ANNO V -N. 8-9 
AGOSTO-SETTEMBRE 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 

SOMMARIO 


I. ARTICOLI ORIGINALI 
La finanza straordinaria, dell'avv. G. BELLI, pag. 125-131. 
II. 
NOTE DI DOTTRINA 
I) R. O. KHALFINA: Atto amministrativo e contratto di diritto civile, traduzione 
e recensione critica di A. Salvatori, pag. 132-134. 
2) 
MEUCCIO RUINI; La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello 
Stato, recensione critica di C. Carbone, pag. 134-135. 

III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 
I) 
Cassazione -Difetto di giurisdizione-Irregolare composizione del Collegio 
giudicante -Consiglio di Stato -Adunanza plenaria -Numero dei 
componenti. (Corte di Cassazione), pag. 136-141 

2) 
Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Impiegati del Poligrafico 
dello Stato -Controversie del .lavoro -Competenza del 
Magistrato ordinario (Corte di Cassazione), pag. 141-142. 

3) Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Procedimento 
dinanzi a giudice speciale (Corte di Cassazione), pag. 142-143. 
4) Contabilit� dello Stato -Deroga delle norme del Codice civile -Valore 
della norma -Pagamenti dello Stato -Decorrenza degli interessi (Corte 

� 
di Cassazione), pag. 143-144. 

5) 
Demanio -Beni patrimonialiindisponibili-Macchinari officine militariPossei:
jso di pezzi smontati -Acquisto della propriet� (Corte di Cassazione),, 
pag. 144. � 

6) Ferrovie -Responsabilit� civile -Passaggio a livello -Custodia-D iscrezionalit� 
della Amministrazione ferroviaria (Corte di Cassazione), 
pag. 144-145. 

7) 
Responsabilit� della Pubblica Amministrazione -Azione dolosa del 
funzionario -Irriferibilit� -Esclusione della responsabilit� indiretta 
(C�rte di Cassazione), pag. 145. 

8) 
Sequestro penale -Art. 624 C. P. P. -Restituzione di cose sequestrate 
-Contestazione sulla propriet� -Corn,petenza del giudice civile 
(Corte di Cassazione), pag. 145-147. 

IV. 
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
1) Contabilit� generale dello Stato -Contratti dello Stato -Cessione di 
credito prima del collaudo -Inefficacia (Tribunale di Roma), pag. 148. 
2) Imposte e tasse -Ente Metano -Contributo per l'uso delle bombole 
(Tribunale di Roma), pag. 148. 
3) 
Monopoli -Vendita di sigarette adulterate -Azione contrattuale per 
risarcimento danni proposta dall'acquirente contro l'Amministrazione 
(Pretura di Firenze, pag. 148-149. 

V. 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 150. 
VI. 
INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 151-154. 

ANNO V -N. 8-9 AGOSTO�SETTEMBRE 1952 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 


LA FINANZA STRAORDINARIA 


(RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA) 

SOMMARIO. -a) L'imposta sui maggiori ut1'.li di guerra: 
1) Generalit�; 2) Reddito ordinario �d extra profitto; 
3) La responsabilit� solidale degli amministratori e liquidatori. 
-b) L'imposta sugli utili di contingenza: 1) Generalit�; 
2) L'avocazione dei profitti derivanti da improvvisato 
affarismo; 3) Gli illeciti costituenti reato; 4) La 
rivalutazione delle merci; 5) I poteri della CommisRione 
centrale delle imposte; 6) Il sequestro cautelare; 
7) Effetti della mancata trascrizione dell'avviso di 
accertamento. 

a) L'imposta sui maggiori utili di guerra 

1) Generalit�. -I/influenza della guerra, sui 
fenomeni economici � generalmente stata studiata 
dagli economisti e dai cultori di scienze delle Finanze. 
Se la guerra � distruttrice di ricchezze, 
causa di miserie e sofferenze per il maggior numero 
dei cittadini, provoca ugualmente un aumento 
considerevole di alcuni redditi in conseguenza 
non soltanto della rarefazione di alcuni 
prodotti, ma altres� del fatto che lo Stato, per le 
stesse esigenze belliche, diventa il maggior cliente: 
le commesse dello Stato per i bisogni dell'esercito 
e della popolazione civile turbano profondamente 
il mercato, determinando il verifi.carsi di sopraprofi.
tti ed extraprofi,tti a favore di almeno una 
parte del ceto industriale e commerciale. 

L'imposta sui maggiori utili di guerra risponde 
non soltanto ad una necessit� tributaria, di assicurare 
allo Stato una maggiore entrata in relazione 
all'aumento delle spese pubbliche determinato 
dalla guerra, ma soprattutto ad una esigenza di 
giustizia sociale: cercare di limitare i guadagni, 
molte volte eccezionali, di coloro che proprio per 
effetto delle contingenze belliche hanno avuto 
notevolmente accresciuto il proprio reddito. 

Durante la prima guerra mondiale fra i tributi 
straordinari, introdotti per fronteggiare la imperiosa 
necessit� degli ingenti oneri fi,nanziari della 
guerra, fu l'imposta straordinaria sui profi,tti di 
guerra (disciplinata da ultimo dalle norme convenute 
nel T. U., all. A, approvato con R. D. 9 giugno 
1948, n. 857), e nelle precedenti Relazioni per 
gli anni 1912-1925 (p. 188-192) e 1926-1929 (pagine 
204-208) si ,~ riferito circa le pi� importanti controversie 
giudiziarie, cui aveva dato luogo tale imposta. 

In occasione della pi� recente guerra si provvide 
subito alla istituzione di una imposta sui maggiori 
utili di guerra: la legge istitutiva � del 10 luglio 
1940, n. 813, alla quale fecero seguito vari 

provvedimenti legislativi, che hanno apportato 
notevoli modifi.cazioni alla legge fondamentale. 

Con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, fu approvato 
poi un testo unico, al quale successivamente vennero 
apportate modifi.cazioni, quali notevoli quelle 
convenute nel D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, 
nel R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436~ nei DD. 
LL. C. p. S. 23 agosto 1946, n. 145,~22 dicembre 
1946, n. 626, 2 luglio 1917, n. 685 e nella legge 
23 dicembre 1948, n. 1451. 

Oggetto dell'imposta sono gli utili prodotti da 
nazionali o stranieri dal 1� gennaio 1939"'a tutto 
il 1945 nell'esercizio di attivit� industriali o commerciaJi 
(cio� quelli classifi.ca,ti in categoria B ai 
fi.ni dell'imposta di ricchezza mobile, compresi, dal 
10 gennaio 1941, quelli derivanti da affittanza agraria) 
o in affari derivanti dall'esercizio di attivit�, 
intermediarie, per la parte eccedente il reddito 
ordinario. Con l'art. 14 del R. D. L. 27 maggio 
1946, n. 436 � stata poi estesa l'applicazione della 
imposta ai redditi provenienti da intermediazione 
in affari civili, con disposizione di evidente carattere 
interpretativo, avente, quindi, efficacia retroattiva. 

Per vero si � cercato di contestare il carattere 
interpretativo di tale norma; ma alla contraria 
tesi del contribuente si � opposto che esso risultava: 

a) dalla Relazione ministeriale che esplicitamente 
chiariva che la norma era stata resa necessaria 
da talune interpretazioni restrittive date alla 
locuzione �attivit� intermediaria � contenuta nell'art. 
1 del T. U., s� che era divenuta necessaria 
<< una interpretazione autentica �; 

b) dalla logica delle cose, perch�, ove avesse 
disposto solo per l'avvenire, la disposizione sarebbe 
stata assolutamente inutile, posto che l'imposta 
de qua cessava di avere applicazione dal 1� gennaio 
1946 (art. 17), cio� da data precedente alla 
emanazione del R. D. L. in esame. 

E il Tribunale di Firenze queste argomentazioni 
accolse e fece proprie con la sentenza 28 dicembrf' 
1950 in causa Fremura c. Finanze (in Mon. Trib., 
1951, 243, D. 448). 

L'imposta ha carattere territoriale, co.me si 
evince dalla espressione �nel regno ii i redditi dei -nazionali 
prodotti all'estero in tanto sono assoggettati 
al tributo straordinario in quanto gi� considerati 
ai fi.ni dell'imposta di R. M. come soggetti 
a tale tributo. L'imposta colpisce il maggior 
reddito che con presunzione assoluta si ritiene de



g; g; 
-126 


terminato dalla guerra; occorre quindi stabilire 
il reddito ordinario, dato che gli utili soggetti alla 
imposta straordinaria sono quelli prodotti per ciascun 
anno per la parte eccedente il reddito ordinario. 

La legge ha dettagliatamente stabiliti i criteri 
per la determinazione del reddito ordinario, f�.ssando 
criteri diversi -sui quali non � il caso 
di diffondersi -per le societ� ed altri contribuenti, 
e stabilendo norme particolari per i contratti di 
appalto, soggetti a tassazione una tantum. 

2) Reddito ordinario ed extraprofitto. -La pi� 
notevole differenza fra l'imposta in esame e quella 
analoga istituita nel corso della guerra 1915-1918, 
sta in ci�: che mentre questa ultima considerava, 
con presunzione f�.no a prova contraria, extraprof�.
tti di guerra quelli verificatisi per aumenti di produzione 
o di commercio o per aumenti di prezzo, 
la legge del 1940 ha stabilito un criterio automatico: 
accertato cio� un reddito maggiore di quello 
ordinario, stabilito per ciascuna categoria di contribuenti 
a termine dei criteri fissati dal legislatore, 
la differenza tra i due redditi, qualunque sia la 
causa dell'aumento del reddito, costituisce extraprofi,
tto, assoggettabile all'imposta, salvo le detrazioni 
della legge stessa prevista. 

La relazione che ha accompagnato alla �Camera 

dei deputati il progetto di legge � assai esplicita: 

<<Sebbene la denominazione del tributo faccia pen


sare ad una correlazione e dipendenza del maggior 

reddito rispetto allo stato di guerra, si prescinde 

nell'accertamento dal considerare se in concreto 

la contingenza bellica abbia influito per incremen


tare l'utile. Pu� cos� avvenire che alla imposta 

straordinaria sia assoggettato anche chi da tale 

contingenza non � stato davvero avvantaggiato �. 

E le istruzioni ministeriali impartite con la cir


colare n. 15 del 1� novembre 1940 erano assai 

chiare: << La norma, quindi, pi� importante della 

materia imponibile resta individuabile con estrema 

facilit�, essendo essa rappresentata da tutti quei 

redditi la cui tassazione, ai fi.ni dell'imposta di ric


chezza mobile, � eseguita in categoria B, tale tas


sazione rendendo senz'altro applicabile l'imposta 

straordinaria con esclusione di ogni possibilit� di 

discussione circa la natura specifi.ca delle singole 

attivit� per le quali l'imposta mobiliare � applicata 

in categoria B e con esclusione di ogni possibilit� 

d'indagine diretta a stabilire nei singoli casi se i 

maggiori utili trovino o meno la loro causa nello 

stato di guerra. Il contribuente non pu�, quindi, 

sfuggire all'imposta, se non a condizione che il suo 

reddito mobiliare sia tassato in una categoria di


versa dalla categoria B �. 

L'applicazione di tale tributo non ha dato vita 

a liti particolari, dato il criterio della legge, che 

non poteva far sorgere dubbi per la sua applica


zione. Merita, per�, di esser segnalata un'impor


tante causa che si � svolta avanti al Tribunale 

di Bologna. 

L'Ente Economico Fibre Tessili, dopo aver ri


corso alle Commissioni tributarie, che avevano 

confermato l'accertamento di extra-profi.tti tas


sabili con l'imposta sui maggiori profi.tti di guerra 

per gli anni 1940, 1941 e 1942, adiva l'Autorit� giu


rlizfa,ria., soRtenendo che, data la propria natura 

giuridica di Ente di diritto pubblico, non avente 
scopo di lucro, doveva ritenersi illegittimo l'accertamento 
tributario e, pertanto, dichiararsi non 
dovuta l'imposta. 

La difesa dell' .Amministrazion.~ l'ilev� che, avendo 
l'Ente concordato a suo tempo l'imposta di R. M., 
categoria B, per gli anni per i quali si disputava, la 
conseguenza di tale accertamento, in base ai principi 
stabiliti dalla legge istitutiva del tributo, per 
i quali i redditi accertati in categoria B dell'imposta 
di R. '.M. erano assoggettati all'imposta straordinaria 
quando vi fosse un sopraprofi.tto, rendeva 
improponibile la questione di assoggettabilit� al 
tributo, dato che il presupposto di diritto per 
l'applicazione dello stesso era soltanto l'accerta 
mento per l'imposta. 

Tale tesi fu accolta dal Tribunale di Bologna, 
I Sezione, con sentenza 11 luglio 1950. Rilev� il 
Tribunale che l'avvenuto accertamento definitivo 
del tributo di R. M. in categoria B o O, per questo 
ultimo nei casi previsti dalla legge, costituisce una 
preclusione all'esame, nel successivo giudizio che 
abbia ad oggetto, al tributo straordinario, se lo 
Ente sia o meno assoggettabile al tributo straordinario. 
J,a precisazione della legge, che gli utili 
relativi all'esercizio di attivit� commerciali o di 
affari derivanti dall'esercizio di attivit� inteimediarie, 
serve soltanto a stabilire da un Iato, quali 
redditi assoggettabili all'imposta di R. '.M. in categoria 
B e O, siano soggetti al tributo straordinario, 
e dall'altro a rendere soggetti allo stesso i redditi 
eventualmente sfuggiti all'accertamento, per i quali 
la Finanza ha diritto di procedere nei modi e termini 
di legge . .Accertato per� definitivamente un 
reddito ai fini dell'imposta di R. '.M. e stabilito con 
l'accertamento la natura di esso (categoria B), non 
potr� pi�, ai fi.ni dell'imposta straordinaria, discutersi 
della assoggettabilit� in astratto del sopraprofitto 
alla imposta sui maggiori utili di guerra. 

La sentenza venne accettata dalle� parti. 

3) La responsabilit� solidale degli amministra


tori e liquidatori. -L'art. 16 R. D. L. 27 mag


gio 1946, n. 436, che sostitu� l'art. 22 del T. U. 

approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, san


cisce: << Il presidente e gli amministratori delle so


ciet� per azioni e delle societ� a responsabilit� li


mitata, in carica alla data di entrata in vigore del 

presente decreto, quelli che copriranno la carica 

fino a completa estinzione degli obblighi derivanti 

dall'applicazione dell'imposta straordinaria sui pro


fi.tti di guerra, nonch� i liquidatori, sono in pro


prio solidalmente responsabili del debito per la 

imposta suddetta, qualunque sia l'epoca dell'ac


certamento e dell'iscrizione a ruolo �; disposizione 

che ha il suo antecedente, fuor della finanza straor


dinaria, nel R. D. 17 settembre 1931, n. 1608, 

che sancisce le responsabilit� degli amministratori 

e dei liquidatori per le imposte dovute dalle societ�. 

Inoltre il capoverso dello stesso .articolo ha sta


bilito i casi in cui sussiste la responsabilit� qegl� 

amministratori e liquidatori nel periodo anteriore 

all'entrata in vigore della legge del 1946 ed in 

carica a far tempo dal 16 luglio 1940. 

L'interpretazione della disposizione di legge ha, 

dato luogo ad una importante controversia, che ha 


-127 


consentito alla difesa della Finanza di approfondire 
importanti problemi di diritto tributario, quali 
'gli effetti dell'accertamento tributario non soltanto 
nei confronti del soggetto passivo di imposta, 
ma anche del responsabile d'imposta, cio� degli 
amministratori e liquidatori della societ�, obbligati 
solidalmente al pagamento del tributo per i 

profitti di guerra. 

La Societ� a responsabilit� limitata Uova e pollami 
di Morrovalle Stazione, venne accertata per 
imposta sui maggiori utili di guerra. Riuscita 
infruttuosa l'esecuzione della Societ�, l'Esattore 
di Morrovalle, autorizzato dall'Intendente di Finanza, 
a termine dell'art. 16 della citata legge, 
notific� il precetto di pagamento ad un amministratore, 
tal Manghini, ed ai due liquidatori, tali 
Costantini. 

Costoro produssero opposizione e chiamarono 

l'esattore avanti al Tribunale di .Ancona, soste


nendo l'illegittimit� dell'esecuzione nei loro con


fronti, in quanto non esisteva un titolo esecutivo 

che legittimasse l'esecuzione. 

Nel giudizio intervenne l'Amministrazione finan


ziaria per sostenere la tesi giuridica dell'esattore, 

e dedusse in linea preliminare, il difetto di giuri


sdizione del giudice ordinario -per mancata os


servanza del precetto solve et repete -dato che 

gli opponenti, tenuti solidalmente al pagamento 

de] debito d'imposta, non potevano essere consi


derati terzi; nel merito che l'accertamento tribu


tario spiegava i suoi effetti non soltanto nei con


fronti del soggetto passivo dell'imposta, che viene 

iscritta nel ruolo, ma anche nei confronti dei re


sponsabili di imposta, ancorch� non iscritti a ruolo. 

L'esattore, che procede in base al ruolo nel quale 

� iscritta la Societ�, ottenuta dall'Intendenza di 

finanza l'autorizzazione ad agire in via eseeutiva 

contro gli amministratori ed i liquidatori, non deve 

procedere ad alcun accertamento in sede giudi


ziaria, giacch� il ruolo � titolo esecutivo nei con


fronti anche dei responsabili d'imposta. Tali ra


gioni non vennero accolte dal Tribunale di .An


cona, che con sentenza 26 ottobre 1948 (Foro 

It., 1949, I, 1120) ritenne che la responsabilit� 

personale degli amministratori e liquidatori di 

societ� per il pagamento fosse sussidiaria e non 

solidale rispetto alla Societ�. 

.Aggiungeva poi il Tribunale: 

cc Dovrebbe pur sempre affermarsi (e questa 

ragione ha carattere assorbente rispetto a tutte le 

altre ragioni fino a questo punto esaminate) la 

necessit� che il condebitore solidale nei cui con


fronti si intende far valere l'accertamento tribu


tario, definitivamente concluso nei confronti di 

altro condebitore solidale, venga iscritto nel ruolo 

reso esecutorio dall'Intendente di finanza e pub


blicato o notificato nelle forme stabilite per la 

riscossione delle imposte dirette, e ci� allo scopo 

di costituire il condebitore legalmente obbligato 

al pagamento dell'imposta, e quindi di attribuirgli 

la concreta qualifica di contribuente e preparare, 

ad un tempo, il titolo in base al quale l'esattore 

possa spiegare la sua azione esecutiva �. 

La decisione, manifestamente erronea, e con


traria ai principi generali del diritto tributario, 

venne impugnata; e la Corte di .Appello di .Ancona, 

con sentenza 7 luglio 1949, in riforma alla pronuncia 
dei primi giudici, ritenne che l'accertamento 
tributario per imposta profitti di guerra eseguito 
nei confronti della Societ� � operativo anche nei 
riguardi dei suoi rappresentanti, anche se non 
iscritti a ruolo, essendo gli stessi solidalmente 
responsabili in proprio del debito d'imposta. 

Tuttavia nella motivazione della sentenza si 
avverte qualche concetto poco preciso, quando si 
afferma che la Finanza possa agire contro gli amministratori 
e liquidatori, quando risulti provata 
per tabulas l'esistenza dei presupposti di cui allo 
art. 16 del citato decreto; ove ci� non sia gli opponenti 
sarebbero da considerare terzi e sottratti 
all'obbligo del solve et repete. 

Non sembra peraltro esatta tale affermazione: 
il provvedimento dell'Intendente di finanza che, 
autorizzando l'esecuzione, riconosce agli ex amministratori 
e liquidatori le qualit� di responsabili 
d'imposta, importa che la posizione giuridica, degli 
stessi � quella dei contribuenti, che per agire in 
giudizio debbono osservare il precetto del solve 
et repete; infine la presunzione di legittimit� dell'atto 
amministrativo porta alla inversione dell'onere 
della prova, dovendo gli ex amministratori 
fornire in giudizio la prova che non sussistono i 
presupposti di legge per la loro responsabilit�. 

La questione � stata ora portata all'esame della 
Corte Suprema con la causa .Amministrazione delle 
finanze contro Menghini. Con la sentenza n. 322 
del 9 febbraio 1952 la stessa Corte, a Sezioni unite, 
ha deciso che �nei confronti degli amministratori 
e liquidatori di societ� responsabili a termini dell'art. 
22 del T. U. 3 giugno 1943, n. 598 e 16 del 

D. L. 27 maggio 1946, n. 436, del pagamento dell'imposta 
straordinaria sui maggiori utili relativi 
allo stato di guerra -come per gli altri casi, preveduti 
dall'ordinamento tributario, in cui persone 
non iscritte a ruolo possono essere escusse 
con la procedura diretta -l'Amministrazione 
finanziaria pu� procedere coattivamente, indipendentemente 
da una dichiarazione giudiziale di 
responsabilit�, e l'intimato, che non ritenga di 
dover rispondere della imposta, non pu� produrre 
opposizione giudiziaria se non ha ottemperato al 
precetto del solve et repete, salvo che non ricorrano 
le normali eccezioni di esonero (difetto, prima 
facie, di titolo per l'esazione; o della qualit� diretta 
o indiretta di debitore)>>. Con la stessa sentenza 
la Corte ha anche deciso che l'art. 16 del 

D. L. 27 maggio 1946, n. 436, il quale commina 
per gli amministratori, liquidatori, ecc. una responsabilit� 
pi� grave di. quella stabilita nell'art. 22 
del T. U. 3 giugno 1943, n. 598, ha carattere innovativo 
e non interpretativo. 
b) L'imposta sugli utili di contingenza 

1) Generalit�. -La situazione della Nazione 
durante la guerra, ed in particolare le vicende 
successive all'armistizio con la crisi dei pubblici 
poteri, e l'occupazione alleata, determinarono un 
rapido processo di inflazione ed una rarefazione 
delle merci sui mercati; fu questo il terreno pi� 
adatto per il sorgere di attivit� speculative, pi� 

o meno illecite, cui seguirono dei rapidi ed ingiusti

-128 


ficati arricchimenti a favore di eoloro che approfittastraordinaria 
sui profitti di guerra, la cui applicarono 
della congiuntura economica: all'impoverimenzione 
� limitata dal reddito eccPdente quello ordito 
ed al disagio di gran parte della popolazione nario sottratto anche all'avocazione stabilita con 

faceva riscontro l'arricchimento degli speculatori. 

Mentre l'imposta sui maggiori utili di guerra 
colpiva gli extra profitti derivanti da attivit� normali 
(nell'esercizio di attivit� industriali e commerciali), 
l'attivit� speculativa presa in considerazione 
dal legislatore per l'imposta straordinaria, 
di cui in seguito si indicheranno le fonti legislative, 
mir� a colpire quanti, con la loro attivit� economica, 
avevano in modo particolare approfittato della situazione 
contingente, realizzando cospicui guadagni. 

Il D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, dichiar� 
soggetti alla imposta sui profitti di guerra �le 
attivit� di scambio e di intermediazione in deroga 
alle disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio 
o il blocco delle merci oppure la limitazione 
dei prezzi n (art. 8); ma la norma suddetta 
rivel� ben presto la sua insufficienza in relazione 
al macroscopico fenomeno della speculazione pi� 

o meno illecita: ragioni non soltanto di ordine fiscale, 
volte cio� a dare allo Stato i mezzi per risanare 
il bilancio sconvolto dalla guerra e per venire 
entro certi limiti incontro alle sofferenze di coloro 
che maggiormente avevano sofferto, ma soprattutto 
profonde esigenze sociali e morali imponevano 
che venissero avocate allo Stato le ricchezze 
accumulate da limitate categorie, approfittando 
<lelle miserie e sofferenze dei pi�. 
Il R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436, dispose 
perci� l'avocazione totale a favore dello Stato dei 
profitti di ic speculazione� (art. 18), e la materia 
venne poi rielaborata e disciplinata dall'art. 1 
del D. L. C. p. S. 28 aprile 1947, n. 330, che alla 
dizione usata nella precedente legge sostitu� quella 
di cc profitti eccezionali di contingenza n. La diversa 
dizione usata nelle due leggi dimostra l'evoluzione 
del pensiero legislativo: infatti il decreto 
del 1946, che importava l'avocazione totale del 
profitto, aveva carattere sanzionatorio di una attivit� 
non lecita, onde la imposizione importava 
quasi un giudizio morale sul contribuente; mentre 
quello del 1947, escludendo dalla imposizione ogni 
carattere punitivo, ha, come si evince dalla relazione 
del Consiglio dei Ministri, voluto cc togliere 
a questa forma di imposizione straordinaria ogni 
carattere di odiosit�. Invece della avocazione totale 
prevista dalla legge precedente si � stabilita 
una detrazione del 20 %, che rappresenta la quota 
non avocabile ii. 

Di t~le innovazione la relazione del Consiglio 
dei ministri ha cos� chiarito la portata.: cc Il quarto 
comma parte dalla considerazione che -trasportati 
i profitti dal campo della speculazione a quello 
della contingenza -una loro avocazione totale, 
avente un certo sapore sanzionatorio, non appare 
pi� giustificata. Assumendo i profitti di contingenza 
un carattere -sia pure particolare -di 
materia tassabile in via straordinaria, � sembrato 
che la relativa imposizione non potesse non trasformal'si 
da confisca integrale a prelievo sui pro.. 
fitti conseguiti dai singoli contribuenti, prelie-vo 
a titolo tributario il quale presuppone che una 
parte soltanto della somma accertata venga versat,
a all'Erario, cos� come si verifica per l'imposta 

R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436. 
cc Naturalmentf' i profitti ecce<1.:ionali di contingenza 
dovevano, data la loro particolare natura, 
essere assoggettati ad una imposizione pi� drastica 
di quella prevista per i comuni profitti di 
guerra, in maniera da non allontanarsi eccessivamente 
dalla totale avocazione disposta dalle norme 
attualmente in vigore n. 

L'art. 1 del citato decreto n. 330 del 1947 precisa 
quali siano considerati dal legislatore profitti 
eccezion~li di contingenza. Essi sono quelli conseguiti 
dal 1� gennaio 1939 in dipendenza: 

cc a) dell'esercizio di qualsiasi attivit� in contrasto 
con le disposizioni concernenti il conferimento 
obbligatorio od il blocco delle merci e delle 
derrate, o la limitazione dei prezzi; 

� b) delle rivalutazioni delle merci soggette R> 
limitazione o disciplina dei prezzi, giacenti presso 
importatori, assegnatari, grossisti e distributori, 
a seguito di concessione di aumento dei prezzi. 
La stessa norma si applica in confronto dei produttori, 
limitatamente ai quantitativi che eccedono 
la consistenza necessaria per assicurare il normale 
andamento del ciclo produttivo; 

cc e) della realizzazione, a prezzo di libero mercato, 
delle merci, dei prodotti e dei materiali di 
propriet� od interesse statale, provenienti anche 
da requisizioni o da raccolta, ceduti a prezzo bloccato 
e non utilizzati per le forniture e per gii scopi, 
in genere, cui erano destinati; nonch� daUa realizzazione, 
a prezzo di libero mercato delle merci, 
prodotti e materiali ceduti cou determinazione 
3 ottobre 1943, n. 752, del Commissario alla produzione 
bellica; 

cc d) della libera vendita delle merci soggette 

a regime vincolistico dei prezzi, in seguito a ces


sazione del regime stesso, limitatamente ai quan


titativi in giacenza al momento di tale cessazione. 

Sono altres� avocati allo Stato i profitti ecce


zionali di contingenza, che, pur non rientrando 

nei casi previsti nel comma precedente, prendano 

origine da ogni attivit� diretta a trarre particolare 

vantaggio dai bisogni e dalle privazioni determi


nate dalla guerra e dagli eventi con la medesima 

connessi, o siano il frutto di un improvvisato affa


rismo, sorto in relazione agli eventi suddetti n. 

Come rilev� la Commissione centrale delle imposte 
nella decisione 29 marzo 1949 (in Foro It., 
1949, III, 188) cc la legge fa quattro distinte ipotesi 
con gravit� via via degradante; la prima si riferisce 
ai profitti derivanti dall'esercizio di qualsiasi 
attivit� in contrasto con le disposizioni concernenti 
il conferimento obbligatorio e il blocco delle 
merci e delle derrate, e la limitazidne dei prezzi; 
� per essa evidente il concorso di un illecito, con 
carattere addirittura penale. La seconda concerne 
i profitti che derivano da ogni �attivit� diretta a 
trarre particolare vantaggio dai bisogni e-dalle 
privazioni determinate dalla guerra e dagli eventi 
con la medesima connessi, dove l'illecito � soltanto 
di carattere morale. La 'terza riguarda i profitti 
che sono il frutto di un improvvisato affarismo 
sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra 


-129 


nella quale pu� o non ricorrere l'elemento dell'illecito, 
essendo sufficiente che il reddito sia il pro. 
dotto di quella speciale forma di speculazione che 
la legge denomina improvvisato affarismo. La 
quarta, in:fi,ne, di cui alle lettere b), c) e d) dell'art. 
1 della legge, riguarda i profitti derivanti 
dalla rivalutazione delle merci per effetto della 
cessazione della limitazione e disciplina dei prezzi, 
nella quale ogni carattere d'illiceit� � escluso >>. 

2) L'amocazione dei profitti derivanti da improvvisato 
affarismo. -Particolare attenzione fra le 
ipotesi considerare dal legislatore merita quella 
dei profitti prodotti da quella attivit� che il legislatore 
ha definito <(improvvisato affarismo�; e 
le Commissioni tributarie -non si sono avute 
sinora cause decise dall'autorit� giudiziaria hanno 
dovuto pi� volte provvedere a fissare della 
nozione di improvvisato affarismo. 

AI riguardo va segnalata, per la precisione assoluta 
dei concetti, la decisione della Commissione 
centrale riportata al numero precedente; la quale, 
sul punto in esame, � cos� motivata: 

((Venendo dopo ci� all'esame particolare del-
l'ipotesi che interessa, e pi� propriamente al quesito 
che concerne il significato e la portata del-
l'espressione di "improvvisato affarismo sorto in 
relazione agli eventi connessi con la guerra " non 
pare debba esservi difficolt� ad individuare gli 
estremi atti a configurarlo. Escluso sotto un aspetto 
generale, che per la ricorrenza in genere di un profitto 
di contingenza l'attivit� che lo produce debba 
essere necessariamente illecita, non sembra dubbio 
doversi egualmente escludere che il termine stesso 
di affarismo come pur si sostiene racchiuda un 
carattere di illiceit�. Infatti, per affarismo, devesi 
intendere, secondo la comune eccezione, niente 
altro che ogni speculazione in genere, la quale 
si attua, bens� senza discriminazione di mezzi leciti 
o illeciti, ma non con concorso necessario di 
una attivit� disonesta. L'affarista non � altri che 
la persona di affari che affannosamente va alla. 
ricerca di ogni genere di speculazione, che di questa 
vive e fa la sua professione: persona per lo pi� 
scaltra e senza scrupoli, che non va tanto per il 
sottile, ma non sempre � necessariamente un disonesto. 
Ed � in questo senso, e non diversamente, 
che il termine � stato adoperato dal legislatore, 
nulla autorizzando a ritenere che si sia voluto circoscriverlo 
agli affari illeciti essendo questo concetto 
estraneo, come si � visto, alla ratio legis. 

(( Quello che invece delimita in termini precisi. 
questa forma speciale di speculazione � l'aggettivo 
che accompagna il termine ((l'improvvisato affarismo 
� espressione che, con le parole che seguono 
�sorto in relazione agli eventi connessi con la 
guerra l> scolpisce con sufficiente chiarezza il significato 
della norma; deve cio� trattarsi di una attivit� 
che non soltanto non sia stata per l'innanzi 
esercitata, anche se egualmente aggiunta ad altra 
preesistente, ma che sia stata iniziata non per 
farne oggetto di una professione abituale, sebbene 
con l'unica finalit� di trarre profitto dalla congiuntura 
bellica; per cui non varrebbe a completarla, 

difetto questo spiccato carattere dello sfruttamento 
di circostanze transitorie, giacch� diversamente 
sarebbe Io stesso che frapporre ingiustifi,cati 
ostacoli al libero sviluppo di ogni proficua ed utile 
iniziativa per un lungo periodo.� � � � 

((In altri termini, perch� si abbia improvvisato 
affarismo � necessario e sufficiente che si tratti 
di un esercizio sorto per lo sfruttamento della congiuntura, 
e destinato normalmente a cessare col 
finire di questa e che appunto perci� ha tutti i 
caratteri dell'improvvisazione, sia per quanto attiene 
alla competenza tecnica sia alla adeguatezza 
dei mezzi e dell'organizzazione �. 

E a questi concetti, che rispecchiano quelli che 
gi� si era avuto occasione di formulare in sede 
consultiva, l'Avvocatura presta piena adesione. 

Si veda �anche in questa Rassegna (1950, pagina 
199) la critica ad un'altra decisione della 
Commissione centrale che devia dai princip1 sopra 
esposti. 

3) Gli illeciti costituenti reato. -Nella Relazione 
1926-1929 (pag. 205), si era riferito del 
tentativo fatto, senza fortuna, da alcuni contribuenti, 
i quali sostenevano non essere applicabile 
l'imposta straordinaria sui profitti di guerra quando 
il profitto fosse derivato da una attivit� dalla 
legge vietata o considerata penalmente illecita. 

Uguale tentativo � stato fatto ora in relazione 
alla imposta di che trattasi. 

A carico di Pettinella Antonio l'Ufficio delle imposte 
di Popoli procedette all'accertamento di 
utili di contingenza ricavati dal commercio clandestino 
dei tabacchi. 

Dopo avere adito, senza fortuna, le Oommis 
sioni tributarie il contribuente fece ricorso alla 
autorit� giudiziaria sostenendo la illegittimit� dell'accertamento, 
in quanto la })l'etesa attivit� relativa 
al commercio dei tabacchi costituente contrabbando 
avrebbe potuto formare oggetto di denuneia 
in sede penale e di confisca del provento del 
reato, da disporsi esclusivamente dal giudice penale, 
ma non mai materia di accertamento tributario. 


L'Avvocatura, richiamatasi anche alla precedente 
giurisprudenza, non manc� di fare presente 
che la questione era legislativamente risolta dalla 
disposizione dell'art. 1, secondo comma, della legge 
23 dicembre 1948, n. 1451, che stabilisce: (( Nel 
caso in cui i profitti eccezionali di contingenza 
traggono origine da attivit� od operazioni implicanti 
comunque violazioni di legge o di regolamenti, 
essi, indipendentemente daJI'eventuale esercizio 
dell'azione penale, sono soggetti ad avocazione 
>l. N� appariva fondata la tesi del contribuente, 
volta a sostenere che le disposizioni avessero 
carattere innovativo, e come tale non applicabile 
agli accertamenti gi� eseguiti, trattandosi di 
norma evidentemente interpretativa, applicabile 
anche agli accertamenti in corso; tanto piu che 
dallo stesso art. 1 a) del citato decreto n. 330 
del 1947 risultava chiaramente che le ipotesi in 
esse previste per attivit� in contrasto con le disposizioni 
concernenti il conferimento obbligatorio e 

la semplice coincidenza di una attivit� intrapresa il blocco delle merci e derrate, facevano riferimento ! 

==::ve:�.~=::!TI~.c~t:~:: ,i~ecit~~a!e. _J 



-130 


E alla tesi dell'Avvocatura fece adesione, con 
sentenza 23 agosto 1950, il Tribunale dell'Aquila, 
che rigett� la domanda del Pettinella, ritenendo 
che gli utili derivanti dal commercio clandestino 
dei tabacchi fossero avocabili come profitti di contingenza, 
inqipendcntementc> clall'osercizio della 
azione penale. 

4) La rivalutazione delle merci. -Il Tl'ibunale 
di Torino, con sentenza 3 maggio 1950, Ministero 
Tesoro c. Beltramino ed altri (in Rasb�. Avv. 
Stato, 1950, 158) ha avuto occasione di precisare 
la differenza fra l'avocazione dei profitti derivanti 
dalla rivalutazione delle merci (art. 1 D. L. C. 

p. S. 27 aprile 1947, n. 330), e il recupero delle 
differenze di prezzo sulle giacenze di cereali e derivati, 
disposto con il D. L. L. 22 febbraio 1945, 
n. 38. Si pretendeva, infatti, dalle controparti di 
ottenere la detrazione del 20 % inerente ai profitti 
di speculazione, ma la tesi era affatto insostenibile, 
assolutamente diversi essendo i presupposti delle 
due disposizioni: quelle del 1945, tendevano ad 
alleggerire l'onere del prezzo politico del pane e 
della pasta, gravante sull'Erario, dal che derivava 
il carattere meramente patrimoniale del disposto 
recupero; quella del 1947, invece, venendo ad incidere, 
in forza di una imposizione straordinaria, 
sulla capacit� contributiva di coloro che per avventura 
si erano venuti a trovare in particolari 
situazioni. E il Tribunale, con la sentenza surriferita, 
non manc� di accogliere le ragioni prospettate 
dall'Avvocatura. 
5) I poteri della Commissione centrale delle iJnposte. 
-Vart. 21 del D. R. L. 27 maggio J946, 

n. 436, attribuisce, in materia di utili di contingenza, 
alla Commissione centrale competenza anehe 
per il merito, ammettendo il ricorso del contribuente 
quando l'utile accertato dalla Commissione 
provinciale supera il doppio del reddito dichiarato, 
e quello dell'Ufficio nei e.asi in c>ui ilreddito 
determinato dalla Commissione surldettfL &ia 
inferiore alla met� di quello accertato dall'Ufficio 
st,esso. 
U11a import.ante vertenza, nella quale la, deci


sione della Commissione centrale venne impu


gnata con ricorso alle Sezioni unite della, Corte 

Suprema dal contribuente ha dato modo alla Cas


sazione di precisare i poteri della Commissione 

centrale nei giudizi di merito. 

Nel 1943, quando l'Italia meridionale venne 

occupata dagli alleati, ebbe a verifi,carsi una grande 

scarsezza di bevande alcooliche, dovuta sia all'au


mentato consumo che alla separazione dall'Italia 

settentrionale, dove esistevano la maggior parte 

delle distillerie. Fra le improvvisate distillerie sorse 

in Napoli quella gestita da tal Raccuglia, che 

da medico si trasform� in fabbricante di liquori. 

L'Ufficio delle imposte di Napoli, in base ai dati 

forniti dall'Ufficio imposte di fabbricazione, no


tific�, a termine dell'art. 18 del R. D. L. 27 mag


gio 1946, n. 436, due accertamenti per utili di 

speculazione per gli anni 1944 e 1945. 

Il contribuente ricorse alla Commissione distrettuale 
sostenendo non sussistere gli estremi per la 
avocazione, in quanto il caso, secondo la sua tesi, 

non rientrava nell'improvvisato affarismo previsto 
dall'art. 18 avendo egli ottenuto nel 1940 
una licenza, peraltro non sfruttata, per la fabbricazione 
di un certo liquore di sua invenzione, il 

Marlovo. 

La Commissione dis1rettuale accolse la tesi dell'Ufficio, 
ritenendo che la circostanza che l'attivit�, 
fosse stata iniziata soltanto alla fine del 1943, tmsformandosi 
improvvisamente il contribuente da 
medico in produttore di liquori, solo i)erch� i liquori 
andavano a ruba, costituiva proprio una 

ipotesi caratteristica di attivit� speculatrice diretta 
a trarre profi.tto dalla contingenza economica; 
conferm� pertanto l'accertamento dell'Ufficio, 
riducendone soltanto l'ammontare. 

La tesi del contribuente venne invece accolta 
dalla Commissione provinciale; ma, su ricorso dell'Ufficio, 
la .Commissione centrale, riconoscendo 
trattarsi di improvvisato affarismo, procedette 
all'accertamento dei profitti per gli anni 1944 e 
1945. Avverso la decisione, il Raccuglia propose 
ricorso alle Sezioni unite per preteso difetto di 
giurisdizione della Commissione centrale; sotto 
il profilo che, avendo la Commissione. Provinciale 
esclusa la avocabilit� dei profitti, non fosse proponibile 
il ricorso, non ricorrendo le ipotesi tassativamente 
previste dal secondo comma del citato 
art. 21. 

Non fu difficile all'Avvocatura osservare che, 

se la Commissione centrale ha il potere di deci


dere nel merito quanto la provinciale, abbia ri


dotto oltre una certa percentuale l'accertamento, 

a maggior ragione tale potere essa ha quando la 

provinciale abbia del tutto escluso l'esistenza di 

un reddito avocabile. E ci� perch� il ricorso in 

merito � dato in relazione ad una grave sperequa


zione fra redditi dichiarati, o accertati, e redditi 

riconosciuti, dalle Commissioni. E tale tesi fu ac


colta dalla Corte Suprema (29 luglio 1950, in Foro 

It., 1951, I, 585). 

6) Il sequestro cautelare. -L'art. 19 del 2 aprile 

approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, appli


cabile ai profi,tti di contingenza a termini dell'ar


ticolo 3 del D. L. C. p. �S. 2 luglio 1947, n. 683, 

d� facolt� all'Intendente di finanza, qualora ab


bia motivo di ritenere che il contri]?uente possa 

sottrarsi al pagamento dell'imposta, di domandare 

all'autorit� giudiziaria il sequestro conservativo 

su tutte le somme ed i beni mobili e immobili di 

pertinenza del contribuente. 

Una controversia di particolare rilievo si � svolta, 

in proposito, avanti al Tribunale di Milano e ha 

dato occasione di precisare i poteri dell'autorit� 

giudiziaria circa i sequestri conservativi concessi 

a cautela dei crediti dello Stato per profitti di 

guerra ed utili di contingenza. 

In occasione di una causa svolta tra privati, 

l'Amministrazione delle finanze dello Stato venne 

a conoscenza di ingentissimi prontti di contingenza 

realizzati dall'industriale milanese Bnisactelli. 

L'Intendente di finanza richiese allora al Presi


dente del Tribunale il sequestro, che fu concesso, 

dei beni mobili ed immobili del Brusadelli. Il Bru


sadelli fece ricorso al presidente del Tribunale, e 

chiese in via :principale la :revoca del provvedi



-131 


mento di sequestro, contestando la esigenza dei 
presupposti per la concessione della misura cautelare; 
e subordinatamente la riduzione del sequestro, 
anche perch�, a suo avviso, sugli utili che 
fossero stati accertati si sarebbe dovuta operare 
dal detrazione del 20 %. 

La difesa . della Finanza rilev� che la domanda 
era giuridicamente infondata dato che per la sussistenza 
del fumus boni iuris, che autorizza la Finanza 
a chiedere il sequestro, � sufficiente prova 
un accertamento in corso per l'imposta di contingenza; 
e che l'esame del magistrato sulla domanda 
deve limitarsi all'indagine sull'effettivo pericolo 
che il contribuente possa sottrarsi al pagamento 
dell'imposta e sulla esistenza di un accertamento 
in corso, ma non pu� estendersi mai all'esame 
sulla esistenza o meno dei presupposti di imposta, 
come pretendeva il Brusadelli, perch� su ci� non 
� competente il giudice ordinario, ma, dopo l'avviso 
di accertamento ed a seguito di ricorso 
del contribuente, soltanto la competente Oommissione 
tributaria. Faceva inoltre presente I'Avvocatura 
che la revoca del decreto di sequetro, 
emesso a garanzia dell'imposta di contingenza, 
non � ammessa nel nostro sistema legislativo; 
l'art. 19, comma S0 , del T. U. approvato con R. D. 
3 giugno 1933, n. 59S, dopo aver disposto che il 
decreto di sequestro non richiede un giudizio di 
convalida, aggiunge che il sequestro � � efficace 
finch� sono attivati gli atti di esecuzione fiscale�, 
sempre che segua la notifica dell'avviso di accertamento 
entro sessanta giorni dal decreto di sequestro. 


Si rilevava, altresi, che il principio, chiarissimo 
nella formula del citato art. 19, riceveva ulteriore 
conferma in base ad un esame comparativo dei 
DD. LL. LL. 27 luglio 1944, n. 159, e 26 marzo 
1946, n. 134, entrambi relativi ai profitti di 
regime. 

Infatti mentre nel primo di tali decreti si conteneva 
un semplice richiamo alle disposizioni del 
7� ed S0 comma dell'art. 19 del T. U. in esame, 
nel decreto successivo si chiari che il Presidente 
del Tribunale poteva disporre, <<per fatti sopravvenuti, 
la revoca, la riduzione o la commutazione 
del sequestro in iscrizione di ipoteca legale, in 
fideiussione bancaria, cauzione � (art. 42). II mancato 
richiamo a quest'ultimo decreto all'art. 19 
confermava che la disposizione suddetta non prevedesse 
la revoca del sequestro. 

E quanto alla richiesta detrazione del 20 %, 
si rilevava che presupposto della riduzione era la 
definitivit�, tuttora in itinere, e che, comunque, 
il sequestro era stato chiesto per una somma che 

presuntivamente almeno, rappre::;eutava l'ai11111011tare 
del tributo dovuto. 

E le ragioni dell'Amministrazione vennero integralmente 
accolte dall'ordinanza 18 novembre 194S 
del Presidente del Tribunale di� Milano (fo�Teml, 
194S, 569). 

7) Effetti della mancata trascrizione dell'avviso 
di accertamento. -L'art. 2 del D. L. O. p. S. 
2 luglio 1947, n. 683, dispose che l'Intendente di 
finanza potesse procedere alla trascrizione ed all'avviso 
di accertamento dei profitti di guerra e dei 
profitti eccezionali di contingenza sui beni immobili 
del contribuente e sui beni mobili di cui all'articolo 
26S3 Codice civile e il successivo art. 3 stabil� 
il privilegio per tali imposte, indicandone il grado. 
� sorta discussione, avanti il Tribunale di Torino, 
se il privilegio stabilito dalla legge possa farsi 
valere anche quando la trascrizione non sia stata 
eseguita. L'Esattoria comunale di Torino aveva 
insinuato al passivo del fallimento della S. A. N. 
il credito di r~. 41.635 per maggiori utili di guerra 
relativo agli anni 1943-1944 iscritto nel ruolo del 
1947, e il credito di L. 775.095 per profitti di contingenza. 
Il Giudice delegato ammise tali crediti 
in via chirografaria e non in via privilegiata, come 
richiesto dall'Esattore. L'Amministrazione delle finanze 
intervenne allora in giudizio per sostenere 
le ragioni dell'Esattore, che insisteva per l'ammissione 
in via privilegiata. 

Il Tribunale di Torino, con sentenza 2S settembre 
1950, respingeva la tesi erariale, osservando 
che il D. L. C. p. S. 2 luglio 1947, n. 6S3, dopo 
avere, all'art. 2, stabilito che l'Intendente pu� 
chiedere la trascrizione dell'avviso di accertamento, 
all'art. 3, dispone che i profitti di contingenza 
hanno privilegio sugli immobili facenti parte del 
patrimonio del contribuente alla data di trascrizione 
dell'avviso di accertamento, ferme le disposizioni 
contenute nell'art. 19 T. U. approvato con 

R. D. 3 giugno 1943, n. 59S, e successive modifiche, 
e nell'art. 16 ultimo comma, R. D. L. 27 
maggio 1946, n. 436. 
Oontro questa sentenza fu prodotto appello e, 
rigettato questo, � stato proposto ricorso per cascassione. 
Tale ricorso � stato deciso con sentenza 
delle Sezioni unite .del 31 luglio 1952 (in Rivista 
di Legislazione fiscale, 1952, 1091), la quale ha 
statuito che �il privilegio introdotto dall'art. 3 
del D. L. 2 luglio 1947, n. 6S3, riflette unicamente 
i beni immobili e i beni mobili indicati nell'articolo 
26S3 del Oodice Civile, ed � subordinato alla 
trascrizione dell'avviso di accertamento da eseguirsi 
dall'Intendenza di finanza �. 

6. BELLI 
A vvooato dello Stato 


NOTE D I DOTTRINA 


n. 
o. KIIALFlNA: Atto amministrativo e contrattu 
di diritto civile. (Stato e diritto Sovietico 195~, 
pag. 45-55). 
Oggetto di questo studio � l'esame dei rapp?rti 
tra atto amministrativo e contratto nell'ordinamento 
giuridico sovietico, considerati, questi istituti 
come mezzi per il raggiungimento di un unico 
scopo: l'esecuzione del piano economico statale 
(Gosplan-piano quinquennale). 

Premessa necessaria all'esame del problema 
� la definizione degli elementi fondamentali e 
sostanziali dell'atto amministrativo, secondo il 
diritto sovietico e il K. enuncia in materia le 
seguenti proposizioni: 

�10 l'atto amministrativo si presenta come 
un ordine fondato sulla legge ed emanato per la 
esecuzione della legge; ~'I 

20 l'atto amministrativo � emanato da organi 
dello Stato socialista nei limiti della propria competenza 
ed � vincolante per i cittadini, le organizzazioni 
statali, le cooperative e i funzionari cui esso 
� diretto; 

30 l'atto amministrativo pu� creare norme 
o'iuridiche cio� regole di condotta, obbligatorie per 
tutti o p~r determinati gruppi di persone in. c.as~ 
stabiliti (atto normativo) oppure produrre diritti 
ed obblighi per persone determinat.e ~ndic~te ~all? 
atto (atto individuale); l'atto amministrativo individuale 
� un atto giuridico che crea, modifica o 
estingue un rapporto di diritto amministrativo. 

�Oltre a questo, l'atto amministrativo pu� 
servire di base per la creazione, la modificazione, 
l'estinzione di altri rapporti giuridici (rapporti 
di diritto civile, di diritto del lavoro, di diritto 
colcosiano, ecc.). 

�L'atto amministrativo crea l'obbligo per i 

cittadini le organizzazioni e i pubblici ufficiali 

ai quali �diretto, di adempiere l'ordine che in esso 

� contenuto-allo scopo di dare esecuzione, il pi� 

pienamente 'e il pi� effettivamente possibile, a 

quest'ordine la osservanza dei diritti e degli 

obblighi cre~ti dall'atto amministrativo �, in una 

serie di casi, assicurata da norme non solo di di


ritto anuninistrativo ma anche appartenenti ad 
altri rami del diritto. � 

Dopo aver precisato che, essendo tutta l'attivit� 
statale in materia ecouomica regolata dal Piano, 
� gli atti amministrativi che regolano la yita. ~couomica 
che producono conseguenze di diritto 
civile si presentano come atti relativi alla pianificazione
�, (s� che il problema dei rapporti tra att~ 
amministrativo e contratto � anche problema d1 
rapporti fra �piano � e contratto �) il K. avverte 
che le conseguenze di diritto civile prodotte dall'atto 
amministrativo sono di diverso tipo a seconda 
della branca del piano alla quale si riferiscono. 


Scrive il K.: �Secondo il carattere della loro in


fluenza sui rapporti di diritto privato devono distin


"'uersi due tipi di atto amministrativo: 

"' io l'atto che crea diritti ed obblighi per per


sone tutte in esso determinate, come, per esempio, 

il piano delle costruzioni, il pian.o dei trasporti, ecc.; 

20 l'atto che non determina tutte le parti 
del rapporto e crea, invece, per una delle parti 
obbligazioni l'esistenza delle quali � subordinata 
alla conclusione ' ad opera di questa parte d'i convenzioni 
di diritto privato con altre persone, le quali 
non sono obbligate alla conclusione di queste convenzioni. 
Come esempio di questi atti possono 
essere indicati quelli relativi al piano per trasporto 
di passeggeri ecc. 

Gli atti amministrativi del primo tipo possono 

immediatamente produrre tra le parti determinate 

rapporti di diritto privato. Gli ~tti amministra~ivi 

del secondo tipo, pure esercitando sostanziale 

influenza sulla produzione di rapporti di diritto 

privato e, in una serie di casi r~ppre~en~ando l'i~


dispensabile presupposto di esSI e l'indispensabile 

condizione della loro produzione, non li creano, 

per altro, immediatamente� .. . . 

A conclusione della premessa, il K.~:precis~ che 

in relazione alla diversa portata delle loro conse


guenze giuridiche (di dhitto civile), gli at~i ammini


strativi possono dividersi in tre gruppi:. . 

a) Al primo gruppo appartengo~o g~i atti eh~ 

immediatamente creano per deterffilnati soggetti 

diritti e obblighi di carattere civilistico, muniti 

:=-~~::::: 


zrnt i ii if&filil LJMf?N; !lU&lliU zrnt i ii if&filil LJMf?N; !lU&lliU 
-133 


di sanzioni di diritto civile. Tipi di questi atti 
sono i piani statali per i trasporti (di cose) (su 
strada ferrata, per mare e per fiume) e gli atti 
amministrativi emanati sulla base di questi piani. 
Infatti, oltre le responsabilit� penali e disciplinari 
che gravano su coloro che fanno uso irrazionale 
dei trasporti e sui colpevoli di richieste esagerate 
di mezzi di trasporto, la legge stabilisce anche 
sanzioni di diritto civile per la mancata fornitura 
dei vagoni per il carico in conformit� con le prescrizioni 
del piano, per il mancato uso dei vagoni 
forniti, ecc. 

Queste sanzioni di diritto civile (cui, cio�, una 
parte � tenuta verso l'altra e non verso lo Stato 


n. d. t.) nascono immediatamente dall'atto amministrativo 
e non richiedono come presupposto 
autonomo che tra le parti determinate dal� piano� 
si sia concluso un contratto. 
2. Al secondo gruppo appartengono gli atti che 
creano immediatamente per le persone in essi determinate 
solo l'obbligazione di concludere contratti 
con le clausole in essi stabilite. 
Secondo il K.: ((La sostanza dei rapporti scaturenti 
da questo atto consiste nel fatto che l'ordine 
del competente organo statale che emana l'atto 
viene messo in esecuzione attraverso la manifestazione 
di volont� di quei soggetti e organizzazioni� 
che debbono eseguire questo ordine. Il dispositivo 
dell'atto amministrativo diventa, attraverso la 
manifestazione di volont� delle parti, clausola 
del contratto. Grazie a questa commistione di 
direzione centralizzata del _pian.o e di iniziativa 
dell'esecutore il contratto rappresenta il mezzo 
pi� efficace che rende possibile l'esecuzione e l'anticipata 
esecuzione dei piani delle organizzazioni 
socialiste, il rafforzamento della loro economia. 

Il posto pi� importante in questo gruppo lo 

occupano gli atti di disposizione della produzione 

pianificata. Essi regolano la pi� gigantesca circola


zione di merci dell'U.R.S.S. -il movimento di merci 

necessarie per la produzione, nonch� delle merci 

di largo consumo dal produttore al consuma


tore�. 

Il problema fondamentale che si � agitato nella 

scienza giuridica sovietica intorno alla natura ed 

alle conseguenze di questi atti e ai loro rapporti 

con il contratto di diritto civile � se l'atto ammini~ 

strativo produca come conseguenza di diritto 

privato solo l'obbligo per le persone in esso indi


cate di concludere un contratto, o anche altre 

obbligazioni privatistiche diverse da questa. 

Secondo il K. l'opinione della maggioranza dei 

civilisti i quali, fondandosi sulla giurisprudenza 

arbitrale (arbitrato di Stato) del 1938-1947, 

ritengono che l'atto amministrativo importi l'ob


bligo di diritto privato di effettuare e rispettiva


mente ricevere le forniture stabilite nel piano, indi


pendentemente dalla conclusione del contratto, 

� errata. 

Esaminando la legislazione sovietica, in materia 
il K. ritiene che �negli atti normativi che regolano 
i rapporti relativi alla fornitura Q.i merci non si 
trova alcun.a disposizione che stabilisca che i 
reciproci obblighi delle parti per l'esecuzione della 
fornitura scaturiscano immediatamente dall'atto 
di J?ianificazione (eccetto casi speciali). Al contrario, 

le leggi e gli altri atti normativi che regolano 
questi rapporti stabiliscono che i reciproci diritti 
ed obblighi delle parti per la fornitura di merci e 
servizi debbono fondarsi soltanto sul contrat,to l>. 

Continuando nella sua critiea all'opinione con.� 
traria sopra esposta il K. mette in rilievo come la 
necessit� del contratto come presupposto indis:rensabile 
per la nascita della obbligazione di effettuare 
la fornitura di merci scaturisca da tutto il sistema 
di direzione dell'economia socialista e sia strettamente 
connessa con il mec�anismo della c.d. 
contabilit� economica (che � una manifestazionP 
dell'autonomia contabile amministrativa delle sin.gole 
organizzazioni -n. d. t.). 

Infatti, questo sistema di direzione economica, 
e questo meccanismo di contabilit� e di autonomia 
economico-amministrativa creano un.a serie di 
possibilit� di azioni varie allo scopo di assicurare 
il compimento dei piani assegnati alle organizzazioni 
socialiste. Un.a di queste possibilit� di azione 
� costituita dal contratto tra le organizzazioni 
indicate nel piano. Ritenere che tutti gli obblighi 
di queste organizzazioni sorgano immediatamente 
dall'atto amministrativo, indipendentemente dal 
con.tratto, significa rinunziare a servirsi di questo 
che � uno dei mezzi pi� potenti per assicurare la 
perfetta esecuzione del piano. Ed infatti, mentre 
l'obbligo nascente dall'atto amministrativo di 
pianificazione vale solo nei confronti dell'autorit� 
che ha emanato l'atto stesso, gli obblighi di diritto 
civile relativi alla fornitura da valere nei con.fronti 
delle organizzazioni che nell'atto amministrativo 
sono indicate come quelle alle quali la fornitura 

dev'essere fatta non possono fondarsi che sul 

con.tratto. 

� invero nel contratto che dovranno essere sta


biliti dettagliamente i termini di esecuzione della 

fornitura, la qualit� delle merci da fornire, ecc-. 

tutti elementi questi che sono si contenuti nei vari 

atti del piano (piano generale, piani particolari 

per ogni branca della produzione, per regioni ecc.) 

ma non sono in questi atti stabiliti nei minuti 

particolari, ci� che pu� essere fatto solo nei con


tratti con le singole organizzazioni. In questo modo 

il contratto diviene anche un mezzo per impedire 

la mancata o la imperfetta esecuzion.e del piano, 

ci� che potrebbe avvenire se le modificazioni agli 

obblighi di fornitura potessero essere stabilite 

solo mediante atti amministrativi indipendente


mente dai contratti. 

Data questa importanza del contratto, � logico 

che sia stabilita una sanzione di diritto civile per 

la mancata o ritardata stipulazione di esso, sanzione 

consistente in una multa proporzionale al ritardo, 

da pagarsi dalla parte che � in mora vero l'altra 

parte che pretende la stipulazione. In questi sensi 

� ormai anche la giurisprudenza arbitrale. 

Ed infine, un'altra decisiva prova della impor


tanza autonoma del contratto di fronte all'atto 

amministrativo di pianificazione si ha nella �circo


stanza che qualsiasi modificazione in questo atto


amministrativo non si ripercuote immediatamente 

sull'obbligazione di fornitura disciplinata e rego


lata dal contratto, ma solo obbliga le parti con


traenti a stipulare un nuovo contratto per la modifi


cazione del contratto precedente. 

2 


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-134


.Abbiamo ritenuto ohe un'ampia recensione dello 
studio del Khalfina fosse interessante per due 
motivi: 

1) per aggiornare i nostri lettori sugli sviluppi 
della scienza giuridica in un paese la oui organizzazione 
politico-eoonomioa � completamente diversa 
dalla nostra; 

2) peroh� l'oggetto dell'articolo recensito concerne 
un campo del diritto del quale, specie in questi 
tempi, la nostra scienza giuspubblioistica si � dovuta 
particolarmente occupare. 

Per quanto riguarda il punto primo, riteniamo 
opportuno precisare ohe la scienza giuridica sovietica 
ha avuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo, 
dopo, cio�, ohe oon la risoluzione del 5 ottobre 1946, 
il Oomitato centrale del partito comunista sovietico 
riconobbe la necessit� e la importanza di allargare 
e migliorare la formazione di una scuola giuridica 
nel Paese. In questa risoluzione si riconobbe che allo 
sviluppo della nuova struttura economica statale 
non aveva fatto riscontro un corrispondente sviluppo 
nelle forme giuridiche adeguate al funzionamento 
della struttura stessa e si invitavano gli studiosi di 
diritto a perfezionare la loro preparazione e le loro 
ricerche in questo campo. 

Da allora il numero degli articoli, dei libri, e degli 
studi pubblicati in materia giuridica � sensibilmente 
cresciuto e tra essi un'importanza notevole rivestono 
quelli relativi ai rapporti tra diritto amministrat.ivo 
e diritto privato, intesi gli istituti dell'uno e dell'altro 
come mezzi coordinati per il pi� perfetto compimento 
del piano economico statale. 

Per quanto riguarda il punto secondo, riteniamo 
ohe il sunto da noi fatto dell'articolo (nel quale abbiamo 
trascurato elementi di contorno, per limitarci 
al problema centrale da esso trattato) abbia sufficientemente 
chiarito la portata della questione esaminata 
dal Khalfina. 

In sostanza, si tratta di un problema attinente alle 
interferenze tra diritto pubblico e diritto privato, 
ohe si verificano oon sempre maggiore frequenza 
anche negli ordinamenti giuridici degli stati ohe 
hanno un'organizzazione politico-economica diversa. 
Ed invero, tutta la materia degli ammassi, dei contingentamenti, 
ecc., istituti questi ohe non sono pi� 
propri della economia di guerra, d� luogo ad una 
serie di manifestazioni di interferenza del diritto 
pubblico nel diritto privato ohe hanno determinato 
una necessaria modificazione degli schemi e dei paradigmi 
tradizionali. Non sembra, invero, ohe possa 
ormai continuare a sostenersi la tesi, riaffermata 
da ultimo energicamente dal MESSINEO (Dottrina 
generale del Contratto, Editore Giuffr�, 1946, 
pag. 12 e passim) secondo la quale dove non esiste 
libert� di con.trarre (distinta dalla libert� c�ntrattuale 
che riguarda il contenuto del contratto) � e manca la 
spontaneit� dell'agire delle parti, esula la figura 
del contratto �. Infatti, non pare ohe altri scrittori 
(vedi ad esempio il FERRARA Senior: Teoria dei 
contratti, pag. 30 e pag. 382) condividano la tesi 
suesposta, la quale, d'altronde, � stata nettamente 
ripudiata dalla giurisprudenza della Oorte Suprema, 
laddove questa ha giudicato in materia di commercio 
di generi oontigentati. Si veda, per tutte la sentenza 

n. 755 del 31 marzo 1949, Mass. f!'oro It., 1949, 
161) secondo la quale� l'assegnazione fatta dal Ministero, 
mediante emissione di buoni o in altra forma, 
di quantitativi del prodotto d'acquistarsi dall'assegnatario 
presso la ditta detentrice della merce vincolata 
non incide sulla natura dei successivi rapporti trd 
l'assegnatario e la ditta, ohe continuano ad essere 
regolati dalle comuni norme di dii'itto privato attinenti 
al contratto di compravendita � � 

Pare perci� che possa ritenersi che la tendenza 
dottrinale e giurisprudenziale che si va affermando 
sia quella di riconoscere nel contratto semplicemente 
uno strumento pratico 1�egolato dal diritto che consente 
di raggiungere determinati fini posti da un 
particolare ordinamento politico-economico, strumento 
che serve, essenzialmente, a creare obbligazioni 
tra parti che si trovano in condizione di parit� 
giuridica, le quali, senza il contratto, non sarebbero 
reciprocamente vincolate in alcun modo. 

Ora, se il contratto si intende in questi sensi non 
sembra dubitabile che esso si adatti, come figura 
generale anche ad un ordinamento giuridico che 
non riconosca la propri�t� privata, quando si 'l'Ogliano 
raggiungere quei fin~ indicati appunto vello 
studio del Kalfina. 

A. SATNATORI 
RUINI MEuccro : La controfirma ministeriale degli 
atti del Capo dello Stato. (Il] Foro Padano, 

1952, IV, 17 segg.). 

L'art. 89 della Costituzione, per il quale nessun 
atto del Presidente della Repubblica � valido se 
non � controfirmato dai ministri proponenti che 
ne assumono la responsabilit�, continua ad essere 
oggetto di esame da parte della dottrina nell'intento 
di stabilire il valore della controfirma ministeriale 
per taluni atti del Presidente della Repubblica 
i quali si presentano come manifestazione 
di un potere d'iniziativa di quest'organo costituzionale. 


Il problema -che di recente � stato esaminato 
ampiamente dal LETTIERI (cc La controfirma degli 
atti del Presidente della Repubblica nell'attuale 
ordinamento costituzionale>>, Roma, 1951)ed � stato 
oggetto di acute osservazioni da parte del VITTA 

, 
(cc Atti presidenziali e proposte ministeriali nella 
vigente Costituzione�, in Rivista .Amministrativa, 
1951, pag. 279 segg.) -si presenta assai delicato, 
investendo la posizione del Presidente della 
Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale, 
dato che la risoluzione di esso discende logicamente 
dalla estensione che si attribuisce al potere 
d'iniziativa che il Presidente della Repubblica 
ha per talune materie. 

Il Ruini si pone il problema del valore della 
controfirma ministeriale negli atti del Capo dello 
Stato al fine di accertare il grado di partecipazione 
del Ministro in quegli atti, problema ehe 
sostanzialmente involge l'esame� dei rapporti fra 
il Presidente della Repubblica ed il Governo. 


Per risolvere questo problema l'autore prende 
le mosse dai lavori preparatori sull'art. 89, accennando 
ad alcuni interventi che si ebbero in seno 
all'Assemblea costituente da parte di autorevoli 
parlamentari e dai quali � dato dedurre l'orienta




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-135 


mento politico manifestatosi nella formulazione 
della norma in esame. Passa poi all'esame dello 
sviluppo storico dell'istituto della controfirma degli 
atti del Capo dello Stato, osservando che, mentre 
in una prima fase della monarchia assoluta 
la controfirma ha solo lo scopo di registrare o 
attestare la decisione regia, in un secondo momento, 
caratterizzato dal sistema costituzionale 
inglese, cui si avvicinano nell'ottocento le monarchie 
parlamentari del continente e la repubblica 
francese, si ha un effettivo trasferimento di poteri 
del Capo dello Stato al Gabinetto e la controfirma 
adempie aUa funzione di fare assumere al 
Ministro controfirmante la responsabilit� dell'atto. 

Esaminato l'art. 89 attraverso i lavori preparatori 
ed i suoi precedenti storici, prima di prendere 
delle conclusioni sulla natura della controfirma, 
passa in rassegna le varie funzioni del Presidente 
della Repubblica, ponendo in rilievo per 
ciascuna di esse il grado dell'intervento del Governo. 


Quest'indagine � condotta con riguardo agli organi 
costituzionali nei cui confronti si svolge la 
funzione del Capo dello Stato, perch� in tanto 
� dato assumere i limiti dell'intervento del Governo 
nella formazione dell'atto del Capo dello 
Stato in quanto sia chiarita preventivamente la 
natura dei rapporti fra il Capo dello Stato e quegli 
orga,ni costituzionali. 

Relativamente all'atto di nomina del Presidente 
del Consiglio dei ministri, l'autore osserva 
che la controfirma dell'atto stesso, sia essa apposta 
da quello uscente o da quello subentrante (su questo 
problema egli non prende posizione), equivale, 
cc ad un controllo di costituzionali, nel senso che 
il controfirmante dovrebbe accertare che sono 
state osservate le procedure e le norme stabilite 
dalla Costituzione�. Uguale valore giuridico attribuisce 
aUa controfirma apposta al messaggio che 
il Presidente della Repubblica invia alle .Assemblee 
parlamentari qualora chieda una nuova deliberazione 
RU una legge che gli sia pervenuta per 
la promulgazione, con l'avvertenza, tuttavia, che 
questi rapporti sono materia �pi� che di definizione 
giuridica, di prassi e di correttezza costituzionale
�. 

Per lo scioglimento delle .Assemblee parlamentari, 
ritiene che ci si trova di fronte ad un atto 
proprio del Capo dello Stato, senza escludere per� 
che l'iniziativa e la proposta possa partire in particolnri 
situazioni dal Presidente del Consiglio, 
cos� come � avvenuto nel passato. 

Circa il potere del Presidente della Repubblica 
di nominare cinque senatori a vita (argomento 
questo che, assieme all'altro della nomina di cinque 
giudici della Corte costituzionale, ha dato 
luogo di recente ad ampi dibattiti in seno alle .Assemblee 
parlamentari), l'autore pensa che al Presidente 
del Consiglio controfirmante spetti un controllo 
sostanziale nella nomina. In senso diverso, 
invece, opina per la nomina dei cinque giudici 
della Corte costituzionale, considerando che � alla 
nomina dei cinque del Presidente su proposta del 
Governo, si oppone l'esigenza di evitare gli eccessi 
della partitocrazia >> in un organismo fondamentalmente 
giurisdizionale. 

Sulla base delle considerazioni svolte nell'esatn� 
delle varie funzioni del Presidente della Repubblica, 
conclude, quindi, che gli atti di quest'organo 
costituzionale, i quali devono essere sempre 
controfirmati, si possono distinguere nelle �Seguenti 
categorie: 

a) atti predisposti e proposti dal Governo; 
b) atti propri del Capo dello Stato, l'iniziativa 
e la proposta dei. quali in alcuni casi pu� partire 
e conviene che parta dal Governo; 
e) atti del Capo dello Stato alla cui emanazione 
occorre il consenso sostanziale del Presidente 
del Consiglio; 
d) atti che per la loro natura non possono 
essere subordinati al Governo, ma sui quali questo 
ha diritto di riscontrare la costituzionalit� e la 
legittimit� formale. 
.A complemento delle riserve fatte nella determinazione 
di queste categorie, aggiunge che, comunque, 
l'argomento non � tale �da potersi facilmente 
configurare e fissare in norme giuridiche 
scritte nel testo costituzionale �, riferendosi esso 
a rapporti nei quali deve essere lasciato largo margine 
alla prassi ed al costume. 
Quest'ultima osservazione individua secondo noi 
i giusti limiti del problema. Le norme costituzionali 
in linea di massima sono caratterizzate da 
formule generiche e scheletriche onde non siano 
irrigiditi rapporti giuridici che hanno bisogno di 
svilupparsi con una certa elasticit� per potersi 
adeguare alle mutevoli esigenze politiche. 
Ci� ha luogo per l'art. 89, il quale statuisce un 
principio che s'� affermato decisamente con il 
sorgere del sistema parlamentare, ma � stato varia.
mente inteso nei vari ordinamenti costituzionali 
che l'hanno accolto. La diversa estensione di 
quel principio, pi� che per la diversit� di formula 
legislativa che Io contemplava -formula che 
molte volte � uguale -s'� affermata in relazione 
aIIe direttive di particolari regimi politici ed al 
formarsi di regole consuetudinarie e di correttezza 
costituzionale ad integrazione di quel principio 
stesso. 
Per cui, per determinare il valore della controfirma 
ministeriale, per quegli atti del Capo deIIo 
Stato che si presentano come manifestazione di 
una iniziativa propria, non si pu� procedere per 
schemi fissi, ma bisogna avere riguardo ai vari 
fattori di natura giuridica e metagiuridica (principi 
del regime politico, consuetudinario, regole 
di correttezza costituzionale, ecc.) che completano 
il principio deIIa controfirma da parte dei ministri 
con conseguente assunzione della responsabilit� 
che Io rendono flessibile a particolari contingenze. 
La recente applicazione della costituzione non 
rende sempre possibile il ricorso a taluni di questi 
fattori in seno al nostro ordinamento costituzionale. 
.A ci� si pu� ov-Viare mediante un'indagine 
storico-comparativa, con l'avvertenza, secondo noi, 
che il principio il quale risulter� da questa prima 
fase d'interpretazione si pu� assumere come principio 
regolatore di quei rapporti solo se s'inquadri 
nel regime politico che caratterizza il nostro ordinam�nto 
costituzionale. 

C. CARBONE 

::f.ffi:::::::;filifumH:: ::f.ffi:::::::;filifumH:: 
RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


CASSAZIONE -Difetto di giurisdizione -Irregolare 

composizione del collegio giudicante -Consiglio di 

Stato -Adunanza plenaria -Numero dei componenti. 

(Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 3C08 dell'll ottobre 
1952 -Pres. : Anichini, Est. : Lorizio, P.M. : Eula 
(concl. conf.) -Tesauro contro Mortati ed altri). 

La pronuncia emessa dall'organo giurisdizionale 
(nella specie: adunanza plenaria del Consiglio 
di Stato) irregolarmente costituito per numero e 
qualit�, considerata quale atto a s� e sotto l'aspetto 
della sua rilevanza per il diritto � inesistente-con


. . ' 

s1derata mvece con riguardo alla potest� dell'organo 
irregolare che emise la pronuncia � affetta del vizio 
di assoluto difetto di -giurisdizione. 

La composizione numerica dell'Adunanza plenaria 
del Consiglio di Stato sta,bilita dall'art.. 37 del 

T. T. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato 
con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, venne modificata 
dal D.L. 5 maggio 1948, n. 642 con lo stabilire la 
partecipazione della VI Sezione all'Adunanza stessa, 
aumentandosi cosi da nove a tredici il numero dei 
componenti. 
Riportiamo integralmente la motivazione della 
sentenza: � 

<<Impugna il ricorrente prof. Tesauro la decisione 
dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 
;;iiccome inesistente o nulla per difetto assoluto di 
giurisdizione del collegio che la emise, assumendo 
che tale collegio non era investito di alcun potere 
giurisdizionale, perch� costituito in aperta violazione 
delle norme stabilite in modo inderogabile dalla 
legge. La decisione sarebbe inoltre inficiata da 
difetto assoluto di giurisdizione sotto altri aspetti: 
per non rientrare la questione risoluta nella materia 
di competenza dell'Adunanza plenaria delle 
sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato; per 
avere la decisione stessa invasa la sfera lasciata 
alla piena ed assoluta discrezionalit� di una facolt� 
universitaria, ed altres� la sfera riservata al potere 
legislativo ed all'esecutivo; ed infine per avere il 
collegio giudicante violato i limiti segnati dallalegge 
nello svolgimento del � potere giurisdizionale. 

Osservano le Sezioni Unite che, concemendo la 
prima e fondamentale questione del ricorso la regolarit� 
della costituzione del collegio, e cio� dell'Adunanza 
plenaria delle sezioni giurisdizionali del 
Consiglio di Stato, che pronunci� la decisione 
impugnata -Adunanza che il ricorrente afferma 
irregolare per numero e qualit� dei suoi componenti 
-� preliminare accertare se una, tale irre


golare costituzione (ammesso che sussista) dia 
luogo a vizio di assoluto difetto di giurisdizione, 
pel quale solo, come � noto, le decisioni del Consiglio 
di Stato sono denunciabili in Cassazione. 

Lo contestano i resistenti, eccependo che nel 
v~gente sistema del processo, il vizio di co~tit.uz10ne 
del collegio giudicante � rimasto non indivi~
u~to tra i vizi della sentenza o, se ha assunto 
rilievo, � stato -come vizio autonomo -posto 
accanto al difetto di giurisdizione e alla incompetenza. 
Insanabile sarebbe poi soltanto il vizio (�he 
consista nel non essere l'atto compiuto dalla persmrn 

o dalle persone che costituiscono l'ufficio giudizfario, 
ma non anche il vizio relativo alla coincidenza tra 
l'ufficio agente e quello cui la legge attribuisce la 
potest� di agire. E richiamata una recente decisione 
di queste Sezioni Unite, i resistenti deducono che 
l'irregolare composizione numerica del collegio 
giudiziario d� luogo non a vizio di giurisdiziom�, 
ma ad inesistenza della sentenza; e che il principio 
anteriormente accolto da questa medesima Suprema. 
Corte -secondo cui il difetto di legittima costituzione 
del giudice si riEolve nel vizio del difetto 
di giurisdizione -se spiegabile al tempo in cui fu 
formulato per l'esigenza di assoggettare le decisioni 
dei giudici specia.li, per quel che attiene i 
vizi di costituzione dell'ufficio, a controllo pi� 
penetrante di quello reso possibile dall'art. 362 
C.p.c., non avrebbe pi� ragion d'essere dopo che 
l'art. 111 della Costituzione ha esteso il magistero 
della Corte di cassazione a tutti i vizi elencati nello 
art. 360 C.p.c. senza distinguere tra giudizi ordinari 
e giudici speciali. L'art. 111 della Costituzione si 
dice -deve essere rispettato in tutta la sua 
integrit�: e, poich� per esso, contro le sentenze del 
Consiglio di Stato, � ammesso ricorso in Cassazione 
per le sole questioni attinenti alla giurisdizione, 
seguirebbe che, non potendo il vizio di inesistenza 
per irregolare composizione numerica del collegio 
giudicante rientrare nel difetto di giurisdizione, 
sarebbe inesorabilmente preclusa avanti queste 
Sezioni Unite l'indagine diretta ad accertare l'es�stenza 
o meno di un tale vizio in una decisione del 
Consiglio di Stato. 
Rilevano le Sezioni Unite che in effetti mancn. 
nella legge una definizione del difetto di giurisdizione, 
e se pare agevole coglieme il concetto generale 
considerando che il vocabolo � giurisdizione n 
� usato nella legge (v. in specie l'art. 103 della 
Costituzione della Repubblica) e nella dottrina 


Wff l!b E Wff l!b E 
-137 


del processo nel senso del potere-dovere dell'organo 
cui la legge attribuisce funzioni giurisdizionali di 
conoscere e decidere nelle materie ed entro i limiti 
delle sue attribuzioni -onde cc difetto di giurisdizione 
� � mancanza nell'organo del potere di conoseere 
e statuire su quanto si sottopone al suo giudizio 
-sorge, e grave, data la natura e peculiarit� 
di tali attribuzioni e la variet� degli organi tra cui 
esse sono distribuite, la difficolt� di stabilire i casi 
in cui quella mancanza si avvera. 

Non � in prima a dubitare -e pertanto la questione 
non si pone -che difetti di giurisdizione 
il giudice che emetta provvedimenti non consentiti 
dall'ordinamento giuridico in vigore: ad es., pronunci 
un divorzio, condanni il debitore all'arresto 
per debiti. N� pu� farsi questione nel caso -che 
negli ultimi anni, a seguito della creazione di giurisdizioni 
speciali, ha dato luogo a decisione numerose 
-del giudice ordinario che statuisca su rapporto 
devoluto alla cognizione di un giudice speciale, 
e viceversa. � a discutere invece -e la 
questione si palesa grave e complessa -se rientri 
nel difetto di giurisdizione il caso in esame, di 
decisione emanata da collegio giudicante costituito 
per numero e qualit� dei componenti in modo 
diverso da quello stabilito dalla legge. 

.AI riguardo, � appena da accennare la rilevanza 
basilare che, per la costituzione del giudice nel 
processo, quando trattasi di organo collegiale, ha 
la composizione quantitativa e qualitativa dei suoi 
componenti, che dev'essere quale la legge l'ha 
prescritta perch� possa dirsi legittima la decisione 
che da esso promana, non potendo l'organo che 
risulti diversamente composto assurgere ad espressione 
della volont� dello Stato cui dev'essere ricondotto 
il provvedimento giurisdizionale. Nella specifica 
materia � esatto che queste Sezioni Unite 
ebbero a stabilire con pi� decisioni che il difetto di 
legittima costituzione del giudice speciale d� luogo 
a vizio di difetto di giurisdizione denunciabile in 
Cassazione a norma degli artcoli 362, 1� comma, e 
374, 1� comma, O.p.c.; e che, con la decisione richiamata 
dai resistenti (Sent. 2641del18 ottobre 1951), 
dfohiararono che l'irregolare composizione delle sezioni 
specializzate di tribunale e di corte di appello 
(le decisioni di cui si tratta, in un senso e nell'altro, 
furono per la massima parte emesse in materia di 
legislazione eccezionale sulle locazioni delle case 
e dei fondi) non importa vizio di giurisdizione o di 
competenza, bensi inesistenza della decisione, da 
rilevarsi e proclamarsi anche d'ufficio dal giudice. 

Ma tali statuizioni, in apparenza contrastanti, 
considerano ciascuna e risolvono la questione da 
aspetti particolari e diversi, secondo cio� si prenda 
in esame la pronuncia emessa dall'organo irregolarmente 
composto, quale atto a s� e la sua rilevanza 
per il diritto, ovvero la potest� dell'organo irregolare 
che la pronuncia emise. Sotto il primo aspetto 
non pu� essere dubbio che la pronuncia di un tale 
organo � cc inesistente �, non potendo la decisione 
di un organo collegiale di composizione numerica 

o quantitativa diversa da quella prescritta dalla 
legge costituire quella espressione della sovranit� 
dello Stato volutamente impersonata da quel 
giudice nell'esercizio del magistero giurisdizionale: 
.1.'atto non proviene da chi rivesta la qualit� di 
giudice e pert.anto non esiste, � niente per il diritto. 
Ma se ci� non � contestabile, non pare nemmeno 
disputabile che quando la legge attribuisce l'esercizio 
del potere giurisdizionale ad un organo collegiale 
da costit irsi in un determinato "'modo, e 
della controversia invece conosca e giudichi un organo 
diversamente composto, ben possa e debba affermarsi 
che l'organo irregolare non ha giurisdizione, 

o che -vale lo stesso -�difetta di giurisdizione
�. 
� in proposito esatta l'osservazione del ricorrente 
che anche quando si fa questione di composizione 

o costituzione di un collegio giudicante, si tratta 
sempre di sapere se il collegio che ha pronunciato, 
cosi come costituito e composto, avesse o non 
avesse, nel momento in cui ha emessa la pronuncia, 
il potere e la funzione (giurisdizionale) di pronunciare. 
Ed anche chi professa opinione contraria, 
riconosce che quando il numero dei componenti � 
un requisito del soggetto collegiale investito della 
giurisdizione, la sentenza (emessa da collegio composto 
da un numero maggiore o minore) � nulla a 
parte subiecti perch� chi la pronunci� non era quel 
soggetto cui appartiene la giurisdizione. Necessario 
� per� distinguere secondo che il vizio derivi 
dalla violazione d'una norma organica dell'ordinamento 
giudiziario ovvero di un'altra legge che 
stabiliscano il numero o la qualit� dei componenti 
il collegio giudicante, quale requisito specifico ed 
essenziale della sua investitura, dovendo classificarsi 
fra gli errores in procedendo la violazione di 
altre norme (di legge o di regolamento) relative 
bensi alla composizione dell'organo, ma non di 
eguale carattere organico, ad es., la partecipazione 
alla decisione collegiale di un giudice meno 
anziano. Costituito quindi il collegio giudicant,e 
in modo diverso da queHo prescritto dalla norma 
organica che ne stabilisce la composizione, vi sar� 
inesistenza o nullit� assoluta della decisione (sentenza) 
quale atto avente efficacia giuridic::t di decisione, 
e mancanza di potere, e pertanto difetto di 
giurisdizione, nel collegio che pose in essere la 
decisione stessa. 
L'irregolare costituzione del collegio giudicante, 
cosi precisata, rientra dunque nel vizio di difetto 
assoluto di giurisdizione e perci� cade la correlativa 
eccezione dei resistenti. N� -a riguardo di 
altra cennata eccezione dei resistenti medesimi il 
vizio di costituzione del giudice pu� limitarsi a.I 
vizio di cc costituzione dell'ufficio �; ch� la sentenza, 
insanabilmente nulla se pronunciata, ad es., dal 
sindaco anzich� dal pretore, non pu� non essere 
altrettanto nulla se emessa da un tribunale composto 
di due o di cinque membri. Ohe se poi si 
tratta di un vizio non organico dell'ufficio competente 
per legge, gi� si � detto che in tal caso si ha 
vizio in procedendo e non difetto di giurisdizione. 
� esatto che, essendo oggi ammesso per l'art. 111 
della Costituzione contro le sentenze degli organi 
giurisdizionali speciali il ricorso in Cassazione �per 
violazione di legge, il vizio di irregolare composizione 
del collegio giudicante nelle sentenze di tali 
organi pu� sempre denunciarsi -costituendo violazione 
di legge -quale motivo di inesistenza o 
null~t� assoluta della sentenza; ma ci� non toglie 
che il vizio rientri altresi nel difetto di giurisdi



-138 


zione. Anzi appunto perch� l'art. 111 della Costituzione 
limita il ricorso in Cassazione contro le 
decisioni del Consiglio di Stato ai soli motivi inerenti 
alla giurisdizione, onde il vizio di irregolare 
costituzione del giudice non potrebbe mai, in relazione 
a decisione del Consiglio di Stato, farsi valere 
avanti la Cassazione quale motivo di nullit� per 
violazione di legge, acquista rilevanza decisiva il 
costituire un tale vizio altres� difetto assoluto di 
giurisdizione. 

� vero che l'inesistenza o nullit� assoluta della 
sentenza (sulla distinzione fra i due termini v'� 
controversia: nella specie vuolsi indicare atto 
mancante dei requisiti che ne costituiscono l'essenza) 
pu� essere opposta e fatta valere in qualunque 
momento (non essendo concepibile passaggio 
in giudicato di atto che � niente per il diritto) in 
sede di esecuzione o con un giudizio di accertamento 
negativo; ed � anche vero che il giudice il quale ha 
pronunciata la sentenza inesistente � liberato dalla 
osservanza del precetto del ne bis in idem e la 
sentenza stessa � tamquam non �sset per ogni altro 
giudice. Senonch�, a riguardo di sentenza (inesistente) 
del Consiglio di Stato, il ricorrente rileva 
che la nullit� sarebbe senza rimedio: perch� non 
sarebbe da sperare che il ministro desse corso al 
suo provvedimento (di trasferimento diesso ricorrente 
prof. Tesauro alla cattedra di Roma) siccome 
dal Consiglio di Stato male annullato; perch� per 
un giudizio di accertamento negativo mancherebbe 
perfino la giurisdizione-competenza dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria; perch� oltre a non sperare 
in una nuova decisione del Consiglio di Stato, 
mancherebbe altres� a tale effetto una procedura 
idonea per riaprire il processo. Osservazioni alle 
quali non pu� negarsi valore; e, in ogni caso, rimedi 
giuridici, se non del tutto esclusi, sicuramente malagevoli 
e di incerto risultato; sicch� l'irregolarit� 
della decisione del Consiglio di Stato, inesistente 
perch� pronunciata da collegio composto illegalmente, 
potrebbe in effetti rivelarsi irrimediabil


mente. 

Ci� non pu� aver voluto l'ordinamento giuridico. 
E il rimedio ch'esso appresta �, appunto, quello di 
considerare tale decisione -inesistente come atto 
avente efficacia giuridica di decisione giurisdizionale 
-siccome emessa da collegio che non aveva 
veste di giudice e pertanto mancante (difettoso) 
di giurisdizione. Quel collegio _:.... composto, per 
numero o qualit� di componenti, diversamente da 
quanto prescritto dalla legge -mancava di legittima 
costituzione, che � presupposto della potest� 
giurisdizionale dell'organo, anche se del Consiglio 
di Stato. Il quale, se non pu� essere considerato 
alla pari di ogni altra giurisdizione speciale in 
quanto ha un'organizzazione particolare ed � disciplinato 
nello svolgimento delle sue funzhmi da un 
corpo di leggi a s� stante non pu� prescindere, 
per quanto riguarda la validit� delle decisioni emesse 
nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, da 
quell'esigenza basilare del processo, di qualunque 
processo, quale � la regolare costituzione del 
giudice. 

L'irregolare composizione dell'organo (giudiziario) 
collegiale d� luogo, pertanto, a difetto assoluto 
di giurisdizione. 

Il che stabilito -e non essendo a, dubitare che 
l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato costi� 
tuisce organo giurisdizionale con� propria competenza 
specifica e distinta da quella delle ordinarie 
tre sezioni giurisdizionali di� tale� alto Consesso 
(in propos. infra) -� da accertare se l'irregolarit� 
di cui si � trattato si verific�, in effetti, nella 
composizione del collegio che pronunci� la decisione 
impugnata. 

� all'uopo dato di fatto che alla decisione pn.rteciparono, 
oltre il Presidente del Consiglio di Stato, 
otto consiglieri (due della IV Sezione giurisdizionale, 
tre della V, due della VI, uno appartenente 
a sezione consultiva e non designato dal Capo dello 
Stato). 

Deduce il ricorrente che tale composizione fu 
irregolare perch� a tenore del 3� comma dello 
art. 45 T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato 26 
giugno 1924, n. 1064, e dell'art. 1, comma 3�, D.L. 
5 maggio 1948, n. 642 (ratificato con legge 19 marzo 
1952, n. 161), l'Adunanza doveva essere costituita, 
oltre che dal presidente, da quattro consiglieri 
per ciascuna delle sezioni giurisdiziona.li designati 
dal Capo dello Stato per l'anno 1951, e cos� 
da tredici componenti, e non, come fu, da nove; 
e che inoltre dell'Adunanza non poteva far parte 
il consigliere dott: Puliti, non compreso nel numero 
dei componenti effettivi, n� dei supplenti designati 
dal Capo dello Stato per il 1951; ed appartenente 
a sezione consultiva del Consiglio di Stato. 

Negano i resistenti che nella composizione della 
Adunanza in oggetto s'incorresse in alcuna irregolarit�, 
essendo stata la medesima costituita in 
conformit� del 2� comma del citato art. 45 

T. U. delle leggi del Consiglio di Stato del 
1924, secondo cui l'Adunanza plenaria decide col 
concorso di nove votanti. Norma, quest'ultima, 
che non sarebbe stata mai modificata e che sarebbe 
restata ferma anche dopo il D.L. 5 maggio 1948, 
n. 642, che avrebbe lasciato immutato il quorum 
di nove membri fissato dal citato art. 48 T.U. N� 
costituirebbe irregolarit� la partecipazione del 
consigliere Puliti non designato dal Presidente 
della Repubblica, disposta dal Presidente del 
Consiglio di Stato in forza del potere attribuitogli 
di provvedere con consiglieri appartenenti ad altre. 
sezioni, alla mancanza di consiglieri necessari per 
deliberare. Nella specie, poich� il consigliere Sandiford 
della IV Sezione, designato dal Capo dello 
Stato fu designato nel 1951 a sezione consultiva, 
trasferendosi da tale data alla IV Sezione il dott. 
Puliti, questi avrebbe preso stabilmente il posto 
del Sandinford tra i membri della IV Sezione e della 
.Adunanza plenaria. 
Osservano le Sezioni Unite che l'art. 43 T. U. 
delle leggi sul Consiglio di Stato, nello stabilire che 
le decisioni di tale consesso in sede giurisdizionale 
sono prese con l'intervento di sette votanti, fece 
salvo il disposto del successivo art. 45. Il quale, 
nei comma 2� e 3�, dell'Adunatlz� plenaria, c 
precis� quando la controversia potesse -essere 
devoluta a tale organo, il .numero dei suoi componenti 
e il modo di loro designazione. 

Pi� precisamente, il 2� comma dispose che la 
Sezione investita del ricorso, la quale riconoscesse 
che il punto di diritto sottoposto al suo esame 


~ 139 


avesse dato luogo a precedenti decisioni in sede 
giurisdizionale tra loro difformi, potesse su richiesta 
delle parti o d'ufficio rinviare con ordinanza la controversia 
all'(( Adunanza plenaria col concorso di 
nove votanti �. E il 3� comma stabil� che dovessero, 
a tale effetto, designarsi al principio di ogni anno, 
con decreto del Capo dello Stato, quattro consiglieri 
per ciascuna sezione giurisdizionale (la IV e la V, 
sole a quell'epoca istituite), che avrebbero dovuto 
costituire, insieme al presidente del Consiglio di 
Stato, l'Adunanza plenaria. 

Ora i comma 2� e 3� dell'art. 45 del T. U. 
hanno subito vicende tali per cui � da escludere 
che siano restati sino ad oggi immutati. In prima, 
il D.L. 5 maggio 1948, n. 642, che istitu� fa, VI 
Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, 
dispose (3o comma dell'art. 1) che i componenti 
di tale sezione concorressero a costituire 
lAdunanza plenaria secondo le disposizioni dello 
art. 45 del menzionato T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, 
e degli effetti di tale norma (ratificata senza modificazioni 
dalla legge 19 marzo 1952, n. 161) si dir� 
pi� oltre. Successivamente, l'art. 5 della legge 21 
dicembre 1950, n. 1018, dichiar� che i detti due 
comma dell'art. 45 del T. U. erano � sostituiti � con 
altri due, il cui testo � in esso articolo riportato. 
Nei nuovi comma si modifica, ampliandola, la 
competenza dell'Adunanza plenaria (autorizzandosi 
il presidente del Consiglio di Stato a deferire 
a detta Adunanza qualunque ricorso che renda 
necessaria la risoluzione di questioni di massima 
di particolare importanza); ma non v'� cenno del 
numero dei componenti l'Adunanza plenaria stessa, 
n� del modo di loro designazione (contenuti invece, 
come si disse, nei comma 20 e 3� dell'art. 45 del 

T. U.). I due nuovi comma contemplano entrambi 
la materia del 2� comma dell'art. 45 del T. U. 
relativa alla competenza dell'Adunanza plenaria; 
ma nessun riferimento ha invece in essi la parte 
finale del medesimo 20 comma dell'art. 45 
(disponente che l'Adunanza plenaria decidesse 
col concorso di nove votanti), e l'intero 3� comma 
dello stesso articolo (disciplinante il modo di designazione 
e la qualit� dei componenti lAdunanza 
stessa). 
Per effetto quindi dell'art. 5 della citata legge 
21 dicembre 1950, ove dovesse starsi al tenore di 
tale norma (�I comma 2� e 3� dell'art. 45 del 

T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato approvato 
eon R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, sono sostituiti 
dai seguenti: (segue il nuovo testo), i comma 2� 
e 3� del detto T. U. 1924 risulterebbero abrogati 
per disposizione espressa del legislatore (art. 15 
disposizioni sulla legge in generale) eon la conseguenza 
che, mentre la legge disporrebbe sulla 
eompetenza dell' Adunanza plenaria, nessuna 
espressa disposizione legislativa regolerebbe specificatamente 
la composizione di tale organo essendo 
abrogati i due detti comma dell'art. 45 T.U. del 
1924, e riguardando il D.L. 5 maggio 1948, n. 642, 
soltanto la VI Sezione giurisdizionale del Consiglio 
di Stato. 
Per modo che, sorge, a questo punto, delicatissima 
una questione d'interpretazione della legge, 
che deve partire da non equivoca, per quanto 
inespressa volont� del legislatore, il quale, disci


plinando e potenziando con la nuova legge n. 1018 
del 21 dicembre 1950 l'Adunanza plenaria delle 
sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, quale 
supremo organo di giustizia amministrativa, non 
pot� aver voluto lasciare senza disciplinaJa determinazione 
del numero e della qualit� dei suoi 
componenti. 

Sulla base di tale volont� del legislatore deve 
ritenersi che il nuovo testo di che all'art. 5 della 
legge del 1950 riguardi solo la parte dei comma 
20 e 3� dell'art. 45 del T.U. del 1924, relativo 
alla competenza dell'Adunanza plenaria e non 
anche l'altra parte concernente la composizione di 
detto organo. 

Senonch� sino da quando, con la legge del 1907, 
fu istituita, accanto alla preesistente IV Sezione, 
la V Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, 
l'Adunanza plenaria fu composta da un 
numero fisso di componenti, sottratto ad ogni 
possibilit� di variazione. Infatti l'art. 37 del 

T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato approvato 
con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, nel disporre che 
la IV e V Sezione -ove riconoscesse che il punto 
di diritto sottoposto al suo esame avesse dato luogo 
a precedenti decisioni in sede giurisdizionale tra 
loro difformi -potesse rinviare la discussione 
della controversia all'Adunanza plenaria ((col concorso 
di nove votanti >>; e nell'attribuire alla stessa 
adunanza plenaria la potest� di regolare la competenza 
in caso di conflitti fra le due sezioni, stabil� 
che, a tale effetto, fossero, al principio di ogni 
anno, designati con decreto reale il presidente e 
quattro consiglieri per ciascuna sezione giurisdizionale, 
che dovevano costituire lAdunanza plenaria. 
E l'art. 70 del Regolamento di procedura 
17 a,gosto 1907, n. 642, dispose che al principio 
di ogni anno fossero designati, con decreti reali, 
due consiglieri supplenti -uno per ciascuna delle 
fdue sezioni giurisdizionali -per l'eventuale sostituzione 
nell'Adunanza plenaria dei consiglieri 
assenti o impediti. 
I comma 20 e 3� dell'art. 45 del T. U. 26 giugno 
1924, n. 1054, riprodussero testualmente le menzionate 
anteriori disposizioni del T. U. del 1907, 
salvo pel presidente dell'Adunanza plenaria che si 
stabil� fosse il presidente del Consiglio di Stato. 

L'avere, pertanto, la legge disposto, sino dalla 
istituzione della V Sezione giurisdizionale, che 
lAdunanza plenaria fosse composta -oltre che 
dal presidente -da quattro consiglieri per ciascuna 
delle due sezioni giurisdizionali nominativamente 
designati dal Capo dello Stato; e l'avere 
disposto altres� che fossero nominativamente designati 
dal Capo dello Stato anche i consiglieri 
supplenti, dimostrano nel modo pi� evidente la 
precisa volont� del legislatore che l'Adunanza 
plenaria fosse formata (oltre che dal presidente) 
da quegli otto determinati consiglieri e non da pi� 

o da meno. 
E se tale fu la volont� del legislatore, c~ntrasta 
con essa la tesi che debba restar fermo per I'adu-_ 
nanza plenaria il numero di nove votariti anche 
dopo l'istituzione, avvenuta col D.L. 5 maggio 1948, 

n. 642, della VI Sezione giurisdizionale del Consiglio 
di Stato. Per vero, disponendo detto D.L. che i 
componenti della VI Sezione devono concorrere a 

-140 


costituire !'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni 
del 3� comma dell'art. 45 del T. U. del 
1924, e cio� mediante la designazione da parte del 
Capo dello Stato, al principio di ogni anno, di 
quattro consiglieri della sezione stessa; e dovendo 
pertanto il Capo dello Stato designare, al principio 
di ogni anno, non pi� otto, ma dodici consiglieri 
(quattro per ciascuna delle tre sezioni giurisdizionali), 
dai detti dodici consiglieri dovrebbero esser 
tratti -secondo l'opinione dei resistenti -gli 
otto occorrenti per costituire, in unione al presidente 
del Consiglio di Stato, I' .Adunanza plenaria 
di nove votanti. Cosi tale .Adunanza :risulterebbe 
costituita non da tutti i componenti designati, ma 
da una parte di esso; e per di pi� sarebbe inattuabile 
una loro partecipazione paritaria (sia pure 
di tre consiglieri anzich� di quattro) delle tre sezioni 
giurisdizionali, non essendo fondata su alcuna 
disposizione di legge la prassi, seguita dal Consiglio 
di Stato, di comporre il collegio con dieci membri 
(il presidente e nove consiglieri) e farne intervenire 
alla decisione soltanto nove (il presidente ed otto 
consiglieri, rimanendone fuori il consigliere meno 
anziano). 

Orbene un'.Adunanza plenaria composta soltanto 
di parte dei componenti designati e nella 
quale non sia possibile ilconcorso paritario delle tre 
sezioni giurisdizionali, non si concilia con le disposizioni 
delle citate leggi in testi unici del 1907 e 
del 1924, le quali vollero che !'.Adunanza plenaria 
fosse costituita da un numero di componenti 
immutabili durante l'anno, nominativamente determinati 
e paritari fra le Sezioni giurisdizionali. 

Tale sistema fu sicuramente mantenuto dal 

D.L. 5 maggio 1948, il quale, prescrivendo che la 
VI sezione, da esso istituita, concorresse a costituire 
I'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni 
del ricordato 3� comma dell'art. 45 T.U. del 1924, 
e cio� mediante la designazione annuale di quattro 
consiglieri nominati dal Capo dello Stato, intese 
senza possibilit� di incertezza che la detta VI 
Sezione partecipasse all'.Adunanza medesima su 
piede di parit� con le due sezioni preesistenti. 
Ma, cosi disponendo, il D.L. del 1948 ebbe 
implicitamente, ma non meno certamente, a modificare 
la preesistente composizione numerica della 
.Adunanza plenaria, nel senso che alla stessa dovessero 
partecipare anche i quattro designati consiglieri 
della VI Sezione, aumentandosi pertanto da 
nove a tredici (4+4+4+1) il numero dei suoi 
componenti. 

Una diversa interpretazione del D.L. del 1948 
non � possibile per la ragione che, non permettendo 
il numero di otto consiglieri un concorso paritario 
delle tre sezioni giurisdizionali, e concedendosi ove 
si accolga l'opinione dei resistenti -al presidente 
del Consiglio di Stato il potere di scelta e di 
variazione fra i dodici consiglieri designati, il sistema 
dei testi unici del 1907 e del 1924, fondato 
sulla partecipazione paritaria delle sezioni giurisdizionali 
e sulla determinazione nominativa dei componenti, 
ne risulterebbe alterato ed anzi annullato. 

Per ritenere il contrario, occorrerebbe emergesse 
un'esplicita o quanto meno implicita, ma 
sicura volont� del legislatore, diretta a modificare 
tale sistema, che, stabilito dalla legge coevamente 

alla pluralit� delle sezioni giurisdizionali del Consiglio 
di Stato, non pu� venir meno se non in forza 
di una diversa certa volont� della legge stessa. 
Volont� che non risulta e che invece il richiamo, 
da parte del D. L. <lel 1948~ de.Isolo .3� comma 
dell'art. 45 del T.U. del 1924 sta ad escludere. 

N� vale l'argomento che appunto la mancata 
esplicita abrogazione, �nel D.L. del 1948, della 
parte finale del 2� comma dell'art. 45 del T. U. 
del 1924 starebbe a provare la volont� della legge 
che, pur designandosi dal Capo dello Stato quattro 
componenti per ciascuna delle tre sezioni, il numero 
dei votanti nell'Adunanza plenaria rimauess(di 9. 
L'illazione non ha alcun peso decisivo di fronte 
all'argomento maggiore rappresentato dalla designazione 
-espressamente disposta dal D.L. del 
1948 -di dodici consiglieri a termini del 3� 
comma, che stabilisce il principio paritario, onde 
tale principio rimane ancor oggi fondamentale 
per la composizione dell'Adunanza plenaria. 

I fatti rilievi autorizzano, quindi, a ritenere che 
l'anteriore composizione numerica dell'Adunanza 
plenaria, sulla base del quorum di nove membri 
venne modificato dal D.L. 5 maggio 1948 con Io 
st'abilire la partecipazione della VI Sezione alla 
Adunanza plenaria secondo le disposizioni del 
3� comma dell'art. 45 del T.U. del 1924; e che il 
detto decreto legislativo menzion� soltanto il terzo 
comma dello stesso art. 45 in quanto tale ultima 
norma veniva implicitamente abrogata per incompatibilit� 
con la partecipazione paritaria delle tre 
sezioni. E da ci� anche l'ulteriore conseguenza che 
la legge 21 dicembre 1950, n. 1018, non aveva bisogno 
di disporre sulla composizione numerica della 
.Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali 
del Consiglio di Stato, in quanto tale composizione 
gi� risultava necessariamente per quanto disposto 
col D.L. 5 marzo 1948, n. 642. 

Quanto si � esposto non � scalfito dalle ultime 
osservazioni dei resistenti. In fatti: 

1) l'argomento che la norma del terzo comma 
dell'art. 45 del T.U. del 1924 avrebbe -di fronte 
a quella del 20 comma -semplice funzione 
strumentale, � escluso dalla volont� precisa dei 
legislatori del 1907 e del 1924, i quali intesero di 
proposito che alla composizione dell'.Adunanza 
plenaria le due sezioni giurisdizionali dovessero 
concorrere con pari numero di consiglieri; 

2) non pare utile, d'altronde, il richiamo 
dell'art. 9, ultimo comma, del T.U. del 1924, nel 
quale �, fra l'altro, stabilito che il presidente del 
Consiglio di Stato presiede. . . . le Adunanze plenarie 
�indicate nel 2� comma dell'art. 45 n, senza 
far menzione anche del 30 comma di tale ultimo 
articolo: perch� � manifesto che nel detto art. 9 
I'.Adunanza plenaria � nominata con riferimento 
del tutto generico; 

3) anche ilricordo storico che ilnumero di nove 
votanti era gi� stabilito nella legge del 1889, in cui 
mancava una norma corrispondente. al 3� comma 
di cui si discute, perde valore per avere l'e.rgano.,.. 
nella sua successiva evoluzione, assunta nuova fisonomia 
per esigenze cui prima non era sottoposto; 

4) non si tratta, infine, di esaminare in tesi 
dottrinale ed astratta se la rappresentanza paritaria 
delle sezioni possa o meno ritenersi essenziale 



-141 


alla composizione dell'Adum1nza plenarfo; ma si 
tratta di stabilire se nella vigente disciplina legi. 
slativa del Consiglio di Stato la forma paritaria 
fu considerata come essenziale, il C'he, per quanto 
si � detto, deve dirsi perent.oriamente accertato. 
Pertanto lAdunanza plenaria in oggetto, alla 

quale concorsero come votanti il pres~dente e sol~ 

otto consiglieri, risulta, per numero di componenti 

irregolarmente costituita; in conseguenza va accolto 

il primo mezzo del ricorso nella parte riguardante 

la irregolarit� di composizione numerica del col


legio che emise la decisione impugnata. Restando 

assorbita la questione concernente la compos~zion~ 

qualitativa; e proposti collo stesso mezzo, gli alt~�i 

mezzi del ricorso. L'impugnata decisione va, quindi, 

eassata, rimettendosi le parti avanti al Consiglio 

di Stato�. 

� superfiuo sottolineare l'importanza di questa 

fondamentale sentenza delle Sezioni Unite, e rilevare 

che come tutte le decisioni che la Corte Suprema 

emana nell'esercizio del suo potere di massimo organo 

regolatore della giurisdizione, anche questa pronuncia 

� destinata a costituire una pietra miliare nello 

sviluppo della nostra giurisprudenza. 

La motivazione, che abbiamo integral ente .ripor


tata, fornisce, a nostro avviso, argomenti sufficienti per 

sostenere la tesi adottata dalla Corte secondo la quale 

la irregolare composizione per il numero e la qualit� 

dei membri di un organo giurisdizionale speciale 

costituisce un vizio che prodtwe due effetti concor


renti: l'uno di rendere inesistente, e quindi irrile


vante per il diritto la sentenza emanata e l'altro di 

far considerare la sentenza stessa come emessa da 

giudice privo assolutamente di giurisdizione. 

Riteniamo, cio�, che dalla motivazione della sen


tenza appaia chiaramente illustrato il pensiero della 

Corte secondo il quale il riconoscere il vizio di difetto 

di giurisdizione in sentenze emanate da collegi giu


dicanti, composti irregolarmente, non costituisce un 

semplice espediente per rendere impugnabili le deci


sioni di quegli organi giurisdizionali i quali, secondo 

la Costituzione, sono soggetti al potere regolatore 

della Corte di Cassazione solo per � motivi in(jrenti 

alla giurisdizione� (art. 111 -Consiglio cli Stato 

e Corte dei Conti). D'altra parte, la stessa sentenza 

n. 2641 del 1951 resa dalla Sezioni Unite e richiamata 
nella sentenza che si annota (vedi Foro It., 
1951, I, 1317), se affermava che �la competenza e la 
gi1irisdizione riguardano l'attivit� dell'organo laddove 
la composizione del Collegio attiene ad un 
momento logicamente e cronologicamente anteriore ))' 
da ci� deducendo che il vizio nella composizione 
delV organo giudicante � causa di inesistenza della 
sentenza, faceva espressa riserva per quanto riguarda 
le giurisdizioni speciali, per le quali si richiamava 
la sentenza n. 7 del 10 gennaio 1949 (in Foro It., 1949, 
I, 648) in cui si riconosceva nella irregolare 
composizione del Collegio il difetto di giurisdizione 
<< perch� la legge attribuisce la potest� giurisdizionale 
al Collegio come tale�. 
Pertanto, pu� dirsi che questa sentenza non rappresenta 
una deviazione da una giurisprudenza 
costante contraria, ma � il logico coronamento dello 
sviluppo della giurisprudenza della Corte Suprema 
in questa delicata materia. 

Detto questo in ordine alla esattezza del principio 

riaffermato solennemente dalla Corte Suprerna in 

questa sentenza, si deve esprimere piena adei;iorw 

alla interpretazione che la stessa Corte ha dato delle 

norme che regolano la composizione delVAdunanza 

plenaria del Consiglio di Stato. . 

Questa interpretazione � la sola logicamente (j 

giuridicamente possibile, in quanto � la sola cho 

mantiene fermo il principio fondamentale fin dalla 

istituzione dell'Adunanza plenaria che esige la detor


minazione fissa numerica e nominativa dei compo


nenti dell'Adunanza stessa al principio di ogni anno 

per decreto del Capo dello Stato e l,a r~pp.res~nt~nz~ 

paritetica nel collegio di tutte le .sezioni giurisdi


zionali del Consiglio di Stato. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Impiego pubblico 
-Impiegati del Poligrafico dello Stato -Controversie 
del lavoro -Competenza del Magistrato 
ordinario. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 1645-52 
-Pres. : Mandrioli -Est.: Duni -P. M.: Macaluso -
Alciati ed altri contro Istituto~Poligrafico dello Stato). 

Le controversie tra il Poligrafico dello Stato ed 
i suoi dipendenti concernenti il rapporto di lavoro 
sono di competenza del giudice ordinario ai sensi 
dell'art. 429, n. 3 del c.p.c. 

Riportiamo testualmente la sobria, precisa ed 

esaur�mte motivazione della sentenza della Suprema 

Corte. 

�I ricorrenti sostengono che il Poligrafico, operando 
nel campo della produzione in regime di concorrenza 
costituisce un ente pubblico economico, s� 
che le c~ntroversie, fra l'ente medesimo ed i suoidipendenti 
sono di competenza del giudice ordinario, 
a termini dell'art. 429, n. 3 del codice di procedura 
civile, tuttora in vigore anche dopo la soppressione 
dell'ordinamento sindacale. 

La tesi cui si � associata nella discussione orale, 
la stessa Avvocatura dello Stato in difesa del Poligrafico, 
� fondata e va accolta. 

Questa Suprema Corte ha ormai consolidato la propria 
giurisprudenza nel senso enunciato dai ricorrenti 
e non ha motivo per mutare indirizzo. 

La disposizione contenuta nell'art. 429, n. 3, cod. 
proc. civ. nello stabilire la competenza dell'autorit� 
giudiziaria specializzata pel lavoro nelle controversie 
relative a rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti 
di enti pubblici inquadrati nelle associazioni 
sindacali, si rifer� implicitamente all'art. 1 della 
legge 16 giugno 1938, n. 1303 con la quale era stato 
revocato il divieto di far parte di associazioni sindacali, 
sancito dall'art. 3 del Regio decreto 1� luglio 
1926, n. 1130, relativamente agli enti pubblici 
operanti nel campo della produzione. e svolgenti attivit� 
economica in regime di concorrenza. L'inquadramento, 
pertanto, fu richiesto dal codice come 
equipollente di siffatta attivit�, per effetto della 
quale i rapporti di lavoro erano ratione materiae 
da deferire alla cognizione del giudice ordinar_~o.del 
lavoro. 

L'abolizione dell'ordinamento sindacale fece venir 
meno soltanto l'inquadramento effettivo dei dipendenti 
degli enti anzi accennati, s� che l'art. 429, 

n. 3 � tuttora applicabile rispetto agli enti pubblici 
esplicanti una attivit� economica in regime di libera 
concorrenza. 

1;;;;;; e-mzr mrnrnM&mm' 11m 1;;;;;; e-mzr mrnrnM&mm' 11m 
~�::;:SCT?C2~m2mm 


-142 


Questa .Suprema Corte, inoltre ha gia precisato 
che sono in genere da considerare in tal natura 
gli enti pubblici i quali intervenendo .nel campo 
della vita economica (agricola, industriale, commerciale, 
di credito, di assicurazione, ecc.) esplichino 
come imprenditori in regime di parit� giuridica 
con gli altri soggetti con cui entrano in rapporto 
una attivit� che si trovi o vossa trovarsi in concorrenza 
con analoga attivit� di comuni imprenditori, 
e rappresenti quindi un mezzo diretto non gi� alla 
realizzazione immediata di un fine pubblico, bens� 
al conseguimento dei lucri mediante la partecipazione 
alla vita degli affari. 

E ritiene il Supremo Collegio che, nei riguardi 
del Poligrafico sussistono in pieno le condizioni 
ora dette. 

Istituito con la legge del 6 dicembre 1928, n. 2744, 
per l'esercizio delle arti grafiche e per la gestione 
delle pubblicazioni di Stato destinate alla vendita, 
il Poligrafico ha sempre pi� esteso, in virt� di numerose 
leggi successive, la sfera delle sue attivit�, non 
limitate a compiti nell'interesse diretto dello Stato quali 
la stampa dei biglietti di Stato, dei titoli di 
Stato, dei valori bollati, delle carte valori in genere, 
della Raccolta Ufficiale delle Leggi e Decreti della 
Gazzetta Ufficiale delle circolari ministeriali, ecc. 
ma divenuta rilevantissima nel campo specifico 
dell'industria grafica e del relativo commercio, in 
concorrenza con privati imprenditori ed a fine. di 
lucri, sia pure confiuenti per legge, nelle casse statali. 

L'Istituto, infatti, assume vastissime forniture 
per conto di terzi prfoati, che espleta mediante stabilimenti 
tipografici, litografici e cartografici tra i 
pi� apprezzati del genere. Sciolta, anni or sono, la 
Societ� Industria della cellulosa tutte le attivit� e le 
attribuzioni di essa passarono al Poligrafico, che 
assume cos� un'altra gestione eminentemente economica. 


A termini del regolamento sul Provveditorato Generale 
dello Stato, il Poligrafico attende alla stampa 
ed alla vendita di grandi edizioni artistiche di opere 
letterarie e scientifiche, alla stampa di edizioni 
nazionali di classici latini e di monografie su monumenti, 
palazzi e ville, e alla stampa di opere in ottavo, 
di cataloghi, guide e opere musicali. 

D'altra parte, di fronte a tanta complessa e vasta 
mole di attivit� meramente economica, quella esercitata 
nel solo e diretto interesse dello Stato non solo 
� secondaria rispetto alla prima, ma non � neppure 
esclusiva, come ha rilevato anche l'Avvocato dello 
Stato, da un lato la Banca d'Italia ha una propria 
tipografia per la stampa dei suoi biglietti, e d' altronde 
ingenti commesse di tali biglietti sono state 
affidate a tipografie private. 

A queste, inoltre, vengono ordinate stampe di 
titoli di Stato. 

Le Sezioni Unite, pertanto, riesaminata la natura 
dell'Istituto Poligrafico, e tenuto conto della sempre 
crescente sua attivit� nel campo economico e della 
produzione, in regime di libera concorrenza con le 
industrie prfoate affini, divenuta indubbiamente 
prevalente rispetto alle altre attribuzioni, ritengono 
che ora -a differenza di quanto fu stabilito con la 
sentenza n. 551, del 4 marzo 1950 -debba affermarsene 
la natura di ente economico nei sensi anzidetti 
e debba dichiararsi in conseguenza, la competen.
za della autorit� giudiziaria ordinaria, a termini 

-


dell'art. 429, n. 3 cod. proc. civ. per le controversie 
in tema di impiego e di lavoro tra il Poligrafico ed i 
suoi dipendenti �. 

Com'� noto la tesi ora accolta dalla Corte Suprema, 
sul ricorso dei dipende.nti del Poligrafico, venne prospettata 
per la prima volta dall'Avvocatura dello 
Stato, ma fu respinta dalle Sezioni Unite della Corte 
Suprema con la sentenza n. 551 del 4 marzo 1950. 

Tale sentenza fu riportrita nella sola massima in 
questa Rassegna (1950, pag. 77) e fu criticata con 
gli argomenti ora accolti dalla Corte di Cassazione. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Regolamento di 

giurisdizione-Procedimento dinanzi a giudice speciale


Limiti di proponibilit� ~ Sentenza di pronuncia sol


tanto sulla giurisdizione. (Corte di Cass., Sez. Unite -

Sent. 1254-52 -Pres. : Ferrara -Est. : Cacciapuoti 


P.M.: Eula -Mori contro Ministero Trasporti). 

L'art. 41 c.p.c., relativo al regolamento di giurisdizione, 
trova applicazione aucbe nel caso di 
cause pendenti dinauzi a magistrature speciali. 

Non. � sentenza di merito, che preclude la possibilit� 
di proporre il regolamento di giurisdizione 
(art. 41 c.p.c.) quella del giudice di primo grado 
che pronuncia soltanto sulla giurisdizione. 

La questione di giurisdizione non pu� pi� essere 
esaminata soltanto se esiste giudicato su di 
essa. Ci� avviene solo in due ipotesi : quando il 
giudicato concerne altres� il merito ovvero quando 
sulla questione di giurisdizione si siano pronunziate 
le Sezioni Unite. 

La prima massima conferma un indirizzo giurisprudenziale, 
di cui si � gi� data notizia in questa 
Rassegna, con particolare riferimento .all'applicazione 
di esso rispetto al Consiglio di Stato: vedasi 
Rassegna, 1948, fase. 11-12, pag. 27; 1949, 
pag. 201. Con riferimento per l'appunto al Consiglio 
di Stato pu� vedersi la sentenza delle Sezioni Unite 
31 luglio 1950, n. 2246, in Massim. Foro Ital., 
pag. 454. 

Anche il principio affermato nella seconda massima 
corisponde ad un indirizzo ormai costante 
delle Sezioni Unite: vedasi in proposito quanto fu 
riferito nella Rassegna, 1949, 212, nonch�, pi� am'{
Jiamente, nella Rassegna, 1950, 21. 

Importante � sopratutto la terza massima. L'A vvocatura 
ha avuto modo gi� nella Relaziune1926-29 
(cap. 1, n. 9 e 10) di far presente, richiamandosi 
all'indirizzo giurisprudenziale allora prevalente, che 
non � precluso l'esame della questione di giurisdizione 
finch� non interviene un giudicato (sostanziale), 
salvo che -naturalmente -nel corso del giudizio 
non intervenga una pronunzia delle Sezioni Unite 
su di essa. In particolare si precisava sin da allora, 
che non � ammissibile un giudicato implicito sulla 
questione di giurisdizione. 

Tuttavia l'indirizzo della Corte Suprema era venuto 
mutando in proposito e si era riconosciuto valore 
al giudicato implicito anche rispetto alla suddetta 
questione (si vedano s. u...ii dice'f]Jbre_ 1948, 

n. 1875, e 18 novembre 1950, n. 2622, ~in MasF�im. 
Foro Ital, 390 e 534). 
Tale indirizzo ci sembrava non del tutto corrispondente 
alla particolare natura della questione e sopratutto-
in-contrasto-con l'art. 37 c.p.c., il quale mira a 
impedire che sulla questione possa verificarsi una 

= 



-143 


preclusione, possa, cio�, infiuire il c. d. giudioato 

implicito. � evidente, infatti, che questo attiene al


l'attivit� delle parti; mentre l'art. 3 7 stabilisce che il 

giudice non possa rimanere vincolato per la loro iner


zia e debba esaminare anche di uff�oio la questione. 

Gi� le sentenze delle S. U. 28 giugno 1948, n. 1015 

e 15 febbraio 1949, n. 249 (in Mass. Foro !tal., 

221 e 52) hanno mostrato di attenersi a tale ordine di 

idee; ma sopratutto quella in esame, riprendendo e 

chiarendo i concetti della sentenza 15 febbraio 1949, 

n. 249, � tornata a una pi� rigorosa e pi� logica 
interpretazione dell'art. 37 c.p.c. 
Ha infatti ritenuto la Suprema Corte: ~ 

� Ma la cosa giudioata in punto di giurisdizione 
(ha ritenuto questa Corte con la rioordata sentenza 

n. 249 del 15 febbraio 1949) si pu� formare soltanto 
in due ipotesi; nell'ipotesi cio� che il giudioe si sia 
pronunciato contemporaneamente sulla questione: di 
giurisdizione e sulla questione di merito e nell'altra 
ipotesi che sulla questione di gurisdizione si sia pronunciata 
la Corte di Cassazione, perch� nella prima 
ipotesi opera il giudioato sostanziale, che travolge 
inevitabilmente anche la questione pregiudiziale di 
giurisdizione, nella seconda ipotesi opera la funzione 
della Corte di Cassazione quale organo regolatore 
della giurisdizione e della competenza >>. 
CONTABILIT� DELLO STATO -Deroga alle norme 
del Codice civile -Valore della norma -Pagamenti 
dello Stato -Decorrenza degli interessi. (Corte di 
Cass., Sez. Prima, Sent. n. 1601-52 -Pres.: Anichini; 
Est.: Celentan�; P.M.: Pittiruti -Consorzio di Credito 
Opere Pubbliche contro Ministero della Marina Mercantile). 


Se in via generale � da ammettere che le regole di 
diritto comune sull'adempimento e sugli effetti 
dell'obbligazione si applicano anche ai debiti dello 
Stato tali regole possono tuttavia essere derogate 
dalle disposizioni contenute nella legge e nel Regolamento 
sulla Contabilit�. generale dello Stato, le 
quali non costituiscono gi� norme interne di contabilit�, 
ma hanno vera e propria forza vincolante, 
forza di diritto obiettivo, nei confronti sia dell'Amministrazione 
che dei creditori, per l'esecuzio!le delle 
prestazioni pecuniarie della prima. l l 

Dal complesso delle disposizioni sulla contabilit� 
generale dello Stato (legge e regolamento) 
si evince che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga 
alla norma dettata dall'art. 1282 e.e. diventano 
liquidi ed esigibili, e generano come tali l'obbligo 
del pagamento, degli interessi di diritto a carico 
dell'Amministrazione, soltanto dopo che la spesa 
della competente amministrazione sia stata ordinata, 
con l'emissione del relativo titolo di spesa. 
Tale principio vale anche ri,el caso di spese con 
scadenze determinate rateali. 

Riportiamo integralmente il testo di questa sentenza 
per la parte che si riferisce alle massime sopra trascritte. 


� Ora, se in via generale �"'da ammettere, come si 
afferma nel rioorso, che le regole di diritto comune 
sull'adempimento e sugli effetti delle obbligazioni si 
applioano anche ai debiti dello Stato, occorre tenere 
presenti le disposizioni .contenute nella legge e nel 
regolamento predetto, le quali non costituiscono gi�, 
aome nel ricorso pure si sostiene, delle norme interne, 

di contabilit�, ma hanno vera e propria forza rinco


lante, forza di diritto obiettivo nei confronti sia del


l'amministrazione che dei creditori, per l'esecuzione 

delle prestazioni pecuniarie della prima. 

<< Qualunque sia il titolo per cui vengono fatte, 

queste danno sempre litogo a una spesa pubblica, e 

sono le esigenze stesse della Finanza e dei pubblici 

bisogni cui devono sopprerire, a imporre tutto il 

complesso di atti e di controlli predisposti dalla legge 

e regolamento di contabilit� per la relativa erogazione. 

Atti che incominciano dall'autorizzazione data dal 

Parlamento con la legge del bilancio, e, attraverso � 

l'impegno e la liquidazione, giungono sino all'ordi


nazione e cio� al titolo di spesa, con cui, diversamente 

da quanto avviene per gli ordinari rapporti di di.ritto 

privato, dagli organi stessi dell'amministrazione 

debitrioe viene determinata in cifra certa e liquida la 

prestazione che lo Stato deve pagare ed ordinato al 

competente uff�oio di effettuarne il pagamento. Titolo 

ili spesa, che � soggetto, a sua volta, a controllo della 

Corte dei Conti, ma la cui consegna al creditore:estin


gue ormai l'obbligazione, come si ricava dagli artiooli 

55 legge, 316 regolamento, 1 L. 18 marzo 1926, n. 362. 

Essendo obbligatorio il percorso"' di simile procedura, 
e non essendo sindacabili dall'autorit� giudiziaria 
gli atti ili cui si compone, resta esclusa la possibilit� 
stessa di applicare ai debiti dello Stato la 
norma dell'art. 1282 cod. civ. sulla corresponsione 
degli interessi di diritto. Il che non contrasta, peraltro, 
con la lettera della norma, la quale fa salve le 
eccezioni di legge, e non esula neanche dal suo spirito, 
essendo stato indotto" il legislatore ad estendere 
in via di massima (v. Relazione ministeriale) ai 
debiti oivili il principio, imperante gi� per quelli 
commeroiali, da ragioni (quale la fecondit� del denaro 
nelle mani del debitore che lo detiene, il bisogno 
di incrementare il credito) che non � dato invocare 
nei rapporti con lo Stato. 

Si � fatto presente dalla difesa del Consorzio che, 
nel caso, trattavasi di una spesa con scadenza determinata. 
Ma anche tali spese, per le rate che scadono 
nell'esercizio finanziario cui si riferisce il bilancio, 
devono essere iscritte, e se per esse sono disposti 
procedimenti speciali e la liquidazione pu� diventarne 
automatioa, necessario � pur sempr( far luogo 
all'ordinazione con le conseguenze che sopra si sono 
indicate. 

Giova poco, d'altro canto, obiettare che il ritardo 
con cui l'amministrazione proceda alla liquidazione 
e all'emissione del titolo di spesa potrebbe prolungarsi 
in modo indefinito, con manifesto e serio pregiudizio 
del creditore insoddisfatto. A parte che tale 
ipotesi resta fuori della normale gestione finanziaria 
dello Stato, come confermato dalla stessa fatti specie 
in cui la sospensione dei pagamenti fu causata dai 
tragici avvenimenti che sconvolsero negli anni 1943 
e 1944 la vita del nostro paese; e che il creditore, a 
salvaguardia delle proprie ragioni, potrebbe comunque 
diffidare l'amministrazione a pagare, agli effetti 
anche di un eventuale ricorso di legittimit� q,J Oonsiglio 
di Stato in sede giurisdizinale; l'indagine �_ 
limitata, nella specie, all'applicabilit� della norma 
dell'art. 1282 cod. oiv., e fuori di tale inilagin(restano 
pure le ipotesi previste dai vari Capitolati di appalto 
di opere pubbliche e Condizioni generali di forniture 
per i pagamenti ritardati oltre un certo termine, 
e altres� i casi in cui, per essersi conteso sull'an. 


---144 


debeatur, gli interessi sono gi� dovuti in forza di 
sentenze�. 

� superfluo mettere in rilievo la estrema importanza 
di questa pronuncia della Corte Suprema, la quale 
concorre a segnare con equilibrio e precisione i limiti 
della soggezione dell'Amministrazione al diritto privato. 
In tempi ne'i quali non di rado � dato leggere 
in pronuncie giudiziarie non esservi alcuna differenza 
tra lo Stato ed il cittadino quanto all'applicabilit� 
delle norme di diritto civile, una pronuncia come 
l'attuale che riconosce una distinzione che trova il suo 
fondamento non in teorie pi� o meno elaborate ma 
nella ineliminabile natura delle cose, merita di essere 
veramente salutata con compiacimento. E ci� anche 
se alcune considerazioni impongono le pi� ampie 
riserve, come ad esempio quella sia pure espressa in 
via incidentale, che potrebbe indurre a rit'enere ammissibile 
un ricorso al Consiglio di Stato per ottenere 
dall'Amministrazione in sostanza il pagamento di 
un debito e, cio�, la soddisfazione di una pretesa basata 
su diritto soggettivo. 

Con questa sentenza la Corte Suprema fa un ulteriore 
passo decisivo sulla via tracciata dalla precedente 
sentenza n. 1014 del 1951 (v. in q�esta Rassegna, 
1951, pag. 121) nella quale si erano segnati 
i limiti e le condizioni necessarie e sufficienti per far 
considerare in mora l'Amministrazione. La sentenza 
in rassegna � altres� sulla stessa linea di quella n. 7 55 
del 1952 (in questa Rassegna, 1952, pag. 70) nella� 
quale sono anche segnati i limiti dell' assoggettabilit� 
dell'Amministrazione ad esecuzione forzata. 

Dalla combinazione logico-giuridica delle massime 
enunciate nelle suddette pronunciate giudiziali riteniamo 
si possa desumere che nella giurisprudenza 
della Corte Suprema si sta affermando (o meglio riaff 
erman�o) il principio secondo il quale lo Stato non 
pu� essere mai considerato come scisso nettamente 
in due personalit�, una di diritto pubblico e una 
di diritto privato. Le norme del diritto privato, in 
altri termini, possano applicarsi allo Stato solo nei 
limiti della loro compatibilit� con le norme prevalenti 
di diritto pubblico. Questo principio, sul quale in 
teoria non si sono pi� sollevati da molti anni dubbi 
seri, veniva e viene obliterato ogni volta che si tratti � 
di farne concrete applicazioni in quel campo ove il 
contrasto si verifica pi� evidente e pi� stridente, nel 
campo, cio�, dei rapporti contrattuali e particolarmente 
dell'adempimento forzoso delle obbligazioni. 
Qui, mentre si � sempre affermato, salvo alcune 
minori deviazioni, che non � consentita l'esecuzione 
forzata di obbligazioni di facere nei confronti della 

P. A. (escludendosi cos�, per esempio, l'emanazione 
di sentenze costitutive) noti si � approfondita abbastanza 
la questione della esecuzione forzata di sentenze 
che importino un'obbligazione di dare. Non si � 
visto, cio�, come anche questa esecuzione forzata 
implichi, necessariamente, quella interferenza della 
a.ziono giudiziaria nell'azione amministrativa che � 
esclusa da tutto il nostro sistema costituzionale della 
divisione dei poteri. (Cfr. ALBINI, in (Giur. It., 
1952, I, 2, 610). 
Riconosciamo che su alcune decisioni contrarie al 
principio generale sopra ricordato hanno influito 
motivi di equit� determinati da gravissime deficenze 
dell'azione amministrativa che si risolvevano in un 
sacrificio ingiustificato del cittadino. Tali deficenze 
sono tanto pi� gravi in quanto alla posizione privi


legiata dell'Amministrazione nei confronti del privato 
in relazione all'assoggettabilit� all'esecuzione 
forzata ed altre misure di adempimento forzo so di 
obbligazioni corrisponde, appunto il dovere dell' A mministrazione 
di obbedire aUe leggi e�aile regole, anche 
non scritte, di correttezza amministrativa, dovere 
che invece per il privato, nel campo del diritto civile, 
� limitato al solo aspetto negativo della non disobbedienza. 
Ma, oramai, dopo l'entrata in vigore dell'articolo 
28 della Costituzione non sembra che vi sia 
pi� nemmeno bisogno, per tutelare il cittadino, di 
distruggere i fonda menti del nostro ordinamento 
giuridico, essendo evidentemente sufficiente la possibilit� 
di persecuzione personale dei singoli funzionari 
responsabili degli atti che, per colpa o per dolo, si 
siano risolti in un danno per il privato. 

Tuttavia, dobbiamo ammettere che questo problema 
dell' assoggettabilit� dell'Amministrazione all' esecuzione 
forzata, ed in genere delle interferenze del diritto 
pubblico col diritto privato in questo campo, non � 
stato sufficientemente approfondito, e ci riserviamo 
di farlo in uno dei prossimi numeri di questa Rassegna. 


DEMANIO -Beni patrimoniali indisponibili -Macchi� 
nari officine militari -Possesso di pezzi smontati Acquisto 
della propriet�. (Corte di Cass., Sez. II, 
Sent. n. 2666-52 -Pres.: Brunelli, Est.: Capizzi, 

P. M.: Binazzi -Sforazzini contro Ministero Difern 
Aeronautica). 
Le macchine ed i materiali arredanti una officina 
di aeroporto militare fanno parte, quali indispensabili 
accessori degli armamenti, del patl'imonio 
indisponibile dello Sta,to. 

Il mutamento della loro consistenza e funzione 
avvenuto a causa di un furto non basta a far 
uscire quei materiali dal patrimonio indisponibile 
dello Stato perch� spetta soltanto al giudizio 
tecnico dell' Ammini.strazione il decidere sulla inservibilit� 
allo scopo cui i beni sono destinati con le 
conseguenze della loro libera commerciabilit�. 

Dei suddetti beni pu� acquistarsi legittimamente 
il possesso solo quando essi sono sottratti alla loro 
destinazione nei modi stabiliti nelle leggi che li 
riguardano. 

Finch� tale mutamento legittimo di destinazione 
non � avvenuto il possesso di questi beni rimane 
senza effetto ai fini. dell'art. 1153 del e.e. 

La parte sostanziale iJ,ella motivazione di questa 
chiara sentenza � contenuta nelle massime sopra 
riportate. 

Sull'argomento vedi su questa Rassegna, 1948, 
fase. 11-12 pag. 25; 1949, pag. 191 e 1951, pag. 120. 

FERROVIE -Responsabilit� civile-...:: Passaggio a livello Custodia 
-Discrezionalit� della Amministrazione fer� 
roviaria -Fischio di avviso. (Corte di Cass., Sez. III, 
Sent. n. 1171-52 -Pres. : Curcio, IEst. : Lorenzi, 
P.M.: Binazzi -Vigliotti contro FF.SS.). 

Solo all'Amministrazione Ferroviaria, e non-al.-. 
Magistrato ordinario, � dato valutare le interfe� 
renze del traffico di strada ordinaria sul servizio 
ferroviario al fine di organizzare il servizio stesso. 

I passaggi a livello incustoditi non possono mai 
qualificarsi principali ai fini della osservan;m delli:ii 
norma sulle segnailazi9n,i !'l!custicb.e, 


145 


Sentenza questa di notevole importanza, sopratutto 
perch� rappresenta un ritorno al rigore di principi, 
troppo frequentemente obliati, in materia di 
divisione di poteri. 

La fattispecie concerneva la questione a chi spetti 
stabilire la sussistenza della normale visibilit�. prevista 
dall'art. 28 del codice stradale come condizione 
obiettiva per lasciare incustoditi i passaggi a livello. 

La Oorte Suprema ha affermato che l'accertamento 
della normale visibilit� ha carattere tecnico-discrezionale 
e, per questa sua natura non pu� che essere 
devoluto a quell'organo cui spetta provvedere al funzionamento 
del servizio ferroviario e alla sistemazione 
delle interferenze fra questo servizio e il traffico su 
strada ordinaria, cio� all'Amministrazione ferroviaria, 
esclusa ogni possibilit� di sindacato da parte 
del magistrato ordinario. 

Per quanto riguarda la seconda massima, la Oorte 
Suprema, dopo aver ricordato che, a norma del Regio 
decreto 9 agosto 1929 il segnale di a'Vviso da parte 
del macchinista dev'essere dato solo quanto il treno 
si avvicina ai principali passaggi a livello, e dopo aver 
messo in rilievo come il R. decreto 24 novembre 1937, 

n. 1407, nel definire i passaggi a livello principali, 
indica quelli protetti da special'i segnalazioni fisse ed ai 
quali � permanentemente preposto un agente di servizio, 
conclude che i passaggi a livello incustoditi, 
appunto perch� prfoi di speciali segnalazioni fisse e 
senza l'agente di servizio permanente, non possono 
considerarsi mai principali. 
RESPONSABILIT� DELLA PUBBLICA AMMINI


STRAZIONE -Azione dolosa del funzionario -Irri


feribilit� -Esclusione della responsabilit� indiretta. 

(Cortkl di Cass., Sez. I, Sent. n. 1312 del 9 maggio 1952 -
Pres. : Cannada-Bartoli, Est. : Chieppa, P. M.: Pomodoro 
(conf.) -A.T.A.C. contro Cremonini). 

Le responsabilit� della pubblica amministra


zione per fatto illecito non trae fondamento dalla 

norma dell'art. 2049 Codice civile (responsabilit� 

indiretta per fatto del preposto) perch� ne man


cano i presupposti; essa si profila invece quale 

responsabilit� diretta per fatto proprio, quando 

gli organi per mezzo dei quali agisce, nell'ambito 

delle loro attribuzioni, colposamente arrechino 

danno al privato. 

Il fatto illecito dolorn del funzionario rompe il 

rapporto tra l'ente pubblico e i suoi dipendenti 

e fa considerare l'azione come ccmmessa fuori del


l'attivit� dell'ente, escludendone la responsabilit�. 

(Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 1434 del 19 maggio 1952 -
Pres. : Valenzi, E ;;t. : Lombardo, P. M.: Rossi ( conf.) -
Boccaccini contro Zambonati). 

Non sono riferibili alla pubblica amministrazione 
gli atti illeciti posti in essere con dolo, per fini di 
rJarte, dai suoi dipendenti, bench� collegati allo 
eserrizio delle loro funzioni. 

Oon le massime annotate la Suprema Oorte, nonostante 
qualclie dissenso manifestato in dottrina e 
qualche contraria decisione di merito, ha decisamente 
confermato, pur dopo l'entrata in vigore della 
Costituzione repi1bblicana (art. 28), i principi fondamentali 
sullrt responsabilit� rlella pubblica amministra.
zione, consolidatisi 1Jigente lo 8tatuto Albertino. 

Con particolare esattezza e precisione di concetti 
la Corte lw escluso in ogni caso la configurabilit� 
di una responscibilit� indiretta della pubblica amministrazione 
ex art. 2049 Codice civile per assolitto 
difetto dei suoi presupposti quali)a culpa i.:P. .eligendo 
vel in vigila,ndo o la responsabilit� obietti1'a 
secondo il principio ubi commoda ibi et incommodn. 

Conseguentemente ha escluso la riferibilit� alla 
pubblica amministrazione del fatto illecito doloso del. 
dipendente, che � e rimane fatto personale di questo 
ultimo. 

L'attivit� del dipendente � riferibile direttamente 
alla pubblica amministrazione, secondo i noti principi 
sul rapporto organico, quando sia dcillo stesso 
esplicata nell'ambito delle attribuzioni conferitegli 
e per i fini dell'ente. Il dolo, invece, rompe il rcivporto 
organico e rende il fatto del funzionario o 
dipendente non riferibile (indifferente) alla pubblica 
amministrazione, la qucile, pertanto, non pu� ad 
alcun titolo essere chiamata a risponderne (Rassegna, 
1949, pag. 169). 

SEQUESTRO -Sequestro penale -Art. 624 c.P. P. Restituzione 
di cqse sequestrate -Contestazione sulla 
propriet� -Competenza del giudice civile -Opposizione 
a precetto a norma dell'art. 615 c. P. c. (Corto 
di Cass., Sez. III, Sent. n. 254-52 -Pres.: Acampora,, 
Est.: Naso, P.M.: Toro -Ministero Difesa Aeronautica 
contro Bilancioni). 

L'art. 624 del codice di procedura penale, nell'indicare 
quale sia il giudice competente ad ordinare 
la restituzione delle cose sequestrate, prescrive che, 
sorgendo contestazione sulla propriet� delle cose 
stesse il giudice o il pubblico ministero ne rimette 
la risoluzione al giudice civile del luogo competente 
in primo grado. Sorge, in tal modo, la competenza 
esclusiva del giudice civile e, soltanto dopo la decisione 
di questo, il giudice penale, nello emettere il 
provvedimento relativo alla restituzione, deve uniformarsi 
a quanto ha deciso il giudice civile in 
ordine alla propriet� delle cose oggetto del dequestro. 


Non si incorre, tuttavia, in alcun.a violazione 
sostanziale, della suddetta norma allorch� la parte 
-omettendo l'istanza al giudice penale in sede 
di esecuzione -adisca direttamente il giudice 
civile col mezzo della opposizione a precetto a 
norma dell'art�. 615 c. proc. civ. per provocare la 
decisione circa l'appartenenza delle cose stesse, 
decisione che dovr� costituire la base per la conferma 
o per la modifica del provvedimento, col 
quale da parte del giudice penale, � stata ordinata 
la restituzione. 

La materia degli incidenti di esecuzione (artt. 628 

a 6'32 cod. proc. pen.) � certamente una delle pi�t 

tribolate del diritto processuale penale. La difficolt� 

maggiore � rappresentata dalla mancanza di coordi


namento con la disciplina del codice di procedura 

civile relativa alle opposizioni all'esecuzione (artt. 615 

e segg. c.p.c.). 

Giover� per la maggiore intelligenza dell'argo--


mento premettere: il terzo comma dell'art. 626 cod. 

proc. pen. dispone che dopo la sentenza irrevocabile 

di proscioglimento le cose sequestrate sono restituite 

a chi provi di averne diritto; e il relativo provvedi


mento, giusta l'art. 624 1� comma stesso codice ;~ 



-146 


emesso dal giudice dell'esecuzione al quale va rivolta 

l'istanza; ove sorgano controversie circa la propriet� 

delle cose stesse, il giudice penale ne rimette la riso


luzione a quello civile del luogo competente in primo 

grado (art. 624 c.p.p., 20 comma). 

Infine, l'art. 632 c. p. p. dispone che il rito degli 

incidenti si applica anche alle controversie nell' ese


cuzione civile in materia non penale �salvo che non 

sia diversamente stabilito�. 

Sar� opportuno far cenno anche della natura del 

l'ordinanza emessa cc de plano � dal giudice dell' esecu


zione per la riconsegna delle cose sequestrate e dei 

mezzi di gravame cui � assoggettabile. La detta ordi


nanza non ha natura di provvedimento giurisdizio


nale ma amministrativo, ed � essenzialmente revo


cabile, non soggetta al gravame di cui all'art. 190 

c. p. p. (Cassazione, Sez. III, 11 gennaio 1949, in 
Giust. Pen., 1949, parte III, massima 291). Il 
problema di come possa essere avversata la detta 
ordinanza va risolto, a nostro avviso, distinguendo i 
vari stadi in cui l'ordinanza stessa pu� trovarsi e 
precisamente: 
a) pendenza della procedura di rilascio dell' or~
inanza su istanza dell'interessato; 
b) l'ordinanza � gi� emessa e viene portata a 
conoscenza dei controinteressati; 

c) sulla base dell'ottenuta ordinanza l'interessato 
intima al detentore dei beni il rilascio degli stessi. 
Nelle prime due fasi � pacifico che qualunque con-� 
trointeressato pu�, inserendosi come contraddittore 
in seno al rapporto instauratosi tra il giudice e il 
richiedente, provocare la remissione obbligatoria 
della controversia al giudice civile (art. 624, 20 comma, 

c. p. p.). Ove, invece, l'ordinanza sia stata gi� rilasciata 
chi intende sollevare opposizione pu� ( e a 
nostro avviso alternativamente) provocarne la revoca 
con istanza allo stesso giudice, o sollevare incidente 
di esecuzione ai sensi degli artt. 628 e segg. del codice 
di procedura penale. Ove scelga la prima via otterr� 
un provvedimento ulteriormente suscettibile del duplice 
mezzo sopradetto e, alternativamente sperimentabile; 
con il secondo mezzo otterr� invece un'ordinanza 
ricorribile per cassazione (art. 321 c. p. p.) 
(ALorsr: Manuale pratico di procedura penale, Edizione 
Giuffr�, 1943, vol. IV, pag. 213; Oassaz. 3 luglio 
1945, Foro Pen., 943, Gol. X, 32; sentenza richiamata 
dal LEONE in Uneamenti di dir. process. 
penale, vol. II, Ediz. Jovene, Napoli, 1950, pag. 330; 
Oassaz. Sez. III, 9 ottobre 1950, in Giust. Pen., 
1951, mass. 153). 
La �iffi,colt�, invece, sorge quando si tratta di stabilire, 
se per opporsi al precetto notificato dal titolare 
dell'ordinanza di rilascio delle cose sequestrate si 
possa seguire il mezzo dell'opposizione di cui agli 
artt. 615 e segg. del c. p. p., incardinando la controversia 
direttamente innanzi al Magistrato civile, o 
invece debba seguirsi il rito degli incidenti di esecuzione, 
con la conseguente successiva remissione della 
controversia stessa al Magistrato civile da parte del 
giudice penale, per il combinato disposto degli articoli 
628 e 624 secondo comma del c. p. p. 

Per quanti argomenti si possano addurre � certo 
che cc de jure condito �, il problema per la lamentata 
mancanza ili un coordinamento tra le due fonti normative 
della procedura penale e civile, nnn offre 
possibilit� di una soluzione. 

L'annotata sentenza della Suprema Corte ha rite


nuto di poter risolvere la questione, statuendo che, 

per quanto la regola sia quella degli incidenti di ese


cuzione, tuttavia non si incorre in una violazione 

sostanziale ove si sollevi opposizione ai sensi dello 

art. 615 c. p. c., direttamente dinanzi al giudice 

civile, anche perch�, in definitiva, tale giudice sarebbe 

chiamato in prosieguo e obbligatoriamente a cono


scere della controversia stessa per il secondo comma 

del citato art. 624 c. p. p. 

Tale .soluzione, ispirata ad evidente criterio di 

giusti.zia sostanziale non pu� lasciar soddisfatti. 

Innanzi tutto, non appare chiaro che cosa la Su


prema Corte abbia voluto intendere con il termine 

regola. Se con tale espressione ha voluto riferirsi alla 

prassi prevalentemente seguita, � chiaro che nessuna 

autorit� potrebbe essere riconosciuta alla detta prassi 

e che conseguentemente non potrebbe parlarsi cc che non 

si incorre in violazioni sostanziali � perch� detta 

espressione pu� adottarsi solo ove si presupponga 

una violazione cc formale >>. 

Se poi la Corte ha inteso riferirsi all'esistenza di 
una norma di diritto positivo per la quale sarebbe 
obbligatorio il promuovere incidente di esecuzione, 
allora non si comprende come possa consentirsi una 
violazione di diritto cc formale� (attinente alla competenza 
e massime alla interferenza tra giudice penale 
e civile), giustificata dal fatto che tale violazione non 
si risolve in un'altra violazione cc sostanziale�. Quanto 
a questa seconda ipotesi, poi, a noi sembra che un 
attento esame degli artt. 632, 628 e 624 c. p. p., 
non consente di riconoscere l'esistenza di una norma 
che imponga la cc regola� dell'incidente di esecuzione. 
Esprimiamo la convinzione che la chiave di tutto il 
sistema risiede nell'art. 632 c. p. p. la cui interpretazione 
ha dato luogo a difficolt� e a perplessit� sin 
dalla redazione del codice di procedura stesso. Si legge 
infatti al n. 198 della Relazione al Re: cc La Commissione 
Parlamentare invit� a precisare se con questa 
disposizione si accenna alle controversie inerenti alla 
esecuzione della condanna civile contenuta nella sentenza 
penale, ovvero soltanto ad altre controversie 
semplicemente incidentali. Ritengo che, data la riserva 
dell'art. 632: non � diversamente stabilito, 
non possa sorgere dubbio sul significato di questa 

disposizione. Essa fa salve le norme che dispongono 
diversamente, e perci� non pu� riferirsi agli atti 
esecutivi patrimoniali della condanna civile contenuta 
nella sentenza, per i quali devono osservarsi le 
if,isposizioni della tariffa penale (spese), ovvero, se 
si tratta di esecuzione promossa da privati, le regole 
del codice di procedura civile. Salva la riserva predetta 
l'art. 632 trover� applicazione, oltre che nei 
casi particolari preveduti dal codice, quando occorra 
interpretare la condanna civile contenuta nella sentenza 
penale �. 

La quasi totalit� dei commentatori, avvertendo la 
scabrosit� dell'argomento, si limitano a rifugiarsi nel 
riportato brano nella Relazione al Re, e, paghi di 
tale richiamo, omettono di approfondire il problema 
della interferenza tra le due giurisdiziQp,i in relazione 
all'opposizione a precetto promosse sulla base __ di_ 
un provvedimento del giudice penale diverso dall� 
sentenza di condanna. 

IlCASTELLANO (Cod. Proc. pen. nella sua attuazione 
pratica, Ediz. Piroca, Milano, anno 33, vol. III, 
pagg. 705-706) �, si pu� dire, l'Autore che ha dimo



-147 


strato la maggiore preoccupazione esegetica per lo 
art. 632 c. p. p., ma anche la sua fatica, come si 

�dir�, non ha affrontato la questione che c'interessa, 
e il suo lavoro offre implicitamente un argomento di 
pi� per negare l'esistenza di una regola che imponga 
il rito dell'incidente di esecuzione. Dice il Castellano 
che per quanto riguarda gli incidenti per l' esecuzione 
civile in materia penale si pu� ritenere che 
l'art. 632, per la riserva <<se non � diversamente 
stabilito � non pu� riferirsi agli atti esecutivi penali 
della condanna civile contenuti nella sentenza per 
i quali devono osservarsi le regole del c. di p. c., 
e che nel giudizio di espropriazione non sar� possibile 
non seguire il rito �civile. 

Esamina quindi i casi in cui si deve proporre 
incidente di esecuzione dinanzi al Magistrato penale 
e tra questi comprende le controversie relative alla 
restituzione delle cose sequestrate per il procedimento 
penale. Per il Castellano, dunque, la regola (norma 
positiva), per quanto attiene alle controversie relative 
alla restituzione delle cose sequestrate per il 
procedimento penale � che si esperimenti l'incidente 
di erncuzione. Ma l'Autore ha omesso di precisare, 
come .avanti accennavamo, se tale regola, pacifica 
per le fasi che precedono il precetto basato sull'ordinanza 
di rilascio, possa valere anche per opporsi 
al precetto dopo che questo venga notificato (l). 

(1) Di un caso analogo relativo a questo particolare 
aspetto delle relazioni tra il giudizio penale e il giudizio 
civile ebbe ad occuparsi il GABRIELE, annotando sul 
Foro Italiano, col. 1117 e segg., anno 1939, la sentenza 
emessa dalla Suprema Corte in causa Salvini c. Ferrante 
(Sez. I, Civ., ud. 5 maggio 1939, n. 1515) ed avente 
per oggetto: Sequestro penale -Opposizione -Procedimento 
-Competenza (c. p. p., art. 618). In quell'occasione 
con la sentenza annotata dal Gabriele cos� ebbe 
a sentenziare la Suprema Corte: �Nel caso di sequestro 
penale sebbene la via pi� lineare da seguire da chi voglia 
rivendicare la propriet� delle cose su sequestro, sia l'opposizione 
fatta con dichiarazione ricevuta nella Cancelleria 
del giudice penale il quale in sede di incidente di 
esecuzione, rimette gli atti al giudice civile per la dECisione, 
pure � ammissibile l'opposizione portata direttamente 
dinanzi al giudice civile, il quale, in definitiva, 
ai sensi dell'art. 618 ult. cpv. c. p. p. � il solo competente 
a giudicare sulla fondatezza della domanda 
proposta�. 
Con la sopra riportata massima la Corte non affront� 
il problema che il caso di specie si proponeva, e ci� con 
la duplice conseguenza di aver formulato una decisione 
non attinente al caso dedotto, e decisamente infondata 
se presa in s�. La Corte infatti decise come se si fosse 
trattato di stabilire sulla possibilit� di fare opposizione 
a sequestro di cui all'art. 618 c. p. p. (anzich� opp. a 
precetto come richiedeva la specie) direttamente dinanzi 
al Giudice civile, e dando risposta affermativa al 
quesito. L'osservazione da noi formulata non pu� essere 
forse chiara nella sua fondatezza se non si tiene conto 
nel caso di specie di cui allora ebbe ad occuparsi la 
Corte: e che qui di seguito riporto. B. con atto pubblico 
cede ad F. il credito derivatogli dal giudicato della ma-

Sembra pertanto che esista, privo di qualv.nque 
caordinamento, un parallelismo tra le due giurisdizion~ 
penale e civile. Infatti, non si pu� fondatamente 
dubitare che l'opposizione a precetto di 
cui agli articoli 615 e segg. c. p. e~., possa proporsi 
qualunque sia il titolo su cui il precetto stesso si 
fonda. D'altro cxnto, non si pu� disJonoscere che 
un provvedimento emesso dal giudice penile (nella 
specie ordinxnza di rilascio) nan pu� es'!ere assoggettato 
all'esame del magistrato civile se non dopo 
che il giudice che ha emesso l'ordinxnza stessa, 
riconoscendo ce8sata la propria limitata competenza 
straordiniria in materia civile, con una sorta di 
delibazione �in limite�, n; n ne faccia remissione 
al Magistrato penale. 

cc De jure condendo �, la soluzione migliore riteniamo 
che possa ritenersi la seguente: l'opposizione 
a precetto si propone ai sensi dell'a.rt. 615 c. p. c. 
ma il conseguente giudizio rimarne sospeso fino a 
che non interviene la remissione della controversia 
al giudice civile da pxrte del giudice penale, cui 
contemporaneamente de�vesi dare notizia della sollevata 
opposizione; l'esecuzione, per ottenere il rilascio 
delle cose, dovrebbe poi rimanere sospeso << ope legis � 
in virt� della sollevata opposizione senza bisogno 
di un provvedimento espresso. 

(E. A.) 
gistratura del lavoro nei confronti del proprio datore 
di lavoro F., al quale viene regolarmente notificato 
l'atto di cessione. Successivamente il debitore ceduto 
ottiene sequestro conservativo penale delle rnmme da 
lui dovute al creditore cEdEnte, gi� denunziato per 
appropriazione indebita aggravata e continuata e per 
furto aggravato in danno dello stesso sequestrante 
(debitore ceduto). In prosieguo il cessionario per il pagamento 
del credito cedutogli intima precetto mobiliare 
opposto dal debitore ceduto sequestrante davanti al 
Pretore che rigetta l'opposizione con sentenza confermata 
dal Tribunale civile di Massa. Un'altra sentrnza 
del Tribunale penale di Lucca conferma il sequestro 
conservativo penale condannando il creditore cedente 
per i reati attribuitigli. Si controverte sulla competenza 
del giudice civile a conoscere senza previa ordinanza 
di rinvio del giudice dell'esecuzione sulla opposizione a 
precetto mobiliare intimato per il pagamento di soIL.me 
che al momento della notifica del precetto, erano state 
gi� colpite dal precetto penale a garanzia dell'azione 
riparatoria conseguente al fatto reato, di cui il crEditore 
cedente era chiamato a rispondere e fu chiamato responsabile. 
La opposizione riguardava la propriet� delle 
somme cedute e sequestrate. 

Il Gabriele censurando la massima riportata e sostenendo 
l'obbligatoriet� del rito di cui all'art. 628 c. p. p. 
espresse concetti esattissimi ma validi solo ove si fosse 
trattato di stabilire se fosse possibile proporre opposizione 
a sequestro conservativo penale (art. 118 c. p. p.) 
direttamente dinanzi al Giudice civile anzich� seguire 
il rito dell'incidente, ma non affront� il problema del 
rito da seguire per opporsi al precetto di rilascio delle 
cose sequestrate (nella specie il precetto per� infondato 
nell'atto di cessione). 


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ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


CONTABILITA GENERALE DELLO STATO -Con� 
tratti dello Stato -Cessioni di credito prima del 
collaudo -Inefficacia. (Tribunale di Roma, Sez. I 
7 gennaio-29 aprile 1952 -Pres.: Boccia, Est.: D~ 
Andreis -Ing. Fiaccavento -Difesa Esercito -Cooperativa:
�_L'Ardita �). 

IJa cessione di crediti relativi a lavori in corso 
e, cio�, prima del collaudo non � efficiente nei confronti 
della pubblica amministrazione, se n.on sia 
da. questa espressamente accettata (art. 9 L. 20 mftrzo 
1865, n. 2248, all'E e 70 della legge sulla cont.
rtbilit� generale dello Stato). 

La sentenza presenta notevole interesse perch~, n�lla 
sua chiara motivazione, precisa che i lavori debbono 
ritenersi cc in corso n finch� non sia stato effettuato il 
collaudo e che l'adesione dell'amministrazione costituisce 
elemento essenziale per la efficacia del negozio 
di cessione nei suoi confronti. 

Essendo la necessit� di tale adesione disposta 
nell'interesse, che ha la pubblica amministrazione, alla 
conservazione del credito nel patrimonio del cedente, 
la notifica della cessione, ai sensi dell'art. 1264 cod. 
civ., � del tutto priva di effetto. 

In definitiva mentre la cessione tra privati, regolata 
dagli artt. 1260 e segg. cod. cfo., ha effetto anche 
senza9il consenso del debitore ceduto, la cessione di 
crediti relativi a lavori appaltati dalla pubblica 
amministrazione non ha effetto senza il consenso 
della stessa, che ha la facolt�, discrezionale, di accettare 
o:meno la cessione. 

IMPOSTE E TASSE -Ente Metano -Contributi per 
l'uso delle bombole -Natura -Ingiunzione di pagamento 
-Sospensione. (Trib. di Roma, Sez. feriale, 
Pres.: De Santis, io settembre 1952 -Soc. Metano 
Roma -Intendenza di Finanza). 

Il corrispettivo giornaliero per l'uso delle boro 
hole per metano dovute all'Ente Nazionale Metan'.) 
ai sensi della legge 8 luglio 1950, n. 649 ba natura 
di tassa. 

La domanda di sospensione della esecutorit� 
dell'ingiunzione di pagamento � improponibile. 

La questione, di cui non costano precedenti, � stata 
decisa con la menzionata ordinanza in modo conforme 
ai_ principi ed � augurabile che la soluzione 
adottata sia confermata dalle magistrature superiori. 

Il Contributo, di cui alla legge 8 luglio 1950, 

n. 649 rappresenta, infatti, il corrispettivo del servizio, 
che nell'interezse pubblico lo Stato ha affidato 
all'ente Metano, e che consiste in un complesso si8tema 
di vigilanza, controllo e sostituzione delle bombole, 
al fine di evitare che la loro circolazione possa rappresentare 
un pericolo per la salute pubblica. 
MONOPOLI -Vendita di sigarette adulterate -Azione 
contrattuale per risarcimento danni proposta dallo 
acquirente contro l'amministrazione. (Sentenza 1� lnglio 
1952. Pretura di Firenze, Est.: Tonni -TeRi.a 
contro Azienda Autonoma dei Monopoli di St,ato). 

� improponibile l'azione contrattuale per risarcimento 
di danni promossa dall'acquirente di m~ 
pacchetto di sigarette contro l'Amministrazione 
dei Monopoli di Stato. 

Tale Amministrazione difetta di legittimazione 
passiva in quanto che non essa ma il rivenditore 
autorizzato � il soggetto che ha concluso con l'acquirente 
delle sigarette il contratto di comparvendita. 

Alcuni chiarimenti in punto di fatto sono opportuni 
per intendere il significato e la portata di questa, 
sentenza che ha deciso un caso veramente singolare. 

Certo rag. Gastone Testa conveniva in giudizio 
l'Amministrazione dei Monopoli per sentirla condannare 
al risarcimento dei danni subiti in conseguenza 
del malore da cui sarebbe stato colto per aver 
fumato una sigaretta Macedonia Oro nella quale si 
trovava cc una parte rilevante di una grossa penna di 
volatile�. 

Il pacchetto relativo era stato acquistato -secondo 
il Testa -in una rivendita di sale e tabacchi del 
Centro di Firenze. 

Il Testa precisava che l'azione da lui proposta 
era di natura contrattuale e che quindi l'Amministrazione 
dei Monopoli, per il solo fatto che il danno 
era stato causato dalla presenza nella sigaretta di un 
corpo estraneo, era tenuta al risarcimento del danno 
stesso, a meno che non avesse provato che l'�inadem� 
pimento n era dipeso da causa aiJ; essa non imputabile. 


L'Avvocatura obbiettava che l'azione contrattuale � 
improponibile contro l'Amministrazione dei Monopoli 
per difetto di legittimazione passiva di quest'ultima 
nel giudizio. Infatti l'acquirente non aveva contrattato 
con l'Amministrazione dei Monopoli. Non era 



-149 


questa che gli aveva venduto cose di sua propriet�.� 

� Il contratto di compravendita delle sigarette' era statolf;j 
concluso, invece, con il rivenditore autorizzato. ~ 
Gli art. 35 e 78 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577 
riguardante� l'Ordinamento dei servizi di distribuzione 
e vendita dei generi di monopolio mostrano, 
con evidenza, che il rivenditore autorizzato compera 
i generi di monopolio e ne diviene proprietario. 
Il passaggio di propriet� dagli Uffici di vendita (per 
conto dell'Amministrazione dei N onopoli) ai singoli 
rivenditori ha luogo attraverso un documento che si 
noma cc bolletta di vendita>> (art. 104 cit. R. D.) 
e che �, per il rivenditore, l'unico titolo di legittimazione 
della propriet� dei generi di monopolio. 
Questi principi sono stati pienamente accolti dal 
Pretore di Firenze il quale ha pure respinto, per le 
ragioni addotte dalla Avvocatura, le obbiezioni mosse 
a tale tesi da parte avversa. 

Queste erano di un duplice ordine: 

1� relative al fatto che i generi di monopolio, 
anche dopo la vendita ai rivenditori sono sempre 
assoggettati a sorveglianza e controllo da parte della 
Amministrazione; 

20 relative alla circostanza che l'art. 1 della legge 
14 giugno 1951, n. 577 definisce il rivenditore~autorizzato 
come organo periferico dell'Amministrazione. 

In ordine alla prima obbiezione, la difesa dello 
Stato osservava quanto segue: 

Ohe i prodotti del monopolio siano oggetto~di sorveglianza 
e controllo da parte dell'Amministrazione 
anche dopo la vendita ai rivenditori, e nei:magazzini 
dei medesimi e che a tal fine, i detti generi debbano 
essere venduti solo nei locali all'uopo autorizzati, a 
prezzi stabiliti dall'Amministrazione; che i rivenditori 
siano obbligati a vendere i prodotti al pubblico 
senza preferenze o precedenze; che d'altra parte, 
infine, le rivendite stesse debbano essere istituite e 
conferite in conformit� dell'ordinamento approvato 
con R. D. 14 giugno 1941 (art. 66, comma 3�) non 
infiuisce per nitlla sull'innegabile circostanza che i 

generi di monopolio sono trasferiti in propriet�, a 
titolo oneroso, dall'Amministrazione ai rivenditori. 

Si tratta di provvidenze di carattere am1ninistrativo 
. che <J,ccompagnano un'operazione . di. vendita 
senza per questo mutarne la natura. 

Tali provvidenze sono stabilite per un duplice 
ordine di motivi: 

10 perch� l'oggetto della vendita consiste in 
generi di monopolio che debbono assicurare allo Stato 
una delle sue pi� rilevanti entrate e l' A.mministrazione 
non si pu� disinteressare della sorte di tali generi 
ma deve fissare le condizioni di qualit� e quantit� 
delle merci, ai fini del pi� ampio gettito dell'entrata. 

20 perch� il rivenditore che ha acquistato dalla 
Amministrazione i generi di monopolio, non solo 
esplica un'attivit� com1nerciale di compravendita di 
merci, ma edempie ad un pubblico servizio diretto 
alla realizzazione ed allo sviluppo di un'entrata del 
monopolio. 

In ordine alla seconda obbiezione, l'Avvocatura 
faceva osservare che i rivenditori sono organi periferici 
dell'Amministrazione nel senso che adempiono 
un pubblico servizio, ma tale servizio � espletato 
mediante una vera e propria concessione amministrativa 
ed attra'Verso un'operazione commerciale 
di compravendita di generi di privativa dall' A mministrazione 
dei Monopoli ai rivenditori. 

I rivenditori autorizzati sono veri e propri concessionari 
di un pubblico servizio (perch� essi realizzano 
e sviluppano l'imposta sul consumo dei tabacchi 
e dei sali) e sono, al tempo stesso, acquirenti de�i tabacchi 
da parte del monopolio. 

Principi questi, del resto, affermati pi� volte dal 
Consiglio di Stato (ved. in partic. decis. 4 giugno 
1949 in Foro Amministrativo 1949, I, 1, 357 e 
20 dicembre 1946, n. 342 in Racc. delle decisioni 
del Consiglio di Stato nel sessennio 1941-1946, 
vol. II, pag. 146, n. 10). f':i. 

� appena opportuno segnalare l'importanza teorica 
e la portata pratica della sentenza del Pretore di 
Firenze. 

C. A. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA'l'I SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLICAZIONE SULLA � GAZZE'l'TA UFFICIALE, � 


I. 
1. Legge 11 luglio 1952, n. 765 (G. U. n. 160): Proroga delle 
vigenti disposizioni di legge in materia di contratti agrari. 
-Questa proroga non concerne quei rapporti costituiti 
per lo sfruttamento ed il godimento di terreni 
appartenenti al patrimonio indisponibile (generalmente 
campi di aviazione ed altri terreni destinati 
ad uso militare) o al demanio dello Stato, sia perch� 
in tal caso i rapporti sono costituiti nella forma della 
concessione e non del contratto agrario, sia perch� 
in genere si tratta di godimento limitato dei fondi (in 
genere sfalcio di erba o pascolo). 
2. Legge 25 luglio 1952, 
n. 991 (G. U. n. 176): Provvedimenti 
in favore dei territori montani. -Si segnalano: 
l'art. 1 relativo ai poteri della Commissione censuaria 
centrale nella compilazione dell'elenco dei Comuni da 
considerare territori montani (sorge questione della 
impugnabilit� dei provvedimenti della Commissione): 
l'art. 7 che contempla la possibilit� di espropriazione 
per pubblica utilit� su parere di un organo non statale 
(Camere di commercio): sorge questione sul momento 
in cui il parere deve essere richiesto; sull'art. 24 che 
contempla la possibilit� di espropriazione per pubblica 
utilit� in casi di inadempienza del proprietario di terreni 
mont'1ni agli obblighi della trasformazione stabiliti nella 
legge (sorge questione sull'organo competente a giudicare 
se inadempienza vi sia); l'art. 38 che stabilisce 
un termine per la emanazione di un regolamento di 
e<:1ecuzione (� evidente che se si tratta di un vero e 
proprio regolamento il termine � semplicemente ordinatorio; 
se si trattasse, invece, di una legge delegata 
il termine sarebbe perentorio ai sensi dell'art. 76 della 
Costituzione). 
3. Legge 20 luglio 1952, 
n. 1126 (G. U. n. 206): Disposizioni 
integrative in materia valutaria e di commercio 
con l'estero. -Questa legge � stata emanata per evitare 
il ripetersi di casi di frodi valutarie perpetrate mediante 
pagamenti anticipati di merci da importare. 
Si ritiene che l'art. 3 che prevede la restituzione 
parziale della cauzione o la liberazione parziale della 
fideiussione bancaria in caso di importazione parziale 
della merce dall'estero vada applicato in combinazione 
con l'art. 5 successivo nel senso che non sia possibile 
procedere alle suddette restituzione o liberazione 
parziali senza una disposizione del Ministero 
per il commercio con l'estero. 

II. 
CAMERA DEI DEPUTA TI 
1. Disegno 
di legge n. 2640/A (iniziativa governativa): 
Sui passaporti. -Questa legge dovrebbe venire 
emanata in applicazione degli articoli 16 e 35 della 
Costituzione che rioonoscono la libert� di espatrio. 
Tuttavia, il passaporto non diventa in base a queste 
disposizioni soltanto un certificato di identit�, ma resta 
sempre una autorizzazione di polizia che, secondo 
l'art. 8 del disegno di legge pu� essere negato discrezionalmente 
ad un determinato cittadino, �quando 
risulti pregiudizievole ai fini della sicurezza interna 

o internazionale dello Stato � e pu� essere negato altres� 
per determinati Paesi ai sensi dell'art. 10. 
Nell'art. U del disegno di legge \introdotto dal 
Parlamento) si prevede l'attribuzione al Consiglio di 
Stato della giurisdizione esclusiva in materia di passaporti, 
stabilendosi, altres�, che tale organo giurisdizionale 
possa giudicare anche sul merito dei provvedi 
menti di diniego di passaporto previsti dagli articoli 
8 e 10 suddetti. 

Sono da esprimere i pi� fondati dubbi sulla costituzionalit� 
di questa disposizione. Non sembra, invero, 
che la ripartizione di giurisdizione effettuata 
dagli artt. 102 e 103 della Costituzione consenta ulteriormente 
al legislatore ordinario di attribuire al Consiglio 
di Stato una competenza a giudicare in materia 
di diritti subiettivi (nel che si sostanzia la giurisdizione 
esclusiva) mentre non sembra che l'essenza 
stessa della funzione giurisdizionale sia compatibile 
con la c.d. giurisdizione di merito che implica l'esercizio 
di funzioni devolute esclusivamente all'Amministrazione 
attiva. 

In base al combinato disposto degli articoli 27 e 30 
del disegno di legge in esame il reato di espatrio senza 
passaporto riassume la natura contravvenzionale che 
gli � propria. 

2. Disegno 
di legge n. 1596/A (iniziativa parlamentare): 
Impugnabilit� per cassazione delle sentenze dei 
conciliatori. -Si stabilisce che le sentenze dei conciliatori 
dichiarate per legge inappellabili possano essere 
impugnate per cassazione. Sembra che si tratti 
in sostanza di una applicazione dell'art. 111 della 
Costituzione, al quale, peraltro, non si fa alcun richiamo 
nella relazione della Commissione parlamentare 
competente. 
SENATO DELLA REPUBBLICA 

I. 
Disegno di legge n. 2489 (iniziativa governativa): 
Istituzione dell'Ente Nazionale Idrocarburi. -Si segnala 
l'art. 25 nel quale si dispone che l'Ente pu� 
affidare all'Avvocatura dello Stato la propria rappresentanza 
e difesa dinanzi a qualsiasi giurisdizione, 
L'Ente ha capitale inte:ralilente statale, 

INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZ�IO�NI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESI'l'O NON RIFLETTE IN ALCUN. MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DA'1'4 

AElWNAUTWA E AEROMOBILI. -I) Sotto qual 
titolo possa inquadrarsi la responsabilit� di chi esercita 
l'attivit� di volo. per i danni causati da aerei (privati) 
sulla superficie dal momento dell'involo a quello dell'approdo 
(n. 1). -Il) Sotto qual titolo possa inquadrarsi 
la responsabilit� dell'Amministrazione per danni 
prodotti da aerei militari (n. 1). -III) Se ai terzi danneggiati 
dall'incidente aereo incomba l'onere della prova 

(n. 1). 
ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se possano applicarsi 
le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 17 
della legge io giugno 1939, n. 1089, a carico dei proprietari 
di immobili di importante interesse artistico e storico, 
i quali non abbiano ottemperato all'invito loro rivolto 
dall'Autorit� tutoria di riparare gli immobili medesimi, 
ove non sia stata previamente notificata ai proprietari 
stessi la dichiarazione di interesse artistico o 
storico del bene (n. 22). 

APPALTO. -Se la norma dell'art. 9 del C.G.A. 
delle opere dipendenti dal Ministero dei LL.PP. sia applicabile, 
ove l'appaltatore, comunque impedito alla 
continuazione dei lavori, si sia gi� spogliato, mediante 
cessione, della titolarit� dei crediti che avrebbe potuto 
riscuotere (n. 156). 

AUTOVEICOLI. -I) Se l'Amministrazione abbia 
facolt� di procedere, a favore di coloro che siano stati 
spossessati dei loro automezzi in seguito agli eventi 
bellici, ad assegnazione di autoveicoli gi� ceduti in 
uso ai detentori, i quali li abbiano denunciati o richiesti 
in assegnazione (n. 37). -II) In quale momento l'automezzo 
assegnato in uso divenga di propriet� dell'assegnatario, 
a norma del D.L. n. 118 del 22 gennaio 1948 

(n. 37). 
BANCHE. -I) Se possa disconoscersi la firma apposta 
ad un atto di fideiussione bancaria da un funzionario 
dell'Istituto di credito garante, all'uopo autorizzato, 
alla presenza del ricevitore, ove non sia intervenuta 
l'autenticazione notarile della firma medesima 

(n. 5). -II) Se per la fideiussione banncaria per operazioni 
di temporanea importazione sia tassativamente 
prescritta la forma dell'atto pubblico (n. 5). 
CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Se i rapporti 
di locazione relativi alle case ec�nomiche per ferrovieri 
possano ritenersi compresi nella dizione dell'articolo 
47 della legge sulle locazioni del 23 maggio 1950, 

n. 253, e, perci�, assimilabili ai rapporti tra l'INCIS e 
altri Enti similari ed i loro inquHini (n. 35). -II) Se 
l'ordinanza di rilascio d� un alloggio economico per ferrovieri 
sia soggetto a graduazione da parte del Pretore, 
ai sensi dell'art. 33 della legge 23 maggio 1950, n. 253 
(n. 35). -III) Se l'aver consentito l'Amministrazione 
la concessione dell'alloggio in favore degli eredi 
del funzionario defunto, per il periodo:della guerra, 
abbia concretata una situazione pari a quella verificatasi 
negli immobili occupati per titolo non locativo, di 
natura temporanea, dipendente dalle contingenze della 
guerra (n. 35). -IV) Se l'art. 4 della legge 2 luglio 1949 
n. 408, ove dispone l'esclusione dell'assegnazione in 
propriet� delle case economiche e popolari per coloro 
che abbiano gi� ottenuto l'assegnazione in propriet� di 
altri alloggi costruiti con concorsi o contributi dello 
Stato, debba intendersi nel senso che l'esclusione valga 
anche per i soci ai quali sia stato conferito il godimento 
di un alloggio che passer� poi in propriet� in seguito alla 
stipulazione del mutuo edilizio individuale o solo per 
quei soci che detto mutuo abbiano gi� stipulato (numero 
36). 
CITTADINANZA. -I) Se un cittadino italiano, 
anagraficamente domiciliato in un comune sito nel territorio 
ceduto alla Jugoslavia per effetto del Trattato 
di Pace, ma che, recatosi da tempo in detto paese, ne 
abbia pure acquistato la cittadinanza, abbia pure perduto 
la cittadinanza di origine, per non aver tempestivamente 
esercitato il diritto di opzione, di cui all'art. 19 

(n. 2) del Trattato medesimo (n. 8). -II) Da quando 
decorra la facolt� di inibizione del riacquisto della 
cittadinanza italiana, prevista dall'art. 9 della legge 13 
giugno 1912, n. 555 (n. 8). 
COMUNI E PROVINCIE. -Se il rinvio che l'art. 54 
del D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, fa, per il ricorso alla 
Corte di Appello in materia di eleggibilit�, agli articoli 
32, 33 e 34 del T.U. della legge elettorale politica 2 settembre 
1919, n. 1945, debba ora intendersi fatto con 


-152 


riferimento agli articoli 33 e seguenti della legge elettorale 
7 ottobre 1947, n. 1058, oggi in vigore (n. 37). Il) 
Se sia rituale l'impugnativa alla Corte di Appello avverso 
la decisione della Giunta Provinciale Ammini8trativa, 
in materia di eleggibilit�, ove proposta mediante 
citazione (n. 37). 

CONCESSIONI. -I) Se l'Amministrazione abbia 
facolt� di procedere, a favore di coloro che siano stati 
spossessati dei loro automezzi in seguito agli eventi 
bellici, ad assegnazione di autoveicoli gi� ceduti in uso 
ai detentori, i quali li abbiano denunciati o richiesti in 
assegnazione (n. 32). 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. Se 
l'Amministrazione debba sospendere il pagamento 
delle somme dovute ad un proprio creditore in conseguenza 
dell'opposizione notificatale da uri terzo e fondata, 
nei confronti del creditore medesimo, sulla pre


tesa di risarcimento danni per abusiva occupazione di 
immobili, tuttora sub iudice (n. 92). 

CONTRATTI DI GUERRA. -I) Se i contratti di 
noleggio di navi preordinati alla preparazione ed alla 
condotta della guerra, rientrino nella precisa disposizione 
dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674, e, conseguentemente, 
la liquidazione dei crediti derivanti dai 
contratti medesimi sia di competenza del Commissariato 
istituito col provvedimento suddetto (n. 16). II) 
Se i contratti di noleggio e di gestione di navi, stipulati 
per conto degli alleati, siano compresi tra i contratti 
di guerra, ai sensi e per gli eff tti dell'art. 4 del D.L. 25 
marzo 1948, n. 674 (n. 16). 

CONTRIBUTI. -I) Se i contributi obbligatori per la 
solidariet� nazionale di cui al D.L; 8 marzo 1945, n. 72, 
abbiano carattere di tributi veri e propri (n. 2). -Il) 
Se le pene pecuniarie relative ai contributi obbligatori 
di cui al D.L. 8 maggio 1945, n. 72, debbano considerarsi 
comprese n~l decreto di condono finanziario 31 
maggio 1948, n. 108 (n. 2). -III) Se la Croce Rossa 
Italiana sia una istituzione pubblica di assistenza e beneficenza 
(n. 3). -IV) Se la Croce Rossa Italiana sia 
tenuta al versamento dei contributi INA-Casa (n. 3). 

DEMANIO. -Se sia legittimo modificare sostanzialmente 
la dotazione del Presidente della Repubblica 
per mezzo di atti amministrativi (n. 83). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -I) Se l'istituito 
"nel residuo dei beni� del defunto, risultante dal prelevamento 
di alcuni di essi dal patrimonio del medesimo, 
debba considerarsi chiamato in una quota del patrimonio 
del de cuius, e pertanto, erede (n. 19). -II) Se 
il rateo di supplemento di congrua, non riscosso dal 
de cuius, debba essere pagato agli eredi senza divisione 
di parti, non risultando la quota di eredit� spettante a 
ciascuno di detti eredi (n. 19). 

.B~SECUZIONE FISCALE. -I) Se, nel caso in cui 
non si proceda ad alcun atto di esecuzione entro il terrnine 
di 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione, emessa 
a norma del R. D. 14 aprile 1910, n. 639, si debba iniziare 
nuovamente la procedura oppure si possa notificare 
un procetto sulla base del titolo gi� emesso e non 
opposto (n. 24). -Il) Quale valore abbia l'ingiunzione, 

debitamente vidimata dal Pretore e poi notificata ai 
debitore (n. 24). -III) Se la detta ingiunzione, venuta 
meno la sua efficacia per il decorso del termine di 90 
giorni dalla notifica, senza che si sia iniziata l'esecuzione, 
possa considerarsi quale attoamministrativo, capace, non 
solo di interrompere la prescrizione, ma anche divenuto 
definitivo per mancata tempestiva impugnata (n. 24). 

ESECUZIONE FORZATA. -I) Se la mancanza 
delle ricevute di ritorno renda inesistente la notificazione 
di atti giudiziari, effettuata a mezzo posta (n. 10). 
-Il) Se possa procedersi ad iscrizione nei registri immobiliari 
di un atto di pignoramento immobiliare, notificato 
per mezzo del servizio postale, ove non sia prodotta 
al conservatore anche la ricevuta di ritorno attestante 
l'avvenuta notifica (n. 10). 

FALLIMENTO. -Se la massa fallimentare sia tenuta 
al pagamento dell'imposta di successione dovuta 
per la morte del de cuius, dichiarato fallito post mortem 

(n. 6). 
FERROVIE. -I) Se il pagamento di una parte di 
una somma, effettuato dal debitore quando si era gi� 
compiuto il periodo di prescrizione del debito, possa 
considerarsi come riconoscimento dell'obbligazione e, di� 
conseguenza, bench� accompagnato dalla dichiarzione 
verbale che con essa il debitore medesimo intendeva de finita 
la vertenza, come fatto incompatibile, per gli 
effetti di cui all'art. 2937 e.e., con la volont� di valersi 
della prescrizione (n. 150). -Il) Se il titolare della concessione 
ferroviaria (cio�, il dipendente statale) sia tenuto 
il solido con il famigliare, che abbia effettuato il 
viaggio usufruendo in modo irregolare della concessione 
stessa, a pagare la differenza di prezzo del biglietto con 
gli accessori di tariffa (n. 151). 

GUERRA. -Se l'Amministrazione possa agire con 
il procedimento ingiuntivo di cui al T.U. 14 aprile 1910, 

n. 639, per il recupero dei crediti lasciati insoluti da militari 
di truppa e da sottufficiali, oggi in congedo (numero 
117). 
IMPIEGO PRIVATO. -Se possano essere riconosciuti 
i benefici di carriera, previsti nel contratto collettivo 
per la partecipazione alla campagna di Spagna, 
al personale dipendente da Societ� privata, il cui pacchetto 
azionario sia posseduto dallo Stato (n. 26). 

IMPIEGO PUBBLICO. -I) Quale sia l'organizzazione. 
del servizio di assistenza zooiatrica del Comune 
di Roma (n. 302). -Il) Se sia valido il concorso bandito 
per posti di veterinario condotto in Roma, in considerazione 
della particolare organizzazione del servizio 
di assistenza zooiatrica nella suddetta citt�, ove non 
esistono condotte veterinarie (n. 302). -III) Se l'indennit� 
di licenziamento da corrispondersi al personale 
di un Ente pubblico, il cui rapporto di impiego non 
sia disciplinato da regolamento organico, debba includere 
anche l'indennit� di carovita e tutt� le altre spettanti 
al personale medesimo ai sensi delle vigent� noiine 

(n. 303). -IV) Se sia obbligatoria o soltanto facoltativa 
l'attuazione del procedimento disciplinare nei confronti 
del maestro elementare, il quale sia stato dichiarato 
non punibile ai sensi dell'art. 7 del D.L.L. 27 luglio 1944, 
n. 159, per essersi distinto particolanr:w:.te �o:. atti di 

-153


valore nella lotta contro i tedeschi (n. 304). -V) Se, 
ai sensi del R. D. L. 20 maggio 1946, n. 395, i pensionati 
dello Stato, riassunti in servizio presso le Amministrazioni 
civili e militari, abbiano diritto alla riliquidazione 
del trattamento di quiescenza sulla base dell'ultimo 
stipendio annuo e della maggior percentuale derivante 
dal pi� lungo periodo di servizio (n. 305). -VI) Se la 
norma dell'art. 8 del T.U. 28 febbraio 1946, n. 609, 
debba interpretarsi nel senso che, ai fini del raggiungimento 
del periodo minimo di iscrizione all'Opera di Previdenza 
necessario per maturare il diritto alla buonuscita, 
non si richiede un periodo continuativo di iscrizione, 
ma possono comularsi due o pi� periodi inferiori 
a quello minimo (n. 305). -VII) Se, ai sensi dell'articolo 
8 del R.D.L. n. 609 del 1946, possano cumularsi 
due periodi di servizio, di cui il primo sia stato concluso 
con versamento di buonuscita, al fine di ottenere un supplemento 
della medesima (n. 305). -VIII) Se l'articolo 
2129 O.e., per il quale si applicano le norme dei 
Codice civile al rapporto di lavoro dei dipendenti di Enti 
pubblici, salvo che il rapporto sia diversamente regolato 
dalla legge debba interpretarsi nel senso che, ove il rapporto 
medesimo sia disciplinato da un regolamento, si 
sia fuori dell'eccezione ivi prevista (n. 306). -IX) Se 
un dipendente, che svolge mansioni di guardiano notturno, 
possa rettamente considerarsi come operaio (numero 
306). -X) Se gli operai temporanei, gi� licenziati 
d'autorit� dal servizio per prolungata assenza (90 giorni), 
possano ottenere, in seguito al riconoscimento della 

qualifica di ex combattenti, la rettifica della decorrenza 
del licenziamento, come se questo sia avvenuto dopo il 
decorso del maggior periodo di assenza ( 180) richiesto 
per l'adozione di siffatto provvedimento nei confronti 
degli ex combattenti (n. 307). 

IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se la trasformazione 
di una societ� per azioni in una societ� a r.l., ove si proceda 
ad aumento del capitale sociale ed ad ammissione 
di altro socio, costituisca creazi9ne di nuova societ� 

(n. 73). -II) Se all'atto della trasformazione della Societ� 
da societ� per azioni a s. a r.l., il patrimonio della 
prima diventi capit.ale sociale dell'altra (n. 73). -III) 
Se la decisione definitiva della Commissione provinciale 
sull'accertamento del valore costituisca preclusione anche 
per l'an debeatur (n. 73). 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE. -Se la massa fallimentare 
sia tenuta al pagamento dell'imposta di successione 
dovuta per la morte del de cuius dichiarato 
fallito post mortem (n. 12). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se il pagamento dell'imposta 
nel corso del procedimento contenzioso, ritualmente 
instaurato e perseguito, al fine di godere del condono 
tributario, possa considerarsi preclusivo dell'azione 
tendente all'accertamento che l'imposta non era dovuta 
ed al conseguente rimborso della stessa (n. 175). 
-II) Se i mandati relativi a indennizzi dovuti dall'Amministrazione 
a titolo di risarcimento danni siano soggetti 
alla ritenuta per diritti casuali spettanti agli Uffici 
del Tesoro (n. 176). -III) Se i suddetti mandati siano 
soggetti alla ritenuta per tassa di bollo e per imposta 
di R.M. (n. 176). -IV) Se la previa notifica del verbale 
di constatata morosit� nel pagamento delle imposte, 
prescritto dall'art. 36 della legge 17 settembre 
1931, n. 1608, sia richiesta al fine della procedura per 

l'emissione del decreto penale intendentizio contenente 
la sanzione dell'ammenda a carico del contribuente 

(n. 177). -V) Quale sia la natura del decreto penale 
dell'Intendente di Finanza recante la sanzione dell'ammenda 
a carico del contribi;iente (:r:t, 177). -VI) Se il 
decreto penale intendentizio possa essere revocato dopo 
che sia stata proposta opposizione contro di esso (numero 
177). -VII) Se la franchigia doganale applicabile, 
ai sensi dell'art. 9 del D.L. 4 gennaio 1946, n. 5, 
alle merci importate dall'Amministrazione italiana Aiuti 
Internazionali venga meno pel fatto che dette merci 
non siano state dall'A.A.I. utilizzate direttamente ma 
vendute perch� avariate o non idonee alle forme di assistenza 
cui siano state destinate (n. 178). -VIII) Se 
la cedola, che normalmente comprova il diritto al dividendo, 
possa essere considerata come un titolo a s� 
stante,, autonomo rispetto al complesso dei diritti azionari 
(n. 179). -IX) Se il diritto al dividendo sorga 
nel momento in cui esso diventa esigibile (n. 179). X) 
Se, al fine della riscossione dell'imposta straordinaria 
progressiva sul patrimonio dovuta da contribuenti stranieri 
residenti all'estero, possessori di titoli azionari, 
possano essere colpite le cedole separatamente dai titoli 
azionari medesimi (n. 179). -XI) Se sia previsto alcun 
mezzo per garentire l'obbligo del pagamento dell'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta 
da cittadini stranieri, residenti all'estero, possessori di 
titoli azionari (n. 179). 
LOCAZIONI. -I) Se i rapporti di locazione relativi 
alle case economiche per ferrovieri possano ritenersi 
compresi nella dizione dell'art. 47 della legge sulle locazioni 
del 23 maggio 1950, n. 253, e, perci�, assimilabili 
ai rapporti tra l'INCIS, gli I.C.P. e altri Enti similari 
ed i loro inquilini (n. 65). -II) Se l'ordinanza di 
rilascio di un alloggio economico per ferrovieri sia soggetta 
a graduazione da parte del Pretore, ai sensi dell'art. 
33 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (n. 65). III) 
Se l'aver consentito l'Amministrazione la concessione 
dell'alloggio in favore degli eredi del funzionario 
defunto, per il periodo della guerra, abbia concretato 
una situazione pari a quella verificatasi negli immobili 
occupati per titolo non locativo, di natura temporanea, 
dipendente dalle contingenze della guerra (n. 65). 

NAVI. -I) Se i contratti di noleggio di navi preordinati 
alla preparazione ed alla condotta della guerra 
rientrino nella precisa disposizione dell'art. 4 del D.L. 25 
marzo 1948, n. 674, e, conseguentemente, la liquidazione 
dei crediti derivanti dai contratti medesimi sia di competenza 
del Commissariato istituito col provvedimento 
suddetto (n. 52). -II) Se i contratti di noleggio e di 
gestione di navi, stipulati per conto degli alleati, siano 
compresi tra i contratti di guerra, ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674 (n. 52). 

OPERE PUBBLICHE. -Se l'indennizzo, dovuto 
dall'Amministrazione per i danni permanenti arrecati 
ad immobili da lavori di sistemazione !!lontana e gi� 
definitivamente concordato, costituisca un debito .di 
valuta o di valore (n. 30). 

PENSIONI. -Se possa farsi carico dell'indebito pagamento 
a favore di persona defunta all'Ufficiale dello 
stato civile del Comune di residenza del titolare alla 



-154 


pensione, il quale abbia omesso di informare l'Uffic�o 
del Tesoro competente della morte del titolare medesimo, 
ove risulti che l'Ufficio stesso abbia pagato alla 
persona delegata alla riscossione, senza accertarsi di 
volta in volta della permanenza in vita del pensionato 

(n. 51). 
PRESCRIZIONE. -Se il pagamento di parte di 
una somma, effettuato dal debitore quando si era gi� 
compiuto il periodo di prescrizione del debito, possa 
considerarsi come riconoscimento dell'obbligazione. e, di 
conseguenza, bench� accompagnato dalla dichiarazione 
verbale che con essa il debitore medesimo intendeva 
definita la vertenza, come fatto incompatibile, per gli 
effetti di cui all'art. 2937 O.e., con la volont� di valersi 
della prescrizi�ne (n. 11). 

REGIONI. -I) Se il disegno di legge regionale, 
avente per oggetto <<Istituzione presso la Facolt� di Economia 
e Commercio della Universit� di Catania di un 
corso per il conseguimento della laurea di lingue e letteratura 
straniera" possa dar adito ad impugnativa.per 
motivi di illegittimit� costituzionale (n. 32). -II) Se 
il disegno di legge regionale, avente per oggetto: �Contributi 
per l'incremento di studi e ricerche scientifiche 
e statistiche d'interesse regionale" possa dar adito ad 
impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale 

(n. 33). 
RESPONSABILITA' CIVILE. -I) Sotto quale titolo 
possa inquadrarsi la responsabilit� di chi esercita 
l'attivit� di volo per i danni causati da aerei (privati) 
Rulla superficie dal momento dell'involo .f1 quello dell'approdo 
(n. 128). -II) Sotto qual titolo possa inquadrarsi 
la responsabilit� dell'Amministrazione per danni 
prodotti da aerei militari (n. 128). -III) Se l'Amministrazione 
militare sia tenuta al risarcimento dei danni 
causati dallo scoppio di proiettili gi� rimasti inesplosi in 
seguito ad esercitazioni di reparti militari (n. 129). IV) 
Se l'accollo da parte del proprietario di ogni responsabilit� 
per i fntnri eventuali incidenti a terzi derivanti 

dallo scoppio del proiettile, attualmente interrato ed 
inesploso, esima l'Amministrazione da ogni responsabilit� 
nei confronti di successivi proprit>tari del fondo o 
dei terzi medesimi (n. 129). 

SOCIETA'. -I) Se la trasformazione di una societ� 
per azioni in societ� a r.1., ove si proceda ad aumento 
del capitale sociale o ad ammissione di altro socio, costituisca 
creazione di nuova societ� (n. 42). -II) Se 
all'atto della trasformazione della societ� da societ� 
per azioni a societ� a r.l., il patrimonio della prima diventi 
capitale sociale dell'altra (n. 42). 

SUCCESSIONI. -I) Se l'istituito �nel residuo dei 
beni" del defunto, risultante dal prelevamento cli alcuni 
di essi dal patrimonio del medesimo, debba considerarsi 
chiamato in una quota del patrimonio del de 
cuius e, pertanto, erede (n. 31). -II) Se il rateo di supplemento 
di congrua, non riscosso dal de cuius, debba 
essere pagato agli eredi senza divisione di parti, non risultando 
la quota di eredit� spettante a ciascuno di detti 
eredi (n. 31). 

TITOLI DI CREDITO. -I) Se la cedola, che normalmente 
comprova il diritto al dividendo, possa essere 
considerata come un titolo a s� stante, autonomo 
rispetto al complesso dei diritti azionari (n. 5). -II) 
Se il diritto al dividendo sorga nel momento in cui esso 
diventa esigibile (n. 5). -III) Se, al fine della riscossione 
dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio 
dovuta da contr;buenti stranieri residenti all'estero, 
possessori di titoli azionari, possano essere colpite 
le cedole separatamente dai titoli azionari medesimi 
(n. 5). -IV) Se i portatori delle obbligazioni delle 
Strade Ferrate Maremmane in circolazione in Gran Bretagna, 
non sorteggiate entro il 15 settembre 1947 e non 
presentate per la conversione entro il termine del 15 
settembre 1950, ai sensi dell'art. 2 della legge 25 marzo 

1950, n. 166, decadano da ogni!diritto relativo alle m�


desime o soltanto da quello della conversione (n. 6).