ANNO V -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO SOMMARIO I. ARTICOLI ORIGINALI La finanza straordinaria, dell'avv. G. BELLI, pag. 125-131. II. NOTE DI DOTTRINA I) R. O. KHALFINA: Atto amministrativo e contratto di diritto civile, traduzione e recensione critica di A. Salvatori, pag. 132-134. 2) MEUCCIO RUINI; La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello Stato, recensione critica di C. Carbone, pag. 134-135. III. RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA I) Cassazione -Difetto di giurisdizione-Irregolare composizione del Collegio giudicante -Consiglio di Stato -Adunanza plenaria -Numero dei componenti. (Corte di Cassazione), pag. 136-141 2) Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Impiegati del Poligrafico dello Stato -Controversie del .lavoro -Competenza del Magistrato ordinario (Corte di Cassazione), pag. 141-142. 3) Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Procedimento dinanzi a giudice speciale (Corte di Cassazione), pag. 142-143. 4) Contabilit� dello Stato -Deroga delle norme del Codice civile -Valore della norma -Pagamenti dello Stato -Decorrenza degli interessi (Corte � di Cassazione), pag. 143-144. 5) Demanio -Beni patrimonialiindisponibili-Macchinari officine militariPossei: jso di pezzi smontati -Acquisto della propriet� (Corte di Cassazione),, pag. 144. � 6) Ferrovie -Responsabilit� civile -Passaggio a livello -Custodia-D iscrezionalit� della Amministrazione ferroviaria (Corte di Cassazione), pag. 144-145. 7) Responsabilit� della Pubblica Amministrazione -Azione dolosa del funzionario -Irriferibilit� -Esclusione della responsabilit� indiretta (C�rte di Cassazione), pag. 145. 8) Sequestro penale -Art. 624 C. P. P. -Restituzione di cose sequestrate -Contestazione sulla propriet� -Corn,petenza del giudice civile (Corte di Cassazione), pag. 145-147. IV. ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 1) Contabilit� generale dello Stato -Contratti dello Stato -Cessione di credito prima del collaudo -Inefficacia (Tribunale di Roma), pag. 148. 2) Imposte e tasse -Ente Metano -Contributo per l'uso delle bombole (Tribunale di Roma), pag. 148. 3) Monopoli -Vendita di sigarette adulterate -Azione contrattuale per risarcimento danni proposta dall'acquirente contro l'Amministrazione (Pretura di Firenze, pag. 148-149. V. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE, pag. 150. VI. INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI, pag. 151-154. ANNO V -N. 8-9 AGOSTO�SETTEMBRE 1952 RASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO LA FINANZA STRAORDINARIA (RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA) SOMMARIO. -a) L'imposta sui maggiori ut1'.li di guerra: 1) Generalit�; 2) Reddito ordinario �d extra profitto; 3) La responsabilit� solidale degli amministratori e liquidatori. -b) L'imposta sugli utili di contingenza: 1) Generalit�; 2) L'avocazione dei profitti derivanti da improvvisato affarismo; 3) Gli illeciti costituenti reato; 4) La rivalutazione delle merci; 5) I poteri della CommisRione centrale delle imposte; 6) Il sequestro cautelare; 7) Effetti della mancata trascrizione dell'avviso di accertamento. a) L'imposta sui maggiori utili di guerra 1) Generalit�. -I/influenza della guerra, sui fenomeni economici � generalmente stata studiata dagli economisti e dai cultori di scienze delle Finanze. Se la guerra � distruttrice di ricchezze, causa di miserie e sofferenze per il maggior numero dei cittadini, provoca ugualmente un aumento considerevole di alcuni redditi in conseguenza non soltanto della rarefazione di alcuni prodotti, ma altres� del fatto che lo Stato, per le stesse esigenze belliche, diventa il maggior cliente: le commesse dello Stato per i bisogni dell'esercito e della popolazione civile turbano profondamente il mercato, determinando il verifi.carsi di sopraprofi. tti ed extraprofi,tti a favore di almeno una parte del ceto industriale e commerciale. L'imposta sui maggiori utili di guerra risponde non soltanto ad una necessit� tributaria, di assicurare allo Stato una maggiore entrata in relazione all'aumento delle spese pubbliche determinato dalla guerra, ma soprattutto ad una esigenza di giustizia sociale: cercare di limitare i guadagni, molte volte eccezionali, di coloro che proprio per effetto delle contingenze belliche hanno avuto notevolmente accresciuto il proprio reddito. Durante la prima guerra mondiale fra i tributi straordinari, introdotti per fronteggiare la imperiosa necessit� degli ingenti oneri fi,nanziari della guerra, fu l'imposta straordinaria sui profi,tti di guerra (disciplinata da ultimo dalle norme convenute nel T. U., all. A, approvato con R. D. 9 giugno 1948, n. 857), e nelle precedenti Relazioni per gli anni 1912-1925 (p. 188-192) e 1926-1929 (pagine 204-208) si ,~ riferito circa le pi� importanti controversie giudiziarie, cui aveva dato luogo tale imposta. In occasione della pi� recente guerra si provvide subito alla istituzione di una imposta sui maggiori utili di guerra: la legge istitutiva � del 10 luglio 1940, n. 813, alla quale fecero seguito vari provvedimenti legislativi, che hanno apportato notevoli modifi.cazioni alla legge fondamentale. Con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, fu approvato poi un testo unico, al quale successivamente vennero apportate modifi.cazioni, quali notevoli quelle convenute nel D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, nel R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436~ nei DD. LL. C. p. S. 23 agosto 1946, n. 145,~22 dicembre 1946, n. 626, 2 luglio 1917, n. 685 e nella legge 23 dicembre 1948, n. 1451. Oggetto dell'imposta sono gli utili prodotti da nazionali o stranieri dal 1� gennaio 1939"'a tutto il 1945 nell'esercizio di attivit� industriali o commerciaJi (cio� quelli classifi.ca,ti in categoria B ai fi.ni dell'imposta di ricchezza mobile, compresi, dal 10 gennaio 1941, quelli derivanti da affittanza agraria) o in affari derivanti dall'esercizio di attivit�, intermediarie, per la parte eccedente il reddito ordinario. Con l'art. 14 del R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436 � stata poi estesa l'applicazione della imposta ai redditi provenienti da intermediazione in affari civili, con disposizione di evidente carattere interpretativo, avente, quindi, efficacia retroattiva. Per vero si � cercato di contestare il carattere interpretativo di tale norma; ma alla contraria tesi del contribuente si � opposto che esso risultava: a) dalla Relazione ministeriale che esplicitamente chiariva che la norma era stata resa necessaria da talune interpretazioni restrittive date alla locuzione �attivit� intermediaria � contenuta nell'art. 1 del T. U., s� che era divenuta necessaria << una interpretazione autentica �; b) dalla logica delle cose, perch�, ove avesse disposto solo per l'avvenire, la disposizione sarebbe stata assolutamente inutile, posto che l'imposta de qua cessava di avere applicazione dal 1� gennaio 1946 (art. 17), cio� da data precedente alla emanazione del R. D. L. in esame. E il Tribunale di Firenze queste argomentazioni accolse e fece proprie con la sentenza 28 dicembrf' 1950 in causa Fremura c. Finanze (in Mon. Trib., 1951, 243, D. 448). L'imposta ha carattere territoriale, co.me si evince dalla espressione �nel regno ii i redditi dei -nazionali prodotti all'estero in tanto sono assoggettati al tributo straordinario in quanto gi� considerati ai fi.ni dell'imposta di R. M. come soggetti a tale tributo. L'imposta colpisce il maggior reddito che con presunzione assoluta si ritiene de g; g; -126 terminato dalla guerra; occorre quindi stabilire il reddito ordinario, dato che gli utili soggetti alla imposta straordinaria sono quelli prodotti per ciascun anno per la parte eccedente il reddito ordinario. La legge ha dettagliatamente stabiliti i criteri per la determinazione del reddito ordinario, f�.ssando criteri diversi -sui quali non � il caso di diffondersi -per le societ� ed altri contribuenti, e stabilendo norme particolari per i contratti di appalto, soggetti a tassazione una tantum. 2) Reddito ordinario ed extraprofitto. -La pi� notevole differenza fra l'imposta in esame e quella analoga istituita nel corso della guerra 1915-1918, sta in ci�: che mentre questa ultima considerava, con presunzione f�.no a prova contraria, extraprof�. tti di guerra quelli verificatisi per aumenti di produzione o di commercio o per aumenti di prezzo, la legge del 1940 ha stabilito un criterio automatico: accertato cio� un reddito maggiore di quello ordinario, stabilito per ciascuna categoria di contribuenti a termine dei criteri fissati dal legislatore, la differenza tra i due redditi, qualunque sia la causa dell'aumento del reddito, costituisce extraprofi, tto, assoggettabile all'imposta, salvo le detrazioni della legge stessa prevista. La relazione che ha accompagnato alla �Camera dei deputati il progetto di legge � assai esplicita: <<Sebbene la denominazione del tributo faccia pen sare ad una correlazione e dipendenza del maggior reddito rispetto allo stato di guerra, si prescinde nell'accertamento dal considerare se in concreto la contingenza bellica abbia influito per incremen tare l'utile. Pu� cos� avvenire che alla imposta straordinaria sia assoggettato anche chi da tale contingenza non � stato davvero avvantaggiato �. E le istruzioni ministeriali impartite con la cir colare n. 15 del 1� novembre 1940 erano assai chiare: << La norma, quindi, pi� importante della materia imponibile resta individuabile con estrema facilit�, essendo essa rappresentata da tutti quei redditi la cui tassazione, ai fi.ni dell'imposta di ric chezza mobile, � eseguita in categoria B, tale tas sazione rendendo senz'altro applicabile l'imposta straordinaria con esclusione di ogni possibilit� di discussione circa la natura specifi.ca delle singole attivit� per le quali l'imposta mobiliare � applicata in categoria B e con esclusione di ogni possibilit� d'indagine diretta a stabilire nei singoli casi se i maggiori utili trovino o meno la loro causa nello stato di guerra. Il contribuente non pu�, quindi, sfuggire all'imposta, se non a condizione che il suo reddito mobiliare sia tassato in una categoria di versa dalla categoria B �. L'applicazione di tale tributo non ha dato vita a liti particolari, dato il criterio della legge, che non poteva far sorgere dubbi per la sua applica zione. Merita, per�, di esser segnalata un'impor tante causa che si � svolta avanti al Tribunale di Bologna. L'Ente Economico Fibre Tessili, dopo aver ri corso alle Commissioni tributarie, che avevano confermato l'accertamento di extra-profi.tti tas sabili con l'imposta sui maggiori profi.tti di guerra per gli anni 1940, 1941 e 1942, adiva l'Autorit� giu rlizfa,ria., soRtenendo che, data la propria natura giuridica di Ente di diritto pubblico, non avente scopo di lucro, doveva ritenersi illegittimo l'accertamento tributario e, pertanto, dichiararsi non dovuta l'imposta. La difesa dell' .Amministrazion.~ l'ilev� che, avendo l'Ente concordato a suo tempo l'imposta di R. M., categoria B, per gli anni per i quali si disputava, la conseguenza di tale accertamento, in base ai principi stabiliti dalla legge istitutiva del tributo, per i quali i redditi accertati in categoria B dell'imposta di R. '.M. erano assoggettati all'imposta straordinaria quando vi fosse un sopraprofi.tto, rendeva improponibile la questione di assoggettabilit� al tributo, dato che il presupposto di diritto per l'applicazione dello stesso era soltanto l'accerta mento per l'imposta. Tale tesi fu accolta dal Tribunale di Bologna, I Sezione, con sentenza 11 luglio 1950. Rilev� il Tribunale che l'avvenuto accertamento definitivo del tributo di R. M. in categoria B o O, per questo ultimo nei casi previsti dalla legge, costituisce una preclusione all'esame, nel successivo giudizio che abbia ad oggetto, al tributo straordinario, se lo Ente sia o meno assoggettabile al tributo straordinario. J,a precisazione della legge, che gli utili relativi all'esercizio di attivit� commerciali o di affari derivanti dall'esercizio di attivit� inteimediarie, serve soltanto a stabilire da un Iato, quali redditi assoggettabili all'imposta di R. '.M. in categoria B e O, siano soggetti al tributo straordinario, e dall'altro a rendere soggetti allo stesso i redditi eventualmente sfuggiti all'accertamento, per i quali la Finanza ha diritto di procedere nei modi e termini di legge . .Accertato per� definitivamente un reddito ai fini dell'imposta di R. '.M. e stabilito con l'accertamento la natura di esso (categoria B), non potr� pi�, ai fi.ni dell'imposta straordinaria, discutersi della assoggettabilit� in astratto del sopraprofitto alla imposta sui maggiori utili di guerra. La sentenza venne accettata dalle� parti. 3) La responsabilit� solidale degli amministra tori e liquidatori. -L'art. 16 R. D. L. 27 mag gio 1946, n. 436, che sostitu� l'art. 22 del T. U. approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, san cisce: << Il presidente e gli amministratori delle so ciet� per azioni e delle societ� a responsabilit� li mitata, in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto, quelli che copriranno la carica fino a completa estinzione degli obblighi derivanti dall'applicazione dell'imposta straordinaria sui pro fi.tti di guerra, nonch� i liquidatori, sono in pro prio solidalmente responsabili del debito per la imposta suddetta, qualunque sia l'epoca dell'ac certamento e dell'iscrizione a ruolo �; disposizione che ha il suo antecedente, fuor della finanza straor dinaria, nel R. D. 17 settembre 1931, n. 1608, che sancisce le responsabilit� degli amministratori e dei liquidatori per le imposte dovute dalle societ�. Inoltre il capoverso dello stesso .articolo ha sta bilito i casi in cui sussiste la responsabilit� qegl� amministratori e liquidatori nel periodo anteriore all'entrata in vigore della legge del 1946 ed in carica a far tempo dal 16 luglio 1940. L'interpretazione della disposizione di legge ha, dato luogo ad una importante controversia, che ha -127 consentito alla difesa della Finanza di approfondire importanti problemi di diritto tributario, quali 'gli effetti dell'accertamento tributario non soltanto nei confronti del soggetto passivo di imposta, ma anche del responsabile d'imposta, cio� degli amministratori e liquidatori della societ�, obbligati solidalmente al pagamento del tributo per i profitti di guerra. La Societ� a responsabilit� limitata Uova e pollami di Morrovalle Stazione, venne accertata per imposta sui maggiori utili di guerra. Riuscita infruttuosa l'esecuzione della Societ�, l'Esattore di Morrovalle, autorizzato dall'Intendente di Finanza, a termine dell'art. 16 della citata legge, notific� il precetto di pagamento ad un amministratore, tal Manghini, ed ai due liquidatori, tali Costantini. Costoro produssero opposizione e chiamarono l'esattore avanti al Tribunale di .Ancona, soste nendo l'illegittimit� dell'esecuzione nei loro con fronti, in quanto non esisteva un titolo esecutivo che legittimasse l'esecuzione. Nel giudizio intervenne l'Amministrazione finan ziaria per sostenere la tesi giuridica dell'esattore, e dedusse in linea preliminare, il difetto di giuri sdizione del giudice ordinario -per mancata os servanza del precetto solve et repete -dato che gli opponenti, tenuti solidalmente al pagamento de] debito d'imposta, non potevano essere consi derati terzi; nel merito che l'accertamento tribu tario spiegava i suoi effetti non soltanto nei con fronti del soggetto passivo dell'imposta, che viene iscritta nel ruolo, ma anche nei confronti dei re sponsabili di imposta, ancorch� non iscritti a ruolo. L'esattore, che procede in base al ruolo nel quale � iscritta la Societ�, ottenuta dall'Intendenza di finanza l'autorizzazione ad agire in via eseeutiva contro gli amministratori ed i liquidatori, non deve procedere ad alcun accertamento in sede giudi ziaria, giacch� il ruolo � titolo esecutivo nei con fronti anche dei responsabili d'imposta. Tali ra gioni non vennero accolte dal Tribunale di .An cona, che con sentenza 26 ottobre 1948 (Foro It., 1949, I, 1120) ritenne che la responsabilit� personale degli amministratori e liquidatori di societ� per il pagamento fosse sussidiaria e non solidale rispetto alla Societ�. .Aggiungeva poi il Tribunale: cc Dovrebbe pur sempre affermarsi (e questa ragione ha carattere assorbente rispetto a tutte le altre ragioni fino a questo punto esaminate) la necessit� che il condebitore solidale nei cui con fronti si intende far valere l'accertamento tribu tario, definitivamente concluso nei confronti di altro condebitore solidale, venga iscritto nel ruolo reso esecutorio dall'Intendente di finanza e pub blicato o notificato nelle forme stabilite per la riscossione delle imposte dirette, e ci� allo scopo di costituire il condebitore legalmente obbligato al pagamento dell'imposta, e quindi di attribuirgli la concreta qualifica di contribuente e preparare, ad un tempo, il titolo in base al quale l'esattore possa spiegare la sua azione esecutiva �. La decisione, manifestamente erronea, e con traria ai principi generali del diritto tributario, venne impugnata; e la Corte di .Appello di .Ancona, con sentenza 7 luglio 1949, in riforma alla pronuncia dei primi giudici, ritenne che l'accertamento tributario per imposta profitti di guerra eseguito nei confronti della Societ� � operativo anche nei riguardi dei suoi rappresentanti, anche se non iscritti a ruolo, essendo gli stessi solidalmente responsabili in proprio del debito d'imposta. Tuttavia nella motivazione della sentenza si avverte qualche concetto poco preciso, quando si afferma che la Finanza possa agire contro gli amministratori e liquidatori, quando risulti provata per tabulas l'esistenza dei presupposti di cui allo art. 16 del citato decreto; ove ci� non sia gli opponenti sarebbero da considerare terzi e sottratti all'obbligo del solve et repete. Non sembra peraltro esatta tale affermazione: il provvedimento dell'Intendente di finanza che, autorizzando l'esecuzione, riconosce agli ex amministratori e liquidatori le qualit� di responsabili d'imposta, importa che la posizione giuridica, degli stessi � quella dei contribuenti, che per agire in giudizio debbono osservare il precetto del solve et repete; infine la presunzione di legittimit� dell'atto amministrativo porta alla inversione dell'onere della prova, dovendo gli ex amministratori fornire in giudizio la prova che non sussistono i presupposti di legge per la loro responsabilit�. La questione � stata ora portata all'esame della Corte Suprema con la causa .Amministrazione delle finanze contro Menghini. Con la sentenza n. 322 del 9 febbraio 1952 la stessa Corte, a Sezioni unite, ha deciso che �nei confronti degli amministratori e liquidatori di societ� responsabili a termini dell'art. 22 del T. U. 3 giugno 1943, n. 598 e 16 del D. L. 27 maggio 1946, n. 436, del pagamento dell'imposta straordinaria sui maggiori utili relativi allo stato di guerra -come per gli altri casi, preveduti dall'ordinamento tributario, in cui persone non iscritte a ruolo possono essere escusse con la procedura diretta -l'Amministrazione finanziaria pu� procedere coattivamente, indipendentemente da una dichiarazione giudiziale di responsabilit�, e l'intimato, che non ritenga di dover rispondere della imposta, non pu� produrre opposizione giudiziaria se non ha ottemperato al precetto del solve et repete, salvo che non ricorrano le normali eccezioni di esonero (difetto, prima facie, di titolo per l'esazione; o della qualit� diretta o indiretta di debitore)>>. Con la stessa sentenza la Corte ha anche deciso che l'art. 16 del D. L. 27 maggio 1946, n. 436, il quale commina per gli amministratori, liquidatori, ecc. una responsabilit� pi� grave di. quella stabilita nell'art. 22 del T. U. 3 giugno 1943, n. 598, ha carattere innovativo e non interpretativo. b) L'imposta sugli utili di contingenza 1) Generalit�. -La situazione della Nazione durante la guerra, ed in particolare le vicende successive all'armistizio con la crisi dei pubblici poteri, e l'occupazione alleata, determinarono un rapido processo di inflazione ed una rarefazione delle merci sui mercati; fu questo il terreno pi� adatto per il sorgere di attivit� speculative, pi� o meno illecite, cui seguirono dei rapidi ed ingiusti -128 ficati arricchimenti a favore di eoloro che approfittastraordinaria sui profitti di guerra, la cui applicarono della congiuntura economica: all'impoverimenzione � limitata dal reddito eccPdente quello ordito ed al disagio di gran parte della popolazione nario sottratto anche all'avocazione stabilita con faceva riscontro l'arricchimento degli speculatori. Mentre l'imposta sui maggiori utili di guerra colpiva gli extra profitti derivanti da attivit� normali (nell'esercizio di attivit� industriali e commerciali), l'attivit� speculativa presa in considerazione dal legislatore per l'imposta straordinaria, di cui in seguito si indicheranno le fonti legislative, mir� a colpire quanti, con la loro attivit� economica, avevano in modo particolare approfittato della situazione contingente, realizzando cospicui guadagni. Il D. L. L. 10 agosto 1944, n. 199, dichiar� soggetti alla imposta sui profitti di guerra �le attivit� di scambio e di intermediazione in deroga alle disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio o il blocco delle merci oppure la limitazione dei prezzi n (art. 8); ma la norma suddetta rivel� ben presto la sua insufficienza in relazione al macroscopico fenomeno della speculazione pi� o meno illecita: ragioni non soltanto di ordine fiscale, volte cio� a dare allo Stato i mezzi per risanare il bilancio sconvolto dalla guerra e per venire entro certi limiti incontro alle sofferenze di coloro che maggiormente avevano sofferto, ma soprattutto profonde esigenze sociali e morali imponevano che venissero avocate allo Stato le ricchezze accumulate da limitate categorie, approfittando <lelle miserie e sofferenze dei pi�. Il R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436, dispose perci� l'avocazione totale a favore dello Stato dei profitti di ic speculazione� (art. 18), e la materia venne poi rielaborata e disciplinata dall'art. 1 del D. L. C. p. S. 28 aprile 1947, n. 330, che alla dizione usata nella precedente legge sostitu� quella di cc profitti eccezionali di contingenza n. La diversa dizione usata nelle due leggi dimostra l'evoluzione del pensiero legislativo: infatti il decreto del 1946, che importava l'avocazione totale del profitto, aveva carattere sanzionatorio di una attivit� non lecita, onde la imposizione importava quasi un giudizio morale sul contribuente; mentre quello del 1947, escludendo dalla imposizione ogni carattere punitivo, ha, come si evince dalla relazione del Consiglio dei Ministri, voluto cc togliere a questa forma di imposizione straordinaria ogni carattere di odiosit�. Invece della avocazione totale prevista dalla legge precedente si � stabilita una detrazione del 20 %, che rappresenta la quota non avocabile ii. Di t~le innovazione la relazione del Consiglio dei ministri ha cos� chiarito la portata.: cc Il quarto comma parte dalla considerazione che -trasportati i profitti dal campo della speculazione a quello della contingenza -una loro avocazione totale, avente un certo sapore sanzionatorio, non appare pi� giustificata. Assumendo i profitti di contingenza un carattere -sia pure particolare -di materia tassabile in via straordinaria, � sembrato che la relativa imposizione non potesse non trasformal'si da confisca integrale a prelievo sui pro.. fitti conseguiti dai singoli contribuenti, prelie-vo a titolo tributario il quale presuppone che una parte soltanto della somma accertata venga versat, a all'Erario, cos� come si verifica per l'imposta R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436. cc Naturalmentf' i profitti ecce<1.:ionali di contingenza dovevano, data la loro particolare natura, essere assoggettati ad una imposizione pi� drastica di quella prevista per i comuni profitti di guerra, in maniera da non allontanarsi eccessivamente dalla totale avocazione disposta dalle norme attualmente in vigore n. L'art. 1 del citato decreto n. 330 del 1947 precisa quali siano considerati dal legislatore profitti eccezion~li di contingenza. Essi sono quelli conseguiti dal 1� gennaio 1939 in dipendenza: cc a) dell'esercizio di qualsiasi attivit� in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio od il blocco delle merci e delle derrate, o la limitazione dei prezzi; � b) delle rivalutazioni delle merci soggette R> limitazione o disciplina dei prezzi, giacenti presso importatori, assegnatari, grossisti e distributori, a seguito di concessione di aumento dei prezzi. La stessa norma si applica in confronto dei produttori, limitatamente ai quantitativi che eccedono la consistenza necessaria per assicurare il normale andamento del ciclo produttivo; cc e) della realizzazione, a prezzo di libero mercato, delle merci, dei prodotti e dei materiali di propriet� od interesse statale, provenienti anche da requisizioni o da raccolta, ceduti a prezzo bloccato e non utilizzati per le forniture e per gii scopi, in genere, cui erano destinati; nonch� daUa realizzazione, a prezzo di libero mercato delle merci, prodotti e materiali ceduti cou determinazione 3 ottobre 1943, n. 752, del Commissario alla produzione bellica; cc d) della libera vendita delle merci soggette a regime vincolistico dei prezzi, in seguito a ces sazione del regime stesso, limitatamente ai quan titativi in giacenza al momento di tale cessazione. Sono altres� avocati allo Stato i profitti ecce zionali di contingenza, che, pur non rientrando nei casi previsti nel comma precedente, prendano origine da ogni attivit� diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e dalle privazioni determi nate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, o siano il frutto di un improvvisato affa rismo, sorto in relazione agli eventi suddetti n. Come rilev� la Commissione centrale delle imposte nella decisione 29 marzo 1949 (in Foro It., 1949, III, 188) cc la legge fa quattro distinte ipotesi con gravit� via via degradante; la prima si riferisce ai profitti derivanti dall'esercizio di qualsiasi attivit� in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio e il blocco delle merci e delle derrate, e la limitazidne dei prezzi; � per essa evidente il concorso di un illecito, con carattere addirittura penale. La seconda concerne i profitti che derivano da ogni �attivit� diretta a trarre particolare vantaggio dai bisogni e-dalle privazioni determinate dalla guerra e dagli eventi con la medesima connessi, dove l'illecito � soltanto di carattere morale. La 'terza riguarda i profitti che sono il frutto di un improvvisato affarismo sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra -129 nella quale pu� o non ricorrere l'elemento dell'illecito, essendo sufficiente che il reddito sia il pro. dotto di quella speciale forma di speculazione che la legge denomina improvvisato affarismo. La quarta, in:fi,ne, di cui alle lettere b), c) e d) dell'art. 1 della legge, riguarda i profitti derivanti dalla rivalutazione delle merci per effetto della cessazione della limitazione e disciplina dei prezzi, nella quale ogni carattere d'illiceit� � escluso >>. 2) L'amocazione dei profitti derivanti da improvvisato affarismo. -Particolare attenzione fra le ipotesi considerare dal legislatore merita quella dei profitti prodotti da quella attivit� che il legislatore ha definito <(improvvisato affarismo�; e le Commissioni tributarie -non si sono avute sinora cause decise dall'autorit� giudiziaria hanno dovuto pi� volte provvedere a fissare della nozione di improvvisato affarismo. AI riguardo va segnalata, per la precisione assoluta dei concetti, la decisione della Commissione centrale riportata al numero precedente; la quale, sul punto in esame, � cos� motivata: ((Venendo dopo ci� all'esame particolare del- l'ipotesi che interessa, e pi� propriamente al quesito che concerne il significato e la portata del- l'espressione di "improvvisato affarismo sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra " non pare debba esservi difficolt� ad individuare gli estremi atti a configurarlo. Escluso sotto un aspetto generale, che per la ricorrenza in genere di un profitto di contingenza l'attivit� che lo produce debba essere necessariamente illecita, non sembra dubbio doversi egualmente escludere che il termine stesso di affarismo come pur si sostiene racchiuda un carattere di illiceit�. Infatti, per affarismo, devesi intendere, secondo la comune eccezione, niente altro che ogni speculazione in genere, la quale si attua, bens� senza discriminazione di mezzi leciti o illeciti, ma non con concorso necessario di una attivit� disonesta. L'affarista non � altri che la persona di affari che affannosamente va alla. ricerca di ogni genere di speculazione, che di questa vive e fa la sua professione: persona per lo pi� scaltra e senza scrupoli, che non va tanto per il sottile, ma non sempre � necessariamente un disonesto. Ed � in questo senso, e non diversamente, che il termine � stato adoperato dal legislatore, nulla autorizzando a ritenere che si sia voluto circoscriverlo agli affari illeciti essendo questo concetto estraneo, come si � visto, alla ratio legis. (( Quello che invece delimita in termini precisi. questa forma speciale di speculazione � l'aggettivo che accompagna il termine ((l'improvvisato affarismo � espressione che, con le parole che seguono �sorto in relazione agli eventi connessi con la guerra l> scolpisce con sufficiente chiarezza il significato della norma; deve cio� trattarsi di una attivit� che non soltanto non sia stata per l'innanzi esercitata, anche se egualmente aggiunta ad altra preesistente, ma che sia stata iniziata non per farne oggetto di una professione abituale, sebbene con l'unica finalit� di trarre profitto dalla congiuntura bellica; per cui non varrebbe a completarla, difetto questo spiccato carattere dello sfruttamento di circostanze transitorie, giacch� diversamente sarebbe Io stesso che frapporre ingiustifi,cati ostacoli al libero sviluppo di ogni proficua ed utile iniziativa per un lungo periodo.� � � � ((In altri termini, perch� si abbia improvvisato affarismo � necessario e sufficiente che si tratti di un esercizio sorto per lo sfruttamento della congiuntura, e destinato normalmente a cessare col finire di questa e che appunto perci� ha tutti i caratteri dell'improvvisazione, sia per quanto attiene alla competenza tecnica sia alla adeguatezza dei mezzi e dell'organizzazione �. E a questi concetti, che rispecchiano quelli che gi� si era avuto occasione di formulare in sede consultiva, l'Avvocatura presta piena adesione. Si veda �anche in questa Rassegna (1950, pagina 199) la critica ad un'altra decisione della Commissione centrale che devia dai princip1 sopra esposti. 3) Gli illeciti costituenti reato. -Nella Relazione 1926-1929 (pag. 205), si era riferito del tentativo fatto, senza fortuna, da alcuni contribuenti, i quali sostenevano non essere applicabile l'imposta straordinaria sui profitti di guerra quando il profitto fosse derivato da una attivit� dalla legge vietata o considerata penalmente illecita. Uguale tentativo � stato fatto ora in relazione alla imposta di che trattasi. A carico di Pettinella Antonio l'Ufficio delle imposte di Popoli procedette all'accertamento di utili di contingenza ricavati dal commercio clandestino dei tabacchi. Dopo avere adito, senza fortuna, le Oommis sioni tributarie il contribuente fece ricorso alla autorit� giudiziaria sostenendo la illegittimit� dell'accertamento, in quanto la })l'etesa attivit� relativa al commercio dei tabacchi costituente contrabbando avrebbe potuto formare oggetto di denuneia in sede penale e di confisca del provento del reato, da disporsi esclusivamente dal giudice penale, ma non mai materia di accertamento tributario. L'Avvocatura, richiamatasi anche alla precedente giurisprudenza, non manc� di fare presente che la questione era legislativamente risolta dalla disposizione dell'art. 1, secondo comma, della legge 23 dicembre 1948, n. 1451, che stabilisce: (( Nel caso in cui i profitti eccezionali di contingenza traggono origine da attivit� od operazioni implicanti comunque violazioni di legge o di regolamenti, essi, indipendentemente daJI'eventuale esercizio dell'azione penale, sono soggetti ad avocazione >l. N� appariva fondata la tesi del contribuente, volta a sostenere che le disposizioni avessero carattere innovativo, e come tale non applicabile agli accertamenti gi� eseguiti, trattandosi di norma evidentemente interpretativa, applicabile anche agli accertamenti in corso; tanto piu che dallo stesso art. 1 a) del citato decreto n. 330 del 1947 risultava chiaramente che le ipotesi in esse previste per attivit� in contrasto con le disposizioni concernenti il conferimento obbligatorio e la semplice coincidenza di una attivit� intrapresa il blocco delle merci e derrate, facevano riferimento ! ==::ve:�.~=::!TI~.c~t:~:: ,i~ecit~~a!e. _J -130 E alla tesi dell'Avvocatura fece adesione, con sentenza 23 agosto 1950, il Tribunale dell'Aquila, che rigett� la domanda del Pettinella, ritenendo che gli utili derivanti dal commercio clandestino dei tabacchi fossero avocabili come profitti di contingenza, inqipendcntementc> clall'osercizio della azione penale. 4) La rivalutazione delle merci. -Il Tl'ibunale di Torino, con sentenza 3 maggio 1950, Ministero Tesoro c. Beltramino ed altri (in Rasb�. Avv. Stato, 1950, 158) ha avuto occasione di precisare la differenza fra l'avocazione dei profitti derivanti dalla rivalutazione delle merci (art. 1 D. L. C. p. S. 27 aprile 1947, n. 330), e il recupero delle differenze di prezzo sulle giacenze di cereali e derivati, disposto con il D. L. L. 22 febbraio 1945, n. 38. Si pretendeva, infatti, dalle controparti di ottenere la detrazione del 20 % inerente ai profitti di speculazione, ma la tesi era affatto insostenibile, assolutamente diversi essendo i presupposti delle due disposizioni: quelle del 1945, tendevano ad alleggerire l'onere del prezzo politico del pane e della pasta, gravante sull'Erario, dal che derivava il carattere meramente patrimoniale del disposto recupero; quella del 1947, invece, venendo ad incidere, in forza di una imposizione straordinaria, sulla capacit� contributiva di coloro che per avventura si erano venuti a trovare in particolari situazioni. E il Tribunale, con la sentenza surriferita, non manc� di accogliere le ragioni prospettate dall'Avvocatura. 5) I poteri della Commissione centrale delle iJnposte. -Vart. 21 del D. R. L. 27 maggio J946, n. 436, attribuisce, in materia di utili di contingenza, alla Commissione centrale competenza anehe per il merito, ammettendo il ricorso del contribuente quando l'utile accertato dalla Commissione provinciale supera il doppio del reddito dichiarato, e quello dell'Ufficio nei e.asi in c>ui ilreddito determinato dalla Commissione surldettfL &ia inferiore alla met� di quello accertato dall'Ufficio st,esso. U11a import.ante vertenza, nella quale la, deci sione della Commissione centrale venne impu gnata con ricorso alle Sezioni unite della, Corte Suprema dal contribuente ha dato modo alla Cas sazione di precisare i poteri della Commissione centrale nei giudizi di merito. Nel 1943, quando l'Italia meridionale venne occupata dagli alleati, ebbe a verifi,carsi una grande scarsezza di bevande alcooliche, dovuta sia all'au mentato consumo che alla separazione dall'Italia settentrionale, dove esistevano la maggior parte delle distillerie. Fra le improvvisate distillerie sorse in Napoli quella gestita da tal Raccuglia, che da medico si trasform� in fabbricante di liquori. L'Ufficio delle imposte di Napoli, in base ai dati forniti dall'Ufficio imposte di fabbricazione, no tific�, a termine dell'art. 18 del R. D. L. 27 mag gio 1946, n. 436, due accertamenti per utili di speculazione per gli anni 1944 e 1945. Il contribuente ricorse alla Commissione distrettuale sostenendo non sussistere gli estremi per la avocazione, in quanto il caso, secondo la sua tesi, non rientrava nell'improvvisato affarismo previsto dall'art. 18 avendo egli ottenuto nel 1940 una licenza, peraltro non sfruttata, per la fabbricazione di un certo liquore di sua invenzione, il Marlovo. La Commissione dis1rettuale accolse la tesi dell'Ufficio, ritenendo che la circostanza che l'attivit�, fosse stata iniziata soltanto alla fine del 1943, tmsformandosi improvvisamente il contribuente da medico in produttore di liquori, solo i)erch� i liquori andavano a ruba, costituiva proprio una ipotesi caratteristica di attivit� speculatrice diretta a trarre profi.tto dalla contingenza economica; conferm� pertanto l'accertamento dell'Ufficio, riducendone soltanto l'ammontare. La tesi del contribuente venne invece accolta dalla Commissione provinciale; ma, su ricorso dell'Ufficio, la .Commissione centrale, riconoscendo trattarsi di improvvisato affarismo, procedette all'accertamento dei profitti per gli anni 1944 e 1945. Avverso la decisione, il Raccuglia propose ricorso alle Sezioni unite per preteso difetto di giurisdizione della Commissione centrale; sotto il profilo che, avendo la Commissione. Provinciale esclusa la avocabilit� dei profitti, non fosse proponibile il ricorso, non ricorrendo le ipotesi tassativamente previste dal secondo comma del citato art. 21. Non fu difficile all'Avvocatura osservare che, se la Commissione centrale ha il potere di deci dere nel merito quanto la provinciale, abbia ri dotto oltre una certa percentuale l'accertamento, a maggior ragione tale potere essa ha quando la provinciale abbia del tutto escluso l'esistenza di un reddito avocabile. E ci� perch� il ricorso in merito � dato in relazione ad una grave sperequa zione fra redditi dichiarati, o accertati, e redditi riconosciuti, dalle Commissioni. E tale tesi fu ac colta dalla Corte Suprema (29 luglio 1950, in Foro It., 1951, I, 585). 6) Il sequestro cautelare. -L'art. 19 del 2 aprile approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 598, appli cabile ai profi,tti di contingenza a termini dell'ar ticolo 3 del D. L. C. p. �S. 2 luglio 1947, n. 683, d� facolt� all'Intendente di finanza, qualora ab bia motivo di ritenere che il contri]?uente possa sottrarsi al pagamento dell'imposta, di domandare all'autorit� giudiziaria il sequestro conservativo su tutte le somme ed i beni mobili e immobili di pertinenza del contribuente. Una controversia di particolare rilievo si � svolta, in proposito, avanti al Tribunale di Milano e ha dato occasione di precisare i poteri dell'autorit� giudiziaria circa i sequestri conservativi concessi a cautela dei crediti dello Stato per profitti di guerra ed utili di contingenza. In occasione di una causa svolta tra privati, l'Amministrazione delle finanze dello Stato venne a conoscenza di ingentissimi prontti di contingenza realizzati dall'industriale milanese Bnisactelli. L'Intendente di finanza richiese allora al Presi dente del Tribunale il sequestro, che fu concesso, dei beni mobili ed immobili del Brusadelli. Il Bru sadelli fece ricorso al presidente del Tribunale, e chiese in via :principale la :revoca del provvedi -131 mento di sequestro, contestando la esigenza dei presupposti per la concessione della misura cautelare; e subordinatamente la riduzione del sequestro, anche perch�, a suo avviso, sugli utili che fossero stati accertati si sarebbe dovuta operare dal detrazione del 20 %. La difesa . della Finanza rilev� che la domanda era giuridicamente infondata dato che per la sussistenza del fumus boni iuris, che autorizza la Finanza a chiedere il sequestro, � sufficiente prova un accertamento in corso per l'imposta di contingenza; e che l'esame del magistrato sulla domanda deve limitarsi all'indagine sull'effettivo pericolo che il contribuente possa sottrarsi al pagamento dell'imposta e sulla esistenza di un accertamento in corso, ma non pu� estendersi mai all'esame sulla esistenza o meno dei presupposti di imposta, come pretendeva il Brusadelli, perch� su ci� non � competente il giudice ordinario, ma, dopo l'avviso di accertamento ed a seguito di ricorso del contribuente, soltanto la competente Oommissione tributaria. Faceva inoltre presente I'Avvocatura che la revoca del decreto di sequetro, emesso a garanzia dell'imposta di contingenza, non � ammessa nel nostro sistema legislativo; l'art. 19, comma S0 , del T. U. approvato con R. D. 3 giugno 1933, n. 59S, dopo aver disposto che il decreto di sequestro non richiede un giudizio di convalida, aggiunge che il sequestro � � efficace finch� sono attivati gli atti di esecuzione fiscale�, sempre che segua la notifica dell'avviso di accertamento entro sessanta giorni dal decreto di sequestro. Si rilevava, altresi, che il principio, chiarissimo nella formula del citato art. 19, riceveva ulteriore conferma in base ad un esame comparativo dei DD. LL. LL. 27 luglio 1944, n. 159, e 26 marzo 1946, n. 134, entrambi relativi ai profitti di regime. Infatti mentre nel primo di tali decreti si conteneva un semplice richiamo alle disposizioni del 7� ed S0 comma dell'art. 19 del T. U. in esame, nel decreto successivo si chiari che il Presidente del Tribunale poteva disporre, <<per fatti sopravvenuti, la revoca, la riduzione o la commutazione del sequestro in iscrizione di ipoteca legale, in fideiussione bancaria, cauzione � (art. 42). II mancato richiamo a quest'ultimo decreto all'art. 19 confermava che la disposizione suddetta non prevedesse la revoca del sequestro. E quanto alla richiesta detrazione del 20 %, si rilevava che presupposto della riduzione era la definitivit�, tuttora in itinere, e che, comunque, il sequestro era stato chiesto per una somma che presuntivamente almeno, rappre::;eutava l'ai11111011tare del tributo dovuto. E le ragioni dell'Amministrazione vennero integralmente accolte dall'ordinanza 18 novembre 194S del Presidente del Tribunale di� Milano (fo�Teml, 194S, 569). 7) Effetti della mancata trascrizione dell'avviso di accertamento. -L'art. 2 del D. L. O. p. S. 2 luglio 1947, n. 683, dispose che l'Intendente di finanza potesse procedere alla trascrizione ed all'avviso di accertamento dei profitti di guerra e dei profitti eccezionali di contingenza sui beni immobili del contribuente e sui beni mobili di cui all'articolo 26S3 Codice civile e il successivo art. 3 stabil� il privilegio per tali imposte, indicandone il grado. � sorta discussione, avanti il Tribunale di Torino, se il privilegio stabilito dalla legge possa farsi valere anche quando la trascrizione non sia stata eseguita. L'Esattoria comunale di Torino aveva insinuato al passivo del fallimento della S. A. N. il credito di r~. 41.635 per maggiori utili di guerra relativo agli anni 1943-1944 iscritto nel ruolo del 1947, e il credito di L. 775.095 per profitti di contingenza. Il Giudice delegato ammise tali crediti in via chirografaria e non in via privilegiata, come richiesto dall'Esattore. L'Amministrazione delle finanze intervenne allora in giudizio per sostenere le ragioni dell'Esattore, che insisteva per l'ammissione in via privilegiata. Il Tribunale di Torino, con sentenza 2S settembre 1950, respingeva la tesi erariale, osservando che il D. L. C. p. S. 2 luglio 1947, n. 6S3, dopo avere, all'art. 2, stabilito che l'Intendente pu� chiedere la trascrizione dell'avviso di accertamento, all'art. 3, dispone che i profitti di contingenza hanno privilegio sugli immobili facenti parte del patrimonio del contribuente alla data di trascrizione dell'avviso di accertamento, ferme le disposizioni contenute nell'art. 19 T. U. approvato con R. D. 3 giugno 1943, n. 59S, e successive modifiche, e nell'art. 16 ultimo comma, R. D. L. 27 maggio 1946, n. 436. Oontro questa sentenza fu prodotto appello e, rigettato questo, � stato proposto ricorso per cascassione. Tale ricorso � stato deciso con sentenza delle Sezioni unite .del 31 luglio 1952 (in Rivista di Legislazione fiscale, 1952, 1091), la quale ha statuito che �il privilegio introdotto dall'art. 3 del D. L. 2 luglio 1947, n. 6S3, riflette unicamente i beni immobili e i beni mobili indicati nell'articolo 26S3 del Oodice Civile, ed � subordinato alla trascrizione dell'avviso di accertamento da eseguirsi dall'Intendenza di finanza �. 6. BELLI A vvooato dello Stato NOTE D I DOTTRINA n. o. KIIALFlNA: Atto amministrativo e contrattu di diritto civile. (Stato e diritto Sovietico 195~, pag. 45-55). Oggetto di questo studio � l'esame dei rapp?rti tra atto amministrativo e contratto nell'ordinamento giuridico sovietico, considerati, questi istituti come mezzi per il raggiungimento di un unico scopo: l'esecuzione del piano economico statale (Gosplan-piano quinquennale). Premessa necessaria all'esame del problema � la definizione degli elementi fondamentali e sostanziali dell'atto amministrativo, secondo il diritto sovietico e il K. enuncia in materia le seguenti proposizioni: �10 l'atto amministrativo si presenta come un ordine fondato sulla legge ed emanato per la esecuzione della legge; ~'I 20 l'atto amministrativo � emanato da organi dello Stato socialista nei limiti della propria competenza ed � vincolante per i cittadini, le organizzazioni statali, le cooperative e i funzionari cui esso � diretto; 30 l'atto amministrativo pu� creare norme o'iuridiche cio� regole di condotta, obbligatorie per tutti o p~r determinati gruppi di persone in. c.as~ stabiliti (atto normativo) oppure produrre diritti ed obblighi per persone determinat.e ~ndic~te ~all? atto (atto individuale); l'atto amministrativo individuale � un atto giuridico che crea, modifica o estingue un rapporto di diritto amministrativo. �Oltre a questo, l'atto amministrativo pu� servire di base per la creazione, la modificazione, l'estinzione di altri rapporti giuridici (rapporti di diritto civile, di diritto del lavoro, di diritto colcosiano, ecc.). �L'atto amministrativo crea l'obbligo per i cittadini le organizzazioni e i pubblici ufficiali ai quali �diretto, di adempiere l'ordine che in esso � contenuto-allo scopo di dare esecuzione, il pi� pienamente 'e il pi� effettivamente possibile, a quest'ordine la osservanza dei diritti e degli obblighi cre~ti dall'atto amministrativo �, in una serie di casi, assicurata da norme non solo di di ritto anuninistrativo ma anche appartenenti ad altri rami del diritto. � Dopo aver precisato che, essendo tutta l'attivit� statale in materia ecouomica regolata dal Piano, � gli atti amministrativi che regolano la yita. ~couomica che producono conseguenze di diritto civile si presentano come atti relativi alla pianificazione �, (s� che il problema dei rapporti tra att~ amministrativo e contratto � anche problema d1 rapporti fra �piano � e contratto �) il K. avverte che le conseguenze di diritto civile prodotte dall'atto amministrativo sono di diverso tipo a seconda della branca del piano alla quale si riferiscono. Scrive il K.: �Secondo il carattere della loro in fluenza sui rapporti di diritto privato devono distin "'uersi due tipi di atto amministrativo: "' io l'atto che crea diritti ed obblighi per per sone tutte in esso determinate, come, per esempio, il piano delle costruzioni, il pian.o dei trasporti, ecc.; 20 l'atto che non determina tutte le parti del rapporto e crea, invece, per una delle parti obbligazioni l'esistenza delle quali � subordinata alla conclusione ' ad opera di questa parte d'i convenzioni di diritto privato con altre persone, le quali non sono obbligate alla conclusione di queste convenzioni. Come esempio di questi atti possono essere indicati quelli relativi al piano per trasporto di passeggeri ecc. Gli atti amministrativi del primo tipo possono immediatamente produrre tra le parti determinate rapporti di diritto privato. Gli ~tti amministra~ivi del secondo tipo, pure esercitando sostanziale influenza sulla produzione di rapporti di diritto privato e, in una serie di casi r~ppre~en~ando l'i~ dispensabile presupposto di esSI e l'indispensabile condizione della loro produzione, non li creano, per altro, immediatamente� .. . . A conclusione della premessa, il K.~:precis~ che in relazione alla diversa portata delle loro conse guenze giuridiche (di dhitto civile), gli at~i ammini strativi possono dividersi in tre gruppi:. . a) Al primo gruppo appartengo~o g~i atti eh~ immediatamente creano per deterffilnati soggetti diritti e obblighi di carattere civilistico, muniti :=-~~::::: zrnt i ii if&filil LJMf?N; !lU&lliU zrnt i ii if&filil LJMf?N; !lU&lliU -133 di sanzioni di diritto civile. Tipi di questi atti sono i piani statali per i trasporti (di cose) (su strada ferrata, per mare e per fiume) e gli atti amministrativi emanati sulla base di questi piani. Infatti, oltre le responsabilit� penali e disciplinari che gravano su coloro che fanno uso irrazionale dei trasporti e sui colpevoli di richieste esagerate di mezzi di trasporto, la legge stabilisce anche sanzioni di diritto civile per la mancata fornitura dei vagoni per il carico in conformit� con le prescrizioni del piano, per il mancato uso dei vagoni forniti, ecc. Queste sanzioni di diritto civile (cui, cio�, una parte � tenuta verso l'altra e non verso lo Stato n. d. t.) nascono immediatamente dall'atto amministrativo e non richiedono come presupposto autonomo che tra le parti determinate dal� piano� si sia concluso un contratto. 2. Al secondo gruppo appartengono gli atti che creano immediatamente per le persone in essi determinate solo l'obbligazione di concludere contratti con le clausole in essi stabilite. Secondo il K.: ((La sostanza dei rapporti scaturenti da questo atto consiste nel fatto che l'ordine del competente organo statale che emana l'atto viene messo in esecuzione attraverso la manifestazione di volont� di quei soggetti e organizzazioni� che debbono eseguire questo ordine. Il dispositivo dell'atto amministrativo diventa, attraverso la manifestazione di volont� delle parti, clausola del contratto. Grazie a questa commistione di direzione centralizzata del _pian.o e di iniziativa dell'esecutore il contratto rappresenta il mezzo pi� efficace che rende possibile l'esecuzione e l'anticipata esecuzione dei piani delle organizzazioni socialiste, il rafforzamento della loro economia. Il posto pi� importante in questo gruppo lo occupano gli atti di disposizione della produzione pianificata. Essi regolano la pi� gigantesca circola zione di merci dell'U.R.S.S. -il movimento di merci necessarie per la produzione, nonch� delle merci di largo consumo dal produttore al consuma tore�. Il problema fondamentale che si � agitato nella scienza giuridica sovietica intorno alla natura ed alle conseguenze di questi atti e ai loro rapporti con il contratto di diritto civile � se l'atto ammini~ strativo produca come conseguenza di diritto privato solo l'obbligo per le persone in esso indi cate di concludere un contratto, o anche altre obbligazioni privatistiche diverse da questa. Secondo il K. l'opinione della maggioranza dei civilisti i quali, fondandosi sulla giurisprudenza arbitrale (arbitrato di Stato) del 1938-1947, ritengono che l'atto amministrativo importi l'ob bligo di diritto privato di effettuare e rispettiva mente ricevere le forniture stabilite nel piano, indi pendentemente dalla conclusione del contratto, � errata. Esaminando la legislazione sovietica, in materia il K. ritiene che �negli atti normativi che regolano i rapporti relativi alla fornitura Q.i merci non si trova alcun.a disposizione che stabilisca che i reciproci obblighi delle parti per l'esecuzione della fornitura scaturiscano immediatamente dall'atto di J?ianificazione (eccetto casi speciali). Al contrario, le leggi e gli altri atti normativi che regolano questi rapporti stabiliscono che i reciproci diritti ed obblighi delle parti per la fornitura di merci e servizi debbono fondarsi soltanto sul contrat,to l>. Continuando nella sua critiea all'opinione con.� traria sopra esposta il K. mette in rilievo come la necessit� del contratto come presupposto indis:rensabile per la nascita della obbligazione di effettuare la fornitura di merci scaturisca da tutto il sistema di direzione dell'economia socialista e sia strettamente connessa con il mec�anismo della c.d. contabilit� economica (che � una manifestazionP dell'autonomia contabile amministrativa delle sin.gole organizzazioni -n. d. t.). Infatti, questo sistema di direzione economica, e questo meccanismo di contabilit� e di autonomia economico-amministrativa creano un.a serie di possibilit� di azioni varie allo scopo di assicurare il compimento dei piani assegnati alle organizzazioni socialiste. Un.a di queste possibilit� di azione � costituita dal contratto tra le organizzazioni indicate nel piano. Ritenere che tutti gli obblighi di queste organizzazioni sorgano immediatamente dall'atto amministrativo, indipendentemente dal con.tratto, significa rinunziare a servirsi di questo che � uno dei mezzi pi� potenti per assicurare la perfetta esecuzione del piano. Ed infatti, mentre l'obbligo nascente dall'atto amministrativo di pianificazione vale solo nei confronti dell'autorit� che ha emanato l'atto stesso, gli obblighi di diritto civile relativi alla fornitura da valere nei con.fronti delle organizzazioni che nell'atto amministrativo sono indicate come quelle alle quali la fornitura dev'essere fatta non possono fondarsi che sul con.tratto. � invero nel contratto che dovranno essere sta biliti dettagliamente i termini di esecuzione della fornitura, la qualit� delle merci da fornire, ecc-. tutti elementi questi che sono si contenuti nei vari atti del piano (piano generale, piani particolari per ogni branca della produzione, per regioni ecc.) ma non sono in questi atti stabiliti nei minuti particolari, ci� che pu� essere fatto solo nei con tratti con le singole organizzazioni. In questo modo il contratto diviene anche un mezzo per impedire la mancata o la imperfetta esecuzion.e del piano, ci� che potrebbe avvenire se le modificazioni agli obblighi di fornitura potessero essere stabilite solo mediante atti amministrativi indipendente mente dai contratti. Data questa importanza del contratto, � logico che sia stabilita una sanzione di diritto civile per la mancata o ritardata stipulazione di esso, sanzione consistente in una multa proporzionale al ritardo, da pagarsi dalla parte che � in mora vero l'altra parte che pretende la stipulazione. In questi sensi � ormai anche la giurisprudenza arbitrale. Ed infine, un'altra decisiva prova della impor tanza autonoma del contratto di fronte all'atto amministrativo di pianificazione si ha nella �circo stanza che qualsiasi modificazione in questo atto amministrativo non si ripercuote immediatamente sull'obbligazione di fornitura disciplinata e rego lata dal contratto, ma solo obbliga le parti con traenti a stipulare un nuovo contratto per la modifi cazione del contratto precedente. 2 f::::: 7= ;;,, & dii& ;;m &L� j li& il &�174 M"�I� B DIEl; &i !BFWWW wg i& -134 .Abbiamo ritenuto ohe un'ampia recensione dello studio del Khalfina fosse interessante per due motivi: 1) per aggiornare i nostri lettori sugli sviluppi della scienza giuridica in un paese la oui organizzazione politico-eoonomioa � completamente diversa dalla nostra; 2) peroh� l'oggetto dell'articolo recensito concerne un campo del diritto del quale, specie in questi tempi, la nostra scienza giuspubblioistica si � dovuta particolarmente occupare. Per quanto riguarda il punto primo, riteniamo opportuno precisare ohe la scienza giuridica sovietica ha avuto in questi ultimi anni un notevole sviluppo, dopo, cio�, ohe oon la risoluzione del 5 ottobre 1946, il Oomitato centrale del partito comunista sovietico riconobbe la necessit� e la importanza di allargare e migliorare la formazione di una scuola giuridica nel Paese. In questa risoluzione si riconobbe che allo sviluppo della nuova struttura economica statale non aveva fatto riscontro un corrispondente sviluppo nelle forme giuridiche adeguate al funzionamento della struttura stessa e si invitavano gli studiosi di diritto a perfezionare la loro preparazione e le loro ricerche in questo campo. Da allora il numero degli articoli, dei libri, e degli studi pubblicati in materia giuridica � sensibilmente cresciuto e tra essi un'importanza notevole rivestono quelli relativi ai rapporti tra diritto amministrat.ivo e diritto privato, intesi gli istituti dell'uno e dell'altro come mezzi coordinati per il pi� perfetto compimento del piano economico statale. Per quanto riguarda il punto secondo, riteniamo ohe il sunto da noi fatto dell'articolo (nel quale abbiamo trascurato elementi di contorno, per limitarci al problema centrale da esso trattato) abbia sufficientemente chiarito la portata della questione esaminata dal Khalfina. In sostanza, si tratta di un problema attinente alle interferenze tra diritto pubblico e diritto privato, ohe si verificano oon sempre maggiore frequenza anche negli ordinamenti giuridici degli stati ohe hanno un'organizzazione politico-economica diversa. Ed invero, tutta la materia degli ammassi, dei contingentamenti, ecc., istituti questi ohe non sono pi� propri della economia di guerra, d� luogo ad una serie di manifestazioni di interferenza del diritto pubblico nel diritto privato ohe hanno determinato una necessaria modificazione degli schemi e dei paradigmi tradizionali. Non sembra, invero, ohe possa ormai continuare a sostenersi la tesi, riaffermata da ultimo energicamente dal MESSINEO (Dottrina generale del Contratto, Editore Giuffr�, 1946, pag. 12 e passim) secondo la quale dove non esiste libert� di con.trarre (distinta dalla libert� c�ntrattuale che riguarda il contenuto del contratto) � e manca la spontaneit� dell'agire delle parti, esula la figura del contratto �. Infatti, non pare ohe altri scrittori (vedi ad esempio il FERRARA Senior: Teoria dei contratti, pag. 30 e pag. 382) condividano la tesi suesposta, la quale, d'altronde, � stata nettamente ripudiata dalla giurisprudenza della Oorte Suprema, laddove questa ha giudicato in materia di commercio di generi oontigentati. Si veda, per tutte la sentenza n. 755 del 31 marzo 1949, Mass. f!'oro It., 1949, 161) secondo la quale� l'assegnazione fatta dal Ministero, mediante emissione di buoni o in altra forma, di quantitativi del prodotto d'acquistarsi dall'assegnatario presso la ditta detentrice della merce vincolata non incide sulla natura dei successivi rapporti trd l'assegnatario e la ditta, ohe continuano ad essere regolati dalle comuni norme di dii'itto privato attinenti al contratto di compravendita � � Pare perci� che possa ritenersi che la tendenza dottrinale e giurisprudenziale che si va affermando sia quella di riconoscere nel contratto semplicemente uno strumento pratico 1�egolato dal diritto che consente di raggiungere determinati fini posti da un particolare ordinamento politico-economico, strumento che serve, essenzialmente, a creare obbligazioni tra parti che si trovano in condizione di parit� giuridica, le quali, senza il contratto, non sarebbero reciprocamente vincolate in alcun modo. Ora, se il contratto si intende in questi sensi non sembra dubitabile che esso si adatti, come figura generale anche ad un ordinamento giuridico che non riconosca la propri�t� privata, quando si 'l'Ogliano raggiungere quei fin~ indicati appunto vello studio del Kalfina. A. SATNATORI RUINI MEuccro : La controfirma ministeriale degli atti del Capo dello Stato. (Il] Foro Padano, 1952, IV, 17 segg.). L'art. 89 della Costituzione, per il quale nessun atto del Presidente della Repubblica � valido se non � controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilit�, continua ad essere oggetto di esame da parte della dottrina nell'intento di stabilire il valore della controfirma ministeriale per taluni atti del Presidente della Repubblica i quali si presentano come manifestazione di un potere d'iniziativa di quest'organo costituzionale. Il problema -che di recente � stato esaminato ampiamente dal LETTIERI (cc La controfirma degli atti del Presidente della Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale>>, Roma, 1951)ed � stato oggetto di acute osservazioni da parte del VITTA , (cc Atti presidenziali e proposte ministeriali nella vigente Costituzione�, in Rivista .Amministrativa, 1951, pag. 279 segg.) -si presenta assai delicato, investendo la posizione del Presidente della Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale, dato che la risoluzione di esso discende logicamente dalla estensione che si attribuisce al potere d'iniziativa che il Presidente della Repubblica ha per talune materie. Il Ruini si pone il problema del valore della controfirma ministeriale negli atti del Capo dello Stato al fine di accertare il grado di partecipazione del Ministro in quegli atti, problema ehe sostanzialmente involge l'esame� dei rapporti fra il Presidente della Repubblica ed il Governo. Per risolvere questo problema l'autore prende le mosse dai lavori preparatori sull'art. 89, accennando ad alcuni interventi che si ebbero in seno all'Assemblea costituente da parte di autorevoli parlamentari e dai quali � dato dedurre l'orienta l!M&H&&&&�?W&:i! >m.t&L&i -135 mento politico manifestatosi nella formulazione della norma in esame. Passa poi all'esame dello sviluppo storico dell'istituto della controfirma degli atti del Capo dello Stato, osservando che, mentre in una prima fase della monarchia assoluta la controfirma ha solo lo scopo di registrare o attestare la decisione regia, in un secondo momento, caratterizzato dal sistema costituzionale inglese, cui si avvicinano nell'ottocento le monarchie parlamentari del continente e la repubblica francese, si ha un effettivo trasferimento di poteri del Capo dello Stato al Gabinetto e la controfirma adempie aUa funzione di fare assumere al Ministro controfirmante la responsabilit� dell'atto. Esaminato l'art. 89 attraverso i lavori preparatori ed i suoi precedenti storici, prima di prendere delle conclusioni sulla natura della controfirma, passa in rassegna le varie funzioni del Presidente della Repubblica, ponendo in rilievo per ciascuna di esse il grado dell'intervento del Governo. Quest'indagine � condotta con riguardo agli organi costituzionali nei cui confronti si svolge la funzione del Capo dello Stato, perch� in tanto � dato assumere i limiti dell'intervento del Governo nella formazione dell'atto del Capo dello Stato in quanto sia chiarita preventivamente la natura dei rapporti fra il Capo dello Stato e quegli orga,ni costituzionali. Relativamente all'atto di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, l'autore osserva che la controfirma dell'atto stesso, sia essa apposta da quello uscente o da quello subentrante (su questo problema egli non prende posizione), equivale, cc ad un controllo di costituzionali, nel senso che il controfirmante dovrebbe accertare che sono state osservate le procedure e le norme stabilite dalla Costituzione�. Uguale valore giuridico attribuisce aUa controfirma apposta al messaggio che il Presidente della Repubblica invia alle .Assemblee parlamentari qualora chieda una nuova deliberazione RU una legge che gli sia pervenuta per la promulgazione, con l'avvertenza, tuttavia, che questi rapporti sono materia �pi� che di definizione giuridica, di prassi e di correttezza costituzionale �. Per lo scioglimento delle .Assemblee parlamentari, ritiene che ci si trova di fronte ad un atto proprio del Capo dello Stato, senza escludere per� che l'iniziativa e la proposta possa partire in particolnri situazioni dal Presidente del Consiglio, cos� come � avvenuto nel passato. Circa il potere del Presidente della Repubblica di nominare cinque senatori a vita (argomento questo che, assieme all'altro della nomina di cinque giudici della Corte costituzionale, ha dato luogo di recente ad ampi dibattiti in seno alle .Assemblee parlamentari), l'autore pensa che al Presidente del Consiglio controfirmante spetti un controllo sostanziale nella nomina. In senso diverso, invece, opina per la nomina dei cinque giudici della Corte costituzionale, considerando che � alla nomina dei cinque del Presidente su proposta del Governo, si oppone l'esigenza di evitare gli eccessi della partitocrazia >> in un organismo fondamentalmente giurisdizionale. Sulla base delle considerazioni svolte nell'esatn� delle varie funzioni del Presidente della Repubblica, conclude, quindi, che gli atti di quest'organo costituzionale, i quali devono essere sempre controfirmati, si possono distinguere nelle �Seguenti categorie: a) atti predisposti e proposti dal Governo; b) atti propri del Capo dello Stato, l'iniziativa e la proposta dei. quali in alcuni casi pu� partire e conviene che parta dal Governo; e) atti del Capo dello Stato alla cui emanazione occorre il consenso sostanziale del Presidente del Consiglio; d) atti che per la loro natura non possono essere subordinati al Governo, ma sui quali questo ha diritto di riscontrare la costituzionalit� e la legittimit� formale. .A complemento delle riserve fatte nella determinazione di queste categorie, aggiunge che, comunque, l'argomento non � tale �da potersi facilmente configurare e fissare in norme giuridiche scritte nel testo costituzionale �, riferendosi esso a rapporti nei quali deve essere lasciato largo margine alla prassi ed al costume. Quest'ultima osservazione individua secondo noi i giusti limiti del problema. Le norme costituzionali in linea di massima sono caratterizzate da formule generiche e scheletriche onde non siano irrigiditi rapporti giuridici che hanno bisogno di svilupparsi con una certa elasticit� per potersi adeguare alle mutevoli esigenze politiche. Ci� ha luogo per l'art. 89, il quale statuisce un principio che s'� affermato decisamente con il sorgere del sistema parlamentare, ma � stato varia. mente inteso nei vari ordinamenti costituzionali che l'hanno accolto. La diversa estensione di quel principio, pi� che per la diversit� di formula legislativa che Io contemplava -formula che molte volte � uguale -s'� affermata in relazione aIIe direttive di particolari regimi politici ed al formarsi di regole consuetudinarie e di correttezza costituzionale ad integrazione di quel principio stesso. Per cui, per determinare il valore della controfirma ministeriale, per quegli atti del Capo deIIo Stato che si presentano come manifestazione di una iniziativa propria, non si pu� procedere per schemi fissi, ma bisogna avere riguardo ai vari fattori di natura giuridica e metagiuridica (principi del regime politico, consuetudinario, regole di correttezza costituzionale, ecc.) che completano il principio deIIa controfirma da parte dei ministri con conseguente assunzione della responsabilit� che Io rendono flessibile a particolari contingenze. La recente applicazione della costituzione non rende sempre possibile il ricorso a taluni di questi fattori in seno al nostro ordinamento costituzionale. .A ci� si pu� ov-Viare mediante un'indagine storico-comparativa, con l'avvertenza, secondo noi, che il principio il quale risulter� da questa prima fase d'interpretazione si pu� assumere come principio regolatore di quei rapporti solo se s'inquadri nel regime politico che caratterizza il nostro ordinam�nto costituzionale. C. CARBONE ::f.ffi:::::::;filifumH:: ::f.ffi:::::::;filifumH:: RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA CASSAZIONE -Difetto di giurisdizione -Irregolare composizione del collegio giudicante -Consiglio di Stato -Adunanza plenaria -Numero dei componenti. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 3C08 dell'll ottobre 1952 -Pres. : Anichini, Est. : Lorizio, P.M. : Eula (concl. conf.) -Tesauro contro Mortati ed altri). La pronuncia emessa dall'organo giurisdizionale (nella specie: adunanza plenaria del Consiglio di Stato) irregolarmente costituito per numero e qualit�, considerata quale atto a s� e sotto l'aspetto della sua rilevanza per il diritto � inesistente-con . . ' s1derata mvece con riguardo alla potest� dell'organo irregolare che emise la pronuncia � affetta del vizio di assoluto difetto di -giurisdizione. La composizione numerica dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sta,bilita dall'art.. 37 del T. T. delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, venne modificata dal D.L. 5 maggio 1948, n. 642 con lo stabilire la partecipazione della VI Sezione all'Adunanza stessa, aumentandosi cosi da nove a tredici il numero dei componenti. Riportiamo integralmente la motivazione della sentenza: � <<Impugna il ricorrente prof. Tesauro la decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ;;iiccome inesistente o nulla per difetto assoluto di giurisdizione del collegio che la emise, assumendo che tale collegio non era investito di alcun potere giurisdizionale, perch� costituito in aperta violazione delle norme stabilite in modo inderogabile dalla legge. La decisione sarebbe inoltre inficiata da difetto assoluto di giurisdizione sotto altri aspetti: per non rientrare la questione risoluta nella materia di competenza dell'Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato; per avere la decisione stessa invasa la sfera lasciata alla piena ed assoluta discrezionalit� di una facolt� universitaria, ed altres� la sfera riservata al potere legislativo ed all'esecutivo; ed infine per avere il collegio giudicante violato i limiti segnati dallalegge nello svolgimento del � potere giurisdizionale. Osservano le Sezioni Unite che, concemendo la prima e fondamentale questione del ricorso la regolarit� della costituzione del collegio, e cio� dell'Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, che pronunci� la decisione impugnata -Adunanza che il ricorrente afferma irregolare per numero e qualit� dei suoi componenti -� preliminare accertare se una, tale irre golare costituzione (ammesso che sussista) dia luogo a vizio di assoluto difetto di giurisdizione, pel quale solo, come � noto, le decisioni del Consiglio di Stato sono denunciabili in Cassazione. Lo contestano i resistenti, eccependo che nel v~gente sistema del processo, il vizio di co~tit.uz10ne del collegio giudicante � rimasto non indivi~ u~to tra i vizi della sentenza o, se ha assunto rilievo, � stato -come vizio autonomo -posto accanto al difetto di giurisdizione e alla incompetenza. Insanabile sarebbe poi soltanto il vizio (�he consista nel non essere l'atto compiuto dalla persmrn o dalle persone che costituiscono l'ufficio giudizfario, ma non anche il vizio relativo alla coincidenza tra l'ufficio agente e quello cui la legge attribuisce la potest� di agire. E richiamata una recente decisione di queste Sezioni Unite, i resistenti deducono che l'irregolare composizione numerica del collegio giudiziario d� luogo non a vizio di giurisdiziom�, ma ad inesistenza della sentenza; e che il principio anteriormente accolto da questa medesima Suprema. Corte -secondo cui il difetto di legittima costituzione del giudice si riEolve nel vizio del difetto di giurisdizione -se spiegabile al tempo in cui fu formulato per l'esigenza di assoggettare le decisioni dei giudici specia.li, per quel che attiene i vizi di costituzione dell'ufficio, a controllo pi� penetrante di quello reso possibile dall'art. 362 C.p.c., non avrebbe pi� ragion d'essere dopo che l'art. 111 della Costituzione ha esteso il magistero della Corte di cassazione a tutti i vizi elencati nello art. 360 C.p.c. senza distinguere tra giudizi ordinari e giudici speciali. L'art. 111 della Costituzione si dice -deve essere rispettato in tutta la sua integrit�: e, poich� per esso, contro le sentenze del Consiglio di Stato, � ammesso ricorso in Cassazione per le sole questioni attinenti alla giurisdizione, seguirebbe che, non potendo il vizio di inesistenza per irregolare composizione numerica del collegio giudicante rientrare nel difetto di giurisdizione, sarebbe inesorabilmente preclusa avanti queste Sezioni Unite l'indagine diretta ad accertare l'es�stenza o meno di un tale vizio in una decisione del Consiglio di Stato. Rilevano le Sezioni Unite che in effetti mancn. nella legge una definizione del difetto di giurisdizione, e se pare agevole coglieme il concetto generale considerando che il vocabolo � giurisdizione n � usato nella legge (v. in specie l'art. 103 della Costituzione della Repubblica) e nella dottrina Wff l!b E Wff l!b E -137 del processo nel senso del potere-dovere dell'organo cui la legge attribuisce funzioni giurisdizionali di conoscere e decidere nelle materie ed entro i limiti delle sue attribuzioni -onde cc difetto di giurisdizione � � mancanza nell'organo del potere di conoseere e statuire su quanto si sottopone al suo giudizio -sorge, e grave, data la natura e peculiarit� di tali attribuzioni e la variet� degli organi tra cui esse sono distribuite, la difficolt� di stabilire i casi in cui quella mancanza si avvera. Non � in prima a dubitare -e pertanto la questione non si pone -che difetti di giurisdizione il giudice che emetta provvedimenti non consentiti dall'ordinamento giuridico in vigore: ad es., pronunci un divorzio, condanni il debitore all'arresto per debiti. N� pu� farsi questione nel caso -che negli ultimi anni, a seguito della creazione di giurisdizioni speciali, ha dato luogo a decisione numerose -del giudice ordinario che statuisca su rapporto devoluto alla cognizione di un giudice speciale, e viceversa. � a discutere invece -e la questione si palesa grave e complessa -se rientri nel difetto di giurisdizione il caso in esame, di decisione emanata da collegio giudicante costituito per numero e qualit� dei componenti in modo diverso da quello stabilito dalla legge. .AI riguardo, � appena da accennare la rilevanza basilare che, per la costituzione del giudice nel processo, quando trattasi di organo collegiale, ha la composizione quantitativa e qualitativa dei suoi componenti, che dev'essere quale la legge l'ha prescritta perch� possa dirsi legittima la decisione che da esso promana, non potendo l'organo che risulti diversamente composto assurgere ad espressione della volont� dello Stato cui dev'essere ricondotto il provvedimento giurisdizionale. Nella specifica materia � esatto che queste Sezioni Unite ebbero a stabilire con pi� decisioni che il difetto di legittima costituzione del giudice speciale d� luogo a vizio di difetto di giurisdizione denunciabile in Cassazione a norma degli artcoli 362, 1� comma, e 374, 1� comma, O.p.c.; e che, con la decisione richiamata dai resistenti (Sent. 2641del18 ottobre 1951), dfohiararono che l'irregolare composizione delle sezioni specializzate di tribunale e di corte di appello (le decisioni di cui si tratta, in un senso e nell'altro, furono per la massima parte emesse in materia di legislazione eccezionale sulle locazioni delle case e dei fondi) non importa vizio di giurisdizione o di competenza, bensi inesistenza della decisione, da rilevarsi e proclamarsi anche d'ufficio dal giudice. Ma tali statuizioni, in apparenza contrastanti, considerano ciascuna e risolvono la questione da aspetti particolari e diversi, secondo cio� si prenda in esame la pronuncia emessa dall'organo irregolarmente composto, quale atto a s� e la sua rilevanza per il diritto, ovvero la potest� dell'organo irregolare che la pronuncia emise. Sotto il primo aspetto non pu� essere dubbio che la pronuncia di un tale organo � cc inesistente �, non potendo la decisione di un organo collegiale di composizione numerica o quantitativa diversa da quella prescritta dalla legge costituire quella espressione della sovranit� dello Stato volutamente impersonata da quel giudice nell'esercizio del magistero giurisdizionale: .1.'atto non proviene da chi rivesta la qualit� di giudice e pert.anto non esiste, � niente per il diritto. Ma se ci� non � contestabile, non pare nemmeno disputabile che quando la legge attribuisce l'esercizio del potere giurisdizionale ad un organo collegiale da costit irsi in un determinato "'modo, e della controversia invece conosca e giudichi un organo diversamente composto, ben possa e debba affermarsi che l'organo irregolare non ha giurisdizione, o che -vale lo stesso -�difetta di giurisdizione �. � in proposito esatta l'osservazione del ricorrente che anche quando si fa questione di composizione o costituzione di un collegio giudicante, si tratta sempre di sapere se il collegio che ha pronunciato, cosi come costituito e composto, avesse o non avesse, nel momento in cui ha emessa la pronuncia, il potere e la funzione (giurisdizionale) di pronunciare. Ed anche chi professa opinione contraria, riconosce che quando il numero dei componenti � un requisito del soggetto collegiale investito della giurisdizione, la sentenza (emessa da collegio composto da un numero maggiore o minore) � nulla a parte subiecti perch� chi la pronunci� non era quel soggetto cui appartiene la giurisdizione. Necessario � per� distinguere secondo che il vizio derivi dalla violazione d'una norma organica dell'ordinamento giudiziario ovvero di un'altra legge che stabiliscano il numero o la qualit� dei componenti il collegio giudicante, quale requisito specifico ed essenziale della sua investitura, dovendo classificarsi fra gli errores in procedendo la violazione di altre norme (di legge o di regolamento) relative bensi alla composizione dell'organo, ma non di eguale carattere organico, ad es., la partecipazione alla decisione collegiale di un giudice meno anziano. Costituito quindi il collegio giudicant,e in modo diverso da queHo prescritto dalla norma organica che ne stabilisce la composizione, vi sar� inesistenza o nullit� assoluta della decisione (sentenza) quale atto avente efficacia giuridic::t di decisione, e mancanza di potere, e pertanto difetto di giurisdizione, nel collegio che pose in essere la decisione stessa. L'irregolare costituzione del collegio giudicante, cosi precisata, rientra dunque nel vizio di difetto assoluto di giurisdizione e perci� cade la correlativa eccezione dei resistenti. N� -a riguardo di altra cennata eccezione dei resistenti medesimi il vizio di costituzione del giudice pu� limitarsi a.I vizio di cc costituzione dell'ufficio �; ch� la sentenza, insanabilmente nulla se pronunciata, ad es., dal sindaco anzich� dal pretore, non pu� non essere altrettanto nulla se emessa da un tribunale composto di due o di cinque membri. Ohe se poi si tratta di un vizio non organico dell'ufficio competente per legge, gi� si � detto che in tal caso si ha vizio in procedendo e non difetto di giurisdizione. � esatto che, essendo oggi ammesso per l'art. 111 della Costituzione contro le sentenze degli organi giurisdizionali speciali il ricorso in Cassazione �per violazione di legge, il vizio di irregolare composizione del collegio giudicante nelle sentenze di tali organi pu� sempre denunciarsi -costituendo violazione di legge -quale motivo di inesistenza o null~t� assoluta della sentenza; ma ci� non toglie che il vizio rientri altresi nel difetto di giurisdi -138 zione. Anzi appunto perch� l'art. 111 della Costituzione limita il ricorso in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato ai soli motivi inerenti alla giurisdizione, onde il vizio di irregolare costituzione del giudice non potrebbe mai, in relazione a decisione del Consiglio di Stato, farsi valere avanti la Cassazione quale motivo di nullit� per violazione di legge, acquista rilevanza decisiva il costituire un tale vizio altres� difetto assoluto di giurisdizione. � vero che l'inesistenza o nullit� assoluta della sentenza (sulla distinzione fra i due termini v'� controversia: nella specie vuolsi indicare atto mancante dei requisiti che ne costituiscono l'essenza) pu� essere opposta e fatta valere in qualunque momento (non essendo concepibile passaggio in giudicato di atto che � niente per il diritto) in sede di esecuzione o con un giudizio di accertamento negativo; ed � anche vero che il giudice il quale ha pronunciata la sentenza inesistente � liberato dalla osservanza del precetto del ne bis in idem e la sentenza stessa � tamquam non �sset per ogni altro giudice. Senonch�, a riguardo di sentenza (inesistente) del Consiglio di Stato, il ricorrente rileva che la nullit� sarebbe senza rimedio: perch� non sarebbe da sperare che il ministro desse corso al suo provvedimento (di trasferimento diesso ricorrente prof. Tesauro alla cattedra di Roma) siccome dal Consiglio di Stato male annullato; perch� per un giudizio di accertamento negativo mancherebbe perfino la giurisdizione-competenza dell'autorit� giudiziaria ordinaria; perch� oltre a non sperare in una nuova decisione del Consiglio di Stato, mancherebbe altres� a tale effetto una procedura idonea per riaprire il processo. Osservazioni alle quali non pu� negarsi valore; e, in ogni caso, rimedi giuridici, se non del tutto esclusi, sicuramente malagevoli e di incerto risultato; sicch� l'irregolarit� della decisione del Consiglio di Stato, inesistente perch� pronunciata da collegio composto illegalmente, potrebbe in effetti rivelarsi irrimediabil mente. Ci� non pu� aver voluto l'ordinamento giuridico. E il rimedio ch'esso appresta �, appunto, quello di considerare tale decisione -inesistente come atto avente efficacia giuridica di decisione giurisdizionale -siccome emessa da collegio che non aveva veste di giudice e pertanto mancante (difettoso) di giurisdizione. Quel collegio _:.... composto, per numero o qualit� di componenti, diversamente da quanto prescritto dalla legge -mancava di legittima costituzione, che � presupposto della potest� giurisdizionale dell'organo, anche se del Consiglio di Stato. Il quale, se non pu� essere considerato alla pari di ogni altra giurisdizione speciale in quanto ha un'organizzazione particolare ed � disciplinato nello svolgimento delle sue funzhmi da un corpo di leggi a s� stante non pu� prescindere, per quanto riguarda la validit� delle decisioni emesse nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, da quell'esigenza basilare del processo, di qualunque processo, quale � la regolare costituzione del giudice. L'irregolare composizione dell'organo (giudiziario) collegiale d� luogo, pertanto, a difetto assoluto di giurisdizione. Il che stabilito -e non essendo a, dubitare che l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato costi� tuisce organo giurisdizionale con� propria competenza specifica e distinta da quella delle ordinarie tre sezioni giurisdizionali di� tale� alto Consesso (in propos. infra) -� da accertare se l'irregolarit� di cui si � trattato si verific�, in effetti, nella composizione del collegio che pronunci� la decisione impugnata. � all'uopo dato di fatto che alla decisione pn.rteciparono, oltre il Presidente del Consiglio di Stato, otto consiglieri (due della IV Sezione giurisdizionale, tre della V, due della VI, uno appartenente a sezione consultiva e non designato dal Capo dello Stato). Deduce il ricorrente che tale composizione fu irregolare perch� a tenore del 3� comma dello art. 45 T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1064, e dell'art. 1, comma 3�, D.L. 5 maggio 1948, n. 642 (ratificato con legge 19 marzo 1952, n. 161), l'Adunanza doveva essere costituita, oltre che dal presidente, da quattro consiglieri per ciascuna delle sezioni giurisdiziona.li designati dal Capo dello Stato per l'anno 1951, e cos� da tredici componenti, e non, come fu, da nove; e che inoltre dell'Adunanza non poteva far parte il consigliere dott: Puliti, non compreso nel numero dei componenti effettivi, n� dei supplenti designati dal Capo dello Stato per il 1951; ed appartenente a sezione consultiva del Consiglio di Stato. Negano i resistenti che nella composizione della Adunanza in oggetto s'incorresse in alcuna irregolarit�, essendo stata la medesima costituita in conformit� del 2� comma del citato art. 45 T. U. delle leggi del Consiglio di Stato del 1924, secondo cui l'Adunanza plenaria decide col concorso di nove votanti. Norma, quest'ultima, che non sarebbe stata mai modificata e che sarebbe restata ferma anche dopo il D.L. 5 maggio 1948, n. 642, che avrebbe lasciato immutato il quorum di nove membri fissato dal citato art. 48 T.U. N� costituirebbe irregolarit� la partecipazione del consigliere Puliti non designato dal Presidente della Repubblica, disposta dal Presidente del Consiglio di Stato in forza del potere attribuitogli di provvedere con consiglieri appartenenti ad altre. sezioni, alla mancanza di consiglieri necessari per deliberare. Nella specie, poich� il consigliere Sandiford della IV Sezione, designato dal Capo dello Stato fu designato nel 1951 a sezione consultiva, trasferendosi da tale data alla IV Sezione il dott. Puliti, questi avrebbe preso stabilmente il posto del Sandinford tra i membri della IV Sezione e della .Adunanza plenaria. Osservano le Sezioni Unite che l'art. 43 T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato, nello stabilire che le decisioni di tale consesso in sede giurisdizionale sono prese con l'intervento di sette votanti, fece salvo il disposto del successivo art. 45. Il quale, nei comma 2� e 3�, dell'Adunatlz� plenaria, c precis� quando la controversia potesse -essere devoluta a tale organo, il .numero dei suoi componenti e il modo di loro designazione. Pi� precisamente, il 2� comma dispose che la Sezione investita del ricorso, la quale riconoscesse che il punto di diritto sottoposto al suo esame ~ 139 avesse dato luogo a precedenti decisioni in sede giurisdizionale tra loro difformi, potesse su richiesta delle parti o d'ufficio rinviare con ordinanza la controversia all'(( Adunanza plenaria col concorso di nove votanti �. E il 3� comma stabil� che dovessero, a tale effetto, designarsi al principio di ogni anno, con decreto del Capo dello Stato, quattro consiglieri per ciascuna sezione giurisdizionale (la IV e la V, sole a quell'epoca istituite), che avrebbero dovuto costituire, insieme al presidente del Consiglio di Stato, l'Adunanza plenaria. Ora i comma 2� e 3� dell'art. 45 del T. U. hanno subito vicende tali per cui � da escludere che siano restati sino ad oggi immutati. In prima, il D.L. 5 maggio 1948, n. 642, che istitu� fa, VI Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, dispose (3o comma dell'art. 1) che i componenti di tale sezione concorressero a costituire lAdunanza plenaria secondo le disposizioni dello art. 45 del menzionato T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, e degli effetti di tale norma (ratificata senza modificazioni dalla legge 19 marzo 1952, n. 161) si dir� pi� oltre. Successivamente, l'art. 5 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018, dichiar� che i detti due comma dell'art. 45 del T. U. erano � sostituiti � con altri due, il cui testo � in esso articolo riportato. Nei nuovi comma si modifica, ampliandola, la competenza dell'Adunanza plenaria (autorizzandosi il presidente del Consiglio di Stato a deferire a detta Adunanza qualunque ricorso che renda necessaria la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza); ma non v'� cenno del numero dei componenti l'Adunanza plenaria stessa, n� del modo di loro designazione (contenuti invece, come si disse, nei comma 20 e 3� dell'art. 45 del T. U.). I due nuovi comma contemplano entrambi la materia del 2� comma dell'art. 45 del T. U. relativa alla competenza dell'Adunanza plenaria; ma nessun riferimento ha invece in essi la parte finale del medesimo 20 comma dell'art. 45 (disponente che l'Adunanza plenaria decidesse col concorso di nove votanti), e l'intero 3� comma dello stesso articolo (disciplinante il modo di designazione e la qualit� dei componenti lAdunanza stessa). Per effetto quindi dell'art. 5 della citata legge 21 dicembre 1950, ove dovesse starsi al tenore di tale norma (�I comma 2� e 3� dell'art. 45 del T. U. delle leggi sul Consiglio di Stato approvato eon R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, sono sostituiti dai seguenti: (segue il nuovo testo), i comma 2� e 3� del detto T. U. 1924 risulterebbero abrogati per disposizione espressa del legislatore (art. 15 disposizioni sulla legge in generale) eon la conseguenza che, mentre la legge disporrebbe sulla eompetenza dell' Adunanza plenaria, nessuna espressa disposizione legislativa regolerebbe specificatamente la composizione di tale organo essendo abrogati i due detti comma dell'art. 45 T.U. del 1924, e riguardando il D.L. 5 maggio 1948, n. 642, soltanto la VI Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato. Per modo che, sorge, a questo punto, delicatissima una questione d'interpretazione della legge, che deve partire da non equivoca, per quanto inespressa volont� del legislatore, il quale, disci plinando e potenziando con la nuova legge n. 1018 del 21 dicembre 1950 l'Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, quale supremo organo di giustizia amministrativa, non pot� aver voluto lasciare senza disciplinaJa determinazione del numero e della qualit� dei suoi componenti. Sulla base di tale volont� del legislatore deve ritenersi che il nuovo testo di che all'art. 5 della legge del 1950 riguardi solo la parte dei comma 20 e 3� dell'art. 45 del T.U. del 1924, relativo alla competenza dell'Adunanza plenaria e non anche l'altra parte concernente la composizione di detto organo. Senonch� sino da quando, con la legge del 1907, fu istituita, accanto alla preesistente IV Sezione, la V Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, l'Adunanza plenaria fu composta da un numero fisso di componenti, sottratto ad ogni possibilit� di variazione. Infatti l'art. 37 del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, nel disporre che la IV e V Sezione -ove riconoscesse che il punto di diritto sottoposto al suo esame avesse dato luogo a precedenti decisioni in sede giurisdizionale tra loro difformi -potesse rinviare la discussione della controversia all'Adunanza plenaria ((col concorso di nove votanti >>; e nell'attribuire alla stessa adunanza plenaria la potest� di regolare la competenza in caso di conflitti fra le due sezioni, stabil� che, a tale effetto, fossero, al principio di ogni anno, designati con decreto reale il presidente e quattro consiglieri per ciascuna sezione giurisdizionale, che dovevano costituire lAdunanza plenaria. E l'art. 70 del Regolamento di procedura 17 a,gosto 1907, n. 642, dispose che al principio di ogni anno fossero designati, con decreti reali, due consiglieri supplenti -uno per ciascuna delle fdue sezioni giurisdizionali -per l'eventuale sostituzione nell'Adunanza plenaria dei consiglieri assenti o impediti. I comma 20 e 3� dell'art. 45 del T. U. 26 giugno 1924, n. 1054, riprodussero testualmente le menzionate anteriori disposizioni del T. U. del 1907, salvo pel presidente dell'Adunanza plenaria che si stabil� fosse il presidente del Consiglio di Stato. L'avere, pertanto, la legge disposto, sino dalla istituzione della V Sezione giurisdizionale, che lAdunanza plenaria fosse composta -oltre che dal presidente -da quattro consiglieri per ciascuna delle due sezioni giurisdizionali nominativamente designati dal Capo dello Stato; e l'avere disposto altres� che fossero nominativamente designati dal Capo dello Stato anche i consiglieri supplenti, dimostrano nel modo pi� evidente la precisa volont� del legislatore che l'Adunanza plenaria fosse formata (oltre che dal presidente) da quegli otto determinati consiglieri e non da pi� o da meno. E se tale fu la volont� del legislatore, c~ntrasta con essa la tesi che debba restar fermo per I'adu-_ nanza plenaria il numero di nove votariti anche dopo l'istituzione, avvenuta col D.L. 5 maggio 1948, n. 642, della VI Sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato. Per vero, disponendo detto D.L. che i componenti della VI Sezione devono concorrere a -140 costituire !'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni del 3� comma dell'art. 45 del T. U. del 1924, e cio� mediante la designazione da parte del Capo dello Stato, al principio di ogni anno, di quattro consiglieri della sezione stessa; e dovendo pertanto il Capo dello Stato designare, al principio di ogni anno, non pi� otto, ma dodici consiglieri (quattro per ciascuna delle tre sezioni giurisdizionali), dai detti dodici consiglieri dovrebbero esser tratti -secondo l'opinione dei resistenti -gli otto occorrenti per costituire, in unione al presidente del Consiglio di Stato, I' .Adunanza plenaria di nove votanti. Cosi tale .Adunanza :risulterebbe costituita non da tutti i componenti designati, ma da una parte di esso; e per di pi� sarebbe inattuabile una loro partecipazione paritaria (sia pure di tre consiglieri anzich� di quattro) delle tre sezioni giurisdizionali, non essendo fondata su alcuna disposizione di legge la prassi, seguita dal Consiglio di Stato, di comporre il collegio con dieci membri (il presidente e nove consiglieri) e farne intervenire alla decisione soltanto nove (il presidente ed otto consiglieri, rimanendone fuori il consigliere meno anziano). Orbene un'.Adunanza plenaria composta soltanto di parte dei componenti designati e nella quale non sia possibile ilconcorso paritario delle tre sezioni giurisdizionali, non si concilia con le disposizioni delle citate leggi in testi unici del 1907 e del 1924, le quali vollero che !'.Adunanza plenaria fosse costituita da un numero di componenti immutabili durante l'anno, nominativamente determinati e paritari fra le Sezioni giurisdizionali. Tale sistema fu sicuramente mantenuto dal D.L. 5 maggio 1948, il quale, prescrivendo che la VI sezione, da esso istituita, concorresse a costituire I'.Adunanza plenaria secondo le disposizioni del ricordato 3� comma dell'art. 45 T.U. del 1924, e cio� mediante la designazione annuale di quattro consiglieri nominati dal Capo dello Stato, intese senza possibilit� di incertezza che la detta VI Sezione partecipasse all'.Adunanza medesima su piede di parit� con le due sezioni preesistenti. Ma, cosi disponendo, il D.L. del 1948 ebbe implicitamente, ma non meno certamente, a modificare la preesistente composizione numerica della .Adunanza plenaria, nel senso che alla stessa dovessero partecipare anche i quattro designati consiglieri della VI Sezione, aumentandosi pertanto da nove a tredici (4+4+4+1) il numero dei suoi componenti. Una diversa interpretazione del D.L. del 1948 non � possibile per la ragione che, non permettendo il numero di otto consiglieri un concorso paritario delle tre sezioni giurisdizionali, e concedendosi ove si accolga l'opinione dei resistenti -al presidente del Consiglio di Stato il potere di scelta e di variazione fra i dodici consiglieri designati, il sistema dei testi unici del 1907 e del 1924, fondato sulla partecipazione paritaria delle sezioni giurisdizionali e sulla determinazione nominativa dei componenti, ne risulterebbe alterato ed anzi annullato. Per ritenere il contrario, occorrerebbe emergesse un'esplicita o quanto meno implicita, ma sicura volont� del legislatore, diretta a modificare tale sistema, che, stabilito dalla legge coevamente alla pluralit� delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, non pu� venir meno se non in forza di una diversa certa volont� della legge stessa. Volont� che non risulta e che invece il richiamo, da parte del D. L. <lel 1948~ de.Isolo .3� comma dell'art. 45 del T.U. del 1924 sta ad escludere. N� vale l'argomento che appunto la mancata esplicita abrogazione, �nel D.L. del 1948, della parte finale del 2� comma dell'art. 45 del T. U. del 1924 starebbe a provare la volont� della legge che, pur designandosi dal Capo dello Stato quattro componenti per ciascuna delle tre sezioni, il numero dei votanti nell'Adunanza plenaria rimauess(di 9. L'illazione non ha alcun peso decisivo di fronte all'argomento maggiore rappresentato dalla designazione -espressamente disposta dal D.L. del 1948 -di dodici consiglieri a termini del 3� comma, che stabilisce il principio paritario, onde tale principio rimane ancor oggi fondamentale per la composizione dell'Adunanza plenaria. I fatti rilievi autorizzano, quindi, a ritenere che l'anteriore composizione numerica dell'Adunanza plenaria, sulla base del quorum di nove membri venne modificato dal D.L. 5 maggio 1948 con Io st'abilire la partecipazione della VI Sezione alla Adunanza plenaria secondo le disposizioni del 3� comma dell'art. 45 del T.U. del 1924; e che il detto decreto legislativo menzion� soltanto il terzo comma dello stesso art. 45 in quanto tale ultima norma veniva implicitamente abrogata per incompatibilit� con la partecipazione paritaria delle tre sezioni. E da ci� anche l'ulteriore conseguenza che la legge 21 dicembre 1950, n. 1018, non aveva bisogno di disporre sulla composizione numerica della .Adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in quanto tale composizione gi� risultava necessariamente per quanto disposto col D.L. 5 marzo 1948, n. 642. Quanto si � esposto non � scalfito dalle ultime osservazioni dei resistenti. In fatti: 1) l'argomento che la norma del terzo comma dell'art. 45 del T.U. del 1924 avrebbe -di fronte a quella del 20 comma -semplice funzione strumentale, � escluso dalla volont� precisa dei legislatori del 1907 e del 1924, i quali intesero di proposito che alla composizione dell'.Adunanza plenaria le due sezioni giurisdizionali dovessero concorrere con pari numero di consiglieri; 2) non pare utile, d'altronde, il richiamo dell'art. 9, ultimo comma, del T.U. del 1924, nel quale �, fra l'altro, stabilito che il presidente del Consiglio di Stato presiede. . . . le Adunanze plenarie �indicate nel 2� comma dell'art. 45 n, senza far menzione anche del 30 comma di tale ultimo articolo: perch� � manifesto che nel detto art. 9 I'.Adunanza plenaria � nominata con riferimento del tutto generico; 3) anche ilricordo storico che ilnumero di nove votanti era gi� stabilito nella legge del 1889, in cui mancava una norma corrispondente. al 3� comma di cui si discute, perde valore per avere l'e.rgano.,.. nella sua successiva evoluzione, assunta nuova fisonomia per esigenze cui prima non era sottoposto; 4) non si tratta, infine, di esaminare in tesi dottrinale ed astratta se la rappresentanza paritaria delle sezioni possa o meno ritenersi essenziale -141 alla composizione dell'Adum1nza plenarfo; ma si tratta di stabilire se nella vigente disciplina legi. slativa del Consiglio di Stato la forma paritaria fu considerata come essenziale, il C'he, per quanto si � detto, deve dirsi perent.oriamente accertato. Pertanto lAdunanza plenaria in oggetto, alla quale concorsero come votanti il pres~dente e sol~ otto consiglieri, risulta, per numero di componenti irregolarmente costituita; in conseguenza va accolto il primo mezzo del ricorso nella parte riguardante la irregolarit� di composizione numerica del col legio che emise la decisione impugnata. Restando assorbita la questione concernente la compos~zion~ qualitativa; e proposti collo stesso mezzo, gli alt~�i mezzi del ricorso. L'impugnata decisione va, quindi, eassata, rimettendosi le parti avanti al Consiglio di Stato�. � superfiuo sottolineare l'importanza di questa fondamentale sentenza delle Sezioni Unite, e rilevare che come tutte le decisioni che la Corte Suprema emana nell'esercizio del suo potere di massimo organo regolatore della giurisdizione, anche questa pronuncia � destinata a costituire una pietra miliare nello sviluppo della nostra giurisprudenza. La motivazione, che abbiamo integral ente .ripor tata, fornisce, a nostro avviso, argomenti sufficienti per sostenere la tesi adottata dalla Corte secondo la quale la irregolare composizione per il numero e la qualit� dei membri di un organo giurisdizionale speciale costituisce un vizio che prodtwe due effetti concor renti: l'uno di rendere inesistente, e quindi irrile vante per il diritto la sentenza emanata e l'altro di far considerare la sentenza stessa come emessa da giudice privo assolutamente di giurisdizione. Riteniamo, cio�, che dalla motivazione della sen tenza appaia chiaramente illustrato il pensiero della Corte secondo il quale il riconoscere il vizio di difetto di giurisdizione in sentenze emanate da collegi giu dicanti, composti irregolarmente, non costituisce un semplice espediente per rendere impugnabili le deci sioni di quegli organi giurisdizionali i quali, secondo la Costituzione, sono soggetti al potere regolatore della Corte di Cassazione solo per � motivi in(jrenti alla giurisdizione� (art. 111 -Consiglio cli Stato e Corte dei Conti). D'altra parte, la stessa sentenza n. 2641 del 1951 resa dalla Sezioni Unite e richiamata nella sentenza che si annota (vedi Foro It., 1951, I, 1317), se affermava che �la competenza e la gi1irisdizione riguardano l'attivit� dell'organo laddove la composizione del Collegio attiene ad un momento logicamente e cronologicamente anteriore ))' da ci� deducendo che il vizio nella composizione delV organo giudicante � causa di inesistenza della sentenza, faceva espressa riserva per quanto riguarda le giurisdizioni speciali, per le quali si richiamava la sentenza n. 7 del 10 gennaio 1949 (in Foro It., 1949, I, 648) in cui si riconosceva nella irregolare composizione del Collegio il difetto di giurisdizione << perch� la legge attribuisce la potest� giurisdizionale al Collegio come tale�. Pertanto, pu� dirsi che questa sentenza non rappresenta una deviazione da una giurisprudenza costante contraria, ma � il logico coronamento dello sviluppo della giurisprudenza della Corte Suprema in questa delicata materia. Detto questo in ordine alla esattezza del principio riaffermato solennemente dalla Corte Suprerna in questa sentenza, si deve esprimere piena adei;iorw alla interpretazione che la stessa Corte ha dato delle norme che regolano la composizione delVAdunanza plenaria del Consiglio di Stato. . Questa interpretazione � la sola logicamente (j giuridicamente possibile, in quanto � la sola cho mantiene fermo il principio fondamentale fin dalla istituzione dell'Adunanza plenaria che esige la detor minazione fissa numerica e nominativa dei compo nenti dell'Adunanza stessa al principio di ogni anno per decreto del Capo dello Stato e l,a r~pp.res~nt~nz~ paritetica nel collegio di tutte le .sezioni giurisdi zionali del Consiglio di Stato. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Impiego pubblico -Impiegati del Poligrafico dello Stato -Controversie del lavoro -Competenza del Magistrato ordinario. (Corte di Cass., Sez. Unite, Sent. n. 1645-52 -Pres. : Mandrioli -Est.: Duni -P. M.: Macaluso - Alciati ed altri contro Istituto~Poligrafico dello Stato). Le controversie tra il Poligrafico dello Stato ed i suoi dipendenti concernenti il rapporto di lavoro sono di competenza del giudice ordinario ai sensi dell'art. 429, n. 3 del c.p.c. Riportiamo testualmente la sobria, precisa ed esaur�mte motivazione della sentenza della Suprema Corte. �I ricorrenti sostengono che il Poligrafico, operando nel campo della produzione in regime di concorrenza costituisce un ente pubblico economico, s� che le c~ntroversie, fra l'ente medesimo ed i suoidipendenti sono di competenza del giudice ordinario, a termini dell'art. 429, n. 3 del codice di procedura civile, tuttora in vigore anche dopo la soppressione dell'ordinamento sindacale. La tesi cui si � associata nella discussione orale, la stessa Avvocatura dello Stato in difesa del Poligrafico, � fondata e va accolta. Questa Suprema Corte ha ormai consolidato la propria giurisprudenza nel senso enunciato dai ricorrenti e non ha motivo per mutare indirizzo. La disposizione contenuta nell'art. 429, n. 3, cod. proc. civ. nello stabilire la competenza dell'autorit� giudiziaria specializzata pel lavoro nelle controversie relative a rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti di enti pubblici inquadrati nelle associazioni sindacali, si rifer� implicitamente all'art. 1 della legge 16 giugno 1938, n. 1303 con la quale era stato revocato il divieto di far parte di associazioni sindacali, sancito dall'art. 3 del Regio decreto 1� luglio 1926, n. 1130, relativamente agli enti pubblici operanti nel campo della produzione. e svolgenti attivit� economica in regime di concorrenza. L'inquadramento, pertanto, fu richiesto dal codice come equipollente di siffatta attivit�, per effetto della quale i rapporti di lavoro erano ratione materiae da deferire alla cognizione del giudice ordinar_~o.del lavoro. L'abolizione dell'ordinamento sindacale fece venir meno soltanto l'inquadramento effettivo dei dipendenti degli enti anzi accennati, s� che l'art. 429, n. 3 � tuttora applicabile rispetto agli enti pubblici esplicanti una attivit� economica in regime di libera concorrenza. 1;;;;;; e-mzr mrnrnM&mm' 11m 1;;;;;; e-mzr mrnrnM&mm' 11m ~�::;:SCT?C2~m2mm -142 Questa .Suprema Corte, inoltre ha gia precisato che sono in genere da considerare in tal natura gli enti pubblici i quali intervenendo .nel campo della vita economica (agricola, industriale, commerciale, di credito, di assicurazione, ecc.) esplichino come imprenditori in regime di parit� giuridica con gli altri soggetti con cui entrano in rapporto una attivit� che si trovi o vossa trovarsi in concorrenza con analoga attivit� di comuni imprenditori, e rappresenti quindi un mezzo diretto non gi� alla realizzazione immediata di un fine pubblico, bens� al conseguimento dei lucri mediante la partecipazione alla vita degli affari. E ritiene il Supremo Collegio che, nei riguardi del Poligrafico sussistono in pieno le condizioni ora dette. Istituito con la legge del 6 dicembre 1928, n. 2744, per l'esercizio delle arti grafiche e per la gestione delle pubblicazioni di Stato destinate alla vendita, il Poligrafico ha sempre pi� esteso, in virt� di numerose leggi successive, la sfera delle sue attivit�, non limitate a compiti nell'interesse diretto dello Stato quali la stampa dei biglietti di Stato, dei titoli di Stato, dei valori bollati, delle carte valori in genere, della Raccolta Ufficiale delle Leggi e Decreti della Gazzetta Ufficiale delle circolari ministeriali, ecc. ma divenuta rilevantissima nel campo specifico dell'industria grafica e del relativo commercio, in concorrenza con privati imprenditori ed a fine. di lucri, sia pure confiuenti per legge, nelle casse statali. L'Istituto, infatti, assume vastissime forniture per conto di terzi prfoati, che espleta mediante stabilimenti tipografici, litografici e cartografici tra i pi� apprezzati del genere. Sciolta, anni or sono, la Societ� Industria della cellulosa tutte le attivit� e le attribuzioni di essa passarono al Poligrafico, che assume cos� un'altra gestione eminentemente economica. A termini del regolamento sul Provveditorato Generale dello Stato, il Poligrafico attende alla stampa ed alla vendita di grandi edizioni artistiche di opere letterarie e scientifiche, alla stampa di edizioni nazionali di classici latini e di monografie su monumenti, palazzi e ville, e alla stampa di opere in ottavo, di cataloghi, guide e opere musicali. D'altra parte, di fronte a tanta complessa e vasta mole di attivit� meramente economica, quella esercitata nel solo e diretto interesse dello Stato non solo � secondaria rispetto alla prima, ma non � neppure esclusiva, come ha rilevato anche l'Avvocato dello Stato, da un lato la Banca d'Italia ha una propria tipografia per la stampa dei suoi biglietti, e d' altronde ingenti commesse di tali biglietti sono state affidate a tipografie private. A queste, inoltre, vengono ordinate stampe di titoli di Stato. Le Sezioni Unite, pertanto, riesaminata la natura dell'Istituto Poligrafico, e tenuto conto della sempre crescente sua attivit� nel campo economico e della produzione, in regime di libera concorrenza con le industrie prfoate affini, divenuta indubbiamente prevalente rispetto alle altre attribuzioni, ritengono che ora -a differenza di quanto fu stabilito con la sentenza n. 551, del 4 marzo 1950 -debba affermarsene la natura di ente economico nei sensi anzidetti e debba dichiararsi in conseguenza, la competen. za della autorit� giudiziaria ordinaria, a termini - dell'art. 429, n. 3 cod. proc. civ. per le controversie in tema di impiego e di lavoro tra il Poligrafico ed i suoi dipendenti �. Com'� noto la tesi ora accolta dalla Corte Suprema, sul ricorso dei dipende.nti del Poligrafico, venne prospettata per la prima volta dall'Avvocatura dello Stato, ma fu respinta dalle Sezioni Unite della Corte Suprema con la sentenza n. 551 del 4 marzo 1950. Tale sentenza fu riportrita nella sola massima in questa Rassegna (1950, pag. 77) e fu criticata con gli argomenti ora accolti dalla Corte di Cassazione. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Regolamento di giurisdizione-Procedimento dinanzi a giudice speciale Limiti di proponibilit� ~ Sentenza di pronuncia sol tanto sulla giurisdizione. (Corte di Cass., Sez. Unite - Sent. 1254-52 -Pres. : Ferrara -Est. : Cacciapuoti P.M.: Eula -Mori contro Ministero Trasporti). L'art. 41 c.p.c., relativo al regolamento di giurisdizione, trova applicazione aucbe nel caso di cause pendenti dinauzi a magistrature speciali. Non. � sentenza di merito, che preclude la possibilit� di proporre il regolamento di giurisdizione (art. 41 c.p.c.) quella del giudice di primo grado che pronuncia soltanto sulla giurisdizione. La questione di giurisdizione non pu� pi� essere esaminata soltanto se esiste giudicato su di essa. Ci� avviene solo in due ipotesi : quando il giudicato concerne altres� il merito ovvero quando sulla questione di giurisdizione si siano pronunziate le Sezioni Unite. La prima massima conferma un indirizzo giurisprudenziale, di cui si � gi� data notizia in questa Rassegna, con particolare riferimento .all'applicazione di esso rispetto al Consiglio di Stato: vedasi Rassegna, 1948, fase. 11-12, pag. 27; 1949, pag. 201. Con riferimento per l'appunto al Consiglio di Stato pu� vedersi la sentenza delle Sezioni Unite 31 luglio 1950, n. 2246, in Massim. Foro Ital., pag. 454. Anche il principio affermato nella seconda massima corisponde ad un indirizzo ormai costante delle Sezioni Unite: vedasi in proposito quanto fu riferito nella Rassegna, 1949, 212, nonch�, pi� am'{ Jiamente, nella Rassegna, 1950, 21. Importante � sopratutto la terza massima. L'A vvocatura ha avuto modo gi� nella Relaziune1926-29 (cap. 1, n. 9 e 10) di far presente, richiamandosi all'indirizzo giurisprudenziale allora prevalente, che non � precluso l'esame della questione di giurisdizione finch� non interviene un giudicato (sostanziale), salvo che -naturalmente -nel corso del giudizio non intervenga una pronunzia delle Sezioni Unite su di essa. In particolare si precisava sin da allora, che non � ammissibile un giudicato implicito sulla questione di giurisdizione. Tuttavia l'indirizzo della Corte Suprema era venuto mutando in proposito e si era riconosciuto valore al giudicato implicito anche rispetto alla suddetta questione (si vedano s. u...ii dice'f]Jbre_ 1948, n. 1875, e 18 novembre 1950, n. 2622, ~in MasF�im. Foro Ital, 390 e 534). Tale indirizzo ci sembrava non del tutto corrispondente alla particolare natura della questione e sopratutto- in-contrasto-con l'art. 37 c.p.c., il quale mira a impedire che sulla questione possa verificarsi una = -143 preclusione, possa, cio�, infiuire il c. d. giudioato implicito. � evidente, infatti, che questo attiene al l'attivit� delle parti; mentre l'art. 3 7 stabilisce che il giudice non possa rimanere vincolato per la loro iner zia e debba esaminare anche di uff�oio la questione. Gi� le sentenze delle S. U. 28 giugno 1948, n. 1015 e 15 febbraio 1949, n. 249 (in Mass. Foro !tal., 221 e 52) hanno mostrato di attenersi a tale ordine di idee; ma sopratutto quella in esame, riprendendo e chiarendo i concetti della sentenza 15 febbraio 1949, n. 249, � tornata a una pi� rigorosa e pi� logica interpretazione dell'art. 37 c.p.c. Ha infatti ritenuto la Suprema Corte: ~ � Ma la cosa giudioata in punto di giurisdizione (ha ritenuto questa Corte con la rioordata sentenza n. 249 del 15 febbraio 1949) si pu� formare soltanto in due ipotesi; nell'ipotesi cio� che il giudioe si sia pronunciato contemporaneamente sulla questione: di giurisdizione e sulla questione di merito e nell'altra ipotesi che sulla questione di gurisdizione si sia pronunciata la Corte di Cassazione, perch� nella prima ipotesi opera il giudioato sostanziale, che travolge inevitabilmente anche la questione pregiudiziale di giurisdizione, nella seconda ipotesi opera la funzione della Corte di Cassazione quale organo regolatore della giurisdizione e della competenza >>. CONTABILIT� DELLO STATO -Deroga alle norme del Codice civile -Valore della norma -Pagamenti dello Stato -Decorrenza degli interessi. (Corte di Cass., Sez. Prima, Sent. n. 1601-52 -Pres.: Anichini; Est.: Celentan�; P.M.: Pittiruti -Consorzio di Credito Opere Pubbliche contro Ministero della Marina Mercantile). Se in via generale � da ammettere che le regole di diritto comune sull'adempimento e sugli effetti dell'obbligazione si applicano anche ai debiti dello Stato tali regole possono tuttavia essere derogate dalle disposizioni contenute nella legge e nel Regolamento sulla Contabilit�. generale dello Stato, le quali non costituiscono gi� norme interne di contabilit�, ma hanno vera e propria forza vincolante, forza di diritto obiettivo, nei confronti sia dell'Amministrazione che dei creditori, per l'esecuzio!le delle prestazioni pecuniarie della prima. l l Dal complesso delle disposizioni sulla contabilit� generale dello Stato (legge e regolamento) si evince che i debiti pecuniari dello Stato, in deroga alla norma dettata dall'art. 1282 e.e. diventano liquidi ed esigibili, e generano come tali l'obbligo del pagamento, degli interessi di diritto a carico dell'Amministrazione, soltanto dopo che la spesa della competente amministrazione sia stata ordinata, con l'emissione del relativo titolo di spesa. Tale principio vale anche ri,el caso di spese con scadenze determinate rateali. Riportiamo integralmente il testo di questa sentenza per la parte che si riferisce alle massime sopra trascritte. � Ora, se in via generale �"'da ammettere, come si afferma nel rioorso, che le regole di diritto comune sull'adempimento e sugli effetti delle obbligazioni si applioano anche ai debiti dello Stato, occorre tenere presenti le disposizioni .contenute nella legge e nel regolamento predetto, le quali non costituiscono gi�, aome nel ricorso pure si sostiene, delle norme interne, di contabilit�, ma hanno vera e propria forza rinco lante, forza di diritto obiettivo nei confronti sia del l'amministrazione che dei creditori, per l'esecuzione delle prestazioni pecuniarie della prima. << Qualunque sia il titolo per cui vengono fatte, queste danno sempre litogo a una spesa pubblica, e sono le esigenze stesse della Finanza e dei pubblici bisogni cui devono sopprerire, a imporre tutto il complesso di atti e di controlli predisposti dalla legge e regolamento di contabilit� per la relativa erogazione. Atti che incominciano dall'autorizzazione data dal Parlamento con la legge del bilancio, e, attraverso � l'impegno e la liquidazione, giungono sino all'ordi nazione e cio� al titolo di spesa, con cui, diversamente da quanto avviene per gli ordinari rapporti di di.ritto privato, dagli organi stessi dell'amministrazione debitrioe viene determinata in cifra certa e liquida la prestazione che lo Stato deve pagare ed ordinato al competente uff�oio di effettuarne il pagamento. Titolo ili spesa, che � soggetto, a sua volta, a controllo della Corte dei Conti, ma la cui consegna al creditore:estin gue ormai l'obbligazione, come si ricava dagli artiooli 55 legge, 316 regolamento, 1 L. 18 marzo 1926, n. 362. Essendo obbligatorio il percorso"' di simile procedura, e non essendo sindacabili dall'autorit� giudiziaria gli atti ili cui si compone, resta esclusa la possibilit� stessa di applicare ai debiti dello Stato la norma dell'art. 1282 cod. civ. sulla corresponsione degli interessi di diritto. Il che non contrasta, peraltro, con la lettera della norma, la quale fa salve le eccezioni di legge, e non esula neanche dal suo spirito, essendo stato indotto" il legislatore ad estendere in via di massima (v. Relazione ministeriale) ai debiti oivili il principio, imperante gi� per quelli commeroiali, da ragioni (quale la fecondit� del denaro nelle mani del debitore che lo detiene, il bisogno di incrementare il credito) che non � dato invocare nei rapporti con lo Stato. Si � fatto presente dalla difesa del Consorzio che, nel caso, trattavasi di una spesa con scadenza determinata. Ma anche tali spese, per le rate che scadono nell'esercizio finanziario cui si riferisce il bilancio, devono essere iscritte, e se per esse sono disposti procedimenti speciali e la liquidazione pu� diventarne automatioa, necessario � pur sempr( far luogo all'ordinazione con le conseguenze che sopra si sono indicate. Giova poco, d'altro canto, obiettare che il ritardo con cui l'amministrazione proceda alla liquidazione e all'emissione del titolo di spesa potrebbe prolungarsi in modo indefinito, con manifesto e serio pregiudizio del creditore insoddisfatto. A parte che tale ipotesi resta fuori della normale gestione finanziaria dello Stato, come confermato dalla stessa fatti specie in cui la sospensione dei pagamenti fu causata dai tragici avvenimenti che sconvolsero negli anni 1943 e 1944 la vita del nostro paese; e che il creditore, a salvaguardia delle proprie ragioni, potrebbe comunque diffidare l'amministrazione a pagare, agli effetti anche di un eventuale ricorso di legittimit� q,J Oonsiglio di Stato in sede giurisdizinale; l'indagine �_ limitata, nella specie, all'applicabilit� della norma dell'art. 1282 cod. oiv., e fuori di tale inilagin(restano pure le ipotesi previste dai vari Capitolati di appalto di opere pubbliche e Condizioni generali di forniture per i pagamenti ritardati oltre un certo termine, e altres� i casi in cui, per essersi conteso sull'an. ---144 debeatur, gli interessi sono gi� dovuti in forza di sentenze�. � superfluo mettere in rilievo la estrema importanza di questa pronuncia della Corte Suprema, la quale concorre a segnare con equilibrio e precisione i limiti della soggezione dell'Amministrazione al diritto privato. In tempi ne'i quali non di rado � dato leggere in pronuncie giudiziarie non esservi alcuna differenza tra lo Stato ed il cittadino quanto all'applicabilit� delle norme di diritto civile, una pronuncia come l'attuale che riconosce una distinzione che trova il suo fondamento non in teorie pi� o meno elaborate ma nella ineliminabile natura delle cose, merita di essere veramente salutata con compiacimento. E ci� anche se alcune considerazioni impongono le pi� ampie riserve, come ad esempio quella sia pure espressa in via incidentale, che potrebbe indurre a rit'enere ammissibile un ricorso al Consiglio di Stato per ottenere dall'Amministrazione in sostanza il pagamento di un debito e, cio�, la soddisfazione di una pretesa basata su diritto soggettivo. Con questa sentenza la Corte Suprema fa un ulteriore passo decisivo sulla via tracciata dalla precedente sentenza n. 1014 del 1951 (v. in q�esta Rassegna, 1951, pag. 121) nella quale si erano segnati i limiti e le condizioni necessarie e sufficienti per far considerare in mora l'Amministrazione. La sentenza in rassegna � altres� sulla stessa linea di quella n. 7 55 del 1952 (in questa Rassegna, 1952, pag. 70) nella� quale sono anche segnati i limiti dell' assoggettabilit� dell'Amministrazione ad esecuzione forzata. Dalla combinazione logico-giuridica delle massime enunciate nelle suddette pronunciate giudiziali riteniamo si possa desumere che nella giurisprudenza della Corte Suprema si sta affermando (o meglio riaff erman�o) il principio secondo il quale lo Stato non pu� essere mai considerato come scisso nettamente in due personalit�, una di diritto pubblico e una di diritto privato. Le norme del diritto privato, in altri termini, possano applicarsi allo Stato solo nei limiti della loro compatibilit� con le norme prevalenti di diritto pubblico. Questo principio, sul quale in teoria non si sono pi� sollevati da molti anni dubbi seri, veniva e viene obliterato ogni volta che si tratti � di farne concrete applicazioni in quel campo ove il contrasto si verifica pi� evidente e pi� stridente, nel campo, cio�, dei rapporti contrattuali e particolarmente dell'adempimento forzoso delle obbligazioni. Qui, mentre si � sempre affermato, salvo alcune minori deviazioni, che non � consentita l'esecuzione forzata di obbligazioni di facere nei confronti della P. A. (escludendosi cos�, per esempio, l'emanazione di sentenze costitutive) noti si � approfondita abbastanza la questione della esecuzione forzata di sentenze che importino un'obbligazione di dare. Non si � visto, cio�, come anche questa esecuzione forzata implichi, necessariamente, quella interferenza della a.ziono giudiziaria nell'azione amministrativa che � esclusa da tutto il nostro sistema costituzionale della divisione dei poteri. (Cfr. ALBINI, in (Giur. It., 1952, I, 2, 610). Riconosciamo che su alcune decisioni contrarie al principio generale sopra ricordato hanno influito motivi di equit� determinati da gravissime deficenze dell'azione amministrativa che si risolvevano in un sacrificio ingiustificato del cittadino. Tali deficenze sono tanto pi� gravi in quanto alla posizione privi legiata dell'Amministrazione nei confronti del privato in relazione all'assoggettabilit� all'esecuzione forzata ed altre misure di adempimento forzo so di obbligazioni corrisponde, appunto il dovere dell' A mministrazione di obbedire aUe leggi e�aile regole, anche non scritte, di correttezza amministrativa, dovere che invece per il privato, nel campo del diritto civile, � limitato al solo aspetto negativo della non disobbedienza. Ma, oramai, dopo l'entrata in vigore dell'articolo 28 della Costituzione non sembra che vi sia pi� nemmeno bisogno, per tutelare il cittadino, di distruggere i fonda menti del nostro ordinamento giuridico, essendo evidentemente sufficiente la possibilit� di persecuzione personale dei singoli funzionari responsabili degli atti che, per colpa o per dolo, si siano risolti in un danno per il privato. Tuttavia, dobbiamo ammettere che questo problema dell' assoggettabilit� dell'Amministrazione all' esecuzione forzata, ed in genere delle interferenze del diritto pubblico col diritto privato in questo campo, non � stato sufficientemente approfondito, e ci riserviamo di farlo in uno dei prossimi numeri di questa Rassegna. DEMANIO -Beni patrimoniali indisponibili -Macchi� nari officine militari -Possesso di pezzi smontati Acquisto della propriet�. (Corte di Cass., Sez. II, Sent. n. 2666-52 -Pres.: Brunelli, Est.: Capizzi, P. M.: Binazzi -Sforazzini contro Ministero Difern Aeronautica). Le macchine ed i materiali arredanti una officina di aeroporto militare fanno parte, quali indispensabili accessori degli armamenti, del patl'imonio indisponibile dello Sta,to. Il mutamento della loro consistenza e funzione avvenuto a causa di un furto non basta a far uscire quei materiali dal patrimonio indisponibile dello Stato perch� spetta soltanto al giudizio tecnico dell' Ammini.strazione il decidere sulla inservibilit� allo scopo cui i beni sono destinati con le conseguenze della loro libera commerciabilit�. Dei suddetti beni pu� acquistarsi legittimamente il possesso solo quando essi sono sottratti alla loro destinazione nei modi stabiliti nelle leggi che li riguardano. Finch� tale mutamento legittimo di destinazione non � avvenuto il possesso di questi beni rimane senza effetto ai fini. dell'art. 1153 del e.e. La parte sostanziale iJ,ella motivazione di questa chiara sentenza � contenuta nelle massime sopra riportate. Sull'argomento vedi su questa Rassegna, 1948, fase. 11-12 pag. 25; 1949, pag. 191 e 1951, pag. 120. FERROVIE -Responsabilit� civile-...:: Passaggio a livello Custodia -Discrezionalit� della Amministrazione fer� roviaria -Fischio di avviso. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 1171-52 -Pres. : Curcio, IEst. : Lorenzi, P.M.: Binazzi -Vigliotti contro FF.SS.). Solo all'Amministrazione Ferroviaria, e non-al.-. Magistrato ordinario, � dato valutare le interfe� renze del traffico di strada ordinaria sul servizio ferroviario al fine di organizzare il servizio stesso. I passaggi a livello incustoditi non possono mai qualificarsi principali ai fini della osservan;m delli:ii norma sulle segnailazi9n,i !'l!custicb.e, 145 Sentenza questa di notevole importanza, sopratutto perch� rappresenta un ritorno al rigore di principi, troppo frequentemente obliati, in materia di divisione di poteri. La fattispecie concerneva la questione a chi spetti stabilire la sussistenza della normale visibilit�. prevista dall'art. 28 del codice stradale come condizione obiettiva per lasciare incustoditi i passaggi a livello. La Oorte Suprema ha affermato che l'accertamento della normale visibilit� ha carattere tecnico-discrezionale e, per questa sua natura non pu� che essere devoluto a quell'organo cui spetta provvedere al funzionamento del servizio ferroviario e alla sistemazione delle interferenze fra questo servizio e il traffico su strada ordinaria, cio� all'Amministrazione ferroviaria, esclusa ogni possibilit� di sindacato da parte del magistrato ordinario. Per quanto riguarda la seconda massima, la Oorte Suprema, dopo aver ricordato che, a norma del Regio decreto 9 agosto 1929 il segnale di a'Vviso da parte del macchinista dev'essere dato solo quanto il treno si avvicina ai principali passaggi a livello, e dopo aver messo in rilievo come il R. decreto 24 novembre 1937, n. 1407, nel definire i passaggi a livello principali, indica quelli protetti da special'i segnalazioni fisse ed ai quali � permanentemente preposto un agente di servizio, conclude che i passaggi a livello incustoditi, appunto perch� prfoi di speciali segnalazioni fisse e senza l'agente di servizio permanente, non possono considerarsi mai principali. RESPONSABILIT� DELLA PUBBLICA AMMINI STRAZIONE -Azione dolosa del funzionario -Irri feribilit� -Esclusione della responsabilit� indiretta. (Cortkl di Cass., Sez. I, Sent. n. 1312 del 9 maggio 1952 - Pres. : Cannada-Bartoli, Est. : Chieppa, P. M.: Pomodoro (conf.) -A.T.A.C. contro Cremonini). Le responsabilit� della pubblica amministra zione per fatto illecito non trae fondamento dalla norma dell'art. 2049 Codice civile (responsabilit� indiretta per fatto del preposto) perch� ne man cano i presupposti; essa si profila invece quale responsabilit� diretta per fatto proprio, quando gli organi per mezzo dei quali agisce, nell'ambito delle loro attribuzioni, colposamente arrechino danno al privato. Il fatto illecito dolorn del funzionario rompe il rapporto tra l'ente pubblico e i suoi dipendenti e fa considerare l'azione come ccmmessa fuori del l'attivit� dell'ente, escludendone la responsabilit�. (Corte di Cass., Sez. III, Sent. n. 1434 del 19 maggio 1952 - Pres. : Valenzi, E ;;t. : Lombardo, P. M.: Rossi ( conf.) - Boccaccini contro Zambonati). Non sono riferibili alla pubblica amministrazione gli atti illeciti posti in essere con dolo, per fini di rJarte, dai suoi dipendenti, bench� collegati allo eserrizio delle loro funzioni. Oon le massime annotate la Suprema Oorte, nonostante qualclie dissenso manifestato in dottrina e qualche contraria decisione di merito, ha decisamente confermato, pur dopo l'entrata in vigore della Costituzione repi1bblicana (art. 28), i principi fondamentali sullrt responsabilit� rlella pubblica amministra. zione, consolidatisi 1Jigente lo 8tatuto Albertino. Con particolare esattezza e precisione di concetti la Corte lw escluso in ogni caso la configurabilit� di una responscibilit� indiretta della pubblica amministrazione ex art. 2049 Codice civile per assolitto difetto dei suoi presupposti quali)a culpa i.:P. .eligendo vel in vigila,ndo o la responsabilit� obietti1'a secondo il principio ubi commoda ibi et incommodn. Conseguentemente ha escluso la riferibilit� alla pubblica amministrazione del fatto illecito doloso del. dipendente, che � e rimane fatto personale di questo ultimo. L'attivit� del dipendente � riferibile direttamente alla pubblica amministrazione, secondo i noti principi sul rapporto organico, quando sia dcillo stesso esplicata nell'ambito delle attribuzioni conferitegli e per i fini dell'ente. Il dolo, invece, rompe il rcivporto organico e rende il fatto del funzionario o dipendente non riferibile (indifferente) alla pubblica amministrazione, la qucile, pertanto, non pu� ad alcun titolo essere chiamata a risponderne (Rassegna, 1949, pag. 169). SEQUESTRO -Sequestro penale -Art. 624 c.P. P. Restituzione di cqse sequestrate -Contestazione sulla propriet� -Competenza del giudice civile -Opposizione a precetto a norma dell'art. 615 c. P. c. (Corto di Cass., Sez. III, Sent. n. 254-52 -Pres.: Acampora,, Est.: Naso, P.M.: Toro -Ministero Difesa Aeronautica contro Bilancioni). L'art. 624 del codice di procedura penale, nell'indicare quale sia il giudice competente ad ordinare la restituzione delle cose sequestrate, prescrive che, sorgendo contestazione sulla propriet� delle cose stesse il giudice o il pubblico ministero ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado. Sorge, in tal modo, la competenza esclusiva del giudice civile e, soltanto dopo la decisione di questo, il giudice penale, nello emettere il provvedimento relativo alla restituzione, deve uniformarsi a quanto ha deciso il giudice civile in ordine alla propriet� delle cose oggetto del dequestro. Non si incorre, tuttavia, in alcun.a violazione sostanziale, della suddetta norma allorch� la parte -omettendo l'istanza al giudice penale in sede di esecuzione -adisca direttamente il giudice civile col mezzo della opposizione a precetto a norma dell'art�. 615 c. proc. civ. per provocare la decisione circa l'appartenenza delle cose stesse, decisione che dovr� costituire la base per la conferma o per la modifica del provvedimento, col quale da parte del giudice penale, � stata ordinata la restituzione. La materia degli incidenti di esecuzione (artt. 628 a 6'32 cod. proc. pen.) � certamente una delle pi�t tribolate del diritto processuale penale. La difficolt� maggiore � rappresentata dalla mancanza di coordi namento con la disciplina del codice di procedura civile relativa alle opposizioni all'esecuzione (artt. 615 e segg. c.p.c.). Giover� per la maggiore intelligenza dell'argo-- mento premettere: il terzo comma dell'art. 626 cod. proc. pen. dispone che dopo la sentenza irrevocabile di proscioglimento le cose sequestrate sono restituite a chi provi di averne diritto; e il relativo provvedi mento, giusta l'art. 624 1� comma stesso codice ;~ -146 emesso dal giudice dell'esecuzione al quale va rivolta l'istanza; ove sorgano controversie circa la propriet� delle cose stesse, il giudice penale ne rimette la riso luzione a quello civile del luogo competente in primo grado (art. 624 c.p.p., 20 comma). Infine, l'art. 632 c. p. p. dispone che il rito degli incidenti si applica anche alle controversie nell' ese cuzione civile in materia non penale �salvo che non sia diversamente stabilito�. Sar� opportuno far cenno anche della natura del l'ordinanza emessa cc de plano � dal giudice dell' esecu zione per la riconsegna delle cose sequestrate e dei mezzi di gravame cui � assoggettabile. La detta ordi nanza non ha natura di provvedimento giurisdizio nale ma amministrativo, ed � essenzialmente revo cabile, non soggetta al gravame di cui all'art. 190 c. p. p. (Cassazione, Sez. III, 11 gennaio 1949, in Giust. Pen., 1949, parte III, massima 291). Il problema di come possa essere avversata la detta ordinanza va risolto, a nostro avviso, distinguendo i vari stadi in cui l'ordinanza stessa pu� trovarsi e precisamente: a) pendenza della procedura di rilascio dell' or~ inanza su istanza dell'interessato; b) l'ordinanza � gi� emessa e viene portata a conoscenza dei controinteressati; c) sulla base dell'ottenuta ordinanza l'interessato intima al detentore dei beni il rilascio degli stessi. Nelle prime due fasi � pacifico che qualunque con-� trointeressato pu�, inserendosi come contraddittore in seno al rapporto instauratosi tra il giudice e il richiedente, provocare la remissione obbligatoria della controversia al giudice civile (art. 624, 20 comma, c. p. p.). Ove, invece, l'ordinanza sia stata gi� rilasciata chi intende sollevare opposizione pu� ( e a nostro avviso alternativamente) provocarne la revoca con istanza allo stesso giudice, o sollevare incidente di esecuzione ai sensi degli artt. 628 e segg. del codice di procedura penale. Ove scelga la prima via otterr� un provvedimento ulteriormente suscettibile del duplice mezzo sopradetto e, alternativamente sperimentabile; con il secondo mezzo otterr� invece un'ordinanza ricorribile per cassazione (art. 321 c. p. p.) (ALorsr: Manuale pratico di procedura penale, Edizione Giuffr�, 1943, vol. IV, pag. 213; Oassaz. 3 luglio 1945, Foro Pen., 943, Gol. X, 32; sentenza richiamata dal LEONE in Uneamenti di dir. process. penale, vol. II, Ediz. Jovene, Napoli, 1950, pag. 330; Oassaz. Sez. III, 9 ottobre 1950, in Giust. Pen., 1951, mass. 153). La �iffi,colt�, invece, sorge quando si tratta di stabilire, se per opporsi al precetto notificato dal titolare dell'ordinanza di rilascio delle cose sequestrate si possa seguire il mezzo dell'opposizione di cui agli artt. 615 e segg. del c. p. p., incardinando la controversia direttamente innanzi al Magistrato civile, o invece debba seguirsi il rito degli incidenti di esecuzione, con la conseguente successiva remissione della controversia stessa al Magistrato civile da parte del giudice penale, per il combinato disposto degli articoli 628 e 624 secondo comma del c. p. p. Per quanti argomenti si possano addurre � certo che cc de jure condito �, il problema per la lamentata mancanza ili un coordinamento tra le due fonti normative della procedura penale e civile, nnn offre possibilit� di una soluzione. L'annotata sentenza della Suprema Corte ha rite nuto di poter risolvere la questione, statuendo che, per quanto la regola sia quella degli incidenti di ese cuzione, tuttavia non si incorre in una violazione sostanziale ove si sollevi opposizione ai sensi dello art. 615 c. p. c., direttamente dinanzi al giudice civile, anche perch�, in definitiva, tale giudice sarebbe chiamato in prosieguo e obbligatoriamente a cono scere della controversia stessa per il secondo comma del citato art. 624 c. p. p. Tale .soluzione, ispirata ad evidente criterio di giusti.zia sostanziale non pu� lasciar soddisfatti. Innanzi tutto, non appare chiaro che cosa la Su prema Corte abbia voluto intendere con il termine regola. Se con tale espressione ha voluto riferirsi alla prassi prevalentemente seguita, � chiaro che nessuna autorit� potrebbe essere riconosciuta alla detta prassi e che conseguentemente non potrebbe parlarsi cc che non si incorre in violazioni sostanziali � perch� detta espressione pu� adottarsi solo ove si presupponga una violazione cc formale >>. Se poi la Corte ha inteso riferirsi all'esistenza di una norma di diritto positivo per la quale sarebbe obbligatorio il promuovere incidente di esecuzione, allora non si comprende come possa consentirsi una violazione di diritto cc formale� (attinente alla competenza e massime alla interferenza tra giudice penale e civile), giustificata dal fatto che tale violazione non si risolve in un'altra violazione cc sostanziale�. Quanto a questa seconda ipotesi, poi, a noi sembra che un attento esame degli artt. 632, 628 e 624 c. p. p., non consente di riconoscere l'esistenza di una norma che imponga la cc regola� dell'incidente di esecuzione. Esprimiamo la convinzione che la chiave di tutto il sistema risiede nell'art. 632 c. p. p. la cui interpretazione ha dato luogo a difficolt� e a perplessit� sin dalla redazione del codice di procedura stesso. Si legge infatti al n. 198 della Relazione al Re: cc La Commissione Parlamentare invit� a precisare se con questa disposizione si accenna alle controversie inerenti alla esecuzione della condanna civile contenuta nella sentenza penale, ovvero soltanto ad altre controversie semplicemente incidentali. Ritengo che, data la riserva dell'art. 632: non � diversamente stabilito, non possa sorgere dubbio sul significato di questa disposizione. Essa fa salve le norme che dispongono diversamente, e perci� non pu� riferirsi agli atti esecutivi patrimoniali della condanna civile contenuta nella sentenza, per i quali devono osservarsi le if,isposizioni della tariffa penale (spese), ovvero, se si tratta di esecuzione promossa da privati, le regole del codice di procedura civile. Salva la riserva predetta l'art. 632 trover� applicazione, oltre che nei casi particolari preveduti dal codice, quando occorra interpretare la condanna civile contenuta nella sentenza penale �. La quasi totalit� dei commentatori, avvertendo la scabrosit� dell'argomento, si limitano a rifugiarsi nel riportato brano nella Relazione al Re, e, paghi di tale richiamo, omettono di approfondire il problema della interferenza tra le due giurisdiziQp,i in relazione all'opposizione a precetto promosse sulla base __ di_ un provvedimento del giudice penale diverso dall� sentenza di condanna. IlCASTELLANO (Cod. Proc. pen. nella sua attuazione pratica, Ediz. Piroca, Milano, anno 33, vol. III, pagg. 705-706) �, si pu� dire, l'Autore che ha dimo -147 strato la maggiore preoccupazione esegetica per lo art. 632 c. p. p., ma anche la sua fatica, come si �dir�, non ha affrontato la questione che c'interessa, e il suo lavoro offre implicitamente un argomento di pi� per negare l'esistenza di una regola che imponga il rito dell'incidente di esecuzione. Dice il Castellano che per quanto riguarda gli incidenti per l' esecuzione civile in materia penale si pu� ritenere che l'art. 632, per la riserva <<se non � diversamente stabilito � non pu� riferirsi agli atti esecutivi penali della condanna civile contenuti nella sentenza per i quali devono osservarsi le regole del c. di p. c., e che nel giudizio di espropriazione non sar� possibile non seguire il rito �civile. Esamina quindi i casi in cui si deve proporre incidente di esecuzione dinanzi al Magistrato penale e tra questi comprende le controversie relative alla restituzione delle cose sequestrate per il procedimento penale. Per il Castellano, dunque, la regola (norma positiva), per quanto attiene alle controversie relative alla restituzione delle cose sequestrate per il procedimento penale � che si esperimenti l'incidente di erncuzione. Ma l'Autore ha omesso di precisare, come .avanti accennavamo, se tale regola, pacifica per le fasi che precedono il precetto basato sull'ordinanza di rilascio, possa valere anche per opporsi al precetto dopo che questo venga notificato (l). (1) Di un caso analogo relativo a questo particolare aspetto delle relazioni tra il giudizio penale e il giudizio civile ebbe ad occuparsi il GABRIELE, annotando sul Foro Italiano, col. 1117 e segg., anno 1939, la sentenza emessa dalla Suprema Corte in causa Salvini c. Ferrante (Sez. I, Civ., ud. 5 maggio 1939, n. 1515) ed avente per oggetto: Sequestro penale -Opposizione -Procedimento -Competenza (c. p. p., art. 618). In quell'occasione con la sentenza annotata dal Gabriele cos� ebbe a sentenziare la Suprema Corte: �Nel caso di sequestro penale sebbene la via pi� lineare da seguire da chi voglia rivendicare la propriet� delle cose su sequestro, sia l'opposizione fatta con dichiarazione ricevuta nella Cancelleria del giudice penale il quale in sede di incidente di esecuzione, rimette gli atti al giudice civile per la dECisione, pure � ammissibile l'opposizione portata direttamente dinanzi al giudice civile, il quale, in definitiva, ai sensi dell'art. 618 ult. cpv. c. p. p. � il solo competente a giudicare sulla fondatezza della domanda proposta�. Con la sopra riportata massima la Corte non affront� il problema che il caso di specie si proponeva, e ci� con la duplice conseguenza di aver formulato una decisione non attinente al caso dedotto, e decisamente infondata se presa in s�. La Corte infatti decise come se si fosse trattato di stabilire sulla possibilit� di fare opposizione a sequestro di cui all'art. 618 c. p. p. (anzich� opp. a precetto come richiedeva la specie) direttamente dinanzi al Giudice civile, e dando risposta affermativa al quesito. L'osservazione da noi formulata non pu� essere forse chiara nella sua fondatezza se non si tiene conto nel caso di specie di cui allora ebbe ad occuparsi la Corte: e che qui di seguito riporto. B. con atto pubblico cede ad F. il credito derivatogli dal giudicato della ma- Sembra pertanto che esista, privo di qualv.nque caordinamento, un parallelismo tra le due giurisdizion~ penale e civile. Infatti, non si pu� fondatamente dubitare che l'opposizione a precetto di cui agli articoli 615 e segg. c. p. e~., possa proporsi qualunque sia il titolo su cui il precetto stesso si fonda. D'altro cxnto, non si pu� disJonoscere che un provvedimento emesso dal giudice penile (nella specie ordinxnza di rilascio) nan pu� es'!ere assoggettato all'esame del magistrato civile se non dopo che il giudice che ha emesso l'ordinxnza stessa, riconoscendo ce8sata la propria limitata competenza straordiniria in materia civile, con una sorta di delibazione �in limite�, n; n ne faccia remissione al Magistrato penale. cc De jure condendo �, la soluzione migliore riteniamo che possa ritenersi la seguente: l'opposizione a precetto si propone ai sensi dell'a.rt. 615 c. p. c. ma il conseguente giudizio rimarne sospeso fino a che non interviene la remissione della controversia al giudice civile da pxrte del giudice penale, cui contemporaneamente de�vesi dare notizia della sollevata opposizione; l'esecuzione, per ottenere il rilascio delle cose, dovrebbe poi rimanere sospeso << ope legis � in virt� della sollevata opposizione senza bisogno di un provvedimento espresso. (E. A.) gistratura del lavoro nei confronti del proprio datore di lavoro F., al quale viene regolarmente notificato l'atto di cessione. Successivamente il debitore ceduto ottiene sequestro conservativo penale delle rnmme da lui dovute al creditore cEdEnte, gi� denunziato per appropriazione indebita aggravata e continuata e per furto aggravato in danno dello stesso sequestrante (debitore ceduto). In prosieguo il cessionario per il pagamento del credito cedutogli intima precetto mobiliare opposto dal debitore ceduto sequestrante davanti al Pretore che rigetta l'opposizione con sentenza confermata dal Tribunale civile di Massa. Un'altra sentrnza del Tribunale penale di Lucca conferma il sequestro conservativo penale condannando il creditore cedente per i reati attribuitigli. Si controverte sulla competenza del giudice civile a conoscere senza previa ordinanza di rinvio del giudice dell'esecuzione sulla opposizione a precetto mobiliare intimato per il pagamento di soIL.me che al momento della notifica del precetto, erano state gi� colpite dal precetto penale a garanzia dell'azione riparatoria conseguente al fatto reato, di cui il crEditore cedente era chiamato a rispondere e fu chiamato responsabile. La opposizione riguardava la propriet� delle somme cedute e sequestrate. Il Gabriele censurando la massima riportata e sostenendo l'obbligatoriet� del rito di cui all'art. 628 c. p. p. espresse concetti esattissimi ma validi solo ove si fosse trattato di stabilire se fosse possibile proporre opposizione a sequestro conservativo penale (art. 118 c. p. p.) direttamente dinanzi al Giudice civile anzich� seguire il rito dell'incidente, ma non affront� il problema del rito da seguire per opporsi al precetto di rilascio delle cose sequestrate (nella specie il precetto per� infondato nell'atto di cessione). ll foiDBK?TT lMfBR<@@Eili &Wilal& ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI DELLE CORTI DI MERITO CONTABILITA GENERALE DELLO STATO -Con� tratti dello Stato -Cessioni di credito prima del collaudo -Inefficacia. (Tribunale di Roma, Sez. I 7 gennaio-29 aprile 1952 -Pres.: Boccia, Est.: D~ Andreis -Ing. Fiaccavento -Difesa Esercito -Cooperativa: �_L'Ardita �). IJa cessione di crediti relativi a lavori in corso e, cio�, prima del collaudo non � efficiente nei confronti della pubblica amministrazione, se n.on sia da. questa espressamente accettata (art. 9 L. 20 mftrzo 1865, n. 2248, all'E e 70 della legge sulla cont. rtbilit� generale dello Stato). La sentenza presenta notevole interesse perch~, n�lla sua chiara motivazione, precisa che i lavori debbono ritenersi cc in corso n finch� non sia stato effettuato il collaudo e che l'adesione dell'amministrazione costituisce elemento essenziale per la efficacia del negozio di cessione nei suoi confronti. Essendo la necessit� di tale adesione disposta nell'interesse, che ha la pubblica amministrazione, alla conservazione del credito nel patrimonio del cedente, la notifica della cessione, ai sensi dell'art. 1264 cod. civ., � del tutto priva di effetto. In definitiva mentre la cessione tra privati, regolata dagli artt. 1260 e segg. cod. cfo., ha effetto anche senza9il consenso del debitore ceduto, la cessione di crediti relativi a lavori appaltati dalla pubblica amministrazione non ha effetto senza il consenso della stessa, che ha la facolt�, discrezionale, di accettare o:meno la cessione. IMPOSTE E TASSE -Ente Metano -Contributi per l'uso delle bombole -Natura -Ingiunzione di pagamento -Sospensione. (Trib. di Roma, Sez. feriale, Pres.: De Santis, io settembre 1952 -Soc. Metano Roma -Intendenza di Finanza). Il corrispettivo giornaliero per l'uso delle boro hole per metano dovute all'Ente Nazionale Metan'.) ai sensi della legge 8 luglio 1950, n. 649 ba natura di tassa. La domanda di sospensione della esecutorit� dell'ingiunzione di pagamento � improponibile. La questione, di cui non costano precedenti, � stata decisa con la menzionata ordinanza in modo conforme ai_ principi ed � augurabile che la soluzione adottata sia confermata dalle magistrature superiori. Il Contributo, di cui alla legge 8 luglio 1950, n. 649 rappresenta, infatti, il corrispettivo del servizio, che nell'interezse pubblico lo Stato ha affidato all'ente Metano, e che consiste in un complesso si8tema di vigilanza, controllo e sostituzione delle bombole, al fine di evitare che la loro circolazione possa rappresentare un pericolo per la salute pubblica. MONOPOLI -Vendita di sigarette adulterate -Azione contrattuale per risarcimento danni proposta dallo acquirente contro l'amministrazione. (Sentenza 1� lnglio 1952. Pretura di Firenze, Est.: Tonni -TeRi.a contro Azienda Autonoma dei Monopoli di St,ato). � improponibile l'azione contrattuale per risarcimento di danni promossa dall'acquirente di m~ pacchetto di sigarette contro l'Amministrazione dei Monopoli di Stato. Tale Amministrazione difetta di legittimazione passiva in quanto che non essa ma il rivenditore autorizzato � il soggetto che ha concluso con l'acquirente delle sigarette il contratto di comparvendita. Alcuni chiarimenti in punto di fatto sono opportuni per intendere il significato e la portata di questa, sentenza che ha deciso un caso veramente singolare. Certo rag. Gastone Testa conveniva in giudizio l'Amministrazione dei Monopoli per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del malore da cui sarebbe stato colto per aver fumato una sigaretta Macedonia Oro nella quale si trovava cc una parte rilevante di una grossa penna di volatile�. Il pacchetto relativo era stato acquistato -secondo il Testa -in una rivendita di sale e tabacchi del Centro di Firenze. Il Testa precisava che l'azione da lui proposta era di natura contrattuale e che quindi l'Amministrazione dei Monopoli, per il solo fatto che il danno era stato causato dalla presenza nella sigaretta di un corpo estraneo, era tenuta al risarcimento del danno stesso, a meno che non avesse provato che l'�inadem� pimento n era dipeso da causa aiJ; essa non imputabile. L'Avvocatura obbiettava che l'azione contrattuale � improponibile contro l'Amministrazione dei Monopoli per difetto di legittimazione passiva di quest'ultima nel giudizio. Infatti l'acquirente non aveva contrattato con l'Amministrazione dei Monopoli. Non era -149 questa che gli aveva venduto cose di sua propriet�.� � Il contratto di compravendita delle sigarette' era statolf;j concluso, invece, con il rivenditore autorizzato. ~ Gli art. 35 e 78 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577 riguardante� l'Ordinamento dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio mostrano, con evidenza, che il rivenditore autorizzato compera i generi di monopolio e ne diviene proprietario. Il passaggio di propriet� dagli Uffici di vendita (per conto dell'Amministrazione dei N onopoli) ai singoli rivenditori ha luogo attraverso un documento che si noma cc bolletta di vendita>> (art. 104 cit. R. D.) e che �, per il rivenditore, l'unico titolo di legittimazione della propriet� dei generi di monopolio. Questi principi sono stati pienamente accolti dal Pretore di Firenze il quale ha pure respinto, per le ragioni addotte dalla Avvocatura, le obbiezioni mosse a tale tesi da parte avversa. Queste erano di un duplice ordine: 1� relative al fatto che i generi di monopolio, anche dopo la vendita ai rivenditori sono sempre assoggettati a sorveglianza e controllo da parte della Amministrazione; 20 relative alla circostanza che l'art. 1 della legge 14 giugno 1951, n. 577 definisce il rivenditore~autorizzato come organo periferico dell'Amministrazione. In ordine alla prima obbiezione, la difesa dello Stato osservava quanto segue: Ohe i prodotti del monopolio siano oggetto~di sorveglianza e controllo da parte dell'Amministrazione anche dopo la vendita ai rivenditori, e nei:magazzini dei medesimi e che a tal fine, i detti generi debbano essere venduti solo nei locali all'uopo autorizzati, a prezzi stabiliti dall'Amministrazione; che i rivenditori siano obbligati a vendere i prodotti al pubblico senza preferenze o precedenze; che d'altra parte, infine, le rivendite stesse debbano essere istituite e conferite in conformit� dell'ordinamento approvato con R. D. 14 giugno 1941 (art. 66, comma 3�) non infiuisce per nitlla sull'innegabile circostanza che i generi di monopolio sono trasferiti in propriet�, a titolo oneroso, dall'Amministrazione ai rivenditori. Si tratta di provvidenze di carattere am1ninistrativo . che <J,ccompagnano un'operazione . di. vendita senza per questo mutarne la natura. Tali provvidenze sono stabilite per un duplice ordine di motivi: 10 perch� l'oggetto della vendita consiste in generi di monopolio che debbono assicurare allo Stato una delle sue pi� rilevanti entrate e l' A.mministrazione non si pu� disinteressare della sorte di tali generi ma deve fissare le condizioni di qualit� e quantit� delle merci, ai fini del pi� ampio gettito dell'entrata. 20 perch� il rivenditore che ha acquistato dalla Amministrazione i generi di monopolio, non solo esplica un'attivit� com1nerciale di compravendita di merci, ma edempie ad un pubblico servizio diretto alla realizzazione ed allo sviluppo di un'entrata del monopolio. In ordine alla seconda obbiezione, l'Avvocatura faceva osservare che i rivenditori sono organi periferici dell'Amministrazione nel senso che adempiono un pubblico servizio, ma tale servizio � espletato mediante una vera e propria concessione amministrativa ed attra'Verso un'operazione commerciale di compravendita di generi di privativa dall' A mministrazione dei Monopoli ai rivenditori. I rivenditori autorizzati sono veri e propri concessionari di un pubblico servizio (perch� essi realizzano e sviluppano l'imposta sul consumo dei tabacchi e dei sali) e sono, al tempo stesso, acquirenti de�i tabacchi da parte del monopolio. Principi questi, del resto, affermati pi� volte dal Consiglio di Stato (ved. in partic. decis. 4 giugno 1949 in Foro Amministrativo 1949, I, 1, 357 e 20 dicembre 1946, n. 342 in Racc. delle decisioni del Consiglio di Stato nel sessennio 1941-1946, vol. II, pag. 146, n. 10). f':i. � appena opportuno segnalare l'importanza teorica e la portata pratica della sentenza del Pretore di Firenze. C. A. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENCA'l'I SECONDO L'ORDINE DI PUBBLICAZIONE SULLA � GAZZE'l'TA UFFICIALE, � I. 1. Legge 11 luglio 1952, n. 765 (G. U. n. 160): Proroga delle vigenti disposizioni di legge in materia di contratti agrari. -Questa proroga non concerne quei rapporti costituiti per lo sfruttamento ed il godimento di terreni appartenenti al patrimonio indisponibile (generalmente campi di aviazione ed altri terreni destinati ad uso militare) o al demanio dello Stato, sia perch� in tal caso i rapporti sono costituiti nella forma della concessione e non del contratto agrario, sia perch� in genere si tratta di godimento limitato dei fondi (in genere sfalcio di erba o pascolo). 2. Legge 25 luglio 1952, n. 991 (G. U. n. 176): Provvedimenti in favore dei territori montani. -Si segnalano: l'art. 1 relativo ai poteri della Commissione censuaria centrale nella compilazione dell'elenco dei Comuni da considerare territori montani (sorge questione della impugnabilit� dei provvedimenti della Commissione): l'art. 7 che contempla la possibilit� di espropriazione per pubblica utilit� su parere di un organo non statale (Camere di commercio): sorge questione sul momento in cui il parere deve essere richiesto; sull'art. 24 che contempla la possibilit� di espropriazione per pubblica utilit� in casi di inadempienza del proprietario di terreni mont'1ni agli obblighi della trasformazione stabiliti nella legge (sorge questione sull'organo competente a giudicare se inadempienza vi sia); l'art. 38 che stabilisce un termine per la emanazione di un regolamento di e<:1ecuzione (� evidente che se si tratta di un vero e proprio regolamento il termine � semplicemente ordinatorio; se si trattasse, invece, di una legge delegata il termine sarebbe perentorio ai sensi dell'art. 76 della Costituzione). 3. Legge 20 luglio 1952, n. 1126 (G. U. n. 206): Disposizioni integrative in materia valutaria e di commercio con l'estero. -Questa legge � stata emanata per evitare il ripetersi di casi di frodi valutarie perpetrate mediante pagamenti anticipati di merci da importare. Si ritiene che l'art. 3 che prevede la restituzione parziale della cauzione o la liberazione parziale della fideiussione bancaria in caso di importazione parziale della merce dall'estero vada applicato in combinazione con l'art. 5 successivo nel senso che non sia possibile procedere alle suddette restituzione o liberazione parziali senza una disposizione del Ministero per il commercio con l'estero. II. CAMERA DEI DEPUTA TI 1. Disegno di legge n. 2640/A (iniziativa governativa): Sui passaporti. -Questa legge dovrebbe venire emanata in applicazione degli articoli 16 e 35 della Costituzione che rioonoscono la libert� di espatrio. Tuttavia, il passaporto non diventa in base a queste disposizioni soltanto un certificato di identit�, ma resta sempre una autorizzazione di polizia che, secondo l'art. 8 del disegno di legge pu� essere negato discrezionalmente ad un determinato cittadino, �quando risulti pregiudizievole ai fini della sicurezza interna o internazionale dello Stato � e pu� essere negato altres� per determinati Paesi ai sensi dell'art. 10. Nell'art. U del disegno di legge \introdotto dal Parlamento) si prevede l'attribuzione al Consiglio di Stato della giurisdizione esclusiva in materia di passaporti, stabilendosi, altres�, che tale organo giurisdizionale possa giudicare anche sul merito dei provvedi menti di diniego di passaporto previsti dagli articoli 8 e 10 suddetti. Sono da esprimere i pi� fondati dubbi sulla costituzionalit� di questa disposizione. Non sembra, invero, che la ripartizione di giurisdizione effettuata dagli artt. 102 e 103 della Costituzione consenta ulteriormente al legislatore ordinario di attribuire al Consiglio di Stato una competenza a giudicare in materia di diritti subiettivi (nel che si sostanzia la giurisdizione esclusiva) mentre non sembra che l'essenza stessa della funzione giurisdizionale sia compatibile con la c.d. giurisdizione di merito che implica l'esercizio di funzioni devolute esclusivamente all'Amministrazione attiva. In base al combinato disposto degli articoli 27 e 30 del disegno di legge in esame il reato di espatrio senza passaporto riassume la natura contravvenzionale che gli � propria. 2. Disegno di legge n. 1596/A (iniziativa parlamentare): Impugnabilit� per cassazione delle sentenze dei conciliatori. -Si stabilisce che le sentenze dei conciliatori dichiarate per legge inappellabili possano essere impugnate per cassazione. Sembra che si tratti in sostanza di una applicazione dell'art. 111 della Costituzione, al quale, peraltro, non si fa alcun richiamo nella relazione della Commissione parlamentare competente. SENATO DELLA REPUBBLICA I. Disegno di legge n. 2489 (iniziativa governativa): Istituzione dell'Ente Nazionale Idrocarburi. -Si segnala l'art. 25 nel quale si dispone che l'Ente pu� affidare all'Avvocatura dello Stato la propria rappresentanza e difesa dinanzi a qualsiasi giurisdizione, L'Ente ha capitale inte:ralilente statale, INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZ�IO�NI LA FORMULAZIONE DEL QUESI'l'O NON RIFLETTE IN ALCUN. MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DA'1'4 AElWNAUTWA E AEROMOBILI. -I) Sotto qual titolo possa inquadrarsi la responsabilit� di chi esercita l'attivit� di volo. per i danni causati da aerei (privati) sulla superficie dal momento dell'involo a quello dell'approdo (n. 1). -Il) Sotto qual titolo possa inquadrarsi la responsabilit� dell'Amministrazione per danni prodotti da aerei militari (n. 1). -III) Se ai terzi danneggiati dall'incidente aereo incomba l'onere della prova (n. 1). ANTICHITA' E BELLE ARTI. -Se possano applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 17 della legge io giugno 1939, n. 1089, a carico dei proprietari di immobili di importante interesse artistico e storico, i quali non abbiano ottemperato all'invito loro rivolto dall'Autorit� tutoria di riparare gli immobili medesimi, ove non sia stata previamente notificata ai proprietari stessi la dichiarazione di interesse artistico o storico del bene (n. 22). APPALTO. -Se la norma dell'art. 9 del C.G.A. delle opere dipendenti dal Ministero dei LL.PP. sia applicabile, ove l'appaltatore, comunque impedito alla continuazione dei lavori, si sia gi� spogliato, mediante cessione, della titolarit� dei crediti che avrebbe potuto riscuotere (n. 156). AUTOVEICOLI. -I) Se l'Amministrazione abbia facolt� di procedere, a favore di coloro che siano stati spossessati dei loro automezzi in seguito agli eventi bellici, ad assegnazione di autoveicoli gi� ceduti in uso ai detentori, i quali li abbiano denunciati o richiesti in assegnazione (n. 37). -II) In quale momento l'automezzo assegnato in uso divenga di propriet� dell'assegnatario, a norma del D.L. n. 118 del 22 gennaio 1948 (n. 37). BANCHE. -I) Se possa disconoscersi la firma apposta ad un atto di fideiussione bancaria da un funzionario dell'Istituto di credito garante, all'uopo autorizzato, alla presenza del ricevitore, ove non sia intervenuta l'autenticazione notarile della firma medesima (n. 5). -II) Se per la fideiussione banncaria per operazioni di temporanea importazione sia tassativamente prescritta la forma dell'atto pubblico (n. 5). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -I) Se i rapporti di locazione relativi alle case ec�nomiche per ferrovieri possano ritenersi compresi nella dizione dell'articolo 47 della legge sulle locazioni del 23 maggio 1950, n. 253, e, perci�, assimilabili ai rapporti tra l'INCIS e altri Enti similari ed i loro inquHini (n. 35). -II) Se l'ordinanza di rilascio d� un alloggio economico per ferrovieri sia soggetto a graduazione da parte del Pretore, ai sensi dell'art. 33 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (n. 35). -III) Se l'aver consentito l'Amministrazione la concessione dell'alloggio in favore degli eredi del funzionario defunto, per il periodo:della guerra, abbia concretata una situazione pari a quella verificatasi negli immobili occupati per titolo non locativo, di natura temporanea, dipendente dalle contingenze della guerra (n. 35). -IV) Se l'art. 4 della legge 2 luglio 1949 n. 408, ove dispone l'esclusione dell'assegnazione in propriet� delle case economiche e popolari per coloro che abbiano gi� ottenuto l'assegnazione in propriet� di altri alloggi costruiti con concorsi o contributi dello Stato, debba intendersi nel senso che l'esclusione valga anche per i soci ai quali sia stato conferito il godimento di un alloggio che passer� poi in propriet� in seguito alla stipulazione del mutuo edilizio individuale o solo per quei soci che detto mutuo abbiano gi� stipulato (numero 36). CITTADINANZA. -I) Se un cittadino italiano, anagraficamente domiciliato in un comune sito nel territorio ceduto alla Jugoslavia per effetto del Trattato di Pace, ma che, recatosi da tempo in detto paese, ne abbia pure acquistato la cittadinanza, abbia pure perduto la cittadinanza di origine, per non aver tempestivamente esercitato il diritto di opzione, di cui all'art. 19 (n. 2) del Trattato medesimo (n. 8). -II) Da quando decorra la facolt� di inibizione del riacquisto della cittadinanza italiana, prevista dall'art. 9 della legge 13 giugno 1912, n. 555 (n. 8). COMUNI E PROVINCIE. -Se il rinvio che l'art. 54 del D.L.L. 7 gennaio 1946, n. 1, fa, per il ricorso alla Corte di Appello in materia di eleggibilit�, agli articoli 32, 33 e 34 del T.U. della legge elettorale politica 2 settembre 1919, n. 1945, debba ora intendersi fatto con -152 riferimento agli articoli 33 e seguenti della legge elettorale 7 ottobre 1947, n. 1058, oggi in vigore (n. 37). Il) Se sia rituale l'impugnativa alla Corte di Appello avverso la decisione della Giunta Provinciale Ammini8trativa, in materia di eleggibilit�, ove proposta mediante citazione (n. 37). CONCESSIONI. -I) Se l'Amministrazione abbia facolt� di procedere, a favore di coloro che siano stati spossessati dei loro automezzi in seguito agli eventi bellici, ad assegnazione di autoveicoli gi� ceduti in uso ai detentori, i quali li abbiano denunciati o richiesti in assegnazione (n. 32). CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO. Se l'Amministrazione debba sospendere il pagamento delle somme dovute ad un proprio creditore in conseguenza dell'opposizione notificatale da uri terzo e fondata, nei confronti del creditore medesimo, sulla pre tesa di risarcimento danni per abusiva occupazione di immobili, tuttora sub iudice (n. 92). CONTRATTI DI GUERRA. -I) Se i contratti di noleggio di navi preordinati alla preparazione ed alla condotta della guerra, rientrino nella precisa disposizione dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674, e, conseguentemente, la liquidazione dei crediti derivanti dai contratti medesimi sia di competenza del Commissariato istituito col provvedimento suddetto (n. 16). II) Se i contratti di noleggio e di gestione di navi, stipulati per conto degli alleati, siano compresi tra i contratti di guerra, ai sensi e per gli eff tti dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674 (n. 16). CONTRIBUTI. -I) Se i contributi obbligatori per la solidariet� nazionale di cui al D.L; 8 marzo 1945, n. 72, abbiano carattere di tributi veri e propri (n. 2). -Il) Se le pene pecuniarie relative ai contributi obbligatori di cui al D.L. 8 maggio 1945, n. 72, debbano considerarsi comprese n~l decreto di condono finanziario 31 maggio 1948, n. 108 (n. 2). -III) Se la Croce Rossa Italiana sia una istituzione pubblica di assistenza e beneficenza (n. 3). -IV) Se la Croce Rossa Italiana sia tenuta al versamento dei contributi INA-Casa (n. 3). DEMANIO. -Se sia legittimo modificare sostanzialmente la dotazione del Presidente della Repubblica per mezzo di atti amministrativi (n. 83). ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -I) Se l'istituito "nel residuo dei beni� del defunto, risultante dal prelevamento di alcuni di essi dal patrimonio del medesimo, debba considerarsi chiamato in una quota del patrimonio del de cuius, e pertanto, erede (n. 19). -II) Se il rateo di supplemento di congrua, non riscosso dal de cuius, debba essere pagato agli eredi senza divisione di parti, non risultando la quota di eredit� spettante a ciascuno di detti eredi (n. 19). .B~SECUZIONE FISCALE. -I) Se, nel caso in cui non si proceda ad alcun atto di esecuzione entro il terrnine di 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione, emessa a norma del R. D. 14 aprile 1910, n. 639, si debba iniziare nuovamente la procedura oppure si possa notificare un procetto sulla base del titolo gi� emesso e non opposto (n. 24). -Il) Quale valore abbia l'ingiunzione, debitamente vidimata dal Pretore e poi notificata ai debitore (n. 24). -III) Se la detta ingiunzione, venuta meno la sua efficacia per il decorso del termine di 90 giorni dalla notifica, senza che si sia iniziata l'esecuzione, possa considerarsi quale attoamministrativo, capace, non solo di interrompere la prescrizione, ma anche divenuto definitivo per mancata tempestiva impugnata (n. 24). ESECUZIONE FORZATA. -I) Se la mancanza delle ricevute di ritorno renda inesistente la notificazione di atti giudiziari, effettuata a mezzo posta (n. 10). -Il) Se possa procedersi ad iscrizione nei registri immobiliari di un atto di pignoramento immobiliare, notificato per mezzo del servizio postale, ove non sia prodotta al conservatore anche la ricevuta di ritorno attestante l'avvenuta notifica (n. 10). FALLIMENTO. -Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento dell'imposta di successione dovuta per la morte del de cuius, dichiarato fallito post mortem (n. 6). FERROVIE. -I) Se il pagamento di una parte di una somma, effettuato dal debitore quando si era gi� compiuto il periodo di prescrizione del debito, possa considerarsi come riconoscimento dell'obbligazione e, di� conseguenza, bench� accompagnato dalla dichiarzione verbale che con essa il debitore medesimo intendeva de finita la vertenza, come fatto incompatibile, per gli effetti di cui all'art. 2937 e.e., con la volont� di valersi della prescrizione (n. 150). -Il) Se il titolare della concessione ferroviaria (cio�, il dipendente statale) sia tenuto il solido con il famigliare, che abbia effettuato il viaggio usufruendo in modo irregolare della concessione stessa, a pagare la differenza di prezzo del biglietto con gli accessori di tariffa (n. 151). GUERRA. -Se l'Amministrazione possa agire con il procedimento ingiuntivo di cui al T.U. 14 aprile 1910, n. 639, per il recupero dei crediti lasciati insoluti da militari di truppa e da sottufficiali, oggi in congedo (numero 117). IMPIEGO PRIVATO. -Se possano essere riconosciuti i benefici di carriera, previsti nel contratto collettivo per la partecipazione alla campagna di Spagna, al personale dipendente da Societ� privata, il cui pacchetto azionario sia posseduto dallo Stato (n. 26). IMPIEGO PUBBLICO. -I) Quale sia l'organizzazione. del servizio di assistenza zooiatrica del Comune di Roma (n. 302). -Il) Se sia valido il concorso bandito per posti di veterinario condotto in Roma, in considerazione della particolare organizzazione del servizio di assistenza zooiatrica nella suddetta citt�, ove non esistono condotte veterinarie (n. 302). -III) Se l'indennit� di licenziamento da corrispondersi al personale di un Ente pubblico, il cui rapporto di impiego non sia disciplinato da regolamento organico, debba includere anche l'indennit� di carovita e tutt� le altre spettanti al personale medesimo ai sensi delle vigent� noiine (n. 303). -IV) Se sia obbligatoria o soltanto facoltativa l'attuazione del procedimento disciplinare nei confronti del maestro elementare, il quale sia stato dichiarato non punibile ai sensi dell'art. 7 del D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159, per essersi distinto particolanr:w:.te �o:. atti di -153 valore nella lotta contro i tedeschi (n. 304). -V) Se, ai sensi del R. D. L. 20 maggio 1946, n. 395, i pensionati dello Stato, riassunti in servizio presso le Amministrazioni civili e militari, abbiano diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza sulla base dell'ultimo stipendio annuo e della maggior percentuale derivante dal pi� lungo periodo di servizio (n. 305). -VI) Se la norma dell'art. 8 del T.U. 28 febbraio 1946, n. 609, debba interpretarsi nel senso che, ai fini del raggiungimento del periodo minimo di iscrizione all'Opera di Previdenza necessario per maturare il diritto alla buonuscita, non si richiede un periodo continuativo di iscrizione, ma possono comularsi due o pi� periodi inferiori a quello minimo (n. 305). -VII) Se, ai sensi dell'articolo 8 del R.D.L. n. 609 del 1946, possano cumularsi due periodi di servizio, di cui il primo sia stato concluso con versamento di buonuscita, al fine di ottenere un supplemento della medesima (n. 305). -VIII) Se l'articolo 2129 O.e., per il quale si applicano le norme dei Codice civile al rapporto di lavoro dei dipendenti di Enti pubblici, salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge debba interpretarsi nel senso che, ove il rapporto medesimo sia disciplinato da un regolamento, si sia fuori dell'eccezione ivi prevista (n. 306). -IX) Se un dipendente, che svolge mansioni di guardiano notturno, possa rettamente considerarsi come operaio (numero 306). -X) Se gli operai temporanei, gi� licenziati d'autorit� dal servizio per prolungata assenza (90 giorni), possano ottenere, in seguito al riconoscimento della qualifica di ex combattenti, la rettifica della decorrenza del licenziamento, come se questo sia avvenuto dopo il decorso del maggior periodo di assenza ( 180) richiesto per l'adozione di siffatto provvedimento nei confronti degli ex combattenti (n. 307). IMPOSTA DI REGISTRO. -I) Se la trasformazione di una societ� per azioni in una societ� a r.l., ove si proceda ad aumento del capitale sociale ed ad ammissione di altro socio, costituisca creazi9ne di nuova societ� (n. 73). -II) Se all'atto della trasformazione della Societ� da societ� per azioni a s. a r.l., il patrimonio della prima diventi capit.ale sociale dell'altra (n. 73). -III) Se la decisione definitiva della Commissione provinciale sull'accertamento del valore costituisca preclusione anche per l'an debeatur (n. 73). IMPOSTA DI SUCCESSIONE. -Se la massa fallimentare sia tenuta al pagamento dell'imposta di successione dovuta per la morte del de cuius dichiarato fallito post mortem (n. 12). IMPOSTE E TASSE. -I) Se il pagamento dell'imposta nel corso del procedimento contenzioso, ritualmente instaurato e perseguito, al fine di godere del condono tributario, possa considerarsi preclusivo dell'azione tendente all'accertamento che l'imposta non era dovuta ed al conseguente rimborso della stessa (n. 175). -II) Se i mandati relativi a indennizzi dovuti dall'Amministrazione a titolo di risarcimento danni siano soggetti alla ritenuta per diritti casuali spettanti agli Uffici del Tesoro (n. 176). -III) Se i suddetti mandati siano soggetti alla ritenuta per tassa di bollo e per imposta di R.M. (n. 176). -IV) Se la previa notifica del verbale di constatata morosit� nel pagamento delle imposte, prescritto dall'art. 36 della legge 17 settembre 1931, n. 1608, sia richiesta al fine della procedura per l'emissione del decreto penale intendentizio contenente la sanzione dell'ammenda a carico del contribuente (n. 177). -V) Quale sia la natura del decreto penale dell'Intendente di Finanza recante la sanzione dell'ammenda a carico del contribi;iente (:r:t, 177). -VI) Se il decreto penale intendentizio possa essere revocato dopo che sia stata proposta opposizione contro di esso (numero 177). -VII) Se la franchigia doganale applicabile, ai sensi dell'art. 9 del D.L. 4 gennaio 1946, n. 5, alle merci importate dall'Amministrazione italiana Aiuti Internazionali venga meno pel fatto che dette merci non siano state dall'A.A.I. utilizzate direttamente ma vendute perch� avariate o non idonee alle forme di assistenza cui siano state destinate (n. 178). -VIII) Se la cedola, che normalmente comprova il diritto al dividendo, possa essere considerata come un titolo a s� stante,, autonomo rispetto al complesso dei diritti azionari (n. 179). -IX) Se il diritto al dividendo sorga nel momento in cui esso diventa esigibile (n. 179). X) Se, al fine della riscossione dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta da contribuenti stranieri residenti all'estero, possessori di titoli azionari, possano essere colpite le cedole separatamente dai titoli azionari medesimi (n. 179). -XI) Se sia previsto alcun mezzo per garentire l'obbligo del pagamento dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta da cittadini stranieri, residenti all'estero, possessori di titoli azionari (n. 179). LOCAZIONI. -I) Se i rapporti di locazione relativi alle case economiche per ferrovieri possano ritenersi compresi nella dizione dell'art. 47 della legge sulle locazioni del 23 maggio 1950, n. 253, e, perci�, assimilabili ai rapporti tra l'INCIS, gli I.C.P. e altri Enti similari ed i loro inquilini (n. 65). -II) Se l'ordinanza di rilascio di un alloggio economico per ferrovieri sia soggetta a graduazione da parte del Pretore, ai sensi dell'art. 33 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (n. 65). III) Se l'aver consentito l'Amministrazione la concessione dell'alloggio in favore degli eredi del funzionario defunto, per il periodo della guerra, abbia concretato una situazione pari a quella verificatasi negli immobili occupati per titolo non locativo, di natura temporanea, dipendente dalle contingenze della guerra (n. 65). NAVI. -I) Se i contratti di noleggio di navi preordinati alla preparazione ed alla condotta della guerra rientrino nella precisa disposizione dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674, e, conseguentemente, la liquidazione dei crediti derivanti dai contratti medesimi sia di competenza del Commissariato istituito col provvedimento suddetto (n. 52). -II) Se i contratti di noleggio e di gestione di navi, stipulati per conto degli alleati, siano compresi tra i contratti di guerra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 del D.L. 25 marzo 1948, n. 674 (n. 52). OPERE PUBBLICHE. -Se l'indennizzo, dovuto dall'Amministrazione per i danni permanenti arrecati ad immobili da lavori di sistemazione !!lontana e gi� definitivamente concordato, costituisca un debito .di valuta o di valore (n. 30). PENSIONI. -Se possa farsi carico dell'indebito pagamento a favore di persona defunta all'Ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del titolare alla -154 pensione, il quale abbia omesso di informare l'Uffic�o del Tesoro competente della morte del titolare medesimo, ove risulti che l'Ufficio stesso abbia pagato alla persona delegata alla riscossione, senza accertarsi di volta in volta della permanenza in vita del pensionato (n. 51). PRESCRIZIONE. -Se il pagamento di parte di una somma, effettuato dal debitore quando si era gi� compiuto il periodo di prescrizione del debito, possa considerarsi come riconoscimento dell'obbligazione. e, di conseguenza, bench� accompagnato dalla dichiarazione verbale che con essa il debitore medesimo intendeva definita la vertenza, come fatto incompatibile, per gli effetti di cui all'art. 2937 O.e., con la volont� di valersi della prescrizi�ne (n. 11). REGIONI. -I) Se il disegno di legge regionale, avente per oggetto <<Istituzione presso la Facolt� di Economia e Commercio della Universit� di Catania di un corso per il conseguimento della laurea di lingue e letteratura straniera" possa dar adito ad impugnativa.per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 32). -II) Se il disegno di legge regionale, avente per oggetto: �Contributi per l'incremento di studi e ricerche scientifiche e statistiche d'interesse regionale" possa dar adito ad impugnativa per motivi di illegittimit� costituzionale (n. 33). RESPONSABILITA' CIVILE. -I) Sotto quale titolo possa inquadrarsi la responsabilit� di chi esercita l'attivit� di volo per i danni causati da aerei (privati) Rulla superficie dal momento dell'involo .f1 quello dell'approdo (n. 128). -II) Sotto qual titolo possa inquadrarsi la responsabilit� dell'Amministrazione per danni prodotti da aerei militari (n. 128). -III) Se l'Amministrazione militare sia tenuta al risarcimento dei danni causati dallo scoppio di proiettili gi� rimasti inesplosi in seguito ad esercitazioni di reparti militari (n. 129). IV) Se l'accollo da parte del proprietario di ogni responsabilit� per i fntnri eventuali incidenti a terzi derivanti dallo scoppio del proiettile, attualmente interrato ed inesploso, esima l'Amministrazione da ogni responsabilit� nei confronti di successivi proprit>tari del fondo o dei terzi medesimi (n. 129). SOCIETA'. -I) Se la trasformazione di una societ� per azioni in societ� a r.1., ove si proceda ad aumento del capitale sociale o ad ammissione di altro socio, costituisca creazione di nuova societ� (n. 42). -II) Se all'atto della trasformazione della societ� da societ� per azioni a societ� a r.l., il patrimonio della prima diventi capitale sociale dell'altra (n. 42). SUCCESSIONI. -I) Se l'istituito �nel residuo dei beni" del defunto, risultante dal prelevamento cli alcuni di essi dal patrimonio del medesimo, debba considerarsi chiamato in una quota del patrimonio del de cuius e, pertanto, erede (n. 31). -II) Se il rateo di supplemento di congrua, non riscosso dal de cuius, debba essere pagato agli eredi senza divisione di parti, non risultando la quota di eredit� spettante a ciascuno di detti eredi (n. 31). TITOLI DI CREDITO. -I) Se la cedola, che normalmente comprova il diritto al dividendo, possa essere considerata come un titolo a s� stante, autonomo rispetto al complesso dei diritti azionari (n. 5). -II) Se il diritto al dividendo sorga nel momento in cui esso diventa esigibile (n. 5). -III) Se, al fine della riscossione dell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio dovuta da contr;buenti stranieri residenti all'estero, possessori di titoli azionari, possano essere colpite le cedole separatamente dai titoli azionari medesimi (n. 5). -IV) Se i portatori delle obbligazioni delle Strade Ferrate Maremmane in circolazione in Gran Bretagna, non sorteggiate entro il 15 settembre 1947 e non presentate per la conversione entro il termine del 15 settembre 1950, ai sensi dell'art. 2 della legge 25 marzo 1950, n. 166, decadano da ogni!diritto relativo alle m� desime o soltanto da quello della conversione (n. 6).