ANNO~Vl -N. 8-9 
AGOSTO-SETTEMBRE 1953 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

.SOMMARIO 


I, 
ARTIOOLI ORIGINALI 

Spunti interpretativi dell'art. 7 T.U. di pubblica Bicurezza in relazione alla 
OoBtituzione, dell'avv. M. SAVARESE, p. 173-180. 

II. NOTE DI DOTTRINA 
I) 
A. SAPORI: L'art. 62 della legge di ricchezza mobile e il valore di una 
conBonante, recensione critica dell'avv. E. VITALIANI, p. 181-184. 
2) S. COSTA: L'intervento in caUBa, recensione critica dell'avv. A. NIGIDO, 

p. 184-187. -
III. RAOOOLTA DI GIURISPRUDENZA 
1) Amministrazione pubblica. -Gestione Ruggruppam.ento Autocarri -

Natura - 
Controversie di impiego -Competenza (C�rte di Cassazione), 

p. 188-191. 
2) Appalti e forniture -Eccessiva onerosit� -Risoluzione -Non applicabilit� 
ai contratti di fornitura con la Pubblica Amministrazione (Corte 
di Cassazione), p. 191-192. 
3) Contabilit� Generale dello Stato -Contratti della Pubblica. Amministrazione 
-Difetto di giurisdizione del Magistrato ordinario (Corte di 
Cassazione), p. 192-193. 
4) Imposte e tasse -Imposta di manomorta. -Aziende municipalizzate -
Assoggettabilit� (Corte di Cassazione), p. 193-196. 
5) Requisizione -Requisizioni disposte anteriormente all'8 settembre 1943 
relativamente alle zone successiva.mente occupate da.i tedeschi (Corte 
di Cassazione), p. 196. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE OORTI DI 
MERITO 
1) 
Agricoltura -Agricoltori benemeriti -Decreto luogotenenziale 14 aprile 
1945 n. 250 e art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906 -Recupero contributi 
(Corte d'Appello di Roma), p. 197-199. 

2) 
Competenza e giurisdizione -Domanda di rilascio di immobile occupato 
dalla P. A. -Improponibilit� -Immobile di interesse artistico Demanialit� 
(Tribunale di Roma), p. 199-200. .� 

3) Imposta di registro -Cessazione del privilegio per decorso del de,eennio 
(Tribunale di Roma.), p. 200-201. 
4) Opere pubbliche -Edifici danneggiati dalla guerra. -Ricostruzione Potere 
dell'Amministrazione (Corte .,A.ppello l'Aquila.), p. 201-204. 

V. 
SEGNALAZIONI DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA p. 205-213. 
VI. INDIOE SIBTEMATIOO DELLE CONSULTAZIONI, p. 214-218. 

ANNO VI -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1933 

RASSEGNA--MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICJA.ZIONE DI SERVIZIO 


SPUNTI INTERPRETATIVI DELL'ART. 7 T. U. DI PUBBLICA SICUREZZA 
IN RELAZIONE ALLA COSTITUZIONE 


SOMMARIO. -I. Posizione del problema. -2. Ripartizione 
delle funzioni di polizia. -3. L'art. 7 e gli atti 
legittimi. -4. Gli atti illegittimi. -5. Gli atti illeciti. 


6. L'art. 7 e gl(atti di polizia giudiziaria. -7. Conclusioni. 
1. Dopo l'entrata in vigore della nuova Costituzione 
dello Stato, una delle questioni che maggiormente 
hanno interessato la nostra letteratura giuridica 
� quella relativa alla responsabilit� dello 
Stato per attivit� di polizia. Si � discuss�i;>, cio�, e 
si discute ampiamente tuttora, se le norme della 
Costituzione, alle quali � stato unanimamente riconosciuto 
il carattere di precettivit�, o di obbligatoriet� 
immediata, rendano attualmente compatibile 
-in virt� del principio di gerarchia delle 
fonti normative (1) -l'esistenza, nel nostro ordinamento 
positivo, dell'art. 7 del vigente T. U. 
leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, 
n. 773). 
Com'� noto, tale articolo dispone: �Nessun indennizzo 
� dovuto per i provvedimenti dell'autorit� 
di pubblica sicurezza nell'esercizio delle facolt� ad 
essa attribuite dalla legge �. 

In scritti apparsi recentemente, � stata sostenuta 
una notevole limitazione di tale disposizione (2) 

o addirittura la sua pratica abrogazione, in virt� 
di una indiscriminata estensione del principio della 
responsabilit� oggettiva (3). 
Trattasi, indubbiamente, di conclusioni che sono 
ben .lungi dal rappresentare un punto d'incontro 
delle varie tendenze; ch�, anzi, la materia � delle 
pi� fluide, anche per l'incertezza della terminologia; 
di guisa che le discordanze si avvertono sin 
dal punto di partenza dell'indagine. 

Per ci� che attiene ai preced1mti sull'argomento, 
� ben noto come, gi� nel vigore dello Statuto albertino, 
si sia ampiamente discusso circa l'ambito 
di applicabilit� dell'art. 7 T.U. di pubblica sicu


(1) ZANOBINI: La gerarchia delle fonti nel nuovo ordinamento, 
in Commentario alla� Costituzione Italiana, Barbera, 
1950, vol. I, p. 47 segg. 
(2) MAZZA: In tema di responsabilit�,,della"P.A. con 
riguardo all'illecito di polizia, in cc Foro It. >J, 1952, IV, 
104. -MUGGIA: La responsabilit� dello Stato per danni 
arrecati dall'Autorit� di polizia, in "Foro Padano>>, 
1952, III, 970. 
rezza del 1931; norma che riproduce quasi testualmente 
l'art. 6 della precedente legge del 1926. 

E la discussione, nell'apparente ambiguit� del 
testo normativo, ebbe ad oggetto, principalmente, 
il problema se la. norma in parola si applicasse 
unicamente ai provvedimenti, intesi come atti amministrativi, 
oppure anche alle attivit� materiali, 
fossero queste dai primi dipendenti o affatto svincolate 
ed autonome; e, nell'ambito pi� ristretto 
dei provvedimenti, se la norma stessa si applicasse 
unicamente agli atti legittimi o pure a quelli illegittimi, 
ed infine, agli illeciti. 

La dottrina fu variamente divisa, tenuto anche 
conto di certa nubulosit� nei lavori preparatori 
(1). In parte prevalente essa si orient� per l'inter 
pretazione pi� lata nell'esclusione della responsabilit� 
(Romano, A.lessi, Zanobini), ma non mancarono 
anche autorevoli fautori della tesi contraria 
(Mas�-Dari, Gabrieli) (2). 

Dal canto suo, la giurisprudenza ebbe ad oscillare 
anch'essa dall'interpretazione pi� estensiva (3) 
a quella che limitava l'applicabilit� dell'art. 7 
ai soli casi di atti formali, legittimi o anche illegittimi 
(4). . 

In presenza del nuovo assetto costituzionale dello 
Stato, il problema si � affinato, dato un certo 

(l) Infatti, la Relazione ministeriale alla Sottocommissione 
parlamentare cos� affermava: <<L'articolo, risolvendo 
antiche dispute spesso risorgenti, ha inteso sancire 
il principio che -all'infuori del risarcimento a titolo 
di colpa -non � dovuto alcun indennizzo ai privati 
per i provvedimenti adottati dall'Autorit� di pubblica 
sicurezza nell'esercizio della competenza ad essa attribuita 
dalla legiie )), 
(2) Per le varie teorie, cfr. ROMANO: Corso, p. 308 segg.; 
ALESSI: La responsabilit� della Pubblica Amministrazione, 
vol. II, p. 137 segg.; ZANOBINI: Corso, vo1. I, p. ,373 
segg.; VITTA: Dir. amm., II, 737;�MAS�-DARI, in cc Foro 
It. >>, 1937, I, 1409; GABRIELI: Responsabilit� dello Stato 
per atti illeciti di polizia, in cc Riv. Dir. pubblico >>, 1944-46 
I, 106; lcHINO: Risarcibilit� dei danni conseguenti ad 
azione di polizia, in � Giur. It. >>, 1949, I, 2, 505; VACCARO: 
Sui limiti della responsabilit� della Pubblica;� Amministrazione 
per attivit� di polizia, in � Foro Padano >>, 
1950, I, 595. 
(3) Tribunale Napoli, 12 giugno 1948, in �Giur. It.)) 
1949, I, 2, 505. 
(3) RIVALTA: Sulla responsabilit� della Pubblica Am(
4) Appello Napoli 16 agosto 1950 in �Foro It. >>, 
ministrazione relativa all'attivit� legittima di polizia, in 1951, 1, 1543; Tribunale di Napoli 2 agosto 1951, in �Foro 
�Foro It. >>, 1953, IV, 102. It. >>, 1952, I, 666. 

-174 


atteggiamento dottrinale che ha posto in dubbio 
la compatibilit� della norma in esame con l'art. 113 
della Costituzione: disposizione, codesta, che, come 
� ben noto, garantisce la tutela dei diritti e degli 
interessi avanti alle competenti giurisdizioni (1). 
Ma, a ben guardare, siffatta interpretazione, che 
potrebbe essere esatta se desse la dimostrazione, 
necessaria, della sussistenza di diritti o di interessi 
tutelabili, e relativi all'art. 7 del T.U. di pubblica 
sicurezza, appare quanto meno dubbia, allorch� pretende 
di dare per ammesso tale postulato; ed appare 
addirittura da ripudiare, allorch� si dimostri 
l'inesistenza o l'erroneit� del postulato stesso. A 
tale scopo, sembra opportuno premettere, anzitutto, 
una chiarificazione terminologica, la quale 
riguarda gli atti amministrativi o, se si vuole, la 
patologia degli atti amministrativi (2). 

Invero, altro � illegittimit� dell'atto amministra~ 
tivo, altro illiceit� dello stesso. La differenza sostanziale 
tra le due forme patologiche ripete la sua 
esistenza della precedente differenza, posta dalla 
�dottrina, fra norme di azione e norme di relazione (2). 

Le prime attengono al comportamento ed all'at


tivit� dell'Amministrazione in senso assoluto, con 

riguardo, cio�, alla generalit� dei cittadini ed al 

connesso interesse pubblico; le seconde, invece, sono 

poste a presidio dei rapporti fra Pubblica Ammini


strazione e individuo. Di guisa che un atto ammini


strativo pu� essere contrario ad una norma di 

azione, porsi, cio�, contro l'interesse collettivo, 

anche se tale situazione ridondi, di fatto, a danno 

di un singolo individuo o di un gruppo di individui; 

in tal caso l'atto sar� semplicemente illegittimo. 

Viceversa, un atto amministrativo, nel suo momento 

dinamico, pu� essere contrario ad una norma di 

relazione; pu�, cio�, porsi direttamente in contra


sto con un concreto e determinato interesse del 

singolo, interesse specificamente presidiato dalla 

legge; ed in tal caso, esso sar� illecito. 

Di qui l'ulteriore corollario, che del resto e m


sito nelle premesse: l'atto illegittimo incide, al pi�, 

sopra interessi legittimi, i soli cui possano dar 

vita le norme di azione; mentre l'atto illecito 

incide sopra diritti soggettivi perfetti, scaturenti 

dalle norme di relazione. 

Siffatti principi, com'� ovvio, trovano il loro 

naturale coronamento nella discriminazione delle 

giurisdizioni, nel senso che, per la violazione delle 

norme di azione, l'unico giudice competente sar� 

quello amministrativo; mentre per le violazioni delle 

norme di relazione, sar� competente il giudice or


dinario (4). 

Ci� posto, e rilevato che la distinzione di cui 

8opra ha il pregio di essere in armonia coi principi 

generali e con lo stesso Codice civile (Libro IV, 

(1) MAZZA: In tema di responsabilit�, cit, n. 5; MUG� 
mA: Responsabilit�, cit. n. 5. 
(2) La paternit� dell'espressione � del FRAGOLA: Gli 
atti amministrativi, Torino, 1952, p. 121. 
(3) Per tale costruzione, cfr. GuICCIARDI: La Giustizia 
amministrativa, Padova, 1943, p. 19 e passim: e nota 
�in cc Giur. It. ,,., 1951, III, 33: Diritto, interesse e doppia 
tntela. 

(4) Per l'enunciazione, piuttosto implicita, peraltro, 
dei 1mesposti principi, cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 
16 gennaio 1948, n. 25, in a Giur. It. �, 1948, III, 113 e 
in questa Rassegna, 1948, 10, 17. 
tit. IX: Dei fatti illeciti), pu� applicarsi il mede


simo criterio discretivo anche agli atti amministrativi 
posti in essere dalle Autorit� di pubblica 
sicurezza, ed, in particolare, anche ai �provvedimenti 
� di cui � cenno nell'art. 7 in esame. 

Onde l'opportunit�, dell'indagine circa l'applicabilit� 
dell'articolo stesso all'attivit� della polizia 
nelle sue tipiche manifestazioni e con riferimento 
agli atti legittimi, agli atti illegittimi, agli atti 
illeciti. 

2. � stato merito precipuo della dottrina definire 
e classificare le funzioni. della polizia (1). 
Oggi, si pu� dire universalmente accettata la 
ripartizione delle funzioni di polizia, e quindi della 
polizia stessa, nelle tre branche della polizia amministrativa, 
della polizia di sicurezza, della polizia 
giudiziaria. 

La prima branca riguarda propriamente l'attivit� 
burocratica delle Autorit� di pubblica sicurezza. 
Essa, infatti, ha ad oggetto l'ampio campo 
delle autorizzazioni e delle licenze, il campo, cio�, 
dove pi� si consolida il carattere discrezionale dei 
poteri conferiti alla Pubblica Amministrazione, proprio 
in contemplazione del superiore e prevalente 
interesse generale. La legge di pubblica sicurezza 
e varie leggi speciali offrono un'abbondante messe 
di esempi nei quali � previsto l'intervento delle 
Autorit� di pubblica sicurezza, sotto forma preventiva 
(autorizzazioni, licenze), sotto forma di 
controllo (vigilanza su determinate attivit�), sotto 
forma repressiva (revoca di autorizzazioni in caso 
di abusi); e non � il caso di insistervi particolareggiatamente. 


Strettamente confinante con l'anzidetto campo 
di attivit� � quello che attiene alla polizia di sicurezza 
in senso stretto. Qui le funzioni, per la maggiore 
estensione della tutela, sono pi� generiche e 
indeterminate; esse vanno dal controllo, ad esempio, 
su tutte le attivit� pericolose, alla prevenzione 
dei reati mediante intensa opera di profilassi sociale, 
alla tutela dell'ordine e della incolumit� 
pubblica. Anche per questa branca delle funzioni 
di polizia, esistono molteplici e specifiche norme 
desumibili dal contesto della legge di pubblica 
sicurezza; ma, a differenza che nella prima, sussistono 
anche delle norme in bianco, che danno alle 
Autorit� di pubblica sicurezza la possibilit� di 
affrontare, con provvedimenti di emergenza, situazioni 
di emergenza: si pensi 'solo, ad esempio, al 
potere conferito ai Prefetti dall'art. 2 della legge 
di pubblica sicurezza; al Ministro dell'Interno dagli 
articoli 216 e 217 dello stesso testo. 

� ovvio che, proprio di fronte a siffatti provvedimenti, 
si avverta una maggiore resistenza da 
parte dei singoli, in quanto trattasi, per lo pi�, 
di provvedimenti limitativi; ma � anche opportuno, 
nel valutarne gli effetti, considerare che essi traggono 
origine da situazioni dell'ordine sociale se 
non patologiche, di certo anormali; e porsi il quesito 
se, in costanza di situazioni siffatte.1 il__ si~golo 

(1) RANELLETTI: Polizia di Sicurezza, nel Trattato 
dell'ORLANDO, vol. IV, parte II; PRESUTTI: Polizia di 
Sicurezza e polizia amministrativa, in cc Arch. giur. '" 
1900; ROMANO: Princip1, p. 225 segg. 

-175 


possa pretendere di mantenere intatto ed intangibile 
il complesso delle sue facolt� e dei suoi 
diritti. Porsi il quesito � come rispondervi, ed in 
maniera che non ammette equivoci: per ora, basti 
avervi accennato. 

Nettamente distinta dalle altre due branche si 
presenta, invece, la polizia giudiziaria, chiamata 
esclusivamente ad agire per la repressione dei reati. 
L'unificazione di tale specialit� sotto il comune 
denominatore della pubblica sicurezza obbedisce, � 
da ritenersi, pi� a criteri di pratica opportunit� che 
ad una logica necessit�. Ch�, anzi, sotto tale profilo, 
esplicito � il precetto costituzionale che pone 
la polizia giudiziaria alle dirette dipendenze dell'Autorit� 
giudiziaria (art. 109 Costituzione). Per 
completezza, comunque, potr� da ultimo considerarsi 
anche la posizione della polizia giudiziaria 
riguardo all'art. 7 della legge di pubblica sicurezza. 

3. Per quanto riguarda l'attivit� legittimamente 
posta in essere dagli organi della pubblica 
sicurezza, intesa sia come polizia amministrativa, 
sia come polizia di sicurezza, attivit�, cio�, estrinsecantesi 
nel mondo delle relazioni giuridiche mediante 
atti amministrativi legittimi, sembra potersi 
pacificamente desumere dall'economia dell'art. 7 in 
parola che essi sono esentati da ogni dovere riparatorio. 
Che cos'�, invero, l'atto legittimo se non l'esplicazione 
della normale attivit� della Pubblica 
.Amministrazione, in conformit� delle leggi, dei regolamenti 
e delle norme di comune prudenza e 
diligenza, tutte considerate in funzione dell'interesse 
generale~ .Anche se il privato,� .dall'esercizio 
di tale attivit�-~da parte:della Pubblica .Amministrazione, 
abbia a subire pregiudizio, questo sar� 
di mero fatto, e non potr� assurgere ad intensit� 
tale da provocare mutamenti nel mondo giuridico 
e conseguenti affermazioni di responsabilit�. 

L'esclusione dell'indennizzo per atti legittimi � 
desumibile gi�, alla lettera, dall'espressione adottata 
dal legislatore: indennizzo, che, nella pi� ortodossa 
accezione, sta a significare, appunto, il compenso 
per un sacrificio legittimamente imposto dalla 
Pubblica .Amministrazione a vantaggio del superiore 
interesse pubblico (art. 42 Costituzione; articolo 
29 Statuto albertino). 

Ma siffatta esclusione, prima che nella legge, � 
nella logica; ed essa non � limitata soltanto ai 
provvedimenti della .Autorit� di pubblica sicurezzar 
be.�s� a tutti i provvedimenti amministrativi. In 
sostanza, contrariamente all'opinione di chi ritiene 
ammissibile il principio generale della indenizzabilit� 
per gli atti legittimi (1) sotto il profilo di 
una cosi detta responsabilit� obiettiva, � da osservarsi 
che, nel nostro ordinamento positivo, vige esattamente 
l'opposto principio, sia pure temperato da 
tassative eccezioni, l� dove il secrificio � pi� grave e tale 
da sconfinare, ove non compensato, nella confisca. 

Intanto, pu� subito rilevarsi che il principio della, 
cosi detta responsabilit� obiettiva � tutt'altro che 
pacifico nello stesso diritto privato: che, anzi, in 
contrasto con part� della dottrina, la giurispru


(l) R1vALTA: Op. cit. n. 8, col. 114. 
denza (1) � saldamente ancorata al pr�nmp10 
classico della imputabilit� e della personalit�. Tutte 
le ipotesi previste dagli articoli 2047 e segg. del 
Codice civile, lungi dal sanzionare una sorta di 
responsabilit� obiettiva, sono \].ettate iIJ, funzione 
di una condotta colposa causale, anche se presunta; 
ciononostante la presunzione non arriva mai ad 
essere iuris et de iure, perch� ammette sempre la 
prova liberatoria, per rigorosa che essa possa es


sere. 

� appena poi il caso di soggiungere che, sempre 
nel diritto privato, quella che pu� sembrare 
una eccezione al principio generale, cio� l'indennizzabilit� 
degli atti compiuti in stato di necessit�, 
non � tale in realt�. 

Infatti l'atto necessitato � moralmente e giuridicamente 
illecito, perch� lede la sfera di libert� di 
un terzo innocente; solo per un'esigenza di equit� 
l'autore viene dichiarato non punibile (art. 53 Codice 
penale); ma, astrattamente considerato, l'atto necessitato 
resta illecito. Ond' � che, almeno nei riflessi 
civili, il legislatore si � dato carico di attenuare le 
conseguenze della non punibilit� dell'agente, sanzionando 
una forma d'indennizzo, rimessa al prudente 
apprezzamento del giudice. Si ha la conferma testuale, 
in tal modo, che l'ipotesi anzidetta resta 
fuori del campo dell'attivit� legittima, di guisa che 
anche l'indennizzo trova la sua logica ragione di 
esistenza. 

Non diversamente avviene nel diritto pubblico. 
Una volta ammessa, invero, l'equiparazione della 
Pubblica .Amministrazione al privato agli effetti 
del principio del neminem laedere, non potrebbe 
non seguirne anche un'equiparazione quanto agli 
effetti dell'attivit� dalla stessa Pubblica .Amministrazione 
esplicata. Se per il privato vige il principio 
che qui suo iure utitur neminem laedit, lo 
stesso principio deve valere anche, ed a maggior 
ragione, per la Pubblica .Amministrazione. Come 
il privato pu� liberamente autodeterminarsi nella 
sfera del diritto, senza affrontare rischi e responsabilit� 
particolari, cosi l' .Amministrazione, che � 
vincolata a finalit� d'interesse pubblico e generale 
non pu� incontrare estensioni di responsabilit� 
rispetto al privato stesso. 

Le ipotesi nelle quali tali estensioni di responsabilit� 
sono previste, lungi dal costituire l'affermazione 
del principio generale della responsabilit� 
obbiettiva della Pubblica.Amministrazione, sono una 
conferma dell'opposto principio. Le pi� salienti, 
infatti, sono previste dalla legge sui danni di guerra, 
dalla legge sull'espropriazione per pubblica utilit� 
(art. 46), dalla legge sanitaria (art. 265). 

Ma anche il pi� superficiale osservatore rilever� 
che ipotesi siffatte riguardano situazioni estreme, 

nelle quali l'indennizzo viene offerto non tanto dalla 
Pubblica Amministrazione come autonomo soggetto 
�di diritti, quando dallo Stato come rappresentante 
�della comunit� nazionale. Se pu� essere consentita 
l'immagine, in tale ipotesi l'indennizzo assume esattamente 
il significato inverso dell'imposta:� questa__ 
tende a colpire il contribuente p�r un servizio indi


(1) Vedi l'ampia esposizione del V ALSECOHI: Respon-
sabilit� aquiliana oggettiva e caso fortuito, in cc Riv. dir. 
�commerciale�, 1947, I, 151. 

-176 


visibile, del quale, cio�, non � dato concretamente 
valutare il grado di utilit�, personale; l'indennizzo, 
invece, rappresenta la prestazione per un sacrificio 
imposto:a1 singolo, a vantaggio indivisibile della 
collettivit�, i cui membri, singolarmente considerati, 
non potrebbero graduare l'estensione della 
propria utilit�. 

Siffatto concetto si rivela evidente nella legge 
sulle espropriazioni, per il beneficio apportato dall'opera 
pubblica; e nella legge sanitaria, per il 
diminuito pericolo a pr� degli animali di altri proprietari; 
si articola in maniera pi� drastica nella 
legge sui danni di guerra, l� dove trattasi di ripartire 
nella collettivit� sociale non un beneficio, ma 
un danno. Qui vale, nella sua pienezza, un principio 
di solidariet� umana; un principio, cio�, metagiuridico, 
trasfuso, poi, in positive norme di legge; 
ma, prima che scolpito nei codici, esso � sentito 
come un dovere civico e sociale per la generalit� 
dei cittadini (1). 

Escluse siffatte ipotesi del tutto eccezionali, l'indennizzo 
per responsabilit� obiettiva o, peggio, al 
di fuori di qualsiasi nesso di causalit� materiale 
con l'operato della Pubblica Amministrazione non 
pu� avere ingresso nel nostro ordinamento giuridico. 

Del resto, codesto principio deve ben essere indiscusso, 
se il progetto per la riforma dell'Amministrazione, 
reca una norma, di evidente carattere 
innovativo e generale la quale dispone (art. 69): 
�Qualora un atto o fatto della Pubblica Amministrazione 
determini la privazione o la limitazione 
di diritti o l'imposizione di una servit� a carico 
di un privato, e la facolt� di disporre la privazione 

o l'imposizione non risulti gi� dalla legge con carattere 
di generalit�, il privato ha diritto ad una 
indennit� n. 
� interessante notare come, anche nello schema 
di riforma, si faccia salva la generale facolt� del 
legislatore di disporre talune limitazioni per il privato, 
senza che questi possa reclamare indennit� 
alcuna. 

In analogia con quanto sopra, anche per gli atti 
di polizia devesi concludere che essi, ove siano 
legittimamente emessi ed eseguiti, non danno al 
privato alcuna pretesa per indennizzo di sorta. 

L'art. 7 del T. U. di pubblica sicurezza non � 
che la riprova del pi� generale principio dell'irresponsabilit� 
della Pubblica Amministrazione per 
attivit� legittimamente esercitata (salve le gi� 
viste eccezioni); con l'ulteriore conclusione che, 
ben lungi dall'essere, per questa parte, in contrasto 
con i precetti costituzionali, la norma in parola 
appare pleonastica, perch� assorbita dall'anzidetto, 
generale principio (2). 

(1) Per l'affermazione del principio che il risarcimento 
danni di guerra d� luogo unicamente ad int"lressi 
legittimi cfr. Cons. Stato 5 luglio 1947, in �Foro It. �, 
1947, III, 113; Cass., Sez. Un. 2 agosto 1949, n. 2209, 
ivi, 1950, I, 879. 
(2) In giurisprudenza, invece, per la limitazione 
dell'art. 7 ai soli atti legittimi, � la sentenza 25 marzo 
1953 del Tribunale di Milano (� Foro-.-Padano >>, 1953, 
IV, 69 e 92, con nota contraria, sul punto, di SANDULLI): 
per un addentellato, per l'affermazione della costitutnzionalit� 
e legittimit� delle ordinanze prefettizie a 
sensi dell'art. 2 legge pubblica sicurezza, cfr. Com. 
Stato (Sez. IV) 27 giugno 1952, ivi, 1953 IV, 73. 
4. L� dove le critiche all'art. 7 in esame si fanno 
pi� vivaci e pi� numerose � sul punto se esso si 
applichi anche agli atti illegittimi. Salvo qualche 
autorevole voce (1), gli altri scrittori, in precedenza 
citati, escludono che l'art.. 7 si applichi, per 
sua esegesi, al di fuori del campo degli atti legittimi, 
o ritengono che esso sia stato implicitamente abrogato, 
per questa parte, dall'art. 113 della Costituzione. 
A tali osservazioni pu� replicarsi, anzitutto, con 

.un argomento di natura letterale. Se l'art. 7 non 
dovesse applicarsi quanto meno agli atti illegittimi, 
esso sarebbe del tutto superfluo. Posto, infatti, 
che la responsabilit� della Pubblica Amministrazione 
per atti legittimi, come dimostrato dianzi, 
� limitata solo a casi tassativi, dai quali sono esclusi 
i provvedimenti delle Autorit� di pubblica 
sicurezza, � evidente che, se un senso vuol darsi 
all'esistenza dell'art. 7, esso va ricercato al di 
fuori del campo degli atti legittimi, e precisamente 
nel campo patologico degli atti amministrativi. 

Ma la risposta non sarebbe ancora completa; ch� 
anche alla luce del precetto costituzionale, non 
sussiste alcuna incompatibilit� di norme, e quindi 
alcuna abrogazione implicita, per l'art. 7 in esame. 

Intanto, molte volte l'atto di polizia pu� assurgere 
alla pi� alta espressione di atto politico: si 
pensi all'espulsione di uno straniero di una certa 
rinomanza, o per misura di reciprocit� avverso 
aguale trattamento da parte di altri Stati nei 
confronti di italiani (e le cronache giornalistiche 
dimostrano che non si tratta di ipotesi di pura 
scuola) (2). 

In casi siffatti, l'atto della Pubblica Amministrazione 
� sottratto al controllo di legittimit� da 
parte del giudice ordinario od amministrativo, e 
quindi il privato non potr� in alcun caso vantare 
pretese:di indennizzo o di risarcimento. 

Per quanto riguarda, poi, la compatibilit� fra 
insindacabilit� dell'atto politico e art. 113 della 
Costituzione, si rinvia a quanto ha esaurientemente 
scritto il CARBONE su questa Rassegna (3). 

Ma, anche nel campo degli atti amministrativi 
veri e propri, � da ritenersi che l'art. 7 debba applicarsi 
con ogni possibile ampiezza. 

Infatti, il presupposto essenziale perch� vi possa 
0ssere :pretesa al risarcimento del danno � che venga 
leso un diritto soggettivo perfetto del cittadino. 

Ora, ci sembra di poter affermare che di fronte 
a provvedimenti adottati dall'Autorit� di pubblica 
sicurezza nell'esercizio di poteri riconosciutile dalla 
legge non vi possa mai essere diritto soggettivo 
perfetto. 

Invero, anche quelle situazioni giuridiche del 
privato alle quali la legge attribuisce la forza di 
diritto soggettivo debbono necessariamente affievolirsi, 
di fronte all'esercizio del potere di polizia. 
N� pu� dirsi che laddove l'esercizio di questo potere 

(1) SANDULLI: Manuale di Diritto amiministrativo, Napoli, 
1952, p. 407 nota. _ 
(2) Per la costituzionalit� dei provvedimenti di espulsione 
dello straniero, cfr. Consiglio di Stato (Sez. IV) 27 
febbraio 1952, n. 208, in �Foro It. �, 1952, III, 107, con 
nota contraria di !EMOLO. 
(3) CARBONE: L'atto politico e l'art. 113 della Costituzione, 
in questa Rassegna, 1950 p. 121. 

5 ffi�liifilillimilli TE 

-177 

sia, nel caso concreto, attuato con provvedimento 
illegittimo, il diritto soggettivo ritorni perfetto e 
possa bostituire base per il risarcimento del danno. 

Infatti, l'affievolimento del diritto consegue all'esistenza 
del potere in relazione alla attuazione 
che se ne faccia concretamente, ma non postula la 
legittimit� di tale attuazione concreta. 

Sono questi concetti gi� collaudati nella materia 
della espropriazione per pubblica utilit�, nella quale 
appunto il diritto di propriet� del cittadino � considerato 
affievolito nei confronti del potere di espropriazione 
attribuito all' .Amministrazione. 

L'applicazione dei suesposti principi in materia. 
di potere di polizia appare del .tutto chiara in quel 
ramo di detto potere che � comunemente indicato 
con la qualifica di polizia amministrativa, la cui 
attivit� � imperniata, in prevalenza, sul sistema 
delle autorizzazioni (licenze, dispense, ecc.). � evidente, 
infatti, che laddove il privato per esercitare 
un suo diritto, come ad esempio quello di commerciare 
(anche se � riconosciuto tale dalla Costituzione), 
� costretto a munirsi di autorizzazione di 
polizia, questo diritto non pu� non essere considerato 
affievolito nei confronti del potere amministrativo. 
Pertanto, un provvedimento che lo leda, 
lede un diritto affievolito e non un diritto soggettivo 
perfetto; e poich� la dottrina e la giurisprudenza 
prevalenti considerano, a tutti gli effetti, il diritto 
affievolito come un interesse legittimo, appare evidente 
che in tale materia non vi � campo per 
pretese di risarcimento di danni, che si assumano 
derivati dall'illegittimo provvedimento di pubblica 
sicurezza. 

Ma gli stessi principi valgono, e con maggior 
rigore, per ci� che concerne la c.d. cc polizia di 
sicurezza �. Qui addirittura sono in gioco i diritti 
fondamentali della collettivit�: il diritto alla sicurezza 
sociale, il diritto alla libert� della propria 
persona e alla tutela delle proprie cose, l'ordine 
pubblico: diritti tutti codesti, intesi come massima 
aspirazione del corpo sociale. Ora, quanto pi� intensa 
si presenta la tutela della collettivit�, tanto 
pi� il diritto del singolo si affievolisce. 

N� ci sembra che il richiamo alla Costituzione 
giovi a confutare queste nostre affermazioni, ove 
si rifletta, ad esempio, che la recente giurisprudenza 
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 giugno 1952 
in cc Foro Amm. �, 1952, I, 1, 213) ha ritenuto che 
l'art. 2 del T.U. della legge di pubblica sicurezza 
concernente i poteri di ordinanza del Prefetto in casi 
di urgenza e di grave necessit� pubblica �, anche 
dopo l'entrata in vigore della Costituzione, tuttora 
vigente. 


E di questo potere di ordinanza si � fatto uso 
appunto per limitare l'esercizio dei diritti di riunione, 
di manifestazione del pensiero ecc. Pu�, 
quindi, dirsi che il diritto del singolo anche in 
questi casi nasca col segno della limitazione: del 
resto la limitazione � nella natura di ogni diritto 
sociale (1). 

(1) Per KANT la limitazione � implicita nella definizione 
ch'egli d� del diritto (oggettivo): �l'insieme delle 
condizioni onde l'arbitrio di uno pu� coesistere con l'arbitrio 
di un altro, secondo una legge universale di libert� 
� (Dottrina del diritto -Introduzione). 
La limitazione � esclusa solo per i dii itti supnmi 
(vita, incolumit�, libert� personali); ma la pienezza 
di tali diritti discende, prima ancora che dai precetti 
di una Costituzione, dei precetti di un pi� 
alto codice morale che a nessllllD, neanche al legislatore, 
� lecito violare. 

Tutti gli altri diritti, riguardanti la vita di relazione, 
sono per loro stessa natura soggetti alle 
interferenze coi diritti altrui e, quindi, alle limitazioni 
che l'ordinamento giuridico appresta per evitare 
contrasti violenti e turbolenti nell'ordine sociale. 


Da quanto premesso, discende chiaramente che, 
se non sussiste un diritto soggettivo del privato 
di fronte alla Pubblica .Amministrazione in veste 
di .Autorit� di pubblica sicurezza, non ricorrono 
nemmeno gli estremi per invocare la tutela dell'art. 
113 della Costituzione; e nessun indennizzo 
pu� essere preteso dal privato per la lesione di un 
interesse diverso dal diritto soggettivo perfetto. 

Siffatta conclusione, d'altra parte, � sorretta dal 
semplice richiamo alla ripartizione della giurisdizione 
sul contenzioso, dianzi delineata. 

Invero, allorch� il privato vanti un interesse leggittimo 
di fronte alla Pubblica .Amministrazione, 
unico giudice del rapporto pubblicistico che ne 
deriva � il giudice amministrativo. 

Orbene, quest'ultimo giudice non pu�, istituzionalmente, 
che pronunciare l'annullamento dell'atto 
amministrativo, esclusa. ogni condanna a risarcimenti 
o indennizzi di sorta (tranne che per le 
spese del giudizio). 

N�, d'altra parte, � ammissibile che il privato, 
dopo avere adito il giudice amministrativo per 
l'annullamento dell'atto impugnato, si rivolga poi 
al giudice ordinario per ottenere una sentenza di 
condanna pecuniaria. 

Tale tesi, enunciata, ma senza dimostrazione, 
dallo Z.ANOBINI (1), presupporrebbe che lo stesso 
titolo del privato possa di volta in voltay'. essere 
fatto valere come diritto soggettivo o come interesse 
legittimo. Per tal via, peraltro, riescirebbe 
svisato completamente il criterio determinatorc 
della competenza fra i due ordini di giurisdizione, 
articolato, com'� noto, sul principio del cc petitum>> 
sostanziale (2). 

Si ammetterebbe, cio�, il pericoloso principio 
della cc doppia tutela �, di cui � cenno in talune 
recenti decisioni del Consiglio di StatoI (3): vale 
a dire il principio che uno stesso bene del privato 
possa essere considerato, per un verso, diritto soggettivo 
e per un altro interesse legittimo. Tale 
principio non pu� trovare ingresso nel nostro ordinamento 
giuridico, almeno allo stato attuale, anche 
in presenza della Costituzione che pone ben 
netta la distinzione fra diritti e interessi, senza 
tema di commistione. La confutazione specifica ed 

(1) Corso, vol. II, p. 167. 
(2) Per la recente giurisprudenza in tema di giurisdizione 
si confronti l'ampia rassegna del TORRENTE, 
in �Riv. trim. Dir. pubblico>>, 1951, p. 249. 
(3) Sez. IV 20 dicembre 1950, n. 619, in � Giur. It. >>, 
1951, III, 33; Adunanza plen. 17 dicembre 1951, n. IO, 
in << Giur. It., 1952 III, 81, entrambe sostenute dal 
Gmcc1A1m1, con le note dai significativi titoli: Diritto, 
interesse e doppia tutela: Una svolta decisiva. 

J&ldii22ii~ iii&falfilE i&Ei 

�~~ 

!

-178 


appropriata del suddetto orientamento venne fatta 
in questa Rassegna dal Cmcco (1) e alla stessa si 
rinvia; devesi, comunque, rilevare che le cennate 
decisioni del Consiglio di Stato sono rimaste isolate, 
onde appare per lo meno azzardata la terminologia 
usata dal Guicciardi: una svolta decisiva. 

In una sola ipotesi potrebbeessere concretamente 
e pacificamente ammesso il cos� detto principio 
della doppia tutela: nelle materie cio�, deferite . 
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 
In tale ipotesi, allorch� quest'ultimo abbia 
conosciuto degli effetti dell'atto amministrativo sopra 
un diritto soggettivo, non sussistono difficolt� ad 
ammettere che, successivamente, il giudice ordinario 
possa conoscere degli ulteriori effetti lesivi di 
quel diritto; e del resto l'art. 30 del T.U. sul Consiglio 
di Stato � esplicito in proposito. Ma, a ben 
guardare, in casi siffatti, l'espressione <e doppia tutela 
� viene usata in modo improprio, perch�, in 
realt�, la tutela � sempre unica e riguarda esclusivamente 
un diritto soggettivo, anche se � affidata, 
per ragioni storico-giuridiche ben note, a diverso 
ordine di giurisdizione. Bene, pertanto, � stato 
ritenuto che, allorquando il giudice amministrativo, 
bench� investito di giurisdizione esclusiva, 
abbia giudicato sovra un interesse legittimo del 
ricorrente, in materia di pubblico impiego, non 
possa il giudice ordinario conoscere di una domanda 
per risarcimento danni, in conseguenza dell'annullamento 
dell'atto amministrativo impugnato (2). 

Escluso, quindi, che un atto amministrativo e, 
per restare alla specie, un atto amministrativo di 
polizia -possa incidere, nella quasi totalit� dei 
casi, sopra un diritto soggettivo del privato, resta 
automaticamente escluso anche che questi possa 
vantare una pretesa di risarcimento o di indennizzo. 


L'interesse del privato, ov'esso sia qualificato, 
rester� esclusivamente tutelato secondo la sua natura, 
cio� avanti alla giurisdizione amministrativa 
di annullamento. 

N� varrebbe opporre che, talora, l'annullamento 
viene pronunciato allorch� l'atto ha praticamente 
esaurito i suoi effetti. 

Trattasi di un inconveniente che riguarda tutta 
l'attivit� giudiziaria, in cui l'optimum sarebbe una 
giustizia rapida ed immediata, ma per ci� stesso 
irrealizzabile. 

Per quanto concerne la giurisprudenza, � da segnalare 
una recente sentenza delle Sezioni Unite 

(3) la quale, sul tema dell'art. 7 delle leggi di 
pubblica sicurezza, pur ammettendo il sindacato 
del giudice ordinario sulla corrispondenza tra ogni 
singola fattispecie e la previsione astratta della 
legge (giusta, del resto, il costante insegnamento 
della Corte) riconosce che, una volta ammessa siffatta 
corrispondenza, torna applicabile in pieno la 
disposizione in parola. Tale � il senso che pu� 
desumersi dalla massima (finora la sola pubblicata): 
cc L'insindacabilit� dei provvedimenti adottati dal(
1) In questa Rassegna, 1952, p. 41 sgg. 
(2) Appello Napoli, 12 marzo 1949, in questa Rassegna, 
1949, p. 121. 
(3) Cass., Sez. Un., 8 maggio 1953, n. 1275, in cc Foro 
Padano�, 1953, II, 58, 
l'Autorit� di pubblica sicurezza nell'esercizio delle 
funzioni ad essa attribuite dalla legge (art. 7 T.U. 
legge di pubblica sicurezza approvato con R.D. 
18 giugno 1931, n. 773) non esclude il controllo 
giurisdizionale diretto a s.tabilire se .. il pote,re esercitato 
in concreto dalla predetta autorit� rientri 
nel contenuto del predetto art. 7 �. 

Alla stregua dei suesposti principi, pu� pertanto, 
concludersi per ci� che concerne gli atti amministrativi 
illegittimi, che l'art. 7, lungi dal costituire 
una disposizione eccezionale, ha il preciso significato 
di interpretazione autentica del generale principio 
dell'inesistenza di un diritto soggettivo, in 
materia di pubblica sicurezza. Di guisa che esso 
andrebbe enunciato non alla maniera con cui comunemente 
lo si enuncia: <e Tu vanti un diritto, ma 
non ti spetta indennizzo �, bens� alla maniera 
esattamente opposta: <e A te non spetta indennizzo 
perch� non vanti un diritto �. 

5. Si sono volutamente omessi, in quanto � 
stato scritto dianzi, i fatti illeciti. E ci� non tanto 
perch� la lettera dell'art. 7 sembra escluderli, parlando 
essa semplicemente di cc provvedimenti �, 
quanto perch� essi rientrano, lato sensu, nella categoria 
degli atti illeciti. 
Posta, infatti, la distinzione giuridica e logica 
della P.A. (e degli enti morali in genere) dalle 
persone fisiche, � evidente che, mentre da queste 
ultime un fatto pu� essere posto in essere indipendentemente 
da ogni precedente precetto di forma, 
per la Pubblica Amministrazione ci� non � ipotizzabile. 
Vero � che ogni fatto delle persone fisiche 
attraverso la quali la Pubblica Amministrazione 
agisc.e � anche fatto di questa; ma � altres� vero 
che la determinazione volitiva, da cui trae origine 
quel fatto, si estrinseca in un atto amministrativo 
sia pure implicito o tacito. 

Pu� quindi, ritenersi, anche a proposito dell'attivit� 
di polizia, che fatto illecito altro non sia 
se non l'estrinsecazione, l'effetto di un precedente 
atto amministrativo, di guisa che, attraverso il 
rapporto causale, pu� risalirsi alla valutazione 
della liceit� dell'atto, e, in definitiva dell'attivit� 
della Pubblica Amministrazione (1). 

Vanno tenute presenti, poi, le mere attivit� materiali, 
fini a se stesse, poste in essere dagli organi 
della Pubblica Amministrazione nell'esercizio delle 
funzioni di polizia. 

Resta, ora, da vedere se, ed entro� quali limiti, 
l'art. 7 in questione possa applicarsi alle ipotesi di 
cui sopra. 

Anche qui, � da osservare, peraltro, che � ben 
difficile incontrare dei diritti soggettivi perfetti di 
fronte all'Autorit� di polizia. 

Tali diritti devono intendersi sussistenti solo 
quando attengono ai beni supremi dell'individuo 

(1) � appena il caso di rilevare, a tal proposito, che 
non pu� condividersi certa giurisprudenzli, �secondo cui 
deve considerarsi assolutamente inesistente l'atto mmninistrativo 
allorch� esso manchi della forma scritta richiesta 
dalla legge (Appello Napoli, 21 aprile 1952, in 
cc Foro It., 1953, I, 198; Tribunale Napoli, 28 aprile 1953, 
in cc Foro It. "� 1953, I, 1027; contra Tribunale Napoli, 
26 aprile 1951, in "Giur. It. �, 1952, I, 2592 con nota 
di SANDULLI), 

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-179 


(vita, incolumit�, libert� personale); ora, � ben 
difficile, e rasenta i limiti dell'impossibile giuri. 
dico, che l'autorit� di polizia possa, con atti amministrativi, 
attentare a siffatti beni supremi. Allorquando 
essi vengono violati, la violazione trae origine 
da attivit� materiale sia essa dipendente causalmente 
da un previo atto amministrativo (legittimo), 
sia essa autonoma e svincolata da qualsiasi 

atto precedente. 

Il problema degli atti amministrativi illeciti di 

polizia, per tal via, si sposta sul piano dell'attivit� 

materiale illecita e sconfina dal campo proprio del 

diritto amministrativo per rientrare nel campo del 

diritto penale. 

Posto, infatti, che a nessuno � lecito (e oggi, in 

dipendenza della rigidit� della Costituzione, nem


meno al legislatore) intaccare i diritti fondamentali, 

supremi dell'individuo, sia egli cittadino o no, 

allorch� malauguratamente tale evenienza si veri


fichi non pu� che applicarsi esclusivamente la 

legge penale contro l'autore della violazione. 

Naturalmente -per restare nel campo in esame 

-ci� importa le ben note conseguenze di natura 

patrimoniale susseguenti alla condanna: estensione 

della responsabilit� civile alla Pubblica .Ammini


strazione limitatamente ai casi nei quali l'agente 

abbia agito nell'ambito delle proprie attribuzioni 

e con esclusione di dolo o di preterintenzione. 

Resta dubbio se tale responsabilit� civile della 

Pubblica .Amministrazione possa riscontrarsi anche 

nei riconosciuti casi di eccesso colposo nell'uso di 

particolari scriminanti, come quelle dell'esercizio 

di un diritto, adempimento di un dovere, difesa 

legittima, uso legittimo delle armi, stato di neces


sit� (articoli 51, 52, 53, 54 e 55 Codice penale). 

In tali casi, pu� affermarsi infatti, che, contra


riamente a quanto avviene nei semplici delitti col


posi, l'agente volle l'azione e l'evento e che, pertanto, 

sul piano psicologico e storico, la sua condotta 

fu dolosa; solo quoad poenam, la legge fa riferi


mento al delitto colposo (si applicano le disposi


zioni concernenti i delitti colposi, art. 55 C.p.). 

Tuttavia la finzione della legge penale non � 

sufficiente a trasformare intrinsecamente un fatto 

volontario ed intenzionale in un fatto colposo: e, 

sembra, quindi, logico dedurre che, per ci� che 

attiene ai fini civilistici del risarcimento, non possa 

prescindersi dalla realt� effettiva e non possa rite


nersi sussistente quel nesso organico agente Pub


blica .Amministrazione, onde trae origine la respon 


sabilit� civile di quest'ultima. 

Ma codesta � questione che meriterebbe di essere 

affrontata ex professo e non in via meramente inci


dentale, conformemente ai limiti del presente scrit


to (1). 

In definitiva, per ci� che riguarda gli illeciti, 

essi sono riferibili solo ad attivit� materiali contro 

beni primari dell'individuo; s� che l'art. 7 della 

legge di pubblica sicurezza resta fuori questione, 

perch� assorbito dalla legge penale e dal principio 

dell'automatismo del risarcimento conseguente a 

condanna penale, sempre quando possa ravvisarsi 

(1) Per un addentellato cfr. DE MATTIA: Errore ed 
eccesso nell'uso legittimo delle armi, in " Giust. penale '" 
1952, II, 518 e recensione in questa Rassegna, 1952, 99. 
esistente un nesso organico che faccia capo alla 
Pubblica .Amministrazione, e si tratti di illecito 
non doloso. 


6. Del pari sembra esulare l'applicabilit,� dell'art. 
7 della legge di pubblica sicurezza per ci� 
che attiene ad attivit� della polizia giudiziaria. In 
tale campo, infatti; l'irresponsabilit� dell' Amministrazione 
� garantita dalla stessa natura delle funzioni 
di polizia giudiziaria, intimamente e strumentalmente 
connesse con quelle della giurisdizione 
penale: 
Il problema � uno dei pi� scottanti, anche in 
dipendenza di taluni recenti e clamorosi << casi ))' 
conclusi con la scarcerazione di persone indiziate 
ed arrestate per gravissimi delitti. 

Ma � problema che riguarda tutto l'edificio del1'.
Amministrazione della Giustizia pi� che non quello 
della normale attivit� amministrativa e di sicurezza 
della polizia. 

La polizia giudiziaria, difatti, giusta il precetto 
costituzionale (art. 109 Costituzione) dipende funzionalmente 
dall' .Autorit� giudiziaria. Ed anche se 
appare augurabile che tale dipendenza divenga organica 
e disciplinare, non pu� tuttavia negarsi 
che la polizia giudiziaria svolge la sua attivit� 
alle immediate direttive della Magistratura, come 
del resto prescrive l'art. 220 Codice di procedura 
penale. 

Cos� delineati i termini del problema, � evidente 
che esso va inquadrato nel pi� vasto problema, 
tuttora de jure condendo, della riparazione alle vittime 
degli errori giudiziari, dovendosi comprendere, 
nella locuzione �errore giudiziario� sia l'errore 
del giudice trasfuso in una sentenza definitiva 
di condanna, sia anche l'errore preliminare, tempestivamente 
riparato o dalle stesse autorit� di 
polizia giudiziaria o, pi� tardi, dal giudice. Anche 
per ci� che concerne tale problema, sarebbe opportuno 
uno studio approfondito, tanto pi� che l'art. 24 
della Costituzione contiene una esplicita dichiarazione 
programmatica per la riparazione degli errori 
giudiziari (1). Ma qui basti porre soltanto il~problema 
per rilevare e concludere che l'attivit� della 
polizia giudiziaria decampa dai principi generali 
dettati per la responsabilit� della Pubblica Amministrazione 
e che, pertanto, l'art. 7 del T.U. dello 
leggi di pubblica sicurezza resta anche qui assorbito 
dai peculiari e tuttora discussi principi sulla responsabilit� 
dello Stato nella sua veste di giudice. 

7 . .A conclusione del presente scritto, sia consentito 
riepilogare le osservazioni fin qui esposte: 
A) La responsabilit� dello Stato per attivit� 
di polizia (amministrativa e di sicurezza) resta 
esclusa per gli atti legittimi posti in essere dalle 
competenti autorit�, in armonia col principio generale 
che gli atti legittimi non danno mai luogo 

(1) Sul problema si consultino i classici saggi del 
Rocco (Arturo): La riparazione alle vittime degli errori giudiziari, 
Torino, 1902; SANTI ROMANO: Responsabilit� 
dello Stato e riparazione alle vittime degli errori giud�iziari, 
in Scritti minori, Milano, 1950, vol. II, p. 157 
segg; e, recentemente, BATTAGLINI, La libert� personale 
dell'imputato e la responsabilit� civile dei Giudici, in 
" Giust. penale '" 1949, III, 210. 

-180


ad indennit�, tranne in specialissime e tassative 
ipotesi. 

B) Non pu� parlarsi di responsabilit� dello 
Stato per gli atti illegittimi delle .Autorit� Idi pubblica 
sicurezza perch� ci� presupporrebbe l'esistenza, 
nei confronti della Pubblica .Amministrazione, 
di diritti soggettivi perfetti; il che � da escludersi. 
Onde la piena compatibilit� dell'art. 7 del T.U. 
legge di pubblica sicurezza, interpretativo di tale 
principio, e la vigente Costituzione della Repubblica. 
. 

O) Per ci� che riguarda le attivit� illecite degli 
organi della Pubblica .Amministrazione preposti 

alla sicurezza pubblica, esse devono considerarsi 
fonte di risarcibilit� solo quando violino beni primari 
e supremi dell'individuo (vita, incolumit�, libert�); 
in tal caso l'art. 7 in parola resta assorbito 
dalle norme pena,li e. dai conseguenti principi gene~ 
rali sulla responsabilit� per fatto illecito della Pubblica 
.Amministrazione. 

D) Per ci� che concerne, infine, gli atti di 
polizia giudiziaria, essi vanno compresi nel pi� vasto 
campo di attivit� proprio della, giurisdizione 
penale e regolati, per quanto attiene alla tutela 
del privato, dagli speciali principi che le sono 
propri. 

MICHELE SAVARESE 

AVVOOATO DELLO STATO 



N O�T E D I DOTTRINA 


A. 
SAPORI: L'art. 62 della legge di ricchezza mobile 
e il valore di una consonante. L'� Esattore�, n. 3, 
marzo 1953. 
Con sentenza 31 luglio 1952, n. 2454, la Corte 
di Cassazione, a Sezioni Unite, ha affrontato per 
la prima volta la interpretazione dell'art. 2759 
Codice civile, il quale cos� dispone: � I crediti 
dello Stato per l'imposta di ricchezza mobile, dovuta 
per l'anno in corso e per il precedente, in dipendenza 
dell'esercizio di commercio, industria, arte 

o professione, hanno privilegio sopra i mobili che 
servono a tale esercizio e sopra le merci che si 
trovano nel locale adibito all'esercizio stesso o 
nell'abitazione del contribuente, in conformit� 
della legge speciale �. 
Sotto l'impero del Codice civile del 1865 la materia 
era regolata dalla legge speciale, cui fa riferimento 
l'art. 2759 del vigente Codice, e precisamente 
dall'art. 62 del T. U. 24 agosto 1877, n. 4021, 
il quale ugualmente limitava il privilegio �alla 
riscossione dell'imposta di ricchezza mobile dell'anno 
in corso e del precedente �. 

La Suprema Corte, con costante giurisprudenza, 
opin� che il legislatore avesse inteso riferirsi con 
tale espressfone a tutte le imposte iscritte nei ruoli 
dei due anni, indipendentemente dall'anno di 
maturazione del cespite imponibile. La sentenza 
31 luglio 1952 ha invece ritenuto che siffatta interpretazione 
non possa essere mantenuta di fronte 
all'art. 2759 codice civile, il quale con la espressione 
anno in corso avrebbe inteso riferirsi all'anno 
di produzione del reddito e non pi� all'anno in 
cui la relativa imposta viene iscritta nel ruolo. 

La stessa tesi era stata accolta sia dal Tribunale 
che dalla Corte di Appello di Torino, con sentenze 
pronunciate nel corso della stessa causa. La quesione 
� stata risolta in senso contrario dal Tribunale 
di Milano (sentenza 2 febbraio 1951, in � Giur. 
It. �, 1951, 1, 2, 129) ed in modo conforme dal 
Trib�nale di Cremona (sentenza 5 agosto 1949, 
in cc Riv. Trib. n, 1950, pag. 440) nonch� in altra 
sentenza dalla Corte di Appello di Torino (sentenza 
20 marzo 1951, in cc Giur. It. n, 1952, 1, 2, 333). 

Numerose note a sentenza, di assenso le une, di 
dissenso le altre, hanno commentato il nuovo 
indirizzo giurisprudenziale, ora sanzionato dalla 
Corte di Cassazione. Tra le prime debbono annoverarsi: 
MARTuccr: R. M., art. 62, anno in corso 
e precedente, in �L'Esattore n, 1950, 265; MARTUCCI, 

2 

nota a sentenza, in cc Giust. Trib. �, 1951, p. 341; 

B. GrusSANI: Richiami in tema di privilegi fiscali, 
in cc Foro Padano n, 1952, I, 207; A. ROTONDI: 
I privilegi speciali e l'art. 2759 Oodice civile, in 
cc Dir. e Pratica Trib. n, 1952, II, 269. 
Dissentono invece dall'indirizzo della giurisprudenza: 
VERDERIO, in � Riv. Trib. n, 1950, 441; 
FIERTEL, in cc Riv. Trib. >>, 1951, p. 193; L.P., in 
cc L'Esattore n, 1951, p. 113; BARBARINI: Il privilegio 
del credito per i tributi diretti nella disciplina 
del Codice civile, in �L'Esattore n, 1950, 263; 
SCAND.ALE: Portata dell'espressione cc anno in corso 
e precedente � in materia di privilegio speciale dello 
Stato per tributi diretti, in � Giur. It. n, 1952, I, 2, 
503; MASSARI: In tema di privilegi per l'imposta 
sui profitti di guerra e di contingenza, in � Giur. 
It. �, 1952, I, 2, 333; SALA: Principio della riscossione 
dell'imposta di ricchezza mobile cc anno in corso 
e precedente�, in cc L'Esattore�, 1952, 43; UCKMAR, 
in �Riv. Dir. e Pratica Trib. �, 1951, II, 572. 

La nota dell'avv. M. AzELIO SAPORI, �apparsa 
sul fascicolo di marzo 1953 della rivista cc L'Esattore
�, con il titolo �L'articolo 62 della legge di ricchezza 
mobile e il valore di una consonante �, appartiene 
e questo secondo gruppo. 

Per una valutazione della nota, riteniamo opportuno 
chiarire in quali termini; a nostro avviso, 
debba essere posta la confutazione della tesi accolta 
dalla sentenza e quali siano i punti deboli della 
motivazione della Cort� di Cassazione. 

La stessa sentenza annotata fornisce in questo 
senso una precisa indicazione. La Suprema Corte, 
infatti, pur ritenendo che l'interpretazione della 
Corte di .Appello risponda alla volont� della legge, 
ha posto in dubbio la validit� degli argomenti 
addotti a sostegno di quella interpretazione. 

Giover�, pertanto, riassumere brevemente le 
ragioni giuridiche addotte dalla Corte d'Appello 
per poter esaminare, poi, se quelle che la Corte di 
Cassazione ha ritenuto di sostituirvi, siano tali da 
risolvere i problemi di interpretazione, che la 
stessa Corte Suprema ha giudicato insoluti sulla 
base delle precedenti argomentazioni. 

La Corte di .Appello di Torino, ricordata la 
questione dibattuta sotto l'impero del codicm civile 
del 1865 circa l'interpretazione dell'art. 62 
del T. U. 24 agosto 1877, n. 4021, e la tesi accolta 
dalla Giurisprudenza, ha stimato che tale interpretazione 
non possa mantenersi di fronte all'articolo 
2759, il quale contempla il privilegio speciale 



ln& 1rnntwwtt1��


-182 


a garanz�a dei crediti di ricchezza mobile con una 
dizione differente. Non pi� si legge nell'art. 2759 
Codice civile la locuzione del vecchio art. 62 T. U. 
�imposta dell'anno in corso e del precedente, 
dovuta, ecc. �, bensi la diversa �imposta dovuta 
per l'anno in corso e per il precedente � e la sostituzione, 
nella nuova dizione, della preposizione 
�per � alla preposizione � del >> e la posposizione del 
verbo �dovuta n introdurrebbero uno stretto rapporto 
di causalit� tra l'imposta e il periodo al 
quale essa va riferita. La Corte d'Appello, inoltre, 
ha rilevato che il legislatore, mentre ha ripetuto 
la vecchia espressione �dell'anno� negli articoli 
2752 e 2771 Codice civile, l'ha invece modificata 
nell'art. 2759 ed ha concluso che il legislatore, 
facendosi carico dei vari dissensi che la giurisprudenza 
aveva suscitato e del serio pregiudizio e dei 
notevoli intralci, che l'estensione della portata 
del privilegio causava al credito degli esercenti 
l'industria ed il commercio, avrebbe voluto restringere 
all'imposta dovuta per l'anno in corso e per il 
precedente gli effetti del privilegio. 

Una motivazione di tal genere appare immediatamente 
poco persuasiva. 

Di fronte a questo fantasioso argomentare sul 
valore delle parole e della fraseologia, prima di 
ogni altra obiezione si determina la necessit� di 
chiarire e di intendersi sul significato delle espressioni 
verbali adottate dal legislatore. 

�Nell'applicare la legge non si pu� ad essa attribuire 
altro senso che quello fatto palese dal significato 
proprio delle parole secondo la loro connessione>> 
(art. 12 preleggi). Ora basta leggere l'articolo 
2759 Codice civile per constatare che il partici
� dovuta �, anche se anteposto alle parole (( per 
l'anno in corso e per il precedente>> regge, come 
nell'art. 62 del T. U., la proposizione che segue e 
precisamente ((in dipendenza dell'esercizio di commercio, 
industria o professione�; che la sostituzione 
della preposizione (( per >> alla preposizione 
(( del >> lascia il senso assolutamente invariato; che 
((dovuta per l'anno in corso e per il precedente� 
altro non significa che ((da pagarsi nell'anno in 
corso e nel precedente; che, pertanto, l'art. 2759 
Codice civile � formulato con espressioni assolu-� 
tamente equivalenti a quelle dell'art. 62 della legge 
speciale e tale equivalenza � legislativamente sancita 
nell'articolo stesso il quale asserisce che il 
privilegio � concesso <<in conformit� della legge 
speciale. 

La Suprema Corte ha avvertito la deficenza di 
tali argomentazioni ed ha censurato la motivazione 
della Corte d'Appello. 

Si legge, infatti, nella sentenza 31 luglio 1952: 
�Il Supremo Collegio non avvisa che una volont� 
della legge, intesa a limitare l'estensione del privilegio 
di cui trattasi, possa evincersi con sicurezza 
dalla sostituzione, nel testo del detto articolo, delle 
cennate preposizioni (per in luogo di del) e dalla 
posposizione del verbo �dovuta n, potendo bene 
tali modifiche aver solo valore di correzione di 
forma, e comunque mai potendo da sole dirsi univoche 
nel senso di rendere palese una chiara volont� 
del legislatore di restringere la portata del privilegio, 
contrariamente a quanto ip. precedenza 
costituiva, almeno in giurisprudenza, ius receptum �. 

Questo passo della sentenza cont�ene tutta la 
questione. La Corte, esponendo le ragioni per le 
quali dissente dalle argomentazioni del giudice 
d'appello, definisce in modo preciso il ~problemni 
interpretativo dell'art. 2759 Codice.. civile, indica 
il punto di pa.rtenza, da cui occorre muovere per 
darne una esatta soluzione. 

Per sostenere la tesi accolta dalla Corte di Appello 
� necessario -dice il Supremo Collegio -che 
possa ravvisarsi una chiara volont� novativa del 
legislatore, non gi� un fumus, una probabilit�, 
perch� l'interprete ha di fronte a s� una massima 
consolidata da una tradizione giurisprudenziale di 
alcuni decenni, sulla cui base -aggiungiamo 
noi -si � costituita una tradizione ed una prassi 
amministrativa, si sono consolidati interessi pubblici 
e privati, si � formata una pratica finanziaria 
e commerciale. 

Stabilita questa premessa, la Corte di Cassazione 
ha confermato, per�, la decisione del giudice 
di appello, ritenendo che la chiara volont� novativa 
del legislatore debba ravvisarsi nella diversit� di 
dizione, usata negli articoli 2752 e 2771 dello stesso 
Codice civile, da quella usata nell'art. 2759. 

Invero sia nel primo che nel secondo di detti 
articoli il legislatore ha avuto cura di fare specifico 
riferimento alla iscrizione del credito d'imposta, 
cui � concesso il privilegio, nei ruoli esattoriali . 

. Diversamente nell'art. 2759 non si fa menzione di 
ruoli. In questa differenza di dizione il Supremo 
Collegio ravvisa il manifestarsi della volont� legislativa 
intesa a restringere la portata del privilegio 
all'anno di maturazione del reddito imponibile ed 
al precedente. 

La nuova motivazione cade negli stessi formalismi 
e negli stessi sofismi di quella della Corte 
d'Appello ed � criticabile, in primo luogo, sulla 
base della stessa premessa posta dalla sentenza, 
obiettando che non � dato vedere, negli elementi 
indicati dalla Corte suprema, in che cosa consista 
la chiara volont� novativa. 


�Si pu� obiettare -annota il Sapori -che 
non siamo di fronte ad una identit� di espressioni, 
ma da ci� dedurne, come si vorrebbe, che le espressioni 
abbiano differente, anzi opposto significato, 
mi sembra non sia passo agevole >>. 


Su questa linea si svolgono le pi� efficaci critiche 
della nota del Sapori, il cui stesso titolo ha un 
valore polemico, che esattamente mette in rilievo 
la principale caratteristica negativa comune a 
tutte le sentenze, che hanno accolto il nuovo principio 
di diritto: la sofistica interpretazione letterale 
della norma, con la quale tutto si � voluto risolvere 
ed argomentare con la lettera e con la grammatica, 
ravvisando intenzioni legislative e significati inesistenti 
dietro ogni virgola spostata, ogni locuzione, 
ogni cambiamento di consonante. 

Questo, a nostro avviso, � il terreno sul quale, 
prima di ogni altra considerazione e di ogni altro 
pi� serio rilievo, si pu� e si deve critlcare il giudicato 
della Suprema Corte. L'aver posto in evidenza _ 
questo elemento, l'aver apportato, in tal modo, � 
contro la tesi accolta dalla Corte di Cassazione, 
argomenti intrinseci al procedimento logico seguito 
dalla sentenza � il pregio maggiore dello scritto del 
Sapori, specie considerando che le numerose note 



-1s�3 


sull'argomento non seguono sempre con coerenza 
questo criterio. 

Anche nella nota in questione, per�, � presente 
qualche incertezza nello spingere a fondo la critica 
delle argomentazioni addotte a ~ostegno della tesi 
accolta nella sentenza, nonch� una certa confusione 
tra la motivazione della Corte di Cassazione 
e quella della Corte d'Appello. � � 

Riteniamo, ad esempio, che sia facilmente spiegabile, 
e valeva la pena di accennarlo, la ragione 
per cui ii legislatore nella formulazione degli articoli 
2752 e 2771 abbia fatto espressa menzione 
della iscrizione nei ruoli: perch� aveva la necessit� 
di distinguere fra ruoli principali e ruoli suppletivi 
e per questi ultimi limitare gli effetti del privilegio 
ad un importo non superiore all'imposta relativa 
all'ultimo biennio. Era dunque ben necessario 
parlare di ruoli. Dove invece queste distinzioni 
non erano richieste, ed � il caso dell'art. 2759, la 
legge ha detto sic et simpliciter �imposta dovuta n, 
il che �� quanto dire iscritta a ruolo, come precis� 
la sentenza 21 marzo 1933 della Corte Suprema 
(� Giust. Trib. n, 1933, 630) relativamente all'art. 62 
del T. U.: �il legislatore ha inteso evidentemente 
riferirsi all'anno in corso al momento in cui l'imposta 
diventa riscuotibile, e siccome la riscossione, 
com'� risaputo, non pu� avvenire se non in base 
ai ruoli debitamente formati e pubblicati, logica 
diventa la consegu�nza che per anno in corso, di 
cui parla l'art. 62, devesi necessariamente considerare 
quello in cui avviene la pubblicazione dei 
ruoli principali e suppletivi n. 

Alcune osservazioni del Sapori, inoltre, non 
appaiono aderenti allo specif�,co problema della 
interpretazione della norma di legge. Tali, ad esempio, 
quelle con cui viene prospettata la necessit� 
amministrativa di assicurare il privilegio per un 
periodo di tempo sufficiente affinch� gli uffici, con 
la loro attuale organizzazione, possano profittarne, 

o vengono addotti motivi di morale tributaria 
e di tutela dei supremi fini dell'Erario a sostegno 
della tesi disattesa dal Supremo Collegio. 
Ma il rilievo pi� serio che occorre fare � che la 

nota ha omesso di sviluppare in un'altra direzione, 

che a noi sembra la pi� importante e decisiva, la 

confutazione della sentenza contestando l'esattezza 

dei termini, nei quali la Suprema Corte ha posto il 

problema dell'interpretazione dell'art. 2759 Codice 

civile e della sua efficacia novativa nei confronti 

del diritto preesistente. 

La Corte di Cassazione -come gi� abbiamo 

detto -ha precisato che, affinch� il nuovo prin


cipio di diritto potesse essere accolto, doveva 

potersi ravvisare �una chiara volont� del legisla


tore di restringere la portata del privilegio contra


riamente a quanto in precedenza costituiva, almeno 

in giurisprudenza, jus receptum >>. 

In questo passo della sentenza l'inciso � almeno 

in giurisprudenza� tradisce una concezione esclu


sivamente normativa del diritto. 

Ohe cosa signif�,ca, infatti, jus receptum almeno 
in giurisprudenza se non separare la norma, la quale 
sola costituirebbe ed integrerebbe il diritto, dalla 
interpretazione che ad essa danno gli organi statali 
a ci� destinati Ohe cosa altro significa se non 
concepire il diritto come formula statica ed astratta 

e non come concreta regolamentazione di rapporti, 
come vita effettiva del corpo sociale, in una parola, 
come ordinamento giuridico, inteso quest'ultimo 
non per una � serie di regole, non per quella f�,la 
di volumi che sono le raccolte ufficiali d�ile leggi 
e decreti, ma come la complessa e varia organizzazione 
dello Stato, i numerosi meccanismi o ingranaggi, 
i collegamenti di autorit� e di forza, che producono, 
modificano, applicano, garantiscono le 
norme giuridiche, ma non si identificano con esse �. 
(SANTI ROMANO: L'ordinamento giuridico, Sansoni, 
1945). 

Non quindi jus receptum almeno in giurispritdenza, 
ma puramente e semplicemente jus receptum, 
senza altre specificazioni, vale a dire il principio 
di diritto quale vive e regola, nell'organizzazione 
dello Stato, i concreti rapporti che intercorrono tra 
il f�,sco ed il contribuente, ed a cui non deve essere 
contrapposto, come � implicito nelle parole usate 
dalla Suprema Corte, alcun altro principio, che 
sarebbe poi, nel pensiero di chi postula queste 
teorie, quello vero, quello giusto, il principio in s�, 
quale � racchiuso, al di fuori ed al di sopra di 
quella organizzazione e di quei concreti rapporti, 
nella norma, nella frase, nella parola, che alcuni 
nostri ormai lontani antenati ritennero di usare 
per esprimere la volont� della legge ed a cui sarebbe 
necessario sempre rifarsi ed attingere, come all'unica 
fonte di ogni verit� e di ogni certezza giuridica. 

Ma se questo errore dogmatico sul modo di intendere 
il diritto si limitasse 'ad apparire incidentalmente 
tra le righe della sentenza, non sarebbe il 
caso di trattarne lungamente. Il fatto � che, in 
primo luogo, questo errore ha determinato la impostazione 
formalistica della motivazione, secondariamente, 
ed � quello che in questo momento interessa, 
da questo stesso errore risulta inficiata 
l'argomentazione con la quale il Supremo Collegio 
ha respinto l'obiezione pi� pericolosa, che la difesa 
dell'Amministrazione ha sollevato contro la tesi 
accolta dalla Corte d'Appello e successivamente 
confermata: l'esistenza in vigore, per espresso richiamo 
fattone dall'art. 2759 Codice civile, dell'art. 62 

T. U. e la necessit� che tale articolo della legge speciale 
debba essere interpretato secondo l'anteriore 
consolidata giurisprudenza. 
La sentenza dedica alla questione le seguenti 
parole: � contro l'ulteriore argomento delle ricorrenti, 
secondo cui l'art. 62 della legge di ricchezza 
mobile � sempre in vigore e sarebbe da interpretare 
secondo l'anteriore giurisprudenza, � palese 
che alla interpretazione data dalla giurisprudenza 
debba prevalere il precetto della legge nuova. 

E infine il richiamo che l'art. 2759 fa della legge 
di ricchezza mobile non pu� valere ai fini voluti 
dalle ricorrenti, essendo evidente che il legislatore 
intese con esso richiamare genericamente la regolamentazione 
della legge speciale �. 

Il Sapori critica nel modo seguente questa argomentazione: 
� La Corte in fatto asserisce clie detta 
interpretazione dell'art. 62 del T. U. viene meno 
per il prevalere della legge nuova cio� del disposto 
.dell'art. 2759, ma non meno certo � che ci� non 
convince, perch� ne.Ila fattispecie non � contrasto 
di norma legislativa, ma di interpretazione. N�, 
appaga la indagine l'asserire -come si fa in 



-184 


sentenza -che la giusta interpretazione � quella 
risultante nella sentenza medesima senza nemmeno 
soffermarsi a considerare il valore del richiamo 
fatto dalla nuova norma alla precedente �. 

La critica � giusta, ma non tocca il fondo della 
questione. � necessario a nostro avviso richiamare 
il concetto di ordinamento giuridico, cui si � pre-� 
cedentemente accennato, e, qualora sia ben chiaro 
che in tale concetto del diritto rientra non solo la 
formulazione normativa della volont� dello Stato, 
ma ci� che rende possibile la formazione e la formulazione 
di questa volont�, nonch� l'azione che 
tende alla sua attuazione ed alla sua tutela, quando 
sia fermo il principio della inscindibilit� dall'ordinamento 
giuridico delle norme, che ne rappresentano 
solo un elemento e che nell'ordinamento 
vivono, in quanto vengono prodotte, modifi.cate, 
applicate, garantite; apparir� evidente che la 
interpretazione dello ius superveniens si pone 
sempre come problema dei rapporti ,tra il nuovo 
diritto e l'ordinamento giuridico vigente; che 
l'azione legislativa tende non gi� alla modifi,cazione 
delle norme, ma del preesistente ordinamento giuridico; 
che, pertanto, la dichiarazione del legislatore 
che la disciplina di determinati rapporti, regolati 
da una nuova norma, � conforme a quella che 
tali rapporti hanno avuto sotto l'impero di una 
norma pi� antica, ha valore di sanzione legislativa 
del principio di diritto, che in virt� di quella antica 
norma si era stabilito e in tal modo, l'interpretazione 
che di essa avevano costantemente dato gli 
organi giurisdizionali, diviene, per effetto dell'espresso 
richiamo fattone, interpretazione autentica 
sancita dalla legge. 

Questo, a nostro avviso, il �valore del richiamo 
della nuova norma alla precedente �. Richiamo 
non della norma, ma del principio di diritto che 
sulla norma stessa si era costituito. 

Sulla base di queste considerazioni, ci sembra 
che gli argomenti, tendenti a confutare la presunta 
manifestazione di una chiara volont� novativa 
del legislatore, possano essere validamente integrati 
con la indicazione delle pi� valide ragioni, 
per le quali si deve concludere che la nuova legge 
ha confermato e fatto proprio il principio di diritto, 
che per lunghi anni ha regolato i rapporti tra il 
f�,sco ed il contribuente. 

E. VITALI.ANI 
S. 
CosTA: L'intervento in causa. (Pp. xn-398, 
U.T.E.T., 1953). J 
Riprendendo un tema a lui caro (v. CosTA: Intervento 
coatto) Padova, 1935; Contro l'intervento 
dell'associazione sindacale in grado di cassazione) 
� Riv. Dir. Proc. Civ. �, 1938, II, 257; 
Vintervento in causa di terzi) ibidem, 1943, I, 
19), l'.Autore compie, ;in questo libro, una completa 
trattazione dell'importante istituto, tanto 
tormentato anche in sede di riforma del vecchio 
codice del 1865, trattazione che, a parte il pregio. 
scientifico, molta utilit� potr� recare agli operatori 
del diritto, quali i lettori di questa Rassegna, 
ai quali � destinata la presente segnalazione. 

L'opera � divisa in due parti: nella prima � 
studiato l'intervento, nelle varie sue figure, nel 
processo civile di cognizione; nella seconda, molto 
pi� breve, sono esa~inat~ gli int~rven~i :�egolati 
da norme particolari e .nei processi speciali. 

Non potendo qui naturalmente essere fatta. una 
esauriente esposizione del contenuto del libro, 
valga a mettere in luce l'interesse ~ell'oper~ qual: 
che accenno ad alcuni dei problemi trattati e de1 
concetti fondamentali che vi si trovano esposti. 

Nel primo capitolo, dedicato ai vari tipi d'intervento 
volontario, � ;innanzitutto considerato 
l'intervento principale, del quale sono studiati i 
presupposti speciali e particolarmente quelli dell'incompatibilit� 
del diritto del terzo con quello 
delle altre parti e della connessione della domanda 
d'intervento con la domanda oggetto del 
giudizio. Dalla necessit� dell'esistenza del presupposto 
dell'incompatibilit�, il Costa ricava la 
conseguenza che l'azione esperita dal terzo mediante 
l'intervento principale � una azione di accertamento 
della titolarit� del suo diritto nei confronti 
dell'attore, alla quale pu�, eventualmente, 
essere cumulata un'azione (di condanna o costitutiva 
o anche d'accertamento) nei confronti del 
convenuto. Azione di accertamento, jn cui i tre 
soggetti (attore, convenuto ed interveniente) non 

f:i trovano nella posiz,ione di litisconsorti necessari, 
ben potendo l'obbligato alla prestazione essere 
estromesso, dopo essersi dichiarato pronto 
ad eseguirla (art. 105 C. p. c.). Sotto il riflesso 
dell'incompatibilit� della pretesa � esaminata la 
ammissibilit� dell'intervento di chi � soggetto a 
subire l'estensione del giudicato emesso tra altri, 
nonch� lo scopo dell'intervento del litisconsorte 
necessario pretermesso, che, per il Costa, � sempre 
quello di far valere il proprio diritto, pur 
producendo tuttavia l'effetto di integrare il contraddittorio. 
Nella trattazione che segue sull'intervento adesivo 
� messo in rilievo la finalit� di siffatta forma 
di intervento, che � quella di costituire l'unico 
mezzo di difesa del terzo, il quale abbia interesse 
alla vittoria di una delle parti, in conseguenza 
della subordinazione della sua posizione rispetto 
a quella di quest'ultima. Sono esaminate, al riguardo, 
le varie situazioni in cui il terzo pu� 
venire a trovarsi rispetto ad un sentenza tra altri, 
concludendosi che intervento adesivo � solo quello 
di chi pu� ricevere dalla sentenza, intesa come 
fatto giuridico, un pregiudizio di mero fatto 
(effetti riflessi), che non sia conseguenza di dolo 

o di frode (nel qual caso soccorre l'opposizione 
di terzo ex art. 404 capov. C. p. c.). Evitare tale 
effetto dannoso non costituisce per� l'interesse, 
bens� il motivo dell'intervento; l'interesse all';intervento, 
corrispondente all'interesse ad agire di 
cui all'art. 100 C. p. c., � invece l'interesse alla 
vittoria di una delle parti e nasce dalla stessa 
esistenza della lite. 
Infine della terza figura d'intervento volontari&, 
quello cio� litisconsortile, l'A., seguenffo le 
opinioni dei Segni e dell' Andrioli, rileva la pi� 
ampia portata che esso ha nel vigente codice, 
nel quale non � pi� necessariamente limitato a far 
valere lo stesso diritto del giudizio principale, ma 
serve anche a far valere un diritto connesso per 


-185 


l'oggetto o per il titolo, producendo una estensione 
della domanda originaria (es. intervento del 
coobbligato o del concreditore solidale). E poich� 
tende ad istituire un litisconsorzio semplice successivamente 
alla costituzione del rapporto processuale, 
l'A. aderisce all'opinione di chi considera 
questa forma di intervento come un istituto 
diverso sia dall'intervento principale sia dall'intervento 
adesivo dipendente. 

In base alle premesse precedentemente poste, il 
Costa fa una dettagliata interessante casistica 
dell'intervento volontario, determinando j singoli 
casi che rientrano nei diversi tipi di intervento, 
dei quali qui non � consentito fare alcun cenno. 

Nel secondo capitolo � trattato l'intervento coatto 
ad istanza di parte, destinato, anche secondo 
l'A., come gi� per la dottrina tradizionale, ad 
estendere il giudicato al terzo, il quale � tenuto a 
riconoscerlo non come ,giudicato tra altre parti, 
ma come parte esso stesso. A conferma di tale opinione, 
sostenuta contro quella del Chiovenda e 
del Calamandrei, per i quali il terzo inatt.ivo non 
� parte, l'A. esamina tutte le ipotesi possibili, 
concludendo che in ogni caso chi chiama il terzo 
propone contemporaneamente una domanda (di 
condanna o di accert.amento) contro di lui, ed ha 
un interesse ad ottenere un giudicato favorevole 
nei suoi confronti, identico a quello di chi propone 
una domanda giudiziale; il che basta a far 
assumere al terzo qualit� di parte. 

Considerando la domanda d'intervento coatto 
come intesa ad ottenere non gi� una pronuncia 
sull'intervento (non necessaria, in mancanza di 
opposizioni), ma una sentenza di merito favorevole, 
il C. mette in rilievo la necessit�, per il suo 
accoglimento, tanto delle normali condizioni dell'azione 
quanto dei presupposti processuali generali, 
mentre nega che debba anche ricorrere, quale 
ulteriore presupposto, uno specifico interesse alla 
chiamata del terzo, distinto dall'interesse ad ottenere 
una sentenza di accoglimento. 

Presupposto speciale � invece la comunanza di 
causa, da intendersi non come identit� essoluta di 
causa, per cui il terzo deve essere necessariamente 
partecipe al giudizio come litisconsorte necessario, 
ma come connessione di lite, per l'oggetto o per 
il titolo, per cui pu� apparire utile, per economia 
di giudizi, e per evitare giudicati contraddittori, 
rendere il terzo partecipe al giudizio, come litisconsorte 
semplice. In base a questo concetto 
di comunanza di causa, l'ammissibilit� dell'intervento 
coatto ad istanza di parte viene limitata 
a quei terzi che, rispetto alle parti, o hanno una 
legittimazione eguale, in modo che avr~bbero potuto 
esserne litisconsorti fin da principio, o hanno 
una legittimazione maggiore, ad emcludendwm (es. 
terzo pretendente la propriet� in un giudizio di 
rivendica), mentre essa viene esclusa nei confronti 
di quei terzi che hanno una legittimazione secondaria, 
per essere titolari di un rapporto dipendente 
da quello che � in lite, ma che rimane fuori 
della lite (es. committente nelle liti del commissionario 
contro il terzo). Questi ultimi possono 
proporre intervento volontario in via adesiva, ma 
non possono essere chiamati coattivamente. 

Alla descrizione delle varie forme d'intervento 
segue un lungo capitolo, il terzo, sul rapporto 

processuale con intervento, nel quale sono, parti


colarmente, considerat.i i presupposti speciali del


l'intervento (qualit� di terzo e pendenza della 

lite), le regole generali relative alla possibilit� di 

ritardare la decisione della causa prin.cipale e al


l'accettazione della causa in statu et terminis, 

i presupposti generali della competenza e della 

capacit� del giudice in relazione alla domanda di 

intervento, le condizioni di ammissibilit� dell'in


tervento non concernenti i soggetti (es. compro


messo, cosa giudicata, ecc.), la posizione dell'in


terveniente rispetto alle altre parti, j suoi poteri, 

e vari altri argomenti inerenti allo svolgimento 

del processo di veramente notevole interesse per la 

quotidiana pratica giudiziaria. 

In titoli a parte sono poi trattati l'intervento 

coatto ordinato dal giudice, la chiamata in garan


zia e l'intervento in grado d'appello e nei proce


dimenti di gravame. 

Dell'intervento coatto iussu iudicis � studiata 

la natura giuridica sia in relazione all'art.205 del 

vecchio codice, secondo il quale, come tutti sanno, 

per il Costa essa era solo un ordine dato dal giu


dice al terzo, che, inte1-venendo, non diveniva. parte 

ma solo un ausiliare del giudice, sia in relazione 

al nuovo art. 107. 

Riguardo a .quest'ultima disposizione di legge, 

mentre in precedenti suoi scritti (v. ad es.: � Riv. 

Dir, proc. civ. �, 1943, I, 19) il Costa aveva 

considerato l'intervento in essa preveduto come 

una integrazione di giudizio disposta dal giudice, 

molto simile a quella che lo stesso giudice dispone 

in caso di litisconsorzio necessario (art. 102) in 

questa nuova opera egli dichiara di abbandonare 

tale opinione. E ci� perch�, essendo, nel vigente 

codice, presupposto speciale dell'intervento coatto, 

anche se ordinato dal giudice, la comunanza di 

causa, l'ordine d'intervento di un terzo, disposto 

dal giudice, implicherebbe l'ordine ad una parte 

(eventualmente, senza interesse) di estendere la 

sua domanda o di proporre domande connesse con 

quella gi� in lite, in contrasto col nostro sistema 

clispo�sitivo. Per tal motivo l'A. aderisce all'opinio


ne di coloro (Redenti e Calamandrei) che costru


iscono l'intervento coatto iussu iudicis come de


nuncia di lite, con la conseguenza che l'interve


niente acquista la qualit� di parte, e quindi l'as


soggettabilit� al giudicato, soltanto se propone 

domande o se domande vengono proposte nei suoi 

confronti. Opinione che risulta in armonia al di


sposto dell'art. 270, per cui � consentito al giudice 

istruttore di ordinare questo intervento in ogni 

momento della causa. 

Nello studio sulla. chiamata in garanzia, sono 

sottoposte a critica tanto la teoria del Calamandrei, 
che vede contenute nell'azione di garanzia 
due distinte azioni, una diretta ad ottenere la. difesa 
in giudizio da parte del garante ed� un'altra, 
eventuale, di regresso o di riva.Isa, quanto quella 
del Carnelutti, per il quale scopo dell'istituto � 
una denuncia di lite, intesa a provocare"Vintervento 
del �terzo, adesivo, o coatto se il chiamato contesta 
il rapporto di garanzia.. E' seguita invece 
l'opinione del Chiovenda, per cui scopo della chiamata 
in garanzia � solo l'azione di regresso, in 
'linea eventuale, considerandosi l'attivit� difensiva 
non come un obbligo ma piuttosto come un 


~KlldJBil , ~KlldJBil , 
-186


onere del garante, che risulta tenuto al l'isarrirnento 
in caso di soccombenza del garantito. Da 
tale opinione deriva che il chiamato � senz'altro 
parte in causa, indipendentemente dalla sua comparizione. 


Tra le altre questioni, � qui affrontata. la distinzione 
tra garanzia propria e garanzia impropria, 
che � poi la distinzione tra azione di garanzia e 
azione di responsabilit�, che tanta rilevanza ha, 
com'� noto, ai fini dell'applicazione della regola 
dell'attrazione del foro (art. 32 C.p.c.), esclusa 
per la garanzia impropria. Mentre, secondo la giurisprudenza, 
l'elemento caratteristico distintivo 
della garanzia propria sarebbe quello della connessione 
obbiettiva del titolo dell'obbligazione del 
terzo rispetto alla domanda principale proposta 
contro il garante, l'A. preferisce aderire ad una antica 
opinione del Carnelutti (� Riv. Dir. comm. ))' 
1D21, II, 305), per cui si ha garanz.ia. propria, 8e 
il garante sia direttamente obbligato per legge o 
per contratto a rifondere al garantito la perdita 
sub�ta (es. garanzia per evizione a carico del venditore), 
mentre ricorre la garanzia impropria ogni 
qualvolta l'obbligazione del garante di risarcire la 
perdita sia la conseguenza di una precedente obbligazione 
principale. 

IDei presupposti generali per l'ammissibilit� della 
chiamata in garanzia � dato un cenno particolare 
alla competenza, ricordandosi la competenza funzionale 
del foro dello Stato, non derogabile nella 
chiamata in garanzia. 

Del capitolo sull'intervento in sede di gravame 
maggior interesse presenta l'intervento in appello. 
Secondo questo Autore � possibile in appello qualunque 
tipo di intervento volontario, purch�, in 
armonia alla disposizione dell'art. 344 C. p. c., 
il terzo rientri nella categoria dei legittimati all'opposizione 
di terzo contro la sentenza di primo 
grado, ai sensi dell'art. 404, 1� e 2� comma 

C. p. c .. Per conseguenza egli nega, contro l'opinione 
dei Satta, che, a rigore di legge, possa 
proporre intervento adesivo in appello chi non � 
�(�gittimato a proporre opposizione di terzo. Dell'intervento 
coatto � ritenuto ammissibile solo 
l'intervento coatto iussu iudicis, che, avendo il 
earattere cli una denuncia di lite, lascia libero il 
terzo di intervenire o meno; in ogni caso il chiamante 
non pu� proporr�e contro cli lui alcuna domanda. 
Invece non � giudicato ammissibile l'intervento 
cotatto ad istanza di parte, perch� non 
� dato alla parte precludere al terzo, per effetto 
dell'intervento, l'esercizio del diritto cli fare opposizione, 
n� tanto meno valutare l'interesse del 
terzo a spiegare intervento in appello. 
Tra le varie forme d'intervento regolate da norme 
particolari e trattate nella seconda parte della 
opera, si ricorda qui l'intervento dei creditori 
nell'esecuzione singolare. La natura di tale intervento, 
che, secondo l'A., non � inquadrabile negli 
schemi dell'intervento nel processo di cognizione, 
nei confronti del creditore non munito di titolo 
esecutivo, � definita � una domanda che tende ad 
ottenere un provvedimento di cognizione, attraverso 
un procedimento di cognizione sommaria, 
segu�ta da una richiesta agli organi dell'esecuzione 
di pagare il credito >> (pag. 344). Tale domanda 
� per� condizionata al verificarsi della vendita, 

cos� rhe solo dopo di essa il creditore acquista qualit� 
cli parte, a differenza dei creditori muniti di 
titolo esecutivo, che sono parti anche prima della 
vendita e possono compiere atti d'impulso processuale. 


Ad una forma d'intervento principale, precisamente 
ad un intervento a.d ewcludendrum, � riportata 
l'opposizione del terzo che pretende avere la 
propriet� o altro diritto reale sul bene pignorato. 

Altra figura particolare d'intervento � quella 
del Pubblico Ministero, anch'esso non collocabile, 
per il Costa, negli schemi riguardanti l'intervento 
dei privati, e considerato come l'intervento di un 
organo dello Stato, con potere di parte, che ha il 
preciso fine di vigilare sull'osservanza. della legge, 
e che, atteso tale fine di giustizia, pu� eventualmente 
trovarsi in conflitto con lo Stato, quale amministratore. 


Dopo un accenno all'intervento nel fallimento e 
nelle liti del fallimento, l'opera termina con un 
breve capitolo, nel quale sono passati in rassegna 
i casi d'intervento nei processi speciali espressamente 
regolati dalle leggi che le riguardano, mentre 
per quei processi speciali, le cui regolamentazioni 
non fanno cenno dell'intervento in causa, il 
Costa esprime l'opinione che debbano ammettersi 
le forme d'intervento previste dal Codice di procedura 
civile, sempre che la controversia innestata 
dall'intervento appartenga alla giurisdizione del 
giudice speciale. 

In relazfone ai giudizi della PubbUca Amministrazione 
alcune osservazioni debbono qui essere 
fatte S'Ul libro del Costa. 

La prima � che, secondo questo scrittore, non 
sarebbe <11mmissibUe l'intervento della Pubblica 
Amministrazione nelle liti degU enti soggetti_ alla 
sna vigUanza zwr difetto d'interesse. E l'intercento 
stesso del M iwistro dell'Interno, nelle liti 
che �interessano la pubblica beneficen.za, preveduto 
nell'art. 25 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, modificato 
dall'art. 9 del r. d. 30 dicembre 1923, 
.,,,,, 2481, non sarebbe �1tn vero intervento, ma l'accedere 
di un organo tutorio in rappresentanza dell'ente, 
con sostituzione ex lege degU organi dell'ente 
stesso >> (pag. 104). Opinione ,.codesta che 
non p�u� e8sere condivisa, perch� l',interesse all'intervento 
della Pubblica Amrninistrazione non pu� 
essere valutato secondo U diritto comime, ma ha 
un contenuto esclusivamente pubblico,. che trova 
la sua ragion d'essere nello stesso potere amministrativo 
di controllo, t'.l quale pu� venire esercitato 
non solo mediante l'espl-icazione di una atti11it� 
amministrativa. ma altres� con le forme processuali 
di partecipazione ai giudizi che si svolgono 
nei confronti degli enti sottoposti a controllo. 
L'interesse che si tende a perseguire per mezzo 
dell'intervento � cio� quello stesso interesse pubblico 
che costituisce lo scopo della vigilanza amministrativa, 
e che precisamente consiste nel raggiungirnento 
dei fini pubblici del-Pente, che sono 
istituzionalmente fini dello Stato). interesse-che 
verrebbe ad essere pregiudicato da una eventuale 
ingiusta condanna dell'ente. Dal che deriva che 
l'intervento della Pubblica Amministrazione, nell'esercfaio 
delle sue funzioni di controllo, neppure 
ptt� essere configurato come un intervento 



-187


adesivo, rna deve assere piuttosto consid61�ato come 
ttno speciale intervento autonomo, perch� esso 
non � 1'ivolto a sostenere le ragioni dell'ente in 
causa, bens� le proprie, essendo suo diretto inte1
�esse che l'ente consegua i fini pubblici a cui esso 

<? destinato. 

'Pale prindpio, altre volte riconos,citlto dalla Suprenui 
Corte di Cassazione, � stato ribadito nella 
sentenza a Sezioni Unite 25 rnarzo 1943, n. 669 
(�Foro It. �, 1943, I, 569), nella quale trovasi 
altres� dichiarato che l'interesse che nasce dal 
potere amministrativo di controllo vale a conferire 
alla Pubblica Amrninistrazione la � qualit� 
di parte potestativamente necessaria �, nel senso 
che spetta alla sua potest� il determinare se partecipare 
ai giudizi che riguardano gli enti tutelati, 
per esplicarvi innanzi l'autorit� giurisdizionale le 

sue funzioni di tutela. 

Applicazione di tale principio � l'intervento del 
Ministro dell'Interno ew art. 9 del r. d. 30 dicembre 
1923, n. 2481, che concede a quest'organo di 
controllo in materia di pubblica beneficenza una 
maggiore arnpiezza di poteri, col consentirne l'intervento 
in qualsiasi stato e grado d�l processo, 
e quindi anche in appello o in cassazione, al pari 
dell'intervento delle associazioni sindacali di cui 
all'art. 443 C.p.o.; nonc1h� l'intervento d'el Ministro 
della Pubblica Istruzione, in rnateria di istituzioni 
destinate a favorire gli studi superiori, in 
base all'art. 191 del '1.'. U. approvato con r. d. 
31 agosto 1933, n. 1592 (v. Cass. 2 aprile 1937, 
� G'iur. lt. �, I, 1, 851). Interventi riconosciuti 
sulla base della protezione dell'interesse pubblico 
perseguito dagli stessi organi di controllo, e non 
gi� come legittimazione processuale in sostit'ltzione 
degli organi d'i rappresentanza degli enti soggetti 
al controllo. Il potere di V'igilarbza e la rappresentanza 
determinano due distinte categorie di 
legittimati, ohe possono benissirno essere entrambi 
partecipi al giudizio, in qualit� di litisconsorti, 
ver wna rnigliore difesa dello stes,so viibblico intu
�esse perseguito da entrambi. 

La peculiarit� dell'interesse che anima tutta 

l'attivit� della Pubblica Amministrazione fa s� che 

l''intervento di quest'ultima, anche fuori dell'eser


cizio delle funzioni di vigilanza sugli enti pubblici 

minori, dovrebbe ritenersi sciolto, quanto rneno, 

da taluni V'�ncoli procesuali, propri dell'intervento 

dei privati, ed in particolare dal rapporto di con


nessione con l'oggetto della causa, ed essere quin


d'i ritenuto animissibile sol che la risoluzione del 

caso concreto o il precedente che verrebbe a crear


si possa in qualche rnodo ledere il vubblico interesse. 
A tale esigenza risponde ad es. il 2� cornrna dell'art. 
173 del T. U. approvato con r. d. 11 dicem


bre 1933, n. 1775, disponendo che � all' Amministrazione 
dello Stato � sempr�' riconosc��tb l'interesse 
ad 'intervenire nelle cause, anche fra i pri


vati, che cornunque si riferiscano ad acque pubbliche 
�. 
La seconda osservazione riguarda gli effetti che 

la teoria dell'intervento coatto iussu indicis come 
denuncia di lite produ,ce su,lle norme speciali che 
regolano il foro dello Stato. Se, nonostante l'ordine 
del giudice, la partecipazione al giudizio rimane 
tuttavia rirnessa alla valutazione del terzo, 
ne deriva che l'intervento della Pubblica Arnministrazione, 
esse1ido fondato sulla spontanea adesione, 
non produce alcun spostarnento di competenza 
al foro dello Stato, allo stesso modo dell'intervento 
volontario. 

Ci�, come si sa, non � una novit�, essendo gi� 
stato sostenitto dal D'Onofrio che ogni forma d'intervento 
coatto, ad istanza di parte o per ordine 
del giudice (salvo il caso di litisconsorzio necessario), 
si fonda sulla libera determinazione della 
parte chiamata, con la conseguenza che anche questo 
intervento si riduce in sostanza ad un intervento 
volontario. Opinione che talvolta ha trovato 
oonsmidente la Sttprema Corte di Cassazione (v. in 
qite8ta Rassegna, retro, pag. 94). Secondo la dottrina 
del Costa, invece, le norrne sul foro dello 
Stato tr,overebbero almeno applicazione nell'intervento 
coatto sit istanza di parte, avendo la domanda 
d'intervento l'effetto di rendere il terzo 
sen.z'altro partecipe al giudizio. 

Infine non sernbra che possa essere prestata adesione 
all'opi1iione espressa dal Costa in terna di 
chiarnata in garanzia dello Stato, per cui se a 
codesta chiamata dello Stato venga fatta opposizione, 
la cornpetenza a conoscere dell'incidente sarebbe 
del giudice della causa principale, se l'opposizione 
� fondata su rnotivi di rito, mentre sarebbe 
del giudice del foro dello Stato, se l'opposizione 
� fondata su rnotivi di merito (es. perch� si 
nega l'esistenza di un rapporto di garanzia), e 
sempre ohe vi sia l'istanza dello Stato (pag. 301). 
La lettera del 2� cornma dell'art. 6 del T. U. approvato 
con r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, no'nch� 
lo spirito della norrna, inteso alla migliore difesa 
dello Stato, 'inducono invece a ritenere ohe, proposta 
l'azione in garanzia, la cognizione di qualsiasi 
contestazione, sia processuale S'ia di merito, 
debba essere devoluta, sulla semplice richiesta dell' 
Amrnin-istrazione, al giitdice del foro dello Stato. 

(A. N.). 

RACCO.LTA DI GIURISPRUDENZA 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Gestione Raggruppamento 
Autocarri -Natura -Controversie di 
impiego -Competenza. (Corte di Cass., Sez. Un., 
Sent. n. 964/53 -Pres.: Galizia; Est.: Di Macco; P. M.: 
Macaluso -Gestione Raggruppamento Autocarri -
Min�stero Trasporti c. Remorino). 

La Gestione Raggruppamento Autocarri (G. 
R.A.), istituita con decreto-legge 13 aprile 1948, 

n. 321, � un ente pubblico economico e non gi� un 
organo dell'Amministrazione statale. 
A conoscere delle controversie insorte in materia 
di lavoro o di impiego fra il predetto ente e i suoi 
dipendent;, assunti direttamente a norma dell'art. 
12 cit. decreto, � pertanto competente l'auto~ 
rit� giudiziaria ordinaria e non il Consiglio di 
Stato. 

La sentenza delle Sezioni Unite risolve esattamente 
il problema di giurisdizione ad essa sottopo.~to riconoscendo 
la competenza del giudice ordinario per i rapporti 
di impiego con la Gestione Raggruppamento 
Aittocarri (G.R.A.) e cassando, di conseguenza, la 
impugnata sentenza del Consiglio di Stato. 

Tuttavia nella posizione del problema e nella 
motivazione lascia adito a gravi dubbi sulla natura 
non dell'attivit� della G.R.A. (che � pacificamente 
a.ttivit� economica in concorrenza), ma della azienda 
stessa e sulla sua appartenenza alla Amministra~
ione dello Stato. Si nota, infatti, nella motivazione 
una impostazione del problema con una bipartizione 
dilemmatica che merita ogni riserva, e che � conseguenza 
della affermata natura di ente p�ubblico 
economico nella G.R.A. anzich� di azienda gestita 
dallo Stato. 

La sentenza inizia., infatti, col profilare due sole 
solttzioni: cc o ritenere la G.R.A. un organo dello 
Stato con la conseguenza che competente a giudicare 
sarebbe il Consiglio di Stato, o ritenere la G.R.A. 
un ente pubblico economico )). In ci�, a nostro parere, 
� il vizio d'origine, poich� la G.R.A. pu� ben essere 
ritenuta un'azienda dello Stato senza che ci� importi 
la competenza del Consiglio di Stato e ci� sotto due 
profili: sotto il profilo dell'art. 2093 Codice civile 
per cui gli enti pubblici non inquadrabili sindacalmente 
sono soggetti alle norme collettive cc limitatamente 
alle imprese da essi esercitate �, per le quali 
cos�, pur non essendovi la possibilit� giuridica di 
inquadramento valgono le stesse norme sostanziali e 
processuali che per gli enti pubblici inquadrati sindacalmente; 
e sotto il profilo assorbente dell'espresso 

dettato dalla legge (art. 12 della legge n. 321 del 
1948 nella G.R.A.) la quale proprio in riferimento 
all'attivit� dell'impresa ha espressamente dichiarato 
che il suo personale non deve considerarsi dipendente 
statale a tutti gli effetti. Non vi era, quindi, la contrapposizione 
dilemmatica posta ab initio dalle Sezioni 
Unite, ma potevano trovare applicazione gli stessi 
precedenti insegnamenti del S.C. per cui ad es.: 
cc ha carattere essenzialmente privatistico il rapporto 
di impiego costituito da una impresa industriale 
alle dipendenze di un Comune > (sentenza delle 'Sezioni 
Unite n. 53 del 12 gennaio 1952: Allorio c. Comune 
di Roma) o per cui occorre vedere se le Terme di 
Salsomaggiore, azienda patrimoniale dello Stato, 
esplichino una attivit� economica o siano un� pubblico 
servizio con funzioni non speculative ma eminentemente 
sociali� (sentenza delle Sezioni Unite 

n. 1886 dell'll luglio 1951: Terme di Salsomaggiore 
c. Bavagnoli); o infine per cui l'elemento sostanziale 
rilevante � dato dalla organizzazione od impresa, si 
tratti di impresa privata o di impresa gestita da ente 
pubblico (sentenza 1038 del 17 aprile 1952: Azzolini 
c. Ente Autonomo Volturno). Ci� che del resto sarebbe 
stato pienamente conforme alla elaborazione della 
dottrina (vedi per tutti TREVES: Le imprese pubbliche, 
Torino, 1950, p. 22) che ritiene applicabile l'art. 2093 
Codice civile allo Stato per le imprese da esso esercitate. 
Da tale impostazione del problema derivava per 
la sentenza la necessit� di inquadrare la G.R.A. 
nella categoria degli enti pubblici economici e quindi 
le incertezze e le espressioni non univoche che si 
leggono nel seguito della decisione. 

Rileva, prima di tutto, la sentenza che nell'art. 1 
della legge n. 321 del 1948_ � detto che �la gestione 
di fatto G.R.A. opera quale azienda autonoma 
dipendente dal Ministero dei Trasporti ed � sottoposta 
alla vigilanza e controllo del Ministero del Tesoro�, 
e ne deduce che � se � la stessa legge istitutiva della 

G.R.A. a qualificarla come azienda autonoma � 
questo un primo e sicuro elemento per non attribuirle 
la natura giuridica di organo dello Stato e cio� di 
ufficio pubblico statale �. Ora se non andiamo 
errati l'espressione azienda autonoma ha un significato 
preciso tecnico-giuridico che sta ad indicare, 
non le aziende distinte dallo Stato, ma quelle aziende 
dello Stato che hanno un ordinamento autonomo 
(vedi per tutti Z.ANOBINI: Diritto Amministrativo, 
vol. III, 1940, ps. 220 e segg.; VITTA: Diritto 
Amministrativo, 19481 p. 127). � 

-189 


Onde il fatto che si parli di azienda autonoma non 
solo non � elemento di creazione di ente pubblico, ma 
elemento contrario: tale espressione indica semplicemente 
che si � in presenza di un'azienda dello Stato 
con suo ordinamento particolare ed in tal senso, 
infatti, si � esattamente espressa la II Sezione della 
Cassazione con le sentenze n. 377 del 1953; G.R.A. 

c. Salvatori e n. 1196 del 1953 G.R.A. c. Lauri) 
A nostro avviso, nonostante qualche espressione 
adoperata, il pensiero delle Sezioni Unite non � nel 
senso che la G.R.A. sia un ente pubblico con personalit� 
giuridica distinta dallo Stato, ma semplicemente 
che essa non ha la natura di organo dello Stato, inteso 
nel senso stretto e cio� come �ufficio pubblico statale �. 

La Corte Suprema, infatti, non ricerca nella sentenza 
elementi che attestino la personalit� giuridica 
(che non c'�), il patrimonio (che � dello Stato) gli 
scopi (che sono dello Stato) o l'organizzazione, ma 
solo elementi che attestano che i compiti dell'azienda 

non sono compiti immanenti ed essenziali dello 
Stato: �Pertanto basta che si consideri la estraneit� 
di tali attribuzioni a quelli che sono i compiti immanenti 
ed essenziali dello Stato � perch� si possa 
negare la qualifica di organo dello Stato (nel significato 
naturalmente delineato sopra strictu sensu di ufflcio 
pubblico statale); essa, sia pure di sfuggita, rileva 
che l'autonomia vasta di cui � dotata l'azienda non 
sarebbe possibile � ove in realt� si trattasse di un 
organo vero e proprio dell'Amministrazione dello 
Stato�; essa, infine, in seguito, nell'esame della 
motivazione del Consiglio di Stato, non nega che la 

G.R.A. appartenga allo Stato, ma nega che ci� sia 
rilevante ai fini dell'interpretazione dell'art. 12. 
Per cui � da ritenere che in sostanza la sentenza 
ponga in luce i caratteri di attivit� economica di 
impresa esercitata dallo Stato, equiparabile a sensi 
dell'art. 2093 Codice civile all'ente pubblico economico, 
anzich� quelli di ente pubblico con propria 
personalit� e patrimonio distinto dallo Stato e in 
sostanza possa dirsi in armonia con l'indirizzo 
della II Sezione specializzata in tema di rapporto di 
lavoro. � 

*** 

In effetti non solo nessun argomento si legge nella 
sentenza da cui possa derivare che la G.R.A. � ente 
distinto dallo Stato, ma vi sono nella legge n. 321 
del 1948 argomenti decisivi ed espressi in senso 
contrario, e conformi all'indirizzo della II Sezione. 

Gi� abbiamo veduto che l'art. 1 definisce la G.R.A.: 
�la gestione di fatto G.R.A. opera quale azienda 
autonoma dipendente dal Ministero dei Trasporti 
ed � sottoposta alla vigilanza e controllo del Ministero 
del Tesoro �. 

Da tale articolo emerge che la G.R.A. � una gestione 
di fatto, ora la gestione di fatto presuppone un ente, 
una persona che la gestisca e questa persona non 
pu� essere la gestione stessa ed � lo Stato; ma se anche 
volesse dirsi che la G.R.A. � stata una gestione di 
fatto, ma colla legge � promossa al rango di azienda 
autonoma, non potrebbe mai negarsi lo stretto collegamento 
tra la G.R.A. gestione di fatto del Ministero 
dei Trasporti e la G.R.A. azienda autonoma (opera, 
dice la legge, quale azienda autonoma: quindi � 
assimilata alle aziende autonome pur non essendo in 
pieno tale) dipendente dal Ministero dei Trasporti. 

s 

Anzich� riconoscere alla G.R.A. una qualche 
personalit� giuridica, liart. 1 scolpisce e ribadisce 
che la G.R.A. dipende dal Ministero dei Trasporti, 
� cio� azienda dello Stato alle dipendenze del Ministero. 


N � si pu� equivocare sul termine dipendente 
considerando la dipendenza come una espressione 
impropria di vigilanza e di controllo, perch� lo 
stesso articolo precisa, tenendo la assoluta distinzione 
tra i due concetti, che la G.R.A. � sottoposta 
al controllo ed alla vigilanza di altri Ministeri, ma 
dipende da quello dei Trasporti. 

C'� da aggiungere che il fatto che a presiederla sia 
il Ministro dei Trasporti ribadisce il carattere di 
azienda autonoma (poich� ripete la struttura di altre 
aziende autonome), mentre una tale presidenza non 
sarebbe ammissibile se si trattasse di un ente pubblico 
distinto dallo Stato e da esso controllato, poich� il 
Ministro non potrebbe essere nello stesso tempo capo 
dell'ente controllore e controllato: ci� conferma che, 
la dipendeuza � dipendenza effettiva, � appartenenza, 
e non mera funzione esterna di controllo. N � tale 
espressione pu� sottovalutarsi perch� essa � non solo 
nell'art. 1, ma anche nel titolo della legge: <<Regolarizzazione 
giuridica della G.R.A. dipendente dal 
Ministero dei Trasporti �. 

A tali elementi esegetici decisivi portati dalla legge 
che vuole regolarizzare la posizione della gestione di 
fatto G.R.A., �indicata nell'ordinamento del Ministero 
dei Trasporti come un servizio interno di esso, 
si debbono unire altri rilievi. 

La G.R.A. non ha patrimonio: essa gestisce a 
sensi dell'art. 2 della legge gli autocarri ceduti allo 
Stato dagli Alleati, n� ha scopi propri distinti da 
quelli dello Stato, i suoi utili passano allo Stato; 
il suo Comitato di gestione � costituito da rappresentanti 
di altre Amministrazioni dello Stato; il suo 
bilancio � approvato dal Ministero dei Trasporti e 
del Tesoro. 

Ognuno di tali elementi � di per s� un grave ostacolo 
alla identificazione di un'entit� distinta dallo Stato 
e sopratutto di un ente dotato di personalit� giuridica 
propria (� ovvio che colla personalit� non deve confondersi 
la competenza organica e la conseguente 
rappresentanza giudiziale). 

Ma nella legge c'� ancora di pi�. C'� l'art. 12. 
L'art. 12 precisa che il personale della G.R.A. � di 
due categorie: quello comandato dal Ministero dei 
Trasporti e dalle altre Amministrazioni dello Stato 
che conserva il suo stato giuridico a tutti gli effetti, 
e quello assunto direttamente dalla G.R.A. Gi� nella 
possibilit� di comandi, non autorizzati, come per 
gli Enti pubblici, da norme espresse di legge e in 
numero definito, nonch� nella espressione altre 
Amministrazioni dello Stato, c'� 1Una ulteriore conferma 
della natura della G.R.A., ma la conferma 
pi� chiara � nella espressione successiva dello art. 12. 
Precisa l'art. 12 che il personale assunto direttamente 
dalla G.R.A. non � da considerarsi dipendente 
statale. Esso non dice che non � dipendente statale, 
ma che non deve considerarsi (per fictio� jilris) ai 
fini giuridici come tale. � implicito in ci� il chiai� 
concetto che senza tale espressione il personale di 
cui si tratta sarebbe dipendente statale e d'altra parte, 
dopo tante accuse di imprecisone, non si dovr� anche 
accusare il legislatore della bizz�rra idea di stabilire 


_]___;_ 

-190


che il personale di un ente pubblico� distinto dallo 
Stato non � da considerarsi personale statale! Ancora: 
l'articolo in esame disciplina tale personale con le 
norme sull'impiego privato. Se quindi si fosse trattato 
di un ente pubblico il legislatore, per meglio 
inciaere il carattere privatistico del rapporto, avrebbe 
detto che esso non � da considerarsi rapporto pubblico 
impiego, ma esso invece non ha usato affatto il termine 
� pubblico impiego )) quello evidentemente pi� ristretto 
e preciso di �dipendente statale n. Segno che ci� che 
era da escludersi non era l'esistenza di un qualsiasi 
pubblico impiego, ma della precisa qualifica che derivava 
dall'essere assunto dallo Stato, e cio� della 
qualifica di dipendente statale. 

*** 

Un altro ordine di considerazioni giuridiche ed 
esegetiche conferma quale sia la reale natura della 

G.R.A. 
La legge sopra esaminata, che ha per titolo �Regolarizzazione 
giuridica della Gestione Raggruppamento 
Autocarri (G.R.A.) dipendente dal Ministero 
dei Trasporti ))' all'art. 17; precisa ,che � nulla � 
innovato circa le norme del D.L~� 2 � giugno 1946 

n. 502. Occorre cos�, per espress� 1'.ichiamo � della 
legge tener conto di tale decreto. Il decreto del 1946 
reca come titolo: �Provvedimenti per la vendita� a 
privati dei centri autocarri attualmente gestiti dallo 
Stato>>. 
In tale legge premesso che i centri autocarri furono 
presi in consegna dal Ministero dei Trasporti e da 
quello del Tesoro dagli Alleati, si stabiliscono le 
condizioni per la vendita degli autocentri anche in 
deroga alle norme della legge sulla contabilit� dello 
Stato (art. 1). Si precisa che i centri debbono essere 
ceduti nella loro interezza, come aziende, a privati 
che dovranno gestirle sotto la vigilanza del Ministero 
(art. 2) e all'art. 5 che utili e perdite dei bilanci 
degli autocentri passano allo Stato. 

Ora se la legge del 1948 richiama quella del 1946 
e dice che nulla � innovato ad essa, occorre evidentemente 
che almeno la parte centrale della legge sia 
ancora in vigore e cio� che gli autocentri gestiti dallo 
Stato restino in gestione dello Stato e possano essere 
ceduti a concessionari privati ove sia ritenuto opportuno 
colle norme della legge del 1946. 

E poich� la gestione dello Stato e �la propriet� 
degli automezzi sono l'unica ragione per cui lo 
Stato possa assumere anche� l� perdit� della gestione 
a sensi dell'art. 5, � evidente che se potesse pensarsi 
alla istituzione di un ente pubblico con personalit� 
propria, la legge del 1946 non avrebbe pi� ragione 
di essere. Altro che �null� � innovato n! La gestione 
non sarebbe pi� dello Stato, lo Stato non potrebbe pi� 
vendere i centri automezzi, lo Stato non dovrebbe 
pi� rispondere delle perdite: della legge del 1946 non 
sarebbe pi� salvo nessun articolo e nessuna disposizione. 


0'� da aggiungere che poich� la gestione ha un 
enorme passivo potrebbe essere interesse economico 
dello Stato ac�ettare la tesi dell'ente pubblico e limitare 
ogni responsabilit�. 

Il titolo infine del decreto del 1948 �Regolarizzazione 
giuridica n d� a vedere c'he non si � inteso 
creare un ente distinto dallo Stato, ma regolarizzare 

giuridicamente una gestiane di fatto posta in essere, 

come ricorda lo stesso decreto del 1946, dallo Stato, 

pur senza una disciplina giuridica precisa. E la 

regolarizzazione si � avuta appunto dando alla G~R.A. 

la struttura di azienda autonoma dello Stato, come 

attesta l'art. 1 del decreto. 

Sempre per�, e qui � la chiave del sistema, come 

azienda, comunque organizzata, non con personalit� 

giuridica propria, ma dipendente dal Ministero 

dei Trasporti. E il termine dipendente non pu� 

evidentemente attagliarsi a un ente p1~bblico, n� 

trasformarsi in quello, ben diverso, di vigilanza e 

controllo. Man mano che la G.R.A. ha assunto una 

certa maggiore autonomia e sopratutto una regola


rizzazione giuridica dal concetto della legge del 

1946 e cio� dalla gestione da parte del Ministero, con 

suo servizio interno, si � giunti al concetto sostanzial


mente equivalente, ma che riconosce una qualche 

sf~ra di autonomia, suscettibile appunto di dare 

applicazione all'art. 2093 Codice civile, di dipen


denza. 
.� La G.R.A. non � cos� pi� il Ministero che con 

suoi uff�:ci gestisce una attivit� economica, ma � 
.. una cc azienda dipendente dal Ministero, cio~ appartenente 
ad esso e gerarchicamente ad esso sottoposta, 
senza personalit� giuridica, senza patrimonio proprio, 
senza scopi distinti da quelli dello Stato, con un 
ordinamento proprio sullo stampo privatistico per 
quanto attiene ai contratti di lavoro del personale 


direttamente assunto n. 

In tal senso, del resto, la dottrina non ha mai 
negata la appartenenza della G.R.A. allo Stato come 
azienda autonoma, pur con un ordinamento interno 
e una struttura particolari e resi necessari dalla attivit� 
economica esplicata (TREVES: Op. cit., 81 e segg. 
che pone in luce come la G.R.A. rappresenti una 
delle aziende dello ~tato organizzate ad impresa e 
quindi con maggiore autonomia). 

� tuttavia evidente che l'attivit� economica svolta 
dalla G.R.A. non � quella abituale degli organi 
dello Stato in senso stretto, ma un attivit� nuova 
imposta dalla pi� ampia concezione moderna dello 
Stato e dalla sua presenza (per ragioni varie tra cui 
quelle di funzione calmieratrice) nel campo della 
economia nazfonale. 

In tal senso, del resto, risultano orientate le principali 
magistrature di merito che ric�noscono la G.R.A. 
come facente parte dell'amministrazione dello Stato� in 
senso lato. 

Anche le sentenze della II Sezione della Cassazione 
sopra citate appaiono in tal senso: nella prima 
� espressamente riconosciuta alla G.R.A. la qualit� 
di� azienda autonoma statale non soggetta, appunto 
per il suo particolare ordinamento autonomo�, delle 
norme in discussione della legge di contabilit� (sentenza 
n. 377 del 1953 cit.); nella seconda non -si 
attribuisce alla G.R.A. la personalit� giuridica, 
ma la si profila come gestione di fatto, organizzata � 
privatisticamente e quindi con particolare ed ampia 
autonomia che importa la non applic~zione della legge 
sulla contabilit� dello Stato. EtJi � ovvio aggiunger_e 
che se la II Sezione �vesse condiviso il p�nto di vista 
delle Sezioni Unite non avrebbe motivato sulla autonomia 
dell'ordinamento per escludere l'applicazione 
della legge sulla contabilit�, ma avrebbe posto in luce 
che si tratta1)a di persona giuridica pubblica diversa 


~r-----: 


-191 ,........ 


dallo Stato e �quindi del tutto estranea� alla legge 
stessa, che regola, in via diretta, le Amministrazioni 
dello Stato. 

Tutto ci� ci eonf orta nel ritenere che la sentenza 
annotata non voglia segnare un indirizzo che contraddirebbe 
alla legge e alle sue precise disposizioni, ma 
sola debba considerarsi come la esclusione della G.R.A. 
degli organi in senso stretto deUo Stato cio� dai pubblici 
uffici statati colla inclusione di essa tra le 
imprese economiche dello Stato ad ordinamento logicamente 
autonomo. 

. In rapporto a tale concetto la G.R.A. andrebbe 
esclusa dalla Amministrazione dello Stato in senso 
stretto, pereh� non � espressione � di compiti immanenti 
ed essenziali dello Stato �, ma rientrerebbe 
nelle Amministrazioni dello Stato in senso lato, 
cio� in quelle �Amministrazioni dello Stato, anche 
se organizzate ad ordinamento autonomo � di cui 
parla il T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, sulla rappresentanza 
e difesa in giudizio dello Stato. 

Si pu� anche rilevare che l'espressione � dipendente
� � adoperata dalla legge (D.L.L. 1� marzo 
1945, n. 82) per il Oonsiglio Nazionale delle Ricerche 
che, pur. avendo la �� personalit� giuridica 
per espressa disposizione di legge � organo dello 
Stato per del pari espressa disposizione di legge, 
appunto pereh� dipendente dalla Presidenza del Oonsiglio 
dei Ministri (art. 1 D.L. eit.). 

V.S. 
APPALTI E FORNITURE � Eccessiva onerosit� � 
Risoluzione � Non applicabilit� ai contratti di fornitura 
con la Pubblica Amministrazione. (Corte di 
Cass., Sez. Un., Sent. n. 2146/53 -Pres.: Galizia; Est.: 
Vistoso; P. M.: Eula (conf.) -Schiavi c. Amministrazione 
della Difesa Esercito). 

Poich� il R.D.L. 13 giugno 1940, n. 901, prevede 
per i contratti di pubbliche forniture la revisione 
dei prezzi, non pu� farsi ricorso, per tali contratti, 
alla risoluzione per eccessiva onerosit� accordata 
dall'art. 1467 Codice civile e ci� anche quando, 
trattandosi di contratti stipulati posteriormente 
alla data di entrata in vigore del predetto decreto, 
la facolt� d� operare la 'revisione dei prezzi sia 
preclusa dalla mancata inserzione nel contratto 
della relativa clausola. 

La decisione nelle controversie relative alla revisione 
dei prezzi spetta al Ministro competente, 
quale organo di giurisdizione speciale. 

Nel chiudere la nota alla sentenza della Suprema 
Corte, Sez. I, n; 2116/52 (ve�i cc Rassegna� 1953, 
96 e segg.) fu espressa l'opinione che tale decisione 
non potesse aver detto una parola decisiva nella 
questione.� Ed infatti la sentenza sopra massimata 
ha deciso la f�ttispeeie in senso opposto, ritornando 
cos� alla pos~zione tradizionale; la qual cosa viene 
segnalata con viva so�disfazione. 

In sintesi la deeisi�ne massimata opina che per 
quanto in principio �ella invariabilit� dei prezzi nei 
pubblici appalti e forniture non sia pi� in vigore in 
senso assoluto, essendo stato sostituito da quello ormai 
legislativamente consoli�ato della possibilit� di revisione 
dei prezzi, tuttavia solo se ed in quanto questo 
ultimo sia applicabile, e sia applicato dall'organo 

competente pu� eonseguini, e solo per tale via, la 
reductio ad aequitatem di un contratto �i pitbblieo 
appalto o fornitura, mentre se per qualunque ragione 
la revisione non sia ammissibile, neppure � ammissibile 
la modifica dei patti contrattuali o la risoluzione 
del contratto per eccessiva onerosit� ai sensi dell' articolo 
1467 Codice civile. 

CASSAZIONE � Ricorso ex art. 111 della Costituzione 
� Giudici speciali. (Corte di Cass., ~ez. I, 
Sent. n. 825/53 -Pres. ed Est.: Chieppa -Galimberti 

c. Ministero Finanze). 
'� 

Il ricorso per cassazione avverso la sentenza dei 
giudici speciali � ammissibile anche nell'ipotesi 
dell'art. 360 n. 5 c. p. c. 

Si era in tema di profitti di regime e l'impugnativa 
ex art. 111 della Oostituzione, avverso una decisione 
della Commissione centrale delle Imposte dirette, 
era per insufficiente motivazione circa un punto 
decisivo della controversia (art. 360, n. 5). 

L'Avvocatura ritenne di eccepire preliminarmente 
l'inammissibilit� del ricorso, considerando che l'articolo 
111 della Costituzione contempla la sola cc violazione 
di legge � e che tale non possa considerarsi 
l'ipotesi dell'art. 360 n. 5 Pr. Civ. 

Il Supremo Collegio � stato di contrario avviso, 
brevemente motivando con osservare che << l'art. 111 
della costituzione sancisce l'impugnativa per <e Oassazione 
d'ogni pronunzia dei giudici ordinari e speciali 
per violazione di legge, cio� per qualsiasi violazione 
di legge, sostanziale e processuale, epper� anche 

� per la violazione dei precetti legislativi circa l'obbligo 
della motivazione �. 
La questione � d'importanza secondaria, tenuto 
conto che le giurisdizioni speciali devono considerarsi 
destinate a sparire dal nostro ordinamento. Non � 
tuttavia fuori luogo esprimere il dubbio che nell'intenzione 
dei Costituenti l'art. 111 non dovesse avere la 
cos� larga portata eh' � implicita nella soluzione 
adottata dal Supremo Collegio. 
Fu detto nell'Assemblea costituente (LEONE G.: 

� Resoc, A.O.; p. 2119 e 2567) che <e le norme d'interpretazione 
della legge s'impongono sia al giudice 
ordinario che al giudice speciale, tanto al giu�ice 
togato quanto al giudice laico ... Bisogna allora accogliere 
questa conseguenza: c'he i giudizi di legittimit� 
devono essere tutti affi�ati ad organi che non siano 
speciali e, per essere pi� specifico, ad un solo organo 
di giuris�izione ordinaria che � la Oorte �i Oassazione 
�. Non v'ha �ubbio, insomma, che quella che 
venne in considerazione ai fini dell'art. 111 fu la 
funzione, che alla Oorte di Oassazione compete, 
di suprema regolatrice �el diritto, ed alla quale funzione 
strettamente si riferiscono le parole <e violazione 
di legge�. 
Da tale concetto� sembra esulare l'ipotesi �ella 
cc omessa insuffieente o contraddittoria motivazione 
circa un punto decisivo della controversia�ii,� �ove, 
sia pure colla limitazione del cc punto decisivo�, �stato 
introdotto nel nuovo Oo�iee quel � difetto di 
motivazione ii che la prassi giurispru�enziale aveva 
ricavato �all'art. 517 �el Oo�iee preee�ente: cc motivo 
omnibus � come scriveva 0ALAMANDREI (Cassazione 
civile, cc Nuovo Dig. it. �, p. 1006), cc su cui si possono 


-192 


ca;rica-r6 l6 pi'� disparat6 mercanzi6, ch6 permette a 
ricorrenti di far rientrare larvatamente sotto il controllo 
della Cassazione tutte quelle censure che altrimenti 
ne sarebbero escluse�. 

� pertanto da domandarsi se possa ritenersi 
suff�cente, ai fini del pi� lato senso attribuito alle 
parole �violazione di legge >> nella sentenza di cui 
ci occupiamo, il rilevare, come la sentenza rileva, 
che quelle parole si riferiscono anche alla <<violazione 
dei precetti legislativi circa l'obbligo della motivazione 
>>. Giacch� tale obbligo nel sistema della legge � 
previsto solo dal punto di vista formale, in guisa da 
f ai�si luogo ad un error procedendi ove la motivazione 
faccia completamente difetto. Ma non di questo 
si tratta nel n. 5 dell'art. 360, in relazione al quale 
pare pertanto che quello che manca sia appunto il 
precetto legislativo di cui esso costituirebbe la violazione. 
Ed invero, se quel precetto vi fosse, esso sarebbe 
compreso nel n. 3 (violazione ... delle norme di diritto), 
ed il n. 5 diverrebbe superfiuo. Non � superfiuo, in 
quanto costituisce un'estensione della funzione del 
Supremo Collegio oltre i limiti istituzionali della 
pura legittimit�, estensione ispirata da esigenze di 
giustizia sostanziale e che doveva necessariamente 
essere espressa. 

Mancando nell'art. 111 della Costituzione questa 
espressa estensione, non era ingiustificato il dubbio 
che la locuzione << violazione di legge � fosse da intendersi 
nel suo senso strettamente rigoroso. 

G. 0.ALENDA 
CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -Contratti 
della Pubblica AmministraziOne � LicitaziOne 
privata per fornitura di vino all'Amministrazione 
della Marina � Mancanza di aggiudicazione al mi� 
glior offerente � Risarcimento danni � Difetto di 
giurisdizione del Magistrato ordinario. (Corte di 
Cass., Sez. Un., Sent. n. 1930/53 -Pi'es.: Anichini; 
Rel.: Sagna; P. M.: De Martini -Cafeo c. Ministero 
Difesa Esercito). 

Se in una licitazione privata invece di aggiudicare 
la fornitura al migliore offerente, sia stato 
preferito, . nonostante il disposto dell'art. 89 del 
Regolamento di Oontabilit� generale dello Stato, 
un concorrente che aveva fatto un'offerta meno 
vantaggiosa, la relativa domanda di risarcimento 
di danni esula dalla giurisdizione ordinaria: perch� 
anche in tal caso, essendo mancata l'aggiudicazione, 
e quindi a fortiori l'approvazione del relativo atto, 
il contraente non � titolare nei confronti dell'Amministrazione 
di un diritto soggettivo, ma l'incorsa 
violazione lede soltanto un suo interesse legittimo, 
come quello che attiene alla regolarit� della procedura 
di licitazione; interesse tutelabile davanti il 
Oonsiglio di Stato. 

Il caso era particolarmente delicato, data la natura 
delle irregolarit� che avevano accompagnato il procedimento 
di licitazione. Infatti era avvenuto questo: 
che si era chiuso il verbale senza far luogo all' aggiudicazione 
in confronto del concorrente che aveva 
fatto l'offerta pi� vantaggiosa, e senza dar giustificazione 
del non esserglisi aggiudicata la fornitura; 
successivamente, poi, si era eomunicato al detto 
concorrente che, essendo risultato che egli non fosse 

attualm6nt6 in possesso d6l vino cui si era riferita 

la gara, la fornitura era stata data a un altro dei 

partecipanti. 

Si ci trovava dunque di fronte ad un vero caso 
limite. Da una parte si versava in una S�ituazione 
nella quale, non essendovi stata aggiudicazione, non 
c'era neppure contratto, e quindi non ci poteva essere 
stata l'approvazione del me�esimo, richiesta a norma 
degli art. 19 della Legge e 113 del Regolamento di 
contabilit�. Si presentava perci� applicabile il noto 
insegnamento della dottrina e della giurisprudenza (l), 
il quale dal difetto di approvazione del contratto 
deriva l'inesistenza di diritti subiettivi a favore del 
contraente, il quale in tal caso pu� esser titolare solo 
di interessi legittimi concernenti la regolarit'� del 
procedimento destinato a dar vita al contratto. 

Tuttavia stava il fatto che la violazione concerneva 
qui non un qualsiasi momento anteriore alla perf ezione 
del contratto, non atteneva ad una fase che in 
modo vero e proprio potesse dirsi preparatoria, bens� 
consisteva addirittura nel non essersi proceduto a 
quell'aggiudicazione alla quale in forza dell'art. 89 
del Regolamento di contabilit� si sarebbe dovuto 
procedere in favore del migliore offerente. Insomma, 
poich� l'aggiudicazione tien luogo del contratto perfetto 
(a parte il requisito dell'efficacia conferito 
dall'approvazione), non era qui esclusa la possibilit� 
di argomentare che il contratto fosse mancato per 
colpa dell'Amministrazione e che perci� quella giurisprudenza 
non fosse .applicabile al caso, in quanto 
essa presuppone il diniego di approvazione, mentre 
la poss~bilit� stessa della approvazione mancava, 
una volta che per fatto dell'Amministrazione era 
mancato il contratto. 

Senoneh� la sentenza di cui ci occupiamo, perspicuamente 
superando le 'eccezioni della controparte, 
si � attenuta all'orientamento precedente. 

Riportiamo la parte essenziale della motivazione: 
�Per radicare la competenza del giudice ordinario 
in materia anche agli effetti del risarcimento dei 
danni occorre che il privato che agisce in giudizio 
vanti un diritto subiettivo perfetto che pu� sorgere 
soltanto dal perfezionamento del contratto a suo 
favore. Solamente quando un contratto sia efficace 
ed esecutorio le questioni che ne dipendono appartengono 
alla competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria, 
perch� il contraente privato si presenta in 
giudizio come titolare di un diritto perfetto azionabile 
e tutelabile innanzi al giudice ordinario. 

�Per converso tutte le questioni che attengono alla 
formazione del contratto e all'osservanza delle norme 
stabilite per il relativo procedimento, ancorch� le 
stesse siano tassative per l'Amministrazione, sfuggono 
alla competenza giudiziaria ordinaria perch� il 
singolo non ha acquistato diritto al contratto giacch� 
questo non .esiste. Se quindi un vizio sia rilevabile 
nel procedimento di formazione di un contratto, 
ancorch� questo vizio abbia impedito illegittimamente 
la perfezione del contratto a favore di un privato, 
questi non pu� far valere che un interesse legittimo 
all'osservanza di quella norma o di quel complesso� 
di norme che assuma violato. � l'interesse che gli 

( 1 \ INGROSSO: Istituzione diritto finanziario, vol. I, 

p. 224; RANELLETTI: Guarentigie, p. 419; Sez. Un., 20 luglio 
1941, �Foro Amm. ))' 1941, II, 93. 

-193 


deriva dal fatto di avere adito l'asta o la licitazione 
privata che lo autorizza a dedurre le violazioni delle 
norme per il regolare svolgimento dell'attivit� amministrativa 
in materia contrattuale nella sede della 
giurisdizione amministrativa data per la tutela degli 
interessi legittimi. 

cc N � vale a mutare la sua situazione l'assunto 
ohe egli come migliore offerente avesse diritto alla 
aggiudicazione accordata ad altri; egli si presenta 
sempre come un terzo rimasto soccombente che impugna 
la regolarit� del procedimento, e come tale non gli 
compete il diritto civile perfetto che pu� derivare 
soltanto da un contratto valido ed efficace e che non 
spetta. ad un aspirante al contratto la cui aspettativa 
sia stata delusa a vantaggio di altro offerente dichiarato 
_deliberatario �. 

G. OALENDA 
IMPOSTE E TASSE (Imposta di manomorta) Aziende 
Municipalizzate -Assoggettabilit�. (Corte 
di Cass., Sez. Un., Sent. n. 1911/c3 -Pres.: Galizia; 
Est.: Tavolaro; P. M.: Eula -Comune Brescia c. 
Finanze). 

Il patrimonio delle aziende municipalizzate � 
soggetto alla �imposta di manomorta come patrimonio 
autonomo e quindi disgiunto dalla tassazione 
degli altri beni di propriet� del Comune. 

Riportiamo, anzitutto, testualmente la motivazione 
della sentenza relativa alla massima sopra 
trascritta : 

� Coi tre mezzi del ricorso pr:i,ncipale, nel denunciare 
la violazione degli articoli 1, 5 n. 1, 
7 lett. e, 9, 13, 14 e 15 della legge tributaria sulla 
manomorta 30 dicembre 1923, n. 3271; 2082 Codice 
civile, sostiene il Comune di Brescia: 

l� che, non potendosi. il patrimonio assegnato 
alla Azienda municipalizzata ritenere indefettibile 
e dovendosi tale Azienda ritenere equiparata 
alle comuni aziende industriali, ossia alle 
vere e proprie imprese di carattere temporaneo il 
cui scopo di utilit� generale si configurerebbe nel 
maggior raggiungimento possibile di utili industriali 
per erogarli poi per i bisogni pubblici del 
Comune, la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare 
l'Azienda medesima esente dal tributo 
di manomorta, ai sensi del su citato art. 5, n. 1, 
non potendosi essa considerare � stabilimento, 
associazione o corpo morale di manomorta � ; 

2� che, pur volendosi considerare le aziende 
municipalizzate � semplici oggettive universalit� 
patrimoniali facenti capo al comune JJ, l'esenzione 
dal tributo di manomorta deriverebbe pur 
sempre dal disposto del su citato art. 7, lett. e, 
legge tributaria, la quale stabilisce non essere 
� soggette alla tassa (rectius: imposta) le rendite 
presuntive delle case o porzion� di case, compresi 
i mobili di arredamento, che servono ad uso 
delle Amministrazioni provinciali e comunali pei 
loro uffici e per gli stabilimenti dipendenti da tali 
Amministrazioni e destinati a pubblico beneficio 
JJ, avendo l'espressione �pubblico beneficio JJ 
il significato di � interesse pubblico JJ ed essendo 
irrilevante che il bisogno pubblico, soddisfatto 
dalla Pubblica Amministrazione con l'assunzione 

clirPtta d�el pubblico ser\'izio, sia soddisfatto gra. 
tuitamente o dietro compenso; 

3� che, considerato soggetto passivo dell'imposta 
il Comune, quale proprietario dei beni destinati 
all'Azienda municipalizzata, la .. Cortn 
avrebbe dovuto avvertire che, trattandosi di una 
imposta globale, che colpisce cio� il patrimonio 
nel suo ins:i.eme, indipendentemente della destinazione 
o della rendita effettiva dei singoli beni, 
la tassazione della rendita prodotta dai beni destinati 
all'Azienda municipalizzata non l�Oteva 
andare disgiunta dalla tassazione di tutti gli altri 
beni di propriet� del Comune: e pertanto, 
poich� le annualit� passive s:uperavano di molto 
la somma delle rendite di tutti i beni di propriet� 
del Comune, la Corte medesima avrebbe 
dovuto constatare che in base ad un unico accertamento 
globale veniva a mancare l'imponibile, 
e conseguentemente nessuna imposta era dovuta. 

� Le tre censure sono prive di giuridico fondamento.. 


� Anzitutto le Aziende comunali di pubblici 
servizi, non avendo una propria personalit� giuridica, 
ma dovendosi considerare uffici speciali e 
autonomi dell'ente autarchico dal quale derivano 
(come questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione 
di affermare con sentenza n. 381 del 
15 maggio 1944, �Foro It. �, 1944-1946; I, 172), 
partecipano per ci� stesso della vita e della indefettibilit� 
del Comune, del quale esercitano una 
particolare funzione mediante una gestione tecnica 
ed amministrativa separata dall'amministrazione 
ordinaria. Esse, pertanto, se possono 
come le private imprese compiere atti obiettivi 
di commercio per la gestione dei particolari servizi 
elencati nella legge 15 ottobre 1925, n. 2578, 
non possono, in vista della natura dell'ente, nella 
cui vita si inseriscono, assumere la qualit� di 
commercianti. Non possono quindi confondersi 
con le soci.et� commerciali e industriali di carattere 
privato e aventi una struttura di carattere 
associativo, di cui si occupa l'art. 5, n. 1 legge 
tributaria sulla manomorta, nel disporre l'esenzione 
soggettiva da detta imposta per ovvie ragioni 
di carattere tributarfo, essendo .i loro beni 
facilmente oggetto di trasferimento, e quindi soggetti 
a quelle imposte in sostituzione delle quali, 
per gli enti indefettibili, si � voluto dal legtislatore 
creare la imposta di manomorta, la quale, 
pur essendo commisurata alla rendita, colpisce 
propriamente il patrimonio. Vanno considemte 
invece quali aziende autonome facenti parte cli 
uno degli enti di manomorta soggetti al pagamento 
dell'imposta in controversia e come tali 
a detta imposta esse stesse soggette. 

� Inoltre la rendita del loro patrimonio, inteso 
questo quale compendio dei beni che il Comune 
ha permanentemente destinato e vincolato in dotazione 
delle aziende medesime per l'espl�!tamento 
d~ quei determinati pubblici servizi faco-Itativi, 
non si pu� ritenere esentata dal tributo di ma-nomorta, 
in virt� dell'art. 7, lett. e), della su 
citata legge. Detto articolo, invero, nel disciplinare 
i casi di esenzione oggettiva, dispone che non 
sono soggette alla imposta le rendi.te presuntive 
<folle case o porzioni di case, compresi i mobili 


-194 


di arredamento, che servono ad uso delle Ammi


nistrazioni provinciali o comunali pei loro uffici 

e � per gli. stabilimenti dipendenti da tali Am


ministrazioni e destinati a pubblico beneficio �. 

�Sarebbe quindi la. disposta esenzione rife1�ibile, 
al pi�, alle sole case ed arredi delle case 
destinate alle aziende municipalizzate e non anche 
alle attrezzature meccaniche destinate allo 
espletamento del pubblico servizio.-Ma � di intuitiva 
evidenza che con � le case e i mobili di 
ar1�edamento �, che servono per gli stabilimenti; 
dipendenti dalle Amministrazioni provinciali e 
comunali � destinati a pubblico beneficfo � non 
possano confondersi i beni mobili ed immobili di 
ogni specie organizzati in azienda autonoma di 
carattere industriale per l'espletamento dei servizi 
pubblici facoltativi. Se, invero, .il termine 
<< pubblico beneficio >> non pu� identj:ficarsi col 
termine << pubblica beneficenza ll, di cui peraltro 
si occupa lo stesso art. 7 nelle lettere a e d, non 
pu� revocarsi in dubbio che esso non pu� avere 
nemmeno l'ampio e generico sig�nificato di << interesse 
pubblico ll, che � connesso con l'uso di tutti 
i beni in genere che appartengono agli enti predetti. 
Altrimenti il legislatore avrebbe pi� opportunamente 
adoperato una formula di esenzione 
di carattere generale; non sarebbe disceso ad 
una dettagliata specificazione dei casi di esenzione 
oggettiva, proprio in relazione a � case, 
porzioni di case e mobili di arredamento >>. 

� La stessa legge, del resto, parlando nell'articolo 
11 degli, opifici, ai fini del calcolo del reddito 
presunto, non usa la locuzione << mobili di 
arredamento�, ma parla di <<forza motrice e 
meccanismi loro annessi dal proprietario>>. Onde 
appare pi� accettabile la opinione che il termine 
� pubbHco beneficio >> nel suo significato 
tecnico-giuridico vada inteso come godimento da 
parte dei cittadini tutti, senza la necessit� che 
entrino in essi quei particolari rapp�rti con l'ente 
ai qua1i � insita l'idea di un corrispettivo (da 
parte dei privatj) alla prestazione (da parte dell'ente), 
come avviene .sempre che ;i cittadini usufruiscano 
dei servizi pubbUci municipalizzati. 

<< Infine dall'autonomia patrimoniale dell'azienda, 
la quale ha una individualit� ammi,nistrativa 
e finanziaria propria con rappresentanza pro-� 
pria, essendo fornita di organi propri, di un proprio 
bilancio e della capacit� di compiere tutti i 
neg�ozi che sono necessari al raggiungimento dei 
suoi fini, e di stare in giudizio per le azioni, che 
ne conseguono, deriva che, ai fini dell'imposta di 
manomorta, la rendita reale o presunta dei beni 
mobili ed immobUi costituenti la dotazione della 
azienda medesima (aventi quindi una specifica, 
bene determinata e duratura destinazione, diversa 
da quella dei beni patrimoniali rimasti in amministrazione 
al Comune) e le detrazioni delle 
passivit� agli effetti della determinazione del reddito 
imponibile (art. 15 citata legge) devono essere 
calcolate indipendentemente dalle rendite e 
dalle detrazioni calcolabili sulla sostanza patrimoniale 
del Comune per la stm amministrazione 
generale e ordinaria. A tale fine non � consentita 
una confusione fra i due bilanci >>. 

TASSABILIT� 

DEL PATRil\IONIO DELLE AZIENDE l\IUNICIPALIZZATFJ 

Abb'iamo 1:oluto riportare la pregevole sentenza 
delle << Sezioni Un�ite >> p&rch� essa-costituisce una 
rilevnnte affermnzione della tassabilit� autonoma 
del patr�imonio delle � aziende municipalizzate >>. 

Per qiianto attiene, in particolare, alla � imposta 
di manomorta >> vanno, per altr.o, notati la sua 
nat�ura e i suoi caratteri. Invero -come ebbe 
esattamente a rilevare lo Stella Richter in un sito 
scritto sulla imposta di manomorta su titoli del 
debito pubblico (1) -essa, da un lato, � �assimila,
bile alle imposte dirette >> in quanto colpisco 
il reddito effettivo o presunto del patrimonio delle 
persone giuridiche; dal.l'altro iato, ilnvece, s�i 
accosta alle � imposte indirette sui trasferi'menti 
>>, sia perch� storicamente e fina,nziariamente 
� un sostitutivo di esse e soprattutto di 
quella suUe successioni.;� sia perch� ha, un ordinamento 
analogo per l'accertamento, la riscossione 
e la ris,0l1izione delle controversie. 

In dottrina si ebbe qualche dissenso nel classificare 
il tributo nell'una o nell'altra categoria. 
Tuttavia la teorica prevalente (seguita, anche 
dalla Cassazione) � nel senso che si tratti di una 
� imposta diretta >>, giacch� � intesa a colpire una 
mnnifestazione di capacit� contributiva: cio� il 
reddito come manifestazione (anche astratta) di 
determinate ricchezze o beni. Ne consegue che la 
rendita -effettit'a '.O presunta a cui va ragguagliata 
la imposta -vada considerata non come 
oggetto della imp:osta medesima, ma, come base 
�irnponibile. Il che risponde alle finaliJt� di tale 
tributo, iil qitale vuole e1:itare una << immunit� 
trib.utaria. >> -ossia una posi.done di privilegio 
degli enti rnorali << indefettibili n ~ dalle imposte 
sni trasferimenti. 

La imposta avrebbe dovuto essere stabilita periodfoamente 
sui valori capi'!tali,� senonch�., per 
evitare che gli enti, fossero costretti a impiegare 
in alcuni anni tutti i loro redditi per la sodd.isfazione 
del tributo e in considerazione della stab�ilit� 
e costanza dei redditi stessi, � stato stabilito 
ohe esso sia determinato annualmmite con riferimento 
alle rendite reali e presunte. 

Si tratta, dunqtte, di una imposta sul patrimonio, 
a g�1:ustificare la quale occorre la � esistenza 
di una entit� giiiridica patrimoniale, mobiliare 
o immobiliare, autonoma e indefettibile >>. 

Al qtial riguardo � da rilevare come il carattere 
d'indefettibilit� dell'ente debba intendersi 
nel senso di una perpetuit�, non soltanto assoluta, 
ma anche relativa, tale cio� che la � esistenza 
di esso sia determinata rispetto al tempo 
n (2), E, nppunto peroi�, la Cassazione ebbe 
ripetutamente a dichiarare soggetti a imposta di 
manomorta, fra gli altri, i �consorzi d'irrigazione 
aventi una concessione >> della durata di 
trenta anni (facilmente rinnovabile);�seopo duraturo 
e patrimonio autonomo. --


Ci� posto, � evidente come agli effetti della 
imponibiJUt� del tributo de quo, sPa sufficiente 

(1) "Giur. Compl. Cass. Civ.�, 1948, II, 43. 
(2) Cass. di Roma, 19 maggio 1909 ("Foro It. �, 1909, 885). 

-195


accertare se sussista o rneno una entit� giuridica 
patrimoniale (mobiliare o immobiliare) dato che 
non ha importariza stabilire se l,ente (titolare di 
tale entit� patrimoniale) abbia o meno personalit� 
giuridiaa (1). 

Non varrebbe opporre che le aziende per i servizi 
municipalizzati non, sono pers:one giuridiche 
riconosciute, in quanto -pur costituendo veri e 
propri enti che la legge disciplinatrice, (T. U. 
15 ottobre 1925, n. 1578) considera come aventi 
itn proprio fine, una propr1..ia capaciJt� di compiere 
all'uopo negozi giuridici e di stare in giudizfo, 
e pur formando aziende speciali distinte 
d.all' Amministra:<J.ione ord,inaria del Comune non 
avrebbero una autonomia patrimoniale oriq'inaria, 
ma soltanto derivata dal patrimonio del 
'001nwne, da cuiJ. costaritemente dipenderebbero. 

Correlativamente non varrebbe sostenere (come 
isi � sostenuto) non potersi procedere a tassazfone 
per manomorta, basandosi sui bilanci Singoli 
delle varie az'iende, ma doversi invece far riferimento, 
in via esclusiva, al bilancio generale del 
Comune, di cui i simgoli bi~anqi aziendali non 
sarebbero che voci o capitoli. Con la conseguenza 
che -ove il bilancio conitmale risultasse passivo 
-non sarebbe doi,uta la imposta di manomorta 
accertata a carico dell'azienda municipali.'<!
zata. 

Cos� argomentando, si sposterebbe la questione 
dai suoi precisi termini. 

Invero arbbiamo visto come l'imposta di manomorta 
sfa una imposta sul patrimonio, e come la 
rendita, rea.le o presunta., di questo venga in considerazione, 
non come oggetto drella imposta, ma 
semplicemente come base imponibile. 

� Ogg�etto proprio della imposta non � il reddito, 
ma il patrimonio, perch� la situazione di 
fatto a cui si collega il tributo consiste nella esistenza, 
non gi� di un reddito, ma di un complesso 
cli beni, anche se non suscettibili di prodrurre, 
per la loro natura o per circostanze accidentali 
itn qualsiasi reddito: sono quiJndi compresi' nel 
patrimonio anche i beni mobili avenf}i un semplice 
valore di uso, la cui 11,endita presunta si 
calc�ola in ragione ... del valore del capitale ll (2). 

Ohe il bila.noia del Comune o quello dell'azienda 
per i servizi municipalizzati sia pi� o meno 
passivo � quindi circostanza irrilevante. 

Rilevante, ai particolari effetti di ohe trattasi, 
� invece che esista una entit� patrimoniale e indefettibile 
ossia una individualit� amministrativa 
e finanziaria propria, con rappresentanza 
propria. 

Logico, dunque, che taU enti debbano -appunto 
perch� soggetti di patrimonio autonomo -sottostare 
al tribitto de quo. 

A sottrarli da tale obbligo non potrebbe valere 
il disposto dello art. 5 della legge tributaria 
sulla rnarv,omorta: 1,ale a dire l'assunto secondo 
cui, per il loro carattere industriale, aovrebbero 
essere dichiarati equiparati alle societ� in�ustriali 
e quindi esenta,ti dalla iniposta. La esen


(1) GIANNINI A. D. Istit"'zioni di diritto (7,nanziari(ed. 1941, 215). 
(2) Idem: Op. cit., 237. 
.donc costituisce 1ma eccezione per gl1istitnti tassaUvarncnte 
indicati dalla legge e perci�, �per 
principio di ermeneutica di diritto tributario �, 
non potrebb� avere interpretazione estensiva. 

D'altra parte nello interpretare le l�ggi finanziarie 
occorre far precedere lo studio della ratio 
legis a quello del testo: � occorre ricercare il 
concetto fiscale >>, che � alla base di ogni singola 
'imposta. 

Il concetto fiscale, che � alla base della imposta 
di manomorta, � il seguente: 

Le finanze dello Stato sono alimentate dalle 
imposizioni molteplici e varie, che colpiscono la 
circolazione della ricchezza e ogni trapasso di 
ricchezza, comunque e con qualsiasi mezzo. Mentre 
i beni, che appartengono alle persone fisiche, 
trapassano con facilit�, sia per atto tra vivi che 
per successioni mortis causa, i beni dei corpi morali 
restano immobilizzati (e, perci�, come morti) 
nelle mani. di un ente; non trapassano mai a ter� 
per s1wc�essidni mortis causa; e trapas'Bano solo 
raramente per afti tra vivi. Spesso, anzi, si tratta 
di beni che, per loro natura �o per gli scopi ai 
qita'li sono destinati, sono de facto o anche de 
iure (cio� per ragioni giuridiche ed economiche) 
fuori commercfo. Essi devono perci� pagare una 
imposta speciale; commisurata n:on al loro capitale" 
(come per la imposta di successione), ma al 
loro reddito complessfoo (immo�iUare o mobiliare), 
reale o presunto. 

Ora i beni delle societ� commerciali e inaustriali, 
pur non appartenendo a persone fisiche, 
sono -com'� ben noto -facilmente oggetto di 
trasferimento: trapassano facilmente da una 
persona a un'altra, scontando le relative imposizioni. 
Ci�� giustifica e d� ragione della loro 
esenzione dalla imposta di manomorta: esenzione 
che, al contrario, non avrebbe ovviamente giustificazione 
di sorta nei riguar�.i deiJ beni di una 
azienda municipalizzata, ancorch� esplicante attivit� 
commerciale o industriale. 

N� ad escludere l'obbligo della imposta di manomorta 
potrebbe, d'altronde, valere l'eventuale 
richiamo all'art. 7, lett. c, della legge, secondo 
cui non sono soggette alla imposta le rendite presirntive 
delle case o porzioni di case, compresi i 
mobili di arredamento, che servono a uso delle 
amministrazioni provinciali e comunali per i loro 
itffici e per i loro stabilimenti, dipendenti da tali 
amministrazioni e destinati a pubblico beneficio. 

Invero, corne si evince dalla legge, malgrado la 
sua. non del tutto felice dizione, la �esenzione ll 
di che trattasi, << di carattere oggettivo �, riguarda 
ttnicamente le ren�ite pres1mtive delle case 
che servono per 1iso della sede e degli uffici delle 
amministrazioni comunali e provinciali e degli 

stab~limenfJi destinati a � pn�bliao be'nefidio ll .: 
riguarda, quindi, esclttsivamente le rendite degli 
immobili in cui hanno sede detti 'affidi .e stabilimenti, 
� e non p1~� estendersi al complesso dell,e 
attivit� di ttn'azienda municipalizzata, esercente 
un servizio industriale ''. 

'A presoiniLere da ci� appare ovvio cihe per stabilimento 
destinato a pubblico beneficio debba 
intendersi qitello che abbia come fine essenzia,le. 
8e non pm�e ia pnbblica beneficenza (come, ad 



-196


esempio, potrebbe riscontrarsi nel caso di un immobile 
<lestinaio, dal Comune, a sede di cucine 
eco�nom-iche oppure di asilo per :i. senza tetto, ecc.) 
quanto men.o un servfaio reso gratuitamente alla 
collettivit�. 

Il complesso di beni che un Comune destini a 
un'azienda municipalizza.ta, esercente pubblici 
servizi di carattere industriale e per la quale il 
concetto di lucro � sempre ammissibile con le limitazioni 
relative al fine propostosi dall'ente di 
realizzare (mediante la municipalizzazione della 
impresa) il prezzo pubblico del servizio reso agli 
utenti, non pu� considerarsi come destinato a un 
vubblico beneficio. 

E' vero che l'art. 7 della legge tributaria contemplfl 
gl'ri,stititti d~ pubbl:ica beneficenza nelle 
lettere a e d (il che potrebbe dar modo di de~ 
durre che la distinzione tra � pubblico beneficio � 
c � piibbHca oorit� o beneficenza l> � aiooettata 
dalla legge, e che, di conseguenza, il concetto di 
pubblico beneficio non sia incompatibile con quello 
di pubblico servizio. Ma � altres� ovvio che debba 
sempre trattarsi di un pubblico servizio reso 
grat1.litamente, e non verso corresponsione di un 
corrispettivo, che spesso � persin;o P!ari a quello 
richiesto per i servizi analoghi dalle imprese. private. 

Il che � stato esattamente inteso ed affermato 
dalle Sezioni Unite della Cassazione con la citata. 
sentenza n. 1911/1953. � 

ACHILLE SA:LERNI 

REQUISIZIONE� Requisizioni disposte anteriormente 
all'B settembre 1943 relativamente alle zone succes� 
sivamente occupate dai tedeschi. (Corte di Cass, 
Sez, Un., Sent. n. 381/53 -Pres.: Anichini; Est.: Moscati; 
P. M.: Pafundi -Soc. Imp. Manfredi c. Ministero 
Difesa -Esercito). 

Tutte le requisizioni disposte anteriormente 
all'8 settembre 1943 devono ritenersi cessate, di 
fatto e di diritto, in tale data per le zone in cui 
venne legittimamente meno la presenza ed il 
funzionamento dell'Autorit� che ebbe a disporre Ja 
requisizione. 

In conseguenza di ci�, il soggetto passivo della 
requisizione -al quale sia stata affidata la custodia 
della cosa requisita -viene liberato da ogni 
obbligo derivante dalla custodia stessa; d'altra 
parte, l'Amministrazione viene esonerata dall'obbligo 
della. derequisizione. 

La vertenza decisa con questa sentenza ha riportato 
all'esame delle Sezioni Unite una questione che 
pu� ormai considerarsi risolta in modo definitivo 
perch� su di essa si � formata una giurisprudenza 
consolidata sia del Comitato giurisdizionale per le 
controversie in materia di requisizione, sia per la 
Suprema Oorte. 

Ogg�tto della questione era l'esame delle conseguenze 
dell'armistizio ed eventi successivi sulle requisizioni 
in uso �isposte dalle autorit� militari, agli effetti 
di stabilire su chi dovesse gravare la perdita delle cose 
requisite derivata dai detti eventi. 

Il Comitato giurisdizionale ha ritenuto con giurisprudenza 
costante che l' ar�mistizio abbia risolto 
di �iritto le requisizioni �isposte �alle forze armate, 
perch� lo seioglimento improvviso �egli uffiei o �ei 

cmarz�i o reparti militari, �ovuto a fatti che debbono 
considerarsi eventi di forza maggiore, ha fatto eessare 
la detenzione e l'uso delle eose requisite, di cui, nella 
maggior parte dei oasi, specie nell~ requisizioni di 
immobili i proprietari riaequistarono automaticamente 
la libera �isponibilit�. 

Ed ha fatto venir meno le obbligazioni di custodire 
e di requisire per impossibilit� assoluta di 
eseeuzione (art. 1256 O.e.). , 

Esclusa la colpa dell'autorit� requisente ed esclu&a 
la inadempienza ad obbligazioni derivanti dalla requisizione, 
fu naturalmente ritenuto che la perdita dm ivata 
da eventi di f 01 za maggiore non pu� che gravarP 
sul proprietario della cosa e quando la perdita sia 
dovuta a eventi bellici costituisce danno di guerra. 

La questione fu portata all'esame della Suprema 
Oorte per la prima volta in una eausa Oasaluee c. 
Amministrazione Militare e la sentenza delle Sezioni 
Unite che ha respinto il ricorso confermando la 
sentenza del Comitato giurisdizionale informata ai 
criteri su esposti ha fatto testo, cosiceh� non risultano 
ricorsi successivi. 

La causa Manfredi ha riproposta la questione in 
base ad alcuni particolari di specie che per� sono 
risultati non rilevanti cosicch� la Corte Suprema ha 
confermata la propria giurisprudenza. 

Notevolissime sono state le conseguenze di questa 
gjurisprudenza perch� numerose erano le requisizioni 
in �uso disposte dalle forze armate nel territorio dello 
Stato risolte dagli eventi dell'8 settembre �el 1943 
ed inoltre i principi affermati dal Comitato giurisdizionalo 
e dalla Suprema Oorte sono stati seguiti dal 
commissario liqui�atore dei contratti di guerra al 
quale per quanto riguarda i territori di occupazione 
fuori dei confini dello Stato e per il territorio libico 
compete la liquidazione non solo dei contratti ma 
anche delle requisizioni. 

L'art. 4 del decreto 25 marzo 1948, n. 674, che 
istitu� detto Commissariato stabilisce che rientrano 
nella sua competenza gli cc atti �i autorit� � ma 
cc restano ferme le norme sulle requisizioni � per le 
quali la liquidazione del rapporto di requisizione 
spetta all'autorit� requisente e le eventuali controversie 
sono deferite al Comitato giuris�izionale. La 
norma � ispirata al rispetto �elle eompetenze giurisdizionali 
in quanto i provvedimenti del Commissario 
sono impugnabili dinanzi al Consiglio di Stato per 
difetto �i legittimit� e dinanzi al giudice ordinario 
per lesioni di diritti, cos� che se gli fosse stata affidata 
la liquidazione delle requisizioni le eventuali controversie 
sarebbero state sottratte al loro giudice naturale. 
Ma, per requisizioni attuate nei territori oecupati 
cui il R.D. 18 agosto 1940, n. 1741, sulle requisizioni 
non fu esteso e per il territorio libico nel quale 
le requisizioni erano regolate da un decreto governatoriale, 
non sussiste la competenza del Comitato 
giurisdizionale e le relative controversie sui diritti 
sono devolute al giudice ordinario. 

Le requisizioni attuate su questi ..territori sono 
perci� liquidate dal Commissariato quali cc atti -di . 
autorit� � poich� per l'art. 18 del succitato decreto 
25 marzo 1948, n. 674, nessuna azione pu� esser 
proposta per obbligazioni dell' A1nministrazione relative 
ad atti disposti per la preparazione e condotta 
della guerra senza previo esame e provvedimento del 
commissario liqui�atore. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AGRICOLTURA -Agricoltori benemeriti � Decreto 
luogotenenziale 14 aprile 1945, n. 250 ed art. 3 della 
legge 29 ottobre 1949, n. 906 -Recupero contributi. 
(Corte d'Appello di Roma, Sez. I, Sent. 18 maggio-5 settembre 
1953 -Pres.: Manca; Est.: Laporta -Soc. An. 
Agricoltori Ravennati c. Ministero Agricoltura e Foreste). 


Il decreto legislativo luogotenenziale 14 aprile 
1945, n. 250, col quale fu disposto jl recupero 
dei contributi che erano stati concessi a taluni 
agricoltori in applicazione del R.D.L. 15 maggio 
1931, n. 632, non � stato abrogato per incompatibilit� 
dalla nuova Costituzione (1). 

L'art. 3 della legge 29 ottobre 1949, n. 906, che 
ha modificato le forme di riscossione stabilite dal 
citato decreto legislativo luogotenenziale n. 250, 
non � in contrasto con alcuna norma costituzionale 
(2). 

Il recupero di detti contributi non equivale ad 
imposizione di un tributo. 

Pertanto, 1'Amministrazione, agendo per il recupero 
di tali contributi, non � tenuta a compiere 
un contradditorio con l'interessato. 

Gli interessi sui contributi recuperati decorrono 
dalla data di entrata in vigore del D.L.L. 
14 aprile 1945, n. 250. 

Trascriviamo il testo della sentenza: 

� ... il Tribunale ha errato nell'affermare che le 
norme del D. L. 14 aprile 1945 sarebbero state implicitamente 
abrog�te, perch� incompatibili con 
gli articoli 3, 23, 42 e 53 della Costituzione e nell'affermare 
altres� che l'art. 3 della legge 29 ottobre 
1949, n. 906, sarebbe costituzionalmente illegittimo. 


� In proposito � anzitutto opportuno definire la 
natura del contributo che, a norma della legge 
15 marzo 1931, n. 632, lo Stato poteva corrispondere 
ad agricoltori ed associazioni in riconoscimento 
di speciali necessit� e di ec�ezionali titoli 
di benemerenza da essi acquisiti nel razionale 
esercizio e progresso della agricoltura. 

� L'art. 4 del su citato decreto, lungi dallo stabilire 
il preciso contenuto dei provvedimenti con 
esso autorizzati e di imporre alla autorit� pubblica 
il dovere di emanarli, riconosceva esplicitamente 
al Ministero dell'Agricoltura la pi� ampia 
facolt� di concedere un contributo concretantesi 
nel pagamento degli interessi relativi ad operazioni 
di credito contratte e da contrarsi nell'interesse 
dell'agricoltura, subordinando genericamen


te tale facolt� al riconoscimento che i beneficiari 
si fossero resi particolarmei;ite benemeriti. 

�Attribuiva., in sostanza, detta norma. al Ministero 
stesso un potere discrezionale, sia nella scelta 
delle persone, sia nella valutazione delle benemerenze 
che rendessero le stesse meritevoli di conseguire 
quel determinato beneficio. 

�L'atto di concessione della concessione trovava 
poi la sua causa nel pubblico interesse e cio� nella 
esigenza di favorire l'incremento dell'agricoltura, 
non potendo altrimenti giustificarsi la concessione 
di particolari profitti a carico dello Stato. 

� In riferimento a tale causa, pur dovendosi 
ammettere che il provvedimento di concessione, 
una volta raggiunto lo scopo, facesse sorgere un 
vero e proprio diritto soggettivo a favore del singolo 
beneficiario, deve tuttavia ricoIJ.oscersi che 
la mancata corrispondenza dell'atto all'interesse 
pubblico, costituendo un vizio origip_ario consistente 
nella mancanza o nella illiceit� della causa, 
avrebbe potuto dar luogo all'annullamento della 
concessione con efficacia retroattiva, salvi gli effetti 
irrimediabilmente consunti. � 

� E considerata appunto la necessit� di reprimere 
i cos� detti � mutui :fittizi �, praticati con 
una certa frequenza ad agricoltori non bisognosi, 
che avevano agito al solo :fine egoistico di conseguire 
dallo Stato un contributo che legittimamente 
non avrebbero potuto ottenere, il decreto numero 
250 del 1945 intese disporre il riesame delle 
condizioni legittimatrici di tutte le antecedenti 
concessioni, attribuendo all'Amministrazione una 
ampia facolt� di revoca, da esercitarsi caso per 
caso con larga discrezionalit�, che dispensava tra 
l'altro anche dalla necessit� della motivazione del 
provvedimento. 

� Ci� ha avvertito la Cooperativa fra i coloni 
ravennati, la quale per poter rimuovere l'efficacia 
del su citato decreto legislativo del 1945 ne 
ha eccepito la illegittimit� costituzionale. 

� Ma siffatta eccezione � infondata. 

(( Va anzitutto rilevato elle col R.D.L. 23 giugno 
1944, n. 151, fu attribuito al Governo il pot~
re di emanare in qualsiasi materia, salvo� q�uella _ 
attinente alle forme istituzionali dello Stato, provvedimenti 
aventi forza di legge, :fino a che non 
fosse entrato in funzione il nuovo Parlamento 
(art. 4), istituendosi cos� un ordinamento costitui 
zionale provvisorio che sostitu� lo Statuto alber


I 

tino. 

I 

.-J 



-198


<( ln virt� di tale potere e nei limiti di cui sopra 
fu �manato appunto il r. d. n. 250 del 1945, e 
quindi non si pu� dubitare della sua legittimit� 
come in casi analoghi la Corte Suprema ha avuto 
pi� volte occasione di affermare, e come del resto 
la stessa Cooperativa implicitamente ammette, 
non contestando che esso debba considerarsi perfettamente 
valido, in rapporto all'epoca della sua 
entrata in vigore. 

<( Ci� non toglie per� che possa discutersi se tale 
decreto legislativo conservi ancora la sua efficacia: 
se cio� esso, pur essendo stato legittimamente 
emesso si trovi ora in eventuale contrasto con 
le prevalenti nuove norme costituzionali. 

� Difatti la Costituzione della Repubblica, nell'ammettere 
espressamente il sindacato di legittimit� 
costituzionale per le leggi e gli atti aventi 
forza di legge (art. 134), non distingue tra quelli 
successivi e quelli anteriori alla sua promulgazione, 
onde anche questi vi sono evidentemente 
sogg�etti, con la conseguenza che debbono ritenersi 
abrogati se contraddicono con le sue disposizioni. 

(( Per l'esercizio di tale controllo, la Costituzione 
lrn creato un apposito organo, la Corte costituzionale, 
disponendo pealtro (n. VII delle disposizioni 
transitorie) che, fino a quando essa 
110n �sar� entrata in funzione, la decisione delle 
controversie relative deve avere luogo � nelle forme 
e nei limiti delle norme presistenti �. 

� Ci� significa, secondo la comune opinione della 
dottrina e della pi� autorevole giurisprudenza, 
che nel periodo transitorio il sindacato di legittimit� 
costituzionale delle leggi deve essere esercitato 
dal giudice investito della cognizione della 
controversia in cui il provvedimento legislativo 
deve avere applicazione; significa altres� che il 
giudice di merito esercita il controllo di costituzionalit� 
nella sua pienezza, cos� come previsto 
dalla nuova Costituzione, ma inC'identer tantum, 
nel senso che la sua statuizione non pu� spiegare 
efficacia al di fuori delle controversie sottoposte 
�al suo esame. 

� Ora non � dubbio che la Corte costituzionale 

noil � ancora entrata in funzione ne � prevedibile 

quando ci� potr� avvenire; sicch� perdurando la 

(�.oudizione di cui alla citata disposizione tran


sitoria n. VII, � precisamente questa Corte tenuta 

a procedere al controllo in parola. 

(< Destituita di fondamento deve, pertanto, con


�siderarsi l'istanza della Cooperativa che jl giudizio 
venga sospeso, per rimettere alla Corte costituzionale 
la decisione sulla legittimit� del precisato 
decreto e di quello n. 906 del 1949 in relazione 
al quale ultimo del resto la questione non ha alcuna 
i.mportanza, essendosi con esso il legislatore 
limitato ad una semplice modifica della procedura 
di riscossione, senza innovare sostanzialmente le 
norme del decreto del 1945, che pongono il potere 
clell'Amministrazione di procedere al recupero dei 
contributi. 

� Ci� premesso, la Corte osserva che l'eccezione 

cli incostituzionalit� dev'essere respinta per una 

duplice ragione. � 

� Anzitutto, gli invocati articoli della Costitu


zione, donde discenderebbe la revoca dei suindicati 

provvedimenti per effetto cli incompatibilit� (pre


cisamente gli art. 3 sulla uguaglianza dei citta


dini davanti alla legge, 23 sulla impossibilit� di 
imporre prestazioni personali se non in base alle 
leggi, 42 sulle garanzie della propriet� privata, 53 
sul concorso dei cittadini nelle spese pubbliche in 
ragione della capacit� contrib�tiva d� ciascuno), 
enunciano norme precettive ad efficacia differita, 
come pu� desumersi dal richiamo che esse fanno 
alla legge, evidentemente da emanarsi. 

<( E ci� per alcuni di essi (esempio art. 3), � 
stato espressamente dichiarato dalla Suprema Corte 
(sentenza n. 127 del 1953) sicch� l'eventuale 
contrasto di una legge precedente non � configurabile 
direttamente con le ricordate norme costituzionali, 
ma con relative leggi esecutive. 

� Del resto, se anche tali articoli avessero contenuto 
di norme precettive ad efficacia immediata, 
nemmeno sussisterebbe la dedotta incompatibilit� 
e non potrebbe quindi parlarsi di revoca implicita, 
come ha erroneamente ritenuto il Tribunale. 


� Il recupero di contributi gi� elargiti nel presupposto 
di un accertamento assoluto insindacabile 
che siano stati a suo tempo indebitamente concessi, 
non contraddice ai su indicati principi. 

(( Infatti non contrasta col principio dell'uguaglianza 
dei cittadini di fronte alla legge, ma al 
contrario, ne fa pi� vigorosa applicazione, restituendo 
in sostanza il concessionario sullo stesso 
uiano di chi, trovandosi a suo tempo nelle medesi!
ne condizioni, non pot� ottenere il concorso da 
parte dello Stato. 

�Non impone una abusiva prestazione personale 
o patrimoniale, giacch� mira soltanto alla 
ripetizione di un indebito. 

(( Non pone alcun limite all'esercizio del dfritto 
di propriet�, ma rivendica ci� che si ottenne senza 
causa. 

� Non contraddice, infine, al principio della perequazione 
dei tributi, non avendo il recupero di 
contributi natura cli tributo. 

<( In ordine alle altre richieste subordinate fatte 
in primo grado dalla Cooperativa, dai primi giudici 
non esaminate perch� assorbite dalla emanata 
decisione ma esplicitamente riprodotte in questo 
grado con l'appello incidentale condizionato, la 
Corte osserva quanto segue: 

<( Non pu� fondatamente sostenersi la illegittimit� 
del � ruolo >> per mancata preventiva intimazione 
individuale. 

� Si � gi� rilevato che il recupero delle sovvenzioni 
indebitamente concesse ad agricoltori non 
equivale all'imposizione di un� tributo o alla espropriazione 
di un bene, ma costituisce revoca di concessione. 


� Da ci� deriva che il richiamo alle norme e ai 
privilegi delle imposte erariali non pu� che spiegare 
efficacia limitatamente alla fase esecutiva del 
procedimento e non rispetto ad una preventiva 
fase di accertamento : che l'Amministrazione non 
era tenuta a compiere con contrai.ddittorio dell'interessato. 


<( Parimenti infondata � la pretesa che gli interessi 
debbano decorrere dal giorno della iscrizione 
al ruolo delle somme da recuperare. 

(< A prescindere da ogni altra considerazione � 
facile rilevare che l'art. 1 del decreto n. 250 del 
1945 espressamente autorizza <( il recupero del



~i&& 


-199


l'ammontare al tasso del 5 % di tutte le annualit� 
erogate dai contributi �, e l'art. 2 esplicitamente 
accenna al fatto che le rate debbono essere comprensive 
dell'interesse del 5 %come ripete il testo 
modificato dall'art. 3 della legge n. 906 del 1949. 

� La determinazione del debito deve, quindi, 
per disposizione legislativa, essere effettuata. tenendosi 
g�i� conto dell'interesse, la cui decorrenza 
per tanto non pu� avere inizio da epoca successiva>>. 


Con questa sentenza � stata riformata quella 
del Tr�ibunale di Roma, Sez. I, 25 febraio-28 luglio 
1952, di cui ci siamo occupati con ampia nota 
critica, in questa Rivista (1953, fase. 5, 128 segg.). 

Le considerazioni esposte in tale nota risultano 
accolte dalla Corte df, Appello. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Domanda di 

rilascio di immobile occupato dalla P. A. -Impro


ponibilit� -Demanio artificiale -Immobile di inte


resse artistico -Momento di inizio della dema


nialit� -Effetti sui preesistenti rapporti di diritto 

privato. (Tribunale di Rorna, Sez. III, 23 maggio 1953 -

Pres. ed Est.: De Santis -Monaco e De Luigi c. Mini-' 

stero Pubblica Istruzione e Ministero Finanze). 

Non � proponibile davanti al giudice ordinario 
una domanda di restituzione di immobile che si 
assume illegalmente occupato dalla Pubblica Amministrazione, 
ostandovi l'art. 4 della legge sul contenzioso 
amministrativo. 

Nel momento stesso in cui lo Stato esercita il 
diritto di prelazione previsto dalla legge 1� giugno 
1939, n. 1089, l'immobile diviene demaniale. Il 
mutamento della natura giuridica dell'immobile 
provoca la distruzione di tutti i rapporti o contratti 
di diritto privato, gi� precostituiti sul bene divenuto 
demaniale. Solo il discrezionale giudizio della 
Pubblica Amministrazione pu� apprezzare se taluni 
rapporti siano compatibili con la nuova natura 
del bene, ma nessun giudice pu� sostituirsi 
alla Pubblica Amministrazione in questo apprezzamento. 


La sentenza, estesa dal presidente della III Sezione, 
espone,. con grande chiarezza, alcuni principi 
fondamentali circa i limiti della giurisdizione ordinaria. 
Ecco la parte essenziale della motivazion� : 

La tutela dei diritti del cittadino fu dalla legge 
20 marzo 1865, all. E, affidata alla giurisdizione 
comune anche nei confronti della Pubblica A mministrazione, 
ma la cognizione dell'Autorit� giudiziaria 
non � ammessa senza una grave limitazione : quando 
la violazione dei diritti del cittadino derivi da un atto 
amministrativo, il giudice ordinario non ha il potere 
di annullarlo o di revocarlo, ma deve limitarsi a 
dichiararne la illegittimit� e conseguentemente la 
avvenuta lesione del diritto da parte dell'atto amministrativo, 
mettendo l'Amministrazione nell'alternativa 
o di revocare essa stessa l'atto o di modificarlo in 
modo da far cessare la lesione o di compensare questa 
col risarcimento dei danni. 

Non potendo dunque il Tribunale revocare o porre 
nel nulla l'ordinanza di rilascio amministrativo, in 
virt� della quale il Ministero della Pubblica Istruzione 
si immise coattivamente in possesso dell'immobile 

in questione, non potrebbe neppure condannare la 
Amministrazione a restituire i locali, anche se ricono� 
scesse la illegittimit� della ordinanza. Dovrebbe invece 
limitarsi a pronunciare tale illegittimit� e la 
conseguente. lesione del diritto dei privati istanti, 

Ci� premesso, nel merito della controversia (che 
va in ogni caso esaminato sia ai fini della pronuncia 
sulla legittimit� dell'atto amministrativo implicitamente 
richiesta dagli attori, sia ai fini del risarcimento 
dei danni) una prima questione deve essere 
risolta dal giudicante Tribunale, quella cio� della 
avvenuta non o avvenuta demanializzazione del Palazzo 
Barberini, in cui trovansi i locali oggetto della 
presente controversia. 

Per negare l'avvenuta demanializzazione gli attori 
ricordano ehe, secondo l'insegnamento della dottrina 
e della giurisprudenza, per attribuire il carattere 
demaniali ai beni elencati nel capoverso dell'art. 822 
Codice civile si richiede una specifica manifestazione 
di volont�, che pu� essere una legge o un atto amministrativo 
che ha efficacia costitutiva di destinare il bene 
ad una pubblica funzione e comunque di sottoporlo 
al regime della demanialit�. 

Tutto ci� � indubbiamente esatto, ma non pu� 
giovare agli attori, in quanto la manifestazione di 
volont� nella specie non � mancata, dovendosi 
ravvisarla invece nell'atto col quale il Ministero della 
Pubblica Istruzione esercitava il diritto di prelazione 
per l'acquisto del Palazzo Barberini, e nella legge. 

La prelazione, invero, secondo le norme della legge 
10 giugno 1939, n. 1089, non pu� essere esercitata se 
non per i beni mobili o immobili che presentano interesse 
artistico, storico, archeologico o etnografico. 

D'altra parte l'art. 822 Codice civile, innovando in 
questo campo il diritto anteriore che ne faceva un 
patrimonio indisponibile, dichiara d~maniali <e gli 
immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico 
ed artistico a norma delle leggi in materia �, 
sempre che appartengano allo Stato. 

� dunque palese che nel momento stesso in cui lo 
Stato �si rende acquirente di un immobile avvalendosi 
della prelazione di cui sopra, questo resta assoggettato 
al regime della demanialit�, per effetto della volont� 
dell'Amministrazione manifestata con l'esercizio del 
diritto di prelazione e per effetto della volont� della 
legge. 

� noto poi che l'essenza del regime giuridico cui � 
sottoposto il demanio � costituita dalla incommerciabilit� 
dei beni che ne formano oggetto. 

L'art. 823 Codice civile dice appunto che i beni del 
pubblico demanio sono inalienabili e non possono 
formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei 
modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. 

L'inalienabilit� significa che la propriet� dei 
medesimi non pu� essere trasmessa a persona privata 
e che non si pu� costituire sopra di essi alcun 
diritto reale secondo il Codice civile. Significa ancora, 
per l'art. 1145 stesso Codice, che non si pu� acquistare 
sopra di essi alcun possesso che abbia effetto 
giuridico verso l'amministrazione pubblica -e, per il 
susseguente art. 2810, che non si pu� iscrivere su di 
essi ipoteca. 

In genere, dalla inalienabilit� consegue che i beni 
demaniali sono insuscettibili di ogni negozio di diritto 
privato, anche non costitutivo di diritto reale, compreso 
dunque il rapporto di locazione-conduzione. 



-200


Non vale opporre che quando non si tratti di un 
demanio naturale, bens�, come nella specie, di un 
demanio artificiale, ed i beni prima della demanializzazione 
siano appartenuti a soggetti privati, lo Stato 
� tenuto a rispettare i diritti a favore de,.i terzi costituiti 
dal precedente proprietario, cos� come dovrebbe 
rispettarli qualunque altro proprietario a lui succeduto. 


La distinzione tra costituzione di nuovi rapporti 
di diritto privato, che sarebbe vietata dalla incommerciabilit� 
del bene demaniale, e protrazione dei 
rapporti precostituiti, che sarebbe invece consentita, 
non trova giustificazione in alcuna norma, n� nei 
principi generali di diritto, e manifestamente erronea 
si appalesa quindi la tesi sovra esposta. Essa 
nella sua ampiezza comporta addirittura l'annullamento 
quasi completo della essenza e del contenuto della 
demanialit�, ed una inammissibile parificazione del 
trattamento della propriet� pubblica e di quello riser'
Vato alla propriet� privata; 

Infatti la difesa degli attori giunge a sostenere che 
dalla demanializzazione non deriva neppure la estinzione 
dei diritti dei terzi assolutamente incompatibili 
con la funzione e destinazione del bene, diritti che continuerebbero 
invece a sussistere, in mancanza di una 
regolamentazione al momento del trapasso del bene 
del regime di diritto privato a quello di demanialit�, 
la quale si ridurrebbe in tal modo ad una mera espressione, 
priva di effettivo contenuto. 

n vero � esattamente il contrario : in applicazione 
cio� dei principi generali di diritto si deve anzitutto 
escludere che possano permanere dopo la demanializzazione 
quei diritti dei singoli i quali contrastino 
con la destinazione della cosa ai fini di pubblica 
utilit� ; n� deve far meraviglia che diritti privati 
possano essere in ta modo distrutti, quando si pensi 
che la legge pu� sempre imporre la decadenza dei diritti 
privati. 

Quando agli altri diritti che, senza contrastare con 
la destinazione ,(],ella cosa ai fini di pubblica utilit�, 
ne comportino per� un uso eccezionale da parte di 
singoli soggetti, non pu� invece escludersi che essi 
siano rispettati dalla demanializzazione, essendo noto 
che dei beni demaniali � a volta a volta consentito 
l'uso eccezionale; all'uopo si deve ricordare che, sebbene 
sul demanio si eserciti di regola l'uso pubblico, 
ci� non toglie che una parte della cosa, salvo la destin
�azione del rimanente all'uso �medesimo, possa attribuirsi 
in particolare godimento ad un singolo, ad 
esclusione degli altri (come appunto si verifica in 
caso di locazione). 

Senonch� l'apprezzamento della compatibilit� dell'uso 
generale coll'uso eccezionale non pu� che essere 
rimesso alla discrezionalit� della Pubblica Amministrazione, 
e nessun giudice le si pu� sostituire in tale 
giudizio : pertanto, come spetta alla Pubblica A mministrazione 
in sua discrezionalit� concedere o non 
concedere l'uso eccezionale del bene demaniale, e come 
la Pubblica Amministrazione pu� far cessare in ogni 
momento l'uso eccezionale del bene demaniale che 
tragga origine da una sua concessione, questa revocando, 
cos� pu� negare o far cessare l'uso eccezionale 
che tragga origine dal permanere di diritti preesistenti 
alla demanializzazione, giudicando in sua discrezionalit� 
incompatibile con le finalit� di uso pubblico 
cui quel bene demaniale deve servire : il che trova 

spiegazione nel fatto che, seppure non sono da escludersi 
diritti subbiettivi dei privati sul bene demaniale 
che possano farsi valere anche contro la Pubbliea 
Amministrazione, in tali casi trattasi comunque di 
diritti affievoliti, o, come altri li definisoono, eondizionati, 
in quanto essi debbono in determinate evenienze 
cadere di fronte alle esigenze dell'interesse pubblico. 

Sostanzialmente dunque anche nel caso di diritti 
che non contrastino in maniera inconciliabile con la 
destinazione della cosa ai fini di pubblica utilit�, 
il loro perdurare non � solo e non � tanto dovuto al 
fatto che essi preesistevano alla demanializzazione, 
quanto alla volont� della Pubblica Amministrazione, 
la quale li ritenga compatibili con l'uso generale; 
volont� che pu� essere mutata quando l'Amministrazione 
ritenga in sua discrezionalit� che l'uso eccezionale 
sia divenuto incompatibile con la destinazione 
del bene.

Da tutto quanto esposto deriva che gli attori non 
hanno, nel dedotto contratto di locazione un titolo 
valido per imporre alla Amministrazione la protrazione 
del loro godimento dell'immobile, dopo la demanializzazione 
della stessa, e ne consegue la completa 
legittirnit� dell'ordinanza amministrativa di rilascio, 
che trova altres� la sua piena giustificazione nell' articolo 
823, comma 2�, Oodice civile che dispone : 
cc spetta all'autorit� amministrativa la tutela dei beni 
che fanno parte del demanio pubblico. Esso ha facolt� 
di procedere in via amministrativa ... >>. 

I principi innanzi enunciati non soffrono alcuna 
deroga per effetto della legislazione vincolistica sulle 
locazioni : al contrario si � costantemente ritenuto 
inapplicabile tale legislazione ai rapporti che traggono 
origine da concessioni amministrative. 

IMPOSTA DI REGISTRO -Cessazione del privilegio 
per decorso decennio. (Tribunale di Roma, Sez. I, 
Sent. 20 aprile-16 giugno 19:53 -Pres: Capitolo; Est.: 
Santoni-Rugiu -Societlt anonima Tranvie e Ferrovie 
Elettriche di Roma c. Ministero delle Finanze). 

.Anche quando un privilegio fiscale tragga origine 
da contratto stipulato con lo Stato ed approvato 
per legge, esso cessa di diritto alla scadenza 
del decennio della sua entrata in vigore. 

Non pu� considerarsi approvato ,per legge un 
contratto approvato con decreto reale. 

Le questioni affrontate dal Tribunale di Roma 
nella sentenza annotata appaiono nuove, sebbene 
modeste, e vertono sull'esatta interpretazione dell'art. 
29 della legge di registro. Tale articolo dispone, 
come � noto, che tutti i privilegi tributari debbano 
cessare di diritto dopo dieci anni dalla loro entrata 
in vigore. 

Nel 3� comma dello stesso articolo, per�, si stabilisce 
l'anticipata cessazione del privilegio, se dai bilanci 
della Societ� o degli Enti beneficiati risultino 
utili netti superiori all'interesse legale. 

La ragione di questa anticipata decadenza viene 
individuata, dalla Relazione ministeriale, nel-fat;to che 
in questo caso la fioridezza dell'ente privilegiato 
renderebbe ingiustificata la permanenza dell'agevolazione 
fiscale per l'intero decennio. Solo quando il 
beneficio fiscale tragga origine da contratto stipulato 
con lo Stato, ed approvato per legge, la cessazione del 


-201 


privilegio non ha luogo. � evidente che la portata di 
questa eccezione pu� essere diversissima, a seconda 
che essa si riferisca alla sola cessazione anticipata, 

o alla cessazione ordinaria per decorso del decennio. 
Nella prima alternativa, i privilegi traenti origine 
da contratti stipulati con lo Stato ed approvati per 
legge sopravviverebbero all'evento che determina la 
cessazione anticipata (utili superiori al normale), 
ma non durerebbero oltre la scadenza del decennio. 
Nella seconda alternativa, questi privilegi non avrebbero 
praticamente alcun limite di tempo. 
Il Tribunale, con una motivazione estremamente 
concisa, ma corretta, ha accolto la prima alternativa. 
Tale soluzione sembra esatta, se si tiene presente lo 
spirito che informa l'eccezione accordata ai privilegi 
traenti origine da contratti con lo Stato. Poich� � da 
presumere che lo Stato, attraverso questi contratti, 
si sia assicurato corrispettivi tali da farlo partecipare, 
direttamente o indirettamente, agli utili dell'ente 
beneficiato, � evidente che attraverso i corrispettivi 
affiuiscono allo Stato, ed anzi in maggiori proporzioni, 
quelle somme che lo Stato non percepisce a titolo di 
imposte. Inopportuna apparirebbe quindi una decadenza 
anticipata, che si risolverebbe indirettamente 
in un minore introito sotto altri aspetti. E ci� spiega 
come la permanenza del beneficio sia stata, nella 
topografia della legge, incasellata fra due disposizioni 
(la prima parte del 30 comma, ed il 4� comma dell'art. 
29) che hanno entrambe riferimento all'ipotesi 
degli utili eccedenti l'interesse legale; a questa 
stessa ipotesi di decadenza anticipata, e solo a questa 
ipotesi deve riferirsi quindi la eccezionale permanenza 
prevista dalla seconda parte del 3� comma. In altri 
termini, l'eccezione (che, come tale � da interpretarsi 
restrittivamente, tanto pi� in tema di privilegi) 
non opera rispetto alla generale decadenza per il 
decorso del decennio, regolata unicamente dal 2� 
comma dell'art. 29 ; n� l'esistenza di eventuali partecipazioni 
dello Stato potrebbe giustificare una permanenza 
del beneficio anche oltre quel termine massimo, 
che � fissato con portata generale e inderogabile. 
Ragioni di opportunit� e, in un certo senso, di moralit� 
tributaria, inducono a limitare al solo caso della 
decadenza anticipata l'infiuenza dei motivi economici, 
determinanti il permanere del privilegio del caso di 
cointeressenza. 

Il Tribunale ha, comunque, osservato che in ogni 
caso l'eccezione potrebbe ricorrere solo rispetto a contratti 
approvati per legge; e neg� che tale requisito 
sussistesse per convenzioni approvate per semplice 
decreto reale. 

Anche questa conclusione sembra da approvare. 

Allorquando il legislatore prevede una. � approvazione 
per legge � usa questo termine nel senso di legge 
in senso formale. La distinzione fra approvazione per 
legge e approvazione per decreto, in materia di contabilit� 
di Stato �, del resto, fondamentale (cfr. INGROSSO 
: Contabilit� di Stato, p. 180). Quali che 
siano i significati assunti dal termine <<legge � in 
altri campi, � indubbio che nel campo dell'approvazione 
dei �ontratti si intende per � approvazione 
per legge )) quella particolare ed eccezionale approvazione 
che avviene mediante la sottoposizione del contratto 
al Parlamento. Ben note sono, anche per le 
dispute cui diedero luogo, le convenzioni per l'esercizio 
delle reti ferroviarie mediterranee, adriatica e 

sicula, che furono precisamente approvate con la 
legge 27 aprile 1885 n. 3048, e che prevedevano privilegi 
tributari (art. 40). Se si tiene presente che la 
stessa legge del registro � anteriore all'attribuzione 
al potere ...esecutivo di emana;re norme�� giuridiche 
(legge 31 -gennaio 1926, n. 100), non pu� sussistere 
dubbio di sorta sul significato, tecnicamente preciso, 
det:_requisito dell'ct'approvazione per legge�. Per lo 
Statuto del regno,~il Re poteva fare i decreti ed i regolamenti 
necessari per l'esecuzione delle leggi, ma �senza 
sospenderne l'osservanza o dispensarne � (art. 6). 
Ora, l'ammissione di un privilegio fiscale implica 
appunto la sospensione o la dispensa dalla norma 
comune, impositiva del tributo : e non era ammissibile 
che il legislatore, proprio quando mirava a limitare 
la durata dei privilegi di cui rilevava � la manifesta 
esagerazione ii (cos�, la Relazione ministeriale), 
intendesse mantenere esenzioni e privilegi 
non fondati su una vera e propria legge. 

A. C. 
OPERE PUBBLICHE -Edifici danneggiati dalla 
guerra -Potere di ricostruzione diretta da parte 

~dell'Amministrazione dei lavori pubblici: sussi� 
stenza � Mutamento .di strutture e di destinazione 
dell'immobile da parte dell'Amministrazione: inam� 
missibilit� � Domanda del privato al Giudice ordina� 
rio di demolizione delle opere riparate o ricostruite 
dall'Amministrazione: inammissibilit�, difetto di 
giurisdizione del giudice ordinario. (D.1.1. 9 giugno 
194:5, n. 303; D. I. C. p. S. 10 aprile 1947, n. 261; articolo 
2 e 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) Corte 
di App. L'Aquila, 30 aprile 1933 -Amministrazione 
Lavori Pubblici c. Tamburri. 

Il Ministero dei Lavori Pubblici ha il potere 

di provvedere anche direttamente e con carattere 

di urgenza ed indifferibilit�, ai lavori di ripara


zione e, ove questi non bastassero, a quelli di ri


costruzione degli ediflci danneggiati o distrutti 

dalla guerra nonch� alle nuove costruzioni che si 

palesano indispensabili per dar ricovero a coloro 

che sono rimasti senza tetto a seguito degli eventi 

bellici. 

Nel silenzio serbato dal D.L.L. 9 giugno 1945, 

n. 305 in ordine alle norme da osservarsi nel caso 
di ricostruzione eseguita dall'Amministrazione, 
non resta all'interprete che applicare le disposizioni 
degli art. 32 e segg. del decreto, le quali regolano 
l'attivit� della pubblica amministrazione 
nell'ipotesi di esecuzione diretta delle riparazioni. 
La norma di cui all'art. 94 del D.L.O.P.S. 
10 aprile 1947, n. 261, non ha carattere innovativo 
rispetto alle disposizioni di cui al precedente 

D.L.L. 9 giugno 1945, n ..305. 
A meno che non venga richiesto ad substant'iam 
l'uso di determinate forme, l'atto amministrativo 
pu� egualmente concretizzarsi in un comportamento 
materiale della pubblica amministrazione, la 
quale, in tal modo, viene a manifestare la propria 
volont� in ordine al perseguimento di un. fine di 
pubblico interesse. 

Ammessa l'esistenza del potere discrezionale della 
pubblica amministrazione di procedere anche 
alla. ricostruzione degli edifici danneggiati dagli 
eventi bellici per i fini di cui al D.L.L. 9 giugno 
1945, n. 305, il difetto del preventjvo avviso 


-202 ~ 

Lla �uv�are al 1_.n�opr�etal'io dell'�uuuo!Jile <la deostruire 
al fine da provocarne l'intervento in 
sede di redazione del. verbale di consistenza del 
fabbricato e il difetto della redazione del verbale 
medesimo, non possono essere fatti valere come 
vizi dell'atto amministrativo dinanzi all'Autorit� 
giudiziaria ordinaria, ma sibbene dinanzi a quella 
giurisdizionale amministrativa. 

Il potere attribuito all'Amministrazione di riparare 
e ricostruire un immobile danneggiato dagli 
eventi bellici, non attribuisce altresi la facolt� 
di mutare le strutture fondamentali e la originaria 
destinazione dell'immobile medesimo. 

Difetta di giurisdizione l'Autorit� giudiziaria 
ordinaria, ove il privato richieda la demolizione 
delle opere di riparazione o di ricostruzione eseguite 
dall'Amministrazione, nei riguardi di un edificio 
danneggiato dalla guerra, per i fini di cui 
al D.L.L. 9 giugno 1945, n. 305. 

I. -Le questioni sottoposte, in primo grado, 
all'esame del Tribunale, e, poi, in grado di appello, 
all'analisi della Corte, riflettevano sostanzialmente 
il problema dell'esistenza, oltrech� del potere 
spettante all'Amministrazione di riparare gli 
edifici danneggiati dalla guerra, anche, e principalmente, 
del potere. di ricostruire gli edifici distrutti 
per le stesse cause. 
Riconosciuta l'esistenza del potere di riparazione, 
venne contestata, in primo grado, la sussistenza 
del potere di ricostruzione degli edifici distrutti, 
siccome spettante all'Amministrazione dei lavori 
pubbHci. 

L'errore, in cui era incorso il giudice di primo 
grado, dipendeva sostanzialmente dall'aver ritenuto 
la inesistenza del potere medesimo per il rilevato 
difetto di un11 disciplina enunciata esplicitamente 
nei singoli testi legislativi riguardanti la 
materia de qua. 

Ora, se con il D.L.L. 17 novembre 1944, n. 366, 
era stata enunciata la disciplina per l'esercizio 
del solo potere di riparazione degli edifici danneggiati, 
con il testo unico, approvato con il D.L.L. 
9 giugno 1945, n. 305, era stato espressamente riconosciuto 
anche il potere di ricostruzione degli 
edifici distrutti, come spettante alla stessa Amministrazione 
cosi come analogamente ha disposto il 
successivo D.L.O.P.S. 10 aprile 1947, n. 261. 

Non si comprende, quindi, come il Tribunale a 
differenza poi della Corte avesse potuto ignorare 
il cpv. dell'art. 2 del decreto n. 305 del 1945. 

Se in realt� dal contenuto delle singole disposizioni, 
costituenti il predetto testo unico, non appare 
chiaramente indicata la disciplina per l'esercizio 
del potere di ricostruzione, mentre � minutamente 
regolato l'esercizio del potere di riparazione, 
ci� non induce a ritenere che l'enunciazione 
legislativa contenuta nel cpv. dell'art. 2 del T. U., 
debba rimanere senza pratica attuazione, in quanto 
non corroborata dalle ulteriori norme che disciplinano 
l'esercizio dello stesso potere di ricostruzione. 


E' appena sufficiente osservare come l'esercizio 
pel potere di ricostruzione soccorre quando limitandosi 
l'Amministrazione all'uso del solo potere 
di riparazione, si palesi, in pratica, insufficiente 

l'apporto concreto �a dare a sollievo �e� senza 
tetto. 

Ohe l'intenzione del legislatore sia stata quella 
di ampliare la sfera di competenza gi� indicata 
con i precedenti provvedimenti . (D.L.L. 17 novembre 
1944, n. 366; D.L.L. 18 gennaio 1945, numero 
4), risulta manifesto dalla stessa sistematica 
legislativa adottata nella formulazione del 
citato cpv. dell'art. 2 del decreto n. 305 del 1945, 
dove all'esercizio del potere di ricostruzione l'amministrazione 
si induce a passare se, a seguito di 
mero apprezzamento discrezionale, ritenga insufficiente 
o impossibile l'esercizio del mero potere di 
riparazione degli edifici. 

1Senonch�, tanto il potere di riparazione, quanto 
il potere di ricostruzione, derivano la propria 
carusa giustifi:cati'va. dalla .esig.enza, legislativamente 
rivelata,, di cercare strumenti giuridici idonei 
a raggiungere finalit� del tutto particolari 
connesse a momenti veramente eccezionali della 
vita del Paese. 

La finalit�, difatti, di concedere l'allogio ai cittadini 
rimasti senza tetto a causa degli eventi 
bellici, postulava il conferimento di poteri realmente 
eccezionali alla Pubblica Amministrazione, 
onde consentire a quest'ultima, al di fuori dei normali 
istituti espropriativi della propriet� privata, 
di poter disporre, sia pure per la sola finalit� 
indicata dalla legge, di un settore della propriet� 
vrivata, considerato, in quel momento, bene vitale 
per gli interessi dei cittadini pi� duramente colpiti 
dagli eventi belleci. 

L'apprezzamento, legislativamente condotto attraverso 
il susseguirsi dei provvedimenti indicati, 
per concedere abitazioni ai cittadini rimasti senza 
tetto, � cronologicamente determinato in relazione 
al contenuto delle singole disposizioni di cui 
ai decreti medesimi. 

Nel novembre 1944, quando ancora H territorio 
nazionale era teatro di guerra, il legislatore ritenne 
sufficiente al perseguimento della particolare 
finalit�, di attribuire all'Amministrazione, 
il solo potere di riparare gli edifici rimasti danneggiati 
per cause di guerra. 

Successivamente, a qualche mese dalla cessazione 
delle ostilit�, quando gli organi legislativi ebbero 
modo di valutare, sia pure sommariamente, 
le conseguenze disastrose prodotte dalla guerra, 
si ritenne necessario di � integrare le disposizioni 
gi� emanate per assicurare il ricovero dei rimasti 
senza tetto in seguito ad avvenimenti bellici � 

(v. preambolo D. L, L. n. 305 del 1945). 
Fu proprio, in tale occasione, con l'emanazione 
del noto T. U., che le disposizioni precedenti 
vennero � integrate � con l'attribuzione dell'ulteriore 
potere conferito alla Amministrazione, di ricostruire 
gli edifici distrutti a causa della guerra. 

Il contenuto dei due poteri anzidetti si diversifica, 
in realt�, non per la qualit�, ma per il grado. 

Ed, invero, tanto nell'uno come-nell'altro caso, 
il potere � qualitativamente identico, poich� ~i 
tratta della facolt� attribuita all'Amministrazione 
di interferire, in un modo del tutto particolare, 
nella sfera giuridica del privato, e segnatamente, 
nel settore della propriet� edilizia privata, onde 
provvedere alla riparazione degli edifici rimasti 


'Mf:::::: 4 

-203 


danneggiati, ovvero provvedere <tlla rieostruzione 
degli edifici distrutti a causa �ella guerra. 

Sia nell'uno che nell'altro caso, si ha egualmente 
l'esistenza di un potere di ingerenza della 
Pubblica Amministrazione, e, quindi, un potere 
di incidenza sul diritto di propriet� del privato. 

L'adozione pratica dell'una forma di potere ov


�vero dell'altra non discende, per la legge, da particolari 
presupposti subiettivi, riferibili al soggetto 
che rimane gravato, ma la scelta, dipende esclusivamente 
�alle risultanze dell'apprezzamento discrezionale 
condotto dall'Amministrazione, in ordine 
alle possibilit� pratiche che la situazione 
degli edifici gi� esistenti e colpiti dagli eventi bellici 
offre per il perseguimento della primaria finalit� 
di concedere gli alloggi ai sensa tetto. 

,se, dunque, tanto il potere di riparare, quanto 
il potere di costruire spettano, in quanto legislativamente 
attribuiti, alla Pubblica Amministrazione; 
e se la causa legislativa da cui originano i 
due poteri � la medesima ; e se, infine lo scopo 
cui i due istituti sono piegati non si differenzia, 
pu� affermasi che, in difetto, di dh~cipline distinte 
per la regolamentazione dell'esercizio dei 
due poteri, ove la legge abbia previsto solo la 
disciplina dell'esercizio per uno di essi, la medesima 
disciplina, trattandosi di poteri di natura 
identica, andr� invocata anche per l'altro potere. 

In tali termini si � correttamente espressa la 
Corte di appello, riconoscendo non solo l'es:i,stenza 
del negato potere di ricostruzione, ma enunciando 
il principio per cui la disciplina dell'esercizio 
del potere medesimo andr� mutuata da quella legislativamente 
prevista per l'esercizio _del potere 
di riparazione. 

IL -Ammessa l'esistenza dei due poter;i. di riparazione 
e di ricostruzione degli edifici, rispettivamente 
danneggiati e distrutti dagli eventi belli�i, 
occorre esaminare l'ulteriore questione in 
ordine ai limiti in cui possono legittimamente 
esercita.rsi il potere di riparazione e quello di ricostruzione. 


Ha ritenuto la Corte che l'esercizio di siffatti 
poteri rimane limitato dall'impossibilit� per la 
Amministrazione di mutare le strutture fondamentali 
e la destinazione economica che il singolo 
edificio aveva prima di essere colpito dagli 
eventi bellici. 

L'affermazione si palesa in s� esatta, appena si 
considera che sono proprio le strutture c. d. fondamentali 
che costituiscono lo scheletro di un edificio 
e caratterizzano l'aspetto di un'opera edilizia. 


Ci� non toglie, peraltro, che se la norma attribuisce 
all'Amministrazione un complesso di poteri 
eccezionali, onde pervenire al raggiungimento delle 
indicate finalit�, non pu� non consentirsi sulla 
liceit� di alcuni accorgimenti che la stessa Amministrazione 
pu� trovarsi nella necessit� di porre 
in essere al fine di adattare l'immobile ricostruendo 
o riparando alle finalit� medesime. 

Ne consegue, pertanto, che i limiti per l'esercizio 
concreto dei poteri predetti, sono determinati 
a seguito di una comparazione puramente tecnica 
del contenuto dei due progetti, quello relativo al 

rilievo dell'edificio gi� distrutto o danneggiato e 
quello relativo all'edificio ricostruendo o riparando. 


Ove, quindi, pu� ritenersi che le c. d. strutture 
fondamentali sono state, in realt�, rispettate, alcuna 
questione pu� sorgere in -ordine, ad es., alla 
ripartizione interna degli ambienti, anche se questa 
risulti diversa da quella originaria. 


Circa, poi, la c.d. destinazione economica, il 
cui concetto si traduce, in pratica, nella nota 


_ distinzione fra case destinate ad uso di abitazione 
e case destinate ad uso diverso da quello 
di abitazione, v'� da rivelare che i requisiti di 
lusso che una casa di abitazione poteva, per avventura, 
possedere prima della distruzione o del 
danneggiamento, non possono vincolare l'Amministrazione 
in sede di ricostruzione o di ripara� 
zione, nel senso di obbligare la stessa Amministrazione 
ad impiegare nella ricostruzione o nella 
riparazione elementi costruttivi di lusso, onde ottenere, 
poi, un edificio egualmente di lusso al 
pari di quello distrutto o danneggiato. 
E' evidente, infatti, che la destinazione non 
muta anche se l'abitazione ricostruita o riparata 
non possiede nuovamente le stesse caratteristiche,. 
onde poterla classificare di, lusso. 

III. -Ulteriore questione, del pari sottoposta 
all'esame della Corte, rifletteva la discriminazione 
pratica fra il contenuto del potere di riparazione 
e l'ambito del potere di ricostruzione. 
In difetto di un criterio indicato dalla legge e 
di fronte alla correlazione posta fra potere di ri. 
parazione e edificio danneggiato e fra potere di 
ricostruzione e edificio distrutto, la linea di separazione, 
non sempre nettamente precisa, deve, di 
necessit�, ricercarsi al di fuori dei vari criteri 
che, in altre ipotesi, non rispecchianti analoghe 
finalit�, l'ordinamento g'iur:i,dico pu� offrire. 

Quando un edificio deve ritenersi danneggiato o 
quando un edificio deve riteners;i. distrutto, � questione 
puramente tecnica, da ricollegarsi con il 
criterio della persistente o cessata funzionalit� 
dell'edificio medesimo. 

Anche in tal caso, per�, sorge il problema ;i.ntorno 
alla percentuale di funzionalit� che l'edifi� 
cio medesimo risulta presentare. 

Un criterio � stato indicato dall'Ufficio controllo 
della Corte dei Conti di Perugia (Risoluziont 
20 luglio 1951, in � Rivista della Corte dei Conti �, 
1952, II, 45). 

In tale risoluzione � detto che: � Per distinguere 
i fabbricati danneggiati da quell;i. distrutti 
ai fini dell'esecuzione di ufficio dei lavori di ripristino, 
deve seguirsi lo stesso criterio adottato 
per i lavori effettuati dai proprietari con il beneficio 
del contributo statale, e cio� considerare 
danneggiati soltanto quei fabbricat;i. per i quali il 
volume delle strutture statiche riutilizzabili sia 
superiore alla met� di quello di tutte le st~utture 
dello stesso genere che costituivano l'intero fab-�bricato 
�. 

Il criterio offerto con la risoluzione citata non 
ci sembra, in verit�, meritevole di censura. 
Se il sistema adottato dal complesso delle disposizioni 
legislative, in materia di ricovero dei 



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-


I 

-204 -i 

senza tetto, �eve, �i necessit� essere informato al 
requisito dell'unicit�; se, in�ipen�entemente dall'ipotesi 
dell'esecuzione diretta dei lavori ovvero 
da quella dell'eseGuzione su iniziativa dei privati, 
la situazione oggettiva di fatto, relativa all'edificio 
de qUJo, � ovviamente la medesima, non pu� 
essere diverso il criterio di qualificazione in ordine 
alla natura di danneggiato o di distrutto dell'edificio 
medesimo. Pertanto, il criterio enunciato offre 
requisiti idonei ad essere adottato al fine di 
concretizzare la distinzione soprariferita. 

IV. -Due ulteriori questioni sono state afrontate 
e decise dalla Corte con la sentenza che 
si annota. 
L'una, relativa alla non rilevanza del difetto 
del preavviso da inviare al proprietario ex art. 32 
(decreto n. 305 del 1945), l'altra, concernente 
l'esistenza del difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario, ove il privato richieda la demolizione 
delle opere di riparazione o di ~�icostruzione eseguite 
dall'Amministrazione, nei riguardi di un 

edificio danneggiato o distrutto dalla guerra, per 
�ar ricovero ai senza tetto. 
Esatte si palesano le soluzioni adottate dalla 
Corte pe1� l'una e l'altra questione. 

E, difatti, � principio ormai indiscusso che, 
ove la legge non richiede, pei� l'emanazione del1'
atto amministrativo, l'uso di determinate forme 
ad substanNam, la volont� dell'Amministrazione 
pu�, in realt� concretizzarsi nei cosidetti fatti 
amministrativi, 1 quali devono qualificarsi atti 
amministrativi in senso ampio. 

Del pari esatto � il rilevato difetto di giurisdizione 
in ordine alla seconda questione. 

In realt�, la richiesta al giudice ordinario di 
demolizione delle opere di riparazione o di ricostruzione 
eseguite dall'Amministrazione, equivaleva 
ad una richiesta di annullamento o di revoca 
dell'atto amministrativo, in forza del quale 
le opere medesime erano state eseguite. 

Ora, una siffatta richiesta urtava ovviamente 
contro il contenuto dell'art. 4 della legge sul 
contenzioso amministrativo. 

A. T. 

SEGNALAZIONI DI DOTTRINA 
E GIURIS PRUDE N Z��A 


COSTITUZIONE DELLO STATO 

DoNNE. I [ I 

Possono rivestire l'ufficio di componente della 
Giunta Provinciale Amministrativa (Cons. Stato, 
21 novembre 1952. � Foro Amm. �, 1953, I, 
II, 166). 

CONFL�ITTI DI ATTRIBUZIONE. 

Discrezi.onalit�. -Le pouvoir discr�tionnaire 
de l'Administration articolo di L. LoPmz Rooo. 
� Revue de Droit Publ. et de la Se. Polit.. �, 1953, 

572. 
L'esercizio della discrezionalit� da parte della 
PubbUca Amministrazione oltre i limiti posti 
dalla legge � sindacabile dal Giudice ordinario 
(Corte d'Appello di L'Aquila,, 10 marzp 1953. 
� Riv. Giur. Abr. �, 1953, 109, con nota contraria 
del dott. Giulio Cevolotto); pu� valutarsene 
il corretto esercizio da parte della Pubblica Amministrazione, 
non per� sindacarsi la valutazione 
tecnico professionale per cui l'Amministrazione 
abbia ritenuto di non accogliere una certa istanza 
(Corte d'Appello di Roma, 14 ottobre 1952. � Foro 
It. �, 1953, I, 1181); pu� verificarsi se l'autorit� 
di pubblica sicurezza abbia esercitato un potere 
rientrante tra quelli insindacabili di cui all'art. 
7 legge di P. S. (Corte Cassaz .., S. U., 
8 maggio 1953, �Foro Padano�, 1953, II, 53); 
mentre spetterebbe al giudice amministrativo la 
controversia circa l'esercizio del potere discrezionale 
dell'Autorit� di pubblica sicurezza di vietare 
riunioni in luogo aperto al pubblico (Trib. 
Milano, 25 marzo 1953, �Foro It. �, 1953, I, 
1196). 

Condanna in facere. -Pu� condannarsi alla 
restituzione in quanto agisce nella sfera privatistica, 
l'Amministrazione che, trovate cose illegalmente 
sequestrate da autorit� r.s.i., e requ:i.sitene 
alcune, abbia ordi.nato la restituzione delle 
restanti senza darvi corso (Trib. Roma, 22 dicembre 
1952: cont, 59353 Av. Gener.); in senso contrario, 
se � risolta una donazione per verificata 
condizione, non pu� condannarsi l'Amministrazione, 
anche se agisca jure privato, alla restituzione 
in un termine perentorio, tanto pi� se il 

donante deve rifondere le opere incorporate dal 
donatario (Trib. Bologna, 30 giug,�no 1953, Cont. 
6897 -Avv. Bologna). 

CONFLITTI DI �GIURISDIZIONE. 

Il relativo regolamento � proponibile anche nel 
caso di giudizi promossi davanti a un giudice 
speciale (Corte Cass., S. U., 21 giugno 1952. 
� Giur. It. �, 1953, I, 1, 730, nota del dott.. Ettore 
Morone); sono impugnabili davanti alle Sezioni 
Unite della Cassazione per motivi attinenti 
alla giurisdizione, e soltanto dall'interessato e 
dall'Amministrazione, le decisioni del Consiglio 
di Stato circa l'esecuzione dei giudicati (Corte 
Cass., S. U., 8 luglio 1953. �Foro It. �, 1953, I, 
1081 con nota). 

E' competente il giudice ordinario: ove si neghi 
alla Pubblica Amministrazione il potere di 
invalidare un rapporto contrattuale della r.s.i. 
(Cons. Stato, 21 novembre 1952, (< Foro It. �, 
1953, III, 1201, nota prof.. M. S. Giannini, � Foro 
Amm. �, 1953, I, 1, 118 con nota); a conoscere 
dell'obbligo della Pubblica Amministrazione di 
custodire cose penalmente sequestrate, avente 

� natura civile (Corte Cass., S. U., 8 maggio 1953. 
� Foro Padano �, 1953, II, 57). 

E' competente il g,fodice amministrativo: nelle 
controversie circa il rapporto di impiego presso 
ente pubblico economico, quando nella sua continuazione 
abbia inciso un provvedimento di natura 
discrezionale (Corte Oass., S. U., 21 giugno 
1952. � Giur. It. �, 1953, I, 730, con nota 
dott.. Ettore l\forone): nel rapporto di impiego 
con l'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci 
(Oons. Stato, 27 ottobre 1952. � Foro Amm.�, 
1953, I, III, 209). 

ATTIVITA' FORMALE 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


ATTO AMMINIS'l'RATIVO. 

Non � definitivo il provvedimento della Sezione 
Provinciale Associazione Nazionale Combattenti 
e Reducl (Cons. Stato, 27 ottobre 1952. � Foro 
Amm.�, 1953, I, III, 210): e quello del Direttore 
generale dell' A.N.A.S.S.. (Cons. Stato, 28 novembre 
1952. �Foro Amm.�, 1953, I, I, 144). 



206 


CONTROLLO GIURISDIZIONALE. 

La competenza del Consiglio di Stato circa la 
esecuzione dei giudicati riguarda anche le pronuncie 
dei giudici amministradvi, ma l'obbligo 
dell'Amministrazione di conformarsi al giudicato 
� circoscritto alla attivit� oggetto del giu�icafo 
e non si estende a ulteriori attivit� (Corte 
Cass., S. U., 8 luglio 1953, �Foro It. �, 1953, 
I, 1081). 

A'l'TIVI'l'A' SOS'l'ANZIALE 
DJ<JLLA PUBBLICA AMMINIS'l'RAZIONE 

AGRICOI.Jl'URA. 

Affittanze agrarie. -La Sezione spe�iale del 
'l'ribunale � competente sulle istanze di esclusione 
delle proroghe di affittanza agraria, proposte a 
sensi dell'art. 5 leg�ge n. 435 del 1951 dagli enti di 
riforma agra;ria (Trib. Avezzano, 1� aprile 1953. 
� Riv. Giur. Abr. �, 1953, 158, nota avv. Emilio 
Romagnoli). 

Nelle more di un provvedimento di legittimazione 
delle occupazioni abusive, da emettersi dal 
Commissario per la liquidazione degli usi civici, 
i preesistenti rapporti contrattuali permangono 
e soggiacciono alla competenza del giudice ordinario 
il quale non � tenuto a sospendere in quelle 
more il giudizio relativo alla esclusione dalla proroga 
delle affittanze agrarie relative agli stessi 
terreni (stessa sentenza e pubblicazioni; nota particolare 
a commento a pag. 228 della stessa Rivista), 


'l'erre incolte. -La decisione del Consiglio cli 
Giustizia amministratlva della Regione Siciliana 
emesso contro l'assegnazione prefettizia di terre 
incolte � impugnabile davanti alla Sezione plenal"
ia delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di 
Stato (Cons. Stato, Ad. plenaria, 23 giugno 1953, 
�Foro Amm. �, 1953, I, 1, 107). 

La conoscenza del diritto del proprietario al 
pagamento del canone di concessione di terre in<
�olte, e del diritto alla declaratoria di decadenza 
per inadempimento dei concessionari, spetta al 
giudice ordinario, che peraltro non pu� pronun� 
dare condanna del concessionario al rilascio, importando 
questa la revoca dell'atto amministra� 
tivo (Corte Cass., S. F., 18 maggio 1953, � Mon. 
'l'rib. �, 1953, 272). 

ATTIVIT� PROFESSIONALI El INTElLLEl'l'TUALI. 

Diritto di autore. -Non possono devolversi ai 
Pubblici Archivi (e la consecutiva divulgazione 
<�omporta risarcimento del danno) i documenti redatti 
da p�ersone che abbiano esplicato pubbliche 
funzioni, ma formati nella vita privata, e in possesso 
di privati (Corte App.-Roma, 3 giugno 1953, 
�Dir. Aut.�, 1953, 214). 

COMUNICAZIONI. 

Ji'errorie. -Il D. L. L. n. 147 del 1947 che de� 
cuplica l'indennit� per avaria o perdita di cose 
trai-:portate dalle Ferrovie dello Stato non si ap


plica ai contratti conclusi prima della sua anelata 
in vigore: l'indennit� per avaria o perdita costituisce 
<1ebito di valuta (Corte Cass., S. U., 24 gen 
naio 1953, � Riv. Giur.-Circ. Trasp. �, 1953, 411). 

Trasporti in concessione. -"-La concessione in 
esclusiva di una linea automobilistica d� dil'itto 
al concessionario dj agire davanti al giudice ordinario 
contro qualsiasi attivit� di concorrenza, 
che costituisce un illecito (Corte Cass., 16 aprile 
1953, � Mon.-Trib. ,,, 1953, 289). 

INDUSTRIALIZZAZIONE DEI, MEZZOGIORNO. 

La norma dell'art. 2 D. L. 1598 del 1947 comprende 
qualsiasi iniziativa purch� diretta a scopi 
di industrializzazione; n� a tali fini � d'ostacolo 
l'esistenza di un contratto di locazione dell'opificio 
(Comm. Centr. Imp., 9 gennaio 1952, � Riv. 
Notar. ,,, 1953, 326). 

OPERE D'INTERESSE PUBBLICO. 

Espropriazioni. -Il giudice non pu� prefiggere 
alla Pubblica Amministrazione, che abbia 
occupato un fondo trasformandolo in istrada, un 
termine per l'espletamento dell'espropriazione per 
pubblica utilit�, ma pu� solo condannarla a pagare 
il valore del fondo a titolo di risarcimento 
danni (Corte Cass., 6 dicembre 1952, � Giur. It. ll, 
1953, 1, 697, con nota). 

Pu� esercitarsi, anche pendente una causa per 
decadenza di dichiarazione di pubblica utilit�, la 
facolt� ex art. 1 D. L.-L. n. 235 del 1946 di assegnare 
un nuovo termine (Corte Cass., 23 maggio 
1953, � Mon. Trib. �, 1953, 288). 

Lo stato di consi,stenza sottoscritto senza riserve 
da entrambe le parti non pu� essere successivamente 
disconosciuto (Trib. Trento, 1� giugno 
1953; Oont. 645 Avv. Trento). 

L'indennit� di esproprio si commisura al valore 
del fondo all'epoca del decreto di esproprio; quella 
di occupazione di urgenza agli interessi su tale 
somma (stessa sentenza). 

La declaratoria cli pubblica utilit� dell'ope1�a 
non costituisce un presupposto imprescindibile 
dell'occupazione di urgenza (Corte App. Catanzaro, 
14 ag�osto 1953, � Giur. It. ,,, L II, 853 con 
nota). 

Il Giudlce ordinario pu� pronunciare su una 
occupazione d'urgenza di una strada privata disposta 
per ragione di ordine pubblico e di grave 
disagio e pericolo degli abitanti del luogo (Trib. 
Melfi, 30 marzo 1953, � Foro It. ,,, 1953, I, 1193 
con nota dott. Aldo Sandulli). 

E' improponibile l'azione per il pagamento 
della indennit� di occupazione o dei danni di mancata 
utilizzazione in un immobile demaniale, da 
parte di chi in forza di requisizione, non sia pi� 
usuario dell'immobile � stesso_, ('l'rib. Trento, 
27 gi,ugno 1953, Cont. 78 avv. Tr.ento). 

E' legittima l'occupazione di urgenza a isensi 
dell'art. 71 della legge espr. p.-u. di terreni per 
la costruzione di alloggi in un comune ove la crisi 
degli a;Ilog�gi per eventi bellici sia aggravata da 
un'alluvione (Cons. Stato, 16 dicembre 1952, 
� Foro Amm. ll, 1953, I, III, 268. 


207 


PREVIDENZA SOCIALE. 

E' inammissibile il ricorso all'Ispettorato del 
Lavoro ex art. 9 R. D. n. 1765 del 1935, senza 
la diffida alla denuncia di esercizio intimata dall'Istituto 
assicuratore (Ministero Lav. Prev. Soc., 
decis.. 19 giugno 1953, � Ri.v. Inf. Mal. Prof. �, 
1953, II, 166. 

ATTIVITA' NEGOZIALE 
DELLA PUBBLICA AMMINIS'l'RAZIONE 

CONTABILIT� DELLO STATO. 

Articolo del dott. Lmm PICO>'JZI : � M odificazioni 
all'ordinamento della Corte dei Conti (legge 
21 maggio 1953, n. 161) � Riv. Amm. Rep. Ital. ))' 
1953, 377). 

L'esecuzione volontaria di un contratto stipulato 
dallo Stato e non approvato e quindi privo 
di efficacia giuridica non importa sanatoria n� 
sostituisce l'approvazione mancante (Corte App. 
Genova, 13 giugno 1953, Cont. 18082 avv. Genova). 

Il pagamento di una indennit� per occupazione 
arbitraria di un immobile non costituisce una locazione 
per la quale, ove a riscuotere sia l'Amministrazione 
delle Finanze, occorrerebbero le formalit� 
volute ad snbstatiam dalla legge (Trib. Bologna, 
24 marzo 1953. Cont. 7772. Avv. Bolog�na). 

La compravendita di mobili di patrimonio indisponibile 
deve essere fatta per iscritto e il preteso 
compratore per pretendere la restituzione del 
prezzo conseguente a quella dei mobili, deve dare 
la pro~a dell'espletamento delle formalit� particolari 
costitutive dell'acquisto onde accertare che 
il prezzo sia stato versato nelle casse della Pub� 
�lica Ammi.nistrazione (Corte App.. Bologna, 3 luglio 
1953, Cont. 7564, Avv. Bologna). 

FORNITUREl ED APPALTI. 

Le norme di un capitolato d'oneri poste a contenuto 
di un appalto hanno natura contrattua.Je 
e precisamente di contratto di adesione (Corte 
App. Milano, 30 giugno 1953 �Foro Padano))' 
1953, II, 61). 

Non lo Stato, semplice finanziatore, ma il Comune 
proprietario della opera eseguita a sollievo 
della di.soccupazione, risponde dei danni derivanti 
dalla esecuzione dell'opera e dalle occorse 
espropriazioni ('l'rib. Bologna,, 22 aiprile 1953, 
Cont. 6430, Avv. Bologna). 

RESPONSABILITA' NEI RIGUARDI 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 

In tema di manutenzione di opera pubblica � 
pericolo quello non facilmente percepibile dall'utente 
i.n buona fede dell'opera pubblica (Corte 
App. Roma, 31 marzo 1953 �Temi. Rom.))' 1953, 
160). 

Il doloso abuso di potere di un dipendente della 
Pubblica Amministrazione che abbia agito nell'esclusi.
vo interesse dell'Amministrazione, non 
esclude il nesso fra il danno e la funzione orga


nica, specie se l'atto sia stato, sia pur colposamente, 
convalidato dagli organi superiori (Corte 
CaRs.. 14 aprile 1953. � Giur, It. ))' 1953, I, 645). 

Articolo del prof. HID~IO PANNAIN: L'Azione cidle 
di responsabilit� in caso di amnistia o di 
morte del reo))' in � Riv. Inf. Mal. Prof.�)); 1953, 

1, 735. . . . . 
L'azione di rivalsa contro un militare d1 leva 
responsabile di un sinistro, per i1 pagamento dei 
danni pagati, � soggetta a prescrizlone decennale 
ordinaria, e la colpa del dipendente deve essere 
provata in giudizio, non presunta ex art. 2054 

c. c. (Trib. Trento, 24 giugno 1953, Cont. 471, 
Avvocatura Trento). Nella stessa fattispecie lo 
stesso Tribunale (sentenza 10 luglio 1953, Coni:. 
683, Avv. Trento), ritenne la prescrizione qui.nquennale. 
ORGANIZZAZIONE INTERNA 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 


IMPIEGO PUBBLICO. 

E' leO'ittimo il diniego di retribuzione da parte 
della P~bblica Amministrazione per il periodo di 
mancata prestazione del servi.zio per isciopero. 
(Cons. Stato, 9 dicembre 1952, � Foro Amm. ))' 
1953, I, I, 158). 

La� Corte dei conti � incompetente a conoscere 
del diritto alla buonauscita �a carico dell'E.N. 

P.A.S.. (Corte dei Conti), 15 febbraio 1952, � Riv. 
It. Prev. Soc. >1, 1953, 461). 
I dipendenti della G.R.A. hanno qualit� di :Utcaricati. 
di pubblico servizio (Corte Cass. Pen., 
12 febbraio 1953, � Giust. Pen. �, 1953, II, 899). 

BENI E MEZZI DELLO S'fA'l'O 

DEMANIO. 

Per attribuire a un bene carattere demaniale 
occorre una specifica manifestazione di volont� 
per legge o atto amministrativo: quest:ultimo ha 
efficacia costitutiva per la destinazione del bene 
alla pubblica funzione ('l'rib. Roma, 23 ma.ggio 
1953, �Temi Rom. �, 1953, 168). 

lMPOSTEl (IN GEJNERE). 

Chiuso un fallimento anche se per concordato, 
qualsiasi noti.fica di atti nei procedimenti tribu tari 
amministrativi deve essere fatta direttamente 
all'interessato; solo la riapertura della procedura 
fallimentare rimette le cose i.n pristino anche agli 
effetti della predetta notifica (Comm. Centr. Imp., 
2 maggio 1952 �Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953, 
335). 

I/esonero dalle sopratasse e pene pecuniarie in 
forza del pagamento del tributo giusta l'art. 35 
della legge n. 25 del 1951, non riguarda l'ai1�men � -� 
da, di natura penale fiscale (Trib. Bologna 
29 aprile 1953, Cont. 7240, Avv.. Bologna). 

La decisione la cui moti.va.zione consista in una 

frase stampata in un modulo (�tenuto conto delle 

informazioni assunte da fonti attendibili e di ogni 



-208


valutabile circostanza�) � nulla per difetto assoluto 
di motivazione (Oomm. Oentr. Imp. 22 gennaio 
1953 � Giur. Imp. Dir. Reg. Neg�oz. �, 1953 
165). 

La decisione della Commissione centrale -che, 
ritenuta la tassabilit�, rimette gli atti all'ufficio 
accertatore perch� liquidi il tributo su criteri diversi, 
� impugnabile davanti al giudice ordinario, 
senza obbligo del salve et repete (Corte Oass., 

S. U., 23 giugno 1953, �Foro It. �, 1953, 1, 1114 
con nota). 
Non � sufficiente perch� non consente di seguire 
il processo logico che dai fatti porti alla decisione 
l'affermazione generica della Commissione provinciale 
di aver tenuto conto della ubicazione e 
dello stato di conservazione dell'immobile nel determinarne 
il valore (Trib. Catania, 12 dicembre 
1952. Oont. 17869, Avv. Catania). 

E' nulla la decisione amministrativa in materia 
di valutazione, quando non sia possibile per la 
nessuna indicazione degli. elementi tenuti a calcolo 
ricostruire per quali dati siasi pervenuti al 
risultato aritmetico enunciato (Trib. Bologna, 
28 aprile 1953, Oont. 8089, Avv. Bologna; 20 aprile 
1953, Oont. 7936, Avv. Bologna; 28 maggio 
1953, Oont. 7787, Avv. Bologna) .. 

La prova di un concordato deve essere data documentalmente 
e non per testimoni, se la sua sussistenza 
� contestata dalla Finanza, (Trib. Bolog�
na, 24 giugno 1953, Oont .. 6422, Avv. Bologna). 

Non si lede il salve et repete se su di una istanza 
di fallimento :fiscale si esamini se sussistano gli 
altri presupposti della dichiaraz:i.one di fallimento 
(Corte App. di Milano, 25 marzo 1953. �Dir. 
fall. e Soc. comm. �, 1953, 385). 

Il salve et repete si applica all'imposta di registro 
per occultamento di valore (Trib. Bologna 
24 giugno 1953, Oont. 6422, Avv. Bologna). 

La intrinseca natura dell'atto e non la definizione 
data dall'Ufficio determina se un tributo sia 
suppletivo al fine di escludere il salve et repete 
(Trib. di Palermo, 16 gennaio 1953. �Foro Sic.. �, 
1953, 126). 

Il salve et repete si applica : all'imposta di Re 
gistro sull'accertamento di maggior valore ed anche 
in caso di illegale notifica dell'accertamento 
in un luogo ove il contribuente non abbia la suil, 
residenza, mancando gli estremi della rilevabilit� 
prima facie dell'invalidit� del titolo della esazione 
del tributo (Trib. Catania, 19 giugno 1953, 
Oont. 17763, Avv. Catania): ... alle maggiorazioni 
disposte a favore della Sepral nei g�eneri immessi 
al consumo, siccome sostanzialmente imposta di 
consumo, costituendo esse oneri imposti a favore 
di un organo dello Stato per sopperire alle sue 
necessit� :finanziarie per la sua organizzazione e 
funzionamento, e a carico del consumo di determinati 
prodotti (Trib. Potenza, 12 agosto 1953, 
Oont. 191, 2, 3, 4,.Avv. Potenza). 

lMPOSTEl (DIRElTTEl). 

Il termine di sei mesi di cui all'art. 53 T. U, 

n. 4021 del 1877, termine che decorre dal primo e 
non dall'ultimo giorno di pubblicazione dei ruoli 
� di decadenza ed erilevabile in ogni stato e grado 
del giudizio ed anche d'ufficio (Trib~ Ancona, 
27 maggio 1953, Oont. 1055-6, Avv. Ancona). 

Il rimborso dell'imposte indebitamente percette 
comprende quello d~lle sopraimposte comunali 
e provinciali e delle addizionali E.O.A.; gli interessi 
competono solo dal passaggio in giudicato 
delle sentenze di condanna (Trib. Bologna, 
18 maggio 1953, Oont. 7355, Avv. Bologna) .. 

Sebbene straordinaria, tuttavia la rettifica di 
cui all'art. 4 L. n. 892 del 1947 non consente lo 
spostamento dell'anno di base per la commisurazione 
dei redditi.: perci� il reddito per 1947 va 
commisurato a quello del 1945 e non a quello del 
1946 (stessa sentenza). 

Ove nelle tariffe di reddito ag�rario certe manipolazioni 
di prodotti agricoli non siano comprese, 
il relativo reddito va assoggettato all':i.mposta di 
ricchezza mobile (Trib. Bologna, 9 gennaio 1953, 
Oont. 7174, Avv. Bologna). 

Un consorzio concessionario di opere di bonifica 
di ia categoria, ove intestatario catastale all'epoca 
del Prest:i.to redimibile 5 '% e della correlativa 
imposta straordinaria immobiliare di cui 
ai R. D. n. 1743 e 1923 del 1936, soggiace a tali 
oneri se a detta epoca non sia intervenuto il decreto 
di ultimazione del Ministero per l'Agricoltura 
e Foreste (Trib. Bologna, 27 dicembre 1952, 
Oont. 7117-8, Avv. Bologna). In senso opposto 
(Corte App. Bologna, 30maggio1953, Cont. 5961-2, 
Avv. Bologna, Oonfr. �Rassegna�, 1949, 269). 

JMPOSTEl (lNDIRElT'.l'El). 

La tassa di registro richiesta dopo la registrazione 
con tassa fissa � suppletiva (Trib. Palermo, 
16 gennaio 1953 �Foro Sic. �, 1953, 126) .. 

Articolo dell'Avv. DARIO VOLPI: Validit� o 
meno delle scritt'llre private non registrate in relazione 
alla Tegge 26 gennaio 1952, n. 29 (� Corti 
Ven. Brescia� 195~-56). 

Sono indipendenti e separatamente tassabili 
con imposta di registro, come cessione e come 
:finanzi.amento, gli atti di cessione di premi e proventi 
di :films a garanzia di finanziamenti (Corte 
App. Roma, 31. marzo 1953, Oont. 3976/51, Avv. 
Generale). I �1 11'f1! 

La solidariet� passiva dei contribuenti sussiste 
anche se trattasi di atti soggetti a registrazione 
in cas9 d'uso (Trib. Roma, 14 marzo 1952.-�Temi 
Rom. �, 1953, 174). 

Non pu� contestarsi dal fisco, perch� non terzo 
in senso tecnico, la data di una scrittura privata 
agli effetti dell'applicazione d'un diverso tasso di 
imposta, di registro (Corte Oass., 8 maggio 1953, 
� Mon. Trib. �, 1953, 259. << Giur. Imp. Dir. �, 
1953, 265. �Foro It. �, 1953, I, 119). 

Non compete all'appaltatore il rimborso della 
tassa di registro corrisposta in caso di rescissione 
dell'appalto, da parte dell'ammil!jstrazione, per 
motivi tecnici e per esplicita clausola contrat: 
tuale (Trib. Bologna, .21 gennaio 1953, Coni. 
6968. Avv. Bologna). 

Gli agenti generali, se abilitati a concludere i 
contratti da essi promossi debbono considerarsi 
mandatari retribuiti ai sensi della lett. B del



-209 


l'elenco di cui alla legge n. 1033 del 1927 (Corte 
Cass., 6 luglio 1953. Cont. 65136. Avv. Generale). 

}J' vendita e non appalto agli effetti dell'imposta 
di reg�istro il contratto con <mi la ditta si 
obbliga di consegnare cose di sua ordinaria produzione, 
ancorch� prodotte o procurate dopo la 
conclusione del contratto (Trib. Roma, 14 marzo 
1953. � Temi Rom .. �, 1953, 174). 

Va registrata con tassa fissa la sentenza che 
accerta l'avvenuto esercizio del retratto successorio 
(Comm. Prov. Imp. L'Aquila, 26 novembre 
1952. � Foro It. �, 1953, III, 237). 

Le obbligazioni di remunerazione od indennit� 
relative al rapporto di privato impiego concernente 
prestazione di opera professionale sono 
soggette alla tassa di registro di cui all'art. 33, 
all. A, legge di registro, non alla tassa fissa di 
cui alla lett. O stesso articolo (Corte Cass., 11 luglio 
1953, Cont .. 4464/51. Avv. Generale). 

Le scritture private di vendita di prodotti dell'industria 
agraria possono fruire �.dell'imposta 
di registro ridotta ai sensi dell'art. 44 all. D, 
legg�e di registro, solo se redatte in origine su 
carta bollata (Corte App. Milano, 19 giugno 1953, 
� Mon. Trib. �, 1953, 302). 

L'acquirente di un podere sinistrato non � tenuto 
per godere delle agevolazioni di cui ai 
DD.LL.LL. n. 322 del 1945 e 221 del 1946 a mantenere 
immutata la precedente destinazione agricola 
del podere (Corte App. Bologna, 2 aprile 1953, 
Cont. 5676-5999. Avv. Bologna). 

L'acquirente di una parte stralciata di un podere 
sinistrato pu� conseguire le agevolazioni fiscali 
di cui ai DD.LL.LL. n. 322 del 1945 e 

n. 221 del 1946 solo se l'intero fondo era danneggiato 
dalla guerra per un terzo almeno del suo 
valore ; non nel caso contrario, ancorch� la parte 
acquistata fosse danneggiata per oltre un terzo 
della sua relativa consistenza (stessa sentenza). 
Le forniture di materiale e le altre opere necessarie 
al completamento di fabbricati o impianti 
danneggiati dalla guerra (come banchi e confessionali 
di chiesa) non fruiscono delle agevolazioni 
tributarie di cui ai DD.LL.LL. n. 322 del 1945 
e n. 221 del 1946, che si applicano solo agli appalti 
per la ricostruzione o riparazione dei fabbricati 
nel loro complesso (Trib. Trento, 30 giugno 1953, 
Cont. 707. Avv. Trento). 

Gli atti di trasferimento. di autoveicoli di cui al 

D. L. n. 399 del 1947 art. 3 sono sottoposti alla 
tassa fissa di cui all'all. A, detto D. L. solo se 
destinati alla produzione al Pubblico Registro 
Automobilistico; in caso contrario soggiacciono 
alla tassa comune dei trasferimenti mobiliari 
(Trib. Firenze, 7 aprile 1953, � Giur. Tosc. >J, 
1953, 408). 
La pullblica Amministrazione soccombente non 
� tenuta aille spese giudiziali ove il contribuente 
abbia proposto opposizione a tassa di .registro, 
con un termine di comparizione superiore ai giorni 
novanta, senza tuttavia proporre reclamo amministrativo 
(Trib. Roma, 14 marzo 1953. �Temi 
Rom. �, 1953, 174). 

Sono soggetti a tassa di successione i beni oggetto 
di una donazione non ancora accettata dal 

donatario al momento della morte del donante 

(Comm. Centr. Imp., 6 giugno 1952. �Foro lt. �, 
1953, III, 234 con nota G. S.). 

L'addizionale E. C. A. di cui a.I R. D. n. 2145 
del 1937 non si applica all'imposta reale sul valore 
globale ereditario netto, fstituita successivamente, 
ed autonoma rispetto all'imposta normale 
sulle successioni (Trib. Bologna, 19 giugno 
1953, Oont. 7433 Avv. Bologna). 

Per l'imposta generale sull'entrata, sono vendite 
al minuto, le vendite da un grossista allo 
Stato per esigenze delle forze armate, anche se 
stipulate per iscritto (Trib. Roma, 2 luglio 1953, 
Oont. 1795/52. Avv. Generale). 

Nell'opposizione ad ingiunzione doganale, per 
aversi decadenza per decorso di termine occorre 
che la procedura esecutiva sia ininterrottamente 
proseguita; ove venga ripresa con nuova ingiunzione 
per perenzione della procedura esecutiva 
stessa, decorre un nuovo termine (Trib. Trento, 
30 maggio 1953, Cont. 558. Avv. Trento). 

Non � debitore dei diritti di confine chi nei documenti 
ferroviari e doganali apparisca destinatario 
di una merce importata, ove risulti che l'importazione 
era stata disposta dal tedesco occupante 
nel proprio interesse, e ci� perch� i privati 
destinatari fung�evano solo d atemporanei depositari 
della merce. (Stessa sentenza). 

CoNTinBUTI SPECIALI. 

Non ha natura contrattuale bens�' di tassa il 
canone degli utenti della R.A.I. ai quali non compete 
un diritto soggettivo nello svolgimento delle 
radioaudizioni (Corte App. Genova, 16 maggio 
1953, �Foro Padano J>, 1953, I, 920 con nota 
prof. Renato A.lessi). 

PROCEDIMENTO COATTIVO. 

E' sufficiente per la validit� di una ingiunzione 
fiscale la esatta menzione deil'articolo di campione 
(Corte App. Roma, 31 marzo 1953, Cont. 3976/51, 
Avv.. Generale). 

La nullit� formale dell'ingiunzione di che alla 
legge n. 639 del 1910 deve essere dedotta nell'atto 
di opposizione: non pu�, quindi, essere fatta valere 
successivamente, n� essere rilevata di ufficio 
(Corte App. L'Aquila, 2 ottobre 1952, � Riv. Giur. 
Abr. �, 1953, 1-36). 

ATTIVIT� 
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 
NEI RAPPORTI DI DIRITTO COMUNE 

DIRITTO CIVILE. 

Persone. -Lo scioglimento di un ente di fatto 
si ha quando sia dissolto il rapporto associativo, 
cessata ogni attivit� e diviso il fondo comune 
(Trib. Bologna, 24 marzo 1953. Oont. 7772. Avv. 
Bologna). I C.R.A.L. sono enti di fatto�; �solo 
l'E.N.A.L. ha personalit� giuridica. (Stessa sentenza). 


Obbl-igazioni. -Il conduttore � l)bbligato al 
risarcimento dei danni per mancato rilascio dell'immobile 
da parte dei sublocatari anche se que



-210 


:;t� emuo stati immes::;i a titolo gratuito; e dovr� 

corrispondere i canoni mensili sebbene i locali non 

Ria.no pi� da lui personalmente goduti (Trib. Bo


logna, 26 gingno 1953. Cont. 6355. Avv. Bologna). 

Intervenuto il giudicato penale assolutorio per 

insufficienza di prove sulla colpa, non possono pi� 

rimettersi in discussione in sede liberatoria ci


vile, fatti gi� accertati dal giudice penale (Tribu


nale Bologna, 30 marzo 1953. Cont. 6415/7218. 

Avv. Bologna). 

E' responsabile il conducente fermatosi di notte 

su una strada con luci posteriori accese, e di poi 

spentesi, se non venga provato il caso fortuito; 

n� � rilevante, date le zone d'ombra, che la sosta 

avvenga sotto una lampada stradale, n� vi � con


corso di colpa del conducente dell'automezzo so


praggiunto che abbia cozzato contro il precedente 

perch� privo delle luci posteriori, in quanto ab


bagliato da altro automezzo incrociante (Stessa 

sentenza). � 

Il giudice pu� procedere di ufficio ad una va


lutazione equitativa dei danni anche quando il 

danneggiato sia decaduto dalla prova dell'entit� 

del proprio danno (Corte App. Bologna, 10 apri


le 1953. Cont. 5987. Avv. Bologna). 

Il lucro cessante per mancati guadagni � debito 
. di valore, il rimborso delle spese sopportate dal 

danneggiato all'epoca del sinistro � debito di va


luta. (Stessa sentenza). 

La�voro e imprese. --Anche l'affiliato � titolare 

del diritto alla indennit� per cessazione di lavoro 

per morte del lavoratore (Trib. Venezia, 20 mag


gio 1953. Mass. Giur. Lav., 1953, 172). 

Pu� essere omologata perch� legittima se approvata 
alla unanimit� la deliberazione di proroga 
di una societ� anche dopo la scadenza del suo 
termine di durata (Corte App. Roma, 14 aprile 
1953. Hiv. Notar., 1953, 341, 342, il Tribunale 
aveva deciso in senso contrario. 

L'inattivit� anche lunga di un ente sociale non 
� prova sufficiente della sua estinzione, che � data 
solo dalla chiusura della liquidazione (Trib. Bologna, 
24 dicembre 1952. Cont. 6606. Avv. Bologna). 


T�utela dei diritti. -L'archiviazione penale degli 
atti non � di ostacolo all'applicabilit� del termine 
prescrizionale penale alle azioni di risarcimento 
danni, bastando a ci� l'astratta configurabilit� 
di un reato (Trib. Bologna, 18 ottobre 1952. 
Cont. 6092. Avv. Bologna). 

La sospensione della prescrizione disposta dalle 
leggi di guerra si applica anche alla usucapione 
(Trib. Bologna, 24 dicembre 1952. Cont. 6606. 

�\vv. Bologna). 
PROCEDURA CIVILE. 

La competenza del foro dello Stato sussiste nella 
proroga dei contratti agrari nei quali uno dei 
contraenti sia lo Stato (Trib. Ravenna, Sez. Speciale, 
10 settembre 1952. Cont. 7622. Avv. Bologna). 


Le mense delle Ferrovie dello Stato non sono 
enti di fatto, ma, anche se condotte a gestione 

autonoma, organi dell'Amministrazione; le noti:fii 
che delle citazioni quindi vanno fatte presso la � 
competente Avvocatura (Trib. Bologna, 9 marzo 
1953. Cont. 6271. Avv. Bologna). 
La citazione della.� Sepl,'al p va fatta presso la 
Avvocatura dello Stato (Trib. Bolzano, 25 giugno 
1953. Cont. 485. Avv. Trento). 
L'errata notifica di una citazione a un corpo 
di Vigili del Fuoco � sanata dalla costituzione in 
causa dell'ente convenuto ('frib. Trento, 27 giugno 
1953. Cont. 78. Avv. Trento). 
Non il Ricevitore doganale, ma l'Ispettore Capo 
nelle sedi di circos~rizione doganale, in cui � capo 
della, Dogana, � abilitato alla rappresentanza nei 
giudizi dell'Amministrazione: la vocatfo in ius 
in persona del primo � insindacabilmente nulla 
(Trib. Trento, 11 luglio 1953. Cont. 560. Avvocatura 
'l'rento). 
La citazione del Ministero dei Trasporti anzich� 
delle Ferrovie dello Stato � sanabile con la comparizione 
dell'Avvocatura dello Stato, costituendo 
essa solo irregolare designazione dell'Amministrazione 
(Trib. Bologna, 18 aprile 1952. Cont. 6092. 
Avv. Bologna). 
L'organizzazione del P. C. I. in cellule, sezioni, 
federazioni e l'attribuzione della rappresentanza 
del partito al segretario della Federazione e non 
anche a quello della sezione, riguardano solo la 
struttura politica del partito, non l'aspetto patrimoniale, 
nel qual campo la Sezione � portatrice 
di interessi propri distinti da quelli del partito, 
sussistendo una autonomia patrimoniale, ancorch� 
imperfetta caratterizzata da un fondo comune direttamente 
amministrato: bene pertanto � convenuto 
in giudizio jl segretario di una sezione P.C.I. 
identificandosi esso col presidente o direttore di 
un'associazione non riconosciuta (Pret. Genova, 
11 luglio 1953. Cont. 19725. Avv. Genova; Corte 
App. Genova, 13 giugno 1953. Cont. 18082. Avvocatura 
Genova). 
Il terzo che rivendichi l'immobile nei confronti 
del locatore � estraneo alla lite fra locatore e locatario 
per la esclusione della proroga (Trib. Forl�, 
19 dicembre 1952. Cont. 7353. Avv. Bologna). 
L'art. 327 C. p. c. non � applicabile alle decisioni 
del Consiglio di Stato, occorrendo la notifica 
di esse per far decorrere il termine per ricor� 
rere in Cassazione (Corte Cass., S. U., 21 gingno 
1952. � Ginr. It. �, 1953, 1, I, 730 con nota 
dott. Ettore Morone). 
Non pu� disporsi, in base all'art. 700 C. p. c. 
la sospensione dei lavori iniziati su terreni occupati 
di urgenza (Pret. San Valentino d'Abruzzo, 
2 maggio 1953. cc Foro It. J>, 1953, I, 1201). 
DmrrTO PENALE. 
La prescrizione nelle contravvenzioni previste 
dalle leggi :finanziarie � di tre anni; gli atti interruttivi, 
secondo le norme comuni, la prQ:rogano 
della met� e quindi a quattro anni e mezzo (Corte 
Cass. Pen., 2 luglio 1952. cc Mass. Pen. �, 1953, 
279). 
Il reato di corruzione, ove si tratti di incaricato 
di pubblico servizio, � condizionato all'ac� 


-211 


rnm�=&m@mmm,,=m+m,,�tmw��==m,,,,�uu�m

.. m.,m,arrmmmtimiLaimamn�m�� 

.ce1�tame11to �� .-un fatto contrario ai doveri funzionali, 
il quale ben pu� consistere, se la prestazione 
� regolata da un rapporto di lavoro privatistico, 
nella violazione dell'obbligo di fedelt� di 
cui all'art. 2105 C. c. identificato nella divulgazione 
di notizie sull'organizzazione e metodi di 
produzione dell'impresa, purch� sia dimostrato il 
pregiudizio recato alla stessa (Corte Cass. Pen., 
12 febbraio 1953. � Giust. Pen. �, 1953, II, 899). 

Risponde di incendio colposo oltre che di contravvenzione 
all'art. 32 Regolamento Polizia forestale, 
chi, avendo acceso dei fuochi per procedere 
alla pulizia di una scarpata ferroviaria, non 
riesca poi ad evitare il propagarsi a un vicino 
bosco delle fiamme alimentate da improvviso vento 
(Trib. Bolzano, 8 maggio 1953. Cont. 611. Avvocatura 
Trento). 

E' delitto e non contravvenzione il reato di 
omesso versamento dei contributi INA-Casa (Pretura 
Torino, 19 giugno 1953. � Giur. It. �, 1953, 
II, 296). 

Fra le varie ipotesi di contrabbando previste 
nella legge doganale vi � solo concorso di norme, 
quindi il giudice pur potendo contestare diverse 
condotte delittuose, corrispondenti alle varie ipotesi, 
pu� ritenere solo una di esse e applicare una 
sola delle pene (Corte Cass. Pen., S. U., 19 gennaio 
1953. � Giust. Pen. �, 1953, II, 865). 

Anche persona diversa dal Capitano pu� rispondere, 
a titolo di concorso, della condotta delittuosa 
di che all'art. 99 lett. O, legge doganale 
(Stessa sentenza). 

La zona contigua � equiparata al mare territoriale, 
e il contrabbando ivi commesso si intende 
commesso nel territorio. (Stessa sentenza). 

Anche in caso di contrabbando tentato sussiste 
la conseguente frode al pagamento dell'imposta 
generale sull'entrata. (Stessa sentenza). 

CON'l.'ENZIOSO NEI RAPPORTI DI DIRITTO INTERNA� 

ZIONALE. 

L'immunit� delle rappresentanze diplomatiche 
non pu� estendersi agli atti di impiegati amministrativi 
nello svolgimento di una attivit� meramente 
privata; e non pu� risultare che secondo 
le consuetudini internazionali, non secondo quelle 
dei singoli Stati (Trib. Roma, 13 luglio 1953. 
� Temi Rom. �, 1953, 164). 

Conforme, per gli agenti diplomatici accreditati 
(Trib. Roma, 24 marzo 1953. �Temi Rom.�, 
1953, 170). 

MATERIE DI INTERESSE SPECIALE 
E CONTINGENTE 


P. N. F .. DEVOLUZIONE. 
La donazione di un terreno per costruirvi la 
casa del fascio deve .intendersi sotto condizione e 
non modale; quindi si risolve ex tunc per la mutata 
destinazione dell'immobile per gli avvenimenti 
del 1943, n� ha rilievo che la condizione si 
avveri per factitm principis (Trib. Bologna, 30 
giugno 1953. Cont. 6897. Avv. Bologna). 

ATTIVITA' CONNESSA 
CON LO STATO DI GUERRA 


DANNI DI GUERRA. 

Il compenso di riparazione delle navi inercan 
tili sinistrate costituisce diritto soggettivo azionabile 
davanti al Collegio arbitrale di che all'articolo 
2 D.L.L. n. 686 del 1945 per i proprietari 
che, aypudo dichiarato di volersi avvalere di talP 
U.L.L., abbiano provveduto al recupero; ma Ja, 
revisione delle quote di concorso di spese dovute 
dalla pubblica Amministrazione costituisce solo 
un'aspettativa Ghe potr� divenire diritto solo SP 
l'Amministrazione, valendosi del potere discrezionale 
datole dalla legge, abbia effettivamente operato 
la revisione delle tabelle (Corte Cass., ~. U., 
8 111glio 1953. Cont. 143/50. Avv. Generale). 

PmGIONIERI. 

Una yolta accettato dall'Italia e dall'Inghilterra 
il compito di effettuare le rimesse in Italia 
di un prigioniero italiano, si attua il diritto soggettivo 
per il prigioniero e pel destinatario (Corte 
Oass., S. U., 13 giu~no Ul53. � F<1ro Padano�, 
1953, II, 58). 

CONTRATTI DI GUERRA. 

Permane la giurisdizione gi� investita d� una 

controversia per contratto di guerra, ai sensi del


l'art. 19 D.L. n. 674 del 1948, anche nel caso di 

un giudizio arbitrale nel quale si contesti Li com


promessibilit� in arbitri (Corte Cass., Hi mar


M 1953. �Foro It. �, 1953, I, 1140). 

E' improponibile, se p".'.oposta dopo il 31 dicem. 

hre 1949, termine fi~sato dalle leggi speda�i, la 

domanda pd pagauwnto di debiti !'!caduti d~llo 

Stato, per servizi prestati prima della liberazione 

(Trib. Bologna, 7 marzo 1953. Cont. 7129. Avvo


catura Bologna). 

REGIME VINCOLISTICO DELLE LOCAZIO::-I. 

Ove nel contratto di locazione si sia riguardato 

l'immobile>in s� indipendentemente dalla sua de


stinazione a cinema, il contratto � soggetto a 

proroga non trattandosi di locazione di azienda 

(Trib. Bologna, 19 dicembre 1952. Cont. 7353. A y. 

vocatura Bologna). 

Determinante ai fini della proroga � la data <li 

stipula del contratto non quello dell'inizio della 
precedente occupazione arbitraria, ancorch� la 
. decorrenza del contratto sia. fissata ex t�unc (Pretura 
Modena, 30 dicembre 1952. Oont. 7536, 7, 8. 
Avv. Bologna; Trib. Bologna, 24 marzo 1953. 
Cont. 7772. Avv. Bologna; in senso contrario 
Corte App. Bologna, 8 luglio 1953. Cont. 6898. 


Avv. Bologna). 

RICOSTRUZIONE. 

Sia prima che durante il vigore del D.L. n. 261 
del 1947, l'acquirente di un immobile danneggiato 
dalla guerra, o dall'area di quello distrutto non 


-212ha 
titolo aj contributi di ricostruzione, ove non sussistano i requisiti specifici voluti dalla legge,
-212ha 
titolo aj contributi di ricostruzione, ove non sussistano i requisiti specifici voluti dalla legge,
risulti dal contratto che nel prezzo si era tenuto 

conto di essi (Corte Cass., S. U., 18 maggio 1953. 

� Mon. Trib. �, 1953, 290). 

Il diritto a fruire del contributo statale di ri


costruzione accede all'immobile e non pu� dispor


sene separatamente da esso (Corte Cass., 14 feb


braio 1953. � Riv. Notar. �, 1953, 305). 

L'obbligo del datore di lavoro di versare i con


tributi INA-Casa spetta alla cognizione del giu


dice del luogo ove si � svolto il rapporto di la


voro (Corte Cass., 13 maggio 1953. �Mass. Giur. 

Lav. �, 1953, 191). 

PREDA BELLICA. 

I beni requisiti dallo Stato occupato possono 

essere solo oggetto di requisizione dallo Stato oc


cupante, non di preda bellica (Corte Cass., 5 mag


gio 1951. � Riv. Dir. Internaz. �, 1953, 246). 

Il regolamento sugli usi di guerra convenuto 

all'Aia, si applica solo come diritto internazionale 

consuetudinario; in base ad esso non pu� l'occu


pante fare commercio con i cittadini dello Stato 

occupato, dei beni appresi; pertanto, anche con 

riferimento all'art. 5 del D.L.L. n. 134 del 1946, 

non pu� il cittadino acquistare validamente dal 

tedesco un automezzo militare italiano, patrimo


nio indisponibile (Corte Cass., 15 giugno 1951, 

� Riv. Dir. Internaz. �, 1953, 246). Conforme Corte� 

App. Bologna, 23 aprile 1953. Cont. 6006. Avvo


catura Bologna, con la seguente massima aggiun


ta: la cattura delle cose mobili dello Stato occu


pato � solo un fatto materiale, ma non � sul ter


reno internazionale un modo di acquisto della 

propriet�, che resta disciplinato dalle leggi dei 

singoli Stati; la legge di guerra italiana (art. 60) 

prevede solo la cattura attiva come modo di acqui


sto della propriet�, non la cattura passiva come 

modo di perdita della propriet�. 

Si considerano del nemico le cose vendutegli, 

senza intervenuto pagamento, da ditte nazionali 

(Corte App. Roma, 9 dicembre 1952. Cont. 62489. 
. Avv. Generale). 

L'acquisto dell'A.R.A.R. � originario; non pos


sono perci� proporsi contro di essa azioni di ri


soluzione contrattuale al :fine di ria�quistare la 

propriet� di una cosa venduta al nemico e perci� 

appre&a dall'A.H.A.R. (Stessa sentenza). 

LIBERAZIONE. 

Il decreto di inefficacia giuridica di atti r .s.i. 

� legittimo. anche se comunicato agli interessati 

dopo il termine di scadenza (Cons. Stato, 21 no


vembre 1952. �Foro It. �, 1953, III, 217 con nota 

prof. M. S. Giannini. � Foro Amm. � 1953, 1, I, 

118 con nota). 

Si possono invalidare pi� atti della r.s.i., con 

contenuto analogo e riferentisi ad un comune pre


cedente rapporto con l'unico motivo della presun


ta collaborazione col tedesco degli organi r.s.i. 

che li emanarono. (Stessa sentenza). 

Il diritto al pagamento da parte dello Stato dei 

debiti contratti da formazioni partigiane � azio


nabile davanti al giudice ordinario (dopo l'espe


rimento della procedura amministrativa) solo se 

non sostituibili con equipollenti: in difetto, si 
verifica la specie delle occupazioni o requisizioni 
irregolari o abusive, indennizzabili come danno di 
guerra (Trib. Bologna, 1.6 aprile 1953. Oont. 6998. 
Avv. Bologna). 

OCCUPAZIONI BELLICHE. 

Italiane. -Le requisizioni italiane in territorio 
estero occupato sog�giaccione alle norme internazionali; 
ma le eventuali violazioni alle stesse 
espongono lo Stato solo a responsabilit� internazionale, 
non dando luogo a diritti soggettivi degli 
abHanti dello Stato occupato (Corte Oass., S. U., 
30 aprile 1951. � Riv. Dir. Internaz. �, 1953, 249). 

Alleate. -La pretesa all'indennit� sia per le 
requisizioni alleate che per i danni ai relativi immobili 
costituisce dopo la legge n. 10 del 1951 
un diritto soggettivo di competenza del giudice 
ordinario dopo jl procedimento amministrativo, 
salvo i capi delle sentenze passati in giudicato per 
difetto di impugnativa, prima dello jus superveniens 
(Corte Cass., S. U., 8 luglio 1953. Cont. 
869/50. Avv. Generale). 

Tedesche. -La requisizione in uso d:i, un immobile 
da parte dell'autorit� civile preposta dall'occupante 
tedesco � legittima in base ai principi 
della Convenzione dell'Aia (Trib. Trento, 27 giugno 
1953. Cont. 78. Avv. Trento) ... ma esulano 
dalla competenza del comitato giurisdizionale per 
le requisizioni vigente solo per le requisizioni na� 
zionali (Corte Cass., S. U., 11 marzo 1950. � Riv. 
Dir. Internaz. �, 1953, 249). 

Non pu� l'occupante costringere privati alla stipulazione 
di contratti fra di loro (Corte App. Milano, 
20 luglio 1951. � Riv. Dir. Internaz. �, 1953, 
247). 

I contratti avvenuti in territorio occupato durante 
l'occupazione non rientrano fra quelli nulli 
perch� fatti col nemico (Corte App. Roma, 9 dicembre 
1952. Cont. 62489. Avv. Generale). 

TRATTATI DI PACE. 

Anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di 
pace le sentenze pronunciate a Trieste sono impugnabili 
per Cassazione (Corte Cass., S. U., 15 
marzo 1951. � Riv. Dir. Internaz. �, 1953, 246). 

Il sequestro delle aziende nemiche a norma della 
legge di guerra ha efficacia <lj confisca (Corte 
App. 'l'rento, 15 luglio 1953. Cont. 411. Avvocatura 
Trento). 

Il Ministro del Tesoro a mezzo degli Intendenti 
di Finanza ha la rappresentanza in giudizio delle 
aziende nemiche sottoposte a sequestro per la legge 
di guerra; peraltro ottenuto sequestro conservativo 
nei confronti dell'Intendente, la citazione 
di convalida pu� essere diretta ver-so-il Ministro. 
(Stessa sentenza). 

Il Ministro del Tesoro non � legittimato al recupero 
dei beni ex tedeschi in Italia giusta l'articolo 
77, n. 5 del Trattato di Pace, perch� il Memorandum 
d'intesa approvato col D.L. n. 177 
del 1948 prevede pel ricupero e la liquidazione di 



-213 


tali beni la creazione di un ente diverso e autonomo 
dal Ministero del Tesoro (Trib. Brescia, 25 giugno 
1953. Cont. 3141. Avv. Brescia). 

FINANZA STRAORDINARIA 

UTILI DI GUERRA. 

Non possono essere dichiarati falliti ancorch� 
debitori in proprio e in via solidale dell'imposta 
per utili di guerra insoluti, gli amministratori o 
liquidatori di una societ� (Corte App. Milano, 
25 marzo 1953. �Dir. fall. e Soc. comm. �, 1953, 
385). 

PROFITTI DI REGIME. 

E' insindacabile in Cassazione la decisione della 
Commissione centrale delle Imposte che abbia indag;:
tto sui profitti di regime, con giudizio di mero 
fatto, quale fosse il patrimonio ante 3' gennaio 
1925, e quali gli incrementi; quanta parte di essi 
eccedesse in normale e se essa facesse presumere 
la partecipazione al malcostume del tempo ; e 
abbia determinato la misura degli incrementi avocabili; 
n� � denunciabile in Cassazione il travisamento 
o l'errore di fatto, spettando al contribuente 
la prova della lecita provenienza degli incrementi 
(Corte Cass., 1� giugno 1953. � Riv. Leg. 
Fisc. �, 1953, 1238). 


I 

/ 

INDICE SISTEMATICO 


' 

DELLE C O N S U L T A.z I .O N I 


nA FORMULAZIONJiJ DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DA'.l'A 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -Se la retroattivit� 
alla data del 10 gennaio 1951, disposta dalla legge 
Hl giugno 1951, n. 489, per la corresponsio11e ai dipendenti 
statali delle nuove indennit� di� missione a 
carico del bilancio dello Stato, previste dalla legge 

. medesima, si applichi anche alle indennit� a carico 
dei privati (n. 146). 

ANTICHITA' E BELLE ARTI. -I) Se nella previsione 
di cui all'art. 1 del D. L. L. 5 maggio 1945, n. 601, 
rientri il caso di chi abbia personalmente asportato 
opere di pittura da un Paese estero, soggetto all'occupazione 
tedesca, e le abbia intrndotte in Italia (IL 24). 
-II) Se il compenso, di cui agli articoli 44, 46 e 49 
della legge 1 giugno 1939, n. 1089, debba essere attribuito 
soltanto allo scopritore di cose di interesse artistico, 
fortuitamente rinvenute in Italia e che diventino 
di propriet� dello Stato (n. 24). 

APPALTI. -I) Se nella determinazione del compenso 
extracontrattuale per rincaro prezzi ai sensi del 

D. M. 3 settembre 1940, n. 857, l'Amministrazione delle 
FF. SS. debba attenersi al rigore delle disposizioni per 
la revisione contrattuale oppure possa procedere secondo 
criteri equitativi e discrezionali per l'integrazione 
del corrispettivo contrattuale (n. 174). -II) Se il 
contratta, mediante il quale taluno assuma il servizio 
di pulizia e di manutenzione di canall, ecc., relativi 
ad impianti idroelettrici, senza vincolo di dipendenza 
gerarchica, con possibilit� di assumere personale alle 
proprie dipendenze e, infine, con assunzione di rischio, 
sia contratto di appalto o concreti lavoro autonomo 
(n. 175). -III) Se possa ritenersi valido il termine-condizione, 
stabilito d'intesa dall'Amministrazione e dall'appaltatore, 
per il quale l'appal'tatore stesso rimarrebbe 
sollevato dall'impegno assunto di accettare l'importo 
revisionale concordato, ove il pagamento della somma 
non intervenga nel termine fissato (n. 176). -IV) Se, 
non avendo mai, comunque, riportato il suddetto accordo, 
relativo al termine di pagamento, la formale 
approvazione ministeriale, la determinazione dell'importo 
revisionale concordato debba ritenersi un provvedimento 
di liquidazione di revisione prezzi, avverso 
il quale l'appaltatore, in caso di pretesa esiguit�, avrebbe 
dovuto proporre il ricorso previsto dall'art. 5 del 
D. L. 6 dicembre 1947, n. 1501 (n. 176). 
AVVOCATI E PROCURATORI. -Se il decreto di 
ammissione al gratuito patrocinio spieghi effetto solo 
per le formalit� successive alla sua emanazione o anche 
per quelle verificatesi anteriormente (n. 20). 

COMUNI E PROVINCIE. -Se lo Stato, interve11e11do 

nel campo della concessione o della revoca delle li


cenze di commercio rilasciate dai Comuni, sia porta. 
tore di un interesse proprio (n. 45). 

DEMANIO. -I) Se la controbancllina di u11a strada 
faccia parte integrante della strada (n. 89). -II) Se gli 
alberi, incorporati in beni demaniali, facciano parte 
del demanio o del patrimonio dello Stato (n. 89). 

ELETTRODOTTI. -I) Se gli elettrodotti costrniti 
dall'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato e destinati 
ad alimentare le linee esercitate con trazione 
elettrica siano co\npresi nel demanio ferroviario (n. 7). 
-U) Se facciano parte del demanio ferroviario le servit�, 
che, a seguito della costruzione degli elettrodotti, 
siano state imposte ai terreni sottostanti (n. 7). -Ill) Se 
per la protezione giuridica de1le servit� di elettrodotto, 
create in favore delle Amministrazioni delle Ferrovie 
dello Stato possa farsi ricorso tanto ai mezzi dell'autotutela 
amministrativa, quanto alle ordinarie azioni possessorie 
e petitorie, da proporsi �dinanzi all'Autorit� 
giudiziaria (n. 7). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. -I) Se il decorso del 
termine biennale previsto dall'art. 73 della legge sull'espropriazione 
per pubblica utilit� per l'occupazio11e 
di urgenza, renda necessario il rinnovo dell'intera procedura, 
ai fini dell'esproprio (n. 83). -II) Se il diritto 
del possessore di buona fede al pagamento dell'indennit� 
per le costruzioni eseguite sul fondo altrui si concreti 
in un diritto di credito (n. 84). -III) Se la procedura 
espropriativa sia applicabile nei confronti di chi, avendo 
costruito su fondo altrui, abbia diritto ad un'indennit� 
per le eseguite costruzioni (n. 84).. -.I.Y) Se per 
l'esecuzione delle opere di competenza della Cassa~ del 
Mezzogiorno, ai sensi degli articoli. i, 2 e 4 della legge 
10 agosto 1950, n. 646, si possa richiedere, da parte della 
Cassa stessa o degli Enti menzfonati nel successivo art. 8, 
l'emissione del decreto prefettizio di occupazione d'urgenza, 
a norma dell'art. 71 della legge 25 giugno 1865, 



-215


n. 2359 e sul presupposto della sussistenza dei requisiti 
propri di questo istituto, indipendentemente dalla dichiarazione 
di pubblica utilit� delle� opere approvate. 
(n. 85). -V) Se per le opere comprese nel piano di cui 
agli art.li 1 e 2 della legge 10 agosto 1950, n. 646, la cui 
esecuzione � affidata alla Cassa del Mezzogiorno, sia 
richiesto in via ordinaria e normale, il preventivo e 
formale provvedimento di dichiarazione di pubblica 
utilit� da parte del Ministro competente (n. 85). -VI) Sf:l 
per le opere comprese nel piano di cui agli articoli 
1 e 2 della legge 10 agosto 1950, n. 646, la cui esecuzione 
� affida-ta alla Cassa del Mezzogiorno, possano 
ritenersi applicabili le norme delle leggi speciali che 
ammettono la c. d. " dichiarazione implicita � di p. u. 
(n. 85). -VII) In particolare, se possano ritenersi applicabili 
alle opere di competenza della Cassa del Mezzogiorno, 
le norme degli a-rticoli 92 e 93 del R. D. 
13 febbraio 1933, n. 215, sulla bonifica integrale nonch� 
la norma (art. 33) del T. U. 11 dicembre 1933, n. 1711, 
delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, in 
materia di dichiarazione implicita di pubblica utilit� 
connessa all'emanazione del decreto di concessione 
(n. 85). 
FERROVIE. -I) Se l'Amministrazione ferroviaria 
possa essere chiamata a rispondere civilmente delle 
conseguenze di infortuni che si verifichino sulle banchine 
dei porti in occasione dell'esecuzione, da parte 
del personale delle Compagnie portuali, a ci� autorizzato 
in forza del decreto del comandante del porto, 
delle manovre a-spalla d'uomo, mediante le quali viene 
effettuato lo spostamento dei vagoni sulla banchina, al 
fine di facilitare le operazioni di carico e scarico 

(n. 170). -II Se le penalit�, previste dall'art.� 50 delle 
Condizioni e tariffe delle Ferrovie dello Stato, possano 
applicarsi dopo il decorso dell'anno dallo svincolo, 
nelle ipotesi di merci per le quali, a seguito di dolose 
iues�i,tte dichiarazioni, siano state applicate tariffe di 
favore che non competevano (n. 171). -III) Se nella 
determinazione del compenso extracontrattuale per rincaro 
prezzi a sensi del D. M. 3 settembre 1940, n. 857, 
l'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato debba attenersi 
al rigore delle disposizioni per la re~isione 
contrattuale oppure possa procedere secondo criteri 
equitativi e discrezionali per l'integrazione del corrispettivo 
contrattuale (n. 172). -IV) Se l'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato sia tenuta alla custodia dei 
colli dei viaggiatori che non possono essere sistemati 
sulle reticelle o sotto i sedili delle elettromotrici e delle 
automotrici e che l'Amministrazione stessa obbliga a 
depositare negli appositi scompartimenti esistenti al 
centro ed alle estremit� delle vetture indicate con conseguente 
responsabilit� in ca~o di perdita o di avaria 
(n. 173). -V) Se l'indennizzo eventualmente dovuto al 
viaggiatore per �le ipotesi di perdita od avaria di bagagli 
depositati negli appositi compartimenti di elettrotreni 
od automotrici debba essere sempre determinato 
con criteri stabiliti dall'art. 13, par. 7, e cio� 
entro i limiti previsti dall'art. 58, par. 1 �e 2, delle 
CC. TT. (n. 173). -VJ.) 'se gli elettrodotti costruiti dall'Amministrazione 
ferroviaria e destinati ad alimentare 
le linee esercitate con trazione elettrica siano compresi 
nel demanio ferroviario (n. 174). -VII) Se facciano 
parte del demanio ferroviario le servit�, che, a seguito 
delle costruzioni degli elettrodotti, siano state imposte 
a-i terreni sottostanti (n. 174). -VIII) Se per la protezione 
giuridica delle servit� di elettrodotto, create in 
favore dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, 
possa farsi ricorso tanto ai mezzi dell'autotutela amministrativa, 
quanto ane ordinarie azioni possessorie 
e petitorie, da-proporsi dinanzi all'Autorit�.. giudiziaria 
(n. 174). -IX) Se e su quali norme di diritto positivo 
trovi fondamento il principio dell'autotutela amministrativa 
in relazione ai beni demaniali (n. 174). -X) Se 
l'esercizio della polizia demaniale spetti sempre alla 
Amministra-zione anche per quei beni per i quali lo 
esercizio stesso non sia stato regolato con apposite 
nor.me di legge (n. 174). -XI) Se con decreto del capo 
dell'Amministrazione possa ordinarsi la rimessione in 
pristino dello stato dei luoghi a col�i che, in violazio11e 
dei diritti demaniali di servit�, abbia costruito illegittimamente 
un fabbricato (n. 174). 

GUERRA. -I) Se, per qualificare una cosa come 
oggetto di preda beHica, debba essersi svolto in. relazione 
ad eHsa un regolare giudizio di preda (n. 120). II) 
Se fa�ccia parte della preda-bellica anche quello che 
� comunemente chiamato bottino di guerra, di cui la 
legge internazionale (art. 53 Convenzione dell'Aja 1899) 
ammette l'impossessamento da parte della potenza occupa-
nte e nel quale sono compresi tutti i materiali di 
uso bellico (n. 120). -lll} Se gli automezzi catturati iu 
Francia dall'Esercito italiano nel corso di operazioni 
militari siano. da considerarsi acquistati dallo Stato italiano
� a titolo di preda bellica (n. 120). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se sia dovuta la differe11za 
fra i maggiori assegni di stipendio dovuti per l'incarico 
non ricoperto per effetto del provvedimento poi 
dichiarato illegittimo, e quelli eff.ettivamente percepiti 

(n. 332). -II) Se i dipendenti della Amministrazione finanziaria, 
incaricati di notificazione di atti in base allo 
art. 40 del R. D. L. 7 agosto 1936, n. 1639, possano 
essere equiparati agli ufficiali giudiziari (11. 333). III) 
Con quale decorrenza l'impi-egato abbia diritto alla 
corresponsione delle indennit� di carovita e di caropane, 
spettantigli in seguito al riconoscimento di un 
figlio naturale (n. 334). -IV) Se la legge 4 novembre 
1950, n. 888, elle ha regolato organicamente la materia 
dei compensi a favore dei componenti le conimissioni, 
i comitati, i collegi, ecc. operanti nelle Amministrazioni 
dello Stato, abbia abrogato l'art. 63 del R. D. 
8 maggio 1942, n. 843, il quale disponeva che il compenso 
a:i 'compon�nti di commissioni, che foss.ero dipendenti
� statali, competeva solo quando la designazione 
rion fosse in dipendenza dell'ufficio o della c�arica 
ricoperta (n. 335). -V) Se, ai sensi delle vigenti norme, 
il gettone di presenza spetti anche ai dipendenti statali, 
che siano stati designati nella Commissione o Comitato 
o collegio, in dipendenza dell'ufficio ricoperto 
(n. 335). -VI) Se la retroattivit� alla data del 1� gennaio 
1951, disposta dalla legge 19 giugno 1951, n. 489, 
per la corresponsione ai dipendenti stata:li delle nuove 
indennit� di missione a carico del bilancio dello Stato, 
prevista dalla legge medesima, si applichi anche alle 
indennit� a carico dei privati (n. 336). 
IMPOSTA DI� REGISTRO. -I) Se possa registrarsi 
a debito una sentenza per effetto di un decreto di ammissione 
al gratuito patrocinio, intervenuto dopo oltre 
venti giorni dalla pubblicazione della sentenza stessa 

(n. 87). -II) Se un contratto del quale si sia intrapresa

-216


l'esecuzione, in pendenza dell'approvazione, sia soggetto 
al pagamento dell'imposta fissa o della imposta proporzionale 
di registro (n. 88). -III) Se un contratto, 
stipulato per corrispondenza:, attraverso lettere commerciali, 
da registrarsi in caso d'uso, sia soggetto,. nel 
caso che ne sia intrapresa l'esecuzione in pendenza 
dell'approvazione e sul presupposto che sia fatto uso 
delle lettere medesime, al pagamento della: tassa fissa 

o della tassa proporzionale di registro (n. 88). -IV) Se 
la menzione del contratto nell'atto di fideiussione prestata 
da un terzo a garanzia degli obblighi contrattuali 
costituisca, agli effetti tributari, caso d'uso (n. 88). V) 
Se le agevolazioni tributarie contemplate dai DD.LL. 
322 del 1945 e 221 del 1946 debbano applicarsi ai soli 
lavori di ricostruzione o di r�parazione di beni immobili 
o di cose mobili in essi incm�porate e non anche 
a lavori concernenti le pertinenze (n. 89). -VI) Se il 
contratto, concernente la riparazione o ricostruzione di 
immobili, il quale riguardi anche la fornitura di cose 
mobili e utilit� accessorie, destina-te a divenire pertinenze 
ai sensi dell'art. 817 del Codice civile, sia ammesso 
alle agevolazioni tributarie di cui ai DD. LL. 
322 e 221 succitati (n. 89). -VII) Se il contratto, con i� 
quale una ditta si impegna a fornire un determinato 
quantitativo di semilavorati di rame, ricevendo in cambio 
un quantitativo maggiore di rame in rottami, variabile 
a secondo del tipo di semilavorato da fornire, 
escluso ogni ulteriore obbligo di tacere, concreti, agli 
effetti dell'imposta di registro, una permuta od un .appalto 
(n. 90). 
IMPOSTA DI R. M. -Se sia sostenibile l'applicabilit� 
dei principi di cui agli articoli 1411 e segg. Codice 
civile; in tema di stipulazioni a favore di terzi (nella 
specie; Finanza), ove, in un bilancio finale di liquidazione, 
anzich� esporsi soltanto le risultanze complessive 
della gestione, si faccia constare l'ammontare del 
debito della societ� per imposte e tasse e, al tempo 
stesso, l'impegno personale del liquidatore di soddisfarlo 
fino a concorrenza di una determinata somma 

(n. 5). 
IMPOSTE E TASSE. -I) Se sugli automezzi catturati 
in Francia dall'Esercito italiano nel corso di operazioni 
militari, introdotti poi nel territorio italiano e venduti 
a privati, debba pagarsi l'imposta doganale (n. 212). II) 
Quale sia la natura del contributo 4% posto a carico 
degli imprenditori con l'art. 75 della legge 25 luglio 1952, 

n. 949 (n. 213). -III) Se lo Stato italiano possa essere 
vincolato dai provvedimenti di esonero da tributi, emessi 
dall'occupante germanico (n. 214). -IV) Se obbligato 
al pagamento del dazio sia il destinatario della merce 
al tempo del passaggio della linea doganale (n. 214). 
-V) Se la legge 22 dicembre 1951, n. 1575, recante 
" agevolazioni fiscali per le opere concesse dalla Cassa 
per il Mezzogiorno "� abbia carattere innovativo o interpretativo 
delle disposizioni in materia, contenute 
nella legge istitutiva della Cassa stessa (n. 215). -VI) Se 
i benefici tributari di cui alla legge 22 dicembre 1951, 
n. 1575, siano ad esclusivo favore della Cassa del Mezzogiorno 
o dei privati imprenditori (n. 215). -VII) Se 
i benefici tributari, di cui alla legge n. 1575 del 1951 
siano destinati ad applicarsi soltanto per il futuro, 
cio� alle aggiudicazioni ed ai contratti stipulati successivamente 
alla entrata in vigore della legge stessa 
(n. 215). -VIII) Se il beneficio tributario, previsto dalla 
citata legge 1575 del 1951, si applichi automaticamente 
a tutti i contratti o soltanto a quelli che portino la 
contestuale dichiarazione, prescritta dall'art. 1, 20 comma, 
della legge stessa (n. 215). -I�X) Se, l'ambito dell'agevolazione 
tributaria (applicaz~o11e della quota fissa 
di abbonamento) possa estendersi ai contratti stipulati 
anteriormente all'entrata in vigote della legge n. 1575 
del 1951 (n. 215). -X) Se la dichiarazione, prevista dall'art. 
l, 2� comma, della legge 1575 del 1951, debba essere 
introdotta in tutti i contratti o soltanto allorch� risulti 
che, attraverso l'agevolazione, si raggiunge effettivamente 
il fine della legge, che si concreta in una riduzione 
del costo complessivo dell'opera (n. 215). 

MINIERE. -I) Se possa farsi luogo all'annullamento 
dell'atto di concessione per lo sfruttamento di acque 
minerali nella zona di un aeroporto militare, essendo 
mancata l'intesa, da parte dei competenti organi, con 
l'Amministrazione militare, prevista per la concessione 
di miniere poste in zone interessanti la difesa (n. 7). II) 
Se l'AmministraziOne della Difesa possa impugnare 
in sede giurisdizionale il provvedimento di concessione 
di acque minerali in zona interessante la difesa, emanato 
dal Ministero dell'Industria e Commercio (n. 7). III) 
Se, ai sensi delle vigenti norme, l'importazione di 
macchinari destinati alle ricerche petrolifere sia esente 
dal diritto di licenza (n. 8). 

NAVI. -Se l'autorizzazione alla vendita all'estero 
della nave italiana data dal Ministero della Marina 
Mercantile sani il vizio originario del precedente contratto 
di vendita, sottoposto appunto alla condizione 
sospensiva dell'autorizzazione ministeriale agli effetti 
dell'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 1184 Codice 
navigazione (n. 55). 

NOTIF(CAZI-ONE. -Se i dipendenti dell'Amministrazione 
Finanziaria incaricati di notificazione di atti 
in base all'art. 40 del R. D. L. 7 agosto 1936; n. 1639, 
possano essere equiparati agli Ufficiali giudiziari (n. 5). 

OPERE PUBBLICHE. -I) Se la legge 22 dicembre 
1951, n. 1575, recante " agevolazioni fiscali per le 
opere concesse dalla Cassa per il Mezzogiorno ,, abbia 
carattere innovativo o interpretativo delle disposizioni 
in materia, contenute nella legge istitutiva della cassa 
stessa (n. 33). -Il) Se il beneficio tributario, previsto 
dalla citata legge n. 1575 del 1951, si applichi automaticamente 
a tutti i contratti o soltanto a quelli che 
portino la contestuale dichiarazione, prescritta �dall'articolo 
l, 2� comma, della legge stessa (n. 33). -III) Se, 
l'ambito dell'agevolazione tributaria (applicazione della 
quota fissa di abbonamento) possa estendersi ai contratti 
stipulati �anteriormente all'entrata in vigore della 
legge n. 1575 del 1951 (n. 33). -IV) Se la dichiarazione, 
prevista dall'art. l, 2� comma, della legge 1575 del 1951, 
debba essere introdotta in tutti i contratti o soltanto 
allorch� risulti che, attraverso l'agevolazione, si raggiunge 
effettivamente il fine della -�legge, che si concreta 
in una riduzione d�l costo complessivo-della 
opera (n. 33). 

PENSIONI. -Se si possa legittimamente sospendere 
il pagamento della pensione vedovile a persona passata 
a seconde nozze con vincolo religioso (n. 57). 


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PIANJ: REGOLATORI. -Se possa chiedersi la riduzione 
in pristino delle costruzioni eseguite in viola. 
zione delle norme di un piano regolatore edilizio con


cernenti .Ie altezze dei fabbricati (n. 1). 

POLIZIA. -Se i circoli E.N.A.L. siano sottoposti 
all'obbligo di munirsi della licenza di polizia, prevista 
dall'art. 86 del T. U. delle leggi di P. S., per la vendita 
di bevande alcooliche ai propri soci (n. 1). 

POSSESSO. -I) Se sia ammissibile l'azione possesso~
ia ove il ~atto del terzo sia diretto, piuttosto che 
sul bene, sui frutti del bene medesimo (n. 3). -II) Se 
l'azione possessoria sia proponibile anche contro l'autore 
morale dello spoglio o della turbativa, oltre che 
contro gli autori materiali (n. 3). -III) Se la raccolta 
di pochi frutti sul fondo altrui costituisca turbativa 
del possesso, ove sia compiuta con l'intenzione di affermare 
una propria pretesa in contrasto con il godimento 
tenuto dall'altra parte (n. 3). -IV) Da quando 
decorra il termine di un anno per la proposizione della 
azione possessoria, ove l'azione del terzo si concreti 
in pi� atti, che si succedano ad intervalli, ma siano 
determinati da un unico proposito ovvero anche in pi� 
atti distinti, che siano per� in relazione gli uni con gli 
altri (n. 3). 

POSTE E TELECOMUNI�CAZIONI. -I) Se l'apparecchio 
diretto a segnalare furti o incendi pe.r mezzo 
di un allarme, trasmesso con radio ad uno o pi� 
posti di ascolto, stabilisca una telecomunicazione, ai 
sensi e per gli effetti dell'art. 166 e segg. del T. U. 
27 febbraio 1936, n. 645 (n. 34). -II) Se per l'installazione 
dell'impianto di telecomunicazione siano necessarie 
due concessioni, una per l'apparecchio ricevente, 
l'altra per quello trasmittente, ovvero una sola (n. 34) III) 
Se gli utenti di detto servizio abbiano diritto a che 
gli uffici di P. S. si provvedano di apparecchi riceventi, 
sia pure da installarsi dagli utenti a proprie spese 

(n. 34). -IV) Se, in caso di installazione di apparecchi 
i:iceventi negli uffici di P. S., si possa imporre agli 
utenti una tassa speciale, non prevista dalla legge 
(n. 34). -V) Se l'esercizio della sorveglianza e custodia 
da parte d'i privati e di enti, nell'interesse di terzi, a 
mezzo di apparecchi radio trasmittenti, debba essere 
assoggettata alla concessione e alla disciplina di cui 
all'art. 134 del T. U. delle leggi di P. S. (n. 34). 
PRES.CRIZIONE. -I) Se la prescrizione dell'azione 
concessa a tutela del credito, debba intendersi regolata 
nei confronti del cessionario dalle stesse norme vigenti 
nei confronti del cedente (n. 15). -Il) Se, per effetto 
della cessione del credito di somme di denaro, gi� 
riconosciuto dalla Amministrazione ferroviaria, prima 
della scadenza dei termini prescrizionali, la prescrizione 
dell'azione debba intendersi interrotta ai sensi 
dell'art. 66 C. T. per il tra-sporto delle cose, con il 
conseguente inizio di un nuovo periodo di prescrizione 
dalla data del riconoscimento (n. 15). 

PREZZI. -Se il contributo 4% posto a carico degli 
imprenditori con l'art. 75 della legge 25 luglio 1952, 

n. 949, possa essere considerato come elemento di costo 
ai fini della revisione dei prezzi contrattuali concernenti 
le opere appaltate prima dell'entrata in vigore 
della legge istitutiva (n. 14). -Il) Se possa ritenersi 
valido il termine-condizione stabilito d'intesa dall'Amministrazione 
e dall'appaltatore, per il quale l'appaltatore 
stesso rimarrebbe sollevato dall'impegno assunto 
di accettare l'importo revisionale concordato, ove il 
pagamento della somma non intervenga nel termine 
fissato (n. 15). -III) Se, non avendo mai, comunque, 
riportato il suddetto accordo, relativo al termine di 
pagamento, la formale approvazione ministeriale, la 
determinazione dell'importo revisionale concordato debba 
ritenersi un provvedimento di liquidazione di revisione 
prezzi, avverso il quale l'appaltatore, in caso di 
pretesa esiguj.t�, avrebbe dovuto proporre il ricorso 
previsto dall'art. 5 del D. L. 6 dicembre 1947, n. 1501 

(n. 15). 
PROPRIETA'. -Se il debito del proprietario del 
suolo nel caso previsto dall'art. 936 Codice civile, costituisca 
un debito di valore o di valuta (n. 8). 

RADIO E RADIOFONIA. -I) Se l'apparecchio diretto 
a segnalare furti o incendi per mezzo di un allarme, 
trasmesso con radio ad uno o pi� posti di ascolto, stabilisce 
una tale comunicazione, ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 166 e segg. del T. U. n. 645 del 27 febbraio 
1936 (n. 3). -H) Se per l'installazione dell'impianto 
di telecomunicazione siano necessarie due concessioni, 
una per l'apparecchio ricevente, l'altra per 
quello trasmittente, ovvero una sola (n. 3). -III) Se 
gli utenti di detto servizio abbiano diritto a che gli 
uffici lii P. S. si provvedano di apparecchi riceventi 
sia pure d&. installarsi dagli utenti a proprie spese 

(n. 3). -IV) Se, in caso di installazione di apparecchi 
riceventi negli uffici di P. S., si possa imporre agli 
utenti una tassa speciale, non prevista dalla legge 
(n. 3). -V) Se l'esercizio della sorveglianza e custodia 
da parte di privati e di enti, nell'interesse di terzi, a 
mezzo di apparecchi radio trasmittenti, debba essere 
assoggettata alla concessione ed alla disciplina di cui 
all'art. 134 del T. U. della legge di P. s. (n. 3). 
RAPPORTI DI LAVORO. -Se il contratto, mediante 
il quale taluno assume il servizio di pulizia e di manutenzione 
di canali, ecc., relativi ad impianti idroelettrici, 
senza vincolo di dipendenza gerarchica con possibilit� 
di assumere personale alle proprie dipendenze 
e, infine, con assunzione di rischio, sia contratto di 
appalto o concreti lavoro autonomo (n. 24). 

REGIONI. -I) Se il D. L. 15 ottobre 1951, n. 32, del 
Presidente della Regione Siciliana, che estende alla 
Regione le disposizioni della legge statale 19 maggio 
1950, n. 319, concernente il colloramento a riposo dei 
dipendenti degli Enti locali, dia adito ad impugnativa 
per motivi di illegittimit� costituzionale, in relazione 
alla norma dell'art. 2, che ha stabilito l'estensione nel 
tempo dei termini previsti dall'art. 4 della succitata 
legge statale n. 319 del 1950 (n. 40). -Il) Se, per effetto 
del D. L. 15 ottobre 1951 del Presidente della Regione 
Siciliana, i benefici stabiliti a favore dei dtpendenti 
degli Enti locali dalla legge statale n. 319 del 1950, si 
applichino anche ai segretari comunali della R.f!gione 
stessa (n. 40). -Hl) Se la legge 24 .aprile 1935, n. 740, 
concernente il Parco Nazionale dello Stelvio, possa considerarsi 
tuttora vigente, attesa la disposizione dell'articolo 
4 n. 10 dello Statuto della Regione Trentino-Alto 
Adige (n. 41). -IV) Se l'Ente Nazionale Parco dello 
Stelvio sia tuttora esistente, atteso il disposto della 
norma succitata (n. 41). 



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RESPO:"iSABILITA' CIVILE. -I) Se, ili caso di trasporto 
di perso11e su di un automezzo della Pubblica 
Amministrazione, senza la prescritta autorizzazione, la 
Pubblica Amministrazione medesima possa essere ritenuta 
responsabile per eventuali danni subiti dalle persone 
stesse (n. 136). -II) Quale natura abbia la responsabilit� 
derivante da trasporto effettuato a titolo di 
cortesi.a (n. 136). -III) Se l'Amministrazione, proprietaria 
del veicolo, possa proporre azione di regresso avverso 
il conducente dei veicolo medesimo, nel caso in 
cui tra l'Amministrazione ed il danneggiato d&lla circolazione 
sia intervenuta transazione sui danni, non 
accettata dal conducente stesso (n. 137). -IV) A quale 
prescrizione sia soggetta l'azione di regresso che l'Amministrazione 
esperisce verso i conducenti di autoveicoli, 
in rivalsa dei danni pagati al terzo danneggiato 

(n. 137). -V) Se il danno, sub�to da un'autovettura 
privata in sosta, da pa-rte di una jeep della Polizia, 
in servizio -di ordine pubblico, nel corso di una manifestazione 
poHtica, sia risarcibile, atteso il disposto del1'
art. 7 del T. U. sulle leggi di l'. s�., approvato con 
R. D. n. 773 del ;l8 giugno 1931 (138). 
SENTENZA. -Se possa registrarsi a debito una sentenza-
per effetto di un decreto di ammissione al gratuito 
patrocinio intervenuto dopo oltre venti giorni 
dalla pubblicazione della sentenza stessa (n. 7). 

SERVITU'. -I) Se facciano parte del demanio fer-roviario 
le servit�, che, a seguito della costruzione degli 
elettrodotti, siano state imposte ai terreni sottostanti 
(n. 12). -II) Se per la protezione giuridica delle 
servit� di elettrodotto, create in favore dell'Amministrazione 
delle Ferrovie dello Stato, possa farsi ricorso 
tanto ai mezzi dell'autotutela amministrativa quanto 
alle ordinarie -azioni possessorie e petitorie da proporsi 
dinanzi all'autorit� giudiziaria (n. 12). -III) Se con 
decreto del Capo dell'Amministrazione possa ordinarsi 
la rimessione in� pristino dello stato dei luoghi a colui 
che, in violazione dei diritti demaniali di servit�, abbia 
costruito illegittimamente un fabbricato (n. 12). 

SOCIETA'. --I) (Juale sia la fuuz�olle del ��la11c�u 
delle societ� comrnerdali dopo elle sia intervelluta l'approvazione 
(11. 48). -II) Se le dichiarazioni di scienza, 
contenute nel bilancio delle societ� commerciali, siano, 
dopo intervenuta l'approvazione, di -per s� idonee a 
costituire diritti a favore dei terzi (n. 48). -Hl) Se sia 
sostenibile l'applicabilit� dei principi di cui agli articoli 
1411 e segg. Codice civile, in terna di stipulazioni 
a favore di terzi, (nella specie, Finanza), ove, in un 
bilancio finale di diquidazione, anzich� esporsi soltanto 
le risultanze complessive della gestione, si faccia constare 
l'ammontare del debito della societ� per imposte 
e tasse e, al tempo stesso, l'impegno personale del 
liquidatore di soddisfarlo fino a concorrenza, di una 
determinata somma (n. 48). 

TRASPORTI. -I) Se possa farsi distinzione fra la 
cessione dei diritti derivanti dal contratto di trasporto 
e la cessione dei �crediti derivanti dallo stesso contratto 
(n. 24). -II) Se, per effetto della cessione del 
credito di somma di denaro, gi� riconosciuto dalla 
Amministrazione ferroviaria prima della scadenza dei 
termini prescrizionali, la prescrizione dell'azione debba 
intendersi interrotta ai sensi dell'art. 66 c. T. per 
il trasporto delle cose, con conseguente inizio di un 
nuovo periodo di prescrizione -dalla data del riconoscimento 
(n. 24). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se le sentenze pronunziaLe 
dai Tribunali alleati nel Territorio Libero di 
Trieste diano luogo all'applicazione di pene accessorie, 
previste dall'ordinamento giuridico italiano (n. 50). II) 
Se sia proponibile, da parte di un cittadino di una 
Potenza alleata un'azione individuale contro lo Stato 
italiano per il risarcimento dei danni di guerra, attesa 
la norma dell'a:rt. 80 del Trattato di Pace (n. 51). III) 
Se i crediti degli Istituti delle Assicurazioni Sociali 
ver~o �1a Germania, sorti in virt� di obbligazioni anteriori 
al 1� settembre 1939, possano rientrare fra quelli 
previsti dal comma 4 dell'art. 77 del Trattato di Pace 
come ricuperabili nei confronti della Germania stessa 

(n. 52).