PUBBLICAZIONE RASSEGNA DI SERVIZIO DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANNO XIII -N. 4-5-6 APRILE-MAGGIO-GIUGNO r96I NOTE SUL SINDACATO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE DELLE LEGGI-PROVVEDIMENTO (l) 1) � a tutti noto che, pur essendo ammessa e talora espressamente prevista dalla Costituzione la categoria giuridica delle leggi-provvedimento, non si � mai stabi�ito di differenziare queste ultime dalle leggi-norma per. quanto attiene -in concreto -all'esercizio del sindacato di legittimit�. costituzionale. Da ci� si � determinata la necessit�. di immettere una sostanza giuridica in una forma del tutto inadeguata, e -per questo -di deformare concetti ed istituti: non potendosi, infatti, limitare (una volta entrata in funzione la Corte Costituzionale} quel presidio, che la Costituzione, allo art. 134, e la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, vogliono esteso a tutte le leggi ed a tutti gli atti aventi forza di legge, ad una sola categoria.di questi, unicamente per un difetto di previsione nella struttura del processo. Si sarebbe potuto� altrimenti? Forse si, una volta escluso, com'� ovvio, il divieto del sindacato costituzionale su questi atti. Ed invero -e pur con ogni riserva derivante, da una parte, dall'inesistenza di uno spunto qualsiasi in questo senso nelle leggi, e, dall'altra, dalla difficolt�. di inserire nelle consuete prospettive processuali tale fenomeno pu� costituire oggetto di seria meditazione l'idea di alcuni giuristi (p. es. MoRTATl) di dire che in casi del genere il processo civile o amministrativo a quo � un giudizio di delibazione del giudizio di legittimit� costituzionale, e non un processo principale onde dovrebbe snodarsi l'episodio (incidentale) di legittimit� costituzionale. Ohe, quindi, l'impugnativa costituzionale � principale e diretta, con una fase di sbarramento costituita appunto dalla delibazione, e non un incidente del processo civile o amministrativo. Che, infine, la Corte Costituzionale giudil'a definitivamente nel merito, e non si limita a sgombrare ilterreno da una pregiudiziale, essendo la questione risolta dall'Alta Sede l'ultima, e non la penultima, della controversia. 2) Ma, tant'�, Ziber soriptus projeretur: le disposizioni in vigore obbligano a trattare le leggiprovvedimento allo stesso modo con cui sono trattate le leggi-norma. E quindi di una giurisdizione, che dovrebbe essere di annullamento, si fa una giurisdizione di abrogazione� per quel tanto di diritto obiettivo che � ravvisabile nella legge-provvedimento, interpretandosi l'atto sottoposto al giudizio della Corte Costituzionale non come un provvedimento concreto, ma come il metro di valutazione del rapporto giuridico soggiacente, e, nella � normalit�. delle ipotesi, e cio� in tutti quei casi in cui la Corte dichiari incondizionatamente legittimo od illegittimo l'atto legislativo, si torna al Giudice del c. d. processo �principale '' per sentir decidere un merito che non c'� pi�. Cos� che le parti vengono assoggettate -senza una ragione sufficiente -agli oneri di riassunzione che il codice di rito prevede nei casi di autentico giudizio incidentale, con tutte le complicazioni che non solo la fantasia pu� suggerire, ma che in pratica si sono effettivamente avverate. Tutto questo, sino a quando l'ordinanza di rinvio rivesta un valore (in pratica) apodittico e non ipotetico (il che, poi, � il quod plerumque aooidit in tema di riforma fondiaria, vero banco di prova delle leggi-proVV"edimento). In altre parole, sino a quando l'ord:nanza di rinvio del Giudice a quo faccia stato di situazioni giuridiche soggettive definitivamente accertate, cos� che si disputi non di queste posizioni di diritto soggettivo, ma delle conseguenze sul piano costituzionale di siffatte premesse, sulle quali in nessun modo sar� possibile ritornare nelle ulteriori fasi e negli ulteriori gradi del giudizio principale. Per esempio: posto (pacificamente) che il fondo Corneliano appartiene a Tizio e catastalmente � intestato a Caio, si chiede alla Corte se la delega ad espropriare conferita dal Parlamento al Governo obblighi quest'ultimo ad attenersi all'intestazione catastale, ovvero alla reale situazione di dominio, ecc. Ma si possono dare situazioni in cui questa bella certezza non c'�. Quid iuris, in questi casi~ A noi sembra chiaro (e la sentenza annotata ne � una conferma) che qui l'ipoteticit�. dell'ordinanza di rinvio debba necessariamente riverberarsi �sulla sentenza della Corte, la quale -cos� -verr� a risultare emessa in via puramente eventuale. (1) La sentenza annotata � pubblicata a pag. 38. -36 3) Ed invero: a) per quanto esigenti si possa essere sul requi sito della rilevanza della questione di legittimit� costituzionale, trattasi sempre di un accertamento compiuto in una data fase ed in un dato grado del giudizio. Nessuno pu� obbligare un Giudice ad altro, se non a dare pieno ed esauriente conto del proprio convincimento, ma nessuno -del pari -pu� stabilire, prima del giudicato, se questo convinci mento sia giusto od erroneo, debba restar fermo o modificarsi. .Ancora: le nostre strutture processuali, civili e costituzionali, non consentono di avere una situa zione di questo genere: tutte le questioni contro verse, meno una (legittimit� costituzionale) sono decise da sentenze (parziali?) passate in giudicato; b) n� il giudizio ultimo e definitivo sulle con troversie di diritto soggettivo venutesi (o che pos sono venirsi) ad agitare nel processo di merito, pu� essere dato dalla Oorte. � L'episodio di legittimit� costituzionale, infatti, non confisca i diritti e le facolt� processuali delle parti e la loro possibilit� di avvalersi sino in fondo delle possibilit� offerte a tal fine dall'ordinamento �vigente. � .Ancora: non pu� pretendersi che sia la stessa Oorte Oostituzionale a violare la Oostituzione, annet tendosi zone (i diritti soggettivi) riservate alla giurisdizione ordinaria. N� pu� -infine -invocarsi il principio della decisione da parte del Giudi�e del processo princi pale delle questioni pregiudiziali ed incidentali. E ci� perch� la Oorte � -essa stessa -Giudice di un processo incidentale (cosi vuole la legge: e cosi sia), e sarebbe assurdo pensare che in questo processo diventino incidentali le questioni (princi pali) di competenza del Giudice nel processo prin cipale. Quindi: decisione puramente eventuale, desti nata a seguire le sorti dell'ordinanza. 4) Ora, che il giudizio della Oorte Oostitu zionale presenti una sensibile componente di even tualit� rispetto alle sorti future del giudizio princi pale, � fenomeno del tutto normale quando si tratti di sindacato su leggi-norma. Oome si � visto, per quanto rigorosi si voglia essere in ordine all'esi genza della <<congrua� motivazione dell'ordinanza di rinvio sul punto della rilevanza della questione di legittimit�. costituzionale per la decisione del processo principale, � certo che solo la cosa giudi cata nel merito potr�. verificare a posteriori se la pronunzia della Oorte Oostituzionale sia stata, o no, utile ai fini della definizione giudiziaria della controversia. Peraltro, anche quando il merito si decida in base a norme diverse da quella denun ciata alla Oorte, non pu� dirsi che la sentenza di quest'ultima sia inutiliter data. Risplende, qui, infatti il carattere di pronuncia << di diritto obiet tivo � di questa sentenza: resta abrogata la norma dichiarata costituzionalmente illegittima, e . con fermata (nei limiti propri alla pronuncia di legit timit�.) quella dichiarata legittima. Il rapporto � quello normale tra pregiudiziale .(vera) e merito (vero). La pregiudiziale si dilata in una dimensione sua propria: pu� coprire (e normal mente copre) l'area del merito. Ma non necessaria mente. Vediamo, ora, quello che accade al momento del rinvio al giudizio della Oorte Oostituzionale di una legge-provvedimento. Se perun. als ob giuridicamente irrefutabile, si deve ricorrere al concetto di questione pregiudiziale, pur nelle circostanze dianzi esposte, � chiaro che l'ordinanza di rinvio non pu� avere altro carattere logico se non quello di un'ipotesi di lavoro, e che soltanto nell'avverarsi .(in sede di merito) di siffatta ipotesi, la sentenza della Oorte Oostituzionale potr� effettivamente incid~re sull'ulteriore vita� dell'atto legislativo per cui si controverte. Oh�, se le successive vicende del giudizio smentiscano l'ipotesi del Giudice a quo, la sentenza dell'Alta Sede resta uno Schlag in die Lehre. Essa � inutiliter data perch� non copre, n� pu� coprire, per virt� propria, un'area diversa da quella in cui si dibatte il merito. Oonclusione: il fatto che il diritto positivo non differenzi il modo di esercizio del sindacato di legittimit�. costituzionale sulle leggi-provvedimento da quello sulle leggi norma comporta, come conseguenza inevitabile, che, l� dove le posizioni giuridiche soggettive costituenti le premesse dell'atto legislativo in privos non siano state definitivamente ed irrevocabilmente stabilite all'atto dell'emanazione dell'ordinanza di rinvio, la sentenza costituzionale resta condizionata al risultato ultimo del processo civile: in altre parole, al rimanere fermi nel giudicato degli accertamenti e dei giudizi che hanno determinato l'ordinanza medesima. 5) La sentenza annotata � un esempio perspicuo di giusta applicazione dei suesposti principi. Ohe cosa, infatti, dice la Oorte Oostituzionale~ In definitiva, questo: il Tribunale di Potenza, nella ordinanza di remissione della questione di legit timit� costituzionale d�. per stabilito che una sen tenza, che si assume dichiarativa, passata in giudi cato costituisce per i terzi (anzi, per gli arei-terzi, come sono le parti espressamente estromesse dal relativo giudizio) una specie di calamit� naturale: di quelle, per intenderci, che si abbattono inelut tabilmente sul passante indifeso. Ora -ragiona la Oorte -se le cose stanno cosi, non resta che dichiarare l'illegittimit� costi tuzionale dell'atto legislativo di espropriazione, emesso sul presupposto della validit� di un certo negozio giuridico traslativo del diritto dominicale, dichiarato -invece -nullo da un giudicato succes sivamente intervenuto, ancorch� dal relativo pro cesso i soggetti pubblici, autori dell'espropria zione, siano stati estromessi. <<Se le cose stanno cos� .... � e non c'� che da ammirare lo scrupolo di correttezza e di chiarezza della sentenza annotata, che si esterna persino nella forma letteraria usata. Ogni periodo si apre con una restituzione a chi spetta della responsa bilit� relativa alla configurazione giuridica rappre sentata: <<dall'ordinanza del Tribunale di Potenza risulta...... >>; <<d'altra parte il Tribunale si � espresso .... �; <<e ci� ha fatto sulla base della sentenza. . . . � �che il tribunale di Potenza inter pr�ta ...... )); cc di conseguenza sembra chiaro che il Tribunale ha riconosciuto ...... �, e via dicendo. Cadenza perfetta, che chiude perentoriamente la parte di motivazione che qui interessa: cc ������� del resto, il punto concernente l'eff�cacia stessa (scil. delprecedente giudicato) rientm nella competenza del giudice di merito, quale presupposto del giudizio di legittimit� costituzionale . .�. . >> Risulta, allora, chiaro che cosa la Corte Costituzionale abbia inteso dire con la frase cc in quanto l'espropriazione � stata diretta contro soggetto privo di diritto enfiteutico )) che figura nel dispositivo. La frase non ha il valore sintattico di una proposizione causale (cc in quanto � = cc perch��). Sarebbe, infatti, assurdo pensare che nel pensiero del Collegio possa aversi un effetto maggiore della causa: un annullamento definitivo ed irrevocabile come conseguenza di ~accertamento provvisorio e condizionato, qual'� quello che in un processo civile si esprime in un'ordinanza. L'inciso ha, invece, un significato essenzialmente limitativo (cc in quanto )) = �in tanto, in quanto �): solo quando la proporzione logica tra. causa ed effetto sar� stata ristabilita, quando -cio� -l'esito deLprocesso civile sar� tanto definito ed irrevocabile quanto la dichiarazione di illegittimit� costituzionale, ed in questo esito s'avveri l'ipotesi della ordinanza, la pronunzia della Corte potr�. avere efficacia. 6) Forse si pu� imputare alla Corte di essersi sentita eccessivamente vincolata dall'ordinanza di rinvio, si da avere trascurato di valutarne le premesse. Giacch� la questione ritenuta di competenza del giudice di merito ha un'implicazione di legittimit� costituzionale, stavolta configurabile come vera e propria questione incidentale. Tale questione, affiorata nel dibattito avanti la Corte, � la seguente: per potersi appena cominciare a discorrere di sentenza dichiarativa di opponibilit�. erga omnes della nullit�. dell'atto, ecc., ecc., e cosi -consentire l'ingresso {alicorch� in forma, problematica) all'interpretazione che il Tribunale di Potenza ha creduto di dover dare al giudicato della Corte di .Appello di Napoli, occorre vedere se a fil di Costituzione (e di Concordato) sia legittimo usare un trattamento di maggior rigore agli atti ed ai contratti degli Enti ecclesiastici rispetto a quelli delle persone giuridiche civili. .Altrimenti non di inefficacia del tipo nullit�. si tratta, ma di inefficacia del tipo annullabilit�. (come � pacificamente ritenuto per i negozi giuridici degli enti civili), e dell'asserita natura dichiarativa del giudicato napoletano non pu� nemmeno farsi questione. Ch�, se poi, a sostegno della nullit�. si ponga lo art. 12 della)egge 27 maggio 1929, n. 848, � chiaro che sorge problema circa la legittimit�. costituzionale di questa norma (art. 20 della Costituzione). Un'altra lacuna � costituita dal fatto che la Corte non ha neppure considerato il problema (assorbente rispetto alla trama giuridica della ordinanza) della natura <c originaria� e non <e derivativa-)) dell'acquisto della propriet�. per espropriazione. :� chiaro, infatti, che se il titolo dello Ente di Riforma � originario, la questione dello acquisto a non domino resta svalutata e l'ordinanza di rinvio-priva di senso. Peraltro, data la linea in cui s'� posta la Corte, ed il rispetto professato per il giudizio di rilevanza e di non manifesta infondatezza del Giudice a quo, queste omissioni si spiegano e diventano logicamente accettabili. 7) Resterebbe da esaminare la seconda parte della motivazione, che non ci trova del tutto consenzienti. Ma, per affrontare questi problemi sarebbe necessario procedere ad una rassegna critica della copiosa giurisprudenza costituzionale intervenuta in tema di riforma fondiaria. Ci� che esula dall'argomento della presente nota, e pu� essere ripreso in altra occasione, con forse maggiore utilit�.. FRANCBSCO AGR� AVVOCATO DELLO STATO RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE -Riforma fondiaria � Espropriazione di diritti en'fiteutici -Validitd della en'finteusi. (Corte Costituzionale, . Sentenza n. 12 del 29 m:trzo 1961 -Pres. : Cappi; Est. : Jaeger -Arcivescovo di Napoli c. Ente Puglia e Lucania e Ministero Agricoltura}. � costituzionalmente illegittimo un decreto legislativo di esproprio emesso nel presupposto della appartenenza all'espropriato di diritti enfiteutici che invece siano stati ritenuti, con sentenza resa in giudizio dal quale l'ente espropriante sia stato estromesso, non validamente costituiti, sempr� che il giudice di merito, nella sua competenza, consi.deri � quella sentenza efficace anc]le nei confronti dell'ente espropriante. Trascriviamo la motivazione in diriti.o d�lla sentenza. Dalla ordinanza del tribunale di Potenza risulta che l'.A.rcivescovo di Napoli, nella qualit� dichiarata di rappresentante �della Mensa Arcivescovile, aveva chiesto che fosse dichiarata illegittima la espropriazione dei terreni disposta con il D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 3679, in quanto diretta contro 'un soggetto privo di diritto enfiteutico in relazione al terreno espropriato;� solo tale questione, e non le altre, alle quali la difesa dell'Ente di riforma e del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste vorrebbe estendere l'esame della Corte, costituisce l'oggetto del giudizio demandato a questa. D'altra parte, il tribunale si � espresso negativa mente anche sul punto, se la Societ� Agricola Meri dionale Carmine De Martino e C., nei confronti della quale il Decreto presidenziale citato aveva disposto la espropriazione, fosse titolare del diritto reale (enfiteutico) presupposto del Decreto stesso. E ci� ha fatto sulla base della sentenza 20 luglio 30 agosto 1956 della Corte di appello di Napoli, passata in giudicato, che il tribunale di Potenza interpreta nel senso che sia �da inferirne la mancata costituzione del diritto reale enfiteutico in favore della Societ� concessionaria �, perch� �nel pensiero espresso dalla Corte napoletana il concetto di inef fbacia riferito al contratto enfiteutico appare as sunto nella sua propria significazione tecnico giuridica di fattispecie negoziale perfetta ma im produttiva medio tempore di effetti giuridici (nego zio sospensivamente condizionato e sottoposto a termine iniziale) �. � stato rilevato che il tribunale, nella formula zione del quesito sottoposto alla Corte costituzio nale, ha parlato di espropriazione �contro soggetto privo, per giudicato successivamente intervenuto, in relazione al terreno espropriato, di diritto enfiteutico �, e che l'inciso �per giudicato -successivamente intervenuto� potrebbe sembrare di dubbio significato; ma nella stessa ord~anza si legge che quanto sopra Ǐ risultato accertato dalla citata sentenza della Corte di appello di Napoli, la cui pronuncia relativa alla ineffica<'ia del contratto di enfiteusi, retroagendo ex tunc, ha fatto venir meno la titolarit� del diritto della SAIM �. Di conseguenza sembra chiaro che il tribunale ha riconosciuto la natura dichiarativa, e non costitutiva, di tale sentenza, sul presupposto che questa abbia solo aCC'ertato, naturalmente in tempo successivo, quale fosse sin dall'inizio la condizione giuridica del rapporto in esame. � La difesa dell'Ente di riforma e del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste contesta la natura dichiarativa della sentenza stessa, e in particolare la� sua efficacia. erga omnes, aggiungendo che i propri rappresentati, gi� convenuti nel primo processo davanti al tribunale di Napoli, erano stati estromessi dal giudizio per motivi di incompetenza territoriale-funzionale. Non contesta per� che si sia formato il giudicato fra i due soggetti del rapporto di concessione enfiteutica (Mensa arcivescovil� e Societ� concessionaria); e ci� sembra sllfficiente ai fini del giudizio, perch� una sentenza dichiarativa concernente un rapporto fra pi� parti ha effetti anche nei confronti dei terzi, in quanto costituisca cosa giudicata fra i soggetti del rapporto controverso. Tale efficacia � stata ritenuta, come si � notato, ai fini della questione in esame, dal tribunale di Potenza nella ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, pronunciata in un processo nel quale fra l'altro erano convenuti e costituiti anche l'Ente di riforma e il Ministero; e del resto il punto concernente l'efficacia stessa rientra nella competenza del giudice di merito, quale presupposto del giudizio di legittimit� costituzionale, come � stato ripetutamente ritenuto da questa Corte (v. fra le altre, le ordinanze n. 77 del 16 maggio 1956 e n. 69 deJ 22 dicembre 1959). � Le altre considerazioni, sulle quali si diffonde la difesa dell'Ente e del Ministero, hanno piuttosto carattere di segnalazione di inconvenienti, che di argomenti validi per la risoluzione di 'llna questione giuridica. Nessuno pu� contestare che il me tono e i termini prescritti dalla legge per l'attuazione della riforma fondiaria, da un lato, e la esistenza delle garanzie previste a salvaguardia dei diritti di sog -39 � getti estranei all'ambito della riforma, dall'altro, possano aver messo talvolta in difficolt� le autorit� amministrative preposte a compiti tanto delicati � e difficili. Tuttavia, la considerazione di tali inconvenienti non pu� indurre la Oorte ad ammettere le estreme conseguenze, alle quali si giungerebbe accogliendo le tesi sostenute dall'Avvocatura dello Stato. La Oorte ritiene di dover riaffermare l'opinione, gi� espressa ripetutamente, che le risultanze dei dati catastali non possono considerarsi decisive ai fini della prova dei diritti reali in materia di espro priazione fondiaria.. Nella specie che forma oggetto del presente giudizio non pare che gli organi amministrativi preposti alla riforma fondiaria abbiano svolto le indagini per accertare chi fosse titolare del diritto reale, oggetto del procedimento di espropriazione. A quanto risulta dagli atti, essi si sono limitati a rilevare i dati catastali e forse anche a ispezionar.e i registri immobiliari; ma � stato pure dimostrato ex adverso che pi� volte era, stata richiamata l'attenzione di tali organi sulle circostanze rileva,nti ai�fini della legittimit� del provvedimento in preparazione: erano stati presentati pi� esposti, era stato notificato un ricorso al Oonsiglio di Stato contro la predisposizione del piano di espropriazione e :a quanto � stato affermato dal difensore della Mensa Arcivescovile e non contestato dalla difesa dello Ente� di riforma -gli stessi motivi di opposizione sarebbero stati fatti valere davanti alla. Oomtnis. sfone parlamentare, i cui membri, all'unanimit� meno uno, li avrebbero riconosciuti fondlliti. Si aggiunga che, proprio in una specie come la presente, nessuno meglio che l'amministrazione avrebbe pot11to agevolmente accertare se l'Arcivescovo di Napoli avesse ottenuto o no dall'autorit� governativa le autorizzazioni richieste dagli art. 9 10 e 13 della legge 27 maggio 1929, n. 848, per la accettazione della eredit� Ferrara e per la stipulazione del �ontratto di enfiteusi, e dedurne se la Societ� concessionaria o altri soggetti fossero titolari di un diritto reale passibile di espropriazione. Anche in vista degli aspetti particolari ora rilevati, concernenti la� condizione giuridica dei beni c�i si riferisce il presente giudizio e i ripetuti atti di diffida e di opposizione notiftcati tempestivamente alla. pubblica amministrazione, non pu� ritenersi giustificato . il richiamo alle � difficolt� che questa ha frequentemente incontrato nel procedere alla riforma fondiaria; n� argomenti simili possono essere addotti efficacemente a dimostrazione della legittimit� del provvedimento impugnato. PER QUESTI MOTIVI LA CoRTE OosTITUZIONALE Dichiara la illegittimit� costituzionale del D.P;R. 27 dicembre 1952, n.� 3679; in relazione all'art. 4 della legge .21 ottobr.e 1950, n. 841, � alla tabella �allegata, e in riferimento� alle: norme contenute negli art. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto l'espropriazione � stata diretta contro soggetto privo di diritto enfiteutico in relazione a.i terreni espropria.ti. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizio di legittimit� costituzionale delle leggi regionali siciliane proposto in via principale. Competenza della Corte Costituzionale � Promulgazione e pubblicazione della legge in pendenza del giudizio -Irrilevanza -Effetti della decisione di annuJlamento -Art. 81 della Costituzione. (Corte Costituzionale, 9 giugno 1961, n. 31; Pres.: Cappi; Rel.: Jaeger -Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Siciliana). La Oorte Costituzionale � competente a conoscere tutte le controversie gi� demandate al giudizio dell'Alta Corte per la Regione siciliana. Decorso il termine di �30 giorni, previsto dal l'art. 29 S.S. Sic., il Presidente della Regione sici liana ha facolt�, non gi� obbligo perentorio, di promulgare e pubblicare la legge in pendenza del ricorso. L'esercizio di tale facolt� rientra nel~'ap prezzament9 e, quindi, nella responsabilit� degli organi della Regiqne .. La sentenza, che dichiara l'illegittimit� costitu, zionale della. legge regionale, opera giuridicamente IJ.ella pienezza dei suoi effetti, del tutto identici a quelli che avrebbe se la promulgazione e la pubblicazione non fossero avvenute.� 0gl}.i legge sostanziale che import! nuove e mag giori� spese deve indicare i mezzi per farvi fronte e non pu� considerarsi assolto l'obbligo, imposto al legislatore dall'art. 81 Cost., mediante l'autorizza zione a iscrizioni. nel bil�ncio, che non producono alcun effetto se non trovano rispondenza in leggi sostanziali. * * * 1. La difesa della Regione ha ritenuto opportuno riproporre in questo giudizio la tesi della. incompetenza della Corte costituzionale rispetto a tutte le controversie gi� demandate al giudizio della Alta Oorte per la Regione siciliana, e l'ha svolta ampiamente nella. discussione orale, con l'aggiunta di nuovi profili, non tutti rigorosamente giuridici. La difesa dello Stato ha replicato richiamando il carattere temporaneo della competenza dell'Alta Oorte e la necessit� che l'organo di giurisdizione costituzionale sia unico e identico :per tutto lo Stato e non venga ad essere. n�ppure frazionato iii pi� organi a� struttura almen-0 parzialmente diversa. La Corte, che ha risolto da tempo e ripetutamente la questione, non pu� non richiamare la motivazione della sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 e riaffermare che il principio della unicit�. della giurisdizione costituzionale, coessenziale alla struttura dello Stato, non tollera deroghe o attenuazioni di alcun genere. 2. Anche la eccezione di inammissibilit� (o improcedibilit�) del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, �sollevata dalla difesa della Regione, non pu� ritenersi fondata. Qualunque opinione si voglia accogliere in tema di interesse aQ. agire rispetto ai giudizi di legittimit� costituzionale proposti in via principale, non � dubbio che nella specie sussiste l'interesse dello Stato ad ottenere l'accertamento della illegittimit� della le~e impu� .._ 4� gnata e che la tesi, secondo la quale tale interesse sarebbe venuto meno proprio perch� la Regione ha dato applicazione alla stessa legge, che era stata denunciata come illegittima, non pu� essere accolta. La Oorte ha avuto gi� occasione di rilevare (sentenza n. 9 del 25 febbraio 1958, e precedenti ivi richiamati) che il termine di venti giorni, di cui al primo comma dell'art. 29 dello Statuto della Regione siciliana, ha carattere meramente ordinatorio e che, correlativamente, il termine di trenta giorni, di cui al secondo comma dello stesso articolo, crea non gi� un obbligo perentorio di prom.lgazione e pubblicazione immediata, ma soltanto una facolt� della Regione di promulgare e pubblicare la legge anche in pendenza del proposto giudizio di legittimit�; ha soggiunto che mentre da un lato l'esercizio di tale facolt� rientra nell'apprezzamento e quindi nella responsabilit� degli organi della Regione, la successiva decisione della Oorte, che eventualmente dichiari la illegittimit� costituzionale della legge, opera giuridicamente nella pienezza dei suoi effetti, del tutto identici a quelli che avrebbe, se la promulgazione e la pubblicazione non fossero avvenute. 3. Nel merito, la difesa della Regione ha. sostenuto che l'inciso �esercizio in corso� contenuto nel primo comma dell'art. 3 della legge impugnata deve essere interpretato come riferito all'esercizio 19591960, posto che la legge stessa non avrebbe potuto trovare concreta attuazione prima del 30 giugno 1959. La Oorte non ritiene di poter accogliere una interpretazione correttiva del genere, neppure se si trattasse, come fu detto all'udienza, di una svista del legislatore. Ildisegno di legge era stato presentato all'Assemblea dal President'tl della Regione in data 19 dicembre 1958, riveduto �e presentato con la relazione dalla Oommissione legislativa il 18 marzo 1959, approvato dall'Assemblea il 3 aprile 1959, rimanendo costantemente immutata la formula, che faceva riferimen.to all'esercizio in corso. Del resto, anche al momento della promulgazione della legge (12 maggio 1959) mancavano quasi due mesi allo inizio dell'esercizio 1959-60, per designare il quale l'uso del termine �in corso � sarebbe stato assolutamente improprio. Il vero �, per�, che sussiste una patente violazione della norma contenuta nell'art. 81 della Costituzione, comunque si interpreti quell'inciso, perch� la legge non indica in alcun modo con quali mezzi si sarebbe dovuto far fronte alle spese occorrenti per applicare la legge. � esatta la affermazione della difesa della Regione, che nella legge di bilancio 8 gennaio 1960, n. 4, furono indicate ai capitoli 640 e 641, rubrica Agricoltura-Interventi straordinari, le somme di lire 175 milioni per � Contributi ai produttori di uve da mosto che conferiscono l'uva o il mosto allo ammasso volontario presso consorzi, cantine sociali e loro consorzi o enopoli e cantine sociali gestite dall'Istituto regionale della vite e del vino� (con richiamo all'art. 1 della legge regionale 12 maggio 1959, n. 22) e di lire 100 milioni quale �somma destinata per l'assunzione a carico della Regione delle eventuali passivit� risultanti dal conto sp�ciale previsto dal primo comma dell'art. 11 della legge regionale 22giugno1957, n. 34 �(con richiamo all'art. 2 della legge suddetta, impugnata nel presente giudizio). Senonch� tali iscrizioni non solo non sarebbero mai sufficienti a ,sanare la violazione della norma dell'art. 81 della Oostituzione, ma -se � vero che in base ad esse furono fatte anche le erogazioni, come ha affermato la difesa della Regione -aggravano ancor pi�, di fatto quella violazione. La Corte costituzionale ha avuto pi� volte occasione di precisare il significato delle disposizioni dell'art. 81 della Oostituzione. Ha cos� chiarito che in tale articolo il quarto comma forma sistema con il terzo, e che mentre quest'ultimo dispone che con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire � nuovi tributi e nuove spese �, e cio� non si possono aggiungere spese e tributi a quelli contemplati dalla legislazione sostanziale preesistente, il quarto comma dispone che ogni legge sostanziale che importi � nuove o maggiori spese � deve indicare i mezzi per farvi fronte, e cio� che non possono emanarsi disposizioni, che importino per l'erario oneri di pi� ampia portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente, se non venga provveduto con legge sostanziale anche alla indicazione dei mezzi destinati alla copertura dei nuovi oneri (sentenza n. 66 del 16 dicembre 1959). � Essa ha poi chiarito che l'obbligo del legislatore regionale di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non pu� ritenersi assoluto mediante l'autorizzazione a iscrizioni nel bilancio (sentenza n. 16 del 23 marzo 1961). Tali iscrizioni non producono, e non possono produrre, alcun effetto di per s�, ove non tl'ovino corrispondenza in una legge sostanziale, che preveda la spesa, nonch� i mezzi per farvi fronte. Infine, non merita accoglimento la tesi, secondo la quale la mancata impugnazione della legge del bilancio da parte del Oommissario dello Stato importerebbe sanatoria dei"vizi gi� denunciati da questo. Se in un bilancio sono stati inclusi alcuni capitoli senza la dovuta osservanza del disposto dell'art. 81, non � necessario promuovere un'azione per impugnarli, n� emettere una dichiarazione di illegittimit� di essi, proprio perch� quella iscrizione, di per s�, non determina alcuna modificazione dell'ordinamento giuridico. Questa sentenza, che riafferma principi ormai consolidati, e le numerose cause sorte a seguito dell'annullamento delle leggi regio'nali siciliane 12 e 21 marzo 1958 che prorogavano i benefici fiscali previsti dalle leggi regionali siciliane 26 gennaio 1953, n. 1 e 9 aprile 1958, n. 10, ci inducono a spendere qualche parola sull'art. 29 S. S. Sic., anche in relazione ad un parere pro-veritate reso da cinque noti giuristi e pubblicato, -a �cura della Presidenza della Regione, il 1o ottobre 1960. Le cause, cui abbiamo dianzi accennato, non de stano alcuna preoccupazione dal punto di vista rigo rosamente giuridico, perch� � fin troppo e.vidente -41 che n� l'approvazione n� la promulgazione' e pubblicazione di una legge, successivamente dichiarata incostituzionale, possono esser causa di responsabilit� civile. L'art. 28 della Costitull:ione, in relazione anche al successivo art. 113, prevede, infatti, in conformit� dei principi vigenti anteriormente alla Costituzione repubblicana, la responsabilit� della Pubblica amministrazione e per atti amministrativi, lesivi dell'altrui diritto; resta del tutto esclusa, e su questo punto � concorde la dottrina, ogni responsabilit� dello Stato e, riteniamo, .delle Regioni per l'esercizio della funzione legislativa. E ci� a prescindere dalla considerazione che l'impugnazione � re.�a nota a tutti mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, tutti sanno che l'efficacia della legge � condizionata al rigetto della impugnazione stessa. Potrebbe, forse, ipotizzarsi una responsabilit� amministrativa del Presidente per danni cagionati alla Regione dalla promulgazione e pubblicazione della legge in pendenza del ricorso, ma la questione qui non interessa. Le predette cause, per�, sono abbastanza significative e pongono in luce gl'inconvenienti derivanti dalla imprudente ed affrettata promulgazione e pubblicazione di una legge impugnata dallo Stato ai sensi dell'art. 28 S. S. Sic. Nel citato parere, a cui la Presidenza della Regione Siciliana ha ritenuti> di adeguare il proprio comportamento, si afferma che: -trascorsi i trenta giorni assegnati dall'art. 29 S. S. Sic. per la emissione della sentenza della Corte sulla costituzionalit� della legge, il Presidente della Regione deve, in via di principio, procedere alla promulgazione della legge, anche in pendenza del giudizio; -il Presidente, tuttavia, valutata la circostanza e, ove lo creda, di accordo con la Giunta pu� sospendere la promulgazione; -la decisione di sospendere la promulgazione comporta la responsabilit� politica del Presidente o del Governo dinanzi all'Assemblea regionale; -per tale decisione il Presidente ed il Governo non possono, invece, incorrere n� in responsabilit� contabile (amministrativa?) n� in responsabilit� verso i terzi; -la sentenza della Corte, che dichiari la illegittimit� costituzionale della legge impugnata e promulgata in pendenza di giudizio, come in qualsiasi altro caso, produce effetti solo ex nunc. A nostro avviso, le conclusioni, cui perviene il citato parere, non sono esatte, come, peraltro, le sue premesse; esse sono, altres�, in contrasto con la ormai consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ~ con la stessa prassi dell'Alta Corte per la Regione Siciliana. Con la sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 la Corte Costituzionale, affermando per la prima volta la sua competenza sui giudizi di legittimit� costituzio nale delle leggi regionali siciliane proposti in via principale, conferm� il carattere ordinatorio del ter mine di venti giorni, fissato dall'art. 29 S.S. Sic. per la decisione, gi� considerato tale dall'Alta Corte. Con la successiva sentenza n. 112 del 28 giugno 1957 la Corte ribad� questo principio ed inoltre precis� che, se la Regione aveva diritto di promulgare e pubblicare la legge in disputa, questa, in forza dello art. 136 Cost., cessava di avere efficacia in conse guenza della sentenza, che fo, dichiarava costituzional mente illegittima. Nella sentenza n. 9 del 25 febbraio 1958 la Corte affront� per la prima volta ex professo la questione che interessa, ed afferm� che l'art. 29 S.S. Sic. crea non gi� un obbligo perentorio di promulgazione e pubblicazione immediata, ma soltanto la facolt� per la Regione di procedere alla promulg�zione e pubblicazione della legge anche in pendenza di un ricorso per illegittimit� costituzionale. Con l'art. 29, afferm� la Corte, si vollero tener presenti le speciali ragioni di necessit� e di urgenza che in taluni casi possono suggerire la promulgazione e pubblicazione della legge anche in pendenza del ricorso, con .duplice conseguenza: che l'esercizio della predetta facolt� rientra nell'apprezzamento e quindi nella responsabilit� degli organi della Regione; che la successiva decisione della Corte, la quale eventualmente dichiari l'illegittimit� costituzionale della legge, opera giuridicamente nella pienezza dei suoi effetti, del tutto identici a quelli, che avrebbe se la promul gazione e la pubblicazione non fossero avvenute. Questi concetti sono stati riba.diti con la successiva sentenza n. 60 del 19 novembre 1958, nella quale si legge: �il fondamento e i limiti di queste facolt� (promulgazione e pubblicazione della legge im pugnata) sono tali da escludere che possa influire, allorch� sia esercitata, sullo svolgimento del processo costituzionale e sulla relativa decisione. Pertanto, anche se la legge regionale in oggetto possa ritenersi formalmente perfetta come atto legislativo, l'esercizio dell'anzidetta facolt� di promulgazione non impedisce che una dichiarazione di illegittimit� della Oorte Costituzionale ponga nel nulla la legge e travolga tutti gli effetti che essa, medio tempore, possa aver prodotto con eventuali conseguenti responsabilit� �. La sentenza annotata � confortne alle precedenti, che costituiscono ormai giurisprudenza consoliclata della Corte, la quale, dopo un iniziale, fugace ed ipotetico accenno all'art. 136 Cost., ha ritenuto di poter e dover applicare alle leggi regionali siciliane gli stessi principi dettati per l'impugnativa in via principale, da parte dello Stato, delle leggi delle altre Regioni a Statuto Ordinario o Speciale. La particolare forma di autonomia della Sicilia, con la costituzione ed il funzionamento della Corte e la piena attuazione del principio di unit� della giurisdizione costituzionale, � limitata ai pii� brevi termini di impugnativa, alla titolarit� di essa ed alla facolt� attribuita al Presidente della Regione di promulgare e pubblicare la legge in pendenza ~el ricorso. Per il resto, il controllo di costituzionalit� delle leggi da parte dello Stato � effettuato con identit� di mezzi e di risultati previsti per le altre Regioni. Esso � preventivo, si attua, cio�, sulla legge ancora non efficace e la sentenza di annullamento travolge la legge ex-tunc. D'altra parte, neppure gli estensori del parere citato hanno potuto trascurare la circostanza ohe l'art. 29 S.S. Sic. prevede una sentenza di annullamento, i cui effetti non possono non esser~. ~he extunc. . ._ In conclusione a noi sembra di poter affertnare che la Corte, insistendo particolarmente sul requisito della necessit� e dell'urgenza, quale fondamento della facolt�, attribuita al Presidente della Regione siciliana -42 di promulgare e pubblioare la legge in pendenza del rioorso, e sulla responsabilit� (verso l'Assemblea e verso la Regione), ohe deriva dall'eseroizio di questa faoolt�, abbia inteso equiparare l'ipotesi in esame a quella prevista dall'art. 77 u. p. Cost. Come i deoreti legge, non oonvertiti nei sessanta giorni dalla loro pubblioazione, perdono effioaoia sin dall'inizio, oos� la legge regionale sioiliana, promulgata e pubblioata in pendenza del t�ioorso per partioolari motivi di neoessit� ed urgenza � posta nel nulla, oon pienezza di effetti, dalla sentenza di annullamento. Dalla giurisprudenza, si ripete, oostante e consolidata della Corte si trae, dunque, la duplioe, grave, oonseguenza: ohe la promulgazione e pubblioazione della legge in pendenza del rioorso � una faoolt� eccezionale attribuita al Presidente della Regione sioiliana, non 'l(,n dovere; ohe l'esercizio di tale faoolt� � legittimo solo se sussistono partioolari motivi di neoessit� e di urgenza e, in ogni oaso, involge la responsabilit� del Presidente; ohe la sentenza di annullamento opera ex-tunc e travolge tutti gli effetti della legge. N � potrebbe rioonosoersi all'Assemblea il potere di regolare i rapporti giuridioi sorti sulla _base della legge annullata, peroh� l'annullamento, almeno in via di massima, postula la inoompetenza della Regione. D'altra parte, per quanto riguarda l'ultima proposizione, anohe a voler disattendere la tesi suesposta e ritenere applioabili gli artt. 136 Cost. e 30, terzo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, le oonseguenze, da un punto di vista pratioo non cambiano. Le sentenze della Corte, la quale non ignora il prinoipio dir�ttivo oontenuto nell'art. 29 S. S. Sio., sono pubblioate a breve distanza dalla proposizione del rioorso, siooh� nessun rapporto giuridioo sorto in base alla legge impugnata, si esaurisoe, tanto pi� ohe l'impugnativa � a tutti nota. In oonoreto, quindi, la sentenza di annullamento travolgerebbe in ogni oaso, tutti gli effetti della legge impugnata, salvo soltanto quelli negativi-proibitivi, irrevooabilmente verifioatisi. La gravit� delle oonseguenze, il turbamento dell'ordine giuridioo e il danno, ohe si arreoa ai oittadini, peroh�, oomunque gli effetti negativi della legge mai sarebbero eliminati, oi fanno auspioare ohe la Presidenza della Regione sioiliana voglia riesaminare la questione ed_ astenersi dal promulgare e pubbli-� oare le leggi in pendenza del rioorso dello Stato. CORTE COSTITUZIONALE � Giudizio di legittimit� costituzionale delle leggi regionali siciliane promosso in via principale. Competenza della Corte Costitu� zionale � Decorso dei termini per l'esercizio di pote� st� conferite ali'Assessore ed al Governo regionale -Interesse a ricorrere � Regolamenti regionali. Incompetenza dell'Assessore � Decreti . legislativi delegati � Inammissibilit� � Competenza dell'As� semblea. (Corte Costituzionale 9 giugno 1961, n. 32, Pres.: Cappi; Rel.: Jaeger -Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Siciliana. La Oorte Oostituzionale � competente a conoscere tutte le controversie gi� demandate al giudizio dell'Al.ta Corte per la Regione siciliana. Il decorso dei termini fissati per l'esercizio della potest� regolamentare all'Assessore e della potest� legislativa delegata al Governo regionale non rende inammissibile il ricorso dello Stato, che ha interesse alla dichiarazione d'illegittimit� cQStituzionale delle norm� attributive di tali potest�. I regolamenti per l'esecuzione delle leggi regionali . sono emanati dal Governo regionale e, pertanto, � illegittima la norma, che attribuisce potest� re golamentare all'Assessore. Lo Statuto Speciale per la Regione siciliana non ammette l'istituto della delegazione legislativa al Governo, n� � consentito estendere alle Regioni le norme costituzionali dell'ordinamento dello Stato, che non costituiscono applicazioni di principi gene rali; �, pertanto, costituzionalmente illegittima la norma che delega al Governo regionale l'esercizio di potest� legislativa. * * * 1. La eccezione di incompetenza della Corte costituzionale a decidere le controversie gi� demandate alla competenza dell'Alta Corte per la Regione siciliana � stata riproposta, riesaminata e nuovamente respinta nel giudizio deciso con la sentenza n. 31, di questa Corte, di pari data della presente, che richiama i motivi gi� esposti a fondamento della prima sentenza su questo punto (n. 38 del 27 febbraio 1957). 2. Ad analoga decisione negativa si deve pervenire riguardo alle eccezioni di inammissibilit� e improcedibilit� sollevate dalla difesa della Regione nella memoria, relativamente alle norme degli art. 15 e 16 della legge regionale impugnata, in base al rilievo che i termini stabiliti in tali disposizioni per l'esercizio della potest� regolarmentare conferita all'Assessore per l'agricoltura e le foreste (art. 15) e della delegazione legislativa al Governo regionale (art. 16) sono decorsi da tempo, senza che si sia provveduto all'esercizio delle potest� medesime. La sussistenza dell'interesse dello Stato ad ottenere l'accertamento della illegittimit� delle norme suddette e la loro eliminazione dall'ordinamento giuridico non pu� essere messa in dubbio. Anzitutto � da osservare che, se il termine stabilito per l'esercizio di una delegazione legislativa � sicuramente� perentorio, � quanto meno contra.verso se si;:i, tale, o non piuttosto meramente ordinatorio, un termine prefisso per l'emanazione di regolamenti. di guisa che il fattQ che sia scaduto il termine previsto nell'art. 15 della legge impugnata senza che l'Assessore abbia esercitato la potest� regolamentare conferitagli potrebbe, secondo talune opinioni, non precluderne l'ulteriore esercizio. L'art. 5, lettera h, del resto, non prevede affatto un termine. Si deve poi aggiungere che una impugnazione come la presente ha quale oggetto una affermata. violazione delle norme costituzionali sulla competenza --legi-slativa e regolamentare, non gi� il contenuto delle norme emanate da organi eventualmente incompetenti, contenuto che potrebbe non meritare di per s� alcuna censura: la illegittimit� delle norme -� 43 delegate � conseguenza della illegittimit� della legge di delegazione, che ne costituisce il prius, ed � proprio su questa che si appunta l'azione esperita dagli organi dello Stato. Sussiste quindi il dovere della Corte di esaminare la legittimit� di quelle norme, rispetto alle quali la difesa dello Stato ha insistito nella richiesta della dichiarazione di illegittimit�. 3. L'art. 5, lettera h, della legge impugnata prevede la partecipazione al Consiglio di amministrazione dell'Ente per la riforma agraria in Sicilia �ai cinque membri �eletti tra gli assegnatari dei lotti di riforma agraria con 113 modalit� che saranno stabilite dall'Assesi:;orato per l'agricoltura e le foreste�. Per stabilire tali modalit� l'Assessorato dovrebbe evidentemente emanare un regolamento, che, pur essendo diretto a disciplinare la struttura di un organo dell'Ente, avrebbe innegabilmente effetti riflessi non privi di importanza rispetto a interessi di terzi (la categoria degli assegnatari dei lotti di riforma). D'altra parte, la deliberazione dello statuto per il funzionamento dell'Ente e del regolamento organico del personale � attribuita alla competenza del Consiglio di amministrazione (art. 17). L'art. 15 dispone poi che � Entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge, l'Assessore per l'agricoltura e le foreste � autorizzato a fissare, con proprio decreto, le norme per la gestione del � fondo �, vale a dire di quel � fondo di rotazione � previsto nell'articolo precedente. Queste norme sono entrambe in contrasto con il disposto del terzo comma dell'art. 12 dello Statuto della Regione siciliana, ai sensi del quale �I regolamenti per l'esecuzione delle leggi formate dall'Assemblea regionale sono emanati dal Governo regionale �, poich� tale Governo � costituito da un organo collegiale composto dal Presidente della Regione e da tutti gli .Assessori, ed esattamente l'art. 13 del decreto del Capo provvisorio dello Stato 25 marzo 194 7, n. 204, recante le Norme per l'attuazione dello Statuto per la Regione siciliana, specifica che � I regolamenti del Governo regionale sono emanati con decreto del Presidente regionale, previa deliberazione della Giunta regionale �. La norma dello Statuto, che � norma costituzionale di attribuzione di competenza, in nessun caso pu� essere derogata da una disposizione di legge ordinaria, quali che siano i motivi di opportunit�, che a parere della stessa maggioranza della Assemblea legislativa potrebbero in qualche caso far considerare preferibile in linea di fatto una soluzione diversa. Fintanto che la n.orma costituzionale non venga modificata da un'altra norma costituzionale, gli organi legislativi sono tenuti ad osservarla rigorosamente, senza introdurre distinzioni non previste da quella. D'altra parte, si deve anche osservare che norme simili costituiscono altrettante garanzie per la autonomia regionale, assicurando che i provvedimenti meglio corrispondano all'interesse generale della Regione; e, anche per questo, non � consentito ricorrere ad analogie con quanto � praticato nell'ordinamento dello Stato. Del resto, la stessa legge denunciata pre scrive, all'art. 17, ultimo comma, che lo Statuto dell'Ente � sottoposto all'approvazione della Giunta regionale. Perci� le norme contenute nell'art. 5 lettera h, e nell'art. 15 della legge impugnata devono essere dichiarate �ostituzionalmente illegittime~ 4. La denuncia della illegittimit� dell'art. 16 della legge impugnata, che delega al Governo regionale il potere di emanare le norme di coordinamento con le altre disposizioni concernenti la stessa mat�ria, offre alla Corte costituzionale quella occasione di esaminare em professo il problema della ammissibilit� delle leggi di delegazione nell'ordinamento siciliano, che non si era presentata finora, come venne rilevato nella sentenza n. 50 del 28 luglio 1959. In tale decisione, nella quale la Corte ebbe ad escludere che il Governo della Regione potesse emanare legittimamente decreti-legge, essa ricord� una legge regionale 26 gennaio l 949, n. 4 (modificata con le leggi 1� settembre 1949, n. 52 e 3 gennaio 1952, n. 1), recante una �Delegazione temporanea di. potest� legislativa al Governo della Regione� rinnovata poi ripetutamente, ed osserv� che �Il conferimento di una siffatta potest� legislativa di urgenza al Governo della Regione da parte della Assemblea regionale, per tempo determinato e previo parere vincolante delle Commissioni legislative, dimostra che l'Assemblea stessa riconosceva che il Governo regionale non era gi� investito di tale potest�, perch� non si poteva ritenere applicabile, neppure in via analogica, la norma contenuta nell'art. 77 della Costituzione della Repubblica �. A questo richiamo la Corte faceva seguire l'osservazione, che non era certamente una manifestazione di adesione alla prassi adottata dalla Regione, che l'Assemblea �credette di poter supplire, con una legge ordinaria, al difetto di una norma attributiva di competenza �. Nemmeno pu� desumersi alcun argomento dalla precedente sentenza (n. 47 del 9 luglio 1959), nella quale fu dichiarata la illegittimit� di una delegazione legislativa, contenuta nell'art. 2 della legge regionale 7 maggio 1958, n. 14, e del decreto legislativo presidenziale 5 luglio 1958, n. 4, con il quale erano stati espletati i poteri delegati, in accoglimento del motivo addotto nel ricorso dello Stato, fondato sul rilievo che nel citato art~ 2 non erano stati determinati i principi e i criteri direttivi. Tale decisione dovette risolvere solo le questioni proposte e discusse dalle parti e non us� alcuna espressione, da cui potesse arguirsi il pensiero della Corte su un punto, che non faceva parte dell'oggetto della controversia. Il problema sottoposto all'esame della Corte nel presente giudizio trova soluzione nel principio generale della inderogabilit� delle competenze costituzionali. Le ipotesi, nelle quali la Costituzione ammette l'esercizio della potest� legislativa da parte del Governo (art. 76 e 77), sono da ritenere ecceziona.li; e nulla di simile si ritrova negli .ordinamenti regionali, anche perch� l'organo legislativJ) _ unicamerale e la minore complessit� dell'esercizio della funzione legislativa rendono pi� spedito il procedimento formativo delle leggi. -44 D'altra parte, la Oorte ha gi� ripetutamente affermato che non � consentito in via generale di estendere alle Regioni le norme costituzionali dello ordinamento dello Stato, che non costituiscano applicazioni di principi generali. Si deve pertanto escludere che lo Statuto speciale della Regione siciliana ammetta l'istituto della delegazione legislativa al Governo regionale; ne consegue che l'art. 16 della legge impugnata non pu� essere considerato costituzionalmente legittimo. , 5. Il Commissario dello Stato ha impugnato anche l'art. 14 della legge regionale 12 maggio 1959, n. 21, per violazione dell'art. 81, ultimo comma, della Oostituzione della Repubblica; a sostegno della tesi dell'illegittimit� dell'intero articolo si adduce la indeterminatezza dell'ammontare del fondo di rotazione previsto nel primo comma di esso, della misura dell'apporto annuo della Regione, la cui fissazione � rimessa alla legge di bilancio, della natura e della entit� delle sopravvenienze attive e dei cespiti derivanti dalla creazione della propriet� contadina. La Oorte ritiene che la norma, la quale prevede che l'apporto annuo della Regione verr� fissato con la legge di bilancio (art. 14, n. 1), non possa sottrarsi alla dichiarazione di illegittimit�, anche perch� la formula adottata non pu� essere ritenuta di natura meramente direttiva, come � stato sostenuto dalla difesa della Regione. Essa ha infatti ripetutamente chiarito che l'ob~ bligo del legislatore regionale di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non pu� ritenersi assolto mediante l'autorizzazione a iscrizioni nel bilancio, che non producono, n� possono produrre, alcun effetto di per s�, ove non trovino corrispondenza nella legge sostanziale (sentenza n. 16 del 23 marzo 1961). A diversa conclusione si deve giungere invece per quanto concerne le altre disposizioni dell'articolo 14, nelle quali non si fa che prevedere in astratto la possibilit� che il cos� detto fondo di rotazione sia incrementato da utili ed apporti di varia formazione e provenienza, il che non si presta ad alcuna censura di illegittimit�. Si pu� dubitare, tutt'al pi�, che queste entrate di incerta consistenza possano essere sufficienti a sopperire alle esigenze delle attivit� previste dalla legge, nell'articolo 13; ma ci� non pu� provocare altra conseguenza che quella, di ordine pratico, di indurre gli organi competenti della Regione a provvedere secondo le norme vigenti -a reperire altrimenti i mezzi per farvi fronte. La prima massima, conforme a quella enunciata nella precedente sentenza n. 31, riafferma ancora una volta il carattere provvisorio dell'Alta aorte per la Regione Siciliana e l'unit� della giurisdizione costituzionale, affermati con la sentenza n. 38 del. 1957, a cui anche la Regione siciliana aveva per lungo tempo prestato acquiescenza. a'� solo da meravigliarsi che la questione, da tempo sopita, sia stata riproposta e da notare come la aorte, enunciando il principio della sua esclusiva competenza su tutte fr controversie gi� devolute alla cognizione dell' 4-Ua aorte, abbia inteso proclamare la definitiva cessazione della giurisdizione provvisoria dell'Alta aorte, anche per quanto riguarda i reati compiuti dal Presidente e dagli Assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni (art. 26 S. S. Sic.). La seconda massima costituisce �applicazione di quella giurisprudenza, ormai consolidata, che esclude l'applicabilit� al giudizio costituzionale delle preclusioni e degli istituti propri del processo amministrativo. � Del tutto consenzienti, infine, ci trovano le due ultime massime; di particolare interesse, con le quali. sono stati confermati i principi della inderogabilit� delle competenze costituzionali e della non applicabilit� alle Regioni dei principi costituzionali sull'ordinamento dello Stato e sui poteri dei suoi organi. La quarta massima rappresenta, a nostro avviso, il logico corollario del principio enunciato nella sentenza n. 50 del 1959 (in Rass. Avv. Stato, 1959, pag. 87-97 e in Giur. Oost. 1959, pag. 779 con nota critica adesiva di ESPOSITO). Escluso il potere di decretazione di urgenza, non poteva non escludersi anche quello di legislazione delegata, che la aostituzione eccezionalmente attribuisce al solo Governo dello Stato. aome osservammo nella nota alla citata sentenza (a cui rimandiamo il cortese lettore), le norme dello Statuto speciale parlano espressamente, sempre e solo, di leggi approvate dall'Assemblea e della impugnativa di leggi dell'Assemblea trattano � gli artt. 25 e 28 S. S. Sic. D'altra parte, l'inderogabilit� delle competenze costituzionali, esclude che un organo possa delegare ad altro quelle funzioni che la aostituzione gli attribuisce, ove ci� non sia espres8amente consentito. COMPROMESSO ED ARBITRI � Lodo -Casi di nul� lit� � Indicazione del luogo di sottoscriziane � Omisione �-Possibilit� di desumerlo da dati equipollenti � Formula terminale del dispositivo che contenga solo l'indicazione del luogo di decisione -Consente di dedurre con certezza il luogo di sottoscrizione Anche se non coincidano le rispettive date � Accertamento di merito. (Corte di Cassazione, Sez. I. Sentenza n. 3323/60; Pres.: Lorizio; Est.: Arienzo; P. M.: Caldarera ( conf.) -Ministero Difesa Esercito c. Soc. F'.I.A.R.). Il luogo di sottoscrizione, non indicato espressamente nel lodo, pu� desumersi da dati equipollenti, contenuti nella sentenza arbitrale, che possono far le veci dell'indicazione mancante sostituendosi ad essa il\ guisa da ritenere in modo sicuro e tranquillante il luogo in cui il lodo fu sottoscritto; mentre non � consentito all'interprete fare ricorso a presunzioni pur basate su elementi obiettivi del lodo. L'inscindibile unit�, formale e sostanziale, della formula terminale del dispositivo del lodo, contenente . solo l'indicazione del luogo di decisione, consente di dedurr� con assoluta certezza il locus actus sia quando le date di decisione �' �.i sott9-. _ scrizione coincidano sia quando la data di questa ultima sia successiva. L'accertamento dell'unit� formale e sostanziale, della, formula, terminale del lodo � di puro merito. 4.5 Trascriviamo la moti'fazione della sentenza. Ool primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione .degli artt. 823 n. 5 e 829 n. 5 O.p.c. e, rilevato che i precedenti giurisprudenziali di questa Suprema Oorte riguardano la distinta ipotesi in c11i, coincidendo la data di decisione e quella di sottoscrizione del lodo arbitrale, l'indicazione di questa � superflua, si sostiene che nella specie, non essendovi coincidenza tra le due date e trattandosi di adempimenti diversi, succeddutisi nel tempo, l'indicazione del luogo di sottoscrizione era necessaria e non era consentito sostituirla con una inammissibile presunzione. La amministrazione ricorrente, pertanto, � riproduce, in questa sede, la tesi della nullit� del lodo arbitrale per omessa indicazione del luogo di sottoscrizione e sostiene che nel caso di non contestualit� della decisione e della sottoscrizione, non possa invocarsi il principio, enunciato da questa Corte, secondo cui � consentito far ricorso ad equipollenti per desumere (non per presumere) il luogo di sottoscrizione. La doglianza, che si fonda sulla restrittiva interpretazione letterale . del principio sopra ric<5rdato di cui si oblitera la ragione giustificatrice, � infondata. L'art. 823 il. 5 O.p.c., invero, stabilisce che il lodo deve contenere, a pena di nullit� (art. 829 n. 5 O.p.c.), l'indicazione del luogo in cui il lodo � viene sottoscritto. Ma t�le prevista nullit�, testuale ed obiettiva, che eleva un elemento formale a requisito essenziale dell'atto perch� si possa determinare con certezza l'autorit� giudiziaria competente per la esecutivit� del lodo, non esclude, che l'indicazione del luogo di sottoscrizione possa ricavarsi da elementi testuali. Il luogo di sottoscrizione, non indicato tassativamente nel lodo, pu� desumersi, cio� da dati equipollenti, contenuti nella sentenza arbitrale, che possano far le veci della indicazione mancante, quando il processo di interpretazione conduce ad individuare in modo sicuro e tranquillante il luogo in cui il lodo fu sottoscritto. Non � consentito, quindi, ricavare il luogo della sottoscrizione, non esplicitamente indicato, da una prova presuntiva, pur basata su elementi obiettivi, emergenti dalla sentenza arbitrale, perch� in tal � caso il locus actus, ricavato attraverso il processo logico dell'interprete non investirebbe il carattere di certezza, richiesto e garantito con la, sanzione di nullit�. � Il principio, ora ricordato, � stato �formulato da questa Oorte, con riguardo a casi controversi. �nelle cui sentenze arbitrali la daita di decisione coincideva con quella di sottoscrizione, fondandolo sull'inscindibile unit� logica della formula terminale del dispositivo, dalla quale si deduceva con certezza l'intima connessione, formale .e sostanziale, delle due parti che componevano la formula; Ci� posto, non sembra che sia consentito distaccarsi da questo principio, allorch� ricorre la stessa inscindibilit� logica della formula, nel caso in cui le date di decisione e di sottoscrizione siano distinte. La non contestualit� temporale non pu� far esclu 3 dere l'intima unit� della formula, se le parti che la compongono formano un tutto formalmente unico e logicamente inscindibile sicch� il luogo della d�cisione, espressamente indicato nella prima parte della formula, � tacitamente richiamato nella seconda parte, con riguardo alla sottoscrizione. Trattasi, quindi, di una interpretazione che compete al giudice del merito, attraverso l'esame obiettivo degli elementi formali e logici della dichiarazione terminale del dispositivo ,e che � sottratto al sindacato di legittimit� se immune da vizi di motivazione. La sentenza impugnata, invero, ha fatto esatta applicazione dei principi di diritto sopra enunciati facendo rientrare sotto la loro disciplina anche il caso di non coincidenza temporale della decisione e della sottoscrizione. Infatti, ha rit�nuto �che la formula, composta di due periodi, costituiva, forma, lmente e logicamente, un tutto unico e insciridibile sicch� la indicazione del luogo nella seconda parte era sottintesa, per evitare un'ovvia ripetizione, essendo stata gi� espressa nella prima parte. P~raltro, non pu� disconoscersi che la sentenza, dopo questa esatta intuizione e soluzione del problema, ha aggiunto che �qualora non risulti comunque che il lodo � stato sottoscritto in un luogo diverso, l'indicazione del luogo della decisione, seguita dalla data di sottoscrizione, non pu� avere altro significato se non quello che il lodo � stato deciso e successivamente sottoscritto nello stesso luogo�. .Trattasi di un argomento presuntivo che si fa Maturire necessariamente dalla mancata indicazione di un diverso locus actus, mentre la legge vuole che questo risulti dall'atto e la giurisprudenza ha precisato che possa desumersi anche da equipollenti: l'argomento della Oorte darebbe per ammesso che n� il luogo di sottoscrizione n� gli equipollenti sussistono per, poi, contraddittoriamente con le premesse, far ricorso ad una presunzione. Sull'infondatezza di questa affermazione non occorre soffermarsi, ma il vizio della motivazione non pu� condurre all'annullamento della sentenza impugnata perch� l'errore non incide su di un punto decisivo. La Oorte ha, infatti, .dato anche indicazione degli elementi equipollenti contenuti nel lodo, che facevano le veci della mancata espressa indicazione del locus actus, cos� che l'argomento richfamato ad �abundantiam, che si ritiene erroneo e non conforme alle premesse giuridiche esatte, non ha rilevanza. Rientra nel potere di questa Corte, ferme le statuizioni contenute nella sentenza impugnata, correggere la motivazione senza cassare la sentenza il cui dispositivo � conforme al diritto (art. 384 O.p.c.) >>. Oon questa sentenza la Oorte di Oassazione compie l'ultima passo sulla via della sostanziale cancella zione della norma contenuta nell'art. 823 n. 5 O.p.e., via gi� iniziata, pi� cautamente, con le precedenti sentenze n. 835 del 1957 e 1396 del 1960; � Oos� il giudizio arbitrale diventa sempre pi� legi-�bus solutus e la disposizione che impone agli� arbitri di decidere secondo le norme di diritto acquista il sapore di una beffa. � ..,_ 46 Non possiamo, tuttavia, credere che in, un ordinamento giuridico come il nostro, che con l'art. 111 .<],e_lla Costituzione ha assoggettato al �controllo della Oorte di Ca.ysazione le sentenze di tutti .i giudici .ordinari o speciali, siano solo .le decisioni degli rtrbitri a sottrarsi a questo sindacato di conformit� al diritto. Sotto questo aspetto della inc.ompatibilit� dell'arti<; olo 829 C.p. con l'art. 111 della Costituzione, la questione non mancher� di essere. opportunamente s_ollevata, specie in relMione alla .. estensio.ne che della norma contenutct nell'art. 829 citato; � stata fatta con riferimento all'art, 49 del capitolo generale il,i. appalto per le Opere pubbliche. IMPIEGO PUBBLICO -.. Impiegato statale -Atto amministrativo .illegittimo -Annullamento -Corre� sponsione di assegni .arretrati � Interessi � ~oratoria � Decorrenza. CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO.�� Corre sponsione di assegni arretrati ad impiegato statale , Interessi � Decorrenza. (Certe di Cassazione, .Se zione ia, Sentenza n. 88i/61 -Pres. : L'Jnardo, Est. : .. Del Conte; P. M.: Colli (conf..) -:Gatti c. Ministero Difesa-Esercito). .Annullato perch� illegittimo dal Consiglio di Stato un provvedimento relativo ad impiegato statale, con conseguente obbligo dell'.Amministr.azione di corrispondere assegni arretrati, sono dovuti su t:Jili itssegni gli interessi moratori con decorrenza dalla scadenzf.11 delle singole rate. �. Ti�ascriviamo la motivazione in diritto della sentenza.. . Va preliminarmente esaminato il J.'icorso incidentale, con il quale si denunzia la violazione degli art, 360 n. 3 e 5 O.p.c.; 1224, 1218, 2697. C.c. dei principii regolanti la mora della Pubblica .Amministrazione, dal giudicato amministrativo, dagli articoli 5 e 7 del D.L.O.P.S. 18 maggio 1947} n. 500, ~ si sostiene che la Corte di Appello avrebbe dovuto affermare il .diritto del Gatti agli interessi nelle misure legali anche per il periodo della data di decorrenza del collocamento in cpngedo (15 agosto l,9.J,7), in relazione alle. singole scadenze degli assegni, sino alla decisione del Consiglio di Stato {25 gennaio 1955) poich�: a) con tale decisione il Gatti era stato ripristinato nella situazione patrimoni�le che gli sarebbe spettata in dipendenza del rapporto di impiego; b) dalla declaratoria d'illegittimit� Q.arivava la prova dell'illecito dell'Amministrazione, n� era necessaria quella del danno, trattandosi di interessi moratori; c) comunque, a prescindere dalla mora, il Gatti aveva diritto agli interessi �om,pensativi, avendo l'.Am.minist:razione indebitamente goduto si:. .dal .15 agosto 194 7 degli assegni allo stesso dovuti. La doglianza; nei suoi aspetti s.ostanziali, � fondata,.. in quanto dalla ritenuta .. illegittimit� .del proyved,imento, con il quale il Minister.o, ~neg� al G~tti il trattamento economi<io dovuto, deriva ,la responsabilit� della Amministraz~one per i da:i;mi consistenti negli interessi moratori sulle sofn�n� non pagate alle singole scadenze . . Invero, in tema di responsabilit� della P.A. per danni derivanti dalla dichiarazione di illegittimit� di un atto o provvedimento amministrativo, il concorso dell'elemento soggettivo non ha bisogno di essere provato, dovendosene ritenere la esistenza in conseguenza della violazione delle norme che l'organo amministrativo � tenuto ad osservare (v. Cassazione 9 aprile 1956, n. 1177). Al rigu.ardo � stato posto in evidenza che, .a causa della complessa procedura di formazione degli atti amministrativi, nei quali si ha quasi sempre l'intervento del giudizio .e della volont� di numerosi soggetti, la ricerca dell'elemento della colpa (in senso lato) a carico della P.A. appare il pi� delle volte impossibile, e, d'altronde, richiederebbe spesso un'indagine sull'uso da parte della P.A. del suo potere discrezionale; che � vietata al giudice ordinario. Una riprova di tale principio si � tratta dal richiamo all'art. 4 della legge 20 marzo 1865 il qual.e stabilisce che �quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso d.a un atto dell'autorit� amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere�. degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio >h � poich� tali effetti riguardano necessariamente soltanto l'obbligo del risarcimento .del danno del'.ivante dall'illegittimit� dell'atto, se ne � dedotto che il giudice ordinario pu� stabilire tale obbligo in base al solo elemento oggettivo dell'illegittimit� stessa, senza. che sia necessario l'accertamento dell'elemento soggettivo della colpa (in senso lato). Quanto poi alla prova del danno, si osserva che il Gatti ha limitato la sua pretesa ai soli interessi nella misura legale, e, come � noto, per l'art. 122-4 O.p.c. il danno contenuto in tale misura non ha bisogno di essere provato. In contrario, ed al fine di sostenere una presunta improponibilit� dell'azione, non ha pregio il rilievo che il legislatore nel citato art. 1224 O.e. avrebbe poggiato un diritto a s� stante, diverso da quello del risarcimento del danno, in quanto gli interessi legali rappresentano invece, in tal caso, la liquid�zione ex lege del danno che ,l'inadempimento produce di per s� al creditore, e, pertanto, pur costituendo una forma speciale di liquidazione, rientrano nell'ordinario diritto di risarcimento dei danni. Del pari, non vale opporre che l'obbligazione dell'An�ministrazione consisterebbe in un fare, nel porre cio� in essere gli incombenti necessari per il pagamento, e non in un dare, in quanto l'inadempimento derivante dall'omissione degli. anzidetti incombenti si sostanzia, in definitiva nel mancato effetto finale dfll pagamento delle somme dovute. � Clou l'unico motivo del ricorso principale, si lamenta la violazione dell'art. 1224 O.e. in relazione all'art. 1218 O.e. ed ai principi che regolano la mora della P.A. e si sostiene che il Ministero non poteva essere condannato a corri.~p�mdere gli -interessi legali pel periodo successivo alla data della decisione del Consiglio di Stato, giacch� da tale data decorse il tempo strettamente indispensabile .per porre in essere gli adempimenti formali che la decisione stessa, aveva reso necessari. La doglianza � infondata, in quanto non solb i danni anteriori alla decisione del Consiglio di . Stato, m:a anche quelli posteriori alla. stessa sino al momento del pagamento sono conseguenze della illegittimit� del provvedimento amministrativo, che neg� al Gatti il trattamento economico dovuto, e quindi, anche per i secondi, al pari che per i primi sussiste la responsabilit� dell'Amministrazione, a prescindere da ogni indagine nella esistenza dello el~mento subbiettivo colposo. Il precedente della stessa Corte Suprema c�tato in moti'l)azio'f!>e,. concerne una .causa� in cui� .era parte il Oomune di Bologna e non l'Amministrazione statale Per una migliore intelligenza delle osservazioni che intendiamo formulare in �ordine -alla sentenza in . rassegna, ci sembra opportuno riportare testualmente la motivazione della sentenza della stessa ia Sezione della Corte Suprema n. 1878 del 1959 in causa Forlini contro Finanze. A parte, invero fu circostanza che la. Corte neg� l'ulteriore .danno anche perch� non provato, deve osservarsi che, durante il tempo necessario . per il completamento della pratica amministrativa di emissione del mandato, tempo che pu� esse'I'e �di maggiore o minore durata a seconda delle esigenze di servizio e della maggiore o minore complessit� degli accertamenti da compiere, la Pubblica Amministrazione non pu� ritenersi in mo;ra nell'esecuzione del pagamento, non-sussistendo, prima che. il mandato venga emesso, un diritto dello interessato alla riscossione. Come questa Corte Suprema ebbe. altra volta a precisare (Sentenza n. 1350 del 30 aprile 1954) solo dopo il c�mpimento degli atti prescritti dalla legge sulla contabilit� perch� il pagamento possa essere autorizzato�, l'ulteriore rita11do della Pubblica Amministrazione diventa colpevole e sorge, conseguentemente, l'obbligo degli interessi. In questa sentenza la Corte Suprema non fa alcun cenno, come si � visto, nella motivazione della decisione cui la presente nota si riferisce, n� fa cenno delle precedenti sentenze rese, nello stesso senso, sullo stesso argomento; dq, quella fondamentale n. 1601 del 1952 in causa Consorzio di Credito Opere Pubbliche contro Ministero. della Marina Mercantile (in questa Rassegna 1_952; 143) a quella n. 2291 del 1956 in causa Barberini contro Ministero della Pubbli.ca Istruzione, confermativa d�lla sentenza della Corte di Appello di Roma 4 giugno 1954 (in questa Rassegna, 1954, 154 con nota di richiami). �, pertanto, da escludere che con la presente sentenza �la Corte Suprema abbia inteso modificare l'indirizzo giurisprudenziale ormai costantemente seguito in materia di ritardo nel pagamento dei debiti dello Stato, per il quale resta fermo il principio �he il ritardo, generativo di responsabilitd per . danni consistenti nell'obbligo del pagamento� degli interessi, sussiste solo quando, adempiuti tutti gli incombenti previsti dalle norme sulla Contabilit� Generale d.eUo Stato, l'ulteriore mora non possa � trovare alcuna giustificazione. D'altra �parte, se si esamina non superficialmente �la. sentenza in rassegna, ci si render� conto che essa si �armonizza sufficientemente, salvo qualche imprecisione nella motivazione, col principio sopra esposto. Nella specie, infatti, si trattava di pagamento di debiti dello Stato compresi nella categoria delle spese fisse, per la cui liquidazione ed ordinazione non � richiesta la procedura prevista per l'emissione dei mandati, essendo pagate mediante ruoli con scadenze prestabilite. Pare chiaro, perci�, che il mancato pagamento alla scadenza di simili spese (tra le quali sono comprese, ovviamente, gli stipendi, le pensioni e, in genere tutte le retribuzioni fisse del personale statale) importa immediatamente l'obbligo del pagamento degli interessi a carico dell'Amministrazione ove il mancato pagamento non abbia la causa giustificativa, che non pu� mai riscontrarsi in un atto amministrativo succes1>ivamente dichiarato illegittimo. IMPOSTE E TASSE -Tassa di concession� govertiva � Come deve essere liquidata � Art. �.41 D. L. n. 604 del 1941 e art. 141 Tariffa allegato A Testo unico n. 112 .del 1953', LEGGI : Costituzione -Eccezione di incostituzionalit� dell'art. 141 Testo unico della legge in materi� di tasse sulle concessioni governative 20 marzo 1953, n. 112 � Manifesta infondatezza -Possibilit� di va� l�rizzare la legge del 1953 ai 'fini della interpr�ta� zione della precedente legge del 1941, n. 604. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n, 1067 del 1961; -Pres.: L�mario; Est.: Pece; P. M.: Pisano (conf.) -Soc. Adriat:ca elettricit� c. Amministrazione delle Fin11nze). �Sia ai sensi dell'art. 147 del D.L. 30 maggio 1947, n. 604 che ai sensi dell'art. 147 della tariffa .Allegato A del Testo unico delle leggi in materia di tasse sulle concessioni governative, �approvato con D.P,R. 20 marzo 1953, n. 112, la tassa di concessione governativa deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spes�, quale risulta, al momento della emanazione del provvedimento di concessione, dalla previsione dell'interessato, integrata, se necessario, dagli accertamenti degli organi finanziari che devono procedere alla tassazione. . Deve ritenersi manifestamente infondata l'eccezione diin�ost:ltuzionalit� dell'art. 147 del Testo unico delle leggi in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con D.P.R. 20 marzo 1953, n. 112 (ch� dispone che la :tassa deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spesa, quale risulta dall'atto della emanazione del provvedimento, tenendo conto di ogni eventuale aggiornamento), sotto il profilo di una pretesa' violazione dei limitidella delega al Governo, attesa la specifica delega (art. 10 legge 14 marzo 1952, n. 128) a procedere �alla, raccolta dfun testQ unico di tutte le disposizioni vig�nti in materia di tasse sulle concessioni governative e ad appor7 tarvi �e modifiche ed�� aggiunte che si renderanno necessarie per illoro coordinamento e per una pi� precisa formulazione tecnica delle disposizioni stesse �. La menzionata legge del 1953 pu� dunque essere valorizzata ai fini della esatta interpretazione della precedente legge 30 maggio 1947, n. 604. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza che ha �ccolto puntualmente le ragioni esposte dalla Avvocatura dello Stato. Sulla infondatezza della eccezione di incostituzionalit� vedi sentenza della Oorte Costituzionale n. 16 del 19 gennaio 1957 e n. 49 del 5 aprile 1957. Con l'unico mezzo di ricorso la SADE denunzia la erronea interpretazione, da parte della sentenza impugnata, dell'art. 147 della tabella Allegato A del D.L. 30 maggio 1947, n. 604. Pi� specificamente, la ricorrente afferma che poich�, per l'art. 33 del Testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque e gli impianti elettrici, per le grandi derivazioni e per le opere di raccolta � e regolazione delle acque, il decreto di concessione ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilit� per tutti i lavori ed impianti occorrenti, cosL alla _costruzione che all'esercizio, la sentenza impugnata avrebbe dovuto far capo all'art. 3 della legge base sulle espropriazioni per pubblica utilit� (legge �n. 2359 del 1865) secondo cui qualul�que domanda, fatta anche dai privati per ottenere la dichiarazione di pubblica utilit�, deve essere accompagnata da una relazione sommaria, la quale. deve indicare -tra l'altro -la spesa presunta. La ricorrente vorrebbe dedurne che, ai fini dell'art. 147 della tabella Allegato A del D.L. 30 mag �gio 194 7 n. 604, la tassa sulla concessione deve essere rapportata alla previsione di spesa che l'aspirante concessionario dovette presentare unitamente alla domanda tendente ad ottenere la con cessione. Il rilievo sopra trascritto non appare determinante ai fini della decisione in quanto, se spiega l'obbligo di allegare, alla domanda di concessione, la indicazione della spesa presunta, non� permette anche di ritenere che la tassa di concessione debba essere rapportata esclusivamente, cos� come affermato dalla ricorrente, a quella indicazione di spesa, con esclusione di qualsiasi controllo da parte degli organi tributari in sede di tassazione della concessione. La previsione di spesa e la indicazione dei mezzi di esecuzione dell'opera pubblica, prescritti dall'art. 3 della legge del 1865 sulla espropriazione, ed alle quali la ricorrente si � richiamata, ha la finalit� di evitare il pericolo di far subire, al proprietario del bene espropriando, una espropriazione senza la sicurezza, quanto meno presuntiva, della completa esecuzione delle opere progettate. Nella ipotesi, che qui interessa, delle concessioni governative, la previsione della spesa viene utilizzata anche ai fini tributari, ma resta pur sempre il problema, pi� sopra prospettato, del carattere vincolante o meno di quella previsione, per gli organi tributari. E a tal fine � necessario aver presente il carattere tributario della questione e procedere alla interpretazione della legge tributaria 30 maggio 1947, n. 604 vigente all'epoca in cui la S.AlrE ottenne la concessione, postoch� la tassa colpisce l'atto di concessione. In tale interpretazione la Corte d'Appello non � incorsa nell'errore denunziato dalla ricorrente. Infatti, l'art. 147 della legge summenzionata prevede una tassazione con il cosiddetto �sistema per scaglioni �, nel senso che l'importo della tassa � determinato con riferimento al diverso ammontare della spesa complessiva prevista per l'opera. Il quesito centrale di causa consisteva nell'accertare se il riferimento legislativo dovesse intendersi fatto alla previsione di spesa p1�esentata dall'istante la concessione o �alla previsione di spesa quale accertata, in sede di controllo, dagli organi tributari. La sentenza impugnata ha ritenuta, esattamente, la seconda soluzione. Per vero, la locuzione della legge del 1947 �Se la spesa complessiva dell'opera fu prevista in somma non maggiore etc. �, non permette� di concludere, cosi come la ricorrente vorrebbe, che si debba aver riguardo esclusivamente alla previsione dello interessato, attribuendole un inammissibile e abn�rme carattere vincolante per gli organi finanziari. Al -contrario, la ratio della legge, la quale ha utilizzata la previsione della spesa quale criterio presuntivo dell'utilit� derivante al privato dalla concessione, impone di ritenere che -anche secondo la legge del 194 7 la previsione di spesa, da tenersi presente per la tassazione, si era quella fatta dallo interessato, ma controllata ed eventualmente integrata dagli organi finanziari in sede di tassazione, in modo da svincolarla dai criteri soggettivi dello interessato alla concessione e conferirle un carattere di obiettivit� ed attualit�. � La ratio della legge resterebbe frustrata in pieno qualora, nella ipotesi -che � quella di causa di un lungo periodo di tempo intercorso tra la presentazione della istanza e la emanazione del decreto di concessione, si dovesse ritenere vinco lante, ai fini della tassazione del decreto di conces sione, la previsione di spesa allegata dal privato alla istanza di concessione. D'altra parte, l'art. 10 della legge organica 30 dicembre 1923, n. 3279 per le tasse sulle conces sioni governative prevedendo esplicitamente un termine di prescrizione per l'azione, tanto della amministrazione finanziaria per �supplemento a causa di liquidazioni inesatte, quanto del contri buente per restituzione di somme indebitamente pagate�, convalida la possibilit� di ulteriori accer tamenti, sia a' vantaggio della .Amministrazione finanziaria, che del contribuente onde controllare la esattezza della previsione di spesa dedotta da,l richiedente la concessione. E, sotto l'accennato profilo, la stessa ricorrente ha ammesso, nella discussione orale del ricorso, che la dizione lata del richiamato art. 10 della legge n. 3279 del 1923 non permette di restringere il significato concettuale del supple1f!_e'fltto, in esso articolo previsto, . alla nozione tecnico-giuridica . della tassa suppletiva di cui all'art. 7 della legge di Registro. Deve essere ulteriormente sottolineato come altra conferma della esposta interpretazione deJl'art. 14-7 della legge n. 604 del 1947 � stata dal vigente articolo 147 della tariffa Allegato A del Testo unico � sulle concessioni governative, approvato con decreto Presidenziale n. 112 del 1953 postoch� la nota a tale voce della tariffa esplicitamente prescrive che �la tassa deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spesa, quale risulta dall'atto della emanazione del provvedimento, tenendo conto di ogni eventuale aggiornamento �. La odierna ricorrente ha eccepito, nella memoria illustrativa del ricorso, che si sarebbe formato il giudicato sulla dichiarazione,. contenuta nella sentenza impugnata e non contestata dall'Amministrazione delle Finanze, che, nella specie, 'non � applicabile la legge del 1953, ma quella del 1947 comech� vigente (detta legge del 1947) all'epoca di emanazione del decreto di concessione di cui � discussione. Ogni questione sulla esistenza o meno dell'affermato giudicato resta assorbita dal duplice particolare che effettivamente, come gi� si � detto, la tassazione della concessione di cui trattasi va controllata con riferimento alla legge vigente al tempo del decreto di concessione e che la legge del 1953 viene qui valorizzata solo nel suo carattere, sul punto, di legge interpretativa e chiarificatrice della precedente legge del 1947. La ricorrente ha protestata la illegittimit� costituzionale della predetta legge del 1953, anche sotto ilprofilo interpretativo della precedente legge, affermando che sarebbero stati violati i limiti della delega al Governo per la compilazione dal testo Unico delle disposizioni sulle tasse per concessioni governative. L'eccezione di incostituzionalit� � per� manifestamente infondata, attesa la .specifica delega al Governo (art. 10 legge 14 marzo 1952, n. 128) a procedere �alla raccolta di un testo unico di tutte le disposizioni vigenti in materia di tasse sulle concessioni governative e ad apportarvi le modifiche ed aggiunte che si renderanno necessarie per il loro coordinamento e per una pi� precisa formulazione tecnica delle disposizioni stesse �. Ne consegue che ben� pu� la menzionata legge del 1953 essere valorizzata ai fini della esatta interpretazione della precedente legge del 1947. Atteso tutto quanto fin qui esposto, deve concludersene che, sia ai sensi dell'art. 147 del D.L. 30 maggio 1947, n. 664 che ai sensi dell'art. 147 della tariffa allegato A del Testo unico delle leggi in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con D.P.R. 20 marzo 1953, n. 112, la tas&a di concessione governativa deve essere liquidata sulla base dell'ammontare complessivo della spesa, quale risulta, al momento della emanazione del provvedimento di concessione, dalla previ& ione dell'interessato, integrata -se ne(lessario dagli accertamenti degli organi finanziari che devono procedere alla tass.azione. In definitiva, il ricorso deve essere respinto e la societ� ricorrent� deve essere condannata alla perdita del deposito ed alle spese di questo giudizio di Cassazione. IMPOSTE E TASSE -Non impugnabilit� presso il giudice ordinario delle decisioni delle Commissioni tributarie � Limiti � Ricorso ex art. 111 della Costituzione � Mancanza di motivazione delle decisioni delle Commissioni tributarie. (Corte di Cassazione, Sezione 1a, Sentenza�n. 242/61 -Pres. : Lorizio; Est. : Bartolomei; P. M.: Pedote (conf.) -Mazza c. Amministrazione Finanze Stato). Data l'autonomia funzionale, nella materia tributaria, fra la giurisdizione delle Commissioni amministrative e quella successivamente esplicata ex novo dell'autorit� giuiiiziaria ordinaria, non sono impugnabili presso il giudice ordinario le decisioni delle Commissioni (nella specie decisa, per mancanza di motivazione). Esula la sola ipotesi, in cui la parte che si assume lesa dalla pronunzia della Commissione Centrale per le imposte (contribuente e� finanza), invece di instaurare un nuovo giudizio dinanzi alla autorit� giudi.ziaria ordinaria, proponga, cpntro tale pronunzia, ricorso per Cassazione, a sensi dell'art. 111 della Costituzione: nella ipotesi il procedimento presso la Corte di Cassazione non � che una prosecuzione di quelle svoltesi dinanzi agli organi della giustizia tributaria. Ma, nonostante l'autonomia funzionale delle due giurisdizioni, il giudice ordinario investito ex novo della �ognizione della lite tributaria, ha il potere di rilevare l'inesistenza giuridica del pregresso procedimento amministrativo (ad �sempio, nei casi di decisione non scritta o avente contenuto imposbile o priva della sottoscrizione del giudice), affinch� lo stesso possa essere ritualmente rinnovato in omaggfo all'esigenza dei sistema processuale finanziario che la giurisdizione del magistrato ordinario sia preceduta da quella degli organi tributari data la possibilit� che l'eventuale illegittimit� della imposizione fiscale sia riparata, con piena soddisfazione delle parti litiganti, nella fase giurisdizionale amministrativa, onde non occorra adire successivamente l'autorit� giudiziaria ordinaria. Non d� l�ogo peraltro all'inesistenza giuridica del pregresso procedimento amministrativo, rilevabile dal giudice ordinario, la mancanza di motivazione da cui siano eventualmente viziate le decisioni delle Commissioni tributarie. 1'mscriviamo la per11picua motivazione della sentenza. Nulla questio circa l'autonomia funzionale, nella materia tributaria, fra la giurisdizione, delle Commissioni amministrative e quella successivamente esplicata w novo dall'autorit� giudiziaria ordinaria. Il che importa che, essendo il procedimento in corso davanti al giudice ordinado del tutto autonomo dall'anteriore procedimento amministrativo, non siano impugnabili, presso lo . stesso giudice ordinario, le decisioni delle Commissioni tributarie. Da tale sistema processuale esula la sola ipotesi, in cui. la parte che si assume lesa dalla pronunzia della Commissione Centrale per le imposte (contri.:buente o Finanza) invece di instaurare un nuovo giudizio dinanzi alla autorit� giudiziaria ordinaria, proponga, contro la decisione amministrativa, ri ~ 5Q corso per Cassazioue ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, nella quale ipot�si (estranea p�raltro alla fattispecie) il procedimento presso la Corte di Cassazione non � che una prosecuzione di quello sv.oltosi dinanzi alle Commissioni �tributarie. Su questi criteri regolatori del contenzioso tri butario (suffragati anche dalla� giurisprudenza di questo Collegio, particolarmente con la sentenza n. 128 del 1957 emessa a Sezioni Unite) concorda lo stesso ricorrente il quale tuttavia sostiene di non aver proposto, nel nuovo giudizio intrapreso dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria una semplice impugnazione delle indicate pronunzie am~ ministrative per motivi di nullit� procedurale e sostanziale (come tale inammissibile) ma di aver invocato dal giudice ordinario una declaratoria di inesistenza giuridica del procedimento amministrativo, per la ragione suaccennata, in guisa che lo stesso procedimento potesse essere ritualmente rinnovato. Orbene che il giudice ordinario, investito ex novo della cognizione della lite tributaria, abbia il potere di rilevare l'inesistenza giuridica del pregresso procedimento amministrativo (ad esempio nei casi di decisione non scritta o avente .contenuto impossibile o priva della sottoscrizione del giudice) affinch� lo stesso possa essere ritualmente rinnovato, e gi� stato riconosciuto dalla menzionata sentenza delle Sezioni Unite. Principio questo, che si. ricollega alla esigenza del sistema processuale finanziario che la giurisdjzione del magistrato ordinario sia pre�eduta da quella degli organi tributari, data la possibilit� eh~ l'eventuale illegittimit� della impostazione fiscale sia riparata, con piena soddisfazione delle parti litiganti, nella fase giurisdizionale amministrativa, onde non occorra adire successivamente l'autorit� giudiziaria ordinaria. Perci� si spiega, in omaggio a tale esigenza che qualora il giudizio amministrativo debba considerarsi giliridicamente inesistente, cio� tanquam. no'n esset, esso debba essere nuovamente espletato, a:ffinch� possa essere iri seguito adita, ove occorra la autorit� giudiziaria ordinaria. Senonch�, nel caso concreto,. questo �ollegio esclude che possa parlarsi di inesistenza giuridica del procedimento amministrativo sotto il riflesso della mancanza di motivazione, in cui, sarebbero incorse, per le accennate ragioni, le Commissioni amministrative distrettuale e provinciale. In proposito � da riconoscere che la sentenza priva di motivazione viola sia il richiamato art. 111 della Costituzione -secondo il quale �tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere moti" vati�, all'ovvio scopo del necessario controllo, cui, per inderogabili esigenze di giustizia, ogni decisione giudiziaria deve poter . essere sottoposta sia l'art. 132 n. 4 C.p.c. che elenca, .per lo stesso fine, la motivazione tra. i.necessari requisiti formali della sentenza medesima. Sicch� una pronuncia giurisdizionale, carente della parte motiva, manca di un requisito .formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo collegato all'esigenza dei motivi della decisione, onde incorre nella nullit� di cui all'art. 156 comma 20 O.p.c., in vir.t� del quale pu� essere pronunciata la nullit� di un atto processuale se �esso manca dei requisiti formali indispensabili� per il raggiungi mento dello scopo � Ma la nullit� della sentenza ex art. 156 comma 2� precisato (n~l caso ipotizzato, sotto il profilo dell' error in procedendo, costituito dalla mancanza di motivazione) non significa che essa sia giuridicamente inesistente. Basta all'uopo considerare che, giusta il successivo art. Hll, la nullit� della sentenza non pu� essere fatta valere che soltanto nei limiti e secondo le regole dei mezzi di impugnazione cui essa sia soggetta, altrimenti non ne impedisce il passaggio in giudicato, passaggio in giudicato, che logicamente presuppone la giuridica esistenza della sentenza affetta da nullit�, si da rendere operativo il comando giurisdizionale in caso contenuto. Il sistema della legge di rito non autorizza, dunque, ad ammettere la pretesa inesistenza giuridica della sentenza mancante di motivazione, inesistenza giuridica che, del resto, ricorre in rari casi di scuola, estremamente abnormi, (ad esempio pronunzia emessa a non iudice) o in forma orale o senza sottoscrizione del giudice), nei quali, data la carenza del minimo indispensabile di elementi formali integratori dell'atto, questo va considers.to tanquam non esset nel modo giuridico. Pertanto il denunziato vizio procedurale delle pronunzie amministrative non dava luogo alla loro asserita inesistenza giuridica, rilevabile, come tale, dal giudice ordinario, al fine di rendere, possibile il ripristino del procedimento amministrativo. Sicch� la censura mossa dal Mazza alle decisioni degli organi tributari, sotto il profilo dell'error in procedendo, non poteva, per alcuna ragione, sottrarsi alla preclusione, derivante dalla rilevata autonomia nella materia finanziaria, tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa onde la Corte di appello, che in tali sensi decise, non merita la censura mossale col primo motivo di ricorso. La sentenza � stata annotata da G. GRECO in Giur. it., 1961, I, 1, 553. Il Greco 1�tiene che il oontribuente abbia u,n vero e proprio diritto soggettivo ad essere tassato con il rispetto delle norme formali, tra le quali sa1�ebbe compresa quella c_he impone alle Oommissioni tributarie di motivare le proprie decisioni. Da ci� desume che la mancanza di motivazione, pur non potendo equipararsi ad inesistenza del procedimento contenzioso tributario, si risolverebbe in una violaziOne del suindicato diritto soggettivo, sindacabile da parte de.ll'Autorit� Giudiziaria. Questo argomerito tradotto in linguaggio accessibile, significa che il contribuente ha diritto a far rivedere dall'A.G.O. il proc�dimento svoltosi avanti le Oom� missioni tributarie per sindacarne tutte le irregola-. rit�, in quanto il preteso diritto soggettiv.o .al rispetto delle norme formali non puo essere limitato alle~ole norme concernenti l'obbligo della. motivaz.ion�. In altri termini, la soluzion!l proposta dal Greco � in netto e completo contra,sto con la. opinione della, Oorte Suprema. -51 ..,;... PROCEDIMENTO CIVILE � Morte del procuratore della parte costituita � Effetto automatico dell'inter� razione del processo. (Corte di Cassazione, Sezione I, Sentenza n. 501-61 -Pres.: Verzia, Est.: Bartolom3i, P. M.': Colli ( conf.) -Amministrazione Ferroviaria c. Grisaf�.). La morte del procmatore della parte costituita determina, con effetto automatico, l'interrl;lzione del processo, senza che la controparte possa provare di non aver avuto conoscenza dell'evento luttuoso, dovendo tale conoscenza ritenersi presunta dalla legge iuris et de iure. � Trascriviamo la motivazione in diritto di questa sentenza e richiamiamo su di essa l'attenzione di tutti i colleghi, perch� evitino di cedere alla suggestione d'una fiducia, tanto sup&rficiale quanto mal riposta, nelle dichiarazioni non documentate di chi si presenta come incaricato, delegato o rappresentante di color� che sono gli effettivi procuratori della parte privata nelle cause. � In materia processuale � solo la rigida osservanza della legge che evita il pericolo delle decadenze, che costituiscono, per gli avvocati, il pi� spiacevole� degli infortuni. J.Ja Corte di merito rilev� che il procedimento d� app�llo si era interrotto, giusta l'art. 301 C.p.c. alla data della morte del procuratore legale degli appellati Grisafi. (avv. Salvatore Porzio), avvenuta il 24 maggio 1954, e ehe l'appellante Amministrazione ferroviaria lo aveva riassunto soltanto a distanza di anni, con la citazione del 10 maggio 1957; ne argu� che il procedimento si era estinto, a norma del successivo art. 305 non essendo stato riassunto entro il termine perentorio di sei mesi, decorrente dalla data dell'evento interruttivo (morte del procuratore degli appellati). Con l'unico mezzo la ricorrente Amministra2'iione contesta che il decesso del difensore della controparte, durante lo svolgimento del processo di appello, ne abbia determinato l'immediata interruzione in guisa da mettere in moto senza altro il termine perentorio, entro il quale il processo� stesso dove'(ra, ai sensi del citato art. 305 essere riassunto sotto pena -in difetto -dell'estinzione. Sostiene, a giustificazione �i questa tesi, che il disposto del menzionato articolo 301 -. secondo il quale il processo � interrotto dal giorno della morte del procuratore della parte costituita -poggia sulla presunzione che l'evento luttoso venga rapidamente a conoscenza del difensore della controparte; epper� -a dire della ricorrente -qualora simil� presunzione sia smentita dagli atti processuali, da cili risulti che la morte del procuratore fli appresa dal patrono dell'altra parte soltanto iri una data posteriore in questa stessa data (e non nel giorno del decesso) si verificherebbe l'interruzione del procedimento e comincerebbe quindi da essa a decorrere il termine perentorio per la riassunzione della lite. Ora nella specie, secondo la ricorrente, il suo difensore, non fu posto in grado di aver pronta notizia della morte del procuratore degli appellati (odierni resistenti) giacch� successiva mente, in varie udienze istruttorie del giudizio di appello (giusta acce:rtamento della stessa denunziata sentenza), altri avvocati, comparendo quali dele� gati del predetto procuratore, gi� passato a miglior vita, e chiedendo sempre, in sua vece, rinvii della causa, avevano radicato nel patrono di essa ricorrente, col loro comportamento sleale, il convinci~ mento che l'avv. Porzio fosse ancora vivente. Siech�, ad avviso dell'Amministrazione ferroviaria, essendo � esclusa dagli atti processuali la presunzione di conoscenza, da parte del suo patrono, del giorno della morte del .procuratore� avversario, avrebbe errato la Cor.te di merito nel ritenere avvenuta in quel giorno l'interruzione d.el processo di appello. Tale interruzione dovrebbe invece ritenersi avvenuta ..:.._.soggiunge la ricorrente all'udienza istruttoria del 15 gennaio 1957, allorch� l'Avvocatura dello Stato ebbe finalmente notizia della morte dell'Avvocato Porzio dal nuovo procuratore dei Grisafi; che si costitu� in sostituzione del loro defunto� difensore. Conclude la ricorrente che, dovendo farsi decorrere il termine per la riassunzione del processo d'appello dal 15 gennaio 1957 (data dell'interruzione) e non dal 24 maggio 1954 (data della morte del procuratore degli appellati) tempessivamente il procedimento sareb~ be stato riassunto con la citazione del 10 maggio 1957, epper� ne sarebbe stata evitata l'estinzione, a torto dichiarata dalla Corte di merito. Oi� premesso, non pu� contestarsi che, come la ricorrente osserva, il disposto del richiamato art; 301 -secondo il quale il processo � interrotto dal giorno della morte (come anche dal giorno � della radiazione � o sospensione) del procuratore della parte costituita -poggia sulla presunzione, desti. nta . dall'inveterata esperienza processuale, che tali fatti, data la loro gravit�, vengano rapidamente a cognizione delle parti e del giudice. Deve per� aggiungersi che trattasi di presunzione iuris et de iure, in quanto 111 norma di rito non consente alla :pa1�te di eliminarla con la prova contraria di non aver .avuto conoscenza della morte o degli accennati impedimenti del procuratore avversario, al fine d,i evitare che l'interruzione del processo sia fatta risalire ad uno di tali eventi, e di posticiparla al � momento in cui essa ne riceva notizia (con l'effetto di posticipare ahche il dies a quo del termine perentorio, entro il quale il procedimento deve essere riassunto a pena .di estinzione). Di ci� costituisce riprova la considerazione che il legislatore, mentre, all'art. 300 C.p.c. richiede, ai fini della riduzione del processo per effetto della morte o della perdita di capacit� della parte costituita, che tali avvenimenti sian� di�hiarati in udienza o . notificati all� altre parti, ricollega invece, nel successivo .art. 301, l'interruzione del-processo alla morte. o all'impedimento del procuratore, senza �nece.s�sit� di dichiarazfone o notificazione di tali eventi, onde � da ritenersi che, verificandosi la morte dei� procuratore (come pure la sua radiazione o sospensione), 'venga ad operarsi ipso iure, con effetto automatico, l'interruzione del pro�esso, a prescindere d� ogni indagine circa la conoscenza (iuris et de iure presunta) che possano averne le parti e. il giudice (Cassazione n: 2619del1960, n. 2049del1957, n. 1311del1956). -52 Sicch� la tesi della ricorrente -secondo la quale, ove la parte non abbia avuto possibilit� di sapere della morte del procuratore avversario che a distanza di tempo, l'interruzione del procedimento dovrebbe prender data non dalla morte, ma dal momento successivo in cui la parte stessa ne ebbe conoscenza -per quanto apprezzabile de. iure oondendo, non trova fondamento nella vigente legge di rito. Perci� nonostante il comp6rtamento di quegli avvocati, che, dopo la morte del procuratore degli appellati, comparvero, nelle varie udienze istruttorie, quali suoi delegati, rafforzando l'opinione del difensore dell'.Amminis.tmzione che l'avv. Porzio fosse ancora in vita, non vi ha dubbio, giusta il rilevato sistema processuale che da quella morte deriv� ipso iure, con effetto automatico, l'interruzione del processo, in Virt� di una presunzione legale di conoscenza dell'evento infausto (razionale o meno che sia) la quale non consente prova contraria. � Non pu� dunque condividersi l'assunto della ricorrente che l'interruzione delprocesso di appello dovesse farsi coincidere non con la morte del procuratore. degli appellati (24 maggio 1954). ma c�n la successiva udienza istruttoria (15 gennaio 1957) nella quale il nuovo loro procuratore diede notizia dell'avvenuto decesso del collega, che egli si accin~ geva a sostituire. Ed � avvio che, se la denunziata sentenza, facendo coincidere l'interruzione del procedimento col giorno della morte del procuratore dei Grisafi (24 maggio 1954) non incorse nella lamentata violazione dell'art. 301 precitato; perfettamente c�rretta fu l'illazione che ne trasse, in applicazione del successivo art. 305 nel senso che il procedimento stesso si fosse estinto, non essendo stato riassunto nel termine perentorio di sei mesi, decorrente da quel giorno. Pertanto ilricorso va rigettato con le conseguenze di legge, mentre va dichiarato inammissibile il controricorso, .in quanto notificato tardivamente, dopo undici mesi dalla notificazione del ricorso quando era gi� scaduto il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all'art; 370. C.p.c. Il che importa che non possano esser liquidati, a favore dei resistenti, onorari e spese concernenti il contr�ricorso, data la sua inammissibilit�, che deve perci� tale liquidazione esser limitata alla costituzione dell'avvocato difensore, alla discussione della causa all'udienza pubblica e alle note presentate dopo la discussione (Cassazione n. 2189 del 1957). RICORSO S'flMOIWINARIO AL. CA.P() DELLO S.T4� . TO� :aifiuto di _registrazione 4ella. corte dei Conti � Obbligo del MinistrQ pr.oponente di sottoporre la que~.. stione al Consiglio dei Ministri. (Consiglio 9i Stato, �Ad. plen., 25 ge.naio 1961, n. 1 -:t>~s. : Petrilli; Est. : Meregazzi -La Farina e� Graaj.one c. Ministero dei� Lavori pubblici). L'atto col quale il Ministro comunica il rifiuto di registrazione della Corte dei Conti .. e la conseguente impossibilit� di eseguire il provvedimento, che ha deciso il ricorso straordinario,. �. i!llpugna~ bile conl.'ico1�so al Consiglio di Stato.ed � illegittimo perch�, di fronte al rifiuto di registrazione, il Ministro proponente ha l'obbligo di portare l'affare in Oonsiglio dei ministri perch� decida sulla richiesta di registrazione con riserva. � P.er una migliore oomprensione della grave e delioata questione ohe ha formato oggetto dell'annotata decisione, se ne riporta integralmente la motivazione in diritto (1). I ricorsi sono gi� stati riuniti dalla Ordinanza n. 673/1960 della IV Sezione, che li ha rimessi a questa Adunanza plenaria. Per la maggior chiarezza della decisione, giova riepilogare i precedenti di fatto. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 15 giugno 1948, furono annullati (ai sensi della legge 25 giugno 1946, n. 15) i precedenti decreti del 29 gennaio 1945, coi quali i ricorrenti, alti funzionari del )Iinistero dei Lavori Pubblici, erano stati collocati a riposo ai sensi dell'articolo 2 del D.L. 11 ottobre 1944, n. 257. -In sede di liquidazione delle competenze arretrate per il periodo durante il quale erano stati allontanati dal servizio, i predetti richiesero che fossero loro corrisposti anche il compenso per lavoro straordinario e l'indennit� di presenza, dato il carattere di normalit�, generalit� e periodicit� di tali assegni; . il Ministero dei Lavori Pubblici rispose con nota n. 11973 del 9 maggio 1949, che, pur'riconoscendo in linea di principio le ragioni di giustizia che sorreggevano la tesi dei richiedenti, era costretto a respingere la loro domanda, dato l'avviso contrario manifestato dal Ministero del Tesoro. Avverso tale determinazione gli interessati proposero ricorso straordinario al Capo dello Stato; e questi, su conforme parere del Consiglio di Stato in Adunanza generale, lo ac~olse con decreto del 28 luglio 1950. Senonch� la Corte dei Conti rifiut� la registrazione del deGreto con un rilievo nel quale, anzich� limitarsi -come avrebbe dovuto -al controllo della legalit� estrinseca del provvedimento presidenziale -(cio� all'accertamento di eventuali vizi suoi proprii o di lacune ed errori della procedura) -sottoponeva a sindacato anche il merito del provvedimento ed intendeva dimostrare l'infondatezza delle ragioni giuridiche che avevano informato il parere del Consiglio di Stato. Non avendo il Consiglio dei Ministri, cui la questione fu deferita dal Ministro dei Lavori Pubblici, ritenuto di ordinare la registrazione con riserva, il decreto fu re.vocato con altro decreto Presidenziale del 24 dicembre 1951 ed il ricorso straordinario ~u respin.to.. Avverso quest'ultimo .provvedimento, gli inte~ ressati proposero. ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisd~zionale. Sottoposto a questa stess;:i, -~----=----__;___ -,-. (1) La decisione � pubblic<),te sul Foro it. 1961, Ili, p. 94: ivi � altres� pubblicata la prima decisione del Consiglio di Stato (Adunanza plenaria 30 ottobre 1954, n. 26, Foro it. 1955, III, 187) e la sentenza della Corte di Cassazione 22 gennaio 1957, n. 137 (Foro it. 1957; I, 561), che re.spinse il ricorso per. difet.to di giurisdizione. .Adunanza plenaria, il grav�ine :fu accolto con decisione 30 ottobre 1954, n. 26, sotto il profilo della irrevocabilit� dei decreti del Capo dello Stato che decidono i ricorsi straordinari. Contro tale decisione il Ministero dei Lavori Pubblici propose ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato: ricorso respinto con sentenza del 18 ottobre 195622 gennaio 1957. Con lettere in data 21 marzo 1958, n. di prot. 7681, di identico contenuto, il Ministero dei Lavori Pubblici ha comunicato agli interessati che, rinviato nuovamente alla Corte dei Conti, con richiesta di registrazione, il primo decreto presidenziale 28 luglio 1950, l'Organo di controllo, con rilievo del 25ottobre1957, ha nuovamente rifiutato il� visto�, dichiarando il citato decreto Presidenziale privo di efficacia, perch� mai ammesso a registrazione. Il Ministero soggiunge che, in dipendenza di quanto sopra, si trova nella impossibilit� di far luogo alla corresponsione degli assegni di che trattasi. Questo � il provvedimento impugnato in questa sede. Le eccezioni di inammissibilit� del gravame, opposte in via pregiudiziale dall'Avvocatura Generale dello Stato, si palesano infondate. L'Avvocatura ritiene in primo luogo che i ricorsi siano preclusi perch� rivolti contro una rnera comunicazione: anzi, contro la comunicazione di un provvedimento negativo (rifiuto di registrazione) non del Ministero dei Lavori Pubblici, ma della Corte dei Conti, gli atti della quale -ad avviso della difesa dell'Amministrazione -sarebbero sottratti alla giurisdizione del Consiglio di� Stato, ancorch� se ne l'itenga la natura amministrativa. Per superare l'eccezione non � necessario l'esame di quest'ultima discutibile opinione. � certo che il Ministero non si � limitato a partecipare agli interessati il rifiuto� di registrazione da parte della Corte dei Conti, ma ha altres� espresso il convincimento (errato o no, si vedr� in seguito) di trovarsi nella impossibilit�, in dipendenza di tale rifiuto, di far luogo alla corresponsione degli assegni richiesti dai ricorrenti. Tale convincimento si pone come causa determinante -sul piano teleologico -della manifestazione di volont� dell'Amministrazione di negare ai ricorrenti la corresponsione degli assegni predetti: il che concreta un provvedimento negativo implicito, impugnabile in questa sede. Ugualmente infondata � la seconda eccezione di inammissibilit�. Secondo l'Avvocatura, il ri:fi.uto di registrazione sarebbe meramente confermativo del precedente e la situazione di fatto e di diritto, comunicata ai� ricorrenti, sarebbe perfettamente identica a quella sussistente nel 1950 e ad essi, peraltro, ben nota. � � giurisprudenza costante che non sia confer-. mativo l'atto se l'Amministmzione -pur giungendo nel dispositivo alle medesime conclusioni dell'atto precedente -abbia tenuto presenti, per le proprie determinazioni, nuovi presupposti intervenuti nel frattempo (IV Sezione, decisione 4 luglio 1945, n. 103; 27 agosto 1947, n. 289; 28 gennaio 1948, n. 54; 24 novembre 1948, n. 500; 6 dicembre 1950, n. 596; 26 settembre 1952, n. 678; 10 maggio 1957, n. 514; V Sezione, decisione� 26 settembre 1952, n. 1120; 29 lu~lio 1957, n. 638; VI Sezione decisione 27 luglio 1949, n. 103; 13 dicembre 1949, n. 229; 16 gennaio 1950, n. 7; 7 febbraio 1950, n. 43; 27 aprile 19551 n. 271; 24 aprile 1946, n. 263). La sostanziale diversit� de� presupposti tra �1 primo ed il secondo rifiuto della Corte dei Conti � data da due pronuncie giurisdizionali intervenute nel frattempo, cio� dalla decisione dell'Adunanza Plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato 30 ottobre 1954, n. 26, che dichiar� il decreto Presidenziale 28 luglio 1950 � unica decisione perfetta, valida ed irrevocabile del ricorso straordinario al Capo dello Stato; e dalla Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 18 ottobre 1956-22 gennaio 1957, con la quale fu respinto il ricorso proposto dal Ministero dei Lavori Pubblici per difetto di giurisdizione co.Iitro la predetta decisione del Consiglio di Stato,. E tanto il Ministero dei Lavori Pubblici era convinto della sostanziale differenza tra la nuova e la precedente situazione giuridica che, con lettera 5 settembre 1957, n. 22028, rinvi� il D.P. 28 luglio 1950 alla Corte dei Conti, esponendo ampiamente le ragioni in base alle quali -su conforme parere del proprio Ufficio Legislativo -il decreto, in seguito alle pronuncie dei supremi organi giurisdizionali, avrebbe dovuto essere sottoposto a registrazione. Venendo al merito, la prima questione da esaminare � quella che si riferisce alla dichiarazione conclusiva del Ministero, ove esprime il convincimento di �trovarsi nella impossibilit��, in dipendenza del rifiuto di registrazione del D.P. 28 luglio 1950 da parte della Corte dei Conti, � di far luogo alla corresponsione degli assegni di che trattasi�. Dichiarazione evidentemente errata, poich� al Ministro -come sar� dimostrato -, incombeva lo obbligo di portare a compimento l'itm� che lo stesso ordinamento giuridico chiaramente indicava. Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, non soltanto per le sue origini storiche, ma per la definizione giuridica che ad esso viene data dagli artt. 16 e 34 del Testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, dagli artt. 36 e 37 Regolamento di pari data numero 1055 e degli artt. 47, 60 e 61 del Regolamento 21 aprile 1942 n. 444, pur avendo natura amministrativa, � un rimedio giuridico generale, -proponibile avverso .qualsiasi provvedimento definitivo dell'Autorit� amministrativa, -col quale possono farsi valere, oltre che interessi legittimi, anche diritti soggettivi perfetti. Quest'ultima caratteristica, ma sopratutto la posizione super partes della suprema .Autorit� dello Stato, l'intervento di altri organi collegiali, quali il Consiglio di Stato ed eventualmente il Consiglio dei Ministri, la struttura contenziosa del procedimento, intesa a tutelare il diritto di difesa di tutti gli interessati, infine il principio della alternativit� del ric�rso straordinario con il ricorso in sede giurisdizionale avanti al Consiglio di Stato, �stabilito dal citat� art. 34 del Testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, conferiscono alla decisione del Presidente della Repubblica un carattere sui generis nel quadro della giustizia amministrativa. Se alla -54 decisione del Capo dello Stato fa difetto l'autorit� del giudicato, si pu� tuttavia riconoscere che sotto ogni altro aspetto essa viene posta dall'ordinamento vigente su di un piano parallelo a quello della decisione giurisdizionale: di qui deriva l'obbligo giuridico dell'Autorit� amministrativa di usare tutte le facolt� ad essa conferite dalla�legge per dare piena esecuzione alla decisione presidenziale. Se l'iter procedurale Iion fosse portato a compimento, si avrebbe un caso evidente di denegata giustizia, contro i principii sanciti dalla. Costituzione. � necessario a questo punto sottolineare che la decisione del Capo dello Stato � .subordinata soltanto all'attivit� di due Organi collegiali: necessaria del Consiglio di Stato ed eventuale del. Consiglio dei Ministri. Il parere del Consiglio di Stato � non solo obbligatorio, ma altres� vincolante nel senso che il Capo dello Stato non se ne pu� discostare, con congrua motivazione, se il Consiglio dei Ministri non abbia espresso contrario avviso, ai �sensi del 20 comma dell'art. 16 del Testo unico 26 giugno 1924; n, .1054 e dell'art. 54 del� Regolamento 21 aprile 1942, n. 444. Il Ministro -una �volta sentito il Consiglio di Stato -non ha alcun potere di decidere da solola sorte del ricorso straordinario, ma, ove� non creda di uniformarsi al parere richiesto, deve sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri, al quale unico organo spetta di deliberare in un senso piuttosto che nell'altro. La collegialit� della deliberazione, e di un organo cos� altamente. qualificato, � garanzia di giustizia per l'interessato. In �base ~ tali ovvi principii, quali si eyincono dalle vigenti disposizioni di legge, � chiaro che, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti del Decreto presidenziale che ha accolto .il ricorso (e che non pu� essere revocato d'ufficio, poich� il potere di decisione � consumato -ved. Adunanza Plenaria 30 ottobre 1954, n. 26 -salvo il ricorso per revocazione nei casi previsti dall'art. 395 C.p.c.), 'riori. � esatto affermare che il Ministro non abbia pi� alcuna possibilit� di dare esecuzione alla decisione. Se egli .aderisse al rilievo della Corte, ancora� una volta sarebbe egli solo a decidere dell'ulteriore corso della decisione, cio� della sua inefficacia: potere ch� gli � assolutamente sottratto. L'art. 25, comma secondo, del Testo unico delle leggi sulla Corte dei Conti 12 lugiio 1934, n. 1214 gli offre ancora la possibilit� di richiedere al Consiglio dei Ministri l'ordine di registrazione con riserva: ed egli, non potendo discrezionalmente decidere della sorte del ricorso straordinario, ha l'obbligo giuridico di sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri. � � Sembra all'Adunanza plenaria opportuno chiarire alcuni equivoci che sono affiorati nel corso della discussione fra le parti. La deliberazione del Consiglio dei Ministri in senso eventualmente contrario al parere del Consiglio di Stato, prima dell'emanazione del Decreto del Capo dello Stato, rientra indubbiamente nella attivit� amministrativa del supremo organo di Governo. La facolt� di ordinare alla -Corte dei Conti la registrazione del decreto presidenziale, gi� perfe-. zionato e non registrato, � invece atto squisitameI).te politico e non amministrativo, dovendo il Governo rispondere di esso soltanto di fronte al Parlan;wnto (ar.t. 26 del Testo unico. 12 luglio �934, �n. 1214). Non � neppure il caso di parlare di discrezionalit� nei confronti di un atto che investe esclusivamente una responsabilit� politica e ehe il Consiglio dei Ministri � pienamente libero di adottare o meno, secondo criteri che esulano dai limiti dell'attivit� amministrativa. Ma la determinazione del Ministro proponente di sottoporre al Consiglio dei Ministri la questione relativa alla reo'istrazione con riserva del Decreto o . . presidenziale � ancora atto amministrativo. Vero � che tale atto � normalmente dlscrezionale, ma possono darsi dei casi in cui esso sipresenta invece come atto dovuto. Tale � indubbiamente quello che interessa la presente controversia, in base ai principii che informano le norme sulla giustizia amministrativa ed in particolare le norme sul ricorso straordinario al Capo dello Stato. Se la decisione del gravame in via straordinaria � in qualsiasi fase del procedimento sottratta alla competenza del Ministro, ed � invece subordinata esclusivamente all'intervento di organi collegiali (Consiglio di Stato e CoJ?.siglio dei Ministr~), a.i cui pareri o deliberazioni egli ha il dovere di uniformarsi, ne consegue che anche nell'ultima fase � inibita al Ministro la risoluzione di una controversia che trascende per sua natura i limiti delle propri~ attribuzioni. Il Ministro ha solo. flinzioni iStruttorie ed un potere-dovere di propulsione della procedura: egli ha pertanto l'obbligo giurid~co di ricorrere a tutti i mezzi che l'ordinamento vigente gli offre affinch� sia soddisfatto il diritto del .citt~dino che ha proposto ricorso in .via straordmaria al C~po dello Stato, una volta ottenuta la decisione, di vederla eseguita. Erra quindi il Ministero dei Lavori Pubblic~ quando dich.iara nel provvedimento impugnato, di �trovarsi nella impossibilit� di dar corso alla corresponsione degli assegni di che trattasi �. Al Ministro, io.vece, si apre ancora la possibilit� di .sott~porre al Consiglio dei Ministri la proposta d~ registrazione con riserva del Dacreto del ;presidente della Repubblica 28 luglio 1950. Mediante que~to estremo rimedio il Ministro pu� e deve esaurire l'iter segnato dalla stessa legge sull~ Corte dei Conti per dare esecuzione alla decisione del Capo dello Stato �perfetta, valida ed irrevocabile�, c~e, al pari di m~a pronuncia giurisdizionale, ha definito un rapporto di diritto, ed � espressione del supreI?-o sindacato di legittimit� degli atti della Pubblica Amministrazione. Tali principii sono gi� stati limpidamente enunciati in un'antica decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato in �na situazione p.erfettamente dentica (30 gennaio 19J3: Pres.: Bonasi; �Est.: iPerla). Nell'attuale fattispecie l'obbligo giuridico del Ministro era ed � rafforzato dalla circostanza che sul merito della controversia non soltanto esiste il -55'. parere 25 maggio 1950 dell'Adunanza g�enerale del Oonsiglio di Stato, -organo � competente, col Consiglio dei Ministri, a pronunciarsi sulla legittimit� intrinseca del provvedimento -, ina sono intervenute nel frattempo anche una decisione del Oonsiglio di Stato in sede giurisdizionale (:Adunanza Plenaria) ed una sentenza delle Sezioni Unit.e della Oorte di Oassazione, le quali ambedue hanno riconosciut� la fondatezza delle pretese di diritto sostanziale dei ricorrenti. L':Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Oonsiglio di Stato ha ritenuta il D.P. 28 luglio 1950, come si � visto, �unica decisione perfetta, valida ed irrevocabile del ricorso straordinario �; e se � perfetta �riguarda ilperfezionamento dell'atto cio�, il compimehto del procedimento di formazione {e pertanto irretrattabile):, la qualifica di �valida � significa nel linguaggio giuridico immune da vizi di legittimit�. :A sua volta la Oorte di Oassazione a Sezioni Unite, negando il "difetto di giurisdizione del Oonsiglio di Stato, si � addentrata anche nell'esame del merito della controversia,. osservando testualmente nella motivazione della sentenza: �La di:chiarazione d'illegittimit� del provvedimento di collocamento a riposo del funzionario veniva a far rivivere ed a ricostituire nella sua pienezza il rapporto d'impiego, con l'effetto del requisito da parte del titolare di tutti quei �diritti che al rapporto facevano capo e che da esso traevano origine. Fra tali diritti erano compresi, accanto alla ricostituzione della carriera, lo stipendio e gli altri emolumenti, senza possibilit� di distin" zione fra assegni di carattere permanente e continuativo ed occasionali ed eventuali, giacch� fondamento e ragione di questi ultimi assegni, come dei primi, resta sempre il rapporto di impiego pubblico, mancando il quale viene meno il diritto a preten:. dere -eccetto la pensione, se dovuta, -la corresponsione sia dello stipendio, sia di retribuzioni di altra natura�. � quindi . evidente che a maggior ragione il Oonsiglio dei Ministri deve essere posto nella condizione di valutare se, -ancora dopo la pronuncia dei pi� alti collegi giurisdizionali -possa ritenersi giustificato il persistente rifiuto dell� Oorte de� Oonti alla registrazione del Decreto Presidenziale 28 l�glio 1950 nell'esercizio di un'attivit� amministrativa di controllo. Ritenendosi assorbiti gli altri mezzi di gravame, i ricorsi devono essere accolti nei sensi sopra indicati, dichiarandosi l'obbligo del Ministro di sottoporre al Oonsiglio dei Ministri la questione, ai fini deil'eventuale ordine alla Oorte dei Oonti di regis: trare-con riservail predetto Decreto Presidenziale. La decisione, a prescindere dagli errori di diritto, in cui, a nostro avviso, � incorsa, lascia profondamente perplessi per la gravit� delle �affermazioni, in essa contenute, peraltro non necessarie ai fini del decidere, e pm� la intenzione,. chiaramente in essa manifestata, di 1iprendere il cammino interrotto �on le ben note sentenze della Corte di Cassazione (Sezioni Unite 8 luglio e 2 ottobre 1953, in Foro it. 1953, I, 1577 e in Rass. :Avv. Stato, 1953, pag. 278), le quali riaffermarono la natura meramente amministrativa -non giurisdizionale -del decreto del Capo dello Stato, che decide un ricorso straordinario e, eonseguentemente, esclusero che per la sua esecuzione potesse farsi ricorso al rimedio previsto dall' a1�tieolo 27, n. 4 del Testo unico n. 1004 ael 1924. Noi �abbiamo pi� volte avuto occasione di porre in luce l'incompatibilit� dell'istituto, peraltro storicamente superato, con la vigente C-0stituzione repubblicana e non riteniamo di dover af/giungere altro alle cose gi�. dette (in questa Rassegna 1948, n. 10, pag. 1-11, n. 2, pag. 39; .1953, p. 7 e seg.). Invero, o ad esso si attribuisce quella efficacia giurisdizionale o para-giurisdizionale, esclusa dalla dottrina pi� autorevole e dalle citate sentenze della Corte di Cassazione, ed allora l'istituto contrasta con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione e co.n i principi fondamentali della giurisdizione, che esigqno un contraddittorio ed una difesa -anche dell'Amministrazione -; o ad esso si attribuisce, come si deve, natura meramente. amministrativa, ed allora il diniego della piena tutela giurisdizionale degli interessi legittimi da esso eventUalmente lesi contrasta con l'art. 113 della Costituzione. In questa ultima ipotesi l'istituto �, altres�, privo di sostanziale efficacia,. perch� l'ordinamento non pre1Jede e non pu6 prevedere alcun mezzo� pm� assicurare l'esecuzione del provvedimento decisorio, qualora non sia registrato alla Corte dei Conti, e, . tanto men-o, la conformit� della decisione, rimessa al Capo dello Stato, al parere del Consiglio di Stato. Questa controversia, di scarso valore economico, dimostra a sufficienza l'inutilit� dell'istituto e il grave pericolo, che si corre, di scardinare i principi fondamentali dell'ordinamento pur di assicurare in ogni modo e la conformit� del provvedimento al parere reso dal Consiglio di Stato in Adunanza Generale e la esecuzione del provvedimento, nonostante la sua eventuale sostanziale illegittimit� (nella specie il parere, com'� noto, era accidentalmente contrario alla giuri, . sprudenza del Consiglio di Stato in sede gj,urisdizio-. nale ed il provvedimento, conforme al parere, era senza dubbio illegittimo) . . 'Il ricorso straordinario � sempre stato considerato un rimedio amministrativo, residuo storico della giustizia ritenuta, deciso con particolari garanzie, ma pu1� sempre con un provvedimento formxlmente e sostanzialmente amministrativo, avverso il quale il ricors-o giurisdizionale � escluso solo per la considerazione, d'ordine procedurale, che il Consiglio di Stato, sia pure in sede consultiva, si � gi� pronunziato sulla questione in Ad-ananza Generale, cio�, con la partecipazione di tutti i suoi componenti. . Questo provvedimento decisorio, che per la forma. � atto del Governo, � stato sempre sottoposto alla registrazione ed attualmente rion pu6 non esservi. soggetto per il categorico precetto contenuto nell'art. 100, secondo comma, della Carta Costituzionale. Quando abbia, come nella specie, ad oggetto questioni di pubblico impiego e per di pi� a contenuto economico, esso deve essere soggetto a registrazione anche per la sua intrinseca natura ed i suoi effetti fln�nziari. D'altra parte, la pi� antica dottrina si era posto il problema del rifiuto d�i registrazione ed avevx ritenuto ch'esso fosse esplicitamente e chixramente i�isolto dalla legge, la quale aveva attribuito,. in tale ipotelfi, -56 al Governo il potm�e di scegliere fra la richiesta di 1�e~ gistrazione con riserva -quando fosse possibile e l'emanazione di un nuovo p1�ovvedimento, difforme dal parere reso dal Consiglio di Stato. � Il Cammeo (Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, pag. 644) cos� testualmente si esprimeva: <<Pu� accadere quindi (come � accaduto) che ad un� decreto reale, che ha risoluto un ricorso straordinario in conformit� dei criteri giuridici accolti nel parere del Consiglio di Stato, la Corte dei conti rifiuti la registrazione ritenendolo illegale per erroneit� dei criteri giuridici adottati in merito. Si verifica cos� un conflitto fra la Corte dei Conti e l'adunanza generale del Consiglio di Stato. Per risolvere questo conflitto non si possono in astratto che immaginare tre sistemi, i quali esaut�iscono tutte le pensabili ipotesi: o ritenere che con il rifiuto di registrazione della Corte dei Conti sia esaurita tutta la procedura senza necessit� di provocare un voto del Consiglio dei ministri, che decida se debba ordinarsi la registrazione con .riserva o emettere un decreto reale il quale si discosti dal parere del Consiglio di Stato e possa esser registrato o ritenere che il� governo abbia ipso jure l'obbligo di provocare la registrazione con riserva del decreto, cos� come � ormai redatto in conformit� del parm�e del Consiglio di Stato; o ritenere che il ministro competente debba provocare dal Consiglio dei ministri una deliberazione e che questo abbia facolt� di scegliere fra la tegistrazione con tiserva e la adozione di una decisione diversa da quella suggetita dal Consiglio di Stato. La pt�ima soluzione � evidentemente illegittima, perch� si riduce a rifiutare una legale decisione del ricorso. Con essa non si arriva mai all'emanazione di un decreto reale; ma il ministro proponente, non provocando il voto del Consiglio dei ministri pm�ch� in uno dei due modi possibili dirima positivamente il conflitto, in sostanza si arbitra da solo e negativamente a rigettare il ricorso. Cos� si viene a violare il . diritto del ricorrente ad ottenere una decisione e ad ottenerla con un decreto reale conforme o al parere del Consiglio di Stato o alla deliberazione del Consiglio dei Ministri. � La seconda soluzione non sarebbe meno errata. Innanzi tut.to se fosse obbligatorio per il ministro competente portare in consiglio dei ministri la proposta della registrazione con riserva e per il consiglio fosse obbligatoria votarla, ci� verrebbe ad implicare in ultima analisi che i decreti reali su t�icotso gerarchico sfuggono al controllo. della Corte dei Conti: il che, come abbiamo osservato, contrasta con il sistema vigente. In secondo luogo la registrazione con riserva � un. atto che involge la. responsabilit� collettiva del Gabinetto, che eccit� ipso jure il controllo parlamentare; � cio� un atto eminentemente discrezionale, che quindi non pu6 mai essere obbligatorio . .Anzi esso � un atto, che, portando con s� la presunzione che la necessit� di Stato s�vrasti alle ragioni di legittimit� affacciate dalla Corte, costituisce atto di potere politico; laonde la obbligatot�iet� ad emanarlo, se pu1� fosse concepibile, non potrebbe aver alcuna sanzione sia� in an'azione giudiziaria, sia in un ricorso alla IV Sezione, sia in qualunque altro 1�im�dio di legittimit�, cui sottostia il governo (numero. 254). . Il conflitto insot�to va certamente risoluto se non si vuole incorrere in un diniego di giustizia; ma esso non pu� risolversi nec�ssariamente a priori col da1� ragione senz'altro o alla Corte dei Conti o al Consiglio di Stato infmngendo la resistenza .della Corte. La alternativa fra queste due vie si impone ma la scelta fra le medesime appa"tiene al consiglio dei ministri. Se si prefm�isce l'opinione del Consiglio di Stato, occorre il deliberato del consiglio dei ministri per ordinare la registrazione con riserva; se si preferisce l'opinione della Corte e si vuol emanare un decreto 1�eale che sia spontaneamente registrato, occorre il voto dello stesso consiglio dei ministri che autorizzi l'emanazione di un decreto reale non conforme al parere del consiglio di Stato. Perci� il ministro competente � obbligato a portare l'affare in consiglio dei ministri; e il consiglio obbligato soltanto a risolvere il conflitto, conservando per� piena facolt� di scelta fra una delle due vie. Entrambe per� rispondono alla legge e conducono alla decisione del ricorso con un decreto reale, che ha tutti gli elementi formali richiesti �. � .Analogamente si esprimeva il RANELLETTI (Le Guarentigie, pag. 167 e 192): �L'atto, oon cui l'amministrazione decide un ricorso � un atto amministrativo e per conseguenza l'autorit�, che lo hx emanato, pu6 sempre revocarlo, di propria iniziativa � o su domanda degli interessati. L'interessato potr� sempre chiedere al Re la revoca del decreto, ohe � atto amministrativo 1�egolato dai principi generali sulla revoca degli atti amministrativi >>. Non diversamente opina il BORSI (La Giustizia amministrativa�, pag. 95): �Il decreto (di decisione) � un puro e semplice atto amministrativo ... deve essere 1�egistrato alla Corte dei Conti . .. La revocazione � ammissibile tenendo conto del parziale fondamento comune della revocazione dei giudicati e della �revoca dei provvedimenti�. . Pi� espliciti al 1�iguardo sono il VITTA (Diritto amministrativo, vol. II, pag. 405) e lo ZANOBINI (Corso di diritto amministrativo, vol. II, pag. 86). Il prim:> cos� si esprime: � Il decreto presidenziale, che ha deciso il 1�icorso straordinario � sottoposto, come ogni altro decreto presidenziale, alla registrazione della Corte dei Conti. Se la Corte rifiuta il visto, nonostante il Governo si sia attenuto al parere del Consiglio di Stato, sar� chiamato il Consiglio dei ministri a dirimere tale conflitto di opinioni esistenti fra i due consessi. Vedr� il Consiglio dei ministri se convenga ins�istere nel primitivo decreto, chiedendone la 1�egistrazione con riserva (se possibile), oppure emanare un nuovo decreto difforme dal parere che. il Consiglio di Stato aveva dato >>. Lo Zanobini, infine, enuncia cos� il principio: � Pu� accadere che la Corte dei Conti, anoorch.� emesso in conformit� del parere del Consiglio di Stq,to, ritenga illegittimo il decreto e rifiuti in conseguenza la registrazione. In questa ipotesi si verifica un evidente contrasto fi�a .l'avviso del Consiglio di Stato e quello della Corte dei Conti; .contrasto, d.i fronte al quale il Governo pu� modificare il deoreio allontanandosi dal pa1�ere del Consiglio di Stato, oppure tener fermo l'atto e chiedere alla Corte la registrazione con riserva. Pm� entram;e le soluzioni � necessa1'ia la delibemzione del Consiglio dei ministri �. -51 ll Oonsigtio di Stato, con Ja sua prima decisione, ritenne di. superare il rifiuto di registrazione negando al Governo il potere di modificare il provvedimento, peraltro, non ancora efficace appunto peroh� non registrato, e la Corte di Cassazione, oon una sentenza, a nostro avviso non molto felice, rigett� il ricorso da noi proposto. Veniva cos� sconvolto uno dei cardini del sistema, negandosi all'amministrazione il potere di provvedere in seguito al rifiuto di registrazione della Corte dei Conti e di eliminare l'atto, non ancora efficace; ritenuto illegittimo. Ma la questione non trovava una soluzione, peroh� l'atto restava non eseguibile e legittim mente non �seguibile. Con la decisione, che si annota, si � fatto un passo avanti su una strada ancora pi� malsicura di quella, a suo tempo imboccata. Apparentemente si risolve una questione di competenza, affermandosi ohe competente a decidere la questione � il Consiglio dei Ministri e non il singolo Ministro; ma sostanzialmente si vuole escludere il controllo di legittimit� della Corte dei Conti o, comunque, affermare l'obbligo del Governo di chiedere la registrazione dell'atto con riserva. La decisione, a nostro avviso, � errata perck� l'atto impugnato era una mera comunicazione del rifiuto di registrazione e della inefficacia del provvedimento non registrato, con la conseguente innegabile impossibilit� di darvi esecuzione. N� poteva trascurarsi la considet�azione, di per s� assorbente, che non solo la richiesta di registrazione con riserva, mx anche l'atto qel Ministro, che questa richiesta proponga al Consiglio dei ministri, � atto politico, che involge �la responsabilit� politica del Ministro proponente e del Consiglio. Ma, come si diceva all'inizio, la decisione � grave e grav6mente errata per le cose non dette, pi� che per quelle che costituiscono i veri e propri motivi posti a base della decisione. Si definisce, ad esempio, discutibile opinione quella da noi espressa e secondo la quale gli atti di controllo della. Corte dei Conti son1> sottratti alla giurisdizione del Consiglio di Stato. Ma questo � notorie mente uno dei cardini del sistemx. La Corte dei Conti, organo costituzionale, non � un'autorit� amministmtiva, ai sensi dell'art. 26 Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, e i suoi atti, anche quando attengono al rapporto di impiego dei suoi mxgistrati e funzionari, sono sottratti alla giurisdizione e del Consiglio di Stato e dell'autorit� giudiziaria ordinaria, salvo soltanto il ricorso alla Corte di Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, previsto dall'art. 111 della Costituzione, avverso le d�eisioni della Corte stessa. La decisione della Sezione de.l Controllo, che rifiuti la registrazione, � certamente sottratta ad ogni controllo giurisdizionale, ancorch� se ne riconosca la natura sostanzialmente amministrativa e non giurisdi. donale, come da pi� parti si sostiene. Si riafferma la natura para-giurisdizionale del provvedimento. e l'obbligo dell'amministrazione di usare tutte le facolt�. per darvi esecuzione, sottintendendosi in questa lata accezione anche la facolt� di chiedere la registrazione con riserva, e si qualifica la violazione di questo preteso �obbligo� <JM>itJ un easo di denegata giustizia. Ma la giustizia � funzione giurisdizionale, affidata dalla Costituzione al potere giudiziario ed agli organi di giurisdizione speciale, con il rispetto di determinate garanzie, quali il contraddittorio, la difesa e il ricorso pm� Cassazione. Diniego di giustizia si ha quando non si pronunzi o non si esegua una decisione giurisdizionale, non gi� quando non si dia esecuzione ad un atto amministrativo, per di pi� non registrato perch� ritenuto illegittimo. ' Si afferma che la Corte dei Conti avrebbe dovuto limitarsi� al controllo della legalit�. estrinseca del provvedimento e non�sindacarne il merito quando � comunemente ritenuto che il controllo di legittimit� della Corte dei Conti (art. 100 Oost.) non � limitato alla legalit� estrinseca, ma ha la stessa estensione del controllo di legittimit� che esercita il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e ne �, anzi pi� ampio, perch� non condizionato dai motivi di ricorso. D'altra parte, il parere fatto proprio dal provvedimento diventa parte intrinseca di esso ed il controllo di� questo involge necessariamente il controllo� di quelw. Si afferma, inoltre, ohe la pretesa di diritto sostanziale dei ricorrenti � stata riconosciuta dalla decisione del Consiglio di Stato, ohe ha annullato il provvedimento di revoca, e dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso, aff ermxndo la giurisdizione del Consiglio di Stato, quando n� l'una, n� l'altra decisero il merito della controversia, che non era oggetto del giudizio, limitandosi l'una a negare alla P.A. il potere di revocare il provvedimento decisorio e l'altra ad inquadrare la materia controversa nel rapporto di pubblico impiego. Ben � vero ohe la decisione del Consiglio di Stato defin� il primo decreto presidenziale, nonostante non fosse stato registrato, la �unica decisione perfetta, valida ed irrevoeabile n del ricorso straordinario; ma da questa affermazione, fatta ai fini della negazione del� potere di revoca, non pu6 trarsi la illazione ohe si sia formxto il giudicato sulla legittimit�. sostanziale e formale del decreto stesso. Tutto ci6, come si � detto, pe'�' assicurare la conformit� del provvedimento al parere espresso dal Consiglio di Stato e l'esecuzione di esso, nonostante il rifiuto di registrazione della Corte dei Conti. Riteniamo davvero ohe non valga la pena di scardinare i principi fondamentali dell'ordinamento e creare un grave confiitto fra i supremi organi dello Stato per cos� tenue risultato e per dare vitalit� ad un istituto, storicamente superato e contrastante con i principi fondamentali del vigente ordinamento costituzionale. \ ~; ORIENTAMENTI G I u�R ISP RUDE N ZIA L 1 DELLE CORTI DI MERITO COMPETENZA E GIURISDIZIONE � Danni di guerra � Contestazione sui limiti di indennizz.o � Difetto di giurisdizione dell'A.G.O. (Tribunale di Mil11no, . Sent. 9 dicembl'.e 1930 e 30 gennaio 1961 -Pres. ed Est. : Castelli -Mazzanti c. Ministero del Tesoro); Difetta di giurisdizione l'A..G.O... a conoscere d'una azione proposta contro il Ministero del Tesoro con la quale, senza discutere se si::i, doyu,to indennizzo per danno di guerra e. quale ne sia l'importo, si contesti soltanto l'applicazione� dei criteri stabiliti nell'art. 28 della legge n. 968 del 1953 in materia di limiti di indennizzo. Trascriviamo la motivazione in diritto della sentenza. La domanda � configurata dall'attore quale azione di responsabilit� della pubblica Amministrazione per atto illegittimo del funzionario. Per comprendere le ragioni su cni si fonderebbe l'asserita illegittimit�, bisogna tener presente il contenuto del comma primo degli art. 25 e 28 della legge 27 dicembre 1953, n. 968. Secondo l'art. 25: �l'indennizzo � concesso in misura .pari all'entit� del danno valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, moltiplicato per il coefficiente 5 �; secondo � l'art. 28, qualora l'entit� del danno valutato ai sensi della presente legge superi i 5 milioni, 10 milioni, 15 milioni, l'indennizzo � ridotto rispettivamente a met�, ad un terzo, ad un quarpo. � avvenuto che l'Intendenza di Finanza, nella determinazione dell'indennizzo spettante al Mazzanti, ha ritenuto di applicare i limiti fissati dall'art. 28 non sulle entit� del danno valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, bens� sulla misura del danno stesso, moltiplicato per il coefficiente cinque. Secondo l'attore, tale interpretazione sarebbe erronea (da �ci� l'illegittimit� del provvedimento di liquidazione), in quanto, in base alla lettera. tre e allo spirito della legge, i limiti sopra richiamati dovrebbero essere applicati all'entit� del danno valutato ai prezzi vigenti al 30 giugno 1943, prima della moltiplicazione per il coefficiente predetto: adduce, a conforto del suo assunto, una conforme decisione, vend�ta del Consiglio di Stato, in data 27 giugno e 25 ottobre 1960, pronunciata in causa Compagnia Italiana d'Oltremare contro il Ministero del Tesoro. .La convenuta . eccepisce, in via pregiudiziale, l'improponi'Qilit� della domanda per difetto di gh:.�isdizione dell'autorit� giudiziaria ordinaria. L'eccezione � pienamente fondata. Poich�, invero, in base ai fondamentali principi della vigente legge sul contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, allegato E), la giurisdizione del magistrato ordinario nei confronti della pubblielli Amministrazione � limitata alla pretesa fondata su un vero diritto soggettivo, con esclusione di quelle fondate, invece, sopra un semplice interesse del singolo (attribuente per la decisione alle autorit� amministrative), in tanto questo Tribunale potrebbe conoscere� dell'azione proposta dal Mazzanti contro l'Amministrazione delle Finanze in quanto le norme che egli assume violate nella liquidazione del suo danno di guerra fossero fonte per il privato di un vero diritto soggettivo. Ma ci� non �. La Corte Suprema ha avuto occasjone di statuire che <dn materia di indennizzo per danni di guerra� che cc non sussiste un diritto soggettivo perfetto del privato, di proporre azione davanti all'autorit� giudiziaria ordinaria (Cassazione 20 giugno 1954) � e che <<il cittadino il quale. ritenga che ingiustamente gli sia stato negato l'indennizzo dei danni di guerra e gli sia stato liquidato in�misura-minore di quella dovuta non pu� invocare la tutela della autorit� giudiziaria ordinaria, perch� non � titolare di un diritto, perfetto da far valere� (Oassazi�ne 23 febbraio 1954, n. 491). Analogo concetto trovasi pi� compiutamente espresso nella relazione ministeriale al progetto della legge n. 968: cc Partendo dal' presupposto che la materia dei danni di guerra � denominata dallo interesse pubblico, si perviene alla conclusione che un interesse individuale in tanto pu� viceversa protezione � dalle norme giuridiche in quanto � strettamente connesso con quelle generali. L'interesse privato viene cio� assunto come strumento giuridico per la realizzazione dell'interesse pubblico ed � tutelato, per la rigida osservanza delle norme e delle prescrizioni di legg�; �attra~er~o il ricorso al Consiglio di Stato. Questa protezione �, sotto alcuni profili, pi� intensa e penetrante di quella accordata al diritto soggettivo perfetto, poich�, com'� noto, il Giudice ...... 59 amministrativo dispone del sindacato per accesso di potere che non possiede il Giudice ordinario �. Supposto, quindi, come vera la denunciata viofazione delle cennate norme di legge da parte della Amministrazione, poich� tali norme sono state dettate non gi� nell'interesse del singolo, ma nello interesse generale, la violazione di esse non costituisce per il singolo un diritto soggettivo, ma semplicemente un suo interesse occasionalmente� protetto, in quanto .nel caso� specific� il suo interesse coincide con quello generale; in questo caso, quindi il singolo non pu� invocare la tutela giurisdizionale d~'autorit� giudiziaria ordinaria. .Richiamiamo l'attenzione su questa interessante sentenza, la cui esattezza ci sembra indiscutibile. Essa, infatti ��sulla linea della giurisprudenza consolidata .della Corte Suprema della quale ci sembra opportuno richiamare qui la sentenza n. 1073 dell'll aprile 1959 in causa Marvasi c. Ministero Giustizia, di cui riportiamo la motivazione in diritto sul punto che ci riguarda: Non si dubita che la situazione giuridica del Ma.rvasi sia quella di un concorrente escluso dalla partecipazione a pubblico concorso e che dalla affermata illegittimit� del provvedimento ammini; strativo di esclusione, per violazione di norma di legge sui requisiti dei limiti di et� (D.L.L. n. 10 del� 1945), il Marvasi stesso intende trarre titolo per chiedere al giudice ordinario la condanna della amministrazione � al risarcimento del danno. Ma se pure il Marvasi, col chiedere il risarcimento del danno,. abbia configurato la sua pretesa come diritto soggettivo perfetto, . tale prospettazione non � di per s� suffi.ciente a determinare la giurisdizione del giudice ordinario, essendo invece necessario, secondo il ben noto criterio di discriminazione delle competenze giurisdizionali nei confronti degli atti amministrativi (diritti -interessi legittimi), che il giudice, sia esso ordinario o amniinistrativo, per affermare o negare la propria giurisdizione, esamini la domanda, non soltanto in relazione a ci� che la .parte letteralmente prospetta e chiede (petitum formale), ma soprattutto in relazione all'oggetto essenziale della controversia quale risulta dalla materia dedotta in giudizio (petitum sostanziale) (da ult. cfr. sentenza 3457/1958). E, nella -fattispecie concreta, l'oggetto della domanda (secondo la testuale formula dell'art. 386 O.p.c.) si fondava su interesse legittimo del privato nei confronti della pubblica amministrazione. Perch� le norme, alla cui violazione l'attuale ricorrente ricollega la cennata pretesa risarcitoria, in quanto � dirette a regolare l'ammissione a pubblico concorso, hanno a tutela, nel loro contenuto fondamentale, l'interesse pubblico, generale, attinente all'organizzazione dei pubblici uffici, e non prendendo quindi le norme medesime direttamente e immediatamente � in considerazione interessi individuali dei privati concorrenti, non possono esse ovviamente creare correlativamente in costoro un diritto soggettivo perfetto all'amm.issione. Diritto subbiettivo che non sorge ne'ppl,lre quando l'amministrazione, nell'esplicazione del suo potere di accerta mento dei requisiti prescritti per Pamm�ssion�, trova tale suo potere vincolato dai rigtdi criteri obbiettivi fissati dalla legge per taluno o pi� requisiti medesimi (come, ad esempio,� per quello della et�); giacch� non � esatto, come assume ilricorrente, che dovunque vi sia attivit� vincolata d.ell'amministrazione ivi debba corrispondere, in perfetto parallelismo, diritto subbiettivo del cittadino. Nel diritto pubblico, � ben frequente la possibilit� di obblighi o doveri� giuridici, incombenti allai pubblica �amministrazione, i quali :rimangono disgiunti da un altrui diritto. Basti pensare a tutto il complesso di norme. poste a guida della pubblica amministrazione e regolanti l'attivit�, 'i criteri e i modi di azione di essa (le cosidette norme di azioni) �per scorgere infatti come, pur essendo l'amministrazione strettamente legata al rispetto delle norme stesse (e quelle di cui &i discute sono appunto di questa categoria) della attivit� cosi vincol�ta non sorgano in altri soggetti diritti subbiettivi che come tali possano farsi valere innanzi al giudice ordinario. Quei doveri imposti dalla norma non lo sono a tutela immediata e diretta di una posizione di vantaggio di 'singoli soggetti (come per converso avviene nelle contrapposte norme di relazione), bensi a tut�la di e�sclusivo interesse generale; ed in tal caso il principio operante � nel senso che di fronte all'atto illegittimo dell'amministrazione, che non pu� ledere altrui diritti, perch� questi non sono mai sorti, ma solo interessi legittimi, la �tutela giurisdizionale rispetto all'atto medesimo, a cui si riconnette il potere vincolato dell'amministrazione, spetti al giudice amministrativo (cfr. sentenza n. 762/1956; 2551/1957). A. ragione quindi i giudici del merito hanno� declinato la propria giurisdizione a conoscere della presente controversia, il cui oggetto essenziale � costituito dalla lesione di un interesse legittimo e non di un diritto subbiettivo perfetto. La questione decisa dal Tribunale di Milano � probabilmente destinata a ripresentarsi a seguito della decisione dell'A.P. del Consiglio di Stato che ha interpretato l'art. 28 sopra citato nel senso che i limiti in esso stabiliti si applicamo all'importo dello indennizzo prima dell'applicazione del co'eff�ciente di rivalutazione, e non dopo come finora sempre praticato dall'Amministrazione. � evidente che se si accettasse la tesi della competenza dell'A.G.O. potrebbero essere avanzate, nei limiti del termine prescrizionale, pretese di rivalutazione da tutti quei danneggiati di guerra che finora si sono acquietati alla interpretazione dell' Amministrazione. REGISTRO -Rapporto di collegamento per impor tazioni -Natura. (Appello di Catania -Pres. i Oiffo; Est.: Torresi; 12 gennaio 1961-Tringale c. ;ifi~anze). In un rapporto d'importazione-esportazione in compensazione privata gli operatori nazionali assumono obblighi di dare e di fare, che presciniono dai rispettivi contratti con gli operatori esteri ed hanno ad oggetto l'intero valore dell'operazione. Il predetto rapporto, perci�, quando sia enunciato in un atto sottoposto a registrazione o posto a base di una sentenza deve scontare la tassa d'obbligo. Segnaliamo questa sentenza sia pm� la importanza delle questioni giuridiche risolte, sia per la perspicua e dotta motivazione di cui trascriviamo la parte relativa alla massima. Osservai la Corte che, ai fini dell'esame del gravame proposto dalla ditta Tringale e prima ancora di esaminare la natura giuridica del rapporto intercorso tra i due operatori nazionali collegati (tra la ditta Tringale e la ditta Esposito) nell'affare di reciprocit� dal quale ha tratto origine la controversia defi.nita con la sentenza della cui tassazione si discute, occorre richiamare il contenuto dello art. 4, terzo comma della Legge del Registro, dell'art. 28 della relativa Tariffa allegato A (parte II) e dell'art. 72 della stessa Legge. Detta l'art. 4, terzo comma, della citata legge: cc La tassa proporzionale si applica alle trasmissioni a titolo oneroso di propriet�, di usufrutto, uso e godimento di beni mobili od immobili e di qualsiasi altro diritto reale, . ed agli atti che contengono obbligazione o liberazione di somme o p1�estazioni )). L'art. 28 allegato A della Tariffa prevede le e< obbligazioni di somme di denaro, promesse di pagare, prestiti, promesse di prestiti, aperture di crediti etc. )). L'art. 72 infine, dispone che cc quando le sentenze pronunciano su domande che si basano su convenzioni non ridotte in iscritto o per le quali non siano stati enunciati titoli registrati, si applica, oltre la tassa dovuta sulla sentenza, anche la tassa alla quale la convenzione avrebbe dovuto assoggettarsi secondo la sua natura, se fosse stata precedentemente registrata)). Come rilevasi dalla copia letterale dell'art. 14528 del 25 agosto 1953, l'Ufficio impositore ha ritenuto che, in seguito ai rapporti intercorsi tra la ditta Tringale e la ditta Esposito, nell'affare di reciprocit� dal quale trasse origine la controversia definita con la sentenza 26 maggio-23 giugno 1951, della cui tassazione oggi si discute, sia sorto cc un obbligo di dare e di fare per l'intero ammontare dell'affare in L. 45.430.743 ii. Or ritiene la Corte .che tale interpretazione data dall'Ufficio impositore al rapporto intercorso tra i due operatori nazionali collegati nell'affare di reciprocit�, oggetto della menzionata sentenza ( ... ob-� bligo di dare e di fare) sia, oltre che corretta, aderente al pensiero espresso dal Tribunale con la menzionata sentenza 26 maggio-28 giugno 1951. E qui occorre sia subito messo in rilievo che, ai fini della tassazione e della conseguente necessaria qualifi.cazione giuridica di un atto, si deve, per espres.sa no;rma di legge (art. 8, primo comma, Legge del registro), avere riguardo alla natura intrinseca di esso ed agli effetti che ne derivano, se �nche non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. Principio questo il quale importa che, qualunque sia, in ipotesi, la natura giuridica che al rapporto in esame abbia dato-la sentenza della cui tassazione si discute, l'Ufficio impositore � solo tenuto, ai f�,ni. della tassazione, ad esaminare l'atto nella sua intrinseca natura giuridica, oltre che negli effetti, giuridici ed economici, che ne derivano .. Si che non � l'Ufficio tributario tenuto a conformarsi alla denominazione data all'atto dalle parti o dal giudice, ma deve accertare la vera, intrinseca sua natura giuridica e gli effetti che, nel campo giuridico-patrimoniale, ne sono derivati. E ci� va detto, sopratutto, per mettere in rilievo che qualunque fosse stato il pensiero espresso dal Tribunale con la sentenza in tassazione sulla natura giuridica del rapporto intercorso tra la ditta Tringale e la ditta Esposito, cio� sul negozio di collegamento intervenuto tra i due operatori nazionali (l'abbia il Tribunale considerato come un obbligo di dare, ovvero come un obbligo di fare, ovvero ancora come un obbligo di fare e di dare insieme), l'Ufficio impositore aveva il potere-dovere di procedere alla tassazione della convenzione intercorsa tra i due operatori nazionali collegati (non essendo dubbio che di una convenzione si tratti), con riguardo alla sua intrinseca natura giuridica e con riguardo ai suoi effetti. E gli era anche consentito il ricorso alla interpretazione analogica, per la norma contenuta nel secondo comma del citato articolo della Legge del registro. Fatta tale precisazione, osserva la Corte che la natura giuridica del rapporto intercorso, nell'affare ili reciprocit� in questione, tra i due operatori nazionali collegati (la ditta Tringale da Catania e la ditta Esposito da Napoli), consiste appunto in una convenzione, evidentemente bilaterale, avente per oggetto un obbligo reciproco di fare e di dare. E tale, a giudizio della Corte, lo ritenne il Tribunale con la sentenza in tassazione, nonostante talune espressioni usate possano, a prima vista, far pensare che si sia voluto� tale obbligo ...reciproco far consistere soltanto in un facere. Se � vero, infatti, che il Tribunale, a certo punto, osserv� che il mancato conseguimento del prezzo da parte della ditta Tringale della merce esportata, non imputabile all'U.I.C., non poteva dar luogo ad un'azione di adempimento nei confronti della ditta Esposito tendente al pagamento del prezzo, bens� cc ad un'altra azione fondata sull'inadempimento � di un obbligo di fare, consistendo sempre in un facere l'obbligazione che l'importatore e lo esportatore nazionali assumono reciprocamente ii, � pur vero che lo stesso Tribunale, nello indagare sulla natura giuridica del rapporto (o vincolo giuridico) intercorso tra i due operatori nazionali, aveva poco prima ed esattamente rilevato trattarsi di una cc convenzione in virt� della quale esportatore ed importatore nazionali, consapevoli che l'uno conseguir� il prezzo della sua esportazione � in quanto l'altro adempia l'obbliga.zione (pagamento del prezzo) derivantegli dal suo contratto con il suo esportatore estero: e, viceversa, il secondo (importatore) conseguir� la cosa (merce) in quanto il primo (esporta.tor~) adempie la propria obbligazione (consegna della merce all'importatore �straniero), reciprocamente si impegnano alla piena e leale esecuzione del proprio contratto, e cio� non solo all'adempimento della propria obbligazione (vm�samerito del prezzo all' U. l. O. per l'1~1w e .':!ptJdizione -61 della merce pm� l'altro), ma anche a fare tutto quanto in potere di ciascuno per la completa e soddisfa . cente liquidazione dell'affare �. ~ Anche quindi secondo la costruzione giuridica data dal Tribunale con la sentenza della cui� tassazione si discute al negozio di collegamento intervenuto tra i due operatori nazionali. collegati nello affare di reciprocit�. in esame, l'operatore importatore nazionale, cio� la ditta Esposito, avrebbe assunto verso il suo operatore nazionale �collegato (la ditta Tringale) una duplice obbligazione; una tipicamente di dare (versare il prezzo della merce importata, cio� del pesce salinato, nell'intero importo di Korone 400.100 al cambio pattizio di Lit. 97198, pari a Lit. 45.430.749 all'Ufficio Italiano dei Cambi); l'altra tipicamente di fare (far si che dando piena� ed esatta esecuzione all'obbligazione assunta con il proprio contraente estero, la Dahl, l'affare di reciprocit� si fosse potuto portare feli cemente a termine). N� si dica che la prima di tali obbligazioni, quella cio� consistente nell'obbligo di pagare una somma di denaro (il prezzo della mer�e importata), la ditta Esposito l'abbia assunta unicamente nei confronti del proprio venditore estero (la Da.hl). Se � fin troppo chiaro che nella compra-vendita (e nessuno ha mai dubitato che tra l'esportatore nazionale ed il proprio importatore estero e tra l'importatore nazionale ed il proprio esportatore estero vengono ad essere poste in essere due distinte, per quanto non del tutto autonome, 'Convenzioni nelle quali vanno configurati due contratti di compravendita) l'obbligo del pagamento del prezzo da parte del compratore non pu� che assumersi nei confronti del proprio venditore, � per� pur vero che nell'affare di reciprocit�., per gli innegabili profili pubblicistici (valutari) che ogni singolo contratto di compra-vendita assume, l'obbligo del pagamento del prezzo da parte dell'importatore nazionale viene assunto, oltre che nei confronti del proprio contraente (venditore esportatore estero), anche nei confronti del proprio operatore nazionale collegato, in forza appunto del negozio di collegamento che assume cos� funzione strumentale rispetto all'affare di reciprocit�. al quale inerisce. N� vale che la ditta Esposito non sarebbe stata in ogni caso tenuta ad eseguire direttamente il pagamento del prezzo nelle mani del proprio operatore nazionale collegato (la ditta Tringale), dovendo per norma inderogabile, d'ordine pubblico, il versamento del prezzo della merce importata essere <<effettuato� presso l'Ufficio Italiano dei Cambi (.art. I, secondo e terzo comma, D.M. 31 marzo 1948). Ci�, infatti, avviene soltanto ai fini di quel tal controllo nei pagamenti tra i due Stati interessati che, ai fini valutari, le norme contenute nel detto decreto hanno inteso assicurare per fini superiori di interesse nazionale, giacch� essendo quel prezzo sostanzialmente destinato al proprio operatore nazionale collegato, in �corrispettivo della merce esportata, il quale soltanto ha il diritto di riscuoterlo, l'obbligo di pagare il prezzo della merce importata certamente assunto dall'operatore nazionale importatore, devesi ritenere assunto, oltre che nei confronti dell'esportatore estero, anche nei confronti del proprio operatore collegato, cio� dall'esportatore nazionale. E se ne ha una riprova nel fatto che, volendo, ben potrebbe quest'ultimo esercitare, nei confronti del proprio operatore nazionale collegato inadempiente al pagamento del prezzo, l'azione tendente a far versare questo preBBo l'Ufficio Italiano dei Cambi, per quindi, attraverso tale ufficio, farlo proprio. Sono note alla Corte le dispute che in dottrina. si agitano intorno alla natura giuridica del negozio di collegamento e come, per darne una costruzione giuridica quanto pi� possibile aderente ai principi, esso sia stato talvolta avvicinato all'istituto della delegazione, talvolta a quello della estromissione, talvolta ancora a quello dell'accollo e talvolta, infine, all'adempimento del terzo. Qualunque sia per� la opinione che al riguardo si voglia seguire (la disputa non � affatto ancora sopita), ai fini della questione che ci occupa sembra alla Corte sia sufficiente rilevare che, contenendo il negozio di collegamento, oltre che un obbligo di fare, gi� sopra messo in rilievo, una indubbia �obbligazione d�i somme�, cio� anche un obbligo di dare, contratta si dall'importatore nazionale verso il proprio esportatore estero, ma altresi verso il proprio operatore nazionale collegato, sia pure con obbligo, posto da particolari norme pubblicistiche (art. I D.M. citato), di effettuarne il versamento presso l'U.I.0., esso non pu� che sottostare alla tassazione prevista dagli artt. 4, terzo comma, 73 della legge del registro sopra ricordati, e 28 Tariffa .Allegato A alla stessa legge. E quanto alla causa giuridica del negozio pu� bene osservarsi, in favore della tesi ch'esso contiene e un obbligo di fare e un obbligo di dare, che il fine pratico che i due operatori nazionali collegati si propongono di raggiungere non � soltanto quello diretto a far si che l'affare di reciprocit�., nel quale si inserisce, costituito dai due noti contratti di compravendita che tra di loro in senso opposto si incrociano, sia portato felicemente a compimento, ma altresi e sopratutto che l'esportatore nazionale possa riscuotere in Italia, sia pure tramite l'U.I.C., il prezzo della merce esportata al cambio convenuto, e che l'importatore italiano possa pervenire alla consegna della merce acquisita. Peraltro tale configurazione giuridica del rapporto intercorso tra i due operatori nazionali, di convenzione cio� che ha per oggetto nel contempo un reciproco obbligo, oltre che di fare, anche di dare, trova riscontro nella struttura che allo stesso negozio ha dato il Supremo Collegio il quale lo qualifica �un accordo di pagamento e di cambio n (cfr. sentenza 16 aprile 1952, n. 1001 in �Giurisprudenza Completa Cass. Sez. Civ. n, 1952, 2� qua.dr. I, 557). Ed anche con la sentenza del 28 luglio 1951 n. 2165 (in Giur. It., 1951, I, col. 766 e segg.). La Suprema Corte ha sof!tanzialmente riconosciuto la esistenza di una obbligazione di dare nel rapporto che collega i due operatori nazionali, allorquando ha affermato che con gli affari"�di reciprocit�. gli Stati interessati ad altro non mirano che ad impedire il trasferimento di valuta da un paese all'altro, in quanto �il prezzo� delle vendite con cluse dai privati importatori ed esportatori, invece -62 di essere pagato iispettivamente dall'importatore nazionale all'esportatore straniero e dall'importatore straniero all'esportatore nazionale, viene s�ddisf atto nei diretti rapporti tra esportatore e importatore di oiasoun paese, attraverso l'opera e l'intervento di uffici amministrativi all'uopo predisposti�. La tesi �risulta anche essere stata di gi� accolta da questa Corte che, proprio nell'affare di reciprocit�. dal quale trae origine il negozio di collegamento intervenuto tra l~ ditta Tringale e la ditta Esposito, ha osservato che �nell'affare di reciprocit�. . . . ferma restando la struttura fondamentale di scambio duplice in senso contrapposto e per partit.e di valore equivalente n, la sola differenza dalla compensazione privata (comprivata) consiste solo in ci�: << ohe il pagamento del prezzo anzioh� direttamente tra privati avviene s� fra gli stessi, ma a mezzo ed attraverso gli uffici oambi dei paesi interessati n (sentenza 9 ottobre e 2 dicembre 1953). Visto cosi come devesi ritenere del tutto infondato il primo motivo di gravame, non potendosi seriamente sostenere che nella convenzione intervenuta tra i due operatori nazionali collegati vi sia solo una reciproca obbligazione di fare e non pure una obbligazione di dare, occorre passare allo esame del secondo e del terzo motivo. E qui occorre appena osservare che avendo l'obbligazione di pagamento assunta dall'importatore nazionale (la ditta Esposito) per oggetto l'intero prezzo. della merce che ha formato oggetto del contratto di compra-vendita intercorso tra l'esportatore nazionale (la ditta Tringale) e l'importatore straniero (la ditta Bache e Ambak), determinato al cambio originario di Lit. 97,98, la tassazione non poteva cadere che sulla intera somma di Lit. 45.430.749, essendo questo il valore della convenzione intervenuta tra L due operatori nazionali collegati, e non gi�. quello di L. 32.487 .000. Tale minor somma, unicamente dovuta all'impedimento nel quale era incorso la ditta Esposito per effetto della riduzione del cambio rispetto a quello originariamente convenuto, non poteva incidere sul valore della convenzione che rimaneva quello iniziale, del momento cio� in cui la convenzione medesima venne tra le parti conclusa. Essa rappresentava la somma dovuta dalla ditta Esposito alla ditta Tringale a titolo di risarcimento dei danni da quest'ultima sofferti in dipendenza dell'inadempimento nel quale era incorsa la Esposito, ma non poteva per nulla alterare il valore originario della convenzione, che rimaneva sempre quello di Korone 400.100 al cambio convenuto di Lit. 97,98. N� sarebbe possibile scindere la convenzione di cambio dalla convenzione di pagamento, essendo unioa ed inscindibile la convenzione intervenuta tra i due operatori nazionali collegati, nella sua struttura giuridica ed economica sopra esaminata. Si che essa, nella sua interezza, deve sottostare alla tassazione, a norma dei citati art. 4, terzo comma, 72 della Legge del . registro e 28 Tariffa Allegato A alla stessa legge. .Aveva pertanto evidentemente errato l'Ufficio impositore allorquando, in un primo momento, aveva limitato la tassazione alla somma di Lit. 32.487.000, la quale evidentemente �non rappresentava il valore della convenzione intervenuta tra i due operatori nazionali collegati. E sarebbe un ulteriore errore quello di scindere e separare ai fini della tassazione l'unica �convenzione intervenuta tra i due operatori nazionali, in due distinte convenzioni, una di pagamento ed una di cambio, e fissare il valore di quest'ultima nella differenza tra il cambio pattuito (Lit. 97,89 per Kor.) e quello corrente all'epoca della vendita in danno (Lit. 70,15 per Kor.). Non poteva, pertanto, trovare accoglimento la domanda riconvenzionale proposta dalla ditta Tringale nei confronti della .Amministrazione e bene essa fu dal Tribunale disattesa. IN.DICE SIS'l1 EMATICO DELLE eo N s�u L T A zI oN I LA FORMUL.AZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA �~ . . AMMINISTRAZIONE PUBBLICA; ENTI PUBBLICI -CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE. 1) Se sia legittima la partecipazione ad lln Consiglio di Amministrazione di �n ente pubblico di membri � esperti� non previsti dalla legge, che non abbiano diritto al voto (n. 255). CENTRI l'ER I SUSSIDI AUDIOVISIVI. 2) Se i Centri per i sussidi audiovisivi possano avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 256). ISTITUTI PROFESSIONALI l'ER L'AGRICOLTURA. 3) Se sia ammesso al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato l'Istituto Professionale per l'Agricoltura di Castelfranco Veneto, istituito con D.P.R. 30 settembre 1957 in base all'art. 9 R.D.L. 21 settembre 1938, Il� 2038 (n. 257). APPALTO FALLIMENTO DI IMPRESA Al'l'ALTATRICE -IMPOSTA DI CONSUMO. 1) Se, ii�l caso di fallimento di un'impresa appaltatrice che abbia eseguito lavori stradali per conto della Pubblica Amministrazione,. e della quale l'ANAS sia debitrice in virt� di tali lavori, sia ammissibile il pagamento dell'imposta di consumo da parte dell'ANAS in forza dell'ingiunzione emessa dall'Ufficio� Imposte di Consumo ai sensi del T.U. 14 aprile 1910, n.� 639, ed il succ�ssivo ricorso all'istituto della comp�nsazione ex art. 56 della legge fallimentare, provocando il formale provvedimento del Ministro competente, che pronunci la compensazione del credito della ditta verso l'ANAS in relazione alle maggiori somme doyute alla ditta per la liquidazione dell'appalto (n. 259). 2) Se sia .possibile chiedere l'annullamento della ingiunzione emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo pur senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi ammessi dall'art.' 90 del Testo unico sulla finanza locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto non il modo di 8d>plicaziori� dell'imposta, ma la legitti� mit� della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto di imposizione (n. 259). 3) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo, ai sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza locale, sia l'impresa appaltatrice di lavori per conto della Pubblica Amministrazione la cui opera al termine dei lavori non sia stata classificata come statale, ovvero l'ANAS, cui l'opera stessa � destinata (n. 259). ASSICURAZIONI ENPAS -AZIONE SURROGATORIA. Se l'E.N.P.A.S. possa agire in surrogatoria, a norma dell'art. 1916 O.e., per il recupero delle somme erogate per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di terzi (n. 58). AVVOCATI E PROCURATORI AVVOCATURA DELLO STATO. 1) Se i Centri per i sussidi audiovisivi possano avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 50). 2) Se sia ammesso al patrocinio dell'Avvocatura dello Stato l'Istituto Professionale per l'Agricoltura ai Castelfranco Veneto, istituito con D.P.R. 30 settembre 1957 in base all'art. 9 del'R.D.L. 21 settembre 1938, n. 2038 (n; 51). CACCIA E PESCA CACCIA IN ZONA MILITARE. Se sia legittima la concessione per la costruzione di un appostamento fisso di caccia in una zona militare aperta genericamente al pubblico (n. 17). CINEMATOGRAFIA CONTRATTO DI SCRITTURA CINEMATOGRAFICA -IMl'OSTA DI REGISTRO. 1) Se il contratto di scrittura cinematografica debba essere configurato come un contratto di lavoro autonomo (locatio �peris) o come un contratto di lavoro subordinato (locatio operarum) (n. 31). 2) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa allegato A �della legge di registro, sia rilevante la natura giuridica�del contratto di lavoro (contratto di lavoro auto -64 nomo o subordinato) ovvero la natura delle stesse presta� zioni in s� considerate (prestazioni intellettuali, oppure prestazioni di mera esecuzione) (n. 31). 3) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa �llegato A della legge di registro, le prestazioni dell'attore cinematografico rientrino fra quelle � dipendenti da arti liberali o professioni �, cio� di carattere intellettuale (n. 31). COMUNI E PROVINCIE DELEGAZION'I DI PAGAMENTO -TRATTAMENTO TRIBU� TARIO. Quale sia il trattamento tributario da applicare agli effetti dell'imposta di registro alle delegazioni di paga� mento fatte dai Comuni a carico degli appaltatori delle imposte di consumo a favore della Cassa DD. PP. o di altri Istituti di Credito agaranzia dei mutui contratti dai Comuni stessi (n. 88). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. CONTRATTI. l) Se la forma scritta sia richiesta a pena di nullit� per i contratti stipulati dalle Amministrazioni dello Stato (n. 183). 2) Se le Amministrazioni dello Stato possano validamente impegnarsi a mezzo di convenzioni verbali (n. 183). 3) Se le convenzioni verbali stipulate dall'Amministrazione dello Stato siano soggette a registrazione (n.~183). 4) Termini di registrazione dei contratti stipulati dalle Amministrazioni dello Stato non ancora approvati (n. 183). DANNI DI GUERRA CONTRIBUTO -CESSIONE AD UNA soomT� IN NOME COLLETTIVO. Se, nel caso di cessione del contributo statale per ripristino di fabbricati colpiti da eventi bellici ad una societ� in nome collettivo, la determinazione del contributo debba essere effettuata considerando la condizione patrimoniale e di i�eddito dei soci nell'anno 1945 (n. 106). DEMANIO ACQUISTO DI IMMOBILI DEMANIALI. Se un ente ecclesiastico riconosciuto, possa acquistare a trattativa privata immobili del Demanio dello Stato, ai sensi della legge 19 luglio 1960, n. 757 (n. 164). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE GESTIONE INA�CASA -APPROVAZIONE PROGETTI. 1) Se l'approvazione dei progetti di costruzioni destinate ad alloggi per lavoratori, compiuta dalla Gestione INA-Casa, liberi le Stazioni Appaltanti da ogni responsabilit� per vizi dell'opera dovuti a difetti !fi progetta zione (n. ll6). GESTIONE INA-CASA -ASSEGNAZIONE ALLOGGI. 2) Se un lavoratore che abbia ottenuto l'assegnazione di alloggio in cooperativa edilizia ma poi ne sia stato dichiarato decaduto per morosit�, possa partecipare a concorso per assegnazione di alloggi INA-Casa (n. ll7). GESTIONE INA-CASA -RESIDENZA. 3) Se possa essere ammesso al concorso per l'assegnazione di alloggi INA-Casa un lavoratore che, pur risultando iscritto nei registri del Comune ove sorgono gli alloggi, abbia altrove l'effettiva residenza (n. 118). ENTI E BENI ECCLESIASTICI AOQUISTO IMMOBILI DEMANIALI. Se un ente ecclesiastico riconosciuto, possa acquistare a trattativa privata immobili del Demanio dello Stato a sensi della legge 19 luglio 1960, n. 757 (n. 36). ESECUZIONE FISCALE PIGNORAMENTO. 1) Se un atto di diffida possa rendere inefficace il vincolo costituito a mezzo di pignoramento (n. 58). 2) Se i frutti dotali possano essere oggetto di espropriazione forzata per debito d'imposta (n. 58). 3) Se la disciplina prevista dal T. U. 29 gennaio 1958, n. 245, sulla riscossione delle imposte dirette, sia applicabile anche quando .};esattore non si avvalga della procedura privilegiata (n. 58). 4) Se sia possibile pignorare presso il terzo, in danno del soggetto che ha ex lege il diritto di riscuoterle, le somme che in forza di un rapporto obbligatorio il terzo sia tenuto a versare in favore di altro soggetto (n. 58). VENDITE MOBILIARI. 5) Se la vendita mobiliare di cui al secondo e terzo comma dell'art. 227 del Testo unico del 1958 sulle imposte dirette, disposta dal Sindaco nel primo caso e dall'Intendente di Finanza nel secondo possa essere affidata agli istituti autorizzat'i di vendite giudiziarie (n. 59). 6) Se riusciti in"ruttuosi gli espe imenti d"asta ritualmente promossi dagli esattori, l'Amministrazione finanziaria possa stipulare accordi con terzi per la vendita di beni mobili per �recupero delle somme dovute per imposte dirette (n. 59). ESECUZIONE FORZATA OPPOSIZIONE. 1) Se il titolare di un diritto reale di garanzia o di un diritto di credito assistito da privilegro speciale sia legittimato a proporre opposizio?e ex art. 619 c:p.c. (n. 24). VENDITE GIUDIZIARIE, 2) Se l'Amministrazione possa avvalersi dell'attivit� degli Istituti di vendite giudiziarie nelle esecuzion forzate mobiliari promosse in base al Testo unico 14 aprile 1910, u. 639 (n. 25}. 65 ESPROPRIAZIONE PER P. U. PIANO DI RICOSTRUZIONE. Se possa estendersi la qualifica di �espropriante � all'organo che ex lega, in sostituzione del soggetto beneficiario dell'espropriazione, assume l'iniziativa dell'esproprio (n. 165). FALLIMENTO CESSIONI DI CREDITO. 1) Sulla disciplina della cessione di cr~dito in sede :(allimentare (n. 61). 2) Sugli effetti del fallimento del cedente nei confronti del debitore ceduto (n. 61). 3) Se il debitore ceduto sia tenuto alla prestazione nei confronti del cessionario dopo il fallimento del cedente (n. 61). IMPOSTA DI CONSUMO. 4) Se il credito per imposta di consumo sull'energia elettrica sia assistito da privilegi� (n. 62). IMPOSTA DI CONSUMO -FALLIMENTO DI IMPRESA APPAL� TATRICE. 5) Se, nel caso di fallimento di un'impresa appaltatrice che abbia eseguito lavori stradali per conto della Pubblica Amministrazione, e della quale l'ANAS sia debitrice in virt� di tali lavori, sia ammissibile il pagamento dell'imposta di consumo da parte dell'ANAS in forza dell'ingiunzione emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo ai sensi del Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, ed il successivo ricorso all'istituto della compensazione ex art. 56 della legge fallimentare, provocando il for. male provvedimento del Ministro competente, che prouunci la compensazione del credito della ditta verso i'ANAS in relazione alle maggiori somme dovute alla ditta per la liquidazione dell'appaito (n. 63). 6) Se sia possibile chiedere l'annullamento della in� giunzione emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo, pur senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi ammessi dall'art. 90 del Testo unico sulla finanza locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto non il modo .di applicazione dell'imposta, ma la legittimit� � della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto di imposizione (n. 63). 7) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo ai sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza locale, sia l'impresa appaltatrice di lav�ri stradali per conto della Pubblica Amministrazione la cui opera al termine dei lavori non sia stata classificata come statale, ovvero l'A!''.~"AS, cui l'opera stessa � destinata (n. 63). FERROVIE CONCESSIONI DI VIAGGIO. 1) Se la concessione di viaggio prevista dall'art. 15 d(;llla legge 13 dicembre 1959, n, 1236 possa essere accor �data (in base a regola.mento) anche agli assuntori ces� sati dal servizio (n. 320). PERSONALE FERROV!AlUO -ART. 164 E 201 STATUTO lMPmGATI CIVILI DELLO STATO. 2) Se in virt� dell'articolo 209 dello Stato Giuridico del Personale F.S., possano trovare applicazione nei confronti dei dipenaenti della Amministrazione F.S., le norme di cui agli artt. 164, 50 coinma e 2Ul; irr comma del Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli Impiegati civili dello Stato (n. 321). 3) Se si possa computare in fav:ore di un dipendente ferroviario attualmente appartenente alla carriera direttiva ed aspirante alla promozione ad Ispettore di I classe il servizio in precedenza prestato dal medesimo dipen� dente sempre presso l'Azienda nella carriera di concetto con la qualifica di segretario principale (n. 321). IMPIEGO. PUBBLICO ENPAS -AzIONE SURROGATORIA. 1) Se l'ENPAS possa agire in surrogatoria, a norma dell'art. 1916 e.e., per il recupero delle somme erogate per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di terzi (n.520). IMPIEGATO STATALE -DESTITUZIONE. 2) Se la destituzione di diritto conseguente alla condanna per corruzione dell'impiegato statale possa considerarsi come effetto penale della condanna e se, quindi, a tale effetto, possa esser dato riconoscimento ad una sentenza penale 1:1traniera a norma dell'art. 12 n. l C.p. (n. 521). IMPIEGATO STATALE -RISARCIMENTO DANNI. 3) Se la legge 6 marzo 1950 n. 104 abbia effetto retroattivo (n. 522). PERSONALE FERROVIARIO -ARTT. 164 E 201 STATUTO IMPmGATI DELLO STATO. 4) Se in virt� dell'art. 209 dello Stato Giuridico del Personale delle F.S., possano trovare applicazione nei confronti dei dipendenti della Amministrazione Ferro' viaria le norme di cui agli artt. 164, 5� comma ~ 201, 1� comma, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli Impiegati civili dello Stato (n. 523). 5) Se si possa computare a favore di un dipendente ferroviario attualmente appartenente alla carriera direttiva ed aspirante alla promozione ad ispettore di l classe il servizio in precedenza prestato dal medesimo dipendente sempre presso l'Azienda nella carriera di concetto con la qualifica di segretario principale (n. 523). IMPOSTA DI CONSUMO FALLIMENTO. 1) Se il credito per imposta di. consumo. sull'energia elettrica sia assistito da privilegio (n. 7). FALLIMENTO DI IMPRESA APPALTATRICE. 2) Se, nel caso di fallimento di un'impresa appaltatrice che abbia eseguito lavori stradali per la Pubblica Amministrazione, della quale l'ANAS sia debitrice in virt� di tali lavori, sia ammissibile il pagamento dell'imposta di consum<> da parte dell'ANAS in forza dell'ingiunzione emessa dall'Ufficio Imposte di consumo !J>i sensi del Testo unico 14 aprile 1910, n. 639, ed il successivo ricorso all'istituto della. compensazione ex art. 56 della legge fallimentare, provocando il formale provvedimento del Ministro competente, che pronunci la compensazione del credito della ditta verso l'AN4-.S in relazione alle maggiori somme dovute alla ditta per la liquidazione dell'appalto �(n. 8). 3) Se sia possibile chiedere l'annullamentO della ingiunzione emessa dall'Ufficio Imposte di Consumo pur . senza aver proposto preventivamente i ricorsi amministrativi ammessi dall'art. 90 del Testo unico sulla finanza locale, modificato dal successivo R.D.L. 25 febbraio 1939, n. 338, quando la contestazione abbia per oggetto non il modo di applicazione dell'imposta, ma la legittimit� della stessa pretesa fiscale fatta valere con l'atto di imposizione (n. 8). 4) Se soggetto passivo dell'imposta di consumo, ai sensi dell'art. 34 del Testo unico sulla finanza� locale, sia l'iinpr�sa appaltatrice di lavori stradali per conto della Pubblica Amministrazione, la cui opera al termine dei lavori non sia stata classificata come statale, ovvero l'ANAS, cui l'opera stessa � destinat� (n. 8). �� IMPOSTA DI REGISTRO �ONTRATTO DI SCRITTURA CINEMATOGRAFICA. I) Se . il contratto di scrittura cinematografica debba essere configurato come un contratto di lavoro autonomo (loci;,tio operis) o come un contratto di lavoro subordin~ to (l�catio operarum) (n. 170). 2) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa allegato A della legge di registro, sia rilevante la natura giuridica del contratto di lavoro (contratto di lavoro autonomo o subordinato), ovvero la� natura delle stesse prestazioni in s� considerate (pr�stazioni intellettuali, oppure -prest�zioni di mera esecuzione) (n. 170). 3) Se, ai fini dell'applicazione dell'art. 33 della Tariffa allegato A della legge di registro, le prestaz�oni dell'attore ciI�ematografico rientrino fra quelle � dipendenti da arti' liberali o professionali"� cio� di' carattere intellettuale (n. 170). DELEGAZIONI DI PAGAMENTO. 4) Quale sia il tr.attamento tributario da. applicare agli eff~tti dell'imposta di registro alle delegazioni di pagamento fatte dai Comuni a carico degli appaltatori delle imposte di consumo a favore della Cassa DD.PP. o di altri Istituti di credito a garanzia dei mutui contratti dai Comuni stessi (n. 171). F.ORNITU:RE A FAVORE DELLO STATO. 5) Se le scritture private di vendita, contemplate nell'art. 45 Tabella Allegato D alla legge del registro, qualora acquirente sia lo Stato, debbano scontare l'aliquota ridotta dello 0,50%, prevista nello stesso art. '45, oppure debbano scontare l'aliquota del 2% prevista 'nell'art. 3 legge 23 marzo 1940, n. 283, per i contratti ...-: contenenti forniture vendite o torniture-appalti, a favore dell'Amministrazione dello Stato o enti assimilati (n. 172). NOTIFICA DI AVVISO DI ACCERTAMENTO DI VALORE PRESCRIZIONE. 6) Quali siano i limiti degli effetti interruttivi della prescrizione, derivanti dalla notifica dell'avviso di accertamento di valore, per il recupero dell'imposta . complementare di registro (n. 173). SOCIET� -AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE. 7) Se il tributo di registro dovuto per aumento di capitale sociale sia privilegiato sull'intero patrimonio sociale (n. 174). I.G.E. CANONI PER CONCESSIONI MINERARIE. 1) Se possano considerarsi entrate imponibili, ai sens:i degli artt, 1 e 3 legge 19 giugno 1940, n. 762, sulla Imposta Generale sull'Entrata, il canone e le royalties dovute dal titolare di una concessione mineraria (n. 91). p ASSAGGIO MERCI. 2), Se, in tema di Imposta Generale. sull'Entrata, il passaggio di merci tramite intermediari che non abbiano .il potere di effettuare acquisti, dia luogo a duplice imposizione tributaria (n. 92). IMPOSTA SUL PATRIMONIO BENI DI CITTADINI NON RESIDENTI IN ITALI�. Se la disposizione dell'art. 5, ,20 comma, 2" parte, del Testo 1mico 9 maggio 1950, n. 203, per la quale i beni esistenti all'estero debbono computarsi nel patrimonio del cittadino ai fini della determinazione dell'aliquota dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, sia applicabile anche ai cittadini non residenti in Italia (n. 6). IMPOSTE E TASSE. IMPOSTE SULLE PRESTAZIONI D'OPERA OBBLIGATORIE; 1) Se, in materia di tributi, ed in particolare di imposte per prestazioni d'opera obbligatorie, l'Amministrazione sia tenuta all'ad�mpimento di un accordo transattivo (concluso, nella specie, con il Comune di Anversa) davanti al Conciliatore, che, fra l'altro, stabilisce di sottoporre a tributo-anche i dipendenti dell'Amministrazione non residenti nel territorio comunale (n..340). 2) Se lo Stat~ (nella specie, l'Amministrazione Ferroviaria, e per essa l'Azienda di Elettrificazione) possa essere soggetto delle pr�stazioni personali previste dalla Legge 30 agosto 1868, n. 4613 (n. 340). .SOTTOSCRIZIONE DELL'AVVISO DI ,ACCERT~ENTG; 3) Se la sottoscrizione del Direttore dell'Ufficio delle imposte sia requisito di� validit� dell'avv-iso di accertamento (n. 341). -67 SOVRIMPOSTA ADDIZIONALE SULLA BENZINA -RIMBORSO. 4) Se una denuncia di giacenza di benzina possa � valere come domanda di rimborso sovrimposta addizionale sulla benzina, ai sensi dell'art. 1 D.L. 17 dicembre 1958, n. 438, convertito nella legge 12 dicembre 1958, n. 1070 (n. 342). VENDITE MOBILIARI. 5) Se la vendita mobiliare di cui al secondo e terzo comma dell'art. 227 del Testo unico del 1958 sulle imp_oste dirette, disposta dal Sindaco nel primo caso e dall'Intendente di Finanza nel.secondo, possa essere affidata agli Istituti autorizzati di vendite giudiziarie (n. 343� 6) Se riusciti infruttuosi gli esperimenti d'asta ritualmente promossi dagli esattori, i'Amministrazione, finanziaria possa stipulare accordi con terzi per la vendita di beni mobili per recupero delle somme dovute per imposte dirette (n. 343). LAVORO PRECETTAZIONE PREVENTIVA DIPENDENTI CONSORZI BONIFICA. Se possa addivenirsi, in caso di necessit�, alla preventiva precettazione dei dipendenti dei Consorzi di bonifica addetti ai servizi idraulici in base alle norme del R.D.L. 9 dicembre 1926, n. 2389 e del D.M. 15 dicembre 1927 sui servizi di pronto soccorso in caso di disastri tellurici o altra natura (n. 32). LOCAZIONI CANONI -AUMENTO LEGGE 21DICEMBRE1960, N. 1521. Se gli aumenti del canone di locazione stabiliti dall'articolo 3 della legge 21 dicembre 1960, n. 1521 debbano applicarsi anche ai contratti per i quali il regime di vincolo dura fino al settembre 1961 (n. 111). MINIERE CANONI PER CONCESSIONI MINERARIE. Se possano considerarsi entrate imponibili, ai sensi degli artt. 1 e 3 legge 19 giugno 1940, n. 762 sull'Imposta Generale sull'Entrata, il canone e le royalties dovute dal titolare di una concessione mineraria (n. 15). PENSIONI CONDANNA PENALE. 1) Se sia legittimo un provvedimento di riduzione cautelare della pensione a carico di un pensionato condannato per truffa con sentenza non passata in giudicato (n. 100). PENSIONATO STATAJ,E IN SERVIZIO PRESSO ENTI PUB. BLICI, 2) Se sia applicabile ai pensionati statali che prestano opera retribuita presso le esattorie comunali gestite da Casse di Risparmio la disposizione dell'art'. 4 R.D.L. 15 ottobre J9.36, n. 1870 .che esclude 4al godimento degli assegni accessori tutti i pensionati che prestano opera retribuita presso le Amministrazioni dello Stato o altre Amministrazioni pubbliche o presso enti senza finalit� di lucro, o, ini.ie, presso gli organi ed uffici di cui tali Amministrazione o enti si avvalgano per .i propri servizi (ri. 101). POSTE E TELEGRAFI VALORI POSTALI FUORI CORSO. 1) Se sia legittimo un decreto � ministeriale con il quale venga disposta, in via generale e permanente, la distruzione di tutti i valori postali fuori corso (n. 82). 2) Quale sia la procedura da seguire nel disporre, caso per caso, la vendita o la distruzione di determi:n'�ti quantitativi di valori postali fuori corso. (:n.. 82). PREVIDENZA ED ASSISTENZA ENPAS -AzIONE SURROGATORIA. Se l'ENPAS possa agire in surrogatoria, a norma dell-'art. 1916 C.c., per il recupero delle somme erogate per l'assistenza di impiegati infortunati per fatto di terzi (n. 39). PREZZI TARIFFE ELETTRICHE Se possano considerarsi tempestive le domande per integrazione del contributo a carico della Cassa Conguaglio Tariffe Elettriche pervenute al Comitato Interministeriale dei Prezzi oltre il termine previsto dal provvedimento C.I.T. n. 789 dei 29 aprile 1959 quando risulti che la spedizione (a mezzo del servizio postale) sia avvenuta in data a:r:iteriore alla scadenza del termine (n. 51). RESPONSABILITA' CIVILE DISORDINI POPOLARI. 1) Se l'Amministrazione dello Interno debba risarcire i danni causati a cittadini da disordini popolari (n. 193). TABELLE INFORTUNISTICHE. 2) Se, in tema di liquidazione di danni per morte o per invalidit� permanente, possa farsi riferimento alle tabelle per la costituzione delle rendita vitalizie approvate con R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, (n. 194). SENTENZA MANCATA IMPUGNATIVA. 1) Se la mancata impugnativa del capo della.s0ntenza di primo grado relativo alla condanna al pagamentf} degli interessi precluda il ricorso per cassazione in caso di rigetto dell'appello proposta contro il capo della sentenza relativo alla sorte capitale (n. 13). --�es SENTEN2:A PENALE DI TRIBUNALE STRANIERO. 2) Se la destituzione di diritto conseguente alla condanna per corruzione dell'impiegato statale possa considerarsi come effetto penale della condanna e se, quindi, a tale effetto, possa essere dato riconoscimento ad una sentenza penale straniera a norma dell'art. 12 n. 1 C.p. (n. 14). SERVIT� ELETTRODOTTO -NOTIFICA DECRETI. 1) Se la notificazione del decreto prefettizio costitutivo di servit� di elettrodotto possa eseguirsi, quando sia rilevante il numero dei proprietari interessati, a mezzo di pubblici proclami (n. 30). SERVIT� MILITARI. 2) Se la facolt� conferita alla Amministrazione Militare dall'art. 16 cpv. legge 1 giugno 1931, n. 886 sul regime giuridico delle zone militarmente importanti, di disporre la. remissione in pristino, quando opere siano state eseguite da privati senza la prescritta autorizza. zione, possa essere esercitata in qualsiasi momento, anche a distanza di anni dalla avvenuta costruzione (n. 31). SOCIET� AUMENTO DI CAPITALE SOCIALE. 1) Se il . tributo di registro dovuto per aumento di capitale sociale sia privilegiato sull'intero patrim011io sociale (n. 93). SOCIET� IN NOME COLLETTIVO. 2) Se la clausola di uno statuto di societ� in nome collettivo, che disponga: per il caso di morte di uno dei soci senza eredi discendenti legittimi di sesso maschile, la liquidazione della sua quota mediante il pagamento di una somma determinata, sia cozif�gurabile come un negozio inter vii�os di cessione di quota sotoposto alla condizione sospensiva della morte del socio (n. 94). (9105770) RQma, 1962 -Istitut.Q Poligrafico dello Stato -G. C.