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~~\~NO III -N. 8-9 AGOSTO-SETTEMBRE 1950 

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~..\JRASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PUBBLIVA.ZIONE DI SERVIZIO 


NOTE DI DOTTRINA 


U. FRAGOLA: Nuovi aspetti della teoria organica dello 
Stato (e< Foro It. �, 1950, IV, 84). 
Il F., prendendo lo spunto da una recente sentenzia 
delle :Sezioni Unite della Oorte 18'uprema (22 
maggio 1948, n. 781, Ente Economico Zootecnia 
c:Oom. di Castelmassa, pubblicata, fra l'altro, 1ul 
�Foro It. �, 1949, I, 259 e su questa Rassegna llf48 

n. 7-8, 19), ritorna su una questione che attiene 
alla teoria generale: se enti dotati di personalit� 
giuridica possano esser considerati organi dello 
Stato, entrando a far parte, come tali, della Amministrazione 
dello Stato. 
E sulla scorta della giurisprudenza del Supremo 
Collegio, e di alcuni testi legislativi (in particolare 
l'art. 8 decreto legislativo 7 aprile 1948, numero 
262, in cui si parlava precisamente di � organi 
dello 1Stato con personalit� giuridica ll; la. legge 
10 maggio 1942, n. 566 che qualificava gli Enti 
della Zootecnia come persone giuridiche (art. 2) 
e nello stesso tempo � o~gani ausiliari del Mini� 
stero agricoltura e foreste )) (art. 3); il regio decreto 
30 settembre 1934 (art. 2 e 3) sullo ordina.mento 
dei Consigli provinciali dell'Economia corporativa, 
persone giuridiche pubbliche e organi 
dello 1Stato), perviene alla conclusione che non vi 
� alcuna antinomia concettuale fra i due termini 
e che ormai nel nostro ordinamento giuridico pubblico 
oltre che gli organi dello Stato e gli enti 
pubblici dotati di personalit� giuridica � stato fatto 
posto ad un tertium genus: quello degli organi 
dota,ti di personalit� giiiridica. 

Ammessa l'esistenza di questi particolari organismi 
nulla importa che essi abbiano fin dall'origine 
la duplice qualificazione ovvero che, sorti 
con una qualifica e con determinati compiti e 
funzioni, altri e di diversa natura se ne aggiungano 
durante la loro esistenza. 

N� � necessario che la natura di organi dello 
Stato sia attribuita da una specifica norma di legge, 
nel qual caso evidentemente la questione, sul 
piano del diritto positivo almeno, non potrebbe 
neppur sorgere; essendo da vedere, invece, qua.li 
attivit� sono of)gettivamente e soggettivamente 

riferibili allo Stato. E ci� si ha quando, anche 
mediante norme interne di carattere amministrativo, 
una certa attivit� statale venga delegata a 
questi Enti dotati di personalit� giuridica ; nel 
qual caso dalla misura e dai limiti del controllo 
che lo Stato esercita sulle diverse attivit� di 'questi 
Enti si desume se queste attivit� sono statali o 
proprie della persona giuridica: nel primo caso 
quel controllo viene esercitato con poteri di sostituzione 
e di avocazione, nel secondo caso rimane 
molto di qua da un tal limite, essendo limitato 
ad un controllo repressivo. 

Risulta chiaro, poi, attraverso il sistema, che 
questa attivit� statale svolta dall'Ente resta, per 
quanto attiene alla responsabilit� di carattere patrimoniale, 
nell'ambito dell'Ente stesso, che svolge 
l'attivit� a nome e per conto dello Stato ma a 
proprio rischio e pericolo : onde degli oneri che 
esso incontra risponde con il proprio autonomo 
patrimonio, creato peraltro bene spesso con fondi 
dello Stato. 

Quanto alla possibilit� di impugnativa degli atti 
posti in essere da questi Enti occorre aver riguardo 
alla natura dell'atto stesso, a seconda che 
gli atti sian riferibili all'Ente come persona giuridica 
ovvero allo Stato; mentre per l'esercizio 
di quest'ultima attivit� valgono tutte quelle prerogative 
di cui gode lo Stato quando direttamente 
svolge una qualsiasi attivit�. 

Non si pru,� non aderire in toto alla tesi soste


nuta dal F. 

Essa � in contrasto, � vero, con le vecchie pos�i� 
z�ioni che vedono una assoluta antinom�ia e un 
contrasto insanabile fra la qualit� di � persona 
g�iu1�idica )) e quella di << organo >l dello Stato (si 
r�edano da ultimo su tali posiz�ioni le note del BerUri 
e del Ranelletti, in � Giur. It. ll, 1948, I, 1, 
436 e 465); ma � altrettanto evidente che -non si 
pud rimanere perennemente ancorati a posizioni 
che il divenire della vita giuridica rende ormai 
chiaramente insostenibili. 

E con l'aumentare delle attivit� proprie dello 

Stato non � proprio da meravigliare, n� appa.re 



-168 


concettualmente impossibile, che esso demandi lo 
svolgimento di .alcune SU(! attivit� ad Enti dotati 
di personalit� giuridica. 

N� si dica che tali attivit� r'ientrano fra quelle 
proprie degli Enti pubblici, e che non sarebbe 
quindi necessario questo sdoppiamento di funzioni 
e di natura, da parte delta stessa persona: 
giacch� qui si tratta di demandare agli Enti non 
gi� una generica attivit� di carattere pubblico, 
che rientra quindi ex se nei fini isUtuzionali di 
quell'Ente, ma una attivit� propria dello Stato, 
che per ragioni particolari questo ritiene di fair 
svolgere da altro organismo, forse meglio attrezzato 
di quanto non sarebbe stato un Ufficio Statale 
costituito ex novo. 

Del resto nel nostro diritto positivo ormai qiieste 
persone giuridiche con una duplice natura 
hanno piena cittadinanza, ed � chiaro ,che nessuno 
pu� ignorare quelle che sono le norme specifiche 
del diritto vigente. E quando la questione 
si present� in via di massima in sede consulti1;a, 
l'Adunanza generale del Consiglio di Stato (parere 
8 marzo 1934, n. 61, Rel. Oons. Stato 1931-35, 
vol. 1, 67), non oppose riserve di principio, ma 
formul� soltanto rilievi di carattere pratico; ritenne 
perfettamente lecito, secondo il nostro ordinamento 
pubblicistico, la figura degli � organi 
diretti dello Stato con personalit� giuridica autonoma 
>>, pur pensando che non fosse augurabile 
l'esistenza di enU con natura anfib�ia e frammentaria. 


Ed � evidente ohe le diffidenze ohe simili organismi 
suscitano sul piano pratico, del loro funzionamento, 
nulla hanno a ohe vedere con la possibilit� 
giuridica della loro esistenza. 

Ancora <U recente � stata riconosciuta la natu?
�a di organi dello Stato, ad Enti dotati di personalit� 
giuridica, e di piena autonomia contabile 
e amministrativa: e baster� qui ricordare il parere 
22 gennaio 1942, n. 1188, del Consiglio di 
Stato o'iroa la natura giuridica di organi dello 
Stato rioonosciuta alle Sepral, all'U.ao.F., all'U.
Ce.Fa.P. ed agli altri Enti sorti nel settore 
dell'alimentazione, per la disciplina di tale settore 
durante lo stato di gue�rra; la sentenza n. 1459, 
del 6 agosto 1947 (questa Rassegna 1948, fascicoli 
1-2, 8), con la quale le SS. UU. della aorte 
Suprema qualificavano � organo statale >> il predetto 
Ufficio Controllo Formaggi (U.Co.F.); infine 
la recente sentenza, pure delle Sezioni Unite, 
27 maggio 1949, n. 1352 (� Giur. It. ))' 1949, I, 1, 
585), che, nel ribadire i principi gi� affermati nella 
ricordata sentenza 22 maggio 194'8, n. 781, con!
ermava la tesi della duplicit� della natura di 
questi Enti, affermando che � l'attribuzione della 
q;walit�> di organo statale, soltanto per determinat(
compiti,. non fa. venir meno e neppure limita 
la personalit� giuridica dell'Ente pubblico, distinta 
da quella d�l organo dello Stato stricto 
.sensu >>. 

Non resta, adunque, che formulare, cos� come 

fa 
il F., un inv'�to a seguire le evoluz'ioni del di


ritto posiUDo, senza indugiare oltre a negare la 

realt� giuridica. 

(N. G.). 
G. 
RoE:i:mss::EiN : La sospensione dell'esecuzione dell'atto 
amministrativo nella Costituzione e nella 
giurisprudenza del Consiglio di Stato (�Rivista 
Ammin�strativa �, 195~, pag. 22.$ e segg.). 
R. 
MALINVERNO : Sospensione giurisdizionale e concessioni 
di autolinee (� Trasporti Pubblici�, 
1950, pag. 575 e segg.). 
Ci sembra opportuno dare notizia di questi due 
studi, dovuti alla penna di due illustri magistrati 
del Consiglio di Stato, sia per l'importanza del 
tema in essi trattato, sia perch� i due Autori (e @ 
pi� particolarmente il primo) dichiarano apertamente 
di voler rispondere all'articolo comparso 
in �questa Rassegna (1949, pag. 1 e segg. Va~vesi: 
Osservazioni siigli incidenti di sospensione 
nei giudfai dinanzi al Consiglio di Stato) sullo 
stesso argomento. . . . 

L'istituto della sospensione dell'atto amministrativo 
da parte del Consiglio di Stato � sta~o 
ed � tuttora oggetto di trattazione ed elaborazione 
da parte della dottrina e della giurisprudenza. 
Pu� dirsi, anzi, che in questi ultimi tempi esso 
sia stato particolarmente approfondito, bench� 
alcuni studi che lo riguardano abbiano piuttosto 
un contenuto polemico. 

f!uesto carattere ci sembra specialmente notevole 
nell'articolo del R., il quale � scritto proprio 
per controbattere le argomentazioni del Varvesi, 
e dimostrare non solo la compatibilit� dell'istituto 
con la Costituzione, ma, altresi, la inconsistenza 
delle critiche formulate dal Varvesi all'uso 
che il Consiglio di Stato fa del potere di sospensione, 
il quale, da misura eccezionale si avviereb. 
be a diventare la regola in contrasto :eol principio 
generalmente riconosciuto della esecutoriet� 
degli atti amministrativi, anche impugnati per 
illegittimit�. 

Gli argomenti addotti dal R. per dimostrare la 
compatibilit� della sospensione con la Costituzione, 
sono, in sintesi, i seguenti: 

1) Il Consiglio di Stato, pure essendo un organo 
giurisdizionale, ha una natura particolare, 
in quanto � definito dalla Costituzione. organo 
ausiliario di governo; � diverso dall'Autorit� giudiziaria 
ordinaria ed � il giudice naturale della 
Amministrazione, il �ui compito � il sindacato 
sugli atti amministrativi ; . si ch� sarebbe inconcepibile 
un Consiglio di Stato che non avesse il 
potere di eliminare l'atto amministrativo sottoposto 
al suo sindacato. 

2) Il principio della divisione dei poteri non 
� stato introdotto dalla nuova Costituzione, ma 
esisteva anche all'epoca dello Statuto Albertino; 
eppure al momento della istituzione della giurisdizione 
del Oonsiglio di Stato (1889) nessuno 
trov� da obiettare al.fatto c]le al Consiglio fossero 
pa~ificamente riconosciuti i poteri di annullare, 
revocare o sospendere l'atto amministra:tivQ, 
poteri che erano irivece negati alla giurisdizione 
ordinaria. 

3) La Costituzione (art. 100 e art. 103)' �ssegna 
al Consiglio di Stato il compito di tutelare 
la giustizia dell'Amministrazione e di esercitare 



---------, ---------, 
. I 

-169 


la giurisdizione per la tutela degli interessi legittimi. 
Ora nell'attribuire questi compiti al 
Consiglio di Stato non si pu� rintracciare alcuna 
volontiir del costituente che contrasti con l'istituto 
della sospensione dell'esecuzione degli atti 
amministrativi impugnati. 

4) Al contrario di quanto sostiene il Varvesi, 
che cio� il potere di annullamento previsto dallo 
art. 113 della Costituzione non comprende il potere 
di sospensione, quest'ultimo potere � ben 
compreso nel primo come il meno nel pi�. D'altra 
parte, se il vocabolo annullamento fosse usato nel 

e citato art. 113 in senso tecnico, dovrebbe .fi�irsi 
con l'ammettere che, con l'entrata in vigore della 
Costituzione, sia venuta a cessare anche la competenza 
di merito del Consiglio di Stato, la quale, 
infatti, non comporta annullamento dell'atto impugnato, 
ma bens� la revo.ca o la modifica. 
Passando alla critica dello studio del Varvesi, 
per quanto riguarda l'eccessivo uso del potere di 
i;ospensione fatto dal Consiglio di Stato negli ultimi 
tempi e le gravi conseguenze che ne derivano 
il R. pur ammettendo che i casi di sospensione 
giudsdizionale dell'atto impugnato sono notevolmente 
aumentati dal 1944 in poi, espone le ragioni 
di tale aumento identificandole nel maggior 
numero dei ricorsi giurisdizionali e nel disfu11zionamento 
della Pubblica Amministrazione dn 
genere che ha dato luogo ad un incremento cl.el 
numero degli atti illegittimi. 
Il Malinverno, invece, mentre concorda con il 

H. in ordine alla compatibilit� della sospensione 
giurisdizionale dell'atto amministrativo con la 
Costituzione (senza darne alcuna ragione propria 
ma riportandosi integralmente alle argomentazioni 
del R.) afferma di concordare con il Varvesi 
per quanto riguarda gli inconvenienti prodotti 
dall'abuso del potere di sospensfone, e dopo rapidi 
cenni sulla natura giuridica e la attuale regolamentazione 
dell'istituto, conclude con l'esposizione 
di alcuni casi, relativi a materia di concessione 
di pubblici trasporti, nei quali, sarebbero 
state ordinate delle sospensioni di atti amministrativi 
al di fuori delle condizioni previste dalla 
legge. 
Non ai sembra ohe gli argomenti addotti dal 
T~oehrssen per d�nostrare la oompatib�ilit� dello 
istUuto della sospensione giurisdizfonale degU 
att'i amrwin�istrat�iv�i con la lettera e lo spirito 
della Costituzione repubblicana possano considerarsi 
decisivi. Debole c�i sembra l'argomento fondato 
sul 8'ign�ificato del term�ine � tutela �, per 
inferirne che in esso � compreso il potere di sospensfone, 
in quanto la Costituzione usa questo 
termine anche per i diritti, riguarda� ai qua.zi, 
essendo essi de�voluti alla giurisdizione ordinaria, 
non � certamente possibile parlare di sosP'ensione 
dell'atto amministrati'L'o che li lede. 

Ugualmente inconsistente � l'argomento fondato 
sul fatto che anche all'epoca dello Statuto 
Albertino �vigeva il pr�wipfo della divisione dwi 
voteri, e ci� nonostante nessuna obiezfone fu. 
mossa alla legalit� dell'istituto della sospensione. 
I/argomento prescinde evidenternente dalla con


siderazione che lo Statuto Alberl'ino, a differenza 
della Cost'itii.zione Repubblicana, era elastfoo, nel 
senso ohe pote'�'a ben essere mod�ificato in tutte le 
sue parti (compreso il principio della divisione 
dei poteri) con una legge ordinaria, ci� �che precisamente 
avvenne con la legge che introduceva 
l'istituto della sospensfone. Ora, nell'articolo del 
Varvesi quello che si contesta � che, in presenza 
di una Costituz�ione rigida, nella quale il principio 
della divisione dei poteri � rafforzato, anche 
med�iante la creazione di organi supergiurisdizionaU 
per la osservanza dei lim'iti (Corte Costituzfonale) 
sia possibile mantenere un �istituto che 
quesU l'imiti vfola, se non med'iante una legge d�i 
revisione della Costituzione. 

Per sostenere che nel concetto d�i annullarnento, 
previsto nell'art. 113 della Cost-ituzione, s�ia compreso 
anche l'istUuto della sospensione, il R. conwidera 
questo come un minus nel maius ed adduce 
poi quella che, secondo lui, sarebbe una assur.-/11 
conseguenza e c'io� che, seguendo l'opinione del 
Varvesi, dovrebbe considerarsi soppressa dall'articolq 
113 anche la giurisd�izfone d�i merito del1 
Consiglio di Stato. 

Ora, ci sernbra agevole contestare l'esattezza 
del criterio del R. secondo il quale la sospensfone 
sarebbe un minus nei confronU dell'annullamento; 
vero � che si tratta d�i due istituti completamente 
distinti, e il meno che pii� dirsi � cthe il 
potere di sospensione sia piuttosto l'esvressione 
di un potere di decisione di merito ammin�istrativo 
che di legittimit�. E per quanto riguarda la 
conseguenza dell' abrogaz'ione della giurisdizfone 
di merito, che al R. sembra tanto assurda, noi 
non riusciamo davvero a vedere su quale principio 
della CostUu,zfone possa essa ulteriormente 
fondarsi. 

La. verit� � che l'1unico �.argomento \rileva�nte 
tra quelli addotti dal R. � quello che si richiama 
alla particolare natura del Consiglfo cli 
Stato, e cio� alle sue origin�i e alla sita tradizione 
di organo anfibio, partecipe della natura g�i�urisd�izionale 
ed ammin�istraUva, che lo rende istituzionalmente 
capace di emanare provvedimenti cos� 
giudiz�iari come amministraUvi. Ma quanto sia 
rimasto in piedi di questa dupz.ice natura con la 
entrata in vigore della Cost'ituz�ione � questione 
da esaminare a fondo e non da dare per risolta 
nel senso della imrn utab'ilit�. 

:Jos�, secondo noi il problema della legittimit�: 
costituzionale dell'istituto d.ella sospens'ione 
resta tuttora averto ed attuale, 1nentre, a 
renderlo sempre pi� grave concorrono non solo 
episod�i d�i ordini giurisd�izional�i di sospensione 
emanati al d�i fuori delle condizfoni della legge, 
ed in circostanze tal�i da nmder� del tutto inutile 
il successivo esame di merito del ricorso (ai casi 
indicati dal M al�inverno se ne possono aggiungere 
invero rnolti altri in vari camp�i della attivit� am 
rninistrativa), ma anche un certo orienta�m�ento 
gittrisprudenziale determinatosi recenternente nfJllct 
Corte Suprema di Cassazi�me, la� q'lla,~e hlt ]i-, 
nito per svincolare il potere di so~pensigne persino 
dal presupposto della giurlsd�izione ,~V. in questa 
Rassegna 1949, pagg. 114 e segg.):�,:Jd,,j ..v,~esto 



-170 


un passo forse decisivo sulla pericolosa via della 
trasformazione degli organi di giustizia amministrativa 
in organi di superamministrazfone con 
poteri maggiori di quelli dell'Amministrazione 
attiva senza controlli e senza responsabilit�. 

A questa tendenza, che non solo non trova base 
nella Costituzione ma che � con essa in netto contrasto, 
potr� porsi riparo solo dal leg�islatore in 
sede di riforma degU ordinamenti della giusti.~ia 
amministra Uva o, almeno, prima d-i questa riforma, 
dal funzfonamento della Corte Costituzionafo 
d�inanz�i alla quale, i cas�i p�i� gravi, �in cui il 
potere di sospensfone g�iurisdizionale si risolver� 
in una vera e propria usurpazione delle funzioni 
dell'esecutivo da parte del potere giud'iz�iarfo, saranno 
certamente portati. 

PATIN : Relazione alla Corte di Cassazione francese 
su un caso di diffamazione della gendarmeria di 
Madagascar (Recueil Dalloz, 1950, �Jurisprudence 
�, pag. 558 e segg.). 

Il consigliere Patin esamina in questa relazione 
un caso di diffamazione commessa colla 
pubblicazione nel giornale � La Nation malgache 
� di un articolo offensivo della reputazione 
di alcuni chefs de poste e gendarm.es del Madagascar, 
non specificatamente indentificati. 

La fattispecie, diversamente valutata dai Giudici 
di .primo .e di secondo grado, � esaminata 
nella sua consIStenza per quanto riguarda sia il 
reato che. configura, �sia il soggetto passivo di 
questo, sia la persona facultizzata all'esercie,io 
del diritto di querela. Nessun dubbio che si tratti 
di diffamazione; circa il soggetto passivo contro 
la C'Orte di appello che aveva affermato che dalla 
diffamazione erano state colpite persone individualmente 
indicate, il consigliere Patin ritiene 
che dal reato commesso sia stata offesa una parte 
dell'armata francese, con le stesse conseguenze 
che si sarebbero avute se fosse stata diffamata 
l'armata intiera. 

Nella determinazione della persona facultiz


zata all'esercizio del diritto di querela, in base 

all'art. 48, paragT. 1 della legge del 29 luglio 1881 

il Patin ritiene che tale persona doveva identifi'. 

carsi nel Ministro competente, da cui dipende 

l'armata e non invece nel comandante del corpo 

(nella specie: della gendarmeria del Madagascar), 

come erroneamente aveva ritenuto il procuratore 

generale della Corte di appello che aveva ricorso 

avverso la sentenza del Giudice di secondo grado, 

non essendo esso un corpo costituito (per difetto 

dei requisiti della possibilit� di riunione in assem


blea generale e dell'eserci7'io di una parte di au


torit�) .e neppure una pubblica amministrazione. 

Il consigliere Patin conclude chiedendo che la 

Corte dichiari la diffamazione in esame diretta 

contro la gendarmeria del Madagascar come ri


volta contro l'armata ed il difetto di procedibilit� 

dell'azione essendo stata presentata la querela 

non dal MiniF;tro ma dal Capo della gendarmeria 

di quell'isola. 

La Corte di Cassazione, con sentenza del 21 luglio 
1950, lm deciso in conformit�.. 

* * * 

Ci sembra degno di attenzione il caso sopraesposto 
per gli opportuni riferimenti che possono 
essere fatti alla legislazione italiana in vi()'ore da 

. . o ' 

app1icnrs1 qualora esso si fosse presentato, anzich� 
in Francia, nel nostro Paese: se cio� ad esempio 
fossero stati diffamati, senza specifica identifica,
zione, i carabinieri appartenenti ad una qualsiasi 
delle stazioni dislocate nel territorio dello @ 
Stato. 

Dovendosi inquadrare la fattispecie, la nostra, 
mente � di primo acchito orientata verso una di 
queste due figure criminose: 1quelle rispettivamente 
previste dagli articoli 290, ultimo comma, 
e 595, ultimo comma, c. p. 

Per quando riguarda la .prima di dette figure 
non v'� dubbio che le forze di polizia facciano 
parte delle forze armate dello Stato: si tratt;;i, 
per� di stabilire se la tesi �comunemente seguita 
d11lla dottrina e dalla giurisprudenza francesi, 
secondo cui �quando l'ingiuria e la diffamazione 
sono dirette contro una parte dell'armata debbonq 
ritenersi rivolte contro J'.armata intiera, 
possa valere anche per la giurisprudenza e la 
dottrina italiane. Se cos� fosse non potrebbe contestarsi 
che il reato sarebbe quell~ di cui all'art. 
290, ultimo comma c. p. 

Si afferma nella nostra dottrina. che � il delitto 

preveduto nell'art. 290 non sussiste quando il 

vilipendio non rig'.uardi le for�ze armate in genere 

o il complesso di una delle forze armate, ma soltanto 
un'arma, un corpo, una specialit�, d'un;l 
singola forza armata>> (cons.: Manzini, Tratt. di 
dir. pen., 2" ed., vol. IV, pag. 557; Rel. min. sul 
progetto del codice penale, II, pag. 77, 80) : se 
pertanto il vilipendio dell'Arma dei carabinieri 
non concreta il delitto in esame, a maggior ragione 
non lo pu� conc;retare l'offesa alla reputazione 
dei militari che ap�partengono ad una stazione di 
carabinieri come nel caso che abbiamo ipotizzato. 
Chiarita in tal modo la differenz.a che sussiste 
fra le discipline della materia nei due Stati, per 
stabilire se nella specie sussista il reato di cui 
all'art. 595 ultimo comma c. p., occorre accertare 
il significato del termine � corpo � usato in 
quella norma. A noi sembra che tra le due tesi, 
quella pi� restrittiva che considera � corpi � solo 
gli organi collegiali e l'altra pi� ampia che ritiene 
tali � non solo organi di tal fatta, ma anche 
quei complessi diorgani individuali i quali, pur 
non funzionando, almeno d'ordinario, collegialmente, 
sono legati da rapporti tali da far s� che 
vi possono essere beni morali 'a tutti comuni, 
onde si parla, di onore, di reputazione o di decoro 
del complesso di uffici, o del �corpo�� (art. 595 

u. p.) >> (cons. Levi, Delitti contro la Pu'bblica.Amministraziione, 
in � Tratt. dir. pen >> del Florian, 
pag. 413), sia da accettarsi la seconda: se 
cos� non fosse, sembrando significare il termine 
� rappresentanza.))' di cui alla stessa norma, rap

-11i 


porto diverso da quello :intercorrente, tanto per 
riportarci al caso in esame, fra l'Arma dei cara


. hinieri ed una delle stazioni che ne costituiscono 
la dislocazione territoriale capillare, la reputazione 
dei carabinieri appartenenti alla stazione 
sarebbe bene privo di tutela penale e l'offesa di 
essa non avrebbe giuridica rilevanza. 

Non potrebbe invero, in contrario, affermarsi 
che il reato offende un bene dei singoli componenti 
la stazione che s11rebbero d~ conseguenza 
facultizzati ciascuno all'esercizfo del diritto di 
<Juerela: esso ofl'ende sol� un interess,e collettivo, 

@ onde il diritto di querela non pu� essere esercitato 

che da quella persona la quale, secondo 1a org�nizzazione 
del nucleo, ne ha il comando. Nella 
specie tale esercizio compete al comandante di 
stazione, in rappresentanza degli apparten,e11ti ad 
essa, od� a qualcuno dei superiori gerarchici di 
esso, che eserciti il comando sui dipendenti (es.: 
il comandante di tenenza o di compagnia da cui 
la stazione dipende), e non invece ad uno degli 
appartenenti alla stazione, diverso dal �comandante, 
in quanto non portatore, in rappresentanza 
della collettivit�\ di cui fa parte, dell'interesse 
offeso, oggetto della tutel8r penale nel reato in 
esame. 

(F. C.). 

RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. -Ricorso al Consiglio 
di Stato in sede d'appello -Motivi non d�dotti 
in primo grado -Inammissibilit�. (Consiglio di Stato, 
Sez. V, decisione 17 febbraio 1950, n. 172 -Pres. ed 
est.: Severi -Lattanzi contro Comune di Napoli). 

Non sono ammissibili nel giudizio in sede d'appello 
davanti al Consiglio di Stato motivi di censura 
avverso il provvedimento impugnato, che 
non siano stati dedotti nel giudizio di primo grado 
davanti alla Giunta Provinciale Amministrativa. 


R'iportiamo quella parte della mot,ivazione che 
si rifer,isce alla mass�na sopra trascritta: 

� Per la stessa ragione per la quale 'in un giudizio 
vtW'i davanti alla G.P.A. vuoi davanU a qiieste 
sezioni giurisdizfonaU in pr,imo e unico grado 
non sono amrnessi oltre il termine) mot'ivi nuovi) 
cos� non possono essere ammessi) in quel giudizio 
di legittimit� che S'i ripeta in secondo grado sutprovved'imento 
sfortunatamente 'impugnato in 
prime cure) motivi diversi da quelli gi� proposti 
dinanzi al 1� giiidioe. La qual indiscvussa ragione 
si trae dall'assoluto rispetto che � dovuto alla 
perentoriet� del termine (prescritto per la proposizione 
del ricorso) perch� questa si r,idurrebbe a 
pura espressione verbale senza alcun effetto se 
ci� ohe era 'Gietato d�inanzi al giudice di 1� grado 
(e cio� il muovere censura all'atto impugnato oltre 
il termine di proposizfone del ricorso) diven'isse 
lecito) per contro J dinanzi al g'iudicc di appello 
>>. 

Ci sembra che la importan,za d'i questa dec'isio


ne trascenda il caso deciso e possa porre su nuove 

basi non solo il problema de-i rapport'i tra gin-, 

dizio amministratiro di primo e secondo grado) 

ma anche tra ricorso amministrativo e giudizio 

a.mministrativo e tra, fase arwmiwistraUva e fase 

giudiziaria del contenzioso tributario. 

InfatU) legando la questione della proponibi


lii<1 dei mezzi d,i ricorso al principio della peren


toriet� del termine a rioorrere) si '�"'�ene in so


stanza ad affermare che fatto amministrativo 

acqnista certezza di legitt'imit� per quelle parli 

alle quali non si sia estesa la tempestiva imp�u


gnazione. JJJ per tempestiva inipngnazione non si 

intende solo il ricorso ginrisdizionale J ma anche 

il ricorso amministrativo (ricorso gerarchico od 

opposizione qnando la legge li preveda). 

Applicando questi criteri ci sembra che possa 

risolversi anche il dibattuto problema dei rap


rmrti tra fase amministrativa e fase giiidfaiaria 

del contenz,ioso tributario) perch� qnando si r'iconosca 
�il carattere di atto arnrwinistrativo all'atto 
d'i accerta,mento tributario) non s,i potrebbe pi� 
porre in dubbio la irnpropon-ib,ilit� 'in sede giudiZ'iaria 
di mezzi d'i �impugnaz,ione non fatt'i valere 
avanti le Commissfon'i tributarie o avanN quegli 
organi competenti nella fase amministrativa. 

MERETRICIO -Disciplina dei locali di meretricio 


Interesse pr(!tetto -Esiste. Esclusione dall'elettorato 


Irrilevanza -Chiusura del locale -Decisione della 

Commissione Provinciale -Limiti -Ubicazione dei 

locali -Nozione -Valutazione -Discrezionalit� 

(Consiglio di Stato, Sez. IV -Pres,: Colucci-Est.: Pie


no -Decisione 11 agosto 1950, n. 376 -Ricorrente 

Busato). 

� Quando l'ordinamento giuridico interviene a 
disciplinare una determinata attivit�, quale che 
sia la natura di essa, non pu� negarsi che, comunque 
contenuta e limitata al massimo tale attivit�, 
esiste un margine di protezione dell'interesse 
privato e cio� un interesse legittimo. 

La esclusione dall'elettorato di coloro che svolgono 
attivit� connessa col meretricio non rende 
gli interessati incapaci, agli effetti della tutela 
giurisdizionale, giacch� le norme di carattere eccezionale 
-come quella di cui all'art. 2, n. 9, 
legge 7 ottobre 1947, n. 1058 -non possono invocarsi 
se non per i casi e nei limiti nei quali il 
legislatore intese stabilirli. 

Le decisioni emesse dalla Commissione Provin ciale 
per il meretricio su ricorso contro i provvedimenti 
del Questore debbono essere motivate; 
ma l'obbligo della motivazione va contenuto entro 
ristretti limiti, trattandosi di provvedimenti 
discrezionali. A tanto si soddisfa quando si dia 
atto dell'accertamento dei fatti e si indichi la 
norma di diritto applicabile. 

La �sp�eciale u bica�zione � dei locali di meretricio 
� concetto di permanente relativit�, in funzione 
di mutevoli fattori ambientali esterni con i quali 
l'esercizio dell'attivit� di meretricio viene a trovarsi 
in contatto. La valutazione poi delle circostanze 
ambientali � puramente discrezionale>>. 

Le due ulUme mass�ime rispondono alla giuri1;
prudenza costante del Supremo OoUegio Amministrativo. 


Non possiamo invece essere d)accordo con la 

tesi sostenuta dalla Sez,ion,e in ordine alla sussi


stenza delrint'eresse legittimo nei titolari delle 

case di meretricio all'esercizio della loro attivit�. 



-173 


In sostan.za, il Consiglio ha r-itentlto che basti 
la d-isciplina d'i una determinata attivit� perch� 
esista un interesse legittimo del privato ad esercitarla. 
Ma questa tesi, ci sembra che prescinda 
dalla consideraZ'ione, comiinemente accettata, secondo 
la quale S'i ha interesse. legitU1no quando 
l'interesse del privato coincida con l'interesse 
pubblico; ora, l'interesse pubblico in materia di 
c-ase di tolleranza (come d'altronde d'i case da 
gioco) attiene alla limitazione dell'esercizio di 
una att'it1it� meramente tollerata, e non alla disciplina 
del modo di svolgimento d'i un'attivit� 

in s� lecita. 

E' qui, infatti, che ci sembra d'i riscontrare la 
fondamentale disUnzione tra le ordinarie autori.zzazioni 
di polizia e l'autorizzazione all'esercizio 
di una casa di 'tolleranza:�le prime sono destinate 
a regolare, nel pubblico interesse, l'esercizio di 
un'att'ivit� moralmente e socialmente lecita, ponendo 
ad essa dei limiti; le seconde tendono invece 
ad autolimitare il potere punitivo dello Stato 
nei confronti di una atUvit� che in s� � contraria 
alla morale, autolimUazione che esattamente si 
definisce col termine � tolleram:a )), Per avere 
una prova dell'esattezza di questa distinz'ione, 
basta riflettere che l'esercizio di una delle attivit� 
del primo tipo, senza autorizz:azione di polizia, 
importa solo la commissione di un reato co1�


tra'U'Venzionale (viola.zioni in genere della legge 

di P.S.), mentre l'esercizio abusivo di una casa 

di tolleranza integra gli estremi d'� un vero e pro


prio delitto, quello previsto dall'art. 534 c. p. 

Nemmeno ci sembra convincente l'argomenta


zione relativa alla portata dell'incapacit� eletto


rale sancita dall'art. 2, n. 9 della legge 7 ottobre 

1947, n. 1058. E' ben vero, infatU, che questa in-� 

capacit� non pii� estendersi oltre i limiti stabi


liti dalla legge c1he la prevedono, ma qiii non wi 

trattava affatto di una tale estensione; si tratta


va invece di assumere questa incapacit� come ima 

prova decisiva della ineS'istenza di una tutela 

giiwidica a protezione dell'esercizfo di una att�i


vit� che qi.wlla �incapacit� appunto det�rm'ina, ri


ducendo coloro che la sDolgono a cittadini di gra


do inferiore. 

GUERRA -Occupazione alleata -Incidenti ferroviari 
su linee usate dagli alleati -Responsabilit� della 
Amministrazione italiana (Corte di Cassazione, Sezioni 
Unite n. 1656-50 -Pres.: Ferrara, Est.: Di Stefano, 

P. M.: Macaluso -FF. SS. contro Cola). 
L'Amministrazione italiana � responsabile dei 
danni cagionati da difetto di vigilanza su linee 
ferroviarie usate dagli alleati in periodo di occupazione, 
quando il servizio su queste linee non 
sia stato totalmente assunto dagli alleati stessi. 

La Corte d'i Cassazione, premesso che gli organi 
dello Stato occupato restano sempre organi 
del proprio Stato e non d�iventano organi dello 
Stato occiipante sol perch� ag�iscano sotto le direttit?
e di questo, ha riconosciuto, sia piire incidentalmente, 
che ove un servizio pubblico dello 
Stato occupato sia totalmente assunto dagli occupanti, 
gli organi dello Stato occupato ad<letti al 

servizio in questione potrebbero trovarsi in rapporto 
di dipendenza funzionale con gli occiipanti 
e non con il proprio Stato. Ha poi risolto la presente 
causa in piinto di fatto, jnterp.retwi:iflo cio� 
ta senten.za impugnata nel senso che essa esclude 
che gli alleaU avessero la totale ed esclusiva gestione 
della Unea stilla qiiale avvenne l'incidente. 
Secondo la Corte � l'aS.sun.zione d'i fatto (del se1�vizio 
ferrovia,rio stilla linea 'in questione) fu l�nitata 
ai soli settori interessanti le operazfoni militari 
>l. � Sicch�, � come ulteriore giuridica conseguenza 
deve ammettersi che per l'eserc'izio di tale 
attivit� cui l'ingerenza degli alleati rimase estranea 
fra il per.sanale e l'Amministrazione ferrov,iaria 
ebbe a conservarsi integro non il solo rapporto 
di dipend�nza organica ma anche l'altro avente 

carattere funzionale ll ... 

Non ci sembra che la sentenza della Corte di 
Oassazi�ne contrasti con quanto scriDcmrno '�n 
nota alla sentenza della Corte d'Appello di Napoli 
in q1wsta Rassegna 1948, fase. 4, pag. 16; cio�, 
ove la gestione della linea fosse esclusiva da parte 
degli alleati la responsabait� per gli incidenU 
derivanti dalla circolaz�ione Stl essa non potrebbero 
mai risalire all' Amministrazfone ital,iana. 

�MPOSTE E TASSE -Ricchezza mobile --Societ� 


Accertamento -Rimborso quota non dovuta -Pre


supposto -Presentazione del bilanci!) -Mancata 

dichiarazione di reddito -Conseguenza. (Cass. Sez. I. 

27 febbraio 19�0, n. 460 -Pres. : Pellegrini -� Est. : 

Liguori -P. M.: Roberto -Finanze contro S. A. Casa 

Editrice Marzocco). 

In relazione ai nuovi criteri di tassazione adot


tati con la legge 8 giugno 193�6, n. 1231, nel caso 

di accertamento della imposta di Il. l\1. eseguita 

ad anno alternato in base a bilancio, per ottenere 

il rimborso della maggiore imposta non dovuta e\ 

indispeJ1sahile la tempestiva presentazione della 

dichiarazione di reddito. 

La omissione di tale adempimento importa la 

decadenza assoluta ed irrimediabile dal diritto 

al rimborso. 

La sentenza surriferita, pnbblicata in Dir. '~ 

Prat. Tributaria, 1950, II, 217, con nota favore


vole del Deni, accogliendo la tesi sostennta dalla 

ricorrente Amministrazione ha -per la prima 

1.:iolta, per qnanto risi/.lta ~ a.ff ermato un prrinci


pio della massima importanza giuridicia e pratica, 

negando la equivalenza a tuti:'i gli effetti fra la 

presentazione del bilancio e la dichiarazione del 

reddito, per gli Ent-i tassati in base a bilancio. 

Si facm1a in proposito, e per sostenere la con


traria tesi, richiamo anche ad una prretesa prassi 

amministrativa, oltre che ad un indirizzo giuri


spr"udenziale; ma il riehia.rno era ftlori luogo. 

Qiianto alla prassi, non era il caso di parlarne 

se, dopo la entrata in vigore della Legge 8 giu-_ 

r1no 1936, n. 1231, l'Amministrazione av�eva dira


11iato una circolare (28 gingno 1937, n. 6'200) per 

precisare che la presentazione del bilancio non 

equivale alla dichiarazione del reddito). mentre la 

gi111rispriidenza arnministratfoa. era in favore del



-174 


la tesi dell'Amministrazione finanziaria (Oomrn. 
Oentr. Sez. Un., 12 giugno 1940, n. 27972, in 
Giur. Imp. Dir. 1941, 433, n. 92; Oomm. Oentr. 
20 ottobre 1942, n. 60589, ivi 1945, 8, n. 5; Oomm. 
Oentr. 13 gennaio 1943, n. 6'1784, i,,,"i n. 41; Oomrrn. 
Oentr. 13 gennaio 1943, n. 77204, ivi 1946, 53, n. 12) 
e la Corte Suprema non aveva esaminato ex p(f'Ofesso 
la q1testione, ,in qua~to la sentenza 15 aprile 
1940, n. 1194 (in Gi!Jr. �Imp. Dir. 1941, 207, 

n. 49) costituiva una evidente decisione di specie. 
Nel merito la questione -nonostante la contraria 
opinfone vigorosamente sostenuta nelle note 
redazionali che si leggono nella Giur. Imp. 
Dirette in aalce alle decisioni ora citate, e poi 
riapparse in Berliri (L. V.), L'Imposta di R. iM., 
[PLg. 370 e segg. -non appariva opinabile, per 
pi� ragioni. 

Anz<itutto sotto il profilo legislativo : gi� la 
legge istitutiva della irnposta d'i R. M. all'art. 25 
stabiliva che � i bilanci annuali e semestralf 
saranno comunicati ... con la denunzia�, il che significa 
chiaramente che bilancio e denunzia sono 
cose d'istinte e separate e non sono n� equiv<alenti 
fra loro n� fungibili agli effetti fiscali. E le successive 
disposizioni di legge (r. d. 17 settembre 
1931, n. 1608, art. 3; legge 8 giugno 1936, n. 1231, 
art. 11 e 12) non apportavano, sotto questo p'I"ofilo, 
modifiche alta legge fondamentale, mantenendo 
ferma la distinziione fra denuncia e bilancio. 

Di poi sotto il profilo relativo alla natura ed 
al carattere della dichiarazfone di reddito. Incisivamente 
il Giannini (Elementi di dir. fin., pagina 
124) scolpisce la natura formale dell'atto e 
la differenza fm dichiarazione e bilancio: �La 
'� ~\,.,_-dichiarazione deve contenere i dati relativi al 
.....\... reddito e al cespite da cui il reddito proPiene. Il '\' \': denunciante pu� allegare gli eventuali documenti 

�'� 
g�ist'ificativi; ma gli enti tassabili in base al bilancio 
devono unirvi il bilancio, che serve di base 
per la imposizione�. E qitesto carattere formale s� 
che non pu� p�arlarsi di dichiarazione che risulti 
per implicito da altro documento -deriva 
anche dalla disposiRiione dell'art. 12 r. d. 17 settembre 
1931, n. 1698, ove si legge che la dichiara� 
zione deve essere fatta per iscritto. 

Ohe il bilancio rappresenti un documento integrativ
�o e illustrativo, ma Iion sostitutivo della 
dichiarazione deriva poi anche da altre considerazioni. 


La vrima � che il bilancio contabile, normalmente, 
non coinc�ide con il bilancio fiscale; un 
bilancio economfoarnen te passivo, ben pu�, per 
effetto, ad esempio di particolari accantonamenti 
calcolati per 1tna qwalsias�i ragione in misura eccessiva, 
esser un bilancio attivo agli effetti fiscwU, 
con la conseguenza che le risultanze fiscali 
del bilancio economico differiscano profondamente 
da quello fiscale. Vero � che nel bilancio vi son 
tutte le voci che l'ufficio pu� analizzare e dalle 
qua,li pu� trarre le debite conseguenze; ma ci� 
rientra nel controllo ahe l'ufficio fa, stilla base 
del bilancio, della dichiarazione presentata dalla 
Societ�, ed � cosa ben di-Persa quindi dal poter 
considerare i,l bilancio come una dichiarazione di 
reddito, Ed errerebbe ohi credesse di poter supe


rare l'argomento osser1�ando ohe l'assunto della 
parte pu� ricavarsi ugualmente dall'esame analitfoo 
e oomparati1;0 delle 1)'0Ci d'i bilancio; l'assunto 
di un contribuente, .in.materia .di. dichiarazioni 
di redditi, non si ricava se non da una sua, 
manifestazione esplicita; e d'altro canto, in casrJ 
d'i div�ergenza fra bilancio economico e bilancio 

fiscale, occorrerebbe dire, se m(J;i, che il preteso 
assunto della S�ociet� coincide col primo e non 
con �l secondo, dal momento ohe � evidente ohe i 
bilanci v�engono compilati per la vita eeonomi,.n 
sociale e non per ragioni fiscali! E, in definitiva, (.@ 
occorrerebbe poi considerare come infedeli tlichia� 

razioni tutU quei �bilanci in cui le conseguenze 
contabili e fiscali non coincidono (cio� nella quawi 
totaUt� dei casi), con tutte le conseguenze di legge 

in ordine 
alle sanzioni relative. 

Di voi � da rileva,re come ben possa darsi eh e 
il bilancio com.pilato da alcuni amministratori sia 
poi presentato da altri amministratori, ai primi 
s1tccerl�uti)� e si �verrebbe a creare una ben strana 
situazione circa le mientuali sanzioni da applicare 
in caso di non r'ispondenza del b'ilancio aUa realt�. 

N� varrebbe obiettare che questo se mai � un 
inconveniente, e l'addurlo non pu� servire a risolvere 
la qitestione ,� oh� a ritorcere il vieto aforisma 
si potrebbe rilevare che quando lei' interpretazione 
ohe produce l'inconveniente non aderisce 
ad una norma di leg,ge assolutamente precisa, 
tale interpretazione, proprio perch� vroduce l'inconveniente, 
� irrazionale e deve esser sostituitri 
da altra ohe quell'inconveniente n� a.ltro produca. 

Al riguardo non potrebbe neppure osservarsi che, 
comunqueJ la responsabiUtr} dovrebbe far carico 
a quegli amministratori ohe il bilancio han compilato 
e che con ci� sono venuti a fare 11.na dichiarazione 
inesatta. A parte il fatto che il bilancio,. 
oome si � osservato, viene compilato agU effetti 
economici e contabili e non a fini fiscali, non si 
riesce davvero a comprendere come possa di fronte 
alla Amministrazione finanziaria essere respon-. 
sabile chi non ha amito alcun rapporto con la Amrninistrazione 
stessa. 

Infine occorre considerare che cosa il legisla


tore ha voluto intendere quanto ha chiesto ad ogni 

contribuente la dichiarazione di reddito. 

Con il r. 
d. 17 8ettembre 1931, n. 1698 -le 

cui disposizioni dev�ono essere ten1tte sempre pre


senti per i necessari raccordi con la legge 8 gitt


gno 1936, 
n. 1231 -si � voluto ohe ogni contri


beuente, assumendone piena responsabilit� a tutt;i 

gli effetti, rendesse noto agli uffici finanziari il 

proprio reddito tassabile; che dicesse, in modo 

chiaro e preciso : � Il mio reddito tassabile agli 

effetti delle imposte dirette � di Ure X >>. La di


chiarazione � perci� una manifestazione di vo


lont�. che 
come tale deve essere non equivoca e 

perfettamente intelligibile, secondo si � gi� os


servato. 

Ma, questi requisUi non ha un bilancio socifl,le:,! 

il qnale, proprio perch� non � redatto per ragioni 

fiscaU, n� � diretto agli uffici finanziari (carne lo 

sono le dichiarazioni) non contiene la esplicita con


fessione di reddito tassabile, ma soltanto la oon


fession1J d'i im attivo e di un passivo sociale: ed 


mm -;w111&1G&MJW11Jmm:z.EB1ELZLtm 


-175 


� soltanto dopo una attenta, m�inuta, non sc1nplice 
elabomzfone di tutti i suoi complessi eletnenU clw 
si pu� giungere a detenninare quel reddUo tassa� 
bile che nessuno ha dichiarato. 

JI] �una diversit� strutturale adiinque, e non soltanto 
una ragione formale, che imzwdisce di ritenere 
come equivalente della dichiarazione di 
reddito -che deve essere fatta � per le soc-iet� 
commerciaU, legalmente oo.<:t'ituite, da chi, a ter'
fn'in�i dello Statuto e dell'atto costitutivo, ha Ta 
firma sociale 1> (art. 8 del r. d. 17 settembre 19'31, 

n. 1609) -Ta anonima presentazione del bilanc�io 
sociale. 
(N. G.). 
LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI -Decreti legislativi 
emanati in forza del D. L. L�.16 marzo 1946, 

n. 98 -Validit� attuale. (Cass. Sez. Un. Pen. 7 maggio 
1950 -Pres. Est.: Mangini -P. M.: Battaglini, 
conf. -P. M. contro Perrone). 
L'art. 77 della Costituzione circa le condizioni 
di validit~ dei decreti legislativi si applica soltanto 
ai provvedimenti emessi dal potere esecutivo 
dopo 1'8 maggio 1948, e non a quelli emanati in 
precedenza a sensi del D. L. L. 16 marzo 1946, 
\ Il. 98, e pertanto tali decreti compreso n� D. L. 
', ,\ 7 maggio 19�8, n. 726, sono attualmente in vigore. 

; .'\. '.. � 
ic �, 

La sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite 
(Riv. Pen., 1950, II, 728) viene in buon punto 
a risolvere correttamente itna nuova interessante 
questione sorta in tema di val�idit� dei decreti legislativi 
emanati dal Governo in forza del D. L. 

(' ~ L. 16 m�arzo 1946, n. 98.

/ ,,;(\) 

, , 'i ' Di tcili prowedimenti quello che forse pi� di 
j-'i . . ogni altro ha dato luogo a manifestazioni giuri~ 
'.-sprudenziali numerose, e spesso contrastanti, � 
): ,.stato il D. L. 7 maggio 1948, n. 726, che ha ina,, 
sprito le pene per il contrabbando dei generi di 
\'/ywnopolio, ed in sede penale appunto sono state 
� \ affacciate v�ia via. le tesi che, per successivi r�ipie



. garnenti, hanno portato all'ultima, pur essa respinta 
om dalla Gassa.zione: che i decreti legislativi 
di cui si tratta, originariarnente validi, 
sarebbero dii:enuti invalidi pier mancata rat1:ficn 
entro Z"anno dalla p1�ima riunione del Parlamento 
(8 maggio 1949). 

La tesi massima ~ohe il Governo avesse perso 
il potere di legiferare a far tempo dal 1� gennafo 
;-; 1948 -ftt com'� noto, senz'altro respinta dai no._,/:\ 
stri Supremi organi giur-isdiz�ionali (cfr. Gons. 
Stato, V Sez., 22 dieembre 1948, n. 849, rio. Com. 
, Pfotrafusi, idi Giur. It., 1949�, 111, 49, oltre che ,in 
./ questa Rassegna 1949, 118; Oass. Pen. Sezi. Un. 
5 febbraio 1949, imp. Novelli, in Giur. It. 1949, 
11, 2'49), in ptiena-adesione alla tesi sostenuta in 
questa Rassegna 1948, n. 9, pag. 15 e segg. E nello 
decisioni sopm riferite veniva fatta giustizia anche 
dell'altra tesi, subordinata: che la facolt� 
di emana,re norme legislatire da parte del Governo 
fosse venuta rneno dal giorno in cui erano state 
indette le elezioni o, al pi�, dal giorno delle elezioni 
(tesi, questa, adottata 'dal Tribunale di 

'/.'orino, 13 gennafo 1949, �np. Burdino ed nltri, 
in Giur. It., 1949, II, 83). 

Ma, battuti sulla questione principale, i difen8ori 
degli �im.putati dei reati Jffetri8fi c[a~ D. L. 
7 magg-io 1948, n. 726, non s�i sono arresi; e si fa 
qui ad essi riferimento, perch � non consta ohr; 
per altri DD. LL. siano state mosse ecoezfoni relative 
alla loro in�validit� per mancata ratifica entro 
l'8 muggio 1949. Il D. L. 7 febbraio 1948, 

n. 48, -in tema di epurazione, ha dato luogo, ad 
esempio, a niimerose e vivaci dispute_; ma mai a 
nessuno dei numerosi e valorosi pubblieisti che s�i 
sono occmpati della materia -e men ohe mai al 
Gons�iglio di Stato, chiamato a risolrere in sede 
giitrisd'izionale i ricorsi e le numerose questioni 
vrospettate -� sorta l'idea ohe si stesse discutendo 
intorno ad un... cadavere, per essere la validit� 
del D. L. in esame venuta meno per mancata 
tempestiva ratifi.oa ! ... 
La tesi della sopra'17Venuta invalidit� vien sostenuta 
~ in via alternativa -per queste ragioni: 

dl,fetto di conversione in legge entro il termine 
prefisso dall'art. 77 della Oostitnzione, quanto 
meno per i DD. LL. emanati dopo il 1� gennaio 
1948 ('l'ribunale Mondavi. 10 novembre 1949, 
imp. Perrnne, in Foro Pad., 1950, IV, 163); 

mancata ratifica entro un anno dalla entrata 
�in funzione del Parlamento, a sensi dell'art. U 

D. L. L. 16 marzo 1946, n. 98. 
Or la prima tesi appare oh�iaramente dcst�ituit<L 
di fondamento, sol ohe s�i ziensi ohe l'art. 77 della 
<Jostititzionc, per la parte che qui O'i interessa, 
si riferisoe esprressamente a�i � provvedimenti provDisori 
con forza di legge )) che il Governo adotta 
� in cas'i straord�inari di necet?sit� e di urgenzra >> : 
riguarda, cio�, i deoreti-legge. Ed � chiaro che 
tutt'affatto diversa � la posizione che, nelle fonti, 
as.<nimono i decreti leyislativi emanati dal Governo 
nel periodo di cnrenza del potere leg�islativo 
ed in forza delle d�isposizioni contenute nel D. L. 

L. 25 giugno 1944, n. 151, prima, e nel D. L. 
J,. 16 marzo 1946, n. fl8, poi. I qual�i ultimi promiedimenti, 
nel periodo dcl riassetto costituzionale 
dello Stato, costituivano essi steswi princi1>i di 
ordine costituzionale circa i poteri affidnti al 
Gcwerno nel campo legislativo; fissandone altres� 
. termini e limiti. 

Qttanto alla seconda tesi, le magistrature d� 
merito che hanno ritenuto d�i poterlw adottare, 
si sono poi divise : alciine hanno deciso che i 
DD. LL. in esame fossero divenuti invaz.idi ex 
tunc in arrnonia con il disvosto dell'ultimo comma 
deWart. 77 della Costituz�ione (cfr. Apv. Torino 
24 febbraio 19-5-0, im.p. Burdino ed altri in 
Giust. Pen., 1950, II, 644); altre, invece, hanno 
ritenuto che la inefficacia si fosse manifestata ex 
nunc allo scadere dell'anno dalla prima riunione 
del Parlamento (cfr. Trib. Livorno 23 ottobre 1949, 

imv. Formigli, in Riv. Pen. 1950, ~J~ '3?7; 1:rib_~ 
Pistoia 26 magg�io 1950, irnp. Marini, in Grnst. 
Pen., 1950, Il, 10'33). 

Ma gic� la Corte di Aprvello di Bres?ia (1'3 otto:
bre 1949, imp. Z1tbb"i, in Corte Bresciana, 1950, 
Il, 25) afferm� la contraria tesi della vaUdit�� dei 


-176 


DD. LL. in esame, tempe8ti1.:-amente 8tati sotto


posti a ratifica da ]Ja;rte del Governo j e questa 

sentenza fu -ivi -criticata da.Z Castelletti an


che sotto il profilo cho � attraver8o iin accura


tiss�no controllo sulla Gaz.zetta Ufficiale non ri


sultavano prove ohe fossero stati adempiuti gli 

obblighi prescritti �; non risultai1a cio� la noti


zia della presentazione dei DD. LL. per la con


versfone,� rilievo, que.~to che si legge anche nella 

citata sentenRJa del 'I'rib. JIondov�.. 

Se l'annotatore ed i giudici avessero effettiva


mente consitltato la Gazzetta Ufficiale a1;rebbero, 

sul n. 108 dell'll maggio 19�49, letto un cc Comuni� 

cato� circa la vresentazione in data 4 �1nagg1:0 HJ49 

di un disegno di legge concernente la ratifina a 

norma dell'art. 6 D. L. L. 16 marzo 1946, n. 98, 

di tiitti i decreti legislativi emanati dal Go'l/erno 

nel periodo 18 giugno 1946-8 maggio 1948, in for~a 

dell'art. 3 del citato D. L. L. n. 98 del 1946... 

Ora � abbastanza chiaro �-e nessitn artificio o 

ardimento logico ptt� indiirre a ritenere il con


trario ~che � sottoporre a ratifica ll non equivale 

a �ratificare ll. La sottoposizfone a ratific.a � un 

prius rispetto alla ratifica, e ver ci� stesso i due 

momenti, come non co�incidono nel tempo, non 

equivalgono quanto al significato. 

Il terwine fissato dall'art. 6 del D. L. L. 16 
marzo 1946, n. 98; riguarda una attivit� che deve 
compiere il Governo, il quale, una volta. che ab: 
bia adempiuto all'onere d�i presentare i decreti 
per la ratifi.ca, functus est munere suo; mentre la 
ulteriore attivit� -che sfocier� nella ratifica o 
meno ~ spetta soltanto al Parlamento, e su di 
essa non pu� in alcun modo interferire il Governo. 


Ed � poi appena il caso di rilevare che quar:do 

si � voluto ai fini della fis�tazione del termine, 

fare riferi~ento all'atto formale della ratifi?a; 

c cio� a-lla deterrm:nazione del Parlamento, si e 

parlato distintamente di � presentazione )) e � con


versione in logge)) (cfr. art. 77 della Carta Co


stUuzionale) j distinguendo i due momenti e 7 e 

due diverse attivit�, cos� come sie era fatto in pre


cedenza per casi analoghi (art. 3 n. 2 legge 31 

gennaio 1920 n. 100). 
� E' poi da notare che s�i � anche ritenuto da 
taluno che i decreti-legge di cui si tratta non dovessero 
neppur essere ratificati (Trib. Bologna, 
31 agosto 1949, imp. Belli e altri, in Archu Rie. 
Giur., 1950, 618, nonch� Remaschi, in Giust. 
Pen., 1950, II, 1033). 


Su altra questione, sempre attinente. alla costituzionalit�; 
dei decreti-legge ema.nati dopo il 
1� .r1enna,io 1948 e fino all'8 maggio 1948, circa la 
partecipazione o meno del Capo dello Stato alle 
funzioni leg'i8lative, si 1/eda Trib. Pistoia, 23 magrrio 
1950, imp. ChU�i (in Giust. Pen., 1950, II, �661), 
che ha ritenuto non esser necessa.ria la sanzione 
Jiresidenziale~ in modo sostanzialmente conforme 
a, carne si era, pronunciato U Consiglio di Stato, 
V &ezione, con la cita.ta drcisione 22, dicemb1�e 
1948, n. 849. 

(N. G.) 
SERVIT� -Servit� di elettrodotto -Spostamento Amministrazione 
proprietaria del fondo servente Spostamenti 
per motivi di pubblico interesse. (Ct;irte 
di Cassazione, Sez. II, Sent. n. 50 -Pres. : P1ga, 
Est.: De Simone, P. M. :. Dalla Mura; Ministflro ~ei 
Trasporti e dei LL. PP. contro Societ� Elettrica 
della Campania). 

Se il Ministero dei LL.PP. ordina lo spostamento 
di un elettrodotto da un fondo di propriet� 
delle Ferrovie dello Stato, ponendo a base dell'ordine, 
emanato su richiesta delle Ferrovie 
stesse, l'art. 126 del Testo Unico sulle Acque e 
sugli Impianti Elettrici, non pu� l'Amministrazione 
proprietaria del fondo rifiutarsi di pagare 
le indennit� per lo spostamento al titolare della 
servit� di elettrodoto, invocando l'art. 122 dello 
stesso Testo Unico. 

Non possi�mo non consentire con la Corte Suprema 
in merito alla distinzione fra la, fattispecie 
regolata dall'art. 122 del Testo Unico 11 dicembre 
1933, n. 1775 e quella regolata dall'art. 126 
dello stesso Testo Unico. Riportia.mo in proposito 
quella parte della motivazione della sentenza che, 
sinteticamente rna chiaramente traccia le linee 
di que8ta distinzione: 

� Il contenuto obiettivo dell'a.rt. 126 � pi� am,]
Jio di quello dell'art. 122 ; la finalit� � diversa, 
la posizione delle parti � pure diversa, in quanto 
in applicazione dell'art. 126 la P.A. � posta in 
condizioni di siipremazia verso il privato. In questa 
situazione giuridica, detenninata dalla prevalenza 
che spetta all'interesse pu,bblioo s1.i qitello 
privato, non ha rilevanza il ,fatto che la P.A. ahc 
impone lo spostamento della conduttura, sia proprietaria 
del fondo servente. L'art. 126 a.fjerma 
il principio, che risponde anche ad un concetto 
normale della nostra legislazione, secondo il qu,ale 
l'utente dell'elettrodotto, che esegue i lavori 
ordinatigli, neWinteresse pubblico, e dai quaz.i 
non trae alcun vantaggio, non deve anche sopporta.
re le svese: principio che non perde nulla della 
sua importanza pel temperamento ad esso avportato 
dal leg�islatore nel caso che le spese sopportate 
dall'1.itente non 8iano eccessive; e tale tempera.
mento trova a sua volta giustificazione nel diritto 
dello Stato di imporre al privato il sacrifioio 
dell'interesse di lU'i a vantaggio di quello pubblico, 
purch� sia di lieve entit�. 

Oi;oe ,irivece il sacrifi,cio si concreti in un danno 
patrirnoniale apprez;abile, emergente dalla esecuzfone 
dell'ordine dell'autorit�, l'art. 126, analogamente 
a quanto stabilisce l'art. 46 della legge 
sulla espropriazione per pubblica utilit�, riscontra 
nell'atto o nel fatto della P.A. la prfoazione 

o Um-itazione di diritti, o la imposizione di prestazioni 
d'opera o di serviz�i a carico del privato, 
ed in questo caso riconosce l'obbligo, non di itn 
risarcimento di danno, ma di una congrua indennit�. 
Tale indennit� � dovuta vcrch� 'il provvedimento 
imperativo emesso dal Ministero dei LL.PP. in 
base all'art. 126 crea 1.ina situa.zione giuridica irrevocabile 
a favore dell'ittente, safoo che, espleta.
te le modificazioni .ed opere prescritte} lo stesso 


� . :M � . :M 
-177 


JJ!J'inistro) ritenga non eccessive le spese sopportate 
dall'utente) e per ci� non rimborsabili. 

Quest)ultimo provvedimento non sostituisce n� 
rrvoca il primo) facendo sorgere l)applicabilit� 
dell'art. 122; ma indipendentemente dall'essere la 

P.A. proprietaria o non del suolo asservito alPelettrodotto) 
affida al 111'inistro dei LL.PP. il 
potere discrezionale di valutare se le spese furono 
o non eccessive) e solo nella prima ipotesi riconosce 
alle parti la facolt� di r'ivolgersi aWautor'it�, 
giudiziaria) per la determinazione del quantum 
debeatur. In questa stessa limitazione della competenza 
dell'autorit� giudiziaria) a giudicare soltanto 
quel ,quantum) e non arwhe sull'an debeatur, 
� agevole cogliere il criterio precipuo di discriminazione 
tra f art. 122 e l'art. 126, in quanto il 
primo ha la sua rag,ione d) essere nel diritto di 
propriet�) del proprietario e del suo asservito) 
Faltro nel diritto dell'utente l'elettrodotto) innilaZ'ione 
al dovere a lui incombente di sottostare 
aWordine deWautorit�) e condizionato al giudizio 
dell)autorit� stessa sulla risarc,ibilit� o meno della 
spesa sopportata�.� 
Ci sembra, invece) che S'ia frutto di eccessivo 
formalislmo la tesi secondo la quale una volta ordinato 
lo spostamento in forza dell'art. 126, la 
Amm-inistrazi.one proprietaria del fondo su cui la 
servit� era co8tituita) riconoscendo l)errat�e incor


r.o nell'invocazione di detto articolo, non possa 
pi� richiamarsi all'art. 122, per escludere il suo 
obbligo di versare somrne a titolo di indennit� ar 
titolare della servit� di elettrodotto. 
Tuttavia) non p11,� escludersi la opportunit� 
che confus�on�i del genere tra i due articoli suddetU 
s�iano et1itate e che) ogni volta che si tratti 
di spostare un elettrodotto da un fondo di cui la 
Amministrazione sia divenuta propr'ietaria) con1xnqa 
richiamarsi scmprr; all'art. 122 in modo 
esplicito, senza sert:irsi in al<YIJ,.n modo dei poteri 
previsti dalfart. 12�6. 

USO LEGITTIMO DELLE ARMI-Omicidio di persona: 

a) che fugge per non farsi fermare dalla polizia; 

h) arrestata o detenuta -Punibilit� (Corte di Cas


r -.sazione, Sez. II, Sent. 20 dicembre 1949, Pres.: Serena 
Monghini, Est.: Vista -P. M.: Fo�). 

Nessuna norma giuridica pu� consentire e nesRnn 
ordine legittimo pru� imporre che in una ordinaria 
operazione di polizia si faccia uso delle 
ar�mi contro persone colpevoli di essersi date alla 
fnga pn sottrarsi al fermo degli agenti di polizia. 
Questa facolt� � esclusa dal nostro ordinamento 
giuridico, come � dimostrato dall'art. 53 

c.p. E non � consentito neppure nel caso di fuga 
di arrestati o detenuti, salvi i casi contemplati 
nell'art. 169 del regolamento per gli agenti di custodia, 
che riguarda materia ben diversa e cio� 
l'ordine e la sicurezza degli stabilimenti carcerari. 
Non ricorre dunque scriminante nel caso di 
un sottufficiale dell'ex g.n.r. che, dopo intimato 
l'alt a tre giovani che scappavano rifugiandosi su 
un albero al centro di un cortile invece di fermarsi 
a quell'ingiunzione, spar� uccidendone due e 
ferendone il terzo. 
I. Nella massima ohe 8� annota du,e affermazioni 
di principio � dato rilevare: la prima) alla 
quale ex professo si riferiva la fattispecie gitud�iciata, 
relatfoa aWuso delle ar..mi c�ontr.o perso.ne 
che) senza opporre alcuna resistenza) S'i erano 
date alla fuga per sottrars'i al fermo di agenti di 
polizia). la seconda) fatta incidentalmente) sull'uso 
delle armi per impedire un'evasione. 
Anche� d'i recente le rassegne di giurisprudenz-a 
hanno avuto occasione di pubblicare sentenze in 
cui questa seconda affermazione � stata fatta a 
seguito di un esplicito esame della questione: se 
noi abbiamo riportato la massima) che annoUamo) 
� per poter esaminare ambedue i principi e 
sottoporli ad alcune revisioni critiche che ci sembrano 
consentite. 

II. De affermazioni giurisprudenziali sul primo 
punto sono numerose) tittte conform,i, ed avverso� 
ad esse non pare s�ia possibile opporre argomentazioni 
degne di rilievo (fra le altre sentenze cons. 
Gassaz'ione 19 ottobre 1949, in Giust. pen. 1950, 
lI) 11 e segg.). In propos'ito � d)uopo solo considerare 
che Fuso delle armi non � consentito) nel 
caso in esame) se cozu,i il quale si d� alla fuga per 
sottrarsi aWarresto (ed anche ad un semplice 
fermo di polizia), non faccia violenza od opponga 
t�es�istenza: ch�) in caso contrario) nel caso in cui 
cio� sia necessa.rio respingere tale violenza o vincere 
detta resistenza) versandosi) col concorso degU 
altri requisil'i) nelfipotesi prevista dall'articolo 
53 c.p.) l)uso iDi cui sopra � del tutto legit-. 
timo. E) fuor d'opera ricordare di qual natm�a 
abb,iano ad essere la violenw o la resistenza SU'indicate) 
essendo 'in proposito le decisioni giurisprudenziali 
ben ferme da tempo sugli stessi criteri 
di ident�ificazione) riportaU in tutU i testi 
istituzionali di dfritto penale. 
III. Ad una valutazione P'i� approfondUa inve-ce 
� necessario scendere per quanto riguarda il 
secondo punto che) se esaminato) come si � 'in 
precedenza rilevato, per incidens nella fattispecie 
d~ cui alla ma8si,ma che si annota) ha avuto) 
in altri casi) formulazioni ex professo: fra le meno 
recenti) dopo la ristaurazione del regi1ne dernocratico) 
occorre ricordare la sentenza della 
2" Hezione della Corte 81tprerna 7 gennaio 1947 
(Arch. pen. 1949, I) 115 e segg.), tra le pi� recenti, 
quella della stessa Sezione deW11 l'ltglio 1949 
(Giust. pen. 1950, II, 697 e segg.). In ambedue le 
vpotesi) in queste decisioni considerate, la Cassazione 
ha categoricamente afferrnato che non � consentUo 
fuso delle armi per impedire un)evasione) 
se non ricorrano i requisiti di cui all'art. 53 c.p. 
per la pa1�te relativa alla necessit� di respingere 
una violenza o di vincere una resistenza all' Atltorit�: 
la sentenza dell'11 luglio 1949, � stata favorevolmente 
annotata) anc1he per la parte de� quo, 
dallo 8pizzuoco (Uautorizzazione a procedere e --l)
1tso delle arrni da parte degli organi della polizia 
neW espletamento del loro servizio) in Giust. 
pen. op. Zoe. cit.). 
Come purtroppo talrolta � dato constatare in 
question'i che ritornano di tempo in tempo all'esa


"""""U~J



::::::::::::% :::::&&: & :::::::::::::fili 1 RffitL: :: 


-178 


tne della Stlprema Corte per le qtw.Zi vengono ripetute 
affermazioni di principio, in base a ragionarnenti 
pressoch� identici, senza che esse siano 
effetto d�i ulteriori pi� approfondite elaboraziowi 
critiche, cos�, anche per la questione in esame 
sembra che c�i si stia avviando a ritenere ormai 
risolto definitivamente il problema e negli stessi 
sensi pare essersi pronunciato anche l'Annotatore 
che abbiarno sopraindicato. 

Sostanzialmente il ragionamento �in base al 
quale la Cassazfone crede di poter add�ivenire 
alle conclusioni pi� volte ribadite � il seguente: 
i cas�i previsU da norme eccezionali nei quali � 
consentito far uso delle armi per impedfre l1 evasfone, 
indipendentemente dalla necessit� d�i respingere 
una violenza o vincere una resistenza, 
sono eccezioni ad una regola contrar�ia che rilevasi 
dallo stesso art. 53 c.p., espressione questo 
di uno dei dir'itU pi� importanti della persona, 
anzi il fondamentale per eccellenza, qiwle quello 
alla integrit� fisica, i limiti del quale sono nella 

E
E
1

cennata norma indicati. evidente come tale 
ragionamento rappresenti una faccia della medaglia 
di cui il rovescio ha esattamente riscontro 
in questi termini: tali norme sono applicazioni 
di un princ�ipio generale che si esprime nella non 
punibilit� (come conseguenza d�i esclusione del 
reato) del caso in 01,i,i si usino le armi contro una 
persona della quale si ha la custodia per impedire 
l'evasione. 

Quale delle due facce sia la esatta, dopo una 
enunciazione dogmatica dei princ�ipi che vi si riferiscono, 
� ora necessario chiarire, se non si 
vuole cadere anche per parte nostra nello stesso 
inconveniente lamentato per la Corte Suprema, 
limitatasi, in materia, piuttosto ad affermazioni 
aprioristiche che d�iffusasi in convincenti argomentazioni. 


IV. Il problema � gi� stato da noi sottoposto 
a succinto esame (App1mti sull'uso delle arrni 
per impedire l'evasione, Arch. pen. 1949, I, 115 
e segg.) ed ad esso potremmo sic et simpliciter 
fare rinvio se, re melius perpensa, non ci sembrasse 
di poter sottoporre la nostra tesi, contraria 
a quella sostenuta dalla Corte Suprema, ad 
ulteriore elaborazione, che ci conforta vieppi� 
sul fondarnento della nostra opinione. 
Per comodit� del lettore la riassumiamo bre-nemen 
te : in due casi (e non in uno solo, come erro� 
neamente indicato nella massima che si annota), 
che trovano riferimento in quattro norme regolamentari, 
� prevista la possibilit� di usare le armi 
per impedire un'evasione. 

Tali norme sono: a) l1art. 198 riel Regolamento 
Generale per l'Arma dei Carab�inieri, il quale dispone 
che � durante la traduzione i militari dell'Arma 
debbono vigilare continuamente sul contegno 
e sulle mosse dei detenuti, non abbandonare 
mai le armi, mantenerS'i sempre in attitudine 
da poter impedire qualsiasi tentativo di fuga; 
b) l1art. 288 del oitato Regolamento, secondo il 
qttale ,� i militari di traduzione portano le arrni 
cariche soltanto se scortano detenuti,� e) l'art. 181 
del Regolamento per gli Istituti di prevenzione e 

di pena 18 giit.gno 1931, n. 787, il quale stabilisco 
ohe � �i militari e gli agenU addetti alla tradi1<iune 
o alla sorveglianza esterna degli ~tabUimrr,,ti 

o alla custod�ia de�i detenuti. che lavorD,:no 1,i,7l a.porto, 
sono autorizzati a fare uso delle anni qiuindo 
v�i siano costretU dalla necessit� di impedire la. 
et'asione; d) infine l'art. 169 del Regolamento per 
il Corpo degli Agenti di ou,stdia del 30 dicembrn 
1947, il qziale llioh:iara che � gli agenti possono 
far uso rlelle armi nei seguenti oosi : � . . . 3 b) in 
caso di tentativ'o di fuga da parte dei deten�uti, 
quando il fu1g,qUfoo si oppone al ferriio oon vie di 
fatto o oon minaocfo di molenza, o, malgrado l1intimazione, 
non desiste dal tentare l'etmsione e non 
vi siano altri mezzi effi:c1aci ad impedirla ll. 
Dette tiorme autorizzano l'uso delle armi, evidentemente 
anche quelle contenute nel Regolamento 
per l' Arrna dei Carabinieri che abb�iamo O'itato, 
in quanto non si comprenderebbe perch� le 
armi debbano essere tenute cariche se non per 
farne uso prontamente al pr�imo tentativo di evasione. 


All'afferrnazione della sussistenza di un principio 
generale d�i cui tali norme sono applicazfone 
si pu� intanto prevenire rilevando che la gamma 
dei casi che esse riguardano � talmente estesa da 
poters�i dub'itare che altri debbano essere dfoersament-
e trattati perch� nelle suddette norme non 
considerati. 

E' vero ohe il Regolamento per FArma de�i Carab
�inieri si rivolge a costoro e non alle altre forze 
di polizia, ma sarebbe evidente l1 assurd'it� se volesse 
ritenersi la P'Unibilit� di quel qualunque altro 
appartenente a tali forze, non oarabin'iere, ohe 
s� trovasse a tradurre detenuti, e, per impedire 
un1 evasione, agisse come al carab�in�iere � oonsentito. 
Se anche volesse contestarsi la sussistenza 
del principio generale da noi affermato, a tale conclusione 
dovrebbe add�iDenirsi in sede di interpretazione 
estensiva della norma in esame, non vietata: 
�in caso analogo, nel caso cio� di contrabbando, 
la Giurisprudenza ha esattamente ritenuto 
che, col ooncorso di tutti i requisiti di cui all'articolo 
94 del Regolamento di servizio per le Guardie 
di Finanza, escluso natu,ralmente quello di 
appartenenza a detto Corpo in chi opera, purch� 
costui appartenga alle forze di polizia, sia consentito 
far �uso delle armi per impedire la consumazione 
del cennato reato (un caso si � presentato 
di recente alla difesa dell'Avvocatura dello Stato 
che ha ottenuto sentenza favorevole all',imputato: 
Trib. Siracusa, 19 novembre 1949). 

E se, sotto altro aspetto, le sopraindicate norme 
del Regolamento per l'Arma riguardano l'evasione 
di detenuti, non sembra possa fondatamcn 
te escluders�i che esse non si applichino se, invece 
lli detenuti, si tratti di arrestati, seoondo la di� 
sl'inzione che teonicamente pu� farsi fra �i due 
termini richiamati dall'art. 385 c.p. o_ome qualificf}, 
dell'autore del reato di evasione. Non s-0loinfatti 
il detenuto che fugge commette il reato di 
evasione, ma anche l'arrestato: per ambedue i 
soggetU esiste una presunzione di responsab'ilit� 
(per il detenuto condannato con sentenza penale 
passata in giitdicato addirittura un'affermazione 


&bu ]IJ 


-179 


di responsabilit�) tale da potersi ritenere non sussista 
differenza d�i politica criminale agli effetti 
della formulazione del reato di cui all'art. 385 c.p. 
quando anzich� l'uno sia l'altro ad esimersi dalla 
custodia. Ragionamento analogo non potrebbe invece 
farsi qualora si trattasse di un semplice fermato 
per misure d�i polizia: la presunzione di responsabilit� 
� qui troppo �vaga per ammettere che, 
in sede di politica criminale, possa configurarsi il 
reato di evasione -e di conseguenza, secondo la 
nostra tesi, si possa far uso delle armi -se il 
fermato si allontani dalla custodia della polizia. 
Anche quindi sotto questo secondo aspetto sareb�� 
be consentito -nella insussistenza del principio 
da noi affermato -ricorrere ad �interpretazione 
estensiva colla conclusione che gi� in tal modo 
pressoch� tutti i casi prat�ic�i sarebbero risolti nel 

senso da noi esposto_. 

V. Ma, riesaminata la questione, altro argomento, 
squisitamente gi1widico, determinante, ci 
sembra possa trovarsi, idoneo a far pendere la bilancia, 
sui due piatti della quale sono poste le 
due tesi � eccezione al princ-ipio del diritto all'integrit� 
personale �, � conferma del principio del 
dfritto a far uso delle armi per impedire l'evasione 
�, dalla parte in cui trovasi questa seconda tesi. 
Idoneo cio� a togliere ogni patina di affermazione 
dogmatica a questa tes�i, escludendo insomma 
che essa abbia il solo valore di formulazione 
teorica aprioristica non dimostrata, che s�i contesta 
all'altra tesi. 
Tale argomento offerto, sevondo noi, dall'esame 
della natura delle norme che prevedono i casi 
di uso delle arm�i per impedire un'e1,asione e dell'efficacia 
di esse in relazione al principio genernle 
del diritto della persona alla integrit� fisica. 
0,qni qualvolta la giurisprudenza ha ritenuto essere 
dette norme ecceZ'ion-i al cennato principio, 
non ha, evidentemente, approfondito molto il problema, 
Umitandosi cio� ad affermazione non consent-
ita da un rigoroso esame della questione. 

Che le norme soprariportate s�iano norme regolamentari 
di organizza.z'ione (seeondo la distinzionr-: 
di cwi all'art. 1 della legge 31 gennaio 1926, 

n. 100 : nella specie prev�iste al n. 3 del primo cornma 
di quest'articolo) non sembra dubbio, ed � noto 
d'altra parte che fra �i U.m-iti che la potest� regolamentare 
incontra � anche quello secondo il 
quale i principi generali hanno valore assoluto 
per quanto riguarda i regolamenti, cio� non possono 
essere da questi derogati. Ed allora., se cos� 
�, qualora non sussistesse il principio generale da 
noi a.ffermato, d�i mti le norme �in esame, sono apl
�ica.zione specifica, e sussistesse invece, come ritiene 
la tesi alla nostra contraria, solo il principio 
generale del diritto in ogni caso alla integr'it� 
fisica con i soli limiti di cui -per quanto riguarlla 
lo specifico uso delle armi -all'art. 53 c.p., non 
si potrebbe sfuggire da questa grave conclusione: 
le cennate norme regolamentar-i sarebbero illegitt-
ime perch� contrarie ad un pr�incipio generale 
che non potrebbe essere derogato da esse. Non � 
ammessa insomma la tes�i intermedia della Corte 
Snprema ed i corni del dilemma non sono che 
questi: o esiste tJ.n principio generale che autorizza 
a far uso delle armi per. �impedire.i' .evasfone 
di cu�i le suddette norme sono applicazione spe 
cifi.ca o queste norme non hanno valore. 

E' evidente che questa seconda soluzione u1�ta 
contro la fondamentale organizzazione dei servizi 
d�i custod�ia degli arrestati e de�i detenuti d�i cui a 
regolamenti che non possono, in parte de qua, ritener8i 
illegittimi. 

VI. -Esaniinat.e le fattispecie circa le quali la 
Corte Suprema ha avuto occasione di occuparsi 
delle question�i in esame, si r�iporta l'impressfone 
che detta Corte sia stata influenzata dal modo nel 
quale i casi si erano materialmente verificati, influenzata 
a tal punto da addivenire ad affermazioni 
sorprendent-i, come nella cennata sentenz�a 
7 gennaio 1947, �in cui si distingue tra evasione ed 
evasione, adombrandosi la vossibiUt�. di far it8o 
delle armi per certe evasioni e non per altre, a 
8econda del reato per il quale coliti che evade s�ia 
'in stato di arresto o detenzione! 
Ci rendiamo perfettamente conto che, �indipendentemente 
<f,alla influenza nel giudizio esercitata 
dal tipo dei oa8i esaminati, altre considerazioni, 
pi� rilev'wnti, pos8ono av'er spinto la Ca8sazione a 
dec,idere nel senso di cui sopra. Pu� la Corte Suprema 
aver tenuto presente la necessit� d�i dar 
lttogo (J)d uma rernora ai tropipo sempUoistic�i interventi 
della polizia per reprimere evasfoni, talvolta 
agevolate da negligenza d�i cu8todia. La vita � indubbiamente 
il massimo bene e come tale deve 
e8sere energicamente tutelato. 

Non 8embra peraltro che, esam�inando a fondo 
la que8tione, la preoccupazione della Cassazfone 
abbia ragione di e8i8tere. E' intanto innanz�itutto 

da rilevare che, corne abbiamo fntto vresente neyli 
Appunti oitati, l'itso delle armi nel ciaso in oonsiderazione, 
non � senza limiti: all'evaso deve �intimar8i 
d�i desistere dall'azione prima di far uso 
delle armi e queste debbono e8sere usate nel rnodo 
ahe, raggiungendo lo scopo, si prospetti ragionevolmente 
come il meno dannoso per la per8ona che 
tenta di evadere. In pratica qu�indi avverr� che 
non tutte le evasioni 8troncate coll'uso delle armi 
8'� ri8olveranno in una assoluzione di chi delle anwi 
si � 8ervito, ma costui potr� e8sere par-irnenti condannato 
per omicidio o le8ioni colpose se potr� 
dimostrarsi abbia fatto ricor8o ad un rnezzo pi� 
dannoso 8enza aver esperimentato altri mezzi 
ugualmente efficac'i ai fi.ni di impedire l'evasione, 
rna meno dannosi. E la diligenza, per altro verso, 
nella custodia, sar� ugual,mente a8sicurata -indipendentemente 
da una condanna penale ver 
l'uso delle armi -da una rigorosa valittazfone 
in 8ede disciplinare del comportamento tenuto dal 
cu.sto<le ante-evasione, da cni possono �derivare 
con8eguenze magar�i pi� gravi di quelle consistentt 
�in una condanna penale pi� o rneno mite ed nccornpagnata 
dai benefici di legge. 

(F. C.). 
1W4J.L&ii :iWb:::::::::: :::i:::::::::::L:::f.:: :L&filmill J&:::: m 


ORIENTAMENTI GIURISPR.UDENZIALI 
DELLE CORTI DI ME R-'I T O 


IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Accertamento 
della base imponibile -Limitazioni di indagine 
-Decisioni della Commissione Provinciale Art. 
29, del regio decreto 7 agosto 1936, n. 1639 
(Trib. di Firenze, Sez. I, Sent. del 12 luglio 1950 -
Pres. : Borrelli, Est. : Cappellini -Azienda Farmaceutica 
Internazionale contro Finanza). 

La legge non prescrive _alcun limite ai poteri di 
indagine dell'Amministrazione finanziaria in sede 
di accertamento della base imponibile dell'imposta 
generale sulla entrata dovuta in abbonamento, 
ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo 
27 dicembre 1946, n. 469. 

Le decisioni delle Commissioni Provinciali previste 
dall'art. 16 del predetto decreto legislativo 

n. 469, e dall'art. 21 del decreto legislativo 3 mag 
gio 1948, n. 793, sono impugnabili per grave errore 
di apprezzamento e difetto di calcolo ai sensi 
dell'art. 29 del decreto legislativo 7 agosto 1936, 
n. 1639. 
Stilla prima massima non possiamo cllte coriciordare, 
in quanto il Tribunale ha accolto completamente 
la tes'i dell'Avvocatura. La pretesa del con� 
tribuente d'i voler limitare i poteri di indagine 
<hll' Amm�inistrazione in materia di accertamento 
della base imponil1ile dell' 1.0.R. da corrispondersi 
in abbonamento, al solo esame del bilancio delle 
imprese � resistUa dalla assorbente considerazfo. 
ne che, anche per quelle imposte (come la R.M.) 
r1er le quali il bilancio � considerato come la bnse 
normale degli accertamenti, non � mai considerato 
eome la bnse esclusiva, permettendosi all' Amministrazione 
di tener conto di altri elementi e dati 
concreti raccolti al di fuori d�i esso. Tnnto pi� 
deve essere escluso ogni Umite ai poter-i di indauine, 
quando la legge, come nel caso della I.G.JiJ. 
rJ,a, corrisponders�i in abbonamento, non indica n� 
precisa alcun elemento come fonte dell'accertamento 
tributario. 

Non pos8iarno innece concordare sitUa Seconda 
�massima, contro la quale sembra che si possano 
portare �i seguenU argomenti che di segiiito schematicamente 
si riassiirnono: 1� data la g'ittrispntdcnzn 
costante della, Corte Siiprerna, che afferma 
che le dite fasi del gittd,izio tributario (avanti alle 
Cornmiss�ioni e avanti alla autorit� giudiziaria) 
sono autonome tra loro, � evidente che i casi in 
cui gli errores in procedendo della prima. delle due 

fas�i possano essere sfodacatc nella seconda fn81' 
debbono essere tassat�ivamente stabil-iU dalla leg,
qe. Ora, nella legge che istitrtisce le Commissioni. 
.4.mmi-wistrative in materia di I.G.E., non vi � al01.
lna norma 8imile a.ll'art. 2'9' del decreto-legge 
8 litglio Hl36, n. 16319; 2� l'(trt. 29� del c�itato 
decreto-legge n. 1639, del 1936, riguarda le controversie 
in muteria di imposte indirette � sui 
trasferimenti della ricchezR:-a >> e cio� quelle imposte 
indirette indicate tassat,ivamente nel decretu 
legislativo medesirno (art. 28), il quale spec,ift.ea 
che rimangono escluse dalla regolamentazione portata 
dul decreto, tra l'altro le contror;ersfo in materia 
di tassa scarnbi e cio� propJ'io di qiiel tributo 
che � stato sostititito dalla l.G.E. Una ap


plicazione analogica di questa norrna, ehe ~a evidente 
carattere eccezionale, non pu� seguire in 
ria sempUcemente interpretativa. 

IMPOSTE E TASSE -Imposta di manomorta -Aziende 
autonome comunali -Assoggettamento separato alla 
imposta (Corte d'Appello di Brescia, Sent. 16 giugno 
1950 -Pres. : Binetti, Est. : Serra -Finanze contro 
Comune di Brescia). 

Ai fini dell'assoggettamento all'imposta di manomorta 
le Aziende autonome comunali sono conHi<
lerate sevaratamente 1lai Comuni, dei ,qnali sono 
un organo. 

La Corte ha accolto la tesi dell' Avvocatiira r�� 
formando la contrada sentenza del Tr�ibiinale, 
rilevando che, la rnancanza di personal'it� g�iuridica 
nell'azienda antonoma non porta � alla confttsione 
di qiiel particolare patrimonio con gli altri 
ben patrimoniaU �dello stesso comiine e delle 
corr�ispondent'i rendite COS'� da conglobare in un 
unico bilanc�io le entrate e le spese dell'ente medes'irno 
)) ... 

MILITARI -Recupero indebiti pagamenti fatti alle 
! famiglie -Legittimazione passiva. (Trib. Torino 29 
maggio 1930 -Ricaldone contro Min. Difesa-Esercito). 

Legittimato passivo nell'azione di ricuper-0 cli _ 
anticipazioni di stipendi o asRegni alle famiglie 
dei militari erroneamente considerati dispersi o 
prigionieri � il titolare dello stipendio o dell'assegno 
e non il famigliare che benefici� della anticipazione 
stessa. 


...:.. 181 


La sentenza in esarne � da approvare, per quanto 
non ci si possa nascondere che la questione 
non appare n� 8empl'ice n� piana. 

La tesi accolta � confortata da varie ragioni. 

La prima, la pi� e'vidente, � che l'Amministrazione 
hai pagato somme che sostanzialmente .il 
militare avrebbe dov'uto erogare in favore della 
sua famiglia.� acquisita o origina,ria a carico l>, 
si � sostituita a lu�i nell'adempimento d'i una obbligu.
eiione, che av�ez;a per lui carattere non soltanto 
morale ma giuridico. Se quindi una tale 
sostituzione non dove1;a es�1ere operata perch� 
le �1omnie pagate oggettivamente non erano dovute, 
il militare verrebbe a consegU'ire -con un 
risp.arrnio di spesa -ttn arr�icchimento senza 
causa; e dovrebbe qttind�i, qttanto meno sotto qu�sto 
profilo, essere tenuto al rimborso. 

E' poi da considerare che lo Stato, in base all'art. 
4.-0 regio decreto-legge 19 maggio 1941, 

n. 583, si obbliga a pagare al militare, prigioniero 
del nemico, determ�inate somme, l� quali 
sono in relazione al rapporto di servizio che si 
cons�idera come non mai venuto meno, e tutto1'a, 
operante. L'a,rt. 41 dispone che parte delle somme, 
cos� dovute al prigioniero di guerra o all'internato: 
sono pagate -a titolo d�i antic-ipiazione 
-a determinati famigliari del militare j ma sono 
pur sempre somme che vengono corr�'lposte al mi 
litare, e, per esso assente a terzi �determinati 
dalla legge. 
P�'t che un diritto proprio di costoro alt.i, ri� 
scossione, � da rav'Visare in questo sistema itna 
farina di 1nan�dato ex lege, sostituendo ad ev�entitali 
mandatari, che fossero per a'IJven-itta stati 
indicati con apposite deleghe -dal militai�i~, qitelli 
stabiliti dalla legge (secondo comma deU:'a1't. 41). 

N� pare che si possa distinguere a posteifo1�i, a 
seconda che i presupposti per far luogr.. a.i pag1J,� 
mento sussistessero o meno, per accetla,.�3 o meno 
la tesi sue�1posta circa la natura giuridica d<'l 
pagamento fatto dalla A.mmini8trazione, e i rapporti 
fra le parti interessate. I mpporti sono 
quelli che sono, e l'errore -assolittamente scusabile, 
considerata la 8it1iazione contingente ve� 
rificatasi dopo l'armistizio -in cui possa essere 
incorsa la Amministrazione non ptt� mutare il 
rapprto giuridico fra le parti. S� che il paga1nento 
'/jien fatto, per conto e a nome del militare, 
ai famigl-iari suoi in vece che a lui assente, e 
8alvo conguaglio con quanto dovuto, al suo ritorno 
dalla prigion�ia o daill'internamento. 

C'� da aggiungere, peraltro, che non sembra si 
debba ritenere come inammissibile la azione di 
recupero che fosse S'/j�olta contro chi ha eff ett'iv-a� 
mente percepito le somme che ju1re non erano 
dovute, costituendo tale pagamento un indebito 
oggettivo. � 

(N. G.) 

T -CTL g :M l!L di lfj T -CTL g :M l!L di lfj 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENOATI SEOONDO L'ORDINE 
DI PUBBLIOAZIONE SULLA e GAZZETTA UFFIOIALE � 


I 

1. 
Legge 3 giugno 1950, n. 375 (G. U., n. 14ki): Riforma 
della legge 21 agosto 1921, n. 1312, concernente l'assunzione 
obbligatoria al la.varo degli invalidi di guerra. 
-Si richiama l'attenzione sul particolare .carattere 
dell'ammenda prevista dall'art. 22, in relazione 
all'art. 24 della legge, Questo carattere particolare legittima 
la costituzione �di parte civile da parte del-
1'0.N.I.G. allo s�Qopo di ottenere la condanna dei contravventori 
al pagamento dell'ammenda, la quale 
dovr� poi esser.e versata all'Opera. Da notare inoltre 
che il criterio di fissazione della pena pecuniaria, 
stabilita dall'art. 22, limita necessariamente i poteri 
del giudice, il quale non pu� scender.e mai al di sotto 
�dei minimi fissati dalla legge. 
2. 
Legge 24 aprile 1950, n. 390 (G. U., n. 149): Computo 
delle campagne della guerra 1940-45. -Si richiama 
l'attenzione sull'ultimo comma dell'art. 4; pare evidente 
che l'amnistia alla quale si rifflrisce questa 
disposizione, per sancirne la irrilevanza ai fini della 
esclusione dal diritto al computo delle campagne, sia 
l'amnistia impropria. 
3. D.P.R.71uglio1950,n.442 (G. U., n. 156 S. O.): Approva.
zione della nuorva tariffa doganale dei dazi di 
importazione. -Questo decreto ha forza di legge, essendo 
stato emanato in forza di delega legislativa 
concessa con la legge 24 dic�mbre 1949, n. 993. (In 
questa Ra.ssegnti, 1950, pag. 32). 

4. D.P.R. 8 luglio 1950, n. 453 (G. U., n. 158): Norme temporanee 
per la prrima applicazione della. nuova tariffa 
doganale dei dazi di importazione. -Si vedano le 
osservazioni sub 3. 
5. Legge 30 luglio 1950, n. 534 (G. U., n. 174): Modi{�caz'iOne 
dell'art. 72 del Codice di procedura civile. 
Si vedano le relazioni ministeriali e parlamentari in 
" L�e leggi �, pag. 862 e segg. 

6, Legge 14 luglio 1950. n. 581 (G. U., n. 186 S. O.): Ra. 
ti{�ca del decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 483, contenente 
modif�cazioni ed aggiunte al Codice di proce� 
dura civile. -Con questa legge sono state apportate 
al decreto legislativo n. 483, tali modificazioni da trasformarlo 
radicalmente. Si noti che il citato decreto 
legislativo non � mai entrato in vigore. 
Al pi� presto pubblicheremo un articolo rlii commento 
a questa legge. 

7. 
Legge 4 luglio 1950, n. 590 (G. U., n. 188): Denuncia 
dei beni diritti ed interessi ita.liani esistenti all'estero 
e soggetti a perdita per effetto .dell'esecuzione del 
Trattato di Pace. -Dobbiamo esprimere delle riserve 
in ordine alla formula dell'art. 2 dal punto di vista 
della tecnica legislativa. In tale articolo, infatti, si 
parla di diritto ad indennizzo riconosciuto dal " Trattato 
di Pace� ai cittadini italiani. E.' del tutto evidente 
che un Trattato internazionale non pu� riconoscere 
alc�n diritto ai cittadini di uno degli Stati contraenti, 
derivando questi le loro pretese verso il loro 
Stato solo da una legge interna. 
Analoghe riserve dobbiamo esprimere anche in relazione 
alla norma �contenuta nello stesso art. 2, la 
quale prevede la possibilit� che gli accordi internazionali 
possano limitare .il potere dello Stato. italiano 
a regolare con proprie disposizioni la procedura di 
liquidazione degli indennizzi spettanti ai propri cittadini. 


8. 
Legge 10 agosto 1950, n. 646 (G. U., n. 200): Istituzione 
della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse 
nell'Italia meridionale (Cassa per il Mezzogiorno). 
-In base all'art. 28 la difesa in giudizio e la consulenza 
legale della Cassa, persona giuridica di diritto 
pubblico e non azienda autonoma di Stato, spettano 
ex iege all'Avvocatura dello Stato. 
II 

SENATO DELLA REPUBBLICA 

1. Disegno 
di legge n. 1279 (presentato dal Ministro della 
Difesa di concerto col Ministro del Tesoro): Stato degli 
uf{�ciali dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica. 
-Con questo disegno di legge .si comincia a dare 
attuazione anche sul piano giuridico al principio della 
unificazione delle Forze Armate. Esso migliora sensibilmente 
le precedenti distinte d~spos1zioni concernenti 
lo stato degli uffi.c1ali delle tre Forze Armate. 
Ci limitiamo a formulare alcuni sommari rilievi di 
carattere tecnico, che sono suggeriii da un primo esame 
del testo. All'art. 29 si prevede la possibilit� che :~ 
procedimento penale a carico dell'ufficiale sospeso 
cautelarmente termini con ordinanza che-dichiari che 
il fatto non :SUS1Siste O che l'imputato non 10 ha commesso. 
Il nostro codice dt rito penale non contempla 
la possibilit� di emanare ordinamze di tale genere; una 
pronunzia di proscioglimento o assoluzione perch� il 
fatto non sussiste o perch� l'imputato non lo ha com


-

-183 



messo pu� essere emessa solo con sentenza. Con o,rdi


na:nza 'si applica solo l'amnisUa, la quale non pu� 

certamente avere gli stessi effetti di una s-entenza di 

assoluztone con formula piena ai fini della sospensione 

cautelare. 
. Non ci sembra, poi, che sia opportuno mantenere la 


confusione tra la rimozione ,considerata come pena 

ac.cessoria ai sensi del codice penale militare e la ri


mozione considerata come sanzione disciplinare di 

Stato (art. 70, 73). E' vero che l'istituto della rimozione 

� fondato su una tradizione delle Forze Arm11te, ma 

non sembra che tale tradizione possa prevalere sui 

vantaggi che deriverebbero dall'adottare, rper quanto 

rigua!'da la perdita del grado per motivi disciplinari, 

l'istituto della destinazione, prev:Lsta dalle nor:rpe sullo 

stato giuridico degli impiegati civili dello Stato. 

L'art. 120 abroga espressamente la dtspostziop.e co11� 
tenuta nel D. L. 9 febbraio 1926, n. 202, la qu;Ue consentiva 
in sostamza di mantenere l'effetto dei provvedimenti 
disciplinari di carattere espulsivo, anche quando 
fossero stati annullati in sede giurisdizionale per dif.
etti di forma, ove fossero poi rinnovati con le modificazioni 
neceissarie per uniformarsi alla decisiooe del 
Consiglio di Stato. Forne, questa abrogazione radicale 
non � del tutto giustittcata, ove si rifletta che l'annulLamento 
di un provvedimento amministra:tivo per motivi 
di sem:plic.e forma non pu� equipararsi all'annullamento 
per motivi di illegittilI11it� sostanziale. 

2. Disegno 
di legge n. 1290 (presentato dal Ministro del 
Tesoro di� concerto col Ministro della Pifesa): !'iorrne 
in rnateria di indennizzi per danni arrecati e per requisizioni 
disposte dalle Forze Arrnate Alleate. -Non 
sembra che l'emanazione delle norme contenute nel 
disegno in esame risponda �d una effettiva necessit�. 
A parte la ,constderazione che dato il lungo tempo trascorso 
dalla emanazione del D. L. 21 mag;5io lfl46, 
n. 451, � da ritenere che la maggior parte delle pratiche 
di indennizzi sia ormai esaurita, sta di fatto c!1e 
si � formata sul D. L. sopra citato, tutta UP.a 15iurisp.
rudenza (sia della Corte Suprema che del Com:itato 
giuri�sdizionale delle requisizioni) la qnale 1'01 nisce 
criteri abbastanza sicuri per la soluzione dei dubbi di 
interpretazione �Che possano sorgere. L'emanazio11e cli 
una nuova legge in proposito necessariamente ria�~, 
cender� controversie ormai sopite, quali quella relativa 
alla natura giuridica della pretesa che si fa va� 
lere nei conf.ronti dello Stato italia:no per ottenere 
gli indennizzi. 
Non si vede, poi, l'opportunit� di inserire, per la 
prima volta, ed in una siffatta legge una norma che 

dichiari� la responsabilit� dell'Amministrazione per 
fatti dolosi, senza contare che il dolo delle " fo,rze 
armate " :non � factlmente irpotizzabile. 

Non sembra, infine, molto pregevole la formula dell'art. 
2, il quale nel determinare �i criter�i eae -debbono 
seguirsi per la fissazione degli rndennizzi, sancisce 
espressamente che essi sono da considerarsi soltanto 
quali criteri di massima, aggravando cosi i dubbi sulla 
natura giuridica della pretesa dei danneggiati, gi� 
originati, come s'� detto, dalla formula dell'art. 1. Non 
si capisce, poi, a quali fini si debba aver riguardo alle 
condizioni finanziarie del richiedente. In conclusione, 
a:nche su questo punto, riteniamo che sarebbe molto 
pi� opportuno lasciar consolidare la pra:ssi amministrativa 
gi� fo.rmatasi, anche perch�, secondo la relazione, 
l'art. 2 avrebbe solo lo scopo di consacrarla legislativamente. 


3. Disegno di legge n. 1306 (iniziativa ;parlamentare): 
Irnpugnabilit� per cassazione delle sentenze dei conciliatori. 
-Col presente disegno di legge si intende di 
adeguare all'art. 1:11 della Costituzione la norma del 
�Codice di procedura civile (art. 360 modificato dall'arti.
colo 42 della Legge 14 luglio 1950, n. 581) che regola 
l'impugnazione per cassazione avverso le sentenze dei 
giudici or�di:nari. Non .sembra che si possa dubitare 
�sia della legittimit� della norma proposta, sia della 
sua indiscutiJbile opportunit�, se si tien presente che 
potrebbero sorgere dubbi in ord'ine alla impugnabilit� 
delle sentenze del conciliatore dato che il citato art. 42 
della Legge del 1950 le ha di nvovo, certo per errore, 
espressamente escluse dal ricorso per cassazione. Forse 
sarebbe stato oppo.rtuno i:n sede di riforma del 

c.p.c. rego1are anche la questione della impugnabilit� 
delle sent'enze in materia di esecuzfone civile, previste 
dagli articoli 617, 618 c.p.c. 
Piuttosto serii dubbi possono sorgere sul punto se 
tutti i motivi di ricor:so per ,ca:ssazione previsti nell'art. 
360 c.p.c. possano ricomprendersi nel concetto di 
violazione di legge contemplato nell'art. 111 della Costituzione, 
o se, invece, questo abbia una po.rtata pi� 
limitata di quello. 

4. Disegno di legge n. 130�9 (iniziati'Va parlamentare) : 
De{�nitivit� dei provvedimenti aaottati dai Prefetti in 
base all'art. 7 deUa Legge 20 marzo 1865, n. 2248. Sulla 
inopportunit� di questo disegno di legge ci siamo 
,gi� esp.ressi nella precedente Rassegna {1950, ;pagina 
162). La Camera lo ha tuttavia approvato. Non 
troviamo motivi per modificare il nostro atteggiamento. 


--;;;;;&&&L&& &i&k d AitJJW:: 



INDICE SISTEMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DATA 

ALBERGHI. -I) Se la classificazione degli esercizi 
alberghieri in base al servizio dei buoni-albergo, agli 
effetti dell'imposta di soggiorno, abbia tuttora vigore, 
dato che � stato :soppresso di fatto il suddetto servizio 
dei buoni-albergo (n. 5). -lI) Se ai fini dell'applicazione 
dell'imposta di soggiorno valga la classificazione 
nazionale degli alberghi stabilita dalla legge 18 gennaio 
1939, n. 382 (n. 5). 

AMMINISTRAZIO'.'IE PUBBLICA. -I) Se i Consorzi 
Provinciali Macellai (Co.Pro.Ma.) siano enti pubbUci 

(n. 106). -II) Quali normo debbano applicarsi per la 
liquidazione dei Co.Pro.M.a. (n. 106). -III) Se la Cassa 
di Risparmio della Libia sia compresa tra gli enti dipendenti 
dall'Amministrazione dell'Africa Italiana, ai 
sensi e per gli effetti della legge 16 settembre 1940, numero 
1450 (n. 107). 
APPALTI. -I) Quali siano le norme da applicare 
per la revisione d'ei prezzi degli appalti di opere pubbliche 
eseguite nel T.L.T. durante la gestione A.M.G. 
prima dell'entrata in vigore del Trattato di Pace (numero 
135). -Il) Se nei contratti di fornitura successivi 
all'entrata in vigore del decreto-legge 13 giugno 
1940 n. 901, possa stabilirsi la clausola di revisione dei 
prezzi determinando la percentuale di alea in misura 
div,ersa del 10 o/o (n. 136). 

APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI. -I) Quali 
norme �d:ebbano applicarsi per la liquidazione dei Co. 
Pro.Ma. (n. 22). -Il) Se le conseguenze economi.che 
delle illegittimit� .commesse dagli enti: accentratori 
(previsti dal �dJecr.eto-legge 1941) debbano sempre 
ricadere sullo Stato sotto forma di diminuzione degli 
utili (n. 23). -III) Se sia da ritenersi convalidata dal 
decreto legislativo 18 gennaio 1947, n. 21, la norma contenuta 
nella legge della r.s.i. 7 gennaio 1944, n. 4, con 
la quale si attribuiva alle Commissioni Provinciali di 
Vigilanza sui prezzi il potere di infliggere sanzioni amministrative 
per la violazione di norme annonarie (numero 
24). -IV) Quali siano i rapporti tra le suddette 
sanzioni amministrative e le pene inflitte dai magistrati 
per le stesse violazioni (n. 24). 

ASSICURAZIONI. -I) Se l'obbligo dell'assicurazione 
contro la disoccupazione involontaria di che .alla legge 
29 aprile 1949, n. 264, debba ritenersi esteso anche agli 

avventizi non ancora immessi nei ruoli speciali transitori 
(n. 24). -II) Se la surroga prevista dall'art. 1916 

C C. operi ape iegis (n. 25). -III) Se l'Amministrazione 
che sappia essere un infortunato coperto da assicurazione 
possa pagare liberamente all'infortunato 
stesso quanto dovutogli per il d!anno subito o se debba 
avvertire l'ente assicuratore (n. 25). 
AUTOVEICOLI. -Se le norme stabilite per la revisione 
delle patenti dei conducenti in servizio pubblico, 
di che all'art. 91 del Codice Stradale, si applichino anche 
ai conducenti di treni-automobili a freno continuo 

(n. 26). 
BORSA. -Se i titoli azionari al portatore, dichiarati 
decaduti ai sensi del regio decreto-legge 21 novembre 
1942, n. 1316, per non essere stati convertiti in nominativi, 
debbano sostituirsi con altre azioni intestate alla 
Cassa Depositi e Prestiti, la quale veng.a cos� ad assumere 
la qualit� di azionista con tutti i relativi diritti 

(n. 4). 
CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se gli enti o 
gli organi incaricati dalla Gestione I.N.A.-Casa di provvedere 
alla costruzione delle case per i lavoratori debbano, 
sui �compensi loro spettanti per questo incarico, 
pagare l'I.G.E. in forma ordinaria o in abbonamento 

(n. 25). 
CITTADINANZA. -Se la ,perdita della cittadinanza 
italiana da parte degli alto-atesini in forza della legge 
21 agosto 1939, n. 1241, presupponga necessariamente il 
trasferimento all'estero o la sola opzione (n. 5). 

DANNI DI GUERRA. -I) Se debba considerarsi danno 
di guerra quello cagionato dallo sbandamento di un 
carro .armato all'atto dell'ingresso delle truppe alleate 
in Roma (n. 23). -II) Se per la perdtita di beni mobili 
possa essere concesso l'indennizzo per danni di guerra 

(n. 24). -III) se nell'obbligo dello Stato di ricostruire 
beni degli enti pubblici locali distrutti dalla guerra sia 
compreso anche quello di ricostruire i beni mobili (numero 
24). 
ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -Quale sia la posizione 
degli insegnanti dei seminari teologici delle diocesi 
dei territori gi� appartenenti al c.essato impero 
austro-ungarico (n. 12). 


:: ;:::;::::; & mmwmu w; :m: rnZJm mm wmi �&&J w; J 1 


-185


FERROVIE E TRANVIE. -I) Se agli orfani dei lavoratori 
si estendano le stesse agevolazioni ferroviarie 
previste per gli orfani di guerra (n. 111). -II) Se una 
requisizione di legna.me effettuata dall'Amministrazione 
Ferrovia:ria italiana durante la guel'!l'a su autorizzazdone 
degli .alleati per ripristinare linee necessarie alle esigenze 
delle potenze occupanti, debba considerarsi come 
requisizione alleata (n. 112). 

IMPIEGO PRIVATO. -Se al rapporto di impiego 
dei dipend!enti degli enti provinciali del Turismo debbano 
applicarsi le norme della legge sull'impiego privato 
(n. 15). 

IMPIE,GO PUBBLICO. -I) Se, pur dovendosi applicare 
ai dipendenti degli E.P.T. le norme della legge 
sull'impiego privato, la loro pretesa alle ferie annuali 
debba considerarsi diritto soggettivo o interesse legittimo 
(n. 241). -II) Se al personale della Cassa �d!'i Risparmio 
della Libia sia applicabile la legge 16 settembrf) 
1940, n. 1450 (n. 242). -III) Se sia dovuto il rimborso 
delle spese per trasporto di masserizie ed altro 
agli impiegati che sono trasferiti da una� localit� ad 
un'altra del medesimo comune distanti tra loro meno 
di dieci chilometri (n. 243). -IV) Se gli avventizi non 
ancora passati nei ruoli speciali �dii �Che al decreto legislativo 
7 aprile 1948, n. 262, siano soggetti all'obbligo 
della assicurazione contro la disoccupazione involontaria 
(n. 244). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se ai fini dell'imposta di 
soggiorno possa ancora utilizzar.si la classificazione 
degli alberghi stabilita dal decreto legislativo 24 novembre 
1938, n. 1926, basata sul servi.zio dei buoni albergo 
ora di fatto sospesi (n. 141). -II) Se i materiali 
di provenienza estera, introdotti in Italia senza il pagamento 
dei diritti doganali in quanto destinati all'uso 
delle forze di OCCUiP�azione, possano fruire� an�cora 
della esenzione allorch� siano stati o vengano destinati 
. ad usi diversi (n. 142). -III) Se la responsabilit� per il 
pagamento dei diritti doganali stabilita a �carico degli 
spedizionieri possa estend!ersi anche ad altre persone 

che agiscano per mandato del proprietario (n. 143). 


IV) Se la responisa;bilit� dello sp.edizioniere valga an


che per gli altri diritti di confine diversi dalle imposte 

(:n. 143). 

IMPOSTA SULL'ENTRATA. -Se gli enti o gli organi 
incaricati della Gestione I.N.A.-Casa di ;provvedere alla 
costruzione delle case per i lavoratori, �d!ebbano, sui 
compensi loro spettanti per questo incarico, pagare 
l'I.G.E. in forma ordinaria o in abbonamento (n. 24). 

INFOiRTUNI SUL LAVORO. -Se colui che ha cagionato 
un danno a persona coperta da assicurazione per 
infortunio sul lavoro, possa pagare liberamente l'indennizzo 
senza avvertire l'ente assicuratore, quando si 
tratti di danno compreso tra quelU assicurati (n. 20). 

LACAZIONI. -I) Se sia applicabile alle persone giuridiche 
il disposto dell'art. 7, n. 3 del D.L.C.P.S. 23 dicembre 
1947, n. 1461 (n. 50). -II) Se la SEPRAL possa 
consi-�ierarsi ente .avente scopi di lucro agli effetti delle 
norme sugli aumenti dei -canoni locatizi (n. 51). 


del patrimonio delle cessate organizzazioni sindacali 
possano intimare lo sfratto ad organi statali� locatari di 
immobili gi� appartenenti alle predette organizzazioni 

(n. 52). 
MATRIMONIO. _, Se sia possibile sanare, in via di 
ratifica amministrativa, il difetto di autorizzazione a 
matrimonio nei confronti di agenti di P.S. (n. 5). 

OPERE PUBBLICHE. -I) Se i lavori dli bonifica di 
campi minati possa:no considerarsi � opere pubbliche " 
agli effetti delle disposizioni sulla revlstone dei prezzi 

(n. 13). -II) Quale sia l'elemento che caratterizza la 
opera pubbUca dagli appalti pubblici di altra natura 
(n. 13). 
PENSIONE. -I) Se, agli effetti del ri[lristino di una 
pensione di guerra, possa considerarsi annullata una 
sentenza di condanna pronunziata dal cessato Tribunale 
Speciale per il reato annorario (n. 41). -II) Se la 
speciale ind!ennit� per l'accompagnatore di che all'art. 3 
del -decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 74, abbia carattere 
di complementariet� degli assegni d� superinvalidit�, 
nel senso �che sia ma:ntenuta indipendentemente 
dalla effettuazione e dalla durata del servizio di accompagnamento 
(n. 42). -III) Se l'assegno dli superinvalidit� 
sia da �considerarsi indipendente dall'assegno privilegiato 
o dalla pensione ordinari.a al quale � aggiunto 

(n. 42). 
POSTE E TELEGRAFI. -Se gli agenti addetti alla 
tutela delle linee di telecomuni�eazione possano tagliar�e 
i rami degli alberi che intralcino il normale funzionamento 
,dJelle linee stesse senz.a chiedere la preventiva 
autorizzazione (n. 19), 

PRESCRIZIONE. -Quale sia l'influenza sul decorso 
det termini di prescrizione dell'azione deriv.ante da investimento 
automobHistico del fatto che l'investimento 
abbia �cagionato danni tali da determinare l'inizio di 
un procedimento penale (n. 7). 

PROFITTI DI REGIME. -Se siano assoggettabili a 
confisca i beni ereditati �d!al confiscando dopo l'ordinanza 
di �confisca, mentre questa � oggetto di giudizio di 
impugnazione (n. 25). 

REGIONI. -Se sia affetta da incostituzionalit� una 
legge della Regione siciliana la quale istituisca una 
scuola professionale che non conferisce titoli di studio 

(n. 15). 
REQUISIZIONI. -I) Se una reqms1z10ne di legname 
effettuata dall'Amministrazione Ferroviaria italiana durante 
la guerra su autorizzazione degli alleati per ripristinare 
linee necessarie alle esigenze �!elle potenze 
occupanti, debba considerarsi come requisizione alleata 

(n. 84). -II) Se sia valida una requisizione disposta 
durante la r.s.i. per ordine di un Comando germanico 
e nell'interesse di un Comando militare italiano (numero 
85). 
RESPONS1ABILITA' CIVILE. -I) A qual titolo l'AmminLstrazione 
italiana risponda di investimenti automobilistici 
cagionati da circolazione dei nostrt automezzi 

III) se .gli -uffid Sffaicfo-�os"fffiiifi.-per~Ta liq:i,iiiiazfone--~P:P-artenenffafie trupi;ie operanti �n"F'fii.nciarn.-1-00-r: 




-186 


II) ;S.e l'Ammini�strazione Militare ris1ponda della perdita 
di denaro appartenente ad un militare punito e da questi 
consegnato all'Uffi.ciaie di pi0cchetto, quando quest'ultimo 
lo abbia affidato irregolarmente adt un militare 
che a sua volta se ne :sia indebitamente appropriato 

(n. 107). -III) Quali siano le norme applicabili nei 
rapporti tra Amministrazione Militare e dipendente �conducente 
di autoveicolo che ha cagionato un investimento 
(n. 108). -IV) Se possa considerarsi senza causa una 
t1�ansazione relativa a danni da investimento automobilistico 
quando la Corte dei conti, in sede di giudJizio 
di responsabilit� a carico dell'autista investitore, .abbia 
es.eluso la colpa di costui (n. 108). 
SCAMBI E VALUTE. -Se il regio decreto 14 novembre 
1926, n. 1932, debba ess-ere interpretato nel senso 
che l'acquisto di valuta estera da parte del Ministero 
delle finanze � rigid!amente connesso �con l'obbligo del 
Ministero stesso di fornire alle imprese italiane che 
tale valuta, ricavata da prestiti esteri, gli hanno ceduto, 
la somma in dollari necessaria per il :servizio del prestito 
stesso ad un cambio determinato (n. 6). 

SINDACATI. -Se gli uffici stralcio costituiti ,per la 

liquidazione del patrimonio delle cessate organizzazioni 
�sindacali possano intimare lo sfratto ad organi statali 
locatari di immobili gi� appartenenti alle predette or


ganizzazioni (n. 7). 

SOCIETA'. -I) Se dopo la trasformazione dei Consorzi 
Agrari da enti pubblici in societ� �cooperative, la 
approvazione dei bilanci relativi agli .anni in �Cui i Consorzi 
erano ancora enti pubblici, debba essere fatta 
nelle forme proprie delle Societ� commerciali (n. 22). Il) 
Se, per quanto riguarda la misura dei dividendi, 

questa. debba stabilirsi in base alle norme �che li regolavano 
in relazione ad ognuno dlei bilanci ai quali si 
riferiscono (n. 22). 

TERREMOTO. -Se il sussidio per i"terremoti debba 
considerarsi cosa o diritto immobiliare agli effetti della 
registrazione obbligatoria �i �Che al decreto-legge 27 set 
tembre 19411, n. 1015 (n. 6). 

TITOLI DI CREDITO. -Se la Cassa Depositi e Prestiti 
debba considerarsi azionista in relazione alle azioni 
di �CUi � divenuta intestataria in base alle leggi sulla 
nominativit� obbligatoria dei titoli azionari (n. 1). 

TRANSAZIONE. -Se possa consi-dJe-rarsi senza causa 
una transazione relativa a danni da investimento automobilistico 
quando la Corte dei conti, in sede di giudizio 
di responsabilit� a carico dell'autista investitore, 
abbia escluso la colpa di costui (n. 2). 

TRATTATO DI PACE. -I) Se un cittadino tedesco 
possa ec�cepire giudizialmente il diifetto nello Stato italiano 
del potere di sequestro dei suoi beni in base alla 
legge di guerra, fondandosi sull'art. 77, n. 4, del Trattato 
di Pace (n. 21). -II) Quali siano le norme da applicare 
per la revisione dei prezzi degli appalti di opere 
pub�bliche eseguite nel T.L.T. dturante la gestione 

A.M.G. prima dell'entrata in vigore del Trattato di Pace 
(n. 22). -III) Se l'esecutore testamentario possa considerarsi 
s�nz'altro abilitato a ricevere in consegna i 
beni che dovrebbero essere restituiti al de cuius o ai 
suoi eredi in forza del Trattato di Pa�ce e delle leggi 
sul ripristino dei diritti dei cittadiini delle Nazioni Unite 
(n. 23). 
(7103095) Roma. 1950 � Istituto Poligrafico dello Stato .. G. O. 

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