ANNO XXVII -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1975 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1975 ABBONAMENTI ANNO L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO �.�.�.�.�.�....... � 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia � Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1960 (5219077) Roma, 1976 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (o curo dell'avv. Michele Savarese) . pag. 797 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (o curo del/'avv. Arturo Marzano) . � 812 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (o curo del/'avv. Benedetto Baccari) � 848 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (o curo dell'avvocato Adriano Rossi) . � 864 Sezione quinta: GIURISPRUDEN?'.A AMMINISTRATIVA (o cura del/'avv. Ugo Gargiulo) . � 869 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (o curo degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bofi/e) � 877 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura del/'avv. Arturo Marzano} � 9 I I Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte} . � 937 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . pag. 103 CONSULTAZIONI � 113 INDICE BIBLIOGRAFICO . � 117 la pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Fcrainoesco MAR1uzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; .An:nerico RALLO, Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; FTancesco GuICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquita; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNrrI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pi.er GiorgJ.o LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI ALBISINNI G., Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione siciliana: applicabiUt� delie norme di procedura alle controversie arbitrali in corso . . . . . I, 931 DI TARSIA P., La contravvenzione prevista dagli artt. 220 e 221 del t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 per immissione .di assegnatari in abitazioni prima delia licenza di abitabiliit� . . . . . . I, 938 MARZANO A., L'art. 7 del trattato CEE e i � vanvaggi sociali � riconosciuti ai lavoratori migranti . . . . . . . . . . I, 823 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� -Concessione e deriv�azione Istruttoria -Domanda incompleta -Integrazione -Pr.efissione di termine perentorio, -Inosservanza -Irricevibilit� della domanda, 927. -R1serva di energia -Sovracanone -Differenz,a -Normativa sui sovracanoni -Estensione analogica -Esclusione, 921. -Sovracanone -Disciplina anterio: re a11a 1. 4 di('embre 1956, numero 1377 -Alpplicazione -Presupposti, 921. Sovracanoni -Determinazione - Poteve discr.ezionale -Circ. Min. Finanze 22 1uglio 1959, n. 158 Autolimi. tazfone -Esclusione, 921. - Sovracanoni Determinazione de11a misura unitaria -Nuova detoominazione Ammissibilit�, 920. -Utenza .e concerssione del servizio di distribuzione -�Cessazione della co,ncessione del servizio di distribuzione -Estinzione dell'utenza -Non sussiste, 864. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Capitolato g.enerale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Opere di competenza della �regione siciliana -Norme di procedura -Applicabilit� ad arbitl'ato in corso alla data di entrata i:n vigore della legge reg. �sic. 26 maggio 19173, n. 21 -Non susssite, con nota di G. ALBISINNI, 931. - Appalto di opere pubbliche -Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero dei Lavori Pubblici -Legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 -Applicabilit� obbligato ria capMolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 196,2, n. 1063 alle opeve di competenza amministrazione, con nota di G . .ALBISINNI, 930. -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiore 'richieste deH'appaltator,e, 911. -Appa�lto di ope!I'e pubbliche -Istituto delle riserve -Carattere generale -Deroghe -Li,miti, 911. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Decadenza -Proposte transattive -Rinuncia tacita ad eccepire la decadenza -Esclusione, 913. -Appalto di opere pubbliche Maggiori irichieste dell'appaltatore -Fatti continuativi -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza, 912. -Apipalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Oneri .per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non . specificamente previsti nel contratto -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza, 913. -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Maggiori richieste dell'appaJ.tatore -Oneve della tempestiva ri:serva, 911. �CASELLARIO GIUDIZIARIO -Certificati a richiesta dei privati Beneficio della non menzione di condalJlilie -Limiti -Questione fondata di costituzionalit�, 808. -Certificati a richiesta di privati Iscrizione della condanna dopo la �espiazione della .pena -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 808. CIRCOLAZIONE STRADALE -Verba1e di accertamento -Dichiar�zioni rese dal contravven INDICE VII tore -Mancata notifica -Lmproceditbilit� -Questioni infondate di costituzionaut�, 797. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Edilizia popolare ed economica - Assegnatlone provvisoria -Domanda dell'assegnatario per lo adempimento degli obblighi dell'Ente -Poteri dell'A:G.O. -Sentem~ a di condanna dell'Ente ad un � faceTe � -Limiti, 848. -Edilizia popofare ed economica GE, SCAL -Soppressi01:1e -Effetti processuali, 848. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa: autorizzazioni e concessioni -Mezzogiorno -Opere di miglioramento fondiario ... Sovvenzioni: posizioni soggettive del beneficiario, 857. -Giurisdizione ordinaria ed amministriati- va -Bellezze naturali Sanzioni amministratLve -Ingiunzione: contestaziohe sulla legittimazione passiva dell'ingiunto -Giurisdizione dell'A.G.O., 854. - Improponibilit� assoluta della domanda -ProponibHit� della domanda ,e g,iudizio di merito: nozione, 863. COMUNE -Autorizzazione a stare in giudizio -Deliberazione urgente della Giunta municipale -Mancanza di approvazione -Inefficacia, 870. COMUNIT� EUROPEE -Agricoltura -Orgaind.zzazioni comuni e dei mercati -Cereali Regime delle cauzioni all'importazione -Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive Illegittimit� costituzi�nale -Limiti, 812. -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Comprendono la tessera a riduzione sui prezzi di trasporto, con nota di A. MARZANO, 822. -Lavocatori migranti -Vantaggi sociali -Nozione -Interrp.retazione restrittiva -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 822. -Libera circolazione delle persone -Limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico -Divieto di soggforno in determinate par,ti del territorio nazionale, con nota di I. M. BRAGUGLIA, 838. -Norme di diritto interno riproduttive ,di norme comunitairie Disapplicazione -Inammi,ssibilit� -Obbligo del giudice di sollevare questione di legittimit� costituzionale, 812. -Trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme giuridiche -Conseguenze Radicale privazione di efficacia deUa volont� sovrana degli organi legislativi degli Stati membri -Esclusione, 812. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V., CaselLario giudiziario, Circolazione stradale, Lavoro, Matrimonio, Procedimento cfoile, Procedimento penale, Sciopero. DEMANIO E PATRIMONIO -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a servizio governativo Concessione in uso al Ministero da cui dipende il servizio -Conseguenza -Provvedimenti relativi al bene cos� concesso -Competenza del Ministero concessionario -Provvedimenti del solo Ministero finanze -Illegittimit�, 873. -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a ,servizio governativo Dismissione -Sogpensione temporanea dell'applicazione al servizio .., Non imp'1Lca dismissione, 874. ESPROPRIAZIONE -Espropriazione per p. u. -.A!pprovazfone del progetto -Dichiarazione di ,pubblica utilit� indifferibiUt� �e rurgenza -Occupazione di urgenza -Opposizioni -Esame -Necessit� -Insussistenza, 929. -Danni per occupazione ultra biennale proposta dop0 la pronuncia del decreto di espropriazfone ma VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima deHa sua notifica -La domanda giudiziaJ.e si converte in opposizione alla stima, 864. -Dichiarazione di pubblica utilit� -Mezzi finanziaxi -Nozione, 929. -Espropriazione -Me�zzogiorno Industrializz� azionie -Piano di sviluppo industriale -Indennizzo Pagamento -Tempo -Art. 147 quarto comma T. U. n. 1523 del 1967 -Contraisto con l'art. 42 Cost. -Manifest.a infondatezza, 872. -E�spropriazione -Mez.zogiorno - Industrializzazdone -Piano di sviluppo industriale -Vincolo di al'ee senz�a :indennizzo -Art. 147 primo re ultimo� �comma T. U. numero 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Non manifesta infondatezza, 872. -Occupazione d'urgenza -Decreto di occrupazdone -' Contenuto - Pillefissione dei termini per la espropriazione -Non occorre, 874. -Occupazione d'urgenza -Edilizia popolare ed economica -Occupazione di area vinco�Lafa dal p.e.e,p. -� atto dovuto -Scelta dell'area -Discrezionalit� del Prefetto. Esc1usione, 875. -Occupazione d'urgenza -Indennit� -Omessa indicazione nel decr �eto di occupazione -IrrHevanza, 875. -Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di �sviluppo industriale -Omessa specificazfone delle opffi'e per cui si dichiara '1'urg.enza -Articolo 147 pvimo comma T. U. numero 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza, 872. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Consiglio giustizia amministrativa Regione skiliana -CompoSizione -Conferma di componenti laici -Discrezionalit� deHa Giunta regionale -Art. 3 secondo comma d. l.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con l'ar�t. 100 Cost. -Non manifesta infondatezza, 869. -Consiglio .giustizia amministrativa Regione siciliana -Composi zione -Conferma di componenti laitci -Discvezionalit� della Giunta regionale -Art. 3 secondo comma d. il.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con gli <M'tt. 101 e 108 Cost. -Non manifesta infondatezza, 869. -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana -Decisioni Appello -Limite -Art. 5 terzo comma d. Lvo n. 654 del 1948 Contrasto con gli �Mtt. 3, 24, 113 e 125 Cost. -Non manifesta infondatezza, 869. -Ricocso giurisdizionale -Atto impugnabile o no -EdiJ.izia po�polax. e ed economica -Piano edilizia popolare -A;pprovazione . Impugnabilit� immediata -Censure proposte in sede di rkorso contro occupazione delle aree - InammissibiUt�, 874. IMPIEGO PUBBLICO -Norme applicabili ,, Statuto dei lavoratori -Applicazione limitata -Ratio, 875. -Stipendi, 1assegni e indennit� Misura -Riltlerimento al1e qualifiche formali -Funzioni superiod Irrilev; anza -Ratio, 876. IMPOSTA COMPLEMENTARE -Cumulo dei redditi -Moglie del contribuente -N01t1 risponde dell'imposta -Esecuzione .sui beni di sua pTorpriet� -ImpossibHit� Opposizione a0 1l'esecuzione � ammissibile, 899. IMPOSTA DI BOLLO -I.N.A.M. -Atti r:elativi a controv; ersie riguardanti \l'Istituto Esenzione limitata alle liti c. d. � previdenziali � -Azione di surroga ex art. 1916 c. c. -Esclusione, 881. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazione per il fondo di rotazi0tne per il territorio di Trieste di �cui aUa 1egge 18 ottobre 1955, n. 908 -Estensione aH'accoUo del mutuo e aUa fideiussione -Esclusione, 888. INDICE IX -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Subappalto Estensione -Limiti, 905. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Presunzione per mobili denaro e gioielli -Prova contraria -Presunzioni semplici fondate su fatti emergenti da documenti app<a�l'tenenti ai tipi tassativamente indicati dalla legge -Ammissibilit�, 883. - Testamento nulfo -Sentenza pronunciata in <:ontraddittoTio della Finanza -Necessit� inderogabile -Dichiarazione di falsit� di testamento contenuta in giudicato penale -Inopponibilit� alla Finanza, 880. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA Rivalsa -Esercitabilit� nei confronti della Regione siciliana, 911. . IMPOSTA SULLE SOCIET� -Esenzione per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Costituzione di societ� operante nel territorio del Me,zzogiorno ma.con sede legaile al di fuori -Compete, 877. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Imposte dirette -Azione in sede ordina:l'ia -Prec,edente decisione di ,commissione -Dup~foa_zione dei ruoli -� necessari<a, 879. -!poste indirette -Imposta di registro -Agevolazioni -PlUTalit� di benefi.ci -Scelta di uno di essi � definitiva -Sopravv,enuta decadenza -AppHcabilit� di altra agevolazione -Esclusione, 904. -PTocedimeni innanzi al1e ComllliSs10ni -Applicabilit� delle noTme del processo civile -Mezzi istrutto:ri -Contraddittorio -Necessit�, 886. -Solidadet� -Decadenza -Notifica di decisioni della Commissione centra:le nel terminJe di tre mesi Adempimento verso uno dei coobbligati -Comunicazione degli ,ef:lletti <ad altri coobbligati Si produce, 888. -Violazioni di leggi finanziari.e e valutarie. -Prescrizione -InteTruzione -Verbale di contestazione -� idoneo -Effetto interruttivo durevole fino-alla pronuncia dell'ordinanza -E.sclusione, 895. LAVORO -Licenziamenti iJ.l.egittimi -Tutela del favoratore -Requisiti soggettivi del datore di <lavoro' -Questione infondata di costituzionalit�, 798. -Licenzi,amenti individuali -Invalidit� o inefficacia -Risarcimento del danno -Questione infondata di costituzionalit�, 797. -Sa1ario -Pigno�l'abiilit� -Limiti Questione infondata di costituzionalit�, 803. MATRIMONIO -Divorzio -Disposizioni patrimoniali -Revisione in Camera di Consiglio -Limitazione della prova -Illegittimit� costituzionale, 799. - Divorzio -Disposizioni patrimoniali -R<evisione in Camera di Consiglio -Questione infondata di costttuzionalit�, 799 PIANO REGOLATORE -Piano di sviluppo industriale Industria1izzazione del Mezzogiorno -Piano, ex T.U. n. 1523 del 1967 -Duplicit� ,fil effetti -Individuazfone, 872. PROCEDIMENTO CIVILE -Notificazione e comunicazione atti civili -Questione infondata di costituzionalit�, 804. -Sospensione dei termini -Notifica di sentenza in periodo feriale Decorrenza computo del termine per impugnare, con nota di A. Rossi, 868. X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROCEDIMENTO PENALE -Cassazione -Applicazione dell'art. 538 c.p.p. nel testo modificato dalLa L. 18 giugno 1974, n. 226 -Poteri di decidere iin merito, 942. - Istruttoria -Senten:i'Ja di proscioglimento -Impugnazione da parte del p.m. -Preventivo deposito degli atti -Inammissibilit� -111egittimit� costituzionale, 798. REATO -Contravvenzioni conc�eTnenti la inosservanza dei provvedimenti di polizii.a -Inosservanza dell'ordine di presentarsi agli organi di Polizia giudiziaria per � essere interrogato come indiziato di reato � -Contravvenzione ali.l'art. 650 cod. pen. -Sussistenza -Facolt� dell'indiziato di non rispondere all'interro�gatorio -Irrilevanza, 942. SANIT� PUBBLICA -In genere -Igi�erie delle abitazioni -Licenza di abitabilit�� GESCAL -Sistema legislativo relativo aiJ.1a �costruzione di case per lavoratori, -Funzioni �della GESCAL -Decisione e programmazione -Concreta realizzazione delle costruzioni -Compete alle �stazioni �appa1tanti -Obbligo di. ottenere la licenza di abi.tabilit� -� di queste ultime -Fattispecie, con not�a di P. DI TARSIA, 937. SCIOPERO -Occupazione o invasione di aziende -Arbitraria invasione -Questione .infondata di costituzionalit�, 804 -Sciopero, serrata e boicottaggi Serrata di piccoli esercenti Questione fondata di costituzionalit�, 804. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 3 luglio 1975, n. 178 . pag. 797 8 l�glio 1975, n. 186 . 797 8 luglio 1975, n. 189 . 798 10 luglio 1975, n. 199 . 798 10 luglio 1975, n. 202 . 799 15 luglio 1975, n. 209� . 803 15 luglio 1975, n. 213 . 804 17 luglio 1975, n. 220 . 804 17 luglio 1975, n. 222 . 804 17 luglio 1975, n. 225 . 808 30 ottobre 1975, n. 232 . 812 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 30 s�ttembre 1975, nella causa 32/75 . pag. 822 28 ottobre 1975, nella causa 36/75 . . 838 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 9 ottobre 1974, n. 2721 . pag. 864 SS. �uu., 12 ottobre 1974, n. 2821 . �. 864 Sez. Un., 21 ottobre 1974, n. 2971 . 868 'Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1811 . 848 Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1822 . 854 Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1833 . 857 Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2007 . 877 Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2040 . . 879 Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2042 . . 880 Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2044 . . 881 Sez. Un., 23 maggio 1975, n. 2056 . 863 Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2339 . . 883 Sez. I, 13 giugno 1975, n. 2366 . . 886 Sez. Un., 16 giugno 1975, n. 2408 . 888 Sez. I, 28 giugno 1975, n. 2559 . 895 Sez. I, 14 U1glio 1975, n. 2781 .� . 899 .Sez. I, 18 luglio 1975, n. 2841 . 911 Sez. I, 25 lugJ.io 1975, n. 2904 . . � 904 Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2978 . ,905 Sez. I, 17 ottobre 1975, n. 3374 . 912 XII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI APPELLO DI ROMA Sez. I, 17 luglio 1975 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 930 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 12 maggio 1975, n. 6 pag. 920 12 ma.ggio 1975, n. 7 927 12 maggio 1975, n. 8 921 12 maggio 1975, n. 9 929 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONS.IGLIO DI STATO Ad. plen., 20 maggio 1975, n. 4 (ordinarnza) . pag. 869 Sez. IV, 13 maggio 1975, n. 501 . . . . . . 87() Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 516 (ordinanz.a) 872: Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 517 . 873 Sez. IV, 27 maggio 1975, n. 537 . 874 Sez. VI, 9 maggio 1975, n. 173 875 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 28 .gennaio 1974, n. 128 . . pag. 937 Sez. VI, 2 dicembre 1974, n. 1479 . 942 Sez. III, 17 marzo 1975, n. 664 . . . 942. I I f ~ .~ l PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI ATTI AMMINISTRATIVI -Atti ammimstrativi gi� di competen2la statale -Pubblicazione nella G. U. della Repubblica, 113. -Atti amministrativi gi� di competenz! a stata1'e -Pubblicazione nel B. U. della Regione, 11~. - Atti amministrativi gi� di competenza .statale -Pubblicazione tanto ;nel1a G. U. della RepubbUca quainto nel B. U. della Regione Impugnativa -Decorrenza del te=ine, 113. CIRCOLAZIONE STRADALE -Violazioni 'al codice deHa strada Processo verbale di contestazione -Natura, 113. -Violazione al codke della strada -Processo v;erba1e di contestazione -, Efficacia probatoria, 113. COMUNI E PROVINCE -Atti in materia tributaria -Controllo, 114. -Comuni -Strade ,comunali -Diritto di pedaggio -Natwa, 114. -Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Legittimit�, 114. IMPIEGO PUBBLICO -Impiegato dello �Stato -Sospensione cautelare dal servizio Condanna ,perna1e irrevocabile Destituzione di diritto -Collocamento a riposo -Benefici combattenttstici, 114. liMPOSTE VARIE -Comuni e Province -Atti in materia tributaria -Controllo, 114. -Comuni -Str.ade comunali -Diritto di pedaggio -Natura, 114. -Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Legittimit�, 115. PENSIONI -Impiegato dello Stato -Sospensione cautelare dal servizio Condanna penale irrevocabile Destituzione di diritto -Collocamento a riposo -Benefici combattentistici, 115. PRIVILEGI -Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio -Estinzione, 115. PROVE -Circolazione str.adale -Violazioni ai1 codice della strada.-Processo verbale di contestazione -Natura, 115. -Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale di contestazione -Efficaci� probatoria, 115. RESPONSABILIT� CIVILE -Amministrazione dello Stato Danni prodotti ad altra Amministrazione o ad Azienda aiuton-0ma -limputazione spesa, 115. SANZIONI AMMINISTRATIVE -Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale di contestazione -Natura, 116. -Circolazione stradale -Violazioni al ,codice della strada -Processo verbale di contestazione -Efficacia probatoria, 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE III. -Questioni proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 103 INDICE BIBLIOGRAFICO . . . . . . . . . . . . . . . . 117 PARTE PRIMA r11r�tt11111:111111111111r111111111r111rrt.1r11111111l111r11�1a11r&r11111 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 3 luglio 1975, n. 178 -Pres. Bonifacio Rei. Rossi -Brocchi c. Ditta Nestplast, Presidente Consiglio dei Ministri (v. avv. gen. Stato Albisinni). Lavoro � Licenziamenti individuali � Invalidit� o inefficacia � Risarcimento del danno � Questione infondata di costituzionalit�. (Cost. artt. 3, 24; I. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18). � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di costituzionalit� dell'art. 18, 2� comma della legge 20 maggio 1970, n. 300, nella parte in cui attribuisce, in ogni caso, al lavoratore, il cui licenziamento sia stato dichiarato invalido o inefficace, il diritto al risarcimento del danno non inferiore a cinque mensilit� di retribuzione (1). (1) Sulla questione cfr. MANCINI, Statuto dei diritti dei lavoratori, 1972, sub art. 18 n. 2, in Commentario a cura di SCIALOJA e BRANCA. CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1975, n. 186 -Pres. Bonifacio - Rel. Oggioni -Chiaravalle; Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Carafa). Circolazione stradale � Verbale di accertamento � Dichiarazioni rese dal contravventore -Mancata notifica -Improcedibilit� -Questioni infondate di costituzionalit�. (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 140, 141, 143). � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 140 e 143 del codice della strada, il primo (art. 140) nella parte in cui non prevede che il soggetto cui � contestata una contravvenzione al codice della strada (non depenalizzata) sia assistito, nelle dichiarazioni inserite nel relativo processo verbale, dalle garanzie difensive riconosciute all'imputato, ed il secondo (art. 143) nella parte in cui prevede che l'azione penale� � improcedibile per il caso di intempestivit� della notifica del ve:rbale (1). (1) In relazione alla prima questione, sull'interrogatorio dell'imputato, .come mezzo di prova e di difesa, cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 190, in questa Rassegna 1971, I, 14 e sulla seconda questione cfr. Corte Cost. n luglio 1968, n. 86, ivi 1968, I, 715. 798 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO' CORTE COSTITUZIONALE, 8 luglio 1975, n. 189 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Pria c. Cavalchini ed altri; Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Gargiulo). Lavoro � Licenziamenti illegittimi -Tutela del lavoratore -Requisiti soggettivi del datore di lavoro -Questione infondata di costituzionalit�. (Cost. artt. 3, 4, 35, 41; I. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 35). � infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 18 legge 20 maggio 1.970, n. 300, in relazione all'art. 35 della stessa legge, nella parte in cui riconosce, a differenza dell'art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ai lavoratori arbitrariamente licenziati il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno, escludendo dalla possibilit� di ottenere congiuntamente entrambe le riparazioni i lavoratori di unit� produttive con meno di 15 dipendenti, anche se appartenenti ad imprese aventi nel territorio nazionale pi� di 35 dipendenti (1). � infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 35 della legge n. 300/1970, nella parte in cui esclude l'applicabilit� delle disposizioni del titolo III nei confronti dei datori di lavoro privati non imprenditori (2). (f-2) Sulla questione cfr. Corte Cost. 19 gtugno 1975, ,n. 152, in questa Rassegna 1975, I, e Cass. 30 maggio 1975, n. 2199, in Foro It. 1975, I, 1579. CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1975, n. 199 -Pres. Bonifacio - Rel. Reale -d'Aiello Francesco. Procedimento penale � Istruttoria -Sentenza di proscioglimento -Impu gnazione da parte del p.m. � Preventivo deposito degli atti -Inam missibilit� -lll�gittimit� cosatuzionale. (cod. proc. pen., art. 387). � illegittimo, per contrasto con l'art. 24 Cost., l'art. 387 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che prima della decisione del giudice sull'appello del p.m. si proceda, in tutti i casi, agli adempimenti di cui all'art. 372, ai fini dell'esercizio della facolt� ivi prevista (1). (1) Cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 190, in questa Rassegna 1971, I, 14; 12 novembre 1974, n. 25, ivi, I, 1340. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 799 CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio 1975, n. 202 -Pres. Bonifacio - Rel. Oggioni -Bergamasco; Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Savarese). Matrimonio -Divorzio � Disposizioni patrimoniali � Revisione in Camera di Consiglio � Questione infondata di costituzionalit�. (Cost. artt. 3, 24; 1. l dicembre 1970, n. 898, art. 9). Matrimonio � Divorzio � Disposizioni patrimoniali � Revisione in Camera di Consiglio � Limitazione della prova � Illegittimit� costituzionale. � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di costituzionalit� dell'art. 9, 2� comma legge 10 dicembre 1970, n. 898, laddove � previsto che il Tribunale provveda in Camera di Consiglio sulla revisione delle disposizioni patrimoniali, emesse con la sentenza di scioglimento del matrimonio civile o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario (1). � iliegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 9, 20 comma della legge 10 dicembre 1970; n. 898, nella parte in cui non consente il normale esercizio di facolt� di prova (2). (Omissis). -2. -Secondo l'ordinanza di rinvio del tribunale di Biella, il procedimento in camera di consiglio previsto dall'art. 9, se condo comma, della legge to dicembre 1970, n. 898, ai fini della revi sione delle disposizioni patrimoniali date, a norma del precedente art. 5, con la sentenza che ha pronunziato il divorzio, non garantirebbe suffi cientemente l'osservanza del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione. Ci� perch�, pur vertendosi in materia gi� decisa con valore di giudicato e previa osservanza delle garanzie processuali del rito ordi nario, la norma in esame sancirebbe, ai fini dell'emanazione del prov vedimento di modifica, l'introduzione del giudizio su semplice ricorso dell'interessato senza prevedere la difesa tecnica delle parti, consenti rebbe, poi, al giudice la massima libert� nell'istruzione probatoria, ri messa alle � ii;tformazioni � che egli ritenga di assumere, ed attribui rebbe, infine, efficacia modificativa di ,una sentenza, al decreto con cui si conclude il procedimento camerale. Il tribunale di Siena formula una censura analoga, ma di portata pi� generale, affermando, in sostanza, che la norma impugnata contra (1-2) Sui procedimenti in Camera di Consiglio cfr. Corte Cost. 27 novembre 1974, n. 267, in questa Rassegna, 1975, I, 2, 27 giugno 1972, n. 114, ivi, I, 944. 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sterebbe con il diritto di difesa, perch� la procedura prevista, concernendo un conflitto di interessi, avrebbe carattere contenzioso e, in tal caso, dovrebbero attuarsi le garanzie previste dall'art. 24 Cost. in misura pi� ampia di quelle appr~state dal procedimento in esame. 3. -� da premettere che, pur ammettendo la natura decisoria del provvedimento emesso a norma dell'art. 9, secondo comma, impugnato, l'ordinamento conosce vari casi di provvedimenti decisori adottati in camera di consiglio, in cui la procedura � disposta anche in presenza di elementi della. giurisdizione contenziosa. Basti qui ricordare, oltre ad alcune fasi del procedimento di separazione personale dei coniugi, l'interdizione, l'inabilitazione, l'assenza e la dichiarazione di morte presunta. L'adozione di tale procedimento nei casi suddetti risponde a criteri di politica legislativa, inerenti alla valutazione eh~ il legislatore ha compiuto in relazione alla natura degli interessi regolati ed alla opportunit� di adottare determinate forme processuali. Questa scelta � discrezionale ed � indubbiamente esente da sindacato in questa sede, poich�, mentre, come questa Corte ha espressamente affermato con la sentenza n. 122 dl 1966, il procedimento in camera di consiglio non �, di per s�, contrastante con il diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost., il problema della scelta concreta del procedimento da adottare � problema di politica processuale, il cui esame sfugge alla competenza della Corte (sent. n. 142 del 19'70) nei limiti in cui, ovviamente, non si risolva nella violazione di specifici precetti costituzionali e non sia viziata da irragionevolezza. Pertanto, la scelta del rito camerale per la revisione delle pronunzie di ordine patrimoniale di cui alla sentenza di divorzio, si presenta con le suesposte caratteristiche di legittima discrezionalit�. D'altra parte, le caratteristiche particolari del rito prescelto, nella specie, non sono tali da incidere, di per s� sole, in modo determinante, sulla garanzia del dirittp di difesa. .Occorre anzitutto ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'osservanza del diritto di difes� non preclude la possibilit� che la relativa disciplina si conformi alle speciali caratteristiche della struttura dei singoli procedimenti, purch� ne vengano assicurati lo scopo e la funzione, cio� la garanzia del contraddittorio, in modo che sia escluso ogni ostacolo a far valere le ragioni delle parti (per tutte v. sent. n.. 46 del 195'7). Il procedimento in esame, per quanto riguarda i punti evidenziati nelle ordinanze di rinvio, riflette condizioni generalmente tali da garantire l'osservanza del diritto di difesa, salvo che in un punto particolare che verr� esaminato in seguito. Infatti, secondo quanto espressamente dispone l'articolo impugnato, le parti debbono 801 PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE essere sentite, ed � certo, quindi, che compete al giudice il poteredovere di controllarne la convocazione, il che costituisce sufficiente garanzia della possibilit� per le parti stesse di esporre le proprie ragioni in relazione all'oggetto del ricorso. D'altra parte, la lettera e la �ratio > della norma non escludono l'assistenza del difensore, non rinvenendosi nessuna disposizione ostativa al riguardo, mentre, come questa Corte ha affermato con la sent. n. 111 del 1972, Ǐ nel sistema, anche a proposito dei procedimenti speciali, che la parte si possa far rappresentare o almeno assistere da un difensore. Onde, in mancanza di una norma che vieti codesta assistenza, si deve ritenere che la stessa sia implicitamente ammessa e consentita �. Ed �, d'altra parte, nota la giurisprudenza della Corte con cui � stato ripetutamente affermato il principio in base al quale l'assistenza del difensore in ogni tipo di procedimento ed in ogni fase processuale non � assolutamente inderogabile, essendone possibile la.disciplina in aderenza alle speciali caratteristiche del singolo atto o procedimento preso in considerazione purch� sia assicurata la finalit� sostanziale (sent. n. 63 del 1972). Il diritto di difesa deve, quindi, ritenersi garantito da norme in virt� delle quali, come quelle in esame, � assicurata alla parte la �possibilit�� di tutelare in giudizio le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore. 4. -Uguali considerazioni vanno fatte per quanto riguarda la la-mentata violazione del diritto di difesa, che deriverebbe dal fatto che le modifiche, in revisione delle statuizioni contenute nella sentenza di divorzio, sono disposte con decreto, e verrebbero ad incidere, pertanto, su materia gi� decisa con sentenza e con efficacia di giudicato. Deve riconoscersi, al riguardo, che vi sono sentenze, le quali, nella regolazione di tutto o di parte del rapporto dedotto in giudizio, ven-_ gono pronunziate sulla base di una valutazione discrezionale, da parte del giudice, delle circostanze di fatto assunte a base della decisione. Tali sentenze sono modificabili con una nuova decisione, qualora intervengano mutamenti nelle dette circostanze, nell'evidente intento di salvaguardare le esigenze ,di giustizia ed equit� cui la sentenza si deve ispirare. Ed �, appunto, espressione -di ta~e principio la modificabilit� del regime patrimoniale della separazione personale e del divorzio, le cui disposizioni vengono infatti assunte dal giudice rebus sic stantibus in base a valutazione discrezionale delle condizioni obbiettive dei coniugi separati o divorziati al momento della pronunzia. Pertanto la modificabilit� delle statuizioni in esame, ampiamente giustificata dall'oggetto del giudizio, non infrange l'autorit� del giudicato, nel senso prospettato nell'ordinanza di rinvio. N�, d'altronde, la circostanza, che qui le modifiche vengano adottate a conclusione di un 802 RASSEGNA DELL'AVVOCAT-URA DELLO STATO procedimento in camera di consiglio e con le forme proprie di tale rito, mentre i provvedimenti !Ilodificati seguono ad un proc�dimento ordinario e sono contenuti in una sentenza, configura un contrasto con la garanzia costituzionale del diritto di difesa. Ci� �, infatti, escluso dalla menzionat.a naturale modificabilit� dei p~ovvedimenti stessi, di fronte alla quale � ovviamente indifferente, per quanto riguarda l'osservanza della garanzia costituzionale invocata, l'adozione del rito camerale, nelle forme previste dalla norma impugnata, una volta dimostrato, come gi� esposto, che il rito stesso non contrasta, di per s�, con l'art. 24 della Costituzione. 5. -Con l'ordinanza del tribunale di Siena viene poi prospettata Ja violazione del principio di eguaglianza, che conseguirebbe alla differenziazione di disciplina ravvisata fra il rito previsto per la modifica delle situazioni patrimoniali in materia di separazione personale che, a norma dell'art. 710 c:p.c., deve svolgersi mediante una nuova procedura ordinaria, e la disciplina impugnata, che nonostante l'identit� della materia regolata, prevede invece il rito camerale. Neppure detta censura � fondata, poich� � formulata unicamente nel presupposto della omogeneit� delle situazioni poste a raffronto, che invece non sussiste. La dottrina e la giurisprudenza hanno identificato i peculiari caratteri dell'assegno pecuniario a favore del coniuge divorziato, individuandone la complessa struttura la quale partecipa di molteplici aspetti (assistenziali in senso lato, risarcitorio e compensativo) che lo differenziano nettamente dall'assegno previsto in caso di separazione, che � invece pacificamente caratterizzato dalla funzione alimentare o di mantenimento. Trattasi di una differenziazione di portata sostanziale e coinvolgente valutazioni che .investono essenzialmente la funzione dell'assegno quale elemento economico che si iscrive nella nuova realt� giuridica e sociale conseguente all'istituzione del divorzio, la cui portata innovativa rispetto alla situazione normativa precedente in materia non ha ovviamente bis~gno di essere illustrata. Onde, anche sotto questo profilo, la scelta del rito camerale si inserisce nell'ambito della discrezionalit� del legislatore, senza che emergano, d'altra parte, elementi di irrazionalit� tali da escludere la giustificazione della diversit� di disciplina adottata. 6. -Cos� ritenuta non fondata la questione di costituzionalit� sotto i profili dianzi considerati, devesi, tuttavia, passare all'esame di altro particolare profilo, che le ordinanze prospettano, nel senso che il sistema creato dalla legge del 1970 sarebbe carente di congrua �disciplina dell'istruttoria in funzione dell'esercizio del diritto di prova giudiziaria> PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 803 / (ordinanza del tribunale di Biella) o di �difesa tecnica, scritta e orale> (tribunale di Siena). Al riguardo, la Corte ritiene fondata la questione. L'art. 9 della citata legge, nell'indicare i mezzi probatori consentiti, per coonestare o per contraddire la domanda di revisione, fa riferimento '� testuale alla sola � assunzione di informazioni � ossia ad un mezzo di indagine non formale, ma atipico, consistente tradizionalmente nell'acquisizione di dati forniti, a richiesta, dalla polizia giudiziaria o dalla� pubblica amministrazione. Ci� pu� concorrere al fine dell'indagine da compiere, ma non esau-. rirla, trattandosi, in materia, di accertamenti che richiedono ogni possibile approfondimento, data la pluralit�, come si � detto, degli elementi di giudizio, in relazione all'istituto del divorzio e delle sue conseguenze. Cosi potrebbe profilarsi, nel corso delle indagini officiose affidate al giudice, ovvero richieste con istanza di parte, la necessit� o l'opportunit� di acquisire una diretta e personale attestazione da parte di terzi, sotto forma di testimonianza, circa i fatti in controversia: come le stesse esigenze potrebbero verificarsi per quanto riguarda l'espletamento di una consulenza tecnica. In questi casi, l'attuale formula di legge � espressa in senso restrittivo, che solo con evidente forzatura del testo, potrebbe essere ritenuta estensibile ad ipotesi non contemplate. Da ci� consegue, constatata questa limitazione del diritto di difesa, la dichiarazione di illegittimit� in parte qua della disposizione impugnata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 209 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Paoletti c. Capparuccia. Lavoro -Salario -Pignorabilit� -Limiti -Questione infondata di costituzionalit�. (cost. art. 3; c.p.c., art. 545). � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., la questione di costituzionalit� dell'art. 545, 4� comma, c.p.c., nella parte in cui prevede la pignorabilit� della retribuzione corrisposta al lavoratore nella misura di un quinto (1). (1) Cfr. Corte Cost. 18 aprile 1974, n. 100, 101, 102, in questa Rassegna 1974, I, 800, 801. 804 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 15 luglio 1975, n. 213 -Pres. Bonifacio - Rel. De Marco -Fedele c. GI'.iserio. Procedimento civile -Notificazione e comunicazione atti civili -Questione infondata di costituzionalit�. (cost., arti;. 3, 24; c.p.c., art. 140). � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di costituzionalit� dell'art. 140 c.p.c., che disciplina la notificazione di atti civili nel caso di irreperibilit� o rifiuto a ricevere copia (1). (1) Per l'orientamento, sulla questione, della Cassazione, cfr. Cass. 11 febbraio 1974, n~ 397, Foro it. 1974, I, 677. I CORTE COSTITUZIONALE, 17� luglio 1975, n. 222 -Pres. Bonifacio Re!. Benedetti -Asero ed altri. Sciopero -Sciopero, serrata e boicottaggi � Serrata di piccoli esercenti � Questione fondata di costituzionalit�. (cost., art. 40; c.p., art. 505, 506). � illegittimo, pe1� violazione dell'art. 40 Cost., l'art. 506 c.p., nella parte in cui punisce la sospensione del lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende industriali o commerciali che non hanno lavoratori alle loro dipendenze (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 220 -Pres. Bonifacio - Ret Capalozza -Alfaioli ed altri. Sciopero -Occupazione o invasione di aziende -Arbitraria invasione Questione infondata di costituzionalit�. (cost., artt. 3, 4, 40, 41; c.p., art. 508). Sono infondate, in riferimento agli art. 3, 4, 40, 41 Cost., le questioni di costituzionalit� dell'art. 508 c.p., che incrimina l'arbitraria invasione o occupazione di aziende agricole o industriali (2). (1-2) Sulla serrata cfr. Corte Cost., 15 dicembre 1967, n. 141, in Foro it. 1968, I, 8, con nota; v. anche la sentenza citata in motivazione Corte Cost. 6 luglio 1970, n. 119, Fo1�0 it. 1970, I, 2056. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 805� I (Omissis). -Per risolvere la proposta questione occorre prendere posizione sul dibattuto tema della qualificazione dell'astensione dal lavoro dei soggetti di cui trattasi e stabilire se con essa si realizzi una forma di serrata, sia pure particolare, giusta la definizione che ne d� il codice vigente, o non piuttosto una forma di sciopero ,propria di una particolare categoria di lavoratori. Il punto fermo di distinzione tra queste due forme di autotutela, desumibile dalle fonti del diritto positivo, le quali, pur non dandone una definizione ne precisano tuttavia il contenuto, � che ad integrare la nozione tipica di serrata � sufficiente il comportamento anche di un singolo soggetto, purch� sia datore di lavoro e dalla sua condotta consegua la sospensione del lavoro .subordinato nell'ambito dell'azienda; perch� si abbia sciopero, invece, � necessaria una sospensione del lavoro da parte di una pluralit� di lavoratori che agiscano d'accordo per il perseguimento di un comune interesse. Da questa distinzione, che trova riscontro nella realt� socio-economica, deriva che non pu� considerarsi serrata l'astensione dal lavoro di un soggetto che personalmente gestisce un'azienda, in quanto non avendo persone alle proprie dipendenze e non essendo perci� datore di lavoro nei termini propri di_ questa espressione, non pu� col suo contegno dar luogo a quella sospensione del rapporto di lavoro subordinato che si � detto essere elemento indispensabile per la configurazione di questa for-: ma di autotutela. L'esattezza di questa opinione �. del resto confermata dalla stessa struttura giuridica dell'incriminazione prevista dall'articolo 506 del codice penale la quale -a differenza �di quanto stabilito per la vera serrata posta in essere dal datore di lavoro che abbia dipendenti ed in .Perfetta simiglianza, invece, con .lo sciopero per .fini contrattuali compiuto dai lavoratori dipendenti {art. 502 cod. pen.) -esige per la punibilit� dei piccoli esercenti che essi sospendano collettivamente -almeno in numero di tre -il lavoro. Impropriamente quindi la norma in esame definisce serrata la sospensione del lavoro dei piccoli esercenti che personalmente gestiscono un'azienda industriale o commerciale nel campo di una professione, di un'arte o un mestiere. La realt� dimostra che ci si ti;ova pur sempre di fronte ad una categoria di lavoratori, definibili autonomi in quanto svincolati da ogni rappo.rto di dipendenza, la cui forma di autotutela, strutturata dallo stesso codice sul modello di quella dei lavoratori dipendenti; non pu� non essere compresa in quel pi� ampio concetto di: sciopero che ha trovato modo di esprimersi nell'attuale mondo del lavoro. 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 3. -Sulla base delle considerazioni che precedono ed in conformit� a quanto gi� statuito in tema di sciopero per finalit� economiche, deve ritenersi lecita, la sospensione del lavoro attuata dai piccoli esercenti per protesta contro fatti o provvedimenti incidenti sul contenuto economico della loro attivit� aziendale, poich� questa, nel caso qui in discussione di esercenti senza lavoratori subordinati, si identifica e coincide interamente con l'attivit� soggettiva e personale di questa speciale categoria di lavoratori autonomi i cui interessi trovano ampia protezione nelle norme racchiuse nel titolo terzo, parte prima, della Costituzione. L'art. 506 del codice penale, che in relazione all'art. 505 dello stesso codice reprime questa legittima forma di autotutela, va quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 40 della Costituzione che riconosce il diritto di sciopero. Pronuncia questa che dispensa la Corte dall'esame degli altri dedotti motivi d'incostituzionalit�. -(Omissis). II (Omissis). -3. -� da considerare che la Costituzione, lungi dall'estraniarsi dal campo economico, ne regola e ne tutela i rapporti nel titolo III, privilegiando bensi il lavoro, ma contemperandone le esigenze con quelle della produzione e della libert�. Quanto alla produzione, pu� affermarsi che proprio per effetto dell'ampia apertura sociale della nostra Costituzione -della quale significativa espressione � il complesso sistema di limiti, controlli e programmi che in forza dell'art. 41 circoscrive e, nel contempo, indirizza l'iniziativa economica-, viene imposto al legislatore ordinario di non ritenere irrilevanti i comportamenti che, quando non siano espressione di un diritto costituzionalmente garantito quale � lo sciopero -e contenuti, � ovvio, nell'ambito strettamente necessario all'esercizio del diritto medesimo -impediscano o turbino il normale svolgimento del lavoro. E non pu�, quindi, dirsi illegittima una disposizione, quale � quella in esame, che punisce l'invasione od occupazione dell'azienda agricola o industriale, non gi� di per s�, ma solo se messa in atto col dolo specifico di recare al lavoro impedimento o . turbatirva. Nel che � agevole cogliere la tutela dell'ulteriore interesse, di grande rilievo costituzionale, inerente alla libert� del lavoro. 4. -Mette 'conto subito rilevare che � ictu oculi infondata la censura del pretore di Castelfiorentino, per ci�� che attiene al secondo comma dell'art. 508 cod. pen., perch� non � mai.coperto da protezione costituzionale il danneggiamento, in qualsiasi modo ed in qualsiasi circostanza effettuato. E non lo �, a fortiori, quello di aziende agricole o industriali I I J ~i ' 1:: i' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ovvero di attrezzi, macchine, scorte, apparecchi o strumenti alle aziende adibiti. Del danneggiamento, quale circostanza aggravante se commesso da lavoratori in occasione di scioperi, si � occupata questa Corte, che si � pronunziata per l'illegittimit�: ma illegittimit� della norma che prevede l'aggravante, non di quella che prevede l'incriminazione del danneggiamento (sentenza n. 119 del 1970). N� pu� sostenersi che vi sia ingiustificata ed irrazionale disparit� di trattamento normativo tra chi commetta un reato di danneggiamento (semplice o aggravato), previsto e punito dall'art. 635, e chi CQmmetta il danneggiamento previsto e punito dal secondo comma dell'art. 508, stante il carattere plurioggettivo di quest'ultimo, che vulnera due diversi e distinti beni penalmente protetti (l'economia pubblica e la propriet� privata o pubblica). D'altronde, nel vigente ordinamento vi sono reati di danneggiamento puniti, per una scelta discrezionale del legislatore, pi� severamente che non quelli del ridetto secondo comma dell'art. 508 (vedansi gli artt. 424, secondo comma, 425, 427, 429). 5. -Analogo argomento va addotto, in riferimento all'art. 3 Cost., circa la pretesa disparit� di trattamento punitivo tra le ipotesi criminose dell'art. 508, primo comma, e quelle dell'art. 633 dello stesso codice (�Invasione di terreni o edifici�), annoverate tra i delitti che offendono soltanto il patrimonio. 6. -Gi� da ci� che si � detto nel paragrafo 2 risulta che l'incriminazione dei fatti contemplati dalla prima ipotesi dell'art. 508 cod. pen. (censurata sia dal pretore di Castelfiorentino, sia dal giudice istruttore di Biella) non � in contrasto con gli artt. 40 e 41 della Costituzione. Altri argomenti confermano la validit� di siffatta conclusione. In ordine all'art. 41 Cost., � vero che la rilevanza sociale dell'economia esclude un'assoluta libert� dell'imprenditore. Epper� questo significa che la libert� di inziativa economica subisce legittimi limiti (negativi e positivi), legittimi controlli, legittime imposizioni ed indirizzi programmatici: non significa affatto che essa debba soffrire menomazioni da parte di chiunque voglia contrastarla. N�, ad avviso della Corte, vi pu� essere interferenza fra il bene protetto dall'art. 40 Cost. e l'intere_sse tutelato dall'art. 508 cod. pen., giacch� l'esercizio del diritto di sciopero non comporta come mezzo indispensabile l'occupazione dell'azienda altrui. Peraltro, giova ancora una volta ribadire che qi;test'ultima norma punisce l'invasione o l'occupazione dell'altrui azienda se ed in quanto la condotta sia posta in atto � col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro �. Dal che discende che si � fuori dalle previsioni dell'art. 508, se 808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al momento dell'occupazione, lo svolgimento del lavoro sia gi� sospeso per effetto di una causa antecedente e indipendente rispetto all'occupazione stessa, come, ad esempio, nel caso di serrata e finch� questa perduri. 7. -Non � invocato a proposito, infine, l'art. 4, primo comma, Cost., . .per il quale �la Repubblica _riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto�, dappoich� la prima ipotesi del primo comma dell'art. 508, nel suo testuale tenore, concerne -anche alla stregua di taluni passi dei lavori preparatori (Rel. min. sul progetto del codice, II, p. 294) e di precedenti di giurisprudenza ordinaria -comportamenti di preclusione o di turbativa del lavoro. Orbene, � di tutta evidenza che la sfera di efficacia sanzionatoria della norma � ben lungi dall'estendersi ad ostacolare il diritto al lavoro, iyolta, come essa �, proprio a proteggere, del �lavoro, la continuit� e la regolarit�. 8. -La mancanza del dolo specifico, cio� dello scopo essenziale ed esclusivo della condotta, richiesto esplicitamente dalla legge, condurr� l'interprete ad esaminare e valutare se sussistano gli estremi obiettivi e subietti'Vi dell'art. 633 cod. pen. o di altri fatti di reato (Rel. del presidente della Commissione min. p. 388): compito che esula dall'indagine di legittimit� costituzionale e che � estraneo al .tema che ne occupa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 luglio 1975, n. 225 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Urbani ,ed altri -Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). Casellario giudiziario -Certificati a richiesta di privati -Iscrizione della condanna dopo la espiazione della pena -Illegittimit� costituzionale Esclusione. Casellario giudiziale -Certificati a richiesta ��dei privati -Beneficio della non menzione di condanne -Limiti -Questione fondata di costituzionalit�. (cod. pen., art. 175). � infondata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di. legittimit� costituzionale dell'art. 175 c.p., che sancisce l'obbligatoriet�, indipendentemente dalla natur.a del reato commesso, dell'iscrizione della. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 809 condanna anche dopo la espiazione della pena nei certificati del Casellario giudiziario da rilasciare ai privati (1). '� illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cast., l'art. 175 cod. pen. nella parte che esclude possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del Casellario giudiziale spedito a richiesta di privati nel caso di condanne per reati anteriormente commessi a pene che, cumulate con quelle gid irr,ogp,te, non superino i limiti di applicabilitd del beneficio (2). (Omissis). -2. -Con la sua ordinanza il pretore di Poggibonsi denunzia l'illegittimit� della norma dell'ar~. 175 del codice penale e delle .altre norme � cui la Corte vorr� estendere il suo giudizio � in ordine all'obbligatoriet�, indipendentemente dalla natura di reato commesso, dell'iscrizione della condanna anche dopo l'espiazione della pena nei certificati del casellario giudiziale da rilasciare ai privati. Secondo il giudice a quo tale iscrizione attribuirebbe al condannato uno status deteriore rispetto agli altri cittadini, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione, e contraddirebbe al principio di cui all'art. 27, dovendosi presumere che con l'espiazione della pena si � realizzata la rieducazione del �ondannato. In ogni caso, gli stessi principi costituzionali indicati imporrebbero che al giudice fosse riservata ampia discrezionalit� nel disporre o meno l'iscrizione della condanna nel certificato da rilasciare a privati. 3. -Bench� il giudice a quo abbia formalmente omesso di indicare gli artt. 607 e 608 del codice di procedura penale, che, insieme all'art. 175 del codice penale, concorrono a formare il complesso normativo denunziato, la questione proposta � ammissibile, risultando con sufficiente chiarezza e sicura univocit� l'oggetto del giudizio sottoposto alla Corte. La questione comunque non � fondata. Non � infatti configurabile che la normativa denunziata confligga con il principio di uguaglianza, essendo diversa la posizione di coloro che abbiano subito condanne da coloro che non ne abbiano subito ed essendo regolati in modo del tutto oggettivo dagli artt. 604, 607 e 608 del codice di procedura penale le modalit� della iscrizione e le pronunzie giudiziarie e i provvedimenti amministrativi che devono essere iscritti nei certificati da rilasciare a privati. Parimenti la non menzione della condanna, � sottoposta dal medesimo art. 175 c.p. a determinate e precise condizioni oggettive ed � applicabile soltanto ai condannati che si trovano in date situazioni, la (1-2) Cfr. Corte Cost. 21 dicembr.e 1972, n. 182 in questa Rassegna, 1973, I, 64; 5 aprile 1971, n. 73, ivi, I, 535. 810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sciando cosi una rilevante discrezionalit� al giudice in ordine alla concessione del beneficio, in limiti ragionevolmente predeterminati dal legislatore. La natura giuridica e lo scopo che persegue l'istituzione della iscrizione della condanna nel certificato del casellario giudiziale sono gi� stati oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale '(sentenze n. 182 del 1972) ha dichiarato che esso risponde ad esigenze di documentazione di rilevante pubblico interesse, qualificandolo �un effetto non penale della precedente condanna�. Data la natura e la funzione dell'iscrizione, la quale del resto cer~ tifica pronunzie e provvedimenti che sono stati oggetto di pubblicazione e che ciascuno pertanto potrebbe accertare direttamente per proprio conto, non pu� ravvisarsi alcun contrasto della normativa denunziata con l'art. 27 della Costituzione relativo alle pene ed alla funzione di queste. L'iscrizione infatti non aggiunge di per s� alcun ulteriore effetto afflittivo penale alla persona del condannato, le eventuali conseguenze di essa derivano esclusivamente dalla libera valutazione di ciascuno in ordine alla condanna giudiziaria infitta o al provvedimento amministrativo emanato. Va ancora rilevato che il nostro sistema contempla l'istituto della riabilitazione, il quale si applica a richiesta dell'interessato ed ha a presupposto, oltre all'emenda del condannato, anche il recupero sociale dello stesso, istituto di cui uno degli effetti rilevanti � appunto l'obbligo di non iscrizione della condann� nei certificati rilasciati ai privati. 4. -In riferimento all'art. 3 della Costituzione, il pretore di Napoli denunzia il comma primo del medesimo art. 175 del codice penale nella parte che esclude possa concedersi una seconda non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanna, per reato anteriormente commesso' a pena, che, cumulata con la prima, non superi i limiti di applicabilit� del beneficio. Osserva il giudice a quo che la norma in esame pu� determinare una disparit� di trattamento per gli imputati processati per pi� reati, di cui taluno anteriormente commesso, che siano condannati a pene che, complessivamente considerate, non eccedono i limiti di applicabilit� del beneficio. Infatti, mentre gli imputati perseguiti con un unico giudizio, possono giovarsi del beneficio per tutti i reati per i quali siano stati condannati con un'unica sentenza, gli imputati invece perseguiti con procedimenti distinti, e che quindi riportino distinte condanne, possono giovarsi del beneficio solo per la prima di esse, restandone esclusi per quei reati, anteriormente commessi, che abbiano formato oggetto di condanne successive. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 5. -La questione � fondata. L'innegabile disparit� di t:i;-attamento denunziata dalla ordinanza in epigrafe confligge con il principio di uguaglianza dichiarato nell'art. 3 della Costituzione e non trova alcuna giustificazione razionale. L'illegittimit� costituzionale d'i norme che riguardano situazioni analoghe � stata dichiarata da, questa Corte (sent. 73 del 1971) nei confronti degli ai:tt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del codice penale, dai quali derivava una disparit� di trattamento, in ordine all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, per gli imputati giudicati con un'unica sentenza e gli imputati perseguiti con procedimenti distinti, i quali, a differenza dei primi, non potevano beneficiare della sospensione per reato anteriormente commesso. La Corte ha infatti osservato che per quanto riguarda l'art. 164 �il principio di uguaglianza e ia razionalit� appaiono vulnerati, poich� la pronunzia di un'unica sentenza afferente a pi� reati ... viene a dipendere da circostanze meramente occasionali o da valutazioni discrezionali (insindacabili) circa lo svolgimento del processo�. Analoghe considerazioni in base alla medesima ratio mostrano che anche l'art. 175 del codice penale nella parte denunziata dal giudice a quo � costituzionalmente viziato in quanto l'applicabilit� del beneficio della non iscrizione agli uni e agli altri imputati dipende anch'essa, come nel caso del beneficio della sospensione condizionale della pena, da circostanze non oggettive uguali per tutti, ma occasionali o da statuizioni discrezionali circa la r~unione di vari procedimenti. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 30 ottobre 1975, n. 232 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Soc. Industrie Chimiche Italia Centrale (avv. M. S. Giannini, Elia e Catalano) c. Ministero del commercio con l'estero (avv. Stato Zagari). Comunit� europee -Trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme giuridiche -Consegueme -Radicale privazione di efficacia della volont� sovrana degli organi legislativi degli Stati membri -Esclusione. (Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Comunit� europee � Norme di diritto interno riproduttive di norme comunitarie � Disapplicazione � Inammissibilit� � Obbligo del giudice di sollevare questione di legittimit� costituzionale. (Cost., art. 11; trattato CEE; legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati Cereali � Regime delle cauzioni all'importazione � Normativa comunitaria -Norme interne riproduttive � Illegittimit� costituzionale � Limiti. (Cost., art. 11; trattato CEE, art. 39 e segg.; legge 14 ottobre 1957, n. 1203; regolamenti del Consiglio 13 giugno 1967. n. 120 e 21 agosto 1967, n. 473; d.l. 20 febbraio 1968, n. 19, convertito con 1. 18 marzo 1968, n. 224, art. 13, secondo e terzo comma; d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con I. 11 febbraio 1970, n. 23, art. 16, primo e secondo comma; d.m. 213 maggio 1968; d.m. 8 aprile 1971). Il trasferimento agli organi comunitari del potere di emanare norme _giuridiche, sulla'base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze pe1� determinate materie, �per l'assolvimento dei loro compiti e alle -condizioni contemplate dai trattati�, non comporta come conseguenza 11,na radicale privazione di efficacia della volont� sovrana degli organi legislativi degli Stati membri, pur manifestata nella materie riservate dai trattati alla normazione comunitaria, ma fa sorgere, invece, il diverso problema della legittimit� costituzionale dei singoli atti legi. slativi (1). (1-4) Con la sentenza in rassegna, che nella prima parte deHa motivazione riproduce e conferma i fondamentali princ�pi enunciati con la sentenza 27 dicembre 1973, n. 183 (in questa Rasse,gna, 1974, I, 57, con nota PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 813 Di fronte alla situazione determina,ta dalla emanazione di norme legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge interna -regolamenti comunitm�i direttamente applicabili, il giudice non pu� disapplicare tali norme, n� le norme regolamentari in base ad esse emanate, ma � tenuto a� sollevare la questione della loro legittimit� costituzionale (2). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i �principi enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11, della Costituzione, gli artt. 13, secondo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, e 16, primo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con legge 11 febbraio 1970, n. 23, che riproducono norme comunitarie direttamente applicabili (3). Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con i principi enunciati agli artt. 189 e 177 del trattato CEE e violazione, quindi, dell'art. 11 della Costituzione, gli m�tt. 13, terzo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, e 16, secondo comma, del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito con legge 1.1 febbraio 1970, n. 23, limitatamente azza� parte in cui hanno reso possibile al Governo di emanare norme regolamentari non necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari 13 giugno 1967, n. 120 e 21 agosto 1967, n. 473 (4). (Omissis). -1. -Il regolamento del Consiglio e.e.e. 13 guigno 1967, n. 120, sull'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, dispone all'art. 12 che il rilascio dei titoli di importazione o di'DI CIOMMo, La elaborazione giurisprudenziale del diritto comunitario), la Corte costituzionale ha indicato nella declaratoria di ille.gittimit� costituzionale il mezzo .giuridico offerto dal nostro ordinamento per garantire il rispetto della dpartizione di competenze normative attuata con il trattato di Roma; e tale soluzione, enunciata con rif�rimento alfa ipotesi di di1srposizioni di diritto interno. riproduttive di norme comunitarie direttamente applicabili (e per le quali non siano quindi necessarie norme di attuazione), va naturalmente adottata, ed a maggior ragione, nel caso di norme di diritto interno successive ed incompatibili con la norimativa comunitaria (quando tale apparente incompatibilit� non possa risolversi, s'intende, in sede di interpretazione). In particolare la Corte costituzionale, condividendo quanto in argomento osservato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nel provvedimento di rimessione (retro, I, 336), ha escluso che il giudice possa disapplicare le disposizioni di diritto interno incompatibiU con la normativa comunitaria, e anche le norme r-egolamentari emanate in base a tali disposizioni; e come si � gi� ricordato nella nota di commento al provvedimento di rimessione (loc. cit., v. pag. 338), tale soluzione, e la necessit�, quindi, di una declaratoria di illegittimit� costituziona1le delle norme di diritto interno riipro 3 814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esportazione' � subordinato alla costituzione di un deposito cauzionale a garanzia dell'impegno di compiere l'operazione durante il periodo di: validit� del titolo, deposito che resta acquisito in tutto o in parte se l'operazione non � realizzata entro tale termine, o se � realizzata solo. parzialmente. Lo stesso regolamento attribuisce alla Commissione la. adozione delle misure di immediata applicazione (art. 26); conseguentemente, il regolamento della Commissione e.e.e. 21 agosto 1967, n. 473, ha tra l'altro determinato all'art. 8, n. 3 lett. b, l'importo da prendere in considerazione per il calcolo della cauzione o della parte di essa da incamerare, quando rtrattisi di titoli d'importazione o esporta . zione �per i quali il prelievo � stato fissato in anticipo:>. Con decreto legge 20 febbraio 1968, n. 59, � ri~enuta la straordinaria necessit� ed urgenza di emanare norme per l'adattamento della vigente legislazione> in conformit� del regolamento n. 120/67 e di altri regolamenti comunitari, � stata riprodotta, tra l'altro, la disposizione dell'art. 12 di quel regolamento (art. 13, secondo comma), autorizzandosi inoltre il Ministro per il eomme11cio con l'estero a determinare, con decreto, previo concerto, �la misura della cauzione e le modalit� per la costituzione della stessa o per la prestazione di fideiussione, nonch� per lo svincolo o incameramento, totale o parziale� (art. 13, terzo comma). E con decreto ministeriale: 28 maggio 1968: � stata, tra l'altro, riprodotta all'art. 3, lett. b, la disposizione dell'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento della Commissione C.e.e. n. 473/67,. sopra ricordata. Deve qui essere precisato che il testo dell'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67 � stato sostituito con l'art. 1 del regola duttive di nm�me comunitarie, o con esse incompatibili, erano state gi� segnalate dall'Avvocatura dello Stato in sede consultiva. Nel nostro ordinamento, del ll'\esfo, deve escludevsi l'ammissibilit� di altre soluzioni, pToprio perch� per consentire al giudice di disapplicare le norme di diritto interno in contrasto con la normativa comunitaria (ed a tale disapplicazione si riduce ogni possibile aJlternativa) �dovrebbe riconoscersi al .giudice italiano non gi� la facolt� di scegliel'e tra pi� norme appUcaibili, bensl quella di individuare la so1la norma validamente applicabile, ci� che equivarr.ebbe ad ammettere il suo potere di accertare e dichiarar.e una incompetenza assoluta del nostro �legislatore, sia pur limitatamente a determinate materie, potere che nel vigente ordinamento sicuramente non gli � attribuito �; e va oltretutto riconosciuto che i possibili inconvenienti pratici connessi alla soluzione adottata dalla Corte costituzionale, oltre ad esseTe del tutto analoghi a quelli rilevabili in all�tre ipotesi di norme incostituzionali, sono comunque certamente meno gravi di quelli conseguenti ad una discriminata valutazione di ciascun giudice sul!la competenza normativa del legislatore. � da ritenere, del resto, che sia dato concreto seguito all'implicito suggerimento contenuto nell'ultima parte del!la motivazione, in cui la Corte� PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 815 mento della Commissione del 7 aprile 1970, n. 638. La nuova disposizione non deve peraltro essere presa in considerazione in questa sede perch�, come disposto dall'art. 2, essa � entrata in vigore 1'11 aprile 1970 ed � applicabile solo �ai titoli di importazione rilasciati a decorrere da rtale giorno�. Tutti i titoli o certificati di importazione cui si riferiscono i guidizi a q_uibus sono anrteriori alla data suindicata. 2. -Nelle cause che hanno dato or1gme al presente giudizio si � discusso se ai fini del parziale incameramento delle cauzioni prestate . . da privati operatori, in. relazione a titoli o certificati di importazio~ non interamente utilizzati nei termini di validit�, dovessero applicarsi le richiamate disposizioni dei regolamenti e.e.e. n. 120/67 e 473/67, ovvero le successive disposizioni, di legge o regolamenrto, con le quali le prime erano state riprodotte e recepite nel nostro ordinamento interno. La questione assumeva rilevanza decisiva, in quanto trattavasi di stabilire se a baSe del calcolo della somma soggetta ad incameramento dovesse essere assunto, come richiesto dalla parte privata, secondo. l'interpretazione data dalla Corte di giustizia delle Comunit� all'art. 8, n. 3 lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, il prelievo in vigore nel mese per il quale l'importazione era stata prevista, ovvero, come preteso dalla pubblica amministrazibne, il prelievo in vigore nell'ultimo mese di validit� del titolo, giusta l'interpretazione che il giudice di merito aveva ritenuto .di dare all'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, dichiarando che dovevano applicarsi. non costituzionale, dopo av�er ritenuto inammissibile una decla.ratoda di illegittimit� costit.zional�e, ai sensi dell'art. 27 de1'la legge 11 marzo 1953, n. 87, . delle norme di diritto interno aventi carattere sostitutivo, derogativo o abrogativo, di norme comunitarie direttamente aprplicabili, ha a.usrpicato �che il Paxlamento e il Governo italiano provveda.no, per quanto possibiLe, ad eliminare i rprovvedimenti interni che riproducono norme dei regolamenti comunitari direttamente applicabili, o con �essi contrastano, ed evitino per l'a.vveni't"e di procedere all'emanazione di provvedimenti non sta:-ettamente necessari per l'aprplica.zione dei regolamenti stessi �. Quanto ai rapporti tra diritto comunitario e dkitto interno, va segnalato che la Commissione delle Comunit�' europee, nel Rapporto suUa. Unione Europea inviato al Consiglio il 26 giugno 1975 (e predisposto a seguito dell'invito rivolto alle istituzioni �Comunitarie in occasione della Conferenza di Parigi del 19-20 ottobre 1972), ha proposto, nella trattazione relativa alla organizzazione .giudiziaxia ed a�l control!lo di legittimit� e di costituzionalit�, di conferire alla Corte di giustizia � il potere di dichiarare invalidi gli atti degli Sta.ti membri che siano contra.Ti al di!I"itto del!l'Unione, su ricorso dir�etto delle istituzioni dell'Unione o� degli altri Sitati membri, oppure su domanda pregiudiziale proposta dai giudici nazionali � (Boll. C. E., suppl. 5/75, pag. 37, n. 128). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO le norme dei regolamenti comunitari ma le successive norme nazionali regolanti la materia, e che pertanto non poteva tenersi conto dell'interpretazione data alle prime dalla Corite di giustizia. 3. -Le sezioni unite della Corte di cassazione, nell'ordinanza di rimessione, prospettano l'alternativa se il giudice italiano abbia il Potere di procedere alla diretta disapplicazione delle norme interne, riproduttive dei regolamenti e.e.e., e in specie di quella del decreto ministeriale 28 maggio 1968, ovvero debba sollevare questione di legiittimit� costituzionale delle norme di legge che hanno riprodotto le norme comunitarie, e � autorizzato l'emanazione della norma regolamentare dianzi ricordata. Respingendo la prima soluzione, l'ordinanza solleva, in riferimento _agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 13, secondo e terzo comma, del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito nella legge 18 marzo 1968, n. 224. Le tre ordinanze c;J.ella Corte di appello di Roma, di identico contenuto, sollevano l!i medesima questione di costituzionalit�, denunziando inoltre gli artt. li5, 16 e -34 del d.l. 19 dicembre 1969, n. 947, conver, tito nella legge 11 febbraio 1970: n. 23. L'ordinanza della Corte di cassazione contiene esauriente motivazione circa la rilevanza della questione di legittimit� ai fini della decisione della causa. Deve riconoscersi la rilevanza della medesima questione anche rispetto all'art. 16 del successivo d.1. 19 dicembre 1969, n. 947, convertito nella legge 11 febbraio 1970, n. 23, che nei suoi due commi riproduce le disposizioni dell'art. 13, secondo e terzo comma, del precedente decreto legge, abrogate con l'art. 34 dello stesso decreto. Appa['e invece non rilevante la questione iper quanto concerne le disiposizioni dell'art. 15 e dell'art. 34, che non debbono essere applicate per la decisione delle cause di merito pendenti davanti alla Corte di appello di Roma. Avendo per oggetto la medesima questione, i giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza. 4. -Ai fini della decisione sembra anzitutto opportuno ricordare che sui rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno questa Corte ha gi� avuto occasione di enunciare i seguenti principi (sentenza 27 dicembre 1973, n. 183): a) l'attribuzione di potest� normativa agli organi delle Comunit� europee, con la corrispondente limitazione di quella propria dei singoli Stati membri, ha, quanto all'Italia, sicuro fondamento nell'art. 11 della Costituzione, che legittima le limitazioni dei poteri dello Stato a favore PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE delle Comunit� in ordine all'esercizio delle funzioni legislativa, esecutiva e giurisdizionale; e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica, europee (Consiglio e Commjssione), a' sensi dell'art. 189 del 'frattato di Roma, appartengono �ll'ordinamento proprio delle Comunit�: il diritto di queste e il diritto interno dei singoli Stati membri possono configurarsi come sistemi giuridici autonomi e distinti, ancorch� coordnati secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dai trattati istitutivi delle Comunit� e successivi; e) esigenze fondamentali di eguaglianza e di certezza giuridica: postulano che le norme comunitarie, -non qualificabili come fonte di diritto internazionale, n� di diritto straniero, n� di diritto interno dei singoli Stati -, debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Sta,ti membri, senza la necessit� di leggi di recezione e adattamento, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese della Comunit�, s� da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione uguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari; d) risponde altres� alla logica del sistema comunitario che i regolamenti delle Comunit�, -semprech� abbiano completezza di contenuto dispositivo, quale caratterizza di regola le norme intersoggettive -, come fonte immediata di diritti ed obblighi sia per gli Starti sia per i loro cittadini in quanto soggertrti delle Comunit�, non debbano es$re oggetto di provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che possono comunque differirne o condizionarne l'entrata in. vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrbgarli, anche parzialmente. Ci�, beninteso, salva la necessit� per gli Stati membri di .emanare norme esecutive di organizzazione e concernenti modalit� di applicazione, richieste dagli stessi regolamenti comunitari o comunque indispensabili, ovvero di provvedere alla copertura finanziaria di nuove o maggiori spese mediante variazioni di bilancio; fermo rimanendo peraltro che l'eventuale adempimento di simili obblighi da parite dello Stato non potrebbe costituire condizione o motivo di sospensione dell'applicabilit� della normativa comunitaria. 5 . .;,._ Posti questi princ�pi, che la Corte conferma, si deve preliminarmente rilevare che i regolamenti comunitari n. 120/67 e 473/67 recano entrambi la clausola finale �il presente regolamento � obbligatorio in tutti i suoi elementi ed � direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri �; e che, in particolare, le disposizioni del primo come del secondo, che impongono la cauzione per l'importazione dei cereali e determinano la misura in cui essa deve essere incamerata, hanno, come gi� riconosciuto anche dalla Corte di cassazione, evidente 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO completezza di contenuto dispositivo. Non sussisteva dunque motivo alcuno per recepire e riprodurre dette disposizioni del regolamento e.e.e. n. 120/67 nei decreti legge 20 febbraio 1968, n. 59, e 19 dicembre 1969, n. 947,' n� quelle del regolamento e.e.e. n. 473/67 nel regolamento ministeriale 28 maggio 1968. L'emanazione delle corrispondenti norme italiane, non dettata n� giustificabile dalla esigenza di dare alle norme comunitarie attuazione nello Stato, ma dovuta -come J:l.a notato la Corte di cassazione -al disconoscimento dell'efficacia immediata e diretta delle norme comunitarie in Italia, contrasta con i princ�pi sanciti dal Trattato di. Roma, la cui piena legittimit� costituzionale � gi� stata da questa Corte riconosciuta con la ricordata decisione n. 183 del 1973. 6. -Di fronte a questo contrasto, che indubbiamente sussiste non solo nell'ipotesi di norme interne successive incompatibili con quelle emanate dai competenti organi delle Comunit� europee, ma anche nell'ipotesi di norme interne, legislative o regolamentari, di contenuto puramente riproduttivo, si pone il problema della loro ev~ntuale disapplicazione, prospettato e risolto negativamente dalla Corte di cassazione, e qui riproposto, sia pure in via alternati-va, e con di;verse im~ postazioni e motivazioni, da entrambe le par.ti costituite in giudizio. Per quanto concerne le norme interne successive, emanate con legge o con atti aventi valore di legge ordinaria, questa Corte ritiene che il vigente ordinamento non conferisca al giudice italiano il potere di disapplicarle, nel presupposto d'una generale prevalenza del diritto comunitario sul diritto dello Stato. Certamente non pu� accogliersi la soluzione, prospettata e respinta dalla Corte di cassazione, di una declatoria di nullit� della legge successiva interna, dovendosi escludere che il trasferimento agli organi delle Comunit� del potere di emanare norme giuridiche, sulla base d'un preciso criterio di ripartizione di competenze per determinate materie, �per l'assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dai trattati� (cfr. art. 189 del Trattato di Roma), comporti come conseguenza. una radicale privaziqhe di efficacia della volont� sovrana degli organi legislativi degli stati membri, pur manifestata nelle materie riservate dai trattati alla normazione ,comunitaria; tale trasferimento fa sorgere, invece, il diverso problema della legittimit� costituzionale dei :singoli atti J.eg.islativi. Non sembra nemmeno possibile configurare la possibilit� de�a disapplicazione come effetto di una: scelta tra norma comunitaria e norma interna, consentita di volta in volta al giudice italiano sulla base di una valutazione della rispettiva resistenza. In tale ipotesi, dovrebbe riconoscersi al giudice italiano non gi� la facolt� di scegliere tra pi� norme applicabili, bens� quella di individuare la sola norma valida PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN'J;'ERNAZIONALE 819 mente applicabile, ci� che eq1:1ivarrebbe ad ammettere il suo potere di accertare e dichiarare una incompetenza assoluta del nostro legislatore, sia pur limitatamente a determinate materie, potere che nel vigente ordinamento sicuramente non gli � attributo. Ne consegue che di fronte alla situazione determinata dalla emanazione di norme legislative italiane, le quali abbiano recepito e trasformato in legge interna regolamenti comunitari direttamente applicabili, il giudice � tenuto a sollevare la questione della loro legittimit� .costituzionale. 7. -Anche per quanto concerne le norme regolamentari interne, riproduttive di norme comunitarie, il riconoscimento della diretta ed immediata efficacia dei regolamenti e.e.e., allorch� fra questi e le norme interne si frapponga una legge dello Stato non autorizza il giudice a disapplicare tali norme, in virt� dei principi sanciti dagli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che eoncernono i rapporti tra leggi e prov�vedimenti amministrativi appartenenti all'ordinamento interno. Come ha osservato la Corte di cassazione, nella specie la norma regolamentare dell'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, che ha riprodotto e sostituito l'art. 8, n. 3, lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, � stata emanata in base alla disposizione dell'art. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 del 1968, e la sua disapplicazione, che da ci� tragga motivo, significherebbe disapplicare la norma primaria che ne� costituisce la fonte normativa. Pe:ritanto, solo a seguito della dichiarazione di incostituzionalit� dell'a:rit. 13, secondo comma, del d.l. n. 59 del 1968 -nei limiti che saranno precisati qui appresso -potr� il giudice disapplicare la dispo .sizione regolamentare interna dianzi ricordata. 8. -Dopo queste considerazioni, che eliminano ogni dubbio circa � 1a rilevanza della dedotta questione di legittimit� costituzionale, appare forse superflua l'indicazione dei motivi per cui essa deve riconoscersi pienamente fondata. Per vero, la successiva emanazione di ~orme legislative interne, anche se aventi lo stesso contenuto sostanziale dei regolamenti comunitari, comporta non soltanto la possibilit� di differirne, in tutto o in parte, l'applicazione, in aperto contrasto con l'articolo 189, secondo comma, del Trattato di Roma, ma anche una ben pi� grave conseguenza, in quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno ne sottrae l'interpretazione in via definitiva alla Corte .di giustizia delle Comunit�, con palese violazione del regime .stabilito dall'art. 177 dello stesso Trattato quale necessaria e fondamentale garanzia di uniform1t� di applicazione in tutti gli Stati membri. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Entrambi questi effetti si sono verificati nel caso di specie. L'art. 29 del d.1. 20 febbraio 1968, n. 59, e l'art. 36 del d.1. 19 dicembre 1969, n. 947, pur prevedendo che alcuni articoli (diversi da quelli qui denunciati) avessero effetto dalla data di applicazione dei regolamenti comunitari ivi indicati, , contengono l'ordine di entrata in vigore il giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. D'altra parte, i giudici di merito hanno ritenuto che l'espressione �prelievo fissato in anticipo�, contenuta nell'art. 8, n. 3, lett. b, del regolamento e.e.e. n. 473/67, e riprodotta nell'art. 3, lett. b, del decreto ministeriale 28 maggio 1968, dovesse essere interpretata in senso difforme dall'interpretazione gi� fornita in terminis dalla Corte di giustizia delle Comunit� con sentenze 10 marzo 1971 in ~ause 38/7(} e 58/70; e ci� precisamente con la motivazione che dovevano essere applicate non le norme dei regolamenti comunitari, ma le successive norme nazionali regolanti la materia, e che pertanto non v'era nemmeno ragione di chiedere o seguire la� pronuncia della Corte di giustizia a' sensi dell'art. 177 del Traittato di Roma. � dunque evidente il contrasto con i principi enunciati dagli artt. 189 e 177 del Trattato istitutivo della e.e.e., che comporta violazione dell'art. 11 della nostra Costituzione, in base al quale l'Italia ha aderito alla Comunit� 'consentendo, in condizioni di parit� �con gili altri Stati, le .limitazioni di sovranit� richieste per la sua istituzione e per il conseguimento dei suoi fini di integrazione, solidariet� e comune sviluppo economico e sociale degli Stati europei, e quindi anche di pace e giustizia fra le Nazioni. La violazione dello specifico disposto dell'art. 11 rende superfluo accertare se sussista anche violazione del principio enunciato nel primo comma dell'art. 10. 9. -Occorre qui precisare che la declaratoria di illegittimit� della disposizione contenuta nel terzo comma dell'art. 13 del d.1. n. 59 del 1968, e ripetuta nel secondo comma dell'art. 16 del successivo d.l. n. 947 del 1969, deve essere limitata alla pal'.'te in cui essa � stata assunta a fondamento dell'emanazione di norme r~golamentari interne non indispensabili per l'applicazione in Italia. dei regolamenti e.e.e. Infatti, le disposizioni con le quali � stata autorizzata la emanazione del decreto ministeriale 28 maggio 1968, e del successivo decreto ministeriale 8 aprile 1971 (che lo ha sostituito ed abrogato), non sono illegittime in toto, perch� lo Stato ben poteva e doveva, mediante legge o regolamento, dettare le norme esecutive che fossero necessarie per l'applicazione in Italia dei regolamenti comunitari in questione. Tali sono, ad esempio, quelle concernenti le modalit� di deposito delle cauzioni presso le tesorerie provinciali, le aziende di credito PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE abilitate a prestare le fideiussioni bancarie sostitutive, ovvero gli organi ministeriali competenti a ricevere le cauzioni, ed a disporre la loro restituzione o l'eventuale incameramento. L'illegittimit� costituzionale dell'art. 13, terzo comma, del d.l. n. 59 del 1968, e dell'art. 16, secondo comma, del d.l. n. 947 'del ,1969 (che ha sostituito l'abrogato art. 13 del precedente decreto, senza peraltro travolgere il decreto ministeriale 28 maggio 1968, abrogato solo dall'ar.t. 6 del successivo decreto ministeriale 8 aprile 1971), deve pel'tanto essere dichiarata solo nei limiti in cui il legislatore ha reso possibile al Governo di emanare norme non strettamente necessarie per l'applicazione dei regolamenti comunitari da parte delle autorit� amministrative e degli operatori del nostro Paese. Spetter� poi all'autorit� giudiziaria di accertare quali norme regolamentari interne abbiano contenuto riproduttivo, e debbano quindi essere disaippUcate a' sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, in quanto illegittimamente autorizzate, e quali invece continuino ad avere piena validit� ed efficacia, in quanto effettivamente necessarie per l'applicazione dei regolamenti e.e.e. 10. -La parte privata, nelle sue difese, ha sottolineato gli inconvenienti connessi alla necessit� di sollevare la questione di costituzionalit� delle norme legislative interne che riproducano o contrastino con quelle dei regolamenti comunitari direttamente applicabili, sia perch� le decisioni di questa Corte non determinano cessazione di efficacia delle norme illegittime ex tunc, sia perch�, potendosi adire questa Corte solo nel corso delle liti via via insorgenti, risulta tardiva quella certezza giuridica che � indispensabile per l'amministrazione come per gli operatori. E pertanto ha chiesto che, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sia dichiarata, come conseguenza dell'adottata decisione, la illegittimit� costituzionale derivata di una serie di disposizioni legislative, contenute anche in altri provvedimenti, aventi carattere riproduttivo sostitutivo, ovvero derogativo o abrogativo, di disposizioni dei regolamenti comunitari. Gli effetti delle decisioni di questa Corte sono stabiliti d,all'art. 136, primo comma, della Costituzione, e sarebbe quindi fuori luogo discuterne. D'altra parte, la rdichiesta di una declaratoria di illegittimit� costituzionale derivata non pu� essere accolta, sia perch� tale pronunzia non deriverebbe dalla declaratoria di illegittimit� delle disposizioni oggi impugnate ma troverebbe spiegazione solo nell'identit� dei vizi di legittimit�, sia perch� essa comporterebbe da parte di questa Corte un analitico ed integrale esame comparativo dei regolamenti comunitari e dei successivi provvedimenti interni, che presentano una normativa complessa e variamente articolata, di interpreta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 822 zione spesso dubbia e non sorr~tta da decisioni della Corte di giustizia delle Comunit�. Una declaratoria ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 appare pertanto inan;imissibile, dal momento che essa dovrebbe essere giustificata, con analitica mo.tivazione, per ciascuna delle disposizioni denunciate. Questa Corte p��, piuttosto, auspicare che il Parlamento e il Governo italiano provvedano, per quanto possibile, ad eliminare i provvedimenti interni che riproducono norme dei regolamenti comunitari direttamente appli�abili, o con essi contrastano, ed evitino per l'avvenire di procedere all'emanazione di provvedimenti non strettamente necessari per l'applicazione dei regolamenti stessi. -(Omissis). . CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 30 settem . bre 1975, nella causa 32/75 -Pres. Lecourt -Rel. Sorensen -Avv. gen. Trabucchi -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di appello di Parigi nella causa Fiorini (avv. Schlissinger) c. Soci�t� Nationale des Chemins de Fer Fran�ais (avv. Michel) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Jonczy) e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Marzano). Comunit� europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Nozione Interpretazione restrittiva -Esclusione. � (Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 7, n. 1 e n. 2). Comunit� europee -Lavoratori migranti -Vantaggi sociali -Comprendono la tessera a riduzione sui prezzi di trasporto. (Regolamento del Consiglio 11 ottobre 1968, n. 1612,_ art. 7, n. 2). n riferimento ai �vantaggi sociali� di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 1~ ottobre 1968, n. 1612, non pu� essere limitato ai soli vantaggi connessi al rapporto di lavoro, ma va interpretato nel senso di comprendere nell'ambito di applicazfone della norma tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano o meno connessi al contratto di lavoro (1). (1-2) Con la decisione in rassegna rimangono superate, e con adesione alle tesi sostenute dal Governo italiano, 1sia la restrittiva inte11pretazione .della nozione di � vantaggi socj.ali � altre-volte rpTQilosta dalla Commissione delle Comunit� -europee (e fatta propria, nella specie, dalla 1parte convenuta nel giudizio di merito), sia la pregiudizievole limitazione di cui alla sentenza 11 aprile 1973, resa nella causa 76/72, con la quale la Corte di giustizia aveva ritenuto idi dover individuare i vantaggi sociali in " quelili che, essendo connessi ad un rapporto di lavoro, spettano esclusiva PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 823 L'art. 7, n. 2, del regolamento del Consigiio 15 ottobre 1�968, n. 1612, relativo ana libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunitd, va interpretato nel senso che i vantaggi sociali contemplati da tale disposizione comprendono le tessere a riduzione sui prezzi .di trasporto, rilasciate alle famiglie numerose da un ente ferroviario nazionale, e ci� anche se tale vantaggio sia richiesto soltanto dopo il decesso del lavoratore, a favore della sua famiglia residente nello stesso Stato membro (2). mente ai lavoratori, non gi� que1l� rprevisti a favoce dei loco familiari � (Racc., 457, v. pag. 463). La Corte di giustizia non ha dato invece seguito alle indicazioni del Governo italiano (condivise anche dalla Commissione delle Comunit� europee) sulla rilevanza assorbente e preclusiva del ip!fincipio di non discriminazione stabilito daH'art. 7 del trattato CEE (armplius, infra). Deve ritenersi, peraltro; che il criterio seguito nella decisione sia stato adottato soltanto in considerazione della specialit� de1'l'ar,t. 7 del regolamento 1612/68 (e per la ravvisata possibilit� di interpretado in coerenza con il principio di non discriminazione), e che l'art. 7 del trattato CEE sarebbe risultato determinante, .quindi, ,qualora ailla soluzione, nel senso sopra indicato, dei quesiti ,proposti dal giudice nazionale non fosse risultato possibile pervenire sulla sola base della esaminata disposizione. A commento delle varie questioni discusse, si ,pubblicano, qui di seguito, le osservazioni presentate dal Governo italiano.� L'art. 7 del trattato CEE e i � vantaggi sociali � riconosciuti ai lavo� ratori migranti. I La sig.ra Anita Christini Fiorini, .vedova di un cittadino italiano rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, residente in Francia, e con quattro figli a carico (due dei quali nati in Fra.cia), ha chiesto alla corte di appello di Parigi di riformare la sentenza 8 novembre 1973 con la quale il tribunale di Parigi ha rigettato la domanda rivolta ad ottenere il tesserino a riduzione concesso dalla Soci�t� Nationa1e des Chemins de Fer Fran�ais, ai sensi della legge francese 29 ottobre 1921 e successhre modificazioni, �alle famiglie numerose: tesserino a riduzione che � stato negato alla iparte istante solo in ragione della sua cittadinanza non francese. L'appellarute contesta '1a validit� della decisione di .primo grado, rile-' vando che il lavoratore cittadino di uno Stato membro della Comunit� economica europea gode sul ,territorio degli altri Stati membri, ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento d�il Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, degli stessi � vantaggi sociali � riconosciuti ai lavoratori nazionali; ed ha chiesto quindi che la Soci�t� Nationale des Chemins de Fer sia condannata a rilasciare il tesserino a riduzione rper famiglie numerose, e, in subordine, che della inteTPretazione della indicata disposizione comunitaria fosse investita, ai sensi dell'art. 177 del trattato di Roma, la Corte di giustizia delle Comunit� eUTopee. La societ� convenuta invece, per quanto consta dal provvedimento di rinvio, assume che i vantaggi sociali ai quali l'art. 7, n. 2, del regolamento 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -In diritto. -Con sentenza 14 marzo 1975, pewenuta in cancelleria il 21 successivo, la Corte d'Appello di Parigi ha sottoposto a questa Corte~ a norma dell'art. 177 del Trattato e.E.E., la questione del se la tessera a riduzione per famiglie numerose rila 1612/68 �Si riferisce sarebbero solo quelli connessi al contratto di lavoro, e che la disposizione, comunque, non si applicherebbe relativamente ai vantaggi non riservati ai so� ,lavoratori. � Con provv,edimento del 14 marzo 1975 la �corte di appello di Parigi, dando atto che la decisione della controversia � condizionata daif.la interpretazione dell'art. 7 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, ha domandato alla Corte di giustizia di rpronunciarsi sulla ,seguente questione: � se H tesserino a riduzione per famiglie numerose rilasciato dalla Soci�t� Nationale des Chemins de Fer costitui1sica, per i lavo1ratori degli Stati membri, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 �. II 1. -Per quanto non espressamente precisato, risulta evidente, dal provvedimento di rinvio, che il marito deHa parte attrice era un ,lavoratore italiano ,emigrato ed occupato in F1rancia (dove � deceduto vittima di un infortunio sul lavoro); e tale c}rcostanza di fatto, gi� necesariamente implicita nella stessa fo!l'mulazione del quesito proposto, � confermata dalla reside~ a del:la istante e dalla nascita in Francia di due dei suoi quattro figli minori. Ogni valutazione sulla rilevanza della questione, cos� come proposta, rimane del resto riservata al �giudice nazionale, al quale ancir:ebbe anche riservato di stabilire se ila soluzione del quesito sia Sl\l.ffidenite ai fini della decisione della ,causa di merito. La soluzione del quesito va quindi ricercata nell'ambito della impostazione prospettata dal giudice del rinvio, quale risulta dalla formulazione della domanda di interipretazione, e quindi prescindendosi dalle peculiarit� della specie in discussione nel giudizio di merito; e dev�e anche ,prescindersi, anzi, dal.Io specifico riferimento, contenuto nella domanda del giudice del rinvio, alla normativa nazionale in discussione (del tutto �estranea all'oggetto del giudizio inctdentale di interpretazione), ed intendersi perci� il quesito come rivolto ad accertare se i vantaggi ,sociali di cui all'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobit'e 1968, n. 1612, comprendano le riduzioni ferroviarie concesse dalla 1egislazione di runo Stato membro in favore delle famiglie numerose. 2. -Il Governo italiano ritiene che al �quesito 1p1roposto dal giudice francese debba darsi soluzione positiva, non rpotendo dubitarsi che la possibilit� di .godere, in ragione della consistenza numerica del nucleo familiar�e, di riduzioni ferroviarie costituisca un �vantaggio sociale� ai 1sensi dell'art. 7, n. 2, del Tegolamento n. 1612/68, e quindi un trattamento agevolato di cui il lavoratore c.ittadino di uno Stato membro deve poter usufiruire, sul territorio del diverso Stato membro nel quale fornisce le sue prestazioni di lavoro, senza disociminazioni rispetto ai lavoratori nazionali. La Corte ,di giustizia ha gi� avuto occasione di precisare, invero � che la disciplina comunitaria in materia social.e � basata sul principio che il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 825 sciata _dalla Soci�t� Nationale des Chemins de Fer Fran�ais costituisca, per i lavoratori degli Stati membri, un �vantaggio sociale > ai sensi dell'avt. 7 del regolamento del Consiglio delle Comunit� Europee 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (Gazzetta Ufficiale n. L 257 del 19 otto� bre 1968). diritto di ciascuno Stato membro deve garantire ai cittadini degli altri Stati membri, occupati nel suo tera:itorio, il �complesso dei vantaggi attribuiti ai propri cittad�ni � (sent. �15 ottobre 1969, nel.la causa 15/69, UGLIOLA, Racc., 363; 13 dicembre 1972, ne'lla causa 44/72, MARSMAN, Racc., 1423); cos� come ha statuito che � il divieto di discriminazioni stabilito dall'art. 48 !riguarda pure la speciale tutela ev�e!lltualmente concessa dalle J.eggi di uno Stato mem bre, per motivi di caratter�e sociale, a determinate persone � (sent. 13 di cembre 1972, nella causa 44/72, cit.), Lo stesso regolamento n.'1612/68 � stato adottato, del resto, nell'espressa considerazione �-che il diritto di libera circolazione richied�e, perch� esso �possa essere esercitato in condizioni obiettive di Ubert� e di dignit�... che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, specie per .quanto riguaiida il diritto per il lavorator�e di farsi raggiugere dalla famigJ.ia e le condizioni d'int~grazione della famiglia nena .societ� del Paese ospitante� (quinto �considerando); e lo scopo della ncxrmativa dettata con il regolamento � appunto �l'inserimento della famiglia del lavoratore migrante nel tessuto sociale del Paese ospitante� (avv. gen. War ner, conclusioni .presentate per la causa 9/74). Il lavoratore che si trasferisce sul territorio di uno Stato membro d�!verso da quello di cui � cittadino deve poter conta.re, in definitiva, sulla possibilit� di un integrale inserimento, suo e della sua famigJ.ia, nel tessuto socia1e dello Stato che lo ospita, senza pr�egiudizievoli discriminazioni ri spetto ai lavoratori cittadini di quel Paese; ed anche il solo fatto di non poter usufruire delle riduzioni nelle tariffe dei trasporti concesse ai cit� tadini nazionali (e delie quali il 1Lavoratore mig.rante potrebbe invece gi� in ipotesi godere nel proprio Paese) costituirebbe evidentemente un ostacolo a quella mobilit� ed a quella integ�razione che fa normativa comunitaria � rivolta a garantire. 3. -Le riduzioni ferroviarie sono del resto di norma concesse, come nella .specie, in �constderazione del numero elevato dei componenti della famiglia che debba utiliz2'lare il servizio, e quindi in ragione di motivi di evidente portata .sociale, tali da indurre a consentire un possilbi1e risparmio di spesa al1e famiglie numerose. La possibilit� di usufruire di tali riduzioni co1stituisce perci�, indubbiamente, un � vantaggio sociale �, cos� come � vantaggi fiscali � sono quel'1i �concernenti le riduzioni dei tributi o le maggiori detrazioni consentite, nella determinazione dell'.imponibile, in favore de'lle famiglie numerose; e se nessun dubbio :sussiste sul fatto che i redditi del lavoratore migrante debbano 1esseJ:'e tassati, nello Stato ospitante, secondo gli stessi �criteri ao;iplicati per i redditi dei lavoratori nazionali (e quindi con le stesse riduzioni, detrazioni o agevo'lazioni eventualmente concesse per i r�eddirti �di lavoro o in ragione della consistenza numerica della famiglia del lavoratore), cosi pure deve rkonoscersi che anche in tema di riduzioni nefile tariffe dei trasporti ogni 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Risulta dalla sentenza di rimessione che la causa principale ha ad oggetto il rifiuto opposto dalla S.N.C.F. alla domanda diretta ad ottenere tale tessera a riduzione, presentata da una cittadina italiana, residente in Francia, il cui coniuge, del �pari cittadino italiano, lavorava in Francia, dove � deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro, lasciando una vedova e quattro figli minorenni. discriminazione fondata sul solo requisito della cittadinanza � vietato da'll:a normativa comunitaria ed incompaUbile con le stesse firutli:t� del trattato di Roma. 4. -Alla inoliusione, tra i � vantaggi sociaJ.i �, delle iriduzioni ferroviade concesse dalla legislazione di uno Stato membro in fayore dell.e famiglie numerose non rpu� essere natmalmente di ostacalo il fatto che tali riduzioni siano contem(ptlate con no11me di carattere generale, che (prescindono dalla esisteI12la di un rappovto di lavoro. Come si � gi� in altre occasioni rilevato, � evidente, infatti, che se ai lavoratori migranti dovessero applicarsi le sole disposizioni nazionali concernenti espressamente i iavmatori, sa'rebbe agevole eludere la rilevanza della normativa comunitaria, generalizzando in favore di tutti i cittadini, ad esempio, qualsiasi � vantaggio sociale �. Ai fini in esame deve considerarsi sufficiente, invece, che delle nonne di contenuto generale possano usufruire (anche) i lavoratod nazdonali; e tale possibilit� deve comportare, indipendentemente dall.'eventuale maggior ambito di operativit� delle norme, che dei � vantag.gi sociali� contemplati dalle norme nazionali possano usufruire, per il divieto di discriminazioni, e quindi a parit� di condizioni, anche i lavoratod migranti. 5. -Deve escludersi inoltre, che le riduzioni ferroviarie in discussione possano rimanere estranee alla nozione di � vantaggi sodali � per essere non direttamente connesse al rapporto di lavoro, secondo la tesi sostenuta nel .giudizio di merito dalla convellillta amministrazione. Una interpretazione della norma in tali limiti, oltre che incompatibile con le finalit� istesse dell.a vOiluta eqrui.iparazione (volta appunto a garantire J.'inseri.mento� del lavoratore nel contesto sociale del Paese ospitante � in condizioni obiettive di l~bert� e di dignit� �), comporterebbe, infatti, una inammissibile limitazione del principio di non discriminazione, e di conseguenza [a possibilit� (da escludere invece a P.,.iori) di riferi;re il paritario godimento dei vantaggi sociali al solo luogo ed al solo momento dell'attivit� lavoxativa e di ricondurre quindi il lavoratore mig;rante, aJ. di fuori di tale luogo e al di l� di tale momento, in una 1Pregirudiziale con<Licione di inferiorit� rispetto ai l'avoratori nazionali; e non � �certo questo il risultato cui tende la normativa comunitaria in tema di libera cir�colazione dei lavoratoci. Del r�esto, il solo :liatto che il godimento, da parte del lavoratore migrante, degli � ,stessi vantaggi sociali � del lavo;rato:re nazionale sia co;ntemplato in norma autonoma e .distinta da quelila concernente la parit� di trattamento nelle � condizioni di lavoro � � gi� da .solo sufficiente a dimostrare che i vantaggi: sociali ai quali la disposizione intende ri:lierirsi non sono soltanto quelli connessi aM'esercizio del!l'attivit� lavor�tiva, ma comipirendono anche quelli dei quali i lavoratori nazionali possono usufTuire, indipendentemente ed al di fuori del rapporto di lavoro, nel contesto soci:aiLe nel quale sono inseriti; ed � invero sufficiente considerare che altrimenti PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 827 La domanda � stata respinta, a motivo della cittadinanza dell'attrice, in forza della legge francese che prescrive che la tessera a riduzione per famiglie numerose � in linea di principio esclusiivamente riservata ai cittadini francesi e che essa viene rilasciata unicamente agli stranieri il cui Stato d'origine abbia concluso con la Francia un trattato di reciprocit� relativamente al settore de quo, il che non ha avuto luogo per l'Italia. dovrebbe ritene!'si che il J.avoratOTe miga-ante non a!Vl'ebbe �pi� diritto di godere dei vantaggi sociali e fiscali quante volte, e per quanto tempo restasse in .iipotesi senza posto di lavoro. � 6. -Deve escludersi, infine, che il godimento dei vantaggi sociaili sia riferibile solo ai lavoratori in attivit�, connesso, cio�, al!l'esercizio attuale di un'attivit� lavorativa. Tale restrittiva interpretazione-� stata com'� noto pi� volte sostenuta dalla Commissione delle Comunit� eUJropee, ma non pu� essere condivisa, per il.e considerazioni gi� rpros:Pettate dal Governo itail.iano nella causa 187/73 e che si ritiene di dover anche in questa occasione riproporre all'esame della Cocte. Anche a prescindere dal contrasto in cui una rrestrittiva inteTipretazione� della norma si porrebbe con il fondamentale principio di non discriminazione, va considerato, invero, che i � vantaggi sociali � di cui gode il lavoratore nazionale e di cui d.ev�e poter �godere, a [parit� di condizioni, anche il lavoratore comunitario, non possono concretarrsi ed esaurivsi nei soli trattamenti connessi allo svolgimento 1dell'attivit� ilavorativia, ma devono comprendere anche quelle provvidenze ed agevolazioni di cui i cittadini di uno Stato membro possono godere, in ,quanto lavoratori, dopo la cessazione dell'attivit� J:avorativa. Solo con tale interpretazione, infatti, viene ad essere garantita l'osser vanza, in concreto, del pil'incipio di non discriminazione; e fa necessit� di intendere in tal senso la nozione di � vantaggi sociali � appare confortata dalla sentenza 21 maggio 1971, resa nelia causa 80/70 (Racc. 445, v. rpag. 451). con la quale la Corte di giustizia, inteir>pvetando l'anail.oga espressione � van taggi� contenuta nell'art. 119, secondo comma, deil. trattato di Roma, ha precisato che i vantagigi di cui deve godere il lavorato'l:'e (nella specie, a carico del datore di lavoro) sono anche quelli �futuri�. Ulteriore �conferma della indi,cata inter�pretazione si desume, inoUre, dallo stesso art. 7, n. 2 del r.egolamento n. 1612/68, che considera contestual mente vantaggi � sodali � e vanta�ggi � fiscali >. Secondo ila r�estrittiva interp'l'etazione sopra dcordata dQIVrebbe infatti ritenersi ohe �l'e'\'entuale trattamento �a~evOllato riservato da una legislazione na:1'Jionale ai redditi lavorativi sarebbe riferibile ai 'Soli r.edditi percepiti durante lo svolgimento dell'attivit� [avorativa, e non applica1bi1e ai redditi goduti, in ragione dei rapporti �di lavoro, dopo la cessazione dell'attivit�. Se � vantag,gi fiscaLi � dovessero considerarsi solo �quelli connessi alil.o svolgimento, attuale, di un'attivit� lavorativa, d�vrebbe ritenersi, cio�, che le agevolate aliquote di tassazione per ipotesi contemplate nefila legislazione di uno Stato memb!ro per le pensioni sarebbero applicabili alle sole pensioni dei lavoratori nazionali, e non a qiuelil.e dei lavoratori comunitari; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 828 La legge francese 29 ottobre 1921, emendata dalla legge 24 dicembre 1940 e dal decreto 3 novembre 1961, dispone che, per le famiglie con a carico almeno tre figli di et� inferiore agli anni 18, previa domanda del capofamiglia, il padre, la madre e ciascun figlio riceveranno una carta d'identit� che d� loro diritto a talune riduzioni sulle tariffe della S.N.C.F. come pure dovrebbe ritenersi, con riguardo all'analoga .equiiparazione disposta con l'art. 9, n. 1 dello stesso l'egolamento n. 1612/68, che i lavoratori migranti in pensione non potrebbero usu:fu.,U�'e di una legge nazional.e che contemplasse provvidenze per la casa ai pensionati. � quindi la stessa manifesta erroneit� di tali .conclusioni (pur necessariamente conseguenziali ad una restrittiva interpDetazione delle norme comunitarie) a dimostrare che il legislatore comunitario, nel garantire ai lavoratori migranti gli stessi vantaggi fiscali ,e di alloggio ,goduti dai lavoratori nazionali, ha avuto riguardo non ai isoli vantaggi connessi aH'esercizio dell'attivit� lavorativa, ma anche a queilli,di .cui la popolazione attiva nazionale pu� usufu'uire dopo la cessazione dell'attivit� la�vorativa; ed � evidente che lo stesso .criterio deve valere anche .per quanto concerne i v:antaggi �sodali� contestualmente �constderati nel.il.'art. 7, n. 2 del r�egolamento n. 1612/68. La necessit� di svincolare la nozione di � vantag~i sociali� dalla attua lit� della presentazione di lavoro � confermata, infine, dall'art. 48, n. 3, lett. d. del trattato di Roma, ed in particolare dal regolamento della Commissione 29 gi.Jugno 1970, n. 1251, l'eLativo'al diritto dei ilavoratori di rimanere nel territorio di uno Stato membro, a titolo permanente, dopo aver occupato un impiego. Gi� in via di principio, invero, con il r:icono,scimento di tale di!l'itto ai lavoratori migranti sarebbe ev1dentemente incompatibile ogni discrimina zione che consentisse ai soli ex lavoratori nazionali ,e non agli ex lavoratori migranti di usufruiire di determinate provvidenze e vantaggi, non potendo certo negarsi �che se si dconosce al lavoratore migriante il diritto di rimanere nello 1Stato anche dopo la cessazione dell'attivit� lavorativa, tale perma nenza deve essere disciplinata e gru-antita in coerenza con il principio che vieta discriminazioni basate sulla nazionalit�. La TiJevanza del rkhiamo ri<sulta a maggior ra�gione evidente, quindi, quando si consideri che l'art. 7 del regolamento n. 1251/70 dispone espres samente che �i beneficiari del ip!l'esente regolamento continuano a fruiire del diritto alla paFit� di trattamento m.evisto dal regolamento n. 1612/68 del Consiglio � (v. prur�e, per i lavoratori autonomi, dir�ettiva dei!. Consiglio 194/72, GUCE, 26 maggio 1972, n. L 121 e, da ultimo, direttiva del Consiglio 17 dicembre 1974, n. 34, GUCE, 20 gennaio 1975, n. L 14); e gi� nella causa 1/71, invero, la stessa Commissione ha sostanzialmente riconosciuto la rile vanza risolutiva di ta[.e disposizione, �limitandosi a dlll!bitaire, nella specie, della sua awlicab�lit� in concr�eto. 7. -Il Governo italiano ritiene quindi, in definitiva, che la pronuncia di interpretazione chiesta dal giudice del rinvio debba affermare che le riduzioni ferroviarie concesse in uno Stato membro in favore delle famiglie numerose costituiscono �vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2, del rego. lamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 829 Il Codice francese della famiglia e dell'assistenza sociale (Decreto 24 gennaio 1956) dispone all'art. 20 che allo scopo di assistere le famiglie nell'educazione dei figli, sono loro concessi determinati assegni e prestazioni, enumerati in maniera non limitartiva, tra cui figurano, �01tre alle prestazioni familiari contemp~ate dalla legislazione in materia di previdenza sociale nonch� a riduzioni od esenzioni fiscali, riduzioni sulle tariffe di trasporto per ferrovia contemplate dalla legge di cui trattasi. III 1. -Come si � soipra accennato, ogni profilo di discussione\diverso da quello risultante dal quesito IJTOposto dal giudice nazionale dowebbe rimanere scricto jure estraneo al giudizio di interpretazione; e dowebbe rimanere quindi riservato al giudice della causa di merito di stabilill'e se la soluzione della questione di interipr.etazione, cos� come �proposta e risolta, sia o no sufnciente ai fini della decisione. In aderenza al �Cll'iterio gi� icn altre occasioni adottato da1la Corte di giustizia, sembll'a tuttavia opportuno esaminare altri possibili profili di contestazione, ed in particolare quello concernente la riferibilit� della norma sopra commentata anche ai famiJ.ia:ri del lavoratore comunitado: questione �Che potr�ebbe assumere rilievo, nel giudizio di merito, per essere il tesserino a riduzione chi-esto, nelila specie, dalla vedova �di un lavoratore migrante. In effetti, nessuna contestazione � sorta tra l�e parti in wdi.ne a tale questione, �e dal provvedimento di rinvio (ed in parti.colare dalla stessa formulazione del quesito) risulta anzi come pacifico che il godimento dei vantaggi sociali riconosciuti aJ. lavocatore migrante compete anche ai suoi familiari; e gi� questo solo rilievo, il fatto stesso cio�, che il giudice nazionale non abbia ritenuto necessaria, su tale problema, una .pronuncia pregiudiziale di interpretazione escluderebbe in via di principio, ai sensi dell'art. 177 dcl trattato di Roma, la possibilit� di occuparsi della questione in questa sede. Non pu� non essere considerato, tuttavia, che la questione sulla portata soggettiva dell'art. 7, n. 2, del ll'egolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 � �gi� venuta in evidenza in altri analoghi giudizi incidentali di intel'ipretazione; e pu� esse:re quindi opportuno, quantomeno, che la Corte di giustizia prenda in esame anche tale profilo di .discussione, sia per prevenive Fulteriore possibile dubbio di interpretazione nel quale il giudice nazionale potll'ebbe poi venirsi a trova!l'e nel decidere la caiusa di merito, sia al fine di emettel'e sul punto una pronuncia ailla quale possa falrsi utile riferimento anche nelle altll'e analoghe controyeI1sie pendenti �dinanzi ai giudici nazionali. 2. -Com'� noto, la Commissione delle Comunit� .europee si � in altre occasioni mostrata propensa ad intendffi"e l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 in senso ll'estrittivo, riferendo cio� :il godimento dei vantaggi sociali contemplati dalla norma alla sola rpe['sona del lavo�ratore migrante, e non ai suoi familiari; e fa.le limitazione Sa!l'�ebbe confortata dalla sentenza 11 aprile 1973, resa dalLa Corte di giustizia nel:la causa 76/72 (MICHEL S., Racc. 457, v. pag. 463), nella quale i vantag�gi sociali in questione 4 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Bench:� nell'ambito dell'art. 177 non possa applicare la norma comunitaria ad una determinata fattispecie, e quindi non possa qualificare una legge interna, la Corte � tuttavia competente a fornire al giudice nazionale elementi d'interpretazione del diritto comunitario, che potranno guidarlo nella valutazione degli effetti di detta legge. sono -in dividuati in ��quelli che, �essendo connessi ad un rapporto di lavoro, spettano esclusivamente ai Lavoratori, non gi� qruelli pr�evisti a favore dei Imo familiaTi �. Secondo quanto �gi� rilevato nelle osservazioni presentate nella causa 7/75, al Governo italiano non sembra, peiialtiro, che la rilprodotta statuizione d�bba considera!l)si preclusiva di ogni ulteriore valutazione. Dalla richiam�ta decisione, 'e .con ri:llerimento alle questioni in quella occasione discusse, risulta in:liatti che la distinzione tira vantaggi riconosciuti �al lavoratore e vantaggi riconosciuti ai suoi familiari � stata delineata non a[ fine di escluder�e la .riferibilit� a �questi dei vantaggi previsti in favme del lavO!I'atore, quainto piuttosto per la speciaLit�, per la questione da il'isolvere, dell'art. 12 del regolamento, �e .quindi nell'ambito di una pro�spettiv;a volta alla individuazione della norma applicabile al caso in di.scussione. 3. -Le axgomentazioni gi� sopra svolte in merito alle finalit� stesse della normativa' comunitaria, �ed in particolare sul proposito del legislatore comunitario di garantire l'effettivo inserimento del lavoratore migrante e della sua famiglia nel contesto .sodale del Paese ospitante, inducono ad escludere, invero, J.a possibilit� di discriminare i vantaggi sociali in questione sotto il profilo soggettivo, di ritener.e, cio�, che di deteiJ:'.minati <vantaggi sociali� possa il solo lavorator.e essere ammesso ad usufruire, e non i suoi familiari, apparendo una tale discriminazione inconciliabile con la natura stessa dei vantaggi in questione e con la loro correlazione con l'ambiente sociale nel quale il J.avorator.e migrante viene ad inserirsi; e se dovesse diversamente intendersi, inv;ece, la norma in esame,. sarebbe invero agevole eluderne la effettiva Tilevianza e portata, configurandosi eventuali vantaggi �e provvidem;�e come 'J;)['opri delle famiglie e non del singolo, ed escludendosi quindi dal loro godimento, in contrasto con il prin cipio di tlguaglianza, i lavoratori comunitari. N� sembra �che possa il contrario desumersi dalJ.la sola collocazione sistemativa delle vade norme (.evidenziatasi, oltretutto, solo a �seguito di <rettifica � ), sia perch�. la risolutiva �rilev:anza che volesse a tale colloca zione attribrui!I'si !risulterebbe gi� compromessa dallo specifico rifel'imento,. nelle norme �Concernenti !'�esercizio dell'impiego e la parit� di trattamento, alla � famigtia � del lavoratore (art. 9, n. 2, secondo comma), sia per la difftcolt� .stessa di considerare sepairatamente, ad �esempi� in tema di diritto all'alloggio (contempLato sia nel titolo II sia nel titolo III del rego lamento), il lavoratore .e i suoi famiiliari. L'intitolazione dei due g.ruppi di norme (gi� in via di principio priva di rilevanza risolutiva ai fini ermeneutici) risponde del Testo solo a formali esigenze sistematiche e non certo rivolta :allo �scopo di distinguere i diritti del iLavoratore da ,quelli dei suoi familiari; e le norme specifiche in favore dei familiaTi del lavO!I'atore migry:-ante, oltretutto, non costituiscono eccezioni ad un i1potetico principio che limitasse alla sola persona del lavoratore il 1godimento dei vantaggi sociali (n� 1contengono la elencazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 831 Il regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, dispone, all'art. 7, n. 1, eh.e il lavoratore cittadino di uno Stato membro non pu� ricevere nel territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratod nazionali per quanto riguarda tutte le condizioni di impiego e di lavoro. tassativa dei diritti dei familiari), ma sono esse stesse autonoma espressione del !plrincipio di non discriminazione, al quale � ispirata la normativa comunitairia, �e la .cui �concreta attuazione, �come risulta dal iraffronto tra i regoLamenti 26 agosto 1961, n. 57, 25 mairzo 1964, n. 38, e 15 ottobre 1968, n. 1612, � venuta realizzandosi con norme via via pi� precise e complete. 4. -La necessit� di rendere anche i familiari del �lavoratore [partecipi dei vantaggi sociali in �questione � confermata, inoltre, dalla unitaria considerazione, nella norma, dei vantaggi sociali e dei vantaggi fiscali. Una �soluzione che escludesse dal .godimento di tali vantaggi i familiari del lavoiratore condul"!'�bbe infatti all'assurda conseguenza che l'agevolato criterio di tassazione applicabile, ad esemtpio, in ragione del numero dei figli (o �sui redditi di pensione) potrebbe applicarsi, dopo la morte del lavoratore, solo in :fiavoire della famiglia del lavoratore nazionale (e sulle eventuali ll'elativ:e pensioni di riversibilit�) e non inv.ece per la famiglia del lavoratore migrante; ed ulteriOTi utili aTtgomentazioni nello stesso � agevole desumere (anche per quanto concerne i vantaggi direttamente ed immediatamente connessi al rapporto di lavoiro) dalle ipotesi di una mensa o di un ambulatorio aziendale, o di altri analoghi servizi, al cui godimento fosseiro armmessi i familiari del lavorratore nazionale �ed esclusi inv:e.ce, con discriminazione ictu oculi inammissibile, quelli del lavoratore migrante. 5. -La pi� efficace confetrana della validit� della soluzione in esame � offerta, infine, proprio dalla causa di merito pendente dinanzi al giudice del rinvio, nella quale la domanda volta ad ottenere la riduzione ferrovia.ria concessa alle famiglie numerose irisulta proposta, come si � accennato nelle piremesse in fatto, dalla vedova di un lavoratore migrante deceduto vittima di un infortunio .sul Lavoro. In base aHe 1considerazioni svolte nella prima parte della pTesente memoria, invero, il mairito della parte attrice, avrebbe potuto �goder.e, in ragione della consistenza numerica del suo nucleo :fiamiliare (ed anehe dopo la cessazione dell'attivit� ;Lavorativa), della iriduzione ferrroviaria con cessa dalla S'oci�t� Nationale des Chemins de FeT in� :fiavore delle famiglie numerose. '!lale riduzione potr�ebbe essere invece legittimamente negata (se i vantaggi in questione dov:essero .considerairsi .limitati alla sola persona del pJ.1estatore di �lavoro) alla vedova del lavoratore, per il solo fatto che il marito � deceduto e pur rimanendo inalterati e persistenti i presupposti di fatto della concessione. La stessa manif�esta iniquit� sostanziale di ta:le conclusione, incompatibiJe con i princtpi di uguaglianza �e di non drscriminazione sui quali si fondano le Comunit� euxopee, ed in contrasto con ile specifiche disposizioni comunitairie che garantiscono ai laivoria.tori migranti ed alle loro famiglie il diritto di e rimanere� nel territorio dello Stato osp!itante e di 832 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In forza del n. 2, egli fruisce �degli stessi vantaggi sociali dei lavoratori nazionali �. In forza del n. 3, egli fruisce altresi �allo stesso titolo ed alle stesse condizioni dei lavoratori nazionali, dell'insegnamento delle scuole professionali e dei centri di riadattamento o di rieducazione�. L'appellata nella causa principale ha fatto presente che i vantaggi cos� contemplati sono esclusivamente quelli inerenti alla qualit� di � continuare a fruire del di.ritto 'alla parit� di trattamento prevista dal regolamento n. 1612/68 � (arl. 48, n. 3, lett. d, del trattato e art. 7 del regolamento n. 1251/70), inducono in definitiva a ritener�e che il presente giudizio pregiudiziale di intel'[E)Tetazione fornisca alla Corte di giustizia J.a pi� favorevole occasione di pronunciarsi, secondo la estensiva interpretazione sempre adottata in tema di norme �sulla . libera circolazione dei lavoratori, sulla questione relativa al diritto dei familiari del lavoratore migran;te di usufruire degli stessi vantaggi socia.ii goduti dai famiUari del lavoratore nazionale. 6. -Una :pronuncia della Corte di giustizia varrebbe del resto ad accelerare la realizzazione del programma volto ad un integrale inserimento del lavoratooe migrante nella societ� ospLtante, pi� volte favorito. ed auspicato, nell'.espletamento della sua attivit� istituzionale, dalla stessa Commissione del1e Comunit� europee. La elaborazione di programmi specifici per un � inserimento nella societ� ospitante � del lavoratore migrante, e la stessa possibilit� di una � rappr.esentanza al livello locaie � (che �risponderebbe ad una profonda aspirazione dei lavoratori migranti �) venivano invero gi� sollecitate dalla Commissione delle Comunit� europee negli �Orientamenti preliminari per un p!I"og.ramma di politica sociale somunitaria � (Botl. CE, supp. 2/71, pagg. 51-52). �La politica economica della Comunit� -si ricordava in quella occasione -non pu� limitarsi a miraTe agli obiettivi comuni in materia, di sviiluppo e di stabilit�. Essa acquista pieno significato nel contributo che d� al miglioiramento del1e. condizioni di vita: essa deve tendere ad incrementare il livello di vita e, al tempo stesso, a migliorare le condizioni qualitative del�l'esistenza; essa deve inoltre contribuire ad una pi� grande so.Iida!I"iet� delle �categorie sociali meno favo!I"ite � (loc. cit., pag. 8). La inscmdibilit� del lavoratore migrante e dei suoi familiiad, ad ogni effetto, risulta ribadita, inoltre, dalla risoluzione del Consiglio 21 gennaio 1974, nella quale si auspicava la realizzazione di iniziative ;rivolte a �migliorare la condizione della libera circolazione dei lavoratori degli Stati membd nella Comunit�, COll11P!l1esa... l'infrastruttura somale degli Stati membri indispensabile per �risolvere i ip!I"Ob1emi specifici dei lavoratori mi~anti e dei loro famitiari �e, in pM"ticolare, i problemi di accoglienza, ... e dei servizi sociali... ., � a rendere pi� umana, mediante un'efficace assistenza nelle varie fasi, la libera circolazione dei lavoratori comunitari e dei loro famiiiari �, ed � a realizzare la 1parit� di trattamento dei lavoratori comunitairi ed extracomunitari, nooch� dei toro famitiari, in materia di condizioni �di vita e �di lavoTO � (Boti. CE, SUrp<pl. 2/74, pag. 8). � La messa in o;p�er.a di misure che consentano di migliorare le condizioni di vita sociale dei.La popofazione mi~ante costituisce una assoluta PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 833 lavoratore, per il fatto che essi sono in relazione con lo stesso contratto di lavoro. Bench� sia vero che talune disposizioni di tale articolo fanno rife rimento a relazioni scaturite dal contratto di lavoro, ve ne sono altre che esulano da tali relazioni, in quanto presuppongono persino, come ad esempio la reintegrazione professionale ed il reimpiego in caso di disoccupazione, la cessazione di un precedente rapporto di lavoro. Stando cos� le cose, non si pu� interpretare in senso restrittivo il riferimento ai �vantaggi sociali� di cui all'art. 7, n. 2. , Ne risulta, nella prospettiva della pari.t� di trattamento perseguita dalla disposizione, che la sfera d'applicazione pratica va delimitata in priorit�., osservava ila Commissione delle Comunit� europee nel Programma d'azione �sociale presentato al Consiglio il 25 ottobre 1973; e ci� nella premessa che � una particolare responsabilit� incombe alla Comunit� nei riguardi dei 1avOTatori migranti, che ora sono oltre 6 milioni .e se si coniano le persone a loro carico probabilmente 10 � (Zoe. ult. cit., pag. 16). Come � obiettivo � � del 1programma a favore dei lavoratori migranti veniva indicata, in �quella occasione, 1a realizzazione deUa � parit� di con. dizioni di vita �e di lavoro... e dei diritti economici e sociali... di tutti i lavo ratori migranti e delle loro famiglie � (Zoe. cit., pag. 24). � La rpopolazione migrante -rilevav�a ancora la Commissione -vive e lavora in condizioni nettamente inferiori a quelle della popolazione locale �; e dava espressamente atto che � nonostante numerose iniziative volte a migliorare 1a situazione dei lavoratoci migranti sul piano nazionale e locale, � necessario che .La Comunit� assuma ur.gentemente tutte le proprie resrponsabiUt� � (Zoe. cit., rpagg. 24-25). 7. -Con riguar~do a tali considerazioni, in .singolare contrasto con la restrittiva interpretazione proposta per la questione in esame, risulta invero evidente il rtsolutivo contributo che ad una effettiva e dignitosa integrazione dei lavoratori migranti pu� derivare da una pronuncia della Corte aderente al consolidato e liberale orientamento 'adottato nella interpretazione deLle norme sulla libera cir�colazione dei lavoratori. � 1stato tale orientamento a consentire, in difetto di norme di attuazione de1l'art. 117 del trattato CEE, e pur tTiattandosi di materia non espressamente contemplata nell'art. 48, di ricondurre nell'ambito della normativa suHa Ubert� di circolazione dei lavoratori migranti i problemi concernenti la riqualificazione sociale dei minorati e la completa equiparazione dei figli studenti dei lavoratori migranti .con qruelili dei lavoratori nazionali (Corte di ,giustizia, 11 aprile 1973, nena .causa 76/72, M1cHEL S., Racc. 457; 3 luglio 1974, nella causa 9/74, CASAGRANDE, Racc., 773; 29 gennaio 1975, nella .causa 9/74, ALAIMo; sulla nozione di V�antaggi sociali, v. pure sent. 28 maggio 1974, nella �causa 187/73, CALLMEYN, Racc,, 553, in motivazione); n� occorre .certo ricordare il notevole impulso derivato, quanto alla concreta attuazione del principio di non discriminazione, da11a sentenza 21 giugno 1974, nella causa 2/74, REYNERS (Racc., 631), a seguito della quale la Commissione ha com'� noto formalmente ;ritirato tutte le proposte di 834 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO guisa da comprendere tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano. connessi o meno al contratto di lavoro, quali le riduzioni sui prezzi di trasporto a favore delle famiglie numerose. Si deve poi accertare se un tale vantaggio vada riconosciuto alla vedova ed ai figli dopo il decesso del lavoratore migrante, ne[ caso in cui la legge nazionale disponga che una carta d'identit� che d� diritto alla riduzione viene rilasciata a 'Ciascun membro della famiglia, previa domanda del capofamiglia. Qualora la vedova ed i figli minori di un cittadino nazionale abbiano diritto a tali �tessere, nell'ipotesi in cui la domanda sia statq, direttive intese a sopprimere le restrizioni in materia di stabilimento e di libera prestaziooe dei servizi, ritenendo�le appunto divenute superflue per l'attuazione della norma del trattamento nazionale (1cfr., comunicazione 8'1 Consiglio 30 ottobre 1974, segnalata in BoU. CE, 10/74, pag. 25; v. pure 11/74, pag. 35). Non pu� non sorprendere, del resto, che mentre gi� in Italia ed in Bel gio sono state assunte iniziative per concedere anche taluni diritti politici ai cittadini di altri Stati membri, e si auspica, anche a livello �omunitaTio, la sollecita attribuzione ai lavoratori migranti del diritto di partecipare alle elezioni regionali �e comunali del Paese ospitante (v. da ultimo seduta del Parlamento europ�eo del 17 gennaio 1975 e le !l"isiposte in quel!La sede fornite dalla Commissione), si sostengano poi restrittive interpretazioni della no;rmativa .gi� vig.ente itali da fa.r contilllllare a vivere i lavoratori comunitari e i loro familiari .come �stranieri in terra straniera�. 8. -Ll Governo italiano pertanto, per l'ipotesi in cui ritenga la Corle di valutax�e, superando la formulazione del quesito proposto dal giudice nazionale, l'esaminata questione, rpropone che nella decisione sia iprecisato che le riduzioni ferroviarie concesse in uno Stato membro in favore delle famigUe numerose costituiscono, per i 1lavoratod migranti e rper i loro :liamiliari, �vantaggi sociali � ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612. IV 1. -Nelle considerazioni s~a�a svolte la 1questione proposta da�l giudice de�l rinvio � stata esaminata nell'ambito della :prospettiva enunciata nel � provvedimento di rinvio, .e �quindi con riferimento alla condizibne dei lavoratori migranti �e dei :loro :liamiliari ed alla normativa dettata con il regolamento n. Hi12/68; e ci� in ader�enza alla richiesta rivolta dal giudice francese. H Governo italiano ritiene, peraltro, che ai fiini della decisione assuma rilievo una differente prospettiva fondata sul .generale principio di non discriminazione stabi:lito dall'art. 7 del trattato di Roma (secondo cui � � vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit� �); ed � .evidente che una vialutazione adottata nell'ambito di .tale differente prospettiva pu� risultare assorbente, e determinante, comunque, nel caso che PARTE I, SEZ. II, GIURiS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 835 fatta dal padre prima del decesso, lo stesso deve accadere allorquando il padre deceduto sia stato un lavoratore migrante cittadino di un altro Stato membro. Sarebbe incompatibile �Con fa lettera e con lo spidto della normativa comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori, privare i superstiti di un tale vanitaggio a seguito del decesso del lavoratore, dal momento che il vantaggio stesso � riconosciuto ai superstiti d'un cittadino dello Stato di cui trattasi. si ritenesse di non poter Tinventre, nella norma �.speciale� dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, elementi: dsolutivi nel senso soipra indicato. Il principio che vieta ogni disetriminazione basata sulla nazionalit� costituisce invero, come � sottolineato dalla sua stessa collocazione tra i � Principi � del trattato CEE, un principio-cardine dell'ordinamento comunitario, di cui non ,solo .g.U aTtt. 48-51, ma anche aJ.tre disposizioni del Trattato (dr., ad esempio, artt. 40, 44, 45, 6�7 .e 79) raa;ipresentano eS11i st�ssi esplicazione ed attuazione. ll 1;)Tincipio costituisce quindi, per la sua stessa particolaa.-e rilevanza, un criterio di intel'IPretazione della normativa comunitaTia (ad esso necessairiamente ispirata e condizionata) ed, al tempo stesso Wla direttiva per l'azione delle Istituzioni del.la Comunit�. Nell'art. 7 del Trattato, il divieto di discriminazione �assume una portata che trascende il valore meramente programmatico del.la norma, poich� indica -in assenza di una esplidta disciplina del Trattato in un dato settore ovvero in presenza di una disciplina posta in essere dagli organi della Comunit� e che contrasti con il divieto medesimo -quale debba essere l'applicazione esatta e la concreta attuazione della normativa costituzionale comunitaria� (VALENTI, La tute�la de.gli intere�sS!i neiie Comunit� europee, Wlano, 1963', pag. 130). La stessa Corte di giustizia, del Testo, ha gi� avuto occasione di statuire che J.a legislazione di ciascun :membro � �Si applica a ohiunque ;Si.a ad essa .soggetto, secondo criteri oggettivi ed indipendentemente daUa nazionalit� � (sent. 13 febbraio 1969, nella causa 14/68, WILHELM, Ra.cc., 1), e che si ha discriminazione, ai sensi dell'art. 7 del Trattato, quando si trattano � in modo diverso situazioni analoghe � (sent. 17 luglio 1963, nella causa 13/63, Racc. 333, v. pag. 349; v. pure conclusioni dell'avv. gen. LAGRANGE, a pag. 380); ed � anche e soprattutto in base a questi assorbenti e risolutivi princ�pi, quindi, che deve escludersi la possibilit� di negare una riduzione ferroviaria, pur ricorrendone tutti i presupposti di fatto, solo in ragione della nazionalit� deUa parte interessata. 2. -Le riduzioni ferroviaa.-ie delle famiglie numerose, inveTo, non attribuiscono ai beneficiari una posizione di �privilegio�, ma sono concesse, per evidenti motivi di ordine .sociale, solo in vista dell'elevato numero dei componenti di uno stesso nucleo familiare; e si risolvono, in effetti, nell'applicazione di una diversa � tariffa � (sia pur con prezzi unitari determinati secondo percentuali di dduzione della tariffa Oirdina.ria). Tutte le famiglie numerose �possono quindi usufruire di tale agevolata tariffa feriroviaTia; ed � innegabile che negarla alla parte attrice nella 836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO All'uopo si devono porre in rilievo le disposizioni del regolamento n. 1251/70 della Commissione relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo avervi occupato un posto. Infatti,-l'art. 3, n. 1, di tale regolamento dispone che, i familiari di un lavoratore, con esso residenti nel territorio di uno Stato membro, hanno diritto di risiedervi a titolo permanente, qualora il lavoratore abbia acquisito il diritto di risiedere nel territorio di questo Stato, e ci� anche dopo fil suo decesso, mentre l'art. 7 �iprescrdve che �..i beneficiari del presente regolamento continuano a fruire del diritto alla parit� di trattamento previsto dal regolamento (C.E.E.) n. 1612/68 del Consiglio�. causa di merito ('che � vedo'Va di un lavoratore migrante, residente in Franci1a, e .con quattro figli minori a carico) significherebbe violare il divieto di discriminazioni stabilito dall'art. 7 del trattato CEE: conclu sone della cui validit� non sembra possa invero dubitarsi quando si con sideri che non altro motivo � stato addotto a .giustifica del rifiuto (nella riconosciuta ricmren2la degli altri requisiti richiesti) se non quello relativo alla nazionalit� non francese della parte istante. . Per la decisione della causa� di merito, quindi, nessuna necessit� pu� ravvisarsi, ad avviso del Gove:rno italiano, di ricorrere alla speciale norma tiva .contemplata in favore dei lavoratori migranti (iche non potrebbe del resto derogare, evidentemente, �al divi�eto di discriminazioni fondate sulla nazionalit�), propi'io perch� � all'indicato fine suf.ficiente, assorbente e risolutivo il fondamentale prindpio di non discriminazioni .stabilito dal~ l'art. 7 del tratato di Roma. 3. -La validit� di tale impostazione � 'Confermata del .resto, per le utili argomnteazioni che se ne rpossono agevolmente desumere, dal riferimento ad 1ana~oghe ipotesi di riduzioni o agevolazioni concesse, nella iricorrenza di determinate condizioni, alla generalit� dei ci'ttadini di UJ;J.O Stato membro. Si abbia riguardo, ad esempio, alla tariffa ridotta da talune ammministriazioni ~,plicata, per i mezzi pubblici di trasporto, fino ad una certa ora del mattino; alle tariffe �speciaH per abbonamenti; alle Tiduzioni concesse, in determinati giorni della ,settimana, per la visita di musei, monumenti ed edifici pubbUci; alle riduzioni concesse, in vista della qualifica o della et� degli utenti, nei locali di pubbUci spettacoli; et simHia. Si tratta 1sempr�e di 1potesi, evidentemente, nelle quali nessuna discriminazione potrebbe mai ammettersi (n� di fatto sussiste) tra cittadini nazionali e cittadini di un altro Stato membro; e sarebbe certamente assurdo, ad esempio, rila,sciare il biglietto ridotto discriminatamente, e passaporto alla mano, agli utenti che si avvalgono dei mezzi :pubblici di trasporto prima delle otto del mattino, od a quelli che intendono visitare un museo o assistere ad uno spettacolo. La rilevanza di tale esemplificazione non pu� negarsi, ,peraltro, quando si consideri che sotto il profilo giuridico, ed in particolare nell'ambito del diritto amministrativo, nessuna concettuale differenza � ipotiz2labile tra le ~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 837 La questiorne sottoposta a questa Corte va quindi risolta come. segue: l'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68 va interpretata nel senso che i vantaggi sociali contemplati da tale disposizione comprendono ie tessere a riduzione sui prezzi di trasporto, rilasciate alle famiglie numerose da un ente ferroviario nazionale, e ci� anche se tale vantaggio sia stato richiesto soltanto dopo il decesso del lavoratore, a favore della sua famiglia residente nello stesso Stato membro. -(Omissis). riduzioni indicate e quelle di cui si discute nella causa di merito, tanto pi� che lo specifico � tesserino � rilasciato in favore delle famiglie numerose (analogo, del resto, a �quello relativo agli abbonamenti) non altera la portata del rapporto e costituisce soltanto la pr�eventiva documentazione della titolarit� del di!ritto di usufruire della tariffa ridotta; ed � quindi evidente che una condizione riferita al requisito della nazionalit�, per l'applicazione di una tariffa ridotta prev1sta, nella ricorrenza dei requisiti di fatto ricqiesti, in favore della generalit� dei cittadini, costituirebbe una inammissibile violazione del divieto di discriminazioni effettuate in base alla nazionalit�. 4. -Diversamente, dovrebbe ammettersi una rpossibHe disparit� di trattamento per i cittadini degli altri Stati membri (iI'esidenti, e con diritto di iI'isiedere sul tenitorio di uno Stato membro) non solo per tutte le altre ipotesi sopra prospettate, ma per qualsiasi prestazione di servizi sociali e pubblici (ambulatori, servizi di pronto soccorso, mezzi pubblici in genere, ecc.), e per gli stessi prezzi al consumo dei pTodotti. Doviiebbe r'iconoscer,si, cio�, �l'ammissibilit�, per qualsiasi servizio o prestazione, di diffexenti tariffe per i cittadini nazionali e per quelli comunitari, ed in parti.colare l'applicabilit�, per i cittadini comunitari, di una tariffa nei txasporti diversa da quella applicabile, a parit� di condizioni, per i cittadini nazionali;.,ed � proprio l'assurdit� stessa di tali ipotesi, ovvia' mente del tutto fuori della realt�, a far escludere a priori, ed indipendentemente dalla srpeciale normativa stabilita in favore dei lavoratori migranti, la possibilit� di negare per motivi di nazionalit� la Tiduzione ferroviaria riconosciuta in uno Stato membro alle famiglie numeil'ose. Sarebbe davvero singolare, del resto, consentire, per le persone, una discriminazione nelle tariffe dei trasporti espressamente vietata, per le merci, dall'art. 79, primo comma, del trattato di Roma. 5. -Il Governo italiano pertanto, per la rilevanza assorbente della prospettiva fondata sull'art. 7 del Trattato, ed in particolare per il caso in cui non si ritenesse di poter pervenfo:1e alla ,sopra indicata soluzione sulla so1a base dell'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, propone che sia affermato in diritto che le riduzioni ferroviade eone.esse in uno Stato membro in favore delle famiglie numerose non possono essere negate per ragioni di cittadinanza, o pi� in generale 'che il cittadino �di uno Stato membro che !I'isieda sul teT!I'itorio di un altro Stato membro ha diritto di godere, ai sensi dell'art. 7 del trattato CEE, delle stesse condizioni ferroviarie concesse, a parit� di condizioni, ai cittadini nazionali. A.M. ,-. . . --. -.. ~... ,. -. . -.-.,. . . . ..-........-.�..-..�.... .�.�.�.�..-.�.-.�.�.-. ,.,.....�. .-.......�..�.-..�..-... �����.�.�.�.�:�.�:�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EU~OPEE, 28 ottobre 1975, nella causa 36/75 -Pres. Lecourt -Avv. gen. Mayras -Doma~ di pronunzia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo di Parigi nella causa Rutili (avv. Manville) c. Ministero dell'interno -Interv.: Governo francese, Governo italiano (ag. Maresca, avv. Stato Braguglia) e Commissione delle Comunit� europee (ag. S�ch�). Comunit� europee -Libera circolazione delle persone � Limitazioni giu stificate da motivi di ordine pubblico -Divieto di soggiorno in de� terminate parti del territorio nazionale. (Trattato CEE, artt. 7 e 48, n. 3; direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, numero 64/221; direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360). L'espressione � ... fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico... �, di cui all'art. 48 del Trattato CEE, non riguarda esclusivamente le leggi ed i regolamenti che ciascuno Stato membro ha deciso di adottare per limitare, nell'ambito del proprio territorio, la libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri, ma riguarda anche i provvedimenti particolari adottati in forza di tali leggi o regolamenti (1). La legittimit� dei provvedimenti a tutela dell'ordine pubblico va valutata alla. luce dell'intera normativa comunitaria avente ad oggetto, in primo luogo, di limitare il potere discrezionale degli Stati membri in materia e, in secondo luogo, di garantire la difesa dei diritti dei singoli, nei cui cQnfronti vengano applicati provvedimenti restrittivi (2). (1-4) Nella sentenza in rassegna vengono anzitutto ribaditi princ1p1 gi� affermati in precedenti decisioni a P!f"Orposito delle limitazioni, .giustifieate da motivi di ordine pubblieo, al principio della libera ckcolazione dei J:avoratOTi aH'int&no della Comunit� (cfr. CoiI'te di giustizia, 4 dicembre 1974, nella causa 41/74 VAN DUYN, Racc., 1337 e Foro it., 1975, IV, 99; 26 febbraio 1975, nella oausa 67/74 BoNSIGNORE, Racc., 297 e Foro it., 1975, IV, 141). In que,sto senso, deve ritenersi ormai pacifico che i provvedimenti d'mdine pubbUco o di sieurezza pubblica, di cui al n. 3 dell'art. 48 del '!1rattato, devono essere adottati in relazione al comportamento p&sonale dell'individuo -cos� come rprescriv�e l'art. 3 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 n. 64/221 -e non possono quindi esere fondati su considerazioni di ordine generale o per finalit� di pre�venzione generale. La sentenza in rassegna, tuttavia, affronta anche altri aspetti del problema e perviene a soluzioni delle quali sembra inutile sottolineare l'importanza. , 1in primo 1luogo, conformemente a quanto oss&vato sul punto dell'Avvocatura generale, la Corte ha statuito che i limiti imposti dal dkitto comunitario al potere discrezionale degli Stati membri in materia di ordine pubblico -ovviamente, nei riguardi dei cittadini tutelati dal Trattato non riguardano soltanto il potere legislativo o regolamentare degli Stati I ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 839 Siffatti limiti e garanzie risultano tra l'altro dall'obbligo imposto agli Stati membri di basare i loro provvedimenti esclusivamente sul comportamento individuale dei singoli destinatari, di astenersi da qualsiasi provvedimento, in materia, che venga utilizzato per fini che esulano dalle esigenze di ordine pubblico o che pregiudichino l'esercizio dei diritti sindacali, di comunicare immediatamente, a qualsiasi persona colpita da un provvedimento restrittivo -salvo il caso in cui vi ostino ragioni pertinenti alla sicurezza dello Stato -i motivi che sono alla base del provvedimento stesso, ed infine di garantire l'effettivo esercizio dei rimedi giuridici (3). In particolare, provvedimenti restrittivi del diritto di soggiorno, limitati ad una parte del ter:itorio nazionale, possono venir adottati, da uno Stato membro, nei confronti di cittadini di altri Stati membri cui pure si applica il Trattato, solo negli stessi casi e concorrendo i medesimi presupposti per l'applicazione di tali provvedimenti ai cittadini dello Stato di cui trattasi (4). (Omissis). -In diritto. -Con sentenza 16 dicembre 1974, pervenuta in cancelleria il 9 aprile 1975, il Tribunale Amministrativo di Parigi ha sot,toposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato membri, ma anche i singoli provvedimenti adottati in forza di quelle leggi o regolamenti. In particolare, posta l'immediata applicabilirt� de1le nmme delle direttive che, integrando il disposto dell'art. 48 del Trattato, precisano la riserva !l'elativa all'ordine pubblico, la Corte ha riconosciuto che i giudici nazionali, al cui .esame sia portato un provvedimento pMtkolare restrittivo della libert� di circolazione per ragioni di ordine pubblico, devono valutare la �legittimit� di tale :provvedimento anche alla luce della normativa comunitaria derivata, facendo prevalere, ove del caso, le norme del diritto comunitario suHe non conformi disposizioni del dirirtto interno. In secondo luogo la Corte, ampliando cos� .l'indagine svolta nelle precedenti sentenze sopra citate, ha portato il suo �esame �anche sugli aspetti procedurali, affermando che qualsi�si soggetto nei confronti del quale venga applicato un provvedimento restrittivo della libert� di circolazione, per motivi di ordine pubblico, deve godere di una duplice garanzia: deve aver .comunicata, all'atto stesso deHa notificazione del provvedimento, la �... motivazione circostanziata e completa del provvedimento... � stesso; deve aver assicurata l'attrtbuzione di un rimedio giuridico per potersi efficacemente difendere. Di �particolare rilievo appare, infine, l'ultima delle statuizioni rese dalla Corte, a .proposito dei divieti di sogigiorno parziali, limitati cio� a talune circoscrizioni territoriali. Nel �Corso del giudizio era stato osservato, 840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CEE, due questioni vertenti sull'interpretazione della riserva relativa all'ordine pubblico di cui all'art. 48 del Trattato CEE, in considerazione dei provvedimenti ~dottati per l'attuazione di tale articolo, specie del regolamento n. 1612/68 e della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 68/360, relativa alla libera .circolazione dei lavoratori (Ga,zzetta Ufficiale L 257, pagg. 2 e 13). Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un'azione espe dta da un cittadino italiano, residente nella Repubblica Francese, avverso un� provvedimento con cui veniva rilasciato all'interessato una carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE, ac,com-, pagnata dal dirvieto di soggiorno in determinati dipartimenti francesi. Risulta dal fascicolo del Tribunale Amministrativo e dalle discussioni avanti a questa Corte, che nel 1968 veniva ado<t,ato, nei confronti dell'attore nella causa principale, un provvedimento di espulsione, com. mutato poi in un provrvedimento di confino in un determinato dipar timento. In data 23 ottobre 1970, tale provvedimento veniva. sostituito dal divieto di soggio:i:no in quattro dipartimenti, tra cui il dipartimento nel quale l'attore aveva residenza e dorve la sua famiglia continua a risiedere. Risulta altres� dal fascicolo di causa e dai dati forniti a questa Corte che le motivazioni dei provvedimenti adottati nei confronti dell'attore nella causa principale gli sono stati comunicati, in. termini anche da parte del Governo italiano, che dal punto di vista dell'art. 48, n. 3, del Trattato il divieto di soggiornare in talune circoscrizioni territoriaU di uno Stato membro, giustificato da ragioni di ordine pubblico, poteva essere imposto ai !avocatori comunitari rappresentando, tale divieto, un minus !I"ispetto al .pi� grave provvedimento di espulsione dallo Stato. La Corte ha -superato tale impostazione ritenendo che in forza della riserva di .cui all'art. 48, n. 3, i divieti di soggiorno 1possono riguardare soltanto l'intero territorio nazionale. Cio�, se mal non si comprende il pensiero della Corte sul punto, l'art. 48, n. 3, non riguarderebbe -ratione materiae -i divieti di soggiorno in determinate circoscrizioni territoriali. Questa fattispecie, invece, resterebbe regolata dal generale principio di non discriminazione di cui all'art. 7 del Trattato, tale da rendere ammissibili i divieti di soggi�rno territorialmente limitati negli stessi casi e concorrendo i medesimi pre~uppqsti in cui siffatti provvedimenti possono essere applicati ai cittadini dello Stato membro in questione. IVO M. BRAGUGLIA PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE generici, nel corso della causa intentata davanti al Tribunale Amministrativo, cio� in data posteriore a quella (16. dicembre 1970~ dell'asperimento dell'azione. Risulta dai dati forniti dal Ministero dell'Interno al Tribunale Amministrativo -dati, a dire il vero, contestati dall'attore nella causa principale -che si fa carico all'interessato di aver svolto negli anni 1967-1968 attivit� politico-sindacali e che la sua presenza nei dipartimenti indicati nel provvedimento viene considerata per questo motivo �atta a turbare l'ordine pubblico�. Onde risolvere le questioni di diritto comunitario sollevate nell'ambito di tale controversia a proposito dei principi della libera circolazione e della parit� di trattamento dei lavoratori degli Stati membri, il Tribunale Amministrativo ha sottoposto alla Corte due questioni dirette a precisare la rilevanza della riserva relatirva all'ordine pubblico, di cui all'avt. � 48 del Trattato. Sulla prima questione. Con la prima questione si chiede se l'espressione � ... fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico... � di cui all'articolo 48 del Trattato, riguardi esclusivamente i regolamenti che ciascuno Stato membro ha deciso di adottare per pinitare, nell'ambito del proprio territorio, la libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri ovvero essa riguardi anche i provvedimenti particolari adottati in forza di tali regolamenti. A termini dell'art. 48, n. 'l, la libera circolazione dei lavoratori viene garantita nell'ambito della Comunit�. A terinini del n. 2 dello stesso ar.ticolo, essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalit�, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. A termini del n. 3, essa comport� il diritto, per i lavoratori, di spostami Uberamente nell'orbita territoriale deg1i Stati membri, di prenaervi dimora al fine di. svolgervi un'attivit� lavorativa e di continuare a risiedervi al termine di quest'ultima. Infine, a terinini d.ell'art. 7 del Trattato, fatte salve. le disposizioni particolari dello stesso, � vietata, in generale, nel campo di applicazione del Trattato, qualsiasi discriminazione in base 'alla nazionalit�. Cionondimeno, a termini dell'art. 48, n. 3, la libera circolazione dei lavoratori, specie la loro libert� di spostarsi nell'orbita territoriale degli Stati membri, pu� venir limitata per motivi d'ordine pubblico, di sicurezza pubblica e sanit� pubblica. 842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Diversi provvedimenti d'attuazione sono stati adottati onde applicare le summenzionate disposizioni, in particolare il regolamento numero 1612/68 e la diretti:ya del Consiglio n. 68/360, relativa alla libera circolazione dei lavoratori. La riserva relativa all'ordine pubblico � stata precisata dalla diretti- va del Consiglio 25 febbraio 1964, n. 64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento ed il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, sicurezza pubblica e di sanit� pubblica (Gazzetta Ufficiale 1964, pag. 8'50). Tutte queste disposizioni, senza eccezioni, producono l'effetto d'imporre vincoli agli Stati membri e spetta quindi ai giudici, n~ll'ipotesi in cui leggi o regolamenti adottati da uno Stato membro onde limitare, nell'ambito del proprio territorio, la libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini di altri Stati membri, si rivelino non conformi ad uno di tali vincoli, di far prevalere, sulle disposizioni di diritto interno, le norme _del diritto comunitario, che possono venir fatte valere in giudizio. Qualora le disposizioni del Trattato e del diritto derivato siano intese a disciplinare la situazione dei singoli ed a garantire la loro tutela, spetta ancora ai giudici nazionali esaminare la conformit� dei provvedimenti particolari alle afferentf disposizioni del diritto comu nitario. Rientrano in una siffatta ipotesi non soltanto le norme in materia di parit� di trattamento e di libera circolazione sancite dagli artt. 7 e 48 del Trattato, e dal regolamento n. 1612/68, ma anche le disposi zioni della direttiva n. 64/221 dirette tanto a definire la portata della riserva relativa all'ordine pubblico, quanto ad assicurare determinate. garanzie minime di natura procedurale alle persone colpite da prov vedimenti restrittivi della loro libe:r>t� di circolazione e del loro diritto di soggiorno. Tale conclusione si desume tanto dall'osservanza dovuta ai diritti dei cittadini degli Stati membri, conferiti direttamente dal Trattato e dal regolamento n. 1612/68, quanto dall'art. 3 della direttiva n. 64/221, a norma del quale i provvedimenti d'ordine pubblic� o di sicurezza pubblica �devono essere adottati in relazione al comport�mento per sonale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati :i>. Questo modo di vedere s'impone� tanto pi� che le leggi interne relative alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica riser vano generalmente, alle autorit� nazionali, una discrezionalit� che ri schierebbe di essere sottratta a qu�lsiasi sindacato giurisdizionale nel l'ipotesi in cui il giudice non potesse estendere il suo controllo ai provvedimenti particolari adottati nell'ambito della riserva formulata dall'art. 48, n. 3, del Trattato. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 843 La questione sottoposta a questa Corte va quindi risolta nel senso che l'espressione � fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico ... �, di cui all'art. 48 del Trattato CEE, riguarda non soltanto le leggi ed i regolamenti che ciascuno Stato membro della CEE ha deciso di adottare per limi<tare, nell'ambito del proprio territorio, la libera circolaziont ed il soggiorno dei cittadini degli altri Stati membri, ma anche i provvedimenti particolari adottati in forza di tali leggi o regolamenti. Sulla seconda questione. Con la seconda questione, si chiede quale sia il senso preciso da attribuirsi al termine �giustificate� nell'espressione � ... fatte salve le limitazioni giustificate da motivi d'ordine pubblico ... �, di cui all'articolo 48, n. 3, del Trattato CEE. L'espressione �limitazioni giustificate� contenuta in detto articolo sta a significare che sono ammissibili, per �quanto riguarda particolarmente il diritto di spostarsi liberamente e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri, solo le limitazioni conformi alle esigenze del diritto, ivi c�mpreso il diritto comunitario. All'uopo, vanno prese in considerazione in primo luogo, le norme di diritto sostanziale e, in secondo luogo, le norme formali e proce durali che condizionano l'esercizio, da parte degli Stati membri, dei poteri fatti salvi dall'art. 48, n. 3, in materia d'ordine pubblico e di sicurezza pubblica. Si devono inoltre esaminare i problemi specifici sollevati, rispetto al diritto comunitario, dalla natura .del provvedimento sottoposto al Tribunale Amministrativo per il fatto che esso consiste in un divieto di soggiorno limitato ad una parte del territorio nazionale. Sulla giustificazione dei provvedimenti d'ordine pubblico sotto il profilo del diritto sostanziale. In forza della riserva di cui all'art. 48, n. 3, gli .Stati membri r.estano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro neces sit� nazionali, le esigenze dell'ordine pubblico. Tale nozione, tuttavia, nel contesto comunitario e, in ispecie, in quanto autorizza una deroga ai principi fondamentali della parit� di trattamento e della libera circolazione dei lavoratori, va intesa in senso -restrittivo, di guisa che la sua portata non pu� essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istitu zioni comunitarie. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 844 Quindi, i diritti dei cittadini degli Stati membri di entrare nel territorio di un altro Stato membro, di soggiornarvi e di spostarsi nelJ.'ambito di esso, !POSSono venk limitati solo nell"ipotesi . in cui la loro presenza od il loro compod;amento costituisca una minaccia effettiva ed abbastanza grave per l'ordine pubibJ.ko. All'uopo, l'art. 3 della direttiva n. 64/221 impone agli Stati membri l'obbligo di applicare tale criterio alla situazione individuale di qualsiasi persona tutelata dal diritto .comunitario, astenendosi da valutazioni complessive. Inoltre, l'art. 2 della stessa direttiva dispone che i motivi d'ordine publico non possono venir distolti dalla funzione loro propria, cio� <invocati per fini economici�. L'art. 8 del regolamento n. 1612/68, che garantisce la parit� di trattamento in materia d'iscrizione alle organizzazioni sindacali e di esercizio dei diritti sindacali, rende manifesto che la riserva relativa all'ordine ipubb!Liico non pu� venir invocata nemmeno per motivi attinenti all'esercizio di tali diritti. Considerate nel loro complesso, tali restrizioni dei poteri degli Stati membri in materia di polizia relativa agli stranieri appaiono come la manifestazione specifica di un principio pi� generale sancito dagli artt. 8, 9, 10 e 11 della convenzone per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata da tutti gli Stati membri, e dall'art. 2 del protocollo n. 4 della stessa convenzione, firmata a Strasburgo il 16 settembre 1963, i quali stabhliscono, in termini identici, che le restrizioni apportate, in nome delle esigenze di ordine publico e di sicurezza pubblica, ai diritti tutelati dagli articoli test� citati non possono andare oltre c10 che � necessario per il soddtsfacimento di tali esigenze �in una societ� democratica�. Sulla giustificazione dei provvedimenti d'ordine pubblico sotto il profilo procedurale. A termini del 3� considerando del suo preambolo, la direttiva numero 64/221 persegue, tra l'altro, l'obiettivo di �offrire in ogni Stato membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di ricorso avverso gli atti amministrativi � nel settore dei provvedimenti basati sulla tutela dell'ordine pubblico. A termini dell'art. 8 della stessa direttiva, l'interessato deve poter esperire, avverso i provvedimenti adottati nei suoi confronti �i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi�. In mancanza, l'interessato deve avere, almeno, a termini dell'art. 9, la possibilit� di far valere le proprie ragioni davanti ad un'autorit� PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE competente, diversa da quella che ha adottato il provvedimento restrittivo della sua libert�. Inoltre, l'art. 6 della direttiva dispone che i motivi sui quali si basa un provvedimento che lo riguarda vanno resi noti all'interessato, salvo il .caso che vi ostino ragioni inerenti alla sicurezza dello Stato. Risulta da tali disposizioni che Qualsiasi persona tutelata dalle summenzionate disposizioni deve godere di una duplice garanzia, che consiste nella comunicazione della motivazione di ogni provvedimento restrittirvo adottato nei suoi confronti e nella attribuzione di l:ln rimedio giuridico. Va precisato che gli Stati membri devono adottare ogni opportuno provvedimento onde garantire, a qualsiasi persona colpita da un provvedimento restrittivo, di poter effettivamente fruire di questa duplice tutela. Tale esigenza implica fra l'altro, a carico dello Stato interessato, la comunicazione al destinatario, all'atto stesso della notifica del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, della motivazione circostanziata e completa del provvedimento, onde porlo nella condizione di potersi efficacemente difendere. Sulla giustificazione, in particolare, dei divieti di soggiorno limitati ad una parte del territorio nazionale. Le questioni sottoposte dal Tribunale Amministrativo sono state sollevate a proposito di un provvedimento relativo al divieto di soggiorno in una parte soltanto del territorio nazionale. In risposta ad una domanda fattagli dalla Corte, il Governo della Repubblica Francese ha precisato che tali provvedimenti possono venir adottati nei confronti dei cittadini francesi vuoi quali pene accessorie, nel caso di determinate condanne penali, vuoi in caso di dichiarazione dello stato di emergenza. Viceversa, le disposizioni che consentono di vietare a cittadini stranieri di soggiornare in determinate circoscrizioni territoriali trovano :fondamento in testi di legge od in regolam�nti ad hoc. In proposito, il Governo della Repubblica Francese richiama l'attenzi. one sull'art. 4 della direttiva del Consiglio. 25 febbraio 1964, numero 64/220, per la soppressione delle restrizioni al trasferimento ed al soggiorno dei cittadini degli Stati membri nell'ambito della Comunit� in materia di stabilimento e di prestazioni di servizi (G. U. 1964, pagina 845) a termini del quale �il diritto al soggiorno si estende a tutto il territorio� dello Stato membro, salvo misure individuali giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza�. 846 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Risulta che tale disposizione � propria della direttiva di cui trattasi, applicabile soltanto in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, e che essa non � stata riprodotta nelle direttive relative alla libera circolazione dei lavoratori -in particolare nella direttiva n. 68/360, attualmente in vigore -n� del resto nella direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, n. 73/148, in materia di stabilimento e di iprestazione di servizi (G. U. L 172, pag. 14), che � stata frattanto sostituita dalla direttiva n. 64/220. Secondo il parere della Commissione, parere espresso nel corso della fase orale, la mancanza di tale clausola nelle direttive attualmente in vigore, rtanto per i lavoratori subordinati quanto per il settore dello stabilimento e delle prestazioni dei servim, non significa tuttavia che gli Stati membri siano stati completamente privati della facolt� di applicare agli stranieri, cittadini di altri Stati membri, dirvieti di �soggiorno limitati ad uqa parte del territorio. Il diritto d'ingresso nel territorio deg,li Stati: membri, nonch� il diritto di soggiornarvi e di 1spoisitarv:isi liberamente, � definito dal Trattato con riferimento all'intero territorio di tali Stati e non con riferiment. o alle sue suddivisioni interne. La riserva di cui all'art. 48, n. 3, in merito alla tutela dell'ordine pubblico ha la stessa portata dei diritti al cui esercizio essa consente di appor.tare limitazioni. Ne corisegue che, in forza della riserva contenuta ad hoc nell'articolo 48, n. 3, i divieti di soggiorno possono riguardare solo l'intero territorio nazionale. Per quanto riguarda, viceversa, i divieti di soggiorno parziali, limitati a talune circoscrizioni territoriali, i singoli tutelati dal diritto comunitario devono, in forza dell'art. 7 del Trattato e nel settore di applicazione di tale disposizione, venir posti su un piede di parit� coi cittadini dello Stato membro di cui trattasi.. Ne consegue che uno Stato membro pu� applicare, al cittadino di un altro Stato membro �cui pure si applicano le dtsposizfoni del Trat_ tato, divieti di soggiorno territorialmente limitati solo nel caso in cui tali divieti. possono rvenir applicati ai propri cittadini. La seconda questione va quindi risolta nel senso che la legittimit� dei provvedimenti destinati alla tutela dell'ordine pubblico va valutata alla luce dell'intera normativa comunitaria avente ad oggetto, in primo luogo, di limitare il potere discrezionale degli Stati membri in materia ed, in secondo luogo, di garantire la difesa dei diritti dei singoli nei cui confronti vengono applicati i provvedimenti restrittivi. Tali limiti e garanzie risultano fra l'altro dall'obbligo, imposto agli Stati membri, di basare i loro provvedimenti esclusivamente sul com PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E IN~ERNAZIONALE portamento individ,uale dei singoli destinatari, di astenersi da qualsiasi provvedimento, in materia, che venga utilizzato per fini che esulano dalle esigenze d'ordine pubblico o pregiudichino l'esercizio dei diritti sindacali, di comunicare immediatamente, a qualsiasi persona colpita da un provvedimento restrittivo -salvo il caso in cui vi ostino ragioni pertinenti alla sicurezza dello Stato i motivi che sono alla base del provvedimento stesso, ed infine di garantire l'esercizio effettivo dei rimedi giuridici. In particolare, provvedimenti restrittivi del diritto di soggiorno, limitati ad una parte del territorio n�zionale, possono venir adottati da uno Stato membro, nei confronti dei cittadini di altri Stati membri cui pure si applica il Trattato, solo negli stessi casi e concorrendo i medesimi presupposti per l'applicazione di tali provvedimenti ai cittadini dello Stato di cui trattasi. -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 maggio 1975, n. 1811 -Pres. Boccia -Rel. Bacconi -P. M. Gentile (concl. diff.) -Gestione Case per Lavoratori (avv. Stato Saltini) c. Belardinelli Ademio (avv.ti Parrelli e Buglione) nonch� c. Marcenaro Angelo ed altri (n.c.). Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Assegna �zione provvisoria -Domanda dell'assegnatario per l'adempimento degli obblighi dell'Ente -Poteri dell'A.G.O. -Sentenza di condanna dell'Ente ad un � facere � -Limiti. (artt. 37, 41, c.p.c.; l. 20 marzo 1865, all. E, artt. 2, 3, 4). Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed. economica -Gescal - Soppressione -Effetti processuali. (artt. 27, 30, e.e.; artt. 299, 300, 301, c.p.c.; d.P.R. .30 dicembre 1972, n. 1036; 1. 19 gennaio 1974, n. 9, art. 1). In tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, il negozio bilaterale che, accedendo all'atto amministrativo con cui l'ente pubblico adotta il provvedimento di concessione, trasferisce all'assegnatario il godimento del bene e ne disciplina il regime -sia o meno preordinato al riscatto della propriet� -, configura un rapporto privatistico. costitutivo di reciproci diritti ed obblighi delle parti, analoghi a queHi derivanti dal contratto di locazione: pertanto la p1�etesa dell'assegnatario che tenda alla conservazione di quel godimento ed all'adempimento degli obblighi contrattualt da part.e dell'ente assegnante rientra nella competenza giurisdizionale dell' A.G.O., la quale pu� emettere anche pronuncie di condanna cid un � facere � della pubblica amministrazione, salvo che questa dimostri che il proprio comportamento omissivo si riconduca ad un provvedimento amministrativo, anche implicito, volto a realizzare una pubblica finalit� ed incompatibile con la conservazione delle uti.lit� contrattualmente assicurate all'assegnatario (l)'. (1) La prima massima � espressione di un orientamento giurisprudenziale che, come altra volta si � rilevato, non pu� essere condiviso (v. in particolare Cass. Sez. un. 9 novembre 1974, n. 3486, GESCAL, c. Carmelo Ardito, in questa Rassegna 1975, I, 3, 90). ; ' :�� (*) Alla redazione delle massime e collaborato anche l'avv. CARLO CARBONE. delle note di questa sezione ha PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 849 La soppressione della Gestione case per Lavoratori (GES.C.A.L.) disposta Legislativamente, ha determinato non La fine, ma il passaggio dell'Ente in una fase di Liquidazione, La cui cura � stata affidata al Ministero dei Lavori Pubblici; tale soppressione, pertanto, al pari della messa in Liquidazione di una persona giuridica (privata o pubbli~a), non comporta L'estinzione del soggetto in pendenza deHa Liquidazione, e non produce effetti interruttivi sul processo (2). (Omissis). -deducono in rito i controricorrenti: a) la intervenuta estinzione del processo di cassazione ai sensi degli artt. 300, 302, 305 cpc. perch�, essendo intervenuta (con d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036) la soppressione della ricorrente GES.CA.L. con effetto del 31 dicembre 1973 e, quindi, la interruzione del processo a far tempo da tale data ope Legis, il medesimo non sarebbe stato tempestivamente proseguito o riassunto dal soggetto, o nei confronti del soggetto, succeduto alla GES.CA.L.); b) la inammissibilit� della istanza di regolamento di giurisdizione, essendo intervenuto, attraverso la pronuncia del provvedimento ai sensi dell'art. 700 c.p.c., un atto equivalente a decisione del merito della questione dedotta con il relativo ricorso (art. 41 cpc.); c) la � improponibilit� � del ricorso, costituente rinnovazione di altro precedente, a sua volta improcedibile per mancato deposito (art. 369 cpc.); d) la inammissibilit� del ricorso, perch�, rispetto ad esso, non sarebbe efficace la imputazione del deposito per il caso di soccombenza, effettuato per il primo ricorso, riguardante la medesima istanza di regolamento preventivo di giurisdizione (art. 364 cpc.). Tali �eccezioni mancano di fondamento, e a dimostrarlo valgano le considerazioni che seguono. Quanto alla eccezione sub a): � costante giurisprudenza di questo S.C. che gli aventi considerati dalle disposizioni di cui agli artt. 299-301 cpc., se verificatesi (come nella specie sarebbe se ad uno di essi potesse equipararsi la soppressione della GES.CA.L. disposta con l'art. 13/1 del d.P.R. 1972/1036 ed avente effetto dal 31 dicembre 1973), non esplicano alcuna rilevanza in tale giudizio (nella specie, proposto con atto depositato il 2 luglio 1973). Giudizio, in rapporto, al quale, perch� dominato dall'impulso di ufficio, non opera perci� l'istituto della interruzione, disciplinato dagli artt. 299-305 cpc. (cfr. 30 giugno 1968 n. 297). Al quale, di per s�, decisivo argomento, non � vano aggiungere l'altro, pur esso fondato sugli orientamenti della giurisprudenza di (2) Particolarmente interessante � la seconda affermazione, di cui non constano precedenti, la quale correttamente identifica la natura giuridica della soppressione della GESCAL (d.P.R. n. 1036 del 1972) con il passaggio dell'Ente ad una fase di liquidazione affidata al Ministero dei Lavori Pubblici (I. n. 9 del 1974). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 850 questa S.C., il quale sorge dal principio per cui la soppressione della persona giuridica (anche se) pubblica non vale in ogni caso a segnarne la fine, ma serve solamente a determinare il passaggio ad una fase particolare nella quale devesi provvedere (e questo �, di norma, il suo li:rrJ.ite funzionale e temporale) alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, come appunto, quanto alla specie, espressamente previsto dall'art. 1 lett. a della 1. 19 gennaio 1974 n. 9.". Articolo, questo, che -scindendo il momento della liquidazione della GES.CA.;L., identi?cando l'organo di questa liquidazione del Ministero dei LL.PP. ed estendendolo fino a comprendervi anche il completamento dei programmi costruttivi in �corso (lett. b, p.p.) dal momento della successione nel munus ad altri e diversi soggetti di edilizia economica e popolare (d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1036) -dimostra chiaramente la non coincidenza sostanziale e formale tra la soppressione-liquidazione di detto ente e la sua fine. Gli artt. 27, 30 cc. i quali costituiscono norme applicabili, ove non sussista una compiuta specifica normativa, anche alle persone giuridiche pubbliche, dimostrano del resto che tale criterio di non coincidenza ha carat.tere generale, s� che questa S.C. ha potuto altre volte affermare che la liquidazione non comporta, per l'ente pubblico, la perdita (di per s� e necessariamente) delle posizioni soggettive, ma vale piuttosto a ridurne l'attivit� al potere di far valere i propri diritti, di adempiere alle proprie obbligazioni e di ripartire le differenze attive fra gli aventi diritto o di trasferirle all'eventuale success~ re secondo legge ,(cfr. Cass. 1960/25 giugno 1959/41). Concludendo, in nessun caso sarebbe possibile, nella fase di pendenza della liquidazione della GES.CA.L., individuare in essa il determinarsi di un evento equivalente ad uno di quelli indicati all'art. 300 cpc. Quanto alla eccezione sub_ b): � del pari costante giurisprudenza di questa S.C. che il regolamento preventivo di giurisdizione pu� essere proposto tanto prima che dopo la emissione del provvedimento di urgenza ai sensi dell'art. 700 cpc. (cfr. S.U. 1967 /2086, 1966/1804). Quanto alla eccezione sub c) : basti ribadire che, per il regolamento preventivo di giurisdizione, il quale non ha carattere di mezzo di impugnazione in quanto � diretto a risolvere in via preliminare e definitiva la questione di giurisdizione, non vale il principio di cui all'art. 387 cpc., secondo cui il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile non pu� essere riproposto, anche se non scaduto il relativo termine (cfr. S.U. 1973/312, 1970/1654). E questo, senza dire che nella specie una tale dichiarazione non risulta essere intervenuta nei confronti del ricorso 10 aprile 1973, con la eguale conseguenza perci� della infondatezza della eccezione, in base al principio che, ai fini del verificarsi della inammissibilit� del ricorso successivo, reputa necessaria l'avvenuta dichiarazione della inammissibilit� o improcedibilit� del ri PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 851 corso anteriore (cfr. Cass. 1964/2034). Quanto alla eccezione sub d): � da considerare ormai improponibile ogni questione al riguardo, dato che il deposito per il caso di soccombenza � da ritenere non dovuto, una volta preso atto che 1'Amministrazione statale liquidatrice si � sostitutivamente costituita nel giudizio instaurato con la istanza proposta dalla GES.CA.L. (art. 364, n. 2 cc.). Con l'unico motivo del ricorso, al cui esame devesi ora attendere, detto ente deduce (e l'Amministrazione liquidatrice sostiene) che il Pretore, avendolo condannato con ii' contestato provvedimento ad un facere, ha direttamente vio�ato il divieto di cui all'art. 4 1. 203/1865 n. 2248 All. E. Tale doglianza non ha fondamento. Acquisito il pacifico presupposto che il rapporto, in virt� del quale i privati godono (nel presente caso e allo stato del processo) degli alloggi di cui si fratta, come rapporto di � assegnazione in locazione � (L. 14 febbraio 1963, n. 60), l'esame del riferito motivo non pu� prendere avvio che dalla individuazione della consistenza che -nell'ambito di tale rapporto ed ai fini della sua .attuazione -assume la situazione soggettiva dell'assegnatario-conduttore, giacch� la individuazione dei correlativi limiti di tutela ne dipende direttamente. Intanto, sembra appena il caso di aggiungere che, ai fini di questa indagine, punto rileva se siffatto rapporto inter partes (�assegnazione in locazione �) risulti nella specie preordinato, oppur no, al riscatto e, in questo secondo caso, se all'acquisto immediato della propriet� ovvero all'acquisto differito della medesima attraverso un patto di futura vendita, secondo la plurima alternativa consentita dagli artt. 3, comma I, II e 4 cit. legge 1963/60, volta che questa ulteriore� puntualizzazione lascerebbe pur sempre inalterata, nei sensi gi� precisati, l'assetto giuridico del rapporto medesimo, in quanto punto di riferimento esclusivo della valutazione della insorta questione di giurisdizione, temporaneo o definitivo che possa essere in funzion�e della scelta, da ciascuno degli interessati effettuata o effettuanda, in relazione alla alternativa di cui si � detto. Resta, cos�, in ogni caso incontestabile che detto rapporto si pone -in principio -al di fuori, ed esattamente oltre, quei momenti tipicamente discrezionali dell'attivit� dell'ente, che attengono (tra l'altro), ora alla realizzazione degli alloggi economici e popolari ed ora alla attuazione delle scelte e delle conseguenti assegnazioni individuali, con riferimento ai quali momenti non � concepibile l'originarsi di diritti soggettivi in favore degli interessati alla loro attuazione. Epper�, _diritti soggettivi nascono dal negozio bilaterale, che accede all'atto amministrativo di assegnazione, presupponendolo e assumendone, nell'ambito di una genetica e f�nzionale dipendenza, l'oggetto in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quella sua stessa consistenza materiale e in quella sua stessa attitudine al normale godimento che la P.A., avvalendosi della propria discrezionalit�, ha� preventivamente deliberato di conferirgli e ad esso positivamente mantiene. Di vero, in materia di assegnazione di alloggi economici e popolari, all'atto; con cui l'ente pubblico adotta il provvedimento appunto di assegnazione, pu� accedeve, e normalmente accede, ancor prima dell'eventuale trasferimento della propriet� ('ma indipendentemente da questo), un negozio bilaterale che trasferisce intanto al privato il godimento del bene e ne disciplina il regime attuando un rapporto d�l quale sorgono diritti ed obblighi reciproci, la estensione dei quali, peraltro, resta sempre condizionata dall'ambito di questo godimento; cosi che detto negozio non presenta contenuti diversi da quelli propri della locazione, alla quale infatti resta assimilabile (cfr. S.U. 7 maggio 1974 n. 1262). Nel riaffermare tale principio, le S.U. hanno avuto modo di puntualizzare le necessarie implicazioni sul piano degli aspetti negativi, secondo un concett�, lo sviluppo logico e giuridico del quale, sul piano degli aspetti positivi, ora si impone in rapporto alla fattispecie in esame. Hanno, dunque, in sostanza ritenuto le S.U. che su quel negozio bilaterale, assimilabile alla locazione, non possono fondarsi pretese estranee al suo oggetto ed esorbitanti dai suoi limiti, per cui il titolare del godimento non pu� naturalmente vantare -sulla base del negozio medesimo, -alcun diritto a pretendere prestazioni che ne esulano. Ci� posto, � qui da soggiungere che, ove si determini che la pretesa del privato attenga invece alla conservazione effettiva e completa del godimento assicuratogli da quel negozio interpretativo nel suo contenuto essenziale e nel momento attuativo della sua causa giuridica, ove cio� si determini (come nella specie) l'immanenza di un tecnico inadempimento contrattuale della Amministrazione, la reazione protettiva dell'ordinamento, se sollecitata dall'avente diritto, soccorre in modo p�.eno e, sempre .Permanendo il presupposto atto di assegnazione, legittima l'intervento degli organi di giurisdizione ordinaria con le pronunce' che (impregiudicato, poi, l'eventuale problema della loro esecuzione, per gli specifici limiti che essa incontra, secondo i principi) possono, volta a volta, attuarle in' relazione alla lesione denunciata, non escluso, quindi, la condanna ad un facere (od a un non facere) dell'amministrazione inadempiente. Ma poich� la possibilit� di riconoscere la operativit� dei limiti della giurisdizione del G.0., allorch� venga a tale giudice chiesta la pronuncia della condanna ad un facere od a un non facere nei confronti della P.A., pu� anche dipendere dalla qualificazione publicistica dell'opposto o diverso comportamento materiale della medesima, occorre stabilire inoltre se, in relazione a siffatto comportamento (nella specie, omissivo), PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 8u3 non si profili l'esistenza di una manifestazione implicita di volont� amministrativa, diretta a produrre un effetto giuridico nell'ambito della discrezionale valutazio.e dell'interesse pubblico; ovvero non si profili una diretta connessione eziologica del ripetuto comportamento con specifici atti amministrativi, vuoi attraverso un c�llegamento esecutivo, vuoi altrimenti attraverso un collegamento di preparazione (cfr. S.U. 7 luglio 1974, n. 2007). Nella quale prima ipotesi, i poteri di cognizione del G.O. dovrebbero ritenersi esclusi sulla base dell'art. 3, in relazione all'art. 2, della 1. 20 marzo 1865 ali. E, per la inconfigurabilit�, in tal caso, di situazioni di diritto soggettivo; e nella quale seconda duplice ipotesi, quegli stessi poteri dovrebbero ritenersi limitati sulla base dell'art. 4 della stessa legge, l'accoglimento della domanda importando, in questo diverso caso, la rimozione parziale o integrale di un provvedimento, eventualmente anch'esso implicito, e, almeno idealmente, successivo alla dedotta lesione, realizzante una pubblica finalit� oggettivamente incompatibile con la conservazione della utilit�, o di tutte le utilit�, assicurate dal contratto (cfr. S.U. 23 novembre 1973, n. 3167). Senonch�, tanto l'una che l'altra delle formulate ipotesi sono da ritenere entrambe estranee alla fattispecie, avendo l'Amministrazione convenuta, non solo mancato di dimostrare l'esistenza concreta di una pubblica finalit� nel (denunciato) suo comportamento omissivo, ma bens� mancato ancj:J.e di dedurlo, se non sull'unico ed insufficiente presupposto della propria soggettivit� _di ente pubblico non economico. Vero, infatti, che l'esistenza di una siffatta qualificazione pu� anche risultare, secondo i casi, in re ipsa; ma quando, come nella specie, ci� non sia (n�, del resto, sarebbe agevole ipotizzare una tale significanza in un comportamento meramente omissivo), la prova di questa eventuale connotazione causale del proprio agire deve essere fornita dalla stessa P.A., la quale, convenuta in giudizio, invochi il divieto di ingerenza del G.O. (cfr. S.U. 9 novembre 1974, n. 3486). In conclusione, una volta determinato che la lamentata lesione si riferisce al godimento (di un bene) assicurato al privato in forza di una valida ed efficace paritetica convenzione, una volta altres� determinato che sul rapporto da essa nascente non � venuto ad incidere, preventivamente o successivamente al verificarsi della lesione medesima, un qualsiasi atto amministrativo (ancorch� implicito), il comportamento omissivo dell'ente, dagli attori lamentato, non pu� qualificarsi espressione di una pubblica funzione, per cui esso rimane. soggetto, anche in relazione alla domanda di condanna ad un facere (od a un non facere), alla giurisdizione del G.O. L'istanza va, dunque, respinta, dichiarandosi la giurisdizione del G.O. 854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il relativo deposito va restituito, perch�, attesa la ragione gi� detta, non dovuto. Si ravvisano giusti motivi per dichiarare integralmente compensate fra le parti le spese del presente giudizio di regolamento della giurisdizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1822 -Pres. Boccia -Rel. Bile -P. M. Di Majo (conci. conf.) -Ministeri Pubblica Istruzione e Tesoro (avv. Stato Siconolfi) c. Pellegrinelli (avv,ti Castellani e Frasca) nonch� c. Betta (avv.ti Allegri, Zilioli). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Bellezze naturali -Sanzioni amministrative -Ingiunzione: contestazione sulla legittimazione passiva dell'ingiunto -Giurisdizione del1' A.G.O. (1. 29 giugno 1939, n. 1497, artt. 1, 7, 15). Rientra nella competenza giurisdizionale dell'A.G.O. conoscere, -in sede �i opposizione ad ingiunzione di pagamento di una sanzione irrogata dalla pubblica Amministrazione per la violazione delle norme di protezione delle bellezze naturali, -la questione della legittimazione passiva dell'ingiunto in ordine alla sanzione stessa. (Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 37 c.p.c. dell'art. 4 dell'allegato E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, dell'art. 2 del r.d. 14 aprile 1910 n. 639, in riferimento all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. -le. Amministrazioni ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata non abbia consid~rato che la Pellegrinelli, sotto la forma dell'opposiziorie alla ingiunzione, intendeva far valere l'illegittimit� dell'atto amministrativo impositivo della sanzione, per asserito difetto di legittimazione, pur non potendo vantare al riguardo diritti soggettivi, ma solo interessi legittimi. Con il secondo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione degli art. da 7 a 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, in relazione (1) Per i precedenti dell'interessante decisione cfr. Cass. sez. un. 27 agosto 1969 n. 3035, in Foro it. 1969, I, 2807. In dottrina cfr. G. DE FINA, Le conseguenze per la P.A. della radicazione del rapporto autorit�-libert� fuori dell'ambito p1�escritto dalla norma, in Giust. civ. 1975, I, 1261. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 855 all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. -le Amministrazioni ricorrenti affermano che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto decisiva la circostanza che la Pellegrinelli non fosse n� proprietario, n� possessore, n� .detentore della villa, senza considerare che la legge sulla protezione delle bellezze naturali assoggetta alle sanzioni da essa previste chiunque, in relazione alla sua posizione, qualifica o concreta contingenza di fatto, abbia nei confronti dell'immobile una facolt� dispositiva, intesa come relazione fra� soggetto ed oggetto, ed in particolare abb�a il potere di eseguire su di esso o di impedire che vi vengano eseguiti, lavori dalla legge non consentiti. Le due censure -che per la connessione fra loro esistente, possono essere esaminate insieme -sono infondate. 2. -L'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, pone tra l'altro a carico del trasgressore degli obblighi e degli ordini previsti dalla legge, secondo che l'amministrazione pubblica ritenga pi� opportuno nell'inte;resse della tutela delle bellezze naturali e panoramiche, o la demolizione a pr?prie spese delle opere abusivamente eseguite o il pagamento di un'indennit� equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito; e soggiunge che tale indennit� � riscossa secondo le norme sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, ossia mediante l'ingiunzione prevista dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639. Acquista pertanto determinante rilievo ai fini della decisione la verifica dell'ambito di operativit� dell'opposizione all'ingiunzione, di cui all'art. 3 del decreto citato. Al riguardo la giurisprudenza -premesso che l'ingiunzione in esame � un atto amministrativo il quale, nell'ambito di un procedimento monitorio sui generis, apprestato per la sollecita riscossione di talune entrate dello Stato e di altri enti pubblici, cumula in s� le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale e del precetto (cfr. sentenze n. 3428 del 1974, n. 804 del 1973, n. 1202 del 1972) -ha precisato che con l'opposizione si instaura un giudizio di cognizione diretto all'accertamento, positivo o negativo, della pretesa dell'amministrazione (cfr. sentenze n. 741 e n. 1278 del 1973); ed ha nel contempo sottolineato che il decreto del 1910 non ha certamente posto deroghe rispetto ai principi fondamentali che presiedono al riparto fra le giurisdizioni, con la conseguenza che, ove l'opposizione involga una controversia che esuli dall'ambito dei poteri di cognizione del giudice ordinario, questi deve dichiarare il difetto di giurisdizione (cfr. sentenze n. 430 del 1967, n. 3608 del 1968). Il problema si sposta quindi sul pianb della verifica della natura della posizione soggettiva fatta valere dall'opponente e perci� del tipo di tutela ad essa astrattamente accordata dall'ordinamento. RASSEGNA DELL'AVVQCATURA DELLO STATO 3. -L'art. 7 della citata legge n. 1497 del 1939 vieta ai �proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo� degli immobili inseriti negli elenchi di cui all'art. 1 di distruggerli o di introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio al loro aspetto esteriore protetto dalla legge; e li obbliga a presentare alla Soprintendenza ai monumenti i progetti delle opere che vogliano intraprendere. Per l'ipotesi di abusiva esecuzione provvede il ricordato art. 15, che attribuisce alla pubblica autorit� il potere di stabilire -in esito ad una discrezionale valutazione dell'interesse pubblico alla tutela del paesaggio e degli altri interessi, pubblici e privati, compresenti -se imporre al trasgressore la demolizione delle opere o il pagamento di un'indennit�. Il potere di apprezzare quale delle due sanzioni amministrative sia pi� congrua rispetto al perseguimento del pubblico interesse, e di comminare autoritativamente la sanzione prescelta, deve r,itenersi conferito all'amministrazione nei confronti dei soggetti la cui posizione sia rilevante nella particolare materia in esame, alla stregua di criteri di collegamento desumibili dalla legge. Questi criteri valgono a determinare, dal punto di vista soggettivo, l'area all'interno della quale la pubblica amministrazione ha il potere di provvedere in funzione dell'interesse, pubblico specifico affidato alle sue cure. Vanno perci� distinte le posizioni soggettive che, sulla base dei ricordati criteri di collegamento, sono correlate a tale interesse, onde si collocano entro l'area cui l'amministrazione presiede, dalle altre che, in difetto di collegamento, ne rimangono estranee: le prime hanno natura di interesse legittimo, le seconde di interesse semplice o di diritto soggettivo (cfr. n. 1094 del 1974). Nella specie l'individuazione dei criteri di collegamento non offre all'interprete particolari difficolt�, risultando dal tenore letterale della legge (art. 7, in riferimento anche agli artt. 3, 5 e 6) come assoggettati ai poteri di cui si discute siano soltanto coloro che abbiano la qualit� di proprietari di possessori o di detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili di cui all'art. 1. E conseguentemente -mentre costoro vantano un interesse legittimo nei confronti dell'amministrazione considerata come titolare del potere -chiunque altro non abbia la qualit� di proprietario, possessore o detentore dell'immobile rimane estraneo all'area prima identificata, onde il provvedimento che, ci� malgrado, gli commini una sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 15 incide certamente su una posizione avente natura di diritto soggettivo, come tale tutelabile dinanzi la giurisdizione ordinaria. La tesi sostenuta dalle ricorrenti con il secondo motivo -con il quale si afferma che il potere spetta (anche) nei confronti di chi pur se non proprietario, possessore o detentore della cosa, vi abbia comun-l � l I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE que eseguito, o omesso di impedire che altri vi eseguissero, lavori non autorizzati -non pu� essere condivisa, posto che l'esplicito e reiterato rinvio ai concetti di propriet�, possesso e detenzione impone che essi debbano essere intesi secondo l'accezione che, nel sistema vigente, � loro propria. Conseguentemente colui che compia; o tolleri che altri compiano lavori abusivi pu� essere assoggettato al potere attribuito dall'art. 15 dell'amministrazione, soltanto se il suo rapporto con l'immobile sia inquadrabile, secondo i casi, nello schema tipico di uno degli istituti pi� volte ricordati. Nella specie i giudici del merito -con una decisione immune da vizi logici e da errori .giuridici e quindi insuscettibile di sindacato in questa sede -hanno ritenuto che la posizione della Pellegrinelli non fosse in alcun modo �suscettibile di tale inquadramento appartenendo la villa in questione ad una societ� di cui ella era amministratrice unica, ed essendo lo stesso condotta in locazione da un terzo, con la conseguenza che la propriet� ed il possesso dell'immobile competevano alla societ� e la detenzione al locatario. In quanto estranea, per difetto dei criteri di collegamento previsti dalla legge, all'ambito entro il quale l'amministrazione pu� esercitare i propri poteri, l'attuale resis tente ha quindi dedotto l'inosservanza di limiti che, pur non riferendosi all'astratta attribuzione del potere, sono previsti da norme poste a tutela dei singoli e condizionano in modo assoluto la concreta possibilit� di esercizio del potere stesso e la conseguente configurabilit� di interessi legittimi. In casi del genere la giurisprudenza suole da tempo ravvisare la giurisdizione del giudice ordinario (cfr. sentenze n. 3457 del 1958, n. 431 del 1967, n. 2693 del 1972). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 maggio 1975, n. 1833 -Pres~ Caporaso -Rel. Bile -P. M. Pedace (conci. conf.) -Ferraro (avv. Scialoja) c�. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tracanna). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa: autorizzazioni e concessioni -Mezzogiorno -Opere di miglioramento fondiario -Sovvenzioni: posizioni soggettive del beneficiario. (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 43; 1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 5). Concessa dalla Cassa per il Mezzogiorno la sovvenzione per l'esecuzione di opere di miglioramento fondiario, la posizione giuridica del privato si configura in duplice modo: diritto soggettivo di c1�edito quando la concessione venga revocata sen.za che siano addotti vizi del prov 858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vedimento di concessione; interesse legittimo nascente dalla concessione quando il provvedimento sia revocato per vizi di legittimitd originari o sopravvenut'i (1). (Omissis). -1. -Con il primo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 dell'allegato E alla legge 20 marzo 1865, n. 2248 -il ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia inesattamente, e senza sufficiente motivazione, definito come interesse legittimo la posizione soggettiva del privato sovvenzionato ai sensi degli artt. 43 ss. del r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, nella fase antecedente al collaudo delle opere, ment:r;e, avendo il collaudo natura di atto vincolato e non discrezionale, trattasi in realt� di un diritto soggetivo, sia pure condizionato. La sentenza impugnata � erroneamente motivata; peraltro, essendo il dispositivo conforme al diritto, le Sezioni unite devono, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., limitarsi a correggere la motivazione. Il finanziamento per cui � causa � stato disposto ai sensi dell'art. 43 del citato r.d. n. 215 del 1933, secondo il quale lo Stato -e quindi la Cassa per il Mezzogiorno, in virt� del rinvio operato dall'art. 5 della legge 10 agosto 1950, n. 646 -favorisce l'esecuzione delle opere di miglioramento fondiario analiticamente descritte nel medesimo art. 43, mediante (sussidi ovvero) concorso negli interessi per mutui contratti con istituti di credito. ' Il successivo art. 46 determina l'entit� di siffatto concorso, disponendo che esso, ragguagliato in capitale, non pu� superare l'ammontare del sussidio riconosciuto assegnabile in proporzione dell;:t spesa prevista per le ope.re, secondo le percentuali fissate dall'art. 44; e soggiunge che, quando il concorso risulti superiore, esso pu� essere ridotto fino ad eguagliare il sussidi�. L'ultimo comma dell'art. 43 descrive infine il procedimento, che, si articola in varie fasi, tra le quali l'approvazione dei progetti delle opere e gli accertamenti di collaudo. La dottrina pi� attenta ai problemi posti dall'intervento dei pubblici poteri nell'economia inquadra il provvedimento che dispone il concorso negli interessi fra le soV'Venzioni, ed a queste riconosce natura concessoria, in quanto si risolvono in erogazioni di danaro pubblico, precisando che esse sono caratterizz�te -fra l'altro -dalla finalizzazione alla cura di uno specifico pubblico interesse, realizzato da un soggetto diverso dall'amministrazione concedente. (1) Non constano precedenti in termini. In dottrina cfr. PERrcu, Le sovvenzioni come strumento di a:zione amministrativa. Milano 1967. In giurisprudenza cfr. Cass. 22 marzo 1975 n. 1080 in Giust. civ. 1975, I, nota di MORELLI. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 859 Quest'ultimo rilievo � particolarmente importante, perch� vale a spiegare le ragioni per le quali all'amministrazione, lungo tutto l'arco del procedimento, siano attribuiti poteri, variamente strutturati, rivolti a verificare che le opere per cui si chiede il concorso siano effettivamente congrue rispetto all'interesse pubblico al miglioramento fondiario (approvazione dei progetti); che l'atto di concessione del concorso sia immune da vizi tali da compprometterne 'la conformit� al modello legale e quindi l'idoneit� a curare tale interesse (riesame di legittimit�) che il pubblico danaro sia erogato nella misura stabilita dalla legge (controllo sull'osservanza ciel citato art. 46) e finalmente sia utilizzato per lo scopo in vista del quale era stato concesso (accertamenti di collaudo). Si colgono cos�, ad un tempo, la funzione ed i limiti del collaudo che -proprio in quanto strumento di controllo della corrispop.denza delle opere realizzate a quelle progettate ed approvate -non spiega alcuna rilevanza ove si debba definire la natura della posizione del soggetto sovvenzionato nei confronti di un'amministrazione che non contesti affatto quella corrispondenza, ma ritenga invece (come nel caso di specie) che la sovvenzione non potesse essere validamente concessa per un diverso ordine di considerazioni, attinenti, ad es., all'asserita carenza di un presupposto di legittimit�. Erroneamente quindi la Corte di appello ha ravvisato nella circostanza che il collaudo sia o meno intervenuto un punto di riferimento indefettibile ai fini dell'indagine sulla posizione del sovvenzionato, senza considerare che il problema si pone in termini pi� complessi ed articolati, e non pu� prescindere dall;individuazione delle motivazioni su cui, di volta in volta, l'amministrazione fondi il proprio comportamento. 2. -Una volta che la sovvenzione -ed in particolare il concorso pubblico negli interessi dei mutui occorrenti per la realizzazione delle opere approvate -sia stata accordata, la posizione sbggettiva del privato � suscettibile di varia configurazione. Trattandosi di un provvedimento di tipo concessorio, con il quale l'amministrazione si priva di propri beni in favore di terzi, e perci� di un atto avente per i destinatari (secondo la terminologia proposta dalla dottrina) carattere migliorativo o accrescitivo, esso d� vita ad un rapporto giuridico in cui l'amministrazione riveste il ruolo di debitore ed il privato quello di creditore del danaro oggetto della sovvenzione. E conseguentemente se la prima -pur senza addurre vizi del provvedimetto -ometta di erogare le somme previste alle scadenze pattuite, il secondo pu� di certo adire il giudice ordinario per ottenere la tutela giurisdizionale del proprio diritto di credito. 860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Su un piano diverso si pone per� il problema della natura della posizione del privato nei confronti dell'amministrazione, quando essa agisca non come soggetto obbligato in virt� del rapporto sorto dal provvedimento.-, bensi come titolare dei poteri di autotutela che le spettano in base a principi fondamentali dell'ordinamento. Al riguardo va rilevato che, accanto all'interesse pubblico particolare, per la cura del quale viene emesso il provvedimento (nella specie, la sovvenzione), esiste un pi� generale interesse dell'amministrazione il buon andamento e l'imparzialit� della quale sono valori di rilievo costituzionale -ad un corretto, ordinato' ed efficiente svolgimento della propria attivit�. In funzione di questo interesse si ritiene comunemente che la stess� amministrazione possa, mediante procedimenti di secondo grado, attuare il riesame del provvedimento, per verificarne la validit�, ovvero la revisione del risultato di esso e del rapporto che ne � derivato. Restringendo l'indagine -per necessit� di aderenza alla fattispecie -ai procedimenti di riesame, acquista fra essi specifico rilievo quello di annullamento d'ufficio, ed in particolare l'annullamento per vizi di legittimit�. Il riconoscimento all'amministrazione del potere di riesame implica che la tutela diretta della posizione del privato (onde essa si configura come diritto soggettivo) non � illimitata, potendo essere sacrificata, in certi casi, dall'esercizio di quel potere. E pertanto nei confronti dell'amministrazione, considerata quale portatrice del potere, pur se non ancora esercitato, ed a partire dal momento in cui esso nasce, la posizione soggettiva del singolo -essendo correlata all'interesse pubblico generale in vista del quale � dato all'amministrazione il potere di provvedere mediante il riesame -� di interesse legittimo, tutelabile dinanzi il giudice amministrativo. Perci� le Sezioni UI).ite -che, ai fini della decisione sulla questione di giurisdizione, sono giudici anche del fatto e possono, con giudizio autonomo diretto e assorbente, sugli atti di causa, rilevare anche d'ufficio le relazioni determinanti della giurisdizione (cfr. sentenza n. 2705 del 1967) -devono accertare, vah,1tando la documentazione acquisita al processo, a quale livello ed in veste di titolare di quale potere l'amministrazione abbia agito, a verificare se la situazione concreta sia inquadrabile nella fattispecie legale contemplata in astratto dalla norma attributiva del potere. 3. -L'esame degli atti induce a ritenere che -disponendo la sospensione del concorso negli interessi ed il conseguente arresto delle erogazioni -la Cassa per il Mezzogiorno abbia inteso esercitare il potere di annullamento d'ufficio di un proprio provvedimento considerato affetto da un vizio di legittimit�. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Al riguardo � sintomatico il rilievo che -come � pacifico fra le parti -la �sospensione� delle erogazioni � stata dall'amministrazione ricollegata all'accertamento dell'esistenza -accanto alla sovvenzione per cui � causa -di un diverso finanziamento, concesso al Ferraro da altro ente pubblico, per l'esecuzione sullo stesso fondo di lavori parzialmente coincidenti con quelli approvati dalla Cassa. Una situazione del genere pu� all'evidenza risolversi in un vizio di . legittimit� della sovvenzione, nella misura in cui questa risulti concessa in carenza di un presupposto necessario. L'intervento pubblico nell'esecuzione di miglioramenti fondiari, con la correlativa spesa di pubblico danaro, postula che il privato non abbia la capacit� economica di realizzare, senza il concorso dell'autorit�, opere obiettivamente rispondenti ad esigenze di pubblico interesse. Ma se le opere di quel concorso risultino non avere bisogno, usufruendo esse (sia pure in parte) di altro pubblico finanziamento, � palese la difformit� del provvedimento adottato in concreto rispetto allo schema tipico della sovvenzione, e la conseguente sua inconguit� ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico specifico per la cura del quale l'arp.ministrazione � tenuta ad agire; � palese, in altri termini, l'illegittimit� dell'atto, cui l'amministrazione stessa pu�.ovviare esercitando il potere di autoannullamento. Erroneamente il Ferraro ritiene invece che la Cassa abbia fatto uso del potere di sospensione dell'atto amministrativo. La sospensione degli effetti dell'atto (ovvero, come pure. si dice in dottrina, la messa in quiescenza del rapporto nato da esso) -da parte della stessa autorit� che lo ha emanato, in pendenza di un procedimento di riesame, e sulla base quindi di un'illegittimit� non ancora accertata, se pure fortemente sospetta -� istituito del tutto estraneo ai problemi posti dal caso in esame. A prescindere infatti dalla questione della configurabilit�, in termini generali, di un tale potere e della sua riconducibilit� allo schema dell'autotutela, la sospensione cos� deli:p.eata implica che l'amministrazione -da un lato -dubiti della legittimit� del proprio provvedimento, ma non possa allo stato annullarlo, dovendo prima compiere indagini ed accertamenti pi� o meno complessi e di una certa durata, e dall'altro, ritenga conforme al pubblico interesse impedire che il rapporto derivante da un atto di dubbia legittimit� continui a spiegare efficacia. Del tutto diversa � invece l'ipotesi in cui l'amministrazione mostri di avere non il sospetto, ma la certezza del vizio di legittimit�, in dipendenza dell'accertamento di una situazione di fatto alla stregua della quale risulti chiaro che il provvedimento non avrebbe potuto essere emesso, quanto meno negli stessi termini che lo avevano caratterizzato, pur se possa prevedersi la successiva emanazione di un nuovo atto con un contenuto pi� consono a quella situazione. 862 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In casi del genere, ove l'autorit� stabilisca di caducare il provvedimento originario, eventualmente riservandosi di adottarne un altro all'esito della necessaria istruttoria, l'atto -quale che sia la terminologia impiegata -costituisce esercizfo del potere di annullamento e non di quello di sospensione, corrispondendo sotto ogni aspetto allo schema tipico del provvedimento terminale di un procedimento di riesame per vizi di legittimit�, e p.on presentando alcuno dei caratteri di temporaneit� e di cautelarit� propri della sospensione. Una situazione siffatta si � appunto verificata nella specie, nella quale la Cassa per il Mezzogiorno ha ritenuto, senza margini di dubbio, che la contemporaneit� dei due finanziamenti si risolveva in un vizio di legittimit� dell'atto di sovvenzione ~ che il pubblico interesse esigeva la caducazione del provvedimento viziato; e quindi ha stabilito la cessazione delle erogazioni, pur disponendo accertamenti al fine di determinare l'entit� di un altro provvedimento, per le opere di miglioramento fondiario che non risultassero doppiamente finanziate. A quest'ultimo proposito non � inopportuno rilevare che una nuova sovvenzione, ridotta rispetto alla prima, fu in effetti concessa dalla Cassa per il Mezzogiorno al Ferraro nel 1955, come le parti concordemente ammettono. In conclusione -avendo l'amministrazione pubblica esercitato un potere (di annullamento d'ufficio per illegittimit�) attribuitole dai prin cipi generali dell'ordinamento, in una situazione certamente riconduci bile alla fattispecie legale -la posizione soggettiva del privato nei confronti di tale potere ha natura di interesse legittimo, la cui tutela compete alla giurisdizione amministrativa. 4. -Con il secondo motivo -deducendo violazione e falsa applicazione sotto altro profilo degli stessi l'art. 4 e 5 dell'allegato E della legge 20 marzo 1865, n. 2248 -il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di considerare che la .domanda di risarcimento dei danni era stata proposta sotto il profilo della violazione di norme di comune prudenza, ed in genere del principio neminem laedere, da parte dell'amministrazione, sia pure nell'esecuzione di un divisamento adottato in base ad una valutazione discrezionale. Anche questa doglianza � infondata. Dagli atti emerge chiaramente come il Ferraro abbia fondato la propria azione risarcitoria sulla contestazione del potere dell'amministrazione di caducare l'atto di sovvenzione. La tesi che ravvisa l'illiceit� del comportamento della Cassa per il Mezzogiorno in (asserite e non specificate) modalit� non conformi a precetti di portata generale, come quelli invocati dal ricorrente, � in realt� una tardiva, e quindi inammis e sibile, modificazione dell'originaria domanda. -(Omissis). i l ~ I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 863 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 maggio 1975, n. 2056 -Pres. Laporta -Rel. Milano -P. M. Di Majo (parz. diff.) -Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato Skono1fi) c. Bosio ed altri (avv.ti Balladore Pallieri, Bettoni, Biscottini, Coronas, Franchi, Guarino, Saitta). Competenza e giurisdizione -Improponibilit� assoluta della domanda Proponibilit� della domanda e giudizio di merito: nozione. (Cost. artt. 111; 1. 20 marzo 1865, n. 2048 ali .E, art. 2; c.p.c. artt. 360, n. 1; 37). Sussiste l'improponibilit� assoluta della domanda, compo1�tante il difetto assoluto di giurisdizione, quando si invochi l'attivit� giurisdizio-� nale rispetto ad una posizione soggettiva che, per difetto di una norma che la tuteli, sia estranea .al campo giuridico e non sia configurabile n� come diritto soggettivo, n� come interesse legittimo; la mancanza di tale norma deve risultare senza contestazione mentre, quando occorre risolvere una controversia su norme giuridiche o sulla sussistenza delle condizioni concrete di applicaziOne della norma invocata, la relativa questione forma oggetto del giudizio di merito (1). (1) La decisione � pubblicata in Giust. civ. 1975, I, 1038 insieme con l'interessante requisitoria del P.G. Come � noto a seguito della decisione Cons. Stato, sez. IV, 19 no< Tembre 1974 n. 840. vedasi .Gim:t. dv. 1975. II. 21, con la quale era stato accertato il diritto di taluni magistrati ordinari a percepire le retribuzioni dei dirigenti generali, era stato proposto ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Quest'ultimo organo giurisdizionale ha dichiarato inammissibile l'impugnazione dal momento che � la corretta interpretazione � delle norme di cui si discuteva (art. 16 e 16-ter della legge 28 dicembre 1970 n. 1080; 1 e 47 del decreto delegato 20 giugno 1972 n. 748) rientra nel giudizio spettante al giudice di merito. Circa i rapporti tra giudizio sulla proponibilit� della domanda e contenuto del giudizio di merito quando sia controversa l'interpretazione di norme giuridiche, cfr. cass. 9 ottobre 1974, n. 2714; Cass. 30 marzo 1972, n. 1008; Cass. 5 gennaio 1971 n. 291 tutte in Giust. civ. rispettivamente in 1974, I, 1332; 1972, I, 1708; 1971, I, 3. In senso sostanzialmente conforme vedasi Cass. 5 dicembre 1973, n. 3315, in Giust. civ. 1974, I, 1641. SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 ottobre 1974, n. 2721 -Pres. Giannattasio -Est. Carnevale -P. M. Raga (conf.) -GESCAL (avv. Stato Mataloni) c. Caccese (avv. Stella Richeter). Espropriazione per p.u. -Danni per occupazione ultra biennale proposta . dopo la pronuncia del decreto di espropriazione ma prima della sua notifica � La domanda giudiziale si converte in opposizione 'alla stima. (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51 e 73). Nel caso in cui il decreto di espropriazione sia stato gi� emesso ma non notificato alla data della proposizione da parte del proprietm�io espropriato (ignaro del provvedimento ablativo) della domanda per .ottenere il risarcimento del danno per occupazione ultrabiennale, detta domanda si converte automaticamente in opposizione alla stima, mentre la mancata notifica del decreto di esproprio � del tutto irrilevante ai fini di impedire o ritardare la conversione (1). (1) La sentenza che si segnala costituisce uno sviluppo conseguenziale dei principi, ormai consolidati affermati �per la prima volta dal s.c. con la sentenza 30 dicembre 1968, n. 4086; e ribadito da ultimo con la decisione 7 febbraio 1974, n. 339, in questa Rassegna, 1974, I, 1136. La fattispecie esaminata presentava le singolarit� che l'azione risarcitoria era stata promossa dall'espropriato dopo che era stato emesso da diverso tempo il decreto ablativo, ma prima che fosse notificato (notif�c� che in effetti avveniva oltre due anni dopo l'adozione del detto provvedimento). In sostanza il S.C. ha ritenuto che la mancata conoscenza dell'esistenza del decreto giustificasse la conversione automatica della domanda risarcitoria in opposizione alla stima. � evidente come alla base di siffatto argomentare sussistano sostanziali ragioni di equit� e non valide ragioni giuridiche. CORTE DI CASSAZIONE, SS. UU., 12 �ottobre 1974, n. 2821 -Pres. La Porta -Est. Corasaniti -P. M. Pedace (conf.) -Ministeri Lavori Pubblici e Finanze (arvv. Stato Del Greco) c. Societ� Acqua Pia Antica Marcia p.az. (avv. Andrioli, Conte, Sorrentino, Tumedei) nonch� Comune di Roma (avv. Precone). Acque pubbliche ed elettricit� � Utenza e concessione del servizio di distribuzione � Cessazione della concessione del servizio di distribuzione � Estinzione dell'utenza � Non sussiste. (t.u. 11 dicembre 1933, n; 1775, artt.-24, 45 e 218). Qualora l'utenza di un'acqua pubblica sia stata data con specifico riferimento ad un pubblico servizio di adduzione e distribuzione, la PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 865 estinzione della concessione relativa al servizio di adduzione e distribuzione e l'assunzione di essa da parte di ait1�0 soggetto, non determina L'estinzione automatica dell'utenza, e ci� perch� l'utenza si risolve quanto meno nel diritto al valore economico del suo contenuto (1). (Omissis). -Sostengono, in sintesi, le ricorrenti che, una volta venuta meno, per la scadenza della concessione po'ntificia, la possibilit� per la S.A.M. di esercitare il pubblico servizio di adduzione e di distribuzione dell'acqua potabile, in riferimento al quale erano state concesse le utenze in parola, le concessioni avrebbero dovuto ritenersi estinte ipso jure per scadenza di termine implicito o perch� affette da illegittimit� sopravvenuta per sopravvenuta impossibilit� dello scopo, onde la validit� del decreto n. 4803/1, dichiarativo della detta estinzione e/o riconducibile ad una abrogazione o ad una rimozione, figure entrambe elaborate dalla dottrina. N� per ovviare agli inconvenienti derivati dalla perdita per la S.A.M. della possibilit� di prestare il servizio pubblico in argomento, tanto pi� in presenza della volont� manifestata dal Comune di Roma di assumerlo in proprio -fatto questo dal quale il Tribunale erroneamente avrebbe ritenuto di poter prescindere in relazione alla pendenza di un giudizio sulla validit� della delibera mentre avrebbe, semmai, dovuto sospendere il proprio giudizio in attesa della definizione di quello -si sarebbe potuto ricorrere, C<?me ipotizzato dal Tribunale Superiore, all'istituto della sottensione'-di utenza previsto dall'art. 45 t.u. delle leggi sulle acque pubbliche r.d. 11 dicembre 1933, n. 177,5, non essendo tale istituto suscettivo di applicazione nel caso concreto (motivi 2<> e 30 delle Amministrazioni statali, 2� del Comune). Anche queste censure sono infondate. (1) Con questa decisione le Sezioni Unite confermano il principio affermato dal Tribunale Superiore delle acque nella sentenza 4 giugno 1969, n. 19 che formava oggetto di impugnazione (vedila in Foro amm. 1969, I, 1, 275), il quale aveva sostenuto che � si ha estinzione automatica e senza indennizzo della utenza di acqua pubblica solo quando si verifichino mutazioni attinenti all'oggetto' della concessione -determinate o da eventi naturali o dalla esecuzione di opere idrauliche rese necessarie da ragioni di pubblico interesse -tali da derivarne la impossibilit� materiale, permanente ed assoluta di un ulteriore esercizio dell'utenza, non solo da parte dell'attuale titolare ma anche da parte di terzi �. Nello stesso senso, e cio� sulla netta distinzione tra concessione del servizio di acquedotto e concessione dell'uso dell'acqua pubblica lo stesso Tribunale Supremo si era pronunziato con la decisione 7 luglio 1961, n. 9 (in� Acque, bonifiche e costr. 1962, 61). In generale sulla cessazione della concessione; v. PERNIGOTTI, Acque pubbliche, in Enc. dir., vol. I, 425 segg.; M1ccoLI, Le acque pubbliche, Torino 1958, 210 segg. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 866 Ha ritenuto il Tribunale Superiore che il provvedimento era illegittimo per eccesso di potere perch� era inesatto il presupposto che lo esercizio delle utenze, pur concesse in vista dell'approvvigionamento idrico della citt� di Roma, fosse divenuto assolutamente impossibile: ci� in quanto, tale impossibilit� non era determinata n� dall'intervenuta devoluzione al Comune degli impianti di distribuzione (restava alla S.A.M. la possibilit� di ott�nere dal Comune stesso il rinnovo della scaduta concessione di distribuzione dell'acqua potabile, o il costo della rete idrica cittadina o la concessione di suolo urbano per la posa in opera e la gestione di un proprio acquedotto) n� dalla assunzione da parte del Comune della gestione del servizio (a prescindere dal fatto che ,la 'legittimit� della deliberazione era ancora sub judice, essendo stata la deliberazione parzialmente annullata dal Consiglio di Stato con decisione impugnata per difetto di giurisdizione, in ogni caso alla S.A.M. restava il diritto ad un compenso�per la cessione delle utenze al Comune ex art. 20 t.u. n. 1775 del 1933, e in mancanza di accordo, a un indennizzo per la sottensione delle utenze ex art..45 t.u. e, comunque per l'utilizzazione delle sue acque). Ha ritenuto altres� che il provvedimento era illegittimo anche per violazione di legge in quanto l'asserita impos sibilit� di esercizio non era causa di estinzione ipso jure delle utenze (tal.i cause sono tassativamente determinate dalla legge) ma, semmai, rappresentav� il presupposto per un provvedimento di revoca per sot tensione. In realt� la sentenza, come si � sopra cennato, ha preso le mosse dalla distinzione concettuale e normativa fra provvedimenti che attengono al servizio pubblico di approvvigionamento idrico dell'abitato e di distribuzione dell'acqua potabile (gestione dell'acquedotto e della rete di distribuzione) e provvedimenti che attengono alla utenza di acqua pubblica (concessioni dell'uso di questa come bene demaniale). E tale distinzione (fatta propria dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite: cfr. 846/66) � da ritenere esatta, perch� gli uni hanno rispetto agli altri una rilevanza meramente strumentale. Dalla detta distinzione ha argo mentato che anche quando, come nel caso, l'utenza sia data� con :;;peci fico riferimento ad un pubblico servizio di adduzione e distribuzione dell'acqua, la sopravvivenza nel diritto dell'utente non trova ostacolo nella perdita, da parte dell'utente che di quel servizio fosse origina riamente investito, della possibilit� di esercitare il servizio stesso, e cio� degli strumenti giuridici e degli strumenti materiali (diversi dall'acqua di cui egli dispone quale utente) necessari per esercitarlo, n� nella stessa legittima assunzione del servizio da parte di altro soggetto (non ha avuto peso sulla decisione del Tribunale la eventualit�, che tale assun zione fosse addirittura illegittima, onde l'irrilevanza della censura atti nente alla mancata sospensione del giudizio in attesa dell'esito del ri corso a queste Sezioni Unite contro la decisione in proposito del Consi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE glio di St~to). E ci� in quanto l'utenza pu� attuarsi quanto meno come diritto al valore economico dell'uso che ne � oggetto. Il Tribunale non si � dissimulato la particolarit� della situazione, quasi di stallo sul piano operativo, che pu� determinarsi in casi del genere tra il soggetto che sia titolare dell'utenza pubblica e quello investito del servizio. Ma ha giustamente ritenuto che si tratta non gi� di incompatibilit� fra due posizioni giuridiche, bensi di mere difficol>t� pratiche, le quali possono essere superate attraverso concordati atti di disposizione ovvero attraverso provvedimenti autoritativi che operino all'interno dei rispettivi rapporti (la sottensione, ad esempio, cui ha fatto riferimento al Tribunale superiore, � disposta proprio in riferimento a situazioni di incompatibilit� tecnica, cio� di difficolt� pratica altrimenti insuperabile) ma con salvezza, anche nella seconda ipotesi, di un'indennit� a favore del titolare dell'utenza. Sotto questo aspetto certo pu� accadere che il diritto di utenza finisca per concretarsi nel diritto al valore economico dell'uso che ne � oggetto. Ma da questo almeno non si pu� prescindere. Non si pu�, cio�, -sotto l'aspetto dell'accertamento di una incompatibilit� giuridica e di una conseguente estinzione ipso jure entrambe inesistenti -sopprimere puramente e semplicemente, senza indennizzo, l'utenza, che � concessa (cfr. sent. di queste Sezioni unite n. 846/66 sopratutto nell'interesse del concessionario e che proprio per questo si estingue, o si comprime, salvi i casi di scadenza del" termine, di rinunzia, di decadenza, di cause naturali che ne rendano definitivamente impossibile l'esercizio, solo se venga a trovarsi in contrasto con un interesse pubblico inerente al regime delle acque, ma in tal caso con indennizzo (arg. art. 48, comma 3� t.u., art. 47, art. 45 t.u., disposizione quest'ultima che parla, significativamente, di commisurazione dell'indennizzo al valore economico dell'utenza). � dunque evidente pnsostenibilit� della tesi posta a base delle censure, tesi ancorata appunto alla supposta carenza di vitalit� di una utenza concessa in rifez:imento alla prestazione.di servizio pubblico mediante la stessa acqua, quando il servizio sia cessato ed alla supposta incompatibilit� giuridica fra sopravvivenza dell'utenza e prestazione del servizio da parte di altro soggetto, ed alla asserita estinzione ipso jure della concessione di utenza nelle cennate ipotesi, anche l� dove prospetta la sottoposizione della concessione di utenza, nelle ipotesi stesse. ad un termine implicito. E ci� a prescindere dalla inconferenza del richiamo alle figure dell'abrogazione e della rimozione del provvedimento amministrativo, cos� come risultano dalla elaborazione della dottrina (in particolare non � appropriato il richiamo alla abrogazione sia perch� questa non importa pronuncia dichiarativa di incompatibilit� giuridica e di estinzione ipso jure, ma pronuncia costitutiva per valutazione di opportunit�, sia perch� nelle cennate ipotesi la valutazione della opportunit� di porre fine ad una utenza precedente per far posto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ad un'altra tecnicamente incompatibile con la prima ha una sua specifica disciplina nell'istituto della sottensione; n� � appropriato il richiamo alla rimozione, che si riferisce a sopravvenuta carenza dei requisiti, alla cui esistenza e permanenza la legge espressamente subordina l'emanazione di un provvedimento). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 ottobre 1974, n. 2971 -Pres. Pece -Est. Miele -P. M. De Marco (conf.) -Corradi (avv. Menghini) c. Ministero Finanze (avv. Stato Corsini). Procedimento civile � Sospensione dei termini � Notifica di sentenza in periodo feriale � Decorrenza computo del termine per impugnare. (cod. proc. civ., a:r:tt. 155 e 326; 1. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1). Qualora la notifica deHa sentenza avvenga durante il periodo di sospensione feriale, a mente dell'art. 1 legge 7 ottobre 1969 n. 742 il termine per l'impugnazione decorre dal 16 settembre, ma il co:mputo del termine va fatto dal giorno successivo (17), secondo l'art. 155 cod~ proc. civ. (1). (1) Con la decisione in esame la S.C. ha preso pos1z10ne -per la prima volta per quanto consta -in senso chiaramente liberale in ordine al computo del termine stabilito per l'impugnazione delle sentenze notificate nel corso del periodo di sospensione feriale (principio che sembra estensibile anche al termine di decadenza annuale previsto dall'art. 327 cod. proc. civ.) fissando il principio cli.e non si deve tener conto del giorno iniziale (16 settembre). A tale conclusione la S.C. � giunta osservando che altro � la decorrenza del termine, altro � il computo del medesimo. E poich� l'art. 1 I. n. 742 del 1969 usa l'espressione � decorrere � la S.C. ne ha dedotto che ai fini del computo debba farsi riferimento aWarticolo 155 cod. civ., con la ulteriore conseguenza che il giorno iniziale (16 settembre appunto) non COIY1�putatur in termine. Anche se � auspicabile -secondo_un antico insegnamento -che tale soluzione si consolidi, la conclusione accolta suscita qualche perplessit�. Se la lettera della norma fosse stata esaminata tenendo conto della sua ratio che � chiaramente quella di contemplare l'esigenza del-riposo feriale dei legali con la certezza delle situazioni giuridiche (v. sul punto PICARDI, in Commentario al codice di procedura civile diretto da Allorio, Torino s.d., ed. 1973, rp. 1562 segg. ove !richiami), sembra difficile escludere che quando la legge ha stabilito che �ove il decorso (del termine) abbia inizio durante il periodo di sospensione l'inizio stesso � differito alla fine di detto periodo � abbia inteso anche fissare autonomamente rispetto, all'art. 155 cod. civ., l'inizio del computo del termine decadenziale, facendolo coincidere con' la fine del periodo di sospensione. A.R. ~~ ,, i: I Il SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 20 maggio 1975, n. 4 (ordinanza) - Pres. Vetrano -Rel. Pignataro -Est. Imperatrice -Ventura (avv. Martinez) c. Prefetto di Calta.nissetta (avv. St. Mataloni) e Comune di Gela (n.c.). Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana � Composizione � Conferma di componenti laici -Discrezionalit� della Giunta regionale� Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto con gli artt. 101 e 108 Cost. � Noli manifesta infondatezza. Giustizia amministrativa -Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana � Composizione � Conferma di componenti laici -Discrezionalit� della Giunta regionale� Art. 3 secondo comma D.L.vo n. 654 del 1948 Contrasto con l'art. 100 Cost. -Non manifesta infondatezza. Giustizia amministrativa � Consiglio giustizia amministrativa Regione siciliana � Decisioni � Appello � Limite � Art. 5 terzo comma D.L.vo n. 654 del 1948 -Contrasto con gli artt. 3, 24, 113 e 125 Cost. -Non manifesta infondatezza. Il sistema secondo cui alc�ni dei membri di un organo giurisdizionale amministrativo vengono designati temporaneamente da un organo politico, con possibilit� di influire sui medesimi, per essere attribuito a quest'ultimo organo il potere di riconfermarli o meno nella carica alla scadenza ,predeterminata del mandato, non sembra compatibile con i principi costituzionalmente garantiti dell'indipendenza e dell'imparzialit� del giudice; pertanto, non � man�festamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, per contrasto con gli artt. 101 secondo comma e 108 secondo comma Cost., dell'art. 3 secondo comma d.l.vo 6 maggio 1948,-n. 654, in base al quale la riconferma dei membri uscenti del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per il successivo quadriennio � rimessa alla discrezionale valutazione della Giunta 1�egionale (1). (1-3) Cfr., IV Sez. 4 dicembre 1974 n. 897, Il Consiglio di Stato 1974, I, 1589, con giurisprudenza costituzionale ivi richiamata in nota. 870 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'art. 1 d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654, configura il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana come una Sezione del Consiglio di Stato e gli attribuisce le funzioni consultive e giurisdizionali proprie di quest'ultima, talch� nei suoi confronti opera la stessa costituzionale garanzia di indipendenza, dell'Istituto e dei suoi componenti, nei confronti dell'organo di governo regionale, a cui � attribuita la designazione di una parte di costoro; pertanto, non � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, per contrasto con l'art. 100 terzo comma Cost. in relazione all'art. 23 primo e secondo comma dello Statuto per la Regione siciliana approvato con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella l. 26 febbraio 1948, n. 2, dell'art. 3 secondo comma d.l.vo n. 654 del 1948 cit., in base al quale la riconferma dei membri uscenti del Consiglio di giustizia amministrativa per il successivo quadriennio � rimessa alla discrezionale valutazione, della Giunta regionale (2). L'art. 5 terzo comma d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654 (che prevede, per le decisioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sulle impugnative di atti e provvedimenti delle Autorit� amministrative dello Stato, il ricorso all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato) ha stabilito il doppio gmdo di giurisdizione soltanto per un cer.to tipo di controversie localizzate nella Regione siciliana, mentre in tutto il rimanente territorio dello Stato -fino al momento della scadenza del terzo mese dalla data di insediamento dei Tribunali amministrativi regionali, a norma dell'art. 38 l. 6 dicembre 1971, n. 1034 -lo stesso tipo di controversie ha avuto una giurisdizione in unico grado; pertanto, non � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della ricordata norma, in relazione agli artt. 3, 24, 113 secondo comma e 125 secondo comma Cost. e all'art. 23 primo comma dello Statuto della Regione siciliana approvato con r.d.l.vo 15 maggio 1946, n. 455, ,convertito nella l. cost: 26 febbraio 1948, n. 2 (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 13 maggio 1975, n. 501 -Pres. De Capua -Est. Pignataro -Comune di Brindisi (avv. Guarino) c. Prefetto di Brindisi e Ges.Ca.L. (avv. St. Mataloni). Comune -Autorizzazione a stare in giudizio -Deliberazione urgente della Giunta municipale -Mancanza di approvazione � Inefficacia. Le deliberazioni del Consiglio comunale e quelle della Giunta municipale adottate con i poteri del Consiglio in via di urgenza, che siano soggette per legge a speciale approvazione, divengono efficaci con l'ema PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 871 nazione del provvedimento positivo da parte dell'organo designato ad approvarle; pertanto, � inefficace, e come tale inidonea a costituire un valido rapporto processuale, la dichiarazione di volont� contenuta in una deliberazione adottata in via d'urgenza dalla Giunta municipale ed aven te per oggetto una lite attiva (nella specie, ricorso al Consiglio di Stato contro decreto prefettizio di esproprio), ove la stessa non risulti sotto posta all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa, ricor rendo i presupposti di cui all'art. 6 l. 9 giugno 1947, n. 530, (sostitutivo dell'art. 99 t.u. 3 marzo 1934, n. 383) (1). (1) Nella motivazione la sezione ha precisato che la legge n. 520 del 9 giugno 1947 ha introdotto nel sistema delle norme regolanti le deliberazioni adottate dagli organi dei Comuni alcune innovazioni, che qui � necessario richiamare. Innanzi tutto, per effetto dell'art. 3 della legge, le deliberazioni dei . Consigli comunali e delle Gil,mte municipali si distinguono in deliberazioni soggette e deliberazioni non soggette a speciale approvazione. Le deliberazioni soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate (quelle del Consiglio comunale almeno per estratto contenente la parte motiva e l'integrale parte dispositiva) mediante affissione nell'albo pretorio nel .primo giorno festivo successivo alla loro data (art. 21 della legge ,citata). Per vero, si � dtscusso se dovesseil'o essere in tal guisa pubblicate anche le delibeirazioni sogigette a speciale approvazione adottate dalla giunta municipale. Ma � :prevalsa, come la pi� logica e la pi� coerente al sistema, l'opinione dell'obbligo di detta pubblicazione. Comunque, � stato universalmente ritenuto, per ovvie ragioni di connessione analogica, che dovessero essere pubblicate nella forma suddetta le deliberazion{ della Giunta municipale adottate in via d'urgenza coi poteri del Consiglio. Le deliberazioni, invece, del Consiglio e della Giunta municipale non soggette a speciale approvazione devono essere pubblicate nell'albo pretorio per quindici giorni consecutivi e devono essere inviate al Prefetto entro otto giorni dalla data di loro adozione (art. 3 stessa legge). Le deliberazioni soggette a speciale approvazione divengono efficaci con l'emanazione del provvedimento positivo da parte dell'organo deputato dalla legge ad approvarle. Le deliberazioni non soggette a speciale approvazione, se sono state 'inviate entro gli otto giorni dalla loro data al Prefetto (in caso contrario, infatti,� s'intendono decadute), divengono esecutive dopo la pubblicazione nell'albo pretorio per quindici giorni consecutivi, sempre che il prefetto non le annulli (art. 3). Tra le deliberazioni soggette a speciale approvazione � pacifico debbano annoverarsi quelle per le quali � richiesta, per espresse disposizioni di legge, l'approvazione della Giunta provinciale amministrativa. La necessit� di tale approvazione � graduata in rapporto alla popolazione ed al rango del Comune (v. artt. 5, 6, 7 e 8 della legge citata, che sostituiscono rispettivamente gli artt. 98, 99, 100 e 101 del T.U. 3 marzo 1934 n. 383). 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 516� (ordinanza - Pres. De Capua -Est.' Vaiano -Attanasio ed altri (avv.ti Panuccio e Selvaggi) c. Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv.ti Nicol� e Sorrentino); Lucisano ed altri (avv. Silvestri), De Riso ed altri 1(avv.ti Panuccio e Selvaggi) c. Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino), Presidente Consiglio dei ministri e Ministero lavori pubblici (avv. St. Mataloni); Lucisano (:)d altri (avv. Silvestri) c. Prefetto di Reggio Calabria (avv. St. Mataloni); Scopelliti ed altri (avv.ti Aragona e For ,nario C.) c. Presidente Consiglio dei ministri, Ministero lavori pubblici e Prefetto di Bologna (avv. St. Mataloni) e Consorzio nucleo industrializzazione di Reggio Calabria (avv. Sorrentino). Piano regolatore -Piano di sviluppo industriale -Industrializzazione del Mezzogiorno -Piano ex T.U. n. 1523 del 1967 -Duplicit� di effetti Individuazione. Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale -Vincolo di aree senza indennizzo -Art. 147 primo e ultimo comma T.U. n. 1523 del 1967 Contrasto con l'art. 42 Cost. -Non manifesta infondatezza. Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Mezzogiorno -Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale -Indennizzo -Pagamento -Tempo -Art. 147 quarto comma T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Mezzogiorno Industrializzazione -Piano di sviluppo industriale ~ Omessa specificazione delle. opere per cui si dichiara l'urgenza -Art. 147 primo comma T.U. n. 1523 del 1967 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. I piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, di cui al t.u. 30 giugno 1967, n. 1523 per l'industrializzazione del Mezzogiorno, hanno una duplice produttivit� di effetti, in quanto da una part? obbligano i Comuni interessati all'osservanza delle loro previsione e dall'altra incidono direttamente sugli interessi dei privati attraverso la imposizione di vincoli di destinazione alle aree di loro propriet� (1). Non � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo ed ultimo com (1-4) V. anche IV Sez. 14 dicembre 1971 n. 1165, in Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2366. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 873 ma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, che prevede l'imposizione di vincoli di destinazione sulle aree private interessate dal piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale senza la previsione di un indennizzo e di un limite temporale di efficacia del vincolo imposto (2). L'art. 147 quarto comma t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, secondo cui il pagamento dell'indennit� per l'espropriazione di aree private vinco late in forza del piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale � ordinato dal Prefetto dopo la pubblicazione degli elenchi dei beni da espropriare, non rende incerta la corresponsione dell'indennizzo e non viola pertanto l'art. 42 Cost., in quanto:..__ indipendentemente dalla considerazione che, con la pubblicazione degli elenchi, non si � ancora verificato l'effetto ablativo al quale � connessa la necessit� dell'indennizzo -il principio costituzionale non comprende anche la garanzia che, di fatto, avvenga il pagamento dell'indennit�; pertanto, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 147 quarto comma t.u. cit., in relazione alla ricordata norma costituzionale (3). La circostanza che la dichiarazione di pubblica utilit� ex lege abbia bisogno di un intervento dell'Amministrazione, che individui concretamente dapprima le iniziative e quindi le aree necessarie per la loro attuazione, non importa che questa attivit� debba essere considerata arbitraria, trattandosi al contrario di attivit� certamente discrezionale e Zar-� gamente tecnica, complementare rispetto alla previsione legislativa della pubblica utilit� dell'opera pubblica; che costituisce responsabile esercizio della funzione amministrativa regolata dai criteri previsti dall'art. 97 Cast.; pertanto, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale, in relazione all'art. 42 Cost., dell'art. 147 primo comma t.y,. 30 giugno 1967, n. 1523, per l'industrializzazione del Mezzogiorno, che non specifica le opere per le quali viene dichiarata la pubblica utilit�, l'urgenza e l'indifferibilit�, concretamente individuate dal Consorzio per il nucleo di industrializzazione (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 maggio 1975, n. 517 -Pres. Uccellatore -Est. Benvenuto -Del Buono (avv. Paoletti) c. Ministero Finanze (a'VV. Stato Siconolfi). Demanio e patrimonio � Uso dei beni � Beni immobili assegnati a servizio governativo � Concessione in uso al Ministero da cui dipende il servizio � Conseguenza � Provvedimenti relativi al bene cos� concesso � Competenza del Ministero concessionario � Provvedimenti del solo Ministero finanze -Illegittimit�. 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Demanio e patrimonio -Uso dei beni -Beni immobili assegnati a servizio governativo -Dismissione -Sospensione temporanea dell'applicazione al servizio -Non implica dismissione. Ai sensi dell'art. 1 secondo comma r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, i beni immobili assegnati ad un servizio governativo si intendono concessi in uso gratuito al Ministero da cui il servizio dipende, sono da esso amministrati e passano all'Amministrazione delle finanze non appena cessa tale uso; pertanto, illegittimamente i provvedimenti di sospensione dei lavori compiuti da un privato concessionario su un terreno assegnatogli dall'Amministrazione militare e di diffida a ripristinare lo stato dei luoghi sono adottati dal Ministero delle finanze e non pure dall' Amministrazione militare, in capo alla quale il potere di amministrazione e i provvedimenti di autotutela amministrativa perdurano fino a quando non si verifichi la cessazione deWuso del bene assegnatole (1). La mancanza di interesse al mantenimento della destinazione di un bene al servizio governativo deve -perch� possa ritenersi avverata la cessazione di tale destinazione -essere a carattere definitivo, non essendo sufficiente la sospensione, anche per un non breve lasso di tempo, dell'applicazione effettiva del bene allo svolgimento del servizio, quando persista la destinazione potenziale al servizio stesso; pertanto, la dichiarazione dell'Amministrazione di essere disposta ad assentire, per un lasso di tempo anche non breve, la concessione ad un privato di una porzione del bene di cui essa � assegnataria in uso non costituisce manifestazione della determinazione di dismettere l'uso della detta porzione, quando tale dichiarazione sia accompagnata da espressioni che lasciano inequivocabilmente trapelare l'intento di conservare la destinazione di quella parte all'uso governativo origina1�io (2). (1-2) In tal senso � costante la giurisprudenza Cass. 4 marzo 1969 n. 697, Giust. civ. Rep., 1968, voce Demanio, n. 39. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 27 maggio 1975, n. 537 -Pres. (ff.) Benvenuto,_ Est. Ri�cio -Dolci ed altra (avv.ti Moschella e Nanni) c. Prefetto di Pescara e Ministero lavori pubblici (avv. St. Ricci), Albini ed altro (n.c.) e Istituto autonomo case popolari di Pescara (avv.ti De Matteis, Ledda e Irti). Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o no -Edilizia popolare ed economica -Piano edilizia popolare -Appro� vazione � Impugnabilit� immediata -Censure proposte in sede di ricorso contro occupazione delle aree � Inammissibilit�. Espropriazione per pubblica utilit� � Occupazione d'urgenza � Decreto di occupazione � Contenuto � Prefissione dei termini per l'espropriazione � Non occorre. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 875 Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -E�lilizia po polare ed economica -Occupazione di area vincolata dal p.e.e.p. -� atto dovuto -Scelta dell'area -Discrezionalit� del Prefetto -Esclu sione. Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Indennit� Omessa indicazione nel decreto di occupazione -Irrilevanza. Il decreto col quale il Provveditore alle opere pubbliche o il Ministro per i lavori pubblici approva il piano delle zone da destinare alla edilizia economica e popolare � autonomamente impugnabile rispetto al provvedimento prefettizio di occupazione degli immobili, in quanto immediatamente lesivo di posizioni soggettive; pertanto, sono inammissibili le censure contro il predetto piano ed i suoi presupposti dedotte in sede di impugnativa del decreto prefetti7io di occupazione delle aree (1). Il provvedimento di occupazione di immobili (nella specie, compresi nel piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare) non contiene alcuna valutazione sulla pubblica utilit� dell'opera, ma ha come suo presupposto la declaratoria, espressa o implicita, di indifferibilit� ed urgenza dei lavori da compiere; pertanto, tale provvedimento non deve contenere la prefi,ssione dei termini per la successiva espropriazione (2). Nell'ambito dell'area vincolata dal piano per l'edilizia economica e popolare, rispetto alla scelta dei beni da espropriare (impugnabile ex se), il provvedimento di occupazione d'urgenza, preordinato all'espropriazione, si presenta come atto dovuto; pertanto, in sede di emanazione di tale provvedimento, il Prefetto non ha alcuna discrezionalit� nell'individuazione dei beni da sottoporre ad occupazione. � legittimo il provvedimento di occupazione d'urgenza di un immobile che non contenga la determinazione dell'indennit�, potendo questa essere dete1�minata successivamente (3). (1-3) Cfr. IV Sez. 21 aprile 1970 n. 308, in Il Consiglio di Stato 1970, I, 609, fra le tante, IV Sez. 13 giugno 1972 n. 521, ivi, 1972, I, 914. Cfr. IV Sez. 19 dicembre 1972 n. 1283 e 24 maggio 1970 n. 209, ivi, 1972, I, 2154; 1970, I, 411. CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 9 maggio 1975, n. 173 -Pres. Daniele Est. Dato -Berardelli (avv.ti Tonna ed Inglese) c. Istituto postelefrafonici (avv. Stato Onufrio). Impiego pubblico -Norme applicabili -Statuto dei lavoratori -Applicazione limitata -Ratio; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 876 Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� � Misura � Riferimento alle qualifiche formali � Funzioni superiori � Irrilevanza -Ratio. L'art. 37 l. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), nel prevedere che le disposizioni della legge stessa si � applicano altres� ai rapporti d'imp{ego dei dipendenti degli altri Enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da� norme speciali�, pone un'eccezione all'applicabilit� dezla legge non per fare ai dipendenti degli �altri Enti pub~lici � un trattamento deteriore rispetto a quello degli altri lavoratori, ma in considerazione del fatto che gli istituti che presiedono al rapporto del pubblico impiego offrono indubbiamente maggiori garanzie e pi� efficace tutela che non il rapporto di lavoro privato (1). In materia di pubblico impiego il trattamento economico � ancorato alle qualifiche formali, poich� � interesse pubblico che tale trattamento sia destinato solo a coloro ai quali siano conferite le qualifiche con la garanzia prevista dalle leggi o dalle altre norme che disciplinano la materia; � evidente, infatti, che se l'Amministrazione potesse, con l'assegnazione a funzioni superiori di un suo dipendente, attribuirgli per questo solo fatto il trattamento economico della qualifica superiore, ne resterebbero violati i diritti degli altri dipendenti e i principt di limitazione delle spese e degli organici, con vanificazione della funzione dell'Amministrazione vigilante (2). (1-2) In tal senso la giurisprudenza � costante; v. di recente Cass., in questljl Rassegna 1974, I. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 maggio 1975, n. 2007 -Pres. leardi -Est. Valore -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Elicotteri Meridionali (avv. Elefante). Imposta sulJe societ� . Esenzione per l'industrializzazione del Mezzogiorno � Costituzione di societ� operante nel territorio del Mezzogiorno . ma con sede legale al di fuori � Compete. (I. 26 giugno 1965, n. 717, art. 14). L'agevolazione dell'art. 14 della legge 26 giugno 1965, n. 717, si applica alle societd che si costituiscono con sede nel territorio del Mezzogiorno, intendendo per �sede� la sede operativa (stabilimento) e non la sede legale che pu� anche trovarsi al di fuori del territorio agevolato (1). (Omissis). -Ci� premesso, va per� rilevato che, anche se tempestivo, il ricorso dell'Amministrazione non ha fondamento. Con esso si deduce la violazione del citato art. 14 della legge n. 717 del 1965, lamentando che la decisione impugnata avrebbe erroneamente accordato l'esenzione dell'imposta sulla societ� alla Elicotteri Meridionali, pur non avendo questa, al momento di entrata in vigore della legge suddetta, la sede nei territori agevolati, ma in Roma (sede che fu spostata a Frosinone, ove sorse lo stabilimento solo nel dicembre 1965). (1) La decisione non pu� essere condivisa. La norma � del tutto univoca nel collegare l'agevolazione, oltre allo scopo della realizzazione di nuove iniziative produttive, alla costituzione con sede nel territorio del mezzogiorno; e la sede ove la societ� si costituisce non rpu� essere che la sede legale, giacch� in questo momento non esistono (o� possono non esistere) le sedi operative che possono essere molteplici. L'agevolazione in esame non riguarda la singola installazione produttiva, che pu� essere oggettivamente individuata e delimitata; ma il soggetto unitariamente considerato; l'imposta sulle societ�, che � riferita ad un bilancio unico e investe il soggetto nella sua totalit�, non pu� non esigere ai fini della esenzione che la sede legale (anch'essa rilevante ai fini della rinascita del Mezzogiorno) sia ubicata nel Mezzogiorno. Peraltro i presupposti della esenzione vanno ricercati essenzialmente nell'atto costitutivo, s� che la verifica ex post (non sempre agevole) dello svolgimento dell'attivit� produttiva nell'ambito del Mezzogiorno non pu� bastare ad assicurare lo scopo della legge di legare indissolubilmente al � fattore territorio � tutta la struttura e la produttivit� della societ�. 7 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Secondo la ricorrente infatti, la norma suddetta porrebbe come condizione inderogabile per la concessione del beneficio, che la sede legale si trovasse gi� nei territori agevolati, a nulla rilevando la sussistenza di tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge medesima. Dispone testualmente il citato art. 14: �Le societ� che si costituiscono con sede nei territori indicati all'art. 3 della legge 10 agosto 1950, n. 646, e successive modificazioni ed integrazioni, per la realizzazione di nuove iniziative produttive nei territori stessi, sono esenti, per 10 anni dalla loro costituzione, dalla imposta sulle societ� di cui al Titolo VII del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645 >>. �Per le societ� gi� costituite o aventi sede nei predetti territori ed aventi le finalit�. indicate nel precedente comma, l'esenzione si applica per i soli anni del decennio dalla Costituzione successivi al 31 dicembre dell'anno di entrata in vigore della presente legge�. Orbe�ne questa Corte � d'avviso che, pur attraverso la assai poco felice formulazione del secondo comma dell'articolo in questione, sia agevolmente desumibile la ratio legis. La tesi della ricorrente, secondo cui la norma in esame sarebbe dettata per venire incontro anche a quelle societ� che, precedentemente costituite al di fuori dei territori agevolati, avessero spostato la loro sede legale nei territori stessi anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 717 del 1965, � palesemente inaccoglibile, sia perch� non trova fondamento alcuno nel testo della legge medesima, sia perch�, ,se l'intento del legislatore fosse stato quello indicato dalla ricorrente, la formulazione sarebbe stata diversa. La formulazione della norma -che pone indubbiamente una alternativa -trova logica spiegazione se si� attribuisce al termine � sede � non il significato di �sede legale� ma di sede operativa, di centro in cui la societ� esplica la sua attivit�, di luogo in cui vengono realizzate le nuove iniziative produttive (stabilimento). Secondo tale int~rpretazione il beneficio va accordato sia alle societ� � gi� costituite ..... nei predetti territori� (e, si intende, aventi sede nei medesimi), sia alle societ� �aventi sede� in detti territori (anche se costituite altrove). Cos� interpretata, peraltro, la _norma in esame ben si inquadra nel sistema. Infatti, se � vero che, come afferma la ricorrente, quello della �sede� nei territori indicati � un requisito fondamentale ed indeclinabile di tutte�le agevolazioni attribuite in favore dell'industrializzazione del Mezzogiorno, non solo di carattere fiscale, ma anche tutte quelle incentive all'industrializzazione, � altres� innegabile che, dall'esame delle varie norme che sanciscono le provvidenze adottate dal legislatore al fine di avviare a soluzione il problema del Mezzogiorno -e cio� del massiccio esodo di cospicue forze lavorative dalle zone economicamente PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA pi� deboli ed arretrate del Sud verso quelle pi� ricche e progredite del Nord o di altri Paesi stranieri -appare evidente che i benefici fiscali sono indissolubilmente legati al fattore �territorio�, nel senso che soltanto allora possono trovare applicazione quando risulta con assoluta certezza che la societ� che li invoca e che viene ammessa, opera nell'ambito territoriale tassativamente delimitato dalla legge, e cio� esplica in questo tutta intera la sua attivit� industriale, ivi realizzando in tal modo gli scopi sociali ed economici a tale attivit� connessi. Se, pertanto -'come pone in evidenza la resistente (e la Ammi~ istrazione non contesta) -esistevano tutti gli altri requisiti prescritti dalla legge, e cio� che la societ� si era costituita al solo scopo di impiantare uno stabilimento per la costruzione, riparazione e commercio di elicotteri sul territorio dell'Italia meridionale compreso nelle leggi agevolatrici, se risulta che detta societ� ha iniziato, fin dal 1963, a costruire in Frosinone detto stabilimento -(inaugurato poi nel 1967), che non gestisce altre attivit� e che ha gi� fruito degli altri benefici creditizi e fiscali previsti dalle varie leggi; se, cio�, la societ� medesima ha sempre operato ed opera esclusivamente nei territori suddetti, la decisione della Commissione centrale che ha riconosciuto il diritto all'agevoiazione, non appare censurabile, nessun rilievo potendo attribuirsi al fatto che la sede legale della societ� sia stata spostata da Roma a Frosinone pochi mesi dopo l'entrata in vigore della citata legge del 1965. � appena il caso di accennare, infine che, in aderenza a quanto disposto dal secondo comma del citato art. 14, l'esenzione dall'imposta per 10 anni � stata riconosciuta dal 1� gennaio 1966 al marzo 1973, e cio� per gli anni residui dal decennio dalla costituzione (11 marzo 1963) successivi al 31 dicembre 1965, quando cio� la sede legale della societ� era stata gi� trasferita a Frosinone. Talch� appare evidente come, anche ad adottare una diversa interpre,tazione della norma in questione, in nessun caso il beneficio, entro questi limiti, potesse essere negato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2040 -Pres. Rossi -Est. Giuliano -P. M. Mililotti (conf.) -Casassa c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere � Imposte dirette � Azione in sede ordinaria . Precedente decisione di commissione � Duplicazione dei ruoli . � necessaria. , (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645; art. 188),, Il divieto di adire il giudice ordinario prima della decisione definitiva della Commissione almeno in un grado, posto per le imposte 880 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dirette dall'art. 22 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, ha valore generale per tutte le controversie ed anche per quelle che concernono duplicazione di iscrizione nei ruoli (1). (1) Decisione esattissima che riconferma l'orientaD)ento rigoristico, recentemente ribadito (Cass. 21 ottobre 1974 n. 2970, in questa Rassegna, 1974, I, 1456 e precedenti ivi richiamati) per l'esclusione sotto ogni forma della proponibilit� immediata in sede ordinaria di qualunque domanda concernente il debito di imposta. Solo quando il diritto al rimborso sia stato riconosciuto dalla Amministrazione o definitivamente accertato con giudicato, la domanda (soggetta solo ai limiti temporali della prescrizione ordinaria; art. 8 legge 28 ottobre 1970 n. 801), non da luogo a una controversia di imposta (Cass. 11 giugno 1971, n. 1741, ivi, 1971, I, 1153). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2042 -Pres. Mirabelli -Est. Falletti -P. M. Minetti (conf.) -Pastore c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione � Testamento nullo � Sentenza pronunciata in con� traddittorio della Finanza � Necessit� inderogabile � Dichiarazione di falsit� di testamento contenuta in giudicato penale � Inopponibilit� alla Finanza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 6). Il principio fissato nell'art. 6 della legge sulle successioni della inopponibilit� alla Finanza della sentenza di annullamento di testamento non pronunziata in contraddittorio di essa � di generale applicazione e opera anche riguardo al giud,icato penale; in tal caso � sempre possibile far dichiarare ex .novo la falsit� del ~estamento in contraddittorio della Finanza, non essendo necessario il simultaneus processus (1). (1) Decisione di evidente esattezza. Sulla inderogabilit� della norma dell'art. 6 della legge sulle successioni v. Cass. 8 aprile 1965, n. 613, in questa Rassegna 1965, I, 388; sulla non necessit� del �simultaneus proce. ssus 9 novembre 1965, n. 2343 (ivi, 1292). Per l'analoga regola dell'inopponibilit� del giudicato in caso di evizione o spoglio v. Cass. 7 settembre 1970, n. 1243 (ivi, 1970, I, 863). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 881 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 maggio 1975, n. 2044 -Pres. Rossi Est. Santosuosso -P. M. Secco (conf.) -INAM (avv. Capaccioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Del Greco). Imposta di bollo � I.N.A.M. � Atti relativi a controversie riguardanti l'Isti� tuto � Esenzione limitata alle liti c.d. � previdenziali � � Azione di sur roga ex art. 1916 e.e. � Esclusione. (r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 109, 122 e 123; e.e. art. 1916). L'esenzione dall'imposta di bollo in favore deH'INAM prevista nell'art. 122 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827 concerne non tutti gli atti che interessano l'Istituto ma solo determinate categorie di atti di contenuto negoziale, mentre l'altra esenzione regolata n�ll'art. 109 riguarda gli atti processuali relativi alle controversie c.d. �previdenziali � fra le quali non rientrano le azioni di surroga ex art. 1916 e.e. che sono soggette al normale regime tributario (1). (Omissis). -L'I.N.A.M., premesso che, in un quadro normativo di generale agevolazione fiscale di cui godono gli istituti previdenziali, non � concepibile che siano stati espunti solo alcuni degli atti processuali posti in essere da detti istituti, ripropone in questa sede la tesi dell'applicazione dei benefici a tutti gli atti processuali, attraverso due soluzioni ermeneutiche, che formano rispettivamente oggetto del primo e del secondo motivo di ricorso; a) interpretare, cio�, l'art. 122 del r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, nel senso che qualsiasi giudizio promosso dall'ente previdenziale � inteso a realizzare i suoi fini istituzionali, ed in particolare l'azione di surroga ex art. 1916 cod. civ., che � appunto ordinata alla realizzazione di una entrata; b) subordinatamente interpretare l'art. 109, dello stesso r.d. in modo comprensivo di tutte le controversie che comunque servono all'Istituto per il conseg�imento dei suoi fini. L'esame della questione, che superi le prime impressioni, conduce al rigetto della tesi prospettata dall'Istituto ricorrente. Vanno anzitutto avanzate serie riserve sulla premessa di fondo da cui parte il ricorrente, non essendo pacifico che gli istituti previdenziali godano di una generale agevolazione fiscale. Basti considerare, in proposito, che il citato articolo 122, anzich� contenere una chiara formula omnicomprensiva, non solo elenca minutamente determinati atti ai quali pu� riconoscersi il beneficio, ma, anche quando fa riferimento generico ad altri atti, specifica due condizioni che devono ricorrere perch� ad essi si estenda l'agevolazione fiscale. Parimenti, l'altra norma in discussione (l'art. 109) contiene l'esplicita limitazione del beneficio agli atti ed ai provvedimenti relativi alle liti c.d. �previdenziali�, quelle cio� previste dal titolo quinto della legge medesima. (1) Decisione esatta di ineccepibile motivazione. 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una norma analoga a quest'ultima � stabilita dall'art. 364, n. 4, cod. proc. civ. a proposito dell'esonero degli istituti previdenziali dal l'obbligo del deposito per il caso di soccombenza. Per quanto, come � noto, questo onere non abbia carattere fiscale, il fatto che l'esonero da tale obbligo sia limitato alle controversie strettamente previdenziali, in forza del principio inclusio unius, esclusio alterius, sta a confermare la tendenza legislativa a previlegiare soltanto l'attivit� che abbia un de terminato oggetto (sia essa compiuta dall'istituto o dal privato), e non anche qualsiasi attivit� dell'istituto, sia pure condicente indirettamente alla realizzazione degli stessi fini. Svincolati, quindi, dalla suggestiqne della premessa fatta dal ricor rente, pu� affermarsi che dall'indagine condotta sulla specifica normativa della questione in esame emergono argomenti che fanno ritenere pi� attendibile la conclusione, secondo cui non sono esenti dalle tasse �l.i bollo gli atti relativi ai giudizi non qualificabili strettamente previ denziali. , Ed invero, tali atti, processuali non possono anzitutto ritenersi com presi nell'ambito dell'art. 122 cit., per queste considerazioni: a) l'elenco degli atti, documenti e contratti in esso contenuto � formulato in modo da essere piuttosto inteso con riferimento esclusivo agli atti negoziali; b) tanto pi� che la norma, inserita in un titolo diverso da quello ri guardante �ricorsi e controversie�, esige oltre alla condizione che gli atti occorrano al raggiungimento dei fini dell'istituto,' anche la concor renza di un'altra condizione, e cio� che essi siano espressione della �attivit� propria� dell'istituto; e) non pu� riconoscersi all'art. 122 una portata generale poich� la stessa norma, all'ultimo comma, rinvia alle esenzioni fiscali previste da altre leggi riguardanti le .assicurazioni so ciali; d) la legge sul bollo (oggi d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492) distin gue nettamente tra �atti civili � (n. 1 a 35 della tariffa), � atti ammi nistrativi � (nn. 36 a 42) e � atti avanti gli organi giurisdizionali � (mi. 43 a 47); e) se nell'agevolazione tributaria prevista dall'art. 122 fossero compresi' anche tutti gli atti processuali per qualsiasi lite riguar dante l'istituto, non si spiegherebbe perch� la stessa legge abbia ritenuto necessario introdurre la norma dell'art. 109; contenente la stessa agevo, lazione, ma limitatamente ad un particolare tipo di lite. N� si dica che quest'ultima norma sarebbe giustificata dall'esigenza di estendere l'agevolazione al prtvato, poich� anche l'art. 122 dichia;ra esenti da tasse gli atti occorrenti tanto all'Istituto � quanto ai privati per realizzare i benefici ad essi spettanti in base alle assicurazioni ge stite, dall'Istituto �. Una conferma decisiva, alla conclusione che il legislatore non abbia voluto esentare dalle tasse giudiziarie .tutte le controversie in cui sono parti gli istituti previdenziali, sl. trae dalla considerazione che la stessa f ..,..,..,,~~ ./ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA legge prevede, al successivo art. 123, che l'istit~to � ammesso al gratuito patrocinio, quando a suo favore concorra il fmnus boni iuris. Tale facolt�, invero,' � stata prevista, non tanto per offrire una difesa gratuita (posto che il secondo comma del citato articolo autorizza l'Istituto a servirsi del suo difensore, non officioso), quanto sopratutto per l'annotazione a debito delle tasse giudiziarie; e ci� ovviamente per quelle liti che esulano dalla disposizione di esenzione dalle tasse medesime, ex art. 109. Tale argomento vale anche per ritenere infondata la tesi, secondo cui l'esenzione delle tasse giudiziarie per tutte le liti riguardanti l'Istituto troverebbero la sua giustificazione normativa nell'art. 109 dello stesso r.d. n. 1827/1935. Questa norma del resto fa esplicito riferimento ai ricorsi ed alle controversie previste dal titolo quinto, e cio� alle liti strettamente previdenziali. Resta infine da escludere che fra queste ultime controversie possa annoverarsi anche quella cui d� luogo l'azione di surroga o di rivalsa esercitata dall'Istituto assicuratore nei confronti del terzo responsabile. � stato infatti gi� ritenuto da questa Corte che, anche in tema di assicurazioni sociali, la surrogazione legale dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile attua una forma di successione a titolo particolare in un diritto che non deriva dal contratto di assicurazione, al quale il responsabile � del tutto estraneo (sent. 370/67; 1065/65; 918/63; 1596/61). L'interpretazione delle menzionate norme non dissipa certo qualsiasi motivo di perplessit� sulla congruenza del sistema; ma essa fa indubbiamente propendere per la soluzione negativa alla tesi dell'Istituto; conclusion~ che va ancor pi� seguita per il rigore ermeneutico che si impone nell'applicazione di norme in tema di benefici tributari. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 giugno 1975, n. 2339 -Pres. Rosst Est. La Torre -P. M. Serio (conf.) -Tarabbo (avv. Rosati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di successione -Presunzion� per mobili denaro e gioielli -Prova contraria -Presunzioni semplici fondate su fatti emergenti da documenti appartenenti ai tipi tassativamente indicati dalla legge -AmInissibilit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31). Per vincere la presunzione di esistenza di mobili denaro e gioielli di cui all'art. 31 della legge sulle successioni � bens� necessario un atto del tipo di quem elencati nel secondo comma della stessa norma, ma 884 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questo, ove non fornisca la p1�ova diretta di un ammontare diverso da quello calcolato percentu~lmente, pu� essere integrato anche con presunzioni che in via derivativa dimostrino la certezza dell'esistenza di quel valore (applicazione all'ipotesi di una operazione di sconto, dichiarata dalla parte, conclusa pochissimo tempo p1�ima della morte dell'autore della successione) (1). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, gli eredi Tarabbo denunziano violazione ed errata applicazione dell'art. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in materia di imposta di successione, e dell'art. 2729 e 2697 e.e. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. La Corte di merito -essi deducono -ha ritenuto in tesi, che l'art. 31 della citata legge tributaria sulle successioni abbia posto in via suppletiva e sussidiaria, per favorire il fisco in ordine a determinati cespiti mobiliari, una presunzione iuris tantum, vincibile con prova contraria, non esclusa la presunzione semplice, e tale presunzione ha poi desunto, nella ipotesi, dal brevissimo lasso di tempo intercorso fra il compimento dell'operazione bancaria ed il decesso del Corinzio Tarabbo, tale da far ritenere che il netto ricavo della operazione non potesse non trovarsi nel patrimonio relitto dal de cuius. Ma -essi oppongono -� in primo luogo errato che la presunzione sia dettata unicamente in favore del fisco, laddove essa pu� essere invocata anche dal contribuente. E poi si tratta di una presunzione vincibile solo nei modi previsti dalla stessa norma, che testualmente si riferisce a ben determinati �atti o documenti .... che nel caso non esistono�. Sicch� a loro avviso, una volta dimostrata l'esistenza del debito, sarebbe gravato sull'Amministrazione l'onere di provare �la sussistenza del netto ricavo o delle attivit� corrispondenti �. Il ricorso non pu� essere accolto, perch� la sentenza impugnata, malgrado l'erroneit� in dirittO di alcune argomentazioni in essa svolte, � per� corretta nel dispositivo, che quindi, una volta emendata la motivazione ai sensi dell'art. 384 comma seeondo c.p.c., deve rimanere fermo. L'art. 31 della legge tributaria sulle successioni del 1923, fissata come regola generale, nel primo comma, la presunzione di esistenza nel (1) Non constano precedenti specifici. Sul princ1p10 affermato, si deve osservare che ben difficilmente pu� configurarsi l'ipotesi di una integrazione della prova documentale quando si voglia dimostrare un valore inferiore a quello percentualmente presunto, giacch� dagli inventari deve necessariamente risultare la prova diretta e completa; al contrario per la dimostrazione di un valore superiore, da atti o dichiarazioni delle parti possono emergere fatti che � attraverso una ulteriore valutazione logica derivativa � consentano di raggiungere una prova piena. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA l'asse ereditario di una certa quantit� di determinati cespiti, fra cui il denaro, stabilisce poi, al terzo comma, che �al cennato criterio presuntivo non si ricorre solamente quando da inventari� di determinati tipi �risulti un valore minore o, anche la inesistenza assoluta� dei cespiti mobiliari in parola, ovvero (quando) dagli stessi inventari o da atti o dichiarazioni delle parti risulti' un valore superiore�. Aggiunge, infine, al quarto comma che �in tali casi si ha riguardo al valore quale risulta da detti documenti�. La interpretazione delle ricorda<te disposizioni, avuto riguardo alla loro letteralit� ed alla loro sistematica, evidenziata anclae dalla sequenza della collocazione, induce a ritenere, da un lato, che la presunzione di esistenza dei cespiti � la regola, dettata non tanto in favore dell'una o dell'altra parte del rapporto tributario, quanto al fine di consentire ia standardizzata tassazione di determinati cespiti, altrimenti difficilmente accertabili nel �se� e nel �quanto�, a prescindere dalla eventualmente diversa realt� presente nell'asse; dall'altro, che tale regola subisce deroga unicamente nei casi tassativamente ( � soltanto quando .... � recita infatti la norma) fissati, e ci� peraltro in favore tanto del fisco, e quindi con lq. possibilit� dello accertamento di un valore reale superiore a quello determinabile presuntivamente, quanto del contribuente, e quindi con la possibilit� dell'accertamento di un valore reale inferiore. Il punto modale da chiarire, ai fini della decisione della causa, � quale siano i �casi� in cui la deroga � consentita. La legge come si � detto, si eprime nel senso che la presunzione � vinta � solamente quando � dai documenti menzionati � risulti � un valore reale diverso, maggiore o minore che sia. Ora � certo, per la rilevata tassativit�, della previsione normativa, che la presunzione non ammette prove contrarie diverse da quelle menzionate, onde rimangono escluse sia la generale riferibilit� ai mezzi di prova ammessi dal diritto comune, sia in particolare, l'indiscriminato ricorso alla presunzione semplice, affertn~ti, invece, dalla sentenza impugnata. Rimane il problema se nel pretendere che il diverso valore reale dei cespiti � risulti � dai documenti tipicamente stabiliti, la norma abbia riguardo soltanto ai casi in cui questi ne offrano la prova diretta, o si riferisca, invece, anche all'ipotesi in cui dal documento emergano direttamente � fatti e circostanze, da cui sia possibile desumere, attraverso una ulteriore valutazione logica derivativa, la certezza della esistenza di quel valore. L'alternativa va risolta nel secondo senso, sia perch�, sul piano letterale, la formula verbale usata � idonea ad esprimere una �risultanza � tanto storica, quanto logica; sia perch� il fine di certezza -circa l'esistenza nell'asse di un valore reale diverso da quello presunto -dalla 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO norma perseguito, nell'interesse, ripetesi, dell'una e dell'altr~ parte del rapporto tributario, � sufficientemente garantito dall'ancoramento tassativo della valutazione presuntiva a fatti e circostanze, la verit� storica dei quali sia acquisita attraverso le fonti probatorie selezionate, di cui la norma ammette la rilevanza fidefacente. Sicch� il. principio di diritto, cui la soluzione della causa deve ispirarsi, va precisato nel senso che, a termini dell'art. 31 r.d. 10 dicembre 1923, n. 3270, la presunzione legale -circa la presenza nell'asse ereditario, di una certa misura percentuale del suo valore netto, di determinati cespiti, fra cui il denaro, pu� essere vinta anche mediante presunzioni semplici, purch� fondate su fatti e circostanze, la cui certezza emerga da documenti, appartenenti ai tipi tassativamente indicati nella legge: in particolare, per quanto concerne la (prova della) esistenza di un valore maggiore, da inventari, redatti nei casi e nei modi prescritti, o �da atti o dichiarazioni delle parti�. Nella specie la Corte di merito, pur richiamandosi, in principio, a diversi, ed erronei criteri giuridici, ha per� tratto, in concreto, il proprio convincimento -circa l'esistenza nel patrimonio de de cuius, al momento d~lla di lui morte, della somma di denaro assoggettata ad imposta -da presunzioni fondate, con argomentazioni logiche congrue e comunque non assoggettate, di per s�, a critica in questa sede, sopra fatti e circostanze --:-quali la data della effettuazione della operazione di sconto� e quella della morte -direttamente emergenti dalle stesse dichiarazioni degli eredi. . Pertanto, precisatane la motivazione nel senso indicato, la sentenza impugnata si sottrae a censura. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1975, n. 2366 -Pres. leardi Est. Pascasio -P. M. Martinelli -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Candiani. Imposte e tasse in genere ~ Procedimento innanzi alle Commissioni -Applicabilit� delle norme del processo civile -Mezzi istruttori -Contraddittorio " Necessit�. (r.d: 8 luglio 1937, n. 1516, art. 27 e 41; c.p,c., art. 101 e 258). Innanzi alle Commissioni tributarie, sia del vecchio ordinamento che di quello vigente, vanno osservate le norme del processo civile che non siano espressamente escluse o strutturalmente incompatibili, e particolarmente quelle inerenti al contraddittorio; � pertanto illegittima l'as-� sunzione di mezzi di prova (nella specie sopraluogo e accertamento tecnico) che non sia stata preceduta da ordinanza, indicante il tempo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 887 il luogo e il modo dell'incombente, comunicata tempestivamente alle parti (1). (Omissis). -Con i due motivi del ricorso, denunciando la violazione degli artt. 27, 41 e 42 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516; lOil e '258 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., <si lamenta che la Commissione abbia disposto ed eseguito il sopraluogo e l'accertamento tecnico senza un provvedimento formale e senza il contraddittorio dell'Amministrazione; che la decisione difetta completamente di motivazione, essendosi limitata a fare un semplice e generico riferimento alla relazione di stima.� Tali censure sono entrambe fondate. Innanzi' le commissioni tributarie, per l'affermata loro natura di organi giurisdizionali, trovavano e trovano \lPPlicazione sia in base alle nprme vigenti al tempo in cui venne emanata la decisione impugnata, sia in virt� delle norme attualmente vigenti (r.d. del 1937 cit.; d.P.R. 26 ott. 1972, n. 636, art. 39), le disposizioni del codice di procedura civile: allora per applicazione analogica, ora per espresso richiamo, sia pure con talune, del pari espresse esclusioni, e sempre che non siano incompatibili con la struttura di tali procedimenti. Pertanto, al processo tributario in esame, in cui, per l'estensione ai giudizi di appello, fatta dall'art. 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, del procedimento stabilito dall'art. 27 dello stesso r.d. per i giudizi di primo grado, l'esecuzione del sopraluogo e della stima doveva essere disposta dalla Commissione con provvedimento che, ai sensi delle norm� processuali comuni ed in particolare della norma dell'art. 258 c.p.c., doveva assumere la forma dell'ordinanza indicante il tempo, il luogo ed il modo dell'incombente: ordinanza che avrebbe dovuto essere comunicata tempestivamente alle parti tutte per salvaguardare il principio del contradittorio statuito dall'art. 101 c.p.c., senza l'osservanza del quale il giudice non pu� statuire sulle domande delle parti. La Co:rp.missione provinciale invece, avendo proceduto .all'ispezione senza alcuna formalit� e senza mettere in grado l'Amministrazione di assistere all'espletamento del mezzo istruttorio, ha violato le norme ed i principi anzidetti, per cui il procedimento valutativo risulta illegittimo e la decisione emanata a seguito del medesimo deve essere cassata. (Omissis). (1) Decisione di evidente esattezza. Sull'applicabilit� delle regole del rito civile al procedimento innanzi alle Commissioni e in particolare sul rispetto, in altre ipotesi, del principio del contraddittorio cfr. Cass. 10 novembre 1971, n. 3199 e 15 dicembre 1971, n. 3650 (Riv. leg. fisc., 1972, 1243 e 1552) nonch� 20 gennaio 1972, n. 148 (in questa Rassegna 1972, I, 290). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 giugno 1975, n. 2408 -Pres. Caporaso -Est. Mazzacane -P. M. Pedace (conf.) -Soc. Linee Adriatico- Oceaniche (avv. Asquini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). Imposte e tasse in genere � Solidariet� � Decadenza � Notifica di decisioni della Commissione centrale nel termine di tre mesi � Adempimento verso uno dei coobbligati � Comunicazione degli effetti ad altri coob� bligati � Si produce. (e.e. art. 1310 e.e.). Imposta di registro � Agevolazione per il fondo di rotazione per il territorio di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 � Estensione all'accollo del mutuo e alla fideiussione . Esclusione. (I. 18 ottobre 1955, n. 908, art. 6). Quando l'Amministrazione abbia impedito la decadenza nei confronti di uno degli obbligati in solido compiendo tempestivamente l'atto richiesto (nella specie notifica della decisione della Commissione centrale entro tre mesi dal ricevimento ai fini della successiva proposizione della domanda in sede ordinaria a norma dell'art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231), gli effetti, come per l'interruzione della prescrizione, si comunicano ai condebitori solidali a norma dell'art. 1310 e.e. {1). L'agevolazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908, sul fondo di rotazione per iniziattve economiche nel territorio di Trieste � limitata alle operazioni di finanziamento e quindi non estensibile n� all'accollo del mutuo gi� concesso n� alla fideiussione prestata da terzi (2). (Omissis). -Sub a, e sub b. Va premesso che -contrariamente a quanto ritiene l'Amministrazione Finanziaria -la disposizione dell'art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, che fa obbligo all'ufficio finanziario di notificare al contribuente, entro tre mesi dal giorno in cui (1-2) Conformi, sulla questione di merito, sono le altre sentenze in pari data n. 2407, 2415 e 2416. La prima massima, pur con motivazione assai succinta, affronta una questione assai dibattuta in dottrina, non soltanto in materia tributaria. Le applicazioni del principio possono essere di grande ampiezza. La seconda massima risolve autorevolmente il contrasto tra le pronunzie della 1 � Sezione 15 febbraio 1973 n. 478 e 12 maggio 1973, n. 1302 (in questa Rassegna, 1973, I, 449 e 745). Le Sezioni Unite hanno aderito alla tesi accolta con la prima decisione che, con motivazione ben pi� rigorosa della seconda, aveva escluso l'estensione dell'agevolazione. La pronuncia ora intervenuta � importante non solo per la risoluzione dello specifico problema, non anche perch� si inserisce nella serie recentissima delle pronunzie che, rimeditando la questione della c.d. connessione di mezzo al fine, hanno dettato pi� razionali e restrittivi criteri di interpretazione delle norme di agevolazione (10 maggio 1974, n. 1345, ivi, 1974, I, 997; 5 settembre 1974, n. 2419, ivi, I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 889 gli sono pervenute, le deliberazioni della Commissione centrale in ma teria di imposte dirette, a pena di decadenza dal diritto di impugna zione, deve intendersi applicabile -per effetto della disposizione di cui all'art. 31, quarto �omma del r.d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che ha esteso alle controversie riguardanti le imposte di trasferimento dei beni tutte le norme gi� in vigore per il procedimento davanti le commissioni tributarie delle imposte dirette -anche alle deliberazioni della Com missione centrale in materia di imposte di trasferimento dei beni (v. Cass. 7 aprile 1972, n. 1041). Ci� posto deve rilevarsi: 1) quanto alla societ� LAO l'atto di cita zione fu� ad essa notificato in persona del suo legale rappresentante ing. Giacomelli, il 18 maggio 1964, e quindi entro il prescritto termine di tre mesi dalla data (28 marzo 1968) in cui la decisione della Com missione Centrale era pervenuta all'ufficio del Registro. La circostanza che, nell'atto di citazione, fu erroneamente indicato, quale rappresen tante dell'ente, l'ing. Giacomelli, all'epoca gi� defunto, non � rilevante poich� l'errata indicazione della persona fisica, che rappresenta una per sona giuridica non � causa di nullit� della citazione se la persona giu ridica sia stata esattamente denominata e individuata in modo che nes suna incertezza possa sorg_ere in ordine ad essa (Cass. n. 2000/66; n. 1075/66). Nella specie la citazione fu notificata nella sede legale della societ�, denominata ed individuata con precisione, senza possi. bilit� di dubbi sulla identificazione dell'ente rappresentato. Pertanto la circostanza che I'Amministrazione abbia ritenuto opportuno, per scrupolo difensivo, di rinnovare (il 2 agosto 1968) la notificazione della citazione non ha alcun rilievo poich� occorre far riferimento, per stabilire l'evento impeditivo della decadenza, alla prima notificazione regolarmente eseguita il 18 maggio 1968. 2) Quanto alla Korner Giacomelli � esatto che la Corte del merito ha omesso di pronunciare sulla eccezione di intempestivit� della domanda dell'Amministrazione nei suoi confronti, nonostante che l'eccezione medesima fosse stata esplicitamente proposta (comparsa di risposta 20 gennaio 1969; appello incidentale 21 giugno 1970). Tuttavia l'omissione non � rilevante poich� l'esame della pre 1265; e soprattutto 14 ottobre 1974 n. 2827, ivi, 1438 che ha negato la possibilit� di costruire un principio generale di connessione di mezzo al fine). Su questo argomento � dunque di grande rilievo l'odierna affermazione delle Sezioni unite che l'interpretazione estensiva della norma di agevolazione � lecita solo quando il testo della norma per lacunosit� o altro non appaia corrispondente all'intento legislativo, ma � vietata quando esso ha una portata precettiva ben precisa. Non considerazioni di opportunit� economica o di connessione materiale, ma solo la rigorosa interpretazione del testo secondo i generali canoni ermeneutici pu� giustificare (evidentemente in ipotesi rare) l'estensione della portata della norma non chiara.� 0 890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO detta eccezione non avrebbe mutato le conciusioni cui � pervenuta la decisione impugnata. Invero � accertato, per quanto sopra � stato detto, che l'Amministrazione ha compiuto tempestivamente, nei confronti della LAI, l'atto soggetto al termine di decadenza e l'impedimento della decadenza � un effetto autonomo, immediatamente perfetto, del compimento di tale atto. Ci� porta a ritenere che l'�mpedimento della decadenza si sia comunicato alla Korner, poich� se � esatto che nelle obbligazioni solidali � da ravyisare una pluralit� di vincoli, � altrettanto esatto che gli effetti desumibili dal gruppo degli artt. 1300-1310 e.e. talvolta si comunicano alle parti rispetto alle quali non operano direttamente. Cosi si comunicano ai debitori gli atti interruttivi della prescrizione da parte del creditore contro uno dei debitori in solido, in virt� della disposizione di cui all'art. 1310, primo comma e.e.; e tale disposizione, in deroga all'art. 2964 � estensibile, per opinione di autorevole dottrina, alla decadenza in relazione alla identit� della ratio ed alla natura delle situazioni soggettive considerate (pur nelle diversit� dei due istituti). Sub -C. La Corte del merito esattamente ha ritenuto la Korner Giacomelli passivamente legittimata a stare in giudizio per il giuridico interesse dell'Amministrazione Finanziaria ad eliminare gli effetti della decisione emessa dalla Commissione Centrale delle imposte nei confronti di tutti i soggetti che parteciparono al giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie; e quindi anche della Korner che vi intervenne volontariamente (unitamente al Giacomelli, poi defunto) sul presupposto che la questione concernente la imposizione fiscale relativa all'accollo -contemporaneamente dibattuta sia pure con diverso iter processuale -era strettamente collegata a quella sulla imposizione fiscale relativa alla fideiussione. Di qui la legittimit� della pronuncia di condanna al pagamento delle spese di giudizio. Sub -D. Si premette che vengono contemporaneamente all'esame di queste Sezioni Unite la questione se siano tassabili con l'imposta normale di registro gli accolli novativi di mutui in precedenza emessi dal Fondo di Rotazione per iniziative economiche del territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia (1. 18 ottobre 19�55, n. 908) ovvero se ad essi siano applicabili le esenzioni previste dall'art. 6 della menzionata legge e dall'Ordine n. 340/48 del cessato G.M.A. (ricorsi n. 5181/71 e numero 3550/73); e l'altra questione se le fideiussioni prestate a garanzia di tali accolli di mutui usufruiscono o meno delle esenzioni previste dalle menzionate disposizioni (ricorsi n. 3501/69 e n. 3502/69). Orbene, considerato che le due questioni hanno origini comuni ed elementi reciprocamente collegati, con efficacia riflessa, � opportuno procedere congiuntamente all'esame di esse. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 891 Si premette altres�: questa Corte sez. I con sentenza n. 478 del 15 febbraio 1973 ha enunciato il seguente principio: �le esenzioni tributarie accordate dalla legge 18 ottobre 1955, n. 908 ai mutui concessi dal fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia non si estendono alle fideiussioni prestate da terzi per garantire l'adempimento delle obbligazioni assunte dai mutuatari. Con successiva sentenza n. 1302 del 12 maggio 1973 la stessa sezione P ha enunciato il principio opp'osto affermando che: � Le agevolazioni fiscali previste dall'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 (istitutiva del fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia) per le operazioni di finanziamento effettuate a norma della detta legge, e per tutti i provvedimenti, contratti, atti a formalit� relativi alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione ed estinzione, devono ritenersi estensibili agli atti e contratti che siano collegati alle operazioni medesime da un rapporto di strumentalit�, anche se non necessario>>. (Nella specie, � stato affermato che nell'ambito degli atti agevolati doveva considerarsi compreso il contratto con il quale la Cassa di Risparmio di Trieste -affidataria dalla gestione del fondo di rotazione aveva consentito l'accollo di un mutuo, concesso per la costruzione di una nave, da parte della societ� acquirente della nave stessa, ed aveiva quindi costituito con tale societ� ogni rapporto derivante dal mutuo medesimo, che era stato anche au~entato nell'importo e rinforzato nelle garanzie). La prima sentenza (n. 478/73) pa ritenuto che l'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 concerne fattispecie ben precisate e determinate e non lascia alcun margine all'interprete per integrare la portata precettiva della norma intendendone, estensivamente, la sua formulazione. La seconda sentenza (n. 1302173) ha ritenuto, per contro, che la previsione legislativa di cui al menzionato art. 6 non � rigorosamente limitata a categorie ben definite di negozi o di atti, onde � sufficiente, per la concessione del beneficio, l'esistenza di una semplice relazione di dipendenza od un collegamento strumentale tra l'atto agevolato e quello rispetto al quale bisogna stabilire l'ammissibilit� o meno del beneficio. Queste Sezioni Unite, riesaminata la complessa questione, ritengono che le agevolazioni tributarie concesse dall'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908, non sono applicabili, per le argomentazioni che qui di seguito si ' espongono, all'atto di accollo di mutuo ed alla fideiussione prestata a garanzia dell'accollo stesso, contenuti nel contratto per not. Poillucci del 7 maggio 1962. La legge, 18 ottobre 1955, n. 908, prevede (art. 2) che le somme affluenti, nei modi stabiliti dall'art. 1, al fondo di rotazione per, iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siano destinate alla �concessione di mutui�, per la esecuzione di operazioni economiche (fra le quali la costruzione di navi) e per il finanziamento della costruzione di alloggi di tipo popolare. L'art. 6 ( � agevolazioni tributarie�) testualmente dispone: � Ai mutui per la costruzione di alloggi concessi ai sensi della presente legge si applicano le agevolazioni tributarie previste dal t.u. 16 aprile 1938, n. 1165, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni legislative in materia di edilizia economica e popolare�. � Le altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma della presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit� relativi alle operazioni stesse ed alla �oro esecuzione ed estinzione sono esenti da tasse imposte e tributi spettanti sia all'Er_ario dello Stato, sia agli Enti locali ad eccezione della imposta di bollo sulle cambiali le quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire �.10 per ogni mille lire. In compenso gli Istituti corrisponderanno all'Erario una quota di abbonamento annuo in ragione di centesimi 5 per ogni cento lire di capitale mutuato. Restano salve, ogni caso, le maggiori agevolazioni previste da leggi speciali �. Ora, fermando l'attenzione sul secondo comma della disposizione trascritta (in quanto il primo comma concerne fattispecie diverse da quella in esame) queste Sezioni Unite osservano che il contratto -avente per oggetto l'accollo (parziale), da parte di un terzo (con garanzia di fideiussione), del debito dipendente da un'operazione di finanziamento attuata da altri due soggetti -non rientra ip alcuna delle previsioni formulate dal comma medesimo. In primo luogo il contratto del cui trattamento tributario si discute -accollo (parziale) novativo del preesistente debito della societ� mutuataria originaria (poi fallita), con la contemporanea prestazione di fideiussione di terzi per l'accollo medesimo -non costituisce un'operazione di finanziamento per la costruzione di una nave, ma un'operazione economica, successiva al finanziamento, per l'acquisto di una nave, gi� costruita, da parte della societ� aggiudicataria in sede fallimentare. In definitiva, l'operazione di finanziamento per la costruzione della nave era stata gi� attuata,, quando intervenne l'accollo, con il precedente atto posto in essere (con le agevolazioni fiscali) fra soggetti diversi (la Cassa di Risparmio di Trieste, quale Istituto delegato del Fondo di Rota zione, e la falUta societ� Navigazione Triestina) per lo scopo ormai rag giunto, allorch� fu concluso il predetto accollo, della costruzione di una nave. In secondo luogo il contratto del 7 maggio 1963 non pu� essere considerato �relativo� alla operazione di finanziamento o attinente alla sua �esecuzione� ed �estinzione� (art. 6 cit. 1. n. 908/1955), cio� un atto collegato, con rapporto di strumentalit�, alla costituzione, esecu PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 893 zione od estinzione del finanziamento. Infatti: 1) esso non � � relativo � all'operazione di credito od �esecutivo� di questa, poich� non � inerente, nemmeno in senso lato, allo scopo dell'atto agevolato n� � a questo legato come mezzo al fine {conseguimento dello scopo del finanziamento). Il contratto de quo fu concluso in epoca di gran lunga successiva all'operazione di credito, quando lo scopo, considerato dalla norma agevolatrice, era stato raggiunto, molti anni prima, per il finanziamento gi� ottenuto (con il precedente contratto per not. Froglia) ed utilizzato. Il contratto pi� volte menzionato, nella sua oggettivit� e nell'intenzione delle parti, ebbe lo scopo, del tutto estraneo alla operazione di finanziamento per la costruzione di una nave, di soddisfare mediante il trasferimento da uno ad altro so_,:getto di parte dell'obbligazione originaria (con prestazione accessoria di garanzia) -l'interesse della societ� LAO all'acquisto di una nave gi� costruita. Ne discende la inidoneit� del contratto ad essere assunto n,ella categoria degli atti relativi alla operazione di finanziamento od esecutivi della operazione medesima (per la quale era stata gi� concessa l'agevolazione fiscale), e la sua piena autonomia, agli effetti della imposizione tributaria, impeditiva di una nuova agevolazione fiscale, in favore di terzi estranei al rapporto originario. 2) Il contratto 7 maggio 1962 non costitu� nemmeno un atto � estensivo � del finanziamento (art. 6 1. cit.). La �estinzione� considerata dalla norma citata � quella riferibile alla operazione di finanziamento. Nella specie la sostituzione dell'obbligato, avvenuta con il consenso del creditore, ha estinto il rapporto tra quest'ultimo ed il debitore originario, ma la novazione soggettiva, in tal modo operata, non ha esaurito l'operazione, poich�, nonostante il mutamento del debitore, l'obbligazione � rimasta in vita e si pu� dire obiettivamente estinta solo quando la somma mutuata � rientrata' nella disponibilit� dell'ente finanziatore. Le considerazioni che precedono inducono ad escludere dall'ambito di applicazione dell'art. 6 L. n. 908/195 il contratto de quo tanto per l'accollo quanto per la fideiussione in esso contenuti (ed a maggior ragione, pu� aggiungersi, per la fideiussione, posto che� la legge n. 908/ 1955, in relazione al sistema in cui � inserita e nel cui ambito � destinata ad operare prevede, in tutte le sue disposizioni, ed in modo inequivoco -art. 2 -4 -5 -6 -esclusivamente i contratti di mutuo). N� � possibile pervenire a conclusioni diverse invocando la interpretazione estensiva dell'art. 6 L. 908/1955, in relazione alla ratio di esso. La interpretazione estensiva delle disposizioni relative ai benefici tributari � giustificata quando il testo della norma per lacunosit� od altro, non appaia corrispondente all'intento legislativo; � esclusa invece 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO se esso, come nel caso in esame per le ragioni esposte, abbia una portata precettiva ben precisa. In tale ipotesi prevale il rigore esegetico delle norme agevolative le quali, es,sendo dettate in deroga al generale prin-. cipio di imposizione, non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento. Ci� � conforme alla ratio che ispira la norma ageivolatrice in questione. Il fine perseguitato dalla legge n. 908/1955, la quale va collocata nel quadro dei provvedimenti legislativi diretti ad incentivare la ripresa della attivit� industriale, � senza dubbio quello di rendere meno onerosi i mutui accordati dall'istituto Fondo di rotazione, appunto mediante esenzione tributaria; ma questa, applicabile ai finanziamenti che il fondo concede per il suddetto fine di generale attivit�, non pu� estendersi ai negozi diversi dai mutui specificatamente previsti, od ai negozi non collegati ad essi da alcun rapporto di strumentalit�. Non � pertinente, poi, il richiamo alla legge 27 luglio 1962 n. 1228 (sul trattamento tributario per operazioni di credito a medio e lungo termine) per dedurre da essa elementi di interpretazione dell'art. 6 L. n. 908/1955. Infatti la legge n. 1228/1962 concerne le operazioni di finanziamento da parte di istituti di credito, laddove la legge n. 908/1955 concerne le operazioni di credito esercitate, limitatamente all'ambito di un determinato territorio, dal fondo di rotazione da essa istituito, nelle quali operazioni la Cassa di Risparmio di Trieste (o quella di Gorizia) intervengono, esclusivamente, per la gestione delle somme affluite al fondo: le diverse finalit� delle due leggi, ed il diverso ambito di applicazione {anche territoriale) di esse impediscono ogni accostamento fra di loro, sia pure a soli fini interpretativi. Infine non possono orientare in senso dirverso il giudizio della Corte gli argomenti che si vogliono trarre dall'ordine n. 380 del 16 novembre 1948 del cessato G.M.A. Infatti � sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 1962, per la cui tassazione � controversia, � stato concluso e registrato nel vigore della legge n. 908 del 1955 la quale � chiaramente innovativa rispetto alla precedente' legislazione in materia (come risulta, anche, dal Decreto n. 57 in data 27 giugno 1958 del Commissario Generale per il territorio di Trieste -richiamato dagli stessi ricorrenti -il quale, infatti, ha regolato per il necessario coordinamento con la sopravvenuta legge n. 908/1955, la modalit� d� pagamento per i finanziamenti concessi, in precedenza, dal cessato G.M.A.) senza che sia quindi �possibile ricorrere a precedenti (ed eventualmente) difformi fonti normative, rimanendo salve soltanto le maggiori agevolazioni previste da leggi speciali (art. 6 cit. 3� comma) : ipotesi che qui non interessa perch� riferibile all'evidenza, a discipline normatirve diverse da quelle che sono state invocate. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 895 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1975, n. 2559 -Pres. Mirabelli -Est. Mazzacane -P. M. Minetti (conf.). Soc. Forniture Industriali Cantieri (avv. Cerrato) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Tarin). Imposte e tasse in genere -Violazioni di leggi finanziarie e valutarie Prescrizione -Interruzione -Verbale di contestazione -~ idoneo Effetto interruttivo durevole fino alla pronuncia dell'ordinanza -Esclusione. (r.d.l. 5 dicembre 1939, n. 1928, artt. 2 e 3; I. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 34; e.e. art. 2943 e 2945). Il verbale di contestazione o di accertamento di violazione di norme tributarie o valutarie � idoneo ad interrompere la prescrizione del diritto dello Stato alla pena pecuniaria (la cui misura sar� successivamente determinata) se in .esso si esprime la chiara volont� dell'Amministrazione di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Tuttavia l'effetto interruttivo prodotto dal verbale � solo istantaneo e non gi� durevole fino alla pronuncia del decreto che irroga la sanzione (1). (Omissis). -La societ� ricorrente, con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928, nonch� la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata (artt. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.). (1) Sulla prima parte della massima la giurisprudenza � pacifica (Cass. 8 gennaio 1968 n. 34, in questa Rassegna, 1968, I, 102 con richiami) anche nel senso che il verbale di contestazione interrompe la prescrizione del diritto all'imposta oltre che alla pena pecuniaria. Sembra peraltro illogica la limitazione dell'effetto interruttivo alla verifica, in punto di fatto, che nel verbale si esprima la volont� dell'Amministrazione di otteneTe il soddisfacimento del propTio diritto; l'intento di peTseguire il diTitto � implicito nella contestazione della violazione della norma in Telazione a tutte le conseguenze che, ope legis si producono .per effetto della accertata violazione; poich� il credito della AmministTazione trae sempTe odgine dalla legge ed � sempTe indisponibile esso non pu� non esseTe perseguito quanto la violazione viene contestata. � quindi superlluo valutaTe caso peT caso se nell'atto sia espressa la chiarn �volont�� dell'Amministrazione di otteneTe il soddisfacimento del diritto; d'altTa paTte se tale volont� fosse necessada essa non potTebbe essere espressa dall'organo (di polizia tributaTia o del seTvizio ispettivo) che procede alla contestazione ma solo dall'oTgano (Intendenza di Finanza o Ministro) pTeposto a deteTminaTe la pena pecuniaTia e liquidaTe l'imposta. � quindi inilevante l'indagine sulla espressione di una volont� da parte dell'agente che ha redatto il verbale. Ci� chiarito si profila diversamente la questione affrontata nella seconda parte della massima. Il verbale di contestazione, al pari della do 896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sostiene che la Corte del merito ha erroneamente attribuito al processo verbale di accertamento della infrazione valutaria efficacia interruttiva della prescrizione in quanto: a) il predetto atto non � idoneo a costituire in mora il presunto trasgressore poich� l'obbligo al pagamento � della pena pecuniaria �non trae origine da esso, m~ dipende dalla facolt� discrezionale del Ministro; b) il processo verbale predetto non manifesta in modo inequivoco la volont� della Amministra~ ione di ottenere il soddisfacimento della obbligazione. La societ� ricorrente aggiunge (lett. c del primo motivo) che, pur ammettendo l'efficacia interruttiva del verbale di accertamento, essa avrebbe carattere istantaneo e non permanente poich� le disposizioni di cui agli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. sono inapplicabili -contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte del merito -al procedimento, avente natura amministrativa, previsto dal R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928. Sub A e B. Le censure sono infondate. L'art. 2, secondo comma, della legge 7 gennaio 1929 n. 4 (norme generali per la repressione delle leggi finanziarie) -richiamato dall'art. 3 del R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1928 (norme per la repressione �delle violazioni delle leggi valutarie) -attribuisce testualmente �carattere civile� all'obbligazione di pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria; di conseguenza la prescrizione di cui all'art. 17, primo comma, della 1. n. 4 del 1929 -richiamato anche esso dall'art. 3 R.D.L. n. 1928 del 1938 -� regolata dagli artt. 2934 e ss.cc. Per il citato art. 17, primo comma, il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si prescrive con il decorso di cinque anni dal giorno manda giudiziale, interrompe la prescrizione � per propria intrinseca efficacia �. In ogni modo, se ha prodotto l'interruzione (perch� contenente la volont� dell'Amministrazione di attuare il suo diritto), bisogna sempre verificare se l'effetto interruttivo sia soltanto istantaneo. A tal fine non � sufficiente il rilievo che il procedimento per l'irrogazione della sanzione � amministrativo, ben separato dalla successiva azione in sede ordinaria; e che ad :esso non �sono �riferibili �gli art. 2943 e 2945 e.e. Secondo fa norma di portata generale dell'art. 141 della legge di registro il ricorso del contribuente in via amministrativa interrompe la prescrizione in favore di ambo le parti fino a che l'Amministrazione non abbia notificato la propria decisione. Si � quindi ritenuto che in base a questa norma, conforme ad un pi� generale principio, la pendenza del procedimento, anche amministrativo, impone alle parti uno stato di attesa che inibisce il compimento di attivit� dirette all'attuazione del diritto controverso (Cass. 26 agosto 1971 n. 2582, Riv. leg. fisc., 1972, 719). Anche nella specifica materia del procedimento regolato dalla legge 7 gennaio 1929 n. 4 � stato affermato che il ricorso del contribuente interrompe la prescrizione con effetto durevole fino alla data della definizione del P�rocedimento (Cass. 28 � PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 897 �della commessa violazione�. Il diritto sorge, dunque, con l'infrazione, finanziaria o valutaria, al momento di questa : non diversamente da quanto accade per il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (art. 2947, 1� comma cc.). Ne deriva che il decreto con il quale il Ministero del Tesoro determina la pena pecuniaria non � un atto costitutivo del diritto e della correlativa obbligazione di pagamento della pena stessa da parte del trasgressore: la determinazione in concreto della pena, da parte del Ministero, ha, invece, carattere di liquidazione del quantum dovuto (Cass. 8 gennaio 1968, n. 34; 17 maggio 1963 n. 1264). Esattamente, pertanto, la Corte del merito ha ritenuto che, allorquando il Servizio Ispettwo dell'Ufficio Cambi provvide alla contestazione (10 agosto 1951) della infrazione valutaria commessa nel 1950, il diritto di credito della Amministrazione era gi� sorto, donde la esigenza di stabilire, ai fini della eccepita prescrizione, se questa fosse stata efficacemente interrotta, come si assumeva dalla Amministrazione, dal processo verbale del 10 ottobre 1951. Del pari esattamente, poi, la Corte del merito ha affermato l'idoneit� del predetto verbale ad interrompere la prescrizione in corso. Invero i verbali di accertamento di una infrazione valutaria redatti dagli organi della polizia tributaria o dal Servizio ispettivo dell'Ufficio Italiano dei cambi (art. 2 R.D.L. 12 maggio 1938, n. 794) -in quanto provenienti da soggetti che agiscono nell'interesse ed in rappresentanza del Ministro del Tesoro, titolare del diritto alla pena pecuniaria -possono avere effetto interruttivo della prescrizione purch� in essi si esprima la chiara volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio credito ad esigere la pena pecuniaria che successivamente sar� determinata dal Ministro (Cass. 14 aprile 1969 n. 1186; 8 gennaio l968 n. 34). E nel caso concreto la Corte del merito ha accer agosto 1971 n. 2582 e 21 aprile 1972 n. 1264 in questa Rassegna, 1971, I, 1467 e 1972, I, 499). Per le stesse ragioni dovrebbe ritenersi che una volta avviato un procedimento amministrativo tipico, l'interruzione prodotta con l'atto introduttivo produca effetto fino alla pronuncia dell'atto conclusivo, anche nel caso che l'atto introduttivo provenga dalla Amministrazione. � bens� vero che nel caso del ricorso del contribuente l'effetto durevole della prescrizione si pu� giustificare con l'esigenza di non pregiudicare il suo diritto nell'attesa della dedsione, mentre nel caso deciso l'Amministrazione aveva un suo potere di impulso (che per� poteva esercitare nel rispetto delle norme del ipirocedimento). il.VIa nell'uno e nell'altro caso si incardina un procedimento amministrativo formale che d� luogo ad una situazione di attesa incompatibile con il decorso della prescrizione; e se il ricorso del contribuente in via amministrativa interrompe la prescrizione fino al termine del procedimento anche a favore dell'Amministrazione, a maggior ragione lo stesso effetto bisogna riconoscere all'atto introduttivo del procedimento proveniente dall'Amministrazione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO taito che il verbale del 10 agosto 1951 esprimeva in modo inequivoco la volont� della P.A. di pervenire alla irrogazione e quindi alla riscossione della pena pecuniaria per le infrazioni valutarie specificatamente indicate e contestate alla societ�. Tale accertamento, in quanto congruamente motivato con l'analisi dei singoli elementi sui quali la volont� della P.A. si era esteriorizzata, � sottratto al controllo di legittimit�. Sub C. La censura � fondata. La Corte del merito ha affermato che in seguito alla notifica al trasgressore del verbale di accertamento della infrazione valutaria -primo atto del procedimento amministrativo regolato dal R.D.L. 12 maggio 1938, n. 794 (contenente norme per l'accertamento delle trasgressioni in materia valutaria e di scambi con l'estero) -si determina una situazione non diversa, agli effetti della prescrizione, da quella prevista dagli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cc. per i quali la notificazione dell'atto con cui si inizia un giudizio ha carattere permanente, dura cio� sino alla definizione del giudizio medesimo. Questa Corte ritiene che la estensione delle norme citate al procedimento amministrativo in questione non � giustificata da alcuna comunanza di elementi tra i due procedimenti considerati. Ed infatti: a) nel procedimento giudiziale la domanda con cui si inizia un giudizio (di cognizione, ovvero conservativo o esecutivo) interrompe la prescrizione per propria intrinseca efficacia. Nel procedimento amministrativo l'atto iniziale -il processo verbale di accertamento della infrazione -interrompe la prescrizione se, come gi� si � precisato (v. sub. A-B), dal suo contenuto si pu� desumere in modo esplicito la manifestazione di volont� della P.A. di ottenere il soddisfacimento del proprio credito, vale a dire se esso costituisce idoneo atto di costituzione in mora (articolo 2943, ultimo comma, e.e.) la esigenza della valutazione del contenuto dell'atto, ai fini predetti, ribadita da questa Corte con numerose decisioni (tra cui la sentenza gi� menzionata), � stata affermata anche dalla corte del merito la quale, peraltro, non si � avveduta del contrasto fra tale affermazione e quella successiva sulla efficacia interruttiva permanente dell'atto iniziale del procedimento amministrativo: la predetta valutazione, invero, sarebbe superflua se il processo verbale di accertamento potesse essere equiparato, ai fini della interruzione della prescrizione, alla domanda giudiziale la quale, ripetesi, ha una propria autonoma efficacia interruttiva della prescrizione. b) Nel procedimento giudiziale la prescrizione, rimasta inrterrotita con la proposizione della domanda, ricomincia a decorrere dal momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. Il procedimento amministrativo per l'accertamento delle infrazioni valutarie con una sequenza di atti -che va da quello iniziale (processo verbale di accertamento) ad atti inter PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 899 medi (accertamenti e pareri di una apposita Commissione) e poi ad un atto finale (decreto del Ministro) -si conclude con un atto amministrativo (il decreto del Ministro, appunto) contro il quale sono ammessi i normali rimedi a seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale del secondo comma dell'art. 11 R.D.L. 5 dicembre 1938 n. 1128 (sent. C. Cost. 27 gennaio 1959 in G.UU. 31 gennaio 1959, n. 26) che escludeva ogni impugnazione. Il procedimento giudiziale (eventuale) segue quindi quello amministrativo ed ha, rispetto ad esso, effetti propri ed autonomi, ai fini della prescrizione e delle cause interruttive di questa. c) Nel procedimento giudiziario la permanenza della interruzione sino all'esito finale del giudizio ha il suo fondamento nella esigenza che il prolungamento del giudizio medesimo non pregiudichi gli interessi della parte che ha agito per far valere la propria pretesa ed a danno della quale potrebbe compiersi il periodo prescrizionale. Nel procedimento amministrativo in questione non ricorre tale esigenza in considerazione dei poteri di impulso e di autotutela attribuiti alla stessa P.A. che ha iniziato il procedimento. Va rilevato, infine, che l'Amministrazione, nella discussione orale, ha invocat�, a sostegno della pronuncia della Corte di Milano sulla questione esaminata sub-C, la sentenza n. 3261/74 di questa Corte. Il richiamo non � pertinente poich� la menzionata sentenza ha esaminato il problema della possibile efficacia interruttiva dei singoli atti del procedimento amministrativo per l'accertamento delle trasgressioni valutarie. Tale problema � estraneo alla attuale controversia, in cui � stata dibattuta la diversa questione della efficacia interruttiva permanente o meno, del primo atto del procedimento amministrativo, senza specifici riferimenti ai successivi atti di esso. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, 'Sez. I, 14 luglio 1975, n. 2781 -Pres. Giannattasio -Est. Sposalto -P. M. Gentile (conf.) -Beneduce (avv. Libonati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) e Esattoria di Milano (avv. Guerra). Imposta complementare � Cumulo dei redditi � Moglie del contribuente � Non risponde dell'imposta � Esecuzione sui beni di sua propriet� . Impossibilit� � Opposizione all'esecuzione � � ammissibile. (t. u. 29 gennaio 1958, n. 649, art. 131 e 207; c.p.c. art. 619). Poich� soggetto passivo dell'imposta complementare sui redditi, a norma dell'art. 131 del t.u. sulle imposte dirette del 1958, � soltanto il marito, la moglie, i cui redditi siano stati cumulati, non � n� coob 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bligato al pagamento n� responsabile di imposta, s� che non pu� procedersi coattivamente alla riscossione sugli immobili di sua propriet� nemmeno per la parte della imposta corrispondente al reddito ad essa riferibile. Di conseguenza l'art. 207 lett. c) dello stesso t.u. va inteso nel senso che la moglie non � terzo ma soggetto passivo dell'esecuzione esattoriale contro i suoi beni e pu� quindi proporre l'opposizione, che non � quella dell'art. 619 c.p.c., per contestare la potest� esecutiva; solo nell'esecuzi9ne sui mobili o in particolare casi nei quali la moglie si presenti realmente come terzo trova applicazione il divieto dell'articolo 207 (1). (Omissis). -La ricorrente, sostiene, con il primo motivo, che la corretta applicazione dell'art. 131 del testo unico del 1958, delle alitre norme dello stesso testo unico sulla riscossione e sulla formazione dei ruoli, della lettera c) del pi� volte citato art. 207 in relazione all'art. 619 c.p.c., e dell'art. 2910 'e.e:, debbono condurre all'esclusione non soltanto della, coobbligazione solidale, gi� negata dalla Corte di merito, ma finanche della limiltata assoggettabililt� dell'esecuzione da essa rirtenuta. Soggiunge, con il secondo motivo, che il richiamo alla ricordata disposizione dell'art. 207 era, nel caso, fuor di luogo, attesa la circostanza, accertata dalla stessa sentenza denunziata, che l'esecuzione esattoriale non era stata, nel caso, ancora inizia.ta. E lamenta, con il terzo motivo, un difettoso esame delle questioni di costituzionalit� sollevate nel giudizio di merito. Il ricorso deve essere accolto, ancorch� non tutte le argomentazioni addotte dalla ricorrerute appaiano utili e pe11tinenti alla questione che si tratta di risolvere. Valgano all'uopo le considerazioni che seguono. Esattamente � stata esclusa dalla denunziata sentenza la coobbli gazione solidale della moglie i cui redditi, ai fini dell'imposta compie (1) La pronunzia ha affrontato un problema di assai difficile soluzione. Se da un canto appare insuperabile l'impossibilit� di agire sui benf di chi non � n� debitore p.� responsabile dell'imposta non assistita da privilegio di carattere reale, sembra d'altra parte difficile negare ogni rilevanza all'art. 207 lett. c) del t.u. del 1958, norma che, come si riconosce, � diretta proprio allo scopo di eliminare l'incoercibilit� dell'obbligazione tributaria; n� vale a salvare la ragion d'essere della norma, ritenerla valida per l'esecuzione sui mobili (rispetto ai quali, per tutte le imposte, opera l'altra regola della letteTa b, ri,spondente a tutt'altra ratio) o in ipotesi quanto mai rare, anch'esse ricadenti sotto norme che non sono specifiche dell'imposta complementare. Ad una soluzione diversa, tuttavia,. dovrebbe pervenirsi per i redditi cumulati appartenenti a persone, diverse dalla moglie (art. 131 primo comma); in questo caso il cumulo avviene in quanto il soggetto passivo PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 901 mentare progressiva, debbono essere cumulati con quelli del marito. Premesso che nel caso in esame continua ad essere applicabile la normativa detJtata dal testo unico del 1958, �, difatti, da osservare che l'art. 131 di tale testo indicarva come unico soggetto passivo dell'imposizione il marito (art. 131) e, mentre prevedeva altre ipotesi di responsabilit� solidale -degli eredi per le obbligazioni tributarie del de cujus: art. 16; dei nuovi proprietari d'immobili e dei nuovi titolari di dirirbti reali immobiliari, con i precedenti proprietari e titolari, per le imposte gravanti sui detti beni: art. 196 -non conteneva alcuna disposizione del genere per i soggetti dei redditi che dovevano essere cumulati ai fini dell'imposta complementare progressiva. Di conseguenza la regola del cumulo, se da un lato stante la progressivit� dell'imposta, arrecava un vantaggio al pubblico .erario, comportava, d'aLtra parte, stanrte l'unicit� del soggetto passivo del debito tributario, l'impossibilit� di conseguirne il pagamento quante volte fosse stato necessario a tal fine sotrtoporre ad esecuzione forzata beni appartenenti ai titolari dei redditi cumulati, nonostante che anche per questi fosse dovuta l'imposta. All'inconveniente -che derivava dalla lacuna legislativa che quesrta Corte Suprema aveva avuto modo di rilevare nella sentenza 28 aprile 1938 n. 507, nella quale aveva osservato che l'imposta complementare, non essendo assistita da alcun privilegio reale, mobiliare o immobiliare, non poiteva essere riscossa sui beni di coloro i cui redditi erano stati cumulaiti con quelli del debitore d'imposta -si era inteso rimediare con la legge 16 giugno 1939 n. 942 che nel suo art. 18, sostanzialmente poi riportaito nell'art. 207, lett. b) del testo unico, aveva escluso coloro i cui redditi, in forza dell'art. 2 del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3062, erano stati cumulati con quelli dell'iscritto a ruolo, 4alla facolt� accordata dal primo comma dell'art. 63 del T.U. 17 ottobre 1922 n. 1401, modifiiscritto nei ruoli ha dei redditi altrui la disponibilit� o l'amministrazione senza obbligo di rendiconto, quando cio� lo stesso contribuente pu� essere soggetto passivo dell'esecuzione per la parte corrispondente al valore di godimento del bene altrui. Dovrebbe quindi essere ammessa contro il contribuente a favore del quale si � operato il cumulo, e senza possibilit� di opposizione da parte del terzo proprietario titolare del reddito cumulato, l'esecuzione mobiliare sui frutti, quella presso terzi di fitti, pigioni ed altri crediti ed anche l'espropriazione dell'usufrutto ove sia costituito. Rinasce per� la difficolt� quando, pur essendo uguale la situazione rispetto all'obbligazione tributaria, non esista una formale separazione tra il diritto di propriet� ed il suo valore di godimento, quando l'immobile produttivo di reddito non sia dato in locazione, quando il bene, pur goduto dal contribuente iscritto nei ruoli, non sia formalmente costituito in usufrutto. Il problema era stato risolto con la riforma tributaria: l'art. 34 del d.P.iR. 29 settembre 1973, n. 602 dichiara responsaibili in solido ,le persone 902 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cato dall'art. 12 del R.D.L. 6 novembre 1930 n. 1465: cio� dalla facolt� di citare esattore e debifore d'imposta davanti al Preotre, facolt� concessa a chi pretendeva di avere il diritto di propriet� o altro diritto reale sopra tutti o parte dei mobili pignorati o degli immobili posti in vendita, per opporsi alla vendita e chiedere la separazione a suo favore. Il rimedio, per�, attenuava, ma non eliminava del tutto l'inconveniente, n� colmava completamenrte la lacuna. Invero l'art. 207 del testo unico del 1958 -come chiaramente risulta dalla sua rubrica indicante la � opposizione di terzi �, e dal richiamo che esso fa all'art. 619 c.p.c., e dalle pi� diffuse disposizioni dell'art. 18 del decreto del 1939 dal quale deriva -vieta l'opposizione del proprietario, o, comunque, dell'avente diritto, all'esecuzione che venga iniziata contro il debitore d'imposta e, quindi, su beni che si ritengono appartenere al debitore d'imposta; e, stante il carattere eccezionale della norma, il divieto non pu� essere esteso alle opposizioni del proprietario, o dell'avenrte diritto, all'esecuzione promossa direttamente contro di lui e, quindi, ricadente su beni che appartengono a lui e che s'intende espropriare come tali. Perci� l'art. 207 -le cui norme hanno carattere non meramente processuale, ma sostanziale in quanto, per una pi� efficace tutela dei credirti tributari, ne rafforzano le garanzie assoggettando taluni beni ad esecuzione indipendentemente dall'esistenza di eventuali diritti di terzi su di essi trova applicazione soltanrto nei casi in cui l'azione esecutiva sia rivolta contro il debirtore e su beni che apparentemente gli appartengono o che erroneamente si ritiene che gli appartengano. N� pu� obiettarsi che, se interpretato nella suesposta maniera -che, del resto, � l'unica possibile -. l'art. 207 rimarrebbe svuotato di ogni pratica importanza. Difatti casi del genere di quelli ai quali si � accennato possono accadere non soltanto nell'esecuzione mobiliare, ma anche, sebbene meno i cui redditi siano stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo. Ma 1relativamente ai redditi della mo1glie la recentiissima legige 2 dicembre 1975, n. 576 ha apportato fondamentali innovazioni: non soltanto si stabilisce (art. 7) che i coniugi sono solida1mente obbligati 1al pagamento dell'imposta, ma si dettano nuove norme anche per il passato (art. 8) p:recisando �che i ruoli gi� formati in base a dichiarazione o ad acce:rtamento di ufficio comprensivi di redditi della moglie costituiscono titolo per la riscossione anche nei confronti della moglie sebbene intestati soltanto al marito; ci� va1e non solo per l'imposta sulle persone fisiche di cui alla denuncia dell'�am,o 1975, ma anche per l'imposta complementare degli anni precedenti. Gli accertamenti �Collegati a denunce presentate soltanto dal marito compendenti redditi della mogUe che interverranno successivamente all'entrata in vigore della legge dovranno essere intestati e notificati anche alla moglie. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARtA 903 di frequente, nell'esecuzione immobiliare: quando, ad esempio, si proceda a pignoramento di un immobile che la moglie abbia acquistato dal marito con atto trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento, ma non abbia avuto ancora corso la domanda di volltura cata� stale, sicch� il detto immobile sia stato erroneamenite� ritenuto come di propriet� del marito, che � il soggetto esecutato. In tal caso, ed in altri simili, trova applicazione l'art. 207, ma non quando l'esecuzione -come si verifica nella fattispecie in esame sia cominciata, o stia per cominciare, direttamente contro la moglie, e venga pignorato, o s'intenda pignora.re, un immobile proprio della, moglie che, in tale ipotesi, non � terzo, ma soggetto passivo della procedura esecutiva. Per ritenere legittima tale procedura non basta il richiamo dell'art. 207, lett. e) del testo unico del 1958, ma occorrerebbe poter considerare la moglie come coobbligata, insieme con il marito, al pagamento dell'imposta, cio� supporre l'esistenza di una norma che nel testo unico del 1958 non esiste. Una norma simile si trova, invece, nella recente legislazione di riforma tributaria, e precisamente nell'art. 34 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 che stabilisce che le persone, i cui reddi1ti p~r l'accertamento d'imposta sul reddito delle persone fisiche, sono stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo, sono responsabili in solido con il soggetto medesimo per il pagamento dell'imposta, sopratasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a nome di quest'u1timo. Questa nuova di~posizione, che il legislatore ha ritenuto necessario dett,are all'evidente scopo di eliminare l'inconveniente connesso al sistema del cumulo, vale, per�, per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, e non per l'imposta complementare progressiva, soppressa insieme con le altre indicate nell'art. 82 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597. Difatti per l'imposta complementare e per gli altri tributi soppressi e relativi a periodi d'imposta anteriori al 1<> gennaio 1974, seguitano ad applicarsi, secondo quanto dispone l'art. 102 .dello stesso decreto n. 602 del 1973, le norme dettate dal testo unico del 1958 e, fra queste, l'articolo 207 del detto testo unico, dal quale -come si � visto -non � dato desumere n� una responsabilit� solidale, n� un assoggettamento alla riscossione coattiva nei termini ritenuti dalla �sentenza denunziata. Stabilita l'esatta portata della lettera e) del citato art. 207 e conseguentemente la sua inapplicabilit� al caso in esame -cio� all'ipotesi, ricorrente nella fattispecie, di un'esecuzione esattoriale nella quale l'esecutato non � terzo, ma soggetto passivo della procedura di riscossione coattiva -ne deriva l'irrilevanza, ai fini del decidere, delle questioni di costituzionalit� riproposte, in questa sede, dalla ricorrente. ( Omissis). 904 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1975, n. 2904 -Pres. Rossi Est. Miele -P. M. Mililotti (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio) c. Ippoliti (avv. D'Angelantonio). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposta di registro -Age volazioni -Pluralit� di benefici -Scelta di uno di essi -i:. definitiva Sopravvenuta decadenza -Applicabilit� di altra agevolazione -Esclu sione. In caso di pluralit� di agevolazioni fiscali applicabili per motivi diversi alternativamente allo stesso atto, il contribuente che sia decaduto da quella da lui prescelta e in concreto applicata non pu� usufruire di altra agevolazione sullo stesso atto (1). (Omissis). -Con il motivo di ricorso l'Amministrazione finanziaria denunzia che erroneamente la Cor.te di merito ha ritenuto che, in caso di pluralit� di agevolazioni fiscali, applicabili per motivi diversi ad uno stesso atto, il contribuente, che sia decaduto da� quella da lui prescelta ed applicata, possa usufruire di alrtro beneficio per lo stesso atto. Secondo l'amministrazione ricorrente, invece, nel caso di diverse agevolazioni fiscali previste in via alternativa, la scelta operata dal, contribuente di una di esse, gli impedisce nel caso di decadenza da quella prescelta di usufruire successivamente di altra agevolazione di cui ricorressero i presupposti. Si contesta, inoltre, che, secondo quanto ritenuto dalla Col.'lte d'Appello, l'atto di assegnazione dell'abitazione al socio della cooperati!Va sia assimilabile ad atto traslativo di propriet�, per cui mancherebbe il presupposto del trattamento agevolativo dell'al'lt. 17 della legge 2 luglio 1949 n. 408. La prima censura del mezzo � fondata. Invero il principio dell'art. 8 della legge di registro del 1923, secondo cui le tasse sono applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti e ci� con riferimento al momento in cui l'atto soggetto alla imposta � stato stipulato (imposta di atto) e l'altro, desumibile degli articoli 11 e 12 della stessa legge, secondo cui l'atto una volta assoggettato all'imposta � insensibile alle vicende del negozio giuridico emergente dal (1) Questione nuova di grande interesse. Sull'impossibilit� di cumulo di agevola,zioni diverse in generale v. Cass. 19 settembre 1970 n. 1534 (Foro it. 1970, I, 2817). Ma assai importante � l'affermazione che, avvenuta la registrazione, sono irrilevanti le vicende successive si che il principio fissato negli artt. 11 e 12 della legge di registro � valevole anche per l'applicazione delle agevolazioni. Ne possono in concreto verificarsi deroghe per espressa norma di legge; quando un'agevolazione � concessa, salva l'applicazione di norme pi� favorevoli (o con altre formule analoghe), si verifica sempre una scelta irreversibile fra pi� benefici alternativamente fruibili. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR'IA 905 l'atto stesso, sono valevoli non solo in caso di assoggettamento dell'atto a tributo di registro ma, indubbiamente, anche per la diversa ipotesi della applicazione di trattamenti agevolativi concessi dalla legge. Ne consegue che, dovendo rimanere fermo il regolamento applicato concretamente all'atto soggetto alle disposizioni della legge di regist:i;o, qualora l'amministrazione finanziaria abbia disposto un determinato trattamento agevolativo, sia questo conforme alla richiesta dell'interessato oppure, in caso diverso, sia staio adottato con provvedimento ormai definitivo, esso trattamento non � suscettibile di variazioni o sostituzioni per sopravvenute vicende, sia ad iniziativa dell'interessato sia ad opera della stessa Amministrazione finanziaria. Tutto ci� porta ad affermare che, qualora l'atto sia stato sottoposto ad un determinato trattamento fiscale di favore, l'interessato, che da questo sia decaduto, non pu� chiedere successivamente (salvo che disposizione di legge non lo consenta espressamente) che, in sostituzione del beneficio gi� accordatogli, sia applicarto altro beneficio, di cui assuma esistere i presupposti. Invero, come si � osservato, il rapporto giuridico d'imposta in tal modo determinatosi, � definitivo, essendosi il suo iter formativo completato. Esso � ormai solo suscettibile di essere portato ad esaurimento per effetto del verificarsi o del �non verificarsi delle condizioni poste dalla legge per la conservazione del beneficio. Nella ipotesi negativa, il mancato avveramento della condizione � fatto che si inserisce pur sempre in quello stesso rapporto d'imposta per cui esso d� luogo alle conseguenze sue proprie (applicazione dell'ordinario trattamento tributario) n� potrebbe consentire che il rapporto di imposta, cos� estinto, possa rivivere per l'applicazione dell'altro beneficio. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 agosto 1975, n. 2978 -Pres. Stella Richter -Est. Sposato -P. M. De Majo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Impresa Farsura (avv. Cochetti). Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Subappalto -Estensione -Limiti. (1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). L'agevolazione per la costruzione di autostrade prevista dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729 non si estende ai contratti. di subappalto non approvati dall'Amministrazione appaltante (1). (1) Identiche sono le coeve sentenze n. 2974, 2976 e 2977. Con questa pronunzia le Sezioni unite risolvono definitivamente la questione sulla quale in un primo momento era prevalsa la tendenza ad RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -La ricorrente Amministrazione -denunziando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961 sostiene che atto o contratto occorrente per l'attuazione di questa legge � da considerare quello che sia tale non soltanto in senso tecnico-economico, ma benanche in senso giuridico, e che tale non �, in materia di opere pubbliche, il subappalto che, in contrasto con il divieto stabilito dall'art. 339 della legge del 1865 sui lavori pubblici, sia stato stipulato senza l'approvazione ed all'insaputa della pubblica amministrazione committente o della societ� alla quale la pubblica amministrazione abbia concesso l~ esecuzione dei lavori. Soggiunge che il subappalto non giova al fine in vista del quale � prevista l'esenzione fiscale della quale si tratta -vale a dire alla riduzione dei costi delle costruzioni aurtostradali -giacch� esso si risolve in un vantaggio per l'appaltatore, che lo stipula a condizioni per lui pi� favorevoli di quelle del contratto d'appalto; e che, d'altra parte, l'esenzione sarebbe limitata anche in senso soggettivo cos� come ritenuto dall'Ufficio impositore. Il ricorso -che nelle memorie viene illustrato con larghi riferimenti alle considerazioni esposte nelle sentenze pronunziate da questa Corte a sezione semplice nel 1974 -� fondato e deve essere accolto. In effetti, per dirimere il verificatosi contrasto giurisprudenziale nella determinazione dell'ambito di applicabiUt� del trattamento fiscale di favore del quale si discute, bisogna aver riguardo all'essenziaie circostanza che le costruzioni autostradali -o che siano eseguite direttamente dall'ANAS, o che lo siano da altri enti che, in virt� della concessione, subentrano negli stessi poteri e nelle stesse iniziative della pubblica amministrazione concedente -sono pur sempre opere pubbliche, soggette alla disciplina regolatrice dei pubblici appalti e, quindi, fra l'altro, alle norme dettate dal citato art. 339 della legge sui lavori pub- ammettere l'estensibilit� della agevolazione (3 marzo 1972 n. 611, in questa Rassegna, 1972, I, 444) ma pi� recentemente si era determinato un criterio restrittivo (5 settembre 1974 n. 2419, ivi, 1974, I, 1264; 13 gennaio 1975, n. 105, ivi, 197'5, I, 396). � da segnalare, anche ai pi� ampi fini di metodologia ermeneutica, il rilievo che I'� occorrenza � ad un determinato fine, se pur non deve rispondere al criterio della necessit�, non pu� essere intesa in senso puramente tecnico-economico, col rischio di accogliere nel concetto di fine agevolato tutti gli atti che possono derivare � nella loro indefinita possibilit� di proliferazione � dall'appalto. Non persuade, per�, pienamente l'identificazione del nesso di occorrenza con la sussistenza di un apprezzamento discrezionale della Amministrazione in sede di approvazione del subappalto, approvazione che, oltre a rispondere a diverse esigenze che non dovrebbero influire sul trattamento tributario, potrebbe intervenire anche dopo la stipulazione del subappalto e la sua registrazione. Dovrebbe in sostanza non ritenersi compromessa la questione dell'estensione dell'agevolazione anche ai subappalti approvati o per i quali non � richiesta l'approvazione. I II ~ . . I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTAR,IA 907 blici che vieta all'appaltatore di cedere o subappaltare, tutta o in parrte, l'opera assunta senza l'approvazione dell'autorit� competente, sotrto la comminatoria dell'immediaita rescissione del contratto e di una multa corrispondente al ventesimo del prezzo di deliberamento. Le ragioni che stanno alla base di un divieto cos� rigorosamente sanzionato sono evidenti; si tratta di assicurat.e, per una preminente esigenza di pubblico interesse, la buona esecuzione dell'opera attraverso la valutazione; da farsi preventivamente dagli organi della pubblica amministrazione, dei requisiti d'idoneit� di coloro che l'opera 'debbono eseguire, e di render possibile quella continua e doverosa attivit� di controllo che quegli organi non avrebbero modo di esplicare tempestivamente ed efficacemente nei confronti di imprese ai cui rapporti con l'appaltatore la pubblica amministrazione fosse rimasta del tutto estranea. Una volta stabilito che gli atti ed i contraJtti relativi alle costruzioni autostradali sottostanno alla normativa propria dei lavori pubblici, � ovvio che le particolari disposizioni che le riguardano debbano essere intese nella loro coordinazione logica con la detta normativa, non essendo ammissibile che esse agevolino ed incoraggino atti che, nella pi� ampia regolamentazione nella quale s'inseriscono, sono rigorosamente vietati. Codesta imprescindibile necessit� di coordinamento potrebbe non sussistere se il legislatore avesse, esplicitamente o implicitamente, introdotto nella legge per le autostrade una deroga alle norme generali in materia di opere pubbliche. Ma una deroga del genere non si rinviene nella legge del 1961 e nelle altre precedenti relative alle strade ed alle autostrade, n�, in verit�, vi sarebbe stato motivo di disporla, ,stante il gi� rilevato interesse pubblico che il divieto del subappalto tutela, e stanti le altre considerazioni che, qui di seguito, vengono esposte. � vero che, a differenza di altre leggi _:_ ad esempio della legge 28 febbraio 1949 n. 43 nel su� art. 24 -la legge sul piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali prevede, nel suo art. 8, i benefici fiscali n~n per gli atti ed i contratti necessari, ma per gli atti e i contratti occorrenti per la sua attuazione, ed � pur ve.ro che l'occorrenza ha limiti pi� ampi della stretta necessit�. Tuttavia anche l'occorrenza dev,e essere intesa nel nesso, in cui il testo legislativo esplicitamente la pone, con l'attuazione della legge. Ci� comporta che non pu�, essere intesa in un senso puramente tecnico-economico, perch� in tal modo quel nesso verrebbe ad essere negato. Difatti, se, trascurando le finalit� d'interesse pubblico che continuano -e n,on potrebbero non continuare -ad essere preminenti nell'intenzione del legislatore, ed i cui mezzi e modi di realizzazione sono affidati alla valutazione preventLva d�lla pubblica amministrazione, volessero comprendersi fra i contratti occorrenti all'attuazione della legge anche i subappalti non approvati che possano servire, o siano comunque ser RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viti, alle costruzioni autostradali, si perverrebbe all'inevitabile conseguenza che l'appaltatore potrebbe affidare a ditte subappaltatrici tutte le opere da lui assunte in appal!to e godere dei benefici tributari senza nulla aver fatto per l'attuazione della legge ed essendosi limitato a svolgere una pura e semplice attivit� d'intermediazione a scopo di lucro. Codesta conseguenza, oltre che nel caso limite che si � ipotizzato allo scopo di metterne in luce tutta l'assurdit�, potrebbe egualmente verifi� carsi anche nei subappalti parziali: con effetti meno vistosi, ma non per questo meno assurdi, giacch� � sempre assurdo premiare con agevolazioni fiscali, ricadenti a carico della collettivit�, le speculazioni private. Per evitare che essa possa verificarsi fa d'uopo ricorrere ad un criterio che consenta di distinguere fra gli atti occorrenti all'attuazione della legge e gli atti che, pur derivando, nella loro indefinita possibilit� di proliferazione, dell'appalto stipulato dall'ANAS o dalle societ� concessionarie, attuano non la legge, ma una mera intermediazione speculativa. E tale criterio � fornito, per l'appunto, dal coordinamento dell'art. 8 della legge del 1961 con l'art. 339 della legge sui lavori pubblici, in virt� del quale coordinamento il giudizio sulla sussistenza della condizione prevista per l'applicazione del beneficio tributario -cio� del nesso di occorrenza dell'aitto o del contratto con l'attuazione della legge -coincide e si risolve nell'apprezzamento discrezionale della Pubblica Amministrazione (o dell'ente al quale essa ha trasferito, con la concessione, le proprie attribuzioni ed iniziative) che approvi, oppure ritenga di non approvare, la stipulazione del subappalto. Si obietta che i subappalti, consentendo all'appal.tatore l'esecuzione delle opere a condizioni meno onerose e, quindi, di assumere l'appalto ad un prezzo correlativamente minore, giovano, in definitiva, allo scopo per il quale � prevista l'esenzione fiscale, cio� allo scopo della realizzazione delle autostrade a minor costo; che ci� � tanto pi� degno di nota in quanto, date le particolari difficolt� tecniche del settore, � difficile, ed anzi pressocch� impossibile, che una sola impresa possa eseguire tutta l'opera senza il concorso di subappaltanti ditte specializzate che dispongano di complesse e costose apparecchiature il cui approntamento assoggetterebbe a spese di enorme rilevanza. L'obiezione, con la quale si vorrebbe accreditare la ;tesi dell'inoperativit� nel campo delle costruzioni autostradali del divieto di cui all'art. 339 della legge fondamentale sui lavori pubblici, si rivela, per�, priva di consi_stenza. Difatti il divieto non � assoluto e non impedisce all'appaltatore di fare assegnamento su~ subappalti e, ;tenendo conto delle economie che si ripromette di conseguirne, di assumere la esecuzione dell'opera ad un corrispettivo minore. Basta, all'uopo, che nel contratto d'appalto venga prevista la possibilit� dell'affidamento ad altri dell'esecuzione di quelle parti dell'opera che egli non potrebbe eseguire direttamente senza grave dispendio: possi~ II ~ ~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 909 bilit� che non gli sar� certamente negata dall'amministrazione appaltante qualora effettivamente sussistano le condizioni che, senza pregiudizio del preminente interesse collettivo alla buona esecuzione dei lavori, consentano una riduzione della spesa. � soltanto in questo niodo che l'interesse economico dell'appaltatore e, di riflesso, quello dell'amministrazione o dell'ente concessionario, si concilia con quell'altro preminente interesse ed, evitata ogni dannosa ed arbitraria possibilit� di intermediazioni a catena, i subappa]Jti divengano atti realmente occorrenti all'attuazione del piano delle costruzioni stradali ed autostradali ed hanno titolo per essere ammessi al .trattamento fiscale di eccezionale favore. Stabiliti i limiti oggettivi dell'ambito di applicazione dell'esenzione tributaria nel senso che vi rientrano soltanto i subappalti stipulati con il consenso dell'amministrazione appaltante o dell'ente, concessionario, � irrilevante, ai fini della decisione' della presente controversia, stabilire se l'esenzione debba intendersi limitata anche in senso soggettivo come subordinatamente si assume nel ricorso. Basti osservare, e solo incidentalmente, che tale subordinato assunto non appare fondato; valga, in proposito, il richiamo alle considerazioni svolte nella sentenza 13 maggio 1969 n. 1638 di questa Corte Supre,ria. Sul piano processuale la difesa della resistente ha sostenuto che la Amministrazione delle Finanze ha invocato gli effetti del divieto dei subappalti non autorizzati sulla determinazione della sfera di applicazione dei benefici fiscali, soltanto nel suo ricorso per cassazione, proponendo perci�, per la prima volta in questa sede, una questione nuova, involgente anche accertamenti di fatto (se un'approvazione da parte della S.P.E.A. fosse o non fosse intervenuta) e, quindi, non proponibile in questa fase del giudizio. Non si tratta, per�, di una questione nuova. Opponendosi all'ingiunzione e chiedendo l'accertamento del suo preteso diritto all'esenzione, la societ� Farsura propose una domanda avente come sua causa petendi l'affermata sussistenza delle condizioni alle quali l'esenzione � subordinata e, quindi, nel nesso di occorrenza dei subappalti all'attuazione della pi� volte citata legge del 1961, indipendentemente dall'approvazione di cui nell'art. 339 della legge sui lavori pubblici. Il coordinamento delle due normative veniva, pertanto, implicitamente negato all'atto di opposizione; e le sentenze dei giudici di merito, accogliendo l'opposizione e quindi affermando la sussistenza di tutte le condizioni necessarie per l'accoglimento, hanno perci�, implicitamente ed erroneamente, .gi� risolto la questione che ora si assume essere nuova. Sul piano sostanziale la controricorrente deduce che, comunque, nel caso di specie, si sarebbe dovuto tener presente ch<i! nell'art. 7 della convenzione da essa stipulata con la societ� concessionaria, era bens� q l 910 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I l prevista la necessit� dell'approvazione per i subappalti, ma era anche j previsto che la detta approvazione non_ era necessaria per i subappalti I ! j aventi ad oggetto la fornitura e l'esecuzione di manufatti od impianti che si eseguiscono normalmente a mezzo di ditte specializzate. Codesta' II l deduzione equivale, per�, alla proposizione, in questa sede, di una domanda nuova, fondata su di una causa petendi diversa da quella originariamente proposta � sulla quale si � discusso e deciso nelle precedenti fasi di merito. Di essa, perci�, non � assolurtamente consentito a questa Corte di occuparsi attraverso un esame che comporterebbe, fra l'altro, un'indagine di fatto sul contenuto della convenzione, mai prodotta in giudizio, e la risoluzione, in diritto, della questione se, nonostante il mancato richiamo del citaito art. 7 nel contratto di subappalto, l'ufficio impositore avrebbe egualmente potuto desumere la sussistenza del nesso di occorrenza da elementi non risultanti dall'atto presentato alla registrazione. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (*) I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 luglio 1975, n. 2841 -Pres.. MtrabeHi -Rel. La Torre 7 P. M. Minetti (conrf.) -AJssessorato ad: lavori pubblici della Regione ski1iana (avv. Stato Azzaxiti) c. Eredi Cra: panzano (n.rc.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Istituto delle riserve -Carattere generale -Deroghe -Limiti. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54, 63, 64 e 89; d,P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 26, 30 e 42). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiori ririchieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16, 53, 54, 63, 64 e 89�; d.P\.R. 16 luglio 1900, n. 1063, art. 30). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Collaudo -Ritardo -Maggiore richieste dell'appaltatore. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 91 e segg.; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 38). Imposta generale sull'entrata -Rivalsa -Esercitabllit� nei confronti della Regione siciliana. (legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 6, terzo comma; d.P.R. 12. aprile 1948, n. 507, art. 1; legge reg. sic. 22 marzo 1956, n. 6; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074). Il principio generale secondo cui l'appaltatore di opera pubblica ha l'onere della immediata denuncia di ogni fatto che egli ritenga produttiv_o di conseguenze patrimoniali a s� sfavorevoli (onere da assolvere, innanzitutto, con la tempestiva iscrizione di apposita riserva nel registro di co,ntabilit� o in quell'altro documento contabile all'uopo predisposto, successivamente con la rituale individuazione e quantificazione della pretesa e, infine, con la conferma della riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale), non pu� subire deroga se non in quei casi in cui l'onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore non sarebbe giustificata o. non sarebbe. possibile; e tali, in pratica, sono: a) i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; b) i fatti dolosi o gravamente colposi dell'amministrazione, quando per� non (*) Le decisioni in materia di acque pubbliche .sono massimate e annotate dall'avv. PAOLO VITTORIA. 912 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera e siano perci� indifferenti agli effetti delle riserve; c) i fatti c.d. continuativi, come quetli prodotti da una causa� costante o da una serie causale di non immediata rilevanza onerosa, talch�, anche per essi, riprende vigore la regola che impone all'appaltatore di farne riserva non appena egli disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico (salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale): momento che va identificato, nelle�singole fattispecie, secondo i criteri della media diligenza e della buona fede (1). La richiesta di risarcimento dei danni che si assumano subiti per illegittima e prolungata sospensione dei lavori � inammissibile quando i verbali di sospensione e di ripresa dei lavori siano stati sottoscritti senza riserve (2). La richiesta di risarcimento dei danni che si assumano subiti per ingiustificato ritardo nel collaudo, in quanto afferente ad una situazione insorta e denunciabile ad appalto esaurito, pu� essere utilmente avanzata in sede di collaudo (3). La domanda di rivalsa dell'imposta generale sull'entrata non � soggetta �ll'onore della rivalsa (4). Nei confronti della Regione siciliana, equiparata allo Stato, per effetto del d.P.R. 12 aprile 1948, n. 507, del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, e della legge regionale siciliana 22 marzo 1952, n. 6, a tutti gli effetti fiscali, non � esercitabile il diritto di rivalsa dell'imposta generale sull'entrata (5). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 ottobre 1975, n. 3374 -Pres. Mirabelli -Rel. Giuliano -P. M. Cutrupia -Saja (avv. Varrera e Bianchi) c. Ministero dei Lavori [pubblici (avv. Stato Bragug1ia). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore Fatti continuativi -Onere della tempestiva riserva -Sussistenza. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54).. (1-8) La prima decisione in rassegna costituisce espressione del consolidato orientamento giurisprudenziale, sia per quanto concerne i principi in tema di Tiserv�e del.J'appaJ.tatoce (cfr., da ultimo, Cass., 18 aprile 1975, n. 1458, retro, I, 447, con richiamo ai precedenti), sia relativamente alla equiparazione a1lo Stato, agli e:flfetti fiscali, della Regione siciliana, e quindi all'inammissibilit� di una rivalsa dell'i.g.e. nei suoi confronti (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 1974, I, 1278, con nota di richiamo a pag. 1282). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 913 Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore Oneri per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente previsti nel contratto -Onere della tempestiva riserva Sussistenza. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Maggiori richieste dell'appaltatore Decadenza� � Proposte transattive � Rinuncia tacita ad eccepire la d~cadenza � Esclusione. (r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54; cod. civ., artt. 1175 e 2966). L'onere della tempestiva riserva sussiste anche relativamente agli oneri sostenuti dall'appaltatore per fatti continuativi; e la riserva deve essere sciolta nei quindici giorni dal momento in cui l'appaltatore abbia precisa conoscenza di tutti i dati attinenti alle sue maggiori richieste (6). L'onere della tempestiva riserva sussiste anche relativamente agli oneri per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente previsti nel contratto di appalto (7). Dall'offerta di somme a tacitazione transattiva delle maggiori richieste dell'appaltatore non pu� desumersi la rinuncia dell'Amministrazione committente ad eccepire la decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore per la tardivit� delle 1�iserve (8). I (Omissis). -Con l'impugnata sentenza la Cor,te di appello di Palermo ha rigettato l'eccezione preliminare dell'Amministrazione, secondo la quale tutte le pretese dell'appaltatore dovevano dichiararsi improponibili per non essere state tempestivamente formulate nel corso dell'appalto e a mezzo delle apposite risel"Ve (di cui al regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350 sulla contabilit� dei lavori Va rrettificato, peraltro, il riferimento alla (possibilit� di quantificare le rrichieste relative ai cc.dd. fatti continuativi anche in sede di conto finale, che deve presumemi, anche per la sua irrilevanza nella specie (nella quale era :mancata la tempestiva iscrizione della riserva), non adeguatamente considerato, e che risulta infatti contraddetto dal contestuale richiamo all'art. 64, secondo comma, del r.d. 25 ma,ggio 1895, n. 350 (secondo cui l'aippaltatore, alla firma del conto finale, � non potr� iscrivere domande per oggetto o per importo diverse da que�e formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavoci, ai termini dei precedenti articoli 53 e 54 �); ed � puntuale, quindi, l'affermazione di principio, contenuta nella seconda delle sentenze in rassegna, sulla necessit� .che J.a riserva per fatti conttnuativi sia sciolta (con specificazione delle somme richieste) nei quindici giorni dalla data in cui ,l'appaltatore dispone degli elementi necessari alla quantificazione della pretesa: data che non potr� essere in ogni caso successiva, evidentemente, n� a quella 914 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dello Stato), osservando che questa speciale disciplina, con il conseguente onere a carico dell'appaltatore in ordine alle singole unit� di lavoro via via eseguite, non � applicabile quando la pretesa di costui verta su fatti o situazioni giuridiche che non attengono strettamente e direttamente all'esecuzione dell'opera appaltata, ma riguardano il rapporto di appalto in s� considerato, nel sup complesso e nel suo� assoggettamento a norme di carattere generale: categoria quest'ultima nella quale dovrebbe farsi rientrare, svincolata perci� dall'onere della preventiva denuncia, la domanda relativa al I'isarcimento dei danl).i causati �da illegittimo ordine di prolungata sospensione dell'opera e da ritardo nella compilazione del conto finale e nella esecuzione del collaudo�. Dalla quale premessa, essere cio� le pretese del Crapanzano libere dal regime delle riserve, i giudicd pale:rnnitarni hanno tratto l'ulteriore corollario dell'assoluta irrilevanza di una indagine ��volta al controllo della ritualit� formale e della tempesti'Vit� delle riserve, a quelle pretese appunto riferite, formulato dall'appaltatore medesimo in sede di redazione e sottoscrizione de conto finale e in sde di collaudo�. Contro questa pronunzia si appuntano ora le molteplici censure di violazione di legge e difetto di motivazione che l'Assessorato regionale, riproponendo la tesi sostenuta senza fortuna neJ giudizio di merito, affida ai primi due motivi del suo ricorso. Col primo motivo, articolato in pi� punti, si deduce l'errore che avrebbe commesso la Corte di Palermo interpretando restrittivamente, di ultimazione dei lavori n� a quella di chiusura del registro di contabilit�. Quanto alla ipotesi del c.d. fatto continuativo, del resto, � evidente che non si tratta, in effetti, di una eccezione o di una deroga al pdnciipio sul carattere generale dell'istituto della riserva (che ne risulta invece ribadito), ma solo dl criterio utile alla individuazione del momento in cui l'onere della riserva diviene �attuale� (cfr., in tal senso, Cass., sez. un., 25 luglio 19W, 11.1. 2168, in quesa Rassegna, 1973, I, 979). � la nozione stessa di � fatto continuativo �, peraltro, che non risulta in realt� ancora adeguatamente definita e verificata, prur essendo tale definizfone e tale v.erifica imposte dal fatto che il concetto � venuto in rilievo nell'ambito di runa i~ostazione superata oramai dal riconosciuto carattere generale dell'istituto della riserva; ed � stato invero ,gi� osservato, con accurata analisi della questione, e rilevandosi che l'onere della riserva andrebbe stricto jure affermato relativamente ad ogni singolo episodio della serie � fatto continuativo ., che l'ipotesi del fatto continuativo si risolve in effetti in una � "finzione giuridica" (la cui artificiosit� comincia solo ora ad essere riconosciuta � (PIACENTINI, Fatti continuativi ed onere di tempestiva proposizione delle riserve, Arb. ap'[J., 1974, 171). tn tema di sospensione dei lavori, cfr., in particolare: Gass., 26 marzo 1975, n. 1148; 3 ottobre 1973, n. 24S6, in questa Rassegna, 1973, I, 981; sez. un., 25 luglio 1973, n. 2168, cit.; 25 maggio 1973, n. 1527; sez. un., 20 giugno 1972, in questa Rassegna, 1972, I, 862; v. pure: L'onere della tempe PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 915 ed arbitrariamente disapplicando, il principio d'ordine generale, desumibile da numerose norme del r.d. 25 magg�o 1895 n. 350 (v. fra gli altri art. 10, 11, 16, 21, 23, 25, 47, 53, 64, 107) secondo cui incombe all'appaltatore l'onere della immediata denuncia di ogni fatto o situazione giuridica, inerente all'appalto, che sia suscettibile di causargli conseguenze patrimoniali negative, a ci� dovendo egli provvedere, pena l'accettazione del fatto o della situazione sfavorevole e la decadenza dal correlatirvo diritto, mediante tempestiva riserva da apporre in quel documento formale che, volta a volta, � preordinato allo scopo (verbale, ordine di servizio, registro di contabilit�, ecc.). E all'osservanza di tale regola, la cui ratio consiste non solo nella necessit� dell'ente appaltante di verificare per tempo il fatto controverso ma anche e sopratutto nell'esigenza di controllare costantemente il costo dell'opera non possono sfitggire neanche le pretese risarcitorie dell'appaltatore che si riconettono, a �fatti continuativi� o ad inadempienza dell'Amministrazione e, meno che mai, stante il combinato disposto degli artt. 16 e 89 del citato r.d., a illegittima sospensione dei lavori, quando � pacifico -come nella specie -che tanto il verbale di sospensione quanto il verbale di ripresa dei lavori furono da lui sottoscritti senza riserva. Se poi si considera -ed ecco il secondo motivo� del ricorso che l'ru-t. 64, comma secondo, dello stesso r.d'. non �orusente aill'appaltatore di iscrivere nel cornto finale domande diverse da quelle stiva riserva per i danni da sospensione dei lavori, in questa Rassegna, 1973, �, 980. Quanto al principio di cui alla� terza massima, relativa alla richiesta di risarcimento dei danni che si assumano subiti per ingiustificato ritardo nel collaudo, va precisato che tale richiesta pu� ,essere avanzata in sede di ,collaudo, ma deve essere in questa sede avanzata, a" pena di decadenza. In considerazione degli� effetti giuridici del collaudo (la cui funzione, come � noto, � anche quella di fissare il definitivo compenso doV1Uto all'appaltatore), ed in coerenza, del resto, con il principio sul carattere generale dell'istituto della !I'iserva, � stato irufatti gi� precisato che J.a sottoscrizione senza riserve del certificato di �collaudo preclrude all'appaltatore la possibilit� di proporre domande per i maggiori oneri sostenuti in conseguenza del ritardo nel collaudo (Cass., 22 .giugno 1971, n. 1962): Anche i princ�.pi enunciati con la seconda sentenza in !l'assegna .costituiscono oramai jus receptum. Relativamente all'impossibilit� di desumere da proposte transattive una rinuncia tacita ad avvalersi della decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore per tardivit� delle riserve (conf.: Cass., 12 marzo 1973, n. 677, in questa Rassegna, .1973, I, 458), va peraltro i'khiamato �quanto gi� in altra occasione Tilevato sulla inammissibilit� stessa, in via di principio, di una rinunzia dell'amministrazione ad eccepi!l'.'e la decadenza, ipotizzabile inveTo nel solo caso di definizione tTansattiva della vertenza con l'appaltatore (cfr.: SuLla 1�inuncia a vaiersi della decadenza in tema di pubbLici appalti, in questa Rassegna, 1973, I, 1191). 916 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gi� formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori (a norma dei precedenti artt. 53" e 54), si ha la prova, a giudizio del ricorrente Assessorato, che la Corte d'appello ha omesso l'esame di un punto decisivo, poich� detto giudice, lungi dal considerare superflua la relativa indagine, cui invece era tenuto di :fronte all'eccezione di inammissibilit� delle tardive riserve, avrebbe dovuto darsi carico di accettare se nel registro di contabilit� fossero state apposte dall'appaltatore firme senza riserva dopo l'ultimazione dei lavori. La tesi esposta nei su riassuntivi motivi che sono parzialmente fondati, va accolta con le precisazioni e nei limiti di cui appresso. � da premettere che, dalla gara di appalto alla consegna, all'esecuzione e al collaudo dei lavori, il piano di attuazione dell'opera pubblica si svolge attraverso un procedimento formale e vincolato cui presiede la necessit� della continua evidenza delle spese richieste dall'opera . stessa, in modo da tutelare le esigenze proprie di un bilancio pubblico in rapporto alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione dei mezzi finanziari a tal fine stanziati, nonch� alle altre possibili determinazioni riservate all'Amministrazione di fronte a un notevole superamento delle originarie previsioni di spesa. A quella necessit� e a questi scopi, che verrebbero certamente frustrati ove l'appaltatore potesse richiedere in ogni tempo e a qualsiasi titolo il pagamento di maggiori somme, si lega appunto l'onere della immediata denuncia, da parte sua, di ogni fatto che egli ri�tenga produttivo di conseguenze. patrimoniali a s� sfavorevoli. E tale onere, senza la osservanza del quale l'esercizio del preteso diritto risulterebbe poi tardivo e precluso, va assolto, innanzitutto, con la tempestiva iscrizione di apposita risenra nel registro di �contabiil.it� o in quell'altro documento contabile all'uopo predisposto, successivamente con la rituale individuazione �e quantificazione della pretesa e, infine, con la conferma della ris�rva all'atto della sottoscrizione del conto finale (cfr. gli artt; 16, 53, 54, 63, 64, 89 del cit. r.d. n. 350 del 1895). Si � dunque in presenza di un principio generale, posto a cardine del sistema dei pubblici appalti, che, per l'ampiezza della portata e la ratio ispiratrice, non pu� subire deroga se non in quei casi in cui l'onere della temtpestiva r~serva, da parte dell'.awaltatore, o non sa rebbe giustificata o non sarebbe possibile,. E tali, in pratica, sono: a). i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di rdocumentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; b) i fatti dolosi o gravemente colposi dell'amministrazione, quando per� non incidano direttamente sull'esecuzione dell'opera e siano perci� indifferenti agli effetti delle riserve; e) i fatti c.d..continuativi, come quelli prodotti da una causa� costante o da una serie PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 917 causale di non immediata rilevanza onerosa, talch�, anche per essi, riprende vigore la regola che impone all'appaltatore di farne riserva non appena egli disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli e il presumibile onere economico (salvo poi a precisarne l'entit� nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale) : momento che va identificato, nelle singole fattispecie, secondo i criteri della media diligenza e de1la buona fede (cfr. Cass. n. 677, 717 e 1527 del 1973). Ci� posto, si tratta ora di vedere se in taluno di questi casi eccezionali, o in altri, che comunque escludono l'onere della riserva, possano farsi rientrare -come ha deciso la Corte palermitana -le pretese risarcitorie per i danni che sarebbero derivati all'appaltatore Crapanzano a causa, rispettivamente: 1) della illegittima e prolungata sospensione dei lavori (dal 3 dicembre 1959 al 27 luglio 1961), dovuta a difettosa progettazione dell'opera, da parte dell'ente appaltante, e alla necessit� di ovviarvi merc� una perizia suppletiva con varianti in ordine alle modalit� esecutiva dell'appalto e alla sua durata; 2) dell'ingiustificato ritardo nell'esecuzione del collaudo (7-9 settembre 1963), effettuato dopo la scadenza del termine di un anno dalla ultimazione dei lavori (30 settembre 1961) e della successiva data di sottoscrizione del conto finale, con il� conseguente maggiore onere di spesa cui � andato incontro l'appaltatore, da tale data fino al giorno del collaudo, per la manutenzione dell'opera appaltata e compiuta. Al suenunciato quesito deve darsi risposta sicuramente negativa per quanto concerne la voce sub 1). Riguardo alla quale � da affermare -contrariamente alJ.'avviso espresso nell'iimpugnata sentenza che non sussisteva alcuna valida ragione perch� l'appaltatore fosse dispensato dall'onere di formulare subito le sue riserve in ordine al pregiudizio patrimoniale da lui temuto e gi� :prospettabile come effetto della disposta sospensione. Non ricorreva infatti nessuna delle ipotesi eccezionali di cui sub a), b), e), trattandosi invece di una situazione inerente all'appalto, incidente direttamente sull'esecuzione dell'opera e con immediata rilevanza causale sfavorevole circa l'onere economico. E quanto alla possibilit� di farne rituale denuncia, non mancava all'appaltatore il mezzo per formulare tempestivamente le sue riserve: come avrebbe potuto e dovuto fare, ex art. 16, in sede di verbale di sospensione dei lavori e poi, o almeno, in sede di verbale di ripresa degli stessi lavori, quando il fatto potenzialmente produttivo del danno a suo carico -stando alla stessa prospettazione di parte aveva gi� esplicata tutta o gran parte della propria efficienza causale. � viceversa circostanza pacifica in causa -da cui per� la sen 918 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenza, pur dandone espressamente atto, non ha tratto le debite cons�guenze giuridiche -che il Crapanzano ha firmato senza risel"Ve sia il primo che il secondo verbale, limitandosi ad avanzare le sue pretese solo nel conto finale e, quindi, tardivamente, per esserne gi� decaduto: come deve ritenersi argomentando dal combinato disposto degli artt. 46, 54 e 89 e, comunque, in puntuale applicazione dell'art. 64, comma secondo, a norma del quale l'appaltatore, all'atto di firmare il conto finale, �non potr� iscrivere dpmande per oggetto o per importo diverse da quelle formulate n�l registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 > (cfr. sent. n. 2168 e 2486 del 1973). Ma la stessa soluzione, con le ragioni fin qui esposte, non pu� di certo valere per _quanto concerne la voce sub 2). Riguardo alla quale deve invero riconoscersi che la situazione dannosa conseguente al ritardo del collaudo, il cui scopo � di verificare se l'opera fu eseguita (art. 91 e ss.), non poteva essere oggetto di preventiva riserva in alcun atto contabile dell'appalto: ci� per la semplice ma invincibile ragione che si tratta di un fatto successivo alla ultimazione dei lavori e alla chiusura dei conti (art. 62, 63 e 91) e come tale, quindi, non prevedibile n� denunciabile prima che, quanto meno a far tempo dal compimento dell'opera fosse interamente decorso il termine (di un anno) di cui l'Amministrazione disponeva per eseguire il collaudo. E pertanto, non potendo manifestarsi se non a termine scaduto l'illegittimo ritardo che l'appa1tatore ha dedotto come causa efficiente del danno da lui subito medio tempore, cio� nel periodo compreso fra la data della scadenza e il giorno in cui il collaudo fu di fatto eseguito, sembra coerente dedurne che la relativa pretesa, siccome afferente ad una situazione insorta e denunciabile ad appalto esaurito; non poteva essere utilmente formulata che nel contesto delle operazdoni di collaudo (arg. ex art. 107 e 109). Su questo punto, quindi, la denunziata sentenza si sottrae alle censure contenute nei primi due motivi di ricorso, che, per il resto e nei sensi su esposti, meritano invece accoglimento. Il terzo motivo, con cui il ricorrente Assessorato ripropone l'eccezione di inammissibilit� della domanda di' rivalsa dell'i.g.e. in quanto non preceduta da tempestiva riserva, � chiaramente destituito di fondamento, e va pertanto l'ligettato, perch� una siffatta pretesa, come ha pi� volte statuito questa suprema Corte (sent. n. 2290 del 1965, n. 2861 e n. 3351 del 1972, n. 2486 del 1973), rimane estranea alla sfera di applicazione della normativa, dianzi illustrata, che pone l'onere defla riserva dei registri di contabilit�. FC?ndato, per contro, � il quarto e ultimo motivo di ricorso attinente al merito della domanda medesima -col quale si deduce PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 919 lerrore commesso dalla Corte di Palermo nell'escludere la Regione siciliana dal n()!Vero � di quegli enti che, per legge, siano in tutti equiparati, ad ogni effetto fiscale, all'Amministrazione dello Stato � (art. 6, comma terzo, d.l. 9 .gennaio 1940 n. 2, coniv. in 1. 19 'giiugmo 1940 n. 762, istitutiva dell'i.g.e.), ritenendola perci� soggetta alla rivalsa di cui, invece, quegli enti sono immuni (ex art. 6 comma 3, cit.). L;impugnata sentenza, che risale in effetti ad un periodo di incertezza giurisprudenziale dovuta a due contrastanti precedenti della I Sezione di questa S.C. (n. 300 e n. 2567 del 1970), ha ritenuto di, optare per quella tesi che � stata definitivamente ripudiata dalle Sez. un. con le sentenze 8 febbraio 1972 n. 311 e 25 febbraio 1972 n. 565, ove risulta enunciato e ampiamente motivato l'opposto principio, secondo cui, per effetto delle leggi statali n. 507 del 1948 e n. 1074 del 1965 �e della legge regionale n. 6 del 1952, la Regione siciliana d�ve ritenersi equiparata allo Stato ad ogni effetto fiscale, �Onde il diritto di rivalsa dell'i.g.e. non � esercitabile nei suoi confronti. E tale principio, che ha tr()!Vato conferma in numerose altre .sentenze delle Sezioni semplici (n. 2861 e 3351 del 1972; n. 117 e 2485 del 1973; n. 190, 795 e 2513 del 1974) nonch� del1e stesse S.U. (n. 3202 del 1974), costituisce ormai ius receptum dal quale .questo Collegio non trova ragione per discostarsi. -(Omissis). II (Omissis). -Col secondo mezzo, ilSaj, d�nunciando falsa applicazione dell'art. 54 del decreto 25 maggio 1895 n. 350, si duole che la Corte del merito abbia applicato tale norma, bench� le sue richieste si riferissero a fatti continuativi. La censura s'infrange contro l'apprezzamento della Corte del me , rito, la quale ha, con analitica motivazione, mostrato che lo scioglimento delle riserve genericamente fatte a suo tempo dal Saj avvenne 1'8 gennaio 1965, quando erano gi� passati pi� di l5 giorni da quello in cui, anche per i fatti continuativi da lui addotti, il Saj aveva .avuto precisa conoscenza di �tutti i dat� attinenti alle sue maggiori richieste �. Col terzo mezzo, il ricorrente lamenta � violazione e falsa applicazione di legge, omessa e insufficiente motivazione, in relazione agli artt. 1755 e segg. cod. civile�, sostenendo che la Corte veneta ha �rroneamente ritenuto applicabile il ricordato art. 54 per alcune delle voci dedotte in causa, le quali riferiivansi a �prestazioni non previste in contrasto, ed afferenti comunque la sua interpretazione� e .quindi esulanti dalla previsione della norma. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censura � infondata. Infatti, la sentenza impugnata ha preso in esame tutte le voci, mostrando come ciascuna di esse si riferisse al compimento dell'opera appaltata e concernesse maggiori oneri per difficolt� di esecuzione o per lavori accessori non specificamente previsti nel contratto. L'arit. 54 del regolamento sulla contabilit� di Stato contempla anche siffatte ipotesi, essendo esclusi dal suo campo d'applicazione, oltre ad altri casi che non interessano nella specie, solo i fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� della documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera (clr. la sentenza n. 78 deJ. 1974 di questo Su,premo Collegio). Col quarto, complesso mezzo, il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 2966 cod. civ. e dell'art. 1175 cod. civ. e omesso esame di fatto decisivo, da un lato, lamenta che la Corte d'Appello ha r1putato irrimmciahile l'eccezione di decadenza, d'altro lato che ha escluso, in concreto, che 1'Amministrazione avesse all'eccezione medesima tacitamente rinunciato, e a quest'ultimo riguardo addebita alla sentenz_a impugnata di non aver ritenuto conto di trattative orali intercorse tra le parti per un componimento bonario della vertenza,. prima dell'inizio della lite. La doglianza non merita accoglimento. �, invero, assorbente la considerazione, che la Corte del merito ha, con congrua motivazione, sancito che aver l'Amministrazione respinto, stragiudizialmente, senza far cenno della decadenza, le richieste di maggior corrispettivo e ofcerto, a tacitazione amichevole, la somma di lire 615.000 non costituiva tacita rinuncia a eccepire la decadenza. In verit�, devesi, con una considerazione di carattere generale, affermare che la rinuncia a eccepire la decadenza, in materia di diritti disponibili, pu� essere ravvilsata soltanto � in un comportamento univoco e incomu;iatibiie con la vo,lont� di avvalersi dell'eccezione; ma i fatti accertati dalla Corte del merito non avevano tale carattere. -(Omissis). I TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 6 -Pres. Gian-� nattasio -Rel. Salvatore -S.A.V.A. (avv. Starace e ottolunghi) c. Ministero dei lavori pubblici (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione proivinciale di Belluno ed altri (avv. Benvenuti e Lorenzoni). Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanoni � Determinazione della misura unitaria � Nuova determinazione � Ammissibilit�. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53 mod. da l. 4 dicembre 1956, n. 1377,. art. 1). .. . I ,u-a'uu��u� ����� ��...-...-c.�.�.w.�.�.�.w.� , a' a a e e '" a , ca, PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 921 Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanoni � Determinazione � Potere discrezionale � Circ. Min. Finanze 22 luglio 1959 n. 158 � Autolimita zione � Esclusione. (t.u., 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53, mod. da 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, art. 1). Il potere di imposizione del sovracanone non si esaurisce, quanto alla determinazione unitaria di questo, con il primo atto di esercizio, onde pu� essere nuovamente esercitato quando risultino modificati gli elementi tenuti originariamente in considerazione (1). Con la circolare n. 158 del 22 luglio 1959 l'Amministrazione non ha posto autolimitazioni al proprio pote1�e impositivo con riguardo ai criteri di determinazione del sovracanone, ma si � limitata a fornire agli uffici indicazioni da seguire nell'istruttoria delle pratiche, ch�, anzi, l'esigenza in essa sottolineata di una rappresentazione adeguata della situazione locale rappresenta una conferma dell'ampia discrezionalit� di tale potere (2). II TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 8 " Pres. Giannattasio -Rel. Salvatore -S.p.A. Idroelettrica Garga (avv. Buono) c. Ministero delle finanze (avv. Stato Albisinni) e Amministrazione provinciale di Cosenza ed altro (avv. Lombardi Comite). Acque pubbliche ed elettricit� � Riserva di energia -Sovracanone � Dif ferenza -Normativa sui sovracanoni � Estensione analogica � Esclu sione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 52 e 53; e.e., disp. prel., art. 12). Acque pubbliche ed elettricit� � Sovracanone � Disciplina anteriore alla I. 4 dicembre 1956, n. 1377 � Applicazione � Presupposti. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 53). La diversa natura della riserva di energia a favore dei comuni rivieraschi e del sovracanone a favore degli stessi comuni e delle (1-2) Trib. sup. acque, 12 ottobre 1962, n. 17, Foro ,amm., 1963, II, 376, aveva gi� affermato, in applicazione dell'art. 2 J.. 4 dicembre 1956, n. 1377, la legittimit� di un riesame delle situazioni per una nuova liquidazione del sova:-acanone anche nei casi in cui ci fosse gi� stata determinazione del sovracanone sulla base dell'art. 53 del t.u.; Trib. sup. acque, 17 ottobre 1961, n. 18, :richiamata in motivazione, in Foro amm., 1962, II, 186, aveva individuato nella irretroattivit� il limite di una nuova determinazione della misura unitaria del sovracanone. Non consta dell'esistenza di precedenti in termini sulla prima massima, che costituisce peraltro applicazione di ispecie di un principio pacifico. Sulla portata innovativa dell:a 1. 4 dicembre 1956, n. 1377, rispetto all'art. 53 del t.u. del 1933, cfr. Cass., 7 maggio 1968, n. 1395, in questa 922 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rispettive provi1u:ie esclude che possa estendersi analogicamente dalla prima al secondo l'onere della richiesta nel termine decadenziale di quattro anni dalla data del decreto di concessione, onere che comunque non avrebbe ragione di essere rispetto al sovracanone, la cui determinazione non ha quale suo presupposto necessario una formale richiesta degli enti interessati (3). Per l'imposizione del sovracanone a norma dell'art. 53 comma primo t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, nel testo anteriore alla l. 4 dicembre 1956, n. 1377, era sufficiente che l'ene1�gia prodotta fosse trasportata oltre il raggio di quindici chilometri dal territorio del com'ij,ne r_ivierasco, essendo ininfluente che il trasporto avvenisse soio parzialmente ad opera del concessionario (4). I (Omissis). -Con il primo motivo di .gravame viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 1. 4 dicembre 1956, n. 1277, sostenendosi che l'Amministrazione, nel riliquidare il sovracanone ai sensi della legge sopraindicata, non avrebbe potuto mutarne la misura unitaria fissata nel precedente provvedimento. Ci� perch� la legge succitata non avrebbe apportato alcuna modifica alle dispo- Rassegna, 1968, I, 503; Cass., sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, Giust. civ., 1966, I, 25 e Foro it., 1966, I, 826; Trib. sup. acque, 20 ottobre 1964, n. 27, Giust. civ., 1965, I, 403. La giurisprudenza ha avuto numerose occasioni di soffermarsi sui presupposti e sulla natura del potere di imposizione del sov:racanone. Piresupposto 4ell'esercizio del poter.e � stato affermato essere la esistenza di una concessione (Trib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, Cons. Stato, 1972, II, 1265; Cass., Sez. un., 30 dicembre 1965, n. 2483, cit.; con riferimento al sowacanone istituito dalla 1. 27 dicembre 1953, n. 959 per i comuni montani in sostituzione della riserva di energia di cui all'art. 52 t.u., Cass., Sez. un., 26 giugno 1973, n. 1852, Foro it., 1974, I, 1780; Trib. sup. acque, 8 ottob!J:e 1969, n. 23, Foro amm., 1970, I, 1. 33), non anche la irichiesta da parte dei comuni rivieraschi (cfr. le decisfoni richiamate sub 3), con J.a conseguenza che, salva la nec.essit� della determinazione della sua misura attraver.so il provvedimento del ministro delle finanze (Trib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, cit.; Cass., Sez. un., 15 aprile 1961, n. 816, Giust. civ., 1961, I, 1219 e 1221) il sovracanone ha la stessa decor1renza e scadenza del canone (T:rib. sup. acque, 23 novembre 1972, n. 44, cit.). Il potere di determinazione della misuxa del canone � stato costante mente ritenuto caratterizzato da ampia discrezionalit� (Trib. SUJP. acque, 17 maggio 1973, n. 21, Cons. Stato, 1973, II, 829; Cass., Sez. un., 30 dicem bre 1965, n. 2483, cit.; Triib. sup. acque, 16 maggio 1960, n. 8, Foro amm., 1960, II, 465). Essendo il sovracanone imposto nell'interesse ipubbUco con finalit� lato sensu risarcitoria a favore degli .enti �ntree�ssati, si � ritenuto che, pur non PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 923 sizioni contenute nell'art. 53 del t.u. n. 1175, onde la determinazione a suo tempo adottata al riguardo dovrebbe considerarsi definitiva. Tale censura � in~ondata. Innanzitutto su di un piano strettamente interpretativo, molteplici sono gli elemeilti che inducono ad attribuire un carattere innovativo alle disposizioni introdotte dalla 1. n. 1277 del 1956 e ad individuare come unico limite quello relativo alla decorrenza della nuova misura del canone, che non pu� essere retroattiva come gi� in altra occa sione precisato (cfr. Trib. Sup. 17 ottobre 1961, n. 18). E ci� perch� il nuovo sistema si presenta con elementi caratterizzanti del tutto distinti dal sistema precedente e per quanto attiene l'ampiezza del sovracanone (con l'estensione a concessioni prima esenti), e per quanto concerne i criteri di liquidazione (con la soppressione del limite delle spese obbligatorie), e relativamente ai criteri di ripartizione (con la eliminazione del rifermento al bilancio e l'introduzione del concetto di perdita di ricchezza). Peraltro, qualunque sia la soluzione� che si ritiene di dover dare alla suesposta qu~stione che non si pone come un passo logicamente obbligato per l'esame del primo mezzo, � certo che il potere, ampia mente discrezionale, dell'Amministrazione di fissare il sovracanone non si era esaurito con il primo provvedimento adottato circa 30 anni costituendo presupposto della imposizione del sovracanone, la valutazione. del pregiudizio sia uno dei criteri rilevanti al fine della determinazione della sua misura (Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21,".cit., ha anndllato il decreto che fissava il sovracanone nella misura massima, sebbene avesse rilevato che l'impianto idroelettrico non arrecava apprezzabile danno alla economia dei comuni rivieraschi; Trib. sup. acque, 7 giugno 1968 n. 13, Cons. Stato, 1968, II, 472, ha espiressamente affermato J.a rilevanza della valutazione di tale elemento al fine della determinazione della misura del sovracanone; Tr1b. sup. acque, 12 ottobre 1962 n. 14, Foro annm., 1963, II, 380, ha ancora annullato un, decreto di n. 14, Foro amm., 1963, II, 380, ha ancora annullato un decreto di imposizione in un caso analogo a quello deciso da Trib. sup. acque, 17 maggio 1973 n. 21). (3) Tirib. sup. acque, 24 ottobre 1960 n. 33 .e Cass., Sez. un., 15 aprile 1961, n. 816, richiamate in motivazione, sono pubblicate in Foro amm., 1961, II, 560 e Giust. civ., 1961, I; 1219: in tali decisioni la questione era stata � affrontata in rapporto all'assunto, respinto dai giudki, per cui la decOTrenza del sovracanone doveva esser fissata alla data del provvedimento impositivo e non a quella anteriore individuata dall'inizio del trasporto dell'energia. Nello stesso senso, Cass.; Sez. un., 30 dicembre 1965 n. 2483, Giust. civ., 1966, I, 25 e 27. Sulla applicabilit� dell'art. 53 t. u. nel testo originario alle situazioni anteriori all'entrata in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, cfr. Cass., S'ez. un., 17 aprile 1963 n. 950, Giust. civ., 1963, I, 2659. (4) Non constano precedenti in termini. 924 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prima e non necessitava di particolari autorizzazioni legisla<tive per essere nuovamente esercitato. E ci� � sufficiente per ribadire su di un piano dei principi l'esistenza del potere de quo, mentre il momento logico immediatamente seguente richiede la verifica della sussistenza in concreto dei presupposti idonei a legittimare l'esercizio dei potere medesimo. Ora, da un canto non vi � dubbio che le condizioni ambientali che portano alla fissazione delle percentuali del sovracanone, nei limiti fissati dalla legge, costituiscono un dato mutevole e tanto pi� suscettibile di evoluzione in relazione al decorso del tempo; dall'altro, non pu� validamente contestarsi che, con la disciplina introdotta dalla legge del � 1956,. la ratio del sovracanone non si esaurisce nel trasferimento dell'energia fuori dell'ambito territoriale in cui viene prodotta ma si inquadra in una prospettiva pi� vasta che prende a punto prevalente di riferimento quello della perdita di ricchezza e, quindi, dei vantaggi derivanti dal passaggio dell'a,cqua. E proprio ta.le nuova prospettiva rende conto del perch� sia stato eliminato il parametro costituito daJle spese obbligatorie sostenute da ciascun Comune nell'ultimo quinquennio che costituiva, invece, un preciso invalicabile limite -ora scomparso -alla fissazione delle percentuali del sQIVJ'acanone nella disciplina anteriore al riguardo contenuta nell'articolo 53 del testo unico. In tale siituazione, che in fatto e in diritto si appalesa completamente diversa, l'Amministrazione ben po~eva procedere ad una nuova liquidazione del sovracanone e pervenire, naturalmente dopo una adeguata valutazione di tutti gl~ elementi all'uopo rilevanti, alla con �clusione di ritenere pi� rispondente una misura unitaria del sovracanone maggiore di quella fissata con un provvedimento adottato circa trenta anni prima. Del pari infondato � il secondo motivo di gravame, con il quale si sostiene che -anche a volere ammettere l'esistenza del potere contestato con il primo mezzo, che � stato sopra disatteso, di fissare una nuova misura unitaria del sovracanone -l'Amministrazione avrebbe dovuto giustificare adeguatamente la propria diversa determinazione. Giustificazione tanto pi� necessaria considerato che nessuna innovazione sarebbe stata apportata ai criteri per la determinazione del sovracanone in relazione anche alle autolimitazioni al potere imposiitivo contenute nella circolare n. 158 del 22 luglio 1959. Invero, poich� il provvedimento de quo � motivato per relationem, con richiamo cio� alle motivazioni contenute negli atti istruttori intervenuti nell'iter procedimentale, nella specie proprio attraverso l'esame di tali atti, � chiaramente enucleabile il processo logico seguito e, segnatamente, le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione a liquidare il PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 925 sovracanone nella misura del 50 % e che sono quelle riassunte nel parere conclus1vo del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Ragioni che possono schematicamente individuarsi e nell'esportazione totale del prodotto dello sfruttamento idroelettrico, con conseguente esclusione di ogni vantaggio sia pure indiretto per l'economia locale, e nell'incidenza negativa della rete di elettrodotti -connessa 1con l'impianto dn oggetto -su[ patrimonio, forestale ed edilizio, nonch� sull'attivit� peschereccia. Motivazione tanto pi� sufficiente -in relazione alla misura nella specie fissata del sovracanone e quindi, in definitiva, in relazione all'incidenza degli interessi della ricorrente -ove si ponga mente all'ampiezza del potere discrezionale che presiede alla determinazione del sovracanone ed alle finalit� che lo stesso � chiamato a soddisfare, circostanze queste che in varie occasioni sono state ri.tenute sufficienti a s.orreggere la determinazione nella misura' massima del sovracanone (cfr. Trib. Sup. 14. maggio 196.0, n. 6). N� pu� validamente sostenersi che nella specie non siano state osservate delle autolimitazioni che l'Amministrazione si sarebbe imposta con la circolare n. 158 del 22 luglio 1959. Ci� per la semplice ragione che in tale circolare, intesa soltanto a fornire agli uffici alcune indicazioni da seguire nell'istruttoria delle pratiche relative ai sovracanoni, non vi � traccia alcun� di autolimitazioni al potere discrezionale in questione, che, anzi, vi � implictamente riaffermato,� laddove viene sottolineata l'esigenza di una rappresentazione adeguata della situazione locale che si configura, per l'appunto, come uno degli antecedenti logico- conoscitivi delle molteplici valutazioni in cui si estrinseca un potere certamente ed ampiamente discrezionale, quale deve ritenersi quello relativo al momento impositivo del sovracanone. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). II (Omissis). -Con il primo motivo di gravame la societ� ricorrente deduce la violazione degli artt. 52 e 53 del t.u. n. 1175, sostenendo che l'�ulteriore canone � previsto dall'art. 53 succitato presuppone, per il suo carattere di � addizionaUt� �, che la richiesta degli Enti interessati sia pervenuta entro il termine perentorio di quattro anni, come disposto dal precedente art. 52, presupposto ch� nella specie non si � verificato, con la conseguenza che la societ� stessa dovrebbe considerarsi esonerata da ogni obbligo per decorso del termine. Tale censura � infondata e va, quindi, disattesa. Invero l'art. 52 disciplina un onere in natura e cio� il diritto dei comuni rivieraschi e delle risp_ettive Province ad ottenere la riserva 10 ������,. � ...,.,. ../..,,_..,.,./..,,......,.,,..,.... ��_. ����������ᥥ���.�.-c.�NaNr.�.-.-.-�.�'.�'.�'.".�'.".�'.".".".�'.�"�'.".�Z�'.�'.�'.�'.".,.�'.�'."'.�'.".".� ��������.�������.�.� .�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�Z�'.�'.�'.:">'.�'.�'.�'.;'.:'.�'.� �'.�Z:'._:i:'.:;::::;'.�'.�'. Z�'.�'.�'.�'.�Z�'.�'.�Z�'.".�'.�'.:'.:'.;'.:'.:::'.;'.:'.: .�'.�'.�'.�Z�'.�'.".1>'.�'.�'.�'.�'.�'. �r.�.�.�.�.-�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�Z".".�'.".�'."�"".�'.�'.�Z�'.�'.�'.".�Z"." 926 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di una certa quantit� di energia elettrica, mentre l'art. 53 regola la attribuzione ai predetti Enti di un ulteriore canone annuo. Le due disposizioni normative regolano, quindi, situazioni ben divel'ise, onde, gi� su di un piano dei principi, deve negarsi la ipoosdibi1it� di estendere, come un procedimento analogico, il termine di decadenza previsto dall'art. 52 ad ipotesi diverse per le quali manca del tutto una previsione di termini decadenziali. Ma al di l� di tali considerazioni, peraltro, gi� di per se stesse sufficienti a dimostrare l'inconsistenza della dedotta censura, va rilevato che il sovraccanone in questione non ha per presupposto necessario una formale richiesta degli Enti interessati,_ ed a fortiori una richiesta da presentare in un termine di decadenza, proprio per la finalit� di carattere pubblico che � preordinato a soddisfare (cfr. T. Sup. 2 novembre 196(} n. 33; Cass. SS.UU. 16 aprile 1961 n. 816). 'N� miglior pregio ha il secondo motivo di gravame, con il quale viene dedotta la violazione dell'art. 53 gi� citato, eccesso di potere perdifetto di motivazione e travisamento dei fatti relativamente alla liquidazione del iSovracanone per il periodo 1� febbraio 1954 -31 dicembre 1956. Invero, dovendosi aver riguardo alla situazione precedente all'entrata in vigore della 1. 4 dicembre 1956 n. 1377, atteso che la nuova disciplina dalla stessa introdotta prescinde del tutto dalla limitazione relativa al luogo di utilizzazione dell'energia trasportata, non pu� validamente contestarsi la configurabilit� nella specie del presupposto� del potere impositivo, individuabile nella mancata utilizzazione dell'energia entro il raggio di 15 Km. dal territorio comunale di Saracena, a nulla rilevando (essendo altrimenti agevole l'eluisione dell'obbligo de quo) che l'anzidetto trasporto avvenisse solo parzialmente ad opera della societ� ricorrente. Con il terzo motivo di gravame si sostiene, la mancata effettua zione di una valutazione comparativa tra danni derivati agli Enti interessati in dipendenza della costruzione nel territorio degli stessi di impianti idroelettrici e benefici acquisiti in dipendenza degli impianti suddetti, valutazione comparativa, comunque, che se correttamente effettuata avrebbe dovuto portare ad una Hquidaziione del sovracanone� in misura di gran lunga inferiore a quella effettuata, certamente non superiore a quella del 20 % del massimo stabilito per legge. Tale� censura, considerata esclusivamente nel suddelineato profilo� di legittimit� che � l'unico sindacabile in questa sede, � infondata. Invero, la comparazione di cui il ricorrent~ lamenta la mancanza risulta nella specie effettuata ed � chiaramente enucleabile dai molteplici atti richiamati nel provvedimento impugnato, e, segnatamente, dal prescritto parere del Consiglio Superiore dei LL.PP., dove i vari PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 927 aspetti economici ed ambientali connessi alla realizzazione degli ill).pianti in questione sono stati dettagliatamente considerati ed adegua tamente valutati. Per quanto concerne la misura in cui � stato liquidato il sovracanone, la stessa si sottrae ad ogni censura, att�sa l'ampiezza del potere discrezionale concesso in materia all'Amministrazione, la situazione deficitaria degli Enti beneficiari, nonch� la rilevanza, in un quadro limitato di risorse, dell'acqua sfruttata per l'economia della zona. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n. 7 -Pres. Danzi -Rel. Salv;:ttore -Costantino (avv. Ferlito) c. Assessorato ai larvori pubblici per la Regione siciliana {avv. Stato Imponente). Acque pubbliche ed elettricit� � Concessione e derivazione � Istruttoria � Domanda incompleta � Integrazione � Prefissione di termine perentorio � Inosservanza � Irricevibilit� della domanda. (r.d. 14 agosto 1920, n. 1285, art. 10, comma 3). Se il genio civile richieda che i documenti presentati con la domanda di concessione siano integrati con altri e per la presentazione di questi assegni all'istant�. un termine espressamente qualificato perentorio, � infondato il ricorso con cui si impugna la ordinanza che dichiara irricevibile la domanda per mancata presentazione dei � documenti ove non si impugni la comminatoria di irrecivibilit� con tenuta nell'invito (1). (Omissis). -L'art. 10 del regol. 14 agosto 1920, n. 1285, tuttora in rvigore, anche dopo la promulgazione del t.u. n. 1775 del 1933 (cfr. Trib. Sup. 7 febbraio 1972 n. 6) dispone testualmente, nel suo terzo comma, � Qualora si riconosca che qualcuno dei documenti tecnici, di cui all'articolo precedente, debba essere completato o regolarizzato, (1) Trib. sup. acque 7 febbraio 1972 n. 6, richiamata in motivazione, e pubblicata in questa Rassegna,� 1972, I, 526; in essa � l'affermazione che il regolamento per le derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche di cui al r.d. 14 agosto 1920, n. 1285 � rimasto in vigore pur dopo la emanazione del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, operando nel nostro sistema legislativo il principio che la mancata emanazione di un nuovo regolamento, dopo fa approvazione di un nuovo e ipi� aggiornato t.u. di leggi, fa rimanere in vigore il vecchio regolamento le cui disposizioni non siano incompaUbili con le disposizioni di legge nuove. Per l'affemnazione del medesimo prin RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 928 l'Ufficio del genio civile assegna un .termine perentorio non superiore a trenta giorni, trascorso il quale si prosegue nella procedura a norma di legge�. Tale disposizione risulta essere stata ossel"Vata dall'Ufficio del genio civile di Catania, il quale, avendo rilevato che (stante la pre:vista utilizzazione dell'acqua da parte di terzi) doveva essere documentata attraverso le risultanze caitastali l'estensione e l'appartenenza dei fondi di detti terzi, ne fece moUvata e ripetuta richiesta -come risulta dai documenti di causa -prima al dante causa del dott. Costantino, poi a quest'ultimo, precisando sempre in m:odo espresso che in difetto la domanda sarebbe stata dichiarata irricevibile, comminatoria questa mai impugnata n� contestata dagli interessati. In tale situazione, si rende applicabile il primo comma dello stesso art. 10, non potendo ritenersi operante il temperamento del secondo comma, che ammette la presentazione soltanto parziale dei documenti a corredo della domanda, salva la successiva integrazione. E proprio l'interpretazione coordinata delle diverse previsioni normative contenute nell'articolo succitato mostra l'inconsistenza della censura di contraddittoriet� prospettata dal ricorrente, in quanto lo stesso meccanismo procedimentale. previsto dalle anzidette norme legittimava l'ufficio a dichiarare l'ir~icevibilit� della domanda. � appena, poi, il caso di soggiungere che la necessit� dell'acquisizione della documentazione catastale, quando l'utenza sia domandata anche a favore di terzi rispetto allo scopritore di acque sotterranee, � implicita -come esattamente evidenziato dall'Avvocatura Generale dello. Stato -proprio nel disposto del primo comma del d.m. 16 dicembre 1923, pur invocato ex adverso, laddove si esige nei progetti di massima il'indicazione degli usi a cui l'acqua si deve de8tinare, nonch� la natura ed estensione dei terreni da irrigare. Non pu�, infatti, validamente contestarsi che soltanto dai certificati e dalle mappe catastali si possono individuare, attraverso la titolarit� dei proprietari dei fondi, le generalit� e i diritti dei predetti terzi. Da quanto sopra consegue che il ricorso deve essere respinto. (Omissis). cipio, peraltro pacifico, cfr. altres�, Cons. Stato, 13 1gennaio 1970 n. 8, Cons. Stato, 1970, I, 41. Sulla posibilit� di fissatre termini perentori rper il compimento di atti nella materia della concessione di acque pubbliche, cfr. Trib. sup. acqrue, 15 ottobre 1974 n. 17, in questa Rassegna, 1975, I, 769, con nota di irichiami; sulla irricevibilit� della domanda non coNedata dei documenti prescritti, cfr. Trib. sup. acque, 16 novembre 1972 n. 39, Cons. Stato, 1972, II, 1250 �e Riv. Amm. R.I., 1973, 153, nonch� per riferimenti, Trib. acque, 22 otto-, bre 1974 n. 20, in questa Rassegna, 1975, I, 778. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 929 TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 12 maggio 1975, n 9 -Pres. Laporta -Est. Salvatore -Natoli (avv. Silvestri) c. Provveditorato alle, opere pubbliche di Pal�rmo (avv. Stato Albisinni) e Comune di Mirto (avv. Marzullo). Espropriazione per p.u. � Approvazione del progetto � Dichiarazione di pubblica utilit� indifferibilit� e urgenza � Occupazione di urgenza � Opposizioni � Esame � Necessit� � Insussistenza. Espropriazione per p.u. � Dichiarazione di pubblica utilit� � Mezzi finanziari � Nozione, (1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 3). N� il provveditore aUe opere pubbliche, che abbia gi� dichiarato la pubblica utilit� e l'urgenza ed indifferibilit� dell'opera (realizzazione di un pozzo per incrementare la portata di un acquedotto comunale), n� il prefetto che si accinga ad autorizzare l'occupazione sono tenuti a prendere in esame un'opposizfone in cui si prospettino altre soluzioni (1). L'adeguatezza dei mezzi finanziari, da valutarsi nel dichiar.are la pubblica utilit� di un'opera, concerne la previsione degli oneri diret~ tamente connessi alla sua realizzazione e non anche le conseguenze patrimoniali ad essa correlate solo in via indiretta e mediata (2). (Omissis). -Con il primo motivo di gravame viene dedotto il vizio di eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicit� e del travisamento dei fatti in quanto la soluzione prescelta sarebbe la pi� irrazionale ed antieconomica ed alla stessa si sarebbe pervenuti senza considerare altre soluzioni, preferibili sotto l'aspetto tecnico ed economico e prospettate nell'opposiziQne prodotta al Prefetto di Messina. Tale censura, certamente inammissibile nella misura in cui tende ad eccitare un sindacato nel merito della soluzione prescelta, � infon (t) La giurisprudenza � costante nell'affermare che l'or.gano competente ad autorizzare l'occupazione di ~genza in esecuzione d'una ;preesistente dichiarazione di indifferibilit� e urgenza non � tenuto a prendere in esame osservazioni e dive11se soluzioni prospettategli"dai privati interessati, non essendo previste oss&vazioni e opposizioni nell'ambito del procedimento cli occupazione e non applicandosi a questo le regole sul procedimento di �esproiptiazione (cfr., Csi, 24 febbraio 1975 n. 34, Cons. Stato, 1975, I, 206; T.A.R. Lombardia, 27 novembre 1974 n. 58, Riv. TAR, 1975, I, 1312; Cons. St., Sez. IV, 27 agosto 1974 n. 563, Cons. Stato, 1974, I, 1026; Cons. St., Sez. IV, 15 maggio 1973 n. 560, ivi, 1973, I, 686; Cons. St., Sez. IV, 6 febbraio 1970 n. 89, ibidem, 1970, I, 186). (2) N~n constano precedenti in termini. / RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO data se riguardata in una prospettiva di legittimit�, l'unica sindacabile in questa sede. Dagli atti della istruttoria, infatti, risulta l'avvenuta valutazione delle ragioni che militavano a favore della soluzione poi prescelta che � stata ritenuta (iv. relazione del Genio civile) �La pi� semplice ed economica... la sola atta a risolvere, il problema... data la modestia dell'opera e la certezza dell'esistenza e della potabilit� delle acque~ da portare alla superficie con l'apporto del torrente Zappulla e del bacino del Vallone Tiberio. N� pu�, poi, sostenersi che sussistesse un preciso obbligo di prendere in considerazione le soluzioni alternative esposte dal ricorrente, e quindi, un obbligo di motivazione al riguardo, atteso che le stesse sono state prospettate per la prima volta in sede di opposizione al Prefetto di Messina -che non ha alcuna competenza in materia come dimostra anche il carattere meramente conseguenziale del decreto di occupazione -in un momento successivo all'adozione del provvedimento di approvazione del progetto da parte del Provveditore alle 00.PP., che, quindi, non aveva alcun obbligo di pronunciarsi sulle stesse. Infondato, �, poi, il secondo motivo in quanto, a prescindere da ogni considerazione sulla pertinenza alla fattispecie dei precedenti giurisprudenziali invocati, essendo sufficiente ad escluderla una semplice lettura degli stessi, � certo che un'eventuale questione in ordine alla adeguatezza dei. mezzi finanziari non pu� che concernere la previsione degli oneri direttamente connessi alla realizzazione delle opere programmate e non anche delle conseguenze patrimoniali correlate alla anzidetta opera solo in via indiretta e mediata, quali quelle adombrate dalla ricorrente e relative ad una obbligazione di risarcimento danni fondata, tra l'altro, su di un'asserita, ma certamente non dimostrata in questa sede, interferenza tra due pozzi. -(Omissis). CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. �, 17 luglio 1975 -Pres. Geri - Rel. ZaJP1Pulli -A:ssessorato per i lavori rpubblici della Regione Siciliana (avv. Stato AlbdsiinnJ) c. Impresa di 'co1sfu.-uzioni F.lli Merenda e Rizzo (avv. Carbone). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del ministero dei lavori pubblici . Legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9 � Applicabilit� obbligatoria capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 alle opere di competenza dell'amministrazione regionale siciliana. (l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21, art. 9, d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 931 Appalto � Appalto di opere pubbliche � Capitolato generale di appalto approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 � Opere di competenza della regione siciliana � Norme di procedura � Applicabilit� ad arbi� trato in corso alla data di entrata in vigore della legge reg. sic. 26 mag� gio 1973, n. 21 � Non sussiste. (l.r.s. 26 maggio 1973, n. 21; d.l"..R� 16 luglio 1962, n. 1063). Il Capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, si applica obbligatoriamente, a norma della legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, a tutte le opere pubbliche di competenza del. i'Amministrazione regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi (1). Il Capitolato generale per i lavori pubblici dello Stato, in ambedue i testi del 1895 e del 1962, aveva, prima della legge reg. sic. 26 maggio 1973, n. 21, valore normativo soltanto per lo Stato, e non per la Regione Siciliana, la' quale poteva sottoporre alla disciplina di detto Capitolato i propri contratti �di appalto con una apposita clausola contrattuale. L'art. 9 della legge regionale siciliana 26 maggio 1973, n. 21, ha sostituito, a questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati, una disciplina legislativa inderogabile con la obbligatoria applicazione del citato capitolato del 1962, ma quell'articolo di legge � applicabile solo agli appalti successivi alla sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, che il Legislatore abbia posto nel nulla la .precedente autonomia negoziale fra le parti eon effetto retroattivo di questa nuova disciplina (2). (Omissis). -La Cor,te adita deve preliminarmente decidere se l'impugnazione proposta dall'Amministrazione re~ionale avverso il lodo :arbitrale sia ammissibile, in quanto l'art. 49 del Capitolato Generale (l-2) Capitolato generale 00.PP. approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063. Estensione obbligatoria alle opere di competenza della Regione siciliana: applicabilit� delle norme di procedura alle controversie ar� bitrali in corso. L'art. 9 della Legge Regionale Siciliana 26 maggio 1973, n. 21, dispone: �Per tutte le apere pubbliche di competenza l:Ieil'Amministrazione Regionale, di enti pubblici regionali, locali e istituzionali, e dei consorzi, si applica -0bbligatoriamente il Capitolato Generale di appalto approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 .. Dalla data, pertanto, di .entrata in vigore di tale Legge, il vigente Capitolato Generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha acquistato carattere normativo e, conseguentemente, -efficacia cogente anche per gli appalti di competenza della Regione Sici 932 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per i Lavori Pubblici dello Stato approvato con D.M. 28 maggio 1895 stabiliva espressamente che le parti rinunziavano ad ogni appello o ricorso per cassazione avverso il lodo emesso per controversie relative al contratto; cos� precludendosi e limitandosi con tale clausola ogni liIIl!Pugnazione diversa da quelle relative a v:izi in procedendo del giu dizio arbitrale. L'Amministrazione attrice ha opposto, al riguardo, che la soprav venuta legge regionale siciliana 26 maggio 1973 n. 21 ha espressa~ mente stabilito, nell'art. 9, che per <tutte le opere pubbliche della Re gione � si applica obbligatoriamente il capitolato generale di appalto approvato con D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 �, il cui ,art. 51 statuisce che �contro la pronunzia arbitrale � ammessa impugnazione secondo le disposizioni del codice di procedura civile�, cos� innovando rispetto al capitolato del 1895. Ha sostenuito la stessa Amministrazione che la nuova disciplina in base a detta norma si � sostituita, per il lato procedurale, a quella contrattuale previgente e corrispondente al �apitolato del 1895, con conseguente estensione delle ipotesi cQnsentite di impugnazione. Questa tesi non pu� essere accolta. Infatti, entrambe le parti hanno riconosciuto che il capitolato generale per i lavori pubblici dello Stato, liana, in cqnformit� dell'insegnamento della Corte di Cassazione, la quale ha affermato: � ... il principio, secondo cui il Capitoiato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha valore nor mativo re.goLamenbare per le opere che interessano lo Stato e non quelle di Enti Pubblici divrsi dallo Stato, � valido in linea generale, ma non nei casi in cui, come nelia specie, l'applicazione del Capito.iato suddetto ad un Ente pubblico diverso dallo Stato sia prevista da una norma di Legge .. In awlicazione del principio relativo alla efficacia della Legge nel tempo, contenuto nell'art. 11 delle disposizioni sulla Legge in generale, all'efficacia cogente, attribuita dalla indkata Legge regionale, al Capitolato Generale 00.PP. del 1962, sono soggetti, .per quanto .di ra�gione, tutti i rapporti contrattuali di appalto, relativi ad opere pubbliche di competenza regionale, in corso all-a data di entrata in vigore della Legge regionale in discussione, anche se per essi fosse contrattualmente richiamata l'applica bilit� del Capitolato 00.PP. del 1895. Un rapporto contrattuale � in corso fino a quando non si sia provveduto alla sua definizione: un contratto di appalto, quindi, � da considerarsi in corso non soltanto fino a quando non sia ultimata la esecuzione dei lavori, bens� anche fino a quando non si sia e�saurita la procedura giudiziaria, eventualmente isti.tuita per la definizione .e la li:quidazione del rapporto. Una Legge che, come factum principis, modifichi, sovrapponendosi e sostituendosi alla volont� dei contraenti, la normativa del rapporto, deter-� ' mina una diversa disciplina del rapporto medesimo, �quanto meno .per la �parte afferente a materia non disponibile dalle parti, quale �, indubbia mente, il modus procedendi dell'arbitrato. Nel caso in discussione si trattava di stabilire quale fosse l'efficacia di una Legge su di un contratto di appalto e sui rapporti di carattere pro PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 933 in ambedue i testi del 1895 e del 1962, aveva, prima della citata legge regionale, valore normativo solo per lo Stato, e non per la Regione Siciliana, la quale poteva sottoporre alla loro disciplina i propri contratti di appalto solo con una apposifa clausola contrattuale, come aveva fatto nella specie, secondo quanto precisato anche dalla Corte di Cassazione (sent. 12 dicembre 1967 n. 2928; 17 aprile 1968 n. 1143; 7 marzo 1968 n. 528). A questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati l'art. 9 della legge regionale siciliana 26 maggio 1973 n. 21 ha effettivamente sostituito una disciplina l�gislativa inderogabile con la obbligatoria applicazione del citato capitolato del 1962, ma quell'articolo di legge, per la forma e il contenuto, � applicabile solo agli appalti successivi alla sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, che il legislatore abbia posto nel nulla la precedente autonomia negoziale delle pavti con effetto retroattivo di questa nuova disciplina. :fu pur vero che ogni legge, fuori della materia penale, pu�, entro certi limiti, contenere norme retroa~tive per la tutela di particolari interessi di carattere superiore, ma proprio l'eccezionalit� di queste norme impone che la loro retroattivit� debba risultare in maniera cessuale, che da quel contratto derivavano, di stabilire, c1oe, se ed entro quali limiti le norme �ontenute nel Capitolato Generale del 1962, che l'art. 9 della Legge regionale Sic. n. 21 del 1973 ha disposto che debbano essere applicate obbligatoriamente al contratto di appalto di opere di competenza regionale, dovessero prevalere oppure no sulle clausole contrattualmente accettate dalle parti con il richiamo al Capitolato Generale dello ~tato del 1895, Al quesito -a nostro avviso -non poteva e non pu� rispondersi che con l'insegnamento contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 19 gennaio 1963, n. 67, secondo la quale: �Le norme di carattere sostanziale del nuovo Capitolato generale �di appalto, approvato con Decreto del Presidente della R�pubblica 16 luglio 1962, n. 1063, ed entrato in vigore il 1� settembre 1962 non 1�e�golano i contratti di appalto stipulati sotto l'impero .del precedente capitolato del 1895. Per converso lo stesso non pit� dirsi per le nuove norme che regolano il modus procedendi dell'arbitrato: esse, come tutte le norme che regolano le situazioni giuridiche di carattere processuale, sono di immediata applicazione e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso o quelli scaturenti dai contratti di appalto anteriori al 1� settembre 1962 �. Nel modus procedendi dell'arbitrato sono da ricomprendersi indubbiamente anche le possibilit� e i limiti della impugnativa per nullit�, se tale impugnativa, cio�, debba essere limitata agli errores in procedendo o possa, invece, estendersi agli erro1�es in iudicando. Senonch� la Corte di Appello ha disatteso le nostre argomentazioni, dichiarando inammissibile la nostra� impugnazione peT errores in iudicando '934 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non equivoca, mentre manca una disposizione del genere nella materia in esame. N� pu�� opporsi che nell'applicazione del sopra.vvenuto capitolato del 1962 va seguita, secondo la Corte di Cassazione (sent. 19 gennaio 1963 n. 67), la distinzione tra norme sostanziali degli stessi capitolati, e cio� concernenti i reciproci diritti e obblighi delle parti contraenti, e quelle che regolano il modus procec�enc�i dell'ar!bitrato, aventi carattere procedurale, 1e come tali 1soggette, a differenza delle prime, a essere sostituite dalla regolamentazione sopravvenuta. Infatti, presupposto essenziale per l'applicabilit� concreta di questa distinzione ai fini della determinazione dei limiti dell'impugnazione del lodo arbitrale � ovviamente che il rapporto contrattuale preesistente possa essere assoggettato, oltre che al capitolato del 1895, se vigente all'epoca della sua stipulazione, anche a quello successivo del 1962, e ci� in virt� o di una esplicita clausola contrattuale, mancante nella specie, sull'estensione del richiamo pure alle eventuali modifiche del capitolato stesso per factum principis, o di una espressa disposizione legislativa di retroattivit� della obbligatoriet� del nuovo capitolato, ugualmente inesistente come gi� rilevato. Nel difetto di tale presupposto, sia per la irretroattiviit� della legge regionale siciliana del 1973 sia per la rilevata assenza di una previsione di eventuali modifiche del capitolato generale, l'applicazione delle e cos� motivando il proprio convincimento: � Questa tesi non pu� essere accolba... A questo ormai consueto richiamo convenzionale ai suddetti capitolati l'art. 9 delta Legge regionale siciliana 26 maggio 1973, n. 21, ha effettivamente sostituito una disciplina legislativa inderogabile con la obbligatoria applicazione del cibato capitolato del 1962, ma queil'articolo di legge, per la forma e il contenuto, � applicabile solo agli appalti successivi alla sua entrata in vigore, non potendosi ritenere, senza una espressa disposizione, che il Legislato1�e abbia posto nel nulla la precedente autonomia negoziale delle parti con effetto retroattivo di questa nuova disciplina. � pur vero che ogni Legge, fuori della materia penale, pu�, entro certi limiti, contenere norme retroattive per la tutela di particolari interessi di carattere superiore, ma proprio l'eccezionatit� di queste norme impone che la loro retroattivit� debba risultare in maniera non equivoca, mentre manca una disposizione del genere nella materia in esame�. Ma, nella �Specie, non si verteva in tema di retroattivit� o meno di una Legge, sibbene di applicazione di una Leg.ge sopravvenuta ad un rapporto in corso, non ancora definito. E, poich� la nuova Legge, Tendendo obbligatoria l'applicazione del Capitolato Generale 00.PP. del 1962, veniva ad incidere sulla regolamentazione processuale del rapporto, ne conseguiva la ammissibilit� della impugnativa per errores in iudicando. � ' Non pu�, peraltro -a nostro avviso -condividersi l'affe11mazione della Corte di Merito, secondo la quale ... �N� pu� indurre inverso avviso la citata sentenza del 1963 della Corte Suprema perch� nella stessa � sbato affermato PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 935 sopravvenute norme procedurali non pu� avere luogo nei confronti dei rapporti d'appalto anteriori, i quali, a causa dell'autonomia negoziale delle parti all'epoca della stipulazione del contratto, sono rimasti totalmente ancorati, attraverso il richiamo convenzionale, al vecchio capitolato generale. N� pu� indurre in diverso avviso la citata sentenza del 1963 della Corte Suprema perch�, pur se nella stessa � stato affe.rmato che le norme procedurali del nuovo capitolato �sono di immediata .applicazione e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso e quelli scaturenti da contratti di appalto anteriori al 1� settembre 1962 �, tale pronunzia si riferhra alla diversa ipotesi del rapporto d'appalto con la Cassa del Mezzogiorno, sottoposto per obbligo di legge, e non per mero riferimento convenzionale, al capitolato generale dello Stato per i lavori pubblici, ai sensi dell'art. 8 della Legge 10 agosto 1950 n. 646 e secondo l'interpretazione della stessa della Suprema Cor.te (sent. 28 marzo 1966 n. 815). In questa diversa ipotesi l� sostituzione legislativa del capitolato gi� obbligatorio importava necessariamente la modifica delle sue clausole, pur se limitatamente alle norme procedurali secondo la cennata distinzione, ai fini del diritto transitorio, tra queste ultime e quelle sostanziali. Diversamente, nel caso di richiamo soltanto convenzionale al capi tolato del 1895, in assenza di una specifica disposizione di legge, non che le norme procedurali del nuovo capitoLato "sono di immediata applicazione e devono, perci�, regolare gli arbitrati in corso e quem scaturenti da contratti �di appalto anteriori al 1� settembre 1962 "; tale pronuncia si riferiva alla diversa ipotesi del rapporto di appalto con la Cassa del Mezzogiorno, sottoposto per obbligo di legge, e non per mero riferimento convenzionale, al capitolato generale dello Stato per i Lavori Pubblici, ai sensi dell'art. 8 della Legge 10 agosto 1950, n. 646, e secondo l'interpretazione della stessa Suprema Corte (sent. 28 marzo 1966, n. 815). In questa diversa ipotesi la sostituzione legislativa del Capitolato gi� obbligatorio importava necessariamente la mod,ifica delle sue clausole, pur se limitamente aLle norme procedurali secondo la cennata distinzione, ai fini del diritto transitorio, tra queste ultime e quelle sostanziali�. Vi �, infatti, anche .in questa parte del ragionamento della Corte di appello un vizio di interpretazione e di applicazione della Legge, in quanto, intervenuta la� Legge che rendeva obbligatoria per .gli appalti di opere di competenza regionale il Capitolato 00.PP. del 1962, la Legge stessa veniva ad incidere sul precedente regolamento contrattuale del rapporto, per la parte in cui la detta Legge si atteneva a norme afferenti all'ordine pubblico, .e perci� inderogabili, quali sono le norme processuali. Avverso la sentenza della Corte di Appello � stato pro.posto ricmso in Cass�azione. GIOVANNI ALBISINNI 936 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO si verifica quella sostituzione obbligatoria delle clausole processuali, rimanendo tuttora immutato interamente il contratto d'appalto precedente concluso nel campo dell'autonomia contrattuale delle parti, cosi come era stato liberamente stipulato all'origine. Conseguentemente, non � venuta meno l'applicabilit� dell'art. 49 del capitolato generale del 1895, contenente la totale ed espa:essa rinunzia delle parti contraenti a qualsiasi impugnazione del lodo arbitrale anche per violazione di legge, comprese tra le stesse quelle relative all'interpretazione dei contratti, con limitazione dell'impugnabilit�, secondo la giurisprudenza, ai vizi �in procedendo � degli arbitri. Tali vizi non sono stati dedotti nella specie, onde va dichiarata l'inammissibilit� dell'impugnazione proposta dell'Assessorato istante. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 gennaio 1974, n. 128 -Ptes. Bonomo -Rel. Paggo -P. M. Marucci (conf.). Rie. P. M. e Chilosi. Sanit� publica � In genere � Igiene delle abitazioni � Licenza di abitabilit� � GESCAL � Sistema legislativo relativo alla costruzione di case per lav�ratoi"i � Funzioni della GESCAL � Decisione e' programmazione � Concreta realizzazione delle costruzioni � Compete alle stazioni appaltanti � Obbligo di ottenere la licenza di abitabilit� � � di queste ultime � Fattispecie. I Il sistema legislativo relativo alla disciplina per la costruzione di case pe1� i lavorato.ri d� luogo a due strutture organiche distinte per !'.attuazione del.le due funzioni fondamentali: quella di decisione e programmazione e quella di esecuzione degli interventi. Alla funzione di decisione e P\Ogrammazione partecipa la Gescal (unitamente al comitato centrale istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza soeiale) che, oltre a provvedere alla liquidazione del patrimonio dell'INA-Casa, ha funzioni di gestione finanziaria, di direzione generale, coordinamento e propulsione, ma non esplica attivit� diretta alla concreta realizzazione del programma di costruzione. A questa funzione provvedono, in qualit� di stazioni appaltanti, generalmente gli istituti autonomi per le case popolari delle singole provincie, i quali agiscono sulla base di quanto dispongono la legge e le no1�me di attuazione. Tale_ funzione esecutiva pu� essere affidata dalla Gescal ad altri enti specializzati, come gli Istituti per le case degli impiegati dello Stato, nonch� a cooperative e a consorzi di lavoratori. In virt� delle norme di legge e delle' convenzioni stipulate con la Gescal gli enti predetti assumono il compito di realizzare le costruzioni, con la di1�etta stipulazione degli appalti, assicurano i rapporti con gli uffici pubblici locali e assumono ogni conseguente responsabilit� di ordine tecnico e amministrativo. Il trasferimento p,lla stazione appaltante di questo insieme di potest�, compiti e funzioni ha fondamento normativo nell'art. 6 delle norme integrative e complementari delle leggi sull'INA-Casa 28 febbraio 1949, n. 43 e 26 novembre 1955, n. 1148, contenute nel d.P.R. 938 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 9 aprile 1956, n. 1265 che cos� dispone: �I rapporti tra le Amministrazioni dello Stato, gli Enti pubblici, i Consorzi, le Cooperative e le Aziende che abbiano assunto incarico di costruire alloggi per i lavoratori, da una parte, e la gestione INA-Casa dall'altra, sono regolati da convenzioni. L'incarico assunto dalle Amministrazioni e dagli Enti pubblici, una volta stipulata la convenzione, � considerato compito iStituzionale, anche se non sia previsto dalle norme legislative e statutarie che regolano l'ordinamento di questi�. Pertanto la disponibilitd concreta, giuridica e materiale, delL'edificio da cui nascono gli obblighi e le responsabilitd sanzionate dall'art. 221 delle leggi sanitarie (licenza di abitabilitd), non spetta al Presidente o al Vicepresidente della Gescal, bens� esclusivamente agli organi della stazione appaltante, a cui incombe il potere-dovere di immettere gli assegnatari nelle rispettive abitazioni, previo l'adempi I mento delle pratiche amministrative che ne costituiscono il presup posto e la condizione di legittimitd. I (Fattispecie relativa a convenzione stipulata nel 1962 dalla Ge~ stione INA-Casa con i ministeri dell'Interno e della Difesa e in cui I l'incarico di stazione appaltante era stato conferito dall'INCIS, che aveva assunto, tra gli altri, espressamente l'obbligo di conseguire la I !icenza di abitabiUtd) (1}. I (Omissis). -Con rapporti del 27 maggio 1969 e poi del 13 novembre 1970 l'Ufficiale Sanitario del Comune di Trieste e i Vigili Urbani I portarono a conoscenza del Pretore di Trieste che 36 appartamenti nelle palazzine costruite per conto della GESCAL erano stati occupati e de-� I ~ li La contravvenzione prevista dagli artt. 220 e 221 del T.U. 27 luglio 1934 n. 1265 per immissione di assegnatari in abitazioni prima della I licenza di abitabilit�. (1) Con questa importante decisione la Su!)Tema Corte ha pienamente accolto le tesi dif.ensive prospettate dall'Avvocatura, sia per quanto concerne la natura giuridica del reato per il quale .gli imputati erano stati rinviati a giudizio sia per quanto concerne la questione amministrativa~ della posizione dell'Ente preposto all'attuazione del programma di costruzione di alloggi per lavoratori, Ente ora soppresso. Come � noto, il reato per il quale procedeva il Pretore � reato contravvenzionale, che prevede la pena dell'ammenda per il proprietario dell'immobile il quale consenta l'abitazione di fatto in localt per i quali non sia stata concessa la licenza di abitabilit�. La ragione di politica legislativa che ha posto, la norma, inserita nel testo unico delle leggi sanitarie, � quella di garantire la salubrit� degli ambienti che dovranno essere abitati, attraverso un previo controllo svolto dai competenti organi comunali, tanto che il Consiglio di Stato ha reiteratamente affermato l'illegittimit� del provvedimento amministrat,ivo che nega la licenza per motivi non attinenti PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 939 stinati ad abitazione, senza che fosse stato ancora rilasciato il permesso di abitabilit�. Conseguentemente fu emesso avviso di procedimento, sia nei confronti del legale rappresentante della Gescal, indicata quale proprietaria degli stabili, sia nei confronti dei 36 occupanti, assegnatari degli alloggi, avendo essi la disponibilit� di fatto delle case. Tutti gli occupanti i vari appartamenti chiesero e ottennero di essere ammessi alla definizione amministrativa del reato contestato; e pertanto, con sentenza istruttoria del 12 luglio 1971, il Pretore di Trieste, dichiar� non doversi procedere nei confronti dei predetti per estinzione dei reati a seguito di oblazione. Nel frattempo la Gescal fece pervenire una memoria illustrativa e difensiva, nella quale si respingeva ogni addebito, ponendo in rilievo che le eventuali responsabilit� dovevano ricadere sulla �stazione appaltante � INCIS (Istituto Nazionale Case per gli impiegati dello Stato), e sull'IACP (Istituto autonomo per le case popolari), al quale gl'immobili sarebbero stati trasferiti in gestione. Sulla base della documentazione prodotta il Pretose estese l'imputazione ai legali rappresentanti degli Istituti predetti. Il rappresentante dell'INCIS pose in rilievo che proprietario tavolarmente iscritto degli immobili in questione risultava essere la GESCAL all'igiene e alla sanit� (v. Cons. Stato V, 27 febbraio 1965 n. 157 in Rass. Cons. Stato, 1965, 286; Cons. Stato V, 28 aprile 1956 in Foro Amm. 1956, pat. I, sez. II, 515). La fattispecie normativa costituisce un'ipotesi di reato permanente, caratterizzato, com'� noto, da un permanere deg}i effetti antigiuridici dipendente dalla volont� del reo sicch�, mentre il reato si perfeziona quando viene compiutamente posta in essere la condotta descritta, la consumazione si protrae nel tempo fino a quando, per cause proprie od esterne al soggetto che agisce, la condotta violatrice della norma non venga a cessare (conseguimento dell'autorizzazione, cessazione dell'utilizzazione del fabbricato, perdita della materiale disponibilit� dell'edificio, sentenza di I grado: Cass. 8 febbraio 1968 n. 659 in Rass. Pen. Mass. Amm., 1969, 421, 21 febbraio 1966, ivi, 1967, 208). Quanto al soggetto attivo del reato, � stato correttamente precisato in giurisprudenza che il termine � proprietario � adottato dalla norma incriminatrice non deve essere inteso in senso proprio, ma si riferisce a tutti coloro che hanno la disponibilit� materiale dell'edificio come fossero proprietari (Cass. 8 febbraio 1968 n. 659 citata). Devesi infine rilevare che l'eventuale illegittimit� della mancata concessione della licenza � irrilevante ai fini penali. In effetti, avendo l'autorizzazione il compito di rimuovere il limite che l'ordinamento giuridico pone all'esercizio concreto, del diritto, sino a quando l'autorizzazione non sia concessa, l'esercizio del diritto, estrinsecantesi in un'attivit� materiale, � illecito. N� l'autorit� giudiziaria avrebbe alcuna possibilit� di dichiarare esente da pena colui che abbia agito senza autorizzazione amministrativa RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 940 quale successore dell'Istituto INA-CASA; il rappresentante dell'IACP osserv� che tale istituto aveva assunto l'amministrazione dopo che le case erano gi� state assegnate, e che a ci� esso non poteva rifiutarsi, essendo obbligato per legge. Con nuova sentenza istruttoria del 2 dicembre 1972 il Pretore dichiar� non doversi procedere contro i rappresentanti degli Istituti predetti in ordine alle contravvenzioni contestate, per non aver com-� messo il fatto. Quindi, in data 5 dicembre 1972, fu emesso decreto penale di condanna nei confronti del dottor Quartulli Aldo e del dottor Chilosi Cesare, rispettivamente individuati come Presidente e Vicepresidente della Gescal, ed essendosi essi opposti al decreto, furono citati per il dibattimento. Con sentenza del 4 aprile 1973 il Pretore di Trieste assolse il Quartulli dalle imputazioni ascrittegli per non aver commesso il fatto, e dichiar� non doversi procedere riei confronti del Chilosi per estinzione dei reati a seguito dell'amnistia concessa col D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332. Rilev� il Pretore con la sentenza suddetta che gli opponenti non avrebbero potuto esimersi dall'obbligo di chiedere la licenza di abitazione per gli immobili assegnati, quali rappresentanti legali dell'ente proprietario degli immobili stessi; n� avrebbero potuto sottrarsi alla e tanto .meno avrebbe la possibilit�, per il princ1p10 della divisione dei poteri, di sostituirsi alla P.A. che illegittimamente abbia rifiutato l'auto rizzazione. Ricorre nei caso in esame l'ipotesi inversa a quella in cui, essendo la legittimit� dell'atto amministrativo presupposto del precetto penale (ad es.: v. art. 650 c.p.) per il giudice � doveroso il previo incidentale esame della legittimit� dell'atto (v. in questo senso Cass. 29 ottobre 1960 in Giu'st. Pen. 1961, II, c. 486): nel caso �in esame invece, � l'inesistenza dell'atto a rendere operante il precetto penale, inesistenza che non pu� essere supplita dall'illegittimit� del comportamento omissivo della P.A. Per quanto concerneva la riferibilit� del reato al Presidente e al Vice Presidente della Gescal, era determinante, ai fini di stabilire se fossero o meno � proprietari � nell'accezione che si � premessa, individuare quali fossero i compiti spettanti all'Ente. La Gescal, istituita con L. 14 febbraio 1963 n. 60 e successivamente soppressa, oltre a provvedere alla liquidazione del patrimonio immobiliare della gestione INA-Casa, era l'organo di attuazione del programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori, con funzioni di gestione finanziaria, di generale direzione; di coordinamento e di propulsione e senza alcuna attivit� diretta alla realizzazione ed esecuzione concreta delle costruzioni alle quali provvedevano per legge (art. 27 L. n. 60 del 1963), in qua-� lit� di stazioni appaltanti, gli istituti autonomi per le Case popolari e gli altri enti prescelti, i quali assumevano con ci� ogni conseguente responsabilit� di ordine tecnico ed amministrativo (art. 42 D.P.R. n. 1471 del PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 941 responsabilit� penale conseguente all'omissione suddetta sotto il pretesto che, per la vastit� dei compiti assegnati all'ente da essi rappresentato, non incombeva a loro seguire lo svolgimento di tutte le pratiche relative alle numerose case costruilte a cura della Gescal, poich� sarebbero, in ogni caso, venuti meno, per negligenza, al dovere di predisporre gli uffici e organi a ci� destinati, e di esercitare sugli stessi un adeguato controllo. Peraltro, osserv� il Pretore che, trattandosi di un reato di natura permanente, occorreva por mente al momento in cui la permanenza del reato era cessata, agli effetti dell'applicazione di una eventuale causa stintiva; e tale cessazione doveva ritenersi coincidere col momento in cui, una volta assegnati gli appartamenti, veniva meno, per l'Istituto, la possibilit� legale di estromettere gli assegnatari. Ora, poich� l'assegnazione degli alloggi in questione era avvenuta tra il 1963 e il 1964, e intorno a tale ultima daita doveva considerarsi cessata la permanenza del reato, il Qua11tulli doveva essere assolto con formula piena, essendo risultato che egli aveva assunto la presidenza della G~scal in data posteriore, e nei confronti dl Chilosi doveva pronunciarsi la dichiarazione di improcedibilit� dell'azione penale per sopravvenuta amnistia. Avverso la sentenza � stato interposto ricorso per Cassazione da parte del Procurartore della Repubblica di Trieste, e da parte del Chi losi Cesare. 1963'). Essi avevano infatti il compito di realizzare le costruzioni mediante r pubblico appalto, con diretta stipulazione dei relativi contratti, assicurando diretti rapporti ccin gli Enti e gli uffici pubblici locali per tutto quanto atteneva alla esecuzione dei programmi (art. 43 D.P.R. n. 1471 del 1963): Il rapporto, che cosi si� instaurava per legge, regolamento e :relativa eonvenzione Gescal-stazione appaltante, era un rapporto non di rappresen tanza di diritto comune, ma di delegazione aimrninistrati:va intersoggettiv&. Questa, come la elaborazione giurisprudenziale ormai pacificamente affer ma, si distingue profondamente dal mandato. La attribuzione infatti, con ferita al delegato, entro i limiti prefissati nell'atto di conferimento del l'esercizio di poteri e funzioni spettanti al delegante, comporta una deroga alle norme sulla 'Competenza amministrativa ,ed investe il delegato del potere di provvedere, rispet~o all'oggetto della delega, in nome proprio e non in veste di rappresentante dell'altro soggetto, pur se per conto e nell'interesse di q�est'ultimo, tanto che il concedente non � tenuto ad ingerirsi nelle situazioni che possono determinarsi ad opera del concessio nario rispetto ai beni dei terzi, nella realizzazione della concessione. Pertanto gli errori e le ;r"esponsabilit� del concessionario non possono trasferirsi al concedente, in quanto i due soggetti agiscono ciascuno nella sfera delle proprie distinte attribuzioni. Queste disposizioni normative gi� di per s� estremamente indicative di una totale attribuzione alla stazione appaltante dei compiti di costru zione e realizzazione del programma limitatamente agli immobili descritti nel contratto e quindi di una impossibilit� di ritenere, agli effetti penali 11 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il P.M. denunzia l'erronea aw1icazione della [e.g.ge iPenale con rife f: rimento agli artt. 524 n .. 1 cod. proc. pen., e 151 cod. pen. osservando che il comportamento dei prevenuti, i quali avrebbero potuto adoperarsi per ottenere il rilascio della dichiarazione di abilabilit�, inteIl gra gll estremi della permanenza del reato. La difesa del Chilosi, premesso che la Gescal, pur risultando formalmente proprietaria degli immobili assegnati, non ne ha tuttavia I mai avuto la disponibilit� materiale che individua il soggetto attivo della contravvenzione contestata, disponibilit� che, per legge, � sot I tratta alla Gescal e affidata alla Stazione appaltante dei fabbricati in questione (nella specie, l'INCIS), assume che il ricorrente doveva I essere prosciplto per non aver commesso il fatto, denunciando la vio I lazione degli arilt. 40 e sgg. coc;l. pen,; 6 d.P.R. 9 aprile 1956, n. 1265; legge 25 novembre 1955, n. 1148; 30 d.P.R. 11 ottobre 1963, n. 1471; legge 14 febbraio 1963, n. 60. Motivi della decisione Il princ1p10 giuridico affermato dal P.M. ricorrente � fondato. Il reato consistente� nella violazione dell'art. 22 del testo unico delle leggi sanitarie � reato permanente, perch� la violazione� del precetto si p!rotrae nel tempo, finch� resta in atto la condotta antigiuridica. Ma stici � proprietario � la Gescal e chi la rappresenta, erano ulteriormente specificate e precisate da norme contrattuali. La suaccennata convenzione infatti richiamava, come sua parte integrante, le norme per le costruzioni del secondo settennio, approvate con delibera del Comitato di attuazione del piano e del Consiglio direttivo della Gescal, le quali, al capitolo V. stabilivano minutamente i. compiti delle stazioni appaltanti. A queste, in virt� di delega amministrativa, era attribuito istituzionalmente ogni concreto potere per quanto concerne l'attuazione dell'opera, dalla ricerca dell'area alla progettazione, dallo svolgimento. delle gare d'appalto alla direzione dei lavori, dalle pratiche amministrative, ivi compresa la licenza di abitabilit�, alla consegna degli alloggi ai singoli interessati e alla stipulazione, infine, dei relativi contratti di assegnazione. L'inadempimento di una qualunque delle obbligazioni derivanti dall'incarico conferito costituiva la stazione appaltante responsabile nei confr�ntl della Gesc�l la quale. in armonia con i compiti assegnatile dalla legge, si riservava il potere di vigilanza, di collaudo e, ovviamente, di gestione finanziaria. Il complesso� di disposizioni era quindi tale da consentire di affermare che non poteva farsi risalire alla Gescal e per essa al suo Presidente -e tanto meno al vice presidente che aveva funzioni meramente vicarie -la materiale disponibilit� dell'edificio che solo consente di attribuire la responsabilit� penale di cui all'art. 221 del T.U. n. 1265 del 1934. In effetti nel reato suddetto, contravvenzionale, l'elemento p;;icologico si sostanzia nella co-\ scienza e volont� di consentire l'abitabilit� senza licenza, da parte di chi, ! ! I ---I! I PARTE I, S)l:Z. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 943 il Pretore ha errato nel ritenere che la condotta cessi di essere contraria alla norma col 'Verificarsi della impossibilit� giuridica di far cessare l'occupazione degli alloggi abitati senza licenza; infatti, anche in tale situazione, gli organi competenti avrebbero poituto adoperarsi per conseguire la dichiarazione di abitabilit�, e soltanto con tale . risultato la permanenza del reato sarebbe venu~a a cessare, rendendo cos� applicabili eventuale cause di non punibilit�, come ,l'amnistia e la prescrizione. Preliminare e assorbente, tuttavia, rispetto all'accoglimento delle conclusioni implicite nel ricorso del P.M., � la questione sollevata col ricorso del� Chilosi : se a lui e al Quartulli possa farsi risalire la responsabilit� del fartto-reato. A tale quesito non pu� darsi se non una risposta negativa. Il Pretore, pur riconoscendo che il terinine �proprietario�, indicato come soggetto attivo della norma incriminatrice, non pu� essere inteso nel senso formale e civilistico, ma si estende a tutti coloro che hanno la disponibilit� concreta dell'immobile, ha poi escluso che tale concreta disponibilit�, comprendente altresi l'obbligo di conseguire la dichiarazione di abitabilit�, potesse essere dagli organi della Gescal, proprietaria tavolarmente iscritta degli immobili, riversata su individuato con il termine convenzionale di � proprietario �, abbia la possibilit� materiale di immettere gli interessati nella abitazione. Pertanto, se indipendentemente dalla norma che attribuisce il dritto di propriet�, altri in concreto gestisca ed amministri la cosa, a ci� per di pi� facultizzato da norme di legge e di convenzione, provvedendo alla consegna dell:alloggio, all'immissione in possesso, alla stipula del contratto e a tal fine essendo tenuto ad ogni adempimento amministrativo, il proprietario, tale per diritto comune, non potr� certo rispondere del contestato reato, non sol� perch� non � egli colui che la norma penale individua com.e agente, soggetto attivo della contravvenzione, ma anche perch� non pu� affermarsi presente in lui, che non pu� conoscere il concreto succedersi dei provvedimenti presi dalla stazione appaltante, la coscienza e volont� di immettere nell'abitazione gli interessati, ed ancor meno di volerli immettere senza licenza di abitabilit�. La Gescal non era cio� destinataria del precetto contenuto nell'art. 220 � 221 del T.U. delle leggi sanitarie ed il suo Presidente doveva quindi essere prosciolto per non aver commesso il fatto. Poich� infatti si verteva in tema di delega amministrativa, in cui all'Ente delegato sono attribuiti non poteri di mera rappresentanza, ma competenze proprie, tra queste rientranti tutte le pratiche concernenti le eventuali autorizzazioni da parte dei competenti uffici, non v'� dubbio che alla stazione appaltante spettava l'obbligo di munirsi, prima di consegnare l'alloggio, della prescritta licenza di abitabilit�. Argomenti in contrario non potevano essere tratti dai poteri di vigilanza che alla Gescal erano attribuiti, � vigilanza � essendo invero qualcosa di ben diverso da materiale disponibilit�. PAOLO DI TARSIA DI BELMONTE --. . . . . -. . . � �....... -..... ,.,. � -...,.,. -......... .�.�.�.z:-:.::.-:�z.-:�:�� �"�'.".".�Z-'.'"�'.".�Z".<:�:�:�z.-:..-:t: ������,.,.........-.-.�::::��--.-.-.�.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-....-.-.�.:�Z�:.'.�'.�'.�Z�Z�'.�'.�'.-'.�'.�'.�'.�'.:'.�'.�:-'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�'.�:-:-: RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 944 altri enti e istituilti, osservando che gli atti e provvedimenti, in virt� dei quali si sarebbe attuato tale trasferimento di funzioni, non avrebbero l'effl.cacia giuridica di invalidare la norma penalmente sanzionata nell'art. 221 della legge sanitaria. Tale interpretazione � contraria ai princ�pi giuridici che disciplinano le funzioni della Gescal, e i rapporti di questo ente con le cosiddette stazioni appaltanti. Dall'esame delle leggi che, a partire� dal 1949, istitutiva dell'INA- CASA, si sono succedute nel tempo, sino a giungere alla legge n. 60 del 1963, contenente la nuova disciplina per la costruzione di case per i lavoratori, risulta evidente la caratteristica a cui si informano ii priinc�pi seguiti dal legdislatore nell'attuazione del suo programma: il sistema legislaitivo d� luogo a du� strutture organizzative distinte per l'attuazione delle due funz~oni fondamentali: quella di decisione e programmazione; e quella di esecuzione degli interventi. Alla funzione preliminare, di decisione e programmazione, partecipa la Gescal, unitamente al Comitato centrale istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. La Gescal, oltre a provvedere alla liquidazione del patrimonio della cennafa INA-CASA, ha funzioni di gestione finanziaria, di direzione generale, di coordinamento e propulsione, ma non di attivit� diretta alla concreta realizzazione del programma di costruzioni. A questa funzione provvedono, in qualit� di stazioni appaltanti, generalmente, gli Istituti autonomi per le case popolari delle singole province, i quali agiscono sulla base di quanto dispongono la legge e le norme di attuazione. Tale funzione esecutiva pu� dalla Gescal essere affidata ad altri enrti specializzati, come gl'Istituti per le case degli impiegati dello Stato, nonch� a cooperative e a consorzi di lavoratori (art. 27 della legge n: 60/1963). In virt� delle norme di legge e delle convenzioni stipulate con la Gescal, gli enti predetti assumono il compilto di realizzare le costruzioni, con la diretta stipulazione degli appalti, assicurano i rapporti con gli Uffici pubblici locali, e assumono ogni conseguente responsabilit� di ordine ,tecnico e amministrativo. Il trasferimento alla stazione appaltaillte di questo insieme di potest�, compiti e funzioni trova il suo fondamento giuridico nella volont� del legislatore. Determinante � la disposizione dell'art. 6 delle norme integrative e complementari delle leggi sull'INA-CASA 28 febbraio 1949 n. 43 e 26 'novembre 1955 n. 1148, contenute nel d.P'.R. 9 aprile 1956 n. 1265: �i rapporti tra le Amministrazioni dello Stato, gli Enti Pubblici, i Consorzi, le Cooperative e le Aziende che abbiano assunto incarico di costruire alloggi per i lavoratori, da una parte, e la Gestione INA-CASA dall'altra, sono regolati da convenzioni. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE L'incarico assunto dalle Amministrazioni e dagli Enti pubblici, una volta stipulata la convenzione, � considerato compito istituzionale, anche se non sia previsto dalle norme legislative e statutarie che regolano l'ordinamento di questi �. Tale sistema risponde a un'esigenza cosi naturale e necessaria dell'ente delegante, da escludere che la norma regolarmente possa considerarsi contrastante o eccedente rispetto alla disposizione legislativa, dalla quale il regolamento fu autorizzato e previsto. La convenzione intercorsa, quindi, va oltre i limiti di un semplice mandato relativo a qualche operazione amministrativa da compiersi in nome e per ,conto del mandante, ma rappresenta un completo e stabile trasferimento, autorizzato dalla legge, degli stessi poteri, compiti e funzioni proprii dell'ente delegante, che quest'ultimo avrebbe potuto e dovuto esercitare, se la sua organizzazione periferica glielo avesse consentito. Nel caso di specie risu1ta dagli atti che, in data 27 novembre 1962, la Gestione INA-CASA stipul� con i Ministeri dell'Interno e della Difesa la convenzione per il conferimento dell'incarico di stazione appaltante per la costruzione di case per i lavoratori, da destinarsi ai dipendenti degli stessi Ministeri, con l'intervento del rappresentante dell'INCIS, giusta delibera del Comitato Centrale per l'attuazione del Piano per l'incremento dell'occupazione operaia. Con l'art. 2 della convenzione, il Ministero della Difesa e il Ministero dell'Interno rilasciarono mandato all'INCIS per l'espletamento di tutte le operazioni derivanti dall'incarico, come sopra ricevuto, di stazione appaltante. Tra le funzioni attribuite alla stazione appaltante sono espressamente previste le pratiche amministrative, tra cui il conseguimento della licenza di abitabilit� (punto 16), la stipulazione dei contratti di assegnazione dei singoli alloggi,. e la consegna degli stessi agli interessati (punto 17). Dal complesso delle disposizioni cosi esaminate si deve dedurre che la disponibilit� concreta, giuridica e materiale, dell'edificio; da cui nascono gli obblighi e le responsabilit� sanzionate dall'art. 221. delle leggi sanitarie, non sp~ttava al Presidente o al Vicepresidente della Gescal, bens� esclusivamente agli organi della stazione appaltante, a cui incombeva il potere-dovere di immettere gli assegnatari nelle rispettive abifazioni, previo l'adempimento delle pratiche amministraitive che ne costituivano il presupposto e la condizione di legittimit�. Ne consegue che il Chilosi dorveva essere assolto per non aver commesso il fatto a ilui addebitato, e la ,sentenza impugnata deve essere annullata con l'accoglimento del motivo proposto dal ricorrente. -(Omissis). 946 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO.STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 2 dicembre 1974, n. 1479 -Pres. Leone -Rel. Picozzi -P. M. conf. Rie. P.M. in proc. Forlani. Reato � Contravvenzioni concernenti la inosservanza dei provvedimenti di polizia � Inosservanza dell'ordine di presentarsi agli organi di polizia giudiziaria per � essere interrogato come indiziato di reato � � Con . travvenzione all'art. 650 cod. pen. � Sussistenza � Facolt� dell'indi� ziato di non rispondere all'interrogatorio � Irrilevanza. (art. 650 c.p.). La facolt� di non rispondere all'interrogatorio non comporta pe1� .l'imputato o l'indiziato il diritto di non presentarsi, paralizzando o comunque compromettendo l'attivit� della polizia giudiziaria e le funzioni istituzionalmente demandatele, sia in relazione alla necessit� di identificazione dell'indiziato, sia in relazione ad ogni �altro accertamento in ordine agli elementi di prova del reato. Pertanto, nonostante le modifiche introdotte alle norme processuali con le leggi n. 932 del 1969 e n. 62 del 1971, la mancata presentazione di una persona agli organi di .polizia � per essere interrogato quale indiziato di reato�, integra la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. (1). (1) V. in materia Cass. 17 mag.gio 1972 iric. Giovannetti in Cass. Pen. Mass. Annotato 1973 .p. 1490, m. 2001 peir �quanto .concerne l'affermazione che l'invito a presentarsi in caserma rivolto al cittadino dai carabinieri nelil.' espletamento di compiti di polizia giudiziaria rientra fu-a i provvedimenti menzionati dall'art. 650 c.p., onde la mancata ottemperan:!:a all'invito stesso � punibile ai sensi di tale norma e non con quella comminata dall'art. 15 della legge di P.S. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17. marzo 1975, n. 664 -Pres. Straniero -Rel. Rossi -P. M. Calvora (conf.) -r:1c. Bassi e Molinari. Procedimento penale � Cassazione � Applicazione dell'art. 538 c.p.p. nel testo modificato dalla L. 18 giugno 1974 n. 226 � Poteri di decidere in merito. (art. 538, c.p.p:; d.I. 20 aprile 1974, n. 104; 1. 18 giugno 1974, n. 226). L'art. 1 d.l. 20 aprile 1974, n. 104, convertito nella l. 18 giugno 1974, n. 226, modificando l'art. 538 c.p.p., attribuisce alla Corte di I < ! ! ~== i:: i: m . r l l i�; . ,@:;::.:_~;:::,;�,;;j;;:~=i:=;_::=::::.�;:.::r�v;;�.;.�:::;~;,;:.~::;;J.;;;;:i:=:.:::=::;;:t;w.11~s::.:.:_:.:=:::;,;;~�:ri�i0i)j:,::r4:,:=:iiii41J.fff.!i.@!$.#.iiffiiM#.iff3jiiii,�!ll'I& ~,.MW.w.J..-.JJit.fffffd.lliWJ.�-::;:-Ji.ffiJfm:=fu:;:;Jj@f.J.:W')f..q)j{J.t.f-4&)fV,i'.~:>.-z.;,Jjii.:.fit:::.-;;:~--Xz�.-,:i-:�:�:ffi:::::z~::;,:.;;:,,;.,:::::::::{;:::::::::::::::.:-:::i;:::�:-::;,-}..;,;:.;..::: .::'.:�.'.:'.:'.z'.�'.�'.:'.-::::'.:�.::::'.:::-:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::-:::�::::.:::::::::::::::::::::.":::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::,_:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::.:::::::::::::.'.-:'.::::::'.-::::::::::::z::::::::.::-:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::"::::::1:::::: :�::::::::::::.:::::::::::::::::::::.:::::::::::.::::-:::::::::�:::::::::::::::�'.:'.�'.::::::::::::::-:::::::::::::::::::::::::::: PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 947 cassazione il potere di decidere nel merito quando occorre applicare disposizioni di legge pi� favorevoli aU'imputato. (Omissis). -Il 30 settembre 1967 una patt.glia di militari della Guardia di Finanza penetrava nel corti:le di uno stabile sito in Tirano, via Monaci 2, e vi sorprendeva due persone intente a caricare su di una autovettura A.R. Giulietta dei sacchetti di carta, contenenti caff� tostato in grani di provenienza estera. Mentre una delle due persone, poi identificata per Molinari Riccardo, si dileguava, l'altra veniva fermata ed identificata, per Bassi. Celso. Sul luogo si rinveniva un quantitativo complessivo di Kg. 310 di caff�, contenuto in pal'te in due bricolle situate all'interno di una stalla davanti alla quale la vettura si trovava parcheggiata, col cofano del bagagliaio alzato, e in parte in confezioni di carta collocate sia nel bagagliaio della vettura che all'interno del detto locale. Tutte. le confezioni di carta recavano la dicitura della �Torrefazione Caff� le Alpi� di Villa di Tirano, della quale era titolare tale Brichetti Maddalena, moglie del Bassi. Questi dichiar� di essere proprietario della vettura e del caff� rinvenuto nella stessa e nel locale menzionato � di essere stato coadiuvato nel carico del caff� nel bagagliaio della vettura da un <tale soprannominato � il bugiardo� da lui non meglio conosciuto, che si era allontanato poco dopo l'arrivo dei finanzieri. Molina:ri Riccardo, a sua volta, dichiarava di essere nell'esclusivo godimento del cortile e della stalla, di ignorare (1) Sui poteri della Cassazione derivanti dalla nuova normativa in ordine agli art. 538 c.p.p. introdotta con il D.L. 11 avrile 1974 n. 99 convertito nella L. 7 giugno 1974 n. 220 e ,con il D.L. 20 apxile 1974 n. 104 convertito nella L. 18 giqgno 1974 n. 226 si era gi� in precedenza espressa la VI Sezione della Cassazione con sentenza 20 agosto 1974 n. 1380, della quale sembra opportuno riportare le massime, in quanto risulta essere stata questa la sentenza che ha esaminato con maggior .completezza le conseguenze derivanti dalla nuova normativa. Ecco i principi affermati da quella decisione in materia: � La valutazione delle disposizioni pi� favorevoli nell'ambito dell'articoio 538 CQd. :proc. pen., non dev'essere fatta in astratto, ma in concrteo, poich� la nuova disciplina degli M."tt. 69, 81, 99, 163 e 1'64 cod. ven. non -0pera automaticamente in maniera pi� favorevole !I'ispetto alla precedente normativa, ma fa dipendere tale risultato da un giudizio affidato ai poteri discrezionali del giudice e dalla verifica della sussistenza di determinati presupposti �. . � Pertanto, dovendosi tener conto del risultato che in sede di pratica attuazione della normativa in discorso l'imputato consegue, la valutazione deve essere sempre ed in ogni caso esplicitamente fatta e, soltanto nel caso in cui il potere di rettificazione, nell'ampiezza che risulta dal nuovo !I'esto dell'art. 538 cod. proc. pen., non abbia possibilit� di esprimersi con 948 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il contenuto della merce rinvenuta e l'autore della introduzione della stessa nella stalla, di essersi trovato nel cortile insieme al Bassi, da lui conosciuto solo di vista, al sopraggiungere dei militari della Guardia di Finanza e di essersi poi allontanato perch�, non sapendo nulla di quanto si stava compiendo, si era intimorito per quello che poteva succedergli. Si iniziava quindi procedimento penale a carico di Bassi Celso, Molinari Riccardo e Brichetti Maddalena, che, dopo sommaria istruzione, venivano tratti al giudizio del Tribunale di Sondrio per rispondere dei delitti di contrabbando di cafl'� di provenienza estera (a1:1tt. 94, 97 legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, 15 I. 26 maggio 1966 n. 344) e di evasione I.G.E. (artt. 17 e 33 1. 19 giugno 1940 n. 762), con l'aggravante della recidiva specifica reiiterata nel quinquennio per il Molinari e di quella generica per il Bassi. Il Tribunale di Sondrio, con sentenza 2 dicembre 1969, dichiarava il Bassi e il Molinari colpevoli dei reati loro ascritti e li condannava a pene varie, nonch� al risarcimento dei danni e al rimborso delle spese a favore dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, costituitasi parte civile; assolveva la Brichetti dai suddetti reati per non aver commesso il fatto. Su appello degli imputati Bassi e Molinari, la Corte di Appello di Milano, con sentenza 23 ottobre 1972, riconosceva in favore degli stessi il concorso di circostanze attenuanti generiche e riduceva la pena inflitta al Molinari a mesi 3 di reclusione e L. 4.782.160 di multa e quella inflitta al Bassi a mesi 2 e giorni 5 di reclusione e L. 3.250.000 di multa, con il condono della intera pena detentiva e di L. 2.250.000 della pena pecuniaria. Avverso tale decisione il Bassi e il Molinari hanno proposto ricorso per Cassazione. cretamente in maniera pi� favorevole all'imputato, viene meno il poteredovere della Corte di applicare le nuove norme e, conse.guentemente si dovir� dichiarare che non ricorrono le condizioni di modificare a favore dell'imputato la sentenza impugnata. � necessario cio� dare dimostrazione in ogni caso del perch� il potere di rettifica, astrattamente possibile, non viene in concreto esercitato >. � Alla rettificazione ex art. 538 cod. proc. pen. non � di ostacolo il rigetto del ;ricorso in <relazione ai motivi addotti dall'imputato; quel che rileva � che il capo della sentenza su cui la rettificazione deve operare non sia divenuto irrevocabile. Pertanto, proposto validamente il ,ricorso, il suo eventuale rigetto p�er Tagioni di merito o l'eventuale sua inammissibilit� per qualsiasi .causa sopravvenuta, non pregiudica il diritto dell'imputato a fruire delle pi� favorevoli disposizioni delle quali possa giovarsi, indipendentemente dalle doglianze prospettate �. � L'art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen. contiene, infatti, una devoluzione ope legis della decisione impugnata, devoluzione che in relazione alle nuove norme dettate dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99, si esprime come potere-dovere della COTte di riesaminare ex officio il fatto sotto il profilo PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 949 DIRITTO Il Molinari deduce, con unico motivo, la nullit� della sentenza per difetto di motivazione in ordine all'accertamento del concorso nel reato da parte sua. La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dei seguenti elementi probatori: la ~eposizione della moglie del Molinari, che conferm� la versione di questi in termini circostanziati e verosimili; il fatto che le pretese dichiarazioni del Molinari non furono sottoscritte dallo stesso; il rilievo che dalle dichiarazioni del capitano Soreca non risultava chiaro s,e il Molinari si trovasse sul luogo all'irruzione della Guardia di Finanza o vi fosse giunto successivamente, come egli ha sempre affermato; il rilievo che la deposizione Soreca, l� dove si sostiene che il Molinari per qualche tempo si trartitenne sul luogo, � incompatibile con l'identificazione del Molinari nel �bugiardo�, che secondo il rapporto si dilegu� scavalcando il muro di cinta; la circostanza che merce di contrabbando era stata introdotta nel locale dagli stessi finanzieri. Il Bassi deduce, a sua volta, con unico motivo, la violazione dell'art. 524 n. 3 c.p.p., per mancanza di motivazione in merito alla affermazione della responsabilit� per turtto il carico, anzich� per la sola parte imbarcata .sulla sua automobile, di cui egli si era reso acquirente. La Corte di merito non avrebbe tenuto presente che il caff� contenuto nelle bricolle non era dello stesso tipo di quello con- oggettivo e soggettivo, limitatamente alla qualificazione giuridica del reato nell'ambito della nuova regolamentazione dell'istituto della continuazione e del concorso formale omogeneo ed eterogeneo di reati (art. 81 cod. pen.), al giudizio di comparazione tra circostanze di qualsiasi natura (art. 69 cod. pen.); al mantenimento o all'esclusione dell'aumento di pena per la recidiva (art. 99 cod. pen.) e conseguenziale determinazione delle pene; alla concedi:bilit�:, infine, della sospensione condizionale della pena secondo la nuova ampiezza in cui l'istituto pu� ora operare (artt. 163 e 164 cod. pen.) �. � La disciplina del reato continuato non � applicabile ai reati puniti con pena pecuniaria proporzionale. p.ertanto, allorch� in sede di rettificazione della sentenza ex art.� 538, ultimo comma, cod. iproc. pen., dei vari reati (tutti astrattamente inquadrr'abili nella continuazione) alcuni sono puniti con pnee pecuniarie proporzionali ed altri con pene pecuniarie fisse, la Corte di Cassazione, in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., pu� ritenere la continuazione �e determinare la p.ena unica �conseguenziale soltanto in ordine ai secondi; mentre per i primi dovr� confermare le singole statuizioni emesse dal giudice di merito. Ci� in quanto all'applicazione deHa continuazione ai reati puniti con pena propo;rzionale � di ostacolo il particolare sistema sanzionatorio che verrebbe eluso se la pena venisse fissata secondo i criteri dell'art. 81 cod. pen. giacch� verrebbe meno la 950 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tenuto nelle confezioni, che il verbale non fu sottoscritto dal Bassi e che questi ammise in ogni caso la disponibilit� della merce rintvenuta al piano terreno, ma non delle due bricolle rinvenute nella stalla. Le censure sono prive di fondamento. La sentenza impugnata ha sottoposto ad approfondita disamina tutte le risultanze processuali ed ha rilevato, tra l'altro, che le bricolle rinvenute nella stalla contenevano caff� dello stesso tipo di quello trovato nei sacchetti gi� confezionati; che nell'ufficio del capitano Sore.ca il Bassi, anche se poi si rifiut� di firmare il :processo verbale di interrogatorio, dichiar� di esse;re proprietario sia dell'intero quantitaitivo di sigarette che dell'autovettura: che, quando i finanzieri irruppero nel cortile, il Molinari si trovava sul posto e si dilegu�, senza pi� dare notizie di s� fino al 6 ottobre 1967; che non � assolutamente pensabile che il Bassi avesse potuto introdurre, all'insaputa del Molinari, nella stalla, in cui quest'ultimo si recava quotidianamente per governare una mucca, tutto il materiale sequestrato (bricolle, sacchi, bilance, ecc.); che le numerose contraddizioni in cui � incorso il Molinari, il quale in un primo momento disse di non avere mai visto il Bassi e in un secondo tempo dichiar� di conoscerlo solo di vista, denunciano il suo apporto nell'operazione di contrabbando di cui � processo; che il rinvenimento del caff� nella stalla e nell'autovettura e la contemporanea presenza degli imputati sul luogo in questione stanno a dimostrare che l'illecito traffico era ancora in � proporzionalit� � della sanzione in rapporto all'illecito che il legislatore ha ritenuto, per 'ragioni di politica criminale legata alla par.ticolare tutela accordata �al lavoro subordinato, meritevole di un trattamento penale diverso da quello normale. � appunto questa �specialit�� del sistema sanzionatorio che rende inapplicabile ai r�ati puniti con pena proporzionale il regime proprio della continuazione >. � (Fattispecie in cui, in tema di violazione in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, la Corte di Cassazione, in sede di applica2lione dell"art. 538 cod. p!I'oc. pen., ritenne il reato continuato soltanto tra le infra� zioni punite con pene fisse e lasci� immutate� }e pene comminate rper i singoli reati puniti con sanzione proporzionale)>. � L'indagine per la individuazione della pi� grave delle violazioni commesse, ai fini della determinazione della pena per il reato �continuato, va :l�atta tenendo conto innanzitutto della pena edittale massima e, a parit� di massimo, tenendo conto del maggior minimo; qualora ricol'll'ano circostanze che aggravano o attenuano il reato, 4etta indagine terr� anche conto dell'entit� della pena di ciascuna violazione, quale risulta per il concorso delle, circostanze e dell'eventuale giudizio di comparazione�. � Poich� ai sensi dell'ultimo comma del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., la continuazione � possibile sempre che il risultato sia pi� vantaggioso rispetto alla pena che ri-sulterebbe dal cumulo materiale, essa non pu� PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 951 atto quando intervenne la Guardia di Finanza. Dalle esposte considerazioni i giudici di appello hanno tratto il convincimento che ci fu tra il Bassi e il Molinari un affiato spirituale, una cooperazione, anche prima che materiale, anteriore e psicologica che cementa le loro azioni e imprime alle stesse carattere unitario, rendendo gli imputati colpevoli dei delitti loro ascritti. La motivazione � ampia, l�gica e coerente e i motivi proposti si risolvono in una critica alla 'Valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, valutazione che, attenendo .a questioni di mero fatto, � insindacabile in questa sede di legittimit�. I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati. Peraltro, in virt� dell'art. 1 D.L. 20 aprile 1974 n. 104, convertito nella L. 18 giugno 1974 n. 226, che, modificando l'art. 538 c.p.p., attribuisce alla Corte di cassazione il potere di decidere nel merito quando occorre applicare disposizioni di legge pi� favorevoli all'imputato, anche se sopravvenute dopo la dichiarazione di ricorso, deve affermarsi la continuazione tra i delitti di contrababndo e di �evasione I.G.E., poich� le azioni che li hanno realizzati sono esecutive di uno stesso disegno criminoso, pur se violatrici di diverse disposizioni di legge, ai sensi dell'art. 81 c.p. nel nuovo <testo risultante dall'ar!t. 8 D.L. 11 aprile 1974 n. 99, convertito nella L. 7 giugno 1974 n. 220. Si impone altresi il giudizio di comparazione tra le circostanze attenuanti generiche concesse e l'aggravante della recidiva contestata agli imputati, stante la generalizzazione del giudizio di valenza degli elementi di reato di segno aggravatorio o attenuatilvo o riduttivo della pena, quale che sia �1a forma autonoma o proporzionale del loro con- trovare applicazione qualora le pene previste per 1e varie violazioni non siano omogenee (tutte detentive o tutte pecuniarie o tutte detentive e pecuniarie insieme), dovendosi considerare sempre come risultato pi� grave l'aumento della sanzione da apportare sulla pena detentiva prevista per la pi� grave delle violazioni commesse, in conseguenza di assorbimento in �essa della pena pecuniaria prevista per le violazioni. meno gravi �. � In sede di rettificazione ex art. 538, ultimo comma, cod. proc. pen., la Corte di Cassazione -�che, in applicazione del nuovo testo dell'art. 81 cod. pen., ritiene la continuazione -nel determinare la sanzione per la pi� grave delle violazioni commesse non � vincolata alle pene fissate dal giudice di merito per ogni singola �e separata violazione. Infatti, il riconoscimento della continuazione si risolv�e sostanzialmente nel riconoscimento -sia pure per jus superven,iens -di un errore del �giudice di merito nella commisurazione della pena la quale, quindi, dev'essere determinata dalla Corte di Cassazione ex novo, in piena autonomia; sia perch� � mutata la qualificazione giuridica del reato, sia e soprattutto .perch� la valutazione dei critea:'i direttivi che devono guidare ai sensi dell'art. 133 cod. pen. l'orgiano che irroga la pena, non pu� che essere propria ed esclusiva del giudice �che la fissa�. 952 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tributo alla determinazione della pena in astrato rispetto al modello di base, comprese le circostanze inerenti alla ptrsona del colpevole, tra cui la recidiva, generalizzazione introdotta dagli artt. 6 e 7 del detto D.L. 1974 n. 99, modificativo dell'art. 69 c.p. Di conseguenza si repUJta affermare la prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva contestata e determinare la pena per entrambi i reati in mesi due di reclusione e lire tremilionicentocinquantamila (L. 3.150.000) di multa per ciascuno, partendo dalla �pena di mesi 2 di reclusione e L. 3.100.000 di multa per il contrabando (pena base mesi 3 di reclusione e L. 4.650.000 di multa, diminuita di un terzo per le attenuanti generiche) e aumentandola di L. 50.000 per la continuazione. Gli impUJtati sono tenuti in solido al rimborso delle spese a favore dell'Amministrazione delle Finanze dello Stato, costituita parte civile, che si liquidano in L. 150.000 per onorario di difesa, oltre quelle a debito da liquidarsi nei modi di legge. -(Omissis). PARTE SECONDA LEGISLAZIONE III -QUESTIONI PROPOSTE Codic:e c:ivMe, art. 580 (artt. 3, primo comma, e 30, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Lecce, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. c:odic:e c:ivile, art. 1886 � (artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Torino, ordinanza 17 aprile 1975, G. U. 3 settembre �975, n. 235. c:odic:e c:ivile, art. 1901, �primo e sec:ondo c:omma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 27 maggio 1973, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. c:odic:e c:ivile, art. 2054, terzo c:omma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 21 aprile 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. codic:e civile, art. 294�1 (art. 36 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Napoli, ordinanza 26 marzo 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. c:odic:e c:ivile, art. 2946 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 22 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. c:odic:e �di proc:edura c:ivi.le, art. 140 (art. 24, secondo comma della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 28 novembre 1972, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. c:odice di procedura civile, art. 429 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO c�odice di procedura civile, art. 435, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte d'appello di Catanzaro, ordinanze 27 maggio 1975, e 10 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. codice penale, art. 81, cpv. (art. 3 della Costituzione). Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 10 dicembre 1974, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. codice penale, art. 164 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lucera, ordinanza 5 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. codice penale, art. 341 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Langhirano, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. codice penale, art. 384, c,pv. (artt. 3 e 29 della Costituzione). Corte di assise di Venezia, ordinanza 22 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. codice penale, art. 556, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Trieste, ordinanza 18 febbraio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. codice penale, art. 650 (artt. 3, 13, 23, 25 cpv. della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 1� aprile 1971, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. codice di procedura penale, artt. 8 e 141 (artt. 2, 24 e 25 della Costituzione).. Pretore di Ancona, ordinanza 28 gennaio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. codice di procedura .penale, art. 51 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Belluno, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. codice di procedura penale, artt. 304�bis e 364 (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Roma, ordinanza 11 luglio 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di ,procedura penale, artt. 543, n. 5, e 546 (art. 101 della Costituzione). � Pretore di Avigliano, ordinanza 18 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, ll. 268. I codice di procedura penale, art. 622 (artt. 21, 23, 27 della Costituzione). Tribunale di Benevento, ordinanza 15 luglio 1974, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. codice penale militare di' ,pace, art. 186, primo com.ma (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). Tribunale militare territoriale di Padova, ordinanza 10 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. r.d. 21 febbraio 1895, n. 70, art. 54, terzo comma (art. 36 della Costituzione). Corte .dei conti, quarta sezione pensioni militari, ordinanza. 12 novembre 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. r.d.I�. '29 aprile 1915, n. 582, art. 3 (artt. 42 e 3 della Costituzione). Tribunale di Cassino, ordinanza 14 maggio 1975, G. U. 1"l settembre 1975, n. 249. r.d. 23 mag9io' 1923, n. 827, art. 270 (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Corte d'appello di Caltanissetta, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. d.I. 27 maggio 19,23, n. 1324, art. 3, terzo comma (artt. 3 e 38, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. r.d. 30 dicembr7 11923, n. 3270, art. 45, secondo e quinto comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 18 dicembre 1974, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all.A, art. 26, quinto comma (art. 36 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 19 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. '2.7, p~nultimo comma, e dell'art. 26, quinto e sesto c�omma (art. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 261, Z63, 264 e 265 (artt. 3, 97 e 103 della Costituzione). Corte dei conti, seconda sezione giurisdizionale, ordinanza 19 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. r.d.I. ZO lugUo 1934, �n. 1404, art. 24, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Ancona, ordinanza 3 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge '14 aprile 1939, n. 636, art. 13 (art. 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del tribunale di Genova, ordinanza 27 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di San Daniele del Friuli, ordinanza 2 maggio 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 42, 52, 92 e seguenti (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 1� luglio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 209 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 10 maggio 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. legge 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lucera, ordinanza 22 aprile 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 17 agosto '1942, n. 907 (art. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Forl�, ordinanza 13 dicembre 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. Tribunale di Torino, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. Corte di appello di Catanzaro, ordinanze 23 e 28 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242, e 17 settembre 1975, n. 249. i I -!i: -I PARTE II, LEGISLAZIONE legge 1,7 luglio 194,2, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 49 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze 13 dicembre 1974, 20 gennaio 1975 e 6 marzo 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281 e 29 ottobre 1975, n. 288. Corte d'appello di Bari, ordinanze (3) 9, 11 e 21 aprile 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. Tribunale di Ravenna, ordinanza 26 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. Tribunale di Bologna, ordinanza 28 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. Tribunale di Modena, ordinanza 10 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. Tribunale di Castrovillari, ordinanza 24 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. Tribunale di Torino, , ordinanza 3 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. Tribunale di Roma, ordinanza 4 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. Corte di appello di Bologna, ordinanza 5 luglio 197&, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45 e 103 (art. 41 della Costituzione). Tribunale di Voghera, odinanza 21 aprile 1975, G. U. 17 settem. bre 1975, n. 249. r.d.I. 3�1 maggio 1946, n. 511, art. 18 (artt. 21 e 101 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. d.�I. C.P.S. 6 maggio 1948, n. 654, art. 3, sec:ond�o comma (artt. 100, terzo comma, 101, secondo comma, 108, secondo comma, della Costituzione ed art. 23, primo e secondo comma, dello statuto della regione Siciliana). Consiglio di Stato in adunanza plenaria, ordinanza 6 marzo 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. d.I. C.P.S. 6 maggio 1948, n. 654, art. 5, terzo c:omma (artt. 3, 24, 113, secondo comma, 125, secondo comma, della Costituzione e art 23, primo comma, dello statuto della regione sicilia~a). Consiglio di Stato in adunanza plenaria, ordinanza 6 marzo 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge 3 gen�naio '1951, n. 27, artt. 1�4 (art. 43 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 11 febbraio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. 108 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 ottobre '1954, n. 1041, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vigevano, ordinanza 30 maggio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge l'eg. sic. 1� ottobre '1956 n. �54, art. 52 (art. 42 e 117 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 29 ottobre 1~75, n. 288. legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (artt. 13, primo e secondo comma, 16, primo comma, 3, primo comma, e 25, secondo comma, della Costit~zione). Pretore di Terralba, ordinanza 4 febbraio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. d.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). I Tribunale di Ragusa, ordinanza 13 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. i legge 3 aprHe 1958, n. 460, art. 32, quarto comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, terza sezione pensioni civili, ordinanza 15 maggio 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 16 maggio 1960, n. 570, art. 6 (art. 51 della Costituzione). Tribunale di Crotone, ordinanza, 21 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. l I ~ d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 771 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 12 febbraio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. I legge 25 novembre 1962, n. 1684, art. 29, secondo comma (art. 24 della Costituzione). I Pretore di San Demetrio Corone, ordinanze 23 febbraio 1974 (due), G. U. 22 ottobre 1975, n. 281, e 29 ottobre 1975, n. 288. Iif: d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art. 3, e tabella allegato A, n. 38 (artt, 3, :: 35 e 38 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 13 febbraio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. . . I . I PARTE II, LEGISLAZIONE 109 d.P.R. 30 giugito 1965, n. 1124, art. 4, primo comma, n. (artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 10 aprile 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 11�24, art. 74, secoltdo comma, prima .parte (artt. 38 e 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 23 giugno 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge 14 luglio 11965, n. 963, art. 26, �lettere c e d (artt. 4, 27 e 35 della Costituzione). Pretore di Ravenna, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147, primo ed ultimo comma (art. 42 della Costituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 25 febbraio 1975; G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 23 gennaio ''1968, n. 30 (art. 11 della Costituzione). ' Tribunale di Milano,. ordinanza 13 marzo 1975, G. U. 8 ottobre� 1975, n. 268. legge 19 novembre �1968, n. ll87, artt. 1, 2, 5 (artt. 136, 42, terzo comma, e 3 della Costituzione). 1 Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. �legge 13 agosto 1969, n. 592, art. 2 (artt. 3, 36, primo comma, della Costituzione)., Pretore di Milano, ordinanza 13 gennaio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. legge 26 novembre 1969, n. 833, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 15 ottobre 1974, e 26 novembre 1974, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, primo comma (artt. 3 e 35 della Costituzione). Tribunale di Trani, �ordinanza 5 giugno 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. legge 20 maggiq 11970, n. 300, art. 35 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Potenza, ordinanza 22 gennaio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. � 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 24 maggio 1970, n. 336, art. 4 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Fiorenzuola d'Arda, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. d.I. 26 ottobre 1970, n, 745, art. 56, primo comma (art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 12 novembre 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Oria, ordinanza 23 giugno 1973, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge 30 dicembre 1970, n. 1239 (art. 11 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 13 marzo 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. legge 2.2 ottobre 197.1, n. 865, art. 16 (art. 42, terzo comma e 3 della Costituzione). Corte d'appello di Genova, ordinanza 3 aprile 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. Corte di appello di Bologna, ordinanze 11 e 18 aprile 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249 e 8 ottobre 1975, n. 268. legge 22 ottobre 1971, n. 865, :irtt. 19, 16 e seguenti (artt. 3, 24, 42, 53, 97 e 113 della Costituzione). Corte di appello di Caltanissetta, ordinanze (due) 20 febbraio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. d.P.R. 3;1 dicembre 1971, n. 1432, artt. 9, �primo comma, e 14, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 24 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 14, primo e secondo comma (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di .23 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. d.P.R. 26 ottobre 197-2, n. 636, artt. 35, primo e 10, 14 (artt. 76, 77, 3 e 24 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di 26 novembre 1974, G. U. 10 settembre 1975, n. Tortona, ordinanza ~j secondo c�omma, e 39, i:' t ! Rovereto, ordinanza !; 242. r.: f: I! ~ i� PARTE II, LEGISLAZIONE d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Mantova, ordinanza 14 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. d.,I. 24 luglio 1973, n. 426, art. 1, �primo c:omma. Pretore di Roma, ordinanze 12 febbraio 1975, 10 giugno e 9 luglio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242 e 22 ottobre 1975, n. 281. �legge 24 luglio 1973, n. 426, .art. 1, quarto c:omma, seconda parte (art. 3 della Costituzione). Ptetore di Roma, ordinanza 15 aprile 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 2, primo c:omma (artt. 3, 29 e 24 della Costituzione). Corte costituzionale, ordinanza 10 ottobre 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge reg. sic:. 5 novembre '1973, n. 38 (art. 3 della Costituzione e 14 dello statuto reg. sic.). Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975,G. U. 10 settembre 1975, n. 242. d.I. 5 novembre 19�73, n. 660, art. 6 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 17 settembre 1975, n. 249. legge 30 novembre 1973, n. 756, art. 1 (artt. 42, terzo comma, 136 e 3 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 16 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 10 dicembre 1973, n. 814, art. 3, terzo c:�omma, lettera b (artt. 3, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di San Remo, ordinanza 28 giugno 1975, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. legge 10 dicembre 1973, n. 814, artt.,3, 1, 4, terzo c:omma, e 2 (artt. 42, secondo e terzo comma, 44 e 3 della Costituzione). Tribunale di Sassari, sezione specializzata agraria, ordinanza . 17 giugno 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 dicembre 1973, n. 841, art. 1, quarto comma. Pretore di Ro~a, ordinanza 12 febbraio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. �legge reg. Toscana 4 luglio 1974, art. 55 (artt. 3, 25 e 117 della Costituzione). . Pretore di Borgo San Lorenzo, ordinanza 5 marzo 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. Pretore di Pontedera, ordinanze 16 aprile 1975 e 14 maggio 1975, G. U. 3 settembre 1975, n. 235, �e 8 ottobre 1975, n. 268. legge. 12 agosto ,1974,� n. 351, art. 1, primo comma (art. 3, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Piombino, ordinanza 9 dicembre 1974, G. U. 8 ottobre 1975, n. 268. legge reg. Toscana 2 settembre 1974, n. � 55, art. 1 (artt. 117 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 30 giugno 1975, G. U. 29 ottobre 1975, n. 288. legge 14 ottobre !1974, ir. 497, art. 1 (art. 25 della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 23 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. d.m. 3 marzo 1975 (artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione). Pretore di Messina, ordinanza 21 maggio 1975, G. U. 10 settembre 1975, n. 242. legge 22 maggio 1975, n. 152, �art. 1, secondo comma, lettera b (artt. 3 e 27 della Costituzione). Corte d'appello di Bologna, ordinanza 8 luglio 1975, G. U. 22 ottobre 1975, n. 281. legge 8 luglio 1975, n. 306 (artt. 4, 5, 8, n. 21, 9, nn. 3, 8, 10 e 16 dello statuto speciale). Provincia di Bolzano, ricorso depositato 26 agosto 1975, n. 22, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. legge reg. sic. appr. 7 ag�osto 1975. Commissario dello Stato i;jer la regione siciliana, ricorso depositato 23 agosto 1975, n. 21, G. U. 3 settembre 1975, n. 235. �.:: , CONSULTAZIONI ATTI AMMINISTRATIVI Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nella G. U. della Repubblica. Se gli atti amministrativi gi� di competenza statale, per i quali fosse prevista .la pubblicazione per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, debba:O:o essere ancora pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, anche dopo il trasferimento della co.ipetenza in materia alle Regioni a statuto ordinario (n. 26). Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione nel B. U. della Regione. Se per gli atti amministrativi gi� di competenza statale, ora trasferita alle Regioni a statuto ordinario, debba effettuarsi la pubblicazione per estratto anche nel Bollettino Ufficiale della Regione, allorch� lo Statuto regionale ovvero leggi ordinarie regionali prevedano tale forma di pubblicazione degli atti amministrativi regionali (n. 26). Atti amministrativi gi� di competenza statale -Pubblicazione tanto nella G. U. della Repubblica quanto nel B. U. della Regione -Impugnativa -Decorrenza del termine. (D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 5 r.d. 17 agosto 1907, n. 642, artt. 1 e 2). Se per gli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente tanto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica che nel Bollettino Ufficiale della� Regione, il termine per la impugnativa decorre, per i soggetti non contemplati direttamente dall'atto, della data della pubblicazione, sia esso quella della Gazzetta Ufficiale ovvero quella del Bollettino Ufficiale (n. 26). CIRCOLAZIONE STRADALE Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale di conteitazione -Natura -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). Se ilprocesso verbale che accerta. violazioni al codice della strada abbia natura di atto pubblico (n. 47). Circolazione stradale -Violazione al codice della strada -Processo verbale di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al codice della strada abbia natura di ,atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. -47). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 114 COMUNI E PROVINCE Comuni e Province -Atti in materia tributaria -Controllo -(R.D. 14 settembre 1931 n. 1175, art. 273; T.U. 3-3-1934, artt. 102 e 151; l. 10-2-1953 n. 62). Se, dopo l'entrata in vigore dell'ordinamento regionale, spetti ai Comitati regionali di controllo ovvero al Ministero delle Finanze il potere di controllo sugli atti degli enti locali che attengono a materia tributaria (n. 154). � Gomuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Natura (L. 30-8-1868 n. 4613; l. 20-3-1865, n. 2248 all. F, art. 10). Se abbia natura tributaria il diritto di pedaggio istituito da un Comune su di una strada comunale (n. 154). Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Legittimit� -(L. 30 agosto 1968 n. 4613; l. 20-3-1865 n. 2248, all. F, art. 40). Se sia legittima l'istituzione, da parte di un Comune, di un diritto di pedaggio su di una strada comunale (n. 154). IMPIEGO PUBBLICO Impiegato dello Stato -Sospensione cautelare dal servizio -Condanna penale irrevocabile -Destituzione di diritto -Collocamento a riposo Benefici combattentistici -(T.U. 10-1-1957 n. 3, art. 85; l. 24-5-1970 n, 336). Se, intervenuta la destituzione di diritto dell'impiegato dello Stato sospeso cautelarmente dal servizio, a seguito di condanna penale irrevocabi, 1e, possa farsi luogo al collocamento a 11iposo ai sensi della le~ge 24 maggio 1970 n. 336, recante benefici a favore degli ex-combattenti e assimilati (n. 781). 1MPOSTE VARIE Com.uni e Province -Atti in materia tributaria -Controllo -(R.D. 14 settembre 1931 n. 1175, art. 273; T.U. 3-3-1934 n. 383, artt. 102 e 151; l. 10 febbraio 1953 n. 62). Se, dopo l'entrata in vigore dell'ordinamento regionale, spetti ai Comitati regionali di controllo ovvero al Ministero delle Finanze il potere di controllo sugli atti degli enti locali che attengono a materia tributaria (n. 82). Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio -Natura -(L. 30-8-1868 n. 4613; l. 20-,3-1865 n. 2248 all. F, art. 40). Se abbia natura tributaria il diritto di pedaggio istituito da un Comune su di una strada comunale (n. 82). PARTE II, CONSULTAZIONI Comuni -Strade comunali -Diritto di pedaggio. -Legittimit� -(L. 30 agosto 1868 n. 4613; l. 20-3-1865 n. 2248 aU. F, art. 40). Se sia legittima l'istituzione, da parte di un Comune, di un diritto di pedaggio su di una strada comunale (n. 82). PENSIONI Impiegato dello Stato -Sospensione cautelare dal servizio -Condanna pe nale irrevocabile -Destituzione di diritto -Collocamento a riposo Benefici combattentistici -(T.U. 10-1-1957 n. 3, art. 85; l. 24-5-1970 , n. 336). Se, intervenuta la destituzione di diritto dell'impiegato dello Stato sospeso cautelarmente dal servizio (a seguito di condanna penale irrevocabile), possa farsi luogo al collocamento a riposo ai sensi della legge 24-5-1970 n. 336, recante benefici a favore degli ex-combattenti e assimilati (n. 145). PRIVILEGI Imposta straordinaria sul patrimonio -Privilegio -Estinzione -(T.U. 9 maggio 1950, n. 203, art. 65; cod. civ., art. 2880). Se il privilegio speciale immobiliare previsto dalla legge a garanzia del credito dell'imposta straordinaria sul patrimonio si estingua per l'inutile decorso di venti anni dalla data (27-3-1947) di riferimento dell'imposta e se detto privilegio si estingua, qualora gli immobili siano stati acquistati da terzi, decorsi venti anni dalla data di trascrizione del titolo d'acquisto (n. 10). PROVE Circolazione stradale -Violazioni al codice .della strada -Processo verbale di contestazione -Natura -(R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). Se il processo verbale che accerta violazioni al codice della strada abbia natura di atto pubblico (n. 4). Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-'J.2-1933 n. 1740, art. 122). Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al codice della strada abbia natura di atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. 4). RESPONSABILIT� CIVILE Amministrazione dello Stato -Danni prodotti ad altra Amministrazione o ad Azienda autonoma -Imputazione spesa. Se la spesa occorra per la rimessa in efficienza di una strada statale danneggiata da un automezzo di propriet� di una Amministrazione dello Stato debba restare a carico dell'ANAS ovvero debba essere imputata al bilancio dell'Amministrazione proprietaria dell'automezzo (n. 272). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO SANZIONI AMMINISTRATIVE Circolazione stradale .. Violazioni al codi.c� della strada,_ Processo verbale di contestazione -Natura: (R.D. 8-12-1933 n. 1740, art. 122). Se il processo verbale che accerta violazioni al codice della strada abbia natura di atto pubbli.co (n. 7). Circolazione stradale -Violazioni al codice della strada -Processo verbale di contestazione -Efficacia probatoria -(R.D. 8-'12-1933 n. 1740, art. 122). Se, nel caso in cui si ritenga che il processo verbale di violazione al codice della strada abbia natura di atto pubblico, l'efficacia probatoria privilegiata si estenda alla verit� intrinseca dei fatti (n. 7). INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato BENNATI A. -DI GIAMBATTISTA E., Lo stato giuridico e .la carriera degli impiegati civili dello Stato, Jovene, Napoli, 1975. BRANCA Giuseppe, Commentario della Costituzione; Voi. I -Art. 1-12 (Principi F'ondamentali); Zanichelli, Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975. BuscEMA S. -VERBARO G.B., Gli Statuti delle Regioni, Studi Regionali, Roma,. 1975. CocIVERA B. -MERLINO R., L'imposta sul reddito delle persone fisiche, Giuffr�, Milano, 1975. GIULIANI Giuseppe, Manuale del bollo, Giuffr�, Milano, 1975. GIULIANI Giuseppe, Manuale dell'IVA 1975, Giuffr�, Milano, 1975. MARESCA Adolfo, Le, missioni speciali, Giuffr�, Milano, 1975: MILITERNI Innocenzo, Codice del novo contenzioso tributario, Jovene, Napoli, 1975. NIVOL� R. -STELLA RICHTER M., Rassegna di giurisprudenza sul Codice Civile, Appendice di Aggiornamento (Art. 1 -1172), Giuffr�, Milano, 1975. PERRUCCI U. -TALLARIDA A., Codice valutario e dei divieti economici negli scambi con l'estero (annotato con la gimtsprttden:L?a), Zanichelli, Bologna, 1975. PRosPERETTI Ubaldo, Commentario dello statuto dei lavoratori (tomi due), Giuffr�, Milano, 1975. REIBALDI L. -VITTORIA P., Formulario dei procedimenti cautelari, Giuffr�, Milano, 1975. ScIALOJA A. -BRANCA G., Commentario del Codice Civile: modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento (Art. 1230 -1259), Zanichelli, Il Foro Italiano, Bologna-Roma, 1975. TARUFFo Michele, La motivazione della sentenza civile, Cedam, Padova, 1975. VIRGA Pietro, Diritto Costituzionale (8� ediz.), Giuffr�, Milano, 1.975.