ANNO XXVIII -N. 5 SETTEMBRE;.QTTOBRE 197 6 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1976 




ABBONAMENTI 

ANNO � . � � . . � � � . � . . . . � . . � � . . . . . . . . . . L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO .�..�.���......� � 2.250 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 � ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11llo 1966 


(6219082) Roma, 1977 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 
defl'avv. Giuseppe Angelini-Rota e defl'avv. Franco 
Favara) , pag. 653 


Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA .E INTERNAZIONALE 
(a cura defl'avv. Arturo Marzano) � 709 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura del/'avv. Benedetto Baccari 
e del/'avv. Carlo Carbone) � 741 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura dell'avvocato 
Adriano Rossi) . , � � � � 7 6 3 


Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
del/'avv. Ugo Gargiulo) � , � . . � . � � � 777 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato 
Carlo Bafile) � � 785 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura defl'avv. Arturo 
Marzano, per gli appalti e del/'avv. Paolo Vittoria, 
per le acque pubbliche} � 81 8 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � � � . � � � 828 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

LEGISLAZIONE pag. 131 
CONSULTAZIONI � 143 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 160 
NOTIZIARIO . � r61 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni 
CONTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SAsso, Catanzaro; Raffaele TAMiozzo, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; 
Adriano RossI, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; 
Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, 
Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo 
MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BRAGUGLIA I. M., L'interpretazione, in via pregiudiziale, degli atti 
comunitari privi di efficacia diretta . . . . . . . . . . I, 722 
MARZANO A., Brevi spunti sulla � ragionevolezza � e sulla � proporzionalit�
� come criteri di verifica della compatibilit� con la normativa 
comunitaria di norme di diritto interno . . . . . . . . . .. I, 731 
TAMIOZZO R., Sui poteri del Consiglio di Stato in grado di appello . I, 780 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICITA 


-Giudizio e procedimento -Appello Disciplina
� dei termini -Questione 
di legittimit� costituzionale -Violazione 
del principio di eguaglianza e" 
del diritto alla difesa -Manifesta 
infondatezza, 823. 

-Giudizio e procedimento -Appello Termine 
-Decorrenza, 823. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Aeroporti -Servizio anticendi -Prestazione 
gratuita da parte del Corpo 
dei Vigili del Fuoco, 768. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Contabilit� 
provvisoria dei lavori -Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Onere 
della tempestiva riserva, 819. 

-Appalto di opere pubbliche -Lavori 
non contabilizzati -Richiesta di 
compenso da parte dell'appaltato� 
re -Onere della tempestiva riserva, 

819. 
- 
Appalto di opere pubbliche -Riserve 
dell'appaltatore -Onere -Carattere 
generale, 819. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Passaggio a livello senza .barriere 
Sufficiente visibilit� della strada 
ferrata -Luogo dal quale compiere 
l'accertamento, 766. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Consiglio di giustizia amministrativa 
della Regione Siciliana -Ricorso 
per cassazione: limiti � esterni � 
della giurisdizione, 741. 

-Consiglio di Stato: diniego di disapplicazione 
degli atti amministrativi Limiti 
esterni della giurisdizione: 
esclusione, 742. 

-Contratti agrari -Piano per l'esecuzione 
di miglioramenti agrari in Sicilia: 
rapporti di colon�a parziaria 
incompatibili -Giurisdizione amministrativa, 
741. 

-Contratti della P.A.: esecuzione -Po� 
teri dell'A.G.O., 743. 

-Decisioni dei giudici speciali -Termine 
annuale di impugnazione: inapplicabilit�, 
741. 

-Difetto assoluto di giurisdizione Mancanza 
di norme o principi giuridici: 
limiti', con nota di C. CARBONE, 
744. 

-Giurisdizione ordinaria ed amm1mstrativa 
-Controversie relative al 
rapporto d'impiego degli ufficiali 
giudiziari -Giurisdizione amministrativa 
esclusiva, 743. 

-�Impiegati locali� all'estero del Ministero 
AA.EE.: impiego pubblico Giurisdizione 
amministrativa, 753. 

-Istruzione preventiva: regolamento 
di giurisdizione -Ammissibilit� ove 
diretta ad ottenere uno sgravio d'imposta 
-Inammissibilit� se finalizzata 
alla tutela di posizioni soggettive 
non attuali, 742. 

-N.A.T.O. -Personale civile e militare 
-Prestatori d'opera assunti per 
bisogni locali -Giurisdizione del 
giudice italiano, 757. 

-Pubblico impiego -Qualifica attribuita 
all'atto del collocamento a riposo 
-Giurisdizione del giudice amministrativo 
sulla relativa controversia 
-Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 
783. 

-Questione di legittimit� costituzionale 
di norme applicate dal giudice 
amministrativo -Deducibilit� nel ri



INDICE 

corso per cassazione ex art. 111, 
terzo c�mma, della Costituzione Esclusione, 
737. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Competenza giurisdizionale 
del Consiglio di Stato o della Corte 
dei Conti -Questione di costituzionalit� 
-Riproposizione per altri motivi, 
nello stesso giudizio di questione 
gi� rigettata dalla Corte costituzionale: 
ammissibilit�, con nota 
di C. CARBONE, 747. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Proposizione -Preclude la 
possibilit� di sollevare questioni �di 
legittimit� costituzionale, 679. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati ~ Grassi -Normativa comunitaria 
-Norme interne riproduttive 
-Illegittimit� costituzionale, 

709. 
-Direttiva di armonizzazione in materia 
di imposte sulla cifra di affari Imposta 
sul valore aggiunto -Prestazioni 
di servizi -Fatto generatore 
dell'imposta, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 
722. 

-Giudizio di interpretazione ex art. 
177 del Trattato CEE -Atti comunitari 
non aventi diretta efficacia Competenza 
della Corte, con nota 
di I. M. BRAGUGLIA, 722. 

-Legge statale previgente a regolamento 
comunitario -E' priva di efficacia, 
689. 

-Libera circolazione delle persone Normativa 
comunitaria -Efficacia 
diretta e prevalenza sulle norme di 
diritto interno, con nota di A. MARZANO, 
730. 

-Libera circolazione delle persone Obbligo 
di notifica imposto da norme 
nazionali -Compatibilit� con la 
normativa comunitaria -Limiti, con 
nota di A. MARZANO, 731. 

-Produzione, commercio e consumo In 
genere -Prodotti alimentari (singoli 
prodotti) -Latte -Regolamento 

C.E.E. -Efficacia abrogativa legge 
29 novembre 1965, n. 1330 -Esclusione, 
828. 
CONTRABBANDO 

-Contrabbando per quantitativo non 
accertato -Continuazione nel reato Applicabilit�, 
828. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Revisione prezzi -Termine di operativit� 
-Riferibilit� alla data di presentazione 
dell'offerta -Sussiste, 
con nota di R. T AMIOZZO, 777. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzioni -Sospensione 
dell'atto impugnato -Ragione di 
diniego, 673. 

-Conflitto di attribuzioni tra Regioni 
e Stato -Decreto statale di trasferimento 
parziale del patrimonio forestale 
-Impugnativa per conflitto Inammissibilit�, 
668. 

-Legge dello Stato -Ricorso in via 
principale -Termine per ricorrere Decorre 
dalla data di pubblicazione 
nella Gazzetta Ufficiale, 702. 

-Rimessione a se stessa di questione 
di legittimit� costituzionale -Limiti, 

689. 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Indennizzo -Criteri per la liquidazione 
-Legge applicabile, 764. 

-Indennizzo liquidabile in base alla 
legge n. 126 del 1958 -Art. 40 Legge 
1865 n. 2359 -Inapplicabilit�, 765. 

-Occupazione d'urgenza ultrabiennale 
-Azione di risarcimento del danno 
-Criteri della determinazione del 
danno -Valore del bene al momento 
della liquidazione del danno -Irrilevanza 
di strumenti urbanistici successivi 
-Inapplicabilit� della compensazione 
� lucri cum damno >>, 764. 

-Occupazione d'urgenza ultrabiennale 
-Esecuzione dell'opera pubblica Azione 
di revindica -Improponibilit� 
-Si trasforma in azione di risarcimento 
-Prova della propriet� Limiti, 
763. 

-Strade -Costnizione di variante di 
strada statale -Criteri determinazione 
indennizzo -Legge 12 febbraio 
1958 n. 126, 765. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Appello -Limiti ai poteri del Consiglio 
di Stato -Valutazione della 
effettiva volont� del ricorrente -Gravame 
formulato secondo la tecnica 
della impugnazione cassatoria -Irrilevanza, 
con nota di R. TAMIOZZO, 

779. 
-Appello avverso sentenze del T .A.R. Applicabilit� 
del principio devolutivo 
-Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 
779. 

-Procedimento -Riunione di ricorsi Poteri 
e discrezionalit� del giudice Denegata 
riunione -Insindacabilit� 
in appello, con nota di R. TAMIOZ� 
zo, 779. 

-Ricorso giurisdizionale � Ricorso in 
appello al Consigilo di Stato -Decorrenza 
del termine -Notificazione 
della sentenza del T.A.R. � Criteri � 
Applicabilit� della normativa prevista 
dal codice di procedura civile Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZZO, 

778. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Collocamento a riposo -Equiparazione 
a primo dirigente dei dipendenti 
promossi direttore di divisione 
ad esaurimento ex artt. 65 e 67 

d.P.R. 748/1972 -Sussiste, con nota 
di R. TAMIOZZO, 784. 
-Indennit� di anzianit� e sostitutiva 
del preavviso. Compensi aventi carattere 
continuativo -Devono essere 
computati, 674. 

-Statuto dei lavoratori � Applicabilit� 
soltanto nelle ipotesi di lacune 
della disciplina del pubblico impiego, 
679. 

-Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit�, 
679. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per le case di abitaziOne 
non di lusso -Regione Siciliana 
-Primo trasferimento di appartamenti 
� Estensione a locali ad uso 
di ufficio -Esclusione, 800. 

-Atti soggetti ad approvazione ed 
omologazione -Regione della Valle 
d'Aosta -Verbali definitivi di aggiudicazione 
-Obbligo di registrazione Esclusione 
-Successivo contratto Vi 
� soggetto, 785. 

-Atti soggetti ad approvazione ed 
omologazione -Verbali definitivi di 
aggiudicazione -Equivalgono al contratto 
-Obbligo di registrazione -
Term�ne -Decorrenza, 785. 

-Locazione -Legge 29 dicembre 1962, 

n. 1744 -Registrazione di denuncia 
verbale relativa a contratto con decorrenza 
da momento successivo Applicazione 
della norma vigente al 
momento della registrazione, 808. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Imposta sui valore globale � Autonomia 
-Esenzioni e riduzioni dell'imposta 
di successione -Non si 
estendono all' imposta sul valore 
globale, 803. 

-Imposta sul valore globale � Momento 
della nascita dell'obbligazione 
-Legge 20 novembre 1955 n. 1123 
-Applicabilit� alle successioni aperte 
anteriormente e denunciate successivamente 
all'entrata in vigore -Esclusione, 
803. 

-Liberalit� a fase di enti morali con 
scopo di beneficenza istruzione e 
�ducazione -Scopo specifico risultante 
dall'atto -:�'. necessario -Fine 
istituzionale dell'ente -Insufficienza 
-Ente �Nazionale Protezione Animali 
-Non persegue scopo di istruzione 
o educazione, 791. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Azione in sede ordinaria -Proposizione 
implicita di domanda -Limiti 
-Proposizione in grado di appello 
-Inammissibilit�, 803. 

-Imposta sulla pubblicit� -Accertamento 
e riscossione -Concessione a 
terzi -Conferma ex art. 44 d.P .R. 

n. 639/1972 -Applicabilit� ai contratti 
di appalto del servizio -Sussiste, 
con nota di R. TAMtozzo, 779. 

INDICE IX 

-Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione 
a ruolo provvisoria in base 
ad accertamenti non definitivi -Criteri 
e modalit�, 813. 

-Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione 
a ruolo provvisoria in base ad 
accertamenti non definitivi -T.U. 29 
gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Applicabilit� 
alla riscossione delle imposte 
sui redditi di esercizi anteriori, 

813. 
-Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione 
a ruolo provvisoria in base 
ad accertamenti non definitivi -T.U. 
29 gennaio 1958 n. 645, art. 175 -Illegittimit� 
costituzionale -Manifesta 
infondatezza, 813. 

-Imposte indirette -Procedimento innanzi 
alle Commissioni -Revocazione 
-Decisione della Commissione 
Centrale in grado di appello -Ammissibilit�, 
810. 

-Notificazione -Cambiamento di abitazione 
-Notifica ad irreperibili ex 
art. 143 c.p.c. -Legittimit�, con nota 
di C. BAFILE, 793. 

-Notificazione -Indicazione nella dichiarazione 
del contribuente di domicilio 
diverso dalla residenza anagrafica 
-Notificazione nel luogo di 
residenza anagrafica a norma dell'art. 
140 -Nullit�, con nota di C. 
BAFILE, 794. 

-Tributi comunali e provinciali -Imposta 
sulla pubblicit� su automezzi 
adibiti a trasporto pubblico urbano Riserva 
comunale per la pubblicit� 
-Limiti di applicazione dell'art. 38 

d.P.R. n. 639/1972, con nota di R. 
TAMIOZZO, 779. 
LAVORO 

-Controversie Spese processuali Esonero 
-Equiparazione delle Fer� 
rovie dello Stato agli istituti di J,Jrevidenza 
-Limiti, 763. 

-Distinzione tra impiegati e operai Contrasto 
con il principio di eguagiianza 
-Non sussiste salvo valutazioni 
su singoli istituti, 677. 

-Lavoro domestico -Distinzione tra 
impiegati e lavoratori manuali -Dif


ferenze in tema di ferie, preavviso e 
indennit� di anzianit� -Non sono costituzionalmente 
Hlegittime, 677. 

-Licenziamento individuale -Disciplina 
posta dalle leggi n. 604 del 1966 e 

n. 300 del 1970 -Personale marittii:no 
e di volo -Inapplicabilit�, 695. 
LOCAZIONE 

-Affitto di fondo rustico a non coltivatore 
-Durata minima -Legittimit� 
costituzionale, 688. 

-Immobili urbani -Proroga legale Decadenza 
per disponibi1it� di altro 
�alloggio -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 665. 

MILITARE 

-Ufficiale Esercito -Ufficiale della Riserva 
-Art. 6 L. 20 dicembre 1973 

n. 824 -Rapporto con l'art. 6 L. 28 
marzo 1968 n. 371 -Limiti, con nota 
di R. TAMIOZZO, 778. 
PENSIONI 

-Pensioni civili e militari -Ricorsi 
alla Corte dei Conti -Pagamento 
preventivo della tassa di cui all'art. 5 

l. 21 marzo 1953 n. 161 -Illegittimit� 
costituzionale, 653. 
-Pensioni privilegiate militari -Pagamento 
preventivo della tassa di cui 
all'art. 5 1. 21 marzo 1953 n. 161 -Il� 
legittimit� costituzionale, 653. 

PREZZI 

-Iniziativa economica privata -Interesse 
pubblico alla corretta formazione 
dei prezzi -Ha rilevanza costituzionale, 
692. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Competenza -Regolamento necessario 
-Presupposti, 763. 

-Termine perentorio -Decadenza per 
caso fortuito o forza maggiore -Illegittimit� 
costituzionale, 686. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Falsa dichiarazione dell'imputato relativa 
ai suoi precedenti penali -Punibilit� 
ai sensi dell'art. 495, terzo 
comma, n. 2 codice penale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

663. 
-Fase istruttoria -Termine per la presentazione 
delle conclusioni da parte 
del difens0re -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 673. 

REATO 

-Danneggiamento -Danneggiamento 
colposo di beni dell'Azienda ferroviaria 
dello Stato -Contravvenzione 
-Legittimit� costituzionale, 656. 

-Falsit� in atti -Atto pubblico -Nozione 
-Cedola di convalida dei vaglia 
postali -i:1. tale -Bollettino di 
spedizione -i:1. tale, 841. 

-Grazia condizionata -Legittimit� costituzionale, 
705. ' 

-Oblazione -impedimenti di fatto Irrilevanza, 
708. 

-Pesca marittima -Limiti e modalit� 
dell'esercizio della pesca -Regolamento 
previsto -Regolamento delegato 
a precisare i divieti penali relativi 
alla tutela delle risorse biologiche 
e dell'attivit� di pesca -Esclusione 
-Fonte secondaria -Suoi obiettivi 
-Fattispecie, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Acque interne -Autorizzazione 
al versamento di rifiuti -Presuppoposto 
per l'autorizzazione alla immissione 
nelle acque marine, 833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Autorizzazione alla immissione 
di rifiuti -Sindacato di legittimit� 
del giudice ordinario sul provvedimento 
-Ammissibilit�, 835. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca Autorizzazione 
alla immissione di rifiuti 
in acque marine -Finalit�, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pe


sca -Autorizzazione alla immissione 
di rifiuti in acque marine -Potere 
attribuito alla pubblica amministrazione, 
834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'att~vit� di pesca 
-Autorizzazione alla immissione 
di rifiuti in acque marine -Versamento 
di rifiuti �nnocui o innocuizzati 
-Necessit�, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Autorizzazione alla immissione 
di rifiuti industriali contenenti sostanze 
inquinanti -Illegittimit� Responsabilit� 
del pubblico ufficiale 
autorizzante, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Divieti -Clausole di esonero Limite 
di operativit�, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Divieti -Clausola di esonero Significato, 
834. 

-Pesca marittima -Tutela delle ri� 
sorse biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Divieti penalmente sanzionati Parziale 
corrispondenza con quelli 
previsti dal t.u. sulla pesca -Inquinamento 
di acque interne e marine Diversit� 
di disciplina, 832. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquim.1ti -Concetto normativo 
della idoneit� inquinante -Parametri 
-Valutazione in concreto, 833. 

-Pesca marittima -Tutela delle ri� 
sorse biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostan� 
ze inquinanti -Disposizione definitoria 
di sostanza inquinante -Signi� 
ficato di immediata operativit� del 
precetto, 834. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Elemento psicologico 
-Prova, 835. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Immissione indiret




INDICE Xl 

ta -Afilusso al mare di altre acque Versamento 
delle sostanze in queste 
ultime -Momento consumativo 
del reato, 832. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Immissione indiretta Carattere 
pubblico o privato della 
acqua che funga da vettore -Irrilevanza 
-Disciplina delle acque interne 
-Irrilevanza rispetto all'inquinamento 
marino, 833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Immissione indiretta Nozione, 
833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Luogo e tempo di 
consumazione del reato, 832. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Momento perfezionativo 
del reato -Raggiungimento del 
mare -Momenti e luoghi anteripri Eventuale 
concorrenza di altri reati Irrilevanza, 
832. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Norma perfetta Contributo 
di altre norme per la sua 
operativit� -� Esclusione, 833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Nozione di sostanza 
inquinante -Parametro del � nocumento 
diretto � per la fauna ittica Ampiezza, 
833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostanze 
inquinanti -Reato di mera condotta 
ad oggetto materiale qualificato 
-Prova tecnica -Oggetto, 835. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Reato di immissione di sostan


ze inquinanti -Requisiti di sussistenza 
-Prova, 835. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di pesca 
-Versamento di rifiuti industriali 
in acque pubbliche destinate ad 
affluire in acque marine -Duplicit� 
di autorizzazione, 833. 

-Pesca marittima -Tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� di 
pesca -Versamento di rifiuti nel mare 
-Autorizzazione del capo del compartimento 
marittimo -Vincolo alle 
determinazioni dell'autorit� competente 
all'autorizzazione per le acque 
interne -Esclusione -Conseguenze, 

833. 
REGIONE 

-Competenza in materia di assistenza 
sociale -Spetta allo Stato, 693. 

-Competenza in materia di assistenza 
sociale -Spetta allo Stato, 694. 

-Competenza in materia di organizzazione 
amministrativa di comuni e 
province -Spetta allo Stato -Competenza 
amministrativa per funzioni 
affidate a consorzi facoltativi tra enti 
locali -Pu� spettare alla Regione, 
699. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Azione generale di arricchimento Nesso 
causale -Concessione amministrativa 
-Arricchimento della P.A., 

766. 
-Responsabilit� precontrattuale -Culpa 
in contraendo -Responsabilit� 
della P.A. -Pubblico funzionario Art. 
28 Cast. -Trattative -Principio 
della lealt� e correttezza -Violazione 
-Risarcimento del danno, 774. 

SICILIA 

-Istituzione dei consigli di quartiere 
nei comuni della Regione -Illegittimit� 
costituzionale, 660. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Armi, munizioni e materie esplodenti 
-Perquisizioni e sequestri -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

667. 
TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Convenzione di Lussemburgo relativa 
alla istituzione della Scuola europea 
-Interpretazione -Competenza 
della Corte di giustizia delle Comunit� 
europee -Esclusione, 737. 

TRENTINO -ALTO ADIGE 

-Piano Regolatore di Bolzano -Vincolo 
paesaggistico delle zone destinate 
a verde privato -Legittimit� 
costituzionale, 657. 

UFFICIALE G1UDIZIARIO 

-Notificazioni a richiesta di ufficio 
statale -Spese e proventi -Incertezza 
di riscossione .e criterio di riparto 
-Legittimit� costituzionale, 

701. 

I�. 
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~ 

::::'.!' INDICE CRONOLOGIGO 
::::\l DELLA GIURISPRUDENZA 

l~, 

CORTE COSTITUZIONALE 

' 
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6 maggio 1976, n. 103 . pag. 653 
6 maggio 1976, n. 104 . � 656 
6 maggio 1976, n. 106 . � 657 
6 maggio 1976, n. 107 . � 660 
6 maggio 1976, n. 108 . )> 663 
6 maggio 1976, n. 109. � 665 
! 6 maggio 1976, n. 110 . � 667i 6 maggio 1976, n. 111 . � 668

I 

6 maggio 1976, n. 112 . � 673 

' 

6 maggio 1976, n. 115 (ordinanza) )) 673 
20 maggio 1976, n. 116 . � 674 
20 maggio 1976, n. 117 . � 677 
20 maggio 1976, n. 118 . )) 679 
20 maggio 1976, n. 120 . � 686 
20 maggio 1976, n. 121 . � 688 
20 maggio 1976, n. 122 . � 689 
20 maggio 1976, n. 123 . � 692 
20 maggio 1976, n. 126 . � 693 
20 maggio 1976, n. 127 . � 694 
26 maggio 1976, n. 129 . )) 695 
26 maggio 1976, n. 130 . � 699 
26 maggio 1976, n. '131 . � 701 
26 maggio 1976, n. 132 . � 702 
26 maggio 1976, n. 134 . � 705 
26 maggio 1976, n. 135 . � 708 
28 luglio 1976, n. 205 � 709 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

20 maggio 1976, nella causa 111/75 . pag. 722 
7 luglio 1976, nella causa 118/75 . . � 730 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 25 febbraio 1975, n. 732 . pag. 741 
Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1830 . � 742 
Sez. Un., 21 maggio 1975, n. 1997 . � 742 
Sez. Un., 6 ottobre 1975, n. 3162 . � 743 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. Un., 14 ottobre 1975, n. 3311 . pag. 743 
Sez. Un., 6 novembre 1975, n. 3719 744

)) 

))

Sez. l, 17 marzo 1976, n. 976 . . 763 
Sez. I, 30 marzo 1976, n. 1143 . . � 763 
Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1442 . )) 785 
Sez. I, 27 aprile 1976, n. 1484 . � 791 
Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1490 . � 747 
Sez. I, 29 aprile 1976, n. 1535 . . � 764 
Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1616 . )) 753 
Sez. I, 8 maggio 1976, n. 1619 . � 793 

I Sez. I, 10 maggi� 1976, n. 1636 . � 800 
Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1663 , � 794 
Sez. I, 20 maggio 1976, n. 1804 . )) 803 
Sez. Ili, 22 maggio 1976, n. 1851 . � 766 
Sez. Un., 5 giugno 1976, n. 2054 . � 757 
Sez. I, 10 giugno 1976, n. 2126 . )) 766 
Sez. I, 14 giugno 1976, n. 2198 . . � 768 
Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2439 . . � 808 
Sez. III, 28 giugno 1976, n. 2463 . � 774 
Sez. Un., 9 luglio 1976, n. 2595 . )) 737 
Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2604 . . )) 810 
Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2613 . . � 819 
Sez. I, lo ottobre 1976, n. 3202 . � 813 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

2 �prile 1976, n. 7 . . . . . . pag. 823 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 9 marzo 1976, n. 174 . pag. 777 
Sez. IV, 16 marzo 1976, n. 191 . � 778 
Sez" V, 22 aprile 1976, n. 669 . � 779 
Sez. VI, 27 aprile 1976, n. 204 . � 783 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. VI, 5 marzo 1975, n. 494 . . .. pag. 828 
Sez. III, 13 ottobre 1975, n. 1756 . � 832 

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Sez. VI, 21 maggio 1976, n. 7563 . � 841 1 

I 



PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AGRICOLTURA 

-Esenzioni e agevolazioni -Territori 
montani -Contributi agricoli unificati 
-Esclusione, 143. 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Enti lirici -Trattamento di missione 
del personale: dipendenti amministrativi 
e personale artistico e 
tecnico, 143. 

ASSICURAZIONE 

-Infortunio in servizio e a causa di 
servizio -Equo indennizzo -Assicurazione 
r.c. -Risarcimento -Cumulabilit�, 
143. 

ATTI AMMINISTRATIVI 

-Circolazione stradale -Spazi riservati 
alla sosta degli agenti del corpo 
diplomatico -Legittimit�, 143. 

-Ordinanza sindacale istitutiva di 
parcheggi riservati, legittimazione 
all'impegnativa, autonoma in relazione 
alla pendenza di procedimento 
di contravvenzione: insussistenza, 
144. 

AUTOVEICOLI 

-Autoveicoli -Carta di circolazfone . 
Immatricolazione -Rinnovo -Ritar� 
do -Responsabilit� della P.A., 144. 

-Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio 
-Immatricolazione -Rinnovo 
-Diritto soggettivo . Interesse legittimo, 
144. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Circolazione stradale -Spazi riservati 
alla sosta di agenti del Corpo 
diplomatico -Legittimit�, 144. 

-Ordinanza sindacale istitutiva di 
parcheggi riservati, legittimazione 
all'impugnativa, autonoma in rela


zione alla pendenza di procedimento 
di contravvenzione; insussistenza, 

144. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Autoveicoli -Carta di circolazione 
Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo 
-Responsabilit� della P.A., 145. 

-Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio 
-Immatricolazione -Rinnovo 
-Diritto soggettivo, Interesse legittimo,
� 145. 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

-Contenzioso tributario -Commissione 
centrale -Decisione -Impugnativa 
giudiziaria -Riforma tributaria Effetti 
-Proponibilit� � Termine -Diritto 
transitorio, 145. 

CONTRABBANDO 

-Contrabbando -Merce integralmente
� sequestrata � Costituzione di parte 
civile dell'Amministrazione finanziaria 
nel processo penale -Ammissibilit�, 
145. 

COMUNI E PROVINCE 

-Acquisti immobiliari -Beni demania� 
li delle FF.SS. -Acquisto con facolt� 
di p.i. e con vincolo di destinazione � 
Autorizzazione governativa -Deroghe, 
145. 

-Comune, contratti stipulati dal Comune 
nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa, controllo dell'organo 
tutorio, 146. 

-Fondo per il Culto -Assegno supplementare 
di congrua assunzione del� 
l'obbligo da parte del Comune in 
corrispettivo della devoluzione di 
rendite -Limiti dell'obbligo all'attualit�, 
146. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

XVI 

-Imposta di registro -Contratti stipulati 
dal Comune nell'esercizio di 
una delegazione amministrativa, controllo 
dell'organo tutorio, �decorrenza 
del termine di registrazione, 146. 

DAZI DOGANALI 

-Sospensione tariffaria -Introduzioni 
di merci estere in periodo di urgenza 
-Sdoganamento successivo -Trattamento 
daziario, 146. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Espropriazione per pubblica utilit�; 

I. 22 ottobre 1971, n. 865; I. 22 giugno 
1974, n. 247 espropriazione parziale; 
applicabilit� dell'art. 40 I. 25 
giugno 1865, n. 2359, 147. 
FERROVIE 

-Enti portuali -Gestione servizio ferroviario, 
oneri a carico dell'Azienda 
Autonoma Ferrovie dello Stato: 
identificazione, 147. 

IGIENE E SANIT� 

-Sanit� marittima Uffici speciali Medico 
provinciale preposto -Personale 
regionale -Utilizzabilit�, 147. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Infortunio in servizio o a causa di 
servizio -Equo indennizzo -Assicurazione 
r.c. -Risarcimento -Cumulabilit�, 
147. 

IMPOSTA DI BOLLO 

-Atti soggetti -Quietanze -Prestatori 
di lavoro -Fogli o moduli predisposti 
-Sottoscrizione -Sufficienza, 148. 

-Atti soggetti -Quietanze -Requisiti 
di forma e sottoscrizione -Non necessariet�, 
148. 

-Atti soggetti -Quietanze non liberatorie 
-Assoggettabilit�, 148. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Comune, contratti stipulati dal Comune 
nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa, controllo dell'or


. gano tutorio, 148. 

-Contenzioso tributario -Commissione 
centrale -Decisione -Impugnativa 
giudiziaria -Riforma tributaria -Effetti 
-Proponibiilt� -Termine -Diritto 
transitorio, 148. 

-Imposta di registro -Contratti stipulati 
dal Comune nell'esercizio di 
una delegazione amministrativa, controllo 
dell'organo tutorio, decorrenza 
del termine di registrazione, 148. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Dichiarazione di rettifica del valore 
dichiarato -Interessi di mora -Efficacia, 
149. 

IMPOSTA GENERALE 
SULL'ENTRATA 


-Esenzioni -Istituti autonomi case popolari 
-Costruzione edifici -Appalti 
Corrispettivi -Applicabilit�, 149. 

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 

-Soggetti passivi. Obbligo di versamento 
all'erario -Evasione -Illecito 
penale -Configurabilit� -Esclusione, 

149. 
IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

-Acquavite di vino -Furto -Causa di 
forza maggiore -Esonero dal pagamento, 
149. 

-Imposte di fabbricazione: elevazione 
del saggio di interesse sui pagamenti 
dilazionati sui prodotti petroliferi: 
data di entrata in vigore delle disposizione 
dell'art. 3 quater d.I. 6 luglio 
1974, n. 251 che prevede tale elevazione, 
149. 

-Imposte di fabbricazione: Elevazione 
del saggio di interesse sui pagamenti 
dilazionati sui prodotti petroliferi: 
carattere retroattivo della disposizione 
dell'art. 3 quater d.I. 6 luglio 
1974, n. 251 che prevede tale elevazione, 
150. 

-Imposta di fabbricazione -Spiriti Distillazione 
e lavorazione -Licenza 
di esercizio -Titolarit� -Persona 
giuridica, 150. 

-Imposte� di fabbricazione Spiriti Distillazione 
e lavorazione -Licenza 



INDICE 
XVll 

di esercizio -Titolarit� -Societ� in 
accomandita semplice -Mutamento 
socio accomandatario e ragione sociale 
-Effetti, 150. 

IMPOSTE E TASSE 

-Contenzioso -Esecuzione immobiliare 
-Intervento di un terzo -Definizione 
per condono -Possibilit� del 
terzo di surrogarsi al debitore d'imposta 
-Esclusione, 150. 

-Contenzioso tributario -Commissione 
centrale -Decisione -Impugnativa 
giudiziaria -Riforma tributaria -Effetti 
-Proponibilit� -Termine -Diritto 
transitorio, 151. 

-Esenzioni e agevolazioni -Territori 
montani -Contributi agricoli unificati 
-Esclusione, 151. 

-Imposta sulla pubblicit�; esposizioni 
pubblicitarie relative a giornali, esenzione, 
limiti, 151. 

-Ipoteca legale -Per accertate violazioni 
fiscali -Iscrizione e cancellazione 
-Prenotazione a debito -Ripetibilit� 
dell'imposta -Condizioni, 151. 

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Notificazioni in materia tributaria; 
nullit�, sanatoria, 151. 

IMPOSTE IPOTECARIE 

-Ipoteca legale -Per accertate vioiazioni 
fiscali -Iscrizione e cancellazione 
-Prenotazione a debito -Ripetibilit� 
dell'imposta -Condizioni, 

152. 
IMPOSTE VARIE 

-Imposta sulla pubblicit� e diritti sulle 
pubbliche affissioni -Accertamento 
e riscossione -Concessionario del 
servizio -Ditta individuale -Societ� 
di capitali subentrante � Iscrizione 
all'albo -Requisito di anzianit� � 
Trasmissibilit�, 152. 

INVALIDI DI GUERRA 

-Invalidi di Guerra -Profugo giuliano 
titolo a diversi trattamenti assistenziali, 
applicabilit� del pi� favorevole, 
152. 

ISTRUZIONE 

- 
Edilizia scolastica: I. 28 luglio 1967, 

n. 641; programma nazionale di edilizia 
scolastica a carico dello Stato, 
152. 
-Istruzione secondaria -Alunni -Disciplina 
� Poteri dell'Autorit� scolastica 
� Sospensione cautelare dalle 
lezioni, 152. 

- 
Opere statali: necessit� di licenza 
edilizia: esclusione, 153. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Peculato e malversazione -Cancelliere 
� Somme e valori depositati per 
giudizi civili -Appropriazione, 153. 

-Peculato e malversazione � Cancelliere 
-Somme e valori depositati per 
giudizi civili � Appropriazione -Pubblica 
Amm.ne � Obbligo di restituzione, 
153. 

-Ufficiale giudiziario � Ingiunzione fi. 
scale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit�, 
153. 

LOCAZIONI DI CASE 

-Locazioni urbane -Regime vincolistico 
-Applicabilit� alle locazioni 
passive della P.A., 153. 

-Locazioni urbane � Regime vincolistico 
-Periodo 1� luglio 1974-2 settembre 
1974 insussistenza di vuoto, 153. 

OPERE PUBBLICHE 

- 
Edilizia scolastica: I. 28 luglio 1967, 

n. 641; programma nazionale di edilizia 
scolastica a carico dello Stato, 
154. 
- 
Opere statali: necessit� di licenza 
edilizia: esclusione, 154. 

PECULATO E MALVERSAZIONE 

-Peculato e malversazione � Cancelliere 
-Somme e valori depositati per 
giudizi civili � Approvazione, 154. 

-Peculato e malversazione -Cancelliere 
� Somme e valori depositati per 
giudizi civili � Appropriazione � Pub



XVIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

blica Amm.ne -Obbligo di restituzione, 
154. 

-Soggetti passivi -Obbligo di versamento 
all'erario -Evasione -Illecito 
penale -Configurabilit� -Esclusione, 
154. 

PENA 

-Pena -Decreto penale di condanna 
emesso nei confronti di pi� imputati 
-Opposizione solo di alcuno degli 
imputati -Effetto estensivo -Sospensione 
della pena accessoria, 155. 

-Pena -Esecuzione di pena accessoria 
-Comunicazione del P.M., 155. 

-Pena -Pena accessoria -Interdizione 
temporanea dai pubblici uffici -App!
ica_zione automatica, 155. 

POLIZIA 

-Attivit� di polizia -Posti di blocco, 
impiego di nastri chiodati tesi sulla 
strada -Legittimit� -Limiti, 155. 

PORTI 

-Enti portuali -Gestione servizio ferroviario, 
oneri a carico dell'Azienda 
Autonoma Ferrovie dello Stato: identificazione, 
155. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Esenzione e agevolazioni -Territori 
montani -Contributi agricoli unificati 
-Esclusione, 156. 

PREZZI 

-Prezzi -Disciplina di blocco -Generi 
largo consumo: caff�, 156. 

REGIONI 

-Sanit� marittima -Uffici speciali Medico 
provinciale preposto -Personale 
regionale -Utilizzabilit�, 156. 

RELIGIONE 

-Fondo per il Culto -Assegno supplementare 
di congrua assunzione dell'obbligo 
da parte del Comune in 
corrispettivo della devoluzione di 
rendite -Limiti dell'abbligo all'attuabilit�, 
156. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Autoveicoli -Carta di circolazione Immatricolazione 
-Rinnovo -Ritardo 
-Responsabilit� della P.A., 157. 

-Autoveicoli -Carta di circolazione Rilascio 
-Immatricolazione -Rinnovo 
-Diritto soggettivo -Interesse 
legittimo, 157. 

-Responsabilit� civile dell'Amministrazione 
per illecito; transazione sul 
risarcimento del danno in pendenza 
di giudizio penale a carico del dipendente, 
legittimit�, 157. 

-Ufficiale giudiziario -Ingiunzione fiscale 
-Notificazione -Ritardo -Responsabilit�, 
157. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Circolazione stradale -Spazi riservati 
alla sosta degli agenti del corpo 
diplomatico -Legittimit�, 157. 

-Ordinanza sindacale istitutiva di 
parcheggi riservati, legittimazione 
all'impugnativa autonoma in relazione 
alla pendenza di procedimento 
di contravvenzione -Insussistenza 

157. ' 
SOCIET� 

-Ditta individuale -Successione -Continuit� 
del soggetto -Esclusione, 158. 

-Imposta sulla pubblicit� e diritti 
sulle pubbliche affissioni -Accertamento 
e riscossione -Concessionario 
del servizio -Ditta individuale Societ� 
di capitali subentrante Iscrizione 
.all'albo -Requisito di anzianit� 
-Trasmissibilit�, 158. 



INDICE XlX 

SPESE GIUDIZIALI 

-Definizione delle pendenze tributarie
� secondo il sistema agevolato stabilito 
dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660 
Pendenza di esecuzione per il recupero 
del tributo contestato -Regolamento 
delle spese del processo esecutivo, 
158. 

SPESE GIUDIZIALI 

-Spese giudiziali -Espropriazione immobiliare 
presso il terzo, dichiarazione 
del terzo -Assistenza dell'Avvocatura 
dello Stato, competenze 
prefessionali, 158. 

TRANSAZIONE 

-Responsabilit� civile dell'Amministrazione 
per illecito -Transazione 
sul risarcimento del danno in pendenza 
di giudizio penale a carico del 
dipendente, legittimit�, 158. 

VENDITA 

-Acquisti immobiliari -Beni demaniali 
delle FF.SS. -Acquisto con facolt� 
di p.i. e con vincolo di destinazione 
-Autorizzazione governativa � 
Deroghe, 159. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

xx 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
III) Questioni proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 131 
INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 160 
NOTIZIARIO pag. 161 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 103 -Pres. Rossi -Rel. 
De Marco. Di Coco (n.c.). 

Pensioni -Pensioni privilegiate militari -Ricorsi alla Corte dei Conti Pagamento 
preventivo della tassa di cui all'art. 5 I. 21 marzo 1953 

n. 161 -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost. art. 3; I. 21 marzo 1953 n. 161, art. 5; I. 25 aprile 1957 n. 283, arj:. 5). 
Pensioni -Pensioni civili e militari -Ricorsi alla Corte dei Conti -Pagamento 

preventivo della tassa di cui art. 5 I. 21 marzo 1953 n. 161 -Illegittimit� 

costituzionale. 

(Cost., art. 3; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 27; I. 21 marzo 1953 n. 161, art. 5; I. 25 apri


le 1957 n. 283, art. 5). 

� illegittimo, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il terzo comma 
dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella parte in cui non estende 
ai giudizi in materia di pensioni privilegiate militari l'esenzione dal pagamento 
della tassa fissa istituita con il primo comma dello stesso art. 5 (1). 

� illegittimo, in relazione all'art. 3 della Costituzione, il terzo comma 
dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, nella parte in cui non estende 
l'esenzione dal pagamento della tassa fissa a tutti i giudizi in genere in 
materia di pensioni civili e militari (2). 

(Omissis). -1. -Con l'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161 (Modificazioni 
al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) per le istanze, 
i ricorsi, gli appelli, le domande di revocazione innanzi alla Corte dei 
conti si � istituita una tassa fissa di lire 2.000 (elevato a lire 3.000 con 
l'art. 5 della legge 25 aprile 1957, n. 283), indipendentemente da quella 
normale di bollo. 

Il terzo comma di tale articolo, poi, dispone che non � richiesta la 

tassa suddetta per i giudizi ad istanza del procuratore generale o di per


(1-2) La sentenza 12 aprile 1973 n. 41 richiamata in motivazione � pubblicata 
in Giur. cost. 1973, 387. 



654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
sone ammesse al gratuito patrocinio, o per i giudizi in materia di pensioni 
di guerra. 
Con l'ordinanza di cw m epigrafe, pronunciata nel corso di un giudizio 
promosso da un soldato in congedo che chiedeva la concessione di 
pensione privilegiata per asserita infermit� contratta in servizio ed a 
causa di servizio, di fronte alla richiesta del Prdcuratore generale diretta 
alla dichiarazione di improcedibilit� del ricorso per omesso pagamento 
della tassa fissa di cui sopra, la IV sezione della Corte dei conti ha prospettato 
a questa Corte questione di legittimit� costituzionale, in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione, del sopra richiamato art. 5, comma 
terzo, della legge n. 161 del 1953, in quanto non estende alle pensioni privilegiate 
militari l'esenzione dal pagamento della tassa fissa disposta per 
le pensioni di guerra, non ravvisando alcuna r~ionale giustificazione di 
tale disparit� di trattamento. 
Senza, poi, sollevare, al riguardo, specifica questione, nella parte conclusiva 
di detta ordinanza, argomentando dalle sentenze di questa Corte 
n. 170 del 1971 e n. 38 del 1972, si prospetta la tesi che l'esenzione dal 
pagamento della tassa fissa di cui sopra, dovrebbe essere estesa a tutti 
giudizi in materia di pensioni. 
2. -Esattamente la Corte dei conti ha formalmente limitata la questione 
sollevata all'oggetto del giudizio a quo ossia ad una pensione privilegiata 
militare non di guerra, dato che per una maggiore estensione 
vi sarebbe stato l'ostacolo del difetto di rilevanza. 
Ma, anche in re~azione ai motivi dedotti a sostegno di tale questione, 
non si pu� prescindere dall'esame del problema generale, prospettato, 
come sopra si � posto in rilievo, nella parte conclusiva dell'ordinanza 
di rinvio. 
� vero, infatti, che nonostante l'intento manifestato dal legislatore 
di unificare la disciplina processuale dei ricorsi in materia di pensione 
davanti alla Corte dei conti, non si � pervenuti ad una formale attuazione 
di tale intento, forse per difetto di coordinamento tra le varie 
norme, al riguardo emanate in tempi diversi, come viene rilevato nella 
richiamata ordinanza. 
Ma � vero, altres�, che dall'esame separato delle �varie norme emanate 
in tempi diversi � vigenti in materia, si pqssono desumere elementi 
assai significativi ai fini della soluzione del problema in esame. 
Intanto, per effetto dell'art. 1 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 e dell'art. 
79, comma secondo, t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, nei giudizi davanti 
alla Corte dei conti, relativi a pensioni sia ordinarie (di riposo o privilegiate, 
civili e militari) sia di guerra, tanto per la proposizione dei 
gravami, quanto per l'ulteriore corso del procedimento, l'interessato pu� 
agire personalmente senza che occorre l'assistenza di patrocinio legale. 
Il 
i: 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

In forza dell'art. 32 della tabella Ali. b al d.P.R. 25 giugno 1953, 

n. 492, poi, sono esenti da tassa di bollo � gli atti e decisioni del procedimento 
avanti la Corte dei conti, il Comitato di liquidazione e gli 
altri organi che hanno competenza in materia di pensioni �. 
Tale esenzione � confermata anche dall'art. 12, comma-secondo, 

n. 3, della tabella Ali. b del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642. 
Ne consegue che dalla legislazione vigente risulta in modo chiaro 
la identit� di trattamento sia agli effetti processuali sia agli effetti fiscali 
nei giudizi davanti alla Corte dei conti in materia di pensioni sia ordinarie 
sia di guerra. 

Da questa identit� di trattamento si discosta il contestato terzo 
comma dell'art. 5 della legge 21 marzo 1953, n. 161, in quanto limita 
l'esenzione dalla tassa fissa, istituita con il primo comma, ai soli giudizi 
in materia di pensioni di guerra. 

Occorre, pertanto, accertare se una siffatta evidente disparit� di trattamento 
trovi una razionale giustificazione, che secondo la costante giurisprudenza 
di questa Corte, valga a far ritenere che non sia stato violato 
il princ�pio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione. 

Per quanto attiene al rapporto pensioni privilegiate militari -pensioni 
di guerra, questa Corte gi� con numerose sentenze (da ultimo la 

n. 41 del 1973) ha escluso che tra le rispettive posizioni vi sia una differenziazione 
tale da giustificare una disciplina diff'erenziata, cosicch�, 
nei limiti nei quali � stata prospettata con l'ordinanza di rinvio, la questione 
deve essere dichiarata fondata. 
3. -Resta cos� da accertare se e come possa essere risolto il pi� 
generale problema circa l'estensione a tutti i giudizi in materia�di pensioni, 
di qualsiasi specie essi siano, prospettato nella parte conclusiva 
dell'ordinanza di rinvio. 
Non solo le richiamate norme fiscali che sanzionano una assolut� 
parit� di trattamento per tutti i giudizi in materia di pensioni, ma la 
stessa formulazione del prinio comma dell'art. 5 che sembra porre come 
presupposto l'assoggettamento a tassa normale, perch� sia dovuta quella 
fissa, conducono a ritenere che una disparit� nella disciplina relativa al 
solo obbligo della tassa fissa tra i giudizi per le pensioni di guerra e 
quelli per le pensioni di altre specie non sia razionalmente giustificata. 

Di fronte a questa constatazione ben pu� applicarsi l'articolo 27 della 
legge 11 marzo 1953, n. 87, per dichiarare che il terzo comma dell'art. 
5 della legge n. 161 del 1953 � illegittimo, in riferimento all'art. 3 della 
Costituzione, anche in quanto non estende, oltre che ai giudizi in materia 
di pensioni privilegiate militari, a tutti i giudizi in materia sia di 
pensoni civili, di riposo e privilegiate, sia di pensioni militari di riposo, 
la esenzione dal pagamento della tassa fissa gi� disposta per i giudizi 
in materia di pensioni di guerra. -(Omissis). 


656 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 104 -Pres. Rossi -Rel. 
Capalozza. Plaisance (n.c.). 

Reato -Danneggiamento -Danneggiamento colposo di beni dell'Azienda 

ferroviaria dello Stato -Contravvenzione -Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; 1. 20 marzo 1968 n. 304, articolo unico; cod. pen., art. 635). 

L'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 340, che punisce il danneggiamento 
di beni della Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato 
con la sanzione (contravvenzionale) della ammenda, non viola l'art. 3 
della Costituzione per irragionevolezza rispetto alla disciplina del danneggiamento 
(solo doloso) prevista dall'art. 635 del codice penale (1). 

(Omissis). -1. -La Corte � chiamata a decidere se l'articolo unico 
della legge 20 marzo 1968, n. 304, che ha modificato ~cune disposizioni 
del regolamento di polizia ferroviaria del 1873 (r.d. n. 1687), punendo 
il danneggiamento di beni dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello 
Stato con la sanzione (contravvenzionale) dell'ammenda -di cui all'art. 
54 dello stesso regolamento -violi l'art. 3 della Costituzione per 
irragionevolezza rispetto alla disciplina del danneggiamento (solo doloso), 
prevista dall'art. 635 del codice penale. 

2. -Non influisce sulla rilevanza della questione la nuova normativa 
in tema di depenalizzazione contenuta nella legge 24 dicembre 1975, 
n. 706, essendone differita l'entrata in vigore al 180o giorno dalla sua 
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 gennaio 1976. 
3. -� da escludere la comparazione -ai fini del sindacato di legittimit� 
costitutionale -tra la disposizione denunziata e l'art. 635 
cod. pen., che prevedono fattispecie assai diverse: la prima, come si � 
detto, di natura contravvenzionale e l'altra di natura delittuosa. Dal 
che consegue la differente incidenza dell'elemento psicologico specificato 
negli artt. 42 e 43 cod. pen.: mentre per i delitti � richiesto il dolo (salvoi 
casi di preterintenzionalit� o di colpa espressamente previsti dalla 
legge), nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od 
omissione, sia essa dolosa oppure colposa. 
4. -Ci� premesso, non � da ritenere violato l'art. 3 Cost., dappoich� 
rientra nella valutazione discrezionale del legislatore configurare l'illecito 
quale delitto o quale contravvenzione: e la sua scelta non pu� 
dirsi irrazionale, stante, da un lato, la gi� rigorosa tutela apprestata, se 
(1) La ordinanza 26 aprile 1971 n. 84 richiamata in motivazione � pubblicata 
in Giur. cost. 1971, 709. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 657 

vi � dolo, dall'art. 635 cod. pen. e, dall'altro, l'esigenza di un intervento 
repressivo, sia pure contravvenzionale, pienamente giustificato dall'importanza 
del bene protetto, nell'ipotesi di danneggiamento solo colposo. 

Non mancano nel nostro ordinamento giuridico-penale danneggiamenti 
contravvenzionali, oltre a quello in esame: vedansi l'art. 733 cod. pen.; 
l'art. 1, nn. 1 e 2, del r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, mantenuto in vigore 
per effetto dell'art. 145 'del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. E, del pari, 
nella vasta tipologia dei danneggiamenti (qualificati) non mancano neppure 
i delitti colposi (art. 449 cod. pen.). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 106 -Pres. Rossi -Rel. 
Volterra. Vanzo (n.c.) c. Comune di Bolzano (avv. Giannini). 

Trentino-Alto Adige � Piano Regolatore di Bolzano � Vincolo paesaggistico 

delle zone destinate a verde privato -Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 42; l.p. di Bolzano 10 luglio 1960. n. 8, art. 32; l.p. Bolzano 3 gennaio 1964 

n. 1, art. 21). 
Non. � fondata, con riferimento all'art. 42 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 32 l. p. Bolzano 10 luglio 
1960, n. 8 (ordinamento urbanistico) e dell'art. 21 l. p. Bolzano 3 gennaio 
1964, n. 1 (piano regolatore generale del comune di Bolzano), i 
quali, stabilendo che le zane destinate a verde privato sono sottoposte 
a vincolo paesaggistico, non introducono nuove limitazioni e tanto meno 
aventi sostanziale contenuto espropriativo, n� trasferimenti coattivi di 
propriet�, ma applicano a determinati immobili le conseguenze che 
derivano da intrinseche qualit� oggettive e da condizioni naturali proprie 
di essi (1). 

(Omissis). -3. -Non fondata � la questione di legittimit� costituzionale 
sollevata dal tribunale di Bolzano, il quale parte dall'erroneo 
presupposto che l'area de qua non fosse stata sottoposta a vincolo paesaggistico 
anteriormente alla legge provinciale di Bolzano 3 gennaio 
1964, n. 1, e che tale vincolo sarebbe stato effettuato in forza dell'art. 
21 di detta legge con la destinazione dell'area medesima a verde privato. 

Va precisato che la legge provinciale di Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, 
sulla tutela del paesaggio stabiliva all'art. 1 che erano soggetti alla 
legge medesima � a causa del loro notevole interesse pubblico � fra l'altro 
al n. 3 � i complessi di cose immobili che compongono un caratte


(1) Le sentenze 20 gennaio 1966, n. 6 e 29 maggio 1968, n. 56 richiamate in 
motivazione, sono pubblicate in questa Rassegna 1966, 1, 15 e 1968, 1, 662. 

658 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

ristico aspetto avente valore estetico e tradizionale � e al n. 4 � le 
bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos� pure quei 
punti di vista o di belvedere, accessibile al pubblico, dai quali si goda 
lo spettacolo di quelle bellezze � e stabiliva altres� all'art. 5 . che di tali 
� vaste localit�... il Presidente della Giunta provinciale su proposta dell'assessore 
competente ha facolt� di disporre un piano territoriale paesistico... 
da approvarsi e pubblicarsi insieme con l'elenco medesimo, al 
fine di impedire che le aree di quelle localit� siano utilizzate in modo 
pregiudizievole alla bellezza panoramica �, 

Nell'art. 7 faceva obbligo ai proprietari di immobili compresi nei 
pubblici elenchi delle localit� di presentare i progetti dei lavori che intendessero 
intraprendere all'assessore competente della Giunta provinciale 
per ottenere previa autorizzazione e all'art. 8 dava comunque facolt� 
al Presidente della Giunta provinciale su proposta dell'assessore 
competente di inibire l'esecuzione senza preventiva autorizzazione di 
lavori comunque capaci di recare pregiudizio all'attuale aspetto delle 
cose e delle localit� soggetto alla presente legge, precisando espressamente 
all'art. 15 che � non � dovuto indennizzo per i vincoli imposti 
agli immobili di propriet� privata a norma dei precedenti articoli � e 
aggiurigendo nel successivo comma: � Tuttavia, nei soli casi di divieto 
assoluto di costruzione sopra aree da considerarsi fabbricabili, potr� 
essere concesso, previa perizia estimativa dell'ufficio tecnico della provincia, 
uno speciale contributo nei limiti della somma da stanziarsi in 
apposito articolo del bilancio della provincia >>. 

Con successiva legge provinciale 10 luglio 1960, n. 8, si stabiliva 
l'ordinamento urbanistico unitario del territorio della provincia disponendo 
l'emanazione di un piano provinciale con l'obbligo (art. 10) per 
tutti gli enti e in particolare dei comuni di farlo rispettare e di eseguirlo 
adeguando ad esso i loro piani regolatori. In particolare ai �omuni 
di Bolzano, Merano, Bressanone, Brunico e ai Comuni dichiarati 
stazioni di cura, di soggiorno e di turismo era fatto obbligo di formare 
il piano regolatore del proprio territorio (art. 12) precisando (art. 
14) che tali piani devono riferirsi alla totalit� del territorio comunale 
e considerare essenzialmente fra l'altro (n. 2) � la delimitazione e la definizione 
funzionale delle singole zone con le precisazioni specifiche dei 
caratteri e dei vincoli inerenti alla particolare destinazione (residenziale, 
agricola, industriale, paesistica, verde ecc.) � con la relativa suddivisione 
delle zone residenziali. In relazione all'art. 15 della precedente 
legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, e in applicazione del medesimo, 
veniva dichiarato non essere dovuta alcuna indennit� per vincoli di 
zona ed altri. 

Conseguentemente il Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 
con decreto 16 settembre 1960, n. 49, in base alla predetta legge provinciale 
espressamente richiamata, dichiarava incluso nell'elenco delle 



PARTB I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

localit� da sottoporre a tutela paesistica compilato ai sensi dell'art. 2 
della sopracitata legge il territorio di Bolzano, precisando che � il vincolo 
non significa divieto assoluto di costruibilit�, ma impone soltanto 
obbligo di presentare all'autorit� provinciale per la tutela del paesag. 
gio p~r 1 apreventiva approvazione, qualsiasi progetto di costruzione 
che si intenda erigere nel territorio vincolato�. 

Tale decreto di vincolo paesistico era vincolante per il piano r<:(go� 
latore del Comune di Bolzano e doveva essere integralmente recepito 
(come anche dichiarato nell'art. 6, secondo comma, della legge della Provincia 
di Bolzano 25 luglio 1970, n. 16, la quale ha espressamente pre� 
cisato all'art. 23 che i provvedimenti adottati in base alla legge preesi� 
stente e pertanto anche il citato decreto del Presidente della Giunta 
provinciale 19 settembre 1960, n. 49, rimangono in vigore). 

Per effetto di questa recezione il piano regolatore del Comune di 
Bolzano approvato con legge provinciale 3 gennaio 1964, n. l, doveva 
darsi carico dell'uso urbanistico delle aree cadenti nei perimetri delle 
zone dichiarate bellezze paesaggistiche, attuando la connessione tra di� 
sciplina urbanistica e tutela paesaggistica che � propria della legislazione 
della provincia autonoma di Bolzano. 

Tale connessione � stata attuata con la legge della provincia di Bolzano 
3 gennaio 1964, n. 1 (Piano regolatore generale del Comune di 
Bolzano. Norme di attuazione). In essa all'art. 21 si precisa che le zone 
destinate a verde privato .sono sottoposte a vincolo paesaggistico ai 
sensi della legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, parole queste che vanno 
interpretate nel senso che l'indicazione nel piano regolatore di zone a 
verde privato risponde ai vincoli stabiliti nella precedente legge provinciale 
n. 8 del 1957 e non pone limitazioni maggiori di quelle gi� imposte 
da detta legge con l'assoggettamento al vincolo paesistico. Il me� 
desimo articolo infatti ammette entro analoghi vincoli ricostruzioni e 
riadattamenti di fabbricati esistenti ed anche in determinati casi la concessione 
di diversa altezza, e, in relazione alle esigenze di sviluppo di 
aziende agricole anche l'ampliamento di fabbricati e la costruzione di 
edifici. 

Pertanto le norme denunziate non introducono nuove limitazioni e 
tanto meno aventi sostanziale contenuto espropriativo, n� trasferimenti 
coattivi di propriet�, ma applicano a determinati immobili le conseguenze 
che derivano da intrinseche qualit� oggettive e da condizioni naturali 
proprie di essi, accertate ed individuate da altri organi attraverso provvedimenti 
rispetto ai quali non � stata sollevata questione di legittimit� 
costituzionale e che non si � provveduto ad impugnare in diversa sede. 

Come ha affermato la Corte con sua sentenza n. 56 del 1968, a proposito 
della stessa legge della provincia di Bolzano 24 luglio 1957, n; 8, 
i beni immobili qualifi�ati di bellezza naturale hanno valore paesistico 
per una circostanza che dipende dalla loro ubicazione e dalla loro inser



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

660 

zione d� un complesso che ha in modo coessenziale le qualit� indicate 
dalla legge. 

Essi costituiscono una categoria che originariamente � d� interesse 
pubblico. � L'amministrazione �, aggiunge la sentenza, � operando nei modi 
descritti dalla legge rispetto ai b.eni che la compongono, p.on ne 
mod�fica la situazione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle 
concrete sue qualit� alla prescrizione normativa �. Sempre secondo la 
medesima sentenza, � nell'ipotesi di vincolo paesistico su beni che hanno 
il carattere di bellezza naturale, la pubblica amministrazione, d�chiarando 
un bene di pubblico interesse o includendolo in un elenco, non fa che 
esercitare una potest� che le � attribuita dallo stesso regime di godimento 
d� quel bene, cos� che le sia lecito confrontare il modo d� esercizio 
di alcune facolt� inerenti a quel god�mento con l'esigenza d� conservare 
le qualit� che il bene ha connaturato secondo il regime che gli 
� proprio e di prescrivere adempimenti coordinati e correlativi a tali 
esigenze�. 

� superfluo rilevare che la qualit� di bellezza paesaggistica dichiarata 
attraverso i provvedimenti citati dalle autorit� competenti non 
pu� essere posta in discussione e tanto meno revocata sulla base di 
una perizia tecnica disposta dal giudice a quo come questo ultimo mostra 
di ritenere. 

Le norme denunziate corrispondono pertanto e si adeguano alla natura 
e alle caratteristiche degli immobili oggetto di esse e, attuando 
attraverso il regime paesistico, la tutela prevista dall'art. 9 della Costituzione, 
determinano, in coerenza a tale natura e al fine di non fare 
alterare tali caratteristiche, l'essenza, l'esercizio e il godimento dei diritti 
inerenti agli immobili suddetti. 

Come ha affermato questa Corte (sentenze n. 6 del 1966 e n. 56 del 
1968) la determinazione dei vincoli paesaggistici e delle relative limitazioni 
edilizie conseguenti all'indole accertata dei beni non costituisce 
espropriazione e non comporta un obbligo costituzionalmente garantito 
di corrispondere un indennizzo. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 107 -Pres. Rossi -Rel. 
De Marco. Commissario dello Stato per la Regione siciliana (sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa) c. Regione siciliana (avv. Giannini). 

Sicilia -Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione � 

Illegittimit� costituzionale. 

(Cast., artt. 5 e 128; l.r. Sicilia 21 maggio 1975; St. speciale Sicilia, artt. 14 e 15). 

� costituzionalmente illegittima, perch� esorbita dai limiti delle leggi 
costituzionali dello Stato stabiliti dal primo comma dell'art. 14 dello 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 661 

Statuto speciale, la legge regionale siciliana 21 maggio 1975 avente per 
oggetto �Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione 
siciliana �. 

(Omissis). -1. -Con la rinunzia al primo motivo di gravame da 
parte dell'Avvocatura generale dello Stato, la materia del contendere si 
riduce all'accertamento della natura giuridica dei consigli di quartiere 
istituiti con l'impugnata legge regionale siciliana 21 maggio 1975 e, pi� 
precisamente, a stabilire se costituiscono veri e propri nuovi enti autarchici 
sub-comunali, come sostiene il Commissario dello Stato per la 
Regione siciliana, oppure semplici organi di decentramento funzionale 
amministrativo dei comuni, come sostiene la Regione siciliana. 

2. -Precisato, cos�, l'oggetto del giudizio, � necessario, anzitutto, 
stabilire sulla base delle norme contenute nella legge impugnata, come 
siano strutturati gli istituiti consigli di quartiere e quali ne siano le 
attribuzioni. 
La strutturazione riproduce quasi integralmente quella del comune: 
consiglio di quartiere, corrispondente al consiglio comunale (anche nella 
composizione numerica di poco inferiore: 10 membri per i quartieri con 
popolazione fino a 3.000 abitanit, 15 membri per i comuni fino a 3.000 
abitanti; 15 membri per i quartieri con popolazione da 3.001 a 10.000 
abitanti, 20 membri per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti; 
20 membri per i quartieri con popolazione superiore a 10.000 abitanti, 
30 membri per i comuni con popolazione superiore a 10.000 
abitanti), presidente del consiglio corrispondente al sindaco, eletto dal 
consiglio con le stesse modalit� prevedute dalla legge sull'ordinamento 
amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana per la elezione 
del sindaco. 

Manca la previsione dell'organo giunta, ma come risulta dalla analisi 
delle funzioni di amministrazione attiva attribuite -per delegazione 
del consiglio comunale ai sensi dell'art. 11 della legge impugnata -al 
consiglio di quartiere vi � bens� una elencazione di materie ma senza 
specificazione dei poteri delegati~ cosicch� deve desumersi che in tali 
materie il consiglio di quartiere pu� esercitare tutte le potest� che il 
sopra citato ordinamento attribuisce al consiglio comunale, alla giunta 
e al sindaco. 

Per quanto riguarda il presidente non sono indicate altre attribu. 
zioni-che non siano quelle di presiedere le pubbliche adunanze del consiglio. 


Peraltro, poich� in base alla norma di rinvio contenuta nell'art. 44 
della legge impugnata, per quanto non previsto nella legge stessa si 
osservano, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il c\:on


. 


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662 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siglio comunale, pu� ben ritenersi che anche per il presidente del con


siglio di quartiere debbano osservarsi, in quanto applicabili, le norme 

di legge concernenti il sindaco. 

� vero che, in base all'art. 11 della legge in esame il consiglio di 

quartiere ha anche funzione consultiva e di propulsione dell'attivit� 

del comune, ma questa funzione rafforza e non esclude quella pi� rile


vante di amministrazione attiva, cosicch� gi� si pu� ben concludere 

che non ci si trova di fronte ad un semplice organo di decentramento 

funzionale a carattere semplicemente burocratico. 

Al riguardo basta tener presenti gli artt. 70 e 71 dell'ordinamento 

amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, abrogati con 

l'art. 12 della legge in esame. 

Con tali articoli, infatti, si prevedevano delegati del sindaco nelle 

borgate e frazioni (art. 70) o addirittura nei quartieri, nei quali il con


siglio comunale poteva ripartire il territorio dei comuni con pi� di 

60.000 abitanti (art. 71), delegati per mezzo dei quali si attuava, senza, che 
-occorresse all'uopo l'istituzione di un apposito consiglio, quello che soltanto 
pu� definirsi decentramento funzionale. 
Ma l'elemento che deve togliere ogni dubbio circa la natura di vero 
e proprio ente autonomo del consiglio di quartiere � la nomina del 
consiglio a suffragio universale, ossia attraverso la forma pi� squisitamente 
politica di esercizio di quella sovranit� che l'art. 1 della Costituzione 
attribuisce al popolo. 


3. -Tanto stabilito, resta da accertare se l'istituzione di un siffatto 
ente rientri nella potest� di legislazione esclusiva, in materia di regime 
degli enti locali e delle circoscrizioni relative, attribuita alla Regione 
siciliana dall'art. 14, lett. o, del relativo Statuto speciale. 
Poich� il primo comma di detto articolo 14 dispone, tra l'altro, 

che tale potest� deve esercitarsi � nei limiti delle leggi costituzionali 

dello Stato� il problema si sposta all'accertamento delle conformit� con 

le leggi costituzionali dello Stato della legge impugnata. 

Intanto, gi� l'art. 5 della Costituzione, statuendo che la Repubblica 

riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipen


dono dallo Stato il pi� ampio decentramento amministrativo; adegua i 

princ�pi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia 

e del decentramento, evidentemente non solo distingue tra autonomia 

e decentramento, ma entrambi riserva alla legislazione statale. 

Pi� specificamente, poi, l'art. 128 dispone che le ,Province ed i Co


muni sono enti autonomi nell'ambito dei princ�pi fissati da leggi gene


rali della Repubbilca, che ne determinano le funzioni. 

Ne consegue che con la legge impugnata la Regione ha usato la 
potest� di legislazione esclusiva in materia di regime degli enti locali 
~: 

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PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIO~ 

e delle circoscrizioni relative, conferite dall'art. 14, lett. o, dello Statuto 
speciale, esorbitando dai limiti delle leggi costituzionali dello Stato, sta� 
biliti nel primo comma di detto art. 14, perch� ha legiferato in materia 
che, in forza delle norme sopra richiamate, � riservata alle leggi gene� 
rali della Repubblica. 

Tanto basta perch�, senza che occorre passare all'esame degli altri 
motivi di gravame, che restano assorbiti, il ricorso debba essere accolto. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 108 � Pres. Rossi � Rel. 
Rocchetti -Bastiani, Marcongini e Agnesini (n. c.). 

Procedimento penale � Falsa dichiarazione dell'imputato relativa ai suoi 

precedenti penali � Punibilit� ai sensi dell'art. 495, terzo comma, n. 2 

codice penale � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 

(Cost., art. 24; r.d. 28 maggio 1931, n. 602, art. 25; cod. pen. art. 495, terzo comma, n. 2). 

Non � fondata, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 495, terza comma, n. 2 del 
codice penale, che sanziona la falsit� delle dichiarazioni rese dall'imputato 
all'inquirente sui suoi precedenti penali, dato che alla relativa domanda 
egli pu� rifiutarsi di rispondere. 

(Omissis). -2. � Viene sottoposta alla Corte questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 495, comma terzo, n. 2, del codice penale, che 
punisce la falsa dichiarazione dell'imputato sulla propria identit�, sul 
proprio stato e sulle proprie qualit� personali, nonch� dell'art. 25 delle 
norme di attuazione del codice di procedura penale (r.d. 28 maggio 1931, 

n. 602) il quale dispone che, tra le domande da rivolgersi all'imputato 
allorch� si procede al suo interrogatorio, deve essere compresa quella 
volta ad accertare se egli � stato sottoposto ad altri procedimenti penali, 
e se ha riportato condanne nello Stato o all'estero. 
Secondo le ordinanze di rimessione, dal combinato disposto dei due 
articoli risulterebbe che l'imputato dovrebbe essere sottoposto alla san� 
zione prevista dall'art. 495, anche se dice il falso in merito ai suoi pre� 
cedenti penali, alla cui rivelazione egli sarebbe costretto per rispondere 
agli inquirenti che sono tenuti a interrogarlo in proposito. 

Da ci� le ordinanze deducono una lesione � del princ�pio, riconducibile 
all'art. 24 della Costituzione, secondo cui l'imputato non � tenuto 
a rendere dichiarazioni a lui sfavorevoli �. 


664 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DElLO STATO� 

3. -La questione non � fondata. 
Non � dubbio che, se l'imputato, alla domanda rivoltagli dall'inquirente 
sui suoi precedenti penali risponde in modo contrario al vero, egli 
incorre nelle sanzioni previste dall'art. 495 del codice penale. 

Ma non � esatto che, a tale domanda, egli sia tenuto a rispondere, 
essendo certo che pu� rifiutarsi di fornire le notizie, che in propositogli 
vengano richieste, senza incorrere in alcuna responsabilit� penale. 

4. -Ci� risulta in modo del tutto palese dal combinato disposto 
degli artt. 78 e 366 del codice di procedura penale, �he dettano norme 
sui preliminari dell'interrogatorio. 
Prescrive al riguardo l'art. 78 che � l'autorit� giudiziaria o l'ufficiale 
di polizia giudiziaria, prima che abbia inizio l'interrogatorio, deve 
avvertire l'imputato, dandone atto nel verbale, che egli ha facolt� di non 
rispondere, salvo quanto dispone l'art. 266, primo comma �, 

Quest'ultimo articolo prescrive poi che, � prima di procedere all'interrogatorio,
� il giudice invita l'imputato a dichiarare le proprie generalit�, 
ammonendolo delle conseguenze a cui si espone chi si rifiuita 
di dare le proprie generalit� o le d� false �. 

Coordinando le due norme, appare chiaro che l'imputato, solo alla 
richiesta delle proprie generalit� � tenuto a fornire rispo~ta, incorrendo 
in. responsabilit� penale qualora si rifiuti di rispondere, o dia. fa1se 
generalit�. 

Che poi per generalit� attinenti alla persona debbano intendersi sol.. 
tanto il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita, oltre che dal 
significato proprio del lemma, risulta, bench� in modo indiretto, dall'art. 
25 delle norme di attuazione, che � stato denunziato. In detto articolo 
si precisa infatti che, � nel procedere all'interrogatorio, il giudice oil 
pubb1ico ministero invita l'imputato anche a dichiarare se ha un 
soprannome o pseudonimo, se sa leggere e scrivere, se ha beni patrimoniali, 
quali sono le sue condizioni di vita individuale, famigliare e 
sociale, se ha adempito agli obblighi del servizio militare, se � stato 
sottoposto ad altri procedimenti penali e se ha riport�to condanne nello� 
Stato o all'estero �. 

Ora tutte queste notizie, per cos� dire, supplementari, sulla personalit� 
dell'imputato sono richieste dall'art. 25 delle norme di attuazione 
� anche � e cio� in aggiunta a quella principale, sottaciuta nell'articolo 
perch� risultante dalle norme del codice, e che concerne la enunciazione 
delle generalit�, costituite appunto dal nome, cognome, luogo e data di 
nascita (v. art. 3 legge 31 ottobre 1955, n. 1064). Ma, a fornire tali notizie 
accessorie, bench� anch'esse dirette ad inquadrar� la personalit�� 
dell'imputato, questi non � obbligato, appunto perch� l'art. 366 citato 
restringe solo alle generalit� l'obbligo e la sanzione. -(Omissis). 



PART�! I; SEZ. I, G!URISPRUDENZA COSTITUZIONALE 665 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 109 -Pres. Rossi -Rel. 
Oggioni -Volino (n.c.) c. Nocito (n.c.) e Presidente Consiglio dei 
Ministri (vice avv. gen. dello Stato Albisinni). 

Locazione -Immobili urbani -Proroga legale -Decadenza per disponibilit� 
di aitro alloggio -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., artt. 41 e 42; 1. 4 agosto 1973 n. 495, art. 1; 1. 22 dicembre 1973 n. 841, art. 1). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 1. 4 agosto 1973, n. 495 
e dell'art. 1 l. 22 dicembre 1973, n. 841, per non aver previsto la decadenza 
del conduttore dalla proroga legale delle locazioni di immobili 
urbani nel caso di disponibilit� di altro alloggio, dato che tale decadenza 
� operante anche nel vigore delle suddette disposizioni (1). 

(Omissis). -1. -Con la suindicata ordinanza, il pretore di Berg;:tmo 
ha sollevato questione se l'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito 
nella legge 4 agosto 1973, n. 495, e l'art. 1 della legge 22 dicembre 
1973, n. 841, nella parte in cui non prevedono la decadenza dalla proroga 
legale per disponibilit� di altra abitazione idonea da parte del condut� 
tore (cos� come gi� stabilito dall'art. 3 n. 1 della legge 23 maggio 1950, 

n. 253) determinino una limitazione del libero godimento della propriet� 
privata e della libera utilizzazione economica dei propri beni, in contrasto 
con gli artt. 41 e 42 della Costituzione. 
2. � La questione non � fondata. 
L'asserita autonomia delle leggi in esame rispetto al� complesso re� 

gime vincolistico, al quale hanno fatto seguito, non pu� essere ritenuta 

sussistente nei termini in cui viente interpretata e considerata dal giu


dice a quo. 

Questa Corte, c�n la sentenza n. 132 del 1972, concernente l'art. 1, 
secondo comma, della legge n. 833 del 1969, con cui si stabiliva la proroga 
legale dei contratti di locazione e sublocazione in c<;>rso alla data 
di entrata in vigore della stessa legge per gli immobili urbani ad uso 
di abitazione, ha gi� affermato che tale proroga era entrata a: far parte 
del regime vincolistico, comprendente senza differenza tutte le norme 
gi� disciplinanti la materia delle locazioni. 

Questa affermazione, sostanzialmente riconosce l'unitariet� organica 
del sistema creato dalle norme vincolistiche, unitarit� che sussiste e va 
ribadita anche per quanto riguarda le leggi di proroga in esame. 

(1) La sentenza 12 luglio 1972 n. 132 richiamata in motivazione � pubblicata 
in questa Rassegna 1972, l, 985. 

666 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STA'l'O 

La legislazione speciale in materia di locazioni degli immobili urbani 
consta di una serie di istituti fra cui trovano posto di primario 
rilievo quelli attinenti alla proroga legale dei contratti ed al relativo 
regime. Una delle norme che attiene specificamente all'istituto della 
proroga � appunto quella, sancita dall'art. 3 n. 1 legge n. 253 del 1950, 
che prevede la decadenza del conduttore dal diritto alla proroga quando 
egli venga a trovarsi in determinate situazioni soggettive che la legge 
considera appunto ostative al godimento del beneficio. 

Tale princ�pio, indubbiamente caratterizzante del regime della proroga 
legale, � preordinato alla tutela dell'interesse del locatore ritenuto 
preminente, in determinate situazioni tassativamente indicate, su quello 
del conduttore, ed � certamente entrato a far parte organica del sistema, 
per la sua rispondenza agli ovvi limiti dell'esigenza fondamentale che 
ha ispirato la legislazione vincolistica in materia, cio� la tutela dell'interesse 
dei conduttori di immobili in locazione ad uso di abitazione, 
alla conservazone dell'alloggio, da ritenere logicamente operante soltanto 
fino a che tale interesse possa ragionevolmente ritenersi in concreto 
sussistente. Ci� che � appunto escluso dalla ricorrenza delle circostanze 
previstte dall'art. 3 della legge del 1950 ed in particolare dalla 
disponibilit� di altra abitazione idonea da parte del conduttore. 

Pertanto, le considerazioni di ordine formale contenute nell'ordinan� 
za del pretore, che fanno riferimento alla temporaneit� delle precedenti 
norme in materia di proroga ed alla automatica caducazione delle stesse 
in difetto di precisi richiami nella legge de qua rivelano la loro intrinseca 
insufficienza ai fini di convalidare la tesi sostenuta, che mal si 
concilia con la necessaria ed imprescindibile esigenza di riconoscere una 
permanente coerenza del sistema vincolistico per quanto riguarda i suoi 
elementi strutturali, coerenza che, in difetto di espresse innovazioni disposte 
dal legislatore o di una volont� abrogativa al riguardo o, comunque, 
di una incompatibilit� tra le nuove disposizioni e le precedenti 
(art. 15 delle preleggi), postula la operativit� permanente dei criteri fondamentali 
del regime vincolistico stesso. 

Aggiungasi che la recente legge 31 luglio 1975, n. 363, negando la 
sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili 
locati, considera i provvedimenti fondati sulla disponibilit� da parte 
del conduttore di altra abitazione (art. 1 quater, n. 3) confermando la 
immanenza della relativa normativa. 

� pertanto chiaro che, non essendo attendibile la portata innovativa 
delle norme impugnate pretesa dai pretore a sostegno della censura, 
e dovendosi per converso riconoscere che anche ai sensi delle disposizioni 
impugnate � pur sempre operante il caso di decadenza dalla pro� 
roga legale dei contratti previsto dall'art. 3, n. 1, della legge n. 253 del 
1950, la questione, come sopra proposta, deve essere dichiarata infondata. 
--(Omissis). 



PARTE I, SEZ. �I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 667 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 110 -Pres. Rossi -Rel. 
Astuti -Misuri (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Carafa). 

Sicurezza pubblica -Armi, munizioni e materie esplodenti -Perquisizioni 

e sequestri -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cast., artt. 14 e 24; r.d. 18 giugno 1931 n. 773, art. 41). 

Non � fondata, con riferimento alla libert� e inviolabilit� del domicilio 
e al diritto di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
41 t.u. delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) 
che autorizza gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza a perquisizioni 
e sequestri per la ricerca di armi, munizioni e materie esplodenti non 
denunciate (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. Questa Corte ha gi� 
avuto occasione di dichiarare che la tutela accordata alla libert� di 
domicilio non � assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini 
della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti, come 
emerge dalle stesse disposizioni dell'art. 14, e in specie dall'espresso 
riferimento del terzo comma agli accertamenti ed ispezioni per motivi 
di incolumit� pubblica. Conseguentemente, questa Corte ha riconosciuto 
la piena legittimit� della norma denunciata, con sentenza 12 giugno 1974 

n. 173, nella quale � stato altres� precisato che anche nelle ipotesi contemplate 
dall'art. 41 del t.u. delle leggi di pubbica sicurezza, gli ufficiali 
ed agenti procedenti sono tenuti, a' sensi degli artt. 224 e 227 del 
codice di procedura penale, a verbalizzare tutte le operazioni compiute 
e a trasmettere entro le 48 ore successive i verbali di perquisizione e 
sequestro all'autorit� giudiziaria, a cui spetta di verificare la legittimit� 
degli atti compiuti dagli organi di polizia giudiziaria nell'esercizio delle 
loro funzioni. 
3. -Non sussiste nemmeno il preteso contrasto con la garanzia del 
diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, per il fatto che 
l'art. 41 non prevede il diritto di assistenza del difensore alla perquisizione. 
La disposizione denunciata sostanzialmente non si discosta da 
quella generale contenuta nell'art. 224 del codice di procedura penale, 
cos� come modificato con legge 18 giugno 1955, n. 517, per quanto attiene 
ai presupposti che eccezionalmente consentono in caso di necessit� ed 
urgenza la ricerca e l'assicurazione delle prove da parte della polizia 
(1) La Corte ha ribadito, anche relativamente al diritto di difesa, quanto 
gi� affermato con la precedente sentenza 19 giugno 1974 n. 173, in questa Rassegna 
1974, l, 1043. 

668 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudiziaria. Essa appare pertanto rispondente all'esigenza di provvedere 
con immediatezza in ordine a situazioni quali la detenzione clandestina 

o abusiva, di armi, munizioni, o materie esplodenti, idonee,. per la loro 
stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l'ordine sociale 
(sentenza n. 173 del 1974); situazioni di fronte alle quali il legislatore ' 
ha ritenuto di dover ulteriormente intervenire con la legge 18 aprile 
1975, n. 110, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo 
delle armi, delle munizioni e degli esplosivi. 
D'altra parte, questa Corte ha gi� osservato che � la perquisizione 
� atto, per sua natura, sempre urgente e riservato, perch� ha come 
presupposto, ai fini della sua efficacia, l'elemento sorpresa�; il quale 
non consente ovviamente la possibilit� di preavvertire l'indiziato n� di 
attendere l'assistenza d'un difensore, perch� �anche, una pausa nello 
svolgimento delle operazioni di perquisizione, nonostante ogni oculata 
vigilanza, pu� rendere pi� agevole la fuga dell'indiziato ovvero la sottrazione 
e l'occultamento degli oggetti da sequestrare� (sentenza n. 123 del 
1974). La garanzia del diritto di difesa nelle perquisizioni domiciliari 
trova nella fattispecie limiti necessari in relazione alle esigenze costituzionalmente 
rilevanti di tutela della incolumit� e sicurezza pubblica, 
le quali giustificano pienamente, sotto il profilo della ragionevolezza, 
la disposizione denunciata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 111 -Pres. Rossi -Rel. Astuti 
-Regioni Emilia-Romagna, Lazio (avv. Roversi Monaco) e Toscana 
(avv. Cheli) c. Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Giorgio Azzariti). 

Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato -Decreto 
statale di trasferimento parziale del patrimonio forestale -lmpu,,,anatlva 
per conflitto � Inammissibilit�. 
(Cost., art. 134; l. 11 marzo 1953 n. 87, artt. 39-41). 

E inammissibile, per mancanza dell'atto statale di invasione della 
sfera 'di competenza regionale e del parametro costituzionale di riferimento, 
il conflitto di attribuzioni proposto dalle Regioni avverso i provvedimenti 
dello Stato di trasferimento parziale del patrimonio forestale 
(1). ' 

(Omissis). -1. -Cqn i ricorsi indicati in epigrafe le Regioni Emilia-
Romagna, Lazio e Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione 

(1) Si segnala l'importanza di questa sentenza in ordine alla precisazione 
dei presupposti di ammissibilit� del conflitto di attribuzioni tra Regioni e Stato. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

nei confronti dello Stato, in relazione ai decreti emanati dal Ministro 
per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura e le foreste, 
ip. data 10 maggio 1974, 14 agosto 1974 e 28 ottobre 1974, con i quali, in 
esecuzione del disposto dell'art. 11, quinto e sesto comma, della legge 
16 maggio 1970, n. 281, sono stati approvati gli elenchi delle foreste trasferite 
rispettivamente alle tre Regioni �in quanto facenti parte del 
patrimonio indisponibile dello Stato�, con le conseguenti disposiziorii 
relative alla loro consegna e temporanea gestione. 

Secondo l'assunto delle Regioni, i decreti ministeriali dianzi ricordati 
non comprenderebbero tutte le foreste appartenenti allo Stato il cui trasferimento 
� stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 1970; pertanto, 
emanando detti provvedimenti, omissivi di una parte dei beni 
oggetto di trasferimento al patrimonio indisponibile regionale, lo Stato 
avrebbe violato le attribuzioni delle Regioni, quali risultano dalle disposizioni 
degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dall'art. 11 della legge 
16 maggio 1970, n. 281, e dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 1. 

I giudizi sono stati riuniti, stante la sostanziale identit� delle questioni 
sollevate, con ordinanza 10 luglio 1975, con la quale la Corte, salva 
e impregiudicata ogni decisione sulle questioni pregiudiziali e di merito, 
ha disposto l'acquisizione di atti, documenti ed elementi relativi ai 
provvedimenti ministeriali che hanno dato luogo ai ricorsi. 

2. � Considerando lo speciale contenuto oggettivo di questi ricorsi, si 
impone, in via preliminare, l'esame di una grave questione di principio, 
che concerne la loro ammissibilit�. Per vero, a norma degli artt. 134 
della Costituzione e 39-41 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di 
attribuzione tra Stato e Regioni si verifica quando uno dei soggetti assuma 
che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza costituzionalmente 
garantita, facendo sorgere in concreto l'interesse a ricorrere 
�per il regolamento di competenza� (art. 39). 
Nella esperienza attuativa, quale si � riflessa nella giurisprudenza di 
questa Corte, la nozione del conflitto di attribuzione si � in certo senso 
estesa anche ad ipotesi in cui non tanto veniva contestata l'appartenenza 
del potere concretamente esercitato, quanto l'esercizio di tale potere, 
idoneo a determinare una lesione della sfera di attribuzione del soggetto 
ricorrente. Ma anche in tali ipotesi, oggetto della decisione � stato pur 
sempre l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale 
conseguente annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto 
privo del relativo potere, o comunque riconosciuto responsabile di invasione 
o menomazione della sfera di competenza propria dell'altro. A 
norma dell'art. 38 (richiamato dall'art. 41), la Corte �risolve il conflitto 
sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni 
in contestazione, e, ove sia stato emanato un atto viziato da 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

670 

incompetenza, lo annulla�: contenuto essenziale e principale della decisione 
� dunque una declaratoria di competenza. 
Ora, nelle fattispecie di cui � causa le Regioni non prospettano una 
invasione della loro sfera di competenza, �n� chiedono una dichiarazione 

o delimitazione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite; 
oggetto dei ri�orsi � invece una effettiva e diretta vindicatio rerum, chiedendosi 
precisamente l'accertamento della appartenenza di determinati 
beni forestali, che le Regioni assumono trasferiti al loro patrimonio indisponibile, 
e indebitamente trattenuti dallo Stato. 
Di fatto, nelle conclusioni formulate in calce ai tre ricorsi, sostanzialmente 
conformi, esse chiedono che la Corte dichiari di loro esclusiva 
spettanza e propriet� tutti i beni gi� appartenenti al demanio forestale 
dello Stato, ricadenti nell'ambito dei rispettivi loro territori, e conseguentemente 
dichiari l'illegittimit� in omittendo dei decreti ministeriali 
in quanto con essi non sarebbero stati individuati tutti i beni forestali 
il cui trasferimento � stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 
1970. E si deve infine tener presente che, nelle memorie scritte come nella 
discussione orale, i difensori delle Regioni hanno insistito nell'affermare 
che oggetto dei ricorsi sono diritti soggettivi delle Regioni, e che, pur 
trattandosi di diritti connessi o inerenti a potest� o funzioni pubbliche, 
non esiste parallelismo tra il trasferimento dei beni forestali disposto con 
la legge n. 281 del 1970, e il trasferimento delle funzioni amministrative 
in materia di agricoltura e foreste attuato, a norma della stessa legge, 
con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. 

3. -Tali essendo i termini formali � sostanziali della contestazione, 
ritiene la Corte che essa non possa sotto alcun profilo ricondursi allo 
schema proprio del conflitto di attribuzione. 
Anzitutto, non sembra possibile identificare gli atti dello Stato che 
avrebbero invaso la sfera di competenza delle Regioni nei decreti ministeriali 
di approvazione degli elenchi delle foreste trasferite alle Regioni, 
che si assumono illegittimi per omissione. L'atto invasivo o lesivo, quand'anche 
fosse possibile qualificare come tale un provvedimento incompleto 
o un comportamento omissivo, dovrebbe pur sempre essere idoneo 
a produrre un'immediata violazione o menomazione di attribuzioni, 
come, ad esempio, l'indebito rifiuto di adottare un provvedimento necessario 
affinch� una Regione sia posta in grado di esplicare un'attribuzione 
costituzionalmente ad essa spettante. Nei provvedimenti in questione 
non si ha, invece, nemmeno una manifestazione definitiva della volont� 
dello Stato, posto che i tre decreti, nell'art. 6, contengono l'espressa riserva: 
� con successivi decreti si provveder�... ad eventuali rettifiche o 
integrazioni�; ed anche la inosservanza del termine stabilito dall'art. 11, 
sesto comma, della legge n. 281 del 1970, a prescindere dal suo evidente 
carattere ordinatorio, non appare comunque tale da determinare, di 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

per s�, una diretta lesione o menomazione della potest� normativa o 
delle funzioni amministrative spettanti alle Regioni in materia di agricoltura 
e foreste a' sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, potest� 
e funzioni che ben possono essere esercitate -di massima -nei confronti 
dei beni forestali ricadenti nelle diverse Regioni indipendentemente 
dalla loro appartenenza ad enti pubblici o a soggetti privati. 

4. -Si deve, d'altra parte, rilevare come nella specie non sussista 
nemmeno un sicuro parametro costituzionale di riferimento, per la decisione 
del preteso conflitto. Secondo quanto dispone l'ultimo comma dell'art. 
39 della legge n. 87 del 1953, il ricorso per regolamento di competenza 
deve indicare � le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali 
che si ritengono violate�; in altri termini, la competenza che si 
pretende invasa o menomata deve essere determinata da una norma 
formalmente costituzionale. Anche norme di legge ordinaria possono 
concorrere a configurare il parametro, in quanto integrative o esecutive 
di norme costituzionali di competenza: ma queste ultime soltanto costituiscono 
la fonte del potere che si invoca e si assume invaso, e l'interesse 
a ricorrere per conflitto di attribuzione si concreta precisamente 
nella difesa dell'integrit� delle competenze costituzionalmente garantite 
a ciascuno degli enti o soggetti confliggenti. 
Con i ricorsi in questione si denuncia, invece, l'illegittimit� dei decreti 
ministeriali di individuazione dei singoli beni forestali trasferiti per 
pretesa violazione del disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge 
ordinaria n. 281 del 1970: il riferimento alle enunciative di ordine generale 
contenute negli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione non offre un 
puntuale parametro costituzionale, ed in effetti le pretese delle Regioni 
ricorrenti potranno trovare eventuale soddisfazione soltanto in sede di 
interpretazione ed applicazione di detto art. 11 e di altre norme di leggi 
ordinarie, o di atti aventi valore di legge ordinaria, come il d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 11. Questi rilievi sembrano decisivi ai fini di escludere che 
le contestazioni di cui � causa possano qualificarsi come conflitti di 
attribuzione. 

5. -Non sar� fuori luogo segnalare la differenza rispetto ad altri 
casi in cui la Corte ebbe gi� a statuire circa l'appartenenza di beni allo 
Stato o ad una Regione, ma in occasione di conflitti di attribuzione: tale 
in particolare quello deciso con sentenza 30 aprile -1959, n. 31, in cui si 
riconobbe che oggetto del giudizio era �in via principale l'appartenenza 
allo Stato o alla Regione di una potest� pubblica relativamente ad un 
bene�, la cui disponibilit� costituiva �soltanto un presupposto del legittimo 
esercizio di quella potest� �. 
Gli odierni ricorsi non hanno invece per oggetto alcuna contestazione 
circa le rispettive competenze dello Stato o delle Regioni, le quali sono 
completamente fuori discussione; e le pretese delle Regioni ricorrenti in 


�RASSEGNA DELL'.AWOCATURA DELLO STATO 

ordine all'appartenenza e titolarit� dei beni forestali non compresi negli 
elenchi approvati con i decreti ministeriali, di cui si denuncia l'illegittimit� 
per omissione, vengono prospettate con riferimento all'asserita violazione 
della. legge n. 281 del 1970, non di norme costituzionali sulla competenza, 
o sull'attribuzione di detti beni. 

6. -La difesa della Regione Lazio ha osservato che �l'attribuzione 
alle Regioni del patrimonio forestale gi� statale riveste carattere strumentale 
rispetto alla funzione primaria� di tutela forestale trasferita alle 
Regioni in virt� degli artt. 117 e 118 Cost. �; che, trattandosi di diritti 
strettamente connessi ed anzi inerenti a potest� pubbliche delle Regioni, 
ne seguirebbe � la competenza esclusiva di codesta Corte a conoscerne �. 
A prescindere dalla palese contraddittoriet� tra questo argomento e 
quelli gi� ricordati circa l'inesistenza di collegamento o parallelismo tra 
il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile delle Regioni 
disposto con la legge n. 281 del 1970, ed il trasferimento alle Regioni 
stesse delle funzioni amministrative attuato con il d.P.R. n. 11 del 1972, 
si deve rilevare che la funzione primaria di tutela forestale, cos� come � 
le altre funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste, trasferite 
alle Regioni a statuto ordinario a' sensi degli artt. 117 e 118 della 
Costituzione, non possono dirsi, allo stato, oggetto di lesione da parte di 
atti del Governo invasivi della sfera di competenza garantita dalla Costituzione 
a queste Regioni. 

La sicura conferma di questi concetti � offerta dalle risultanze della 
disposta istrutt~ria, le quali dimostrano con chiara ..,evidenza come una 
eventuale declaratoria o delimitazione, da parte di questa Corte, delle 
competenze trasferite alle Regioni e riservate allo Stato, non sarebbe 
comunque idonea a dirimere il preteso conflitto, in ordine alla concreta 
attribuzione alle Regioni o allo Stato delle diverse categorie di beni che 
si assumono oggetto di trasferimento ed illegittimamente non inclusi 
negli elenchi delle foreste trasferite. Dalla documentazione prodotta in 
giudizio emerge infatti che ai fini dell'interpretazione ed attuazione del 
disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge n. 281 del 1970, saranno 
indispensabili approfondite indagini, di diritto e di fatto, per la identificazione 
delle � foreste che a norma delle leggi vigenti appartengono allo 
Stato�, a cui si riferisce l'art. 11. 

Tra i numerosi beni tuttora posseduti dallo Stato, o per esso dalla 
Azienda statale per le foreste demanali, oggetto di generica rivendicazione 
da parte delle Regioni ricorrenti, alcuni sono sicuramente foreste, 

o pertinenze di foreste, per altri invece viene contestato che siano qualificabili 
come tali: basti ricordare, solo ad esempio, il complesso immobiliare 
della storica abbazia di Vallombrosa. Alla A.S.F.D., nei corso dei 
tempi, lo Stato non ha affidato soltanto l'amministrazione e gestione di 
boschi e compendi silvo-pastorali, ma anche quella di molti altri beni 

PARTE� I,� SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

rurali aventi diversa natura (aziende agricole e zootecniche, con gran 
numero di capi di bestiame; altri beni immobili ed impianti connessi 
ad attivit� non forestali). D'altra parte, per la concreta individuazione di 
diverse categorie di beni, classificati �come � patrimoniali indisponibili � 
non per caratteri naturali, ma per virt� di specifica destinazione a funzioni 
o servizi pubblici, si renderanno necessari precisi accertamenti di 
merito, anche di carattere tecnico, i quali potranno bens� essere effettuati 
nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali, ma certo 
esorbitano dalla competenza di questa Corte, quale giudice nei conflitti 
di attribuzione. -(Omissis). 

CORTE. COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 112 -Pres. Rossi -Rel. Astuti 
-Androvandi (n.c.). 

Procedimento penale -Fase istruttoria -Termine per la presentazione delle 
conclusioni da parte del difensore � Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 372). 

Non � fondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 

la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 372 cod. proc. pen. che 

impone. al difensore dell'imputato un termine di cinque giorni,� proro� 
' gabile una sola volta, per presentare le sue istanze e memorie. 

(Omissis). -Per quanto concerne la denunciata disposizione dell'articolo 
372, la questione non � fondata. Il termine ivi previsto pu� essere 
prorogato dal giudice � per quel tempo che egli ritiene assolutamente 
indispensabile�, e d'altra parte, come lo stesso tribunale di Pisa gi� 
aveva riconosciuto nella sua precedente ordinanza del 18 gennaio 1971, 
ricordata dal giudice � quo, eliminare quel termine di decadenza � equivarrebbe 
a lasciare al beneplacito del difensore la chiusura della fase 
istruttoria, e questo � senza dubbio un risultato eccessivo rispetto all'obiettivo 
di garantire l'esercizio del diritto di difesa�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 maggio 1976, n. 115 (ordinanza) -Pres. Rossi 
-Rel. Astuti -Regione siciliana (avv. Aula) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Corte costituzionale -Conflitto di attribuzioni � Sospensione dell'atto impugnato 
-Ragione di diniego. 

(L. 11 marzo 1953 n. 87, art. 40). 
Nel caso di conflitto positivo di attribuzioni non pu� aversi sospensione 
dell'esecuzione dell'atto impugnato, quando l'entit� soggettiva ricor



674 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rente (nella specie, la Regione) ha emesso -essa pure -un proprio 
atto, successivo a quello impugnato, disponendo diversamente da quanto 
disposto con l'atto impugnato (1). 

(Omissis). -Ritenuto che la Regione siciliana, con il ricorso di cui 
in epigrafe, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello 
Stato chiedendo l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del 
decreto emanato dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro 
per il tesoro, il 3 febbraio 1976, �Norme per l'attuazione dell'art. 17, 
terzo comma, della legge 2 dicembre 1975, n. 576, concernente dispositioni 
in materia di imposte sui redditi e sulle successioni�, pubblicato nella 
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49 del 24 febbraio 1976, e del telegramma 
del Ministro per le finanze in data 29 marzo 1976, n. 15/01615. 


(Omissis). 

Che peraltro l'Assessore per le finanze della Regione siciliana, con 
circolare in data 11 marzo 1976, n. 11332 ha disposto che, nell'ambito del 
territorio della Sicilia, le aziende di credito delegate al pagamento dell'imposta 
sul reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione 
annuale dei redditi ai sensi dell'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, 

n. 576, devono effettuare il versamento della predetta imposta alla competente 
Cassa regionale -gestione Banco di Sicilia -e non alla locale 
sezione di tesoreria provinciale dello Stato; ed inoltre, successivamente 
all'impugnato telegramma ministeriale, con decreto 1� aprile 1976, n. 173, 
ha confermato tale disposizione. -(Omissis). 
Considerato che, essendo sopravvenuto il decreto assessoriale 1� aprile 
1976, n. 173, non sussistono, allo stato, le gravi ragioni che possono 
giustificare l'accoglimento dell'istanza di sospensione, ai sensi dell'art. 4(} 
della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 28 delle Norme integrative 
del 16 marzo 1956 per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 


(Omissis). 

(1) Cfr. la ordinanza Corte cost 15 gennaio 1976 n. 13, in questa Rassegna, 
supra, 17. 
CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 116 -Pres. e rel. Oggioni Penta 
(n.c.). 

Impiego pubblico -Indennit� di anzianit� e sostitutiva del preavviso. Com


pensi aventi carattere continuativo -Devono essere computati. 

(Cost. art. 3; cod. civ., artt. 2118, 2120 e 2121; d.!. 4 aprile 1947 n. 207, art. 9). 

La disciplina legislativa speciale in tema di indennit� di anzianit� e 
di indennit� sostitutiva del preavviso dettata per i dipendenti non di 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 675 

ruolo dello Stato � costituzionalmente illegittima per �violazione dell'articolo 
3 Cast., nella parte in cui si discosta dalla disciplina in proposito 
dettata dal codice civile e da leggi regolatrici del rapporto di impiego 
privato; in particolare, nella commisurazione delle anzidette indennit� 
deve tenersi conto di ogni compenso di carattere continuativo, e l'indennit� 
sostitutiva del preavviso deve essere corrisposta anche nel caso di 
de'cesso del dipendente (1). 

(Omissis). -1. � Il Consiglio di Stato, con l'ordinanza indicata in 
epigrafe, solleva, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 9, commi primo e secondo, 
del decreto legislativo C.P.S. 4 aprile 1947, n. 207, nella parte in cui di


(1) L'ordinanza di rimessione Cons. Stato, IV, 22 giugno 1973 n. 1, � in 
Gazz. Uff. n. 48 del 20 febbraio 1974. 
La sentenza in rassegna costituisce un importante passo nel senso di una 
reductio ad unum delle molteplici discipline finora operanti in materia di indennit� 
di fine rapporto (di anzianit� e sostitutiva del preavviso) a favore dei dipendenti 
da enti pubblici. Il giudice amministrativo aveva in passato pi� volte 
affermato essere la disciplina legislativa dettata dal codice civile applicabile solo 
in via sussidiaria, e cio� � solo ove non esista in materia una apposita (speciale) 
disciplina legislativa o regolamentare� (cos�, tra le molte, C�ns. Stato, IV, 20 aprile 
1971 n. 469, in Cons. Stato, 1971, I, 746; IV, 21 novembre 1972 n. 1126, ivi, 1972, I, 1975; 
VI, 19 giugno 1973 n. 284, ivi, 1973, I, 1129; VI, 16 novembre 1973 n. 510, ivi, 1973, 
I, 1736). 

Il principio ora enunciato dalla Corte Costituzionale, principio il cui ambito 
di applicazione dovrebbe interessare i dipendenti di tutti gli enti pubblici (e cio� 
anche degli enti pubblici economici), conduce a ritenere che l'inciso �salvo che 
il rapporto sia diversamente regolato dalla legge� contenuto nell'art. 2129 cod. civ. 
non possa operare per la materia delle indennit� di fine rapporto, le quali debbono 
rimanere disciplinate esclusivamente dalle disposizioni del codice civile, 
senza possibilit� di deroghe sia introdotte con legge sia -e a fortiori -concesse 
con regolamento. Ovviamente, il principio evidenziato opera in tutte le direzioni, 
e quindi esclude non soltanto i trattamenti meno favorevoli ma anche i trattamenti 
pi� favorevoli per il lavoratore; del resto, il criterio della prevalenza delle 
� condizioni pi� favorevoli ai prestatori di lavoro � (art. 2077 cod. civ.) non � chiamato 
a regolare le antinomie tra disposizioni legislative e disposizioni regolamentari. 


Non � necessario spendere molte parole per sottolineare come il principio 
enunciato dalla Corte Costituzionale sia coerente con le esigenze -oggi particolarmente 
avvertite -di perequazione dei trattamenti retributivi nel settore del� 
l'impiego pubblico e, pi� in generale, dell'impiego con enti pubblici; esigenze 
queste che necessariamente impongono un contenimento delle autonomie regolamentari 
(in tal senso opera la legge 20 marzo 1975 n. 70), cos� come impongono 
limitazioni all'autonomia collettiva. 

La buonuscita E.N.P.A.S. a favore dei dipendenti statali di ruolo ha natura 
diversa dall'indennit� di anzianit� (cfr. da ultimo, Corte Cost. 19 giugno 1973 n. 82, 
in Foro it., 1973, I, 2372, e 21 marzo 1974 n. 95, in Cons. Stato, 1974, II, 358). Tuttavia, 
non � escluso che anche la disciplina normativa di detta .buonuscita risenta, 
per qualche aspetto, della tendenza alla unificazione test� rilevata. 



676 RASSEGNA DELL'AVVOC�TURA DELLO STATO 
spone che �la indennit� di licenziamento sia liquidata sulla base della 
sola retribuzione goduta all'atto del licenziamento (o della morte) e per la 
parte in cui prevede la corresponsione della indennit� di preavviso per il 
sol<> caso di li,cenziamento per motivi non disciplinari e non anche per 
quello di decesso del dipendente �. 
2. � La questione � fondata. 
Il Consiglio di Stato esattamente mette a raffronto, in ordine ai detti 
due problemi sui quali era stato chiamato a pronunciarsi, la disciplina 
dettata dal codice civile e da leggi speciali per il rapporto di impiego 
privato (ed in particolare le norme di cui agli artt. 2118 e 2121 del codice 
civile) e quella applicabile al rapporto de quo (e precisamente le norme 
sui dipendenti non di ruolo dello Stato 'previste dal decreto legislativo 
n. 207 del 1947, ed in base,all'art. 78 del regolamento organico dell'Istituto 
�G. Eastman � con il quale il detto rapporto si era svolto). 
E del pari esattamente rileva, a proposito della situazione giuridica 
del personale di codesto istituto (ente pubblico costili,uito con decreto 
reale del 10 luglio 1930), l'esistenza di una �palese disparit� di trattamento 
nei confronti dei prestatori di lavoro disciplinati da norme di 
diritto privato �. 
Ed infatti, mentre l'art. 2121 del codice civile dispone che le inden( 
nit� di cui agli artt. 2118 e 2120 debbono calcolarsi � computando le 
provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti 
e ogni altro compenso di carattere continuativo �, il primo comma 
delra:rt.-9 citato, in caso di cessazione del rapporto di impiego non di 
ruolo, stabilisce che l'indennit� sia commisurata alla � sola retribuzione 
in godimento all'atto della cessazione stessa�; e, in caso di morte del prestatore 
di lavoro,� secondo l'art. 2122 del codice civile, sono dovute le 
i?dennit� di preavviso e di anzianit� e, invece, secondo il ripetuto art. 9, 
la corresponsione della prima delle -due indennit� anzidette non � prevista 
nel caso di decesso del dipendente. 
Orbene, il differente trattamento giuridico che viene usato nei confronti 
del personale non di ruolo della pubblica amministrazione non 
trova riscontro e giustificazione in una situazione giuridica o di fatto di 
codesto per.sonale, ch� anzi, pur non potendosi negare l'esistenza di profili 
ed elementi per cui il rapporto di pubblico impiego debba essere 
tenuto distinto da quello di impiego privato, esistono sicuri punti di contatto 
o di identit� (e tra questi rientrano quelli in considerazione). 
N� d'altra parte soccorrono ragioni a sostegno della razionalit� della 
rilevata disparit� di trattamento (posta in essere, nonostante l'assimilabilit� 
delle situazioni sostanziali di base): tuho ci�, salvo verifica, caso 
per caso, della rispondenza delle singole voci retributive ai requisiti pre' 
visti dalla suindicata .legge generale e comune. -(Omissis). !: 
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PARTE I, SEZ. I, 'GIUR1SPRUDENZA COSTtTUZIONALE 677 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 117 -Pres. Oggioni -Rel. 
De Stefano -Forte (n.c.). 

Lavoro � Distinzione tra impiegati e operai � Contrasto con il principio di 
eguaglianza -Non sussiste salvo valutazioni su singoli istituti. 
(Cost. art. 3; r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825). 

Lavoro -Lavoro domestico -Distinzione tra impiegati e lavoratori manuali Differenze 
in tema di ferie, preavviso e indennit� di anzianit� � Non 
sono costituzionalmente illegittime. 
(Cost. art. 3; 1. 2 aprile 1958 n. 339, artt. 10, 16 e 17). 

N~n pu�, allo stato, considerarsi superata la distinzione tra impiegati 
e operai, e resta affidato agli strumenti dell'autonomia collettiva e 
dell'intervento legislativo l'ulteriore sviluppo della tendenza alla parificazione 
del trattamento delle due indicate categorie; pertanto, le differenze 
di trattamento tra esse non possono apoditticamente ritenersi ingiustificate 
ma devono essere singolarmente valutate ai fini di vagliarne 
la conformit� al principio di eguaglianza (1). 

Non contrastano� con l'art. 3 Cast. le differenze previste dalla legge 
2 aprile 1958, n. 339 sul lavoro domestico, tra personale impiegatizio e 
prestatori d'opera manuale, in tema di durata delle ferie, durata del 
preavviso e commisurazio_ne dell'indennit�� di anzianit� (2). 

(Omissis). -Ora, � noto che a siffatta distinzione (tra impiegati e 
operai), anche se basata su criteri incerti e controversi, si accompagnavano, 
in origine, accentuate differenze di disciplina, in quanto la categoria 
degli operai restava in gran parte esclusa.dalla tutela del rapporto 
di lavoro, apprestata� per gli impiegati. Questa diversit� si � andata nel 
tempo attenuando, come si evince dal codice �civile del 1942, che ha 
esteso i principali istituti, progressivamente elaborati sul piano legislativo 
e dei contratti collettivi, a tutti i lavoratori subordinati, pur prevedendo 
che i contenuti degli istituti medesimi possano variare a seconda 
della qualifica del lavoratore e del settore di lavoro (cos�, per le ferie 
annuali, l'art. 2109 e.e.; per il preavviso, l'art. 2118 e.e.; per l'indennit� 
di anzianit�, l'art. 2120 e.e.). Il processo evolutivo, tuttora in corso, � 
indubbiamente contraddistinto dalla tendenza versq una sostanziale parificazione, 
in parte gi� realizzata, del trattamento normativo delle due 
indicate categorie; ma la sua maturazione ed il suo ulteriore svolgimento 
restano soprattutto affidati agli strumenti dell'autonomia coll�t


(1-2) Nella sentenza in esame, la Corte Costituzionale ha lasciato aperta la 
possibilit� di distinguere, di volta in volta, quali diversit� di trattamento tra 
impiegati e operai siano compatibili con il principio di eguaglianza. 



678 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tiva e dell'intervento legislativo, chiamati a contemperare esigenze socioeconomiche 
non sempre univoche. Non pu�, dunque, allo stato considerarsi 
superata la cennata distinzione fra le due categorie, e da ci� apoditticamente 
inferirsi come ingiustificate talune disparit� di trattamento; 
le eventuali differenze devono, invece, essere singolarmente valutate, ai 
fini di vagliarne la conformit� al principio di eguaglianza, alla stregua 
delle ragioni che sono alla I.oro base e delle esigenze al cui soddisfacimento 
esse sono preordinate. 

Le considerazioni innanzi svolte appaiono suscettibili di proficua 
applicazione anche nell'ambito del lavoro domestico, nel quale -pur 
dopo la dichiarata illegittimit� costituzionale dell'art. 2068, comma se.
condo, e.e., nella parte in cui disponeva che fossero sottratti alla disciplina 
del contratto collettivo i rapporti di lavoro concernenti le prestazioni 
di servizi di carattere domestico (sentenza n. 68 del 1969) -permane 
quella situazione di scarsa incisivit� dell'autonomia collettiva, constatata 
da questa Corte nella sentenza n. 101 del 1968, ed �, quindi, tuttora 
preminente l'intervento del legislatore. -(Omissis). 

Alla luce di quanto sin qui detto, passando all'esame delle denunciate 
disparit� di trattamento, va innanzi tutto rilevato, per quanto 
.concerne la diversit� di durata del periodo di ferie annuali, che essa 
appare di modesta entit�; infatti, ai sensi �dell'art. 10 della citata legge 

n. 339 del 1958, ove l'addetto ai servizi domestici abbia maturato una 
anzianit� non superiore ai cinque anni, � indiscriminatamente garantito 
un periodo di quindici giorni consecutivi, non r�levando si tratti di 
personale impiegatizio o di prestatori d'opera manuale; e soltanto nella 
ipotesi di maggiore anzianit� sono garantiti ai primi cinque giorni in 
pi� rispetto ai secondi (venticinque anzich� venti). 
A parte, poi, la constatazione che nell'ambito del lavoro subordinato 
il regime della durata delle ferie in generale � estremamente variabile da 
categoria a categoria e da settore a settore, ben pu� riconoscersi che la 
moderata e circoscritta limitazione del periodo delle ferie per le mansioni 
pi� modeste del lavoro domestico, trova giustificazione nelle peculiari 
esigenze della convivenza familiare. -(Omissis). 

Adeguata giustificazione alla diversit� dei termini di preavviso (articolo 
16 della citata legge n. 339 dt:l 1958) -anche in tal caso ricorrendo 
la constatazione della loro variabilit� nell'ambito del lavoro subordinato 
-va del pari riconosciuta nella maggiore difficolt� che il personale 
impiegatizio domestico (precettore, maggiordomo, ecc.) potrebbe certamente 
incontrare -rispetto ai prestatori d'opera manuale (cameriere, 
domestiche tuttofare, ecc.) -nella ricerca di nuova occupazione, alla 
quale d'altronde corrisponde la maggiore difficolt� del datore di lavoro 
di procedere alla sua sostituzione, atteso che l'obbligo del preavviso sussiste 
anche da parte del dipendente che spontaneamente si licenzi. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 679 

Infine, per quanto concerne la diversa misura dell'indennit� di anzianit� 
(art. 17 della citata legge n. 339 del 1958), trovano appropriata 
applicazione alla questione in esame le considerazioni svolte nella sentenza 
di questa Corte n. 18 del 1974. In essa, infatti, premesso che, secondo 
la ormai costruite giurisprudenza della Corte, a decorrere dalla 
sentenza n. 3 del 1966, va riconosciuta all'indennit� di anzianit� natura e 
funzione di retribuzione differita, si afferma che la sua diversificazione 
ben pu� essere vista sotto il profilo della valutazione della diversa qua: 
lit� del lavoro prestato dall'impiegato e dall'operaio. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 118 -Pres. Rossi -Rel. De 
Stefano -Fiorini (avv. Ventura), Sindacato scuola C.G.I.L. di Palermo 
(avv. Cheli), Presidente Consiglio dei Ministri, A.S.S.T. e Ministeri 
della pubblica istruzione� e delle Poste e Telecom. (sost. avv. 
gen. dello Stato Carafa e Zagari). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Proposizione 
� Preclude la possibilit� di sollevare questioni di legittimit� 
costituzionale. 
(Legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1, art. 1; c.p.c., artt. 41 e 367). 

Impiego pubblico � Statuto dei lavoratori -Applicabilit� soltanto nelle 
ipotesi di lacune della disciplina del pubblico impiego. 
(Cost., art. 3; l. 20 maggio 1970 n. 300, art. 37). 

Impiego pubblico statale � Statuto dei lavoratori -Inapplicabilit�. 
(Cost., artt. 3 e 24; l. 20 maggio 1970 n. 300, artt. 28 e 37). 

Il ricorso per regolamento d� giurisdizione produce la sospensione del 
processo in corso dinanzi al giudice di merito e spoglia tale giudice di 
ogni potestas iudicandi (salvo� il compimento degli atti urgenti), e pertanto 
gli preclude la possibilit� di sollevare questioni di fogittimit� costituzionale 
(1). 

(1) La sentenza in esame implicitamente conferma ancora una volta la legittimit� 
costituzionale (recentemente posta in dubbio da T.A.R. Lazio, I, ord. 3 
marzo 1976, in Gazz. Uff. n. 246 del 15 settembre 1976) sia dell'istituto del regolamento 
preventivo di giurisdizione sia dell'effetto di sospensione del processo 
in corso. In precedenza, nel senso che l'istituto de quo � � ampiamente giustificato 
da esigenze di economia processuale � la sentenza Corte Cost. n. 135 del 1975 (in 
.questa Rassegna, 1975, I, 630); cfr. anche la sentenza n. 221 del 1972 (in Giur. it., 
1973, 1, I, 833). 
Sulla sospensione del giudizio amministrativo in seguito alla proposizione di 
regolamento di giurisdizione, cfr., tra le pi� re�enti, Cons. Stato, V, 30 settem� 
bre 1975 n. 1233 (in Cons. St., 1975, I, 1018) e T.A.R. Friuli V.G. 16 gennaio 1976 

n. 111 (in Trib. amm. reg., 1976, I, 899). 

680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le disposizioni della legge n. 300 del 1970 trovano applicazione soltanto 
nelle ipotesi di lacune della disciplina legislativa o regolamentare 
del rapporto di impiego con l'ente pubblico non economico ed hanno 
quindi una funzione suppletiva e integratrice; le differenze che tuttora 
intercorrono tra impiego privato e impiego pubblico guistificano le disuguaglianze 
conseguenti da tale limitata applicazione del c.d. Statuto dei 
lavoratori (2). 

Le disposizioni della legge n. 300 del 1970 non trovano applicazione 
r]el rapporto di impiego statale; n� trova applicazione l'art. 28 di detta 
legge, ove si ritenga essere le associazioni sindacali dei dipendenti statali 
legittimate a tutelare le libert� sindacali dinanzi al giudice amministrativo 
in sede di giurisdizione generale di legittimit� (3). 

(Omi.ssis). -2. -Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilit� 
opposta dall'Avvocatura dello Stato alla questione sollevata 
dal pretore di Milano, per essere stata la relativa ordinanza emessa dopo 
che la parte resistente aveva gi� proposto ricorso alle sezioni unite della 
Corte di cassazione per regolamento di giurisdizione. 

La Corte ha gi� affermato (sentenza n. 221 del 1972 e n. 135 del 1975) 
che � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata 
dal giudice di merito dopo la proposizione di ricorso per regolamento di 
giurisdizione, in quanto tale ricorso spoglia il giudice stesso di ogni competenza 
a conoscere o a disporre della o sulla questione di giurisdizione. 
In tal caso, giova soggiungere, non � in discussione la pregiudizialit� 

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(2-3) Nella sentenza 9 novembre 1974 n. 3477 (in Foro it., 1974, I, 3282), la f 
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Corte di Cassazion.e (Sez. Un.) aveva enunciato i seguenti principi: � Se la normaff 
tiva degli enti pubblici non economici, pur regolando in genere la materia della 
libert� e dell'attivit� sindacale nei luoghi di lavoro, non garantisce tutti i diritti 
che lo statuto, in attuazione, del resto, di inderogabili principi sanciti dalla Costituzione, 
riconosce e tutela, a colmare le eventuali lacune debbono trovare applicazione 
le norme dello statuto; ... nel procedimento instaurato davanti al giudice 
amministrativo l'organismo locale dell'assocazione sindacale pu� interv�nire a 
sostegno dell'interesse del lavoratore, che coincide con il suo interesse, ed il 
giudice amministrativo, con i suoi poteri di annullamento e, prima ancora, con 
il provvedimento di sospensione che pu� adottare anche in via di urgenza, pu�, 
con relativa prontezza e con piena efficacia, rimuovere gli effetti della condotta 
anti-sindacale; � possibile, quindi, conseguire con il procedimento in sede giurisdizionale 
amministrativa risultati sostanzialmente identici a quelli che si possono 
ottenere con la procedura, nuova e speciale, prevista dall'art. 28, laddove 
eguali effetti, salva l'ipotesi particolare di -cui all'art. 18 dello stesso statuto, non 
possono essere conseguiti nel giudizio davanti al giudice ordinario, avente giurisdizione 
in materia di impiego pubblico con enti economici; ... deve escludersi 
la titolarit� in capo al sindacato di una azione autonoma ex art. 28 dello statuto, 
nella ipotesi in cui il dipendente dell'ente pubblico non economico abbia aditoil 
giudice amministrativo competente a conoscere in via esclusiva del suo rap-~ 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 681 

dell'una questione rispetto all'altra: problema che si porrebbe, invece, 
per il giudice nella pienezza dei suoi poteri. Intervenuta che sia, per 
effetto del combinato disposto degli artt. 41 e 367 c.p.c., la sospensione 
del processo in corso, non possono, da quel momento, essere compiuti 
atti del procedimento (art. 298 c.p.c.), e dunque � preclusa al giudice ogni 
pronuncia anche sulle pregiudiziali e sul loro ordine. Ben vero che egli, 
dopo la proposizione del ricorso ed anche dopo l'emissione dell'ordinanza 
di sospensione del processo, � tuttavia legittimato -per il disposto 
dell'art. 48, comma secondo, c.p.c., dettato per il regolamento di 
competenza e ritenuto applicabile anche al regolamento di giurisdizione 
-ad aut6rizzare il compimento degli atti che reputi urgenti, ivi 
compresi quelli d'istruzione preventiva (art. 699 c.p.c.); ma sempre che 
tali atti -ha osservato la Corte (sentenza n. 73 del 1973) -non siano 
comunque connessi alla pronuncia sulla giurisdizione, stante l'automatismo 
con cui, ipso iure, la questione concernente quest'ultima � stata sottratta 
alla sua cognizione, e devoluta a quella delle sezioni unite della 
Corte di cassazione. Nel caso degli atti urgenti, dunque, il giudice di 
merito appare legittimato anche a sollevare questioni di costituzionalit�, 
ma sempre che esse, riferendosi esclusivamente alle norme da applicare 
per il compimento degli stessi, in tale limitato ambito siano rilevanti 
(sentenza n. 177 del 1973). 

Nella specie, il regolamento preventivo, che investe la giurisdizione 
proprio in ordine al procedimento previsto dall'art. 28 dello Statuto dei 
lavoratori, preclude il compimento di atti inerenti al procedimento stesso 

porto d'impiego; ... coordinare i mezzi di tutela giurisdizionale del diritto del 
singolo non significa negare o limitare la detta tutela, ma solamente articolarla 
nel modo che il legislatore, utilizzando la riserva di cui al gi� menzionato 3� comma 
dell'art. 113 Costituzione, ha ritenuto pi� conveniente �. 

Nello steso senso, le sentenze Cass. S.U. 9 novembre 1974 n. 3476 (ivi, 3282), 
11 novembre 1974 n. 3504 (Mass. Giur. Lav., 1975, 73) e 19 novembre 1974 n. 3700 
(Sett. giur., 1975, II, 178). In precedenza, FAVARA, Statuto dei lavoratori, impiego 
pubblico statale, e riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, in questa 
Rassegna. 1972, I, 576. 

Recentemente, nella relazione dell'Avvocato Generale dello Stato per gli anni 
1971-1975 (vol. III, 98) si � scritto: �Il discorso sulla configurazione di interessi 
legittimi "propri" (e della conseguente legittimazione a ricorrere) delle associazioni 
sindacali potr� arricchirsi di nuovi rapporti, se tali associazioni ricercheranno 
dinanzi al Giudice amministrativo (anzich� con improponibili ricorsi ex 
art. 28 della legge 28-10-1970, n. 700) la tutela delle posizioni loro riconosciute 
dalla disciplina "di diritto amministrativo " delle attivit� sindacali nel settore 
pubblico�. 

La Corte costituzionale, con la sentenza in esame, conferma la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura dello Stato e gi� accolta dalla Corte di Cassazione. Cfr., sul 
punto, anche la sentenza T.A.R. Lazio, I, 3-9-1975 n. 602, in Trib. amm. reg.; 
1975, I, 2508. 



682 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

finch� operi la sua sospensione, e comporta quindi la inammissibilit� 
della questione di legittimit� costituzionale, sollevata successivamente 
alla proposizione del regolamento, in relazione appunto alla stessa nor-mativa 
concernente la giurisdizione. Con ci� prescindendo dalla circo� 
stanza che, nelle more del giudizio, le investite sezioni unite della Corte 
di cassazione hanno dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione del 
pretore di Milano a conoscere della proposta azione. 

3. -L'art. 37 dello Statuto dei lavoratori viene denunciato sotto un 
duplice profilo, e cio� in quanto escluderebbe �l'applicabilit� dello Statuto 
medesimo: a) parzialmente ai rapporti d'impiego dei dipendenti dagli 
enti pubblici che non svolgano esclusivamente o prevalentemente 
attivit� economica; b) totalmente al rapporto d'impiego dei dipendenti 
dello Stato. 
Sotto il primo profilo, si assume, nelle ordinanze dei pretori di Ceccano 
e di Palermo, che detto articolo contrasti con l'art. 3 della Costituzione, 
nella parte in cui, dopo aver sancito l'applicazione delle disposizioni 
della legge n. 300 del 1970 ai rapporti di lavoro e d'impiego dei 
dipendenti da enti pubblici economici, tale applicazione dispone altres� 
per i rapporti d'impiego dei dipendenti da enti pubblici non economici, 
escludendola, per�, per questi ultimi, nel_caso che � la materia sia diversamente 
regolata da norme speciali �. Da ci� conseguirebbe � una ingiu� 
stificata diversificazione tra i lavoratori a seconda che essi dipendano da 
un'amministrazione pubblica avente finalit� economiche o da un'altra 
amministrazione egualmente pubblica, che tali finalit� non abbia�. Per 
effetto della cennata salvezza, infatti, nella controversia innanzi al pretore 
di Ceccano la esistenza di una norma del regolamento comunale, 
che prevede la effettuazione di visite fiscali a mezzo di sanitari di 
fiducia dell'amministrazione, impedirebbe l'applicazione dell'art. 5 dello 
Statuto, che vieta, invece, gli accertamenti sanitari da parte del datore 
di lavoro, consentendo soltanto il controllo delle assenze per infermit� 
a mezzo dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali. E nella controversia 
innanzi al pretore di Palermo, i principi generali del pubblico 
impiego che subordinano il conferimento delle qualifiche e delle funzioni 
a formali atti di nomina o di promozione, niuna rilevanza giuridica accordando 
all'esercizio di fatto di mansioni superiori, impedirebbero l'applicazione 
dell'art. 2103 del codice civile, nel testo sostituito dall'art. 13 
della legge n. 300 del 1970, che riconosce, invece, in questa ipotesi al 
prestatore di lavoro il diritto al trattamento corrispondente all'attivit� 
svolta e, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e comunque non 
superiore a tre mesi, l'assegnazione definitiva alle anzidette mansioni. 
Vero che, nella fattispecie sottoposta alla cognizione del pretore di Palermo, 
l'art. 83 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 19 giu




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

gno 1971 prevede espressamente l'applicabilit� dello Statuto dei lavoratori 
ai dipendenti dagli istituti autonomi delle case popolari; e su c10 
ha fatto leva l'Avvocatura dello Stato per eccepire pregiudizialmente la 
irrilevanza della questione. Ma il giudice a quo ha ritenuto che a siffatta 
disposizione non possa riconoscersi � una forza tale da influenzare il 
principio del carattere formale della disciplina del pubblico impiego per 
quanto riguarda lo stato giuridico dei dipendenti degli enti pubblici�, 
e che, in conseguenza, il giudizio non possa venir definito indipendentemente 
dalla risoluzione della sollevata questione; il che, ad avviso della 
Corte, � sufficiente a suffragarne la rilevanza, respingendo l'eccezione 
all'uopo opposta dall'Avvocatura dello Stato. 

~a questione d'incostituzionalit� dell'art. 37, nella parte relativa agli 
enti pubblici non economici, � stata anche proposta dal tribunale di Torino, 
ne.Ha ordinanza con la quale �ha sollevato l'altra questione, che 
concerne il rapporto d'impiego dei dipendenti dello Stato. La prima va 
dichiarata inammissibile, risultando evidente la mancanza del requisito 
della rilevanza: infatti, la controversia sot.toposta a quel giudice s'incentra 
esclusivamente sull'applicabilit� o meno dello Statuto in ordine al 
comportamento di un provveditore agli studi, asserito limitativo del diritto 
di riunione del personale doce~te, e in essa � dunque rilevante solo 
la seconda questione, della quale si tratter� in seguito. 

4. -Esaurito con ci� l'esame delle eccezioni pregiudiziali e venendo 
al merito della questione proposta dai pretori di Ceccano e di Palermo, 
la Corte ritiene che la stessa non sia fondata. 
Il laborioso iter parlamentare, da cui � scaturito lo Statuto, pone 
in evidenza come primario intento del legislatore sia stato l'apprestare 
efficace tutela della posizione dei lavoratori subordinati nell'organizzazione 
dell'impresa. Il rapporto d'impiego pubblico, inizialmente rimasto 
estraneo alla emandanda disciplina, solo in un secondo tempo � stato 
preso in considerazione, distinguendosi tra i dipendenti da enti pubblici 
econo.mici, ai cui rapporti di lavoro e d'impiego veniva estesa la normativa 
statutaria, e i dipendenti degli uffici e delle aziende dello Stato, delle 
Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti pubblici, per i quali 
si prevedeva la successiva emonazione di norme delegate, intese ad uniformare, 
compatibilmente con la natura del rapporto, il loro trattamento 
giuridico alle disposizioni dello Statuto. Peraltro, nella stessa sede parlamentare 
anche il ricorso alla delega fu poi disatteso e venne definitivamente 
sostituito con la vigente formula, che contempla l'applicazione delle 
disposizioni statutarie ai rapporti d'impiego degli � altri � enti pubblici 
(diversi, cio�, da quelli economici, per i quali l'applicazione � rimasta 
estesa sic et simpliciter), �salvo che la materia sia diversamente regolata 
da norme speciali�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

684 

Alla� cennata funzione primaria e immediata, cui lo Statuto dei lavoratori 
� chiamato ad assolvere, si � cos� affiancata una funzione suppletiva 
ed integratrice rispetto ad una disciplina, qualificata �speciale� 
in ragione della �specialit�� della materia, e cio� del rapporto d'impiego 
che si instaura con l'ente pubblico non economico. In filtri termini, per 
quest'ultimo rapporto le disposizioni della legge n. 300 del 1970 trovano 
applicazione soltanto nella ipotesi di �lacune� che si riscontrino nella 
speciale disciplina, riguardo a situazioni soggettive identiche o simili a 
quelle previste e regolate dallo Statuto; mentre prevalgono, ove esistano 

o sopravvengano, le norme speciali, intendendosi per tali quelle dettate 
con leggi o con atti che abbiano forza di legge o con altri atti normativi 
che trovino pur sempre il loro fondamento nella legge. 
Il legislatore ha cos� operato una scelta di politica legislativa: anzich� 
procedere al coordinamento tra le due discipline direttamente in sede 
parlamentare, o in prosieguo in sede delegata, ha preferito affidare tale 
coordinamento all'interprete, mediante una norma di raccordo, alla quale 
va perci� riconosciuta adeguata capacit� operativa. 

Non pu�, pertanto, ravvisarsi contrasto alcuno con l'art. 3 Cost. in 
siffatta norma, preordinata, come si � detto, a far s� che una disciplina, 
dettata per regolare situazioni giuridiche del lavoro subordinato nell'ambito 
della organizzazione imprenditoriale, operi in via sussidiaria anche 
nel diverso ambito dell'apparato burocratico di enti pubblici con carattere 
non imprenditoriale, integrando e non sopraffacendo la speciale normativa 
per questi ultimi dettata. 

La Corte ha gi� data atto (da ultimo nelle sentenze 209 del 1975, 47 

e 49 del 1976) della tendenziale convergenza tra lo stato giuridico del 

lavoratore privato e quello der lavoratore pubblico, che va realizzandosi 

mediante una osmosi tra le due discipline, sempre compatibilmente con 

la natura e con le peculiarit� dei rispettivi rapporti di lavoro; ma trattasi 

di una evoluzione, il cui graduale svolgimento � affidato al legislatore, 

naturale interprete delle istanze politiche, sindacali e sociali della comu


nit� nazionale. 

Le innegabili differenze che tuttora intercorrono tra impiego privato 

ed impiego pubblico, per la diversa genesi, per la diversa struttura, per 

la diversa funzione, dimostrano la razionalit� della denunciata norma, 

che di esse tien conto allorch� fa salve le norme speciali, appunto per 

evitare che posizioni diverse siano trattate nella stessa maniera. 

Non si nega, infine, che, in sede di concreta applicazione di singoli 
istituti, situazioni identiche o simili, nei due ambiti considerati, possono 
apparire regolate in modo ingiustificatamente difforme, rispettivamente 
dalla norma statutaria e da quella speciale; nel qual caso potr� eventualmente 
sollevarsi questione di legittimit� costituzionale delle norme 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

medesime. Ma una siffatta eventualit� non scalfisce la razionalit� che � 
alla base del raccordo posto in opera con l'art. 37, il quale continuerebbe 
in linea generale ad assolvere la sua funzione anche se taluna delle norme 
statutarie o speciali venisse meno perch� dichiarata incostituzionale. 

5. -Della costituzionalit� dell'art. 37 della legge n. 300 del 1970 si 
dubita sotto un secondo profilo: in quanto la impossibilit� di applicare 
lo Statuto anche ai rapporti d'impiego dei dipendenti statali consegue da 
tale norma in via assoluta, e non subordinatamente all'accertamento della 
esistenza di una speciale disciplina, cos� come previsto per gli enti pubblici 
non economici (ordinanza del tribunale di Salerno); ed in quanto la 
mancata estensione allo Stato della legge in argomento �impedisce alle 
associazioni sindacali dei dipendenti statali quel ricorso all'art. 28 dello 
Statuto medesimo, per la repressione dell'attivit� antisindacale, cui sono 
legittimate le corrispondenti associazioni degli altri lavoratori (ordinanze 
dei tribunali di Milano, Palermo e Torino). Ad avviso dei giudici 
di merito sarebbero con ci� violati gli artt. 3 e � 24 della Costituzione. 
La questione non � fondata. 

Va preliminarmente condivisa la interpretazione della norma accolta 
dai giudici di merito e confortata dalla giurisprudenza delle sezioni unite 
della Corte di cassazione: nel senso di ritenere che il pi� volte citato 
art. 37 non consenta l'applicazione delle disposizioni statutarie ai rap� 
porti d'impiego dei dipendenti statali, nel preminente riflesso che la 
espressione �altri enti pubblici� non comprende implicitamente anche 
lo Stato. Ne consegue che la funzione suppletiva ed integratrice assolta 
nei confronti della speciale disciplina che regola gli enti pubblici non 
economici, non pu� venir del pari esercitata nei confronti della normativa 
propria del rapporto d'impiego statale. In altri termini, il legislatore ha 
considerato che, mentre vi � un'ampia gamma di enti pubblici minori, la 
cui disciplina, frammentaria o incompleta,_pu� essere opportunamente 
integrata dalla disciplina statutaria, tale esigenza non si pone per lo 
Stato, il cui rapporto d'impiego � minuziosamente regolato da una disciplina 
completa, che appresta anzi i principi basilari all'ordinamento 
giuridico del pubblico impiego in generale. Anche sotto questo profilo, 
dunque, nella globale valutazione del legislatore, vi � una sostanziale diversit� 
di posizioni, che giustifica razionalmente nel primo caso l'uso 
del meccanismo di raccordo e il mancato ricorso ad esso nel secondo. 

N� la carenza del raccordo preclude, � appena il caso di precisarlo, 
la eventuale denuncia di incostituzionalit� allorch� si dubiti, alla stessa 
stregua di quanto detto per gli enti pubblici non economici, che situazioni 
identiche o simili siano irrazionalmente regolate in modo diverso 
da una norma statutaria, e da una norma dettata per il rapporto d'impiego 
statale: diseguaglianza di trattamento che pu� configurarsi anche 
nell'ipotesi di una specifica � lacuna �, cui non � dato riparo, a differenza 


686 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

che per gli enti pubblici non economici mediante il ricorso alla norma 
statutaria. In siffatta problematica potrebbe, se del caso, venir compresa 
anche la inapplicabilit� dell'art. 28 dello Statuto, cui si richiamano le 
ordinanze prese in esame, alle associazioni sindacali dei dipendenti statali, 
ove si escludesse che queste ultime possano tutelare il loro interesse 
al rispetto della libert� sindacale innanzi al giudice amministrativo 
in sede di giurisdizione generale di legittimit�, e si assumesse che , 
ci� possa concretare una irrazionale ed ingiustificabile diseguaglianza di 
trattamento rispetto alle altre associazioni sindacali con minorazione del 
loro diritto di difesa. Il che potrebbe offrire adito alla prospettazione di 
questioni di costituzionalit�, non dell'art. 37, che va immune da siffatta 
censura, ma delle norme che tali istituti direttamente disciplinano nei 
rispettivi ambiti. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 120 -Pres. Rossi� Rel. Trimarchi 
� Di Girolamo ed altri (n. c.). 

Procedimento civile � Termine perentorio -Decadenza per caso fortuito o 
� forza maggiore � Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 24; c.p.c., art. 650). 

Deve riconoscersi rilevanza al caso fortuito o alla forza maggiore 
come causa impeditiva della decadenza per mancato rispetto di un termine 
processuale perentorio; l'art. 650 comma primo c.p.c. contrasta con 
l'art. 24 Cost. nella parte in cui non consente l'opposizione tardiva dell'intimato 
che, pur avendo avuto conoscenza del decreto ingiuntivo non 
abbia potuto, per caso fortuito o forza maggiore, fare opposizione entro 
il termine. 

(Omissis). -1. -Il pretore di Civitella Roveto, con l'ordinanza indicata 
in epigrafe, solleva, in riferimento all'art. 24, comma secondo della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 650, comma 
primo del codice di procedura civile, � nella parte in cui non consente 
la tardiva opposizione all'intimato che, pur avendo avuto conoscenza 
dell'ingiunzione, non abbia potuto proporre opposizione nel termine 
fissato nel decreto per caso fortuito o forza maggiore�. -(Omissis). 

3. � La questione � fondata. 
Sul terreno del processo civile in generale e dei procedimenti speciali 
in particolare, l'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore 
� ipotizzata in varie norme. Cos�, e tra l'altro, nel codice di procedura 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

civile l'art. 294, commi primo e secondo, ammette che il contumace dimostri 
che la sua costtiuzione in giudizio � stata impedita da causa 
a lui non imputabile e il giudice provveda alla riammissione in termini 
delle parti; l'art. 668, comma primo (dopo la sentenza n. 89 del 1972 di 
questa Corte) dispone che � possibi~e l'opposizione dopo la convalida da 
parte dell'intimato che provi di non aver avuto tempestiva conoscenza 
dell'intimazione di licenza o di sfratto o di non essere potuto comparire 
all'udienza, per caso fortuito o forza maggiore; e lo stesso art. 650, 
comma primo, stabilisce che l'intimato pu� fare opposizione tardiva a 
decreto ingiuntivo se provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del 
decreto per caso fortuito o forza maggiore. Ma manca una norma o 
un princ�pio che consacri in generale la rilevanza del caso fortuito o 
della forza maggiore come causa impeditiva della decadenza per mancato 
rispetto di un termine perentorio. Ed anzi dall'art. �153 dello' stesso 
codice � dato dedurre l'improrogabilit� dei termini perentori; e codesta 
norma � stata indirettamente (a proposito del successivo art. 244) presa 
in considerazione da questa Corte con la sentenza n. 106 del 1973. 

La questione in oggetto presenta innegabili punti di contatto con 
quella gi� esaminata da questa Corte, a proposito dell'art. 668, comma 
primo, del codice di procedura civile, e decisa positivamente con la 
ricordata sentenza n. 89 del 1972. Allora in riferimento all'art. 24 della 
Costituzione era stata denunciata la norma (art. 668, comma primo) che 
non cons.entiva l'opposizione tardiva alla convalida di licenza o di sfratto, 
all'intimato che non era potuto comparire all'udienza per caso for.
tuito o forza maggiore; ed ora lo � la norma dell'art. 650, comma primo 
che non consente l'opposizione tardiva all'ingiunzione, all'intimato che 
non abbia potuto fare opposizione nel termine per caso fortuito o forza 
maggiore. 

Nell'ipotesi prospettata nell'ordinanza di rimessione, come gi� in 
quella indicata di cui all'art. 668, comma primo, la tutela giurisdizionale 
non risulta adeguatamente ed effettivamente assicurata. 

Anche se nella procedura speciale di cui trattasi il termine � pi� 
lungo di quello previsto per la comparizione in giudizio dell'intimato 
nel procedimento per convalida di sfratto, il soggetto a cui sia stato regolarmente 
notificato il decreto ingiuntivo, pu� far decorrere inutilmente 
il termine per proporre opposizione, volontariamente o colposamente 
ovvero per una causa a lui non imputabile. 

Ora nel secondo di questi due casi, a differenza che nel primo, il 
soggetto interessato,. per circostanze non dipendenti dalla sua volont�, si 
viene a trovare nella materiale impossibilit� di agire in giudizio per la 
tutela dei suoi diritti e di difendersi. 

Ne consegue �he la norma denunciata � illegittima costituzionalmente 
in parte qua. -(Omissis). 


688 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 121 -Pres. Rossi -Rel. 
Gionfrida -Sorrenti (avv. Romagnoli) e Presidente del Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Locazione � Affitto di fondo rustico a non coltivatore -Durata minima � 

Legittimit� costituzionale. 

(Cost. artt. 41, 42 e 44; 1. 11 febbraio 1971 n. 11, art. 17). 

L'elevazione a 15 anni del periodo minimo di durata del rapporto di 
affitto di fondo rustico a conduttore non coltivatore si giustifica in funzione 
della finalit� del razionale sfruttamento del suolo (art. 44 Cast.) (1). 

(Omissis). -Questa Corte ha gi� avuto modo, in pi� occasioni, di 
affermare che l'autonomia contrattuale -che pur riceve tutela costituzionale 
nella previsione degli artt. 41 e 42 -�deve cedere di fronte 
a motivi d'ordine superiore, economico e sociale, ritenuti rilevanti dalla 
Costituzione� (v., per tutte, sent. n. 37 del 1969). 

L'evenienza contemplata si verifica puntualmente nella specie: giacch� 
la limitazione della libera disponibilit� del fondo -che si connette 
all'elevazione a 15 anni (disposta dalla l�gge impugnata) del periodo minimo 
(gi� fissato in anni 6 dalla precedente legge 1966 n. 606) di durata 
del contratto di affitto a condutt�re non coltivatore -si giustifica in 
funzione proprio della superiore finalit� del � razionale sfruttamento del 
suolo� (di cui all'art. 44 della Costituzione), che qui si specifica nel fine 
di una pi� progredita (e, quindi, pi� rispondente all'utile sociale) gestione 
dell'impresa agricola: per cui, appunto, si rende indispensabile 
una, sia pur relativa, stabilit� dell'affitto del fondo, su cui l'impresa 
insiste. 

L'individuazione, in concreto (in anni 15), dello'� spatium temporis 

necessario per il raggiungimento dei detti scopi di stabilit� e funzionale 

gestione dell'impresa rappresenta, poi, innegabilmente, una scelta con


sentita al legislatore: per altro, nella specie, motivata dall'intento di 

adeguamento della normativa nazionale alle direttive fissate, in materia, 

in sede comunitaria. 

Una volta ritenuto dal legislatore che per il raggiungimento della 

predetta superiore finalit� del razionale sfruttamento del suolo occor


resse assicurare al conduttore non coltivatore una durata minima della 

(1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Trani � in Gazz. Uff. n. 163 
del 27 giugno 1973. Sull'art. 17 della legge n. 11 del 1971, cfr. anche Cass. 29 ottobre 
1975 n. 3679 e Cass. 3 giugno 1975 n. 2216, in Foro it., 1976, I, 689 e 769, con 
j

note di richiami di E. ROMAGNOLI. Sull'art. 44 Cost., cfr. da ultimo, Corte cost. 

~ 

16 gennaio 1975 n. 9, in questa Rassegna, 1975, I, 28. 

. . I 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 689 

gestione agricola maggiore di quella prevista d~lla disciplina anteriore, 
l'applicazione della nuova norma anche ai contratti in corso alla data 
di entrata in vigore della legge � espressione di una scelta discrezionale, 
e non irrazionale, del legislatore, di immediata e generale attuazione 
del nuovo assetto normativo. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 122 -Pres. Rossi -Rel. 
De Stefano -Mirabella (n. c.), Registro Navale Italiano (avv. Medina), 

I.N.P.S. (avv. Traverso) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Zagari). 
Comunit� europee -Legge statale previgente a regolamento comunitario E' 
priva di efficacia. 
(Cost. artt. 3, 36 e 38; r.d.l. 4 �ttobre 1935 n. 1837). 

Corte costituzionale -Rimessione a se stessa di questione di legittimit� 
costituzionale � Limiti. 

La sicurezza sociale dei lavoratori migranti all'interno della Comunit� 
economica europea � materia disciplinata dai regolamenti comunitari; 
� quindi irrilevante una questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
1 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (1). 

(1) L'ordinanza di rimessione 26 giugno 1973 del Tribunale di Genova � pub~ 
blicata in Gazz. Uff. n. 69 del 13 marzo 1974. 
� Le leggi che hanno reso esecutivi in Italia i trattati istitutivi delle Comunit� 
hanno prodotto, oltre che la immediata abrogazione delle leggi anteriori 
incompatibili con i trattati stessi, anche una sorta di "delegificazione " di altre 
disposizioni legislative che sono divenute suscettibili di eliminazione ad opera 
di regolamenti comunitari. La "delegificazione " della disposizione legislativa 
statale � sottoposta alla condizione sospensiva dell'emanazione del regolamento 
comunitario con essa incompatibile; sicch�, da un canto, la disposizione legislativa 
statale rimane tale finch� sopravvive (e quindi le � conservato il trattamento 
riservato alle disposizioni di livello legislativo), e, d'altro canto, non � 
necessario elevare il regolamento comunitario a norma primaria o accentuare 
la estraneit� di detto regolamento rispetto agli ordinamenti statali, per spiegare 
il suo prevalere sulla legge statale come si � detto "delegificata "'" 

Questo l'orientamento espresso in L'Avvocatura dello Stato, Studio per le 
celebrazioni del centenario, L'Avvocatura dello Stato e le Comunit� europee, 

1976, 534. 

Nella sentenza in esame, la Corte costituzionale in sostanza aderisce a tale 
orientamento, distinguendo tra disposizioni legislative nazionali anteriori alla 
legge di ratifica del trattato istitutivo della C.E.E., per le quali pu� aversi 
abrogazione ad opera di regolamenti comunitari sopravvenuti, e disposizioni 
legislative nazionali posteriori alla legge predetta, le quali -ove sussista antinomia 
con regolamenti comunitari -possono solo formare oggetto di un giudizio 
di legittimit� costituzionale. 



690 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte costituzionale pu� sollevare, come giudice a quo, davanti 
a se stessa una questione di legittimit� costituzionale soltanto quando 
tale questione ha per oggetto una disposizione legislativa che la Corte 
stessa sarebbe necessariament? chiamata ad applicare nell'iter logico per 
arrivare alla decisione sulla questione che le � stata proposta; non pu� 
ritenersi proposta una questione non formulata nell'ordinanza di rimessione 
e sollevata da una delle parti nel corso del processo costituzionale 
(2). 

(Omissis). 1. -L'ordinanza solleva questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (convertito in legge 
6 aprile 1936, n. 1155), nella parte in cui, limitando la sfera d'azione 
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) al territorio della 
Repubblica, non consente la tutela previdenziale, ad opera dello stesso 
Istituto, dei rapporti di lavoro che, pur sorti in Italia, abbiano stabile 
esecuzione all'estero, mentre il datore di lavoro conserva in Italia la 
sua sede o la sua residenza. Si assume che la norma contrasti con il 
princ�pio di eguaglianza enunciato dall'art. 3 Cost., e con il princ�pio, 
desumibile dagli artt. 36 e 38 Cost., della proporzionalit� della pensione 
alla retribuzione percepita ed ai contributi versati. 

2. -La questione � irrilevante. 
Come gi� esposto in fatto, il rapporto di lavoro, da cui trae ongme 
il gi~dizio a quo, � sorto e si � svolto inizialmente in Italia per poi 
proseguire ed aver termine in Olanda, sempre alle dipendenze dello 
stesso �latore di lavoro di nazionalit� italiana, e cio� il Registro Navale 
Italiano (R.i.na.). L'ambito territoriale del rapporto medesimo � esclusivamente 
quello della Comunit� economica europea, e � nei suoi con-� 
fronti, pertanto, trovano puntuale applicazione, in tema di tutela previdenziale, 
le norme dettate dai regolamenti comunitari, in attuazione 
dei princ�pi per la instaurazione della libera circolazione dei lavoratori, 
sanciti dall'art. 51 del Trattato istitutivo della Comunit�, ratificato dallo 
Stato italiano con legge 14 ottobre 1957, n. 1203. E cio�, i Regolamenti 
comunitari nn. 3 e 4 per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti 
(pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� europee n. 30 del 16 
dicembre 1958), in vigore sino al 1� ottobre 1972, e da tale data sostituiti 
dai Regolamenti comunitari nn. 1408/71 e 574/72 (pubblicati nella 

(2) Il principio enunciato nella massima � conforme a numerose pronuncie 
della Corte costituzionale: cfr. per i giudizi per conflitto di attribuzione, l'ordinanza 
5 aprile 1960 n. 22, in Foro it., 1960, I, 882, e l'ordinanza 10 novembre 1961 
n. 57, ivi, 1961, I, 2053, e per i giudizi incidentali di legittimit� costituzionale, 
l'ordinanza n. 73 del 1965 richiamata in motivazione, ivi, 1965, I, 2126 e la sentenza 
n. 195 del 1972, ivi, 1973, I, 6. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 691 

Gazzetta Ufficiale delle Comunit� europee, rispettivamente n. 149 del 
5 luglio 1971 e n. 74 del 27 marzo 1972). 

In particolare, la norma applicabile al rapporto in discussione, durante 
il suo svolgimento in Olanda, � quella contenuta nell'art. 12 del 
citato Regolamento n: 3, la quale stabiliva che �i lavoratori subordinati... 
occupati nel territorio di uno Stato membro (della Comunit�) 
sono sottoposti alla legislazione di tale Stato, anche se risiedono nel 
territorio di un altro Stato membro o se il loro datore di lavoro o la 
sede dell'impresa che li occupa si trovano nel territorio di un altro 
Stato membro �. � quindi evidente che, in applicazione di tale norma, 
anch'essa ispirata al princ�pio di territorialit�, gli abblighi previdenziali 
del datore di lavoro (R.i.na.) andavano assolti secondo la legislazione 
olandese, per come imposto dalla normativa comunitaria. E non � superfluo 
in proposito ricordare che i regolamenti comunitari -secondo 
quanto la Corte ha affermato con la sentenza n. 183 del 1973 e ribadito 
con la sentenza n. 232 del 1975 -hanno piena efficacia obbligatoria e 
diretta applicazione in ogni Stato membro, come atti aventi forza e_,, 
valore di legge, senza la necessit� di provvedimenti di recezione e adattamento. 
Quand'anche, perci�, si pervenisse a dichiarazione d'incostituzionalit� 
della norma nazionale impugnata, rimarrebbe sempre ferma 
la norma comunitaria a disciplinare nell'identico modo il rapporto previdenziale 
sottoposto all'esame del giudice a quo. Ossia, per il princ�pio 
della territorialit� al quale ambedue le norme si ispirano, l'unica legge 
applicabile a tale rapporto resterebbe pur sempre quella olandese; di 
tal che evidente appare l'irrilevanza della proposta �questione. 

3. -N� pu� essere accolta la richiesta di parte, a che la Corte esamini 
anche la questione di legittimit� costituzionale della legge che ha 
ammesso nel nostro ordinamento le norme comunitarie, per contrasto 
con gl'indicati parametri costituzionali. 
Costante giurisprudenza della Corte (sentenze n. 65 del 1962; n. 155 
del 1963; n. 29 del 1964; n. 56 del 1971; n. 38 del 1973) circoscrive il giudizio 
di legittimit� costituzionale nei confini fissati dall'ordinanza di 
rimessione, per il che non possono essere prese in considerazione altre 
questioni proposte dalle parti: in particolare, l'eccezione di illegittimit� 
costituzionale proposta dalla parte nel giudizio di merito, e ripresa successivamente 
dinanzi alla Corte, come appunto � nella specie avvenuto, 
non pu� essere da questa esaminata se non sia stata accolta nell'ordinanza 
di rinvio. 

Nemmeno ricorrono i presupposti perch� la Corte sollevi la questione 
davanti a se stessa in via incidentale, atteso che siffatta possibilit� 
si d� solo allorch� la Corte dubiti della incostituzionalit� di una 
norma, diversa da quella impugnata, ma che essa � chiamata necessariamente 
ad applicare nell'iter logico per arrivare alla decisione sulla 


692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questione che le � stata proposta: in altri termini, deve trattarsi di 
norma che si presenti pregiudiziale alla definizione della questione principale 
e come strumentale rispetto alla emananda decisione (sentenza. 

n. 68 del 1961; ordinanza n. 73 del 1965; sentenza n. 195 del 1972). Il che 
non si verifica nel caso in esame. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 123 -Pres. Rossi -Rel. 
Reale -Zanetti (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Prezzi -Iniziativa economica privata -Interesse pubblico alla corretta formazione 
dei prezzi -Ha rilevanza costituzionale. 
(Cost., art. 21; c.p., art. 501). 

� ravvisabile ed ha rilevanza costituzionale in quanto trova riscontro 
e riconoscimento negli artt. 41 e 47 Cast. -un interesse pubblico 
a che i prezzi di mercato delle merci e dei valori si formino per il 
� naturale giuoco delle forze economiche" o per il legittimo intervento 
delle pubbliche autorit�; pertanto, l'art. 501 cod. pen. non contrasta con 
l'art. 21 Cast. (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

L'aggiotaggio � un delitto di frode, per la cui sussistenza non sono 
necessari la produzione di un danno e il conseguimento di un profitto 
ma che sicuramente richiede nel soggetto attivo oltre che la consapevolezza 
del carattere falso, esagerato o tendenzioso delle notizie e la 
volont� di divulgarle, anche la volont� diretta al fine di cagionare un 
turbamento del pubblico mercato dei valori o delle merci. 

(1) L'ordinanza di rimessione del Tribunale di Roma, 28 gennaio 1974, � 
pubblicata in Gazz. Uff. n. 82 del 27 marzo 1974. 
La sentenza in esame assume notevole importanza per il principio evidenziato 
nella prima parte della massima; principio che conduce a qualificare 
contrastanti con gli artt. 41 e 47 Cost. gli accordi e in genere le operazioni 
in restraint of trade, ossia limitativi della concorrenza. La formazione dei prezzi 
deve avvenire, ove non vi sia un � legittimo intervento delle pubbliche autorit� 
��in modo �naturale� (e quindi non artefatto): e ci� � giustamente ritenuto 
coessenziale alla libert� di iniziativa economica privata e indispensabile 
per il corretto andamento dei mercati delle merci edei valori. In questo. quadro, 
� consentita (anzi potrebbe essere ritenuta costituzionalmente doverosa) una 
legislazione nazionale integrativa della normativa comunitaria in materia �di 
intese e monopoli. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA _COSTITUZIONALE 

Orbene non pu� certo condividersi l'opinione, espressa nell'ordinanza 
di rinvio, secondo cui l'interesse tutelato dalla norma impugnata non 
abbia nella Costituzione puntuale riscontro e riconoscimento. 

Come pi� volte � stato ribadito da questa Corte la libert� di manifestazione 
del pensiero trova i suoi limiti non solo nella tutela del 
buon costume ma anche nella necessit� di proteggere altri beni aventi 
rilievo costituzionale (cfr. sent. nn. 19 del 1962; 25 del 1965; 87 e 100 
del 1966; 199 del 1972; 15, 16 e 133 del 1973; 20 del 1974). 

La tutela penale tende a che non sia compromesso, mediante una 
determinazione fraudolenta dei prezzi o delle quotazioni, l'interesse economico 
legato alla circolazione e allo scambio delle merci o dei valori; 
si tratta non tanto degli interessi dei singoli operatori economici, bens� 
dell'interesse pubblico a che i prezzi di mercato si formino per il naturale 
giuoco delle forze economiche o per il legittimo intervento delle 
pubbliche autorit�, l'uno e l'altro non dolosamente falsati. 

Entra cos� in giuoco l'economia pubblica la cui tutela non pu� 
dirsi estranea al contenuto e allo spirito della Costituzione. 

Invero, l'art. 41 pur riconoscendo la libert� di iniziativa economica 
privata stabilisce che essa non pu� svolgersi in contrasto con l'utilit� 
sociale, la quale ha anche un contenuto economico (sent. nn. 5 e 54 
del 1962 e 30 del 1965). 

Aggiungasi che l'art. 501 trova riscontro anche nell'art. 47 Cost. 
nelle parti in cui si pongono fra i fini della Repubblica l'incoraggiamento 
e la tutela del risparmio; la disciplina, il coordinamento e il controllo 
dell'esercizio del credito, il favore per il diretto e indiretto investimento 
azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 126 -Pres. Rossi -� Rel. 
De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Giorgio Azzariti) c. Regione Piemonte (avv. Lucifredi e Romanelli). 


Regione -Competenza in materia di assistenza sociale � Spetta allo Stato. 
(Cost., art. 117). 

Un �intervento� per l'assegnazione di un �contributo� a carico di 
una Regione e a favare di ciascun titolare di pensione sociale va inquadrato 
nella materia della � assistenza sociale �, che � attribuita allo Stato. 


694 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1976, n. 127 -Pres. Rossi -Rel. 
De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello 
Stato Giorgio Azzariti) c. Regione Molise (n.c.). 

Regione -Competenza in materia di assistenza sociale � Spetta allo Stato. 
(Cost., art. 117). 

La concessione di un assegno giornaliero a carico della Regione e 
a favare di coltivatori diretti, mezzadri e coloni affetti da inabilit� tempo'ranea 
assoluta derivata da infortuni sul lavoro o da malattia prof essionale 
va inquadrata nella materia della �assistenza sociale � che � attribuita 
allo Stato. 

I 

(Omissis). -3; -Pe.r quanto attiene al merito �, poi, da rilevare 
che l'assunto della Regione secondo il quale la materia oggetto della 
legge impugnata sarebbe quella della beneficenza, che rientra nella sua 
competenza in base all'art. 117 della Costituzione, � infondanto. 

Questa Corte, con la sentenza n. 139 del 1972, ha chiaramente precisati 
i criteri differenziali che caratterizzano la materia �beneficenza� 
in senso proprio, quale risulta contemplata nell'art. 117, anche se, poi, 
nei vari statuti regionali � presentata sotto definizioni in parte diverse, 
e ��l'assistenza sociale � contemplata nel sopra richiamato art. 38 della 
Costituzione. 

Tali criteri sono, testualmente, i seguenti: �La prima � caratterizzata 
essenzialmente -anche quando, come di regola, l'esercizio ne sia 
.obbligatorio -dalla discrezionalit� delle prestazioni, in danaro o in 
servizi, erogabili in favore di tutti coloro che -per qualsiasi causa 
ed a prescindere da particolari status e qualifiche -versino in condizioni 
di bisogno: determinante � in essa la considerazione della concreta 
situazione del singolo individuo, la valutazione della personalit� 
e delle condizioni di vita dell'assistibile, in relazione, peraltro, alle disponibilit� 
materiali dell'ente od organo erogante. 

La seconda, invece, specie nei pi� recenti sviluppi della legislazione, 
� orientata nel senso di eliminare o ridurre entro )imiti rigorosi, ancorandola 
ap'accertamento di dati obiettivi, la discrezionalit� degli enti 
�Od organi erogatori, cos� da rendere progressivamente concreto quel 
�diritto� all'assistenza sociale, che il primo comma dell'art. 38 della 
Costituzione vuole sia attribuito ad ogni cittadino �inabile al lavoro e 
sprovvisto di mezzi necessari "per vivere�. Preminente � in essa la tipizzazione 
legislativa "di determinate categorie di assistibili, per modo che 

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PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

le prestazioni rispettivamente previste abbiano a spettare a chiunque 
vi rientri e per il solo fatto di rientrarvi. 

E, rispettivamente, anche le prestazioni sono, a loro volta, uniformemente 
stabilite alla stregua di valutazioni medie, configurandosi 
tendenzialmente -come sostitutive ed integrative di un reddito da 
lavoro mancante o insufficiente �. 

Sulla base di questi criteri, avverso l'esattezza dei quali nulla � stato 
dedotto che possa indurre a mutarli, non vi ha dubbio che �l'intervento 
straordinario � disposto con la legge impugnata va inquadrato nella materia 
dell' � assistenza sociale �. 

Infatti, da un lato non � esatto che tutti i titolari di pensioni sociali 
si trovino nelle medesime condizioni di bisogno; dall'altro a ciascuno � 
.assegnata una parte identica della somma globale stanziata per il disposto 
intervento e non � pertanto esatto che non ne sia determinata la 
misura. 

Senza che occorra passare all'esame del secondo motivo, manifestamente 
assorbito, il ricorso deve essere, pertanto, accolto. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 129 � Pres. Oggioni � Rel. 
Volterra -Ardizzone e altro (avv. Pirani), Parente (avv. Ventura e 
Murgia), Vissinga (avv. Nappi), soc. Tourist Ferry-boat (avv. Piaggio), 
soc. Alitalia (avv. Sorrentino e Marazza), e Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Lavoro � Licenziamento individuale � Disciplina posta dalle leggi n. 604 del 
1966 e n. 300 del 1970 � Personale marittimo e di volo � Inapplicabilit�. 
(Cast. artt. 34 e 35; cod. nav. artt. 345 e 916; 1. 15 luglio 1966 n. 604, artt. 1 e 10; 

I. 20 maggio 1970 n. 300, artt. 18 e 35). 
Il rapporto di lavoro del personale marittimo e di volo presenta 
carattere peculiare in quanto sottost� al superiore interesse alla sicurezza 
della navigazione. Pertanto non fondate, in riferimento agli artt. 
3, 4 e 34 Cost., sono le denunzie di illegittimit� costituzionale dell'art. 
345 cod. nav., che conferisce all'armatore la facolt� di risolvere, in qualsiasi 
tempo e luogo, il contratto di arruolament9 marittimo, salvi 
.diritti spettanti all'arruolato, degli artt. 1 e 10 legge n. 604 del 1966, in 

forza dei quali le norme sui licenziamenti individuali non possono 

essere senz'altro estese ai rapporti contemplati nel codice della naviga


zione, e degli artt. 18 e 35 della legge n. 300 del 1970, il primo dei quali 

non � sufficiente a determinare tale estensione e il secondo riserva alla 

s 


696 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contrattazione collettiva l'applicazione, ai rapporti contemplati nel codice 
della navigazione, dei principi della legge n. 300 del 1970 (1). 

(Omissis). -1. -Le ordinanze di rimessione, muovendo dalla premessa 
dell'inapplicabilit� al personale marittimo e di volo della disci� 
plina del licenziamento per giusta causa e giustificato motivo di cui 
alle leggi n. 604 del 1966 e D.. 300 del 1970, nonch� della piena vigenza 
degli artt. 345 e 916 del cqdice della navigazione, i quali prevedono la 
facolt� di licenziamento ad nutum da parte dell'armatore o dell'esercente, 
sollevano questioni di legittimit� costituzionale del citato art. 345 del 
codice della navigazione nonch� degli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 
1966 nella parte in cui non estendono la disciplina dei licenziamenti disposta 
nelle su citate leggi alle categorie di cui agli artt. 114 e 732 del 
codice della navigazione, e dell'art. 35, comma terzo, della stessa legge 

n. 300 del 1970 nella parte in cui rinvia ai contratti collettivi di lavoro 
l'applicabilit� alle imprese del princ�pio della giusta causa e del giustificato 
motivo per i licenziamenti del personale navigante. 
La normativa impugnata, secondo le predette ordinanze, violerebbe 
il princ�pio di uguaglianza e il diritto al lavoro, consacrati negli artt. 
3, 4 e 35 della Costituzione. -(Omissis). 

, 3. -~'impostazione logica dell'indagine deve muovere dal quesito se 
l'interpretazione assunta dai giudici a quibus corrisponda o meno al 

(1) Le ordinanze di rimessione Pret. Messina 9 marzo 1973 e App. Napoli 
27 febbraio 1973 sono riportate in Mass. giur. lav., 1973, 347, con nota di LONGOBARDI; 
Pret. Roma 9 aprile 1974 � massimata in Foro it., 1974, I, 2935, con nota 
di richiami; Pret. Roma 30 marzo 1974 � riportata in Giur. lt. 1975, I, 2, 599, 
con nota di PESSI; Pret. Roma 18 ottobre 1974, � in Gazz. Uff. 8 gennaio 1975 n. 7. 
Le sentenze Corte cost. 28 dicembre 1962, n. 124, 6 luglio 1972, n. 121, 8 lu� 
glio 1975, n. 189, menzionate in omtivazione, sono in Foro lt., 1963, I e in questa 
Rassegna, 1972, I, 961 e 1975, I, 789. Inoltre, sui limiti d'applicabilit� della legge 

n. 604 del 1966 e dell'art. 18 legge n. 300 del 1970, Corte cost. 16 marzo 1976, 
n. 47, in tema di datori di lavoro enti pubblici economici, e Cass. 8 maggio 1976, 
n. 1170, in tema di licenziamenti disciplinari. 
Per l'abrogai:ione tacita, in forza della legge 11 agosto 1973 n. 533, dell'art. 603 
cod. nav. e per la consecutiva inclusione, nella competenza per materia del 
pretore in funzione di giudice del lavoro, delle controversie di lavoro del personale 
marittimo, Cass. 15 luglio 1975, n. 2788, Foro lt., 1975, I, 1870, con nota 
di richiami, cui adde Corte cost. 19 febbraio 1976, n. 29 che, ritenuta l'abrogazione 
tacita in forza della citata legge n. 533 degli artt. 603 a 609, 591 a 598 
cod. nav., ha dichiarato l'inammissibilit�, per difetto di rilevanza, in giudizio 
promosso successivamente all'entrata in vigore della legge n. 533, della questione 
di costituzionalit� dei menzionati articoli del codice della navigazione. 

Sui licenziamenti individuali del personale marittimo, in dottrina, cfr. DE� 
LUCA TAMAJO, in Dir. lav., 1975, I, 3 e BIANCHI D'URSO, in Riv. Giur. lav., 1973,. 
I, 17. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 697 

sistema attualmente in vigore, anche in considerazione di talune oscil� 
lazioni dottrinali e giurisprudenziali in materia. 

AI proposito occorre osservare che l'art. 10 della legge n. 604 del 
1966, riferendo il campo di applicazione delle norme introdotte dalla 
medesima legge al personale di cui all'art. 2095 del codice civile, mostra 
come la disciplina dei licenziamenti � individuali non possa essere senz'altro 
estesa ai rapporti contemplati nel codice della navigazione, in 
quanto questo ultimo che all'art. 1 prevede il ricorso al c�dice civile 
solo in via sussidiaria, forma sistema a s� stante con l'individuare 
autonomamente il personale marittimo e di volo, indicato agli artt. 114 
e 732. � 

N� tale assetto risulta modificato dall'art. 35, comma ultimo, dello 
Statuto dei lavoratori, il quale, anzi, lo conferma, in quanto, mentre 
dichiara integrali;nente e immediatamente applicabili alle imprese di 
navigazione per il personale navigante alcune � norme � specificatamente 
indicate in sette articoli dello Statuto (fra i quali non � compreso l'art. 
18 disciplinante, con esplicito riferimento all'art. 7 della legge n.. 604 
del 1966, la materia del licenziamento), rimette ai contratti collettivi di 
lavoro l'applicazione dei � princ�pi � cui s'informa lo Statuto. Dato che 
le disposizioni di questo regolano solo aspetti eminentemente processuali 
e di dettaglio dell'istituto della giusta causa e del giustificato 
motivo nei licenziamenti, � evidente che i � princ�pi � dello Statuto in 
siffatta materia non potrebbero essere compiutamente espressi o specificati 
nei contratti collettivi di lavoro senza il ricorso in essi all'applicazione 
della precedente legge n. 604 del 1966, la quale, in difetto di 
un'espressa statuizione legislativa, non � entrata direttamente nella normativa 
applicabile al personale marittimo e di� volo i cui rapporti di 
lavoro sono autonomamente regolati nel codice della navigazione. 

Risulta pertanto che lo Statuto non introduce esplicitamente il prin


c�pio del requisito della giusta causa e del giustificato motivo per legit


timare il recesso individuale nel rapporto di lavoro nautico od aeronau� 

tico, n� rispetto a questa categoria di lavoratori, il prmc�pio della.. rein


tegrazione nel posto di lavoro, e nemmeno a],Jroga gli artt. 345 e 916 del 

codice della navigazione (peraltro sempre contrattualmente derogabili a 

favore dei lavoratori), ma dispone che i contratti collettivi di lavoro 

provvedano ad applicare tali princ�pi e le norme ad essi conseguenti al 

personale navigante. 

4. � La normativa in esame non contrasta con il princ�pio di uguaglianza 
o con altri princ�pi costituzionali. 
Non fondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, 
� la denunzia di illegittimit� dell'art. 345 del codice della navigazione. 
Tale articolo (come anche il 916 non specificatamente denunziato nel 
presente giudizio), concedendo all'armatore (o all'esercente) la facolt� 


698 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cli risolvere in qualunque tempo e luogo il contratto cli arruolamento, 

disciplina e limita il contenuto di questa facolt� e il suo esercizio alla 

f

salvezza e al rispetto dei diritti spettanti all'arruolato, non stabilendo 

\~

espressamente alcuna preclusione o incompatibilit� a norme che ricof 
noscano ulteriori diritti ai lavoratori. Esso non costituisce di per se stesso r 
violazione del princ�pio costituzionale di uguaglianza o del diritto al 

i 

lavoro e della tutela di questo, ravvisandosi la razionalit� della disposizione 
nel peculiare aspetto del rapporto di lavoro nautico, (e cli quello 


I 

aeronautico) gi� riconosciuto con la sentenza n. 124 del 1962 finalizzato 
alla sicurezza della navigazione e caratterizzato sia sotto il profilo 


I

strutturale che sotto quello funionale da un elemento strettamente fidu


ciario e personalistico, nonch� nella conseguenziale opportunit� di attri


buire in via cli princ�pio all'armatore un mezzo efficace per assicurare 

la subordinazione costituito dalla facolt� di risolvere unilateralmente il 

contratto, a parte i poteri disciplinari spettanti a soggetti diversi dal


l'armatore� (o dall'esercente). 

N� il legislatore � incorso in vizi di legittimit� costituzionale per 

j

non avere espressamente e immediatamente esteso al personale navigante 
la disciplina cli cui agli artt. 1 e 10 della legge n. 604 del 1966 
e dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970. 

j 

Come gi� rilevato, l'art. 35 cli questa ultima legge non esclude in 
via di princ�pio l'applicabilit� cli tale disciplina al personale navigante, 
ma intende che l'introduzione di essa sia attuata attraverso la contrattazione 
collettiva, attribuendo ai risultati di questa validit� ed efficacia 
giuridica, il che non appare irrazionale o ingiustificato, considerando 
la variet� delle funzioni dei singoli appartenenti al personale navigante 
e la profonda differenza che intercede fra le loro mansioni, le capacit� 
tecniche loro richieste e le loro responsabilit�, situazioni queste che incidono 
profondamente sulla fiduciarit� del rapporto e che agli effetti di 
una regolamentazione dei licenziamenti e della reintegrazione nel posto 
cli lavoro possono essere esattamente individuate e praticamente valutate 
nei loro particolari aspehi e in conformit� alle loro peculiari esigenze 
solo attraverso il libero confronto fra datori di lavoro e prestatori 
di opera. 

Si aggiunga che la previsione del legislatore cli applicare gli istituti 
in esame al predetto personale attraverso la contrattazion� collettiva, 
soggetta a periodiche scadenze ed a verifiche da parte degli stessi contraenti, 
risponde razionalmente all'opportunit� di un graduale adattamento 
dei rapporti di lavoro natutico ed aeronautico alla regolamentazione 
generale della normativa sui licenziamenti individuali e di quella 
contenuta nello Statuto dei lavoratori. 

Comunque, la peculiarit� dei predetti rapporti giustifica sotto gli 
esposti profili, una disciplina differente rispetto a quella generale, men� 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tre ogni ulteriore indagine da parte della Corte invaderebbe il campo 
della discrezionalit� riservata al legislatore. 

Gli stessi argomenti innanzi enunciati valgono ad escludere la violazione 
degli artt. 4 e 35 della Costituzione, i quali, come ripetutamente 
avvertito da questa Corte (sent. n. 121 del 1972 e n. 189 del 1975), non 
impongono un'applicazione indiscriminata dei princ�pi della giusta causa 
e del giustificato motivo nei licenziamenti, ma lasciano al legislatore 
ampia discrezionalit� in materia. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 130 � Pres. Rossi � Rel. 
Gionfrida . Regione Lombardia (avv. Pototschnig) c. Presidenza Consiglio 
dei Ministri. 

Regione � Competenza in materia di organizzazione amministrativa di 

comuni e province � Spetta allo Stato � Competenza amministrativa per 

funzioni affidate a consorzi facoltativi tra enti locali � Pu� spettare 

alla Regione. 

(Cost., artt. 117, 118 e 128). 

L'organizzazione amministrativa di comuni o province (o altri enti 
di questi costituenti �proiezione�) spetta allo Stato per l'art. 128 Cost.; 
peraltro, allorch� -per un atto anche organizzatorio -il profilo funzionale 
risulta prevalente rispetto al profilo strutturale, viene in rilievo 
la considerazione della materia cui la funzione inerisce. Cos�, l'approvazione 
dell'atto di costituzione di un consorzio facoltativo tra enti locali, 
quali comuni e province, � esercizio di una funzione amministrativa, la 
quale spetta alla Regione si � riconducibile ad una delle materie indicate 
nell'art. 117 Cost. 

(Omissis). -1. � Il ricorso della Regione Lombardia riguarda ---come 
in narrativa detto -il provvedimento della Commissione di controllo, 
che ha annullato la deliberazione della Giunta regionale approvativa 
della costituzione del � Consorzio provinciale per i servizi sociali 
delle vacanze e dei soggiorni climatici di Pavia� (e del relativo statuto). 

2. � Nella motivazione del provvedimento di annullamento � sottolineata, 
preliminarmente, la natura di ente locale territoriale di cinque 
dei sei enti consorziati (il sesto essendo un istituto di assistenza e beneficenza); 
ed in relazione a tale circostanza � formulato il_ rilievo che i 
provvedimenti di istituzione, modificazione e soppressione dei consorzi 
di cui al t.u. comunale e provinciale (r.d. 3 marzo 1934 n. 383) � costituiscono, 
in ogni caso, estrinsecazione di un potere autonomo attinente 

700 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla materia dell'ordinamento comunale e provinciale �, riconducibile 

�non alle competenze trasferite alla Regione, bens� a quelle conservate 

allo Stato �. 

3. -In contrario si sostiene col ricorso della Regione che il provvedimento 
di approvazione della costituzione del consorzio suindicato 
rientra tra gli atti di esercizio delle competenze attribuitele (ex artt. 
117, 118 della Costituzione) nella materia dell'assistenza e beneficenza 
pubblica. 
E ci� in correlazione anche al disposto del decreto delegato n. 9 del 
1972, che espressamente menziona, tra le funzioni trasferite alle Regioni, 
quelle concernenti � l'assistenza estiva ed invernale in favore dei minori � 
(art. 1 lett. f, del d.P.R. cit.). 


Nessun fondamento avrebbe, d'altra parte, a dire della Regione, il 
contrario assunto della Commissione di controllo, secondo cui i provvedimenti 
di istituzione, modificazione e soppressione di consorzi tra enti 
locali dovrebbero ricondursi ad una �supposta� materia dell'ordinamento 
provinciale e comunale: �che non esiste come tale nel testo 
costituzionale �. 


Aggiunge che la competenza della Regione a costituire consorzi facoltativi 
(anche tra Comuni e Province), per il raggiungimento di scopi 
relativi a materie di cui all'art. 117 della Costituzione, trova conferma 
nell'ordinamento. statuale: come nel caso, ad esempio, dei �consorzi per 
i servizi di assistenza medico-chirurgica ed ostetrica � e dei � consorzi 
di assistenza veterinaria� di cui all'art. 1 lett. i del d.P.R. 14 gennaio 
1972 n. 4. 


Sottolinea, infine, la gi� avvenuta emanazione ( � senza obiezioni da 
parte del Governo �) di leggi regionali che testualmente demandano al 
Presidente della Giunta regionale di approvare la � costituzione di consorzi 
tra comuni e province � destinati ad operare in materia di competenza 
regionale (legge reg. Piemonte 4 giugno 1975 n. 46, art. 1; legge reg. 


-Umbria 3 giugno 1975 n. 40, art. 11). 

4. -Il ricorso � fondato. 
In considerazione del duplice ele,mento della natura � facoltativa � del 
consorzio in questione e della inerenza dell'oggetto della sua attivit� istituzionale 
a materia (�assistenza e beneficenza�) compresa nell'elenco di 
cui all'art. 117 della Costituzione (la competenza in ordine rula quale risulta, 
in particolare, trasferita alla Regione con d.P.R. 1972 n. 9 cit.), 
deve riconoscersi che rientra nella competenza della Regione l'adozione 
del provvedimento di approvazione della costituzione del consorzio stesso. 


Per vero, nel caso di consorzio facoltativo (sia pur tra comuni e pro� 
vince) -in quanto la vicenda della relativa creazione fa perno sull' � accordo>>, 
derivante dall'~ncontro e fusione delle delibere (di spontanea ade-!.. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sione) dei singoli enti partecipanti -il successivo atto approvativo (del 
detto accordo), quale che sia il suo pi� corretto inquadramento, sotto il 
profilo giuridico (come controllo atipico o come �atto del procedimento 
formativo dell'ente), costituisce certamente esplicazione di una funzione, 
comunque, amministrativa. 

La quale -nel caso, poi che !'istituendo consorzio abbia scopi in 
particolare riconducibili ad una delle materie indicate nell'art. 117 della 
Costituzione -si specifica come funzione inerente alla materia stessa: 
per tale via, appunto, devoluta alla competenza della Regione. 

5. -La conclusione cos� raggiunta non contraddice l'affermazione contenuta 
nella precedente sentenza della Corte n. 186 del 1974 -circa 
la spettanza allo Stato dei � controlli sostitutivi sugli organi � di consorzi 
intercomunali o interprovinciali operanti nell'ambito di materie previste 
dall'art. 117 della Costituzione. 
La titolarit� dello Stato ~ relativamente all'esercizio dei controlli 
indicati -� stata, invero, ritenuta in considerazione del prevalente profilo 
strutturale che connota tali atti, in quanto emanazione di un potere 
di supremazia e di � interferenza nell'organizzazione �. 

Il quale -ex art. 128 della Costituzione -resta necessariamente 
riservato allo Stato, nel caso che l'organizzazione incisa sia quella territoriale 
di Comuni, Province o loro proiezioni. 

Nella diversa ipotesi di costituzione di consorzio facoltativo, l'atto di 
approvazione dell'accordo istitutivo viente invece -per quanto detto in 
rilievo sotto un profilo eminentemente funzionale. 

Onde � coerente l'affermazione della correlata competenza regionale, 
per il caso che sussista (come n~lla specie) connessione tra la funzione 
amministrativa esercitata e materia rientrante nella previsione dell'art. 
177 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 131 -Pres. Rossi -Rel. 
Capalozza -Pezza (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. 
gen. dello Stato Carafa). 

Ufficiale giudiziario -Notificazioni a richiesta di ufficio statale -Spese e 
proventi -Incertezza di riscossione e criterio di riparto -Legittimit� 
costituzionale.� 
(Cost. art. 36; d.p.r. 15 dicembre 1959 n. 1229, artt. 140, 142 e 143). 

Non contrasta con l'art. 36 della Cast. la previsione di un'alea per 
l'effettiva riscossione, da parte di ufficiali giudiziari e aiutanti ufficiali 
giudiziari, di spese, indennit� di trasferta e diritti, che loro potrebbero 
spettare per notificazioni in materia penale, civile e amministrativa eseguite 
a richiesta del pubblico ministero, di una amministrazione dello 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

702 

Stato o di una parte ammessa al gratuito patrocinio. Parimenti non contrasta 
con l'art. 36 della Cost. l'ammissione dei soli ufficiali e aiutanti 
ufficiali giudiziari in attualit� di servizio al riparto di spese e proventi 
recuperati. 

(Omissis). -7. -In sostanza, v'�, s�, un'alea per il realizzo di .taluni 
diritti e spese, ma quest'alea -preventivamente accettata da chi si dedica 
all'attivit� di aiutante ufficiale giudiziario -� compensata, come 
ha rilevato l'Avvocatura, sia dall'indennit� integrativa che � a carico 
dell'erario, allorch� con i diritti effettivamente percepiti non sia raggiunto 
IQ stipendio e l'assegno perequativo dell'impiegato statale della carriera 
esecutiva amministrativa avente qualifica di coadiutore (art. 169, primo 
comma, dell'ordinamento, modificato dall'art. 4 della legge n. 1048 del 
1971); sia da altre provvidenze (aggiunta di famiglia, contributo pensioni 
ecc.). 

Sussistono, indubbiamente, nella vigente disciplina, delle anomalie, ma 
non sono di entit� tale da ledere il precetto costituzionale di cui si assume 
in questa sede la violazione: anomalie che � auspicabile siano eliminate 
ad opera del legislatore. 

8. -Ancor meno pertinente, in riferimento all'art. 36 Cost., � la censura 
all'art. 140 dell'Ordinamento, che, per comprensibili ragioni d'ordine 
pratico, istituisce per gli aiutanti ufficiali giudiziari (e per gli ufficiali 
giudiziari) una specie di pool delle somme relative a spese e a proventi 
recuperati, ammettendo al riparto chi � in attualit� di servizio, con esclusione 
degli altri: il che comporta che taluni percepiscano, all'inizio del 
servizio in una sede, la percentuale per un'attivit� non espletata, mentre 
la perdono, a1 termine del ser\rizio nella stessa sede, per un'attivit� espletata. 
Si tratta di un espediente pratico, a carattere forfettario, che risulta 
plausibile; e la norma che lo prevede non va contro il precetto costituzionale 
invocato. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 132 � Pres. Rossi -Rel. 
Crisafulli � Provincia di Bolzano (avv. Mercuri) c. Presidente Consiglio 
dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Giorgio Azzariti). 

Corte Costituzionale � Legge dello Stato -Ricorso in via principale � Termine 
per ricorrere � Decorre dalla data di pubblicazione nella Ga7.zetta 
Ufficiale. 
(Cost. artt. 24 e 137; legge cost. 9 febbraio 194 8n. 1, art. 2; I. 11 marzo 1953 n. 87, 
art. 32). 

Deve distinguersi tra mancata o ritardata pubblicazione di un atto 
normativo � nella � Gazzetta ufficiale -che implica pubblicazione � del




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

la � Gazzetta medesima -, e mancato o ritardato arrivo di un numero 
della Gazzetta in qualche localit� del territorio dello Stato; il termine 
per proporre ricorso in via diretta avverso una legge dello Stato decorre 
dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, e non ha rilevanza 
il fatto di una ritardata distribuzione di detta Gazzetta. 

(Omissis). -La Provincia ricorrente osserva preliminarmente di rite~ 
nersi legittimata a proporre ricorso fuori termine, poich� il supplemento 
ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1973, data dalla quale 
avrebbero dovuto decorrere i 30 giorni prescritti dall'art. 32 della legge 

n. 87 del 1953, � pervenuto a BolzaI).O soltanto il 26 gennaio successivo, 
come risulta da attestazione rilasciata dal Commissario del Governo, e 
non sarebbe stato possibile, nei pochi giorni rimasti a disposizione, provvedere 
ai necessari adempimenti ed alla stesura del ricorso. Ove non si 
interpretasse l'art. 32 citato nel senso che i 30 giorni per proporre ricorso 
decorrono dalla effettiva conoscenza dell'atto e non dalla formale pubbli� 
cazione, la norma sarebbe viziata da illegittimit� costituzionale per contrasto 
con l'art. 24 Cost., potendo praticamente precludere l'impugnativa 
delle leggi statali in via principale. -(Omissis). 
1. -L'eccezione di tardivit� del ricorso � fondata 
Prescrive l'art. 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, che i ricorsi regionali 
avverso leggi ed atti con forza di legge dello Stato debbano essere 
notificati entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato; ma 
la medesima norma era gi� posta, in un grado superiore della gerarchia 
delle fonti, dall'art. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l, che 
� precisamente quella cui l'art. 137 Cost. fa espresso rinvio, al fine di 
stabilire � le condizioni, le forme, i termini di proponibilit� dei giudizi 
di legittimit� costituzionale�. Sebbene, nel sistema positivamente adottato, 
le leggi formali e gli atti ad esse equiparati possano in ogni tempo for� 
mare oggetto di questioni di costituzionalit�, sollevate nel corso di giudizi 
in cui si debba applicarle, il legislatore ha tuttavia ritenuto necessario 
circoscrivere il potere delle Regioni di impugnarle direttamente irt via 
di azione entro precisi termini di decadenza, facendoli decorrere dal solo 
momento che sia oggettivamente certo e verificabile, e cio� da quello della 
loro pubblicazione. 

Trattandosi di atti, per definizione, generali, e che sono anche tali 
nella maggior parte dei casi, legge costituzionale e legge ordinaria (vin� 
colata quest'ultima a quanto disposto nella prima) si sono cos� conformate 
al criterio abitualmente adottato in materia di giustizia amministrativa 
per i ricorsi contro atti non aventi destinatari determinati, e quindi insuscettibili 
di notificazione o comunicazione (art. 2 del regolamento di procedura 
dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consigfio di Stato r.d. 17 agosto 
1907, n. 642, applicabile oggi, in forza del richiamo contenuto nell'art. 19 


704 RASSEG!J4. DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ai giudizi davanti ai tribunali amministrativi 
regionali). Del resto, un criterio analogo � accolto dalla stessa 

� legge n. 87 del 1953, nell'art. 39, anche per i conflitti 'di attribuzione tra 
Stato e Regioni e tra Regioni, disponendosi che debbano essere proposti 
entro sessanta giorni dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta 
conoscenza dell'atto impugnato: la quale ultima, dunque, viene in 
considerazione soltanto in linea sussidiaria, quando manchino la pubblicazione 
o la notificazione, che la legge assume, agli effetti che qui interessano, 
come equipollenti. 

N� alla regola in tal modo risultante dalla legge costituzionale del 
1948 e dalla legge di attuazione del 1953 sarebbe consentito, in sede di 
applicazione, apportare particolari eccezioni, derogandovi allorch�, per 
asserite ragioni di forza maggiore relativa all'ente legittimato al ricorso, 
questo non abbia avuto materiale conoscenza della legge, ostandovi sia 
considerazioni di ordine sistematico, inerenti alla natura ed efficacia proprie 
delle leggi (che non si trasformano di certo in atti recettizi, sol perch� 
impugnabili da Regioni e Provincie ad autonomia� CO!!tituzionale), sia motivi 
pratici, attinenti alla fondamentale esigenza di certezza nei rapporti 
tra Stato e Regioni, cui la prefissione di termini di decadenza � preordiiiata. 


2. � Ci� premesso, dev'essere precisato che, 'assumendo come dies a 
quo la data della �pubblicazione'� (senza ulteriori specificazioni), legge 
costituzionale e legge ordinaria hanno sicuro riferimento alla pubblicazione 
nella Gazzetta Ufficiale, che, a partire dal testo unico r.d. 24 settembre 
1931, n. 1256, si � ormai nettamente configurata come il momento 
essenziale e decisivo di quella pi� vasta operazione pubblicitaria, comprendente 
altres� la cosiddetta inserzione del testo legislativo nella Raccolta 
ufficiale delle leggi e decreti (� prassi costante, ad esempio, che il 
periodo di vacatio sia fatto decorrere, per espressa disposizione contenuta 
nelle varie leggi, dalla pubblicazione nella Gazzetta). 
La Raccolta, infatti, non ha regolare periodicit�, mentre la Gazzetta 
viene pubblicata � tutti i giorni non festivi nelle ore pomeridiane � (art. 2 

r.d. 7 giugno 1923, n. 1252). 
Ed � appena il caso di avvertire che, quando si fa riferimento a 
pubblicazione nella Gazzetta, si presuppone che questa (od il relativo 
Supplemento) sia, a sua volta, pubblicata, vale a dire messa in circolazione 
e perci� a disposizione del pubblico. Pubblicazione delle leggi � nella � 
Gazzetta (o �nel� Supplemento) non pu� che significare, doverosamente, 
pubblicazione altres� �della� Gazzetta (o �del� Supplemento): senza di 
che sarebbe snaturato lo stesso istituto della pubblicazione degli atti normativi, 
che, anche storicamente, ha il fine di apprestare una situazione 
oggettiva di effettiva conoscibilit�, da parte di tutti, degli atti medesimi. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Ci� che, peraltro, non si contesta sia avvenuto nella specie, adducendosi 
invece che il Supplemento ordinario del 31 dicembre 1973, contenente 
il testo della legge de qua, era giunto. a Bolzano con ventisei giorni di 
ritardo: il che �. cosa diversa da una mancata o ritardata pubblicazione 
dello .stesso, nel senso poc'anzi specificato. D'altronde, la circostanza addotta 
non era tale da impedire che, usando la normale diligenza, un ente 
pubblico come la Provincia ricorrente, che dispone dei necessari strumenti 
organizzativi anche per seguire, all'occorrenza, l'iter delle leggi che 
possano interessarlo, fosse in grado di essere tempestivamente informato 
dell'avvenuta pubblicazione della legge in questione nel Supplemento della 
Gazzetta, di cui, oltre tutto, nel caso in oggetto, la Gazzetta Ufficiale in 
pari data (della quale non si nega che fosse regolarmente pervenuta a 
Bolzano) recava l'annuncio. 

3. -Le considerazioni che precedono, non soltanto giustificano l'accoglimento 
della eccezione di tardivit� del ricorso, ma in linea pi� generale, 
valgono altres� a dimostrare la manifesta infondatezza, nel merito, anche 
a ritenerla ammissibile, della questione di legittimit� costituzionale prospettata 
in subordine dalla difesa della Provincia in ordine all'art. 32 della 
legge n. 87 del 1953, ed involgente in realt�, per quanto premesso al punto 
1, l'art. 2 della l�gge costituzionale n. 1 del 1948, che rappresenta la 
vera fonte della norma della quale si denuncia il contrasto con l'art. 24 
della Costituzione. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 134 -Pres. Rossi -Rel. Oggioni 
-Cioffi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Giorgio Azzariti). 

Reato � Grazia condizionata � Legittimit� costituzionale. 
(Cost. artt. 3, 27 e 87; c.p.p. art. 596). 

Nell'interpretare una parola o una espressione delta Costituzione pu� 
ricostruirsi, anche dal silenzio dei lavori preparatori, una intenzione del 
costituente di recepire un pre-vigente istituto, con i caratteri propri delineatisi 
nella precedente pressi interpretativa,-pu� cos� ritenersi conforme 
all'art. 87 della Cost. l'apposizione di condizioni alla grazia. Una personalizzazione 
dei provvedimenti di clemenza � costituzionalmente legittima, 
posto che anche per tale via si favorisce la rieducazione del reo,-e ci� 
vale anche ad escludere il sussistere di una violazione del principio di 
eguaglianza. 

(Omissis). -1. -Il pretore di Maddaloni solleva due ordini di problemi 
di legittimit� costituzionale dell'art. 596 c.p.p. terzo cpv., nella parte 


706 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui prevede la revoca della grazia in caso di mancato adempimento 
delle condizioni stabilite nel decreto di concessione. 

Sotto un profilo generale il giudice a quo afferma che l'istituto stesso 
della grazia condizionata esorbiterebbe dai limiti dei poteri attribuiti al 
Presidente della Repubblica dall'art. 87, penultimo comma, della Costituzione, 
che non prevedetebbe la possibilit� di sottoporre il beneficio in 
esame a condizioni di qualsiasi natura. Sotto un profilo pi� particolare, 
il giudice a quo osserva che la impugnata disposizione, nel caso in cui, 
come nella specie, la condizione consista nel versamento di una somma a 
favore della Cassa delle ammende, porrebbe in essere una discriminazione 
a danno di quei soggetti che, non essendo in grado di adempiere per le 
loro condizioni economiche, e data l'irrilevanza di tale loro situazione ai 
fini dell'obbligatoriet� della revoca, si vedrebbero sostanzialmente esclusi 
dal beneficio in ragione di una qualit� personale, �ed in contrasto, quindi, 
con l'art. 3 della Costituzione. 

2. -Quanto al primo profilo, peraltro, � da ricordare che l'art. 87 Cost. 
riproduce la formula dell'art. 8 dello Statuto albertino, e che, secondo una 
prassi tradizionale, formatasi appunto sotto l'impero dello Statuto stesso, 
la grazia � spesso sottoposta a condizione, pacificamente escludendosi, in 
sede di interpretazione del potere di grazia, che lo stesso possa intendersi 
limitato soltanto alla concessione o al diniego del provvedimento di clemenza, 
senza possibilit� di adattamenti intermedi, adeguati alla peculiarit� 
dei singoli casi presi in esame. 
Data l'identit� della formula adottata dai Costituenti che, secondo 
quanto risulta dai lavori preparatori, non sottoposero a particolare discussione 
od analisi questo aspetto delle prerogative istituzionalmente inerenti 
alle funzioni del Capo dello Stato, � da ritenere, come esattamente 
rileva l'Avvocatura, che con l'art. 87 Cost. si sia inteso recepire l'istituto 
della grazia con i caratteri propri delineatisi nella precedente prassi interpretativa 
sopra richiamata. 

Pu� quindi, affermarsi che la grazia condizionata costituisce un aspetto 
strutturale dell'istituto in esame, recepito dall'art. 87, penultimo comma, 
della Costituzione. 

Ci�, ovviamente, � sufficiente per escludere la fondatezza della questione 
sollevata dal pretore sotto il profilo generale sopra enunciato. 

D'altra parte, giova ricordare che l'apposizione di condizioni alla grazia 
corrisponde ad una fondamentale esigenza di natura equitativa che 
consente la individualizzazione del provvedimento di clemenza in un senso 
logicamente parallelo alla individualizzazione della pena, consacrata in 
linea di principio dall'art. 133 c.p., e tende a temperare il rigorismo della 
applicazione pura e semplice della legge penale mediante un atto che non 
sia di mera clemenza, ma che, in armonia col vigente ordinamento costituzionale, 
e particolarmente con l'art. 27 Cost., favorisca in qualche modo 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

l'emenda del reo ed il suo reinserimento nel tessuto sociale. Tale obiettivo, 
appunto, tendenzialmente perseguono le condizioni eventualmente 
apposte, come quella che il condannato risarcisca il danno, o che, come 
nella specie, versi una somma alla Cassa delle ammende, i cui proventi 
sono anche destinati, in virt� della recente legge 26 luglio 1975, n. 354; al 
conseguimento dei fini dei Consigli di aiuto sociale (art. 74, cpv. quinto, 
numero 1). 

Trattasi, invero, di circostanze che contribuiscono ad evidenziare un 
comportamento del reo, suscettibile di considerazione positiva ai fini della 
valutazione della sua personalit�, e quindi della concreta possibilit� di 
un suo recupero sociale. 

Anche sulla base di tali considerazioni, pertanto, la censura mossa dal 
pretore all'istituto della grazia condizionata va ritenuta infondata. 

3. -Per quanto riguarda il profilo di illegittimit� concernente la lamentata 
violazione dell'art. 3 Cost. giova premettere che la somma da 
versare alla Cassa delle ammende per effetto del decreto condizionato 
non riveste il �arattere di pena pecuniaria, ma, secondo quanto ritenuto 
dalla giurisprudenza, rappresenta soltanto un contributo a favore di un 
ente che, come � noto, sovvenziona opere di solidariet� nell'ambito della 
amministrazione della giustizia penale. Tale contributo, in analogia a 
quanto ritenuto dalla Corte a proposito del risarcimento del danno previsto 
dall'art. 165 c.p. come possibile condizione del beneficio della sospensione 
condizionale dell'esecuzione della pena, pu� qualificarsi come onere 
patrimoniale per il raggiungimento di un determinato fine giuridicamente 
rilevante. 
Come la Corte ha gi� ripetutamente affermato (sentenze nn. 111 del 
1964 e 49 del 1975), le norme che impongono oneri di tale natura comportano 
inevitabilmente, nella loro applicazione, una diversa possibilit� di 
assolvimento, secondo la diversa condizione economica dei soggetti che 
quei fini propongano di conseguire, senza che, in ogni caso, resti con ci� 
vulnerato il principio di eguaglianza. 

La violazione dell'art. 3 pu� ravvisarsi, infatti, solo quando la disparit� 

delle condizioni economiche costituisca ostacolo all'esercizio di una facolt� 

che la Costituzione a tutti parimenti riconosca e garantisca, ovvero quando 

si determini una situazione di privilegio o di svantaggio in difetto di una 

ragionevole giustificazione desumibile da esigenze obiettive. E mentre, 

ovviamente, qui non ricorre la prima ipotesi, riguardo alla seconda basta 

richiamare quanto dianzi affermato a proposito delle finalit� insite nella 

grazia condizionata per ravvisare validi motivi di politica legislativa pe


nale, sufficienti ad escludere, secondo la giurisprudenza della Corte, la 

violazione del principio di eguaglianza. 

D'altra parte, se � �ndubbiamente vero che l'incapacit� economica del 
reo ad adempiere la condizione, secondo la giurisprudenza, non pu� valere 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non solo ad esentarlo dall'onere neppure ai fini di una eventuale proroga 
�del termine perentorio all'uopo stabilito nel decreto presidenziale, che 
nessun'altra autorit� ha il potere di modificare, � altres� vero che, secondo 
la prassi costantemente seguita in materia, l'istruttoria che normalmente 
precede il provvedimento di clemenza investe, tra l'altro, le condizioni 
personali e sociali del reo, le quali pertanto, vengono, di regola, considerate 
~ai fini dell'eventuale apposizione di condizioni del tipo in esame. 
L'eventuale difetto di capacit� economica che possa emergere nell'effettivit� 
di una situazione concreta, il c:!_ie secondo il pretore si sarebbe 
verificato nella specie, � pertanto, una accidentalft� rispetto al sistema 
e non sembra possa �assumere rilevanza tale da inficiarne la struttura. 
Ci� a prescindere dalla possibilit� che la sopravvenienza di circostanze 
modificatrici delle condizioni economiche del beneficiato, consiglino adeguato 
correttivo, mediante lo strumento di un nuovo decreto. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 maggio 1976, n. 135 -Pres. Rossi -Rel. Ros


j

sano -Azario (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 

f: 
dello Stato Giorgio Azzariti). f: 
" 

Reato � Oblazione � Impedimenti di fatto � Irrilevanza. 

(Cost., artt. 3 e 24; cod. pen., art. 162; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, artt. 42 e 44). 

L'istituto dell'oblazione trova fondamento soprattutto nell'interesse 
preminente dello Stato di definire, con economia di tempo e di spese, i 
procedimenti relativi a reati di minore importanza: non assumono quindi 
rilevanza eventuali situazioni di impedimento ad effettuare l'oblazione. 




SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 28 luglio 1976, n. 205 -Pres. Rossi -Rel. Astuti 
-Amministrazione delle finanze (avv. Stato Carafa) c. Fratelli 
Gr�ssi e A.I.M.A. (avv. Stato Chiarotti) c. Greco (avv. Catalano). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Grassi 
-Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive � Illegittimit� 
costituzionale. 
(Cost., art. 11; trattato CEE, artt. 189 e 177; regolamenti del Consiglio 22 settembre 

1966, n. 136, art. 10; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, art. 16; regola


mento del Consiglio 26 ottobre 1967, n. 754; regolament� del Consiglio 21 dicembre 1967, 

n. 1041, art. 3; d.!. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con legge 18 gennaio 1968, n. 10, 
artt. 2, secondo comma, lett. a, 3, primo comma, e 4, primo, terzo e quarto comma; d.l. 
20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, artt. 9 e 10). 

Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i princ�pi enunciati 
agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11 
della Costituzione, gli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo c_omma, e 
4, primo terzo e quarto comma, del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051 (convertito 
con legge 18 gennaio 1968, n. 10) e gli artt. 9 e 10 del d.l. 20 febbr.:
aio 1968, n. 59 (convertito con legge 18 marzo 1968, v. 224) nella parte 
in cui hanno sostituito, rispettivamente, le corrispondenti disposizioni, 
direttamente applicabili, dei regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, 

n. 136 e 26 ottobre 1967, n. 754 e de( regolamenti del Consiglio 13 giugno 
1967, n. 120 e 21 dicembre 1967, n. 1041 (1). 
(1) Questioni proposte dalle Sezioni unite della Corte di cassazione rispettivamente 
con ordinanze 18 dicembre 1975 (G.U. 17 marzo 1976, n. 72) e 26 giugno 
1975 (G.U. 26 novembre 1975, n. 313). 
Le sentenze della Corte costituzionale 27 dicembre 1973, n. 183 e 30 ottobre 
1975, n. 232 sono pubblicate in questa Rassegna, 1974, I, 57, con nota di DI 
CIOMMO, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario, e 1975, I, 
812, con nota di comm�nto. 

Quanto alla portata delle questioni discusse tra le parti interessate, appare 
utile riprodurre qui di seguito le deduzioni svolte nella memoria presentata 
per l'A.I.M.A. 

(Omissis). -1. -Il sig. Rocco Michele Greco, vistasi respinta un'istanza 
di concessione dell'integrazione di prezzo di cui �all'art. 10 del Regolamento 
del Consiglio della Comunit� Economica Europea n. 136 del 22 settembre 1966 
per una certa quantit� di olio di oliva prodotto nella campagna 1967-68, convenne 
in giudizio davanti al Tribunale di Lecce l'A.I.M.A., chiedendone la con




110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. � Con la prima ordinanza le sezioni unite civili della 
Corte di cassazione sollevano, in riferimento agli artt. 10, primo comma, 
e 11 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli 
artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 
18 marzo 1968, n. 224, nella parte in .cui riproducono le disposizioni relative 
alle cosiddette restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali 
contenute nell'art. 16 del regolamento 13 giugno 1967, n. 120, del Consiglio 
della CEE, e nell'art. 3 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, della 
Commissione della CEE; le quali, presentando compiutezza di contenuto 
dispositivo, hanno 'piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilit� nell'ordinamento 
interno a' sensi dell'art. 189 del Trattato di Roma. 

danna al pagamento della somma corrispondente all'integrazione di prezzo cui 
pretendeva di aver diritto. 

L'Azienda convenuta eccep� il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 
e, nel merito, l'infondatezza della domanda, in quanto al Greco non poteva 
riconoscersi la qualit� di produttore delle olive dalle �quali era stato estratto 
l'olio: qualit� richiesta, come necessario presupposto per la concessione dell'integrazione, 
dal d.l. 21 novembre 1967, n. 1051. 

Il Tribunale adito, ritenuta la propria giurisdizione, accolse la domanda, 
con sentenza successivamente confermata anche dalla Corte d'appello. L'A.I.M.A. 
propose, quindi, ricorso per cassazione, insistendo, anzitutto,� sul difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario, sotto il duplice profilo della causa petendi (la 
pretesa alla concessione dell'integrazione di prezzo, cos� com'� disciplinata dalle 
norme comunitarie, costituisce un semplice interesse legittimo, e non un diritto 
soggettivo) e del petitum (�, comunque, �inammissibile la sostituzione del provvedimento 
amministrativo di concessione con una pronuncia del giudice). Solo 
in via subordinata veniva dedotto l'errore commesso dai giudici di merito nel 
riconoscere al Greco la qualit� di produttore delle olive utilizzate per l'estrazione 
dell'olio. 

La Corte di cassazione era, perci�, chiamata a risolvere, anzitutto, il problema 
della qualificazione giuridica (diritto soggettivo o interesse legittimo) della 
pretesa all'integrazione. Ed � ovvio che tale problema (di giurisdizione) � 
del tutto autonomo e indipendente dall'altro (di merito) attinente alla titolarit� 
della pretesa stessa. Non si comprende, pertanto, perch� la questione di 
legittimit� costituzionale delle norme del dl. 21 novembre 1967, n. 1051, nella 
sola parte in cui accordano l'integrazione di prezzo ai produttori di olive anzi.
ch� ai produttori di olio (e, cio�, nella sola parte in cui disciplinano la titolarit� 
della pretesa), sia potuta apparire rilevante ai fini della soluzione del pregiudiziale 
problema .di giurisdizione. 

N� alcun chiarimento offre la motivazion� dell'ordinanza di rimessione che, 
sul punto, � del tutto carente, liinitandosi ad asse:r:ire apoditticamente che l'individuazione 
del dato normativo applicabile ai fini dell'individuazione del titolare 
dell'integrazione assumerebbe rilevanza � in ordine sia alla sollevata questione 
di difetto di giurisdizione del giudice ordinario (primo motivo del ricorso), 
sia al punto della controversia che concerne la contestata qualit� del resistente 
di produttore di olive �. Non ci sembra proprio che questa scarna proposizione 
possa valere a chiarire in qual senso e sotto quale profilo la questione 
attinente all'obiettiva consistenza della pretesa all'integrazione (diritto 
.soggettivo o interesse legittimo) possa essere influenzata dalla soluzione del ben 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 711 

Con la seconda ordinanza, le sezioni unite civili sollevano, in riferimento 
alle stesse disposizioni della Costituzione, la questione di legittimit� 
costituzionale degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo comma; 
4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 
1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, 

n. 10, �nella parte in cui accordano il diritto all'integrazione di prezzo 
per l'olio di oliva di produzione 1967/68 ai produttori di olive anzich� 
ai p:r:oduttori di olio di oliva�; osservando che le disposizioni denunciate 
riproducono, modificandola, la disciplina stabilita dall'art. 10, paragrafo 
1, del regolamento 22 settembre 1966, n. 136, del Consiglio della CEE, 
diverso problema attinente all'individuazione del titolare della pretesa stessa. 
La circostanza che questo titolare sia il produttore dell'olio o quello delle olive 
non pu� certo comportare alcuna conseguenza in tema di. giurisdizione. Qui 
si tratta di stabilire quale tipo di tutela la legge obiettivamente appresti per 
l'interesse all'integrazione di prezzo, chiunque sia, poi, il portatore dell'interesse 
tutelato. Il che val quanto dire che, per definizione, la questione di giurisdizione 
� del tutto autonoma e indipendente dalle questioni di legittimazione 
sostanziale (ossia di titolarit� dell'interesse dedotto in giudizio), che possono 
assumere rilevanza soltanto in relazione al giudizio di merito sulla fondatezza 
(e non sulla proponibilit�) della domanda. 

Sul punto, ci rimettiamo, comunque, all'illuminata valutazione di codesta 
Corte Ecc.ma. 

2. � Non sar� inutile, tuttavia, anche al fine di meglio chiarire l'effettiva 
portata della q�estione di legittimit� costituzionale, richiamare brevemente i 
presupposti normativi e i termini del dibattito processuale nel giudizio a quo. 
Com'� noto, codesta Corte, con le sentenze del 27 dicembre 1973, n. 183, e 
del 30 ottobre 1975, n. 232, ha enunciato il principio secondo cui la partecipazione 
dell'Italia all'ordinamento delle Comunit� europee, con le conseguenti limitazioni 
(legittimate dall'art. 11 della Costituzione) dei poteri dello Stato in 
-Ordine all'esercizio della funzione legislativa, escl�de che i regolamenti della 
Comunit�, semprech� abbiano completezza di contenuto dispositivo, possano 
formare oggetto di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o 
esecutivo, che possano comunque differirne o condizionarne l'entrata in vigore, 
e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli anche parzialmente. Tale 
principio, peraltro, non pregiudica in alcun modo la potest� dello Stato di 
emanare le norme esecutive di organizzazione, o concernenti modalit� di appli.
cazione, che siano richieste dagli stessi regolamenti comunitari, o che siano, 
comunque, indispensabili. � Lo Stato, infatti, ben pu� e deve, mediante legge 

o regolamento, dettare le norme esecutive che siano necessarie per l'applicazione 
in Italia dei regolamenti comunitari� (sent. n. 232/75). 
Orbene, va subito precisato che, nel nostro caso, com'� pacifico fra le parti 
.e come ha anche (implicitamente) ritenuto l'ordinanza di rimessione, la normativa 
interna in materia di integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 
1967-69 (d.l. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito nella legge 18 gennaio 
1968, n. 10) non si � affatto sovrapposta, abrogandola, alla normativa comunitaria 
(regolamenti C.E.E. n. 136/66 e n. 754/67). L'attribuzione dell'integrazione discende, 
infatti, direttamente dalle norme comunitarie e la legge interna � intervenuta 
soltanto per dettare le necessarie disposizioni esecutive di organizzazione 
e di applicazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

con cui � accordata una integrazione del prezzo � ai produttori di olio 

. di oliva prodotto nella Comunit� con olive raccolte nella Comunit� >>, 
disciplina avente anch'essa piena ed automatica efficacia obbligatoria nell'ordinamento 
italiano. 

Avendo per oggetto la medesima questione di costituzionalit�, i due 
giudizi possono ~ssere riuniti, e definiti con unica sentenza. 

2. -L'Avvocatura generale dello Stato, nelle deduzioni prodotte nel 
primo giudizio per l'Amministrazione delle finanze, e nel secondo per 
l'Azienda per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), ha prospettato, 
pur senza sollevare formale eccezione, il dubbio sulla rilevanza della 
Che questa sia la situazione, risulta chiaramente dall'esame del regolamento 
di base n. 136/66 e dei successivi regolamenti integrativi. Il primo si limita a 
stabilire, all'art. 10,-che �quando il_ prezzo indicativo alla produzione � superiore 
al prezzo indicativo di mercato d'inizio campagna, viene accordata un'integrazione 
pari alla differenza esistente tra questi due prezzi ai produttori di 
olio d'oliva prodotto nella Comunit� con olive raccolte nella Comunit�� (par. 
1). Viene, poi, rimesso al Consiglio di dettare � i principi per la concessione 
dell'integrazione � e di fissare �le misure destinate ad assicurare che i produttori 
di olio d'oliva fruiscano di detta integrazione solo per gli oli che rispondano 
alle condizioni previste al paragrafo 1 � (par. 2); e viene, infine, demandato 
alla Commissione di stabilire, �on una particolare procedura, � le modalit� 
di applio ,zione del presente articolo � (par. 3). 

Per la campagna 1967-68, le disposizioni di cui al par. 2 dell'art. 10 sono 
state emanate con il regolamento del Consiglio n. 754/67 del 26 ottobre 1967, il 
quale si limita a precisare che l'integrazione Ǐ concessa su domanda presentata 
nelle zone oleicole della Comunit� dagli interessati � (art. 2) e che � in attesa 
di un regime comunitario di controllo, -ogni Stato membro produttore instaura 
un regime di controllo amministrativo atto ad assicurare che il prodotto di cui 
all'art. 1 ha diritto all'integrazione � (art. 3). Le � modalit� di applicazione � di 
cui -al par. 3 dell'art. 10 sono, poi, .state emanate con il regolamento della 
Commissione n. 830/67 del 9 novembre 1967, il quale, per quanto qui interessa, 
detta soltanto disposizioni relative al contenuto ed alla documentazione delle 
domande di integrazione (art. 1), nonch� alla tenuta della contabilit� di magazzino 
dei frantoi (art. 2). 

Non � chi non veda come tali scarne ed essenziali disposizioni richiedano 

, l'emanazione, da parte degli Stati membri, di norme esecutive e di ;applica-zione, 
assolutamente indispensabili, anzitutto, per l'instaurazione del fondamentale 
regime di controllo amministrativo, espressamente richiesta dallo stesso 
Regolamento n. 754/67, e, poi, per la disciplina, nei particolari, del procedimento 
di concessione, a partire dai requisiti della domanda (per la quale le 
norme comunitarie si limitano a stabilire che dev'essere presentata nelle zone 
oleicole e che deve avere _un contenuto minimo), dal termine di presentazione 
e dalla determinazione dell'autorit� competente a riceverla, fino alla necessaria 
regolamentazione delle competenze e delle funzioni dei vari uffici nelle fasi 
istruttoria, di concessione e di pagamento dell'integrazione. 

Ed � appunto a tutto ci� che ha provveduto il d.l. 21 novembre 1967, n. 1051.. 
Si guardi, in particolare, all'art. l, che non sostituisce affatto alla norma comu.
nitaria un'autonoma norma interna concessiva dell'integrazione, ma si limita a 




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E �INTERNAZIONALE 713 

questione di legittimit� costituzionale ai fini della decisione dei due giudizi, 
osservando �che nel primo, dato il carattere meramente riproduttivo 
delle norme nazionali rispetto alle norme comunitarie, non dovrebbe 
avere rilievo lo stabilire quale sia la fonte giuridica di quella unica e 
medesima disciplina; e che anche nel secondo, essendo la Corte di cassazione 
chiama~a anzitutto a decidere la questione di giurisdizione, pronunciandosi 
sulla qualificazione giuridica della pretesa all'integrazione 
come diritto soggettivo o interesse legittimo, tale questione dovrebbe 
considerarsi del tutto autonoma e indipendente dalle questioni di legittimazione 
sostanziale, ossia di titolarit� dell'interesse dedotto in giudizio, 
rilevanti solo per la definizione delle cause di merito. 

dettare ima pura e semplice norma di competenza, stabilendo che spetta al


l'A.I.M.A., per conto dello Stato, di �corrispondere per l'olio di oliva, prodotto 

nella campagna 1967-68, una integrazione pari alla differenza fra il prezzo indi~ 

cativo alla produzione ed il prezzo indicativo di mercato stabiliti dalla Comu


nit� economica europea �. 

La norma sostanziale che accorda la concessione �, quindi, sempre e sol


tanto la norma comunitaria. La legge interna interviene soltanto, in virt� di 

un potere conferitole dalla stessa normativa comunitaria, a dettare la necessaria 

disciplina strumentale di competenza, che si completa, poi, con la regolamen


tazione dei particolari del procedimento (requisiti della domanda e autorit� com


petente a riceverla: art. 3; documentazione: artt. 4 e 5; istruttoria e disciplina 

contabile: art. 6; rapporti fra i vari organi competenti: artt. 8 e 11; destina


tari dei pagamenti: art. 2). 

Da ci�, alcune rilevanti conseguenze. 

Anzitutto, � chiaro che, al contrario di quanto sembra aver ritenuto la Corte 
di cassazione, la questione fondamentale della qualificazione giuridica dell'interesse 
protetto dalle norme sull'integrazione e, quindi, della determinazione del 
giudice competente va posta e risolta con riferimento immediato e diretto alla 
normativa comunitaria, senza che occorra rimuovere, preventivamente, alcun 
ipotetico diaframma rappresentato da una, in realt� inesistente, legge interna 
che abbia riprodotto, novandone il titolo di validit�, il contenuto della normativa 
comunitaria di base. Sul punto, attinente alla rilevanza della questione 
di legittimit� costituzionale nel giudizio a quo, ci rimettiamo, comunque, �ome 

�gi� abbiamo detto, alla decisione della Corte. 

In secondo luogo, prescindendo dal rapporto (in realt� inesistente) fra la 
questione di legittimit� costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione e la 
questione di giurisdizione, va sottolineato che la prima si riferisce ad una 
disposizione particolare inserita in un contesto normativo, che, per essere attinente 
alle modalit� esecutive ed all'organizzazione amministrativa e procedimentale 
della concessione dell'integrazione di prezzo, rientra indiscutibilmente 
nell'ambito della competenza del legislatore nazionale. La situazione, cio�, si 
presenta in termini del tutto diversi da quelli della fattispecie che codesta Corte 
ha preso in esame nella sentenza 232/75. In quel caso, l'emanazione delle norme 
italiane corrispondenti alle norme comunitarie appariva �non dettata n� giustificabile 
dalla esigenza di dare alle norme comunitarie attuazione nello Stato, 
ma dovuta al disconoscimento dell'efficacia immediata e diretta delle norme 
comunitarie in Italia�. Nel nostro caso, invece, l'emanazione del d.l. 21 novembre 
1967, n. 1051 � stata proprio dettata dalla indiscutibile esigenza di dare attua




114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ma il dubbio non ha ragion d'essere, di fronte alla chiara motivazione 
di entrambe le ordinanze, in cui si osserva come l'individuazione 
della fonte normativa applicabile incida, sotto vari profili, sulla definizione 
dei giudizi, poich� la decisione pregiudiziale circa l'applicabilit� 
delle norme comunitarie o delle successive norme interne � influente sia 
per la soluzione della questione di giurisdizione, sia per altre questioni 
proposte con diversi motivi di ricorso. Ancora sul punto della rilevanza 
della questione di legittimit� costituzionale, le ordinanze della Cassazione 
osservano che � in tanto la Corte potrebbe porre quesiti interpretativi 
dei regolamenti comunitari alla Corte di giustizia delle Comunit� 
europee (art. 177 del Trattato CEE), in quanto avesse risolto il preliminare 
problema sull'alternativa delle fonti normative applicabili, a 

zione nello Stato alla disciplina comunitaria dell'integrazione di prezzo, e, in 
particolare, di instaurare quel regime di controllo esplicitamente delegato alla 
normativa nazionale dal regolamento n. 754/67 (art. 3). 

In astratto, potrebbero, quindi, darsi queste due sole ipotesi. La prima � 
che il legislatore interno abbia ecceduto dai limiti del potere ad esso riconosciuto 
dalle norme comunitarie, dettando disposizioni relative ad argomenti gi� 
compiutamente regolati dalle fonti della Comunit� e, quindi, non compresi 
nella (esplicita o implicita) delega normativa di cui si tratta. La seconda ipotesi 
� che il legislatore interno, pur attenendosi ai limiti del suo potere normativo, 
abbia emanato, su qualche punto, disposizioni non conformi ai criteri o principi 
generali desumibili dalla normativa comunitaria di base. Nel primo caso, 
com'� chiaro, si farebbe questione di carenza di potere normativo del legisla,. 
tore interno, a causa dell'invasione della sfera di competenza comunitaria. Nel 
secondo, invece, si farebbe soltanto questione di .scorretto esercizio di un potere 
sicuramente spettante al� legislatore interno. 

Orbene, sembra chiaro che soltanto nella prima ipotesi, e non mai nella 
seconda, potrebbe sorgere un problema di legittimit� costituzionale della legge 
interna. Come, infatti, ha ben chiarito codesta Corte nella sentenza 232/75, 
l'illegittimit� costituzionale, per contrasto con l'art. 11 Cost., delle norme interne 
emanate per regolare fattispecie gi� disciplinate da norme comunitarie discende 
direttamente dalla ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato 
di Roma e dalle fonti successive, e, quindi, dall'assenza di potest� legislativa dell'ordinamento 
interno nelle materie riservate alla competenza dell'ordinamento 
comunitario. Ci� significa che, quando si riconosce all'ordinamento interno la 
competenza a disciplinare determinate materie, sia �pure in armonia con principi 
fissati da norme comunitarie, per ci� solo � senz'altro esclusa ogni questione 
di legittimit� costituzionale, essendo, in ipotesi, esclusa quella situazione di 
assoluta carenza di potest� normativa che ne dovrebbe costituire il fondamento. 
Lo scorretto esercizio di un potere attribl:lito o riconosciuto dall'ordinamento 
comunitario all'ordinamento interno potr� dar luogo, in sede comunitaria, 
al procedimento di cui all'art. 169 del Trattato di Roma, ma non potr� 
mai involgere questioni di legittimit� costituzionale nell'ambito dello stesso 
ordinamento interno, in ipotesi riconosciuto come pienamente competente nella 
materia. 

Sar� sufficiente, perci�, dimostrare, come ci sembra agevole, che la disposizione 
sul pagamento dell'integrazione di prezzo al produttore delle olive rientra 
nell'ambito della potest� normativa riconosciuta o delegata all'ordinamento 



:t'ARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA �E INTERNAZIONALE 715 

favore dei regolamenti comunitari, il che postula necessariamente la 
decisione in senso affermativo sull'inapplicabilit� delle norme interne, 
perch� costituzionalmente illegittime l'� 

3. -La dedotta questione di costituzionalit� � fondata, e in ordine 
ad essa questa Corte non pu� che richiamarsi ai principi gi� enunciati 
nelle sue decisioni 27 dicembre 1973, n. 183, e 30 ottobre 1975, n. 232. I 
regolamenti emanati dal Consiglio e dalla Commissione delle Comunit� 
europee hanno, a norma dell'art. 189 del Trattato di Roma, piena efficacia 
obbligatoria in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in 
tutti gli Stati membri; pertanto, semprech� essi presentino completezza 
di contenuto dispositivo, non debbono essere oggetto di successivi provinterno 
nella materia perch� sia escluso, per ci� solo, ogni fondamento della 
questione di legittimit� costituzionale. 

3. -L'ordinanza di rimessione si limita a rilevare l'apparente contrasto fra 
un inciso dell'art. 10 del regolamento n. 136/66 (�viene accordata un'integrazione... 
ai produttori di olio d'oliva ... �) e l'art. 2, lett. a, del d.l. 21 novembre 
1967, n. 1051 (�L'integrazione � corrisposta, per gli oli di pressione, ai produttori 
delle olive ... in relazione alla quantit� di olio estratto dalle medesime�). 
Ma � chiaro che non ci si pu� fermare alla superficie. L'art. 10 del regolamento 
C.E.E. n. 136/66 va inteso, non gi� nel senso che dev'essere concesso 
un aiuto ad un certo soggetto piuttosto che a un altro, bens� nel senso che 
deve essere obiettivamente aiutata la produzione di olio d'oliva, mediante la 
corresponsione di incentivi che, ovviamente, ridondano a vantaggio di tutti gli 
operatori economici impegnati nella produzione stessa. In questa prospettiva, 
� chiaro che l'individuazione del soggetto al quale dev'essere concretamente 
versata l'integrazione di prezzo assume un rilievo decisamente secondario, trattandosi, 
non� certo di tutelare un suo autonomo, egoistico interesse, ma di attuare 
un intervento di sostegno di un intero settore economico, con vantaggi 
che devono ripercuotersi, attraverso i meccanismi del mercato, su tutti gli operatori 
interessati alle varie fasi della produzione. 

i!. chiaro, perci�, che l'espressione � produttori di olio d'oliva,, non pu� 
essere intesa in senso restrittivo, come riferita ai soli gestori dei frantoi, ma 
assume necessariamente un significato ben pi� lato e generico, tale da poter 
comprendere, in linea di principio, tutti gli operatori economici (dagli olivicultori 
ai raccoglitori ai frantoiani) che intervengono nel ciclo produttivo dell'olio. 
Ci� che interessa al legislatore comunitario, nel dettare la norma di base, 
� solo che l'aiuto finanziario previsto vada a beneficio delle sole produzioni 
realizzate all'interno della Comunit� e con olive raccolte nella Comunit�. Il problema 
di ,stabilire, poi, a chi, in concreto, debba essere pagata la sovvenzione 
si pone solo in via secondaria e applicativa e deve essere risolto tenendo presenti 
le esigenze e le finalit� perseguite dalla norma di base. 

Ci� significa che l'individuazione del destinatario dei pagamenti non pu� 
essere desunta direttamente dalle norme foncfamentali del primo paragrafo dell'art. 
10, ma � rimessa a quelle disposizioni attuative che il paragrafo 2 dello 
stesso art. 10 prevede al fine della fissazione dei principi per la concessione 
dell'integrazione e delle � misure destinate ad assicurare che i produttori di 
olio d'oliva fruiscano di detta integrazione solo per gli oli che rispondano 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

716 

vedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che 
possano comunque differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto 
meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli anche parzialmente. � 
principio fondamentale del sistema comunitario che questi regolamenti 
entrino contemporaneamente in vigore nei diversi Paesi della Comunit�, 
e vi conseguano applicazione puntuale, uguale ed uniforme nei confronti 
della generalit� dei destinatari. Gli Stati membri hanno soltanto il potere-
dovere di emanare le norme esecutive di organizzazione interna o 
concernenti modalit� di attuazione, che possano essere richieste dagli 
stessi regolamenti comunitari, o risultino comunque indispensabili per 

alle condizioni previste dal paragrafo 1 � (e, cio�, oli prodotti nella Comunit� 
e con olive raccolte nella Comunit�). 

. Orbene, il Consiglio della C.E.E., nel dettare queste disposizioni attuative 
per la campagna 1967-68 (regolamento n. 754/67), ha preferito, �in attesa di un 
regi.me comunitario di controllo �, di delegare agli Stati membri l'instaurazione 
di " un regime di controllo amministrativo atto ad assicurare che il prodotto 
di cui all'art. 1 ha diritto all'integrazione�, precisando, peraltro, che �tale con� 
trollo deve consentire in particolare di stabilire la corrispondenza tra il quan� 
titativo di olio per il quale � chiesta l'integrazione e il quantitativo di olive rac� 
colte nella Comunit�, utilizzato per la produzione dell'olio �. 

In tal modo, � stata delegata agli Stati membri quella stessa potest� nor� 
mativa che al Consiglio � attribuita, in via primaria, dal paragrafo 2 dell'art. 10 
del regolamento 136/66. Quella stessa potest�, cio�, che, come abbiamo visto, 
comprende anche l'individuazione del soggetto legittimato a presentare la domanda 
di integrazione ed a riscuoter~ la somma riconosciuta dalle competenti 
autorit�. 

Ci� risulta, con particolare chiarezza, dalla richiamata disposizione sulla 
destinazione dei controlli delegati agli Stati membri, che devono tendere a sta� 
bilire la corrispondenza fra olio prodotto e olive utilizzate. � chiaro che questa 
precisa determinazione della funzione del controllo non sarebbe concepibile 
ove gli Stati membri fossero tenuti a concentrare sul solo produttore finale del� 
l'olio (e non anche sul produttore delle olive destinate alla molitura) ogni 
legittimazione a promuovere il procedimento di concessione dell'integrazione. 
Il sistema del controllo della corrispondenza, infatti, non solo presuppone una 
discrezionalit� di scelta fra i due possibili soggetti legittfillati, ma contiene, 
anzi, per la sua stessa logica interna, una precisa indicazione in favore del produttore 
delle olive. Soltanto attribuendo a quest~ultimo la legittimazione a 
chiedere l'integrazione �; invero, possibile istaurare un serio regime di con� 
trollo della corrispondenza fra olio prodotto e olive utilizzate, posto che, com'� 
evidente, i dati fondamentali e imprenscindibili riguardanti l'indicazione del 
fondo di produzione delle olive e la relativa potenzialit� produttiva possono 
essere responsabilmente forniti solo da chi ha provveduto alla coltivazione 
del fondo olivetato e non certo dal titolare del frantoio che ne ha acqui� 
stato il prodotto. 

Se, quindi, il legisiatore interno, nel procedere all'individuazione del destinatario 
dell'integrazione, non si � sovrapposto ad alcuna tassativa norma 
comunitaria preesistente, ma ha semplicemente esercitato una potest� normativa 
ad esso delegato dal regolamento e.E.E. n. 754/67, adeguandosi, per giunta, ai 
principi direttivi agevolmente desumibili dalla stessa norma delegante, � chiaro 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 717 

la loro effettiva applicazione; e sono altres� tenuti, ove occorra; a provvedere 
alla copertura finanziaria delle spese eventualmente occorrenti. 

Consegue a questi principi che la successiva emanazione di norme 
legislative interne, anche di contenuto puramente riproduttivo, integra 
violazione delle disposizioni degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma, 
in quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno 
ne disconosce la diretta efficacia obbligatoria ed automatica applicabilit�, 
e ne sottrae l'interpretazione in via definitiva alla Corte di giustizia 
delle Comunit�, necessaria e fondamentale garanzia di uniformit� 
di applicazione in tutti gli Stati membri. Delle norme legislative italiane 
che abbiano recepito e trasformato in legge interna disposizioni 
dei regolamenti comunitari direttamente applicabili deve pertanto essere 
dichiarata la illegittimit� costituzionale, per il rilevato contrasto 

che nessuna questione di legittimit� costituzionalp per � straripamento � dai 
limiti della competenza dell'ordinamento interno pu� fondatamente porsi. 

4. -Ulteriore conferma della conclusione appena raggiunta pu� trarsi da 
un esam� pi� estesO' e approfondito dell'evoluzione del sistema della disciplina 
comunitaria dell'integrazione di prezzo per l'olio d'oliva. La fallacia dell'argo� 
mento puramente lessicale che la Corte di cassazione ha creduto di poter desumere 
dal confronto fra l'art. 10 del regolamento C.E.E. 136/66 e l'art. 2 del 
d.I. 1051/67 ne risulter� evidente, si da rendere superfluo quel preventivo giudizio 
di interpretazione della normativa comunitaria da parte della Corte di 
giustizia, che, altrimenti, si renderebbe necessario a norma dell'art. 177 del 
Trattato di Roma. 
Come abbiamo gi� visto, una corretta interpretazione sistematica dell'intero 
testo della norma istitutiva del regime dell'integrazione (art. 10 del regolamento 
136/66) porta a concludere che nel rinvio a successive disposizioni regolatrici dei 
� princ�pi � e dei controlli in materia (par. 2) sia compreso anche ci� che concerne 
l'individuazione del soggetto legittimato a chiedere e a riscuotere l'integrazione, 
l'individuazione, cio�, di chi debba concretamente considerarsi quale 
" produttore di olio di oliva� (produttore, �finale � o produttore delle olive 
molite). La riprova sta in c��, che quando, per campagne successive al 1967-68, 
il Consiglio della C.E.E. non si � pi� limitato a delegare agli Stati membri la 
propria potest� normativa ex par. 2 dell'art. 10, esso ha fatto� uso di questa 
stessa potest� anche al fine di dettare norme direttamente rilevanti in tema 
di determinazione del destinatario dell'integrazione. L'estensione del potere (delegato 
al legislatore interno per la campagna 1967-68) fino a comprendere anche 
questa materia ha, cos�, ricevuto una definitiva e tranquillante conferma per 
via di interpretazione autentica da parte delle stesse fonti comunitarie. 

Procedendo per ordine, ricordiamo che, per la prima campagna olearia di 
concessione dell'integrazione (1966-67), il Consiglio, con regolamento 168/66 del 
27 ottobre 1966, emesso ai sensi del par. 2 dell'art. 10 del regolamento 136/66, 
dett� una norma particolare per l'Italia, prescrivendo che il nostro Paese avrebbe 
potuto adottare un regime di controllo fondato sull'introduzione di una particolare 
sostanza rivelatrice nell'olio d'oliva (art. 3). Conseguentemente, il d.l. 
9 novembre 1966, n. 912 instaur� un sistema strutturato in modo da concentrare 
nei titolari degli stabilimenti di molitura delle olive (sia attraverso la presentazione 
di domande d'integrazione per l'olio ottenuto da olive da loro prodotte 



RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO

718 

con il disposto degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma e con i prin� 
cipi fondamentali del sistema comunitario, che comporta violazione 
dell'art. 11 della Costituzione. 

4. -Le disposizioni degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 
1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, denunciate con la 
prima ordinanza della Corte di cassazione, riproducono la disciplina 
delle restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali, stabilita <J.all'art. 
16 del regolamento n. 120/1967 del Consiglio della CEE relativo 
alla organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, e dall'art. 
3 del regolamento n. 1041/1967, della Commissione della C;EE, che 
fissa le modalit� di applicazione delle restituzioni alla esportazione nel 
settore dei prodotti sottoposti ad un regime di prezzo unico. L'ordinanza 
di rimessione rileva che queste disposizioni dei regolamenti comunitari 
hanno compiutezza di contenuto dispositivo, in quanto racchiudono 
un precetto completo, di per s� attuabile, e sono state � in-
od acquistate, sia attraverso il rilascio di dichiarazioni di molitura nei casi di 
attivit� svolte per conto terzi) ogni effetto applicativo delle norme concernenti 
l'aiuto comunitario, anche a motivo che soltanto presso i frantoi poteva essere 
concretamente esercitato il previsto controllo basato sull'introduzione della sostanza 
rivelatrice. 

A partire dalla successiva campagna 1967-68 (che � quella che qui interessa), 
il Consiglio, sempre in sede di esercizio dei poteri normativi di cui al par. 2 
dell'art. 10, modific� il proprio indirizzo, eliminando la norma speciale per 
l'Italia relativa al controllo a mezzo di sostanze rivelatrici, e introducendo il gi� 
ricordato principio secondo cui i controlli (delegati agli Stati membri) dovevano 
tendere a stabilire la corrispondenza tra l'olio prodotto e le olive utilizzate 
(regolamento C.E.E. n. 754/67, pi� volte richiamato). A questo punto, il 
sistema di cui al d.l. 912/66 � doveva necessariamente considerarsi superato; ed 
esso fu sostituito dal sistema di cui al d.l. 1051/67 (della cui legittimit� costit�
JZionale si tratta), tutto incentrato sull'individuazione del � produttore di olio � 
nell'olivicoltore che, direttamente o a mezzo di terzi frantoiani, trasforma in 
oUo il prodotto dei fondi da esso coltivati. Abbiamo gi� detto che tale sistema 
doveva considerarsi, pi� che consentito, implicitamente imposto dalla stessa 
norma. comunitaria relativa al controllo della corrispondenza. Preme, qui, evidenziare 
che tale conclusione risulta comprovata dalle disposizioni che la 
Comunit� ha emanato (perfezionando il sistema di controllo delegato per la 
campagna 1967-68) relativamente alle successive annate agrarie. 

La normativa comunitaria di applicazione, nelle .varie campagne, dell'art. 10, 

par. 2, del regolamento di base n. 136/66, nel restringere sempre pi� la sfera 

lasciata alla competenza degli Stati membri, ha, infatti, via via espresso dispo


sizioni sempre pi� chiaramente indicative del principio secondo cui il produt


tore di olio va identificato con l'olivicultore, statuendo per i titolari della pre


tesa all'integrazione prescrizioni che. sono logicamente riferibili soltanto ai col


tivatori dei fondi olivetati e, quindi, ai produttori di olive destinate alla molitura. 

Ricordiamo, in particolare: 

a) le norme che hanno introdotto l'obbligo della presyntazione, da parte 

dell'olivicultore, della denuncia di coltivazione (artt. 4, 5 e 6 del regolamento 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 719 

tegralmente recepite, nella parte che viene in considerazione agli effetti 
della controversia, negli artt. 9 e 10 �, dianzi citati. Si deve qui aggiungere 
che entrambi i regolamenti comunitari recano la clausola 
finale � il presente regolamento � obbligatorio in tutti i suoi elementi� 
ed � direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri�, e che 
sulla corrispondenza tra le norme comunitarie'e quelle interne non pu� 
sussistere dubbio: anche la difesa del Ministero delle finanze ha espressamente 
ammesso che le successive norme nazionali � in sostanza hanno 
uguale contenuto e uguale portata rispetto alle norme comunitarie 
cui esse fanno riferimento�. Si impone di conseguenza la declaratoria 
della loro illegittimit� costituzionale. 

e.E.E. n. 2132/69 del 28 ottobre 1969, e corrispondenti disposizioni dei regolamenti 
successivi); 
b) le norme che hanno previsto la presentazione di una denuncia di 
coltivazione unica e di una domanda di integrazione unica da parte di cooperative 
e di associazioni di produttori olivicoli (art. 8 del regolamento e.E.E. 

n. 3209/73 del 27 novembre 1973); 
c) le norme che hanno istituito il sistema dell'accertamento produttivo, 
con riferimento alla determinazione e applicazione di rese indicative in olive 
ed in olio per zone omogenee di produzione (art. 6 del regolamento C.E.E. 

n. 2132/69 del 28 ottobre 1969, e corrispondenti disposizioni dei regolamenti 
successivi); 
d) le norme che hanno disciplinato la concessione della integrazione 
di prezzo al produttore per le olive vendute (art. 2, par. 3, e art. 11, par. 2, del 
regolamento della Commissione n. 3423/73 del 18 settembre 1973); 

e) le norme che hanno stabilito, per l'Italia, che la domanda di integrazione 
per l'olio di oliva deve riferirsi anche all'olio di sansa, fissando la quantit� 
di quest'ultimo ammessa all'integrazione in percentuale forfettaria; in tal modo 
sopprimendo, sostanzialmente, la norma di cui alla lettera b dell'art. 2 del 

d.l. 1051/67, che disponeva, per l'olio di sansa, il pagamento dell'integrazione 
all'industriale estrattore dell'olio stesso (regolamento C.E.E. n. 2660/71 del 15 dicembre 
1971 e regolamenti successivi). 
Da �tutte queste disposizioni (e da molte altre che si potrebbero citare) 
risulta, anzitutto, che la potest� normativa di cui all'art. 10, par. 2 e 3, del 
regolamento di base n. 136/66 si estende, per univoca interpretazione autent�ca 
da parte delle stesse fonti �comunitarie, fino a comprendere il potere di determinare 
il soggetto legittimato a promuovere il procedimento di concessione 
dell'integrazione e, quindi, a riscuoterne l'ammontare. Esercitando tale potere, 
il legislatore interno si �, perci�, rigorosamente attenuto ai limiti della potest� 
che gli era stata delegata per la campagna 1967-68. In secondo luogo, le stesse 
disposizioni dimostrano che, in concreto, la scelta, quale soggetto legittimato, 
del produttore delle olive utilizzate per l'estrazione dell'olio corrisponde perfettamente 
ai criteri di fondo ed ai principi regolatori del sistema degli aiuti 
comunitari. 

Ancor pi� chiara, forse, in questo senso, � la norma dell'art. 3 del regolamento 
n. 3209/73 del 27 novembre 1973, la quale dispone, al par. 2, che �una 
sola domanda d'integrazione pu� essere presentata, entro una data da stabilirsi, 
da ciascun produttore che ha presentato una dichiarazione di coltivazione, per 
ciascuna delle zone di cui all'art. 6, par. 2 �, � evidente, infatti, che, facendo 



no RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

5. -Le disposizioni degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo 
comma; 4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 
1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 
1968, n. 10, �Norme per l'erogazione della integrazione di prezzo per 
l'olio di oliva di produzione 1967-68 �, denunciate con la seconda ordinanza 
della Corte di cassazione, sono espressamente dirette all'attuazione 
delle disposizioni del regolamento n. 136/1966 del� Consiglio della 
CEE, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei 
grassi; il quale stabilisce all'art. 10, paragrafo l, che quando il prezzo 
indicativo alla produzione sia superiore al prezzo indicativo di mercato 
d'inizio campagna, viene accordata una integrazione, pari alla differenza 
esistente tra questi due prezzi, �ai produttori di olio d'oliva 
prodotto nella Comunit� con olive raccolte nella Comunit� �. Tale di-
dipendere la legittimazione alla presentazione della domanda di integrazione dall'avvenuta 
presentazione, da parte dello stesso soggetto, di una dichiarazione 
di coltivazione, si individua nel solo produttore di olive (che sia anche produttore 
di olio, direttamente o per mezzo di terzi) il beneficiario dell'integrazione. 

E se ancora dovessero residmlre dubbi, a fugarli basterebbero le gi� 
richiamate disposizioni che accordano l'integrazione ai produttori di olive che 
abbiano venduto il loro prodotto (ossia, addirittura, ai produttori di olive che 
non sono anche produttori di olio). Quando, infatti, si stabilisce che �la domanda 
di integrazione per i produttori che hanno venduto le loro olive deve 
comprendere... l'indicazione del quantitativo di olive vendute, del cognome, nome 
e indirizzo dell'acquirente, nonch� della fattura di vendita delle olive � (art. 2, 
par. 3, del regolamento n. 3423/73), e, ancora, che �in caso di vendita delle 
olive, il quantitativo di olio ammesso all'integrazione non pu� superare quello 
risultante dall'applicazione al quantitativo di olive riconosciuto della resa 
indicativa in olio stabilita per la zona da cui provengono le olive in questione � 
(art. 11, par. 2, 2� comma), � del tutto evidente che l'integrazione viene intesa 
dalle fonti comunitarie quale aiuto alla produzione (anche solo potenziale) 
di olio oggettivamente intesa, e non quale aiuto ai soli produttori finali, e che, 
in concreto, la fase del ciclo produttivo presa in considerazione ai fini dell'individuazione 
dell'operatore legittimato a riscuotere � solo quella della produzione 
delle olive e non quella, successiva, della loro molitura. 

5. -In definitiva, sembra possa senz'altro affermarsi che, se qualche dubbio 
poteva sussistere in origine sulla portata e sull'estensione della potest� normativa 
delegata al legislatore interno dal regolamento 754/67, nessun dubbio � 
pi� consentito oggi che il legislatore comunitario, esercitando direttamente 
quella potest� che, allora, aveva delegato al legislatore interno, l'ha esercitata 
con la stessa estensione (comprendente anche l'individuazione del soggetto legittimato 
a chiedere l'integrazione) e, per di pi�, nello stesso senso in cui, 
vigendo la delega, l'aveva esercitata il legislatore interno. 
Come si � detto, tutto ci� assume un chiaro valore di interpretazione 
autentica dei limiti e del contenuto della delega conferita con il regolamento 
754/67 e consente di superare il grave problema, che altrimenti si porrebbe, 
della necessit�, anche in questa sede, di ottenere preventivamente un giudizio 
vincolante di interpretazione delle fonti comunitarie che vengono in discussione 
da parte del solo organo competente, e cio� della Corte di giustizia delle 
Comunit� Europee (art. 177 del Trattato di Roma). -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

sciplina � confermata dai successivi regolamenti comunitari n. 165/1966, 

n. 168/1966, n. 186/1966, n. 754/1967, n. 830/1967, tutti in materia di integrazione 
di prezzo dell'olio di oliva, e contenenti la rituale clausola di 
obbligatoriet� e diretta applicabilit� in ciascuno degli Stati membri. 
L'ordinanza di rimessione rileva che il regolamento corp.unitario 

n. 136/1966 �ha compiutezza di contenuto dispositivo, racchiudendo 
un precetto di per s� attuabile >>, ed osserva come le successive disposizioni 
di diritto interno, pur ri�hiamandosi alla normativa comunitaria, 
prevedano in deroga ad essa la concessione dell'integrazione 
di prezzo a favore dei produttori di olive anzich� dei produttori di olio. 
Secondo l'ordinanza, �che la norma interna di attuazione contrasti 
con quella comunitaria non pu� formare oggetto di dubbio �; su 
questo punto, anche davanti a questa Corte le parti hanno ampiamente 
discusso, sostenendosi dall'Azienda di Stato la corrispondenza della legge 
italiana allo spirito ed alle finalit� delle disposizioni comunitarie, le 
quali sarebbero state dettate a sostegno � degli olivicultori ed avrebbero 
rimesso al legislatore nazionale la identificazione dei destinatari dell'integrazione; 
e� replicandosi dalla parte privata che il denunciato contrasto 
effettivamente sussiste, ma in questa sede viene contestata non 
tanto la difformit� delle norme interne quanto l'illecita riproduzione e 
sostituzione con esse delle corrispondenti norme comunitarie, direttamente 
applicabili, che accordano l'integrazione di prezzo ai produttori 
di olio d'oliva. 

Non sfugge a questa Corte la gravit� ed importanza del problema 
interpretativo, che dovr� essere risolto nelle competenti sedi giu:dsdizionali, 
salva in ultima istanza la pronuncia della Corte di giustizia delle 
Comunit�, cui l'art. 177 del Trattato di Roma riserva la definitiva decisione 
sulla validit� ed interpretazione dei regolamenti comunitari. Ma 
tale problema esorbita manifestamente e sicuramente dall'ambito del 
presente giudizio di costituzionalit�, nel quale la Corte non � chiamata 
a stabilire quali debbano essere i beneficiari delle provvidenze comunitarie, 
bens� esclusivamente ad accertare che le disposizioni dei regolamenti 
CEE n. 136/1966 e 754/1967, aventi piena efficacia obbligatoria 
e diretta applicabilit� nell'ordinamento interno di tutti gli Stati membri, 
sono state indebitamente sostituite dalle corrispondenti norme della successiva 
legge italiana, emanata per dare attuazione ai detti regolamenti, 
norme di cui pertanto deve essere qui dichiarata la illegittimit�. Eliminate 
queste norme, sar� compito dei giudici chiamati a decidere la causa 
che ha dato luogo al giudizio di costituzionalit�, di pronunciarsi sull'interpretazione 
ed applicazione dell'art. 10, paragrafo 1, del regolamento 
n.. 136/1966 e delle altre disposizioni comunitarie relative alla integrazione 
di prezzo per l'olio di oliva, ferma la competenza riservata alla 
Corte di giustizia delle Comunit� dal gi� ricordato art. 177 del Trattato 
di Roma. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

722 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 20 maggio 1976, 
nella causa 111/75 -Pres. Lecourt -Rei. Donner -Avv. gen. Reischl Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Trento 
nella causa Impresa, Costruzioni Q. Mazzalai (avv. Giammarco) contro 
s.p.a. Ferrovia del Renon (avv. Facchin) -Interv.: Governo italiano 
(avv. Stato Braguglia) e Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Wiigenbaur e de March). 

Comunit� europee � Giudizio di interpretazione ex art. 177 del Trattato 
CEE � Atti comunitari non aventi diretta efficacia -Competenza 
della Corte. 

(Trattato CEE, art. 177; direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228). 

Comunit� europee -Direttiva di armonizzazione in materia di imposte 
sulla cifra di affari � Imposta sul valore aggiunto -Prestazioni di 
servizi -Fatto generatore dell'imposta. 

(Direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228, art. 6 n. 4; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 
art. 6, terzo comma). 

A norma dell'art. 177 del Trattato CEE la Corte di giustizia � competente 
a statuire, in via pregiudiziale, sull'interpretazione degli atti emanati 
dalle istituzioni comunitarie, indipendentemente dal fatto che essi 
abbiano o meno efficacia diretta (1). 

(1) L'interpretazione, in via pregiudiziale, degli atti comunitari privi di 
efficacia diretta. 
Uno degli aspetti fondamentali che la causa sottoposta alla decisione pregiudiziale 
della Corte di giustizia presentava era quello relativo all'ammissibilit� 
ed ai limiti del giudizio di interpretazione, ex art. 177 del Trattato di Roma, 
di atti comunitari non aventi efficacia diretta. 

Nelle osservazioni presentate per conto del Governo italiano (osservazioni 
che, sul punto, vengono di seguito trascritte per una migliore intelligenza del 
delicato problema), l'Avvocatura Generale aveva rappresentato gli argomenti 
secondo i quali non pareva ammissibile che il giudizio di interpretazione della 
norma comunitaria non immediatamente applicabile si estendesse sino a chiarire 
il significato della norma medesima, nonch� i pericoli di una tale estensione: 
sia per l'inevitabile.confusione di procedimenti (quello previsto dall'art. 177 
e quello previsto dall'art. 169 del Trattato), sia per l'inutilit� di una taie piena 
interpretazione posto che la norma comunitaria non poteva essere applicata 
dal giudice nazionale. 

La Corte ha respinto gli argomenti addotti, limitandosi a statuire la propria 
competenza anche in relazione agli atti non immediatamente applicabili ed a 
rilevare -come aveva gi� fatto nella sentenza in causa 32/74, HAAGA, Racc., 
1974, 1201 -che l'interpretazione di simili atti � ... pu� costituire per il giudice 
nazionale un utile criterio or'ientativo al fine di garantire l'interpretazione e 
l'applicazione della legge interna d'attuazione in senso conforme ai dettami del 
diritto comunitario�. 

Soluzione, quella data dalla Corte, che � difficile condividere sul piano del 
diritto, ma che non si pu� non riconoscere ispirata all'esigenza di garantire 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 723 

L'art. 6, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, n. 228, 
in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative 
all'imposta sulla cifra d'affari, non pu� essere interpretato nel senso che 
esso consenta d'identificare il momento in cui il servizio � effettuato con� 
quello in cui viene rilasciata la fattura o incassato un acconto, qualora 
tali operazioni siano posteriori al compimento del servizio. 

(Omissis). -In diritto. Con ordinanza 30 giugno 1975, registrata in 
cancelleria il 24 ottobre successivo, il Tribunale di Trento ha sottoposto 

l'uniformit� di applicazione della normativa comunitaria, anche se tale applicazione 
non avviene direttamente da parte dei giudici nazionali, ma indirettamente 
attraverso l'intervento degli Stati membri. 

(Omissis) 1. -Il giudice nazionale ha chiesto alla Corte -avvalendosi del 
procedimento di cui all'art. 177 del Trattato -di interpretare l'art. 6 n. 4 della 
seconda direttiva del Consiglio e tale richiesta, come prima si osservava, solleva 
dei problemi sui quali non sar� inutile soffermarsi. 

L'art. 189 del Trattato dispone che la direttiva vincola lo Stato membro cui 
� rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la com: 
petenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi. Lo stesso 
art. 189, invece, definisce obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente 
applicabili i regolamenti. 

Interpretando la citata norma del Trattato, talvolta in riferimento all'arti� 
colo 177, la Corte ha spesso affermato che, a prescindere dai regolamenti, altri 
atti comunitari indicati nell'art. 189 possono essere immediatamente applicabili. 

Nel senso della immediata applicabilit� e della possibilit� quindi per i 
singoli di fondare i propri diritti su tali atti comunitari (nonch� della correlativa 
possibilit� per i giudici nazionali di prendere in considerazione gli atti 
stessi come norme di diritto comunitario), la Corte si � espressa, ad esempio, 
nella sentenza in causa 9/70 Grad (Racc. 1970, 825) a proposito di una decisione 
del Consiglio collegata con l'art. 1 della prima direttiva 67/227 /C.E.E. in data 
11 aprile 1967. Nello stesso senso si � espressa a proposito di direttive nelle 
sentenze in causa 33/70 SACE (Racc. 1970, 1223). e in causa 41/74 Van Duyn 
(Ra�c. 1974, 1337). 

Nei casi sopra citati a titolo di esempio, cos� come in tutti gli altri esaminati, 
la Corte -dopo aver escluso che, in linea generale, le decisioni o le direttive 
non possano mai essere immediatamente applicabili -ha affermato che 
occorre � ... esaminare, caso per caso, se la natura, lo spirito e la lettera della 
disposizione di cui trattasi consentano di riconoscerle efficacia immediata nei 
rapporti tra gli Stati membri ed i singoli� (sentenza in causa Van Duyn citata, 
paragrafo 12/5). 

Pi� in particolare, nella stessa sentenza Van Duyn, come gi� nella precedente 
sentenza in causa 9/70 Grad, la Corte ha proceduto ad un collegamento 
tra gli articoli 189 e 177 del Trattato ed ha in proposito affermato: � D'altra 
parte l'articolo 177, che autorizza i giudici nazionali a domandare alla Corte di 
Giustizia di pronunziarsi sulla validit� e sull'interpretazione di tutti gli atti 
compiuti dalle istituzioni, senza distinzione, implica il fatto che i singoli possano 
far valere tali atti dinanzi ai giudici nazionali � (paragrafo 6 sentenza Grad; 
paragrafo 12/4 sentenza Van Duyn). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

724 

� 
� 
in via pregiudiziale a questa Corte una questione mirante ad accertare 
se � l'art. 6, n. 4, della seconda direttiva del Consiglio di data 11 aprile 
1967 (in G.U.C.E. n. 71 del 14 aprile 1967) debba interpretarsi nel senso 
che per la prestazione di servizi ed in particolare per i contratti d'ap


palto� il fatto generatore dell'imposta si verifichi al momento in cui viene 
effettuato il servizio, restando i singoli Stati membri autorizzati ad identificare 
tale momento anche col rilascio di una fattura o con l'incasso di 
un acconto, e ci� tanto nell'ipotesi che tali fatti precedano il compimento 
dell'opera come pure nell'ipotesi (ricorrente nella specie) che 
seguano al compimento predetto �, 

2. -Quest'ultima precisazione fatta dalla Corte presenta, ad avviso del Governo 
italiano, un duplice significato: 
a) da un lato essa conferma, traendo argomento dall'art. 177, che anche 
atti comunitari diversi dai regolamenti possono essere, in certi casi, immediatamente 
applicabili; 

b) dall'altro, essa stabilisce che il procedimento ex art. 177 deve riguardare 
un atto comunitario immediatamente applicabile. 
Questo secondo significato va brevemente illustrato, soprattutto alla luce 
della funzione che l'art. 177 assegna alla decisione pregiudiziale d'interpretazione 

o di validit�. 
Non � il caso qui di indugiare su quale sia tale funzione e sulla fondamentale 
importanza dell'interpretazione ed applicazione uniformi del diritto 
comunitario, sia di quello stabilito nel Trattato, sia di quello derivato. Non pare 
neanche il caso di sottolineare che la suddetta funzione pu� esplicare ed esplica 
tutto il suo effetto in tanto in quanto il giudice nazionale sia tenuto ad applicare 
la norma comunitaria della quale chiede l'interpretazione o della cui 
validit� dubita. 

Ed, infatti, se la norma comunitaria non � immediatamente applicabile 
nell'ordinamento interno e se quindi il giudice nazionale non soltanto� non � 
tenuto ma neanche � legittimato ad applicarla, l'interpretazione che ne desse 
la Corte quanto al suo significato resterebbe priva di effetto. 

Orbene, non sembra che la �ratio� dell'art. 177 possa condurre ad un 
simile risultato; non sembra, in altri termini, che il procedimento previsto da 
detta norma possa essere utilizzato fino al punto da richiedere alla Corte l'interpretazione 
di una norma comunitaria, che la Corte stessa riconosce non immediatamente 
applicabile. , 

Occorre precisare, a tal punto, che -per comodit� di esposizione -la 
fase del giudizio sulla immediata applicabilit� o meno della norma � stata 
tenuta distinta .dalla fase di interpretazione, cio� di esplicazione del significato 
della norma stessa. Il che, a stretto rigore, non � esatto in quanto il primo 
momento dell'interpretazione � proprio quello di verificare se la norma sia o 
meno immediatamente applicabile. 

Quella distinzione serve peraltro a chiarire che il problema qui delineato 
non attiene n� alla rilevanza della questione proposta n� alla ricevibilit� della 
domanda pregiudiziale. 

Il problema della rilevanza, :ip.vero, pre_suppone che la norma comunitaria 
sia immediatamente applicabile in astratto, mentre � dubbia la sua applicabilit� 
al caso concreto. 

Il problema della ricevibilit� attiene alla natura dell'atto del quale si 
chiede l'interpretazione o della cui validit� si dubita: e la Corte ha espressa



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 725 

Tale questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia ver


tente sull'importo dovuto; a titol� di imposta generale sull'entrata, op


pure d'imposta sul valore aggiunto, sulla somma versata nel 1973 dalla 

�Ferrovia del Renon� all'impresa Mazzalai (convenuta e, rispettivamen


te, attrice nella causa principale) a saldo del corrispettivo di taluni la


vori relativi alla costruzione della funivia Bolzano -Sopra Bolzano, ulti


mati nel 1967. 

In ossequio alla normativa nazionale entrata in vigore il 1� gennaio 

1973, l'attrice versava sulla somma incas.sata l'imposta sul valore ag


giunto nella misura del 12%, e ne chiedeva il rimborso alla convenuta. 

Questa rifiutava il rimborso richiesto sostenendo che nella fattispecie, 

poich� i lavori in questione erano stati ultimati nel 1967, andava ver


mente affermato, in proposito, che l'art. 177 � relativo a tutti gli atti compiuti 

dalle Istituzioni comunitarie, senza distinzioni. 

Una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa ad una norma comuni


taria non immediatamente applicabile sar� quindi ricevibile; sar� certamente 

anche non rilevante (ma questo � problema che riguarda il giudice nazionale). 

Ma la pronuncia interpretativa della Corte, una volta accertato che la norma 

non � immediatamente applicabile, dovr� limitarsi a stabilire questo carattere 

della norma ovvero dovr� comunque estendersi sino a chiarire il significato 

della norma medesima? 

Ritiene il Governo italiano, sulla base della �ratio� e della funzione dell'art. 
177, nonch� tenendo conto dello stretto collegamento che la Corte ha 
ravvisato tra le stesso art. 177 e le norme immediatamente applicabili, che nella 
ipotesi sopra prospettata la pronuncia interpretativa della Corte dovrebbe limitarsi 
ad accertare che la norma comunitaria non � immediatamente applicabile. 

Diversamente opinando, si andrebbe incontro a delle difficolt�. 

Restringendo l'esame al campo delle direttive, in particolare delle direttive 
�di coordinamento, potr� avvenire che la legge nazionale di attuazione della 
direttiva consenta al giudice un margine di interpretazione (nel senso di scelta 
tra i pi� significati che la norma nazionale apparentemente present~). :� anche 
possibile, allora, che l'interpretazione della direttiva da parte della Corte giovi 
al giudice nazionale � ... ai fini di una applicazione conforme al diritto comu� 
nitario della legge di attuazione della direttiva... � (sentenza in causa 32/74 Haaga, 
Racc. 1974, 1201). 

Potr� anche avvenire, peraltro, che la legge nazionale contrasti con la di


rettiva e non sia altrimenti interpretabile che nel senso in cui contrasta. Il giu


dice nazionale -non � dubbio -sarebbe comunque tenuto ad applicare la 

legge nazionale, anche se l'interpretazione della direttiva resa dalla Corte gli 

rendesse ancora pi� evidente il contrasto. 

In questa ipotesi occorre chiedersi quale effetto avrebbe l'interpretazione 

resa dalla Corte. Assolutamente nessuno che possa giovare al giudice nazionale 

per risolvere la sua questione; mentre, sotto altro profilo, potrebbe rappresen


tare l'anticipazione di un giudizio in un procedimento ex art. 169 che la Com


missione venisse ad intraprendere. 

:� soprattutto il pericolo di questa commistione tra il procedimento ex 

art. 177 e quello ex art. 169 -con tutti i rischi che comporta -che induce 

il Governo italiano a prospettare la soluzione sopra delineata. Occorre infatti 

evitare, nel modo pi� assoluto, che uno Stato membro, il quale non sia inter




726 RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO 

sata unicamente l'imposta generale sull'entrata secondo l'aliquota del 

4% allora vigente. 

In conformit� alle direttive comunitarie, l'imposta sul valore aggiun


to veniva istituita in Italia dal 1� gennaio 1973, in forza della legge di 

delega 9 ottobre 1971, n. 825 (G.U.R.I. n. 263 del 16 ottobre 1971) e del 

relativo decreto presidenziale 26 ottobre 1972, n. 633 (G.U.R.I. n. 292 del


1'11 novembre 1972). 

L'art. 76 di tale decreto stabilisce che l'imposta si applica sulle ces


sioni di beni e sulle prestazioni di servizi (alle quali sono assimilati 

i lavori eseguiti in forza di un contratto d'appalto); a norma dell'art. 6, 

terzo comma, �le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto 

del pagamento del corrfspettivo �. 

venuto in un procedimento ex art. 177 di interpretazione di una direttiva che lo 
concerne, si trovi successivamente pregiudicato, nell'eventuale procedimento 
ex art. 169, dall'interpretazione gi� resa dalla Corte nell'ambjto dell'art. 177. 

3. -Seguendo l'impostazione prima tracciata, bisogna ora verificare se la 
norma comunitaria di cui il Tribunale di Trento chiede l'interpretazione, cio� 
l'art. 6 n. 4 della seconda direttiva del Consiglio 67/228/C.E.E. in data 11 aprile 
1967, sia immediatamente applicabile o meno. In caso negativo, ad avviso del 
Governo �taliano la pronuncia della Corte dovrebbe limitarsi ad accertare la non � 
immediata applicabilit�, senza estendersi al significato della norma. 
L'art. 6 della direttiva citata riguarda, come � noto, le prestazioni di 
servizi quali operazioni� da assoggettare all'IVA, ai sensi dell'art. 2. Il n. 4 
dell'art. 6, in particolare, definisce il momento nel quale si verifica il fatto 
generatore dell'imposta. 

Orbene, come risulta dall'ordinanza di rinvio, il giudice nazionale riferisce 
tale norma al contratto di appalto, cio� a quel contratto � ��� col quale una parte 
assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio. rischio, 
il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro,. 
(codice civile, art. 1655). 

Sembra anzitutto doversi dubitare dell'esattezza del riferimento e, pi� in 
generale, del fatto che le norme della seconda direttiva_ siano obbligatoriamente 
applicabili alle prestazioni di servizi rese in virt� di contratto d'appalto. 

Nella direttiva, come � noto, la consegna di un lavoro eseguito in base ad 
un contratto d'opera (art. 5 n. 2 lett. d), ovvero la consegna di un lavoro immobiliare 
(art. 5 n. 2 lett. e) sono considerate come cessioni di beni e non gi� 
come prestazioni di servizi. Il punto 5 dell'allegato A autorizza tuttavia gli Stati 
membri, che per particolari motivi nazionali non possono considerare le suddette 
operazioni come cessioni, a collocarle nella categoria delle prestazioni 
di servizi � assoggettandole all'aliquota che sarebbe applicabile se fossero considerate 
.cessioni�. 

La Repubblica italiana, seguendo una tradizione che risale al diritto romano, 
ha esercitato quella 'facolt� ed infatti, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 26 ottobre 
1972 n. 633 sull'istituzione e disciplina dell'IVA, le prestazioni verso corrispettivo 
dipendenti da c�ntratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, 
agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di 
non fare e di permettere, costituiscono prestazioni di servizi. 

D'altro canto, il paragrafo 2 dell'art. 6 della seconda direttiva dispone che 
� le norme previste nella presente direttiva relative alla imposizione delle pre




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 727 

Nel corso del procedimento, il Governo italiano ha messo in dubbio 
tanto la rilevanza della questione ai fini della decisione della causa 
principale, quanto la competenza della Corte: in primo luogo, infatti, 
la normativa comunitaria di cui trattasi (la seconda direttiva del Consiglio) 
non avrebbe efficacia diretta e, in secondo luogo, la controversia 
verterebbe in sostanza su problemi di diritto transitorio non contemplati 
dalla normativa comunitaria e da risolversi alla luce del solo diritto 
interno. 

A norma dell'art. 177, la Corte � competente a statuire, in via pregiudiziale, 
sull'interpretazione degli atti emanati dalle istituzioni comunitarie, 
indipendentemente dal fatto che essi abbiano o meno efficacia 
diretta. 

Poich� la questione sollevata dal Tribunale di Trento concerne 
esclusivamente l'interpretazione dell'art. 6, n. 4, della direttiva, la Corte 
� competente a pronunziarsi in merito. 

stazioni di servizi, sono applicabili obbligatoriamente alle sole prestazioni di 
servizi elencate nell'Allegato B >>, tra le quali non sono certamente ricomprese 
quelle dipendenti da contratti d'opera ovvero d'appalto. 

Se dunque le prestazioni di servizi dipendenti dai suddetti contratti non 
rientrano nella disciplina dell'art. 5 della seconda direttiva in virt� della deroga 
consentita dall'Allegato A, se esse non rientrano neppure nella disciplina dell'art. 
6 non essendo ricomprese nell'elenco dell'Allegato B, sembra doversi ritenere 
che la seconda direttiva non si applichi a quelle prestazioni. E questa 
conclusione potrebbe trovare conferma, con argomento a contrario, dal fatto 
che la proposta di sesta direttiva presentata dalla Commissione al Consiglio 
il 29 giugno 1973 (GUCE C 80 in data 5 ottobre 1973) prevede di assoggettare 
alla disciplina comune d'imposta sul valore aggiunto � ��. l'insieme delle prestazioni 
di servizi...� (4� considerando, in fine), cos� eliminando quella transitoria 
parzialit� prevista dall'art. 6 n. 2 della seconda direttiva. 

Una prima osservazione potrebbe esser dunque, secondo quanto breve


mente illustrato, che la seconda direttiva non riguarda le prestazioni di servizi 

dipendenti da contratti d'opera e d'appalto. E tale accertamento in astratto 

renderebbe senza oggetto le successive indagini sull'applicabilit� immediata o 

meno della norma di cui all'art. 6 n. 4, nonch� sul significato di questa norma. 

4. -Occorre tuttavia, per completezza, verificare se la norma suddetta sia 
o meno immediatamente applicabile. 
La base legislativa delle direttive adottate dal Consiglio in materia di IVA 
� fornita dagli articoli 99 e 100 del Trattato relativi, il primo, all'armonizzazione 
in materia fiscale ed il secondo al ravvicinamento delle legislazioni che incidano 
direttamente sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. Trattasi 
quindi di direttive di coordinamento e questa constatazione porta gi� a 
ritenere che, in generale, esse non possono contenere norme immediatamente 
applicabili e sulle quali i singoli possano fondare pretese soggettive che i giudici 
nazionali debbono tutelare. 

Uno dei caratteri della norma immediatamente applicabile, invero, � che 
il precetto della norma medesima non richieda alcun provvedimento d'attuazione 
da parte delle Istituzioni comunitarie o degli Stati membri. Mentre, come 
chiaramente risulta dall'art. 189 del Trattato, la direttiva (specialmente quella 



726 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Inoltre, non spetta alla Corte valutare la pertinenza delle questioni 

sottopostele in forza dell'art. 177: tale norma, infatti, � informata al 

principio della netta separazione delle competenze e lascia ai giudici 

nazionali il compito di decidere circa l'opportunit�, ai fini della defini


zione delle controversie dinanzi ad essi pendenti, del rinvio pregiudiziale. 

Prescindendo poi dall'efficacia della direttiva, la sua interpretazione, 

in casi quali quello di specie, pu�. costituire per il giudice nazionale un 

utile criterio orientativo al fine di garantire l'interpretazione e l'appli


cazione della legge interna d'attuazione in senso conforme ai dettami 

del diritto comunitario (causa 32/74, Haaga; Racc. 1974, pag. 1201). 

Lo stesso vale anche per quanto concerne i problemi di diritto tran


sitorio sollevati nella causa principale. 

Per quanto riguarda la questione formulata dal giudice a quo, l'art. 6, 

n. 4, della seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, in materia di 
di coordinamento; di armonizzazione) vincola lo Stato membro ad un risultato 

che viene raggiunto attraverso forme e mezzi di competenza degli organi 

nazionali. 

Ci� comporta che l'effetto voluto da una norma di una direttiva di coordi


namento pu� essere legittimamente raggiunto, da parte degli Stati membri, 

mediante un mezzo diverso. Quel che rileva, invero, � la conformit� del risul


tato raggiunto dalla normativa nazionale -nel suo insieme -all'effetto voluto 

dalla direttiva di coordinamento; e non gi� la conformit� di ogni singola norma 

nazionale, che faccia parte di un sistema, a quella che si pretende essere la cor


rispondente norma della direttiva. 

In ordine alle direttive di coordinamento la sola forma di controllo pos


sibile, pertanto, risulta essere il giudizio globale di conformit� (o meno) che 

pu� ottenersi tramite il procedimento di cui all'art. 169 del Trattato; mentre 

l'interpretazione (ed il conseguente, ineliminabile giudizio di conformit� o dif


formit�) di singole norme del sistema, avulsa dalla valutazione globale del 

sistema stesso, non appare strumento idoneo a stabilire se il sistema nazio


nale, nella sua globalit�, abbia ottenuto il risultato voluto dalla direttiva. 

Ribadito cos� che le norme aventi un vero e proprio contenuto di coordi


namento non possono, per loro stessa natura, costituire norme di immediata 

applicabilit�, va peraltro osservato che talvolta, in atti comunitari denominati 

direttive di coordinamento, possono rinvenirsi anche norme aventi un contenuto 

diverso. � il caso, ad avviso del Governo italiano, della norma di cui all'art. 1 

n. 3 della prima direttiva che vieta agli Stati membri di mantenere od istituire 
-dopo la sostituzione del vecchio sistema d'imposte sulla cifra di affari 
con il sistema comune IVA -misure forfettarie di compensazione all'importazione 
od all'esportazione a titolo d'imposte sulla cifra d'affari per gli scambi 
tra Stati membri. � 
In questo caso, invero, la norma non � intesa a coordinare le attivit� degli 
� Stati membri in vista di un risultato, bens� a porre un precetto chiaro e pre


ciso, non condizionato da ulteriori provvedimenti ed al quale corrisponde una 

precisa posizione soggettiva dei singoli che i giudici nazionali devono tutelare. 

Caratteri -quelli da ultimo indicati -che mancano totalmente e non 
possono non mancare, per quanto sopra detto, nelle norme aventi un puro 
contenuto di coordinamento e di armonizzazione. 



PARTE I, .SEZ. 1!, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 729 

armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all'imposta 
sulla cifra d'affari -struttura e modalit� d'applicazione del sistema 
comune d'imposta sul valore aggiunto -recit�: �Il fatto generatore 
dell'imposta si verifica al momento in cui viene effettuato il servizio. 
Tuttavia, nelle prestazioni di servizi di durata indeterminata o che superano 
un certo periodo di tempo o che danno luogo al versamento 
di acconti, pu� essere previsto che il fatto generatore si verifichi al 
momento del rilascio della fattura o, al pi� tardi, al momento dell'incasso 
dell'acconto, e ci� limitatamente all'importo fatturato o incassato
�. 

Tale norma stabilisce quindi una regola generale e al tempo stesso 
prevede talune deroghe. 
Dette deroghe concernono tuttavia solo i casi m cui vi sia versamento 
di acconti prima che il servizio o i servizi siano stati interamente 

5. -Da quanto fin qui osservato risulta chiaro che anche la norma di cui 
all'art. 6 n. 4 della seconda direttiva -la cui interpretazione � stata richiesta 
dal giudice nazionale -non costituisce norma di immediata applicazione. 
Essa si limfta a dettare il criterio direttivo secondo il quale � il fatto 
generatore dell'imposta si verifica al momento in cui viene effettuato il servizio 
� ed indica, inoltre, delle eccezioni a tale criterio per le ipotesi di rilascio 
anticipato di fattura ovvero di versamenti in acconto. 

La norma, anzitutto, non � diretta a porre obblighi o divieti nei confronti 
degli Stati membri; tanto meno, obblighi o divieti cui corrispondano posizioni 
soggettive dei singoli. � 

In secondo luogo, la� disposizione non � n� chiara n� precisa. Essa infatti 
indica un presupposto ovvio, cio� che il fatto generatore dell'imposta -che � 
costituito, nel caso, dalla prestazione del servizio -si verifica al momento in 
cui questo � prestato. Resta incerto ed imprecisato, tuttavia, quando tale momento 
si verifichi relativamente ad ognuna delle ipotesi contrattuali o legali 
dalle quali pu� derivare una prestazione di servizio e, quindi, un'operazione da 
assoggettare ad IVA. 

Per rimanere nel campo del contratto d'appalto italiano, infatti, sulla base 
della sola norma di cui all'art. 6 n. 4 della seconda direttiva non si potrebbe 
stabilire se il fatt<> generatore dell'imposta si verifichi quando i lavori sono 
terminati, ovvero quando il risultato dell'impresa (cio� l'opera od il servizio) 
� stato formalmente consegnato al cominittente, ovvero ancora quando l'opera 
od il servizio sono stati sottoposti a favorevole collaudo. 

D'altro canto, stabilire che il fatto generatore dell'imposta si verifica al 
momento dell'effettuazione del servizio rappresenta ~oltanto un principio di 
disciplina: che deve essere necessariamente completata con la individuazione 
del momento in cui l'imposta si rende esigibile, del tempo e delle modalit� di 
pagamento, delle sanzioni per omessa od inesatta dichiarazione in ordine al 
verificarsi dell'operazione imponibile, ovvero per omesso od inesatto pagamento 
dell'imposta. 

6. -Verificato, in tal modo, che la norma dell'art. 6 n. 4 della seconda direttiva 
non � immediatamente applicabile, nel senso che essa non fa sorgere 
diritti soggettivi in capo ai singoli che i giudici nazionali devono tutelare, 
la Corte dovrebbe limitarsi a statuire -secondo quanto osservato sopra, al 

730 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effettuati, nei quali, cio�, venga anticipato il momento in cui, di regola, 
l'imposta sarebbe divenuta esigibile. 

Per contro, la norma in questione non contempla affatto la possibilit� 
di differire tale momento ad epoca successiva a.I compimento 
del servizio o dei servizi. 

Pertanto, le disposizioni interne che identifichino il momento in cui 
viene effettuato il servizio con il pagamento del corrispettivo esorbitano 
dai limiti posti dalla norma di cui trattasi. 

La questione del giudice a quo va quindi risolta come segue: l'art. 6, 

n. 4, della direttiva non pu� essere interpretato nel senso che esso consente 
di identificare il momento in cui il servizio � effettuato con quello 
in cui viene rilasciata la fattura o incassato un acconto, qualora tali 
operazioni siano posteriori al compimento del servizio. -(Omissis). 
punto 3, n. 2 -che la questione proposta dal Tribunale di Trento � sen~a 
oggetto. 

E tale conclusione non muterebbe anche ove si volesse considerare che, 
come ricordato dal giudice nazionale, le � norme comunitarie � (cio� la prima 
e la seconda direttiva) sono state indicate nell'art. 5 della legge di delega 
9 ottobre 1971, n. 825, come norme alle quali si doveva informare il legislatore 

. delegato. 

In effetti se, disponendo in tal modo, il citato art. 5 ha operato un rinvio 
alla prima e seconda direttiva, la conseguenza di tale rinvio sar� che le norme 
della prima e seconda direttiva saranno divenute norme di diritto interno. 
Con l'ulteriore conseguenza che spetter� unicamente al giudice nazionale verificare 
se ed entro quali limiti le norme delle due direttive siano state 'recepite 
nell'ordinamento nazionale quali norme di diritto interno; nonch� interpretare 
il contenuto di queste norme. 

Neanche per questa via, dunque, un'interpretazione che la Corte fornisse 
in ordine al significato dell'art. 6 n. 4 della seconda direttiva potrebbe produrre 
alcun effetto. -(Omissis). 

I. M. BRAGUGLIA 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 7 luglio 1976, 
nella causa 118/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Trabucchi -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Milano nel procedimento 
penale nei confronti di Lynne Watson e Alessandro Belmann 
(avv. Nascimbene) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee 
(ag. S�ch� e de March), Governo italiano (avv. Stato Braguglia), e 
Governo inglese (ag. Gibson). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle persone -Normativa comunitaria 
� Efficacia diretta e prevalenza sulle norme di diritto interno. 
(Trattato CEE, artt. 48-66; regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 1; 

direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 360, art. 4; direttiva del Consiglio 21 maggio 
1973, n. 148; d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656; d.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1225). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN11lRNAZIONALE 731 

Comunit� europee -Libera circolazione delle persone � Obbligo di notifica 

imposto da norme nazionali -Compatibilit� con la normativa comu


nitaria � Limiti. 

(Trattato CEE, artt. 7 e 48-66; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 17, 142, primo comma, 

150, quarto comma, e 151, primo comma; d.!. 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2; legge 12 

luglio 1961, n. 603, art. 3; d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, artt. 1-3; d.P.R. 29 dicem


bre 1969, n. 1225, art. 1). 

Gli artt. 48-66 del trattato CEE ed i provvedimenti comunitari adottati 
in applicazione di detti articoli attuano un principio fondamentale 
del Trattato, attribuiscono ai soggetti che essi contemplano diritti soggettivi 
che il giudice nazionale deve tutelare e prevalgono su qualsiasi 
norma di diritto interno contraria (1). 

Le norme di diritto interno che prescrivono un obbligo di notifica 
alle autorit� nazionali per tutti i cittadini degli altri Stati membri destinatari 
delle disposizioni di cui agli artt. 48-66 del trattato CEE e che 
impongono ai residenti dello Stato di notificare alle autorit� nazionali 

(1-2) Brevi spunti sulla � ragionevolezza � e sulla � proporzionalit� � 
come criteri di verifica della compatibilit� con la normativa comunitaria 
di norme di diritto interno. 

1. -Con la decisione in rassegna, relativa alla compatibilit� con la normativa 
comunitaria dell'obbligo di denuncia imposto a carico degli stranieri e dei cittadini 
che li ospitino, rispettivamente, dall'art. 142 del testo unico approvato 
con r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e dall'art. 2 del d.!. 11 febbraio 1948, n. 50, la 
Corte di giustizia ha per la prima volta valutato la rilevanza del limite dell'ordine 
pubblico con riferimento a disposizioni legislative nazionali: questione 
finora esaminata, invero, soltanto rispetto a specifici provvedimenti amministrativi 
(cfr.: Corte di giustizia, 4 dicembre 1974, nella causa 41/74, VAN DUYN, 
Racc., 1337, e Foro it., 1975, IV, 99; 26 febbraio 1975, nella causa 67/74, BoNSIGNORE, 
Racc., 297; 28 ottobre 1975, nella causa 36/75, RUTILI, Racc., 1219, e in questa 
Rassegna, 1975, I, 838, con nota di BRAGUGLIA; 8 aprile 1976, nella causa 
48/75, ROYER). 
Nella motivazione della sentenza, sopra massimata nei termini del dispositivo, 
non risultano esaminate, almeno in modo specifico, talune delle questioni 
discusse tra le parti; e ci� sembra potersi rilevare quanto alla portata 
da attribuire, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, alle clausole della Convenzione 
europea dei diritti dell'uomo ed alla stessa applicabilit�, nella specie, 
della normativa comunitaria. ' 

Quanto alla prima questione, erano state richiamate, nelle osservazioni presentate 
ai sensi dell'art. 20 dello Statuto della Corte, le sentenze 17 dicembre 1970, 
nella causa 11/70, INTERNATIONALE HANDELSGESELLSCHAFr (Racc., 1125), 27 novembre 
1973, nella causa 130/73, VANDEWEGHE (Racc., 1329), e 14 maggio 1974, nella causa 
4/73, Now (Racc. 491), sui limiti in cui possono venire in rilievo, nell'ordinamento 
comunitario, taluni princ�pi fondamentali comuni agli Stati membri. 

Il Governo italiano ed il Governo inglese, inoltre, deducendo la limitata 
riferibilit� del trattato CEE all'attivit� economica (cfr.: Corte di giustizia, 12 
dicembre 1974, nella causa 36/74, WALRAVE, Racc., 1405, e in questa Rassegna, 
1975, I, 77; 14 luglio 1976, nella causa 13/76, DoN�, retro, I, 537), avevano conte




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

732' 

l'identit� dei cittadini di altri Stati membri da essi ospitati sono in �linea 
di principio compatibili con la normativa comunitaria, purch� i termini 
posti per l'adempimento degli obblighi suaccennati siano contenuti entro 
limiti ragionevoli, e le sanzioni comminate per l'inosservanza di detti 
obblighi non siano sproporzionate rispetto alla gravit� dell'infrazione e 
non contemplino l'espulsione. Qualora non implichino restrizioni alla 
libera circolazione delle persone, tali norme non costituiscono una discriminazione 
vietata dall'art. 7 del trattato CEE (2). 

(Omissis). -In diritto. Con ordinanza 18 novembre 1975, pervenuta 
alla cancelleria della Corte il 1� dicembre 1975, il Pretore di Milano ha 
sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni 
vertenti essenzialmente sull'interpretazione degli articoli 7 e 48-66 
di detto Trattato. 

Le questioni sono sorte nell'ambito di un procedimento penale promosso 
nei confronti di una cittadina britannica che si era recata in 
Italia per soggiornarvi qualche mese, nonch� nei confronti di un cittadino 
italiano che l'aveva ospitata. 

stato che le norme del trattato CEE sulla libera circolazione delle persone, 
espressamente riferite ai .lavoratori e ai prestatori di servizi, possano intendersi 
volte a tutelare anche i cittadini in veste di turista. 

Tale soluzione era stata invece sostenuta dalla Commissione delle Comunit� 
eilropee, per essere il turista � destinatario � delle prestazioni considerate dalla 
normativa comunitaria, ma lo stesso avv. gen. Trabucchi, pur dando atto degli 
elementi in tal senso desumibili dall'orientamento espresso dalle Istituzioni comutarie 
nei programmi generali del 28 luglio 1960 e del 18 dicembre 1961 e nelle 
direttive 25 febbraio 1964, n. 220 e 21 maggio 1973, n. 148, aveva rilevato la necessit�, 
a tal fine, di provvedimenti da adottare a norma dell'art. 235 del trattato 
CEE (o quantomeno, per ammettere la possibilit� di una evoluzione spontanea 
del sistema comunitario, tale da ampliare l'ambito di applicazione soggettiva 
delle norme del Trattato, un mutamento che � corrispondesse a esigenze funzionali 
del sistema, s'inquadrasse quindi nell'ambito delle finalit� del Trattato, e, 
soprattutto, poggiasse sul consenso generale�), ed aveva anzi espressamente segnalato 
la opportunit� di � evitare la finzione di ricondurre al testo del Trattato 
l'estensione a tutti i cittadini, della Comunit� di un diritto di libera circolazione 
che il Trattato aveva invece voluto riconoscere in favore di categorie ben determinate 
di soggetti �; e la validit� di tali considerazioni non pu� invero essere 
disconosciuta quando si consideri che qualsiasi cittadino comunitario � ovviamente 
� destinatario � di servizi, e che la specificazione, nel trattato CEE, dei 
soggetti ai quali � attribuito il diritto di libera circolazione risulterebbe priva 
di senso se tale diritto dovesse essere riconosciuto in ragione della sola qualifica 
di � destinatario � di servizi. 

2. -Quanto al merito della decisione, pu� certamente convenirsi sulla esigenza 
di ispirare a criteri di ragionevolezza e di proporzionalit� la determinazione 
dei termini da osservare e delle sanzioni da comminare per la violazione . 
delle norme sull'obbligo di denuncia degli stranieri; cos� come pu� ammettersi 
che l'espulsione dello straniero inadempiente sia di per s� incompatibile con il 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 733 

Alla cittadina britannica si fa carico di non aver adempiuto all'obbligo 
di notificare la sua presenza all'autorit� di polizia territorialmente 
.competente entro i tre giorni dal suo ingresso nel territorio della Repubblica 
Italiana �onde dare contezza di s� ed effettuare la dichiarazione 
di soggiorno�; tale obbligo � prescritto dalla legislazione italiana 
per tutti gli stranieri, eccezione fatta per alcune categorie di lavoratori 
subordinati cittadini degli altri Stati membri; l'inosservanza pu� essere 
punita o con un'a1p.menda fino a 80.000 Lit., o con l'arresto fino a tre 
mesi, oppure con l'espulsione dal territorio della Repubblica, nel quale 
l'espulso potr� rientrare solo previa autorizzazione del Ministro dell'Interno. 


Al cittadino italiano si fa carico di non aver comunicato all'autorit� 
competente, nel termine di 24 ore, le generalit� della cittadina 
britannica in questione, in violazione dell'obbligo imposto dalla legge 
italiana a � chiunque, a qualsiasi titolo d� alloggio ovvero ospita uno 
straniero od un apolide... o lo assume, per qualsiasi causa, alle proprie 
dipendenze �, obbligo per la cui inosservanza sono comminati un'ammenda 
fino a 240.000 Lit. e l'arresto fino a 6 mesi. 

diritto di circolazione in suo favore attribuito �dalle norme del Trattato di diretta 
ed immediata applicabilit�. 

Non pu� non essere rilevato, tuttavia, che il ricorso ai criteri della � ragionevolezza 
� e della � proporzio:p.alit� � � univoco ed efficace, in effetti, soltanto 
quando all'applicazione del criterio in concreto possa provvedere lo stesso giudice 
che l'ha enunciato, soltanto in tale ipotesi potendo risultare garantite, per 
la elasticit� stessa dei concetti da tenere in considerazione, una reale adere:o.za 
della soluzione al criterio da adottare, ed una effettiva uniformit� di applicazione. 

La validit� di tale rilievo non pu� non essere avvertita, invero, quando si 
consideri che le indicazioni fornite, in via di principio, dalla Corte di giustizia 
non potranno certo impedire che termini di eguale durata e sanzioni della stessa 
natura e di eguale misura siano o no ritenuti � ragionevoli � e � proporzionate � 
a seconda delle soggettive e variabili valutazioni del singolo giudice che dell'indicato 
criterio debba fare in concreto applicazione. 

La � interpretazione � fornita dalla Corte di giustizia conduce in effetti, con 
inconvenienti di non indifferente portata, a condizionare la validit� e� 1a efficacia 
della norma di diritto interno al � giudizio � che in ordine ad essa ritenga di 
dover esprimere ciascun giudice nazionale, con la conseguenza che una stessa 
norma potrebbe essere ritenuta o no compatibile con il diritto comunitario a 
seconda che i termini e le sanzioni con essa stabiliti e previste siano o no nella 
singola fattispecie riconosciuti, rispettivamente, ragionevoli e proporzionate. 

3. -Negli ordinamenti nei quali � consentito al giudice di � disapplicare � 
la legge nazionale, o comunque quando si tratti di norme di diritto interno � anteriori 
� (che possano assumersi, cio�, abrogate dalla successiva e contrastante 
norma comunitaria), l'applicazione o non applicazione della norma verrebbe a 
dipendere, in particolare, dal giudizio di congruit� dell'interprete, con una possibile 
variet� di soluzioni tale da compromettere il principio della certezza del 
diritto, e tale da rendere il singolo comportamento, che pur si riconosce suscettibile 
di sanzione, punibile o non punibile (e solo per difetto di una sanzione 

734 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sostanza le questioni sottoposte mirano a far stabilire se tale 
disciplina sia incompatibile con l'art. 7 e gli artt. 48-66 del Trattato, 
in quanto si risolve in una discriminazione effettuata in base alla cittadinanza 
ed in una restrizione alla libera circolazione delle persone nel 
territorio della Comunit�. 

Si chiede inoltre se le summenzionate norme comunitarie costituiscano 
principi fondamentali che conferiscono diritti ai singoli e che prevalgono 
sulle norme nazionali contrarie. 

1) � opportuno esaminare le questioni nel loro complesso. 

Il giudice proponente, senza specificare il motivo per cui l'imputata 
soggiornava in Italia e senza chiarire la sua posizione sotto il profilo 
delle norme di diritto comunitario che potrebbero venir applicate nella 
fattispecie, si � richiamato indistintamente ai primi tre capi del titolo III 
della seconda parte del Trattato, che riguardano rispettivamente i lavoratori, 
il diritto di stabilimento ed i servizi. 

Da un rnffronto tra le varie disposizioni summenzionate emerge 
che, esse, in quanto siano applicabili a fattispecie come quella in esame, 
si fondano sugli stessi principi, sia per quel che riguarda l'ingresso e il 
soggiorno sul territorio degli Stati membri dei. soggetti disciplinati dal 
diritto comunitario, che per quel che riguarda il divieto di discriminazioni 
effettuate a loro danno in ragione della cittadinanza. 

ad essa applicabile) a seconda che ciascun giudice nazionale ritengo o no congrua 
la norma dettata dal legislatore; con l'ultel:iore pregiudizievole conseguenza (oltretutto 
non eliminabile a posteriori) che comportamenti ritenuti penalmente rilevanti 
verrebbero a risultare in concreto non suscettibili di sanzione, per essere 
invero evidente che l'interprete, una volta ritenuta inapplicabile (o abrogata) la 
norma di diritto interno per contrasto con la normativa comunitaria, non potrebbe 
sostituire propri termini o minori sanzioni a quelli stabiliti dalla legge. 

Minori inconvenienti dovrebbero derivare dalla soluzione in esame, in effetti, 
proprio nel caso di norme di diritto interno � posteriori � alla contrastante normativa 
comunitaria e per gli ordinamenti nei quali, come in quello italiano, non 
sia consentito al giudice di disapplicare la legge. 

In tale ipotesi, infatti, richiedendosi una preventiva valutazione d~lla stessa 

legittimit� costituzionale della norma di diritto interno, il giudizio sulla � ragio


nevolezza � dei termini e sulla � proporzionalit� � delle sanzioni, riservato al giu


dice nazionale, sarebbe quantomeno oggetto di una unica ed assorbente valuta


zione, vincolante (almeno nel caso di declaratoria della illegittimit� costituzio


nale della norma) per tutti i giudici del singolo Stato membro, s� che sarebbe 

in definitiva garantita una uniforme applicazione dello stesso diritto comunitario; 

ed anche in tale ipotesi, tuttavia, rimarrebbe non evitabile la possibilit� che 

risultino a posteriori non suscettibili di alcuna sanzione (oltretutto indipendente


mente dalla � ragionevolezza� o meno dei termini stabiliti per determinati adem


pimenti) comportamenti che il legislatore ha in.vece ritenuto di perseguire penal


lllente, e che lo stesso giudice comunitario ha riconosciuto suscettibili di sanzione. 

4. -Non pu� disconoscersi, d'altra parte, che non altra soluzione si offriva 
alla Corte di giustizia, nella specie, se non quella di discutere in termini di ragi~ 
nevolezza e di proporzionalit�, specialmente in materia in ordine alla quale, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 735 

Spetta al giudice proponente stabilire se, ed eventualmente a quale 
titolo, l'imputata fruisca delle disposizioni di uno dei capi succitati. 

2) A norma dell'art. 48, la libera circolazione dei lavoratori � garantita 
nell'ambito della Comunit�. Essa implica il diritto (cfr. il n. 3 
dello stesso articolo) di accedere al territorio degli Stati membri, di 
spostarvisi liberamente, di dimorarvi al fine di svolgervi un'attivit� lavorativa, 
e di dimorarvi dopo la fine di questa. A norma degli artt. 52 e 59, 
le restrizioni alla libert� di stabilimento e alla libert� di prestazioni di 
servizi all'interno della Comunit� vengono gradatamente soppresse; la 
soppressione deve essere completa alla fine del periodo transitorio. 

Queste disposizioni, che si risolvono nel divieto per gli Stati membri 
di porre restrizioni all'ingresso nel loro territorio di cittadini degli altri 
Stati membri, attribuiscono direttamente dei diritti a chiunque rientri 
nella sfera di applicazione ratione personae di detti articoli, ulteriormente 
precisati in alcuni provvedimenti adottati dal Consiglio in applicazione 
del Trattato. 

Cos� l'art. 1 del regolamento 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla 
libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (G. U. n. L 257, 
pag. 2) dispone che ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia 
il luogo di residenza, �ha il diritto di accedere ad una attivit� subordinata 
e di� esercitarla sul territorio di un altro Stato membro �. 

L'art. 4 della direttiva n. 68/360 del 15 ottobre 1968, relativa alla 
soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori 
degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunit� 
(loc. cit. pag. 13) dispone che gli Stati membri � riconoscono il diritto 
di soggiorno sul loro territorio � alle persone contemplate dalla norma 
ed aggiunge che tale diritto � �comprovato� mediante il rilascio di una 
speciale � carta di soggiorno �. 

Inoltre la direttiva 73/148 del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione 
delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli 

come per quella penale, nessun trasferimento di competenza in favore delle 
Istituzioni comunitarie � a priori ipotizzabile. 

Deve pure riconoscersi, tuttavia, che talune � interpretazioni � della Corte di 
giustizia, pur nella dichiarata e i:ibadita premessa sulla incompetenza a conoscere 
della normativa nazionale, si risolvono in effetti in un sindacato di merito sulle 
norme di diritto interno: sindacato che pu� anche essere utile, in concreto, al 
fine di una pi� efficace affermazione e di una auspicabile uniforme applicazione 
della normativa comunitaria, ma che sembra sarebbe quantomeno da riservare 
ai procedimenti ex art. 169 del trattato CEE, per la possibilit� se non altro, in 
questa sede (e per la necessit� stessa di dover accertare o escludere il denunciato 
�inadempimento�), di valutare in concreto. la �ragionevolezza� dei termini o la 
� proporzionalit� � delle sanzioni, e di applicare quindi il criterio, in piena aderenza 
alla sua portata, e senza gli inconvenienti sopra segnalati, ad opera dello 
stesso giudice che l'abbia enunciato. 

A.M. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

736 

Stati membri all'interno della Comunit� in �materia di stabilimento e di 
prestazione di servizi (G. U. n. L 172, pag. 14) rileva nel preambolo che 
la libert� di stabilimento pu� essere pienamente attuata � soltanto se 
ai beneficiari � riconosciuto un diritto di soggiorno permanente � e che 
�la libera prestazione di servizi implica che al prestatore e al destinatario 
sia garantito un diritto di soggiorno corrispondente alla durata 
della prestazione �. 

Le disposizioni del Trattato e del diritto comunitario derivato test� 
ricordate attuano il principio fondamentale sancito dall'art. 3, lett. c) 
del Trattato che recita: �Ai fini enunciati dall'articolo precedente, l'azione 
della Comunit� importa... l'eliminazione tra gli Stati membri degli ostacoli 
alla libera circolazione delle persone, dei servizi... �. Tali disposizioni 
prevalgono su qualsiasi altra norma interna contraria. 

Il diritto comunitario, pur proclamando la libert� di circolazione 
delle persone ed attribuendo ai singoli che rientrano nella sua sfera 
d'applicazione il diritto di poter accedere al territorio degli Stati membri, 
per gli scopi contemplati dal Trattato, non ha soppresso la competenza 
degli Stati membri a prendere i provvedimenti atti a consentire alle 
autorit� nazionali di essere costantemente e tempestivamente informate 
circa i movimenti della popolazione sul loro territorio. 

A norma degli artt. 8, n. 2 della direttiva n. 68/360 e 4, n. 2 della 
direttiva 73/148, le autorit� competenti degli Stati membri possono prescrivere, 
per i cittadini degli altri Stati membri, l'obbligo di denunciare 
la loro presenza alle autorit� dello Stato in cui si trovano. Detto obbligo 
non costituisce, di per s�, una violazione delle norme sulla libera circolazione 
delle persone. Una violazione di queste norme potrebbe tuttavia 
risultare dalle formalit� di legge� suaccennate, qualora le modalit� del 
controllo cui tali formalit� mirano, siano concepite in modo da limitare 
la libert� di circolazione voluta dal Trattato o il diritto, conferito dal 
Trattato ai cittadini degli Stati membri, di recarsi e di soggiornare sul 
territorio degli Stati membri, di recarsi e� di soggiornare sul territorio 
di qualsiasi altro Stato membro, per gli scopi contemplati dal Trattato. 

Per quanto riguarda, pi� particolarmente, il termine per la notifica 

d'ingresso del cittadino straniero, potrebbe ravvisarsi una violazione del 

diritto comunitario solo se il termine prescritto non � contenuto entro 

limiti ragionevoli. 

Tra le sanzioni comminate per l'inosservanza delle formalit� pre


scritte per la notifica e per la registrazione, � indubbiamente in con


trasto con la disciplina comunitaria l'espulsione dei soggetti tutelati dal 

diritto comunitario, in quanto tale provvedimento costituisce la nega


zione del diritto stesso conferito e garantito dal Trattato, come la Corte 

ha gi� affermato in altre occasioni. 

Circa le altre penalit�, quali l'ammenda e l'arresto, se le autorit� 

nazionali hanno facolt� di comminare, per l'inosservanza dell'obbligo 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

di notifica imposto agli stranieri, sanzioni della stessa gravit� di quelle 
previste per equivalenti infrazioni del diritto interno sarebbe tuttavia 
ingiustificato ricollegare a quell'inosservanza sanzioni talmente spropor� 
zionate rispetto alla gravit� dell'infrazione da risolversi in un ostacolo 
alla libera circolazione delle persone. 

Nel caso in cui le norme sul controllo degli stranieri non implicano 
restrizioni alla libera circolazione delle persone ed al diritto, che il 
Trattato conferisce a coloro che sono tutelati dalle sue disposizioni, di 
entrare e soggiornare sul territorio di tutti gli Stati membri, la loro 
applicazione, secondo criteri obiettivi, non costituisce una � discriminazione 
effettuata in base. alla nazionalit��, vietata dall'art. 7 del Trattato. 

Quanto all'obbligo imposto ai residenti nello Stato. membro interessato, 
di notificare gli stranieri che essi ospitano, le relative disposizioni, 
facenti sostanzialmente parte delle norme poste a tutela dell'ordine interno, 
non potrebbero essere censurate sotto il profilo comunitario che 
qualora comportino indirettamente una restrizione alla libera circolazione 
delle persone. Per questo motivo le' considerazioni esposte in precedenza 
circa gli obblighi incombenti ai cittadini degli altri Stati membri valgono 
altres� nei riguardi di detto obbligo. 

CORTE DI CASSAZIONE, sez. un., 9 luglio 1976, v. i595 -Pres. Stella 
Richter � Rel. Bile -P. M. Berri -Brandi ed altri (avv. D'Abbiero) e 
De Carolis (avv. Costa) c. Ministero degli affari esteri (avv. Stato 
Giorgio Azzariti) e Ministero della Pubblica istruzione. 

Trattati e convenzioni internazionali � Convenzione di Lussemburgo relativa 
alla istituzione della Scuola europea � Interpretazione � Competenza 
della Corte di giustizia delle Comunit� europee � .Esclusione. 
(Convenzione di Lussemburgo del 12 aprile 1957, ratificata con legge 3 gennaio 1960, 

n. 102; Protocollo di Lussemburgo del 13 aprile 1962, ratificato con legge 19 maggio 
'965, n. 577; trattato CEE, art. 177). 
~ompetenza e giurisdizione � Questione di .legittimit� costituzionale di 
norme applicate dal giudice amministrativo � Deducibilit� nel ricorso 
per cassazione ex art. 111, terzo comma, della Costituzione � Esclusione. 
(Cast., art. 111, terzo comma; legge 13 luglio 1965, n. 891; d.P.R. 23 gennaio 1967, n. 215, 

artt. 26 e 29). 

L'art. 177 del trattato CEE non � applicabile per l'interpretazione 
delle norme sulla Scuola europea di cui alla Convenzione di Lussemburgo 
del 12 aprile 1975 (ratificata con legge 3 gennaio 1960, n. 102) ed al 


738 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Protocollo di Lussemburgo del 13 aprile 1962 (ratificato con legge 19 maggio 
1965, n. 577) (1). 

Non costituisce motivo inerente alla giurisdizione, e non � quindi 
deducibile in sede di ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 111, 
terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
concernente non la norma attributiva della giurisdizione, ma la norma 
che il Consiglio di Stato abbia applicato nel decidere la controversia 
sottoposta al suo esame (2). 

(Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione dell'art. 
177 del Trattato istitutivo della CEE, ratificato con legge 14 ottobre 
1957, n. 1203, della Convenzione del Lussemburgo, ratificata con legge 3 gennaio 
1960, n. 102, e del Protocollo del Lussemburgo, ratificato con legge 
19 maggio 1965 n. 577, in relazione all'art. 360 n. l, 3 e 5, c.p.c. -i ricorrenti 
affermano che il Consiglio di Stato � incorso nel vizio di temporaneo 
difetto di giurisdizione in quanto, essendo sorta contestazione 
sull'interpretazione di accordi internazionali rientranti nell'ambito della 
Comunit� europea, avrebbe dovuto astenersi dal decidere e provocare 
la pronunzia interpretativa della Corte di giustizia delle Comunit� europee, 
laddove ha ritenuto di poter affermare direttamente la natura 
non vincolante delle proposte provenienti dagli organi delle scuole 
europee. 

(1) Con il princ1p10 enunciato nella prima massima le Sezioni unite della 
Corte di cassazione hanno considerata assorbita, come risulta dalla motivazione 
della sentenza, la necessit� di valutare se sia applicabile al Consiglio di Stato 
l'obblig<i di cui all'art. 177, terzo comma, del trattato CEE, e �nell'ipotesi affermativa 
se l'omessa osservanza di tale obbligo possa formare oggetto di ricorso 
per cassazione per un motivo inerente alla giurisdizione �: questioni in 
effetti pregiudiziali rispetto a quella decisa, e da risolvere, comunque, in base 
a criterio del tutto analogo a quello adottato nella seconda parte della decisione, 
non sembrando invero che in ipotesi di violazione dell'art. 177, terzo comma, 
del trattato CEE possa discutersi, come assumevano i ricorrenti, di difetto 
temporaneo di giurisdizione. 
Sull'art. 177 del trattato CEE cfr., da ultimo: Cass.. sez. un., 22 aprile 
1976, n. 1445, retro, I, 378. In particolare, sull'applicabilit� della disposiiione 
anche nel giudizio di rinvio e nel procedimento senza contraddittorio, cfr., rispettivamente: 
Corte di giustizia, 16 gennaio 1974, nella causa 166/73, RHEINMi.
iHLEN, e 12 febbraio 1974, nella causa 146/73, RHEINMi.iHLEN, in questa Rassegna, 
1974, I, 84 e 86, con nota di MARZANO, L'applicazione dell'art. 177 del trattato CEE 
nel giudizio di rinvio, ibidem, 99, e Corte di giustizia 21 febbraio 1974, nella 
causa 162/73, BIRRA DREHER, in questa Rassegna, 1974, I, 358, con nota di MARZANO, 
L'art. 177 del trattato CEE nel procedimento senza contraddittorio. 

(2) Cfr.: Cass., sez. un., 5 novembre 1973, n. 2859; 21 marzo 1970, n. 744; 28 settembre 
1968, n. 2993, Rass. Avv. Stato, 1969, I, 27; 30 marzo 1968, n. 979; 9 febbraio 
1968, n. 424, Rass. Avv. Stato, 1968, I, 36; 12 marzo 1966, n. 710, Giust. civ., 
1966, I, 429; Cass., 5 ottobre 1963, n. 2661; Cass., sez. un., 17 maggio 1958, n. 1603, 
foro it., 1958, I, 1108. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

La censura � infondata, in quanto non ricorre alcuna delle ipotesi 
per le quali l'art. 177 del Trattato istitutivo della Comunit� economica 
europea, ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, prevede la competenza 
esclusiva, in via pregiudiziale, della Corte di giustizia delle 
comunit�. Tali ipotesi sono tre e concernono: a) le questioni relative 
all'interpretazione del Trattato; b) le questioni relative alla validit� e 
all'interpretazione degli atti compiuti da istituzioni della Comunit�; e) le 
questioni relative all'interpretazione degli statuti degli organismi creati 
dal Consiglio, quando la competenza della Corte sia prevista dagli statuti 
medesimi. 

Orbene la controversia in esame non solo non propone un problema 
di interpretazione del Trattato di Roma, ma neppure pu� essere inquadrata 
nelle residue due categorie. Non rientra nella seconda, perch� la 
Scuola europea, creata con gli accordi stipulati a Lussemburgo e ratificati 
con le gi� citate leggi n. 102 del 1960 e n. 577 del 1965, non � un'istituzione 
della Comunit� economica europea: al riguardo � decisivo il 
testo dello Statuto della scuola stessa, dal cui preambolo risulta senza 
possibilit� di dubbio che la Scuola � sorta a seguito di un accordo intercorso 
fra i governi del Belgio, della Repubblica federale di Germania, 
della Francia, dell'Italia, dell'Olanda e del Lussemburgo, per sopperire 
alle esigenze poste dalla presenza nella sede della Comunit� europea del 
carbone e dell'acciaio (C.e.c.a.) dei figli di funzionari provenienti dagli 
Stati membri, con la conseguente necessit� dell'insegnamento delle rispettive 
lingue materne. � perci� evidente che la Scuola non � stata 
creata dalla e.e.e.a., la quale ha costituito soltanto l'occasione che ha 
indotto i sei Stati membri ad addivenire all'accordo. Ulteriore riprova 
dell'estraneit� della Comunit� alla Scuola � data dall'art. 27 dello Statuto, 
nel quale � espressamente prevista l'eventualit� di negoziati fra 
gli organi della Scuola e le autorit� della C.e.c.a., su un piano di parit� 
che esclude ogni possibilit� di sussumere l'una nella struttura dell'altra. 

N� d'altra parte si pu� invocare la terza ipotesi, in quanto la Scuola 
europea non � stata creata dal Consiglio della Comunit� europea, come 
si � gi� detto e, quindi, neppure � rilevante la pur indiscutibile man� 
canza nello Statuto di ogni sia pur remoto riferimento alla Corte di 
giustizia. 

Le considerazioni che precedono assorbono ogni altra questione ed 
in particolare esimono le Sezioni Unite dall'affrontare il problema dell'applicabilit� 
al Consiglio di Stato dell'obbligo di rivolgersi alla Corte 
di giustizia ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 177 del Trattato 
istitutivo della CEE, e dal verificare, nell'ipotesi affermativa, se l'omessa 
osservanza di tale obbligo possa formare oggetto di ricorso per cassazione 
per un motivo inerente alla giurisdizione. 

2. -Con il secondo motivo -deducendo violazione dell'art. 1 della 
legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, dell'art. 1 della legge cost. 11 marzo 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

.740 

1953, n. 1, dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in relazione all'art. 
360, n. 1, 3 e 5 c.p.c. -i ricorrenti affermano che il Consiglio di 
Stato ha omesso di esercitare il proprio potere giurisdizionale in quanto 
non ha esaminato la questione della legittimit� costituzionale degli articoli 
26 e 29 del d.P.R. n. 215 del 1967, per eccesso rispetto alla legge di 
delega n. 891 del 1965, implicitamente proposta con il ricorso. 

La doglianza non � deducibile in q.esta sede, non trattandosi di 
motivo inerente alla giurisdizione. La questione di legittimit� costituzionale 
proposta dai ricorrenti concerne infatti non la norma attributiva 
detia giurisdizione; ma la norma che il Consiglio di Stato ha applicato 
nel decidere la controversia sottoposta al suo esame. In quanto estranea 
al giudizio relativo alla giurisdizione, una siffatta questione di legittimit� 
costituzionale � perci� irrilevante, come le Sezioni Unite hanno gi� avuto 
occasione di affermare, con le sentenze n. 979 e n. 2993 del 1968. -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1975, n. 732 -Pres. Boccia Est. 
Leone -P. M. Gentile (conci. conf.) -Cottone ed altri (avv. Stella 
Giganti) c. Assess�rato per l'Agricoltura e Foreste .della Regione Siciliana 
(avv. Stato Azzariti), De Geronimo (avv. Salibra). 

Competenza e giurisdizione � Decisioni dei giudici speciali � Termine annuale 
di impugnazione: inapplicabilt�. 

(c.p.c. artt. 327, 362). 
Competenza e gurisdizione � Consiglio di giustizia amministrativa della 
Regione Siciliana � Ricorso per cassazione: limiti � esterni � della 
giurisdizione. 

(c.p.c. art. 362; r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 48; d.!. 
6 maggio 1948 n. 654, art. 5). 
Competenza e giurisdizione � Contratti agrari � Piano per l'esecuzione di 
miglioramenti agrari in Sicilia: rapporti di colon�a parziaria incompatibili 
� Giurisdizione amministrativa. 

(d.!. 6 maggio 1948 n. 654, art. 5; legge reg. Sic. 27 dicembre 1950 n. 104, art. 15). 

Il termine annuale previsto dall'art. 327 c.p.c. per l'impugnazione delle 
sentenze emesse dal giudice ordinario non si applica alle decisioni dei 
giudici speciali qualora esse non siano pubblicate, come sono invece quelle 
dell'A.G.0. mediante deposito in cancelleria o in segreteria. 

Le sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione 
siciliana sono soggette al controllo di legittimit� della Corte di cassazione 
solo per vizi attinenti ai cosiddetti limiti esterni della giurisdizione, 
con esclusione del sindacato sul modo di esercizio della medesima. 

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo -Consiglio di 
giustizia amministrativa della Regione siciliana -l'impugnazione del provvedimento 
che abbia riconosciuto incompatibile con un piano di miglioramento 
agrario, la disciplina privatistica dei' rapporti di colonia parziaria 
relativi al fondo cui il piano si riferisce. 

L'interessante decisione, con la quale � stata anche affermata l'attuale vigenza 
della legge reg. sic. 27 dicembre 1950 n. 104 e la manifesta infondatezza 
della questione di costituzionalit� dell'art. 15, settimo e ottavo comma, della 
citata legge n. 104 del 1950 per asserito contrasto con l'art. 3 Cost., � integralmente 
pubblicata sul Foro it. 1975, I, 1724 con osservazioni di A. NoccELLI e 
richiami giurisprudenziali. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

742 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1830 -Pres. Laporta 
-Est. Bile -P. M. Bersi (concl. conf.) -Felicetti ed altri (avv. Prosperetti) 
c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Zagasi) ed altri. 

Competenza e gurisdizione -Consiglio di Stato: diniego di disapplicazione 
degli atti amministrativi -Limiti esterni della giurisdizione: 
esclusione. 

(c.p.c. art. 362; t.u. 25 giugno 1924 n. 1054, art. 48). 
Non attiene ai limiti esterni della giurisdizione, e pertanto non pu� 
essere oggetto di ricorso per cassazione, la negazione del principio secondo 
cui il giudice amministrativo non ha il potere di disapplicare � incidenter 
tantum � gli atti amministrativi illegittimi. 

La sentenza riguardava un caso di concessione di mutuo agevolato per 
l'edificazione, in favore di societ� avente scopo di costruire -senza finalit� 
lucrative -case da assegnare in locazione con patto di riscatto secondo il 
disposto dell'art. 2 legge 2 luglio 1949 n. 408 (mod. art. 16 t.u. app. con r.d. 28 
aprile 1938 n. 1165). Le Sezioni Unite hanno affermato che il possedimento 
amministrativo � di sovvenzione a favore della Societ� costituisce il criterio 
di collegamento tra le posizioni soggettive dell'ente' sovvenzionato, e dei destinatari 
delle assegnazioni di alloggi da esso costruiti, e l'interesse pubblico che 
prevede la materia dell'edilizia economica e popolare, per la cura del quale 
l'amministrazione ha il potere di provvedere. Secondo i principi gnerali raccertamento 
di questa correlazione � condizione necessaria e sufficiente per attribuire 
a quelle posizioni soggettive natura di interesse legittimo, la cui tutela 
compete alla giurisdizione amministrativa�. 

La sentenza in rassegna ha anche ribadito il consolidato principio giurisprudenziale 
secondo il quale alle decisioni del Consiglio di Stato non � applicabile 
il termine annuale d'impugnazione previsto dall'art. 327 c.p.c. 

Il testo della decisione e l'enunciazione dei precedenti possono leggersi in 
Giust. civ. 1975, I, 1254. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 maggio 1975, n. 1997 -Pres. Capraso 
-Est. Delfini -P. M. Di Majo (concl. conf.) -Assessorato dell'Agricoltura 
e Foreste per la Regione Siciliana e Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Baccari) c. Madia. 

Competenza e giurisdizione � Istruzione preventiva: regolamento di giurisdizione 
� Ammissibilit� ove diretta ad ottenere uno sgravio d'imposta 
-Inammissibilit� se finalizzata alla tutela di posizioni soggettive 
non attuali. 

(cod. proc. civ., artt. 41, 692 ss.; I. 29 gennaio 1958 n. 645 t.u. sulle imposte dirette, art. 61). 

� ammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione riguardo ai 
procedimenti e provvedimenti di istruzione preventiva. 
� ammissibile l'istanza di istruzione preventiva proposta allo scopo 
di accertare i presupposti per ottenere successivamente lo sgravio d'im




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 743 

posta e la relativa competenza giurisdizionale appartiene alle commis� 
sioni tributarie,� � inammissibile l'istanza d'istruzione preventiva propo� 
sta al dichiarato scopo di fruire di eventuali leggi future stante l'inat� 
tualit� del diritto vantato. 

La sentenza � pubblicata in Giust. civ. 1975, I, 1491. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 ottobre 1975, n. 3162 � Pres. Stella 
Richter -Est. Corasaniti -P.M. Di Majo (conci. conf.) -Comune di 
Forl� (avv. Borghi, Formiggini) c. Commissariato Nazionale per la 
Giovent� italiana (avv. Stato Cavalli). 

Competenza e giurisdizione -Contratti della P.A.: esecuzione -Poteri dell'A.
G.O. 

(I. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, art. 4; cod. civ. art. 1183). 
Il giudice ordinario pu�, a richiesta del creditore, fissare un termine 
in tutte le ipotesi previste dall'art. 1183 e.e. anche quando debitore sia 
una pubblica amministrazione ed altres� affermare l'inadempimento della 
predetta pubblica amministrazione per i casi di inutile scadenza del 
termine. 

La sentenza �� pubblicata in Giust. civ., 1975, I, 1817 con osservazioni di G. 
DE FINA, Gli obblighi di fare della P.A.: fungibilit� e infungibilit�. Per ulteriori 
riferimenti vedasi Cass. SS.UU. 16 febbraio 1966 n. 477 in questa Rassegna 1966, 
I, 313; Cass. 3 febbraio 1967 n. 303, ivi 1%7, I, 231. In dottrina cfr. ANNUNZIATA, 

Attivit� materiale della P.A., lesione di diritti .soggettivi e poteri del giudice ordinario,
� M. S. GIANNINI, La giustizia amministrativa, 88 ss.; M. S. GIANNINI, Discorso 
generale sulla giustizia amministrativa, Riv. dir. proc., n. l, 1064. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 ottobre 1975, n. 3311 -Pres. Boccia � 
Est. Moscone -P. M. Trotta (conci. conf.)� -Ministero di Grazia e 
Giustizia (avv. Stato Ferri) c. Agazzino Gerlando e Toti Nicola (n. c.). 

Competenza e giurisdizione � Giurisdizione ordinarla ed amministrativa � 
Controversie relative al rapporto d'impiego degli ufficiali giudiziari � 
Gurisdizione amministrativa esclusiva. 

(t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, n. 1, art. 29; I. 3 dicembre 1971 n. 1033, art. 7). 
Gli ufficiali giudiziari e gli aiutanti ufficiali giudiziari debbono considerarsi, 
agli effetti della giurisdizione sul rapporto d'impiego, impiegati 

8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

744 

dello Stato e non gi� professionisti incaricati di pubbliche funzioni, assi.
milabili in parte ai notai. 

Le Sezioni Unite, nel risolvere la questione sottoposta al loro esame, hanno 
sostanzialmente affermato che nonostante il sistema della percezione di � diritti
� e di �percentuali>>, il correttivo costituito dall'indennit� integrativa a 
carico dello Stato, garantisce agli ufficiali giudiziari (ed aiutanti ufficiali giudiziari), 
una retribuzione a carattere continuativo e predeterminato, commisurata 
a quella di altri impiegati dello Stato e corrispondente alla progressione 
in carriera, mentre non mancano, altres�, l'aggiunta di famiglia e un'eventuale 
gratificazione annuale, assimilabile alla tredicesima mensilit�. In relazione, poi, 
ai c;d. � diritti >>, che sono versati direttamente dai cittadini agli ufficiali giudiziari, 
essi sembrano assimilabili a tasse pagate da privati per un pubblico 
servizio e non ad onorari dovuti per il compimento di attivit� professionali. 

Sono conformi alla presente, le decisioni emesse dalle SS.UU. in pari data, 
dal numero 3312 al numero 3319. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 novembre 1975, n. 3719 -Pres. Stella 
Richter -Est. Miani -P. M. Di Majo (conci. conf.) -Immo-TransHolding 
S.A. (avv. Della Campa) c. Ministero di Grazia 'e Giustizia 
(avv. Stato Azzariti). 

Competenza e giurisdizione -Difetto assoluto di giurisdizione -Mancanza 
di norme o principi giuridici: limiti. 
(cod. proc. civ. artt. 1, 99). 

Il difetto assoluto di giurisdizione sussiste soltanto nel caso in cui 
la mancanza di una norma o di un principio di diritto, che tutelino la 
posizione soggettiva invocata, risulti incontestabilmente dalla stessa formulazione 
dell'oggetto della domanda astrattamente considerato, e non 
anche quando occorra risolvere questioni concernenti la contrastata interpretazione, 
di norme giuridiche o, comunque, riflettenti l'applicabilit� 
alla detta posizione soggettiva delle norme e dei princip� giuridici invocati 
dall'attore. In tal caso infatti anche se la controversia debba risolversi 
negando l'esistenza di una norma che protegga la situazione dedotta, 
non si verte in ipotesi del difetto assoluto della giurisdizione, bens� 
d'infondatezza, nel merito, della domanda, da accertarsi, appunto, attraverso 
l'esercizio della giurisdizione. 

(Omissis). -Con la prima, la ricorrente, denunziando la violazione 

o la falsa applicazione degli art. 1 e 99 cod. proc. civ. in relazione ai 
Il caso di specie riguardava l'azione proposta da un soggetto danneggiato, 
da un provvedimento giurisdizionale penale risultato illegittimo. La Suprema 
Corte ha deciso che � proponibile azione di risarcimento contro il giudice che 
ha emesso il provvedimento solo quando esso gli sia imputabile per dolo, frode 

o concessione secondo il disposto delrart. 55, primo comma, c.p.c. Siffatta li

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 745 

nn. 3 e 5 dell'art. 360 dello stesso codice, lamenta che la sentenza impugnata 
abbia dichiarata improponibile la sua domanda per difetto assoluto 
di giurisdizione, mentre non poteva esimersi dal dichiarare se le 
ragioni poste a fondamento della sua pretesa risarcit9ria fossero esatte 

o erronee e se la pretesa stessa fosse o meno fondata in diritto; cosa 
che peraltro la sentenza stessa ha, in realt�, finito col fare nella sua parte 
motiva: cosicch� la Corte di merito, esercitando la giurisdizione che 
aveva negato di avere, l'ha implicitamente affermata, ed ha emesso, in 
contrasto con la formulazione del suo dispositivo, una pronunzia di 
merito con la quale, confermando quella di primo grado, ha rigettato 
la domanda. 
La conclusione a cui perviene la ricorrente deve riconoscersi esatta; 
ma proprio per questo le sovrapposte censure vengono ad investire, 
non l'effettivo decisum in tema di giurisdizione, ma l'apparente sua formulazione. 


La Corte di merito, ha, in effetti, esercitato la giurisdizione, agendo, 
quindi, conformemente al diritto; con la conseguenza che l'erronea motivazione 
pu�, a norma dell'art. 384 u.p. cod. proc. civ., e!;sere corretta 
senza che la sentenza debba, sul punto, essere cassata. 

mitazione opera anche nell'ipotesi in cui la domanda di risarcimento venga proposta 
nei confronti della P.A. (Ministero di Grazia e Giustizia) cui il giudice 
appartenga: infatti un'estensione della responsabilit� dello Stato per l'op�rato 
dei giudici, oltre i casi in cui sia configurabile una responsabilit� dei giudici 
stessi, non � prevista da alcuna norma, cui � esimibile�dall'art. 28 Costituzione. 
Quest'ultima disposizione, al contrario, fissa, come presupposto .della responsabilit� 
dello Stato per gli atti dei propri organi, la sussistenza della responsabilit� 
diretta di questi ultimi, � secondo le leggi penali, civili ed amminsitrative �. 

Per quanto riguarda pi� specificamente il tema della giurisdizione, le SS.UU. 
hanno dichiarato proponibile la suddetta domanda, andando in contrario avviso 
rispetto alla sentenza della Corte d'appello, la quale, viceversa, aveva ravvisato 
l'improponibilit� assoluta della predetta domanda per coerenza di una norma 
specifica o di un principio regolante la fattispecie invocata. 

Peraltro come gi� in precedenza (cfr. Cass. SS.UU. 9 maggio 1973 n. 1247 
in Foro it. 1973, I, 2784, nota di C. M. BARONE) � agevole avvertire che facendosi 
dipendere la � proponibilt� � della domanda dall'elemento � contestabilit� della 
norma invocata �, si inserisce nei limiti del giudizio sulla proponibilit�, un elemento 
che dipende, in definitiva, dalla prospettazione della parte nteressata. 
Viceversa l'improponibilit� dovrebbe derivare solo dall'estraneit� dell'azione agli 
schemi tipici predisposti dall'ordinamento, contestata o no che sia la fattispecie 
astratta, invocata da colui che asserisce di essere portatore di una posizione 
giuridica fornita di tutela. 

Del resto il problema dei limiti fra giudizio sulla proponibilit� della domanda 
e giudizio di merito, sebbene di agevole soluzione teorica, presenta, 
nelle applicazioni pratiche difformit� dalle quali non sempre � agevole cogliere 
un dato di riferimento generale (cfr. sul punto I giudizi di costituzionalit� e 
il contenzioso dello Stato 1971-75, vol. II -Questioni di giurisdizione, � 1.9, pag. 72). 

c. c. 

146 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Il difetto assoluto di giurisdizione � stato affermato dalla sentenza 
impugnata in base alle seguenti considerazioni: l'ordinamento giuridico 
non protegge una pretesa risarcitoria fondata genericamente sulla mera 
illegittimit� di un provvedimento penale disposto senza la piena osservanza 
delle norme di legge; quindi manca un'azione a tutela di quella 
pretesa; e dove manca l'azione, non pu� esistere giurisdizione, intesa 
come attuazione dell'ordinamento giuridico. 

Ma queste considerazioni non possono essere condivise, sia perch� 
non corrispondono esattamente alla causa petendi della pretesa dedotta 
dalla societ� attrice, � sia perch� ampliano eccessivamente il concetto, 
adombrato nella prima parte del secondo comma dell'art. 382 cod. proc. civ., 
di difetto assoluto di giurisdizione. 

Invero, la soc. Immo, come essa esattamente rileva nel suo ricorso, 
aveva fondato la propria pretesa risarcitoria non, genericamente, sulla 
mera illegittimit� del provvedimento dal quale si assumeva danneggiata, 
bens� sulla lesione del suq diritto soggettivo di perseguire un fine di 
lucro mediante un'iniziativa in campo economico, lesione di cui essa indicava 
come autrice l'Amministrazione convenuta in quanto era stata 
l'attivit� di un suo organo (e cio� del giudice che aveva ordinato il 
sequestro) a porre in essere, illegittimamente e colposamente, un atto 
dannoso, violando il principio neminem laedere; dal che l'attrice stessa 
traeva la conseguenza che, anche se quel giudice non era personalmente 
responsabile del danno, ne doveva comunque rispondere l'Amministrazione 
cli.e per mezzo di lui lo aveva cagionato. 

Tale essendo la. tesi posta a fondamento della domanda ed il tenore 
di questa, deve ammettersi che, deducendola in giudizio, l'attrice non 
aveva chiesto al Tribunale n� di esercitare una potest� spettante ad 
organi legislativi o amministrativi, n� di far derivare l'emananda pronunzia 
da una fonte che non fosse l'ordinamento giuridico. Assumendo, 
a ragione o a torto, che la situazione allegata era equiparabile a quella, 
indubbiamente tutelata dall'ordinamento stesso, del privato il cui diritto 
soggettivo sia stato leso da un atto riferibile ad una pubblica Amministrazione, 
invocando, pi� o meno a proposito, il principio neminem leadere, 
e chiedendo, fondatamente o infondatamente, che venisse affermata� 
la responsabil�t� dell'anzidetta Amministrazione per il danno cagionato 
da quello che si assumeva costitu�.re il fatto illecito di un organo dell'Amministrazione 
stessa, l'attrice chiedeva al Tribunale di vagliare una 
tesi che faceva derivare le ragioni della sua domanda da norme e principi 
di diritto, di dichiarare, in esito a tale indagine, quale fosse nel 
caso concreto la volont�, positiva o negativa, dell'ordinamento giuridico, 
e, cos�, di attuarlo sostituendone la volont� a quella delle parti. 

La funzione che essa gli chiedeva di esercitare era, quindi, quella 
giurisdizionale, e non una funzione diversa. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Non appare perci� esatta l'affermazione della sentenza impugnata 
che, se la legge non appresta un'azione a tutela della posizione allegata 
a sostegno della domanda, tanto basta perch� rispetto a questa manchi 
in assoluto la giurisdizione. Ci� pu� dirsi nel caso in cui la mancanza di 
una norma o di un principio che tuteli la posizione dedotta risulti senza 
contestazione, giacch� in tal caso � chiaro che non si � chiesta l'attuazione 
dell'ordinamento; ma se invece occorra risolvere questioni riflettenti 
la contrastata interpretazione di norme giuridiche (come questa Suprema 
Corte ha avuto occasione di affermare con la sentenza 9 maggio 
1973, n. 1247), o comunque risolvere questioni concernenti l'applicabilit� 
alla situazione dedotta di norme di legge i principi di diritto da cui 
l'attore la pretende tutelata, in tal caso, anche se la controversia debba 
risolversi negando l'esistenza di una norma che protegga quella posizione, 
non pu� pi� dirsi che dalla formulazione dell'oggetto della domanda, 
astrattamente considerato, gi� risulta evidente e pacifico non 
esservi materia perch� il giudice possa_ esercitare la funzione che gli � 
propria. Gli si chiede, infatti, di stabilire se la posizione dedotta corrisponda 
o meno a quella prevista in astratto dalle norme di legge da cui 
si assume che essa � tutelata. Risolvendo la questione cos� sottopostagli, 
il giudice dicit jus, e quindi esercita la giurisdizione. Non su questa, 
pertanto, verte il suo giudizio, bens� sul merito, giacch�, col risolvere 
negativamente l'anzidetta questione, egli dichiara l'infondatezza in diritto 
della domanda ed emette una pronunzia di rigetto della domanda stessa. 

Tale � per l'appunto il contenuto sostanziale della sentenza impugnata, 
di cui va perci� corretta cOine sopra la motivazione in diritto sul 
punto concernente la giurisdizione. Se poi la pronunzia, cos� considerata, 
sia giuridicamente esatta quanto alle ragioni del rigetto della pretesa 
della societ� attrice, � questione che, formando oggetto della sua terza 
censura, andr� esaminata in seguito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1490 -Pres. Boccia Est. 
Bacconi -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Todaro (avv.ti Clarizia, 
Barile c. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Corte dei conti (avv. 
Stato Azzariti). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione 


Competenza giurisdizionale del Consiglio di Stato o della Corte dei 

Conti -Questione di costituzionalit� -Riproposizione per altri motivi, 

nello stesso giudizio di questione gi� rigettata dalla Corte costituzio


nale: ammissibilit�. 

(Cost. art. 136; I. 11 marzo 1953 n. 87, art. 23; t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, artt. 3, 65). 

Le sentenze di 'rigetto della Corte costituzionale si limitano a dichiarare 
infondata la questione presa in esame e non conferiscono alle dispo



74& .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sizioni legis.lative esaminate alcuna qualificazione di legittimit� che presenti 
caratteristiche di assolutezza e di irreversibilit�; pertanto la preclusione 
operante nel giudizio a quo riguarda soltanto la riproponibilit� 
della stessa questione: intendendo �per tale quella concernente le medesime 
disposizioni, in riferimento alle medesime norme costituzionali e prospettate. 
in base alle medesime ragioni di contrasto tra le une e le altre. 

(Omissis). -La preclusione invocata dalla difesa dei resistenti, non 

sussiste. 

Il problema della natura e dell'intensit� del vincolo che le sentenze 

di rigetto della Corte Costituzionale impongono al giudice a quo, presenta 

aspetti delicati e controvertibili, soprattutto quando si tratta di sentenze 

nelle quali la pronunzia di rigetto � stata determinata da un'interpreta


zione delle disposizioni legislative denunziate, diversa da quella che lo 

stesso giudice a quo aveva ipotizzato. Ma, per risolvere il caso in esame, 

� sllfficiente richiamare alcuni princip�, inerenti alla struttura e alla fun� 

zione del giudizio incidentale di legittimit� costituzionale, sui quali nessun 

dubbio sembra seriamente profilabile. 

La questione di legittimit� costituzionale, pur costituendo una pregiu


diziale che si innesta nello svolgimento del processo a quo, ha caratteri


stiche peculiari (al punto da sopravvenire all'eventuale cessazione del giu


dizio in cui � sorta: cfr. l'art. 22 delle norme integrative), dovute al fatto 

di essere lo strumento attraverso il quale si evita l'applicazione di dispo


sizioni legislative costituzionalmente illegittime e si perviene addirittura 

alla loro eliminazione dall'ordinamento. Per questa ragione essa pu� essere 

sollevata, dalle parti o d'ufficio, �nel corso di un giudizio� (art. 1 legge 

cost. 9 febbraio 1948 n. l, art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87): ossia fino a 

Il principio enunciato dalle SS.UU., nell'importante sentenza di cui si riporta 

pm sopra l'intera motivazione, appare chiaramente enunciato anche se molti 

dubbi sulla sua esattezza possono porsi. 

Ed infatti la nozione di corrispondenza fra il richiesto ed il pronunciato 

acquista, dinanzi alla Corte costituzionale, un significato del tutto particolare 

dal momento che quest'ultima ha il duplice potere sia di sollevare dinanzi a 

s� questioni non prospettate nell'ordinanza di rinvio, sia di (( enucleare � la 

sintesi delle questioni da esaminare dall'intero contesto dell'ordinanza di rimes� 

sione. Alla luce di tali poteri -pure puntualmente descritti nella motivazione 

della decisione in rassegna -perde certo d'importanza il concetto che la deci


sione della Corte costituzionale non conferisce alle disposizioni legislative esa


minate qualificazioni di legittimit� � assolute ed irreversibili � perch�, nello stesso 

processo, quei poteri dovrebbero rendere preclusa ogni questione, sulle stesse 
� norme, non dedotta o, comunque, deducibile (rectius: esercitata od esercitabile 
dalla Corte costituzionale). 
Sulla possibilit� di riproporre alla Corte costituzionale la stessa questione 
gi� respinta cfr. Cass. 12 marzo 1973 n. 675 in Giust. civ. 1973, I, 1182. 

c. c. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

quando il giudizio stesso non sia definitivamente chiuso, qualunque sia 
lo stato o il grado a cui � pervenuto. Che, in quello stesso giudizio, s�ano 
state sollevate altre questioni di legittimit� costituzionale e la Corte Costituzionale 
le abbia gi� risolte in senso negativo, �, dunque, circostanza 
affatto priva di rilievo. La cosa � di intuitiva ed immediata evidenza, se 
si tratta di questioni concernenti disposizioni legislative, di cui il giudice 
debba fare applicazione, diverse da quelle che hanno formato oggetto della 
denunzia precedente e sulle quali -pertanto -la Corte Costituzionale 
non ha emesso alcuna pronuncia. Ma la stessa conclusione si impone 
allorch� la nuova denunzia investa le stesse disposizioni che avevano datcr 
luogo al precedente giudizio incidentale: raffrontate, per�, a norme o 
principi costituzionali diversi da quelli posti a base della precedente denunzia; 
o, perfino, raffrontate alle medesime norme o principi, ma sotto 
profili diversi da quelli prospettati dal giudice e valutati dalla Corte Costituzionale 
nella precedente occasione. Secondo l'opinione prevalente e 
pi� persuasiva, infatti, anche il giudizio di legittimit� costituzione � retto 
dal principio della corrispondenza tra il richiesto ed il pronunziato, sicch� 
la Corte Costituzionale (salvo il potere di sollevare davanti a se stessa 
questioni non prospettate nell'ordinanza di rinvio, ma ritenute rilevanti 
ai fini della decisione da emettere) non pu� esaminare se non le questioni 
che il giudice a quo le ha rimesso, sia pure enucleandole dall'intero contesto 
dell'ordinanza di rimessione, senza doversi limitare alle enunciazioni 
testuali e formali, prescritte dalle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 
23 della legge n. 87 del 1953. D'aJtronde, le sentenze di rigetto della 
Corte Costituzionale, si limitano a dichiarare infondata la questione presa 
in esame, senza. affatto conferire alle disposizioni legislative esaminate 
una qualificazione (e, tantomeno, una qualificazione assoluta ed irrever


sibile) di legittimit�. 

La preclusione operante nel giudizio a quo, dunque, riguarda soltanto 
la ripropqnibilit� della stessa questione: intendendo per tale quella concernente 
le medesime disposizioni, in riferimento alle medesime norme 
costituzionali e prospettata in base alle medesime ragioni di contrasto 
tra le une e le altre. Fuori di questi limiti, il giudice a quo che dubiti per 
altro verso della legittimit� costituzionale delle disposizioni di cui � chiamato 
a fare applicazione, non tanto pu�, quanto deve, sottoporre il suo 
nuovo dubbio all'organo deputato a risolverlo, ancorch� siano stati gi� 
dichiarati privi di fondamento altri dubbi che le stesse disposizioni gli 
avevano suscitato. 

�, perci�, necessario prendere i nesame le ulteriori questioni di legittimit� 
costituzionale prospettate dal ricorrente, quantomeno per accertare 
se esse presentino, nel senso chiarito sopra, il requisito della novit�. 

Nel dichiarare non fondate le questioni di legittimit� costituzionale 
degli artt. 3, primo comma e 65 del t.u. n. 1214 del 1934, in riferimento 
agli artt. 3 e 108 Cost., che queste Sezioni Unite avevano sollevato, la 


750 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte Costituzionale ha fatto essenzialmente leva � sul sistema normativo 
risultante dagli artt. 102, 103, secondo comma e dalla VI disposizione 
finale e transitoria della Costituzione>>, per negare che la giurisdizione 
domestica della Corte dei conti, �in quanto implicitamente richiamata e 
presupposta dall'art. 103 ed espressamente sottratta ad obbligo di revisione 
in forza della VI disposizione transitoria, sia -di per s� -in 
contrasto eon la Costituzione �. Ha, per�, soggiunto che ci� lasciava impregiudicato 
il problema-se tutte le singole norme attualmente disciplinanti 
i modi di esercizio di quella giurisdizione e lo stesso organo che 
la esplica, siano, per ci� solo, esenti dal sindacato di legittimit� costituzionale. 
A questa riserva si richiama il ricorrente per prospettare profili 
d'illegittimit� che atterrebbero, appunto, al modo di esercizio della giurisdizione 
domestica (con riguardo alle specifiche norme che la disciplinano), 
all'indipendenza dell'organo che la esercita e all'illgiustificata disparit� 
di trattamento riservata ai magistrati che vi sono soggetti. 

L'ultimo dei suddetti vrofili, per vero, � dedotto e illustrato piuttosto 
sotto forma di critica alla sentenza della Corte Costituzionale, che quale 
argomento propriamente nuovo, giacch� lo stesso ricorrente riconosce che 
esso era ricompreso tra le ragioni che avevano indotto queste Sezioni 
Unite a sollevare la questione di legittimit� costituzionale con l'ordinanza 
del 25 ottobre 1973. 

Le altre questioni investono una nutrita serie di disposizioni concernenti: 
il passaggio dei magistrati della Corte dei conti delle funzioni giudicanti 
alle requirenti e viceversa (art. 4, comma secondo, d.l.vo 5 maggio 
1948 n. 589); la loro destinazione agli uffici di controllo centrali o 
regionali a(rtt. 22 e 23 t.u. n. 1214 del 1934; art. 7 legge 20 dicembre 1961 

n. 1345); la loro assegnazione alle sezioni giurisdizionali (art. 2 legge 21 
marzo 1953 n. 161); il sistema con cui si sono regolate le loro promozioni 
(art. 10, commi secondo e terzo; art. 13 legge 20 dicembre 1961 n. 1345; 
artt. 1 e 3 legge 13 ottobre 1969 n. 681); l'ingerenza attribuita al Governo 
nella nomina del Procuratore Generale della Corte (art. 7, commi primo 
e secondo, t.u. n. 1214 del 1934; art. 4 d.1.vo 5 maggio 1948 n. 589; art. 13, 
comma secondo, legge 20 dicembre 1961 n. 1240); e il conferimento di 
incarichi (art. 7 del t.u.; art. 9 legge 21 marzo 1953 n. 161). Tutte queste 
norme, non contenendo idonee garanzie contro i trasferimenti arbitrari, 
contro l'emissione di pareri o giudizi di promovibilit� del tutto discrezionali 
perch� privi della predeterminazione dei criteri di massima �la seguire, 
contro il conferimento o la revoca abusivi di incarichi e attribuendo 
al Governo ingerenze determinanti, menomerebbero l'indipendenza dei magistrati 
della Corte (e quindi anche di quelli facenti parte delle Sezioni 
riunite), in violazione dell'art. 108, comma secondo e dell'art. 3 Cost. L'indipendenza 
dei magistrati della Corte, poi, oltre a non essere garantita 
dalle suddette norme generali sul loro status, non lo sarebbe neppure 
dagli stessi artt. 3 e 65 del t.u. n. 1214 del 1934 (la cui legittimit� do

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

vrebbe, pertanto, essere nuovamente vagliata dalla Corte Costituzionale) 

non in quanto attribuiscono alla Corte dei conti la giurisdizione cos� 

detta domestica, ma in quanto non assicurano l'indipendenza dell'organo 

che la esercita. 

Si tratta di questioni di cui va dichiarata la manifesta infondatezza. 

Esse possono bens� essere riconosciute diverse -almeno in parte e for


malmente -da quelle prospettate nella precedente ordinanza di rinvio, 

ma trovano la loro confutazione, se non proprio in puntuali affermazioni 

contenute nella sentenza di rigetto n. 135 del 1975, nella ratio decidendi 

che la ispira. Ed � evidente che altro � negare a tale sentenza l'effetto 

preclusivo invocato dall'Avvocatura dello Stato, secondo i rilievi svolti 

all'inizio della presente motivazione, altro � valutarne il contenuto e la 

portata, ai fini del giudizio sulla non manifesta infondatezza delle ulte


riori questioni di legittimit� costituzionale in esame. Specialmente quando 

(come in questo caso) la pronunzia di rigetto della Corte Costituzionale si 

basa, non sul significato delle disposizioni denunziate, ma su quello delle 

norme e dei principi costituzionali di raffronto, essa deve essere consi


derata come espressione del pensiero dell'organo al quale il nostro ordi


namento affida istituzionalmente l'interpretazione e la tutela di quelle 

norme e di quei principi. Se ci� non inibisce ai giudici di prospettare 

ipotesi interpretative diverse, li obbliga per� a vagliare la non manifesta 

infondatezza delle questioni sottoposte al loro esame anche e, soprat


tutto, alla luce della pronunzia gi� emessa in materia dalla Corte Costi


tuzionale, utilizzando la ragione del decidere che la ispira come la pi� 

autorevole e probante pietra di paragone dell'effettiva s.eriet� dei dubbi 

che possono sorgere o permanere, sulla legittimit� costituzionale delle di


sposizioni legislative da applicare. 

Nella specie, la sentenza della Corte Costituzionale, non ha soltanto 

escluso che la sopravvivenza della giurisdizione domestica della Corte 

dei Conti sia .....,.. considerata nel suo insieme e di per se stessa -in 

contrasto con la Costituzione repubblicana. Ha anche analizzato (ancor


ch� vi sia di ipotesi e per completezza di indagine) le specifiche ragioni 

dalle quali, poteva derivare, secondo l'ordinanza di .rinvio, la prospet


tata illegittimit� e le ha ritenute a loro volta prive di fondamento. 

Ora, la prima argomentazione � sufficiente per escludere qualsiasi 
fondatezza alla questione sollevata sotto il profilo dell'ingiustificata disparit� 
di trattamento che verrebbe riservata ai magistrati della Corte 
dei Conti, rispetto agli altri pubblici dipendenti, perch� (a parte il fatto 
che l'art. 3 era menzionato, nell'ordinanza di rinvio, tra le norme costituzionali 
che si assumevano violate ed � menzionato nella sentenza tra 
le norme in riferimento alle quali � stata negata l'illegittimit� della normativa 
denunziata) essa si risolve proprio nella contestazione della legit' 
timit� della giurisdizione domestica della Corte dei Conti -in quanto 
tale e per il semplice fatto di esistere come competenza giurisdizionale 


752 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

differenziata e peculiare -che, viceversa, la sentenza n. 135 del 1975 
afferma categoricamente. 

La seconda argomentazione, d'altronde, � cos� articolata e comprensiva 
da imporre la stessa conclusione a proposito delle altre questioni 
prospettate nella memoria del ricorrente. Bench� nella sentenza non 
figuri il testuale richiamo delle numerose disposizioni ora denunziate 
specificamente, la situazione ed il sistema che esse determinano (e cio�, 
in sostanza, l'attribuzione di � poteri di supremazia anche disciplinare 
e comunque inerenti allo stato giuridico ed alla carriera dei magistrati 
della Corte� a persone che, facendo parte delle Sezioni riunite, potrebbero 
�condizionare� in qualche modo gli altri membri, con riflessi negativi 
sull'indipendenza dell'organo) risultano valutati dalla Corte Costituzionale, 
che li ha ritenuti giustificati, oltre che da imprescindibili esigenze 
organizzative, anche e soprattutto dalla necessit� di realizzare, 
per questa via, l'indipendenza esterna della Corte e dei suoi componenti, 
garantita dall'art. 100 Cost. � vero che, nella memoria, si insiste particolarmente, 
non tanto sull'esistenza di tali poteri, quanto sulla loro 
discrezionalit� pressoch� illimitata, che non conferirebbe agli interessati 
nessuna seria garanzia contro eventuali abusi e si sottolinea come persista 
persino la possibilit� di ingerenze esterne (da parte del Governo), 
con la conseguenza che la giurisdizione domestica sarebbe esercitata 
da un organo non dotato della necessaria indipendenza e, per questa 
ragione, addirittura privo della � capacit� � di essere giudice. Ma, a ben 
vedere, neppure questo aspetto del problema � sfuggito al vaglio della 
Corte Costituzionale, giacch� tutta la seconda parte della motivazione 
della sentenza n. 135 del 1975 risulta incentrata sul tema dell'indipendenza, 
dato che proprio in ci� consiste la ragione di fondo del sospetto 
d'illegittimit� costituzionale avanzato nell'ordinanza di rinvio. Si deve, 
anzi, aggiungere che i dubbi pi� consistenti sulla possibilit� di condizionamento 
e sulla conseguente mancanza di indipendenza dei magistrati 
addetti alle Sezioni riunite, derivano appunto dall'esistenza di quei poteri, 
per i riflessi che essi potevano determinare sulla piena libert� di 
valutazione degli atti impugnati, attinenti allo stato e alla carriera dei 
magistrati della Corte. Quei dubbi sono stati ritenuti privi di fondamento 
dalla Corte Costituzionale e la conclusione vale a maggior ragione 
per confutare 17 ulteriori argomentazioni, attualmente svolte. Invero, 
gli inconvenienti ora messi in luce, non attengono semplicem_ente alla 
capacit� della Corte dei Conti a giudicare gli atti riguardanti il proprio 
personale, a causa dei rapporti tra membri del collegio posti, rispetto 
a quegli atti, in delicate situazioni (almeno potenziali) di soggezione, 
di preminenza o di contrasto; ma alla sua capacit� di essere giudice in 
qualsivoglia materia, data l'asserita mancanza istituzionale di indipendenza 
dei magistrati che la compongono. Una volta negata dalla Corte 
Costituzionale la fondatezza del primo profilo, anche il secondo deve 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 753 

essere dichiarato manifestamente infondato, se non altro perch� l'eventuale 
accoglimento dell'assunto che esso propugna condurrebbe all'eliminazione 
di qualsiasi competenza giurisdizionale della Corte dei Conti, 
in aperto contrasto con il dettato della Costituzione. 

Stante, dunque, la pronunzia di rigetto della Corte Costituzionale e 
la dichiarazione di manifesta infondatezza delle ulteriori questioni prospettate, 
gli artt. 3 e 65 del T.U. 12 luglio 1934 n. 1214 devono essere 
applicati e va dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti, che essi 
prevedono in modo espresso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 maggio 1976, n. 1616 -Pres. Danzi Est. 
Persico -P. M. Del Grosso (conci. conf.) -Lauda (avv. Ludovisi) 

c. Ministero degli Affari Esteri (avv. Stato Saltini). 
Competenza e giurisdizione -� Impiegati locali � all'estero del Ministero 
AA.EE.: impiego pubblico -Giurisdizione amministrativa. 

(r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, artt. 29, 30; I. 30 giugno 1956 n. 775, art. 15). 
Il rapporto di lavoro dei c.d. �impiegati locali� all'estero dell'Amministrazione 
degli Affari Esteri � da considerare pubblico, anche se le particolari 
esigenze degli Uffici all'estero imprimono al medesimo, per la 
fonte ed il contenuto, quelle note devianti che la normativa specifica in 
materia esprime; pertanto esso � soggetto alla giurisdizione del giudice 
amministrativo. 

(Omissis). -Con.J'unico motivo del ricorso incidentale -da esaminarsi 
per primo perch� prospetta una questione pregiudiziale di rito si 
denunzia la sentenza impugnata per violazione degli artt. 29 e 30 del 

t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 in relazione all'a~t. 360 n. 1 e 3 c.p.c. e si 
deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. 
L'Amministrazione degli Esteri sostiene che i vari ed autonomi periodi 
di servizio prestati dall'attore, ancorch� instaurati in forma contrattuale, 
a tempo determinato e con soggezione a leggi od usi stranieri, 
abbiano realizzato altrettanti periodi di servizio avente natura di pubblico 
impiego, come tale rientrante nella giurisdizione esclusiva del Consiglio 
di Stato. 

Con la memoria il resistente Lauda sottolinea ehe -a differenza 
dei casi oggetto delle precedenti pronunzie di queste Sezioni Unite 

A quanto risulta trattasi di questione nuova anche se sulla 1. 30 giugno 
1976 n. 775 -per fattispecie diverse -sono reperibili alcuni precedenti del 
Consiglio di Stato (cft. per l'elencazione di tali decisioni Giust. civ. 1976, I, 991). 

In dottrina V. VIRGA, Il pubblico impiego, I, Giuffr�, Milano, 1973, pag. 812. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

754 

richiamate dall'Avvocatura Erariale -, il rapporto de quo � regolato da 
una legge speciale, la n. 775 del 30 giugno 1956 la quale, intesa a fronteggiare 
esigenze eccezionali degli Uffici all'estero del Ministero degli 
Esteri, definisce espressamente la natura dei rapporti con i contrattisti, 
sottoponendoli a disciplina sostanziale non nazionale. 

Il motivo � fondato e va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. 


Certo, poich� la sentenza impugnata (e sulla scia di essa il resistente) 
deriva la qualificazione come privato del rapporto di impiego da una 
predeterminazione normativa, non pertinente � il richiamo a principi 
giurisprudenziali generali -che la sentenza non disconosce e che qui si 
ribadiscono -(quali: quello che desume la natura giuridica di un atto 
dal contenuto oggettivo ed intrinseco piuttosto che dall'opinabile nomen 
iuris attribuitovi; quello che riconosce il contratto idonea forma costitutiva 
di un rapporto di impiego pubblico allorch� fonte dell'assunzione 
sia un provvedimento autoritativo ed unilaterale al quale la volont� 
del privato, espressa nella� forma dell'adesione o dell'accettazione, acceda 
come mera condizione di efficacia; quello che risolve in termini di compatibilit� 
la relazione tra l'elemento essenziale della continuit� della 
prestazione e la temporaneit� della stessa che non induca provvisoriet�, 
sporadicit�, occasionalit�, eccezionalit�; quello che analogamente risolve 
la relazione tra la natura pubblica del rapporto di impiego� e la fonte 
eventualmente privatistica della sua disciplina sostanziale). 

Tali principi, per il solo fatto di presupporre soluzioni alternative 
nel modo di conseguire prestazioni coessenziali ai fini non economici di 
istituto, risultano di forza attenuata se riferiti allo Stato, per la rigida 
ed inderogabile tipicit� che informa il procedimento costitutivo dello 
status di pubblico dipendente e riescono del tutto inapplicabili nei casi 
nei quali sia stata operata gi� in sede legislativa la qualificazione del 
rapporto in senso derogatorio alle note comuni di caratterizzazione di 
esso come pubblico (ferma, s'intende, la particolare cautela che deve 
accompagnare una simile ricostruzione della norma positiva e la ricerca 
della ratio ispiratrice). 

Ed � in tale ultimo schema che la sentenza impugnata ha inquadrato 
l'art. 15 della legge n. 775 del 1956, sul duplice rilievo che l� natura a 
termine del contratto di assunzione esclude la stessa possibilit� di una 
inserzione nel ruolo ~organico (e, con ci�, lo scopo che l'avvocatura erariale 
attribuisce alla locuzione �di diritto privato�), e che il rapp~rto � 
regolato da leggi od usi stranieri. 

Senonch� entrambe tali rag�oni non sono risolutive: la prima, perch� 
la copertura di un posto di ruolo nell'organico dell'Amministrazione non 
� requisito essenziale per l'instaurazione del rapporto di pubblico impiego 
(il quale si costituisce non in virt� della sola inerenza delle mansioni 
ai fini istituzionali, bens� per effetto dell'atto formale di nomina, 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

mancando il quale il rapporto si �aratterizza come privato) e perch� 
lo stesso r.d. 18 gennaio 1943 n. 23 che sta alla base della norma in 
esame ribadisce (art. 8) la mancanza di �diritto a stabile collocamento� 
nell'atto stesso in cui sancisce . il potere dell'Amministrazione di licenziare 
ad nutum il personale locale, compreso quello giornaliero; la 
seconda perch� non � ravvisabile alcuna incompatibilit� logico-giuridica 

o contrasto con i principi generali dell'ordinamento, anche di ordine 
pubblico, nel fatto che la disciplina sostanziale di un rapporto di pubblico 
impiego sia mutuata dalle leggi od usi dello Stato nel quale esso 
� destinato a sorgere ed a svolgersi. 
Queste Sezioni Unite, per contro, esprimono l'avviso che il rapporto 
dei c.d. �impiegati locali� all'estero dell'Amministrazione degli Affari 
Esteri � e rimane pubblico, anche se le particolari esigenze degli Uffici 
all'estero imprimono al medesimo, per la fonte ed il contenuto, quelle 
note devianti che l'art. 15 in esame esprime. 

Gi� sul piano testuale (posta la piena compatibilit� della determinatezza 
nel tempo di un rapporto di impiego pubblico e la prevalenza 
del sistema normativo speciale su quello comune di cui agli artt. 2071 e.e. 
e 1. n. 230/62) sembra che la norma iscriva il momento autoritativo del1'
�assunzione� da parte dell'Amministrazione come istitutivo (fonte) del 
rapporto, assegnando al contratto la funzione strumentale attuativa di 
veicolo per l'adesione del personale, preferito all'atto formale per conferire 
snellezza al funzionamento degli Uffici all'estero; e che le locuzioni 
�di diritto privato� e �secondo le leggi o gli usi locali� lungi dall'introdurre 
estremi di qualificazione privatistica del rapporto, deroghino soltanto 
al rigore formale dell'atto costitutivo ed indichino i criteri di 
collegamento (ordinamento privatistico straniero) di quello prescelto. 

Una tale interpretazione � non soltanto in consonanza con la pacificamente 
ritenuta natura pubblica delle assunzioni per contratto o fuori 
ruolo nei molteplici casi in cui � consentita dalla legge (art. 7 r.d. n. 100 
del 1937; cart. 5 d.l. c.p.s. n. 207 del 1947; art. 21 1. n. 959 del 1962; art. 21 

l. n. 249 del 1968; art. 1 1. n. 270 del 1968; art. 25 1. n. 175 del 1970; 
S.U. sent. n. 1811/69), salvo che per prestazioni di carattere eccezionale 
e straordinario (art. 12 n. 3 d.l.c.p.s. n. 207/47), ma � altres� coerente all'assetto 
speciale conferito normativamente alla specifica materia nonch� 
ad una puntuale indagine sistematica. 
Quanto all'autosufficienza del sistema delle assunzioni e dell'immissione 
nei ruoli speciali transitori ad esaurimento del personale locale 
degli Uffici dell'Amministrazione degli Esteri all'estero (ed alla conseguente 
non riconducibilit� dei relativi rapporti nella disciplina generale 
sui divieti, deroghe, modificazioni ed abolizione delle assunzioni di personale 
fuori ruolo, anche per contratto), basti ricordare che il d.l. n. 262/48 
sulla istituzione di tali ruoli per le amministrazioni dello Stato, espres



756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

samente limita (art. 12) la cessazione di efficacia delle disposizioni che 
consentivano assunzioni fuori ruolo con qualsiasi denominazione, al territorio 
della Repubblica e che .la 1. n. 376/51 chiar� (art. 10) la inapplicabilit� 
delle disposizioni del detto d.l. � al personale assunto presso 
gli Uffici diplomatici e consolari all'estero con la qualifica di impiegato 
locale� (eccezi~n fatta per coloro che, destinati a prestare servizio presso 
l'Amministrazione centrale, ivi prestavano attualmente servizio). 

Quanto alla ricostruzione sistematica della ratio normativa, � da 
rilevare come il r.d. 18 gennaio 1933 n. 23 conferisca al Ministro per gli 
Affari Esteri il potere di assumere, nei rispettivi paesi ed eventualmente 
altrove, personale (nel quantitativo determinato con suo decreto) non 
di ruolo senza diritto a stabile collocamento � per i servizi a carattere 
normale ed istituzionale delle regie rappresentanze e dei regi Uffici 
all'estero>>, con la qualifica di impiegato locale, mediante decreto da 
registrarsi alla Corte dei Conti (art. 1, 2, 4, 5, 8); come la 1. n. 775/56 
istituisca un ruolo speciale transitorio ad esaurimento presso il Ministero 
Affari Esteri nel quale � collocabile precisamente il personale di 
cui al suddetto r.d. n. 23/43 che sia in possesso di determinati requisiti, 
ferma rimanendo per i rapporti di impiego dei non collocati la <lisci-� 
plina previgente (art. 1 e 3 u. co.); e come, nel contesto della legge, 
l'art. 15 in esame si ponga con portata confermativa del menzionato 
potere, anche se modificativa quanto alla titolarit� (che dal Ministro 
passa all'Amministrazione), ai requisiti di destinatariet� (esclusivamente 
i residenti in loco) ed alla misura (�nel limite dei posti che si renderanno 
disponibili sia nel ruolo speciale transitorio ad esaurimento, sia 
nel contingente del personale degli impiegati locali il cui rapporto d'impiego 
continua ad essere regolato dal r.d. n. 23 del 1943). �, perci�, lecito . 
desumere che a tale diverso assetto del potere di assunzione del personale 
ineriscano l'immutazione del modo di esercizio (dal decreto ministeriale 
al contratto) ed il coordinamento con gli ordinamenti stranieri 
(schema negoziale: contratto di diritto privato; disciplina positiva: leggi 
ed usi locali), aspetti entrambi non incidenti sulla nat,ura pubblica dei 
relativi rapporti, ma sollecitati dal vincolo dell'assunzione esclusivamente 
sul posto e dalle ripercussioni che il principio di territorialit� conseguentemente 
determina, segnatamente in ordine al rapporto assicurativoprevidenziale 
ed alle relative obbligazioni ex lege trasfuse nel rapporto 
di impiego. 

Tanto ritenuto, .priva di pregio si rivela sotto il profilo della giurisdizione 
anche la pretesa diversit� dell'ultimo rapporto per mancata 
sottoscrizione del contratto da parte del dipendente: la deroga alla stessa 
fonte .autoritativa (costitutiva tipica per la normale acquisizione dello 
status) esclude che possa rilevare per una diversa qualificazione del 
rapporto la mancanza di un requisito che, se sussistente e bench� formalmente 
di diritto privato, non ne modifica la natura pubblica. 


PARm I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI ,DI GIURISDIZIONE 757 

Del pari assorbita rimane ogni questione sui capi di domanda attinenti 
a prestazioni contributive previdenziali le quali, implicando valutazioni 
sul comportamento della Amministrazione, �, nei rapporti di 
impiego pubblico secondo consolidata giurisprudenza, di pertinenza della 
giurisdizione amministrativa. 

Resta, infine, assorbito� il ricorso principale, attinente alle ragioni di 
merito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 giugno 1976, n. 2054 -Pres. Caporaso 
-Est. Vela -P. M. Pedace (concl. diff.) -Quartiere generale delle 
Forze Alleate del Sud Europa (avv. Stato Zagari) c. Capocci Belmonte 
(avv. Vocino). 

Competenza e giurisdizione -N.A.T.O. -Personale civ.ile e militare -Prestatori 
d'opera assunti per bisogni locali -Giurisdizione del giudice 
italiano. 

(Accordo di Parigi 26 luglio 1961 reso esecutivo con d.P.R. 18 settembre 1962 n. 2083; 
Protocollo sullo stato dei Quartieri Generali Militari 28 agosto 1952 reso esecutivo con 

I. 30 novembre 1955 n. 1338, art. 9, � 4; cod. proc. civ., art. 4). 
In relazione ai rapporti di lavoro dei dipendenti di organismi internazionali 
istituiti in seno alla N.A.T.O. (nell'ipotesi specifica, Quartiere 
generale delle Forze Alleate del Sud Europa) pu� affermarsi che � sottratto 
alla giurisdizione del Paese di soggiorno soltanto il personale civile 
e militare assunto con atti autoritativi, per compiti a carattere permanente 
e retribuito secondo le tariffe stabilite dalla N.A.T.0., mentre vi 
sono soggetti i prestatori d'opera assunti per bisogni locali, con negozi 
di diritto privato. 

(Omissis). -Secondo il ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe errato 
nel considerare impiego privato, anzich� incarico di autonoma prestazione 
professionale, il rapporto intercorso con l'avv. Capocci. Costui, 
infatti, avrebbe stipulato un � contract of retainer � (contratto di clien


L'interessante decisione, di cui s'i pubblica integralmente la motivazione, ripropone 
la distinzione fra dipendenti assunti con atti autoritativi per la realizzazione 
dei compiti istitutivi degli organismi NATO e lavoratori subordinati 
assunti con contratti di materia privatistica per necessit� locali anche se indirettamente 
connesse con i suddetti compiti istituzionali. Solo per questi ultimi 
sarebbe ipotizzabile la giurisdizione del giudice italiano. 

La pi� recente dottrina -cfr. G. DE FINA, Dipendenti N.A.T.O. a statuto 
internazionale e a statuto locale, in Giust. civ. 1976, I, 1229 -partendo dalla 
�constatazione che nelle applicazioni pratiche riesce difficile distinguere fra 
l'uno e l'altro tipo di prestazioni, rileva che la sentenza presenta un particolare 



758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tela), avendo avuto l'incarico di fornire prestazioni tipiche della professione 
di avvocato, �secondo le disposizioni e i termini fissati dalla legge 
professionale�. E poich� in base a tali norme �vi � incompatibilit� tra 
la professione di avvocato e la posizione dell'impiegato �, la Corte avrebbe 
dovuto riconoscere al rapporto � carattere pubblicistico e organico... con 
la conseguenza del difetto di giurisdizione del giudice italiano a conoscerne 
le controversie �. Non avendolo fatto, essa sarebbe incorsa in 
violazione e falsa applicazione dell'art. 1346 co<;l. civ., in relazione all'art. 3 

r.d.l. 24 novembre 1933 n. 1578 ed all'art. 24 I. 13 giugno 1942 n. 794, oltre 
che in omessa e contraddittoria motivazione. 

La doglianza non ha ragion d'essere. 

In relazione al fine pel quale � stata formulata, che � quello di 

denunciare il difetto di giurisdizione del giudice italiano, non interessa 

la questione sulla validit� del contratto concluso dalle parti, ovvio essen


do che prima di stabilire se il rapporto sia o meno nullo, occorre pur 
�sempre individuare. il giudice cui spetti compiere tale indagine. 

Pertinente � invece, almeno in astratto, la questione sulla qualifica


zione giuridica della fattispecie concreta. Ma, al riguardo, siccome tale 

individuazione va eseguita considerando non tanto il nome che al rap


porto hanno dato le parti, quanto i caratteri intrinseci che esso in effetti 

rivela (sent. 25 gennaio 1975 n. 297), non pu� dirsi che l'attore stipul� 

un contratto di clientela sol perch� questa definizione risulta dall'atto 

sottoscritto da lui e dall'HAFSE. Gon ben maggiore penetrazione, la 

Corte d'Appello ha rilevato, invece, nel rapporto stesso, gli estremi del 

lavoro subordinato: obbligo per l'attore, di seguire le direttive del con


venuto e di osservare gli orari di ufficio da costui prestabiliti; predeter


minazione di una retribuzione fissa e periodica. 

Con gli altri due motivi, il difetto di giurisdizione viene eccepito 

sulla base sia delle norme specifiche che inquadrano i rapporti di lavoro 

del personale dei Quartieri Generali Militari dell'Alleanza Atlantica in 

Europa, sia dei principi generali di diritto internazionali. 

Si denuncia, infatti, in primo luogo, violazione e falsa applicazione 
dell'accordo concluso a Parigi il 26 luglio 1961 tra il Governo . italiano 

interesse nella parte in cui vengono identificati i dipendenti a statuto interna-, 
zionale nella categoria dei soggetti retribuiti secondo apposite tabelle ed adibiti 
ad incarichi amministrativi permanenti. �Resta tuttavia dubbio -continua l'A. allo 
stato attuale della giurisprudenza, se nel caso della mancata corresponsione 
da parte della NATO del salario conforme alle Tabelle e della mancata immissione 
nell'incarico in conformit� a quanto previsto al momento dell'assunzione, 
vigendo nel nostro ordinamento il principio (richiamato peraltro in molte pronunce) 
secondo cui in materia di lavoro ci� che vale � l'effettivit� della prestazione 
e non il tenore formale degli atti intercorsi tra le parti, l'organismo 
internazionale possa o meno opporre, documentalmente, le condizioni stabilite 
al momento dell'assunzione (rimaste senza applicazione) per far scattare l'immunit� 
giurisdizionale connessa all'esercizio delle sue funzioni sovrane "� 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

ed il Comandante Supremo Alleato in Europa (reso esecutivo con d.P.R. 
18 settembre 1962 n. 2083), in esecuzione dell'art. 16, paragr. 2 del protocollo 
sullo statuto dei Quartieri Generali Militari (firmato a Parigi il 
28 agosto 1952 e reso esecutivo in Italia con 1. 30 novembre 1955 n. 1338), 
istituiti in virt� del trattato del Nord Atlantico, concluso a Washington 
il 4 aprile 1949 (reso esecutivo in Italia con 1. 1� agosto 1949 n. 645); 
nonch� insufficiente motivazione. 

Desumendosi da tale complesso normativo una rigartizione del detto 
personale in due categoria, l'una �a statuto internazionale�, disciplinata 
dai regolamenti in vigore per gli organismi N.A.T.O. e sottratta alla legislazione 
ed alla giurisdizione dello Stato ospitante; l'altra, destinata a 
soddisfare locali bisogni di mano d'opera e sottoposta, invece, a quella 
legislazione ed a quella giurisdizione, si sostiene che siccome le mansioni 
di � funzionario-avvocato �, affidate all'avv. Capocci non rispondevano 
ad alcun fabbisogno locale di mano d'opera, ma erano attinenti 
alle funzioni istituzionali dell'ente internazionale, tanto � vero che per 
l'espletamento di esse fu istituito, nel 1968, un posto organico, il rapporto 
di lavoro dedotto in lite era disciplinato dai regolamenti in vigore per 
gli organismi N.A.T.O. (come stabilisce la lett. b del cit. art. 8 dell'accordo 
del 1961) ed � quindi sottratto alla giurisdizione italiana. 

Il tipo di funzioni all'avv. Capocci costituisce, poi, il presupposto 
di fatto per ascrivere alla Corte di merito violazione e falsa applicazione 
dei principi di diritto internazionale relativi ai limiti della soggezione 
degli enti internazionali alla giurisdizione nazionale, recepiti nel nostro 
ordinamento in forza dell'art. 10 cost. Si afferma, al riguardo, che quelle 
funzioni, e non gi� l'atto di nomina, caratterizzavano il rapporto sostanziale. 
E poich� esse implicavano il concorso dell'avv. Capocci alla formazione 
delle determinazioni dell'HAFSE, la Corte avrebbe dovuto rilevare 
il proprio difetto di giurisdizione, non essendo i rapporti di impiego 
stipulati dagli enti internazionali soggetti ad ordinamenti diversi da 
quelli degli enti medesimi. 

Entrambi i motivi sono privi di fondamento. 
L'art. 8 del citato accordo di Parigi suddivise in due categorie il 
personale civile utilizzato dai Quartieri Generali Interalleati: 

1) �personale civile appartenente alle categorie specificate nel paragrafo 
2 dell'art. VII del � protocollo � e definito dalla decisione del 
Consiglio Nord Atlantico del 10 febbraio 1954; 

2) altro personale civile a statuto locale di cui al paragr. 4 dell'art. 
IX della � convenzione � di Londra, di cui si dir� tra poco.. Nel 
protocollo di Parigi era stato infatti previsto l'esonero dalle imposte 
sui redditi dell'impiego, per gli appartenenti � aux cat�gories arret�es 
par le Conseil de l'Atlantique du Nord�, Ed il Consiglio nella seduta 
del 10 febbraio 1754 aveva stabilito che il beneficio si applicasse al 
�personale amministrativo a statuto internazionale�, ossia, come aveva 


760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

precisato espressamente, a quello in favore del quale sussistessero due 
condizioni: di essere �remunerato in base alle tariffe salariali della 

N.A.T.O. � e di ricoprire �incarichi amministrativi a carattere perma-. 
nente, presso i Quartieri Generali interni cui si riferisce il protocollo �. 
Anche in quella seduta, peraltro, si contrappose a tale personale, 
l'altro �assunto localmente che sia anch'esso impiegato dai Quartieri 
Generali e che, giusta le norme dell'art. 9, paragr. 4, dell'accordo del 
19 giugno 1951... sia, sotto ogni aspetto, assoggettato alla legislazione 
vigente nel paese ospitante il Quartiere Generale, essendo essa legislazione 
l'unica a stabilire rispettivamente i diritti ed i doveri degli impiegati
�, 

L'accordo da ultimo citato, invero, denominato � convenzione di 
Londra� e reso esecutivo in Italia con 1. 30 novemvre 1955 n. 1355, aveva 
previsto con la disposizione dell'art. 9: �I fabbisogni locali di mano� 
dopera civile saranno soddisfatti nello stesso modo in cui lo sono quelli 
dello Stato ospitante e con l'ausilio dei competenti organi dello Stato 
ospitante, per il tramite degli uffici del lavoro. Le condizioni di impiego 
e di lavoro ed in particolare i salari e le relative indennit� e le condi� 
zioni di protezione dei lavoratori, saranno quelle previste dalla legislazione 
dello Stato ospitante. Questi lavoratori civili impiegati da una 
forza o da un elemento civile non saranno in nessun caso considerati 
alla stregua dei membri della forza od elemento civile�. Ed � solo per 
costoro che il paragr. f) del cit. art. 8 dell'accordo di Parigi previde la 
possibilit� di risolvere �qualsiasi vertenza con l'intervento dei �competenti 
organi interni della N.A.T.O., senza pregiudizio della tutela giurisdizionale 
spettante... secondo le leggi italiane �. 

� indubbia, in codesto complesso di disposizioni, l'applicazione ai 
rapporti di lavoro -in senso ampio -con i Quartieri Generali della 
N.A.T.O., del criterio distintivo, comunemente adottato per negare o 
ammettere la giurisdizione dello Stato ospitante, fra atti dell'Ente 
internazionale posti in essere nell'esercizio dei poteri sovrani e comprendenti 
anche l'organizzazione degli uffici e l'assunzione del relativo 
personale (SS.UU. 6 giugno 1974 n. 1653 e 23 novembre 1974 n. 3803); 
ed atti di diritto privato, sia pure diretti al procacciamento di mezzi 
o di servizi occorrenti per la attuazione dei compiti propri dell'ente o 
dei suoi organismi (SS.UU. 2 marzo 1964 n. 467). 

Ma appunto perch� canonizzato, dagli Stati Membri del patto atlantico, 
in specifiche norme convenzionali, quel criterio non opera -e 
dunque � inutilmente invocato nel secondo motivo del ricorso -all'infuori 
dei presupposti e dei limiti segnati da tali norme. Le quali dimostrano 
che il personale � a statuto internazionale � dei Quartieri Generali 
(assunto, cio�, per l'attivit� istituzionale di questi organismi, disciplinato 
dall'ordinamento dell'ente stesso e sottratto alla giurisdizione 
dello Stato di soggiorno) � soltanto quello che, secondo l'accordo di 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Parigi e la decisione del Consiglio del Nord Atlantico, sia remunerato 
in base alle tabelle salariali stabilite dalla N.A.T.O. e ricopra incarichi 
amministrativi, a carattere permanente. N� pu� dirsi che si tratti di 
requisiti del tutto formalistici ed estrinseci. La remunerazione secondo 
le tabelle dell'Organizzazione e l'investitura di un incarico permanente 
stanno a dimostrare, con chiarezza, l'inquadramento dell'impiegato nella 
Organizzazione stessa. Ed infatti l'art. 8, paragr. b) dell'accordo dispone 
che le � clausole e le condizioni di impiego saranno esclusivamente regolate 
dal contratto di assunzione e dai regolamenti in vigore per gli organismi 
N.A.T.O. �. Ne consegue che se non sussistano quei requisiti, lo 
impiegato non pu� considerarsi � a statuto internazionale �, come anche 
la decisione del Consiglio del Nord Atlantico tenne bene a sottolineare. 
E ne consegue, altres�, l'inutilit� di indagare sul tipo di mansioni affidategli, 
o pi� in generale, sulla posizione che, in concreto, nell'effettivo 
svolgimento del rapporto, egli abbia assunto nel Quartiere Generale. 

Vano � anche obiettare che l'accordo di .Parigi e la decisione del 
Consiglio Nord Atlantico indicano, come unica categoria di personale 
�a statuto locale�, quella formata dai lavoratori assunti tramite gli 
uffici di collocamento per i fabbisogni locali di manodopera civile. 

Certo le due categorie sono complementari, nel senso che l'esclusione 
dall'una implica necessariamente l'inclusione nell'altra. Ma la definizione 
che ne danno le disposizioni in esame non rispecchiano tale 
rapporto. Infatti, soltanto quella dei dipendenti �a statuto internazionale
� � stata individuata dalla predeterminazione di veri e propri requisiti, 
non potendosi dire che l'altra, dei dipendenti � a statuto locale � 
risulti altrettanto rigidamente definita dal richiamo, per essa fatto nell'accordo 
e nella convenzione, alla funzione di sopperire a bisogni locali 
di mano d'opera ed all'obbligo di assunzione pel tramite degli uffici di 
collocamento. 

A questo riguardo, occorre considerare i diversi interessi dei quali 
s'� realizzato il contemperamento con la stipulazione dei trattati in. 
esame. La precisa delimitazione dei rapporti di lavoro che, pur senza 
riguardare i militari dei Quartieri Generali, sono sottratti alle leggi ed 
alla giurisdizione dello Stato di soggiorno, ha tutelato l'indipendenza dei 
Quartieri stessi, non meno dell'interesse dello Stato ospitante a subire, 
nel proprio territorio, limitazioni alla propria sovranit� nella minor 
misura compatibile con la struttura dell'Alleanza Atla:qtica. In relazione 
alla posizione di tutti gli altri dipendenti, invece, data gi� la soggezione 
dei loro rapporti a tale sovranit�, allo Stato di soggiorno � bastato di 
assicurarsi che fossero osservate. le leggi nazionali. Ed � ovvio che, 
trattandosi di rapporti di lavoro, siano state tenute d'occhio, in maniera 
espressa, le categorie pi� bisognose di tutela, quali quelle degli operai. 

Se, dunque, per l'appartenenza al personale � a statuto internazionale
�, occorrono il conferimento di un incarico permanente e la remu



762 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nerazione secondo le tabelle dell'Organizzazione o se � pacifico che n� 
l'una, n� l'altra condizione caratterizzarono il rapporto di lavoro dell'avv. 
Capocci fino al 1968, appare corretta la decisione della Corte 
d'appello, di considerare sottoposto alla propria giurisdizione il rapporto 
stesso, analogamente al parere espresso dalla Commissione della N.A.T.O. 
a Bruxelles. 

Resta da esaminare il quarto ed ultimo motivo. 

Vi si denuncia per violazione e falsa applicazione dell'art. 342 cod. 
proc. civ., la dichiarazione di inammissibilit� della censura formulata 
dal Quartiere Generale nell'atto di appello, in ordine all'accoglimento 
da parte del Tribunale delle singole pretese dell'attore. E si adduce che 
il gravame era stato chiaramente giustificato �per relationem, con il 
richiamo esplicito, preciso e determinato � alle � considerazioni svolte 
a pagg. 8-11 della comparsa per l'udienza collegiale del 19 giugno 1972 �. 

Neppure questa doglianza � fondata. 

Se motivo di impugnazione � sinonimo di ragione per cui si ritiene 
erronea la sentenza impugnata, a dargli adeguato contenuto � inidoneo 
il mero rinvio agli scritti difensivi della precedente fase processuale. 
Alla domanda o all'eccezione, allora avanzata invano, si � sovrapposta 
ormai la pronuncia del giudice, onde � la motivazione da costui addotta, 
collegata alle opposte deduzioni delle parti, a fornire la materia del 
giudizio d'appello. Per consentire la identificazione delle ragioni di fatto 
e di diritto su cui il gravame si fonda, s� da venirne puntualizzata la 
questione sottoposta al giudice di appello, � quindi necessaria l'enunciazione 
della doglianza (sentt. 20 giugno 1975 n. 2472; 14 febbraio 1975 

n. 
587). 
Il ricorso deve, dunque, essere integralmente rigettato. -(Omissis). 

!ZIONE QUARTA 

uiu.t<ISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1976, n. 976 -Pres. Novelli � 
Est. Pajardi -P. M. Minetti (conf.) � Criolesi (avv. Agostini) c. Mini� 
stero dei Trasporti (avv. Stato Fanelli). 

Procedimento civile � Competenza -Regolamento necessario -Presupposti. 
(cod. proc. civ., art. 42). 

Lavoro -Controversie � Spese processuali � Esonero � Equiparazione delle 
Ferrovie dello Stato agli istituti di previdenza � Limiti, 

(l. 30 aprile 1969, n. 153, art. 57). 
Il regolamento d� competenza � obbligatorio ogni qual volta il giudice 
abbia pronunziato solo sulla competenza anche se la pronunzia sulla 
sola competenza sia errata perch� il giudice avrebbe dovuto pronunziare 
anche sul merito (1). 

Nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali, il lavoratore 
soccombente � esonerato dal pagamento delle spese a favore degli 
istituti di previdenza, e a tali istituti � equiparata l'Azienda delle Ferrovie 
dello Stato, in quanto agisca quale gestore dell'assicurazione obbligatoria 
contro gli infortuni sul lavoro (2). 

(1�2) Nel senso della prima massima la giurisprudenza � costante; v. da 
ultimo Cass. 29 ottobre 1975, n. 3653. 
Esatto anche il principio contenuto nella seconda massima, su cui non 
constano precedenti editi. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 marzo 1976, n. 1143 -Pres. Caporaso 
-Est. Mazzacane � P. M. Trotta (conf.) � A.N.A.S. (avv. Stato 
Baccari) c. Miccoli (avv. Tripepi). 

Espropriaziqne per p.u. � Occupazione d'urgenza ultrabiennale � Esecuzione 
dell'opera pubblica � Azione di revindica � Improponibilit� � Si 
trasforma in azione di risarcimento � Prova della propriet� . Limiti. 
(cod. civ., art. 2043; 1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71). 



764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Espropriazione per p.u. -Occupazione d'urgenza ultrabiennale -Azione 
764 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Espropriazione per p.u. -Occupazione d'urgenza ultrabiennale -Azione 
di risarcimento del danno � Criteri della determinazione del danno Valore 
del bene al momento della liquidazione del danno� Irrilevanza 

di strumenti urbanistici successivi -Inapplicabilit� della compensazione 
� lucri cum damno �, 
(cod. civ., art. 2043; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 71). 

Disposta ed eseguita l'occupazione di urgenza di un immobile ai fini 

della costruzione di una opera di pubblico interesse, ove sia trascorso 
un biennio senza che sia stato emesso il decreto di espropriazione, e 1 
sia tuttavia intervenuta la costruzione di un'opera con la conseguente I 
impossibilit� di ,restituire il bene destinato stabilmente al pubblico servizio, 
l'azione di rivendicazione del proprietario si trasforma in azione 
di risarcimento del danno e per l'esperimento della relativa azione non 
� necessaria la prova rigorosa della propriet�, in quanto la controversia 
non concerne direttamente il dominio del bene (1). 

Nell'ipotesi di occupazione di un immobile divenuta illegittima per 
la mancata emissione del decreto di esproprio entro il biennio, il risarcimento 
del danno, che � disciplinato dai principi sulla responsabilit� 
da fatto illecito, deve essere determinato con riferimento allo stato in 
cui l'immobile si trovava al momento dell'occupazione, rapportato poi 
al valore del bene al momento in cui il risarcimento viene corrisposto, 
senza che vengano presi in considerazione gli strumenti urbanistici intervenuti 
successivamente alla cessazione della occupazione legittima, appunto 
perch� posteriori, e senza che venga preso in esame il principio 
della COJI?.pensatio lucri cum damno (con riferimento al vantaggio consistente 
nell'aumento di valore che al fondo residuo deriva dalla costruzione 
dell'opera pubblica ed il danno derivato dall'illecita occupazione 
ultrabiennale) (2). 

(1-2) L'affermazione contenuta nella prima massima pu� essere condivisa 
solo a patto che non sia stata espressamente contestata la propriet� del bene 
occupato. In ca"so contrario, poich� l'azione risarcitoria trova il suo fondamento 
nella lesione della propriet� sul bene occupato, l'esistenza di tale diritto deve 
essere rigorosamente provata. 

Con il principio contenuto nella seconda massima si consolida l'indirizzo 
contenuto in Cass. 19 novembre 1973, n. 3098, in questa Rassegna 1974, I, 632 
ove richiami. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 aprile 1976, n. 1535 -Pres. Giannattasio 
-Est. Sandulli -P. M. Trotta (conf.) -Sioli (avv. Conti) c. 

A.N.A.S. (avv. dello Stato Tarin). 
Espropriazione per p.u. -Indennizzo Criteri per la liquidazione -Legge 

applicabile. 
(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51). 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 765 

Espropriazione per p.u. � Strade � Costruzione di variante di strada statale 
� Criteri determinazione indennizzo � Legge 12 febbraio 1958 

n. 126. 
(legge 12 febbraio 1958, n. 26, art. 23). 

Espropriazione per p.u. � Indennizzo liquidabile in base alla legge n. 126 
del 1958 � Art. 40 Legge 1865 n. 2359 � Inapplicabilit�. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40 e I. 12 febbraio 1958, n. 126, art. 23). 
In caso di espropriazione per p.u., per stabilire quale sia la norma 
applicabile ai fini della determinazione dell'indennizzo, occorre aver riguardo 
all'opera pubblica per la cui realizzazione l'atto 'amministrativo 
ablatorio � emesso, risultante sia dall'atto finale e sia dai riferimenti in 
esso contenuti ai precedenti atti del procedimento senza che si possa 
considerare applicabile in via esclusiva la normativa richiamata nell'atto 
ablatorio (1). 

Per la costruzione di una variante, cio� di una strada che non altera 

capisaldi di un tracciato preesistente, l'indennit� spettante ai proprie


(1-3) � appena il caso di sottolineare l'importanza del principio contenuto 
nella prima massima della sentenza in rassegna. 

� noto come in due recenti pronunzie la S.C. avesse affermato il principio 
che � le norme che fissano i criteri di indennizzo sono connesse strettamente 
a quelle che giustificano le diverse espropriazioni e non consentono possibilit� 
di sostituzione o commistione; ne segue che, indicata nel decreto di espropriazione 
la norma che lo giustifica, esclusivamente a quest'ultima deve farsi riferimento 
per determinare l'indennit� (cos� Cass. 12 luglio 1974, n. 2088, in questa 
Rassegna 1975, I, 157; Conf. Cass. 5 giugno 1974, n. 165, ivi, 1974, I, 1405). 

Avverso tale principio prettamente formale (anzi formalistico), che esclude 
qualsiasi riferimento all'effettiva causa che giustifica il provvedimento ablatorio, 
si erano mosse vivaci critiche. 

Devesi rilevare con soddisfazione che la S.C., con la sentenza che si annota, 
ha fatto proprie tali critiche, riconoscendo, sia pure implicitamente, ma 
nel modo che non potrebbe essere pi� chiaro, che la legge applicabile per la 
determinazione dell'indennizzo spettante in caso di espropriazione � quella, 
anche se non richiamata espressamente nel provvedimento ablatario, che disciplina 
l'opera che l'Amm.ne intende concretamente realizzare. 

E ci� vale, evidentemente, sia nell'ipotesi che sia il privato espropriato ad 
impugnare l'indennizzo in concreto determinato, sia in quella in cui sia l'Amm.ne 
espropriante a spiegare l'impugnativa. 

Da condividere anche le affermazioni contenute nelle altre due massime, 
su cui non constano precedenti specifici. � stato, peraltro, ritenuto che in caso 
di espropriazione parziale a cui sia applicabile l'art. 13 legge 15 gennaio 1885, 

n. 2892 (legge per Napoli) l'indennit� debba essere determinata in base alla 
differenza tra il valore degli immobili prima e dopo l'occupazione, valori entrambi, 
peraltro, da ricavarsi dalla media del valore venale e della somma o 
coacervo dei fitti dell'ultimo decennio, o, in difetto degli imponibili netti agli 
effetti dell'imposta fondiaria (cos� App. Brescia, 18 marzo 1938, citata in LANDI 
e QUARANTA, Rassegna di giurisprudenza sull'espropriazione per pubblica utilit�, 
Milano, 1973, p. 155). 

766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

.. tari delle aree espropriate va determinata secondo i criteri fissati dall'art. 
23 Legge 12 febbraio 1958, n. 128 (2); 

Alle espropriazioni, anche parziali, regolate dall'art. 23 della legge 
12 febbraio 1958 n. 126 non trova applicazione il criterio fissato dall'art. 
40 legge 25 giugno 1865 n. 2359 (3). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 22 maggio 1976, n. 1851 -Pres. Stile Est. 
Pedroni -P. M. Rava (conf.) -Azienda F.S. (avv. Stato De Francisei) 
c. Mannella Erminia (avv. Cervelli). 

Circolazione stradale � Passaggio a livello senza barriere � Sufficiente visibilit� 
della strada ferrata � Luogo dal quale compiere l'accertamento. 
(cod. strad. art. 15). 

Al fine di stabilire se sia stato assolto tobbligo previsto dall'art. 15, 
comma 7� cod. strad. (che in caso di passaggio a livello senza barriere 
impone di assicurare la sufficiente visibilit� della strada ferrata), occorre 
aver riguardo alla visibilit� esistente nella sede del passaggio 
a livello, cio� nel luogo dove l'utente della strada deve fermarsi prima 
di impegnare i binari (1). 

(1) Il principio affermato dal S.C. nella sentenza che si annota costituisce 
una esatta puntualizzazione in ordine. alle modalit� per accertare se la P.A. 
abbia assolto adeguatamente l'obbligo impostole dall'art. 15 cod. strad. (v-: pure 
art. 120 reg. al dett� codice). 
Per qualche riferimento v. Trib. Brescia 30 luglio 1974, in Riv. giur. circ. 
trasp. 1975, 68 con nota di VBNTRELLA, In tema di passaggi a livello senza barriere 
dotati di segnalatori luminosi ed acustici. 

In ordine al comportamento a cui � tenuto il conducente del veicolo che 
impegna il passaggio a livello senza barriere v. Cass. 24 maggio 1972, n. 1636. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 giugno 1976, n. 2126 -Pres. Rossi Est. 
Pascasio � P. M. Serio (conf.) � Ministero delle Poste e Telecomunicazioni 
(avv. dello Stato Tarin) c. De Luca (avv. Pontecorvo). 

Responsabilit� civile � Azione generale di arrlccbhnento � Nesso causale � 
Concessione amministrativa � Arrlccbhnento della P.A. 

L'azione generale di arricchimento prevista dall'art. 2041 c. c. presuppone 
l'esistenza di un� nesso causale tra la diminuzione patrimoniale 
lamentata da un soggetto e l'arricchimento patrimoniale di un altro (1). 

(1-2) L'interesse della massima, aldil� del principio ormai pacifico in dottrina 
della necessit� di un nesso causale ha arricchimento della p.A. e depauperamento 
del privato per esperire l'azione prevista dall'art. 2041 e.e. (v. per 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 767 

Non � pertanto ammesso ad esperire detta azione il concessionario 
di una cava che si sia impegnato a� trasformare una strada da mulattiera 
in carrabile a proprie spese ed a lasciarla, al termine della concessione 
libera e sgombra, � senza accampare pretese e diritti di sorta 

o indennizzi � (2). 
(Omissis). -Col primo motivo, denunciando la violazione degli articoli 
2041 e.e. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si lamenta che con 
motivazione insufficiente e contraddittoria la Corte d'appello ha escluso 
il nesso di causalit� che invece esisteva tra l'impoverimento di esso 
ricorrente che aveva sopportato ingenti spese per l'ampliamento ed il 
riattamento della strada e l'arricchimento dell'Amministrazione mediante 
il riattamento della strada e l'arricchimento dell'Amministrazione 
mediante l'utilizzazione della strada stessa. 

La censura � infondata. 

La Corte infatti ha basato il proprio convincimento sulla situazione 
non controversa e risultava altres� dall'esame dei documenti prodotti e 
dalle risposte date dallo stesso attore nel reso interrogatorio, ch'egli, 
nell'ottenere in concessione la cava dal Comune di Panni, si era impegnato 
a trasformare detta strada mulattiera in carrabile a proprie spese 
ed a lasciarla, al termine della concessione, libera e sgombra � senza 
accampare pretese o diritti di sorta o indennizzi�. Nell'atto di concessione 
era altres� stabilito che la strada, a termine della stessa, sarebbe 
rimasta al Comune. 

La Corte di merito ha altres� accertato che la concessione si era 
estinta per intervenuta decadenza dal De Luca, il quale si era reso inadempiente 
agli obblighi assm;i.ti con conseguente perdita della cauzione 
e passaggio al Comune della strada cos� come dal primo trasformata. 

Da questa situazione di fatto la Corte ha tratto l'esatta conseguenza 
che tra la spesa sostenuta dal De Luca e l'asserito arricchimento dell'Amministrazione 
non esistesse alcuna relazione perch� la prima era 
stata erogata in costanza del rapporto di concessione ormai esaurito al 
tempo dell'utilizzazione dell'opera da parte dell'Amministrazione stessa 
e perch� titolare della strada e delle relative opere di trasformazione e 
di miglioramento era il solo Comune e non pi� il De Luca il quale inol


tutti Sandulli, Manuale di diritto Amministrativo, Napoli 1974, pag. 134), consiste 
nell'uso fatto dalla Corte di Cassazione del proprio potere di indagine sul 
fatto per l'enucleazione del principio di diritto su cui fondare la propria decisione; 
in osservanza, peraltro, di una tendenza gi� da tempo consolidata e posta 
lucidamente in rilievo da SATTA (Commentario al Codice di procedura civile, Il 
processo di cognizione, II, Milano 1966, 212). Per riferimenti specifici di giurisprudenza 
sul significato dell'art. 2041, cfr. da ultimo, Cass. III, 4 luglio 1975 

n. 2603, Giust. Civ., Rep. 1975, I, 123. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tre, per effetto di clausola espressa, aveva perduto ogni possibilit� di 
chiedere rimborsi o indennizzi. 

Tra l'incremento patrimoniale dell'Amministrazione convenuta e la 
diminuzione patrimoniale lamentata dall'attore mancava pertanto il nesso 
di causalit� richiesto per l'applicazione dell'art. 2P41 che regola l'azione 
generale di arricchimento. 

N� ricorreva la mancanza di una causa giustificatrice della perdita 
subita dal De Luca, perdita che invece era giustificata dall'inadempimento 
ai suoi obblighi di concessionario. 

La mancanza del nesso causale era inoltre resa evidente dalla insussistenza 
di un fatto costitutivo unico, dal quale potesse farsi d,ipendere 
sia la diminuzione patrimoniale di un soggetto sia l'arricchimento di un 
altro. Lo spostamento patrimoniale infatti era stato determinato dalla 
successione di fatti distinti, consistenti l'uno nella decadenza dalla concessione 
e l'altro nella utilizzazione di parte della strada attuata non gi� 
nei confronti del concessionario ma nei confronti del Comune che allo 
stesso era succeduto. Tra depauperamento ed arricchimento mancava 
altres� la necessaria correlazione sogge!tiva perch�, una volta estinta 
la concessione e passata la strada al Comune con ogni diritto sulla stessa, 
depauperato non era pi� il De Luca il quale, per fatto proprio, ed in :hmzione 
di pattuizioni l'Amministrazione era del tutto estranea, aveva perduto 
i diritti che, in diversa situazione, avrebbe potuto far valere 

Questo ragionamento trova puntuale riscontro nei principi affermati 
in varie occasioni da questa Corte suprema (sentt. n. 143 del 1963; 1957, 

n. 2456 del 1970), sicch� esattamente � stato ritenuto che mancasse il 
fondamento dell'azione proposta in giudizio. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 giugno 1976, n. 2198 -Pres. Mirabelli Est. 
Milano -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. SAGAT (avv. Romagnoli) 

c. Ministero dell'Interno (avv. Stato Bafile). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Aeroporti � Servizio 
antincendi � Prestazione gratuita da parte del Corpo dei Vigili del 
Fuoco. 
(!. 27 dicembre 1941, n. 1570, art. 26; I. 13 maggio 1961, n. 469, art. I, 2 e 85; I. 26 

luglio 1965, n. 966, art. 1; !. 8 dicembre 1970, n. 996, art. 10). 

I servizi antincendi sono gratuiti quando sono diretti a prevenire 
imminenti pericoli di danno da incendio, cui siano sottoposti persone o 
cose. Conseguentemente il servizio antincendi negli aeroporti civili o 
aperti al traffico civile, anche se gestiti da soggetti privati, data l'imminenza 
di pericolo costante, deve essere disimpegnato gratuitamente dal 
Corpo dei Vigili del Fuoco anche nel caso che presso gl� aeroporti sia 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 769 

costituita una speciale organizzazione con destinazione esclusiva e per-� 
manente al servizio nell'aeroporto stesso (1). 

(Omissis). -I primi tre motivi del ricorso principale possono essere 
esaminati congiuntamente attenendo tutti alla questione relativa al carattere 
gratuito o no del servizio antincendi prestato, prima dell'entrata 
in vigore della legge 8 dicembre 1970, n. 996, negli aeroporti aperti al 
traffico civile. 

Con essi la societ� ricorrente denuncia la violazione di numerose disposizioni 
delle vigenti leggi regolanti la materia attinente ai servizi 
antincendi, nonch� degli artt. 2041 cod. civ., 11 e 12 delle disposizioni 
sulla legge in generale, e sostiene che la sentenza impugnata ha errato 
nell'affermare che i servizi antincendi aeroportuali non sono prestati 
in favore della collettivit�, in quanto dalla disposizione degli artt. 26 della 
legge 27 dicembre 1941, n. 1570, l, primo comma lett. a), 2 lett. a), 
10 ed 11, primo e terzo comma, della legge 13 maggio 1961, n. 469 � 
possibile desumere che i detti servizi sono diretti al soddisfadmento 
di bisogni collettivi ed indivisibili, rientrando, quindi, tra i compiti d'istituto 
e di obbligo del Ministero dell'Interno. Aggiunge che la sentenza 
impugnata ha, del pari, e~rato nell'escludere, per i servizi in questione, 
la possibilit� del ricorso all'interpretazione analogica relativamente alla 
legge 13 maggio 1940, n. 690, che attribuisce agli ora soppressi corpi 
provinciali dei vigili del fuoco il compito di provvedere a tutte le spese 
necessarie per il servizio antincendi nei porti, e che, in ogni caso, la 
Corte del merito avrebbe dovuto tenere conto anche della sopravvenuta 
legge 8 dicembre 1970, n. 996, la quale, integrando l'art. 1 della citata 
legge n. 469 del 1961, ha posto a carico dello Stato anche i servizi antincendi 
negli aeroporti aperti al traffico civile, dato che tale legge, atteso 
il suo carattere interpretativo, non poteva incontrare, agli effetti della 
sua applicabilit� ai rapporti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, 
la preclusione sancita dall'art. 11 delle pre-leggi. 

Le riassunte censure sono sostanzialmente fondate. 

A dare adito alla questione sottoposta all'esame di questa Corte sta 
il fatto che i servizi antincendi, gi� prestati dai corpi provinciali dei 
vigili del fuoco ed ora dal Corpo nazionale di vigili del fuoco, possono 
avere sia carattere gratuito che oneroso, ossia, in quest'ultimo caso, 

(1) Questione nuova la cui soluzione desta serie perplessit�. 
L'equiparazione della prevenzione al soccorso non sembra giustificata dalle 
norme che regolano la materia, mentre non sembra potersi far rientrare fra i 
bisogni collettivi e indivisibili, da soddisfare gratuitamente, quelli di un'organizzazione 
a carattere industriale gestita da un soggetto privato che impegna 
in modo esclusivo uno speciale distaccamento del Corpo dei Vigili del Fuoco. 
Infine la ricomprensione dei servizi di prevenzione nei compiti di istituto non 
significa necessariamente che essi debbono essere gratuiti, quando tali sono 
considerati solo quelli da prestare quando vi sia pericolo di danno. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

770 

gravare economicamente sulla parte beneficiaria del servizio. La distinzione 
tra servizi gratuiti e servizi onerosi � posta dalla legge 27 dicembre 
1941, n. 1570, che, all'art. 26, prevede come gratuito il servizio di 
estinzione degli incendi e l'apporto di servizi tecnici urgenti, mentre 
dichiara che sono a pagamento i servizi tecnici apprestati, su richiesta 
di enti o di privati, dopo cessata l'urgenza, nonch� le visite e gli speciali 
servizi di sorveglianza, obbligatori o richiesti, ai fini della prevenzione 
degli incendi. Da tale norma emerge che i servizi gratuiti sono 
esclusivamente quelli di estinzione degli incendi e gli interventi di urgenza, 
il che porterebbe negativamente a fare escludere che un servizio 
diverso dalla estinzione di un incendio o prestato fuori dalle condizioni 
dell'urgenza, un servizio, cio�, continuativo di carattere preventivo, quale 
� certamente quello prestato negli aeroporti aperti al traffico civile, 
possa rientrare tra servizi gratuiti. 

Il criterio, peraltro, per la individuazione dei servizi gratuiti e di 
quelli a pagamento non pu� essere determinato soltanto sulla base di 
una norma di una legge che, sebbene ancora in vigore, � stata emanata 
in un tempo in cui i servizi antincendi rientravano tra i compiti delle 
amministrazioni locali, le quali li espletavano a mezzo dei corpi provinciali 
dei vigili del fuoco, occorrendo, invece, tenere conto, a tal fine, 
anche delle successive leggi che hanno regolato la materia in esame e, 
in particolare, delle norme contenute nella fondamentale legge 13 maggio 
1961, n. 469 che, nell'istituire il Corpo nazionale dei vigili del fuoco 
e nel demandare all'amministrazione diretta dello Stato tutta l'attivit� 
relativa ai servizi antincendi, ha riordinato i servizi stessi, provvedendo 
sia ad alcune forme di finanziamento di essi, sia alla determinazione dei 
complessi compiti istituzionali che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco 
� chiamato ad assolvere, nonch� delle norme contenute nella successiva 
legge 26 luglio 1965, n. 966, relativa alle tariffe dei servizi a pagamento. 

Ora, mentre con l'art. 1 della legge n. 469 del 1961 sono stati attri


buiti all'Amministrazione dell'Interno �i servizi di prevenzione ed estin


zione degli incendi e tutti i servizi tecnici per la tutela della incolu


mit� delle persone e della preservazione dei beni�, nell'art. l, primo 

comma, della legge n. 966, del 1965 si prevede che �i serv1z1 antincendi 

e di soccorso tecnico, quando non vi sia pericolo di danno a persone 

od a cose, sono effettuati a pagamento>>. 

Dal raffronto di queste disposizioni con quella dell'art. 26 della pre


cedente legge del 1941 � dato evincere che, dopo la ristrutturazione e 

la nuova disciplina dei servizi antincendi, il principio della gratuit� dei 

detti servizi non � pi� circoscritto agli interventi determinati da neces


sit� attuali di spegnimento di incendi, ma comprende anche gli inter


venti diretti a prevenire imminenti pericoli di danno da incendio, cui 

siano sottoposte persone o cose. Depone in tale senso l'ampia formula 

adoperata dal legislatore per identificare, all'art. 14 della legge del 1961, 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

i requisiti dei servizi che rientrano nei compiti istituzionali dell'amministrazione 
dell'Interno. La nuova legge parla, non soltanto di estinzione 
di incendi gi� sviluppatisi o di prestazione di servizi tecnici urgenti, ma 
genericamente di � prevenzione � degli incendi e di servizi, comunque, 
rivolti alla tutela della incolumit� delle persone ed alla preservazione 
dei beni. Tale interpretazione �, poi, confortata dai lavori preparatori 
che, come questa Corte ha pi� volte affermato, ben possono servire a 
chiarire il contenuto e la finalit� di una norma. Nella relazione ministeriale 
presentata al Senato si afferma che il disegno di legge era ispirato 
alla esigenza di realizzare il riassetto dei servizi antincendi �in armonia 
col progresso tecnico ed industriale del Paese�, osservandosi che i detti 
servizi � debbono mantenere sempre una struttura tale che, oltre ad assicurare 
le ordinarie prestazioni di soccorso, consenta di entrare automaticamente 
in funzione per fronteggiare ogni calamit��; si rileva, al riguardo, 
che tale finalit� si era raggiunta, oltre che mediante l'assunzione 
diretta dei servizi da parte dello Stato, con l'aumento dell'organico dei 
vigili del fuoco, e si avverte che � se si vuole un servizio veramente 
efficace, in ogni raggio non superiore ai quindici chilometri deve esservi 
un distaccamento in modo che l'intervento sia immediato e, comunque, 
in grado di raggiungere in pochissimi minuti il luogo del sinistro �. 

Pu�, quindi, affermarsi che la nuova legge di riordinamento e di 
ristrutturazione dei servizi antincendi, nell'identificare le prestazioni gratuite 
a separarle da quelle effettuate a pagamento, ha innovato l'anteriore 
regime normativo, includendo nelle prime tutte quelle situazioni di pericolosit� 
immanente che richiedano, per il bene di tutta la collettivit�, 
una efficace opera, pronta ed immediata, dei vigili del fuoco. 

Ora che una siffatta situazione si presenti in un aeroporto aperto al 
traffico civile, con continui movimenti di arrivi e partenze di aerei costituisce 
affermazione sulla cui esattezza non � lecito dubitare. �, infatti, 
a tutti noto che il grave rischio del verificarsi di un incendio, se ha 
un'incidenza normale sugli aeromobili in assetto di volo, � invece presente 
con particolare accentuazione nelle loro fasi di decollo e di atterraggio, 
donde la imprenscindibile necessit� della costante presenza negli 
aeroporti di un servizio che, come si legge nella citata relazione ministeriale, 
sia �automaticamente� pronto, in qualsiasi momento, ad intervenire 
in difesa della generalit� indistinta degli equipaggi, dei passeggeri, 
degli accompagnatori e, in genere, di tutti coloro che, per ragioni 
personali o di lavoro, frequentano simili luoghi, nonch� per le preservazioni 
delle cose e, in particolare, dei velivoli. Da tale accentramento di 
situazioni di sempre immanenti rischi di incendio deriva l'elevato grado 
di pericolosit� attribuito agli aeroporti, che impone la necessit� di. un 
attrezzato servizio antincendi, il quale non � per� assimilabile ai servizi 
di sorveglianza ordinariamente svolti dai vigili del fuoco a richiesta dei 
privati, ma � \>�� propriamente da ritenersi quale generale servizio di 


772 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prevenzione degli incendi che, ai sensi dell'art. 1 della legge del 1961, 
� primario compito istituzionale dello Stato. 

Si deve, d'altra parte, rilevare che la gestione degli aeroporti aperti 
al traffico civile, privata o pubblica che sia, costituisce esercizio di pubblico 
servizio (Cass. 6 dicembre 1966, n. 2861 e 4 febbraio 1972, n. 415); 
l'attivit�, pertanto, del soggetto che gestisce l'aeroporto, ponendolo a disposizione 
del vettore utente, in quanto finalizzata al regolare svolgimento 
dei traffici aerei � soggetta ad una complessa regolamentazione 
che prescinde dalla natura pubblica o privata della gestione, ed � essenzialmente 
diretta alla tutela della regolarit� e dell'efficienza dei voli, 
assunte come valori di interesse generale. Basti, in proposito, corisiderare 
che, ai sensi dell'art 3 della legge. 30 gennaio 1963, n. 141, i servizi 
di assistenza al volo sono forniti gratuitamente, in tutti gli aeroporti, 
comunque gestiti, dall'Ispettorato delle telecomunicazioni e dell'assistenza 
al volo del Ministero della Difesa; per avere un decisivo indice del 
grado di incisivit� che l'interesse collettivo presenta nella materia in 
esame. Ma se cos� �, un'ulteriore ragione giustificatrice dell'espletamento 
del servizio antincendi negli aeroporti ad opera dei vigili del fuoco 
bene pu� essere ravvisata nella esigenza dell'organizzazione periferica 
del servizio stesso, esigenza soddisfatta, come previsto dall'art. 11, 2� comma, 
della legge del 1961, con l'istituzione di un'apposito distaccamento 
per l'esercizio, in una zona caratterizzata da immanente pericolosit�, 
dei compiti generali di istituto del Ministero dell'Interno. Stabilisce, 
infatti, la succitata disposizione che � il numero, le sedi e le circoscrizioni 
territoriali dei distaccamenti e dei posti di vigilanza sono determinati 
con decreto del Ministro per l'Interno, in relazione alle esigenze 
delle zone interessate, tenuto conto dello sviluppo industriale, delle distanze 
da altre sedi dei servizi antincendi, della natura dei luoghi e 
degli interventi effettuati nell'ultimo quinquennio�. Anche, quindi, in 
considerazione del ricorrente termine �distaccamento� adoperato, in 
conformit� della suddetta disposizione, da tutti gli organi della Pubblica 
amministrazione per designare il complesso del personale distaccato nell'aeroporto 
di cui trattasi, ricorrono, in altri termini, ragionevoli motivi 
per affermare che, nella specie, l'Amministrazione dell'Interno, in base 
ai propri insindacabili criteri, abbia ritenuto che costituisse un preciso 
dovere discendente dall'art. 2 lett. a) della stessa legge del 1%1, istituire 
nell'aeroporto un distaccamento dei vigili del fuoco per l'espletamento 
di un servizio considerato indispensabile per scongiurare un 
sempre immanente pericolo di gravi danni all'incolumit� pubblica ed 
all'integrit� di beni di pubblica utilit�, come devono considerarsi gli aeromobili 
adibiti a servizi regolari di linea. 

I suesposti rilievi consentono di ritenere, a giudizio della Corte, che, 
sebbene nessuna norma, prima dell'entrata in vigore della legge 8 dicembre 
1970, n. 996, contemplasse specificamente a chi spettasse il ser




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

VIZIO antincendi negli aeroporti aperti al traffico civile e quale ne fosse 
il regime finanziario, le summenzionate disposizioni della legge del 1961 
autorizzano a comprendere il detto servizio tra i compiti istituzionali 
del Mini~tero dell'Interno�, trattandosi di un servizio diretto alla prevenzione 
di un costante pericolo di danni da incendio a persone ed a 
cose e, quindi, in definitiva, rivolto allo soddisfacimento di bisogni collettivi. 


N� vale obiettare, come si obietta dalla difesa dell'Amministrazione 
che se il legislatore avesse inteso includere l'anzidetto servizio tra i compiti 
dello Stato lo avrebbe stabilito espressamente, cos� come lo ha 
fatto per il servizio antincendi nei porti, richiamando, nell'art. 1, lett. b) 
della legge del 1961, la legge 13 maggio 1940, che demandava ai corpi 
provinciali dei vigili del fuoco di provvedere a tutte le spese necessarie 
per i servizi antincendi nei porti. 

Il richiamo, invero, alla legge n. 690 del 1940 si giustifica con la 
necessit� di introdurre nella sua disciplina le modifiche portate dalla 
fondamentale legge del 1961 nell'ordinamento sostituendo alle attribuzioni 
dei disciolti corpi provinciali, soggetti forniti di autonomia giuridica 
e con proprio patrimonio, quelle dell'amministrazione dell'Interno, 
nonch� con la esigenza di evitare l'eventuale iscrizione in bilancio del 
relativo onere, essendo tale onere compreso, in virt� dell'art. 85 della 
legge del 1961, in quello globale derivante dall'espletamento dei servizi 
di cui all'art. 1 della stessa legge. Tali necessit� ed esigenze non sussistevano, 
invece, per il servizio antincendi negli aeroporti, dato la carenza 
di norme specificamente ad esso riferibili. 

Soltanto con la gi� citata legge 8 dicembre 1970, n. 966, si � provveduto 
a sopperire a tale carenza integrando, a mezzo dell'art. 10, l'art. 1 
della legge del 1961 ed aggiungendo a questa disposizione il seguente 
comma �Il Ministero dell'Interno provvede, infine, con il proprio personale 
all'espletamento dei servizi antincendi negli aeroporti civili o 
aperti al traffico civile�. Ma, per quanto dianzi si � detto, si deve escludere 
che la suddetta disposizione abbia, cos� come si afferma dalla 
difesa dell'Amministrazione, carattere sostanzialmente innovativo, dovendosi 
invece ritenere che la medesima abbia soltanto reso esplicito che 
era gi� insito nella norma di cui all'art. 1 della legge del 1961. 

La sua dichiarata finalit� di integrare quest'ultima norma ed il senso 

che discende dalle espressioni usate dal legislatore sono, del resto, 

significativi della portata concretamente interpretativa implicita della 

suddetta norma. 

N� pu� essere condivisa l'altra affermazione della stessa Ammini


strazione secondo cui da tale disposizione potrebbe soltanto dedursi 

l'obbligo inderogabile dei gestori degli aeroporti di avvalersi dell'orga


nizzazione dei vigili del fuoco, ma non anche la gratuit� del servizio 

prestato. 


774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'inconsistenza di questa affermazione sembra evidente ove si consideri 
che la nuova disposizione, essendo incorporata in seno all'art. 1 
della legge del 1961 e, quindi, essendo espressamente destinata ad integrare 
quest'ultima norma, non pu� non essere armonizzata e correlata 
con. le altre disposizioni della stessa legge e, in particolare, con quella 
del gi� citato art. 85, che espressamente statuisce che �gli oneri dell'espletamento 
dei servizi di cui all'art. 1 fanno carico allo stato di � 
previsione delle spese del Ministero dell'Interno �. 

Qualora, d'altra parte, si aderisce alla prospettata tesi, non potrebbe 
non sorgere un dubbio sulla costituzionalit� del comma aggiunto, .considerato 
che non sono conformi alla Costituzione le prestazioni patrimoniali 
autoritativamente imposte, per le quali la stessa legge non provveda 
a fissarne i criteri di determinazione. 

In esito a quanto sopra esposto si ritiene, quindi, di dover concludere 
che i servizi antincendi negli aeroporti aperti al traffico civile rientravano, 
anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 966 del 1970, 
tra i compiti d'istituto e d'obbligo del Ministero dell'Interno. 

Dovendosi, alla stregua di questo principio, accogliersi i primi tre 
motivi del ricorso principale; anche gli altri motivi dello stesso ricorso 
con i quali si nega che, nella fattispecie sussistessero i presupposti 
dell'azione di indebito arricchimento e si contestano i criteri di liquidazione 
dell'indennizzo, non possono non essere accolti. Poich�, infatti, 
l'azione di arricchimento di cui agli artt. 2041 e 2042 cod. civ. deriva 
dall'assenza di una giusta causa la propria caratterizzazione, � evide~te 
come l'azione stessa debba ritenersi inammissibile quando, come nella 
specie si verifica, l'ordinamento giuridico giustifichi lo squilibrio patrimoniale 
allegato dalla parte che si pretende depauperata. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 giugno 1976, n. 2463 -Pres. Toro -
Rel. Delfini -P. M. Gentile (conf.) -Ministero dell'Interno (avv. Stato 
Cosentino) c. Ag� (avv. Tentori). 

Responsabilit� civile � Responsabilit� precontrattuale � Culpa in contrahendo 
� Responsabilit� della P .A. � Pubblico funzionario � Art. 28 Cost. � 
Trattative � Principio della lealt� e correttezza � Violazione � Risarci� 
mento del danno. 

La responsabilit� per culpa in contrahendo ha natura extracontrat� 
tuale e pertanto non si possono richiedere per la sua sussistenza le condizioni 
di legittimazione richieste per l'attivit� contrattuale (1). 

(1-3) La massima si inserisce esattamente in quanto affermato dalle SS.UU. 
nella sentenza 21 ottobre 1974, n. 2972 in Giust. Civ. Rep. 1974, II, 2611, n. 8). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Da ci� discende che qualora il comportamento della pubblica Amministrazione 
incorra in tale forma di responsabilit� � sufficiente, da un 
punto di vista generale, che l'attivit� dell'agente possa essere riferita alla 

p. A. a norma dell'art. 28 della Costituzione (2). 
La fase delle trattative contrattuali investe sempre e comunque un 
ambito privatistico, che non esime la pubblica Amministrazione dal dovere 
di comportarsi secondo i principi della lealt� e della correttezza, 
la cui violazione conferisce al privato un vero e proprio diritto soggettivo 
con il conseguente obbligo di risarcimento a carico dell'Amministrazione 
stessa a titolo di responsabilit� precontrattuale (3). 

(Omissis). -Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle 
norme della legge e del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, 
osservando che possono aversi trattative precontrattuali della pubblica 
amministrazione soltanto quando chi tratta per lo Stato � il funzionario 
competente a stipulare il contratto. 

Questa tesi, in astratto, � priva di fondamento perch�, avendo la 
responsabilit� per culpa in contrahendo natura extracontrattuale (come 
pi� volte ha stabilito la giurisprudenza di questa Corte:. v. sentenza 

n. 2385 del 1974), non si possono richiedere per essa quelle condizioni 
di ~egittimazione che sono richieste per l'attivit� contrattuale; al contrario 
� sufficiente,. da un punto di vista generale, che l'attivit� dell'agente 
possa essere riferita alla pubblica amministrazione a norma dell'art. 28 
della Costituzione. Altra questione � stabilire, in concreto, se le iniziative 
di un funzionario non autorizzato a stipulare possano dar luogo ad una 
trattativa seria e concludente, ma questa indagine di fatto non � stata 
omessa dalla sentenza impugnata, la quale ha esaurientemente indicato 
le ragioni poste a fondamento della decisione positiva, sicch� i rilievi 
critici che -a tale proposito -sono stati formulati con il quarto motivo 
di ricorso, risultano, in realt�, una censura di merito, inammissibile 
in questa sede. 
Con il terzo motivo si denuncia la violazione del principio sancito 
dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato, secondo il quale prima 
della stipulazione (o dell'aggiudicazione) e dell'approvazione non sono 
configurabili diritti soggettivi, ma solo interessi legittimi, e si nega che 
l'esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione in 
ordine alla conclusione del contratto ed alla sua approvazione sia soggetto 
al diritto privato e, segnatamente, all'art. 1337 del codice civile. 

La negazione dell'esistenza di diritti soggettivi, prima della stipulazione 
del contratto, riguarda -ovviamente -soltanto i diritti che derivano 
dal contratto stesso; essa non importa un privilegio della pubblica 
amministrazione, ma riguarda anche i privati contraenti che stipulano fra 
di loro secondo le norme del diritto civile; e -quel che pi� conta -non 
esclude in assoluto l'esistenza di diritti soggettivi, div~rsi da quelli di� 


776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pendenti dal contratto ed aventi oggetti distinti, in capo a coloro che 
trattario e stipulano contratti. Sono appunto questi diritti soggettivi e, 
in particolare, il diritto alla integrit� del proprio patrimonio che pu� 
essere leso dal fatto illecito produttore della cosiddetta responsabilit� 
precontrattuale, onde -salvo per quanto concerne la concreta valutazione 
dei fatti -del tutto fuor di luogo a questo proposito risultano i 
concetti pubblicistici di interesse legittimo e di discrezionalit� della 
pubblica amministrazione. 

Invero in materia di contratti ad evidenza pubblica � necessario distinguere, 
ai fini della qualificazione della posizione soggettiva del privato, 
tra i procedimenti amministrativi rivolti a disporre in ordine alla 
stipulazione del contratto, a determinare la scelta del contraente e, dopo 
la stipulazione, ad assoggettare il contratto ai necessari controlli, e l'attivit� 
privatistica vera e propria dell'amministrazione, attinente al perfezionamento 
e all'operativit� del contratto medesimo; ed infatti, mentre 
con riferimento alla sfera pubblicistica, il privato � titolare di un interesse 
legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, per quanto 
concerne, invece, l'ambito privatistico dell'attivit� della pubblica amministrazione 
e, pi� precisamente, il dovere della stessa di comportarsi in 
buona fede e secondo i principi della lealt� e della correttezza, nella fase 
delle trattative contrattuali, al privato compete un vero e proprio diritto 
soggettivo, la cui lesione importa un obbligo di risarcimento a carico 
dell'amministrazione stessa a titolo di responsabilit� precontrattuale. 


(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 marzo 1976, n. 174 -Pres. (ff.) ed Est. 
Melito -Impresa Dolcino (avv.ti Boglione e Pallottino) c. Ministero 
Poste e Telecomunicazioni (avv. Stato Ferri). 

Contratti pubblici -Revisione prezzi -Termine di operativit� -Riferibilit� 
alla data di presentazione dell'offerta -Sussiste. 

Agli effetti della decorrenza del computo della revisione in tema di 
appalti pubblici non si deve tener conto della data di stipulazione del 
eontratto, ma della data di presentazione dell'offerta, in relazione alla 
disciplina introdotta con l'art. 1 D.L. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. in 

L. 9 maggio 1950, n. 329 e con l'art. 1 L. 23 ottobre 1963, n. 1481, e ci� 
indipendentemente dalla forma di contrattazione adottata, in quanto solo 
il riferimento alla presentazione dell'offerta consente di dar rilievo all'unico 
atto che fissa il contenuto della volont� delle parti, nonch� il momento 
cui va riferita la produzione degli effetti giuridici (1). 
(1) La decisione chiarisce i criteri interpretativi della vigente normativa 
in fatto di revisione prezzi con riferimento al momento di decorrenza del termine 
di operativit� per l'applicazione del detto beneficio. 
L'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1974 n. 1501, ratificato dalla legge 9 maggio 
1960 n. 329 e l'art. 1 della successiva 1. 23 ottobre 1963 n. 1481, costituiscono 
una innovazione rispetto alla normativa di cui ai dd.ll.pp. 5 aprile 1945 n. 192 
e 5 aprile 1946 n. 226, che distinguevano tra gara, trattativa privata e appaltoconcorso, 
per i quali rispettivamente il termine in parola era ancorato alla aggiudicazione, 
alla stipulazione del contratto e alla presentazione dell'offerta; 
con la nuova disciplina -si precisa nella annotata decisione -il termine 
di operativit� per la revisione resta ancorato solo al momento della presentazione 
dell'offerta, indipendentemente dai criteri di scelta del contraente. 

Per fattispecie analoga in tema di tempestivit� della domanda di ammissione 
al beneficio, con riferimento anche alla 1. 21 giugno 1964 n. 463 (sei mesi 
dalla ultimazione dei lavori) cfr. Sez. IV 23 �giugno 1972 n. 575 (in Il Consiglio 
di Stato 1972, I, 947). 

Per richiami, in genere, sulla revisione, cfr. Rel. Avv. Stato 1971-75, III, 
368 e sgg.; Cass. Sez. I, 6 marzo 1976 n. 760 (in R.A.S. 1976, I, 280); Cons. Stato 
Sez. IV, 12 ruglio 1974 n. 548 (ivi, 1975, I, 179 con nota). 

R. T. 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
l'avv. R. TAMIOZZO. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

778 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16 marzo 1976, n. 191 -Pres. De Capua Est. 
Schinaia -Ministero Difesa (avv. Stato Sernicola) c. Sisti (avv. 

N. Sciacca) -(Appello, T.A.R. Lazio, I Sez., 4 dicembre 1974, n. 115). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Ricorso in appello 

al Consiglio di Stato � Decorrenza del termine � Notificazione della 
sentenza del T.A.R. -Criteri -Applicabilit� della normativa prevista 
dal codice di procedura civile -Sussiste. 


Militare -Ufficiale Esercito � Ufficiale della Riserva � Art. 6 L. 20 dicem~ 
bre 1973 n. 824 �Rapporto con l'art. 6 L. 28 marzo 1968 n. 371 -Limiti. 

Il termine per proporre appello al Consiglio di Stato avverso una 
sentenza del T.A.R. decorre dalla data della notificazione della sentenza 
di primo grado purch� detta notificazione sia stata effettuata nei confronti 
del destinatario presso il procuratore costituito, ovvero, se la parte 
si � costituita personalmente, nella residenza dichiarata o nel domicilio 
eletto dalla parte, e ci� in relazione al capoverso dell'art. 28 L. 6 dicembre 
1971, n. 1034, che richiama espressamente l'art. 330 c.p.c., nonch�, per 
conseguenza, al principio desumibile, per analogia, dall'art. 285 c.p.c., che 
rinvi a al precedente art. 170, l� e 2� co., c.p.c.; pertanto la notifica delle 
sentenze del T.A.R. andr� fatta nei confronti delle amministrazioni dello 
Stato costituitesi nel giudizio di primo grado presso l'Ufficio dell'Avvocatura 
dello Stato competente per territorio e, in difetto di notificazione 
con le predette modalit�, non inizier� a decorrere il termine di 60 giorni 
per la proposizione dell'appello al Consiglio di Stato, previsto dall'art. 28 

L. 1034/1971 (1). 
Posto che l'art. 6 della L. 20 dicembre 1973, n. 824 estende il beneficio 
della promozione fino al grado di tenente colonnello, in deroga alle 
vigenti disposizioni, non a tutti gli ufficiali di complemento trattenuti in 
servizfo e trasferiti nella riserva, ma solo a quegli ufficiali trattenuti in 
servizio e trasferiti nella riserva ex artt. 2 e 3 della stessa legge e considerato, 
altres�, che l'art. 2 della citata L. 824/1973, menzionato dal successivo 
art. 6 per delimitare la sfera dei beneficiari, non richiama tutte 
le norme della legge 28 marzo 1968, n. 371, ma solo gli artt. 1 e 6, con 
ci� escludendo dal beneficio della promozione gruppi di ufficiali della 

(1-2) Ricordiamo che l'art. 28, secondo comma, I. 6 dicembre 1971 n. 1034, 
prescrive l'onere della notificazione del ricorso in appello nel termine di giorni 
sessanta dalla ricevuta notificazione della sentenza di primo grado. e impone 
altres� l'osservanza dell'art. 330 c.p.c. che indica il luogo . di notifica della 
impugnazione. 

Qualora l'atto di appello non risulti notificato a tutte le parti del giudizio 
di primo grado, dovr� applicarsi l'art. 331 c.p.c., a norma del quale nelle 
cause inscindibili l'impugnazione va contestata nei confronti di tutti coloro 
che parteciparono al� giudizio di primo grado; resta fermo, peraltro, l'effetto 
conservativo della notifica della impugnazione ad almeno uno dei vincitori del 
giudizio di primo grado, nel senso cio� che il giudice dispone l'integrazione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 779 

riserva di complemento che gi� avessero in precedenza usufr,uito di analogo 
beneficio, e che gli ufficiali contemplati dall'art. 3 della L. 824/1973 
non potevano aver fruito in precedenza del beneficio di una promozione 
nella riserva di complemento, detto beneficio pu� essere attribuito ai 
soli ufficiali della riserva di wmplemento trattenuti in servizio ex artt. 2 
e 3 citata legge 824/ 1973, non gi� agli ufficiali i quali siano stati richiamati 
o trattenuti in servizio e abbiano conseguito una promozione ai 
sensi della L. 28 marzo 1968, n. 371 (2). 

del contraddittorio e solo se nessuna delle parti provvede nel termine fissato 
potr� conseguire la pronuncia di inammissibilit� dell'appello. 

Gli esposti principi hanno trovato recente conferma giurisprudenziale nella 
decisione della Sez. V, 29 novembre 1974 n. 577 (in Il Consiglio di Stato 1974, 
I, 1475), la quale ha altres� confermato il principio fissato dalla Cassazione 
per l'ipotesi di appello con pluralit� di parti (cfr. Cass. 14 dicembre 1962, 

n. 3355, in Giust. Civ. Mass. 1962, 1564): la notificazione dell'impugnazione 
quando pi� parti sono domiciliate presso lo stesso procuratore, deve avvenire 
mediante consegna di un numero di copie uguale al numero delle parti e, 
ove ci� non avvenga, la notificazione deve ritenersi giuridicamente inesistente. 
R. T. 
CONS�GLIO DI STATO, Sez. V, 22 aprile 1976, n. 669 -Pres. Pranzetti Est. 
Cossu -Societ� VIDE in a.s. (avv. Varvesi) c. Comune di Lecce 
(avv. Lojodice e Sorrentino) -(Appello, T.A.R. Puglia 25 giugno 1975, 

n. 92). 
Giustizia amministrativa -Procedimento -Riunione di ricorsi -Poteri e 
discrezionalit� del giudice -Denegata riunione -Insindacabilit� in 
appello. 

Giustizia amministrativa -Appello avverso sentenze del T.A.R. -Applicabilit� 
del principio devolutivo -Sussiste. 

Giustizia amministrativa -Appello -Limiti ai poteri del Consiglio di 
Stato -Valutazione della effettiva volont� del ricorrente -Gravame 
formulato secondo la tecnica della impugnazione cassatoria -Irrilevanza. 


Imposte e tasse -Tributi comunali e provinciali -Imposta sulla pubblicit� 
su automezzi adibiti a trasporto pubblico urbano -Riserva comunale 
per la pubblicit� -Limiti di applicazione dell'art. 38 d.P.R. 

n. 639/1972. 
Imposte e tasse in genere -Imposta sulla pubblicit� -Accertamento e 
riscossione -Concessione a terzi -Conferma ex art. 44 d.P.R. n. 639/1972 Applicabilit� 
ai contratti di appalto del servhio -Sussiste. 

Qualora fra due ricorsi sussista un rapporto di mera connessione 
(non gi� di litispendenza o continenza), la loro riunione � rimessa alla 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

780 

discrezionale valutazione del giudice, insindacabile da parte del giudice 
di appello (1). 

Il principio devolutivo, secondo cui al giudice di appello resta preclusa 
la possibilit� di esaminare censure nuove o censure gi� proposte 
in primo grado, disattese nella decisione e non riproposte come motivi 
di appello, si applica anche al giudizio di appello innanzi al Consiglio 
di Stato (2). 

(1�5) Sui poteri del Consiglio di Stato in grado di appello. 

La prima massima sulla riunione di ricorsi connessi costituisce conferma 
di un principio gi� fissato in passato in sede di giudizi di appello avverso 
decisioni delle G.P.A. (cfr. ad es. Sez. V, 17 novembre 1956, n. 1010, in Il Consiglio 
df Stato 1956, I, 1370; Sez. V, 30 dicembre 1960 n. 1078, ivi, 1960, I, 2326; 
Sez. V, 10 luglio 1964, n. 870, ivi, 1964, I, 1235; Sez. V, 28 giugno 1968, n. 1019, 
ivi, 1968, I, 993): la riunione di pi� ricorsi, bench� connessi, � dunque demandata 
alla valutazione discrezionale dell'organo giudicante e pertanto non solo 
la mancata riunione pu� costituire vizio della decisione, ma non � neppure 
consentito alcun sindacato di merito da parte del Consiglio di Stato sulle 
ragioni per le quali essa non � stata disposta. 

In verit� l'iniziativa della riunione resta rimessa alla valutazione del giudice 
che considera la opportunit� o meno di provvedervi in relazione al principio 
dell'economia processuale. 

In materia di diritto processuale civile -come � noto -il provvedimento 
di riunione o. il rigetto della istanza di riunione, cio� l'esercizio in concreto 
della facolt� discrezionale ex art. 274 c.p.c. spettante al giudice di merito 
� insindacabile in sede di legittimit�, anche sotto il profilo del vizio di 
extrapetizione, essendo preclusa la possibilit� di rimproverare al giudice di 
aver provveduto senza istanza di parte in una materia in cui la legge consente 
di decidere anche d'ufficio (cfr. da ultimo Cass. 3 febbraio 1971 n. 254 in Giust. 
Civ. Mass. 1971, 134; Cass. 8 settembre 1970 n. 1363 in Giust. Civ. Rep. 1970, v. 
Proc. Civ. n. 296). 

La seconda massima assume particolare importanza in quanto costituisce 
una delle prime conferme giurisprudenziali della applicabilit�, in sede di giudizio 
di appello di sentenze del T.A.R. innanzi al Consiglio di Stato, del principio 
devolutivo, applicabilit� gi� riconosciuta -e ampiamente -in sede 
dottrinaria in quanto ricavabile dal sistema normativo, con la sola eccezione 
di cui all'art. 35, primo e secondo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, 
che prevede il rinvio al T.A.R. qualora la decisione risulti viziata per difetto 
di procedura, vizio di forma o erronea pronuncia di incompetenza da parte 
del giudice di primo grado. 

In particolare, in dottrina, ricordiamo: SCIACCA, L'appello nella legge sui 
Tribunali Amministrativi Regionali, in Il Consiglio di Stato 1973, II, 1069; SEPE� 
PEs, Le Nuove Leggi di Giustizia Amministrativa, Milano 1972, 334 e sgg.; CASTAGNA, 
Sull'ammissibilit� dell'appello della P.A. contro le sentenze dei T.A.R., 
in Il Consiglio di Stato 1973, II, 1075; ALESSI, La giurisdizione amministrativa 
dopo l'istituzione dei Tribunali amministrativi, Milano 1972, 42 e sgg.; VIRGA, 
I Tribunali Amministrativi Regionali, Milano 1972, 90 e sgg.; NIGRO, La legge 
istitutiva dei T.A.R. (prime considerazioni con particolare riguardo alle norme 
sulla procedura), in Il Consiglio di Stato 1972, II, 138; SANDULLI, I Tribunali 

Amministrativi Regionali, Napoli 1972, 77 e sgg.; LUBRANO, I Tribunali Ammi




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 781 

Fermi gli effetti del principio devolutivo, il Consiglio di Stato � investito 
di cognizione piena in appello e pertanto non sussiste alcuna necessit� 
di individuare preventivamente (e cio� prima dell'esame di merito 
della vertenza) specifici vizi della sentenza impugnata, dovendo il giudice 
di appello esaminare direttamente il provvedimento impugnato in primo 
grado al fine di valutare la fondatezza o meno delle censure contro di 
esso dirette, senza tener alcun conto delle formule, delle rubriche e della 
tecnica adottate dall'appellante, ma solo del reale contenuto sostanziale 
delle censure formulate nell'atto di appello (3). 

nistrativi Regionali, Milano 1974, 72 e sgg.; LUBRANO, Il processo di appello, in 
Riv. Amm. 1975, I). 

Secondo l'insegnamento tradizionale, il ricorso al giudice amministrativo 
pu� configurarsi o come ricorso-impugnativa (oggetto del ricorso � la decisione 
di primo grado quale manifestazione di attivit� e la causa petendi � l'errore 
nell'attivit� del giudice di primo grado, cio� l'error in procedendo, con 
potere decisorio del giudice di secondo grado limitato alla eliminazione della 
decisione viziata), o come ricorso-gravame (oggetto del ricorso � la decisione 
d� primo grado quale manifestazione di giudizio e causa petendi sar� allora 
la soluzione data dal giudice di primo grado alla controversia, soluzione ritenuta 
lesiva -error in iudicando -da una delle parti; il potere del giudice 
di 2� grado comprender� anche il riesame della soluzione adottata dal primo 
giudice per sostituirla con la propria). 

Poich� il sindacato del Consiglio di Stato si estende sia agli errores in 
procedendo che agli errores in iudicando, tale giudizio di secondo grado si 
configura sotto un profilo formale unitariamente, sia rescindente che rescissorio 
e della stessa sostanziale natura del giudizio di primo grado (cfr. SCIACCA, 
op. cit. 1070). 

L'unitariet� del giudizio appare confermata in sede normativa dal terzo 
e quarto comma dell'art. 28 e dal terzo comma dell'art. 35 I. 1034/1971. 

Sotto un profilo sostanziale, esso � comunque principalmente un giudizio 
di gravame, al quale conseguono la rescissione, ove sia accolta l'impugnazione, 
della sentenza di primo grado e il riesame -sia di legittimit� sia, ove previsto, 
anche di merito -dell'oggetto del primo giudizio. 

Cosicch�, qualora il T.A.R. ritenga sussistere una ragione pregiudiziale, che 
precluda una pronuncia nel merito circa il chiesto annullamento del provvedimento 
impugnato, deve individuarla e dichiararla esplicitamente; in tale 
ipotesi, poich� il principio del doppio grado di giudizio comporta solo che 
la domanda sia presa in esame da due giudici di diverso grado (e non anche 
che il merito della domanda stessa sia sottoposto a doppia decisione), ben 
pu� il Consiglio di Stato in grado di appello, disattesa la addotta ragione pregiudiziale 
ostativa, pronunciarsi anche sul merito. 

Infatti il rinvio della controversia al T.A.R. � prescritto solo quando il 
ricorso in appello sia accolto per difetto di procedura o per vizio di forma 
(cfr. citato art. 35 in relazione all'art. 34 legge T.A.R.), non gi� quando si verta 
in errore di giudizio, sia pure sulla sussistenza di una pregiudiziale ostativa 
(cfr. Sez. V, 20 giugno 1975, n. 879, giudizio di appello avverso T.A.R. Lazio, 
II Sez. 16 ottobre 1974 n. 38, in Il Consiglio di Stato 1975, I, 825; Sez. V, 12 
febbraio 1976, n. 239, ivi, 1976, I, 173). 

�Collegato alla sopraesposta problematica � un altro aspetto che ha formato 
anch'esso oggetto di vivo dibattito in dottrina che riguarda pi� preci




782 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non sussiste alcun contrasto con la normativa di cui all'art. 38 D.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 639, nella riserva del Comune di provvedere direttamente 
all'accertamento e alla riscossione della imposta sulla iIJUbblicit� 
visiva sui mezzi di trasporto pubblico urbano, di tal che l'affidamento 
in concessione pu� ben essere disposto solo qualora sussista una eff ettiva 
convenienza sotto l'aspetto organizzativo ed economico (4). 

Posto che il D.P.R. n. 639 del 1972 e la relativa legge di delegazione 

n. 825/1971 non hanno apportato alcun mutamento nel sistema di affisamente 
l'indagine circa l'oggetto specifico dell'impugnazione, e cio� se il giudizio 
di appello sia diretto solo contro la sentenza di primo grado o se attraverso 
l'indagine mediata sulla sentenza -non si incida direttamente sull'atto 
amministrativo, che finisce per essere cos� il sostanziale oggetto del 
giudizio (cfr. LUBRANO, I Tribunali Amministrativi Regionali, cit. 79 e sgg.). 

Una risposta espressa al quesito � contenuta proprio nella motivazione della 
decisione che si annota, ove leggesi, fra l'altro, testualmente: � ��.nel giudizio 
che si svolge in grado di appello avanti questo Consiglio di Stato trova piena 
applicazione il principio devolutivo, in base al quale il giudice di appello non 
pu� esaminare n� censure nuove (cio� non dedotte in primo grado, salvo che come 
con il 1� motivo -si facciano valere vizi della sentenza o del procedimento 
di primo grado), n� censure gi� proposte al primo giudice e da questi 
disattese, ma non riproposte come motivi d'appello. Entro questi limiti, per�, 
la cognizione del gtuatce di appello � piena, nel senso cio� che non � necessentenza 
impugnata e tali da� provocarne l'annullamento: la sentenza di primo 
sario individuare, prima di passare all'esame del merito, specifici vizi della 
grado ha qui un rilievo ben pi� modesto, quello cio� di far sorgere l'interesse 
del soccombente ad impugnarla. Ma, una volta proposta l'impugnazione, il 
giudice di appello deve, nel limite dei motivi dedotti in primo grado e riproposti 
in appello, esaminare direttamente il provvedimento impugnato in prime 
cure e vedere se le censure ad esso rivolte siano esatte o errate�. 

� a tale proposito interessante notare che proprio sul principio devolutivo 
dell'appello -sotto il profilo che il giudizio di secondo grado, nell'esaminare 
o meglio riesaminare tutto il processo, si dirige sostanzialmente sull'atto 

o sul provvedimento impugnato, con la conseguenza che anche il giudizio di 
appello sarebbe cos� diretto alla sola tutela degli interessi legittimi dei quali 
si � addotta la lesione -che il Castagna (cfr. op. cit.) pretende basare la sua 
originale tesi della inammissibilit� di appello da parte della P.A. (sulla quale 
cfr. anche LuCIFREDI-CAIANIELLO, .I Tribunali Amministrativi Regionali, U.T.E.T. 
Torino 1972, commento all'art. 28). 
La legge, invero, non sembra offrire facili strumenti di soluzione del problema: 
il 2� comma dell'art. 28 recita testualmente: � contro le sentenze � 
ammesso ...ricorso al Consiglio di Stato... �: appare evidente, pertanto, che il 
ricorso � configurato, sul piano formale, come appello della sentenza. 

Peraltro, fermo restando che nessuna preclusione � comunque espressamente 
imposta per la p.a. soccombente in primo grado, sembra sufficiente 
rilevare che la sostanziale natura del giudizio di appello, che emerge con particolare 
evidenza nel caso di appello da parte del ricorrente in primo grado 
che abbia avuto una pronuncia di rigetto del T.A.R., non muta affatto quando 
ricorrente in appello sia invece la p.a. avverso la decisione di accoglimento 
del ricorso da parte del T.A.R. 

r1111111r1111111111111111r1r111111111111tr11;11111111111r111111r111i11111111@ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 783 

damento a terzi del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta 
sulla pubblicit� sui mezzi adibiti a trasporto pubblico, la conferma del 
sistema di riscossione dell'imposta medesima, di cui all'art. 44 D.P.R. 
26 ottobre 1972, n. 639, si riferisce non solo ai rapporti di concessione, 
ma anche ai contratti di appalto del servizio (5). 

Invero, in entrambe le ipotesi non sembra possibile negare che oggetto 
sostanziale del giudizio di appello resta sempre l'atto amministrativo originariamente 
impugnato: � sempre l'annullamento dell'atto il � .��risultato che 
il ricorrente si propone con la proposizione del ricorso al Tribunale Amministrativo 
Regionale ed al quale ancora tende nel corso del grado di appello, 
sia che questa fase lo veda ancora come ricorrente, sia che lo veda in posizione 
opposta, essendo egli risultato vincitore in primo grado (cfr., in termini, 

I Giudizi di Costituzionalit� e il Contenzioso dello Stato negli anni 1971-75, 

Relazione Avv. Gen. Stato, vol. III, 133). 

� a tale proposito da ricordare che l'art. 22 del t.u. delle leggi sulla Giunta 
Provinciale Amministrativa (r.d. 26 giugno 1924, n. 1058) contemplava espressamente 
anche la possibilit� di ricorso al Consiglio di Stato da parte della p.a.; 
proprio in detto art. 22 era contenuta una precisa limitazione:� nel giudizio 
di appello innanzi al Consiglio di Stato, il giudice di secondo grado, qualora 
il vizio denunciato consistesse in una violazione di legge, doveva ritenere � il 
fatto stabilito dalla decisione impugnata �. 

Tale grave limitazione impediva cos� di attribuire al giudizio di secondo 
grado l'effetto devolutivo che gli � proprio e che ora invece appare incontestato 
e incontestabile, ci� in conformit�, altres�, con il dettato costituzionale 
(cfr. art. 125, secondo comma, Cost.); caduta siffatta limitazione e ritrovata 
tutta la ampiezza di espansione del principio devolutivo in discorso, la normativa 
specifica sul giudizio di appello al Consiglio di Stato non pu� ora 
essere interpretata -tutte le volte in cui offra il fianco a dubbi e perplessit� 
di indagine -se non nel senso di c.onsentire costantemente la riprodusizione 
al Consiglio di Stato dell'intera controversia gi� portata innanzi al primo 
giudice, in ci� concretandosi la caratteristica essenziale, definitoria e garantistica 
di un vero giudizio di appello, criterio ermeneutico questo pi� volte 
auspicato, del resto, in sede dottrinaria gi� prima della entrata in vigore della 
vigente normativa sui T.A.R. (cfr., con ampi richiami, Pototscnig, Appello-diritto 
amministrativo, in Enciclopedia del Diritto, Giuffr� 1958, 781 e sgg.). 

RAFFAELE TAMIOZZO� 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 27 aprile 1976, n. 204 � Pres. Aru -Est. 
Dato . Ministero Poste e Telecomunicazioni e Ministero Lavoro (avv. 
Stato Mataloni), Terranova e altri (avv. Prosperetti), Cerrata (avv. 
Guarino). 

Competenza e giurisdizione -Pubblico impiego � Qua't�fica attribuita all'atto 
del collocamento a riposo -Giurisdizione del giudice amministrativo 
sulla relativa controversia � Sussiste. 



784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Impiego pubblico -Collocamento a riposo -Equiparazione a primo diri


gente dei dipendenti promossi direttore di divisione ad esaurimento 
ex artt. 65 e 67 d.P.R. 748/1972 -Sussiste. 


Il provvedimento di collocamento a riposo ha natura autonoma e 

strettamente collegata allo status del pubblico impiegato; pertanto lad


dove esso contenga l'attribuzione di una determinata qualifica, in ordine 

alla quale insorga controversia, quest'ultima rientra nella giurisdizione 

esclusiva del giudice amministrativo (1). 

In relazione al combinato disposto degli artt. 65 e 67 D.P.R. 30 giugno 

1972, n. 748 i funzionari statali che sono stati promossi alla qualifica di 

direttore di divisione del ruolo ad esaurimentp, con effetto dalla data di 

entrata in vigore del citato D.P.R., debbono essere assimilati -ai fini 

della applicazione delle norme sull'esodo volontario -ai primi dirigenti, 

con l'ulteriore attribuzione del titolo a conseguire il collocamento a ri


poso con la qualifica di dirigente superiore, e ci� ind~pendentemente dalla 

eventuale emanazione del provvedimento di promozione (con decorrenza 

retroattiva) in epoca successiva alla predetta data di entrata in vigore 

del D.P.R. n. 748/1972 (2). 

(1-2) Il princ1p10 di riconoscere sussistente la giurisdizione del Consiglio 
di Stato ogniqualvolta si verta su questioni attinenti ad un diritto che trova 
il 'suo titolo nel rapporto di pubblico impiego ha avuto in passato costanti 
conferme giurisprudenziali, anche in relazione alle pretese patrimoniali collegate 
al trattamento pensionistico e alle indennit� di buonuscita. 

In particolare, esso ha trovato applicazione in un caso in cui il ricorrente 
faceva valere pretese che, pur incidenti tutte sul complessivo trattamento 
di quiescenza e di previdenza, e non sul trattamento economico di attivit� di 
servizio, tuttavia non si riferivano al solo ammontare del trattamento pensionistico 
(che costituisce l'ipotesi tipica in cui, trattandosi di impiegato statale, 
la giurisdizione va attribuita alla Corte dei Conti ex artt. 13 e 62 del t.u. 17 
luglio 1934, n. 1214 e 29 n.l. del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054), ma anche all'in~ 
dennit� di buonuscita e, precisamente, all'ammontar� della medesima, che il 
ricorrente asseriva essere stato determinato in misura inferiore al dovuto (cfr. 
Sez. IV, 19 febbraio 1974, n. 194, in Il Consiglio di Stato 1974, I, 214). 

Si segnalano, sempre con riferimento alla attribuzione della qualifica ex 
art. 67 d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, Sez. IV, 9 dicembre 1975, n. 1203 (in Il Consiglio 
di Stato 1975, I, 1322); Sez. IV, 30 marzo 1976 n. 230 (ivi, 1976, I, 323); 

T.A.R. Lazio, 5 marzo 1975, n. 138 (in I Tribunali Amministrativi Regionali 1975, 
I, 751), nelle quali tutte vengono ribadite esplicitamente la antecedenza e la 
autonomia del provvedimento di attribuzione della qualifica rispetto al prov� 
vedimento di liquidazione della pensione. 
R. T. 
�1r�11t�lllltlllllllllWllll~lllll&llJrl�llllllllflfl 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 aprile 1976, n. 1442 � Pres. Boccia � 
Est. Boselli. � P. M. Del Grosso (diff.) Regione Valle d'Aosta (avv. 
Romanelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). 

Imposta di registro � Atti soggetti ad approvazione ed omologazione � 
Verbali definitivi di aggiudicazione � Equivalgono al contratto � Oh� 
bligo di registrazione � Termine � Decorrenza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80 e 81; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16). 
Imposta di registro � Atti soggetti ad approvazione ed omologazione � 
Regione della Valle d'Aosta � Verbali definitivi di aggiudicazione � 
Obbligo di registrazione � Esclusione � Successivo contratto � Vi � 
soggetto. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, 81; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16; 
1. 6 dicembre 1971, n. 1065, art. 16). 
I verbali di aggiudicazione definitiva, che in forza dell'art. 16 della 
legge di contabilit� di Stato equivalgono per ogni effetto al contratto, 
sono soggetti a registrazione in ogni caso, anche quando per essi sia 
prevista la successiva stipulazione di un contratto; il termine decorre, 
a norma degli artt. 80 e 81 della legge di registro, dalla data dell'aggiudicazione 
o dalla data della notizia .dell'avvenuta approvazione (1). 

Per i contratti della Regione della Valle d'Aosta, a norma dell'art. 16 
della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, i verbali di aggiudicazione, anche 
se definitivi non sono mai soggetti a registrazione, alla quale dovranno 
invece assoggettarsi i successivi contratti (2). 

(1-2) La soluzione data dalle Sez. Unite alla dibattuta questione della registrazione 
dei contratti della Valle d'Aosta d� luogo a ragionevoli perplessit�. 
L'ultima delle pronunce intervenute sull'argomento (Cass. 16 maggio 1973, 

n. 1394, in questa Rassegna, 1973, I, 1155) precisato che l'art. 16 della legge 6 
dicembre 1971, n. 1065, non poteva avere che n�tura dichiarativa (non potendo 
n� modificare n� interpretare una norma costituzionale dello Statuto regionale), 
aveva affermato che dovessero applicarsi le norme generali dell'art. 80 
e 81 della legge di registro e dell'art. 16 della legge di contabilit� e che di 
conseguenza fossero soggetti a registrazione a termine fisso i verbali di aggiudicazione, 
se non soggetti ad approvazione. 
()ggi si riconferma il principio ormai pacifico (v. Relazione Avv. Stato, 
1970-75, II, 734 e segg.) che in via generale gli atti di aggiudicazione sono 
soggetti a registrazione, entro il termine che decorre dalla data della aggiu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

786 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Regione Autonoma 
della Valle d'Aosta denunzia violazione e falsa applicazione del R.D. 6 
maggio 1923, n. 1064 sull'imposta di registro; della Legge 6 dicembre 1971, 

n. 1065, sulla revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle 
d'Aosta; del D.L.L. 7 settembre 1945, n. 545, sull'ordinamento amministrativo 
della Valle d'Aosta; della legge costituzionale 26 febbraio 1948, 
n. 4, sullo Statuto della Valle d'Aosta; del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 
e del R.D. 23 maggio 1924, n. 327 (e successive modifiche) sulla contabilit� 
generale dello Stato;e sostanzialmente assume che -contrariamente 
a quanto la sentenza impugnata ha ritenuto, in base ad una errata interpretazione 
dell'art. 16 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1065, sopra citata il 
verbale di aggiudicazione definitiva dell'appalto di cui si tratta era 
soggetto ad approvazione da parte del Presidente della Giunta Regionale 
e, pertanto, non doveva essere presentato per la registrazione fiscale prima 
che l'ufficiale rogante avesse avuto notizia dell'apposizione del visto 
di esecutoriet� da parte di detto organo. 
Il motivo, sia pure sotto un profilo alquanto diverso da quello secondo 
il quale viene prospettato, appare fondato e deve essere accolto. 

Problema centrale della controversia � quello di stabilire se il verbale 
di aggiudicazione in data 22-4-1964 n. 3714, relativo all'appalto dei 
lavori di costruzione di cui si tratta, dovesse essere sottoposto a registrazione 
fiscale (ex art. 80 L.R.) nei prescritti venti giorni dell'avvenuta 
aggiudicazione, oppure (ex art. 81 L. R.) n�i venti giorni successivi a 

dicazione stessa o dalla data della comunicazione dell'avvenuta approvazione, 
ed ha opportunamente precisato che i verbali di aggiudicazione sono sempre 
definitivi, anche quando � espressamente prevista come necessaria la successiva 
stipulazione del contratto, che sar� pur sempre un negozio riproduttivo. 

Ma con questa affermazione, ponendo a raffronto le espressioni � definitiva>>, 
contenuta nell'art. 16 della legge di contabilit� di Stato, e � preparatoria>>, 
contenuta nell'art. 16 della legge 6 dicembre 1971 n. 1065, si � inteso 
affermare l'inesistenza come categoria giuridica di verbali di aggiudicazione 
non definitiva, per trarne l'illazione che le due norme ora citate, bench� contengano 
due aggettivi di significato antitetico, sono di identica portata e si 
riferiscono ambedue alla medesima aggiudicazione che non pu� essere che 
definitiva. Questa affermazione non pu� essere condivisa, non potendosi ammettere 
che il legislatore abbia impiegato degli aggettivi in senso opposto al 
loro significato comune. 

:�. esattissimo che l'aggiudicazione � sempre definitiva, se ne ha il contenuto 
sostanziale, anche quando deve essere seguita dalla stipulazione di un 
successivo contratto con effetti soltanto riproduttivi. Ma ci� non esclude che, 
ad altro titolo, l'aggiudicazione possa anche non essere definitiva. L'art. 16 
della legge di contabilit� nel riferirsi, per parificarne gli �ffetti al contratto, 
alle aggiudicazioni che ha ritenuto necessario qualificare come definitive, ha 
necessariamente tenuto presente la distinzione tra aggiudicazione � definitiva 
a unico in�anto � da quella soggetta ad offerte di ribasso o di aumento (art. 
65 n. 9 del Regolamento); nel secondo caso si ha una aggiudicazione provvi



.. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 787 

quello in cui sarebbe dovuta pervenire all'ufficiale rogante notizia del� 

l'apposizione del visto di esecutoriet� da parte del Presidente della Giun


ta Regionale. 

Ancora prima per� di rispondere ad un tale quesito si rende intui


tivamente necessario accertare se, essendo stato nella specie stipulato 

dalla Regione valdostana un contratto d'appalto in seguito ad asta pub


blica, dovesse alla registrazione fiscale essere presentato proprio il ver


bale di aggiudicazione definitiva (che lo aveva preceduto) o noh piutto


sto il contratto medesimo. 

Il problema, cos� posto, si risolve -e questo almeno sembra essere 

pacifico fra le parti -alla stregua della sopravvenuta legge statale 6 di


cembre 1971, n. 1065, che ha proceduto ad una �revisione dell'ordina~ 

mento fiiianziario della Regione Valle d'Aosta�, e precisamente alla stre. 
gua dell'art. 16 di detta legge. 

Non � pacifica invece la interpretazione che di detta norma deve 

essere data e neppure sembrano essere stati avvertiti dalle parti n� 

dalla Corte di merito i criteri che debbono seguirsi nella sua appli


cazione. 

Procedendo, pertanto, a pi� attento esame della norma, si rende 

subito evidente come la stessa contenga due disposizioni sufficientemente 

precise e distinte, ancorch� collegate fra di loro all'identico fine di ri


soria che diventa definitiva se nessuna altra offerta viene presentata nel termine 
(fatali) ovvero perde efficacia per essere sostituita dalla successiva 
aggiudicazione il cui deliberato � sempre definitivo (art. 84-88 del Regolamento). 
Ben a ragione pertanto si precisa che l'aggiudicazione che equivale al contratto 
� soltanto quella definitiva. Riguardo poi all'aggiudicazione preparatoria, 
l'utilit� di una tale qualificazione � emersa in tempo pi� recente a seguito della 
introduzione della prassi delle gare ufficiose che, quando pure possono avere un 
effetto vincolante, hanno sempre funzione di atto preparatorio rispetto al successivo 
contratto a trattativa privata dal quale soltanto sorge il vincolo negoziale 

(v. Relazione avv. Stato, loc. cit.). 
Non pu� dunque affermarsi che l'art. 16��della legge di contabilit� di Stato 
e l'art. 16 della legge n. 1065 del 1971 si riferiscono allo stesso oggetto parlando 
l'una di aggiudicazione definitiva e l'altro d'i aggiudicazione preparatoria. Sembra 
invece evidente che .la legge del 1971, con effetto solo dichiarativo della 
normativa generale, ha inteso chiarire che i contratti e gli atti ad essi equiparati 
(ossia le aggiudicazioni definitive) devono essere presentati alla registrazione 
entro 20 giorni, mentre solo le sole aggiudicazioni preparatorie (che 
non equivalgono ai contratti) sono esenti da registrazione. 

La contraria affermazione non appare accettabile anche per due ulteriori 
considerazioni. Non sembra potersi giustificare una disciplina particolare per 
la sola Regione della Valle d'Aosta del regime tributario dei contratti in deroga 
all'art. 16 della legge di contabilit� di Stato. Ma sopratutto la norma, pur di 
portata solamente tributaria, se avesse, come si afferma, derogato anche al� 
l'art. 16 della legge di contabilit�, avrebbe eliminato per i verbali (definitivi) 
di aggiudicazione, sempre limitamente a quella Regione, il valore sostanziale 
di contratti, con tutte le importantissime conseguenze (non vincolativit� delle 



788 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

solvere talune questioni e dubbiezze palesatesi proprio in ordine alla 
registrazione dei contratti della Regione Val d'Aosta. 

La prima, relativa propriamente ai contratti della Amministrazione 
regionale e degli altri enti pubblici territoriali (che eccedano determinati 
limiti di importo), e la seconda relativa ai verbali ed agli atti di aggiudicazione 
preparatori di quei contratti. 

In relazione ai contratti,. la norma dispone che gli stessi �debbano 
essere presentati per la registrazione fiscale entro venti giorni dalla data 
in cui l'ufficiale rogante ha avuto notizia dell'apposizione sul contratto 
del prescritto visto di esecutoriet� da parte del Presidente della Giunta 
Regionale �. 

Relativamente ai secondi (verbali ed atti di aggiudicazione preparatori), 
la norma dispone invece che gli stessi �non sono soggetti a registrazione 
fiscale �. 

Sono noti e non ancora composti i dispareri cui segnatamente la 
prima delle disposizioni ora riferite (quella relativa ai contratti) ha dato 
luogo sia in dottrina sia nella stessa giurisprudenza delle Sezioni semplici 
di questo S.C.: essendo volta a volta prevalsa, con diversa incidenza 
sulla soluzione dei casi proposti, ora la tesi che le attribuisce carattere 
innovativo della precedente disciplina della materia, ora quella che le 
attribuisce carattere interpretativo (di interpretazione autentica), ora 
infine quella che le attribuisce carattere meramente dichiarativo; ed 
essendo, per giunta, discordi gli stessi sostenitori di quest'ultima tesi 

aggiudicazioni, possibilit� di modifica in sede di stipulazione del contratto 
ecc.), il che non sembra concepibile e creerebbe un serio sospetto di illegittimit� 
costituzionale. Se invece si fosse inteso mantenere alle aggiudicazioni 
la validit� sostanziale di contratto e tuttavia dichiararle esenti da registrazione, 
creando un ulteriore ingiustificata discriminazione di esonero dalla registrazione 
di un contratto perfetto, si darebbe la possibilit� di eludere la 
registrazione giacch� il contratto successivo (meramente riproduttivo e non 
necessario) potrebbe non essere mai stipulato se il valore di negozio si riconosce 
alla aggiudicazione. 

Infine si ripresenta il problema della modifica da parte della legge ordinaria 
dello Statuto Regionale. Per evitare una tale eventualit� la menzionata 
sentenza n. 1394 del 1973 aveva ritenuto che l'art. 16 della legge 6 dicembre 
1971, n. 1065, avesse valore meramente dichiarativo (richiamava cio� norme 
preesistenti applicabili in via autonoma) si che quella parte che stabilisce 
che il termine per la registrazione decorre dalla data in cui l'ufficiale rogante 
ha avuto notizia dell'apposizione del visto di esecutoriet� da parte del Presidente 
della Giunta, ha lo stesso valore delle disposizioni dell'art. 81 della legge 
di registro, cio� fa decorrere il termine per la registrazione dalla data della 
comunicazione dell'eseguita approvazione se ed in quanto questa sia prescritta 
dalle norme sostanziali. Ma se all'art. 16 si deve attribuire valore innovativo 
e derogativo alle norme generali della contabilit� di Stato, ci� deve 
valere anche per quella parte che sottopone i contratti della Regione al visto 
di esecutoriet� del presidente della giunta, che verrebbe cos� a modificare lo 
Statuto regionale. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

allorch� si tratta di stabilire se dalle norme dello Statuto che ha istituito 
la Regione della Valle d'Aosta e, pi� in genere, da tutte quelle 
che entrano a comporre il suo ordinamento autonomo, possa ritenersi 
postulata la necessit� di un �visto di esecutoriet�� del Presidente della 
Giunta Regionale come condizione di efficacia dei contratti stipulati dalla 
Regione medesima. 

Orbene, queste Sezioni Unite ritengono che non si renda necessario 
procedere qui ad una scelta fra le varie opinioni che si sono finora 
espresse sulla portata della predetta disposizione, n� tanto meno che 
si debba provvedere a dirimere l'accennato contrasto di giurisprudenza; 
e ci� per la assorbente ragione che la presente controversia (relativa, 
come si � precisato, ad un verbale di aggiudicazione) deve essere risolta 
mediante applicazione della seconda (che riguarda appunto i verbali di 
aggiudicazione) e non in base alla prima (che riguarda i contratti) delle 
citate disposizioni dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971. 

L'obiezione, che a questo punto potrebbe apparire spontanea alla 
stregua dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2240 sulla contabilit� 
generale dello Stato -non potersi cio� far luogo a differenza di trattamento 
fra verbali di aggiudicazione e contratti, posto che i primi sono 
da equiparare ad ogni effetto legale ai secondi -non ha pregio. 

Cos� come non avrebbe pregio ritenere, argomentando dalla diversit� 
delle espressioni adoperate, che le due norme ora citate abbiano un 
diverso campo di applicazione: nel senso cio� che quella sulla contabilit� 
generale dello Stato si riferisca ai verbali di aggiudicazione definitiva, 
e quella sulla revisione dell'ordinamento finanziario della Regione 
Val d'Aosta si riferisca invece ai verbali di aggiudicazione preparatori. 

La precedente proposizione, relativa al criterio risolutivo che deve 
adottarsi nella presente controversia, si giustifica invece proprio se si 
chiarisca -ponendole a raffronto fra di loro -il rapporto in cui queste 
due norme sono venute a trovarsi. 

� noto che, a mente dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2240 
sulla contabilit� generale dello Stato, �i processi verbali di aggiudicazione 
definitiva in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni equivalgono, 
per ogni legale effetto, ai contratti �. 

Orbene, � pure noto che, parlando di verbali di aggiudic�zione definitiva, 
la norma non ha inteso affatto istituire una contrapposizione, con 
conseguente differenza di disciplina, fra verbali di aggiudicazione definitiva 
e verbali di aggiudicazione preparatori (intendendo per tali quelli 
che intervengano nei casi in cui sia stata prevista la successiva stipulazione 
del formale contratto). 

Come viene chiarito -se ve ne fosse bisogno -dall'art. 88 del 
relativo Regolamento, per verbali di aggiudicazione definitiva si intendono 
quelli con i quali si verbalizza la avvenuta definitiva aggiudicazione 
(della cosa, del servizio, dell'opera, della fornitura, etc.). 


RASSEGNA DELL'AWOCA.TURA DELLO STATO

790 

E l'aggiudicazione in tale senso � � definitiva � -come gi� questa 

S.C. ha avuto modo di avvertire (Cass. 9 ottobre 1956 n. 3421) -non 
solo nei casi in cui non � prevista la stipulazione formale del contratto 
ma anche in quelli in cui una tale stipulazione successiva sia prevista, 
perch� anche in questi casi l'aggiudicazione non ha carattere preparatorio 
ma � l'atto conclusivo del procedimento dal quale nasce il vincolo 
contrattuale gi� perfetto. 
Pertanto,� la proclamata equiparazione, ad ogni effetto legale, dei 
verbali di aggiudicazione ai contratti, implica -secondo la norma sulla 
contabilit� generale dello Stato -l'assoggettamento all'obbligo della 
registrazione fiscale (a pari titolo, appunto, dei contratti) di tutti indistintamente 
i verbali di aggiudicazione (definitiva), sia per essi prepista 

o meno la stipulazione (successiva) formale del contratto: obbligo (questo 
della registrazione) da assolversi poi entro ventl giorni dalla data 
della aggiudicazione medesima oppure entro venti giorni successivi alla 
notizia della approvazione; secondo che, per il contratto in tal guisa 
concluso, non sia o sia richiesta l'approvazione degli organi a ci� competenti 
(artt. 80 e 81 della Legge organica di Registro). 
Le osservazioni che precedono dovrebbero chiarire che allorquando, 
con l'art. 16 della legge n. 1065 del 1971, � stato disposto non essere (pi�). 
soggetti a registrazione fiscale i verbali di aggiudicazione �preparatori� 
dei contratti stipulati dalla Amministrazione regionale della Val d'Aosta, 
il legislatore, per ovvie ragioni di coerenza normativa, non pu� avere 
attribuito (e non avrebbe avuto senso n� giustificazione) autonomo rilievo. 
ad una categoria di atti che ne era prima sprovvista; ossia non 
pu� avere attribuito all'aggettivo � preparatori � il senso . e lo scopo di 
separare, nell'ambito dei verbali di aggiudicazione definitiva, quelli che 
intervengono nei casi in cui � prevista la successiva stipulazione formale 
del contratto da quelli che intervengono nei casi in cui simile previsione 
non sussista. 

Queste considerazioni e la stessa collocazione che la norma assume 
nell'ambito della disposizione di legge esaminata -vale a dire il suo 
collegamento logico ed eziologico con la disposizione che immediatamente 
la precede e che riguarda i contratti -inducono invece, e pi� 
fondatamente, a ritenere che intento del legislatore sia stato quello di 
trasferire (derogando in tal guisa alla disposizione dell'art. 16 della legge 
sulla contabilit� generale dello Stato) l'obbligo della registrazione fiscale 
esclusivamente sui contratti e di mandarne esenti, in ogni caso, i verbali 
o gli atti di aggiudicazione (definitiva). 

In breve, risultando identico l'ambito di applicazione delle due 
disposizioni messe qui a confronto (ultima parte dell'art. 16 della legge 

n. 1065 del 1971 ed art. 16 quarto comma della legge sulla contabilit� 
generale dello Stato), il rapporto di incompatibilit� che si pone fra le 
stesse (l'una affermativa, l'altra esclusiva dell'obbligo della registrazione 
1111111G�at11!raif1'1J111l11rrr11111,111111111111111r1111;11r111r1111r1111 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

per i verbali di aggiudicazione) non pu� essere risolto altrimenti se 
non intendendo la norma successiva come derogativa, nell'ambito della 
sua applicazione (atti della Regione Val d'Aosta), della norma anteriore. 

Pi� precisamente e con riferimento al caso in cui vi sia stata stipulazione 
formale di un contratto da parte della Regione Valdostana, rientri 

o meno questa nella previsione della ipotesi, la legge con~idera il verbale 
di aggiudicazione come atto preparatorio del contratto medesimo e dispone 
che alla registrazione sia presentato quest'ultimo e non il primo. 
A tale soluzione questa Suprema Corte era d'altronde gi� pervenuta 
nell'esame della norma dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971, quando 
aveva avvertito come la autentica � novit� � introdotta da questa norma 
consistesse appunto in questa particolare disposizione dettata per la 
Regione Val d'Aosta che derogando all'art. 16 della legge sulla contabilit� 
generale dello Stato, dichiara non pi� soggetti a registrazione gli 
atti di aggiudicazione definitiva (Cass. 10 gennaio 1973 n. 38). 

Superfluo aggiungere che la deroga di cui si tratta, concernendo una 
legge ordinaria dello Stato (quella appunto sulla contabilit� generale) 
e non lo Statuto della Regione, non solleva qui quelle questioni di legittimit� 
costituzionale cui aveva dato luogo l'attribuzione di un carattere 
innovativo alla prima parte dell'art. 16 della legge n. 1065 del 1971 (quella 
che si riferisce propriamente ai contratti). 

In quanto, adunque, denunzia violazione della norma ora citata 
(art. 16), il ricorso, nei pi� precisi termini che risultano dalla presente 
motivazione, deve essere accolto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1976, n. 1484 -Pres. Caporaso 
-Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -E.N.P.A. (avv. Piva) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Cascino). 

Imposta di successione � Liberalit� a favore di enti morali con scopo di 

beneficenza, istruzione e educazione � Scopo specifico risultante dal


l'atto � ii: necessario � Fine istituzionale dell'ente � Insufficienza � Ente 

Nazionale Protezione Animali � Non persegue scopo di istruzione o 

educazione. 

(d.l. 9 aprile 1925, n. 380, art. 1). 
Nella liberalit� a favore di enti morali lo scop_o di beneficienza, istruzione 
ed educazione, che d� luogo all'esenzione a norma dell'art. 1 della 
legge 9 aprile 1925 n. 380, deve essere specifico e deve risultare dall'atto, 
non essendo sufficiente a qualificare la liberalit� la sola destinazione a 
favare di un ente che ha per fine statuario la beneficienza, l'istruzione 
e l'educazione. Inoltre l'Ente Nazionale Protezione Animali non persegue 


792 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fini di beneficienza, istruzione e educazione, dovendo questi avere per 
oggetto specifico la persona umana e non i suoi rapporti con gli animali 
(1). 

(Omissis). -Col primo motivo l'Ente ricorrente sostiene che la 
sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di contraddittoriet� di 
motivazione previsto dall'art. 360 n. 5 c.p.c. in quanto, dopo avere affermato 
che la norma dell'art. 1 del d.l. 9 aprile 1925 n. 380 (secondo la 
quale sono esenti dalle imposte di registro, di successione ed ipotecarie 
le liberalit� disposte a favore di Enti morali quando esse hanno come 
fine specifico la beneficienza, l'istruzione e l'educazione) non pu� essere 
invocata in quanto esiste una norma speciale istitutiva dell'E.N.P.A. 
(art. 6 della legge n. 612 del 1938 ed 8 della legge 19 maggio 1954 n. 303 
secondo la quale gli atti di liberalit� a favore dell'Ente per il raggiungimento 
degli scopi di istituto sono soggetti alla tassa fissa minima di 
registro ed ipotecaria), ha poi affermato, contraddicendosi, che non � 
applicabile neppure la norma speciale perch� limitata alle imposte di 
registro ed ipotecarie. 

La censura non � fondata. 

Infatti, con la norma del 1925 (che pure � eccezionale di fronte alla 
regola generale dell'obbligo del pagamento dei tributi e, come tale, non 
estensibile a casi non previsti) � stata concessa agli enti in essa indicati 
un'esenzione dal pagamento delle imposte di registro, successione ed 
ipotecarie, mentre la norma specifica riguardante l'Ente per la protezione 
degli animali, ha prevista una semplice agevolazione consistente 
nel pagamento di una tassa minima �per le sole imposte di registro ed 
ipotecarie. Ora, appare manifesto che quest'ultima agevolazione sarebbe 
stata superflua se l'Ente fosse stato compreso fra quelli aventi diritto 
all'esenzione. E poich� la tassa minima � prevista soltanto per le imposte 
di registro ed ipotecarie, non pu� riguardare quelle di successione. Non 
sussiste pertanto la contraddizione denunciata. 

Col secondo motivo si deduce che l'E.N.P.A. avrebbe dovuto essere 

compreso fra gli enti aventi gli scopi specifici di beneficienza, istruzione 

ed educazione previsti dall'art. 1 della legge n. 380 del 1925, ma neppure 

questa censura appare fondata. In primo luogo perch� l'esenzione pre


vista dal d.l. n. 380 del 1925 � concesso non in vista dello scopo dell'ente 

o istituto beneficiario della liberalit�, ma � quando lo scopo specifico 
della liberalit� sia di beneficienza, di istruzione o educazione�. 
(1) Sulla necessit� della specificazione dello scopo di beneficienza attraverso 
il negozio v. Cass. 21 giugno 1971 n. 1923 e 10 aprile 1975 n. 1319, in 
questa Rassegna, 1971, I, 1177 e 1975, I, 732. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Un simile scopo non � stato provato n�_ dedotto e piuttosto che agli 
scopi del legato, l'Ente ricorrente ha preteso di dimostrare che la beneficienza, 
l'istruzione e l'educazione rientrano fra i suoi scopi, il che non 
ha rilevanza per affermare il diritto all'esenzione tributaria senza dare 
anche la dimostrazione che tali finalit� siano far quelle specifiche del 
legato medesimo. 

Tuttavia neppure pu� ritenersi esatta l'affermazione dell'Ente ricorrente 
che i suoi scopi rientrino fra quelli indicati. Lo ha escluso la 
Corte di merito osservando che la beneficienza, l'istruzione e l'educazione 
debbono avere per oggetto specifico la persona umana e non i suoi 
rapporti con gli animali. La protezione di questi � senza dubbio una 
manifestazione di civismo, ma da ci� non deriva che possa qualificarsi 
educativa o istruttiva la funzione affidata all'E.N.P.A. 

Se pertanto si tratta di un legato disposto senza indicazione del suo 
scopo specifico ed a favore di un ente che non annovera fra i suoi scopi 
quelli in relazione ai quali l'esenzione tributaria � prevista, esattamente 
� stato negato dalla Corte di merito il diritto a tale esenzione. L'insussistenza 
di tali scopi costituisce peraltro apprezzamento riservato al giudice 
del fatto che, essendo congruamente motivato, � incensurabile e si 
sottrae al sindacato di legittimit� demandato a questa Corte Suprema. 


(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 maggio 1976, n. 1619 -Pres. Caporaso 
-Est. Valore -P. M. Trotta (conf.) -Varrica c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cascino). 

Imposte e tasse in genere -Notificazione -Cambiamento di abitazione � 

Notifica ad irreperibili ex art. 143 c.p.c. � Legittimit�. 

(c.p.c., artt. 139, 140 e 143). 

La notifica a norma dell'art. 140 c.p.c. presuppone che la residenza, 
la dimora o il domicilio del destinatario siano individuati e che la copia 
dell'atto da notificare non possa essere consegnata solo per difficolt� 
di ordine puramente materiale, che esista cio� una casa di abitazione, 
un ufficio o un'azienda dove l'ufficiale giudiziario possa fare utilmente 
la ricerca del destinatario. Quando una tale ricerca non sia possibile, 
perch� del destinatario non esiste traccia nella residenza indicata (s� 
che non vi sarebbe possibilit� di affiggere avviso alla porta dell'abitazione 
e di spedire la raccomandata) non possono trovare applicazione 


794 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

n� l'art. 139, secondo, terzo e quarto comma, n� l'art. 140, ma deve procedersi 
con le forme dell'art. 143, e ci� anche se la residenza anagrafica 
risulta invariata (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 maggio 1976, n. 1663 -Pres. Giannattasio 
-Est. Carnevale -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Pierantozzi) c. Mastropietro. 

Imposte e tasse in genere -Notificazione -Indicazione nella dichiarazione 
del contribuente di domicilio diverso dalla residenza anagrafica -Notificazione 
nel luogo di residenza anagrafica a norma dell'art. 140 Nullit�. 
(c.p.c., art. 140; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 9 e 38). 

La notifica a norma dell'art. 140 c.p.c. presuppone che la residenza, 
la dimora o il �domicilio del destinatario siano esattamente individuati 
e che la copia dell'atto di notificazione non possa essere consegnata 
solo per difficolt� di ordine puramente materiale, quali l'irreperibilit� 
del destinatario o il rifiuto o l'incapacit� delle. persone legittimate a 
ricevere la copia. Ove il destinatario nella dichiarazione dei redditi cui 
si riferisce l'atto da notificare abbia indicato un domicilio diverso dalla 
residenza anagrafica, deve essere ricercato nel luogo indicato nella dichiarazione 
ed � quindi nulla la notifica eseguita a norma dell'art. 140 
dopo aver eseguito le ricerche nel luogo di residenza anagrafica (2). 

I 

(Omissis). -Con il primo mezzo, le ricorrenti -denunciando la 
violazione e falsa applicazione degli artt. 143 c.p.c., 43 e 44 e.e., in relazione 
all'art. 360 n. 3 c.p.c. -sostengono che, dovendo ritenersi immutata 
la residenza originaria fin quando il relativo trasferimento non 
fosse stato denunciato, esse erano formalmente residenti in Palermo, 

(1-2) Le due sentenze chiariscono opportunamente un punto oscuro della 
normativa sulle notificazioni, complicato dalla poco felice formulazione del. 
l'art. 38 lett. f) del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, cui corrisponde l'art. 60 del 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La �irreperibilit�� di cui all'art. 140 c.p.c. 
� cosa diversa da quel che nella pratica comune e nella terminologia del cod. 
proc. pen. si intende per persona irreperibile. L'art. 140 riguarda infatti solo 
le difficolt� di ordine puramente materiale che impediscono di consegnare la 
copia dell'atto in un luogo (domicilio fiscale o eventualmente domicilio eletto) 
individuabile e nel quale il destinatario ha effettivamente la casa, l'ufficio o 
l'azienda. L'art. 140 trova dunque applicazione quando in questo luogo non 
si trovano presenti (in tal senso irreperibili) il destinatario o le altre persone 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 

alla via Cesare Battisti 8, onde non era applicabile, in sede di notifica 
dell'avviso di accertamento, l'art. 143 c.p.c., ma il precedente art. 140. 

La censura � priva di fondamento. 

� opportuno anzitutto puntualizzare che le stesse ricorrenti hanno 
ammesso, nell'atto di opposizione, che il loro recapito, alla data del 
4 gennaio 1964 (giorno della notifica dell'avviso di accertamento), non 
era in via Cesare Battisti 8, ma in via Trinacria 15. Esse, per�, sostengono 
che, essendo pacifiche le risultanze anagrafiche, dovevano ritenersi 
residenti e domiciliate in Palermo, in via Cesare Battisti, e che, pertanto, 
la Corte del merito, non tenendo conto di tale situazione giuridica, 
avrebbe errato nell'affermare che la residenza e il domicilio non 
erano conosciuti e nell'approvare, conseguentemente, l'operato del messo 
e, quindi, la notifica ai sensi del citato art. 143, mentre, trattandosi di 
irreperibilit� delle destinatarie, avrebbe dovuto trovare applicazione 
l'art. 140. Inutilmente, secondo le ricorrenti, la sentenza avrebbe fatto 
riferimento a �risultanze anagrafiche non vincolanti� ed alla insussistenza 
dell'obbligo, da parte del messo notificatore, �della menzione 
nella relata, delle ricerche fatte>>, in quanto il messo avrebbe dovuto 
limitarsi all'accertamento del domicilio anagrafico ed ivi procedere alla 
notifica. 

Siffatti rilievi ed argomentazioni non sono calzanti. 
Prescindendo dall'ipotesi della notifica a mani proprie che pu� essere 
effettuata in qualunque luogo, nell'ambito della circoscrizione dell'ufficio 

a cui la consegna pu� essere fatta a norma dell'art. 139 o queste rifiutano di 
ricevere la copia o sono manifestamente incapaci. Ma se in questo luogo non 
esiste (non � mai esistita o non esiste pi� quale che ne sia la causa) la casa, 
l'ufficio o l'azienda del destinatario, non � evidentemente possibile la consegna 
dell'atto in uno dei modi previsti nell'art. 139 e non � nemmeno possibile 
l'affissione dell'avviso di deposito alla porta e la spedizione dell'altro avviso 
per lettera raccomandata di cui all'art. 140; in questo caso la notifica pu� 
essere eseguita solo a norma dell'art. 143. 

Le sentenze sopra riportate risolvono la controversia solo sulla base delle 
norme del cod. proc. civ., ma sono utili per chiarire la portata delle norme 
speciali tributarie. 

Nella disposizione dell'art. 38 del t.u. del 1958 e dell'art. 60 del d.P .R. numero 
600/1973 che richiama gli artt. 137 e segg. c.p.c., salvo le modifiche espressamente 
indicate, � compreso il richiamo all'art. 140, dato cl�e non sono dettate 
norme derogative per l'ipotesi che la consegna, nel luogo ben individuato, 
non possa avvenire per difficolt� di ordine puramente materiale; la sola deroga 
contenuta nella lettera e) dell'art. 38 del t.u. del 1958, non riprodotta nell'art. 
60 del d.P.R. n. 600/1973 e riprodotta invece nell'art. 32 del d.P.R. n. 636/1972, 
concernente l'esonero dalla spedizione dell'avviso per raccomandata, � stata 
eliminata con la sentenza della Corte Costituzionale 26 giugno 1974, n. 189 (in 
questa Rassegna, 1974, I, 1064). Deve dunque trovare applicazione integralmente 
per le notificazioni degli atti del procedimento tributario l'art. 140 c.p.c. 
sia quanto al deposito della copia presso il comune, sia quanto all'affissione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

796 

al quale l'ufficiale giudiziario � addetto (art. 138 c.p.c.), l'art. 139, nel 
designare il luogo ove deve essere eseguita la notificazione degli atti, 
stabilisce, non un ordine facoltativo o alternativo di scelta, ma un sistema 
obbligatorio a successione preferenziale (residenza del destinatario, con 
ricerca nella casa di abitazione, ufficio, industria o negozio; se il destinatario 
non viene trovato, consegna a persona di famiglia o addetta 
alla casa, ufficio o azienda; in mancanza di tali persone, consegna a 
portiere o vicino che accetti; se ignota la residenza, notifica alla dimora 
e, se anche questa � ignota, al domicilio). L'art. 140 prescrive che �se 
non � possibile eseguire la consegna per irreperibilit� o per incapacit� 

o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario 
deposita la copia dell'atto nella casa del comne dove la notificazione 
deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta dell'abitazione 
o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene d� notizia per raccomandata 
con avviso di ricevimento �. 
L'art. 143, poi, detta le norme da seguire in caso di notificazione a 
persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti (deposito di copia 
dell'atto nella casa comunale dell'ultima residenza o, se questa � ignota, 
in quella del luogo di nascita del destinatario ed affissione di altra copia 
nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede). 

Come si evince dalle riportate disposizioni, la notifica ai sensi dell'art. 
1~0 presuppone che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario 
siano individuati e che la copia dell'atto da notificare non possa 

di avviso sulla portata e alla spedizione di altro avviso per lettera raccomandata. 

Quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notifica non esista abitazione, 
ufficio o azienda del destinatario e non � quindi possibile ottenere 
lo scopo in uno dei modi previsti negli artt. 139 e 140, si provvede nel modo 
stabilito nella lett. f) dell'art. 38 del t.u. del 1958 e nella lettera e) dell'art. 60 
del d.P.R. n. 600/1973; come � ovvio queste norme disciplinano in modo autonomo 
e completo l'ipotesi che dal cod. proc. civ. � regolata nell'art. 143. Ci� 
� confermato dalla dichiarazione (rispettivamente lett. g) e f) delle norme ora 
citate) che l'art. 143 non si applica; questa norma non si applica non gi� 
perch� l'introvabilit� (irreperibilit� nel senso pi� corrente) non sia rilevante 
per il procedimento tributario, ma evidentemente perch� sono dettate norme 
particolari derogative. 

Ma nel disciplinare la notifica nelle ipotesi di inesistenza di abitazione, 
ufficio o azienda, si richiama l'art. 140 c.p.c. Evidentemente questo richiamo 
va inteso nel senso che l'avviso dell'eseguito deposito della copia dell'atto presso 
il comune si deve affiggere nell'albo del comune, non essendo possibile l'affissione 
nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede (art. 143) 
che non esiste. Ma � chiaro che le norme tributarie in esame si collegano 
alla previsione dell'art. 143 e non a quella dell'art. 140, come emerge dall'altra 
disposizione che la notificazione si ha per avvenuta ai fini della decorrenza 
del termine per ricorrere nell'ottavo giorno successivo a quello dell'affissione, 
norma questa che corrisponde all'ultimo comma dell'art. 143. Que


sto disorientante richiamo all'art. 140 si spiega perch� la norma tributaria 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 797 

essere consegnata solo per difficolt� di ordine puramente materiale: 
presuppone, cio�, che vi siano una casa di abitazione, o un ufficio o una 
azienda, dove il destinatario possa essere ricercato e pi� facilmente 
trovato e dove l'ufficiale giudiziario �, perci�, tenuto a fame ricerca. 

Ma quando una tale ricerca non sia possibile, in quanto il destinatario 
dell'atto non abita nella residenza indicata, non possono trovare 
applicazione n� il secondo, terzo e quarto comma dell'art. 139, n� il successivo 
art. 140. 

Nel caso di specie, le ricorrenti non contestano la veridicit� delle 
dichiarazioni rese dal messo nella relata di notifica, e cio� che il messo 
ebbe effettivamente a recarsi in via Cesare Battisti 8 ed accert� che le 
destinatarie della notificazione ivi, in quel tempo, pi� non abitavano, 
ma sostengono che il messo, per poter ricorrere al procedimento di 
cui all'art. 143, avrebbe dovuto accertare la �non conoscibilit�� n� della 
residenza n� della dimora n�, infine, del domi,cilio di esse, alla stregua 
dei criteri della comune diligenza, e che se ci� avesse fatto, avrebbe 
appurato agevolmente che, � pur essendo momentaneamente ignota la 
dimora (in via Trinacria 15), la residenza ed, in special modo, il domicilio 
delle medesime erano senz'altro in via Cesare Battisti 8 �. Le ricorrenti, 
per�, non spiegano come, mancando una abitazione, il messo avrebbe 
potuto eseguire due delle tre formalit� necessarie per la validit� della 

� ha inteso stabilire che � sufficiente l'affissione presso l'albo del comune di un 
avviso dell'eseguito deposito in luogo dell'affissione di una copia integrale 
dell'atto come prescrive l'art. 143; per esprimere questa statuizione s1 e richiamato 
l'art. 140 in cui si prevede l'affissione di un avviso, senza con ci� 
riferirsi alle situazioni in tale norme ipotizzate. 
Una ulteriore confusione � provocata dall'art. 26 terzo comma del d.P.R. 

n. 602/1973 che, per le notificazioni nel procedimento esattoriale richiama l'art. 
60 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione ai casi previsti dall'art. 140, stabilendo 
tuttavia, in deroga, che la notifica si ha per eseguita il giorno successivo a 
quello in cui l'avviso � affisso nell'albo del comune. 
Anche qui si fa confusione tra le due ipotesi che nel procedimento ordinario 
si riferiscono, come bene hanno chiarito le sentenze in nota, all'art. 140 
e 143 c.p.c. 

Nei casi previsti dall'art. 140 la notifica si esegue nei modi che questa 
norma prescrive, nulla stabilendo in deroga l'art. 60 del d.P.R. n. 600, e la 
notifica si ha per eseguita a tutti gli effetti lo stesso giorno in cui ha luogo 
il deposito. Solo nei casi di inesistenza di abitazione, ufficio o azienda pu� trovare 
applicazione l'art. 60 lett. e) del d.P.R. n. 600/1973 ed in tal caso per il 
procedimento esattoriale la notifica si ha per eseguita il giorno successivo 
(invece dell'ottavo giorno successivo) a quello dell'affissione. 

Le sentenze in rassegna, soprattutto la seconda, sono assai importanti per 
un ulteriore problema. 

Quando il contribuente ha indicato (come � suo dovere a norma dello 
art. 1 per le persone fisiche e 36 per le persone giuridiche nonch� dell'art. 58 
del pi� volte citato d.P.R. n. 600/1973) il suo domicilio fiscale, o facoltativa




798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

notifica ai sensi dell'art. 140, e cio� l'affissione dell'avviso alla porta 
dell'abitazione e l'invio della raccomandata con avviso di ricevimento. 

Deve, quindi, concludersi che, non abitando pi� le ricorrenti in 
via Cesare Battisti 8 ed essendo ignoto il nuovo recapito, correttamente 
la notifica � stata effettuata ai sensi dell'art. 143 attesa la ininfluenza, 
nella specie, delle risultanze anagrafiche. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il secondo motivo -denunciando la violazione e 
la falsa applicazione degli artt. 9 e 38 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e 
140 cod. proc. civ. nonch� la mancanza, l'insufficienza e la contraddittoriet� 
della motivazione -l'Amministrazione ricorrente si duole che la 
Corte del merito abbia dichiarato la nullit� della notificazione dell'avviso 
di accertamento, senza considerare che la notificazione doveva essere 
eseguita nel luogo in cui, al momento della sua esecuzione, il contribuente 
risultava avere la sua residenza anagrafica (con la quale s'identifica, 
di regola, il domicilio fiscale) e che, come risultava dai documenti 
prodotti, il contribuente aveva cercato di ingenerare uno stato di incertezza 
circa il suo domicilio anche durante il procedimento svoltosi davanti 
alle commissioni tributarie, per cui l'affermazione della stessa 

mente il suo domicilio eletto, in luogo eventualmente diverso dalla residenza 
anagrafica, l'Amministrazione ha il dovere di eseguire la notifica nel luogo 
dichiarato, si che � nulla la notifica eseguita in altro luogo anche se corrispondente 
alla. residenza anagrafica. 

La residenza (domicilio fiscale) dichiarata e il domicilio eletto prevalgono 
sulla residenza effettiva, come nel processo ordinario. Ma ci� posto si deve 
necessariamente affermare che la dichiarazione di residenza e l'elezione di 
domicilio . sono sempre vincolanti per il dichiarante fino a quando non sia 
stata data formale comunicazione di variazioni. 

L'Amministrazione ha quindi il dovere ma anche il diritto di eseguire 
la notificazione nel luogo risultante dagli atti ed ove in detto luogo non si 
trovi per qualsiasi ragione l'abitazione, l'ufficio o l'azienda del destinatario 
si pu� procedere senz'altro, nel modo che si � illustrato, a norma della lettera 
e) dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 senza dover effettuare ricerche di 
una nuova abitazione nello stesso o in altro comune. Ci� era gi� stato affermato 
dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza che aveva riconosciuto 
la necessit� della spedizione dell'avviso solo nel caso che il luogo 
di consegna dell'atto fosse noto, ma escludendo l'onere dell'Amministrazione 
di inseguire il contribuente. Sono quindi da rivedere molte affermazioni della 
meno recente giurisprudenza per quanto concerne la nullit� delle notificazioni 
a causa della mancata ricerca del destinatario (cfr. Relazione Avv. Stato, 1970-75, 
II, 578 e segg.). 

C. BAFILE 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Corte del merito che, in una situazione di incertezza come quella creata 
dal contribuente, l'ufficio non dovesse attenersi alle risultanze anagrafi� 
che, dopo avere esperito le opportune indagini, appare illogica, contraddittoria 
e viziata da omesso esame delle risultanze processuali. 

Anche questo motivo non coglie nel segno. 

La notificazione ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., come quella 
dell'avviso di accertamento eseguita nei confronti del Mastropietro, presuppone 
che la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario siano 
esattamente individuati e che la copia� dell'atto da notificare non possa 

essere consegnata solo per difficolt� di ordine puramente materiale, quali 
la irreperibilit� del destinatario o il rifiuto o l'incapacit� delle persone 
legittimate a ricevere la copia. Il primo dei due presupposti necessari 
per l'applicabilit� della norma era indubbiamente sussistente nel caso 
in esame, in quanto � incontroverso che il Mastropietro avesse il dom�cilio 
fiscale nel comune di Roma, nel quale aveva anche la residenza 
anagrafica. 

Il richiamo, fatto dall'Amministrazione ricorrente, al principio, fissato 
dall'art. 9, secondo comma, del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, secondo 
cui i cittadini italiani hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui 
anagrafe civile sono iscritti e alla regola, stabilita dall'art. 38, primo 
comma, lett. e), dello stesso testo unico, che, salvo il caso di consegna 
dell'avviso o dell'atto in mani proprie, la notificazione deve essere fatta 
nel comune di domicilio fiscale del contribuente, risulta perci� del tutto 
fuori luogo, non avendo la Corte del merito posto in dubbio che la 
notificazione dell'avviso di accertamento dovesse essere eseguita nel Comune 
di Roma. 

Non sussisteva, invece, l'altro presupposto -alternativamente previsto 
con il rifiuto o l'incapacit� �delle persone legittimate a ricevere la 
copia -dell'irreperibilit� del destinatario. Perch� tale presupposto ricorra 
�, infatti, necessario che il pubblico ufficiale che procede alla 
notificazione dell'atto (ufficiale giudiziario o messo notificatore) abbia 
ricercato il destinatario nei luoghi, compresi nel comune di residenza, 
indicati nell'art. 139, primo comma, cod. proc. civ. (casa di abitazione, 
ufficio o luoghi di esercizio dell'industria o del commercio) e non abbia 
trovato in alcuno di tali luoghi n� costui n� altre persone legittimate a 
ricevere la copia. 

Nel caso in esame, invece, come � stato accertato dalla Corte di 
merito, il contribuente nella denunzia dei redditi relativa all'anno al 
quale si riferiva l'accertamento notificatogli, aveva indicato come abita
�zione quella di via Collazia n. 20 e non aveva comunicato successivamente 
all'ufficio alcun cambiamento di indirizzo, per cui, essendo questa 
l'abitazione del contribuente nota all'Amministrazione, la ricerca del 
destinatario della notificazione avrebbe dovuto essere fatta in quel luogo 


800 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

e non gi� in via Populonia n. 30, anche se egli, secondo le risultanze 

anagrafiche, appariva abitare in quel luogo. 

L'omissione della ricerca del Mastropietro nell'abitazione di via Collazia 
n. 20 rendeva, quindi, inapplicabile il procedimento di notificazione 
previsto dall'art. 140 cod. ptoc. civ., per cui esattamente la Corte del 
merito ha dichiarato nulla la notificazione dell'avviso di accertamento, 
anche se la motivazione addotta in proposito deve essere in parte corretta 
e integrata dalle precedenti considerazioni, che assorbono la censura 
di difetto di motivazione formulata dall'Amministrazione ricorrente. 
-(Omissis). 

CORTE DI C~SSAZIONE, Sez. I, 10 maggio 1976, n. 1636 -Pres. Giannattasio 
� Est. La Torre -P. M. Pedace (conf.) . Ministero delle Finanze 
(avv. Cascino) c. Branciforti. 

Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso � I 
Regione Sicjliana -Primo trasferimento di appartamenti -Estensione 
a locali ad uso di ufficio -Esclusione. 

(l. Reg. Sic. 28 aprile 1954, n. 11, artt. 1, 2 e 6). 
La legge regionale siciliana 28 aprile 1954 n. 11 nel riferire l'agevolazione 
di cui all'art. 6 agli �appartamenti� ha inteso, secondo l'uso corrente 
della parola, comprendere nel beneficio soltanto le porzioni di 
fabbricato destinate ad abitazione civile e non quelle destinate ad altro 
uso (1). 

(Omissis). -L'art. 1 della legge reg. sic. 28 aprile 1954 n. 11 (recante 
� sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie �) dispone che � per la 
costruzione di edifici destinati ad abitazione civile o ad albergo, anche se 
comprendano ambienti a p.t. destinati a negozio o ad altro uso... sono 
applicabili le agevolazioni tributarie di cui agli artt. seguenti'" L'art. 2, 
primo comma, stabilisce che � le imposte di registro e di trascrizione 
sugli atti di compravendta di aree ai fini di cui all'art. 1 sono dovute 
nella misura fissa >>. Ed il successivo art. 6 estende tale agevolazione 
� al primo trasferimento a titolo oneroso di appartamenti in corso di 
costruzione, costruiti o da costruire... �. 

(1) Decisione di evidente esattezza di cui va segnalata la perspicua motivazione 
in punto di metodo di interpretazione. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Alla parola �appartamenti�, contenuta in quest'ultimo inciso, la 
Corte d'appello di Catania ha attribuito un significato ampio e generico 
comprensivo anche dei locali ad uso di ufficio: ai quali perci� ha ritenuto 
applicabile il beneficio della registrazione a tassa fissa previsto 
dal precedente art. 2. 

Di ci� si duole la Finanza che l'unico mezzo del ricorso, censurando 
l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme legislative 
(statali e regionali) vigenti in mate..ria. In particolare la ricorrente 
giudica arbitraria l'interpretazione estensiva del termine �appartamenti�, 
che, avuto riguardo alla lettera e alla ratio del citato art. 6, non pu� 
riferirsi se non agli edifici �destinati ad abitazione civile� di cui all'art. 
1, in armonia alle finalit� della legge nel suo complesso (volta a 
favorire la costruzione di alloggi); deduce quindi che ne rimangono 
esclusi i locali destinati ad ufficio, quando essi -come nella specie formano 
oggetto di vendite isolate; con l'ulteriore conseguenza che per 
il trasferimento di tali locali pu� solo applicarsi, come ha fatto l'ufficio, 
il minor beneficio della riduzione d'imposta ex art. 17, primo comma, 
della legge 2 luglio 1949 n. 408. 

Il ricorso � fondato e dev'essere accolto. 

Risponde ad un fondamentale canone di ermeneutica, codificato 
nell'art. 12 disp. prel., il criterio secondo cui �nell'applicare la legge 
non si pu� ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal 
significato proprio delle parole�: criterio che riposa, da un canto, sulla 
ragionevole presunzione che la scelta delle parole delle quali si compone 
un testo legislativo non � n� causale n� approssimativa; dall'altro, 
sull'ovvia constatazione che il tessuto lessicale della norma giuridica 
trae fonte, al pari da ogni pensiero espresso in forma linguistica (scritta 
o orale), dal vocabolario comune. � possibile, bench� infrequente, che 
un certo termine sia talora assunto del legislatore in una accezione convenzionale 
o impropria e comunque diversa da quella corrente; ma a 
parte questa eventuale divergenza, che in ogni caso � da accertare merc� 
una valida e plausibile spiegazione, la normale coincidenza fra il significato 
giuridico e quello usuale di un termine � regola che trova fondamento 
nell'unit� del linguaggio. 

Ora nessun dubbio pu� sussistere, dal punto di vista lessicale, circa 
il significato della parola �appartamento�: voce che, senza assumere 
nel gergo giuridico uno speciale valore espressivo, � registrata nel vocabolario 
comune ed � usata nel linguaggio corrente nel senso, concorde 
ed univoco, di � immobile urbano adibito a casa privata�, � aggregato 
di pi� stanze che formano un'abitazione �, � alloggio completo ed autonomo 
in un edificio che ne comprende pi� d'uno �. Tutte formule, queste 
ed altre consimili, con le quali si intende chiaramente designare il concetto 
specifico di casa di abitazione, cio� di immobile strutturalmente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concepito e funzionalmente organizzato come luogo di svolgimento della 
vita domestica. 

Che tale sia l'esatto riscontro lessicale del termine �appartamento� 
mostra di non mettere in dubbio neanche la Corte d'Appello; la quale, 
ci� malgrado, ha ritenuto di poterne forzare il senso fino a ricomprendervi 
i locali, �a qualunque piano si trovino, ad uso di ufficio�, argomentando 
dalla ratio legis che sarebbe quella di accordare� pi� incisivi 
benefici fiscali in considerazione delle particolari esigenze della regione �. 
Che tale per� sia la ratio legis l'impugnata sentenza si limita ad affermare 
apoditticamente e senza spiegare come, da una cos� generica finalit�, 
possa dedursi che l'intenzione del legislatore regionale sia stata 
quella di attribuire alla parola �appartamenti� un significato comprensivo 
anche dei �locali ad uso di ufficio�. N�, di una siffatta deduzione, 
potrebbe trovarsi conferma nel contesto normativo in cui quel termine 
� inserito. Di esso, infatti, si parla, nell'art. 6, per estendere alla vendita 
isolata di � appartamenti � le agevolazioni tributarie che l'art. 2 
riserva agli � atti di compravendita di aree ai fini di cui all'art. 1 >>, ossia 
per le costruzioni di edifici � destinati ad abitazione �, anche se comprensive 
di ambienti � destinati a negozio o ad altro uso � (art. 1): categoria, 
quest'ultima, che, risultando da una definizione negativa ( � altro 
uso�), � idonea, appunto per il suo carattere elastico e residuafo, ad 
attrarre nella sua orbita ogni immobile che non rientri nella prima e pi� 
ristretta categoria; la quale, per contro, risultando da una definizione 
positiva ed individuante (�abitazione�), lascia al di fuori del suo ambito 
tutti gli altri immobili. Se dunque, stando alla stessa nomenclatura legislativa, 
i locali di ufficio non possono rientrare nella nozione di � ambienti 
destinati ad altro uso�, che l'art. 1 tiene distinti e contrappone 
agli immobili � destinati ad abitazione >>, � evidente che solo a questi 
e non a quelli ha inteso riferirsi l'art. 6 quando ha parlato, scegliendo 
un termine preciso e chiaramente discriminatorio, di � appartamenti �. 
Solamente a questi, quali immobili �destinati ad altro uso� (come uffici, 
negozi ecc.), si � voluto perci� largire il beneficio della registrazione a 
tassa fissa di cui all'art. 2. Della qual distinzione, del resto, � agevole 
cogliere il fondamento razionale appena si consideri che, nella mens 
legis, volta ad incentivare l'attivit� edilizia a scopo abitativo, � proprio 
in vista di questo scopo che si giustifica quel trattamento fiscale di 
particolare favore. E se, per incoraggiare l'iniziativa dei costruttori, si 
ammette che del favore tributario goda l'intero atto di acquisto dell'area 
su cui sorger� l'edificio, ancorch� comprensivo di ambienti non destinati 
ad alloggio (art. 1 e 2), � ben spiegabile che, a costruzione in corso o 
gi� avvenuta, analogo beneficio vada riservato solo alla �prima� vendita 

degli �appartamenti� (art. 6), cio� di quelle unit� immobiliari -e non 
di altre -che, conformemente allo scopo perseguito dalla legge, sono 
destinate ad abitazione civile. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 803 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 maggio 1976, n. 1804 � Pres. Mira


belli � Est. Milano � P. M. Berri (conf.) � Provasoli c. Ministero delle 

Finanze (avv. Stato Marzano). 

Imposta di successione � Imposta sul valore globale � Autonomia � Esenzioni 
e riduzioni dell'imposta di successione � Non si estendono all'im� 
posta sul valore globale. 
(d.!. 8 marzo 1945, artt. 1, 7 e 13). 

Imposta di successione � Imposta sul valore globale � Momento della 
nascita dell'obbligazione � Legge 20 novembre 1955 n. 1123 � Applicabilit� 
alle successioni aperte anteriormente e denunciate successivamente 
all'entrata in vigore � Esclusione. 
(!. 20 novembre 1955, n. 1155, art. un.). 

Imposte e tasse in genere � Azione in sede ordinaria � Proposizione implicita 
di domanda � Limiti � Proposizione in grado di appello � Inammissibilit�. 


(c.p.c. art. 345). 
Data l'autonomia tra l'imposta di successione e l'imposta sul valore 
globale, le agevolazioni e le riduzioni dell'imposta di successione (nella 
specie successione tra adottante e adottato di cui all'art. 1 del d.l. 8 marzo 
1945 n. 90) non si applicano all'imposta sul valore globale per la quale 
le riduzioni e agevolazioni sono disciplinate in modo autonomo dal1'
art. 7 (1). 

L'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia quanto all'esistenza 
che alla misura, nel momento in cui si determina la situazione di fatto 
che la legge considera generatrice del �debito di imposta costituendone 
il presupposto, che per l'imposta di successione coincide con l'apertura 

(1-3) Decisione esattissima da condividere pienamente. 

Sulla prima massima la riaffermata autonomia tra imposta di successione 
e imposta sul valore globale � pacifica; di ci� si � fatta applicazione per escludere 
che gli inasprimenti e le addizionali alla imposta di successione si estendono 
all'imposta sul valore globale (Cass. 9 febbraio 1970, n. 304; 10 febbraio 
1970, n. 321; 2� aprile 1970, n. 1132, in questa Rassegna, 1970, I, 294 e 636). 

La seconda massima riconferma un tradizionale orientamento della giurisprudenza 
sulla origine dell'obbligazione tributaria e la natura dichiarativa 
del procedimento di accertamento (da ultimo Cass. 16 ottobre 1975, n. 3362, 
in questa Rassegna, 1975, I, 1109 con richiami) ed � interessante perch� 
applica il principio anche con riferimento alla data della denuncia di successione 
che viene considerata un atto (iniziativa) del procedimento che, bench� 
possa essere compiuto entro un termine, non ha rilevanza costitutiva sull'obbligazione. 
L'obbligazione cio�, anche se non adempibile coattivamente, � 
pur, sempre sorta al momento dell'apertura della successione. 

Il principio della terza massima � anch'esso ius receptum (V. Relazione 
Avv. Stato, 1970-75, II, 989). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della successione; di conseguenza la norma entrata in vigore successivamente 
all'apertura della successione, se pure anteriormente alla presentazione 
della denuncia � inapplicabile (applicazione alla ipotesi della 
legge 20 novembre 1955 n. 1123 che estende alla successione tra adottante 
e adottato la riduzione dell'imposta sul valore globale (2). 

Nel giudizio innanzi all'A.G.O. il contribuente, che ha la veste formale 
e sostanziale di attore, deve indicare sin dall'atto introduttivo le 
ragioni su cui si fonda l'assunto della illegittimit� della pretesa tributaria, 
proponendo cio� domande (e non eccezioni) che non possono essere 
prospettate per la prima volta in appello. La proposizione implicita �i 
una domanda si pu� configurare nella, totale contestazione della pretesa 
tributaria che comprende anche componenti di essa, non quando si contesti 
soltanto la misura dell'imposta pretesa senza dedurre espressamente 
l'illegittimit� di una pretesa accessoria (applicazione all'ipotesi 
di domanda diretta ad ottenere la riduzione a met� dell'imposta globale 
che �non comprende implicitamente la contestazione delle legittimit� della 
imposta addizionale) (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, la Provasoli 
denunzia la violazione dell'art. 13 capov., d.lg, legt. 8 marzo 1945, 

n. 90, e lamenta che la impugnata decisione abbia erroneamente interpretato 
la summenzionata disposizione, fn quanto la medesima, con il 
suo richiamo alle leggi sull'imposta di successione, rendeva applicabile 
agli eredi, figli adottivi, lo . speciale beneficio della riduzione alla met� 
dell'imposta sul valore globale, accordato ai medesimi, con l'art. 1 dello 
stesso decreto, per l'imposta di successione. 
Siffatta censura, che riproduce pedissequamente la tesi prospettata 
nelle fasi di merito senza critica alcuna delle contrarie argomentazioni 
contenute nella sentenza impugnata, � destituita di fondamento. 

Giustamente, infatti, i giudici di merito per disattendere tale tesi 
hanno posto in evidenza, in conformit� al consolidato orientamento di 
questa Corte (Cass. sentenze nn. 304, 321 e 1132 del 1970, nn. 1583 e 2993 
del 1971 e nn. 481 e 2916 del 1973), l'autonomia delfimposta s.ul valore 
globale rispetto a quella sulle successioni, e la conseguente impossibilit� 
di applicare alla prima disposizione dettate per l'imposta di successione, 
come del pari gli stessi giudici hanno rettamerite escluso che il principio 
dell'autonomia possa venire meno per il disposto dell'art. 13, 
2� comma, del citato decreto n. 90 del 1945, che genericamente estende 
all'imposta sul valore globale le norme relative all'imposta di successione 
� in quanto applicabili ed in quanto non sia diversamente disposto 
dal presente decreto �. 

Questa norma, infatti, proprio per la sua generalit�, in relazione 
alla indiscussa autonomia dell'imposta globale, ha l'unico scopo-inforn:
iatore, del resto, di tutto il decreto n. 90 del 1945, di semplificare al 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

massimo tutta la procedura relativa all'accertamento, liquidazione e 
percezione dell'imposta globale, richiamando, a tal fine, tutte le norme 
della legge organica sulle successioni, ma non certo quello di estendere 
all'imposta globale norme di carattere eccezionale, quali sono indubbiamente 
quelle che regolano le. esenzioni e le riduzioni d'imposta. 

D'altra parte, anche ammettendo che il rinvio contenuto nella disposizione 
in esame sia di tale ampiezza da ricomprendere anche le 
norme relative alle esenzioni ed alle riduzioni di imposta, non per 
questo lo speciale beneficio della riduzione alla met� dell'aliquota dell'imposta 
di successione, stabilito, a favore dei figli adottivi, dall'art. 1 
del decreto del 1945, potrebbe essere applicato per l'imposta globale, 
dato che, in materia, il suddetto decreto ha �stabilito diversamente�, 
con il disporre che della riduzione alla met� dell'aliquota dell'imposta 
globale possono godere solo le persone indicate nell'art. 7, tra le quali 
non sono inclusi i figli adottivi. 

Il primo motivo del ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato. 


Con il secondo motivo dello stesso ricorso la Provascoli denuncia 
la violazione dell'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123, 
secondo cui le imposte di successione e sul valore globale nelle sucsioni 
tra adottante ed adottato sono applicate in misura pari a quelle 
dovute per le successioni tra genitori e figli legittimi �, rilevato che 
tale disposizione, per la sua natura interpretativa, � applicabile anche 
ai rapporti costituiti prima della sua entrata in vigore, lamenta che la 
denunziata sentenza abbia completamente omesso di motivare su tale 
punto. 

Il motivo � inammissibile perch� involgere l'esame di una questione 
gi� preclusa da giudicato. I giudici di primo grado, invero, uniformandosi 
all'insegnamento di questa Corte (Cass. 6 novembre 1964, n. 2693 
e 10 agosto 1966, n. 2181), avevano gi� escluso espressamente la natura 
interpretativa dell'articolo unico della citata legge n. 1123 del 1955 e 
la sua applicabilit�, quindi, a rapporti sorti primi della sua entrata 
in vigore. Tale specifica statuizione non soltanto non ha formato oggetto 
di impugnazione, ma l'odierna ricorrente nello stesso atto di 
appello, ribadendo quanto gi� affermato negli scritti difensivi di primo 
grado, aveva esplicitamente riconosciuto l'inapplicabilit� della nuova disposizione 
al rapporto tributario in discussione. Ne deriva che la questione 
sulla natura di tale disposizione, se, cio�, innovativa e interpretativa, 
non pu� pi� formare oggetto di ricorso perch� irrimediabilmente 
preclusa dal giudicato, formatosi su di essa con la sentenza del 
Tribunale, non impugnata su tale capo di statuizione. 

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della medesima 
disposizione di legge, in relazione all'art. 104 della legge tributaria 
sulle successioni e 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., e sostiene che, 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

anche ad ammettere la natura innovativa della disposizione di cui 
all'articolo unico della legge n. 1955, la Corte di appello avrebbe dovuto 
egualmente applicare la predetta norma al rapporto in contestazione, 
per essere stata la denuncia di successione presentata dopo l'eritrata in 
vigore della nuova legge. 

Il motivo � privo di fondamento. 

Premesso che la novit� della tesi, con esso prospettata, non ne 
impedisce l'esame, essendo consentito in questa sede l'applicazione di 
norme e di principi giuridici precedentemente trascurati, sempre che 
i nuovi profili di diritto non implichino accertamenti e valutazioni di 
fatto, va rilevato che questa Corte Suprema ha costantemente ribadito 
il principio secondo cui l'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia 
quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina 
la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito 
d'imposta, costituendone il presupposto, e che questo momento, rispetto 
all'imposta di successione, coincide con l'apertura della successione, 
comportante per l'erede il diritto. alla surrogazione nei diritti e nelle 
obbligazioni del de cuius, anche se l'obbligazione tributaria si ricollega 
ad una serie di atti e procedimenti degli enti creditori od ad iniziativa 
del soggetto passivo, ed importa la necessit� della verifica in concreto 
dei presupposti per l'applicazione del tributo, della valutazione 
dei cespiti e della concreta determinazione della somma che il debitore 
dovr� corrispondere (Cass. 17 marzo 1967, n. 604; 10 agosto 1966, n. 2181 
e 20 marzo 1972, n. 846). 

Alla stregua di questo principio � rilevato, con riferimento al caso 
di specie, che la morte del Provasoli � avvenuta il 2 aprile 1955, l'applicazione 
al caso della legge 20 novembre 1955, n. 1123 deve essere 
senz'altro esclusa, essendo la irretroattivit� della legge principio generale, 
al quale non si sottraggono nemmeno le leggi tributarie. 

Quanto alla questione di legittimit� costituzionale sollevata, nella 
memoria, dalla ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, 
va osservato che se � innegabile, cos� come si afferma dalla 
stessa ricorrente, che la norma agevolatrice dell'art. 1 della legge n. 1123 
del 1955, dovendo, per la sua natura innovativa, trovare applicazione 
solo alle successioni apertesi successivamente alla sua entrata in vigore, 
� venuta a creare una disparit� di trattamento rispetto ai figli 
adottivi il cui adottante si�:l deceduto in epoca anteriore, devesi per� 
riconoscere che con ci� non si verifica una violazione del principio di 
eguaglianza, n� tanto meno di quello dell'imposizione in base all'effettiva 
capacit� contributiva,. trattandosi, non di una mera disparit� di diritto, 
ma di una mera disparit� di fatto, � inevitabile, e in tutti i provvedimenti 
del genere, mentre � noto che la concessione o meno di un 
beneficio tributario scaturisce da una complessiva valutazione della situazione 
economica del Paese e dall'inc.idenza che sulle finanze dello 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

massimo tutta la procedura relativa all'accertamento, liquidazione e 
percezione dell'imposta globale, richiamando, a tal fine, tutte le norme 
della legge organica sulle successioni, ma non certo quello di estendere 
all'imposta globale norme di carattere eccezionale, quali sono indubbiamente 
quelle che regolano le esenzioni e le riduzioni d'imposta. 

D'altra parte, anche ammettendo che il rinvio contenuto nella disposizione 
in esame sia di tale ampiezza da ricomprendere anche le 
norme relative alle esenzioni ed alle riduzioni di imposta, non per 
questo lo speciale beneficio della riduzione alla met� dell'aliquota dell'imposta 
di successione, stabilito, a favore dei figli adottivi, dall'art. 1 
del decreto del 1945, potrebbe essere applicato per l'imposta globale, 
dato che, in materia, il suddetto decreto ha �stabilito diversamente>>, 
con il disporre che della riduzione alla met� dell'aliquota dell'imposta 
globale possono godere solo le persone indicate nell'art. 7, tra le quali 
non sono inclusi i figli adottivi. 

Il primo motivo del ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato. 


Con il secondo motivo dello stesso ricorso la Provascoli denuncia 
la violazione dell'articolo unico della legge 20 novembre 1955, n. 1123, 
secondo cui le imposte di successione e sul valore globale nelle sucsioni 
tra adottante ed adottato sono applicate in misura pari a quelle 
dovute per le successioni tra genitori e figli legittimi �, rilevato che 
tale disposizione, per la sua natura interpretativa, � applicabile anche 
ai rapporti costituiti prima della sua entrata in vigore, lamenta che la 
denunziata sentenza abbia completamente omesso di motivare su tale 
punto. 

Il motivo � inammissibile perch� involgere l'esame di una questione 
gi� preclusa da giudicato. I giudici di primo grado, invero, uniformandosi 
all'insegnamento di questa Corte (Cass. 6 novembre 1964, n. 2693 
e 10 agosto 1966, n. 2181), avevano gi� escluso espressamente la naturainterpretativa 
dell'articolo unico della citata legge n. 1123 del 1955 e 
la sua applicabilit�, quindi, a rapporti sorti primi della sua entrata 
in vigore. Tale specifica statuizione non soltanto non ha formato oggetto 
di impugnazione, ma l'odierna ricorrente nello stesso atto di 
appello, ribadendo quanto gi� affermato negli scritti difensivi di primo 
grado, aveva esplicitamente riconosciuto l'inapplicabilit� della nuova disposizione 
al rapporto tributario in discussione. Ne deriva che la questione 
sulla natura di tale disposizione, se, cio�, innovativa e interpretativa, 
non pu� pi� formare oggetto di ricorso perch� irrimediabilmente 
preclusa dal giudicato, formatosi su di essa con la sentenza del 
Tribunale, non impugnata su tale capo di statuizione. 

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della medesima 
disposizione di legge, in relazione all'art. 104 della legge tributaria 
sulle successioni e 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., e sostiene che, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anche ad ammettere la natura innovativa della disposizione di cui 
all'articolo unico della legge n. 1955, la Corte di appello avrebbe dovuto 
egualmente applicare la predetta norma al rapporto in contestazione, 
per essere stata la denuncia di successione presentata dopo l'entrata in 
vigore della nuova legge. 

Il motivo � privo di fondamento. 

Premesso che la novit� della tesi, con esso prospettata, non ne 
impedisce l'esame, essendo consentito in questa sede l'applicazione di 
norme e di principi giuridici precedentemente trascurati, sempre che 
i nuovi profili di diritto non implichino accertamenti e valutazioni di 
fatto, va rilevato che questa Corte Suprema ha costantemente ribadito 
il principio secondo cui l'obbligazione tributaria sorge in astratto, sia 
quanto all'esistenza che alla misura, nel momento in cui si determina 
la situazione di fatto che la legge considera generatrice del debito 
d'imposta, costituendone il presupposto, e che questo momento, rispetto 
all'imposta di successione, coincide con l'apertura della successione, 
comportante per l'erede il diritto alla surrogazione nei diritti e nelle 
obbligazioni del de cuius, anche se l'obbligazione tributaria si ricollega 
ad una serie di atti e procedimenti degli enti creditori od ad iniziativa 
del soggetto passivo, ed importa la necessit� della verifica in concreto 
dei presupposti per l'applicazione del tributo, della valutazione 
dei cespiti e della concreta determinazione della somma che il debitore 
dovr� corrispondere (Cass. 17 marzo 1967, n. 604; 10 agosto 1966, n. 2181 
e -20 marzo 1972, n. 846). 

Alla stregua di questo princ1p10 � rilevato, con riferimento al caso 
di specie, che la morte del Provasoli � avvenuta il 2 aprile 1955, l'applicazione 
al caso della legge 20 novembre 1955, n. 1123 deve essere 
senz'altro esclusa, essendo la irretroattivit� della legge principio generale, 
al quale non si sottraggono nemmeno le leggi tributarie. 

Quanto alla questione di legittimit� costituzionale sollevata, nella 
memoria, dalla ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, 
va osservato che se � innegabile, cos� come si afferma dalla 
stessa ricorrente, che la norma agevolatrice dell'art. 1 della legge n. 1123 
del 1955, dovendo, per la sua natura innovativa, trovare applicazione 
solo alle successioni apertesi successivamente alla sua entrata in vigore, 
� venuta a creare una disparit� di trattamento rispetto ai figli 
adottivi il cui adottante sia, deceduto in epoca anteriore, devesi per� 
riconoscere che con ci� non si verifica una violazione del principio di 
eguaglianza, n� tanto meno di quello dell'imposizione in base all'effettiva 
capacit� contributiva, trattandosi, non di una mera disparit� di diritto, 
ma di una mera disparit� di fatto, inevitabile, e in tutti i provvedimenti 
del genere, mentre � noto che la concessione o meno di un 
beneficio tributario scaturisce da una complessiva valutazione della situazione 
economica del Paese e dall'incidenza che sulle finanze dello 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 807 

Stato esso pu� produrre, vale a dire da una valutazione discrezionale, 
affidata alla competenza ed. alla responsabilit� del legislatore. 
Anche, quindi, il terzo motivo del ricorso principale deve essere 
rigettato. 

Devesi ora esaminare l'unico motivo del ricorso incidentale che propone 
la questione sull'ammissibilit� della domanda, proposta in appello, 
dalla Provasoli, volta a fare dichiarare non dovuta l'addizione 
sull'imposta globale perch�, qualora tale motivo dovesse essere accolto, 
resterebbe precluso l'esame della questione circa la debenza della predetta 
addizionale, che forma oggetto del quarto motivo del ricorso 
principale. 

Con il suo ricorso incidentale l'Amministrazione finanziaria denun� 
eia� la violazione dell'art. 345 cod. proc. civ., e censura la impugnata decisione 
per aver ritenuto ammissibile la richiesta di eliminazione dell'addizionale 
sebbene si trattasse di una richiesta formulata per la 
prima volta nell'atto di appello. 

La censura � fondata. 

Come si � accennato nell'esposizione dei fatti di causa, la. Corte di. 
appello ha ritenuto l'ammissibilit� della domanda in questione sia perch� 
la medesima anche se proposta soltanto in sede di gravame, doveva 
considerarsi implicitamente contenuta nella originaria richiesta di riduzione 
alla met� dell'imposta globale, sia, comunque, perch� essa 
aveva sostanziale natura di eccezione rispetto alla pretesa tributaria. 

Ma, n� l'una, n� l'altra di queste considerazioni possono ritenersi 
validi argomenti per giustificare l'adottata statuizione. Non la prima, 
perch� una implicita inclusione della richiesta di eliminazione delfaddizionale 
nell'originario petitum avrebbe potuto ravvisarsi qualora fosse 
l)tata contestata la debensa dell'imposta sul valore globale essendo evidente 
che, in tale ipotesi, l'accoglimento della domanda principale 
avrebbe res�a non dovuta anche l'addizionale; ma, nella specie, la contestazione 
riguardava, non gi� l'intera imposta globale, ma soltanto la 
misura di essa e, precisamente, la sua riducibilit� alla met� in ragione 
del rapporto di adozione esistente tra il de cuius e gli eredi, ed inoltre 
la nuova domanda non si riferiva, n� avrebbe potuto riferirsi, all'intera 
addizionale con l'aumento disposto col d.l. 18 febbraio 1946, n. 100, 
applicabile, per espressa disposizione, anche all'imposta sul valore globale, 
ma soltanto alla successiva maggiorazione di cui all'art. 1 del d. I. 
7 novembre 1954, nn. 1025. �, quindi, da escludere che, nella specie, 
ricorressero i presupposti per l'applicazione del principio pi� volte 
affermato da questa Corte secondo il quale, ai fini dell'accertamento dei 
limiti della domanda, si deve aver riguardo alla sostanza, anche implicita, 
delle richieste della parte, avendo la nuova domanda un autonomo 
contenuto petitorio rispetto alla originaria richiesta di riduzione alla 
met� dell'imposta globale. 

lii 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Linconsistenza, poi, della seconda argomentazione risulta manifesta 
ove si consideri, nel giudizio instaurato avanti all'autorit� giudiziaria 
ordinaria alla stregua dell'art. 146 della legge di registro, il contribuente 
ha veste formale e sostanziale di attore, e se � vero che, in 
tale giudizio, che non si configura come un giudizio di impugnazione 

.della decisione della Commissione provin~iale, l'attore pu� far valere 
ogni ragione a sostegno della illegittimit� della pretesa tributaria e, 
quindi, anche una ragione diversa da quella prospettata in sede di contenzioso 
amministrativo, � tuttavia anche certo che egli � tenuto ad 
indicare, sin dall'atto introduttivo, le ragioni su cui si fonda l'assunto 
della illegittimit� della pretesa tributaria e non pu�, in appello, introdurre 
nuovi e differenti temi di indagine e di decisione, e neppure 
prospettare altre ragioni che implichino la valutazione di fatti e situazioni 
non dedotti in primo grado. 

Dovendo, per le suesposte considerazioni, accogliere il ricorso incidentale, 
resta precluso, come dianzi detto, l'esame del merito del quarto 
motivo del ricorso principale, mentre, non avendo i giudici di merito 
dichiarato l'inammissibilit� della domanda formulata per la prima volta 
in sede di gravame, la cassazione della sentenza, su tale punto, deve 
essere pronunciata senza rinvio a norma dell'ultimo comma dell'art. 382 
cod. proc. civ., trattandosi di una domanda che, in appello, non avrebbe 
potuto essere proposta e in ordine alla quale, pertanto, il processo non 
pu� proseguire. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1976, n. 2439 -Pres. Giannattasio 
-Est. Pascasio -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Mataloni) c. Istituto Romano di Beni Stabili (avv. Biamonti). 

Imposta di registro -Locazione -Legge 29 dicembre 1962, n. 1744 � Registrazione 
di denuncia verbale relativa a contratto con decorrenza da 
momento successivo . Applicazione della norma vigente al momento 
della registrazione. 
(!. 29 dicembre 1962, n. 1744, artt. 2, 3, 6 e 7; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 

82, 105 e 150; d.J. 15 novembre 1937, n. 1924, art. 2). 

Poich� la denuncia del contratto verbale di locazione assume la qualit� 
di atto, si che la presentazione della denuncia equivale a registrazione 
di contratto scritto, in base al principio generale fissato nell'art. 150 della 
legge di registro, deve applicarsi la tariffa vigente al momento della registrazione 
anche se il contratto ha decorrenza da una data successiva 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 809 

rispetto alla quale � operante un'aliquota pi� gravosa (ipotesi specifica 
della legge 29 dicembre 1962 n. 1744) (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, denunciando la violazione degli artt. 
1, 79, 82 e 150 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3269 (legge di registro), dell'art. 
44 della tariffa All. A al predetto decreto, degli artt. 1, 2 e 3 della legge 
29 dic. 1962 n. 1744 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. l'Amministrazione 
ricorrente sostiene che per le locazioni stipulate verbalmente, l'obbligazione 
tributaria nascerebbe soltanto dal momento in cui la locazione 
comincia ad avere esecuzione, per cui doveva essere applicata la disciplina 
della legge 29 dicembre 1962, n. 1744, in quanto i contratti di locazione, 
bench� denunciati in precedenza, dovevano avere esecuzione dal 
1� gennaio 1963, data in cui era entrata in vigore la predetta legge. 

La censura non � fondata. 

Giover� ricordare che l'art. 1 della citata legge di registro del 30 dicembre 
1923 stabilisce che gli atti posti in essere nel territorio dello Stato 
sono soggetti a registrazione ed al pagamento della relativa imposta, a 
norma della legge medesima, ed inoltre sono soggetti a registrazione ed 
al relativo tributo, a seguito di denuncia, le locazioni di immobili. 

L'art. 44 della tariffa All. A alla stessa legge specifica che sono assoggettati 
all'imposta di registro i contratti di locazione comunque conclusi. 
A tal fine i contratti verbali di locazione sono dall'art. 2 del d.l. 7 agosto 
1936, n. 1657, equiparati ai contratti scritti e la denuncia di contratto 
verbale, che deve indicare le parti, la prestazione e la durata del contratto 
medesimo, nonch� il corrispettivo della prestazione, deve altres� contenere 
la firma del dichiarante. 

La denuncia di contratto verbale ha pertanto valore di stipulazione 
del medesimo agli effetti fiscali e la relativa imposta deve essere corrisposta 
al momento della registrazione cos� come dispongono l'art. 91 della 
citata legge di registro del 1923, secondo la tariffa vigente in tale momento, 
cos� come questa Corte Suprema richiamandosi alle disposizioni di cui 
innanzi ed anche agli artt. 150 e 151 della medesima legge di registro 
del 1923, e 77 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che ne riafferma i principi, 
ha gi� altra volta ritenuto (sent. n. 1533 del 25 maggio 1973). 

Sostiene la diligente difesa dell'Amministrazione ricorrente che la na


scita dell'obbligazione tributaria coinciderebbe col momento dell'esecuzione 

del contratto e non con quello della sua stipulazione, ma la �tesi non pu� 

essere seguita. 

Vero � che l'art. 82 della legge di registro del 1923 impone che la 

denuncia dei contratti verbali debba avvenire, al pi� tardi, entro i venti 

(1) Si conferma la statuizione gi� fatta con la sentenza 25 maggio 1973, 
n. 1533 (in questa Rassegna, 1973, I, 1166 con nota critica alla quale si rinvia); 
restano valide le ragioni di dissenso, ma bisogna prendere atto dell'orientamento 
ormai saldo della Corte regolatrice. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giorni dall'inizio della loro esecuzione, cos� come l'art. 80 richiede per i 
contratti conclusi per iscritto, che la registrazione avvenga entro venti 
giorni dalla data dell'atto. 

Comunque, poich� la denuncia di contratto verbale assume, come gi� 
si � rilevato, a termini dell'art. 1 della stessa legge di registro, la qualit� 
di � atto �, � certo che dal momento della presentazione o meglio, della 
�esplicitazione� della denuncia di un contratto verbale, questo deve intendersi 
stipulato ed � quindi possibile registrarlo. Il cennato termine di 
venti giorni non ha quindi la funzione di stabilire il mome~to in cui sorge 
l'obbligazione tributaria, ma soltanto quella di stabilire la data entro la 
quale la formalit� della registrazione deve essere adempiuta. 

Stabilito pertanto che le denucie di contratto verbale potevano essere 
registrate -come lo furono -prima dell'inizio dell'esecuzione delle obbligazioni 
previste del contratto e poich�, quando esse furono registrate 
non era entrata in vigore la nuova tariffa prevista dalla legge n. 1744 del 
1962, consegue che l'aliquota applicabile era quella vigente al momento 
della registrazione e che le aliquote entrate successivamente in vigore, 
cio� il 1� gennaio 1963, non potevano essere applicate alle denuncie registrate 
anteriormente, cos� come la Corte d'Appello ha esattamente ritenuto. 

Del resto, anche prima dell'inizio dell'esecuzione, �le denuncie di contratto 
verbale di locazione vennero registrate prima dell'inizio dell'esecuzione, 
prescindendo da questa ed avendo riguardo soltanto agli elementi 
essenziali della convenzione verbale, in conformit� di quanto ritenuto 
da questa Corte Suprema con sentenza 24 maggio 1968, n. 1589. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2604 -Pres. Rossi �Est. 
Milano -P. M. Martinelli (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Vitaliani) c. Soc. Gerosa. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Procedimento innanzi alle 
Commissioni -Revocazione -Decisione della Commissione Centrale in 
grado di appello -Ammissibilit�. 

(r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 44; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 41; c.p.c. art. 395). 
Per un principio generale del vigente ordinamento giuridico � ammesso 
il rimedio della revocazione avverso qualunque provvedimento che 
abbia natura di sentenza e che sia emesfo in grado di appello o in unico 
grado. Di conseguenza la norma dell'art. 44 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
riferita alle decisioni della Commissione provinciale (in grado di appello) 
non esclude ma anzi conferma l'ammissibilit� del rimedio della revocazione 
contro le decisioni della Commissione centrale pronunciate (nelle 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 811 

imposte indirette) in grado di appello con cognizione piena e non limitata 
ai soli problemi di diritto riguardanti l'applicazione della legge (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'Amministrazione 
finanziaria, denunciando la violazione degli artt. 395, cod. proc. civ. e 44 

r.d. 8 luglio 1937, n. 1616, in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ., 
censura l'impugnata decisione per aver ritenuto che nei confronti delle 
decisioni della Commissione Centrale delle imposte non sia consentito il 
ricorso per revocazione. Sostiene, in particolare, che la formulazione letterale 
dell'art. 44 del citato decreto n. 1516 del 1937 non � tale da poter 
indurre l'interprete ad escludere il rimedio della revocazione avverso le 
decisioni della Commissione Centrale allorquando questa, in materia di 
imposte indirette, sia giudice di secondo grado. 
Il motivo � fondato. 

Pu�, invero, essere affermata l'esistenza nel vigente ordinamento giuridico, 
di un principio generale dell'ammissibilit� del rimedio della revocazione 
avverso qualsiasi provvedimento che abbia natura di sentenza e 
che sia emesso in grado di appello o in unico grado. La dottrina e la 
giurisprudenza di questa Corte Suprema (Cass. 28 giug~o 1949, n. 1622 e 
12 luglio 1966, n. 1848) hanno, in proposito, messo in evidenza che questo 
rimedio ha bens� carattere straordinario, ma solo perch� straordinari 

(1) Decisione di molto interesse. L'ammissibilit� in via di princ1p10 generale 
del rimedio della revocazione anche ove espresse norme. nulla dispongono 
sembra incontestabile. Tuttavia l'art. 44 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, 
avrebbe una sua logica perch� la Commissione Centrale, anche quando decide 
in grado di appello, (nelle imposte indirette in materia diversa dalla estimazione 
semplice) giudica sempre, come anche in primo grado la commissione 
provinciale, sulla applicazione della legge (art. 29, quarto comma, d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639). Tuttavia l'ambito della materia conoscibile dalla Commissione 
Centrale non si identifica con la mera legittimit�, che caratterizza il giudizio 
della Corte di Cassazione, ma piuttosto con quella limitata cognizione di merito 
che, prima della recente riforma, era tipica del giudizio in sede ordinaria; 
spetta cio� al giudice delle c.d. questioni di diritto l'accertamento dei fatti che 
costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione della legge. Di conse� 
guenza, entro questi limiti, la revocazione non pu� essere esclusa, cosa che 
risulta confermata dalla considerazione che la stessa questione sulla quale era 
chiamata a pronunziarsi, in grado di appello, la Commissione Centrale poteva 
essere portata, anche in pendenza del procedimento innanzi alle Commissioni, 
al giudice ordinario e decisa dalla Corte di appello la cui pronunzia era sicuramente 
soggetta a revocazione per applicazione diretta dell'art. 395 c.p.c. 
La questione � risolta diversamente nel nuovo ordinamento del contenz.
ioso che dichiara proponibile il ricorso alla Commissione Centrale (e alla 
Corte di appello) per questioni di fatto diverse dalla estimazione semplice 
(valutazione estimativa) e ammette la revocazione contro tutte le decisioni che 
involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili 
o non sono state impugnate (art. 26 e 41 d.P.R. n. 636/1972). 



812 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono i motivi per i quali � concesso, mentre come istituto deve conside� 
rarsi di carattere generale in quanto trova fondamento nella necessit� 
assoluta di giustizia che impedisce di tenere ferme le decisioni che siano 
toccate dai vizi gravissimi indicati nell'art. 395 cod. proc. civ., necessit� 
tale da superare anche quella di porre un termine alle liti ed alla certezza 
del diritto, che giustifica e richiede l'istituto della cosa giudicata. 

Pertanto, anche se in materia di contenzioso tributario, l'ora abrogato 
art. 44 del decreto n. 1516 del 1937, nel consentire, chiudendo le discus� 
sioni precedentemente insorte in argomento, l'impugnativa per revocazione 
contro le decisioni delle commissioni tributarie nei casi consentiti 
dal codice di procedura civile, faceva riferiment� a quelle delle commissioni 
provinciali, non pare, arbitrario ritenere che questo riferimento non 
era tassativo, ma piuttosto manifestazione dell'anzidetto principio generale. 
Giustamente, infatti, � stato rilevato che la menzionata disposizione 
aveva semplicemente previsto e richiamato in grado di appello, ma non 
aveva inteso stabilire una espressa deroga alla norma processuale generale 
dell'art. 395. 

Anche, quindi, secondo l'ordinamento del contenzioso tributa�:io anteriore 
alla riforma tributaria attuata con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, 
ben poteva essere affermata, nel procedimento davanti alle varie commissioni 
tributarie, l'ammissibilit� della revocazione come rimedio generale 
sia sulla base dell'art. 44 del decreto del 1937 sia, comunque, sulla 
base della disposizione generale del diritto processuale comune. Conseguentemente 
questo rimedio doveva considerarsi consentito, sempre che 
ricorressero i casi contemplati in quest'ultima disposizione, nei confronti 
delle decisioni della Commissione Centrale, allorquando questa, in materia 
di imposte indirette, sulle questioni devolute in primo grado alle 
Commissioni provinciali, aveva, come giudice di secondo grado, la cognizione 
piena e non limitata ai soli problemi di diritto riguardanti l'applicazione 
della legge. 

L'ammissibilit�, del resto, in tali ipotesi dell'impugnativa per revocazione 
nei confronti delle decisioni della Commissione Centrale, � stata, 
sia pure implicitamente, gi� da tempo affermata da questa Corte Suprema 
(Cass. 5 febbraio 1954, n. 282 e 12 dicembre 1953, n. 3698), mentre, com'� 
noto, l'art. 41 della citata legge qi riforma del contenzioso tributario ha 
~spressamente ammesso la generale esperibilit� del rimedio della revocazione 
contro tutte le decisioni delle commissioni tributarie che involgono 
accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili 

o non sono state impugnate. E per quanto dianzi si � detto, sembra lecito 
escludere che tale norma sia una disposizione sostanzialmente innovatrice 
e ritenere, invece, che la medesima abbia solamente reso esplicito 
un principio che era gi� insito nella precedente normativa del contenzioso 
tributario. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� ottobre 1976, n. 3202 -Pres. Novelli Est. 
Virgilio -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Cascino) c. Galletti. 

Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a 
ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 
1958 n. 645, art. 175 -Applicabilit� alla riscossione delle imposte 
sui redditi di esercizi anteriori. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette � Riscossione -Iscrizione a 
ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -T.U. 29 gennaio 
1958 n. 645, art. 175 -Illegittimit� costituzionale -Manifesta 
infondatezza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). 
Imposte e tasse in genere -Imposte dirette -Riscossione -Iscrizione a 
ruolo provvisoria in base ad accertamenti non definitivi -Criteri e 
modalit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 175). 
Le norme del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 relative alla riscossione, 
in considerazione del loro carattere procedurale, sono di immediata 
applicazione anche per la riscossione di tributi relativi ad esercizi precedenti; 
a ci� non � di ostacolo il principio di irretroattivit� della legge 
perch� la legge tributaria sopravvenuta e sempre applicabile ai rapporti 
che non abbiano esauriti i loro effetti, purch� la norma innovatrice 
non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto (1). 

� manifestamente infondata l'eccezione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 175 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia sotto il profilo della 
disparit� di trattamento tra situazioni anteriori e posteriori alla sua 
entrata in vigore, sia sotto il profilo dell'eccesso di delega, sia sotto il 
profilo della violazione . del principio di tutela giurisdizionale (2). 

(1-3) La prima massima � di evidente esattezza. L'immediata applicabilit� 
delle norme del procedimento � una regola generale; l'attuazione processuale 
di un diritto che resta immutato nella sostanza non pone affatto un problema 
di retroattivit�. La seconda massima merita completa adesione. 

Qualche incertezza suscita la terza massima. L'iscrizione a ruolo provvisoria 
in base ad accertamenti non definitivi, disciplinata oggi nell'art. 15 
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 con un meccanismo analogo a quello 
dell'art. 175 del t.u. del 1958 sulle imposte dirette, si fa come � ovvio per 
l'imposta corrispondente ad una parte del reddito accertato, parte che aumenta 
man mano che si progredisce verso la definitivit� fino a comprendere 
l'intero reddito determinato, bench� non ancora definitivo. Nel caso di accertamento 
in rettifica esiste gi� una base di reddito non controverso indicato 
nella dichiarazione per il quale l'imposta � stata gi� pagata eventualmente 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

814 

Ai fini dell'iscrizione a ruolo provvisoria in base ad accertamenti 
non definitivi in forza dell'art. 175 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, il 
maggior imponibile accertato dall'ufficio, .� costituito non dall'imponibile 
complessivo accertato ma dalla differenza tra l'imponibile accertato 
e quello dichiarato. Su questa differenza da ridurre nelle varie ipotesi 
alla met� o a due terzi, e non sull'imponibile complessivo, va liquidata 
l'imposta, anche se progressiva, da iscrivere a ruolo (3). 

(Omissis). -Ha carattere pregiudiziale l'esame del ricorso incidentale. 


Con il primo motivo il Galletti -denunciando violazione e falsa 
applicazione dell'art. 175 del T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione 
all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile -sostiene che 
erroneamente la Corte del merito ha ritenuto applicabile al caso di specie 
il citato art. 175 del T.U. n. 645 del 1958 (entrato in vigore il 1� gennaio 
1960), mentre il tributo di cui si chiedeva il pagamento si riferiva 
al 1956; 

La censura non ha fondamento. 

La Corte di appello ha giustamente rilevato che la iscrizione a 
carico del Galletti per l'imponibile del 1956 fu effettuata nei ruoli 
di seconda serie dell'anno 1960, e cio� nei ruoli pubblicati nel dicembre 
di tale anno, quando era gi� entrato in vigore il T.U. del 1958, per cui 
-in considerazione del carattere procedurale e, quindi, di immediata 
applicazione dell'art. 175, in quanto volto a disciplinare le modalit� di 
esazione del tributo -legittimamente la suddetta iscrizione a ruolo era 
avvenuta secondo il nuovo sistema. 

con ritenuta e oggi con versamento diretto del contribuente e comunque mediante 
iscrizione nel ruolo principale. 

Si deve pertanto necessariamente determinare la differenza tra il reddito 
dichiarato ed il maggior r:eddito accertato o deciso dalla Commissione. Su 
questa differenza (e non sul reddito complessivo) va calcolata la percentuale 
(met�, due terzi) di cui -alla lettera a) e b) dell'art. 175. Non potrebbe calcolarsi 
la percentuale sul reddito complessivo perch� si avrebbe il risultato 
assurdo di assumere come imponibile provvisorio su cui liquidare l'imposta 
una somma assai spesso inferiore a quella dichiarata. Esempio: reddito dichiarato 
100; reddito accertato 150; la met� del maggior reddito imponibile 
accertato sar� (150--100)=50:2=25; se si calcolasse la met� sul reddito complessivo 
accertato si avrebbe 150:2=75, somma inferiore a quanto risulta gi� 
dalla dichiarazione. Anche quando la differenza tra l'imponibile dichiarato 
e il maggiore imponibile accertato � molto elevata, si avrebbe sempre un risultato 
ingiustamente favorevole al contribuente se si prendesse a base il 
reddito complessivo: esempio: reddito dichiarato 100; reddito accertato 600; 
la met� da determinare sar� (600--100) =500: 2 =250; se si calcolasse la met� 
su 600 si avrebbe una somma (300) apparentemente maggiore ma che risulter� 
a vantaggio del contribuente quando si andr� a detrarre l'imposta gi� 
pagata in base alla dichiarazione. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 815 

Con tale statuizione la Corte del merito s1 e, peraltro, uniformata 
al principio affermato da questa Suprema Corte (Cass. 29 gennaio 1973, 

n. 271), secondo il quale in tema di irretroattivit� delle leggi, la legge 
sopravvenuta deve essere comunque applicata quando il rapporto giuridico 
disciplinato, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito 
i suoi effetti, e purch� la norma innovatrice non sia diretta a 
regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso. 
Questo principio deve ritenersi senza dubbio operante anche nella 
fattispecie, fn quanto l'art. 175 del T.U. del 1958 -limitandosi a regolare 
soltanto le modalit� di riscossione dell'imposta, peraltro in via 
provvisoria e con salvezza dei diritti del contribuente sulla definitiva 
misura del tributo -non incideva sulla sostanza del rapporto tributario 
o sui presupposti della imposizione, ma ne disciplinava soltanto 
gli effetti, in s� stessi considerati, in ordine alle modalit� della riscossione 
provvisoria. 

Con i motivi secondo e quarto, che vanno esaminati congiuntamente 
perch� riguardano la medesima questione, il Galletti eccepisce 
la illegittimit� costituzionale dell'art. 175 del T.U. del 1958, in relazione 
agli articoli 3 e 53 della Costituzione, ed osserva che l'applicazione del 
sistema di riscossione introdotto dall'art. 175 (ora abrogato) con riferimento 
ad imposte dovute per periodi anteriori all'entrata in vigore 

Sin qui la motivazione della sentenza appare esatta, ma essa non pu� 
essere pi� seguita quando passa ad affermare che la liquidazione dell'imposta 
si deve fare soltanto sulla differenza anzich� sommando questa differenza al 
reddito dichiarato e detraendo l'imposta gi� pagata. 

Se cos� fosse, nell'imposta progressiva, non si liquiderebbe il tributo 
sull'imponibile preso in considerazione, ma solo un acconto di esso, s� che 
resterebbe sempre da liquidare in seguito un conguaglio. 

1:!. invece evidente che la legge persegue lo scopo di operare una liquidazione 
integrale dell'imposta sull'imponibile da prendere in considerazione, con 
la conseguenza che nessuna ulteriore liquidazione dovr� farsi ove quell'imponibile 
diventasse definitivo; ci� risulta di tutta evidenza per la liquidazione 
dell'imposta sull'intero ammontare dell'imponibile determinato dalla 
commissione (art. 175 lett. e) del t.u. del 1958; art. 15 lett. e) del d.P.R. n: 602); 
se la decisione della Commissione (rispettivamente di secondo grado o cen


Tale) diventer� definitiva o non sar� riformata, la liquidazione della imposta 
':ritta provvisoriamente a ruolo diventer� definitiva e nessun ulteriore con6aaglio 
sar� dovuto. 

D'altra parte quando si procede a successive liquidazioni dell'imposta su 
un imponibile che, nello sviluppo del procedimento, va acquistando una crescente 
esecutivit�, si detrae sempre l'imposta gi� pagata non l'imponibile gi� 
preso in considerazione per liquidare l'imposta; quando cio� l'imposta iscrivibile 
a ruolo � superiore a quella gi� iscritta (o pagata per ritenuta) si 
iscrive a ruolo la differenza (art. 177 e 178 del t.u. del 1958) e nel procedere 
alla liquidazione prendendo a base un determinato imponibile si detrae l'imposta 
gi� pagata e non mai l'imponibile sul quale � stata operata una precedente 
liquidazione per applicare l'imposta solo sulla differenza. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

816 

di tale norma si risolve in una disparit� di trattamento tra cittadini in 
pari condizioni tributarie e di capacit� contributiva. 

Sostanzialmente il ricorrente osserva che l'applicazione o meno 
dell'art. 175 -rispetto ad imposte riferentesi ad anni precedenti dipende, 
per ciascun contribuente, non da elementi oggettivi predeterminati, 
ma dalla circostanza dell'avvenuto o non avvenuto esaurimento, 
alla data di entrata in vigore del T.U. del 1958, della procedura di 
iscrizione a ruolo. 

La eccezione di incostituzionalit� � manifestamente infondata. 

Il fenomeno segnalato dal ricorrente � normale in ogni caso di successione 
di leggi, ed lmporta una semplice disparit� di fatto tra� situazioni 
gi� esaurite, sulle quali la legge sopravvenuta non pu� ovviamente 
incidere, e situazioni ancora aperte, in ordine alle quali -con i limiti 
precisati a proposito dell'esame del primo motivo -lo jus superveniens 
esplica la sua efficacia: 

La Corte Costituzionale, con le sentenze 23 dicembre 1963, n. 171, e 
22 dicembre 1965, n. 85, ha affermato che in taluni casi l'applicazione 
della nuova legge (pur di far fronte a situazioni astrattamente eguali) 

Pertanto, tornando all'esempio numerico se il reddito dichiarato � 100 e 
il reddito accertato � 150, dopo aver calcolato la met� del maggiore imponibile, 
che come si � visto � di 25, non si dovr� liquidare l'imposta su 25, 
ma su (100+25) = 125 e quindi detrarre l'imposta gi� pagata per iscrivere a 
ruolo la differenza, scontando cos� man mano gli effetti della progressivit�. 
Se poi con la decisione della Commissione di primo grado il reddito imponibile 
sar� stato determinato in 130, si dovranno calcolare i due terzi della 
differenza (130-100) =30 e si avr� 20, per noi liquidare l'imposta su (100+20) =120 
e quindi procedere o alla iscrizione a ruolo dell'imposta ancora dovuta o 
al rimborso dell'imposta pagata in eccedenza. 

Solo cos� � concepibile il diritto del contribuente allo sgravio delle somme 
pagate in pi� rispetto al debito di imposta (art. 178 del t.u. del 1958; 
art. 40 d.P.R. n. 602) e solo cos� si pu� giustificare l'obbligazione di interessi 
con riferimento alla data del versamento (art. 44 d.P.R. n. 602). Se l'imposta 
sul maggiore imponibile venisse liquidata solo sulla differenza, si iscriverebbe 
a ruolo soltanto un acconto o una serie di acconti, che non potrebbero dar 
titolo al rimborso e meno che mai al pagamento degli interessi. Riprendendo 
ancora l'esempio, se l'imponibile dichiarato � 100 e quello accertato � 150, e 
se solo sulla met� della differenza (25) si liquida l'imposta, non s1 e ancora 
pagata per intero l'imposta (progressiva) dovuta su 125, s� che se dopo la 
decisione di primo grado la differenza (2/3 di 30) si riduce a 20, non nasce 
ancora il diritto al rimborso. Cos� procedendo si dovrebbe sempre arrivare 
alla definitivit� dell'accertamento per procedere alla liquidazione integrale 
del tributo, anche nel caso che si sia eseguita l'iscrizione a ruolo 
provvisoria per l'intero ammontare del maggiore imponibile deciso. 

Ma non � prevista affatto nel sistema una tale liquidazione di tanto 
ritardata, n� una specie di ruolo nella quale la relativa imposta possa essere 
iscritta. 

Il principio seguito dalla legge � che l'imposta viene liquidata sempre 
in via definitiva anche quando l'imponibile preso in considerazione non lo �. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

soltanto nei confronti di alcuni soggetti per i quali ricorrano determinate 
condizioni, e non anche di altri soggetti in diverse condizioni, costituisce 
una mera ed inevitabile disparit� di fatto, cui rimane estranea 
la legge, e che non vulncra il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 
della Costituzione, e tanto meno, quello della capacit� contributiva sancito 
nell'art. 53 della Costituzione stessa. 

Non pu� quindi dolersi il ricorrente che il sistema della iscrizione 
provvisoria nei ruoli, introdotto dall'art. 175 del T. U. del 1958, sia stato 
applicato nei -suoi confronti, essendo la relativa procedura ancora in 
corso alla data di entrata in vigore della nuova normativa, e che eguale 
applicazione sia invece rimasta preclusa per le situazioni gi� esaurite 
sotto l'impero del precedente sistema. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE E APPALTI PUBBLICI 


CORTE BI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1976, n. 2613 -Pres. Caporaso -
Rel. Caturani -P. M. Serio (conf.) -Ministero dei lavori pubblici (avv. 
Stato Onufrio) c. s.a.s. Compagnia Generale Sarda di Vittorio Longo 
(avv. Pittalunga). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Onere Carattere 
generale. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 36, S>J, 64 e 89). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Lavori non contabilizzati -Richiesta 
di compenso da parte dell'appaltatore -Onere della tempestiva 
riserva. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e 54). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche -Contabilit� provvisoria dei lavori Maggiori 
richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e 54; capitolato generale di appalto approvato con 
d.m. 28 maggio 1895, art. 36; capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 
luglio 1962, n. 1063, art. 26). 
Nell'esecuzione delle opere pubbliche l'onere della riserva che incombe 
sull'appaltatore ha carattere generale, al fine di realizzare, in armonia 
con le esigenze del bilancio pubblico, la continua evidenza delle spese 
dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva 
integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti non�h� alle 
altre possibili determinazioni dell'Amministrazione, le quali possono risiedere 
tra l'altro nella possibilit� di risoluzione unilaterale del contratto 
(1). 

Quando la contabilit� dei lavori escluda, per assenza, una diversa o 
maggiore contabilit� del lavoro eseguito nel periodo di tempo cui essa 
si riferisca, l'appaltatore non pu� essere esonerato dal presentare la riserva 
(2). 

(1) Giurisprudenza consolidata. Cfr., da ultimo: Cass., 15 aprile 1976, 
n. 1337, retro, I, 624; 5 gennaio 1976, n. 8, retro, I, 124. Amplius, cfr.: Rei. Avv. 
Stato, 1971-1975, Ili, pag. 287 e seguenti. 
(2) Sulla rilevanza dell'onere della tempestiva riserva anche per il compenso 
chiesto per lavori eseguiti e non contabilizzati cfr.: Cass., 5 maggio 
1972, n. 1355, in questa Rassegna, 1972, I, 508; 29 dicembre 1969, n. 4046, ivi, 
I r

1970, I, 1177. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 819 

L'appaltatore di opere pubbliche ha l'onere della tempestiva proposizione 
della riserva, a pena di decadenza, anche nel caso di contabiliz'
v,zione provvisoria dei lavori, dovendosi tale onere escludere soltanto nel 
>o di contabilit� informe ed irricostruibile (come in semplici appunti, 

"Ogliacci) (3). 

V:issis). -Col primo motivo del ricorso il Ministero dei Lavori 
� deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e se~uenti 
\lato generale sulle Opere Pubbliche 28 maggio 1895 (art. 26 
\capitolato 16 luglio 1962, n. 1063), degli artt. 36 e seguenti, 
\~ del regolamento sulle Opere Pubbliche 25 maggio 1895, 
''one all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ., vizio logico di motiva\~
o che la Corte di Roma, dopo di aver accertato in fatto 

�...si sarebbe trattato di registrazioni provvisorie e non 
\}nforme e irricostruibile, per la quale ha ricordato 
\~iurisprudenza l'onere dell'immediata riserva, ha poi 
\:he la provvisoriet� delle risultanze contabili avreb''
onere della tempestiva riserva, in contrasto con 
~ta Suprema Corte (Cass. 5 maggio 1972, n. 1355). 
\stesso motivo la sentenza impugnata per vizio 
traddittoriet�, avendo tratto da una premessa 
\>er le registrazioni provvisorie) una conclu(
esclusione dell'onere della riserva per un 
\forme ma provvisoria), sia per vizio lo\
p� nel(a specie si sarebbe trattato di 
\iale, come sostenuto dal Ministero. 
�,'<> si censura la sentenza denunciata 
\zione e falsa applicazione dell'art. 2 
\>ere Pubbliche 28 maggio 1895 cor~
nte 16 luglio 1962, n. 1063), del� 
\ artt. 1362 e seguenti sulla inter� 
\:Ila prova, in relazione all'arti\ 
Corte di merito si sarebbe 
tecnico di ufficio, il quale 
'li di una � sorpresa geolosul 
piano tecnico; b) per vio


.~ 1975, n. 1458, in questa Rassegna, 1975, I, 447; 
,,,, 1974, I, 259; 5 maggio 1972, n. 1355, ivi, 1972, I, 508. 
.:fUestioni discusse tra le parti (equo compenso ex art. 1664, 
...., deL codice civile e decorrenza degli interessi sulle somme 
..: all'appaltatore), che sono rimaste assorbite nell'accoglimento del 
motivo di ricorso, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1971-1975, III, rispettivamente 


pag. 246 e segg. e 296, ed a pag. 266 e segg. 


820 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

lazione degli artt. 132, n. 4 e 118 disp. att. al cod. proc. civ., in relazione 
all'art. 360, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa 
punti decisivi della controversia, per avere la Corte romana liquidato 
l'equo compenso nell'intera somma richiesta dall'impresa che aveva pur 
chiesto di provare ci� che si � ritenuto inutile provare. 

Col terzo ed ultimo motivo del ricorso il Ministero dei Lavori Pubblici 
deduce la violazione dell'art. 40, ultimo comma, del capitolato generale 
~er le Opere Pubbliche 25 maggio 1895 (corrispondente all'art. 36 
del capitolato vigente) in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., mancanza 
assoluta di motivazione per avere la Corte di merito liquidato gli 
interessi legali con decorrenza dalla data della domanda (3 giugno 1966) 
invece che con decorrenza dalla fine del secondo mese successivo alla 
data di registrazione da parte della Corte dei Conti del decreto emesso 
in esecuzione della sentenza di condanna, sulle orme della giurisprudenza 
della Suprema Corte la quale ha affermat.o il principio secondo cui nella 
nozione di � somme contestate � rispetto alle quali gli interessi cominciano 
a decorrere dopo il bimestre indicato nel capitolato generale per 
le Opere Pubbliche, debbono comprendersi anche le somme richieste a 
titolo di risarcimento dei danni per inadempienze contrattuali della P.A. 
e perci� a maggior ragione quelle liquidate a titolo di equo compenso. 

Il primo motivo del ricorso � fondato. 
L'indirizzo seguito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema 
(Cass. 26 marzo 1975, n. 1148; 12 marzo 1973, n. 677; S. U. 20 luglio 1972, 

n. 1960) � nel senso che nella esecuzione delle opere pubbliche l'onere 
delle riserve che incombe sull'appaltatore ha carattere generale, al 
fine di realizzare, in armonia con le esigenze del bilancio pubblico, la 
continua evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione 
ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari all'uopo 
predisposti nonch� alle altre possibili determinazioni dell'Amministrazione, 
le quali possono risiedere tra l'altro �nella potest� di risoluzione 
unilaterale del contratto di appalto (art. 345 della legge sui Lavori Pubblici 
20 marzo 1865, n. 2248, All. F). 
A parte le deroghe al principio della generalit� e della tempestivit� 
delle riserve in casi eccezionali (pei fatti estranei all'oggetto dell'appalto, 
per comportamenti dolosi o gravemente colposi della P. A. nell'eseguire 
adempimenti amministrativi, e pei fatti c. d. continuativi: 
Cass. 12 marzo 1973, n. 677) che non interessano nella e�onomia della 
motivazione, questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione' di affermare 
il principio secondo cui nei contratti d'appalto con la P. A., l'obbligo 
della presentazione tempestiva delle riserve viene meno in caso di contabilit� 
informe e irricostruibile oppure se la materia controversa non 
� contenuta, neppure per implicazione, nella scrittura contabile, onde ove 
la contabilit� escluda, per assenza, una diversa o maggiore contabilit� 
del lavoro eseguito nel periodo di tempo cui essa si riferisce, l'appalta




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 821 

tore non pu� essere esonerato dal presentare la riserva (Cass. 5 maggio 
1972, n. 1355). Egli inoltre ha l'onere della tempestiva proposizione della 
riserva a pena di decadenza, anche nel caso di contabilizzazione provvisoria 
dei lavori dovendosi tale onere escludere solo nel caso di contabilit� 
informe e irricostruibile (come in semplici appunti e brogliacci) 
(Cass. 10 gennaio 1974, n. 78; 5 maggio 1972, n. 1355). 

La Corte di merito, nel disattendere l'appello incidentale del Ministero 
dei Lavori Pubblici -con cui si eccepiva la decadenza dell'appaltatore 
dal far valere le sue pretese di maggiori oneri, per non essere 
state le riserve iscritte nel registro di contabilit� per le singole poste 
riguardanti i quantitativi di pietrame e di sabbia, ma formulate soltanto 
nell'ultima registrazione che indicava la quantit� complessiva -dopo 
di aver rilevato il carattere � provvisorio � delle registrazioni riflettenti 
i quantitativi di pietrame e di sabbia, indicati dall'Amministrazione in 
cifra tonda, e la non confondibilit� di tale contabilit� provvisoria con 
una contabilit� �informe e irricostruibile � per la quale � esclusa dalla 
giurisprudenza l'onere della immediata riserva, ha esteso anche ad una 
fattispecie riconosciuta come di contabilit� provvisoria la esenzione dall'onere 
della riserva da parte dell'appaltatore. 

Cos� motivando tuttavia la Corte romana non solo si � discostata 
dalla giurisprudenza del S. C. che estende l'onere della riserva anche 
alle registrazioni provvisorie, ma non ha considerato che la semplice 
incertezza in cui pu� incorrere l'impresa circa l'accoglimento o meno 
delle sue pretese di fronte ad una registrazione contabile provvisoria 
non esclude, ma anzi presuppone che l'appaltatore, ove ritenga che le 
spese a carico dell'amministrazione appaltante siano pi� onerose rispetto 
a quelle previste al momento della stipula del contratto di appalto 
per' eventi sopravvenuti ha l'onere di proporre immediatamente le sue 
riserve rispetto alle registrazioni operate dalla P. A., in quanto la provvisoriet� 
della iscrizione contabile non esclude, ma rende possibile 
l'evento che essa sia confermata in sede di conteggio definitivo e consente 
pertanto all'appaltatore di contrapporre subito la maggiore spesa 
dovuta dall'Amministrazione a� quella, sia pure in via provvisoria, menzionata 
nel registro. E c�me questa Corte Suprema ha gi� avuto occasione 
di sottolineare (Cass. 10 gennaio 1974, n. 78) la provvisoriet� della 
contabilizzazione procrastiner� l'onere della proposizione della riserva, 
solo quando -a causa di tale provvisoriet� -non sia consentita l'individuazione 
di un maggior aggravio, della spesa che l'Amministrazione 
� chiamata a sopportare. E poich� nella specie una tale evenienza � 
fuori discussione, devesi affermare il principio che di fronte ad una contabilizzazione 
provvisoria l'appaltatore non pu� sottrarsi all'onere delle 
riserve, rimandando il suo adempimento al conteggio finale, a pena di 
decadenza dal far valere le sue pretese di maggiori oneri, non appena 
dalle scritture contabili risultino dati di qualsiasi specie idonei a dargli 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

la consapevolezza della loro incompatibilit� con le pretese che egli intende 
far valere; l'esigenza di dare all'Amministrazione il potere di un 
riscontro continuo dei lavori e della incidenza della relativa spesa sul 
costo totale dell'opera non pu� consentire che di fronte ad una registrazione 
sia pure provvisoria, la quale sia in contrasto con le pretese che 
l'appaltatore intende far valere, costui possa rimandare la registrazione 
delle sue riserve, facendo in tal modo venir meno la stessa ratio che � 
alla base del procedimento formale e vincolato all'uopo previsto dalla 
legge, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui 
formazione � chiamato di volta in volta a partecipare, con l'onere specifico 
di contestare immediatamente le circostanze che riguardano le 
sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento della 
spesa prevista (Cass. 12 marzo 1973, n. 677). 

La difesa della resistente ha sostenuto la tempestivit� delle riserve 
dell'appaltatore nel conteggio finale sotto un duplice profilo: 1) in quanto 
i giudici di merito avrebbero posto in rilievo che la prima annotazione 
in contabilit� in base alla quale era stata possibile per l'impresa 
avanzare la riserva era stata quella del 14 luglio 1962 e che nel termine 
di legge da tale data era stata scritta la riserva; 2) le sentenze di primo 
e di secondo grado avrebbero accertato la tenuta irregolare della contabilit� 
da parte della P. A. giacch� le annotazioni non corrispondevano 
agli accertamenti giornalieri. 

Senonch� tali rilievi urtano con quanto ritenuto dalla sentenza impugnata 
(la sola che viene in esame in questa sede di legittimit�) la 
quale da un canto ha attribuito al carattere provvisorio delle registrazioni 
operate dalla P. A. la impossibilit� per l'appaltatore di stabilire se 
gli era stato accreditato tutto il compenso che riteneva essergli dovuto 
e per tale ragione ha escluso che fosse soggetto all'onere della riserva 
immediata, in c�ntrasto -come si � premesso -con la giurisprudenza 
di questa Corte Suprema, dall'altra ha escluso che nella fattispecie ricorresse 
una ipotesi di contabilit� informe e irricostruibile, per la quale 
soltanto questo S. C. esclude l'onere delle riserve. 

In conclusione, la Corte di merito, di fronte al carattere provvisorio 
della registrazione circa l'ammontare dei quantitativi di pietrame e sabbia, 
ha ritenuto di esonerare la Compagnia Generale Sarda dall'onere 
dell'immediata riserva, incorrendo in tal modo nella violazione di legge 
(art. 30 del Capitolato generale 28 maggio 1895 corrispondente all'art. 26 
dell'attuale capitolato 16 luglio 1962, n. 1063, in relazione all'art. 360, 

n. 3 c.p.c.). 
L'accoglimento del primo motivo del ricorso comporta l'assorbimento 
degli altri due con i quali si denuncia rispettivamente la insussistenza 
in concreto della sorpresa geologica e la liquidazione dell'equo 
compenso (art. 1664 cod. civ.) nonch� la decorrenza degli interessi legali, 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 823 

con la conseguente cassazione della sentenza denunziata e rinvio per 
nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, la quale, 
nella definizione della controversia si atterr� al principio di diritto dianzi 
denunciato e provveder� altres� alle spese di questa fase di Cassazio� 
ne. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 2 aprile 1976, n. 7 -Pres. Rosso -
Rel. Gran1:1ta -Zuppa (avv. Gallo) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. 
Stato Albisinni). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Giudizio e procedimento -Appello -Termine 
� Decorrenza. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, comma quarto, e 189, comma primo). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Giudizio e procedimento -Appello � Di


, 
sciplina dei termini -Questione di legittimit� costituzionale -Viola� 
zione del principio di eguaglianza e del diritto alla difesa -Manifesta 
infondatezza. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 183, comma quarto, e 189, comma primo; Cost., 
artt. 3, comma primo e 24, comma secondo). 
Notificatosi dal cancelliere il dispositivo della sentenza del tribunale 
regionale delle acque, il termine per l'appello al tribunale superiore decorre 
dalla data della notifica (1). 

� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 189, primo comma, T. U. 11 dicembre 1933, n. 1775 per contrasto 
con gli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cast. La decorrenza 
del termine per l'appello dalla notifica del dispositivo della sen


(1) Gli artt. 189, comma primo, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 -per quanto 
ha riguardo all'appello avverso le sentenze definitive dei tribunali delle acque 
pubbliche -e 202, comma quarto -per il ricorso alle sezioni unite della 
Corte di cassazione avverso le sentenze del tribunale superiore delle acque, 
pronunziate in grado di appello (art. 200) o in sede di giurisdizione ammini� 
strativa (art. 201) -fanno decorrere il termine per l'impugnazione dalla notifica 
della copia integrale del dispositivo della sentenza eseguita a cura del 
cancelliere nelle forme stabilite per la notifica degli atti di citazione (art. 183, 
comma quarto): con riguardo all'appello, cfr. trib. sup. acque, 29 febbraio 
1956, n. 3 in Acque bonif. costr., 1956, 267; al ricorso per cassazione, Cass., 
Sez. Un., 21 febbraio 1976, n. 576, in questa Rassegna, 1976, I. 
In un caso di ricorso per cassazione, si � posta la questione se la no� 
tifica del dispositivo, che � previsto debba farsi alle parti sia valida ove eseguita 
al procuratore o avvocato legalmente costituito; questione risolta in 
senso affermativo in base al testuale disposto dell'art. 154, comma secondo, 
del t. u. del 1933, secondo il quale la parola � parte � indica anche i procu


13 



824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST.41'0 

tenza a cura della cancelleria, anzich� da quella della copia della sentenza 
su richiesta della parte, � da un lato giustificata da un'esigenza di pi� 
sollecita definizione dei giudizi di cui � ragionevole fondamento la natura 
del bene e dell'interesse pubblico coinvolti nelle controversie sottoposte 
al rito speciale avanti ai tribunali delle acque, dall'altro concede uno spazio 
di tempo tuttavia sufficiente all'esercizio del diritto di impugnazione, 
onde non pu� ritenersi che ne risultino compressi lo scopo o la funzione 

o ne sia sacrificato o reso estremamente difficoltoso l'esercizio (2). 
(Omissis). -Diritto. -Il ricorso in appello della Zuppa � inammissibile, 
perch� proposto oltre la scadenza del termine di legge. 

In punto di fatto, la tardivit� del ricorso con riferimento, come dies 
a quo di decorrenza del termine, alla ( data di) notificazione del dispositivo 
della sentenza impugnata � fuori questione. 

Tuttavia, la ricorrente tenta di sottrarsi alla ineluttabile conseguenza 
della dichiarazione di inammissibilit�, denunziando la illegittimit� costituzionale 
della disposizione dettata dall'art. 189 primo comma, T. U. 11 dicembre 
1933 n. 1775, che, facendo appunto decorrere il termine per appellare 
la sentenza nei Tribunali regionali delle acque pubbliche non dalla 
notificazione in forma integrale della sentenza a richiesta di parte, bens� 
dalla notificazione del suo solo dispositivo a cura della cancelleria, violerebbe 
manifestamente i precetti costituzionali di cui agli artt. 3, primo 
comma e 24 primo e secondo comma, della Costituzione. La prima disposizione 
costituzionale, ad avviso della ricorrente, sarebbe violata �per


ratori o avvocati legalmente costituiti: Cass., Sez. Un., 6 aprile 1962,, n. 730 
in Giust. civ., 1962, I, 1256; Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1964, n. 350, in Foro it. 
1964, I, 1297. 

Nei procedimenti in contumacia, la notificazione � fatta mediante inserzione 
nella Gazzetta Ufficiale (art. 183, comma 6). 

Nell'applicazione di questa norma si � discusso della am.iissibilit� dell'impugnazione 
proposta oltre il termine, con riguardo ad un caso in cui 
non s'erano osservate le norme per la dichiarazione di contumacia (art. 176, 
comma quarto) e ad un altro in cui il convenuto era stato erroneamente 
ritenuto contumace. Nel secondo caso si � ritenuto che, mancata la notificazione 
alla parte nelle forme previste dall'art. 183, tomma quarto, il termine 
per l'impugnazione vada desunto dall'art. 327 c.p.c. (Trib. sup. acque, 11 ottobre 
1972, n. 36, Cons. Stato, 1972, II, 1157 e Giust. civ., 1972, I, 1864), nel 
primo che l'impugnazione possa essere proposta anche oltre questo termine 
(in applicazione dell'art. 327, comma secondo, c.p.c.) quante volte il convenuto 
non comparso sia rimasto assente perch� non citato in persona propria 
ancorch� la motivazione della sentenza non lasci comprendere se la notificazione 
del ricorso fosse per altro verso nulla o da qualificare come tale per 
non essere stata fatta in persona propria (Trib. sup. acque, 8 ottobre 1969, 

n. 24, in Foro amm., 1970, I, 1, 34 e Giust. civ., 1969, ,I, 1949). 
L'applicazione dell'art. 327 c.p.c. � poi stata ritenuta possibile in linea 
generale quante volte la notificazione prevista dall'art. 183 non sia stata 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 825 

ch�, per effetto del citato art. 189..., viene reso praticamente inoperante 

il termine annuale per l'impugnazione ex art. 327 cod. proc. civ. (salvo 

il caso meramente accidentale di omissione della notificazione da parte 

della Cancelleria), determinandosi cos� una assolutamente ingiustificata 

ed irrazionale situazione di diseguaglianza rispetto all'ordinario sistema 

delle impugnazioni �. Sarebbe pure violata, poi, la seconda disposizione 

� perch� la norma in questione costringe la parte soccombente sia a dover 

decidere, entro uno spazio di tempo assai pi� ridotto che non nel giu


dizio civile ordinario, sulla opportunit� o meno dell'appello ed a predi


sporre i motivi a suo sostegno, sia a dover sopportare, entro un termine 

assai pi� ridotto, tutti gli oneri patrimoniali� rimanendo �in tal modo... 

inutilmente compressi o resi assai pi� gravosi i diritti di difesa �. 

Sotto entrambi i profili prospettati, peraltro, la questione � mani


festamente infondata. 

Il titolo IV del T. U. del 1933, n. 1775 detta una serie di disposizioni 

volte a �regolare in modo speciale e con un complesso organico di 

norme il procedimento in materia di controversie sulle acque pubbliche 

davanti ai tribunali regionali ed al tribunale superiore � (Cass. Sez. un. 

2 febbraio 1973, n. 311). In questo peculiare ed organico sistema si inse


riscono l'art. 183, quarto comma, che commette alla cancelleria la noti


ficazione delle sentenze alle parti, da effettuarsi mediante consegna di 

copia integrale del dispositivo nella forma stabilita per la notifica degli 

�eseguita o sia affetta da nullit� o sia infine avvenuta tardivamente (Cass., 

Sez. Un., 15 marzo 1956, n. 761, Acque bonif. costr., 1956, 471; sul punto, cfr., 

altres�, Cass., Sez. Un., 25 febbraio 1948, n. 295, Foro it., 1949, I, 46; Trib. sup. 

acque, 30 dicembre 1952, Foro it., 1953, I, 239). 

In argomento vanno ancora segnalate Trib. sup. acque, 31 ottobre 1970, 

n. 42 in Temi, 1971, 493 con nota di SALOTTI, Termine per appellare al Tribunale 
superiore delle acque pubbliche e rinvii alle norme del codice di procedura 
civile, e Trib. sup. acque, 13 febbraio 1971, n. 2 in Cons. Stato, 1971, II, 175, 
che hanno ritenuto decorrere il termine dalla notifica della copia integrale 
della sentenza su istanza di parte, se questa intervenga prima di quella del 
dispositivo a cura del cancelliere (nella specie ritardata oltre il termine di 
cinque giorni successivo alla restituzione degli atti da parte dell'ufficio del 
registro, previsto dall'art. 183, �comma quarto). 
L'ultima delle decisioni richiamate in motivazione, Cass., Sez. Un., 2 febbraio 
1973, n. 311 pu� leggersi in Giust. civ., 1973, I, 560 con nota di SGROI V., 
Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle norme del 

codice di procedura civile. 

(2) Non constano precedenti in termini. 
suna questione della congruit� dei termini per l'impugnazione, avuto riguardo 
alla loro decorrenza e durata, cfr., Corte cost., 22 novembre 1962, 

n. 93, Giur. cast., 1962, 1371; Corte cost., 22 giugno 1963, n. 107, Giur. cast., 1973, 
836; Corte cost., 1 febbraio 1964, n. 2, Giur. cast., 1964, 16; Corte cost., 15 dicembre 
1967, n. 139, Giur. cast., 1967, 1653; Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 159, 
Giur. cast., 1969, 2388; Corte cost., 4 marzo 1970, n. 34, Giur. cast., 1970, 450; 

826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti di citazione, e l'art. 189, primo comma, che, al pari di quanto dispone 
il successivo art. 202, ultimo comma, per il ricorso per cassazione, 
fa decorrere il termine per appellare � dalla notificazione del dispositivo 
ai sensi dell'art. 183 �. 

Ora, il dubbio, che nell'ambito del particolare sistema �processuale 
configurato dal T. U. sulle acque pubbliche la sostituzione, quanto alla 
notifica della sentenza, dell'impulso di ufficio a quello di parte, operante 
invece nel sistema processuale comune vigente sia oggi (art. 326 cod. 
proc. civ. del 1942), che al momento dell'emanazione del T. U. citato 
(art. 467, cod. proc. civ. del 1865; pure artt. 476 e 548 e stesso codice), 
possa violare il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta 
costituzionale, si appalesa privo di ogni fondatezza, sol che si rifletta, 
come, anche nell'aspetto specifico qui considerato, la specialit� del rito 
nasce, nella rappresentazione del legislatore, dalla specialit� del bene 
economico coinvolto nelle controversie assoggettate a quel rito ed implicante 
indefettibilmente, proprio per la sua natura, un particolare 
tipo di interesse pubblico, la cui presenza, a p~opria volta, spiega con 
sufficiente ragionevolezza la posizione di una norma volta ad assicurare, 
attraverso la provocazione ex officio della decorrenza del termine c. d. 
breve per impugnare, una pi� sollecita definizione di siffatti giudizi. 
Sicch�, la circostanza che, secondo il normale funzionamento del sistema 
normativo approntato per questi processi, la operativit� del c.d. termine 
lungo di decadenza (previsto all'art. 327 cod. proc. civ. attuale, ritenuto 
applicabile -Cass. 15 marzo 1956, n. 761; Trib. sup. acque pubbl. 11 ot-

Corte cost., 19 giugno 1973, n. 85, Giur. cost., 1973, 901; Corte cost., 12 novembre 
1974, n. 255, Giur. cost., 1974, 2865. 

La decorrenza del termine per l'impugnazione, dalla notifica del dispositivo 
anzich� da quella della copia della sentenza, prevista dall'art. 189 del t.u. 
del 1933, d� luogo ad un sistema di non infrequente applicazione: esso � ad 
es. previsto dall'art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sulla revisione della 
disciplina del contenzioso tributario; altra figura di termine decorrente dalla 
data della notificazione del dispositivo risulta dalla dichiarata incostituzionalit� 
degli artt. 183, primo e ultimo comma, e 131, commi primo e terzo, 

c. fall., in materia di appello e ricorso per cassazione contro le sentenze 
che omologano o respingono il concordato fallimentare e preventivo, in quanto 
per le parti costituite facevano decorrere il termine dall'affissione della sentenza 
anzich� dalla data di ricezione della comunicazione. 
La Corte (sent. 12 novembre 1974, n. 255, cit.) ha osservato che �a prescindere 
dal problema di ordine concettuale, se la comunicazione possa corret� 
tamente considerarsi, come spesso si ritiene, una forma abbreviata di noti� 
ficazione, e sebbene, conoscendo essa il solo dispositivo, ne derivi a carico 
degli interessati l'onere di prendere visione integrale della sentenza, pu� concludersi, 
dunque, che, nel sistema della legge fallimentare, la illegittimit� costituzionale 
della norma denunciata per contrasto su l'art. 24 Cost. si accentra 
nella decorrenza del termine dalla data (incerta e mal nota) dell'affissione, 
anzich� da quella della ricevuta comunicazione a cura della cancelleria >>. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

tobre 1972, n. 36; Trib. sup. acque pubbl. 30 dicembre 1952 -anche 
davanti al giudice speciale delle acque, pur se ignoto sia al T. U. del 
1933, n. 1775, che al cod. proc. civ. del 1865 vigente all'epoca della sua 
emanazione) si presenti come evenienza affatto eccezionale, non pu� 
assolutamente porre un problema di violazione del principio di parit� 
di trattamento rispetto ai giudizi regolati dal rito ordinario, posta la 
diversit� delle due situazioni processuali raffrontate, delle quali la prima 
soltanto � caratterizzata ontologicamente dalla presenza di quel certo 
tipo di pubblico interesse. 

D'altro canto, gli innegabili svantaggi, che nei giudizi davanti ai 
Tribunali delle acque alla parte soccombente derivano, a confronto dei 
processi ordinari, dall'adozione della particolare disciplina circa la decorrenza 
del termine per impugnare, non sono tali da giustificare un 
dubbio non manifestamente infondato di violazione dell'art. 24 Cost., 
posto che lo spatium temporis concesso appare, apprezzato in s� stesso, 
comunque sufficiente per escludere che, pur con i maggiori oneri di 
attivit� ricadenti sulla parte interessata alla impugnazione, possano dirsi 
compromessi � lo scopo e la funzione � del diritto costituzionalmente 
garantito da quella disposizione, o che di esso resti � vanificato o reso 
estremamente difficoltoso l'esercizio�, e quindi per escludere con asso� 
Iuta evidenza e certezza, alla stregua dei criteri fissati in materia dalla 
Corte costituzionale, la ipotizzabilit� della denunziata violazione dell'articolo 
24 citato. N� la incostituzionalit� pu� prospettarsi in via di raffronto 
con la diversa disciplina del processo comune, in tal guisa tornandosi 
a proporre il profilo correlato al principio di eguaglianza, della 
cui manifesta infondatezza si � gi� discorso. 

Con la conseguenza che, ferma l'operativit� dell'art. 189 primo com� 
ma, T. U. del 1933, n. 1775 nella parte in cui fa decorrere il termine per 
appellare dalla notifica, a cura della cancelleria, del dispositivo della 
sentenza impugnata, l'appello della Zuppa va dichiarato tardivo e quindi 
inammissibile, con la condanna dell'appellante stessa alle spese anche di 
questo grado, liquidate come in dispositivo. -(Omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 5 marzo 1975, n. 494 -Pres. Perfetti -
Rel. Del Pozzo -P. M. Scotti (conf.) -Rie. Migarini ed altro. 

Comunit� Economica Europea -Produzione, commercio e consumo -In 
genere -Prodotti alimentari (singoli prodotti) -Latte -Regolamento 

C.E.E. -Efficacia abrogativa legge 29 novembre 1965, n. 1330 -Esclusione. 
(Reg. e.E.E. 29 giugno 1971, n. 1411; I. 29 novembre 1965, n. 1330). 
Contrabbando � Contrabbando per quantitativo non accertato � Continuazione 
nel reato � i\pplicabilit�. 
(art. 294 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43). 

(c.p. art. 81). 
Essendo rivolto il regolamento C.E.E. n. 1411/71 del 29 giugno 1971 
ad � assicurare che il latte scremato ed il latte scremato in polvere ai 
quali sono concessi aiuti siano effettivamente utilizzati per l'alimentazione 
degli animali� � in armonia con la legge 29 novembre 1965, n. 1330, che 
disciplina tale materia e che quindi conserva pienamente vigore (1). 

La fattispecie prevista dall'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 
non prevede la graduazione della pena in modo proporzionale alla quan


(1-2) La prima massima corrisponde ad una corretta interpretazione delle 
norme esaminate. 

La seconda massima � applicazione esatta della norma dell'art. 294 della 
legge doganale che, in questa figura autonoma di noto esclude esplicitamente 
la pena proporzionale. Come � noto, anche recentemente la Cassazione ha 
affermato: 

� La disciplina del reato continuato non � applicabile ai reati puniti con 
pena pecuniaria proporzionale. Pertanto, allorch� in sede di rettificazione della 
sentenza ex art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen., dei vari reati (tutti astrattamente 
inquadrabili nella continuazione) alcuni sono puniti con pene pecuniarie, 
proporzionali ed altri con pene pecuniarie fisse, la Corte di Cassazione, 
in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., pu� ritenere la 
continuazione e determinare la pena unica conseguenziale soltanto in ordine 
ai secondi; mentre per i primi dovr� conformare le singole situazioni emesse 
dal codice di merito. Ci� in quanto all'applicazione della continuazione di 
reati puniti con pena proporzionale � di ostacolo it particolare sistema sanzionatorio, 
il quale verrebbe eluso se la pena venisse fissata secondo i criteri 
dell'art. 81 cod. pen. giacch� verrebbe meno la � proporzionalit�� della sanzione 
in rapporto all'illecito che il legislatore ha ritenuto -per ragioni di 
politica criminale legata alla particolare tutela accordata al lavoro subor




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALI'! 829 

tit� dell'oggetto del reato ed � pertanto ad essa applicabile la 'disciplina 
del reato continuato (2). 

I ricorrenti di cui in epigrafe venivano tratti al giudizio del Tribunale 
di Perugia, per rispondervi, oltre che di violazioni alla 1. 29 novembre 
1965, n. 1330 (dichiarate estinte per amnistia) del delitto di cui 
all'art. 102 I. 25 settembre 1940, n. 1424 per avere dato una destinazione 
diversa a quintali 2072,0568 di latte magro in polvere importato dall'estero 
per uso dell'industria degli alimenti per il bestiame, vendendo il Mignini 
detto latte ad un'industria per la fabbricazione degli alimenti destinati 
all'uomo, ed acquistandoli il Colussi, destinandoli alla preparazione di 
prodotti per uso alimentare umano. Con sentenza del 3 dicembre 1973 
il Tribunale dichiarava l'imputati colpevoli del ricordato reato, e tenuto 
conto per entrambi della ;recidiva reittrata (esclusa la specificit�) condannava 
entrambi alla pena di lire 2.250.000 di multa. Proponevano appello 
gl'imputati, le cui difese deducevano a motivo di gravame: nullit� 
dell'istruttoria sommaria e dell'intero consequenziale giudizio (nullit� 
gi� dedotta nel 'dibattimento di primo grado e disconosciuta dal primo 
giudice) per il compimento di atti di perquisizione domiciliare e di sequestro, 
senza partecipazione dei difensori, e precedenti l'avviso di procedimento; 
erronea mancata assoluzione quanto meno per insufficienza 
di prove; erronea applicazione della pena in misura eccessiva. Con sentenza 
del 23 aprile 1974 la Corte d'appello di Perugia, reietti tutti i 
motivi di gravame, confer:rpava l'impugnata decisione. Proponevano ricorso 
per cassazione gl'imputati, la cui difesa presentava poi in termini 
i seguenti motivi di gravame: Mignini Mario: q.) violazione di legge in 
rel. agli art. 185 n. 3, 401, 304 bis, ter e quater, 367 c.p.p.; la mancata 
partecipazione ai difensori e il mancato deposito prima dell'interrogatorio 
degli atti di cui si � detto, costituirebbero nullit� insanabile, e non 
sanata come � stato ritenuto dal giudice di appello; b) l'aumento di pena 
per effetto della continuazione non poteva essere disposto, per effetto 
dell'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. Colussi Giacomo: a) come 
per l'imputato precedente, sub a); b) per effetto del Regolamento C.E.E. 

n. 990 del 1972 deve intendersi caducato l'art. 1 della 1. n. 1330/1965; 
c) nel merito, si deduce che latte per uso umano e per uso animale 
non si differenziano, e il ricorrente era soggettivamente ignaro dell'originaria 
destinazione ad uso diverso dall'alimentazione umana; d) comundinato 
-meritevole di un trattamento penale diverso da quello normale. 
�'. appunto questa � specialit� � del sistema sanzionatorio che rende inapplicabile 
ai reati puniti con pena proporzionale il regime proprio della continuazione 
� (v. Cass. 8 agosto 1974, n. 1377 in Massimario delle decisioni penali, 
1975, p. 527, n. 130.138). 



830 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


que, il ricorrente ignorava l'origine estera del latte; e) come per l'imputato 
precedente, sub b). 

I ricorsi, infondati, vanno r~ietti. Deve preliminarmente esaminarsi 
il motivo di carattere processuale, dedotto del resto per primo da entrambi 
i ricorrenti. Esso non pu� trovare accoglimento; non tanto per 
la ragione, severamente criticata dai ricorrenti, e posta a principale 
fondamento della decisione negativa del giudice di appello, che trattisi 
nel caso di nullit� sanabile; ma per la ben pi� risolutiva ragione che 
di nullit� processuale non pu� discorrersi, essendosi essa verificata in 
una fase pre-processuale, nella quale la polizia tributaria indagava su 
altri e diversi fatti, prima quindi che sorgesse nei confronti dei ricorrenti 
lo stesso sospetto di reato, in ordine ai fatti di cui si occupa il 
presente procedimento. In tale situazione non era neppure pensabile un 
adempimento in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater, non solo non 
essendo ancora individuati gli ipotetici autori di reato, ma neppure 
essendo ipotizzato reato alcuno. 

Possono poi essere �esaminati i motivi del Colussi comunicabili al 
Mignini. Si sostiene, quanto all'imputazione ex legge 29 novembre 1965, 

n. 1330 (reati dichiarati estinti per amnistia) che il proscioglimento dovrebbe 
seguire con ampia formula, la fattispecie avendo cessato di costituire 
reato per effetto del Regolamento C.E.E. n. 990/72. L'obbiezione 
del giudice di appello (che l'art. 152 c.p.p. non potrebbe riguardare il 
caso) � giustamente criticata dal ricorrente Colussi; ma la decisione 
in concreto della Corte di Perugia � tuttavia esatta, sotto altro e ben 
pi� pregnante e risolutivo punto di vista. Ritiene per vero questo S.C., 
conformemente alla propria giurisprudenza in tema di regolamenti C.E.E. 
nel settore del latte e pi� particolarmente in tema di armonizzazione fra 
il regolamento C.E.E. n. 1411/71 del 29 giugno 1971 e legislazione interna, 
che i regolamenti C.E.E. siano armonizzabili con talune disposizioni dell'ordinamento 
interno, e particolarmente con tutte quelle che sono rivolte 
alla tutela della salute pubblica e pi� in generale del consumatore. 
Procedendo all'esame particolareggiato del regolamento n. 990/72, si 
rileva, alla lettura alla parte introduttiva, essenziale per l'interpretazione 
della norma, che il terzo � considerando � chiarisce come il regolamento 
di cui trattasi non solo non contrasta e non si oppone alla ratio iuris 
ed alla lettera della I. 29 novembre 1965, n. 1330, ma anzi vi collima 
esattamente ed espressamente, essendo rivolto, il regolamento medesimo, 
proprio come la 1. n. 1330, ad � assicurare che il latte scremato ed 
il latte scremato in polvere ai quali sono concessi aiuti siano effettivamente 
utilizzati per l'alimentazione degli animali�. E che questa sia la 
ragione basilare del regolamento citato, si desume proprio dalla normativa 
comunitaria, e precisamente dall'art. 1 n. 1 e dall'art. 2 del regolamento 
990, che per assicurare che il latte ad uso di alimentazione animale 
sia riservato all'uso stesso, dispone l'obbligo della denaturazione, 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

con aggiunta di farina di erba medica o di farina di erba; il che ovviamente 
esclude la possibilit� di frodi rivolte a stornare l'uso del latte 
in parola verso l'alimentazione umana: e lo stesso art. 8 citato dal 
ricorrente collima esattamente con siffatta conclusione, disponendo al 

n. 3 lett. g) l'obbligo d'indicazioni atte ad assicurare l'esclusivit� dell'uso 
d'alimentazione animale. Che poi al regolamento C.E.E. n. 990/72 non 
possa essere attribuita funzione abrogativa delle norme interne rivolte 
alla tutela del consumatore e della salute pubblica, si ricava indiretta� 
mente -ancora -dal fatto che l'Italia, successivamente alla data di 
entrata in vigore del regolamento ricordato, ha emanato in materia, la 
I. 11 aprile 1974, n. 138, perfettamente allineata con lo spirito della precedente 
normativa interna. E pertanto il motivo di ricorso ricordato 
non ha pregio. 
Passando ad esaminare i motivi esclusivamente personali del ricorrente 
Colussi, deve osservarsi com'essi, rifacendosi alla tesi non accolta 
n� in primo n� in secondo grado dai giudici di merito, dell'ignoranza 
da parte di quell'imputato della provenienza estera del latte di cui � 
causa, nonch� dell'originaria destinazione a mangime animale, deducendo 
in questa sede di mera legittimit� censure di mero ed esclusivo 
fatto che non sono, per tal ragione appunto, ammissibili quali mezzi di 
ricorso. Ci�, in quanto la motivazione della sentenza gravata appare, 
sul punto, chiara, completa e persuasiva, ed in tutto aderente a sicure, 
ed in gran parte obbiettive e documentali risultanze. Resta da esaminare 
l'ultimo comune motivo di gravame, dedotto vuoi dal Mignini, vuoi 
dal Colussi, ed attinente alla contestata misura della pena. Secondo i 
ricorrenti i giudici di merito avrebbero fatto inesatto governo della 
legge, ritenendo di poter applicare l'istituto della continuazione in una 
fattispecie criminosa che abbia richiesto, come nel caso, applicazione 
dell'art. 294 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. La tesi, in apparenza suggestiva, 
� frutto di un sofisma. Esatta invero � una delle premesse maggiori 
del ragionamento dei ricorrenti: quando, invero, la pena � graduata 
in modo proporzionale alla quantit� dell'oggetto del reato, o degli oggetti 
su cui cade il reato, per ci� solo � esclusa in radice la possibilit� di 
applicare le norme sul reato continuato. Ed � questa, badisi bene, situazion� 
del tutto sfavorevole all'imputato, e che il pi� sovente si verifica 
appunto laddove la legislazione appare pi� drastica �e rigorosa, come in 
tema di repressione dei reati finanzia< e doganali. Siffatta esaLa premessa 
effettuata, manchevole si presenta la seconda premessa logica dei 
ricorrenti: che, cio�, nel caso dell'art. 294 ricordato sempre siamo in 
tema di pena proporzionalmente calcolata sulla quantit� della merce 
oggetto del reato. L'illazione dei ricorrenti (� quindi non vi si possono 
ap~licare le regole sulla continuazione�) � pertanto errata in toto. Una 
semplice riflessione sulla validit� della premessa minore dei ricorrenti, 
avrebbe infatti portato a scoprire il sofisma che vi si annida: l'art. 294, 


832 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

determinando in particolari fattispecie, che si attagliano al caso, la ri� 
nuncia al sistema della pena proporzionale, e ristabilendo il sistema 
normale di una pena determinata in un minimo ed in un massimo, si 
sottrae per ci� appunto all'eccezione costituita, nei riguardi del reato 
continuato, dalle norme fissanti, per reati finanziari o doganali, la pena 
esattamente proporzionale all'oggetto del reato. Bene pertanto, ristabilita 
la normale validit� di applicazione dell'art. 81 c.p., ha effettuato il 
calcolo delle pene il primo giudice, in ci� confermato dal secondo. Pu� 
qui soggiungersi che il calcolo della pena appare esatto anche nei confronti 
della ritenuta recidiva; che i reiterati, numerosi precedenti dei 
prevenuti si adeguano alla ritenuta recidiva anche in base ai pi� larghi 
criteri ora consacrati da d.l. 11 aprile 1974, n. 99 e da I. 7 giugno 1974. 

n. 220. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 ottobre 1975, n. 1756 -Pres. Straniero 
-Rel. Iannaccone -P. M. Ambrosio (parz. diff.) -Rie. P. M. in 
proc. Tamburini ed altri. 

Reato -Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Reato di immissione di sostanze inquinanti � Luogo e tempo 
di consumazione del reato. 

(1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Reato di immissione di sostanze inquinanti -Momento perfezionativo 
del reato � Raggiungimento del mare � Momenti e luoghi 
anteriori � Eventuale concorrenza di altri reati . Irrilevanza. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. l604, artt. 6 e 9). 
(r.d. 27 luglio 1934, n. 1265). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Reato di immissione di sostanze inquinanti � Immissione 
indiretta � Afflusso al mare di altre acque � Versamento delle sostanze 
in queste ultime � Momento consumativo del reato. 

(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Divieti penalmente sanzionati � Parziale corrispondenza con 
quelli previsti dal t.u. sulla pesca � Inquinamento di acque interne e 
marine � Diversit� di disciplina. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). 
(1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti � Concetto normativo 
della idoneit� inquinante� Parametri -Valutazione in concreto. 

(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato � Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Nozione di 
sostanza inquinante . Parametro del � nocumento diretto � per la 
fauna ittica -Ampiezza. 

(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti � Immissione 
indiretta -Nozione. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Reato di immissione di sostanze inquinanti -Immissione 
indiretta � Carattere pubblico o privato dell'acqua che funga da 
vettore -Irrilevanza -Disciplina delle acque interne � Irrilevanza 
rispetto all'inquinamento marino. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 6). 
Reato -Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Versamento di rifiuti industriali in acque pubbliche destinate 
ad afiluire in acque marine -Duplicit� di autorizzazione. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, artt. 6 e 9). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Acque interne -Autorizzazione al versamento di rifiuti Presupposto 
per l'autorizzazione alla immissione nelle acque marine. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 9). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 14). 
(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 145). 
Reato � Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Versamento di rifiuti nel mare -Autorizzazione del capo 
del compartimento marittimo -Vincolo alle determinazioni dell'autorit� 
competente all'autorizzazione per le acque interne � Esclusione � 
Conseguenze. 

(r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 9). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 14). 
(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, art. 145). 
Reato . Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Norma perfetta 
. Contributo di altre norme per la sua operativit� -Esclusione. 

(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 

834 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Reato -Pesca marittima -Limiti e modalit� dell'esercizio della pesca . 
Regolamento previsto -Regolamento delegato a precisare i divieti 
penali relativi alla tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� di 
pesca -Esclusione -Fonte secondaria -Suoi obiettivi -Fattispecie. 

(1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15). 
(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Disposizione 
definitoria di sostanza inquinante -Significato di immediata operati� 
vit� del precetto. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 

Reato � Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Divieti -Clausola di esonero -Significato. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). 

Reato -Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Divieti � Clausola di esonero � Limite di operativit�. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15). 

Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine 
Versamento di rifiuti innocui o innocuizzati � Necessit�. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 

(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150 e 152). 
Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Autorizzazione alla immissione di rifiuti industriali contenenti 
sostanze inquinanti � Illegittimit� � Responsabilit� del pubblico 
ufficiale autorizzante. 

(cod. pen., art. 110). 

(1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). 
(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145 e 148). 
Reato � Pesca marittima � Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca � Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine . 
Potere attribuito alla pubblica amministrazione. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). 

(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). 
Reato � Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti in acque marine � 
Finalit�. 

(1. 14 luglio 1965, n. 963, artt. 14 e 15, lett. e). 
{d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 835 

Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 

di pesca -Autorizzazione alla immissione di rifiuti -Sindacato di le


gittimit� del giudice ordinario sul provvedimento -Ammissibilit�. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 5). 
(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
(d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, artt. 145, 148, 150, 152). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Reato di mera 
condotta ad oggetto materiale qualificato -Prova tecnica -Oggetto. 

(I. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Requisiti di 
sussistenza � Prova. 
(!. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 

Reato -Pesca marittima -Tutela delle risorse biologiche e dell'attivit� 
di pesca -Reato di immissione di sostanze inquinanti -Elemento 
psicologico � Prova. 

(1. 14 luglio 1965, n. 963, art. 15, lett. e). 
Il reato di immissione diretta o indiretta di sostanze inquinanti nelle 
acque marine si perfeziona nel momento e nel luogo in cui le sostanze 
raggiungono dette acque, che costituiscono l'oggetto specifico della tutela 
penale apprestata con la norma incriminatrice di cui all'art. 15, lettera e), 
legge 14 luglio 1965, n. 963, e in cui si verifica, perci�, la lesione del bene 
giuridico con tale norma protetto (1). 

Il reato di immissione diretta o indiretta di sostanze inquinanti nelle 

acque marine di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, si 

perfeziona nel momento e nel luogo in cui dette sostanze raggiungono il 

mare, non in momenti e luoghi anterioti, quando cio� le sostanze stesse 

escano dalla sfera di controllo dell'autore del reato, per eventuale con


corrente antigiuridicit� della stessa condotta per altri titoli di reato 

(violazioni della legge sanitaria e della legge sulla pesca in acque in


terne) (2). 

Quando l'immissione indiretta di sostanze inquinanti nelle acque 

marine, di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, si realizza 

mediante l'aflusso al mare di altre acque, pubbliche o private, nelle 

quali le sostanze inquinanti siano state direttamente immesse e che ab


biano perci� agito come mezza vettore delle medesime, ci� non pu� 

(1-2-3-7) Le prime tre massime e la settima costituiscono corretta applicazione 
della lettera e della ratio della norma prevista dall'art. 15 lettera e) 
della legge, la quale punisce appunto l'immissione diretta o indiretta nelle 
acque del mare delle sostanze inquinanti, facendo cos� coincidere con il momento 
dell'immissione il realizzarsi della fattispecie astratta. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

836 

valere ad anticipare il momento consumativo (e di conseguenza a spostare. 
il locus commissi delicti) del reato, che potrebbe anche non verificarsi 
se lungo il percorso le sostanze vengano a subire variazioni di quantit�, 
qualit� e concentrazione tali da far loro perdere l'attitudine a produrre 
inquinamento del mare (3). 

L'art. 15 legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla disciplina della pesca marittima, 
al fine dichiarato di tutelare le risorse biologiche delle acque 
marine ed assicurare il disciplinato esercizio della pesca, elenca una serie 
di divieti penalmente sanzionati (dagli artt. 24, 25 e 26) che solo in parte 
corrispondono nei precetti e nelle sanzioni a quelli gi� previsti dall'articolo 
6 t.u. delle leggi sulla pesca approvato con r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, 
in origine contenente la disciplina dell'intera materia, ora ripartita tra le 
due fonti normative con riguardo al carattere interno o marino delle 
acque. 

In particolare, nel caso di inquinamento di acque, mentre l'art. 6 
del t.u. del 1931 fa divieto � di gettare od infondere nelle acque materie 
atte ad intorpidire, stordire od uccidere i pesci e gli altri animali acquatici
� ponendo una fattispecie di reato contravvenzionale, che l'elaborazione 
giudisprudenziale ha ritenuto comprensiva dell'infusione indiretta 
e non richiesto un danno effettivo per i pesci, l'art. 15 lettera e) della 
legge del 1965 fa divieto � di immettere direttamente o indirettamente o 
diffondere nelle acque sostanze inquinanti �; ponendo una fattispecie di 
delitto, strutturata oggettivamente su una condotta di introduzione immediata 
o mediata nel mare di sostanze idonee a produrre l'inquinamento 
e soggettivamente sulla cosciente volontariet� di tale condotta comprensiva 
della consapevolezza del carattere inquinante dell'oggetto materiale 
della condotta stessa. Consapevolezza che, oltre alla forma della rappresentazione 
psichica di detta idoneit� (dolo diretto), pu� assumere anche 
quella dell'accettazione del rischio che essa possa sussistere (dolo eventuale) 
(4). 

In base al concetto normativo della idoneit� inquinante della sostanza 
immessa o infusa nelle acque marine, di cui all'art. 15 lettera e) legge 
14 luglio 1965, n. 963, riferito alternativamente al parametro del diretto 

(4-24) Con queste affermazioni, che pongono l'accento sul dolo eventuale 
la Suprema Corte ha dimostrato, con corretta aderenza alla realt�, di tener 
presenti i pi� frequenti casi di inquinamento -quelli cio� di dispersione 
in mare di idrocarburi da navi cisterna e petroliere -nei quali spesso 
l'omessa adozione di determinate regole tecniche e nautiche (pompaggio a 
pressione eccessiva, riempimento non alternato dei compartimenti, s� da 
provocare sfondamento della nave ecc.) dettata da ragioni economiche pu� 
ben configurarsi come quella tipica previsione ed accettazione del pi� grave 
evento come eventuale conseguenza della propria condotta (sul dolo eventuale 

v. Cass. 8 novembre 1971, in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 232, n. 221). 
(5-22-23) Con queste massime la Suprema Corte conferma l'indirizzo giurisprudenziale 
che ravvisa nell'art. 15 lettera e) della legge n. 963 del 1965 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 837 

nocumento per la fauna ittica o all'alterazione chimico-fisica dell'ambiente, 
pregiudizievole per la vita degli organismi acquatici, � richiesta 
una valutazione in concreto di tale idoneit�, cio� una concreta adeguatezza 
dell'oggetto materiale del reato a ledere penalmente l'interesse protetto 
alla integrit� della fauna ittica e del suo habitat natura (5). 

Nella nozione di sostanza inquinante, che l'art. 15 lettera e) legge 
14 luglio 1965, n. 963 vieta sia immessa nelle acque marine, il parametro 
del � nocumento diretto � per la fauna ittica, cui va riferita la adeguatezza 
della sostanza inquinante a ledere l'interesse protetto, non deve 
essere ristretto alla insidia tossica (cosiddetta ittiotossicit�) che la sostanza 
immessa nel mare pu� rappresentare per la fauna ittica, ma, in 
conformit� all'ampiezza di significato del termine usato dal legislatore, 
estendersi all'intero spettro di nocivit� della sostanza, comprensivo anche 
dell'insidia irritativa, "flogistica, asfittica, traumatica, con o senza componente 
tossica (6). 

La figura dell'immissione indiretta di sostanze inquinanti nel mare 
-espressamente introdotta nel precetto relativo all'inquinamento marittimo 
.di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, ma gi� 
identificata dalla giurisprudenza nell'ampio tenore del precetto di cui 
all'art. 6 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 che accomunava la tutela penale delle 
acque interne e di quelle del mare -si concretizza allorch� la sostanza 
inquinatrice non venga originariamente ed immediatamente a contatto 
con l'ambiente marittimo, ma da esso sia raggiunta (per marea o mareggiata) 
o ad esso pervenga o sia necessariamente destinata a raggiungerlo 
(con la consapevolezza dell'agente), per via di scorrimento, infiltrazione, 
dilavamento, spostamento, dopo che sia stata versata in acque 
diverse da quelle del mare o deposta in luogo dal quale possa essere 
avviata verso tale sbocco, conservando in itinere la sua potenzialit� inquinante 
(7). 

Il carattere pubblico o privato dell'acqua che funga da mezzo vettore 
della sostanza inquinante, di cui l'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 
1965, n. 963, vieta l'immissione nel mare, costituisce una mera qualificazione 
giuridica, che, sul piano naturalistico, non pu� valere a diff erenziare 
i due veicoli come strumenti di penetrazione indiretta del loro contenuto 
nell'acqua del mare. N� il diverso regime giuridico-amministrativo 
della pesca in acque pubbliche interne ed in acque pubbliche marine, 
pu� far ritenere accentrata nel precetto relativo alle acque pubbliche in-

un'ipotesi di reato di pericolo concreto (v. in questo senso in dottrina 
AMENDOLA -Inquinamento idrico e legislazione penale, 1972, p. 200; contra, nel 
senso che sia un reato di danno, RICCOMAGNO -L'inquinamento del mare e 
l'art. 15 della L. 14 luglio 1965, n. 963; e, nel senso che sia un reato di pericolo 
presunto, v. AGNOLI -Osservazioni sul fenomeno dell'inquinamento delle acque 
marine e nella relativa disciplina giuridica in Giur. Agr. It. 1971, 628). V. in tema 
di inquinament0, in questa Rassegna 1976, I, 160, 304 e 306. 



838 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

terne, direttamente investite dalla condotta di immissione delle sostanze 
proibite, la valutazione legislativa tipica dell'offensivit� di tale condotta, 
cos� da rendere inoperante l'ulteriore e pi� grave profilo di off ensivit� 
di essa con riguardo ad un bene giuridico diverso (le risorse biologiche 
del mare) pi� intensamente tutelato (8). 

Il versamento di rifiuti industriali in acque pubbliche, nocive ai pesci 
e destinate ad affluire in acque marine, � assoggettato ad un duplice 
procedimento autorizzatorio da parte dell'ente territorialmente competente 
per le acque interne e dello Stato per le acque del mare (9). 

L'autorizzazione al versamento dei rifiuti nelle acque pubbliche interne, 
rilasciata dal presidente della giunta provinciale a termini dell'art. 
9 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, si viene a porre di fatto come presupposto 
per il rilascio dell'autorizzazione, da parte del capo del compartimento 
marittimo, al versamento degli stessi nelle acque del mare 
(art. 145 del regolamento esecutivo alla legge 14 luglio 1965, n. 963, approvato 
con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639) non essendo concepibile che la 
seconda sia concessa quando sia stata negata la prima (10). 

Il capo del compartimento marittimo cui compete l'autorizzazione 
al versamento dei rifiuti nelle acque del mare (art. 145 del regolamento 
esecutivo alla legge 14 luglio 1965, n. 963, approvato con d.P.R. 2 ottobre 
1968, n. 1639) non � vincolato nelle sue determinazioni da quelle adottate 
dall'autorit� provinciale per il versamento dei rifiuti nelle acque pubbliche 
interne (art. 9 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604) e, negando l'autorizzazione, 
far� s� che non si costituisca il diritto del privato di utilizzare 
il mare controllato come ricettore di residui di lavorazioni industriali (11). 

La norma penale di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, 

n. 963, che vieta l'immissione di sostanze inquinanti nelle acque marine, 
�, una norma perfetta, nel senso che l'applicazione di essa non esige il 
contributo di altre norme, equiordinate o sottordinate nella gerarchia 
delle fonti (12). 
Il regolamento cui si riferisce l'art. 14 legge 14 luglio 1965, n. 963, 
sulla pesca marittima (dettante limiti e modalit� dell'esercizio della pesca), 
emanato con d.P.R. 2 ottobre 1968, n. 1639, non � regolamento delegato 
a precisare i divieti penali del successivo art. 15 (tutela delle risorse 
biologiche e dell'attivit� della pesca), ma soltanto una fonte secondaria 
di produzione normativa per regolare uniformemente i rapporti amministrativi 
discendenti dalla attuazione delle norme di azione contenute 
nella legge. 

(12-13-14-17-18-19-21) Le affermazioni contenute in queste massime respingono, 
conformemente agli elementi interpretativi desumibili dalla legge e dalla 
sua finalit� la tesi difensiva che tendeva ad attribuire all'Autorit� amministrativa 
un potere discrezionale puro (discrezionalit� amministrativa) nello 
scegliere, ai fini delle autorizzazioni, i provvedimenti a tutela dell'interesse 
protetto che � viceversa determinato esclusivamente dalla legge. 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

(Fattispecie relativa al delitto di immissione con sostanze inquinanti 
di cui all'art. 15 lettera e) legge n. 963 del 1965) (13). 

Nell'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963, che vieta l'immissione 
di sostanze inquinanti nel mare, la stessa esistenza di una disposizione 
definitoria delle sostanze inquinanti, inutile se il legislatore avesse 
voluto trasferire alla sede regolamentare la determinazione specifica della 
medesima, indica la autossufficienza operativa del precetto e perci� la 
sua immediata vigenza (14). 

La clausola di esonero dall'osservanza dei divieti posti dall'art. 15 
legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, contenuta nell'ultima 
parte dell'articolo con la formula: �gli anzidetti divieti non riguardano 
la pesca scientifica e le altre attivit� espressamente autorizzate � non introduce 
nella struttura dei reati ipotizzati degli elementi negativi (in 
alcune delle ipotesi di reato tali elementi sono infatti gi� descritti con 
la formula �senza autorizzazione�), ma pone una norma di liceit� secondo 
una tecnica inusitata che si � esplicata con la indicazione di una 
ragione particolare di attivit� lecita (la pesca scientifica) e di una ragione 
generale, di carattere formale, consistente nell'espressa autorizzazione 
amministrativa di quella come di ogni altra attivit� che possa 
incorrere nei divieti (15). 

Il limite di operativit� della clausola di esonero dall'osservanza dei 
divieti posti dall'art. 15 legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, 
contenuta nell'ultima parte dell'articolo, � dato dall'autorizzabilit� dell'attivit� 
altrimenti penalmente illecita e dal rispetto delle condizioni e 
limitazioni cui in base alla legge, al regolamento e al provvedimento del['
autorit� amministrativa, l'attivit� autorizzata deve sottostare (16). 

L'oggetto della potest� autorizzatoria in materia di immissione di 
rifiuti in acque del mare � circoscritto, dagli artt. 145 e seguenti del rego� 
lamento alla legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, al versamento 
di rifiuti industriali innocui o innocuizzati e non si estende all'immissione 
di sostanze inquinanti, come risulta evidente dal tenore degli 
artt. 148, 150 e 155 (17). 

Un'autorizzazione eventualmente concessa dalla P.A. ad immettere 
nelle acque marine rifiuti industriali contenenti sostanze inquinanti sarebbe 
contra legem e, lungi dal costituire causa di esonero dalla responsabilit� 
penale, ex art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca 
marittima, del soggetto che abbia compiuto l'immissione consentita pu� 
essere causa di responsabilit� penale, a titolo di concorso nel reato, del 
pubblico ufficiale che l'abbia rilasciata (18). 

Dal sistema posto dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima 
in tema di immissione di sostanze inquinanti non risulta che sia 
stato attribuito alla P.A. un potere di libera ed illimitata disponibilit� 
dell'interesse penalmente protetto (risorse biologiche del mare), cio� di 
amministrazione dell'inquinamento (cosiddetto inquinamento amministra



840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

to), ma al contrario, come si evince dall'art. 14 della legge, soltanto un 
potere di controllo preventivo e successivo volto a garantire la tutela ed 
il migliore rendimento costante delle risorse biologiche del mare anche 
con riguardo a quelle attivit� che possono negativamente incidere sulle 

medesime (19). 

L'art. 14 della legge 14 luglio 1965, n. 963 sulla pesca marittima, rimettendo 
alla regolamentazione esecutiva la immissione di rifiuti industriali 
nelle acque del mare ed attribuendo alla P.A. la potest� di autorizzarla 
in base a tale regolamentazione dei limiti e delle modalit� di 
essa, ha soltanto voluto apprestare uno strumento di intervento pubblico 
diretto a prevenire il fatto inquinatorio o ad impedirlo nel caso che comunque 
si sia verificato, ed in quel procedimento trova cura l'interesse 
pubblico ad evitare versamento di rifiuti che, pur non contenendo sostanze 
inquinanti o da sole non inquinanti siano altrimenti disdicevoli o pregiudizievoli 
a causa di combinazione sinergica o saturativa con altre sostanze 
gi� presenti nelle acque, per effetto di precedenti immissioni autorizzate 
ed anche per evitare fenomeni di inquinamento indiretto da eutrofizzazione 
ed altro (20). 

Il provvedimento dell'autorit� amministrativa in materia di immissione 
di rifiuti industriali nelle acque del mare, che � emesso_ in una sfera 
di discrezionalit� che trova limite nel fine di tutela delle risorse biologiche 
del mare, � soggetto al sindacato di legittimit� del giudice ordina


rio (21). 
Il reato di cui alla lettera e) dell'art. 15 legge 15 luglio 1965, n. 963, 
sulla pesca marittima, che vieta l'immissione di sostanze inguinanti nel 

mare, non � un reato di danno, ma un reato di mera condotta ad oggetto 
materiale gualificato dall'idoneit� in concreto a produrre determinati eventi 
(nocumento � diretto � per la fauna ittica od alterazioni fisico-chimiche 
dell'ambiente di vita degli organismi acquatici). Pertanto la prova tecnica 

dovr� vertere sull'accertamento del carattere inquinatorio delle sostanze 
immesse nelle acque marine al momento dell'immissione, non potendosi 
far carico all'agente della produzione dell'evento inquinativo indotto dal 
contributo di altre sostanze coevamente immesse da altri soggetti o da 
fattori estranei preesistenti o sopravvenuti al fatto dell'immissione (22). 

Perch� sussista il reato di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 luglio 1965, 

n. 963, sulla pesca marittima, le sostanze inquinanti immesse devono essere 
di per s�, per la loro qualit�, quantit� e concentrazione, nocive al 
pesce o pregiudizievolmente alteranti l'ambiente acquatico in cui vengono 
a diffondersi. Di conseguenza, fenomeni anche ricorrenti di moria di pesci 
in un determinato specchio d'acqua non possono costituire prova del carattere 
inquinante delle sostanze in esso immesse, indipendentemente dal['
accertamento di tale carattere come intrinseco alle sostanze identificate 
e prescindendosi, nell'accertamento, dalle variazioni combinatorio e di 
grandezza che esse possono subire dopo l'immissione, divenendo attive o 
,_ 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPR�DENZA PENALE 841 

iperattive in forza della presenza o della sopravvenienza di altro materiale 
inquinatorio. Infatti, l'intervento preventivo di pubblici poteri � volto 
precipuamente ad evitare proprio siffatti fenomeni di accumulo, sinergismo 
e combinazione di sostanze confluenti nella unit�' di tempo nel medesimo 
settore marittimo (23). 

L'elemento psicologico del reato di cui all'art. 15 lettera e) legge 14 
luglio 1965, n. 963, sulla pesca marittima, che vieta l'immissione di sostanze 
inquinanti nel mare, consiste nella volont� di immettere in mare sostanze 
di cui l'agente conosce il potere direttamente inquinante, o se ne sia 
rappresentata la eventualit� senza escluderla. Pertanto la prova del dolo 
diretto o eventuale deve vertere su detta reale conoscenza e rappresentazione 
(24). 

La sentenza di cui si pubblicano le massime � molto importante per 
i principi affermati in tema di inquinamento e per il numero delle questioni 
affrontate, alcune delle quali per la prima volta. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 21 maggio 1976 n. 7563 -Pres. Forlenza 
-Rel. Taglienti -P. M. Sisti (conf.) rie. Cantarella. 

Reato -Falsit� in atti -Atto pubblico -Nozione -Cedola di convalida 
dei vaglia postali -� tale -Bollettino di spedizione � � tale. 

Debbono ritenersi atti pubblici, agli effetti dell'art. 476 c.p., tutti que-. 
gli atti che sono stati formati al pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue 
funzioni che siano sostitutivi di diritti per alcuno o di obblighi per la 
Pubblica Amministrazione, ovvero quegli atti che contengano attestati di 
fatti compiuti dallo stesso Pubblico Ufficiale o avvenuti in sua presenza in 
quanto destinati ad avere una funzione probatoria autonoma perch� non 
ricollegata al contenuto di altri atti prestanti (1). 

La ricevuta del vaglia � costitutiva di un diritto per l'Amministrazione 
postale che � tenuta al pagamento dell'importo in esso indicato, per cui 
nessun dubbio pu� sorgere sulla natura pubblica del documento. 

Il bollettino di spedizione che accompagna la raccomandata ovvero il 
pacco postale cqntrassegnato. 

(1) � noto ed � stato affermato in giurisprudenza che il concetto di 
atto pubblico in materia penale � pi� ampio di quello civilistico previsto dall'art. 
2699 e.e., e comprende anche gli atti puramente interni, quando abbiano 
attitudine ad assumere rilevanza agli effetti della documentazione di fatti 
inerenti all'attivit� spiegata ed alla regolarit� delle operazioni amministrative 
dell'ufficio cui il pubblico ufficiale � addetto (v. Cass. 12 gennaio 1972 n. 593 
in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 496, n. 593). Si sostiene altres� che sono 
atti pubblici non solo gli atti originali compiuti dal pubblico ufficiale che 

842 ~ 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Cantarella Salvatore ricorre avverso la sentenza della 
Corte d'Appello di Roma in data 10 giugno 1975 con la quale � stato ! 
condannato ad anni tre di reclusione e L. 100.000 di multa per i reati ! 


I t 
~ 

di peculato aggravato e continuato, falso materiale aggravato e continuato 
e falso ideologico aggravato e continuato riuniti sotto il vincolo della 
continuazione. 

� risultato accertato, in punto di fatto, fra l'altro, che il ricorrente, 

I

per appropiarsi di somme portate da vaglia posti ordinari ha usato il 
seguente sistema: ritirava dagli utenti i vaglia da emettere ed il relativo 

I 
importo, comprese le tasse postali, rilasciandone regolare ricevuta (parte 
prima del Mod. I/A). Sottraeva, poi, i vaglia e si appropriava delle relative 
somme. 

I 

Per occultare l'illecito commesso il Cantarella indicava sulle matrici 
di emissione (altra parte del Mod. I/A) destinata a rimanere agli atti del


I 

l'Ufficio) emittenti e destinatari diversi ed importi di lieve entit�, stac


I

cando, sulla base di detti importi, le cedole di convalida (terza parte del 
Mod. I/A) che tratteneva o distruggeva. Infine, per completezza, indicava 

I 

lo stesso importo fittizio del Mod. XIV destinato alla contabilizzazione 

degli importi dei vaglia che viene inviato giornalmente alla Ragioneria 
f 
g

Provinciale ai fini contabili e di riscontro. 
Nel ricorso proposto, il Cantarella si duole soltanto della presunta 

i' 

violazione ed erronea applicazione degli artt. 490 e 476 per avere la Corte i: 
di merito ritenuto atti pubblici, al momento del fatto, le cedole di convalida 
dei vaglia postali ed i modelli 286. 


Rileva la Corte che, identica tesi il ricorrente aveva svolto dinanzi 

I

ai giudici di appello i quali hanno ritenuto sussistenti tutti gli estremi di 
delitti di falso materiale. ed ideologico contestati. 
Tale decisione non merita censure. 

I 

Si deve premettere, al riguardo, che, giusta la costante Giurisprudenza 

I

di questa Suprema Corte, debbono ritenersi atti pubblici, agli effetti dell'art. 
476 c.p., tutti gli atti che sono stati formati dal pubblico ufficiale 
nell'esercizio delle sue funzioni che siano sostitutivi di diritti per alcuno 

I 

o di obblighi per la Pubblica Amministrazione, ovvero quegli atti che 
contengano attestazioni di fatti compiuti dallo stesso Pubblico Ufficiale o 
I 

avvenuti sua presenza in quanto destinati ad avere una funzione probatoria 
autonoma perch� non ricollegata al contenuto di altri atti pree


I 

sistenti. 

I 

i: 
t:
rappresentano o comprovano un fatto avente rilevanza giuridica, ma anche 
quegli atti formati dal pubblico ufficiale che, pur riproducendo dati risultanti 
da altri documenti e pur riferentisi alle risultanze di altri atti, hanno 
una propria individualit� e una propria autonomia (v. Cass. 10 febbraio 1972, 

n. 594 in Cass. pen. mass. annotato 1973, p. 498, n. 594). 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

� indubbio che l'anzidetta attivit� sia stata compiuta nell'esercizio 
delle sue funzioni di impiegato postale e, come tale, di rappresentante 
dell'Amministrazione statale nell'ambito della quale agiva. Ma � altrettanto 
certo che la cedola di convalida dei vaglia, che � parte integrante del 
Mod. I/A, � atto pubblico in quanto utilizzata dal Cantarella quando la 
staccava per ricevuta al mittente del vaglia. 

� appena il caso di ricordare che la ricevuta del vaglia � costitutiva 
di un diritto per l'emittente del titolo e di un obbligo per l'Amministrazione 
postale che � tenuta al pagamento dell'importo in esso indicato, 
per cui nessun dubbio pu� sorgere sulla natura pubblica del docume.nto. 

Alle stesse conclusioni si deve pervenire in ordine ai modelli 286. Si 
tratta, infatti, di un bollettino di spedizione che accompagna la raccomandata 
ovvero il pacco postale contrassegno, per cui non pu� dubitarsi 
che fossero atti pubblici nel momento in cui venivano riempiti nella parte 
riservata all'utente del servizio su in quella riservata all'ufficio postale 
di partenza contenente il timbro, la data e la firma dell'ufficiale postale. 

N� J?U� sostenersi che tale modello abbia soltanto il compito di certificazione 
avendo esso funzione documentale di una situazione giuridica 
complessa e cio� della relazione fra il mittente e la simbolica Amministrazione 
e fra questa ed il destinatario, e non � ricollegata ad alcun 
atto preesistente del quale possa attestarne il contenuto. -(Omissis). 


PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 314/12, primo comma (art. 24, primo comma, della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Roma, sezione minorenni, ordinanza 24 marzo 1976, 

G. V. 29 settembre 1976, n. 260. 
codice civile, art. 454 (artt. 2 e 4 della Costituzione). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 12 febbraio 1976, G. V. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
codice civile, artt. 747, 750 e 751 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Salerno, ordinanza 4 maggio 1976, G. V. 15 . settembre 1976, 

n. 246. 
codice civile, art. 1901 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cremona, ordinanze (cinque) 13 novembre 1974, 14 maggio, 
11 giugno (due) e 25 giugno 1975, G. V. 1� settembre 1976, n. 232, e 22 settembre 
1976, n. 253. 

codice civile, art. 2671 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Genova, ordinanza 11 luglio 1975, 

G. V. 29 settembre 1976, n. 260. 
codice civile, artt. 29411, n. 4, 2955, n. 2 e ,2956, n. 1 (artt. 3, 24 e 36 della 
Costituzione). 

Pretore di Ascoli Piceno ordinanza 7 giugno 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. 

codice di .procedura civile, artt. 41 e 367 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 marzo !976, G. V. 
15 settembre 1976, n. 246. 

codice di procedura civile, art. 416 (art. 24, secondo comma della Costituzione). 


Pretore di Aulla, ordinanza 24 febbraio 1976, G. V. 1� settembre 1976, n. 232. 

~~.!..ti*"-"':U...-., 

codice penale, art. 57 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanze (due) 3 marzo 1976, G. V. 8 settembre 1976, 

n. 239. 

132 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice .penale, artt. 102 e 109 (art. 111, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 23 aprile 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. 


codice penale, art. 164 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Pescara, ordinanza 21 maggio 1976, G. V. 20 ottobre 1976, n. 281. 


codice penale, artt. 204, secondo comma, e 222, primo comma (art. 3, primo 
comma, 13, secondo comma, 27, primo comma, 111, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 21 aprile 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. 

codice penale, artt. 204 e 2212 p.p. (artt. 3 e 13, secondo comma, della Costituzione). 


Tribunale di Siena, ordinanza 30 giugno 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. 

codice�penale, art. 313 (art. 104 della Costituzione). 
Corte d'assise di Milano, ordinanza 26 aprile 1976, G. V. 29 settembre 1976, 


n. 260. 
codice penale, art. 590, ultimo c�omma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Empoli, ordinanza 6 luglio 1976, G. V. 6 ottobre 1976, n. 267. 


codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 6 maggio 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. 


codice di procedura penale, art. �70, ultimo comma (art. 25, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Enna, ordinanza 12 maggio 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. 

codice di procedura penale, art. 177-bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 10 marzo 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. 

codice di procedura penale, artt. 304 e 390 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Nard�, ordinanza 8 aprile 1976, G. V. 29 settembre 1976, n. 260. 

codice di .procedura penale, art. 316, quarto comma (art. 25, primo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 28 aprile 1976, G. V. 15 settembre 1976, n. 246. 

codice di procedura penale, artt. 342 e 352 (artt. 101, 102 e 112 della Costituzione). 


Tribunale di Torino, ordinanza 5 maggio 1976, G. V. 22 settembre 1976, n. 253. 

codice di .procedura penale, artt. 348, secondo comma, e 351 (art. 21, primo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Cagliari, ordinanza 24 marzo 1976, G. V. 8 settembre 1976, n. 239. 



PARTE IJ, LEGISLAZIONE 
1H 

codice di procedura penale, art. 387 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, quinta sezione penale, ordinanza 13 maggio 1976, G. U. 
22 settembre 1976, n. 253. 

codice di procedura penale, art. 489 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 17 febbraio 1976, G. U. 1� settembre 1976, n. 232. 

codice di procedura penale, art. 513, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 24, 
secondo comma, della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. 

codice di procedura penale, art. 628 (art. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Pescara, ordinanza 21 maggio 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, art. 11 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte di cassazione, seconda sezione civile, ordinanza 10 febbraio 1976, G. U. 
8 settembre 1976, n. 239. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Como, ordinanze (quattro), 1� ottobre 1975, G. U. 1� settem� 
bre 1976, n. 232, e 15 settembre 1976, n. 246. 

legge 27 maggio 1929, n. 81 O, art. ~ (artt. 2, 24 e 102 della Costituzione). 

Corte d'appello di Palermo, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
legge 27' maggio 1929, n. 847, art. 17 (artt. 2, 3, 7, 24, 25, 101 e 102 della Co� 
stituzione). 

Corte d'appello di Torino, ordinanza 12 marzo 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 
253. 
Corte d'appello di Palermo, ordinanza 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, 
n. 253. 
r.d. 28 febbra'io 1930, n. 289, art+. 13, 14 e 15 (artt. 8 e 20 della Costitu� 
zione). 
Tribunale di Trieste, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 

r.ct. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 8, 19, e 20 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52 (artt. 3, 24, 28, 42, 54 e 97 della Costituzione). 
Corte dei conti, seconda sezione; giurisdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, 

G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 

134 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


legge 7 marzo 1938, n. 141, art. 78 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanze 14 novembre e 18 dicembre 1975, G. U. 29 settembre 
1976, n. 260. 

d.P.R.. 9 luglio 1939, n. 1238, artt. 165 e 167 (artt. 2 e 4 della Costituzione). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 12 febbraio 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209 ultimo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunale di Milano ordinanze (tre) 14 novembre e 18 dicembre 1975, 29 gennaio 
1976, G. U. 1� settembre 1976, n. 232, e 29 settembre 1976, n. 260. 

legge 17 luglio 1942, n. 907 (art. 43 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanze (tre) 20 novembre 1975, 8 e 10 marzo 
1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260, e 6 ottobre 1976, n. 267. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). 


Tribunale di Como, ordinanze (tre) 1� ottobre 1975, G. U. 1� settembre 1976, 

n. 232. 
legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, lettera b (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rivarolo Canavese, ordinanza 21 aprile 1976, G. U. 15 settembre 
1976, n. 246. 

r.d.I. 31 maggio 1946, n. 511 (artt. 101, secondo comma, 104 primo comma, 
e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Consigliq superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 febbraio 
1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

r.d.I. 31 maggio 1946, n. 51'1, artt. 17, 21, 26 e 38 (artt. 101, secondo comma, 
104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanze (due) 
25 febbraio e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

d.l.C.p.S. 1� aprile 1947, n. 273, art. 1, lettera a (artt. 3 e 44 della Costituzione). 
Tribunale di Brescia, ordinanza 18 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, 

n. 260. 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanze (due), 3 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, 

n. 239. 

PARTE II, LEGISLAZIONE HJ 

d.I. U febbraio 1948, n. 50, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 14 e 23, della Costituzione). 
Pretore di Comacchio, ordinanza 12 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
legge 11 aprile 1950, n. 130, art. 4, quinto c:omma (artt. 3, 36, 37 e 38 della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, quarta Sezione, ordinanza 16 dicembre 1975, G. U. 29 settembre 
1976, n. 260. 

legge 1 O agosto 1950, n. 648, artt. 58 e 69 (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). 


Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 3 marzo 1975, G. U. 
6 ottobre 1976, n. 267. 

legge 3 gennaio 1951, n. 27 (artt. 41 e 43 della Costituzione). 

Corte di cassazione, terza sezione penale, ordinanza 4 dicembre 1975, G. U. 
15 settembre 1976, n. 246. 
Tribunale di Como, ordinanza 1� ottobre 1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 31, nn. 4 e 5 (art. 33, quinto comma, 
della Costitu~ione). 
Tribunale di Pistoia, ordinanza 29 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 

d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, art. 7 (artt. 5 e 130 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 29 aprile 1976, 

G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 
legge reg. Trentino�Alto Adige 6 aprile 1956, n. 5, art. '18, secondo c:omma 

(art. 51 della Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 14 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
legge 1� dicembre 1956, n. 1426 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Fernia, ordinanza 3 aprile 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 

legge ,27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rovdgo, ordinanza 5 aprile 1976, G. U. 1� settembre 1976, n. 232. 

d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, artt. 103, 110 e UO (artt. 101, secondo comma, 
104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 feb� 
braio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 15 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Venezia, ordinanze (due) 15 novembre 1975, e 10 marzo 
1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 267. 


136 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 marzo 1958, n. 195, artt. 4, 5, 6, 10, 14 e 17 (artt. 101, secondo 
comma, 104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Consiglio superiore della magistratura sezione disciplinare, ordinanze 25 febbraio 
e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

legge 29 genna,io 1958, n. 645, art. 131, secondo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Tolmezzo, ordinanza 8 aprile 1976, 

G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 
d.P.R. 16 settembre 1958, n. 9'16 (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, 
e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanza 25 febbraio 
1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

d.P.,R. 16 settembre 1958, n. 916, artt. 57 e 62 (artt. 101, secondo comma, 
104, primo comma, e 107, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Consiglio superiore della magistratura, sezione disciplinare, ordinanze 25 febbraio 
e 25 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 6 (artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Corte d'appello di Venezia, ordinanza 22 gennaio 1976, G. U. 6 ottobre 1976, 

n. 267. 
d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 120 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Castelnuovo Garfagnana, ordinanza 24 marzo 1976, G. U. 8 settembre 
1976, n. 239. 

d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Valentano, ordinanze (due) 23 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
d.P.R. i2 gennaio 1962, n. 324, (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Lecce, ordinanza 29 gennaio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Mantova, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

legge 221 novembre 1962, n. 1646, art. 6, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 13 giugno 1975, G. U. 
29 settembre 1976, n. 260. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 1'7 

legge 4 dicembre 1962, n. 168'2, art. S (artt. 32 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, ordinanza 2 dicembre 
1975, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 

!egge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 2 (art. 21, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Cagliari, ordinanza 24 marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 6 agosto <1967, n. 699, art. 10, settimo comma (artt. 3, 29, primo comma, 
31, primo comma, 36, primo comma, della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 25 ottobre 1974, G. U. 
6 ottobre 1976, n. 267. 

legge 2 agosto 1967, n. 799, art. 1 O (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 26 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 112 febbrai�o 1968, n. 132, art. 43, lettera d (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 7 aprile 1976, 

G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 
legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 44 (artt. 3, 29 e 31 della Costituzione). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale, ordinanza 3 marzo 1975, G. U. 
6 ottobre 1976, n. 267. 

legge 28 marzo 1968, n. 341, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 4 giugno 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, art. 133 (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, ordinanza 7 aprile 1976, 
G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Mantova, ordinanza 11 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 


legge 24 dicembre 1969, n. 990 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Nard�, ordinanza 8 aprile 1976, G. U. 20 settembre 1976, n. 260. 

legge 24 cllicemlbre 1969, n. 990, art. 4, leti'er1.11 c) (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Riva del Garda, ordinanza 25 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, 

n. 260. 
legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Sesto ufficio di conciliazione di Roma, ordinanza 12 aprile 1976, G. U. 22 settembre 
1976, n. 253. 


138 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 21 (art. 3 e 32 della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Lucera, ordinanza 13 aprile 1976, G. U. 
8 settembre 1976, n. 239. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 32/1 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cremona, ordinanze (cinque) 13 novembre 1974, 14 maggio, 11 giugno 
(due) e 25 giugno 1975, G. U. 1� settembre 1976, n. 232, e 22 settembre 1976, 

n. 253. 
�legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4, secondo, terzo e quarto comma (artt. 3, 
36 e 38 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 17 marzo 1976, G. U. 
13 ottobre 1976, n. 274. 

legge 9 ottobre 1971, n. 8~4. art. 3, secondo comma ( artt. 3 e 35 della Costituzione). 


Tribunale di Lecce, ordinanza 6 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, G. U. 
15 settembre 1976, n. 246. 

legge �6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 30, ter:o comma, e 37 (artt. 24 e 113 
della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 3 marzo 1976, G. U. 
15 settembre 1976, n. 246. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 42 (artt. 3 e 24, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, ordinanza 14 gennaio 
1975, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. 

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, sec�ondo comma (artt. 3, primo 
comma, 31 e 37, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 10 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma (artt. 3, primo comma, 
31 e 37, primo comma, della Costituzione).. 

Tribunale di Milano, ordinanza 29 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

d.P.R. 3:1 dicembre 1971, n. 143�2, art. 5, primo c�omma (artt. 3, 76 e 77, primo 
comma della Costituzion�). 
Pretore di Modena, ordinanza 21 aprile 1976, G. U. 1� settembre 1976, n. 232. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 63o2, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Lucca, ordinanza 15 maggio 1976, 

G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
d.P.R. 26 otobre 197�2, n. 633, art. 58 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Benevento, ordinanza 10 maggio 
1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 



PARTB II, LBGISLAZIONE 

d.P.R. 26 ottobre 197�2, n. 636 (artt. 24, 102 e 108 della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 9 aprile 1976, G. U. 6 ottobre 1976, n. 276. 

d.P.R. 26 ottobre 197�2, n. 636, art. 39 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Lucca, ordinanza 15 maggio 1976, 

G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
d.P.R. 26 otobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Pesaro, ordinanze (undici) 4 dicembre 
1975, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

Commissione tributaria di secondo grado di Macerata, ordinanza 3 marzo 1976. 

G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 
Commissione tri\:mtaria di primo grado di Vicenza, ordinanza 31 dicembre 1975, 
G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
Commissione tributaria di primo grado di Paola, ordinanza 6 marzo 1976, G. U. 
6 ottobre 1976, n. 267. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Bergamo, ordinanza 23 febbraio 1976, 

G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 42 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Bari, ordinanze (due) 11 febbraio e 
10 marzo 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253, e 6 ottobre 1976, n. 267. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Larino, ordinanza 20 aprile 1976, G. U. 
13 ottobre 1976, n. 274. 

d.P.R. 23 giugno 1972, n. 749, artt. 21 e 23 (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 11 giugno 1975, G. U. 
15 settembre 1976, n. 246. 

d.I. 18 dicembre 1972, n. 788, art. 1 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo 
comma, e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Orvieto, ordinanze (due) 12 luglio 1976, 

G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. 
legge reg. Cam.pania 21 gennaio 1973, n. 7 (artt. 1, secondo comma, e 133 
della Costituzione). 

Pretore di Sessa Aurunca, ordinanza 12 aprile 1976, G. U. 22 settembre 1976, 

n. 253. 
legge reg. Lazio 29 maggio 1973, n. 20, artt. 40, 72, 76 e 81 (artt. 3, 35, 36, 97, 
117 e VIII disposizione transitoria della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanze (tre) 18 febbraio 1976, 

G. U. 20 ottobre 1976, n. 281, e 27 ottobre 1976, n. 288. 
JS 



140 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


legge 11 agosto 1973, n. 533, art.444 sub. 1 (artt. 3, primo comma, e 24 
della Costituzione). 

Pretore di Vercelli, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 

legge 30 novembre 1973, n. 766, sesto comma, numeri 1, 2, 3, 4 e 5 (artt. 1, 
3, primo e secondo comma, 33, primo comma, 34, 35, primo comma, 51, primo 
comma, e 97, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanza 13 e 20 gennaio 
1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge reg. Campania 16 marzo 1974, n. 11, artt. 36 e 39 primo, secondo e 
terzo comma (artt. 3, primo comma, 35, primo comma, e 97, primo e secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 23 marzo 1976, 

G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
legge 8 aprile 1974, n. 98, art. 8 (artt. 3, primo comma, e 112 della Costituzione). 


Corte d'appello di Rom~. ordinanza 14 febbraio 1975, G. U. 15 settembre 1976, 

n. 246. 
d.I. 20 aprile 1974, n. 104, art. 1 (artt. 24 e 11 della Costituzione). 
Corte di cassazione, quarta sezione penale, ordinanze (due) 24 maggio 1974, 

G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 
legge 18 maggio 1974, n. 217 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Calabria, ordinanza 14 novembre 1975, 

G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, artt. 23, 38, 55 (artt. 3 e 117 della 
Costituzione). 

Pretore di Pontremoli, ordinanza 20 ottobre 1975, G. U. 8 settembre 1976, 

n. 239. 
legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35 art+. 23, 38, 55 (artt. 3 e 117 della 
Costituzione). 

Pretore di Pontremoli, ordinanza 20 ottobre 1975, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 55 (art. 25, secondo comma, 
della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanze (due) 31 ottobre e 14 novembre 1975, G. U. 
22 settembre 1976, n. 253. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, 11. 35, art. 55, primo comma (artt. 3 e 117 
della Costituzione). 

Pretore di Arcidosso, ordinanza 30 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 2 agosto 1974, n. 350 (artt. 3, primo e secondo comma, 24, secondo 
comma, e 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di 1� grado di Orvieto, ordinanze (due) 12 luglio 1976, 

G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. 
legge 12 agosto 1974, n. 351, art. 1 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Co� 
stituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 16 aprile 1976, G. U. 20 ottobre 1976, n. 281. 

legge reg. Cam,pania 9 settembre 1974, n. 52, art. 3, secondo, terzo, quarto, 
quinto e sesto comma (artt. 3, primo comma, 35, primo comma, e 97, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Campania, ordinanza 23 marzo 1976, 

G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 
legge reg. Veneto 23 dicembre 1974, n. 59, artt. 1 e 4 (art. 117 della Costi� 
tuzione). 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 3 marzo 1976, G. U. 15 settembre 1976, 

n. 246. 
legge 14 aprile 1975, n. 103, artt. 1, 2 e 45 (artt. 2, 3, 10, 21, 41 e 43, della 
Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 24 aprile 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 
Pretore di Fidenza, ordinanza 28 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 
Pretore di Gorizia, ordinanze (due) 3 e 21 maggio 1976, G. U. 15 settembre 1976, 

n. 
246, e 22 settembre 1976, n. 253. 
Pretore di Messina, ordinanza 4 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 
legge 14 aprile 1975, n. 103, art. 45 (artt. 3, 21, 41 e 43, della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 8 giugno 1976, G. U. 13 ottobre 1976, n. 274. 

legge 18 aprile 1975, n. 110 art. 4 (art. 25 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 7 maggio 1976, G. U. 29 settembre 1976, n. 260. 

legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 4 (artt. 13 e 24 della CostituZione). 

Pretore di Pizzo, ordinanza 22 aprile 1976, G. U. 15 settembre 1976, n. 246. 

legge 22 luglio 1975, n. 319 e tabella A, B, C, E, F (artt. 3, 36, 38 e 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Vercelli, ordinanza 19 maggio 1976, G. U. 22 settembre 1976, n. 253. 

legge 31 luglio 1975, n. 363, art. 1 � quinques (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 23 gennaio 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 


142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 dicembre 1975, n. 706, art. 16 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 1� marzo 1976, G. U. 8 settembre 1976, n. 239. 

legge 1 O maggio 1976, n. 319, artt. 3, primo, secondo e terzo comma, 13, 
nn. 1 e 2, lettera a, 15, secondo comma, lettera a, ottavo e nono comma, 21, 
22, 23, 25, ultimo comma, 26, primo c�omma (artt. 3, primo comma, 11, secondo 
inciso, 32 e 101, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 22 giugno 1976, G. U. 27 ottobre 1976, n. 288. 



CONSULTAZIONI 


AGRICOLTURA 

Esenzioni e agevolazioni � Territori montani � Contributi agricoli unificati � 
Esclusione . (l. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12; l. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8). 

Se il rinvio che l'art. 12 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, in cui sono 
previste agevolazioni fiscali per i territori montani, fa all'art. 8 della legge 25 
luglio 1952, n. 991, recante altre agevolazioni e sgravi per i territori montani, 
debba intendersi limitato alle sole agevolazioni da oneri tributari ovvero debba 
invece comprendere anche l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli uni� 
ficati (n. 78). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Enti liriti � Trattamento di missione del personale: dipendenti amministrativi e 
personale artistico e tecnico � (art. 26 l. 18 dicembre 1973, n. 836; art. 25 

l. 14 agosto 1967, n. 800). 
Se l'art. 26 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (secondo il quale il trattamento 
di missione e di trasferimento del personale degli enti ed istituti di 
diritto pubblico e degli enti comunque sottoposti a vigilanza dello Stato non 
pu� eccedere quello stabilito per i dipendenti dello Stato di qualifica o categoria 
parificabili) per quanto concerne gli Enti lirici torni applicabile al solo 
personale amministrativo ovvero anche al personale artistico e tecnico (n. 382). 

ASSICURAZIONE 

Infortunio in servizio e a causa di servizio -Equo indennizzo -Assicurazione r.c. � 
Risarcimento -Cumulabilit� -(d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, art. 50,.2� comma). 

Se per effetto del disposto dell'art. 50, 2� comma, del d.P.R. 3 maggio 1957, 

n. 686 che fa obbligo di ridurre dall'equo indennizzo quanto eventualmente percepito 
dall'impiegato in virt� di assicurazione a carico dello Stato o di altra 
pubblica amministrazione sia da escludere la cumulabilit� tra l'importo dell'equo 
indem�zzo corrisposto ad un dipendente infortunatosi in un incidente stradale 
occorso in servizio ed a causa di servizio a bordo di un automezzo dell'Amministrazione 
e l'ammontare del risarcimento corrisposto dalla societ� assicuratrice 
del veicolo (n. 91). 
ATTI AMMINISTRATIVI 

Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del corpo diplomatico 
-Legittimit� -(art. 4 lett. B, l. 15 giugno 1959, n. 393). 

Se, in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 15 giugno 1959, n. 393 -che 
contempla la facolt� per i Comuni di riservare, mediante ordinanza sindacale, 



144 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando c10 sia necessario per 
motivi di interesse pubblico -rientra nel detto concetto di interesse pubblico 
quello relativo all'esplicazione da parte degli agenti del Corpo diplomatico accreditato 
presso il nostro Governo a svolgere la loro missione (n. 29). 

Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impegnativa, 
autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione: 
insussistenza -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 4 lett. B; l. 16 
maggio 1959, n. 393; art. 5 l. 20 marzo 1965, n. 2248 All. E). 

Se la pendenza di un procedimento di contravvenzione possa costituire titolo 
di legittimazione all'impugnativa autonoma dell'ordinanza sindacale istitutiva 
di parcheggi riservati ovvero se la questione di legittimit� dell'ordinanza 
sindacale possa essere sollevata in via incidentale (ai fini della disapplicazione) 
soltanto in sede di impugnativa giudiziaria del provvedimento prefettizio di 
rigetto dell'opposizione al verbale di contravvenzione (n. 28). 

AUTOVEICOLI 

Autoveicoli -Carta di circolazione -Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo Responsabilit� 
della P.A. -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2� comma). 

Se in linea generale sussista responsabilit� dell'amministrazione per il ritardo 
nella reimmatricolazione di un autoveicolo qualora il nuovo proprietario non 
abbia provveduto alla relativa richiesta (n. 80). 

Autoveicoli -Carta di circolazione -Rilascio -Immatricolazione � Rinnovo � 
Diritto soggettivo -Interesse legittimo -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 
e 59, 2� comma). 

Se il proprietario dell'autoveicolo sia titolare di un diritto soggettivo ovvero 
di un interesse legittimo al rilascio della carta di circolazione, ovvero al rinnovo 
di immatricolazione (n. 79). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del Corpo diplomatico 
-Legittimit� -(art. 4 lett. B, l. 15 giugno 1959, n. 393). 

Se, in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 15 giugno 1959, n. 393 -che 
contempla la facolt� per i Comuni. di riservare, mediante ordinanza sindacale, 
appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando ci� sia necessario per 
motivi di interesse pubblico -rientri nel detto concetto di interesse pubblico 
quello relativo all'esplicazione da parte degli agenti del Corpo diplomatico accreditato 
presso il nostro Governo a svolgere la loro missione (n. 50). 

Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impugnativa, 
autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione; 
insussistenza -(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 4 lett. B, l. 16 maggio 
1959, n. 393; art. 5 l. 20 marzo 1965, n. 2248 All. E). 

Se la pendenza di un procedimento di contravvenzione possa costituire titolo 
di legittimazione all'impugnativa autonoma dell'ordinanza sindacale istitutiva di 
parch~ggi riservati ovvero se la questione di legittimit� dell'ordinanza sindacale 
possa essere sollevata in via incidentale (ai fini della disapplicazione) soltanto 
in sede di impugnativa giudiziaria del provvedimento profettizio di rigetto dell'opposizione 
al verbale di contravvenzione (n. 49). 



PARTE II, .CONSULTAZIONI 14.f 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

Autoveicoli � Carta di circolazione � Immatricolazione � Rinnovo � Ritardo � 
Responsabilit� della P.A. � (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2� comma). 

Se in linea generale sussista responsabilit� dell'amministrazione per il ritardo 
nella reimmatricolazione di un autoveicolo qualora il nuovo proprietario non 
abbia provveduto alla relativa richiesta (n. 33). 

Autoveicoli � Carta di circolazione � Rilascio � Immatricolazione � Rinnovo � 
Diritto soggettivo � Interesse legittimo � (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 
. e 59, 2� comma). 

Se il proprietario dell'autoveicolo si� titolare di un diritto soggettivo ovvero 
di un interesse legittimo al rilascio della carta di circolazione, ovvero al rinnovo 
di immatricolazione (n. 32). 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

Contenzioso tributario � Commissione centrale � Decisione � Impugnativa giudiziaria 
� Riforma tributaria � Effetti � Proponibilit� -Termine � Diritto 
transitorio -( d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 42, 2� comma, 43 4� comma, 
e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 29; d.l. 18 dicembre 1972, n. 788; 

l. 15 febbraio 1973, n. 9,� r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 art. 146). 
Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43, 4� 
comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione 
giudiziaria ex art. 146 della L.O.R. a seguit� di decisione della commissione 
centrale emanata, in controversia di diritto, prima della data di insediamento 
delle nuove commissioni tributarie (n. 12). 

CONTRABBANDO 

Contrabbando -Merce integralmente sequestrata � Costituzione di parte civile 
dell'Amministrazione finanziaria .nel processo penale� Ammissibilit�. (art. 145 
1� comma l. 25 settembre 1940, n. 1424; art. 338, 1� comma, t.u. 23 gennaio 
1973, n. 43). 

Se l'Amministrazione finanziaria possa costituirsi parte civile nei processi 
penali di contrabbando nei casi in cui la merce oggetto del contrabbando sia 
stata interamente sequestrata e tale costituzione sia opportuna in presenza di 
circostanze che facciano presumere un grave pregiudizio a seguito di sentenza 
assolutoria o di fatto di particolare gravit� (fermo di navi ai limiti di �acque 
territoriali) o che possano dar luogo ad interpretazioni opinabili (n. 54). 

COMUNI E PROVINCE 

Acquisti immobiliari � Beni demaniali delle FF.SS. � Acquisto con facolt� di p.i. 
e con vincolo di destinazione -Autorizzazione governativa � Deroghe (l. 21 
luglio 1896, n. 218, art. 2,� r.d. 26 luglio 1896, n. 361, art. 7, primo comma). 

Se sia necessaria l'autorizzazione governativa ai sensi dell'art. 2 della legge 
21 luglio 1896, n. 218 per l'acquisto da parte di Comuni e Province di beni di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE'LLO STATO 

propriet� delle Ferrovie dello Stato, alienabili perch� non pi� necessari all'esercizio 
ferroviario, qualora tali acquisti siano effettuati per l'esecuzione di opere 
dichiarate di pubblica utilit� o quando i beni stessi entrino a far parte del demanio 
provinciale o co.munale o quando l'alienazione avvenga per esigenze 
di pubblico interesse e con vincolo di destinazione degli immobili (n. 155). 

Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, 
controllo dell'organo tutorio (art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 
296 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). 

Se i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa 
per conto della Gestione INA-CASA siano soggetti oltre che alla ratifica 
dell'ente delegante al controllo dell'autorit� tutoria (n. 156). 

Panda per il Culto -Assegno supplementare di congrua assunzione dell'obbligo 
da parte del Comune in corrispettivo della devoluzione di rendite -Limiti 
dell'obbligo all'attualit� (l. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 28, n. 4; l. 18 agosto 
1867, n. 3848, art. 2; l. 4 giugno 1899, n. 191; r.d. 29 gennaio 1937, n. 227, art. 3). 

Se il Comune sia attualmente tenuto soltanto nei limiti delle rendite e dei 
sensi ad esso devoluti, sia pure rivalutati ai termini di legge, a corrispondere 
assegno supplementare di congrua a favore del parroco della locale chiesa ri� 
cettizia, nella ipotesi in cui cenni, livelli e decime siano stati a suo tempo dimessi 
dal fondo per il culto al Comune in corrispettivo dell'obbligo di quest'ult�mo 
a provvedere all'erogazione, in favore del parroco pro tempore, dell'assegno 
supplementare di congrua giusta il disposto dell'art. 2 della legge 15 agosto 1967, 

n. 3848 (n. 158). 
lmposta di registro � Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine 
di registrazione (art. 80 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 110 r.cl. 30 
dicembre 1923, n. 3269; art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 1".d. 3 marzo . 
1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). 

Se per i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa per conto della Gestione INA-CASA il termine di registrazione 
decorra dalla data del controllo dell'organo tutorio (n. 157). 

DAZI DOGANALI 

Sospensione tariffaria � Introduzioni di merci estere in periodo di sua urgenza Sdoganamento 
successivo -Trattamento daziario (d.P.R. 26 giugno 1965, numero 
723, All. A; regol. CEE 28 giugno 1973, n. 1764). 

Se a una partita di merci estere, pervenuta in territorio nazionale ad una 
certa data e definitivamente sdoganata con ritardo imputabile a fatto del vet� 
tore e/o a forza maggiore, possa applicarsi l'esenzione tariffaria vigente al momento 
in cui la merce � pervenuta in Italia ovvero il trattamento daziario pieno 
successivamente ripristinato e in vigore al momento~della nazionalizzazione della 
merce stessa (n. 89). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Espropriazione per pubblica utilit�; l. 22 ottobre 1971, n. 865; 1. 22 giugno 1974, 

n. 247 espropriazione parziale; applicabilit� dell'art. 40 1. 25 giugno 1865, numero 
2359 (art. 40 l. 25 giugno 1865, n. 2359; l. 22 ottobre 1971, n. 865; d.l. 2 maggio 
1974, n. 115; !. 22 giugno 1974, n. 247). 
Se, dopo l'entrata in vigore della legge 22 giugno 1974, n. 247 (che ha con� 
vertito con modifiche il d.I. 2 maggio 1974, n. 115 recante norme per accelerare 
i programmi di edilizia residenziale) che richiama i criteri della legge 22 ottobre 
1971, n. 865 (cfr. legge sulla casa) per le determinazioni dell'indennit� di esproprio, 
possa farsi luogo all'applicazione dell'art. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 
concernente l'espropriazione parziale (n. 351). 

FERROVIE 

Enti portuali � Gestione servizio ferroviario, oneri a carico dell'Azienda Autonoma 
Ferrovie dello Stato: identificazione (art. 1 l. 17 dicembre 1971, n. 1157). 

�Se le spese conseguenti all'espletamento del servizio, da stabilire con apposita 
convenzione, poste a carico dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello 
Stato dall'art. 1 legge 17 dicembre 1971, n. 1157 -che ha attribuito agli enti 
oortuali di Genova, Savona e Napoli l'esercizio ferroviario nei porti, la costruzione 
e manutenzione dei relativi impianti e l'espletamento dei servizi connessi 
nell'ambito della giurisdizione portuale -vadano identificati nei soli oneri economici 
dell'esercizio del servizio ferroviario gi� a carico dell'Azienda F.S. vi� 
gente il presistente regime degli appalti, cio� solo in quelle spese occorrenti 
per � l'espletamento � del � servizio � che prima veniva svolto a� mezzo di appaltatori 
(n. 441). 

IGIENE E SANIT� 

Sanit� marittima � Uffici speciali � Medico provinciale preposto � Personale regionale 
� Utilizzabilit� (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 28; 1. 13 marzo 1958, 

n. 296, art. 4, n. 3; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, artt. 6, n. 2 e 12). 
Se il personale regionale addetto agli Uffici dei medici provinciali possa 
essere utilizzato per lo svolgimento dei servizi di competenza degli Uffici speciali 
di sanit� marittima qualora a tali uffici continui ad essere preposto, in 
virt� dell'art. 12, ultimo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972 n. 4, il medico provinciale 
c;iuale organo dello Stato (n. 13). 

IMPIEGO PUBBLICO 1 

Infortunio in servizio o a causa di servizio � Equo indennizzo � Assicurazione 

r.c. � Risarcimento � Cumulabilit� ( d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, art. 50, secondo 
comma). 
Se per effetto del disposto dell'art. 50, secondo comma, del .d.P.R. 3 maggio 
1957, n. 686 che fa obbligo di ridurre dall'equo indennizzo quanto eventualmente 
percepito dall'impiegato in virt� di assicurazione a carico dello Stato o di altra 
pubblica amministrazione sia da escludere la cumulabilit� tra l'importo dell'equo 
indennizzo corrisposto ad un dipendente infortunatosi in un incidente stradale 
occorso in servizio ed a causa di servizio a bordo di un automezzo dell':Ammi� 
nistrazione e l'ammontare del risarcimento corrisposto dalla societ� assicura� 
trice del veicolo (n. 787). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI BOLLO 

Atti soggetti -Quietanze -Prestatori di lavoro -Fogli o moduli predisposti 
Sottoscrizione -Sufficienza (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 7; d.P.R. 25 
giugno 1953, n. 492, art. 19, tariffa a). 

Se costituiscano quietanze assoggettabili all'imposta di bollo, ai sensi del� 
l'art. 7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 e dell'art. 19 della Tariffa ali. A. l'apposizione 
di firme dei prestatori di lavoro percipienti su fogli o moduli opportunamente 
intestati con indicazioni o meno delle somme percepite (n. 54). 

Atti soggetti -Quietanze -Requisiti di forma e sottoscrizione -Non necessariet� 

(d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, art. 7; Cod. Civ. art. 1199). 
Se le quietanze, per essere assoggettabili all'imposta di bollo, ai sensi dell'art. 
7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, necessitino di forme sacramentali e della 
sottoscrizione del percipiente (n. 53). 

Atti soggetti � Quietanze non liberatorie � Assoggettabilit� (d.P.R. 25 giugno 1953, 

n. 492, art. 7; Cod. Civ. art. 1199). 
Se, ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, siano soggette all'imposta 
di bollo anche le quietanze meramente confessorie ossia le dichiarazioni 

o riconoscimenti dati per�pagamenti fatti a qualsiasi titolo con denaro (n. 52). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

Comune, contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa, 
controllo dell'organo tutorio (art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; 
art. 296 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). 

Se i contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione amministrativa 
per conto della Gestione INA-CASA siano soggetti oltre che alla ratifica 
dell'ente delegante anche al controllo dell'autorit� tutoria (n. 433). 

Contenzioso tributario � Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria 
� Riforma tributaria -Effetti -Proponibilit� -Termine -Diritto transtiorio 
(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 42, secondo comma, 43, quarto 
comma, e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 19; d.l. 18 dicembre 1972, 

n. 788; l. 18 febbraio 1973, n. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). 
Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43, quarto 
comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione 
giudiziaria ex art. 145 della L.O.R. a seguito di decisione della commissione centrale 
emanata, in c6ntroversia di diritto, prima della data di insediamento delle 
nuove Commissioni Tributarie (n. 432). 

lmposta di registro � Contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa, controllo dell'organo tutorio, decorrenza del termine 
di registrazione (art. 80 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; art. 110 r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269; art. 87 r.d. 3 marzo 1934, n. 383; art. 296 r.d. 3 marzo 1934, 

n. 383; art. 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265). 
Se per � contratti stipulati dal Comune nell'esercizio di una delegazione 
amministrativa per conto della Gestione INA-CASA il termine di registrazione 
decorra dalla data del controllo dell'organo tutorio (n. 434). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Dichiarazione di rettifica del valore dichiarato -Interessi di mora -Efficacia (l. 26 
gennaio 1961, n. 29). 

s�e la dichiarazione di rettifica di valore dei beni caduti in successione, contenuta 
nel ricorso del contribuente alla commissione distrettuale, sia idonea ad 
arrestare il corso degli interessi di mora dovuti ai sensi della legge 26 gennaio 
1961, n. 29 sul tributo complementare d�finitivamente accertato (n. 91). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Esenzioni -Istituti autonomi case popolari -Costruzione edifici � Appalti -Corrispettivi 
-Applicabilit� (d.l. 25 maggio 1972, n. 202, art. 5; d.l. 9 gennaio 1940, 

n. 2; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, .art. 1; cod. civ. art. 2195). 
Se i corrispettivi di appalto per la costruzione di edifici degli Istituti autonomi 
case popolari possano essere ritenuti esenti dall'imposta generale sul� 
l'entrata ai sensi dell'art. 5 d�l d.l. 25 maggio 1972, n. 202, che prevede l'applicabilit� 
di tale� esenzione alle attivit� imprenditoriali indicate dall'art. 2195 cod. 

civ. (n. 159). 
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 

Soggetti passivi � Obbligo di versamento all'erario -Evasione � Illecito penale Configurabilit� 
-Esclusione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17, 18, 19, 
44, 50; cod. pen., artt. 314 e 646). 

Se il mancato versamento all'erario dell'imposta sul valore aggiunto da 
parte di coloro che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili, 
come prescritto dall'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, possa configurare 
un illecito penale (appropriazione indebita o peculato) concorrente con quello 
previsto dall'art. 50, primo comma, stesso d.P.R. ovvero concretizzi un mero 
inadempimento di obblighi tributari (n. 4). 

IMPOSTE DI FABBRICAZIONE 

Acquavite di vino � Furto -Causa di forza maggiore � Esonero dal pagamento 
(Circ. Min. Finanze 1� dicembre 1973, n. 923/7737). 

Se possa godere dell'esonero .dal pagamento dell'imposta di fabbricazione 
un quantitativo di acquavite di vino asportato da ignoti ladri dal magazzino di 
invecchiamento, invocandosi l'ipotesi di perdita o distruzione del prodotto per 
causa di forza maggiore (n. 20). 

Imposte di fabbricazione: elevazione del saggio di foteresse sui pagamenti dilazionati 
sui prodotti petroliferi: data di entrata in vigore delle disposizioni 
dell'art. 3 quater d.l. 6 luglio .1974, n. 251 che prevede tale elevazione (art. 
3 quater l. 14 agosto 1974, n. 346; d.l. 6 luglio 1974, n. 251). 

Se gli emendamenti innovativi contenuti nell'art. 3 quater introdotto con 
la legge di conversione 14 agosto 1974, n. 346 nel testo del d.I. 6 luglio 1974, n. 251 
concernente modificazioni a regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi (con 
elevazione del livello del saggio d'interesse sui pagamenti dilazionati dell'impo



tJO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sta di fabbricazione sugli anzidetti prodotti) trovino applicazione dalla data cli 
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della stessa legge di conversione, e conseguentemente 
il maggior saggio d'interesse ivi previsto si applichi ai versamenti 
effettuati a partire dalla ridetta data di pubblicazione della legge di 
conversione (n. 23). 

lmposte di fabbricazi�me: Elevazione del saggio di interesse sui pagamenti dilazionati 
sui prodotti petroliferi: carattere retroattivo della disposizione dell'art. 
3 quater d.l. 6 luglio 1974, n. 251 che prevede tale elevazione (art. 3 
quater legge 14 agosto 1974, n. 346; d.l. 6 luglio 1974, n. 251). 

Se la norma di cui all'art. 3 quater del d.I. 6 luglio 1974, n. 251 concernente 
modifiche al regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi, con elevazione del 
livello del saggio d'interesse sui pagan1enti dilazionati dell'imposta di fabbricazione 
sugli anzidetti prodotti -introdotta con la legge di conversione 14 agosto 
1974, n. 346 -abbia carattere retroattivo ed estenda quindi il suo ambito di 
applicazione anche �i periodi di dilazione anteriori alla sua entrata in vigore (numero 
24). 

Imposta di fabbricazione � Spiriti � Distillazione e lavorazione -Licenza di esercizio 
-Titolarit� -Persona giuridica (t.u. 8 luglio 1924; r.d. 27 novembre 
1933, n. 1604, art. 1). 

Se la licenza di esercizio per distillazione e lavora;idone spiriti possa essere 
concessa ad una persona giuridica (n. 21). 

Imposte di fabbricazione -Spiriti � Distillazione e lavorazione -Licenza di esercizio 
-Titolarit� -Societ� in accomandita semplice -Mutamento socio accomandatario 
e ragione sociale � Effetti (t.u. 8 luglio 1924; r.d. 27 novembre 
1933, n. 1604, art. 1). � 

Se nel caso di mutamento del socio accomandatario e della ragione sociale 
di una societ� in accomandita semplice titolare di licenza di esercizio per distillazione 
e lavorazione spiriti, siano necessarie il rinnovo della licenza, la prestastazione 
di nuova cauzione e se si verifichi un trasferimento di prodotto gravati 
da imposta di fabbricazione (n. 22). 

IMPOSTE E TASSE 

Contenzioso -Esecuzione immobiliare -Intervento di un terzo -Definizione per 
condono -Possibilit� del terzo di surrogarsi al debitore d'imposta -Esclusione 
(d.l. 5 novembre 1973, n. 660; l. 19 dicembre 1973, n. 823; cod. civ. art. 
2900). 

Se un creditore concorrente con l'Amministrazione Finanziaria in una proce� 
dura di esecuzione forzata immobiliare possa surrogarsi al debitore di imposta, 
definendo per costui la situazione tributaria, che ha determinato l'intervento 
della finanza creditrice nell'esecuzione intrapresa a danno del medesimo debitore, 
ai sensi del d.I. 5 novembre 1973, n. 660 (convertito in legge 19 dicembre 
1973, n. 823) � sul condono tributario (n. 586). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Contenzioso tributario -Commissione centrale -Decisione -Impugnativa giudiziaria 
-Riforma tributaria -Effetti -Proponibilit� -Termine -Diritto transitorio 
(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 42, secondo comma, 43, quarto 
comma, e 46; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 22 e 29; d.l. 18 dicembre 1972, 

n. 788; l. 15 febbraio 1973, n. 9; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146). 
Se sia possibile in forza delle disposizioni transitorie di cui all'art. 43 quarto 
comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, ed in quale termine, proporre azione 
giudiziaria ex art. 146 della L.O.R. a seguito di decisione della Commissione Centrale 
emanata, in controversia di diritto, prima della data di insediamento delle 
nuove Commissioni Tributarie (n. 587). 

Esenzioni e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati Esclusione 
(l. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12; l. 25 luglio 1952, n. 931, art. 8). 

Se il rinvio che l'art. 12 della l�gge 3 dicembre 1971, n. 1102, in cui sono 
previste agevolazioni fiscali per i territori montani, fa all'art. 8 della legge 25 
luglio 1952, n. 91, recante altre agevolazioni e sgravi per i territori montani, 
debba intendersi limitato alle sole ag�volazioni da oneri tributari ovvero debba 
invece comprendere anche l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli uni� 
ficati (n. 591). , 

Imposta sulla pubblicit�; esposizioni pubblicitarie relative a giornali, esenzione, 
limiti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, art. 20, n. 6). 

se� l'esenzione dall'imposta sulla pubblicit� prevista dall'art. 20, n. 6, del 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639 a favor.e delle esposizioni pubblicitarie relative ai 
giornali in vedita nelle edicole e nei negozi ricorra anche nell'ipotesi in cui il 
mezzo pubblicitario non venga esposto � all'interno o sulla facciata esterna 
delle edicole o dei negozi medesimi � ma venga invece collocato in spazi diversi 
ancorch� prossimi all'edicola o a negozio (n. 590). 
Ipoteca legale -Per accertate violazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Pre� 
notazione a debito -Ripetibilit� dell'imposta � Condizioni (l. 7 gennaio 1929, 

n. 4, art. 26; l. 5 giugno 1943, n. 340, artt. 8, 15 e 17). 
. Se l'iscrizione e la cancellazione dell'ipoteca legale di cui all'art. 26 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, che autorizza l'Intendente di Finanza a richiedere 
l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore in caso di accertate contrav� 
venzioni in materia d'imposte, comporti la ripetizione delle imposte ipotecarie 
prenotate a debito a carico del debitore contravventore, qualora le constatate 
violazioni non vengano a risultare insussistenti (n. 588). 

Notificazioni in materia tributaria; nullit�, sanatoria (cl.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636, art. 32; cocl. proc. civ. artt. 137 segg. 156, 160). 
Se la violazione dell'art. 32 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (che detta la 
disciplina delle comunicazioni e notificazioni nel procedimento avanti agli organi 
della Giustizia tributaria) in relazione agli artt. 137 e seguenti del cod. proc. civ. 
sulle notificazioni in materia civile importi nullit� assoluta non, suscettibile di 
sanatoria neppure nel caso in cui vi sia la prova che il destinatario � giunto 
a tempestiva conoscenza dell'atto notificato ovvero debba trovare applicazione 
in questo caso il principio di sanatoria posto agli artt. 160 e 156 dello stesso 
cod. proc. civ. con riferimento all'effettivo raggiungimento dello scopo cui l'atto, 
inficiato di nullit�, � destinato (n. 589). 


152 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Ipoteca legale -Per accertate violazioni fiscali -Iscrizione e cancellazione -Pre� 
notazione a debito � Ripetibilit� dell'imposta -Condizioni (l. 7 gennaio 1929, 

n. 4, art. 26; l. 25 giugno 1943, n. 540, artt. 8, 15 e 17). 
Se l'iscrizione e la cancellazione dell'ipoteca legale di cui all'art. 26 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4, che autorizza l'Intendente di Finanza a richiedere 
l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore in caso di accertate contravvenzioni 
in materia d'imposte, comporti la ripetizione delle imposte ipotecarie prenotate 
a debito a carico del debitore contravventore, qualora le constatate 
violazioni non vengano a risultare insussistenti (n. 8). 

IMPOSTE VARIE 

Imposta sulla pubblicit� e diritti sulle pubbliche affissioni -Accertamento e 
riscossione -Concessionario del servizio -Ditta individuale -Societ� di 
capitali subentrante " Iscrizione all'albo -Requisito di anzianit� -Trasmissibilit� 
(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt. 40 e 57). 

Se una societ� a responsabilit� limitata subentrata a due ditte individuali, 
gi� concessionarie del servizio per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta 
comunale sulla pubblicit� e dei diritti sulle pubbliche affissioni, possa, agli effetti 
del requisito concernente l'esercizio di riscossione dell'imposta e dei diritti 
per non meno di un anno, avvalersi dell'anzianit� di servizio delle ditte ong11narie, 
ai fini della iscrizione nell'albo dei concessionari del servizio ai sensi 
dell'art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639 (n. 93). 

INVALIDI DI GUERRA 

Invalidi di Guerra -Profugo giuliano titolo a diversi trattamenti assistenziali, 
applicabilit� del pi� favorevole (artt. 3-8 l. 4 marzo 1952, n. 137; art. 27 

l. 18 marza 1968, n,. 313; art. 29 l. 18 marza 1968, n. 313). 
Se il demente che, in quanto profugo giuliano avrebbe titolo al ricovero 
in ospedale psichiatrico con rette a carico dell'Amministrazione dell'Interno e in 
quanto invalido di guerra con diritto a pensione avrebbe titolo al ricovero in 
ospedale psichiatrico con obbligo di sottostare a trattamento della pensione di 
guerra sino ad un terzo, abbia diritto di fruire del trattamento assistenziale 
pi� favorevole (n. 34). 

ISTRUZIONE 

Edilizia scolastica: l. 28 luglio 967, n. 641; programma nazionale di edilizia sco� 
lastica a carico dello Stato (l. 28 luglio 1967, n. 641). 

Se le opere eseguite in attuazione del programma nazionale di edilizia sco� 
lastica previsto dalla legge 28 luglio 1967, n. 641 siano di competenza statale (n. 42). 

Istruzione secondaria -Alunni -Disciplina -Poteri dell'Autorit� scolastica -Sospensione 
cautelare dalle lezioni (r.d. 4 maggio 1925, n. 653, artt. 14 e 19). 

Se in forza dell'art. 19 del r.d. 4 maggio 1925, n. 653 compete all'Autorit� 
scolastica (nella specie: Collegio dei Professori di un Istituto Tecnico per Geo




PARTE II, CONSULTAZIONI 

metri) il potere di sospendere cautelativamente dalle lezioni gli alunni che abbiano 
contravvenuto o siano gravemente sospettati di aver contravvenuto ai 
doveri e alle regole indicati nel precedente art. 14 dello stesso r.d. (n. 40). 

Opere statali: necessit� di licenza edilizia: esclusione (art. 29 l. 17 agosto 1942, 

n. 1150; art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 32, ultimo comma, l. 17 agosto 1942, 
n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). 
Se, tenuto conto delle modifiche ed integrazioni apportate alla legge urbanistica 
17 agosto 1942, n. 1150 della legge 6 agosto 1967, n. 765 e legge-ponte ed 
in particolare della sostituzione dell'art. 81 della legge 1150/942 con l'art. 10 
della legge 765/967, deve ritenersi che le opere statali siano sottratte �all'obbligo 
della licenza edilizia solo in quanto costruite su beni demaniali ovvero in via 
generale (n. 41). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Peculato e malversazione -Can.celliere -Somme e valori depositati per giudizi 
civili -Appropriazione (cod. pen. artt. 314 e 315,' disp. atti c.p.c. artt. 38 e 39). 

Se commetta reato di peculato, ovvero quello di malversazione a danno 
di privati, il cancelliere che si appropri delle somme e dei valori depositati 
dalle parti che promuovono giudizi civili (n. 53). 

Peculato e malversazione -Cancelliere -Somme e valori depositati per giudizi 
civili -Appropriazione -Pubblica Amm.ne -Obbligo di restituzione (Cod. 
pen. artt. 314 e 315; disp. atti artt. 38 e 39; cod. civ. art. 1782). 

Se la Pubblica Amm.ne sia tenuta a restituire le somme ed i valori depositati 
dalle parti che promuovono giudizi civili, qualora di dette somme e valori si sia 
appropriato un cancelliere (n. 54). 

Ufficiale giudiziario -Ingiunzione fiscale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit� 
(Cod. proc. civ. art. 60, n. 1). 

Se sia civilmente responsabile ai sensi dell'art. 60, n. 1 cod. proc. civ. l'ufficiale 
giudiziario che cagioni la caduta in prescrizione di un credito erariale 
ritardando, senza giusto motivo, la notifica dell'ingiunzione fiscale oltre la data 
richiesta dall'Ufficio finanziario procedente o dall'urgenza del caso (n. 55). 

LOCAZIONI DI COSE 

Locazioni urbane -Regime vincolistico -Applicabilit� alle locazioni passive della 
P.A. (d.l. 24 luglio 1973, n. 426). 

Se, in materia di locazioni urbane, le disposizioni vincolistiche di cui al 

d.l. 24 luglio 1973, n. 426 tornino applicabili anche alle locazioni passive della 
P.A. (n. 148). 
Locazioni urbane -Regime vincolistico -Periodo 1� luglio 1974-2 settembre 1974 
insussistenza di vuoto (l. 22 dicembre 1973, n. 841; d.l. 19 giugno 1974, n. 236; 

l. 12 agosto 1974, n. 351). 
Se, in materia di locazioni. urbane, deve ritenersi sussistere dal 1� luglio 1974 
(termine della proroga disposta. dalla legge n. 841/1973) al 2 settembre 1974 (data 


154 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d'entrata in vigore della legge n. 351/1974, che ha convertito con modifiche il 

d.I. 19 giugno 1974, n. 236) tm vuoto nel regime vincolistico il quale avrebbe 
ripreso ad operare ex novo solo in ordine ai contratti in corso alla data del 
3 settembre 1974 in quanto non disdettati con effetto anteriore o aventi sca� 
<lenza convenzionale posteriore (n. 147). 
OPERE PUBBLICHE 

Edilizia scolastica: l. 28 luglio 1967, n. 641,-programma nazionale di edilizia 
scolastica a carico dello Stato (l. 28 luglio 1967, n. 641). 

Se le opere eseguite in attuazione del programma nazionale di edilizia scolastica 
previsto dalla legge 28 luglio 1967, n. 641 siano di competenza statale 

(n. 131). 
Opere statali: necessit� di licenza edilizia: esclusione (art. 29 l. 17 agosto 1942, 

n. 1150,-art. 31 l. 17 agosto 1942, n. 1150; art. 32, ultimo comma, l. 17 agosto 
1942, n. 1150; art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765). 
Se, tenuto conto delle modifiche ed integrazioni apportate alla legge urba� 
nistica 17 agosto 1942, n. 1150 della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed legge-ponte 
ed in particolare della sostituzione dell'art. 31 della legge 1150/942 con l'art. 
10 della legge 765/967, deve ritenersi che le opere statali siano sottratte all'ob� 
bligo della licenza edilizia solo in quanto costruite su beni demaniali ovvero 
in via generale (n. 130). 

PECULATO E MALVERSAZIONE 

Peculato e malversazione � Cancelliere � Somme e valori depositati per giudizi 
civili � Appropriazione (cod. pen. artt. 314 e 315; disp. atti c.p.c. artt. 38 e 39). 

Se commetta reato di peculato, ovvero quello di malversazione a danno di 
privati, il cancelliere che si appropri delle somme e dei valori depositati dalle 
parti che promuovono giudizi civili (n. 7). 

Peculato e malversazione -Cancelliere � Somme e valori depositati per giudizi 
civili � Appropriazione -Pubblica Amm.ne � Obbligo di restituzione (cod. 
pen. artt. 314 e 315; disp. att. artt. 38 e 39; cod. civ. art. 1782). 

Se la Pubblica Amm.ne sia tenuta a restituire le somme ed i valori depositati 
dalle parti che promuovono giudizi civili, qualora di dette somme e valori 
si sia appropriato un cancelliere (n. 8). 

S0ggetti passivi � Obbligo di versamento all'erario � Evasione � Illecito penale Configurabilit� 
-Esclusione (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17, 18, 19, 
41, 50; cod. pen., artt. 314 e 646). 

Se il mancato versamento all'erario dell'imposta sul valore aggiunto da 
parte di coloro che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi impo� 
nibili, come prescritto dall'art. 17 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, possa configurare 
un illecito penale (appropriazione indebita o peculato) concorrente con 
quello previsto dall'art. 50, primo comma, stesso d.P.R. ovvero concretizzi un :~~ 
mero inadempimento di obblighi tributari (n. 6). 

1= 

[" 
ili

f 

b 


PARTE II, CONSULTAZIONI 1Jf 

PENA 

pena -Decreto penale di condanna emesso nei confronti di pi� imputati -Opposizione 
solo di alcuno degli imputati -Effetto estensivo -Sospensione della 
pena accessoria (art. 203 c.p.p.; artt. 508, 510, comma quarto c.p.p.; art. 271 

t.u. 3 marza 1934, n. 383; art. 1 1. 10 novembre 1970, n. 852). 
Se l'opposizione proposta da taluno degli imputati avverso decreto penale 
di condanna che comporti la decadenza dalla carica di amministratore comunale 
e provinciale sospenda l'applicazione della pena accessoria nei confronti dei 
coimputati non opponenti (n. 28). 

Pena -Esecuzione di pena accessoria � Comunicazione. del P.M. (art. 31 c.p.; art. 
587 comma quarto c.p.p.). 

Se ai fini dell'applicabilit� della pena accessoria dell'interdizione temporanea 
dai pubblici uffici sia necessaria la comunicazione del dispositivo della sentenza 
di condanna all'Autorit� di Pubblica Sicurezza ed alle altre Autorit� interessate 
da parte del Pubblico Ministero (n. Z7). 

Pena � Pena accessoria � Interdizione temporanea dai pubblici uffici -Applicazione 
automatica (art. 31 c.p. -art. 2 n. 6, d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223; art. 
14 t.u. 16 maggio 1960, n. 570). 

Se la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici comminata 
dall'art. 31 c.p. consegua automaticamente ad ogni condanna per i delitti 
indicati nella medesima norma (n. 26). 

POLIZIA 

Attivit� di polizia -Posti di blocco, impiego di nastri chiodati tesi sulla strada . 
Legittimit� -Limiti (l. 22 maggo 1975, n. 152; art. 53 c.p.). 

Se sia legittimo l'impiego di nastri chiodati tesi sulla strada all'uscita dei 
posti di blocco, per ottenere che chi ha volontariamente superato questo, trasgredendo 
all'obbligo di fermarsi, sia costretto a farlo per lo sgonfiamento dei 
pneumatici (n. 43). 

PORTI 

Enti portuali -Gestione servizio ferroviario, oneri a carico dell'Azienda Autc,. 
noma Ferrovie dello Stato: identificazione (art. 1 l. 17 dicembre 1971, n. 1157). 

Se le spese conseguenti all'espletamento del servizio, da stabilire con apposita 
convenzione, poste a carico dell'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello 
Stato dell'art. 1 legge 17 dicembre 1971, n. 1157 -che ha attribuito agli enti 
portuali di Genova, Savona e Napoli l'esercizio ferroviario nei porti, la costruzione 
e manutenzione dei relativi impianti e l'espletamento dei servizi con� 
nessi nell'ambito della giurisdizione portuale -vedono identificati nei soli oneri 
economici dell'esercizio del servizio ferroviario gi� a carico dell'Azienda F.S. 
vigente il presistente regime degli appalti, cio� solo in quelle spese occorrenti 
per � l'espletamento � del � servizio � che prima veniva svolto a mezzo di appalr 
tatori (n. 17). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Esenzioni e agevolazioni -Territori montani -Contributi agricoli unificati Esclusione 
(1. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 12; 1. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8). 

Se il rinvio che l'art. 12 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, in cui sono 
previste agevolazioni fiscali per i territori mqntani, fa all'art. 8 della legge 25 
luglio 1952, n. 991, recante altr� agevolazioni e sgravi per i territori montani, 
debba intendersi limitato alle sole agevolazioni da oneri tributari ovvero debba 
invece comprendere anche l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati 
(n. 106). 

PREZZI 

Prezzi -Disciplina di blocco -Generi largo consumo: caff� (art. 2 d.l. 24 luglio 
1973, n. 427). 

Se il caff� rientri tra i prodotti sottoposti alla disciplina del blocco dei 
prezzi stabilita dall'art. 2 del d.l. 24 luglio 1973, n. 427 per generi di largo 
consumo (n. 74). 

REGIONI 

Sanit� marittima -Uffici speciali -Medico provinciale preposto -Personale regionale 
-Utilizzabilit� ( r.d. 7 luglio 1934, n. 1265, art. 28; l. 13 marzo 1958, 

n. 296, art. 4, n. 3; d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, artt. 6, n. 2 e 12). 
Se il personale regionale addetto agli Uffici dei medici provinciali possa 
essere utilizzato per lo svolgimento dei servizi di competenza degli Uffici speciali 
di sanit� marittima qualora a tali uffici continui ad essere preposto, in 
virt� dell'art. 12, ultimo comma, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, il medico 
provinciale quale organo. dello Stato (n. 219). 

RELIGIONE 

Fondo per il Culto -Assegno supplementare di congrua assunzione dell'obbligo 
da parte del Comune in corrispettivo della devoluzione di rendite -Limiti 
dell'obbligo all'attualit� (l. 7 luglio 1866, n. 3036, art. 8, n. 4,� l. 15 agosto 
1867, n. 3848, art. 2,� l. 4 giugno 1899, n. 191; r.d. 29 gennaio 1931, n. 227, art. 3). 

Se il Comune sia attualmente tenuto soltanto nei limiti delle rendite e dei 
censi ad esso devoluti, sia pure rivalutati ai termini di legge, a corrispondere 
assegno supplementare di congrua a favore del parroco della locale chiesa ricet� 
tizia, nella ipotesi in cui censi, livelli e decime siano stati a suo tempo dimessi 
dal Fondo per�il Culto al Comune in corrispettivo dell'obbligo di quest'ultimo 
a provvedere all'erogazione, in favore del parroco pro tempore; dell'assegno 
supplementare di congrua giusta il disposto dell'art. 2 della legge 15 agosto 1867, 

n. 3848 (n. 2). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 157 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Autoveicoli -Carta di circolazione -Immatricolazione -Rinnovo -Ritardo -Responsabilit� 
della P.A. -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 e 59, 2� comma). 

Se in linea generale sussista responsabilit� dell'amministrazione per il ritardo 
nella reimmatricolazione di un autoveicolo qualora il nuovo proprietario non 
abbia provveduto alla relativa richiesta (n. 280). 

Autoveicoli -Carta di circolazione -Rilascio -Immatricolazione -Rinnovo -Diritto 
soggettivo -Interesse legittimo -(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 58 
e 59, 2� comma). 

Se il proprietario dell'autoveicolo sia titolare di un diritto soggettivo ovvero 
di un interesse legittimo al rilascio della carta di circolazione, ovvero al rinnovo 
di immatricolazione (n. 279). 

Responsabilit� civile dell'Amministrazione per illecito; transazione sul risarcimento 
del danno in pendenza di giudizio penale a carico del dipendente, 
legittimit� -(artt. 1965, 1966 e.e.; art. 28 c.p.p.). 

Se l'Amministrazione statale possa, in pendenza di giudizio penale sulla responsabilit� 
del dipendente, stipulare atto transattivo circa la propria responsabilit� 
civile conseguente al comportamento del dipendente medesimo (n. 277). 

Ufficiale giudiziario -Ingiunzione fiscale -Notificazione -Ritardo -Responsabilit� 
-(cod. proc. civ. art. 60, n. 1). 

Se sia civilmente responsabile ai sensi dell'art. 60, n. 1 cod. proc. civ. l'ufficiale 
giudiziario che cagioni la caduta in prescrizione di un credito erariale 
ritardando, senza giusto motivo, la notifica della ingiunzione fiscale oltre la data 
richiesta dall'Ufficio finanziario procedente e dall'urgenza del caso (n. 278). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Circolazione stradale -Spazi riservati alla sosta degli agenti del corpo diplomatico 
-Legittimit� (art. 4 lett. B, l. 15 giugno 1959, n. 393). 

Se, in relazione al disposto dell'art. 4 della legge 15 giugno 1959, n. 393 che 
contempla la facolt� per i comuni di riservare, mediante ordinanza sindacale, 
appositi spazi alla sosta di determinati veicoli quando ci� sia necessario 
per motivi di interesse pubblico -rientri nel detto concetto di interesse pubblico 
quello relativo all'esplicazione da parte degli agenti del Corpo Diplomatico accreditato 
presso il nostro Governo a svolgere la loro missione (n. 26). 

Ordinanza sindacale istitutiva di parcheggi riservati, legittimazione all'impugnativa 
autonoma in relazione alla pendenza di procedimento di contravvenzione 
-Insussistenza (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199; art. 4, lett. B, l. 16 
maggio 1959, n. 393; art. 5, l. 20 marzo 1965, n. 2248, all. E). 

Se la pendenza di un procedimento di contravvenzione possa costituire titulo 
di legittimazione all'impugnativa autonoma dell'ordinanza sindacale istitutiva 
di parcheggi riservati ovvero se in questione di legittimit� dell'ordinanza 
sindacale possa essere sollevata in via incidentale ai fini della disapplicazione soltanto 
in sede di impugnativa giudiziaria del provvedimento prefettizio di rigetto 
dell'opposizione al verbale di contravvenzione (n. 25). 


1!8 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

SOCIET� 

Ditta individuale � Successione � Continuit� del soggetto � Esclusione (cod. c�v. 
art. 2498). 

Se, nell'ipotesi che una societ� (con o senza personalit� giuridica) subentri 
nella situazione giuridica di una ditta individuale, si abbia continuazione di 
esistenza del medesimo soggetto senza mutamento nella titolarit� del complesso 
dei rapporti giuridici attivi e passivi che facevano capo alla ditta individuale 

(n. 140). 
Imposta sulla pubblicit� e diritti sulle pubbliche affissioni � Accertamento e 
riscossione � Concessionario del servizio � Ditta individuale � Societ� di 
�apitali subentrante � Iscrizione all'albo � Requisito di anzianit� � Trasmissibilit� 
(d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639, artt. 40 e 57). 

Se una societ� a responsabilit� limitata subentrata a due ditte in,dividuali, 
gi� concessionarie del servizio per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta 
comunale sulla pubblicit� e dei diritti sulle pubbliche affissioni, possa, 
agli effetti del requisito concernente l'esercizio di riscossione dell'imposta e dei 
diritti per non meno di un anno, avvalersi dell'anzianit� di servizio delle ditte 
originarie, ai fini della iscrizione nell'albo dei concessionari del servizio ai 
sensi dell'art. 40 del d.P .R. 26 ottobre 1972, n. 639 (n. 139). 

SPESE GIUDIZIALI 

Definizione delle pendenze tributarie secondo il sistema agevolato stabilito 
dal d.l. 5 novembre 1973, n. 660 � Pendenza di esecuzione per il recupero 
del tributo contestato � Regolamento delle spese del processo esecutivo (art. 
11 d.l. 5 novembre 1973, n. 660; l. 19 dicembre 1973, n. 823). 

Se l'art. 11 del d.l. 5 novembre 1973, n. 660 recante disposizione per la definizione 
agevolata delle pendenze tributarie, secondo il quale i giudizi in corso 
si estinguono restando compensate le spese, torni applicabile allorch� il contribuente 
definisca la controversia a norma del d.I. citato in pendenza della 
procedura esecutiva promossa per il recupero del tributo contestato (n. 29). 

SPESE GIUDIZIALI 

Spese giudiziali -Espropriazione immobiliare presso il terzo, dichiarazione del 
terza -Assistenza dell'Avvocatura dello Stato, competenze professionali (art. 
547 c.p.c.; art. 90 c.p.c.; art. 95 c.p.c.). � 

Se la partecipazione dell'Avvocatura dello Stato alla dichiarazione di terzo 
prevista dall'art. 547 del c.p.c. nella procedura di espropriazione mobiliare presso 
terzi consenta l'attribuzione di competenze professionali (I).. 28). 

TRANSAZIONE 

Responsabilit� civile dell'Amministrazione per illecito -Transazione sul risarcimento 
del danno in pendenza di giudizio penale a carico del dipendente, 
legittimit� (artt. 1965-1966 e.e.; art. 28 c.p.p.). 

Se l'Amministrazione statale possa, in p~ndenza di giudizio penale sulla 
responsabilit� del dipendente, stipulare atto transativo circa la propria responsabilit� 
civile conseguente al comportamento del dipendente medesimo (n. 24). 


PARTB II, CONSULTAZIONI 1.J9 

VENDITA 

Acquisti immobiliari -Beni demaniali delle FF.SS. -Acquisto con facolt� di 

p.i. e con vincolo di destinazione -Autorizzazione governativa -Deroghe 
(l. 21 luglio 1896, n. 218, art. 2; r.d. 26 luglio 1896, n. 381, art. 7, primo comma). 
Se sia necessaria l'autorizzazione governativa ai sensi dell'art. 2 della 
legge 21 luglio 1896, n. 218 per l'acquisto da parte di Comuni e Province di 
beni di propriet� delle Ferrovie dello Stato, alienabili perch� non pi� necessari 
all'esercizio ferroviario, qualora tali acquisti siano effettuati per l'esecuzione 
di opere dichiarate di pubblica utilit� o quando i beni stessi entrino a 
far parte �el demanio provinciale o comunale o quando l'alienazione avvenga 
per esigenze di pubblico interesse e con vincolo di destinazione degli immobili 

(n. 21). 

INDICE BIBLIOGRAFICO 

delle opere acquisite alla Biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato. 

BATTIATO S. E., La tassazione dei trasferimenti della ricchezza a titolo gratuito, 
Giuffr�, Milano, 1974. 
CAJELLI R.-FERRARI E.-MoR G. F.-ZuccHETTI A., I Consigli Circoscrizionali, Giuf� 
fr�, Milano, 1976. 
CASSONE D., Il nuovo diritto di famiglia, (commentato ed annotato con la giurisprudenza). 
Jandi Sapi Editori, Roma, 1975. 
CERINO-CANOVA' A., Offerte dopo l'incanto, Cedam, Padova, 1975. 
DE Cl�PIS A., Studi e questioni di diritto civile, Giuffr�, Milano, 1974. 
DE STROBEL D., Assicurazione R.C., Giuffr�, Milano, 1974. 
FERRI C., Struttura del processo e modificazion,e della domanda, Cedam, Padova, 
1975. 
FURGIUELE G., Vendita di �cosa futura� e aspetti di teoria del contratto, Giuffr�, 
Milano, 1974. 
GIORGETTI A., Lezioni di Scienza delle Finanze e di diritto finanzia<T"io (vol. 2�), 
Cedam, Padova, 1975. 
LAGOSTENA BASSI A.-RUBINI L., La liquidazione del danno, Giuffr�, Milano, 1974. 
MARTINENGHI F. -MARTINENGHI G. M., Manuale delle societ� azionarie (32� ediz.), 
Pirola Editore, Milano, 1976. 
MARTINENGHI F.-MARTINENGHI G. M., Le societa personali (18� ed.), Pirola Ed., 
Milano, 1976. 
MoscONI F., La Banca Europea per gli investimenti (Aspetti Giuridici)., Cedam, 
Padova, 1976. 
PAOLUCCI L. F., La mutualit� nelle cooperative, Giuffr�, Milano, 1974. 
PIETRANTONIO L., Annuario delle imposte dirette 1976 (2" ediz.), Editrice Tuscolana, 
Frascati, 1976. 
TAMBURRINO G., Lineamenti del nuovo diritto di famiglia italiano, Utet, Torino, 
1976. 
Universit� di Bologna, Atti Convegno dell'organizzazione burocratica nella P.A. 
e nelle amministrazioni private, Giuffr�, Milano, 1974. 
Universit� di Pavia, Le azioni a tutela di interessi collettivi, (Atti del convegno 
di Studi -Pavia 11-12 giugno 1974), Cedam, Padova, 1976. 
Vrrucc1 P., Utilit� e interesse nelle servit� prediali, Giuffr�, Milano, 1974. 



NOTIZIARIO 


Omaggio a MANTELLINI, ScAVONETTI e ScocA nel Centenario dell'Istituzione della 
Avvocatura dello Stato. 

A conclusione delle manifestazioni celebrative del centenario dell'Avvocatura 
dello Stato, l'Avvocato Generale ha ritenuto doveroso rendere un particolare 
omaggio alla memoria di Giuseppe Mantellini, primo Avvocato Generale e di 
Gaetano Scavonetti e Salvatore Scoca che ricoprirono la carica per lunghi anni 
in periodi particolarmente significativi e rilevanti nella storia dell'Istituto. 

Il giorno 14 ottobre l'Avvocato Generale, accompagnato dal Segretario Generale, 
dall'Avvocato distrettuale di Catania e dai colleghi di quell'Avvocatura, si 
� recato al cimitero di Carlentini dove nella cappella di famiglia riposa la salma 
di Gaetano Scavonetti. ' 

Alla presenza del Sindaco di Carlentini e dei familiari superstiti, l'Avvocato 
Generale ha deposto una corona d'alloro sulla tomba di Scavonetti ed ha pronunciato 
brevi parole ricordando la figura di colui che pu� essere a ragione 
considerato il � rifondatore � dell'Istituto al quale dette le attuali strutture 
portandolo da Avvocatura Erariale ad Avvocatura dello Stato. 

Il giorno 23 ottobre l'Avvocato Generale si � recato a Firenze nel cimitero 
monumentale di San Miniato e, presenti il Segretario Generale, l'Avvocato distrettuale 
ed i colleghi dell'Avvocatura di Firenze, ha deposto una corona d'alloro 
al monumento a Mantellini, del quale, proprio a seguito degli studi compiuti 
in occasione del centenario dell'Istituto, � risultata sempre meglio delineata 
la eccezionale statura di giurista e di uomo politico e la decisiva importanza 
che egli ebbe nel processo formativo delle istituzioni pubbliche del Paese nel 
periodo della formazione del nuovo� Stato italiano. 

Infine il giorno 30 ottobre l'Avvocato Generale, si � recato, accompagnato 
dal Segretario Generale, a Calitri, dove � la tomba di Salvatore Scoca, che 
riposa nella piccola Chiesa edificata a sua cura ai piedi della cittadina. 

La semplice ed austera cerimonia si � svolta alla presenza delle autorit� 
della provincia e dell'amministrazione civica, della signora Lucia Scoca, dei 
familiari e della popolazione di Calitri. 

Nel deporre accanto al monumento funebre la corona d'alloro, l'Avvocato 
Generale ha rievocato la fi,gura di Salvatore Scoca, sottolineandone le qualit� 
di giurista e di uomo politico, ricordandone la viva umanit� e facendone risaltare 
l'importanza nella storia del nostro Istituto. 

Successivamente, nell'aula consiliare della sede comunale, il Sindaco ha 

rivolto ai presenti un discorso commemorativo su Salvatore Scoca.