti� 
mit� della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto 
di imposizione (n. 259). 

3) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo, ai 
sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza locale, 
sia l'impresa appaltatrice di lavori per conto della Pubblica 
Amministrazione la cui opera al termine dei lavori 
non sia stata classificata come statale, ovvero l'ANAS, 
cui l'opera stessa � destinata (n. 259). 

ASSICURAZIONI 

ENPAS -AZIONE SURROGATORIA. 

Se l'E.N.P.A.S. possa agire in surrogatoria, a norma 
dell'art. 1916 O.e., per il recupero delle somme erogate 
per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di 
terzi (n. 58). 

AVVOCATI E PROCURATORI 

AVVOCATURA DELLO STATO. 

1) Se i Centri per i sussidi audiovisivi possano avvalersi 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 50). 

2) Se sia ammesso al patrocinio dell'Avvocatura dello 
Stato l'Istituto Professionale per l'Agricoltura ai Castelfranco 
Veneto, istituito con D.P.R. 30 settembre 1957 
in base all'art. 9 del'R.D.L. 21 settembre 1938, n. 2038 
(n; 51). 

CACCIA E PESCA 

CACCIA IN ZONA MILITARE. 

Se sia legittima la concessione per la costruzione di 
un appostamento fisso di caccia in una zona militare 
aperta genericamente al pubblico (n. 17). 

CINEMATOGRAFIA 

CONTRATTO DI SCRITTURA CINEMATOGRAFICA -IMl'OSTA 
DI REGISTRO. 

1) Se il contratto di scrittura cinematografica debba 
essere configurato come un contratto di lavoro autonomo 
(locatio �peris) o come un contratto di lavoro 
subordinato (locatio operarum) (n. 31). 

2) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa 
allegato A �della legge di registro, sia rilevante la natura 
giuridica�del contratto di lavoro (contratto di lavoro auto




-64


nomo o subordinato) ovvero la natura delle stesse presta� 
zioni in s� considerate (prestazioni intellettuali, oppure 
prestazioni di mera esecuzione) (n. 31). 

3) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa 
�llegato A della legge di registro, le prestazioni dell'attore 
cinematografico rientrino fra quelle � dipendenti 
da arti liberali o professioni �, cio� di carattere intellettuale 
(n. 31). 

COMUNI E PROVINCIE 

DELEGAZION'I DI PAGAMENTO -TRATTAMENTO TRIBU� 

TARIO. 

Quale sia il trattamento tributario da applicare agli 
effetti dell'imposta di registro alle delegazioni di paga� 
mento fatte dai Comuni a carico degli appaltatori delle 
imposte di consumo a favore della Cassa DD. PP. o di 
altri Istituti di Credito agaranzia dei mutui contratti 
dai Comuni stessi (n. 88). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. 

CONTRATTI. 

l) Se la forma scritta sia richiesta a pena di nullit� 
per i contratti stipulati dalle Amministrazioni dello 
Stato (n. 183). 

2) Se le Amministrazioni dello Stato possano validamente 
impegnarsi a mezzo di convenzioni verbali (n. 183). 

3) Se le convenzioni verbali stipulate dall'Amministrazione 
dello Stato siano soggette a registrazione (n.~183). 

4) Termini di registrazione dei contratti stipulati dalle 
Amministrazioni dello Stato non ancora approvati 

(n. 183). 
DANNI DI GUERRA 

CONTRIBUTO -CESSIONE AD UNA soomT� IN NOME 
COLLETTIVO. 

Se, nel caso di cessione del contributo statale per 
ripristino di fabbricati colpiti da eventi bellici ad una 
societ� in nome collettivo, la determinazione del contributo 
debba essere effettuata considerando la condizione 
patrimoniale e di i�eddito dei soci nell'anno 1945 (n. 106). 

DEMANIO 

ACQUISTO DI IMMOBILI DEMANIALI. 

Se un ente ecclesiastico riconosciuto, possa acquistare 
a trattativa privata immobili del Demanio dello Stato, 
ai sensi della legge 19 luglio 1960, n. 757 (n. 164). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

GESTIONE INA�CASA -APPROVAZIONE PROGETTI. 

1) Se l'approvazione dei progetti di costruzioni destinate 
ad alloggi per lavoratori, compiuta dalla Gestione 
INA-Casa, liberi le Stazioni Appaltanti da ogni responsabilit� 
per vizi dell'opera dovuti a difetti !fi progetta


zione (n. ll6). 

GESTIONE INA-CASA -ASSEGNAZIONE ALLOGGI. 

2) Se un lavoratore che abbia ottenuto l'assegnazione 
di alloggio in cooperativa edilizia ma poi ne sia stato 
dichiarato decaduto per morosit�, possa partecipare a 
concorso per assegnazione di alloggi INA-Casa (n. ll7). 

GESTIONE INA-CASA -RESIDENZA. 

3) Se possa essere ammesso al concorso per l'assegnazione 
di alloggi INA-Casa un lavoratore che, pur risultando 
iscritto nei registri del Comune ove sorgono gli 
alloggi, abbia altrove l'effettiva residenza (n. 118). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

AOQUISTO IMMOBILI DEMANIALI. 

Se un ente ecclesiastico riconosciuto, possa acquistare 
a trattativa privata immobili del Demanio dello Stato 
a sensi della legge 19 luglio 1960, n. 757 (n. 36). 

ESECUZIONE FISCALE 

PIGNORAMENTO. 

1) Se un atto di diffida possa rendere inefficace il vincolo 
costituito a mezzo di pignoramento (n. 58). 

2) Se i frutti dotali possano essere oggetto di espropriazione 
forzata per debito d'imposta (n. 58). 

3) Se la disciplina prevista dal T. U. 29 gennaio 1958, 

n. 245, sulla riscossione delle imposte dirette, sia applicabile 
anche quando .};esattore non si avvalga della procedura 
privilegiata (n. 58). 
4) Se sia possibile pignorare presso il terzo, in danno 
del soggetto che ha ex lege il diritto di riscuoterle, le 
somme che in forza di un rapporto obbligatorio il terzo 
sia tenuto a versare in favore di altro soggetto (n. 58). 

VENDITE MOBILIARI. 

5) Se la vendita mobiliare di cui al secondo e terzo 
comma dell'art. 227 del Testo unico del 1958 sulle imposte 
dirette, disposta dal Sindaco nel primo caso e dall'Intendente 
di Finanza nel secondo possa essere affidata 
agli istituti autorizzat'i di vendite giudiziarie (n. 59). 

6) Se riusciti in"ruttuosi gli espe imenti d"asta ritualmente 
promossi dagli esattori, l'Amministrazione finanziaria 
possa stipulare accordi con terzi per la vendita 
di beni mobili per �recupero delle somme dovute per 
imposte dirette (n. 59). 

ESECUZIONE FORZATA 

OPPOSIZIONE. 

1) Se il titolare di un diritto reale di garanzia o di un 
diritto di credito assistito da privilegro speciale sia legittimato 
a proporre opposizio?e ex art. 619 c:p.c. (n. 24). 

VENDITE GIUDIZIARIE, 

2) Se l'Amministrazione possa avvalersi dell'attivit� 
degli Istituti di vendite giudiziarie nelle esecuzion 
forzate mobiliari promosse in base al Testo unico 

14 aprile 1910, u. 639 (n. 25}. 


65 


ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

PIANO DI RICOSTRUZIONE. 

Se possa estendersi la qualifica di �espropriante � 
all'organo che ex lega, in sostituzione del soggetto beneficiario 
dell'espropriazione, assume l'iniziativa dell'esproprio 
(n. 165). 

FALLIMENTO 

CESSIONI DI CREDITO. 

1) Sulla disciplina della cessione di cr~dito in sede :(allimentare 
(n. 61). 

2) Sugli effetti del fallimento del cedente nei confronti 
del debitore ceduto (n. 61). 

3) Se il debitore ceduto sia tenuto alla prestazione 
nei confronti del cessionario dopo il fallimento del cedente 
(n. 61). 

IMPOSTA DI CONSUMO. 

4) Se il credito per imposta di consumo sull'energia 
elettrica sia assistito da privilegi� (n. 62). 

IMPOSTA DI CONSUMO -FALLIMENTO DI IMPRESA APPAL� 
TATRICE. 

5) Se, nel caso di fallimento di un'impresa appaltatrice 
che abbia eseguito lavori stradali per conto della 
Pubblica Amministrazione, e della quale l'ANAS sia 
debitrice in virt� di tali lavori, sia ammissibile il pagamento 
dell'imposta di consumo da parte dell'ANAS in 
forza dell'ingiunzione emessa dall'Ufficio Imposte di 
Consumo ai sensi del Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, 
ed il successivo ricorso all'istituto della compensazione 
ex art. 56 della legge fallimentare, provocando il for. 
male provvedimento del Ministro competente, che prouunci 
la compensazione del credito della ditta verso 
i'ANAS in relazione alle maggiori somme dovute alla 
ditta per la liquidazione dell'appaito (n. 63). 

6) Se sia possibile chiedere l'annullamento della in� 
giunzione emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo, pur 
senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi 
ammessi dall'art. 90 del Testo unico sulla finanza 
locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 
1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto 
non il modo .di applicazione dell'imposta, ma la legittimit�
� della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto 
di imposizione (n. 63). 

7) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo ai 
sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza locale, 
sia l'impresa appaltatrice di lav�ri stradali per conto 
della Pubblica Amministrazione la cui opera al termine 
dei lavori non sia stata classificata come statale, ovvero 
l'A!''.~"AS, cui l'opera stessa � destinata (n. 63). 

FERROVIE 

CONCESSIONI DI VIAGGIO. 

1) Se la concessione di viaggio prevista dall'art. 15 
d(;llla legge 13 dicembre 1959, n, 1236 possa essere accor
�data (in base a regola.mento) anche agli assuntori ces� 

sati dal servizio (n. 320). 

PERSONALE FERROV!AlUO -ART. 164 E 201 STATUTO 
lMPmGATI CIVILI DELLO STATO. 

2) Se in virt� dell'articolo 209 dello Stato Giuridico 
del Personale F.S., possano trovare applicazione nei 
confronti dei dipenaenti della Amministrazione F.S., le 
norme di cui agli artt. 164, 50 coinma e 2Ul; irr comma 
del Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto 
degli Impiegati civili dello Stato (n. 321). 

3) Se si possa computare in fav:ore di un dipendente 
ferroviario attualmente appartenente alla carriera direttiva 
ed aspirante alla promozione ad Ispettore di I classe 
il servizio in precedenza prestato dal medesimo dipen� 
dente sempre presso l'Azienda nella carriera di concetto 
con la qualifica di segretario principale (n. 321). 

IMPIEGO. PUBBLICO 

ENPAS -AzIONE SURROGATORIA. 

1) Se l'ENPAS possa agire in surrogatoria, a norma 
dell'art. 1916 e.e., per il recupero delle somme erogate 
per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di 
terzi (n.520). 

IMPIEGATO STATALE -DESTITUZIONE. 

2) Se la destituzione di diritto conseguente alla condanna 
per corruzione dell'impiegato statale possa considerarsi 
come effetto penale della condanna e se, quindi, 
a tale effetto, possa esser dato riconoscimento ad una 
sentenza penale 1:1traniera a norma dell'art. 12 n. l C.p. 

(n. 521). 
IMPIEGATO STATALE -RISARCIMENTO DANNI. 

3) Se la legge 6 marzo 1950 n. 104 abbia effetto retroattivo 
(n. 522). 

PERSONALE FERROVIARIO -ARTT. 164 E 201 STATUTO 
IMPmGATI DELLO STATO. 

4) Se in virt� dell'art. 209 dello Stato Giuridico del 
Personale delle F.S., possano trovare applicazione nei 
confronti dei dipendenti della Amministrazione Ferro'
viaria le norme di cui agli artt. 164, 5� comma ~ 201, 
1� comma, del Testo unico delle disposizioni concernenti 
lo Statuto degli Impiegati civili dello Stato (n. 523). 

5) Se si possa computare a favore di un dipendente 
ferroviario attualmente appartenente alla carriera direttiva 
ed aspirante alla promozione ad ispettore di l classe 
il servizio in precedenza prestato dal medesimo dipendente 
sempre presso l'Azienda nella carriera di concetto 
con la qualifica di segretario principale (n. 523). 

IMPOSTA DI CONSUMO 

FALLIMENTO. 

1) Se il credito per imposta di. consumo. sull'energia 
elettrica sia assistito da privilegio (n. 7). 

FALLIMENTO DI IMPRESA APPALTATRICE. 

2) Se, nel caso di fallimento di un'impresa appaltatrice 
che abbia eseguito lavori stradali per la Pubblica 
Amministrazione, della quale l'ANAS sia debitrice in 


virt� di tali lavori, sia ammissibile il pagamento dell'imposta 
di consum<> da parte dell'ANAS in forza dell'ingiunzione 
emessa dall'Ufficio Imposte di consumo 
!J>i sensi del Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, ed il 
successivo ricorso all'istituto della. compensazione ex 
art. 56 della legge fallimentare, provocando il formale 
provvedimento del Ministro competente, che pronunci 
la compensazione del credito della ditta verso l'AN4-.S 
in relazione alle maggiori somme dovute alla ditta per 
la liquidazione dell'appalto �(n. 8). 

3) Se sia possibile chiedere l'annullamentO della ingiunzione 
emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo pur . 
senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi 
ammessi dall'art. 90 del Testo unico sulla finanza 
locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 
1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto 
non il modo di applicazione dell'imposta, ma la legittimit� 
della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto 
di imposizione (n. 8). 

4) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo, ai 
sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza� locale, 
sia l'iinpr�sa appaltatrice di lavori stradali per conto 
della Pubblica Amministrazione, la cui opera al termine 
dei lavori non sia stata classificata come statale, ovvero 
l'ANAS, cui l'opera stessa � destinat� (n. 8). �� 

IMPOSTA DI REGISTRO 

�ONTRATTO DI SCRITTURA CINEMATOGRAFICA. 

I) Se . il contratto di scrittura cinematografica debba 
essere configurato come un contratto di lavoro autonomo 
(loci;,tio operis) o come un contratto di lavoro subordin~
to (l�catio operarum) (n. 170). 

2) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa 
allegato A della legge di registro, sia rilevante la natura 
giuridica del contratto di lavoro (contratto di lavoro 
autonomo o subordinato), ovvero la� natura delle stesse 
prestazioni in s� considerate (pr�stazioni intellettuali, 
oppure -prest�zioni di mera esecuzione) (n. 170). 

3) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa 
allegato A della legge di registro, le prestaz�oni dell'attore 
ciI�ematografico rientrino fra quelle � dipendenti 
da arti' liberali o professionali"� cio� di' carattere intellettuale 
(n. 170). 

DELEGAZIONI DI PAGAMENTO. 

4) Quale sia il tr.attamento tributario da. applicare 
agli eff~tti dell'imposta di registro alle delegazioni di 
pagamento fatte dai Comuni a carico degli appaltatori 
delle imposte di consumo a favore della Cassa DD.PP. 

o di altri Istituti di credito a garanzia dei mutui contratti 
dai Comuni stessi (n. 171). 
F.ORNITU:RE A FAVORE DELLO STATO. 

5) Se le scritture private di vendita, contemplate nell'art. 
45 Tabella Allegato D alla legge del registro, 
qualora acquirente sia lo Stato, debbano scontare l'aliquota 
ridotta dello 0,50%, prevista nello stesso art. '45, 
oppure debbano scontare l'aliquota del 2% prevista 
'nell'art. 3 legge 23 marzo 1940, n. 283, per i contratti 

...-:


contenenti forniture vendite o torniture-appalti, a favore 
dell'Amministrazione dello Stato o enti assimilati 

(n. 172). 
NOTIFICA DI AVVISO DI ACCERTAMENTO DI VALORE 


PRESCRIZIONE. 

6) Quali siano i limiti degli effetti interruttivi della 
prescrizione, derivanti dalla notifica dell'avviso di accertamento 
di valore, per il recupero dell'imposta . complementare 
di registro (n. 173). 

SOCIET� -AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE. 

7) Se il tributo di registro dovuto per aumento di 
capitale sociale sia privilegiato sull'intero patrimonio 
sociale (n. 174). 

I.G.E. 
CANONI PER CONCESSIONI MINERARIE. 

1) Se possano considerarsi entrate imponibili, ai sens:i 
degli artt, 1 e 3 legge 19 giugno 1940, n. 762, sulla 
Imposta Generale sull'Entrata, il canone e le royalties 
dovute dal titolare di una concessione mineraria (n. 91). 

p ASSAGGIO MERCI. 

2), Se, in tema di Imposta Generale. sull'Entrata, il 
passaggio di merci tramite intermediari che non abbiano 
.il potere di effettuare acquisti, dia luogo a duplice 
imposizione tributaria (n. 92). 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

BENI DI CITTADINI NON RESIDENTI IN ITALI�. 

Se la disposizione dell'art. 5, ,20 comma, 2" parte, 
del Testo 1mico 9 maggio 1950, n. 203, per la quale i 
beni esistenti all'estero debbono computarsi nel patrimonio 
del cittadino ai fini della determinazione dell'aliquota 
dell'imposta straordinaria progressiva sul 
patrimonio, sia applicabile anche ai cittadini non residenti 
in Italia (n. 6). 

IMPOSTE E TASSE. 

IMPOSTE SULLE PRESTAZIONI D'OPERA OBBLIGATORIE; 

1) Se, in materia di tributi, ed in particolare di imposte 
per prestazioni d'opera obbligatorie, l'Amministrazione 
sia tenuta all'ad�mpimento di un accordo transattivo 
(concluso, nella specie, con il Comune di Anversa) 
davanti al Conciliatore, che, fra l'altro, stabilisce di 
sottoporre a tributo-anche i dipendenti dell'Amministrazione 
non residenti nel territorio comunale (n..340). 

2) Se lo Stat~ (nella specie, l'Amministrazione Ferroviaria, 
e per essa l'Azienda di Elettrificazione) possa 
essere soggetto delle pr�stazioni personali previste dalla 
Legge 30 agosto 1868, n. 4613 (n. 340). 

.SOTTOSCRIZIONE DELL'AVVISO DI ,ACCERT~ENTG; 

3) Se la sottoscrizione del Direttore dell'Ufficio delle 
imposte sia requisito di� validit� dell'avv-iso di accertamento 
(n. 341). 


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SOVRIMPOSTA ADDIZIONALE SULLA BENZINA -RIMBORSO. 

4) Se una denuncia di giacenza di benzina possa 

� valere come domanda di rimborso sovrimposta addizionale 
sulla benzina, ai sensi dell'art. 1 D.L. 17 dicembre 
1958, n. 438, convertito nella legge 12 dicembre 
1958, n. 1070 (n. 342). 

VENDITE MOBILIARI. 

5) Se la vendita mobiliare di cui al secondo e terzo 
comma dell'art. 227 del Testo unico del 1958 sulle 
imp_oste dirette, disposta dal Sindaco nel primo caso e 
dall'Intendente di Finanza nel.secondo, possa essere affidata 
agli Istituti autorizzati di vendite giudiziarie (n. 343�


6) Se riusciti infruttuosi gli esperimenti d'asta ritualmente 
promossi dagli esattori, i'Amministrazione, finanziaria 
possa stipulare accordi con terzi per la vendita 
di beni mobili per recupero delle somme dovute per 
imposte dirette (n. 343). 

LAVORO 

PRECETTAZIONE PREVENTIVA DIPENDENTI CONSORZI 
BONIFICA. 

Se possa addivenirsi, in caso di necessit�, alla preventiva 
precettazione dei dipendenti dei Consorzi di bonifica 
addetti ai servizi idraulici in base alle norme del 

R.D.L. 9 dicembre 1926, n. 2389 e del D.M. 15 dicembre 
1927 sui servizi di pronto soccorso in caso di disastri 
tellurici o altra natura (n. 32). 
LOCAZIONI 

CANONI -AUMENTO LEGGE 21DICEMBRE1960, N. 1521. 

Se gli aumenti del canone di locazione stabiliti dall'articolo 
3 della legge 21 dicembre 1960, n. 1521 debbano 
applicarsi anche ai contratti per i quali il regime di vincolo 
dura fino al settembre 1961 (n. 111). 

MINIERE 

CANONI PER CONCESSIONI MINERARIE. 

Se possano considerarsi entrate imponibili, ai sensi 
degli artt. 1 e 3 legge 19 giugno 1940, n. 762 sull'Imposta 
Generale sull'Entrata, il canone e le royalties 
dovute dal titolare di una concessione mineraria (n. 15). 

PENSIONI 

CONDANNA PENALE. 

1) Se sia legittimo un provvedimento di riduzione 
cautelare della pensione a carico di un pensionato condannato 
per truffa con sentenza non passata in giudicato 
(n. 100). 

PENSIONATO STATAJ,E IN SERVIZIO PRESSO ENTI PUB. 
BLICI, 

2) Se sia applicabile ai pensionati statali che prestano 
opera retribuita presso le esattorie comunali gestite 
da Casse di Risparmio la disposizione dell'art'. 4 R.D.L. 

15 ottobre J9.36, n. 1870 .che esclude 4al godimento 
degli assegni accessori tutti i pensionati che prestano 
opera retribuita presso le Amministrazioni dello Stato 

o altre Amministrazioni pubbliche o presso enti senza 
finalit� di lucro, o, ini.ie, presso gli organi ed uffici di 
cui tali Amministrazione o enti si avvalgano per .i 
propri servizi (ri. 101). 
POSTE E TELEGRAFI 

VALORI POSTALI FUORI CORSO. 

1) Se sia legittimo un decreto � ministeriale con il 
quale venga disposta, in via generale e permanente, la 
distruzione di tutti i valori postali fuori corso (n. 82). 

2) Quale sia la procedura da seguire nel disporre, caso 
per caso, la vendita o la distruzione di determi:n'�ti 
quantitativi di valori postali fuori corso. (:n.. 82). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

ENPAS -AzIONE SURROGATORIA. 

Se l'ENPAS possa agire in surrogatoria, a norma 
dell-'art. 1916 C.c., per il recupero delle somme erogate 
per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di 
terzi (n. 39). 

PREZZI 

TARIFFE ELETTRICHE 

Se possano considerarsi tempestive le domande per 
integrazione del contributo a carico della Cassa Conguaglio 
Tariffe Elettriche pervenute al Comitato Interministeriale 
dei Prezzi oltre il termine previsto dal provvedimento 
C.I.T. n. 789 dei 29 aprile 1959 quando risulti 
che la spedizione (a mezzo del servizio postale) sia avvenuta 
in data a:r:iteriore alla scadenza del termine (n. 51). 

RESPONSABILITA' CIVILE 

DISORDINI POPOLARI. 

1) Se l'Amministrazione dello Interno debba risarcire 
i danni causati a cittadini da disordini popolari (n. 193). 

TABELLE INFORTUNISTICHE. 

2) Se, in tema di liquidazione di danni per morte o 
per invalidit� permanente, possa farsi riferimento alle 
tabelle per la costituzione delle rendita vitalizie approvate 
con R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, (n. 194). 

SENTENZA 

MANCATA IMPUGNATIVA. 

1) Se la mancata impugnativa del capo della.s0ntenza 
di primo grado relativo alla condanna al pagamentf} 
degli interessi precluda il ricorso per cassazione in caso 
di rigetto dell'appello proposta contro il capo della sentenza 
relativo alla sorte capitale (n. 13). 



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SENTEN2:A PENALE DI TRIBUNALE STRANIERO. 

2) Se la destituzione di diritto conseguente alla condanna 
per corruzione dell'impiegato statale possa considerarsi 
come effetto penale della condanna e se, quindi, 
a tale effetto, possa essere dato riconoscimento ad una 
sentenza penale straniera a norma dell'art. 12 n. 1 C.p. 

(n. 14). 
SERVIT� 

ELETTRODOTTO -NOTIFICA DECRETI. 

1) Se la notificazione del decreto prefettizio costitutivo 
di servit� di elettrodotto possa eseguirsi, quando 
sia rilevante il numero dei proprietari interessati, a 
mezzo di pubblici proclami (n. 30). 

SERVIT� MILITARI. 

2) Se la facolt� conferita alla Amministrazione Militare 
dall'art. 16 cpv. legge 1 giugno 1931, n. 886 sul 
regime giuridico delle zone militarmente importanti, di 
disporre la. remissione in pristino, quando opere siano 

state eseguite da privati senza la prescritta autorizza. 
zione, possa essere esercitata in qualsiasi momento, 
anche a distanza di anni dalla avvenuta costruzione 

(n. 31). 
SOCIET� 

AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE. 

1) Se il . tributo di registro dovuto per aumento di 
capitale sociale sia privilegiato sull'intero patrim011io 
sociale (n. 93). 

SOCIET� IN NOME COLLETTIVO. 

2) Se la clausola di uno statuto di societ� in nome 
collettivo, che disponga: per il caso di morte di uno 
dei soci senza eredi discendenti legittimi di sesso 
maschile, la liquidazione della sua quota mediante il 
pagamento di una somma determinata, sia cozif�gurabile 
come un negozio inter vii�os di cessione di quota sotoposto 
alla condizione sospensiva della morte del socio 

(n. 94). 
(9105770) RQma, 1962 -Istitut.Q Poligrafico dello Stato -G. C.