�PUBBLICAZIONE

RASSEGNA 

DI SERVIZIO

DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANNO XII -N. 4-5-6 APRILE-MAGGIO-GIUGNO r960 

RAPPORTI FRA INGIUNZIONE FISCALE E COSTITUZIONE 
DI PARTE CIVILE NEI REATI DA EVASIONE DI TRIBUTI INDIRETTI 


1. Ogni qual volta viene accertata l'evasione di 
un tributo indiretto che costituisca anche reato 
� per cui sia instaurato procedimento penale, sorge 
per l'.Amministrazione finanziaria la necessit� di 
scegliere la via pi� conveniente per il soddisfacimento 
del credito d'imposta: se, cio�, riscuotere 
il tributo con la procedura prevista dalle apposite 
leggi fiscali, oppure costituirsi parte civile D:el 
processo penale alla stregua di un privato danneggiato 
dal reato. 

Occorre premettere che il problema pu� esser 
evitato (e spesso lo �) dall' .Amministrazione sol 
che essa rinunzii alle procedure privilegiate previste 
per la riscossione dei tributi e si ponga sul piano 
di un semplice privato leso dal reato, il quale 
faccia valere la sua pretesa di risarcimento in sede 
penale mediante la costituzione di parte civile. 

Come � noto, al di fuori di una isola.ta ordinanza 
del Tribunale di Roma (28agosto1952, in cc Giust. 
Pen.n, 1953, III, 309) e, pare, di altre due ordinanze 
conformi dello stesso Tribunale, la giurisprudenza 
� ormai da tempo concorde nell'ammettere la costituzione 
di p.c. dell'Amministrazione �i fini della 
riscossione del tributo (v. indicaz. precedenti 
in SPINELLI: Repressione violaz., etc., Milano, 1957, 

p. 144; Cass. I sez. 10 dicembre 1952, in cc Giust. 
Pen. n, 1953, III, col. 350; Id., 7 luglio 1954, ibid., 
1955, II, col. 227; Id., III sez. 8 luglio 1957, ibid. 
1958, III, col. 438). N� sembra che questa giurisprudenza 
sia assolutamente inconciliabile con 
quella che, ai fini dell'applicabilit� dell'attenuante 
prevista dall'art. 62/4 C. p., esclude il contrabbando 
dai delitti contro il patrimonio o che offendano il 
patrimonio (vedasi per richiami di dottrina di giurisprudenza, 
BRIOOLA: l'Offesa e il danno, etc., in 
cc Riv. Ital. dir. Fin.�, 1958, II, 347 e segg.): infatti 
un danno e la conseguente possibilit� di costituirsi 
parte civile pu� essere patrimoniale anche 
se il bene leso non � il patrimonio della vittima 
(persona onore, etc.). Pu� comunque affermarsi 
che l'indirizzo giurisprudenziale formatosi a proposito 
dell'art. 62/4 C. p~ non ha influito sulla ammissibilit� 
della costituzione . di parte civile nei 
processi per reati finanziari. 
2. Non vi � dubbio che la costituzione di parte 
civile, oltre ad evitare ogni difficolt� di coordinamento 
con la procedura tributaria (che viene semplicemente 
ignorata) costituisce per l'Amministrazione 
una garanzia di legittimit� del proprio 
operato: infatti, a seguito di tale costituzione, la 
riscossione del tributo rimane sospesa, e subordinata 
al definitivo accertamento della responsabilit� 
dell'imputato da parte del giudice penale 
ordinario. 

Suscita, per altro, qualche perplessit� la considerazione 
che, con la costituzione di parte civile 
dell' .Amministrazione finanziaria, il contribuente, 
nel giudizio sul suo debito d'imposta, viene a 
avere vantaggi che non avrebbe se l'evasione attribuitagli 
non costituisse anche reato, e che perderebbe, 
cosi come perderebbero i suoi eredi, se il 
reato fosse estinto. . 

Tali vantaggi non sono di poco conto: infatti 
si risolvono: a) nell'esonero dal solve et repete 
(CARBONE e TOMMASIOomo, Sanz. fisc., Torino 
1959, p. 251), e, b) nell'inversione dell'onere della 
prova. 

Invero se un'evasione non costituisce reato, la 
Amminstrazione che la accerta provvede unilateralmente 
alla liquidazione del tributo e ne ingiunge 
il paga.mento; nel qual caso l'ingiunto che 
intenda contestare la pretesa tributaria dovr� 
innanzi tutto provvedere al pagamento del tributo 
in ottemperanza all'obbligo del solve et repete e, 
poscia, farsi attore in opposizione all'ingiunzione 
accollandosi l'onere di provare l'illegittimit� della 
pretesa tributaria (Casse SS. UU., 19 aprile 1955, 

n. 1079, in cc Foro ital. n, 1955, I col. 810; Id., 29 
ottobre 1956, n. 4043, in cc Foro ital. n1 1957, I, 
col. 27). 
Assai migliore sar� invece la posizione del contribuente 
nei confronti del quale l'Amministrazione 
accerti una evasione che sia anche reato, 
costituendosi, quindi, parte civile nel conseguente 
processo penale: in questo .caso, infatti, il contribuente, 
nella controversia sul suo debito d'imposta 
instaurata in sede .penale, si trover� automaticamente 
liberato sia dall'obbligo del solve et 
repete, sia da ogni onere probatorio che verr� trasferito 
sull'accusa (e quindi sul pubblico ministero 
e sull'Amministrazione parte civile). 

3. Pu� darsi, adunque, che per non rinunziare 
ai vantaggi processuali che le competono, la Finanza, 
denunziato il reato tributario, lasci al pubblico 
ministero il compito di perseguire l'imputato 
ed al giudice penale quello di punire il reo, e si li� 

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miti a riscuotere il tributo con la procedura tributaria 
privilegiata, cos� come normalmente lo riscuote 
nei confronti di contribuenti non indiziati 
di reato. 

Numerosi ed interessanti problemi insorgono a 
questo punto. 


Innanzi tutto occorre stabilire se sia esperibile 
la procedura tributaria in pendenza del giudizio 
penale. � 

Per i reati costituiti dall'evasione di tributi .diretti 
la soluzione � posta dall'art. 21 della legge 


� 7 gennaio 1929, n. 4, il quale dispone che l'azione 
penale abbia corso �dopo che l'accertamento della 
imposta e della relativa sovraimposta � divenuto 
definitivo a norma delle leggi regolanti tale materia ii 
con il che nessuno ostacolo all'azione tributaria 
pu� sorgere dall'azione penale, e, cosa che ci 
sembra degna di esser sottolineata, un proscioglimento 
penale non pu� comunque influire sull'accertamento 
tributario divenuto definitivo. 
Maggiori dubbi sono invece giustificati per i 
tributi indiretti. L'art. 18 della stessa legge 7 gennaio 
1929, n. 4, dispone, infatti, che <<se il contravventore 
debba rispondere, oltre che della contravvenzione 
del pagamento del tributo, l'Autorit�. finanziaria 
pu� procedere alla riscossione del tributo 
medesimo senza attendere l'esito del giudizio 
penale ii. Secondo taluno (SPINELLI, Repr. viol., 
cit., pag. 97); dalla norma sarebbe lecito argomentare 
a contrario che in caso non di contravvenzione, 
ma di delitto, il giuilizio penale avrebbe effetto 
sospensivo; dal che ovviamente consegue l'impossibilit�. 
di comprendere �la ragione di un diverso 
trattamento fra chi deve rispondere di una contravvenzione 
e chi deve rispondere di delitto. Ma 
la disposizione � quella che � ii. Potrebbe, per vero, 
osservarsi che se prendiamo la disposizione davvero 
per quella che �, vediamo che essa regola solo la 
ipotesi di contravvenzioni ma non si occupa dei 
delitti, ed � attraverso una interpretazione fondata 
su di un pericoloso argomento � a contrario � che 
essa viene estesa a regolare l'ipotesi, in essa non 
prevista, di riscossione d'imposta nei confronti 
dell'imputato di un delitto . .Altri Autori (CARBONE 
e TOMMASICCHIO: Sanz. ll'isc., cit., p. 251; LAMPIS: 
Sanz. imp. dir., Padova, 1934, p. 57, nota; Id., 
Repr. viol. trib., Padova, 1953, p. 54), sostengono 
quindi che la indipendenza del procedimento relativo 
all'accertamento di qualsiasi tributo dello 
Stato dal prodecimento per i reati previsti dalle 
leggi finanziarie costituisce un principio di carattere 
generale il quale trova conferma nell'art. 18 
restando inteso che la parola contravvenzione �non 
sia usata in senso tecnico �.ma comprenda qualsiasi 
violazione della legge penale. Sotto questo profilo 
l'art. 18 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 potrebbe 
sembrare superfluo: in realt� tale norma � 
utile per ricordare che anche in caso di contravvenzione, 
in cui l'Intendente di Finanza pu� procedere 
per decreto penale, l'eventuale giudizio penale 
di opposizione al decreto intendentizio non 
. priva l'Amministrazione Finanziaria della facolt� 
di procedere alla riscossione del� tributo. La norma 
citata, in sostanza, ricorda l'indipendenza del procedimento 
penale dalla procedura tributaria anche� 

in quei casi m cui essendo demandata ad una 
stessa Amministrazione l'infiizione della pena e la 
riscossione dell'imposta potrebbe dubitarsi che 
l'opposizione al primo provvedimento investisse 
anche il secondo e paralizzasse, cos�, la riscossione 
dell'imposta.. 

�, del resto, degno di nota che gli autori i quali 
contestano � alla Finanza il diritto di costituirsi 
parte civile nel giudizio penale sostengono, fra 
l'altro, che tale costituzione sarebbe inutile in 
quanto, per realizzare il proprio credito d'imposta, 
l'Amministrazione ha gi�. a propria disposizione 
un'apposit�. procedura speciale e non pu� quindi 
valersi dell'azione generale prevista dall'art. 185 

O. p. (Da ultimo, BRICOLA, op. cit., il quale esclude 
la riscuotibilit�. del tributo attraverso la costituzione 
di parte civile ma ammette tale costituzione 
per �il risarcimento del danno. costituito dal mancato 
o ritardato pagamento del tributo i>; ROTONDI: 
Sulla facolt� dell'Amministrazione, etc., in � Rass. 
fin. pubbl. >i, 1958, 65 e segg.: Oontra, OmAROTTI, 
in Rassegna Avv. Stato, 1959, 31). Ma non ci 
consta che, pur ammettendo la costituzione di 
parte civile, la giurisprudenza abbia mai negato 
aJ.I'Amminlistrazione la facolt� di procedere per 
ingiunzione tributaria. L'indipendenza delle due 
procedure � espressamente riconosciuta nella sentenza 
3 dicembre 1958, n. 1568, del Tribunale di 
Genova, Esso Standard c. Finanze, inedita. 
Riteniamo, quindi, che possa essere tenuto fermo 
questo punto: quando l'evasione di un tributo 
indiretto costituisce anche reato l'Amministrazione 
pu� recuperare il tributo che ritiene evaso sia attraverso 
la costituzione di parte civile, sia attraverso 
il normale procedimento tributario esperibile 
anche in pendenza del giudizio penale. 

4. Abbiamo visto quali vantaggi e quali svantaggi 
offra all'Amministrazione la costituzione di parte � 
civile nei procedimenti per reati da evasione di 
tributi indiretti. Esaminiamo ora che cosa potr� 
accadere se l'Amministrazione, disinteressandosi del 
giudizio penale proceda alla liquidazione e riscossione 
dell'imposta in via amministratiya. 
Nella pratica si nota che, malgrado i vantaggi 
della procedura tributaria, l'Amministrazione finanziaria 
mostra una certa riluttanza a riscuotere 
i tributi in pendenza di giudizio penale. Ci�, probabilmente, 
perch� spesso � presupposto, pi� che 
postulato (e tanto meno giustificato), il convincimep.
to che l'assoluzione dell'imputato nel processo 
penale importerebbe, in ogni caso, la necessit�. 
di restituire il tributo gi�. percetto: e poich� le 
probabilit�. di assoluzione sono indubbiamente 
maggiori quando il danneggiato non interviene 
come parte nel processo penale, si preferisce soprassedere 
. alla riscossione del tributo e tentare 
innanzi tutto di ottenere il .riconoscimento della 
responsabilit�. tributaria dell'imputato attraverso 
la costituzione di parte civile. E per vero, lasciar 
che procedimento penale e procedimento �tributario 
si muovano su piani diversi eventualmente g�un:: 
gendo a conclusioni opposte, pu_� a prima vista 
sembrare incompatibile con il principio della unicit�. 
della funzione gi.risdizionale. Ma occorre tener 


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presente che tale princ1p10, inderogabile nel caso 
di cumulo di processi di cognizione rispetto alla 
stessa lite (CARNELUTTI: Sistema di dir. proc., 
Padova, 1936, p. 410), non � altrettanto rigido 
quando davanti a pi� giudici siano portate pi� liti, 
diverse per persone, e petitum, e solo parzialmente 
connesse per causa petendi. In realt� il processo 
penale, in cui non vi sia costituzione di parte civile, 
�� un'azione promossa dal pubblico ministero per 
la violazione di una 'norma penale, ed � volto ad 
accertare se l'imputato sia o non sia passibile di 
pena, e in caso affermativo, ad infliggere la pena; 
mentre l'ingiunzione tributaria � un atto amministrativo 
che d1 luogo ad una lite solo ove l'ingiunto 
la promuova al fine di sentir dichiarare l'illegittimit�. 
dello stesso. 

Stabilito che nel procedimento tributario la lite 
� eventuale e promossa dall'ingiunto in veste formale 
e sostanziale di attore (Cass., SS. UU., 19 
aprile 1955, n. 1079 e 29 ottobre 1956, n. 4043, 
citate) � persino dubbio che, ove la Finanza non 
abbia rinunziato all'azione tributaria costituendosi 
parte civile, ma abbia invece agito per ingiuzione, 
possano applicarsi al giudizio di opposizione 
ad ingiunzione tributarfa promosso dall'imputato, 
le norme previste dagli artt. 24-27 C.p.p. 
per l'azione riparatoria proposta dalla partelesa. 

Trattasi di questione sulla quale non ci constano 
precedenti di dottrina e di giurisprudenza e che, 
data la evidente insufficienza delle norme positive 
regolanti i rapporti fra processo penale e diritto 
tributario, appare suscettibile di essere risolta con 
varii espedientj: ad esempio, l'Amministrazione 
convenuta in via di opposizione ad ingiunzione, 
volendo trasferire in sede penale il relativo giudizio 
potrebbe sempre, in riconvenzionale subor.di11ata, 
domandare il risarcimento del danno, con 
il che si rimuoverebbero i possibili ostacoli alla 
applicazione dell'art. 24 C.p.p. 

Ma ove n� in sede penale n� in sede civile l'Amministrazione 
abbia promosso azione riparatoria, e 
siasi invece limitata a resistere in posizione di 
convenuta all'opposizione dell'ingiunto alla propria 
ingiunzione tributaria, il principio dell'unit�. della 
giurisdizione non sembra doversi estendere oltre le 
applicazioni positivamente contenute in linea generale 
degli artt. 21 e 28 C.p.p. (Cass. 19 giugno 
1959, n. 1923, in �Mass. Giur. lt. �, col. 402), ed 
in linea particolare nell'art. 22 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4. � 

5. La portata dell'art. 21 C.p.p. � stata esaminata 
dal CARBONE e TOMMASICCmo (Sanz. fisc . . 
cit., p. 225). I limiti di applicabilit�. dell'art. 28 
O.p.p., poi sono stati assai ristretti nella sua applicazione 
giurisprudenziale. Mentre infatti dalla 
lettura dell'art. 28 C.p.p. sembra che la sentenza 
penale faccia stato in toto sol che il riconoscimento 
del diritto controverso in altra sede dipenda dall'accertamento 
di medesimi fatti materiali, la Cassazione 
ha da tempo circoscritta l'autorit�. del 
giudicato penale in altri giudizi al solo accertamento 
di tali fatti, restando per il resto libero il giudice 
non penale di giungere a conclusioni diverse da 
quelle cui pervenne il giudice penale, senza che da 
ci� possa �onsiderarsi violato il princip10 della 

unicit�. della giurisdizione (Cass. 19 giugno 1959, 

n. 1923, cit.; e da ultimo Cass., 3 ottobre 1959, 
n. 2653, in <<Mass. Giur. It. ii, col. 559). 
Un particolare esame richiede, invece, l'art.. 22 
d�lla legge 7 gennaio 1929, n. 4, sia per fa sua peculiarit�., 
sia per la scarsezza di decisioni giurisprudenziali 
specij�che. (Il Rossr: Preg. trib. etc., 
in � .Arch. Pen �, 1957, II, p. 140 parla di a scarna 
giurisprudenza ii; i problemi che pone l'art. 22, infatti, 
il pi� delle volte sono stati esaminati di riflesso, 
specialmente in relazione all'art. 21 della 
stessa legge, ampiamente dibattuto a proposito 
del caso Brusadelli nelle sentt. di cui infra). 

Dispone adunque l'art. 2,2 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4. �Qualora l'esistenza del reato dipenda 
dalla risoluzione di mi.a controversia concernente il 
tributo, il Tribunale, a cui spetta la cognizione del 
reato, decide altres� della controversia relativa al 
tributo �osservate le norme stabilite dal codice di 
procedura penale e con la stessa sentenza con la 
quale definisce il giudizio penale. 

�Nel caso in cui il Tribunale giudichi che il tributo 
non era dovuto ovvero era dovuto in misura 
inferiore a quella richiesta dall'autorit�. finanziaria 
il contribuente, il quale abbia pagato il tributo, 

� � ammesso a chiedere il rimborso totale o parziale
�. 
Notiamo, innanzi a tutto, la rispondenza fra la 

. formulazione di 
questa norma e quella degli articoli 
19 e 20 C.p.p.: �Qualora la decisione sulla esistenza 
di un reato dipenda dalla risoluzione di 
una controversia etc >i, e dell'art. 295 C.p.p. �il 
giudice dispone etc.... in ogni altro caso in cui egli 
stesso o altro giudice deve risolvere una controversia 
... dalla cui definizione dipende la decisione 
della causa >i. E poich� gli articoli 19 e 20 C.p.p., 
come � pacifico e come risulta dalla stessa sua rubrica 
regolano solo ipotesi di pregiudizialit�., e per 
i casi di pregiudizialit�. dispone pure l'art. 295 
C.p.p., sembra necessario concludere che l'art. 22 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, limiti la propria 
portata ai casi in pregiudiziale tributaria nel processo 
penale (LAMPIS: Repr. viol. Trib. cit., p. 67; 
NUVOLONE, Riv. dir. fin. e scienza fin., 1950, II, 

p. 354 segg.; SPINELLI: Repr. viol. cit., p. 150, 
nota; e con minor chiarezza, Rossr; Preg. Trib., 
loc. -cit.; CARBONE e TOMM.Asrccmo: Sanz. fisc. cit., 
p. 248 e segg., pur ripetendo che l'art. 22 legge 7 
gennaio 1924, n. 4 si applica alla pregiudiziale tributaria 
nel procedimento penale tendono invece 
ad estendere l'applicabilit�. di tale articolo a tutti 
i casi di semplice connessione fra i due procedimen~
i). 

Utile appare a questo punto un confronto fra 
l'art. 21 e l'art. 22 della�legge 7 gennaio 1929, n. 4. 
L'art. 21 per i tributi diretti positivamente rende 
pregiudiziale nel processo penale ogni questione tributaria 
che sia comunque connessa con tale processo: 
se un'unico fatto viola e una norma tributaria 
e una norma penale, il detto articolo 21�sta-~ 
bilisce che l'accertamento tributario sia in ogni caso 
pregiudiziale al giudizio penale e che tale pregiudiziale 
sia decisa o comunque definita in sede 
competente. 


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Per i tributi indiretti, al contrario, l'art. 22 

non opera alcuna est.ensione della pregiudizialit� 
e devolve la decisione delle sole questioni pregiudiziali 
in senso proprio alla competenza del giudice 
penale. Allorch� si esamina la dottrina e la giu;risprudenza 
formatasi a proposito del primo articolo, 
occorre quindi tener presente che tutte le 
questioni relative ad imposte if,irette connesse .al 
processo penale sono considerate pregiudiziali per 
volont� di legge cos� che l'art. 21 si applica a tutti 
i casi di connessione fra giudizio penale e giudizio 
tributario; mentre l'art. 22, al contrario, si applica 
solo nei casi in cui una questione relativa a tributi 
indiretti sia per sua natura pregiudiziale in senso 
proprio al processo p~nale. 

Non sar�. necessario insistere in ques.ta sede sul 
concetto e sui limiti della pregiudizialit�., le cui 
caratteristiche sono: antecedenza logico-giuridica; 
autonomia; necessariet�. (vedasi, anche per una 
ampia disamina delle varie teorie al riguardo, e 
per la distinzione fra pregiudiziale e connessione, 
FoscmNI : La pregiudiz. nel proc. pen., Milano 
1942, vedasi anche M.ANZINI: Dir. proc. pen., I, 
Torino, 1952, n. 27 4, e, sia pure con riferimento 
all'art. 21, la disamina del concetto di pregiudizialit�. 
nella sentenza Tribunale Milano, 25 giugno 
1956, imp. BRUSADELLI, in � Giust. Pen. �, 1957, 
II, col. 214 e II, 117, con nota del Rossr; e relativamente 
allo stesso processo, Cass., 25 febbraio 
1957, in �Giust. Pen. �, 1957, II, col. 616). 

� noto del resto che l'aver un unico fatto violato 
contemporaneamente una norma penale e una 
norma non penale non fa sorgere una situazione 
di pregiudizialit�. : basti pensare alla comunissima 
azione civile riparatoria conseguente al reato, che 
nessun.o ha mai considerato pregiudiziale rispetto 
all'azione penale (potrebbe, al contrario, ritenersi 
l'azione penale pregiudiziale all'azione civile, limitatamente 
ai danni non patrimoniali, che presuppongono 
l'esistenza di un reato: ma la questione 
qui non interessa). 

La portata dell'art. 22 della legge . 7 gennaio 
1929, n. 4, non si estende, adunque, oltre l'ipotesi 
in cui �una autonoma questione tributaria debba 
esser risolta prima di poter decidere sulla esistenza 
del reato. Il che, occorre per altro avvertire, 
se pu� ritenersi cQn sicurezza sulla base del primo 
comma dell'art. 22 non appare altrettanto chiaramente 
ove si consideri il secondo comma di tale 
articolo, che parla anche di restituzione parziale 
di imposta. 

Riteniamo che tale passo della norma interessi 
quei casi in cui l'esistenza del reato dipenda dalla 
misura del tributo evaso: se infatti si volesse 
considerare il secondo comma dell'art. 22 avulso 
.dal primo comma, ed applicabile in ogni caso, 
quand'anche dalla questione tributaria non dipendesse 
l'esistenza del reato, si finirebbe con l'attribuire 
al giudice penale persino la decis>ione di questioni 
tributarie di estimazione semplice; il che � 
assolutamente contrario ai principii. (�ARBONE e 
ToMM.Asrccmo: Sanz. fisc., cit. pag. 250, nota 5). 
Avvertiamo che il coordinamento fra il primo e 
secondo comma dell'art. 22 legge 7 gennaio 1929, 

n. 4 con riguardo ai rimborsi parziali non ci risulta 
sia stata espressamente studiato in dottrina e giurisprudenza: 
l'opinione da noi espressa �, quindi, 
personale. 

6. Riteniamo di poter adunque. affermare che 
l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 nel suo 
primo comma si limiti ad attribuire al giudice 
penale le pregiudiziali tributarie, e cio� la decisione 
di quelle questioni che detto giudice avrebbe 
altrimenti potuto rimettere al giudice competente 
ai sensi dell'art. 20 C.p.p.; e che nel secondo comma 
si limiti ad autorizzare la parte a richiedere alla 
Finanza la restituzione di quanto pagato e non 
dovuto sempre e solo limitatamente ai casi previsti 
dal primo comma dell'articolo stesso. 
Ed a questo punto � opportuno ritornare sulla 
differenza fra la comune azione riparatoria (che 
pure pu� essere proposta dall'.Am.ministrazione in 
sede penale e, in ipotesi, anche in sede civile) e la 
procedura tributaria, in cui l'azione giudiziaria � 
solo eventuale, dipendendo essa dall'iniziativa dell'ingiunto. 


Ove l'Amministrazione scelga questa seconda via, 
non essendo applicabile gli articoli 24-27 O.p.p., 
nella ipotesi normale che questione tributaria e 
azione penale non siano in rapporto di pregiudizialit�. 
della prima rispetto alla seconda una assolu zione 
perch� il fatto non sussiste o perch� l'imputato 
non lo ha commesso non sar�. di ostacolo all'azione 
tributaria (salvo l'accertamento di fatti materiali 
nei limiti in cui la giurisprudenza, come si � visto, 
ha ristretto l'art. 28 C.p.p. e con gli ulteriori limiti 
di cui infra). 

Soluzione questa che, oltre a non contrastare 

con il principio dell'unit�. della giurisdizione, 

stante la gi�. spiegata diversit�. fra azione penale e 

controversia tributaria, � solo apparentemente illo


gica ove si consideri che in sede penale l'incapacit�. 

dell'accusa di provare i fatti contestati all'imputato 

importa assoluzione con formula piena (art. 479 

C.p.p.) mentre nel giudizio tributario incombe sul 

contribuente l'onere di provare l'illegittimit�. della 

pretesa tributaria. Che se, poi, in sede penale l'im


putato pot� fornire la prova positiva della insus


sistenza del fatto o della propria innocenza, tale 

prove egli avrebbe dovuta fornire, in contraddit


torio con l'Amministrazione anche in sede di oppo


sizione alla ingiunzione tributaria. 

A questo proposito ci sempre degno di nota 

che la giurisprudenza, sembra assai sensibile alle 

esigenze equitative, non abbia esitato nei pochi 

casi in cui era applicabile (anche se non fu sempre 

. applicato) l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, 

n. 4 a sostenere che �lo stabilire se, in relazione ad 
un soggetto, si sia realmente verif�.cato .il presupposto 
materiale e personale dell'obbligazione tributaria 
. . . . . rientra nella esclusiva competenza dell'Ente 
impositore del tributo, per cui il contribuente 
una volta esperiti i rimedi amministrativi 
contro l'accertamento, non pu� questo impugnare 
davanti al giudice penale, al quale �"preclus!!i_ ogp.i 
indagine al riguardo� (Cass. 28 febbraio 1952, in 
�Rep. Foto It. �, 1952, col. 2362, G). Anzi, lo 
stesso Supremo Collegio era andato ben oltre allorch� 
con decisione 3 agosto 1949, n. 2116 (in 

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� Foro it. n, 1900, I, 1182 con nota del FoSOHINI, 
ed in Riv. dir. fin. e scienza fin. 1950, II, 345 con 
nota del NUVOLONE) aveva insegnato che la sentenza 
del giudice penale che assolve da c�ntrabbando 
perch� il tributo non � dowto non preclude 
il riesame da parte del giudice civile della questione 
finanziaria. 

7. Quest'ultima decisione � stata non a torto 
criticata percli.�, in effetti, dalla motivazione risulta 
che l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 
era stato del tutto dimenticato. Il NUVOLONE 
(Riv. dir. fin. e scienza fin., 1950, rr, p. 354), tenendo 
ben fermo il principio che l'applicabilit�. 
dell'art. 22 � limitata al caso di pregiudiziale tributaria 
nel processo penale, osserva che nel caso 
deciso dalla Oassazione, il giudice penale aveva 
assolto � perch� il fatto non costituisce reato � 
avendo ritenuto che la merce contrabbandata non 
fosse soggetta a dazio doganale: e poich� l'esistenza 
di un dazio (tributo) � presupposto necessario per 
l'esistenza del reato di contrabbando l'aver il giudice 
penale esclusa l'esistenza di un dazio aveva 
appunto determinata l'assoluzione << perch� il fatto 
non costituisce reato �. 
Era questo, come si vede, un tipico caso di 
questione tributaria dalla cui risoluzione dipendeva 
l'esistenza del reato: un tipico caso, cio�, di pregiudiziale 
tributaria nel processo penale per cui 
�accertata la natura pregiudiziale della questione� 
(NUVOLONE, cit.) avrebbe dovuto� essere applicato 
l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n: 4, dal quale 
articolo, continua l'A., �alla decisione del giud.�ce 
penale sulla pregiudiziale amministrativa viene 
espressamente riconosciuta efficacia di giudicato�. 

Entro questi limiti, e cio� sempre e solo sul presupposto 
di una pregiudiziale tributaria in senso 
proprio nel giudizio penale che renda applicabile 
l'art. 22 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, pu� accogliersi 
la tesi del FosOHINI (La pregiudiz., cit., 
pag. 232; Id., Cumulo necessario tee., in �Foro 
Ital., 1950, I, coL 1182) il quale ravvisa nella detta 
norma un'ipotesi di cumulo processuale. Il che potrebbe 
anche ammettersi nel senso che la decisione 
della pregiudiziale operata dal giudice penale non 
� � solo incidentale ma ha forza di giudicato; non 
invece nel senso che l'art. 22 legge 7 gennaio 1929, 

n. 4, .si appli�hi in tutti i casi di semplice connessione 
fra azione tributaria e azione penale quando 
anche la prima .non trovisi in posizione di pregiudizialit�. 
rispetto alla seconda. 
8. Dopo l'interpretazione delle norme regolanti 
i rapporti fra procedimento penale e tributario, 
sembra opportuno esaminare le conseguenze pratiche 
dell'applicazione delle norme stesse alle varie 
situazioni che possono determinarsi. 
Innanzi tutto, il giudice penale che abbia decisa 
la pregiudiziale tributaria in senso favorevole 
al contribuente non pu� ordinare egli stesso la 
restituzione del tributo. Giustamente ricorda il 
LAMPIS (Norme repr. viol. etc., Padova, 1935, p. 54 

n. 31) che nell'esaminare il disegno di legge che poi 
divenne la legge 7 gennaio 1929, n. 4, l'Ufficio 
Oentrale del Senato osserv� che la sentenza del Tribunale, 
nel caso in c�i questo avesse riconosciuto 
che il tributo riscosso non era dovuto ovvero che 
era dovuto in �misura inferiore, doveva contenere 
la condanna dell'Amministrazione al rimborso. Siffatta 
proposta non venne per� giustamente accolta. 
L'art. 22 ha peraltro tutelato in modo adeguato 
gli interessi del contribuente, disponendo che nelle 
ipotesi su accennate, egli Ǐ ammesso ii a chiedere 
il rimborso totale o parziale del tributo pagato. Oi� 
importa necessariamente che l'Amministrazione 
� tenuta ad effettuare il rimborso richiesto, senza 
che possa mettere in contestazione il punto deciso 
dal magistrato penale in ordine al tributo (Oonf. 
OARBONE e ToMMASIComo, Sanz. fisc., cit. p. 257). 

Occorre tener presente che, in tale caso particolare, 
l'Amministrazione si troverebbe vincolata 
dalla decisione del giudice penale sulla pregiudiziale 
tributaria quand'anche non avesse partecipato al 
giudizio (salvo il caso, s'intende, che in separato 
giudizio di opposizione ad ingiunzione gi�. si fosse 
formato giudicato favorevole all'Amministrazione, 
essendo in tale caso la pretesa tributaria trasfusa 
nel giudicato sostanziale che, come si dice, facit 
de albo nigrum). Perci�, ogni qual volta sia dato 
prevedere che nel giudizio penale verr�. sollevata 
una pregiudiziale tributaria, potr�. convenire alla 
:Amministrazione costituirsi parte civile onde avere 
os ad loquendum su tale questione: tenendo, per 
altro, presente che ove il giudicato risolva la pregiudiziale 
in senso favorevole all'Amministrazione 
ma l'imputato venga poi assolto per altri motivi, 
l'Amministrazione, parte civile, rester�. vincolata 
da tale giudicato, non gi�. in forza dell'art. 22 della 
fogge 7 gennaio 1929, n. 4, �ma semplicemente 
perch� parte in causa. 

Ove invece nel processo penale non si preveda 
il sorgere di pregiudiziali tributarie in senso proprio, 
occorrer�. tener presente che il giudicato penale, 
quale esso sia, non potr�. spiegare altri effetti 
che quelli previsti dall'art. 28 O.p.p. e cio�: 

a) non spiegher�. alcun effetto se la controversia 
tributaria sia gi�. stata definita giudizialmente; 


b) non spiegher�. effetto neppure se il giudizio 
di opposizione all'ingiunzione tributaria sia ancora 
pendente (contra, 0ARBONE e TOMMAsrcomo: Sanz. 
fisc., cit. p. 257), ma vi siano in esso eccezioni assorbenti 
il merito (solve et repete, decadenze etc.); 

c) solo ove il giudizio di opposizione all'ingiunzione 
tributaria sia ancora in corso ed il suo 
esito dipenda dall'accerta.mento di fatti materiali 
il giudicato penale su tali fatti far�. stato nel giudizio 
civile. A proposito di quest'ultima ipotesi si 
osserva che essa potr�. verificarsi allorch�, proposta 
rituale e tempestiva. opposizione con l'osservanza 
del solve et repete, l'ingiunto chieda la sospensione 
del giudizio civile ex art. 3 O.p.p. In tal caso, ove 
l'Amministrazione, che abbia gi�. scelta la via dell'ingiunzione 
anzich� quella della costituzione di 
parte civile, ritenga di partecipare all'accert.amento 
dei fatti materiali in sede penale e dubiti (come noi~ 
dubitiamo), che l'azione di opposizione ad ingiunzione 
sia trasferibile in sede penale ex art. 24 
O.p.p., potr�. pur sempre proporre in via riconvenzionale 
nel giudizio di opposizione a ingiunzione 


-38 


tributaria, domanda di risarcimento danni ex 
art. 185 C.p.p., trasferendo quindi tale azione in 
sede penale ex art. 24 C.p.p. 

9. Resta da esaminare l'ipotesi che l'imputato 
assolto per non aver commesso il fatto o perch� 
il fatto non sussiste, abbia pagato il tributo senza 
aver proposto alcuna opposizione. � lecito chiedersi 
se, in tal caso, egli possa ottenere la restituzione 
di quanto pagato attraverso una normale 
ripetizione d'indebito, Correttamente ci� � stato 
negato (CARBONE e TOMMASIOCmo: Sanz. fiso., cit. 
p. 258, nota 18). Ed invero la ripetizione � positivamente 
inammissibile in campo doganale (vedasi, 
in tal senso Relaz. Avv. Stato, anno 1950-1955, 
Roma, 1957, I, pag. 751, n. 344; Id., anni 19261929, 
Roma, 1930, pag. 614; Cass., SS. uu:, 
26 novembre 1927, iil � Giur. It. �, 1928, I, 273; 
Corte d'Appello di Genova 6 marzo 1936, in� Temi 
gen. �, 1936, n. 246 ed in � Rep. Foro It. �, 1936, 
476; CuTRERA, in Nuovo Dig. It, vol. V., pag. 126; 
GRADILONE, in �Vita doganale�, 1957, 251); e, 
poich� il problema dei rapporti fra azione tributaria 
e giudizio penale sorge il pi�� delle volte proprio 
a proposito del contrabbando, il pericolo di 
una ripetizione d'indebito sarebbe piuttosto limitato 
: esso resterebbe ristretto ai casi di assoluzione 
del contribuente imputato di reati finanziari 
non doganali che abbia accettato senza contestazione 
l'ingiunzione tributaria e che chieda il rimborso, 
in base ai fatti materiali accertati nel giudizio 
penale. 
Ma a parte il fatto che dall'art. 21 legge 7 gennaio.
1929, n. 4 si ricava la conferma che un accertamento 
tributario divenuto comunque definitivo 
non pu� pi� esser influenzato da una successiva 
sentenza penale, � nostra opinione che l'articolo 
22 della legge 7 gennaio 1929, n.4, avendo limitato 
l'obbligo della restituzione -ai casi ivi previstii 
abbia escluso che tale obbligo possa sorgere in altri 
casi di assoluzione penale a favore del contribuente 
che abbia fatto acquiescenza a un'ingiunzione, con 
ci� lasciando divenire definitivo un accertamento 
tributario. Ed una tale intrepretazione ci sembra 
logica. Infatti la decisione della pregiudiziale 
tributaria investendo in astratto l'essenza stessa 
del tributo non richiede normalmente un'indagine 
sull'attivit� materiale dell'imputato, ma solo una 
indagine di diritto sulla liceit� dei fatti contestati 
(veri o non veri che siano); cosi che il riconoscimento 
dell'infondatezza della � pretesa tributaria 
pu� solo importare assoluzioni perch� il fatto (contestato, 
anche se non ancora accertato) non costituisce 
reato. In� tal caso l'indagine dei giudici penali 
sulla pregiudiziale essendo di diritto e non 
comportando quindi, di regola, incombenti istruttorii, 
pu� ben far stato anche nei confronti della 
.Amministrazione Finanziaria. Ma ove la controversia 
non investa una pregiudiziale tributaria 
bens� l'esistenza di un fatto � la sua attribuzione 
all'imputato, allora l'indagine del giudice penale 
sar� di fatto, e dovr� esser condotta in base ad un 
sistema di oneri probatori opposto a quello vigente 
nel giudizio di opposizione ad ingiunzione tribu


.tarla. Giustamente, quindi, in quest'ultimo caso la 
legge non ha consentito che il giudice penale decida 
sul debito d'imposta. Solo il giudice civile, 
che sia stato tempestivamente e regolarmente 
adito dall'ingiunto potr� tener c2nto della sua 
decisione del giudicato penale, entro i restritti limiti 
dell'art. 28 C.p.p. Al di fuori di questo caso 
e di quello previsto dal citato art. 22 legge 7 gennaio 
1929, n. 4 per l'ipotesi di pregiudiziale tributaria 
nel processo penale, ogni influenza del giudicato 
penale sulla riscossione dell'imposta ci sembra 
esclusa. 

Andando di diverso avviso si giungerebbe a conclusione 
difficilmente accettabile: non solo l'imputazione 
esonererebbe dall'obbligo del solve et repete 
e da ogni onere probatorio l'evasore che volesse 
contestare la pretesa tributaria, ma renderebbe 
persino superflua la contestazione: l'imputato potrebbe
� adempiere all'ingiunzione, precludere in tal 
modo all'Amministrazione la possibilit� di costituirsi 
parte� civile, e, ottenuta un'assoluzione penale 
in assenza del creditore d'imposta (soddisfatto), 
chiedere la restituzione del tributo gi� pagato. 

Ora, poich� normalmente la parte lesa dal reato, 
ricevuto che abbia il risarcimento richiesto, non 
pu� esser convenuta per ripetizione d'indebito dall'imputato 
assolto in sede penale, l'Amministrazione, 
per la riscossione. dei tributi, si troverebbe 
in posizione peggiore di quella in cui si trova un 
semplice privato danneggiato da reato, ove dovesse 
essa restituire quanto gi� pagato dall'imputato il 
quale non si sia opposto all'ingiunzione. Il che � 
assurdo. 

Non si vede, d'altronde, come l'Amministrazione, 
interamente soddisfatta del tributo richiesto, 
potrebbe costituirsi parte civile (il CHIAROTTI: Sulla 
Oost; di p.o. etc., in � Arch. pen. �, 1955, I, 432 
esclude tale costituzione persino in caso di semplice 
sequestro della merce oggetto del contrabbando, 
sebbene solo la confisca estingua il credito d'imposta: 
Relaz. << .Avv. Stato�, anni 1951-1955, I, 
Roma, 1957, n. 340, pag. 742) visto che l'interesse 

. che essa potrebbe avere a sentir dichiarare legittimamente 
percetto il tribut� (azione di mero accertamento), 
non sembra in alcun modo riconducibile 
a quell'azione (di condanna) che mira alla restituzione 
o al risarcimento del danno e che sola 
legittima la costituzione di parte civile. (Art. 185 

c. p.). 
Sarebbe adunque ben iniquo .che un evasore, 
sol perch�. con l'evasione ha commesso anche un 
reato, avesse la possibilit� di escludere l'Amministrazione 
dal giudizio sul suo debito d'imposta 
semplicemente pagando il tributo, che potrebbe 
poi ripetere dopo l'assoluzione. 

Queste considerazioni valgono a confermarci 
nell'opinione che l'art. 22 della legge 7 gennaio 
1929,. n. 4 si applichi solo alle ipotesi di pregiudiziali 
tributarie nel procedimento penale, ed esaurisca 
i casi in cui, in forza di una sentenza penale 
di proscioglimento, il tributo indir�tt�, gi�_ pe_rcetto 
debba essere restituito, (salvo, s'intende, 
esito sfavorevole del giudizio di opposizione ad 
ingiunzione). 

MARIO FERR.ARI 
AVVOCATO DELLO STATO 


NOTE DI DOTTRINA 


GIUSEPPE AzzARrTI: Successioni per causa di morte 
e donazioni. CEDAM, Padova, 1959. 

Ilcollega Azzariti ha ripubblicato laterza edizione . 
di questo pregevole volume la i:mi prima edizione 
fu curata, oltre che da lui dai compianti alti magistrati 
S.F. Azzariti e Giovanni Martinez, Primi 
Presidenti onorari della Corte di Cassazione. 

� superfluo ricordare che questo libro � un classico 
nella materia trattata; al pregio originario dell'opera 
la terza edizione aggiunge la rielaborazione 
di alcune parti in relazione alla evoluzione della 
dottrina e �della giurisprudenza, la completa e aggiornata 
documentazione. Come dice l'Autore nella 
sua prefazione l' opera � �sopratutto al servizio 
dei pratici n, ma il suo valore scientifico � tale da 
farne uno strumento di lavoro insostituibile. 

G. 
GuGLIEMI -GIORGIO AzzARITI: Le imposte di registro 
in �Trattato di Diritto Tributario�, diretto 
da A.D. Giannini, Utet, 1959. 
C. 
CARBONE -T. ToMMAsrcomo : Le sanzioni fiscali 
in �Trattato di Diritto Tributario n, diretto da 
A.D. Giannini, Utet,. 1959. 
Con vivo piacere segnaliamo le opere di questi 
colleghi in una materia la cui importanza ci sembra 
superflua sottolineare. 

Si tratta di libri la cui conoscenza approfondita 
e consultazione costante ci sembrano indispensabili. 


Nello stesso trattato sono comprese anche opere 
di altri colleghi (SALERNI: L'impos.ta sui redditi 
mobiliari, e MoRLINO: I contributi, di prossima 
pubblicazione). 

G. 
SOIARELLI -A. LEPRI : Codice delle leggi sui trasporti 
-I trasporti ferroviari. Giuffr� ed., Milano, 
1960. 
� l'ultimo volume della pregevole collezione 
legislativa diretta da G. Zanobini. 

A. 
SALVATORI -u. NIUTTA : La disciplina di libert�. 
di concorrenza e di � mercato. Giuffr� ed., Milano, 
1960. 
Si tratta di un esame critico del progetto di legge 
governativo sulla tutela di libert�. di concorrenza, 
preceduto da una analisi dei vari progetti di iniziativa 
parlamentare, nonch� delle norme di legislazioni 
straniere o supernazionali (CECA, CEE). 


M. 
GAGLIARDI : L'art. 49 del Regolamento di Contabilit� 
Generale dello Stato ed i contratti delle 
Pubbliche Amministrazioni in �La funzione Amministrativa 
n, 1960, I, 81. 
In questo studio che riproduce, ampliandola 

notevolmente, una nota dello stesso Autore alla 

sentenza della Corte di Cassazione, n. 1094 del 30 

marzo. 1957 (in cc Giust. Civile n, 1958, I, 162) il 

Gagliardi espone con lodevole obiettivit�. ed esau


riente � documentazione lo. stato della dottrina e 

della giurisprudenza sulla validit�. della clausole 

di esenzione di imposta cotenute in contratti della 

Pubblica Amministrazione (s'intende dell'Ammi


nistrazione la cui attivit�. contrattuale � discipli


nata dalla legge e dal regolamento di contabilit�. 

generale dello Stato). 

Le conclusioni cui giunge il Gagliardi sono in 

sostanza aderenti alla tesi sempre sostenuta dal


1'Avvocatura dell'assoluta nullit�. di tali clausole e 

della impossibilit�. di farne gravare comunque gli 

effetti sull'Amministrazione a qualsiasi altro ti


tolo (pretesa actio de in rem verso, responsabilit�. 

extra contrattuale ecc.). 

La consultazione di questo studio � consigliabile 

sopratutto perch� in esso sono, appunto, esposti 
tutti i tentativi fatti per eludere il principio di 
legalit�. in materia tributaria, principio di cui 
� l'art. 49 del regolamento di Contabilit�. rappre


senta la manifestazione normativa. 

In aggiunta agli argomenti svolti dal Gagliardi 

ci sembra opportuno rilevare che la nullit� �delle _ 

clausole contrattuali di esenzione tributaria urti 

ora (sempre che si tratti di contratti dello Stato) 

anche contro il principio affermato nell'art. 81 della 

Costituzione seco.ndo il quale tutte le spese dello 


-40 


Stato devono essere disposte nei limiti della legge 
di bilancio. 

])}, infatti, evidente che esentando il contraente 
privato dal pagamento di un tributo dovuto per 
legge, la .Amministrazione contraente si assume 
sostanzialmente l'obbligo di aggiungere alla spesa 
portata dal contratto e per la quale � disposto 
l'impegno sul capitolo corrispondente, una somma 
pari all'importo del tributo stesso, somma che rappresenta 
quindi una vera e propria nuova spesa 
che non trova riscontro nel bilancio e che dovrebbe 
essere approvata nelle forme speciali previste dall'ultimo 
comma del citato art. 81. 

E. 
LAPORTA : La riscossione delle imposte dirette. 
Roma, Casa Editrice Stamperia Nazionale, 1960. 
Una trattazione sistematica della disciplina della 
riscossione delle imposte dirette svolta da un alto 
magj.strato che da molti anni esercita le sue fan


zioni di consigliere nella Corte Suprema di Cassazione 
� evidentemente un'opera che si raccomanda 
da sola all'attenzione degli studiosi e dei pratici 
della materia. . 

Questa non ha, infatti, finora formato oggetto 
di esame cosi penetrante, condotto �on strumenti 
di indagine giuridica affinati da una preziosa esperienza, 
i cui frutti sono profusi nel libro senza risparmio. 


Ci semqra opportuno richiamare particolarmente 
l'attenzione sulla parte relativa alla natura giuridica 
del ruolo (pag. 81 e segg.) su quella relativa 
ai rapporti tra l'espropriazione esattoriale e le 
proc�d.ure concorsuali (pag. 131 e segg.) e su quella 
relativa a privilegi fiscali (pag. 161 e segg.). 

Ogni sezione dell'opera � completata da una rassegna 
sistematica di giurisprudenza della Corte di 
Cassazione la cui utilit�. � superfluo sottolineare. 

Un'appendice contenente testi normativi di poco 
agevole reperimento e un preciso e ampio indice 
analitico completano questo pregevole volume. 


RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE-Buon regime delle acque pul:� 
bliche -Relativo provvedimento di espropriazione 
per pubblica utilit� -Doglianze del privato che si ri� 
tenga leso dal provvedimento -Competenza del Tri� 
bunale Superiore delle Acque pubbliche: 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE Procedura 
-Inizio e compimento delle espropriazioni 
e dei lavori -Termini previsti dall'art. 13 
della legge n. 2359 del 1865 -Applicabilit� anche ai 
casi di dichiarazione implicita di pubblica utilit�. 

(Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. n. 259/60-Pres.: 
Cataldi; Est.: Boccia;. P.M.: Criscuoli (conf.) -Ministero 
dei Lavori Pubblici c. Govoni). 

I) A.llorch� il provvedimento di espropriazione 
per pubblica utilit� sia stato adottato dalla Pubblica 
Amministrazione in vista e in funzione del 
buon regime delle acqua pubbliche, le relative doglianze 
del privato, che si ritenga leso, devono 
essere portate alla cognizione del Tribunale Superiore 
delle .Acque pubbliche, nella sede o nella 
speciale composizione di organo giurisdizionale amministrativ<', 
e non gi� alla cognizione del Tribunale 
regionale delle acque pubbliche. 

II) L'art. 13 della legge 23 giugno 1865, n. 2359, 
relativo aila prefissione dei termini entro i quali 
devono incominciarsi a compie.re le espropriazioni 
e i lavori per l'esecuzione di un'opera pubblica, � 
applicabile non solo ai casi di dichiarazione espressa 
delle pubblica utilit�, seguita nei modi previsti 
dalla legge generale sulle espropriazioni, ma anche 
ai casi di dichiarazione cosidetta implicita (di fonte 
amministrativa) di pubblica utilit�, con particolare 
dguardo a quella regolata nel capoverso dell'art. 30 
del R. D. 8 febbraio 1923, n. 422. 

Riportiamo integralmente la motivazione della sentenza: 


Nella discussione o:rale la difesa della resistente 
Govoni ha sollevato la questione del difetto di 
giurisdizione del Tribunale Superiore delle .Acque 
Pubbliche, quale organo giurisdizionale amministrativo, 
investito della cognizione della controversia 
a norma dell'art. 143 del T.U. approvato con 

R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, sostenendo che, 
avuto riguardo alla materia di lite la giurisdizione 
sarebbe invece spettata in primo grado, al Tribunale 
Regionale delle Acque Pubbliche territorialmente 
competente ai sensi dell'art. 140 del citato 
testo unico, per essere quella attuale una controve:
rsia relativa a diritti, avente precisamente quale 
suo oggetto la tutela del diritto di propriet� del 
privato in connessione con la esecuzione di una 
opera inerente al regime delle acqua pubbliche. 

La eccezione bench� ritualmente proponibile per 
rivestire essa il carattere di una questione di giurisdizione, 
rilevabile dal giud ce anche di ufficio 
in ogni grado e stato del giudizio , deve essere tuttavia 
disattesa perch� giuridicamente infondata. 

In tema di discriminazione della giurisdizione 
fra i Tribunali Regionali e il Tribunale Superiore 
delle .Acque Pubbliche, quest'ultimo in sede giurisdizionale 
amministrativa, vige lo stesso criterio 
che serve a fissare e a ripartire la giurisdizione fra . 
l'autorit� giudiziaria ordinaria e i normali organi 
della giurisdizione amministrativa; nel senso che, 
in un campo, il Tribunale Superiore � giudice degli 
interessi, nella materia ad esso riservata delle 
.Acque Pubbliche, in parallelo con l'analoga giurisdizione 
spettante al consiglio di Stato nelle altre 
materie a detto Supremo Consesso devolute; e cos� 
del pari, correlativamente, nell'altro campo i Tribunali 
Regionali delle .Acque Pubbliche sono giudici 
dei diritti nella materia ad essi assegnata 
delle .Acque Pubbliche, in parallelo con l'analoga 
giurisdizione spettante ai giudici ordinari nelle altre 

.materie pure attinenti a diritti. 

Di conseguenza per decidere se, nei singoli casi 
concreti, una determinata controversia che tocchi 
il regime delle acque pubbliche si appartenga alla 
cognizione dei tribunali regionali oppure a quella 
d�l Tribunale Superiore nella sede giursdizionale 
amministrativa, occorre fare capo al consueto criterio 
del petitum sostanziale e vedere se, in applicazione 
di siffatto criterio, la res i1,1,dicium deducta 
involga oggettivamente un diritt0, nel qual caso la 
giurisdizione sar� del Tribunale regionale, o involga 
invece oggettivamente un'interesse (protetto), 
nel quale diverso caso la giurisdizione sar� 
del Tribunale Superiore. 

Costituisce poi altro criterio -guida per la discriminazione 
fra diritti e interessi (protetti) la individuazione 
della intensit� della tutela, che l'ordinamento 
riconosce alle posizioni di vantaggio dei 
privati; nel senso che si ha diritto soggettivo quando 
la posizione di vantaggio goda di tutela piena e di-retta 
nei confronti (si intende) anche della Pubblic� 
.Amministrazione, per essere a questa negato in 
radice il potere di inciQ.ere, menomandola, sulla 


::::, 


-42 


pos�z�one di vantagg'�o che si considera; e si ha invece 
soltanto interesse (protetto) quando la posizione 
di vantaggio, ancorch� riconosciuta dallo 
ordinamento al privato, si trovi esposta ad esse e, 

o gi� in origine sia, subordinata al prevalere di fini 
di interesse generale per la cui attuazione la pubblica 
amministrazione sia chiamata a provvedere 
in conformit� dei suo� compiti di istituto e nello 
esercizio di uno specifico potere, dall'ordinamento 
all'uopo conferitole. Di tal ch� la questione di vedere 
se, di volta in volta, si sia in presenza di un diritto 
oppure di un interesse (protetto), si risolve nella 
alternativa di stabilire se, avuto riguardo alla materia 
controversa e alla disciplina che di essa � 
da.ta nell'ordinamento positivo in vigore, oggettivamente 
si disputi (e sia dato disputare) della ine. 
sistenza in radice del potere della pubblica amministrazione 
di incidere, menomandola, su una determinata 
posizione di vantaggio del privato o se 
ihvece, posta la esistenza di quel potere, la controversia 
riguardi� soltanto il modo di esercizio del 
potere medesimo. 

.Alla stregua dei concetti ora esposti scaturisce 
piana la soluzibne in riferimento al caso di specie; 
e la soluzione � nel senso che, stante la notoria e 

� indiscutibile esistenza del potere nella pubblica 
amministrazione di fare luogo ad espropriazione 
della propriet� privata per ragioni di pubblica utilit�, 
le controversie inerenti alla regolarit� del procedimento 
espropriativo sono controversie che att�ngono 
non alla inesistenza ma al modo di esercizio 
del potere (spettante) di espropriazione. Sono cio� 
controversie relative ad interessi; e allorch� come 
nella specie -il provvedimento di espro'
priazione sia stato dalla pubblica amministrazione 
adottato in vista e in funzione del buon regime 
delle acque pubbliche, le relative doglianze del 
privato, che si ritenga leso, devono essere portate, 
come qui � stato fatto, alla cognizione del Tribu


. na].e Superiore delle Acque Pubbliche, nella sede 
e nella speciale composizione di organo giurisdizionale 
amministrativo. 

Passando all'esame dell'unico mezzo del ricorso 
la Corte osserva che con detto mezzo le amministrazioni 
ricorrenti denunziano violazione dello 
art. 30 del R.D. 8 febbraio 1923, n. 422 in relazione 
agli art. 13 della legge 23 giugno 1865, n. 2359 e 
360, n. 3 O.p.c. e sostengono che -contrariamente 
alla opinione accolta nella decisione impugnata la 
disposizione del citato art. 13, relativa alla prefissione 
dei termini entro i quali devono incominciarsi 
e compierti le espropriazioni e i lavori per la 
esecuzione di un'opera pubblica avrebbe limitato 
campo di applicazione ai soli casi di dichiarazione 
espressa della Pubblica utilit�, seguita nei modi 
previsti dalla legge generale sulle espropriazioni, e 
non si estenderebbe invece anche ai casi di dichiarazione 
cosiddetta implicita, con particolare rig1:
1ardo a quella regolata nel capoverso dell'articolo 
30 del R.D. 8 febbraio 1923, n. 422. 

La questione, ampiamente e ripututamente ribattuta 
innanzi al Consiglio � di Stato, � stata oggetto 
di reiterate conformi decisioni di quell'Alto 
'Consesso con le quali � stata sempre affermata la 
'applicabilit� della disposizione dell'art. 13 anche 

ai casi di dichiarazione implicita, d� foote amministrativa, 
della pubblica utilit�; e queste Sezioni 
Unite, chiamate per la prima volta a risolvere il 
medesimo quesito, non ravvisano ragioni atte a 
validamente sorreggere un di:ffo.rm~ indiri.zzo. 

Innanzitutto, dal punto di vista letterale e della 
collocazione delle norme, conviene avere presente 
che l'art. 30, capoverso, del R. D. n 422 �el 1923 
stabilisce che cc per le opere non autorizzate per legge 
e da eseguirsi dallo Stato direttamente o per concessione 
..... non si osservano le formalit� del procedimento 
preliminare stabilito nel titolo primo 
capo primo ii della legge 25 giugno 1865, n. 2359 

� e 
che �l'approvazione dei relativi progetti ha il 
valore di una dichiarazione di pubblica utilit� n. Se 
quindi si considera che la esenzione dalle formalit�, 
sancita per la cosiddetta dichiarazione implicita di 
pubblica utilit�, � testualmente enunciata con riferimento 
alle disposizioni contenute nel capo primo 
del titolo I della legge generale sulle espropriazioni 
mentre la particolare disposizione dell'art. 13 
in discussione � contenuta nel capo II del medesimo 
titolo dalla stessa legge generale, non � certo 
dalla riportata testuale esenzione, in rapporto alla 
� collocazione della norma dell'art. 13, che � consentito 
di ricavare argomenti a favore della inclusione 
nella esenzione anche della ripetuta disposizione 
dell'art. 13 della legge generale, dato che, per la 
sua collocazione, questa norma non � fra quelle 
formanti globalmente oggetto dell'anzidetta testuale 
esenzione. Ohe anzi, se un'argomento pu� 
da siffatta constatazione desumersi, esso �, se mai, 
nel senso che, per quanto attiene alla osservanza 

o meno dell'art. 13 della legge generale, nessuna 
deroga si sia inteso apportare, sul punto, con la 
legge speciale. 
In secondo luogo, e decisamente, � stato a giusta 
ragione rilevato che la prefissione dei termini per 
l'inizio e il compimento delle espropriazioni e dei 
lavori costituisce una norma di condotta inerente 
in maniera essenziale a qualsiasi procedimento 
amministrativo di dichiarazione di pubblica utilit�, 
in rispondenza al�� fine, che � insieme di interesse 
generale e di salvaguardia della sfera di interesse 

�.. 
dei privati, di evitare cio� che i beni dei privati 
siano tenuti a tempo indeterminato sotto minaccia 
di trasferimento coattivo intralciandone la libera 
circolazione e le possibilit� di miglioramenti, finch� 
il pericolo della espropriazione incomba, e paralizzando 
inoltre, praticamente, ad espropriazione 
avvenuta, lo eventuale esercizio del diritto alla 
retrocessone per mancata esecuzione nei (termini 
dell'opera pubblica) (v. art. 43 e 63 della legge 
Generale). 

E, se codeste ragioni sono valide per il caso di 
dichiarazione espressa di pubblica utilit�, non si 
vede perch� esse, in mancanza di inequivoca deroga 
non dovrebbero essere parimenti valide e ritenersi 
operanti pure per il caso della cosiddetta dichiarazione 
implicita, insita nell'approvazione del progetto 
dell'opera pubblica. Da ultimo�� vi � al!,coi:_a _ 
da osservare che non � esatto l'assunto delle .A'm-� 

�ministrazioni ricorrenti secondo il quale nel caso 
dell'art. 30, capoverso, del R.D. 8 febbraio 1923, 


n. 422, la dichiarazione implicita di pubblica uti

-43 


lit�., avendo la sua fonte diretta nella legge speciale 
sarebbe da intendere per ci� solo svincolata 
dalla osservanza dell'art. 13 in esame, relativo alla 
� prefissione dei termini. E l'assunto non � esatto 


-perch�, nel caso del quale qui si discute, la legge 
speciale non autorizza essa medesima l'opera pubblica, 
ma regola, in maniera accellerata e semplificata, 
il procedimento amministrativo di dichiarazione 
di pubblica utilit� dell'opera. Il che vuol 
dire che la dichiarazione implicita di pubblica utilit�, 
ancorch� disciplinata, com'� naturale, dalla 
legge (al pari del resto della dichiarazione espressa), 
non � per� contenuta essa medesima nella legge 
ma � bens� contenuta, come atto distinto, di diretta 
fonte amministrativa, nel provvedimento 
amministrativo di approvazione del progetto, al 
quale implicitamente essa dichiarazione accede. E, 
andando quindi al fondo della indagine, � su questo 
punto agevole riscontrare come, a parte la differenza 
nel modo di formazione e di manifestazione 
della volont� o determinazione amministrativa, in 
realt� sia la dichiarazione espressa di pubblica 
utilit�, a sensi della legge generale sulle espropriazioni, 
sia la dichiarazione implicita di detta pubblica 
utilit�, ne casi e ai sensi di cui al capoverso 
dell'art. 30 del R. decreto n. 422 del 1923, mettano 
entrambe, identicamente, capo ad un procedimento 
amministrativo, del quale sono parte e che le contiene, 
costituendone, per l'una e per l'altra, la fonte 
immediata e diretta, ancorch� nel quadro, ripetesi, 
delle rispettive e distinte discipline legali. Onde � 
che, se una deduzione da trarre dalla ora fatta 
constatazione, essa � ancor::i, nel senso che, l� dove 
la legge speciale non si discosta dalla legge generale 
e fondamentale sulle espropriazioni, gli istituti 
e le norme non derogati e con la legge speciaJe 
logicamente compatibili trovano, per parit� di ragioni, 
uguale campo di applicazione cos� al caso 
della dichiarazione espressa come a quello della 
dichiarazione implicita (di fonte amministrativa) 
della pubblica utilit�. E pertanto, anche sotto tale 
riflesso, si perviene alla medesima conclusione dell'applicabilit� 
dell'art. 13 della legge generale in 
riferimento alla specie in esame. 

Diverso � il caso, e diversi sono i problemi interpretativi 
�he si pongono, in riferimento alle 
ipotesi di opere pubbliche autorizzate direttamente 
per legge e relativamente alle quali la dichiarazione 
di pubblica utilit� sia effettivamente contenuta 
nella legge autorizzativa, restando quindi 
eliminato, sul punto, l'intervento dell'amministrazione 
o riducendosi questo, secondo i casi, ad 
una attivit� di identificazione o disussunzione 
dell'opera in rapporto di specie rispetto al genus. 
Ma i quesiti che possono al riguardo profilarsi sempre 
quando le leggi speciali nulla dispongono 
in materia di termini per l'inizio e il compimento 
delle espropriazioni e dei lavori -'-esulano dal 
tema della presente controversia e di essi quindi 
non occorre qui occuparsi. 

Per quanto riguarda la massima sub II) rileviamo 
che � la prima volta che la Oorte Suprema si pronunzia 
in questa materia e ci� � stato possibile in 
seguito all'entrata in vigore dell'art. 111 della Oo


stituzione che ha consentito alla Oorte stessa] di sindacare 
per motivi di legittimit� le decisioni del 
Tribunale Superiore delle Acque anche in controversie 
che abbiano per oggetto interessi legittimi. 

Il Oonsiglio di Stato che � l'organo normalmente 
competente in materia, dopo alCune oscillaiidni ha 
negli ultimi tempi costantemente deciso nello stesso 
senso della sentenza in Rassegna (V. per tutte 
Sez. IV; decisione n. 767 del 14 luglio 1959, Pres.: 
D'Avino; Est. Meregazzi -Baldi c. Prefetto di 
Ravenna, in << Acque Bonifiche e Costruzioni �, 
1959, 641 con nota di richiami). 

La giurisprudenza in materia pu� pertanto considerarsi 
ormai costante e appare opportuno che la 
Amministrazione si adegui ai suoi precetti. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Rapporto di impiego 
-Diritto soggettivo dell'impiegato alla conservazione 
del fascicolo personale -Insussistenza Giurisdizione 
e competenza -Smarrimento fascicolo 
personale -Azione risarcitoria dell'impiegato -Carenza 
di giurisdizione del giudice ordinario. (Corte 
di Cassazione, Sez. Un., Sent. 5 marzo 1959, n. 2590 
-Pres.: Oggioni, Est.: Giansiracusa; P.M.: Colli (conf.) 
-Causa Morana Giovanni c. Ministero Trasporti). 

La tenu~a dello stato matricolare del personale, 
sancita dall'art. 7 del R.D. 30 dicembre 1923, numero 
2960, inerisce al dovere di conformarsi alle 
norme della buona amministrazione, in quanto � 
intesa a sopperire ad una esigenza imposta nell'interesse 
generale d'una pi� efficiente organizzazione 
interna della P. A. 

Non sussiste, quindi, a favore del dipendente un 
diritto soggettivo perfetto alla formazione e tenuta 
del fascicolo personale. 

Deriva da ci� che in ipotesi di smarrimento od 
omessa conservazione del fascicolo personale, poich� 
la inosservanza non � corr�lativa alla lesione di un 
diritto, non sussiste la condizione necessaria ed 
essenziale per fare valere davanti al giudice ordinario 
l'azione risarcitoria che si fonda sul concetto 
del danno giuridico, il quale � tale solo in quanto 
sia correlativo alla lesione di un diritto. 

Pertanto, supposto anche che in dipendenza 
dello s;marrimento del fascicolo personale non sia 
stato possibile procedere alla ricostruzione della 
carriera del dipendente con la conseguente perdita 
dei benefici economici di sistemazione in ruolo e 
di quiescenza, la controversia, in cui assumesi 
cagionato un danno economico, ma non giuridico, 
non pu� che essere devoluta al giudice degli interssi. 

Il principio enunciato dalla Oorte Suprema con 
la terza massima � di chiara evidenza. 

Ed infatti, posto che la pubblica Amministrazione 
non abbia leso con la sua attivit� un diritto soggettivo 
perfetto del cittadino, non pu� darsi ingresso all'azione 
giudiziaria di risarcimento per carenza di 
un presupposto proprio dell'azione aquiliana.�� � 

Al riguardo va ancora ricordata altra statuizione �della 
Oorte Suprema secondo la quale �per la proponibilit� 
dell'azione di risarcimento dei danni contro 
la P. A. non � sufficiente l'annullamento di un 


~�~ 


. 
I 

-44 

atto amministrativo, ma � neoessario ohe l'atto anRiportiamo 
anzitutto integralmente la motivazione 

nullato abbia leso un diritto soggettivo del privato, 
della sentenza. 

cagionando a quest'ultimo un danno)) (Cassazione, 

II Sez. -sent. 15 aprile 1958 n. 1217 in �Foro Sul carattere giurisdizionale del decreto del MiItal 
>> 1958, 1, 676, con nota di riohic.mi). nistro, che decide in materia di revisione dei prezzi 
Da oondividersi sono anohe la prima e la seoonda nei contratti appalto di opere puobliche, oltre che 
mass{ ma. la preliminare verifica della propria giurisdizione �, 
Costituisce, infatti, principio acquisito in dotquindi, 
per l'ammissibilit� del ricorso ex art. 111 
trina ed in giurisprudenza che la distinzione tra di-. della Costituzione, le Sezioni Unite di questa Corte 
ritti soggettivi ed interessi legUtimi trae fonde. mento sono indotte approfondire l'indagine, anche pel redal 
contenuto delle norme, che regolano i rapporti cente orientamento gi� adottato esaminando lanatra 
cittadino e P.A. o che di questa disciplinano tura dei provvedimenti del Ministro delle Finanze 
l'attivit�. e del Ministro del Tesoro, rispettivamente in con


Ed invero, se le norme offrono all'interesse inditroversie 
doganali e in materia valutaria (Cassaviduale 
una tutela inimediata e diretta con esclusione zione Sezioni Unite, 18 febbraio 1959, nn. 501 e 
di ogni interferenza da parte della P.A. (norme di 502; Sezioni Unite 4 agosto 1959; I Sez. 5 ottobre 
relazione), si ha diritto soggettivo perfetto; se, invece, 1959, n. 2683). 

le norme rappresentano per l'Amministrazione una Di tali decisioni ministeriali si � negata la namera 
norma agendi e si concretano nello stabilire i tura giurisdizionale e, come provvedimenti ammicriteri 
di azione della stessa (n01�ma di azione), l'innistrativi, 
si � ritenuto che siano sottratte al conteresse 
del privato riceve protezione indiretta e deritrollo 
di legittimit�, che l'art. 111 della Costituvata 
e non pu�, quindi, mai assurgere a dignit� di zione riserva a questa Suprema Corte nei riguardi 

diritto soggettivo. 
delle pronunce emesse da organi investiti di giu


Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto, ed risdizione. 
esattamente, che non sussiste nei confronti dell'Am.
Al prevalere di tale indirizzo, per quanto riministrazione 
un diritto soggettivo del dipendente flette le controversie doganali, contribu� (v. ci


alla tenuta dello stato matricolare, dal momento che tata sentenza a Sezioni Unite n. 501 del 18 febla 
norma relativa (art. 7 dell'abrogato stato giuridico braio 1959) la decisione della Corte Costituzionale 
degli impiegati civili dello Stato) costituiva per la 27 giugno 1958 n. 40 che, ritenendo contrastante 

Amministrazione una� norma di azione. 
con l'art. 113, 2� comma della costituzione l'art. 26, 

E non stmbra che a diversa conclusione possa 2� comma T. U. 26 giugno 1924, n. 1024 -che 
condurre il vigente statuto degli impiegati civili limitava il ricorso al Consiglio di Stato pei soli 
dello Stato; approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, casi d'incompetenza o di eccesso di potere laddove 

n. 3, .il cui art. 55 contiene disposizione analoga a il precetto costituzionale avanti non ammette li-
quella stabilUa dal citato art. 7. . niitazioni a particolari mezzi di impugnazione o a. 
Vero � che l'art. 55 in discorso presenta prescrideterminate 
categorie di atti -rilev� la necessit� 
zioni pii'i, particol�reggiate per quanto riguarda la indi 
indagare con cautela sulla natura giurisdizionale 
serzione e conservazione di documenti, che concernono dei provvedimenti adottati dalle autorit� della 
la carriera dell'impiegato, nel fascicolo personale e P . .A., soprattutto se attinent( a questioni in cui 

per quanto riguarda le annotazioni sul f@glio matril'amministrazione 
stessa sia interessata. 
colare; ma non � meno vero che permane nella norma In tema di revisione dei prezzi nei contratti di 
la finalit� di attuare la migliore efficienza organizappalto 
di opere pubbliche questa Suprema Corte 

zativa interna dell'Amministrazione. 
aveva fi.nora ammesso la cosiddetta figura del Ministro-
giudice, riconoscendo expressis verbis, o pre


G. 
GENTILE supponendo, la natura giurisdizionale del provvedimento 
con cui il Ministro decide sulla richiesta 
di revisione dei prezzi (v. sent. Sezioni Unite 
11 ottobre 1956, n. 3763; id. 15 dicembre 1948 
n. 1892; id 28 febbraio 1948, n. 326). ' 
APPALTO -Opere pubbliche -Revisione dei prezzi 


� evidente che anche nella materia in esame si 

Provvedimento del Ministro dei Lavori Pubblici 


debba procedere 
ad un approfondito riesame alla 

Atto amministrativo -Inammissibilit� del ricorso 

stregua del principio di massima, cui si sono ispirate 

per cassazione. (Corte di Cassazione, Sez. Un., Sent. 

le recenti decisioni di questa Suprema Corte, della 

n. 640/60 -Pres.: Cataldi; Est.: Marletta; P.M.: Ponecessit�. 
di ricercare elementi che in modo ine


modoro (conf.) - 
Soc. Ferrari c. Ministero LL. PP.). 

quivoco rivelino i caratteri di atto giurisdizionale 
allorch� si tratti di provvedimento emanato dall~ 
Il provvedimento, con il quale il Ministro dei autorit� amministrativa. 

Lavori Pubblici decide, in tema di appalto di Gli atti arri.ministrativi, invero, nella generalit� 
opere pubbliche, in ordine alla revisione dei prezzi, dei casi, non hanno carattere giurisdizionale. E 
ha carattere e contenuto di atto amministrativo. questo non pu� certo presumersi allorch� la figura 
Pertanto, .non rientrando tale provedimento fra del Ministro giudice mal si concilia; concettual


gli atti giurisdizionali impugnabili a norma delmente, 
con la esigenza di dirimere eontro: 
l'art. 111 della Costituzione, deve ritenersi inamversie 
in cui l'autorit� giudicante rappresenti la 
missibile il ricorso per cassazione proposto contro amministrazione, interessata alla controversia 

.di esso. 
medesima. 


-45 


� pure da notare che l'attivit� della P.A., diretta 
.~l soddisfacimento di pubblici bisogni, si 

. concreta in atti di volont�, laddove a funzione 
giurisdizionale, attraverso un giudizio di carattere 
prevalentemente logico, attua la volont� della 
legge sostituendola a quella del singolo soggetto. 
Onde l'atto giurisdizionale non pu� promanare se 
non da un organo super partes, il cui obbiettivo 
� l'attuazione del diritto. L'atto amministrativo, 
come espressione della volont� della P.A. non pu� 
avere duplicit� di fine e di contenuto, se nel procedimento 
di attuazione di esigenze d'ordine collettivo 
l'interesse dell'Amministrazione contrasti col diritto 
soggettivo del singolo. . 

Da ci� la necessit� che la ricerca, e l'accerta~ 
mento, di un potere giurisdizionale nella P. A., 
siano condotti con rigorosi criteri d'indagine su 
tutti gli elementi, sia di carattere formale che sostanziale, 
atti a definire univocamente il contenuto 
e gli effetti dell'atto amministrativo. Nella materia 
in questione, contro le determinazioni dell'Amministrazione 
che neghi, o accordi solo parzialmente, 
chiesta revisione dei prezzi, � ammesso ricorso al 
Ministro competente, c'ie, su di esso, provvede insindacabilmente 
su parere di una speciale commissione 
istituita presso il Ministero, dei LL. PP., 
senza sentire, di regola, altre autorit� o corpi 
consultivi. 

Va rilevato, anzitutto, che il D.L.C.P.S. 6 di-� 
cembre 1947, n. 1501, che negli artt. 4 ad 8 regola 
la materia (e ricalca sostanzialmente il R. D. L. 
21 giugno 1938, n. 1296 e il R.D.L. 13 giugno 1940, 

n. 901) non contiene menzione n� semplici accenni 
da cui possa dedursi la natura giurisdizionale del 
provvedimento del Ministro. 
Salvo l'indicazione del termine per proporre il 
ricorso, nessuna norma di rito � stabilita che valga 
a tutelare le esigenze del contraddittorio e della 
difesa. 

La decisione del Ministro, qualificata provvedimento, 
� adottata su parere dell'anzidetta Commissione. 
E questa, costituita con ampia rappresentanza 
di alti e qualificati funzionari dei diversi 
settori della .Amministrazioni statali e delle organizzazioni 
sindacali delle categorie interessate alla 
revisione, nonch� rappresentanti dell'Amministrazione 
cui i lavori competono, si presenta come 
organo a carattere tecnico, prevalentemenete svincolato 
dall'interesse diretto della P . .A., ma appresta 
un parere non vincolante pel Ministro; il 
cui provvedimento non � neppure legato all'obbligo 
della motivazione, che � requisito essenziale dei 
provvedimenti a contenuto giurisdizionale (articolo 
111 Costituzione). 

D'altro canto l'insindacabilit� del provvedimento, 
espressamente stabilita dall'art. 5 ultimo comma, 
che ric�lca, sia pure in forma attenuata, l'art. 3 
del R.D.L. 13 giugno 1940, n. 901 (questo stabiliva 
l'insindacabilit� �per qualsiasi motivo e nel 
modo pi� assoluton si attaglia di pi� all'atto amministrativo 
che non al provvedimento giurisdizionale. 
Perci� il diniego del controllo di legittimit� dell'atto 
non conferisce forza ed effetto di cosa giudicata 
alla decisione ministeriale, ma ne conferma il 

arattere di normale estrinsecazione della volont� 

della P.A., diretta, con finalit� di pubblico inte


resse, al soddisfacimento di esigenze collettive . 

Devesi quindi concludere che il provvedimento 
ministeriale in esame, avendo caratteri e contenuto 
di atto amministrativo non po1:1sa .annoverarsi 
fra gli atti impugnabili a norma dell'art. 111 
della Costituzione; dal che corn::egue l' inammissi.
bilit� del proposto ricorso. 

Giusti motivi ricorrono, in relazione alla delicatezza 
del problema e al mutato orientamento giurisprudenziale, 
per compensare le spese di questo 
giudizio. 

La sentenza in rassegna � conforme ad altre emanate 
nello stesso periodo di tempo in vertenze nelle 
quali erano parti sia l'Amministrazione dello Stato 
che enti pubblici. 

Pertanto, la giurisprudenza della Gorle Suprema in 
mater; a deve ormai considerarsi costante nel senso 
che i1 provvedimento ministeriale che decide sulle 
verti e in materia di revisione di prezzi ha carattere 
amministrativo. 

� evidente che, riconosciuto il carattere amministrativo 
al provvedimento in questione resta da stabilire 
quale sia il giudice competente a conoscere della 
sua eventuale impugnativa che �, ovviamente, ammissibile 
in base al principio stabilito nell'art. 113 
della Costituzione (tenuto conto della nota giurisprudenza 
della Oorte Costituzionale affermata particolarmente 
nell'a sentenza n. 40 del 1958 -in questa 
Rassegna 1958, pag. 116 -pare indiscutibile che 
spetti alla Oorte Costituzionale dichiarare la illegittimit� 
costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 5 
del D.L. 6 dicembre 1947, n. 1501, che sancisce la 
insindacabilit� del provvedimento ministeriale). 

Per stabilire, una volta ammessa l'impugnativa, 
quale sia il giudice competente a conoscerne si tratta 
di decidere se la pretesa dell'appaltatore alla revisione 
dei prezzi costituisca diritto soggettivo o interesse 
legittimo. 

In proposito rileviamo brevemente che mentre la 
formula legislativa adottata nel citato D.L. n. 1501 
e nella legge di ratifica 9 maggio 1950, n. 329 (facolt� 
dell'Amministrazione di concedere la revisione) 
� la formula tipica della manifestazione di 
potere discrezionale amministrativo di fronte al 
quale le situazioni giuridiche del privato hanno i 
connotati di interessi legittimi, la giurisprudenza, 
pur non essendo imponente � tuttavia, nelle sue scarse 
manifestazioni, orientata proprio verso il diniego di 
diritti soggettivi della materia della revisione dei 
prezzi. 

Infatti, mentre il Consiglio di Stato, quando in 
contrasto con la Oorte Suprema negava il carattere 
giurisdizionale alle decisioni del Ministro riconosceva 
costantemente la propria giurisdizione sulle 
impugnative di tale provvedimento, ritenendolo lesivo 
di soli interessi legittimi (v. cc Giurisprudenzan, 
citata in CrANFI,ONE: L'appalto di opere pubbliche. 
Ed. Giuffr�, 1957, pag. 662, nota 32), la Oorte Suprema 
nella sentenza n. 1690 del 17 maggfo �956 _ 
(Sez. I, Impresa Gargia c. Ministero dei LL. PP., 
in cc Foro it.� 1956, 1105) sia pure incidentalmente 
ammetteva che la revisione dei prezzi, ove non costituisca 
un diritto espressamente regolato dal contratto 


-46


(il che negli� appalti di opere pubbliche dello Stato 
non pu� accadere), si fonda necessariamente su una 
facolt� discrezionale dell'Amministrazione (dall'uso 
della quale, evidentemente, possono essere lesi solo 
interessi legittimi). 

Riconoscendosi alla pretesa del privato in materia 
di revisione dei prezzi carattere di interesse legittimo 
appare chiaro che il pro,,;vedimento ministeriale possa 
essere sindacato solo per motivi di legitMmit�, esclusa 
ogni possibilit� di riesame del procedimento revisionale 
dal punto ~ai vista del merito (compresa in 
questo termine la c.d. discrezionalit� tecnica). 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Espropriazione 
per p. u. -Controversie riguardanti le indennit� previste 
dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 
in conseguenza dell'esecuzione e manutenzione del 
territorio di Napoli di opere idrauliche, di bonifica, 
di derivazione ed utilizzazioni di acque pubbliche Competenza 
Giunta Speciale presso la Corte d 'Appello 
di Napoli. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Imposizione servit� 
ed espropriazione parziale nel territorio di Napoli Applicazione 
criteri speciali della legge per Napoli. 

(Cassazione, Sez. Un., Sent. 258/60 -Pres.: Cataldi; 
Est.: Pece; P.M.: Criscuolo (conf.) -Causa Ministero 
LL. PP. c. Romano c. Comune di Napoli). 

I) In via normale, la lettera d) dell'art. 140 del 

T.U. n. 1775 del 1933 attribuisce alla cognizione 
del Tribunale delle Acque le controversie riguardanti 
le indennit� previste dall'art. 46 della 
legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza 
della esecuzione e manutenzione di opere idrauliche 
di bonifi.ca, derivazione e utilizzazione delle 
acque pubbliche. Nella ipotesi, per�, in cui le 
opere vengano eseguite nel territorio di Napoli, 
sulla enunciata competenza dei Tribunali delle 
acque, prevale quella speciale della Giunta di 
Napoli. 
II) Anche per la ipotesi della espropriazione 
parziale, cos� come per quella della imposizione di 
servit�, ricorrono le ragioni che hanno indotto il 
legislatore a fissare criteri speciali per la determinazione 
della indennit� �di cui all'art. 13 della 
legge per Napoli. 

III) La Giunta Speciale ha facolt� di seguire, 
tra i vari criteri di stima, elaborati dalla tecnica, 
quello che pi� ritenga adeguato al caso concreto. 
Tale principio va, per�, ulteriormente precisato, 
nel senso che quella scelta deve essere pur sempre 
contenuta nell'ambito del sistema base fissato, per 
la determinazione della indennit�, dall'art. 13 della 
legge per il risanamento di Napoli. 

I) La prima massima -come ha posto in luce 
la Oorte Suprema -Ǐ giustificata e dalla lettera 
e dalla ratio delle leggi sul risanamento della 
citt� di Napoli e sulla Giunta per Napoli. 

�Jn quanto alla lettera della legge, va rilevato 
che l'art. 18 del D.L.L. 27 febbraio 1919, n .129, 
devolve alla competenza esclusiva della Giunta 
speciale >> tutte le questioni che, in applicazione della 
legge 25 giungo 1865, n. 2359, sarebbero di competenza 
dell'autorit� giudiziaria, compresa quella di 
cui l'art. 46. 

Ora � risaputo che i Tribunali delle Acque fanno 
parte della giurisdizione ordinaria e costituiscono 
organi della stessa, sia pure con composizione speciale, 
in quanto il Collegio � integrato da tecnici 
(sent. n. 1076 del 1953 e Sezioni Unite; sent. n. 425 
del 1954 e n. 221 del 1951 a sezione semplice). Soccorre 
poi la ratio della legge n. 2892 del 1885 sul risanamento 
di Napoli, data la rilevanza strumentale 
che la utilizzazione delle acque pubbliche acquista 
rispetto al predetto risanamento. 

Nulla riteniamo di dover aggiungere agli esatti 
rilievi della. Suprema Oorte sul punto. 

II e III) In margine alle altre due massime, osserviamo 
che � fuori di dubbio che l'espropriazione 
per pubblica utilit� pu� avere per contenuto anche 
la sola imposizione di una servit.� La possibilit� 
di espropriare un immobile, racchiude in se la possibilit� 
di minor grado, di gravare l'immobile stesso 
di una servit�. Nel primo caso � il diritto nella 
sua interezza che viene sacrificato al generale interesse, 
mentre nel secondo il diritto � soltanto compresso. 


Questa unit� concettuale di fronte alla legge sulla 
espropriazione per p. u., comporta che anche per le 
servit� debbano valere le regole fissate nella legge 
stessa. Pi� segnatamente, in ordine alla determinazione 
dell'indennit� per la imposizione di una servit� 
a mezzo del procedimento di espropriazione per p.u., 
la relativa ipotesi � stata -ed a ragione -ricondotta 
sotto la disciplina di cui all'art. 40 della legge del 
1865, relativa alle espropriazioni parziali, la quale 
presenta stretta analogia con la costituzione della 
servit� oer atto di imperio. Di guisa che per questa 
come per le espropriazioni parziali, l'indennit� consister� 
nella differenza tra il giusto prezzo che avrebe 
avuto l'immobile avanti l'e15propriazione o la costituzione 
della servit� ed il giusto pr.ezzo che potr� 
avere l'immobile stesso dopo l'espropriazione o la 
costUuzione medesima. 

Ora nel caso di applicazione della legge per Napoli, 
si deve ritenere che, anche quando si versa nella ipotesi 
di espropriazione parziale o di costituzione di 
servitu permangano quei motivi che hanno indotto il 
legislatore ad introdurre il criterio speciale di cui 
all'art. 13 della legge del 1885. Non sussiste, infatti, 
alcuna incompatibilit� fra le disposizioni degli articoli 
40 e 46 della legge del 1865 e l'art. 13 predetto. 
D'altro canto manca una ragione valida che possa, 
per la ipotesi di applicabilit� della legge per Napoli, 
far ritenere che i criteri di valutazione, da questa 
portati possano, senza una espressa disposizione, 
ritenersi limitati al solo caso di esprqpr:iazione totale 
e permanente e non anche a quelli di ocCJ,f,pazione 
parziale o di imposizione di serbit�. Deve 
anzi ritenersi che, essendo per tutti i predetti casi 
comune la ratio della legge, ogni limitazione sarebbe 
del tutto ingiustificata. 


-47 


� cosi pi� che evidente che l'intento legislativo 
comporti che anche per il caso di imposizione di 

. servit�, i valori precedenti e susseguenti alla espropriazione 
di fondi parzialmente espropriati, o gravati 
di servit�, debbano ricavarsi dalla media tra 
il valore venale e la somma o coacervo dei fitti� dell'ultimo 
decennio, ovvero, in mancanza di fitti, del 
coacervo degli imponibili netti agli effetti della imposta 
sui terreni o sui fabbricati, contemperandosi 
in tal modo il criterio, che per le ipotesi avute presenti 
dal legislatore, viene in considerazione nella 
normale applicazione della legge del 25 giugno 1865, 
con quello speciale di cui all'art. 13 della legge per 
Napoli, che richiede, comunque ed in ogni caso, che 
il valore venale venga mediato con detto coacervo dei 
fitti o degli imponibili d'imposta. 

Una prova dell'esattezza di questo assunto, del 
1�esto � fornita dall'art. 18 del IJ.L. del 1919, ove 
sono espressamente devolute alla competenza della 
Giunta anche le controversie relative all'art. 46 
della legge istituzionale dell'epropriazione per p. u. 
Anche per tali controversie, quindi, va seguito il 
cr~terio stabilito dal ricordato art. 13 della legge del 
1885. 

FERROVIE E TRANVIE -Passaggi a livello -Limi� 
tazfone di velocit� per tratti di linea con passaggi a 
livello -Quando sussiste. (Corte di Cassazione, Sezione 
III, Sent. n. 164/60 -Pres.: Sagna; Est.: Laporta; 
P.M.: Gentile (conf.) -Carboni c. Ministero 
Trasporti). 

Per il combinato disposto dagli artt. 11 e 30 del 

D.L. 31 ottobre 1873, n. 1687; 1 del R.D. 9 agosto 
1929, n. 1694; e 60 del D.M. 24 novembre 1937, 
n. 1407, sul regolamento dei segnali sulle strade 
ferrate, la limitazione di velocit� sussiste per i 
tratti di linea con passaggi a livello permanentemente 
aperti e l'obbligo delle segnalazioni acustiche 
vige soltanto per i passaggi a livello considerati 
principali; dal che si deduce eh.e n� limitazioni di � 
velocit�, n� segnalazioni acustiche sono previste 
per i passaggi a livello non principali e, a maggior 
ragione, per i passaggi a livello, dei quali ultimi 
�l'onere della custodia incombe all'utente della 
strada privata, che pu� agevolmente provvedervi 
mediante chiusura delle barriere e custodia delle 
chiavi. 
Un obbligo di limitazione di velocit� e di segnalazione 
acustica non pu� concepirsi neanche in 
funzione della visibilit�, per i passaggi a livello 
custoditi, giacch�, a norma dell'art. 28 del R.D. 

n. 1740 del 1933, l'amministrazione ferroviaria 
deve tener conto del criterio della normale visibilit� 
solo in riferimento ai passaggi a livello incustoditi. 
Riportiamo integralmente la motivazione della sentenza 
per la parte che si riferisce alla massima sopra 
trascritta. 

Il ricorrente assume che sul detto punto la decisione 
impugnata sarebbe viziata per falsa appli


cazione delle norme sui cos� detti passaggi a li" 
vello � privati � e di quelle che regolano il traffico 
ferroviario in relazione ai segnali acustici ed alla 
limitazione di velocit�, nonch� per violazione dell'art. 
2043 O.e., dovendosi ritenere che, ancorch� 
non ricorrano i presupposti per l'applicazione delle 
norma di diritto singolare relative al traffico ferroviario, 
il conducente del treno sia sempre tenuto 
a fare quanto � in suo potere onde evitare il 
verificarsi di sinistri, rallentando la marcia del 
treno e perfino fermando il convoglio, quando occorra. 


L'assunto �, per�, inconsistene giuridicamente. 
La Corte di merito ha fatto corretta applicazione 
delle norme sulla limitazione di velocit� ai treni e 
sull'obbligo delle segnalazioni acustiche per il personale 
di macchina delle ferrovie. Invero, per il 
combinato disposto degli articoli 11 e 30 del D,L. 
31 ottobre 1873 n. 1687, I del R.D. 9 agosto 1929, 

n. 1694, e 60 del D.M. 24 novembre 1937, n. 1407, 
sul regolamento dei segnali, la limitazione di velocit� 
sussiste per i tratti di linea con passaggi a 
livello permanentemente aperti e l'obbligo delle 
segnalazioni acustiche vige soltanto per i passaggi 
a livello considerati principali. ~ 
Pertanto, logicamente, si deduce che n� limitazione 
di velocit�, h� segnalazioni acustiche sono 
previste per i passaggi a livello non principali, ed 

a. maggior ragione; per i passaggi a livello privati, 
dei quali ultimi l'onere della custodia incombe 
all'utente della strada privata, che pu� agevolmente 
provvedervi mediante chiusura delle barriere 
e custodia delle chiavi. N� un obbligo di limitazione 
di velocit� o si segnalazione acustica 
pu� concepirsi, in funzione d�lla visibilit�, per i 
passaggi a livello custoditi, giacch� a norma dell'art. 
28 del R.D. 8dicembre1933, n.1740 l'Amministrazione 
ferroviaria deve tener conto del criterio 
della ccnormale visibilit� � solo in riferimento ai passaggi 
a livello incustoditi. 
Il richiamo, fatto dal ricorrente, al diritto comune 
e particolarmente all'obbligo del conducente di 
rallentare la marcia e perfino di fermare la vettura 
quando occorra, � inconferente. L'obbligo di 
fare tutto il possibile per evitare il danno � posto 
dall'art. 2054 O.e. a carico soltanto del conducente 
di veicoli senza guida di rotaie e, quindi, non trova 
applicazione in tema di circolazione ferroviaria. 
Neanche il profilo di censura relativo alla inosservanza 
del generale principio del neminem leadere 
� fondato, l'impugnata sentenza, con ragionamento 
logico � immune da vizi, che, pertanto, si sottrae 
al sindacato di questo Supremo Collegio, 
ha negato la sussistenza di elementi di colpa a 
carico del personale ferroviario, rilevando che la 
.Amministrazione non aveva alcun obbligo di custodire 
il passaggio a livello, che, se un'imprudenza 
vi fu nell'apertura del passagigio medesimo, la 
responsabilit� dell'accaduto non poteva farsi risalire 
ad un soggetto diverso dell' .Amministrazione; 
che, comunque la velocit� del convoglio e la� dmissione 
dei segnali acustici (peraltro, dal macchinista dati 
non appena egli scorse l'autocarro sulla sede 
ferroviaria) non erano in relazione di causa ad effetto 
col sinistro. 


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-48 

IMPIEGO PUBBLICO -Enti di riforma fondiaria Ente 
pubblico non economico -Rapporto di impiego. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Rapporto di 
impiego con enti di riforma fondiaria. (Corte di Cassazione, 
Sez. Un., Sent. n. 1606/59 -Pres.: Oggioni; 
Est.: Marletta; P.M.: Tavolaro (conf.) Dell'Aquila 
Agostino c. Ente per lo Sviluppo e la Trasformazione 
Fondi�ria in Puglia e in Lucania). 

Gli Enti di Riforma Fondiaria sono enti pubblici 
non economici ed il rapporto di impiego con 
essi, anche se regolato in base alle norme sull'impiego 
privato � rapporto di impiego pubblico. 

Le controversie relative al rapporto di impiego 
con gli enti di riforma fondiaria appartengono alla 
giurisdizione del Oonsiglio di Stato. 

Riportiamo integralmente la motivazione di questa 
sentenza che sembra sia piemanente da condividersi. 

Non si pu� dubitare che l'ente in questione, 
sezione speciale per la riforma fondiaria, per la sua 
struttura, per i compiti istituzionalmente attribuitigli 
diretti al raggiungimento di finalit�. di interesse 
collettivo e per l'attivit�. che esplica abbia 
natura di ente pubblico puro. 

Esso, come si � accennato, nella temporanea mancanza 
di un regolamento organico sullo stato giuridico 
e sul trattamento dei propri dipendenti, ha_ 
fatto riferimento alle norme sul rapporto di impiego 
privato e alla disciplina stabilit�. per gli impiegati 
privati, la cui attivit�. potesse presentare caratteri 
affini a quelli delle attribuzioni conferite al suo 
dipendente. 

Da tali circostanze e dalla specifica avvertenza 
che l'assunzione fatta alle predette condizioni non 
costituisse titolo per l'inquadramento nell'organico 
provvisorio o definitivo della sezione per la riforma 
fondiaria, non pu�, per�, ricavarsi che il rapporto 
de quo sia stato sottratto alla sfera del rapporto 
di pubblico impiego per rientrare interamente e ad 
ogni effetto, in quella della disciplina collettiva 
dell'impiego privato. 

� assorbente, anzitutto, la considerazione che 

per un ente pubblico, non inquadrato ne inqua


drabile nelle associazioni sindacali a mente della 

Legge 16 giugno 1938, n. 1303, le controversie che 

insorgono nei confronti dei suoi dipendenti sono 

esclusivamente devolute alla giurisdizione ammi


nistrativa (Oonsiglio di Stato o G.P . .A). 

N� a modificare la natura del rapporto tra l'ente 

ed il suo dipendente pu� influire il carattere di av


ventiziato conferito al rapporto dell'atto della as


sunzione, per la prevalenza di quegli elementi so


stanziali che valgono a qualificarlo:� natura pub


blica dell'ente da cui i prestatore di lavoro dipende, 

continuit�. e professionalit�. della prestazione, col


laborazione e dipendenza gerarchica dell'ente pub


blico, attivit�. e funzioni svolte in diretta correla


zione con i fini istituzionali dell'ente. 

In tale situazione, il rapporto non assume forme 

e c.ontenuto di contratto di diritto. privato sol 

perch� l'ente abbia alla disciplina di quest'ultimo 

fatto provvisorio riferimento solo sotto determinati 

aspetti. � 

Tanto pi� quando, come nel caso in esame, il 
riferimento non � indice della volont� dell'ente. di 
istituire un rapporto di impiego diverso da quelli 
che di regola l'ente pubblico pone in essere coi 
propri dipendenti; anzi, � espressamente manifestata 
la contraria volont� della dicli�arata e giustificata 
necessit�. contingente di richiamarsi alla disciplina 
privatistica per la temporanea carenza di 
norme ad hoc e solo per quella parte di detta disciplina 
� compatibile >> con la natura del rapporto 
istituito con il Dell'Aquila. 

Ne deriva che, trattandosi, nel caso, del rapporto 
di un dipendente da ente pubblico non economico, 
la giurisdizione sulla insorta controversia spetti 
al Oonsiglio di Stato in sede giurisdizionale (articolo 
29, n. 1, T.U. 26 giugno 1924, n. 1054). 

RESPONSABILIT� CIVILE -Fatti costituenti reato Amnistia 
non applicata -Diritto risarcimento danni Prescrizione 
-Decorrenza. (Cassazione, 3a Sez. Civile, 
18 novembre 1959, n. 219/60 -Pres.: Verz�; Estens.: 
Rossi P.; P.M.: Toro (conf.) -Amministrazione F.S. 
-fall. Zanella). 

Se il giudice civile, al fine specifico del termine 
di prescrizione, pu� dichiarare che il fatto generatore 
del danno costituisce � in astratto � reato, � 
evidente che deve adeguarsi al medesimo criterio 
nella individuazione ed applicazione delle �cause 
estintive del reato, attesa la conclusione logica� dei 
due accertamenti, senza richiedere la prova concreta 
dell'applicazione del beneficio. 

Oonseguentemente in ipotesi di reato amnistia


bile, ma nei cui riflessi l'amnistia non � stato 

possibile applicare, perch� ignoti gli autori del 

<e 

fatto �, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento 
del danno decorre dal momento in cui 
interviene il provvedimento di clemenza. 

La sentenza risponde ad un criterio giuridico 

indubbiamente esatto e viene a completare la giuri


sprudenza che, in frma di decorrenza del termine di 

prescizione del diritto al risarcimento del darino, 

nella ipotesi che il fatto-reato, generatore dell'evento, 

sia stato amnistiato, si � venuta consolidando. 

La coerenza logica delle argomentazioni, che in 

sostanza aderiscono alla tesi sostenuta dall'Ammini


strazione ricorrente, dispensa da qualsiasi commento, 

onde � sufficiente trascrivere la limpida motivazione 

della sentenza stessa sulla questione. 

Passando all'esame del primo motivo del ricorso 

col quale si censura la sentenza della Oorte di .Ap


pello per avere disattesa l'eccezione di prescrizione, 

va rilevato che fondatamente l'Amministrazione 

deduce l'erroneit�. della impugnata decisione. 

Per il risarcimento del danno prodotto dalla 

circolazione di veicoli, l'art. 2957 O.e. fissa il ter


mine prescrizionale di due anni. 

Se, per�, il fatto � considerato dalla legge Q_O~e 

reato e per il reato � stabilita una prescrizione pi� 

lunga, questa si applica anche all'azione civile. 

.Al fine di stabilire quale termine di prescrizione 

dovesse applicarsi nella specie la Oorte di merito 


M*M p+ ��-M*
M p+ ��--
49 


ha preso in esame i fatti, come accertati da sentenza 
penale passata in giudicato, ritenendo che 

.. essi concretano il reato di lesioni colpose. 
.Precis� al riguardo la Corte medesima che 
cc allo specifico fine del termine di prescrizione 
civile, � insufficiente che il fatto sia astrattamenteconsiderato 
come reato, non essendo necessaria 
una pronuncia concreta di attribuzione in sede 
penale>>. 
Stabilendo, per�, il detto art. 294 7 c. c. che se 
il reato � estinto per causa diversa dalla prescrizione 
o � intervenuta sentenza irrevocabile nel 
giudizio penale, il diritto al risarcimento si prescrive 
nei termini indicati nei primi due commi, con 
decorrenza dalla data di estinzione del reato o 
dalla data in cui la sentenza � divenuta irrevocabile, 
e considerato che successivamente al sinistro 
in esame era stata col R.D. 5 aprile 1944, n. 96 concessa 
un amnistia applicabile al reato di lesioni 
colpose, la.Corte di merito si � dovuta dare carico 
di stabilire anche se e in quanto tal beneficio potesse 
avere influenza ai fini della prescrizione dedotta 
dalla .Amministrazione Ferroviaria. 
Ma mentre per accertare se il fatto costituisce o 
meno reato aveva affermato il concetto, indubbiamente 
esatto, che � sufficiente che il fatto stesso 
sia astrattamente considerato come reato, non 
essendo necessaria una pronuncia concreta in sede 
penale; tale concetto la Corte di .Appello ha abbandonato 
con evidente vizio logico, quando ha ritenuto 
che per rendere prescrittibile nella specie 
l'azione di risarcimento in due anni, con decorrenza 
dalla data di entrata in vigore del provvedimento 
di clemenza, l'Amministrazione avrebbe dovuto 
dare �la prova delle condizioni sub biettive richieste 
dalla legge, affinch� la causa estintiva operi in 
concreto, in quanto in base ai principi regolatori 

dell'onere della prova, colui il quale '\"'oglia fare va 
lere una causa estintiva del diritto deve dare la 
prova della stessa n. 

Ma non si vede quale altra prova l'.Amministrazione 
dovesse fornire oltre quella della esistenza 
del provvedimento leg�slativo di amnistfa � applicabile 
al reato posto a fondamento della azione civile 
di risarcimento del danno. Se il giudice civile, 
al fine specifico, del termine di prescrizione, pu� 
dichiarare che il fatto generatore del danno costituisce 
cc in astratto >> reato, � evidente che deve 
adeguarsi al medesimo criterio nella individuazione 
ed applicazione della causa estintiva del reato, 
attesa la correlazione logica dei due accertamenti, 
senza richiedere la prova concreta dell'applicazione 
del beneficio. 

Questa Suprema Corte ha, del resto, pi� volte 
affermato che ove il fatto illecito generatore del 
danno sia considerato dalla legge come reato, 
la prescrizione dell'azione di risarcimento, in caso 
di amnistia, decorre dal giorno dell'entrata in 
vigore del decreto con il quale l'amnistia � concessa 
e non dalla data del provvedimento giudiziario 
con il quale l'amnistia stessa e applicata, e ci� anche 
quando al momento della promulgazione del decreto 
di amnistia il procedimento penale non sia 
ancora in corso, dato che le cause di estinzione del 
reato o della pena operano e conseguono i loro effetti 
al momento in cui intervengono, s� che la decorrenza 
del termine di prescrizione, regolata con 
gli stessi criteri seguiti nel disciplinare gli effetti 
della causa estintiva del reato, ha inizio nel momento 
in cui interviene l'atto di clemenza: il provvedimento 
del giudice, che la applica, avendo valore 
puramente dichiarativo con efficacia ex tunc. 

(Cass. civ. sent. n. 530 del 1955, sent. n. 371 del 
1956 e n. 1839 del 1956) n. 



H ;fil 15 rwm H ;fil 15 rwm 
ORIENTAMENTI� GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Legittimazione 
passiva -Notificazione della citazione anche all'or� 
gano legittimato ma non regolarmente evocato in 
giudizio -Sanatoria. 

CAPITOLATO DI APPALTO -Carattere essenziale 
dei termini di cui agli art. 7, 13, 14 -Risoluzione 
automatica del contratto di appalto .-Esclusione. 
(Corte d'Appello, Sez. civ., Catania, 24 fel)braio 1959 
Pres.: Bertino; Est.: Paci; Floridia c. Amministrazione 
PP. TT. 

1) L'organo legittimato a rappresentare in giudizio 
l'Amministrazione PP. TT. � il Direttore 
Provinciale. La nullit� derivante dall'avere citato 
viceversa il Ministro � per� sanata se l'atto introduttivo 
del giudizio venga notificato anche all'organo 
periferico, e dalla relata di notifica risulti 
manifesta la volont� dell'attore di estendere la 
vocatio in jus anche a� quest'ultimo. 

2) Dal carattere di norme generali, non riguardanti 
la tutela di interessi particolari di privati, 
che riveste il capitolato generale di appalto, consegue 
che i limiti posti alla attivit� della P.A. 
debbono considerarsi in funzione del fine pubblico 
perseguito; il che porta ad escludere che i termini 
fissati dagli artt. 7, 13 e 14 siano stabiliti n~ll'interesse 
esclusivo dell'appaltatore e tanto meno 
con carattere di assoluto rigore in favore di lui. 

La prima massima non sembra conforme ai prin


cipi. L'attore aveva citato in giudizio il Ministro 

PP. TT., notificando anche al Direttore Provinciale 

di Ragusa copia dello stesso atto, la cui relata diceva: 

cc Io sottoscritto Ufficiale Giudiziario ho convenuto 

e notificato il superiore atto all'Amministrazione 

PP. TT. di Ragusa anche in persona del Direttore 

Provinciale di Ragusa...)) Poich� la notificazione � 

atto di Ufficiale Giudiziario, non pu� valere quale 

citazione n� sanare eventuali nullit� di questa: infatti 

la legge tiene ben distinte, nella disciplina e negli 

effetti, le nullit� dell'atto introduttiVQ (art.164 C.p.c.) 

da quelle della sua notificazione (art.' 160 C.p.c.). 

In questo senso si rinvengono altres� le decisioni della 

Cassazione 8 novembre 1956, n. 4201; 21maggio1956 

n. 1753; 23 maggio 1955, n. 1513. Per cui n� il 
Tribunale avrebbe dovuto decidere il merito della lite 
nei confronti di chi non era parte in causa (Direttore 
Provinciale), n� la Corte avrebbe dovuto disattendere 
l'eccezione di improponibilit� dell'appello col 
quale si citava il Direttore Provinciale e non pi� il 
Ministro (Cass. 21 ottobre 1956, n. 4018; si veda 
anche Corte Appello di Milano .6 giugno 1958, in 
�Foro Pad. >> 1958, II, 56, n. 181), e cio� si citava 
chi non era stato parte in primo grado. Peraltro 
la sentenza del Tribinale era stata pubblicata prima 
dell'entrata in vigore della legge 1958, n. 260; mentre 
al giudizio di appello la sanatoria ex art. 5 non era 
applicabile per l'avvenuto passaggio in giudicato del 
capo della sentenza di I grado relativo alla legittimazione 
passiva del Direttore provinciale, oltrech� pel 
fatto che il Ministro non era stato convenuto in appello. 

L'attore sosteneva, nel merito, la tesi della risoluzione 
automatica del contratto di appalto per la mancata 
stipula del negozio entro i 2 mesi dall'aggiudicazione 
avvenuta per licitazione privata (art. 7, I comma 
cap. gen. appalto); ed inoltre che -avendo egli 
chiesto all'Amministrazione la restituzione della cauzione 
e l'esonero da essa, offrendo in cambio un ulteriore 
ribasso d'asta -la sua accettazione non coniorme 
alla proposta equivaleva allo scioglimento del 
vincolo e ad una nuova proposta, non accettata dalla 
Amministrazione: la quale era di conseguenza tenuta 
a restituire la cauzione provvisoria e non 
avrebbe potuto legittimamente incamerarla, come viceversa 
fece. La Corte ha pienamente accolto le difese 
di merito della Amministrazione: 

a) il termine di cui all'art. 7 cap. gen. non � 

essenziale n� perentorio n� concesso a favore del pri


vato, bens� in funzione dell'interesse pubblico (si 

veda anche Cass. 8 aprile 1946, n. 400). Ohe il suo 

inutile decorso non valga a determinare la libera


zione automatica del privato dagli obblighi assunti 

con l'originario deliberamento, risulta altres� dalla 

nozione stessa di tale termine, che presuppone un ri


tardo dello obbligato tale da togliere al creditore ogni 

interesse alla prestazione (arg. e.r-artt. 1457 e 1256 

O.e.): il che non avviene nel caso di ritardo nella sti


pula del contratto di appalto -il cui vincolo si � 

gi� perfezionato con la redazione del verbale di aggiu


dicazione per licitazione privata (art. 16, IV co., 

R.D. 18 novembre 1923, n. 2440; Cass. Sez. Un. 
10 luglio 1956, n. 2551, in cc Giust. Civ. �, 1956, I, 
2051; Cass. 9 ottobre 1956, n. 3421; Cass. 21 febbraio 
1958, n. 571, in cc Giust. Civ. �, 1958, I, 406) 
-in quanto l'appaltatore pu� sempre riparare ad 
ipotetici pregiudizi mediante proroga del termine di 
ultimazione o mediante la revisione prezzi, e conserva 
in ogni caso interesse alla esecuzione del contratto. 
Ci� � confermato dalla considerazione che, anche 
quando il ritardo sia imputabile all'appaltatore (articolo 
14, VIII comma), la legge non fa discendere da 
ci� l'automatica risoluzione del contratto, ma attribuisce 
all'Amministrazione il potere di convertire 
in perentorio il termine inizialmente non essenziale~ . 

Peraltro il carattere eventuale (art. 97 R.D. 
23 maggio 1924, n. 827: <<qualora si debba .... �) 
della stipula del contratto -a fini meramente 
tecnici ed amministrativi, e nell'esclusivo interesse 



-51


della Amministrazione (Cass. Sez. Un. 29 luglio 
1941, n. 2402, �Foro It. n, 1942. I, 355, nella parte 
motiva) -� ovviamente incompatibile con la natura 
perentoria del termine di cui all'art. 7 (che 
� norma �imperfetta�); mentre d'altro lato e per 
converso lo scioglimento del vincolo sancito dall'articolo 
13 capitolato generale presuppone appunto che 
un contratto vi debba essere e vi sia stato, ovvero 
che nel capitolato d'oneri o nello schema di contratto 
sia previsto un termine per l'approvazione (art. 114 

R.D. 1924, n. 827); 
b) va comunque considerato che in base al sistema 
della legge, e tenuta altres� presente la facolt� 
dell'Amministrazione di procedere alla consegna dei 
lavori anche senza la stipulazione del contratto di 
appalto (art. 337, II comma, Legge sui LL. PP. 
1865, all. F; art. 10, IV comma, R.D. 25 maggio 
1895, n. 350), l'Amministrazione medesima non pu� 
essere ritenuta in ogni caso inadempiente se la consegna 
dei lavori avvenga entro nove mesi dalla aggiudicazione 
(infatti: 2 mesi per l'eventuale stipula 
del contratto: art. 7; pi� 4 mesi per l'approvazione: 
art. 13; pi� 3 mesi per la consegna: art. 14); 

c) la tesi dell'accettazione non conforme alla 
proposta che equivarrebbe ad una nuova proposta 
perfettibile col consenso dell'Amministrazione,. di 
pretta natura civilistica, non pu� evidentemente trovare 
ingresso in materia di pubblici appalti. V i contrasta 
infatti -oltre al considerato principio della 
perfezione del vincolo gi� in base al verbale d'asta 
pubblica o licitazione privata -il principio che la 
prestazione e l'eventuale esonero dalla cauzione attengono 
all'esecuzione, non alla perfezione del negozio 
(art. 54 R.D. 23 maggio 1924, n. 827); negozio 
che .peraltro non potrebbe stupularsi per trattativa 
privata (ch� tale sarebbe la presunta procedura 
della �nuova proposta� da accettarsi da parte della 
P.A.) al di fuori dei casi previsti dalle leggi sulla 
contabilit� di Stato. 

F. DE LUCA 
IMPOSTA DI REGISTRO -Divisione di masse plu~ 
rime -Imposta proporzionale. (Tribunaledi Catania, 
30 aprile 1959 -Pres.: Galifi, Est.: M. Nicosia 
-Pastore c. Finanze). 

Nella divisione simultanea di masse di beni co


muni, le cui comunioni, fra gli stessi soggetti, de


rivino da titoli diversi (comunioni plurime), la 

determinazione dei diritti di ciascun condividente, 

al fine di stabilirne la rispondenza con le quote di 

fatto attribuite, va fatta separatamente per le 

singole masse. 

Va considerata per� permuta soggetta a imposta 

proprzionale la assegnazione che, con riguardo solo 

ai diritti spettanti ai vari condividenti sul complesso 

patrimoniale unitariamente considerato, soddisfi le 

quote di ognuno con cespiti non ricadenti propor


zionalmente nelle diverse masse. Ci� anche se le 

quote di partecipazione dei condividenti nelle di


verse masse siano uguali. 

Nella fattispecie considerata due coniugi, tra i 
quali non esisteva regime di comunione, acquistano 

pro-indiviso, con titoli ed in tlmpi diversi, due appartamenti 
ubicati in posti diversi della citt�. Alla 
loro morte i rispettivi distinti eredi procedono con 
unico atto alla divisione degli anzidetti due cespiti, 
deniinziati di uguale valore, attribuendone uno al 
gruppo degli eredi del marito, e l'altro all'�rede della 
moglie. 

Prospettando la riccorrenza dell'ipotesi di �comunioni 
plurime�, riferite non gi� al concorso delle due 
eredit� (non essendovi stata compartecipazione dei 
medesimi eredi in entrambe) ma bens� alla diversit� 
dei titoli di acquisto originari dei due coniugi, nella 
cui posizione giuridica erano subentrati gli eredi, 
l'Amministrazione finanziaria ha sostenuto il carattere 
traslativo del negozio perch� con esso sarebbe 
stata realizzata una permuta; e la sua tesi � stata accolta 
dal Tribunale di Oatania, con la su riferita 
sentenza. 

Nella parte motiva il Oollegio, dopo aver richiamato 
le disposizioni dell'art. 48 della legge di registro e 
dell'art. 89 della relativa Tariffa, allegato A, cos� 
argomenta: 

�Ci� posto, la questione che il Collegio deve decidere 
� se l'imposta graduale competa anche quando, 
facendosi un'unica divisione di beni comuni provenienti 
da titoli diversi, i condividenti d attribuiscono 
tali beni in corrispondenza dei loro diritti 
sull'asse comune e non sulle singole masse che 
quell'asse concorrono a formare. 

Ora, se si tiene presente che la massa di ciascuna 
comunione costituisce un'entit� patrimoniale a s� 
stante (Cass. nn. 37-52 e 2414-41), la questione deve 
risolversi negativamente. Invero, il fatto che la divisione 
delle diverse masse comuni sia stata rinviata 
ad unico momento, � veramente accidentale e 
formale, e non toglie che le comunioni siano tante 
quanti sono i titoli da cui esse derivano. Se, per 
fare l'ipotesi pi� semplice, i soggetti A e B sono 
titolari delle comunioni O e D, ciascun soggetto � 
proprietario unico ed esclusivo, sin dal sorgere di 
ogni comunione, della sua quota di beni sulla massa 
della comunione O e su quella della comunione D. 
Onde, qualora nello scioglimento delle due comunioni 
si soddisfino i diritti di A con tutti i beni della 
massa O ed i diritti di B con tutti i beni della massa 
D, non pu� disconoscersi che cos� facendo si opera 
la permuta dei beni della massa O, di pertinenza 
di B, con quelli della massa D, di pertinenza di A, 
e che a tale permuta si deve applicare l'imposta � 
proporzionale prevista per essa e non quella graduale 
delle divisioni. Nella specie, gli opponenti 
procedettero, assieme agli altri comunisti, alla divisione 
delle due comunioni costituite dai coniugi 
Zappal�-D'Urso con i due richiamati rogiti di compravendita 
del 1914 e del 1935, e aventi rispettivamente 
per oggetto l'appartamento di via Toselli 
e quello di Via Ughetti, attribuendo ai germani 
Pastore, aventi causa dello Zappal�, il primo appartamento, 
e alla D'Urso Puglisi, erede della .D.'Urso,_ 
l'altro, ossia permutando i diritti dei germani 
Pastore sull'appartamento di Via Ughetti sono 
quelli della D'Urso Puglisi sull'appartamento di 
via Toselli. Pertanto, a torto essi ora negano con 


e= ---1~-, 

-W-~ 

l'opposizione di avere operata alcuna permuta e 
di essere tenuti quindi all'imposta proporzionale relativa 
pretesa della Finanza con l'ingiunzione impugnata
�. 

� interessante l'applicazione nel senso propugnato 
dall'Amministrazfone del principio tot tituli, tot 
communiones, in una fatlis-Pecie in cui i titoli 
plurimi pro.spettati erano costituiti da contratti di 
acquisto, e quindi da negozi giuridici vofontari. In 
lin�a generale infatti, il distacco fra le diverse masse 
condominiali pu� apparire di pi� intuiti'l;a evidenza 
nei casi di comunioni incidentali, di comunioni 
cio� derivanti da fatti giuridici estranei alla 
volont� dei partecipanti (esempio tipico le comunioni 
tra fratelli�che siano succeduti al padre ed alla madre), 
che non nei casi di comunioni costifaite per atto volontario, 
nelle quali si potrebbe essere indotti a rapportare 
ad un vinculum juris comune la partecipazione 
dei medesipii soggetti nelle diverse comunioni. 

Y a peraltro rilevato -che, ove non risulti diversamente 
dal titolo di costituzione, la comunione che si 
formi tra due o pi� soggetti non pu� essere considerata 
che come ccmunione a scopo di godimento (ar~ 
ticolo 2248 O.e.); e nella fattispecie appunto le comunioni 
dei due cespiti, pur nascenti da un titolo 
contrattuale, si profilavano sempre come comunioni di 
mero godimento. Ora, � risaputo che in tale tipo di 
comunione (a differenza che nelle comunioni cosiddette 
qualificate o di scopo -esempio tipico le 

comunioni a scopo di societ�) non � dato di ravvisare 
uno scopo che, al di l� dell'obbietto della singola comunione, 
sia tale da inserire l'obbietto stesso e l'interesse 
perseguito all'atto della costituzione della comunione 
in un pi� vasto complesso di interessi che 
potrebbe comprendere la successiva comunione di 
altri cespiti. 

Si suol dire che la comunione a scopo di godimento 

� fine a s� stessa ed in essa il rapporto, circoscritto 

da un canto alla cosa posta in comunione, rimane 

nell'ambito esclusivamente reale, implivando una 

diretta relazione dei singoli partecipanti con la cosa 

(sia che questa si configuri come un vero e proprio 

diritto di propriet�, totale o frazionario, ovvero 

come dir,itto al semplice godimento e compossesso) 

mentre la relazione tra i diversi soggetti non avendo 

giuridicamente rilevanza se non per ci� che attiene 
alla rispettiva posizione di essi nei riguardi dello 
oggetto, non � atta a indurre un rapporto di carattere 
personale. Esula pertanto da tale rapporto ogni 
elemento che possa avere in qualsiasi modo riguardo 
ad un intuitus personae. 

Da tali premesse si trae con maggiore evidenza 

l'ineccepibilit� giuridica della tesi accolta dal Tri


bunale, sia sotto il punto di vista del diritto tribu


tario, che dal punto di vista civilistico. 

Nell'affrontare il problema se le diverse masse 

condominiali cui partecipino i medesimi soggetti in 

dipendenza di titoli diversi debbono considerarsi o 

meno �unico asse n, problema che interessa sia per 

l'applicazione dell'art. 48 L.R., che per ogni altro 

rifiesso civilistico anche esulante dal campo tribu


tario due criteri in astratto possono essere seguiti: 

1) un criterio -che pu� definirsi meramente 

soggettivo (seguito dalla tesi avversa a quella della 

Finanza) quello cio� di ritenere l'unicit� dell'asse in 

base alla sola identit� soggetti1:a dei titolari dell'una 
e dell'altra comunione. Secondo tale criterio, a individuare 
l'�asse comunei> � non soltanto necessario 
ma anche sufficiente che i (due o pi�) contitolari 
dei beni da comprendersi nell'�sse siano i medesimi, 
senza aver -riguardo ai titoli di provenienza; 

2) l'altro criterio, invece, di carattere obbiettivo, 
che considera insufficiente .l'identit� soggettiva, ritenendo 
che l'ambito di ogni comunione, per ci� che 
attiene alla consistenza dell'asse, sia circoscritto dal 
titolo, diguisaech� ad ogni titolo corrisponde una distinta 
comunione. 

Questo secondo criterio � quello sostenuto dalla 
Finanza. Esso ha un contenuto obbiettivo e rigorosamente 
giuridico, facendo leva, da una parte, sulla 
indifferenza del rapporto personale tra i soggetti in 
un rapporto di carattere reale quale � quello di condominio 
e, d'altra parte, sulla essenziale rilevanza 
che assume il titolo (art. 1100 O.e.) nella determinazione 
del regolamento giuridico della comunione e, 
prima di ogni altra cosa, nella determinazione dell'obbietto 
a cui tale regolamento si riferisce. 

Il titolo invero, pu� dirsi, � l'atto di fondazione 
della comunione la quale, se non d� luogo a un patrimonio 
separato, implica certamente un modo 
speciale di essere del diritto dominicale dei singoli 
soggetti rispetto a determinate cose per il rapporto 
in cui questi vengono a trovarsi rispetto a pi� patrimoni, 
e quindi una regolamentazione particolare 
che � appunto quella dettata dal titolo. 

Nel titolo trova anche esplicazione, attraverso la 
manifestazione di volont� in esso insita, l'autonomia 
negoziale dei partecipanti che mira a perseguire 
quegli obbietti per i quali lo stato di condominio � 
predisposto. 

Sotto questo punto di vista, colui che partecipa ad 
un atto contrattuale di costituzione di una comunione 
(ovvero_ aderisce, ad esempio, mediante l'accettazione 
a far parte di una comunione ereditaria), sa tra 
l'altro, che la sua partecipazione influisce il diritto 
ad avere una parte in natura di cespiti compresi in 
quella determinata massa -e non in un pi� i�asto 
complesso; e questo diritto, in mancanza di una mai 
nifesta.zione ad hoc di volont�, non pu6 ritenersalterato 
per il semplice fatto della successiva partecipazione 
(che pu6 anche essere casuale) ad un ulteiore 
rapporto di condominio che non sia unito al primo 
da un legame di carattere obbiettivo e funzionale. 

Il concetto di pluralit� di titoli delle comunioni 

non si pu� confondere con quello della pluralit� di 

titoli di acquisto dei beni comuni. Due soggetti pos


sono compiere pi� acquisti in comune e tuttavia il 

titolo della comunione essere unico qualora sussista 

un titolo precostituito che preveda e regoli tra i sog


getti stessi una molteplicit� di acquisti in comune. 

Si pensi agli acquisti compiuti da due coniugi 

in regime di comunione (art. 215 O.e. vigente); 

ovvero agli acquisti� dipendenti da un rapporto di 

societ� (in una forma di societ� che non dia luogo a 

costituzione di persona giuridica), 

In tutti questi casi, il titolo della comunione ri-_ 

marr� sempre 1 unico, ed i nuovi acquisti secondo la 

tesi dell'Amministra.zione daranno luogo ad una 

unica comunione. 

Il criterio, invece, meramente soggettivo propu


gnato dalla tesi avversa a quella della Finanza, era 



53 


posto a base della vecchia circolare 1 marzo 1880, 

n. 31, del Ministero delle Finanze che cos� si esprime: 
�Quando la comunione legittimamente esiste, resta indifferente 
se questa siasi f armata per pi� diversi titoli 
e ragioni, essendo inconcepibili fra le medesime 
persone due o pi� comunioni tra loro distinte�. 
Ma questo concetto dell'inammissibilit� di pi� 
comunioni fra le medesime persone e della necessaria 
fusione di esse in unica comunione si appalesa 
erroneo, non potendo esso adagiarsi che su un 
criterio di riguardo ad un intuitus personae, che � 
assolutamente fallace, dato qitanto sopra esposto sul 
carattere reale del rapporto di condominio e sulla 
irrilevanza in esso di qualsiasi riflesso che attenga a 
rapporti di carattere personale tra i soggetti. 

Non sarebbe d'altra parte sostenibile (in base ad 
un preteso criterio di mera tecnica giuridica da 
qualche parte adombrato) che l'unit� dello stato di . 
comunione fra due soggetti debba trarsi come conseguenza 
dell'automatico accrescimento del �patrimonio 
comune � gi� esistente e della fusione di esso 
di tutti gli elementi patrimoniali conseguenti ai 
'Dari acquisti in comune riferibili agli stessi soggetti. 

Una tale coneezione, invero, sarebbe valida soltanto 
se la considerazione di insieme dei soggetti ai 
quali debba riferirsi la titolarit� dei cespiti comuni 
potesse condurre alla configurazione di un autonomo 
soggetto di diritto, munito di propria capacit� patr 
:moniale e suscettivo come tale di comprendere nel 
proprio c.ml:Jito patrimoniale ogni altra futura attivit� 
ed ogni altro futuro acquisto ad esso facente 
capo. Ma � pacifico che il rapporto di condominio 

-nella forma almeno di comunione semplice quale 
si prospetta la comunione a scopo di godimento non 
d� luogo a creazione di persona giuridica o di 
un autonomo soggetto di diritto (anche il ccgruppon 
pi� o meno organizzato, al quale secondo le pi� 
recenti teorie della propriet� collettiva andrebbe riferita 
la propriet� della cosa comune, � concepito 
con carattere �e funzionalit� esclusivamente interne, 
esaurentesi cio� nel rapporto .con la cosa o con quelle 
determinate cose considerate dal .titolo condominiale). 

Non vi ha perei� neppure un separato patrimonio, 

oggetto di autonoma titolarit� soggettiva, e suscettivo 

come tale di espandersi. Esclusa la individualit� pa


trimoniale e soggettiva, il condominio si pone sem


plicemente come un rapporto tra pi� patr;moni e 

pi� soggetti distinti concernente la medesima cosa: 

se ad un primo rapporto ne segue un secondo con


cernente altre cose in forza di un successivo titolo, 

non si vede perch� i due rapporti debbano ridursi 

ad unit�, quasicch� tra i due soggetti non possa 

sussistere una molteplicit� di rapporti. Si potr� in


vece avere, eventualmente, il loro collegamento, non 

soggettivo, ma funzionale, se ed in quanto tale col


legamento sia autorizzato dal titolo; con che si ri


torna al criterio� obbiettivo sostenuto dall'Ammini


strazione. 

� noto che la tesi dell'Amministrazione � anche 
quella accolta, in linea di principio, dalla Suprema 
Oorte, la quale tuttavia ha ritenuto (seguita dalla 
Oommissione Oentrale) di ammettere u~eccezione �o 
un temperamento nel caso. che le quote ai partecipazione 
di ciascun condividente nelle fl,iverse masse 
siano uguali. Tale eccezione � stata generalmente anche 
da parte di coloro che non condividono la tesi 

di principio dell'Amministrazione -ritenuta non 
.fondata in legge ed irrazionale; ed invero la ragione 
addotta, e cio� che nella prospettata ipotesi la formazione 
di un'unica massa non alterebbe il rapporto 
in cui ciascun condividente sf, trova rispetto alle 
varie masse, si rivela del tutto inattendibile, valendo 
invece perfettamente l'opposto: e cio� che la formazione 
di un'unica massa altera in ogni caso il rapporto 
in cui ciascun condividente si trova con le diverse 
masse, quando nella formazione delle quote di fatto 
non sia rispettata la corrispondenza con le quote di 
diritto spettanti a ciascuno nelle masse singole; e 
ci� quale che sia la consistenza di tali quote di diritto. 

� interessante l'ultima parte della motivazione della 
sentenza del Tribunale di Oatania su riportata, che 
ripudia appunto la detta eecezione: cc Esso (il Collegio) 
ritiene, per� di non potere condividere la 
eccezione perch� in contrasto con il principio e 
non sorretta da giustificazione Invero, il fatto 
della eguaglianza delle quote dei comunisti � del 
tutto accidentale, e non giustifica, quindi, la deroga 
al principio dell'applicabilit� dell'imposta proporzionale 
(prevista per i trasferimenti) alla quota di 
maggior valore frn, quelle �cambiate nel caso che, 
previa costituzione di unica massa, si proceda alla 
divisione di pi� comunioni con la assegnazione ai 
singoli condividenti di immobili in corrispondenza 
dei diritti loro spettanti sull'asse e sulle singole 
masse che lo concorrono a formare. 

L'applicabilit� dell'imposta proporzionale � un 
corollario del principio della plurimit� delle comunioni 
in corrispondenza della plurimit� dei titoli 
di provenienza dei beni (tot titoli -tot comunioni), 
ed il fatto accidentale della uguaglianza d�lle quote 
dei comunisti non pu� travolgerla senza travolgere 
anche il principio da cui deriva. 

D'altronde, se due persone partecipano ciascuna 
con il 50% a due separate comunioni, e procedendosi 
alla divisione si attribuisca ad una la 
intera massa di una comunione e all'altra l'intera 
massa dell'altra comunione, sembra evidente che 
lo effetto traslativo si verifica come nel caso che 
le due persone abbiano quote ideali disuguali n. 

La sentenza � passata in giudicato. 

E. ALBEGGIANI 
TRATTATI INTERNAZIONALI -Accordo italo-Jugoslavo 
firmato a Udine il 20 agosto 1955 -Decreto 
18 aprile 1958, n. 40 del C.G.G. italiano per il Territorio 
di Trieste -Efficacia quale norma di esecuzione 
-Sussiste. 

TRATTATI INTERNAZIONALI-Art. 38dell'Accordo 
di Udine -Norma derogatrice della legge doganale 
quanto all'importazione della benzina jugoslava contenuta 
nel serbatoio delle automobili italiane -Limiti 
della deroga. (Corte d'Appello di Trieste, Sent. n. 35/60 
del 15 gennaio-15 febbraio 1960 -Pres.: Casoli; Rel.: 
Salis -Finanze c. Terpin). 

1) Il decreto del Commissario Generale del Go: 
verno per il territorio di Trieste 18 aprile 1958, 

n. 40, col quale � data piena ed intera esecuzione all'Accordo 
italo-jugoslavo firmato a Udine il 20 agosto 
1955, costituisce quella norma� di coordina

-54


mento che � necessaria e sufficiente per adattare lo 
ordinamento interno, e in particolare la legge doganale, 
alle norme di diritto internazionale poste 
in essere coll'Accordo stesso. 

2) La seconda parte dell'art. 38 dell'Accordo 
italo-jugoslavo firmato a Udine il 20 agosto 1955, 
che disciplina il passaggio della frontiera della 
benzina contenuta nel serbatoio delle autovetture 
deve intendersi coordinata colla prima parte del � 
medesimo articolo che regola il passaggio degli 
accessori, nel senso che � ammessa l'importazione 
al rientro nel territorio italiano, in esenzione dei 
diritti doganali, soltanto di tanta benzina quanta 
ne era contenuta nel serbatoio dall'autovettura al 
momento dell'uscita. 

L'ESENZIONE DELLA BENZINA DAI DAZI DOGANALI 

NEGLI ACCORDI DI FRONTIERA E IN PARTICOLARE 

NELL'ACCORDO DI UDINE DEL 20 AGOSTO 1955. 

1. Per la prima volta, a quanto risulta, una Corte 
di merito ha deciso, con la sentenza massimata, la 
questione che da qualche anno agitava il mondo 
degli automobilisti di confine, e pi� propriamente dei 
confini con la Svizzera e con la ,Jugoslavia. 
Espressa in termini profani la questione si poneva 
sul punto se fosse lecito all'automobilista italiano di 
recarsi in !svizzera o in .Jugoslavia -dove la benzina 
costa dalle 50 alle 60 lire al litro di meno che in 
Italia -a fare il pieno dei serbatoio e ritornare 
quindi in territorio nazionale senza sottostare allo 
onere dei dirit(i di confine, che avrebbe reso quella 
operazione economicamente del tutto inutile. 

L'estrema vicinanza al confine di una grossa citt�, 
colla conseguenza di un pi� attivo traffico di frontiera, 
cre� ben presto nel territorio di Trieste le premesse 
perch� quel problema che altrove aveva trovato il suo 
componimento nelle vie del compromesso di fatto, 
provocasse qui una crisi che non poteva essere risolta 
che dal giudice. 

Ecco in breve l'occasione che port� alla decisione 
segnalata. 

Il giorno 25 novembre 1957 l'avv. Aldo Terpin 
rientrava nel Territorio di Trieste, da quello adiacente 
amministrato dalla .Jugoslavia, dopo aver fatto 
il pieno di l� dal confine. Contestatogli dagli agenti 
di servizio .la presenza nel serbatoio di quindici litri 
di benzina in pi� di quanti erano stati misurati 
all'uscita, l'avv. Terpin si rifiutava di pagare i diritti 
di confine sull'eccedenza, invocando l'art. 38 
dell'Accordo di Udine. 

Tale articolo recita come segue: 

Facilitazioni doganali per gli autoveicoli. 


pezzi di ricambio, le gomme, e gli accessori d'uso 
dei veicoli a motore non sono soggetti al pagamento 
di diritti doganali, a condizione che risultino i�egistrati 
sul titolo di importazione temporanea di cui 
all'art. 37 e siano riesportati; 

� del pari esente dal pagamento dei diritti doganali 
il carburante contenuto nel serbatoio direttamente 
collegato col motore�. 

Spiccata l'ingiunzione e fatta, dall'avv. Terpin, 
opposizione, la controversia veniva giudicata dal 

Tribunale di Trieste, che con una sentenza non priva 
di pregi, ma tuttavia perplessa, finiva per accogliere la 
tesi dell'opponente, secondo la quale nessun collegamento 
era da ritenersi sussistente fra la prima e� la 
seconda parte della norma suddetta -coesistenti 
solo per ragione di materia -�pe1; cui, nessuna 
specifica condizione essendo stata apposta con riferimento 
alla quantit� della . benzina contenuta nel 
serbatoio, l'esenzione tributaria doveva intendersi riferita 
a tutta la benzina ivi contenuta. 

Per giungere a questa conclusione il Tribunale 
aveva fatto leva sull'argomento dell'impossibilit� che, 
colla norma relativa alla benzina, si fossero volute 
richiamare le particolari condizioni previste nella 
prima parte dell'articolo per gli accessori (vale a dire 
la specificazione e registrazione di tali accessori nel 
carnet); e, dalla constatazione di tale impossibilit�, 
era pervenuto alla convinzione che quel termine �del 
pari>> con cui si apre il capoverso dell'art. 38, fosse 
stato usato del tutto impropriamente nel senso di 
<<altres�n o �anche�. Tale considerazione esegetica, insieme 
con il rilievo che la norma aveva lo scopo dichiarato 
di favorire il piccolo traffico di frontiera, 
aveva persuaso il Tribunale della fondatezza della 
tesi dell'opponente. 

Per contro l'Avvocatura dello Stato aveva sosteniito 
che le due parti dell'unico articolo erano strettamente 
e logicamente collegate fra di loro, per cui, 
interpretando la seconda alla stregua delle indicazioni 
fornite dalla prima, se ne doveva dedurre che l'esenzione 
al rientro in territorio nazionale valeva solamente 
per la quantit� .della benzina gi� esportata 
all'uscita cos� come per i pezzi di ricambio e gli altri 
accessori, senza -ovviamente -che fosse richiesta 
la registrazione nel carnet, che, con riguardo alla 
fungibilit� del bene, non avrebbe avuto in tal caso 
alcun senso. 

Impugnata la decisione davanti alla Corte di Appello, 
alla tesi or detta l'Avvocatura ne aggiungeva 
anche l'altra, che la norma si applicasse semplicemente 
allo straniero e non al connazionale; cos�, 
vista dall'osservator_io italiano, sarebbe stata concessa 
la libera importazione della benzina jugoslava nella 
vettura jugoslava e la sua conseguente riesportazione; 
non invece l'importazione della benzina jugoslava nel 
serbatoio della vettura italiana: e ci� argomentando 
proprio dal comma primo dell'art. 38, il quale, a 
proposito dell'esenzione dei pezzi di ricambio, prescrive 
le due condizioni della registrazione nel carnet 
e della sueces.~iva �riesportazionmi, con ci� riferendosi 
evidentemente allo �straniero)). Ma la Corte, con una 
motivazione per vero non del tutto convincente, ha 
respinto questa tesi, che ha considerato ingiiistificatamente 
restrittiva (mentre appare bene ancorata nel 
testo letterale e perfettamente reciproca), ed ha seguito 
invece la tesi iniziale del tantundem. 

In questa linea, di stretta interpretazione della 
norma, la sentenza della Corte triestina appare 
esemplare, sia nell'analisi del vizio di ragionamento 
dei primi giudici, sia per l'uso coordinato dei vari 
metodi interpretativi della legge. �� � .. . 

In primo luogo la Corte ha osservato che l'interpretazione 
dell'art. 38 data dal Tribunale, per potere 
reggersi, deve forzare il senso letterale delle parole 
(�del pari)) significando propriamente �nello stesso 


W &i&&IBW -W &i&&IBW -
-55


modon e non ccaltres�n). Ora -dice la Corte -se � 
vero che coll'espressione <cdel parin non s'intese effettuare 
1m rinvio ricettizio alle condizioni stabilito 
nella prima parte del disposto con riferimento agli 
accessori, � per� altrettanto vero che la prima parte 
dell'art. 38 non� si esaurisce nella formulazione 
di quelle condizioni, che rappresentano soltanto una 
modalit�. per ottenere l'esonero tributario, mentre la 
causale � da ricercarsi esclusivamente nel fatto della 
importazione temporanea, segiiita dalla riesportazione: 
causale che � comune alla previsione dell'esonero 
tributario della benzina, disciplinata nel comma 
secondo. In altri termini la Corte ha trovato la giustificazione 
della norma, comune per entrambe le 
ipotesi, nel rapporto di equivalenza tra importazione 
e�f, esportazione, tradotto nella formula tecnica della 
importazione temporanea seguita dalla riesportazione 
considerando -com'era giusto -la registrazione 
nel carnet, prescritta per gli accessori, un mero accidente 
nell'operazione, con riguardo alla natura dei 

� beni. � 

Ma, ragionando cos�, non � chi non veda come la 
Corte abbia accolto precisamente quella tesi, avanzata 
dall'Avvocatura dello Stato nella seconda istanza 
che essa intendeva respingere, come costituente una 
'ingiustificata e arbitraria restrizione. Infatti, se il 
presupposto dell'esenzione della benzina � importazione 
temporanea seguita dalla riesportazione, � 
ovvio che non pu� trattarsi -da punto di vista italiano 
-che della benzina jugoslava contenuta nel 
serbatoio della vettura jugoslava, perch� se si trattasse 
di una vettura italiana, la prima fase -rispetto 
all'Italia -sarebbe quella della esportazione, seguita 
dalla reimportazione; operazione manifestamente 
del tutto occasionale, essendo la benzina italiana 
ben pi�, costosa di quella jugoslava. 

2. Per quanto non strettamente riferita al prin.
cipale argomento qui trattato, merita un cenno anche 
la prima massima della sentenza annotata. 
L'Avvocatura dello Stato aveva tra l'altro eccepito, 
trattandone pi� diffusamente nella seconda istanza, 
l'inefficacia dell'art. 38 dell'Accordo di Udine, nei 
confronti del cittadino in quanto mancherebbe nel 
diritto positivo italiano l'apposita norma di adattamento 
della legge doganale alla speciale previsione 
del menzionato art. 38 dell'Accordo internazionale. 

� noto -sosteneva -l'Avvocatura, che le norme 
internazionali, finch� non siano ccmediateii attraverso 
opportune norme di coordinamento nel diritto interno, 
non hanno il potere di modificare, o abrogare 
le norme di questo: nel caso particolare, l'art. 4 
della legge 25 settembre 1940, n. 1424, che stabilisce 
a favore dello Stato il diritto di imposta su tutte le 
merci straniere che passino la linea doganale e siano 
importate in Italia. 

L'eccezione non riguardava, � bene notarlo, la 
mancata ratifica dell'Accordo di Udine da parte del 
Parlamento n�, per implicito, metteva in discussione 
il potere normativo del Commissario Generale del 
Governo per il Territorio di Trieste, il quale, prima 
-e-parzialmente -col decreto 30agosto1955, n. 260, 
e poi -in toto -col decreto 18 aprile 1958, n. 40, 
avev(lt dato ccpiena e intera esecuzione ... , a decorrere 
dal giorno della sua firma, all'Accordo tra la Repub


blica d'Italia e la Repubblica Popolare Federativa 
di Jugoslavia per il regolamento del traffico .. . fra 
l'area di Trieste e le aree adiacenti, concluso ad 

Udine il 20 agosto 1955n. N� tale questione fu sollevata 
dall'opponente avv. Terpin o, d'ufficio, dalla 
Autorit� giudicante. � � 

L'eccezione si rifaceva invece alla teoria, che ha 
illiistri sostenitori (1), secondo la quale, avendo ogni 
ordinamento giuridico le proprie norme costituzionali, 
che stabiliscono quali siano le fon ti del proprio diritto, 
bisogna rifarsi a dette norme per determinare 
se nell'ordinamento italiano l'accordo internazionale 
in genere sia fonte diretta di diritto interno: colla 
risposta negativa che ovviamente ne deriva. Ne consegue 
che se una legge interna (nella specie la legge 
doganale) ha un contenuto contrario agli obblighi internazionali 
dello Stato, quei tali impegni non ne 
alterano la validit� ed efficacia e, quindi, i'obbligatoriet� 
nei confronti dei cittadini, finch� con altra 
norma, che si suol chiamare appunto di adattamento, 
il diritto interno non venga adattato, con le opportune 
modifiche, all'impegno assunto internazionalmente. 

Si �, in genere riconosciuto che tale processo di 
adxttamento �si attui automaticamente nei confronU 
delle norme di diritto internazionale aventi carattere 
generale e comune (art. 10 della Costituzione). Ma 
non pu� certo dirsi che una specifica disposi.zione 
derogativa d'una norma doganale rivesta le qualifiche 
di generalit� e comunit� che si richiedono per l'adattamento 
automatico. � dunque necessaria una norma 
lli adattamento. 

La Corte di Trieste ha ritenuto, inver-0 senza troppo 

soffermarsi sull'argomento, che la legge di esecuto


riet� siq, sufficiente ad operare l'intero processo di 

adattamento, pur limitandosi alla sola e nota for


mula ccPiena e intera esecuzione � data .... ii; a niilla 

rilevando invece che non siano contemporaneamente 

introdotte nel diritto interno apposite norme deroga


trici della specifica disposizione contrastante con la 

normx internazionale. 

Il ragionamento appare piuttosto semplicistico e 

lascia alquanto perplessi, specie se si tiene conto 

della giurisprudenza della Suprema Corte, la quale, 

con la sentezna delle Sezioni Unite, n. 3572del1955 

(rie. Clara Oombes de Lestrade c. Finanze, in 

<e Foro Ita. n 1956, I, 721) ha escluso, ad esempio, 

che si sia attuato un adattamento automatico dell'or


dinamento i.nterno alle norme del Trattato di Pace di 

Parigi (10 febbraio 1947), non ostante che a detto 

Trattato fosse stata d.ata la piena esecutorit� con de


creto di ratifica, D.L.P. 28 novembre 1947, n. 1430. 

Ora, se tale decisione dovesse prendersi come un 

punto fermo, non si vede come l'art. 38 dell'Acco_rdo 

di Udine, che di quel Trattato � una lontana e 

particolare appendice, potrebbe considerarsi derogativo 

di una specifica norma della legge doganale, senza 

che fosse prima emanata l'apposita norma di adat


tamento, sia pure nelle minori forme del decreto del 

Commissario Generale del Governo. 

MANLIO OEGOVINI 

(1) Fra gli altri: BALLADORE PALLIERI: Diritto Internaz. 
Pubblico. Giuffr� 1946, pag. 52; MONACO: Manuale 
di Diritto Internazionale. UTET, 1949, pag. 72 e 73. 

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INDICE S. I S '11 E M A T I C O 
DELLE CONSULTA Z I.ON I 

LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN �LOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DAT.4 

ACQUE PUBBLICHE 

ESPROPRIAZIONI IN MATERIA DI OPERE IDRAULICHE. 
1) Se la perizia del Genio Civile prevista dal 
l'art. 33. 
del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775, al fine di stabilire 
l'indennit� da depositare-per i beni soggetti ad espropriazione, 
sia estesa a tutte le materie indicate nella 
lettera d) dell'art. 140 del citato T.U. del 1933. (n. 63). 

FAUNA ITTICA -DANNI. 
2) Se lo Stato abbia diritto al risarcimento del danno 
derivante dalla distribuzione di fauna ittica di un torrente 
a seguito del versamento accidentale nelle acque 
di detto corso di sostanze vele-nose (n. 64). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

CONSORZI AGJlARI PROVINCIALI. 
1) Se � possibile ammettere i Consorzi Agrari Provinciali 
alle operazioni di cui all'art. 3, comma 2�,.n. 2 della 
legge 5 luglio 1928, n. 1760, che concede agevolazioni creditizie 
per la trasformazione di debiti fondiari che ab biano 
per fine il miglioramento stabile dei fondi 
(n, 22), 

CONTRATTI AGRARI. 
2) Se il rapporto tipico di colonia ad meliorandum con 
carattere di perpetuit� sia suscettibile di affrancazione 

(n. 23). 
AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI E REDUCI. 
1) Quale sia la natura giuridica (pubblica o privata) 
dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci 

(n. 245). 
CASSA PER IL M�ZZOGIORNO. 

2) Come siano regolati i rapporti della Cassa per il 
Mezzogiorno con le varie Amministrazioni statali comprese 
le aziende autonome e quelle dotate di personalit� 
giuridica (n. 246). 

ENTI PUBBLICI -SOPPRESSIONE. 
3) Se le norme della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, 
siano applicabili alle Societ�, delle quali lo Stato sia 
azionista, esclusivo o di maggioranza (n. 247). 
4) Se il trattamento di quiescenza previsto dall'art. 12, 
5� comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, competa 
anche ai dipendenti delle Societ�, poste in liquidazione 

in seguito all'esercizio, da parte dello Stato azionista, 

delle facolt� di cui all'art. 6, ma per effetto diretto ed 

immediato di una deliberazione dell'assemblea (n. 247). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI 

OPERE DI CONSERVAZIONE DI UNA CHIESA. -Se sia 
legittima la pretesa di un Comune di sottoporre il progetto 
dei lavori, assunti direttamente dallo Stato, per 
la conservazione di una chiesa appartenente al patrimonio 
indisponibile di un ente ecclesiastico, all'esame 
della Commissione edilizia e alla preventiva autorizzazione 
del Sindaco (n. 42). 

APPALTO 

CONTRATTO DI APPALTO -DANNI. 
1) Se la clausola, inserita nei contratti di appalto o 
cli cottimo stipulati con le Ferrovie dello Stato, di esonero 
dell'Amministrazione da ogni responsabilit� per 
danni subiti dall'appaltatore o dai suoi dipendenti nella 
esecuzione della prestazioni cc a motivo dell'esercizio fer_
roviario o per qualsiasi altra causa � si estenda anche 
ai danni cagionati da fatti colposi attribuibili ad agenti 
dell'Amministrazione (n. 255). 
2) Se tale clausola sia affetta da1cla nullit� prevista 
dall'art. 1229 C. c. (n. 255). 
3) Se l'appaltatore, in virt� della clausola in questione, 
sia tenuto a rimborsare all'Amministrazione le somme 
dalla stessa pagate all'I.N.A.I.L. in conseguenza di un 
sinistro di cui sia rimasto vittima il dipendente dell'appaltatore 
(n. 255). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

STAZIONI DI CURA SOGGIORNO E TURISMO. -Quali siano 
i rapporti tra le leggi relative alle stazioni di cura, 
soggiorno e turismo e le leggi relative alla tutela delle 
bellezze naturali (n. 7). 

CACCIA E PESCA 

FAUNA ITTICA -DANNI. -Se lo Stato abbia diritto 
al risarcimento del danno derivante dalla distribuzione 
di fauna ittica di un torrente a seguito del versamento 
accidentale nelle acque di detto corso di sostanze velenose 
(n. 13). 

CINEMATOGRAFIA 

COMMISSIONE DI REVISIONE CINEMATOGRAFICA. -""Quale .-


sia la procedura per la sostituzione temporanea dei 

membri assenti delle commissioni di revisione cinematografica 
(n. 29). 



57 -.,.. 


COMUNI E PROVINCIE 

DIRITTI TECNICI. 
1) Se le speciali contribuzioni -indicate generalmente 
come � tasse edilizie � e � diritti tecnici " -imposte ai 
privati quali corrispettivi di prestazioni degli Uffici tecnici 
dei Comuni in materia di edilizia abbiano natura di 
tributo. ovvero quella di entrata privata (n. 82). 

OPERE DI CONSERVAZIONE DI UNA CHIESA. 
2) Se sia legittima la pretesa di un Comune di sottoporre 
il progetto dei lavori, assunti direttamente dallo 
Stato, per la conservazione di una chiesa appartenente 
al patrimonio indisponibile di un ente ecclesiastico, all'esame 
della Commissione edilizia e alla preventivaa utorizza 
zione del Sindaco (n. 83). 

OPERE MARITTIME. 
3) Quali siano i criteri di applicazione della legge 14 
luglio 1907, n. 542 sui contributi dovuti dai Comuni 
sulla spesa sost�'nuta dallo Stato per opere marittime 

(n. 84). 
TESORIERE COMUNALE. 
4) Se la figura del tesoriere comunale sia diversa da 
quella dell'esattore (n. 85). 
5) Se per il rifiuto opposto dall'esattore a prestarsi 
alle verifiche di ispezioni disposte dal Prefetto sia prevista 
la sanzione dell'ammenda (n. 85). 
6) Se possa configurarsi come reato il rifiuto del 
tesoriere comunale di prestarsi alla immediata verifica 
di cassa diSposta dal Prefetto (n. 85). 

CONCORSI 

DIPENDENTI FERROVIARI -UFFICIALI PARTIGIANI. 
1) Se il Corpo Volontari della Libert� fu, per il 'periodo 
in cui svolse la sua attivit�, considerato ad.ogni effetto 
corpo militare inquadrato nelle Forze Armate dello 
Stato (n. 3). 
2) Se, ai sensi della legge 14 dicembre 1954, n. 1152, 
i dipendenti delle F. S. che durante il periodo bellico 
rivestirono il grado di ufficiale partigiano, possano partecipare 
ai concorsi interni di cui all'art. 1 punto O, della 
legge medesima (n. 3). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

CESSIONE DI� CREDITI -ACCETTAZIONE: 
1) Se il negozio di cessione di crediti si perfezioni tra 
il cedente e il cessionario, anche senza l'accettazione del 
debitore ceduto (n. 176). 
2) Quale sia la natura giuridica della dichiarazione 
di accettazione cii cessione di crediti (n. 176). 
3) Se. le disposizioni contenute nell'art. 9 della legge 
20 marzo 1865 n. 2248, all. E e nell'art. 339 della stessa 
legge, all. F, siano applicabili nel caso di cessione di 
crediti vantati verso lo Stato a titolo di contributi per 
danni di guerra (n. 176). 

CONTRATTI DI FORNITURA -LEGGE 17 LUGLIO 1951, 

N. 575. 
4) Premesso che il D.L. 31 luglio 1954, n. 533, nell'abolire 
i diritti casuali; dispose in via transitoria, al secondo 
capoverso, che la ritenuta del 3 per mille pre


vista dalla legge 17 luglio 1951, n. 575, continuasse ad 
applicarsi ai mandati ed agli ordinativi di pagamento 
relativi a contratti stipulati anteriormente al 31 luglio 
1954, si chiede se tale ritenuta continui ad applicarsi 
alle successive scadenze annue ai contratti di fornitura 
di gas, acqua ed energia elettrica, stipulati anteriormente 
a tale data e soggetti a proroga legale annuale (n. 177). 

MANDATO SPE.CIALE IRREVOCABILE AD NEGOTIA -MORTE 
DEL PROCURATORE, 

5) Se, in luogo del procuratore gi� incaricato in forza 
di mandato speciale irrevocabile ad negotia, della riscossione 
e della quie'Ganza di �un credito, e poi deceduto, 
debbano intervenire in dette operazioni i suoi eredi, ove 
il mandato fosse stato conferito anche nell'interesse dello 
stesso procuratore (n. 178). 

CONTRABBANDO , 

CONTRABBANDO DI APPARECCHI DI ACCENSIONE. Quali 
siano ai sensi dell'art. 1 legge 20 agosto 1949, n. 700 
e art. 10 legge 3 gennaio 1951, n. 27, le sanzionida applicarsi 
per il contrabbando degli apparecchi di accensione 
(n. 34). 

COSTITUZIONE 

CORTE COSTITUZIONALE -NORME PROCEDURALI PER I 
GIUDIZI AVANTI LA CORTE COSTITUZIONALE. 
1) Quale sia la natura delle Commissioni tributarie 
istituite col E.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639 (n. 9). 
2) Se gli adempimenti, imposti alle Cancellerie giudiziarie 
dagli artt. 23 e 25 della legge 11 marzo 1953 

n. 87, e 2 delle Norme integrative, debbano essere comph1ti, 
per quanto attiene ai giudizi avanti alle Commissioni, 
dalle Segreterie delle Commissioni stesse (n. 9). 
3) Quale sia la decorrenza del termine per l'intervento 
nei giudizi davanti alla Corte Costituzionale ai sensi 
dell'art. 25 legge 11 marzo 1953 n. 87, e dell'art. 3 delle 
norme integrative (n. 9). 

DANNI DI GUERRA 

CESSIONE DI CREDITI. 
1) Se le disposizioni contenute nell'art. 9 della legge 
20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e nell'art. 339 della stessa 
legge, all. F, siano applicabili nel caso di cessione di 
crediti vantati verso lo Stato a titolo di contributi per 
danni di guerra (n. 100). 

DEMOLIZIONE DI EDIFICI PERICOLANTI. 
2) Se la demolizione di un fabbricato, disposta dal 
Genio Civile per ritenuta pericolosit� derivante da lesioni 
da bombar-<lamento, legittimi la concessione del contributo 
di ricostruzione (n. 101). 
3) Se l'A.G.O. possa sindacare il giudizio tecnico del 
Genio Civile circa la sussistenza della pericolosit� di un 
fabbricato, danneggiato da bombardamento (n. 101). 

SPESE DI RIPARAZIONI ~ RIMBORSO. 
4) Se sia applicabile l'art. 41 della legge 21 dicembre 
1953, n. 968 quando l'unica casa del danneggiato 
sia gravata da diritto di usufrutto totale (n. 102). 

. . . 


DAZI DOGANALI 

DEPOSITI FRANCHI. -Quale sia la procedura per la istituzione 
dei depositi franchi (n. 15). 

DEBITO PUBBLICO 

TITOLI DI DEBITO PUBBLICO ITALIANO RESTITUITI DAL GOVERNO 
JUGOSLAVO. -Da quando comincino a decorrere 
i termini di prescrizione e di deca�.enza, ai sensi 
dell'allegato XVI lett. B, n. 1 al Trattato di Pace per le 
azioni derivanti da titoli del debito pubblico italiano 
appartenenti ad enti aventi �la sede sociale in Italia od 
a persone fisiche residenti in Italia e che il Governo 
jugoslavo avrebbe dovuto, per l,'art. 8 dell'Accordo 18 
dicembre 1955, ratificato con D.P. 11 marzo 1955, n. 210, 
restituire entro sei mesi dall'accordo (n. 13). 

DEMANIO 

CONCESSIONE ARENILI -STABILIMENTI BALNEARI. 
1) Quali siano le disposizioni che regolano le recinzioni 
degli stabilimenti balneari nel caso sia di concessione 
del solo arenile sia nel caso di concessione dello specchio 
d'acqua antistante (n. 159). 

p ATRIMONIO INDISPONIBILE, 
2) Se per la tutela di un edificio appartenente al patrimonio 
statale indisponibile leso da una nuova costruzione 
frontista in violazione della norma edilizia regolamentare 
concernente l'altezza dei fabbricati in confine 
con �una via pubblica, debba proporsi ricorsi al Consiglio 
di Stato per l'annullamento della licenza edilizia 
rilasciata dal Comune o si debba agire dinanzi al giudice 
ordinario, contro il costruttore, per ottenere il risarcimento 
del danno prodotto dalla violazione del regolamento 
edilizio comunale in relazione all'art. 872 C. c. 

(n. 160). 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

GESTIONE !NA-CASA -RATE DI AMMORTAMENTO. -Come 
debbano regolarsi i rapporti tra un assegnatario di 
alloggio INA-Casa dichiarato decaduto e il nuovo assegnatario 
per quanto concerne le rate di ammortamento 
scadute e non pagate (n. IOl). 

ENFITEUSI 

CANONI ENFITEUTiOI AZIENDA DANNEGGIATE DALLE 
TRUPPE BORBONICHE IN SICILIA. -Se i canoni enfiteutici, 
a suo tempo espropriati per debiti verso la c.d. �Azienda 
danneggiati dalle truppe borboniche in Sicilia >>, possano 
rientrare fra quelli che, a norma della legge 15 maggio 
1954, n. 262, debbano tornare in libera disponibilit� agli 
enti religiosi ed elemosinieri della Sicilia (n. 26). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

ASSOCIAZIONI RELIGIOSE -IMPOSTA SULLE SOCIET�. 
1) Se, ai sensi della legge 6 agosto 1954, n. 603 (imposta 
sulle societ�) per gli istituti ecclesiastici e le associazioni 
religiose la cui gestione ordinaria e straordinaria � 
sottratta, dall'art. 30 del Concordato con la S. Sede, a 

58 


qualsiasi ingerenza dello Stato, l'obbligo di compilare 

il bilancio determini l'obbligo fiscale di presentare il 

bilancio stesso a corredo della dichiarazione dei redditi: 

(n. 31). 
CANONI ENFITEUTICI -AZIENDA DANNJ!lGGIATI DALLE 
TRUPPE BORBONICHE IN SICILIA. 

2) Se i canoni enfiteutici, a suo tempo espropriati per 

debito verso la c.d.� Azienda danneggiati dalle truppe 

borboniche in _Sicilia " possano rientrare fra quelli che 

a norma della legge 15 maggio 1954, n ..262, debbono 

tornare in libera disponibilit� agli Enti religiosi ed ele 

mosinieri della Sicilia(n. 32). 

OPERE DI CONSERVAZIONE DI UNA CHIESA. 
3) Se sia legittima la pretesa di un Comune di sottoporre 
ilprogetto dei lavori, assunti direttamente dallo 
Stato, per la conservazione di una chiesa appartenente 
al patrimonio indisponibile di un ente ecclesiastico, all'esame 
della Commissione edilizia ed alla preventiva autorizzazione 
del Sindaco (n. 33). 

ESECUZIONE FISCALE 

ESECUZIONI IMMOBILIARI. 
1) Se nelle esecuzioni immobiliari promosse dall'esattore 
per debiti di imposte trovi applicazione l'art. 584 C. c. 

(n. 53). 
ESATTORE. 
2) Se la figura del tesoriere comunale sia diversa da 
quella dell'esattore (n. 54). 
3) Se per il rifiuto opposto dall'esattore a prestarsi 
alle verifiche ed ispezioni disposte dal Prefetto sia prevista 
la sanzi0ne dell'ammenda (n. 54). 
4) Se possa configurarsi come reato il rifiuto del tesoriere 
comunale di prestarsi alla immediata verifica di 
cassa disposta dal Prefetto (n. 54). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

�SPROPRIAZIONI IN MATERIA DI OPERE IDRAULICHE. 
1) Se la perizia del Genio Civile pre~ista dall'art. 33 
del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, al fin.e di stabilire 
l'indennit� da depositare per i beni soggetti ad espropriazione, 
sia estesa a tutte le materie indicate nella 
lett. d) dell'art. 140 del citato T.U. del 1933 (n. 156). 

NOT�FICA DECRETO ESPROPRIAZIONE. 
2) Se per l~ notifica del decreto di espropriazione per 
p.u., a mentedell'art. 51 della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, possaricorrere comunque la competenza del 
messo comunale (n. 157). 
OcoUPAZIONI MILITARI. 
3) Se l'Autorit� militare possa procedere ad occupazione 
di immobili in forza dell'art. 7 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. E (n. 158). 

RETROCESSIONE TERRENI. 
4) Se gli immobili espropriati e sui q~aii �'opera..pub-_ 
blica � stata eseguita peroltre il 30% del progetto appro-. 
vato, si intende che abbiano ricevuta l� prevista destinazione 
nonostante la rinuncia al compimento dell'opera 

(n. 159). 

-59


5) Se i proprietari espropriati abbiano diritto alla 
retrocessione degli eventuali relitti per la norma del. 
l'art. 60 oppure dei fondi interi per l'art. 63 della legge 

sulle espropriazioni (n. 159). 

FALLIMENTO 

DECRETO DEL TRIBUNALE FALLIMENTARE. 
1) Se l'inammissibilit� di impugnativa del decreto 
emesso dal Tribunale Fallimentare in camera di consigli 
su reclamo proposto -ai sens.i de�'art. 23 L.F..-contro 
un decreto del Giudice delegato discenda dalla norma 
dell'art. 23 L. F. o dell'art. 739, ultimo comma, del 
Codice di Procedura Civile (n. 57). 
2) Se possa ricorrersi in Cassazione contro il suddetto 
decreto in baE!e all'art. lll della Costituzione per eventuOli 
vizi del provvedimento (n. 57). 

FARMACIA 

ASSEGNAZIONE -LEGGE 8 APRILE 1954, N. 104. -Se, 
ai sensi dellalegge 8 aprile 1954, n. 104 per la concessione 
di sedi ai connazionali gi� titolari di farmacie in 
territori occupati da altri Stati in seguito agli eventi 
bellici, debba aversi riferimento alle farmacie di nuova 
istituzione sorte in seguito a revisione della pianta organica 
od anche a quelle che si rendono vacanti per altre 
cause (n. 9). 

FERROVIE 

~PALTI DI LAVORO E FORNITURE. 
1) Quali' siano i .criteri di applicazione d~lle norme relative 
alla prescrizione dei diritti (art. 2947 e segg. e.e.) 
in materia di appalti di lavori e forniture per conto dell'Amininistrazione 
delle Ferrovie dello Stato (n. 304). 

CONCESSIONE SPECIALE 0. 
2). Se possano essere estesi i benefici di tariffa, previsti 
dalla concessione speciale << C" per viaggi in ferrovia 
al personale assunto dal Governo Militare Alleato e ora 
in servizio alle dipendenze del Commissariato Generale 
di Governo per il territorio di Trieste (n. 305). 

CONTRATTO DI APPALTO -DANNI. 
3) Se la clausola, inserita nei contratti di appalto e 
di cottimo stipulaticon le Ferrovie dello Stato, di esonero 
dell'Amministrazione da ogni responsabilit� per 
danni subiti dall'appaltatore o dai suoi dipendenti nella 
esecuzione della prestazione �a motivo dell'esercizio ferroviario 
o per qualsiasi �altra causa >>, si estenda anche 
ai danni cagionati da fatti colposi attribuiti ad agenti 
dell'Amministrazione n. 306). 
4) Se tale clausola sia affetta dalla nullit� prevista 
dall'art. 1229 e.e. (n. 306). 
5) Se l'appaltatore, in virt� della clausola in questione, 
sia tenuto a rimborsare all'Amministrazione le somme 
dalla stessa pagate all'INAIL. in conseguenza di un sinitro 
di cui sia rimasto vittima�il dipendente dell'appaltatore 
(n. 306). � 

PERSONALE FERROVI,!UUO -RIASSUNZIONE. 
6) Se possa essere applicato l'art. 161 S. G. ai dipendenti 
che avendo lasciato l'Amministrazione Ferroviaria 
per essere riusciti vincitori in conco:rsi p1,1.bblici banditi 

da altre Amministrazioni statali ed essendo stati cancellati 
dai ruoli ferroviari, hanno fatto domanda per essere 
riassunti nell'Amministrazione Ferroviaria (n. 307) . 

PERSONALE FERROVIARIO -SERVIZIO PRESTATO PRESSO 

ALTRE AMMINISTRAZIONI. 

7) Se, ai sensi del combinato disposto dell'art. 290 S.G. 
del Personale Ferroviario e 201 del T.U. dello Statuto 
degli Impiegati civili dello Stato, ai fini del computo 
dell'anzianit�di servizio sia riconosciuto utile al dipendente 
delle F.S. il servizio gi� prestato dal medesimo in 
carriere corrispondenti o superiori presso altre Amministrazioni 
dello Stato (n. 308). 

PERSONALE FERROVIARIO -UFFICIALI PARTIGIANI. 

8) Se il Corpo Volontari della Libert� fu, per il periodo 
in cui svolse la sua attivit�, considerato ad ogni effetto. 
Corpo militare inquadrato nelle Forze Armate dello 
Stato (n. 309). 

9) Se, ai sensi della legge 14 dicembre 1954, n. 1152, 

dipendenti delle F.S. che durante il periodo bellico 
rivestirono il grado di ufficiale partigiano, possano partecipare 
af concorsi interni di cui all'art. 1, punto O) della 
legge medesima (n. 309). 

IMPIEGO PUBBLICO 

EPURAZIONE -REVOCAZIONE DECISIONE. 

1) Se possa proporsi pi� di una volta l'istanza in revocazione 
della pronunzia di un collegio ammini~trativo 
deliberante(n. 504). 

INFORTUNI IN SERVIZIO CAUSATI DA TERZI. 

2) Se il trattamento, spettante all'impiegato collocato 
in aspettativa per infermit� riconosciuta dipendente da 
causa di servizio ai sensi dell'art. 68 del D.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3, sia cumulabile con quello, previsto dal 

R.D. 21 febbraio 1895, n. 70 e successive modificazio. 
ni, relativo alla concessione della pensione privilegiata 
(n. 505). 
3) Se l'impiegato, il quale abbia ottenuto il trattamento 
previsto dall'art. 68 del D.P.R. 10 gennaio 1957, 

n. 3, per aver �subito danni alla persona per fatti dipendenti 
da cause di servizio, �abbia diritto ad ulteriore 
risarcimento (n. 505). 
4) Se, ed in quali limiti, possa la P.A. richiedere all'autore 
del fatto illecito il risarcimento del danno, che 
si concreta nella corresponsione degli assegni e dell'equo 
indennizzo, di cui al citato art. 68, al dipendente infortunato 
(n. 505). 

5) Se l'Amministrazione possa tener conto del risarc�-. 
mento dei danni ottenuto dal dipendente infortunato a 
carico. del terzo, autore del fatto illecito, per rifiutare o 
ridurre le prestazioni di c�.i all'art. 68 D.P.R. 10 gennaio 
1957, n. �3 (n. 505). 

IMPIEGATO STATALE -SOSPENSIONE CAUTELARE. 

6) Se spetti ad. un impiegato sospeso dal servizio per 
giudizio penale, conclusosi con il proscioglimento per 
non aver commesso il fatto, la corresponsione degli 
assegni non riscossi r�lativi al periodo di sospern~ione 
cautelare (n. 506). 

7) Se spetti al suddetto impiegato la corresponsione 
degli assegni dalla data di cessazione della sospensione 
cautelare alla data della domanda di riassunzione (n. 506). 


IMPIEGATO STATALE -SOSP�NSIONE .PER MOTIVI DISCIPLINARI. 


8) Se la sospensione dall'impiego, comesanzione disciplinare, 
richieda necessariamente, per la sua natura e 
anche in difetto di una norma apposita, l'�ttribuzione 
di un assegno alimentare (n. 507). 

PERSONALE FERROVIARIO -SERVIZIO PRESTATO PRESSO 
ALTRE AMMINISTRAZIONI. 

9) Se, ai sensi del combinato disposto dell'art. 290 S.G. 
del Personale Ferroviario e 201 del T.U. dello Statuto 
degli Impiegati civili dello Stato, ai fini del computo 
dell'anzianit� di servizio sia riconosciuto utile al dipendente 
delle F.S. il servizio gi� prestato dal medesimo in 
carriere corrispondenti o si:tperiori presso altre Amministrazioni 
dello Stato (n. 508). 

PERSONALE FERROVIARIO -UFFICIALI PARTIGIANI. 
10) Se il Corpo Volontari della Libert� fq, per il periodo 
in cui svolse la sua attivit�, considerato ad ogni effetto 
corpo militare inquadrato nelle Forze Armate dello 
Stato� (n. 509). 
11) Se, ai sensi. della legge 14 dicembre 1954; n. 1152, 
i dipendenti delle F.S. che durante il periOdo bellico 
rivestirono il grado di ufficiale partigiano, possan9 partecipare 
ai concorsi interni di cui all'art. 1, punto O, 
della legge medesima (n. 509). 

.IMPOSTA DI REGISTRO 

AGEVOLAZIONI FISCALI -CASE DI NUOVA COSTRUZIONE. 
1) Quali siano i requisiti necess�ri per ottenere le 
agevolazioni �lelle tasse di registro ed ipotecarie di cui 
all'art. 43 tariffa all. B legge di registro 30 dicembre 
1923, n. 3269 e art. 17 legge 2 luglio 1949, n. 408, accordate 
alle case di nuova costruzione che vengano trasferite 
entro quattro anni dalla dichiarazione di abitabilit� 

o dall'abitazione effettiva (n. 164). 
AzmNDE ALBERGHIERE. 

2) Se, ai sensi dell'art. 8 legge di Regis:tro,. possa ravvisarsi 
nel contratto col quale le intestatarie di una 
licenza per esercizio di albergo abbiano venduto al proprietario 
dell'immobile stesso il mobilio e l'attrezzatura 
dell'albergo, un atto traslativo dell'azienda alberghiera 

(n. 165). 
REGISTRAZIONE A DEBITO. 

3) Se, ai sensi dell'art. 111, li. 1, della legge di registro, 

sia ammessa la registrazione a debito delle sentenze 
prima della ammissione a gratuito patrocinio della parte 
che richiede la registrazione (n. 166). 

RICORSO PER REVOCAZIONE AVVERSO DECISIONE DELLA 
COMMISSIONE' CENTRALE. 

4) Se, al fine della proposizione dell'azione giudiziaria, 
sia applicabile la sospensione prevista dal terzo comma 
dell'art. 398 C.p.c. nel caso in cui avverso la decisione 
della Commissione Centralesia.stato propo~to ricorso per 
revocazione (n. 167). 

SOCIET� IN NOME COLLETTIVO -ATTO DI ASSEGNAZIONE. 
5) Se sull'atto di assegnazione ai soci di beni immobili 
di una societ� in nome collettivo debba applicarsi l'imposta 
proporzionale di registro prevista dall'art. 88, n. 1 
.della.Tariffa all. A per le assegnazioni ad azionisti oppure 

60.,...,.. 

se i predetti soci abbiano diritto al trattamento pi� 
favorevole previsto per le altre societ� dall'art. 88 n. 2 
lett. b) della tariffa medesima (n. 168). 


6) Se, allorquando sia gi� scontata la imposta proporzionale 
di trasferimento all'atto della trasformazione 
di una societ� in un'altra (al't. 83 de�ii. tariffa all. A) il 
successivo atto di assegnazione dei beni sociali (effettuato 
al momento dello scioglimento dell'ente) sia assoggettabile 
a imposta graduale ai sensi dell'art. 88 n. 2 lett. b) 
della stessa tariffa. (n. 168) 


IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

INSUFFICIENZA VALORI DICHIARATI. 
1) Se la sanzione stabilita per l'insufficienza dei valori 
dichiarati nelle denuncia di successione sia una sopratassa 
applicabilenella misura fissa stabilita dall'art. 72 della 
legge tributaria sulle successioni oppure una pena pecuniaria, 
disciplinata dall'art. 2 del R.D. 13 gennaio 1936, 


n. 2313, o a cui sia stato quanto meno applicabile per 
analogia questa ultima disposizione (n. 28). 
2) Se la disposizione dell'art. 2 del R.D.L. 13 gennaio 
1936, n. 2313, sia applicabile in materia di imposta di 
successione (n. 28). 


POSSESSO CONTESTATO DI BENI. 
3) Se, agli effetti dell'imposta sulle successioni, sustsia 
l'obbligo di denuncia di beni litigiosi per contestazioni insorte 
anteriormente all'apertura della successione (n. 29) � 
4) Se il fatto del possesso continuato nell'erede (art. 
1146 C. c.), isolatamente considerato, sia sufficiente a 
far presumere la trasmissione di un immobile (n. 29). 
5) Se la disciplina stabilita per i crediti dagli artt. 45 
e 32 della tri\mtaria sulle successioni sia applicabile a 
tutti i cespiti litigiosi (n. 29). 
6) Se, agli effetti della legge tributaria, sia considerato 
trasmissione di diritto patrimoniale, il forza di clausola 
testamentaria, l'avere il de cuius semplicemente accampato 
una pretesa su bene alieno, che gli eredi dovrebbero 
poi far valere in via giudiziaria (n. 29). 


IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

PROVVIGIONI AGLI AGENTI E RAPPRESENTANTI DI CASE 
ESTERE OPERANTI IN ITALIA. -Se l'entrata derivante 
dalle provvigioni percepite dal commissionario, che stipuli 
contratti, per ditte estere, di merci destinate alla 
esportazione, sia soggetta all'I.G.E. (n. 88). 


IMPOSTA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO 

NOTIFICAZIONE. 
1) Se nel caso di contribuenti emigrati all'estero la notifica 
di accertamenti definitivi debba essere fatta nel comune 
di ultima residenza (n. 5). 
2) Se, essendo mancata opposizione nei confronti di 
accertamenti definitivi -notificato per affisione all'albo 
comunale -la tassazione possa subire riduzioni 
per ragioni di equit� in ordine alla gravosit� dell'imposi.
zione pel mancato discarico delle passivit� (n. 5). 


IMPOSTE E TASSE 
REDDITO AGRARIO. 
1) Quali siano gli elementi costitutivi del concetto di 
reddito agrario (n. 332). 



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61 


IMPOSTA FABBRICAZIONE :MINERALI DI MERCURIO. 
2) Quali siano i criteri della legge 9 maggio 1959, n. 266 
. sulla sospensione della applicazione dell'imposta di fabbricazione 
e della corrispondente sovraimposta di confine 
sui minerali di mercurio (n. 333). 

ENTI ECCLESIASTICI -IMPOSTA SULLE SOCIET�. 
3) Se, ai sensi della legge 6 agosto 1954, n. 603 (imposta 
sulle societ�) per gli istituti ecclesiastici e le associazioni 
religiose la cui gestione ordinaria e straordinaria � sottratta, 
dall'art. 30 del Concordato con la S. Sede a qualsiasi 
ingerenza dello Stato, l'obbligo di compilare il bilancio 
determini l'obbligo fiscale di presentare il bilancio 
stesso a corredo della dichiarazione dei redditi (n. 334). 

IPOTECHE 

1) Se le miniere dell'Isola dell'Elba siano assoggettate 
alla disciplina dettata dalla legge 29 luglio 1927, n. 1443 

(n. 15). 
MmIERE. 
2) Se, ai sensi dell'art. 826 C. c., le miniere dell'Isola 
dell'Elba appartengano allo Stato come bene patrimoniale 
indisponibile (n. 15). � 
3) Se, ai sensi dell'art. 22 legge 29 luglio 1927, n. 
1443, le miniere dell'Isola d'Elba possano essere ipotecate 
dal concessionario (n. 15). 

LAVORO 

ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA. -Se sia applicabile, per 
la silicosi e l'asbestosi, l'art. 9 del R.D. 17 agosto 1935, 

n. 1765, che regola i ricorsi del datore di lavoro avverso 
la diffida dell'Istituto Assicuratore circa l'obbligo 
assicurativo (n. 25). 
MEZZOGIORNO 

CASSA PER IL MEZZOGIORNO. -Come siano regolati i rapporti 
della Cassa per il Mezzogiorno con le varie Amministrazioni 
statali comprese le aziende autonome e 
quelle dotate di personalit� giuridica (n. 13). 

MINIERE 

MINIERE DELL'ISOLA D'ELBA. 
1) Se le miniere dell'Isola d'Elba siano assoggettate 
�alla disciplina dettata dalla legge 29 luglio 1927, n. 1443 

(n. 14). 
2) Se, ai sensi dell'art. 826 C. c., le miniere dell'Isola 
d'Elba appartengano allo Stato come bene patrimoniale 
indisponibile (n. 14). 

3) Se, ai sensi dell'art. 22 legge 29 luglio 1927, n. 1443, 
le miniere dell'Isola d'Elba possano essere ipotecate dal 
concessionario (n. 14). 

MONOPOLI 

CONTRABB�NDO DI APPARECCHI DI ACCENSIONE. Quali 
siano, ai sensi dell'art. 1 legge 20 agosto 1949, 

n. 700 e art. 10 legge 3 gennaio 1951, n. 27, le sanzioni 
da applicarsi per il contrabbando di apparecchi di accensione 
(n. 37). 
NAVE E NAVIGAZIONE 

VENDITA DI NAVE A STRANIERO --DnynsSIONE DELLA 
BANDIERA. -Se debba farsi luogo al procedimento per 

dismissione della bandiera di una nave italiana venduta 
all'asta in territorio estero ed a cittadino straniero ovvero 
se la nave stessa debba essere senz'altro cancellata dalle 
matricole nazionali per aver perduto i requisiti di nazionalit� 
(n. 104). 

NOTIFICAZIONE 

IMPOSTA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO.� 
1) Se nelcaso di contribuenti emigrati all'estero la 
notifica di accertamenti definitivi debba essere fatta nel 
comune di ultima residenza (n.15). 
2) Se, essendo mancata opposizione nei confronti di 
accertamento definitivo -notificato per affissione all'albo 
comunale -la tassazione possa subire riduzioni 
per ragioni di equit� in ordine alla gravosit� dell'imposizione 
pel mancato discarico delle passivit� (n. 15). 

OPERE PUBBLICHE 

OPERE MARITTIME. -Quali siano i criteri di applicazione 
della legge 14 luglio 1907, n. 542 sui contributi 
dovuti dai Comuni sulla spesa sostenuta dallo Stato per 
opere marittime (n. 51). 

ORFANI DI GUERRA 

EQUIPARAZIONE FIGLI DEGLI INABILI AGLI ORFANI DI 
GUERRA. -Se, ai sep.si degli artt. 1 e 7 lett. b) della legge 
13 marzo 1958, n. 365, possano essere equiparati agli 
orfani di guerra I. figli degli invalidi per fatto di guerra 
divenuti inabili al lavoro per successivo aggravamento 
della lesione od infermit� da essi precedentemente riportata 
(n. 3). � 

PENSIONI 

CUMULO CON TRATTAMENTO DI ATTIVIT�. 
1) Se la elencazione contenuta nell'art. 14 della legge 
12 aprile 1949, n. 149, degli Enti, per i cui dipendenti 
sussiste il .divieto di cumulo di un trattamento di attivit� 
con un trattamento di quiescenza superiore a L. 50.000 
(poi elevato a L. 60.000), abbia carattere tassativ~ 

(n. 95). 
PENSIONI DI RIVERSIBILIT�. 
2) Se al coniuge superstite, il quale abbia contratto 
matrimonio con un pensi<;mato fuori delle condizioni di 
cui al 1� comma dell' articolo 11 della legge 15 febbraio 
1958, n. 46, spetti la pensione di riversibilit�, se con il 
matrimonio si � fatto luogo contestualmente a legittima� 
zione di figli naturali (n. 96). 

PIGNORAMENTO PENSIONE. 
3) Se, ai sensi dell'art. 2 del T.U. 5 gennaio 1950, n. 180, 
possa la Pubblica Amministrazione procedere al recupero 
di un credito erariale mediante pignoramento, nei limiti di 
legge, della pensione che l'ex impiegato percepisce per un 
titolo anteriore al rapporto in occasione del quale il credito 
stesso � maturato (n. 97). 

PIANI REGOLATORI 

COSTRUZIONE IN DEROGA. 
l) Se sia valida, ai sensi dell'art. 3 della legge 21 dicem� bre 
1955, n. 1357, la licenza di costruzione rilasciata da 
un Comune dopo la sospensione del nulla osta ministeriale 
(n. 8). 


62 


p ATRI'.MONIO INDISPONIBILE. 
2) Se per la tutela di un edificio appartenente al patri� 
monio statale indispoibile leso da una nuova costruzione 
frontista in violazione della norma edilizia regolamen. 
tare concernente l'altezza dei fabbricati in confine con 
una via pubblica, debba proporsi ricorso al Consiglio di 
Stato per l'annullamento della licenza edilizia rilasciata 
dal Comune o si debba agire dinanzi al giudice ordinario, 
contro il costruttore,per ottenere il risarcimento del danno 
prodotto dalla violazione del regolamento edilizio comunale 
in relazione all'art. 872 C. c. (n. 9). 

PORTI 

DEPOSITI FRANCHI. -Quale sia la proced,ura per l'istituzione 
dei depositi franchi (n. 12). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

BUONI POSTALI. 

1) Se il pagamento di buoni postali caduti in succes


sione debba essere disposto nella misura prevista dalla 

legge o in quella stabilita dal Tribunale in sede di vo


lontaria giurisdizione quando il provvedimento sia stato 

emesso nei confronti di uno soltantodegli aventi dirit


to (n. 79). 

SERVIZIO TRASPORTI POSTALI URBANI. 
2) Se, in applicazione dell'art. 13 del vigente contratto 
di appalto per iservizi dei trasporti postali urbani, possa 
farsi luogo all'adeguamento del caI).one contrattuale in 
conseguenza dei maggiori oneri derivanti dalla sovrimposta 
addizionale sul costo del carburante, disposta con 

D. L. 22 novembre 1956, n. 1267 (n. 80). 
PRESCRIZIONE 

FERROVIE -APPALTI DI LAVORI E FORNITURE. -Quali 
siano i criteri di applicazione delle norme relative alla 
prescrizione dei diritti (art. 2947 e segg. C. c.) in materia 
di appalti di lavori e forniture per conto dell'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato (n. 36). 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA, 
1) Se sia applicabile, per la silicosi e l'asbestosi, l'art. 9 
del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, che regola i ricorsi del 
datore di lavori avverso la �diffida dell'Istituto Assicuratore 
circa l'obbligo assicurativo (n. 36). 

'CASSA DI PREVIDENZA GEOMETRI. 
2) Se la legge 24 ottobre 1955, n. 990, nella lett. b) 
dell'art. 17, si riferisca soltanto ai geometri iscritti alla 
Cassa di Previdenza o, in generale, a tutti i geometri sol 
che iscritti ai Collegi Provinciali (n. 37). 
3) Se il contributo di cui all'art. 17 lett. b) della legge 
� 24 ottobre 1955, n. 990, sia applicabile sulle parcelle 
relative a lavori eseguiti da un geometra, libero professionista, 
per conto della Pubblica Amministrazione 

(n. 37). 
4) Se, ai sensi della legge n. 990 del 1955, sussista responsabilit� 
del committente per il mancato pagamento 
da parte del geometra del contributo previsto dall'art. 17 

lett. b) (n. 37). 

PROFESSIONI 

GEOMETRI -CASSA DI PREVIDENZA. 
1) Se la legge 24 ottobre 1955, n. 990 nella lett. b) 
dell'art. 17, si riferisca s.oltanto ai geometri iscritti alla 
Cassa di Previdenza o, in generale, a tutti i geometri sol 
che iscritti ai Collegi provinciali (n. 3). 
2) Se il contributo di cui all'art. 17 lett. b) della legge 
24 ottobre 1955, n. 990, sia applicabile sulle parcelle 
relative a lavori esegi;i.iti da un geometra, libero professionista, 
per conto della P.A. (n. 3). 
3) Se, ai sensi della legge 990 del 1955, sussista resposabilit� 
del committente pel mancato pagamento da 
parte del geometra del contributo. previsto dall'art. 17 
lett. b) (n. 3). 

PROPRIETA,' 

p ATRIMONIO INDISPONIBILE. -Se per la tutela di un 
edificio appartenente al patrimonio statale indisponibile 
leso da una nuova costruzione frontista in violazione 
della norma edilizia regolamentare concernente l'altezza 
dei fabbricati in confine con una via pubblica, debba 
proporsi ricorso al Consiglio di Stato per l'annullamento 
della licenza edilizia rilasciata dal Comune o si debba 
agire dinanzi al giudice ordinario, contro il costruttore, 
per ottenere il risarcimento del danno prodotto dalla 
violazione del regolamento edilizio comunale in relazione 
all'art. 872 C. c. (n. 27). 

REGIONI 

REGIONE SICILIANA -POTERI DEL COMMISSARIO DELLO 
STATO E DEL P.G. PRESSO LA CORTE DEI CONTI. -Quali 
siano i poteri di accertamento e di ispezione che possono 
riconoscersi, nei confronti della Regione Siciliana, al 
Commissario dello Stato ed al Procuratore Generale 
presso la Corte dei Conti (n. 87). 

RESPONSABILITA' CIVILE 

FERROVIE -CONTRATTO DI APPALTO -DANNI. 
1) Se la clausola, inserita nei contratti di appalto e di 
cottimo stipulati con le Ferrovie dello Stato, di esonero 
dell'Amministrazione da ogni responsabilit� per danni 
subiti dall'appaltatore o dai suoi dipendenti nella esecu-. 
zione della prestazione cc a motivo dell'esercizio.ferroviario 

o per qualsiasi altra causa >> si estenda anche ai danni 
cagionati da fatti colposi attribuibili ad agenti dell'Amministrazione 
(n. 191). 
2) Se tale clausola sia affetta dalla nullit� prevista 
dall'art. 1229 C. c. (n. 191). 

3) Se l'appaltatore, in virt� della clausola in questione 
sia tenuta a rimborsare all'Amministrazione le somme 
dalla stessa pagate all'INAIL in conseguenza di un 
sinistro di cui sia rimasto vittima il dipendente dell'appaltatore 
(n. 191). 

SENTENZA 

REGISTRAZIONE A DEBITO. --Se, ai sensi dell'art. lll, 

n. 1, della legge di registro, sia ammessa la registrazione a 
debito della sentenza prima della ammissione al gratuito 
patrocinio della parte che richiede la registrazione 
(n. 12). � 

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63 


SOCIETA' 

ENTI :PUBBLICI -SOPPRESSIONE. 

1) Se le norme della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, 
siano applicabili alle Societ�, delle quali lo Stato sia 
azionista, esclusivo o .di maggioranza (n. 90). 

2) Se il trattamento di quiescenza previsto dall'art. 12, 
5� comma, della legge 4 dicembre 1956, n. 1404, competa 
anche ai dipendenti delle societ� poste in liquidazione 
in seguito all'esercizio, da parte dello Stato azionista, 
delle facolt� di cui all'art. 6, ma per effetto diretto ed 
immediato di una deliberazione dell'assemblea (n. 90). 

SOCIET� IN NOME COLLETTIVO -ATTO DI ASSEGNAZIONE 

3) Se sull'atto di assegnazion:e ai soci di beni immobili 
di una societ� in nome collettivo debba applicarsi l'imposta 
proporzionale di registro prevista dall'art. 88, 

n. 1, della tariffa all. A) per le assegnazioni agli azionisti 
oppure se i predetti soci abbiano diritto al trattamento 
pi� favorevole previsto per le altre societ� dall'art. 88, 
n. 2, lett. b) della tariffa medesima (n. 91). 
4) Se -allorquando sia gi� scontata la imposta proporzionale 
di trasferimento all'atto della trasformazione 
di una societ� in un'altra (art. 83. della Tariffa all. A) 
il successivo atto di assegnazione dei beni sociali (effettuato 
al m�mento dello scioglimento dell'ente) sia assoggettabile 
ad imposta graduale ai sensi dell'art. 88, n. 2, 
lett. B) della stessa tariffa (n. 91). 

SUCCESSIONI 

BUONI :POSTALI. 

1) Se, ai sensi dell'art. 467 e 582 C. c., nelle successioni 
legittime, al coniuge superstite che succeda in 
concorso con i germani del defunto venga assegnata 
la met� dei beni caduti in successione (n. 62). 

2) Se il pagamento di buoni postali caduti in successione 
debba essere disposto nella misura prevista dalla 

legge o in quella stabilita dal Tribunale in sede di volontaria 
giurisdizione, quando il provvedimento sia stato 
emesso nei confronti di uno soltanto degli aventi diritto 

(n. 62). 
TELEFONI 

SOCIET� CONCESSIONARIE. Quali siano le conseguenze 
del mancato pagamento da parte delle societ� 
concessionarie del servizio telefonico dei proventi del 
traffico spettanti all'Azienda di Stato (n. 22). 

TRASPORTO 

SERVIZIO TRASPORTI :POSTALI URBANI. -Se, in applicazione 
dell'art. 13 del vigente contratto di appalto per i 
servizi dei �trasporti postali urbani, possa farsi luogo 
all'adeguamento del canone contrattuale in conseguenza 
dei maggiori oneri derivanti dalla sovrimposta addizionale 
sul costo del carburante, disposta con D.L. 22 novembre 
1956, n. 1267 (n. 47). 

TRATTATO DI PACE 

TITOLI DI DEBITO :PUBBLICO ITALIANO RESTITUITI DAL 
GOVERNO JUGOSLAVO. -Da quando comincino a decorrere 
i termini di prescrizione e di decadenza, aj sensi 
dell'art. XVI, lett. B n. 1 al Trattato di Pace per le 
azioni derivanti da titolo del debito pubblico italiano appartenenti 
ad enti aventi la sede sociale in Italia od a 
persone fisiche residenti in Italia e che il Governo jugoslavo 
avrebbe dovuto, per l'art. 8 dell'Accordo 18 dicembre 
1955, ratificato con D.P. 11 marzo 1955, n. 210, 
restituire entro sei mesi dall'accordo (n. 77). 

TURISMO 

STAZIONI DI CURA, SOGGIORNO E TURISMO. -Quali 
siano i rapporti tra le leggi relative alle stazioni di cura, 
soggiorno e turismo e le leggi relative alla tutela delle 
bellezze naturali (n. 13). 


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I 

(7108992) Roma, 1960 -Istituto Poligrafico dello Stato � G. C.