ANNO XXVII -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1975 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1975 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 8.500 
UN NUMERO SEPARATO �.�.�.�.�.�....... � 1.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 


(5219077) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (o curo 
dell'avv. Michele Savarese) . pag. 797 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(o curo del/'avv. Arturo Marzano) . � 812 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(o curo del/'avv. Benedetto Baccari) � 848 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (o curo dell'avvocato 
Adriano Rossi) . � 864 
Sezione quinta: GIURISPRUDEN?'.A AMMINISTRATIVA (o cura 
del/'avv. Ugo Gargiulo) . � 869 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (o curo degli avvocati 
Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bofi/e) � 877 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo 
Marzano} � 9 I I 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte} . � 937 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

LEGISLAZIONE . 
pag. 103 

CONSULTAZIONI 
� 113 

INDICE BIBLIOGRAFICO . 
� 117 

la pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Fcrainoesco MAR1uzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; .An:nerico RALLO, 
Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; FTancesco GuICCIARDI, Genova; 
Carlo BAFILE, L'Aquita; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNrrI, 
Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, 
Palermo; Pi.er GiorgJ.o LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto 
GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; 
Giancarlo MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


ALBISINNI G., Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 
16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di 
competenza della Regione siciliana: applicabiUt� delie norme 
di procedura alle controversie arbitrali in corso . . . . . I, 931 
DI TARSIA P., La contravvenzione prevista dagli artt. 220 e 221 
del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 per immissione .di assegnatari 
in abitazioni prima delia licenza di abitabiliit� . . . . . . I, 938 
MARZANO A., L'art. 7 del trattato CEE e i � vanvaggi sociali � 
riconosciuti ai lavoratori migranti . . . . . . . . . . I, 823 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Concessione e deriv�azione 
Istruttoria -Domanda incompleta 
-Integrazione -Pr.efissione di 
termine perentorio, -Inosservanza 
-Irricevibilit� della domanda, 

927. 
-R1serva di energia -Sovracanone 
-Differenz,a -Normativa sui 
sovracanoni -Estensione analogica 
-Esclusione, 921. 
-Sovracanone -Disciplina anterio:
re a11a 1. 4 di('embre 1956, numero 
1377 -Alpplicazione -Presupposti, 
921. 
Sovracanoni -Determinazione -


Poteve discr.ezionale -Circ. Min. 
Finanze 22 1uglio 1959, n. 158 Autolimi.
tazfone -Esclusione, 921. 


- 
Sovracanoni Determinazione 
de11a misura unitaria -Nuova detoominazione 
Ammissibilit�, 

920. 
-Utenza .e concerssione del servizio 
di distribuzione -�Cessazione della 
co,ncessione del servizio di distribuzione 
-Estinzione dell'utenza 
-Non sussiste, 864. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Capitolato 
g.enerale di appalto approvato 
con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063 -Opere di competenza 
della �regione siciliana -Norme 
di procedura -Applicabilit� ad 
arbitl'ato in corso alla data di entrata 
i:n vigore della legge reg. 
�sic. 26 maggio 19173, n. 21 -Non 
susssite, con nota di G. ALBISINNI, 
931. 
- 
Appalto di opere pubbliche -Capitolato 
generale di appalto per 
le opere di competenza del ministero 
dei Lavori Pubblici -Legge 
reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, 
art. 9 -Applicabilit� obbligato


ria capMolato generale di appalto 
approvato con d.P.R. 16 luglio 
196,2, n. 1063 alle opeve di competenza 
amministrazione, con nota 
di G . .ALBISINNI, 930. 

-Appalto di opere pubbliche -Collaudo 
-Ritardo -Maggiore 'richieste 
deH'appaltator,e, 911. 

-Appa�lto di ope!I'e pubbliche -Istituto 
delle riserve -Carattere generale 
-Deroghe -Li,miti, 911. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Decadenza -Proposte 
transattive -Rinuncia tacita ad 
eccepire la decadenza -Esclusione, 
913. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
irichieste dell'appaltatore 
-Fatti continuativi -Onere 
della tempestiva riserva -Sussistenza, 
912. 

-Apipalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Oneri .per difficolt� di esecuzione 
o per lavori accessori non 

. 
specificamente previsti nel contratto 
-Onere della tempestiva 
riserva -Sussistenza, 913. 

-Appalto di opere pubbliche -Sospensione 
dei lavori -Maggiori 
richieste dell'appaJ.tatore -Oneve 
della tempestiva ri:serva, 911. 

�CASELLARIO GIUDIZIARIO 

-Certificati a richiesta dei privati Beneficio 
della non menzione di 
condalJlilie -Limiti -Questione 
fondata di costituzionalit�, 808. 

-Certificati a richiesta di privati Iscrizione 
della condanna dopo 
la �espiazione della .pena -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

808. 
CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Verba1e di accertamento -Dichiar�zioni 
rese dal contravven




INDICE 
VII 

tore -Mancata notifica -Lmproceditbilit� 
-Questioni infondate 
di costituzionaut�, 797. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Edilizia popolare ed economica -
Assegnatlone provvisoria -Domanda 
dell'assegnatario per lo 
adempimento degli obblighi dell'Ente 
-Poteri dell'A:G.O. -Sentem~
a di condanna dell'Ente ad 
un � faceTe � -Limiti, 848. 

-Edilizia popofare ed economica GE,
SCAL -Soppressi01:1e -Effetti 
processuali, 848. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa: 
autorizzazioni e concessioni 
-Mezzogiorno -Opere di 
miglioramento fondiario ... Sovvenzioni: 
posizioni soggettive del 
beneficiario, 857. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministriati-
va -Bellezze naturali Sanzioni 
amministratLve -Ingiunzione: 
contestaziohe sulla legittimazione 
passiva dell'ingiunto 
-Giurisdizione dell'A.G.O., 

854. 
- 
Improponibilit� assoluta della 
domanda -ProponibHit� della 
domanda ,e g,iudizio di merito: 
nozione, 863. 

COMUNE 

-Autorizzazione a stare in giudizio 
-Deliberazione urgente della 
Giunta municipale -Mancanza di 
approvazione -Inefficacia, 870. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Orgaind.zzazioni comuni 
e dei mercati -Cereali Regime 
delle cauzioni all'importazione 
-Normativa comunitaria 
-Norme interne riproduttive Illegittimit� 
costituzi�nale -Limiti, 
812. 

-Lavoratori migranti -Vantaggi 
sociali -Comprendono la tessera 
a riduzione sui prezzi di trasporto, 
con nota di A. MARZANO, 822. 

-Lavocatori migranti -Vantaggi 
sociali -Nozione -Interrp.retazione 
restrittiva -Esclusione, con 
nota di A. MARZANO, 822. 

-Libera circolazione delle persone 
-Limitazioni giustificate da 
motivi di ordine pubblico -Divieto 
di soggforno in determinate 
par,ti del territorio nazionale, 
con nota di I. M. BRAGUGLIA, 838. 

-Norme di diritto interno riproduttive 
,di norme comunitairie Disapplicazione 
-Inammi,ssibilit� 
-Obbligo del giudice di sollevare 
questione di legittimit� costituzionale, 
812. 

-Trasferimento agli organi comunitari 
del potere di emanare norme 
giuridiche -Conseguenze Radicale 
privazione di efficacia 
deUa volont� sovrana degli organi 
legislativi degli Stati membri 
-Esclusione, 812. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V., CaselLario giudiziario, Circolazione 
stradale, Lavoro, Matrimonio, 
Procedimento cfoile, Procedimento 
penale, Sciopero. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Uso dei beni -Beni immobili 
assegnati a servizio governativo Concessione 
in uso al Ministero 
da cui dipende il servizio -Conseguenza 
-Provvedimenti relativi 
al bene cos� concesso -Competenza 
del Ministero concessionario 
-Provvedimenti del solo 
Ministero finanze -Illegittimit�, 

873. 
-Uso dei beni -Beni immobili assegnati 
a ,servizio governativo Dismissione 
-Sogpensione temporanea 
dell'applicazione al servizio 
.., Non imp'1Lca dismissione, 

874. 
ESPROPRIAZIONE 

-Espropriazione per p. u. -.A!pprovazfone 
del progetto -Dichiarazione 
di ,pubblica utilit� indifferibiUt� 
�e rurgenza -Occupazione 
di urgenza -Opposizioni -Esame 
-Necessit� -Insussistenza, 

929. 
-Danni per occupazione ultra biennale 
proposta dop0 la pronuncia 
del decreto di espropriazfone ma 


VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prima deHa sua notifica -La domanda 
giudiziaJ.e si converte in 
opposizione alla stima, 864. 

-Dichiarazione di pubblica utilit� 
-Mezzi finanziaxi -Nozione, 929. 

-Espropriazione -Me�zzogiorno Industrializz�
azionie -Piano di sviluppo 
industriale -Indennizzo Pagamento 
-Tempo -Art. 147 
quarto comma T. U. n. 1523 del 
1967 -Contraisto con l'art. 42 Cost. 
-Manifest.a infondatezza, 872. 

-E�spropriazione -Mez.zogiorno -
Industrializzazdone -Piano di sviluppo 
industriale -Vincolo di 
al'ee senz�a :indennizzo -Art. 147 
primo re ultimo� �comma T. U. numero 
1523 del 1967 -Contrasto 
con l'art. 42 Cost. -Non manifesta 
infondatezza, 872. 

-Occupazione d'urgenza -Decreto 
di occrupazdone -' Contenuto -
Pillefissione dei termini per la 
espropriazione -Non occorre, 874. 

-Occupazione d'urgenza -Edilizia 
popolare ed economica -Occupazione 
di area vinco�Lafa dal p.e.e,p. 
-� atto dovuto -Scelta dell'area 
-Discrezionalit� del Prefetto. Esc1usione, 
875. 

-Occupazione d'urgenza -Indennit� 
-Omessa indicazione nel decr
�eto di occupazione -IrrHevanza, 
875. 

-Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno 
-Industrializzazione -Piano 
di �sviluppo industriale -Omessa 
specificazfone delle opffi'e per 
cui si dichiara '1'urg.enza -Articolo 
147 pvimo comma T. U. numero 
1523 del 1967 -Contrasto 
con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza, 
872. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Consiglio giustizia amministrativa 
Regione skiliana -CompoSizione 
-Conferma di componenti 
laici -Discrezionalit� deHa Giunta 
regionale -Art. 3 secondo comma 
d. l.vo n. 654 del 1948 -Contrasto 
con l'ar�t. 100 Cost. -Non 
manifesta infondatezza, 869. 

-Consiglio .giustizia amministrativa 
Regione siciliana -Composi


zione -Conferma di componenti 
laitci -Discvezionalit� della Giunta 
regionale -Art. 3 secondo comma 
d. il.vo n. 654 del 1948 -Contrasto 
con gli <M'tt. 101 e 108 Cost. 
-Non manifesta infondatezza, 869. 

-Consiglio giustizia amministrativa 
Regione siciliana -Decisioni Appello 
-Limite -Art. 5 terzo 
comma d. Lvo n. 654 del 1948 Contrasto 
con gli �Mtt. 3, 24, 113 
e 125 Cost. -Non manifesta infondatezza, 
869. 

-Ricocso giurisdizionale -Atto 
impugnabile o no -EdiJ.izia po�polax.
e ed economica -Piano edilizia 
popolare -A;pprovazione . Impugnabilit� 
immediata -Censure 
proposte in sede di rkorso 
contro occupazione delle aree -
InammissibiUt�, 874. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Norme applicabili ,, Statuto dei 
lavoratori -Applicazione limitata 
-Ratio, 875. 

-Stipendi, 1assegni e indennit� Misura 
-Riltlerimento al1e qualifiche 
formali -Funzioni superiod Irrilev;
anza -Ratio, 876. 

IMPOSTA COMPLEMENTARE 

-Cumulo dei redditi -Moglie del 
contribuente -N01t1 risponde dell'imposta 
-Esecuzione .sui beni di 
sua pTorpriet� -ImpossibHit� Opposizione 
a0


1l'esecuzione � 
ammissibile, 899. 

IMPOSTA DI BOLLO 

-I.N.A.M. -Atti r:elativi a controv;
ersie riguardanti \l'Istituto 
Esenzione limitata alle liti c. d. 

� previdenziali � -Azione di surroga 
ex art. 1916 c. c. -Esclusione, 
881. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione per il fondo di rotazi0tne 
per il territorio di Trieste 
di �cui aUa 1egge 18 ottobre 1955, 

n. 908 -Estensione aH'accoUo del 
mutuo e aUa fideiussione -Esclusione, 
888. 

INDICE 
IX 

-Agevolazione per la costruzione 
di autostrade -Subappalto Estensione 
-Limiti, 905. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Presunzione per mobili denaro e 
gioielli -Prova contraria -Presunzioni 
semplici fondate su fatti 
emergenti da documenti app<a�l'tenenti 
ai tipi tassativamente indicati 
dalla legge -Ammissibilit�, 

883. 
- 
Testamento nulfo -Sentenza pronunciata 
in <:ontraddittoTio della 
Finanza -Necessit� inderogabile 
-Dichiarazione di falsit� di testamento 
contenuta in giudicato 
penale -Inopponibilit� alla Finanza, 
880. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


Rivalsa -Esercitabilit� nei confronti 
della Regione siciliana,

911. . 
IMPOSTA SULLE SOCIET� 

-Esenzione per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Costituzione 
di societ� operante nel territorio 
del Me,zzogiorno ma.con sede legaile 
al di fuori -Compete, 877. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Imposte dirette -Azione in sede 
ordina:l'ia -Prec,edente decisione 
di ,commissione -Dup~foa_zione 
dei ruoli -� necessari<a, 879. 

-!poste indirette -Imposta di registro 
-Agevolazioni -PlUTalit� di 
benefi.ci -Scelta di uno di essi � 
definitiva -Sopravv,enuta decadenza 
-AppHcabilit� di altra 
agevolazione -Esclusione, 904. 

-PTocedimeni innanzi al1e ComllliSs10ni 
-Applicabilit� delle 
noTme del processo civile -Mezzi 
istrutto:ri -Contraddittorio -Necessit�, 
886. 

-Solidadet� -Decadenza -Notifica 
di decisioni della Commissione 
centra:le nel terminJe di tre mesi Adempimento 
verso uno dei 

coobbligati -Comunicazione degli 
,ef:lletti <ad altri coobbligati Si 
produce, 888. 

-Violazioni di leggi finanziari.e e 
valutarie. -Prescrizione -InteTruzione 
-Verbale di contestazione 
-� idoneo -Effetto interruttivo 
durevole fino-alla pronuncia 
dell'ordinanza -E.sclusione, 895. 

LAVORO 

-Licenziamenti iJ.l.egittimi -Tutela 
del favoratore -Requisiti soggettivi 
del datore di <lavoro' -Questione 
infondata di costituzionalit�, 
798. 

-Licenzi,amenti individuali -Invalidit� 
o inefficacia -Risarcimento 
del danno -Questione infondata 
di costituzionalit�, 797. 

-Sa1ario -Pigno�l'abiilit� -Limiti Questione 
infondata di costituzionalit�, 
803. 

MATRIMONIO 

-Divorzio -Disposizioni patrimoniali 
-Revisione in Camera di 
Consiglio -Limitazione della prova 
-Illegittimit� costituzionale, 

799. 
- 
Divorzio -Disposizioni patrimoniali 
-R<evisione in Camera di 
Consiglio -Questione infondata 
di costttuzionalit�, 799 

PIANO REGOLATORE 

-Piano di sviluppo industriale Industria1izzazione 
del Mezzogiorno 
-Piano, ex T.U. n. 1523 del 
1967 -Duplicit� ,fil effetti -Individuazfone, 
872. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Notificazione e comunicazione 
atti civili -Questione infondata 
di costituzionalit�, 804. 

-Sospensione dei termini -Notifica 
di sentenza in periodo feriale Decorrenza 
computo del termine 
per impugnare, con nota di A. 
Rossi, 868. 


X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Cassazione -Applicazione dell'art. 
538 c.p.p. nel testo modificato 
dalLa L. 18 giugno 1974, 

n. 226 -Poteri di decidere iin merito, 
942. 
- 
Istruttoria -Senten:i'Ja di proscioglimento 
-Impugnazione da parte 
del p.m. -Preventivo deposito 
degli atti -Inammissibilit� -111egittimit� 
costituzionale, 798. 

REATO 

-Contravvenzioni conc�eTnenti la 
inosservanza dei provvedimenti 
di polizii.a -Inosservanza dell'ordine 
di presentarsi agli organi di 
Polizia giudiziaria per � essere 
interrogato come indiziato di reato 
� -Contravvenzione ali.l'art. 650 
cod. pen. -Sussistenza -Facolt� 
dell'indiziato di non rispondere 
all'interro�gatorio -Irrilevanza, 

942. 
SANIT� PUBBLICA 

-In genere -Igi�erie delle abitazioni 
-Licenza di abitabilit�� GESCAL 
-Sistema legislativo 
relativo aiJ.1a �costruzione di case 
per lavoratori, -Funzioni �della 
GESCAL -Decisione e programmazione 
-Concreta realizzazione 
delle costruzioni -Compete alle 
�stazioni �appa1tanti -Obbligo di. 
ottenere la licenza di abi.tabilit� 
-� di queste ultime -Fattispecie, 
con not�a di P. DI TARSIA, 

937. 
SCIOPERO 

-Occupazione o invasione di aziende 
-Arbitraria invasione -Questione 
.infondata di costituzionalit�, 
804 

-Sciopero, serrata e boicottaggi Serrata 
di piccoli esercenti Questione 
fondata di costituzionalit�, 
804. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

3 luglio 1975, n. 178 . pag. 797 
8 l�glio 1975, n. 186 . 797 
8 luglio 1975, n. 189 . 798 
10 luglio 1975, n. 199 . 798 
10 luglio 1975, n. 202 . 799 
15 luglio 1975, n. 209� . 803 
15 luglio 1975, n. 213 . 804 
17 luglio 1975, n. 220 . 804 
17 luglio 1975, n. 222 . 804 
17 luglio 1975, n. 225 . 808 
30 ottobre 1975, n. 232 . 812 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

30 s�ttembre 1975, nella causa 32/75 . pag. 822 
28 ottobre 1975, nella causa 36/75 . . 838 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 9 ottobre 1974, n. 2721 . pag. 864 
SS. �uu., 12 ottobre 1974, n. 2821 . �. 864 
Sez. Un., 21 ottobre 1974, n. 2971 . 868 
'Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1811 . 848 
Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1822 . 854 
Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1833 . 857 
Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2007 . 877 
Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2040 . . 879 
Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2042 . . 880 
Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2044 . . 881 
Sez. Un., 23 maggio 1975, n. 2056 . 863 
Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2339 . . 883 
Sez. I, 13 giugno 1975, n. 2366 . . 886 
Sez. Un., 16 giugno 1975, n. 2408 . 888 
Sez. I, 28 giugno 1975, n. 2559 . 895 
Sez. I, 14 U1glio 1975, n. 2781 .� . 899 
.Sez. I, 18 luglio 1975, n. 2841 . 911 
Sez. I, 25 lugJ.io 1975, n. 2904 . . � 904 
Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2978 . ,905 
Sez. I, 17 ottobre 1975, n. 3374 . 912 


XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI APPELLO DI ROMA 

Sez. I, 17 luglio 1975 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 930 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

12 maggio 1975, n. 6 pag. 920 
12 ma.ggio 1975, n. 7 927 
12 maggio 1975, n. 8 921 
12 maggio 1975, n. 9 929 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONS.IGLIO DI STATO 

Ad. plen., 20 maggio 1975, n. 4 (ordinarnza) . pag. 869 
Sez. IV, 13 maggio 1975, n. 501 . . . . . . 87() 
Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 516 (ordinanz.a) 872: 
Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 517 . 873 
Sez. IV, 27 maggio 1975, n. 537 . 874 
Sez. VI, 9 maggio 1975, n. 173 875 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 28 .gennaio 1974, n. 128 . . pag. 937 
Sez. VI, 2 dicembre 1974, n. 1479 . 942 
Sez. III, 17 marzo 1975, n. 664 . . . 942. 

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PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


ATTI AMMINISTRATIVI 

-Atti ammimstrativi gi� di competen2la 
statale -Pubblicazione 
nella G. U. della Repubblica, 113. 

-Atti amministrativi gi� di competenz!
a stata1'e -Pubblicazione nel 

B. U. della Regione, 11~. 
- 
Atti amministrativi gi� di competenza 
.statale -Pubblicazione tanto 
;nel1a G. U. della RepubbUca 
quainto nel B. U. della Regione Impugnativa 
-Decorrenza del 
te=ine, 113. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Violazioni 'al codice deHa strada Processo 
verbale di contestazione 
-Natura, 113. 

-Violazione al codke della strada 
-Processo v;erba1e di contestazione 
-, Efficacia probatoria, 

113. 
COMUNI E PROVINCE 

-Atti in materia tributaria -Controllo, 
114. 

-Comuni -Strade ,comunali -Diritto 
di pedaggio -Natwa, 114. 

-Comuni -Strade comunali -Diritto 
di pedaggio -Legittimit�, 

114. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Impiegato dello �Stato -Sospensione 
cautelare dal servizio Condanna 
,perna1e irrevocabile Destituzione 
di diritto -Collocamento 
a riposo -Benefici combattenttstici, 
114. 

liMPOSTE VARIE 

-Comuni e Province -Atti in materia 
tributaria -Controllo, 114. 

-Comuni -Str.ade comunali -Diritto 
di pedaggio -Natura, 114. 
-Comuni -Strade comunali -Diritto 
di pedaggio -Legittimit�, 
115. 

PENSIONI 

-Impiegato dello Stato -Sospensione 
cautelare dal servizio Condanna 
penale irrevocabile Destituzione 
di diritto -Collocamento 
a riposo -Benefici combattentistici, 
115. 

PRIVILEGI 

-Imposta straordinaria sul patrimonio 
-Privilegio -Estinzione, 

115. 
PROVE 

-Circolazione str.adale -Violazioni 
ai1 codice della strada.-Processo 
verbale di contestazione -Natura, 
115. 

-Circolazione stradale -Violazioni 
al codice della strada -Processo 
verbale di contestazione -Efficaci� 
probatoria, 115. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Amministrazione dello Stato Danni 
prodotti ad altra Amministrazione 
o ad Azienda aiuton-0ma 
-limputazione spesa, 115. 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

-Circolazione stradale -Violazioni 
al codice della strada -Processo 
verbale di contestazione -Natura, 
116. 

-Circolazione stradale -Violazioni 
al ,codice della strada -Processo 
verbale di contestazione -Efficacia 
probatoria, 116 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
III. -Questioni proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 103 
INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . . . . . . . . . . . . 117 


PARTE PRIMA 


r11r�tt11111:111111111111r111111111r111rrt.1r11111111l111r11�1a11r&r11111 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 178 -Pres. Bonifacio Rei. 
Rossi -Brocchi c. Ditta Nestplast, Presidente Consiglio dei 
Ministri (v. avv. gen. Stato Albisinni). 

Lavoro � Licenziamenti individuali � Invalidit� o inefficacia � Risarcimento 
del danno � Questione infondata di costituzionalit�. 
(Cost. artt. 3, 24; I. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18). 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
costituzionalit� dell'art. 18, 2� comma della legge 20 maggio 1970, n. 300, 
nella parte in cui attribuisce, in ogni caso, al lavoratore, il cui licenziamento 
sia stato dichiarato invalido o inefficace, il diritto al risarcimento 
del danno non inferiore a cinque mensilit� di retribuzione (1). 

(1) Sulla questione cfr. MANCINI, Statuto dei diritti dei lavoratori, 
1972, sub art. 18 n. 2, in Commentario a cura di SCIALOJA e BRANCA. 
CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1975, n. 186 -Pres. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Chiaravalle; Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. 
gen. Stato Carafa). 

Circolazione stradale � Verbale di accertamento � Dichiarazioni rese dal 
contravventore -Mancata notifica -Improcedibilit� -Questioni infondate 
di costituzionalit�. 

(d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 140, 141, 143). 
� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. 140 e 143 del codice della strada, 
il primo (art. 140) nella parte in cui non prevede che il soggetto cui � 
contestata una contravvenzione al codice della strada (non depenalizzata) 
sia assistito, nelle dichiarazioni inserite nel relativo processo verbale, 
dalle garanzie difensive riconosciute all'imputato, ed il secondo 
(art. 143) nella parte in cui prevede che l'azione penale� � improcedibile 
per il caso di intempestivit� della notifica del ve:rbale (1). 

(1) In relazione alla prima questione, sull'interrogatorio dell'imputato, 
.come mezzo di prova e di difesa, cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 190, 
in questa Rassegna 1971, I, 14 e sulla seconda questione cfr. Corte Cost. 
n luglio 1968, n. 86, ivi 1968, I, 715. 

798 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO' 

CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1975, n. 189 -Pres. Bonifacio -
Rel. Astuti -Pria c. Cavalchini ed altri; Presidente Consiglio Ministri 
(sost. avv. gen. Stato Gargiulo). 

Lavoro � Licenziamenti illegittimi -Tutela del lavoratore -Requisiti soggettivi 
del datore di lavoro -Questione infondata di costituzionalit�. 
(Cost. artt. 3, 4, 35, 41; I. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 35). 

� infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 18 legge 20 maggio 1.970, n. 300, in relazione 
all'art. 35 della stessa legge, nella parte in cui riconosce, a differenza 
dell'art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ai lavoratori arbitrariamente 
licenziati il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro 
e al risarcimento del danno, escludendo dalla possibilit� di ottenere 
congiuntamente entrambe le riparazioni i lavoratori di unit� produttive 
con meno di 15 dipendenti, anche se appartenenti ad imprese aventi 
nel territorio nazionale pi� di 35 dipendenti (1). 

� infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 35 della legge n. 300/1970, nella parte in 
cui esclude l'applicabilit� delle disposizioni del titolo III nei confronti 
dei datori di lavoro privati non imprenditori (2). 

(f-2) Sulla questione cfr. Corte Cost. 19 gtugno 1975, ,n. 152, in questa 
Rassegna 1975, I, e Cass. 30 maggio 1975, n. 2199, in Foro It. 1975, I, 1579. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1975, n. 199 -Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -d'Aiello Francesco. 

Procedimento penale � Istruttoria -Sentenza di proscioglimento -Impu


gnazione da parte del p.m. � Preventivo deposito degli atti -Inam


missibilit� -lll�gittimit� cosatuzionale. 

(cod. proc. pen., art. 387). 

� illegittimo, per contrasto con l'art. 24 Cost., l'art. 387 cod. proc. 
pen., nella parte in cui non prevede che prima della decisione del giudice 
sull'appello del p.m. si proceda, in tutti i casi, agli adempimenti 
di cui all'art. 372, ai fini dell'esercizio della facolt� ivi prevista (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 190, in questa Rassegna 1971, 
I, 14; 12 novembre 1974, n. 25, ivi, I, 1340. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 799 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1975, n. 202 -Pres. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Bergamasco; Presidente Consiglio Ministri (sost. 
avv. gen. Stato Savarese). 

Matrimonio -Divorzio � Disposizioni patrimoniali � Revisione in Camera 
di Consiglio � Questione infondata di costituzionalit�. 
(Cost. artt. 3, 24; 1. l dicembre 1970, n. 898, art. 9). 

Matrimonio � Divorzio � Disposizioni patrimoniali � Revisione in Camera 
di Consiglio � Limitazione della prova � Illegittimit� costituzionale. 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
costituzionalit� dell'art. 9, 2� comma legge 10 dicembre 1970, n. 898, 
laddove � previsto che il Tribunale provveda in Camera di Consiglio 
sulla revisione delle disposizioni patrimoniali, emesse con la sentenza 
di scioglimento del matrimonio civile o la cessazione degli effetti civili 
del matrimonio concordatario (1). 

� iliegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 9, 20 comma 

della legge 10 dicembre 1970; n. 898, nella parte in cui non consente 

il normale esercizio di facolt� di prova (2). 

(Omissis). -2. -Secondo l'ordinanza di rinvio del tribunale di 

Biella, il procedimento in camera di consiglio previsto dall'art. 9, se


condo comma, della legge to dicembre 1970, n. 898, ai fini della revi


sione delle disposizioni patrimoniali date, a norma del precedente art. 5, 

con la sentenza che ha pronunziato il divorzio, non garantirebbe suffi


cientemente l'osservanza del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della 

Costituzione. Ci� perch�, pur vertendosi in materia gi� decisa con valore 

di giudicato e previa osservanza delle garanzie processuali del rito ordi


nario, la norma in esame sancirebbe, ai fini dell'emanazione del prov


vedimento di modifica, l'introduzione del giudizio su semplice ricorso 

dell'interessato senza prevedere la difesa tecnica delle parti, consenti


rebbe, poi, al giudice la massima libert� nell'istruzione probatoria, ri


messa alle � ii;tformazioni � che egli ritenga di assumere, ed attribui


rebbe, infine, efficacia modificativa di ,una sentenza, al decreto con cui 

si conclude il procedimento camerale. 

Il tribunale di Siena formula una censura analoga, ma di portata 

pi� generale, affermando, in sostanza, che la norma impugnata contra


(1-2) Sui procedimenti in Camera di Consiglio cfr. Corte Cost. 27 novembre 
1974, n. 267, in questa Rassegna, 1975, I, 2, 27 giugno 1972, n. 114, 
ivi, I, 944. 



800 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sterebbe con il diritto di difesa, perch� la procedura prevista, concernendo 
un conflitto di interessi, avrebbe carattere contenzioso e, in tal 
caso, dovrebbero attuarsi le garanzie previste dall'art. 24 Cost. in misura 
pi� ampia di quelle appr~state dal procedimento in esame. 

3. -� da premettere che, pur ammettendo la natura decisoria del 
provvedimento emesso a norma dell'art. 9, secondo comma, impugnato, 
l'ordinamento conosce vari casi di provvedimenti decisori adottati in 
camera di consiglio, in cui la procedura � disposta anche in presenza 
di elementi della. giurisdizione contenziosa. Basti qui ricordare, oltre 
ad alcune fasi del procedimento di separazione personale dei coniugi, 
l'interdizione, l'inabilitazione, l'assenza e la dichiarazione di morte 
presunta. 
L'adozione di tale procedimento nei casi suddetti risponde a criteri 
di politica legislativa, inerenti alla valutazione eh~ il legislatore ha 
compiuto in relazione alla natura degli interessi regolati ed alla opportunit� 
di adottare determinate forme processuali. Questa scelta � discrezionale 
ed � indubbiamente esente da sindacato in questa sede, poich�, 
mentre, come questa Corte ha espressamente affermato con la sentenza 

n. 122 dl 1966, il procedimento in camera di consiglio non �, di per s�, 
contrastante con il diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., il problema 
della scelta concreta del procedimento da adottare � problema di politica 
processuale, il cui esame sfugge alla competenza della Corte (sent. 
n. 142 del 19'70) nei limiti in cui, ovviamente, non si risolva nella violazione 
di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza. 
Pertanto, la scelta del rito camerale per la revisione delle pronunzie 
di ordine patrimoniale di cui alla sentenza di divorzio, si presenta 
con le suesposte caratteristiche di legittima discrezionalit�. D'altra 
parte, le caratteristiche particolari del rito prescelto, nella specie, non 
sono tali da incidere, di per s� sole, in modo determinante, sulla garanzia 
del dirittp di difesa. 

.Occorre anzitutto ricordare che, secondo la costante giurisprudenza 
della Corte, l'osservanza del diritto di difes� non preclude la possibilit� 
che la relativa disciplina si conformi alle speciali caratteristiche della 
struttura dei singoli procedimenti, purch� ne vengano assicurati lo scopo 
e la funzione, cio� la garanzia del contraddittorio, in modo che sia 
escluso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti (per tutte v. 
sent. n.. 46 del 195'7). Il procedimento in esame, per quanto riguarda 
i punti evidenziati nelle ordinanze di rinvio, riflette condizioni generalmente 
tali da garantire l'osservanza del diritto di difesa, salvo che 
in un punto particolare che verr� esaminato in seguito. Infatti, secondo 
quanto espressamente dispone l'articolo impugnato, le parti debbono 



801

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

essere sentite, ed � certo, quindi, che compete al giudice il poteredovere 
di controllarne la convocazione, il che costituisce sufficiente garanzia 
della possibilit� per le parti stesse di esporre le proprie ragioni 
in relazione all'oggetto del ricorso. D'altra parte, la lettera e la �ratio > 
della norma non escludono l'assistenza del difensore, non rinvenendosi 
nessuna disposizione ostativa al riguardo, mentre, come questa Corte 
ha affermato con la sent. n. 111 del 1972, Ǐ nel sistema, anche a proposito 
dei procedimenti speciali, che la parte si possa far rappresentare 

o almeno assistere da un difensore. Onde, in mancanza di una norma 
che vieti codesta assistenza, si deve ritenere che la stessa sia implicitamente 
ammessa e consentita �. Ed �, d'altra parte, nota la giurisprudenza 
della Corte con cui � stato ripetutamente affermato il principio 
in base al quale l'assistenza del difensore in ogni tipo di procedimento 
ed in ogni fase processuale non � assolutamente inderogabile, essendone 
possibile la.disciplina in aderenza alle speciali caratteristiche del singolo 
atto o procedimento preso in considerazione purch� sia assicurata la 
finalit� sostanziale (sent. n. 63 del 1972). Il diritto di difesa deve, quindi, 
ritenersi garantito da norme in virt� delle quali, come quelle in 
esame, � assicurata alla parte la �possibilit�� di tutelare in giudizio 
le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore. 
4. -Uguali considerazioni vanno fatte per quanto riguarda la la-mentata 
violazione del diritto di difesa, che deriverebbe dal fatto che 
le modifiche, in revisione delle statuizioni contenute nella sentenza di 
divorzio, sono disposte con decreto, e verrebbero ad incidere, pertanto, 
su materia gi� decisa con sentenza e con efficacia di giudicato. 
Deve riconoscersi, al riguardo, che vi sono sentenze, le quali, nella 
regolazione di tutto o di parte del rapporto dedotto in giudizio, ven-_ 
gono pronunziate sulla base di una valutazione discrezionale, da parte 
del giudice, delle circostanze di fatto assunte a base della decisione. 
Tali sentenze sono modificabili con una nuova decisione, qualora intervengano 
mutamenti nelle dette circostanze, nell'evidente intento di salvaguardare 
le esigenze ,di giustizia ed equit� cui la sentenza si deve 
ispirare. Ed �, appunto, espressione -di ta~e principio la modificabilit� 
del regime patrimoniale della separazione personale e del divorzio, le 
cui disposizioni vengono infatti assunte dal giudice rebus sic stantibus 
in base a valutazione discrezionale delle condizioni obbiettive dei coniugi 
separati o divorziati al momento della pronunzia. 

Pertanto la modificabilit� delle statuizioni in esame, ampiamente 
giustificata dall'oggetto del giudizio, non infrange l'autorit� del giudicato, 
nel senso prospettato nell'ordinanza di rinvio. N�, d'altronde, la 
circostanza, che qui le modifiche vengano adottate a conclusione di un 


802 

RASSEGNA DELL'AVVOCAT-URA DELLO STATO 

procedimento in camera di consiglio e con le forme proprie di tale rito, 
mentre i provvedimenti !Ilodificati seguono ad un proc�dimento ordinario 
e sono contenuti in una sentenza, configura un contrasto con la 
garanzia costituzionale del diritto di difesa. Ci� �, infatti, escluso dalla 
menzionat.a naturale modificabilit� dei p~ovvedimenti stessi, di fronte 
alla quale � ovviamente indifferente, per quanto riguarda l'osservanza 
della garanzia costituzionale invocata, l'adozione del rito camerale, nelle 
forme previste dalla norma impugnata, una volta dimostrato, come gi� 
esposto, che il rito stesso non contrasta, di per s�, con l'art. 24 della 
Costituzione. 

5. -Con l'ordinanza del tribunale di Siena viene poi prospettata 
Ja violazione del principio di eguaglianza, che conseguirebbe alla differenziazione 
di disciplina ravvisata fra il rito previsto per la modifica delle 
situazioni patrimoniali in materia di separazione personale che, a norma 
dell'art. 710 c:p.c., deve svolgersi mediante una nuova procedura ordinaria, 
e la disciplina impugnata, che nonostante l'identit� della materia 
regolata, prevede invece il rito camerale. 

Neppure detta censura � fondata, poich� � formulata unicamente 
nel presupposto della omogeneit� delle situazioni poste a raffronto, che 
invece non sussiste. 

La dottrina e la giurisprudenza hanno identificato i peculiari caratteri 
dell'assegno pecuniario a favore del coniuge divorziato, individuandone 
la complessa struttura la quale partecipa di molteplici aspetti (assistenziali 
in senso lato, risarcitorio e compensativo) che lo differenziano 
nettamente dall'assegno previsto in caso di separazione, che � invece pacificamente 
caratterizzato dalla funzione alimentare o di mantenimento. 
Trattasi di una differenziazione di portata sostanziale e coinvolgente valutazioni 
che .investono essenzialmente la funzione dell'assegno quale elemento 
economico che si iscrive nella nuova realt� giuridica e sociale conseguente 
all'istituzione del divorzio, la cui portata innovativa rispetto 
alla situazione normativa precedente in materia non ha ovviamente bis~gno 
di essere illustrata. Onde, anche sotto questo profilo, la scelta del 
rito camerale si inserisce nell'ambito della discrezionalit� del legislatore, 
senza che emergano, d'altra parte, elementi di irrazionalit� tali da escludere 
la giustificazione della diversit� di disciplina adottata. 

6. -Cos� ritenuta non fondata la questione di costituzionalit� sotto 
i profili dianzi considerati, devesi, tuttavia, passare all'esame di altro 
particolare profilo, che le ordinanze prospettano, nel senso che il sistema 
creato dalla legge del 1970 sarebbe carente di congrua �disciplina dell'istruttoria 
in funzione dell'esercizio del diritto di prova giudiziaria> 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 803 
/ 

(ordinanza del tribunale di Biella) o di �difesa tecnica, scritta e orale> 

(tribunale di Siena). 
Al riguardo, la Corte ritiene fondata la questione. 
L'art. 9 della citata legge, nell'indicare i mezzi probatori consentiti, 

per coonestare o per contraddire la domanda di revisione, fa riferimento 

'� testuale alla sola � assunzione di informazioni � ossia ad un mezzo di 
indagine non formale, ma atipico, consistente tradizionalmente nell'acquisizione 
di dati forniti, a richiesta, dalla polizia giudiziaria o dalla� pubblica 
amministrazione. 

Ci� pu� concorrere al fine dell'indagine da compiere, ma non esau-. 
rirla, trattandosi, in materia, di accertamenti che richiedono ogni possibile 
approfondimento, data la pluralit�, come si � detto, degli elementi 
di giudizio, in relazione all'istituto del divorzio e delle sue conseguenze. 
Cosi potrebbe profilarsi, nel corso delle indagini officiose affidate al giudice, 
ovvero richieste con istanza di parte, la necessit� o l'opportunit� 
di acquisire una diretta e personale attestazione da parte di terzi, sotto 
forma di testimonianza, circa i fatti in controversia: come le stesse esigenze 
potrebbero verificarsi per quanto riguarda l'espletamento di una 
consulenza tecnica. 

In questi casi, l'attuale formula di legge � espressa in senso restrittivo, 
che solo con evidente forzatura del testo, potrebbe essere ritenuta 
estensibile ad ipotesi non contemplate. 

Da ci� consegue, constatata questa limitazione del diritto di difesa, 
la dichiarazione di illegittimit� in parte qua della disposizione impugnata. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 209 -Pres. Bonifacio -
Rel. Trimarchi -Paoletti c. Capparuccia. 

Lavoro -Salario -Pignorabilit� -Limiti -Questione infondata di costituzionalit�. 


(cost. art. 3; c.p.c., art. 545). 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., la questione di 
costituzionalit� dell'art. 545, 4� comma, c.p.c., nella parte in cui prevede 
la pignorabilit� della retribuzione corrisposta al lavoratore nella misura 
di un quinto (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 18 aprile 1974, n. 100, 101, 102, in questa Rassegna 
1974, I, 800, 801. 

804 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 213 -Pres. Bonifacio -
Rel. De Marco -Fedele c. GI'.iserio. 

Procedimento civile -Notificazione e comunicazione atti civili -Questione 
infondata di costituzionalit�. 
(cost., arti;. 3, 24; c.p.c., art. 140). 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di 
costituzionalit� dell'art. 140 c.p.c., che disciplina la notificazione di atti 
civili nel caso di irreperibilit� o rifiuto a ricevere copia (1). 

(1) Per l'orientamento, sulla questione, della Cassazione, cfr. Cass. 
11 febbraio 1974, n~ 397, Foro it. 1974, I, 677. 
I 

CORTE COSTITUZIONALE, 17� luglio 1975, n. 222 -Pres. Bonifacio Re!. 
Benedetti -Asero ed altri. 

Sciopero -Sciopero, serrata e boicottaggi � Serrata di piccoli esercenti 
� Questione fondata di costituzionalit�. 
(cost., art. 40; c.p., art. 505, 506). 

� illegittimo, pe1� violazione dell'art. 40 Cost., l'art. 506 c.p., nella 
parte in cui punisce la sospensione del lavoro effettuata per protesta 
dagli esercenti di piccole aziende industriali o commerciali che non hanno 
lavoratori alle loro dipendenze (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 220 -Pres. Bonifacio -
Ret Capalozza -Alfaioli ed altri. 

Sciopero -Occupazione o invasione di aziende -Arbitraria invasione Questione 
infondata di costituzionalit�. 
(cost., artt. 3, 4, 40, 41; c.p., art. 508). 

Sono infondate, in riferimento agli art. 3, 4, 40, 41 Cost., le questioni 
di costituzionalit� dell'art. 508 c.p., che incrimina l'arbitraria invasione 
o occupazione di aziende agricole o industriali (2). 

(1-2) Sulla serrata cfr. Corte Cost., 15 dicembre 1967, n. 141, in Foro 
it. 1968, I, 8, con nota; v. anche la sentenza citata in motivazione Corte 
Cost. 6 luglio 1970, n. 119, Fo1�0 it. 1970, I, 2056. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 805� 

I 

(Omissis). -Per risolvere la proposta questione occorre prendere 
posizione sul dibattuto tema della qualificazione dell'astensione dal lavoro 
dei soggetti di cui trattasi e stabilire se con essa si realizzi una 
forma di serrata, sia pure particolare, giusta la definizione che ne d� il 
codice vigente, o non piuttosto una forma di sciopero ,propria di una 
particolare categoria di lavoratori. 

Il punto fermo di distinzione tra queste due forme di autotutela, 
desumibile dalle fonti del diritto positivo, le quali, pur non dandone una 
definizione ne precisano tuttavia il contenuto, � che ad integrare la nozione 
tipica di serrata � sufficiente il comportamento anche di un singolo 
soggetto, purch� sia datore di lavoro e dalla sua condotta consegua la 
sospensione del lavoro .subordinato nell'ambito dell'azienda; perch� si 
abbia sciopero, invece, � necessaria una sospensione del lavoro da parte 
di una pluralit� di lavoratori che agiscano d'accordo per il perseguimento 
di un comune interesse. 

Da questa distinzione, che trova riscontro nella realt� socio-economica, 
deriva che non pu� considerarsi serrata l'astensione dal lavoro di 
un soggetto che personalmente gestisce un'azienda, in quanto non avendo 
persone alle proprie dipendenze e non essendo perci� datore di lavoro 
nei termini propri di_ questa espressione, non pu� col suo contegno dar 
luogo a quella sospensione del rapporto di lavoro subordinato che si � 
detto essere elemento indispensabile per la configurazione di questa for-: 
ma di autotutela. 

L'esattezza di questa opinione �. del resto confermata dalla stessa 
struttura giuridica dell'incriminazione prevista dall'articolo 506 del codice 
penale la quale -a differenza �di quanto stabilito per la vera serrata 
posta in essere dal datore di lavoro che abbia dipendenti ed in .Perfetta 
simiglianza, invece, con .lo sciopero per .fini contrattuali compiuto 
dai lavoratori dipendenti {art. 502 cod. pen.) -esige per la punibilit� 
dei piccoli esercenti che essi sospendano collettivamente -almeno in 
numero di tre -il lavoro. 

Impropriamente quindi la norma in esame definisce serrata la sospensione 
del lavoro dei piccoli esercenti che personalmente gestiscono 
un'azienda industriale o commerciale nel campo di una professione, di 
un'arte o un mestiere. La realt� dimostra che ci si ti;ova pur sempre 
di fronte ad una categoria di lavoratori, definibili autonomi in quanto 
svincolati da ogni rappo.rto di dipendenza, la cui forma di autotutela, 
strutturata dallo stesso codice sul modello di quella dei lavoratori dipendenti; 
non pu� non essere compresa in quel pi� ampio concetto di: 
sciopero che ha trovato modo di esprimersi nell'attuale mondo del lavoro. 


806 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

3. -Sulla base delle considerazioni che precedono ed in conformit� 
a quanto gi� statuito in tema di sciopero per finalit� economiche, deve 
ritenersi lecita, la sospensione del lavoro attuata dai piccoli esercenti 
per protesta contro fatti o provvedimenti incidenti sul contenuto economico 
della loro attivit� aziendale, poich� questa, nel caso qui in discussione 
di esercenti senza lavoratori subordinati, si identifica e coincide 
interamente con l'attivit� soggettiva e personale di questa speciale categoria 
di lavoratori autonomi i cui interessi trovano ampia protezione 
nelle norme racchiuse nel titolo terzo, parte prima, della Costituzione. 
L'art. 506 del codice penale, che in relazione all'art. 505 dello stesso 
codice reprime questa legittima forma di autotutela, va quindi dichiarato 
costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 40 della Costituzione 
che riconosce il diritto di sciopero. Pronuncia questa che dispensa 
la Corte dall'esame degli altri dedotti motivi d'incostituzionalit�. 
-(Omissis). 

II 

(Omissis). -3. -� da considerare che la Costituzione, lungi dall'estraniarsi 
dal campo economico, ne regola e ne tutela i rapporti nel 
titolo III, privilegiando bensi il lavoro, ma contemperandone le esigenze 
con quelle della produzione e della libert�. Quanto alla produzione, pu� 
affermarsi che proprio per effetto dell'ampia apertura sociale della nostra 
Costituzione -della quale significativa espressione � il complesso 
sistema di limiti, controlli e programmi che in forza dell'art. 41 circoscrive 
e, nel contempo, indirizza l'iniziativa economica-, viene imposto 
al legislatore ordinario di non ritenere irrilevanti i comportamenti che, 
quando non siano espressione di un diritto costituzionalmente garantito 
quale � lo sciopero -e contenuti, � ovvio, nell'ambito strettamente necessario 
all'esercizio del diritto medesimo -impediscano o turbino il 
normale svolgimento del lavoro. E non pu�, quindi, dirsi illegittima una 
disposizione, quale � quella in esame, che punisce l'invasione od occupazione 
dell'azienda agricola o industriale, non gi� di per s�, ma solo 
se messa in atto col dolo specifico di recare al lavoro impedimento o 
. turbatirva. Nel che � agevole cogliere la tutela dell'ulteriore interesse, di 

grande rilievo costituzionale, inerente alla libert� del lavoro. 

4. -Mette 'conto subito rilevare che � ictu oculi infondata la censura 
del pretore di Castelfiorentino, per ci�� che attiene al secondo comma 
dell'art. 508 cod. pen., perch� non � mai.coperto da protezione costituzionale 
il danneggiamento, in qualsiasi modo ed in qualsiasi circostanza 
effettuato. E non lo �, a fortiori, quello di aziende agricole o industriali 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ovvero di attrezzi, macchine, scorte, apparecchi o strumenti alle aziende 
adibiti. Del danneggiamento, quale circostanza aggravante se commesso 
da lavoratori in occasione di scioperi, si � occupata questa Corte, che 
si � pronunziata per l'illegittimit�: ma illegittimit� della norma che prevede 
l'aggravante, non di quella che prevede l'incriminazione del danneggiamento 
(sentenza n. 119 del 1970). 

N� pu� sostenersi che vi sia ingiustificata ed irrazionale disparit� 
di trattamento normativo tra chi commetta un reato di danneggiamento 
(semplice o aggravato), previsto e punito dall'art. 635, e chi CQmmetta il 
danneggiamento previsto e punito dal secondo comma dell'art. 508, stante 
il carattere plurioggettivo di quest'ultimo, che vulnera due diversi e 
distinti beni penalmente protetti (l'economia pubblica e la propriet� privata 
o pubblica). 

D'altronde, nel vigente ordinamento vi sono reati di danneggiamento 
puniti, per una scelta discrezionale del legislatore, pi� severamente che 
non quelli del ridetto secondo comma dell'art. 508 (vedansi gli artt. 424, 
secondo comma, 425, 427, 429). 

5. -Analogo argomento va addotto, in riferimento all'art. 3 Cost., 
circa la pretesa disparit� di trattamento punitivo tra le ipotesi criminose 
dell'art. 508, primo comma, e quelle dell'art. 633 dello stesso codice 
(�Invasione di terreni o edifici�), annoverate tra i delitti che offendono 
soltanto il patrimonio. 
6. -Gi� da ci� che si � detto nel paragrafo 2 risulta che l'incriminazione 
dei fatti contemplati dalla prima ipotesi dell'art. 508 cod. pen. 
(censurata sia dal pretore di Castelfiorentino, sia dal giudice istruttore 
di Biella) non � in contrasto con gli artt. 40 e 41 della Costituzione. 
Altri argomenti confermano la validit� di siffatta conclusione. 

In ordine all'art. 41 Cost., � vero che la rilevanza sociale dell'economia 
esclude un'assoluta libert� dell'imprenditore. Epper� questo significa 
che la libert� di inziativa economica subisce legittimi limiti (negativi 
e positivi), legittimi controlli, legittime imposizioni ed indirizzi programmatici: 
non significa affatto che essa debba soffrire menomazioni da parte 
di chiunque voglia contrastarla. 

N�, ad avviso della Corte, vi pu� essere interferenza fra il bene 
protetto dall'art. 40 Cost. e l'intere_sse tutelato dall'art. 508 cod. pen., 
giacch� l'esercizio del diritto di sciopero non comporta come mezzo indispensabile 
l'occupazione dell'azienda altrui. Peraltro, giova ancora una 
volta ribadire che qi;test'ultima norma punisce l'invasione o l'occupazione 
dell'altrui azienda se ed in quanto la condotta sia posta in atto 
� col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro
�. Dal che discende che si � fuori dalle previsioni dell'art. 508, se 


808 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al momento dell'occupazione, lo svolgimento del lavoro sia gi� sospeso 
per effetto di una causa antecedente e indipendente rispetto all'occupazione 
stessa, come, ad esempio, nel caso di serrata e finch� questa perduri. 

7. -Non � invocato a proposito, infine, l'art. 4, primo comma, Cost., . 
.per il quale �la Repubblica _riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro 
e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto�, 
dappoich� la prima ipotesi del primo comma dell'art. 508, nel suo testuale 
tenore, concerne -anche alla stregua di taluni passi dei lavori 
preparatori (Rel. min. sul progetto del codice, II, p. 294) e di precedenti 
di giurisprudenza ordinaria -comportamenti di preclusione o di turbativa 
del lavoro. Orbene, � di tutta evidenza che la sfera di efficacia 
sanzionatoria della norma � ben lungi dall'estendersi ad ostacolare il 
diritto al lavoro, iyolta, come essa �, proprio a proteggere, del �lavoro, la 
continuit� e la regolarit�. 

8. -La mancanza del dolo specifico, cio� dello scopo essenziale ed 
esclusivo della condotta, richiesto esplicitamente dalla legge, condurr� 
l'interprete ad esaminare e valutare se sussistano gli estremi obiettivi e 
subietti'Vi dell'art. 633 cod. pen. o di altri fatti di reato (Rel. del presidente 
della Commissione min. p. 388): compito che esula dall'indagine 
di legittimit� costituzionale e che � estraneo al .tema che ne occupa. 
-(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 225 -Pres. Bonifacio -
Rel. Volterra -Urbani ,ed altri -Presidente Consiglio Ministri (sost. 
avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). 

Casellario giudiziario -Certificati a richiesta di privati -Iscrizione della 
condanna dopo la espiazione della pena -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 


Casellario giudiziale -Certificati a richiesta ��dei privati -Beneficio della 
non menzione di condanne -Limiti -Questione fondata di costituzionalit�. 


(cod. pen., art. 175). 

� infondata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di. 
legittimit� costituzionale dell'art. 175 c.p., che sancisce l'obbligatoriet�, 
indipendentemente dalla natur.a del reato commesso, dell'iscrizione della. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 809 

condanna anche dopo la espiazione della pena nei certificati del Casellario 
giudiziario da rilasciare ai privati (1). 

'� illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cast., l'art. 175 cod. pen. 
nella parte che esclude possano concedersi ulteriori non menzioni di 
condanne nel certificato del Casellario giudiziale spedito a richiesta di 
privati nel caso di condanne per reati anteriormente commessi a pene 
che, cumulate con quelle gid irr,ogp,te, non superino i limiti di applicabilitd 
del beneficio (2). 

(Omissis). -2. -Con la sua ordinanza il pretore di Poggibonsi denunzia 
l'illegittimit� della norma dell'ar~. 175 del codice penale e delle 
.altre norme � cui la Corte vorr� estendere il suo giudizio � in ordine 
all'obbligatoriet�, indipendentemente dalla natura di reato commesso, 
dell'iscrizione della condanna anche dopo l'espiazione della pena nei 
certificati del casellario giudiziale da rilasciare ai privati. Secondo il 
giudice a quo tale iscrizione attribuirebbe al condannato uno status deteriore 
rispetto agli altri cittadini, con violazione dell'articolo 3 della 
Costituzione, e contraddirebbe al principio di cui all'art. 27, dovendosi 
presumere che con l'espiazione della pena si � realizzata la rieducazione 
del �ondannato. In ogni caso, gli stessi principi costituzionali indicati 
imporrebbero che al giudice fosse riservata ampia discrezionalit� nel disporre 
o meno l'iscrizione della condanna nel certificato da rilasciare 
a privati. 

3. -Bench� il giudice a quo abbia formalmente omesso di indicare 
gli artt. 607 e 608 del codice di procedura penale, che, insieme all'art. 
175 del codice penale, concorrono a formare il complesso normativo denunziato, 
la questione proposta � ammissibile, risultando con sufficiente 
chiarezza e sicura univocit� l'oggetto del giudizio sottoposto alla Corte. 
La questione comunque non � fondata. 

Non � infatti configurabile che la normativa denunziata confligga 
con il principio di uguaglianza, essendo diversa la posizione di coloro 
che abbiano subito condanne da coloro che non ne abbiano subito ed 
essendo regolati in modo del tutto oggettivo dagli artt. 604, 607 e 608 
del codice di procedura penale le modalit� della iscrizione e le pronunzie 
giudiziarie e i provvedimenti amministrativi che devono essere iscritti 
nei certificati da rilasciare a privati. 

Parimenti la non menzione della condanna, � sottoposta dal medesimo 
art. 175 c.p. a determinate e precise condizioni oggettive ed � applicabile 
soltanto ai condannati che si trovano in date situazioni, la


(1-2) Cfr. Corte Cost. 21 dicembr.e 1972, n. 182 in questa Rassegna, 
1973, I, 64; 5 aprile 1971, n. 73, ivi, I, 535. 



810 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sciando cosi una rilevante discrezionalit� al giudice in ordine alla concessione 
del beneficio, in limiti ragionevolmente predeterminati dal legislatore. 


La natura giuridica e lo scopo che persegue l'istituzione della iscrizione 
della condanna nel certificato del casellario giudiziale sono gi� 
stati oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale '(sentenze n. 182 
del 1972) ha dichiarato che esso risponde ad esigenze di documentazione 
di rilevante pubblico interesse, qualificandolo �un effetto non penale 
della precedente condanna�. 

Data la natura e la funzione dell'iscrizione, la quale del resto cer~ 
tifica pronunzie e provvedimenti che sono stati oggetto di pubblicazione 
e che ciascuno pertanto potrebbe accertare direttamente per proprio 
conto, non pu� ravvisarsi alcun contrasto della normativa denunziata 
con l'art. 27 della Costituzione relativo alle pene ed alla funzione di 
queste. L'iscrizione infatti non aggiunge di per s� alcun ulteriore effetto 
afflittivo penale alla persona del condannato, le eventuali conseguenze 
di essa derivano esclusivamente dalla libera valutazione di ciascuno in 
ordine alla condanna giudiziaria infitta o al provvedimento amministrativo 
emanato. 

Va ancora rilevato che il nostro sistema contempla l'istituto della 
riabilitazione, il quale si applica a richiesta dell'interessato ed ha a 
presupposto, oltre all'emenda del condannato, anche il recupero sociale 
dello stesso, istituto di cui uno degli effetti rilevanti � appunto l'obbligo 
di non iscrizione della condann� nei certificati rilasciati ai privati. 

4. -In riferimento all'art. 3 della Costituzione, il pretore di Napoli 
denunzia il comma primo del medesimo art. 175 del codice penale 
nella parte che esclude possa concedersi una seconda non menzione 
della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta 
di privati, nel caso di condanna, per reato anteriormente commesso' a 
pena, che, cumulata con la prima, non superi i limiti di applicabilit� 
del beneficio. 
Osserva il giudice a quo che la norma in esame pu� determinare 
una disparit� di trattamento per gli imputati processati per pi� reati, 
di cui taluno anteriormente commesso, che siano condannati a pene 
che, complessivamente considerate, non eccedono i limiti di applicabilit� 
del beneficio. Infatti, mentre gli imputati perseguiti con un unico giudizio, 
possono giovarsi del beneficio per tutti i reati per i quali siano 
stati condannati con un'unica sentenza, gli imputati invece perseguiti 
con procedimenti distinti, e che quindi riportino distinte condanne, possono 
giovarsi del beneficio solo per la prima di esse, restandone esclusi 
per quei reati, anteriormente commessi, che abbiano formato oggetto di 
condanne successive. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

5. -La questione � fondata. 
L'innegabile disparit� di t:i;-attamento denunziata dalla ordinanza in 
epigrafe confligge con il principio di uguaglianza dichiarato nell'art. 3 
della Costituzione e non trova alcuna giustificazione razionale. 

L'illegittimit� costituzionale d'i norme che riguardano situazioni analoghe 
� stata dichiarata da, questa Corte (sent. 73 del 1971) nei confronti 
degli ai:tt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del 
codice penale, dai quali derivava una disparit� di trattamento, in ordine 
all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, 
per gli imputati giudicati con un'unica sentenza e gli imputati perseguiti 
con procedimenti distinti, i quali, a differenza dei primi, non potevano 
beneficiare della sospensione per reato anteriormente commesso. La Corte 
ha infatti osservato che per quanto riguarda l'art. 164 �il principio 
di uguaglianza e ia razionalit� appaiono vulnerati, poich� la pronunzia 
di un'unica sentenza afferente a pi� reati ... viene a dipendere da circostanze 
meramente occasionali o da valutazioni discrezionali (insindacabili) 
circa lo svolgimento del processo�. 

Analoghe considerazioni in base alla medesima ratio mostrano che 
anche l'art. 175 del codice penale nella parte denunziata dal giudice 
a quo � costituzionalmente viziato in quanto l'applicabilit� del beneficio 
della non iscrizione agli uni e agli altri imputati dipende anch'essa, 
come nel caso del beneficio della sospensione condizionale della pena, 
da circostanze non oggettive uguali per tutti, ma occasionali o da statuizioni 
discrezionali circa la r~unione di vari procedimenti. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 30 ottobre 1975, n. 232 -Pres. Bonifacio -
Rel. Astuti -Soc. Industrie Chimiche Italia Centrale (avv. M. S. 
Giannini, Elia e Catalano) c. Ministero del commercio con l'estero 
(avv. Stato Zagari). 

Comunit� europee -Trasferimento agli organi comunitari del potere di 
emanare norme giuridiche -Consegueme -Radicale privazione di 
efficacia della volont� sovrana degli organi legislativi degli Stati 
membri -Esclusione. 
(Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). 

Comunit� europee � Norme di diritto interno riproduttive di norme comunitarie 
� Disapplicazione � Inammissibilit� � Obbligo del giudice di sollevare 
questione di legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Cereali 
� Regime delle cauzioni all'importazione � Normativa comunitaria 
-Norme interne riproduttive � Illegittimit� costituzionale � 
Limiti. 
(Cost., art. 11; trattato CEE, art. 39 e segg.; legge 14 ottobre 1957, n. 1203; 
regolamenti del Consiglio 13 giugno 1967. n. 120 e 21 agosto 1967, n. 473; d.l. 
20 febbraio 1968, n. 19, convertito con 1. 18 marzo 1968, n. 224, art. 13, secondo 
e terzo comma; d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con I. 11 febbraio 
1970, n. 23, art. 16, primo e secondo comma; d.m. 213 maggio 1968; d.m. 8 aprile 
1971). 

Il trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme 
_giuridiche, sulla'base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze 
pe1� determinate materie, �per l'assolvimento dei loro compiti e alle 
-condizioni contemplate dai trattati�, non comporta come conseguenza 
11,na radicale privazione di efficacia della volont� sovrana degli organi 
legislativi degli Stati membri, pur manifestata nella materie riservate 
dai trattati alla normazione comunitaria, ma fa sorgere, invece, il diverso 
problema della legittimit� costituzionale dei singoli atti legi.
slativi (1). 

(1-4) Con la sentenza in rassegna, che nella prima parte deHa motivazione 
riproduce e conferma i fondamentali princ�pi enunciati con la 
sentenza 27 dicembre 1973, n. 183 (in questa Rasse,gna, 1974, I, 57, con nota 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 813 

Di fronte alla situazione determina,ta dalla emanazione di norme 
legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge 
interna -regolamenti comunitm�i direttamente applicabili, il giudice non 
pu� disapplicare tali norme, n� le norme regolamentari in base ad 
esse emanate, ma � tenuto a� sollevare la questione della loro legittimit� 
costituzionale (2). 

Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i �principi 
enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, 
dell'art. 11, della Costituzione, gli artt. 13, secondo comma, del d.l. 
20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, 
e 16, primo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito 
con legge 11 febbraio 1970, n. 23, che riproducono norme comunitarie 
direttamente applicabili (3). 

Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i principi 
enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, 
dell'art. 11 della Costituzione, gli m�tt. 13, terzo comma, del d.l. 20 
febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, e 16, 
secondo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con legge 

1.1 febbraio 1970, n. 23, limitatamente azza� parte in cui hanno reso 
possibile al Governo di emanare norme regolamentari non necessarie 
per l'applicazione dei regolamenti comunitari 13 giugno 1967, n. 120 
e 21 agosto 1967, n. 473 (4). 
(Omissis). -1. -Il regolamento del Consiglio e.e.e. 13 guigno 
1967, n. 120, sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei 
cereali, dispone all'art. 12 che il rilascio dei titoli di importazione o 

di'DI CIOMMo, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario), la 
Corte costituzionale ha indicato nella declaratoria di ille.gittimit� costituzionale 
il mezzo .giuridico offerto dal nostro ordinamento per garantire il 
rispetto della dpartizione di competenze normative attuata con il trattato 
di Roma; e tale soluzione, enunciata con rif�rimento alfa ipotesi di di1srposizioni 
di diritto interno. riproduttive di norme comunitarie direttamente 
applicabili (e per le quali non siano quindi necessarie norme di attuazione), 
va naturalmente adottata, ed a maggior ragione, nel caso di norme di diritto 
interno successive ed incompatibili con la norimativa comunitaria (quando 
tale apparente incompatibilit� non possa risolversi, s'intende, in sede di 
interpretazione). 

In particolare la Corte costituzionale, condividendo quanto in argomento 
osservato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nel provvedimento 
di rimessione (retro, I, 336), ha escluso che il giudice possa disapplicare le 
disposizioni di diritto interno incompatibiU con la normativa comunitaria, 
e anche le norme r-egolamentari emanate in base a tali disposizioni; e come 
si � gi� ricordato nella nota di commento al provvedimento di rimessione 

(loc. cit., v. pag. 338), tale soluzione, e la necessit�, quindi, di una declaratoria 
di illegittimit� costituziona1le delle norme di diritto interno riipro


3 



814 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esportazione' � subordinato alla costituzione di un deposito cauzionale 
a garanzia dell'impegno di compiere l'operazione durante il periodo di: 
validit� del titolo, deposito che resta acquisito in tutto o in parte se 
l'operazione non � realizzata entro tale termine, o se � realizzata solo. 
parzialmente. Lo stesso regolamento attribuisce alla Commissione la. 
adozione delle misure di immediata applicazione (art. 26); conseguentemente, 
il regolamento della Commissione e.e.e. 21 agosto 1967, n. 473, 
ha tra l'altro determinato all'art. 8, n. 3 lett. b, l'importo da prendere 
in considerazione per il calcolo della cauzione o della parte di 
essa da incamerare, quando rtrattisi di titoli d'importazione o esporta


. zione �per i quali il prelievo � stato fissato in anticipo:>. 

Con decreto legge 20 febbraio 1968, n. 59, � ri~enuta la straordinaria 
necessit� ed urgenza di emanare norme per l'adattamento della 
vigente legislazione> in conformit� del regolamento n. 120/67 e di 
altri regolamenti comunitari, � stata riprodotta, tra l'altro, la disposizione 
dell'art. 12 di quel regolamento (art. 13, secondo comma), autorizzandosi 
inoltre il Ministro per il eomme11cio con l'estero a determinare, 
con decreto, previo concerto, �la misura della cauzione e le 
modalit� per la costituzione della stessa o per la prestazione di fideiussione, 
nonch� per lo svincolo o incameramento, totale o parziale� 
(art. 13, terzo comma). E con decreto ministeriale: 28 maggio 1968: 
� stata, tra l'altro, riprodotta all'art. 3, lett. b, la disposizione dell'art. 
8, n. 3 lett. b, del regolamento della Commissione C.e.e. n. 473/67,. 
sopra ricordata. 

Deve qui essere precisato che il testo dell'art. 8, n. 3 lett. b, del 
regolamento e.e.e. n. 473/67 � stato sostituito con l'art. 1 del regola


duttive di nm�me comunitarie, o con esse incompatibili, erano state gi� 
segnalate dall'Avvocatura dello Stato in sede consultiva. 

Nel nostro ordinamento, del ll'\esfo, deve escludevsi l'ammissibilit� di 
altre soluzioni, pToprio perch� per consentire al giudice di disapplicare le 
norme di diritto interno in contrasto con la normativa comunitaria (ed a 
tale disapplicazione si riduce ogni possibile aJlternativa) �dovrebbe riconoscersi 
al .giudice italiano non gi� la facolt� di scegliel'e tra pi� norme 
appUcaibili, bensl quella di individuare la so1la norma validamente applicabile, 
ci� che equivarr.ebbe ad ammettere il suo potere di accertare e 
dichiarar.e una incompetenza assoluta del nostro �legislatore, sia pur limitatamente 
a determinate materie, potere che nel vigente ordinamento sicuramente 
non gli � attribuito �; e va oltretutto riconosciuto che i possibili 
inconvenienti pratici connessi alla soluzione adottata dalla Corte costituzionale, 
oltre ad esseTe del tutto analoghi a quelli rilevabili in all�tre ipotesi 
di norme incostituzionali, sono comunque certamente meno gravi di quelli 
conseguenti ad una discriminata valutazione di ciascun giudice sul!la competenza 
normativa del legislatore. 

� da ritenere, del resto, che sia dato concreto seguito all'implicito suggerimento 
contenuto nell'ultima parte del!la motivazione, in cui la Corte� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 815 

mento della Commissione del 7 aprile 1970, n. 638. La nuova disposizione 
non deve peraltro essere presa in considerazione in questa sede 
perch�, come disposto dall'art. 2, essa � entrata in vigore 1'11 aprile 
1970 ed � applicabile solo �ai titoli di importazione rilasciati a decorrere 
da rtale giorno�. Tutti i titoli o certificati di importazione cui 
si riferiscono i guidizi a q_uibus sono anrteriori alla data suindicata. 

2. -Nelle cause che hanno dato or1gme al presente giudizio si � 
discusso se ai fini del parziale incameramento delle cauzioni prestate
. . 

da privati operatori, in. relazione a titoli o certificati di importazio~ 
non interamente utilizzati nei termini di validit�, dovessero applicarsi 
le richiamate disposizioni dei regolamenti e.e.e. n. 120/67 e 473/67, 
ovvero le successive disposizioni, di legge o regolamenrto, con le quali 
le prime erano state riprodotte e recepite nel nostro ordinamento interno. 
La questione assumeva rilevanza decisiva, in quanto trattavasi 
di stabilire se a baSe del calcolo della somma soggetta ad incameramento 
dovesse essere assunto, come richiesto dalla parte privata, secondo. 
l'interpretazione data dalla Corte di giustizia delle Comunit� 
all'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, il prelievo 
in vigore nel mese per il quale l'importazione era stata prevista, ovvero, 
come preteso dalla pubblica amministrazibne, il prelievo in vigore nell'ultimo 
mese di validit� del titolo, giusta l'interpretazione che il giudice 
di merito aveva ritenuto .di dare all'art. 3, lett. b, del decreto 
ministeriale 28 maggio 1968, dichiarando che dovevano applicarsi. non 

costituzionale, dopo av�er ritenuto inammissibile una decla.ratoda di illegittimit� 
costit.zional�e, ai sensi dell'art. 27 de1'la legge 11 marzo 1953, n. 87, 
. delle norme di diritto interno aventi carattere sostitutivo, derogativo o 
abrogativo, di norme comunitarie direttamente aprplicabili, ha a.usrpicato 

�che il Paxlamento e il Governo italiano provveda.no, per quanto possibiLe, 
ad eliminare i rprovvedimenti interni che riproducono norme dei regolamenti 
comunitari direttamente applicabili, o con �essi contrastano, ed evitino 
per l'a.vveni't"e di procedere all'emanazione di provvedimenti non sta:-ettamente 
necessari per l'aprplica.zione dei regolamenti stessi �. 
Quanto ai rapporti tra diritto comunitario e dkitto interno, va segnalato 
che la Commissione delle Comunit�' europee, nel Rapporto suUa. Unione 
Europea inviato al Consiglio il 26 giugno 1975 (e predisposto a seguito 
dell'invito rivolto alle istituzioni �Comunitarie in occasione della Conferenza 
di Parigi del 19-20 ottobre 1972), ha proposto, nella trattazione relativa 
alla organizzazione .giudiziaxia ed a�l control!lo di legittimit� e di costituzionalit�, 
di conferire alla Corte di giustizia � il potere di dichiarare invalidi 
gli atti degli Sta.ti membri che siano contra.Ti al di!I"itto del!l'Unione, su 
ricorso dir�etto delle istituzioni dell'Unione o� degli altri Sitati membri, 
oppure su domanda pregiudiziale proposta dai giudici nazionali � (Boll. 

C. E., suppl. 5/75, pag. 37, n. 128). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le norme dei regolamenti comunitari ma le successive norme nazionali 
regolanti la materia, e che pertanto non poteva tenersi conto dell'interpretazione 
data alle prime dalla Corite di giustizia. 

3. -Le sezioni unite della Corte di cassazione, nell'ordinanza di 
rimessione, prospettano l'alternativa se il giudice italiano abbia il Potere 
di procedere alla diretta disapplicazione delle norme interne, riproduttive 
dei regolamenti e.e.e., e in specie di quella del decreto ministeriale 
28 maggio 1968, ovvero debba sollevare questione di legiittimit� 
costituzionale delle norme di legge che hanno riprodotto le norme 
comunitarie, e � autorizzato l'emanazione della norma regolamentare 
dianzi ricordata. 
Respingendo la prima soluzione, l'ordinanza solleva, in riferimento 
_agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 13, secondo e terzo comma, del d.l. 
20 febbraio 1968, n. 59, convertito nella legge 18 marzo 1968, n. 224. 

Le tre ordinanze c;J.ella Corte di appello di Roma, di identico contenuto, 
sollevano l!i medesima questione di costituzionalit�, denunziando 
inoltre gli artt. li5, 16 e -34 del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, conver, 
tito nella legge 11 febbraio 1970: n. 23. 

L'ordinanza della Corte di cassazione contiene esauriente motivazione 
circa la rilevanza della questione di legittimit� ai fini della decisione 
della causa. Deve riconoscersi la rilevanza della medesima questione 
anche rispetto all'art. 16 del successivo d.1. 19 dicembre 1969, 

n. 947, convertito nella legge 11 febbraio 1970, n. 23, che nei suoi 
due commi riproduce le disposizioni dell'art. 13, secondo e terzo comma, 
del precedente decreto legge, abrogate con l'art. 34 dello stesso decreto. 
Appa['e invece non rilevante la questione iper quanto concerne le disiposizioni 
dell'art. 15 e dell'art. 34, che non debbono essere applicate per 
la decisione delle cause di merito pendenti davanti alla Corte di appello 
di Roma. 
Avendo per oggetto la medesima questione, i giudizi possono essere 
riuniti e definiti con unica sentenza. 

4. -Ai fini della decisione sembra anzitutto opportuno ricordare 
che sui rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno 
questa Corte ha gi� avuto occasione di enunciare i seguenti principi 
(sentenza 27 dicembre 1973, n. 183): 
a) l'attribuzione di potest� normativa agli organi delle Comunit� 
europee, con la corrispondente limitazione di quella propria dei singoli 
Stati membri, ha, quanto all'Italia, sicuro fondamento nell'art. 11 della 
Costituzione, che legittima le limitazioni dei poteri dello Stato a favore 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

delle Comunit� in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva 
e giurisdizionale; 

e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica, 
europee (Consiglio e Commjssione), a' sensi dell'art. 189 del 'frattato 
di Roma, appartengono �ll'ordinamento proprio delle Comunit�: il diritto 
di queste e il diritto interno dei singoli Stati membri possono 
configurarsi come sistemi giuridici autonomi e distinti, ancorch� coordnati 
secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dai 
trattati istitutivi delle Comunit� e successivi; 

e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica: 
postulano che le norme comunitarie, -non qualificabili come fonte di 
diritto internazionale, n� di diritto straniero, n� di diritto interno dei 
singoli Stati -, debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta 
applicazione in tutti gli Sta,ti membri, senza la necessit� di leggi di 
recezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in 
ogni Paese della Comunit�, s� da entrare ovunque contemporaneamente 
in vigore e conseguire applicazione uguale ed uniforme nei confronti 
di tutti i destinatari; 

d) risponde altres� alla logica del sistema comunitario che i regolamenti 
delle Comunit�, -semprech� abbiano completezza di contenuto 
dispositivo, quale caratterizza di regola le norme intersoggettive -, 
come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Starti sia per i 
loro cittadini in quanto soggertrti delle Comunit�, non debbano es$re 
oggetto di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o 
esecutivo, che possono comunque differirne o condizionarne l'entrata in. 
vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrbgarli, anche 
parzialmente. Ci�, beninteso, salva la necessit� per gli Stati membri di 

.emanare norme esecutive di organizzazione e concernenti modalit� di 

applicazione, richieste dagli stessi regolamenti comunitari o comunque 

indispensabili, ovvero di provvedere alla copertura finanziaria di nuove 

o maggiori spese mediante variazioni di bilancio; fermo rimanendo peraltro 
che l'eventuale adempimento di simili obblighi da parite dello 
Stato non potrebbe costituire condizione o motivo di sospensione dell'applicabilit� 
della normativa comunitaria. 
5 . .;,._ Posti questi princ�pi, che la Corte conferma, si deve preliminarmente 
rilevare che i regolamenti comunitari n. 120/67 e 473/67 
recano entrambi la clausola finale �il presente regolamento � obbligatorio 
in tutti i suoi elementi ed � direttamente applicabile in ciascuno 
degli Stati membri �; e che, in particolare, le disposizioni del primo 
come del secondo, che impongono la cauzione per l'importazione dei 
cereali e determinano la misura in cui essa deve essere incamerata, 
hanno, come gi� riconosciuto anche dalla Corte di cassazione, evidente 

818 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

completezza di contenuto dispositivo. Non sussisteva dunque motivo alcuno 
per recepire e riprodurre dette disposizioni del regolamento e.e.e. 

n. 120/67 nei decreti legge 20 febbraio 1968, n. 59, e 19 dicembre 
1969, n. 947,' n� quelle del regolamento e.e.e. n. 473/67 nel regolamento 
ministeriale 28 maggio 1968. L'emanazione delle corrispondenti 
norme italiane, non dettata n� giustificabile dalla esigenza di dare alle 
norme comunitarie attuazione nello Stato, ma dovuta -come J:l.a notato 
la Corte di cassazione -al disconoscimento dell'efficacia immediata 
e diretta delle norme comunitarie in Italia, contrasta con i princ�pi 
sanciti dal Trattato di. Roma, la cui piena legittimit� costituzionale 
� gi� stata da questa Corte riconosciuta con la ricordata decisione 
n. 183 del 1973. 
6. -Di fronte a questo contrasto, che indubbiamente sussiste non 
solo nell'ipotesi di norme interne successive incompatibili con quelle 
emanate dai competenti organi delle Comunit� europee, ma anche nell'ipotesi 
di norme interne, legislative o regolamentari, di contenuto 
puramente riproduttivo, si pone il problema della loro ev~ntuale disapplicazione, 
prospettato e risolto negativamente dalla Corte di cassazione, 
e qui riproposto, sia pure in via alternati-va, e con di;verse im~ 
postazioni e motivazioni, da entrambe le par.ti costituite in giudizio. 
Per quanto concerne le norme interne successive, emanate con 
legge o con atti aventi valore di legge ordinaria, questa Corte ritiene 
che il vigente ordinamento non conferisca al giudice italiano il potere 
di disapplicarle, nel presupposto d'una generale prevalenza del diritto 
comunitario sul diritto dello Stato. Certamente non pu� accogliersi la 
soluzione, prospettata e respinta dalla Corte di cassazione, di una declatoria 
di nullit� della legge successiva interna, dovendosi escludere che 
il trasferimento agli organi delle Comunit� del potere di emanare norme 
giuridiche, sulla base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze 
per determinate materie, �per l'assolvimento dei loro compiti e alle 
condizioni contemplate dai trattati� (cfr. art. 189 del Trattato di Roma), 
comporti come conseguenza. una radicale privaziqhe di efficacia della 
volont� sovrana degli organi legislativi degli stati membri, pur manifestata 
nelle materie riservate dai trattati alla normazione ,comunitaria; 
tale trasferimento fa sorgere, invece, il diverso problema della 
legittimit� costituzionale dei :singoli atti J.eg.islativi. 

Non sembra nemmeno possibile configurare la possibilit� de�a disapplicazione 
come effetto di una: scelta tra norma comunitaria e norma 
interna, consentita di volta in volta al giudice italiano sulla base di 
una valutazione della rispettiva resistenza. In tale ipotesi, dovrebbe 
riconoscersi al giudice italiano non gi� la facolt� di scegliere tra pi� 
norme applicabili, bens� quella di individuare la sola norma valida




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN'J;'ERNAZIONALE 819 

mente applicabile, ci� che eq1:1ivarrebbe ad ammettere il suo potere 
di accertare e dichiarare una incompetenza assoluta del nostro legislatore, 
sia pur limitatamente a determinate materie, potere che nel vigente 
ordinamento sicuramente non gli � attributo. 

Ne consegue che di fronte alla situazione determinata dalla emanazione 
di norme legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato 
in legge interna regolamenti comunitari direttamente applicabili, 
il giudice � tenuto a sollevare la questione della loro legittimit� 
.costituzionale. 

7. -Anche per quanto concerne le norme regolamentari interne, 
riproduttive di norme comunitarie, il riconoscimento della diretta 
ed immediata efficacia dei regolamenti e.e.e., allorch� fra questi e 
le norme interne si frapponga una legge dello Stato non autorizza 
il giudice a disapplicare tali norme, in virt� dei principi sanciti 
dagli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che 
eoncernono i rapporti tra leggi e prov�vedimenti amministrativi appartenenti 
all'ordinamento interno. Come ha osservato la Corte di cassazione, 
nella specie la norma regolamentare dell'art. 3, lett. b, del 
decreto ministeriale 28 maggio 1968, che ha riprodotto e sostituito 
l'art. 8, n. 3, lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, � stata emanata 
in base alla disposizione dell'art. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 
del 1968, e la sua disapplicazione, che da ci� tragga motivo, significherebbe 
disapplicare la norma primaria che ne� costituisce la fonte 
normativa. 
Pe:ritanto, solo a seguito della dichiarazione di incostituzionalit� 
dell'a:rit. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 del 1968 -nei limiti che 
saranno precisati qui appresso -potr� il giudice disapplicare la dispo


.sizione regolamentare interna dianzi ricordata. 

8. -Dopo queste considerazioni, che eliminano ogni dubbio circa 
� 1a rilevanza della dedotta questione di legittimit� costituzionale, appare 
forse superflua l'indicazione dei motivi per cui essa deve riconoscersi 
pienamente fondata. Per vero, la successiva emanazione di ~orme legislative 
interne, anche se aventi lo stesso contenuto sostanziale dei 
regolamenti comunitari, comporta non soltanto la possibilit� di differirne, 
in tutto o in parte, l'applicazione, in aperto contrasto con l'articolo 
189, secondo comma, del Trattato di Roma, ma anche una ben 
pi� grave conseguenza, in quanto la trasformazione del diritto comunitario 
in diritto interno ne sottrae l'interpretazione in via definitiva 
alla Corte .di giustizia delle Comunit�, con palese violazione del regime 
.stabilito dall'art. 177 dello stesso Trattato quale necessaria e fondamentale 
garanzia di uniform1t� di applicazione in tutti gli Stati membri. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Entrambi questi effetti si sono verificati nel caso di specie. L'art. 29 
del d.1. 20 febbraio 1968, n. 59, e l'art. 36 del d.1. 19 dicembre 1969, 

n. 947, pur prevedendo che alcuni articoli (diversi da quelli qui 
denunciati) avessero effetto dalla data di applicazione dei regolamenti 
comunitari ivi indicati, , contengono l'ordine di entrata in vigore il 
giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica. 
D'altra parte, i giudici di merito hanno ritenuto che l'espressione 
�prelievo fissato in anticipo�, contenuta nell'art. 8, n. 3, lett. b, del 
regolamento e.e.e. n. 473/67, e riprodotta nell'art. 3, lett. b, del decreto 
ministeriale 28 maggio 1968, dovesse essere interpretata in senso 
difforme dall'interpretazione gi� fornita in terminis dalla Corte di 
giustizia delle Comunit� con sentenze 10 marzo 1971 in ~ause 38/7(} 
e 58/70; e ci� precisamente con la motivazione che dovevano essere 
applicate non le norme dei regolamenti comunitari, ma le successive 
norme nazionali regolanti la materia, e che pertanto non v'era nemmeno 
ragione di chiedere o seguire la� pronuncia della Corte di giustizia 
a' sensi dell'art. 177 del Traittato di Roma. 

� dunque evidente il contrasto con i principi enunciati dagli 
artt. 189 e 177 del Trattato istitutivo della e.e.e., che comporta violazione 
dell'art. 11 della nostra Costituzione, in base al quale l'Italia 
ha aderito alla Comunit� 'consentendo, in condizioni di parit� �con gili 
altri Stati, le .limitazioni di sovranit� richieste per la sua istituzione 
e per il conseguimento dei suoi fini di integrazione, solidariet� e comune 
sviluppo economico e sociale degli Stati europei, e quindi anche 
di pace e giustizia fra le Nazioni. La violazione dello specifico disposto 
dell'art. 11 rende superfluo accertare se sussista anche violazione del 
principio enunciato nel primo comma dell'art. 10. 

9. -Occorre qui precisare che la declaratoria di illegittimit� della 
disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 13 del d.1. n. 59 del 
1968, e ripetuta nel secondo comma dell'art. 16 del successivo d.l. 
n. 947 del 1969, deve essere limitata alla pal'.'te in cui essa � stata 
assunta a fondamento dell'emanazione di norme r~golamentari interne 
non indispensabili per l'applicazione in Italia. dei regolamenti e.e.e. 
Infatti, le disposizioni con le quali � stata autorizzata la emanazione 
del decreto ministeriale 28 maggio 1968, e del successivo decreto ministeriale 
8 aprile 1971 (che lo ha sostituito ed abrogato), non sono 
illegittime in toto, perch� lo Stato ben poteva e doveva, mediante 
legge o regolamento, dettare le norme esecutive che fossero necessarie 
per l'applicazione in Italia dei regolamenti comunitari in questione. 
Tali sono, ad esempio, quelle concernenti le modalit� di deposito 
delle cauzioni presso le tesorerie provinciali, le aziende di credito 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

abilitate a prestare le fideiussioni bancarie sostitutive, ovvero gli 
organi ministeriali competenti a ricevere le cauzioni, ed a disporre 
la loro restituzione o l'eventuale incameramento. 

L'illegittimit� costituzionale dell'art. 13, terzo comma, del d.l. 

n. 59 del 1968, e dell'art. 16, secondo comma, del d.l. n. 947 'del ,1969 
(che ha sostituito l'abrogato art. 13 del precedente decreto, senza 
peraltro travolgere il decreto ministeriale 28 maggio 1968, abrogato 
solo dall'ar.t. 6 del successivo decreto ministeriale 8 aprile 1971), deve 
pel'tanto essere dichiarata solo nei limiti in cui il legislatore ha reso 
possibile al Governo di emanare norme non strettamente necessarie 
per l'applicazione dei regolamenti comunitari da parte delle autorit� 
amministrative e degli operatori del nostro Paese. 
Spetter� poi all'autorit� giudiziaria di accertare quali norme regolamentari 
interne abbiano contenuto riproduttivo, e debbano quindi 
essere disaippUcate a' sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
ali. E, in quanto illegittimamente autorizzate, e quali invece continuino 
ad avere piena validit� ed efficacia, in quanto effettivamente 
necessarie per l'applicazione dei regolamenti e.e.e. 

10. -La parte privata, nelle sue difese, ha sottolineato gli inconvenienti 
connessi alla necessit� di sollevare la questione di costituzionalit� 
delle norme legislative interne che riproducano o contrastino 
con quelle dei regolamenti comunitari direttamente applicabili, 
sia perch� le decisioni di questa Corte non determinano cessazione di 
efficacia delle norme illegittime ex tunc, sia perch�, potendosi adire 
questa Corte solo nel corso delle liti via via insorgenti, risulta tardiva 
quella certezza giuridica che � indispensabile per l'amministrazione 
come per gli operatori. E pertanto ha chiesto che, in applicazione 
dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sia dichiarata, come 
conseguenza dell'adottata decisione, la illegittimit� costituzionale derivata 
di una serie di disposizioni legislative, contenute anche in altri 
provvedimenti, aventi carattere riproduttivo sostitutivo, ovvero derogativo 
o abrogativo, di disposizioni dei regolamenti comunitari. 
Gli effetti delle decisioni di questa Corte sono stabiliti d,all'art. 136, 
primo comma, della Costituzione, e sarebbe quindi fuori luogo discuterne. 
D'altra parte, la rdichiesta di una declaratoria di illegittimit� 
costituzionale derivata non pu� essere accolta, sia perch� tale pronunzia 
non deriverebbe dalla declaratoria di illegittimit� delle disposizioni 
oggi impugnate ma troverebbe spiegazione solo nell'identit� 
dei vizi di legittimit�, sia perch� essa comporterebbe da parte di 
questa Corte un analitico ed integrale esame comparativo dei regolamenti 
comunitari e dei successivi provvedimenti interni, che presentano 
una normativa complessa e variamente articolata, di interpreta



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

822 

zione spesso dubbia e non sorr~tta da decisioni della Corte di giustizia 
delle Comunit�. Una declaratoria ai sensi dell'art. 27 della legge 

n. 87 del 1953 appare pertanto inan;imissibile, dal momento che essa 
dovrebbe essere giustificata, con analitica mo.tivazione, per ciascuna 
delle disposizioni denunciate. 
Questa Corte p��, piuttosto, auspicare che il Parlamento e il Governo 
italiano provvedano, per quanto possibile, ad eliminare i provvedimenti 
interni che riproducono norme dei regolamenti comunitari 
direttamente appli�abili, o con essi contrastano, ed evitino per l'avvenire 
di procedere all'emanazione di provvedimenti non strettamente 
necessari per l'applicazione dei regolamenti stessi. -(Omissis). 

. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 30 settem


. 
bre 1975, nella causa 32/75 -Pres. Lecourt -Rel. Sorensen -Avv. 
gen. Trabucchi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dalla Corte di appello di Parigi nella causa Fiorini (avv. Schlissinger) 
c. Soci�t� Nationale des Chemins de Fer Fran�ais (avv. 
Michel) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Jonczy) 
e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano). 

Comunit� europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Nozione Interpretazione 
restrittiva -Esclusione. � 
(Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 7, n. 1 e n. 2). 

Comunit� europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Comprendono 
la tessera a riduzione sui prezzi di trasporto. 
(Regolamento del Consiglio 11 ottobre 1968, n. 1612,_ art. 7, n. 2). 

n riferimento ai �vantaggi sociali� di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento 
del Consiglio 1~ ottobre 1968, n. 1612, non pu� essere limitato 
ai soli vantaggi connessi al rapporto di lavoro, ma va interpretato 
nel senso di comprendere nell'ambito di applicazfone della norma tutti 
i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano o 
meno connessi al contratto di lavoro (1). 

(1-2) Con la decisione in rassegna rimangono superate, e con adesione 
alle tesi sostenute dal Governo italiano, 1sia la restrittiva inte11pretazione 

.della nozione di � vantaggi socj.ali � altre-volte rpTQilosta dalla Commissione 
delle Comunit� -europee (e fatta propria, nella specie, dalla 1parte 
convenuta nel giudizio di merito), sia la pregiudizievole limitazione di cui 
alla sentenza 11 aprile 1973, resa nella causa 76/72, con la quale la Corte 
di giustizia aveva ritenuto idi dover individuare i vantaggi sociali in 
" quelili che, essendo connessi ad un rapporto di lavoro, spettano esclusiva




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 823 

L'art. 7, n. 2, del regolamento del Consigiio 15 ottobre 1�968, 

n. 1612, relativo ana libera circolazione dei lavoratori all'interno della 
Comunitd, va interpretato nel senso che i vantaggi sociali contemplati 
da tale disposizione comprendono le tessere a riduzione sui prezzi .di 
trasporto, rilasciate alle famiglie numerose da un ente ferroviario nazionale, 
e ci� anche se tale vantaggio sia richiesto soltanto dopo il 
decesso del lavoratore, a favore della sua famiglia residente nello 
stesso Stato membro (2). 
mente ai lavoratori, non gi� que1l� rprevisti a favoce dei loco familiari � 
(Racc., 457, v. pag. 463). 

La Corte di giustizia non ha dato invece seguito alle indicazioni del 
Governo italiano (condivise anche dalla Commissione delle Comunit� europee) 
sulla rilevanza assorbente e preclusiva del ip!fincipio di non discriminazione 
stabilito daH'art. 7 del trattato CEE (armplius, infra). 

Deve ritenersi, peraltro; che il criterio seguito nella decisione sia stato 
adottato soltanto in considerazione della specialit� de1'l'ar,t. 7 del regolamento 
1612/68 (e per la ravvisata possibilit� di interpretado in coerenza 
con il principio di non discriminazione), e che l'art. 7 del trattato CEE 
sarebbe risultato determinante, .quindi, ,qualora ailla soluzione, nel senso 
sopra indicato, dei quesiti ,proposti dal giudice nazionale non fosse risultato 
possibile pervenire sulla sola base della esaminata disposizione. 

A commento delle varie questioni discusse, si ,pubblicano, qui di seguito, 
le osservazioni presentate dal Governo italiano.� 

L'art. 7 del trattato CEE e i � vantaggi sociali � riconosciuti ai lavo� 
ratori migranti. 

I 

La sig.ra Anita Christini Fiorini, .vedova di un cittadino italiano rimasto 
vittima di un infortunio sul lavoro, residente in Francia, e con quattro 
figli a carico (due dei quali nati in Fra.cia), ha chiesto alla corte di appello 
di Parigi di riformare la sentenza 8 novembre 1973 con la quale il tribunale 
di Parigi ha rigettato la domanda rivolta ad ottenere il tesserino a riduzione 
concesso dalla Soci�t� Nationa1e des Chemins de Fer Fran�ais, ai sensi 
della legge francese 29 ottobre 1921 e successhre modificazioni, �alle famiglie 
numerose: tesserino a riduzione che � stato negato alla iparte istante solo 
in ragione della sua cittadinanza non francese. 

L'appellarute contesta '1a validit� della decisione di .primo grado, rile-' 
vando che il lavoratore cittadino di uno Stato membro della Comunit� 
economica europea gode sul ,territorio degli altri Stati membri, ai sensi 
dell'art. 7, n. 2, del regolamento d�il Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, 
degli stessi � vantaggi sociali � riconosciuti ai lavoratori nazionali; ed ha 
chiesto quindi che la Soci�t� Nationale des Chemins de Fer sia condannata 
a rilasciare il tesserino a riduzione rper famiglie numerose, e, in subordine, 
che della inteTPretazione della indicata disposizione comunitaria fosse investita, 
ai sensi dell'art. 177 del trattato di Roma, la Corte di giustizia delle 
Comunit� eUTopee. 

La societ� convenuta invece, per quanto consta dal provvedimento di 
rinvio, assume che i vantaggi sociali ai quali l'art. 7, n. 2, del regolamento 



824 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -In diritto. -Con sentenza 14 marzo 1975, pewenuta 
in cancelleria il 21 successivo, la Corte d'Appello di Parigi ha sottoposto 
a questa Corte~ a norma dell'art. 177 del Trattato e.E.E., la 
questione del se la tessera a riduzione per famiglie numerose rila


1612/68 �Si riferisce sarebbero solo quelli connessi al contratto di lavoro, 
e che la disposizione, comunque, non si applicherebbe relativamente ai vantaggi 
non riservati ai so� ,lavoratori. � 

Con provv,edimento del 14 marzo 1975 la �corte di appello di Parigi, 
dando atto che la decisione della controversia � condizionata daif.la interpretazione 
dell'art. 7 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, 
ha domandato alla Corte di giustizia di rpronunciarsi sulla ,seguente questione: 
� se H tesserino a riduzione per famiglie numerose rilasciato dalla 
Soci�t� Nationale des Chemins de Fer costitui1sica, per i lavo1ratori degli 
Stati membri, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7 del regolamento del 
Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 �. 

II 

1. -Per quanto non espressamente precisato, risulta evidente, dal provvedimento 
di rinvio, che il marito deHa parte attrice era un ,lavoratore 
italiano ,emigrato ed occupato in F1rancia (dove � deceduto vittima di un 
infortunio sul lavoro); e tale c}rcostanza di fatto, gi� necesariamente implicita 
nella stessa fo!l'mulazione del quesito proposto, � confermata dalla reside~
a del:la istante e dalla nascita in Francia di due dei suoi quattro figli 
minori. 
Ogni valutazione sulla rilevanza della questione, cos� come proposta, 
rimane del resto riservata al �giudice nazionale, al quale ancir:ebbe anche 
riservato di stabilire se ila soluzione del quesito sia Sl\l.ffidenite ai fini della 
decisione della ,causa di merito. 

La soluzione del quesito va quindi ricercata nell'ambito della impostazione 
prospettata dal giudice del rinvio, quale risulta dalla formulazione 
della domanda di interipretazione, e quindi prescindendosi dalle peculiarit� 
della specie in discussione nel giudizio di merito; e dev�e anche ,prescindersi, 
anzi, dal.Io specifico riferimento, contenuto nella domanda del giudice del 
rinvio, alla normativa nazionale in discussione (del tutto �estranea all'oggetto 
del giudizio inctdentale di interpretazione), ed intendersi perci� il quesito 
come rivolto ad accertare se i vantaggi ,sociali di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento 
del Consiglio 15 ottobit'e 1968, n. 1612, comprendano le riduzioni 
ferroviarie concesse dalla 1egislazione di runo Stato membro in favore delle 
famiglie numerose. 

2. -Il Governo italiano ritiene che al �quesito 1p1roposto dal giudice francese 
debba darsi soluzione positiva, non rpotendo dubitarsi che la possibilit� 
di .godere, in ragione della consistenza numerica del nucleo familiar�e, di 
riduzioni ferroviarie costituisca un �vantaggio sociale� ai 1sensi dell'art. 7, 
n. 2, del Tegolamento n. 1612/68, e quindi un trattamento agevolato di cui 
il lavoratore c.ittadino di uno Stato membro deve poter usufiruire, sul territorio 
del diverso Stato membro nel quale fornisce le sue prestazioni di 
lavoro, senza disociminazioni rispetto ai lavoratori nazionali. 
La Corte ,di giustizia ha gi� avuto occasione di precisare, invero � che 
la disciplina comunitaria in materia social.e � basata sul principio che il 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 825 

sciata _dalla Soci�t� Nationale des Chemins de Fer Fran�ais costituisca, 
per i lavoratori degli Stati membri, un �vantaggio sociale > ai sensi 
dell'avt. 7 del regolamento del Consiglio delle Comunit� Europee 15 ottobre 
1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori 
all'interno della Comunit� (Gazzetta Ufficiale n. L 257 del 19 otto� 
bre 1968). 

diritto di ciascuno Stato membro deve garantire ai cittadini degli altri Stati 

membri, occupati nel suo tera:itorio, il �complesso dei vantaggi attribuiti ai 

propri cittad�ni � (sent. �15 ottobre 1969, nel.la causa 15/69, UGLIOLA, Racc., 

363; 13 dicembre 1972, ne'lla causa 44/72, MARSMAN, Racc., 1423); cos� come 

ha statuito che � il divieto di discriminazioni stabilito dall'art. 48 !riguarda 

pure la speciale tutela ev�e!lltualmente concessa dalle J.eggi di uno Stato mem


bre, per motivi di caratter�e sociale, a determinate persone � (sent. 13 di


cembre 1972, nella causa 44/72, cit.), 

Lo stesso regolamento n.'1612/68 � stato adottato, del resto, nell'espressa 

considerazione �-che il diritto di libera circolazione richied�e, perch� esso 
�possa essere esercitato in condizioni obiettive di Ubert� e di dignit�... che 
siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, 
specie per .quanto riguaiida il diritto per il lavorator�e di farsi raggiugere 
dalla famigJ.ia e le condizioni d'int~grazione della famiglia nena 
.societ� del Paese ospitante� (quinto �considerando); e lo scopo della ncxrmativa 
dettata con il regolamento � appunto �l'inserimento della famiglia del 
lavoratore migrante nel tessuto sociale del Paese ospitante� (avv. gen. War


ner, conclusioni .presentate per la causa 9/74). 

Il lavoratore che si trasferisce sul territorio di uno Stato membro 

d�!verso da quello di cui � cittadino deve poter conta.re, in definitiva, sulla 

possibilit� di un integrale inserimento, suo e della sua famigJ.ia, nel tessuto 

socia1e dello Stato che lo ospita, senza pr�egiudizievoli discriminazioni ri


spetto ai lavoratori cittadini di quel Paese; ed anche il solo fatto di non 

poter usufruire delle riduzioni nelle tariffe dei trasporti concesse ai cit� 

tadini nazionali (e delie quali il 1Lavoratore mig.rante potrebbe invece gi� 

in ipotesi godere nel proprio Paese) costituirebbe evidentemente un ostacolo 

a quella mobilit� ed a quella integ�razione che fa normativa comunitaria � 

rivolta a garantire. 

3. -Le riduzioni ferroviarie sono del resto di norma concesse, come 
nella .specie, in �constderazione del numero elevato dei componenti della 
famiglia che debba utiliz2'lare il servizio, e quindi in ragione di motivi di 
evidente portata .sociale, tali da indurre a consentire un possilbi1e risparmio 
di spesa al1e famiglie numerose. 
La possibilit� di usufruire di tali riduzioni co1stituisce perci�, indubbiamente, 
un � vantaggio sociale �, cos� come � vantaggi fiscali � sono quel'1i 
�concernenti le riduzioni dei tributi o le maggiori detrazioni consentite, nella 
determinazione dell'.imponibile, in favore de'lle famiglie numerose; e se nessun 
dubbio :sussiste sul fatto che i redditi del lavoratore migrante debbano 
1esseJ:'e tassati, nello Stato ospitante, secondo gli stessi �criteri ao;iplicati per 
i redditi dei lavoratori nazionali (e quindi con le stesse riduzioni, detrazioni 

o agevo'lazioni eventualmente concesse per i r�eddirti �di lavoro o in ragione 
della consistenza numerica della famiglia del lavoratore), cosi pure deve 
rkonoscersi che anche in tema di riduzioni nefile tariffe dei trasporti ogni 

826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Risulta dalla sentenza di rimessione che la causa principale ha 
ad oggetto il rifiuto opposto dalla S.N.C.F. alla domanda diretta ad 
ottenere tale tessera a riduzione, presentata da una cittadina italiana, 
residente in Francia, il cui coniuge, del �pari cittadino italiano, lavorava 
in Francia, dove � deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro, 
lasciando una vedova e quattro figli minorenni. 

discriminazione fondata sul solo requisito della cittadinanza � vietato da'll:a 
normativa comunitaria ed incompaUbile con le stesse firutli:t� del trattato 
di Roma. 

4. -Alla inoliusione, tra i � vantaggi sociaJ.i �, delle iriduzioni ferroviade 
concesse dalla legislazione di uno Stato membro in fayore dell.e famiglie 
numerose non rpu� essere natmalmente di ostacalo il fatto che tali riduzioni 
siano contem(ptlate con no11me di carattere generale, che (prescindono dalla 
esisteI12la di un rappovto di lavoro. 
Come si � gi� in altre occasioni rilevato, � evidente, infatti, che se ai 
lavoratori migranti dovessero applicarsi le sole disposizioni nazionali concernenti 
espressamente i iavmatori, sa'rebbe agevole eludere la rilevanza 
della normativa comunitaria, generalizzando in favore di tutti i cittadini, 
ad esempio, qualsiasi � vantaggio sociale �. 

Ai fini in esame deve considerarsi sufficiente, invece, che delle nonne 
di contenuto generale possano usufruire (anche) i lavoratod nazdonali; e 
tale possibilit� deve comportare, indipendentemente dall.'eventuale maggior 
ambito di operativit� delle norme, che dei � vantag.gi sociali� contemplati 
dalle norme nazionali possano usufruire, per il divieto di discriminazioni, 
e quindi a parit� di condizioni, anche i lavoratod migranti. 

5. -Deve escludersi inoltre, che le riduzioni ferroviarie in discussione 
possano rimanere estranee alla nozione di � vantaggi sodali � per essere non 
direttamente connesse al rapporto di lavoro, secondo la tesi sostenuta nel 
.giudizio di merito dalla convellillta amministrazione. 
Una interpretazione della norma in tali limiti, oltre che incompatibile 
con le finalit� istesse dell.a vOiluta eqrui.iparazione (volta appunto a garantire 
J.'inseri.mento� del lavoratore nel contesto sociale del Paese ospitante � in 
condizioni obiettive di l~bert� e di dignit� �), comporterebbe, infatti, una 
inammissibile limitazione del principio di non discriminazione, e di conseguenza 
[a possibilit� (da escludere invece a P.,.iori) di riferi;re il paritario 
godimento dei vantaggi sociali al solo luogo ed al solo momento dell'attivit� 
lavoxativa e di ricondurre quindi il lavoratore mig;rante, aJ. di fuori di tale 
luogo e al di l� di tale momento, in una 1Pregirudiziale con<Licione di inferiorit� 
rispetto ai l'avoratori nazionali; e non � �certo questo il risultato cui 
tende la normativa comunitaria in tema di libera cir�colazione dei lavoratoci. 

Del r�esto, il solo :liatto che il godimento, da parte del lavoratore migrante, 
degli � ,stessi vantaggi sociali � del lavo;rato:re nazionale sia co;ntemplato 
in norma autonoma e .distinta da quelila concernente la parit� di trattamento 
nelle � condizioni di lavoro � � gi� da .solo sufficiente a dimostrare 
che i vantaggi: sociali ai quali la disposizione intende ri:lierirsi non sono 
soltanto quelli connessi aM'esercizio del!l'attivit� lavor�tiva, ma comipirendono 
anche quelli dei quali i lavoratori nazionali possono usufTuire, indipendentemente 
ed al di fuori del rapporto di lavoro, nel contesto soci:aiLe 
nel quale sono inseriti; ed � invero sufficiente considerare che altrimenti 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 827 

La domanda � stata respinta, a motivo della cittadinanza dell'attrice, 
in forza della legge francese che prescrive che la tessera a riduzione 
per famiglie numerose � in linea di principio esclusiivamente 
riservata ai cittadini francesi e che essa viene rilasciata unicamente 
agli stranieri il cui Stato d'origine abbia concluso con la Francia un 
trattato di reciprocit� relativamente al settore de quo, il che non ha 
avuto luogo per l'Italia. 

dovrebbe ritene!'si che il J.avoratOTe miga-ante non a!Vl'ebbe �pi� diritto di 
godere dei vantaggi sociali e fiscali quante volte, e per quanto tempo restasse 
in .iipotesi senza posto di lavoro. � 

6. -Deve escludersi, infine, che il godimento dei vantaggi sociaili sia 
riferibile solo ai lavoratori in attivit�, connesso, cio�, al!l'esercizio attuale 
di un'attivit� lavorativa. 
Tale restrittiva interpretazione-� stata com'� noto pi� volte sostenuta 
dalla Commissione delle Comunit� eUJropee, ma non pu� essere condivisa, 
per il.e considerazioni gi� rpros:Pettate dal Governo itail.iano nella causa 187/73 
e che si ritiene di dover anche in questa occasione riproporre all'esame 
della Cocte. 

Anche a prescindere dal contrasto in cui una rrestrittiva inteTipretazione� 
della norma si porrebbe con il fondamentale principio di non discriminazione, 
va considerato, invero, che i � vantaggi sociali � di cui gode il lavoratore 
nazionale e di cui d.ev�e poter �godere, a [parit� di condizioni, anche 
il lavoratore comunitario, non possono concretarrsi ed esaurivsi nei soli trattamenti 
connessi allo svolgimento 1dell'attivit� ilavorativia, ma devono comprendere 
anche quelle provvidenze ed agevolazioni di cui i cittadini di 
uno Stato membro possono godere, in ,quanto lavoratori, dopo la cessazione 
dell'attivit� J:avorativa. 

Solo con tale interpretazione, infatti, viene ad essere garantita l'osser


vanza, in concreto, del pil'incipio di non discriminazione; e fa necessit� di 

intendere in tal senso la nozione di � vantaggi sociali � appare confortata 

dalla sentenza 21 maggio 1971, resa nelia causa 80/70 (Racc. 445, v. rpag. 451). 

con la quale la Corte di giustizia, inteir>pvetando l'anail.oga espressione � van


taggi� contenuta nell'art. 119, secondo comma, deil. trattato di Roma, ha 

precisato che i vantagigi di cui deve godere il lavorato'l:'e (nella specie, a 

carico del datore di lavoro) sono anche quelli �futuri�. 

Ulteriore �conferma della indi,cata inter�pretazione si desume, inoUre, 

dallo stesso art. 7, n. 2 del r.egolamento n. 1612/68, che considera contestual


mente vantaggi � sodali � e vanta�ggi � fiscali >. 

Secondo ila r�estrittiva interp'l'etazione sopra dcordata dQIVrebbe infatti 

ritenersi ohe �l'e'\'entuale trattamento �a~evOllato riservato da una legislazione 

na:1'Jionale ai redditi lavorativi sarebbe riferibile ai 'Soli r.edditi percepiti 

durante lo svolgimento dell'attivit� [avorativa, e non applica1bi1e ai redditi 

goduti, in ragione dei rapporti �di lavoro, dopo la cessazione dell'attivit�. 

Se � vantag,gi fiscaLi � dovessero considerarsi solo �quelli connessi alil.o 
svolgimento, attuale, di un'attivit� lavorativa, d�vrebbe ritenersi, cio�, che 
le agevolate aliquote di tassazione per ipotesi contemplate nefila legislazione 
di uno Stato memb!ro per le pensioni sarebbero applicabili alle sole 
pensioni dei lavoratori nazionali, e non a qiuelil.e dei lavoratori comunitari; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

828 

La legge francese 29 ottobre 1921, emendata dalla legge 24 dicembre 
1940 e dal decreto 3 novembre 1961, dispone che, per le 
famiglie con a carico almeno tre figli di et� inferiore agli anni 18, 
previa domanda del capofamiglia, il padre, la madre e ciascun figlio 
riceveranno una carta d'identit� che d� loro diritto a talune riduzioni 
sulle tariffe della S.N.C.F. 

come pure dovrebbe ritenersi, con riguardo all'analoga .equiiparazione disposta 
con l'art. 9, n. 1 dello stesso l'egolamento n. 1612/68, che i lavoratori 
migranti in pensione non potrebbero usu:fu.,U�'e di una legge nazional.e che 
contemplasse provvidenze per la casa ai pensionati. 

� quindi la stessa manifesta erroneit� di tali .conclusioni (pur necessariamente 
conseguenziali ad una restrittiva interpDetazione delle norme comunitarie) 
a dimostrare che il legislatore comunitario, nel garantire ai 
lavoratori migranti gli stessi vantaggi fiscali ,e di alloggio ,goduti dai lavoratori 
nazionali, ha avuto riguardo non ai isoli vantaggi connessi aH'esercizio 
dell'attivit� lavorativa, ma anche a queilli,di .cui la popolazione attiva 
nazionale pu� usufu'uire dopo la cessazione dell'attivit� la�vorativa; ed � 
evidente che lo stesso .criterio deve valere anche .per quanto concerne i 
v:antaggi �sodali� contestualmente �constderati nel.il.'art. 7, n. 2 del r�egolamento 
n. 1612/68. 

La necessit� di svincolare la nozione di � vantag~i sociali� dalla attua


lit� della presentazione di lavoro � confermata, infine, dall'art. 48, n. 3, lett. d. 

del trattato di Roma, ed in particolare dal regolamento della Commissione 

29 gi.Jugno 1970, n. 1251, l'eLativo'al diritto dei ilavoratori di rimanere nel 

territorio di uno Stato membro, a titolo permanente, dopo aver occupato 

un impiego. 

Gi� in via di principio, invero, con il r:icono,scimento di tale di!l'itto ai 

lavoratori migranti sarebbe ev1dentemente incompatibile ogni discrimina


zione che consentisse ai soli ex lavoratori nazionali ,e non agli ex lavoratori 

migranti di usufruiire di determinate provvidenze e vantaggi, non potendo 

certo negarsi �che se si dconosce al lavoratore migriante il diritto di rimanere 

nello 1Stato anche dopo la cessazione dell'attivit� lavorativa, tale perma


nenza deve essere disciplinata e gru-antita in coerenza con il principio che 

vieta discriminazioni basate sulla nazionalit�. 

La TiJevanza del rkhiamo ri<sulta a maggior ra�gione evidente, quindi, 

quando si consideri che l'art. 7 del regolamento n. 1251/70 dispone espres


samente che �i beneficiari del ip!l'esente regolamento continuano a fruiire 

del diritto alla paFit� di trattamento m.evisto dal regolamento n. 1612/68 

del Consiglio � (v. prur�e, per i lavoratori autonomi, dir�ettiva dei!. Consiglio 

194/72, GUCE, 26 maggio 1972, n. L 121 e, da ultimo, direttiva del Consiglio 

17 dicembre 1974, n. 34, GUCE, 20 gennaio 1975, n. L 14); e gi� nella causa 

1/71, invero, la stessa Commissione ha sostanzialmente riconosciuto la rile


vanza risolutiva di ta[.e disposizione, �limitandosi a dlll!bitaire, nella specie, 

della sua awlicab�lit� in concr�eto. 

7. -Il Governo italiano ritiene quindi, in definitiva, che la pronuncia 
di interpretazione chiesta dal giudice del rinvio debba affermare che le 
riduzioni ferroviarie concesse in uno Stato membro in favore delle famiglie 
numerose costituiscono �vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2, del rego. 
lamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 829 

Il Codice francese della famiglia e dell'assistenza sociale (Decreto 
24 gennaio 1956) dispone all'art. 20 che allo scopo di assistere le 
famiglie nell'educazione dei figli, sono loro concessi determinati assegni 
e prestazioni, enumerati in maniera non limitartiva, tra cui figurano, 
�01tre alle prestazioni familiari contemp~ate dalla legislazione in materia 
di previdenza sociale nonch� a riduzioni od esenzioni fiscali, riduzioni 
sulle tariffe di trasporto per ferrovia contemplate dalla legge 
di cui trattasi. 

III 

1. -Come si � soipra accennato, ogni profilo di discussione\diverso da 
quello risultante dal quesito IJTOposto dal giudice nazionale dowebbe rimanere 
scricto jure estraneo al giudizio di interpretazione; e dowebbe rimanere 
quindi riservato al giudice della causa di merito di stabilill'e se la soluzione 
della questione di interipr.etazione, cos� come �proposta e risolta, sia o 
no sufnciente ai fini della decisione. 
In aderenza al �Cll'iterio gi� icn altre occasioni adottato da1la Corte di 
giustizia, sembll'a tuttavia opportuno esaminare altri possibili profili di 
contestazione, ed in particolare quello concernente la riferibilit� della 
norma sopra commentata anche ai famiJ.ia:ri del lavoratore comunitado: 
questione �Che potr�ebbe assumere rilievo, nel giudizio di merito, per essere 
il tesserino a riduzione chi-esto, nelila specie, dalla vedova �di un lavoratore 
migrante. 

In effetti, nessuna contestazione � sorta tra l�e parti in wdi.ne a tale 
questione, �e dal provvedimento di rinvio (ed in parti.colare dalla stessa 
formulazione del quesito) risulta anzi come pacifico che il godimento dei 
vantaggi sociali riconosciuti aJ. lavocatore migrante compete anche ai suoi 
familiari; e gi� questo solo rilievo, il fatto stesso cio�, che il giudice nazionale 
non abbia ritenuto necessaria, su tale problema, una .pronuncia pregiudiziale 
di interpretazione escluderebbe in via di principio, ai sensi dell'art. 
177 dcl trattato di Roma, la possibilit� di occuparsi della questione 
in questa sede. 

Non pu� non essere considerato, tuttavia, che la questione sulla portata 
soggettiva dell'art. 7, n. 2, del ll'egolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, 

n. 1612 � �gi� venuta in evidenza in altri analoghi giudizi incidentali di 
intel'ipretazione; e pu� esse:re quindi opportuno, quantomeno, che la Corte 
di giustizia prenda in esame anche tale profilo di .discussione, sia per prevenive 
Fulteriore possibile dubbio di interpretazione nel quale il giudice 
nazionale potll'ebbe poi venirsi a trova!l'e nel decidere la caiusa di merito, 
sia al fine di emettel'e sul punto una pronuncia ailla quale possa falrsi utile 
riferimento anche nelle altll'e analoghe controyeI1sie pendenti �dinanzi ai 
giudici nazionali. 
2. -Com'� noto, la Commissione delle Comunit� .europee si � in altre 
occasioni mostrata propensa ad intendffi"e l'art. 7, n. 2, del regolamento 
n. 1612/68 in senso ll'estrittivo, riferendo cio� :il godimento dei vantaggi 
sociali contemplati dalla norma alla sola rpe['sona del lavo�ratore migrante, 
e non ai suoi familiari; e fa.le limitazione Sa!l'�ebbe confortata dalla sentenza 
11 aprile 1973, resa dalLa Corte di giustizia nel:la causa 76/72 (MICHEL 
S., Racc. 457, v. pag. 463), nella quale i vantag�gi sociali in questione 
4 



830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Bench:� nell'ambito dell'art. 177 non possa applicare la norma 
comunitaria ad una determinata fattispecie, e quindi non possa qualificare 
una legge interna, la Corte � tuttavia competente a fornire al 
giudice nazionale elementi d'interpretazione del diritto comunitario, 
che potranno guidarlo nella valutazione degli effetti di detta legge. 

sono -in dividuati in ��quelli che, �essendo connessi ad un rapporto di 
lavoro, spettano esclusivamente ai Lavoratori, non gi� qruelli pr�evisti a 
favore dei Imo familiaTi �. 

Secondo quanto �gi� rilevato nelle osservazioni presentate nella causa 
7/75, al Governo italiano non sembra, peiialtiro, che la rilprodotta statuizione 
d�bba considera!l)si preclusiva di ogni ulteriore valutazione. 

Dalla richiam�ta decisione, 'e .con ri:llerimento alle questioni in quella 
occasione discusse, risulta in:liatti che la distinzione tira vantaggi riconosciuti 
�al lavoratore e vantaggi riconosciuti ai suoi familiari � stata delineata 
non a[ fine di escluder�e la .riferibilit� a �questi dei vantaggi previsti 
in favme del lavO!I'atore, quainto piuttosto per la speciaLit�, per la questione 
da il'isolvere, dell'art. 12 del regolamento, �e .quindi nell'ambito di 
una pro�spettiv;a volta alla individuazione della norma applicabile al caso 
in di.scussione. 

3. -Le axgomentazioni gi� sopra svolte in merito alle finalit� stesse 
della normativa' comunitaria, �ed in particolare sul proposito del legislatore 
comunitario di garantire l'effettivo inserimento del lavoratore migrante 
e della sua famiglia nel contesto .sodale del Paese ospitante, inducono 
ad escludere, invero, J.a possibilit� di discriminare i vantaggi sociali 
in questione sotto il profilo soggettivo, di ritener.e, cio�, che di deteiJ:'.minati 
<vantaggi sociali� possa il solo lavorator.e essere ammesso ad usufruire, 

e non i suoi familiari, apparendo una tale discriminazione inconciliabile 

con la natura stessa dei vantaggi in questione e con la loro correlazione con 

l'ambiente sociale nel quale il J.avorator.e migrante viene ad inserirsi; e 

se dovesse diversamente intendersi, inv;ece, la norma in esame,. sarebbe 

invero agevole eluderne la effettiva Tilevianza e portata, configurandosi 

eventuali vantaggi �e provvidem;�e come 'J;)['opri delle famiglie e non del 

singolo, ed escludendosi quindi dal loro godimento, in contrasto con il prin


cipio di tlguaglianza, i lavoratori comunitari. 

N� sembra �che possa il contrario desumersi dalJ.la sola collocazione 

sistemativa delle vade norme (.evidenziatasi, oltretutto, solo a �seguito di 

<rettifica � ), sia perch�. la risolutiva �rilev:anza che volesse a tale colloca


zione attribrui!I'si !risulterebbe gi� compromessa dallo specifico rifel'imento,. 

nelle norme �Concernenti !'�esercizio dell'impiego e la parit� di trattamento, 

alla � famigtia � del lavoratore (art. 9, n. 2, secondo comma), sia per la 

difftcolt� .stessa di considerare sepairatamente, ad �esempi� in tema di 

diritto all'alloggio (contempLato sia nel titolo II sia nel titolo III del rego


lamento), il lavoratore .e i suoi famiiliari. 

L'intitolazione dei due g.ruppi di norme (gi� in via di principio priva 
di rilevanza risolutiva ai fini ermeneutici) risponde del Testo solo a formali 
esigenze sistematiche e non certo rivolta :allo �scopo di distinguere i diritti 
del iLavoratore da ,quelli dei suoi familiari; e le norme specifiche in favore 
dei familiaTi del lavO!I'atore migry:-ante, oltretutto, non costituiscono eccezioni 
ad un i1potetico principio che limitasse alla sola persona del lavoratore 
il 1godimento dei vantaggi sociali (n� 1contengono la elencazione 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 831 

Il regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, dispone, 
all'art. 7, n. 1, eh.e il lavoratore cittadino di uno Stato membro non 
pu� ricevere nel territorio degli altri Stati membri, a motivo della 
propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratod 
nazionali per quanto riguarda tutte le condizioni di impiego e di 
lavoro. 

tassativa dei diritti dei familiari), ma sono esse stesse autonoma espressione 
del !plrincipio di non discriminazione, al quale � ispirata la normativa 
comunitairia, �e la .cui �concreta attuazione, �come risulta dal iraffronto 
tra i regoLamenti 26 agosto 1961, n. 57, 25 mairzo 1964, n. 38, e 15 ottobre 
1968, n. 1612, � venuta realizzandosi con norme via via pi� precise e 
complete. 

4. -La necessit� di rendere anche i familiari del �lavoratore [partecipi 
dei vantaggi sociali in �questione � confermata, inoltre, dalla unitaria considerazione, 
nella norma, dei vantaggi sociali e dei vantaggi fiscali. 
Una �soluzione che escludesse dal .godimento di tali vantaggi i familiari 
del lavoiratore condul"!'�bbe infatti all'assurda conseguenza che l'agevolato 
criterio di tassazione applicabile, ad esemtpio, in ragione del numero 
dei figli (o �sui redditi di pensione) potrebbe applicarsi, dopo la morte del 
lavoratore, solo in :fiavoire della famiglia del lavoratore nazionale (e sulle 
eventuali ll'elativ:e pensioni di riversibilit�) e non inv.ece per la famiglia 
del lavoratore migrante; ed ulteriOTi utili aTtgomentazioni nello stesso � 
agevole desumere (anche per quanto concerne i vantaggi direttamente ed 
immediatamente connessi al rapporto di lavoiro) dalle ipotesi di una mensa 

o di un ambulatorio aziendale, o di altri analoghi servizi, al cui godimento 
fosseiro armmessi i familiari del lavorratore nazionale �ed esclusi inv:e.ce, con 
discriminazione ictu oculi inammissibile, quelli del lavoratore migrante. 
5. -La pi� efficace confetrana della validit� della soluzione in esame 
� offerta, infine, proprio dalla causa di merito pendente dinanzi al giudice 
del rinvio, nella quale la domanda volta ad ottenere la riduzione 
ferrovia.ria concessa alle famiglie numerose irisulta proposta, come si � 
accennato nelle piremesse in fatto, dalla vedova di un lavoratore migrante 
deceduto vittima di un infortunio .sul Lavoro. 
In base aHe 1considerazioni svolte nella prima parte della pTesente 

memoria, invero, il mairito della parte attrice, avrebbe potuto �goder.e, in 

ragione della consistenza numerica del suo nucleo :fiamiliare (ed anehe 

dopo la cessazione dell'attivit� ;Lavorativa), della iriduzione ferrroviaria con


cessa dalla S'oci�t� Nationale des Chemins de FeT in� :fiavore delle famiglie 

numerose. 

'!lale riduzione potr�ebbe essere invece legittimamente negata (se i 

vantaggi in questione dov:essero .considerairsi .limitati alla sola persona del 

pJ.1estatore di �lavoro) alla vedova del lavoratore, per il solo fatto che il 

marito � deceduto e pur rimanendo inalterati e persistenti i presupposti di 

fatto della concessione. 

La stessa manif�esta iniquit� sostanziale di ta:le conclusione, incompatibiJe 
con i princtpi di uguaglianza �e di non drscriminazione sui quali 
si fondano le Comunit� euxopee, ed in contrasto con ile specifiche disposizioni 
comunitairie che garantiscono ai laivoria.tori migranti ed alle loro 
famiglie il diritto di e rimanere� nel territorio dello Stato osp!itante e di 



832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In forza del n. 2, egli fruisce �degli stessi vantaggi sociali dei 

lavoratori nazionali �. 

In forza del n. 3, egli fruisce altresi �allo stesso titolo ed alle 

stesse condizioni dei lavoratori nazionali, dell'insegnamento delle scuole 

professionali e dei centri di riadattamento o di rieducazione�. 

L'appellata nella causa principale ha fatto presente che i vantaggi 

cos� contemplati sono esclusivamente quelli inerenti alla qualit� di 

� continuare a fruire del di.ritto 'alla parit� di trattamento prevista dal 
regolamento n. 1612/68 � (arl. 48, n. 3, lett. d, del trattato e art. 7 del 
regolamento n. 1251/70), inducono in definitiva a ritener�e che il presente 
giudizio pregiudiziale di intel'[E)Tetazione fornisca alla Corte di giustizia J.a 
pi� favorevole occasione di pronunciarsi, secondo la estensiva interpretazione 
sempre adottata in tema di norme �sulla . libera circolazione dei 
lavoratori, sulla questione relativa al diritto dei familiari del lavoratore 
migran;te di usufruire degli stessi vantaggi socia.ii goduti dai famiUari del 
lavoratore nazionale. 
6. -Una :pronuncia della Corte di giustizia varrebbe del resto ad accelerare 
la realizzazione del programma volto ad un integrale inserimento 
del lavoratooe migrante nella societ� ospLtante, pi� volte favorito. ed 
auspicato, nell'.espletamento della sua attivit� istituzionale, dalla stessa 
Commissione del1e Comunit� europee. 
La elaborazione di programmi specifici per un � inserimento nella 
societ� ospitante � del lavoratore migrante, e la stessa possibilit� di una 

� rappr.esentanza al livello locaie � (che �risponderebbe ad una profonda 
aspirazione dei lavoratori migranti �) venivano invero gi� sollecitate dalla 
Commissione delle Comunit� europee negli �Orientamenti preliminari per 
un p!I"og.ramma di politica sociale somunitaria � (Botl. CE, supp. 2/71, 
pagg. 51-52). 
�La politica economica della Comunit� -si ricordava in quella 
occasione -non pu� limitarsi a miraTe agli obiettivi comuni in materia, 
di sviiluppo e di stabilit�. Essa acquista pieno significato nel contributo che 
d� al miglioiramento del1e. condizioni di vita: essa deve tendere ad incrementare 
il livello di vita e, al tempo stesso, a migliorare le condizioni 
qualitative del�l'esistenza; essa deve inoltre contribuire ad una pi� grande 
so.Iida!I"iet� delle �categorie sociali meno favo!I"ite � (loc. cit., pag. 8). 
La inscmdibilit� del lavoratore migrante e dei suoi familiiad, ad ogni 
effetto, risulta ribadita, inoltre, dalla risoluzione del Consiglio 21 gennaio 
1974, nella quale si auspicava la realizzazione di iniziative ;rivolte a 

�migliorare la condizione della libera circolazione dei lavoratori degli 
Stati membd nella Comunit�, COll11P!l1esa... l'infrastruttura somale degli 
Stati membri indispensabile per �risolvere i ip!I"Ob1emi specifici dei lavoratori 
mi~anti e dei loro famitiari �e, in pM"ticolare, i problemi di accoglienza, 
... e dei servizi sociali... ., � a rendere pi� umana, mediante un'efficace 
assistenza nelle varie fasi, la libera circolazione dei lavoratori comunitari 
e dei loro famiiiari �, ed � a realizzare la 1parit� di trattamento dei 
lavoratori comunitairi ed extracomunitari, nooch� dei toro famitiari, in 
materia di condizioni �di vita e �di lavoTO � (Boti. CE, SUrp<pl. 2/74, pag. 8). 
� La messa in o;p�er.a di misure che consentano di migliorare le condizioni 
di vita sociale dei.La popofazione mi~ante costituisce una assoluta 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 833 

lavoratore, per il fatto che essi sono in relazione con lo stesso contratto 
di lavoro. 
Bench� sia vero che talune disposizioni di tale articolo fanno rife


rimento a relazioni scaturite dal contratto di lavoro, ve ne sono altre 
che esulano da tali relazioni, in quanto presuppongono persino, come 
ad esempio la reintegrazione professionale ed il reimpiego in caso di 
disoccupazione, la cessazione di un precedente rapporto di lavoro. 

Stando cos� le cose, non si pu� interpretare in senso restrittivo 
il riferimento ai �vantaggi sociali� di cui all'art. 7, n. 2. 
, Ne risulta, nella prospettiva della pari.t� di trattamento perseguita 
dalla disposizione, che la sfera d'applicazione pratica va delimitata in 

priorit�., osservava ila Commissione delle Comunit� europee nel Programma 
d'azione �sociale presentato al Consiglio il 25 ottobre 1973; e ci� nella 
premessa che � una particolare responsabilit� incombe alla Comunit� nei 
riguardi dei 1avOTatori migranti, che ora sono oltre 6 milioni .e se si coniano 
le persone a loro carico probabilmente 10 � (Zoe. ult. cit., pag. 16). 

Come � obiettivo � � del 1programma a favore dei lavoratori migranti 
veniva indicata, in �quella occasione, 1a realizzazione deUa � parit� di con. 
dizioni di vita �e di lavoro... e dei diritti economici e sociali... di tutti i lavo


ratori migranti e delle loro famiglie � (Zoe. cit., pag. 24). 

� La rpopolazione migrante -rilevav�a ancora la Commissione -vive 
e lavora in condizioni nettamente inferiori a quelle della popolazione locale 
�; e dava espressamente atto che � nonostante numerose iniziative 
volte a migliorare 1a situazione dei lavoratoci migranti sul piano nazionale 
e locale, � necessario che .La Comunit� assuma ur.gentemente tutte le 
proprie resrponsabiUt� � (Zoe. cit., rpagg. 24-25). 
7. -Con riguar~do a tali considerazioni, in .singolare contrasto con la 
restrittiva interpretazione proposta per la questione in esame, risulta invero 
evidente il rtsolutivo contributo che ad una effettiva e dignitosa integrazione 
dei lavoratori migranti pu� derivare da una pronuncia della Corte 
aderente al consolidato e liberale orientamento 'adottato nella interpretazione 
deLle norme sulla libera cir�colazione dei lavoratori. 
� 1stato tale orientamento a consentire, in difetto di norme di attuazione 
de1l'art. 117 del trattato CEE, e pur tTiattandosi di materia non 
espressamente contemplata nell'art. 48, di ricondurre nell'ambito della 
normativa suHa Ubert� di circolazione dei lavoratori migranti i problemi 
concernenti la riqualificazione sociale dei minorati e la completa equiparazione 
dei figli studenti dei lavoratori migranti .con qruelili dei lavoratori 
nazionali (Corte di ,giustizia, 11 aprile 1973, nena .causa 76/72, M1cHEL S., 
Racc. 457; 3 luglio 1974, nella causa 9/74, CASAGRANDE, Racc., 773; 29 gennaio 
1975, nella .causa 9/74, ALAIMo; sulla nozione di V�antaggi sociali, v. pure 
sent. 28 maggio 1974, nella �causa 187/73, CALLMEYN, Racc,, 553, in motivazione); 
n� occorre .certo ricordare il notevole impulso derivato, quanto alla 
concreta attuazione del principio di non discriminazione, da11a sentenza 
21 giugno 1974, nella causa 2/74, REYNERS (Racc., 631), a seguito della quale 
la Commissione ha com'� noto formalmente ;ritirato tutte le proposte di 



834 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guisa da comprendere tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere 

dal fatto che essi siano. connessi o meno al contratto di lavoro, quali 

le riduzioni sui prezzi di trasporto a favore delle famiglie numerose. 

Si deve poi accertare se un tale vantaggio vada riconosciuto alla 

vedova ed ai figli dopo il decesso del lavoratore migrante, ne[ caso 

in cui la legge nazionale disponga che una carta d'identit� che d� 

diritto alla riduzione viene rilasciata a 'Ciascun membro della famiglia, 

previa domanda del capofamiglia. 

Qualora la vedova ed i figli minori di un cittadino nazionale 

abbiano diritto a tali �tessere, nell'ipotesi in cui la domanda sia statq, 

direttive intese a sopprimere le restrizioni in materia di stabilimento e di 

libera prestaziooe dei servizi, ritenendo�le appunto divenute superflue per 

l'attuazione della norma del trattamento nazionale (1cfr., comunicazione 8'1 

Consiglio 30 ottobre 1974, segnalata in BoU. CE, 10/74, pag. 25; v. pure 11/74, 

pag. 35). 

Non pu� non sorprendere, del resto, che mentre gi� in Italia ed in Bel


gio sono state assunte iniziative per concedere anche taluni diritti politici ai 

cittadini di altri Stati membri, e si auspica, anche a livello �omunitaTio, 

la sollecita attribuzione ai lavoratori migranti del diritto di partecipare 

alle elezioni regionali �e comunali del Paese ospitante (v. da ultimo seduta 

del Parlamento europ�eo del 17 gennaio 1975 e le !l"isiposte in quel!La sede 

fornite dalla Commissione), si sostengano poi restrittive interpretazioni 

della no;rmativa .gi� vig.ente itali da fa.r contilllllare a vivere i lavoratori 

comunitari e i loro familiari .come �stranieri in terra straniera�. 

8. -Ll Governo italiano pertanto, per l'ipotesi in cui ritenga la Corle 
di valutax�e, superando la formulazione del quesito proposto dal giudice 
nazionale, l'esaminata questione, rpropone che nella decisione sia iprecisato 
che le riduzioni ferroviarie concesse in uno Stato membro in favore delle 
famigUe numerose costituiscono, per i 1lavoratod migranti e rper i loro 
:liamiliari, �vantaggi sociali � ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento del 
Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612. 
IV 

1. -Nelle considerazioni s~a�a svolte la 1questione proposta da�l giudice 
de�l rinvio � stata esaminata nell'ambito della :prospettiva enunciata nel 
� provvedimento di rinvio, .e �quindi con riferimento alla condizibne dei lavoratori 
migranti �e dei :loro :liamiliari ed alla normativa dettata con il regolamento 
n. Hi12/68; e ci� in ader�enza alla richiesta rivolta dal giudice 
francese. 

H Governo italiano ritiene, peraltro, che ai fiini della decisione assuma 
rilievo una differente prospettiva fondata sul .generale principio di non 
discriminazione stabi:lito dall'art. 7 del trattato di Roma (secondo cui 

� � vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit� �); ed 
� .evidente che una vialutazione adottata nell'ambito di .tale differente prospettiva 
pu� risultare assorbente, e determinante, comunque, nel caso che 

PARTE I, SEZ. II, GIURiS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 835 

fatta dal padre prima del decesso, lo stesso deve accadere allorquando 
il padre deceduto sia stato un lavoratore migrante cittadino di un altro 
Stato membro. 

Sarebbe incompatibile �Con fa lettera e con lo spidto della normativa 
comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori, 
privare i superstiti di un tale vanitaggio a seguito del decesso del lavoratore, 
dal momento che il vantaggio stesso � riconosciuto ai superstiti 
d'un cittadino dello Stato di cui trattasi. 

si ritenesse di non poter Tinventre, nella norma �.speciale� dell'art. 7, 

n. 2, del regolamento n. 1612/68, elementi: dsolutivi nel senso soipra indicato. 
Il principio che vieta ogni disetriminazione basata sulla nazionalit� 
costituisce invero, come � sottolineato dalla sua stessa collocazione tra i 

� Principi � del trattato CEE, un principio-cardine dell'ordinamento comunitario, 
di cui non ,solo .g.U aTtt. 48-51, ma anche aJ.tre disposizioni del 
Trattato (dr., ad esempio, artt. 40, 44, 45, 6�7 .e 79) raa;ipresentano eS11i 
st�ssi esplicazione ed attuazione. 
ll 1;)Tincipio costituisce quindi, per la sua stessa particolaa.-e rilevanza, 
un criterio di intel'IPretazione della normativa comunitaTia (ad esso necessairiamente 
ispirata e condizionata) ed, al tempo stesso Wla direttiva per 
l'azione delle Istituzioni del.la Comunit�. 

Nell'art. 7 del Trattato, il divieto di discriminazione �assume una portata 
che trascende il valore meramente programmatico del.la norma, poich� 
indica -in assenza di una esplidta disciplina del Trattato in un dato 
settore ovvero in presenza di una disciplina posta in essere dagli organi 
della Comunit� e che contrasti con il divieto medesimo -quale debba 
essere l'applicazione esatta e la concreta attuazione della normativa costituzionale 
comunitaria� (VALENTI, La tute�la de.gli intere�sS!i neiie Comunit� 
europee, Wlano, 1963', pag. 130). 

La stessa Corte di giustizia, del Testo, ha gi� avuto occasione di statuire 
che J.a legislazione di ciascun :membro � �Si applica a ohiunque ;Si.a 
ad essa .soggetto, secondo criteri oggettivi ed indipendentemente daUa nazionalit� 
� (sent. 13 febbraio 1969, nella causa 14/68, WILHELM, Ra.cc., 1), e che 
si ha discriminazione, ai sensi dell'art. 7 del Trattato, quando si trattano 

� in modo diverso situazioni analoghe � (sent. 17 luglio 1963, nella causa 
13/63, Racc. 333, v. pag. 349; v. pure conclusioni dell'avv. gen. LAGRANGE, 
a pag. 380); ed � anche e soprattutto in base a questi assorbenti e risolutivi 
princ�pi, quindi, che deve escludersi la possibilit� di negare una 
riduzione ferroviaria, pur ricorrendone tutti i presupposti di fatto, solo in 
ragione della nazionalit� deUa parte interessata. 
2. -Le riduzioni ferroviaa.-ie delle famiglie numerose, inveTo, non 
attribuiscono ai beneficiari una posizione di �privilegio�, ma sono concesse, 
per evidenti motivi di ordine .sociale, solo in vista dell'elevato numero 
dei componenti di uno stesso nucleo familiare; e si risolvono, in 
effetti, nell'applicazione di una diversa � tariffa � (sia pur con prezzi unitari 
determinati secondo percentuali di dduzione della tariffa Oirdina.ria). 
Tutte le famiglie numerose �possono quindi usufruire di tale agevolata 
tariffa feriroviaTia; ed � innegabile che negarla alla parte attrice nella 



836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

All'uopo si devono porre in rilievo le disposizioni del regolamento 
n. 1251/70 della Commissione relativo al diritto dei lavoratori 
di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo avervi occupato 
un posto. 

Infatti,-l'art. 3, n. 1, di tale regolamento dispone che, i familiari 
di un lavoratore, con esso residenti nel territorio di uno Stato membro, 
hanno diritto di risiedervi a titolo permanente, qualora il lavoratore 
abbia acquisito il diritto di risiedere nel territorio di questo Stato, e 
ci� anche dopo fil suo decesso, mentre l'art. 7 �iprescrdve che �..i beneficiari 
del presente regolamento continuano a fruire del diritto alla 
parit� di trattamento previsto dal regolamento (C.E.E.) n. 1612/68 
del Consiglio�. 

causa di merito ('che � vedo'Va di un lavoratore migrante, residente in 

Franci1a, e .con quattro figli minori a carico) significherebbe violare il 

divieto di discriminazioni stabilito dall'art. 7 del trattato CEE: conclu


sone della cui validit� non sembra possa invero dubitarsi quando si con


sideri che non altro motivo � stato addotto a .giustifica del rifiuto (nella 

riconosciuta ricmren2la degli altri requisiti richiesti) se non quello relativo 

alla nazionalit� non francese della parte istante. . 

Per la decisione della causa� di merito, quindi, nessuna necessit� pu� 

ravvisarsi, ad avviso del Gove:rno italiano, di ricorrere alla speciale norma


tiva .contemplata in favore dei lavoratori migranti (iche non potrebbe del 

resto derogare, evidentemente, �al divi�eto di discriminazioni fondate sulla 

nazionalit�), propi'io perch� � all'indicato fine suf.ficiente, assorbente e 

risolutivo il fondamentale prindpio di non discriminazioni .stabilito dal~ 

l'art. 7 del tratato di Roma. 

3. -La validit� di tale impostazione � 'Confermata del .resto, per le 
utili argomnteazioni che se ne rpossono agevolmente desumere, dal riferimento 
ad 1ana~oghe ipotesi di riduzioni o agevolazioni concesse, nella iricorrenza 
di determinate condizioni, alla generalit� dei ci'ttadini di UJ;J.O Stato 
membro. 
Si abbia riguardo, ad esempio, alla tariffa ridotta da talune ammministriazioni 
~,plicata, per i mezzi pubblici di trasporto, fino ad una certa 
ora del mattino; alle tariffe �speciaH per abbonamenti; alle Tiduzioni concesse, 
in determinati giorni della ,settimana, per la visita di musei, monumenti 
ed edifici pubbUci; alle riduzioni concesse, in vista della qualifica 


o della et� degli utenti, nei locali di pubbUci spettacoli; et simHia. 
Si tratta 1sempr�e di 1potesi, evidentemente, nelle quali nessuna discriminazione 
potrebbe mai ammettersi (n� di fatto sussiste) tra cittadini 
nazionali e cittadini di un altro Stato membro; e sarebbe certamente assurdo, 
ad esempio, rila,sciare il biglietto ridotto discriminatamente, e passaporto 
alla mano, agli utenti che si avvalgono dei mezzi :pubblici di trasporto 
prima delle otto del mattino, od a quelli che intendono visitare un 
museo o assistere ad uno spettacolo. 


La rilevanza di tale esemplificazione non pu� negarsi, ,peraltro, quando 
si consideri che sotto il profilo giuridico, ed in particolare nell'ambito del 
diritto amministrativo, nessuna concettuale differenza � ipotiz2labile tra le 


~~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 837 

La questiorne sottoposta a questa Corte va quindi risolta come. 
segue: l'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68 va 
interpretata nel senso che i vantaggi sociali contemplati da tale disposizione 
comprendono ie tessere a riduzione sui prezzi di trasporto, 
rilasciate alle famiglie numerose da un ente ferroviario nazionale, e 
ci� anche se tale vantaggio sia stato richiesto soltanto dopo il decesso 
del lavoratore, a favore della sua famiglia residente nello stesso Stato 
membro. -(Omissis). 

riduzioni indicate e quelle di cui si discute nella causa di merito, tanto 
pi� che lo specifico � tesserino � rilasciato in favore delle famiglie numerose 
(analogo, del resto, a �quello relativo agli abbonamenti) non altera la 
portata del rapporto e costituisce soltanto la pr�eventiva documentazione 
della titolarit� del di!ritto di usufruire della tariffa ridotta; ed � quindi 
evidente che una condizione riferita al requisito della nazionalit�, per l'applicazione 
di una tariffa ridotta prev1sta, nella ricorrenza dei requisiti di 
fatto ricqiesti, in favore della generalit� dei cittadini, costituirebbe una 
inammissibile violazione del divieto di discriminazioni effettuate in base 
alla nazionalit�. 

4. -Diversamente, dovrebbe ammettersi una rpossibHe disparit� di trattamento 
per i cittadini degli altri Stati membri (iI'esidenti, e con diritto 
di iI'isiedere sul tenitorio di uno Stato membro) non solo per tutte le altre 
ipotesi sopra prospettate, ma per qualsiasi prestazione di servizi sociali e 
pubblici (ambulatori, servizi di pronto soccorso, mezzi pubblici in genere, 
ecc.), e per gli stessi prezzi al consumo dei pTodotti. 
Doviiebbe r'iconoscer,si, cio�, �l'ammissibilit�, per qualsiasi servizio o 
prestazione, di diffexenti tariffe per i cittadini nazionali e per quelli comunitari, 
ed in parti.colare l'applicabilit�, per i cittadini comunitari, di una 
tariffa nei txasporti diversa da quella applicabile, a parit� di condizioni, 
per i cittadini nazionali;.,ed � proprio l'assurdit� stessa di tali ipotesi, ovvia'
mente del tutto fuori della realt�, a far escludere a priori, ed indipendentemente 
dalla srpeciale normativa stabilita in favore dei lavoratori migranti, 
la possibilit� di negare per motivi di nazionalit� la Tiduzione ferroviaria 
riconosciuta in uno Stato membro alle famiglie numeil'ose. 

Sarebbe davvero singolare, del resto, consentire, per le persone, una 
discriminazione nelle tariffe dei trasporti espressamente vietata, per le 
merci, dall'art. 79, primo comma, del trattato di Roma. 

5. -Il Governo italiano pertanto, per la rilevanza assorbente della 
prospettiva fondata sull'art. 7 del Trattato, ed in particolare per il caso 
in cui non si ritenesse di poter pervenfo:1e alla ,sopra indicata soluzione 
sulla so1a base dell'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 
1968, n. 1612, propone che sia affermato in diritto che le riduzioni 
ferroviade eone.esse in uno Stato membro in favore delle famiglie numerose 
non possono essere negate per ragioni di cittadinanza, o pi� in 
generale 'che il cittadino �di uno Stato membro che !I'isieda sul teT!I'itorio 
di un altro Stato membro ha diritto di godere, ai sensi dell'art. 7 del 
trattato CEE, delle stesse condizioni ferroviarie concesse, a parit� di condizioni, 
ai cittadini nazionali. 
A.M. 
,-. . . --. -.. ~... ,. -. . -.-.,. . . . ..-........-.�..-..�.... .�.�.�.�..-.�.-.�.�.-. ,.,.....�. .-.......�..�.-..�..-... �����.�.�.�.�:�.�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EU~OPEE, 28 ottobre 1975, 
nella causa 36/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Mayras -Doma~ 
di pronunzia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo 
di Parigi nella causa Rutili (avv. Manville) c. Ministero dell'interno 
-Interv.: Governo francese, Governo italiano (ag. Maresca, 
avv. Stato Braguglia) e Commissione delle Comunit� europee 
(ag. S�ch�). 

Comunit� europee -Libera circolazione delle persone � Limitazioni giu


stificate da motivi di ordine pubblico -Divieto di soggiorno in de� 

terminate parti del territorio nazionale. 

(Trattato CEE, artt. 7 e 48, n. 3; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, numero 
64/221; direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360). 


L'espressione � ... fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di 
ordine pubblico... �, di cui all'art. 48 del Trattato CEE, non riguarda 
esclusivamente le leggi ed i regolamenti che ciascuno Stato membro 
ha deciso di adottare per limitare, nell'ambito del proprio territorio, 
la libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini degli altri Stati 
membri, ma riguarda anche i provvedimenti particolari adottati in 
forza di tali leggi o regolamenti (1). 

La legittimit� dei provvedimenti a tutela dell'ordine pubblico va 
valutata alla. luce dell'intera normativa comunitaria avente ad oggetto, 
in primo luogo, di limitare il potere discrezionale degli Stati membri 
in materia e, in secondo luogo, di garantire la difesa dei diritti dei 
singoli, nei cui cQnfronti vengano applicati provvedimenti restrittivi (2). 

(1-4) Nella sentenza in rassegna vengono anzitutto ribaditi princ1p1 
gi� affermati in precedenti decisioni a P!f"Orposito delle limitazioni, .giustifieate 
da motivi di ordine pubblieo, al principio della libera ckcolazione 
dei J:avoratOTi aH'int&no della Comunit� (cfr. CoiI'te di giustizia, 4 dicembre 
1974, nella causa 41/74 VAN DUYN, Racc., 1337 e Foro it., 1975, IV, 99; 
26 febbraio 1975, nella oausa 67/74 BoNSIGNORE, Racc., 297 e Foro it., 1975, 
IV, 141). In que,sto senso, deve ritenersi ormai pacifico che i provvedimenti 
d'mdine pubbUco o di sieurezza pubblica, di cui al n. 3 dell'art. 48 del 
'!1rattato, devono essere adottati in relazione al comportamento p&sonale 
dell'individuo -cos� come rprescriv�e l'art. 3 della direttiva del Consiglio 
25 febbraio 1964 n. 64/221 -e non possono quindi esere fondati su considerazioni 
di ordine generale o per finalit� di pre�venzione generale. 

La sentenza in rassegna, tuttavia, affronta anche altri aspetti del problema 
e perviene a soluzioni delle quali sembra inutile sottolineare l'importanza. 
, 

1in primo 1luogo, conformemente a quanto oss&vato sul punto dell'Avvocatura 
generale, la Corte ha statuito che i limiti imposti dal dkitto 
comunitario al potere discrezionale degli Stati membri in materia di ordine 
pubblico -ovviamente, nei riguardi dei cittadini tutelati dal Trattato non 
riguardano soltanto il potere legislativo o regolamentare degli Stati 

I ~ 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 839 

Siffatti limiti e garanzie risultano tra l'altro dall'obbligo imposto 
agli Stati membri di basare i loro provvedimenti esclusivamente sul 
comportamento individuale dei singoli destinatari, di astenersi da qualsiasi 
provvedimento, in materia, che venga utilizzato per fini che esulano 
dalle esigenze di ordine pubblico o che pregiudichino l'esercizio 
dei diritti sindacali, di comunicare immediatamente, a qualsiasi persona 
colpita da un provvedimento restrittivo -salvo il caso in cui vi ostino 
ragioni pertinenti alla sicurezza dello Stato -i motivi che sono alla 
base del provvedimento stesso, ed infine di garantire l'effettivo esercizio 
dei rimedi giuridici (3). 

In particolare, provvedimenti restrittivi del diritto di soggiorno, 
limitati ad una parte del ter:itorio nazionale, possono venir adottati, 
da uno Stato membro, nei confronti di cittadini di altri Stati membri 
cui pure si applica il Trattato, solo negli stessi casi e concorrendo i 
medesimi presupposti per l'applicazione di tali provvedimenti ai cittadini 
dello Stato di cui trattasi (4). 

(Omissis). -In diritto. -Con sentenza 16 dicembre 1974, pervenuta 
in cancelleria il 9 aprile 1975, il Tribunale Amministrativo di 
Parigi ha sot,toposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato 

membri, ma anche i singoli provvedimenti adottati in forza di quelle leggi 

o regolamenti. 
In particolare, posta l'immediata applicabilirt� de1le nmme delle direttive 
che, integrando il disposto dell'art. 48 del Trattato, precisano la 
riserva !l'elativa all'ordine pubblico, la Corte ha riconosciuto che i giudici 
nazionali, al cui .esame sia portato un provvedimento pMtkolare restrittivo 
della libert� di circolazione per ragioni di ordine pubblico, devono valutare 
la �legittimit� di tale :provvedimento anche alla luce della normativa 
comunitaria derivata, facendo prevalere, ove del caso, le norme del diritto 
comunitario suHe non conformi disposizioni del dirirtto interno. 

In secondo luogo la Corte, ampliando cos� .l'indagine svolta nelle precedenti 
sentenze sopra citate, ha portato il suo �esame �anche sugli aspetti 
procedurali, affermando che qualsi�si soggetto nei confronti del quale 
venga applicato un provvedimento restrittivo della libert� di circolazione, 
per motivi di ordine pubblico, deve godere di una duplice garanzia: deve 
aver .comunicata, all'atto stesso deHa notificazione del provvedimento, la 

�... motivazione circostanziata e completa del provvedimento... � stesso; 
deve aver assicurata l'attrtbuzione di un rimedio giuridico per potersi 
efficacemente difendere. 
Di �particolare rilievo appare, infine, l'ultima delle statuizioni rese 
dalla Corte, a .proposito dei divieti di sogigiorno parziali, limitati cio� a 
talune circoscrizioni territoriali. Nel �Corso del giudizio era stato osservato, 



840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CEE, due questioni vertenti sull'interpretazione della riserva relativa 
all'ordine pubblico di cui all'art. 48 del Trattato CEE, in considerazione 
dei provvedimenti ~dottati per l'attuazione di tale articolo, specie del 
regolamento n. 1612/68 e della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 


n. 68/360, relativa alla libera .circolazione dei lavoratori (Ga,zzetta 
Ufficiale L 257, pagg. 2 e 13). 
Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un'azione espe


dta da un cittadino italiano, residente nella Repubblica Francese, 

avverso un� provvedimento con cui veniva rilasciato all'interessato una 

carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE, ac,com-, 

pagnata dal dirvieto di soggiorno in determinati dipartimenti francesi. 
Risulta dal fascicolo del Tribunale Amministrativo e dalle discussioni 
avanti a questa Corte, che nel 1968 veniva ado<t,ato, nei confronti 
dell'attore nella causa principale, un provvedimento di espulsione, com. 
mutato poi in un provrvedimento di confino in un determinato dipar


timento. 

In data 23 ottobre 1970, tale provvedimento veniva. sostituito dal 

divieto di soggio:i:no in quattro dipartimenti, tra cui il dipartimento 

nel quale l'attore aveva residenza e dorve la sua famiglia continua a 

risiedere. 

Risulta altres� dal fascicolo di causa e dai dati forniti a questa 
Corte che le motivazioni dei provvedimenti adottati nei confronti 
dell'attore nella causa principale gli sono stati comunicati, in. termini 

anche da parte del Governo italiano, che dal punto di vista dell'art. 48, 

n. 3, del Trattato il divieto di soggiornare in talune circoscrizioni territoriaU 
di uno Stato membro, giustificato da ragioni di ordine pubblico, 
poteva essere imposto ai !avocatori comunitari rappresentando, tale divieto, 
un minus !I"ispetto al .pi� grave provvedimento di espulsione dallo Stato. 
La Corte ha -superato tale impostazione ritenendo che in forza della 
riserva di .cui all'art. 48, n. 3, i divieti di soggiorno 1possono riguardare 
soltanto l'intero territorio nazionale. 

Cio�, se mal non si comprende il pensiero della Corte sul punto, 
l'art. 48, n. 3, non riguarderebbe -ratione materiae -i divieti di soggiorno 
in determinate circoscrizioni territoriali. Questa fattispecie, invece, 
resterebbe regolata dal generale principio di non discriminazione di cui 
all'art. 7 del Trattato, tale da rendere ammissibili i divieti di soggi�rno 
territorialmente limitati negli stessi casi e concorrendo i medesimi pre~uppqsti 
in cui siffatti provvedimenti possono essere applicati ai cittadini dello 
Stato membro in questione. 

IVO M. BRAGUGLIA 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

generici, nel corso della causa intentata davanti al Tribunale Amministrativo, 
cio� in data posteriore a quella (16. dicembre 1970~ dell'asperimento 
dell'azione. 

Risulta dai dati forniti dal Ministero dell'Interno al Tribunale 
Amministrativo -dati, a dire il vero, contestati dall'attore nella causa 
principale -che si fa carico all'interessato di aver svolto negli anni 
1967-1968 attivit� politico-sindacali e che la sua presenza nei dipartimenti 
indicati nel provvedimento viene considerata per questo motivo 
�atta a turbare l'ordine pubblico�. 

Onde risolvere le questioni di diritto comunitario sollevate nell'ambito 
di tale controversia a proposito dei principi della libera circolazione 
e della parit� di trattamento dei lavoratori degli Stati membri, 
il Tribunale Amministrativo ha sottoposto alla Corte due questioni dirette 
a precisare la rilevanza della riserva relatirva all'ordine pubblico, 
di cui all'avt. � 48 del Trattato. 

Sulla prima questione. 

Con la prima questione si chiede se l'espressione � ... fatte salve 
le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico... � di cui all'articolo 
48 del Trattato, riguardi esclusivamente i regolamenti che ciascuno 
Stato membro ha deciso di adottare per pinitare, nell'ambito 
del proprio territorio, la libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini 
degli altri Stati membri ovvero essa riguardi anche i provvedimenti 
particolari adottati in forza di tali regolamenti. 

A termini dell'art. 48, n. 'l, la libera circolazione dei lavoratori 
viene garantita nell'ambito della Comunit�. 

A terinini del n. 2 dello stesso ar.ticolo, essa implica l'abolizione 
di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalit�, per quanto riguarda 
l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. 

A termini del n. 3, essa comport� il diritto, per i lavoratori, di 
spostami Uberamente nell'orbita territoriale deg1i Stati membri, di 
prenaervi dimora al fine di. svolgervi un'attivit� lavorativa e di continuare 
a risiedervi al termine di quest'ultima. 

Infine, a terinini d.ell'art. 7 del Trattato, fatte salve. le disposizioni 
particolari dello stesso, � vietata, in generale, nel campo di applicazione 
del Trattato, qualsiasi discriminazione in base 'alla nazionalit�. 

Cionondimeno, a termini dell'art. 48, n. 3, la libera circolazione 
dei lavoratori, specie la loro libert� di spostarsi nell'orbita territoriale 
degli Stati membri, pu� venir limitata per motivi d'ordine pubblico, 
di sicurezza pubblica e sanit� pubblica. 


842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Diversi provvedimenti d'attuazione sono stati adottati onde applicare 
le summenzionate disposizioni, in particolare il regolamento numero 
1612/68 e la diretti:ya del Consiglio n. 68/360, relativa alla libera 
circolazione dei lavoratori. 

La riserva relativa all'ordine pubblico � stata precisata dalla diretti-
va del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221, per il coordinamento 
dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento ed il soggiorno 
degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, sicurezza pubblica 
e di sanit� pubblica (Gazzetta Ufficiale 1964, pag. 8'50). 

Tutte queste disposizioni, senza eccezioni, producono l'effetto d'imporre 
vincoli agli Stati membri e spetta quindi ai giudici, n~ll'ipotesi 
in cui leggi o regolamenti adottati da uno Stato membro onde limitare, 
nell'ambito del proprio territorio, la libera circolazione ed il soggiorno 
dei cittadini di altri Stati membri, si rivelino non conformi ad uno 
di tali vincoli, di far prevalere, sulle disposizioni di diritto interno, 
le norme _del diritto comunitario, che possono venir fatte valere in 
giudizio. 

Qualora le disposizioni del Trattato e del diritto derivato siano 

intese a disciplinare la situazione dei singoli ed a garantire la loro 

tutela, spetta ancora ai giudici nazionali esaminare la conformit� dei 

provvedimenti particolari alle afferentf disposizioni del diritto comu


nitario. 

Rientrano in una siffatta ipotesi non soltanto le norme in materia 

di parit� di trattamento e di libera circolazione sancite dagli artt. 7 

e 48 del Trattato, e dal regolamento n. 1612/68, ma anche le disposi


zioni della direttiva n. 64/221 dirette tanto a definire la portata della 

riserva relativa all'ordine pubblico, quanto ad assicurare determinate. 

garanzie minime di natura procedurale alle persone colpite da prov


vedimenti restrittivi della loro libe:r>t� di circolazione e del loro diritto 

di soggiorno. 

Tale conclusione si desume tanto dall'osservanza dovuta ai diritti 

dei cittadini degli Stati membri, conferiti direttamente dal Trattato e 

dal regolamento n. 1612/68, quanto dall'art. 3 della direttiva n. 64/221, 

a norma del quale i provvedimenti d'ordine pubblic� o di sicurezza 

pubblica �devono essere adottati in relazione al comport�mento per


sonale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati :i>. 

Questo modo di vedere s'impone� tanto pi� che le leggi interne 

relative alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica riser


vano generalmente, alle autorit� nazionali, una discrezionalit� che ri


schierebbe di essere sottratta a qu�lsiasi sindacato giurisdizionale nel


l'ipotesi in cui il giudice non potesse estendere il suo controllo ai 

provvedimenti particolari adottati nell'ambito della riserva formulata 

dall'art. 48, n. 3, del Trattato. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 843 

La questione sottoposta a questa Corte va quindi risolta nel senso 
che l'espressione � fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d'ordine 
pubblico ... �, di cui all'art. 48 del Trattato CEE, riguarda non 
soltanto le leggi ed i regolamenti che ciascuno Stato membro della 
CEE ha deciso di adottare per limi<tare, nell'ambito del proprio territorio, 
la libera circolaziont ed il soggiorno dei cittadini degli altri 
Stati membri, ma anche i provvedimenti particolari adottati in forza 
di tali leggi o regolamenti. 

Sulla seconda questione. 

Con la seconda questione, si chiede quale sia il senso preciso da 
attribuirsi al termine �giustificate� nell'espressione � ... fatte salve 
le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico ... �, di cui all'articolo 
48, n. 3, del Trattato CEE. 

L'espressione �limitazioni giustificate� contenuta in detto articolo 
sta a significare che sono ammissibili, per �quanto riguarda particolarmente 
il diritto di spostarsi liberamente e di soggiorno dei cittadini 
degli Stati membri, solo le limitazioni conformi alle esigenze del diritto, 
ivi c�mpreso il diritto comunitario. 

All'uopo, vanno prese in considerazione in primo luogo, le norme 

di diritto sostanziale e, in secondo luogo, le norme formali e proce


durali che condizionano l'esercizio, da parte degli Stati membri, dei 

poteri fatti salvi dall'art. 48, n. 3, in materia d'ordine pubblico e di 

sicurezza pubblica. 

Si devono inoltre esaminare i problemi specifici sollevati, rispetto 

al diritto comunitario, dalla natura .del provvedimento sottoposto al 

Tribunale Amministrativo per il fatto che esso consiste in un divieto 

di soggiorno limitato ad una parte del territorio nazionale. 

Sulla giustificazione dei provvedimenti d'ordine pubblico sotto il profilo 
del diritto sostanziale. 

In forza della riserva di cui all'art. 48, n. 3, gli .Stati membri r.estano 

sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro neces


sit� nazionali, le esigenze dell'ordine pubblico. 

Tale nozione, tuttavia, nel contesto comunitario e, in ispecie, in 
quanto autorizza una deroga ai principi fondamentali della parit� di 
trattamento e della libera circolazione dei lavoratori, va intesa in senso 
-restrittivo, di guisa che la sua portata non pu� essere determinata unilateralmente 
da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istitu


zioni comunitarie. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

844 

Quindi, i diritti dei cittadini degli Stati membri di entrare nel 
territorio di un altro Stato membro, di soggiornarvi e di spostarsi 
nelJ.'ambito di esso, !POSSono venk limitati solo nell"ipotesi . in cui la 
loro presenza od il loro compod;amento costituisca una minaccia effettiva 
ed abbastanza grave per l'ordine pubibJ.ko. 

All'uopo, l'art. 3 della direttiva n. 64/221 impone agli Stati membri 
l'obbligo di applicare tale criterio alla situazione individuale di 
qualsiasi persona tutelata dal diritto .comunitario, astenendosi da valutazioni 
complessive. 

Inoltre, l'art. 2 della stessa direttiva dispone che i motivi d'ordine 
publico non possono venir distolti dalla funzione loro propria, cio� 
<invocati per fini economici�. 

L'art. 8 del regolamento n. 1612/68, che garantisce la parit� di 
trattamento in materia d'iscrizione alle organizzazioni sindacali e di 
esercizio dei diritti sindacali, rende manifesto che la riserva relativa 
all'ordine ipubb!Liico non pu� venir invocata nemmeno per motivi attinenti 
all'esercizio di tali diritti. 

Considerate nel loro complesso, tali restrizioni dei poteri degli 
Stati membri in materia di polizia relativa agli stranieri appaiono come 
la manifestazione specifica di un principio pi� generale sancito dagli 
artt. 8, 9, 10 e 11 della convenzone per la salvaguardia dei diritti dell'uomo 
e delle libert� fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 
e ratificata da tutti gli Stati membri, e dall'art. 2 del protocollo n. 4 
della stessa convenzione, firmata a Strasburgo il 16 settembre 1963, 
i quali stabhliscono, in termini identici, che le restrizioni apportate, 
in nome delle esigenze di ordine publico e di sicurezza pubblica, ai 
diritti tutelati dagli articoli test� citati non possono andare oltre c10 
che � necessario per il soddtsfacimento di tali esigenze �in una societ� 
democratica�. 

Sulla giustificazione dei provvedimenti d'ordine pubblico sotto il profilo 
procedurale. 

A termini del 3� considerando del suo preambolo, la direttiva numero 
64/221 persegue, tra l'altro, l'obiettivo di �offrire in ogni Stato 
membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di ricorso 
avverso gli atti amministrativi � nel settore dei provvedimenti basati 
sulla tutela dell'ordine pubblico. 

A termini dell'art. 8 della stessa direttiva, l'interessato deve poter 
esperire, avverso i provvedimenti adottati nei suoi confronti �i ricorsi 
consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi�. 

In mancanza, l'interessato deve avere, almeno, a termini dell'art. 9, 
la possibilit� di far valere le proprie ragioni davanti ad un'autorit� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

competente, diversa da quella che ha adottato il provvedimento restrittivo 
della sua libert�. 

Inoltre, l'art. 6 della direttiva dispone che i motivi sui quali si basa 
un provvedimento che lo riguarda vanno resi noti all'interessato, salvo 
il .caso che vi ostino ragioni inerenti alla sicurezza dello Stato. 

Risulta da tali disposizioni che Qualsiasi persona tutelata dalle 
summenzionate disposizioni deve godere di una duplice garanzia, che 
consiste nella comunicazione della motivazione di ogni provvedimento 
restrittirvo adottato nei suoi confronti e nella attribuzione di l:ln rimedio 
giuridico. 

Va precisato che gli Stati membri devono adottare ogni opportuno 
provvedimento onde garantire, a qualsiasi persona colpita da un provvedimento 
restrittivo, di poter effettivamente fruire di questa duplice 
tutela. 

Tale esigenza implica fra l'altro, a carico dello Stato interessato, 
la comunicazione al destinatario, all'atto stesso della notifica del provvedimento 
restrittivo adottato nei suoi confronti, della motivazione 
circostanziata e completa del provvedimento, onde porlo nella condizione 
di potersi efficacemente difendere. 

Sulla giustificazione, in particolare, dei divieti di soggiorno limitati ad 
una parte del territorio nazionale. 

Le questioni sottoposte dal Tribunale Amministrativo sono state 
sollevate a proposito di un provvedimento relativo al divieto di soggiorno 
in una parte soltanto del territorio nazionale. 

In risposta ad una domanda fattagli dalla Corte, il Governo della 
Repubblica Francese ha precisato che tali provvedimenti possono venir 
adottati nei confronti dei cittadini francesi vuoi quali pene accessorie, 
nel caso di determinate condanne penali, vuoi in caso di dichiarazione 
dello stato di emergenza. 

Viceversa, le disposizioni che consentono di vietare a cittadini stranieri 
di soggiornare in determinate circoscrizioni territoriali trovano 
:fondamento in testi di legge od in regolam�nti ad hoc. 

In proposito, il Governo della Repubblica Francese richiama l'attenzi.
one sull'art. 4 della direttiva del Consiglio. 25 febbraio 1964, numero 
64/220, per la soppressione delle restrizioni al trasferimento ed 
al soggiorno dei cittadini degli Stati membri nell'ambito della Comunit� 
in materia di stabilimento e di prestazioni di servizi (G. U. 1964, pagina 
845) a termini del quale �il diritto al soggiorno si estende a tutto 
il territorio� dello Stato membro, salvo misure individuali giustificate 
da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza�. 


846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Risulta che tale disposizione � propria della direttiva di cui trattasi, 
applicabile soltanto in materia di stabilimento e di prestazione 
di servizi, e che essa non � stata riprodotta nelle direttive relative 
alla libera circolazione dei lavoratori -in particolare nella direttiva 

n. 68/360, attualmente in vigore -n� del resto nella direttiva del 
Consiglio 21 maggio 1973, n. 73/148, in materia di stabilimento e di 
iprestazione di servizi (G. U. L 172, pag. 14), che � stata frattanto 
sostituita dalla direttiva n. 64/220. 
Secondo il parere della Commissione, parere espresso nel corso 
della fase orale, la mancanza di tale clausola nelle direttive attualmente 
in vigore, rtanto per i lavoratori subordinati quanto per il settore 
dello stabilimento e delle prestazioni dei servim, non significa 
tuttavia che gli Stati membri siano stati completamente privati della 
facolt� di applicare agli stranieri, cittadini di altri Stati membri, dirvieti 
di �soggiorno limitati ad uqa parte del territorio. 

Il diritto d'ingresso nel territorio deg,li Stati: membri, nonch� il 
diritto di soggiornarvi e di 1spoisitarv:isi liberamente, � definito dal Trattato 
con riferimento all'intero territorio di tali Stati e non con riferiment.
o alle sue suddivisioni interne. 

La riserva di cui all'art. 48, n. 3, in merito alla tutela dell'ordine 
pubblico ha la stessa portata dei diritti al cui esercizio essa consente 
di appor.tare limitazioni. 

Ne corisegue che, in forza della riserva contenuta ad hoc nell'articolo 
48, n. 3, i divieti di soggiorno possono riguardare solo l'intero 
territorio nazionale. 

Per quanto riguarda, viceversa, i divieti di soggiorno parziali, 
limitati a talune circoscrizioni territoriali, i singoli tutelati dal diritto 
comunitario devono, in forza dell'art. 7 del Trattato e nel settore di 
applicazione di tale disposizione, venir posti su un piede di parit� 
coi cittadini dello Stato membro di cui trattasi.. 

Ne consegue che uno Stato membro pu� applicare, al cittadino di 
un altro Stato membro �cui pure si applicano le dtsposizfoni del Trat_
tato, divieti di soggiorno territorialmente limitati solo nel caso in cui 
tali divieti. possono rvenir applicati ai propri cittadini. 

La seconda questione va quindi risolta nel senso che la legittimit� 

dei provvedimenti destinati alla tutela dell'ordine pubblico va valutata 

alla luce dell'intera normativa comunitaria avente ad oggetto, in primo 

luogo, di limitare il potere discrezionale degli Stati membri in materia 

ed, in secondo luogo, di garantire la difesa dei diritti dei singoli nei 

cui confronti vengono applicati i provvedimenti restrittivi. 

Tali limiti e garanzie risultano fra l'altro dall'obbligo, imposto agli 
Stati membri, di basare i loro provvedimenti esclusivamente sul com



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN~ERNAZIONALE 

portamento individ,uale dei singoli destinatari, di astenersi da qualsiasi 
provvedimento, in materia, che venga utilizzato per fini che esulano 
dalle esigenze d'ordine pubblico o pregiudichino l'esercizio dei diritti 
sindacali, di comunicare immediatamente, a qualsiasi persona colpita 
da un provvedimento restrittivo -salvo il caso in cui vi ostino ragioni 
pertinenti alla sicurezza dello Stato i motivi che sono alla base 
del provvedimento stesso, ed infine di garantire l'esercizio effettivo 
dei rimedi giuridici. 

In particolare, provvedimenti restrittivi del diritto di soggiorno, 
limitati ad una parte del territorio n�zionale, possono venir adottati 
da uno Stato membro, nei confronti dei cittadini di altri Stati membri 
cui pure si applica il Trattato, solo negli stessi casi e concorrendo i 
medesimi presupposti per l'applicazione di tali provvedimenti ai cittadini 
dello Stato di cui trattasi. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1811 -Pres. 
Boccia -Rel. Bacconi -P. M. Gentile (concl. diff.) -Gestione Case 
per Lavoratori (avv. Stato Saltini) c. Belardinelli Ademio (avv.ti 
Parrelli e Buglione) nonch� c. Marcenaro Angelo ed altri (n.c.). 
Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Assegna
�zione provvisoria -Domanda dell'assegnatario per l'adempimento degli 
obblighi dell'Ente -Poteri dell'A.G.O. -Sentenza di condanna dell'Ente 
ad un � facere � -Limiti. 
(artt. 37, 41, c.p.c.; l. 20 marzo 1865, all. E, artt. 2, 3, 4). 
Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed. economica -Gescal -
Soppressione -Effetti processuali. 
(artt. 27, 30, e.e.; artt. 299, 300, 301, c.p.c.; d.P.R. .30 dicembre 1972, n. 1036; 
1. 19 gennaio 1974, n. 9, art. 1). 
In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, il negozio 
bilaterale che, accedendo all'atto amministrativo con cui l'ente pubblico 
adotta il provvedimento di concessione, trasferisce all'assegnatario il 
godimento del bene e ne disciplina il regime -sia o meno preordinato 
al riscatto della propriet� -, configura un rapporto privatistico. 
costitutivo di reciproci diritti ed obblighi delle parti, analoghi a queHi 
derivanti dal contratto di locazione: pertanto la p1�etesa dell'assegnatario 
che tenda alla conservazione di quel godimento ed all'adempimento 
degli obblighi contrattualt da part.e dell'ente assegnante rientra 
nella competenza giurisdizionale dell' A.G.O., la quale pu� emettere anche 
pronuncie di condanna cid un � facere � della pubblica amministrazione, 
salvo che questa dimostri che il proprio comportamento omissivo 
si riconduca ad un provvedimento amministrativo, anche implicito, volto 
a realizzare una pubblica finalit� ed incompatibile con la conservazione 
delle uti.lit� contrattualmente assicurate all'assegnatario (l)'. 
(1) La prima massima � espressione di un orientamento giurisprudenziale 
che, come altra volta si � rilevato, non pu� essere condiviso (v. in 
particolare Cass. Sez. un. 9 novembre 1974, n. 3486, GESCAL, c. Carmelo 
Ardito, in questa Rassegna 1975, I, 3, 90). 
; 
' :�� 
(*) Alla redazione delle massime e 
collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. 
delle note di questa sezione ha 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 849 

La soppressione della Gestione case per Lavoratori (GES.C.A.L.) 
disposta Legislativamente, ha determinato non La fine, ma il passaggio 
dell'Ente in una fase di Liquidazione, La cui cura � stata affidata al 
Ministero dei Lavori Pubblici; tale soppressione, pertanto, al pari della 
messa in Liquidazione di una persona giuridica (privata o pubbli~a), 
non comporta L'estinzione del soggetto in pendenza deHa Liquidazione, 
e non produce effetti interruttivi sul processo (2). 

(Omissis). -deducono in rito i controricorrenti: a) la intervenuta 
estinzione del processo di cassazione ai sensi degli artt. 300, 302, 305 cpc. 
perch�, essendo intervenuta (con d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036) la soppressione 
della ricorrente GES.CA.L. con effetto del 31 dicembre 1973 e, 
quindi, la interruzione del processo a far tempo da tale data ope Legis, il 
medesimo non sarebbe stato tempestivamente proseguito o riassunto dal 
soggetto, o nei confronti del soggetto, succeduto alla GES.CA.L.); b) la 
inammissibilit� della istanza di regolamento di giurisdizione, essendo intervenuto, 
attraverso la pronuncia del provvedimento ai sensi dell'art. 
700 c.p.c., un atto equivalente a decisione del merito della questione dedotta 
con il relativo ricorso (art. 41 cpc.); c) la � improponibilit� � del ricorso, 
costituente rinnovazione di altro precedente, a sua volta improcedibile 
per mancato deposito (art. 369 cpc.); d) la inammissibilit� 
del ricorso, perch�, rispetto ad esso, non sarebbe efficace la imputazione 
del deposito per il caso di soccombenza, effettuato per il primo 
ricorso, riguardante la medesima istanza di regolamento preventivo di 
giurisdizione (art. 364 cpc.). 

Tali �eccezioni mancano di fondamento, e a dimostrarlo valgano le 
considerazioni che seguono. 
Quanto alla eccezione sub a): � costante giurisprudenza di questo 

S.C. che gli aventi considerati dalle disposizioni di cui agli artt. 299-301 
cpc., se verificatesi (come nella specie sarebbe se ad uno di essi potesse 
equipararsi la soppressione della GES.CA.L. disposta con l'art. 13/1 del 
d.P.R. 1972/1036 ed avente effetto dal 31 dicembre 1973), non esplicano 
alcuna rilevanza in tale giudizio (nella specie, proposto con atto depositato 
il 2 luglio 1973). Giudizio, in rapporto, al quale, perch� dominato 
dall'impulso di ufficio, non opera perci� l'istituto della interruzione, 
disciplinato dagli artt. 299-305 cpc. (cfr. 30 giugno 1968 n. 297). 
Al quale, di per s�, decisivo argomento, non � vano aggiungere 
l'altro, pur esso fondato sugli orientamenti della giurisprudenza di 

(2) Particolarmente interessante � la seconda affermazione, di cui non 
constano precedenti, la quale correttamente identifica la natura giuridica 
della soppressione della GESCAL (d.P.R. n. 1036 del 1972) con il passaggio 
dell'Ente ad una fase di liquidazione affidata al Ministero dei Lavori Pubblici 
(I. n. 9 del 1974). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

850 

questa S.C., il quale sorge dal principio per cui la soppressione della 
persona giuridica (anche se) pubblica non vale in ogni caso a segnarne 
la fine, ma serve solamente a determinare il passaggio ad una fase 
particolare nella quale devesi provvedere (e questo �, di norma, il suo 
li:rrJ.ite funzionale e temporale) alla definizione dei rapporti giuridici 
pendenti, come appunto, quanto alla specie, espressamente previsto 
dall'art. 1 lett. a della 1. 19 gennaio 1974 n. 9.". Articolo, questo, che 
-scindendo il momento della liquidazione della GES.CA.;L., identi?cando 
l'organo di questa liquidazione del Ministero dei LL.PP. ed estendendolo 
fino a comprendervi anche il completamento dei programmi 
costruttivi in �corso (lett. b, p.p.) dal momento della successione nel 
munus ad altri e diversi soggetti di edilizia economica e popolare 

(d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1036) -dimostra chiaramente la non 
coincidenza sostanziale e formale tra la soppressione-liquidazione di 
detto ente e la sua fine. Gli artt. 27, 30 cc. i quali costituiscono norme 
applicabili, ove non sussista una compiuta specifica normativa, anche 
alle persone giuridiche pubbliche, dimostrano del resto che tale criterio 
di non coincidenza ha carat.tere generale, s� che questa S.C. ha potuto 
altre volte affermare che la liquidazione non comporta, per l'ente pubblico, 
la perdita (di per s� e necessariamente) delle posizioni soggettive, 
ma vale piuttosto a ridurne l'attivit� al potere di far valere i 
propri diritti, di adempiere alle proprie obbligazioni e di ripartire le 
differenze attive fra gli aventi diritto o di trasferirle all'eventuale success~
re secondo legge ,(cfr. Cass. 1960/25 giugno 1959/41). Concludendo, 
in nessun caso sarebbe possibile, nella fase di pendenza della liquidazione 
della GES.CA.L., individuare in essa il determinarsi di un evento 
equivalente ad uno di quelli indicati all'art. 300 cpc. 
Quanto alla eccezione sub_ b): � del pari costante giurisprudenza 
di questa S.C. che il regolamento preventivo di giurisdizione pu� essere 
proposto tanto prima che dopo la emissione del provvedimento di urgenza 
ai sensi dell'art. 700 cpc. (cfr. S.U. 1967 /2086, 1966/1804). 

Quanto alla eccezione sub c) : basti ribadire che, per il regolamento 
preventivo di giurisdizione, il quale non ha carattere di mezzo 
di impugnazione in quanto � diretto a risolvere in via preliminare e 
definitiva la questione di giurisdizione, non vale il principio di cui 
all'art. 387 cpc., secondo cui il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile 
non pu� essere riproposto, anche se non scaduto il relativo 
termine (cfr. S.U. 1973/312, 1970/1654). E questo, senza dire che nella 
specie una tale dichiarazione non risulta essere intervenuta nei confronti 
del ricorso 10 aprile 1973, con la eguale conseguenza perci� 
della infondatezza della eccezione, in base al principio che, ai fini del 
verificarsi della inammissibilit� del ricorso successivo, reputa necessaria 
l'avvenuta dichiarazione della inammissibilit� o improcedibilit� del ri




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 851 

corso anteriore (cfr. Cass. 1964/2034). Quanto alla eccezione sub d): � 
da considerare ormai improponibile ogni questione al riguardo, dato 
che il deposito per il caso di soccombenza � da ritenere non dovuto, 
una volta preso atto che 1'Amministrazione statale liquidatrice si � sostitutivamente 
costituita nel giudizio instaurato con la istanza proposta 
dalla GES.CA.L. (art. 364, n. 2 cc.). 

Con l'unico motivo del ricorso, al cui esame devesi ora attendere, 
detto ente deduce (e l'Amministrazione liquidatrice sostiene) che il Pretore, 
avendolo condannato con ii' contestato provvedimento ad un facere, 
ha direttamente vio�ato il divieto di cui all'art. 4 1. 203/1865 n. 2248 
All. E. 

Tale doglianza non ha fondamento. 

Acquisito il pacifico presupposto che il rapporto, in virt� del quale 
i privati godono (nel presente caso e allo stato del processo) degli 
alloggi di cui si fratta, come rapporto di � assegnazione in locazione � 

(L. 14 febbraio 1963, n. 60), l'esame del riferito motivo non pu� prendere 
avvio che dalla individuazione della consistenza che -nell'ambito 
di tale rapporto ed ai fini della sua .attuazione -assume la situazione 
soggettiva dell'assegnatario-conduttore, giacch� la individuazione dei 
correlativi limiti di tutela ne dipende direttamente. 
Intanto, sembra appena il caso di aggiungere che, ai fini di questa 
indagine, punto rileva se siffatto rapporto inter partes (�assegnazione 
in locazione �) risulti nella specie preordinato, oppur no, al riscatto e, 
in questo secondo caso, se all'acquisto immediato della propriet� ovvero 
all'acquisto differito della medesima attraverso un patto di futura vendita, 
secondo la plurima alternativa consentita dagli artt. 3, comma I, 
II e 4 cit. legge 1963/60, volta che questa ulteriore� puntualizzazione 
lascerebbe pur sempre inalterata, nei sensi gi� precisati, l'assetto giuridico 
del rapporto medesimo, in quanto punto di riferimento esclusivo 
della valutazione della insorta questione di giurisdizione, temporaneo 

o definitivo che possa essere in funzion�e della scelta, da ciascuno degli 
interessati effettuata o effettuanda, in relazione alla alternativa di cui 
si � detto. 
Resta, cos�, in ogni caso incontestabile che detto rapporto si pone 
-in principio -al di fuori, ed esattamente oltre, quei momenti tipicamente 
discrezionali dell'attivit� dell'ente, che attengono (tra l'altro), 
ora alla realizzazione degli alloggi economici e popolari ed ora alla 
attuazione delle scelte e delle conseguenti assegnazioni individuali, con 
riferimento ai quali momenti non � concepibile l'originarsi di diritti 
soggettivi in favore degli interessati alla loro attuazione. 

Epper�, _diritti soggettivi nascono dal negozio bilaterale, che accede 
all'atto amministrativo di assegnazione, presupponendolo e assumendone, 
nell'ambito di una genetica e f�nzionale dipendenza, l'oggetto in 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quella sua stessa consistenza materiale e in quella sua stessa attitudine 
al normale godimento che la P.A., avvalendosi della propria discrezionalit�, 
ha� preventivamente deliberato di conferirgli e ad esso positivamente 
mantiene. Di vero, in materia di assegnazione di alloggi economici 
e popolari, all'atto; con cui l'ente pubblico adotta il provvedimento 
appunto di assegnazione, pu� accedeve, e normalmente accede, ancor 
prima dell'eventuale trasferimento della propriet� ('ma indipendentemente 
da questo), un negozio bilaterale che trasferisce intanto al privato 
il godimento del bene e ne disciplina il regime attuando un rapporto 
d�l quale sorgono diritti ed obblighi reciproci, la estensione dei 
quali, peraltro, resta sempre condizionata dall'ambito di questo godimento; 
cosi che detto negozio non presenta contenuti diversi da quelli 
propri della locazione, alla quale infatti resta assimilabile (cfr. S.U. 
7 maggio 1974 n. 1262). 

Nel riaffermare tale principio, le S.U. hanno avuto modo di puntualizzare 
le necessarie implicazioni sul piano degli aspetti negativi, 
secondo un concett�, lo sviluppo logico e giuridico del quale, sul piano 
degli aspetti positivi, ora si impone in rapporto alla fattispecie in esame. 

Hanno, dunque, in sostanza ritenuto le S.U. che su quel negozio 
bilaterale, assimilabile alla locazione, non possono fondarsi pretese 
estranee al suo oggetto ed esorbitanti dai suoi limiti, per cui il titolare 
del godimento non pu� naturalmente vantare -sulla base del negozio 
medesimo, -alcun diritto a pretendere prestazioni che ne esulano. 

Ci� posto, � qui da soggiungere che, ove si determini che la pretesa 
del privato attenga invece alla conservazione effettiva e completa 
del godimento assicuratogli da quel negozio interpretativo nel suo contenuto 
essenziale e nel momento attuativo della sua causa giuridica, 
ove cio� si determini (come nella specie) l'immanenza di un tecnico 
inadempimento contrattuale della Amministrazione, la reazione protettiva 
dell'ordinamento, se sollecitata dall'avente diritto, soccorre in modo 
p�.eno e, sempre .Permanendo il presupposto atto di assegnazione, legittima 
l'intervento degli organi di giurisdizione ordinaria con le pronunce' 
che (impregiudicato, poi, l'eventuale problema della loro esecuzione, 
per gli specifici limiti che essa incontra, secondo i principi) possono, 
volta a volta, attuarle in' relazione alla lesione denunciata, non escluso, 
quindi, la condanna ad un facere (od a un non facere) dell'amministrazione 
inadempiente. 

Ma poich� la possibilit� di riconoscere la operativit� dei limiti della 
giurisdizione del G.0., allorch� venga a tale giudice chiesta la pronuncia 
della condanna ad un facere od a un non facere nei confronti della 
P.A., pu� anche dipendere dalla qualificazione publicistica dell'opposto 

o diverso comportamento materiale della medesima, occorre stabilire 
inoltre se, in relazione a siffatto comportamento (nella specie, omissivo), 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8u3 

non si profili l'esistenza di una manifestazione implicita di volont� amministrativa, 
diretta a produrre un effetto giuridico nell'ambito della 
discrezionale valutazio.e dell'interesse pubblico; ovvero non si profili 
una diretta connessione eziologica del ripetuto comportamento con specifici 
atti amministrativi, vuoi attraverso un c�llegamento esecutivo, 
vuoi altrimenti attraverso un collegamento di preparazione (cfr. S.U. 
7 luglio 1974, n. 2007). Nella quale prima ipotesi, i poteri di cognizione 
del G.O. dovrebbero ritenersi esclusi sulla base dell'art. 3, in relazione 
all'art. 2, della 1. 20 marzo 1865 ali. E, per la inconfigurabilit�, in tal 
caso, di situazioni di diritto soggettivo; e nella quale seconda duplice 
ipotesi, quegli stessi poteri dovrebbero ritenersi limitati sulla base dell'art. 
4 della stessa legge, l'accoglimento della domanda importando, 
in questo diverso caso, la rimozione parziale o integrale di un provvedimento, 
eventualmente anch'esso implicito, e, almeno idealmente, successivo 
alla dedotta lesione, realizzante una pubblica finalit� oggettivamente 
incompatibile con la conservazione della utilit�, o di tutte le 
utilit�, assicurate dal contratto (cfr. S.U. 23 novembre 1973, n. 3167). 

Senonch�, tanto l'una che l'altra delle formulate ipotesi sono da 
ritenere entrambe estranee alla fattispecie, avendo l'Amministrazione 
convenuta, non solo mancato di dimostrare l'esistenza concreta di una 
pubblica finalit� nel (denunciato) suo comportamento omissivo, ma bens� 
mancato ancj:J.e di dedurlo, se non sull'unico ed insufficiente presupposto 
della propria soggettivit� _di ente pubblico non economico. 

Vero, infatti, che l'esistenza di una siffatta qualificazione pu� anche 
risultare, secondo i casi, in re ipsa; ma quando, come nella specie, ci� 
non sia (n�, del resto, sarebbe agevole ipotizzare una tale significanza 
in un comportamento meramente omissivo), la prova di questa eventuale 
connotazione causale del proprio agire deve essere fornita dalla 
stessa P.A., la quale, convenuta in giudizio, invochi il divieto di ingerenza 
del G.O. (cfr. S.U. 9 novembre 1974, n. 3486). 

In conclusione, una volta determinato che la lamentata lesione si 
riferisce al godimento (di un bene) assicurato al privato in forza di 
una valida ed efficace paritetica convenzione, una volta altres� determinato 
che sul rapporto da essa nascente non � venuto ad incidere, 
preventivamente o successivamente al verificarsi della lesione medesima, 
un qualsiasi atto amministrativo (ancorch� implicito), il comportamento 
omissivo dell'ente, dagli attori lamentato, non pu� qualificarsi espressione 
di una pubblica funzione, per cui esso rimane. soggetto, anche in 
relazione alla domanda di condanna ad un facere (od a un non facere), 
alla giurisdizione del G.O. 

L'istanza va, dunque, respinta, dichiarandosi la giurisdizione del 

G.O. 

854 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il relativo deposito va restituito, perch�, attesa la ragione gi� detta, 
non dovuto. 

Si ravvisano giusti motivi per dichiarare integralmente compensate 
fra le parti le spese del presente giudizio di regolamento della giurisdizione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1822 -Pres. 
Boccia -Rel. Bile -P. M. Di Majo (conci. conf.) -Ministeri Pubblica 
Istruzione e Tesoro (avv. Stato Siconolfi) c. Pellegrinelli (avv,ti 
Castellani e Frasca) nonch� c. Betta (avv.ti Allegri, Zilioli). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Bellezze 
naturali -Sanzioni amministrative -Ingiunzione: contestazione 
sulla legittimazione passiva dell'ingiunto -Giurisdizione del1'
A.G.O. 

(1. 29 giugno 1939, n. 1497, artt. 1, 7, 15). 
Rientra nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. conoscere, 
-in sede �i opposizione ad ingiunzione di pagamento di una sanzione 
irrogata dalla pubblica Amministrazione per la violazione delle norme 
di protezione delle bellezze naturali, -la questione della legittimazione 
passiva dell'ingiunto in ordine alla sanzione stessa. 

(Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione 
e falsa applicazione dell'art. 37 c.p.c. dell'art. 4 dell'allegato E alla legge 
20 marzo 1865, n. 2248, dell'art. 2 del r.d. 14 aprile 1910 n. 639, in 
riferimento all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. -le. Amministrazioni ricorrenti 
lamentano che la sentenza impugnata non abbia consid~rato che la Pellegrinelli, 
sotto la forma dell'opposiziorie alla ingiunzione, intendeva far 
valere l'illegittimit� dell'atto amministrativo impositivo della sanzione, 
per asserito difetto di legittimazione, pur non potendo vantare al riguardo 
diritti soggettivi, ma solo interessi legittimi. 

Con il secondo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione 
degli art. da 7 a 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, in relazione 

(1) Per i precedenti dell'interessante decisione cfr. Cass. sez. un. 
27 agosto 1969 n. 3035, in Foro it. 1969, I, 2807. 
In dottrina cfr. G. DE FINA, Le conseguenze per la P.A. della radicazione 
del rapporto autorit�-libert� fuori dell'ambito p1�escritto dalla norma, 
in Giust. civ. 1975, I, 1261. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 855 

all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. -le Amministrazioni ricorrenti affermano 
che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto decisiva la circostanza 
che la Pellegrinelli non fosse n� proprietario, n� possessore, n� 

.detentore della villa, senza considerare che la legge sulla protezione 
delle bellezze naturali assoggetta alle sanzioni da essa previste chiunque, 
in relazione alla sua posizione, qualifica o concreta contingenza di 
fatto, abbia nei confronti dell'immobile una facolt� dispositiva, intesa 
come relazione fra� soggetto ed oggetto, ed in particolare abb�a il potere 
di eseguire su di esso o di impedire che vi vengano eseguiti, lavori 
dalla legge non consentiti. 

Le due censure -che per la connessione fra loro esistente, possono 
essere esaminate insieme -sono infondate. 

2. -L'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, pone tra l'altro 
a carico del trasgressore degli obblighi e degli ordini previsti dalla 
legge, secondo che l'amministrazione pubblica ritenga pi� opportuno 
nell'inte;resse della tutela delle bellezze naturali e panoramiche, o la 
demolizione a pr?prie spese delle opere abusivamente eseguite o il pagamento 
di un'indennit� equivalente alla maggior somma tra il danno 
arrecato e il profitto conseguito; e soggiunge che tale indennit� � riscossa 
secondo le norme sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello 
Stato, ossia mediante l'ingiunzione prevista dal r.d. 14 aprile 1910, 
n. 639. Acquista pertanto determinante rilievo ai fini della decisione 
la verifica dell'ambito di operativit� dell'opposizione all'ingiunzione, di 
cui all'art. 3 del decreto citato. 
Al riguardo la giurisprudenza -premesso che l'ingiunzione in esame 
� un atto amministrativo il quale, nell'ambito di un procedimento 
monitorio sui generis, apprestato per la sollecita riscossione di talune 
entrate dello Stato e di altri enti pubblici, cumula in s� le caratteristiche 
del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto (cfr. sentenze 

n. 3428 del 1974, n. 804 del 1973, n. 1202 del 1972) -ha precisato 
che con l'opposizione si instaura un giudizio di cognizione diretto all'accertamento, 
positivo o negativo, della pretesa dell'amministrazione (cfr. 
sentenze n. 741 e n. 1278 del 1973); ed ha nel contempo sottolineato 
che il decreto del 1910 non ha certamente posto deroghe rispetto ai 
principi fondamentali che presiedono al riparto fra le giurisdizioni, con 
la conseguenza che, ove l'opposizione involga una controversia che esuli 
dall'ambito dei poteri di cognizione del giudice ordinario, questi deve 
dichiarare il difetto di giurisdizione (cfr. sentenze n. 430 del 1967, 
n. 3608 del 1968). 
Il problema si sposta quindi sul pianb della verifica della natura 
della posizione soggettiva fatta valere dall'opponente e perci� del tipo 
di tutela ad essa astrattamente accordata dall'ordinamento. 


RASSEGNA DELL'AVVQCATURA DELLO STATO 

3. -L'art. 7 della citata legge n. 1497 del 1939 vieta ai �proprietari, 
possessori o detentori a qualsiasi titolo� degli immobili inseriti 
negli elenchi di cui all'art. 1 di distruggerli o di introdurvi modificazioni 
che rechino pregiudizio al loro aspetto esteriore protetto dalla 
legge; e li obbliga a presentare alla Soprintendenza ai monumenti i 
progetti delle opere che vogliano intraprendere. Per l'ipotesi di abusiva 
esecuzione provvede il ricordato art. 15, che attribuisce alla pubblica 
autorit� il potere di stabilire -in esito ad una discrezionale valutazione 
dell'interesse pubblico alla tutela del paesaggio e degli altri interessi, 
pubblici e privati, compresenti -se imporre al trasgressore la 
demolizione delle opere o il pagamento di un'indennit�. 
Il potere di apprezzare quale delle due sanzioni amministrative sia 
pi� congrua rispetto al perseguimento del pubblico interesse, e di comminare 
autoritativamente la sanzione prescelta, deve r,itenersi conferito 
all'amministrazione nei confronti dei soggetti la cui posizione sia rilevante 
nella particolare materia in esame, alla stregua di criteri di collegamento 
desumibili dalla legge. 

Questi criteri valgono a determinare, dal punto di vista soggettivo, 
l'area all'interno della quale la pubblica amministrazione ha il potere 
di provvedere in funzione dell'interesse, pubblico specifico affidato alle 
sue cure. Vanno perci� distinte le posizioni soggettive che, sulla base 
dei ricordati criteri di collegamento, sono correlate a tale interesse, onde 
si collocano entro l'area cui l'amministrazione presiede, dalle altre che, 
in difetto di collegamento, ne rimangono estranee: le prime hanno natura 
di interesse legittimo, le seconde di interesse semplice o di diritto 
soggettivo (cfr. n. 1094 del 1974). 

Nella specie l'individuazione dei criteri di collegamento non offre 
all'interprete particolari difficolt�, risultando dal tenore letterale della 
legge (art. 7, in riferimento anche agli artt. 3, 5 e 6) come assoggettati 
ai poteri di cui si discute siano soltanto coloro che abbiano la qualit� 
di proprietari di possessori o di detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili 
di cui all'art. 1. 

E conseguentemente -mentre costoro vantano un interesse legittimo 
nei confronti dell'amministrazione considerata come titolare del 
potere -chiunque altro non abbia la qualit� di proprietario, possessore 
o detentore dell'immobile rimane estraneo all'area prima identificata, 
onde il provvedimento che, ci� malgrado, gli commini una sanzione 
amministrativa ai sensi dell'art. 15 incide certamente su una posizione 
avente natura di diritto soggettivo, come tale tutelabile dinanzi la giurisdizione 
ordinaria. 

La tesi sostenuta dalle ricorrenti con il secondo motivo -con il 
quale si afferma che il potere spetta (anche) nei confronti di chi pur 
se non proprietario, possessore o detentore della cosa, vi abbia comun-l 

�

l 

I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

que eseguito, o omesso di impedire che altri vi eseguissero, lavori non 
autorizzati -non pu� essere condivisa, posto che l'esplicito e reiterato 
rinvio ai concetti di propriet�, possesso e detenzione impone che essi 
debbano essere intesi secondo l'accezione che, nel sistema vigente, � 
loro propria. Conseguentemente colui che compia; o tolleri che altri 
compiano lavori abusivi pu� essere assoggettato al potere attribuito 
dall'art. 15 dell'amministrazione, soltanto se il suo rapporto con l'immobile 
sia inquadrabile, secondo i casi, nello schema tipico di uno degli 
istituti pi� volte ricordati. 

Nella specie i giudici del merito -con una decisione immune da 
vizi logici e da errori .giuridici e quindi insuscettibile di sindacato in 
questa sede -hanno ritenuto che la posizione della Pellegrinelli non 
fosse in alcun modo �suscettibile di tale inquadramento appartenendo 
la villa in questione ad una societ� di cui ella era amministratrice unica, 
ed essendo lo stesso condotta in locazione da un terzo, con la conseguenza 
che la propriet� ed il possesso dell'immobile competevano alla 
societ� e la detenzione al locatario. 

In quanto estranea, per difetto dei criteri di collegamento previsti 
dalla legge, all'ambito entro il quale l'amministrazione pu� esercitare 
i propri poteri, l'attuale resis tente ha quindi dedotto l'inosservanza di 
limiti che, pur non riferendosi all'astratta attribuzione del potere, sono 
previsti da norme poste a tutela dei singoli e condizionano in modo 
assoluto la concreta possibilit� di esercizio del potere stesso e la conseguente 
configurabilit� di interessi legittimi. In casi del genere la giurisprudenza 
suole da tempo ravvisare la giurisdizione del giudice ordinario 
(cfr. sentenze n. 3457 del 1958, n. 431 del 1967, n. 2693 del 1972). 

-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1833 -Pres~ 
Caporaso -Rel. Bile -P. M. Pedace (conci. conf.) -Ferraro (avv. 
Scialoja) c�. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tracanna). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa: 
autorizzazioni e concessioni -Mezzogiorno -Opere di miglioramento 
fondiario -Sovvenzioni: posizioni soggettive del beneficiario. 

(r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 43; 1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 5). 
Concessa dalla Cassa per il Mezzogiorno la sovvenzione per l'esecuzione 
di opere di miglioramento fondiario, la posizione giuridica del 
privato si configura in duplice modo: diritto soggettivo di c1�edito quando 
la concessione venga revocata sen.za che siano addotti vizi del prov



858 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vedimento di concessione; interesse legittimo nascente dalla concessione 
quando il provvedimento sia revocato per vizi di legittimitd originari o 
sopravvenut'i (1). 

(Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione e 
falsa applicazione degli artt. 4 e 5 dell'allegato E alla legge 20 marzo 
1865, n. 2248 -il ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia 
inesattamente, e senza sufficiente motivazione, definito come interesse 
legittimo la posizione soggettiva del privato sovvenzionato ai sensi degli 
artt. 43 ss. del r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, nella fase antecedente al 
collaudo delle opere, ment:r;e, avendo il collaudo natura di atto vincolato 
e non discrezionale, trattasi in realt� di un diritto soggetivo, sia 
pure condizionato. 

La sentenza impugnata � erroneamente motivata; peraltro, essendo 
il dispositivo conforme al diritto, le Sezioni unite devono, ai sensi dell'art. 
384, comma 2, c.p.c., limitarsi a correggere la motivazione. 

Il finanziamento per cui � causa � stato disposto ai sensi dell'art. 43 
del citato r.d. n. 215 del 1933, secondo il quale lo Stato -e quindi la 
Cassa per il Mezzogiorno, in virt� del rinvio operato dall'art. 5 della 
legge 10 agosto 1950, n. 646 -favorisce l'esecuzione delle opere di 
miglioramento fondiario analiticamente descritte nel medesimo art. 43, 
mediante (sussidi ovvero) concorso negli interessi per mutui contratti 
con istituti di credito. 

' 

Il successivo art. 46 determina l'entit� di siffatto concorso, disponendo 
che esso, ragguagliato in capitale, non pu� superare l'ammontare 
del sussidio riconosciuto assegnabile in proporzione dell;:t spesa prevista 
per le ope.re, secondo le percentuali fissate dall'art. 44; e soggiunge che, 
quando il concorso risulti superiore, esso pu� essere ridotto fino ad 
eguagliare il sussidi�. L'ultimo comma dell'art. 43 descrive infine il 
procedimento, che, si articola in varie fasi, tra le quali l'approvazione 
dei progetti delle opere e gli accertamenti di collaudo. 

La dottrina pi� attenta ai problemi posti dall'intervento dei pubblici 
poteri nell'economia inquadra il provvedimento che dispone il concorso 
negli interessi fra le soV'Venzioni, ed a queste riconosce natura concessoria, 
in quanto si risolvono in erogazioni di danaro pubblico, precisando 
che esse sono caratterizz�te -fra l'altro -dalla finalizzazione 
alla cura di uno specifico pubblico interesse, realizzato da un soggetto 
diverso dall'amministrazione concedente. 

(1) Non constano precedenti in termini. In dottrina cfr. PERrcu, Le sovvenzioni 
come strumento di a:zione amministrativa. Milano 1967. In giurisprudenza 
cfr. Cass. 22 marzo 1975 n. 1080 in Giust. civ. 1975, I, nota di 
MORELLI. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 859 

Quest'ultimo rilievo � particolarmente importante, perch� vale a 
spiegare le ragioni per le quali all'amministrazione, lungo tutto l'arco 
del procedimento, siano attribuiti poteri, variamente strutturati, rivolti 
a verificare che le opere per cui si chiede il concorso siano effettivamente 
congrue rispetto all'interesse pubblico al miglioramento fondiario 
(approvazione dei progetti); che l'atto di concessione del concorso sia 
immune da vizi tali da compprometterne 'la conformit� al modello legale 
e quindi l'idoneit� a curare tale interesse (riesame di legittimit�) 
che il pubblico danaro sia erogato nella misura stabilita dalla legge 
(controllo sull'osservanza ciel citato art. 46) e finalmente sia utilizzato 
per lo scopo in vista del quale era stato concesso (accertamenti di collaudo). 


Si colgono cos�, ad un tempo, la funzione ed i limiti del collaudo 
che -proprio in quanto strumento di controllo della corrispop.denza 
delle opere realizzate a quelle progettate ed approvate -non spiega 
alcuna rilevanza ove si debba definire la natura della posizione del soggetto 
sovvenzionato nei confronti di un'amministrazione che non contesti 
affatto quella corrispondenza, ma ritenga invece (come nel caso di specie) 
che la sovvenzione non potesse essere validamente concessa per 
un diverso ordine di considerazioni, attinenti, ad es., all'asserita carenza 
di un presupposto di legittimit�. 

Erroneamente quindi la Corte di appello ha ravvisato nella circostanza 
che il collaudo sia o meno intervenuto un punto di riferimento 
indefettibile ai fini dell'indagine sulla posizione del sovvenzionato, senza 
considerare che il problema si pone in termini pi� complessi ed articolati, 
e non pu� prescindere dall;individuazione delle motivazioni su 
cui, di volta in volta, l'amministrazione fondi il proprio comportamento. 

2. -Una volta che la sovvenzione -ed in particolare il concorso 
pubblico negli interessi dei mutui occorrenti per la realizzazione delle 
opere approvate -sia stata accordata, la posizione sbggettiva del privato 
� suscettibile di varia configurazione. 
Trattandosi di un provvedimento di tipo concessorio, con il quale 
l'amministrazione si priva di propri beni in favore di terzi, e perci� di 
un atto avente per i destinatari (secondo la terminologia proposta dalla 
dottrina) carattere migliorativo o accrescitivo, esso d� vita ad un rapporto 
giuridico in cui l'amministrazione riveste il ruolo di debitore ed 
il privato quello di creditore del danaro oggetto della sovvenzione. 

E conseguentemente se la prima -pur senza addurre vizi del provvedimetto 
-ometta di erogare le somme previste alle scadenze pattuite, 
il secondo pu� di certo adire il giudice ordinario per ottenere la tutela 
giurisdizionale del proprio diritto di credito. 


860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Su un piano diverso si pone per� il problema della natura della 
posizione del privato nei confronti dell'amministrazione, quando essa 
agisca non come soggetto obbligato in virt� del rapporto sorto dal provvedimento.-, 
bensi come titolare dei poteri di autotutela che le spettano 
in base a principi fondamentali dell'ordinamento. 

Al riguardo va rilevato che, accanto all'interesse pubblico particolare, 
per la cura del quale viene emesso il provvedimento (nella specie, 
la sovvenzione), esiste un pi� generale interesse dell'amministrazione il 
buon andamento e l'imparzialit� della quale sono valori di rilievo costituzionale 
-ad un corretto, ordinato' ed efficiente svolgimento della 
propria attivit�. 

In funzione di questo interesse si ritiene comunemente che la stess� 
amministrazione possa, mediante procedimenti di secondo grado, attuare 
il riesame del provvedimento, per verificarne la validit�, ovvero la revisione 
del risultato di esso e del rapporto che ne � derivato. Restringendo 
l'indagine -per necessit� di aderenza alla fattispecie -ai procedimenti 
di riesame, acquista fra essi specifico rilievo quello di annullamento d'ufficio, 
ed in particolare l'annullamento per vizi di legittimit�. 

Il riconoscimento all'amministrazione del potere di riesame implica 
che la tutela diretta della posizione del privato (onde essa si configura 
come diritto soggettivo) non � illimitata, potendo essere sacrificata, in 
certi casi, dall'esercizio di quel potere. E pertanto nei confronti dell'amministrazione, 
considerata quale portatrice del potere, pur se non ancora 
esercitato, ed a partire dal momento in cui esso nasce, la posizione soggettiva 
del singolo -essendo correlata all'interesse pubblico generale 
in vista del quale � dato all'amministrazione il potere di provvedere 
mediante il riesame -� di interesse legittimo, tutelabile dinanzi il giudice 
amministrativo. 

Perci� le Sezioni UI).ite -che, ai fini della decisione sulla questione 
di giurisdizione, sono giudici anche del fatto e possono, con giudizio 
autonomo diretto e assorbente, sugli atti di causa, rilevare anche d'ufficio 
le relazioni determinanti della giurisdizione (cfr. sentenza n. 2705 del 
1967) -devono accertare, vah,1tando la documentazione acquisita al 
processo, a quale livello ed in veste di titolare di quale potere l'amministrazione 
abbia agito, a verificare se la situazione concreta sia inquadrabile 
nella fattispecie legale contemplata in astratto dalla norma attributiva 
del potere. 

3. -L'esame degli atti induce a ritenere che -disponendo la sospensione 
del concorso negli interessi ed il conseguente arresto delle 
erogazioni -la Cassa per il Mezzogiorno abbia inteso esercitare il potere 
di annullamento d'ufficio di un proprio provvedimento considerato 
affetto da un vizio di legittimit�. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Al riguardo � sintomatico il rilievo che -come � pacifico fra le 
parti -la �sospensione� delle erogazioni � stata dall'amministrazione 
ricollegata all'accertamento dell'esistenza -accanto alla sovvenzione 
per cui � causa -di un diverso finanziamento, concesso al Ferraro da 
altro ente pubblico, per l'esecuzione sullo stesso fondo di lavori parzialmente 
coincidenti con quelli approvati dalla Cassa. 

Una situazione del genere pu� all'evidenza risolversi in un vizio di . 
legittimit� della sovvenzione, nella misura in cui questa risulti concessa 
in carenza di un presupposto necessario. L'intervento pubblico nell'esecuzione 
di miglioramenti fondiari, con la correlativa spesa di pubblico 
danaro, postula che il privato non abbia la capacit� economica di realizzare, 
senza il concorso dell'autorit�, opere obiettivamente rispondenti 
ad esigenze di pubblico interesse. Ma se le opere di quel concorso risultino 
non avere bisogno, usufruendo esse (sia pure in parte) di altro 
pubblico finanziamento, � palese la difformit� del provvedimento adottato 
in concreto rispetto allo schema tipico della sovvenzione, e la conseguente 
sua inconguit� ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico 
specifico per la cura del quale l'arp.ministrazione � tenuta ad agire; � 
palese, in altri termini, l'illegittimit� dell'atto, cui l'amministrazione stessa 
pu�.ovviare esercitando il potere di autoannullamento. 

Erroneamente il Ferraro ritiene invece che la Cassa abbia fatto 
uso del potere di sospensione dell'atto amministrativo. 

La sospensione degli effetti dell'atto (ovvero, come pure. si dice in 
dottrina, la messa in quiescenza del rapporto nato da esso) -da parte 
della stessa autorit� che lo ha emanato, in pendenza di un procedimento 
di riesame, e sulla base quindi di un'illegittimit� non ancora accertata, 
se pure fortemente sospetta -� istituito del tutto estraneo ai problemi 
posti dal caso in esame. 

A prescindere infatti dalla questione della configurabilit�, in termini 
generali, di un tale potere e della sua riconducibilit� allo schema dell'autotutela, 
la sospensione cos� deli:p.eata implica che l'amministrazione 
-da un lato -dubiti della legittimit� del proprio provvedimento, ma 
non possa allo stato annullarlo, dovendo prima compiere indagini ed accertamenti 
pi� o meno complessi e di una certa durata, e dall'altro, ritenga 
conforme al pubblico interesse impedire che il rapporto derivante 
da un atto di dubbia legittimit� continui a spiegare efficacia. 

Del tutto diversa � invece l'ipotesi in cui l'amministrazione mostri 
di avere non il sospetto, ma la certezza del vizio di legittimit�, in dipendenza 
dell'accertamento di una situazione di fatto alla stregua della 
quale risulti chiaro che il provvedimento non avrebbe potuto essere 
emesso, quanto meno negli stessi termini che lo avevano caratterizzato, 
pur se possa prevedersi la successiva emanazione di un nuovo atto con 
un contenuto pi� consono a quella situazione. 


862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In casi del genere, ove l'autorit� stabilisca di caducare il provvedimento 
originario, eventualmente riservandosi di adottarne un altro 
all'esito della necessaria istruttoria, l'atto -quale che sia la terminologia 
impiegata -costituisce esercizfo del potere di annullamento e 
non di quello di sospensione, corrispondendo sotto ogni aspetto allo 
schema tipico del provvedimento terminale di un procedimento di riesame 
per vizi di legittimit�, e p.on presentando alcuno dei caratteri di 
temporaneit� e di cautelarit� propri della sospensione. 

Una situazione siffatta si � appunto verificata nella specie, nella quale 
la Cassa per il Mezzogiorno ha ritenuto, senza margini di dubbio, che 
la contemporaneit� dei due finanziamenti si risolveva in un vizio di 
legittimit� dell'atto di sovvenzione ~ che il pubblico interesse esigeva 
la caducazione del provvedimento viziato; e quindi ha stabilito la cessazione 
delle erogazioni, pur disponendo accertamenti al fine di determinare 
l'entit� di un altro provvedimento, per le opere di miglioramento 
fondiario che non risultassero doppiamente finanziate. A quest'ultimo 
proposito non � inopportuno rilevare che una nuova sovvenzione, ridotta 
rispetto alla prima, fu in effetti concessa dalla Cassa per il Mezzogiorno 
al Ferraro nel 1955, come le parti concordemente ammettono. 

In conclusione -avendo l'amministrazione pubblica esercitato un 

potere (di annullamento d'ufficio per illegittimit�) attribuitole dai prin


cipi generali dell'ordinamento, in una situazione certamente riconduci


bile alla fattispecie legale -la posizione soggettiva del privato nei 

confronti di tale potere ha natura di interesse legittimo, la cui tutela 

compete alla giurisdizione amministrativa. 

4. -Con il secondo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione 
sotto altro profilo degli stessi l'art. 4 e 5 dell'allegato E della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248 -il ricorrente lamenta che la sentenza 
impugnata abbia omesso di considerare che la .domanda di risarcimento 
dei danni era stata proposta sotto il profilo della violazione di norme 
di comune prudenza, ed in genere del principio neminem laedere, da 
parte dell'amministrazione, sia pure nell'esecuzione di un divisamento 
adottato in base ad una valutazione discrezionale. 
Anche questa doglianza � infondata. 

Dagli atti emerge chiaramente come il Ferraro abbia fondato la 
propria azione risarcitoria sulla contestazione del potere dell'amministrazione 
di caducare l'atto di sovvenzione. La tesi che ravvisa l'illiceit� 
del comportamento della Cassa per il Mezzogiorno in (asserite e non 
specificate) modalit� non conformi a precetti di portata generale, come 
quelli invocati dal ricorrente, � in realt� una tardiva, e quindi inammis


e

sibile, modificazione dell'originaria domanda. -(Omissis). 

i 

l 
~ 

I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 863 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggio 1975, n. 2056 -Pres. 
Laporta -Rel. Milano -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Ministero Grazia 
e Giustizia (avv. Stato Skono1fi) c. Bosio ed altri (avv.ti Balladore 
Pallieri, Bettoni, Biscottini, Coronas, Franchi, Guarino, 
Saitta). 

Competenza e giurisdizione -Improponibilit� assoluta della domanda Proponibilit� 
della domanda e giudizio di merito: nozione. 
(Cost. artt. 111; 1. 20 marzo 1865, n. 2048 ali .E, art. 2; c.p.c. artt. 360, n. 1; 37). 

Sussiste l'improponibilit� assoluta della domanda, compo1�tante il 
difetto assoluto di giurisdizione, quando si invochi l'attivit� giurisdizio-� 
nale rispetto ad una posizione soggettiva che, per difetto di una norma 
che la tuteli, sia estranea .al campo giuridico e non sia configurabile n� 
come diritto soggettivo, n� come interesse legittimo; la mancanza di tale 
norma deve risultare senza contestazione mentre, quando occorre risolvere 
una controversia su norme giuridiche o sulla sussistenza delle condizioni 
concrete di applicaziOne della norma invocata, la relativa questione 
forma oggetto del giudizio di merito (1). 

(1) La decisione � pubblicata in Giust. civ. 1975, I, 1038 insieme con 
l'interessante requisitoria del P.G. 
Come � noto a seguito della decisione Cons. Stato, sez. IV, 19 no<
Tembre 1974 n. 840. vedasi .Gim:t. dv. 1975. II. 21, con la quale era stato 
accertato il diritto di taluni magistrati ordinari a percepire le retribuzioni 
dei dirigenti generali, era stato proposto ricorso alle Sezioni unite della 
Corte di cassazione. Quest'ultimo organo giurisdizionale ha dichiarato 
inammissibile l'impugnazione dal momento che � la corretta interpretazione 
� delle norme di cui si discuteva (art. 16 e 16-ter della legge 28 dicembre 
1970 n. 1080; 1 e 47 del decreto delegato 20 giugno 1972 n. 748) 
rientra nel giudizio spettante al giudice di merito. 

Circa i rapporti tra giudizio sulla proponibilit� della domanda e contenuto 
del giudizio di merito quando sia controversa l'interpretazione 
di norme giuridiche, cfr. cass. 9 ottobre 1974, n. 2714; Cass. 30 marzo 1972, 

n. 1008; Cass. 5 gennaio 1971 n. 291 tutte in Giust. civ. rispettivamente in 
1974, I, 1332; 1972, 
I, 1708; 1971, I, 3. 
In senso sostanzialmente conforme vedasi Cass. 5 dicembre 1973, 

n. 3315, in Giust. civ. 1974, I, 1641. 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1974, n. 2721 -Pres. Giannattasio 
-Est. Carnevale -P. M. Raga (conf.) -GESCAL (avv. Stato 
Mataloni) c. Caccese (avv. Stella Richeter). 

Espropriazione per p.u. -Danni per occupazione ultra biennale proposta 
. dopo la pronuncia del decreto di espropriazione ma prima della sua 
notifica � La domanda giudiziale si converte in opposizione 'alla stima. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51 e 73). 
Nel caso in cui il decreto di espropriazione sia stato gi� emesso 
ma non notificato alla data della proposizione da parte del proprietm�io 
espropriato (ignaro del provvedimento ablativo) della domanda per .ottenere 
il risarcimento del danno per occupazione ultrabiennale, detta domanda 
si converte automaticamente in opposizione alla stima, mentre 
la mancata notifica del decreto di esproprio � del tutto irrilevante ai fini 
di impedire o ritardare la conversione (1). 

(1) La sentenza che si segnala costituisce uno sviluppo conseguenziale 
dei principi, ormai consolidati affermati �per la prima volta dal s.c. 
con la sentenza 30 dicembre 1968, n. 4086; e ribadito da ultimo con la 
decisione 7 febbraio 1974, n. 339, in questa Rassegna, 1974, I, 1136. La 
fattispecie esaminata presentava le singolarit� che l'azione risarcitoria 
era stata promossa dall'espropriato dopo che era stato emesso da diverso 
tempo il decreto ablativo, ma prima che fosse notificato (notif�c� che in 
effetti avveniva oltre due anni dopo l'adozione del detto provvedimento). 
In sostanza il S.C. ha ritenuto che la mancata conoscenza dell'esistenza 
del decreto giustificasse la conversione automatica della domanda risarcitoria 
in opposizione alla stima. 

� evidente come alla base di siffatto argomentare sussistano sostanziali 
ragioni di equit� e non valide ragioni giuridiche. 

CORTE DI CASSAZIONE, SS. UU., 12 �ottobre 1974, n. 2821 -Pres. 
La Porta -Est. Corasaniti -P. M. Pedace (conf.) -Ministeri Lavori 
Pubblici e Finanze (arvv. Stato Del Greco) c. Societ� Acqua Pia Antica 
Marcia p.az. (avv. Andrioli, Conte, Sorrentino, Tumedei) nonch� 
Comune di Roma (avv. Precone). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Utenza e concessione del servizio di distribuzione 
� Cessazione della concessione del servizio di distribuzione � 
Estinzione dell'utenza � Non sussiste. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n; 1775, artt.-24, 45 e 218). 
Qualora l'utenza di un'acqua pubblica sia stata data con specifico 
riferimento ad un pubblico servizio di adduzione e distribuzione, la 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

865 

estinzione della concessione relativa al servizio di adduzione e distribuzione 
e l'assunzione di essa da parte di ait1�0 soggetto, non determina 
L'estinzione automatica dell'utenza, e ci� perch� l'utenza si risolve quanto 
meno nel diritto al valore economico del suo contenuto (1). 

(Omissis). -Sostengono, in sintesi, le ricorrenti che, una volta venuta 
meno, per la scadenza della concessione po'ntificia, la possibilit� 
per la S.A.M. di esercitare il pubblico servizio di adduzione e di distribuzione 
dell'acqua potabile, in riferimento al quale erano state concesse 
le utenze in parola, le concessioni avrebbero dovuto ritenersi estinte 
ipso jure per scadenza di termine implicito o perch� affette da illegittimit� 
sopravvenuta per sopravvenuta impossibilit� dello scopo, onde la 
validit� del decreto n. 4803/1, dichiarativo della detta estinzione e/o 
riconducibile ad una abrogazione o ad una rimozione, figure entrambe 
elaborate dalla dottrina. N� per ovviare agli inconvenienti derivati dalla 
perdita per la S.A.M. della possibilit� di prestare il servizio pubblico 
in argomento, tanto pi� in presenza della volont� manifestata dal Comune 
di Roma di assumerlo in proprio -fatto questo dal quale il Tribunale 
erroneamente avrebbe ritenuto di poter prescindere in relazione 
alla pendenza di un giudizio sulla validit� della delibera mentre avrebbe, 
semmai, dovuto sospendere il proprio giudizio in attesa della definizione 
di quello -si sarebbe potuto ricorrere, C<?me ipotizzato dal Tribunale 
Superiore, all'istituto della sottensione'-di utenza previsto dall'art. 45 

t.u. delle leggi sulle acque pubbliche r.d. 11 dicembre 1933, n. 177,5, 
non essendo tale istituto suscettivo di applicazione nel caso concreto 
(motivi 2<> e 30 delle Amministrazioni statali, 2� del Comune). 
Anche queste censure sono infondate. 

(1) Con questa decisione le Sezioni Unite confermano il principio 
affermato dal Tribunale Superiore delle acque nella sentenza 4 giugno 
1969, n. 19 che formava oggetto di impugnazione (vedila in Foro amm. 
1969, I, 1, 275), il quale aveva sostenuto che � si ha estinzione automatica 
e senza indennizzo della utenza di acqua pubblica solo quando si verifichino 
mutazioni attinenti all'oggetto' della concessione -determinate o 
da eventi naturali o dalla esecuzione di opere idrauliche rese necessarie da 
ragioni di pubblico interesse -tali da derivarne la impossibilit� materiale, 
permanente ed assoluta di un ulteriore esercizio dell'utenza, non 
solo da parte dell'attuale titolare ma anche da parte di terzi �. 
Nello stesso senso, e cio� sulla netta distinzione tra concessione del 
servizio di acquedotto e concessione dell'uso dell'acqua pubblica lo stesso 
Tribunale Supremo si era pronunziato con la decisione 7 luglio 1961, n. 9 
(in� Acque, bonifiche e costr. 1962, 61). In generale sulla cessazione della 
concessione; v. PERNIGOTTI, Acque pubbliche, in Enc. dir., vol. I, 425 segg.; 
M1ccoLI, Le acque pubbliche, Torino 1958, 210 segg. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

866 

Ha ritenuto il Tribunale Superiore che il provvedimento era illegittimo 
per eccesso di potere perch� era inesatto il presupposto che lo 
esercizio delle utenze, pur concesse in vista dell'approvvigionamento 
idrico della citt� di Roma, fosse divenuto assolutamente impossibile: ci� 
in quanto, tale impossibilit� non era determinata n� dall'intervenuta devoluzione 
al Comune degli impianti di distribuzione (restava alla S.A.M. 
la possibilit� di ott�nere dal Comune stesso il rinnovo della scaduta 
concessione di distribuzione dell'acqua potabile, o il costo della rete 
idrica cittadina o la concessione di suolo urbano per la posa in opera 
e la gestione di un proprio acquedotto) n� dalla assunzione da parte 
del Comune della gestione del servizio (a prescindere dal fatto che ,la 
'legittimit� della deliberazione era ancora sub judice, essendo stata la 
deliberazione parzialmente annullata dal Consiglio di Stato con decisione 
impugnata per difetto di giurisdizione, in ogni caso alla S.A.M. 
restava il diritto ad un compenso�per la cessione delle utenze al Comune 
ex art. 20 t.u. n. 1775 del 1933, e in mancanza di accordo, a un indennizzo 
per la sottensione delle utenze ex art..45 t.u. e, comunque per 
l'utilizzazione delle sue acque). Ha ritenuto altres� che il provvedimento 

era illegittimo anche per violazione di legge in quanto l'asserita impos


sibilit� di esercizio non era causa di estinzione ipso jure delle utenze 

(tal.i cause sono tassativamente determinate dalla legge) ma, semmai, 

rappresentav� il presupposto per un provvedimento di revoca per sot


tensione. In realt� la sentenza, come si � sopra cennato, ha preso le 

mosse dalla distinzione concettuale e normativa fra provvedimenti che 

attengono al servizio pubblico di approvvigionamento idrico dell'abitato 

e di distribuzione dell'acqua potabile (gestione dell'acquedotto e della 

rete di distribuzione) e provvedimenti che attengono alla utenza di acqua 

pubblica (concessioni dell'uso di questa come bene demaniale). E tale 

distinzione (fatta propria dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite: 

cfr. 846/66) � da ritenere esatta, perch� gli uni hanno rispetto agli altri 

una rilevanza meramente strumentale. Dalla detta distinzione ha argo


mentato che anche quando, come nel caso, l'utenza sia data� con :;;peci


fico riferimento ad un pubblico servizio di adduzione e distribuzione 

dell'acqua, la sopravvivenza nel diritto dell'utente non trova ostacolo 

nella perdita, da parte dell'utente che di quel servizio fosse origina


riamente investito, della possibilit� di esercitare il servizio stesso, e cio� 

degli strumenti giuridici e degli strumenti materiali (diversi dall'acqua 

di cui egli dispone quale utente) necessari per esercitarlo, n� nella stessa 

legittima assunzione del servizio da parte di altro soggetto (non ha 

avuto peso sulla decisione del Tribunale la eventualit�, che tale assun


zione fosse addirittura illegittima, onde l'irrilevanza della censura atti


nente alla mancata sospensione del giudizio in attesa dell'esito del ri


corso a queste Sezioni Unite contro la decisione in proposito del Consi




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

glio di St~to). E ci� in quanto l'utenza pu� attuarsi quanto meno come 
diritto al valore economico dell'uso che ne � oggetto. Il Tribunale non 
si � dissimulato la particolarit� della situazione, quasi di stallo sul piano 
operativo, che pu� determinarsi in casi del genere tra il soggetto che 
sia titolare dell'utenza pubblica e quello investito del servizio. Ma ha 
giustamente ritenuto che si tratta non gi� di incompatibilit� fra due 
posizioni giuridiche, bensi di mere difficol>t� pratiche, le quali possono essere 
superate attraverso concordati atti di disposizione ovvero attraverso 
provvedimenti autoritativi che operino all'interno dei rispettivi rapporti 
(la sottensione, ad esempio, cui ha fatto riferimento al Tribunale superiore, 
� disposta proprio in riferimento a situazioni di incompatibilit� tecnica, 
cio� di difficolt� pratica altrimenti insuperabile) ma con salvezza, anche 
nella seconda ipotesi, di un'indennit� a favore del titolare dell'utenza. 
Sotto questo aspetto certo pu� accadere che il diritto di utenza finisca per 
concretarsi nel diritto al valore economico dell'uso che ne � oggetto. 
Ma da questo almeno non si pu� prescindere. Non si pu�, cio�, -sotto 
l'aspetto dell'accertamento di una incompatibilit� giuridica e di una conseguente 
estinzione ipso jure entrambe inesistenti -sopprimere puramente 
e semplicemente, senza indennizzo, l'utenza, che � concessa (cfr. 
sent. di queste Sezioni unite n. 846/66 sopratutto nell'interesse del concessionario 
e che proprio per questo si estingue, o si comprime, salvi 
i casi di scadenza del" termine, di rinunzia, di decadenza, di cause naturali 
che ne rendano definitivamente impossibile l'esercizio, solo se venga 
a trovarsi in contrasto con un interesse pubblico inerente al regime 
delle acque, ma in tal caso con indennizzo (arg. art. 48, comma 3� t.u., 
art. 47, art. 45 t.u., disposizione quest'ultima che parla, significativamente, 
di commisurazione dell'indennizzo al valore economico dell'utenza). 
� dunque evidente pnsostenibilit� della tesi posta a base delle 
censure, tesi ancorata appunto alla supposta carenza di vitalit� di una 
utenza concessa in rifez:imento alla prestazione.di servizio pubblico mediante 
la stessa acqua, quando il servizio sia cessato ed alla supposta 
incompatibilit� giuridica fra sopravvivenza dell'utenza e prestazione del 
servizio da parte di altro soggetto, ed alla asserita estinzione ipso jure 
della concessione di utenza nelle cennate ipotesi, anche l� dove prospetta 
la sottoposizione della concessione di utenza, nelle ipotesi stesse. 
ad un termine implicito. E ci� a prescindere dalla inconferenza del 
richiamo alle figure dell'abrogazione e della rimozione del provvedimento 
amministrativo, cos� come risultano dalla elaborazione della dottrina 
(in particolare non � appropriato il richiamo alla abrogazione sia 
perch� questa non importa pronuncia dichiarativa di incompatibilit� 
giuridica e di estinzione ipso jure, ma pronuncia costitutiva per valutazione 
di opportunit�, sia perch� nelle cennate ipotesi la valutazione 
della opportunit� di porre fine ad una utenza precedente per far posto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad un'altra tecnicamente incompatibile con la prima ha una sua specifica 
disciplina nell'istituto della sottensione; n� � appropriato il richiamo 
alla rimozione, che si riferisce a sopravvenuta carenza dei requisiti, 
alla cui esistenza e permanenza la legge espressamente subordina 
l'emanazione di un provvedimento). -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1974, n. 2971 -Pres. 
Pece -Est. Miele -P. M. De Marco (conf.) -Corradi (avv. Menghini) 
c. Ministero Finanze (avv. Stato Corsini). 
Procedimento civile � Sospensione dei termini � Notifica di sentenza in 
periodo feriale � Decorrenza computo del termine per impugnare. 
(cod. proc. civ., a:r:tt. 155 e 326; 1. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1). 
Qualora la notifica deHa sentenza avvenga durante il periodo di 
sospensione feriale, a mente dell'art. 1 legge 7 ottobre 1969 n. 742 il 
termine per l'impugnazione decorre dal 16 settembre, ma il co:mputo 
del termine va fatto dal giorno successivo (17), secondo l'art. 155 cod~ 
proc. civ. (1). 
(1) Con la decisione in esame la S.C. ha preso pos1z10ne -per la 
prima volta per quanto consta -in senso chiaramente liberale in ordine 
al computo del termine stabilito per l'impugnazione delle sentenze notificate 
nel corso del periodo di sospensione feriale (principio che sembra 
estensibile anche al termine di decadenza annuale previsto dall'art. 327 
cod. proc. civ.) fissando il principio cli.e non si deve tener conto del giorno 
iniziale (16 settembre). 
A tale conclusione la S.C. � giunta osservando che altro � la decorrenza 
del termine, altro � il computo del medesimo. 
E poich� l'art. 1 I. n. 742 del 1969 usa l'espressione � decorrere � la 
S.C. ne ha dedotto che ai fini del computo debba farsi riferimento aWarticolo 
155 cod. civ., con la ulteriore conseguenza che il giorno iniziale 
(16 settembre appunto) non COIY1�putatur in termine. 
Anche se � auspicabile -secondo_un antico insegnamento -che tale 
soluzione si consolidi, la conclusione accolta suscita qualche perplessit�. 
Se la lettera della norma fosse stata esaminata tenendo conto della 
sua ratio che � chiaramente quella di contemplare l'esigenza del-riposo 
feriale dei legali con la certezza delle situazioni giuridiche (v. sul punto 
PICARDI, in Commentario al codice di procedura civile diretto da Allorio, 
Torino s.d., ed. 1973, rp. 1562 segg. ove !richiami), sembra difficile escludere 
che quando la legge ha stabilito che �ove il decorso (del termine) abbia 
inizio durante il periodo di sospensione l'inizio stesso � differito alla fine 
di detto periodo � abbia inteso anche fissare autonomamente rispetto, all'art. 
155 cod. civ., l'inizio del computo del termine decadenziale, facendolo 
coincidere con' la fine del periodo di sospensione. 
A.R. ~~ ,, 
i: 
I 
Il 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 20 maggio 1975, n. 4 (ordinanza) -
Pres. Vetrano -Rel. Pignataro -Est. Imperatrice -Ventura (avv. 
Martinez) c. Prefetto di Calta.nissetta (avv. St. Mataloni) e Comune 
di Gela (n.c.). 

Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana 
� Composizione � Conferma di componenti laici -Discrezionalit� 
della Giunta regionale� Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto 
con gli artt. 101 e 108 Cost. � Noli manifesta infondatezza. 

Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana 
� Composizione � Conferma di componenti laici -Discrezionalit� 
della Giunta regionale� Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto 
con l'art. 100 Cost. -Non manifesta infondatezza. 

Giustizia amministrativa � Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana 
� Decisioni � Appello � Limite � Art. 5 terzo comma D.L.vo n. 654 
del 1948 -Contrasto con gli artt. 3, 24, 113 e 125 Cost. -Non manifesta 
infondatezza. 

Il sistema secondo cui alc�ni dei membri di un organo giurisdizionale 
amministrativo vengono designati temporaneamente da un organo 
politico, con possibilit� di influire sui medesimi, per essere attribuito a 
quest'ultimo organo il potere di riconfermarli o meno nella carica alla 
scadenza ,predeterminata del mandato, non sembra compatibile con i 
principi costituzionalmente garantiti dell'indipendenza e dell'imparzialit� 
del giudice; pertanto, non � man�festamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale, per contrasto con gli artt. 101 secondo comma 
e 108 secondo comma Cost., dell'art. 3 secondo comma d.l.vo 6 maggio 
1948,-n. 654, in base al quale la riconferma dei membri uscenti del Consiglio 
di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per il successivo 
quadriennio � rimessa alla discrezionale valutazione della Giunta 
1�egionale (1). 

(1-3) Cfr., IV Sez. 4 dicembre 1974 n. 897, Il Consiglio di Stato 1974, 
I, 1589, con giurisprudenza costituzionale ivi richiamata in nota. 



870 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 1 d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654, configura il Consiglio di giustizia 
amministrativa per la Regione siciliana come una Sezione del Consiglio 
di Stato e gli attribuisce le funzioni consultive e giurisdizionali 
proprie di quest'ultima, talch� nei suoi confronti opera la stessa costituzionale 
garanzia di indipendenza, dell'Istituto e dei suoi componenti, 
nei confronti dell'organo di governo regionale, a cui � attribuita la designazione 
di una parte di costoro; pertanto, non � manifestamente infondata 
la questione di legittimit� costituzionale, per contrasto con l'art. 
100 terzo comma Cost. in relazione all'art. 23 primo e secondo comma 
dello Statuto per la Regione siciliana approvato con r.d.l.vo 15 maggio 
1946, n. 455, convertito nella l. 26 febbraio 1948, n. 2, dell'art. 3 secondo 
comma d.l.vo n. 654 del 1948 cit., in base al quale la riconferma 
dei membri uscenti del Consiglio di giustizia amministrativa per il successivo 
quadriennio � rimessa alla discrezionale valutazione, della Giunta 
regionale (2). 

L'art. 5 terzo comma d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654 (che prevede, per 
le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 
sulle impugnative di atti e provvedimenti delle Autorit� amministrative 
dello Stato, il ricorso all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali 
del Consiglio di Stato) ha stabilito il doppio gmdo di giurisdizione 
soltanto per un cer.to tipo di controversie localizzate nella Regione 
siciliana, mentre in tutto il rimanente territorio dello Stato -fino 
al momento della scadenza del terzo mese dalla data di insediamento 
dei Tribunali amministrativi regionali, a norma dell'art. 38 l. 6 dicembre 
1971, n. 1034 -lo stesso tipo di controversie ha avuto una giurisdizione 
in unico grado; pertanto, non � manifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale della ricordata norma, in relazione 
agli artt. 3, 24, 113 secondo comma e 125 secondo comma Cost. e all'art. 
23 primo comma dello Statuto della Regione siciliana approvato 
con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, ,convertito nella l. cost: 26 febbraio 
1948, n. 2 (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1975, n. 501 -Pres. De Capua 
-Est. Pignataro -Comune di Brindisi (avv. Guarino) c. Prefetto 
di Brindisi e Ges.Ca.L. (avv. St. Mataloni). 

Comune -Autorizzazione a stare in giudizio -Deliberazione urgente della 
Giunta municipale -Mancanza di approvazione � Inefficacia. 

Le deliberazioni del Consiglio comunale e quelle della Giunta municipale 
adottate con i poteri del Consiglio in via di urgenza, che siano 
soggette per legge a speciale approvazione, divengono efficaci con l'ema




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 871 

nazione del provvedimento positivo da parte dell'organo designato ad 

approvarle; pertanto, � inefficace, e come tale inidonea a costituire un 

valido rapporto processuale, la dichiarazione di volont� contenuta in una 

deliberazione adottata in via d'urgenza dalla Giunta municipale ed aven


te per oggetto una lite attiva (nella specie, ricorso al Consiglio di Stato 

contro decreto prefettizio di esproprio), ove la stessa non risulti sotto


posta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ricor


rendo i presupposti di cui all'art. 6 l. 9 giugno 1947, n. 530, (sostitutivo 

dell'art. 99 t.u. 3 marzo 1934, n. 383) (1). 

(1) Nella motivazione la sezione ha precisato che la legge n. 520 del 
9 giugno 1947 ha introdotto nel sistema delle norme regolanti le deliberazioni 
adottate dagli organi dei Comuni alcune innovazioni, che qui � 
necessario richiamare. 
Innanzi tutto, per effetto dell'art. 3 della legge, le deliberazioni dei . 
Consigli comunali e delle Gil,mte municipali si distinguono in deliberazioni 
soggette e deliberazioni non soggette a speciale approvazione. 

Le deliberazioni soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate 
(quelle del Consiglio comunale almeno per estratto contenente la 
parte motiva e l'integrale parte dispositiva) mediante affissione nell'albo 
pretorio nel .primo giorno festivo successivo alla loro data (art. 21 della 
legge ,citata). Per vero, si � dtscusso se dovesseil'o essere in tal guisa pubblicate 
anche le delibeirazioni sogigette a speciale approvazione adottate 
dalla giunta municipale. Ma � :prevalsa, come la pi� logica e la pi� coerente 
al sistema, l'opinione dell'obbligo di detta pubblicazione. Comunque, � 
stato universalmente ritenuto, per ovvie ragioni di connessione analogica, 
che dovessero essere pubblicate nella forma suddetta le deliberazion{ della 
Giunta municipale adottate in via d'urgenza coi poteri del Consiglio. 

Le deliberazioni, invece, del Consiglio e della Giunta municipale non 
soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate nell'albo pretorio 
per quindici giorni consecutivi e devono essere inviate al Prefetto 
entro otto giorni dalla data di loro adozione (art. 3 stessa legge). 

Le deliberazioni soggette a speciale approvazione divengono efficaci 
con l'emanazione del provvedimento positivo da parte dell'organo deputato 
dalla legge ad approvarle. 

Le deliberazioni non soggette a speciale approvazione, se sono state 
'inviate entro gli otto giorni dalla loro data al Prefetto (in caso contrario, 
infatti,� s'intendono decadute), divengono esecutive dopo la pubblicazione 
nell'albo pretorio per quindici giorni consecutivi, sempre che il prefetto 
non le annulli (art. 3). 

Tra le deliberazioni soggette a speciale approvazione � pacifico debbano 
annoverarsi quelle per le quali � richiesta, per espresse disposizioni 
di legge, l'approvazione della Giunta provinciale amministrativa. La necessit� 
di tale approvazione � graduata in rapporto alla popolazione ed 
al rango del Comune (v. artt. 5, 6, 7 e 8 della legge citata, che sostituiscono 
rispettivamente gli artt. 98, 99, 100 e 101 del T.U. 3 marzo 1934 

n. 383). 

872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 516� (ordinanza -
Pres. De Capua -Est.' Vaiano -Attanasio ed altri (avv.ti Panuccio 
e Selvaggi) c. Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria 
(avv.ti Nicol� e Sorrentino); Lucisano ed altri (avv. Silvestri), 
De Riso ed altri 1(avv.ti Panuccio e Selvaggi) c. Consorzio nucleo 
industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino), Presidente 
Consiglio dei ministri e Ministero lavori pubblici (avv. St. Mataloni); 
Lucisano (:)d altri (avv. Silvestri) c. Prefetto di Reggio Calabria 
(avv. St. Mataloni); Scopelliti ed altri (avv.ti Aragona e For


,nario C.) c. Presidente Consiglio dei ministri, Ministero lavori pubblici 
e Prefetto di Bologna (avv. St. Mataloni) e Consorzio nucleo 
industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino). 

Piano regolatore -Piano di sviluppo industriale -Industrializzazione del 
Mezzogiorno -Piano ex T.U. n. 1523 del 1967 -Duplicit� di effetti Individuazione. 


Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Piano di sviluppo industriale -Vincolo di aree senza 
indennizzo -Art. 147 primo e ultimo comma T.U. n. 1523 del 1967 Contrasto 
con l'art. 42 Cost. -Non manifesta infondatezza. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione 
-Piano di sviluppo industriale -Indennizzo -Pagamento 
-Tempo -Art. 147 quarto comma T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto 
con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno Industrializzazione 
-Piano di sviluppo industriale ~ Omessa specificazione 
delle. opere per cui si dichiara l'urgenza -Art. 147 primo comma 

T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. 
I piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, 
di cui al t.u. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
hanno una duplice produttivit� di effetti, in quanto da una part? 
obbligano i Comuni interessati all'osservanza delle loro previsione e 
dall'altra incidono direttamente sugli interessi dei privati attraverso la 
imposizione di vincoli di destinazione alle aree di loro propriet� (1). 

Non � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, 
in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo ed ultimo com


(1-4) V. anche IV Sez. 14 dicembre 1971 n. 1165, in Il Consiglio di 
Stato, 1971, I, 2366. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 873 

ma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
che prevede l'imposizione di vincoli di destinazione sulle aree private 
interessate dal piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo 

industriale senza la previsione di un indennizzo e di un limite temporale 
di efficacia del vincolo imposto (2). 

L'art. 147 quarto comma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, secondo cui 
il pagamento dell'indennit� per l'espropriazione di aree private vinco


late in forza del piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale 
� ordinato dal Prefetto dopo la pubblicazione degli elenchi dei 
beni da espropriare, non rende incerta la corresponsione dell'indennizzo 
e non viola pertanto l'art. 42 Cost., in quanto:..__ indipendentemente dalla 
considerazione che, con la pubblicazione degli elenchi, non si � ancora 
verificato l'effetto ablativo al quale � connessa la necessit� dell'indennizzo 
-il principio costituzionale non comprende anche la garanzia che, 
di fatto, avvenga il pagamento dell'indennit�; pertanto, � manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 147 quarto 

comma t.u. cit., in relazione alla ricordata norma costituzionale (3). 

La circostanza che la dichiarazione di pubblica utilit� ex lege abbia 
bisogno di un intervento dell'Amministrazione, che individui concretamente 
dapprima le iniziative e quindi le aree necessarie per la loro 

attuazione, non importa che questa attivit� debba essere considerata arbitraria, 
trattandosi al contrario di attivit� certamente discrezionale e Zar-� 
gamente tecnica, complementare rispetto alla previsione legislativa della 
pubblica utilit� dell'opera pubblica; che costituisce responsabile esercizio 
della funzione amministrativa regolata dai criteri previsti dall'art. 97 
Cast.; pertanto, � manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale, in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo comma 
t.y,. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, 
che non specifica le opere per le quali viene dichiarata la pubblica utilit�, 
l'urgenza e l'indifferibilit�, concretamente individuate dal Consorzio 

per il nucleo di industrializzazione (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 517 -Pres. Uccellatore 
-Est. Benvenuto -Del Buono (avv. Paoletti) c. Ministero 
Finanze (a'VV. Stato Siconolfi). 

Demanio e patrimonio � Uso dei beni � Beni immobili assegnati a servizio 
governativo � Concessione in uso al Ministero da cui dipende il servizio 
� Conseguenza � Provvedimenti relativi al bene cos� concesso � 
Competenza del Ministero concessionario � Provvedimenti del solo 
Ministero finanze -Illegittimit�. 


874 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Demanio e patrimonio -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a servizio 

governativo -Dismissione -Sospensione temporanea dell'applicazione 

al servizio -Non implica dismissione. 

Ai sensi dell'art. 1 secondo comma r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 
i beni immobili assegnati ad un servizio governativo si intendono concessi 
in uso gratuito al Ministero da cui il servizio dipende, sono da esso 
amministrati e passano all'Amministrazione delle finanze non appena 
cessa tale uso; pertanto, illegittimamente i provvedimenti di sospensione 
dei lavori compiuti da un privato concessionario su un terreno assegnatogli 
dall'Amministrazione militare e di diffida a ripristinare lo stato 
dei luoghi sono adottati dal Ministero delle finanze e non pure dall' Amministrazione 
militare, in capo alla quale il potere di amministrazione 
e i provvedimenti di autotutela amministrativa perdurano fino a quando 
non si verifichi la cessazione deWuso del bene assegnatole (1). 

La mancanza di interesse al mantenimento della destinazione di un 
bene al servizio governativo deve -perch� possa ritenersi avverata la 
cessazione di tale destinazione -essere a carattere definitivo, non essendo 
sufficiente la sospensione, anche per un non breve lasso di tempo, 
dell'applicazione effettiva del bene allo svolgimento del servizio, quando 
persista la destinazione potenziale al servizio stesso; pertanto, la dichiarazione 
dell'Amministrazione di essere disposta ad assentire, per un lasso 
di tempo anche non breve, la concessione ad un privato di una porzione 
del bene di cui essa � assegnataria in uso non costituisce manifestazione 
della determinazione di dismettere l'uso della detta porzione, quando 
tale dichiarazione sia accompagnata da espressioni che lasciano inequivocabilmente 
trapelare l'intento di conservare la destinazione di quella 
parte all'uso governativo origina1�io (2). 

(1-2) In tal senso � costante la giurisprudenza Cass. 4 marzo 1969 

n. 697, Giust. civ. Rep., 1968, voce Demanio, n. 39. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 maggio 1975, n. 537 -Pres. (ff.) 
Benvenuto,_ Est. Ri�cio -Dolci ed altra (avv.ti Moschella e Nanni) 

c. Prefetto di Pescara e Ministero lavori pubblici (avv. St. Ricci), 
Albini ed altro (n.c.) e Istituto autonomo case popolari di Pescara 
(avv.ti De Matteis, Ledda e Irti). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o 
no -Edilizia popolare ed economica -Piano edilizia popolare -Appro� 
vazione � Impugnabilit� immediata -Censure proposte in sede di 
ricorso contro occupazione delle aree � Inammissibilit�. 

Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza � Decreto di 
occupazione � Contenuto � Prefissione dei termini per l'espropriazione � 
Non occorre. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 875 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -E�lilizia po


polare ed economica -Occupazione di area vincolata dal p.e.e.p. -� 

atto dovuto -Scelta dell'area -Discrezionalit� del Prefetto -Esclu


sione. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Indennit� Omessa 
indicazione nel decreto di occupazione -Irrilevanza. 

Il decreto col quale il Provveditore alle opere pubbliche o il Ministro 
per i lavori pubblici approva il piano delle zone da destinare alla 
edilizia economica e popolare � autonomamente impugnabile rispetto al 
provvedimento prefettizio di occupazione degli immobili, in quanto immediatamente 
lesivo di posizioni soggettive; pertanto, sono inammissibili 
le censure contro il predetto piano ed i suoi presupposti dedotte in sede 
di impugnativa del decreto prefetti7io di occupazione delle aree (1). 

Il provvedimento di occupazione di immobili (nella specie, compresi 
nel piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare) non 
contiene alcuna valutazione sulla pubblica utilit� dell'opera, ma ha come 
suo presupposto la declaratoria, espressa o implicita, di indifferibilit� ed 
urgenza dei lavori da compiere; pertanto, tale provvedimento non deve 
contenere la prefi,ssione dei termini per la successiva espropriazione (2). 

Nell'ambito dell'area vincolata dal piano per l'edilizia economica e 
popolare, rispetto alla scelta dei beni da espropriare (impugnabile ex se), 
il provvedimento di occupazione d'urgenza, preordinato all'espropriazione, 
si presenta come atto dovuto; pertanto, in sede di emanazione di tale 
provvedimento, il Prefetto non ha alcuna discrezionalit� nell'individuazione 
dei beni da sottoporre ad occupazione. 

� legittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza di un immobile 
che non contenga la determinazione dell'indennit�, potendo questa 
essere dete1�minata successivamente (3). 

(1-3) Cfr. IV Sez. 21 aprile 1970 n. 308, in Il Consiglio di Stato 1970, 
I, 609, fra le tante, IV Sez. 13 giugno 1972 n. 521, ivi, 1972, I, 914. Cfr. 
IV Sez. 19 dicembre 1972 n. 1283 e 24 maggio 1970 n. 209, ivi, 1972, I, 
2154; 1970, I, 411. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 maggio 1975, n. 173 -Pres. Daniele Est. 
Dato -Berardelli (avv.ti Tonna ed Inglese) c. Istituto postelefrafonici 
(avv. Stato Onufrio). 

Impiego pubblico -Norme applicabili -Statuto dei lavoratori -Applicazione 
limitata -Ratio; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

876 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� � Misura � Riferimento 
alle qualifiche formali � Funzioni superiori � Irrilevanza -Ratio. 

L'art. 37 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), nel 
prevedere che le disposizioni della legge stessa si � applicano altres� ai 
rapporti d'imp{ego dei dipendenti degli altri Enti pubblici, salvo che la 
materia sia diversamente regolata da� norme speciali�, pone un'eccezione 
all'applicabilit� dezla legge non per fare ai dipendenti degli �altri 
Enti pub~lici � un trattamento deteriore rispetto a quello degli altri lavoratori, 
ma in considerazione del fatto che gli istituti che presiedono al 
rapporto del pubblico impiego offrono indubbiamente maggiori garanzie 
e pi� efficace tutela che non il rapporto di lavoro privato (1). 

In materia di pubblico impiego il trattamento economico � ancorato 
alle qualifiche formali, poich� � interesse pubblico che tale trattamento 
sia destinato solo a coloro ai quali siano conferite le qualifiche con la 
garanzia prevista dalle leggi o dalle altre norme che disciplinano la materia; 
� evidente, infatti, che se l'Amministrazione potesse, con l'assegnazione 
a funzioni superiori di un suo dipendente, attribuirgli per questo 
solo fatto il trattamento economico della qualifica superiore, ne resterebbero 
violati i diritti degli altri dipendenti e i principt di limitazione 
delle spese e degli organici, con vanificazione della funzione dell'Amministrazione 
vigilante (2). 

(1-2) In tal senso la giurisprudenza � costante; v. di recente Cass., 
in questljl Rassegna 1974, I. 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2007 -Pres. leardi 
-Est. Valore -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Soc. Elicotteri Meridionali (avv. Elefante). 

Imposta sulJe societ� . Esenzione per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
� Costituzione di societ� operante nel territorio del Mezzogiorno 
. ma con sede legale al di fuori � Compete. 

(I. 26 giugno 1965, n. 717, art. 14). 
L'agevolazione dell'art. 14 della legge 26 giugno 1965, n. 717, si 
applica alle societd che si costituiscono con sede nel territorio del Mezzogiorno, 
intendendo per �sede� la sede operativa (stabilimento) e non 
la sede legale che pu� anche trovarsi al di fuori del territorio agevolato 
(1). 

(Omissis). -Ci� premesso, va per� rilevato che, anche se tempestivo, 
il ricorso dell'Amministrazione non ha fondamento. 

Con esso si deduce la violazione del citato art. 14 della legge n. 717 
del 1965, lamentando che la decisione impugnata avrebbe erroneamente 
accordato l'esenzione dell'imposta sulla societ� alla Elicotteri Meridionali, 
pur non avendo questa, al momento di entrata in vigore della legge 
suddetta, la sede nei territori agevolati, ma in Roma (sede che fu spostata 
a Frosinone, ove sorse lo stabilimento solo nel dicembre 1965). 

(1) La decisione non pu� essere condivisa. La norma � del tutto 
univoca nel collegare l'agevolazione, oltre allo scopo della realizzazione 
di nuove iniziative produttive, alla costituzione con sede nel territorio del 
mezzogiorno; e la sede ove la societ� si costituisce non rpu� essere che 
la sede legale, giacch� in questo momento non esistono (o� possono non 
esistere) le sedi operative che possono essere molteplici. L'agevolazione in 
esame non riguarda la singola installazione produttiva, che pu� essere 
oggettivamente individuata e delimitata; ma il soggetto unitariamente 
considerato; l'imposta sulle societ�, che � riferita ad un bilancio unico e 
investe il soggetto nella sua totalit�, non pu� non esigere ai fini della 
esenzione che la sede legale (anch'essa rilevante ai fini della rinascita 
del Mezzogiorno) sia ubicata nel Mezzogiorno. Peraltro i presupposti della 
esenzione vanno ricercati essenzialmente nell'atto costitutivo, s� che la 
verifica ex post (non sempre agevole) dello svolgimento dell'attivit� produttiva 
nell'ambito del Mezzogiorno non pu� bastare ad assicurare lo 
scopo della legge di legare indissolubilmente al � fattore territorio � tutta 
la struttura e la produttivit� della societ�. 
7 



878 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Secondo la ricorrente infatti, la norma suddetta porrebbe come condizione 
inderogabile per la concessione del beneficio, che la sede legale 
si trovasse gi� nei territori agevolati, a nulla rilevando la sussistenza 
di tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge medesima. 

Dispone testualmente il citato art. 14: �Le societ� che si costituiscono 
con sede nei territori indicati all'art. 3 della legge 10 agosto 1950, 

n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni, per la realizzazione 
di nuove iniziative produttive nei territori stessi, sono esenti, per 10 anni 
dalla loro costituzione, dalla imposta sulle societ� di cui al Titolo VII 
del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645 >>. 
�Per le societ� gi� costituite o aventi sede nei predetti territori 
ed aventi le finalit�. indicate nel precedente comma, l'esenzione si applica 
per i soli anni del decennio dalla Costituzione successivi al 31 dicembre 
dell'anno di entrata in vigore della presente legge�. 

Orbe�ne questa Corte � d'avviso che, pur attraverso la assai poco 
felice formulazione del secondo comma dell'articolo in questione, sia 
agevolmente desumibile la ratio legis. 

La tesi della ricorrente, secondo cui la norma in esame sarebbe 
dettata per venire incontro anche a quelle societ� che, precedentemente 
costituite al di fuori dei territori agevolati, avessero spostato la loro 
sede legale nei territori stessi anteriormente alla entrata in vigore della 
legge n. 717 del 1965, � palesemente inaccoglibile, sia perch� non trova 
fondamento alcuno nel testo della legge medesima, sia perch�, ,se l'intento 
del legislatore fosse stato quello indicato dalla ricorrente, la formulazione 
sarebbe stata diversa. 

La formulazione della norma -che pone indubbiamente una alternativa 
-trova logica spiegazione se si� attribuisce al termine � sede � 
non il significato di �sede legale� ma di sede operativa, di centro in 
cui la societ� esplica la sua attivit�, di luogo in cui vengono realizzate 
le nuove iniziative produttive (stabilimento). 

Secondo tale int~rpretazione il beneficio va accordato sia alle societ� 
� gi� costituite ..... nei predetti territori� (e, si intende, aventi 
sede nei medesimi), sia alle societ� �aventi sede� in detti territori 
(anche se costituite altrove). 

Cos� interpretata, peraltro, la _norma in esame ben si inquadra nel 
sistema. Infatti, se � vero che, come afferma la ricorrente, quello della 
�sede� nei territori indicati � un requisito fondamentale ed indeclinabile 
di tutte�le agevolazioni attribuite in favore dell'industrializzazione 
del Mezzogiorno, non solo di carattere fiscale, ma anche tutte quelle 
incentive all'industrializzazione, � altres� innegabile che, dall'esame delle 
varie norme che sanciscono le provvidenze adottate dal legislatore al 
fine di avviare a soluzione il problema del Mezzogiorno -e cio� del 
massiccio esodo di cospicue forze lavorative dalle zone economicamente 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

pi� deboli ed arretrate del Sud verso quelle pi� ricche e progredite del 
Nord o di altri Paesi stranieri -appare evidente che i benefici fiscali 
sono indissolubilmente legati al fattore �territorio�, nel senso che soltanto 
allora possono trovare applicazione quando risulta con assoluta 
certezza che la societ� che li invoca e che viene ammessa, opera nell'ambito 
territoriale tassativamente delimitato dalla legge, e cio� esplica 
in questo tutta intera la sua attivit� industriale, ivi realizzando in tal 
modo gli scopi sociali ed economici a tale attivit� connessi. 

Se, pertanto -'come pone in evidenza la resistente (e la Ammi~
istrazione non contesta) -esistevano tutti gli altri requisiti prescritti 
dalla legge, e cio� che la societ� si era costituita al solo scopo di impiantare 
uno stabilimento per la costruzione, riparazione e commercio 
di elicotteri sul territorio dell'Italia meridionale compreso nelle leggi 
agevolatrici, se risulta che detta societ� ha iniziato, fin dal 1963, a 
costruire in Frosinone detto stabilimento -(inaugurato poi nel 1967), che 
non gestisce altre attivit� e che ha gi� fruito degli altri benefici creditizi 
e fiscali previsti dalle varie leggi; se, cio�, la societ� medesima ha sempre 
operato ed opera esclusivamente nei territori suddetti, la decisione 
della Commissione centrale che ha riconosciuto il diritto all'agevoiazione, 
non appare censurabile, nessun rilievo potendo attribuirsi al fatto che 
la sede legale della societ� sia stata spostata da Roma a Frosinone pochi 
mesi dopo l'entrata in vigore della citata legge del 1965. 

� appena il caso di accennare, infine che, in aderenza a quanto 
disposto dal secondo comma del citato art. 14, l'esenzione dall'imposta 
per 10 anni � stata riconosciuta dal 1� gennaio 1966 al marzo 1973, e 
cio� per gli anni residui dal decennio dalla costituzione (11 marzo 1963) 
successivi al 31 dicembre 1965, quando cio� la sede legale della societ� 
era stata gi� trasferita a Frosinone. Talch� appare evidente come, anche 
ad adottare una diversa interpre,tazione della norma in questione, in 
nessun caso il beneficio, entro questi limiti, potesse essere negato. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2040 -Pres. Rossi 
-Est. Giuliano -P. M. Mililotti (conf.) -Casassa c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Tarin). 

Imposte e tasse in genere � Imposte dirette � Azione in sede ordinaria . 
Precedente decisione di commissione � Duplicazione dei ruoli . � necessaria. 
, 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645; art. 188),, 
Il divieto di adire il giudice ordinario prima della decisione definitiva 
della Commissione almeno in un grado, posto per le imposte 


880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dirette dall'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, ha valore generale 
per tutte le controversie ed anche per quelle che concernono duplicazione 
di iscrizione nei ruoli (1). 

(1) Decisione esattissima che riconferma l'orientaD)ento rigoristico, 
recentemente ribadito (Cass. 21 ottobre 1974 n. 2970, in questa Rassegna, 
1974, I, 1456 e precedenti ivi richiamati) per l'esclusione sotto ogni forma 
della proponibilit� immediata in sede ordinaria di qualunque domanda 
concernente il debito di imposta. 
Solo quando il diritto al rimborso sia stato riconosciuto dalla Amministrazione 
o definitivamente accertato con giudicato, la domanda (soggetta 
solo ai limiti temporali della prescrizione ordinaria; art. 8 legge 28 
ottobre 1970 n. 801), non da luogo a una controversia di imposta (Cass. 
11 giugno 1971, n. 1741, ivi, 1971, I, 1153). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2042 -Pres. Mirabelli 
-Est. Falletti -P. M. Minetti (conf.) -Pastore c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di successione � Testamento nullo � Sentenza pronunciata in con� 
traddittorio della Finanza � Necessit� inderogabile � Dichiarazione di 
falsit� di testamento contenuta in giudicato penale � Inopponibilit� 
alla Finanza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 6). 
Il principio fissato nell'art. 6 della legge sulle successioni della inopponibilit� 
alla Finanza della sentenza di annullamento di testamento 
non pronunziata in contraddittorio di essa � di generale applicazione e 
opera anche riguardo al giud,icato penale; in tal caso � sempre possibile 
far dichiarare ex .novo la falsit� del ~estamento in contraddittorio della 
Finanza, non essendo necessario il simultaneus processus (1). 

(1) Decisione di evidente esattezza. Sulla inderogabilit� della norma 
dell'art. 6 della legge sulle successioni v. Cass. 8 aprile 1965, n. 613, in 
questa Rassegna 1965, I, 388; sulla non necessit� del �simultaneus proce.
ssus 9 novembre 1965, n. 2343 (ivi, 1292). 
Per l'analoga regola dell'inopponibilit� del giudicato in caso di evizione 
o spoglio v. Cass. 7 settembre 1970, n. 1243 (ivi, 1970, I, 863). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

881 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2044 -Pres. Rossi Est. 
Santosuosso -P. M. Secco (conf.) -INAM (avv. Capaccioli) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Greco). 

Imposta di bollo � I.N.A.M. � Atti relativi a controversie riguardanti l'Isti� 

tuto � Esenzione limitata alle liti c.d. � previdenziali � � Azione di sur


roga ex art. 1916 e.e. � Esclusione. 

(r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 109, 122 e 123; e.e. art. 1916). 
L'esenzione dall'imposta di bollo in favore deH'INAM prevista nell'art. 
122 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827 concerne non tutti gli atti 
che interessano l'Istituto ma solo determinate categorie di atti di contenuto 
negoziale, mentre l'altra esenzione regolata n�ll'art. 109 riguarda 
gli atti processuali relativi alle controversie c.d. �previdenziali � fra le 
quali non rientrano le azioni di surroga ex art. 1916 e.e. che sono soggette 
al normale regime tributario (1). 

(Omissis). -L'I.N.A.M., premesso che, in un quadro normativo di 
generale agevolazione fiscale di cui godono gli istituti previdenziali, non 
� concepibile che siano stati espunti solo alcuni degli atti processuali 
posti in essere da detti istituti, ripropone in questa sede la tesi dell'applicazione 
dei benefici a tutti gli atti processuali, attraverso due soluzioni 
ermeneutiche, che formano rispettivamente oggetto del primo e del 
secondo motivo di ricorso; a) interpretare, cio�, l'art. 122 del r.d. 4 ottobre 
1935, n. 1827, nel senso che qualsiasi giudizio promosso dall'ente 
previdenziale � inteso a realizzare i suoi fini istituzionali, ed in particolare 
l'azione di surroga ex art. 1916 cod. civ., che � appunto ordinata 
alla realizzazione di una entrata; b) subordinatamente interpretare l'art. 
109, dello stesso r.d. in modo comprensivo di tutte le controversie che 
comunque servono all'Istituto per il conseg�imento dei suoi fini. 

L'esame della questione, che superi le prime impressioni, conduce 
al rigetto della tesi prospettata dall'Istituto ricorrente. 

Vanno anzitutto avanzate serie riserve sulla premessa di fondo da 
cui parte il ricorrente, non essendo pacifico che gli istituti previdenziali 
godano di una generale agevolazione fiscale. Basti considerare, in 
proposito, che il citato articolo 122, anzich� contenere una chiara formula 
omnicomprensiva, non solo elenca minutamente determinati atti ai quali 
pu� riconoscersi il beneficio, ma, anche quando fa riferimento generico 
ad altri atti, specifica due condizioni che devono ricorrere perch� ad essi 
si estenda l'agevolazione fiscale. Parimenti, l'altra norma in discussione 
(l'art. 109) contiene l'esplicita limitazione del beneficio agli atti ed ai 
provvedimenti relativi alle liti c.d. �previdenziali�, quelle cio� previste 
dal titolo quinto della legge medesima. 

(1) Decisione esatta di ineccepibile motivazione. 

882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Una norma analoga a quest'ultima � stabilita dall'art. 364, n. 4, 

cod. proc. civ. a proposito dell'esonero degli istituti previdenziali dal


l'obbligo del deposito per il caso di soccombenza. Per quanto, come � 

noto, questo onere non abbia carattere fiscale, il fatto che l'esonero da 

tale obbligo sia limitato alle controversie strettamente previdenziali, in 

forza del principio inclusio unius, esclusio alterius, sta a confermare la 

tendenza legislativa a previlegiare soltanto l'attivit� che abbia un de


terminato oggetto (sia essa compiuta dall'istituto o dal privato), e non 

anche qualsiasi attivit� dell'istituto, sia pure condicente indirettamente 

alla realizzazione degli stessi fini. 

Svincolati, quindi, dalla suggestiqne della premessa fatta dal ricor


rente, pu� affermarsi che dall'indagine condotta sulla specifica normativa 

della questione in esame emergono argomenti che fanno ritenere pi� 

attendibile la conclusione, secondo cui non sono esenti dalle tasse �l.i 

bollo gli atti relativi ai giudizi non qualificabili strettamente previ


denziali. , 

Ed invero, tali atti, processuali non possono anzitutto ritenersi com


presi nell'ambito dell'art. 122 cit., per queste considerazioni: a) l'elenco 

degli atti, documenti e contratti in esso contenuto � formulato in modo 

da essere piuttosto inteso con riferimento esclusivo agli atti negoziali; 

b) tanto pi� che la norma, inserita in un titolo diverso da quello ri


guardante �ricorsi e controversie�, esige oltre alla condizione che gli 

atti occorrano al raggiungimento dei fini dell'istituto,' anche la concor


renza di un'altra condizione, e cio� che essi siano espressione della 

�attivit� propria� dell'istituto; e) non pu� riconoscersi all'art. 122 una 

portata generale poich� la stessa norma, all'ultimo comma, rinvia alle 

esenzioni fiscali previste da altre leggi riguardanti le .assicurazioni so


ciali; d) la legge sul bollo (oggi d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492) distin


gue nettamente tra �atti civili � (n. 1 a 35 della tariffa), � atti ammi


nistrativi � (nn. 36 a 42) e � atti avanti gli organi giurisdizionali � 

(mi. 43 a 47); e) se nell'agevolazione tributaria prevista dall'art. 122 

fossero compresi' anche tutti gli atti processuali per qualsiasi lite riguar


dante l'istituto, non si spiegherebbe perch� la stessa legge abbia ritenuto 

necessario introdurre la norma dell'art. 109; contenente la stessa agevo,
lazione, ma limitatamente ad un particolare tipo di lite. 

N� si dica che quest'ultima norma sarebbe giustificata dall'esigenza 

di estendere l'agevolazione al prtvato, poich� anche l'art. 122 dichia;ra 

esenti da tasse gli atti occorrenti tanto all'Istituto � quanto ai privati 

per realizzare i benefici ad essi spettanti in base alle assicurazioni ge


stite, dall'Istituto �. 

Una conferma decisiva, alla conclusione che il legislatore non abbia 

voluto esentare dalle tasse giudiziarie .tutte le controversie in cui sono 

parti gli istituti previdenziali, sl. trae dalla considerazione che la stessa 

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..,..,..,,~~ 



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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

legge prevede, al successivo art. 123, che l'istit~to � ammesso al gratuito 
patrocinio, quando a suo favore concorra il fmnus boni iuris. Tale facolt�, 
invero,' � stata prevista, non tanto per offrire una difesa gratuita 
(posto che il secondo comma del citato articolo autorizza l'Istituto a 
servirsi del suo difensore, non officioso), quanto sopratutto per l'annotazione 
a debito delle tasse giudiziarie; e ci� ovviamente per quelle liti 
che esulano dalla disposizione di esenzione dalle tasse medesime, ex 
art. 109. 

Tale argomento vale anche per ritenere infondata la tesi, secondo 
cui l'esenzione delle tasse giudiziarie per tutte le liti riguardanti l'Istituto 
troverebbero la sua giustificazione normativa nell'art. 109 dello 
stesso r.d. n. 1827/1935. Questa norma del resto fa esplicito riferimento 
ai ricorsi ed alle controversie previste dal titolo quinto, e cio� alle liti 
strettamente previdenziali. 

Resta infine da escludere che fra queste ultime controversie possa 
annoverarsi anche quella cui d� luogo l'azione di surroga o di rivalsa 
esercitata dall'Istituto assicuratore nei confronti del terzo responsabile. 
� stato infatti gi� ritenuto da questa Corte che, anche in tema di assicurazioni 
sociali, la surrogazione legale dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato 
verso il terzo responsabile attua una forma di successione 
a titolo particolare in un diritto che non deriva dal contratto di assicurazione, 
al quale il responsabile � del tutto estraneo (sent. 370/67; 
1065/65; 918/63; 1596/61). 

L'interpretazione delle menzionate norme non dissipa certo qualsiasi 
motivo di perplessit� sulla congruenza del sistema; ma essa fa indubbiamente 
propendere per la soluzione negativa alla tesi dell'Istituto; 
conclusion~ che va ancor pi� seguita per il rigore ermeneutico che si 
impone nell'applicazione di norme in tema di benefici tributari. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2339 -Pres. Rosst Est. 
La Torre -P. M. Serio (conf.) -Tarabbo (avv. Rosati) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di successione -Presunzion� per mobili denaro e gioielli -Prova 
contraria -Presunzioni semplici fondate su fatti emergenti da documenti 
appartenenti ai tipi tassativamente indicati dalla legge -AmInissibilit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). 
Per vincere la presunzione di esistenza di mobili denaro e gioielli 
di cui all'art. 31 della legge sulle successioni � bens� necessario un atto 
del tipo di quem elencati nel secondo comma della stessa norma, ma 


884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questo, ove non fornisca la p1�ova diretta di un ammontare diverso da 
quello calcolato percentu~lmente, pu� essere integrato anche con presunzioni 
che in via derivativa dimostrino la certezza dell'esistenza di 
quel valore (applicazione all'ipotesi di una operazione di sconto, dichiarata 
dalla parte, conclusa pochissimo tempo p1�ima della morte dell'autore 
della successione) (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, gli eredi 
Tarabbo denunziano violazione ed errata applicazione dell'art. 31 r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3270, in materia di imposta di successione, e dell'art. 
2729 e 2697 e.e. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. 

La Corte di merito -essi deducono -ha ritenuto in tesi, che 
l'art. 31 della citata legge tributaria sulle successioni abbia posto in via 
suppletiva e sussidiaria, per favorire il fisco in ordine a determinati 
cespiti mobiliari, una presunzione iuris tantum, vincibile con prova contraria, 
non esclusa la presunzione semplice, e tale presunzione ha poi 
desunto, nella ipotesi, dal brevissimo lasso di tempo intercorso fra il 
compimento dell'operazione bancaria ed il decesso del Corinzio Tarabbo, 
tale da far ritenere che il netto ricavo della operazione non potesse non 
trovarsi nel patrimonio relitto dal de cuius. Ma -essi oppongono -� 
in primo luogo errato che la presunzione sia dettata unicamente in favore 
del fisco, laddove essa pu� essere invocata anche dal contribuente. 
E poi si tratta di una presunzione vincibile solo nei modi previsti dalla 
stessa norma, che testualmente si riferisce a ben determinati �atti o 
documenti .... che nel caso non esistono�. Sicch� a loro avviso, una volta 
dimostrata l'esistenza del debito, sarebbe gravato sull'Amministrazione 
l'onere di provare �la sussistenza del netto ricavo o delle attivit� corrispondenti
�. 

Il ricorso non pu� essere accolto, perch� la sentenza impugnata, malgrado 
l'erroneit� in dirittO di alcune argomentazioni in essa svolte, � 
per� corretta nel dispositivo, che quindi, una volta emendata la motivazione 
ai sensi dell'art. 384 comma seeondo c.p.c., deve rimanere fermo. 

L'art. 31 della legge tributaria sulle successioni del 1923, fissata 
come regola generale, nel primo comma, la presunzione di esistenza nel


(1) Non constano precedenti specifici. Sul princ1p10 affermato, si 
deve osservare che ben difficilmente pu� configurarsi l'ipotesi di una 
integrazione della prova documentale quando si voglia dimostrare un valore 
inferiore a quello percentualmente presunto, giacch� dagli inventari 
deve necessariamente risultare la prova diretta e completa; al contrario 
per la dimostrazione di un valore superiore, da atti o dichiarazioni delle 
parti possono emergere fatti che � attraverso una ulteriore valutazione 
logica derivativa � consentano di raggiungere una prova piena. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

l'asse ereditario di una certa quantit� di determinati cespiti, fra cui il 
denaro, stabilisce poi, al terzo comma, che �al cennato criterio presuntivo 
non si ricorre solamente quando da inventari� di determinati tipi 
�risulti un valore minore o, anche la inesistenza assoluta� dei cespiti 
mobiliari in parola, ovvero (quando) dagli stessi inventari o da atti o 
dichiarazioni delle parti risulti' un valore superiore�. Aggiunge, infine, 
al quarto comma che �in tali casi si ha riguardo al valore quale risulta 
da detti documenti�. 

La interpretazione delle ricorda<te disposizioni, avuto riguardo alla 
loro letteralit� ed alla loro sistematica, evidenziata anclae dalla sequenza 
della collocazione, induce a ritenere, da un lato, che la presunzione di 
esistenza dei cespiti � la regola, dettata non tanto in favore dell'una o 
dell'altra parte del rapporto tributario, quanto al fine di consentire ia 
standardizzata tassazione di determinati cespiti, altrimenti difficilmente 
accertabili nel �se� e nel �quanto�, a prescindere dalla eventualmente 
diversa realt� presente nell'asse; dall'altro, che tale regola subisce deroga 
unicamente nei casi tassativamente ( � soltanto quando .... � recita 
infatti la norma) fissati, e ci� peraltro in favore tanto del fisco, e quindi 
con lq. possibilit� dello accertamento di un valore reale superiore a 
quello determinabile presuntivamente, quanto del contribuente, e quindi 
con la possibilit� dell'accertamento di un valore reale inferiore. 

Il punto modale da chiarire, ai fini della decisione della causa, � 
quale siano i �casi� in cui la deroga � consentita. 

La legge come si � detto, si eprime nel senso che la presunzione 
� vinta � solamente quando � dai documenti menzionati � risulti � un 
valore reale diverso, maggiore o minore che sia. 

Ora � certo, per la rilevata tassativit�, della previsione normativa, 
che la presunzione non ammette prove contrarie diverse da quelle menzionate, 
onde rimangono escluse sia la generale riferibilit� ai mezzi di 
prova ammessi dal diritto comune, sia in particolare, l'indiscriminato 
ricorso alla presunzione semplice, affertn~ti, invece, dalla sentenza impugnata. 


Rimane il problema se nel pretendere che il diverso valore reale dei 
cespiti � risulti � dai documenti tipicamente stabiliti, la norma abbia 
riguardo soltanto ai casi in cui questi ne offrano la prova diretta, o si 
riferisca, invece, anche all'ipotesi in cui dal documento emergano direttamente
� fatti e circostanze, da cui sia possibile desumere, attraverso 
una ulteriore valutazione logica derivativa, la certezza della esistenza di 
quel valore. 

L'alternativa va risolta nel secondo senso, sia perch�, sul piano letterale, 
la formula verbale usata � idonea ad esprimere una �risultanza � 
tanto storica, quanto logica; sia perch� il fine di certezza -circa l'esistenza 
nell'asse di un valore reale diverso da quello presunto -dalla 


886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma perseguito, nell'interesse, ripetesi, dell'una e dell'altr~ parte del 
rapporto tributario, � sufficientemente garantito dall'ancoramento tassativo 
della valutazione presuntiva a fatti e circostanze, la verit� storica 
dei quali sia acquisita attraverso le fonti probatorie selezionate, di cui 
la norma ammette la rilevanza fidefacente. 

Sicch� il. principio di diritto, cui la soluzione della causa deve ispirarsi, 
va precisato nel senso che, a termini dell'art. 31 r.d. 10 dicembre 
1923, n. 3270, la presunzione legale -circa la presenza nell'asse ereditario, 
di una certa misura percentuale del suo valore netto, di determinati 
cespiti, fra cui il denaro, pu� essere vinta anche mediante presunzioni 
semplici, purch� fondate su fatti e circostanze, la cui certezza emerga 
da documenti, appartenenti ai tipi tassativamente indicati nella legge: in 
particolare, per quanto concerne la (prova della) esistenza di un valore 
maggiore, da inventari, redatti nei casi e nei modi prescritti, o �da atti 

o dichiarazioni delle parti�. 
Nella specie la Corte di merito, pur richiamandosi, in principio, a 
diversi, ed erronei criteri giuridici, ha per� tratto, in concreto, il proprio 
convincimento -circa l'esistenza nel patrimonio de de cuius, al 
momento d~lla di lui morte, della somma di denaro assoggettata ad 
imposta -da presunzioni fondate, con argomentazioni logiche congrue 
e comunque non assoggettate, di per s�, a critica in questa sede, sopra 
fatti e circostanze --:-quali la data della effettuazione della operazione 
di sconto� e quella della morte -direttamente emergenti dalle stesse 
dichiarazioni degli eredi. 

. Pertanto, precisatane la motivazione nel senso indicato, la sentenza 
impugnata si sottrae a censura. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1975, n. 2366 -Pres. leardi Est. 
Pascasio -P. M. Martinelli -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Salto) c. Candiani. 

Imposte e tasse in genere ~ Procedimento innanzi alle Commissioni -Applicabilit� 
delle norme del processo civile -Mezzi istruttori -Contraddittorio 
" Necessit�. 

(r.d: 8 luglio 1937, n. 1516, art. 27 e 41; c.p,c., art. 101 e 258). 
Innanzi alle Commissioni tributarie, sia del vecchio ordinamento che 
di quello vigente, vanno osservate le norme del processo civile che non 
siano espressamente escluse o strutturalmente incompatibili, e particolarmente 
quelle inerenti al contraddittorio; � pertanto illegittima l'as-� 
sunzione di mezzi di prova (nella specie sopraluogo e accertamento 
tecnico) che non sia stata preceduta da ordinanza, indicante il tempo 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 887 

il luogo e il modo dell'incombente, comunicata tempestivamente alle 
parti (1). 

(Omissis). -Con i due motivi del ricorso, denunciando la violazione 
degli artt. 27, 41 e 42 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516; lOil e '258 

c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., <si lamenta che la Commissione 
abbia disposto ed eseguito il sopraluogo e l'accertamento tecnico 
senza un provvedimento formale e senza il contraddittorio dell'Amministrazione; 
che la decisione difetta completamente di motivazione, essendosi 
limitata a fare un semplice e generico riferimento alla relazione di 
stima.� 
Tali censure sono entrambe fondate. 

Innanzi' le commissioni tributarie, per l'affermata loro natura di 
organi giurisdizionali, trovavano e trovano \lPPlicazione sia in base alle 
nprme vigenti al tempo in cui venne emanata la decisione impugnata, sia 
in virt� delle norme attualmente vigenti (r.d. del 1937 cit.; d.P.R. 26 
ott. 1972, n. 636, art. 39), le disposizioni del codice di procedura civile: 
allora per applicazione analogica, ora per espresso richiamo, sia pure 
con talune, del pari espresse esclusioni, e sempre che non siano incompatibili 
con la struttura di tali procedimenti. 

Pertanto, al processo tributario in esame, in cui, per l'estensione ai 
giudizi di appello, fatta dall'art. 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, del 
procedimento stabilito dall'art. 27 dello stesso r.d. per i giudizi di primo 
grado, l'esecuzione del sopraluogo e della stima doveva essere disposta 
dalla Commissione con provvedimento che, ai sensi delle norm� processuali 
comuni ed in particolare della norma dell'art. 258 c.p.c., doveva 
assumere la forma dell'ordinanza indicante il tempo, il luogo ed il modo 
dell'incombente: ordinanza che avrebbe dovuto essere comunicata tempestivamente 
alle parti tutte per salvaguardare il principio del contradittorio 
statuito dall'art. 101 c.p.c., senza l'osservanza del quale il giudice 
non pu� statuire sulle domande delle parti. 

La Co:rp.missione provinciale invece, avendo proceduto .all'ispezione 
senza alcuna formalit� e senza mettere in grado l'Amministrazione di 
assistere all'espletamento del mezzo istruttorio, ha violato le norme ed 
i principi anzidetti, per cui il procedimento valutativo risulta illegittimo 
e la decisione emanata a seguito del medesimo deve essere cassata. 


(Omissis). 

(1) Decisione di evidente esattezza. Sull'applicabilit� delle regole del 
rito civile al procedimento innanzi alle Commissioni e in particolare 
sul rispetto, in altre ipotesi, del principio del contraddittorio cfr. Cass. 10 
novembre 1971, n. 3199 e 15 dicembre 1971, n. 3650 (Riv. leg. fisc., 1972, 
1243 e 1552) nonch� 20 gennaio 1972, n. 148 (in questa Rassegna 1972, 
I, 290). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 giugno 1975, n. 2408 -Pres. 
Caporaso -Est. Mazzacane -P. M. Pedace (conf.) -Soc. Linee Adriatico-
Oceaniche (avv. Asquini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Galleani). 

Imposte e tasse in genere � Solidariet� � Decadenza � Notifica di decisioni 
della Commissione centrale nel termine di tre mesi � Adempimento 
verso uno dei coobbligati � Comunicazione degli effetti ad altri coob� 
bligati � Si produce. 

(e.e. art. 1310 e.e.). 
Imposta di registro � Agevolazione per il fondo di rotazione per il territorio 
di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 � Estensione 
all'accollo del mutuo e alla fideiussione . Esclusione. 

(I. 18 ottobre 1955, n. 908, art. 6). 
Quando l'Amministrazione abbia impedito la decadenza nei confronti 
di uno degli obbligati in solido compiendo tempestivamente l'atto richiesto 
(nella specie notifica della decisione della Commissione centrale 
entro tre mesi dal ricevimento ai fini della successiva proposizione della 
domanda in sede ordinaria a norma dell'art. 34 della legge 8 giugno 
1936, n. 1231), gli effetti, come per l'interruzione della prescrizione, 
si comunicano ai condebitori solidali a norma dell'art. 1310 e.e. {1). 

L'agevolazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908, sul 
fondo di rotazione per iniziattve economiche nel territorio di Trieste � 
limitata alle operazioni di finanziamento e quindi non estensibile n� all'accollo 
del mutuo gi� concesso n� alla fideiussione prestata da terzi (2). 

(Omissis). -Sub a, e sub b. Va premesso che -contrariamente 
a quanto ritiene l'Amministrazione Finanziaria -la disposizione dell'art. 
34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, che fa obbligo all'ufficio 
finanziario di notificare al contribuente, entro tre mesi dal giorno in cui 

(1-2) Conformi, sulla questione di merito, sono le altre sentenze in 
pari data n. 2407, 2415 e 2416. 

La prima massima, pur con motivazione assai succinta, affronta una 
questione assai dibattuta in dottrina, non soltanto in materia tributaria. 
Le applicazioni del principio possono essere di grande ampiezza. 

La seconda massima risolve autorevolmente il contrasto tra le pronunzie 
della 1 � Sezione 15 febbraio 1973 n. 478 e 12 maggio 1973, n. 1302 
(in questa Rassegna, 1973, I, 449 e 745). 

Le Sezioni Unite hanno aderito alla tesi accolta con la prima decisione 
che, con motivazione ben pi� rigorosa della seconda, aveva escluso 
l'estensione dell'agevolazione. La pronuncia ora intervenuta � importante 
non solo per la risoluzione dello specifico problema, non anche perch� 
si inserisce nella serie recentissima delle pronunzie che, rimeditando la 
questione della c.d. connessione di mezzo al fine, hanno dettato pi� razionali 
e restrittivi criteri di interpretazione delle norme di agevolazione 

(10 maggio 1974, n. 1345, ivi, 1974, I, 997; 5 settembre 1974, n. 2419, ivi, 

I 

I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 889 

gli sono pervenute, le deliberazioni della Commissione centrale in ma


teria di imposte dirette, a pena di decadenza dal diritto di impugna


zione, deve intendersi applicabile -per effetto della disposizione di cui 

all'art. 31, quarto �omma del r.d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che ha 

esteso alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni 

tutte le norme gi� in vigore per il procedimento davanti le commissioni 

tributarie delle imposte dirette -anche alle deliberazioni della Com


missione centrale in materia di imposte di trasferimento dei beni (v. 

Cass. 7 aprile 1972, n. 1041). 

Ci� posto deve rilevarsi: 1) quanto alla societ� LAO l'atto di cita


zione fu� ad essa notificato in persona del suo legale rappresentante 

ing. Giacomelli, il 18 maggio 1964, e quindi entro il prescritto termine 

di tre mesi dalla data (28 marzo 1968) in cui la decisione della Com


missione Centrale era pervenuta all'ufficio del Registro. La circostanza 

che, nell'atto di citazione, fu erroneamente indicato, quale rappresen


tante dell'ente, l'ing. Giacomelli, all'epoca gi� defunto, non � rilevante 

poich� l'errata indicazione della persona fisica, che rappresenta una per


sona giuridica non � causa di nullit� della citazione se la persona giu


ridica sia stata esattamente denominata e individuata in modo che nes


suna incertezza possa sorg_ere in ordine ad essa (Cass. n. 2000/66; 

n. 1075/66). Nella specie la citazione fu notificata nella sede legale 
della societ�, denominata ed individuata con precisione, senza possi. 
bilit� di dubbi sulla identificazione dell'ente rappresentato. Pertanto la 
circostanza che I'Amministrazione abbia ritenuto opportuno, per scrupolo 
difensivo, di rinnovare (il 2 agosto 1968) la notificazione della citazione 
non ha alcun rilievo poich� occorre far riferimento, per stabilire l'evento 
impeditivo della decadenza, alla prima notificazione regolarmente eseguita 
il 18 maggio 1968. 2) Quanto alla Korner Giacomelli � esatto 
che la Corte del merito ha omesso di pronunciare sulla eccezione di 
intempestivit� della domanda dell'Amministrazione nei suoi confronti, 
nonostante che l'eccezione medesima fosse stata esplicitamente proposta 
(comparsa di risposta 20 gennaio 1969; appello incidentale 21 giugno 
1970). Tuttavia l'omissione non � rilevante poich� l'esame della pre


1265; e soprattutto 14 ottobre 1974 n. 2827, ivi, 1438 che ha negato la 
possibilit� di costruire un principio generale di connessione di mezzo al 
fine). Su questo argomento � dunque di grande rilievo l'odierna affermazione 
delle Sezioni unite che l'interpretazione estensiva della norma di 
agevolazione � lecita solo quando il testo della norma per lacunosit� o 
altro non appaia corrispondente all'intento legislativo, ma � vietata quando 
esso ha una portata precettiva ben precisa. Non considerazioni di 
opportunit� economica o di connessione materiale, ma solo la rigorosa interpretazione 
del testo secondo i generali canoni ermeneutici pu� giustificare 
(evidentemente in ipotesi rare) l'estensione della portata della norma 
non chiara.� 



0 

890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

detta eccezione non avrebbe mutato le conciusioni cui � pervenuta la 
decisione impugnata. Invero � accertato, per quanto sopra � stato detto, 
che l'Amministrazione ha compiuto tempestivamente, nei confronti della 
LAI, l'atto soggetto al termine di decadenza e l'impedimento della decadenza 
� un effetto autonomo, immediatamente perfetto, del compimento 
di tale atto. 

Ci� porta a ritenere che l'�mpedimento della decadenza si sia comunicato 
alla Korner, poich� se � esatto che nelle obbligazioni solidali 
� da ravyisare una pluralit� di vincoli, � altrettanto esatto che gli effetti 
desumibili dal gruppo degli artt. 1300-1310 e.e. talvolta si comunicano 
alle parti rispetto alle quali non operano direttamente. Cosi si comunicano 
ai debitori gli atti interruttivi della prescrizione da parte del creditore 
contro uno dei debitori in solido, in virt� della disposizione di 
cui all'art. 1310, primo comma e.e.; e tale disposizione, in deroga all'art. 
2964 � estensibile, per opinione di autorevole dottrina, alla decadenza 
in relazione alla identit� della ratio ed alla natura delle situazioni 
soggettive considerate (pur nelle diversit� dei due istituti). 

Sub -C. La Corte del merito esattamente ha ritenuto la Korner 
Giacomelli passivamente legittimata a stare in giudizio per il giuridico 
interesse dell'Amministrazione Finanziaria ad eliminare gli effetti della 
decisione emessa dalla Commissione Centrale delle imposte nei confronti 
di tutti i soggetti che parteciparono al giudizio dinanzi alle Commissioni 
tributarie; e quindi anche della Korner che vi intervenne volontariamente 
(unitamente al Giacomelli, poi defunto) sul presupposto che la 
questione concernente la imposizione fiscale relativa all'accollo -contemporaneamente 
dibattuta sia pure con diverso iter processuale -era 
strettamente collegata a quella sulla imposizione fiscale relativa alla 
fideiussione. Di qui la legittimit� della pronuncia di condanna al pagamento 
delle spese di giudizio. 

Sub -D. Si premette che vengono contemporaneamente all'esame 
di queste Sezioni Unite la questione se siano tassabili con l'imposta normale 
di registro gli accolli novativi di mutui in precedenza emessi dal 
Fondo di Rotazione per iniziative economiche del territorio di Trieste 
e nella provincia di Gorizia (1. 18 ottobre 19�55, n. 908) ovvero se ad essi 
siano applicabili le esenzioni previste dall'art. 6 della menzionata legge 
e dall'Ordine n. 340/48 del cessato G.M.A. (ricorsi n. 5181/71 e numero 
3550/73); e l'altra questione se le fideiussioni prestate a garanzia 
di tali accolli di mutui usufruiscono o meno delle esenzioni previste 
dalle menzionate disposizioni (ricorsi n. 3501/69 e n. 3502/69). 

Orbene, considerato che le due questioni hanno origini comuni ed 
elementi reciprocamente collegati, con efficacia riflessa, � opportuno procedere 
congiuntamente all'esame di esse. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 891 

Si premette altres�: questa Corte sez. I con sentenza n. 478 del 
15 febbraio 1973 ha enunciato il seguente principio: �le esenzioni tributarie 
accordate dalla legge 18 ottobre 1955, n. 908 ai mutui concessi 
dal fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio di Trieste 
e nella provincia di Gorizia non si estendono alle fideiussioni prestate 
da terzi per garantire l'adempimento delle obbligazioni assunte dai 
mutuatari. Con successiva sentenza n. 1302 del 12 maggio 1973 la stessa 
sezione P ha enunciato il principio opp'osto affermando che: � Le agevolazioni 
fiscali previste dall'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 
(istitutiva del fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio 
di Trieste e nella provincia di Gorizia) per le operazioni di finanziamento 
effettuate a norma della detta legge, e per tutti i provvedimenti, 
contratti, atti a formalit� relativi alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione 
ed estinzione, devono ritenersi estensibili agli atti e contratti 
che siano collegati alle operazioni medesime da un rapporto di strumentalit�, 
anche se non necessario>>. 

(Nella specie, � stato affermato che nell'ambito degli atti agevolati 
doveva considerarsi compreso il contratto con il quale la Cassa di Risparmio 
di Trieste -affidataria dalla gestione del fondo di rotazione aveva 
consentito l'accollo di un mutuo, concesso per la costruzione di 
una nave, da parte della societ� acquirente della nave stessa, ed aveiva 
quindi costituito con tale societ� ogni rapporto derivante dal mutuo medesimo, 
che era stato anche au~entato nell'importo e rinforzato nelle 
garanzie). 

La prima sentenza (n. 478/73) pa ritenuto che l'art. 6 della legge 
18 ottobre 1955, n. 908 concerne fattispecie ben precisate e determinate 
e non lascia alcun margine all'interprete per integrare la portata precettiva 
della norma intendendone, estensivamente, la sua formulazione. 

La seconda sentenza (n. 1302173) ha ritenuto, per contro, che la 
previsione legislativa di cui al menzionato art. 6 non � rigorosamente 
limitata a categorie ben definite di negozi o di atti, onde � sufficiente, per 
la concessione del beneficio, l'esistenza di una semplice relazione di dipendenza 
od un collegamento strumentale tra l'atto agevolato e quello 
rispetto al quale bisogna stabilire l'ammissibilit� o meno del beneficio. 
Queste Sezioni Unite, riesaminata la complessa questione, ritengono che 
le agevolazioni tributarie concesse dall'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, 

n. 908, non sono applicabili, per le argomentazioni che qui di seguito si ' 
espongono, all'atto di accollo di mutuo ed alla fideiussione prestata a 
garanzia dell'accollo stesso, contenuti nel contratto per not. Poillucci del 
7 maggio 1962. 
La legge, 18 ottobre 1955, n. 908, prevede (art. 2) che le somme 
affluenti, nei modi stabiliti dall'art. 1, al fondo di rotazione per, iniziative 
economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siano destinate alla �concessione di mutui�, per la esecuzione di operazioni 
economiche (fra le quali la costruzione di navi) e per il finanziamento 
della costruzione di alloggi di tipo popolare. 

L'art. 6 ( � agevolazioni tributarie�) testualmente dispone: � Ai mutui 
per la costruzione di alloggi concessi ai sensi della presente legge 
si applicano le agevolazioni tributarie previste dal t.u. 16 aprile 1938, 

n. 1165, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni legislative 
in materia di edilizia economica e popolare�. 
� Le altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma 
della presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit� 
relativi alle operazioni stesse ed alla �oro esecuzione ed estinzione 
sono esenti da tasse imposte e tributi spettanti sia all'Er_ario dello Stato, 
sia agli Enti locali ad eccezione della imposta di bollo sulle cambiali le 
quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire �.10 per 
ogni mille lire. In compenso gli Istituti corrisponderanno all'Erario una 
quota di abbonamento annuo in ragione di centesimi 5 per ogni cento 
lire di capitale mutuato. Restano salve, ogni caso, le maggiori agevolazioni 
previste da leggi speciali �. 

Ora, fermando l'attenzione sul secondo comma della disposizione trascritta 
(in quanto il primo comma concerne fattispecie diverse da quella 
in esame) queste Sezioni Unite osservano che il contratto -avente per 
oggetto l'accollo (parziale), da parte di un terzo (con garanzia di fideiussione), 
del debito dipendente da un'operazione di finanziamento attuata 
da altri due soggetti -non rientra ip alcuna delle previsioni formulate 
dal comma medesimo. 

In primo luogo il contratto del cui trattamento tributario si discute 
-accollo (parziale) novativo del preesistente debito della societ� 
mutuataria originaria (poi fallita), con la contemporanea prestazione di 
fideiussione di terzi per l'accollo medesimo -non costituisce un'operazione 
di finanziamento per la costruzione di una nave, ma un'operazione 
economica, successiva al finanziamento, per l'acquisto di una nave, 
gi� costruita, da parte della societ� aggiudicataria in sede fallimentare. 

In definitiva, l'operazione di finanziamento per la costruzione della 

nave era stata gi� attuata,, quando intervenne l'accollo, con il precedente 

atto posto in essere (con le agevolazioni fiscali) fra soggetti diversi (la 

Cassa di Risparmio di Trieste, quale Istituto delegato del Fondo di Rota


zione, e la falUta societ� Navigazione Triestina) per lo scopo ormai rag


giunto, allorch� fu concluso il predetto accollo, della costruzione di una 

nave. 

In secondo luogo il contratto del 7 maggio 1963 non pu� essere 
considerato �relativo� alla operazione di finanziamento o attinente alla 
sua �esecuzione� ed �estinzione� (art. 6 cit. 1. n. 908/1955), cio� un 
atto collegato, con rapporto di strumentalit�, alla costituzione, esecu



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 

zione od estinzione del finanziamento. Infatti: 1) esso non � � relativo � 
all'operazione di credito od �esecutivo� di questa, poich� non � inerente, 
nemmeno in senso lato, allo scopo dell'atto agevolato n� � a 
questo legato come mezzo al fine {conseguimento dello scopo del finanziamento). 
Il contratto de quo fu concluso in epoca di gran lunga successiva 
all'operazione di credito, quando lo scopo, considerato dalla 
norma agevolatrice, era stato raggiunto, molti anni prima, per il finanziamento 
gi� ottenuto (con il precedente contratto per not. Froglia) ed 
utilizzato. Il contratto pi� volte menzionato, nella sua oggettivit� e nell'intenzione 
delle parti, ebbe lo scopo, del tutto estraneo alla operazione 
di finanziamento per la costruzione di una nave, di soddisfare mediante 
il trasferimento da uno ad altro so_,:getto di parte dell'obbligazione originaria 
(con prestazione accessoria di garanzia) -l'interesse della societ� 
LAO all'acquisto di una nave gi� costruita. Ne discende la inidoneit� 
del contratto ad essere assunto n,ella categoria degli atti relativi 
alla operazione di finanziamento od esecutivi della operazione medesima 
(per la quale era stata gi� concessa l'agevolazione fiscale), e la sua piena 
autonomia, agli effetti della imposizione tributaria, impeditiva di una 
nuova agevolazione fiscale, in favore di terzi estranei al rapporto originario. 


2) Il contratto 7 maggio 1962 non costitu� nemmeno un atto � estensivo
� del finanziamento (art. 6 1. cit.). 
La �estinzione� considerata dalla norma citata � quella riferibile 
alla operazione di finanziamento. 

Nella specie la sostituzione dell'obbligato, avvenuta con il consenso 
del creditore, ha estinto il rapporto tra quest'ultimo ed il debitore originario, 
ma la novazione soggettiva, in tal modo operata, non ha esaurito 
l'operazione, poich�, nonostante il mutamento del debitore, l'obbligazione 
� rimasta in vita e si pu� dire obiettivamente estinta solo quando 
la somma mutuata � rientrata' nella disponibilit� dell'ente finanziatore. 

Le considerazioni che precedono inducono ad escludere dall'ambito 
di applicazione dell'art. 6 L. n. 908/195 il contratto de quo tanto per 
l'accollo quanto per la fideiussione in esso contenuti (ed a maggior ragione, 
pu� aggiungersi, per la fideiussione, posto che� la legge n. 908/ 
1955, in relazione al sistema in cui � inserita e nel cui ambito � destinata 
ad operare prevede, in tutte le sue disposizioni, ed in modo inequivoco 
-art. 2 -4 -5 -6 -esclusivamente i contratti di mutuo). 

N� � possibile pervenire a conclusioni diverse invocando la interpretazione 
estensiva dell'art. 6 L. 908/1955, in relazione alla ratio di 
esso. 

La interpretazione estensiva delle disposizioni relative ai benefici 
tributari � giustificata quando il testo della norma per lacunosit� od 
altro, non appaia corrispondente all'intento legislativo; � esclusa invece 


894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

se esso, come nel caso in esame per le ragioni esposte, abbia una portata 
precettiva ben precisa. In tale ipotesi prevale il rigore esegetico delle 
norme agevolative le quali, es,sendo dettate in deroga al generale prin-. 
cipio di imposizione, non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio 
fondamento. Ci� � conforme alla ratio che ispira la norma ageivolatrice 
in questione. Il fine perseguitato dalla legge n. 908/1955, la 
quale va collocata nel quadro dei provvedimenti legislativi diretti ad 
incentivare la ripresa della attivit� industriale, � senza dubbio quello 
di rendere meno onerosi i mutui accordati dall'istituto Fondo di rotazione, 
appunto mediante esenzione tributaria; ma questa, applicabile ai 
finanziamenti che il fondo concede per il suddetto fine di generale attivit�, 
non pu� estendersi ai negozi diversi dai mutui specificatamente 
previsti, od ai negozi non collegati ad essi da alcun rapporto di strumentalit�. 


Non � pertinente, poi, il richiamo alla legge 27 luglio 1962 n. 1228 

(sul trattamento tributario per operazioni di credito a medio e lungo 

termine) per dedurre da essa elementi di interpretazione dell'art. 6 

L. n. 908/1955. Infatti la legge n. 1228/1962 concerne le operazioni di 
finanziamento da parte di istituti di credito, laddove la legge n. 908/1955 
concerne le operazioni di credito esercitate, limitatamente all'ambito 
di un determinato territorio, dal fondo di rotazione da essa istituito, 
nelle quali operazioni la Cassa di Risparmio di Trieste (o quella di 
Gorizia) intervengono, esclusivamente, per la gestione delle somme 
affluite al fondo: le diverse finalit� delle due leggi, ed il diverso ambito 
di applicazione {anche territoriale) di esse impediscono ogni accostamento 
fra di loro, sia pure a soli fini interpretativi. 
Infine non possono orientare in senso dirverso il giudizio della Corte 
gli argomenti che si vogliono trarre dall'ordine n. 380 del 16 novembre 
1948 del cessato G.M.A. 

Infatti � sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 1962, per la 
cui tassazione � controversia, � stato concluso e registrato nel vigore 
della legge n. 908 del 1955 la quale � chiaramente innovativa rispetto 
alla precedente' legislazione in materia (come risulta, anche, dal Decreto 
n. 57 in data 27 giugno 1958 del Commissario Generale per il 
territorio di Trieste -richiamato dagli stessi ricorrenti -il quale, 
infatti, ha regolato per il necessario coordinamento con la sopravvenuta 
legge n. 908/1955, la modalit� d� pagamento per i finanziamenti 
concessi, in precedenza, dal cessato G.M.A.) senza che sia quindi �possibile 
ricorrere a precedenti (ed eventualmente) difformi fonti normative, 
rimanendo salve soltanto le maggiori agevolazioni previste da 
leggi speciali (art. 6 cit. 3� comma) : ipotesi che qui non interessa perch� 
riferibile all'evidenza, a discipline normatirve diverse da quelle che sono 
state invocate. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1975, n. 2559 -Pres. Mirabelli 
-Est. Mazzacane -P. M. Minetti (conf.). Soc. Forniture Industriali 
Cantieri (avv. Cerrato) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato 
Tarin). 

Imposte e tasse in genere -Violazioni di leggi finanziarie e valutarie Prescrizione 
-Interruzione -Verbale di contestazione -~ idoneo Effetto 
interruttivo durevole fino alla pronuncia dell'ordinanza -Esclusione. 


(r.d.l. 5 dicembre 1939, n. 1928, artt. 2 e 3; I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 34; 
e.e. art. 2943 e 2945). 
Il verbale di contestazione o di accertamento di violazione di norme 
tributarie o valutarie � idoneo ad interrompere la prescrizione del diritto 
dello Stato alla pena pecuniaria (la cui misura sar� successivamente 
determinata) se in .esso si esprime la chiara volont� dell'Amministrazione 
di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Tuttavia 
l'effetto interruttivo prodotto dal verbale � solo istantaneo e non gi� 
durevole fino alla pronuncia del decreto che irroga la sanzione (1). 

(Omissis). -La societ� ricorrente, con il primo motivo, denuncia 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del R.D.L. 5 dicembre 
1938 n. 1928, nonch� la insufficiente e contraddittoria motivazione 
della sentenza impugnata (artt. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.). 

(1) Sulla prima parte della massima la giurisprudenza � pacifica (Cass. 
8 gennaio 1968 n. 34, in questa Rassegna, 1968, I, 102 con richiami) anche 
nel senso che il verbale di contestazione interrompe la prescrizione del 
diritto all'imposta oltre che alla pena pecuniaria. Sembra peraltro illogica 
la limitazione dell'effetto interruttivo alla verifica, in punto di fatto, 
che nel verbale si esprima la volont� dell'Amministrazione di otteneTe 
il soddisfacimento del propTio diritto; l'intento di peTseguire il diTitto 
� implicito nella contestazione della violazione della norma in Telazione 
a tutte le conseguenze che, ope legis si producono .per effetto della accertata 
violazione; poich� il credito della AmministTazione trae sempTe odgine 
dalla legge ed � sempTe indisponibile esso non pu� non esseTe perseguito 
quanto la violazione viene contestata. � quindi superlluo valutaTe 
caso peT caso se nell'atto sia espressa la chiarn �volont�� dell'Amministrazione 
di otteneTe il soddisfacimento del diritto; d'altTa paTte se tale 
volont� fosse necessada essa non potTebbe essere espressa dall'organo (di 
polizia tributaTia o del seTvizio ispettivo) che procede alla contestazione 
ma solo dall'oTgano (Intendenza di Finanza o Ministro) pTeposto a deteTminaTe 
la pena pecuniaTia e liquidaTe l'imposta. � quindi inilevante l'indagine 
sulla espressione di una volont� da parte dell'agente che ha redatto 
il verbale. 
Ci� chiarito si profila diversamente la questione affrontata nella seconda 
parte della massima. Il verbale di contestazione, al pari della do




896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sostiene che la Corte del merito ha erroneamente attribuito al 
processo verbale di accertamento della infrazione valutaria efficacia 
interruttiva della prescrizione in quanto: a) il predetto atto non � 
idoneo a costituire in mora il presunto trasgressore poich� l'obbligo 
al pagamento � della pena pecuniaria �non trae origine da esso, m~ 
dipende dalla facolt� discrezionale del Ministro; b) il processo verbale 
predetto non manifesta in modo inequivoco la volont� della Amministra~
ione di ottenere il soddisfacimento della obbligazione. La societ� 
ricorrente aggiunge (lett. c del primo motivo) che, pur ammettendo 
l'efficacia interruttiva del verbale di accertamento, essa avrebbe carattere 
istantaneo e non permanente poich� le disposizioni di cui agli 
artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. sono inapplicabili 
-contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito -al 
procedimento, avente natura amministrativa, previsto dal R.D.L. 5 dicembre 
1938 n. 1928. 

Sub A e B. Le censure sono infondate. 

L'art. 2, secondo comma, della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (norme 
generali per la repressione delle leggi finanziarie) -richiamato dall'art. 
3 del R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928 (norme per la repressione 
�delle violazioni delle leggi valutarie) -attribuisce testualmente �carattere 
civile� all'obbligazione di pagamento di una somma a titolo 
di pena pecuniaria; di conseguenza la prescrizione di cui all'art. 17, 
primo comma, della 1. n. 4 del 1929 -richiamato anche esso dall'art. 3 

R.D.L. n. 1928 del 1938 -� regolata dagli artt. 2934 e ss.cc. Per il 
citato art. 17, primo comma, il diritto dello Stato alla riscossione della 
pena pecuniaria si prescrive con il decorso di cinque anni dal giorno 
manda giudiziale, interrompe la prescrizione � per propria intrinseca efficacia 
�. In ogni modo, se ha prodotto l'interruzione (perch� contenente la 
volont� dell'Amministrazione di attuare il suo diritto), bisogna sempre 
verificare se l'effetto interruttivo sia soltanto istantaneo. A tal fine non 
� sufficiente il rilievo che il procedimento per l'irrogazione della sanzione 
� amministrativo, ben separato dalla successiva azione in sede ordinaria; 
e che ad :esso non �sono �riferibili �gli art. 2943 e 2945 e.e. Secondo fa norma 
di portata generale dell'art. 141 della legge di registro il ricorso del contribuente 
in via amministrativa interrompe la prescrizione in favore di 
ambo le parti fino a che l'Amministrazione non abbia notificato la propria 
decisione. Si � quindi ritenuto che in base a questa norma, conforme ad 
un pi� generale principio, la pendenza del procedimento, anche amministrativo, 
impone alle parti uno stato di attesa che inibisce il compimento 
di attivit� dirette all'attuazione del diritto controverso (Cass. 26 
agosto 1971 n. 2582, Riv. leg. fisc., 1972, 719). Anche nella specifica materia 
del procedimento regolato dalla legge 7 gennaio 1929 n. 4 � stato affermato 
che il ricorso del contribuente interrompe la prescrizione con effetto 
durevole fino alla data della definizione del P�rocedimento (Cass. 28 

�



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 

�della commessa violazione�. Il diritto sorge, dunque, con l'infrazione, 
finanziaria o valutaria, al momento di questa : non diversamente da 
quanto accade per il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito 
(art. 2947, 1� comma cc.). 

Ne deriva che il decreto con il quale il Ministero del Tesoro determina 
la pena pecuniaria non � un atto costitutivo del diritto e della 
correlativa obbligazione di pagamento della pena stessa da parte del 
trasgressore: la determinazione in concreto della pena, da parte del 
Ministero, ha, invece, carattere di liquidazione del quantum dovuto 
(Cass. 8 gennaio 1968, n. 34; 17 maggio 1963 n. 1264). Esattamente, 
pertanto, la Corte del merito ha ritenuto che, allorquando il Servizio 
Ispettwo dell'Ufficio Cambi provvide alla contestazione (10 agosto 1951) 
della infrazione valutaria commessa nel 1950, il diritto di credito della 
Amministrazione era gi� sorto, donde la esigenza di stabilire, ai fini 
della eccepita prescrizione, se questa fosse stata efficacemente interrotta, 
come si assumeva dalla Amministrazione, dal processo verbale del 10 ottobre 
1951. Del pari esattamente, poi, la Corte del merito ha affermato 
l'idoneit� del predetto verbale ad interrompere la prescrizione in corso. 

Invero i verbali di accertamento di una infrazione valutaria redatti 
dagli organi della polizia tributaria o dal Servizio ispettivo dell'Ufficio 
Italiano dei cambi (art. 2 R.D.L. 12 maggio 1938, n. 794) -in quanto 
provenienti da soggetti che agiscono nell'interesse ed in rappresentanza 
del Ministro del Tesoro, titolare del diritto alla pena pecuniaria -possono 
avere effetto interruttivo della prescrizione purch� in essi si esprima 
la chiara volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento 
del proprio credito ad esigere la pena pecuniaria che successivamente 
sar� determinata dal Ministro (Cass. 14 aprile 1969 n. 1186; 
8 gennaio l968 n. 34). E nel caso concreto la Corte del merito ha accer


agosto 1971 n. 2582 e 21 aprile 1972 n. 1264 in questa Rassegna, 1971, I, 
1467 e 1972, I, 499). 

Per le stesse ragioni dovrebbe ritenersi che una volta avviato un procedimento 
amministrativo tipico, l'interruzione prodotta con l'atto introduttivo 
produca effetto fino alla pronuncia dell'atto conclusivo, anche nel 
caso che l'atto introduttivo provenga dalla Amministrazione. � bens� vero 
che nel caso del ricorso del contribuente l'effetto durevole della prescrizione 
si pu� giustificare con l'esigenza di non pregiudicare il suo diritto 
nell'attesa della dedsione, mentre nel caso deciso l'Amministrazione aveva 
un suo potere di impulso (che per� poteva esercitare nel rispetto delle 
norme del ipirocedimento). il.VIa nell'uno e nell'altro caso si incardina un 
procedimento amministrativo formale che d� luogo ad una situazione di 
attesa incompatibile con il decorso della prescrizione; e se il ricorso del 
contribuente in via amministrativa interrompe la prescrizione fino al termine 
del procedimento anche a favore dell'Amministrazione, a maggior 
ragione lo stesso effetto bisogna riconoscere all'atto introduttivo del procedimento 
proveniente dall'Amministrazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

taito che il verbale del 10 agosto 1951 esprimeva in modo inequivoco 
la volont� della P.A. di pervenire alla irrogazione e quindi alla riscossione 
della pena pecuniaria per le infrazioni valutarie specificatamente 
indicate e contestate alla societ�. Tale accertamento, in quanto congruamente 
motivato con l'analisi dei singoli elementi sui quali la volont� 
della P.A. si era esteriorizzata, � sottratto al controllo di legittimit�. 

Sub C. La censura � fondata. 

La Corte del merito ha affermato che in seguito alla notifica al 
trasgressore del verbale di accertamento della infrazione valutaria -primo 
atto del procedimento amministrativo regolato dal R.D.L. 12 maggio 
1938, n. 794 (contenente norme per l'accertamento delle trasgressioni 
in materia valutaria e di scambi con l'estero) -si determina una 
situazione non diversa, agli effetti della prescrizione, da quella prevista 
dagli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. per i quali 
la notificazione dell'atto con cui si inizia un giudizio ha carattere permanente, 
dura cio� sino alla definizione del giudizio medesimo. 

Questa Corte ritiene che la estensione delle norme citate al procedimento 
amministrativo in questione non � giustificata da alcuna comunanza 
di elementi tra i due procedimenti considerati. Ed infatti: a) nel 
procedimento giudiziale la domanda con cui si inizia un giudizio (di 
cognizione, ovvero conservativo o esecutivo) interrompe la prescrizione 
per propria intrinseca efficacia. Nel procedimento amministrativo l'atto 
iniziale -il processo verbale di accertamento della infrazione -interrompe 
la prescrizione se, come gi� si � precisato (v. sub. A-B), dal 
suo contenuto si pu� desumere in modo esplicito la manifestazione di 
volont� della P.A. di ottenere il soddisfacimento del proprio credito, 
vale a dire se esso costituisce idoneo atto di costituzione in mora (articolo 
2943, ultimo comma, e.e.) la esigenza della valutazione del contenuto 
dell'atto, ai fini predetti, ribadita da questa Corte con numerose decisioni 
(tra cui la sentenza gi� menzionata), � stata affermata anche dalla 
corte del merito la quale, peraltro, non si � avveduta del contrasto fra 
tale affermazione e quella successiva sulla efficacia interruttiva permanente 
dell'atto iniziale del procedimento amministrativo: la predetta 
valutazione, invero, sarebbe superflua se il processo verbale di accertamento 
potesse essere equiparato, ai fini della interruzione della prescrizione, 
alla domanda giudiziale la quale, ripetesi, ha una propria autonoma 
efficacia interruttiva della prescrizione. b) Nel procedimento giudiziale 
la prescrizione, rimasta inrterrotita con la proposizione della 
domanda, ricomincia a decorrere dal momento in cui passa in giudicato 
la sentenza che definisce il giudizio. Il procedimento amministrativo per 
l'accertamento delle infrazioni valutarie con una sequenza di atti -che 
va da quello iniziale (processo verbale di accertamento) ad atti inter



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 

medi (accertamenti e pareri di una apposita Commissione) e poi ad un 
atto finale (decreto del Ministro) -si conclude con un atto amministrativo 
(il decreto del Ministro, appunto) contro il quale sono ammessi 
i normali rimedi a seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
del secondo comma dell'art. 11 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1128 
(sent. C. Cost. 27 gennaio 1959 in G.UU. 31 gennaio 1959, n. 26) che 
escludeva ogni impugnazione. Il procedimento giudiziale (eventuale) 
segue quindi quello amministrativo ed ha, rispetto ad esso, effetti propri 
ed autonomi, ai fini della prescrizione e delle cause interruttive di 
questa. c) Nel procedimento giudiziario la permanenza della interruzione 
sino all'esito finale del giudizio ha il suo fondamento nella esigenza 
che il prolungamento del giudizio medesimo non pregiudichi gli 
interessi della parte che ha agito per far valere la propria pretesa ed 
a danno della quale potrebbe compiersi il periodo prescrizionale. Nel 
procedimento amministrativo in questione non ricorre tale esigenza in 
considerazione dei poteri di impulso e di autotutela attribuiti alla stessa 

P.A. che ha iniziato il procedimento. 
Va rilevato, infine, che l'Amministrazione, nella discussione orale, 
ha invocat�, a sostegno della pronuncia della Corte di Milano sulla 
questione esaminata sub-C, la sentenza n. 3261/74 di questa Corte. Il 
richiamo non � pertinente poich� la menzionata sentenza ha esaminato 
il problema della possibile efficacia interruttiva dei singoli atti del 
procedimento amministrativo per l'accertamento delle trasgressioni valutarie. 
Tale problema � estraneo alla attuale controversia, in cui � 
stata dibattuta la diversa questione della efficacia interruttiva permanente 
o meno, del primo atto del procedimento amministrativo, senza 
specifici riferimenti ai successivi atti di esso. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, 'Sez. I, 14 luglio 1975, n. 2781 -Pres. Giannattasio 
-Est. Sposalto -P. M. Gentile (conf.) -Beneduce (avv. Libonati) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) e Esattoria 
di Milano (avv. Guerra). 

Imposta complementare � Cumulo dei redditi � Moglie del contribuente � 
Non risponde dell'imposta � Esecuzione sui beni di sua propriet� . 
Impossibilit� � Opposizione all'esecuzione � � ammissibile. 

(t. u. 29 gennaio 1958, n. 649, art. 131 e 207; c.p.c. art. 619). 
Poich� soggetto passivo dell'imposta complementare sui redditi, a 
norma dell'art. 131 del t.u. sulle imposte dirette del 1958, � soltanto 
il marito, la moglie, i cui redditi siano stati cumulati, non � n� coob



900 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bligato al pagamento n� responsabile di imposta, s� che non pu� procedersi 
coattivamente alla riscossione sugli immobili di sua propriet� 
nemmeno per la parte della imposta corrispondente al reddito ad essa 
riferibile. Di conseguenza l'art. 207 lett. c) dello stesso t.u. va inteso nel 
senso che la moglie non � terzo ma soggetto passivo dell'esecuzione esattoriale 
contro i suoi beni e pu� quindi proporre l'opposizione, che non 
� quella dell'art. 619 c.p.c., per contestare la potest� esecutiva; solo 
nell'esecuzi9ne sui mobili o in particolare casi nei quali la moglie si 
presenti realmente come terzo trova applicazione il divieto dell'articolo 
207 (1). 

(Omissis). -La ricorrente, sostiene, con il primo motivo, che la 
corretta applicazione dell'art. 131 del testo unico del 1958, delle alitre 
norme dello stesso testo unico sulla riscossione e sulla formazione dei 
ruoli, della lettera c) del pi� volte citato art. 207 in relazione all'art. 619 
c.p.c., e dell'art. 2910 'e.e:, debbono condurre all'esclusione non soltanto 
della, coobbligazione solidale, gi� negata dalla Corte di merito, 
ma finanche della limiltata assoggettabililt� dell'esecuzione da essa rirtenuta. 
Soggiunge, con il secondo motivo, che il richiamo alla ricordata 
disposizione dell'art. 207 era, nel caso, fuor di luogo, attesa la circostanza, 
accertata dalla stessa sentenza denunziata, che l'esecuzione esattoriale 
non era stata, nel caso, ancora inizia.ta. E lamenta, con il terzo 
motivo, un difettoso esame delle questioni di costituzionalit� sollevate 
nel giudizio di merito. 

Il ricorso deve essere accolto, ancorch� non tutte le argomentazioni 
addotte dalla ricorrerute appaiano utili e pe11tinenti alla questione che 
si tratta di risolvere. Valgano all'uopo le considerazioni che seguono. 

Esattamente � stata esclusa dalla denunziata sentenza la coobbli


gazione solidale della moglie i cui redditi, ai fini dell'imposta compie


(1) La pronunzia ha affrontato un problema di assai difficile soluzione. 
Se da un canto appare insuperabile l'impossibilit� di agire sui benf di 
chi non � n� debitore p.� responsabile dell'imposta non assistita da privilegio 
di carattere reale, sembra d'altra parte difficile negare ogni rilevanza 
all'art. 207 lett. c) del t.u. del 1958, norma che, come si riconosce, 
� diretta proprio allo scopo di eliminare l'incoercibilit� dell'obbligazione 
tributaria; n� vale a salvare la ragion d'essere della norma, ritenerla valida 
per l'esecuzione sui mobili (rispetto ai quali, per tutte le imposte, 
opera l'altra regola della letteTa b, ri,spondente a tutt'altra ratio) o in 
ipotesi quanto mai rare, anch'esse ricadenti sotto norme che non sono 
specifiche dell'imposta complementare. 
Ad una soluzione diversa, tuttavia,. dovrebbe pervenirsi per i redditi 
cumulati appartenenti a persone, diverse dalla moglie (art. 131 primo 
comma); in questo caso il cumulo avviene in quanto il soggetto passivo 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 

mentare progressiva, debbono essere cumulati con quelli del marito. 
Premesso che nel caso in esame continua ad essere applicabile la normativa 
detJtata dal testo unico del 1958, �, difatti, da osservare che 
l'art. 131 di tale testo indicarva come unico soggetto passivo dell'imposizione 
il marito (art. 131) e, mentre prevedeva altre ipotesi di responsabilit� 
solidale -degli eredi per le obbligazioni tributarie del de cujus: 
art. 16; dei nuovi proprietari d'immobili e dei nuovi titolari di dirirbti 
reali immobiliari, con i precedenti proprietari e titolari, per le imposte 
gravanti sui detti beni: art. 196 -non conteneva alcuna disposizione 
del genere per i soggetti dei redditi che dovevano essere cumulati ai 
fini dell'imposta complementare progressiva. Di conseguenza la regola 
del cumulo, se da un lato stante la progressivit� dell'imposta, arrecava 
un vantaggio al pubblico .erario, comportava, d'aLtra parte, stanrte l'unicit� 
del soggetto passivo del debito tributario, l'impossibilit� di conseguirne 
il pagamento quante volte fosse stato necessario a tal fine sotrtoporre 
ad esecuzione forzata beni appartenenti ai titolari dei redditi 
cumulati, nonostante che anche per questi fosse dovuta l'imposta. All'inconveniente 
-che derivava dalla lacuna legislativa che quesrta Corte 
Suprema aveva avuto modo di rilevare nella sentenza 28 aprile 1938 

n. 507, nella quale aveva osservato che l'imposta complementare, non 
essendo assistita da alcun privilegio reale, mobiliare o immobiliare, non 
poiteva essere riscossa sui beni di coloro i cui redditi erano stati cumulaiti 
con quelli del debitore d'imposta -si era inteso rimediare con la 
legge 16 giugno 1939 n. 942 che nel suo art. 18, sostanzialmente poi 
riportaito nell'art. 207, lett. b) del testo unico, aveva escluso coloro i 
cui redditi, in forza dell'art. 2 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3062, erano 
stati cumulati con quelli dell'iscritto a ruolo, 4alla facolt� accordata 
dal primo comma dell'art. 63 del T.U. 17 ottobre 1922 n. 1401, modifiiscritto 
nei ruoli ha dei redditi altrui la disponibilit� o l'amministrazione 
senza obbligo di rendiconto, quando cio� lo stesso contribuente pu� essere 
soggetto passivo dell'esecuzione per la parte corrispondente al valore di 
godimento del bene altrui. Dovrebbe quindi essere ammessa contro il contribuente 
a favore del quale si � operato il cumulo, e senza possibilit� 
di opposizione da parte del terzo proprietario titolare del reddito cumulato, 
l'esecuzione mobiliare sui frutti, quella presso terzi di fitti, pigioni 
ed altri crediti ed anche l'espropriazione dell'usufrutto ove sia costituito. 
Rinasce per� la difficolt� quando, pur essendo uguale la situazione rispetto 
all'obbligazione tributaria, non esista una formale separazione tra il diritto 
di propriet� ed il suo valore di godimento, quando l'immobile produttivo 
di reddito non sia dato in locazione, quando il bene, pur goduto dal contribuente 
iscritto nei ruoli, non sia formalmente costituito in usufrutto. 

Il problema era stato risolto con la riforma tributaria: l'art. 34 del 

d.P.iR. 29 settembre 1973, n. 602 dichiara responsaibili in solido ,le persone 



902 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cato dall'art. 12 del R.D.L. 6 novembre 1930 n. 1465: cio� dalla facolt� 
di citare esattore e debifore d'imposta davanti al Preotre, facolt� 
concessa a chi pretendeva di avere il diritto di propriet� o altro diritto 
reale sopra tutti o parte dei mobili pignorati o degli immobili posti in 
vendita, per opporsi alla vendita e chiedere la separazione a suo favore. 
Il rimedio, per�, attenuava, ma non eliminava del tutto l'inconveniente, 
n� colmava completamenrte la lacuna. Invero l'art. 207 del testo unico 
del 1958 -come chiaramente risulta dalla sua rubrica indicante la 
� opposizione di terzi �, e dal richiamo che esso fa all'art. 619 c.p.c., 
e dalle pi� diffuse disposizioni dell'art. 18 del decreto del 1939 dal quale 
deriva -vieta l'opposizione del proprietario, o, comunque, dell'avente 
diritto, all'esecuzione che venga iniziata contro il debitore d'imposta e, 
quindi, su beni che si ritengono appartenere al debitore d'imposta; e, 
stante il carattere eccezionale della norma, il divieto non pu� essere 
esteso alle opposizioni del proprietario, o dell'avenrte diritto, all'esecuzione 
promossa direttamente contro di lui e, quindi, ricadente su beni 
che appartengono a lui e che s'intende espropriare come tali. Perci� 
l'art. 207 -le cui norme hanno carattere non meramente processuale, 
ma sostanziale in quanto, per una pi� efficace tutela dei credirti tributari, 
ne rafforzano le garanzie assoggettando taluni beni ad esecuzione 
indipendentemente dall'esistenza di eventuali diritti di terzi su di essi trova 
applicazione soltanrto nei casi in cui l'azione esecutiva sia rivolta 
contro il debirtore e su beni che apparentemente gli appartengono o che 
erroneamente si ritiene che gli appartengano. 

N� pu� obiettarsi che, se interpretato nella suesposta maniera -che, 
del resto, � l'unica possibile -. l'art. 207 rimarrebbe svuotato di ogni 
pratica importanza. 

Difatti casi del genere di quelli ai quali si � accennato possono 
accadere non soltanto nell'esecuzione mobiliare, ma anche, sebbene meno 

i cui redditi siano stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo. 
Ma 1relativamente ai redditi della mo1glie la recentiissima legige 2 dicembre 
1975, n. 576 ha apportato fondamentali innovazioni: non soltanto si 
stabilisce (art. 7) che i coniugi sono solida1mente obbligati 1al pagamento 
dell'imposta, ma si dettano nuove norme anche per il passato (art. 8) 
p:recisando �che i ruoli gi� formati in base a dichiarazione o ad acce:rtamento 
di ufficio comprensivi di redditi della moglie costituiscono titolo 
per la riscossione anche nei confronti della moglie sebbene intestati soltanto 
al marito; ci� va1e non solo per l'imposta sulle persone fisiche di cui 
alla denuncia dell'�am,o 1975, ma anche per l'imposta complementare degli 
anni precedenti. Gli accertamenti �Collegati a denunce presentate soltanto 
dal marito compendenti redditi della mogUe che interverranno successivamente 
all'entrata in vigore della legge dovranno essere intestati e notificati 
anche alla moglie. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARtA 903 

di frequente, nell'esecuzione immobiliare: quando, ad esempio, si proceda 
a pignoramento di un immobile che la moglie abbia acquistato 
dal marito con atto trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento, 
ma non abbia avuto ancora corso la domanda di volltura cata� 
stale, sicch� il detto immobile sia stato erroneamenite� ritenuto come di 
propriet� del marito, che � il soggetto esecutato. 

In tal caso, ed in altri simili, trova applicazione l'art. 207, ma 
non quando l'esecuzione -come si verifica nella fattispecie in esame sia 
cominciata, o stia per cominciare, direttamente contro la moglie, 
e venga pignorato, o s'intenda pignora.re, un immobile proprio della, 
moglie che, in tale ipotesi, non � terzo, ma soggetto passivo della procedura 
esecutiva. 

Per ritenere legittima tale procedura non basta il richiamo dell'art. 
207, lett. e) del testo unico del 1958, ma occorrerebbe poter considerare 
la moglie come coobbligata, insieme con il marito, al pagamento 
dell'imposta, cio� supporre l'esistenza di una norma che nel testo 
unico del 1958 non esiste. 

Una norma simile si trova, invece, nella recente legislazione di 
riforma tributaria, e precisamente nell'art. 34 del D.P.R. 29 settembre 
1973 n. 602 che stabilisce che le persone, i cui reddi1ti p~r l'accertamento 
d'imposta sul reddito delle persone fisiche, sono stati cumulati 
con quelli del soggetto iscritto a ruolo, sono responsabili in solido con 
il soggetto medesimo per il pagamento dell'imposta, sopratasse, pene 
pecuniarie e interessi iscritti a nome di quest'u1timo. 

Questa nuova di~posizione, che il legislatore ha ritenuto necessario 
dett,are all'evidente scopo di eliminare l'inconveniente connesso al sistema 
del cumulo, vale, per�, per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, 
e non per l'imposta complementare progressiva, soppressa insieme con 
le altre indicate nell'art. 82 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597. 

Difatti per l'imposta complementare e per gli altri tributi soppressi 
e relativi a periodi d'imposta anteriori al 1<> gennaio 1974, seguitano ad 
applicarsi, secondo quanto dispone l'art. 102 .dello stesso decreto n. 602 
del 1973, le norme dettate dal testo unico del 1958 e, fra queste, l'articolo 
207 del detto testo unico, dal quale -come si � visto -non � 
dato desumere n� una responsabilit� solidale, n� un assoggettamento 
alla riscossione coattiva nei termini ritenuti dalla �sentenza denunziata. 

Stabilita l'esatta portata della lettera e) del citato art. 207 e conseguentemente 
la sua inapplicabilit� al caso in esame -cio� all'ipotesi, 
ricorrente nella fattispecie, di un'esecuzione esattoriale nella quale 
l'esecutato non � terzo, ma soggetto passivo della procedura di riscossione 
coattiva -ne deriva l'irrilevanza, ai fini del decidere, delle questioni 
di costituzionalit� riproposte, in questa sede, dalla ricorrente. (
Omissis). 


904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2904 -Pres. Rossi Est. 
Miele -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Tomasicchio) c. Ippoliti (avv. D'Angelantonio). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta di registro -Age


volazioni -Pluralit� di benefici -Scelta di uno di essi -i:. definitiva 


Sopravvenuta decadenza -Applicabilit� di altra agevolazione -Esclu


sione. 

In caso di pluralit� di agevolazioni fiscali applicabili per motivi 
diversi alternativamente allo stesso atto, il contribuente che sia decaduto 
da quella da lui prescelta e in concreto applicata non pu� usufruire 
di altra agevolazione sullo stesso atto (1). 

(Omissis). -Con il motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria 
denunzia che erroneamente la Cor.te di merito ha ritenuto che, in caso 
di pluralit� di agevolazioni fiscali, applicabili per motivi diversi ad 
uno stesso atto, il contribuente, che sia decaduto da� quella da lui prescelta 
ed applicata, possa usufruire di alrtro beneficio per lo stesso atto. 
Secondo l'amministrazione ricorrente, invece, nel caso di diverse agevolazioni 
fiscali previste in via alternativa, la scelta operata dal, contribuente 
di una di esse, gli impedisce nel caso di decadenza da quella 
prescelta di usufruire successivamente di altra agevolazione di cui ricorressero 
i presupposti. 

Si contesta, inoltre, che, secondo quanto ritenuto dalla Col.'lte d'Appello, 
l'atto di assegnazione dell'abitazione al socio della cooperati!Va 
sia assimilabile ad atto traslativo di propriet�, per cui mancherebbe il 
presupposto del trattamento agevolativo dell'al'lt. 17 della legge 2 luglio 
1949 n. 408. 

La prima censura del mezzo � fondata. Invero il principio dell'art. 8 
della legge di registro del 1923, secondo cui le tasse sono applicate 
secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti e 
ci� con riferimento al momento in cui l'atto soggetto alla imposta � 
stato stipulato (imposta di atto) e l'altro, desumibile degli articoli 11 
e 12 della stessa legge, secondo cui l'atto una volta assoggettato all'imposta 
� insensibile alle vicende del negozio giuridico emergente dal


(1) Questione nuova di grande interesse. Sull'impossibilit� di cumulo 
di agevola,zioni diverse in generale v. Cass. 19 settembre 1970 n. 1534 
(Foro it. 1970, I, 2817). Ma assai importante � l'affermazione che, avvenuta 
la registrazione, sono irrilevanti le vicende successive si che il principio 
fissato negli artt. 11 e 12 della legge di registro � valevole anche 
per l'applicazione delle agevolazioni. Ne possono in concreto verificarsi 
deroghe per espressa norma di legge; quando un'agevolazione � concessa, 
salva l'applicazione di norme pi� favorevoli (o con altre formule analoghe), 
si verifica sempre una scelta irreversibile fra pi� benefici alternativamente 
fruibili. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'IA 905 

l'atto stesso, sono valevoli non solo in caso di assoggettamento dell'atto 
a tributo di registro ma, indubbiamente, anche per la diversa ipotesi 
della applicazione di trattamenti agevolativi concessi dalla legge. 

Ne consegue che, dovendo rimanere fermo il regolamento applicato 
concretamente all'atto soggetto alle disposizioni della legge di regist:i;o, 
qualora l'amministrazione finanziaria abbia disposto un determinato 
trattamento agevolativo, sia questo conforme alla richiesta dell'interessato 
oppure, in caso diverso, sia staio adottato con provvedimento ormai 
definitivo, esso trattamento non � suscettibile di variazioni o sostituzioni 
per sopravvenute vicende, sia ad iniziativa dell'interessato sia ad 
opera della stessa Amministrazione finanziaria. 

Tutto ci� porta ad affermare che, qualora l'atto sia stato sottoposto 
ad un determinato trattamento fiscale di favore, l'interessato, che da 
questo sia decaduto, non pu� chiedere successivamente (salvo che disposizione 
di legge non lo consenta espressamente) che, in sostituzione del 
beneficio gi� accordatogli, sia applicarto altro beneficio, di cui assuma 
esistere i presupposti. Invero, come si � osservato, il rapporto giuridico 
d'imposta in tal modo determinatosi, � definitivo, essendosi il suo iter 
formativo completato. Esso � ormai solo suscettibile di essere portato 
ad esaurimento per effetto del verificarsi o del �non verificarsi delle 
condizioni poste dalla legge per la conservazione del beneficio. Nella 
ipotesi negativa, il mancato avveramento della condizione � fatto che 
si inserisce pur sempre in quello stesso rapporto d'imposta per cui esso 
d� luogo alle conseguenze sue proprie (applicazione dell'ordinario trattamento 
tributario) n� potrebbe consentire che il rapporto di imposta, 
cos� estinto, possa rivivere per l'applicazione dell'altro beneficio. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2978 -Pres. 
Stella Richter -Est. Sposato -P. M. De Majo (diff.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Impresa Farsura (avv. Cochetti). 


Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Subappalto 
-Estensione -Limiti. 

(1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade prevista dall'art. 8 
della legge 24 luglio 1961 n. 729 non si estende ai contratti. di subappalto 
non approvati dall'Amministrazione appaltante (1). 

(1) Identiche sono le coeve sentenze n. 2974, 2976 e 2977. 
Con questa pronunzia le Sezioni unite risolvono definitivamente la 
questione sulla quale in un primo momento era prevalsa la tendenza ad 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -La ricorrente Amministrazione -denunziando la violazione 
e la falsa applicazione dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961 sostiene 
che atto o contratto occorrente per l'attuazione di questa legge 
� da considerare quello che sia tale non soltanto in senso tecnico-economico, 
ma benanche in senso giuridico, e che tale non �, in materia di 
opere pubbliche, il subappalto che, in contrasto con il divieto stabilito 
dall'art. 339 della legge del 1865 sui lavori pubblici, sia stato stipulato 
senza l'approvazione ed all'insaputa della pubblica amministrazione committente 
o della societ� alla quale la pubblica amministrazione abbia 
concesso l~ esecuzione dei lavori. Soggiunge che il subappalto non giova 
al fine in vista del quale � prevista l'esenzione fiscale della quale si 
tratta -vale a dire alla riduzione dei costi delle costruzioni aurtostradali 
-giacch� esso si risolve in un vantaggio per l'appaltatore, che 
lo stipula a condizioni per lui pi� favorevoli di quelle del contratto 
d'appalto; e che, d'altra parte, l'esenzione sarebbe limitata anche in 
senso soggettivo cos� come ritenuto dall'Ufficio impositore. 

Il ricorso -che nelle memorie viene illustrato con larghi riferimenti 
alle considerazioni esposte nelle sentenze pronunziate da questa 
Corte a sezione semplice nel 1974 -� fondato e deve essere accolto. 

In effetti, per dirimere il verificatosi contrasto giurisprudenziale 
nella determinazione dell'ambito di applicabiUt� del trattamento fiscale 
di favore del quale si discute, bisogna aver riguardo all'essenziaie circostanza 
che le costruzioni autostradali -o che siano eseguite direttamente 
dall'ANAS, o che lo siano da altri enti che, in virt� della concessione, 
subentrano negli stessi poteri e nelle stesse iniziative della pubblica 
amministrazione concedente -sono pur sempre opere pubbliche, 
soggette alla disciplina regolatrice dei pubblici appalti e, quindi, fra 
l'altro, alle norme dettate dal citato art. 339 della legge sui lavori pub-

ammettere l'estensibilit� della agevolazione (3 marzo 1972 n. 611, in questa 
Rassegna, 1972, I, 444) ma pi� recentemente si era determinato un 
criterio restrittivo (5 settembre 1974 n. 2419, ivi, 1974, I, 1264; 13 gennaio 
1975, n. 105, ivi, 197'5, I, 396). � da segnalare, anche ai pi� ampi fini 
di metodologia ermeneutica, il rilievo che I'� occorrenza � ad un determinato 
fine, se pur non deve rispondere al criterio della necessit�, non 
pu� essere intesa in senso puramente tecnico-economico, col rischio di 
accogliere nel concetto di fine agevolato tutti gli atti che possono derivare 

� nella loro indefinita possibilit� di proliferazione � dall'appalto. Non persuade, 
per�, pienamente l'identificazione del nesso di occorrenza con la 
sussistenza di un apprezzamento discrezionale della Amministrazione in 
sede di approvazione del subappalto, approvazione che, oltre a rispondere 
a diverse esigenze che non dovrebbero influire sul trattamento tributario, 
potrebbe intervenire anche dopo la stipulazione del subappalto e la sua 
registrazione. Dovrebbe in sostanza non ritenersi compromessa la questione 
dell'estensione dell'agevolazione anche ai subappalti approvati o per 
i quali non � richiesta l'approvazione. 
I 


II 


~ 

. . I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR,IA 907 

blici che vieta all'appaltatore di cedere o subappaltare, tutta o in parrte, 
l'opera assunta senza l'approvazione dell'autorit� competente, sotrto la 
comminatoria dell'immediaita rescissione del contratto e di una multa 
corrispondente al ventesimo del prezzo di deliberamento. Le ragioni 
che stanno alla base di un divieto cos� rigorosamente sanzionato sono 
evidenti; si tratta di assicurat.e, per una preminente esigenza di pubblico 
interesse, la buona esecuzione dell'opera attraverso la valutazione; da 
farsi preventivamente dagli organi della pubblica amministrazione, dei 
requisiti d'idoneit� di coloro che l'opera 'debbono eseguire, e di render 
possibile quella continua e doverosa attivit� di controllo che quegli 
organi non avrebbero modo di esplicare tempestivamente ed efficacemente 
nei confronti di imprese ai cui rapporti con l'appaltatore la 
pubblica amministrazione fosse rimasta del tutto estranea. 

Una volta stabilito che gli atti ed i contraJtti relativi alle costruzioni 
autostradali sottostanno alla normativa propria dei lavori pubblici, 
� ovvio che le particolari disposizioni che le riguardano debbano essere 
intese nella loro coordinazione logica con la detta normativa, non essendo 
ammissibile che esse agevolino ed incoraggino atti che, nella pi� 
ampia regolamentazione nella quale s'inseriscono, sono rigorosamente 
vietati. Codesta imprescindibile necessit� di coordinamento potrebbe 
non sussistere se il legislatore avesse, esplicitamente o implicitamente, 
introdotto nella legge per le autostrade una deroga alle norme generali 
in materia di opere pubbliche. Ma una deroga del genere non si rinviene 
nella legge del 1961 e nelle altre precedenti relative alle strade 
ed alle autostrade, n�, in verit�, vi sarebbe stato motivo di disporla, 
,stante il gi� rilevato interesse pubblico che il divieto del subappalto 
tutela, e stanti le altre considerazioni che, qui di seguito, vengono 
esposte. 

� vero che, a differenza di altre leggi _:_ ad esempio della legge 
28 febbraio 1949 n. 43 nel su� art. 24 -la legge sul piano di nuove costruzioni 
stradali ed autostradali prevede, nel suo art. 8, i benefici fiscali 
n~n per gli atti ed i contratti necessari, ma per gli atti e i contratti occorrenti 
per la sua attuazione, ed � pur ve.ro che l'occorrenza ha limiti pi� 
ampi della stretta necessit�. Tuttavia anche l'occorrenza dev,e essere intesa 
nel nesso, in cui il testo legislativo esplicitamente la pone, con l'attuazione 
della legge. Ci� comporta che non pu�, essere intesa in un senso puramente 
tecnico-economico, perch� in tal modo quel nesso verrebbe ad 
essere negato. Difatti, se, trascurando le finalit� d'interesse pubblico che 
continuano -e n,on potrebbero non continuare -ad essere preminenti 
nell'intenzione del legislatore, ed i cui mezzi e modi di realizzazione sono 
affidati alla valutazione preventLva d�lla pubblica amministrazione, volessero 
comprendersi fra i contratti occorrenti all'attuazione della legge anche 
i subappalti non approvati che possano servire, o siano comunque ser



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

viti, alle costruzioni autostradali, si perverrebbe all'inevitabile conseguenza 
che l'appaltatore potrebbe affidare a ditte subappaltatrici tutte 
le opere da lui assunte in appal!to e godere dei benefici tributari senza 
nulla aver fatto per l'attuazione della legge ed essendosi limitato a 
svolgere una pura e semplice attivit� d'intermediazione a scopo di lucro. 
Codesta conseguenza, oltre che nel caso limite che si � ipotizzato allo 
scopo di metterne in luce tutta l'assurdit�, potrebbe egualmente verifi� 
carsi anche nei subappalti parziali: con effetti meno vistosi, ma non 
per questo meno assurdi, giacch� � sempre assurdo premiare con agevolazioni 
fiscali, ricadenti a carico della collettivit�, le speculazioni private. 
Per evitare che essa possa verificarsi fa d'uopo ricorrere ad un 
criterio che consenta di distinguere fra gli atti occorrenti all'attuazione 
della legge e gli atti che, pur derivando, nella loro indefinita possibilit� 
di proliferazione, dell'appalto stipulato dall'ANAS o dalle societ� concessionarie, 
attuano non la legge, ma una mera intermediazione speculativa. 
E tale criterio � fornito, per l'appunto, dal coordinamento dell'art. 
8 della legge del 1961 con l'art. 339 della legge sui lavori pubblici, 
in virt� del quale coordinamento il giudizio sulla sussistenza della condizione 
prevista per l'applicazione del beneficio tributario -cio� del 
nesso di occorrenza dell'aitto o del contratto con l'attuazione della legge 
-coincide e si risolve nell'apprezzamento discrezionale della Pubblica 
Amministrazione (o dell'ente al quale essa ha trasferito, con la 
concessione, le proprie attribuzioni ed iniziative) che approvi, oppure 
ritenga di non approvare, la stipulazione del subappalto. 
Si obietta che i subappalti, consentendo all'appal.tatore l'esecuzione 
delle opere a condizioni meno onerose e, quindi, di assumere l'appalto 
ad un prezzo correlativamente minore, giovano, in definitiva, allo scopo 
per il quale � prevista l'esenzione fiscale, cio� allo scopo della realizzazione 
delle autostrade a minor costo; che ci� � tanto pi� degno di nota 
in quanto, date le particolari difficolt� tecniche del settore, � difficile, 
ed anzi pressocch� impossibile, che una sola impresa possa eseguire tutta 
l'opera senza il concorso di subappaltanti ditte specializzate che dispongano 
di complesse e costose apparecchiature il cui approntamento assoggetterebbe 
a spese di enorme rilevanza. L'obiezione, con la quale si 
vorrebbe accreditare la ;tesi dell'inoperativit� nel campo delle costruzioni 
autostradali del divieto di cui all'art. 339 della legge fondamentale 
sui lavori pubblici, si rivela, per�, priva di consi_stenza. Difatti il divieto 
non � assoluto e non impedisce all'appaltatore di fare assegnamento su~ 
subappalti e, ;tenendo conto delle economie che si ripromette di conseguirne, 
di assumere la esecuzione dell'opera ad un corrispettivo minore. 
Basta, all'uopo, che nel contratto d'appalto venga prevista la possibilit� 
dell'affidamento ad altri dell'esecuzione di quelle parti dell'opera che 
egli non potrebbe eseguire direttamente senza grave dispendio: possi~ 
II ~ 
~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 

bilit� che non gli sar� certamente negata dall'amministrazione appaltante 
qualora effettivamente sussistano le condizioni che, senza pregiudizio 
del preminente interesse collettivo alla buona esecuzione dei lavori, 
consentano una riduzione della spesa. � soltanto in questo niodo che 
l'interesse economico dell'appaltatore e, di riflesso, quello dell'amministrazione 
o dell'ente concessionario, si concilia con quell'altro preminente 
interesse ed, evitata ogni dannosa ed arbitraria possibilit� di 
intermediazioni a catena, i subappa]Jti divengano atti realmente occorrenti 
all'attuazione del piano delle costruzioni stradali ed autostradali 
ed hanno titolo per essere ammessi al .trattamento fiscale di eccezionale 
favore. 

Stabiliti i limiti oggettivi dell'ambito di applicazione dell'esenzione 
tributaria nel senso che vi rientrano soltanto i subappalti stipulati con 
il consenso dell'amministrazione appaltante o dell'ente, concessionario, 
� irrilevante, ai fini della decisione' della presente controversia, stabilire 
se l'esenzione debba intendersi limitata anche in senso soggettivo come 
subordinatamente si assume nel ricorso. Basti osservare, e solo incidentalmente, 
che tale subordinato assunto non appare fondato; valga, 
in proposito, il richiamo alle considerazioni svolte nella sentenza 13 maggio 
1969 n. 1638 di questa Corte Supre,ria. 

Sul piano processuale la difesa della resistente ha sostenuto che la 
Amministrazione delle Finanze ha invocato gli effetti del divieto dei 
subappalti non autorizzati sulla determinazione della sfera di applicazione 
dei benefici fiscali, soltanto nel suo ricorso per cassazione, proponendo 
perci�, per la prima volta in questa sede, una questione nuova, 
involgente anche accertamenti di fatto (se un'approvazione da parte 
della S.P.E.A. fosse o non fosse intervenuta) e, quindi, non proponibile 
in questa fase del giudizio. Non si tratta, per�, di una questione nuova. 
Opponendosi all'ingiunzione e chiedendo l'accertamento del suo preteso 
diritto all'esenzione, la societ� Farsura propose una domanda avente 
come sua causa petendi l'affermata sussistenza delle condizioni alle quali 
l'esenzione � subordinata e, quindi, nel nesso di occorrenza dei subappalti 
all'attuazione della pi� volte citata legge del 1961, indipendentemente 
dall'approvazione di cui nell'art. 339 della legge sui lavori pubblici. 
Il coordinamento delle due normative veniva, pertanto, implicitamente 
negato all'atto di opposizione; e le sentenze dei giudici di 
merito, accogliendo l'opposizione e quindi affermando la sussistenza di 
tutte le condizioni necessarie per l'accoglimento, hanno perci�, implicitamente 
ed erroneamente, .gi� risolto la questione che ora si assume 
essere nuova. 

Sul piano sostanziale la controricorrente deduce che, comunque, 

nel caso di specie, si sarebbe dovuto tener presente ch<i! nell'art. 7 della 

convenzione da essa stipulata con la societ� concessionaria, era bens� 

q 


l 

910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

l

prevista la necessit� dell'approvazione per i subappalti, ma era anche 

j

previsto che la detta approvazione non_ era necessaria per i subappalti I 

! 

j

aventi ad oggetto la fornitura e l'esecuzione di manufatti od impianti 

che si eseguiscono normalmente a mezzo di ditte specializzate. Codesta' II 

l

deduzione equivale, per�, alla proposizione, in questa sede, di una 
domanda nuova, fondata su di una causa petendi diversa da quella 
originariamente proposta � sulla quale si � discusso e deciso nelle precedenti 
fasi di merito. Di essa, perci�, non � assolurtamente consentito 
a questa Corte di occuparsi attraverso un esame che comporterebbe, 
fra l'altro, un'indagine di fatto sul contenuto della convenzione, mai 
prodotta in giudizio, e la risoluzione, in diritto, della questione se, 
nonostante il mancato richiamo del citaito art. 7 nel contratto di subappalto, 
l'ufficio impositore avrebbe egualmente potuto desumere la sussistenza 
del nesso di occorrenza da elementi non risultanti dall'atto presentato 
alla registrazione. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) 


I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 luglio 1975, n. 2841 -Pres.. MtrabeHi 
-Rel. La Torre 7 P. M. Minetti (conrf.) -AJssessorato ad: lavori 
pubblici della Regione ski1iana (avv. Stato Azzaxiti) c. Eredi Cra:
panzano (n.rc.). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Istituto delle riserve -Carattere 
generale -Deroghe -Limiti. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54, 63, 64 e 89; d,P.R. 16 luglio 1962, 
n. 1063, artt. 26, 30 e 42). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiori ririchieste 
dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54, 63, 64 e 89�; d.P\.R. 16 luglio 1900, 
n. 1063, art. 30). Appalto 
-Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiore richieste 
dell'appaltatore. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 91 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
art. 38). 
Imposta generale sull'entrata -Rivalsa -Esercitabllit� nei confronti della 
Regione siciliana. 
(legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 6, terzo comma; d.P.R. 12. aprile 1948, n. 507, 
art. 1; legge reg. sic. 22 marzo 1956, n. 6; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074). 

Il principio generale secondo cui l'appaltatore di opera pubblica 
ha l'onere della immediata denuncia di ogni fatto che egli ritenga 
produttiv_o di conseguenze patrimoniali a s� sfavorevoli (onere da 
assolvere, innanzitutto, con la tempestiva iscrizione di apposita riserva 
nel registro di co,ntabilit� o in quell'altro documento contabile all'uopo 
predisposto, successivamente con la rituale individuazione e quantificazione 
della pretesa e, infine, con la conferma della riserva all'atto 
della sottoscrizione del conto finale), non pu� subire deroga se non 
in quei casi in cui l'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore 
non sarebbe giustificata o. non sarebbe. possibile; e tali, in 
pratica, sono: a) i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� 
di documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; b) i fatti 

dolosi o gravamente colposi dell'amministrazione, quando per� non 

(*) Le decisioni in materia di acque pubbliche .sono massimate e 
annotate dall'avv. PAOLO VITTORIA. 


912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera e siano perci� indifferenti 
agli effetti delle riserve; c) i fatti c.d. continuativi, come quetli 
prodotti da una causa� costante o da una serie causale di non immediata 
rilevanza onerosa, talch�, anche per essi, riprende vigore la 
regola che impone all'appaltatore di farne riserva non appena egli 
disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le 
cause delle situazioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere 
economico (salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive registrazioni 
o in chiusura del conto finale): momento che va identificato, 
nelle�singole fattispecie, secondo i criteri della media diligenza e della 
buona fede (1). 

La richiesta di risarcimento dei danni che si assumano subiti per 
illegittima e prolungata sospensione dei lavori � inammissibile quando 
i verbali di sospensione e di ripresa dei lavori siano stati sottoscritti 
senza riserve (2). 

La richiesta di risarcimento dei danni che si assumano subiti per 
ingiustificato ritardo nel collaudo, in quanto afferente ad una situazione 
insorta e denunciabile ad appalto esaurito, pu� essere utilmente 
avanzata in sede di collaudo (3). 

La domanda di rivalsa dell'imposta generale sull'entrata non � 
soggetta �ll'onore della rivalsa (4). 
Nei confronti della Regione siciliana, equiparata allo Stato, per 
effetto del d.P.R. 12 aprile 1948, n. 507, del d.P.R. 26 luglio 1965, 

n. 1074, e della legge regionale siciliana 22 marzo 1952, n. 6, a tutti 
gli effetti fiscali, non � esercitabile il diritto di rivalsa dell'imposta 
generale sull'entrata (5). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 ottobre 1975, n. 3374 -Pres. Mirabelli 
-Rel. Giuliano -P. M. Cutrupia -Saja (avv. Varrera e Bianchi) 
c. Ministero dei Lavori [pubblici (avv. Stato Bragug1ia). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore Fatti 
continuativi -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54).. 
(1-8) La prima decisione in rassegna costituisce espressione del consolidato 
orientamento giurisprudenziale, sia per quanto concerne i principi 
in tema di Tiserv�e del.J'appaJ.tatoce (cfr., da ultimo, Cass., 18 aprile 
1975, n. 1458, retro, I, 447, con richiamo ai precedenti), sia relativamente 
alla equiparazione a1lo Stato, agli e:flfetti fiscali, della Regione siciliana, 
e quindi all'inammissibilit� di una rivalsa dell'i.g.e. nei suoi confronti 

(cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 
1974, I, 1278, con nota di richiamo a pag. 1282). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 913 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore Oneri 
per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente 
previsti nel contratto -Onere della tempestiva riserva Sussistenza. 


(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore 


Decadenza� � Proposte transattive � Rinuncia tacita ad eccepire la 

d~cadenza � Esclusione. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54; cod. civ., artt. 1175 e 2966). 
L'onere della tempestiva riserva sussiste anche relativamente agli 
oneri sostenuti dall'appaltatore per fatti continuativi; e la riserva deve 
essere sciolta nei quindici giorni dal momento in cui l'appaltatore 
abbia precisa conoscenza di tutti i dati attinenti alle sue maggiori 
richieste (6). 

L'onere della tempestiva riserva sussiste anche relativamente agli 
oneri per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente 
previsti nel contratto di appalto (7). 

Dall'offerta di somme a tacitazione transattiva delle maggiori 
richieste dell'appaltatore non pu� desumersi la rinuncia dell'Amministrazione 
committente ad eccepire la decadenza nella quale sia incorso 
l'appaltatore per la tardivit� delle 1�iserve (8). 

I 

(Omissis). -Con l'impugnata sentenza la Cor,te di appello di 
Palermo ha rigettato l'eccezione preliminare dell'Amministrazione, secondo 
la quale tutte le pretese dell'appaltatore dovevano dichiararsi 
improponibili per non essere state tempestivamente formulate nel corso 
dell'appalto e a mezzo delle apposite risel"Ve (di cui al regolamento 
approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350 sulla contabilit� dei lavori 

Va rrettificato, peraltro, il riferimento alla (possibilit� di quantificare 
le rrichieste relative ai cc.dd. fatti continuativi anche in sede di conto 
finale, che deve presumemi, anche per la sua irrilevanza nella specie 
(nella quale era :mancata la tempestiva iscrizione della riserva), non adeguatamente 
considerato, e che risulta infatti contraddetto dal contestuale 
richiamo all'art. 64, secondo comma, del r.d. 25 ma,ggio 1895, n. 350 
(secondo cui l'aippaltatore, alla firma del conto finale, � non potr� iscrivere 
domande per oggetto o per importo diverse da que�e formulate nel 
registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavoci, ai termini dei 
precedenti articoli 53 e 54 �); ed � puntuale, quindi, l'affermazione di 
principio, contenuta nella seconda delle sentenze in rassegna, sulla necessit� 
.che J.a riserva per fatti conttnuativi sia sciolta (con specificazione 
delle somme richieste) nei quindici giorni dalla data in cui ,l'appaltatore 
dispone degli elementi necessari alla quantificazione della pretesa: data 
che non potr� essere in ogni caso successiva, evidentemente, n� a quella 



914 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dello Stato), osservando che questa speciale disciplina, con il conseguente 
onere a carico dell'appaltatore in ordine alle singole unit� 
di lavoro via via eseguite, non � applicabile quando la pretesa di 
costui verta su fatti o situazioni giuridiche che non attengono strettamente 
e direttamente all'esecuzione dell'opera appaltata, ma riguardano 
il rapporto di appalto in s� considerato, nel sup complesso e 
nel suo� assoggettamento a norme di carattere generale: categoria quest'ultima 
nella quale dovrebbe farsi rientrare, svincolata perci� dall'onere 
della preventiva denuncia, la domanda relativa al I'isarcimento 
dei danl).i causati �da illegittimo ordine di prolungata sospensione dell'opera 
e da ritardo nella compilazione del conto finale e nella esecuzione 
del collaudo�. Dalla quale premessa, essere cio� le pretese 

del Crapanzano libere dal regime delle riserve, i giudicd pale:rnnitarni 
hanno tratto l'ulteriore corollario dell'assoluta irrilevanza di una indagine 
��volta al controllo della ritualit� formale e della tempesti'Vit� 
delle riserve, a quelle pretese appunto riferite, formulato dall'appaltatore 
medesimo in sede di redazione e sottoscrizione de conto finale 
e in sde di collaudo�. 

Contro questa pronunzia si appuntano ora le molteplici censure 
di violazione di legge e difetto di motivazione che l'Assessorato regionale, 
riproponendo la tesi sostenuta senza fortuna neJ giudizio di merito, 
affida ai primi due motivi del suo ricorso. 

Col primo motivo, articolato in pi� punti, si deduce l'errore che 
avrebbe commesso la Corte di Palermo interpretando restrittivamente, 

di ultimazione dei lavori n� a quella di chiusura del registro di contabilit�. 


Quanto alla ipotesi del c.d. fatto continuativo, del resto, � evidente 
che non si tratta, in effetti, di una eccezione o di una deroga al pdnciipio 
sul carattere generale dell'istituto della riserva (che ne risulta invece 
ribadito), ma solo dl criterio utile alla individuazione del momento in 
cui l'onere della riserva diviene �attuale� (cfr., in tal senso, Cass., sez. un., 
25 luglio 19W, 11.1. 2168, in quesa Rassegna, 1973, I, 979). 

� la nozione stessa di � fatto continuativo �, peraltro, che non risulta 
in realt� ancora adeguatamente definita e verificata, prur essendo tale 
definizfone e tale v.erifica imposte dal fatto che il concetto � venuto in 
rilievo nell'ambito di runa i~ostazione superata oramai dal riconosciuto 
carattere generale dell'istituto della riserva; ed � stato invero ,gi� osservato, 
con accurata analisi della questione, e rilevandosi che l'onere della 
riserva andrebbe stricto jure affermato relativamente ad ogni singolo episodio 
della serie � fatto continuativo ., che l'ipotesi del fatto continuativo 
si risolve in effetti in una � "finzione giuridica" (la cui artificiosit� comincia 
solo ora ad essere riconosciuta � (PIACENTINI, Fatti continuativi ed onere 
di tempestiva proposizione delle riserve, Arb. ap'[J., 1974, 171). 

tn tema di sospensione dei lavori, cfr., in particolare: Gass., 26 marzo 
1975, n. 1148; 3 ottobre 1973, n. 24S6, in questa Rassegna, 1973, I, 981; sez. 
un., 25 luglio 1973, n. 2168, cit.; 25 maggio 1973, n. 1527; sez. un., 20 giugno 
1972, in questa Rassegna, 1972, I, 862; v. pure: L'onere della tempe



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 915 

ed arbitrariamente disapplicando, il principio d'ordine generale, desumibile 
da numerose norme del r.d. 25 magg�o 1895 n. 350 (v. fra gli 
altri art. 10, 11, 16, 21, 23, 25, 47, 53, 64, 107) secondo cui incombe 
all'appaltatore l'onere della immediata denuncia di ogni fatto o situazione 
giuridica, inerente all'appalto, che sia suscettibile di causargli 
conseguenze patrimoniali negative, a ci� dovendo egli provvedere, pena 
l'accettazione del fatto o della situazione sfavorevole e la decadenza 
dal correlatirvo diritto, mediante tempestiva riserva da apporre in quel 
documento formale che, volta a volta, � preordinato allo scopo (verbale, 
ordine di servizio, registro di contabilit�, ecc.). E all'osservanza 
di tale regola, la cui ratio consiste non solo nella necessit� dell'ente 
appaltante di verificare per tempo il fatto controverso ma anche e 
sopratutto nell'esigenza di controllare costantemente il costo dell'opera 
non possono sfitggire neanche le pretese risarcitorie dell'appaltatore 
che si riconettono, a �fatti continuativi� o ad inadempienza dell'Amministrazione 
e, meno che mai, stante il combinato disposto degli artt. 
16 e 89 del citato r.d., a illegittima sospensione dei lavori, quando � 
pacifico -come nella specie -che tanto il verbale di sospensione 
quanto il verbale di ripresa dei lavori furono da lui sottoscritti senza 
riserva. 

Se poi si considera -ed ecco il secondo motivo� del ricorso che 
l'ru-t. 64, comma secondo, dello stesso r.d'. non �orusente aill'appaltatore 
di iscrivere nel cornto finale domande diverse da quelle 

stiva riserva per i danni da sospensione dei lavori, in questa Rassegna, 
1973, �, 980. 

Quanto al principio di cui alla� terza massima, relativa alla richiesta 
di risarcimento dei danni che si assumano subiti per ingiustificato ritardo 
nel collaudo, va precisato che tale richiesta pu� ,essere avanzata in sede 
di ,collaudo, ma deve essere in questa sede avanzata, a" pena di decadenza. 
In considerazione degli� effetti giuridici del collaudo (la cui funzione, come 
� noto, � anche quella di fissare il definitivo compenso doV1Uto all'appaltatore), 
ed in coerenza, del resto, con il principio sul carattere generale dell'istituto 
della !I'iserva, � stato irufatti gi� precisato che J.a sottoscrizione 
senza riserve del certificato di �collaudo preclrude all'appaltatore la possibilit� 
di proporre domande per i maggiori oneri sostenuti in conseguenza 
del ritardo nel collaudo (Cass., 22 .giugno 1971, n. 1962): 

Anche i princ�.pi enunciati con la seconda sentenza in !l'assegna .costituiscono 
oramai jus receptum. 

Relativamente all'impossibilit� di desumere da proposte transattive 
una rinuncia tacita ad avvalersi della decadenza nella quale sia incorso 
l'appaltatore per tardivit� delle riserve (conf.: Cass., 12 marzo 1973, n. 677, 
in questa Rassegna, .1973, I, 458), va peraltro i'khiamato �quanto gi� in altra 
occasione Tilevato sulla inammissibilit� stessa, in via di principio, di una 
rinunzia dell'amministrazione ad eccepi!l'.'e la decadenza, ipotizzabile inveTo 
nel solo caso di definizione tTansattiva della vertenza con l'appaltatore 

(cfr.: SuLla 1�inuncia a vaiersi della decadenza in tema di pubbLici appalti, 
in questa Rassegna, 1973, I, 1191). 



916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gi� formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei 
lavori (a norma dei precedenti artt. 53" e 54), si ha la prova, a giudizio 
del ricorrente Assessorato, che la Corte d'appello ha omesso 
l'esame di un punto decisivo, poich� detto giudice, lungi dal considerare 
superflua la relativa indagine, cui invece era tenuto di :fronte 
all'eccezione di inammissibilit� delle tardive riserve, avrebbe dovuto 
darsi carico di accettare se nel registro di contabilit� fossero state 
apposte dall'appaltatore firme senza riserva dopo l'ultimazione dei 
lavori. 

La tesi esposta nei su riassuntivi motivi che sono parzialmente 
fondati, va accolta con le precisazioni e nei limiti di cui appresso. 

� da premettere che, dalla gara di appalto alla consegna, all'esecuzione 
e al collaudo dei lavori, il piano di attuazione dell'opera pubblica 
si svolge attraverso un procedimento formale e vincolato cui 
presiede la necessit� della continua evidenza delle spese richieste dall'opera 
. stessa, in modo da tutelare le esigenze proprie di un bilancio 
pubblico in rapporto alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva 
integrazione dei mezzi finanziari a tal fine stanziati, nonch� alle 
altre possibili determinazioni riservate all'Amministrazione di fronte a 
un notevole superamento delle originarie previsioni di spesa. A quella 
necessit� e a questi scopi, che verrebbero certamente frustrati ove 
l'appaltatore potesse richiedere in ogni tempo e a qualsiasi titolo il 
pagamento di maggiori somme, si lega appunto l'onere della immediata 
denuncia, da parte sua, di ogni fatto che egli ri�tenga produttivo 
di conseguenze. patrimoniali a s� sfavorevoli. E tale onere, senza la 
osservanza del quale l'esercizio del preteso diritto risulterebbe poi 
tardivo e precluso, va assolto, innanzitutto, con la tempestiva iscrizione 
di apposita risenra nel registro di �contabiil.it� o in quell'altro 
documento contabile all'uopo predisposto, successivamente con la rituale 
individuazione �e quantificazione della pretesa e, infine, con la 
conferma della ris�rva all'atto della sottoscrizione del conto finale 

(cfr. gli artt; 16, 53, 54, 63, 64, 89 del cit. r.d. n. 350 del 1895). 

Si � dunque in presenza di un principio generale, posto a cardine 

del sistema dei pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e 

la ratio ispiratrice, non pu� subire deroga se non in quei casi in cui 

l'onere della temtpestiva r~serva, da parte dell'.awaltatore, o non sa


rebbe giustificata o non sarebbe possibile,. 

E tali, in pratica, sono: a). i fatti estranei all'oggetto dell'appalto 

o alla finalit� di rdocumentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; 
b) i fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione, 
quando per� non incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera e 
siano perci� indifferenti agli effetti delle riserve; e) i fatti c.d..continuativi, 
come quelli prodotti da una causa� costante o da una serie 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 917 

causale di non immediata rilevanza onerosa, talch�, anche per essi, 
riprende vigore la regola che impone all'appaltatore di farne riserva 
non appena egli disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione 
appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli e il presumibile 
onere economico (salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive 
registrazioni o in chiusura del conto finale) : momento che va 
identificato, nelle singole fattispecie, secondo i criteri della media diligenza 
e de1la buona fede (cfr. Cass. n. 677, 717 e 1527 del 1973). 

Ci� posto, si tratta ora di vedere se in taluno di questi casi 
eccezionali, o in altri, che comunque escludono l'onere della riserva, 
possano farsi rientrare -come ha deciso la Corte palermitana -le 
pretese risarcitorie per i danni che sarebbero derivati all'appaltatore 
Crapanzano a causa, rispettivamente: 

1) della illegittima e prolungata sospensione dei lavori (dal 3 
dicembre 1959 al 27 luglio 1961), dovuta a difettosa progettazione 
dell'opera, da parte dell'ente appaltante, e alla necessit� di ovviarvi 
merc� una perizia suppletiva con varianti in ordine alle modalit� esecutiva 
dell'appalto e alla sua durata; 

2) dell'ingiustificato ritardo nell'esecuzione del collaudo (7-9 
settembre 1963), effettuato dopo la scadenza del termine di un anno 
dalla ultimazione dei lavori (30 settembre 1961) e della successiva 
data di sottoscrizione del conto finale, con il� conseguente maggiore 
onere di spesa cui � andato incontro l'appaltatore, da tale data fino 
al giorno del collaudo, per la manutenzione dell'opera appaltata e 
compiuta. 

Al suenunciato quesito deve darsi risposta sicuramente negativa 
per quanto concerne la voce sub 1). Riguardo alla quale � da affermare 
-contrariamente alJ.'avviso espresso nell'iimpugnata sentenza che 
non sussisteva alcuna valida ragione perch� l'appaltatore fosse 
dispensato dall'onere di formulare subito le sue riserve in ordine al 
pregiudizio patrimoniale da lui temuto e gi� :prospettabile come effetto 
della disposta sospensione. Non ricorreva infatti nessuna delle ipotesi 
eccezionali di cui sub a), b), e), trattandosi invece di una situazione 
inerente all'appalto, incidente direttamente sull'esecuzione dell'opera 
e con immediata rilevanza causale sfavorevole circa l'onere economico. 
E quanto alla possibilit� di farne rituale denuncia, non mancava 
all'appaltatore il mezzo per formulare tempestivamente le sue 
riserve: come avrebbe potuto e dovuto fare, ex art. 16, in sede di 
verbale di sospensione dei lavori e poi, o almeno, in sede di verbale 
di ripresa degli stessi lavori, quando il fatto potenzialmente produttivo 
del danno a suo carico -stando alla stessa prospettazione di parte aveva 
gi� esplicata tutta o gran parte della propria efficienza causale. 
� viceversa circostanza pacifica in causa -da cui per� la sen



918 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenza, pur dandone espressamente atto, non ha tratto le debite cons�guenze 
giuridiche -che il Crapanzano ha firmato senza risel"Ve sia 
il primo che il secondo verbale, limitandosi ad avanzare le sue pretese 
solo nel conto finale e, quindi, tardivamente, per esserne gi� decaduto: 
come deve ritenersi argomentando dal combinato disposto degli 
artt. 46, 54 e 89 e, comunque, in puntuale applicazione dell'art. 64, 
comma secondo, a norma del quale l'appaltatore, all'atto di firmare 
il conto finale, �non potr� iscrivere dpmande per oggetto o per 
importo diverse da quelle formulate n�l registro di contabilit� durante 
lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 > 
(cfr. sent. n. 2168 e 2486 del 1973). 

Ma la stessa soluzione, con le ragioni fin qui esposte, non pu� 
di certo valere per _quanto concerne la voce sub 2). Riguardo alla 
quale deve invero riconoscersi che la situazione dannosa conseguente 
al ritardo del collaudo, il cui scopo � di verificare se l'opera fu eseguita 
(art. 91 e ss.), non poteva essere oggetto di preventiva riserva 
in alcun atto contabile dell'appalto: ci� per la semplice ma invincibile 
ragione che si tratta di un fatto successivo alla ultimazione 
dei lavori e alla chiusura dei conti (art. 62, 63 e 91) e come tale, 
quindi, non prevedibile n� denunciabile prima che, quanto meno a 
far tempo dal compimento dell'opera fosse interamente decorso il 
termine (di un anno) di cui l'Amministrazione disponeva per eseguire 
il collaudo. E pertanto, non potendo manifestarsi se non a termine 
scaduto l'illegittimo ritardo che l'appa1tatore ha dedotto come causa 
efficiente del danno da lui subito medio tempore, cio� nel periodo 
compreso fra la data della scadenza e il giorno in cui il collaudo 
fu di fatto eseguito, sembra coerente dedurne che la relativa pretesa, 
siccome afferente ad una situazione insorta e denunciabile ad appalto 
esaurito; non poteva essere utilmente formulata che nel contesto delle 
operazdoni di collaudo (arg. ex art. 107 e 109). 

Su questo punto, quindi, la denunziata sentenza si sottrae alle 
censure contenute nei primi due motivi di ricorso, che, per il resto 
e nei sensi su esposti, meritano invece accoglimento. 

Il terzo motivo, con cui il ricorrente Assessorato ripropone l'eccezione 
di inammissibilit� della domanda di' rivalsa dell'i.g.e. in quanto 
non preceduta da tempestiva riserva, � chiaramente destituito di 
fondamento, e va pertanto l'ligettato, perch� una siffatta pretesa, come 
ha pi� volte statuito questa suprema Corte (sent. n. 2290 del 1965, 

n. 2861 e n. 3351 del 1972, n. 2486 del 1973), rimane estranea alla 
sfera di applicazione della normativa, dianzi illustrata, che pone l'onere 
defla riserva dei registri di contabilit�. 
FC?ndato, per contro, � il quarto e ultimo motivo di ricorso attinente 
al merito della domanda medesima -col quale si deduce 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 919 

lerrore commesso dalla Corte di Palermo nell'escludere la Regione 
siciliana dal n()!Vero � di quegli enti che, per legge, siano in tutti 
equiparati, ad ogni effetto fiscale, all'Amministrazione dello Stato � 
(art. 6, comma terzo, d.l. 9 .gennaio 1940 n. 2, coniv. in 1. 19 'giiugmo 
1940 n. 762, istitutiva dell'i.g.e.), ritenendola perci� soggetta alla rivalsa 
di cui, invece, quegli enti sono immuni (ex art. 6 comma 3, cit.). 

L;impugnata sentenza, che risale in effetti ad un periodo di 
incertezza giurisprudenziale dovuta a due contrastanti precedenti della 
I Sezione di questa S.C. (n. 300 e n. 2567 del 1970), ha ritenuto 
di, optare per quella tesi che � stata definitivamente ripudiata dalle 
Sez. un. con le sentenze 8 febbraio 1972 n. 311 e 25 febbraio 1972 

n. 565, ove risulta enunciato e ampiamente motivato l'opposto principio, 
secondo cui, per effetto delle leggi statali n. 507 del 1948 e 
n. 1074 del 1965 �e della legge regionale n. 6 del 1952, la Regione 
siciliana d�ve ritenersi equiparata allo Stato ad ogni effetto fiscale, 
�Onde il diritto di rivalsa dell'i.g.e. non � esercitabile nei suoi confronti. 
E tale principio, che ha tr()!Vato conferma in numerose altre 
.sentenze delle Sezioni semplici (n. 2861 e 3351 del 1972; n. 117 
e 2485 del 1973; n. 190, 795 e 2513 del 1974) nonch� del1e stesse 
S.U. (n. 3202 del 1974), costituisce ormai ius receptum dal quale 
.questo Collegio non trova ragione per discostarsi. -(Omissis). 
II 

(Omissis). -Col secondo mezzo, ilSaj, d�nunciando falsa applicazione 
dell'art. 54 del decreto 25 maggio 1895 n. 350, si duole che 
la Corte del merito abbia applicato tale norma, bench� le sue richieste 
si riferissero a fatti continuativi. 

La censura s'infrange contro l'apprezzamento della Corte del me


, rito, la quale ha, con analitica motivazione, mostrato che lo scioglimento 
delle riserve genericamente fatte a suo tempo dal Saj avvenne 
1'8 gennaio 1965, quando erano gi� passati pi� di l5 giorni da quello 
in cui, anche per i fatti continuativi da lui addotti, il Saj aveva 
.avuto precisa conoscenza di �tutti i dat� attinenti alle sue maggiori 
richieste �. 

Col terzo mezzo, il ricorrente lamenta � violazione e falsa applicazione 
di legge, omessa e insufficiente motivazione, in relazione agli 
artt. 1755 e segg. cod. civile�, sostenendo che la Corte veneta ha 
�rroneamente ritenuto applicabile il ricordato art. 54 per alcune delle 
voci dedotte in causa, le quali riferiivansi a �prestazioni non previste 
in contrasto, ed afferenti comunque la sua interpretazione� e 
.quindi esulanti dalla previsione della norma. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censura � infondata. Infatti, la sentenza impugnata ha preso 
in esame tutte le voci, mostrando come ciascuna di esse si riferisse 
al compimento dell'opera appaltata e concernesse maggiori oneri per 
difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente previsti 
nel contratto. L'arit. 54 del regolamento sulla contabilit� di Stato 
contempla anche siffatte ipotesi, essendo esclusi dal suo campo d'applicazione, 
oltre ad altri casi che non interessano nella specie, solo 
i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� della documentazione 
cronologica dell'iter esecutivo dell'opera (clr. la sentenza n. 78 
deJ. 1974 di questo Su,premo Collegio). 

Col quarto, complesso mezzo, il ricorrente, denunciando violazione 
dell'art. 2966 cod. civ. e dell'art. 1175 cod. civ. e omesso esame 
di fatto decisivo, da un lato, lamenta che la Corte d'Appello ha 
r1putato irrimmciahile l'eccezione di decadenza, d'altro lato che ha 
escluso, in concreto, che 1'Amministrazione avesse all'eccezione medesima 
tacitamente rinunciato, e a quest'ultimo riguardo addebita alla 
sentenz_a impugnata di non aver ritenuto conto di trattative orali intercorse 
tra le parti per un componimento bonario della vertenza,. 
prima dell'inizio della lite. 

La doglianza non merita accoglimento. �, invero, assorbente la 
considerazione, che la Corte del merito ha, con congrua motivazione, 
sancito che aver l'Amministrazione respinto, stragiudizialmente, senza 
far cenno della decadenza, le richieste di maggior corrispettivo e ofcerto, 
a tacitazione amichevole, la somma di lire 615.000 non costituiva 
tacita rinuncia a eccepire la decadenza. In verit�, devesi, con 
una considerazione di carattere generale, affermare che la rinuncia 
a eccepire la decadenza, in materia di diritti disponibili, pu� essere 
ravvilsata soltanto � in un comportamento univoco e incomu;iatibiie con 
la vo,lont� di avvalersi dell'eccezione; ma i fatti accertati dalla Corte 
del merito non avevano tale carattere. -(Omissis). 

I 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 6 -Pres. Gian-� 
nattasio -Rel. Salvatore -S.A.V.A. (avv. Starace e ottolunghi) c. 
Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione 
proivinciale di Belluno ed altri (avv. Benvenuti e Lorenzoni). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanoni � Determinazione della misura 
unitaria � Nuova determinazione � Ammissibilit�. 
(t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53 mod. da l. 4 dicembre 1956, n. 1377,. 
art. 1). 

.. . I 


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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 921 

Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanoni � Determinazione � Potere 

discrezionale � Circ. Min. Finanze 22 luglio 1959 n. 158 � Autolimita


zione � Esclusione. 

(t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53, mod. da 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, 
art. 1). 

Il potere di imposizione del sovracanone non si esaurisce, quanto 
alla determinazione unitaria di questo, con il primo atto di esercizio, 
onde pu� essere nuovamente esercitato quando risultino modificati gli 
elementi tenuti originariamente in considerazione (1). 

Con la circolare n. 158 del 22 luglio 1959 l'Amministrazione 
non ha posto autolimitazioni al proprio pote1�e impositivo con riguardo 
ai criteri di determinazione del sovracanone, ma si � limitata a fornire 
agli uffici indicazioni da seguire nell'istruttoria delle pratiche, 
ch�, anzi, l'esigenza in essa sottolineata di una rappresentazione adeguata 
della situazione locale rappresenta una conferma dell'ampia discrezionalit� 
di tale potere (2). 

II 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 8 " Pres. Giannattasio 
-Rel. Salvatore -S.p.A. Idroelettrica Garga (avv. Buono) 

c. Ministero delle finanze (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione 
provinciale di Cosenza ed altro (avv. Lombardi Comite). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Riserva di energia -Sovracanone � Dif


ferenza -Normativa sui sovracanoni � Estensione analogica � Esclu


sione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 52 e 53; e.e., disp. prel., art. 12). 
Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanone � Disciplina anteriore alla 

I. 4 dicembre 1956, n. 1377 � Applicazione � Presupposti. 
(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53). 
La diversa natura della riserva di energia a favore dei comuni 
rivieraschi e del sovracanone a favore degli stessi comuni e delle 

(1-2) Trib. sup. acque, 12 ottobre 1962, n. 17, Foro ,amm., 1963, II, 376, 
aveva gi� affermato, in applicazione dell'art. 2 J.. 4 dicembre 1956, n. 1377, 
la legittimit� di un riesame delle situazioni per una nuova liquidazione 
del sova:-acanone anche nei casi in cui ci fosse gi� stata determinazione del 
sovracanone sulla base dell'art. 53 del t.u.; Trib. sup. acque, 17 ottobre 1961, 

n. 18, :richiamata in motivazione, in Foro amm., 1962, II, 186, aveva individuato 
nella irretroattivit� il limite di una nuova determinazione della 
misura unitaria del sovracanone. 
Non consta dell'esistenza di precedenti in termini sulla prima massima, 
che costituisce peraltro applicazione di ispecie di un principio pacifico. 
Sulla portata innovativa dell:a 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, rispetto 
all'art. 53 del t.u. del 1933, cfr. Cass., 7 maggio 1968, n. 1395, in questa 



922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rispettive provi1u:ie esclude che possa estendersi analogicamente dalla 
prima al secondo l'onere della richiesta nel termine decadenziale di 
quattro anni dalla data del decreto di concessione, onere che comunque 
non avrebbe ragione di essere rispetto al sovracanone, la cui determinazione 
non ha quale suo presupposto necessario una formale 
richiesta degli enti interessati (3). 

Per l'imposizione del sovracanone a norma dell'art. 53 comma 
primo t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, nel testo anteriore alla l. 4 
dicembre 1956, n. 1377, era sufficiente che l'ene1�gia prodotta fosse 
trasportata oltre il raggio di quindici chilometri dal territorio del 
com'ij,ne r_ivierasco, essendo ininfluente che il trasporto avvenisse soio 
parzialmente ad opera del concessionario (4). 

I 

(Omissis). -Con il primo motivo di .gravame viene dedotta la 
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 1. 4 dicembre 1956, 

n. 1277, sostenendosi che l'Amministrazione, nel riliquidare il sovracanone 
ai sensi della legge sopraindicata, non avrebbe potuto mutarne 
la misura unitaria fissata nel precedente provvedimento. Ci� perch� 
la legge succitata non avrebbe apportato alcuna modifica alle dispo-
Rassegna, 1968, I, 503; Cass., sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, Giust. civ., 
1966, I, 25 e Foro it., 1966, I, 826; Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 27, 
Giust. civ., 1965, I, 403. 

La giurisprudenza ha avuto numerose occasioni di soffermarsi sui presupposti 
e sulla natura del potere di imposizione del sov:racanone. Piresupposto 
4ell'esercizio del poter.e � stato affermato essere la esistenza di una 
concessione (Trib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, Cons. Stato, 1972, 
II, 1265; Cass., Sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, cit.; con riferimento al 
sowacanone istituito dalla 1. 27 dicembre 1953, n. 959 per i comuni montani 
in sostituzione della riserva di energia di cui all'art. 52 t.u., Cass., 
Sez. un., 26 giugno 1973, n. 1852, Foro it., 1974, I, 1780; Trib. sup. acque, 
8 ottob!J:e 1969, n. 23, Foro amm., 1970, I, 1. 33), non anche la irichiesta da 
parte dei comuni rivieraschi (cfr. le decisfoni richiamate sub 3), con J.a 
conseguenza che, salva la nec.essit� della determinazione della sua misura 
attraver.so il provvedimento del ministro delle finanze (Trib. sup. acque, 
23 novembre 1972, n. 44, cit.; Cass., Sez. un., 15 aprile 1961, n. 816, Giust. 
civ., 1961, I, 1219 e 1221) il sovracanone ha la stessa decor1renza e scadenza 
del canone (T:rib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, cit.). 

Il potere di determinazione della misuxa del canone � stato costante


mente ritenuto caratterizzato da ampia discrezionalit� (Trib. SUJP. acque, 

17 maggio 1973, n. 21, Cons. Stato, 1973, II, 829; Cass., Sez. un., 30 dicem


bre 1965, n. 2483, cit.; Triib. sup. acque, 16 maggio 1960, n. 8, Foro amm., 

1960, II, 465). 

Essendo il sovracanone imposto nell'interesse ipubbUco con finalit� lato 

sensu risarcitoria a favore degli .enti �ntree�ssati, si � ritenuto che, pur non 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 923 

sizioni contenute nell'art. 53 del t.u. n. 1175, onde la determinazione 

a suo tempo adottata al riguardo dovrebbe considerarsi definitiva. 

Tale censura � in~ondata. 

Innanzitutto su di un piano strettamente interpretativo, molteplici 

sono gli elemeilti che inducono ad attribuire un carattere innovativo 

alle disposizioni introdotte dalla 1. n. 1277 del 1956 e ad individuare 

come unico limite quello relativo alla decorrenza della nuova misura 

del canone, che non pu� essere retroattiva come gi� in altra occa


sione precisato (cfr. Trib. Sup. 17 ottobre 1961, n. 18). E ci� perch� 

il nuovo sistema si presenta con elementi caratterizzanti del tutto 

distinti dal sistema precedente e per quanto attiene l'ampiezza del 

sovracanone (con l'estensione a concessioni prima esenti), e per quanto 

concerne i criteri di liquidazione (con la soppressione del limite delle 

spese obbligatorie), e relativamente ai criteri di ripartizione (con la 

eliminazione del rifermento al bilancio e l'introduzione del concetto 

di perdita di ricchezza). 

Peraltro, qualunque sia la soluzione� che si ritiene di dover dare 

alla suesposta qu~stione che non si pone come un passo logicamente 

obbligato per l'esame del primo mezzo, � certo che il potere, ampia


mente discrezionale, dell'Amministrazione di fissare il sovracanone non 

si era esaurito con il primo provvedimento adottato circa 30 anni 

costituendo presupposto della imposizione del sovracanone, la valutazione. 
del pregiudizio sia uno dei criteri rilevanti al fine della determinazione 
della sua misura (Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21,".cit., ha anndllato 
il decreto che fissava il sovracanone nella misura massima, sebbene avesse 
rilevato che l'impianto idroelettrico non arrecava apprezzabile danno alla 
economia dei comuni rivieraschi; Trib. sup. acque, 7 giugno 1968 n. 13, 
Cons. Stato, 1968, II, 472, ha espiressamente affermato J.a rilevanza della valutazione 
di tale elemento al fine della determinazione della misura del sovracanone; 
Tr1b. sup. acque, 12 ottobre 1962 n. 14, Foro annm., 1963, II, 380, 
ha ancora annullato un, decreto di n. 14, Foro amm., 1963, II, 380, ha ancora 
annullato un decreto di imposizione in un caso analogo a quello deciso 
da Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21). 

(3) Tirib. sup. acque, 24 ottobre 1960 n. 33 .e Cass., Sez. un., 15 aprile 
1961, n. 816, richiamate in motivazione, sono pubblicate in Foro amm., 1961, 
II, 560 e Giust. civ., 1961, I; 1219: in tali decisioni la questione era stata 
� affrontata in rapporto all'assunto, respinto dai giudki, per cui la decOTrenza 
del sovracanone doveva esser fissata alla data del provvedimento impositivo 
e non a quella anteriore individuata dall'inizio del trasporto dell'energia. 
Nello stesso senso, Cass.; Sez. un., 30 dicembre 1965 n. 2483, Giust. civ., 
1966, I, 25 e 27. 

Sulla applicabilit� dell'art. 53 t. u. nel testo originario alle situazioni 
anteriori all'entrata in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, cfr. Cass., 
S'ez. un., 17 aprile 1963 n. 950, Giust. civ., 1963, I, 2659. 

(4) Non constano precedenti in termini. 

924 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prima e non necessitava di particolari autorizzazioni legisla<tive per 
essere nuovamente esercitato. 

E ci� � sufficiente per ribadire su di un piano dei principi l'esistenza 
del potere de quo, mentre il momento logico immediatamente 
seguente richiede la verifica della sussistenza in concreto dei presupposti 
idonei a legittimare l'esercizio dei potere medesimo. 

Ora, da un canto non vi � dubbio che le condizioni ambientali 
che portano alla fissazione delle percentuali del sovracanone, nei limiti 
fissati dalla legge, costituiscono un dato mutevole e tanto pi� suscettibile 
di evoluzione in relazione al decorso del tempo; dall'altro, non 
pu� validamente contestarsi che, con la disciplina introdotta dalla 
legge del � 1956,. la ratio del sovracanone non si esaurisce nel trasferimento 
dell'energia fuori dell'ambito territoriale in cui viene prodotta 
ma si inquadra in una prospettiva pi� vasta che prende a punto 
prevalente di riferimento quello della perdita di ricchezza e, quindi, 
dei vantaggi derivanti dal passaggio dell'a,cqua. E proprio ta.le nuova 
prospettiva rende conto del perch� sia stato eliminato il parametro 
costituito daJle spese obbligatorie sostenute da ciascun Comune nell'ultimo 
quinquennio che costituiva, invece, un preciso invalicabile 
limite -ora scomparso -alla fissazione delle percentuali del sQIVJ'acanone 
nella disciplina anteriore al riguardo contenuta nell'articolo 
53 del testo unico. 

In tale siituazione, che in fatto e in diritto si appalesa completamente 
diversa, l'Amministrazione ben po~eva procedere ad una nuova 
liquidazione del sovracanone e pervenire, naturalmente dopo una adeguata 
valutazione di tutti gl~ elementi all'uopo rilevanti, alla con
�clusione di ritenere pi� rispondente una misura unitaria del sovracanone 
maggiore di quella fissata con un provvedimento adottato circa 
trenta anni prima. 

Del pari infondato � il secondo motivo di gravame, con il quale 
si sostiene che -anche a volere ammettere l'esistenza del potere 
contestato con il primo mezzo, che � stato sopra disatteso, di fissare 
una nuova misura unitaria del sovracanone -l'Amministrazione avrebbe 
dovuto giustificare adeguatamente la propria diversa determinazione. 
Giustificazione tanto pi� necessaria considerato che nessuna innovazione 
sarebbe stata apportata ai criteri per la determinazione del sovracanone 
in relazione anche alle autolimitazioni al potere imposiitivo contenute 
nella circolare n. 158 del 22 luglio 1959. 

Invero, poich� il provvedimento de quo � motivato per relationem, 
con richiamo cio� alle motivazioni contenute negli atti istruttori intervenuti 
nell'iter procedimentale, nella specie proprio attraverso l'esame di 
tali atti, � chiaramente enucleabile il processo logico seguito e, segnatamente, 
le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione a liquidare il 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 925 

sovracanone nella misura del 50 % e che sono quelle riassunte nel parere 
conclus1vo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Ragioni che possono 
schematicamente individuarsi e nell'esportazione totale del prodotto 
dello sfruttamento idroelettrico, con conseguente esclusione di ogni vantaggio 
sia pure indiretto per l'economia locale, e nell'incidenza negativa 
della rete di elettrodotti -connessa 1con l'impianto dn oggetto -su[ patrimonio, 
forestale ed edilizio, nonch� sull'attivit� peschereccia. 

Motivazione tanto pi� sufficiente -in relazione alla misura nella 
specie fissata del sovracanone e quindi, in definitiva, in relazione all'incidenza 
degli interessi della ricorrente -ove si ponga mente all'ampiezza 
del potere discrezionale che presiede alla determinazione del sovracanone 
ed alle finalit� che lo stesso � chiamato a soddisfare, circostanze 
queste che in varie occasioni sono state ri.tenute sufficienti a s.orreggere 
la determinazione nella misura' massima del sovracanone (cfr. 
Trib. Sup. 14. maggio 196.0, n. 6). 

N� pu� validamente sostenersi che nella specie non siano state 
osservate delle autolimitazioni che l'Amministrazione si sarebbe imposta 
con la circolare n. 158 del 22 luglio 1959. Ci� per la semplice ragione 
che in tale circolare, intesa soltanto a fornire agli uffici alcune indicazioni 
da seguire nell'istruttoria delle pratiche relative ai sovracanoni, 
non vi � traccia alcun� di autolimitazioni al potere discrezionale in questione, 
che, anzi, vi � implictamente riaffermato,� laddove viene sottolineata 
l'esigenza di una rappresentazione adeguata della situazione locale 
che si configura, per l'appunto, come uno degli antecedenti logico-
conoscitivi delle molteplici valutazioni in cui si estrinseca un potere 
certamente ed ampiamente discrezionale, quale deve ritenersi quello 
relativo al momento impositivo del sovracanone. 

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto. 
-(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con il primo motivo di gravame la societ� ricorrente 
deduce la violazione degli artt. 52 e 53 del t.u. n. 1175, sostenendo che 
l'�ulteriore canone � previsto dall'art. 53 succitato presuppone, per il 
suo carattere di � addizionaUt� �, che la richiesta degli Enti interessati 
sia pervenuta entro il termine perentorio di quattro anni, come disposto 
dal precedente art. 52, presupposto ch� nella specie non si � verificato, 
con la conseguenza che la societ� stessa dovrebbe considerarsi esonerata 
da ogni obbligo per decorso del termine. 

Tale censura � infondata e va, quindi, disattesa. 
Invero l'art. 52 disciplina un onere in natura e cio� il diritto dei 
comuni rivieraschi e delle risp_ettive Province ad ottenere la riserva 

10 

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926 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di una certa quantit� di energia elettrica, mentre l'art. 53 regola la 
attribuzione ai predetti Enti di un ulteriore canone annuo. 

Le due disposizioni normative regolano, quindi, situazioni ben divel'ise, 
onde, gi� su di un piano dei principi, deve negarsi la ipoosdibi1it� 
di estendere, come un procedimento analogico, il termine di decadenza 
previsto dall'art. 52 ad ipotesi diverse per le quali manca del tutto 
una previsione di termini decadenziali. 

Ma al di l� di tali considerazioni, peraltro, gi� di per se stesse 
sufficienti a dimostrare l'inconsistenza della dedotta censura, va rilevato 
che il sovraccanone in questione non ha per presupposto necessario una 
formale richiesta degli Enti interessati,_ ed a fortiori una richiesta da 
presentare in un termine di decadenza, proprio per la finalit� di carattere 
pubblico che � preordinato a soddisfare (cfr. T. Sup. 2 novembre 196(} 

n. 33; Cass. SS.UU. 16 aprile 1961 n. 816). 
'N� miglior pregio ha il secondo motivo di gravame, con il quale 
viene dedotta la violazione dell'art. 53 gi� citato, eccesso di potere perdifetto 
di motivazione e travisamento dei fatti relativamente alla liquidazione 
del iSovracanone per il periodo 1� febbraio 1954 -31 dicembre 
1956. 

Invero, dovendosi aver riguardo alla situazione precedente all'entrata 
in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, atteso che la nuova disciplina 
dalla stessa introdotta prescinde del tutto dalla limitazione 
relativa al luogo di utilizzazione dell'energia trasportata, non pu� 
validamente contestarsi la configurabilit� nella specie del presupposto� 
del potere impositivo, individuabile nella mancata utilizzazione dell'energia 
entro il raggio di 15 Km. dal territorio comunale di Saracena, 
a nulla rilevando (essendo altrimenti agevole l'eluisione dell'obbligo 
de quo) che l'anzidetto trasporto avvenisse solo parzialmente 
ad opera della societ� ricorrente. 

Con il terzo motivo di gravame si sostiene, la mancata effettua


zione di una valutazione comparativa tra danni derivati agli Enti 

interessati in dipendenza della costruzione nel territorio degli stessi di 

impianti idroelettrici e benefici acquisiti in dipendenza degli impianti 

suddetti, valutazione comparativa, comunque, che se correttamente 

effettuata avrebbe dovuto portare ad una Hquidaziione del sovracanone� 

in misura di gran lunga inferiore a quella effettuata, certamente non 

superiore a quella del 20 % del massimo stabilito per legge. 

Tale� censura, considerata esclusivamente nel suddelineato profilo� 

di legittimit� che � l'unico sindacabile in questa sede, � infondata. 

Invero, la comparazione di cui il ricorrent~ lamenta la mancanza 
risulta nella specie effettuata ed � chiaramente enucleabile dai molteplici 
atti richiamati nel provvedimento impugnato, e, segnatamente, 
dal prescritto parere del Consiglio Superiore dei LL.PP., dove i vari 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 927 

aspetti economici ed ambientali connessi alla realizzazione degli ill).pianti 
in questione sono stati dettagliatamente considerati ed adegua


tamente valutati. 

Per quanto concerne la misura in cui � stato liquidato il sovracanone, 
la stessa si sottrae ad ogni censura, att�sa l'ampiezza del 
potere discrezionale concesso in materia all'Amministrazione, la situazione 
deficitaria degli Enti beneficiari, nonch� la rilevanza, in un 
quadro limitato di risorse, dell'acqua sfruttata per l'economia della 
zona. 

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere 

respinto. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 7 -Pres. 
Danzi -Rel. Salv;:ttore -Costantino (avv. Ferlito) c. Assessorato 
ai larvori pubblici per la Regione siciliana {avv. Stato Imponente). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Istruttoria � 
Domanda incompleta � Integrazione � Prefissione di termine perentorio 
� Inosservanza � Irricevibilit� della domanda. 

(r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 10, comma 3). 
Se il genio civile richieda che i documenti presentati con la 
domanda di concessione siano integrati con altri e per la presentazione 
di questi assegni all'istant�. un termine espressamente qualificato 
perentorio, � infondato il ricorso con cui si impugna la ordinanza 
che dichiara irricevibile la domanda per mancata presentazione dei 
� documenti ove non si impugni la comminatoria di irrecivibilit� con


tenuta nell'invito (1). 

(Omissis). -L'art. 10 del regol. 14 agosto 1920, n. 1285, tuttora 
in rvigore, anche dopo la promulgazione del t.u. n. 1775 del 1933 (cfr. 
Trib. Sup. 7 febbraio 1972 n. 6) dispone testualmente, nel suo terzo 
comma, � Qualora si riconosca che qualcuno dei documenti tecnici, di 
cui all'articolo precedente, debba essere completato o regolarizzato, 

(1) Trib. sup. acque 7 febbraio 1972 n. 6, richiamata in motivazione, 
e pubblicata in questa Rassegna,� 1972, I, 526; in essa � l'affermazione che 
il regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche di cui 
al r.d. 14 agosto 1920, n. 1285 � rimasto in vigore pur dopo la emanazione 
del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, operando nel nostro sistema legislativo 
il principio che la mancata emanazione di un nuovo regolamento, dopo fa 
approvazione di un nuovo e ipi� aggiornato t.u. di leggi, fa rimanere in 
vigore il vecchio regolamento le cui disposizioni non siano incompaUbili 
con le disposizioni di legge nuove. Per l'affemnazione del medesimo prin

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

928 

l'Ufficio del genio civile assegna un .termine perentorio non superiore 
a trenta giorni, trascorso il quale si prosegue nella procedura a norma 
di legge�. 

Tale disposizione risulta essere stata ossel"Vata dall'Ufficio del genio 
civile di Catania, il quale, avendo rilevato che (stante la pre:vista 
utilizzazione dell'acqua da parte di terzi) doveva essere documentata 
attraverso le risultanze caitastali l'estensione e l'appartenenza dei fondi 
di detti terzi, ne fece moUvata e ripetuta richiesta -come risulta 
dai documenti di causa -prima al dante causa del dott. Costantino, 
poi a quest'ultimo, precisando sempre in m:odo espresso che in difetto 
la domanda sarebbe stata dichiarata irricevibile, comminatoria questa 
mai impugnata n� contestata dagli interessati. 

In tale situazione, si rende applicabile il primo comma dello stesso 
art. 10, non potendo ritenersi operante il temperamento del secondo 
comma, che ammette la presentazione soltanto parziale dei documenti 
a corredo della domanda, salva la successiva integrazione. E proprio 
l'interpretazione coordinata delle diverse previsioni normative contenute 
nell'articolo succitato mostra l'inconsistenza della censura di contraddittoriet� 
prospettata dal ricorrente, in quanto lo stesso meccanismo 
procedimentale. previsto dalle anzidette norme legittimava l'ufficio 
a dichiarare l'ir~icevibilit� della domanda. 

� appena, poi, il caso di soggiungere che la necessit� dell'acquisizione 
della documentazione catastale, quando l'utenza sia domandata 
anche a favore di terzi rispetto allo scopritore di acque sotterranee, 
� implicita -come esattamente evidenziato dall'Avvocatura Generale 
dello. Stato -proprio nel disposto del primo comma del d.m. 16 dicembre 
1923, pur invocato ex adverso, laddove si esige nei progetti 
di massima il'indicazione degli usi a cui l'acqua si deve de8tinare, nonch� 
la natura ed estensione dei terreni da irrigare. Non pu�, infatti, validamente 
contestarsi che soltanto dai certificati e dalle mappe catastali 
si possono individuare, attraverso la titolarit� dei proprietari dei fondi, 
le generalit� e i diritti dei predetti terzi. 

Da quanto sopra consegue che il ricorso deve essere respinto. 

(Omissis). 

cipio, peraltro pacifico, cfr. altres�, Cons. Stato, 13 1gennaio 1970 n. 8, Cons. 

Stato, 1970, I, 41. 

Sulla posibilit� di fissatre termini perentori rper il compimento di atti 

nella materia della concessione di acque pubbliche, cfr. Trib. sup. acqrue, 

15 ottobre 1974 n. 17, in questa Rassegna, 1975, I, 769, con nota di irichiami; 

sulla irricevibilit� della domanda non coNedata dei documenti prescritti, 

cfr. Trib. sup. acque, 16 novembre 1972 n. 39, Cons. Stato, 1972, II, 1250 

�e Riv. Amm. R.I., 1973, 153, nonch� per riferimenti, Trib. acque, 22 otto-, 

bre 1974 n. 20, in questa Rassegna, 1975, I, 778. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 929 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n 9 -Pres. Laporta 
-Est. Salvatore -Natoli (avv. Silvestri) c. Provveditorato 
alle, opere pubbliche di Pal�rmo (avv. Stato Albisinni) e Comune 
di Mirto (avv. Marzullo). 

Espropriazione per p.u. � Approvazione del progetto � Dichiarazione di 
pubblica utilit� indifferibilit� e urgenza � Occupazione di urgenza � 
Opposizioni � Esame � Necessit� � Insussistenza. 

Espropriazione per p.u. � Dichiarazione di pubblica utilit� � Mezzi finanziari 
� Nozione, 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 3). 
N� il provveditore aUe opere pubbliche, che abbia gi� dichiarato 
la pubblica utilit� e l'urgenza ed indifferibilit� dell'opera (realizzazione 
di un pozzo per incrementare la portata di un acquedotto comunale), 
n� il prefetto che si accinga ad autorizzare l'occupazione sono tenuti 
a prendere in esame un'opposizfone in cui si prospettino altre soluzioni 
(1). 

L'adeguatezza dei mezzi finanziari, da valutarsi nel dichiar.are la 
pubblica utilit� di un'opera, concerne la previsione degli oneri diret~ 
tamente connessi alla sua realizzazione e non anche le conseguenze 
patrimoniali ad essa correlate solo in via indiretta e mediata (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo di gravame viene dedotto il 
vizio di eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicit� e 
del travisamento dei fatti in quanto la soluzione prescelta sarebbe la 
pi� irrazionale ed antieconomica ed alla stessa si sarebbe pervenuti 
senza considerare altre soluzioni, preferibili sotto l'aspetto tecnico ed 
economico e prospettate nell'opposiziQne prodotta al Prefetto di Messina. 

Tale censura, certamente inammissibile nella misura in cui tende 

ad eccitare un sindacato nel merito della soluzione prescelta, � infon


(t) La giurisprudenza � costante nell'affermare che l'or.gano competente 
ad autorizzare l'occupazione di ~genza in esecuzione d'una ;preesistente 
dichiarazione di indifferibilit� e urgenza non � tenuto a prendere in 
esame osservazioni e dive11se soluzioni prospettategli"dai privati interessati, 
non essendo previste oss&vazioni e opposizioni nell'ambito del procedimento 
cli occupazione e non applicandosi a questo le regole sul procedimento 
di �esproiptiazione (cfr., Csi, 24 febbraio 1975 n. 34, Cons. Stato, 1975, 
I, 206; T.A.R. Lombardia, 27 novembre 1974 n. 58, Riv. TAR, 1975, I, 1312; 
Cons. St., Sez. IV, 27 agosto 1974 n. 563, Cons. Stato, 1974, I, 1026; Cons. 
St., Sez. IV, 15 maggio 1973 n. 560, ivi, 1973, I, 686; Cons. St., Sez. IV, 
6 febbraio 1970 n. 89, ibidem, 1970, I, 186). 
(2) N~n constano precedenti in termini. / 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

data se riguardata in una prospettiva di legittimit�, l'unica sindacabile 
in questa sede. 

Dagli atti della istruttoria, infatti, risulta l'avvenuta valutazione 
delle ragioni che militavano a favore della soluzione poi prescelta che 
� stata ritenuta (iv. relazione del Genio civile) �La pi� semplice ed 
economica... la sola atta a risolvere, il problema... data la modestia 
dell'opera e la certezza dell'esistenza e della potabilit� delle acque~ 
da portare alla superficie con l'apporto del torrente Zappulla e del 
bacino del Vallone Tiberio. 

N� pu�, poi, sostenersi che sussistesse un preciso obbligo di prendere 
in considerazione le soluzioni alternative esposte dal ricorrente, 
e quindi, un obbligo di motivazione al riguardo, atteso che le stesse 
sono state prospettate per la prima volta in sede di opposizione al 
Prefetto di Messina -che non ha alcuna competenza in materia come 
dimostra anche il carattere meramente conseguenziale del decreto di 
occupazione -in un momento successivo all'adozione del provvedimento 
di approvazione del progetto da parte del Provveditore alle 
00.PP., che, quindi, non aveva alcun obbligo di pronunciarsi sulle 
stesse. 

Infondato, �, poi, il secondo motivo in quanto, a prescindere da 
ogni considerazione sulla pertinenza alla fattispecie dei precedenti giurisprudenziali 
invocati, essendo sufficiente ad escluderla una semplice 
lettura degli stessi, � certo che un'eventuale questione in ordine alla 
adeguatezza dei. mezzi finanziari non pu� che concernere la previsione 
degli oneri direttamente connessi alla realizzazione delle opere programmate 
e non anche delle conseguenze patrimoniali correlate alla 
anzidetta opera solo in via indiretta e mediata, quali quelle adombrate 
dalla ricorrente e relative ad una obbligazione di risarcimento danni 
fondata, tra l'altro, su di un'asserita, ma certamente non dimostrata 
in questa sede, interferenza tra due pozzi. -(Omissis). 

CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. �, 17 luglio 1975 -Pres. Geri -
Rel. ZaJP1Pulli -A:ssessorato per i lavori rpubblici della Regione Siciliana 
(avv. Stato AlbdsiinnJ) c. Impresa di 'co1sfu.-uzioni F.lli Merenda 
e Rizzo (avv. Carbone). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Capitolato generale di appalto 
per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici . Legge 
reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 � Applicabilit� obbligatoria capitolato 
generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 
alle opere di competenza dell'amministrazione regionale siciliana. 

(l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 931 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Capitolato generale di appalto 
approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 � Opere di competenza 
della regione siciliana � Norme di procedura � Applicabilit� ad arbi� 
trato in corso alla data di entrata in vigore della legge reg. sic. 26 mag� 
gio 1973, n. 21 � Non sussiste. 

(l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21; d.l"..R� 16 luglio 1962, n. 1063). 
Il Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del 
Ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, si applica obbligatoriamente, a norma della legge reg. sic. 
26 maggio 1973, n. 21, a tutte le opere pubbliche di competenza del.
i'Amministrazione regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, 
e dei consorzi (1). 
Il Capitolato generale per i lavori pubblici dello Stato, in ambedue 
i testi del 1895 e del 1962, aveva, prima della legge reg. sic. 
26 maggio 1973, n. 21, valore normativo soltanto per lo Stato, e non 
per la Regione Siciliana, la' quale poteva sottoporre alla disciplina di 
detto Capitolato i propri contratti �di appalto con una apposita clausola 
contrattuale. 

L'art. 9 della legge regionale siciliana 26 maggio 1973, n. 21, ha 
sostituito, a questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti 
capitolati, una disciplina legislativa inderogabile con la obbligatoria 
applicazione del citato capitolato del 1962, ma quell'articolo di legge 
� applicabile solo agli appalti successivi alla sua entrata in vigore, 
non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, che il Legislatore 
abbia posto nel nulla la .precedente autonomia negoziale fra 
le parti eon effetto retroattivo di questa nuova disciplina (2). 

(Omissis). -La Cor,te adita deve preliminarmente decidere se 
l'impugnazione proposta dall'Amministrazione re~ionale avverso il lodo 
:arbitrale sia ammissibile, in quanto l'art. 49 del Capitolato Generale 

(l-2) Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione 
siciliana: applicabilit� delle norme di procedura alle controversie ar� 
bitrali in corso. 
L'art. 9 della Legge Regionale Siciliana 26 maggio 1973, n. 21, dispone: 

�Per tutte le apere pubbliche di competenza l:Ieil'Amministrazione Regionale, 
di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi, si applica 
-0bbligatoriamente il Capitolato Generale di appalto approvato con D.P.R. 
16 luglio 1962, n. 1063 .. 
Dalla data, pertanto, di .entrata in vigore di tale Legge, il vigente 
Capitolato Generale di appalto per le opere di competenza del Ministero 
dei Lavori Pubblici ha acquistato carattere normativo e, conseguentemente, 
-efficacia cogente anche per gli appalti di competenza della Regione Sici




932 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per i Lavori Pubblici dello Stato approvato con D.M. 28 maggio 1895 

stabiliva espressamente che le parti rinunziavano ad ogni appello o 

ricorso per cassazione avverso il lodo emesso per controversie relative 

al contratto; cos� precludendosi e limitandosi con tale clausola ogni


liIIl!Pugnazione diversa da quelle relative a v:izi in procedendo del giu


dizio arbitrale. 

L'Amministrazione attrice ha opposto, al riguardo, che la soprav


venuta legge regionale siciliana 26 maggio 1973 n. 21 ha espressa~ 

mente stabilito, nell'art. 9, che per <tutte le opere pubbliche della Re


gione � si applica obbligatoriamente il capitolato generale di appalto 

approvato con D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 �, il cui ,art. 51 statuisce 

che �contro la pronunzia arbitrale � ammessa impugnazione secondo 

le disposizioni del codice di procedura civile�, cos� innovando rispetto 

al capitolato del 1895. 

Ha sostenuito la stessa Amministrazione che la nuova disciplina 

in base a detta norma si � sostituita, per il lato procedurale, a quella 

contrattuale previgente e corrispondente al �apitolato del 1895, con 

conseguente estensione delle ipotesi cQnsentite di impugnazione. 

Questa tesi non pu� essere accolta. Infatti, entrambe le parti hanno 

riconosciuto che il capitolato generale per i lavori pubblici dello Stato, 

liana, in cqnformit� dell'insegnamento della Corte di Cassazione, la quale 

ha affermato: � ... il principio, secondo cui il Capitoiato generale di appalto 

per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha valore nor


mativo re.goLamenbare per le opere che interessano lo Stato e non quelle 

di Enti Pubblici divrsi dallo Stato, � valido in linea generale, ma non nei 

casi in cui, come nelia specie, l'applicazione del Capito.iato suddetto ad un 

Ente pubblico diverso dallo Stato sia prevista da una norma di Legge .. 

In awlicazione del principio relativo alla efficacia della Legge nel 

tempo, contenuto nell'art. 11 delle disposizioni sulla Legge in generale, 

all'efficacia cogente, attribuita dalla indkata Legge regionale, al Capitolato 

Generale 00.PP. del 1962, sono soggetti, .per quanto .di ra�gione, tutti i 

rapporti contrattuali di appalto, relativi ad opere pubbliche di competenza 

regionale, in corso all-a data di entrata in vigore della Legge regionale in 

discussione, anche se per essi fosse contrattualmente richiamata l'applica


bilit� del Capitolato 00.PP. del 1895. 


Un rapporto contrattuale � in corso fino a quando non si sia provveduto 

alla sua definizione: un contratto di appalto, quindi, � da considerarsi in 

corso non soltanto fino a quando non sia ultimata la esecuzione dei lavori, 

bens� anche fino a quando non si sia e�saurita la procedura giudiziaria, 

eventualmente isti.tuita per la definizione .e la li:quidazione del rapporto. 

Una Legge che, come factum principis, modifichi, sovrapponendosi e 

sostituendosi alla volont� dei contraenti, la normativa del rapporto, deter-� 
' mina una diversa disciplina del rapporto medesimo, �quanto meno .per la 
�parte afferente a materia non disponibile dalle parti, quale �, indubbia


mente, il modus procedendi dell'arbitrato. 

Nel caso in discussione si trattava di stabilire quale fosse l'efficacia 

di una Legge su di un contratto di appalto e sui rapporti di carattere pro




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 933 

in ambedue i testi del 1895 e del 1962, aveva, prima della citata legge 
regionale, valore normativo solo per lo Stato, e non per la Regione 
Siciliana, la quale poteva sottoporre alla loro disciplina i propri contratti 
di appalto solo con una apposifa clausola contrattuale, come 
aveva fatto nella specie, secondo quanto precisato anche dalla Corte 
di Cassazione (sent. 12 dicembre 1967 n. 2928; 17 aprile 1968 n. 1143; 
7 marzo 1968 n. 528). 

A questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati 
l'art. 9 della legge regionale siciliana 26 maggio 1973 n. 21 ha 
effettivamente sostituito una disciplina l�gislativa inderogabile con la 
obbligatoria applicazione del citato capitolato del 1962, ma quell'articolo 
di legge, per la forma e il contenuto, � applicabile solo agli appalti 
successivi alla sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una 
espressa disposizione, che il legislatore abbia posto nel nulla la precedente 
autonomia negoziale delle pavti con effetto retroattivo di questa 
nuova disciplina. 

:fu pur vero che ogni legge, fuori della materia penale, pu�, entro 
certi limiti, contenere norme retroa~tive per la tutela di particolari 
interessi di carattere superiore, ma proprio l'eccezionalit� di queste 
norme impone che la loro retroattivit� debba risultare in maniera 

cessuale, che da quel contratto derivavano, di stabilire, c1oe, se ed entro 
quali limiti le norme �ontenute nel Capitolato Generale del 1962, che 
l'art. 9 della Legge regionale Sic. n. 21 del 1973 ha disposto che debbano 
essere applicate obbligatoriamente al contratto di appalto di opere di competenza 
regionale, dovessero prevalere oppure no sulle clausole contrattualmente 
accettate dalle parti con il richiamo al Capitolato Generale dello 
~tato del 1895, 

Al quesito -a nostro avviso -non poteva e non pu� rispondersi che 
con l'insegnamento contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione, 
Sez. I, 19 gennaio 1963, n. 67, secondo la quale: �Le norme di carattere 
sostanziale del nuovo Capitolato generale �di appalto, approvato con Decreto 
del Presidente della R�pubblica 16 luglio 1962, n. 1063, ed entrato in vigore 
il 1� settembre 1962 non 1�e�golano i contratti di appalto stipulati sotto l'impero 
.del precedente capitolato del 1895. 

Per converso lo stesso non pit� dirsi per le nuove norme che regolano 
il modus procedendi dell'arbitrato: esse, come tutte le norme che regolano 
le situazioni giuridiche di carattere processuale, sono di immediata applicazione 
e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso o quelli scaturenti 
dai contratti di appalto anteriori al 1� settembre 1962 �. 

Nel modus procedendi dell'arbitrato sono da ricomprendersi indubbiamente 
anche le possibilit� e i limiti della impugnativa per nullit�, se tale 
impugnativa, cio�, debba essere limitata agli errores in procedendo o possa, 
invece, estendersi agli erro1�es in iudicando. 

Senonch� la Corte di Appello ha disatteso le nostre argomentazioni, 

dichiarando inammissibile la nostra� impugnazione peT errores in iudicando 



'934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non equivoca, mentre manca una disposizione del genere nella materia 
in esame. 

N� pu�� opporsi che nell'applicazione del sopra.vvenuto capitolato 
del 1962 va seguita, secondo la Corte di Cassazione (sent. 19 gennaio 
1963 n. 67), la distinzione tra norme sostanziali degli stessi capitolati, 
e cio� concernenti i reciproci diritti e obblighi delle parti contraenti, 
e quelle che regolano il modus procec�enc�i dell'ar!bitrato, aventi 
carattere procedurale, 1e come tali 1soggette, a differenza delle prime, a 
essere sostituite dalla regolamentazione sopravvenuta. Infatti, presupposto 
essenziale per l'applicabilit� concreta di questa distinzione ai 
fini della determinazione dei limiti dell'impugnazione del lodo arbitrale 
� ovviamente che il rapporto contrattuale preesistente possa essere 
assoggettato, oltre che al capitolato del 1895, se vigente all'epoca della 
sua stipulazione, anche a quello successivo del 1962, e ci� in virt� o 
di una esplicita clausola contrattuale, mancante nella specie, sull'estensione 
del richiamo pure alle eventuali modifiche del capitolato stesso 
per factum principis, o di una espressa disposizione legislativa di 
retroattivit� della obbligatoriet� del nuovo capitolato, ugualmente inesistente 
come gi� rilevato. 

Nel difetto di tale presupposto, sia per la irretroattiviit� della legge 
regionale siciliana del 1973 sia per la rilevata assenza di una previsione 
di eventuali modifiche del capitolato generale, l'applicazione delle 

e cos� motivando il proprio convincimento: � Questa tesi non pu� essere 
accolba... A questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati 
l'art. 9 delta Legge regionale siciliana 26 maggio 1973, n. 21, ha effettivamente 
sostituito una disciplina legislativa inderogabile con la obbligatoria 
applicazione del cibato capitolato del 1962, ma queil'articolo di legge, 
per la forma e il contenuto, � applicabile solo agli appalti successivi alla 
sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, 
che il Legislato1�e abbia posto nel nulla la precedente autonomia 
negoziale delle parti con effetto retroattivo di questa nuova disciplina. 

� pur vero che ogni Legge, fuori della materia penale, pu�, entro certi 
limiti, contenere norme retroattive per la tutela di particolari interessi di 
carattere superiore, ma proprio l'eccezionatit� di queste norme impone che 
la loro retroattivit� debba risultare in maniera non equivoca, mentre manca 
una disposizione del genere nella materia in esame�. 

Ma, nella �Specie, non si verteva in tema di retroattivit� o meno di 
una Legge, sibbene di applicazione di una Leg.ge sopravvenuta ad un rapporto 
in corso, non ancora definito. E, poich� la nuova Legge, Tendendo 
obbligatoria l'applicazione del Capitolato Generale 00.PP. del 1962, veniva 
ad incidere sulla regolamentazione processuale del rapporto, ne conseguiva 
la ammissibilit� della impugnativa per errores in iudicando. � ' 

Non pu�, peraltro -a nostro avviso -condividersi l'affe11mazione della 
Corte di Merito, secondo la quale ... �N� pu� indurre inverso avviso la citata 
sentenza del 1963 della Corte Suprema perch� nella stessa � sbato affermato 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 935 

sopravvenute norme procedurali non pu� avere luogo nei confronti dei 
rapporti d'appalto anteriori, i quali, a causa dell'autonomia negoziale 
delle parti all'epoca della stipulazione del contratto, sono rimasti totalmente 
ancorati, attraverso il richiamo convenzionale, al vecchio capitolato 
generale. 

N� pu� indurre in diverso avviso la citata sentenza del 1963 della 
Corte Suprema perch�, pur se nella stessa � stato affe.rmato che le 
norme procedurali del nuovo capitolato �sono di immediata .applicazione 
e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso e quelli scaturenti 
da contratti di appalto anteriori al 1� settembre 1962 �, tale pronunzia 
si riferhra alla diversa ipotesi del rapporto d'appalto con la Cassa del 
Mezzogiorno, sottoposto per obbligo di legge, e non per mero riferimento 
convenzionale, al capitolato generale dello Stato per i lavori 
pubblici, ai sensi dell'art. 8 della Legge 10 agosto 1950 n. 646 e secondo 
l'interpretazione della stessa della Suprema Cor.te (sent. 28 marzo 
1966 n. 815). In questa diversa ipotesi l� sostituzione legislativa 
del capitolato gi� obbligatorio importava necessariamente la modifica 
delle sue clausole, pur se limitatamente alle norme procedurali secondo 
la cennata distinzione, ai fini del diritto transitorio, tra queste 
ultime e quelle sostanziali. 

Diversamente, nel caso di richiamo soltanto convenzionale al capi


tolato del 1895, in assenza di una specifica disposizione di legge, non 

che le norme procedurali del nuovo capitoLato "sono di immediata applicazione 
e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso e quem scaturenti 
da contratti �di appalto anteriori al 1� settembre 1962 "; tale pronuncia si 
riferiva alla diversa ipotesi del rapporto di appalto con la Cassa del Mezzogiorno, 
sottoposto per obbligo di legge, e non per mero riferimento convenzionale, 
al capitolato generale dello Stato per i Lavori Pubblici, ai sensi 
dell'art. 8 della Legge 10 agosto 1950, n. 646, e secondo l'interpretazione 
della stessa Suprema Corte (sent. 28 marzo 1966, n. 815). In questa diversa 
ipotesi la sostituzione legislativa del Capitolato gi� obbligatorio importava 
necessariamente la mod,ifica delle sue clausole, pur se limitamente aLle 
norme procedurali secondo la cennata distinzione, ai fini del diritto transitorio, 
tra queste ultime e quelle sostanziali�. 

Vi �, infatti, anche .in questa parte del ragionamento della Corte di 

appello un vizio di interpretazione e di applicazione della Legge, in quanto, 

intervenuta la� Legge che rendeva obbligatoria per .gli appalti di opere di 

competenza regionale il Capitolato 00.PP. del 1962, la Legge stessa veniva 

ad incidere sul precedente regolamento contrattuale del rapporto, per la 

parte in cui la detta Legge si atteneva a norme afferenti all'ordine pubblico, 

.e perci� inderogabili, quali sono le norme processuali. 

Avverso la sentenza della Corte di Appello � stato pro.posto ricmso in 

Cass�azione. 

GIOVANNI ALBISINNI 



936 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si verifica quella sostituzione obbligatoria delle clausole processuali, 
rimanendo tuttora immutato interamente il contratto d'appalto precedente 
concluso nel campo dell'autonomia contrattuale delle parti, cosi 
come era stato liberamente stipulato all'origine. 

Conseguentemente, non � venuta meno l'applicabilit� dell'art. 49 
del capitolato generale del 1895, contenente la totale ed espa:essa rinunzia 
delle parti contraenti a qualsiasi impugnazione del lodo arbitrale 
anche per violazione di legge, comprese tra le stesse quelle relative 
all'interpretazione dei contratti, con limitazione dell'impugnabilit�, 
secondo la giurisprudenza, ai vizi �in procedendo � degli arbitri. Tali 
vizi non sono stati dedotti nella specie, onde va dichiarata l'inammissibilit� 
dell'impugnazione proposta dell'Assessorato istante. -(Omissis). 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 gennaio 1974, n. 128 -Ptes. 
Bonomo -Rel. Paggo -P. M. Marucci (conf.). Rie. P. M. e Chilosi. 

Sanit� publica � In genere � Igiene delle abitazioni � Licenza di abitabilit� � 
GESCAL � Sistema legislativo relativo alla costruzione di case per 
lav�ratoi"i � Funzioni della GESCAL � Decisione e' programmazione � 
Concreta realizzazione delle costruzioni � Compete alle stazioni appaltanti 
� Obbligo di ottenere la licenza di abitabilit� � � di queste 
ultime � Fattispecie. 

I 

Il sistema legislativo relativo alla disciplina per la costruzione di 
case pe1� i lavorato.ri d� luogo a due strutture organiche distinte per 
!'.attuazione del.le due funzioni fondamentali: quella di decisione e programmazione 
e quella di esecuzione degli interventi. 

Alla funzione di decisione e P\Ogrammazione partecipa la Gescal 
(unitamente al comitato centrale istituito presso il Ministero del Lavoro 
e della Previdenza soeiale) che, oltre a provvedere alla liquidazione 
del patrimonio dell'INA-Casa, ha funzioni di gestione finanziaria, di 
direzione generale, coordinamento e propulsione, ma non esplica attivit� 
diretta alla concreta realizzazione del programma di costruzione. 
A questa funzione provvedono, in qualit� di stazioni appaltanti, generalmente 
gli istituti autonomi per le case popolari delle singole provincie, 
i quali agiscono sulla base di quanto dispongono la legge e le 
no1�me di attuazione. 

Tale_ funzione esecutiva pu� essere affidata dalla Gescal ad altri 
enti specializzati, come gli Istituti per le case degli impiegati dello 
Stato, nonch� a cooperative e a consorzi di lavoratori. 

In virt� delle norme di legge e delle' convenzioni stipulate con la 
Gescal gli enti predetti assumono il compito di realizzare le costruzioni, 
con la di1�etta stipulazione degli appalti, assicurano i rapporti con gli 
uffici pubblici locali e assumono ogni conseguente responsabilit� di 
ordine tecnico e amministrativo. 

Il trasferimento p,lla stazione appaltante di questo insieme di potest�, 
compiti e funzioni ha fondamento normativo nell'art. 6 delle 
norme integrative e complementari delle leggi sull'INA-Casa 28 febbraio 
1949, n. 43 e 26 novembre 1955, n. 1148, contenute nel d.P.R. 


938 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

9 aprile 1956, n. 1265 che cos� dispone: �I rapporti tra le Amministrazioni 
dello Stato, gli Enti pubblici, i Consorzi, le Cooperative e le 
Aziende che abbiano assunto incarico di costruire alloggi per i lavoratori, 
da una parte, e la gestione INA-Casa dall'altra, sono regolati 
da convenzioni. L'incarico assunto dalle Amministrazioni e dagli Enti 
pubblici, una volta stipulata la convenzione, � considerato compito 
iStituzionale, anche se non sia previsto dalle norme legislative e statutarie 
che regolano l'ordinamento di questi�. 

Pertanto la disponibilitd concreta, giuridica e materiale, delL'edificio 
da cui nascono gli obblighi e le responsabilitd sanzionate dall'art. 
221 delle leggi sanitarie (licenza di abitabilitd), non spetta al 
Presidente o al Vicepresidente della Gescal, bens� esclusivamente agli 
organi della stazione appaltante, a cui incombe il potere-dovere di 
immettere gli assegnatari nelle rispettive abitazioni, previo l'adempi


I 

mento delle pratiche amministrative che ne costituiscono il presup


posto e la condizione di legittimitd. 

I 

(Fattispecie relativa a convenzione stipulata nel 1962 dalla Ge~ 
stione INA-Casa con i ministeri dell'Interno e della Difesa e in cui 

I 

l'incarico di stazione appaltante era stato conferito dall'INCIS, che 
aveva assunto, tra gli altri, espressamente l'obbligo di conseguire la I 
!icenza di abitabiUtd) (1}. 

I 

(Omissis). -Con rapporti del 27 maggio 1969 e poi del 13 novembre 
1970 l'Ufficiale Sanitario del Comune di Trieste e i Vigili Urbani 

I 

portarono a conoscenza del Pretore di Trieste che 36 appartamenti nelle 

palazzine costruite per conto della GESCAL erano stati occupati e de-� 

I

~ 

li

La contravvenzione prevista dagli artt. 220 e 221 del T.U. 27 luglio 1934 

n. 1265 per immissione di assegnatari in abitazioni prima della 
I

licenza di abitabilit�. 

(1) Con questa importante decisione la Su!)Tema Corte ha pienamente 
accolto le tesi dif.ensive prospettate dall'Avvocatura, sia per quanto concerne 
la natura giuridica del reato per il quale .gli imputati erano stati 
rinviati a giudizio sia per quanto concerne la questione amministrativa~ 
della posizione dell'Ente preposto all'attuazione del programma di costruzione 
di alloggi per lavoratori, Ente ora soppresso. 
Come � noto, il reato per il quale procedeva il Pretore � reato contravvenzionale, 
che prevede la pena dell'ammenda per il proprietario dell'immobile 
il quale consenta l'abitazione di fatto in localt per i quali non 
sia stata concessa la licenza di abitabilit�. La ragione di politica legislativa 
che ha posto, la norma, inserita nel testo unico delle leggi sanitarie, 
� quella di garantire la salubrit� degli ambienti che dovranno essere abitati, 
attraverso un previo controllo svolto dai competenti organi comunali, tanto 

che il Consiglio di Stato ha reiteratamente affermato l'illegittimit� del 
provvedimento amministrat,ivo che nega la licenza per motivi non attinenti 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 939 

stinati ad abitazione, senza che fosse stato ancora rilasciato il permesso 
di abitabilit�. 

Conseguentemente fu emesso avviso di procedimento, sia nei confronti 
del legale rappresentante della Gescal, indicata quale proprietaria 
degli stabili, sia nei confronti dei 36 occupanti, assegnatari degli 
alloggi, avendo essi la disponibilit� di fatto delle case. 

Tutti gli occupanti i vari appartamenti chiesero e ottennero di 
essere ammessi alla definizione amministrativa del reato contestato; e 
pertanto, con sentenza istruttoria del 12 luglio 1971, il Pretore di Trieste, 
dichiar� non doversi procedere nei confronti dei predetti per estinzione 
dei reati a seguito di oblazione. 

Nel frattempo la Gescal fece pervenire una memoria illustrativa 
e difensiva, nella quale si respingeva ogni addebito, ponendo in rilievo 
che le eventuali responsabilit� dovevano ricadere sulla �stazione appaltante
� INCIS (Istituto Nazionale Case per gli impiegati dello Stato), 
e sull'IACP (Istituto autonomo per le case popolari), al quale gl'immobili 
sarebbero stati trasferiti in gestione. 

Sulla base della documentazione prodotta il Pretose estese l'imputazione 
ai legali rappresentanti degli Istituti predetti. 
Il rappresentante dell'INCIS pose in rilievo che proprietario tavolarmente 
iscritto degli immobili in questione risultava essere la GESCAL 

all'igiene e alla sanit� (v. Cons. Stato V, 27 febbraio 1965 n. 157 in Rass. 
Cons. Stato, 1965, 286; Cons. Stato V, 28 aprile 1956 in Foro Amm. 1956, 
pat. I, sez. II, 515). 

La fattispecie normativa costituisce un'ipotesi di reato permanente, 
caratterizzato, com'� noto, da un permanere deg}i effetti antigiuridici dipendente 
dalla volont� del reo sicch�, mentre il reato si perfeziona quando 
viene compiutamente posta in essere la condotta descritta, la consumazione 
si protrae nel tempo fino a quando, per cause proprie od esterne al soggetto 
che agisce, la condotta violatrice della norma non venga a cessare (conseguimento 
dell'autorizzazione, cessazione dell'utilizzazione del fabbricato, 
perdita della materiale disponibilit� dell'edificio, sentenza di I grado: 
Cass. 8 febbraio 1968 n. 659 in Rass. Pen. Mass. Amm., 1969, 421, 21 febbraio 
1966, ivi, 1967, 208). 

Quanto al soggetto attivo del reato, � stato correttamente precisato 
in giurisprudenza che il termine � proprietario � adottato dalla norma incriminatrice 
non deve essere inteso in senso proprio, ma si riferisce a tutti 
coloro che hanno la disponibilit� materiale dell'edificio come fossero proprietari 
(Cass. 8 febbraio 1968 n. 659 citata). 

Devesi infine rilevare che l'eventuale illegittimit� della mancata concessione 
della licenza � irrilevante ai fini penali. In effetti, avendo l'autorizzazione 
il compito di rimuovere il limite che l'ordinamento giuridico 
pone all'esercizio concreto, del diritto, sino a quando l'autorizzazione non 
sia concessa, l'esercizio del diritto, estrinsecantesi in un'attivit� materiale, 
� illecito. N� l'autorit� giudiziaria avrebbe alcuna possibilit� di dichiarare 
esente da pena colui che abbia agito senza autorizzazione amministrativa 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

940 

quale successore dell'Istituto INA-CASA; il rappresentante dell'IACP 
osserv� che tale istituto aveva assunto l'amministrazione dopo che le 
case erano gi� state assegnate, e che a ci� esso non poteva rifiutarsi, 
essendo obbligato per legge. 

Con nuova sentenza istruttoria del 2 dicembre 1972 il Pretore 
dichiar� non doversi procedere contro i rappresentanti degli Istituti 
predetti in ordine alle contravvenzioni contestate, per non aver com-� 
messo il fatto. 

Quindi, in data 5 dicembre 1972, fu emesso decreto penale di 
condanna nei confronti del dottor Quartulli Aldo e del dottor Chilosi 
Cesare, rispettivamente individuati come Presidente e Vicepresidente 
della Gescal, ed essendosi essi opposti al decreto, furono citati per 
il dibattimento. 

Con sentenza del 4 aprile 1973 il Pretore di Trieste assolse il Quartulli 
dalle imputazioni ascrittegli per non aver commesso il fatto, e 
dichiar� non doversi procedere riei confronti del Chilosi per estinzione 
dei reati a seguito dell'amnistia concessa col D.P.R. 4 giugno 1966, 

n. 332. 
Rilev� il Pretore con la sentenza suddetta che gli opponenti non 
avrebbero potuto esimersi dall'obbligo di chiedere la licenza di abitazione 
per gli immobili assegnati, quali rappresentanti legali dell'ente 

proprietario degli immobili stessi; n� avrebbero potuto sottrarsi alla 

e tanto .meno avrebbe la possibilit�, per il princ1p10 della divisione dei 
poteri, di sostituirsi alla P.A. che illegittimamente abbia rifiutato l'auto


rizzazione. 

Ricorre nei caso in esame l'ipotesi inversa a quella in cui, essendo 
la legittimit� dell'atto amministrativo presupposto del precetto penale (ad 
es.: v. art. 650 c.p.) per il giudice � doveroso il previo incidentale esame 
della legittimit� dell'atto (v. in questo senso Cass. 29 ottobre 1960 in Giu'st. 
Pen. 1961, II, c. 486): nel caso �in esame invece, � l'inesistenza dell'atto a 
rendere operante il precetto penale, inesistenza che non pu� essere supplita 
dall'illegittimit� del comportamento omissivo della P.A. 

Per quanto concerneva la riferibilit� del reato al Presidente e al Vice 
Presidente della Gescal, era determinante, ai fini di stabilire se fossero o 
meno � proprietari � nell'accezione che si � premessa, individuare quali fossero 
i compiti spettanti all'Ente. 

La Gescal, istituita con L. 14 febbraio 1963 n. 60 e successivamente 
soppressa, oltre a provvedere alla liquidazione del patrimonio immobiliare 
della gestione INA-Casa, era l'organo di attuazione del programma decennale 
di costruzione di alloggi per lavoratori, con funzioni di gestione finanziaria, 
di generale direzione; di coordinamento e di propulsione e senza 
alcuna attivit� diretta alla realizzazione ed esecuzione concreta delle costruzioni 
alle quali provvedevano per legge (art. 27 L. n. 60 del 1963), in qua-� 
lit� di stazioni appaltanti, gli istituti autonomi per le Case popolari e gli 
altri enti prescelti, i quali assumevano con ci� ogni conseguente responsabilit� 
di ordine tecnico ed amministrativo (art. 42 D.P.R. n. 1471 del 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 941 

responsabilit� penale conseguente all'omissione suddetta sotto il pretesto 
che, per la vastit� dei compiti assegnati all'ente da essi rappresentato, 
non incombeva a loro seguire lo svolgimento di tutte le pratiche 
relative alle numerose case costruilte a cura della Gescal, poich� 
sarebbero, in ogni caso, venuti meno, per negligenza, al dovere di 
predisporre gli uffici e organi a ci� destinati, e di esercitare sugli 
stessi un adeguato controllo. 

Peraltro, osserv� il Pretore che, trattandosi di un reato di natura 
permanente, occorreva por mente al momento in cui la permanenza 
del reato era cessata, agli effetti dell'applicazione di una eventuale 
causa stintiva; e tale cessazione doveva ritenersi coincidere col momento 
in cui, una volta assegnati gli appartamenti, veniva meno, per 
l'Istituto, la possibilit� legale di estromettere gli assegnatari. 

Ora, poich� l'assegnazione degli alloggi in questione era avvenuta 
tra il 1963 e il 1964, e intorno a tale ultima daita doveva considerarsi 
cessata la permanenza del reato, il Qua11tulli doveva essere assolto 
con formula piena, essendo risultato che egli aveva assunto la presidenza 
della G~scal in data posteriore, e nei confronti dl Chilosi doveva 
pronunciarsi la dichiarazione di improcedibilit� dell'azione penale per 
sopravvenuta amnistia. 

Avverso la sentenza � stato interposto ricorso per Cassazione da 

parte del Procurartore della Repubblica di Trieste, e da parte del Chi


losi Cesare. 

1963'). Essi avevano infatti il compito di realizzare le costruzioni mediante 

r

pubblico appalto, con diretta stipulazione dei relativi contratti, assicurando 

diretti rapporti ccin gli Enti e gli uffici pubblici locali per tutto quanto 

atteneva alla esecuzione dei programmi (art. 43 D.P.R. n. 1471 del 1963): 

Il rapporto, che cosi si� instaurava per legge, regolamento e :relativa 

eonvenzione Gescal-stazione appaltante, era un rapporto non di rappresen


tanza di diritto comune, ma di delegazione aimrninistrati:va intersoggettiv&. 

Questa, come la elaborazione giurisprudenziale ormai pacificamente affer


ma, si distingue profondamente dal mandato. La attribuzione infatti, con


ferita al delegato, entro i limiti prefissati nell'atto di conferimento del


l'esercizio di poteri e funzioni spettanti al delegante, comporta una deroga 

alle norme sulla 'Competenza amministrativa ,ed investe il delegato del 

potere di provvedere, rispet~o all'oggetto della delega, in nome proprio 

e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, pur se per conto e 

nell'interesse di q�est'ultimo, tanto che il concedente non � tenuto ad 

ingerirsi nelle situazioni che possono determinarsi ad opera del concessio


nario rispetto ai beni dei terzi, nella realizzazione della concessione. 

Pertanto gli errori e le ;r"esponsabilit� del concessionario non possono 

trasferirsi al concedente, in quanto i due soggetti agiscono ciascuno nella 

sfera delle proprie distinte attribuzioni. 

Queste disposizioni normative gi� di per s� estremamente indicative 

di una totale attribuzione alla stazione appaltante dei compiti di costru


zione e realizzazione del programma limitatamente agli immobili descritti 

nel contratto e quindi di una impossibilit� di ritenere, agli effetti penali


11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il P.M. denunzia l'erronea aw1icazione della [e.g.ge iPenale con rife


f:
rimento agli artt. 524 n .. 1 cod. proc. pen., e 151 cod. pen. osservando 

che il comportamento dei prevenuti, i quali avrebbero potuto adoperarsi 
per ottenere il rilascio della dichiarazione di abilabilit�, inteIl 


gra gll estremi della permanenza del reato. 
La difesa del Chilosi, premesso che la Gescal, pur risultando 
formalmente proprietaria degli immobili assegnati, non ne ha tuttavia 

I 

mai avuto la disponibilit� materiale che individua il soggetto attivo 
della contravvenzione contestata, disponibilit� che, per legge, � sot


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tratta alla Gescal e affidata alla Stazione appaltante dei fabbricati 
in questione (nella specie, l'INCIS), assume che il ricorrente doveva 

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essere prosciplto per non aver commesso il fatto, denunciando la vio


I

lazione degli arilt. 40 e sgg. coc;l. pen,; 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265; 
legge 25 novembre 1955, n. 1148; 30 d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471; 
legge 14 febbraio 1963, n. 60. 

Motivi della decisione 

Il princ1p10 giuridico affermato dal P.M. ricorrente � fondato. Il 
reato consistente� nella violazione dell'art. 22 del testo unico delle 
leggi sanitarie � reato permanente, perch� la violazione� del precetto 
si p!rotrae nel tempo, finch� resta in atto la condotta antigiuridica. Ma 

stici � proprietario � la Gescal e chi la rappresenta, erano ulteriormente 
specificate e precisate da norme contrattuali. La suaccennata convenzione 
infatti richiamava, come sua parte integrante, le norme per le costruzioni 
del secondo settennio, approvate con delibera del Comitato di attuazione 
del piano e del Consiglio direttivo della Gescal, le quali, al capitolo V. 
stabilivano minutamente i. compiti delle stazioni appaltanti. A queste, in 
virt� di delega amministrativa, era attribuito istituzionalmente ogni concreto 
potere per quanto concerne l'attuazione dell'opera, dalla ricerca dell'area 
alla progettazione, dallo svolgimento. delle gare d'appalto alla direzione 
dei lavori, dalle pratiche amministrative, ivi compresa la licenza di 
abitabilit�, alla consegna degli alloggi ai singoli interessati e alla stipulazione, 
infine, dei relativi contratti di assegnazione. L'inadempimento di 
una qualunque delle obbligazioni derivanti dall'incarico conferito costituiva 
la stazione appaltante responsabile nei confr�ntl della Gesc�l la quale. 
in armonia con i compiti assegnatile dalla legge, si riservava il potere di 
vigilanza, di collaudo e, ovviamente, di gestione finanziaria. Il complesso� 
di disposizioni era quindi tale da consentire di affermare che non poteva 
farsi risalire alla Gescal e per essa al suo Presidente -e tanto meno al 
vice presidente che aveva funzioni meramente vicarie -la materiale 
disponibilit� dell'edificio che solo consente di attribuire la responsabilit� 
penale di cui all'art. 221 del T.U. n. 1265 del 1934. In effetti nel reato 
suddetto, contravvenzionale, l'elemento p;;icologico si sostanzia nella co-\ 
scienza e volont� di consentire l'abitabilit� senza licenza, da parte di chi, ! 

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PARTE I, S)l:Z. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 943 

il Pretore ha errato nel ritenere che la condotta cessi di essere contraria 
alla norma col 'Verificarsi della impossibilit� giuridica di far 
cessare l'occupazione degli alloggi abitati senza licenza; infatti, anche 
in tale situazione, gli organi competenti avrebbero poituto adoperarsi 
per conseguire la dichiarazione di abitabilit�, e soltanto con tale . 
risultato la permanenza del reato sarebbe venu~a a cessare, rendendo 
cos� applicabili eventuale cause di non punibilit�, come ,l'amnistia e 
la prescrizione. 

Preliminare e assorbente, tuttavia, rispetto all'accoglimento delle 
conclusioni implicite nel ricorso del P.M., � la questione sollevata col 
ricorso del� Chilosi : se a lui e al Quartulli possa farsi risalire la 
responsabilit� del fartto-reato. 

A tale quesito non pu� darsi se non una risposta negativa. 

Il Pretore, pur riconoscendo che il terinine �proprietario�, indicato 
come soggetto attivo della norma incriminatrice, non pu� essere 
inteso nel senso formale e civilistico, ma si estende a tutti coloro 
che hanno la disponibilit� concreta dell'immobile, ha poi escluso che 
tale concreta disponibilit�, comprendente altresi l'obbligo di conseguire 
la dichiarazione di abitabilit�, potesse essere dagli organi della 
Gescal, proprietaria tavolarmente iscritta degli immobili, riversata su 

individuato con il termine convenzionale di � proprietario �, abbia la possibilit� 
materiale di immettere gli interessati nella abitazione. Pertanto, 
se indipendentemente dalla norma che attribuisce il dritto di propriet�, 
altri in concreto gestisca ed amministri la cosa, a ci� per di pi� facultizzato 
da norme di legge e di convenzione, provvedendo alla consegna dell:alloggio, 
all'immissione in possesso, alla stipula del contratto e a tal fine essendo 
tenuto ad ogni adempimento amministrativo, il proprietario, tale per diritto 
comune, non potr� certo rispondere del contestato reato, non sol� perch� 
non � egli colui che la norma penale individua com.e agente, soggetto attivo 
della contravvenzione, ma anche perch� non pu� affermarsi presente in 
lui, che non pu� conoscere il concreto succedersi dei provvedimenti presi 
dalla stazione appaltante, la coscienza e volont� di immettere nell'abitazione 
gli interessati, ed ancor meno di volerli immettere senza licenza di 
abitabilit�. La Gescal non era cio� destinataria del precetto contenuto nell'art. 
220 � 221 del T.U. delle leggi sanitarie ed il suo Presidente doveva 
quindi essere prosciolto per non aver commesso il fatto. Poich� infatti si 
verteva in tema di delega amministrativa, in cui all'Ente delegato sono 
attribuiti non poteri di mera rappresentanza, ma competenze proprie, tra 
queste rientranti tutte le pratiche concernenti le eventuali autorizzazioni 
da parte dei competenti uffici, non v'� dubbio che alla stazione appaltante 
spettava l'obbligo di munirsi, prima di consegnare l'alloggio, della prescritta 
licenza di abitabilit�. 

Argomenti in contrario non potevano essere tratti dai poteri di vigilanza 
che alla Gescal erano attribuiti, � vigilanza � essendo invero qualcosa 
di ben diverso da materiale disponibilit�. 

PAOLO DI TARSIA DI BELMONTE 

--. . . . . -. . . � �....... -..... ,.,. � -...,.,. -......... .�.�.�.z:-:.::.-:�z.-:�:�� �"�'.".".�Z-'.'"�'.".�Z".<:�:�:�z.-:..-:t: ������,.,.........-.-.�::::��--.-.-.�.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-....-.-.�.:�Z�:.'.�'.�'.�Z�Z�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.:'.�'.�:-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�:-:-: 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

944 

altri enti e istituilti, osservando che gli atti e provvedimenti, in virt� 
dei quali si sarebbe attuato tale trasferimento di funzioni, non avrebbero 
l'effl.cacia giuridica di invalidare la norma penalmente sanzionata 
nell'art. 221 della legge sanitaria. 

Tale interpretazione � contraria ai princ�pi giuridici che disciplinano 
le funzioni della Gescal, e i rapporti di questo ente con le 
cosiddette stazioni appaltanti. 

Dall'esame delle leggi che, a partire� dal 1949, istitutiva dell'INA-
CASA, si sono succedute nel tempo, sino a giungere alla legge 

n. 60 del 1963, contenente la nuova disciplina per la costruzione di 
case per i lavoratori, risulta evidente la caratteristica a cui si informano 
ii priinc�pi seguiti dal legdislatore nell'attuazione del suo programma: 
il sistema legislaitivo d� luogo a du� strutture organizzative distinte 
per l'attuazione delle due funz~oni fondamentali: quella di 
decisione e programmazione; e quella di esecuzione degli interventi. 
Alla funzione preliminare, di decisione e programmazione, partecipa 
la Gescal, unitamente al Comitato centrale istituito presso il 
Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. La Gescal, oltre a 
provvedere alla liquidazione del patrimonio della cennafa INA-CASA, 
ha funzioni di gestione finanziaria, di direzione generale, di coordinamento 
e propulsione, ma non di attivit� diretta alla concreta realizzazione 
del programma di costruzioni. A questa funzione provvedono, 
in qualit� di stazioni appaltanti, generalmente, gli Istituti autonomi 
per le case popolari delle singole province, i quali agiscono 
sulla base di quanto dispongono la legge e le norme di attuazione. 

Tale funzione esecutiva pu� dalla Gescal essere affidata ad altri 
enrti specializzati, come gl'Istituti per le case degli impiegati dello 
Stato, nonch� a cooperative e a consorzi di lavoratori (art. 27 della 
legge n: 60/1963). In virt� delle norme di legge e delle convenzioni 
stipulate con la Gescal, gli enti predetti assumono il compilto di realizzare 
le costruzioni, con la diretta stipulazione degli appalti, assicurano 
i rapporti con gli Uffici pubblici locali, e assumono ogni conseguente 
responsabilit� di ordine ,tecnico e amministrativo. 

Il trasferimento alla stazione appaltaillte di questo insieme di potest�, 
compiti e funzioni trova il suo fondamento giuridico nella 
volont� del legislatore. Determinante � la disposizione dell'art. 6 delle 
norme integrative e complementari delle leggi sull'INA-CASA 28 febbraio 
1949 n. 43 e 26 'novembre 1955 n. 1148, contenute nel d.P'.R. 
9 aprile 1956 n. 1265: �i rapporti tra le Amministrazioni dello 
Stato, gli Enti Pubblici, i Consorzi, le Cooperative e le Aziende che 
abbiano assunto incarico di costruire alloggi per i lavoratori, da una 
parte, e la Gestione INA-CASA dall'altra, sono regolati da convenzioni. 




PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

L'incarico assunto dalle Amministrazioni e dagli Enti pubblici, 
una volta stipulata la convenzione, � considerato compito istituzionale, 
anche se non sia previsto dalle norme legislative e statutarie 
che regolano l'ordinamento di questi �. 

Tale sistema risponde a un'esigenza cosi naturale e necessaria 
dell'ente delegante, da escludere che la norma regolarmente possa 
considerarsi contrastante o eccedente rispetto alla disposizione legislativa, 
dalla quale il regolamento fu autorizzato e previsto. 

La convenzione intercorsa, quindi, va oltre i limiti di un semplice 
mandato relativo a qualche operazione amministrativa da compiersi 
in nome e per ,conto del mandante, ma rappresenta un completo 
e stabile trasferimento, autorizzato dalla legge, degli stessi poteri, 
compiti e funzioni proprii dell'ente delegante, che quest'ultimo avrebbe 
potuto e dovuto esercitare, se la sua organizzazione periferica glielo 
avesse consentito. 

Nel caso di specie risu1ta dagli atti che, in data 27 novembre 
1962, la Gestione INA-CASA stipul� con i Ministeri dell'Interno e 
della Difesa la convenzione per il conferimento dell'incarico di stazione 
appaltante per la costruzione di case per i lavoratori, da destinarsi 
ai dipendenti degli stessi Ministeri, con l'intervento del rappresentante 
dell'INCIS, giusta delibera del Comitato Centrale per 
l'attuazione del Piano per l'incremento dell'occupazione operaia. 

Con l'art. 2 della convenzione, il Ministero della Difesa e il 
Ministero dell'Interno rilasciarono mandato all'INCIS per l'espletamento 
di tutte le operazioni derivanti dall'incarico, come sopra ricevuto, 
di stazione appaltante. Tra le funzioni attribuite alla stazione 
appaltante sono espressamente previste le pratiche amministrative, 
tra cui il conseguimento della licenza di abitabilit� (punto 16), la 
stipulazione dei contratti di assegnazione dei singoli alloggi,. e la 
consegna degli stessi agli interessati (punto 17). 

Dal complesso delle disposizioni cosi esaminate si deve dedurre 
che la disponibilit� concreta, giuridica e materiale, dell'edificio; da 
cui nascono gli obblighi e le responsabilit� sanzionate dall'art. 221. 
delle leggi sanitarie, non sp~ttava al Presidente o al Vicepresidente 
della Gescal, bens� esclusivamente agli organi della stazione appaltante, 
a cui incombeva il potere-dovere di immettere gli assegnatari 
nelle rispettive abifazioni, previo l'adempimento delle pratiche amministraitive 
che ne costituivano il presupposto e la condizione di legittimit�. 


Ne consegue che il Chilosi dorveva essere assolto per non aver 
commesso il fatto a ilui addebitato, e la ,sentenza impugnata deve 
essere annullata con l'accoglimento del motivo proposto dal ricorrente. 

-(Omissis). 


946 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 2 dicembre 1974, n. 1479 -Pres. 
Leone -Rel. Picozzi -P. M. conf. Rie. P.M. in proc. Forlani. 

Reato � Contravvenzioni concernenti la inosservanza dei provvedimenti di 
polizia � Inosservanza dell'ordine di presentarsi agli organi di polizia 
giudiziaria per � essere interrogato come indiziato di reato � � Con


. travvenzione all'art. 650 cod. pen. � Sussistenza � Facolt� dell'indi� 
ziato di non rispondere all'interrogatorio � Irrilevanza. 
(art. 650 c.p.). 

La facolt� di non rispondere all'interrogatorio non comporta pe1� 
.l'imputato o l'indiziato il diritto di non presentarsi, paralizzando o 
comunque compromettendo l'attivit� della polizia giudiziaria e le funzioni 
istituzionalmente demandatele, sia in relazione alla necessit� di 
identificazione dell'indiziato, sia in relazione ad ogni �altro accertamento 
in ordine agli elementi di prova del reato. 

Pertanto, nonostante le modifiche introdotte alle norme processuali 
con le leggi n. 932 del 1969 e n. 62 del 1971, la mancata presentazione 
di una persona agli organi di .polizia � per essere interrogato 
quale indiziato di reato�, integra la contravvenzione di cui all'art. 
650 cod. pen. (1). 

(1) V. in materia Cass. 17 mag.gio 1972 iric. Giovannetti in Cass. Pen. 
Mass. Annotato 1973 .p. 1490, m. 2001 peir �quanto .concerne l'affermazione 
che l'invito a presentarsi in caserma rivolto al cittadino dai carabinieri nelil.'
espletamento di compiti di polizia giudiziaria rientra fu-a i provvedimenti 
menzionati dall'art. 650 c.p., onde la mancata ottemperan:!:a all'invito stesso 
� punibile ai sensi di tale norma e non con quella comminata dall'art. 15 
della legge di P.S. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17. marzo 1975, n. 664 -Pres. 
Straniero -Rel. Rossi -P. M. Calvora (conf.) -r:1c. Bassi e Molinari. 


Procedimento penale � Cassazione � Applicazione dell'art. 538 c.p.p. nel 
testo modificato dalla L. 18 giugno 1974 n. 226 � Poteri di decidere 
in merito. 

(art. 538, c.p.p:; d.I. 20 aprile 1974, n. 104; 1. 18 giugno 1974, n. 226). 

L'art. 1 d.l. 20 aprile 1974, n. 104, convertito nella l. 18 giugno 
1974, n. 226, modificando l'art. 538 c.p.p., attribuisce alla Corte di 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 947 

cassazione il potere di decidere nel merito quando occorre applicare 
disposizioni di legge pi� favorevoli aU'imputato. 

(Omissis). -Il 30 settembre 1967 una patt.glia di militari della 
Guardia di Finanza penetrava nel corti:le di uno stabile sito in Tirano, 
via Monaci 2, e vi sorprendeva due persone intente a caricare su di una 
autovettura A.R. Giulietta dei sacchetti di carta, contenenti caff� 
tostato in grani di provenienza estera. Mentre una delle due persone, 
poi identificata per Molinari Riccardo, si dileguava, l'altra veniva fermata 
ed identificata, per Bassi. Celso. Sul luogo si rinveniva un quantitativo 
complessivo di Kg. 310 di caff�, contenuto in pal'te in due 
bricolle situate all'interno di una stalla davanti alla quale la vettura 
si trovava parcheggiata, col cofano del bagagliaio alzato, e in parte in 
confezioni di carta collocate sia nel bagagliaio della vettura che all'interno 
del detto locale. Tutte. le confezioni di carta recavano la 
dicitura della �Torrefazione Caff� le Alpi� di Villa di Tirano, della 
quale era titolare tale Brichetti Maddalena, moglie del Bassi. Questi 
dichiar� di essere proprietario della vettura e del caff� rinvenuto nella 

stessa e nel locale menzionato � di essere stato coadiuvato nel carico 
del caff� nel bagagliaio della vettura da un <tale soprannominato � il 
bugiardo� da lui non meglio conosciuto, che si era allontanato poco 
dopo l'arrivo dei finanzieri. Molina:ri Riccardo, a sua volta, dichiarava 
di essere nell'esclusivo godimento del cortile e della stalla, di ignorare 

(1) Sui poteri della Cassazione derivanti dalla nuova normativa in 
ordine agli art. 538 c.p.p. introdotta con il D.L. 11 avrile 1974 n. 99 convertito 
nella L. 7 giugno 1974 n. 220 e ,con il D.L. 20 apxile 1974 n. 104 
convertito nella L. 18 giqgno 1974 n. 226 si era gi� in precedenza espressa 
la VI Sezione della Cassazione con sentenza 20 agosto 1974 n. 1380, della 
quale sembra opportuno riportare le massime, in quanto risulta essere 
stata questa la sentenza che ha esaminato con maggior .completezza le conseguenze 
derivanti dalla nuova normativa. Ecco i principi affermati da 
quella decisione in materia: 
� La valutazione delle disposizioni pi� favorevoli nell'ambito dell'articoio 
538 CQd. :proc. pen., non dev'essere fatta in astratto, ma in concrteo, 
poich� la nuova disciplina degli M."tt. 69, 81, 99, 163 e 1'64 cod. ven. non 
-0pera automaticamente in maniera pi� favorevole !I'ispetto alla precedente 
normativa, ma fa dipendere tale risultato da un giudizio affidato ai poteri 
discrezionali del giudice e dalla verifica della sussistenza di determinati 
presupposti �. . 
� Pertanto, dovendosi tener conto del risultato che in sede di pratica 
attuazione della normativa in discorso l'imputato consegue, la valutazione 
deve essere sempre ed in ogni caso esplicitamente fatta e, soltanto nel 
caso in cui il potere di rettificazione, nell'ampiezza che risulta dal nuovo 
!I'esto dell'art. 538 cod. proc. pen., non abbia possibilit� di esprimersi con

948 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il contenuto della merce rinvenuta e l'autore della introduzione della 
stessa nella stalla, di essersi trovato nel cortile insieme al Bassi, da 
lui conosciuto solo di vista, al sopraggiungere dei militari della Guardia 
di Finanza e di essersi poi allontanato perch�, non sapendo nulla 
di quanto si stava compiendo, si era intimorito per quello che poteva 
succedergli. Si iniziava quindi procedimento penale a carico di Bassi 
Celso, Molinari Riccardo e Brichetti Maddalena, che, dopo sommaria 
istruzione, venivano tratti al giudizio del Tribunale di Sondrio per 
rispondere dei delitti di contrabbando di cafl'� di provenienza estera 
(a1:1tt. 94, 97 legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, 15 I. 26 maggio 
1966 n. 344) e di evasione I.G.E. (artt. 17 e 33 1. 19 giugno 1940 

n. 762), con l'aggravante della recidiva specifica reiiterata nel quinquennio 
per il Molinari e di quella generica per il Bassi. Il Tribunale 
di Sondrio, con sentenza 2 dicembre 1969, dichiarava il Bassi e il 
Molinari colpevoli dei reati loro ascritti e li condannava a pene varie, 
nonch� al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese a favore 
dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, costituitasi parte civile; 
assolveva la Brichetti dai suddetti reati per non aver commesso il fatto. 
Su appello degli imputati Bassi e Molinari, la Corte di Appello 
di Milano, con sentenza 23 ottobre 1972, riconosceva in favore degli 
stessi il concorso di circostanze attenuanti generiche e riduceva la pena 
inflitta al Molinari a mesi 3 di reclusione e L. 4.782.160 di multa e 
quella inflitta al Bassi a mesi 2 e giorni 5 di reclusione e L. 3.250.000 
di multa, con il condono della intera pena detentiva e di L. 2.250.000 
della pena pecuniaria. 

Avverso tale decisione il Bassi e il Molinari hanno proposto ricorso 
per Cassazione. 

cretamente in maniera pi� favorevole all'imputato, viene meno il poteredovere 
della Corte di applicare le nuove norme e, conse.guentemente si 
dovir� dichiarare che non ricorrono le condizioni di modificare a favore 
dell'imputato la sentenza impugnata. � necessario cio� dare dimostrazione 
in ogni caso del perch� il potere di rettifica, astrattamente possibile, non 
viene in concreto esercitato >. 

� Alla rettificazione ex art. 538 cod. proc. pen. non � di ostacolo il rigetto 
del ;ricorso in <relazione ai motivi addotti dall'imputato; quel che rileva � 
che il capo della sentenza su cui la rettificazione deve operare non sia 
divenuto irrevocabile. Pertanto, proposto validamente il ,ricorso, il suo 
eventuale rigetto p�er Tagioni di merito o l'eventuale sua inammissibilit� 
per qualsiasi .causa sopravvenuta, non pregiudica il diritto dell'imputato a 
fruire delle pi� favorevoli disposizioni delle quali possa giovarsi, indipendentemente 
dalle doglianze prospettate �. 
� L'art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen. contiene, infatti, una devoluzione 
ope legis della decisione impugnata, devoluzione che in relazione 
alle nuove norme dettate dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99, si esprime come 
potere-dovere della COTte di riesaminare ex officio il fatto sotto il profilo 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 949 

DIRITTO 

Il Molinari deduce, con unico motivo, la nullit� della sentenza 
per difetto di motivazione in ordine all'accertamento del concorso 
nel reato da parte sua. La Corte di Appello non avrebbe tenuto 

conto dei seguenti elementi probatori: la ~eposizione della moglie 
del Molinari, che conferm� la versione di questi in termini circostanziati 
e verosimili; il fatto che le pretese dichiarazioni del Molinari 
non furono sottoscritte dallo stesso; il rilievo che dalle dichiarazioni 
del capitano Soreca non risultava chiaro s,e il Molinari si 
trovasse sul luogo all'irruzione della Guardia di Finanza o vi fosse 
giunto successivamente, come egli ha sempre affermato; il rilievo 
che la deposizione Soreca, l� dove si sostiene che il Molinari per 
qualche tempo si trartitenne sul luogo, � incompatibile con l'identificazione 
del Molinari nel �bugiardo�, che secondo il rapporto si 
dilegu� scavalcando il muro di cinta; la circostanza che merce di 
contrabbando era stata introdotta nel locale dagli stessi finanzieri. 

Il Bassi deduce, a sua volta, con unico motivo, la violazione 
dell'art. 524 n. 3 c.p.p., per mancanza di motivazione in merito alla 
affermazione della responsabilit� per turtto il carico, anzich� per la 
sola parte imbarcata .sulla sua automobile, di cui egli si era reso 
acquirente. La Corte di merito non avrebbe tenuto presente che il 
caff� contenuto nelle bricolle non era dello stesso tipo di quello con-

oggettivo e soggettivo, limitatamente alla qualificazione giuridica del reato 
nell'ambito della nuova regolamentazione dell'istituto della continuazione 
e del concorso formale omogeneo ed eterogeneo di reati (art. 81 cod. pen.), 
al giudizio di comparazione tra circostanze di qualsiasi natura (art. 69 
cod. pen.); al mantenimento o all'esclusione dell'aumento di pena per la 
recidiva (art. 99 cod. pen.) e conseguenziale determinazione delle pene; 
alla concedi:bilit�:, infine, della sospensione condizionale della pena secondo 
la nuova ampiezza in cui l'istituto pu� ora operare (artt. 163 e 164 cod. 
pen.) �. 

� La disciplina del reato continuato non � applicabile ai reati puniti 
con pena pecuniaria proporzionale. p.ertanto, allorch� in sede di rettificazione 
della sentenza ex art.� 538, ultimo comma, cod. iproc. pen., dei vari 
reati (tutti astrattamente inquadrr'abili nella continuazione) alcuni sono 
puniti con pnee pecuniarie proporzionali ed altri con pene pecuniarie fisse, 
la Corte di Cassazione, in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., 
pu� ritenere la continuazione �e determinare la p.ena unica �conseguenziale 
soltanto in ordine ai secondi; mentre per i primi dovr� confermare le singole 
statuizioni emesse dal giudice di merito. Ci� in quanto all'applicazione 
deHa continuazione ai reati puniti con pena propo;rzionale � di ostacolo il 
particolare sistema sanzionatorio che verrebbe eluso se la pena venisse 
fissata secondo i criteri dell'art. 81 cod. pen. giacch� verrebbe meno la 

950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenuto nelle confezioni, che il verbale non fu sottoscritto dal Bassi 
e che questi ammise in ogni caso la disponibilit� della merce rintvenuta 
al piano terreno, ma non delle due bricolle rinvenute nella 
stalla. 

Le censure sono prive di fondamento. 

La sentenza impugnata ha sottoposto ad approfondita disamina 
tutte le risultanze processuali ed ha rilevato, tra l'altro, che le bricolle 
rinvenute nella stalla contenevano caff� dello stesso tipo di 
quello trovato nei sacchetti gi� confezionati; che nell'ufficio del capitano 
Sore.ca il Bassi, anche se poi si rifiut� di firmare il :processo 
verbale di interrogatorio, dichiar� di esse;re proprietario sia dell'intero 
quantitaitivo di sigarette che dell'autovettura: che, quando i finanzieri 
irruppero nel cortile, il Molinari si trovava sul posto e si dilegu�, 
senza pi� dare notizie di s� fino al 6 ottobre 1967; che non � 
assolutamente pensabile che il Bassi avesse potuto introdurre, all'insaputa 
del Molinari, nella stalla, in cui quest'ultimo si recava quotidianamente 
per governare una mucca, tutto il materiale sequestrato 
(bricolle, sacchi, bilance, ecc.); che le numerose contraddizioni in cui 
� incorso il Molinari, il quale in un primo momento disse di non 
avere mai visto il Bassi e in un secondo tempo dichiar� di conoscerlo 
solo di vista, denunciano il suo apporto nell'operazione di contrabbando 
di cui � processo; che il rinvenimento del caff� nella stalla e 
nell'autovettura e la contemporanea presenza degli imputati sul luogo 
in questione stanno a dimostrare che l'illecito traffico era ancora in 

� proporzionalit� � della sanzione in rapporto all'illecito che il legislatore ha 
ritenuto, per 'ragioni di politica criminale legata alla par.ticolare tutela 
accordata �al lavoro subordinato, meritevole di un trattamento penale diverso 
da quello normale. � appunto questa �specialit�� del sistema sanzionatorio 
che rende inapplicabile ai r�ati puniti con pena proporzionale il 
regime proprio della continuazione >. 
� (Fattispecie in cui, in tema di violazione in materia di lavoro, previdenza 
e assistenza sociale, la Corte di Cassazione, in sede di applica2lione 
dell"art. 538 cod. p!I'oc. pen., ritenne il reato continuato soltanto tra le infra� 
zioni punite con pene fisse e lasci� immutate� }e pene comminate rper i 
singoli reati puniti con sanzione proporzionale)>. 
� L'indagine per la individuazione della pi� grave delle violazioni commesse, 
ai fini della determinazione della pena per il reato �continuato, va 
:l�atta tenendo conto innanzitutto della pena edittale massima e, a parit� di 
massimo, tenendo conto del maggior minimo; qualora ricol'll'ano circostanze 
che aggravano o attenuano il reato, 4etta indagine terr� anche conto dell'entit� 
della pena di ciascuna violazione, quale risulta per il concorso delle, 
circostanze e dell'eventuale giudizio di comparazione�. 
� Poich� ai sensi dell'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., 
la continuazione � possibile sempre che il risultato sia pi� vantaggioso 
rispetto alla pena che ri-sulterebbe dal cumulo materiale, essa non pu� 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 951 

atto quando intervenne la Guardia di Finanza. Dalle esposte considerazioni 
i giudici di appello hanno tratto il convincimento che ci 
fu tra il Bassi e il Molinari un affiato spirituale, una cooperazione, 
anche prima che materiale, anteriore e psicologica che cementa le 
loro azioni e imprime alle stesse carattere unitario, rendendo gli imputati 
colpevoli dei delitti loro ascritti. La motivazione � ampia, l�gica 
e coerente e i motivi proposti si risolvono in una critica alla 'Valutazione 
delle prove fatta dai giudici di merito, valutazione che, attenendo 
.a questioni di mero fatto, � insindacabile in questa sede di 
legittimit�. 

I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati. 

Peraltro, in virt� dell'art. 1 D.L. 20 aprile 1974 n. 104, convertito 
nella L. 18 giugno 1974 n. 226, che, modificando l'art. 538 c.p.p., 
attribuisce alla Corte di cassazione il potere di decidere nel merito 
quando occorre applicare disposizioni di legge pi� favorevoli all'imputato, 
anche se sopravvenute dopo la dichiarazione di ricorso, deve 
affermarsi la continuazione tra i delitti di contrababndo e di �evasione 
I.G.E., poich� le azioni che li hanno realizzati sono esecutive di uno 
stesso disegno criminoso, pur se violatrici di diverse disposizioni di 
legge, ai sensi dell'art. 81 c.p. nel nuovo <testo risultante dall'ar!t. 8 

D.L. 11 aprile 1974 n. 99, convertito nella L. 7 giugno 1974 n. 220. 
Si impone altresi il giudizio di comparazione tra le circostanze attenuanti 
generiche concesse e l'aggravante della recidiva contestata agli 
imputati, stante la generalizzazione del giudizio di valenza degli elementi 
di reato di segno aggravatorio o attenuatilvo o riduttivo della 
pena, quale che sia �1a forma autonoma o proporzionale del loro con-
trovare applicazione qualora le pene previste per 1e varie violazioni non 
siano omogenee (tutte detentive o tutte pecuniarie o tutte detentive e pecuniarie 
insieme), dovendosi considerare sempre come risultato pi� grave 
l'aumento della sanzione da apportare sulla pena detentiva prevista per la 
pi� grave delle violazioni commesse, in conseguenza di assorbimento in 
�essa della pena pecuniaria prevista per le violazioni. meno gravi �. 

� In sede di rettificazione ex art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen., 
la Corte di Cassazione -�che, in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 
cod. pen., ritiene la continuazione -nel determinare la sanzione per la 
pi� grave delle violazioni commesse non � vincolata alle pene fissate dal 
giudice di merito per ogni singola �e separata violazione. Infatti, il riconoscimento 
della continuazione si risolv�e sostanzialmente nel riconoscimento 
-sia pure per jus superven,iens -di un errore del �giudice di merito nella 
commisurazione della pena la quale, quindi, dev'essere determinata dalla 
Corte di Cassazione ex novo, in piena autonomia; sia perch� � mutata la 
qualificazione giuridica del reato, sia e soprattutto .perch� la valutazione 
dei critea:'i direttivi che devono guidare ai sensi dell'art. 133 cod. pen. l'orgiano 
che irroga la pena, non pu� che essere propria ed esclusiva del giudice 
�che la fissa�. 

952 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributo alla determinazione della pena in astrato rispetto al modello 
di base, comprese le circostanze inerenti alla ptrsona del colpevole, 
tra cui la recidiva, generalizzazione introdotta dagli artt. 6 e 7 del 
detto D.L. 1974 n. 99, modificativo dell'art. 69 c.p. Di conseguenza 
si repUJta affermare la prevalenza delle attenuanti generiche sulla 
recidiva contestata e determinare la pena per entrambi i reati in mesi 
due di reclusione e lire tremilionicentocinquantamila (L. 3.150.000) 
di multa per ciascuno, partendo dalla �pena di mesi 2 di reclusione e 

L. 3.100.000 di multa per il contrabando (pena base mesi 3 di reclusione 
e L. 4.650.000 di multa, diminuita di un terzo per le attenuanti 
generiche) e aumentandola di L. 50.000 per la continuazione. 
Gli impUJtati sono tenuti in solido al rimborso delle spese a favore 
dell'Amministrazione delle Finanze dello Stato, costituita parte civile, 
che si liquidano in L. 150.000 per onorario di difesa, oltre quelle a 
debito da liquidarsi nei modi di legge. -(Omissis). 



PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codic:e c:ivMe, art. 580 (artt. 3, primo comma, e 30, terzo comma, 
della Costituzione). 
Tribunale di Lecce, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 17 settembre 
1975, n. 249. 

c:odic:e c:ivile, art. 1886 � (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Corte d'appello di Torino, ordinanza 17 aprile 1975, G. U. 3 settembre 
�975, n. 235. 

c:odic:e c:ivile, art. 1901, �primo e sec:ondo c:omma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 27 maggio 1973, G. U. 8 ottobre 1975, 

n. 268. 
c:odic:e c:ivile, art. 2054, terzo c:omma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 21 aprile 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

codic:e civile, art. 294�1 (art. 36 della Costituzione). 
Giudice del lavoro del tribunale di Napoli, ordinanza 26 marzo 
1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. 

c:odic:e c:ivile, art. 2946 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 22 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

c:odic:e �di proc:edura c:ivi.le, art. 140 (art. 24, secondo comma della 
Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 28 novembre 1972, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

c:odice di procedura civile, art. 429 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). 
Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 
8 ottobre 1975, n. 268. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c�odice di procedura civile, art. 435, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Catanzaro, ordinanze 27 maggio 1975, e 10 giugno 
1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. 

codice penale, art. 81, cpv. (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 10 dicembre 1974, G. U. 
8 ottobre 1975, n. 268. 

codice penale, art. 164 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Lucera, ordinanza 5 maggio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

codice penale, art. 341 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Langhirano, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

codice penale, art. 384, c,pv. (artt. 3 e 29 della Costituzione). 
Corte di assise di Venezia, ordinanza 22 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

codice penale, art. 556, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Trieste, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

codice penale, art. 650 (artt. 3, 13, 23, 25 cpv. della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 1� aprile 1971, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

codice di procedura penale, artt. 8 e 141 (artt. 2, 24 e 25 della 
Costituzione).. 

Pretore di Ancona, ordinanza 28 gennaio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

codice di procedura .penale, art. 51 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Tribunale di Belluno, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

codice di procedura penale, artt. 304�bis e 364 (artt. 24, secondo 
comma, e 3 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 11 luglio 
1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di ,procedura penale, artt. 543, n. 5, e 546 (art. 101 della 
Costituzione). � 

Pretore di Avigliano, ordinanza 18 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 

1975, ll. 268. I 

codice di procedura penale, art. 622 (artt. 21, 23, 27 della Costituzione). 


Tribunale di Benevento, ordinanza 15 luglio 1974, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

codice penale militare di' ,pace, art. 186, primo com.ma (artt. 3 e 27, 
terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 10 luglio 
1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. 

r.d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 54, terzo comma (art. 36 della 
Costituzione). 
Corte .dei conti, quarta sezione pensioni militari, ordinanza. 12 novembre 
1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. 

r.d.I�. '29 aprile 1915, n. 582, art. 3 (artt. 42 e 3 della Costituzione). 
Tribunale di Cassino, ordinanza 14 maggio 1975, G. U. 1"l settembre 
1975, n. 249. 

r.d. 23 mag9io' 1923, n. 827, art. 270 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). 
Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 
8 ottobre 1975, n. 268. 

d.I. 27 maggio 19,23, n. 1324, art. 3, terzo comma (artt. 3 e 38, secondo 
comma della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 17 settembre 
1975, n. 249. 

r.d. 30 dicembr7 11923, n. 3270, art. 45, secondo e quinto comma (art. 3 
della Costituzione). 
Corte d'appello di Bologna, ordinanza 18 dicembre 1974, G. U. 
8 ottobre 1975, n. 268. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all.A, art. 26, quinto comma (art. 36 della 
Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 19 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. '2.7, p~nultimo comma, e dell'art. 26, 
quinto e sesto c�omma (art. 3, primo comma, e 36, primo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 261, Z63, 264 e 265 (artt. 3, 97 e 103 
della Costituzione). 
Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 19 aprile 
1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. 

r.d.I. ZO lugUo 1934, �n. 1404, art. 24, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 3 maggio 1975, 

G. U. 10 settembre 1975, n. 242. 
legge '14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice del lavoro del tribunale di Genova, ordinanza 27 maggio 
1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. 

r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di San Daniele del Friuli, ordinanza 2 maggio 1975, G. U. 
29 ottobre 1975, n. 288. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 42, 52, 92 e seguenti (artt. 3 e 36 
della Costituzione). 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 1� luglio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 10 maggio 1975, G. U. 29 ottobre 
1975, n. 288. 

legge 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Lucera, ordinanza 22 aprile 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

legge 17 agosto '1942, n. 907 (art. 41 e 43 della Costituzione). 

Tribunale di Forl�, ordinanza 13 dicembre 1974, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 
Tribunale di Torino, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 
Corte di appello di Catanzaro, ordinanze 23 e 28 maggio 1975, 

G. U. 10 settembre 1975, n. 242, e 17 settembre 1975, n. 249. 
i


I 


-!i: 
-I 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 1,7 luglio 194,2, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 49 della 
Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanze 13 dicembre 1974, 20 gennaio 1975 
e 6 marzo 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281 e 29 ottobre 1975, n. 288. 
Corte d'appello di Bari, ordinanze (3) 9, 11 e 21 aprile 1975, 

G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. 
Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 
Tribunale di Bologna, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 17 settembre 
1975, n. 249. 
Tribunale di Modena, ordinanza 10 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 
Tribunale di Castrovillari, ordinanza 24 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 
Tribunale di Torino, , ordinanza 3 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 
Tribunale di Roma, ordinanza 4 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 
Corte di appello di Bologna, ordinanza 5 luglio 197&, G. U. 29 
ottobre 1975, n. 288. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e 103 (art. 41 della Costituzione). 
Tribunale di Voghera, odinanza 21 aprile 1975, G. U. 17 settem.
bre 1975, n. 249. 

r.d.I. 3�1 maggio 1946, n. 511, art. 18 (artt. 21 e 101 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 29 ottobre 
1975, n. 288. 

d.�I. C.P.S. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3, sec:ond�o comma (artt. 100, 
terzo comma, 101, secondo comma, 108, secondo comma, della Costituzione 
ed art. 23, primo e secondo comma, dello statuto della regione 
Siciliana). 

Consiglio di Stato in adunanza plenaria, ordinanza 6 marzo 1975, 

G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. 
d.I. C.P.S. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5, terzo c:omma (artt. 3, 24, 113, 
secondo comma, 125, secondo comma, della Costituzione e art 23, primo 
comma, dello statuto della regione sicilia~a). 
Consiglio di Stato in adunanza plenaria, ordinanza 6 marzo 1975, 

G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. 
legge 3 gen�naio '1951, n. 27, artt. 1�4 (art. 43 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 11 febbraio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 


108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 22 ottobre '1954, n. 1041, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Vigevano, ordinanza 30 maggio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

legge l'eg. sic. 1� ottobre '1956 n. �54, art. 52 (art. 42 e 117 della 
Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 29 ottobre 
1~75, n. 288. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (artt. 13, primo e secondo 
comma, 16, primo comma, 3, primo comma, e 25, secondo comma, 
della Costit~zione). 

Pretore di Terralba, ordinanza 4 febbraio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

d.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
I

Tribunale di Ragusa, ordinanza 13 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

i

legge 3 aprHe 1958, n. 460, art. 32, quarto comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 15 maggio 
1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. 

legge 16 maggio 1960, n. 570, art. 6 (art. 51 della Costituzione). 

Tribunale di Crotone, ordinanza, 21 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

l 
I ~ 

d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 771 (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Potenza, ordinanza 12 febbraio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

I 

legge 25 novembre 1962, n. 1684, art. 29, secondo comma (art. 24 della 
Costituzione). 

I 

Pretore di San Demetrio Corone, ordinanze 23 febbraio 1974 
(due), G. U. 22 ottobre 1975, n. 281, e 29 ottobre 1975, n. 288. 


Iif:

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art. 3, e tabella allegato A, n. 38 (artt, 3, :: 
35 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 13 febbraio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 


. . I 


. I 


PARTE II, LEGISLAZIONE 109 

d.P.R. 30 giugito 1965, n. 1124, art. 4, primo comma, n. (artt. 3, 
primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 10 aprile 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 11�24, art. 74, secoltdo comma, prima .parte 
(artt. 38 e 3, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Genova, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

legge 14 luglio 11965, n. 963, art. 26, �lettere c e d (artt. 4, 27 e 35 
della Costituzione). 

Pretore di Ravenna, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 3 settembre 
1975, n. 235. 

t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, primo ed ultimo comma (art. 42 
della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 25 febbraio 1975; 

G. U. 10 settembre 1975, n. 242. 
legge 23 gennaio ''1968, n. 30 (art. 11 della Costituzione). 

' 

Tribunale di Milano,. ordinanza 13 marzo 1975, G. U. 8 ottobre� 
1975, n. 268. 

legge 19 novembre �1968, n. ll87, artt. 1, 2, 5 (artt. 136, 42, terzo 
comma, e 3 della Costituzione). 1 

Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

�legge 13 agosto 1969, n. 592, art. 2 (artt. 3, 36, primo comma, della 
Costituzione)., 

Pretore di Milano, ordinanza 13 gennaio 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanze 15 ottobre 1974, e 26 novembre 
1974, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo comma (artt. 3 e 35 
della Costituzione). 

Tribunale di Trani, �ordinanza 5 giugno 1975, G. U. 17 settembre 
1975, n. 249. 

legge 20 maggiq 11970, n. 300, art. 35 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Potenza, ordinanza 22 gennaio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. � 


110 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 
8 ottobre 1975, n. 268. 

d.I. 26 ottobre 1970, n, 745, art. 56, primo comma (art. 3, primo e 
secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 12 novembre 1974, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Oria, ordinanza 23 giugno 1973, G. U. 22 ottobre 1975, 

n. 281. 
legge 30 dicembre 1970, n. 1239 (art. 11 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 13 marzo 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

legge 2.2 ottobre 197.1, n. 865, art. 16 (art. 42, terzo comma e 3 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Genova, ordinanza 3 aprile 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 
Corte di appello di Bologna, ordinanze 11 e 18 aprile 1975, G. U. 
17 settembre 1975, n. 249 e 8 ottobre 1975, n. 268. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, :irtt. 19, 16 e seguenti (artt. 3, 24, 42, 
53, 97 e 113 della Costituzione). 

Corte di appello di Caltanissetta, ordinanze (due) 20 febbraio 1975, 

G. U. 17 settembre 1975, n. 249. 
d.P.R. 3;1 dicembre 1971, n. 1432, artt. 9, �primo comma, e 14, primo 
comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, 

n. 268. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 14, primo e secondo comma (art. 53, 
primo comma, della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di 
.23 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. 

d.P.R. 26 ottobre 197-2, n. 636, artt. 35, primo e 
10, 14 (artt. 76, 77, 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di 
26 novembre 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 

Tortona, ordinanza 

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secondo c�omma, e 39, i:' 

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Rovereto, ordinanza 

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242. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Mantova, ordinanza 
14 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. 

d.,I. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, �primo c:omma. 

Pretore di Roma, ordinanze 12 febbraio 1975, 10 giugno e 9 luglio 
1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242 e 22 ottobre 1975, n. 281. 

�legge 24 luglio 1973, n. 426, .art. 1, quarto c:omma, seconda parte 

(art. 3 della Costituzione). 

Ptetore di Roma, ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, 

n. 268. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 2, primo c:omma (artt. 3, 29 e 24 
della Costituzione). 
Corte costituzionale, ordinanza 10 ottobre 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

legge reg. sic:. 5 novembre '1973, n. 38 (art. 3 della Costituzione e 
14 dello statuto reg. sic.). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975,G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

d.I. 5 novembre 19�73, n. 660, art. 6 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, ordinanza 
21 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. 

legge 30 novembre 1973, n. 756, art. 1 (artt. 42, terzo comma, 136 e 
3 della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

legge 10 dicembre 1973, n. 814, art. 3, terzo c:�omma, lettera b (artt. 3, 
42 e 44 della Costituzione). 

Tribunale di San Remo, ordinanza 28 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

legge 10 dicembre 1973, n. 814, artt.,3, 1, 4, terzo c:omma, e 2 (artt. 42, 
secondo e terzo comma, 44 e 3 della Costituzione). 

Tribunale di Sassari, sezione specializzata agraria, ordinanza 
. 17 giugno 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1, quarto comma. 

Pretore di Ro~a, ordinanza 12 febbraio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

�legge reg. Toscana 4 luglio 1974, art. 55 (artt. 3, 25 e 117 della Costituzione). 


. Pretore di Borgo San Lorenzo, ordinanza 5 marzo 1975, G. U. 
10 settembre 1975, n. 242. 
Pretore di Pontedera, ordinanze 16 aprile 1975 e 14 maggio 1975, 

G. U. 3 settembre 1975, n. 235, �e 8 ottobre 1975, n. 268. 
legge. 12 agosto ,1974,� n. 351, art. 1, primo comma (art. 3, secondo 
comma, della Costituzione). 

Pretore di Piombino, ordinanza 9 dicembre 1974, G. U. 8 ottobre 
1975, n. 268. 

legge reg. Toscana 2 settembre 1974, n. � 55, art. 1 (artt. 117 della 
Costituzione). 

Pretore di Siena, ordinanza 30 giugno 1975, G. U. 29 ottobre 1975, 

n. 288. 
legge 14 ottobre !1974, ir. 497, art. 1 (art. 25 della Costituzione). 

Tribunale di Sondrio, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

d.m. 3 marzo 1975 (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Messina, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 10 settembre 
1975, n. 242. 

legge 22 maggio 1975, n. 152, �art. 1, secondo comma, lettera b (artt. 3 
e 27 della Costituzione). 

Corte d'appello di Bologna, ordinanza 8 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 
1975, n. 281. 

legge 8 luglio 1975, n. 306 (artt. 4, 5, 8, n. 21, 9, nn. 3, 8, 10 e 16 
dello statuto speciale). 

Provincia di Bolzano, ricorso depositato 26 agosto 1975, n. 22, 

G. U. 3 settembre 1975, n. 235. 
legge reg. sic. appr. 7 ag�osto 1975. 

Commissario dello Stato i;jer la regione siciliana, ricorso depositato 
23 agosto 1975, n. 21, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. 


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CONSULTAZIONI 

ATTI AMMINISTRATIVI 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nella G. U. 
della Repubblica. 

Se gli atti amministrativi gi� di competenza statale, per i quali fosse 
prevista .la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 
debba:O:o essere ancora pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, anche 
dopo il trasferimento della co.ipetenza in materia alle Regioni a statuto 
ordinario (n. 26). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nel B. U. 
della Regione. 

Se per gli atti amministrativi gi� di competenza statale, ora trasferita 
alle Regioni a statuto ordinario, debba effettuarsi la pubblicazione per 
estratto anche nel Bollettino Ufficiale della Regione, allorch� lo Statuto 
regionale ovvero leggi ordinarie regionali prevedano tale forma di pubblicazione 
degli atti amministrativi regionali (n. 26). 

Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione tanto nella 

G. U. della Repubblica quanto nel B. U. della Regione -Impugnativa 
-Decorrenza del termine. 
(D.P.R. 
24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 5 r.d. 17 agosto 1907, n. 642, 
artt. 1 e 2). 
Se per gli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente tanto 
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica che nel Bollettino Ufficiale della� 
Regione, il termine per la impugnativa decorre, per i soggetti non contemplati 
direttamente dall'atto, della data della pubblicazione, sia esso 
quella della Gazzetta Ufficiale ovvero quella del Bollettino Ufficiale (n. 26). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale 
di conteitazione -Natura -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). 

Se ilprocesso verbale che accerta. violazioni al codice della strada abbia 
natura di atto pubblico (n. 47). 

Circolazione stradale -Violazione al codice della strada -Processo verbale 
di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). 

Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al 
codice della strada abbia natura di ,atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata 
si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. -47). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

114 

COMUNI E PROVINCE 

Comuni e Province -Atti in materia tributaria -Controllo -(R.D. 14 settembre 
1931 n. 1175, art. 273; T.U. 3-3-1934, artt. 102 e 151; l. 10-2-1953 

n. 62). 
Se, dopo l'entrata in vigore dell'ordinamento regionale, spetti ai Comitati 
regionali di controllo ovvero al Ministero delle Finanze il potere di 
controllo sugli atti degli enti locali che attengono a materia tributaria 

(n. 154). � 
Gomuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Natura (L. 30-8-1868 

n. 4613; l. 20-3-1865, n. 2248 all. F, art. 10). 
Se abbia natura tributaria il diritto di pedaggio istituito da un Comune 
su di una strada comunale (n. 154). 

Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Legittimit� -(L. 30 agosto 
1968 n. 4613; l. 20-3-1865 n. 2248, all. F, art. 40). 

Se sia legittima l'istituzione, da parte di un Comune, di un diritto di 
pedaggio su di una strada comunale (n. 154). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Impiegato dello Stato -Sospensione cautelare dal servizio -Condanna penale 
irrevocabile -Destituzione di diritto -Collocamento a riposo Benefici 
combattentistici -(T.U. 10-1-1957 n. 3, art. 85; l. 24-5-1970 
n, 336). 

Se, intervenuta la destituzione di diritto dell'impiegato dello Stato 
sospeso cautelarmente dal servizio, a seguito di condanna penale irrevocabi,
1e, possa farsi luogo al collocamento a 11iposo ai sensi della le~ge 24 maggio 
1970 n. 336, recante benefici a favore degli ex-combattenti e assimilati 

(n. 781). 
1MPOSTE VARIE 

Com.uni e Province -Atti in materia tributaria -Controllo -(R.D. 14 settembre 
1931 n. 1175, art. 273; T.U. 3-3-1934 n. 383, artt. 102 e 151; l. 10 
febbraio 1953 n. 62). 

Se, dopo l'entrata in vigore dell'ordinamento regionale, spetti ai Comitati 
regionali di controllo ovvero al Ministero delle Finanze il potere di 
controllo sugli atti degli enti locali che attengono a materia tributaria (n. 82). 

Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Natura -(L. 30-8-1868 

n. 4613; l. 20-,3-1865 n. 2248 all. F, art. 40). 
Se abbia natura tributaria il diritto di pedaggio istituito da un Comune 
su di una strada comunale (n. 82). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio. -Legittimit� -(L. 30 agosto 
1868 n. 4613; l. 20-3-1865 n. 2248 aU. F, art. 40). 

Se sia legittima l'istituzione, da parte di un Comune, di un diritto di 
pedaggio su di una strada comunale (n. 82). 

PENSIONI 

Impiegato dello Stato -Sospensione cautelare dal servizio -Condanna pe


nale irrevocabile -Destituzione di diritto -Collocamento a riposo 


Benefici combattentistici -(T.U. 10-1-1957 n. 3, art. 85; l. 24-5-1970 

, n. 336). 

Se, intervenuta la destituzione di diritto dell'impiegato dello Stato sospeso 
cautelarmente dal servizio (a seguito di condanna penale irrevocabile), 
possa farsi luogo al collocamento a riposo ai sensi della legge 24-5-1970 

n. 336, recante benefici a favore degli ex-combattenti e assimilati (n. 145). 
PRIVILEGI 

Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio -Estinzione -(T.U. 9 
maggio 1950, n. 203, art. 65; cod. civ., art. 2880). 

Se il privilegio speciale immobiliare previsto dalla legge a garanzia del 
credito dell'imposta straordinaria sul patrimonio si estingua per l'inutile 
decorso di venti anni dalla data (27-3-1947) di riferimento dell'imposta e se 
detto privilegio si estingua, qualora gli immobili siano stati acquistati da 
terzi, decorsi venti anni dalla data di trascrizione del titolo d'acquisto (n. 10). 

PROVE 

Circolazione stradale -Violazioni al codice .della strada -Processo verbale 
di contestazione -Natura -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). 

Se il processo verbale che accerta violazioni al codice della strada abbia 
natura di atto pubblico (n. 4). 

Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale 
di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-'J.2-1933 n. 1740, 
art. 122). 

Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al 
codice della strada abbia natura di atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata 
si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. 4). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Amministrazione dello Stato -Danni prodotti ad altra Amministrazione o 
ad Azienda autonoma -Imputazione spesa. 

Se la spesa occorra per la rimessa in efficienza di una strada statale 
danneggiata da un automezzo di propriet� di una Amministrazione dello 
Stato debba restare a carico dell'ANAS ovvero debba essere imputata al 
bilancio dell'Amministrazione proprietaria dell'automezzo (n. 272). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

Circolazione stradale .. Violazioni al codi.c� della strada,_ Processo verbale 
di contestazione -Natura: (R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). 

Se il processo verbale che accerta violazioni al codice della strada abbia 
natura di atto pubbli.co (n. 7). 

Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale 
di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-'12-1933 n. 1740, 
art. 122). 

Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al 
codice della strada abbia natura di atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata 
si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. 7). 


INDICE BIBLIOGRAFICO 

delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 

BENNATI A. -DI GIAMBATTISTA E., Lo stato giuridico e .la carriera degli 
impiegati civili dello Stato, Jovene, Napoli, 1975. 
BRANCA Giuseppe, Commentario della Costituzione; Voi. I -Art. 1-12 (Principi 
F'ondamentali); Zanichelli, Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975. 
BuscEMA S. -VERBARO G.B., Gli Statuti delle Regioni, Studi Regionali, 
Roma,. 1975. 
CocIVERA B. -MERLINO R., L'imposta sul reddito delle persone fisiche, Giuffr�, 
Milano, 1975. 
GIULIANI Giuseppe, Manuale del bollo, Giuffr�, Milano, 1975. 
GIULIANI Giuseppe, Manuale dell'IVA 1975, Giuffr�, Milano, 1975. 
MARESCA Adolfo, Le, missioni speciali, Giuffr�, Milano, 1975: 
MILITERNI Innocenzo, Codice del novo contenzioso tributario, Jovene, Napoli, 
1975. 
NIVOL� R. -STELLA RICHTER M., Rassegna di giurisprudenza sul Codice Civile, 
Appendice di Aggiornamento (Art. 1 -1172), Giuffr�, Milano, 1975. 

PERRUCCI U. -TALLARIDA A., Codice valutario e dei divieti economici negli 
scambi con l'estero (annotato con la gimtsprttden:L?a), Zanichelli, Bologna, 
1975. 

PRosPERETTI Ubaldo, Commentario dello statuto dei lavoratori (tomi due), 
Giuffr�, Milano, 1975. 

REIBALDI L. -VITTORIA P., Formulario dei procedimenti cautelari, Giuffr�, 
Milano, 1975. 

ScIALOJA A. -BRANCA G., Commentario del Codice Civile: modi di estinzione 
delle obbligazioni diversi dall'adempimento (Art. 1230 -1259), 
Zanichelli, Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975. 

TARUFFo Michele, La motivazione della sentenza civile, Cedam, Padova, 1975. 

VIRGA Pietro, Diritto Costituzionale (8� ediz.), Giuffr�, Milano, 1.975.