ANNO XXIV -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1972 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

./ 



ABBONAMENTI 

ANNO ................................ L. 8.500 


UN NUMERO SEPARATO ������������������ � 1.500 

Per abbonamenti e -p,cquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
cle postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(2219056) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



IN DICE 

Parte prima:. GIURISPRUDENZA 

Sezione prim~: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Michele Savarese] pag. 741 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURI-
c/ell'avv. Benedetto Baccari} � 7 58 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
tro de Francisci} 
CIVILE (a cura 
� 
del/'avv. Pie
� 772 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo] � � � 799 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} � 8 16 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi} . � � � 862 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo 
Di Tarsia d� Be/monte) � 88 4 

Parte seconda: QUESTIO~I -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE . . . . pag. 137 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 146 
CONSULTAZIONI � 147 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLlCHE ED ELETTRICITA 


-Condutture elettriche aeree Applicazione 
del tributo per l'occupazione 
di aree pubbliche fillegittimit� 
,costituzionale 
Esclusione,' 750. 

APPALTO 

-Appalti di opere pubbliche -Sospensione 
dei lavori -Legittima 
facolt� dell'Amministrazione appaltante 
di disporla, ove essa sia 
resa necessaria da ragioni, obiettive, 
ovvero sia determinata da 
motivi di interesse pubblico discrezionalmente 
apprezzabili 
Diritti dell'appaltatore, 862 

-Appalto opere pubbliche -Onere 
della tempestiva riserva da parte 
dell'appaltatore -Carattere generale 
-Sussiste, 862. 

ARBITRATO 

-Arbitrato rituale -Sentenza arbitrale 
-Impugnazione per nullit� 
-Natura, 862. 

AVVOCATI E PROCURATORI 

-Cassa nazionale previdenza e assistenza 
-Contributi sui compensi 
spettanti per incarichi professionali 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 753. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Circolazione dei v,eicoli su area 
stradale di propriet� della P. A. 
sita nel centro urbano -Disciplina 
-Autorit� competente -� 
il sindaco, 778. 

-Ordinanze -Ingiunzioni prefettizie 
-Opposizione -Sindacato 
dell'A.G.O. -Limiti, 778. 

Sanzioni amministrative -Natura 
-Incidenza su situazioni di 
diritto soggettivo e non di interessi 
legittimi, 778. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Atto amministrativo: mancanza 
di potere -Mancanza di presupposti 
ed inosservanza di limiti Condizioni 
per la sussistenza del 
vizio, 758. 

-Edilizia -Modifiche ed integrazioni 
alla legge urbanistica: effetti 
e limiti, 758. 

-Edilizia -Piano regolatore -Vincoli 
su beni privati s�nza previsione 
di indennit� -Vizio dell'atto 
per difetto di poter,e -Giurisdizione 
dell'A.G.O., 758. 

-Edilizia popolare ed economica Alloggi 
cooperativi -Controversia 
sull'assegnazione di alloggio Giurisdizione 
del Consiglio di 
Stato, 799. 

-Edilizia popolare ed economica Alloggi 
cooperativi -Controversia 
sull'assegnazione di alloggio Ricorso 
contro pronuncia della 
Commissione centrale di vigilanza 
-Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 799. 

-Giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo -Controversia 
di contenuto patrimoniale 
�Estensione -Limiti -Necessit� di 
un atto amministrativo -Insussistenza, 
771. 

-Procedimenti di istruzione prevendita 
-Regolamento di giurisdizione 
-Ammissibilit�, 76,6. 

-Procedimenti di istruzione preventiva 
in materia di navigazione 
marittima -Difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario nei 
confronti della P. A. -Insussistenza, 
766. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Irregolare 
notifica dell'ordinanza al 

P. M. -Inammissibilit� della questione, 
741. 

INDICE 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Acque pubbliche ed elettricit�, 
Avvocati e procuratori, Corte 
Costituzionale, Impiego pubblico, 
Lavoro, Militare, Procedimento 
civile, Reato. 

DAZI DOGANALI 

- 
Art. 145 1. 25 settembre 1940, 

n. 1424 -Obbligo del pagamento 
dei diritti doganali -Sequestro 
della merce contrabbandata -Risarcimento 
del danno -Ammissibilit�, 
884. 
DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico e artistico -Competenza 
-Zona di demanio marittimo 
-Conce:rto coJ Ministero 
marina mercantile -Non occorre, 

807. 
Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico e artistico -'Discrezionalit� 
-Insindacabilit�, 807., 

-Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico e artistico -Discl'ezionaut� 
-Insindacabilit�, 810. 

Demanio storico ed artistico ..: Vincolo 
storico e artistico -Modificazione 
-Diniego -Motivazione 
per relationem -Legittimit�, 810. 

Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico ed artistico -Norme 
applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 Contrasto 
con l'art. 9 Cost. -Manifesta 
infondatezza, 806. 

- 
Demanio storico ed artistico -Vin-.. 
colo storico ed artistico -Norme 
applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 
del 1939 -Contrasto con l'art. 53 
Cost. -Manifesta infondatezza, 

806. 
Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico ed artistico -Norme 
applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 
del 1939 -Contrasto con l'art. 42 
Cost. -Manifesta infondatezza, 

806. 
- 
Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico ed artistico -Norme 
applicabili -Art. 21 I. n. 1089 

del 1939 -Contrasto con l'art. 42 
Cost. -Mainifesta infondatezza, 

811. 
- 
Demanio storico ed ,artistico -Vincolo 
storico ed arUstico -Zona 
di risp:etto -Carattere monumentale 
del bene protetto -Valutazione 
discrezionale della P. A., 

807. 
Demanio storico ed artistico -Vincolo 
storico ed artistico -Zona 
di rispetto -Legittimit� -Demanio 
e patrimonio -Demanio storico 
ed artistico -Vincolo storico 
e artistico -Zona di rispetto Preesistenza 
vincolo paesistico Irrilevanza, 
807. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-AHoggi cooperativi -Morte di un 
socio -Successione -Data di consegna 
-Omessa redazione del v�rbale 
di consegna -Irrilevanza, 

799. 
-Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Deposito 
del p.iano -Notifica -'Dermine 
-Non � perentorio, 800. 

-Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Progetto 
-Allegati -Elenco dei proprietari 
-Elenco non aggiornato 
-Illegittimit�, 800. 

- 
Piano di zona -Termine per la 
impugnazione -Proprietari delle 
aree incluse nel piano -Decorrenza 
dalla notificazione, 800. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Decreto di esproprio -Illegittimit� 
-Disapplicazione da parte 
del giudice ordinario -Condizioni, 
772. 

-Occupazione d'urgenza -Edilizia 
scolastica -Presupposti -Dichiarazione 
di indifferibilit� ed 
urgenza -Parere della Comniissione 
provinciale sul progetto Non 
� tale, 802. 

-Occupazione d'urgenza -Edilizia 
scolastica -Pvesupposto -Dic;hiarazione 
di indifferibi:lit� ed urgenza 
-Mancanza -Illegittimit� 
dell'occupazione, 801. 


VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Occupazione ultrabiennale -Successiva 
espropriazione -Risarcimento 
del danno -Pvescrizione -� 
Decorrenza, 772. 

-'--Trasferimento del bene espropriato 
-Decreto di esproprio Mancata 
notifica al proprietario Effetti, 
772. 

FALSO 

-Falsit� in atti -Stati di avanzamento, 
libvetti delle misurazioni 
e contabilit� relativa�ai lavori dei 
pubblici appalti -Sono atti pubblici 
-Non fanno fede fino a querela 
di falso, .8.86. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Concorso -Prove di esame -Prove 
scritte -� Copi1atura -Annullamento 
del:l'elaborato -Obbligo 
della. Commissione -Sussiste Motivazione 
-Criterio, 809. 

-Concorso -Prove di esame -Prove 
scritte -Copiatura -Valutazione 
-Insindacabilit�, 809. 

Consiglio di amministrazione Composizione 
-Ministero sanit� � 
-Partecipazione del Direttore generale 
dell'Istituto superiore di 
sanit� -Illegittimit�, 802. 

-Consiglio di amministrazione Composizione 
-Rappresentante 
del personale -Dipendente di 
carriera inferiore quella da amministrare 
-Illegittimit�, .802. 

-Forze armate -Avanzamento degli 
ufficiali -Vantaggi di carriera 
per acquisizione di determinati 
titoli -Limitazione. nella progressione 
-Infondatezza della questione, 
746. 

-.Prov.e di esame -Prove scritte Copiatura 
-Annullamento dell'elaborato 
-Copiatura di una od 
altva parte del tema -Irrilevanza, 
809. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Accessione -Macchinar�i di opificio 
-Concetto di opificio, 841. 

-Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Possibilit� 
-Possibilit� di costruire sedi 

e succursali o di partecipare in 
altre societ� senza limitazione di 
territorio -Esclusione, .844. 

-Agevolazioni per l'industrializzazione 
del Mezzogiorno -Possibilit� 
di costruire sedi e succursali 
�e di partecipare in altre societ� 
senza limitazione di territorio Non 
contrasta necessariamente 
con lo scopo dell'agevolazione Successiva 
correzione dello statuto 
-Ammissibilit� deM'agevolazione, 
.845. 

-Agevolazioni per l'industriallzzazione 
del Mezzogiorno -Termine 
triennale per la dimostrazione 
de1la r�ealizzazione del fine industriale 
-Produzione all'Ufficio 
del!la �certificazione -Necessit�, 

826. 
-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Decadenza Imposta 
ordinaria -Interessi Decorrenza, 
con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 849. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Uffici e negozi 
-Albergo -Compatibilit� Limiti, 
838. 

-Diritti di escavazione mineraria 
-Trasferimento -Natura immobiliave 
-Valutazione di congruit� 
-Vi sono soggetti, 819. 

-Locazioni pluriennali -Sistema 
di tassazione ex legge 23 dicembre 
1962, n. 1744 -Risoluzione del 

contratto -Effetti, 820. 
-Trasferimento di diritto reale immobiliare 
-Cessione di cubatura 
prevista dal Piano regolatore di 
Torino -E' tale, 832. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Deduzione dall'attivo dell'imposta 
sul valore globale -Deducibilit� 
della sola imposta in concreto 
corrisposta, 831. 

IMPOSTA SUI FABBRJ:CATI 

-Esenzione venticinquennale ex 
art. 69, 1. 27 dicembre 1953, numero 
968 -Fabbricato costruito 
in sostituzione di edificio distrutto 
da ev�enti bellici -Idoneit� a 
sostituire nella sua funzione abitativa 
l'edificio distrutto, 835. 



INDICE 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Accertamento -Sottoscrizione Funzionario 
preposto al reparto Validit�, 
829. 

-Decisioni deHe Commissioni -Ricorso 
p~r Cassazione -Definitivit� 
-Concetto -Decisione che decide 
parzialmente la controversia 
-Impugnabilit�, 824. 

-Imposte indiret~e -Imposte' complementari 
sui trasferimenti a ti


. 
tolo oneroso -Interessi a carico 
del contribuente -Decorrenza 
dalla data di esigibilit� del tributo 
principale -Limiti, 855. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Comunicazione della 
data dell'udienza -Consegna a 
persona addetta all'Ufficio -Prova 
del rapporto di dipendenza E' 
a carico deHa parte notificante, 
816. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Comunicazione della 
data dell'udienza -Notifica -E' 
regolare, 816. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Sottoscrizione del ricorso 
deH'Ufficio -Funzionario 
preposto al reparto -v,alidit�, 

828. 
INFORTUNIO SUL LAVORO 

- 
niecito costituente reato -Re


.sponsabilit� civile del datore di 
lavoro -Declaratoria di non doversi 
procedere -Poteri del Giudice 
civile, 796. 

LAVORO 

-Rapporto di lavoro domestico Licenziamento 
in tronco -Esclusione 
dell'indennit� di anzianit� 
-I:llegittimit� costituzionale, 746. 

MILITARE 

-Ricorsi giurisdizionali -Limitazione 
ai soli vizi di incompetenza 
ed eccesso di potere -Inam


.missibilit� della questione, 742. 

-Ufficiali -Promozioni -Graduatoria 
ex art. 31 1. n. 1137 del 
1955 -Impugnativa -Inammissibilit�, 
803. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Inadempimento -Acquiescenza 
della parte interessata -Successiva 
impugnativa -Inammissibilit�, 
794. 

-Risoluzione per inadempimento Risarcimento 
del danno -Presupposto, 
794. 

PECULATO E MALVERSAZIONE 

-D.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 che 
concede amnistia per il solo peculato 
per distrazione -Eccezione 
di incostituzionalit� -Infondatezza, 
900. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Giuramento suppletorio -Violazione 
dei principi di eguaglianza 
e di difesa -Esclusione, 744. 

-. 
Procedimento per convalida di 
sfratto -Mancata comparizione 
dell'intimato e opposizione tardiva 
-Illegittimit� costituzionale 
parziale, 747. 

-Ricorso per Cassazione -Impugnazione 
principale improcedibile 
-Impugnazione incidentale Efficacia 
-Limiti, 776. 

PR�CEDIMENTO PENALE 

-Insufficiente indicazione della 
pel'lsona del<l'imputato -Non � 
causa di inesistenza ma di nullit� 
del rapporto processuale penale, 
890. 

-Latitanza -Emissione del decreto 
che la dichiara per le notificazioni 
-Non � necessaria -Prova 
della latitanza, 890. 

-Latitanza -Sentenza di proscioglimento 
-Imputato all'estero di 
cui si ignora H preciso indirizzo -
Notificaziione con il rito degli ir



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 

reperibili -Obbligo di svolgere 
accertamenti -Non sussiste, 890. 

-Separazione dei giudizi -Potere 
discrezionale del giudice -Ipotesi 
di separazione obbfilgatoria, 

890. 
REATO 

-Indulto in materia doganale -!Decreto 
Presidenztale Repubblica 

n. 283 del 1970 -Condono -Riduzione 
alla met� dell'indulto Inapplicabilit�, 
884. 
- 
Peculato -Possesso per ragioni di 
ufficio o servizio -Occasionalit� 
tra l'ufficio e il possesso -Nozione, 
900. 

-Pubblicazione e distribuzione di 
stampati osceni -Responsabilit� 
penale dell'edicolante -Illegittimit� 
costituzionale, 756. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Assicurazione obbligatoria del 
personale :lierroviario .contro gli 
infortuni sul lavoro -Limitazione 
di responsabilit� dell'Amminist
�razione -Sussiste, 796. 

-Responsabilit� della P. A. per 
danni ai propri dipendenti -Norme 
limitative -Incostituzionalit� 
-Risarcimento -Prescrizione 
-Decorrenza, 787. 

TRASPORTO 

Trasporto. ferroviario di cose Convenzione 
internazionale per il 
trasporto delle merci -Interruzione 
di linea nel corso della spedizione 
-Disciplina -Is~ruzioni 
del mittente al di fuori delle facolt� 
previste -Tassa di sosta Applicabilit�, 
791. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

4 maggio 1972, n. 81 
4 maggio 1972, n. 82 
4 maggio 1972, n. 83 
4 maggio 1972, n. 84 
4 maggio 1972, n. 85 
18 maggio 1972, n. 89 
18 maggio 1972, n. 90 
18 maggio 1972, n. 91 
18 maggio 1972, n. 93 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1683 
Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1687 
Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733 
Sez. Un., 12 giugno 1972, n. 1839 
Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1856 . 
Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1890 
Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960 
Sez. Un., 21 giugno 1972, n. 1981 
Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2046 
Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2088 . 
Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2094 . 
Sez. II, 26 giugno 1972, n. 2165 . 
Sez. III, 28 giugno 1972, n. 2207 
Sez. I, 28 giugno 1972, n. 2225 
Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2234 
Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2235 . 
Sez. I, 6 lugUo 1972, n. 2236 . 
Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2239 . 
Sez. Un,, 8 luglio 1972, n. 2292 
Sez. III, 11 luglio 1972, n. 2333 
Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2350 
Sez. I, 13 luglio 1972, n. 2366 . 
Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2391 . . 
Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2398 . 
Sez. I, 27 lugUo 1972, n. 2570 . . 
Sez. Un., 21 agosto 1972, n. 2695 

pag. 741 
742 
744 
746 
746 
747 
750 
753 
756 

pag. 
816 
819 
758 
772 

776 

820 
862 
824 
826 
778 
828 
787 
791 
794 
831 
832 
845 
835 
766 
796 
771 
838 
841 
844 
849 
855 


X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 
CONSIGLIO DI STATO 
Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 346 
Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 347 
Sez. IV, 9 maggio 1972, n. 363 
Sez. IV, 12 maggio 1972, n. 414 
Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 468 
Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 486 
Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 537 
Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 540 
pag 799 
800 
801 
802 
803 
806 
809 
810 
GIURISDIZIONI PENALI 
CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. III, 4 maggio 1972, n. 2996 
Sez. V, 28 luglio 1972, n. 5260 
Sez. III, 13 agosto 1972, n. 5516 � . 
Sez. VI, 11 ottobre 1972, n. 6571 
pag. 884 
886 
890 
900 

j 

., 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
III Questioni.proposte 
INDICE BIBLIOGRAFICO 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Amministrazione pubblica 


Assicurazione 

Commercio 
Concessioni. 
strative 
Contabilit� 
dello Stato 
Contributi e 
menti 

amminigenerale 
finanzia-

Dazi doganali 
Demanio 
Edilizia economica e 
popolare 
Esecuzione fiscale 
Ferrovie 
Impiego pubblico . 
Importazione ed esportazione 
Imposta concessioni 
governative 

pag. 147 
147 
. 147 

148 

148 

149 
150 
150 

150 
151 
151 
151 

152 

152 

Imposta di consumo 
Imposta di successione 
Imposte dirette 
Imposte e tasse 
Imposte varie 
Istruzione . 
Matrimonio 
Militari 
Obbligazioni e contratti 
. 
Occupazione . 
Opere pubbliche 
Pena�. 
Prescrizione 
Previdenza e assistenza 
Procedimento civile 
Professioni 
Prove 
Riscossione 
Spese giudiziali 
Tributi locali 

pag. 137 

pag. 146 

pag. 152 
153 
153 
153 
153 
'154 
154 
154 

155 
155 
155 
155 
156 
156 
156 
156 
156 
157 
157 
157 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 81 -Pres. Chiarelli -Rel. 
Crisafulli -Ferrari ed altri (n. c.) 

Corte costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci


dentale -Irregolare notifica dell'ordinanza al P. M. -Inammissibilit� 
della questione. 
(Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale p1�oposta 
in via incidentale da un Pretore in sede penale, qualora l'ordinanza di remissione 
non venga regolarmente notificata al Procuratore della Repubblica 
territorialmente competente (1). 

(Omissis). -Ritenuto che, con� ordinanza emessa il 27 maggio 1971 
nel corso di procedimenti penali a carico di Ferrari Alfredo ed altri, il 

(1) Il giudizio di costituzionalit� riguardava gli arti.coli 718 � 720 
del codice penale: la relativa questione era stata sottoposta all'esame deil:la 
Corte con orditnainza emessa I�ll 27 maggio 1971, daJl a;xretore di Sampierdarena 
nel procedimento penail:e a carico di .Alfredo Fer�rari ed altri 
<Gazzetta Uff. n. 290 del 17 novembre 1971). 
A. P1zz0Russo, nell'annotare la sentenza (Foro it. 1972, I, 1532), espone 
tutte le per.plessiit� che la soluzione adottata suscita specie in relazione 
al disposto dell'art. 23, 4� comma, Legge 11 marzo 1953 n. 87. L'omissione 
di una delle notificazioni previ�ste da tale articolo compori;e[>ebbe l'inammissibilit� 
della questione di costituzionalit� e non l'obbligo defila Corte 
costituzionale �di disporre essa stessa l'esecuzione dell'incombente; soluzione 
quest'uiJ.rtima che, sec()[ldo il'ootore, sarebbe gd.ruridd�oarrnente rpi� cocretta. 
Peraltro SIMI, in La Corte Costituzimiale (Raccolta di studi a cura 
deill'Avvocatura defilo Stato, 1957, 123) e, poi, SAND!ULLI, Il giudizio sulle 

(*) .AJ1J1a redazione d1el.L1e ~assime e del.L1e note di questa Sezione ha 
coililabooato a111che �l'avv. CARLO CARBONE. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

744 

riguarda il riferimento ad un'interpretazione restrittiva della tutela dei 
diritti soggettivi in materia di ieva, fatta derivare dalla disposizione 
denunciata, che viene attribuita alla giurisprudenza della Cassazione, e 
che invece risulta del tutto inesatta; e sia in ordine alla richiesta di una 
pronuncia che dichiari la non estensibilit� della giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato oltre i casi tassativamente stabiliti dall'art. 29 del 

t.u..delle le:ggi sul Consiglio di Stato, dato che essa, anche se si potesse 
ritenerla idonea a dar luogo a questione di legittimit� costituzionale, non 
risulta proposta dall'ordinanza, che anzi, come si � detto, d� per ammessa 
la estraneit� della materia in oggetto alla detta categoria di �ompetenza 
giurisdizionale. ~ (Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 83 -Pres. Chiarelli -Rel. 
Fragali -Soc. Litex ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Procedimento civile -Giuramento suppletorio -Violazione dei principi 
di eguaglianza e di difesa -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; e.e. art.2736, n. 2). 

Non � fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza 
e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell''art. 2736, 

n. 2 codice civile relativo al potere del giudice di deferire ad una delle 
parti il giuramento suppletorio (1). 
(Omissis). -1� -La Corte non ritiene che l'equiparazione degli effetti 
del giuramento suppletorio a quelli del giuramento decisorio produca 
quelle conseguenze lesive dei principi di uguaglianza e di difesa 
che denunciano le ordinanze"indicate in epigrafe. 

(1) La questione era stata sottoposta aM'esame della Corte con tre 
ordinanze, ri-spettivamente del ttibunaile di Torino (5 dicemb!l.'e 19<69, Gazzetta 
Uff. n. 22,2 .del 2 settemb!l.'e 1970), del pretooe di Roma (4 genm.aio 
1971, Gazz. Uff. n. 106 del 28 aprile 1971), del p.i-etore di MiJJazzo (30 
marzo 1971, Gazz. Uff. n. 16 del 30 giugno 1971). 
Sostanzialmente se il g.iuramento � un mezzo di prova da considerare 
aggiunto agli altri per il completamento del.J'efficacia dell'i1struzione probatoria, 
sembra �evidente dedul'sene che le parti usufruiscono del loro 
diritto di dif.esa quando siano state messe in grado dli sviluppare sul terreno 
giudiziale ogni attivit� (processuale-probatoria) da esse ritenuta utile 
per il reciproco Tisultato perseguito. Al momento deHa cristallizzazione 
dell'istruttoria .ed a!Lla cOIJJStatazione de111a � probatio semiplena �, scaturisce 
per H giudice, che non rpu� comunque sottrarsi di provvedere, la va!luta




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 745 

Secondo la giurisprudenza prevalente, gli effetti della prestazione 
del giuramento suppletorio non possono essere contrastati con aJtri mezzi 
di prova; ma ci� accade perch�: il giudice deferisce il giuramento quando 
le parti hanno avuto pieno modo e tempo di esercitare il rispettivo 
potere dispositivo sul materiale istruttorio. Ed ha avuto modo e tempo 
di esplicare questo potere anche la parte contro la quale operano gli 
effetti predetti, perch� essa sa che il giudke pu� deferire il giuramento 
ove le prove non siano mancanti, e tuttavia� non offre n� mezzi istruttori 
n� argomenti che potrebbero escludere il valore semipieno a quelli dedotti 
o esibiti. Vero � che nemmeno in appello � ammessa prova che 
contraddica ai risultati del .giuramento suppletorio; ma � consentito in 
appello al sindacato sull'apprezzamento del giudice di primo grado circa 
l'esistenza della prova semipiena, cosicch� non � nemmeno esatto che 
la prestazione del giuramento suppletorio non permette ulteriori difese. 
Le permette anche nella sede penale, e con notevole ampiezza nel confronto 
con la sede civile, dato che nel processo penale la parte si avvantaggia 
delle iniziative del pubblico ministero e del giudice, le quali 
allargano enormemente a suo favore la possibilit� di indagare sulla 
verit�. 

Non si obietti che un sistema del genere converte in azione di risarcimento 
del danno da falsit� la domanda diretta al conseguimento 
del bene conteso o l'eccezione che contrasta il fondamento di tale domanda: 
la Corte, sia pure a proposito di fattispecie diverse da quella in 
esame (sentenza 3 luglio 1962, n. 87 e 17 dicembre 1968, n. 138), ha 
ritenuto che tale conversione non sia riprovata dalla Costituzione. La 
scelta legislativa del tipo di azione concesso alla parte si connette infatti 
al modo di organizzare la tutela giurisdizionale: deve riaffermarsi che 
il precetto costituzionale che garantisce tale tutela non toglie alla legge 
ordinaria la competenza a regolarne i modi e l'efficacia, n� afferma 
che il cittadino deve ottenere protezione� sempre in una stessa maniera 
e con i medesimi effetti. Conta soltanto che .si reintegri la sfera giuridica 
lesa; e la condanna a prestare l'id quod interest porta senz'altro a tale 
risultato. -(Omissis). 

zione �di queJil'msufficienm dii prov�a che condruce al deferimento� deil giuramento 
suppletorio secondo �criteri non discriminatori fondati su una determinata 
posizione di parte. 

Gi� la Corte di Cassazione, muovendosi nell'ambito di tale assunto, 
aveva neg�ato fondatezza ad anailoga questione di costiituzioilllalit� (v. Oass., 
10 novembre 1971 n. 3.173, in Foro it., 1971, I, 45, con nota di !l.'icMallili 
dottrinari giucisp!rudelll.2liali). 

Per le sentenze richiamate nel contesto (Corte cost. 3 luglio 1962 n. 87 

e 17 dicembre 1968, n. 138, v. Foro it. 1962, I, 1219 e questa Rassegna, 

1968, I, 926). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

746 

CORTE COSTITUZIONALE, 4maggio1972, n. 84 -Pres. Chiarelli -Rel. 
De Marco -Speranza. (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Coronas)� 

Impiego pubblico -Forze armate -Avanzamento degli ufficiali -Vantaggi 
di carriera per acquisizione di determinati titoli -Limitazione 
nella progressione -Infondatezza della questione. 

(Cost., art. 3; I. 12 novembre 1955, n. 1137, art. 69, mod. da artt. 9 e 10 1. 16 
novembre 1962, n. 1622). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 69 della legge 12 novembre 
19:55, n. 1137, mod� dagli articoli 9 e 10 della legge 16 novembre 1962, 

n. 1622, suU'ltv�anzamento degli ufficiali delle forze armate, che limita 
la progressione nei ruoli delle varie armi e specialit�, conseguita per 
effetto dell'acquisizione dei titoli indicati nella tabella allegata alla legge 
stessa (1)� 
. (1) La questione .era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
emessa il 2 maggio 1968 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, 
sezione IV (Gazzetta Uff., n. 10~ del 22 aprilre 1970). 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 85 -Pres. Chiarelli -Rel. 
Trimarchi -Mannini ed altri (n.c.) . 

. Lavoro -Rapporto di lavoro domestico -Licenziamento in tronco Esclusione 
dell'indennit� di anzianit� -Illegittimit� costituzionale. 


(Cost., art. 36; I. 2 aprile 1958, n. 339, art. 17, primo comma). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento all'art. 36 della 
Costituzione, l'art. 17, primo comma, della legge 2 aprile 1958, n. 339, 
nella par_te in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro alla indennit� 
di anzianit� in caso di cessazione del rapporto per licenziamento in 
tronco (1). 

(1) La questione era stata �sottoposta all'esame del Giudice costituzionale 
con o!'dinanza emessa il '21 gennaio 1970 dalla Corte d'appe1lo 
di Roma (Gazzetta Uff. n. 286 dell'll novembre 1970); con ordinanza 
emessa 1'11 :llebba'aio 197Qi dal tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 22 del 
27 gennaio 1971). 
Vedi Corte cost., 28 dicembre 1971, n. �204, in questa Rassegna, 1971, 
I, 1, 1329). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 747 

(Omissis). -2. -Sussiste la denunciata violazione dell'art. 36 della 
Costituzione. 

La Corte, con varie pronunce, a cominciare dalla sentenza n� 3 del 
1966, ha osservato che l'indennit� di anzianit� dovuta all'atto della cessazione 
del rapporto di lavoro subordinato ha natura retributiva, rientrando 
il relativo diritto nel complessi".'o trattamento economico spettante 
al lavoratore subordinato a fronte dell'obbligo di prestazione del 
lavoro, e come tale gode delle garanzie costituzionali poste con l'art. 36; 
e che il detto diritto, qualunque sia il motivo o la causa della cessazione 
del rapporto, non pu� essere negato o subire limitazioni nel suo contenuto 
e nel suo esercizio che non siano consentite per il diritto alla 
retribuzione. E con sentenza Il� 75 del 1968 ha, per ci�, dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale dell'articolo 2120, comma primo, del codice civile 
nella parte in cui escludeva il diritto del prestatore di lavoro 
subordinato all'indennit� di anzianit� in caso di cessazione del rapporto 
di lavoro derivata dal licenziamento per di lui colpa o da dimissioni volontarie. 


Codesto orientamento giurisprudenziale, adottato in ossequio al precetto 
costituzionale dell'art. 36 e nel rispetto del principio di egua.glianza 
di tutti i cittadini di fronte� alla legge, ha riscontro in norme legislative 
e tra le altre in quella dell'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n� 604, che, 
per i prestatori di lavoro di cui al successivo art. 10, prescrive che la 
detta indennit� � dovuta � in ogni caso di risoluzione del rapporto di 
lavoro�. 

Or~, le regole sopra ricordate non possono non essere applicate alla 
specie che non presenta, al riguardo, alcuna particolarit� per cui debba o 
possa essere consentito un differente trattamento. 

E per ci� va ritenuta l'illegittimit� costituzionale della norma denunciata 
nella ,parte in cui essa esclude che, in caso di licenziamento in 
tronco del prestatore di lavoro domestico, gli sia dovuta l'indennit� di 
anzianit�. -(0.missis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 89 -Pres. Chiarelli -
Rel. .Verz� -Cislaghi ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Vice avv. gen. dello Stato Agr�). 

Procedimento civile -Procedimento per convalida di sfratto -Mancata 

comparizione dell'intimato e opposizione tardiva -Ille~ittimit� 

costituzionale parziale. 

(Cost., artt. 24, 111; c.p.c., artt. 663, 668). 

Mentre non � fondata la questione di legittimitd costituzionale degli 
articoli 663 e 668 c.p.c. sulla convalida di sfratto per effetto di mancata 
comparizione, � fondata la questione dei primo comma dell'art. 668 


748 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso codice limitatamente alla parte in cui non consente la tardiva opposizione 
all'intimato, non comparso, malgrado la conoscenza della citazione, 
per caso fortuito o per forza maggiore (1). 

(Omissis). -2. -L'art. 663, primo comma, del codice di procedura 
civile viene denunziato per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, 
perch�, dalla mancata comparizione dell'intimato, fa derivare la convalida 
della licenza o dello sfratto (in tal caso previa semplice dichiarazione 
del locatore di persistenza della morosit�) mentre nel giudizio 
ordinario di cognizione, la stessa mancata comparizione produce effetti 
ben diversi. La norma inoltre violerebbe il principio di uguaglianza sancito 
dall'art. 3 della Costituzione, sia per il trattamento differenziato che 
ne deriva a seconda che l'intimato compaia o non all'udienza, ovvero a 
seconda che il procedimento adottato sia quello ordinario di cognizione, 

o quello di convalida; sia perch� opererebbe la risoluzione di un contratto 
a prestazioni corrispettive (come � quello di locazione) in modo 
difforme da quanto prescrivono gli artt. 1454 e 1455 del codice civile. E 
violerebbe infine l'art. 111 Cost. in quanto il meccanismo automatico 
comparizione-convalida escluderebbe una seria motivazione del provve.
dimento, che non sia quella del richiamo agli articoli di legge. 
3. -La questione non � fondata. 
Nel procedimento di convalida di licenza o dl sfratto -che � un 
procedimento sommario per il rilascio di un immobile tenuto in locazione 
,per fine del contratto o per morosit� ~la mancata comparizione 
dell'intimato all'udienza assume decisiva rilevanza risolvendosi nel conte.
gno processuale proprio di chi, avendo avuto conoscenza della citazione, 
volontariamente non si presenta al giudice, e dimostra in tal modo 
di non avere ragioni da far valere n� interesse alcuno alla difesa. Il fatto 
che la mancata volontaria comparizione � equiparata alla mancata oriposizione 
vuol significre che, nell'uno e nell'altro caso, sussiste una 
carenza di interesse dell'intimato, la quale rende inutile l'esercizio del 
diritto di difesa nel merito, rimanendo ovviamente tale diritto integro 
per quanto attiene alla volontariet� o meno della mancata comparizione. 
Ed infatti la norma impugnata impone al giudice l'obbligo di ordinare la 
rinnovazione della citazione nel caso in cui risulti (od anche in quello 
in cui sembri probabile) che l'intimato non abbia avuto conoscenza della 
citazione, o per caso fortuito o forza maggiore. 

(1) La que,stione era -stata sottoposta all'esame della Corte con due 
oirdi1nanze e.meisse rispettivamente i1l 23 febbriaio 1970 dal rpretoxe di Rho 
(Gazzetta Uff. n. 136 del 3 giugno 1970) ed il 15 marzo 1971 dal giudice conciUatore 
di Pontecagnano Faiano (Gazzetta Uff. n. 119 del 12 maggio 1971). 
La sentenzia 18 marzo 1957, n. 46 di (lUJ� in motivazd.one, � r-eperibile 
in Foro it., 1957, I, 1393 (nQta). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 749 

Pur tenendo conto della diversit� della materia, esiste analogia fra 
siffatta ipotesi e quella della mancata comparizione all'udienza dell'opponente 
a decreto �penale di condanna. E, pe�r il decreto penale, la Corte 
ha affermato che �la mancata comparizione non giustificata costituisce 
un comportamento processuale volontario del soggetto interessato che, 

o per la riconosciuta infondatezza dei motivi dedotti (nell'atto di opposizione) 
o per qualsiasi altra ragione, ammette che � venuto a cessare 
l'interesse a coltivare la opposfaione o a proseguire il relativo giudizio � 
(sent. n. 46 del 1957). 
Il giudice a quo vorrebbe dedu_rre la violazione del diritto di difesa 

dal fatto che, nel giudizio ordinario di cognizione, la mancata compa
�rizione del convenuto consente la prosecuzione del processo in contu
�macia� Occorre invece considerare che le norme d�l procedimento ordi


nario non sono le sole che assicurino la tutela giurisdizionale, e che 
nel caso in esame trattasi di un procedimento speciale predisposto dal 
legislatore per determinate finalit�, fra le quali quella di definire il giudizio, 
evitando che, attraverso l'abuso del diritto di difesa, il conduttore 
possa protrarre, anche per lungo tempo, il godimento del bene locato. 
Ed in questi casi al legislatore � consentito di differenziare la tutela giurisdizionale 
con riguardo alla particolarit� del rapporto da regolare� 

Appare infine argomento di nessun pregio quello che, in caso di 

sfratto, la convalida � subordinata alla mera dichiarazione del locatore 

circa la persistenza della morosit�; la quale anzi costituisce una ulteriore 

garanzia per l'intimato al quale sarebbe spettato l'onere di provare l'av


venuto pagamento. 

P�rtanto il diritto di difesa � assicurato dall'obbligo della citazione 
che comporta per l'intimato la facolt� di instaurare o meno il contraddittorio; 
dall'obbligo di rinnovare la citazione qualora il giudice accerti 

o ritenga propabile che l'intimato non ne abbia avuto conoscenza o non 
sia potuto comparire; ed infine dalla possibilit� di esperire la tardiva 
opposizione nei casi previsti dall'~rt. 668 del codice di procedura civile. 
4. -La questione non � fondata neppure in riferimento agli articoli 
3 e 111 della Costituzione. 
Infatti, il trattamento differenziato prospettato dalla ordinanza di 
rimessione � giustificato dalla particola're struttura del procedimento 
speciale. 

E non � violato neppure l'art. 111 Cost. dal momento che, il provvedimento 
di convalida deve essere motivato con l'accertamento dei 
presupposti che lo legittimano. 

' 

5. -Anche l'art. 668, che ha per oggetto l'opposizione alla convalida 
pronunciata in assenza dell'intimato sarebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, 
viziato di illegittimit� in riferimento agli artt. 24, 3 e 111 
della Costituzione. 

750 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In merito all'art. 24 della Costituzione la Corte osserva che l'opposizione 
alla convalida pronum;iata in assenza dell'intimato costituisce il 
mezzo migliore che la legge possa apprestare per assicurare la tutela 
giurisdizionale; ed invero con tale forma di impugnazione il procedimento 
segue il suo corso regplare con tutte le garanzie del rito ordinario. 
750 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
In merito all'art. 24 della Costituzione la Corte osserva che l'opposizione 
alla convalida pronum;iata in assenza dell'intimato costituisce il 
mezzo migliore che la legge possa apprestare per assicurare la tutela 
giurisdizionale; ed invero con tale forma di impugnazione il procedimento 
segue il suo corso regplare con tutte le garanzie del rito ordinario. 
Il 


Le condizioni per l'ammissibilit� della opposizione non tolgono efficacia 
alla tutela, come ritiene il giudice a quo. La prova della mancata 
conoscenza della citazione, il termine p~rentorio di dieci giorni, la 
cauzione ex art. 651, la valutazione.del .giudice sui gravi motivi che 
possono consentire la sospensione del processo esecutivo, rispondono 
ovviamente alla ,imprescindibile esigenza di regolamentare l'istituto anche 
per evitare sconfinamenti od abusi. 

Sotto questo profilo, pertanto, l'art. 24 della Costituzione non � 
violato. 

6. -La tutela giurisdizionale non � assicurata dall'articolo impugnato 
nella sola ipotesi -rilevata dall'ordinanza del giudice conciliatore 
di Pontecagnano Faiano -in cui l'intimato, pur avendo avuto conoscenza 
della citazione, non sia potuto corn,parire all'udienza per caso 
fortuito o per forza maggiore-L'art. 668 ammette l'opposizione nei soli 
casi di mancata conoscenza della citazione. Il principio innanzi chiarito 
del comportamento volontario del conduttore, posto a fondamento ed a 
giustificazione della convalida, richiede che, anche l'intimato il quale si 
trovi nelle sopraindicate condizioni per circostanze non dipendenti dalla 
sua volont�, possa esercitare il diritto di difesa mediante la tardiva opposizione 
alla convalida. 
Pertanto, limitatamente a questi ipotesi, la Corte ritiene sussistente 
la violazione dell'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 90 -P1�es. Chiarelli -
Rel. Rocchetti -Comune di Sesto Calende (n.c.), E.N.E.L. (avv. Cogliati 
Dezza) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
del.lo Stato Coronas). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Condutture elettriche aeree -Applicazion� 
del tributo per l'occupazione di aree pubbliche -Ille~ittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 23, 53; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 39; d.m. 26 febbraio 1933). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e delle 
prestag:ioni patrimoniali secondo capacit� contributive, la questione di 
legittimit� costituzionale all'art. 39 della legge 2 luglio 1952,, n. 703, 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 751 

nella parte in cui recepisce H decreto ministeriale 26 febbraio 1933, che 
fissa i criteri per la determinazione del tributo per le linee elettriche 
aeree� in ragione della lunghezza delle stesse (1)


(Omissis). -3. -La questione non � fondata. 

� innanzi tutto da rilevare come, in entrambe le ordinanze errato 
sia il richiamo aWart. 3�9, secondo comma, della legge n. 703 del 1952, 
giacch� tutto il contesto delle deduzioni, su cui si vorrebbe fondare la dedotta 
illegittimit�, si riferisce inequivocabilmente al primo comma di 
quell'articolo, che, richiamandosi al d.m. 26 febbraio 1933, stabilisce i 
criteri di applicazione della tassa sui quali si appuntano le censure. 

Cosi identificato l'og.getto del giudizio, osserva la Corte che sussisterebbero 
seri dubbi sulla legittimit� costituzionale della norma impugnata 
se essa potesse essere interpretata soltanto nel senso che ciascuno 
dei tratti di linea (compresi quelli assai numerosi ma di brevissimo percorso 
che, per inserto sulla linea principale ,portano la corrente ai singoli 
utenti, e sono perci� indicati col nome di linea di utenza) dovesse 
considerar.si come autonomo ed essere quindi tassato per un intero chilometro, 
secondo il criterio dell'arrotondamento per eccesso che si vuole 
connaturale al sistema. 

Deve tuttavia ritener.si che l'art. 39 della legge 2 luglio 1952, n. 703, 
nella parte in cui recepisce il d.m. 26 febbraio 1933, consenta interpretazioni 
conformi ai precetti costituzionali, perch� il criterio della infrazionabilit� 
della misura base della tassa ragguagliata al chilometro 
lineare, non esclude che i singoli tratti di linea, di cui s� sostiene la 
autonoma fassabilit�, possano, anzi debbano, essere conglobati, mediante 
la somma delle relative lunghezze. Il che, eliminando tutta un.a serie di 
;;i.ssurdi arrotondamenti delle minori lunghezze a quella di un chilometro, 
esclude ogni esosit� nell'applicazione del tributo. 

Questa interpretazione, fondata sulla ratio de:mmibile dal complesso 

delle disposizioni di cui al d.m� del 1933, recepito dall'art. 39 impu


gnato, � stata gi� fatta propria dalla Corte di cassazione, almeno per 

(1) La que.stione �era .stata sottoposta aU'esame del Giudice costituzioDJl�e 
c001 Oll'ddnanz.e emesse il 30 ottobre 1970 dalla OOII'te d'arppehlo di 
Milano (Gazzetta Uff. n. 49 del 24 febbraio 1971) ed il 16 apdle 1971 dal 
tribUltlJaiJ.,e �di Busto A11sizio (Gazzetta Uff. n. 240 del 2,2 settembre 1971). 
Con sentenza 21 giugno 1967, n. 1470 (Foro it., 1967, I, 2377, nota) 
le SS.UU. de11a corte di cassmone a'V'eviano indivtduato, quale unit� 
tassabUe, U �chilome�tro lineare, pur senza stabiJ.ire il computo della base 
imponibile in relazione alla pr�edetta unit� (singoli attraversamenti ovvero 
intera linea). 

Lo stesso Su:piremo coilile.gio (sentenza 13 mag.gio 1968, n. 1500, Foro 
it. 1969, I, 180) stabili, innovando, che agli effetti della tassa di occupa




752 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quanto concerne �il caso sinora pervenuto al suo esame, che � quello 
relativo ai singoli attraversamenti stradali di una stessa linea che, per 
deviazioni, uscita e rientro dall'area pubblica, o per altre accidentalit� 
del suo sviluppo, presenti variazioni di percorso o soluzioni di continuit� 
fra suolo pubblico e suolo privato� 

Ma il principio su cui quella interpretazione si fonda � suscettibile 
di applicazioni pi� generali ed ha valore anche nel caso delle cosi dette 
linee di utenza, rispetto alle quali, secondo risulta dalle ordinanze di 
rimessione e dagli atti dei relativi giudizi, resta aperto e vivo il contrasto 
interpretativo. 

Per tutte le linee, infatti, il presupposto del tributo � unico ed � costituto 
dalla occupazione dell'area pubblica nella sua effettiva consistenza. 


Da ci� consegue che i tratti di linea, ai fini della tassabilit�, andrebbero 
in teoria tutti i conglobati, e cio� sommati fra loro. 

Poic~� per� il conglobamento � ottenuto mediante un'operazione 
aritmetica, quale la somma dei singoli .tratti di linea, � ovvio che esso 
possa essere operato soltanto fra quantit� omogenee. 

Il criterio della omogeneit� o eterogeneit� di quei tratti, ai fini 
della applicazione del tributo, non pu� per� essere ricercato in base a 
dati, anche se tecnicamente rilevanti, ma cui le norme che disciplinano 
l'a.pplicazione del tributo non fanno alcun riferimento. 

Al riguardo va osservato che il decreto ministeriale del 1933 cui 
l'art. 39 si riporta, contempla vari tipi di linee elettriche e le differenzia 
tra loro, ma le individua soltanto con riferimento alla zona in cui sono 
situate, alla compos'izione di esse con meno di cinque e con cinque o pi� 
fili e alla portata delle stesse con tensioni inferiori a 250 Volt o superiori 
a tale valore. 

' Solo queste distinzioni, fra le linee componenti una stessa rete, 
la legge conosce ai fini dell'applicazione del tributo, ed � ovvio perci� 
che solo esse, creando una eterogeneit� fra i vari tratti di linea, possono 
impedire che essi siano insieme addizionati e che si effettui, nei loro confronti, 
la cosi detta operazione di conglobamento. Al contrario, le linee 
omogenee, che, per chiarezza, pu� aggiungersi, sono tutte quelle colpite 
con la stesa aliquota, vanno ovviamente sommate fra loro. 

zione di spazi ed �aree pubbliche, gU attravel'samenti stradali con linee 
elettriche, da�l con:l�ine tra la .propriet� pubblica e quella privata, da parte 
di societ� concessionarie del1a rete �elettrka e dall'ENEL non costituivano 
ciascuno un"enttt� autonoma tassabi1e, ma andavano sommati fino al raggiungimento 
dell'unit� �di misura della tassa (chilometro lineare). Nello 
stesso senso v., ainche, Oass. 30 ottobre 1969, n. 3595. 

A. tale innovazione giurisprudenziale si riferisce, nella motivazione, la 
Corte costituzionale. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 753 

Secondo questa interpretazione, gi� autorevolmente emersa, nell'applicazione 
della norma di cui all'art. 39, comma primo, della legge n. 703 
del 1952, risulta escluso ogni elemento di casualit�, e quindi di arbitrariet�, 
nell'applicazione del tributo. 

Ne consegue pe,rci� che l'anzidetta norma non pu� essere ritenuta in 
contrasto con i principi costituzionali invocati nelle ordinanze di rinvio. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, 91 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Cavallucci (avv. Cavallucci), Cassa Nazionale �forense 
(avv� Jemolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv� gen. 
dello Stato Carafa). 

Avvocati e procuratori -Cassa nazionale previdenza e assistenza 


Contributi sui compensi spettanti per incarichi professionali 


Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 53; l. 25 febbraio 1963, n. 289, art. 5; I. 5 luglio 1965, n. 798, 
art. l, n. 5). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguagLianza e di 
capacit� contributiva, la questione di legittimit� costituzionale dell'art� 5 
della legge 25 febpraio 1963, n. 289, mod� dall'art. 1, n. 5 della legge 
5 luglio 1965, n. 798, che prevede l'imposizione di contributi progressivi, 
a favore della Cassa nazionale forense, sui compensi percepiti dai professionisti 
legali per incarichi conferiti dall'autorit� giudiziaria (1). 

(Omissis). ~3. -Secondo l'ordinanza di rinvio, l'obbligo di versare 
una somma percentuale sull'importo della singola retribuzione percepita, 
lederebbe il principio della pari capacit� contributiva di cui all'.articolo 
53 della Costituzione, perch� il costo delle prestazioni previdenziali 
ed assistenziali verrebbe in tal modo ripartito tra gli appartenenti alla 
categoria non in base ad un indice complessivo di detta capacit�, ma 
in base ad una eventuale singola e non indicativa sua componente. 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 
'emessa il 12 gennaiio 1971 dail lflribunaile di Roma (Gazzetta Ufficiale 
n. 140 del 3 giugno 1971). 
Per le sentenze indicate in motiv�azione si rinvia a Corte cost., 10 
luglio 1968, n. 97, [n �questa Rassegna, 1968, I, 1, 535 ove, nella nota di 
richiami, � indicato H reperimento deUe precedenti decisioni. 



754 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte osserva, tuttavia, che, nel caso, il principio di conformit� 
all'art. 53 Cost. risulta osservato. 

Va premesso che la prestazione contributiva de qua s'inquadra 
nel sistema, caratterizzato dal conseguimento di finalit� generali, distinte 
da quelle particolari (e perci�, come .gi� si � detto, divisibili) 
relative al compimento di singoli atti, per rivestire, invece, carattere 
di indivisibilit�, con i seguenti effetti, rientranti propriamente nell'ambito 
dell'art. 53 della Costituzione. 

Va, poi, considerato che, giusta giurisprudenza (sentenze n. 45 
del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; n. 97 del 19618) per 

� capacit� contributiva � ai sensi dell'art. 53 deve ~ntendersi l'idoneit� 
soggettiva alla obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al� 
quale la prestazione � collegata e determinabile dal presu,pposto al quale 
la prestazione � collegata e determinabile quantitativamente in base 
a detto presupposto. 
Nella situazione in esame, basata sulla percezione effettiva di un 
reddito, quel presupposto � reale ed inoltre la misura dell'obbligazione 
risulta stabilita in relazione alla misura del reddito percepito� La redditivit� 
funziona, pertanto, come indice di capacit� contributiva, in 
conformit� al precetto costituzionale. 

Secondo l'ordinanza di rinvio, la violazione del precetto �, tuttavia, 
denunciata, come .si � �detto, pel fatto che la ripartizione, in quote 
percentuali, del costo delle prestazioni previdenziali tra gli appartenenti 
alla categoria professionale, risulti sperequata per unilateralit� 
di valutazione. 

L'assunto non � fondato, tanto se considerato, in termini di paragone, 
con l'imposizione su redditi di altra natura, quanto se considerato 
in relazione alla specifica 1mrposizione in esame, rpoich� � riservato al 
legislatore di provvedere alla determinazione in concreto di un tributo, 
secondo princ�pi direttivi di politica economico-fiscale� Questa Corte 
(sentenze n. 89 del 1966 e n. 1,~4 del 1971) ha gi� statuito che il sindacato 
sulla entit� e la proporzionalit� di un tributo fissato in base 
a calcoli appositi, esula dai poteri spettanti al giudice della legittimit� 
delle leggi, in funzione dell'art. 53 Cost., salvo i casi di assoluta arbitrariet� 
o irrazionalit�, che qui, per i motivi suesposti, non ricorrono. 
Ed esula parimenti ogni possibilit� di esame che attenga alla verifica 
di una corrispondenza comparativa in con~reto tra l'ammontare delle 
contribuzioni devolute e l'ammontare delle prestazioni ricevute. 

4. -L'ordinanza di rinvio estende la censura di legittimit� alla 
violazione del principio di uguaglianza di cui all'art'. 3 Cost., principio 
di cui, . come generalmente riconosciuto, l'art. 53 � espressione particolare. 
La questione � parh:penti non fondata. 

lllilllfll&lllllllllllll(llftltlllilll(lllllllllllllllllllftlllllflllllltr� 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 755 

Secondo l'ordinanza, la violazione si verificherebbe all'interno della 
categoria degli avvocati e procuratori �globalmente considerata�. Ma, 
a parte la genericit� della deduzione, il ricorso al criterio della � globalit�
� non � pertinente, ove si consideri l'origine e la natura della 
personale fonte di reddito, su cui, nel caso in esame, viene ad incidere 
la quota d'imposizione, dovuta ai beneficiari, a vantaggio del fondo 
comune da redistribuire. La dedotta violazione dell'art. 3 Cost. non �, 
sotto questo profilo, sollevata a proposito. 

Ugualmente deve ritenersi per quanto riguarda la stessa questione, 
sollevata con riguardo ad altre situazioni, emergenti all'esterno della 
categoria. 

Il confronto con il trattamento previdenziale, riservato, attivamente 
e passivamente, ad appartenenti ad altri ordini professionali, non 
pu� condurre a ritenere disapplicato il principio della parit� di trattamento. 


Premesso che, per costante giurisprudenza, l'osservanza di questo 
principio ricorre nei casi di situazioni pari e non in quelle differenziate, 
va osservato che il confronto con altre categorie, in particolare con le 
categorie dei dottori commerciailsti e dei ragionieri, non conduce ad 
una constatazione di disparit�, ai sensi dell'art. 3. 

Agli effetti della questione da decidere, non rileva che vi siano 
casi (come quello delle curatele fallimentari) nei quali l'adempimento 
di incarichi conferiti dall'autorit� giudiizaria abbia pari natura e svolgimento 
per gli appartenenti a tutte le categorie professionali suaccennate
� 

Rilevante �, invece, distinguere e considerai:e la questione sotto il 
profilo suo proprio, che attiene alla disciplina legislativa e statutaria 
per ciascuna Cassa di previdenza e di assistenza, istituita nell'ambito 
dei� rispettivi �Ordini professionali. 

Tale disciplina � autonoma, per effetto di leggi particolari, ognuna 
delle quali deriva il suo contenuto da valutazioni e da calcoli attinenti 
al numero dei contribuenti iscritti, alla loro et� media e a quella pensi:
onabile, alla media capacit� economica contributiva, alle esige~ze settoriali 
ed ai risultati che si intendono conseguire. 

Un livellamento per tutte le categorie delle percentuali di contribuzione, 
od anche soltanto un loro adeguamento, onde evitare differenze 
troppo sensibili, non � imposto dall'osservanza del ,pdncipio di 
uguaglianza di trattamento, data la 'non omogeneit� delle rispettive 
situazioni. 

Comunque, spetter� esclusivamente al legislatore ravvisare l'opportunit� 
o meno di un riesame tecnico aggiornato della materia per 
correggere, nel sistema, gli eventuali difetti. -(Omissis). 


756 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 93 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rossi -Fucci ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Reato -Pubblicazione e distribuzione di stampati osceni -Responsabilit� 
penale� dell'edicolante -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3, 21; c.p., art. 528). 

Non � fondata, sia con riferimento �alla libert� di manifestazione 
del pen8iero che al principio di eguaglianza, la. questione� di legittimit� 
costituzionale deli'art. 528 codice penale, dalle cui sanzioni viene colpito 
anche l'edicolante che ponga in vendita stampati e pubblicazioni 
oscene (1). 

(Omissis). -Le questioni sollevate sono due e possono cos� individuarsi: 


a) se non contrasti con il diritto di mar�ifestare liberamente il 
proprio pensiero e con il divieto di censura (art. 21, primo e secondo 
comma, Cost-) l'art. 528 del codice penale, nella parte in cui, rendendo 
penalmente responsabile chi diffonde fabbrica mette in circolazione 
distribuisce stampati osceni nella sua normale attivit� professionale di 
stampatore o distributore, realizzerebbe una sorta di censura preventiva; 


b) se la norma dell'art. 528 del codice penale non contrasti con 
il principio di uguaglianza (art� 3 Cost.), in quanto prevede la stessa 
pena per chi crea il materiale pornografico e ne fa traffico abituale e 
chi, invece, esercitando in genere la distribuzione e la� vendita di giornali 
e riviste, diffonde occasionalmente stampati osceni. 

La denunciata illegittimit� dell'art. 528 del codice penale non sussiste 
affatto. 

1) Senza dubbio la garanzia costituzionale copre sia il diritto 
alla libera manifestazione del pensiero, sia il diritto al libero e pieno 
uso dei relativi mezzi di divulgazione. Ma l'esercizio di questo fondamentale 
diritto di libert� trova, come ogni altro diritto, il proprio 
limite nei principi e nei precetti della Costituzione. � proprio l'art. 21 
della Costituzione che all'ultimo comma vieta tutte le manifestazioni 

(1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze 
�emesse ili. 13 maggio 1970 dal �~Udi�ce istruttO!l'e del tribunia�e di 
Taranto (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970); il 16 aprile 1970 dal 
tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970); il 17 novembre 
1971 dal tribunale di Venezia (Gazzetta Uff. n. 37 del 9 febbraio 
1972). 
Per i richi�ami do�ttrinari e giurisprudenziali, Foro it. 1972, I, 1515. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 757 

contrarie al buon costume, imponendo al legislatore l'obbligo di prevenire 
e reprimere, con mezzi adeguati, le relative violazioni, fra le 
quali la diffusione dell'oscenit� prevista nell'art. 52'8 del codice penale 
si presenta come particolarmente grave. In relazione al dettato. dell'art. 
21 della Costituzione l'Italia ha assunto anche internazionalmente 

(d.P.R. 20 ottobre 1949, n. 1071) l'impegno di perseguire e punire 
chiunque si rem;la responsabile della diffusione di stampati osceni. 
In realt� il divieto di cui all'art. 21, secondo comma, della Costituzione 
concerne la censura quale istituto tipico del diritto pubblico, 
secondo cui gli organi dello Stato, e soltanto essi, esercitano autoritativamente 
un controllo preventivo sulla stampa, adottato con provvedimento 
contene,nte un giudizio sulla manifestazione del pensiero rimesso 
alla pubblica amministrazione (sentenze della Corte nn� 31 e 115 del 
1957; nn. 44 del 1960 e 159 del 1970). 

Nell'ipotesi particolare del cosiddetto edicolante � sofistico dire 
che l'obbligo da parte sua di non contravvenire alle norme dell'art. 528 
del codice penale verrebbe a trasformarlo in un censore privato capace 
di impedire la diffusione del pensiero. L'edicolante che, ritenendo osceni 
gli stampati inviatigli per l'esposizione e la vendita, si astiene dall'esibirli, 
ben lungi dall'usurpare una funzione censoria, difende la propria 
personale dignit� umana della quale egli � giudice. La sua volont� 
di non violare la legge e di non contribuire alla diffusione degli stampati 
osceni non ha effetto comunque vincolante nei confronti delle 
molte migliaia di altri distri:butori, ciascuno dei quali resta libero nel 
suo giudizio sulla oscenit� o meno della pubblicazione� E se, per avventura 
si trover� un edicolante che, per una concezione soverchiamente 
rigida del pudore, ritenga osceni stampati che osceni non sono, ve ne 
saranno sempre altri in numero largamente bastevole per garantire 
all'autore il diritto alla pi� ampia diffusione del pensiero che egli ha 
voluto esprimere. 

2) Quanto alla seconda questione, questa Corte ha ritenuto (da 
ultimo con sentenza n. 9 del 1972) che l'equiparazione quoad poenam 
di ipotesi criminose d'uguale natura, sebbene non ugualmente gravi, 
rientri nella discrezionalit� del legislatore. N� vi sono motivi per modificare 
tale opinione rispetto all'art. 528 del codice penale che ammette 
un'ampia latitudine nelle .sanzioni. . 

Occorre appena ricordare, quanto all'ipotesi pi� volte affacciatasi 
dell'edicolante sorpreso nella buona fede, o colpevole di sola negligenza 
per il mancato esame del materiale rimessogli, che l'art. 528 del codice 
penale prevede un delitto doloso. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733 -Pres. 
Gionfrida -Rel. Leone -P. M. Tavolaro (conf.) -Regione Siciliana 
(avv. Stato Tracanna) c. Mastrogiovanni (avv.ti Orlandocascio 
e Restivo) e Comune df Palermo (avv.ti Orlando, Noto, Sardegna 
e Sansoni). 

Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo: mancanza di potere 
-Mancanza di presupposti ect inosservanza di limiti -Condizioni 
per la sussistenza del vizio. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). 
Competenza e giurisdizione -Edilizia -Piano regolatore -Vincoli su 
beni privati' senza previsione di indennit� -Vizio dell'atto per difetto 
di potere -Giurisdizione dell'A.G.O. 

(1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7). 
Competenza e giurisdizione -Edilizia -Modifiche ed integrazioni alla 
legge urbanistica: effetti e limiti. 

(1. 19 novembre-1968, n. 1187). 
L'atto amministrativo incidente su diritti soggettivi perfetti � viziato-
da difetto assoluto di potere sia quando la P. A. sia priva del 
potere di emanarlo, sia quando esso venga emesso in mancanza di 
presupposti specifici o senza l'osservanza di limiti che ne 'Condizionano 
in modo assoluto la concreta possibiLit� di esercizio e la possibilit� 
che esso interferisca sul diritto soggettivo degradandofo ad interesse 
legittimo, pur non riferendosi all'astratta configurazione o attribuzione 
del potere (1). 

(1-3) Gi� le SS.UU. defila Corte di Cassazione av.evaino enUJillcialto, con 
sentenza 6 marzo 1969 n. 706 (in Foro it. 1969, I, 1828), il principio contenuto 
nella prima massima. In �relazione al criterio disctlminatore della 
giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, in materia di esproriazione 
per pubblica utilit�, sono di utile consultazione: Cass. 26 giugno 
1968, n. 245, Cass. 31 luglio 1967, n. 2039; Cass. 23 aprUe 1964, n. 992; 
Cass. 3 luglio 1961, n. 1583. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 759 

Deve ritenersi viziato da difetto� assoluto di potere il decreto di 
approvazione del piano regolatore genemle che.. senza predisposizione 
di indennit�, impone vincoli con contenuto espropriativo operanti immediatamente 
ed a tempo indeterminato; la controversia relativa alla 
impugnazione di detto decreto fondata sulla mancata pre,disposizione 
dell'indennit� rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (2). 

Gli aspetti della giurisdizione circa la tutela del proprietario i 
cui beni vengano assoggettati, dal decreto di approvazione del piano 
regolatore generale, a vincoli di contenuto espropriativo senza la predisposizione 
delle relative indennit� rimangono immutati a seguito della 
legge 19 novemqre 1968, n. 1187, recante modifiche ed integrazioni 
alla legge iirbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, quanto meno fino alla 
scadenza del quinquennio stabilito per l'efficacia dei vincoli posti con 

piani regolatori gi� appmvati (3). 

(Omissis). -Con ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa 
della Regione Siciliana in sede giurisdizionale, Lucio Mastrogiovanni 
Tasca, proprietario di un complesso immobiliare al corso Calata.fimi 
di Palermo, sul quale il piano regolatore generale della citt�, approvato 
con decreto del Presidente della Regione Siciliana 28 giugno 1962; 
aveva imposto vincoli vari (verde privato, verde pubblico, verde agricolo), 
chiedeva l'annullamento del detto decreto presidenziale. Il ricorrente 
deduceva una serie di undici motivi di illegittimit� del provvedimento. 
Con il motivo sesto egli denunziava l'illegittimit� costituzionale 
degli artt. 7, 11 e 30 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, 
per contrasto con l'art'. 42, comma secondo, della Costituzione, che riserva 
alla legge la determinazione dei limiti della propriet�, e con 
l'art. 41 della stessa Ci}stituzione, che riserva pure alla legge i programmi 
ed i controlli per indirizzare e coordinare ai fini sociali l'attivit� 
economica privata. Al motivo settimo, poi, il ricorrente deduceva 
che vincoli .particolari alle propriet� dei privati possono essere 
disposti solo nei piani particolareggiati, previa redazione di piano finanziario 
per il pagamento degli indennizzi relativi; ~er il caso che 
si ritenesse che tali vincoli possono essere contenuti nel piano generale, 
con efficacia immediata verso i privati, assoggettati cos� ad es.pro


L'affermazione della seconda massima discende dalla sentenza della 
Corte -costituzionale 29 maggio 1968 n. 55 (in questa Rassegna, 1968, I, 1, 
661) con la quale, come � noto, era stata ritenuta fondata \La questione di 
legittimit� �COstituzionai1e deil:l'ru.,t. 7 (IllUIIleri 2, 3 e 4) e delJJ.'ru-t. 40 delil.a 
legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150. 

La term 1afferimazdo1ne va inquadrata nel -sistema J:'eailizza,to dallla Le~ge 
19 novembre 1968, n. 1187 (e.e.). 



760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

priazione parziale senza indennizzo, il ricorrente sollevava questione 
di legittimit� degli artt. 7, 11 e 30 della legge urbanistica, per violazione 
dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione. 

Provvedendo sul detto ricorso dopo che la Corte Costituzionale 
con la sentenza n. 55 del 1968 aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale 
dei nn. 2, 3 e 4 dell'art. 7, nonch~ dell'art. 40 della legge 
17 agosto 1942, n. 1150 nella parte in cui non prevedono un indennizzo 
per l'imposizione di limitazioni operanti immediatamente ed a 
tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali, quando le limitazioni 
stesse abbiano contenuto espropriativo, il Consiglio di giustizia 
ammiD.istrativa accoglieva il ricorso per la ragione concernente l'imposizione 
del vincolo a verde pubblico sui beni del ricorrente, respingeva 
il motivo decimo (concernente l'imposizione di vincolo monumentale 
su un edificio) e riservava la decisione sugli altri mezzi di 
annullamento, disponendo l'esibizione di atti. In motivazione il Consiglio 
ha osservato che l'imposizione del vincolo a verde pubblico deve 
ritenersi illegittimo, .perch� svuota la propriet� di una delle sue essenziali 
facolt� (quella di utilizzare il suolo come area fabbrkabile), 
sicch� comporta una vera espropriazione, legittima solo se accompagnata 
dalla predisposizione del relativo indennizzo. 

La Regione Siciliana e;d il Comune di Palermo hanno .proposto 
ricorsi per la cassazione della detta decisione, deducendo il difetto 
di giurisdizione del giudice amministrativo. Al ricorso resiste il dottor 
Lucio Mastropasqua Tasca. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I dii.e ricorsi relativi alla medesima decisione debbono essere riu


niti in applicazio.e del �disposto dell'art. 335 c.p.c. 

Peraltro quello proposto dal Comune di Palermo � improcedibile, 

perch� non depositato nel termine di venti giorni dalla notificazione, 

stabilito dall'art. 369 c.p.c. ina al ventiquattresimo giorno da tale data. 

L'esame, perci� resta limitato al ricorso proposto dalla Regione 

Siciliana. 

Sostiene la ricorrente che la decisione impugnata � errata proprio 

sotto il profilo della giurisdizione, considerato dal Consiglio di giu


stizia amministrativa principale ed assorbente. Gi� nell'originaria im


postazione della domanda si sarebbe dovuto ravvisare una controversia 

su diritti soggettivi perfetti, rientrante, perci�, nella giurisdizione del 

giugice ordinario, in quanto si sosteneva che non nel piano regolatore 

generale ma solo nei piani particolareggiati di esecuzione, accompa


gnati dai relativi piani di finanziamento, si sarebbero potuti imporre 

vincoli di natura espropriativa alla propriet� privata; sostenendo la 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 761 

violazione, da parte della legge urbanistica vigente, dell'art. 42, terzo 
comma, della Costituzione, si affermava anche l'inapplicabilit� di detti 
vincoli e l'integrit� del diritto soggettivo di propriet�, per nulla affievolito 
dall'approvazione del piano regolatore ,generale. 

D'altra parte, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 

n. 55 del 1968, due tesi si prospettavano applicabili: e si poteva ritenete 
che detta sentenza aveva annullato in toto il potere dell'Amministrazione 
di disporre vincoli eccedenti la normale destinazione di 
zona, fino a quando non si fosse provveduto, in sede legislativa, a regolare 
la determinazione dell'indennizzo relativo; o si poteva opinare 
che, fermo tale potere della P. A., dovesse rinvenirsi nella stessa legge 
urbanistica o nel sistema normativo di cui essa fa parte la norma di 
determinazione dell'indennizzo. Nel primo caso, s.i sarebbe p~ospettata 
una carenza assoluta di potere :di imporre vincoli esprorpdativi, con 
conseguente mancanza di effetti del provvedimento amministrativo sul 
diritto di propriet�; nel secondo caso l'applicabilit� delle norme sull'indennizzo 
dava alla domanda un contenuto patrimoniale -pagamento 
dell'indennizzo -di esclusiva giurisdizione del giudice ordinario. 
Tale giurisdizione sarebbe stata confermata anche dalla legge 
19 novembre 1968, n. 1187, emessa in conseguenza appunto della perdita 
di efficacia delle norme dichiarate illegittime con la sentenza della 
Corte Costituzionale n. 55 del 1968 e ,che ha dato durata determinata 
ai vincoli espropriativi stabiliti nei piani regolatori generali. 
In ordine alle censure cos� esposte, deve rilevarsi anzitutto che 
da tempo la giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di 'discriminazione 
della giurisdizione ordinaria da ,quella del ,giudice amministrativo 
� basata sul criterio che, in base al combinato disposto 
dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e dell'art. 26 del 

t.u. 26 giugno 1924, n. 1058 sul Consiglio di Stato, sono di regola, devolute 
alla cognizione del giudice ordinario le azioni dirette a far valere 
la lesione di un diritto soggett~vo, mentre la giurisdizione spetta 
al giudice amministrativo, qual�ra l'interesse dedotto in giudizio dall'attore 
� tutelato in funzione della connessione con l'interesrse pubblico 
contemplato, dalla norma di cui si deduce la violazione e debba, 
quindi, essere configurato come interesse legittimo. Di conseguenza, 
rispetto �gli atti amministrativi destinati ad incidere sui diritti soggettivi, 
la discriminazione delle giurisdizioni � attuata in base al criterio 
che nei confronti degli atti emanati senza che sussista il relativo 
potere e che pertanto non possono in alcun modo incidere sul diritto 
soggettivo del cittadino, estinguendolo e modificandolo, la tutela impegna 
la giurisdizione del giudice ordinario; per gli atti, invece, riferibili 
ad mi potere sussistente ma illegittfrnamente esercitato dalla 
Pubblica Amministrazione, la tutela si:etta al giudice amministrativo, 
in quanto l'e,sistenza del. poteTe di influire sul diritto soggettivo del cit

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tadino gi� affievolisce la consistenza della situazione giuridica di quest'ultimo 
e, d'altra parte, l'interesse al retto esercizio del potere pubblico 
attiene ai membri della collettivit� organizzata in quanto tali, 
anche se assume particolare intensit� e colorazione nel eittadino il cui 
diritto � stato affievolito. � stato, per�, specificato che ridonda a difetto 
di potere e non a semplice illegittimit� dell'esercizio di esso la 
mancanza degli specifici presupposti o l'inosservanza di limiti che, pur 
non riferendosi all'astratta attribuzione o configurazione del potere 
condizionano pur sempre in modo assoluto l'esercizio del potere nel 
caso concreto, esereizio che, se esplicato in tali carenze, non pu� interferire 
sul diritto soggettivo, degradandolo ad interesse legittimo 
(Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1968, n. 245; 6 marzo 1969, n. 706). 


Per l'applicazione di questi concetti, nel risolvere la questione di 
giurisdizione, la materia controversa quale risulta dalla domanda e 
dalla �concreta impostazione della contestazione va considerata nell'inquadramento 
della disciplina normativa che essa riceve dall'ordinamento, 
a prescindere dalla diversa ed eventualmente non esatta prospettazione 
che degli aspetti giuridici delle concrete posizioni di fatto 
enunciate abbiano avuto le part�: salve le ipotesi di doppia tutela che 
eccezionalmente sia ammessa dal legislatore. Di conseguenza, con riferimento 
alla specie in esame, non pu� darsi prevalente rilievo alla 
circostanza che gli attori dinanzi al Consiglio d� giustizia amministrativa 
abbiano �chiesto l'annullamento del decreto presidenziale di approvazione 
del piano regolatore generale e degli atti strumentali o 
conseguenziali relativi; questa domanda, per gli aspetti che riceve 
dalla specifica causa petendi addotta, enunciata nell'impossibilit�, alla 
stregua della vigente Co�stituzione, che la propriet� privata venga sacrificata 
con vincoli di contenuto espropriativo senza che il sa.crificio 
venga indennizzato dalla collettivit� nel cui interesse esso � imposto, 
non ha che una sola finalit� riconoscibile: la tutela del diritto di propriet� 
(o di diritti reali minori) nei confronti di atti della Pubblica 
Amministrazione, emessi bens� nell'esercizio di un potere (formulazione 
del piano regolatore generale) che comporta anche il potere di 
imporre vincoli alla propriet� degli immobili compresi nel .piano, ma 
nella �carenza di specifico presupposto che tale .esercizio condizionava 
in modo assoluto quanto alla formulazione, nel piano regolatore generale, 
di vincoli operanti immediatamente ed a tempo indeterminato 
con contenuto espropriativo: presupposto �che la P. A. aveva il dovere 
di mettere in essere, per potersi ritenere facultata all'esercizio di tale 
ultimo potere con tale contenuto e con tali effetti. 

Che ci� sia si ricava anche dall'esplicita denunzia, contenuta come 

mezzo al fine nella domanda attrice, dell'illegittimit� costituzionale 

delle norme della legge urbanistica del 1942, per contrasto con l'art. 42 

della Costituzione. Detta norma dichiara riconosciuta e garantita la 



i 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 

propriet� privata consentendo limiti alle facolt� del proprietario allo 
scopo di assicurare la funzione sociale della propriet� e, nel terzo 
comma, d� concreto �contenuto alla cennata garanzia, stabilendo che 
la propriet� privata pu� essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo 
indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. Tutto il complesso 
delle disposizioni, cio�, ha per oggetto la tutela della propriet� 
privata, sia pure considerata anche nella sua funzione sociale. Pertanto, 
la domanda degli attori che, con riferimento primario ed essenziale, 
si basa sulla garanzia costituzionale del diritto di propriet�, 
non pu� essere intesa -per questo concreto aspetto -che rivolta 
alla tutela del diritto stesso contro gli atti espropriativi della Pubblica 
Amministrazione, che, senza disporre il giusto indennizzo, ledono il 
diritto del proprietario. 

In alcuni dei vari analoghi giudizi promossi dai proprietari dei 
beni colpiti da vincoli disposti dal piano regolatore generale della 
citt� di Palermo, lo stesso Consiglio di giustizia amministrativa della 
Regione Siciliana, nel motivare il giudizio di rilevanza, in ordine alla 
domanda proposta, della questione di costituzionalit� delle norme della 
legge urbanistica perch� contrastanti con l'art. 42 della Costituzione, 
cos� ebbe ad esprimersi: le questioni (suddette) di legittimit� costituzionale 
hanno evidente rilevanza ai fini del decider~, perch� l'eventuale 
dichiarazione di illegittimit� delle norme legislative denunziate 
farebbe venir meno alla base il potere dell'autorit� amministrativa 
di stabilire, in sede di formazione dei piani regolatori generali, i vincoli 
.che i ricorrenti lamentano essere stati imposti alle rispettive pr�opriet�, 
con assorbimento delle censure di iliegittimit� amministrativa 

(ordinanza 11 aprile 1964 nei giudizi promossi dalla Soc. Rajtheon 

Elsi, dalla Banca N'azionale del Lavoro ed altri). 

Il giudizio di rilevanza cos� motivato � stato ritenuto attendibile 

dalla Corte Costituzionale, che ha esaminato il merito della questione 

di costituzionalit� dichiarandola fondata; e questo giudizio impegna 

questa Corte Suprema non per sua intrinseca efficacia preclusiva di 

diverso apprezzamento, ma per l'esattezza del ragionamento, implici


tamente condiviso dalla Corte Costituzionale, e per la sua rispondenza 

a canoni giuridici ripetutamente applicati da questa Corte, in tema di 

tutela del cittadino contro provvedimenti amministrativi di natura 

espropriativa: categoria di atti nella quale debbono essere compresi, 

per effetto della cennata sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 

1968, anche le indicazioni dei piani regolatori generali, �nella parte 

in cui incidano su beni determinati ed assoggettino i beni stessi a 

vincoli preordin~ti all'espropriazione o a vincoli che comportano la 

inedificabilit�. 

Assumono gli attuali resistenti, attori in primo grado, che essi 

hanno inteso far valere l'illegittimit� del procedimento amministra



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

764 

tivo, nel quale � stato omesso l'atto determinativo dell'indennizzo dovuto 
ai proprietari i cui beni sono stati assoggettati a vincoli permanenti 
di inedificabilit�. Ma la deduzione non muta le ragioni di qualificazione 
delle situazioni �giuridiche dedotte: invero, quando di .un 
procedimento amministrativo si prende in considera;done, perch� lesivo 
di, posizioni giuridiche del cittadino protette in modo diretto ed 
tmrnediato, l'aitto finale, per la ragione �che in esso si rMlette l'illegittimit� 
degli atti strumentali che l'hanno preceduto o l'illegittimit� 
per l'omissione di atti strumentali che dovevano essere compiuti perch� 
presupposti del potere, oggetto della contestazione � sempre la 
violaz~one della sfera� giuridica protetta in via diretta ed �assoluta del 
cittadino, da parte della Pubblica Amministrazione che ha usato di 
un potere, senza che fossero stati posti in essere, magari dalla stessa 
autorit�, i presupposti, concreti voluti dall'ordinamento, affinch� il potere 
possa essere ritenuto sussistente nella specifica fattispecie. 

Neppure pu� condivide:r;si la deduzione che la Corte Costituzionale 
nella richiamata decisione del 1968 �bbia limitato la pronunzia 
di illegittimit� costituzionale alla parte delle disposizioni legislative 
che non prevedono indennizzo per l'imposizione di vincoli espropriativi, 
riconoscendo cosi implicitamente e facendo salva l'esistenza del 
potere di imposizione ed attribuendo alla predeterminazione dell'indennizzo 
il �contenuto di presupposto solo dell'esercizio di siffatto potere. 
La Corte Costituzionale ha fatto riferimento a quelle destinazioni 
particolari imposte ai beni dei cittadini, c~e, paralizzandone con effetto 
immediato e per un tempo indeterminato le facolt� di utilizzazione, 
incidono nella sfera del contenuto del diritto del proprietario in modo 
cos� intenso da dar luogo ad un fenomeno sostanzialmente espropriativo; 
ed in relazione a tali destinazioni sostanzialmente espropriative 
ha stabilito che la relativa limitazione pu� considerarsi legittima solo 
se accompagnata dalla liquidazione del relativo indennizzo: la Corte, 
pertanto, ha dichiarato illegittime le norme legislative che disciplinano 
l;:i materia, limitatamente al punto in cui consentono, senza indennizzo, 
le cennate limitazioni. Il significato dell'illegittimit� cosi dichiarata 
� che non � consentito porre limitazioni a diritti reali immediatamente 
oper�tive e di contenuto espropriativo, senza che tali limitazioni 
siano accompagnate da liquidazione di indennizzo: sicch� � proprio 
il potere di imporre limitazioni siffatte che � preso in considerazione 
e dichiarato illegittimo senza il cennato concreto presupposto, 
sia pure visto nei collegamento con l'esercizio del pi� vasto potere di 
provvedere alla disciplina urbanistica con l'adozione di piani regolatori 
generali. Il che mette in evidenza l'analogia strettissima, affermata 
anche in alcune delle sentenze relative alla materia qui �CQn




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 

troversia dello stesso Consiglio di giustizia amministrativa della Regione 
Siciliana, nelle quali, anzi, s'� fatto talvolta riferimento alla 
applicazione diretta delle norme e dei principi concernenti l'espropriazione 
per pubblica utilit�, 'tra le fattispecie in esame e quella ,del 
decreto di espropriazione per pubblica utilit� che non stabilisca la 
liquidazione �dell'indennizzo; fattispecie in relazione alla quale � costante 
l'affermazione giurisprudenziale che, a norma degli artt. 42 
della Costituzione, 834 c..c., 24 e segg. della legge n. 2359 del 19�65, 
la predeterminazione della giusta indennit� integ~a uno degli elementi 
della fattispecie legale, che sono indispensabili affinch� si possa. disporre 
il sacrifi.cio del diritto di propriet� del privato e costituisce, 
quindi, non gi� una modalit� di esercizio del potere ma un presupp~
sto stabilito appunto in funzione della specifica tutela del menzionato 
diritto, del quale,, pertanto, condiziona la stessa esistenza (Cass., 
Sez. Un., 2 febbraio 1963, n. 179). 

Non pare che in ordine alla� questione di giurisdizione qui in 
esame refluiscano .effetti dalla legg� 6 novembre 1968, n. 1187, come 
ritiene la ricorrente. Con tale legge s'� disposto che le indicazioni del 
piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati 
ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropria~
ione e che ne comportano l'inedificabilit�, perdono ogni efficacia, 
qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore 
generale non siano stati approvati i piani particolareggiati; 
l'efficacia dei vincoli predetti non pu� essere protratta oltre il termine 
di attuazione dei piani particolareggiati. La legge ha aggiunto, 
con evidente scopo di sanatoria, che, per i piani regolatori generali 
approvati prima dell'entrata in vigore della legge, il termine di cinque 
anni di cui sopra decorre da quest'ultima data. Ha stabilito, infine, 
che non spetta indennizzo per le limitazioni ed i vincoli previsti dal 
piano regolatore generale., 

Questa nuova disciplina normativa, intervenuta dopo la decisione 
del Consiglio di giustizia amministrativa delia Regione Siciliana che 
qui � in esame, da una parte non regola direttamente la giurisdizione 
nella materia in contro:versia, dall'altra nemmeno attribuisce, rispetto 
all'atto �di cui trattasi, il potere che al momento dell'emanazione dell'atto 
non esisteva: essa si limita ad operare sugli effetti dell'atto, 

I 

restringendone la portata unicamente sul piano sostanziale per finalit� 
e con conseguenze meramente riparatoria; ma allo stato e quanto meno 
fino alla scadenza del quinquennio stabilito per l'efficacia dei vincoli 
posti con i piani regolatori gi� approvati prima dell'entrata in vigore 
della nuova legge, i profili della giurisdizione in ordine alla tutela del 
diritto del proprietario, originario attore nel presente giudizio, restano 
immutati. 


766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Alla stregua. delle considerazioni che precedono, deve affermarsi 
la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla domanda di 
annullamento del decreto di approvazione del piano regolatore generale 
di. Palermo, in riferimento alla causa petendi indicata nella mancanza 
della liquidazione dell'indennizzo dovuto per i vincoli di natura 
espropriati-va, con tale piano disposti sugli immobili degli attuali resistenti; 
ferma la giurisdizione amministrativa per tutte. le altre cause 
di annullamento del medesimo decreto presidenziale che si riferiscono 
direttamente alle competenze ed agli altri presupposti del procedimento 
di formazione e ,di approvazione del piano regolatore ,generale, 
asseriti vizi di legittimit� che, ove su di essi non sia stato provveduto. 
perch� ritenuti assorbiti dall'accoglimento del ricorso per la ragione 
detta innanzi, potranno essere fatti valere nella competente sede amministrativa, 
una volta venuta meno la cennata ragione di assorbimento 
per effetto della presente sentenza. -(Omis�sis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 luglio 1972, n. 2292 -Pr�es . 

. Pece -Rel. Miani -P. M. Trotta (conf.) -Amministrazio.ne della 

Difesa (avv. Stato Carafa) c. S.n.c. Gea Montanari & Co. (avv.ti 

Bondu� e Cascina). 

Competenza e giurisdizione -Procedimenti .di istruzione preventiva 


Regolamento di giurisdizione -Ammissibilit�. 

(c.p.c., artt. 42 e 692 e segg.). 

Competenza e giurisdizione -Procedimento di istruzione preventiva 

in materia di navigazione marittitna -Difetto di giurisdizione 

del giudice ordinario nei confronti della P. A. -Insussistenza. 

(c.p.c., artt. 37 e 41, secondo comma; c. nav., artt. 578 e segg.; reg. nav. mar., 
artt. 465 e segg.). 

I provvedimenti di istruzione preventiva contemplati dal codice 
di procedura civile hanno natura ~ caratte,re giurisdizionale, cosicch� 
rispetto ad essi � ammissibile il regolamento prev~ntivo di giurisdizione 
fin quando non sia intervenuta una pronuncia di merito o non 
sia passata in giudicato una pronuncia sulla giurisdizione (1). 

(1) Conforme � 1,a sentenza n. 2293 dalle medesime sezioni unite deHa 
Corte di Cass., pronunciafa nella stessa data. 
Sulla prima parte della massima v. Cass. 10 ottobre 1964 n. 2563, 
Cass. 8 giugno 1968 n. 1748 nonch� Cass. 10 giugno 1968 n. 1766, l'ultima 



PARTE I, SEZ. II, 'GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZtONE; 767 

L'Amministmzione marittima, quand�o svolge l'attivit� di istruzione 
preventiva prevista dal codice della navigazione non esplica una funzione 
giurisdizionale, onde non si pu� ritenere che nella relativa attivit� 
amministrativa con peculiari funzioni rimanga assorbita quella 
prevista dal codice di procedura �civile.. avente invece carattere giurisdizionale 
e fini diversi (2). 

(Omissis). -Con ricorso del 10 giugno 1970 la Societ� in nome 
collettivo G. & A. Montanari & C. chiedeva al Pretore di Augusta un 
accertamento tecnico preventivo circa lo stato della propria motocisterna 
� Paola Montanari " e della corvetta � Scimitarra " della Marina 
militare dopo che le dette due navi erano venute a collisione 
nelle acque territoriali del porto di Augusta. 

II Pretore, ritenuta l'eccezionale urgenza, provvedeva con decreto 
dell'll giugno 1970 nominando up. consulente per l'accertamento tecnico 
richiesto. 

Contro tale provvedimento lAmministrazione della Difesa, con 
ricorso del 17 luglio 1970, che ha poi illustrato con una memoria, 
ha proposto istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, assumendo 
che l'istruzione preventiva di cui agli artt. 578 e segg. cod. 
nav. assorbe ed elimina l'accertamento tecnico preventivo di cui agli 
artt. 696 e segg. c.p.c., di guisa che l'autorit� giudiziaria non pu�, 
senza invadere la sfera esclusiva di attribuzioni della Pubblica Amministrazione, 
emanare in materia di sinistri marittimi un qualsiasi 
:provvedimento di istruzione preventiva. 

La soc. G. & A. Montanari ha resistito mediante controricorso. 

delle quali in questa Rassegna 1968, I, 378 ed ivi nota 1; cfr. pure, pi� di 
recente, Cass. 22 marzo 1972 in questa Rassegna 1972, I, 392 ed ivi nota 1; 
su1la seconda parte della massima al1e senten2'le ricordate in queUa di 
cui si tratta adde C'ass. 301 dliicembre 1965 n. 2487, in questa Rassegna 
1966, I, 296, ed ivi nota 1. 

(2) S<UJI:La seconda massima cJ�r. Oass. 22 gelllil!aio 195.g n. 144 in Dir. Mar. 
1959, 523 �ed, oltre �aJlil!a ll'eliazioore all oodioe del1a ([]Javigiazione, n. 379, 
per taluni riferimenti in dottrina LEFEBVRE e PESCATORE, Manuale di diritto 
della navigazione, MHano 1963, 493 e segg.; MANCA, Studi di diritti della 
r1avigazione, Milano 1963, IV, 5 e segg. nonch� 15 e segg.; TESTA, Le inchieste 
sui sinistri della navigazione, Mifano 1:958, 132 e BERLINGIERI, Note 
sul valore probatorio della relazione d'inchiesta sui sinistri marittimi in 
Dir. mar. 1959, 302 e segg.; ANDRIOLI, Le disposizioni processuali del codice 
della navigazione in Riv. dir. proc. 1942, I, 116. Pi� di l"e�cente, sull'argomento 
in g�enere, LA CHINA, Sinistri marittimi (diritto processuale) in 
Novissimo Digesto, Torino, 1970, XVII, 450. 

768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

La societ� resistente eccepisce in via preliminare l'inammissibilit� 
dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione per essere 
intervenuta una decisione di merito in primo grado, avendo il Pretore, 
con. un suo decreto del 16 giugno 1970, respinto il ricorso col quale 
l'Amministrazione della Difesa gli aveva chiesto di revocare il precedente 
provvedimento che disponeva l'accertamento preventivo. 

L'eccezione non � fondata. 

Premesso che i provvedimenti di istruzione preventiva contemplati 
dagli artt. 692 e segg. c.p.c. hanno natura e carattere giurisdizionale, 
cosicch� rispetto ad essi � configurabile una questione di giurisdizione 
suscettibile del rimedio stabilito dall'art. 41 c.p.c. (Cass., 
10 ottobre 1964; n. 2563; 8 giugno 1968, n. 1748; 10 giugno 1968, 

n. 1766) e premesso che a norma del citato articolo tale rimedio pu� 
essere chiesto finch� la causa non sia deCisa nel merito in primo grado, 
deve osservarsi che nella fattispecie tale condizione non pu� ritenersi 
venuta a mancare per effetto del sovraccennato provvedimento pretorile 
del 16 giugno 1970. Con questo, infatti, il Pretore non aveva 
emesso una pronunzia di merito, non avendo riconosciuto � negato 
l'esistenza di una volont� di legge conforme ad una pretesa fatta valere 
in giudizio, n� avendo accertato o escluso fatti .costitutivi impeditivi 
o estintivi di diritti, ma essendosi limitato a mantener fermo il 
proprio precedente provvedimento istruttorio, affermando di aver il 
potere� di emetterlo; e neppure tale affermazione della giurisdizione 
del Pretore costituiva una pronunzia di merito, nel senso sopra precisato, 
o poteva comunque essere di ostacolo al regolamento preventiv~ 
di giurisdizione per aver fatto venir meno l'utilit�, nell'economia 
del giudizio, del regolamento stesso: � una pronunzia sulli:t sola giurisdizione 
determina, infatti, l'inammissibilit� del regolamento preventivo 
solamente nel caso (che non si verifica nella fattispecie) in cui 
la pronunzia medesima sia passata in giudicat� (Cass., 16 maggio 1957, 

n. 1752; 22 marzo 1958, n. 958; 29 maggio 1959, n. 1356; 28 luglio 
1960, n. 2198; 16 luglio 1962, n. 1893). � 
Quanto alla questione di giurisdizione, questa � stata .dalla ricorrente 
esattamente impostata con l'osservare che si tratta di stabilire 
se sia possibile un intervento del giudice ai fini dell'istruzione preventiva 
dei sinistri marittimi, o se tale intervento sia assolutamente escluso 
dalle norme dettate in materia dal codice della navigazione. A sostegno 
di tale seconda opinione la ricorrente invoca l'autonomia �delle norme 
di diritto processuale del detto� codice, tra le quali figurano quelle 
relative all'istruzione preventiva, e le finalit� di interesse pubblico a 
cui esse si ispirano; e da tali premesse trae la conclusione che l'istru




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 

zione preventiva disciplinata dalle norme, in parola, costituendo un 
momento ineliminabile dello speciale procedimento previsto per i sinistri 
marittimi, assorbe ed elimina l'accertamento tecnico .preventivo 
di diritto processuale comune, il quale non pu� pertanto venir disposto. 

Tale conclusione non appare esatta. 

Va, anzitutto, rilevato che, nel contrasto esistente in dottrina circa 
il carattere giurisdizionale o amministrativo dell'inchiesta di cui all'art. 
579 cod. miv., la seconda opinione sembra .preferibile. Tale inchiesta, 
infatti, � disposta da organi dell'Amministrazione, che sicuramente 
non possono esser qualificati come organi giurisdizionali; essa, 
dovendo essere iniziata e proseguita d'ufficio, non � necessariamente 
preordinata ad un futuro procedimento giurisdizionale, che rispetto ad 
�ssa rappresenta una mera eventualit�; non �omporta contraddittorio, 
ma solo la facolt� per gli interessati di assistervi e di farvisi rappresentare; 
e soprattutto, tende a finalit� essenzialmente amministrative, 
riguardanti la tutela della sicurezza della navigazione, giacch� i dati 
relativi al sinistro e alle sue cause vengono raccolti affinch� l'Amministrazione 
possa adottare i provvedimenti di sua competenza, intesi 

} ' a rimuovere e a prevenire inconvenienti che potrebbero causare altri 
sinistri. N� la speciale efficacia probatoria attribuita dall'art. 582 cod. 
nav. alle risultanze di fatto dell'inchiesta stessa giustifica la conclusione 
(pur se vi pervengono la relazione al cod. nav., al par. 379, e 
parte della dottrina) che l'inchiesta stessa abbia la spedfica funzione 
di assicurare le prove nelle cause per i sinistri marittimi che ne sono 
l'oggetto; tale funzione, invero, rispetto a quella primaria e immediata 
(e cio� alla funzione amministrativa sovraccennata) � un effetto mediato 
e conseguenziale: si � voluto che quegli accertamenti, .gi� compiuti 
per finalit� non giurisdi:donali, ma tuttavia particolarmente attendibili 
data la qualit� degli organi inquirenti, venissero utlizzati 
anche in sede giurisdizionale (art. 601 cod. nav.), e si � per.ci� stabilita 
(art. 582 stesso codice) una .presunzione juris tantum di certezza dei 
fatti posti alla base della relazione d'inchiesta formale. 
Dovendosi, quindi, escludere che l'Amministrazione marittima, 
quando svolge l'attivit� di istruzione preventiva prevista dagli articoli 
578 e segg. cod. nav., esplichi una funzione giurisdizionale, non 
si pu� ritenere che in tale attivit� amministrativa rimanga assorbita 
quella prevista dagli artt. 692 c.p.c., avente, invece, caratter� giurisdizionale. 
Proprio perch�, come esattam�nte osserva l'Amministrazione 
ricorrente, quest'ultima attivit� � mossa esclusivamente sul piano 
dell'interesse privato, mentre quella disciplinata dal codice di navigazione 
si svolge d'ufficio � essendo in gioco il rilevante interesse pubblico 
connesso col fatto. della navigazione nonch� in vista e in ragione 
d'involgere quasi sempre il sinistro la violazione di norme penali e 


770 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disciplinari ., si deve riconoscere che fra le due attivit� di istruzione 
preventiva, contemplate rispettivamente dal codice della navigazione 
e da quello di procedura civile, sussistono tali differenze �che se la 
prima escludesse la seconda le finalit� proprie di quest'ultima potrebbero 
risultare irraggiungibili, e -verrebbe senza ragione soppresso un 
istituto processuale che, non coincidendo con quello di cui agli articoli 
578 e segg. cod. nav. e non rientrando quindi nella 'materia ivi 
trattata, � tra quelli ai quali, a norma dell'art. 588 del detto codice, 
si applicano le disposizioni del codice di procedura civile. 

D'altra parte, un argomEmto decisivo al fine di esdudere non soltanto 
un conflitto di giurisdizione ma anche un difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione ai 
sensi del primo, comma dell'art. 37 c.p.c., si ricava dalla norma dell'art. 
582 cod. nav., che consente alla parte interessata l'esperimento 
-nelle cause per sinistri marittimi -della prova �contraria al fine 
�di vincere la presunzione di verit� che assiste i fatti accertati nell'inchiesta 
formale svolta dalla commissione inquirente. Invero, con tale 
disposizion~ viene implicitamente ma inequivocabilmente riconosciuto 
il potere del giudice di ammettere quei mezzi di prova (ivi compresa 
la consulenza tecnica) mediante i quali la parte offre l'anzidetta prova 
contraria; ma .poich� con i provvedimenti di �cui agli artt. 692 e segg. 

c.p.c. il giudice non fa altrn che anticipare, ad istanza di chi vi ha 
urgente interesse, quell'attivit� che rientrerebbe nei suoi poteri giurisdizionali 
una volta instaurato il processo, ne consegue che se, per la 
citata norma dell'art. 582 cod. nav., egli ha il potere di disporre accertamenti 
tecnici nella causa per sinistri marittimi di sua competenza, 
ha necessariamente il potere di disporli, in vista e ai fini della causa 
stessa anche prima dell'instaurazione di questa; ai sensi dell'art. 696 
c . .p.c. E dev~si pur soggiungere che se cos� non fosse il diritto riconosciuto 
alla parte interessata dall'art. 582 cod. nav. rimarrebbe frustato 
nella maggior parte dei casi, giacch� di solito il mezzo idoneo 
per procurarsi la prova che la detta parte avr� interesse a fornire per 
contrastare o rettificare le risultanze dell'inchiesta � proprio l'accertamento 
tecnico preventivo, cosicch� se alla parte stessa non fosse 
consentito di avvalersi di quel mezzo (e al giudice, conseguentemente, 
di disporlo) la facolt� di prova contraria accordata alla parte risulterebbe 
illusoria, e la presunzione juris tantum stabmta dall'art. 582 
cod. nav. si trasformerebbe in una presunzione, in pratica, assoluta. 
Si deve, perci�, concludere che le norme del codice della navigazione 
in tema di istruzione preventiva sui sinistri marittimi non escludono 
un intervento del giudice ordinario al fine di disporre, ad istanza 
della parte interessata, un accertamento tecnico preventivo o un'ispezione 
giudiziale ai sensi dell'art. 696 c.p.c.; con la conseguenza che 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 771 

nella fattispecie sussisteva la giurisdizione del Pretore di Augusta in 
ordine al provvedimento da lui come sopra emanato: giurisdizione 
che va pertanto dichiarata, respingendo il ricorso dell'Amministrazione 
della Difesa. 

Quanto alle spese della presente fase, sussistono giusti motivi per 
dichiararle interamente compensate tra le parti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2350 -Pres. 
Pece -Rel. Tamburrino -P. M. Secco (diff.) -Traina Calogero Silvestri 
ed altri (avv.ti ,Mete, Pa1lottino, Scarrocchio e Vetrano) c: 
Ministero dell'Interno (avv. Stato Freni). 

Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione esclusiva del ~iudice amministrativo 
-Controversia di contenuto patrimoniale -Estensione Limiti 
-Necessit� di un atto amministrativo -Insussistenza. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29 e 30). 
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tem� di 
rapporto di pubblico impiego si estencie anche aUe controversie di 
contenuto patrimoniale, quando la domanda abbia il suo titofo nece�ssario 
nel rapporto medesimo, come accade in materia di stipendi, di 
indennit� ed altri assegni dovuti in dipendenza diretta ed immediata 
del rapporto, anzidetto: in questo caso, a differenza che neUe ipotesi 
di giurisdizione di legittimit�, non � neicessaria la impugnazione di 
un atto amministrativo ad hoc, ma � sufficiente la sussistenza di una 
pretesa di carattere patrimoniale che si affe1�mi come contestata o 
lesa, sempre che quella pretesa abbia il suo titolo diretto ne'l rapporto 
di pubblico impiego (1). 

(1) Sulla prima parte della massima 1a giurisprudenza � ormai consolidata: 
v. per tutte Cass., Sez. Un., 30 ,settemb!l'e 1968 n. 3(}22 in questa 
Rassegna 1968, I, 721, ed ivi nota 1; �sulla seconda parte della massima 
dr. Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1951 n. 2729 in Foro it. 1952, I, 9. 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 giugno 1972, n. 1839 -Pres. 

Pece -Est. Miani -P. M. Di Majo (diff.) -Di Canossa (avv. Faraone 

e T0ramontini) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Tracanna). 

Espropriazione per p. u. -Decreto di esproprio -Illegittimit� -Dii;;ap


plicazione da parte del giudice ordinario -Condizion~. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, art. 5; I. 25 giugno 1865, n. 2359). 
Espropriazione per p. u. -Trasferimento del bene espropriato -Decreto 
di esproprio -Mancata notifica al proprietario -Effetti. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 48, 51). 
Espropriazione per p. u. -Occupazione ultrabiennale -Successiva 
espropriazione -Risarcimento del danno -Prescrizione -Decorrenza. 


(1: 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 48,' 73; c. civ., art. 2935). 
Nelle controversie tra privati e pubblica am.ministr:azion.e, � dato al 
giudice ordinario, a norma dell'art. 5 legge 20 marzo 1865 n. 2248 aU. E, 
di disapplicare l'atto amministrativo di esproprio illegittimo, solo nel caso 
in cui non abbia avuto alcun effetto sulla situazione di diritto soggettivo 
del privato, o per la inesistenza del potere della P. A.; o per l'inesistenza 
del provvedimento per difetto di validit� formale, o per la mancanza 
nei presupposti richiesti dalla norma e da questa obiettivamente identificati 
(1). 

Il decreto di espropriazione, quale atto non ricettizio, non richiede 

per l'esistenza, validit� ed. efficacia. del provvedimento ablativo, la noti


ficazione all'effettivo proprietario del bene espropriato, la quale non 

ha aitro effetto che di non far decorrere nei suoi confronti il termine 

per proporre opposizione giudiziale alla stima dell'indennit� (2). 

(1) La sentenza 6 aprile 1970, n. 924 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, 
richiamata in motivazione, si legge in Foro It., 1970, I, 1360. Cfr. 
altres� Cass. 17 maggio 1968, n. 1544 id., 1968, I, 2443. 
(2) Giurisprudenza pacifica; Cass., 6 marzo 1969, n. 706, in Foro It., 
1969, I, 1828; 7 maggio 1965, n. 836; 8 febbraio 1965, n. 192; cfr. altresl 
Cons. Stato, IV, 27 luglio 1967, n. 378, secondo cui la mancata notifica del 
decreto di esproprio ai proprietari non � causa di invalidit� del decreto 
stesso. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 773 

La iUegittimitd dell'occupazione di urgenza protrattasi oltre il biennio 
consentito, ha termine con l'intervento del decreto di espropriazione 
che attua il trasferimento del bene all'espropriante, e pertanto da tale 
data, che segna ii momento ultimo in cui era sorto il diritto al risarcimento 
del danno, comincia a decorrere la relativa prescrizione, senza che 
abbia rilevanza alcuna' la mancata conoscenza dell'intervenuto decreto di 
esproprio, che costituisce soltanto un impedimento di mero fatto e non 
giuridico per l'esercizio del diritto (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo, i ricorrenti, denunziando la violazione 
dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 in ,relazione agli 
artt. 11, 16, 28, 73 e 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, lamentano 
che la Corte di merito abbia ritenuto che la procedura di espropriazione 
dei terreni occupati nel -1950 si fosse regolarmente conclusa col 
decreto prefettizio dall'll luglio 1954, mentre non avrebbe dovuto applicare 
tale decreto essendo esso illegittimo sia perch� in esso il soggetto 
e l'oggetto dell'espropriazione erano indicati inesattamente, sia perch� 
non vi erano menzionati il provvedimento di occupazione d'urgenza e 
l'avvenuta approvazione del piano particolareggiato dell'opera, sia perch� 
il decreto stesso era stato emanato, con eccesso�� di potere, al :fine 
di coprire una situazione di fatto illegittima, sia infine perch� esso non 
era stato notificato agli interessati. 

Il motivo non � fondato. 

Nelle controversie tra privati e pubblica ammi;nistrazione le quali, 
come nella fattispecie, investano direttamente e specificamente un atto 
-amministrativo che ,si assume illegittimo, l'atto stesso va disapplicato 
dal giudice ordinario, a norma dell'articolo 5 della legge 20 marzo 1865 

n. 2248, all. E, nel caso in cui esso non ha avuto alcun effetto sulla situazione 
di diritto soggettivo del privato o per l'iinesistenza del potere della 
Pubblica Amministrazione, o per l'inesistenza del provvedimento per 
difetto di validit� formale o per la mancanza dei presupposti crichiesti 
dalla norma e da questa obiettivamente identificati (Cass. 6 aprile 1970, 
n. 924). 
Nel caso concreto invece non si faceva questione di inesistenza del 
decreto prefettizio di esproprio dei terreni gi� dell~ De Reali e poi dei 

(3) La sentenza � conforme ai princ1p1 m materia, cfr. Cass., 17 dicembre 
1969, n. 3998 per la quale, nell'ipotesi di fatto illecito di carattere 
permanente, il diritto al risarcimento del danno e, correlativamente, la decorrenza 
del termine di prescrizione, si rinnova di momento in momento. 
In 011dine aJlJ.e -cause dmpedLtiv�e dell!l'e1seircizdo deil diritto, riLevanti agili 
effetti della prescrizione, cfr. Class. 18 gennaio 1968, n. 91 in questa Rassegna, 
1968, I, 45 con note di richiami. 



774 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suoi eredi: la mancata indicazione, ne,l decreto stesso, dei nomi di questi 
ultimi, e il mancato aggiornamento dei dati catastali dei terreni 
espropriati, rigua,rdavano bens� vizi formali dell'atto, ma non tali da 
renderlo inesistente. N�, poi, si contestava in radice il potere della 
Pubblica Amministrazione di espropriare i terreni in questione (che, 
come � pacifico, sono quelli stessi per i quali la De Reali aveva accettato 
l'indennit� offertale) ma si denunziano vizi di esercizio del potere 
stesso, riguardo ai quali non� pu� effettuarsi il sindacato del giudice 
ordinario, perch� ci� comporterebbe apprezzamenti di merito circa l'uso 
da parte della Pubblica Amministrazione, del suo potere discrezionale. 
Quanto, infine, alla mancata notificazione del decreto prefettizio agli 
eredi della De Reali, attuali proprietari dei terreni espropriati, non v'� 
ragione di discostarsi dalla precedente giurisprudenza di questa Suprema 
Corte (Cass. 7 maggio 1965, n. 836, 6 marzo 1969, n. 706), circa il 
carattere non ricettizio del decreto di esproprio, con la conseguenza che 
per la sua giuridica esistenza � validit� ed efficacia non � necessaria 
la sua notificazione all'effettivo prporietario del bene espropriato: cosicch� 
la mancata notifica non incide sull'esistenza del potere ablatorio 
ormai esrecitato dalla Pubblica Amministrazione, e non ha altro effetto 
fuorch� quello di non far decorrere nei confronti di �ostui il termine 
per proporre opposizione giudiziale alfa stima dell'indennit�; effetto 
che, peraltro, neppure pu� prodursi quando, come nel caso concreto, 
essendo stata l'indennit� previamente accettata, non pu� aversi opposizione 
circa la misura di essa, ma si fa luogo al suo deposito a norma 
dell'art. 30 della legge n. 2359 del 1865, e viene autorizzata dal Prefetto 
l'occupazione immediata dei fondi per i quali l'indennit� � stata accettata. 


Con il secondo motivo, i ricorrenti, denunziando la violazione e la 
falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 e.e. nonch� degli artt. 51 e 55 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359 lamentano che la sentenza impugnata 
abbia ritenuto prescritto il loro diritto al risarcimento per il 
comportamento ,colposo dell'Amministrazione espropriante facendo decorrere 
il termine di prescrizione dalla data del decreto di espropriazione, 
mentre il fatto illecito dell'Amministrazione era la mancata notifica 
del decreto stesso, perdurata fino a che, nel corso del giudizio, 
non lo aveva esibito. 

Neppure questo motivo � fondato. 

I ricorrenti distinguono le co:nseguenze dannose da loro sopportate 
per il periodo dal 1940 al 1954 a causa dell'inerzia dell'Amministrazione 
nel promuovere l'emanazione del decreto di esproprio, dalle conseguenze 
dannose verificatesi nel periodo successivo, causate dall'accultamento, 
da parte dell'Amministrazione, del decreto stesso, la cui man




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

cata notifica aveva reso impossibile la riscossione dell'indennit� depositata, 
non avendo gli espropriati avuto �conoscenza del decreto che 
costituiva il presupposto dello svincolo dell'indennit� stessa. �ensuraino, 
quindi, la sentenza impugnata per aver assunto come dies a quo 
la data del decreto di esproprio com.e se il fatto illecito e dannoso fosse 
stata l'emanazione del decreto, e non la sua mancata notificazione, o 
occultamento, alla parte interessata: occultamento che ancora perdurava 
quando era stata promossa l'azione di risarcimento, sicch� la prescrizione 
dell'azione stessa non poteva neppure aver incominciato a 
deco:r;rere. 

Ma per quanto riguarda il risarcimento del danno causato dal colposo 
ritardo nel promuovere la procedura di espropriazione, la censura 
non coglie nel segno, perch� la sentenza impugnata non ha affatto considerato 
come fatto �illecito e dannoso la emanazione del decreto prefettizio 
11 luglio 1954, bens� ha considerato tale data come quella in cui 
era cessato il detto ritardo, e oltre la quale non si era qutndi protratta 
l'illegittima occupazione dei beni: con la conseguenza che, non essendo 
perdurata ulteriormente la condotta omissiva dell'Amministrazione n� 
l'illegittima occupazione, quella d�ta segnava il momento ultimo iin cui 
era sorto il diritto al risarcimento : n� a far valere tale diritto .ostava 
la mancata conoscenza dlela cessazione della situazione illegittima: tale 
mancata conoscenza poteva infati costituire soltanto un impedimento 
di mero fatto, e no:n un impedimento giuridico. Il momento in cui 
il diritto al risarcimento era, come sopra, sorto, coincideva quindi col 
momento in cui esso poteva esser fatto valere, e dal quale, a norma 
dell'art. 293�5 c.�c., la prescrizione incominciava a decorrere. 

Quanto poi al danno causato, secondo i ricorrenti, dal fatto che 
1'Amministrazione aveva loro celato l'avvenuta emissione del decreto 
di esproprio, s� che non avevano avuto modo di riscuotere la relativa 
indennit�, la sentenza impugnata ha posto in evidenza come, attraverso 
la pubblicazione del suddetto decreto nel foglio annunzi legali della 
provincia gli espropriati fossero stati posti in grado di conoscerne l'esistenza, 
come lo avessero in effetti conosciuto (tanto che nel 1955 un 
loro procuratore aveva inoltrato, per ottenere lo svincolo dell'indennit�, 
un'istanza non accolta per incompletezza di documentazione e come, 
quindi, i ricoirrenti stessi fossero stati fin da allora in �Condizione di 
poter far valere ogni loro pretesa di danni per ritardata riscossione .dell'indennit�: 
dal quale accertamento di fatto (iI11Sindacabile in questa 
sede perch� adeguatamente e correttamente motivato) discende che anche 
per questa voce di danno la Corte di merito ha esattamente ritenuto 
che le prescrizione aveva incominciato a decorrere dal 1955, ed era 
pertanto gi� da molto tempo compiuta allorch� era stato iniziato il 
giudizio. -(Omissis). 


776 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1856 -Pres. !cardi Est. 
Falcone -P. M. Pandolfelli (conf.) -Simonucci c. Amministrazione 
delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ferri). 

Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Impugnazione princi


pale improcedibile -Impugnazione incidentale -Efficacia -Li


miti. 

(c.p.c., artt. 100, 323, 334, 360). 

Seppure la impugnazione incidentale tardiva, prevista dal 1� comma 
dell'art. 334 c.p.c., conserva efficacia ove la impugnazione principale 
sia stata dichiarata improcedibile, tuttavia, qualora per la dichiarata 
improcedibilit� venga meno l'interesse al ricorso incidentale, per' essere 
risultata la parte pienamente vittoriosa nei merito della causa, ia impugnazione 
incidentale deve dichiararsi ina.mmissibile (1). 

(Omissis). -Il ricorso prindpale deve essere dichiarato, di ufficio, 
improcedibile perch� -come risulta dall'apposita certificazione della 
Cancelleria di questa Corte -non � stato depositato nell'ufficio di Cancelleria 
(art. 369 c.p.c.). 

� appena il �Caso di rilevare in proposito �Che, sebbene nel testo 
dell'art. 369 c.p.c. l'improcedibilit� risulti comminata espressamente �soltanto 
per l'ipotesi in cui il ricorso non venga depositato nel termi:ne di 
venti giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali � proposto, 
tale sanzione deve essere applicata, a pi� forte ragione, quando, come 
nel caso in esame, il ricorso, stesso dopo essere stato notificato alla 
contropa!l'te, non sia stato affatto depositato. 

Dichiarata l'improcedibilit� del ricorso principale si pone il problema 
dell'ammissibilit� del ricorso incidentale proposto dall'Amministrazione 
delle Finanze. 

(1) Non constano precedenti in termini. Che la improcedibilit� della 
impugnazione principale non determini, almeno in via di principio, il caduorure 
deill'i:mpugnaZJione illlcidentaile, � rpri:ncirpdo acquisito nella giurispirudenza 
della Corte di Cassazione (cfr. Cass., 10 giugno 1960, n. 1541; 18 giugno 
1958, n. 2088; 26 luglio 1956, n. 2870; 15 dicembre 1954, n. 4480; 15 
gennaio 1952, n. 85. 
Cfr. altres� Cass., 31 ottobre 1958, n. 3587, per la quale l'impugnazione 
incidentale tardiva perde efficacia, a norma dell'art. 334, comma secondo 
c.p.c., soltanto in caso di rituale dichiarazione di inammi1ssibilit� 
dell'impugnazione principale sicch�, ove questa sia stata dichiarata inammissibile 
anzicch� rigettata nel merito per mancanza di interesse ad impugnare, 
non pu� ritenersi inefficace impugnazione incidentale tardiva. 



PARTE I, SEZ. III,, GIURISPRUDENZA CIVILE 777 

� giurisprudenza ormai costante di questa Corte che la pronuncia 
di imprOcedibilit� del ricorso principale non toglie .effi.cacia al ricorso 
incidentale e non ne impedisce, quindi, l'esame, perch� la norma dell'art. 
334 2� comma, c.p.c., va applicata soltanto ai casi in cui l'impugnazione 
venga dichiarata inammissibile e non anche quando, come nel 
caso, sia dichiarata improcedibile. Cass. 27 aprile 1968, n. 1300). 

Nella specie, peraltro, il ricorso incidentale, in quanto prospetta 
una sola censura attinente alla competenza del giudice di primo grado, 
deve essere dichiarata inammissibile per difetto di interesse. 

L'Amministrazione delle Finanze, che era rimasta soccombente in 
appello sulla questione dell'asserita incompetenza del Pretore, dedotta 
sotto il profilo che trattavasi di causa in materia di imposte (art. 9, 
2� comma, c.p..c.), era risultata pienamente vittoriosa nel merito della 
causa. 

In questa situazione l'Amministrazione Finanziaria, che difettava 
di interesse giuridico a .ricorrere avverso la sentenza del Tribunale in 
via principale, ha visto nascere l'interesse all'impugnazione incidentale 
in conseguenza del ricorso principale proposto per il merito dalla Simonucci, 
e ritualmente ha proposto ricorso incidentale tardivo sulla questione 
della �Competenza, posto che tale questione era connessa, perch� 
pregiudiziale, con quella di merito sollevata daHa Simonucci, ed acquistava, 
perci�, rilevanza, ai fini dell'impugna,tiva della 1sentenza di appello, 
proprio e solamente in conseguenza del ricorso principale. 

Pertanto, venuta meno, per la dichiarata improcedibilit�, la possibilit� 
di esaminare l'impugnazione principale, � venuta correlativamente 
meno anche l'interesse dell'amministrazione finanziaria al ricorso, 
incidentale. 

L'Amministrazione infatti, avendo sentito respingere la domanda 
contro di essa fatta valere, � rimasta vincitrice (pratica) nel merito, 
anche se alla decisione finale a suo favore il giudice di appello � pervenuto 
dopo avere disatteso l'eccezione pregiudiziale di incompetenza; ma, 
la decisione di una questione pregiudiziale in senso sfavorevole a chi 
sia rimasto vittorioso nel merito d� luogo ad una soccombenza meramente 
teorica che, non determinando alcun pregiudizio, non fa nascere 
alcun interesse all'impugnazione, quando non 1sia stata proposta l'impugnazione 
da parte del soccombente o quando tale impugnazione, se proposta, 
non possa essere esaminata nel merito. -(Omissis). 

Sull'interesse al ricorso cfr. Cass. 28 dicembre 1967, n. 3016 in Foro lt., 
1968, I, 636, con nota di riferimento, in cui si puntualizza come il diritto alla 
impugnazione, e quindi anche il diritto a proporre ricorso per Cassazione, 
� condizionato alla esistenza di un concreto pregiudizio che da una determinata 
statuizione possa derivare alla parte che propone l'impugnativa. 


778 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez.\I, 23 giugno 1972, n. 2088 -Pres. Favara -
Rel. Lipari -Gallo (avv. Messina) c. Prefetto di Milano (avv. Stato 
Gargiulo). 

} i 

Circolazione stradale -Sanzioni amministrative -Natura -Incidenza 
su situazioni di diritto soggettivo e non di interessi legittimi. 

Circolazione stradale -Ordinanz~ -Ingiunzioni prefettizie -Opposizione 
-Sindacato dell'a.g.o. -Limiti. 

Circolazione stradale -Circolazione dei veicoli su area stradale di propriet� 
della p. a. sita nel centro urbano -Disciplina -Autorit� 
competente -� il sindaco. 

La sanzione irrogata dall'autorit� prefettizia in base ad una valuta


zione dell'accertata gravit� della infrazione fra un minimo ed un mas


simo stabiiiti per ogni ipotesi di astratta violazione, non � un atto 

discrezionale ed incide, pertanto, su situazioni soggettive� di diritto �lla 

integrit� del patrimonio del singolo cui una prestazione patrimoniale 

pu� essere imposta solo in base alla legge e nel rispetto dei limiti fissati 

dalla legge medesima (1). 

I poteri del Pretore, adito in seguito ad opposizione giudiziaria alle 
ordinanze prefettizie emesse per violazioni al codice della strada, restano 
circoscritti nei limiti tradizionali della disapplicazione degli atti amministrativi 
illegittimi, di cui agli artt. 4 e 5 l. 20 marzo 1865, n. 2284 all. E, 
sicch� quel giudice non pu� modificare, revocare, annullare l'atto amministrativo 
prefettizio, ma dovr� accertarne la legittimit�, per disapplicarlo 
ove tale legittimit� non sussista (2.). 

La disciplina, con ordinanza, della sosta dei veicoli su un'area stra


dale di propriet� delta P. A., sita nelt'interno di un centro abitato e 

adibita ad uso pubblico della circolazione (nella specie per agevolare 

l'accesso ad una stazione ferroviaria) rientra neUa competenza non del 

Capo Compartimento delle FF.SS., bens� del Sindaco ai sensi dell'art. 4 

del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (3). 

(Omissis.) -L'avv. Gallo, nell'opporsi davanti al Pretore di Milano, 
ai sensi dell'art. 9 della 1. 3 maggio 1967, n. 317, all'ordinanza del Prefetto 
con la quale gli si ingiungeva il pagamento di una sanzione pecuniaria, 
per avere fatto sostare la propria autovettura nella �galleria 

(1-3) Sulle prime due massime, che fanno applicazione dei principi 

enunciati dalla Corte Costituzionale, v. le osservazioni riportate in questa 

Rassegna, 1970, I, 189. 

La terza massima appare esatta. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

delle carrozz.e � della Stazione Centrale di Milano, in zona in cui, giusta 
la segnaletica mediante cartelli, la 'Sosta era riservata alle autorit� aveva 
sostenuto -fra l'altro -l'incompetenza del Sindaco a regolamentare 
la sosta e quando l'AvvocatU(ra 'aveva contrabbattuto che tale regolamentazione 
non era stata dtsposta dal Si:nda�co, ma dal rappresentante dell'amministrazione 
ferroviaria, quale ente proprietario dell'area, aveva 
contestato anche la �competenza di tale amministrazione ribadendo, nel 
merito, che il provvedimento era in ogni caso illegittimo perch� iJn cc.intrasto, 
nel prevedere una � atipica � riserva per le alutorit�, con l'art. 59 
del regolamento di esecuzione del codice della strada (d.P.R. 30 giugno 
1959, n. 420). 

Il Pretore, nella ,sentenza ora impugnata per cassazione ai sensi dell'art. 
111 Cost., ha preso� in esame la tesi della competenza del Direttore 
compartimentale e dell'ammissibilit� della riserva della sosta ai veicoli 
delle autorit�, .senza oc�cuparsi delle questioni processuali riconnesse 
alla tempestivit�, o meno, del deposito dei documenti ed alla correlativa 
modifica del profilo di incompetenza da parte del ricorrente, ed ha 
ritenuto che la riserva della sosta fosse stata i'itu�lmente disposta dal1'
amministrazione ferroviaria. 

� Tale �sentenza viene ora censurata dal Gallo con due motivi, denunziando: 
la violazione e fa1sa applicazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all E, e dell'art. 3 del t.u. 15 giugno 1959, n. 3'93, in relazione 
all'art. 3�60 n. 3 c.p.c., perch�, diversamente da quanto ritenuto dal 
Pretore, il Direttore Compartimentale delle ferrovie dello Stato di Milano 
non era competente a regolamentare la sosta nella zona antistante 
all'ing�resso principale della Stazione Centrale di Milano, non potendogli 
essere riconosciuta la relativa �competenza, n� in base all'art. 3 del 
codice della strada, concernente la disciplina della circolazione fuori 
dei centri abitati, n� in base al successivo art. 4 (1� mezzo); e l'ulteriore 
violazione e falsa applicazione deU'art. 5 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E, degli artt. 18 e 19 del ,d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, e 
dell'art. 59 del d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, nonch� l'omessa motivazione, 
perch� nella specie, a prescindere dal potere dell'autorit� amministrativa 
di-riservare appositi spazi per la sosta di determinate categorie 
di veicoli, veniva ahche in considerazione l'uso illegittimo del 
segnale di sosta vietata e del relativo pannello aggiuntivo, in violazione 
dell'art. 59 del d.P.R. n. 420 del 1959 (II mezzo). 
Il ricorso, ammissibile in rito, � fondato nel suo primo motivo, 
che deve essere accolto, con il conseguente assorbimei;ito del secondo. 

Giova innanzitutto al riguardo premettere, sia pure per brevi cenni, 
che la legge 3 maggio 1967, n. 317, recante modificazioni al sistema 
sanzionatorio delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme 
dei regolamenti locali, nello statuire la sostituzione della sanzione 


780 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrativa all'a1Ilmenda (rubrica dell'art. 1) predispone un procedimento 
che, nella fase dell'accertamento, si conclude con una ordinanza 
motivata e nella correlativa ingiunzione di pagamento avverso 
la quale � prevista �azione� (opposizione), entro il termine prefissato 
per il pagamento, davanti al Pretore del luogo in cui � stata accertata 
la violazione (art. 9 commi 4 e 7), la cui decisione � inappellabile (articolo 
9 comma 8). 

Tale legge ha, come � noto, trasformato in semplici illeciti amministrativi 
taluni reati (c.d. depenalizzazione), tenendo distinte una fase 
tipicamente ammintstrativa ed una fase giurisdizionale, disciplinata in 
modo da assicurare un processo dallo svolgimento celere ed economico 
(breve termine per l'udienza di comparizione, notificazione a cura della 
cancelleria, esenzione da imposta di bollo e di registro della sentenza, 
possibilit� di stare in giudizio senza ministero di difensori), regolato, 
ove non sia altrimenti disposto dalla legge medesima, dalle norme dettate 
dal codice di rito, al capo 1 del titolo II dle libro II (artt. da 311 
a 317) per i procedimenti davanti al Pretore. 

Non � dubbio perci� che la situazione soggettiva lesa dalla irrogazione 
della sanzione amministrativa si riferisce ad un diritto soggettivo. 
Tale sanzione, invero, anche se appUcata dall'autorit� competente, in 
base alla valutazione dell'accertata g.ravit� dell'infrazione, fra un minimo 
ed un massimo stabiliti dalla legge per ogni ipotesi di astratta violazione, 
:non ha natura di atto discrezionale, ed incide su una situazione 
soggettiva di diritto all'integrit� del patrimonio del singolo sottoposto, 
cui una prestazione patrimonia.Je, pu� essere imposta solo in base alla 
legge e nel rispetto dei limiti fissati dalla legge medesima. 

Lo ha, del resto, confermato la Corte costituzionale, decidendo, con 
la sentenza n. 32 del 1970, alcune questioni di legittimit� costituzionale 
sollevate rispetto alla citata I. 3 maggio 1967, n. 317, che se nel loro 
nucleo principale riguardavano il tema dei rapporti fra attivit� amministrativa 
e giurisdizionale, con particolare riferimento al sistema costituzionale 
di giustizia amministrativa, toccavano anche puntualmente 
il tema della qualificazione come interesse legittimo, ovvero come diritto 
della situazione soggettiva del sottoposto colpito dall'ordinanza 
ex art. 9 della legge citata. 

Ha osservato la detta Corte che era inesatto ritenere che tale ordinanza 
incides�se su semplici interessi legittimi e non su diritti soggettivi, 
trattandosi di atto dovuto e non discrezionale, importante, nella valutazione 
dell'entit� della sanzione d'applicare in co:ncreto, un apprezzamento 
di merito �che non determina alcun affievolimento del diritto 
soggettivo patrimoniale del destinatario, colpito dalla sanzione pecuniaria, 
ma pu� violare detto diritto. I:n proposito la Corte �si � richiamata 
all'analQga configurazione delle sanzfoni amministrative in ma




PARTE I, SEZ. III, GIURI!:>PRUDENZA CIVILE 

teria fiscale (la stessa legge n. 317, del resto, si ispira esplicitamente al 
sistema delle sanzioni amministrative di cui alla precedente legge n. 4 
del 1929). E questa Sui;>rema Corte, con riguardo alle ordi:nanze che 
impongono sanzioni per le trasgressioni valutarie, ha avuto modo di rico


�noscere che il ricorso giudsdizionale contro il provvedimento del Ministro 
importa la denuncia della violazione di un diritto soggettivo perfetto, 
di cui l'autorit� giudizfaria ordinaria pu� essere chiamata a conoscere 
nei limiti del sindacato spettantele rispetto ad atti amministrativi 
illegittimi (S.U. 30 luglio 1953, n. 2594). Rilievo questo �che introduce 
il profilo dei limiti dell'esame che il giudice ordinario pu� compiere 
del provvedimento sanzionatorio dell'amministrazione, sul quale la richiamata 
sentenza della Corte costituzionale ha avuto modo di osservare: 
che, di regola, e salvo eccezioni espressamente prevedute dalla 
legge, i poteri della stessa giurisdizione amministrativa sono circoscritti 
al controllo di legittimit�; che quando un atto amministrativo lede un 
diritto soggettivo perfetto (salvo il caso di .giurisdizione eisclusiva del 
giudice amministrativo, �che nella specie non ricorre) competente a conoscere 
della relativa impugnativa � l'autorit� giudiziaria ordinaria; che 
il sindacato dell'autorit� giudiziaria sull'atto amministrativo � sempre 
limitato alla sola legittimit�, la quale,' peraltro, comprende l'esistenza 
dei presupposti di fatto, oltre che il diritto, necessari per l'emanazione 
dell'atto stesso. 

Ha soggiunto la Corte costituzionale, a proposito della riconosciuta 
legittimit� del potere del Pretore di sospendere il provvedimento impugnato, 
che la legge potrebbe attribuire al giudice ordinario, ad. sensi dell'ultimo 
comma dell'art. 113 Cost., addirittura il potere di annullamento 
degli atti amministrativi, incidenti su un diritto soggettivo, sicch� a 
maggior ragione deve escludersi l'illegittimit� costituzionale della norma 
che riconosce al Pretore la potest� di sospensione della esecutivit� di 
un atto del genere. I poteri del Pretore restano perci� circoscritti nei 
limiti tradizionali della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, 
di cui agli artt. 4 e 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sicch� 
quel giudice non pu� modificare, revocare, annullare l'atto amministrativo 
prefettizio, ma dovr� accertarne la legittimit�, per disapplicarlo ove 
tale legittimit� non sussista. Ci� premesso, devesi osservare che, nell'economia 
della presente dedsione � sufficiente tuttavia il rilievo che 
in tema di disapplicazione degli atti amministrativi, mentre ampi sono 
i margini di problematicit� che investono l'individuazione dei limiti del 
sindacato giurisdizionale per quanto riguarda l'eccesso di potere, � del 
tutto pacifico che il sindacato stesso possa investire i vizi inquadrabili 
nelle categorie dell'incompetenza e della violazione di legge. 

La inappellabilit� della sentenza stabilita dall'ultimo comma dell'art. 
9 della 1. n. 317 va apprezzata come deroga al principio �che garan



782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tisce il doppio grado di giurisdizione, pienamente consentita, non risultando 
tale principio costituzionalizzato (cfr. la .sentenza della Corte costituzionale 
�n. 54 del 196'8; vedi anche le decisioni n. 87 del 1968, 41 del 
1965 �e 110 del 1963) e che viene di solito, introdotta dal legislatore per 
le controversie ritenute di minore importanza (cfr. ad esempio artt. 339 
e 618 c.p ..c.). Tale inappellabilit� comporta, per altro, ai sensi dell'art. 111 
Cost., la ricorribilit� in Cassazione, sempre ammessa, per violazione di 
legge contro le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari 
e speciali. 

Ed � appena il caso di precisare che la dizione � violazione di legge � 
contenuta nell'art. 111 Cost. abbraccia ogni possibile ipotesi di contrasto 
con disposizioni di diritto sostanziale e processuale. 

La riconosciuta ammissibilit� del ricorso per cassazione avverso la 
sentenza emanata dal Pretore ai sensi dell'art. 9 della 1. n. 317 del 1967, 
e la sommaria delineazione dei tratti fondamentali della �c.d. depenalizzazione'che 
vengono in considerazione ai fini della decisione, consentono 
di passare all'esame dei motivi. 

Con riguardo al primo di essi, peraltro, l'Avvocatura dello Stato 
oppone che si tratterebbe di una questione nuova: il Gallo, cio�, dopo 

I 
t 
avere sostenuto davanti al Pretore l'incompetenza del Sindaco di Milano 
a disciplinare il traffico, e quindi ad imporre divieti di sosta nella 
�galleria delle carrozze � della Stazione ferroviaria di Milano, su una 
area di propriet� dell'amministrazione dello Stato, propottebbe, nel 
ricorso, una diversa questione, eccependo, per la prima volta l'incompetenza 
del Direttore compartimentale delle ferrovie dello Stato __:_ 
riconosciuto autore dell'ordinanza violata -a disciplinare il traffico 
su un'area di spettanza dell'a.mministrazione, situata nel centro abitato 

I

di Milano (Stazione Centrale). 
Ma l'assunto della difesa all'Amministrazione non pu� essere condiviso. 
� noto che concretandosi il controllo di legittimit� nella revisione 
della pronu.ncia di merito in rapporto alla regolarit� formale del proces


Iso, ed alle ragioni di: diritto prospettate e vagliate, resta precluso in 
Cassazione l'esame di questioni giuridiche nuove le quali non siano 
rilevabili d'ufficio e non si risolvano in censura ai principi di diritto 
enunciati ed applicati dal giudice nella sentenza impugnata; non pos


I

sono cio� essere sollevate in sede di legittimit� censure che presurppongono, 
e �comunque richiedano, nuovi accertamenti di fatti non dedotti 
davanti ai giudici di merito, mentre � consentito, fermi gli elementi di 

I

fatto gi� dedotti, prospettare nuovi profili di diritto. 

f 
Nella specie, la sentenza impugnata davanti al S.C. � incentrata f 

\ ~.

sul duplice rilievo che non veniva in esame la dedotta incompetenza 

11 

!: 



783

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

del Sindaco di regolamentare la so�sta dei veicoli nella zona considerata, 
essendosi accertato in fatto che questi non aveva emanato alcuna ordinanza 
al riguardo, e che legittimamente era stata riservata la facolt� 
di sosta (fra l'altro) alle autovetture delle Autorit�, con provvedimento, . 
dell'organo competente, e cio� del Direttore compartimentale delle 
Ferrovie. 

Il ricorrente ritenendo, invece, che 1a legge non consenta a quell'organo 
di .emettere un provvedimento siffatto, svolge per la prima 
volta nel ricorso le argomentazioni giuridiche a sostegno del proprio 
assunto (del resto gi� sommariamente adombrato nella comparsa di 
replica nel giudizio pretorile) censurando la motivazi?ne in diritto del 
Pretore. 

E non vi � dubbio che ci� possa fare, essendo la funzione del ricorso 
per cassazione proprio quella di verificare J.a correttezza giuridica della 
decisione sottoposta al vaglio di legittimit� del S.C. 

La questione giuridica proposta in questa sede � tutt'altro che 
nuova, investendo per confutarla, la ratio decidendi della sentenza impugnata: 
nuove sono se mai soltanto le argomentazioni giuridiche prospettate 
dal ricorrente nel rispetto dei limiti del giudizio di legittimit�, 
e che colgono nel segno, metterndo in luce l'errore di lettura delle norme 
del codice della strada in .cui � nella specie incorso il Pretore. 

Quel giudice, chiamato a decidere, se l'amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato fosse competente a disciplinare, la sosta dei veicoli 
in un'area di s.ua propriet� all'ingresso della stazione centrale di Milano, 
aperta alla pubblica circolazione, ha ritenuto infatti che la competenza 
sussistesse, applicando la nol'ma di cui all'art. 3, comma 3, lett. a) del 
codice della strada (trascrivendo addirittura. in sentenza il contenuto), 
ma dimenticando di prendere in considerazione la rubrica del suddetto 
articolo � obblighi, divieti e limitazioni relativi alla circolazione fuori 

dei centri abitati�.� 

N� potrebbe ipotizzarsi che il Pretore abbia implicitamente ritenuto 
che la stazione centrale di Milano si trovi fuori del centro abitato della 
citt�, sicch� la disciplina del traffico relativo rientrerebbe nella previsione 
normativa del .richiamato art. 3 del codice stradale. Un travisamento 
di fatto cos� diverso dalla realt� non viene, del resto, rnemmeno 
adombrato dalla difesa dello Stato e trova, comunque, puntuale smentita 
nella piana interpretazione della sentenza impugnata. 

Deve quindi tenersi per fermo che l'art. 3 del codice stradale (d.P.R. 
15 giugno 1959, n. 393) riguarda solo la circolazione extraurbana e che 
le ordinanze che l'Ente proprietario della strada � �competente ad emanare, 
ai sensi del comma 3 del medesimo articolo. riguardano esclusivamente 
le strade extraurbane. Per quelle urbane, che si snodano entro 


784 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i centri abitati, la competenza alla emanazione deHe ordinanze disciplinatrici 
del traffico � normalmente attribuita al Sindaco, ed all'ente proprietario 
spetta solo la potest� di disporre la sospensione temporanea 
della circolazione per la tutela del patrimonio stradale, o per �esigenze 
di carattere tecnico. 

Questa evidente soluzione si ricava dal raffronto dell'art. 3 con il 
successivo articolo 4 che sotto la rubrica � obblighi divieti e limitazioni 
relativi alla �circolazione nei centri abitati�, al comma 3 stabilisce fra 
l'altro -che per i tmtti di strade non comunali che attraversano 
centri abitati solo i provvedimenti indicati nell'art. 3 comma 3 lett. d) 
sono di competenza dell'ente proprietario della strada. 

Ne consegue che dei provvedimenti di cui all'art. 3 comma 3 riservati 
per la circolazione �extraurbane alla competenza dell'ente proprietario 
ed affidati al Sindaco nella circolazione urbana, gli enti proprietari 
(diversi dal Comune), possono adottare per i tratti di strada che attraverso 
centri abitati solo quelli ora specificati, ed indicati nella lett. d) 
del comma 3 dell'art. 3. E non � necessario approfondire l'esegesi della 
disposizione per concludere che la disciplina della sosta dei veicoli 
non pu� farsi rientrare nella sospensione temporanea della circolazione 
per i fini indicati. E, del resto, nell'art. 4 citato la disciplina dei divieti 
di sosta trova ampio spazio ed � attribuita espressamente alla competenza 
del Sindaco (cfr. comma 1 lett. b del citato art. 3). 

Le precedenti considerazioni permettono di affermare con sicurezza 
che la disciplina della sosta dei veicoli entro un'area stradale aperta alla 
pubblica circolazione sita nel perimetro della stazione di Milano, non 
poteva essere effettuata con ordinanza dell'amministrazione ferroviaria, 
n� ai sensi dell'art. 3, invocato dal Pretore, n� ai sensi dell'art. 4 che 
circoscrive i poteri di ordinanza dell'ente proprietario nella circolazione 
urbana ad una sola ipotesi, cui � estranea la regolamentazione della 
sosta. 

Il Pretore ha dunque �errato :nell'affermare 1a competenza del direttore 
compartimentale delle Ferrovie al riguardo, conseguentemente negando 
la disapplicazione di quella ordinanza. Il provvedimento, invece, 
essendo illegittimo, perch� viziato da incompetenza, avrebbe dovuto 
essere disapplicato. 

Non vi � dubbio, infatti, che la ravvisata illegittimit� si risolva in 
un vizio di incompetenza rendendo� superfluo ogni approfondimento 
sulla problematica della disapplicazione (postulato all'opposto da una 
qualificazione come �eccesso di potere). 

Non � necessario al riguardo enucleare la tipologia deLla incompetenza, 
della violazione di legge �e dell'eccesso di potere, essendo sufficiente 
fissare i connotati del vizio di incompetenza per trarre conferma 
dell'esattezza della qualificazione accolta. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Tradizionahnente l'incompetenza � il vizio che riguarda la provenienza 
dell'atto amministrativo, e la .si riscontra og.ni qualvolta l'atto 
che si considera costituisca esercizio di attribuzioni che, per ragioni di 
materia, di territorio, o di .grado, spettano ad un'autorit� amministrativa 
diversa da quella che .lo ha emanato. Il vizio di incompetenza, pertanto, 
ricorr�e allorch� l'autorit� amministrativa abbia esorbitato dai limiti 
della propria competenza, invadendo la sfera di attribuzioni di un'al:tra 
autorit� amministrativa. 

Intesa la competenza come sfera di attribuzioni di un .soggetto, 
l'esame del contenuto degli artt. 3 e 4 del codice .stradale rende evidente 
che negli �stessi, in relazione �lla riconosciuta necessit� di integrare la 
disciplina della circolazione, sono dettate disposizioni che stabiUscono, 
distinguendo la circolazione urbana da quella extraurbana, chi possa 
emettere le ordinanze discipHnatrici e quale ne possa essere il contenuto. 
Si ha quindi tipica attribuzione di sfere di competenza, esorbitando 
dalle quali i singoli soggetti incorrono perci� nel vizio di incompetenza. 


Indubbiamente, tn senso lato, l'organo che compie un atto non 
rientrante nella sfera delle sue attribuzioni esercita un potere che non 
gli spetta, .e quindi eccede dai suoi poteri. 

Ma nell'accezione di cui all'art. 26 del t.u. delle leggi .sul Consiglio 
di Stato, secondo unanime riconoscimento, l'eccesso di potere ha un 
significato pi� ristretto e viene a riguardare un'attribuzione di competenza 
comportante una. sfera pi� o meno ampia di discrezionalit�, e 
pi� particolarmente l'uso del potere discrezionale fatto per un fine diverso 
da quello in. vista dei quali il potere � stato attribuito (il c.d. 
d�tournement de pouvoir del1a dottrina francese). Da questa pur sommaria 
puntualizzazione consegue che in prindpio le manifestazioni dell'eccesso 
di potere si hanno all'interno della sfera di attribuzioni ris�ervata 
ad un certo organo e riguardano il modo di esercizio di talune 
delle attribuzioni conferite, e le valutazioni all'uopo compiute. � peraltro 
possibile che si verifichi sovrapposizione di suddetti vizi quando la 
valutazione discrezionale sia compiuta con divergenza dai fini rispetto 
ad un'attribuzione che non sia affidata dall'ordinamento all'organo che 
ha emesso l'atto. 

Facendo applicazione di questi principi al caso di specie non � 
dubbio che lo stabilire se la disciplina con ordinanza della circolazione 
su strade di propriet� non comunale nei centri urbani spetti al Sindaco 
od. all'ente proprietario per quanto riguarda la regolamentazione della 
sosta, significa verificare a quale organo viene affidata la relativa compete:
nza. E la disapplicazione dell'atto amministrativo compiuto da organo 
incompetente rientra de plano nei poteri del giudice ordinario, restando 
assorbito nel riconoscimento della incompetenza ogni ulteriore censura 


786 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

circa il contenuto di quanto disposto e quindi circa la possibile sovrapposizione 
di un eventuale ,eccesso di p�tere all'accertata incompetenza. 

Le conclusioni cui si � giunti partono dal presupposto, insindacabilmente 
accertato dal Pretore e posto a fondamento dela �sua decisio:ne 
che, l'area costituente la c.d. �Galleria delle Carrozze�, sia una strada 
aperta all'uso pubblico e che, pertanto all'area medesima siano applicabili 
le norme del codice della strada, il quale riguarda appunto (art. 1) 
la circolazione dei pedoni, degli animali, e dei veicoli sulle strade. 

La stessa Avvocatura dello Stato, del resto, ha riconosciuto sin 
dalla OQ:m,parsa presentata del giudizio pretorile, ed anche in questa 
sede, che rettamente v.enivano in cons�iderazione le norme del codice 
stradale, in quanto trattasi area che, pur essendo di pertinenza della 
St�zione ferroviaria, � caratterizzata dalla specifica finalit� di consentire 
la circolazione pubblica nell'accesso della stazione,� in vista della quale 
la sosta � stata permessa solo a determinate categorie di utenti. 

La difesa dell'Amministrazione, anche davanti alla S.C., ribadisce 
tale specifica finalit� per contrastare il buon fondamento del secondo 
motivo di ricorso, �e giustificare l'apposizione di cartelli non rispondenti 
puntualmente all'elencazione di cui all'art. 59 comma 7 del il'egolamento 
di esecuzione del codice della strada. Ma, a prescindere dallo scopo 
perseguito, tali rilievi �comportano l'ammissione esplicita, che l'applicazione 
della disciplina della circolazione pubblica non trova ostacolo nel 
carattere di demanialit� del bene. Il che basta a dispensare da ogni 
rilievo al riguardo. In base alle consriderazioni che precedono il primo 
motivo del ricorso deve perci� essere accolto, (rimanendo assorbito il 
secondo motivo) e la causa va rinviata, per nuovo esame, al Pretore dii 
Monza �che si atterr� al ,seguente principio di diritto: 

La disciplina, con ordinanza, della sosta dei veicoli su un'area stradale 
di propriet� della pubblica amministrazione, sita all'interno di un 
centro urbano, e adibita �all'uso pubblico della circolazione (nella specie: 
per agevolare l'accesso ad una stazione ferroviaria) rientra nella competenza 
esclusiva del Sindaco del Comune, ai sensi dell'art. 4 del vigente 
codice della strada (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393). 

� pertanto illegittima, per incompet�enza, e va disapplicata dal Pretore 
investito, ai sensi dell'art. 9 della 1. 3 maggio 1967, n. 317, dell'opposizfo.
ne all'ingiunzione di pagamento di somma a titolo di sanzione 
amministrativa per la violazione dli disposizioni in essa contenute, l'ordinanza 
emessa dal legale rappresentante della P. A. medesima, con l� 
quale si pretende di regolamentare la sosta dei veicoli su quell'area, 
riservandola a determinate. categorie di utenti. La competenza a diisciiplinare 
la sosta spetta all'ente proprietario della strada, ai sens'i dell'art. 3 
comma 3, lett. a) cod. stradale, esclusivamente con riguardo alla circolazione 
extraurbana; mentre rispetto ai tratti di strada che attraversano 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 787 

centri abitati l'ente medesimo pu� emanare solo ordina:nze di sospensione 
temporanee della -circolazione per la tutela del patrimonio stradali;!, 
o per esigenz� di �carattere tecnico (art. 3, comma 3, lett. a) in 
relazione all'art. 4, comma 3 cod. stradale). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 26 giugno 1972, n. 2165 -Pres. Gionfrida 
-Est. P.arisi -P.M. Minetti -(conf.) -Malfar� (avv. Lucci) 

c. Ministero Interno (avv. Stato Terranova). 
Responsabilit� civile -Responsabilit� della P. A. per danni ai propri 

dipendenti -Norme limitative -Incostituzionalit� -Risarcimento 


Prescrizione -Decorrenza. 

(Cost., artt. 28, 136; r.d.1. 6 febbraio 1936, n. 313, art. 1 eonv. in I. 28 maggio 
1936, n. 1126, e.e. artt. 2935, 2947). 

Le disposizioni limitative della responsabilit� dello Stato per gli 
infortuni occorsi ai propri dipendenti per causa od in occasione di servizio 
(r.d. 6 febbraio 1936, n. 9.13, conv. in legge 28 maggio 1936, 

n. 1126), di poi dichiarate costituzionalmente illegittime, determinavano 
una mera difficolt� di fatto e non un impedimento legale all'esercizio 
dejt disconosciuto diritto ai risarcimento det danno~ sicch� ii decorso 
della prescrizione iniziava dal giorno in cui tale diritto poteva farsi valere 
(sempre~ch� il fatto costitutivo della responsabilit� si fosse verificato 
dopo l'entrata in vigore della Costituzione) e non dalla data della 
declaratoria di illegittimit� costituzionale della norma (1). 
Co:n l'unico mezzo proposto dal Mafar� si denuncia la violazione 
e 'falsa applicazione degli artt. 2935, 2947 �cod. civ. d~ll'art. 136 della 
Costituzione e dell'art. 30 della legge 11 marzo 195�3, n. 87, e si deduce 
che, nella specie, avrebbe dovuto escludersi l'avvenuto decorso della 

(1) Ofr. Cass., 23 maggio 1972, n. 1581; 18 settembre 1970, n. 1568; 4 
giugno 1969, n. 1959 in questa Rassegna, 1969, I, 1953, con nota di CoLETTA. 
Sui limiti di efficacia della .pronunzia della Corte Costituzionale cfr. 
Cass., 11 giugno 1971, n. 1767, per la quale in conformit� di un principio 
ormai acquisito, situazioni giuridiche definitivamente .esaurite e come tali 
insensibili rispetto agli effetti di una pronunzia della Corte Costituzionale, 
sono soltanto quelle ormai consolidate ed intangibili, cio� non suscettibili 
di rimozione o di diversa regolamentazione, sia� per .effetto di preclusione 



788 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prescrizione, posto che le limitazioni sancite dalla legge 28 maggio 
1936, n. 1126, escludendo in maniera tassativa che i dipendenti delle 
Amministrazfoni dello Stato potessero richiedere il risarcimento dei 
danni sofferti a causa o in occasione del servizio da essi prestato alla 
Amministrazione, che non Tisultassero gi� coperti da�l trattamento previsto 
dalle norme regolatrici del rispettivo rapporto di servizio o di 
quiescenza e concretavano, quindi, un impedimento di carattere assoluto 
a che il diritto che era stato azionato nell'attuale giudizio potesse 
essere esercitato dal Malfar� prima che le citate norme venissero private 
della loro efficacia per effetto della sente:nza della Corte Costituzionale 
n. 1 del 30 gennaio 1962: e ci� sia per la difficolt� di individuare, 
prima che fosse pronunciata tale sentenza, le ragioni della lorro illegittimit� 
costituzionale, che avrebbero dovuto essere addotte per giustificare 
la prospettazione della loro incostituzionalit� -:ragioni che sono 
state acclarate ed accertate co:n grado di certenza solo a seguito del giudizio 
che � stato compiuto al riguardo dalla Corte Costituzionale -; 
sia per i non indifferenti oneri 'inerenti a tale prospettazione, sia infine 
perch� '1'accertamento dell'eventuale incostituzionalit� delle disposizioni 
legislative � riservato alia competneza della Corte Costituzionale 
che pu� procedervi 'solo nel caso che la questione di incostituzionalit� 
sia ritenuta non manifestamente infondata dall'organo giurisdizionale, 
non potenzo 1a Corte Costituzion'ale essere adita direttamente dietro 

semplice istanza dell'interessato. 

Il motivo � infondato. 

� noto invero che per gli articoli 136 della Costituzione e 30, comma 
III, della legge 11 marzo 1953, n. 87, J.a norma dichiarata incostituzionale 
deve essere disapplicata, anche di ufficio, dal giorno successivo 
alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della decisfone della Corte 
Costituzionale, con la conseguenza �Che il giudice, nel pronunciare sul 
rapporto sottoposto al suo esame, deve, anche di ufficio, tenere conto 
della intervenuta dichiarazione di incostituzionalit� in ogni stato e grado 
del giudizio la dichiarazione intervenga, importando la sentenza 
della Corte Costituzionale, per la sua portata di ordine generale e la 

nascente da giudicato, sia per effetto di atti amministrativi non pi� impu.
gnabili a causa del decorso dei termini di prescrizione o decadenza oppure 
in dipendenza di atti negoziali od altri fatti o atti che, al riguardo, siano 
rilevanti sul piano sostanziale o su quel.lo processuale. 

Alla dichiarazione di incostituzionalit� degli atti aventi forza di legge, 
si riconosce natura ontologicamente diversa cos� dall'abrogazione che dallo 
ius superveniens, cfr. Cass., 23 maggio 1972, n. 1581, rientrando nella categoria 
degli accertamenti costitutivi volti a dichiarare, con efficacia erga 
omnes, la invalidit� della norma per un vizio intrinseco ed originario di 
contrasto con il precetto costituzionale. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

particolare natura del vizio che mediante essa viene dichiarato, la definitiva 
e integrale eleminazione della norma incosti.tuzionale, con efficacia 
erga omnes e con effetti che, retroagiscono sino al momento stesso 
in cui � venuto a determinarsi il suo contrasto con il precetto costituzionale. 


� noto altres� che la retroattivit� non pu� tuttavia spiegare i suoi 
effetti dspetto a quei casi concreti in cui si siano determinate situazioni 
giuridiche co:nsolidate ed intangibili, suscettbili come tali di essere diversamente 
regolate prescindendo dalla norma che � stata dichiarata 
incostituzionale; situazioni giuridiche,� il cui accertamento positivo da 
parte del giudice precede in ordine logico e preclude, per la sua conseguente 
irrilevanza, l'esame della questione su cui incide la dichiarazione 
di incostituzionalit�, come si verifica nel caso d!i rapporti gi� definiti, 
anteriormente alla pronuncia di illegittimit�, costituzionale, in base a 
giudicato o ad atti amministrativi non pi� impugnabili o ad altri atti 

o fatti -quali la prescrizione o la decadenza -di cui siano interarmente 
esauriti gli effetti e che siano rilevanti sul ,pia~o sostanziale o 
processuale, nonnostante la inefficacia della norma dichiarata incostituzionale 
(V. sentenza nn. 578, 582, 1959, 2275, 3779, 3877, del 1969, 
n. 540, 1181, 2381, 2587, del 1970; nn. 943, 1515, 1872, del 1971). 
Ora � evidente che le limitazioni sancite dapprima col decreto luogotenenziale 
21 ottobre 1915, n. 1558 e poi con r.d.l. 6 febbraio 1936, 

n. 313, convertito nella I. 2.8 maggi,o 1936, n. 1126 -con cui fu e,scluso 
che i dipendenti delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento 
autonomo, potessero richiedere all'Amministrazione dei danni 
sofferti a causa o in occasione del servizio da essi prestato, che fossero 
coperti dal trattamento previcsto dalle norme regolatrici del rispettivo 
rapporto di servizio o di quiescenza -contrariamente a quanto assume 
il ricorrente, anche prima che fosse dichiarata la loro incostituzionalit�, 
non costituivano, una volta entrata in vigore la nuova Costituzione, 
un impedimento di carattere assoluto a che il medesimo ricorrente 
potesse esercitare iil diritto da lui vantato, e'ssendo noto che al fine 
di escludere il decorso della prescrizione sono rilevanti soltanto quelle 
situazioni che rendono giuridicamente impossibile l'esercizio del diritto. 
L'articolo 2935 cod. civ., disponendo che la prescrizione comincia 
a decorrere dal gio11no in cui il diritto pu� essere :l�atto valere, si riferisce 
infatti, secondo l'interpretazione costantemente seguita dalla giurisprudenza 
di questo Collegio, soltanto alla possibilit� legale e non anche 
alla possibilit� materiale di esercitare il diritto, con la conseguenza che 
agli effetti previsti da detta norma non pu� attribuirsi rilievo, onde 
escludere il decorso della prescrizione, ai semplici impedimenti di fatto, 
che non siano espressamente previsti dalla legge qualii cause impeditive 
deUa prescrizione, tra cui non rientra la mancata conoscenza del pro



790 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prio diritto da parte del rispettivo titolare .L_ sia essa colpepole o 
meno -che non sia imputabile al fatto doloso della contropaTte 

(v. sent. 18 maggio 1951, n. 1482; 12 settembre 1970, n. 1401; 17 luglio 
1969, n. 2638; 5 maggio 1�967, n. 873; 24 novembre 1966, n. 2797; 25 
ottobre 1966, n. 2592; 30 luglio 1966 ,n. 2130). 
Ne deriva che il risarcimento dei danni che non erano stati coperti 
dal trattamento pensionistico che fu riservato al Malfar� -sempre che 
H fatto costitutivo della pretesa .responsabilit� dell'Amministrazione si 
fosse verificato dopo il 1� gennaio 1948, data di entrata in vigore della 
nuova Costituzione, in guisa da ricadere sotto 1a disciplina delle relative 
norme e giustificare cos� la pretesa avanzata dall'attuale ricorrente 
in relazione alla sopravvenuta illegittimit� costituzionale delle preesistenti 
limitazioni .sancite al riguardo dalle sop.ra richiamate disposizioni 
legislative vigenti in materia -avrebbe potuto essere legittimamente 
riichiesto dal Malfar� anche prima che venisse dichiarata la illegittimit� 
costituzionale di queste ultime disposizioni. 

Al fine di escludere l'esperibilit� dell'azione e le conseguenze che, 
agli effetti della prescrizione, sono .state riconnesse al suo mancato esercizio, 
a nulla rileva poi che, nella specie, l'accoglimento della domanda 
avrebbe dovuto essere preceduto dalla declaratoria di illegittimit� delle 
citate norme, possibile peraltro -dopo l'entrata .in funzione defila Corte 
Costituzionale -solo se la questione �li incostituzionalit� fosse stata 
ritenuta non manifestamente infondata dall'organo giurisdizionale. Ed 
invero � irrHevante il fatto che il Malfar� non potesse esperire un'azione 
autonoma di accertamento della illegittimit� costituzionale della 
norma, giacch� egli avirebbe potuto impedire il verificarsi della prescrizione 
mediante l'esercizio dell'azione giudiziale tendente al risarcimento 
del danno e facendo s� che la questione di incostituzionalit� venisse 
per tal via portata al giudizio deHa Corte Costituzionale. 

N� vale il dire che il giudice avr.ebbe potuto di�hiarar�e la questione 
manifestamente infondata, giacch� il giudizio di manifesta infondatezza 
non implica esercizio di potere meramente discrezionale e l'eventualit� 
che esso si risolva anche in ultima istanza in senso sfavorevole 
a chi ha promosso il giudizio soHevando la relativa questione non pu� 
considerarsi un impedimento giuridico all'esercizio del diritto ed impedire 
il decorso della prescrizione, cosi come non potrebbe impedirlo, 
nel caso di mancato tempestivo �esercizio dell'azione rispetto a diritti 
per i quali non si presentino problemi di carattere costituzionale la 
circostanza che l'astensione dal tempestivo esercizio dell'azione fosse 
determinata dalla eventualit� che il giudice rigettasse la domanda ritenendo 
infondato il presupposto giuridico di essa in base a un'orientamento 
giurisprudenziale, e che tale orientamento fosse stato poi abbandonato 
nel momento in cui l'azione viene esercitata. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 791 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 giugno 1972, n. 2207 -Pres. Cortesani 
-Est. Ferrero -P. M. Mililotti (conf.) -S.p.A. Montedison 
(avv. Salvucci e Cisotti) c. Ministero dei Trasporti (avv. Stato 
Gentile). 

Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Convenzione internazionale 
per il trasporto delle merci -Interruzione di linea nel corso 
della spedizione -Disciplina -Istruzioni del mittente al di fuori 
delle facolt� previste -Tassa di sosta -Applicabilit�. 

(C.I.M. 25 febbraio 1961, art. 54 ratificata con legge 2 marzo 1963, n. 806; Condizioni 
e Tariffe per il trasporto delle cose sulle F. S. d.lg. 30 marzo 1961, 
n. 19� -artt. 38 par. 2 lett. a); 43 par. 1, lett. d). 
In forza dell'art. 54 della Convenzione Internazionale per il trasporto 
delle merci per ferrovia (C.l.M.) deL 25 febbraio 1961, ratificata 
con legge 2 marzo 1963, n. 806, gli impedimenti al trasporto delle merci 
per interruzione di linea notificati dopo l'accettazione deHa spedizione, 
sono regolati dalLa norma di cui alL'art. 38 delle Condizioni e Tariffe 
per iL trasporto delle cose sulle F.S. 

Per essa spetta aLL'utente, ai quaLe l'Azienda F.S. abbia chiesto 
istruzioni, L'alternativa facolt� di far proseguire il trasporto per altra 
via libera, senza aggravio di spese, oppure disporne la restituzione alla 
stazione di partenza od altra intermedia, restando obbLigato al pagamento 
della tassa di porto fino aUa stazione in cui il trasporto si � 
fermato. 

Qualora invece l'utente, impartendo istruzioni al di fuori di tale 
sua alternativa facolt�, disponga che i carri ferroviari siano trattenuti 
in sosta fino al termine deU'interruzione deUa linea per essere poi avviati 
a destinazione, sono a suo carico le tasse' di sosta previste dalL'art. 43 
par. 10 lett. d) delle Condizioni e Tariffe, per l'intero periodo di giacenza 
delle merci (1). 

(1) 'Non constano precedenti in termini, ma la sentenza appare rigorosamente 
,aderente alla dtscipl!Lna 1stabhlita daWLe Condizioni e Tariffe peir i:l tria.sporto 
delle cose sulle F.S. (r.d.l. 25 gennaio 1940, n. 9 e succ. mod.), che 
dettano un organico sistema e nel cui ambito vanno ricercati i principi che 
regolano la materia. 
Le tasse di sosta assumono, in siffatta regolamentazione, materia di corrispettivo 
peil" l'UISO, non compll.'eso nel contratto dii trasporto, de1le ~ee ferroviarie 
in genere, dei carri e delle conseguenti prestazioni di custodia delle 
cose e sono dovute, in linea di principio, le quante volte la giacenza non 
sia imputabile all'Amministrazione (art. 43 lett. b) Cond. e Tariffe). 

La normativa dettata dall'art. 38, par. 2, lett. a) delle Condizioni e Tariffe 
si pone come disciplina speciale rispetto a quella generale prevista dall'art. 
1686 ,c, civ. 1e ,contempera, Ln vista della complessa a'l'tioolazdone del 

5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

792 

(Omissis). -La societ� ricorrente, con unico motivo denunzia violazione 
e falsa applicazione: degli artt. 24 e 54 della Convenzione internazionale 
per il trasporto delle merci per ferrovia (C.I.M.) di cui fu 
autorizzata la ratifica ,con legge 2 marzo 1963, n. 806; degli artt. 24, 35, 
38, 42 e 43 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle cose sulle 
ferrovie dello Stato, approvate con r.d.I. 25 gennaio 1940, n. 9 e successive 
modificazioni; nonch� dell'art. 1686 c'.c. Al riguardo la ricorrente 
sostiene che sono applicabili le norme anzidette della C.I.M., ma 

. 

. 


che, non prevedendo e.sse la materia della so.sta, questa � disciplinata 
dalle norme nazionali di ciascun Stato. E nella specie le tasse di sosta 
non sarebbero dovute perch� l'art. 43 delle Condizioni e Tariffe sopra 
citate regola le ipotesi di ritardo che possano verificarsi ahl'inizto e dopo 
l'esecuzione del trasporto, restando al di fuori d�ella sua normativa i ritardi 
durante il percorso (sosta nelle stazioni intermedie). 

Il motivo non � fondato. 

Anzitutto, va precisato che -come � pacifico, ir�. forza dell'art. !)4 
della Convenzione :internazionale (C.I.M.) pi� sopra ricordata -il caso 
di specie � regolato �dalla legge italiana. Al riguardo � da specificare 
che esso � sussumibile nell'ambito previsionale del d.P.R. 30 marzo 
1961, n. 197 avente per oggetto: �Revisione delle Condizioni per il trasporto 
delle cose sulle ferropie dello Stato�. Ol'lbene, l'art. 38 di tale 
decreto disciplina gli � impedimenti al trasporto � e, lllel suo paragrafo 

n. 2 considera specificamente l'ipotesi di � interruzione di linea � nel 
cui ambito, come non � controverso, rientra appunto la fattispecie. 
Sotto la lettera a) del detto paragrafo si considerano le � spedizioni 
accettate prima della notifica dell'illlterruzione � e tale era quella oggetto 
deHa lite. In proposito la norma citata (art. 38, par 2, lett. a) dispone 
testualmente: � Se la spedizione, accettata prima della notifica dell'interruzione, 
pu� aver corso per altra linea dell'Amministrazione, questa 
decide se ,sfa nell'illlteresse del mittente farla proseguire per altra l:inea 
rimasta libera, oppure tratten�rla per chiedergli istruzioni. 
Se il trasporto ha corso per altra liinea, agli effetti del computo 
della tassa di porto, non si tiene �conto del prolungamento di percorso 
determinato dall'interruzione. 

Ove il mittente disponga la restituzione della spedizione alla stazione 
di partenza o ad aUra intermedia, possa il trasporto aver corso �o 
meno per altra linea rimasta libera, le tasse di porto sono dovute fino 
alla stazione in cui il trasporto � stato fermato, ed H percorso di ritorno 
viene eseguito in esenzione di tasse�� 

servizio ferroviario, gli interessi dell'Amministrazione con quelli dell'utente 
per i casi di interruzione di linea, sicch� solo nell'ambito di tale disposizione 
l'utente pu� essere sollevato dall'obbligo del pagamento delle tasse 
per la sosta resasi necessaria. 



PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE 

Dalla suesposta normativa si evince, a chiare note, che -di fronte 

alla scelta operata dall'Amministrazione ferroviaria (cio� proseguimento 

al mittente con richiesta di istruzioni) :__ l'utente, quando (come nella 

specie) gli siano state chieste le istruzioni, ha la facolt� alternativa di 

fare proseguire il trasporto per altra via libera senza aggravio di spese, 

oppure disporne la restituzione alla sta�zione di partenza o ad altra inter


media, restando egH tenuto, in tali ipotesi, a pagare la tassa di porto 

soltanto fino alla stazione in cui il trasporto � stato fermato. 

Con la regolamentazione in parola la legge ha sicuramente inteso 

con.temperare gli interessi contrapposti dell'Amministrazione e dell'uten


te in una .situazione di emergenza determinata da eventi improvvisi 

ed imprepedibili. 

Orbene, da tale regolamentazione risulta per certo escluso che il 
mittente �possa pretendere che i carri ferroviari siano trattenuti in so�sta 
__ fino alla �cessazione dell'interruzione della linea per essere, poi, avviati 

alla stazione terminale. 

Pertanto (avendo la societ� ricorrente scelto quest'ultima soluzione 

non prevista dall'�art. 38 citato tra quelle dianzi indicate, ne consegue 

-come rettamente ha argomentato la sentenza qui dl?nunziata -l'as


sunzione, a carico della societ� stessa, �degli oneri causati dal soddisfa


cimento della sua richiesta, in essi inclusa la corresponsione della tassa 

cli sosta per il periodo di giacenza della spedizione in attesa del ripd


stino della linea �. 

Questa decisione trova ulteriore conforto nel disposto dell'art. 43 

dello stesso d.P.R. n. 197 del 1961 che disciplin� la � Giacenza delle 

cose su sede ferroviaria� e le �Tasse di sosta�. Tale norma, nel suo 

primo paragrafo -riguardante � Casi di giacenza ed applicazione delle 

tasse di sosta � -statuisce: � Quando, per una delle cause di �seguito 

indicate, le cose rimangono giacenti nelle stazioni, sui carri, nelle agen


zie, o, in qualsiasi altro locale od area della Amministrazione, sono do


vute le tasse di sosta previste dall'allegato 1 �. E, alla lettera d), il pa


ragrafo stesso tra le ipotesi in parola specifica testualmente: �ogni altra 

causa indipendente dalla Amministrazione compresi i sequestri ed i pi


gnoramenti, nonch� per ogni fatto od omissione imputabili all'utente �. 

Ora non pare dubbi-o che il �comportamento attuato dalla ricorrente 

-con il dare alle Ferrovie dispo�sizioni diverse da quelle sole, sopra in


dicate, che era facoltizzata ad impartire in forza dell'art. 38 citato 


integri proprio gli estremi di un fatto imputabile ad essa utente, giusta 

la previsione normativa test� richiamata (art. 43, par 1, lett. d). 

Pertanto il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente, societ� 

per azioni Montecatini-Edison S.p.A. condannata alla perdita del deposito 

effettuato per il caso di soccombenza. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1972, n. 2225 -Pres. Favara 
-Est. Valore -P. M. Chir� (conf.) -Fallimento Mangiarotti 
(avv. Paola e Nicol�) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Coronas). 


Obbligazioni e contratti -Risoluzione per inadempimento -Risarcimento 
del danno -Presupposto. 

(c. civ., art. 1453). 
Obbligazioni e contratti -Inadempimento -Acquiescenza della parte 
interessata -Successiva impugnativa -Inammissibilit�. 

(c. civ., artt. 1218, 1453). 
Poich� ii risarcimento del danno presuppone un inadempimento 
imputabile, consegue che quando sia da rigettare la domanda di risoluzione 
del contratto per mancanza di colpa nell'inadempimento o per 
la scarsa importanza di esso, viene meno il presupposto per l'accogiimento 
della domanda accessoria di risarcimento. 

La parte che presta completa acquiescenza alta violazione di un 
obbligo contrattuale posto in essere daWaltro contraente, non pu�' pi� 
addurre tale violazione come motivo di inadempimento (1). 

Con il primo mezzo di ricorso il fallimento -den.unziando la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1218 e 1181 e.e. in 
relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. -censura la decisione della Corte di 
merito per avere a torto ritenuto che l'azione di risarcimento del danno 
per inadempimento contrattuale presuppone, come quella di risoluzione, 
un inadempimento di non scarsa importanza e sostiene che la valu


(1) Circa l'incidenza deili'iml.denn[limento nell'economiia contrattuale, 
agli effetti della domanda di risoluzione, dal legislatore voluta � di non 
scarsa importanza� art. 1455 e.e., si concorda che a tal fine non si debba 
far capo alla presumibile volont� dell'interessato, ma tener conto dell'inadempimento 
in relazione alla concr.eta situazione contrattuale. Cfr. Cass., 
28 novembre 1955, n. 3809; 9 maggio 1956, n. 1518; 3() maggio 1959, n. 1636, 
ecc. ecc. 
In ordine poi .ad �cri.ted che valg�ano ad !Ldentiftoaire !l'imporitanza o la 
gravit� dell'inadempimento, la giurisprudenza non offre elementi certi, riferendosi 
al pregiudizio della finalit� economica che le parti ebbero di mira 
od all'impedimento del normale svolgimento del rapporto secondo l'intenzione 
dei contraenti, ovvero al perturbamento della sostanza del contratto. 

In particolare, cfr. Cass., 21 ottobre 1955, n. 3406; 24 febbraio 1958, 

n. 607; 3 aprile 1959, n. 988, ecc. � stato sottolineato, occorre aver riguardo 
anche al comportamento tollerante del creditore in quanto, denunziando 
uno scarso interesse all'adempimento nei precisi termini contrattuali, pu� 
essere valutato ai fini del giudizio sulla gravit� dell'inadempimento. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

zione che va fatta dell'inadempimento ai fini risolutori del collltratto 
� diversa da quella che viene in rilievo allorquando si lamenti la inesatta 
esecuzione di esso che abbia provocato danno. 

La doglianza non � fondata. 

Come questa Suprema Corte' ha gi� altre volte ritenuto (sentenze 
nn. 2723 del 1968 e 1645 del 1962), secondo i principi generali sulla 
responsabilit� per inadempimento (art. 1453 in relazione aill'art. �1218 
e.e.) il risarcimento del danno presuppone un inadempimento imputabile, 
con la conseguenza che allorquando sia da rigettare la domanda 
di risoluzione del contratto per mancanza di colposit� nell'inadempimento 
o per la scarsa importooza di esso, viene meno il presupposto per 
l'accoglimento della domanda accessoria di risarcimento. 

E poich� la valutazione dell'importanza dell'inadempimento costituisce 
una questione di mero fatto devoluta al giudice di merito la cui 
soluzione si sottrae al controllo di legittimit� quando come nella specie 
sia sorretta da adeguata motivazione, fa dedotta violazione di legge 
� insussistente. 

Nella specie, peraltro, va considerato che la Corte di appello, attraverso 
la incensurabile valutazione degli atti e del comportamento delle 
parti, ha in definitiva ritenuto l'insussistenza dell'inadempimento in 
quanto ne ha es.eluso ogni rilevanza apprezzabi:le attrav�erso la considerazione 
che neppure l!a parte interessata aveva creduto di avvalersene 
n� sotto il profilo dell'art. 1453, n� sotto quello dell'art. 1455, n� sotto 
quello dell'art. 1460 e.e. (� execeptio inadimpleti contractus � o, pi� 
esattamente, �non rite adimpleti contractus �), n� facendo ricorso al 
mezza di coazione previsto dagli artt. 39 e 40 delle condizioni generali 
d'oneri, applicabile anche al somministrante, mezzo che d� alLa parte 
il potere di non provvedere alla fornitura successiva fin quando quella 
preceednte non sia stata esattamente adempiuta. 

Escluso l'inadempimento, perde perci� stesso di ogni rilievo anche 
iil richiamo che il ricorrente fa dell'art. 1218 e.e. (�il debitore che non 
esegue esattamente la prestazione dovuta � tenuto al risarcimento del 
danno�) per sostenere, anche sulla base dell'art. 1453 e.e. che l'inadempimento 
di scarsa importanza, se non pu� dar luogo a risoluzione, fa 
sorgere per� un'azione per il risarcimento dell danno. 

Ma la censura che ne occupa appare priva di consistenza anche per 
un altro assorbente motivo. 

Invero, anche ad ammettere che un inadempimento vi sia stato da 
parte dell'Amministrazione deHa Difesa c�ol richfodere al somministrante 
.in contratto, non per questo la sentenza impugnata potrebbe essere 
cassata. 

Con apprezzamento esauriente e giuridicamente corretto delle circostanze 
di fatto, la decisione denunciata ha infatti posto in rilievo che 


796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il somministrante, pur di fronte alla ricorrente violazione dell'obbligo 
periodico di richiesta da parte della somministrata, non sollev� mai 
alcuna protesta e forni le quantit� minori man mano che venivano !l'ichieste, 
senza obiezione alcuna acconsentendo cos� ad un adempimento 
inc�ompleto. Ora, � proprio questa accettazione incondizionata e protratta 
nel tempo che infirma la ricostruzione giuridica prospettata dal 
ricorrente. Viene, infatti, a perdere anche sotto questo aspetto o~i 
rilievo la importanza maggiore o minore dell'inadempimento (ed �, 
perci�, superfluo l'�esame del secondo motivo col quale si denlliilcia una 
ulteriore violazione degli articoli sopra citati e l'erroneit� del procedimento 
logico-giruridico attraverso il quale la Corte del merito � pervenuta 
a convincersi della scarsa importanza dell'inadempimento), giacch�, 
come � di tutta evidenza o come questa suprema Corte ha gi� afferma
�to (cass. 214 �settembre 1971, n. 2:570~ la parte che ha prestato �completa 
acquiescenza alla violazione di un obbligo contrattauale posto in 
essere dall'altro contraente non pu� addurre tale violazione come motivo 
di inademp~mento, e ci� per avvenuta rinuncia. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 luglio 1972, n. 2333 -Pres. Maccarone 
~ Est. De Biasi -P. M. Cutrupia (diff.) -Ministero dei Trasporti 
(avv. Stato Agr�) c. Viglienti (avv. Tranquilli e Aurelj). 

Responsabilit� civile -Assicurazione obbli~atoria del personale fer


roviario contro ~li infortuni sul lavoro -Limita~ione di responsa


bilit� dell'Amministrazione -Sussiste. 

(Cost., art. 28; r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 e d.P. 30 giugno 1965, n. 1124, 

art. 10; r.d.� 10 marzo 1938, n. 1054, art. 1). 

Infortunio sul lavoro -Illecito costituente reato -Responsabilit� civile 
del datore di lavoro -Declaratoria di non doversi procedere Poteri 
del Giudice civile. 

\ 

(r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, comma quinto; d.P. 30 giugno 1965, n. 1124, 
art. 10, comma quinto). 
La limitazione di responsabilit� del datore di lavoro, prevista dall'ai,
rt. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 10 d.P. 30 giugno 1965, 

n. 1124) recante disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni 
sul lavoro, sussiste anche n.ei confronti dello Stato e degli Enti 
pubblici soggetti a tale assicurazione (1). 
(1) Cfr. Cass., 7 luglio 1962, n. 1761, in Foro It., 1963, I, 107; 11 dicembre 
1964, n. 2862, in Giust. Civ., 1965, I, 991, con la quale la Corte di Cassazione 
ha riconosciuto che l'esonero di responsabilit� del datore di lavoro 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 797 

Nell'ambito della previsione di cui all'art. 4, r.d. 17 agosto 1935, 

n. 1765 (art 10 d.P. 30.giugno 1965, n. 1124) spetta ai giudice civile di 
accertare se il fatto costituisca reato, agii effetti dell'eventuaie risarcimento 
dei danno da parte del datore di lavoro per L'infortunio sul 
Lavoro sub�to dal dipendente, non soitanto nei caso di declaratoria di 
non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia, ma in 
ogni aitra ipotesi in cui ii giudice penaie non abbia potuto accertare 
la sussistenza dei reato per estinzione dello stesso o per mancata identificazione 
dei suoi autori (1). -(Omissis). 
(Omissis). -La Corte di merito ha ritenuto non applicabile all'Amministrazione 
delle FF.SS. l'art. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sulle 
assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e ne ha emesso 
la condanna al risarcimento dei danni non a norma del terzo e quarto 
comma di detto articolo bens� in aderenza ai principi generali della responsabilit� 
civile, nell'ambito precettivo dell'art. 28 della Costituzione. 

L'Amministrazione rtcorrente, con l'unico motivo di censura, deduce 
l'applicabilit� ad essa del menzionato articolo 4, in particolare 
delle norme sul lavoro compreso nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria 
(caso di specie), e, quale effetto conse,guenziale riflesso di questa 
tesi giuridica (disattesa dal giudice di flPPello), invoca l'annullamonto 
di entrambe le sentenze impugnate. La tesi di premessa � esatta 
ma ad essa non consegue l'accoglimento della i'stanza ,conclusiva di 
ricorso (art. 384 c.p.c.). 

Questa Corte Suprema con .sentenze 7 luglio 1962, n. 1761 e 30 
maggio 1969, n. 1931, dissentendo dal contrario indirizzo giurisprudenziale 
espresso dalla sua precedente gentehza del 27 marzo 1962, n. 615, 
ha dichiarato che l'art. 4 del r.d. 18 aprile 1935, n. 1765 � invocabile 
anche quando 1l'infortunio sul lavoro sia stato provocato da fatto illecito 
del dipendente dello Stato o di ente �pubblico e, nel caso di specie, il 
Collegio ritiene di dover aderire a questa ultima enuneiazione di diritto, 
ancorata; fra le altre evidenziate in .sentenza 1761 del 1962, alle seguenti 
considerazioni essenziali: 

previsto dall'art. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sussiste anche nell'ipotesi 
di responsabilit� nascente dalla violazione degli obblighi sulla tutela 
delle condizioni di lavoro (art. 2087 e.e.). 

(1) Cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 198 1a senten:ra della Corte Costituazionale 
9 marzo. 1967, n. 22 con la quale � stata dichiarata la incostituzionalit� 
del comma 5 art. 4 r,d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 10 comma 
quinto d.P. 1965, n. 1125) per il quale veniva demandato al giudice civile 
il potere di accertare se il fatto generatore dell'infortunio sul lavoro costituisse 
reato, nelle sole ipotesi di estinzione del reato per morte dell'imputato 
o per amnistia. 



798 

RA.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il r.d. 10 marzo 1938, n. 1054, nel dichiarare �il persona�le delle 
ferrovie dello Stato compreso nell'assicurazione obbligatoria contro ..... 
di cui al r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 �, ha inteso, in mancanza di disposizioni 
contrarie, estendere al personale stesso tutta la disciplina giuridica 
dettata dal decreto del 1935; anche quella particolare, cio�, relativa 
agli effetti dell'assicurazione obbligatoria sulla responsabnit� civile 
sussidiaria dei datori di lavoro (art. 4); 

-la norma dell'art. 28 de1la costituzione pTevede la responsabilit� 
generale dello Stato e degli Enti pubblici nelle ipotesi di atti illeciti 
compiuti da � loro funzionari e dipendenti � ma non tende affatto ad 
aillilullare le limitazioni di questa responsabilit� previste ragionevolmente 
dalla legge sulle assicurazioni obbligatorie degli infortuni sul 
lavoro; 

-l'esclusione dello Stato e degli Enti pubblici dane limitazioni 
di responsabilit� disciplinate dall'art. 4 dle r.d. 1765/35 creerebbe una 
-ingiunstificabile disparit� di trattamento tra datori di lavoro pubblici 
e privati che :siano egualmente soggetti all'obbligo dell'assicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. 

Peraltro, la ritenuta applicabilit� dell'art. 4 all'Amministrazione 
ricorrente non'determina, come gi� detto, l'annul!lamento della impugnata 
sentenza nei capi ammissivi di re�sponsabilit� civile dell'Amministrazione 
stessa per l'infortunio df specie, bens� soltanto la correzione 
dell'errore di diritto integrato dalla negazione di tale appli.cabilit�. 

Ed invero: 
A) L',art. 4, pi� volte menzionato, autorizza il Giudice civile a 
decidere se � per il fatto che avrebbe cos.tituito reato sussista la responsabilit� 
civile � del datore di lavoro � qualora sia stata pronunciata sentenza 
di non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia ., 
ma a queste esplicite ipotesi di dichiarata ammissibilit� di indagine 
e pronuncia del Giudice civile deve aggiungersi non solo quella di sentenza 
di n.d.p. per prescrizione del reato (in aderenza alla sentenza 
9 marzo 1967, n. 22 della Corte Costituzionale) bens� anche l'altra di 
sentenza di n.d.p. per essere rimasti ignoti gli autori del reato stesso: 
sempre che, -come nelfipotesi di responsabilit� dell'Amministrazione 
dello Stato�:___ per l'affermazione di tale responsabilit� non sia indispensabile 
l'idenificazione della persona che abbia commesso l'illecito penale 
accertato nella sua concretezza obiettiva. 
E tanto perch�, in interpretazione estensiva del dettato normativo 
dell'art. 4, nell'ambito della sua previsione devono comprendersi tutte 
le ipotesi fo cui il Giudice penale non abbia potuto accertare la sussistenza 
del reato per estinzione dello stesso o per mancata identificazione 
dei suoi autori. -(Omissis). 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 346 -Pres. Potenza Est. 
F~lici -Ruzzuto (avv.ti Stancanelli, Bongiorno e Gorgone) c. 
Commissione Centrale vigilanza edHizia popolare ed: economica 
(avv. Stato Terranova), Soc. Coop. edil. � La Nuova tecnica � 
(avv. Virga), Ferrone ed altri (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi 
cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato. 

Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi 
cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio -Ricorso 
contro pronuncia della Commissione centrale di vigilanza -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato. 

Edilizia popolare ed economica -Alloggi cooperativi -Morte di un 
socio -Successione -Data di consegna -Omessa redazione del 
verbale di consegna -Irrilevanza. 

La pretesa del socio di una Cooperativa aU'acquisto dell'alloggio, 
seco,ndo le norme vigenti sull'edilizia povolare ed economica, inerisce 
ad un interesse legittimo e non ad un diritto soggettivo; pertanto, appart�ene 
alla giurisdizione del Co'l'l,siglio di Stato la controversia attinente 
all'esistenza o meno del titolo a conseguire l'assegnazione di un appartamento 
e all'eventuale subingresso da parte degli eredi nella posizione 
di un socio defunto (1). 

Rispetto alle varie specie di pronunce comp1�ese nella sfera delle 
attribuzioni detla Commissione centrale di vigilanza per l'edilizia popolare 
ed economica, la giurisdizione del giudice amministrativo discende 
dalla natura della situazione fatta valere dall'istante nei confronti della 
determinazione specifica adottata dal predetto organo; pertanto, � ammis-� 
sibile il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato proposto contro la 
pronuncia della Commissione centrale che, senza disporre l'annullamento 
di un atto giuridico, abbia stabilito l'esistenza o l'inesistenza del 

(1-3) Massime esatte. 



800 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

titolo all'attribuzione deU'alloggio sociale (o all'eventuale subingresso, da 
parte degli eredi, nella posizione del socio defunto), ledendo l'interesse 
legittimo di uno o pi� soggetti (2). 

Ai sensi dell'art 116, primo comma, t.u. 28 aprile 1165, secondo cui 
nelle Cooperative a propriet� individuale a contributo erariale al socio 
che muoia dopo la consegna dell'alloggio di cui all'art. 98 t.u. cit. succedono 
i suoi eredi secondo il diritto comune, � previsto uno stretto 
collegamento fra la consegna dell'alloggio e la data della morte del socio, 
ammettendo il subingresso quando la prima preceda la seconda ed escludendolo 
nell'ipotesi opposta, sempre in presenza di elementi idonei a 
qualificare la liceit� della immissione nel possesso del socio defunto; pertanto, 
poich� il richiamo fra le due norme suddette concerne l'aspetto 
concreto della consegna, consistente nell'effettiva attribuzione del godimento 
concesso in modo lecito, e cio� in conformit� deUa scelta compiuta 
dall'organo sociale, nessuna rilevanza assorbente pu� assumere, ai fini 
della trasmissibilit� del titolo agli eredi, la redazione del verbale di consegna, 
che � inidonea ad ostacolare la successione degli eredi stessi, 
derivante dalla specifica situazione propria del defunto, e che deve essere 
consentita nei confronti di coloro che hanno titolo al subingresso quando 
la morte del socio abbia impedito la compilazione del verbale stesso (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 347 -Pres. Meregazzi 
-Est. Schinaia -Breida (avv.ti Zini Lamberti e Pulvirenti) 

c. Comune di Nichelino (avv. Dal Piaz), Ministe,ro lavori pubblici 
(avv. Stato Petrone) e Ufficio tecnico erariale di Torino (n. c.). 
Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Termine per l'impu


gnazione -Proprietari delle aree� incluse nel piano -Decorrenza 

dalla notificazione. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Deposito 
del piano -Notifica -Termine -Non � perentorio. 

Edilizia popolare ed economica -Piani ex L. n. 167 del 1962 -Progetto 


Allegati -Elenco dei proprietari -Elenco non aggiornato -Illegit


timit�. 

Ai sensi dell'art. 8, utimo comma, legge 18 aprile 1962, n. 167, ai proprietari 
delle aree incluse nel piano di zona per l'edilizia economica e 
popolare deve essere notificato L'avviso di deposito del decreto di approvazione 
del piano e degli atti allegati, presso la segreteria comunale; 
pertanto, per detti soggetti, il termine per l'impugnativa del decreto 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 801 

ministeriale di approvazione del piano e della delibera comunale di adozione 
del medesimo decorre dalla data della predetta notificazione, e non 
dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione nella Gazzetta 
Ufficiale (1). 

Il termine entro il quale il Sindaco, ai sensi dell'art. 8, legge 
18 aprile 1962, n. 167, deve provvedere alla notifica del deposito del 
piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare, decorrente 
dall'inserzione del decreto di approvazione nella Gazzetta Ufficiale, 
non ha carattere perentorio, essendo diretto a sollecitare le Amministrazioni 
comunali a promuovere la pubblicazione e la notificazione del piano 
stesso, in modo che gli interessati ne abbiano conoscenza; pertanto, il 
superamento di detto termine non implica di per s� l'illegittimit� o 
l'inefficacia del piano (2). 

Ai fini della valida adozione del piano delle zone da destinare alla 
edilizia economica e popolare, il Comune ai sensi della legge 18 aprile 
1962, n. 167, deve allegare al progetto di piano gli elenchi catastali delle 
propriet� comprese nel piano che corrispondano allo stato delle propriet� 
nel momento i.n cui il progetto medesimo viene elaborato, in 
quanto tale esatta corrispondenza risponde alla duplice finalit� di fa1� 
riscontrare ulteriormente al Comune lo stato attuale dei suoli da esproprim
�e e di permettere ai proprietari dei suoli inclusi nel progetto, giusta 
il disposto dell'art. 6 legge cit., di presentare le proprie opposizioni; pertanto, 
� iLlegittimo il piano di zona, ove il Comune, negli elenchi catastali 
da allegare al progetto, abbia erroneamente riportato un fondo intestato 
ai vecchi proprietari, ma trasferito anteriormente all'adozione del piano, 
e sul quale insisteva uno stabilimento industriale costruito dal nuovo 
proprietario sempre in data anteriore a detta adozione (3). 

(1-3) Per riferimenti, cfr. Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 37, Il Consiglio 
di Stato, 1971, I, 23. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 maggio 1972, n. 363 -Pres. Meregazzi 
-Est. Battara -Cocciani (avv.ti Colzi e Ciantelli) c. Prefetto 
di Firenze (avv. Stato Vitucci), Comune di Scandicci (avv.ti Predieri 
e Lorenzoni) e Provveditore regionale 00.PP. per la Toscana (avv. 
Stato Vitucci). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Edilizia 
scolastica -Presupposto -Dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza 
-Mancanza -Illegittimit� dell'occupazione. 



802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST~TO 


Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Edilizia 
scolastica -Presupposti -Dichiarazione di indifferibilit� ed ur


genza -Parere della Commissione provinciale sul progetto -Non 
� tale. 

Il decreto prefettizio che, ai sensi dell'art. 71, legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, autorizza i'occupazione temporanea di un'area pe1� la costruzione 
di un edificio scolastico ha come suo presupposto che i lavori siano stati 
approvati dal Provveditore regionale alle opere pubbliche, dichiarando 
l'opera di pubblica utilit� e i lavori indijjeribiii ed urgenti ai sensi dell'art. 
14, legge 28 luglio 19.67, n._ 641; pertanto, tale decreto � illegittimo, 
ove il Provveditore regionale alle 00.PP. si sia limitato ad imporre il 
vincolo dell'area, derivando da ci� la dichiarazione di p.u. dell'opera ma 
non anche la dichiarazione di urgenza e indifferibilit�, che consegue, 
per l'art. 14, soltanto all'approvazione del progetto (1). 
Ai sensi dell'art. 21, legge 28 luglio 19.67, n. 641, la Commissione 
provinciale per l'edilizia scolastica esprime solo un parere nel caso in 
cui il Comune intenda eseguire a proprie cure e spese il completamento, 
la costruzione o il riattamento di un edificio scolastico; pertanto, ai fini 
della legittimit� de�l decreto prefettizi� di occupazione temporanea dell'area 
prescelta, tale parere non pu� in nessun modo equivalere all'approvazione 
del progetto, cui consegue, ai sensi dell'art. 14, la dichiarazione 
di urgenza e indifferibilit�, che � presupposto del decreto prefettizio 
in parola (2). 

(1-2) Esatta applicazione delle norme racchiuse negli artt. 14 e 21, 
legge 28 luglio 1967, n. 641. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 maggio 1972, n. 414 -Pres. BaTraCaracciolo 
-Est. De Roberto -Paoletti (avv. Guarino) c. Ministero 
sanit� (avv. Stafo Dallari), Vetere ed altri (avv. Schiller), Spaltin 
ed altri (n. c.). 

Impiego pubblico -Consi~io di amministrazione -Composizione Ministero 
sanit� -Partecipazione del Direttore generale dell'Istituto 
superiore di sani~� -Illegittimit�. 

Impiego pubblico -Consiglio di amministrazione -Composizione Rappresentante 
del personale -Dipendente di carriera inferiore 
a quella da amministrare -Illegittimit�. 

Ai sensi dell'art. 146 t.u., 10 gennaio 19.57, n. 3, il Consiglio di amministrazione 
dei Ministeri � costituito, tra l'altro, dai direttori generali 
e dagli impiegati con qualifica superiore che hanno l'effettiva direzione 



PARTE I, SEZ. IV, 'GIURISPRUDENZA AMMIN�STRATIVA 803 

di un servizio centrale; pertanto, illegittimamente fa parte del Consiglio 
di amministrazione del Ministero della sanit� il Direttore generale dell'Istituto 
superiore di sanit�, costituendo tale Istituto una peculiare unit� 
tecnico-amministrativa la quale -per la sua composizione e per i compiti 
dei quali � investita -non costituisce una Direzione generale (1). 

� iilegittima la nomina in seno al Consiglio di amministrazione di un 
Ministero, in qualit� di rappresentante del personale, di un dipendente di 
carriera (nella specie, ausiliaria) diversa ed inferiore a quelle che il Consiglio 
stesso � chiamato ad amministrare (nella spec~e, carriere direttive, 
di concetto ed esecutiva) (2). 

(1-2) Su entrambe le massime, �l'orientamento del Consiglio di Stato � 
difforme: suhla prima cfr. prurerie, Sez. II, 25 giugno 1968, n. 657, Il Consiglio 
di Stato, 1969, I, 1495; su~la seconda, Sez. VI, 21 novembre 1967, n. 777, ivi, 
1967, I, 2306. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 468 ~ Pres. Merega.:
i -Est. Battara -Agudio Ca11pani (avv. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (avv. Stato di Tarsia). 

Militare -Ufficiali -Promozioni -Graduatoria ex art. 31 I. n. 1137 del 
1955 -Impugnativa -Inammissibilit�. 

In base alla legge sull'avanzamento degli ufficiali per gradi elevati 
(legge 12 novembre 19_55, n. 1137) che non prevede la formazione dei 
quadri di avanzamento a scadenza annuale, ma dispone (art. 31), per 
gli anni in cui non sono previste promozioni, l'approvazione di graduatorie, 
con � quadri di avanzamento solo se nel corso dell'anno vengono 
a verificarsi vacanze nei gradi rispettivamente superiori ,, , tali graduatorie 
non ledono direttamente interessi tutelabili in sede giurisdizionale 
prima che esse diano luogo alla formazione di un quadro di avanzamento 
a seguito di vacanze determinatesi nell'anno; pertanto, il ricorso proposto 
contro di esse, in tali condizioni, non � ammissibile, per carenza di una 
lesione diretta e attuale delL'interesse (1). 

(Omissis). -Il ricorrente, valutato per il 1970 ai sensi dell'art. 31 
della legge n. 1137 del 19�55, � stato giudicato idoneo all'avanzamento al 
6� posto della graduatoria di merito. Poich� per l'anno in questione non 

(1) Questione nuova, per quanto consta, e di particolare interesse. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

804 

vi � luogo a formazione del quadro di avanzamento, il ricorrente impugna, 
sotto il profi.lo della violazione di legge ed eccesso di potere, la 
graduatoria chiedendone l'annullamento. 

Ritiene il Collegio che la questione del tutto nuova sollevata con il 
ricorso de quo richieda alcuni chiarimenti preliminari. 

Come � noto, la legge sull'avanzamento degli ufficiali per i gradi 
elevati di alcuni ruoli non prevede la fovmazione dei quadri di avanzamento 
a scadenza annuale, ma l'art. 31 della ~tessa legge dispone che 

� per gli anni in cui non sono previste rpromozioni � il Ministro � aipprova 
ugualmente le graduatorie, ma forma i quadri di avanzamento solo nel 
cor3o. dell'anno vengono a verificarsi vacanze nei gradi rispettivamente 
superiori � � 
A differenza quindi dalle procedure di avanzamento disposte ai sensi 
dell'art. 25 della legge, che d�nno luogo nella ptima fase ad un giudizio 
sulla .idoneit� degli ufficiali all'avanzamento e nella seconda fase alla formazione 
di una graduatoria di merito che comporta l'iscrizione in quadro 
di avanzamento dei primi graduati, la procedura prevista dall'art. 31 
implica che alla graduatoria di merito,.non segua immediatamente la 
formazione di un quadro di avanzamento. 

Tale diversit� dei due procedimenti comporta rsostanziali diversit� 
dal punto di vista della impugnabilit� degli atti relativi alla formazione 
delle .graduatorie nei due casi. 

Infatti, nei casi di impugnativa dei giudizi di avanzamento, quando 
in base al punteggio viene formata la graduatoria ed in base ad essa 
si procede alla iscrizione in quadro di avanzamento dei primi graduati, 
in via normale la procedura di avanzamento pu� essere impugnata sia 
per i1legittimit� del giudizio di �non idoneit� all'avanzamento� sia per 
la mancata iscrizione sul quadro di avanzamento. In entrambi i casi 
l'impugnativa investe il solo giudizio pronunciato nei confronti del sin-

J 

golo valutato e non anche la graduatoria di merito, in quanto l'avanzamento 
degli ufficiali ha luogo a scelta e non per merito comparativo e 
la legge (art. 4 in relazione all'art. 49) prevede che in caso di annullamento 
del giudizio, in sede di ricorso straordinario al Capo dello� stato 
od in sede giurisdizionale, il giudizio deve essere rinnovato e l'uffi.ciale, 
con il punteggio conseguito nella nuova valutazione si inserisce nella graduatoria 
relativa a.Ua preci;:dente valutazione. 

Dal �sistema della legge consegue quindi che dalle impugnative dei 
giudizi di avanzamento dei singoli ufficiali valutati non possono derivare 
lesioni di interessi legittimi degli altri valutati, posto che l'eventuale 
annullamento dei giudizi stessi non incide sulla graduatoria e sul quadro 
di avanzamento formatosi a seguito di essa. 

Ci� non significa evidentemente, come gi� �altre volte affermato dalla 
giurisprudenza di questo Consiglio, che in casi particolari non possa 
essere impugnata la graduatoria insieme al quadro di avanzamento per 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRU.DENZA AMMINISTRATIVA 

uno dei motivi che possono viziare la legittill:nit� della procedura, come, 
ad esempio, quando la procedura di avanzamento sia censurata sotto 
il profilo della iUegittimit� nella composizion.e della Commissione di 
Avanzamento. In tal caso evidentemente 'il rico.rso deve essere notificato 
a tutti gli ufficiali valutati in quanto l'eventuale annullamento della 
graduat'Oria e del quadro di avanzamento lede direttamente ed in modo 
attuale i loro inte�ressi. 

Sia nel caso di impugnativa dei singoli giudizi di avanzamento, 
sia in quello eccezionale di impugnativa -unitamente ad essi -delle 
graduatorie formate ai sensi dell'art. 25 della legge di avanzamento, 
l'iimpugnativa � rivolta all'annullamento di una graduatoria o di una 
posizione di un singolo ufficiale nella graduatoria stessa. in quanto dal 
posto occupato nella graduatoria deriva -come necessario presupposto 
-la inclusione o la esclusione dal quadro di avanzamento. In sostanza 
dal sistema della legge appare che la lesione diretta ed immediata derivante 
dalla formazione della �graduatoria degli idonei all'avanzamento ha 
riferimento unicamente alla mancata iscrizione in quadro dell'ufficiale. 

C~� 1premesso, la questione che sorge in ordine al ricorso de quo � 
se la formazione di una graduatoria ai sensi dell'art. 31, prima che si 
formi il quadro di avanzamento per effetto delle vacanze determinatesi 
nell'anno, sia impugnabile ex se, in quanto idonea a provocare una 
lesione diretta ed attuale degli interessi di uno dei valutati. 

Il Collegio non ritiene che le graduatorie formate ai �sensi dell'art. 31 
della legge n. 1137 del 1955 ledano direttamente interessi tutelabili in 
questa sede, prima che esse. diano luogo alla formazione di un quadro 
di avanzamento a seguito di vacanze determinatesi nell'anno e pertanto 
non ritiene ammissibile il ricorso rivolto contro la sola graduatoria di 
merito. 

Ritiene infatti il Collegio che la graduatoria in s� e per s� considerata 
non determini una lesiqne di un interesse diretto ed attuale. 
Non sembra infatti, che ai fini del sindacato di legittimit� possano trovare 
applicazione per le promozioni a scelta degli ufficiali e per le graduatorie 
nelle quali esse vengono compresi quei criteri, sempre affermati 
dal.fa .giurisprudenza, relativi all'interesse ad impugnare le graduatorie 
per le promozioni per merito comparativo anche ai soli fini del miglioramento 
della 1posizione nella graduatoria, indipendentemente dalla possibilit� 
di conseguire la pr�mozi�one. Nelle promozioni per merito comparativo 
l'impugnabilit� della posizione nel.la graduatoria, a prescindere 
dalla 1possibHit� di conseguire la promozione, deriva dal sistema della 
comparazione che rende immediata e diretta la lesione del pretermesso. 
Nel caso invece delle promozioni a scelta non essendo formata la graduatoria 
di merito attraverso una comparazione dei valutati, la posi



806 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione dei singoli �ufficiali � sindacabile soltanto per gli effetti che la 
posizione nella graduatoria ha sulla formazione del quadro di avanzamento. 
Va anche rprecisato che se si ammettesse che le graduatorie 
formate ai sensi dell'art. 31 possano essere impugnate a prescindere 
dalla formazione di un quadro di avanzamento, dovrebbe ammettersi 
che sono impugnabili anch.e le posizioni delle graduatorie 'formate ai 
sensi dell'art. 25 della legge ai soli fini di migliorare la posizione nella 
gr�duatoria anche se tale miglioramento non tmplichi la inclusione nel 
quadro di avanzamento. 

N� il Collegio rpu� condividere la tesi sostenuta dal ricorrente circa 
la pretesa lesione che dalla graduatoria formata ai sensi dell'art. 31 
gli deriverebbe, in quanto essa influirebbe sulla graduatoria deH'anno 
successivo. L'argomento in questione dimostrerebbe gi� di rper s� che 
il ricor�rente denuncia no? una lesione attuale, ma una lesione futura 
non tutelabile in sede di sindacato di legtttimit�; ma vi � di pi�, in 
quanto l'ammettere che la graduatoria fovmata per un anno possa influire 
su graduato�rie future, significa, in buona sostanza, negare quella autonomia 
dei giudizi di avanzamento che � sempre stata affermata dalla 
giurisprudenza in tema di rprocedura di avanzamento degli ufficiali. 

Per i motivi esposti, non :potendo H Collegio !riconoscere l'esistenza 
di una lesione diretta ed attuale dell'interesse del ricorrente conseguente 
alla formazione della graduatoria prima della formazione di un 
quadro di avanzamento impugnabile, il ricorso deve essere dichiarato 
inammissibile. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 486 -Pres. Meregazzi 
-Est. Granata -Comune di Conca dei Marini (avv. Volpe) 
e Beneficio parrocchiale di Conca dei Marini (avv.ti Caterina e 
Messina) c. Ministero pubblica istruzion.e (avv. Stato Terranova). 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico 
ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 -Contrasto 
con l'art. 9 Cost. -Manifesta infondatezza. 

Demanio e patrimonio -f.Demanio storico ed artistico -Vincolo storico 
ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939 -Contrasto 
con l'art. 53 Cost. -Manifesta infondatezza. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico 
ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939 -Contrasto 
con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. 



-


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

807 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico 
e artistico -Zona di rispetto -Le~ittimit� -Demanio e patrimonio 
-Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico Zona 
di rispetto -Preesistenza vincolo paesistico -Irrilevanza. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico 
e artistico -Zona di rispetto .. Carattere monumentale del bene 
protetto -Valutazione discrezionale della P. A. 

Demanio e patrimonio -Dem�nio storico e artistico -Vincolo storico e 
artistico -Discrezionalit� -Insindacabilit�. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e 

artistico -Competenza -Zona di demanio marittimo -Concerto 

col Ministero marina mercantile -Non occorre. 

La facolt� concessa aL Ministro per La pubblica istruzione di prescrivere 
le misure atte a salvaguardare l'integrit� delle cose immobili, 
evitando che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, �. 
oCYTllfoll'me aUa Lettera e ano, spirito d.eUa Costituzione, secondo cui. 
(art. 9.) la Repubblica tuteLa il paesaggio e il patrimonio storico e artistico 
della Nazione; pertanto, � ma'f!,ifestamente infondata la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 21, legge 1� giugno 1939, n. 1089, 
per contrasto .con L'art . .~ cit. (1). 

Nel caso che si voglia vedere nei vincolo di interesse storico e 
artistico imposto con ,l'art. 21, legge 1� .giugno 1939, n..1089 una prestazione, 
deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 21 cit.,. per contrasto oon l'art. 23 Cost., 
in .quanto in tale disposizione consiste la norma di legge cui il. dettato 
costituzionale fa rinvio per la legittimit� dell'imposizione di una prestazione 
personale o patrimoniale (2). 

Il vincolo di interesse storico e artistico imposto con l'art. 21, legge 
1� giugno 19.39:, n. 1089, non costituis.ce una espropriazion� totale o. parziale, 
ma una mera limitazione imposta al diritto di propriet�; peTtanto, 
� manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale 
della citata norma, per contrasto cc:m. l'art. 42 Cost., tenuto C0'nto che, 
quand'anche si trattasse, nell'! specie, di una espropriazione, la riserva 

(1-8) Cfr. Corte Cost. 29 maggio 1968, n. 56, in questa Rassegna 1968, 
I, 450. 

6 



808 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prevista dal terzo comma di detto precetto costituzionale non vieterebbe 
che la legge ordinaria possa conferire alla P. A. poteri discrezionali (3). 

L'art. 21, legge l� giugno 1939, n. 1089, opera come vincolo indipendente 
dall'espropriazione disciplinata dal successivo art. 55, in quanto 
esso non espropria il bene da tutelare, ma stabilisce una limitazione 
legale del diritto di propriet� per la tutela della prospettiva e della 
luce della cosa o delle sue condizioni di ambiente o di decoro; pertanto, 
spettando all'Amministrazione, per la finalit� della citata legge e per 
l'ampia port.ata dell'art. 21 suddetto, la potest� di dettare misure e prescrizioni 
di qualsivoglia natura, legittimamente l'Amministrazione dispone 
la �ostituzione di zone di rispetto, anzich� procedere all'espropriazione 
degli immobili circostanti il bene da tutelare (4). 

La legge 1� giugno 1939, n. 1089, che tutela una cosa immobile 
sotto i profili di prospettiva, di ambiente e di decoro, opera indipendentemente, 
e con finalit� diverse, dalla legge 29 giugno 19.39, n. 1497, 
che tutela una zona costituente bellezza naturale in s� e per s�, indipendentemente 
dalla circostanza che in essa esista o no una cosa di 
interesse storico e artistico; pertanto, l'esistenza di un vincolo di bellezza 
naturale gi� imposto ai sensi della legge n. 1497 del 1939, non 
preclude la possibilit� di stabilire un successivo vincolo sul medesimo 
immobile per interesse storico e artistico, a norma della richiamata 
legge n. 1089 del 19.39 (5). 

La circostanza che il complesso tutelato ai sensi dell'art. 21, legge 
1� giugno 1939, n. 1089, sia effettivamente �monumentale� costituisce 
un giudizio tecnico che rientra nella valutazione discrezionale della 

P. A. (6). 
La P. A. al fine di tutelare il patrimonio storico e artistico della 
Nazione, deve essere libera tanto nella scelta del vincolo da imporre e . 
del momento dell'imposizione, quanto nella determinazione dell'estensione 
territoriale del vincolo stesso, in relazione alle effettive esigenze 
di interesse pubblico che essa � chiamata a tutelare; pertanto, sono 
insindacabili in sede di legittimit�, perch� rientranti nell'apprezzamento 
di merito dell'Amministrazione, le considerazioni in base alle quali viene 
vincolato l'ambiente circostante un'opera di interesse storico e artistico 
(7). 

A differenza dell'art. 13, legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla tutela 
delle bellezze naturali, l'art. 21, legge 1� giugno� 1939, n. 1089', non 
richiede che i provvedimenti di imposizione di vincolo storico e artistico 
su beni compresi nell'ambito del demanio marittimo siano emanati dal 
Ministro per la pubblica istruzione di concerto con quello della marina 
mercantile; pertanto, legittimamente il provvedimento di imposizione 
del vincolo ex art. 21 cit., � adottato dal solo Ministro per la pubblica 
istruzi'one (8). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINU;jTRATIVA 809 

. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 5317 -Pres. Po.
tenza -Est. Benvenuto -Costanzo (avv. Prosperetti W.) c. Ministero 
grazia e giustizia (avv. Stato Zagari). 

Impiego pubblico -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura 
-Valutazione -Insindacabilit�. 

Impiego pubblico -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura -Annullamento 
dell'elaborato -Copiatura di una od altra parte del 
tema -Irrilevanza. 

Impiego pubblico -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura 
-Annullamento dell'elaborato -Obbligo della Commissione � 
Sussiste -Motivazione -Criterio. 

n valutare se un candidato ad un pubblico concorso od esame 
(nella specie, aU'esame di procuratore legale) abbia copiato in parte 
una prova scrit~a costituisce apprezzamento tecnico, non censurabile 
in sede di legittimit� se non per illogicit� macroscopiche (1). 

Ai sensi dell'art. 23, terzo comma, r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, per 
l'annullamento di un elaborato scritto in sede di p.bblico concorso od 
esame (nella specie, a procuratore legale) � irrilevante che sia stata 
copiata la parte fondamentale del tema o altra parte di questo, di carattere 
meramente introduttivo (2). 

La Commissione giudicatrice di un concorso, una volta convintasi 
dell'avvenuta copiatura parziale dell'elaborato, � vincol�ta all'annullamento 
di questo, senza che debba o possa indagare se la restante parte 
del compito consenta il giudizio di maturit� intellettuale e di idoneit� 
del candidato (nella specie, esami a procuratore legale); pertanto, il 
verbale della Commissione di esame che annulla un elaborato scritto 
di un candidato � legittimamente motivato col rilievo che il lavoro era 
parzialmente copiato e con l'indicazione specifica (e cio� dell'Autore 
dell'opera e del luogo) a cui il candidato aveva attinto (3). 

(Omissis). -1. -I due motivi_ di impugnazione -che, per es~re 
strettamente collegati, vanno congiuntamente esaminati -sono entrambi 
da disattendere. 

In proposito deve anzitutto rilevarsi �Che il valutare se un candidato 
all'esame di procuratore legale abbia copiato in par,te una prova 
d'esame scritto costituisce, .alla stregua della giurisprudenza di questo

1

(1-2-3) Cfr. IV Sez., 23 ottobre 1963, n. 638 e 14 luglio 1967, n. 326, 
1l Consiglio di Stato 1963; I, 1326, 1967, I, 1161. 



810 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Consiglio, un apprezzamento tecnico, non censurabile, in questa sede 
di mera legittimit�, se non per illogicit� macroscopiche, che nella specie 
non ricorrono. 

Circa, poi, l'assunto secondo cui, nell'.iipotesi di c�piatura non integrale, 
la normativa valevole per l'esame di che trattasi (art. 23, comma 
terzo, del �r.d. 2,2 gennaio 1934, n. 37) consentirebbe l'annullamento 
dell'elabornto solo quando tale copiatura riguardi la parte centrale del 
tema, e non pure, quindi, quando concerna la parte introduttiva o preliminare 
di esso, � da dire che trattasi di una distinzione che !'-indicata 
normativa non fa. Alla stregua di questa, invero, � irrilevante, per 
l'annullamento dell'elaborato, la circostanza che sia stata copiata la 
parte fondamentale del tema o altra parte di questo, di carattere meramente 
introduttivo. 

Quanto ai restanti profili di .censura, � da osservare che l'tmpugnato 
provvedimento � legittimamente motivato con il rilievo che il 
lavoro era parzialmente copiato e coll'indicazione specifica della fonte 
(e cio� dell'Autore, dell'ope�ra e del luogo) a cui il candidato aveva 
attinto. 

Null'altro la Commissione giudicatrice doveva aggiungere. 

Essa, inoltre, non era tenuta ad indagare se la restante parte dell'elaborato 
(-quella ritenuta. non copiata) consentisse di formulare, nei 
confronti del �Candidato, un giudizio di maturit� intellettuale e di idoneit� 
all'esercizio della professione. 

A tacer d'altro, � da osservare in proposito che, come � 'stato gi� 
affermato dal Consiglio (v., in particolare, le decisioni di questa Sezione 
14 luglio 1967, n. 326, e 23 ottobre 1963, n. 6318), la Commissione 
di esami, una volta convintasi dell'avvenuta copiatura parzfale dell'elaborato, 
� vincolata all'annullamento di questo, senza che, quindi, 
debba o possa sobbarcarsi all'indagine se la restante parte del compito 
consente il 1summenzionato giudizio di maturit� e idoneit�. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 giugno 1972., n. 5'40 -Pres. Meregazzi 
-Est. Qua.ranta -Boscarino (avv.ti Midini e Sciacca N.) 

c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Terranova). 
Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e 

artistico -Modificazione�-Diniego -Motivazione per relationem 


Legittimit�. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -�Vincolo storico e 
artistico -Discrezionalit� -Insindacabilit�. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Sll 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico 

e artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939. -Con


trasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. 

Il provvedimento col quale il Ministero della pubblica istruzione 
dichiara di non voler modificare il vincolo di interesse storico e artistico 
imposto, ai sensi deUa legge 1� giugno 1939, n. 10&.9, su un terreno 
privato (in quanto neUa relativa zona si estendeva 'parte di u~a necropoli 
e sussistevano resti cospicui di abitazioni eUeniche e romane con 
tratti di antiche strade), dopo gli scavi effettuati dal proprietario sulla 
base di una convenzione intervenuta con l'Amministrazione, � legittimamente 
motivato per relationem al parere del Consiglio superiore delle 
antichit� e �elle arti. 

Esula dal giudizio di legittimit� l'indagine in ordine alla maggiore 

o minore importanza di reperti archeologici rinvenuti nel corso di alcuni 
scavi e�all'opportunit� o meno che essi siano salvaguardati col vincolo 
previsto dalla legge 1� giugno 1939, n. 10&9, trattandosi di valutazioni 
attinenti al merito amministrativo e, pi� in particolare, alla ci.iscre. 
/ . 

zionalit� tecnica dell'Amministrazione. 

� marnifestamente infondata la questione .di legittimit� costitu


zionale della legge 1� giugno 1939, n. 1089, sul vincolo delle cose di 

inte1�esse storico e artistico, per contrasto con l'art. 42 Cast. (1). 

(Omissis). -1. -Come si � esposto in narrativa, con d.m. 15 settembre 
1951 veniva sottoposto alle disposizioni della legge 1� giugno 1939, 

n. 1089, il terreno indicato nel ricorso ora di propriet� dei ricorrenti, 
sito in Siracusa, in quanto neHa relativa zona si estendeva ;parte della 
Necropoli Arcaia e sussistevano cospicui resti di abitazioni elleniche 
e romane con tratti di antiche strade. Il predetto decreto veniva notificato 
il 3 ottobre 1951 e trascritto il 2.0 deUo stesso mese. 
Nel 1900 i ricorrenti chiedevano alla Sopraintendenza alle Antichit� 
di Siracusa di poter procedere a lavori di �Scavo per mettere in 
luce eventuali resti archeologici e potere utiliziare l'area di risulta per 
la costruzione di villette condominiali di limitata altezza e Hmitato 
volume, circondate .da verde, da ubicare in rapporto agli eventuali 
rinvenimenti archeo~ogici. 

Veniva cos� stiipulata una convenzione tra l'Amministrazione e i 
richiedenti con la quale, tra l'altro, si prevedeva che il piano generale 

(1) Giurisprudenza costante. C'fr., fra le tante, Sez. VI, 3 novembre 
1970, n. 710, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 2024. 

812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d1 sistemazione della zona sarebbe stato sottoposto all'approvazione del 

Ministero della Pubblica Istruzione, previo parere del Consiglio Supe


riore delle Antichit� e Belle Arti. 

Effettuati gli scavi, i ,ricorrenti presentavano un � progetto di mas


siJma � per la costruzione, anzich� di villette condominiali, di un albergo 

e di altri manufatti nella zona, che veniva sottoposto al parere del 

Consiglio Superiore. 

Sulla base di tale parere, il Ministro, con atto del 2 settembre 1964, 

n. 158'6, comunicava di non :poter modificare in alcuna parte il vincolo 
. esistente. 
L'attuale impugnativa, proposta dagli interessati., � rivolta sia contro 
l'indicato provvedimento del 2 settembre 1964, sia contro il 

d.m. 15 settembre 1951. 
2. -Ci� premesso, appare evidente innanzitutto, come siano irricevibili 
'per ta�rdivit� l'impugnativa de�l citato d.m. 15 settembre 195�1 e, 
quindi, tutte le censure Ili!-osse dai ricorrenti avverso tale atto a pi� 
di tredici anni di diistanza dell'emanazione, notificazione e trascrizione. 
In particolare, deve essere dichiarata irricevibile la prima censura 

del primo motivo che � diretta all'annullamento dell'originario decreto 

di vincolo. 

Ricevibile �, invece, la seconda �censura di tale mezzo che � rivolta 

contro il provvedimento del 2 settembre 1964 con il quale l'Ammini


strazione ha dichiarato di non voler modificare il vincolo preesistente, 

dopo gli scavi .effettuati dagli interessati sulla base della convenzione 

intervenuta inter partes. 

Con la predetta censura, ulteriormente sviluppata ed integrata con 

il secondo motivo del rico!'lso introduttivo e con il secondo ed il terzo 

motivo ag.giun1o, i ricorrenti censurano la determinazione ministeriale 

e, quindi il parere reso dal Consiglio Superiore delle Antichit� �e Belle 

.A:r.ti la cui motivazione � per reiationem richiamata ne'n'impugnato 

provvedimento, sotto i profili del difetto di motivazione, del difetto di 

istruttoria, nonch� dell'eccesso di potere per non aver disposto, almeno 

in parte, la modificazione del precedente vincolo. 

La censura � destituita di fondamento sotto tutti gli indicati profili. 

In primo luogo, sotto il profilo meramente formale, non pu� rite


nersi che sussista la denunciata mancanza di motivazione, giacch� 


come si � accennato -questa � contenuta nel parere del Consiglio 

Superiore che per relationem � richiamato nell'atto. 

Non ,sussiste, in secondo luogo_. il difetto di motivazione denunciato, 
in quanto il Consiglio Superiore � pervenuto alla conclusione 
circa la inopportunit� della modifica del vincolo richiesta dai ricor~ 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

renti, in base sia alla relazione dell'Ispettore Centrale Pirof. Degrassi, 
che si era recato sul posto per specifico incar\co di esamina,re e riferire, 
sia ai irisultati degli scavi che avevano me'sso in luce � importanti 
resti della Siracusa romana �. 

Risulta, quindi, smentita dagli atti l'affermazione dei ricorrenti 
secondo la quale non �sarebbero stati rinvenuti, ~el corso degli scavi, 
resti archeologici; ed � chiaro come esuli dal giudizio di legittimit� 
l'indagine, sostanzialmente sollecitata dai ricorrenti medesimi, in ordine 
alla maggiore o minore i!mportanza dei �reperti rinvenuti ed all'opportunit� 
o meno che essi fossero salvagua,rdati con il vincolo di cui alla 
legge 1� giugno 1939, n. 1089, trattandosi di valutazioni attinenti al 
merito amministrativo e ipi� in particolare alla discrezionalit� tecnica 
dell'Amministrazione che non � per certo sindacabile in sede di legitUmit�. 


N� la convenzione stipulata dai ricorrenti con l'Ammini:strazione 
conferiva ai primi � il diritto� alla rimozione totale o parziale del vincolo, 
giacch� essa lasciava ovviamente libera l'Amministrazione di valutare 
diLsC!fezionalmente !':importanza ed il rilievo archieologico degli 
eventuali reperti, al fine di stabilire se e per quanta parte il terreno 
potesse essere utilizzato per finalit� private. Oltre tutto, poi, mentre 
nella convenzione si faceva riferimento alla possibilit� di costruzione di 
villette condominiali, H progetto di massima presentato dagli interessati 
riguardav:;i la costruzione di un albergo e di un fabbricato per 
abitazione. 

Sotto a1tro profilo, i ricorrenti denunciano il difetto di istruttoria 
e di motivazione del parere, e quindi, del provvedimento, in quanto 
osservano che il Consiglio Superiore non poteva basare il suo assunto 
sulla relazione dell'Ispettore Cenkale Degrassi che non era componente 
delfa Sezione prima. 

L'assunto � destituito. di fondamento, in quanto ben poteva l'Amministrazione 
incaricare un suo funzionario di procedere ad accertamenti 
istruttori e di riferire poi in ordine ai risultati di siffatti accertamenti 
all'or1gano collegiale investito della funzione consultiva, perch� 
questo potesse avere a disposizione tutti gli elementi di giudizio necessari. 


N� era necessaria la verbalizzazione della relazione, cio� l'inserimento 
del testo di que,sta nel verbale della seduta del Consiglio Superiore, 
essendo sufficiente il riferimento nel parere, alla relazione stessa e 
la sua allegazione agli atti. 

Non sussiste poi il denunciato contrasto di valutazioni, e quindi, 
il difetto di motivazion� del parere, tra la citata relazione e le osservazioni 
del Sopraintendente alle Antichit� di Siracusa Prof. Bernab� 
Brea. 


'814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anzitutto, lo stesso Sopraintendente, nella sua .�relazione trasmessa 

al Ministero il 24 aprile 1964, precisava che gli scavi erano stati visitati 

anche dall'Ispettore Centrale Degrassi che avrebbe rpotuto � riferire pi� 

ampiamente al Ministero �. In secondo luogo, lo stesso Sopraintendente, 

anche se aveva espre�sso l'avviso che a suo giudizio non poteva esclu


dersi del �tutto la possibilit� di una edificazione nell'area dei ricorrenti, 

non aveva affatto escluso l'esistenza dei reperti archeologici, tanto � vero 

che la sua osservazione concludeva nel senso che in ogni caso av�rebbe 

dovuto essere � assicurata la salvaguard~a o il recupero dei resti pi� 

importanti �. 

E d'altronde, la valutazione dell'importanza dei predetti reperti 

e quindi dell'opportuni�t� di rimuovere in tutto o in parte il vincolo 

preesistente era riservata, anche sulla base deUa convenzione inter 

partes, al Ministero deHa Pubblica Istruzione. 

Del pari infondata �, infine, la �censura secondo la quale il prov


vevdimento sarebbe illegitt1mo per non avere, se n�on rimosso, almeno 

modificato il vinc�}o. La relativa valutazione, rimessa al discrezionale 

apprezzamento dell'Amministrazione non sindacabile in sede di legit


timit�, appare congruamente motivata, sicch� deve escludersi la sus


sistenza del denunciato vizio. 

3. -Con il terzo motivo del rico�rso introduttivo i ricorrenti deducono 
l'incompetenza del Ministro ad imporre H vincolo, sotto il profilo 
che nel territorio della Regione siciliana la relativa competenza spetta 
agli organi region;:ili. 
Innanzitutto, la censura � irricevibile perch� � rivolta avver.so il 

d.m. 15 settembre 1950; essa, comunque, � anche infondata, giacch� 
il vincolo in questione � stato conva.Udato in via autonoma con provvedimento 
2 gennaio 1965 dal Presidente della Regione siciliana. E il 
citato provvedimento, esibito in giudizio dalla difesa dell'Amministrazione 
fin dal 5 novembre 1965, non � stato impugnato dagli interessati. 
4. -Con il quarto motivi del ricorso si prospetta una questione di 
legittimit� costituzionale dell'intera legge 1� giugno 1939, n. 1089, in 
relazione al precetto costituzionale contenuto nell'art. 42 della Carta, 
sotto il �profilo della mancanza di previsione di un indennizzo per i 
vincoli di inedificabilit� posti dall'art. 21 della legge stessa. 
La questione, da un lato, � irrHevante giacch� � mancata -come 
si � gi� detto -la tempestiva impugnazi-one del decreto ministeriale 
di vincolo, sicch� l'eventuale declaratoria di illegittimit� costituzionale 
della leg.ge non gioverebbe ai ricorrenti; dall'altro, � anche manifestamente 
infondata, come ha gi� ripetutamente ritenuto questo Consiglio 
-senza che sia neanche il caso di ritornare sull'argomento, attesa 


PARTE I, SEZ. IV, GIU:RISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

anche la indicata f.rrilevanza . ai fini del presente giudizio, con decisione 
3 novembre 1970, n. 710 (Sez. VI), 25 luglio 1970, n. 583 (Sez. IV), 
6 marzo 1970, n. 1513 (Sez. IV) e 23 novembre 1966, n. 834 (Sez. IV). 

5. -Resta, infine, da esaminare� l'ultima �censura proposta con il 
rpdmo motivo aggiunto, con la quale si deduce l'Hlegittimi.t� della composizione 
della Sezione prima del Consiglio Superiore dell'Antichit� e 
Belle Arti e, in particolare, della sostituzione del Segretario, assente 
giustificato, con altro funzionario. 
La censura � infondata, in quanto dalla documentazione esibita 
in data 2 n�vembre 1965 dell'Avvocatura Generale dello Stato, e relativa 
alla composizione delle cinque Sezioni del Consiglio Superiore 
dell'Anti.chit� e Belle Arti (d.m. 10 luglio 1962 e d.m. 14 maggio 1963,), 
risulta che il predetto. organo collegiale � stato regolarmente composto 
a1lorch� ha emesso il parere sul quale si � basato l'atto impugnato. 
N� alcuna illegittimit� � .ravvisabile nella temporanea sostituzione del 
segretario della Sezione prima, data l'assenza giustificata del titolare 
della carica. -(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1683 -Pres. !cardi 
-Est. Elia -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Maraldi (avv. Fraccaroli) 
.c. Ministero delle FiJnanze (avv. Stato Soprano). 

�mposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione 
della data dell'udienza -Notifica -� regolare. 

(I. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 50). 
Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commis.sioni Comunicazione 
della data dell'udienza -Consegna a persona addetta 
all'Ufficio -Prova del rapporto di dipendenza -� a carico 
della parte notificante. 

(c. p. c. artt. 139 e 145). 
La comunicazione della data dell'udienza della commissione, che 
pru.� essere fatta con piego raccomandato con avviso di ricevimento, � 
valida anche se eseguita con atto notificato (1). 

Ove la comunicazione sia eseguita mediante consegna a persona 
ad.detta all'ufficio o all'azienda o addetta alla sede delle persone giuridiche, 
se la parte intimata non compare, deve la parte notificante dimostrare 
l'esistenza del rapporto di dipendenza o di destinazione del consegnatario 
dell'atto rispetto al destinatario della notificazione (2). 

(Omissis). -Col primo motivo del dcorso la ricorrente denuncia 
violazione dell'art. 50 della �I. 5 gennaio 1956, n. 1, in relaziorne all'articolo 
360 c.rp.c. ed a11'art. 111 della Costituzione, deducendo che la data 
dell'udienza di discussione del ricorso davanti la Commissione. Provinciale 
doveva essere comunicata al contribuente mediante piego racco


(1-2) Ci sembra che il formalismo che si vorrebbe instaurare nel procedimento 
dinanzi alle Commissioni sia eccessivo e tale da paralizzarne il 
funzionamento. Se per la comunicazione della data dell'udienza � sufficiente 
la spedizione di un plico raccomandato, pretendere che, ove si ricorra alla 
notifica, sia data la prova del rapporto di dipendenza o di destinazione della 
persona addetta all'ufficio, all'azienda o alla sede (e, per le stesse considerazioni, 
anche della persona addetta alla casa o della persona di famiglia) 
tutte le volte che il destinatario della comunicazione non compare, � molto 
di pi� di .quanto si fa nel giudizio ordinario e per gli atti che richiedono 
una vera e propria notificazione. 

La stessa cosa, ovviamente, dovrebbe dirsi per le comunicazioni fatte 
a mezzo di raccomandata, non potendosi supporre che il portalettere ga



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 817 

mandato con avviso di ricevimento, e tale mezzo di notifica, richiesto 
daUa disposizione speciale del citato articolo 50, rendeva inoperanti i 
mezzi di notifica previsti dalla norma generale dell'art. 139 c.p.c. 

La censura � infondata. L'art. 139 c.p..c. stabiHsce che se la notificazione 
non avviene in mruni proprie, in riferimento all'art. 138 c.p.c., 
pu� essere fatta; nella sede dell'azienda: mediante consegna a persona 
addetta all'azienda medesima, non minore degli anni quattordici e non 
palesemente incapace. L'art. 50 deNa I. 5 gennaio 1956, n. 1, che si applica 
ai procedimenti tributari davanti alle Commissioni Provinciali delle 
Imposte Indirette (Cass. 15 luglio 1968, n. 2527), nel prescrivere che la 
comunicazione al contribuente della data di discussione del ricorso davanti 
le dette Commisioni sia fatta mediante invio di piego raccomandato 
con awiso di ricevimento, non intende derogare alle disposizioni 
generaU del diritto processuale comune in materia di notificazione a 
mani proprie o mediante consegna a dipendente addetto all'azienda dagli 
articoli 13i8 e 139 c.p.c. Infatti �al processo tributario si applicano 
le disposizioni generali del diritto processuale comune che non siano 
contrastanti ed inconciliabili con .le forme fiscali e con le finalit� proprie 
ai procedimenti tributari (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706). La norma 
dell'art. 50 della legge n. 1 del 1956, intende di offrire all'Amministrazione 
una possibilit� di pi� comoda comunicazione, e, nello stesso tempo, 
di garantire i diritti del contribuente, esigendo che 1'uso di tale facolt� 
da parte degli Uffici Tributari sia disciplinato da garanzie particolari 
(avviso di ricevimento e raccom�llildazione del piego).. Ma la notifica 
a mani proprie o mediante consegna al!l'ad!detto all'azienda del 
contribuente non � inconciliabile con tale facolt�, ed assicura, anzi, 
al contribuente, maggiori garanzie che 1non quelle offerte dal servizio 
postale. Pertanto l'art. 50 citato non esclude che lAmministrazione 
possa comunicare l'avviso dell'udienza di _discussione del ricorso davanti 
la Commissione Provinciale delle Imposte Indirette al contribuente 
anche mediante notifica ai sensi degli articoli 138 e 139 c.p.c. 

rantisca una regolare consegna meglio dell'Ufficiale giudiziario. Tutto questo 
significa che in ogni seduta di commissione buona parte dei ricorsi fissati 
non possono essere trattati. 

Se � vero che l'Ufficiale giudiziario non fa un accertamento definitivo 
del rapporto tra la persona a cui consegna l'atto e quella cui la notificazione 
� diretta, si che � consentito contestare il detto rapporto, non si pu� tuttavia 
affermare che quanto risulta dalla relazione dell'Ufficiale giudiziario in 
ordine al rapporto sia del tutto irrilevante; la relata quanto meno certifica 
che la persona a cui l'atto � stato consegnato � stata rinvenuta nella casa, 
nell'ufficio, nell'azienda o nella sede sociale e si � qualificata per persona 
di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio ecc. E ci� � pi� che sufficiente per 
presumere la regolarit� della notifica ove non sia contestata. 

Ma sopratutto bisogna considerare che trattasi di una comunicazione 
per la quale (art. 136 c.p.c.) non si richiedono le forme della notificazione. 



818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O 

Pertanto il primo motivo del ricorso deve essere (['igettato, non sus


sistendo il divieto di notifica dell'atto di avviso dell'udienza di discus


sione nelle forme previste dagli articoli 138 e 139 c.p.c., per i proce


dimenti davanti le Commissioni tributarie, alle quali � applicabile anche 

l'art. 50 della legge n. 1, del 1956, citata. 

Il primo motivo perci� non pu� essere accolto. 

Col secondo motivo la societ� ricorrente deduce che poich� la no


tifica dell'atto era stata compiuta mediante consegna ad un �impie


gato�, l'Amministrazione notificante doveva dimostrare, data la man


cata comparizione del contribuente, destinatario dell'avviso di udienza, 

la ,sussistenza dei presupposti relativi alla applicabilit� del�'art. 139 

c.p.c., e, �Cio�, che effettivamente il consegnatario dell'atto Si trovasse 

in rapporto di dipendenza con la societ� contribuente, .e fosse un addetto 

�U'azienda ,sociale presso cui veniv~ eseguita la notificazione. La cen


sura, implicante denuncia di violazione degli articoli 139 e 145 c.p.c., � 

pienamente fondata. 

Per il combinato disposto degli articoli 24 rr.d. 8 luglio 1937, n. 1516 

e 50 della I. 5 gennaio 1956, n. 1, il contribuente ha �diritto ad avere 

regolare comunicazione dell'udienza per la discussione del ricorso da


vanti la Commissione tributada distrettuale e provinciale. 

Tale comunicazione pu� avvenire mediante raccomandata con avvi\ 
so di ricevimento, a termini dell'art. 50 della legge n. 1, del 1956, oppu;
re nei modi e forme previsti dal codice di procedura civile. 

L'Amministrazione pu�, dunque, in relazione agli articoli 139 e 145 

c.p.c., notificare l'atto mediante consegna a dipendente addetto all'azien


da del contribuente o alla 'sede di una societ�. 

Senonch�, l'ufficiale notif�c,atore non � tenuto ad indagare se sussi


sta il rapporto di dipendenza e di destinazione o alla sede (Cass. 28 apri


le 1965, n. 1177) e dunque la relazione dell'ufficiale giudiziario non fa 

prova incontrovertibile della veridicit� di tale rapporto, pre,supposto 

della legittimit� della notificazione (Cass. 7 gennaio 1957, n. 7). 

Se tale rapporto venga contestato, spetta al notificante dimostrare 

l'esistenza dei presupposti dell'applicabilit� dell'art. 139 e dell'ar,t. 145 

c.p.c., e, cio�, dell'esistenza del rapporto di dipendenza o di destinazione 

del consegnafario dell'atto, rispetto al destinatario della notificazione 

(Cass. 15 febbraio 1960, n. 525). In ipotesi di mancata comparizione 

della parte desitnataria della notificazione, non essendo certo che l'atto 

abbia raggiunto H suo scopo, ossia che �siano state �raggiunte le finalit� 

obbiettive richieste dalla legge (Cass. 26 ottobre 1960, n. 290�9), deve la 

parte notificante dimostrare che tali finalit� di legge furono raggiunte, 

dando la prova della regolarit� della notificazione e della sussistenza 

dei suoi presupposti legali (Cass. 11 maggio 1963, n. 1160). 

\ 



PARTE I, SE;Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 819 

Nella decisione impugnata, mentre si afferma apoditticamente �non 
comparso il contribuente quantunque regolarmente avvertito � non si 
d� modo di seguire l'iter logico per giungere a tale apprezzamento, n� 
si fa alcun riferimento ad indagini svolte in merito, o alle 1prove .suffr.aganti 
tale affermazione immotivata. 

Non essendovi la prova della regolarit� della notificazione dell'avviso 
di udienza richesto dalla legge, la Commissione avrebbe dovuto 
darne atto, e, se riteneva che tale prova vi fosse, avrebbe dovuto esporre 
sia pur sommariamente i motivi di .tale convincimento. Comunque, 
la violazione di legge � nel fatto che n� la Amministrazione, n� la Commissione, 
si diedero carico dell'onere probatorio, della regolarit� dell'avviso. 
(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1687 -Pres. Giannattasio 
-Est. Elia -P. M. Martinelli (conf.). -Soc. Mineraria Ferromin 
(avv. Guidi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato AngeliniRota). 


Imposta di registro -Diritti di escavazione mineraria -Trasferimento Natura 
immobiliare -Valutazione di congruit� -Vi sono soggetti. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). 
I diritti di escavazione mineraria, bench� si esercitino su beni demaniali 
e siano trasferibili cori limitazioni, costituiscono una utilit� 
economica di natura immobiliare (frutti naturali non separati) che, in 
caso di trasferimento, � soggetta a valutazione di congruit� a norma 
dell'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). 

(Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente denuncia violazione 
dell'art. 15 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione ~ll'art. 360, n. 3, 
c.p.'c. ed omessa motivazione su un punto decisivo, in rapporto all'articolo 
,360, n. 5, c.p.c., deducendo che il contratto, soggetto all'imposta, 
aveva per oggetto trasferimento di un diritto personale e non reale e, 
conseguentemente non era consentito il procedimento di valutazione 
.previsto dal citato art. 15 del d.l. del 193�6, per il trasferimento di un 
diritto reale. La censura � infondata. Come, con ,congrua e corretta motivazione, 
pose in evidenza la Corte di merito, nella spede, �erano stati 
ceduti i diritti di escavazione dei minerali,. diritti che avevano per oggetto 
materiali non separati dal .suolo e, dunque, aventi natura immobiliare. 
Per l'art. 820 c..c., infatti, i prodotti delle miniere sono frutti 
naturali e, finch� non separati, formano parte della cosa immobile che 
li produce. Pertanto il contratto di escavazione � da considerarsi nello 

(1) Massima esattissima: Non constano precedenti in. termini. 

820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

schema di una vendita immobiliare se le parti considerarono il giacimento 
nella sua unit� (Cass. 9 ottobre 19516, n. 3413). E proprio perch� 
la norma tributaria non pu� mai �Conferire al negozio una configurazione 
diversa da queHa stabilita dail codice civile (Cass. 16 luglio 1965, 

n. 1573), nella vigente legge di registro sopra richiamata, � espressamente 
assog.gettata alla stessa imposta, stabilita per le cessioni di diritti 
reali immobiliari e per le vendite di immobili, la cessione di diritti di 
escavazione mineraria, aventi natur1a reale immobiliare. Il primo motivo 
del ricorso va perci� rigettato. 
Col secondo� motivo si denuncia violazione degli articoli 15 e 16 

d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 1in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., deducendosi 
dalla ricorrente che, poich� il diritto di escavazione mineraria ha 
per oggetto lo sfruttamento di un bene demaniale e non pu� formare 
oggetto di trasferimento, se non nei limiti fossati dagli atti amministrativi 
di concessione e di autorizzazione, ta'1e situazione giuridica esclude 
la possibilit� concreta di <ricorso al sistema estimativo mediante commisurazione 
dell'imposta a un valore venale e che non pu� esistere per i 
diritti minerari. Anche questa censura � infondata. Nei limiti fissati dagli 
atti amministrativi e dalla legge, i diritti di sfruttamento minerari 
possono essere ceduti, secondo un corrispettivo economico; indipendentemente 
da ogni cessione, i detti diritti pr~sentano, comunque, una utilit� 
economica, un valore economico apprezzabile, che prescinde dalla 
concreta utilizzazione (Cass. 10 maggio 1940, n. 1488) e rispetto al 
quale � sempre possibile .stabilirne il valore venale. Tale valore venale 
� non solo relativo alle cessioni autorizzate ma alla utilizzazione potenziale 
della miniera, considerata in relazione anche al mercato dei prodotti 
minerari. Infatti, il concetto di vcalore venale � sempre presuntivo, 
e si risolve, appunto, in un giudizio� estimatorio, di valore, ossia in una 
valutazione, che non equivale mai ad una constatazione matematica, 
ma implica un apprezzamento, in definitiva, opinabile. Anche il secondo 
motivo del ricorso va rigettato. (Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1890 -Pres. Pece 
-Est. Miele -P. M. Trotta (conf) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Corsini) c. Fallimento Soc. New Star (avv. de Anna). 

Imposta di registro -Locazioni pluriennali -Sistema di tassazione 
ex lege 23 dicembre 1962, n. 1744 -Risoluzione del contratto -Effetti. 


(1. 23 dicembre 1962, n. 1744, artt. 1 e 2). 
La legge 29 dicembre 1962, n. 1744, deroga, quanto ai contratti di 
locazione immobiliati pluriennali urbani, alle norme degli artico.Li 54 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 821 

e 12 della legge di registro, sostituendo al pricipio della liquidazione 
dell'imposta per tutta la durata del contratto, quello della periodicit� 
della liquidazione con riferimento alie� singole annualit� di effettiva 
attuazione del rapporto locatizio. Pertanto, nel caso di risoluzione del 
contratto, l'imposta non � dovuta per gli anni successivi a quello in cui 
si � verificata la risoluzione (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denunzia 
la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1 e 2 della 

1. 23 dicembre 1962, n. 1744; 8 e 12 della J. di Re:gtstro di cui al r.d. 
30 dicembre 1923, n. 3269; 12 delle disposizioni della legge in ,generale 
e per omessa o quantomeno insufficiente motivazione su punti decisivi. 
La Corte Costituzionale con la sentenza 29 dicembre 1962, n. 1744, 
ha ritenuto incostituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, 
l'art. 2, comma .secondo, della 1. 21 dicembre 1962, n. 1744, �contenente 
nuove disposizioni per la applicazione delle leggi di Registro e del-
1'1.G.E. ai contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte 
in cui consente, per i contratti di locazione pluriennali, la pel'cezione 
annuale d�ll'I.G.E. anche nella ipotesi di intervenuta risoluzione del 
contratto nell'anno precedente. L'Amministrazione ricorrente afferma 
che a seguito della predetta sentenza della Corte Costituzionale resta 
bens� �caducato il diritto della finanza a percepire l'I.G.E. �per gli anni 
successivi a quello in -0ui si.asi verificata la, risoluzione del contratto di 
locazione, ma resta integro il diritto della Finanza a percepire l'imposta 
di Registro in relazione alfa intera durata convenuta inizialmente per 
il rapporto locatizio nel �contratto, essendo l'imposta di Registro, per 
sua natura, imposta di atto. 

Per la pratica quantificazione e percezione della imposta di Registro 
con riferimento agli anni successivi a quello della risoluzione de�l 
rapporto locatizio, l'Amministrazione ricorrente aveva prospettato ai 
giudici del merito diversi .criteri onde pervenire a stabilire la parte del 
tributo, considerato unitariamente (l.G.E. ed imposta d� registro) dall'art.. 
1 della legge n. 1744 del 1962, che doveva ritenersi imputabi~e 
e�sclusivamente a titolo di imposta di Registro. La ricorrente si duole, 
in questa 1sede, �che a torto la sentenza impugnata abbia ritenuta giuiidicamente 
impossibile l'adozione dei prospettati criteri, i quali -al 
contrario -essendo desumibm, a parere di essa ricorrente, dalla legge, 
rientravano nei compiti di interpretazione della legge istituzionalmente 
devoluti al giudice. 

(1) Sui precedenti e sui particolari agpetti della importante questione 
decisa dalla presente sentenza e dalle altre, di identico tenore, nn. 1891, 
1892 e 1893, si � ampiamente riferito della Relazione Avv. Stato 1966-70, 2, 
pag. 719 ss. Ora le SS.UU. della C:assazione hanno disatteso le tesi svolte 
dal!l'Avvocatum, e di ci� non pu� non prendersi atto. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La censhra � infondata. 

� La pretesa dell'Ammin~strazione finanziaria perch� venga riconosciuto 
il suo diritto a per.cepire l'imposta di registro sul contratto di 
locazione in questione (importo da determinare, con depurazione dell'imposta 
sull'entrata, in un'O dei modi proposti da es,sa amministrazione 
ricorrente)�. non ha fondamento giuridico. A parte l'arbitrariet� dei criteri 
da essa PTOposti per determinare l'importo della sola imposta di registro, 
la pretesa dell'Amministrazione poggia sul presupposto che la 

c.d. imposta sulle locazioni immobiliari regolata dalla legge n. 1744 del 
1962 sia aderente al sistema generale di cui alle norme degli articoli 
54 e 12 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, relativi 
ai� contratti di locazione. n�che invece non � esatto. 
Invero le menzionate norme della legge organica di registro non 
trovano pi� applicaZ:ione per le locazioni immobiliari urbane per le 
quali, invece, la legge n. 1744 del 1962 ha predisposto un diverso ed 
innovativo regolamento che deroga alle norme generali della legge 
organica di Registro in tema di locazione di cose. 

Il sistema della legge di registro a riguardo della sudetta locazione 
si desume dall'art. 54, in relazione agli articoli 8 e 12 della stessa legge 
e agli articoli 44 e 45 deHa tariffa ali. A. �Nel caso di locazioni a tempo 
deteI'miriato l'imposta viene lLquidata e percetta �sull'intero dei prezzi e 
dei corrispettivi pattuiti per il previsto periodo di durata del contratto. 
Al momento della registrazione viene quhldi determinato tale imponibile 
e ad esso � appljcata 1'ali:qu9ta d'1mposta. L'art. 12 della legge organica 
di Registro precisa che, UJna volta pagata l'imposta di registro in tal 
modo determinata, la somma percetta dall'ufficio non pu� essere restituita 
in caso di riforma, ris�l�zione, rescisisone del contratto anche per 
effetto� de11:'avverarsi di condizione risolutiv~ alla quale l'atto si trovasse 
vincolato, n�, in via .generale, per qualsiasi evento successivo 
eocettuati i �casi tassativ;amente indicati dall'art. 14 (della stessa legge 
di Registro). Pertanto, ai fini della determinazione dell'imponibile, non 
ha tanto importanza la durata .del contratto di locazione qua,le fissata 
nella convenzione, quanto pi~ttosto l'ammontare d,el corrispettivo pattuito 
per 1a intera durata convenzionale della locazione stessa. 

Ai fini della tassazione, essendo la impo~t~ di Registro tassa d'atto, 
il contratto di locazione � considerato con contenuto unico ed .inscindibUe, 
con riferimento alla intera durata che per esso le pai"ti hanno preventivata. 


Anche il pagamento dell'imposta liquidata secondo il criterio predetto 
deve essere effettuato 1per intero al momento della registrazione 
(art. 91 legge di reg. salvo che 111on .venga concesso al contribuente di 
pagarla ratealmente -art. 92)~ 


PARTE I, SEZ. V, GIU:RISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Tale sistema di tassazione viene completamente innovato dalla legge 
n. 1744 del 1962 relativamente ai contratti di locazione di immobili 
urbani. 

Innanzitutto su tali contratti l'imposta di registro viene conglobata 
con quella sulla entrata (art. 1) 1stabilendosi un'unica aliquota complessiva, 
la quale � determinata non con procedimento di addizione delle 
aliquote delle rispettive imposte, ma di fusione, non precisando la legge 
fiscale del 1962 in quale percentuale le singole imposte di Registro e 
sull'entrata concorrono alla formazione della nuova aliquota. Anche la 
base imponibile non � costituita dall'importo del corrispettivo pattuito 
per tutta la durata del contratto ma dal corrispettivo pattuito, per un 
anno. Nel caso poi in cui ,l'immobile sia censito, non si tiene conto dei 
corrispettivi pattuiti ma della rendita catastale sempre riferita ad un 
anno o a frazione di anno (art. 1). 

Pertanto ai fini della tassazione si tien conto, in cigt.?-i caso, di un 
periodo annuale di durata del .contratto (art. 2); di conseguenza l'imposta 
dovuta viene liquidata anno per anno attraverso un ,contenggio separato 
e distinto in relazione a cia.scun anno. 

A tal riguardo non potrebbe fondatamente sostenersi che si abbia 
solo una ripartizione nella percezione dell'imposta di registro per i vari 
anni di durata del contratto, mentre resterebbe unica per tutto il periodo 
.convenzionale di du!'ata l'imposta del contratto stesso, �cos� come 
avviene per i contratti di locazione in genere, secondo l'art. 54 della 
legge di registro. Si tratta al contrario, di accertamenti delfimposta limitati 
alfa durata di un anno (nei contratti pluriennali) e con contenuto 
che pu� anche essere diverso in relazione all'eventuale variazione della 
rendita catastale o dei corrispettivi dovuti per quell'anno, il che esclude 
che possa parlarsi di importo unico di imposta ripartito per i vari anni 
di durata d�l contratto. 

Ci� � dimostrato, fra l'altro, dal fatto, che pu� variare anche l'aliquota 
dell'imposta nel ,caso, ad esempio, in cui l'immobile, dapprima 
non censito, sia stato nel corso della locazione incluso nel castasto; 
il che innova al sistema della fogge di registro secondo cui fa liquidazione 
dell'imposta ha luogo con l'applicazione dell'aliquota vigente al 
momento della registrazione e ci� anche per il caso di �contratto sottoposto 
a condizione sospensiva (artt. 91, 150 e 17 deHa leg.ge di Registro). 

Poich� secondo la legge del 1962, n. 1744, nel caso di locazioni pluriennali 
la liquidazione dell'imposta avviene anno �per anno, si spiega 
la norma dell'art. 5 della legge predetta, secondo cui in caso di omesso 

o ritardato pagamento dell'imposta, il �contribuente � tenuto al pagamento 
di una soprattassa, senza che possa trovare applicazione il principio 
della decadenza dal beneficio della rateizzazione, e di cui all'articolo 
92 della legge di Registro dato che detto principio presuppone 

824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la unicit� della liquidazione della imposta dovuta e il frazionamento 
nel tempo del pagamento della predetta imposta. 

Correlativo all'ac.certamento annuale dell'imposta di registro sui 
contratti di locazione immobiliare ne viene che � necessario, ai fini della 
legittimit� della liquidazione, che sussista ,j,J presupposto dell'imposta 
al momento della liquidazione, cio� che il contratto di locazione, al 
momento della liquidazione, sia tuttora in corso e non sia sfato risolto. 
D'altronde la liquidazione viene effettuata in base alla rendita catastale 

o ai corrispettivi relativi all'anno di riferimento della liquidazione, il 
che presuppone un contratto in corso. 
Si aggiunga che, in base all'art. 2 cpv. della legge in esame del 
1962, il pagamento dell'imposta va fatto entro venti giorni dalla data 
di inizio dell'annata �locatizia stabilita in contratto, ed anche ci� presuppone 
logicamente la persistenza del contratto al momento in cui sor


ge l'obbligo del pagamento. 

La spiegazione di tali radicali innovazioni pu� trovarsi nel fatto 
che secondo la legge del 1962, l'imposta di registro � comprensiva anche 
dell'imposta sull'entrata la quale per sua natura � dovuta solo in relazione 
ad una effettiva entrata percepita dal contribuente, cos� come 
ha messo in rilievo la sentenza citata della Corte Costituzionale. La 
legge speciale del 1962 ha voluto, in definitiva conciliare, attraverso il 
sistema della limitazione del periodo di liquidazione., la. divergente natura 
deH'imposta di reg.istro (che �� tassa di atto) e dell'imposta sull'entrata 
(che presuppone, �come si � detto, la gi� avvenuta percezione 
dell'entrata). 

Pertanto la 1. 2,9 dicembre 1962., n. 1744�, deroga, quanto ai contratti 
di locazione immobiliari pluriennali urbani, alle norme degli 
articoli 54 e 12 della legge di r~gistro, sostituendo al pricipio della unitariet� 
della liquidazione dell'imposta per tutta la durata del contratto, 
quello della periodicit� della liquidazione con riferimento alle singole 
annualit� di effettiva attuazione del raipporto locatizio, con tutte le 
conseguenze che si sono sopra precisate. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 giugno 1972, 1981 -Pres. Pece Est. 
Milano -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Mantegna (avv. Sangiorgi). 

Imposte e tasse in genere -Decisioi;ii delle Commissioni -Ricorso per 
Cassazione -Definitivit� -Concetto -Decisione che decide parzialmente 
la controversia -Impugnabilit�. 

(Cost., art. 111). 

� impugnabile con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., la decisione 
delLa Commissione che abbia camttere decisOl/'io e definitivo; � 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 

decisoria la pronunzia che contiene, anche se solo parzialme,nte, il regolamento 
del rapporto dedotto in giudizio ed � definitiva .la decisione 
contro la quale non � ammessa ulteriore impugnazione in se�de di giurisdizione 
speciale. Pertanto, la decisione della Commissione centrale 
che non esaurisce la materia controversa, mentre non � impugnabile per 
tutto quanto concerne i provvedimenti ordinatori, deve essere impugnata 
con ricorso per Cassazione nel termine perentorio per quanto attiene 
alle statuizioni di contenuto decisorio, anche se queste non esauriscono 
la materia controversa e la Commissione si � riservata di emettere 
nuova successiva decisione (1). 

(Omissis). -Le eccezioni di ordine processuale sollevate dalla 
ricorrente incidentale vanno disattese, perch� destituite di fondamen:to. 

Non pu�, infatti, contestarsi l'ammissibilit� del ricorso proposto 
dall'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 111 della Costituzione 
sotto il profilo �che le Commissioni tributarie delle imposte e, 
quindi, anche la Commissione Centrale, .sarebbero organi amministrativi. 

Una volta riconosciuto il caratere di giurisdizioni speciali alle Commissioni 
tributarie, come la giurisprudenza di quest11 Corte Suprema ha 
costantemente affermato con molteplicit� di argomentazioni, ribadite 
di recente da queste S.U. (sent. nn. 2175, 2176, 2177 e 2201 del 1969; 
nn. 105, 106, 374 e 1181 del 1970), la esperibrlit� contro le loro pronunce 
definitive e decisorie del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art, 
111 della Costituzione per violazione di 1. non pu� non essere 
affermata, come infatti � stata affermata da questa Suprema Corte con 
numerose .qectsioni (cfr. da ultimo sentenze nn. 940, 975 e 976 del 1970). 

Parimenti a torto la ricorrente incidentale eccepisce '1'inammissfoi


lit� del ricorso sotto il profilo che l'impugnata decisione della Com


missione Centrale non � definitiva, dovendo sul rapporto nuovamente 

rpronuncia11si la stessa Commissione Centrale per il definitivo accer


tamento della materia imponibile. 

(1) Conformi sono le sentenze di pari data n. 1978, 1979, 1980. 
Decisione esattissima che opportunamente chiarisce il sempre difficile 
problema dell'impugnabilit� delle decisioni che non definiscono integraln~
ente il iproce,sso. Se �d'un ,canto Ja ded:sdone avente conteniurto CY.rdinatm'io 
non � mai impugnabile, la decisione che derime anche solo parzialmente la 
lite, anche se pronunzia soltanto su questioni di rito (Cass., 5 luglio 1971, 

n. 2082 in .questa Rassegna, 1971, I, 1216) � invece sempre impugnabile 
(v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 512). In definitiva vale in questo campo 
la regola del processo civile ordinario che si impernia sulla distinzione tra 
sentenza e ordinanza; ma occorre precisare che per le pronunzie che non 
esauriscono la controversia, il procedimento speciale tributario non ammette 
In :impugnazione diffedta, si che per evitair�e :iJl giudicaito La dec:ilSl:iJOIIle pairzdaie 
deve sempre essere immediatamente impugnata. 

826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� esatto, invero che, nelle �Controversie in materia d� imposte erariali, 
per poter adire l'autorit� giudiziaria ordinaria occorre attendere 
la definizione del procedimento .innanzi alle commissioni tributarie, definizione 
che pu� verificarsi sia perch� sulla materia si sono pronunciati 
tutti gli organi ai quali � demandato conoscere dei reclami, sia perch� 
� inutilmente decorso il termine iper la impugnativa della decisione del 
giudice .speciale. Senonch� quello proposto dall'Amministrazione finanziaria 
� un ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 111 della 
Costituzione, �Che consente di denunciare in Cassazione per violazione 
di legge tutte le �sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari 
e speciali e, come ripetutamente ha avuto occasione di affermare 
questa Corte Suprema (sentenze n. 14 del 1965, n. 2501 e 3720 del 1968 
e n. 940 del 1970) per l'ammisibilit� d:i tale ricorso contro una decisione 
della Commissione Centrale delle imposte non � necessario che la 
decisione abbia esaurito il rapporto controverso pronunciando su tutte 
le questioni insorte, essendo 1nvece sufficien~e che la pronuncia abbia 
carattere decisorio e definitivo. Tali requisiti ricorrono indubbiamente 
nella impugnata decisione. Invero essa ha carattere definitivo perch� 
non � ammessa ulteriore impugnazi�ne in sede di giurisdizione .speciale 
contro la predetta decisione, sicch� l'unico rimedio esperibile per evitare 
il giudicato formale � il ricorso per cassazione ai �sensi della citata norma 
costituzionale. Riguardo, poi, alla decisivit�, essa si deve ammett-ere 
relativamente ai punti in cui la pronuncia ha affer~ato la validit� dell'a.
ccertamento d'imposta, del reclamo e del concordato, in quanto su 
tali punti vi � un accertamento parziale, che concerne la disciplina giuridica 
del rapporto dedotto in causa e che ha carattere definitivo ed 
incontestabile, sicch� la decisione contiene gi� una parte del regolamento 
definitivo del rapporto destinato a completarsi con la successiva pronuncia 
che la Commissione centrale si � riservata di emettere dopo lo 
espletamento di una ulteriore istruttoria. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I,. 22 giugno 1972, n. 2046 -Pres. Favara 
-Est. Spadara -P. M. Del Grosso (conf.) -Soc. Interfan (avv. 
Maiolo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Termine triennale per la dimostrazione della realizzazione 
del fine industriale -Produzione all'Ufficio della certificazione 
-Necessit�. 

(d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 5; I. 5 ottobre 1962, n. 1492, art. 1). 
Per fruire dell'agevolazione per l'industrializazione del Mezzogiorno 
prevista nell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, � necessario che 

---I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 

nel triennio sia non soitanto in concreto realizzato il fine industriale, 
ma sia anche presentata all'Uffieio del registro la relativa ce1�tificazione 
rilasciata dalla Camera di Commercio (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo, la ricorrente Societ� Interfan, 
denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, secondo comma, 
del D.L�.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, in relazione all'~rt. 360, 

n. 3 c.p.c., censura la impugnata sentenza per avere ritenuto che, ai 
fini della concessione delle agevolazioni fiscali previste dal detto d.l. 
n. 1598 del 1947, il certificato, attestante l'avvenuta realizzazione del 
nuovo impianto industriale, dovesse essere prodotto entro il triennio 
dall'acquisto della relativa area. 
In particolare, ri'levando che la, �ratio �, dalla quale risulta ispirata 
la concessione delle anzidette agevolazioni fiscali, risiede nella esigenza 
di promuovere, incoraggiare e sviluppare riuove iniziative industriali1 e 
che, perci�, a.I conseguimento di questa finalit� occorre aver riguardo per 
la concessione di tale beneficio, sostiene che il triennio, previsto dalla 
legge, co�stituisce il termine, entro il quale la detta finalit�, ossia la 
progettata, nuova iniziativa 'industriale, deve essere realizzata, e non 
gi� quello, entro il quale deve essere prodotta la relativa certificazione. 

Il motivo � infondato. 

La questione, prospettata con la esposta censura, ha gi� formato 
oggetto di esame da parte di questa Corte Suprema, la quale, in pi� di 
una decisione, dopo avere rilevato che, ai fini dell'applicazione dell'imposta 
fissa di registro prevista dall'art. 5 del D.L.C.P.S. 14 dicembre 
1947, n. 1598, la dimostrazione della realizzazione della nuova iniziativa 
industriale, avente i requisiti indicati dalla legge, deve essere data con 
la presentazione della relativa attestazione del Ministro dell'Industria e 
Commercio (ed ora della Camera di commercio per la 1. 5 ottobre 1962, 

n. 1492) entro il perentorio tremine di tre anni dalla registrazione dell'atto 
di tr~sferimento della propriet� delle aree e dei fabbricati, occorrenti 
per il conseguimento della iniziativa stessa, ha affermato che la 
presentazione, oltre tale termine, di detta attestazione legittima il fisco 
a liquidare e riscuotere la imposta normale di regi:stro, a nulla rilevando, 
ai fini del beneficio fiscale in argomento, che nell'attestazione stessa, 
esibita tardivamente, risulti �certificato che lo scopo � stato sostanzialmente 
conseguito entro il predetto termine (Cass. 27 ottobre 1965, n. 2276; 
15 luglio 1965, n. 1548 e 6 novembre 19<68, n. 3662). Non ba�sta, pertanto, 
che entro il triennio, di cui sopra, venga .costruito il nuovo impianto 
industriale, ma �,, altres�, necessario che, entro lo stesso termine, 
sia presentato il certificato attestante l'avvenuta realizazione di esso. 
(1) Conforme � la decisione in pari data n. 2047. 
V. Cass., 6 novembre 1968, n. 3662, in questa Rassegna, 1963, I, 1053. 

828 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questo principio trova valido fondamento giuridico sia nel testo lettera1e 
della disposizione, contenuta nell'art. 5 del citato D.L.C.P.S., 

n. 1598 del 1947, modificato e sostituito dall'art. 1 della legge 5 ottobre 
1962, n. 1492, che nella �ratio� dalla quale la disposizione .stessa risulta 
determinata. Infatti, mentre la norma, stabilendo testualmente che � l'imposta 
� dovuta nella misura normale, qualora, entro H termine di tre 
anni� dalla registrazione dell'atto, non sia dimostrato, con dichiarazione 
da rilasciarsi..., che il fine dell'acquisto sia stato �conseguito�, pone il 
detto termine in funzione ed in rapporto esclusivo e specifico con la 
prova concernente il conseguimento della finalit�, costituita dalla realizzazione 
della :nuova iniziativa industriale, la esigenza di dare rapido 
impulso a questa iniziativa e di definire sollecitamente le posizioni tributarie, 
rimaste sospese in funzione della realizzazione delle iniziative 
stesse e sin dal momento della registrazione degli �tti di acquisto delle 
aree e fabbrkati all'uopo occorrenti, ben giusti.fica, anche sotto il profilo 
della immediatezza di un efficace controllo, il diretto e specifico collegamento 
della certificazione attestante la �conseguita realizzazione di tali 
iniziative, a quel termine. D'altra parte, un'ulteriore conferma alla validit� 
dell'illustrato principio giurisprudenziale si trae dalla 1. n. 1492 del 
1962, la quale, dopo avere attribuito alla Camera di Commercio la competenza 
per il rilascio dell'attestazione, che apparteneva prima al Ministero 
dell'Industria, ha, rispetto agli atti per i ,quali il triennio fosse gi� 
scaduto, accordata una sanatoria, concedendo agli interessati, che avessero 
nel termine anzidetto consegui<to il fine dell'acquisto, la possibilit� 
di presentare quella attestazione entro tre mesi dalla data di entrata 
in vigore della legge stessa e di ottenere in tal modo la conferma delle 
agevolazioni fiscali; il che comprova che il termine triennale era configurato 
dalla precedente legge come termine di decadenza per la presentazione 
dell'anzidetta attestazione e che tale configurazione � stata 
confermata dalla nuova legge. 
Concludendo, deve affermarsi che non sussiste alcuna V'.alida ragione 
che possa indurre questa Corte a discootarsi dal richiamato ;principio 
giurisprudenziale, talch� la impugnata sentenza, che ad esso s'� pienamente 
uniformata, non merita la prospettata censura. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2094 -Pres. Favara 
-Est. Montanari ViscG -P. M. Antoci (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Tomasicchio) c. Celentano. 

Imposte e tasse in ~en:ere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Sottoscrizione 
del ricorso dell'Ufficio -Funzionario preposto al 
reparto -Validit�. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 829 

Imposte e tasse in genere -Accertamento -Sottoscrizione -Funzionario 
preposto al riparto -Validit�. 

Validamente il ricorso dell'Amministrazione alle Commissioni � sotto.
scritto dal funzionario preposto al reparto competente che sia abilitato 
a firmare in vece del titolare, essendo la potest� di impugnare le deci-� 
sioni attribuita genericamente all'Ufficio finanziario e non specifica-. 
mente alla perso'na fisica del titolare (1). 

Validamente l'accertamento in rettifica degli imponibili dichiarati 
e il relativo avvis� sono sottoscritti dal capo reparto abilitato a svolgere 
funzioni vicarie, perch� competente ad accertare i redditi � l'Ufficio 
distrettuale delle Imposte dirette e non personalmente il suo titolare (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo �l'Amministrazione ricorrente in 
via principale lamenta la violazione dell'art. 38 del r.d. 8 luglio 1937, 

n. 1516, deducendo che la competenza a proporre l'appello avanti la 
Commissione Provinciale delle imposte non apparteneva a1l solo titolare 
dell'Ufficio finanziario, m� anche al capo reparto �che -nella specie aveva 
firmato l'atto di impugnativa in luogo del dirigente. 
Con il secondo mezzo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 45 
del r.d. 8 �luglio 1937 e dei principi sulla formazione del giudicato, assumendo 
che, essendo mancata un'impugnazione cH parte �sul punto, la 
questione della ritualit� dell'appello era coperta dal giudicato e che 
quindi alla Commissione Centrale sarebbe �stato precluso l'esame di 
ufficio della questione stessa. "'


Mentre va rilevata l'infondatezza di tale ultima censura, ,giacch� 
pu� sempre rilevarsi di ufficio l'inammissibilit� dell'appello (a prescindere 
dalle eccezioni od impugnazioni proposte dalle parti) per la ragione 
che le relative questioni attengono alla regolare costituzione del rapporto 
processuale di secondo grado, il primo motivo di gravame deve 
essere accolto. 

Gi� questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato che nei 
pTocessi tributari davanti alle Commissioni la sottoscrizione del titolare 
dell'Ufficio non � condizione .di validit� dell'impugnazione, essendo la 
potest� di impugnare le decisioni delle Commissioni attribuita .genericamente 
all'Ufficio finanziario e non gi� specifi.camente alla persona 
fisica del titolare, cosicch� � sufficiente che l'atto sia firmato da un 

(1-2) Sulla prima massima v. Cass., 14 dicembre 1970, n. 2658 e 29 
maggio 1971, n. 1613, in questa Rassegna, 1971, I, 172 e 1114; importante � 
l'applicazione dello stesso principio all'atto sostanziale di accertamento. 



830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

funzionario preposto al reparto competente a trattare la materia con


troversa e che sia abilitato a firmare per il titolare e cio� in sua vece 

e luogo. 

Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria deve essere perci� ac. 
colto, con cassazione della decisione impugnata e rinvio del processo 
ad altra �sezione della istessa Commissione Centrale. 

Il Celenta:no ha proposto a sua volta ricorso incidentale contro la 

decisione della Commissione Centrale, dato che questa ha comunque 

disatteso, dopo averlo esaminato, il primo motivo del ricorso di esso 

contribuente e relativo all'asserita nullit� dell'avviso di aecertamento, 

per�ch� sottoscritto da un funzionario diverso dal titolare dell'Ufficio 

finanziario. 

Il ricorrente incidentale deduce che l'atto di accertamento dell'ob


bliga.z.ione tributaria involge un aspetto sostanziale e che ha errato la 

Commissione centrale nel limitare le sue considerazioni all'aspetto pro


cessuale dell'avviso di accertamento, quale �provocatio ad oppo


nendum �. 

La Commissione centrale ha, al riguardo, affermato che l'avviso, 

da comunicarsi all'interessato ai fini dell'eventuale impugnazione, � sol


tanto il documento nel quale sono descritti gli estremi dell'atto formale 

di accertamento e che quindi non � IIlecessario che il titolare dell'Ufficio 

esplichi personalmente l'attivit� prescritta per la comunicazione, po


tendo invece provvedervi altri funzionari deH'Ufficio in via di delega o 

sostituzione secondo le esigenze dell'Ufficio stesso e nel rispetto del


l'ordinamento interno. 

In proposito va rilevato che, se � vero che l'avviso di accertamento 

assume -come deduce il Celentano -due aspetti, l'uno sostanziale e 

l'altro processuale, contenendo l'avviso l'affermazione in concreto della 

pretesa tributaria dell'Amministraziene, pretesa che acquista definiti


vit� con il mancato esperimento dei mezzi di ricorso o con la decisione 
di rigetto dell'impugnazione proposta, ci� non ha valore determinante 
per la decisione della questione in esame. Invero, a norma degli artt. 31 
e 33 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 
gennaio 1958, n. 645, competente all'accertamento in rettifica degli imponibili 
dichiarati e all'accertamento d'ufficio di quelli omessi, nonch� 
alla comunicazione al contribuente mediante notifica dell'apposito avviso, 
� l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette. A:nche in tale caso 
non deve perci� ritenersi necessaria la sottoscrizione qell'avviso di accertamento 
da parte del titolare dell'Ufficio, essendo invece sufficiente la 
sottoscrizione da parte del capo reparto, abHitato a svolgere funzioni 
vicarie in luogo del titolare dell'ufficio e che firmi in vece di quest'ultimo 
(come si � verificato nella specie, nella quale l'avviso � stato sottoscritto 
per il direttore capo dal capo reparto dott. Scalisi). Essenziale 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 831 

agli effetti della validit� dell'avviso di accertamento -� soltanto una 
sicura provenienza dell'atto e cio� la sua riferibilit� all'Ufficio impositore. 
Tale provenienza � nella specie attestata ed assicurata, oltrech� 
dall'apposizione della firma del funzionario, dal timbro o bollo dell'Ufficio. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2234 -Pres. Giannattasio 
-Est. Giuliano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv: Stato Savarese) c. Tadini. 

Imposta di successione -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore 
glotiale -Deducibilit� della sola imposta in concreto corrisposta. 

(d.l. 8 marzo 1945, n. 9, artt. 8 e 13). 
. L'imposta sul valore globale deducibile dall'attivo .dell'asse ereditario 
ai fini della liquidazione dell'imposta di successione � quella in 
concreto pagata e non quella astrattamente dovuta netl'ipotesi normale 
(1). 

(Omissis). -La ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione 
dell'art. 13 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90, lamenta che la Commissione 
Centrale, anzich� tener conto della � incidenza effettiva � dell'imposta 
sul valore globale, ha sancito la detraibilit� dell'imposta medesima 
nella m~sura �teoricamente dovuta�, pari, in concreto, al doppio 
di quella effettivamente gravante sull'erede. 

La doglianza � fondata. 

Invero, la norma suindicata, disponendo che � ai fini dell'applicazione 
dell'imposta sulle successioni � dedotto dall'imponibile l'ammontare 
dell'imposta sul valore .globale deH'asse ereditario�, ha inteso far 
gravare l'imposta di successione sulla sostanza che pervenga all'erede 
dopo il prelievo, da parte del fisco, dell'impos.ta sul valore gfobale. Perci� 
alla misura del prelievo stesso occorre aver riguardo; e ove, come 
nella spceie, l'erede, per effetto di una' norma agevolativa, sia tenuto a 
pagare l'imposta sul valore globale in misura mi:nore di quella stabilita, 
in principio, dalla legge, dev'essere detratto dall'as,se, rper la determinazione 
dell'imponibi'l.e dell'altro tributo, solo quanto sia dall'erede, a quel 
titolo, effettivamente dovuto. 

(1) Giurisprudenza ormai pacifica: cfr. Cass., 24 marzo 1971, n. 820 in 
questa Rassegna, 1971, I, 682, con richiami. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

832 

Ci� � stato sancito da numerose sentenze di questa Corte Suprema 

(cfr. da ultimo la n. 820 del 1971). 

Gli argomenti addotti in contl'.ario dalla decisione impugnata non 
hanno 'pregio. Essa, infatti, ha anzitutto posto in evidenza la differenza 
tra i due tributi; ma da ci� non pu� trarsi alcun lume per la soluzione del 
problema. Ha poi rilevato che, secondo l'art. 8 del d.l. 8 marzo 1945 n. 90, 
l'ammontare complessivo dell'imposta globale dev'esisere diviso in parti 
proporzionali al valore delle singole quote o legati e che la quota proporzionale 
attribuita a ciascun erede o legatario deve �infine� essere 
eliminata o ridotta quando concorrano le condizioni richieste per l'esenzione 
o la riduzione, e dal �fatto che l'eliminazione o la riduzione sia 
menzionta da ultimo ha dedotto che la � strutturazione � dell'imposta sul 
valore globale suffraga la sua decisione. Ma l'ordine delle operazioni 
disposte dal citato art. 8 concerne il momento dell'appUcazione dell'imposta 
.sul valore global~, mentre l'art. 13 postula che tale applicazione 
sia gi� avvenuta e discipli:na la determinazione dell'imponibile dell'altro 
tributo. 

La Commissione Centrale, infine, ha osservato che l'art. 13 ha � re


cepito � l'art. 1 del d.l. 4 maggio 1942, n. 434, istitutivo dell'imposta sul 
�valore globale, e ha affevmato che tal norma � stabiliva che l'ammontare 
dell'imposta in parola era deducibile nel suo integrale ammontare ai 
fini dell'applicazione della normale imposta successoria�. Per altro, il 
ricordato art. 1 disponeva la deduzione dell'� ammontare dell'imposta 
dovuta sull'asse ereditario�, e il termine �dovuta� mostra appunto 
che si doveva, per quella norma, cos� come per la norma oggi in vigore, 

considerare .soltanto l'effettiva incidenza del tributo. 

Si deve pertanto, in .accoglimento del ricorso, cassare la decisione 

impugnata e rinviare la causa alla .stessa Commissione Centrale per 

l'applicazione del principio dinanzi enunciato. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2235 -Pres. !cardi Est. 
Elia -P. M. Pascalino. (conf.) -Ministero , delle Finanze 
(avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Soc. SET (avv. Vitali). 

Imposta di registro -Trasferimento di diritto reale immobiliare Cessione 
di cubatura prevista dal Piano regolatore di Torino � 
tale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8 e tariffa A, art. 1). 
Le cessioni di cubatura previste dal piano regolatore della citt� 
di Torino approvato con d.p. 6 ottobre 1959 (cessione a titolo 'oneroso 
del diritto di costruire sul proprio suolo per una determinata cubatura 
in favore di altro soggetto che acquista iZ diritto di costruire sul suo 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 833 

suolo per una corrispondente cubatura in aggiunta a querla consentita 
darle norme di piano) costituiscono atti con effetti analoghi a quem 
propri dei trasferimenti di diritti reati immobitiari e sono quindi soggetti 
aH'imposta dell'art. 1 tariffa A della i. di registro (1). 

(Omissis). -Coi primi due motivi del ricorso principale l'Amministrazione 
delle Finanze denuncia violazione degli artt. 8, 9, 17 ed 81 

r.d.. 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch� degli articoli I della Tariffa 
allegata alla citata legge di, registro n. 31269 del 1923, 1027, 1072, 1325, 
1343, 1345 e.e. e 6, 18 e 19 del d.p. 6 ottobre 1959 che approva il Piano 
regolatore della Citt� di Torino, per avere la Corte di merito esclusa 
l'applicabilit� dell'aliquota previ�sta dall'art. 1 della Tariffa Allegato A 
a'lla 1. di registro, pur ammettendo che il trasferimento di cubatura 
raggiunge gli effetti pratici di una servit� � non aedificandi ., mentre 
invece per l'art. 8 della stessa legge di registro le tasse sono appUcate 
secondo gli effetti degli atti, se anche non vi corrisponda il titolo 
e ~a forma apparente. Deduce la ricorrente che la circostanza che il 
trasferimento della cubatura fosse compreso nello stesso atto col quale 
si cedeva un'area al Comune � irrilevante ai fini dell'applicabilit� del
�l'art. 1 della citata Tariffa, in quanto per l'art. 9 della legge di registro 
richiiilllata se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti 
o non derivanti necessariamente le m;1e dalle. altre, ciascuna di esse 
� assoggettata come se formasse un atto distinto. Con il terzo motivo, 
la ricorrente denuncia violazione del citato art. 8 della legge di registro 
e dell'art. 1 della Tariffa allegata, in quanto il diritto di costruzione 
trasferito, mediante cessione di cubatura, al fondo di' propriet� della 
Set, era di natura reale, perch� inerente, con permanente efficacia � erga 
omnes ., all'area della Set, ed era iper�ci� soggetto all'art. 1 della Tariffa, 
anche i:n considerazione agli effetti dell'atto ed alla sua intrinseca natura. 
Con i primi due motivi, che � opportuno trattare unitariamente, la 
ricorrente deduce che il trasferimento di cubatura a titolo oneroso aveva 
l'efficacia traslativa di un diritto real.e immobiliare, ed, anche in relazione 
al cita:to art. 8 della legge di 1;egistro, soggiaceva all'aliquota di 
cui all'ar.t. 1 deHa Tariffa citata, onde erroneamente la Corte di merLto 
ritenne non applicabile tale aliquota d'imposta, chiesta con l'ingiunzione. 

H Piano regolatore della citt� di Torino, agli artt. 6, 18, 19 e 34, 
stabilisce la densit� di costruzioni edilizie consentita per alcune zone, 
espressa in metri cubi per metro quadrato di suolo edificatorio. La facolt� 
di costruire, con riguardo a tale densit� media, riferibile a tutta 
la zona, costituisce la �cubatura� spettante a ciascuna area edificabile, 
singolarmente considerata. Poich� la densit� fissata per la zona rappre


(1) Questione originale esattamente risolta. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

senta una media, complessiva, la cubatura spettante a ciascuna area 
edificabile pu� essere trasferita ad altre aree, e cio�, su diversa propriet�, 
col consenso del Comune. Per effetto di tale trapasso di � cubatura
�, il proprietario dell'area, alla quale ineriva la cubatura ceduta, 
perde il diritto di costruire su detta .area, e tale diritto acquista, invece, 
il proprietario del fondo a cui viene trasferita la cubatura. Attraverso 
H consenso del Comune, ,si verifica, per volont� dei privati contraenti, 
il trasferimento di una delle facolt� in cui si estrinseca la propriet� 
fondiaria, e, cio�, della facolt� di costruire, onde il cessionario della 
cubatura pu� costruire sul suo fondo, nei maggiori limiti consentiti dalla 
cessione, e vendere a terzi le costruzioni, con una innegabile efficacia 
� erga omnes � del trasferimento, che viene, cos�, permanentemente ad 
inerire, sull'area edificabile di propriet� del cessionario. Gli effetti reali 
dell'oggetto della cessione, che viene .ad accrescere le facolt� di edificare 
spettanti al proprietario, dell'area ceduta, con efficacia �erga omnes �, 
sono analoghi a quelli dei trasferimenti a titolo oneroso di diritti reali 
immobiliari, previsti dall'art. 1 della Tariffa, onde, per l'art. 8 della 
legge di registro, vanno assoggettati all'aliquota ivi prevista. Dispone 
infatti il citato .art. 8 che un atto il quale produca effetti previsti dall'art. 
4 della stessa legge (trasmissioni di diritti reali, o obbligazione 
di somme o prestazioni, o dichiarazione o attribuzione di valori o diritti, 

o efficacia di titolo o di documentazione legale) e che non si trovi nominalmente 
indicato nella Tariffa, soggiace alla tassa che la Tariffa prevede 
per l'atto col quale, per la sua natura e per i suoi effetti, ha maggiore 
analogia. 
L'analisi delle pattuizioni po�ste in essere, quanto alla �cubatura-�, 
cio� quanto alla facolt� di edificare, dall'atto notarile 11 marzo 1963, 
in relazione con la scrittura regist,rata il 26 ,giugno 1962, e come, in 
punto di fatto, furono accertate dai giudici di merito, porta a qualificare 
la convenzione come cessione del diritto di costruzione rappresen'tato 
dalla cubatura, con 'effetti analoghi a quelli di un atto traslativo 
di diritti reali immobiliari, previsto dall'art. 1 della Tariffa. 

La norma dell'art. 8 della legge speciale, che assoggetta all'imposta 
prevista per i trasferimenti di diritti immobiliari, anche atti che producano 
effetti analoghi a tali trasferimenti, rende irrilevanti le questioni 
attinenti alla precisa qualificazione dell'atto, dal momento che tali effetti, 
analoghi a quelli propri delle cessioni dei diritti reali, sussistono in 
relazione non solo alla volont� delle parti, ma alle norme del Piano regolatore, 
sopra richiamate. 

� esatto che i diritti :r:eali, i quali sono suscettibili di possesso giuridico 
tecnico (Cass. 11 ,giugno 1943, n. 1448), soggiacciono al principio 
del �numerus clausus � e devono dunque essere sussumibili nei paradigmi 
legislativi che compongono tale �numerus� (Cass. 22 ottobre 1959, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

n. 3035), ma la classificazione prevista dall'art. 813 e.e. pu� essere derogata 
da norme .speciali, e comunque per l'art. 8 l'analogia di efficacia di 
un atto rende applicabile l'aliquota tariffaria indipendentemente dalla 
esatta sussunzione dell'atto medesimo in uno dei paradigmi legislativi 
che classificano i diritti reali immobiliari. 
Irrilevante � dunque ai fini di applicabilit� del tributo la difficolt� 
di qualificare come servit�, in base ad una � utilitas � fornita dal fondo 
servente (Cass. 27 gennaio 196,2, n. 153) con carattere di permanenza, 
un rapporto che si sostanzia in una facolt� di" costruire, da esercitarsi 
�una tantum�, o di riscontrare una ipotesi di diritto di superficie in 
relazione all'art. 952 e.e. un diritto di costruzione che non grava su cosa 
altrui (Cass. 1 giugno 1953, n. 1655). Di certo si � in presenza di una 
rinuncia a costruire che trova causa in un corrispettivo, e dunque assume 
il carattere indubbio di una cessione di diritto, con efficacia traslativa, 
non automatica, ma volontaria, a favore di un soggetto prescelto, il 
quale paga un corrispettivo non irrilevante, onde la cessione � a titolo 
oneroso, e produce nel cessionario una facolt� di edificare con effetti 
� erga omnes �, analoghi agli effetti dei trasferimenti di diritti reali, onde 
prende vigore il l'invio dell'art. 8 della legge all'aliquota tariffaria dell'art. 
1, prevista per tali trasferimenti di diritti reali. 

Erroneamente dunque la Corte di appello neg� l'applicabilit� dell'aliquota 
prevista dall'art. 1 della Tariffa, onde il ricorso princi'pale 
merita, per ci�, accoglimento e la sentenza deve essere cassata con rinvio, 
ad altra Corte di merito, che provveder� sulle �spese, e si atterr� al seguente 
principio di diritto. Le cessioni di cubatura previste dal Piano 
regolatore della citt� di Torino approvato con d.p. 6 ottobre 1959 costituiscono 
atti con effetti analoghi a quelli propri dei trasferimenti di 
diritti reali immobiliari considerati dall'art. I della Tariffa allegata alla 
legge di registro, per cui sono soggetti all'aliquota d'imposta di registro 
stabilita per tali atti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2239 -Pres. leardi Est. 
Elia -P. M. Pascalino (conf.) -Banco di Sicilia (avv. Dezzi) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani d'Agliano). 
Imposta sui fabbricati -Esenzione venticinquennale ex art. 69, 1. 27 
dicembre 1953, n. ?68 -Fabbricato costruito in sostituzione di 
edificio distrutto da eventi bellici -Idoneit� a sostituire nella sua 
funzione abitativa l'edificio distrutto. 

(1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 69). 
Per fruire dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati 
a norma dell'art. 69 delLa l. 27 dicembre 1953, n. 968, il fabbricato 


836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricostruito deve esser obiettivamente idoneo a sostituire neHa sua funzione 
abitativa l'edificio distrutto dagli eve'nti bellici; non � necessario 
che a tale idoneit� strut.turale corrisponda una destinazione effettiva al 
momento deHa ricostruzione, semprech� sia possibile ripristinare la destinazione 
abitativa senza modificazioni struttv,rali rilevanti (1). 

(Omissis). -Con >l'unico mezzo di ricorso, il Banco ricorrente denuncia 
violazione degli artt. 69 e 70 della 1. 27 dicembre 1953, n. 968, 
per avere la Corte di merito erroneamente negata l'esenzione ~enticinquennale 
dall'imposta fabbricati per lo s~abile ricostruito su area proveniente 
da demolizione di un fabbricato gi� adibito a case di abitazione, 
senza ammettere i mezzi istruttori richiesti per accertare la natura 
del nuovo fabbricato. La censura � infondata. 

L.'art. 60 della 1. n. 968 del 1953 dispone l'esenzione venticinquennale 
dall'imposta sui fabbricati, per gli edifici ricostruiti in sostituzione 
di quelli distrutti da eventi bellici, qualora il ripristino non sia stato 
'a tota~e carico dello Stato. Dalla testuale formulazione legislativa, risulta 
che ai fini dell'.esenzione il nuovo edifi.cio deve, obiettivamente 
essere idoneo a sostituire l'edificio distrutto, e, cio�, offra possibilit� 
obiettive di impiego, tali che consentano la pos�sibilit� che esso sia destinato 
a ripristinare la funzione alla quale era adibito il fabbricato 
distrutto. Occorre cio� che, per le sue caratteristiche obiettive, strutturali, 
il nuovo fabbricato presenti la possibilit� di destinazione funzio~ 
nale identica a quella dell'edificio distrutto. Il nuovo fabbricato deve 
dunque essere costruito in modo da poter essere destinat� a fornire gli 
stessi servizi che venivano forniti dall'edificio distrutto. 

Tale esigenza legislativa, di strutturale pos�s,ibilit� di impiego identico 
a quello del fabbricato demolito, non implica, ovviamente, n� che 
il nuovo fabbricato riproduca esattamente tutte le caratteristiche del-
1'.edificio distrutto, mentre � soltanto nece�ssario che presenti caratteristiche 
essenziali alla possibilit� di impiego identico a quello del fabbricato 
scomparso. 

N�; ovviamente, � nece,ssario che vi sia destinazione effettiva del 
nuovo edifido agli stessi servizi forniti dal vecchio edificio, mentre � 
sufficiente �che sia possibile, ancorch� non in atto, tale destinazione, alla 
stregua delle caratteristiche strutturali del nuovo edificio. Tali caratteristiche 
devono sussistere all'atto della costruzione del nuovo fabbricato, 
perch� � in tal momento che �sorge la pretesa d'imposta, e, dunque, 
il diritto alla esenzione. 

(1) Cfr. Cass., 24 luglio 1968, n. 2676, Riv. Leg. fisc., 1968, 2493; 3 ot:tobre 
1968, n. 3066, ivi, 1969, 333. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Il legislatore, ai fini dell'esenzione, non ha, infatti, considerato 
l'uso al quale l'edificio nuovo 'sia in concreto destinato, ma solo, la possibilit� 
che il nuovo immobile possa sostituire l'antico, ripristinandone, 
all'occorrenza, le funzioni. Ci� che � indispensabile ai fini dell'esenzione 
� che il nuovo fabbricato prnsenti, al momento della sua ultimazione, 
struttura e funzionalit� oggettive tali che ne rendano possibile un uso 
identico a quello cui era destinato il vecchio edificio. (Cass. 24 luglio 
1968, n. 2676). 

Trattandosi di edificio nuovo costruito su area risultante dalla demolizione 
di un fabbricato destinato ad abitazione � necessario, per 
aversi l'esenzione, che, indipendentemente dalla sua destinazione con~ 
creta, il nuovo edificio presenti, al momento della sua ultimazione, struttura 
e funzionalit� fali da renderne possibile la de,stinazione ad-abitazione 
(Cass. 3 ottobre 1968, n. 3066). 

La Corte di merito con congrua e corretta motivazione, ha esattamente 
richiamati tali principi, ed ha ritenuto, in punto di fatto, con 
apprezzamento insindacabile, perch� sorretto da motivazione idonea 
immune da vizi logici e da errori giuridici, che al momento della ultimazione, 
il fabbricato nuovo non presentava caratteristiche obbiettive 
che ne rendessero possibile, senza necessit� di modificazioni strutturali 
rilevanti, la destinazione a ca~e di abitazione cio� alla funzione cui era 
destinato l'edificio demolito. La Corte di merito ha accertato motivamente 
che il nuovo edificio � stato costruito con strutture idonee non 
ad uso di abitazione, ma ad uso di ufficio bancario, ed ha escluso, in 
punto di fatto, la possibilit� di ambivalenza, cio� di destinazione alternativa 
a banca o ad abitazione, ritenendo che, allo stato, l'unica possibile 
destinazione pu� essere quella commerciale, e non ad abitazione, 
in quanto, fin dal suo sorgere, il nuovo fabbricato fu costruito strutturalmente 
per destinarvi solo una grande banca, e non presenta possibilit� 
di destinazione ad abitazione. 

Per giungere a tali apprezzamenti di fatto insindacabili, 'perch� 

sorretti da congrua e corretta motivazione, la Corte di merito non ha 

ritenuto di ricorrere n� a consulenze tecniche, n� ad ordine di esibi


zione di documenti, n� ad altri mezzi di prova, ritenendo inconferenti 

e superflui, e dunque inammissibili, tali mezzi d'indagine. Il giudizio 

del giudice sulla inammissibilit� di mezzi di prova pu� essere anche 

implicito (Ca,ss. 24 giugno 1967, n. 1565). L'esercizio del potere di di


sporre una consulenza tecnica � rimesso all'apprezzamento discrezio


nale del giudice di merito, non sindacabile in sede di iegittimi:t� (Cass. 

29 ottobre 1966, n. 2710). Il giudizio sulla rilevanza di un mezzo istrut


torio ,attiene alla valutazione dei fatti, onde � compito esclusivo del 

giudice di merito, la cui valutazfone, di natura discrezionale, non � sog


getta al sindacato di legi<ttimit� (Caiss. 5 gennaJo 19.67, n. 2.7). -(Omissis). 


838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1972, n. 23�66 -Pres. Giannattasio 
-Est. Santosuosso -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Siconolfi) c. Fallimento Lotito. 



Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Uffici e Negozi -Albergo -Compatibilit� -Limiti. 


(l. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 13, 14 e 18; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 
dicembre 1967, n. 1212, art. un.). 
Sussitono i presupposti per l'applicabilit� della agevolazione deUa 

l. 2 luglio 1949, n. 408, quando al.meno il 50 % pi� uno della superficie 
totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazione e non pi� del 25 % 
sia destinata a negozi (intendendo l'espressione �negozi� in senso re. 
strittivo); � quindi ammissibile che una parte della costruzione, ove 
siano rispettate le predette condizioni, abbia varie destinazioni editizie 
come quella ad albergo (dovendosi intendere in senso lato l'espressione 
� uffici e negozi�) (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo l'Amministrazione ricorrente denuncia 
la violazione e la falsa applicazione degli artt. 13, 14 e 18 della 


I 

1. n. 408 del 1949, 1� della 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, e dell'art. unico fi 
f'.

della 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, sostenendo che a torto, e con motiva


I i

zione perplessa, la Corte di merito avrebbe esteso il regime agevolativo 
ad un tipo di beni, destinati ad albergo, non previsti dalle relative leggi. 
Aggiunge che vano � rilevare come il legislatore abbia concesso i benefici 
in esame anche per locali di uso associato, quali ospedali, collegi e 
simili, perch� per questi ultimi esiste un'espressa normativa che manca f.: 
' 
invece quanto agli al�berghi. Questi ultimi, inoltre, per le caratteristiche 


i 
.
l

loro proprie, non dovrebbero potersi assimilare alle categorie privilegiate 
(case, uffici, negozi). Non potendosi quindi ravvisare nella destinazione 
ad albergo aicun nesso o legame con le altre ipotesi, prev~
ste ai fini dell'agevolazione, dovevasi riconoscere la legittimit� dell'imposizione. 
Anzi, secondo la ricorrente, se un nesso di assimtlabilit� 
volesse proprio scorgersi, esso finirebbe per far risaltare una possibilit� 
di equiparazione fra la destinazione ad albergo e quella a negozio,� attesoch�, 
per entrambe le categorie si fa riferimento ad un'attivit� imprenditoriale; 
con il che, nella specie, sommando le porzioni di immobile 


(1) Identiche sono le sentenze in pari data n. 2365 e 2367. 
Non constano precedenti specifici. Va ricordato che agli alberghi in se 
considerati non compete l'agevolazione (Cass., 21 giugno 1971, n. 1924 e 17 
giugno 1971, n. 1841, in questa Rassegna, 1971, I, 1180). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

rispettivamente aventi la prima e la seconda destinazione, si sarebbe 

superato il limite del 25 % destinabile a . negozi (volendosi intendere 

questi ultimi in senso lato, come comprensivi anche dell'albergo). 

La doglianza non appare meritevole di accoglimento. 

Il problema di fondo ch'essa investe � quello dell'interpretazione 

delle pertinenti norme contenute nelle 11. 2 luglio 1949, n. 408, 6 otto


bre 196,2, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. 

Con la prima delle .suddette leggi sono state concesse particolari 

agevolazioni fiscali -riguardanti, fra le altre, anche l'imposta che ha 

dato origine all'odierna controversia -con riferimento alle costru


zioni edilizie, richiedendo, per�, che si tratti (art. 13) di � case di abi


tazione anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carat


tere di abitazioni di lusso�. 

La ,seconda legge (con l'art. 1) ha precisato che il predetto regime 

agevolativo previsto per le case di abitazio.ne non di lusso � applicabile 

anche � ai locali destinati ad uffici e negoti quando, a questi ultimL, 

sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale 

sopra terra�. 

Con l'ultima legge, del 1967, si � stabilito infine che l'art. 1 predetto 
� deve intendersi nel senso che le agevolazioni fiscali menzionate 
nell'articolo .stesso sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici 
e negozi, quando aL negozi �sia destinata una superficie non eccedente 
il quarto totale dei piani sopra terra �; ma si � aggiunto che �per la 
, concessione delle suddeHe agevolazioni �... necessario e 1sufficiente che 
ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) che almeno il 50 
per cento pi� uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata 
ad abitazione; b) che non pi� del 25 per cento della superficie 

totale dei piani sopra terra sia destinata a negozi �. 

In proposito questa Suprema Corte ha avuto ripetutamente occa


sione di affermare, sia prima che dopo la predetta legge del '67, che ai 

fini dell'applicazione dei benefici fiscali previsti dalla legge del '49 la 

espressione �uffici e negozi�, in quest'ultima legge contenuta, va inter


pretata in senso lato e non letterale e tassativo, per comprendere quei 

locali facenti bens� parte di un edificio la cui superficie utile � preva


lentemente destinata a dvile abitazione, -ma per ubicazione, strut


tura e dimensioni -destinati o da destinare ad uso e capaci di pro


durre un reddito diversi da quello delle case di abitazione (cfr., fra le 

altre, le sentenze n. 2947, del 21 dicembre 1964; 1837, del 7 ottobre 

1970; 339, del 10 febbraio 1971). 

Tale interpretazione questo Supremo Collegio ha fondata non solo 

sull'esame dei precedenti legtslativi in materia di agevolazioni fiscali 

per case di abitazione, ma an,che sul riflesso della finalit� della legge, 

intesa ad agevolare ed incoraggiare la costruzione e ricostruzione di 


840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

case per i meno abbienti; per cui pu� ritenersi che il legislatore abbia, 
fra l'altro, considerato mezzo idoneo al miglior perseguimento di tale 
finalit� il consentire l'inclusione, nei costruendi edifici, anche di locali 
che siano destinati ad usi stru;mentali ed accessori rispetto ai nucleh 
abitativi nuovi o ricostruiti, o che comunque, per la loro destinazione 
ad usi diversi e p~� redditizi di quello della abitazione, rendano economicamente 
pi� vantaggiosa l'attivit� edilizia che il legislatore ha voluto 
incrementare, giacch� la �sia pur limitata costruzione dei locali anzidetti 
pu� elevare il redito medio dell'intero edificio la cui prevalente destinazione 
resta pur sempre quella della civile abitazione. 

Cosi, ad esempio, nel quadro della suddetta interpretazione, s1 e 
ritenuto che fra quelli suscetUbili di beneficiare dell'agevolazione rientrino 
locali destinati a magazzini, laboratori, depositi e simili (cfr. le 
citat.e sentenze del 1970 e 1971). E in particolare, poi, con riguardo al 
chiarimento apportato dall'articolo unico della l. n. 12.12 del 1967, 
nonch� allo .specifico dettato del capoverso della stsesa norma che indica 
espressamente le condizioni � necessarie e sufficienti � per la concessione 
dei benefici, questa Suprema Corte ha recentemente affermato 
altresl (sent. n. 3585, del 26 ottobre 1968) che, fermo rimanendo il limite 
massimo (25 % ) di superficie destinabile a negozi, e quella minima 
(51 % ) da destinarsi ad abitazioni, la .superficie destinabile a fini diversi, 
e quindi anche ad uffici, pu� giungere fino al 24 % del totale 
(o perfino eccedere tale proporzione, e fino al 49 % , nella misura in cui 
i negozi non occupino la superficie per essi consentita). 

L'orientamento giurisprudenziale e�spresso nelle suindicate pronunzie 
comporta che, ferma restando l'osservanza delle �condizioni necessarie 
e sufficienti� in precedenza ricoraate (condizioni che nel caso 
di specie si � incontestatamente accertato essere state osservate), tra 
i � fini diversi � pocanzi accennati possa rientrare, evidentemente, anche 
la destinazione ad albergo. 

N� dal predetto orientamento questa Corte rinviene validi motivi 
per discostarsi con riferimento al caso che ne occupa. 

In favore di una diversa soluzione non giova dedurre, come fa in 
via principale l'Amministrazione ricorrente, che la destinazione1 ad 
albergo non rientra fra quelle (abitazione, uffici, negozi) espressamente 
dalla legge contemplate. Si � visto, invero, come con l'espressione 
�uffici e negozi � il legislatore abbia inteso indicare, praticamente a 
titolo esemplificativo, una destinazione redditizia diversa da quella del-
l'abitazione. N� si vede perch� la destinazione al albergo debba escludersi 
dal novero di quelle rientranti nella ratio della legge, giacch� 
questa � intesa, come si � rilevato, a stimolare la costruzione di case, fra 
l'altro consentendo a tal fine, anche in vista del vantaggio economico 
del costruttore, una diversificazione degli usi della parte di edificio non 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 

necessariamente da destinarsi ad abitazione ed a far sorgere abitati gi� 
aventi a loro servizio locali per attivit� commerciale, artigianale o di 
altro genere comunque connesse, satelliti o strumentali in ordine ad 
una integrata funzionalit� sociale dei nuovi o rinnovati insediamenti 
residenziali. 

Dalle considerazioni suesposte consegue come naturale corollario 
il rigetto della tesi subordinata dell'Amminis.trazione, secondo cui i locali 
destinati ad albergo dovrebbero computarsi per assimiliazione fra 
quelli destinati a � negozio � ai fini del calcolo del limite massimo del 
25 % previsto dalla norma del secondo comma dell'articolo unico della 

1. del 1967. A differenza dell'espressione �uffici e negozi� che, come 
si � osservato richiamando i precedenti giurisprudenziali fn materia, 
va intesa in senso esemplificativo, in quest'ultima norma invece, avente 
intento diversificativo, nell'ambito dei locali non destinati ad abitazione, 
il termine �negozi� va evidentemente interpretato in senso tassativo. 
Ne consegue l'impossibilit� di equiparare -ai fini del calcolo predetto l'esercizio 
dell'industria alberghiera a quello commerciale, caratteristico 
dei negozi, tanto pi� che siffatta equiparazione la ricorrente vorrebbe 
fondare 'SU un elemento (l'attivit� imprenditoriale in genere) che, 
dalla legge non previsto, sarebbe arbitrario inserimento nella sua ratio, 
come sopra delineata, e finirebbe per comprometterne un'applicazione a 
questa ultima conforme. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2391 -Pres. Giannattasio 
-Est. Granata -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc.. Immobiliare Elba 
(avv. Vitali) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Accessione -Macchinari di opificio -Concetto 
di opificio. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). 
Agli effetti della presunzione del quinto comma dell'art. 47 della 
legge di registro, l'opificio cui i macchinari accedono, va inteso come 
costruzione tecnicamente attrezzata con macchinari idonei allo svolgimento 
di un'attivit� industriale, sia o no destinata attualmente alla plf'oduzione 
(1). 

(Omissis). -Con il primo motivo la societ� ricorrente, rilevato che 
la sentenza impugnata muove dalla premessa che l'atto di vendita tassato 

(1) Massima esatta da condividere pienamente. Per la natura della 
previsione del quinto comma dell'art. 47 della 1. di registro cfr. Cass., 13 
maggio 1971, n. 1381, in questa Rassegna, 1971, I, 902. 

842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

concernente un opificio, donde la soggezione di esso alla presunzione 
(di trasferimento anche dei macchinari) stabilita dall'art. 47 comma 5� 
della legge di registro, deduce che, mentre per gli effetti anzidetti � 
essenziale alla nozione di �opificio� il predicato della attualit� (e non 
mera potenzialit�) di funzionamento, invece la Corte di merito ha ome,sso 
di motivare .circa la sussistenza nella .specie di un complesso industriale 
siffatto, e ci� malgrado il convincimento del tutto opposto espresso sul 
punto, con il corredo di ampia argomentaz.ione, dai Giudici di primo 
grado (violazione e falsa applicazione degli artt. 47 t.u. legge di registro 
approvato con r.d. 30 dic�mbre 1923, n. 3269; 72, del t.u. 22 gennaio 19'58, 

n. 645; 1362, 1363, 1364 e.e.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione 
su punti decisivi della controversia; art. 360 nn. 3 e 5 cpc.). 

La censura � infondata. 

La decisivit� del fatto, cui si riferisce il difetto di motivazione denunziato, 
postula all'evidenza una'nozione (giuridica) dell'opificio, inteso 
come complesso industriale attualmente funzionante, che a giudizio del 
Collegio non pu� essere condivisa, ond'� che al rifiuto di questa segue la 
negazione di quella. 

La ricorrente invoca, a suffragio della sua tesi, la sentenza resa da 
questa Corte Suprema in data 25 gennaio 1933 nella causa Riffeser c. 
Comploy, secondo la quale per conferimento in societ� di stabilimenti 
od opifici industriali, agli effetti del trattamento di favore previsto dall'art. 
81 lett. b tariffa all. A della legge di registro, deve intendersi il 
conferimento (non gi� di un insieme di stabili e di macchinari non costituenti 
una unit� organica), ma di una o pi� costruzioni, de.stinte all'esercizio 
di una industria, in cui esistono speciali impianti, forniti di generatori 
di forza motrice e meccanismi di trasmissione infissi, nelle quali 
��si eserciti attualment~ e realmente una determinata industria, diretta a 
produrre materie o manufatti�. 

n richiamo non � per� pertinente. 

La nozione di �opificio� cos� delineata, invero, appare del tutto congrua 
alla ratio che ispira la particolare disposizione presa in esame in 
quell'arresto, intesa a c�ncedere -come nella stessa sentenza � ricordato 
con espresso richiamo alla conforme relazione ministeriale -il beneficio 
della tassa ridotta al fine di. proteggere l'esercizio della industria 
nazionale dedita alla produzione: di qui l'esattezza del riferimento al momento 
dinamico dell'organizzazione produttiva e quindi alla attualit� del 
funzionamento del complesso industriale, oggetto dell'atto di (trasferimento 
a titolo di) conferimento societario. Invece affatto diversa � la 
ratio della disposizione che nel caso presente viene in discussione, essendo 
l'intera normativa dettata dall'art. 47 -ed in particolare la statuizione 
del suo 5� comma che pone, come � pacifico (Cass. 13 maggio 1971, / 

n. 13�81; Cass. 3 luglio 1957, n. 21599; Cass. 16 febbraio 1953, n. 387) una 
I 

~ 

I 

II 

I

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 843 

presunzione assoluta -univocamente rivolta ad impedire possibili fenomeni 
di evasione fiscale, di guisa che rispetto a tal fine l'aspetto dinamico 

�del (dato di) fatto contemplato -cio� il complesso industriale -� del 
tutto irrilevante, il pericolo dell'evasione configurandosi anche in relazione 
soltanto al suo aspetto statico. Ci� � tanto vero, che con altra decisione, 
�oltre tutto assai meno remota di quella ricordata dalla ricorrente, 
questa Corte Suprema ha ritenuto costituire �opificio�, proprio agli 
effetti dell'art. 47 comma quinto qui in esame, � un complesso di costruzioni 
�tecnicamente attrezzate con macchinari idonei allo svolgimento di 
una attivit�. industriale � (Cass. n. 387 del 1953 citata), dove � evidente 
che l'accento � posto non sulla attualit� del funzionamento, ma sulla potenzialit� 
di esso, assicurata dalla esistenza nell'immobile di una attrezzatura 
meccanica idonea a consentirne la utilizzazione del complesso come 
strumento di produzione industriale, a pre�scindere dalla sua esplicazione 
allo stato. 

Pari difetto di pertinenza al tema della presente causa, poi, priva 
di ogni significato il riferimento della ricorrente all'art. 72 del t.u. 29 
gennaio 1958, n. 645, in cui, ai particolari fini della esenzione della 
imposta sul redito dei fabbricati, l'esercizio dell'attivit� commerciale � 
assunto espressamente ad elemento di identificazione della fattispecie 
normativa ammessa al godimento del trattamento fiscale di favore, per 
di pi� in considerazipne non della obiettiva e�sistenza del fatto in s�, sebbene 
della sua imputazione ad un de.terminato soggetto (il possessore) e 
quindi ancora in contemplazione di una ratio legis ben diversa da quella 
del pi� volte citato art. 47 della legge di registro. 

Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione 
dell'art. 47 della legge di registro. e de.gli artt. 817 e 819 e.e., nonch� 
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della 
controversia, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la ricorrente lamenta 
che la Corte torinese ha omesso di considerare che l'Amministrazione 
finanziaria aveva ricompreso nell'importo del maggior valore 
comulativamente accertato non solo i macchinari, ma anche i mobili-e 
le attrezz�ture che non erano pertinenze dell'immobile e neppure erano 
annoverabili tra i beni cui si riferisce l'art. 47 della legge di registro. 

La censura � destituita di giuridico fondamento. 

� erronea la premessa, giacch� anche i mobili e le attrezzature, 
se ed in quanto �destinati in modo durevole al servizio�, in tesi, dell'immobile 
in cui sono contenuti (e nella specie l'esistenza di tale situazione 
di fatto al momento della stipulazione dell'atto tassato � fuori discussione), 
costituiscono �pertinenze� in senso tecnico-giuridico, in tale �destinazione 
di servizio � concretandosi il vincolo pertinenziale che contraddistingue 
la fattispecie normativa della categoria di beni considerata dagli 
artt. 817 e 819 e.e. 


844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Errata � am:he la conclusione, giacch�, come pertinenze, pure i beni 
di cui qui si discute ricadono sotto la disciplina dettata dall'art. 47 della 
legge di registro, pi� esattamente del suo primo comma, avendo questa 
Corte Suprema gi� insegnato cb,e allo schema legale del bene �immobile 
per destinazione � proprio del codice civile previgente -sui canoni concettuali 
e definitori �si modella la legge di registro in ragione del tempo 
della sua elaborazione ed emanazione -corrisponde nel codice attuale 
lo schema normativo del bene �pertinenza� (cfr. Cass. 3 luglio 1957, 

n. 2599, che meditatamente ripudia la contraria opinione precedentemente 
accolta da Cass. 27 luglio 1956, n. 2908). 
N� agli effetti qui considerati rileva in alcun modo che la presunzione 
di trasferimento stabilita dal citato comma primo dell'art. 47 riguardo 
agli immobili per destinazione (o pertinenze) sia iuris tantum, 
mentre quella posta dal successivo comma quinto per i macchinari � 
iuris et de iure (sentenza n. 1381 del 1971; n. 2599 del 1957; n. 387 
del 1953 citate), non avendo mai, durante l'arco dell'intero giudizio, la 
ricor.rente dedotto, anche in via soltanto assertiva, di essere in grado 
di fornire la prova contraria tipica prevista dal comma secondo dello 
stesso articolo. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I~ 14 luglio 1972, n. 2398 -Pres. !cardi Est. 
Arienzo -P. M. Mililotti (conf.) -Soc. Fiorino c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Avella). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Possibilit� di costituire sedi e succursali o di partecipare 
in altre societ� senza limitazione di territorio -Esclusione. 

(1. 29 luglio 1957, n. 634, artt. 36 e 38). 
Le agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno di cui agli 
artt. 36 e 38 della l. 29 luglio 1957, n. 634, sono indissolubilmente legate 
al fattore territorio, nel senso che sono applicabili solo quando risulta 
con assoluta certezza che la societ� che le invoca �opera� nel Mezzo,giorno. 
Tale finalit� non � garantita se le attivit� che si intendono promuovere 
o incrementare possono, anche solo potenzialmente, sulla base 
dello statuto o dell'atto costitutivo, svolgersi al di fuori dei limiti territo


riali agevolati; la possibilit� di istituire succursali e' assumere interes-

It 

-~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 845 

senze e partecipazioni in altre societ� senza limitazione di territorio contrasta 
con i fini dell'agevolazione, e a nulla rileva che in concreto l'attivit� 
sia stata svolta nel Mezzogiorno (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 22:36 -Pres. leardi Est. 
Arienzo -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Soc. ILTAS (avv. Adonnino). 

Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
-Possibilit� di costituire sedi e succursali e di partecipare 
in altre societ� senza limitazione di territorio -Non contrasta 
necessariamente con lo scopo dell'agevolazione -Successiva correzione 
dello statuto -Ammissibilit� dell'agevolazione. 

La possibilit�, prevista nello statuto di societ� costituita per incrementare 
l'industrializzazione del Mezzogiorno, di istitui1'e agenzie, filiali 
e rappresentanze anche � altrove " e di assumere interessenze e partecipazioni 
in altre societ�, non dimostra necessariamente un contenuto programmatico 
di espensione deH'attivit� fuori del territorio agevolato, e 
pu� essere intesa come possibilit� di espansione nell'ambito del Mezzogiorno; 
conseguentemente, se dal comportamento della societ�, che oltre 
a non aver preso iniziative imprenditoriali fuori del Mezzogiorno ha, 
dopo la contestazione della deoadenza, modificato lo statuto, risulta che 
l'atto originario pu� essere interpretato come non diretto ,ad espandere 
l'attivit� sociale fuori del territorio del Mezzogiorno, l'agevolazione pu� 
essere accordata (2). 

I 

(Omissis). -Con il quarto motivo del ricorso, il cui esame � preliminare 
ed assorbente, si deduce la violazione e falsa applicazione degli 
artt. 38 lett. a 1. 29 luglio 1957, n. 634, 113 e 360 nn. 3 e 5 c.p.c., e si 
sostiene che la sentenza impugnata, sul presupposto che il beneficio 

(1-2) La !>['ima massima rica11ca un indiirizzo ormai consolidato (sentt. 12 
maggio 1971, n. 1363 in questa Rassegna, 1971, I, 895; 10 novembre 1971, 

n. 3186, ivi, 1972, I, 106; 11 marzo 1972, n. 706, ivi, 334) e giustamente pone 
in luce che la semplice possibilit� astratta di aprire sedi o succursali o d� 
partecipare in altre societ� senza limitazioni di territorio, � di per se incom

848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge n. 634 del 1957 per incrementare l'industrializzazione del Mezzogiorno 
e che, quindi, lo stesso trattamento doveva essere esteso alla registrazione 
dell'atto di aumenta del capitale sociale -, ha considerato che 
la societ� I.L.T.A.S. aveva operato esclusivamente nel detto ambito territoriale 
e che, a seguito del r.d. 14 dicembre 1965, aveva regolarizzato gli 
articoli dell'atto costituitivo e dello statuto in modo da evitare il sospetto 
della possibile estenzione ad attivit� fuori del territorio agevolato. 

La decisione impugnata si fonda, soprattutto, sull'interpretazione 
del contenuto oggettivo dell'atto costitutivo e dello statuto, chiarito dal 
comportamento della societ� e dalle modifiche apportate ai detti atti. 
Secondo l'originario testo degli artt. 2 e 5 dello Statuto e dell'atto costitutivo 
era prevista la possibilit� di istituire � succursali, agenzie, filiali e 
rappresentanze anche altrove� e di assumere �interessenze, quote e partecipazioni 
in altre societ� aventi scopi affini �. A qu~ste clausole non poteva 
attribuirsi necessariamente, come sostiene la ricorrente, un contenuto 
programmatico di espansione dell'attivit� fuori dell'ambito del territorio 
agevolato se si considera che la societ�, costituita il 2 luglio 1962, 
aveva scelto di operare nel Mezzogiorno per usufru.ire del trattamento 
fiscale pi� favorevole. La portata delle citate clausole deve essere determinata 
con riguardo alla detta finalit� e, di conseguenza, alla parola 
� altrove � non pu� attribuirsi il significato di ambito territoriale illimitato, 
bensi quello di ambito territoriale circoscritto ai paesi fruenti della 
agevolazione fiscale. 

E che tale sia il contenuto oggettivo dell'atto � ulteriormente confermato 
dal comportamento della societ� che non solo non ha preso iniziative 
imprenditoriali in territorio non agevolato ma che, appena si � 
manifestato il dubbio sollevato dall'Amministrazione, ha chiarito le citate 
clausole in modo da evitare ogni possibile equivoco interpretativo. Siffatta 
puntualizzazione delle clausole dello statuto e dell'atto costitutivo non 
costituisce, quindi, una modifica dell'originario testo bens� una riformulazione 
per renderne pi� manifestamente palese l'originario. contenuto 
oggettivo. 

Pertanto, poich� l'atto costitutivo e lo statuto della societ� I.L.T.A.S., 
costituita per operare nel territorio del Mezzogiorno rettamente interpretati 
non offrivano J:a possibilit�, neanche potenziale, di estendere l'attivit� 
fuori di detto ambito territoriale, la societ� � ammessa a fruire dei benefici 
fiscali previsti dalla legge 29 luglio 1957, n. 634. In conseguenza, 
non ha rilevanza l'argomentazione della sentenza impugnata, censurata 
col primo motivo -che l'agevolazione fiscale, concessa per l'atto costitutivo 
andava estesa anche all'aumento del capitale sociale -, atteso 

che l'errata affermazione, peraltro non necessaria ai fini della decisione, 
non ha avuto influenza sul dispositivo. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2570 -Pres. leardi Est. 
Alibrandi -P. M. Pascalino (diff.) -Societ� Immobiliare Cesarea 
(avv. Capaccioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini 
Rota). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di 
lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Interessi -Decorrenza. 

(1. 2 luglio 1949 n. 408. artt. 14 e 20; I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1; 1. 28 
marzo 1962 n. 147). 
Nel caso di decadenza dai benefici fiscali previsti dall'art. 14 della 

l. 2 luglio 1949, n. 408, gli interessi sulle imposte in misura ordinaria, 
dovute dal contribuente amm~sso ai benefici, decorrono dal momento in 
cui si � verificata la decadenza dagli stessi (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo la societ� ricorrente, nel denunziare 
violazione e falsa applicazione dell'articolo unico della 1. 28 marzo 
19612; n. 147, dell'art. 2 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, nonch� degli 
artt. 14 e 20 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, si duole che la Corte del merito 
abbia ritenuto che, in caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali disposte 
dall'art. 14 della 1. n. 408 del 1949, gli interessi sulla somma, dovuta 
dal contribuente per imposta nella misura ordinaria, decorrono dalla registrazione 
dell'atto, ammesso al beneficio, e non gi� dal momento in cui 
si � verHicata la decadenza dai benefici fiscali. Deduce, in particolare, 
che la ragione addotta dalla sentenza impugnata, secondo cui il diritto 
della finanza al tributo sorge fin dal momento della registrazione dell'atto, 
ma resta sospensivamente condizionato alla mancata costruzione 
della casa non di lusso, � in contrasto con le disposizioni dei citati articoli 

(1) Di identico tenore � la successiva sentenza n. 2571. 
L'afformazione contenuta IIlJeilJJa massima non pu� �esse!l'e condivisa e 
varie sono le perplessit� che suscita la relativa motivazione. 
In primo luogo non appare pertinente il richiamo alla sentenza della 
Cassazione, SS.UU. 27 giugno 1969, n. 2311 (in questa Rassegna, 1969, I, 567) 
la quale non conforta affatfo, ma anzi implicitamente condanna, la tesi 
secondo cui il diritto al beneficio fiscale sussiste fin dal momento della registrazione 
dell'atto agevolato e il verificarsi della decadenza determina 
l'estinzione di tal� diritto. Con tale sentenza, infatti, � stato affermato 
quanto segue: �Al contrario, deve ritenersi che il rapporto, che si instaura 
con la concessione (in via provvisoria) dei benefici, abbia per oggetto della 
imposizione un negozio valido ed efficace (l'acquisto dell'area), e determini 
pertanta a favore della Finanza il diritto ai tributi nella misura ordinaria; 
valido, ma non efficace, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento, 
da parte dell'acquirente, dell'obbligo di costruire, non adempimento 
che consegue, con effetto immediato e definitivo, alla rivendita o al trasferimento. 



850 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

14 e 20, dalle quali risulta che il diritto al beneficio esiste fin dal momento 
della registrazione, pur essendo soggetto a decadenza nei casi previsti 
dalla legge che accorda le agevolazioni fiscali. Aggiunge la ricorrente 
che la Corte d'appello ha fatto inesatta applicazione dell'articolo 
unico della 1. n. 147 del 1962, il quale non si riferisce al tributo complementare 
che sia rimasto sospeso per disposizione di legge, ma a quello, 
ben diverso, che non fu possibile determinare al momento della liquidazione 
principale, per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti. 

Il motivo � fondato. 

La legge 2 luglio 1949, n. 408, contenente disposizioni per l'incremento 
dell'edilizia, mira a favorire la sollecita costruzione (o ricostruzione) 
di edifici per abitazioni non di lusso, anche con agevolazioni fiscali, 
tra cui � quella della registrazione a tassa fissa e della riduzione ad un 
quarto dell'impresa ipotecaria per gli acquisti di aree edificabili (art. 14). 
La legge prevede, poi,' la decadenza dal beneficio in caso di mancata costruzione 
o di costruzione non eseguita a norma e nei termini in essa 
stabiliti (art. 20). 

La decadenza comminata dalle citate disposizioni (la quale esula 
dalla previsione dell'art. 110 della legge organica di registro) presuppone 
l'esistenza del diritto al beneficio. Infatti, l'effetto, in generale, della deca


� E che nel caso di alienazione dell'area il diritto della Finanza non 
sorga, n� trovi la sua causa nell'atto relativo � dimostrato dalla circostanza 
che l'imposta � dovuta sull'atto di acquisto, e non su quello posteriore di 
alienazione �. 
Ora sembra evidente che, se il diritto della Finanza alla percezione del 
tributo in misura ordinaria sorge fin dal momento <;}ella registrazione dell'atto 
agevolato, non pu� dirsi che il corrispondente debito del contribuente 
sorga in un momento diverso, e cio� in quello in cui si � verificata 
la decadenza. 

A nostro avviso, la sentenza in esame non ha individuato esattamente 
la natura ed i, termini del fenomeno esaminato, ed ha utilizzato nozioni 
generali e principi particolari in modo del tutto inadeguato. 

� evidente, ad esempio, che il concetto generale di decadenza corrisponde 
a quello di estinzione della situazione giuridica preesistente, ma tale 
situazione non � quella del diritto, bens� quella del potere e, nella specie, 
del potere di neutralizzare definitivamente il diritto della Finanza alla percezione 
del tributo, mediante la realizzazione della costruzione. 

Per tale motivo la situazione che corrisponde alla 'concessione del beneficio 
in sede di registrazone � una situazione provvisoria f> non definitiva, 
la quale consiste, da un lato, nel diritto della Finanza attuale ma inefficace 
e, dall'altro lato, nel debito del contribuente condizionato alla mancata 
realizzazione della costruzione. 

Tale provvisoriet� era stata esattamente equiparata dalla Corte di merito 
alla situazione corrispondente alla pendenza della condizione e per 
negare la estensione al nostro caso del principio della retroattivit� dell'avveramento 
della condizione non appare esatta la affermazione che nella 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 851 

denza non � quello del mancato acquisto di un diritto, ma consiste nell'estinzione 
di un diritto gi� venuto ad esistenza nel patrimonio giuridico 
di uri soggetto, come � dato argomentare sia dal coordinato disposto degli 
artt. 2964 e 2934 e.e., sia da quanto stabilisce l'art. 2967 dello stesso 
codice. Inoltre, nel sistema delle citate norme della I. n. 408 del 1949, 
i benefici fiscali competono non a costruzione realizzata, ma fin dal momento 
della registrazione dell'atto di acquisto dell'area fabbricabile, destinata 
alla costruzione di case per abitazione non d'i lusso, tanto vero 
che � da tale momento che il beneficio opera il suo effetto di neutralizzare 
il diritto della finanza a percepire i tributi di registro e ipotecario 
nella misura ordinaria. E questo diritto del fis,co -come gi� ha osservato 
questa Corte Suprema, pronunziando in tema di decorrenza della 
prescrizione dell'azione della finanza pe;r il pagamento dell'imposta nella 
misura ordinaria -resta inefficace in pendenza d'el benificio di cui trattasi 
e pu� essere fatto valere solo al momento in cui si � verificato l'evento 
che ha provocato la decadenza (cos�, da ultimo, Cass. S.u., sentenza 
27 giugno 1969, n. 2311). 

Tale inefficacia esclude che il trtbuto in misura ordinaria sia esigibile 
prima dell'avverarsi dell'accennato evento. E po_ich� gli interessi, 
quale prestazione accessoria, seguono quella principale del pagamento del 

specie non si tratterebbe di una' condicio facti (o volontaria) bens� di una 
condicio iuris, perch� l'evento della mancata costruzione � specificamente 
previsto dalla leg-ge. . 

Nella condicio iuris, infatti, l'evento non solo deve essere previsto ma 
anche stabilito dalla legge, nel nostro caso l'evento condizionante, cio� la 
mancaita reailiz:1lazione dehla costruzione, ddpenden<te esclusivamente dalla 
volont� del contribuente. Tanto vero che nel caso di forza maggiore (esemp]
o: 'espropriazione dell'area) l:a decadenza daiLla agevolazione noo si 
verifica. 

Tutto concorre a ritenere, quindi, che � perfettamente conforme alla 
realt� del particolare fenomeno la circostanza che, una volta risolto lo 
stadio della provv.isoriet� corrispondente alla richiesta del beneficio in sede 
di registrazione, la definitiva situazione corrispondente alla decadeilfl dal 
beneficio sia riferita al momento della registrazione dell'atto. 

A tale punto doveva per� esaminarsi se tale conclusione, per quanto si 
riferisce al problema della decorrenza degli interessi, non fosse contrastata 
dalla speciale disciplina di questi e, in particolare, dalla manca-nza del 
presupposto della liquidit� ed esigibilit� del credito e dalle norme della 

1. n. 147 del 1962 che si riferiscono alle imposte complementari che non poterono 
essere liquidate integralmente al momento della liquidazione prin-� 
cipale per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione. 
Ma anche tali problemi non possono essere risolti secondo la motivazione 
della sentenza in esame. 

In primo luogo, infatti, il richiamo al presupposto della esigibilit� del 
credito � del tutto ininfluente, dato che nella specie tale presupposto non � 
rkhiesto dalla 1. n. 147 del 1962. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

852 

tributo ordinario (� accessorium sequitur natura �sui principalis �), solo 
da quando questo � liquidato e diviene esigibile, gli interessi iniziano 
a decorrere. 

La Corte del merito ha ritenuto non applicabile tale regola generale 
ed � pervenuta a contrario avviso, muovendo dal presupposto che il diritto 
della finanza alla percezione del tributo in misura ordinaria sorge 
fin dal momento della registrazione dell'atto cui � accordato il beneficio, 
ma tale diritto -aggiunge la sentenza impugnata -� soggetto alla 
condizione sospensiva della mancata costruzione dell'edificio previst� dall'art. 
13 della 1. 408 del 1949, donde la conseguenza che, allorquando 
tale evento si verifica, .gli effetti risalgono al giorno della registrazione 
e, come da questo � dovuta l'imposta nella misura ordinaria, cosi, del 
pari, sono dovuti i relativi interessi. 

Ma tale argomentazione non pu� essere condivisa. Infatti, anche a 
voler ammettere, in ipotesi, che il diritto della finanza al tributo ordinario 
sorge con la registrazione dell'atto ed � condizionato, in senso sospensivo, 
� tuttavia sicuramente inesatta la conseguenza cha da tale p.remessa 
hanno tratto i giudici d'appello a proposito della supposta efficacia 
�ex tunc � della situazione determinata dall'avveramento della condizione 
(mancata costruzione dell'edificio non di lusso). Invero, l'errore 
che si annida in tale deduzione � facilmente rilevabile ove si consideri 

In secondo luogo, poi, sembra chiaro che, considerando il diritto alla 
percezione delle normali imposte sull'atto provvisoriamente agevolato come 
subordinato 1ail non 1adempdmento, da parite del contvibuEIDte, cLell!l'obbiLtgo di 
costruire, tale inadempimento costituisce un elemento essenziale per la 
liquidazione e percezione dei detti tributi. 

Con la conseguenza che, nella pendenza della possibilit� di adempiere 
all'obbllgo di costruire, sussiste proprio la mancanza di un elemento occorrente 
alla liquidazione come previsto dalla 1. n. 147 del 1962, e se tale mancanza 
� imputabile al contribuente (es. caso di rivendita dell'area), gli interessi 
sono dovuti con decorrenza dal momento della registrazione. 

Inacc�ttabile, quindi, � il riferimento della presente fattispecie al~ 
l'altra ipotesi di imposta complementare prevista dall'art. 7 della legge di 
registro (imposte che, rimaste sospese per disposizione di legge, rappresentano 
integrazione di tasse gi� riscosse) e non richiamata dalla 1. n. 147 del 
1962. Tale ipotesi, difatti, ricorre in casi completamente diversi e in cui, 
per lo stesso sistema di tassazione stabilito dalla le.gge (es. donazione con 
riserva di usufrutto ex art. 20 1. registro e per cui cfr. Cass., 29 ottobre 
1968, n. 3612, in questa Rassegna, 1968, I, 1046; concessione di pubblici 
servizi ex art. 56 1. registro), la percezione dell'imposta � parzialmente differita 
rispetto al momento della registrazione e in cui � del tutto inipotizzabile 
una imputabilit� al contribuente del fatto che ha determinato tale 
differimento. 

Nel caso in esame, invece, tale imputabilit� � la ragione stessa della 
decadenza dell'agevolazione e della Uquidazione ritardata della normale imposta, 
ed � proprio con riferimento a tale elemento che le SS.UU. della Cas




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 853 

che n diritto della finanza non � soggetto ad una �condicio facti � (o volontaria), 
ma ad una �condicio iuris �, perch� l'evento della mancata costruzione 
� sp�ci:ficatamente previsto dalla legge (art. 20 I. n. 408 del 
1949). E come � noto, la �condicio iuris �, a differenza della prima 
(art. 1360, comma primo, e.e.), non � retroattiva. 

N� pu� condivedersi l'opinione della Corte del merito che ravvisa 
nella previsione agevolativa del citato art. 14 una fattispecie giuridica 
a formazione progressiva, per cui gli effetti che conseguono alla dichiarazione 
delle parti di avvalersi dei benefici fiscali sono soltanto preliminari 
o atipici. Infatti, ove si consideri che la citata legge, pur prevedendo 
la decadenza dai benefici (rat. 20), li accorda fin dall'inizio (articolo 
14) in tutta la loro estensione (tassa fissa di registrazione e riduzione 
ad un quarto dell'imposta ipotecaria), non pu� parlarsi di effetti 
preliminari per loro natura limitati perch� diversi, quantitativamente 
e qualitativamente, da quelli tipici. 

Neppure fondato si il'avvisa l'ulteriore argomento addotto dalla Corte 
del merito per dimostrare l'inapplicabilit� dell'accennata regola generale 
che presidia la decorrenza degli interessi, argomento tratto dall'articolo 
unico della legge 28 marzo 1962, n. 147. La I. 26 gennaio 1961, n. 29, 
nello stabilire l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme 
dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, dispone, 
all'art. 3, che in caso di omissione di formalit� o di omessa autotassazione 
o d'insufficiente o mancata denuncia, detti interessi decorrono dal 

saziane, gi� con la sentenza 12 marzo 1958, n. 831 (in questa Rassegna, 1958, 
63), ebbero a qualificare come complementare la imposta liquidata sull'atto 
per il quale l'Ufficio ha revocato le agevolazioni inizialmente concesse, e 
ad affermare espressamente che in tale caso il ritardo nella liquidazione ha 
origine da un. errore oggettivo dipendente dalla mancanza di tutti gli elementi 
necessari per la Uquidazione. 

In fine deve anche ribadirsi che, se tutto ci� non fosse esatto, il sistema 
legislativo delle c.d. � agevolazioni fiscali incentivanti � risulterebbe completamente 
falsato, permettendo esso, non soltanto il legittimo vantaggio di 
coloco che conrispondono agli rscorpi del Jeg1Sl1ator�e, ma anche rl'li.lilegirttimo 
profitto di coloro che, senza corrispondere a tali scopi, otterrebbero una ingiustificata 
dilazione nel pagamento delle normali imposte. In contrario, 
difatti, non � sufficiente arrgomenta!l'e, surHe orme della sentel!lza in esame, 
che a talle possibilit� di abusi suppiLisce [a sopo:atassa di cui ailJ'airt. 20, comma 
terzo, della 1. n. 408 del 1949, perch�, come � gi� stato affermato (Cass., 7 
novembre 1970, n. 1238, in questa Rassegna, 1970, I, 860), � la sopratassa non 
ha natura punitiva e la sua applicazione segue al semplice verificarsi della 
situazione oggettiva prevista dalla legge indipendentemente da qualunque 
inda�gine suli1a �co[rpevo.Jezza del tvasgressore � (cfr. anche illl rproposirto l�a 
sent. SS.UU. 21 agosrto 1972 n. 2695 che rsegue). Nessun ostacolo quindi a che, 
nel caso di decadenza dalla agevolazione, oltre alla sopratassa, siano anche 
dovuti g1i interessi per ritardato pagamento della imposta. 

G. ANGELINI ROTA 

854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giorno in cui ii{ tassa o la imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� 
fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia presentata 
in modo completo e fedele. In riferimento, poi, al tributo complementare 
sulle tasse ed imposte predette, cio� a quella parte che non pot� essere 
liquidata, fin dall'origine, per mancanza od insu.fficienza degli elementi 
all'uopo occorrenti, la citata legge interpretativa n. 147 del 1962 chiarisce 
eh egli interessi sono dovuti dalla data d'i esigibilit� del tributo 
principale, salvo che la mancanza o insufficienza di elementi, che abbiano 
impedito l'originaria integrale liquidazione, siano dipese da fatto non 
imputabile al contribuente, nel qual caso gli interessi sul tributo complementare 
decorrono dal giorno della sua liquidazione. 

Ora, come � fatto ben chiaro dalla dizione del citato articolo unico, 
senza che vi sia alcun margine d'i opinabilit�, rilevasi che il primo 
comma contiene la letterale ripetizione della sola prima ipotesi dell'art. 
7, comma secondo, della legge organica dell'imposta di registro 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 32,69) quella cio�, delle tasse complementari 
� che al momento della liquidazione della tassa principale non poterono 
essere liquidate integralmente per mancanza o insuficienza degli elementi 
occorrenti per la liquidazione�. Nessun riferimento fa, invece, 
la 1. n. 147 del 1962 alla seconda ipotesi del citato art. 7, comma secondo, 
quella cio� delle tasse .complementari � che, rimaste sospese per disposizione 
di legge, rappresentano integrazione di tasse gi� riscosse�. E 
questa �, appunto, l'ipotesi che viene in considerazione nel caso di spe�ie, 
nel quale pu� parlarsi di imposta � complementare � soltanto nel secondo 
dei due sensi anzidetti, in quanto il tributo in misura ordinaria era rimasto 
sospeso per effetto non di mancanza o insufficienza di elementi occorrenti 
per la sua liquidazione, ma di specifica disposizione di legge (articolo 
14 1. 409 del 1949). Pertanto, la Corte del merito, nel ritenere applicabile 
la citata legge n. 147 del 1962, non ha esattamente inteso il 
contenuto precettivo della stessa, estendendolo, oltre il significato fatto 
palese dalla lettera della norma, a ben diversa ipotesi di tributo complementare, 
che esula dalla previsione della citata legge interpretativa. 
N� infine, ad orientare in senso diverso il giudizio di questa Corte, 
vale l'argomento sv<>lto dall'Amministrazione resistente, la quale sostiene 
che, interpretando il sistema della c.d. �agevolazioni fiscali incentivati� 
in modo difforme da quello accolto nella sentenza impugnata, esso risulterebbe 
falsato nella sua pratica applicazione, permettendo l'illegittimo 
profitto di coloro che, senza perseguire gli scopi della 1. n. 408 d'el 1949, 
intendono ottenere un'ingiustificata dilazione nel pagamento delle imposte 
dovute nella misura ordinaria. Infatti, a tale obiezione resta agevole 
rispondere che l'eventualit� di abusi � stata considerata dal legislatore 
del 1949 il quale, appunto per impedirne o, quanto meno, ostaco-
Iarne la realizzazione, ha comminato, nei casi di decadenza dal beneficio, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 855 

la sanzione della sopratassa, pari ad un decimo dell'ammontare delle 

imposte (art. 20, comma terzo, 1. n. 408 del 1949). 

Pertanto, in accoglimento del ricorso, l'impugnata sentenza va cas


sata con rinvio della causa ad altro giudice di pari grado che, nel riesa


minarla, si uniformer� al principio di diritto secondo cui �nel caso di 

decadenza dai benefici fiscali, previsti dall'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, 

n. 408, gli interessi sulle imposte in misura ordinaria, dovute dal contribuente 
ammesso ai benefici, decorrono dal momento in cui si � verificata 
la decadenza degli stessi�. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 agosto 1972, n. 2695 -Pres. Pece Est. 
Milano -P. M. Trotta (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Chiarotti) c. Soc. Immobiliare Carlo Alberto (avv. Manetti). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposte complementari 
sui trasferimenti a titolo oneroso -Interessi a carico del contribuente 
-Decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale 
-Limiti. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1, 2 e 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). 
Anche nei trasferimenti a titolo oneroso � legittima l'applicazione 
degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare, salvo 
che iL contribuente non dimostri che la divergenza tra il prezzo od il 
corrispettivo dichiarato ed il valore ritenuto daLl'Ufficio in sede di revisione 
non dipenda dal fatto che gli � imputabile (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente Amm.inistrazio.ne finanziaria 
denuncia la violazione dell'articolo unico, primo e secondo 
comma, della legge 28 marzo 1962, n. 147, per avere erroneamente la 
Corte d'appello ritenuto che nei trasferimenti a titolo oneroso, in rap


(1) La importanza della presente sentenza non ha bisogno di essere 
segnalata. 
Con essa, faruatti, 1e S�zi<mi Umte halllilO definitivamente stabilito che 
il presupposto degli mteressi a �oarioo del cQilltriLbuente di cui all1e teggi 26 
gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 consiste nel semplice ritardo 
nell'adempimento dell'obbligazione tributaria, in tal modo confermando la 
giurisprudenza della Sezione semplice (dr. Cass., 23 novembre 1971, n. 3396 
e 18 febbraio 1972, n. 441, in questa Rassegna 1972, I, 115) che aveva ritenuto 
l'applicabilit� delle dette leggi ai rapporti tributari sorti in epoca precedente 
alla loro entrata in vigore ed ancora pendenti a tale data. 

In secondo luogo, poi, e per quanto riguarda l'importante problema 
specifico affrontato, relativo alla decorrenz~ degli interessi sull'imposta com




856 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

porto ai quali le parti hanno l'obbligo di indicare non il valore venale 
del bene trasferito, ma il prezzo o corrispettivo pattuito, la mera divergenza 
tra quest'ultimi ed il valore ritenuto dall'Ufficio in sede di revisione 
non costituisca, in s� e per s�, imputabile mancanza o insufficienza 
degli elementi occorrenti alla liquidazione dell'imposta in sede principale, 
tale da far sorgere l'obbligo degli interessi moratori retroattivi sul 
tributo complementare di cui all'art. 3 della I. 26 gennaio 1961, n. 29, 

nell'interpretazione data;ne dall'articolo unico della citata I. n. 147 
del 1962. 

Sostiene in proposito la ricorrente Amministrazione che poich�, sia 
nei trasferimenti onerosi inter visos che in quelli a titolo gratuito, la 
base imponibile � il valore venale dei beni oggetto dell'atto, come si 
deduce dagli artt. 17 d.I. 7 agost(l 1936, n. 1639, 30 e 40 della legge di 
registro, il contribuente ha l'obbligo .giuridico di dichiarare il valore 
effettivo del bene, ai fini della determinazione dell'imposta principale, se 
il prezzo indicato nell'atto sia ad esso inferiore, e che, di conseguenza, 
la trasgressione di tale obbligo d� sempre luogo ad una mancanza, imputabile 
al contribuente, degli elementi occorrenti alla integrale liquidazione 
dell'imposta in via principale. 

Peraltro, aggiunge l'Amministrazione ricorrente, la imposizione dell'obbligo 
degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare 
trova il suo fondamento, non gi� nell'imputabilit� della incompleta o 
infedele denuncia -come ritenuto dalla sentenza impugnata -bens� 
unicamente nel ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria 
con la conseguenza che l'imputabilit� non deve essere dimostrata dalla 
Finanza, ma spetta al contribuente la prova della non imputabilit� che 
sposta la decorrenza degli interessi sul tributo complementare alla data 
di liquidazione del tributo stesso. 

La censura cosi riassunta � ammisisbile in rito perch� '-contraria


mente a quanto assume in via preliminare la societ� resistente -enuncia 

i motiv1 per i quali si chiede la cassazione della sentenza ed indica le 

norme su cui detti effetti si fondano, mentre a nulla rileva che la censura 

stessa investe soltanto alcune delle argomentazioni su cui � fondata la 

impugnata sentenza, trattandosi di argomentazioni, non gi� indipendenti 

ed autonome, ma interdipendenti e tutte insieme concorrenti a sorreg


gere l'odottata decisione. 

plementare di registro e, in genere, sulle imposte relative a trasferimenti a 
titolo oneroso in cui il prezzo dichiarato dalle parti costituisce la. base imponibile 
per la liquidazione dell'imposta principale, 1e Sezioni Unite hanno 
colto esattamente la portata �e la funzione delle norme Jn esame le quali 
costituiscono un unico e identico sistema di regolamento per tutte le diverse 
ipotesi in cui i debiti relativi a rapporti tributari di natura indiretta non 
sono adempiuti tempestivamente, sia da parte del contribuente come da 
parte della Finanza. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La censura medesima �, inoltre, parzialmente fondata nei sensi e nei 

limiti di cui in appresso. 

� noto che, in materia di tributi erariali, la determinazione del debi


to d'imposta � compiuta in base agli elementi di fatto necessari alla ca


ratterizzazione del presupposto ed alla individuazione della base imponi


bile. La liquidazione, se gli elementi occorrenti siano mancati od insuf


ficienti, non pu� essere eseguita nella giusta misura dovuta, di guisa che, 

ogni qualvolta quegli elementi vengono acquisiti in un secondo momento, 

lAmministrazione procede ad una nuova determinazione quantitativa 

del debito del contribuente, correttiva di quella precedente. Il fenomeno 

pu� verificarsi in concreto per omissioni o insufficienti dichiarazioni del 

contribuente e per conseguente non precisa valutazione da parte del


l'Ufficio accertatore degli elementi predetti che risultano inesattamente 

denunciati dalle parti. L'ordinamento tributario tende ad evitare l'incon


veniente stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, da 

parte dei contribuenti, dell'�bbligazione tributaria ed il tempestivo adem


pimento, da parte dell'Amministrazione finanziaria, degli obblighi che 
1ad essa incombono verso i contribuenti. 

In tale linea direttiva, per quanto attiene alle imposte e tasse indi


rette sugli affari, si inquadra la 1. 26 gennaio 1961, n. 29, nella parte 

istitutiva dell'obbligazione aegli interessi moratori a carico del contri


buente. Detta legge, nello stabilire la misura dei detti interessi, dispone 

all'art. 3 che, in caso di omissione di formalit� o di omessa autotassazione 

o di insufficiente o mancata denuncia, gli interessi sulle imposte indirette 
si computano dal giorno in cui l'imposta �sarebbe stata dovuta�, se la 
formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia 
presentata in forma completa e fedele. E con riferimento, poi, al tributo 
complementare sulle tasse ed imposte indirette, cio� a quella parte del 
tributo che non pot� essere liquidato, fin dall'origine, per mancanza o 
insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, l'articolo unico della 
1. 8 marzo 1962, n. 147, avente natura interpretativa del citato art. 3, 
chiarisce che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo 
principale (primo comma), salvo che la mancanza o insufficienza, le quali 
abbiano impedito la originaria integrale liquidazione, siano dipese da 
fatto non imputabile al contribuente (secondo comma) (nel qual caso gli 
interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione). 
Ci� posto, non pu� essere condivisa la tesi dell'Amministrazione ricorrente, 
pi� sopra riassunta, secondo cui, essendo l'imposta di registro 
commisurata sul valore venale del bene al giorno del trasferimento, il 
contribuente ha l'obbligo giuridico di indicare tale valore se il prezzo 
pattuito sia ad esso inferiore e che, conseguentemente, la trasgressione di 
tale obbligo d� senza altro luogo a quella carenza degli elementi occor



.S5S RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

renti alla liquidazione del tributo a cui le� richiamate disposizioni riconnettono 
l'obbligo degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare. 


Tale tesi, infatti, � in palese contrasto con le disposizioni degli articoli 
73 e segg. della legge organica di registro che prevedono, a carico 
del contribuente, unicamente l'obbligo di presentazione alla registrazione 
degli atti passibili del tributo (ovvero di denuncia di contratto verbale) 
nella loro forma originale e, perci�, nel loro autentico e letterale contenuto, 
costituito, per quanto particolarmnete riguarda i corrispettivi ed 
i valori, dagli importi stessi dei �prezzi� trasfusi nel documento (o nella 
denuncia) esibito alla formalit� della registrazione, sia con la disposi.
�:-~ nell'art. 17, n. 1, del citat<? decreto n. 1639 del 1936 (art. 30, n. 1, 
' -~+,,hilisce che, quando dall'atto, 
�o�. 

l


~�d tri.......
J.�, di un prezzo 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

che, sebbene reale rispetto a quanto effettivamente convenuto, risulti, 
poi, difforme dal valore venale in comune commercio, da tale esatta proposizione 
non deriva la conseguenza, affermata dalla impugnata sentenza, 
che l'accertamento, in sede di revisione, della divergenza tra prezzo 
indicato e valore venale del bene, non sia mai di per s� sufficiente a 
determinare l'obbligo degli interessi moratori. 

Come gi� questa Carte Suprema ha avuto occasione di affermare in 
recenti decisioni, riguardanti, peraltro, il diverso problema della decorrenza 
degli interessi istituiti con la 1. n. 29 del 1961 relativamente ai 
rapporti sorti anteriormente all'entrat~ in vigore alla legge stessa (Cass. 
7 novembre 1970, n. 2273 e 18 febbraio 1972, n. 441), l'imposizione dell'obbligo 
del pagamento degli interessi moratori sul tributo complementare 
trova il suo fondamento sufficiente sul ritardo nell'adempimento 
dell'obbligazione tributaria di natura complementare rispetto alla data 
di esigibilit� dell'imposta liquidata in via principale. E ci� perch� i tributi 
complementari � per essere una integrazione dei tributi principali, 
formano con questi corpo � (relaz: Min. sul disegno di 1. del 1962). 

Non � infatti contestabile che la 1. del 1961 ha inteso istituire, in 
via generale, a carico del contribuente e della stessa Finanza l'onere di 
veri e propri interessi moratori (artt. 1 e 5) e che interessi della stessa 
natura siano stati previsti per le ipotesi particolari (art. 3) in cui la percezione 
dell'unico tributo avvenga in due tempi, o in un momento diverso 
da quello che, secondo la normalit�, avrebbe dovuto essere, per cui, 
anche se per quest'ultima ipotesi si � reso necessario stabilire regole speciali, 
la natura ed il fondamento degli interessi restano immutati. 

Anche, quindi, per gli interessi retroattivi dovuti sul tributo comple


mentare, letteralmente e concettualmente di natura moratoria, � estraneo 

il carattere di sanzione, cosi come tale carattere � estraneo al principio 

stabilito dall'art. 1224 e.e., con il quale si � inteso soltanto equilibrare 

la posizione delle due parti (creditore e debitore) quando vi sia ritardo 

nella soluzione del debito, ritardo che la legge presume sia fonte di 

danno per il creditore. 

Ci�, del resto, si desume anche dall'art. 4 della I. n. 29 del 1961, 

che pone gli interessi di mora a carico del contribuente in ritardo nel 

pagamento indipendentemente dall'applicazione di ogni penalit� e so


pratassa dalle singole leggi tributarie, posto che le dette penalit� e sopra


tasse debbono essere considerate come sanzioni amministrative senza 

alcun riferimento al danno subito dall'Amministrazione finanziaria per il 
�tardivo pagamento del tributo. 

Ci� premesso, per�, va rilevato che gli interessi retroattivi previsti 

dalla legge speciale, pur non essendo del tutto identici a quelli di mora 

nelle obbligazioni pecuniarie previsti dall'art. 1224 e.e., distinguendosi 

da essi per alcuni particolari aspetti, si fondano, tuttavia, come gli inte



860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ressi previsti dal citato art. 1244 e.e., sulla mora, intesa come ritardo dovuto 
a causa imputabile al debitore, ai sensi dell'art. 1218 stesso codice 
(su tale natura degli interessi moratori in genere, Cass. sentenze nn. 2033 
del 1967, 3907 del 1957 e 2291 del 1956). 

Se, pertanto, il fatto, assunto dalle nuove disposizioni a presupposto 
degli interessi di mora retroattivi sul tributo complementare, � costituito 
dal ritardo nell'adempimento del debito di imposta, presuntivamente colle,
gato con una condotta colposa del contribuente, ne segue che per il 
sorgere dell'obbligo degli interessi a favore dell'Amministrazione non � 
necessaria una ulteriore prova della colpa del contribuente, ma incombe 
a quest'ultimo dimostrare che la non esattezza dei dati sottoposti alla 
Amministrazione non � imputabile a fatto di esso contribuente. 

L'esattezza di tale conclusione � confermata dal fatto che la legge 
interpretativa del 1962 prevede, nel primo comma dell'articolo unico, 
come regola, che gli interessi sulla imposta complementare decorrono dal 
giorno in cui � dovuto il tributo principale e, nel capoverso, come eccezione, 
l'ipotesi che decorrano dal giorno della sua liquidazione. Questa 
eventualit� �, quindi, configurata come fatto impeditivo della produzione 
dell'effetto normalmente connesso alla fattispecie, e la dimostrazione di 
tale eventualit� � a carico del contribuente, esattamente come � a carico 
del debitore, secondo le norme civilistiche (art. 1218 e.e.), la dimostrazione 
della impossibilit� dell'adempimento per causa a lui non imputabile. 


Non va, d'altra parte, trascurato il rilievo che, ritenendo che il pre


supposto degli interessi di mora retroattivi sia, non il ritardo nell'adem


pimento, ma -come affermato dalla impugnata sentenza -la colpe


vole infedelt� della denuncia, si configurerebbe, quanto alla loro appli


cazione, una disparit� di trattamento tra i trasferimenti inter vivos e 

quelli mortis causa e, in genere, nei riguardi di tutti quei casi in cui il 

contribuente � tenuto a denunciare il valore venale dei beni oggetto di 

tassazione; disparit� di trattamento non giustificata sul piano giuridico, 

una volta. che la legge interpretativa, non soltanto non distingue tra tra


sferimenti inter vivos e trasferimenti mortis causa, ma parlando, nella 

intitolazione, di interessi dovuti sulle � tasse indirette sugli affari�, 

sembra riferirsi pi� ai primi che ai secondi. 

Tale disparit�, inoltre, contrasta con il fenomeno nella non negabile 

interdipendenza che, almeno su un piano di normalit�, intercorre tra 

valore e prezzo, in quanto, salvo casi dovuti al concorso di circostanze 

particolari, normalmente il prezzo si risolve, da un punto di vista econo


mico, nella espressione monetaria del valore di un bene in un deter


minato contesto temporale ed ambientale. 

Tutto quanto si � fin qui detto porta, dunque, a ritenere che, anche 

nei trasferimenti a titolo oneroso � legittima l'applicazione degli interessi \ 

~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDE;NZA TRIBUTARIA 861 

moratori retroattivi sul tributo complementare, salvo che il contribuente 

non dimostri che la divergenza tra il prezzo od il corrispettivo dichiarato 

ed il valore ritenuto dall'Ufficio in sede di revisione non dipende dal fatto 

che gli � imputabile. 

Ed al riguardo va precisato che il fenomeno della non imputabilit� 
al contribuente pu� insorgere -sia pure con effetti limitati -anche in 
momento successivo alla registrazione dell'atto, cosi come avviene nei 
casi in cui il contribuente rettifichi, attraverso offerta integrativa e vincolante, 
i dati relativi al valore risultante dal contenuto dell'atto. Ove ci� 
si verifichi, l'Amministrazione � posta nella possibilit� di acquisire senz'altro 
l'ulteriore ammontare dell'imposta ed il pregiudizio economico 
derivante all'Amministrazione stessa dalla eventuale mancata realizzazione 
di tale possibilit� non pu� pi� ritenersi imputabile, nei limiti della 
rettifica effettuata dal contribuente, a fatto del contribuente medesimo e 
lo affranca, giusta il testuale disposto del secondo comma dell'articolo 
unico della I. n. 147 del 1962, dall'onere degli interessi a partire dalla 
data della fatta offerta o rettifica. E cio�, in sintesi, la sopravvenuta offerta 
vincolante del contribuente, o la d� lui rettifica, circa i dati, da 
cui desumere il valore del trasferimento, valgono efficacemente a togliere 
quel carattere di antigiuridicit� della condotta del contribuente, 
che � invece necessario perch� lo stesso possa essere gravato dagli interessi 
sull'ammontare del tributo complementare per tut.to il periodo 
decorrente tra la liquidazione del tributo principale ed il momento 
della liquidazione del tributo complementare. 

Pu� anche aggiungersi, sotto il profilo della non imputabilit� a fatto 
del contribuente, che, tenuto conto che nella dterminazione dal valore venale 
di uri bene rientra sempre una componente soggettiva, ben pu� ritenersi, 
come gi� � stato ritenuto da questa Corte (Cass. 28 ottobre 1967, 

n. 2670 e 23 ottobre 1967, n. 2612), che una modesta differenza tra il valore 
dichiarato e quello accertato possa essere considerato -secondo 
l'apprezzamento del giudice di merito nelle singole fattispecie -come 
fatto non imputabile al contribuente. -(Omissis). 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPAL Ti E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960 -Pres. Marletta 
-Est. La Farina -P. M. Tavolaro (conf.) -Impresa Arioli 
(avv. Piaggio) c. Comune di Roma (avv. Galanti). 


Arbitrato -Arbitrato rituale -Sentenza arbitrale -Impugnazione per 
nullit� -Natura. 
(c.p.c., artt. 827 e segg.). 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva 
da parte dell'appaltatore -Carattere generale -Sussiste. 


Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Legittima 
facolt� dell'Amministrazione appaltante di disporla, ove 
essa sia resa necessario da ragioni obiettive, ovvero sia determinata 
da motivi di interesse pubblico discrezionalmente apprezzabili 
-Diritti dell'appaltatore. 

L'impugnazione della sentenza arbitrale prevista dall'art. 829 c.p.c. 
non pu� essere considerata una mera querela nullitatis, sia perch� si 
svoLge dinanzi al giudice avente istituzionalmente funzioni di secondo 


I 

grado rispetto a quello che sm�ebbe stato competente in v.ia normale a ili 
decidere la controversia, sia perch� il giudice dell'impugnazione, quando 
abbia pronunziato la nullit� del lodo (fase rescindente), estende il suo 


I 

esame al merito della controversia (fase rescissoria), utilizzando a tal 

I ~ 

fine anche le risultanze del giudizio arbitrale, salvo disporre ulteriore 
�istruzione. Trattasi di una vera e propria impugnazione, che instaura un 
procedimento da un lato assimilabile a quello d'appello (in quanto tendente, 
attraverso un provvedimento intermedio, al riesame del merito) 

I

e dall'altro a quello del ricorso per cassazione (quanto alla disciplina ~= 

0

dei motivi) (1). ;:;

k'. 

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~=: 

E~~ 

(1) Sul carattere di vera e propria impugnazione in senso tecnico-i:� 
processuaiLe de!Ll'azione ex artt. 827 ~. c.p.c. V. anche Corte Appelilo m 
Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 151 e 156 e segg. r:. 
.. I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 863 

Nel campo degli appalti di opere pubbliche deve ribadirsi il principio 
attinente al cm�attere generale deH'istituto delle riserve, da formularsi 
ed esplicarsi, a pena di decadenza, nei modi e tem-pi, prescritti 
(2). 

Nei precitati appalti di opere pubbliche, la sospensione dei lavori 
pu� sempre essere disposta dall'Amministmzione appaltante, per ragioni 
obiettive, quali casi di forza maggiore, condizioni climatologiche o altri 
simili circostanze speciali, che impediscano in via temporanea il regolare 
procedere dei lavori a regola d'arte, ovvero per motivi di interesse pubblico 
dis.crezionalmente apprezzabiU dalla. stessa P. A.; ed il Capitolato 
generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, al secondo comma dell'art. 
30, disciplina organicamente, distintamente pe.r l'una � per l'altra 
ipotesi, il se ed i limi.ti della spettanza di compensi aH'appaltatore per 
effetto deUa sospensione e gli altri diritti attribuiti allo stesso (3). 

(Omissis). -.Con contratto in forma pubblica del 14 luglio 1955 il 
Comune di Roma affidava all'impresa di costruzioni del dott. ing. Romano 
Arioli, in persona del suo omonimo titolare, l'appalto dei lavori 
per la sistemazione di un tratto di Via Leonardo da Vinci, per l'importo 
presunto di L. 48.756.000 al netto del ribasso d'asta del 24,10 % . 

Consegnati ed iniziati i lavori il 14 settembre 1955, essi venivano 
sospesi il 7 gennaio 1956, esesndosi manifestata la necessit� di apportare 
alcune varianti al progetto, varianti che, peraltro, comportavano solo 
una modificazione della distribuzione dei lavori, senza alcun aumento 
di spese; la relativa perizia approvata dal Consiglio Comunale in data 21 
febbraio 1957, con deliberazione n. 455. 

Nelle more del relativo procedimento, si manifestava, altres�, la 
necessit� di provvedere al raddoppio di un tratto della via Leonardo 
da Vinci, tra le vie E. Toti e Costantino, e dell'esecuzione di altre opere, 
intese ad assicurare la continuit� del traffico, opere comportanti una 
maggiore spesa di L. 16.166.170, al netto del ribasso d'asta, giusta perizia 
in data 8 aprile 1957, ;:ipprovata dalla Giunta comunale con deliberazione 
del 19 maggio 1956, n. 3714. 

(2) Cfr. Cass., 9 novembre 1971, n. 3161, in questa Rassegna, 1971, I, 
1513 �e segg. ed ivi note (1 e 2) di riferimenti ed osservazioni; 5 maggio 
1972, n. 1355, id., 1972, I, 508 e segg., ed ivi nota 4. 
(3) La 1sentenza 28 settembre 1968, n. 2301 dell.ila Corte d'~pello di 
Roma -afteirmarnte dii: principio che anche le domande relliaitive a[[a ~1egittimit� 
deU1a sospensione ed alla sua durata vanne� proposte dalll'appaltatore 
con risenna da i.scrivell'e quanrto meno 1all'atto defila firma dei!: verba!l.e di 
ripresa dei 1l:arvori e da ripeteq-�e con (La prima fiTma �successiva del Registro 
di contabiilit� -convafildata d!allla SUtrrirportata pronuncia delle Sezioni 
Uni.te de1la Co�rte di Cassazione .Jeggesi in questa Rassegna, 1968, I, 1111, 
1113 e segg. 

864 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche l'esecuzione di tali opere era affidata alla stessa impresa 
Arioli, la quale accettava di eseguire i lavori previsti dalle due perizie, 
cori atti di sottomissione rispettivamente del 16 maggio 1956 e 9 
aprile 1957. 

In relazione a tali varianti e lavori suppletivi, veniva disposta, in 
data 7 gennaio 1956, la sospensione dei lavori; la ripresa era, poi, disposta 
con verbale 10 luglio 1958. I lavori venivano ultimati il 12 settembre 
1958, nel termine di esecuzione protratto al 22 settembre 1958. II collaudo 
delle opere veniva eseguito il 12 novembre 1960 ed approvato 
dal Comune con delibera Commissariale del 10 novembre 1961, n. 1303. 

All'atto dela firma del registro di contabilit� per l'emissione dell'ottavo 
stato di avanzamento -il terzo dopo la ripresa dei lavori il 
14 settembre 1959, l'impresa Arioli aveva formulato due riserve, chiedendo, 
con la prima, il rimborso delle spese sostenute nel corso della 
sospensione dei lavori, e, con la seconda, il rimborso delle spese per 
i lavori eseguiti e da eseguire per la manutenzione stradale, per tutto il 
periodo della ritardata collaudazione. Le riserve venivano ripetute dall'impresa 
in occasione della firma del conto finale. Con deliberazione 
della Giunta del 15 genna�o 1961, n. 213, il Comune respingeva entrambe 
le riserve. L'impresa notificava, allora, al Comune, in data 16 maggio 
1964, domanda d'arbitrato, formulando i seguenti quesiti: 

� 1) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento della somma 
di L. 6.090.896, per oneri generali sostenuti durante la sospensione dei 
lavori di giorni 915, ordinata dall'Amministrazione nelle more dell'approvazione 
di una perizia suppletiva e di variante, perizia resa necessaria 
dal fatto che le opere previste si rivelavano, in parte, non rispondenti 
n� qualitativamente n� quantitativamente a quelle necessarie per realizzare 
la sistemazione stradale oggetto dell'appalto; 

2) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento delle opere nel 
periodo intercorrente dalla data di scadenza del termine contrattuale 
stabilito per l'effettuazione del collaudo e la data in cui il collaudo � 
stato effettivamente eseguito (L. 30 per mq. e per mese, per una superficie 
di mq. 9480); 

3) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento degli interessi 
sulle somme che risulteranno dovute, interessi da conteggiare a partire 
dalla data di pagamento�. 

Il Collegio arbitrale, costituito ai sensi del capitolato .generale 
oo.pp., approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, richiamato dal capitolato 
del Comune, con lodo avente la data di decisione del 27 giugno 
1962 sottoscritto il 19 luglio e depositato presso la Cancelleria della Pretura 
e reso esecutivo il 21 luglio 1962, disattesa l'eccezione del Comune 
di tardivit� delle riserve di cui al primo quesito, accoglieva ,per intero 
i capi di domanda contenuti nel primo e nel terzo quesito, e, per quanto 


PARTE. I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 8e5 

di ragione, quello contenuto nel secondo quesito, condannando, quindi, 
il Comune a pagare all'impresa la somma complessiva di L. 8.176.496, 
e gli interessi del 15 maggio 1964 al saldo finale. 

Avverso il lodo, notificato il 21 luglio 1966, il Comune proponeva 
impugnazione, con atto di citazione del 17 ottobre 1966, dinanzi alla 
Corte d'appello di Roma deducendo, riguardo al primo quesito, che 
gli arbitri avessero erroneamente respinto l'eccezione d'improponibilit� 
della domanda per tardivit� nella formulazione della relativa riserva; 
in via subordinata, che si sarebbe dovuto dare prevalenza all'art. 24 del 
Capitolato generale del Comune sulla corrispondente norma del Capitolato 
.generale per le opere di competenza del Ministero dei LL.PP., 
trattandosi di norma pattizia che assicurava al Comune una tutela pi� 
rigorosa di quella prevista dall'art. 16 deJ regolamento del 1895, facultando 
l'Amministrazione alla sospensione dei lavori non soltanto in presenza 
di � circostanze speciali � ma per qualsiasi ragione, senza diritto 
a compensi; per quanto riguardava il secondo quesito, che gli arbitri 
fossero incorsi in errore nell'interpretare l'art. 10 del Capitolato particolare 
d'appalto del Comune, stabilendo che all'impresa spettava il risar~ 
cimento del danno per la manutenzione delle opere durante il periodo 
di ritardo del collaudo; rilevava, inoltre, il Comune, che, ove l'appello 
fosse stato accolto in base ai predetti motivi, la domanda contenuta nel 
terzo quesito sarebbe venuta automaticamente a cadere. Chiedeva, quindi, 
che, in riforma dell'impugnata sentenza arbitrale, la domanda di 
arbitrato, riguardo al pdmo quesito, fosse dichiarata improponibile ed 
irricevibile; nel merito, chiedeva che le domande contenute sia nel primo 
che nel secondo, e, di conseguenza, nel terzo quesito, venissero respinte. 

L'impresa eccepiva, in via pregiudiziale, l'inammissibilit� dell'im


pugnazione, per essere questa strutturata quale un appello, e non quale 

un'azione di nullit� ex art. 829 c.p.c.; insisteva, in subordine, per la 

conferma del lodo. 

La Corte d'appello di Roma, con sentenza non definitiva del 29 

agosto 1968, dichiarava la nullit� del lodo, rimettendo la causa al


1'istruttore. 

Circa l'eccezione pregiudiziale dell'impresa, la Corte osservava che, 

pur avendo il Comune denominato l'atto introduttivo dell'impugnazione 

�atto di appello�, nonch� dichiarato in esso di appellare e richiesta la 

riforma anzich� l'annullamento del lodo, occorreva indagare se, indipen


dentemente dalle espressioni e dalle forme usate, il Comune stesso avesse 

inteso promuovere il iudicium rescindens, e se l'atto fosse idoneo al rag


giungimento di tale scopo. Ora, doveva tenersi conto che, nell'atto 

stesso, quale premessa della dichiarazione di impugnazione, si affermava 

essere stato il lodo emanato in violazione di precise disposizioni di legge 

e principi generali di diritto, e che si faceva, ivi, espresso richiamo 


866 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

all'art. 829 ultimo comma c.p.c.; che i motivi a sostegno dell'impugna


zione attenevano tutti a violazione di norme giuridiche, in modo che 
l'ambito del riesame del lodo, sotto il profilo della legittimit�, ne risultava 
ben delimitato; che il giudice adito era quello competente e che 
sussisteva la vacatio in ius dinanzi ad esso; ne derivava non essere dubbio 
che il Comune avesse inteso promuovere il giudizio di nullit� del lodo 
e che l'atto introduttivo di esso, indipendentemente dai reiterati vizi di 
forma, fosse idoneo al raggiungimento dello. scopo. 

Nel merito, la Corte riteneva fondata la censura secondo cui erroneamente 
gli arbitri avevano respinto l'eccezione di improponibilit� della 
domanda, di cui al primo quesito, per tardivit� della relativa riserva. 
Rilevava la Corte che l'inserzione delle riserve � un onere di carattere 
generale desumibile dal sistema normativo in materia (artt. 20, 23, 36 e 
37 reg. 25 maggio 1895, n. 350; artt. 343, 345 l. 20 marzo 1865, n. 2243); 
che da tali principi deriva l'effetto preclusivo della mancata iscrizione, 
quanto meno nel verbale di ripresa, delle riserve riguardanti indennizzi 
per maggiori spese da sospensione dei lavori disposta dall'Amministrazione. 
Invero, lo scopo fondamentale delle disposizioni riguardanti la 
contabilizzazione dei lavori � costituito dall'esigenza di permettere alla 
amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficace controllo 
delle spese mediante la registrazione analitica e tempestiva di 
ogni fatto dal quale derivi per la P.A. un onere finanziario, per l'esecuzione 
dell'opera pubblica. 

Ne consegue, quindi, l'onere dell'appaltatore di tradurre in specifiche 
riserve, tempestivamente formulate, tutte le sue pretese a compensi 
maggiori o diversi da quelli riconosciutigli in contabilit� in relazione 
alle singole unit� di lavoro via via eseguite. Rimane, pertanto, 
fuori del sistema la possibilit� di configurare ragioni di compenso che 
a quell'onere siano sottratte, giacch� tanto le questioni cosiddette di 
interpretazione del contratto, quanto quelle cos� dette generali si ripercuotono 
tutte sulle singole unit� di lavoro, sicch� soltanto attraverso la 
loro incidenza sul costo di questo vengono a determinare l'onere economico 
complessivo sopportato dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera. 

Anche nel caso di ragioni di compenso e di indennizzo chieste dal


l'appaltatore per partite di spese sopportate in dipendenza del prolun


gamento dei lavori, per fatto dell'amministrazione, oltre il termine con


trattuale, le voci che in tal caso vengono in giuoco non hanno una rile


vanza autonoma, ma si riflettono anch'esse sui prezzi calcolati o pattuiti 

per le singole unit� di lavoro, cosicch� l'onere della riserva diventa 

attuale nel momento in cui si manifesti la rilevanza causale del fatto 

generatore della situazione dannosa secondo una valutazione condotta 

con media diligenza e buona fede. Comunque, pur aderendosi, in ipotesi, 

ad una .meno rigorosa visione del sistema, sarebbe stato pur sempre 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 867 

necessario, a norma del combinato disposto degli artt. 16 e 89 del r. 1895, 
che, avendo l'impresa, nel verbale di sospensione dei lavori del 7 gennaio 
1956, dichiarato di accettare la sospensione senza riserva alcuna, 
la riserva fosse stata formulata ~-e non lo fu -nel verbale di 
ripresa dei lavori del 10 luglio 1958. 

Gli articoli da ultimo citati prevedono, infatti, che l'appaltatore deve 
sottoscrivere i verbali di sospensione, formulando in essi le sue eventuali 
riserve, nonch~ quelli di ripresa dei lavori; che, nel caso ricusi la sottoscrizione, 
debba essere invitato a farlo in un perentorio termine, comminandosi, 
per il caso dell'inottemperanza, l'insuperabile presunzione di 
corrispondenza dei fatti alle registrazioni non sottoscritte; che, nel caso 
di sottoscrizione con riserva, questa debba essere ripetuta, a pena di 
inefficacia, nel registro di contabilit� nei modi e nei termi!1;i di cui agli 
artt. 53, 54. Ora, pur non contemplando il regolamento espressamente 
l'ipotesi che l'appaltatore firmi il verbale di ripresa senza riserva, la 
dichiarata perentoriet� del termine da assegnarsi all'appaltatore stesso 
nel caso di mancato intervento alla firma e la sanzione dell'inefficacia 
espressamente comminata per le eccezioni e le domande .proposte con 
rituali riserve nei verbali ma non riproposte nei registri di. contabilit�, 
giustificano, a fortiori, l'affermazione che la firma senza riserva dei 
verbali di sospensione o di ripresa precluda, al pari dell'inutile decorso 
del termine di grazia, la facolt� dell'appaltatore di proporre utilmente 
eccezioni e domande comunque afferenti alla lesittimit� della sospensione 
e alla sua durata. 

Infine, la preclusione sussiste, quanto meno, per effetto della mancata 
iscrizione delle riserve in parole alla prima presentazione del registro 
di contabilit� successiva alla ri:presa dei lavori. 

Contro la predetta sentenza della Corte d'appello di Roma, con atto 
notificato il 26 maggio 1969, l'Impresa Arioli ha proposto ricorso per 
cassazione, deducendo due motivi di annullamento, ai quali ha resistito 
il Comune con controricorso. 

Le parti hanno presentato memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione e falsa 
applicazione di legge e l'insufficiente, o, comunque, contraddittoria motivazione, 
si lamenta che la Corte di merito erroneamente avrebbe respinto 
l'eccezione di inammi:ssibilit� dell'impugnazione del Comune, 
affermando che questa aveva raggiunto il suo scopo d'impugnativa di 
nullit� con la vocatio in ius dinanzi al giudice competente (Corte d'appello) 
e con il riferimento alla violazione di norme giuridiche in gene



868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


raie, e ritenendo che le conclusioni del Comune dirette ad ottenere la 

� riforma � del lodo potessero essere considerate come anticipatrici del 
judicium rescindens. 

Secondo il ricorrente, il riferimento, contenuto nell'atto di impugnazione, 
alla violazione di precise disposizioni di leg.ge e di principi generali 
di diritto non poteva essere sufficiente a far qualificare l'atto stesso 
quale azione di nullit�, non essendo tale riferimento univoco e potendo 
anche l'appello vero e proprio contenere censure riflettenti esclusivamente 
pretese vio.lazioni di norme di diritto. Ribadisce, poi, la genericit� 
delle censure, ove non vi sarebbe traccia di specifica violazione di norme 
legislative, ma unicamente una generica lagnanza circa il presunto contrasto 
tra le statuizioni del lodo e tutto il sistema dell'ordinamento, che 
postulerebbe l'onere generale dell'immediata formulazione delle riserve, 
tanto vero che la stessa Corte era stata costretta a sostituirsi all'impugnante 
nell'indicare le norme dalle quali scaturirebbe il principio affermato. 


Deduce, infine, che le conclusioni del Comune dirette ad ottenere 
la riforma del lodo non potevano valere quali anticipazioni di quelle attinenti 
all'iudicium rescindens, giacch� tale giudizio non costituisce un 
secondo grado, rispetto al quale debba essere riformata la prima deci


sione, ma funziona come un primo grado di giudizio in un esame ex novo 
del merito. 

Il motivo � infondato. 

Si premette che questa S.C. ha ,potest� di procedere a diretto esame 
e ad autonoma valutazione dell'atto notificato dal Comune all'impresa 
Arioli il 17 ottobre 1966; tale indagine -la quale, ovviamente, supera 
ogni problema di congruit� e logicit� della motivazione, sul punto, della 
sentenza impugnata -appartiene ai poteri istituzionali del S.C., trattandosi 
invero di una denunzia di vizio in pirocedendo, che, ove fondata, 
comporterebbe la nullit�, non sanata e non sanabile, di un atto di parte 
non idoneo all'instaurazione dell'impugnazione ex art. 829 c.p.c. e, quindi, 
la necessaria dichiarazione di inammissibilit� dell'impugnazione stessa 
e la conseguente cassazione senza rinvio da parte dello stesso S.C., 

1

della sentenza della Corte di merito. 

Procedendo a tale indagine, il S.C. osserva che detto atto � intestato 
effettivamente: � atto di appello �; che, nello stesso atto, dopo l'esposizione 
delle premesse di fatto e dell'inizio, svolgimento e conclusione 
del processo davanti al Collegio arbitrale, il Comune � ritenuto che il 
lodo predetto � iniquo perch� emanato in violazione di precise disposizioni 
di legge e di principi generali di diritto, ex art. 829 u.c. c.p.c., 
dichiara testualmente: �appella contro il richiamato lodo arbitrale �, 
facendo seguire l'esposizione dei motivi; che l'atto � denominato �appello 
� anche laddove si precisa che: � ove accolto l'appello in relazione 


.... 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 869 

ai due primi quesiti arbitrali cade automaticamente la domanda insita 
nel terzo quesito�; che le conclusioni formulate in detto atto sono, testualmente, 
le seguenti: � piaccia alla Corte Eccellentissima, in riforma 
della sentenza impugnata, dichiarare improponibile e irricevibile la 
domanda di arbitrato per quanto riguarda il primo quesito. Nel merito, 
respingere sia il primo che il secondo quesito e di conseguenza il terzo, 
con vittoria di spese, competenze ed onorari dei due gradi di giudizio �. 
S'intende che, a seguito dell'immediata eccezione dell'impresa Arioli, 
la difesa del Comune ebbe, poi, a precisare, nelle sue ulteriori difese 
e nelle conclusioni per il collegio, che intendeva fare : � dichiarare ai 
sensi e per gli effetti dell'art. 830 c.p.c. la nullit� del giudizio-arbitrale 
e conseguentemente dichiarare improponibili le domande, ecc. �. 

Ora, � ovvio che a norma dell'art. 827 c.p.c. -a parte la revocazione 
-l'unica impugnazione astrattamente ammissibile contro la sentenza 
arbitrale era quella per nullit�, da proporsi dinanzi alla Corte 
d'appello, in quanto, in primo grado, per la causa decisa dal Collegio 
arbitrale, sarebbe stato competente il Tribunale (art. 828 2� comma c.p.c.). 

Si trattava, tuttavia, di sapere se, proposta l'impugnazione dinanzi 

alla Corte d'appello, cio� al giudice competente secondo la norma da 

ultimo citata, la ripetuta denominazione di appello usata nell'atto, la 

struttura dei.motivi di doglianza contro la sentenza arbitrale, e il tenore 

delle richieste rivolte alla Corte d'appello, cio� la natura dei provvedi


menti invocati, dovessero indurre a ritenere che l'atto fosse nullo, cio� 

non avesse l'attitudine ad instaurare una valida impugnazione per nul


lit�, difettando dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento 

dello 1scopo (art. 156 2� comma c.p.c.), o, comunque, avendo l'atto stesso 

forma, sostanza e struttura proprie di altra tipica impugnazione (appel


lo), essenzialmente divergente (come fattis;pecie legale) da q-.l'!lla spe


cifica esclusivamente ammessa per la sentenza arbitrale. 

A questo riguardo, ritiene la S.C. di dovere confermare il giudizio, 

espresso dalla Corte di appello, circa l'insussistenza dell'eccepita nullit�, 

e circa la conseguente ammissibilit� dell'impugnazione. 

In primo luogo, la denominazione impropria, ripetutamente usata 

�appello�, anzich� �impugnazione per nullit�� (secondo la termino


logia del codice), non pu� avere alcuna rilevanza. Essa, anche perch� 

temperata e chiarita dal richiamo specifico all'art. 829 c.p.c., appare, 

pi� che altro, un'innocua eco della definizione dottrinale ed anche giu


risprudenziale di � appello limitato � (in quanto ammesso so-ltanto per 

determinati errores in procedendo specificamente previsti, nonch� per 

inosservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto, nei limiti 

indicati dall'art. 829 secondo comma), che viene conferita all'impugna


zione per nullit�, quale � stata regolata dal vigente codice di rito; codice 

che ha fuso in essa, � appena necesario ricordarlo, i due rimedi dell'ap



870 RASSEG'.'lA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� 


pello illimitato (per ragioni di fatto e di diritto sostanziale), e dell'impugnazione 
per nullit� (per ragioni eminentemente di rito) gi� previsti 
separatamente (art. 28 e art. 32) dal codice di procedura civile del 1865. 

Del resto, tale definizione di � appello limitato �, ancorch� non da 
tutti condivisa, non pu� dirsi inesatta, non potendo il rimedio di cui 
all'art. 829 c.p.c. considerarsi una mera querela nullitatis, sia perch~ si 
svolge (a differenza del rimedio previsto dall'art. 32 c.p.c; 1865) dinanzi 
al giudice avente istituzionalmente funzioni di secondo grado di fronte 
a quello che sarebbe stato competente in via normale a decidere la controversia 
(e non gi� dinanzi al giudice di primo grado), sia perch� U 
giudice dell'impugnazione, quando abbia pronunciato la nullit� del lodo 
(fase rescindente), estende il suo esame al merito della controversia (fase 
rescissoria: art. 83-0 c.p.c.), utilizzando a tal fine anche le risultanze del 
giudizio arbitrale, salvo che disponga ulteriore istruzione (cfr. Cass. sentenza 
4 luglio 1969, n. 2453; sent. 3 ottobre 1966, n. 240-0). 

Quanto alla censura attinente al requisito della specificit� dei motivi 
d'appello, vero � che tale requisito � da intendei:si diversamente per 

.l'atto d'appello in contrapposto all'atto d'impugnazione per nullit�. La 
specificazione �, bensi, imposta dall'art. 342 c.p.c. anche per ci� che 
attiene al tipo di impugnazione �appello�, ma ci� non importa la necessit� 
di una individuazione delle censure di fatto e diritto, essendo sufficiente 
che le doglianze mosse contro la decisione di primo grado siano 
indicate in modo da delimitare il campo del riesame della causa, ed 
attenuandosi tale requisito ulteriormente allorch� dal contesto dell'atto 
di appello si evinca in modo chiaro ed inequivocabile la volont� dell'appellante 
di impugnare in toto la sentenza. Tale requisito, invece, per 
l'atto di impugnazione di nullit�, deve intendersi in modo pi� rigoroso, 
avvicinandosi, e potendosi assimilare, sotto questo riflesso, l'impugnazione, 
per la sua stessa struttura e in quanto tende all'iudicium rescindens, 
alla disciplina del ricorso per cassazione. 

Essendosi, nella specie, investito con l'atto di impugnazione la sentenza 
arbitrale per inosservanza delle regole di diritto, ex art. 829 ultimo 
comma c.p.c., ci si deve richiamare all'insegnamento di questa S.C., per 
cui l'inosservanza delle regole di diritto, che rende ammissibile l'impugnazione 
per nullit� della sentenza arbitrale, deve essere intesa nello 
stesso senso della violazione e falsa applicazione. delle norme di diritto 
di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c. (Cass. sent. 21 marzo 1969, n. 894; sent. 26 
ottobre 1968, n. 3575). In conseguenza, tornano applicabili, con particolare 
riferimento alla specie, i principi elaborati da questa Corte in tema 
di specificit� (come richiesta dall'art. 366 n.. 4 c.p.c.) dei motivi del 
ricorso per cassazione, il quale � sfato ritenuto valido ogni qualvolta 
siano da esso individuabili le norme che si assumono violate. Cos� � stato 
ritenuto che non sia necessaria l'indicazione specifica di tali norme, e 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 871 

tanto meno l'indicazione degli articoli di legge violati, essendo sufficiente 
a soddisfare l'esigenza dell'individuazione dei motivi che questi siano 
chiaramente desumibili dal complesso del ricorso; cosicch�, anche in caso 
di omessa o inesatta indicazione degli articoli di legge, il ricorso � ammissibile 
quando dallo svolgimento dei motivi sia dato identificare il 
principio di diritto che si assume violato o disapplicato, nonch� la ragione 
giuridka per la quale si chiede la cassazione della sentenza, e sia consentito 
di precisare l'una o l'altra delle ipotesi previste dall'art. 360 c.p.c. 
(da ultimo, Cass. sent. 26 mag.gio 1971, n. 1561; sent. 6 aprile 1971, 

n. 1012). Non rileva, pertanto, l'osservazione secondo la quale la dedu
�zione della violazione di norme di diritto non specificate sarebbe insufficiente, 
in quanto anche l'appello potrebbe essere proposto per gli stessi 
motivi; essenziale, invece, essendo che i motivi addotti nell'atto de quo 
si qualificassero nell'ambito dell'art. 829, e fossero, quindi, idonei a 
conseguire l'effetto di cui all'art. 830 c.p.c. Ora, non pare al S.C. dubbio 
che tale qualificazione esistesse,� avendo l'impugnante dedotto che il 
Collegio arbitrale erroneamente aveva respinto l'eccezione di improponibilit� 
dell'arbitrato, riguardo al primo quesito, per tardivit� della proposizione 
della relativa riserva, censura, questa, che configurava la violazione 
di norme di diritto, anche se non era stato espressamente indicato 
il relativo articolo di legge. D'altra parte, trattavasi di una questione 
alquanto complessa, come meglio risulter� dall'esame del secondo motivo 
del ricorso, dovendosi la dedotta violazione del principio di diritto 
desumere dal coordinamento di molteplici norme, per cui non a torto 
l'impugnante, dopo avere, come gi� si � visto, espressamente invocato 
l'art. 829 ultimo comma c.p.c., rilevava che il fondamento della tesi 
postulante l'inderogabilit� della tempestiva proposizione della riserva 
non avrebbe potuto evincersi se non da tutto il sistema dell'ordinamento 
dei pubblici appalti. 
N� migliore sorte pu� avere la censura secondo la quale l'inammissibilit� 
dell'impugnazione sarebbe derivata dall'essere stata in essa richiesta 
la �riforma � della sentenza arbitrale impugnata, anzich� la 
dichiarazione di nullit� e una nuova pronuncia nel merito. 

Ricordato, ancora una volta, che l'impugnazione del lodo arbitrale 
tende ad instaurare un procedimento da un lato assimilabile a quello 
d'appello (in quanto si vuole ottenere, attraverso un provvedimento intermedio, 
il riesame del merito) e dall'altro a quello del ricorso per 
cassazione (quanto alla� disciplina dei motivi), � ovvio che la domanda 
di riforma (attinente alla fase rescissoria) implica e presuppone, nel 
meccanismo fissato da.gli artt. 829 e 830 c.p.c., la declaratoria di nullit� 
del lodo (pronuncia rescindente), che � perci� necessaria, ma meramente 
strumentale rispetto al riesame della causa, e, quindi, alla pronuncia 
rescissoria, che sostanzialmente riforma il giudizio logico, anche se non 


872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la pronuncia del giudice arbitrale. Soccorrono, anche qui, i principi 
fissati dalla giurisprudenza di questa S.C., secondo i quali non � necessario 
che vi sia una istanza formale o una espressa manifestazione di 
volont� specificamente contenuta nelle conclusioni, ben potendo la domanda 
risultare implicitamente o indirettamente dalle deduzioni o richieste 
delle parti, dal cui contenuto sostanziale possa essere legittimamente 
desunta (v. da ultimo, Cass. sent. 12 settembre 1970, n. 1393), e secondo 
cui, in tema di interpretazione delle domande giudiziali, occorre tenere 
presente che la domanda comprende non soltanto quello che viene 
espressamente ennuciato nel petitum, ma anche ogni altro provvedimento 
che ne sia la logica e imprescindibile premessa (Cass. sent. 20 
giugno 1968, n. 2052). Nella specie, pertanto, la domanda di riforma 
poneva in evidenza l'interesse ultimo alla impugnazione (interesse che 
si sostanziava non in un'astratta dichiarazione del diritto, bens� in una 
revisione del giudizio logico espresso dagli arbitri), �ed anticipava detto 
fine, che era quello di ottenere una pronuncia diversa e favorevole 
attraverso l'implicito passaggio obbligato attraverso la fase rescindente. 

Ritenute, cos�, la validit� ed efficacia originaria dell'atto di impugnazione, 
cio� l'insussistenza delle deficienze previste dall'art. 156 secondo 
comma c.p.c. quali causa di nullit� dell'atto, non vale la pena di 
soffermarsi sulla tesi alternativa e subordinata, secondo cui l'invalidit� 
originaria sarebbe stata, comunque, sanata, ex art. 156 terzo comma 
stesso codice, dall'avere l'atto stesso raggiunto il suo scopo, cio� dall'avere 
permesso all'Impresa Arioli di costituirsi dinanzi alla Corte di 
appello, e di ivi efficacemente difendersi nell'ambito di censure di cui 
aveva potuto, evidentemente, individuare il tenore e la portata. 

Con il secondo motivo del ricorso, denunciando la violazione e falsa 
applicazione degli artt. 16, 53, 54 e 89 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, con 
riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c., si lamenta che la Corte di merito abbia 
affermato l'esistenza, nel sistema normativo in materia di pubblici appalti, 
del principio che l'onere dell'iscrizione immediata della riserva 
contenente la richiesta dell'impresa sia di carattere generale, cosicch� 
ne conseguirebbe un effetto preclusivo delle richieste dell'appaltatore a 
seguito della mancata iscrizione immediata, in esse compresa quella, ad 
esempio, riguardante indennizzi per maggiori spese derivate da sospensione 
disposta dal.I'Amministrazione per fatti addebitabili all'amministrazione 
stessa. 

Contesta il ricorrente, anche in base al principio del libero esercizio 
dei diritti soggettivi -salve le limitazioni derivanti dalla prescrizione 
e da specifiche decadenze comminate dalla legge, le cui norme andrebbero 
interpretate restrittivamente -che esista nella legge un onere 
generale della riserva immediata. All'uopo, pone in evidenza il contenuto 
-desumibile dai citati artt. 53 e 54, nonch� dagli artt. 36 e 37 del 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 873 

predetto regolamento -del registro di contabilit�, nel quale, secondo 
il principio contestato, dovrebbero essere iscritte immediatamente, a 
pena di decadenza, tutte le riserve non appena si fossero verificati i fatti 
che potrebbero dare luogo alle pretese dell'appaltatore. Se � vero (art. 36) 
che la contabilit� di un'opera ha per oggetto l'accertamento e la registrazione 
di tutti i fatti producenti spesa per l'esecuzione dell'opera, che 
nel costo dell'opera debbono comprendersi non solo le spese per i lavori 
e per le somministrazioni, ma anche quelle di espropriazione, di assistenza 
ed ogni altra inerente all'esecuzione e che l'accertamento e la 
registrazione dei fatti producenti spesa devono procedere di pari passo 
con il loro accadimento, ne deriverebbe che nel registro di contabilit� 
non potrebbero essere indicate pretese per oneri e pregiudizi estranei 
al concetto di spese occorrenti per l'esecuzione dell'opera. 

Si aggiunge: se l'art. 53 prescrive che al pi� presto siano riportate 
nel registro di contabilit� le notazioni relative alle partite di lavoro 
eseguite e alle somministrazioni fatte dal'appaltatore, nonch� le domande 
che l'appaltatore medesimo crede di fare, dal successivo articolo 
54, ove � detto che il registro deve essere firmato dall'appaltatore, 
con o senza riserve, nel giorno che gli venga presentato, si evincerebbe 
che, poich� nel registro di contabilit� non possono inserirsi altre voci 
diverse da quelle afferenti alla contabilit� dell'opera e ai fatti producenti 
spese per l'esecuzione dell'opera stessa, le riserve non potrebbero 
che riferirsi alle voci suddette, non potendosi verificare riserve per ci� 
che non pu� formare oggetto di contabilit�. 

In altri termini, essendo la finalit� propria del registro di contabilit� 
quella di documentare cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo, 
e dovendo le argomentazioni e le riserve da inserire obbligatoriamente 
nel registro riguardare esclusivamente le partite di lavo�ro eseguite 
e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, le riserve del genere 
di quelle in contestazione non potrebbero trovare idonea collocazione nel 
contenuto del registro di contabilit�, non attenendo alle spese per l'esecuzione 
dell'opera (costituite soltanto dalle somme necessarie ed indispensabili, 
sia in via immediata che mediata, affinch� il risultato materiale 
venga raggiunto), le pretese di somme che l'appaltatore avanzi a titolo 
meramente risarcitorio, cio� di reintegrazione del suo patrimonio per 
il danno che assuma di avere subito per fatto e per colpa dell'Amministrazione, 
vale a dire, con riferimento alla specie, a seguito della sospensione 
temporanea dei lavori, disposta dall'Amministrazione stessa. Nel 
non avere distinto concettualmente le spese o il costo della costruzione 
dal maggior compenso globale che pu� spettare all'appaltatore, in parte 
anche per titoli diversi non registrabili nel libretto delle misure e non 
contabilizzabili nel registro, consisterebbe l'errore essenziale della sentenza 
impugnata. 


874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Tali censure non appaiono meritevoli di accoglimento. 

� noto che, nei pubblici appalti, il corrispettivo dovuto all'appaltatore 
si determina mediante l'accertamento e la registrazione, nei documenti 
contabili dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese per 
l'esecuzione dell'opera. Di qui la decisiva importanza che, agli effetti 
della determinazione dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, 
hanno le norme specifiche sulla contabilit� dei lavori, compiuta a cura 
esclusiva dell'Amministrazione (artt. 36 e ss. del r.d. 25 maggio 1895, 

n. 350, che approva il regolamento sulla direzione, contabilizzazione e 
collaudazione dei lavori dello Stato), nonch� le disposizioni che fissano 
le modalit� per la proposizione di eventuali pretese dell'appaltatore 
verso l'Amministrazione, che si riferiscano ai fatti registrati, o che, comunque, 
si risolvano in richieste di ulteriori compensi o indennizzi 
(artt. 54 e ss. del medesimo regolamento). 
In materia, � principio di massima che l'appaltatore, ove intenda 
contestare la contabilizzazione dei corri~ettivi effettuati dall'Amministrazione, 
sia tenuto ad iscrivere apposita riserva nel registro di contabilit� 
o in altri documenti contabili; ed esporre, poi, nel modo e nei 
termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua 
pretesa, nel titolo e nella somma, e, infine, confermare la riserva all'atto 
della sottoscrizione del conto finale. 

In termini pi� ampi, l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara di 
appalto alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione e collaudo, si articola 
in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, 
che si svolge in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione 
l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare; perci� 
gli � imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che 
riguardano le sue :prestazioni e che siano suscettibili di produrre un 
incremento delle spese previste. 

� da notare che, nei primi decenni d'applicazione del predetto regolamento, 
la dottrina e la giurisprudenza prevalenti affermarono costantemente 
il carattere generale della prescrizione relativa alla necessaria 
formulazione, e successiva quantificazione, nel registro di contabilit�, di 
tutte le richieste, tali da incidere sul compenso complessivo spettante 
all'appaltatore, quali che fossero le componenti e i titoli di tali pretese; 
soltanto una minoranza di scrittori e di pronunce aderiva, invece, all'opinione, 
riproposta dal ricorrente con il motivo in esame, secondo cui 
gli scopi assegnati al registro di contabilit� sarebbero limitati a dimostrare 
cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo composto di partite 
di lavoro e di somministrazioni in senso stretto. 

A sostegno dell'opinione prevalente, si poneva in evidenza che le 
annotazioni delle partite di lavoro e delle somministrazioni non esauriscono 
le funzioni del registro. Le stesse sono previste nell'art. 53 del 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 875 

regolamento; ma sono le disposizioni del successivo art. 54 che specificamente 
si occupano delle eccezioni e riserve dell'appaltatore nel registro 
stesso, stabilendo l'obbligo dell'appaltatore di firmare il registro 
di contabilit� ogni volta che, nel corso del rapporto, gli viene presentato. 
Se egli non firma, il direttore dei lavori deve invitarlo a sottoscriverlo 
entro il termine perentorio di quindici giorni; qualora l'appaltatore persista 
nell'astensione o nel rifiuto, il direttore ne fa menzione nel registro 
e si avranno come accertati i fatti registrati e l'appaltatore decadr�. dal 
diritto di far valere in qualunque tempo e modo riserve e doglianze che 
ad essi si riferiscono. Nel caso normale, in cui l'appaltatore consenta a 
sottoscrivere il re.gistro egli pu� firmare con riserva. Allora, entro i 
quindici giorni successivi, deve esplicare le riserve, scrivendo e firmando 
nello stesso registro le corrispondenti domande di indennit� e indicando 
con precisione le cifre di �compenso cui crede di avere diritto e le ragioni 
di ciascuna domanda. Il direttore dei lavori nei successivi quindici giorni 
deve scrivere nel registro anzidetto le sue deduzioni. Come per l'omissione, 
cos� per l'intempestiva esplicazione dell� riserve � disposta la decadenza 
dell'appaltatore dal diritto di proporre domande fondate sui relativi 
fatti. Si riteneva che a tali prescrizioni dovesse essere riconosciuta portata 
generale, in un quadro di coordinazione documentale e di immediatezza 
temporale, dovendo i documenti contabili essere intesi in senso non meramente 
ragioneristico, in quanto oggetto della contabilit� � l'accertamento 
e la registrazione di tutti i fatti producenti spese per l'esecuzione 
dell'opera; ci� sembrava dimostrato, in primo luogo, dall'art. 89 u.c., 
secondo cui le riserve e domande iscritte nei documenti contabili che 
devono essere sottoscritti dall'appaltatore (libretto delle misure, registro 
di contabilit~ e conto finale: art. 36 u.c.) non avranno efficacia e saranno 
considerate come non avvenute, ove non siano ripetute nel registro di 
contabilit�, nonch� dall'art. 64, che vieta all'appaltatore di iscrivere nel 
conto finale �domande per oggetto o importo diverso da quelle formulate 
nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori�. Si 
rilevava, poi, che la prescrizione non era limitata alle sole riserve iscritte 
negli accennati documenti contabili, perch�: alla iscrizione e alla riproduzione 
delle riserve nel registro di contabilit� fanno riferimento anche 
le ipotesi di controversie con l'appaltatore insorte fuori delle formalit� 
connesse ai ripetuti documenti. Cos� l'art. 23, terzo comma, relativamente 
tanto alle contestazioni riguardanti l'interpretazione del contratto 

(primo comma), che a quelle attinenti ai fatti (quarto comma); nonch� 
l'art. 11 penultimo comma, e l'art. 16 secondo comma per le fasi di consegna 
e di eventuale sospensione e ripresa dei lavori, che rinviano alle 
discipline dettate nel citato art. 89 -e perci� implicitamente alla necessit� 
della ripetizione delle riserve nel registro� di contabilit�; fuori di 

Pl!ll!lllllllllllllalllll�1111111111llillllll�flll:�llr�llllllllllll1 



876 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


questo si ritenevano, quindi, ammissibili solo controversie per fatti insorti 
dopo la firma del conto finale. 

In conformit� di tale rigoroso orientamento, anche la giurisprudenza 
meno recente di questa S.C. aveva stabilito che l'onere della riserva ha 
carattere generale, riferendosi, tra l'altro, sia a fatti transeunti che a 

fatti continuativi (v. infra), essendo non il solo quantum ma lo stesso 
diritto. a compenso, quale ne sia lo specifico titolo, sottoposto a decadenza, 
onde � questo diritto come tale che dev'essere fatto valere nel 
termine perentorio, specificandosi tanto l'ammontare dei compensi cos� 
come le cause che ad essi danno luogo (sent. 29 marzo 1943, n. 719, nella 
quale si �hiariva altresl che lo scopo della riserva � quello che gli organi 
dell'amministrazione siano prontamente messi al corrente di tutte le 
domande che tendono ad alterare le basi economiche del contratto). 

Vero � che, negli ultimi decenni, parte della dottrina, e, sulla sua 
traccia, la giurisprudenza arbitrale hanno manifestato una progressiva 
tendenza a ridurre il campo di applicazione dell'onere delle riserve, e 
ci�, verosimilmente, nell'intento di attuare soluzioni di equit� senza 
incorrere nelle pastoie della decadenza. In genere, non si � contestato, in 
linea di principio, il carattere generale del'istituto della riserva; ma si 
� tentato di individuare una serie di pretese e di controversie nelle 
quali si � ritenuto che lo scopo e le funzioni delle riserve potessero non 
venire in considerazione, sicch� sarebbe cessata la ratio stessa dell'istituto; 
cos� nei casi in cui la pretesa dell'appaltatore non sia incompatibile 
con gli accertamenti eseguiti in contraddittorio e con le annotazioni del 
registro di conta1bilit� che l'appaltatore abbia firmato senza riserve, 
ovvero concernano fattispecie in cui le pretese, pur essendo incompatibili 
con siffatti accertamenti e annotazioni, si fondino su fatti e situazioni 
ancora in corso di evoluzione, o, comunque, sempre accertabili; cos�, 
quando si sollevi una questione di mero diritto o di interpretazione del 
contratto, ovvero pretese relative non alle singole partite di lavoro 
riportate di volta in volta nel registro di contabilit�, bens� tali da investire 
tutto l'andamento dell'appalto, per le quali ultime sarebbe sufficiente 
l'inserzione della riserva (c.d. generale) prima del conto finale. 

Anche la giurisprudenza pi� recente di questa S.C. ha risentito 
del nuovo pi� liberale indirizzo; e sull'effettiva portata delle relative 
pronunce conviene brevemente soffermarsi, giacch�, nelle ampie difese 
dell'una e dell'altra parte, tale giurisprudenza � stata menzionata, sia 
nelle affermazioni di principio -talvolta non determinanti -sia nelle 
fattispecie concrete, a sostegno delle contrapposte tesi. Cos�, con la sentenza 
28 ottobre 1965, n. 2290, la S.C., dopo aver visto, esattamente, nel 
registro di contabilit� il documento che accentra in s� tutta la contabilizzazione 
dell'opera e lo � strumento destinato a preparare i dati della 
liquidazione del compenso complessivo spettante all'appaltatore ,, , ebbe 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 877 

ad affermare (in conformit� di pi� antica pronuncia: sent. 8 agosto 
1952, n. 26121) che, tuttavia, le richieste dell'appaltatore, di rivalsa dell'I.
G.E. sulle singole partite e dell'imposta di registro sul contratto, non 
andavano formulate ed inserite in tale documento, in quanto estranee 
alla finalit� del registro di contabilit�, preordinato a dimostrare cronologicamente 
l'opera nel suo iter esecutivo. Cos�, con la sentenza 4 dicembre 
1967, n. 2869, � stato stabilito che la richiesta dei danni causati dalla 
tardiva consegna dei lavori pu� essere formulata per la prima volta a 
lavoro eseguito ,anz;ich� alla consegna o nel corso dei lavori stessi, trattandosi 
di fatti continuativi, ossia in via di svolgimento, di cui il controllo 
non sarebbe possibile se non ad opera esaurita, vale a dire, consistendo 
il danno nell'aumento dei prezzi di materiali e della mano 
d'opera dpercuotentesi sul complesso dei lavori a causa del ritardo frapposto 
dall'Ente nello stipulare il contratto e nell'effettuare la consegna 
all'appaltatore, e potendo, quindi, il calcolo del medesimo essere eseguito 
soltanto ad opera ultimata, n� potendo gli effetti pregiudizievoli ritenersi 
cessati con l'effettuata tardiva consegna. 

Nello stesso ordine di idee, la sentenza 30 giugn�i 1969, n. 2393, e 
la recentissima sentenza 20 marzo 1972, n. 830 stabiliscono che, qualora 
si tratti di fatto continuativo, l'onere di formulare la riserva sorge al 
momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore 
della situazione onerosa e si disponga di ogni elemento necessario 
per indicare l'importo del compenso richiesto. D'altra parte, la 
sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, da un canto, ha ribadito il concetto 
che l'onere di denuncia di fatti o situazioni che causino aumento di spese 
nell'esecuzione delle opere � generale e che nessuna ragione di compenso 
.pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta (facendone 
applicazione al caso di obliterazione nel registro di contabilit� di lavori 
eseguiti), ha ritenuto, tuttavia, l'inapplicabilit� della decadenza, inerente 
alla mancata riserva, per quanto attiene alla pretesa di interessi moratori 
per ritardo nei pagamenti, non essendo prevista l'obbligatoria iscrizione 
nel registro di contabilit� di annotazioni e riserve relative ad oggetti 
estranei alla finalit� di documentare cronologicamente l'ter esecutivo 
dell'opera. Infine, con la sentenza 13 maggio 1971, n. 1384, si 
afferma che, in tema di esecuzione di appalto di opere pubbliche, negli 
atti contabili, come in ogni altro atto relativo ai rapporti tra pubblica 
amministrazione e appaltatore, debbono essere inserite obbligatoriamente 
soltanto le annotazioni e le riserve riguardanti i fatti che attengono 
direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, quaili le partite di 
lavori eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, non per� 
quelle che abbiano altro oggetto del tutto estraneo allo scopo di documentare 
cronologicamente l'iter esecutivo dell'opera e di consentire opportuni 
e tempestivi interventi alla pubblica amministrazione, al fine di 


878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


assicurare la .prova delle sue ragioni per contestare le pretese della controparte, 
in relazione all'esecuzione dell'opera stessa; essendo il sistema 
delle riserve predisposto per garantire esclusivamente questi interessi 
della P.A., e non giustificandosene l'applicazione al di fuori della necessit� 
di soddisfare questa esigenza, ne deriva che il diritto dell'appaltatore 
di pretendere il risarcimento dei danni a lui cagionati da ritardi 
gravemente colposi della stazione appaltante nell'emissione dei certificati 
di acconto, nella redazione dello stato dei lavori e nell'esecuzione 
del collaudo, non � precluso dall'omessa formulazione di apposite riserve 
a norma degli artt. 54, 64 e 107 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, nel corso 
dell'appalto e all'atto di esecuzione del collaudo (ma cfr., in senso contrario, 
cio� nel senso della preclusione di ogni pretesa di danni per 
ritardo del collaudo, a seguito di firma senza riserva del collaudo stesso 
da parte dell'appaltatore, la posteriore sentenza 22 giugno 1971, n. 1962). 

Ci� premesso, ritiene questa S.C. che debba essere riconfermato il 
principio attinente al carattere generale dell'istituto delle riserve, da 
formularsi e da esplicarsi, a pena di decadenza, nei modi e nei tempi 
prescritti. Ci� in base ai tradizionali argomenti di ordine esegetico e 
sistematico sopra esposti; ribadendo i quali, recenti scrittori, nonch� 
parte della gurisprudenza arbitrale, tendono a fare emergere la ragione 
fondamentale giustificatrice delle preclusioni esplicite ed implicite nel 
sistema, cio� la necessit�, nel quadro generale delle esigenze proprie di 
un bilancio pubblico, della continua evidenza delle spese dell'opera, in 
relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione 

(v. art. 37, lettera e, del regolamento del 1895) dei mezzi finanziari del-
l'uopo predisposti, nonch� alle altre possibili determinazioni dell'Amministrazione 
(che possono arrivare fino all'es�ercizio della potest� di risoluzione 
unilaterale del contratto di appalto : art. 345 della legge sui 
LL.PP. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) di fronte ad un notevole superamento 
delle previsioni originarie di spesa, cio� qualora l'onere della 
costruzione dell'opera rischi di diventare troppo pesante per la collettivit� 
in relazione alla sua utilit�. Tali scopi sarebbero, invero, frustrati 
se fosse data facolt� all'appaltatore di richiedere il rimborso di maggiori 
oneri, a ql,lalsias� titolo, dopo il compimento, o dopo una notevole 
progressione ulteriore dell'opera, aumentandosene, in tal modo, il costo 
in una misura che potrebbe infrangere l'equilibrio tra utilit� dell'opera 
medesima e .sacrificio della collettivit� (inteso come quantit� di denaro 
pubblico da quell'opera assorbita). 
Non � il caso, qui, di approfondire, a proposito della presente controversia, 
se l'ossequio formale a tale principio (carattere generale dell'istituto 
delle riserve), risultante anche dalla maggior parte delle sopra 
citate sentenze della Corte Suprema, si coordini, in ogni caso, compiutamente, 
con le deroghe, in concreto, al principio stesso, ritenute giusti



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 879 

ficate, per specifiche fattispecie, dal venire meno della ragione e degli 
scopi, e, sotto certi aspetti, anche dell'utilit�, dell'opportunit� e della 
stessa po.ssibilit� pratica di applicazione dell'istituto. Cos� (e a prescindere 
da altre specie, in cui la diver,genza da quella attualmente in controversia 
� pi� che palese), a proposito dei cosiddetti fatti continuativi, 
per i quali, come � esposto con molta chiarezza soprattutto dalla gi� 
citata, ree.ente sentenza n. 830 del 1972, l'esigenza di un accertamento 
sicuro, e, nello stesso tempo, pieno e completo, si ritiene soddisfatta 
con l'iscrizione delle riserve al tempo della cessazione della continuazione, 
laddove inutili riuscirebbero, a tale scopo, quelle formulate in 
relazione ad ogni singolo episodio della serie; e ci� in quanto l'incidenza 
di ciascun fatto continuativo sul prezzo dell'opera ai fini di quelle 
attivif� e di quegli interventi della P.A. (reperimento di ulteriori fondi, 
ecc.) assumerebbe rilevanza soltanto a causa della loro ripetizione, mentre 
i singoli episodi costituenti la serie importere:bbero, ai detti fini, 
oneri di entit� del tutto trascurabili; cosicch�, n� l'appaltatore sarebbe 
in grado, prima della cessazione della continuazione, d'indicare, con la 
precisione richiesta da.i regolamenti e dai capitolati, i compensi ai quali 
crede di avere diritto, n� l'ufficio sarebbe in grado di emettere gli 
opportuni provvedimenti, posto che anche tali provvedimenti presuppongono 
una conoscenza precisa, e in cifre, delle somme che mancano; 
sicch�, in definitiva, la riserva iscritta per ogni singolo episodio sarebbe 
sempre inutile, e, per certi aspetti, impossibile (non occorre, nemmeno, 
soffermarsi sulla consistenza della contrapp.osta tesi, secondo la 
quale, determinandosi, almeno normalmente, nell'appalto .pubblico 
il compenso globale dell'appaltatore attraverso l'applicazione, alle par


tite di lavoro man mano eseguite, dei prezzi unitari pattuiti e delle loro 
successive variazioni per qualsiasi titolo, e riflettendosi, quindi, i maggori 
oneri comunque connessi all'esecuzione dell'appalto sulle singole 
unit� di lavoro, ne deriverebbe che anche gli oneri ripetuti e continuativi 
si rifletterebbero sugli stessi prezzi unitari; sicch�, quando nella 
contabilizzazione questi vengono applicati, l'appaltatore avrebbe l'immediato 
dovere di denunciare quegli oneri che, a proprio giudizio, ne hanno 
modificato la remunerativit�, alterando l'equilibrio contrattuale). 

Cosi pure, a proposito dell'altra recente sentenza, anch'essa sopra 
citata, n. 1384 del 1971, nella quale sentenza, a parte le dichiarazioni di 
principio, la sottrazione delle specifiche pretese dell'appaltatore all'onere 
della riserva viene, sostanzialmente, ancorata al concetto che la riserva 
deve investire solo i fatti e tutti i fatti che attengono allo svolgimento 
dell'appalto e costituenti, appunto, oggetto della contabilit� della stessa 
(art. 36 del Regolamento del 1895), esclusi solo quelli dolosi o gravemente 
colposi degli organi della stazione appaltante. In tal caso, infatti, 
� appunto il dolo o la colpa grave che ad esso va equiparata a far esor



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bitare il fatto dalla gestione dell'esecuzione dell'opera pubblica, e, �quindi, 
dall'iter esecutivo e dal paradigma dell'art. 36 reg. n. 350 del 1895, 
rispetto al quale solo � destinato ad operare, ovviamente, l'istituto della 
riserva. 

Quel che, piuttosto, importa rilevare � che il caso in controversia 
non � riconducibile in alcuna delle due dette ipotesi, n� in quella dei 
fatti continuativi, quale comunemente intesa, n� in quella del fatto 
doloso o gravemente colposo della stazione appaltante. 

Sotto il primo riflesso, � sufficiente por mente alla natura delle 
partite di oneri prospettati dall'impresa Arioli in rapporto al periodo 
di forzata sospensione (spese di guardiania del cantiere, e di cus�todia e 
di manutenzione delle opere eseguite), per rilevare che, a,nche a voler 
considerare i ripetuti esborsi a quel titolo quali fatti continuativi nell'accezione 
sopraccennata, la relativa serie veniva a cessare nel momento 
stesso della ripresa dei lavori; n� il concetto di fatto continuativo pu� 
giustificare una deroga cos� lata al principio della decadenza per mancata 
riserva, da permettere, sino al compimento dell'opera, la denuncia 
di fatti che, ancorch� non istantanei, bens� protratti e ripetuti, siano 
ormai cessati; e cio� soltanto perch� i fatti stessi sono pur sempre destinati 
a ripercuotersi sul costo globale complessivo; aderendosi ad una 
simile opinione, si correrebbe il rischio di svuotare di ogni contenuto 
l'istituto stesso della riserva. 

D'altra parte, anche gli scrittori e la giurisprudenza, che ammettono, 
particolarmente a proposito dei fatti continuativi, la possibilit� di 
derogare alle forme e ai termini sia per la proposizione sia per l'esplicazione 
delle riserve, sono concordi nel seitolineare che la dispensa dall'onere 
non pu� andare oltre la ragione che la determina; aggiungendo; 
poi, che, date quelle deroghe temporanee, l'identificazione del momento 
in cui l'obbligo della riserva diventa attuale, con conseguente preclusione 
per l'appaltatore che ad esso obbligo non adempia, deve essere 
agganciata alla possibilit� di una valutazione concreta degli effetti economici 
derivanti dalla situazione pregiudizievole, considerandosi che, se, 
da un lato, l'appaltatore non deve essere posto nella condizione, per lui 
vessatoria, di doversi cautelare avanzando riserva ad ogni registrazione, 
dall'altro lato, il momento in cui � scatta � l'obbligo per l'appaltatore 
medesimo deve essere, nelle singole fattispecie, identificato secondo i 
principi della media diligenza e della buona fede. Ora, in conformit� del 
logico e congruo a,pprezzamento emergente dalla motivazione della Corte 
di merito, quanto meno all'atto della ripresa dei lavori o immediatamente 
dopo (circa la pi� precisa determinazione di questo dato temporale, 
v. infra) l'Impresa Arioli, adottando il parametro di una media 
diligenza, sarebbe stata in grado di percepire e di denunciare una situa




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 881 

zione ormai esaurita, palesantesi come generatrice di un pregiudizio non 
soltanto ontologicamente apprezzabile, ma gi� realizzatosi, e contemporaneamente, 
o a breve scadenza successiva, sarebbe stata anche in grado 
di definire in somma determinata il pregiudizio medesimo. 

Non pu�, infine, aderirsi alla tesi che rappresenfa il presupposto 
esplicito ed implicito di tutto il motivo in esame e di tutte le ulteriori 
difese del ricorrente; cio� che la pretesa in discussione, relativa ai maggiori 
oneri, sostenuti dall'appaltatore a seguito e in pendenza della disposta 
sospensione, s'inquadrerebbe nel concetto di danni contrattuali, 
derivanti da un fatto imputabile alla stazione appaltante a titolo di 
colpa grave; sicch�, in conformit� di quanto ha stabilito la gi� pi� volte 
citata sentenza n. 1384 del 1971, esulerebbe da quel concetto di compenso, 
sia pure genericamente inteso, rispetto alla cui determinazione 
si pone l'esigenza della proposizione e dell'esplicazione delle riserve. 
Invero, l'amministrazione, .nel disporre la sospensione, e,sercita, in genere, 
legittimamente un diritto attribuitole da norme di diritto obiettivo. 
Infatti, l'istituto della sospensione dei lavori � previsto come una facolt� 
dell'Amministrazione dall'art. 16 del regolamento n. 350 del 1895, qualora 
lo richiedano circostanze .speciali. Parimenti disponeva l'art. 35 
del Capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei 
LL.PP. (d.m. 28 maggio 1895, applicabile obbligatoriamente all'appalto 
de quo in virt� dell'art. 294 del t.u. della legge comunale e provinciale 
del 1934, perch� il'appalto stesso era assistito dal contributo statale); 
e, bench� al caso non sia applicabile, � opportuno ricordare il nuovo 
capitolato generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, in quanto 
ribadisce, in ogni caso, la legittimit� della sospensione, sia derivata da 
ragioni obiettive (art. 30 primo comma), esemplificate in cause di forza 
maggiore, condizioni climatologiche o altre simili circostanze speciali 

che impediscono in vita temporanea che i lavori precedano a regola 

d'arte, sia determinata da motivi di interesse pubblico, discrezional


mente apprezzabili della pubblica amministrazione (art. citato, secondo 

comma; lo stesso nuovo capitolato disciplina meglio e in modo pi� razio


nale, di:stintamente per l'una e per l'altra ipotesi, il se e i limiti della 

spettanza di compensi all'appaltatore per effetto della sospensione, e gli 

altri diritti attribuiti allo stesso). Il Comune, aveva, inoltre, invocato 

anche l'art. 24 del Capitolato Generale del Comune di Roma, che faculta 

l'Amministrazione ad emettere provvedimenti di sospensione dei lavori 

per qualsiasi ragione ed obbliga l'appaltatore a sottostarvi senza diritto 

a compensi; la questione se tale norma dovesse essere applicata a pre


ferenza di quelle prima indicate, perch� pi� favorevole agli interessi 

pubblici che ne costituiscono la premessa, non � stata riproposta formal


mente in questa sede, e, comunque, perde rilevanza, una volta definita 


882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aliunde, in termin1 generali e nell'ambito del sistema, la legittimit� dei 
provvedimenti di sospensione. 
Si aggiunga, che, nella specie, nel verbale di sospensione dei lavori, 


I 

l'impresa non ebbe a formulare, come pur avrebbe potuto, alcuna riserva 
a norma del tedo comma dell'art. 16 del regolamento; il che, secondo 
gli interpreti pi� rigorosi del sistema, dovrebbe importare, in coordinamento 
con l'art. 89, da quel comma richiamato, che, non formulata 
in quella sede e in quel momento, una riserva, almeno generica, sulla 
illegittimit� della sospensione e sulla sua conseguente potenziale produttivit� 
di danno, .ogni questione ulteriore sull'illegittimit� originaria 
del provvedimento ne rimarr�bbe preclusa. A ci� si contrapporrebbe il 
caso di non immediata evidenza dell'illegittimit� e della sua potenziale 
produttivit� del pregiudizio, ovvero quello di comportamento illegittimo 
successivo dell'Amministrazione (ad es., per l'ingiustificata protrazione 
della sospensione oltre ogni ragionevole e prevedibile limite), casi, come 
gi� si � detto, nei quali, concretandosi essi in un comportamento gravemente 
colposo dell'Amministrazione medesima, contrario ai principi di 
un corretto svolgimento del rapporto, non funzionerebbe, secondo il gi� 
accennato orientamento, la preclusione connessa alla mancata riserva. 
Sta, ad ogni modo, di fatto che, se pure nelle sedi di merito l'Impresa 
Arioli insistette sul lamentato pregiudizio come derivante dal fatto del~ 


I 
~ 

l'Amministrazione, in quelle sedi non precis�, n� tanto meno si dette 

fil 

cura di dimostrare, che si trattasse, e per la determinazione di sospendere 
e per la durata non necessaria della protratta sospensione, di fatti 
colposi e gravemente colposi, tali da superare i ragionevoli limiti di discrezionalit� 
che in materia erano concessi al Comune. In tale situazione, 
non si vede come -ammesso che, pur tuttavia, l'impresa potesse vantare 
un diritto al rimborso degli oneri in discussione a titolo diverso da 
quello del risarcimento di danni -potessero tali sue pretese sfuggire 
all'onere della riserva in termini. 

Circa l'identificazione di tale termine, vero � che il pi� volte men-

I 

zionato art. 16 terzo comma non parla di apposizione delle riserve, e 
tanto menQ a pena di decadenza, nel verbale di ripresa dei lavori. Ma, 
accolta la pi� ortodossa ampia menzione di documenti contabili, sopra 
delineata, non pu� essere che ripudiata la tesi che il verbale di ripresa 
dei lavori non possa -salva la loro riproduzione nel registro di contabilit� 
-costituire la sede adatta per la formulazione di riserve circa 
oneri e pregiudizi derivanti e gi� derivati dalla ormai cessata sosperi.


!l 

sione. L'unica alternativa, quindi, che si prospettava, nella specie, se


~~ 

condo quei sopraindicati parametri di diligenza media e di buona fede 
era quella: o che la riserva generica dovesse essere formulata in detto 


1: 
verbale, salva successiva tempestiva riproduzione ed esplicazione, o che, 
invece, l'onere della riserva, ancorch� generica, potesse, sia pure in 

li 

I i: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 883 

considerazione di particolari circostanze, che avessero ancora in quel momento 
resa incerta la prospettiva, non tanto circa l'esistenza dell'onere, 
quanto circa le sue dimensioni, sia pure approssimative, essere postergato 
sino alla successiva presentazione e sottoscrizione del registro 
di contabilit�. Alternativa, peraltro, non risolta in linea di fatto, e, quindi, 
di non necessaria risoluzione in punto di diritto, giacch�, come si 
� gi� notato, nessuna riserva fu, nella specie, formulata, n� tanto meno 
esplicata dall'<Impresa Arioli, n� in sede di verbale di ripresa dei lavori, 
n� all'immediatamente successiva presentazione e sottoscrizione del registro 
di contabilit�, essendo, invece, la formulazione avvenuta soltanto 
in sede di sottoscrizione del registro, ai fini dell'emissione del terzo 
stato di avanzamento, successivo a quella ripresa. 

Rigettandosi per le ragioni sopra esposte il ricorso, l'impresa r.icorrente 
deve essere condannata alla perdita del deposito di soccombenza 
(artt. 3'81, 471 c.p.c.). -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 maggio 1972, n. 2996 -Pres. Grieco -
Rel. Pagge -P. M. M.arucci (conf.). -Bianchi e Crimella. 

Reato -Indulto in materia doganale -Decreto Presidente Repubblica 

n. 283 del 1970 -Condono -Riduzione alla met� dell'indulto -Inapplicabilit�. 
Dazi doganali -Art. 145 1. 25 settembre 1940, n. 1424 -Obbligo del pagamento 
dei diritti doganali -Sequestro della merce contrabbandata 
-Risarcim.ento del danno -Ammissibilit�. 

(art. 3 e 6 d.P.R. n. 283 del 1970; art. 145 I. 25 settembre 1940, n. 1424). 

La disposizione del terzo comma dell'art. 6 del d.P.R. 22 maggio 1970, 

n. 283, secondo la quale l'indulto � ridotto alla met� nei confronti di 
coloro che per le medseime condanne abbiano usufruito di precedenti 
indulti, non si applica ai reati in materia doganale per i quali sussiste 
un'apposita disciplina prevista dall'art. 3 ai quali il primo comma dell'art. 
6 fa espressamente rinvio (1). 
L'esenzione dal pagamento dei diritti doganali disposta dall'art. 145 
della l. 25 settembre 1940, n. 1424, si applica in sede di esecuzione, ma 
non incide sul diritto dell'Amministrazione finanziaria a vedersi risarcire 
eventuali danni, materiali emorali, che essa abbia subito oitre al mancato 
pagamento dei diritti di monopolio, a seguito del delitto di contrabbando 
(2). 

(1) La massima appare conforme alle disposizioni del decreto concessivo 
di amnistia e di indulto nel quale i reati in materia tributaria e doganali 
trovano l.a loro completa disciplina negli artt. 2 e 3. 
(2) La seconda massima conferma, nonostante le argomentazioni contrarie 
mosse dalle difese degli i~utati, una gdmds!>['udenza ormai costMJ;te 
v. Cass., 6 dk-embre 1950, i111 Arch. Pen. 1951, II, 135; 21 ~naio 1963, 7 
giugno 1961 in Rassegna di Giur. sulle Leggi tributarie penali, a cura di 
D'ANIELLO, Giuffr�, 1964, p. 310; Cass., 9 maggio 1957, in Mass. Pen. 1957, 
n. 232 che -esclude che la disposizione di cui al suddetto art. 145 costituisca 
regola generale valida per tutte le leggi fiscali; v. C'ass., 13 febbraio 
1962, I, Rassegna a cura di D'ANIELLO citata che afferma che l'integrale sequestro 
della merce non esclude la possibilit� anche di altri danni di diversa 
natura che siano subiti dall'Amministrazione dello Stato per effetto del delitto 
di contrabbando. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 885 

(Omissis). -Antonio Bianchi e Marco Crimella vennero tratti �al 
giudizio del Tribunale di Lecco per rispondere del delitto di contrabbando 
di kg. 143 di tabacco estero lavorato e relativa evasione dell'I.G.E. 

Con senteza del 23 settembre 1968, il Tribunale afferm� la responsabilit� 
del Bianchi, e riconosciute sussitere le attenuanti generiche, lo 
condann� alla pena di giorni 20 di reclusione e L. 4.508.865 di multa, di 
cui L. 2.250.000 condonate per effetto del decreto 4 giugno 1966, n. 332, 
nonch� al risarcimento del danno verso l'Amministrazione delle Finanze, 
costituitasi parte civile; il Crimella venne assotto con formula dubitativa. 

Avverso tale sentenza appellarono il Procuratore Generale e entrambi 
gl'imputati. Il Crimella non present� motivi, e nei suoi confronti 
l'appello venne dichiarato inammissibile. Successivamente la Corte di 
Milano respinse gli appelli del P.G. e del Bianchi, ma nei confronti di 
quest'ultimo ritenne spettare, oltre al condono gi� disposto dal Tribunale 
sulla pena pecuniaria, anche quello disposto dal d.P.R. del 22 maggio 
1970 ai sensi dell'art. 3, nn. 2 e 4 lett. b); dichiar�, cosi, interamente condonata 
l'intera pena detentiva e altre L. 1.125.000 di multa (cosi, in totale, 
L. 3.375.000); conferm� la condanna del Bianchi al risarcimento del 
danno e al rimborso delle spese a favore della parte civile. 

Avverso la sentenza della Corte di Milano proposero ricorso per cassazione 
il Bianchi e il Crimella. Quest'ultimo non fece seguire il deposito 
di alcun motivo. Il Bianchi ha denunciato la violazione delle disposizioni 
del decreto presidenziale di clemenza del 1970, per essere stata a lui condonata 
la residua met� della pena pecuniaria, anzich� l'intero importo 
della medesima, con erronea applicazione del terzo comma dell'art. 6 del 
decreto predetto (riduzione dell'indulto alla met�). Con un secondo motivo, 
egli ha denunciato la violazione degli artt. 145 legge dog. e 335 del 
relativo regolamento, per essere stata disposta la sua condanna al risarcimento 
dei danni a favore dell'Amministrazione finanziaria, nonostante 
l'avvenuto sequestro della merce contrabbandata. 

Il ricorso del Crimella � gi� stato dichiarato inammissibile con ordinanza 
del giudice �a quo> del 25 gennaio 1971. Il P.G. ricorrente ha 
dichiarato, a sua volta, di rinunciare al ricorso contro il Crimella in data 
1� luglio 1971. Il ricorso del P.G., pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. 


Il primo motivo del ricorso del Bianchi � fondato. 

L'applicazione dell'indulto per i reati in materia doganale � determinato 
espressamente dal n. 2 dell'art. 3 del d�P.R. n. 283 del 1970. Secondo 
tale disposizione � condonata la pena detentiva nella misura non 
superiore a 6 mesi di reclusione. e la pena pecuniaria non superiore a 

L. 2.250.000 di multa. Ne consegue che al Bianchi, ancora soggetto alla 
pena pecuniaria di L. 2.258.665 (4.508.665 -2.250.000, a seguito dell'applicazione 
del'condono concesso col decreto del 4 giugno 1966, n. 332), 
ri11111111111111111111111rar11111111111111111r1111111r�1111111t1111 



886 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'f~TO 

doveva essere condonato l'importo di altri 2.250.000 per effetto della disposizione 
predetta. 

N� vale obiettare quanto sembra aver ritenuto la sentenza impugnata, 
che l'indulto dovesse venir ridotto della met� ai sensi dell'art. 6, 
comma terzo, per avere il ricorrente rgi� usufruito del precedente condono, 
perch� la dizione espressa del primo comma dell'art. 6 (�salvo 
quanto gi� disposto nei pre�edenti artt. 3 e 4 �), esclude che le disposizioni 
dell'art. 6 si applichino ai reati in materia doganale. Il tenore dei 
paragrafi 5 e 6 del medesimo articolo, dove sono specificati i reati per 
i quali l'indulto � ridotto alla met�, conforta l'interpretazione sopra indicata, 
conforme al principio � ubi lex voluit, diit �. 

Il secondo motivo di ricorso del Bianchi deve essere respinto, perch�, 
come esattamente ha osservato l'Avvocato dello Stato nella sua difesa, 
l'esenzione dal pagamento dei diritti doganali disposta dall'art. 145 
della 1. 25 settembre 1940 ,n. 1424, si applica in sede di esecuzione, ma 
non incide sul diritto dell'Amministrazione finanziaria a vedersi risarciti 
gli eventuale danni, m_ateriali e morali, che essa abbia sub�to, oltre al 
mancato pagamento dei diritti di monopolio, a seguito del delitto di 
contrabbando. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 28 luglio 1972, n. 5260 -Pres. 
Spadaccini -Rel. Moreno -P. M. Longobardi (diff.) -Lelli ed altri. 

Falso -Falsit� in atti -Stati di avanzamento, libretti delle misura


zioni e contabilit� relativa ai lavori dei pubblici appalti -Sono 

atti pubblici -Non fanno fede fino a querela di falso. 

(c.p., art. 476). 

Gli stati di avanzamento, i libretti deUe misurazioni, e la contabilit� 
relativa ai lavori dati in appalto dalla P. A. sono atti pubblici 
perch� formati da pubblici ufficiali per costituire la prova di fatti 
giuridicamente rilevanti dai quali derivano obblighi a carico della 

P. A., ma non sono documenti di fede privilegiata, poich� le noirme 
specifiche aLla mate.iria dei lavori pubblici non iriconoscono l'efficacia 
probatoria particolare ad essi (1). 
(1) L'affermazione contenuta in questa sentenza � coeriente con l'indirizzo 
giurisprudenziale in materia di documenti di fede privilegiata: 
questi sono come � noto individuati in base al duplice critero dell'emanazione 
dell'atto da un pubblico uffictale qualificato da una speciale potest� 
certificatrice e dell'attribuzione ,al documento di un'autonoma efficacia 
probatoria (Cass. 12 ottobre 1967 in Cass. Pen. Mass. annotato 1968 p. 1061 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PE)NALF. 887 

(Omissis). -Con sentenza 18 novembre 1964 il tribunale di Mes


sina dichiarava l'ing. Guido Lelli, dirigente l'ufficio opere marittime 

del Genio civile di Messina,. il geoni. Romanetti Francesco, ed il con


tabile Donato Felice colpevoli di falsit� ideologica continuata aggra


vata (artt. 479, 61 n. 2, 81 cpv. c.p.) rispettivamente commessa nello 

stato di avanzamento dei lavori, nei libretti delle misurazioni e nei 

registri di contabilit�, e con le attenuanti generiche equivalenti alla 

aggravante per il solo Donato, condannava Lelli ad anni due �di reclu


sione, Romanetti ad anni uno e mesi sei di reclusione e Donato ad 

anni uno e mesi due di reclusione. 

Avverso tale sentenza gli imputati proponevano appello, e la 

Corte di Messina, con sentenza 18 aprile 1969, li assolveva dal falso 

perch� il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo. Li assolveva 

altresi dalla imputazione di peculato, per cui era stata contestata la 

aggravante del nesso teleologico e gli imputati avevano riportato con


danna in primo grado, perch� il fatto non sussiste. Avverso detta sen


tenza ricorreva per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte 

di appello di Messina, e la Corte Suprema, con sentenza 6 novembre 

1969, dichiarava inammissibile il ricorso del procuratore Generale in 

ordine alla pronuncia sul peculato, ed in parziale accoglimento dei 

motivi concernenti il falso annullava il capo relativo a tale reato, 

rinviando� la causa per nuovo esame alla Corte di Catanzaro. 

La Corte di rinvio riteneva il reato di falsit� ideologica contestato 

estinto per prescrizione, ed assolveva gli imputati per tale motivo. 

Ricorrono per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte 

di appello di Catanzaro, e gli imputati Lelli Guido e Donato Felice. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro 

ricorre contro la dichiarazione di estinzione del delitto di falsit� ideo


logica, e deduce due motivi. 

Col primo denuncia la violazione, falsa ed erronea applicazione 

della legge penale (artt. 524 n. 1, 475 n. 3, 190, 515, 544 c.p.p., 157 

m. 1627; 7 ottobre 1969 ivi 1970 p. 1481; 10 maggio 1966, ivi 1967 p. 53 
m. 35) onde �esclusa questa efficacia probaitoria del documento, ne resta 
esolusa anche la sua natura di atto a fede l"ivilegiata. Nella stessa materia 
la stessa Sezione della Suprema Corte aveva gi� avuto occasione di affermare 
la natura �di atto pubblico degli stati di avanzamento e dei libretti 
di misurazione rielativi a lavori commissionati dall'ISES per conto del 
Ministern dei LL.PP. in un'ipotesi in cui aveva riformato l'aberrante decisione 
di una Corte di menito che, sulla base di un'incertezza sull'entit� 
del divarrio tra lavori �eseguiti e .lavori contabiUzzati -divario per altro 
cel'to e provato -av�eva assoUo per insuffi.cienza di prove imputati per 
veati di :llalso (Cass. 20 giugno 1972 n ..4312 rie. Senatra e Calcaterra, non 
massimata). 
'Il 

111111111111r1111111111111�r1r11tl111111r�~r1111111111.11;111r1,,1ri1 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

888 

158, 159, 160, 476 cpv., 479 c.ip.) per avere la Corte di appello ritenuto 
preclusa dalla mancata impugnazione del P. M. la questione relativa 
alla qualificazione giuridica del fatto operata dal tribunale di Messina, 
che aveva pronunciato condanna per una ipotesi di falsit� ideologica 
in atti pubblici non di fede privilegiata, e sostiene che il ricorso 
del procuratore Generale di Messina contro la sentenza 18 aprile 1969 
aveva rimesso in discussione la intera materia, rendendo possibile una 
diversa qualificazione del fatto. Col secondo motivo denuncia la violazione, 
falsa ed erronea applicazione della legge penale (artt. 524 n. 1, 
475 n. 3, 190, 515, 544 c.p.p., 157, 158, 159, 160, 476 cpv., 479 c.p.) 
per avere la Corte di appello omesso di dichiarare. che i falsi ideologici 
commessi dagli imputati erano punibili ai sensi degli artt. 479, 476 u.p. 

c.p. e per essi non era ancora decorso il tempo necessario per prescrivere. 


Il primo motivo � fondato. 

Non � dubbio che il tribunale di Messina, pur non avendo trattato 

espressamente la questione relativa alla qualificazione giuridica del 

fatto, nel pronunciare la sentenza 18 novembre 1964 riteneva che gli 

imputati dovessero rispondere del delitto previsto dqlla prima parte 

dell'art. 476 in rel. all'art. 47'9 c.p., e cio� di falsit� ideologica in 

atti pubblici che non facevano fede sino a querela di falso. Lo si de


duce dalle pene inflitte in misura corrispondente a quella prevista 

dalla prima parte dell'art. 476 c.p. e nettamente inferiore al minimo 

edittale stabilito dal capoverso di detto articolo. 

L'appello degli imputati e la mancata impugnazione di detta sentenza 
da parte del P. M. determinarono una situazione che � espressamente 
prevista dall'art. 515 c.p.p., e per cui i poteri della Corte di 
appello trovavano un limite nel divieto della reformatio in peius, 
divieto che impediva bens� di i�::tfiiggere una pena pi� grave per specie 

o quantit�, o di revocare benefici eventualmente conce�ssi, ma non 
impediva di dare al reato una qualificazione giuridica diversa ed 
anche pi� grave. 
Gli stessi poteri del giudice di appello competevano al riguardo 
al giudice di rinvio, sicch� la Corte di Catanzaro, pur non potendo 
aggravare le pene inflitte dal tribunale di Messina, poteva legittimamente 
qualificare diversamente il fatto contestato,, e dovendo giudicare 
sulla eventuale sopravvenienza �di cause estintive, era tenuta a 
valutare dette cause in relazione alla esatta qualificazione del fatto e 
non era vincolata dalla precedente pronuncia del tribunale di Messina. 

Senonch� la qualificazione data al fatto dal tribunale di Messina 
-alla quale la Corte di rinvio si � adeguata -era corretta, ed il secondo 
motivo di ricorso del Procuratore Generale di Catanzaro va 
disatteso. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 889 

Il .ragionamento del ricorrente si fonda essenzialmente su due 

proposizioni: a), gli stati di avanzamento, i libretti delle misurazioni, 

la contabilit� relativa ai lavori eseguiti, sono atti pubblici; b) detti 

atti pubblici fanno fede sino a querela di falso. in virt� della norma 

contenuta nell'art. 2700 e.e. 

Ora non � dubbio che i predetti documenti siano atti pubblici per


ch� formati da pubblici ufficiali per costituire la prova di fatti giuri


dicamente rilevanti dai quali~ derivano obblighi a carico della pub


blica amministrazione; non tutti gli atti pubblici fanno per� �fede sino 

a querela di falso in forza dell'art. 2700 e.e., e nella specie non � 

applicabile detto art. 2700 e.e., che considera essenzialmente la docu


mentazione delle situazioni giuridiche e dei fatti che interessano il 

diritto privato, sebbene le norme specifiche alla materia dei lavori 

pubblici, contenute nel r.d. 15 dicembre 1895 n. 350 modificato con 

r.d. 1,5 dicembre 1938, n. 556 e con r.d. 15 aprile 1940 sulla direzione, 
contabilit� e collaudazione d.ei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni 
del Ministero dei lavori pubblici. 
Gli artt. 30, 38, 47, 52, e le altre norme di detto decreto in tema 

di documentazione e contabilit� dei lavori, non riconoscono una effi~ 

cacia probatoria particolare agli stati di avanzamento, ai libretti delle 

misurazioni ed alla contabilit�, ma consentono ai superiori gerarchici 

in sede di controllo di apportare correzioni alle eventuali inesattezze 

dei rilevatori, e quanto all'appaltatore, costui � vincolato alle risultanze 

dei documenti solo perch� partecipa alla formazione di essi, e li accetta 

senza riserve con una espressione di volont� a contenuto negoziale, 

oppure �si ritiene averli accettati per non avere sollevato riserve nel 

termine perentorio che la norma prevede. 

Se poi l'appaltatore non ritiene corretto quanto appare dalla con


tabilit�, � sufficiente che formuli riserve� tempestive e motivate perch� 

si proceda a nuovi accertamenti e ad eventuali rettifiche. Tutto ci� 

dimostra che si � al di fuori dell'ipotesi degli atti pubblici che fanno 

fede sino a querela di falso; che giustamente il tribunale di Messina 

prima e la Corte di Appello di Catanzaro poi ritennero applicabili 

le norme contenute negli artt. 479, 476 prima parte c.p.; e che il ricorso 

del Procuratore Generale deve essere respinto. � 

Contro la sentenza 20 ottobre 1971 della Corte di appello di Ca


tanzaro hanno proposto ricorso anche gli imputati Lelli Guido e 

Donato Felice: entrambi denunciano il difetto di motivazione in 

ordine alla richiesta di assoluzione nel merito a norma dell'art. 152 

u.p.; ed il Donato riferisce anche (2� motivo) le ragioni su cui detta 
,.richiesta era stata fondata. 

La doglianza � meritevole di accoglimento. 

Dal verbale di udienza risulta che al termine della discussdone 

orale i difensori avevano concluso in via principale per il proscio



890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

glimento nel merito, e tale richiesta � stata ignorata dalla sentenza 
impugnata, che non ne parla nella motivazione, sebbene le ragioni 
addotte. dalla difesa richiedessero un~ trattazione adeguata. In particolare 
la eccezione del Donato di essere stato un semplice amanuense 
che aveva compilato una �contabilit� destinata ad assumere rilevanza 
giuridica solo con la firma del direttore dei lavori, e di essere stato 
imputato come responsabile unico della falsit� mentre nessuna contestazione 
era stata fatta al riguardo al suddetto direttore dei lavori, 
richiedeva un esame sia pure nel ristretto ambito consentito dalla 
sopravvenuta causa di estinzione. 

Col terzo motivo Donato FeHce si duole -sotto il profilo della 
violazione di legge, della mancata modificazione della rubrica con 
esclusione della aggravante del nesso teleologico, dopo il proscioglimento 
per insussistenza del fatto dalla imputazione di peculato. 

La doglianza � fondata ed � evidente l'interesse dell'imputato alla 
modificazione della r�brica nel senso di una minore gravit�. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 agosto 1972, n. 5516 -Pres. Grieco 
-Rel. Rossi -P. M. Marucci (parz. conf.) -Elias ed altri. 

Procedimento penale -Insufficiente .indicazione della persona dell'imputato 
-Non � causa di inesistenza ma di nullit� del rapporto 
processuale penale. 

(e.pc., art. 185). ' 

Procedimento penale -Separazione dei� giudizi -Potere discrezionale 
del giudice -Ipotesi,di separazione obbligatoria. 
(c.p.p, art. 414). 

Procedimento penale -Latitanza -Emissione del decreto che la dichiara 
per le notificazioni -Non � necessaria -Prova della latitanza. 
(c.p.p., artt. 17.3 e 268). 

Procedimento penale -Latitanza -Sentenza di proscioglimento -Imputato 
all'estero di cui si ignora il preciso indirizzo -Notificazione 
con il rito degli irreperibili -Obbligo di svolgere accertamenti 
-Non sussiste. 

(c.p.p., artt. 268, 170, 1772bis). 

Nell'ipotesi che negli atti processuali gli imputati siano identificati 
soltanto con le iniziali, non ci si trova di fronte ad un'ipotesi di sentenza 
inesistente, ma soltanto viziata da nullit� assoluta ex art. 185 c.p.p. (1). 

(1) L'identificazione degli imputati con le sole' iniziali � ipotesi ben 
diversa da quella dell'imputato inesistente, ben inteso purch� nonostante la 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 891 

La separazione dei procedimenti � di regola affidata al po�tere _discrezionale 
del gi'Udice, mentre in taluni casi � obbligatoria, come quando 
la nullit� di alcuni atti del giudizio di primo grado riguardanti alcuni 
imputati non sia tale da comunicarsi a tutti gli atti assunti in esso, concernenti 
gli altri imputati' e in tal caso segua a detta nullit� il proscioglimento 
degli imputati nei cui confronti la nullit� si � verificata (2);. 

Per le notificazioni all'imputato latitante, non si richiede, a differenza 
dell'art. 170 per gli irreperibili, che sia emesso decreto di latitanza. 
La nozione dello stato di latitanza � data dalt'art. 268 c.p.c. per il quale � 
latitante chiunque si sottrae ad un procedimento rest<rittivo delLa libert� 
personale. Per aversi lo stato di latitanza occo1-re, pertanto, l'attuazione�, 
da parte del soggetto, di un comportamento diretto a frustare l'esecuzione 
di un ordine o di un mandato di cattura o di carcerazione che � stato o sta 
per essere emesso nei suoi confronti. La prova documentale deila mancata 
esecuzione del mandato o dell'ordine � data dal verbale negativo 
della esecuzione, 'che i funzionari di polizia sono tenuti a comp<ilare (3). 

Lo stato di latitanza viene meno in seguito alla p'l'onuncia di sentenza 
di proscioglimento e quando non iisulti dagli atti il pl/"eciso indirizzo 
dell'imputato all'estero, il giudice deve provvedere per le notificazioni 
con il rito previsto per gli irreperibili e non ha alcun obbligo di 
svolgere accertamenti per conoscere il recapito all'estero perch� il richiamo 
dell'art. 170, co'l),tenuto neH'art. 177 bis concerne solo il sistema 
della notificazione e non anche il presupposto per la sua applicabilit� (4). 

insufficienza assoluta dell'indicazione l'imputato sia una persona viva e 
reale, e che � viceversa causa di giuridica inesistenza della sentenza per 
mancanza dei presupposti processuali: � stata ritenuta inesistente ,la sentenza 
che abbia erroneamente condannato l'imputato minore di 14 anni per la 
sua assoluta inimputabilit� (Cass., 31 gennaio 1958, in Giust. Pen., 1959, 33). 

(2) V. per l'affermazione che l'ordinanza con la quale il giudice dispone 
la separazione dei giudizi � provvedimento ordinatorio affidato alla discrezionalit� 
dello stesso Giudice e contro il quale non � ammessa l'impugnazione 
per il principio di cui all'art. 190 c.p.p., Cass., 13 ottobre 1965, i.n 
Cass. Pen. Mass. annotato 1966, 438, m. 655. 
(3) � stato affermato che, perch� sussista la volontariet� della latitanza, 
non � indispensabile che l'interessato sia a conoscenza dell'avvenuta emissione 
a suo carico del provvedimento che ne ordina la cattura l'arresto o la 
carcerazione o delle ricerche in corso, bastando che si metta in condizione 
di irreperibilit�, pur sapendo che un ordine o un mandato pu� essere emesso 
nei suoi confronti (Cass., 30 marzo 1966, in Cass. Pen. Mass. annotato 1967, 
151, m. 175). L'ipotesi concreta esaminata dalla sentenza che si annota era 
stata in precedenza pi� di una volta portata all'esame della Suprema Corte 
e decisa nello stesso senso: v. Cass., 5 novembre 1955, in Giust. Pen. 1956, 
III, 195 con norta di SABATINI. ' 
(4) La giurisprudenza � pacifica nell'affermazione che non esista obbligo 
di svolgere accertamenti per l'imputato all'estero: Cass., 13 gennaio 
1961, in Cass. Pen. M�ass. annotato 1961, 700, m. 1496. � stato altres� affer

892 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con sentenza 4 settembre 1969, il Tribunale di Napoli 
dichiarava Valle Agufrre Jos� Luis, Ozamis Ognacio, Gonza~o Garabatos, 
Bilbao Jos� Maria, Abdon Diaz Martinez, Elias Pedro e Villard Pierre 
colpevoli dei delitti di contrabbando continuato di kg. 4485,5 di tabacco 
lavorat~ estero, di cui kg. 2058,5 sequestrati (artt. 81 cpv., 8 1. 7 gennaio 
1929, nn. 4, 94, 99 lett. a) e b), 110 lett. d), 116, 139, 148 1. 25 agosto 
1940, n. 1424, 1, 4, 5, 6 e 12 1. 3 gennaio 1951, n. 27) e di evasione 

I.G.E. (artt. 17, 18 e 33 1. 19 giugno 1940, n. 762), l'Elias, inoltre, del 
delitto di contrabbando di quattro accenditori automatici esteri (art. 10, 
n. 2 r.d.1. 2'6 febbraio 1930, n. 105, modificato dalla 1. 20 agosto 1949, 
n. 700) e il Valle Aguirre, inoltre, della contravvenzione di inosservanza 
alle norme per prevenire gli abbordi di mare (artt. 1 e segg. 1. 3 maggio 
1966, n. 278, in relazione all'art. 1331 cod. nav.) e condannava i predetti 
a pen~ varie, nonch�, in solido, al risarcimento dei danni, da liquidarsi 
in separata sede, al rimborso delle spese e al pagamento della somma 
di L. 52,960.000 per diritti evasi a favore dell'Amministrazione Finanziaria 
dello Stato, costituitasi parte civile; assolveva Fernandez Tabuada, 
P. B. Saita, J. D. Boyd e E. K. N:ugba dai menzionati delitti di 
contrabband~ di tabacco lavorato estero e� di evasione I.G.E. per non 
avere commesso il fatto, Esposito Enrico, Siciliano Vincenzo, Diffido 
Andrea ed Esposito Luigi dal delitto di favoreggiamento personale (articolo 
478 c.p.) e tutti gli altri imputati dal delitto di associazione per deNugba 
perch� gli stessi non risultavano compiutamente identificati e rimetteva 
gli atti relativi ai medesimi al primo giudice; dichiarava non doversi 
procedere contro Elias Pedro in ordine al deposito di contrabbando 
di accendisigari e contro Valle Aguirre Jos� Luis in ordine alla contravvenzione 
ascrittagli perch� estinti i reati per l'amnistia elargita con d.P.R. 
22 maggio 1970, n. 283 e riduceva la pena .detentiva inflitta ad Elias 
Pedro ad un anno di reclusione; condannava tutti gli appellanti, in solito, 
al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile. 
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli 
imputati Elias Pedro, P. B. Saita, J. D. Boyd e E. K. Nugba. 

DIRITTO 

L'Elias deduce con il primo motivo del suo ricorso la violazione degli 
artt. 522, 185 n. 3, 81 e segg. c.p.p. in relazione all'art. 524 stesso codice, 
per erronea applicazione della legge processuale penale, per avere la 

mato che quando l'imputato all'estero sia gi� formalmente a conoscenza 
della pendenza del procedimento penale non � per lui necessario l'avviso 
previsto dall'art. 177 bis c.p.p. (Oass., 23 marzo 1965, in Cass. Pen. Mass. ann. 
1966, 453, m. 682) e che l'avviso non � prescritto pena di nullit� (Cass., 2 
novembre 1960 ivi 1961., 113, m. 224). 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Corte di merito limitato la dichiarazione di nullit� del giudizio di primo 

grado ai coimputati Saita, Boyd e Nugba. Non si era nel campo della sem


plice nullit�, sia pure assoluta, ma della vera e propria inesistenza giu


ridica della sentenza istruttoria e di quella dibattimentale, che erano sta


te pronunziate nei confronti dei tre coimputati, identificati solo con le 

iniziali, e perci� emesse nei confronti di persone inesistenti; in ogni caso, 

nell'event_uaUt� che in seguito verr� accertato essere proprio i tre non 

compiutamente identificati gli �rganizzatori dell'operazione contrabban


diera, si prospettava la necessit� di far rivalutare la posizione proces


suale dell'Elias, consider�to dalla sentenza dei primi giudici come l'ani


matore della losca impresa. 

Il motivo � infondato. 

La sentenza � inesistente quando in essa.non si riscontrano gli ele


menti essenziali perch� l'atto possa sorgere. 

L'inesistenza della sentenza travolge lo sbarramento della cosa giu


dicata e si verifica nei casi di mancanza dei presupposti processuali, che 

consistono nelle condizioni da cui dipende l'instaurazione del rapporto 

processuale e si riferiscono al promovimento dell'azione penale da parte 

dell'organo titolare del diritto di azione, all'esistenza dell'organo avente 

giurisdizione penale e all'esistenza di un imputato capace di essere parte. 

Nel caso in esame non si pone il problema dell'esistenza della sentenza 

perch� sussistono i requisiti affinch� il processo possa costituirsi e svol


gersi. L'esigenza che l'azione penale si diriga contro una persona deter


minata � soddisfatta in quanto le persone indiciate come Saita, Boyd e 

Nugba sono coloro che, secondo l'accusa, sono indiziati quali autori dei 

reati loro rispettivamente ascritti. Al fine menzionato non � necessario 

che l'imputato sia stato identificato nominativamente. 

I requisiti di esistenza del rapporto processuale non vanno confusi 

con i requisiti voluti dalla legge per la Vfl,lidit� del rapporto stesso, che 

si identificano con le tre categorie indicate nell'art. 185 c.p.p. come causa 

di nullit� assoluta, la cui mancanza pu� essere dedotta e rilevata in ogni 

stato e grado del giudizio�. 

Nella fattispecie ricorre la nullit� di cui al n. 3 dell'art. 185, che ri


guarda l'intervento dell'imputato nelle forme che la legge stabilisce, non 
�essendo state accertate complete generalit� degli imputati. La nullit� 
della sentenza per l'ipotesi di insufficiente indicazione della persona 

dell'imputato � prevista specificatamente dall'art. 475, n. 1, c.p.p. 

Detta nullit� concerne solo l'interesse degli imputati Saita, Boyd e 

Nugba cui si riferisce e perci� non si estende agli altri imputati, compreso 

l'Elias, nei cui confronti nessuna nullit� del genere si � Verificata. 

L'Elias deduce,con il secondo motivo la violazione degli artt. 522, 

497 e 498 c.p.p., in relazione all'art. 5214, n. 3, stesso codice, per �rronea 

applicazione della legge processuale penale, per avere la Corte di merito 


894 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ritenuto di poter. disporre la separazione dei giudizi in una ipotesi in cui 

questa non era consentita. Il penultimo comma dell'art. 497 c.p.p. stabi


lisce che la separazione dei procedimenti nel giudizio in contumacia � 

possibile solo in caso di legittimo impedimento di uno degli imputati, 

mentre tassativamente lo vieta nel caso di nullit� della vacatio in in


dicium e ci� costituirebbe una norma eccezionale che deroga al principio 

generai~, stabilito nell'art. 414 c.p.p., secondo cui la separazione dei giu


dizi, in quanto provvedimento collegiale e non presidenziale, � possibile 

solo nel corso del giudizio. 

Il motivo � privo di fondamento. 

Il codice di rito mantiene in vita il cumulo.dei procedimenti �connessi 
finch� siano soddisfatte le esigenze di economia processuale e di speditezza 
dei procedimenti. La separazione dei procedimenti di regola eaffirata 
al potere discrezionale del giudice. Anche in .grado di appello � 
possibile la separazione discrezionale dei procedimenti connessi, ai sensi 
dell'art. 519 c.p.p. La separazione in alcuni casi �, invece, obbligatoria. 

Una delle ipotesi di separazione obbligatoria ricorre quando, come 
nella specie, la nullit� di alcuni atti del giudizio di primo grado, riguardanti 
alcuni imputati, non sia tale da comunicarsi a tutti gli atti assunti 
in esso, concernenti gli altri imputati, segua a detta nullit� il proscioglimento 
degli imputati nei cui confronti la nullit� si � verificata oppure 
la rimessione degli atti ad essi relativi al P.M. o ad altro giudice. 

Il vizio denunciato, pertanto, non sussiste. 

L'Elias deduce con il terzo motivo la violazoine degli artt. 500, 170, 
173 e 179 c.p.p., in relazione all'art. 5�24, n. 3, stesso codice, per erronea 
applicazione della legge processuale penale, per non avere la Corte di 
merito preso atto della nullit� della noU.ficazione dell'estratto contumaciale 
ad esso Elias. Questi era stato assistito nel giudizio di primo grado 
dall'avv. Pansini, in sostituzione del difensore di fiducia prof. Sabatini, 
mentre in precedenza gli era stato nominato difensore di ufficio l'avv. Vit-torio 
Botti; ora, sia che si voglia ravvisare nell'avv. Pansini il Titolare 
del diritto all'avviso di cui all'art. 170 c.p.p., sia che si voglia ritenere 
titolare di tale diritto non il sostituto, ma il sostituito (prop. Sabatini), 
sia che si voglia r~putare invalida la nomina del difensore di fiducia, in 
assenza di un formale atto di nomina, e tuttora persistente la nomina del 
difensore di ufficio (avv. Botti), l'unico al quale non spettava il diritto 
era il difensore al quale, invece, l'avviso � stato dato, cio� l'avv. Plinio 
Manca, del foro di Genova, difesnsore di altri imputati, anche perch� lo 
stesso, non risiedendo nel luogo del procedimento, non poteva assumere 
la qualifica di difensore d'ufficio. 

La mancanza di un valido avviso di deposito in cancelleria della copia 
notificata a norma dell'art. 170 c.p.p., dtermina, ai sensi dell'art. 179 
c.p.p., la nullit� della notificazione e ci� avrebbe dovuto indurre la Corte 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

di merito a dichiarare tale nullit�, ordinando la trasmissione degli atti al 
primo giudice per la rinotificazione dell'estratto della sentenza all'Elias. 

Il motivo, pur essendo in parte fondato, � irrilevante. All'Elias, resosi 
latitante, fu nominato difensore di ufficio, nella fase istruttoria, l'avv. 
Vittorio Botti. Questi, quantunque debitamente citato, non comparve nel 
dibattimento di prirrio grado e assunse la difesa dell'Elias l'avv. Gustavo 
Pansini come sostituto del prof. Sabatini, che figurava quale difensore dl 
fiducia dell'Elias. 

La nomina del difensore di fiducia, per la delicatezza delle funzioni 
con essa conferite, deve risultare da una dichiarazione fatta dalla parte 
interessata nei modi fissati nell'art. 134 c�p.p. e, se la nomina non � avvenuta 
in uno dei predetti modi, non pu� presumersi �he l'imputato sia 
assistito da un difensore di fiducia. Pertanto, in mancanza di una formale 
dichiarazione di nomina da parte dell'Elias, l'avv. Sabatini non poteva 
rivestire la qualifica di difensore di fiducia dello stesso e l'avv. Pansini 
quella di sostituto del prof. Sabatini; l'avv. Pansini � da ritenersi nominato 
difensore di ufficio dell'Elias in sostituzione del precedente difensore 
di utficio avv. Botti. Nel caso in cui al latitante sia nominato di ufficio 
un difensore, che poi sia stato sost�uito all'udienza da altro difensore 
pure ufficioso, la notificazione dell'avviso di deposito deve essere eseguita 
al difensore presente alla udienza in cui fu pronunziata la sentenza (articolo 
192 c.p.p.). 

All'avv. Pansini doveva, in conseguenza, essere dato l'avviso di deposito 
in cancelleria dell'estratto della sentenza contumaciale, e a ci� non 
� stato adempiuto. L.'avviso dell'avvenuto deposito al difensore dell'imputato 
latitante � una formalit� essenziale, poich� la data della notificazione 
concide con quella dell'avviso al difensore, e, qualora, tale formalit� 
non sia stata espletata, la notificazione � nulla. 

Nella specie, peraltro, l'avviso di deposito era del tutto superfluo e 
non poteva esplicare giuridica rilevanza. Infatti, l'avv. Pansini, qualificandosi 
esattamente difensore ufficioso dell'Elias, propose appello nell'interesse 
dello stesso e formul� i motivi a sostegno dell'impugnazione, 
dimostrando in tal guisa di avere avuto piena cognizi�ne di provvedimento 
impugnato. La nullit� rilevata rimane esclusa dalla circostanza 
che la conoscenza concreta di un determinato provvedimento equivale 
alla conoscenza legale derivante dalla regolare notificazione del provvedimento 
stesso. 

� altres� da considerare che l'imputato � titolare del diritto di impugnazione, 
mentre l'esercizio di tale diritto spetta anche al difensore, che 
� il legale rappresentante dell'imputato. La soggettivit� del diritto di impugnazione 
� quindi unica e ne deriva che, ove l'impugnazione sia stata 
presentata' solo dal difensore del contumace e sia stata rigettata nel me



896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rito, il diritto di impugnazione si � consumato e ne � precluso il suo ulteriore 
esercizio. 

Sull'impugnazione � ammissibile un solo giudizio di merito. 

L'Elias deduce con il quarto motivo la violazione degli artt. 522, 
412, 173 e 179 c.p.p., in relazione all'art. 524, n. 2, stesso codice, per 
erronea applicazione della legge processuale penale, per non avere la 
Corte di merito dichiarato la nullit� del giudizio di primo grado nei 
confronti di esso Elias, che non era stato ritualmente c�tato in giudizio. 
La c�tazione davanti ai primi giudici venne fatta col rito previsto per i 
latitanti, mentre l'Elias non poteva essere considerato tale, non esistendo 
negli atti la prova di una sua volontaria sottrazione alla cattura. 

L'Elias risultava risiedere all'estero e il giudice istruttore aveva sentito 
la necessit� di inviare �copia del mandato all'Interpol, onde, in mancanza 
di una attestazione dell'Interpol delle compiute ricerche, non poteva 
ritenersi raggiunta la certezza de1la sottra~ione dell'Elias alla cattura; 
il verbale di vane ricerche risulta steso, invece, soltanto dalla Guardia 
di .Finanza, che ebbe ad eseguire le indagini solo in Napoli. 

La censura � priva di corisistenza giuridica. 

L'art. 173 c.p.p. dispone che all'imputato latitante le notificazioni si 
eseguono mediante deposito nella cancelleria o segreteria, nel modo indicato 
dal primo capoverso dell'art. 170 stesso codice. Non si richiede, a 
differenza di quanto dispone l'art.� 170 per gli irreperibili, che sia emesso 
decreto di latitanza. La nozione dello stato di latitanza � data dall'art. 268 
c.p.p., per il quale � latitante chiunque volontariamente si sottrae all'ese


I 
I 
.� 
cuzione di un provvedimento restrittivo della libert� personale. Per 
aversi lo stato di latitanza occorre, pertanto, .l'attuazione, da parte del 
soggetto, di un comportamento diretto a frustrare l'esecuzione di un 
mandato od ordine di cattura o di carcerazione che � stato o sta per 
essere emesso nei suoi confronti. La prova documentale della mancata 

I 

esecuzione del mandato o dell'ordine � dato dal ver:bale negativo del-
l'esecuzione, che i funzionari di polizia sono tenuti a compilare. 
Nella specie, come ha posto in risalto la sentenza impugnata, l'Elias 
dimor� a Napoli all'Albergo Paradiso dal giorno 12 alle primissime ore 

I

del giorno 16 novembre 1968, quando se ne allontan� precipitosamente, ~ 

ffi

lasciandovi i bagagli, perch� aveva avuto sentore delle operazioni della 

I ~= 

Guardia di Finanza, e ripar� in Belgio, telefonando da Bruxelles all'al


~\ 

bergo Paradiso il pomeriggio del giorno 16. 

Le ricerche effettuate dalla Guardia di Finanza in tutta Italia per 

rintracciarlo furono infruttuose. La volontaria sottrazione dell'Elias alla 

esecuzione del mandato di cattura pu� dirsi sicuramente raggiunta per


ch� essa si desume dalla condotta dell'Elias, che � fuggito all'estero, in 

I 

... I 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

attuazione di un .proponimento rivolto a rendere vano il comando del


l'autorit�, e ci� anche se pu� essere nota la residenza dell'Elias all'estero. 

Lo Stato di latitanza dell'Elias � documentato dal verbale di vane 

ricerche compilato dalla Guardia di Finanza. 

Ai fini del raggiungimento della certezza dello stato di latitanza 

dell'Elias � del tutto irrilevante l'assenz.a di un'attestazione negativa 

delle ricerche compiute dall'Interpol. 

Legittimamente, pertanto, la citazione in grudizio dell'Elias fu ese


guita con le forme previste per i latitanti. 

L'Elias deduce con l'ultimo motivo la violazione degli artt. 173, 

522, 372 e 128 c.p.p., in relazione all'art. 524 n. 3 stesso codice, per 

erronea applicazione della legge :Procesuale penale, per non avere la 

Corte di merito dichiarato la nullit� della sentenza istruttoria per omesso 

avviso di. deposito degli atti al difensore di esso Elias. Subito dopo 

l'emissione del mandato di catt~ra, all'Elias fu nominato un dife~sore di 

ufficio nella persona dell'avv. Vittorio Botti e tale nomina � viziata di 

nullit� perch� la nomina del difensore di ufficio per il latitante pu� 

avvenire solo nel momento in cui si certifica, attraverso il verbale di 

va:qe ricerche, che il mandato od ordine restrittivo della sua libert� 

personale sia rimasto senza effetto. 

Il motivo non ha fondamento. 

L'Elias non ha mai nominato un difensore di fiducia. In data 19 
dicembre 1968 fu emesso mandato di cattura a carico dell'Elias e in data 
23 dicembre 1968 il giudice istruttore nomin� all'Elias, ritenuto irreperibile, 
un difensore di ufficio nella persona dell'avvocato Vittorio Botti. 
A seguito del verbale di vane ricerche redatto in data 20 marzo 1969 
alla Guardia di Finanza, l'Elias fu considerato latitante e le notificazioni 
nei suoi confronti furono eseguite ai sensi dell'art. 173 c.p.p., cio� me
�diante deposito degli atti in cancelleria e avviso del deposito all'avvo


cato Botti. 

In base al disposto dello stesso art. 173, il giudice nomina un difen


sore all'imputato che ne sia privo e il momento della nomina del difen


sore di ufficio si identifica con quello in cui risulta, tramite il verbale 

di vane ricerche, la latitanza dell'imputato. 

Nella specie, pei:altro, il gfu~ice istruttore intese mantenere ferma 

la nomina gi� fatta in precedenza dell'avv. Botti quale difensore di 

ufficio dell'Elias e perci� il precetto della legge � stato adempiuto. 

Il ricorso dell'Elias, pertanto, deve essere rigettato, con la condanna 

dell'Elias al pagamento delle spese processuali, nonch� al rimborso delle 

spese sostenute in questo grado dalla parte civile che si liquidano in com


plessive lire centocinquantamila, oltre quelle prenotata a debito. Si 

stima, poi, condannare l'Elias al �pagamento della somma di lire duecen


tomila alla Cassa delle Ammende. 


898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�Saita, Boyd e Nugba deducono con i �primi due motivi del loro 
ricorso la violazione dell'art. 524 n. 1 e 3 c.p.p., per erronea applicazione 
della legge processuale penale in relazione all'appello proposto dal Procuratore 
della Repubblica di Napoli, in quanto l'impugnazione � stata 
notificata � in ottemperanza e agli effetti dell'art. 173 c.p.p. ., �he regola 
le notificazioni all'imputato latitante, mentre, per effetto del loro pro~ 
scioglimento pronunziato con sentenza 4 settembre 1969 del Tribunale di 
Napoli e della conseguente revoca del mandato di cattura pronunziata 
con ordinanza 19 settembre 1969 dello stesso Tribunale, era cessato lo 
stato di latitanza. Deducono, poi, con il terzo motivo uguale violazione 
della legge processuale penale, in relazione all'appello proposto dal Procuratore 
Generale della Repubblica di Napoli, per irritualit� della notificazione 
effettuata i:h data 8 ottobre 1969 nella cancelleria del Tribunale 
per gli imputati a norma dell'art. 173 c.p.p. e in data 23 dicembre 1968 
al difensore a norma dell'art. 170 c.p.p. Gli imputati, in tal guisa, sarebbero 
sfati ritenuti latitanti per il deposito dell'atfo di appello in cancelleria 
e irreperibili per l'avviso di deposito al difensore, senza tener conto 
del provvedimento di revoca del mandato di cattura, del decreto di irreperibilit� 
che porta la data del 30 settembre 1967, della circostanza che 
la prima forma di notificazione non poteva pi� considerare latitanti degli 
imputati che erano stati assolti con formula piena e che la seconda forma 
di notificazione non poteva fondarsi su un decreto di irreperibilit� 
emesso senza le nuove necesarie ricerche. 


La notificazione al difensore sarebbe, inoltre, nulla perch� eseguita � 

in data 23 dicembre 1969, fuori del termine di 3-0 giorni dalla sua pro


posizione e dal deposito in cancelleria. 

Di conseguenza, la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare !'�inam


missibilit� di entrambi gli appelli e confermare la sentenza di primo 
grado, essendole precluso ogni giudizio in merito ad una sentenza passata 
in cosa giudicata. 

L.a censura � fondata, per ragioni in parte diverse da quelle esposte 
nei motivi di gravame. 
Ai sensi dell'art. 2:68, comma secondo, c.:p.p. lo stato di latitanza 
permane, tra l'altro, �fino a che sia pronunziata sentenza di proscioglimento
�. Venuto meno, in seguito al proscioglimento, l'estremo della latitanza, 
quando non risulti dagli atti il preciso indirizzo dell'imputato 
all'estero, il giudice deve provvedere per le notificazioni, a norma dell'art. 
177 bis c.p.p., con il rito previsto dall'art. 170 c.p.p. per gli irreperibili, 
mediante. emissione del decreto di irreperibilit� e deposito degli 
atti in cancelleria. 

Non esiste obbligo di svolgere accertamenti per conoscere il recapito 
dell'imputato all'estero perch�, come ha pi� volte statuito questa Suprema 
Corte, il richiamo dell'art. 170, contenuto nell'art. 117 bis, con




PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE S99 

cerne solo il sistema della notificazione e non anche il presu,pposto per 
la sua applicabilit�. 

Ci� premesso, si rileva che gli imputati Saita, Boyd e Nugba sono 
stati assolti con la sentenza 4 settembre 1949 del Tribunale di Napoli 
dal delitto di associazione per delinquere perch� il fatto non sussiste e 
dai delitti di contrabbando e di evasione I.G.E. per non avere commesso 
il fatto e, per effetto automatico di detto proscioglimento, cess� il loro 
stato di latitanza. 

Quanto all'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di. 
Napoli, esso � stato notificato agli imputati con le forme previste per i 
latitanti, mediante deposito della dichiarazione di impugnazione nella 
cancelleria del Tribunale di Napoli in data 11 settembre 1969 e avviso 
del deposito al difensore in data 19 settembre 1969. Essendo cessato, con 
la sentenza di proscioglimento, lo stato di latitanza, avrebbe dovuto 
procedersi alla notificazione con il rito degli irreperibili, .previa emissione 
del decreto di irreperibilit�. 

La notificazione eseguita �, pertanto, radicalmente nulla. 

Ne consegue l'inammissibilit� dell'appello. Circa l'appello proposto 
dal Procuratore Generale della Repubblica di Napoli, la dichiarazione 
di impugnazione � stata presentata tempestivamente il 2 ottobre 1969, 
poich� la durata del termine per il procuratore generale, che intende 
impugnare un provedimento emesso in udienza da qualsiasi giudice del 
suo distretto diverso dalla corte di appello, ~ di trenta giorni dalla pronunzia 
del provvedimento. Legittimo appare poi il sistema degli irreperibili 
adottato per la notificazione dell'appello. 

In d�ta 30 settembre 1967 fu emesso decreto di irreperibilit� dei tre 
imputati e non era necessario, alla stregua dei principi .giuridici enunciati, 
che esso� fosse preceduto dallo svolgimento di indagini dirette ad 
accertare l� loro dimora all'estero. 

La notificazione f. effettuata in data 8 ottobre 1969 col deposito 
della dichiarazione di impugnazione nella cancelleria del Tribunale di 
Napoli e in data 23 dicembre 1969 con.avviso del deposito al difensore, 
ma l'avviso � stato eseguito oltre il termine di trenta giorni dalla proposizione 
dell'impugnazione, termine prescritto a pena di inammissibilit� 
dall'art. 199 bis c.p.p. Il principio che la notificazione all'imputato irreperibile 
non � produttiva di effetti fino a quando dell'atto non sia stato 
dato avviso al difensore � applicabile anche alla notificazione prevista 
dal cennato art. 199 bis e perci� la data della notificazione coincide con 
quella dell'avviso al difensore. 

Pertanto, anche l'appello del Procuratore Generale della Repubblica 
di Napoli � inammissibile. 
Data l'inammissibilit� degli appelli proposti, la sentenza di primo 
grado � passata in giudizio. Non ha alcuna rilevanza la nullit� assoluta, 


900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

verificatasi nella stessa sentenza a causa della insufficiente indicazione 
degli im,putati, perch� il passaggio in giudicato della sentenza medesima 
copre detta nullit�. 

Di conseguenza, in accoglimento del ricorso proposto dagli imputati 
Saita, Moyd e Nugba deve annullarsi senza rinvio nei loro confronti la 
sentenza impugnata e ordinarsi l'esecuzione della sentenza di primo 
grado. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 11 ottobre 1972, n. 6571 -Pres. 
Velati -Rel. D'Ottavi -P. M. Lombardi (conf.) -Reggiani. 

Peculato e malversazione -D.P.R. 22 maggio 1970 n. 283 che concede 
amnistia per il solo peculato per distrazione -Eccezione 
di incostituzionalit� -Infondatezza. 
(c.p., art. 314; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5). 


Reato -Peculato -Possesso per ragioni di uffic~o o servizio -Occasionalit� 
tra l'ufficio e il possesso -Nozione. 

I

(c.p., art. 314). 

� manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalitd del


I

l'art.� 5 lett. e) del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 nella pa1�te in cui tale ~=: 
articolo concede amnistia per il delitto� di pecula.to solo nel caso che, 
esclusa l'ipotesi di appropriazione, risulti c�he la det.razione del danaro 

I =~

o altra cosa mobile sia .stata compiuta per finalit� non estranee a quelle 
della P. A. in relazione all'art. 3 della Costit111,zione, poich� le due ipotesi 
di peculato disciplinate daLl'art. 431 c.p. riguardano interr<essi suscettibili 
di diversa valutazione (1). 
Per la sussistenza del delitto di peculato� � sufficiente la mera 
occasionalit� tra il posses�so del danaro e l'eserdzio della funzione o 
prestazione di servizio mentre questa ricoTre � anche nei frequenti casi 
di tolle.ranza di prassi che diverga dalla regolarit� forma.le, esclusa 
soltanto l'ipotesi dell'usurpazione delle funzioni pubbliche (2). 

(1) La setlltenz�a della Corte Costituzionale richiamata dalla decisione 
che si annota, � pubblicata in questa Rassegna 1971, p. 1298. In quella 
sede la Col'tte Costituzionale non ha �esaminato il probJ.ema di cui si interessa 
la Supi!lema Cor�te di Cassazione ma, esaminando l'analoga questione 
di amniistiablillit� del. reato di truffa e non di quel1o meno grave di frode 
in commercio, ha affermato che la scelta del� criterio di discriminazione 
fra reaiti .amni.stabili e non, non � necessariamente le.gata alla entit� della 
pena edittale, ma pu� farsi discendere da considerazioni di divel'ISo ordine, 
come la mag.gior diffusione di aJ.cuni reati in certi momenti e H conseguente 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ' 901 

(Omissis). -Reggiani Alberto, impiegato del Comune di Bondeno, 
e, come tale, messo del locale Ufficio di conciliazione, riceveva 
dall'Ufficio del Registro di Ferrara ingiunzioni di pagamento relative 
all'imposta generale sull'entrata (l.G.E.), da notificare a contribuenti 
morosi. Avveniva che costoro versassero le somme dovute nelle mani 
dello stesso Reggiani. 

Essendo risultato che non sempre questi aveva rimesso all'Ufficio 
del Registro le somme cos� riscosse, il Proctlratore della Repubblica 
di Ferrara procedeva contro di lui in ordine al delitto di peculato continuato 
previsto e punito dagli artt. 314 e 81 c.p. per essersi negli anni 
1961 e 1962 appropriato con pi� azioni esecutive del medesimo disegno 
criminoso delle somme di L. 170.000, 36.300, 45.000 e 30.000 circa, appartenenti 
alla P. A. e di cui aveva il posses~o per ragioni del suo 
ufficio di messo di conciliazione. 

Con sentenza in data 10 luglio 1970, il Tribunale, previa mo-_ 
difica del titolo del reato in ,quello di appropriazione indebita aggravata 
ai sensi degli artt. 646' e 61 n. 11 c.p., riconosciuto il concorso 
delle circostanze attenuanti generiche, che giudicava equivalenti all'aggravante 
di cui all'art. 61 n. 11 c.p., dichiarava estinto il reato per 
effetto dell'art. 5 lett. a) del decreto di amnistia 4 giugno 1966, n. 332. 

A seguito di appello del Procuratore della Repubblica la Co~te 

d'Appello di Bologna con sentenza in data 25 novembre 1971, in 

riforma di quella del Tribunale, dichiarava 'il Teggiani colpevole del 

delitto originariamente ascrittogli in concorso delle circostanze atte


nuanti generiche, e lo condannava alla pena di anni due e giorni quin


dici di reclusione con le conseguenze di legge; dichiarava condonati un 

maggdor allarme sociale, tale da �sconsigliare per essi 'l'adozione di un 
atto di clemenza. Vero � che nella stessa sentenza la Corte Costituzionale 
aveva espresso una rise:rva, affermando che una irrazionalit� avi:rebbe potuto 
prospettail'si sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, 
quando i1a diffevente discipl].i111a II':i.gua1rdiasse reati J.esivi dello stesso 
bene voluto piroteggere, sicch� sembrerebbe prima facil'e che il diverso 
tratrtamento usat� dal ilegisLaitore per fil reato di pecuilato� per appropriazione 
rispetto a quello di peculato per distrazdone non avrebbe dovuto 
sfuggire alla censura di illegittimit� costituzionale, ma la diversa conclusione 
cui � giunta la Sup:rema C<>rte di Cassazione appare sicuramente 
pi� accettabdle, tenuto conto della minor gravit� e de�l minor allarme 
sociale che il peculato per distrazione comporta e della conseguente possibilit� 
per il giudice ordinario di avvale:rsi dei poteri di:screzionali per 
graduare J.a pena nei limiti stabiliti dalfa leg,ge. Ci� tanto pi� che la costante 
interpretazione giurisprudenziale di una nmma di legge � questione, 
come � noto, rilevante agU effetti del sindacato di legittimit� costituzionale: 
l'indirizzo giudsprudenzia�le � invero indulgente in materia di 
peculato per distrazione, fino ad escluderlo, sia pur fra contrastanti decisioni, 
nelle ipotesi in cui. la distrazione sia disposta �a favore di istituto 
rientrante nella pubblica amministrazione con destinazione al pubblico 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

902 

anno di reclusione e l'intera multa per effetto del D.P. 4 giugno 1966, 

n. 332 ed un altro anno di reclusione per effetto del d.P.R. 22 maggio 
1970, n. 283. 
Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, il cui difensore 
preliminarmente insiste nel chiedere, come aveva fatto dinanzi la Corte 
d'Appello, che sia ritenuta non manifestamente infondata l'eccezione 
di incostituzionalit� dell'art, 5 lett. e), del d.P.R. 22 maggio 1970, 

n. 283 nella parte in cui detto articolo, dopo aver detto che � concessa 
amnistia per il delitto di cui all'art. 314 c.p., aggiunge l'inciso � quando, 
esclusa l'ipotesi di appropriazione, risulti che la detrazione del 
denaro o altra cosa mobile sia stata compiuta per finalit� non estranee 
a quelle della P. A. �; conseguentemente rinnova la richiesta che sia 
ordinata la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ci� perch� 
-si dice -se il legislatore ha voluto comprendere nell'amnistia 
generale di cui all'art. 5 il reato di peculato, come era nei suoi 
poteri sovrani di farlo, l'inciso su riportato viola il .principio di eguaglianza 
di tutti i cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione, in 
quanto avendo l'art. 314 c.p., posto sullo stesso piano sia gli autori 
del peculato mediante appropriazione, sia quelli per distrazione, illegittima 
� la discriminazione contenuta nell'art. 5 lett. c) del decreto 
di amnistia. 
Senonch� �non si pu� dubitare della. manifesta infondatezza della 
eccezione. Invero l'ipotesi �di peculato per approprizione e l'ipotesi di 
peculato per distrazione per finalit� non estranee a quelle della P. A. 
riguardano interessi suscettibili di diversa valutazione, per cui, come 
� stato ritenuto dalla stessa Corte costituzionale che la scelta del criterio 
di discriminazione fra reati amnistiabili e reati che non lo sono, 

interesse (Cass. 6 febbr�ado 1968 in Cass. Pen. Mass. annotato 1969, p. 252 

m. 337; 15 maggio 1963 ivi 1963 p. 881 m .1607. Contra, per�, v. Cass. 18 
novembre 1969 in Cass. Pen. Mass. annotata 1970 p. 1499 m. 2238; l.9 novembre 
1968 ivi 1969 p. 1350 m. 2068; 14 giugno 1969 in questa Rassegna 
1969 p. 602, che confermano un indirizzo che sembra prevalere). 
(2) Con questa sentenza in tema di possesso per ragioni di ufficio 
o servizio la Cassazione conf.erma que1l'indirizzo che tende a dare una 
nozione l1ata deili1a rag�one di ufficio, fi.no a comIJ['Emdel'Vi a!llJche H rappOll'to 
di mera occaisional.iit�, �giustificato dia una toliLeranza o da llll!a prassi, 
ivi compil"endendovi quindi anche i casi in cui vi .sia un affidamento al 
pubblico funzionario di mansioni esorbitanti dalle funzioni a lui formal~
nente attri:buite e con esclusione perci� soltanto della ipotesi dl usurpazione 
di funzione pubblica. V. in questo senso Cass. 26 ottobre 1968 in 
Cass. Pen. Mass. annotato 1969 p. 1351, m. 2069 con ampia nota di richiami 
giurisprudenziali e dottrinari. 
Per la sussistenza del reato di peculato nell'appropriazione commessa 
dall'esattOll'e delle imposte v. Cass. 1 dicembre 1966 in Cass. Pen. Mass. annotato 
1967 p. 952 m. 1479. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

non � necessariamente legata all'entit� della pena edittale prevista, 
ma pu� farsi discendere da considerazioni d� diverso ordine (sentenza 

n. 175 d�l 1971), cos� deve ritenersi non irrazionale la scelta operata 
nella lettera e) dell'art. 5 del d.P.R. n. 283 �del 1970. Se 1poi, come ha 
ritenuto la giurisprudenza di questo Supremo Collegio,' resta escluso il 
reato di peculato ogni qualvolta al danno della P. A. faccia riscontro 
un vantaggio per la stessa (Sez. III, 12 dicembre 1966 rie.� Biani}, da 
ci� potr� discendere, se mai, la conseguenza che sia stato superfluo 
elargire il beneficio di clemenza di cui alla ripetuta lett. e) dell'art. 5 
del decreto su mentivato, ma non si potr� certo inferire che un volta 
concessa l'amnistia limitatamente a quel caso, essa debbe essere estesa 
per ragione di legittimit� costituzionale a casi .di peculato per distrazione 
in genere, e, quel che � peggio, a casi di peculato per appropriazione. 
A sostegno del ricorso il patrono dell'imputato adduce due motivi. 

Con il primo si denunzia la violazione dell'art. 524 n. 1 c.p.p. in 
relazione agli artt. 314 e 646 c.p. in primo luogo perch� il Reggiani 
avrebbe avuto soltanto il compito di portare .a conoscenza degli intimati, 
come un semplice missus, mediante notifica, la ingiunzione per 
gli omessi versamenti I.G.E., in secondo luogo perch�, a tutto concedere, 
non sarebbe. stata fatta nel caiso in esame esatta applicazione 
del principio giusta il quale per la sussistenza del delitto di peculato 
� sufficiente la .mera occasionalit� tra il possesso del denaro e l'esercizio 
della funzione o prestazione di servizio, in quanto il Reggiani 
nella sua veste di messo di conciliazione, ossia di dipendente del Comune, 
era del tutto estraneo agli ambienti dell'Amministrazione finanziaria. 


Ma si dimentica: 

-che a norma del t.u. 14 giugno 1910, n. 639, recante disposizioni 
di legge relativa alla procedura coattiva per la riscossione di 
entrate dello Stato e di altri ,enti pubblici, il messo dell'ufficio di conciliazione 
� autorizzato non solo a notificare le ingiunzioni di pagamento 
emesse dall'Ufficio del Registro (art. 2), ma anche a procedere 
a pignoramento dei mobili (art. 5). 

-che a norma dell'art. 494 c.p.c., l'ufficiale giudiziario, e quindi 
anche il messo deil'ufficio di conciliazione nel caso suaccennato, � 
legittimato a ricevere il pagam.ento per conto dell'Ente, creditore nel 
cui interesse deve eseguire il pignoramento, potendo il debitore evitare 
l'esecuzione coattiva �con il deposito nelle mani di detto pubblico ufficiale 
di una somma di denaro eguale all'importo del credito per cui 
si procede. 

Comunque, � del tutto arbitrario restringere, come si vorrebbe, 
il concetto di occasionalit�, giacch� � costante giurisprudenza di questa 
Suprema Corte che il peculato ricorre anche quando, esclusa l'ipotesi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

904 

della usurpazione delle funzioni pubbliche, si versi in una dei frequenti 
casi di tolleranza di prassi che diverga dalla regolarit� formale deUe 
disposizioni sulla esazione delle pubbliche entrate, sia o non sia l'autore 
del reato dipendente del particolare settore della P. A. che viene 
a risentire offesa. 

Con il secondo motivo si denunzia la mancanza di motivazione 
nella sentenza impugnata sotto duplice profilo. Innanzi tutto, per avere 
la Corte di merito omesso l'indagine sulla sussistenza dei fatti, nonostante 
che il Tribunale avesse sollevato dei d�bbi, rilevando che molti 
contribuenti avevano di�hiarato lealmente di non aver pagato il tributo, 
e nonostante che di quelli che avevano dichiarato di averlo pagato 
il tributo al Reggiani non tutti fossero riusciti a dare la prova. 

Senonch� � da osservare innanzi tutto, che nella formulazione del 
capo di imputazione ascritto al Reggiani non si teneva conto di quegli 
episodi per i quali gi� le pri:rp.e indagini di polizia gudizaria avevano 
escluso che l'mputato si fosse appropTiato delle somme. 

Gli altri quattro episodi che diedero luogo alla compilazione della 
rubrica, sono stati singolarmente esaminati nella sua sentenza dalla 
Corte di merito, che ha esposto le ragioni per cui, nel suo libero convincimento, 
li ha ritenuti sussistenti. 

Cosicch� la nullit� ai sensi dell'art. 475 n. 3 c.p.p. non ha ragione 
di essere dedotta.. 

Sotto altro profilo si censura la sentenza di appello, pevch� -si 
dice -ammesso che si debba ritenere sussistente l'episodio dell'omesso 
versamento all'Ufficio del Registro. da parte del Reggiani di somma 
che egli aveva riscosso dal Cral,. avrebbero dovuti applicarsi le circostanze 
attenuanti previste dagli artt. 62 n. 4 e n. 6 p.p., essendo stato 
dall'imputato risardto il danno, che, comunque, era di particolare 
tenuit�.� 

Ma una tale censura � inammissibile in questa sede, di controllo 
di legittimit�, dato che dai relativi verbali non risulta che dinanzi 
ai giudici di merito siano state neppure chieste le accennate attenuanti. 
-(Omissis). 



PAR TE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 215 ~art. 29 della Costituzione). 

Tribunale di Novara, ordinanza 24 aprile 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

codice civile, ort. 244 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 28 marzo 1972; G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

codice civile, art. 284, n. 2 (artt. 3 e 30 della Costituzione). 

Corte d'Appello di Bo~ogna, ordinanza 19 aprile 197~, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

codice civile, art. 539 (artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Messina, ordinanza 9 maggio 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

codice civile, artt. 1105, quarto comma, 1129, primo comma (artt. 3 fil 
24 della Costituzione). 
Tribunale di Verbania, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

codice di procedura civile, art. 247 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma della Costituzione). 
Tribunale di Bari, ordinanza 15 maggio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

� codice di procedura civile, artt. 737 e seguenti (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Tribunale di Verbania, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. � 

codice penale, art. 162, primo comma (art..3 della Costituzione). 
Pretore di Orvieto, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 



138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 165 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Gorizia, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

codice penale, art. 216 (artt. 38, secondo comma, 3, primo �e secondo 
comma della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 2 agosto 
1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. 

codice penale, art. 341 (artt. 1, 3 e 4, secondo comma della Costituzione). 


Pretore di Lungro, ordinanza 29 maggio 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n; 233. 

codice penale, art. 542, 1� cpv: (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 6 giugno 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

codice penale, art. 636, urtimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di S. Angelo dei Lombardi, ordinanza 16 maggio 1972, 

G. U. 13 settembre 1972, n. 240. 
codice penale, art. 670 (art. 2 della Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 16 marzo 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 

codice di procedura penale, disp. att., art. 64, primo comma (artt. 2, 
3, 4,, 25, 35 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 27 settembre� 
1972, n. 254. 

codice di proced�ra penale, art. 177~his, secondo comma (artt. 24, 
3 e 10 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

codice di .procedura penale, art. 185 (art. 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, sesta sezione �penale, ordinanza 3 marzo 1972, 

G. U. 20 settembre 1972, n. 247. 
c�od�ice di procedura penale, art. 304-his (art. 24, cap. della Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 16 maggio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 356 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

codice di procedura penale, art. 369 (artt. 3, primo comma, 24, secondo 
comma, e 112 della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanze 6 aprile 
1972 (due), G. U. 13 settembre 1972, n. 240. 

cod�ice di procedura penale, artt. 378, 479, 604 e 606 (artt. 2, 3, 4, 
25, 35 e 41 della Costituzione). 
Pretore di Padova, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 

codice di procedura penale, art. 453, terzo comma (art. .3 della Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 13 settembre 
1972; n. 240. 

codice di procedura penale, art. 462, n. 3 (art. 24, cap., �della Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 16 maggio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

codice di procedura penale, artt. 462, primo comma, n. 3, e 463, primo 
comma (art. 24, secondo comma della Costituzione). 

' 

Tribunale di Sanremo, ordinanza 19 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n .. 279. 

codice di procedura penale, art. 465, sec�ondo comma (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

l 

codice della navigazione, art. H 64 (artt. 25 e 70 della Costituzione). 

Pretore di Viareggio, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

codice penale militare di .pace, art. ~48, terzo comma (artt. 3 e 24, 
secondo comma, della Costituzione). 
Giudice istruttore del tribunale militare. di Cagliari, ordinanza 
23 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. 

contratto collettivo nazionale di. lavoro 28 febbraio 1941, art. 88 
(art. 36 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 17 aprile 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 


140 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.I. 9 luglio 1926, n. 1331 (artt. 13 e 18 della Costituzione). 
Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 27 
settembre 1972, n. 254. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 30, 31, 32 e 33 (art. 24 della Costituzione). 
� 

Tribunale di Pistoia, ordinanza 25 febbraio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

legge 7 gennaio 1929, 'n. 4, artt. 56, �secondo comma, e 58, primo comma 

(art. 113, primo e secondo ,comma, della Costituzione). 

Pretore di Recanati, ordinanza 31 maggio 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

r.d. 18 giuC<lno 1931, n. 773, art. 113, quinto comma (artt. 3 e 21 della 
Corte Costituzionale). 
Pretore di Modena, ordinanza 19 maggio .1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

' 

r.d. 18 giugno "931, n. 773, art. 152 (artt. 3 primo comma, 16, primo 
comma, 102, primo comm~, 24, secondo comma, e 25, terzo comma, 
della Costituzione). � 
Pretore di Siracusa, ordinanza 24 giugno 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

r.d. 14 'settembre 1931, n. 1175, art. 285, primo comma (art. 113 della 
Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 6 luglio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

r.d. 30 ottobre 1933, n. 16ll, art. 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Tricase, ordinanza 17 giugno 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 

r.d. 27 febbraio 1936, n. 635, artt. 1, 156 e t.78 (artt. 21 e 43 della 
Costituzione). 
Pretore, di Bologna, ordinanza 6 giugno 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 110, lettera c (artt. 3 e 27, 
secondo capoverso della Costituzione). 

Tribunale di Sondrio, ordinanza 7 aprile 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 120, 1� cpv. (art. 27 della 
Costituzione). 

Tribunale di Crotone; ordinanza 21 luglio 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 101, secondo comma (artt. 105 e 107, 
primo comma, dell� Costituzione). 
Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, 

G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. 
r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 76 e 77 
della Costituzione). 
Pretore di Castelbaronia, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

legge 13 giugno 1942, n. 749, artt. 28 e 29 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Tribunale di Velletri, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 2:>4. 

d.lg. 3 maggio 1945, n. 232, art. 2, primo comma (artt. 105 e 107. 
primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Pergine Valsugana, ol'dinanze 10 e� 22 giugno 1972, 

G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. 
d.lg. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, u.c. (art. 36 della Cositituzione). 
Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 22 febbraio 1972, 

G. U. 20 settembre 1972, n. 247. 
legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 20 giugno 1972, n. 233. 

legge 5 marzo 1951, n. 190, art. 1 (art. 105 e 107, primo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, 

G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. 
legge 4 marzo 1952, n. 196, artt. 1 e 3 (artt. 21 e 43 della Costituzione). 
Pretore di Fidenza, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

legge 4 agosto 1955, n. 692 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Novara, ordinanze 10-15 maggio 1972, G. U. 27 
settembre 1972, n. 254. 


142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Potenza, ordinanza 21 dicembre 1971, G:U. 6 
settembre 1972, n. 233. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243 (art. 76 della Costituzione). 
Corte d'appello di Napoli, sezione distaccata di Salerno, ordinanza 
10 aprile 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. 

d.P.R. 29 genna,io 1958, n. 645, art. 243, secondo comma (art. 76 della 
Costituzione). 
Corte di appello di Napoli, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 13 
settembre 1972, n. 240. 

legge 20 febbrai�o 1958, n. 75, art. 3, n. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'appello di Napoli, .ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, art. 63, secondo comma (artt. 105 e 
107, primo comma della Costituzione). 
Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, 

G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. 
d.P.R. � S giugno 1959, n 393, art. 83, sesto comma (art. 3, primo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 14 giugno 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 


d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102 u.p. (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Larino, ordinanza 5 luglio 1972, G. U. 6 settembre 
1972, n. 233. 


d.P.R. 25' settembre 1960, n. 1433, art. 1, secondo comma (artt. 3, primo 
comma, 25, secondo .comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Orvieto, ordinanza 23 giugno 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 


d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, nella parte in cui rende efficace erga 
omnes l'art. 14, sesto comma, del contratto collettivo 10 giugno 1952 
(art. 76 della Costituzione). 
Corte di appello di Firenze, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 20 
settembre 1972, n. 247. 


-~ 


PARTE Il, LEGISLAZIONE 

legge 5 aprile 196J, n. 322, articolo unico, primo comma (artt. 3, 24 
secondo comma, 27 terzo comma, 53 primo comma, 97 primo comma 
a 98 primo. comma, della Costituzione). 

Pretore di Cingoli, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 5 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 2 maggio 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 

legge 4 aprile 1964, n. 171, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Pontremoli, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 77, primo comma (artt. 3, 24 secondo 
comma, 27, terzo comma, 53 primo comma, 97 primo comma e 
98 primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Cingoli, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

d.P.R. 5 giugn�o 1965, n. 749, art. 25 secondo e terzo comma (artt. 3 e 
36 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 17 marzo 1972, G. U. 
6 settembre 1972, rL 233. 

d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 9, n. 2 lettera a (artt. 3, primo comma 
e 27 secondo comma della Costituzione). 
Corte di appello di Bari, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 art. 11 (art. 3 della Costituzione). 
Pret.ore di Montagnana, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 

legge 24 febbraio 1967, n. 62, art. 12, quarto comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 17 marzo 1972, G. U. 
6 settembi'� 1972, n. 233. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Potenza, ordinanza 21 dicembre 1971, G. U. 
6 settembre 1972, n. 233. 

d.P.R. 30 aprile 1969, n. 639, art. 33 (art. 87 della Costituzione). 
Tribunale di Trapani, ordinanza 30 dicembre 1971, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 


144 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 novembre 1969, n.� 833, art. 1, secondo comma (art. 24 della 
Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 4 maggio 1972, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Lodi, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, 

n. 279. 
d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 46 (art. 24 della Costituzione). 
Tribunale di Trapani, ordinanza 30 dicembre 1971, G. U. 13 settembre 
1972, n. 240. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Montagnano, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 27 settembre 
1972, n. 254. 

d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 4 n. 2 (artt. 3, primo �comma, e 
27, secondo comma, della Costituzione). 
Corte di appello di Bari, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247.� 

d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 4, n. 2 lettera al (artt. 3, iprimo 
comma e 27, secondo comma, deUa Costituzione). 
Corte di appello di Bari, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 13 settembre 
1972; n. 240. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32 (art. 3, 41, 53 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanze 27 aprile 1972 (due), G. U. 25 ottobre 
1972, n. 279. 

legge 1� dicembre 19ro. n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). 
Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 8 giug~o 1972, G. U. 
25 pttobre 1972, n. 279. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo. unico (art. 3, 41, 53 della 
Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanze 27 aprile 1972 (due), G. U. 25 
ottobre 1972, n. 279. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 3 (art. 31 41 e 42 della Costituzione). 


Corte di appello di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1971, G. U. 
25 ottobre 1972, n. 279. 

\ 



PARTE II, LEGISLAZIONE 145 

leijge n febbraio 1971, n. 11, art. 3 primo e secondo comma (artt. 3, 
42, secondo e terzo comma, e art. 43 della Costituzione). 

Tribunale di Cremona, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 20 settembre 
1972, n. 247. 

leijge 1� CJiugno 1971, n. 425 (art. 41 della Costituzione). 

Pretore di Forll, ordinanza 26 .giugn,o 1972, G. U. 6 settembre 
1'972, n. 233. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13 (art. 113, secondo comma, della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 
27 1settembre 1972, n. 254. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13, quarto comma (artt. 113, 24 e 
103 della Costituzione). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 
ovdinanza 15 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. 

I 

legge reg. sic.mana 31 marzo 1972, n. 19, art. 9, nono comma (artt. 113, 
24 e 103 della Costituzione e artt. 14 e 17 dello Statuto della Regione 
siciliana). 

Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 
15 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. 

legge reg. Puglia 22 aprile 1972, riappr. 21 luglio 1972. 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 19 
agos~o 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. 


INDICE BIBLIOGRAFICO 

delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 

D'ANGELO P. -MAZZANTINI M., Trattato di Tecnica Bancaria vol I Vallardi 
Milano, 1972, X ediz. ' � ' ' 

LEONE Giovanni, Manuale di Diritto Processuale Penale Jovene Napoli, 
1971, VIII ediz. ' ' 

ANNUNZIATA Michele, La legge sulla riforma della Casa Jovene Napoli,
1972. ' ' 

BONACCORSI P. -LANZARO S., La legge per la Casa G. Pastena Ed. Roma 
1972. ' ' ' 



CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Accademie Belle Arti -Coservatori Musica -Accademia Nazionale Arte 
Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza 
ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (legge 2 
marzo 1963, n. 262; legge 9 aprile 1962, n. 163). 
S�e alle Accademie di Belle Arti, ai Conservatori di Musica, all'Acca


demia Nazionale di Arte Drammatica ed all'Accademia Nazionale di Danza 
spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 356). 
Se agli Istituti ed alle Scuole d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (n. 356). 

Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura 
dello Stato (artt. 102 e107 r.d. 30 ap1�ile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno 
1940, n. 779). 

Se alla Casse scolastiche erette in enti morali spetti il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (n. 357). 

ASSICURAZIONE 

Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato ecc. -Limitazioni 
al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 e 21 
legge 24 dicembre 1969, n. 390). 

Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21 legge 24 dicembre 
1969, n. 990, rper i danni prodotti da veicoli o natante non identificato, 
non assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, 
possano estendersi in via analogica al risarc'imento di danni di cui non sia 
tenuto a rispondere in Fondo di garanzia per le vittime della strada ovvero 
di danni prodotti da sinistri ferroviari (n. 84). 

COMMERCIO 

Commercio -Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzioni 
-Conciliazione amministrativa (artt. 9 e 14 l. 30 settembre 
1920, n.1349; artt. 38 e 39 l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 126 c.p.). 

Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione 
all'obbligo di indicare i prezzi delle merci esposte per la vendita, 
infrazione prevista....dall'art. 38 I. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo 
art. 39 (n. 28). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

DAZI DOGANALI 

Spedizioniere doganale -Rilascio patente ex d.P.R. 18 febbraio 1.971, n. 18 Spedizioniere 
non ancora accreditato -Estensibilit� (d.P.R. 18 febbraio 
1971, n. 18 art: 125). � 

� Se la patente a validit� illimitata da rilasciarsi a norma dell'art. 125 

d.P.R. 18 :febbraio 1971, n. 18 agli spedizionieri doganali gi� accreditati alla 
data del 30 giugno 19711, possa essere conferita a spedizionieri che abbiano 
gi� presentato a tale data la richiesta di accveditamento senza peraltro aver 
ancora ottenuto il relativo provvedimento (n. 63). 
DEMANIO 

�Concessione di servizio di bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione 
dei canoni -Competenza. 
Se i canoni relativi alla concessione del servizio bar-ristorante in una 
:stazione ferroviaria debbano essere percepiti dalla Amministrazione dei Tra:
sporti o dalla Amministrazione delle Finanze (n. 248). 

'Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili 
dello Stato siti in comprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, 

n. 215). � 
Se sono dovuti �da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla 
�spesa di esecuzione, manutenzione �ed esercizio delle opere di bonifica e i 
�contributi �consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet� dello 
Stato siti in comprensori di bonifica (n. 249). 

-Oggetti di interesse storico, qrcheologico ed artistico -Rinvenimento fortuito 
-Diritto al premio -Prescrizione -(art. 49, 2� e 3� comma l. :1 
giugno 1939, n. 1089; art. 2946 cod. civ.). 

Se il diritto alla �Corresponsione dei premi per il rinvenimento fortuito 
di oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico si prescriva nell'ordinario 
termine decennale (n. 250). 

Servit�. militari -Indennizzo -ius superveniens -(art. 1 l. 8 marzo 1960 

n. 130). 
Se, in virt� della legge 8 marzo 1968, n. 180, l'indennizzo annuo .previsto 
dall'art. 1 sia dovuto; per quanto riguarda le servit� militari a carat
�tere espropriativo imposta in data anteriore all'entrata in vigore della 
legge medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, 
ovvero anche per il periodo precedente (n. 251). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Espropriazione per piibblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Aree edificaqili 
-Gescal -Procedimento -Successione di leggi -(l. 18 aprile 1962, 

n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Questione varie in mat~ria di $UCcessione di leggi che disciplinano' 
l'occupazione d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili 
in favore della Gescal (n. 237). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

ESECUZIONE FISCALE 

Esecuzione ex T. U. 14 aprile 1910, n. 639 -Diserzione incanto -Vendita a 
trattativa privata -Ammissibilitd -(T.U. 14 aprile 1910 n. 639, art. 
11; R.D. 15 settembre 1923 n. 2090, art. 64; T. U. 29 gennaio 1958 :n: 645, 
art. 227). 

Se, nel caso in cui, nel corso di una procedura esecutiva mobiliare 
promossa ai sensi del T.U. 14 aprile 1910 n. 639, anche il secondo incanto 
fissato per la vendita dei mobili vada deserto, possa applicarsi analogica


mente il disposto dell'art. 64 R.D. 15 settembre 1923, n. 2090 (oggi art. 227 

T.U. n. 645/1958 1SllJLle imposte diiriette) seooindo cui i beini dnvenduti va!l1[lo 
consegnati al Sindaco perch� alla vendita a trattativa privata senza limitazione 
di prezzo (n. 85). 
FERROVIE 

Concessione di servizio di bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione 
dei canoni -Competenza. 

S'e i canoni relativi alla concessione del servizio bar-ristorante in una 
stazione ferroviaria debbano essere percepiti dall'Amministrazione dei Trasporti 
o dall'Amministrazione delle Finanze (n. 420). 

Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato ecc. -Limitazioni 
al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 e 2._1 

l. 24 dicembre 1969, n. 390). 
Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21 1. 24 dicembre 
1969, n. 990, per i danni prodotti da veicolo o natante non identificato, non 
assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, possano 
estendersi in via analoga al risarcimento di danni di cui non sia tenuto 
a rispondere in Fondo di garanzia per le vittime della strada ovvero di 
danni prodotti da sinistri ferroviari (n. 421). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Dipendente �militare -Invaliditd imputabile .alla Amministrazione -Equo 
indennizzo ex l. 23 dicembre 1970, n. 1094 -Risarcimento danni -Cumulabilitd 
(l. 23 dicembre� 1970, n. 1094; t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, 
art. 68). 

Se, nel caso di im.viailidirt� subita da un irnilitan:e im. 1setrvizio per :liatto iirnputabile 
all'Amministrazione, la concessione dell'equo indennizzo di cui alla 

1. 23 dicembre 1970, n. 1094 escluda il diritto anche al risarcimento del 
danno (n. 737). 
Indennit� di buonuscita -Riscatto servizi utili -Domanda -Termine -Cessazione 
dal servizio -Interdizione legale del dipendente (l. 6 dicembre 
1965, n. 1368; art. 32, terzo comma, c.p.; art. 587c.p.p.; art. 2942 cod. 
civ.). 

Se si!a a.mmtssibiLe J.a domanda di rioonosciimento dei 1servizi uttl:i ai fini 
della liquidazione dell'indennit� di buonuscita proposta dopo la cessazione 
dal servizio (n. 739). 


RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO 

Se sia ammissibile la domanda di riconoscimento dei servizi utili ai 
fini della liquidazione dell'indennit� d buonuscita proposta dopo la cessazione 
dal servizio da parte di dipendente pubblico che, prima ed all'atto 
della destituzione dall'impiego, versava in stato di interdizione legale a 
seguito di condanna penale (n. 739). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Spedizioniere doganale -Rilascio patente ex d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 Spedizioniere 
non ancora accreditato -Estensibilit� (d.P.R. 18 febbraio 
1971, n. 18, art. 125). 

Se la patente a validit� illimitata da rilasciarsi a norma dell'art. 125 

d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 agli spedizionieri doganali gi� accreditati alla 
data del 30 giugno 1971, possa essere conferita a spedizionieri che abbiano 
gi� presentato a tale dafa la richiesta di accveditamento senza peraltro aver 
ancora ottenuto il relativo provvedimento (n. 66). 
IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE 

Tassa concessione governativa -Licenze autorizzazioni e concessioni autotrasporto 
merci -Ius superveniens -Tassa annuale -Diritto transitorio 
(t.u. 1 marzo 1961, n. 121, tab. A n. 124; art. 14, terzo comma l. 18 
marzo 1968, n. 413). 

Se la tassa di concessione governativa su licenze, autorizzazioni e concessioni 
di servizi autotraspocto merci, di cui al n. 124 della tabella all. A 
al t.ru. 1 marzo 1961, n. 1'21 skcome modificato daill'art. 14 il. 18 marzo 1968, 

n. 413 -entrata in vigol'e il 2 maggio 1968 --,. sia dovuta anche sulle licenze 
per autotrasporto merci rilasciate tra il 1 gennaio e il 2 maggio 
1968 (n. 2). 
IMPOSTA DI CONSUMO 

Tributi locali -Imposta di consumo -Quota partecipazione tassa circola-. 
zione autoveicoli -Delegazioni a garanzia ex l. 22 dicembre 1969, n. 964 
-Limiti precedenti -Applicabilit� (l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15; 

t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; l. 18 dicembre 1959, n. 1079). 
Se le delegazioni di tributi locali, fatte da Comuni e Province ai sensi 
dell'art. 15 1. 22 dicembre 1969, n. 964 a garanzia dei finanziamenti delle 
opere pubbliche di loro competenza, siano sottoposte, quando concernano 
tributi la cui delegabilit� era gi� pr�evista da pr.ecedente legislazione (imposta 
di consumo e quota di partec1pazione .alle. tasse di circolazione sugli 
autoveicoli) ai111e (lOillJdizioni e lliimiti fissati da tailie legLslazione (rj,spettivamente 
art. 94 t.u. 14 settembr�e 1931, n. 1175 sulla finanza locale modificato 
dall'art. 11 1. 18 dicembre 1959, n. 1079; e articolo unico 1. 21 marzo 1958, 

n. 336) (n. 23). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

.Imposta di successione -Danni di guerra -Perditia di nave -Indennizzo Morte 
del titolare -Tassabilit� (l. 26 ottobre 1940, n. 1543; l. 27 dicembre 
1953, n. 968; l. 29 settembre 1967, n. 655). 

Se sia dovuta l'imposta di su�cessione su di un credito di indennizzo per 
danno di guerra relativo all� perdita di una nave, nel caso in cui il proprietario 
del bene ,sia morto ine:l 1953, prima defila 1iJquidazione deil!l'indennizzo 
(n. 74). 

IMPOSTE DIRETTE 

Matrimonio -Scioglimento� -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta 
complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, quarto comma, 

l. 1 dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c., t.u. 29 gennaio 1958, 
n. 645). 
Se l'assegno di mantenimento dovuto a seguito di sentenza di scioglimento 
del matrimonio costituisca reddito tassabile ai fini delle imposte di 
ricchezza mobile e complementare sul reddito (n. 8). 

IMPOSTE E TASSE 

Matrimonio -Scioglimento -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta 
complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, quarto comma, 
l. 1 dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c., t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645). 

Se l'assegno di manteniment~ dovuto a seguito di sentenza di scioglimento 
del matrimonio costituisca reddito� tassabile ai fini delle imposte di 
ricchezza mobile e complementare sul reddito '(n. 561). 

Tassa coni;:essione governativa -Licenza autorizzazioni e concessioni 
autotrasporto merci -Iius swpervendens -Tassa annuale -Diritto 
transitorio (t.u. 1 marzo 1961, n. 121, tab. A n. 124; art. 14, terzo 
comma, l .. 18 marzo 1968, n. 413). 

Se la tassa di cc;mcessione governativa su licenze, autorizzazioni e con-
cessioni di servizi autotrasporto merci, di cui al n. 124 della tabella all. A 
al t.u. 1 marzo 1961, n. 121 siccome modificato dall'art. 14 1. 18 marzo. 1968, 

n. 413 -entrata in vigore il 2 maggio 1968 -sia dovuta anche sulle licenze 
per autotrasporto merci rilasciate tra il 1 gennaio e il 2 maggio 
1968 (n. 562). 
IMPOSTE VARIE 

-Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili 
dello Stato siti in cgmprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, 

n. 215). 
Se sono dovuti da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla 
spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e i 
-contributi consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet�� dello 
Stato siti in comprensori di bonifica (n. 64). 


154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ISTRUZIONE 

,Accademia Belle Arti � Conservatori Musica -Accademia Nazionale Arte 
Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza 
ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (l. 2 marzo1963, 
n. 262; l. 9 aprile 1962, n. 163). 

Se alil.'Accaidemia di BelJlie .Arti, ai Conservatori di Muskia, all'Accademia 
Nazionale di Arte Drammatica ed all'Accademia Nazionale di Danza 
spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 24). 

Se agli Istituti ed alle S:cu'ale d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato (n. 24). 

Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura 
dello Stato (artt. 102 e 107 r.d.. 30 aprile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno� 
1940, n. 779). 

Se alle Casse scolastiche ,erette in enti morali spetti il patrocinio della. 
Avv�catura dello Stato (n. 25). 

MATRIMONIO 

Pensione -Assegno di mantenimento in base a separazione consensuale dei 
coniugi -Trattenuta -Successivo annullamento del matrimonio -Effetti. 

Se qualora il matrimonio sia stato annullato con sentenza passata in 
giudicato, debba cessare la trattenuta operata sulla pensione del marito, gi� 
disposta in base ai patti di separazione consensuale al fine di corrispondere 
l'assegno di mantenimento alla moglie ed alla figlia minore (n. 25). 

MILITARI 

Combattenti -Aumenti 'periodici di stipendio -Applicazione -Misura (articolo 
3, u.c., l. 9 ottobre 1971, n. 824;. artt. 1 e 2 l. 24 maggio 1970, 


n. 366). 
Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti 
pubblici ex combattenti od assimiliati dall'art. 3 u.c. I. 9 ottobre 1971, 


n. 824, siano comunque dovuti anche in aggiunta a quelli previs,ti e consentiti 
dai singoli ordinamenti e contratti collettivi (n. 25). 
Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti 
pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. I. 9 ottobre 1971, 


n. 824 vadano attribuiti in misura uniforme ed obiettiva, cio� pari a quella 
degli aumenti dovuti per altra causa, ovvero possano essere attribuiti in mi~
di~~~~. ' 
Servit� militari -Indennizzo -Ius superveniens (art. 1 l. 8 marzo 1960, 

n. 130). � 
Se, in virt� della I. 8 marzo 1968, n. 180, l'indennizzo annuo previsto 
dall'art. 1 sia dovuto; per quanto riguarda le servit� militari a carattere f.


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espropriativo imposta in data anteriore all'entrata in vigore della legge ~ 
medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, ovvero, 
anche per il periodo precedente (n. 26). 


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PARTE II, CONSULTAZIONI 155 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Vendita -Errore sul valore del bene trasferito -Annullabilitd (art. 1429 
e.e.). 

Se l'errore del venditore sul valore del bene venduto possa costituire 
causa di annullamento della compravendita per errore (n. 54). 

OCCUPAZIONE 

Espropriazione per pubbLica utilitd -Occupazione d'urgenza -Aree edificabili 
-Gescal -Procedimento -Successione di legge (l. 18 aprile 1962, 

n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). 
Questioni varie in materia di successione di leggi che disciplinano l'occupazione 
d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili in 
:favore della Gescal (n. 7). 

�OPERE PUBBLICHE 

Appalto opera pubblica -Revisione prezzi -Costo della mano d'apera Aumento 
-Contrattazione aziendale -Rilevanza -Clausola -Legittimitd 
(d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501; l. 17 febbraio 1968, n. 93; l. 19 
febbraio 1970, n. 76). 

Se, neiLl'appailto di opera, possa concOil.'r'ere ad iaUlffientaire i cosrti dell'opera 
medesima -ai fini della revisione dei prezzi -l'onere derivante 
;all'appaltatore da accordi aziendali che, in deroga ai contratti collettivi, fissano 
maggiori liv�elli retributivi per i dip�endenti dell'appaltatore (n. 99). 

Se in un contratto d'appalto d'opera pubblica possa pattuirsi una clau.
sola di revisione prezzi che tenga conto delle variazioni del costo della mano 
d'opera dipendenti da accordi aziendali in forza dei quali, derogando dai 
>Contratti collettivi, vengano fissati maggiori livelli retributivi per i dipendenti 
dell'appaltatore (n. 99). 

Costruzione di opere pubbliche -Aree non demaniali -Licenza edilizia -
Necessitd (l. 17 agosto 1942, n. 1150 artt. 29 e 32; l. 6 agosto 1967 n. 765, 
art. 10). 

Se 1'Amministrazione debba munirsi della licenza edilizia o almeno sentire 
il Comune interessato per l'esecuzione di opere su beni patrimoniali 
dello Stato e su beni privati, ai sensi della legge urbanistica 17 agosto 1942, 

n. 1150, dopo le modifiche apportate dall'art. 10 della 1. 6 agosto 1967, 
n. 765 alla legge predetta (n. 100). 
:PENA 

Commercio -'Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzione 
-Conciliazione amministrativa (art. 9 e 14 l. 30 settembre 
1920, n. 1349; artt. 38 e 39 l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 126 c.p.). 

Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione 
all'obbligo di indicare i prezzi delle merci esposte per la vendita, infrazione 
prevista dall'art. 38 1. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo arti


ocolo 39 (n. 22).