'\\~ ~~\~NO III -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1950 '\ ~..\JRASSEGNA MENSILE DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO NOTE DI DOTTRINA U. FRAGOLA: Nuovi aspetti della teoria organica dello Stato (e< Foro It. �, 1950, IV, 84). Il F., prendendo lo spunto da una recente sentenzia delle :Sezioni Unite della Oorte 18'uprema (22 maggio 1948, n. 781, Ente Economico Zootecnia c:Oom. di Castelmassa, pubblicata, fra l'altro, 1ul �Foro It. �, 1949, I, 259 e su questa Rassegna llf48 n. 7-8, 19), ritorna su una questione che attiene alla teoria generale: se enti dotati di personalit� giuridica possano esser considerati organi dello Stato, entrando a far parte, come tali, della Amministrazione dello Stato. E sulla scorta della giurisprudenza del Supremo Collegio, e di alcuni testi legislativi (in particolare l'art. 8 decreto legislativo 7 aprile 1948, numero 262, in cui si parlava precisamente di � organi dello 1Stato con personalit� giuridica ll; la. legge 10 maggio 1942, n. 566 che qualificava gli Enti della Zootecnia come persone giuridiche (art. 2) e nello stesso tempo � o~gani ausiliari del Mini� stero agricoltura e foreste )) (art. 3); il regio decreto 30 settembre 1934 (art. 2 e 3) sullo ordina.mento dei Consigli provinciali dell'Economia corporativa, persone giuridiche pubbliche e organi dello 1Stato), perviene alla conclusione che non vi � alcuna antinomia concettuale fra i due termini e che ormai nel nostro ordinamento giuridico pubblico oltre che gli organi dello Stato e gli enti pubblici dotati di personalit� giuridica � stato fatto posto ad un tertium genus: quello degli organi dota,ti di personalit� giiiridica. Ammessa l'esistenza di questi particolari organismi nulla importa che essi abbiano fin dall'origine la duplice qualificazione ovvero che, sorti con una qualifica e con determinati compiti e funzioni, altri e di diversa natura se ne aggiungano durante la loro esistenza. N� � necessario che la natura di organi dello Stato sia attribuita da una specifica norma di legge, nel qual caso evidentemente la questione, sul piano del diritto positivo almeno, non potrebbe neppur sorgere; essendo da vedere, invece, qua.li attivit� sono of)gettivamente e soggettivamente riferibili allo Stato. E ci� si ha quando, anche mediante norme interne di carattere amministrativo, una certa attivit� statale venga delegata a questi Enti dotati di personalit� giuridica ; nel qual caso dalla misura e dai limiti del controllo che lo Stato esercita sulle diverse attivit� di 'questi Enti si desume se queste attivit� sono statali o proprie della persona giuridica: nel primo caso quel controllo viene esercitato con poteri di sostituzione e di avocazione, nel secondo caso rimane molto di qua da un tal limite, essendo limitato ad un controllo repressivo. Risulta chiaro, poi, attraverso il sistema, che questa attivit� statale svolta dall'Ente resta, per quanto attiene alla responsabilit� di carattere patrimoniale, nell'ambito dell'Ente stesso, che svolge l'attivit� a nome e per conto dello Stato ma a proprio rischio e pericolo : onde degli oneri che esso incontra risponde con il proprio autonomo patrimonio, creato peraltro bene spesso con fondi dello Stato. Quanto alla possibilit� di impugnativa degli atti posti in essere da questi Enti occorre aver riguardo alla natura dell'atto stesso, a seconda che gli atti sian riferibili all'Ente come persona giuridica ovvero allo Stato; mentre per l'esercizio di quest'ultima attivit� valgono tutte quelle prerogative di cui gode lo Stato quando direttamente svolge una qualsiasi attivit�. Non si pru,� non aderire in toto alla tesi soste nuta dal F. Essa � in contrasto, � vero, con le vecchie pos�i� z�ioni che vedono una assoluta antinom�ia e un contrasto insanabile fra la qualit� di � persona g�iu1�idica )) e quella di << organo >l dello Stato (si r�edano da ultimo su tali posiz�ioni le note del BerUri e del Ranelletti, in � Giur. It. ll, 1948, I, 1, 436 e 465); ma � altrettanto evidente che -non si pud rimanere perennemente ancorati a posizioni che il divenire della vita giuridica rende ormai chiaramente insostenibili. E con l'aumentare delle attivit� proprie dello Stato non � proprio da meravigliare, n� appa.re -168 concettualmente impossibile, che esso demandi lo svolgimento di .alcune SU(! attivit� ad Enti dotati di personalit� giuridica. N� si dica che tali attivit� r'ientrano fra quelle proprie degli Enti pubblici, e che non sarebbe quindi necessario questo sdoppiamento di funzioni e di natura, da parte delta stessa persona: giacch� qui si tratta di demandare agli Enti non gi� una generica attivit� di carattere pubblico, che rientra quindi ex se nei fini isUtuzionali di quell'Ente, ma una attivit� propria dello Stato, che per ragioni particolari questo ritiene di fair svolgere da altro organismo, forse meglio attrezzato di quanto non sarebbe stato un Ufficio Statale costituito ex novo. Del resto nel nostro diritto positivo ormai qiieste persone giuridiche con una duplice natura hanno piena cittadinanza, ed � chiaro ,che nessuno pu� ignorare quelle che sono le norme specifiche del diritto vigente. E quando la questione si present� in via di massima in sede consulti1;a, l'Adunanza generale del Consiglio di Stato (parere 8 marzo 1934, n. 61, Rel. Oons. Stato 1931-35, vol. 1, 67), non oppose riserve di principio, ma formul� soltanto rilievi di carattere pratico; ritenne perfettamente lecito, secondo il nostro ordinamento pubblicistico, la figura degli � organi diretti dello Stato con personalit� giuridica autonoma >>, pur pensando che non fosse augurabile l'esistenza di enU con natura anfib�ia e frammentaria. Ed � evidente ohe le diffidenze ohe simili organismi suscitano sul piano pratico, del loro funzionamento, nulla hanno a ohe vedere con la possibilit� giuridica della loro esistenza. Ancora <U recente � stata riconosciuta la natu? �a di organi dello Stato, ad Enti dotati di personalit� giuridica, e di piena autonomia contabile e amministrativa: e baster� qui ricordare il parere 22 gennaio 1942, n. 1188, del Consiglio di Stato o'iroa la natura giuridica di organi dello Stato rioonosciuta alle Sepral, all'U.ao.F., all'U. Ce.Fa.P. ed agli altri Enti sorti nel settore dell'alimentazione, per la disciplina di tale settore durante lo stato di gue�rra; la sentenza n. 1459, del 6 agosto 1947 (questa Rassegna 1948, fascicoli 1-2, 8), con la quale le SS. UU. della aorte Suprema qualificavano � organo statale >> il predetto Ufficio Controllo Formaggi (U.Co.F.); infine la recente sentenza, pure delle Sezioni Unite, 27 maggio 1949, n. 1352 (� Giur. It. ))' 1949, I, 1, 585), che, nel ribadire i principi gi� affermati nella ricordata sentenza 22 maggio 194'8, n. 781, con! ermava la tesi della duplicit� della natura di questi Enti, affermando che � l'attribuzione della q;walit�> di organo statale, soltanto per determinat( compiti,. non fa. venir meno e neppure limita la personalit� giuridica dell'Ente pubblico, distinta da quella d�l organo dello Stato stricto .sensu >>. Non resta, adunque, che formulare, cos� come fa il F., un inv'�to a seguire le evoluz'ioni del di ritto posiUDo, senza indugiare oltre a negare la realt� giuridica. (N. G.). G. RoE:i:mss::EiN : La sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo nella Costituzione e nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (�Rivista Ammin�strativa �, 195~, pag. 22.$ e segg.). R. MALINVERNO : Sospensione giurisdizionale e concessioni di autolinee (� Trasporti Pubblici�, 1950, pag. 575 e segg.). Ci sembra opportuno dare notizia di questi due studi, dovuti alla penna di due illustri magistrati del Consiglio di Stato, sia per l'importanza del tema in essi trattato, sia perch� i due Autori (e @ pi� particolarmente il primo) dichiarano apertamente di voler rispondere all'articolo comparso in �questa Rassegna (1949, pag. 1 e segg. Va~vesi: Osservazioni siigli incidenti di sospensione nei giudfai dinanzi al Consiglio di Stato) sullo stesso argomento. . . . L'istituto della sospensione dell'atto amministrativo da parte del Consiglio di Stato � sta~o ed � tuttora oggetto di trattazione ed elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza. Pu� dirsi, anzi, che in questi ultimi tempi esso sia stato particolarmente approfondito, bench� alcuni studi che lo riguardano abbiano piuttosto un contenuto polemico. f!uesto carattere ci sembra specialmente notevole nell'articolo del R., il quale � scritto proprio per controbattere le argomentazioni del Varvesi, e dimostrare non solo la compatibilit� dell'istituto con la Costituzione, ma, altresi, la inconsistenza delle critiche formulate dal Varvesi all'uso che il Consiglio di Stato fa del potere di sospensione, il quale, da misura eccezionale si avviereb. be a diventare la regola in contrasto :eol principio generalmente riconosciuto della esecutoriet� degli atti amministrativi, anche impugnati per illegittimit�. Gli argomenti addotti dal R. per dimostrare la compatibilit� della sospensione con la Costituzione, sono, in sintesi, i seguenti: 1) Il Consiglio di Stato, pure essendo un organo giurisdizionale, ha una natura particolare, in quanto � definito dalla Costituzione. organo ausiliario di governo; � diverso dall'Autorit� giudiziaria ordinaria ed � il giudice naturale della Amministrazione, il �ui compito � il sindacato sugli atti amministrativi ; . si ch� sarebbe inconcepibile un Consiglio di Stato che non avesse il potere di eliminare l'atto amministrativo sottoposto al suo sindacato. 2) Il principio della divisione dei poteri non � stato introdotto dalla nuova Costituzione, ma esisteva anche all'epoca dello Statuto Albertino; eppure al momento della istituzione della giurisdizione del Oonsiglio di Stato (1889) nessuno trov� da obiettare al.fatto c]le al Consiglio fossero pa~ificamente riconosciuti i poteri di annullare, revocare o sospendere l'atto amministra:tivQ, poteri che erano irivece negati alla giurisdizione ordinaria. 3) La Costituzione (art. 100 e art. 103)' �ssegna al Consiglio di Stato il compito di tutelare la giustizia dell'Amministrazione e di esercitare ---------, ---------, . I -169 la giurisdizione per la tutela degli interessi legittimi. Ora nell'attribuire questi compiti al Consiglio di Stato non si pu� rintracciare alcuna volontiir del costituente che contrasti con l'istituto della sospensione dell'esecuzione degli atti amministrativi impugnati. 4) Al contrario di quanto sostiene il Varvesi, che cio� il potere di annullamento previsto dallo art. 113 della Costituzione non comprende il potere di sospensione, quest'ultimo potere � ben compreso nel primo come il meno nel pi�. D'altra parte, se il vocabolo annullamento fosse usato nel e citato art. 113 in senso tecnico, dovrebbe .fi�irsi con l'ammettere che, con l'entrata in vigore della Costituzione, sia venuta a cessare anche la competenza di merito del Consiglio di Stato, la quale, infatti, non comporta annullamento dell'atto impugnato, ma bens� la revo.ca o la modifica. Passando alla critica dello studio del Varvesi, per quanto riguarda l'eccessivo uso del potere di i;ospensione fatto dal Consiglio di Stato negli ultimi tempi e le gravi conseguenze che ne derivano il R. pur ammettendo che i casi di sospensione giudsdizionale dell'atto impugnato sono notevolmente aumentati dal 1944 in poi, espone le ragioni di tale aumento identificandole nel maggior numero dei ricorsi giurisdizionali e nel disfu11zionamento della Pubblica Amministrazione dn genere che ha dato luogo ad un incremento cl.el numero degli atti illegittimi. Il Malinverno, invece, mentre concorda con il H. in ordine alla compatibilit� della sospensione giurisdizionale dell'atto amministrativo con la Costituzione (senza darne alcuna ragione propria ma riportandosi integralmente alle argomentazioni del R.) afferma di concordare con il Varvesi per quanto riguarda gli inconvenienti prodotti dall'abuso del potere di sospensfone, e dopo rapidi cenni sulla natura giuridica e la attuale regolamentazione dell'istituto, conclude con l'esposizione di alcuni casi, relativi a materia di concessione di pubblici trasporti, nei quali, sarebbero state ordinate delle sospensioni di atti amministrativi al di fuori delle condizioni previste dalla legge. Non ai sembra ohe gli argomenti addotti dal T~oehrssen per d�nostrare la oompatib�ilit� dello istUuto della sospensione giurisdizfonale degU att'i amrwin�istrat�iv�i con la lettera e lo spirito della Costituzione repubblicana possano considerarsi decisivi. Debole c�i sembra l'argomento fondato sul 8'ign�ificato del term�ine � tutela �, per inferirne che in esso � compreso il potere di sospensfone, in quanto la Costituzione usa questo termine anche per i diritti, riguarda� ai qua.zi, essendo essi de�voluti alla giurisdizione ordinaria, non � certamente possibile parlare di sosP'ensione dell'atto amministrati'L'o che li lede. Ugualmente inconsistente � l'argomento fondato sul fatto che anche all'epoca dello Statuto Albertino �vigeva il pr�wipfo della divisione dwi voteri, e ci� nonostante nessuna obiezfone fu. mossa alla legalit� dell'istituto della sospensione. I/argomento prescinde evidenternente dalla con siderazione che lo Statuto Alberl'ino, a differenza della Cost'itii.zione Repubblicana, era elastfoo, nel senso ohe pote'�'a ben essere mod�ificato in tutte le sue parti (compreso il principio della divisione dei poteri) con una legge ordinaria, ci� �che precisamente avvenne con la legge che introduceva l'istituto della sospensfone. Ora, nell'articolo del Varvesi quello che si contesta � che, in presenza di una Costituz�ione rigida, nella quale il principio della divisione dei poteri � rafforzato, anche med�iante la creazione di organi supergiurisdizionaU per la osservanza dei lim'iti (Corte Costituzfonale) sia possibile mantenere un �istituto che quesU l'imiti vfola, se non med'iante una legge d�i revisione della Costituzione. Per sostenere che nel concetto d�i annullarnento, previsto nell'art. 113 della Cost-ituzione, s�ia compreso anche l'istUuto della sospensione, il R. conwidera questo come un minus nel maius ed adduce poi quella che, secondo lui, sarebbe una assur.-/11 conseguenza e c'io� che, seguendo l'opinione del Varvesi, dovrebbe considerarsi soppressa dall'articolq 113 anche la giurisd�izfone d�i merito del1 Consiglio di Stato. Ora, ci sernbra agevole contestare l'esattezza del criterio del R. secondo il quale la sospensfone sarebbe un minus nei confronU dell'annullamento; vero � che si tratta d�i due istituti completamente distinti, e il meno che pii� dirsi � cthe il potere di sospensione sia piuttosto l'esvressione di un potere di decisione di merito ammin�istrativo che di legittimit�. E per quanto riguarda la conseguenza dell' abrogaz'ione della giurisdizfone di merito, che al R. sembra tanto assurda, noi non riusciamo davvero a vedere su quale principio della CostUu,zfone possa essa ulteriormente fondarsi. La. verit� � che l'1unico �.argomento \rileva�nte tra quelli addotti dal R. � quello che si richiama alla particolare natura del Consiglfo cli Stato, e cio� alle sue origin�i e alla sita tradizione di organo anfibio, partecipe della natura g�i�urisd�izionale ed ammin�istraUva, che lo rende istituzionalmente capace di emanare provvedimenti cos� giudiz�iari come amministraUvi. Ma quanto sia rimasto in piedi di questa dupz.ice natura con la entrata in vigore della Cost'ituz�ione � questione da esaminare a fondo e non da dare per risolta nel senso della imrn utab'ilit�. :Jos�, secondo noi il problema della legittimit�: costituzionale dell'istituto d.ella sospens'ione resta tuttora averto ed attuale, 1nentre, a renderlo sempre pi� grave concorrono non solo episod�i d�i ordini giurisd�izional�i di sospensione emanati al d�i fuori delle condizfoni della legge, ed in circostanze tal�i da nmder� del tutto inutile il successivo esame di merito del ricorso (ai casi indicati dal M al�inverno se ne possono aggiungere invero rnolti altri in vari camp�i della attivit� am rninistrativa), ma anche un certo orienta�m�ento gittrisprudenziale determinatosi recenternente nfJllct Corte Suprema di Cassazi�me, la� q'lla,~e hlt ]i-, nito per svincolare il potere di so~pensigne persino dal presupposto della giurlsd�izione ,~V. in questa Rassegna 1949, pagg. 114 e segg.):�,:Jd,,j ..v,~esto -170 un passo forse decisivo sulla pericolosa via della trasformazione degli organi di giustizia amministrativa in organi di superamministrazfone con poteri maggiori di quelli dell'Amministrazione attiva senza controlli e senza responsabilit�. A questa tendenza, che non solo non trova base nella Costituzione ma che � con essa in netto contrasto, potr� porsi riparo solo dal leg�islatore in sede di riforma degU ordinamenti della giusti.~ia amministra Uva o, almeno, prima d-i questa riforma, dal funzfonamento della Corte Costituzionafo d�inanz�i alla quale, i cas�i p�i� gravi, �in cui il potere di sospensfone g�iurisdizionale si risolver� in una vera e propria usurpazione delle funzioni dell'esecutivo da parte del potere giud'iz�iarfo, saranno certamente portati. PATIN : Relazione alla Corte di Cassazione francese su un caso di diffamazione della gendarmeria di Madagascar (Recueil Dalloz, 1950, �Jurisprudence �, pag. 558 e segg.). Il consigliere Patin esamina in questa relazione un caso di diffamazione commessa colla pubblicazione nel giornale � La Nation malgache � di un articolo offensivo della reputazione di alcuni chefs de poste e gendarm.es del Madagascar, non specificatamente indentificati. La fattispecie, diversamente valutata dai Giudici di .primo .e di secondo grado, � esaminata nella sua consIStenza per quanto riguarda sia il reato che. configura, �sia il soggetto passivo di questo, sia la persona facultizzata all'esercie,io del diritto di querela. Nessun dubbio che si tratti di diffamazione; circa il soggetto passivo contro la C'Orte di appello che aveva affermato che dalla diffamazione erano state colpite persone individualmente indicate, il consigliere Patin ritiene che dal reato commesso sia stata offesa una parte dell'armata francese, con le stesse conseguenze che si sarebbero avute se fosse stata diffamata l'armata intiera. Nella determinazione della persona facultiz zata all'esercizio del diritto di querela, in base all'art. 48, paragT. 1 della legge del 29 luglio 1881 il Patin ritiene che tale persona doveva identifi'. carsi nel Ministro competente, da cui dipende l'armata e non invece nel comandante del corpo (nella specie: della gendarmeria del Madagascar), come erroneamente aveva ritenuto il procuratore generale della Corte di appello che aveva ricorso avverso la sentenza del Giudice di secondo grado, non essendo esso un corpo costituito (per difetto dei requisiti della possibilit� di riunione in assem blea generale e dell'eserci7'io di una parte di au torit�) .e neppure una pubblica amministrazione. Il consigliere Patin conclude chiedendo che la Corte dichiari la diffamazione in esame diretta contro la gendarmeria del Madagascar come ri volta contro l'armata ed il difetto di procedibilit� dell'azione essendo stata presentata la querela non dal MiniF;tro ma dal Capo della gendarmeria di quell'isola. La Corte di Cassazione, con sentenza del 21 luglio 1950, lm deciso in conformit�.. * * * Ci sembra degno di attenzione il caso sopraesposto per gli opportuni riferimenti che possono essere fatti alla legislazione italiana in vi()'ore da . . o ' app1icnrs1 qualora esso si fosse presentato, anzich� in Francia, nel nostro Paese: se cio� ad esempio fossero stati diffamati, senza specifica identifica, zione, i carabinieri appartenenti ad una qualsiasi delle stazioni dislocate nel territorio dello @ Stato. Dovendosi inquadrare la fattispecie, la nostra, mente � di primo acchito orientata verso una di queste due figure criminose: 1quelle rispettivamente previste dagli articoli 290, ultimo comma, e 595, ultimo comma, c. p. Per quando riguarda la .prima di dette figure non v'� dubbio che le forze di polizia facciano parte delle forze armate dello Stato: si tratt;;i, per� di stabilire se la tesi �comunemente seguita d11lla dottrina e dalla giurisprudenza francesi, secondo cui �quando l'ingiuria e la diffamazione sono dirette contro una parte dell'armata debbonq ritenersi rivolte contro J'.armata intiera, possa valere anche per la giurisprudenza e la dottrina italiane. Se cos� fosse non potrebbe contestarsi che il reato sarebbe quell~ di cui all'art. 290, ultimo comma c. p. Si afferma nella nostra dottrina. che � il delitto preveduto nell'art. 290 non sussiste quando il vilipendio non rig'.uardi le for�ze armate in genere o il complesso di una delle forze armate, ma soltanto un'arma, un corpo, una specialit�, d'un;l singola forza armata>> (cons.: Manzini, Tratt. di dir. pen., 2" ed., vol. IV, pag. 557; Rel. min. sul progetto del codice penale, II, pag. 77, 80) : se pertanto il vilipendio dell'Arma dei carabinieri non concreta il delitto in esame, a maggior ragione non lo pu� conc;retare l'offesa alla reputazione dei militari che ap�partengono ad una stazione di carabinieri come nel caso che abbiamo ipotizzato. Chiarita in tal modo la differenz.a che sussiste fra le discipline della materia nei due Stati, per stabilire se nella specie sussista il reato di cui all'art. 595 ultimo comma c. p., occorre accertare il significato del termine � corpo � usato in quella norma. A noi sembra che tra le due tesi, quella pi� restrittiva che considera � corpi � solo gli organi collegiali e l'altra pi� ampia che ritiene tali � non solo organi di tal fatta, ma anche quei complessi diorgani individuali i quali, pur non funzionando, almeno d'ordinario, collegialmente, sono legati da rapporti tali da far s� che vi possono essere beni morali 'a tutti comuni, onde si parla, di onore, di reputazione o di decoro del complesso di uffici, o del �corpo�� (art. 595 u. p.) >> (cons. Levi, Delitti contro la Pu'bblica.Amministraziione, in � Tratt. dir. pen >> del Florian, pag. 413), sia da accettarsi la seconda: se cos� non fosse, sembrando significare il termine � rappresentanza.))' di cui alla stessa norma, rap -11i porto diverso da quello :intercorrente, tanto per riportarci al caso in esame, fra l'Arma dei cara . hinieri ed una delle stazioni che ne costituiscono la dislocazione territoriale capillare, la reputazione dei carabinieri appartenenti alla stazione sarebbe bene privo di tutela penale e l'offesa di essa non avrebbe giuridica rilevanza. Non potrebbe invero, in contrario, affermarsi che il reato offende un bene dei singoli componenti la stazione che s11rebbero d~ conseguenza facultizzati ciascuno all'esercizfo del diritto di <Juerela: esso ofl'ende sol� un interess,e collettivo, @ onde il diritto di querela non pu� essere esercitato che da quella persona la quale, secondo 1a org�nizzazione del nucleo, ne ha il comando. Nella specie tale esercizio compete al comandante di stazione, in rappresentanza degli apparten,e11ti ad essa, od� a qualcuno dei superiori gerarchici di esso, che eserciti il comando sui dipendenti (es.: il comandante di tenenza o di compagnia da cui la stazione dipende), e non invece ad uno degli appartenenti alla stazione, diverso dal �comandante, in quanto non portatore, in rappresentanza della collettivit�\ di cui fa parte, dell'interesse offeso, oggetto della tutel8r penale nel reato in esame. (F. C.). RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. -Ricorso al Consiglio di Stato in sede d'appello -Motivi non d�dotti in primo grado -Inammissibilit�. (Consiglio di Stato, Sez. V, decisione 17 febbraio 1950, n. 172 -Pres. ed est.: Severi -Lattanzi contro Comune di Napoli). Non sono ammissibili nel giudizio in sede d'appello davanti al Consiglio di Stato motivi di censura avverso il provvedimento impugnato, che non siano stati dedotti nel giudizio di primo grado davanti alla Giunta Provinciale Amministrativa. R'iportiamo quella parte della mot,ivazione che si rifer,isce alla mass�na sopra trascritta: � Per la stessa ragione per la quale 'in un giudizio vtW'i davanti alla G.P.A. vuoi davanU a qiieste sezioni giurisdizfonaU in pr,imo e unico grado non sono amrnessi oltre il termine) mot'ivi nuovi) cos� non possono essere ammessi) in quel giudizio di legittimit� che S'i ripeta in secondo grado sutprovved'imento sfortunatamente 'impugnato in prime cure) motivi diversi da quelli gi� proposti dinanzi al 1� giiidioe. La qual indiscvussa ragione si trae dall'assoluto rispetto che � dovuto alla perentoriet� del termine (prescritto per la proposizione del ricorso) perch� questa si r,idurrebbe a pura espressione verbale senza alcun effetto se ci� ohe era 'Gietato d�inanzi al giudice di 1� grado (e cio� il muovere censura all'atto impugnato oltre il termine di proposizfone del ricorso) diven'isse lecito) per contro J dinanzi al g'iudicc di appello >>. Ci sembra che la importan,za d'i questa dec'isio ne trascenda il caso deciso e possa porre su nuove basi non solo il problema de-i rapport'i tra gin-, dizio amministratiro di primo e secondo grado) ma anche tra ricorso amministrativo e giudizio a.mministrativo e tra, fase arwmiwistraUva e fase giudiziaria del contenzioso tributario. InfatU) legando la questione della proponibi lii<1 dei mezzi d,i ricorso al principio della peren toriet� del termine a rioorrere) si '�"'�ene in so stanza ad affermare che fatto amministrativo acqnista certezza di legitt'imit� per quelle parli alle quali non si sia estesa la tempestiva imp�u gnazione. JJJ per tempestiva inipngnazione non si intende solo il ricorso ginrisdizionale J ma anche il ricorso amministrativo (ricorso gerarchico od opposizione qnando la legge li preveda). Applicando questi criteri ci sembra che possa risolversi anche il dibattuto problema dei rap rmrti tra fase amministrativa e fase giiidfaiaria del contenz,ioso tributario) perch� qnando si r'iconosca �il carattere di atto arnrwinistrativo all'atto d'i accerta,mento tributario) non s,i potrebbe pi� porre in dubbio la irnpropon-ib,ilit� 'in sede giudiZ'iaria di mezzi d'i �impugnaz,ione non fatt'i valere avanti le Commissfon'i tributarie o avanN quegli organi competenti nella fase amministrativa. MERETRICIO -Disciplina dei locali di meretricio Interesse pr(!tetto -Esiste. Esclusione dall'elettorato Irrilevanza -Chiusura del locale -Decisione della Commissione Provinciale -Limiti -Ubicazione dei locali -Nozione -Valutazione -Discrezionalit� (Consiglio di Stato, Sez. IV -Pres,: Colucci-Est.: Pie no -Decisione 11 agosto 1950, n. 376 -Ricorrente Busato). � Quando l'ordinamento giuridico interviene a disciplinare una determinata attivit�, quale che sia la natura di essa, non pu� negarsi che, comunque contenuta e limitata al massimo tale attivit�, esiste un margine di protezione dell'interesse privato e cio� un interesse legittimo. La esclusione dall'elettorato di coloro che svolgono attivit� connessa col meretricio non rende gli interessati incapaci, agli effetti della tutela giurisdizionale, giacch� le norme di carattere eccezionale -come quella di cui all'art. 2, n. 9, legge 7 ottobre 1947, n. 1058 -non possono invocarsi se non per i casi e nei limiti nei quali il legislatore intese stabilirli. Le decisioni emesse dalla Commissione Provin ciale per il meretricio su ricorso contro i provvedimenti del Questore debbono essere motivate; ma l'obbligo della motivazione va contenuto entro ristretti limiti, trattandosi di provvedimenti discrezionali. A tanto si soddisfa quando si dia atto dell'accertamento dei fatti e si indichi la norma di diritto applicabile. La �sp�eciale u bica�zione � dei locali di meretricio � concetto di permanente relativit�, in funzione di mutevoli fattori ambientali esterni con i quali l'esercizio dell'attivit� di meretricio viene a trovarsi in contatto. La valutazione poi delle circostanze ambientali � puramente discrezionale>>. Le due ulUme mass�ime rispondono alla giuri1; prudenza costante del Supremo OoUegio Amministrativo. Non possiamo invece essere d)accordo con la tesi sostenuta dalla Sez,ion,e in ordine alla sussi stenza delrint'eresse legittimo nei titolari delle case di meretricio all'esercizio della loro attivit�. -173 In sostan.za, il Consiglio ha r-itentlto che basti la d-isciplina d'i una determinata attivit� perch� esista un interesse legittimo del privato ad esercitarla. Ma questa tesi, ci sembra che prescinda dalla consideraZ'ione, comiinemente accettata, secondo la quale S'i ha interesse. legitU1no quando l'interesse del privato coincida con l'interesse pubblico; ora, l'interesse pubblico in materia di c-ase di tolleranza (come d'altronde d'i case da gioco) attiene alla limitazione dell'esercizio di una att'it1it� meramente tollerata, e non alla disciplina del modo di svolgimento d'i un'attivit� in s� lecita. E' qui, infatti, che ci sembra d'i riscontrare la fondamentale disUnzione tra le ordinarie autori.zzazioni di polizia e l'autorizzazione all'esercizio di una casa di 'tolleranza:�le prime sono destinate a regolare, nel pubblico interesse, l'esercizio di un'att'ivit� moralmente e socialmente lecita, ponendo ad essa dei limiti; le seconde tendono invece ad autolimitare il potere punitivo dello Stato nei confronti di una atUvit� che in s� � contraria alla morale, autolimUazione che esattamente si definisce col termine � tolleram:a )), Per avere una prova dell'esattezza di questa distinz'ione, basta riflettere che l'esercizio di una delle attivit� del primo tipo, senza autorizz:azione di polizia, importa solo la commissione di un reato co1� tra'U'Venzionale (viola.zioni in genere della legge di P.S.), mentre l'esercizio abusivo di una casa di tolleranza integra gli estremi d'� un vero e pro prio delitto, quello previsto dall'art. 534 c. p. Nemmeno ci sembra convincente l'argomenta zione relativa alla portata dell'incapacit� eletto rale sancita dall'art. 2, n. 9 della legge 7 ottobre 1947, n. 1058. E' ben vero, infatU, che questa in-� capacit� non pii� estendersi oltre i limiti stabi liti dalla legge c1he la prevedono, ma qiii non wi trattava affatto di una tale estensione; si tratta va invece di assumere questa incapacit� come ima prova decisiva della ineS'istenza di una tutela giiwidica a protezione dell'esercizfo di una att�i vit� che qi.wlla �incapacit� appunto det�rm'ina, ri ducendo coloro che la sDolgono a cittadini di gra do inferiore. GUERRA -Occupazione alleata -Incidenti ferroviari su linee usate dagli alleati -Responsabilit� della Amministrazione italiana (Corte di Cassazione, Sezioni Unite n. 1656-50 -Pres.: Ferrara, Est.: Di Stefano, P. M.: Macaluso -FF. SS. contro Cola). L'Amministrazione italiana � responsabile dei danni cagionati da difetto di vigilanza su linee ferroviarie usate dagli alleati in periodo di occupazione, quando il servizio su queste linee non sia stato totalmente assunto dagli alleati stessi. La Corte d'i Cassazione, premesso che gli organi dello Stato occupato restano sempre organi del proprio Stato e non d�iventano organi dello Stato occiipante sol perch� ag�iscano sotto le direttit? e di questo, ha riconosciuto, sia piire incidentalmente, che ove un servizio pubblico dello Stato occupato sia totalmente assunto dagli occupanti, gli organi dello Stato occupato ad<letti al servizio in questione potrebbero trovarsi in rapporto di dipendenza funzionale con gli occiipanti e non con il proprio Stato. Ha poi risolto la presente causa in piinto di fatto, jnterp.retwi:iflo cio� ta senten.za impugnata nel senso che essa esclude che gli alleaU avessero la totale ed esclusiva gestione della Unea stilla qiiale avvenne l'incidente. Secondo la Corte � l'aS.sun.zione d'i fatto (del se1�vizio ferrovia,rio stilla linea 'in questione) fu l�nitata ai soli settori interessanti le operazfoni militari >l. � Sicch�, � come ulteriore giuridica conseguenza deve ammettersi che per l'eserc'izio di tale attivit� cui l'ingerenza degli alleati rimase estranea fra il per.sanale e l'Amministrazione ferrov,iaria ebbe a conservarsi integro non il solo rapporto di dipend�nza organica ma anche l'altro avente carattere funzionale ll ... Non ci sembra che la sentenza della Corte di Oassazi�ne contrasti con quanto scriDcmrno '�n nota alla sentenza della Corte d'Appello di Napoli in q1wsta Rassegna 1948, fase. 4, pag. 16; cio�, ove la gestione della linea fosse esclusiva da parte degli alleati la responsabait� per gli incidenU derivanti dalla circolaz�ione Stl essa non potrebbero mai risalire all' Amministrazfone ital,iana. �MPOSTE E TASSE -Ricchezza mobile --Societ� Accertamento -Rimborso quota non dovuta -Pre supposto -Presentazione del bilanci!) -Mancata dichiarazione di reddito -Conseguenza. (Cass. Sez. I. 27 febbraio 19�0, n. 460 -Pres. : Pellegrini -� Est. : Liguori -P. M.: Roberto -Finanze contro S. A. Casa Editrice Marzocco). In relazione ai nuovi criteri di tassazione adot tati con la legge 8 giugno 193�6, n. 1231, nel caso di accertamento della imposta di Il. l\1. eseguita ad anno alternato in base a bilancio, per ottenere il rimborso della maggiore imposta non dovuta e\ indispeJ1sahile la tempestiva presentazione della dichiarazione di reddito. La omissione di tale adempimento importa la decadenza assoluta ed irrimediabile dal diritto al rimborso. La sentenza surriferita, pnbblicata in Dir. '~ Prat. Tributaria, 1950, II, 217, con nota favore vole del Deni, accogliendo la tesi sostennta dalla ricorrente Amministrazione ha -per la prima 1.:iolta, per qnanto risi/.lta ~ a.ff ermato un prrinci pio della massima importanza giuridicia e pratica, negando la equivalenza a tuti:'i gli effetti fra la presentazione del bilancio e la dichiarazione del reddito, per gli Ent-i tassati in base a bilancio. Si facm1a in proposito, e per sostenere la con traria tesi, richiamo anche ad una prretesa prassi amministrativa, oltre che ad un indirizzo giuri spr"udenziale; ma il riehia.rno era ftlori luogo. Qiianto alla prassi, non era il caso di parlarne se, dopo la entrata in vigore della Legge 8 giu-_ r1no 1936, n. 1231, l'Amministrazione av�eva dira 11iato una circolare (28 gingno 1937, n. 6'200) per precisare che la presentazione del bilancio non equivale alla dichiarazione del reddito). mentre la gi111rispriidenza arnministratfoa. era in favore del -174 la tesi dell'Amministrazione finanziaria (Oomrn. Oentr. Sez. Un., 12 giugno 1940, n. 27972, in Giur. Imp. Dir. 1941, 433, n. 92; Oomm. Oentr. 20 ottobre 1942, n. 60589, ivi 1945, 8, n. 5; Oomm. Oentr. 13 gennaio 1943, n. 6'1784, i,,,"i n. 41; Oomrrn. Oentr. 13 gennaio 1943, n. 77204, ivi 1946, 53, n. 12) e la Corte Suprema non aveva esaminato ex p(f'Ofesso la q1testione, ,in qua~to la sentenza 15 aprile 1940, n. 1194 (in Gi!Jr. �Imp. Dir. 1941, 207, n. 49) costituiva una evidente decisione di specie. Nel merito la questione -nonostante la contraria opinfone vigorosamente sostenuta nelle note redazionali che si leggono nella Giur. Imp. Dirette in aalce alle decisioni ora citate, e poi riapparse in Berliri (L. V.), L'Imposta di R. iM., [PLg. 370 e segg. -non appariva opinabile, per pi� ragioni. Anz<itutto sotto il profilo legislativo : gi� la legge istitutiva della irnposta d'i R. M. all'art. 25 stabiliva che � i bilanci annuali e semestralf saranno comunicati ... con la denunzia�, il che significa chiaramente che bilancio e denunzia sono cose d'istinte e separate e non sono n� equiv<alenti fra loro n� fungibili agli effetti fiscali. E le successive disposizioni di legge (r. d. 17 settembre 1931, n. 1608, art. 3; legge 8 giugno 1936, n. 1231, art. 11 e 12) non apportavano, sotto questo p'I"ofilo, modifiche alta legge fondamentale, mantenendo ferma la distinziione fra denuncia e bilancio. Di poi sotto il profilo relativo alla natura ed al carattere della dichiarazfone di reddito. Incisivamente il Giannini (Elementi di dir. fin., pagina 124) scolpisce la natura formale dell'atto e la differenza fm dichiarazione e bilancio: �La '� ~\,.,_-dichiarazione deve contenere i dati relativi al .....\... reddito e al cespite da cui il reddito proPiene. Il '\' \': denunciante pu� allegare gli eventuali documenti �'� g�ist'ificativi; ma gli enti tassabili in base al bilancio devono unirvi il bilancio, che serve di base per la imposizione�. E qitesto carattere formale s� che non pu� p�arlarsi di dichiarazione che risulti per implicito da altro documento -deriva anche dalla disposiRiione dell'art. 12 r. d. 17 settembre 1931, n. 1698, ove si legge che la dichiara� zione deve essere fatta per iscritto. Ohe il bilancio rappresenti un documento integrativ �o e illustrativo, ma Iion sostitutivo della dichiarazione deriva poi anche da altre considerazioni. La vrima � che il bilancio contabile, normalmente, non coinc�ide con il bilancio fiscale; un bilancio economfoarnen te passivo, ben pu�, per effetto, ad esempio di particolari accantonamenti calcolati per 1tna qwalsias�i ragione in misura eccessiva, esser un bilancio attivo agli effetti fiscwU, con la conseguenza che le risultanze fiscali del bilancio economico differiscano profondamente da quello fiscale. Vero � che nel bilancio vi son tutte le voci che l'ufficio pu� analizzare e dalle qua,li pu� trarre le debite conseguenze; ma ci� rientra nel controllo ahe l'ufficio fa, stilla base del bilancio, della dichiarazione presentata dalla Societ�, ed � cosa ben di-Persa quindi dal poter considerare i,l bilancio come una dichiarazione di reddito, Ed errerebbe ohi credesse di poter supe rare l'argomento osser1�ando ohe l'assunto della parte pu� ricavarsi ugualmente dall'esame analitfoo e oomparati1;0 delle 1)'0Ci d'i bilancio; l'assunto di un contribuente, .in.materia .di. dichiarazioni di redditi, non si ricava se non da una sua, manifestazione esplicita; e d'altro canto, in casrJ d'i div�ergenza fra bilancio economico e bilancio fiscale, occorrerebbe dire, se m(J;i, che il preteso assunto della S�ociet� coincide col primo e non con �l secondo, dal momento ohe � evidente ohe i bilanci v�engono compilati per la vita eeonomi,.n sociale e non per ragioni fiscali! E, in definitiva, (.@ occorrerebbe poi considerare come infedeli tlichia� razioni tutU quei �bilanci in cui le conseguenze contabili e fiscali non coincidono (cio� nella quawi totaUt� dei casi), con tutte le conseguenze di legge in ordine alle sanzioni relative. Di voi � da rileva,re come ben possa darsi eh e il bilancio com.pilato da alcuni amministratori sia poi presentato da altri amministratori, ai primi s1tccerl�uti)� e si �verrebbe a creare una ben strana situazione circa le mientuali sanzioni da applicare in caso di non r'ispondenza del b'ilancio aUa realt�. N� varrebbe obiettare che questo se mai � un inconveniente, e l'addurlo non pu� servire a risolvere la qitestione ,� oh� a ritorcere il vieto aforisma si potrebbe rilevare che quando lei' interpretazione ohe produce l'inconveniente non aderisce ad una norma di leg,ge assolutamente precisa, tale interpretazione, proprio perch� vroduce l'inconveniente, � irrazionale e deve esser sostituitri da altra ohe quell'inconveniente n� a.ltro produca. Al riguardo non potrebbe neppure osservarsi che, comunqueJ la responsabiUtr} dovrebbe far carico a quegli amministratori ohe il bilancio han compilato e che con ci� sono venuti a fare 11.na dichiarazione inesatta. A parte il fatto che il bilancio,. oome si � osservato, viene compilato agU effetti economici e contabili e non a fini fiscali, non si riesce davvero a comprendere come possa di fronte alla Amministrazione finanziaria essere respon-. sabile chi non ha amito alcun rapporto con la Amrninistrazione stessa. Infine occorre considerare che cosa il legisla tore ha voluto intendere quanto ha chiesto ad ogni contribuente la dichiarazione di reddito. Con il r. d. 17 8ettembre 1931, n. 1698 -le cui disposizioni dev�ono essere ten1tte sempre pre senti per i necessari raccordi con la legge 8 gitt gno 1936, n. 1231 -si � voluto ohe ogni contri beuente, assumendone piena responsabilit� a tutt;i gli effetti, rendesse noto agli uffici finanziari il proprio reddito tassabile; che dicesse, in modo chiaro e preciso : � Il mio reddito tassabile agli effetti delle imposte dirette � di Ure X >>. La di chiarazione � perci� una manifestazione di vo lont�. che come tale deve essere non equivoca e perfettamente intelligibile, secondo si � gi� os servato. Ma, questi requisUi non ha un bilancio socifl,le:,! il qnale, proprio perch� non � redatto per ragioni fiscaU, n� � diretto agli uffici finanziari (carne lo sono le dichiarazioni) non contiene la esplicita con fessione di reddito tassabile, ma soltanto la oon fession1J d'i im attivo e di un passivo sociale: ed mm -;w111&1G&MJW11Jmm:z.EB1ELZLtm -175 � soltanto dopo una attenta, m�inuta, non sc1nplice elabomzfone di tutti i suoi complessi eletnenU clw si pu� giungere a detenninare quel reddUo tassa� bile che nessuno ha dichiarato. JI] �una diversit� strutturale adiinque, e non soltanto una ragione formale, che imzwdisce di ritenere come equivalente della dichiarazione di reddito -che deve essere fatta � per le soc-iet� commerciaU, legalmente oo.<:t'ituite, da chi, a ter' fn'in�i dello Statuto e dell'atto costitutivo, ha Ta firma sociale 1> (art. 8 del r. d. 17 settembre 19'31, n. 1609) -Ta anonima presentazione del bilanc�io sociale. (N. G.). LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Decreti legislativi emanati in forza del D. L. L�.16 marzo 1946, n. 98 -Validit� attuale. (Cass. Sez. Un. Pen. 7 maggio 1950 -Pres. Est.: Mangini -P. M.: Battaglini, conf. -P. M. contro Perrone). L'art. 77 della Costituzione circa le condizioni di validit~ dei decreti legislativi si applica soltanto ai provvedimenti emessi dal potere esecutivo dopo 1'8 maggio 1948, e non a quelli emanati in precedenza a sensi del D. L. L. 16 marzo 1946, \ Il. 98, e pertanto tali decreti compreso n� D. L. ', ,\ 7 maggio 19�8, n. 726, sono attualmente in vigore. ; .'\. '.. � ic �, La sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite (Riv. Pen., 1950, II, 728) viene in buon punto a risolvere correttamente itna nuova interessante questione sorta in tema di val�idit� dei decreti legislativi emanati dal Governo in forza del D. L. (' ~ L. 16 m�arzo 1946, n. 98. / ,,;(\) , , 'i ' Di tcili prowedimenti quello che forse pi� di j-'i . . ogni altro ha dato luogo a manifestazioni giuri~ '.-sprudenziali numerose, e spesso contrastanti, � ): ,.stato il D. L. 7 maggio 1948, n. 726, che ha ina,, sprito le pene per il contrabbando dei generi di \'/ywnopolio, ed in sede penale appunto sono state � \ affacciate v�ia via. le tesi che, per successivi r�ipie . garnenti, hanno portato all'ultima, pur essa respinta om dalla Gassa.zione: che i decreti legislativi di cui si tratta, originariarnente validi, sarebbero dii:enuti invalidi pier mancata rat1:ficn entro Z"anno dalla p1�ima riunione del Parlamento (8 maggio 1949). La tesi massima ~ohe il Governo avesse perso il potere di legiferare a far tempo dal 1� gennafo ;-; 1948 -ftt com'� noto, senz'altro respinta dai no._,/:\ stri Supremi organi giur-isdiz�ionali (cfr. Gons. Stato, V Sez., 22 dieembre 1948, n. 849, rio. Com. , Pfotrafusi, idi Giur. It., 1949�, 111, 49, oltre che ,in ./ questa Rassegna 1949, 118; Oass. Pen. Sezi. Un. 5 febbraio 1949, imp. Novelli, in Giur. It. 1949, 11, 2'49), in ptiena-adesione alla tesi sostenuta in questa Rassegna 1948, n. 9, pag. 15 e segg. E nello decisioni sopm riferite veniva fatta giustizia anche dell'altra tesi, subordinata: che la facolt� di emana,re norme legislatire da parte del Governo fosse venuta rneno dal giorno in cui erano state indette le elezioni o, al pi�, dal giorno delle elezioni (tesi, questa, adottata 'dal Tribunale di '/.'orino, 13 gennafo 1949, �np. Burdino ed nltri, in Giur. It., 1949, II, 83). Ma, battuti sulla questione principale, i difen8ori degli �im.putati dei reati Jffetri8fi c[a~ D. L. 7 magg-io 1948, n. 726, non s�i sono arresi; e si fa qui ad essi riferimento, perch � non consta ohr; per altri DD. LL. siano state mosse ecoezfoni relative alla loro in�validit� per mancata ratifica entro l'8 muggio 1949. Il D. L. 7 febbraio 1948, n. 48, -in tema di epurazione, ha dato luogo, ad esempio, a niimerose e vivaci dispute_; ma mai a nessuno dei numerosi e valorosi pubblieisti che s�i sono occmpati della materia -e men ohe mai al Gons�iglio di Stato, chiamato a risolrere in sede giitrisd'izionale i ricorsi e le numerose questioni vrospettate -� sorta l'idea ohe si stesse discutendo intorno ad un... cadavere, per essere la validit� del D. L. in esame venuta meno per mancata tempestiva ratifi.oa ! ... La tesi della sopra'17Venuta invalidit� vien sostenuta ~ in via alternativa -per queste ragioni: dl,fetto di conversione in legge entro il termine prefisso dall'art. 77 della Oostitnzione, quanto meno per i DD. LL. emanati dopo il 1� gennaio 1948 ('l'ribunale Mondavi. 10 novembre 1949, imp. Perrnne, in Foro Pad., 1950, IV, 163); mancata ratifica entro un anno dalla entrata �in funzione del Parlamento, a sensi dell'art. U D. L. L. 16 marzo 1946, n. 98. Or la prima tesi appare oh�iaramente dcst�ituit<L di fondamento, sol ohe s�i ziensi ohe l'art. 77 della <Jostititzionc, per la parte che qui O'i interessa, si riferisoe esprressamente a�i � provvedimenti provDisori con forza di legge )) che il Governo adotta � in cas'i straord�inari di necet?sit� e di urgenzra >> : riguarda, cio�, i deoreti-legge. Ed � chiaro che tutt'affatto diversa � la posizione che, nelle fonti, as.<nimono i decreti leyislativi emanati dal Governo nel periodo di cnrenza del potere leg�islativo ed in forza delle d�isposizioni contenute nel D. L. L. 25 giugno 1944, n. 151, prima, e nel D. L. J,. 16 marzo 1946, n. fl8, poi. I qual�i ultimi promiedimenti, nel periodo dcl riassetto costituzionale dello Stato, costituivano essi steswi princi1>i di ordine costituzionale circa i poteri affidnti al Gcwerno nel campo legislativo; fissandone altres� . termini e limiti. Qttanto alla seconda tesi, le magistrature d� merito che hanno ritenuto d�i poterlw adottare, si sono poi divise : alciine hanno deciso che i DD. LL. in esame fossero divenuti invaz.idi ex tunc in arrnonia con il disvosto dell'ultimo comma deWart. 77 della Costituz�ione (cfr. Apv. Torino 24 febbraio 19-5-0, im.p. Burdino ed altri in Giust. Pen., 1950, II, 644); altre, invece, hanno ritenuto che la inefficacia si fosse manifestata ex nunc allo scadere dell'anno dalla prima riunione del Parlamento (cfr. Trib. Livorno 23 ottobre 1949, imv. Formigli, in Riv. Pen. 1950, ~J~ '3?7; 1:rib_~ Pistoia 26 magg�io 1950, irnp. Marini, in Grnst. Pen., 1950, Il, 10'33). Ma gic� la Corte di Aprvello di Bres?ia (1'3 otto: bre 1949, imp. Z1tbb"i, in Corte Bresciana, 1950, Il, 25) afferm� la contraria tesi della vaUdit�� dei -176 DD. LL. in esame, tempe8ti1.:-amente 8tati sotto posti a ratifica da ]Ja;rte del Governo j e questa sentenza fu -ivi -criticata da.Z Castelletti an che sotto il profilo cho � attraver8o iin accura tiss�no controllo sulla Gaz.zetta Ufficiale non ri sultavano prove ohe fossero stati adempiuti gli obblighi prescritti �; non risultai1a cio� la noti zia della presentazione dei DD. LL. per la con versfone,� rilievo, que.~to che si legge anche nella citata sentenRJa del 'I'rib. JIondov�.. Se l'annotatore ed i giudici avessero effettiva mente consitltato la Gazzetta Ufficiale a1;rebbero, sul n. 108 dell'll maggio 19�49, letto un cc Comuni� cato� circa la vresentazione in data 4 �1nagg1:0 HJ49 di un disegno di legge concernente la ratifina a norma dell'art. 6 D. L. L. 16 marzo 1946, n. 98, di tiitti i decreti legislativi emanati dal Go'l/erno nel periodo 18 giugno 1946-8 maggio 1948, in for~a dell'art. 3 del citato D. L. L. n. 98 del 1946... Ora � abbastanza chiaro �-e nessitn artificio o ardimento logico ptt� indiirre a ritenere il con trario ~che � sottoporre a ratifica ll non equivale a �ratificare ll. La sottoposizfone a ratific.a � un prius rispetto alla ratifica, e ver ci� stesso i due momenti, come non co�incidono nel tempo, non equivalgono quanto al significato. Il terwine fissato dall'art. 6 del D. L. L. 16 marzo 1946, n. 98; riguarda una attivit� che deve compiere il Governo, il quale, una volta. che ab: bia adempiuto all'onere d�i presentare i decreti per la ratifi.ca, functus est munere suo; mentre la ulteriore attivit� -che sfocier� nella ratifica o meno ~ spetta soltanto al Parlamento, e su di essa non pu� in alcun modo interferire il Governo. Ed � poi appena il caso di rilevare che quar:do si � voluto ai fini della fis�tazione del termine, fare riferi~ento all'atto formale della ratifi?a; c cio� a-lla deterrm:nazione del Parlamento, si e parlato distintamente di � presentazione )) e � con versione in logge)) (cfr. art. 77 della Carta Co stUuzionale) j distinguendo i due momenti e 7 e due diverse attivit�, cos� come sie era fatto in pre cedenza per casi analoghi (art. 3 n. 2 legge 31 gennaio 1920 n. 100). � E' poi da notare che s�i � anche ritenuto da taluno che i decreti-legge di cui si tratta non dovessero neppur essere ratificati (Trib. Bologna, 31 agosto 1949, imp. Belli e altri, in Archu Rie. Giur., 1950, 618, nonch� Remaschi, in Giust. Pen., 1950, II, 1033). Su altra questione, sempre attinente. alla costituzionalit�; dei decreti-legge ema.nati dopo il 1� .r1enna,io 1948 e fino all'8 maggio 1948, circa la partecipazione o meno del Capo dello Stato alle funzioni leg'i8lative, si 1/eda Trib. Pistoia, 23 magrrio 1950, imp. ChU�i (in Giust. Pen., 1950, II, �661), che ha ritenuto non esser necessa.ria la sanzione Jiresidenziale~ in modo sostanzialmente conforme a, carne si era, pronunciato U Consiglio di Stato, V &ezione, con la cita.ta drcisione 22, dicemb1�e 1948, n. 849. (N. G.) SERVIT� -Servit� di elettrodotto -Spostamento Amministrazione proprietaria del fondo servente Spostamenti per motivi di pubblico interesse. (Ct;irte di Cassazione, Sez. II, Sent. n. 50 -Pres. : P1ga, Est.: De Simone, P. M. :. Dalla Mura; Ministflro ~ei Trasporti e dei LL. PP. contro Societ� Elettrica della Campania). Se il Ministero dei LL.PP. ordina lo spostamento di un elettrodotto da un fondo di propriet� delle Ferrovie dello Stato, ponendo a base dell'ordine, emanato su richiesta delle Ferrovie stesse, l'art. 126 del Testo Unico sulle Acque e sugli Impianti Elettrici, non pu� l'Amministrazione proprietaria del fondo rifiutarsi di pagare le indennit� per lo spostamento al titolare della servit� di elettrodoto, invocando l'art. 122 dello stesso Testo Unico. Non possi�mo non consentire con la Corte Suprema in merito alla distinzione fra la, fattispecie regolata dall'art. 122 del Testo Unico 11 dicembre 1933, n. 1775 e quella regolata dall'art. 126 dello stesso Testo Unico. Riportia.mo in proposito quella parte della motivazione della sentenza che, sinteticamente rna chiaramente traccia le linee di que8ta distinzione: � Il contenuto obiettivo dell'a.rt. 126 � pi� am,] Jio di quello dell'art. 122 ; la finalit� � diversa, la posizione delle parti � pure diversa, in quanto in applicazione dell'art. 126 la P.A. � posta in condizioni di siipremazia verso il privato. In questa situazione giuridica, detenninata dalla prevalenza che spetta all'interesse pu,bblioo s1.i qitello privato, non ha rilevanza il ,fatto che la P.A. ahc impone lo spostamento della conduttura, sia proprietaria del fondo servente. L'art. 126 a.fjerma il principio, che risponde anche ad un concetto normale della nostra legislazione, secondo il qu,ale l'utente dell'elettrodotto, che esegue i lavori ordinatigli, neWinteresse pubblico, e dai quaz.i non trae alcun vantaggio, non deve anche sopporta. re le svese: principio che non perde nulla della sua importanza pel temperamento ad esso avportato dal leg�islatore nel caso che le spese sopportate dall'1.itente non 8iano eccessive; e tale tempera. mento trova a sua volta giustificazione nel diritto dello Stato di imporre al privato il sacrifioio dell'interesse di lU'i a vantaggio di quello pubblico, purch� sia di lieve entit�. Oi;oe ,irivece il sacrifi,cio si concreti in un danno patrirnoniale apprez;abile, emergente dalla esecuzfone dell'ordine dell'autorit�, l'art. 126, analogamente a quanto stabilisce l'art. 46 della legge sulla espropriazione per pubblica utilit�, riscontra nell'atto o nel fatto della P.A. la prfoazione o Um-itazione di diritti, o la imposizione di prestazioni d'opera o di serviz�i a carico del privato, ed in questo caso riconosce l'obbligo, non di itn risarcimento di danno, ma di una congrua indennit�. Tale indennit� � dovuta vcrch� 'il provvedimento imperativo emesso dal Ministero dei LL.PP. in base all'art. 126 crea 1.ina situa.zione giuridica irrevocabile a favore dell'ittente, safoo che, espleta. te le modificazioni .ed opere prescritte} lo stesso � . :M � . :M -177 JJ!J'inistro) ritenga non eccessive le spese sopportate dall'utente) e per ci� non rimborsabili. Quest)ultimo provvedimento non sostituisce n� rrvoca il primo) facendo sorgere l)applicabilit� dell'art. 122; ma indipendentemente dall'essere la P.A. proprietaria o non del suolo asservito alPelettrodotto) affida al 111'inistro dei LL.PP. il potere discrezionale di valutare se le spese furono o non eccessive) e solo nella prima ipotesi riconosce alle parti la facolt� di r'ivolgersi aWautor'it�, giudiziaria) per la determinazione del quantum debeatur. In questa stessa limitazione della competenza dell'autorit� giudiziaria) a giudicare soltanto quel ,quantum) e non arwhe sull'an debeatur, � agevole cogliere il criterio precipuo di discriminazione tra f art. 122 e l'art. 126, in quanto il primo ha la sua rag,ione d) essere nel diritto di propriet�) del proprietario e del suo asservito) Faltro nel diritto dell'utente l'elettrodotto) innilaZ'ione al dovere a lui incombente di sottostare aWordine deWautorit�) e condizionato al giudizio dell)autorit� stessa sulla risarc,ibilit� o meno della spesa sopportata�.� Ci sembra, invece) che S'ia frutto di eccessivo formalislmo la tesi secondo la quale una volta ordinato lo spostamento in forza dell'art. 126, la Amm-inistrazi.one proprietaria del fondo su cui la servit� era co8tituita) riconoscendo l)errat�e incor r.o nell'invocazione di detto articolo, non possa pi� richiamarsi all'art. 122, per escludere il suo obbligo di versare somrne a titolo di indennit� ar titolare della servit� di elettrodotto. Tuttavia) non p11,� escludersi la opportunit� che confus�on�i del genere tra i due articoli suddetU s�iano et1itate e che) ogni volta che si tratti di spostare un elettrodotto da un fondo di cui la Amministrazione sia divenuta propr'ietaria) con1xnqa richiamarsi scmprr; all'art. 122 in modo esplicito, senza sert:irsi in al<YIJ,.n modo dei poteri previsti dalfart. 12�6. USO LEGITTIMO DELLE ARMI-Omicidio di persona: a) che fugge per non farsi fermare dalla polizia; h) arrestata o detenuta -Punibilit� (Corte di Cas r -.sazione, Sez. II, Sent. 20 dicembre 1949, Pres.: Serena Monghini, Est.: Vista -P. M.: Fo�). Nessuna norma giuridica pu� consentire e nesRnn ordine legittimo pru� imporre che in una ordinaria operazione di polizia si faccia uso delle ar�mi contro persone colpevoli di essersi date alla fnga pn sottrarsi al fermo degli agenti di polizia. Questa facolt� � esclusa dal nostro ordinamento giuridico, come � dimostrato dall'art. 53 c.p. E non � consentito neppure nel caso di fuga di arrestati o detenuti, salvi i casi contemplati nell'art. 169 del regolamento per gli agenti di custodia, che riguarda materia ben diversa e cio� l'ordine e la sicurezza degli stabilimenti carcerari. Non ricorre dunque scriminante nel caso di un sottufficiale dell'ex g.n.r. che, dopo intimato l'alt a tre giovani che scappavano rifugiandosi su un albero al centro di un cortile invece di fermarsi a quell'ingiunzione, spar� uccidendone due e ferendone il terzo. I. Nella massima ohe 8� annota du,e affermazioni di principio � dato rilevare: la prima) alla quale ex professo si riferiva la fattispecie gitud�iciata, relatfoa aWuso delle ar..mi c�ontr.o perso.ne che) senza opporre alcuna resistenza) S'i erano date alla fuga per sottrars'i al fermo di agenti di polizia). la seconda) fatta incidentalmente) sull'uso delle armi per impedire un'evasione. Anche� d'i recente le rassegne di giurisprudenz-a hanno avuto occasione di pubblicare sentenze in cui questa seconda affermazione � stata fatta a seguito di un esplicito esame della questione: se noi abbiamo riportato la massima) che annoUamo) � per poter esaminare ambedue i principi e sottoporli ad alcune revisioni critiche che ci sembrano consentite. II. De affermazioni giurisprudenziali sul primo punto sono numerose) tittte conform,i, ed avverso� ad esse non pare s�ia possibile opporre argomentazioni degne di rilievo (fra le altre sentenze cons. Gassaz'ione 19 ottobre 1949, in Giust. pen. 1950, lI) 11 e segg.). In propos'ito � d)uopo solo considerare che Fuso delle armi non � consentito) nel caso in esame) se cozu,i il quale si d� alla fuga per sottrarsi aWarresto (ed anche ad un semplice fermo di polizia), non faccia violenza od opponga t�es�istenza: ch�) in caso contrario) nel caso in cui cio� sia necessa.rio respingere tale violenza o vincere detta resistenza) versandosi) col concorso degU altri requisil'i) nelfipotesi prevista dall'articolo 53 c.p.) l)uso iDi cui sopra � del tutto legit-. timo. E) fuor d'opera ricordare di qual natm�a abb,iano ad essere la violenw o la resistenza SU'indicate) essendo 'in proposito le decisioni giurisprudenziali ben ferme da tempo sugli stessi criteri di ident�ificazione) riportaU in tutU i testi istituzionali di dfritto penale. III. Ad una valutazione P'i� approfondUa inve-ce � necessario scendere per quanto riguarda il secondo punto che) se esaminato) come si � 'in precedenza rilevato, per incidens nella fattispecie d~ cui alla ma8si,ma che si annota) ha avuto) in altri casi) formulazioni ex professo: fra le meno recenti) dopo la ristaurazione del regi1ne dernocratico) occorre ricordare la sentenza della 2" Hezione della Corte 81tprerna 7 gennaio 1947 (Arch. pen. 1949, I) 115 e segg.), tra le pi� recenti, quella della stessa Sezione deW11 l'ltglio 1949 (Giust. pen. 1950, II, 697 e segg.). In ambedue le vpotesi) in queste decisioni considerate, la Cassazione ha categoricamente afferrnato che non � consentUo fuso delle armi per impedire un)evasione) se non ricorrano i requisiti di cui all'art. 53 c.p. per la pa1�te relativa alla necessit� di respingere una violenza o di vincere una resistenza all' Atltorit�: la sentenza dell'11 luglio 1949, � stata favorevolmente annotata) anc1he per la parte de� quo, dallo 8pizzuoco (Uautorizzazione a procedere e --l) 1tso delle arrni da parte degli organi della polizia neW espletamento del loro servizio) in Giust. pen. op. Zoe. cit.). Come purtroppo talrolta � dato constatare in question'i che ritornano di tempo in tempo all'esa """""U~J ::::::::::::% :::::&&: & :::::::::::::fili 1 RffitL: :: -178 tne della Stlprema Corte per le qtw.Zi vengono ripetute affermazioni di principio, in base a ragionarnenti pressoch� identici, senza che esse siano effetto d�i ulteriori pi� approfondite elaboraziowi critiche, cos�, anche per la questione in esame sembra che c�i si stia avviando a ritenere ormai risolto definitivamente il problema e negli stessi sensi pare essersi pronunciato anche l'Annotatore che abbiarno sopraindicato. Sostanzialmente il ragionamento �in base al quale la Cassazfone crede di poter add�ivenire alle conclusioni pi� volte ribadite � il seguente: i cas�i previsU da norme eccezionali nei quali � consentito far uso delle armi per impedfre l1 evasfone, indipendentemente dalla necessit� d�i respingere una violenza o vincere una resistenza, sono eccezioni ad una regola contrar�ia che rilevasi dallo stesso art. 53 c.p., espressione questo di uno dei dir'itU pi� importanti della persona, anzi il fondamentale per eccellenza, qiwle quello alla integrit� fisica, i limiti del quale sono nella E E 1 cennata norma indicati. evidente come tale ragionamento rappresenti una faccia della medaglia di cui il rovescio ha esattamente riscontro in questi termini: tali norme sono applicazioni di un princ�ipio generale che si esprime nella non punibilit� (come conseguenza d�i esclusione del reato) del caso in 01,i,i si usino le armi contro una persona della quale si ha la custodia per impedire l'evasione. Quale delle due facce sia la esatta, dopo una enunciazione dogmatica dei princ�ipi che vi si riferiscono, � ora necessario chiarire, se non si vuole cadere anche per parte nostra nello stesso inconveniente lamentato per la Corte Suprema, limitatasi, in materia, piuttosto ad affermazioni aprioristiche che d�iffusasi in convincenti argomentazioni. IV. Il problema � gi� stato da noi sottoposto a succinto esame (App1mti sull'uso delle arrni per impedire l'evasione, Arch. pen. 1949, I, 115 e segg.) ed ad esso potremmo sic et simpliciter fare rinvio se, re melius perpensa, non ci sembrasse di poter sottoporre la nostra tesi, contraria a quella sostenuta dalla Corte Suprema, ad ulteriore elaborazione, che ci conforta vieppi� sul fondarnento della nostra opinione. Per comodit� del lettore la riassumiamo bre-nemen te : in due casi (e non in uno solo, come erro� neamente indicato nella massima che si annota), che trovano riferimento in quattro norme regolamentari, � prevista la possibilit� di usare le armi per impedire un'evasione. Tali norme sono: a) l1art. 198 riel Regolamento Generale per l'Arma dei Carab�inieri, il quale dispone che � durante la traduzione i militari dell'Arma debbono vigilare continuamente sul contegno e sulle mosse dei detenuti, non abbandonare mai le armi, mantenerS'i sempre in attitudine da poter impedire qualsiasi tentativo di fuga; b) l1art. 288 del oitato Regolamento, secondo il qttale ,� i militari di traduzione portano le arrni cariche soltanto se scortano detenuti,� e) l'art. 181 del Regolamento per gli Istituti di prevenzione e di pena 18 giit.gno 1931, n. 787, il quale stabilisco ohe � �i militari e gli agenU addetti alla tradi1<iune o alla sorveglianza esterna degli ~tabUimrr,,ti o alla custod�ia de�i detenuti. che lavorD,:no 1,i,7l a.porto, sono autorizzati a fare uso delle anni qiuindo v�i siano costretU dalla necessit� di impedire la. et'asione; d) infine l'art. 169 del Regolamento per il Corpo degli Agenti di ou,stdia del 30 dicembrn 1947, il qziale llioh:iara che � gli agenti possono far uso rlelle armi nei seguenti oosi : � . . . 3 b) in caso di tentativ'o di fuga da parte dei deten�uti, quando il fu1g,qUfoo si oppone al ferriio oon vie di fatto o oon minaocfo di molenza, o, malgrado l1intimazione, non desiste dal tentare l'etmsione e non vi siano altri mezzi effi:c1aci ad impedirla ll. Dette tiorme autorizzano l'uso delle armi, evidentemente anche quelle contenute nel Regolamento per l' Arrna dei Carabinieri che abb�iamo O'itato, in quanto non si comprenderebbe perch� le armi debbano essere tenute cariche se non per farne uso prontamente al pr�imo tentativo di evasione. All'afferrnazione della sussistenza di un principio generale d�i cui tali norme sono applicazfone si pu� intanto prevenire rilevando che la gamma dei casi che esse riguardano � talmente estesa da poters�i dub'itare che altri debbano essere dfoersament- e trattati perch� nelle suddette norme non considerati. E' vero ohe il Regolamento per FArma de�i Carab �inieri si rivolge a costoro e non alle altre forze di polizia, ma sarebbe evidente l1 assurd'it� se volesse ritenersi la P'Unibilit� di quel qualunque altro appartenente a tali forze, non oarabin'iere, ohe s� trovasse a tradurre detenuti, e, per impedire un1 evasione, agisse come al carab�in�iere � oonsentito. Se anche volesse contestarsi la sussistenza del principio generale da noi affermato, a tale conclusione dovrebbe add�iDenirsi in sede di interpretazione estensiva della norma in esame, non vietata: �in caso analogo, nel caso cio� di contrabbando, la Giurisprudenza ha esattamente ritenuto che, col ooncorso di tutti i requisiti di cui all'articolo 94 del Regolamento di servizio per le Guardie di Finanza, escluso natu,ralmente quello di appartenenza a detto Corpo in chi opera, purch� costui appartenga alle forze di polizia, sia consentito far �uso delle armi per impedire la consumazione del cennato reato (un caso si � presentato di recente alla difesa dell'Avvocatura dello Stato che ha ottenuto sentenza favorevole all',imputato: Trib. Siracusa, 19 novembre 1949). E se, sotto altro aspetto, le sopraindicate norme del Regolamento per l'Arma riguardano l'evasione di detenuti, non sembra possa fondatamcn te escluders�i che esse non si applichino se, invece lli detenuti, si tratti di arrestati, seoondo la di� sl'inzione che teonicamente pu� farsi fra �i due termini richiamati dall'art. 385 c.p. o_ome qualificf}, dell'autore del reato di evasione. Non s-0loinfatti il detenuto che fugge commette il reato di evasione, ma anche l'arrestato: per ambedue i soggetU esiste una presunzione di responsab'ilit� (per il detenuto condannato con sentenza penale passata in giitdicato addirittura un'affermazione &bu ]IJ -179 di responsabilit�) tale da potersi ritenere non sussista differenza d�i politica criminale agli effetti della formulazione del reato di cui all'art. 385 c.p. quando anzich� l'uno sia l'altro ad esimersi dalla custodia. Ragionamento analogo non potrebbe invece farsi qualora si trattasse di un semplice fermato per misure d�i polizia: la presunzione di responsabilit� � qui troppo �vaga per ammettere che, in sede di politica criminale, possa configurarsi il reato di evasione -e di conseguenza, secondo la nostra tesi, si possa far uso delle armi -se il fermato si allontani dalla custodia della polizia. Anche quindi sotto questo secondo aspetto sareb�� be consentito -nella insussistenza del principio da noi affermato -ricorrere ad �interpretazione estensiva colla conclusione che gi� in tal modo pressoch� tutti i casi prat�ic�i sarebbero risolti nel senso da noi esposto_. V. Ma, riesaminata la questione, altro argomento, squisitamente gi1widico, determinante, ci sembra possa trovarsi, idoneo a far pendere la bilancia, sui due piatti della quale sono poste le due tesi � eccezione al princ-ipio del diritto all'integrit� personale �, � conferma del principio del dfritto a far uso delle armi per impedire l'evasione �, dalla parte in cui trovasi questa seconda tesi. Idoneo cio� a togliere ogni patina di affermazione dogmatica a questa tes�i, escludendo insomma che essa abbia il solo valore di formulazione teorica aprioristica non dimostrata, che s�i contesta all'altra tesi. Tale argomento offerto, sevondo noi, dall'esame della natura delle norme che prevedono i casi di uso delle arm�i per impedire un'e1,asione e dell'efficacia di esse in relazione al principio genernle del diritto della persona alla integrit� fisica. 0,qni qualvolta la giurisprudenza ha ritenuto essere dette norme ecceZ'ion-i al cennato principio, non ha, evidentemente, approfondito molto il problema, Umitandosi cio� ad affermazione non consent- ita da un rigoroso esame della questione. Che le norme soprariportate s�iano norme regolamentari di organizza.z'ione (seeondo la distinzionr-: di cwi all'art. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100 : nella specie prev�iste al n. 3 del primo cornma di quest'articolo) non sembra dubbio, ed � noto d'altra parte che fra �i U.m-iti che la potest� regolamentare incontra � anche quello secondo il quale i principi generali hanno valore assoluto per quanto riguarda i regolamenti, cio� non possono essere da questi derogati. Ed allora., se cos� �, qualora non sussistesse il principio generale da noi a.ffermato, d�i mti le norme �in esame, sono apl �ica.zione specifica, e sussistesse invece, come ritiene la tesi alla nostra contraria, solo il principio generale del diritto in ogni caso alla integr'it� fisica con i soli limiti di cui -per quanto riguarlla lo specifico uso delle armi -all'art. 53 c.p., non si potrebbe sfuggire da questa grave conclusione: le cennate norme regolamentar-i sarebbero illegitt- ime perch� contrarie ad un pr�incipio generale che non potrebbe essere derogato da esse. Non � ammessa insomma la tes�i intermedia della Corte Snprema ed i corni del dilemma non sono che questi: o esiste tJ.n principio generale che autorizza a far uso delle armi per. �impedire.i' .evasfone di cu�i le suddette norme sono applicazione spe cifi.ca o queste norme non hanno valore. E' evidente che questa seconda soluzione u1�ta contro la fondamentale organizzazione dei servizi d�i custod�ia degli arrestati e de�i detenuti d�i cui a regolamenti che non possono, in parte de qua, ritener8i illegittimi. VI. -Esaniinat.e le fattispecie circa le quali la Corte Suprema ha avuto occasione di occuparsi delle question�i in esame, si r�iporta l'impressfone che detta Corte sia stata influenzata dal modo nel quale i casi si erano materialmente verificati, influenzata a tal punto da addivenire ad affermazioni sorprendent-i, come nella cennata sentenz�a 7 gennaio 1947, �in cui si distingue tra evasione ed evasione, adombrandosi la vossibiUt�. di far it8o delle armi per certe evasioni e non per altre, a 8econda del reato per il quale coliti che evade s�ia 'in stato di arresto o detenzione! Ci rendiamo perfettamente conto che, �indipendentemente <f,alla influenza nel giudizio esercitata dal tipo dei oa8i esaminati, altre considerazioni, pi� rilev'wnti, pos8ono av'er spinto la Ca8sazione a dec,idere nel senso di cui sopra. Pu� la Corte Suprema aver tenuto presente la necessit� d�i dar lttogo (J)d uma rernora ai tropipo sempUoistic�i interventi della polizia per reprimere evasfoni, talvolta agevolate da negligenza d�i cu8todia. La vita � indubbiamente il massimo bene e come tale deve e8sere energicamente tutelato. Non 8embra peraltro che, esam�inando a fondo la que8tione, la preoccupazione della Cassazfone abbia ragione di e8i8tere. E' intanto innanz�itutto da rilevare che, corne abbiamo fntto vresente neyli Appunti oitati, l'itso delle armi nel ciaso in oonsiderazione, non � senza limiti: all'evaso deve �intimar8i d�i desistere dall'azione prima di far uso delle armi e queste debbono e8sere usate nel rnodo ahe, raggiungendo lo scopo, si prospetti ragionevolmente come il meno dannoso per la per8ona che tenta di evadere. In pratica qu�indi avverr� che non tutte le evasioni 8troncate coll'uso delle armi 8'� ri8olveranno in una assoluzione di chi delle anwi si � 8ervito, ma costui potr� e8sere par-irnenti condannato per omicidio o le8ioni colpose se potr� dimostrarsi abbia fatto ricor8o ad un rnezzo pi� dannoso 8enza aver esperimentato altri mezzi ugualmente efficac'i ai fi.ni di impedire l'evasione, rna meno dannosi. E la diligenza, per altro verso, nella custodia, sar� ugual,mente a8sicurata -indipendentemente da una condanna penale ver l'uso delle armi -da una rigorosa valittazfone in 8ede disciplinare del comportamento tenuto dal cu.sto<le ante-evasione, da cni possono �derivare con8eguenze magar�i pi� gravi di quelle consistentt �in una condanna penale pi� o rneno mite ed nccornpagnata dai benefici di legge. (F. C.). 1W4J.L&ii :iWb:::::::::: :::i:::::::::::L:::f.:: :L&filmill J&:::: m ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI DELLE CORTI DI ME R-'I T O IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Accertamento della base imponibile -Limitazioni di indagine -Decisioni della Commissione Provinciale Art. 29, del regio decreto 7 agosto 1936, n. 1639 (Trib. di Firenze, Sez. I, Sent. del 12 luglio 1950 - Pres. : Borrelli, Est. : Cappellini -Azienda Farmaceutica Internazionale contro Finanza). La legge non prescrive _alcun limite ai poteri di indagine dell'Amministrazione finanziaria in sede di accertamento della base imponibile dell'imposta generale sulla entrata dovuta in abbonamento, ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo 27 dicembre 1946, n. 469. Le decisioni delle Commissioni Provinciali previste dall'art. 16 del predetto decreto legislativo n. 469, e dall'art. 21 del decreto legislativo 3 mag gio 1948, n. 793, sono impugnabili per grave errore di apprezzamento e difetto di calcolo ai sensi dell'art. 29 del decreto legislativo 7 agosto 1936, n. 1639. Stilla prima massima non possiamo cllte coriciordare, in quanto il Tribunale ha accolto completamente la tes'i dell'Avvocatura. La pretesa del con� tribuente d'i voler limitare i poteri di indagine <hll' Amm�inistrazione in materia di accertamento della base imponil1ile dell' 1.0.R. da corrispondersi in abbonamento, al solo esame del bilancio delle imprese � resistUa dalla assorbente considerazfo. ne che, anche per quelle imposte (come la R.M.) r1er le quali il bilancio � considerato come la bnse normale degli accertamenti, non � mai considerato eome la bnse esclusiva, permettendosi all' Amministrazione di tener conto di altri elementi e dati concreti raccolti al di fuori d�i esso. Tnnto pi� deve essere escluso ogni Umite ai poter-i di indauine, quando la legge, come nel caso della I.G.JiJ. rJ,a, corrisponders�i in abbonamento, non indica n� precisa alcun elemento come fonte dell'accertamento tributario. Non pos8iarno innece concordare sitUa Seconda �massima, contro la quale sembra che si possano portare �i seguenU argomenti che di segiiito schematicamente si riassiirnono: 1� data la g'ittrispntdcnzn costante della, Corte Siiprerna, che afferma che le dite fasi del gittd,izio tributario (avanti alle Cornmiss�ioni e avanti alla autorit� giudiziaria) sono autonome tra loro, � evidente che i casi in cui gli errores in procedendo della prima. delle due fas�i possano essere sfodacatc nella seconda fn81' debbono essere tassat�ivamente stabil-iU dalla leg, qe. Ora, nella legge che istitrtisce le Commissioni. .4.mmi-wistrative in materia di I.G.E., non vi � al01. lna norma 8imile a.ll'art. 2'9' del decreto-legge 8 litglio Hl36, n. 16319; 2� l'(trt. 29� del c�itato decreto-legge n. 1639, del 1936, riguarda le controversie in muteria di imposte indirette � sui trasferimenti della ricchezR:-a >> e cio� quelle imposte indirette indicate tassat,ivamente nel decretu legislativo medesirno (art. 28), il quale spec,ift.ea che rimangono escluse dalla regolamentazione portata dul decreto, tra l'altro le contror;ersfo in materia di tassa scarnbi e cio� propJ'io di qiiel tributo che � stato sostititito dalla l.G.E. Una ap plicazione analogica di questa norrna, ehe ~a evidente carattere eccezionale, non pu� seguire in ria sempUcemente interpretativa. IMPOSTE E TASSE -Imposta di manomorta -Aziende autonome comunali -Assoggettamento separato alla imposta (Corte d'Appello di Brescia, Sent. 16 giugno 1950 -Pres. : Binetti, Est. : Serra -Finanze contro Comune di Brescia). Ai fini dell'assoggettamento all'imposta di manomorta le Aziende autonome comunali sono conHi< lerate sevaratamente 1lai Comuni, dei ,qnali sono un organo. La Corte ha accolto la tesi dell' Avvocatiira r�� formando la contrada sentenza del Tr�ibiinale, rilevando che, la rnancanza di personal'it� g�iuridica nell'azienda antonoma non porta � alla confttsione di qiiel particolare patrimonio con gli altri ben patrimoniaU �dello stesso comiine e delle corr�ispondent'i rendite COS'� da conglobare in un unico bilanc�io le entrate e le spese dell'ente medes'irno )) ... MILITARI -Recupero indebiti pagamenti fatti alle ! famiglie -Legittimazione passiva. (Trib. Torino 29 maggio 1930 -Ricaldone contro Min. Difesa-Esercito). Legittimato passivo nell'azione di ricuper-0 cli _ anticipazioni di stipendi o asRegni alle famiglie dei militari erroneamente considerati dispersi o prigionieri � il titolare dello stipendio o dell'assegno e non il famigliare che benefici� della anticipazione stessa. ...:.. 181 La sentenza in esarne � da approvare, per quanto non ci si possa nascondere che la questione non appare n� 8empl'ice n� piana. La tesi accolta � confortata da varie ragioni. La prima, la pi� e'vidente, � che l'Amministrazione hai pagato somme che sostanzialmente .il militare avrebbe dov'uto erogare in favore della sua famiglia.� acquisita o origina,ria a carico l>, si � sostituita a lu�i nell'adempimento d'i una obbligu. eiione, che av�ez;a per lui carattere non soltanto morale ma giuridico. Se quindi una tale sostituzione non dove1;a es�1ere operata perch� le �1omnie pagate oggettivamente non erano dovute, il militare verrebbe a consegU'ire -con un risp.arrnio di spesa -ttn arr�icchimento senza causa; e dovrebbe qttind�i, qttanto meno sotto qu�sto profilo, essere tenuto al rimborso. E' poi da considerare che lo Stato, in base all'art. 4.-0 regio decreto-legge 19 maggio 1941, n. 583, si obbliga a pagare al militare, prigioniero del nemico, determ�inate somme, l� quali sono in relazione al rapporto di servizio che si cons�idera come non mai venuto meno, e tutto1'a, operante. L'a,rt. 41 dispone che parte delle somme, cos� dovute al prigioniero di guerra o all'internato: sono pagate -a titolo d�i antic-ipiazione -a determinati famigliari del militare j ma sono pur sempre somme che vengono corr�'lposte al mi litare, e, per esso assente a terzi �determinati dalla legge. P�'t che un diritto proprio di costoro alt.i, ri� scossione, � da rav'Visare in questo sistema itna farina di 1nan�dato ex lege, sostituendo ad ev�entitali mandatari, che fossero per a'IJven-itta stati indicati con apposite deleghe -dal militai�i~, qitelli stabiliti dalla legge (secondo comma deU:'a1't. 41). N� pare che si possa distinguere a posteifo1�i, a seconda che i presupposti per far luogr.. a.i pag1J,� mento sussistessero o meno, per accetla,.�3 o meno la tesi sue�1posta circa la natura giuridica d<'l pagamento fatto dalla A.mmini8trazione, e i rapporti fra le parti interessate. I mpporti sono quelli che sono, e l'errore -assolittamente scusabile, considerata la 8it1iazione contingente ve� rificatasi dopo l'armistizio -in cui possa essere incorsa la Amministrazione non ptt� mutare il rapprto giuridico fra le parti. S� che il paga1nento '/jien fatto, per conto e a nome del militare, ai famigl-iari suoi in vece che a lui assente, e 8alvo conguaglio con quanto dovuto, al suo ritorno dalla prigion�ia o daill'internamento. C'� da aggiungere, peraltro, che non sembra si debba ritenere come inammissibile la azione di recupero che fosse S'/j�olta contro chi ha eff ett'iv-a� mente percepito le somme che ju1re non erano dovute, costituendo tale pagamento un indebito oggettivo. � (N. G.) T -CTL g :M l!L di lfj T -CTL g :M l!L di lfj RASSEGNA DI LEGISLAZIONE I PROVVEDIMENTI SONO ELENOATI SEOONDO L'ORDINE DI PUBBLIOAZIONE SULLA e GAZZETTA UFFIOIALE � I 1. Legge 3 giugno 1950, n. 375 (G. U., n. 14ki): Riforma della legge 21 agosto 1921, n. 1312, concernente l'assunzione obbligatoria al la.varo degli invalidi di guerra. -Si richiama l'attenzione sul particolare .carattere dell'ammenda prevista dall'art. 22, in relazione all'art. 24 della legge, Questo carattere particolare legittima la costituzione �di parte civile da parte del- 1'0.N.I.G. allo s�Qopo di ottenere la condanna dei contravventori al pagamento dell'ammenda, la quale dovr� poi esser.e versata all'Opera. Da notare inoltre che il criterio di fissazione della pena pecuniaria, stabilita dall'art. 22, limita necessariamente i poteri del giudice, il quale non pu� scender.e mai al di sotto �dei minimi fissati dalla legge. 2. Legge 24 aprile 1950, n. 390 (G. U., n. 149): Computo delle campagne della guerra 1940-45. -Si richiama l'attenzione sull'ultimo comma dell'art. 4; pare evidente che l'amnistia alla quale si rifflrisce questa disposizione, per sancirne la irrilevanza ai fini della esclusione dal diritto al computo delle campagne, sia l'amnistia impropria. 3. D.P.R.71uglio1950,n.442 (G. U., n. 156 S. O.): Approva. zione della nuorva tariffa doganale dei dazi di importazione. -Questo decreto ha forza di legge, essendo stato emanato in forza di delega legislativa concessa con la legge 24 dic�mbre 1949, n. 993. (In questa Ra.ssegnti, 1950, pag. 32). 4. D.P.R. 8 luglio 1950, n. 453 (G. U., n. 158): Norme temporanee per la prrima applicazione della. nuova tariffa doganale dei dazi di importazione. -Si vedano le osservazioni sub 3. 5. Legge 30 luglio 1950, n. 534 (G. U., n. 174): Modi{�caz'iOne dell'art. 72 del Codice di procedura civile. Si vedano le relazioni ministeriali e parlamentari in " L�e leggi �, pag. 862 e segg. 6, Legge 14 luglio 1950. n. 581 (G. U., n. 186 S. O.): Ra. ti{�ca del decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 483, contenente modif�cazioni ed aggiunte al Codice di proce� dura civile. -Con questa legge sono state apportate al decreto legislativo n. 483, tali modificazioni da trasformarlo radicalmente. Si noti che il citato decreto legislativo non � mai entrato in vigore. Al pi� presto pubblicheremo un articolo rlii commento a questa legge. 7. Legge 4 luglio 1950, n. 590 (G. U., n. 188): Denuncia dei beni diritti ed interessi ita.liani esistenti all'estero e soggetti a perdita per effetto .dell'esecuzione del Trattato di Pace. -Dobbiamo esprimere delle riserve in ordine alla formula dell'art. 2 dal punto di vista della tecnica legislativa. In tale articolo, infatti, si parla di diritto ad indennizzo riconosciuto dal " Trattato di Pace� ai cittadini italiani. E.' del tutto evidente che un Trattato internazionale non pu� riconoscere alc�n diritto ai cittadini di uno degli Stati contraenti, derivando questi le loro pretese verso il loro Stato solo da una legge interna. Analoghe riserve dobbiamo esprimere anche in relazione alla norma �contenuta nello stesso art. 2, la quale prevede la possibilit� che gli accordi internazionali possano limitare .il potere dello Stato. italiano a regolare con proprie disposizioni la procedura di liquidazione degli indennizzi spettanti ai propri cittadini. 8. Legge 10 agosto 1950, n. 646 (G. U., n. 200): Istituzione della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno). -In base all'art. 28 la difesa in giudizio e la consulenza legale della Cassa, persona giuridica di diritto pubblico e non azienda autonoma di Stato, spettano ex iege all'Avvocatura dello Stato. II SENATO DELLA REPUBBLICA 1. Disegno di legge n. 1279 (presentato dal Ministro della Difesa di concerto col Ministro del Tesoro): Stato degli uf{�ciali dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica. -Con questo disegno di legge .si comincia a dare attuazione anche sul piano giuridico al principio della unificazione delle Forze Armate. Esso migliora sensibilmente le precedenti distinte d~spos1zioni concernenti lo stato degli uffi.c1ali delle tre Forze Armate. Ci limitiamo a formulare alcuni sommari rilievi di carattere tecnico, che sono suggeriii da un primo esame del testo. All'art. 29 si prevede la possibilit� che :~ procedimento penale a carico dell'ufficiale sospeso cautelarmente termini con ordinanza che-dichiari che il fatto non :SUS1Siste O che l'imputato non 10 ha commesso. Il nostro codice dt rito penale non contempla la possibilit� di emanare ordinamze di tale genere; una pronunzia di proscioglimento o assoluzione perch� il fatto non sussiste o perch� l'imputato non lo ha com - -183 messo pu� essere emessa solo con sentenza. Con o,rdi na:nza 'si applica solo l'amnisUa, la quale non pu� certamente avere gli stessi effetti di una s-entenza di assoluztone con formula piena ai fini della sospensione cautelare. . Non ci sembra, poi, che sia opportuno mantenere la confusione tra la rimozione ,considerata come pena ac.cessoria ai sensi del codice penale militare e la ri mozione considerata come sanzione disciplinare di Stato (art. 70, 73). E' vero che l'istituto della rimozione � fondato su una tradizione delle Forze Arm11te, ma non sembra che tale tradizione possa prevalere sui vantaggi che deriverebbero dall'adottare, rper quanto rigua!'da la perdita del grado per motivi disciplinari, l'istituto della destinazione, prev:Lsta dalle nor:rpe sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato. L'art. 120 abroga espressamente la dtspostziop.e co11� tenuta nel D. L. 9 febbraio 1926, n. 202, la qu;Ue consentiva in sostamza di mantenere l'effetto dei provvedimenti disciplinari di carattere espulsivo, anche quando fossero stati annullati in sede giurisdizionale per dif. etti di forma, ove fossero poi rinnovati con le modificazioni neceissarie per uniformarsi alla decisiooe del Consiglio di Stato. Forne, questa abrogazione radicale non � del tutto giustittcata, ove si rifletta che l'annulLamento di un provvedimento amministra:tivo per motivi di sem:plic.e forma non pu� equipararsi all'annullamento per motivi di illegittilI11it� sostanziale. 2. Disegno di legge n. 1290 (presentato dal Ministro del Tesoro di� concerto col Ministro della Pifesa): !'iorrne in rnateria di indennizzi per danni arrecati e per requisizioni disposte dalle Forze Arrnate Alleate. -Non sembra che l'emanazione delle norme contenute nel disegno in esame risponda �d una effettiva necessit�. A parte la ,constderazione che dato il lungo tempo trascorso dalla emanazione del D. L. 21 mag;5io lfl46, n. 451, � da ritenere che la maggior parte delle pratiche di indennizzi sia ormai esaurita, sta di fatto c!1e si � formata sul D. L. sopra citato, tutta UP.a 15iurisp. rudenza (sia della Corte Suprema che del Com:itato giuri�sdizionale delle requisizioni) la qnale 1'01 nisce criteri abbastanza sicuri per la soluzione dei dubbi di interpretazione �Che possano sorgere. L'emanazio11e cli una nuova legge in proposito necessariamente ria�~, cender� controversie ormai sopite, quali quella relativa alla natura giuridica della pretesa che si fa va� lere nei conf.ronti dello Stato italia:no per ottenere gli indennizzi. Non si vede, poi, l'opportunit� di inserire, per la prima volta, ed in una siffatta legge una norma che dichiari� la responsabilit� dell'Amministrazione per fatti dolosi, senza contare che il dolo delle " fo,rze armate " :non � factlmente irpotizzabile. Non sembra, infine, molto pregevole la formula dell'art. 2, il quale nel determinare �i criter�i eae -debbono seguirsi per la fissazione degli rndennizzi, sancisce espressamente che essi sono da considerarsi soltanto quali criteri di massima, aggravando cosi i dubbi sulla natura giuridica della pretesa dei danneggiati, gi� originati, come s'� detto, dalla formula dell'art. 1. Non si capisce, poi, a quali fini si debba aver riguardo alle condizioni finanziarie del richiedente. In conclusione, a:nche su questo punto, riteniamo che sarebbe molto pi� opportuno lasciar consolidare la pra:ssi amministrativa gi� fo.rmatasi, anche perch�, secondo la relazione, l'art. 2 avrebbe solo lo scopo di consacrarla legislativamente. 3. Disegno di legge n. 1306 (iniziativa ;parlamentare): Irnpugnabilit� per cassazione delle sentenze dei conciliatori. -Col presente disegno di legge si intende di adeguare all'art. 1:11 della Costituzione la norma del �Codice di procedura civile (art. 360 modificato dall'arti. colo 42 della Legge 14 luglio 1950, n. 581) che regola l'impugnazione per cassazione avverso le sentenze dei giudici or�di:nari. Non .sembra che si possa dubitare �sia della legittimit� della norma proposta, sia della sua indiscutiJbile opportunit�, se si tien presente che potrebbero sorgere dubbi in ord'ine alla impugnabilit� delle sentenze del conciliatore dato che il citato art. 42 della Legge del 1950 le ha di nvovo, certo per errore, espressamente escluse dal ricorso per cassazione. Forse sarebbe stato oppo.rtuno i:n sede di riforma del c.p.c. rego1are anche la questione della impugnabilit� delle sent'enze in materia di esecuzfone civile, previste dagli articoli 617, 618 c.p.c. Piuttosto serii dubbi possono sorgere sul punto se tutti i motivi di ricor:so per ,ca:ssazione previsti nell'art. 360 c.p.c. possano ricomprendersi nel concetto di violazione di legge contemplato nell'art. 111 della Costituzione, o se, invece, questo abbia una po.rtata pi� limitata di quello. 4. Disegno di legge n. 130�9 (iniziati'Va parlamentare) : De{�nitivit� dei provvedimenti aaottati dai Prefetti in base all'art. 7 deUa Legge 20 marzo 1865, n. 2248. Sulla inopportunit� di questo disegno di legge ci siamo ,gi� esp.ressi nella precedente Rassegna {1950, ;pagina 162). La Camera lo ha tuttavia approvato. Non troviamo motivi per modificare il nostro atteggiamento. --;;;;;&&&L&& &i&k d AitJJW:: INDICE SISTEMATICO DELLE CONSULTAZIONI LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA ALBERGHI. -I) Se la classificazione degli esercizi alberghieri in base al servizio dei buoni-albergo, agli effetti dell'imposta di soggiorno, abbia tuttora vigore, dato che � stato :soppresso di fatto il suddetto servizio dei buoni-albergo (n. 5). -lI) Se ai fini dell'applicazione dell'imposta di soggiorno valga la classificazione nazionale degli alberghi stabilita dalla legge 18 gennaio 1939, n. 382 (n. 5). AMMINISTRAZIO'.'IE PUBBLICA. -I) Se i Consorzi Provinciali Macellai (Co.Pro.Ma.) siano enti pubbUci (n. 106). -II) Quali normo debbano applicarsi per la liquidazione dei Co.Pro.M.a. (n. 106). -III) Se la Cassa di Risparmio della Libia sia compresa tra gli enti dipendenti dall'Amministrazione dell'Africa Italiana, ai sensi e per gli effetti della legge 16 settembre 1940, numero 1450 (n. 107). APPALTI. -I) Quali siano le norme da applicare per la revisione d'ei prezzi degli appalti di opere pubbliche eseguite nel T.L.T. durante la gestione A.M.G. prima dell'entrata in vigore del Trattato di Pace (numero 135). -Il) Se nei contratti di fornitura successivi all'entrata in vigore del decreto-legge 13 giugno 1940 n. 901, possa stabilirsi la clausola di revisione dei prezzi determinando la percentuale di alea in misura div,ersa del 10 o/o (n. 136). APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -I) Quali norme �d:ebbano applicarsi per la liquidazione dei Co. Pro.Ma. (n. 22). -Il) Se le conseguenze economi.che delle illegittimit� .commesse dagli enti: accentratori (previsti dal �dJecr.eto-legge 1941) debbano sempre ricadere sullo Stato sotto forma di diminuzione degli utili (n. 23). -III) Se sia da ritenersi convalidata dal decreto legislativo 18 gennaio 1947, n. 21, la norma contenuta nella legge della r.s.i. 7 gennaio 1944, n. 4, con la quale si attribuiva alle Commissioni Provinciali di Vigilanza sui prezzi il potere di infliggere sanzioni amministrative per la violazione di norme annonarie (numero 24). -IV) Quali siano i rapporti tra le suddette sanzioni amministrative e le pene inflitte dai magistrati per le stesse violazioni (n. 24). ASSICURAZIONI. -I) Se l'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria di che .alla legge 29 aprile 1949, n. 264, debba ritenersi esteso anche agli avventizi non ancora immessi nei ruoli speciali transitori (n. 24). -II) Se la surroga prevista dall'art. 1916 C C. operi ape iegis (n. 25). -III) Se l'Amministrazione che sappia essere un infortunato coperto da assicurazione possa pagare liberamente all'infortunato stesso quanto dovutogli per il d!anno subito o se debba avvertire l'ente assicuratore (n. 25). AUTOVEICOLI. -Se le norme stabilite per la revisione delle patenti dei conducenti in servizio pubblico, di che all'art. 91 del Codice Stradale, si applichino anche ai conducenti di treni-automobili a freno continuo (n. 26). BORSA. -Se i titoli azionari al portatore, dichiarati decaduti ai sensi del regio decreto-legge 21 novembre 1942, n. 1316, per non essere stati convertiti in nominativi, debbano sostituirsi con altre azioni intestate alla Cassa Depositi e Prestiti, la quale veng.a cos� ad assumere la qualit� di azionista con tutti i relativi diritti (n. 4). CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se gli enti o gli organi incaricati dalla Gestione I.N.A.-Casa di provvedere alla costruzione delle case per i lavoratori debbano, sui �compensi loro spettanti per questo incarico, pagare l'I.G.E. in forma ordinaria o in abbonamento (n. 25). CITTADINANZA. -Se la ,perdita della cittadinanza italiana da parte degli alto-atesini in forza della legge 21 agosto 1939, n. 1241, presupponga necessariamente il trasferimento all'estero o la sola opzione (n. 5). DANNI DI GUERRA. -I) Se debba considerarsi danno di guerra quello cagionato dallo sbandamento di un carro .armato all'atto dell'ingresso delle truppe alleate in Roma (n. 23). -II) Se per la perdtita di beni mobili possa essere concesso l'indennizzo per danni di guerra (n. 24). -III) se nell'obbligo dello Stato di ricostruire beni degli enti pubblici locali distrutti dalla guerra sia compreso anche quello di ricostruire i beni mobili (numero 24). ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Quale sia la posizione degli insegnanti dei seminari teologici delle diocesi dei territori gi� appartenenti al c.essato impero austro-ungarico (n. 12). :: ;:::;::::; & mmwmu w; :m: rnZJm mm wmi �&&J w; J 1 -185 FERROVIE E TRANVIE. -I) Se agli orfani dei lavoratori si estendano le stesse agevolazioni ferroviarie previste per gli orfani di guerra (n. 111). -II) Se una requisizione di legna.me effettuata dall'Amministrazione Ferrovia:ria italiana durante la guel'!l'a su autorizzazdone degli .alleati per ripristinare linee necessarie alle esigenze delle potenze occupanti, debba considerarsi come requisizione alleata (n. 112). IMPIEGO PRIVATO. -Se al rapporto di impiego dei dipend!enti degli enti provinciali del Turismo debbano applicarsi le norme della legge sull'impiego privato (n. 15). IMPIE,GO PUBBLICO. -I) Se, pur dovendosi applicare ai dipendenti degli E.P.T. le norme della legge sull'impiego privato, la loro pretesa alle ferie annuali debba considerarsi diritto soggettivo o interesse legittimo (n. 241). -II) Se al personale della Cassa �d!'i Risparmio della Libia sia applicabile la legge 16 settembrf) 1940, n. 1450 (n. 242). -III) Se sia dovuto il rimborso delle spese per trasporto di masserizie ed altro agli impiegati che sono trasferiti da una� localit� ad un'altra del medesimo comune distanti tra loro meno di dieci chilometri (n. 243). -IV) Se gli avventizi non ancora passati nei ruoli speciali �dii �Che al decreto legislativo 7 aprile 1948, n. 262, siano soggetti all'obbligo della assicurazione contro la disoccupazione involontaria (n. 244). IMPOSTE E TASSE. -I) Se ai fini dell'imposta di soggiorno possa ancora utilizzar.si la classificazione degli alberghi stabilita dal decreto legislativo 24 novembre 1938, n. 1926, basata sul servi.zio dei buoni albergo ora di fatto sospesi (n. 141). -II) Se i materiali di provenienza estera, introdotti in Italia senza il pagamento dei diritti doganali in quanto destinati all'uso delle forze di OCCUiP�azione, possano fruire� an�cora della esenzione allorch� siano stati o vengano destinati . ad usi diversi (n. 142). -III) Se la responsabilit� per il pagamento dei diritti doganali stabilita a �carico degli spedizionieri possa estend!ersi anche ad altre persone che agiscano per mandato del proprietario (n. 143). IV) Se la responisa;bilit� dello sp.edizioniere valga an che per gli altri diritti di confine diversi dalle imposte (:n. 143). IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se gli enti o gli organi incaricati della Gestione I.N.A.-Casa di ;provvedere alla costruzione delle case per i lavoratori, �d!ebbano, sui compensi loro spettanti per questo incarico, pagare l'I.G.E. in forma ordinaria o in abbonamento (n. 24). INFOiRTUNI SUL LAVORO. -Se colui che ha cagionato un danno a persona coperta da assicurazione per infortunio sul lavoro, possa pagare liberamente l'indennizzo senza avvertire l'ente assicuratore, quando si tratti di danno compreso tra quelU assicurati (n. 20). LACAZIONI. -I) Se sia applicabile alle persone giuridiche il disposto dell'art. 7, n. 3 del D.L.C.P.S. 23 dicembre 1947, n. 1461 (n. 50). -II) Se la SEPRAL possa consi-�ierarsi ente .avente scopi di lucro agli effetti delle norme sugli aumenti dei -canoni locatizi (n. 51). del patrimonio delle cessate organizzazioni sindacali possano intimare lo sfratto ad organi statali� locatari di immobili gi� appartenenti alle predette organizzazioni (n. 52). MATRIMONIO. _, Se sia possibile sanare, in via di ratifica amministrativa, il difetto di autorizzazione a matrimonio nei confronti di agenti di P.S. (n. 5). OPERE PUBBLICHE. -I) Se i lavori dli bonifica di campi minati possa:no considerarsi � opere pubbliche " agli effetti delle disposizioni sulla revlstone dei prezzi (n. 13). -II) Quale sia l'elemento che caratterizza la opera pubbUca dagli appalti pubblici di altra natura (n. 13). PENSIONE. -I) Se, agli effetti del ri[lristino di una pensione di guerra, possa considerarsi annullata una sentenza di condanna pronunziata dal cessato Tribunale Speciale per il reato annorario (n. 41). -II) Se la speciale ind!ennit� per l'accompagnatore di che all'art. 3 del -decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 74, abbia carattere di complementariet� degli assegni d� superinvalidit�, nel senso �che sia ma:ntenuta indipendentemente dalla effettuazione e dalla durata del servizio di accompagnamento (n. 42). -III) Se l'assegno dli superinvalidit� sia da �considerarsi indipendente dall'assegno privilegiato o dalla pensione ordinari.a al quale � aggiunto (n. 42). POSTE E TELEGRAFI. -Se gli agenti addetti alla tutela delle linee di telecomuni�eazione possano tagliar�e i rami degli alberi che intralcino il normale funzionamento ,dJelle linee stesse senz.a chiedere la preventiva autorizzazione (n. 19), PRESCRIZIONE. -Quale sia l'influenza sul decorso det termini di prescrizione dell'azione deriv.ante da investimento automobHistico del fatto che l'investimento abbia �cagionato danni tali da determinare l'inizio di un procedimento penale (n. 7). PROFITTI DI REGIME. -Se siano assoggettabili a confisca i beni ereditati �d!al confiscando dopo l'ordinanza di �confisca, mentre questa � oggetto di giudizio di impugnazione (n. 25). REGIONI. -Se sia affetta da incostituzionalit� una legge della Regione siciliana la quale istituisca una scuola professionale che non conferisce titoli di studio (n. 15). REQUISIZIONI. -I) Se una reqms1z10ne di legname effettuata dall'Amministrazione Ferroviaria italiana durante la guerra su autorizzazione degli alleati per ripristinare linee necessarie alle esigenze �!elle potenze occupanti, debba considerarsi come requisizione alleata (n. 84). -II) Se sia valida una requisizione disposta durante la r.s.i. per ordine di un Comando germanico e nell'interesse di un Comando militare italiano (numero 85). RESPONS1ABILITA' CIVILE. -I) A qual titolo l'AmminLstrazione italiana risponda di investimenti automobilistici cagionati da circolazione dei nostrt automezzi III) se .gli -uffid Sffaicfo-�os"fffiiifi.-per~Ta liq:i,iiiiazfone--~P:P-artenenffafie trupi;ie operanti �n"F'fii.nciarn.-1-00-r: -186 II) ;S.e l'Ammini�strazione Militare ris1ponda della perdita di denaro appartenente ad un militare punito e da questi consegnato all'Uffi.ciaie di pi0cchetto, quando quest'ultimo lo abbia affidato irregolarmente adt un militare che a sua volta se ne :sia indebitamente appropriato (n. 107). -III) Quali siano le norme applicabili nei rapporti tra Amministrazione Militare e dipendente �conducente di autoveicolo che ha cagionato un investimento (n. 108). -IV) Se possa considerarsi senza causa una t1�ansazione relativa a danni da investimento automobilistico quando la Corte dei conti, in sede di giudJizio di responsabilit� a carico dell'autista investitore, .abbia es.eluso la colpa di costui (n. 108). SCAMBI E VALUTE. -Se il regio decreto 14 novembre 1926, n. 1932, debba ess-ere interpretato nel senso che l'acquisto di valuta estera da parte del Ministero delle finanze � rigid!amente connesso �con l'obbligo del Ministero stesso di fornire alle imprese italiane che tale valuta, ricavata da prestiti esteri, gli hanno ceduto, la somma in dollari necessaria per il :servizio del prestito stesso ad un cambio determinato (n. 6). SINDACATI. -Se gli uffici stralcio costituiti ,per la liquidazione del patrimonio delle cessate organizzazioni �sindacali possano intimare lo sfratto ad organi statali locatari di immobili gi� appartenenti alle predette or ganizzazioni (n. 7). SOCIETA'. -I) Se dopo la trasformazione dei Consorzi Agrari da enti pubblici in societ� �cooperative, la approvazione dei bilanci relativi agli .anni in �Cui i Consorzi erano ancora enti pubblici, debba essere fatta nelle forme proprie delle Societ� commerciali (n. 22). Il) Se, per quanto riguarda la misura dei dividendi, questa. debba stabilirsi in base alle norme �che li regolavano in relazione ad ognuno dlei bilanci ai quali si riferiscono (n. 22). TERREMOTO. -Se il sussidio per i"terremoti debba considerarsi cosa o diritto immobiliare agli effetti della registrazione obbligatoria �i �Che al decreto-legge 27 set tembre 19411, n. 1015 (n. 6). TITOLI DI CREDITO. -Se la Cassa Depositi e Prestiti debba considerarsi azionista in relazione alle azioni di �CUi � divenuta intestataria in base alle leggi sulla nominativit� obbligatoria dei titoli azionari (n. 1). TRANSAZIONE. -Se possa consi-dJe-rarsi senza causa una transazione relativa a danni da investimento automobilistico quando la Corte dei conti, in sede di giudizio di responsabilit� a carico dell'autista investitore, abbia escluso la colpa di costui (n. 2). TRATTATO DI PACE. -I) Se un cittadino tedesco possa ec�cepire giudizialmente il diifetto nello Stato italiano del potere di sequestro dei suoi beni in base alla legge di guerra, fondandosi sull'art. 77, n. 4, del Trattato di Pace (n. 21). -II) Quali siano le norme da applicare per la revisione dei prezzi degli appalti di opere pub�bliche eseguite nel T.L.T. dturante la gestione A.M.G. prima dell'entrata in vigore del Trattato di Pace (n. 22). -III) Se l'esecutore testamentario possa considerarsi s�nz'altro abilitato a ricevere in consegna i beni che dovrebbero essere restituiti al de cuius o ai suoi eredi in forza del Trattato di Pa�ce e delle leggi sul ripristino dei diritti dei cittadiini delle Nazioni Unite (n. 23). (7103095) Roma. 1950 � Istituto Poligrafico dello Stato .. G. O. '