ANNO XXIV -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1972 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO ./ ABBONAMENTI ANNO ................................ L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO ������������������ � 1.500 Per abbonamenti e -p,cquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA cle postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (2219056) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. IN DICE Parte prima:. GIURISPRUDENZA Sezione prim~: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Michele Savarese] pag. 741 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURI- c/ell'avv. Benedetto Baccari} � 7 58 Sezione terza: GIURISPRUDENZA tro de Francisci} CIVILE (a cura � del/'avv. Pie � 772 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo] � � � 799 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile} � 8 16 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi} . � � � 862 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura dell'avv. Paolo Di Tarsia d� Be/monte) � 88 4 Parte seconda: QUESTIO~I -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO LEGISLAZIONE . . . . pag. 137 INDICE BIBLIOGRAFICO � 146 CONSULTAZIONI � 147 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLlCHE ED ELETTRICITA -Condutture elettriche aeree Applicazione del tributo per l'occupazione di aree pubbliche fillegittimit� ,costituzionale Esclusione,' 750. APPALTO -Appalti di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Legittima facolt� dell'Amministrazione appaltante di disporla, ove essa sia resa necessaria da ragioni, obiettive, ovvero sia determinata da motivi di interesse pubblico discrezionalmente apprezzabili Diritti dell'appaltatore, 862 -Appalto opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore -Carattere generale -Sussiste, 862. ARBITRATO -Arbitrato rituale -Sentenza arbitrale -Impugnazione per nullit� -Natura, 862. AVVOCATI E PROCURATORI -Cassa nazionale previdenza e assistenza -Contributi sui compensi spettanti per incarichi professionali -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 753. CIRCOLAZIONE STRADALE -Circolazione dei v,eicoli su area stradale di propriet� della P. A. sita nel centro urbano -Disciplina -Autorit� competente -� il sindaco, 778. -Ordinanze -Ingiunzioni prefettizie -Opposizione -Sindacato dell'A.G.O. -Limiti, 778. Sanzioni amministrative -Natura -Incidenza su situazioni di diritto soggettivo e non di interessi legittimi, 778. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Atto amministrativo: mancanza di potere -Mancanza di presupposti ed inosservanza di limiti Condizioni per la sussistenza del vizio, 758. -Edilizia -Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica: effetti e limiti, 758. -Edilizia -Piano regolatore -Vincoli su beni privati s�nza previsione di indennit� -Vizio dell'atto per difetto di poter,e -Giurisdizione dell'A.G.O., 758. -Edilizia popolare ed economica Alloggi cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio Giurisdizione del Consiglio di Stato, 799. -Edilizia popolare ed economica Alloggi cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio Ricorso contro pronuncia della Commissione centrale di vigilanza -Giurisdizione del Consiglio di Stato, 799. -Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -Controversia di contenuto patrimoniale �Estensione -Limiti -Necessit� di un atto amministrativo -Insussistenza, 771. -Procedimenti di istruzione prevendita -Regolamento di giurisdizione -Ammissibilit�, 76,6. -Procedimenti di istruzione preventiva in materia di navigazione marittima -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della P. A. -Insussistenza, 766. CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Irregolare notifica dell'ordinanza al P. M. -Inammissibilit� della questione, 741. INDICE COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -V. Acque pubbliche ed elettricit�, Avvocati e procuratori, Corte Costituzionale, Impiego pubblico, Lavoro, Militare, Procedimento civile, Reato. DAZI DOGANALI - Art. 145 1. 25 settembre 1940, n. 1424 -Obbligo del pagamento dei diritti doganali -Sequestro della merce contrabbandata -Risarcimento del danno -Ammissibilit�, 884. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Competenza -Zona di demanio marittimo -Conce:rto coJ Ministero marina mercantile -Non occorre, 807. Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -'Discrezionalit� -Insindacabilit�, 807., -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Discl'ezionaut� -Insindacabilit�, 810. Demanio storico ed artistico ..: Vincolo storico e artistico -Modificazione -Diniego -Motivazione per relationem -Legittimit�, 810. Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 Contrasto con l'art. 9 Cost. -Manifesta infondatezza, 806. - Demanio storico ed artistico -Vin-.. colo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 del 1939 -Contrasto con l'art. 53 Cost. -Manifesta infondatezza, 806. Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21, 1. n. 1089 del 1939 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza, 806. - Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 I. n. 1089 del 1939 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Mainifesta infondatezza, 811. - Demanio storico ed ,artistico -Vincolo storico ed arUstico -Zona di risp:etto -Carattere monumentale del bene protetto -Valutazione discrezionale della P. A., 807. Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Zona di rispetto -Legittimit� -Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Zona di rispetto Preesistenza vincolo paesistico Irrilevanza, 807. EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -AHoggi cooperativi -Morte di un socio -Successione -Data di consegna -Omessa redazione del v�rbale di consegna -Irrilevanza, 799. -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Deposito del p.iano -Notifica -'Dermine -Non � perentorio, 800. -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Progetto -Allegati -Elenco dei proprietari -Elenco non aggiornato -Illegittimit�, 800. - Piano di zona -Termine per la impugnazione -Proprietari delle aree incluse nel piano -Decorrenza dalla notificazione, 800. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -Decreto di esproprio -Illegittimit� -Disapplicazione da parte del giudice ordinario -Condizioni, 772. -Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica -Presupposti -Dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza -Parere della Comniissione provinciale sul progetto Non � tale, 802. -Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica -Pvesupposto -Dic;hiarazione di indifferibi:lit� ed urgenza -Mancanza -Illegittimit� dell'occupazione, 801. VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Occupazione ultrabiennale -Successiva espropriazione -Risarcimento del danno -Pvescrizione -� Decorrenza, 772. -'--Trasferimento del bene espropriato -Decreto di esproprio Mancata notifica al proprietario Effetti, 772. FALSO -Falsit� in atti -Stati di avanzamento, libvetti delle misurazioni e contabilit� relativa�ai lavori dei pubblici appalti -Sono atti pubblici -Non fanno fede fino a querela di falso, .8.86. IMPIEGO PUBBLICO -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -� Copi1atura -Annullamento del:l'elaborato -Obbligo della. Commissione -Sussiste Motivazione -Criterio, 809. -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura -Valutazione -Insindacabilit�, 809. Consiglio di amministrazione Composizione -Ministero sanit� � -Partecipazione del Direttore generale dell'Istituto superiore di sanit� -Illegittimit�, 802. -Consiglio di amministrazione Composizione -Rappresentante del personale -Dipendente di carriera inferiore quella da amministrare -Illegittimit�, .802. -Forze armate -Avanzamento degli ufficiali -Vantaggi di carriera per acquisizione di determinati titoli -Limitazione. nella progressione -Infondatezza della questione, 746. -.Prov.e di esame -Prove scritte Copiatura -Annullamento dell'elaborato -Copiatura di una od altva parte del tema -Irrilevanza, 809. IMPOSTA DI REGISTRO -Accessione -Macchinar�i di opificio -Concetto di opificio, 841. -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Possibilit� -Possibilit� di costruire sedi e succursali o di partecipare in altre societ� senza limitazione di territorio -Esclusione, .844. -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Possibilit� di costruire sedi e succursali �e di partecipare in altre societ� senza limitazione di territorio Non contrasta necessariamente con lo scopo dell'agevolazione Successiva correzione dello statuto -Ammissibilit� deM'agevolazione, .845. -Agevolazioni per l'industriallzzazione del Mezzogiorno -Termine triennale per la dimostrazione de1la r�ealizzazione del fine industriale -Produzione all'Ufficio del!la �certificazione -Necessit�, 826. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Decadenza Imposta ordinaria -Interessi Decorrenza, con nota di G. ANGELINI ROTA, 849. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Uffici e negozi -Albergo -Compatibilit� Limiti, 838. -Diritti di escavazione mineraria -Trasferimento -Natura immobiliave -Valutazione di congruit� -Vi sono soggetti, 819. -Locazioni pluriennali -Sistema di tassazione ex legge 23 dicembre 1962, n. 1744 -Risoluzione del contratto -Effetti, 820. -Trasferimento di diritto reale immobiliare -Cessione di cubatura prevista dal Piano regolatore di Torino -E' tale, 832. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore globale -Deducibilit� della sola imposta in concreto corrisposta, 831. IMPOSTA SUI FABBRJ:CATI -Esenzione venticinquennale ex art. 69, 1. 27 dicembre 1953, numero 968 -Fabbricato costruito in sostituzione di edificio distrutto da ev�enti bellici -Idoneit� a sostituire nella sua funzione abitativa l'edificio distrutto, 835. INDICE IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Accertamento -Sottoscrizione Funzionario preposto al reparto Validit�, 829. -Decisioni deHe Commissioni -Ricorso p~r Cassazione -Definitivit� -Concetto -Decisione che decide parzialmente la controversia -Impugnabilit�, 824. -Imposte indiret~e -Imposte' complementari sui trasferimenti a ti . tolo oneroso -Interessi a carico del contribuente -Decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale -Limiti, 855. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Comunicazione della data dell'udienza -Consegna a persona addetta all'Ufficio -Prova del rapporto di dipendenza E' a carico deHa parte notificante, 816. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Comunicazione della data dell'udienza -Notifica -E' regolare, 816. -Procedimento dinanzi alle Commissioni -Sottoscrizione del ricorso deH'Ufficio -Funzionario preposto al reparto -v,alidit�, 828. INFORTUNIO SUL LAVORO - niecito costituente reato -Re .sponsabilit� civile del datore di lavoro -Declaratoria di non doversi procedere -Poteri del Giudice civile, 796. LAVORO -Rapporto di lavoro domestico Licenziamento in tronco -Esclusione dell'indennit� di anzianit� -I:llegittimit� costituzionale, 746. MILITARE -Ricorsi giurisdizionali -Limitazione ai soli vizi di incompetenza ed eccesso di potere -Inam .missibilit� della questione, 742. -Ufficiali -Promozioni -Graduatoria ex art. 31 1. n. 1137 del 1955 -Impugnativa -Inammissibilit�, 803. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Inadempimento -Acquiescenza della parte interessata -Successiva impugnativa -Inammissibilit�, 794. -Risoluzione per inadempimento Risarcimento del danno -Presupposto, 794. PECULATO E MALVERSAZIONE -D.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 che concede amnistia per il solo peculato per distrazione -Eccezione di incostituzionalit� -Infondatezza, 900. PROCEDIMENTO CIVILE -Giuramento suppletorio -Violazione dei principi di eguaglianza e di difesa -Esclusione, 744. -. Procedimento per convalida di sfratto -Mancata comparizione dell'intimato e opposizione tardiva -Illegittimit� costituzionale parziale, 747. -Ricorso per Cassazione -Impugnazione principale improcedibile -Impugnazione incidentale Efficacia -Limiti, 776. PR�CEDIMENTO PENALE -Insufficiente indicazione della pel'lsona del<l'imputato -Non � causa di inesistenza ma di nullit� del rapporto processuale penale, 890. -Latitanza -Emissione del decreto che la dichiara per le notificazioni -Non � necessaria -Prova della latitanza, 890. -Latitanza -Sentenza di proscioglimento -Imputato all'estero di cui si ignora H preciso indirizzo - Notificaziione con il rito degli ir RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII reperibili -Obbligo di svolgere accertamenti -Non sussiste, 890. -Separazione dei giudizi -Potere discrezionale del giudice -Ipotesi di separazione obbfilgatoria, 890. REATO -Indulto in materia doganale -!Decreto Presidenztale Repubblica n. 283 del 1970 -Condono -Riduzione alla met� dell'indulto Inapplicabilit�, 884. - Peculato -Possesso per ragioni di ufficio o servizio -Occasionalit� tra l'ufficio e il possesso -Nozione, 900. -Pubblicazione e distribuzione di stampati osceni -Responsabilit� penale dell'edicolante -Illegittimit� costituzionale, 756. RESPONSABILIT� CIVILE -Assicurazione obbligatoria del personale :lierroviario .contro gli infortuni sul lavoro -Limitazione di responsabilit� dell'Amminist �razione -Sussiste, 796. -Responsabilit� della P. A. per danni ai propri dipendenti -Norme limitative -Incostituzionalit� -Risarcimento -Prescrizione -Decorrenza, 787. TRASPORTO Trasporto. ferroviario di cose Convenzione internazionale per il trasporto delle merci -Interruzione di linea nel corso della spedizione -Disciplina -Is~ruzioni del mittente al di fuori delle facolt� previste -Tassa di sosta Applicabilit�, 791. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 4 maggio 1972, n. 81 4 maggio 1972, n. 82 4 maggio 1972, n. 83 4 maggio 1972, n. 84 4 maggio 1972, n. 85 18 maggio 1972, n. 89 18 maggio 1972, n. 90 18 maggio 1972, n. 91 18 maggio 1972, n. 93 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1683 Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1687 Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733 Sez. Un., 12 giugno 1972, n. 1839 Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1856 . Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1890 Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960 Sez. Un., 21 giugno 1972, n. 1981 Sez. I, 22 giugno 1972, n. 2046 Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2088 . Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2094 . Sez. II, 26 giugno 1972, n. 2165 . Sez. III, 28 giugno 1972, n. 2207 Sez. I, 28 giugno 1972, n. 2225 Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2234 Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2235 . Sez. I, 6 lugUo 1972, n. 2236 . Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2239 . Sez. Un,, 8 luglio 1972, n. 2292 Sez. III, 11 luglio 1972, n. 2333 Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2350 Sez. I, 13 luglio 1972, n. 2366 . Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2391 . . Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2398 . Sez. I, 27 lugUo 1972, n. 2570 . . Sez. Un., 21 agosto 1972, n. 2695 pag. 741 742 744 746 746 747 750 753 756 pag. 816 819 758 772 776 820 862 824 826 778 828 787 791 794 831 832 845 835 766 796 771 838 841 844 849 855 X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 346 Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 347 Sez. IV, 9 maggio 1972, n. 363 Sez. IV, 12 maggio 1972, n. 414 Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 468 Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 486 Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 537 Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 540 pag 799 800 801 802 803 806 809 810 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 4 maggio 1972, n. 2996 Sez. V, 28 luglio 1972, n. 5260 Sez. III, 13 agosto 1972, n. 5516 � . Sez. VI, 11 ottobre 1972, n. 6571 pag. 884 886 890 900 j ., SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE III Questioni.proposte INDICE BIBLIOGRAFICO INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Amministrazione pubblica Assicurazione Commercio Concessioni. strative Contabilit� dello Stato Contributi e menti amminigenerale finanzia- Dazi doganali Demanio Edilizia economica e popolare Esecuzione fiscale Ferrovie Impiego pubblico . Importazione ed esportazione Imposta concessioni governative pag. 147 147 . 147 148 148 149 150 150 150 151 151 151 152 152 Imposta di consumo Imposta di successione Imposte dirette Imposte e tasse Imposte varie Istruzione . Matrimonio Militari Obbligazioni e contratti . Occupazione . Opere pubbliche Pena�. Prescrizione Previdenza e assistenza Procedimento civile Professioni Prove Riscossione Spese giudiziali Tributi locali pag. 137 pag. 146 pag. 152 153 153 153 153 '154 154 154 155 155 155 155 156 156 156 156 156 157 157 157 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 81 -Pres. Chiarelli -Rel. Crisafulli -Ferrari ed altri (n. c.) Corte costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci dentale -Irregolare notifica dell'ordinanza al P. M. -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 134; I. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale p1�oposta in via incidentale da un Pretore in sede penale, qualora l'ordinanza di remissione non venga regolarmente notificata al Procuratore della Repubblica territorialmente competente (1). (Omissis). -Ritenuto che, con� ordinanza emessa il 27 maggio 1971 nel corso di procedimenti penali a carico di Ferrari Alfredo ed altri, il (1) Il giudizio di costituzionalit� riguardava gli arti.coli 718 � 720 del codice penale: la relativa questione era stata sottoposta all'esame deil:la Corte con orditnainza emessa I�ll 27 maggio 1971, daJl a;xretore di Sampierdarena nel procedimento penail:e a carico di .Alfredo Fer�rari ed altri <Gazzetta Uff. n. 290 del 17 novembre 1971). A. P1zz0Russo, nell'annotare la sentenza (Foro it. 1972, I, 1532), espone tutte le per.plessiit� che la soluzione adottata suscita specie in relazione al disposto dell'art. 23, 4� comma, Legge 11 marzo 1953 n. 87. L'omissione di una delle notificazioni previ�ste da tale articolo compori;e[>ebbe l'inammissibilit� della questione di costituzionalit� e non l'obbligo defila Corte costituzionale �di disporre essa stessa l'esecuzione dell'incombente; soluzione quest'uiJ.rtima che, sec()[ldo il'ootore, sarebbe gd.ruridd�oarrnente rpi� cocretta. Peraltro SIMI, in La Corte Costituzimiale (Raccolta di studi a cura deill'Avvocatura defilo Stato, 1957, 123) e, poi, SAND!ULLI, Il giudizio sulle (*) .AJ1J1a redazione d1el.L1e ~assime e del.L1e note di questa Sezione ha coililabooato a111che �l'avv. CARLO CARBONE. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 744 riguarda il riferimento ad un'interpretazione restrittiva della tutela dei diritti soggettivi in materia di ieva, fatta derivare dalla disposizione denunciata, che viene attribuita alla giurisprudenza della Cassazione, e che invece risulta del tutto inesatta; e sia in ordine alla richiesta di una pronuncia che dichiari la non estensibilit� della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato oltre i casi tassativamente stabiliti dall'art. 29 del t.u..delle le:ggi sul Consiglio di Stato, dato che essa, anche se si potesse ritenerla idonea a dar luogo a questione di legittimit� costituzionale, non risulta proposta dall'ordinanza, che anzi, come si � detto, d� per ammessa la estraneit� della materia in oggetto alla detta categoria di �ompetenza giurisdizionale. ~ (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 83 -Pres. Chiarelli -Rel. Fragali -Soc. Litex ed altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento civile -Giuramento suppletorio -Violazione dei principi di eguaglianza e di difesa -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; e.e. art.2736, n. 2). Non � fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell''art. 2736, n. 2 codice civile relativo al potere del giudice di deferire ad una delle parti il giuramento suppletorio (1). (Omissis). -1� -La Corte non ritiene che l'equiparazione degli effetti del giuramento suppletorio a quelli del giuramento decisorio produca quelle conseguenze lesive dei principi di uguaglianza e di difesa che denunciano le ordinanze"indicate in epigrafe. (1) La questione era stata sottoposta aM'esame della Corte con tre ordinanze, ri-spettivamente del ttibunaile di Torino (5 dicemb!l.'e 19<69, Gazzetta Uff. n. 22,2 .del 2 settemb!l.'e 1970), del pretooe di Roma (4 genm.aio 1971, Gazz. Uff. n. 106 del 28 aprile 1971), del p.i-etore di MiJJazzo (30 marzo 1971, Gazz. Uff. n. 16 del 30 giugno 1971). Sostanzialmente se il g.iuramento � un mezzo di prova da considerare aggiunto agli altri per il completamento del.J'efficacia dell'i1struzione probatoria, sembra �evidente dedul'sene che le parti usufruiscono del loro diritto di dif.esa quando siano state messe in grado dli sviluppare sul terreno giudiziale ogni attivit� (processuale-probatoria) da esse ritenuta utile per il reciproco Tisultato perseguito. Al momento deHa cristallizzazione dell'istruttoria .ed a!Lla cOIJJStatazione de111a � probatio semiplena �, scaturisce per H giudice, che non rpu� comunque sottrarsi di provvedere, la va!luta PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 745 Secondo la giurisprudenza prevalente, gli effetti della prestazione del giuramento suppletorio non possono essere contrastati con aJtri mezzi di prova; ma ci� accade perch�: il giudice deferisce il giuramento quando le parti hanno avuto pieno modo e tempo di esercitare il rispettivo potere dispositivo sul materiale istruttorio. Ed ha avuto modo e tempo di esplicare questo potere anche la parte contro la quale operano gli effetti predetti, perch� essa sa che il giudke pu� deferire il giuramento ove le prove non siano mancanti, e tuttavia� non offre n� mezzi istruttori n� argomenti che potrebbero escludere il valore semipieno a quelli dedotti o esibiti. Vero � che nemmeno in appello � ammessa prova che contraddica ai risultati del .giuramento suppletorio; ma � consentito in appello al sindacato sull'apprezzamento del giudice di primo grado circa l'esistenza della prova semipiena, cosicch� non � nemmeno esatto che la prestazione del giuramento suppletorio non permette ulteriori difese. Le permette anche nella sede penale, e con notevole ampiezza nel confronto con la sede civile, dato che nel processo penale la parte si avvantaggia delle iniziative del pubblico ministero e del giudice, le quali allargano enormemente a suo favore la possibilit� di indagare sulla verit�. Non si obietti che un sistema del genere converte in azione di risarcimento del danno da falsit� la domanda diretta al conseguimento del bene conteso o l'eccezione che contrasta il fondamento di tale domanda: la Corte, sia pure a proposito di fattispecie diverse da quella in esame (sentenza 3 luglio 1962, n. 87 e 17 dicembre 1968, n. 138), ha ritenuto che tale conversione non sia riprovata dalla Costituzione. La scelta legislativa del tipo di azione concesso alla parte si connette infatti al modo di organizzare la tutela giurisdizionale: deve riaffermarsi che il precetto costituzionale che garantisce tale tutela non toglie alla legge ordinaria la competenza a regolarne i modi e l'efficacia, n� afferma che il cittadino deve ottenere protezione� sempre in una stessa maniera e con i medesimi effetti. Conta soltanto che .si reintegri la sfera giuridica lesa; e la condanna a prestare l'id quod interest porta senz'altro a tale risultato. -(Omissis). zione �di queJil'msufficienm dii prov�a che condruce al deferimento� deil giuramento suppletorio secondo �criteri non discriminatori fondati su una determinata posizione di parte. Gi� la Corte di Cassazione, muovendosi nell'ambito di tale assunto, aveva neg�ato fondatezza ad anailoga questione di costiituzioilllalit� (v. Oass., 10 novembre 1971 n. 3.173, in Foro it., 1971, I, 45, con nota di !l.'icMallili dottrinari giucisp!rudelll.2liali). Per le sentenze richiamate nel contesto (Corte cost. 3 luglio 1962 n. 87 e 17 dicembre 1968, n. 138, v. Foro it. 1962, I, 1219 e questa Rassegna, 1968, I, 926). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 746 CORTE COSTITUZIONALE, 4maggio1972, n. 84 -Pres. Chiarelli -Rel. De Marco -Speranza. (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Coronas)� Impiego pubblico -Forze armate -Avanzamento degli ufficiali -Vantaggi di carriera per acquisizione di determinati titoli -Limitazione nella progressione -Infondatezza della questione. (Cost., art. 3; I. 12 novembre 1955, n. 1137, art. 69, mod. da artt. 9 e 10 1. 16 novembre 1962, n. 1622). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 69 della legge 12 novembre 19:55, n. 1137, mod� dagli articoli 9 e 10 della legge 16 novembre 1962, n. 1622, suU'ltv�anzamento degli ufficiali delle forze armate, che limita la progressione nei ruoli delle varie armi e specialit�, conseguita per effetto dell'acquisizione dei titoli indicati nella tabella allegata alla legge stessa (1)� . (1) La questione .era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza emessa il 2 maggio 1968 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione IV (Gazzetta Uff., n. 10~ del 22 aprilre 1970). CORTE COSTITUZIONALE, 4 maggio 1972, n. 85 -Pres. Chiarelli -Rel. Trimarchi -Mannini ed altri (n.c.) . . Lavoro -Rapporto di lavoro domestico -Licenziamento in tronco Esclusione dell'indennit� di anzianit� -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 36; I. 2 aprile 1958, n. 339, art. 17, primo comma). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, l'art. 17, primo comma, della legge 2 aprile 1958, n. 339, nella par_te in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro alla indennit� di anzianit� in caso di cessazione del rapporto per licenziamento in tronco (1). (1) La questione era stata �sottoposta all'esame del Giudice costituzionale con o!'dinanza emessa il '21 gennaio 1970 dalla Corte d'appe1lo di Roma (Gazzetta Uff. n. 286 dell'll novembre 1970); con ordinanza emessa 1'11 :llebba'aio 197Qi dal tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 22 del 27 gennaio 1971). Vedi Corte cost., 28 dicembre 1971, n. �204, in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1329). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 747 (Omissis). -2. -Sussiste la denunciata violazione dell'art. 36 della Costituzione. La Corte, con varie pronunce, a cominciare dalla sentenza n� 3 del 1966, ha osservato che l'indennit� di anzianit� dovuta all'atto della cessazione del rapporto di lavoro subordinato ha natura retributiva, rientrando il relativo diritto nel complessi".'o trattamento economico spettante al lavoratore subordinato a fronte dell'obbligo di prestazione del lavoro, e come tale gode delle garanzie costituzionali poste con l'art. 36; e che il detto diritto, qualunque sia il motivo o la causa della cessazione del rapporto, non pu� essere negato o subire limitazioni nel suo contenuto e nel suo esercizio che non siano consentite per il diritto alla retribuzione. E con sentenza Il� 75 del 1968 ha, per ci�, dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'articolo 2120, comma primo, del codice civile nella parte in cui escludeva il diritto del prestatore di lavoro subordinato all'indennit� di anzianit� in caso di cessazione del rapporto di lavoro derivata dal licenziamento per di lui colpa o da dimissioni volontarie. Codesto orientamento giurisprudenziale, adottato in ossequio al precetto costituzionale dell'art. 36 e nel rispetto del principio di egua.glianza di tutti i cittadini di fronte� alla legge, ha riscontro in norme legislative e tra le altre in quella dell'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n� 604, che, per i prestatori di lavoro di cui al successivo art. 10, prescrive che la detta indennit� � dovuta � in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro�. Or~, le regole sopra ricordate non possono non essere applicate alla specie che non presenta, al riguardo, alcuna particolarit� per cui debba o possa essere consentito un differente trattamento. E per ci� va ritenuta l'illegittimit� costituzionale della norma denunciata nella ,parte in cui essa esclude che, in caso di licenziamento in tronco del prestatore di lavoro domestico, gli sia dovuta l'indennit� di anzianit�. -(0.missis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 89 -Pres. Chiarelli - Rel. .Verz� -Cislaghi ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Vice avv. gen. dello Stato Agr�). Procedimento civile -Procedimento per convalida di sfratto -Mancata comparizione dell'intimato e opposizione tardiva -Ille~ittimit� costituzionale parziale. (Cost., artt. 24, 111; c.p.c., artt. 663, 668). Mentre non � fondata la questione di legittimitd costituzionale degli articoli 663 e 668 c.p.c. sulla convalida di sfratto per effetto di mancata comparizione, � fondata la questione dei primo comma dell'art. 668 748 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso codice limitatamente alla parte in cui non consente la tardiva opposizione all'intimato, non comparso, malgrado la conoscenza della citazione, per caso fortuito o per forza maggiore (1). (Omissis). -2. -L'art. 663, primo comma, del codice di procedura civile viene denunziato per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, perch�, dalla mancata comparizione dell'intimato, fa derivare la convalida della licenza o dello sfratto (in tal caso previa semplice dichiarazione del locatore di persistenza della morosit�) mentre nel giudizio ordinario di cognizione, la stessa mancata comparizione produce effetti ben diversi. La norma inoltre violerebbe il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, sia per il trattamento differenziato che ne deriva a seconda che l'intimato compaia o non all'udienza, ovvero a seconda che il procedimento adottato sia quello ordinario di cognizione, o quello di convalida; sia perch� opererebbe la risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive (come � quello di locazione) in modo difforme da quanto prescrivono gli artt. 1454 e 1455 del codice civile. E violerebbe infine l'art. 111 Cost. in quanto il meccanismo automatico comparizione-convalida escluderebbe una seria motivazione del provve. dimento, che non sia quella del richiamo agli articoli di legge. 3. -La questione non � fondata. Nel procedimento di convalida di licenza o dl sfratto -che � un procedimento sommario per il rilascio di un immobile tenuto in locazione ,per fine del contratto o per morosit� ~la mancata comparizione dell'intimato all'udienza assume decisiva rilevanza risolvendosi nel conte. gno processuale proprio di chi, avendo avuto conoscenza della citazione, volontariamente non si presenta al giudice, e dimostra in tal modo di non avere ragioni da far valere n� interesse alcuno alla difesa. Il fatto che la mancata volontaria comparizione � equiparata alla mancata oriposizione vuol significre che, nell'uno e nell'altro caso, sussiste una carenza di interesse dell'intimato, la quale rende inutile l'esercizio del diritto di difesa nel merito, rimanendo ovviamente tale diritto integro per quanto attiene alla volontariet� o meno della mancata comparizione. Ed infatti la norma impugnata impone al giudice l'obbligo di ordinare la rinnovazione della citazione nel caso in cui risulti (od anche in quello in cui sembri probabile) che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione, o per caso fortuito o forza maggiore. (1) La que,stione era -stata sottoposta all'esame della Corte con due oirdi1nanze e.meisse rispettivamente i1l 23 febbriaio 1970 dal rpretoxe di Rho (Gazzetta Uff. n. 136 del 3 giugno 1970) ed il 15 marzo 1971 dal giudice conciUatore di Pontecagnano Faiano (Gazzetta Uff. n. 119 del 12 maggio 1971). La sentenzia 18 marzo 1957, n. 46 di (lUJ� in motivazd.one, � r-eperibile in Foro it., 1957, I, 1393 (nQta). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 749 Pur tenendo conto della diversit� della materia, esiste analogia fra siffatta ipotesi e quella della mancata comparizione all'udienza dell'opponente a decreto �penale di condanna. E, pe�r il decreto penale, la Corte ha affermato che �la mancata comparizione non giustificata costituisce un comportamento processuale volontario del soggetto interessato che, o per la riconosciuta infondatezza dei motivi dedotti (nell'atto di opposizione) o per qualsiasi altra ragione, ammette che � venuto a cessare l'interesse a coltivare la opposfaione o a proseguire il relativo giudizio � (sent. n. 46 del 1957). Il giudice a quo vorrebbe dedu_rre la violazione del diritto di difesa dal fatto che, nel giudizio ordinario di cognizione, la mancata compa �rizione del convenuto consente la prosecuzione del processo in contu �macia� Occorre invece considerare che le norme d�l procedimento ordi nario non sono le sole che assicurino la tutela giurisdizionale, e che nel caso in esame trattasi di un procedimento speciale predisposto dal legislatore per determinate finalit�, fra le quali quella di definire il giudizio, evitando che, attraverso l'abuso del diritto di difesa, il conduttore possa protrarre, anche per lungo tempo, il godimento del bene locato. Ed in questi casi al legislatore � consentito di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alla particolarit� del rapporto da regolare� Appare infine argomento di nessun pregio quello che, in caso di sfratto, la convalida � subordinata alla mera dichiarazione del locatore circa la persistenza della morosit�; la quale anzi costituisce una ulteriore garanzia per l'intimato al quale sarebbe spettato l'onere di provare l'av venuto pagamento. P�rtanto il diritto di difesa � assicurato dall'obbligo della citazione che comporta per l'intimato la facolt� di instaurare o meno il contraddittorio; dall'obbligo di rinnovare la citazione qualora il giudice accerti o ritenga propabile che l'intimato non ne abbia avuto conoscenza o non sia potuto comparire; ed infine dalla possibilit� di esperire la tardiva opposizione nei casi previsti dall'~rt. 668 del codice di procedura civile. 4. -La questione non � fondata neppure in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione. Infatti, il trattamento differenziato prospettato dalla ordinanza di rimessione � giustificato dalla particola're struttura del procedimento speciale. E non � violato neppure l'art. 111 Cost. dal momento che, il provvedimento di convalida deve essere motivato con l'accertamento dei presupposti che lo legittimano. ' 5. -Anche l'art. 668, che ha per oggetto l'opposizione alla convalida pronunciata in assenza dell'intimato sarebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, viziato di illegittimit� in riferimento agli artt. 24, 3 e 111 della Costituzione. 750 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In merito all'art. 24 della Costituzione la Corte osserva che l'opposizione alla convalida pronum;iata in assenza dell'intimato costituisce il mezzo migliore che la legge possa apprestare per assicurare la tutela giurisdizionale; ed invero con tale forma di impugnazione il procedimento segue il suo corso regplare con tutte le garanzie del rito ordinario. 750 �RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In merito all'art. 24 della Costituzione la Corte osserva che l'opposizione alla convalida pronum;iata in assenza dell'intimato costituisce il mezzo migliore che la legge possa apprestare per assicurare la tutela giurisdizionale; ed invero con tale forma di impugnazione il procedimento segue il suo corso regplare con tutte le garanzie del rito ordinario. Il Le condizioni per l'ammissibilit� della opposizione non tolgono efficacia alla tutela, come ritiene il giudice a quo. La prova della mancata conoscenza della citazione, il termine p~rentorio di dieci giorni, la cauzione ex art. 651, la valutazione.del .giudice sui gravi motivi che possono consentire la sospensione del processo esecutivo, rispondono ovviamente alla ,imprescindibile esigenza di regolamentare l'istituto anche per evitare sconfinamenti od abusi. Sotto questo profilo, pertanto, l'art. 24 della Costituzione non � violato. 6. -La tutela giurisdizionale non � assicurata dall'articolo impugnato nella sola ipotesi -rilevata dall'ordinanza del giudice conciliatore di Pontecagnano Faiano -in cui l'intimato, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non sia potuto corn,parire all'udienza per caso fortuito o per forza maggiore-L'art. 668 ammette l'opposizione nei soli casi di mancata conoscenza della citazione. Il principio innanzi chiarito del comportamento volontario del conduttore, posto a fondamento ed a giustificazione della convalida, richiede che, anche l'intimato il quale si trovi nelle sopraindicate condizioni per circostanze non dipendenti dalla sua volont�, possa esercitare il diritto di difesa mediante la tardiva opposizione alla convalida. Pertanto, limitatamente a questi ipotesi, la Corte ritiene sussistente la violazione dell'art. 24 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 90 -P1�es. Chiarelli - Rel. Rocchetti -Comune di Sesto Calende (n.c.), E.N.E.L. (avv. Cogliati Dezza) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. del.lo Stato Coronas). Acque pubbliche ed elettricit� -Condutture elettriche aeree -Applicazion� del tributo per l'occupazione di aree pubbliche -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 23, 53; 1. 2 luglio 1952, n. 703, art. 39; d.m. 26 febbraio 1933). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e delle prestag:ioni patrimoniali secondo capacit� contributive, la questione di legittimit� costituzionale all'art. 39 della legge 2 luglio 1952,, n. 703, PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 751 nella parte in cui recepisce H decreto ministeriale 26 febbraio 1933, che fissa i criteri per la determinazione del tributo per le linee elettriche aeree� in ragione della lunghezza delle stesse (1) (Omissis). -3. -La questione non � fondata. � innanzi tutto da rilevare come, in entrambe le ordinanze errato sia il richiamo aWart. 3�9, secondo comma, della legge n. 703 del 1952, giacch� tutto il contesto delle deduzioni, su cui si vorrebbe fondare la dedotta illegittimit�, si riferisce inequivocabilmente al primo comma di quell'articolo, che, richiamandosi al d.m. 26 febbraio 1933, stabilisce i criteri di applicazione della tassa sui quali si appuntano le censure. Cosi identificato l'og.getto del giudizio, osserva la Corte che sussisterebbero seri dubbi sulla legittimit� costituzionale della norma impugnata se essa potesse essere interpretata soltanto nel senso che ciascuno dei tratti di linea (compresi quelli assai numerosi ma di brevissimo percorso che, per inserto sulla linea principale ,portano la corrente ai singoli utenti, e sono perci� indicati col nome di linea di utenza) dovesse considerar.si come autonomo ed essere quindi tassato per un intero chilometro, secondo il criterio dell'arrotondamento per eccesso che si vuole connaturale al sistema. Deve tuttavia ritener.si che l'art. 39 della legge 2 luglio 1952, n. 703, nella parte in cui recepisce il d.m. 26 febbraio 1933, consenta interpretazioni conformi ai precetti costituzionali, perch� il criterio della infrazionabilit� della misura base della tassa ragguagliata al chilometro lineare, non esclude che i singoli tratti di linea, di cui s� sostiene la autonoma fassabilit�, possano, anzi debbano, essere conglobati, mediante la somma delle relative lunghezze. Il che, eliminando tutta un.a serie di ;;i.ssurdi arrotondamenti delle minori lunghezze a quella di un chilometro, esclude ogni esosit� nell'applicazione del tributo. Questa interpretazione, fondata sulla ratio de:mmibile dal complesso delle disposizioni di cui al d.m� del 1933, recepito dall'art. 39 impu gnato, � stata gi� fatta propria dalla Corte di cassazione, almeno per (1) La que.stione �era .stata sottoposta aU'esame del Giudice costituzioDJl�e c001 Oll'ddnanz.e emesse il 30 ottobre 1970 dalla OOII'te d'arppehlo di Milano (Gazzetta Uff. n. 49 del 24 febbraio 1971) ed il 16 apdle 1971 dal tribUltlJaiJ.,e �di Busto A11sizio (Gazzetta Uff. n. 240 del 2,2 settembre 1971). Con sentenza 21 giugno 1967, n. 1470 (Foro it., 1967, I, 2377, nota) le SS.UU. de11a corte di cassmone a'V'eviano indivtduato, quale unit� tassabUe, U �chilome�tro lineare, pur senza stabiJ.ire il computo della base imponibile in relazione alla pr�edetta unit� (singoli attraversamenti ovvero intera linea). Lo stesso Su:piremo coilile.gio (sentenza 13 mag.gio 1968, n. 1500, Foro it. 1969, I, 180) stabili, innovando, che agli effetti della tassa di occupa 752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quanto concerne �il caso sinora pervenuto al suo esame, che � quello relativo ai singoli attraversamenti stradali di una stessa linea che, per deviazioni, uscita e rientro dall'area pubblica, o per altre accidentalit� del suo sviluppo, presenti variazioni di percorso o soluzioni di continuit� fra suolo pubblico e suolo privato� Ma il principio su cui quella interpretazione si fonda � suscettibile di applicazioni pi� generali ed ha valore anche nel caso delle cosi dette linee di utenza, rispetto alle quali, secondo risulta dalle ordinanze di rimessione e dagli atti dei relativi giudizi, resta aperto e vivo il contrasto interpretativo. Per tutte le linee, infatti, il presupposto del tributo � unico ed � costituto dalla occupazione dell'area pubblica nella sua effettiva consistenza. Da ci� consegue che i tratti di linea, ai fini della tassabilit�, andrebbero in teoria tutti i conglobati, e cio� sommati fra loro. Poic~� per� il conglobamento � ottenuto mediante un'operazione aritmetica, quale la somma dei singoli .tratti di linea, � ovvio che esso possa essere operato soltanto fra quantit� omogenee. Il criterio della omogeneit� o eterogeneit� di quei tratti, ai fini della applicazione del tributo, non pu� per� essere ricercato in base a dati, anche se tecnicamente rilevanti, ma cui le norme che disciplinano l'a.pplicazione del tributo non fanno alcun riferimento. Al riguardo va osservato che il decreto ministeriale del 1933 cui l'art. 39 si riporta, contempla vari tipi di linee elettriche e le differenzia tra loro, ma le individua soltanto con riferimento alla zona in cui sono situate, alla compos'izione di esse con meno di cinque e con cinque o pi� fili e alla portata delle stesse con tensioni inferiori a 250 Volt o superiori a tale valore. ' Solo queste distinzioni, fra le linee componenti una stessa rete, la legge conosce ai fini dell'applicazione del tributo, ed � ovvio perci� che solo esse, creando una eterogeneit� fra i vari tratti di linea, possono impedire che essi siano insieme addizionati e che si effettui, nei loro confronti, la cosi detta operazione di conglobamento. Al contrario, le linee omogenee, che, per chiarezza, pu� aggiungersi, sono tutte quelle colpite con la stesa aliquota, vanno ovviamente sommate fra loro. zione di spazi ed �aree pubbliche, gU attravel'samenti stradali con linee elettriche, da�l con:l�ine tra la .propriet� pubblica e quella privata, da parte di societ� concessionarie del1a rete �elettrka e dall'ENEL non costituivano ciascuno un"enttt� autonoma tassabi1e, ma andavano sommati fino al raggiungimento dell'unit� �di misura della tassa (chilometro lineare). Nello stesso senso v., ainche, Oass. 30 ottobre 1969, n. 3595. A. tale innovazione giurisprudenziale si riferisce, nella motivazione, la Corte costituzionale. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 753 Secondo questa interpretazione, gi� autorevolmente emersa, nell'applicazione della norma di cui all'art. 39, comma primo, della legge n. 703 del 1952, risulta escluso ogni elemento di casualit�, e quindi di arbitrariet�, nell'applicazione del tributo. Ne consegue pe,rci� che l'anzidetta norma non pu� essere ritenuta in contrasto con i principi costituzionali invocati nelle ordinanze di rinvio. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, 91 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Cavallucci (avv. Cavallucci), Cassa Nazionale �forense (avv� Jemolo) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv� gen. dello Stato Carafa). Avvocati e procuratori -Cassa nazionale previdenza e assistenza Contributi sui compensi spettanti per incarichi professionali Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 53; l. 25 febbraio 1963, n. 289, art. 5; I. 5 luglio 1965, n. 798, art. l, n. 5). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguagLianza e di capacit� contributiva, la questione di legittimit� costituzionale dell'art� 5 della legge 25 febpraio 1963, n. 289, mod� dall'art. 1, n. 5 della legge 5 luglio 1965, n. 798, che prevede l'imposizione di contributi progressivi, a favore della Cassa nazionale forense, sui compensi percepiti dai professionisti legali per incarichi conferiti dall'autorit� giudiziaria (1). (Omissis). ~3. -Secondo l'ordinanza di rinvio, l'obbligo di versare una somma percentuale sull'importo della singola retribuzione percepita, lederebbe il principio della pari capacit� contributiva di cui all'.articolo 53 della Costituzione, perch� il costo delle prestazioni previdenziali ed assistenziali verrebbe in tal modo ripartito tra gli appartenenti alla categoria non in base ad un indice complessivo di detta capacit�, ma in base ad una eventuale singola e non indicativa sua componente. (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanza 'emessa il 12 gennaiio 1971 dail lflribunaile di Roma (Gazzetta Ufficiale n. 140 del 3 giugno 1971). Per le sentenze indicate in motiv�azione si rinvia a Corte cost., 10 luglio 1968, n. 97, [n �questa Rassegna, 1968, I, 1, 535 ove, nella nota di richiami, � indicato H reperimento deUe precedenti decisioni. 754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La Corte osserva, tuttavia, che, nel caso, il principio di conformit� all'art. 53 Cost. risulta osservato. Va premesso che la prestazione contributiva de qua s'inquadra nel sistema, caratterizzato dal conseguimento di finalit� generali, distinte da quelle particolari (e perci�, come .gi� si � detto, divisibili) relative al compimento di singoli atti, per rivestire, invece, carattere di indivisibilit�, con i seguenti effetti, rientranti propriamente nell'ambito dell'art. 53 della Costituzione. Va, poi, considerato che, giusta giurisprudenza (sentenze n. 45 del 1964; nn. 16 e 50 del 1965; n. 89 del 1966; n. 97 del 19618) per � capacit� contributiva � ai sensi dell'art. 53 deve ~ntendersi l'idoneit� soggettiva alla obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al� quale la prestazione � collegata e determinabile dal presu,pposto al quale la prestazione � collegata e determinabile quantitativamente in base a detto presupposto. Nella situazione in esame, basata sulla percezione effettiva di un reddito, quel presupposto � reale ed inoltre la misura dell'obbligazione risulta stabilita in relazione alla misura del reddito percepito� La redditivit� funziona, pertanto, come indice di capacit� contributiva, in conformit� al precetto costituzionale. Secondo l'ordinanza di rinvio, la violazione del precetto �, tuttavia, denunciata, come .si � �detto, pel fatto che la ripartizione, in quote percentuali, del costo delle prestazioni previdenziali tra gli appartenenti alla categoria professionale, risulti sperequata per unilateralit� di valutazione. L'assunto non � fondato, tanto se considerato, in termini di paragone, con l'imposizione su redditi di altra natura, quanto se considerato in relazione alla specifica 1mrposizione in esame, rpoich� � riservato al legislatore di provvedere alla determinazione in concreto di un tributo, secondo princ�pi direttivi di politica economico-fiscale� Questa Corte (sentenze n. 89 del 1966 e n. 1,~4 del 1971) ha gi� statuito che il sindacato sulla entit� e la proporzionalit� di un tributo fissato in base a calcoli appositi, esula dai poteri spettanti al giudice della legittimit� delle leggi, in funzione dell'art. 53 Cost., salvo i casi di assoluta arbitrariet� o irrazionalit�, che qui, per i motivi suesposti, non ricorrono. Ed esula parimenti ogni possibilit� di esame che attenga alla verifica di una corrispondenza comparativa in con~reto tra l'ammontare delle contribuzioni devolute e l'ammontare delle prestazioni ricevute. 4. -L'ordinanza di rinvio estende la censura di legittimit� alla violazione del principio di uguaglianza di cui all'art'. 3 Cost., principio di cui, . come generalmente riconosciuto, l'art. 53 � espressione particolare. La questione � parh:penti non fondata. lllilllfll&lllllllllllll(llftltlllilll(lllllllllllllllllllftlllllflllllltr� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 755 Secondo l'ordinanza, la violazione si verificherebbe all'interno della categoria degli avvocati e procuratori �globalmente considerata�. Ma, a parte la genericit� della deduzione, il ricorso al criterio della � globalit� � non � pertinente, ove si consideri l'origine e la natura della personale fonte di reddito, su cui, nel caso in esame, viene ad incidere la quota d'imposizione, dovuta ai beneficiari, a vantaggio del fondo comune da redistribuire. La dedotta violazione dell'art. 3 Cost. non �, sotto questo profilo, sollevata a proposito. Ugualmente deve ritenersi per quanto riguarda la stessa questione, sollevata con riguardo ad altre situazioni, emergenti all'esterno della categoria. Il confronto con il trattamento previdenziale, riservato, attivamente e passivamente, ad appartenenti ad altri ordini professionali, non pu� condurre a ritenere disapplicato il principio della parit� di trattamento. Premesso che, per costante giurisprudenza, l'osservanza di questo principio ricorre nei casi di situazioni pari e non in quelle differenziate, va osservato che il confronto con altre categorie, in particolare con le categorie dei dottori commerciailsti e dei ragionieri, non conduce ad una constatazione di disparit�, ai sensi dell'art. 3. Agli effetti della questione da decidere, non rileva che vi siano casi (come quello delle curatele fallimentari) nei quali l'adempimento di incarichi conferiti dall'autorit� giudiizaria abbia pari natura e svolgimento per gli appartenenti a tutte le categorie professionali suaccennate � Rilevante �, invece, distinguere e considerai:e la questione sotto il profilo suo proprio, che attiene alla disciplina legislativa e statutaria per ciascuna Cassa di previdenza e di assistenza, istituita nell'ambito dei� rispettivi �Ordini professionali. Tale disciplina � autonoma, per effetto di leggi particolari, ognuna delle quali deriva il suo contenuto da valutazioni e da calcoli attinenti al numero dei contribuenti iscritti, alla loro et� media e a quella pensi: onabile, alla media capacit� economica contributiva, alle esige~ze settoriali ed ai risultati che si intendono conseguire. Un livellamento per tutte le categorie delle percentuali di contribuzione, od anche soltanto un loro adeguamento, onde evitare differenze troppo sensibili, non � imposto dall'osservanza del ,pdncipio di uguaglianza di trattamento, data la 'non omogeneit� delle rispettive situazioni. Comunque, spetter� esclusivamente al legislatore ravvisare l'opportunit� o meno di un riesame tecnico aggiornato della materia per correggere, nel sistema, gli eventuali difetti. -(Omissis). 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 18 maggio 1972, n. 93 -Pres. Chiarelli - Rel. Rossi -Fucci ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Pubblicazione e distribuzione di stampati osceni -Responsabilit� penale� dell'edicolante -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 21; c.p., art. 528). Non � fondata, sia con riferimento �alla libert� di manifestazione del pen8iero che al principio di eguaglianza, la. questione� di legittimit� costituzionale deli'art. 528 codice penale, dalle cui sanzioni viene colpito anche l'edicolante che ponga in vendita stampati e pubblicazioni oscene (1). (Omissis). -Le questioni sollevate sono due e possono cos� individuarsi: a) se non contrasti con il diritto di mar�ifestare liberamente il proprio pensiero e con il divieto di censura (art. 21, primo e secondo comma, Cost-) l'art. 528 del codice penale, nella parte in cui, rendendo penalmente responsabile chi diffonde fabbrica mette in circolazione distribuisce stampati osceni nella sua normale attivit� professionale di stampatore o distributore, realizzerebbe una sorta di censura preventiva; b) se la norma dell'art. 528 del codice penale non contrasti con il principio di uguaglianza (art� 3 Cost.), in quanto prevede la stessa pena per chi crea il materiale pornografico e ne fa traffico abituale e chi, invece, esercitando in genere la distribuzione e la� vendita di giornali e riviste, diffonde occasionalmente stampati osceni. La denunciata illegittimit� dell'art. 528 del codice penale non sussiste affatto. 1) Senza dubbio la garanzia costituzionale copre sia il diritto alla libera manifestazione del pensiero, sia il diritto al libero e pieno uso dei relativi mezzi di divulgazione. Ma l'esercizio di questo fondamentale diritto di libert� trova, come ogni altro diritto, il proprio limite nei principi e nei precetti della Costituzione. � proprio l'art. 21 della Costituzione che all'ultimo comma vieta tutte le manifestazioni (1) La questione era stata sottoposta all'esame della Corte con ordinanze �emesse ili. 13 maggio 1970 dal �~Udi�ce istruttO!l'e del tribunia�e di Taranto (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970); il 16 aprile 1970 dal tribunale di Milano (Gazzetta Uff. n. 235 del 16 settembre 1970); il 17 novembre 1971 dal tribunale di Venezia (Gazzetta Uff. n. 37 del 9 febbraio 1972). Per i richi�ami do�ttrinari e giurisprudenziali, Foro it. 1972, I, 1515. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 757 contrarie al buon costume, imponendo al legislatore l'obbligo di prevenire e reprimere, con mezzi adeguati, le relative violazioni, fra le quali la diffusione dell'oscenit� prevista nell'art. 52'8 del codice penale si presenta come particolarmente grave. In relazione al dettato. dell'art. 21 della Costituzione l'Italia ha assunto anche internazionalmente (d.P.R. 20 ottobre 1949, n. 1071) l'impegno di perseguire e punire chiunque si rem;la responsabile della diffusione di stampati osceni. In realt� il divieto di cui all'art. 21, secondo comma, della Costituzione concerne la censura quale istituto tipico del diritto pubblico, secondo cui gli organi dello Stato, e soltanto essi, esercitano autoritativamente un controllo preventivo sulla stampa, adottato con provvedimento contene,nte un giudizio sulla manifestazione del pensiero rimesso alla pubblica amministrazione (sentenze della Corte nn� 31 e 115 del 1957; nn. 44 del 1960 e 159 del 1970). Nell'ipotesi particolare del cosiddetto edicolante � sofistico dire che l'obbligo da parte sua di non contravvenire alle norme dell'art. 528 del codice penale verrebbe a trasformarlo in un censore privato capace di impedire la diffusione del pensiero. L'edicolante che, ritenendo osceni gli stampati inviatigli per l'esposizione e la vendita, si astiene dall'esibirli, ben lungi dall'usurpare una funzione censoria, difende la propria personale dignit� umana della quale egli � giudice. La sua volont� di non violare la legge e di non contribuire alla diffusione degli stampati osceni non ha effetto comunque vincolante nei confronti delle molte migliaia di altri distri:butori, ciascuno dei quali resta libero nel suo giudizio sulla oscenit� o meno della pubblicazione� E se, per avventura si trover� un edicolante che, per una concezione soverchiamente rigida del pudore, ritenga osceni stampati che osceni non sono, ve ne saranno sempre altri in numero largamente bastevole per garantire all'autore il diritto alla pi� ampia diffusione del pensiero che egli ha voluto esprimere. 2) Quanto alla seconda questione, questa Corte ha ritenuto (da ultimo con sentenza n. 9 del 1972) che l'equiparazione quoad poenam di ipotesi criminose d'uguale natura, sebbene non ugualmente gravi, rientri nella discrezionalit� del legislatore. N� vi sono motivi per modificare tale opinione rispetto all'art. 528 del codice penale che ammette un'ampia latitudine nelle .sanzioni. . Occorre appena ricordare, quanto all'ipotesi pi� volte affacciatasi dell'edicolante sorpreso nella buona fede, o colpevole di sola negligenza per il mancato esame del materiale rimessogli, che l'art. 528 del codice penale prevede un delitto doloso. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733 -Pres. Gionfrida -Rel. Leone -P. M. Tavolaro (conf.) -Regione Siciliana (avv. Stato Tracanna) c. Mastrogiovanni (avv.ti Orlandocascio e Restivo) e Comune df Palermo (avv.ti Orlando, Noto, Sardegna e Sansoni). Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo: mancanza di potere -Mancanza di presupposti ect inosservanza di limiti -Condizioni per la sussistenza del vizio. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4). Competenza e giurisdizione -Edilizia -Piano regolatore -Vincoli su beni privati' senza previsione di indennit� -Vizio dell'atto per difetto di potere -Giurisdizione dell'A.G.O. (1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7). Competenza e giurisdizione -Edilizia -Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica: effetti e limiti. (1. 19 novembre-1968, n. 1187). L'atto amministrativo incidente su diritti soggettivi perfetti � viziato- da difetto assoluto di potere sia quando la P. A. sia priva del potere di emanarlo, sia quando esso venga emesso in mancanza di presupposti specifici o senza l'osservanza di limiti che ne 'Condizionano in modo assoluto la concreta possibiLit� di esercizio e la possibilit� che esso interferisca sul diritto soggettivo degradandofo ad interesse legittimo, pur non riferendosi all'astratta configurazione o attribuzione del potere (1). (1-3) Gi� le SS.UU. defila Corte di Cassazione av.evaino enUJillcialto, con sentenza 6 marzo 1969 n. 706 (in Foro it. 1969, I, 1828), il principio contenuto nella prima massima. In �relazione al criterio disctlminatore della giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, in materia di esproriazione per pubblica utilit�, sono di utile consultazione: Cass. 26 giugno 1968, n. 245, Cass. 31 luglio 1967, n. 2039; Cass. 23 aprUe 1964, n. 992; Cass. 3 luglio 1961, n. 1583. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 759 Deve ritenersi viziato da difetto� assoluto di potere il decreto di approvazione del piano regolatore genemle che.. senza predisposizione di indennit�, impone vincoli con contenuto espropriativo operanti immediatamente ed a tempo indeterminato; la controversia relativa alla impugnazione di detto decreto fondata sulla mancata pre,disposizione dell'indennit� rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (2). Gli aspetti della giurisdizione circa la tutela del proprietario i cui beni vengano assoggettati, dal decreto di approvazione del piano regolatore generale, a vincoli di contenuto espropriativo senza la predisposizione delle relative indennit� rimangono immutati a seguito della legge 19 novemqre 1968, n. 1187, recante modifiche ed integrazioni alla legge iirbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, quanto meno fino alla scadenza del quinquennio stabilito per l'efficacia dei vincoli posti con piani regolatori gi� appmvati (3). (Omissis). -Con ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana in sede giurisdizionale, Lucio Mastrogiovanni Tasca, proprietario di un complesso immobiliare al corso Calata.fimi di Palermo, sul quale il piano regolatore generale della citt�, approvato con decreto del Presidente della Regione Siciliana 28 giugno 1962; aveva imposto vincoli vari (verde privato, verde pubblico, verde agricolo), chiedeva l'annullamento del detto decreto presidenziale. Il ricorrente deduceva una serie di undici motivi di illegittimit� del provvedimento. Con il motivo sesto egli denunziava l'illegittimit� costituzionale degli artt. 7, 11 e 30 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, per contrasto con l'art'. 42, comma secondo, della Costituzione, che riserva alla legge la determinazione dei limiti della propriet�, e con l'art. 41 della stessa Ci}stituzione, che riserva pure alla legge i programmi ed i controlli per indirizzare e coordinare ai fini sociali l'attivit� economica privata. Al motivo settimo, poi, il ricorrente deduceva che vincoli .particolari alle propriet� dei privati possono essere disposti solo nei piani particolareggiati, previa redazione di piano finanziario per il pagamento degli indennizzi relativi; ~er il caso che si ritenesse che tali vincoli possono essere contenuti nel piano generale, con efficacia immediata verso i privati, assoggettati cos� ad es.pro L'affermazione della seconda massima discende dalla sentenza della Corte -costituzionale 29 maggio 1968 n. 55 (in questa Rassegna, 1968, I, 1, 661) con la quale, come � noto, era stata ritenuta fondata \La questione di legittimit� �COstituzionai1e deil:l'ru.,t. 7 (IllUIIleri 2, 3 e 4) e delJJ.'ru-t. 40 delil.a legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150. La term 1afferimazdo1ne va inquadrata nel -sistema J:'eailizza,to dallla Le~ge 19 novembre 1968, n. 1187 (e.e.). 760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO priazione parziale senza indennizzo, il ricorrente sollevava questione di legittimit� degli artt. 7, 11 e 30 della legge urbanistica, per violazione dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Provvedendo sul detto ricorso dopo che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 55 del 1968 aveva dichiarato l'illegittimit� costituzionale dei nn. 2, 3 e 4 dell'art. 7, nonch~ dell'art. 40 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 nella parte in cui non prevedono un indennizzo per l'imposizione di limitazioni operanti immediatamente ed a tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali, quando le limitazioni stesse abbiano contenuto espropriativo, il Consiglio di giustizia ammiD.istrativa accoglieva il ricorso per la ragione concernente l'imposizione del vincolo a verde pubblico sui beni del ricorrente, respingeva il motivo decimo (concernente l'imposizione di vincolo monumentale su un edificio) e riservava la decisione sugli altri mezzi di annullamento, disponendo l'esibizione di atti. In motivazione il Consiglio ha osservato che l'imposizione del vincolo a verde pubblico deve ritenersi illegittimo, .perch� svuota la propriet� di una delle sue essenziali facolt� (quella di utilizzare il suolo come area fabbrkabile), sicch� comporta una vera espropriazione, legittima solo se accompagnata dalla predisposizione del relativo indennizzo. La Regione Siciliana e;d il Comune di Palermo hanno .proposto ricorsi per la cassazione della detta decisione, deducendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Al ricorso resiste il dottor Lucio Mastropasqua Tasca. MOTIVI DELLA DECISIONE I dii.e ricorsi relativi alla medesima decisione debbono essere riu niti in applicazio.e del �disposto dell'art. 335 c.p.c. Peraltro quello proposto dal Comune di Palermo � improcedibile, perch� non depositato nel termine di venti giorni dalla notificazione, stabilito dall'art. 369 c.p.c. ina al ventiquattresimo giorno da tale data. L'esame, perci� resta limitato al ricorso proposto dalla Regione Siciliana. Sostiene la ricorrente che la decisione impugnata � errata proprio sotto il profilo della giurisdizione, considerato dal Consiglio di giu stizia amministrativa principale ed assorbente. Gi� nell'originaria im postazione della domanda si sarebbe dovuto ravvisare una controversia su diritti soggettivi perfetti, rientrante, perci�, nella giurisdizione del giugice ordinario, in quanto si sosteneva che non nel piano regolatore generale ma solo nei piani particolareggiati di esecuzione, accompa gnati dai relativi piani di finanziamento, si sarebbero potuti imporre vincoli di natura espropriativa alla propriet� privata; sostenendo la PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 761 violazione, da parte della legge urbanistica vigente, dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, si affermava anche l'inapplicabilit� di detti vincoli e l'integrit� del diritto soggettivo di propriet�, per nulla affievolito dall'approvazione del piano regolatore ,generale. D'altra parte, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 1968, due tesi si prospettavano applicabili: e si poteva ritenete che detta sentenza aveva annullato in toto il potere dell'Amministrazione di disporre vincoli eccedenti la normale destinazione di zona, fino a quando non si fosse provveduto, in sede legislativa, a regolare la determinazione dell'indennizzo relativo; o si poteva opinare che, fermo tale potere della P. A., dovesse rinvenirsi nella stessa legge urbanistica o nel sistema normativo di cui essa fa parte la norma di determinazione dell'indennizzo. Nel primo caso, s.i sarebbe p~ospettata una carenza assoluta di potere :di imporre vincoli esprorpdativi, con conseguente mancanza di effetti del provvedimento amministrativo sul diritto di propriet�; nel secondo caso l'applicabilit� delle norme sull'indennizzo dava alla domanda un contenuto patrimoniale -pagamento dell'indennizzo -di esclusiva giurisdizione del giudice ordinario. Tale giurisdizione sarebbe stata confermata anche dalla legge 19 novembre 1968, n. 1187, emessa in conseguenza appunto della perdita di efficacia delle norme dichiarate illegittime con la sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 1968 e ,che ha dato durata determinata ai vincoli espropriativi stabiliti nei piani regolatori generali. In ordine alle censure cos� esposte, deve rilevarsi anzitutto che da tempo la giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di 'discriminazione della giurisdizione ordinaria da ,quella del ,giudice amministrativo � basata sul criterio che, in base al combinato disposto dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e dell'art. 26 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1058 sul Consiglio di Stato, sono di regola, devolute alla cognizione del giudice ordinario le azioni dirette a far valere la lesione di un diritto soggett~vo, mentre la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, qual�ra l'interesse dedotto in giudizio dall'attore � tutelato in funzione della connessione con l'interesrse pubblico contemplato, dalla norma di cui si deduce la violazione e debba, quindi, essere configurato come interesse legittimo. Di conseguenza, rispetto �gli atti amministrativi destinati ad incidere sui diritti soggettivi, la discriminazione delle giurisdizioni � attuata in base al criterio che nei confronti degli atti emanati senza che sussista il relativo potere e che pertanto non possono in alcun modo incidere sul diritto soggettivo del cittadino, estinguendolo e modificandolo, la tutela impegna la giurisdizione del giudice ordinario; per gli atti, invece, riferibili ad mi potere sussistente ma illegittfrnamente esercitato dalla Pubblica Amministrazione, la tutela si:etta al giudice amministrativo, in quanto l'e,sistenza del. poteTe di influire sul diritto soggettivo del cit RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tadino gi� affievolisce la consistenza della situazione giuridica di quest'ultimo e, d'altra parte, l'interesse al retto esercizio del potere pubblico attiene ai membri della collettivit� organizzata in quanto tali, anche se assume particolare intensit� e colorazione nel eittadino il cui diritto � stato affievolito. � stato, per�, specificato che ridonda a difetto di potere e non a semplice illegittimit� dell'esercizio di esso la mancanza degli specifici presupposti o l'inosservanza di limiti che, pur non riferendosi all'astratta attribuzione o configurazione del potere condizionano pur sempre in modo assoluto l'esercizio del potere nel caso concreto, esereizio che, se esplicato in tali carenze, non pu� interferire sul diritto soggettivo, degradandolo ad interesse legittimo (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1968, n. 245; 6 marzo 1969, n. 706). Per l'applicazione di questi concetti, nel risolvere la questione di giurisdizione, la materia controversa quale risulta dalla domanda e dalla �concreta impostazione della contestazione va considerata nell'inquadramento della disciplina normativa che essa riceve dall'ordinamento, a prescindere dalla diversa ed eventualmente non esatta prospettazione che degli aspetti giuridici delle concrete posizioni di fatto enunciate abbiano avuto le part�: salve le ipotesi di doppia tutela che eccezionalmente sia ammessa dal legislatore. Di conseguenza, con riferimento alla specie in esame, non pu� darsi prevalente rilievo alla circostanza che gli attori dinanzi al Consiglio d� giustizia amministrativa abbiano �chiesto l'annullamento del decreto presidenziale di approvazione del piano regolatore generale e degli atti strumentali o conseguenziali relativi; questa domanda, per gli aspetti che riceve dalla specifica causa petendi addotta, enunciata nell'impossibilit�, alla stregua della vigente Co�stituzione, che la propriet� privata venga sacrificata con vincoli di contenuto espropriativo senza che il sa.crificio venga indennizzato dalla collettivit� nel cui interesse esso � imposto, non ha che una sola finalit� riconoscibile: la tutela del diritto di propriet� (o di diritti reali minori) nei confronti di atti della Pubblica Amministrazione, emessi bens� nell'esercizio di un potere (formulazione del piano regolatore generale) che comporta anche il potere di imporre vincoli alla propriet� degli immobili compresi nel .piano, ma nella �carenza di specifico presupposto che tale .esercizio condizionava in modo assoluto quanto alla formulazione, nel piano regolatore generale, di vincoli operanti immediatamente ed a tempo indeterminato con contenuto espropriativo: presupposto �che la P. A. aveva il dovere di mettere in essere, per potersi ritenere facultata all'esercizio di tale ultimo potere con tale contenuto e con tali effetti. Che ci� sia si ricava anche dall'esplicita denunzia, contenuta come mezzo al fine nella domanda attrice, dell'illegittimit� costituzionale delle norme della legge urbanistica del 1942, per contrasto con l'art. 42 della Costituzione. Detta norma dichiara riconosciuta e garantita la i PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 763 propriet� privata consentendo limiti alle facolt� del proprietario allo scopo di assicurare la funzione sociale della propriet� e, nel terzo comma, d� concreto �contenuto alla cennata garanzia, stabilendo che la propriet� privata pu� essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. Tutto il complesso delle disposizioni, cio�, ha per oggetto la tutela della propriet� privata, sia pure considerata anche nella sua funzione sociale. Pertanto, la domanda degli attori che, con riferimento primario ed essenziale, si basa sulla garanzia costituzionale del diritto di propriet�, non pu� essere intesa -per questo concreto aspetto -che rivolta alla tutela del diritto stesso contro gli atti espropriativi della Pubblica Amministrazione, che, senza disporre il giusto indennizzo, ledono il diritto del proprietario. In alcuni dei vari analoghi giudizi promossi dai proprietari dei beni colpiti da vincoli disposti dal piano regolatore generale della citt� di Palermo, lo stesso Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana, nel motivare il giudizio di rilevanza, in ordine alla domanda proposta, della questione di costituzionalit� delle norme della legge urbanistica perch� contrastanti con l'art. 42 della Costituzione, cos� ebbe ad esprimersi: le questioni (suddette) di legittimit� costituzionale hanno evidente rilevanza ai fini del decider~, perch� l'eventuale dichiarazione di illegittimit� delle norme legislative denunziate farebbe venir meno alla base il potere dell'autorit� amministrativa di stabilire, in sede di formazione dei piani regolatori generali, i vincoli .che i ricorrenti lamentano essere stati imposti alle rispettive pr�opriet�, con assorbimento delle censure di iliegittimit� amministrativa (ordinanza 11 aprile 1964 nei giudizi promossi dalla Soc. Rajtheon Elsi, dalla Banca N'azionale del Lavoro ed altri). Il giudizio di rilevanza cos� motivato � stato ritenuto attendibile dalla Corte Costituzionale, che ha esaminato il merito della questione di costituzionalit� dichiarandola fondata; e questo giudizio impegna questa Corte Suprema non per sua intrinseca efficacia preclusiva di diverso apprezzamento, ma per l'esattezza del ragionamento, implici tamente condiviso dalla Corte Costituzionale, e per la sua rispondenza a canoni giuridici ripetutamente applicati da questa Corte, in tema di tutela del cittadino contro provvedimenti amministrativi di natura espropriativa: categoria di atti nella quale debbono essere compresi, per effetto della cennata sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 1968, anche le indicazioni dei piani regolatori generali, �nella parte in cui incidano su beni determinati ed assoggettino i beni stessi a vincoli preordin~ti all'espropriazione o a vincoli che comportano la inedificabilit�. Assumono gli attuali resistenti, attori in primo grado, che essi hanno inteso far valere l'illegittimit� del procedimento amministra RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 764 tivo, nel quale � stato omesso l'atto determinativo dell'indennizzo dovuto ai proprietari i cui beni sono stati assoggettati a vincoli permanenti di inedificabilit�. Ma la deduzione non muta le ragioni di qualificazione delle situazioni �giuridiche dedotte: invero, quando di .un procedimento amministrativo si prende in considera;done, perch� lesivo di, posizioni giuridiche del cittadino protette in modo diretto ed tmrnediato, l'aitto finale, per la ragione �che in esso si rMlette l'illegittimit� degli atti strumentali che l'hanno preceduto o l'illegittimit� per l'omissione di atti strumentali che dovevano essere compiuti perch� presupposti del potere, oggetto della contestazione � sempre la violaz~one della sfera� giuridica protetta in via diretta ed �assoluta del cittadino, da parte della Pubblica Amministrazione che ha usato di un potere, senza che fossero stati posti in essere, magari dalla stessa autorit�, i presupposti, concreti voluti dall'ordinamento, affinch� il potere possa essere ritenuto sussistente nella specifica fattispecie. Neppure pu� condivide:r;si la deduzione che la Corte Costituzionale nella richiamata decisione del 1968 �bbia limitato la pronunzia di illegittimit� costituzionale alla parte delle disposizioni legislative che non prevedono indennizzo per l'imposizione di vincoli espropriativi, riconoscendo cosi implicitamente e facendo salva l'esistenza del potere di imposizione ed attribuendo alla predeterminazione dell'indennizzo il �contenuto di presupposto solo dell'esercizio di siffatto potere. La Corte Costituzionale ha fatto riferimento a quelle destinazioni particolari imposte ai beni dei cittadini, c~e, paralizzandone con effetto immediato e per un tempo indeterminato le facolt� di utilizzazione, incidono nella sfera del contenuto del diritto del proprietario in modo cos� intenso da dar luogo ad un fenomeno sostanzialmente espropriativo; ed in relazione a tali destinazioni sostanzialmente espropriative ha stabilito che la relativa limitazione pu� considerarsi legittima solo se accompagnata dalla liquidazione del relativo indennizzo: la Corte, pertanto, ha dichiarato illegittime le norme legislative che disciplinano l;:i materia, limitatamente al punto in cui consentono, senza indennizzo, le cennate limitazioni. Il significato dell'illegittimit� cosi dichiarata � che non � consentito porre limitazioni a diritti reali immediatamente oper�tive e di contenuto espropriativo, senza che tali limitazioni siano accompagnate da liquidazione di indennizzo: sicch� � proprio il potere di imporre limitazioni siffatte che � preso in considerazione e dichiarato illegittimo senza il cennato concreto presupposto, sia pure visto nei collegamento con l'esercizio del pi� vasto potere di provvedere alla disciplina urbanistica con l'adozione di piani regolatori generali. Il che mette in evidenza l'analogia strettissima, affermata anche in alcune delle sentenze relative alla materia qui �CQn PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 765 troversia dello stesso Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana, nelle quali, anzi, s'� fatto talvolta riferimento alla applicazione diretta delle norme e dei principi concernenti l'espropriazione per pubblica utilit�, 'tra le fattispecie in esame e quella ,del decreto di espropriazione per pubblica utilit� che non stabilisca la liquidazione �dell'indennizzo; fattispecie in relazione alla quale � costante l'affermazione giurisprudenziale che, a norma degli artt. 42 della Costituzione, 834 c..c., 24 e segg. della legge n. 2359 del 19�65, la predeterminazione della giusta indennit� integ~a uno degli elementi della fattispecie legale, che sono indispensabili affinch� si possa. disporre il sacrifi.cio del diritto di propriet� del privato e costituisce, quindi, non gi� una modalit� di esercizio del potere ma un presupp~ sto stabilito appunto in funzione della specifica tutela del menzionato diritto, del quale,, pertanto, condiziona la stessa esistenza (Cass., Sez. Un., 2 febbraio 1963, n. 179). Non pare che in ordine alla� questione di giurisdizione qui in esame refluiscano .effetti dalla legg� 6 novembre 1968, n. 1187, come ritiene la ricorrente. Con tale legge s'� disposto che le indicazioni del piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropria~ ione e che ne comportano l'inedificabilit�, perdono ogni efficacia, qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i piani particolareggiati; l'efficacia dei vincoli predetti non pu� essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati. La legge ha aggiunto, con evidente scopo di sanatoria, che, per i piani regolatori generali approvati prima dell'entrata in vigore della legge, il termine di cinque anni di cui sopra decorre da quest'ultima data. Ha stabilito, infine, che non spetta indennizzo per le limitazioni ed i vincoli previsti dal piano regolatore generale., Questa nuova disciplina normativa, intervenuta dopo la decisione del Consiglio di giustizia amministrativa delia Regione Siciliana che qui � in esame, da una parte non regola direttamente la giurisdizione nella materia in contro:versia, dall'altra nemmeno attribuisce, rispetto all'atto �di cui trattasi, il potere che al momento dell'emanazione dell'atto non esisteva: essa si limita ad operare sugli effetti dell'atto, I restringendone la portata unicamente sul piano sostanziale per finalit� e con conseguenze meramente riparatoria; ma allo stato e quanto meno fino alla scadenza del quinquennio stabilito per l'efficacia dei vincoli posti con i piani regolatori gi� approvati prima dell'entrata in vigore della nuova legge, i profili della giurisdizione in ordine alla tutela del diritto del proprietario, originario attore nel presente giudizio, restano immutati. 766 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Alla stregua. delle considerazioni che precedono, deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla domanda di annullamento del decreto di approvazione del piano regolatore generale di. Palermo, in riferimento alla causa petendi indicata nella mancanza della liquidazione dell'indennizzo dovuto per i vincoli di natura espropriati-va, con tale piano disposti sugli immobili degli attuali resistenti; ferma la giurisdizione amministrativa per tutte. le altre cause di annullamento del medesimo decreto presidenziale che si riferiscono direttamente alle competenze ed agli altri presupposti del procedimento di formazione e ,di approvazione del piano regolatore ,generale, asseriti vizi di legittimit� che, ove su di essi non sia stato provveduto. perch� ritenuti assorbiti dall'accoglimento del ricorso per la ragione detta innanzi, potranno essere fatti valere nella competente sede amministrativa, una volta venuta meno la cennata ragione di assorbimento per effetto della presente sentenza. -(Omis�sis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 luglio 1972, n. 2292 -Pr�es . . Pece -Rel. Miani -P. M. Trotta (conf.) -Amministrazio.ne della Difesa (avv. Stato Carafa) c. S.n.c. Gea Montanari & Co. (avv.ti Bondu� e Cascina). Competenza e giurisdizione -Procedimenti .di istruzione preventiva Regolamento di giurisdizione -Ammissibilit�. (c.p.c., artt. 42 e 692 e segg.). Competenza e giurisdizione -Procedimento di istruzione preventiva in materia di navigazione marittitna -Difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della P. A. -Insussistenza. (c.p.c., artt. 37 e 41, secondo comma; c. nav., artt. 578 e segg.; reg. nav. mar., artt. 465 e segg.). I provvedimenti di istruzione preventiva contemplati dal codice di procedura civile hanno natura ~ caratte,re giurisdizionale, cosicch� rispetto ad essi � ammissibile il regolamento prev~ntivo di giurisdizione fin quando non sia intervenuta una pronuncia di merito o non sia passata in giudicato una pronuncia sulla giurisdizione (1). (1) Conforme � 1,a sentenza n. 2293 dalle medesime sezioni unite deHa Corte di Cass., pronunciafa nella stessa data. Sulla prima parte della massima v. Cass. 10 ottobre 1964 n. 2563, Cass. 8 giugno 1968 n. 1748 nonch� Cass. 10 giugno 1968 n. 1766, l'ultima PARTE I, SEZ. II, 'GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZtONE; 767 L'Amministmzione marittima, quand�o svolge l'attivit� di istruzione preventiva prevista dal codice della navigazione non esplica una funzione giurisdizionale, onde non si pu� ritenere che nella relativa attivit� amministrativa con peculiari funzioni rimanga assorbita quella prevista dal codice di procedura �civile.. avente invece carattere giurisdizionale e fini diversi (2). (Omissis). -Con ricorso del 10 giugno 1970 la Societ� in nome collettivo G. & A. Montanari & C. chiedeva al Pretore di Augusta un accertamento tecnico preventivo circa lo stato della propria motocisterna � Paola Montanari " e della corvetta � Scimitarra " della Marina militare dopo che le dette due navi erano venute a collisione nelle acque territoriali del porto di Augusta. II Pretore, ritenuta l'eccezionale urgenza, provvedeva con decreto dell'll giugno 1970 nominando up. consulente per l'accertamento tecnico richiesto. Contro tale provvedimento lAmministrazione della Difesa, con ricorso del 17 luglio 1970, che ha poi illustrato con una memoria, ha proposto istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, assumendo che l'istruzione preventiva di cui agli artt. 578 e segg. cod. nav. assorbe ed elimina l'accertamento tecnico preventivo di cui agli artt. 696 e segg. c.p.c., di guisa che l'autorit� giudiziaria non pu�, senza invadere la sfera esclusiva di attribuzioni della Pubblica Amministrazione, emanare in materia di sinistri marittimi un qualsiasi :provvedimento di istruzione preventiva. La soc. G. & A. Montanari ha resistito mediante controricorso. delle quali in questa Rassegna 1968, I, 378 ed ivi nota 1; cfr. pure, pi� di recente, Cass. 22 marzo 1972 in questa Rassegna 1972, I, 392 ed ivi nota 1; su1la seconda parte della massima al1e senten2'le ricordate in queUa di cui si tratta adde C'ass. 301 dliicembre 1965 n. 2487, in questa Rassegna 1966, I, 296, ed ivi nota 1. (2) S<UJI:La seconda massima cJ�r. Oass. 22 gelllil!aio 195.g n. 144 in Dir. Mar. 1959, 523 �ed, oltre �aJlil!a ll'eliazioore all oodioe del1a ([]Javigiazione, n. 379, per taluni riferimenti in dottrina LEFEBVRE e PESCATORE, Manuale di diritto della navigazione, MHano 1963, 493 e segg.; MANCA, Studi di diritti della r1avigazione, Milano 1963, IV, 5 e segg. nonch� 15 e segg.; TESTA, Le inchieste sui sinistri della navigazione, Mifano 1:958, 132 e BERLINGIERI, Note sul valore probatorio della relazione d'inchiesta sui sinistri marittimi in Dir. mar. 1959, 302 e segg.; ANDRIOLI, Le disposizioni processuali del codice della navigazione in Riv. dir. proc. 1942, I, 116. Pi� di l"e�cente, sull'argomento in g�enere, LA CHINA, Sinistri marittimi (diritto processuale) in Novissimo Digesto, Torino, 1970, XVII, 450. 768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE La societ� resistente eccepisce in via preliminare l'inammissibilit� dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione per essere intervenuta una decisione di merito in primo grado, avendo il Pretore, con. un suo decreto del 16 giugno 1970, respinto il ricorso col quale l'Amministrazione della Difesa gli aveva chiesto di revocare il precedente provvedimento che disponeva l'accertamento preventivo. L'eccezione non � fondata. Premesso che i provvedimenti di istruzione preventiva contemplati dagli artt. 692 e segg. c.p.c. hanno natura e carattere giurisdizionale, cosicch� rispetto ad essi � configurabile una questione di giurisdizione suscettibile del rimedio stabilito dall'art. 41 c.p.c. (Cass., 10 ottobre 1964; n. 2563; 8 giugno 1968, n. 1748; 10 giugno 1968, n. 1766) e premesso che a norma del citato articolo tale rimedio pu� essere chiesto finch� la causa non sia deCisa nel merito in primo grado, deve osservarsi che nella fattispecie tale condizione non pu� ritenersi venuta a mancare per effetto del sovraccennato provvedimento pretorile del 16 giugno 1970. Con questo, infatti, il Pretore non aveva emesso una pronunzia di merito, non avendo riconosciuto � negato l'esistenza di una volont� di legge conforme ad una pretesa fatta valere in giudizio, n� avendo accertato o escluso fatti .costitutivi impeditivi o estintivi di diritti, ma essendosi limitato a mantener fermo il proprio precedente provvedimento istruttorio, affermando di aver il potere� di emetterlo; e neppure tale affermazione della giurisdizione del Pretore costituiva una pronunzia di merito, nel senso sopra precisato, o poteva comunque essere di ostacolo al regolamento preventiv~ di giurisdizione per aver fatto venir meno l'utilit�, nell'economia del giudizio, del regolamento stesso: � una pronunzia sulli:t sola giurisdizione determina, infatti, l'inammissibilit� del regolamento preventivo solamente nel caso (che non si verifica nella fattispecie) in cui la pronunzia medesima sia passata in giudicat� (Cass., 16 maggio 1957, n. 1752; 22 marzo 1958, n. 958; 29 maggio 1959, n. 1356; 28 luglio 1960, n. 2198; 16 luglio 1962, n. 1893). � Quanto alla questione di giurisdizione, questa � stata .dalla ricorrente esattamente impostata con l'osservare che si tratta di stabilire se sia possibile un intervento del giudice ai fini dell'istruzione preventiva dei sinistri marittimi, o se tale intervento sia assolutamente escluso dalle norme dettate in materia dal codice della navigazione. A sostegno di tale seconda opinione la ricorrente invoca l'autonomia �delle norme di diritto processuale del detto� codice, tra le quali figurano quelle relative all'istruzione preventiva, e le finalit� di interesse pubblico a cui esse si ispirano; e da tali premesse trae la conclusione che l'istru PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 769 zione preventiva disciplinata dalle norme, in parola, costituendo un momento ineliminabile dello speciale procedimento previsto per i sinistri marittimi, assorbe ed elimina l'accertamento tecnico .preventivo di diritto processuale comune, il quale non pu� pertanto venir disposto. Tale conclusione non appare esatta. Va, anzitutto, rilevato che, nel contrasto esistente in dottrina circa il carattere giurisdizionale o amministrativo dell'inchiesta di cui all'art. 579 cod. miv., la seconda opinione sembra .preferibile. Tale inchiesta, infatti, � disposta da organi dell'Amministrazione, che sicuramente non possono esser qualificati come organi giurisdizionali; essa, dovendo essere iniziata e proseguita d'ufficio, non � necessariamente preordinata ad un futuro procedimento giurisdizionale, che rispetto ad �ssa rappresenta una mera eventualit�; non �omporta contraddittorio, ma solo la facolt� per gli interessati di assistervi e di farvisi rappresentare; e soprattutto, tende a finalit� essenzialmente amministrative, riguardanti la tutela della sicurezza della navigazione, giacch� i dati relativi al sinistro e alle sue cause vengono raccolti affinch� l'Amministrazione possa adottare i provvedimenti di sua competenza, intesi } ' a rimuovere e a prevenire inconvenienti che potrebbero causare altri sinistri. N� la speciale efficacia probatoria attribuita dall'art. 582 cod. nav. alle risultanze di fatto dell'inchiesta stessa giustifica la conclusione (pur se vi pervengono la relazione al cod. nav., al par. 379, e parte della dottrina) che l'inchiesta stessa abbia la spedfica funzione di assicurare le prove nelle cause per i sinistri marittimi che ne sono l'oggetto; tale funzione, invero, rispetto a quella primaria e immediata (e cio� alla funzione amministrativa sovraccennata) � un effetto mediato e conseguenziale: si � voluto che quegli accertamenti, .gi� compiuti per finalit� non giurisdi:donali, ma tuttavia particolarmente attendibili data la qualit� degli organi inquirenti, venissero utlizzati anche in sede giurisdizionale (art. 601 cod. nav.), e si � per.ci� stabilita (art. 582 stesso codice) una .presunzione juris tantum di certezza dei fatti posti alla base della relazione d'inchiesta formale. Dovendosi, quindi, escludere che l'Amministrazione marittima, quando svolge l'attivit� di istruzione preventiva prevista dagli articoli 578 e segg. cod. nav., esplichi una funzione giurisdizionale, non si pu� ritenere che in tale attivit� amministrativa rimanga assorbita quella prevista dagli artt. 692 c.p.c., avente, invece, caratter� giurisdizionale. Proprio perch�, come esattam�nte osserva l'Amministrazione ricorrente, quest'ultima attivit� � mossa esclusivamente sul piano dell'interesse privato, mentre quella disciplinata dal codice di navigazione si svolge d'ufficio � essendo in gioco il rilevante interesse pubblico connesso col fatto. della navigazione nonch� in vista e in ragione d'involgere quasi sempre il sinistro la violazione di norme penali e 770 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disciplinari ., si deve riconoscere che fra le due attivit� di istruzione preventiva, contemplate rispettivamente dal codice della navigazione e da quello di procedura civile, sussistono tali differenze �che se la prima escludesse la seconda le finalit� proprie di quest'ultima potrebbero risultare irraggiungibili, e -verrebbe senza ragione soppresso un istituto processuale che, non coincidendo con quello di cui agli articoli 578 e segg. cod. nav. e non rientrando quindi nella 'materia ivi trattata, � tra quelli ai quali, a norma dell'art. 588 del detto codice, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile. D'altra parte, un argomEmto decisivo al fine di esdudere non soltanto un conflitto di giurisdizione ma anche un difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della Pubblica Amministrazione ai sensi del primo, comma dell'art. 37 c.p.c., si ricava dalla norma dell'art. 582 cod. nav., che consente alla parte interessata l'esperimento -nelle cause per sinistri marittimi -della prova �contraria al fine �di vincere la presunzione di verit� che assiste i fatti accertati nell'inchiesta formale svolta dalla commissione inquirente. Invero, con tale disposizion~ viene implicitamente ma inequivocabilmente riconosciuto il potere del giudice di ammettere quei mezzi di prova (ivi compresa la consulenza tecnica) mediante i quali la parte offre l'anzidetta prova contraria; ma .poich� con i provvedimenti di �cui agli artt. 692 e segg. c.p.c. il giudice non fa altrn che anticipare, ad istanza di chi vi ha urgente interesse, quell'attivit� che rientrerebbe nei suoi poteri giurisdizionali una volta instaurato il processo, ne consegue che se, per la citata norma dell'art. 582 cod. nav., egli ha il potere di disporre accertamenti tecnici nella causa per sinistri marittimi di sua competenza, ha necessariamente il potere di disporli, in vista e ai fini della causa stessa anche prima dell'instaurazione di questa; ai sensi dell'art. 696 c . .p.c. E dev~si pur soggiungere che se cos� non fosse il diritto riconosciuto alla parte interessata dall'art. 582 cod. nav. rimarrebbe frustato nella maggior parte dei casi, giacch� di solito il mezzo idoneo per procurarsi la prova che la detta parte avr� interesse a fornire per contrastare o rettificare le risultanze dell'inchiesta � proprio l'accertamento tecnico preventivo, cosicch� se alla parte stessa non fosse consentito di avvalersi di quel mezzo (e al giudice, conseguentemente, di disporlo) la facolt� di prova contraria accordata alla parte risulterebbe illusoria, e la presunzione juris tantum stabmta dall'art. 582 cod. nav. si trasformerebbe in una presunzione, in pratica, assoluta. Si deve, perci�, concludere che le norme del codice della navigazione in tema di istruzione preventiva sui sinistri marittimi non escludono un intervento del giudice ordinario al fine di disporre, ad istanza della parte interessata, un accertamento tecnico preventivo o un'ispezione giudiziale ai sensi dell'art. 696 c.p.c.; con la conseguenza che PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 771 nella fattispecie sussisteva la giurisdizione del Pretore di Augusta in ordine al provvedimento da lui come sopra emanato: giurisdizione che va pertanto dichiarata, respingendo il ricorso dell'Amministrazione della Difesa. Quanto alle spese della presente fase, sussistono giusti motivi per dichiararle interamente compensate tra le parti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 13 luglio 1972, n. 2350 -Pres. Pece -Rel. Tamburrino -P. M. Secco (diff.) -Traina Calogero Silvestri ed altri (avv.ti ,Mete, Pa1lottino, Scarrocchio e Vetrano) c: Ministero dell'Interno (avv. Stato Freni). Competenza e ~iurisdizione -Giurisdizione esclusiva del ~iudice amministrativo -Controversia di contenuto patrimoniale -Estensione Limiti -Necessit� di un atto amministrativo -Insussistenza. (t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 29 e 30). La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tem� di rapporto di pubblico impiego si estencie anche aUe controversie di contenuto patrimoniale, quando la domanda abbia il suo titofo nece�ssario nel rapporto medesimo, come accade in materia di stipendi, di indennit� ed altri assegni dovuti in dipendenza diretta ed immediata del rapporto, anzidetto: in questo caso, a differenza che neUe ipotesi di giurisdizione di legittimit�, non � neicessaria la impugnazione di un atto amministrativo ad hoc, ma � sufficiente la sussistenza di una pretesa di carattere patrimoniale che si affe1�mi come contestata o lesa, sempre che quella pretesa abbia il suo titolo diretto ne'l rapporto di pubblico impiego (1). (1) Sulla prima parte della massima 1a giurisprudenza � ormai consolidata: v. per tutte Cass., Sez. Un., 30 ,settemb!l'e 1968 n. 3(}22 in questa Rassegna 1968, I, 721, ed ivi nota 1; �sulla seconda parte della massima dr. Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1951 n. 2729 in Foro it. 1952, I, 9. SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 giugno 1972, n. 1839 -Pres. Pece -Est. Miani -P. M. Di Majo (diff.) -Di Canossa (avv. Faraone e T0ramontini) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Tracanna). Espropriazione per p. u. -Decreto di esproprio -Illegittimit� -Dii;;ap plicazione da parte del giudice ordinario -Condizion~. (1. 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. E, art. 5; I. 25 giugno 1865, n. 2359). Espropriazione per p. u. -Trasferimento del bene espropriato -Decreto di esproprio -Mancata notifica al proprietario -Effetti. (I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 48, 51). Espropriazione per p. u. -Occupazione ultrabiennale -Successiva espropriazione -Risarcimento del danno -Prescrizione -Decorrenza. (1: 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 48,' 73; c. civ., art. 2935). Nelle controversie tra privati e pubblica am.ministr:azion.e, � dato al giudice ordinario, a norma dell'art. 5 legge 20 marzo 1865 n. 2248 aU. E, di disapplicare l'atto amministrativo di esproprio illegittimo, solo nel caso in cui non abbia avuto alcun effetto sulla situazione di diritto soggettivo del privato, o per la inesistenza del potere della P. A.; o per l'inesistenza del provvedimento per difetto di validit� formale, o per la mancanza nei presupposti richiesti dalla norma e da questa obiettivamente identificati (1). Il decreto di espropriazione, quale atto non ricettizio, non richiede per l'esistenza, validit� ed. efficacia. del provvedimento ablativo, la noti ficazione all'effettivo proprietario del bene espropriato, la quale non ha aitro effetto che di non far decorrere nei suoi confronti il termine per proporre opposizione giudiziale alla stima dell'indennit� (2). (1) La sentenza 6 aprile 1970, n. 924 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, richiamata in motivazione, si legge in Foro It., 1970, I, 1360. Cfr. altres� Cass. 17 maggio 1968, n. 1544 id., 1968, I, 2443. (2) Giurisprudenza pacifica; Cass., 6 marzo 1969, n. 706, in Foro It., 1969, I, 1828; 7 maggio 1965, n. 836; 8 febbraio 1965, n. 192; cfr. altresl Cons. Stato, IV, 27 luglio 1967, n. 378, secondo cui la mancata notifica del decreto di esproprio ai proprietari non � causa di invalidit� del decreto stesso. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 773 La iUegittimitd dell'occupazione di urgenza protrattasi oltre il biennio consentito, ha termine con l'intervento del decreto di espropriazione che attua il trasferimento del bene all'espropriante, e pertanto da tale data, che segna ii momento ultimo in cui era sorto il diritto al risarcimento del danno, comincia a decorrere la relativa prescrizione, senza che abbia rilevanza alcuna' la mancata conoscenza dell'intervenuto decreto di esproprio, che costituisce soltanto un impedimento di mero fatto e non giuridico per l'esercizio del diritto (3). (Omissis). -Con il primo motivo, i ricorrenti, denunziando la violazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 in ,relazione agli artt. 11, 16, 28, 73 e 76 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, lamentano che la Corte di merito abbia ritenuto che la procedura di espropriazione dei terreni occupati nel -1950 si fosse regolarmente conclusa col decreto prefettizio dall'll luglio 1954, mentre non avrebbe dovuto applicare tale decreto essendo esso illegittimo sia perch� in esso il soggetto e l'oggetto dell'espropriazione erano indicati inesattamente, sia perch� non vi erano menzionati il provvedimento di occupazione d'urgenza e l'avvenuta approvazione del piano particolareggiato dell'opera, sia perch� il decreto stesso era stato emanato, con eccesso�� di potere, al :fine di coprire una situazione di fatto illegittima, sia infine perch� esso non era stato notificato agli interessati. Il motivo non � fondato. Nelle controversie tra privati e pubblica ammi;nistrazione le quali, come nella fattispecie, investano direttamente e specificamente un atto -amministrativo che ,si assume illegittimo, l'atto stesso va disapplicato dal giudice ordinario, a norma dell'articolo 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, nel caso in cui esso non ha avuto alcun effetto sulla situazione di diritto soggettivo del privato o per l'iinesistenza del potere della Pubblica Amministrazione, o per l'inesistenza del provvedimento per difetto di validit� formale o per la mancanza dei presupposti crichiesti dalla norma e da questa obiettivamente identificati (Cass. 6 aprile 1970, n. 924). Nel caso concreto invece non si faceva questione di inesistenza del decreto prefettizio di esproprio dei terreni gi� dell~ De Reali e poi dei (3) La sentenza � conforme ai princ1p1 m materia, cfr. Cass., 17 dicembre 1969, n. 3998 per la quale, nell'ipotesi di fatto illecito di carattere permanente, il diritto al risarcimento del danno e, correlativamente, la decorrenza del termine di prescrizione, si rinnova di momento in momento. In 011dine aJlJ.e -cause dmpedLtiv�e dell!l'e1seircizdo deil diritto, riLevanti agili effetti della prescrizione, cfr. Class. 18 gennaio 1968, n. 91 in questa Rassegna, 1968, I, 45 con note di richiami. 774 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO suoi eredi: la mancata indicazione, ne,l decreto stesso, dei nomi di questi ultimi, e il mancato aggiornamento dei dati catastali dei terreni espropriati, rigua,rdavano bens� vizi formali dell'atto, ma non tali da renderlo inesistente. N�, poi, si contestava in radice il potere della Pubblica Amministrazione di espropriare i terreni in questione (che, come � pacifico, sono quelli stessi per i quali la De Reali aveva accettato l'indennit� offertale) ma si denunziano vizi di esercizio del potere stesso, riguardo ai quali non� pu� effettuarsi il sindacato del giudice ordinario, perch� ci� comporterebbe apprezzamenti di merito circa l'uso da parte della Pubblica Amministrazione, del suo potere discrezionale. Quanto, infine, alla mancata notificazione del decreto prefettizio agli eredi della De Reali, attuali proprietari dei terreni espropriati, non v'� ragione di discostarsi dalla precedente giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. 7 maggio 1965, n. 836, 6 marzo 1969, n. 706), circa il carattere non ricettizio del decreto di esproprio, con la conseguenza che per la sua giuridica esistenza � validit� ed efficacia non � necessaria la sua notificazione all'effettivo prporietario del bene espropriato: cosicch� la mancata notifica non incide sull'esistenza del potere ablatorio ormai esrecitato dalla Pubblica Amministrazione, e non ha altro effetto fuorch� quello di non far decorrere nei confronti di �ostui il termine per proporre opposizione giudiziale alfa stima dell'indennit�; effetto che, peraltro, neppure pu� prodursi quando, come nel caso concreto, essendo stata l'indennit� previamente accettata, non pu� aversi opposizione circa la misura di essa, ma si fa luogo al suo deposito a norma dell'art. 30 della legge n. 2359 del 1865, e viene autorizzata dal Prefetto l'occupazione immediata dei fondi per i quali l'indennit� � stata accettata. Con il secondo motivo, i ricorrenti, denunziando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 e.e. nonch� degli artt. 51 e 55 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 lamentano che la sentenza impugnata abbia ritenuto prescritto il loro diritto al risarcimento per il comportamento ,colposo dell'Amministrazione espropriante facendo decorrere il termine di prescrizione dalla data del decreto di espropriazione, mentre il fatto illecito dell'Amministrazione era la mancata notifica del decreto stesso, perdurata fino a che, nel corso del giudizio, non lo aveva esibito. Neppure questo motivo � fondato. I ricorrenti distinguono le co:nseguenze dannose da loro sopportate per il periodo dal 1940 al 1954 a causa dell'inerzia dell'Amministrazione nel promuovere l'emanazione del decreto di esproprio, dalle conseguenze dannose verificatesi nel periodo successivo, causate dall'accultamento, da parte dell'Amministrazione, del decreto stesso, la cui man PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE cata notifica aveva reso impossibile la riscossione dell'indennit� depositata, non avendo gli espropriati avuto �conoscenza del decreto che costituiva il presupposto dello svincolo dell'indennit� stessa. �ensuraino, quindi, la sentenza impugnata per aver assunto come dies a quo la data del decreto di esproprio com.e se il fatto illecito e dannoso fosse stata l'emanazione del decreto, e non la sua mancata notificazione, o occultamento, alla parte interessata: occultamento che ancora perdurava quando era stata promossa l'azione di risarcimento, sicch� la prescrizione dell'azione stessa non poteva neppure aver incominciato a deco:r;rere. Ma per quanto riguarda il risarcimento del danno causato dal colposo ritardo nel promuovere la procedura di espropriazione, la censura non coglie nel segno, perch� la sentenza impugnata non ha affatto considerato come fatto �illecito e dannoso la emanazione del decreto prefettizio 11 luglio 1954, bens� ha considerato tale data come quella in cui era cessato il detto ritardo, e oltre la quale non si era qutndi protratta l'illegittima occupazione dei beni: con la conseguenza che, non essendo perdurata ulteriormente la condotta omissiva dell'Amministrazione n� l'illegittima occupazione, quella d�ta segnava il momento ultimo iin cui era sorto il diritto al risarcimento : n� a far valere tale diritto .ostava la mancata conoscenza dlela cessazione della situazione illegittima: tale mancata conoscenza poteva infati costituire soltanto un impedimento di mero fatto, e no:n un impedimento giuridico. Il momento in cui il diritto al risarcimento era, come sopra, sorto, coincideva quindi col momento in cui esso poteva esser fatto valere, e dal quale, a norma dell'art. 293�5 c.�c., la prescrizione incominciava a decorrere. Quanto poi al danno causato, secondo i ricorrenti, dal fatto che 1'Amministrazione aveva loro celato l'avvenuta emissione del decreto di esproprio, s� che non avevano avuto modo di riscuotere la relativa indennit�, la sentenza impugnata ha posto in evidenza come, attraverso la pubblicazione del suddetto decreto nel foglio annunzi legali della provincia gli espropriati fossero stati posti in grado di conoscerne l'esistenza, come lo avessero in effetti conosciuto (tanto che nel 1955 un loro procuratore aveva inoltrato, per ottenere lo svincolo dell'indennit�, un'istanza non accolta per incompletezza di documentazione e come, quindi, i ricoirrenti stessi fossero stati fin da allora in �Condizione di poter far valere ogni loro pretesa di danni per ritardata riscossione .dell'indennit�: dal quale accertamento di fatto (iI11Sindacabile in questa sede perch� adeguatamente e correttamente motivato) discende che anche per questa voce di danno la Corte di merito ha esattamente ritenuto che le prescrizione aveva incominciato a decorrere dal 1955, ed era pertanto gi� da molto tempo compiuta allorch� era stato iniziato il giudizio. -(Omissis). 776 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1856 -Pres. !cardi Est. Falcone -P. M. Pandolfelli (conf.) -Simonucci c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Ferri). Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Impugnazione princi pale improcedibile -Impugnazione incidentale -Efficacia -Li miti. (c.p.c., artt. 100, 323, 334, 360). Seppure la impugnazione incidentale tardiva, prevista dal 1� comma dell'art. 334 c.p.c., conserva efficacia ove la impugnazione principale sia stata dichiarata improcedibile, tuttavia, qualora per la dichiarata improcedibilit� venga meno l'interesse al ricorso incidentale, per' essere risultata la parte pienamente vittoriosa nei merito della causa, ia impugnazione incidentale deve dichiararsi ina.mmissibile (1). (Omissis). -Il ricorso prindpale deve essere dichiarato, di ufficio, improcedibile perch� -come risulta dall'apposita certificazione della Cancelleria di questa Corte -non � stato depositato nell'ufficio di Cancelleria (art. 369 c.p.c.). � appena il �Caso di rilevare in proposito �Che, sebbene nel testo dell'art. 369 c.p.c. l'improcedibilit� risulti comminata espressamente �soltanto per l'ipotesi in cui il ricorso non venga depositato nel termi:ne di venti giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali � proposto, tale sanzione deve essere applicata, a pi� forte ragione, quando, come nel caso in esame, il ricorso, stesso dopo essere stato notificato alla contropa!l'te, non sia stato affatto depositato. Dichiarata l'improcedibilit� del ricorso principale si pone il problema dell'ammissibilit� del ricorso incidentale proposto dall'Amministrazione delle Finanze. (1) Non constano precedenti in termini. Che la improcedibilit� della impugnazione principale non determini, almeno in via di principio, il caduorure deill'i:mpugnaZJione illlcidentaile, � rpri:ncirpdo acquisito nella giurispirudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass., 10 giugno 1960, n. 1541; 18 giugno 1958, n. 2088; 26 luglio 1956, n. 2870; 15 dicembre 1954, n. 4480; 15 gennaio 1952, n. 85. Cfr. altres� Cass., 31 ottobre 1958, n. 3587, per la quale l'impugnazione incidentale tardiva perde efficacia, a norma dell'art. 334, comma secondo c.p.c., soltanto in caso di rituale dichiarazione di inammi1ssibilit� dell'impugnazione principale sicch�, ove questa sia stata dichiarata inammissibile anzicch� rigettata nel merito per mancanza di interesse ad impugnare, non pu� ritenersi inefficace impugnazione incidentale tardiva. PARTE I, SEZ. III,, GIURISPRUDENZA CIVILE 777 � giurisprudenza ormai costante di questa Corte che la pronuncia di imprOcedibilit� del ricorso principale non toglie .effi.cacia al ricorso incidentale e non ne impedisce, quindi, l'esame, perch� la norma dell'art. 334 2� comma, c.p.c., va applicata soltanto ai casi in cui l'impugnazione venga dichiarata inammissibile e non anche quando, come nel caso, sia dichiarata improcedibile. Cass. 27 aprile 1968, n. 1300). Nella specie, peraltro, il ricorso incidentale, in quanto prospetta una sola censura attinente alla competenza del giudice di primo grado, deve essere dichiarata inammissibile per difetto di interesse. L'Amministrazione delle Finanze, che era rimasta soccombente in appello sulla questione dell'asserita incompetenza del Pretore, dedotta sotto il profilo che trattavasi di causa in materia di imposte (art. 9, 2� comma, c.p..c.), era risultata pienamente vittoriosa nel merito della causa. In questa situazione l'Amministrazione Finanziaria, che difettava di interesse giuridico a .ricorrere avverso la sentenza del Tribunale in via principale, ha visto nascere l'interesse all'impugnazione incidentale in conseguenza del ricorso principale proposto per il merito dalla Simonucci, e ritualmente ha proposto ricorso incidentale tardivo sulla questione della �Competenza, posto che tale questione era connessa, perch� pregiudiziale, con quella di merito sollevata daHa Simonucci, ed acquistava, perci�, rilevanza, ai fini dell'impugna,tiva della 1sentenza di appello, proprio e solamente in conseguenza del ricorso principale. Pertanto, venuta meno, per la dichiarata improcedibilit�, la possibilit� di esaminare l'impugnazione principale, � venuta correlativamente meno anche l'interesse dell'amministrazione finanziaria al ricorso, incidentale. L'Amministrazione infatti, avendo sentito respingere la domanda contro di essa fatta valere, � rimasta vincitrice (pratica) nel merito, anche se alla decisione finale a suo favore il giudice di appello � pervenuto dopo avere disatteso l'eccezione pregiudiziale di incompetenza; ma, la decisione di una questione pregiudiziale in senso sfavorevole a chi sia rimasto vittorioso nel merito d� luogo ad una soccombenza meramente teorica che, non determinando alcun pregiudizio, non fa nascere alcun interesse all'impugnazione, quando non 1sia stata proposta l'impugnazione da parte del soccombente o quando tale impugnazione, se proposta, non possa essere esaminata nel merito. -(Omissis). Sull'interesse al ricorso cfr. Cass. 28 dicembre 1967, n. 3016 in Foro lt., 1968, I, 636, con nota di riferimento, in cui si puntualizza come il diritto alla impugnazione, e quindi anche il diritto a proporre ricorso per Cassazione, � condizionato alla esistenza di un concreto pregiudizio che da una determinata statuizione possa derivare alla parte che propone l'impugnativa. 778 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez.\I, 23 giugno 1972, n. 2088 -Pres. Favara - Rel. Lipari -Gallo (avv. Messina) c. Prefetto di Milano (avv. Stato Gargiulo). } i Circolazione stradale -Sanzioni amministrative -Natura -Incidenza su situazioni di diritto soggettivo e non di interessi legittimi. Circolazione stradale -Ordinanz~ -Ingiunzioni prefettizie -Opposizione -Sindacato dell'a.g.o. -Limiti. Circolazione stradale -Circolazione dei veicoli su area stradale di propriet� della p. a. sita nel centro urbano -Disciplina -Autorit� competente -� il sindaco. La sanzione irrogata dall'autorit� prefettizia in base ad una valuta zione dell'accertata gravit� della infrazione fra un minimo ed un mas simo stabiiiti per ogni ipotesi di astratta violazione, non � un atto discrezionale ed incide, pertanto, su situazioni soggettive� di diritto �lla integrit� del patrimonio del singolo cui una prestazione patrimoniale pu� essere imposta solo in base alla legge e nel rispetto dei limiti fissati dalla legge medesima (1). I poteri del Pretore, adito in seguito ad opposizione giudiziaria alle ordinanze prefettizie emesse per violazioni al codice della strada, restano circoscritti nei limiti tradizionali della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, di cui agli artt. 4 e 5 l. 20 marzo 1865, n. 2284 all. E, sicch� quel giudice non pu� modificare, revocare, annullare l'atto amministrativo prefettizio, ma dovr� accertarne la legittimit�, per disapplicarlo ove tale legittimit� non sussista (2.). La disciplina, con ordinanza, della sosta dei veicoli su un'area stra dale di propriet� delta P. A., sita nelt'interno di un centro abitato e adibita ad uso pubblico della circolazione (nella specie per agevolare l'accesso ad una stazione ferroviaria) rientra neUa competenza non del Capo Compartimento delle FF.SS., bens� del Sindaco ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (3). (Omissis.) -L'avv. Gallo, nell'opporsi davanti al Pretore di Milano, ai sensi dell'art. 9 della 1. 3 maggio 1967, n. 317, all'ordinanza del Prefetto con la quale gli si ingiungeva il pagamento di una sanzione pecuniaria, per avere fatto sostare la propria autovettura nella �galleria (1-3) Sulle prime due massime, che fanno applicazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale, v. le osservazioni riportate in questa Rassegna, 1970, I, 189. La terza massima appare esatta. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE delle carrozz.e � della Stazione Centrale di Milano, in zona in cui, giusta la segnaletica mediante cartelli, la 'Sosta era riservata alle autorit� aveva sostenuto -fra l'altro -l'incompetenza del Sindaco a regolamentare la sosta e quando l'AvvocatU(ra 'aveva contrabbattuto che tale regolamentazione non era stata dtsposta dal Si:nda�co, ma dal rappresentante dell'amministrazione ferroviaria, quale ente proprietario dell'area, aveva contestato anche la �competenza di tale amministrazione ribadendo, nel merito, che il provvedimento era in ogni caso illegittimo perch� iJn cc.intrasto, nel prevedere una � atipica � riserva per le alutorit�, con l'art. 59 del regolamento di esecuzione del codice della strada (d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420). Il Pretore, nella ,sentenza ora impugnata per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., ha preso� in esame la tesi della competenza del Direttore compartimentale e dell'ammissibilit� della riserva della sosta ai veicoli delle autorit�, .senza oc�cuparsi delle questioni processuali riconnesse alla tempestivit�, o meno, del deposito dei documenti ed alla correlativa modifica del profilo di incompetenza da parte del ricorrente, ed ha ritenuto che la riserva della sosta fosse stata i'itu�lmente disposta dal1' amministrazione ferroviaria. � Tale �sentenza viene ora censurata dal Gallo con due motivi, denunziando: la violazione e fa1sa applicazione dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all E, e dell'art. 3 del t.u. 15 giugno 1959, n. 3'93, in relazione all'art. 3�60 n. 3 c.p.c., perch�, diversamente da quanto ritenuto dal Pretore, il Direttore Compartimentale delle ferrovie dello Stato di Milano non era competente a regolamentare la sosta nella zona antistante all'ing�resso principale della Stazione Centrale di Milano, non potendogli essere riconosciuta la relativa �competenza, n� in base all'art. 3 del codice della strada, concernente la disciplina della circolazione fuori dei centri abitati, n� in base al successivo art. 4 (1� mezzo); e l'ulteriore violazione e falsa applicazione deU'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, degli artt. 18 e 19 del ,d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, e dell'art. 59 del d.P.R. 30 giugno 1959, n. 420, nonch� l'omessa motivazione, perch� nella specie, a prescindere dal potere dell'autorit� amministrativa di-riservare appositi spazi per la sosta di determinate categorie di veicoli, veniva ahche in considerazione l'uso illegittimo del segnale di sosta vietata e del relativo pannello aggiuntivo, in violazione dell'art. 59 del d.P.R. n. 420 del 1959 (II mezzo). Il ricorso, ammissibile in rito, � fondato nel suo primo motivo, che deve essere accolto, con il conseguente assorbimei;ito del secondo. Giova innanzitutto al riguardo premettere, sia pure per brevi cenni, che la legge 3 maggio 1967, n. 317, recante modificazioni al sistema sanzionatorio delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali, nello statuire la sostituzione della sanzione 780 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO amministrativa all'a1Ilmenda (rubrica dell'art. 1) predispone un procedimento che, nella fase dell'accertamento, si conclude con una ordinanza motivata e nella correlativa ingiunzione di pagamento avverso la quale � prevista �azione� (opposizione), entro il termine prefissato per il pagamento, davanti al Pretore del luogo in cui � stata accertata la violazione (art. 9 commi 4 e 7), la cui decisione � inappellabile (articolo 9 comma 8). Tale legge ha, come � noto, trasformato in semplici illeciti amministrativi taluni reati (c.d. depenalizzazione), tenendo distinte una fase tipicamente ammintstrativa ed una fase giurisdizionale, disciplinata in modo da assicurare un processo dallo svolgimento celere ed economico (breve termine per l'udienza di comparizione, notificazione a cura della cancelleria, esenzione da imposta di bollo e di registro della sentenza, possibilit� di stare in giudizio senza ministero di difensori), regolato, ove non sia altrimenti disposto dalla legge medesima, dalle norme dettate dal codice di rito, al capo 1 del titolo II dle libro II (artt. da 311 a 317) per i procedimenti davanti al Pretore. Non � dubbio perci� che la situazione soggettiva lesa dalla irrogazione della sanzione amministrativa si riferisce ad un diritto soggettivo. Tale sanzione, invero, anche se appUcata dall'autorit� competente, in base alla valutazione dell'accertata g.ravit� dell'infrazione, fra un minimo ed un massimo stabiliti dalla legge per ogni ipotesi di astratta violazione, :non ha natura di atto discrezionale, ed incide su una situazione soggettiva di diritto all'integrit� del patrimonio del singolo sottoposto, cui una prestazione patrimonia.Je, pu� essere imposta solo in base alla legge e nel rispetto dei limiti fissati dalla legge medesima. Lo ha, del resto, confermato la Corte costituzionale, decidendo, con la sentenza n. 32 del 1970, alcune questioni di legittimit� costituzionale sollevate rispetto alla citata I. 3 maggio 1967, n. 317, che se nel loro nucleo principale riguardavano il tema dei rapporti fra attivit� amministrativa e giurisdizionale, con particolare riferimento al sistema costituzionale di giustizia amministrativa, toccavano anche puntualmente il tema della qualificazione come interesse legittimo, ovvero come diritto della situazione soggettiva del sottoposto colpito dall'ordinanza ex art. 9 della legge citata. Ha osservato la detta Corte che era inesatto ritenere che tale ordinanza incides�se su semplici interessi legittimi e non su diritti soggettivi, trattandosi di atto dovuto e non discrezionale, importante, nella valutazione dell'entit� della sanzione d'applicare in co:ncreto, un apprezzamento di merito �che non determina alcun affievolimento del diritto soggettivo patrimoniale del destinatario, colpito dalla sanzione pecuniaria, ma pu� violare detto diritto. I:n proposito la Corte �si � richiamata all'analQga configurazione delle sanzfoni amministrative in ma PARTE I, SEZ. III, GIURI!:>PRUDENZA CIVILE teria fiscale (la stessa legge n. 317, del resto, si ispira esplicitamente al sistema delle sanzioni amministrative di cui alla precedente legge n. 4 del 1929). E questa Sui;>rema Corte, con riguardo alle ordi:nanze che impongono sanzioni per le trasgressioni valutarie, ha avuto modo di rico �noscere che il ricorso giudsdizionale contro il provvedimento del Ministro importa la denuncia della violazione di un diritto soggettivo perfetto, di cui l'autorit� giudizfaria ordinaria pu� essere chiamata a conoscere nei limiti del sindacato spettantele rispetto ad atti amministrativi illegittimi (S.U. 30 luglio 1953, n. 2594). Rilievo questo �che introduce il profilo dei limiti dell'esame che il giudice ordinario pu� compiere del provvedimento sanzionatorio dell'amministrazione, sul quale la richiamata sentenza della Corte costituzionale ha avuto modo di osservare: che, di regola, e salvo eccezioni espressamente prevedute dalla legge, i poteri della stessa giurisdizione amministrativa sono circoscritti al controllo di legittimit�; che quando un atto amministrativo lede un diritto soggettivo perfetto (salvo il caso di .giurisdizione eisclusiva del giudice amministrativo, �che nella specie non ricorre) competente a conoscere della relativa impugnativa � l'autorit� giudiziaria ordinaria; che il sindacato dell'autorit� giudiziaria sull'atto amministrativo � sempre limitato alla sola legittimit�, la quale,' peraltro, comprende l'esistenza dei presupposti di fatto, oltre che il diritto, necessari per l'emanazione dell'atto stesso. Ha soggiunto la Corte costituzionale, a proposito della riconosciuta legittimit� del potere del Pretore di sospendere il provvedimento impugnato, che la legge potrebbe attribuire al giudice ordinario, ad. sensi dell'ultimo comma dell'art. 113 Cost., addirittura il potere di annullamento degli atti amministrativi, incidenti su un diritto soggettivo, sicch� a maggior ragione deve escludersi l'illegittimit� costituzionale della norma che riconosce al Pretore la potest� di sospensione della esecutivit� di un atto del genere. I poteri del Pretore restano perci� circoscritti nei limiti tradizionali della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, di cui agli artt. 4 e 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, sicch� quel giudice non pu� modificare, revocare, annullare l'atto amministrativo prefettizio, ma dovr� accertarne la legittimit�, per disapplicarlo ove tale legittimit� non sussista. Ci� premesso, devesi osservare che, nell'economia della presente dedsione � sufficiente tuttavia il rilievo che in tema di disapplicazione degli atti amministrativi, mentre ampi sono i margini di problematicit� che investono l'individuazione dei limiti del sindacato giurisdizionale per quanto riguarda l'eccesso di potere, � del tutto pacifico che il sindacato stesso possa investire i vizi inquadrabili nelle categorie dell'incompetenza e della violazione di legge. La inappellabilit� della sentenza stabilita dall'ultimo comma dell'art. 9 della 1. n. 317 va apprezzata come deroga al principio �che garan 782 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tisce il doppio grado di giurisdizione, pienamente consentita, non risultando tale principio costituzionalizzato (cfr. la .sentenza della Corte costituzionale �n. 54 del 196'8; vedi anche le decisioni n. 87 del 1968, 41 del 1965 �e 110 del 1963) e che viene di solito, introdotta dal legislatore per le controversie ritenute di minore importanza (cfr. ad esempio artt. 339 e 618 c.p ..c.). Tale inappellabilit� comporta, per altro, ai sensi dell'art. 111 Cost., la ricorribilit� in Cassazione, sempre ammessa, per violazione di legge contro le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali. Ed � appena il caso di precisare che la dizione � violazione di legge � contenuta nell'art. 111 Cost. abbraccia ogni possibile ipotesi di contrasto con disposizioni di diritto sostanziale e processuale. La riconosciuta ammissibilit� del ricorso per cassazione avverso la sentenza emanata dal Pretore ai sensi dell'art. 9 della 1. n. 317 del 1967, e la sommaria delineazione dei tratti fondamentali della �c.d. depenalizzazione'che vengono in considerazione ai fini della decisione, consentono di passare all'esame dei motivi. Con riguardo al primo di essi, peraltro, l'Avvocatura dello Stato oppone che si tratterebbe di una questione nuova: il Gallo, cio�, dopo I t avere sostenuto davanti al Pretore l'incompetenza del Sindaco di Milano a disciplinare il traffico, e quindi ad imporre divieti di sosta nella �galleria delle carrozze � della Stazione ferroviaria di Milano, su una area di propriet� dell'amministrazione dello Stato, propottebbe, nel ricorso, una diversa questione, eccependo, per la prima volta l'incompetenza del Direttore compartimentale delle ferrovie dello Stato __:_ riconosciuto autore dell'ordinanza violata -a disciplinare il traffico su un'area di spettanza dell'a.mministrazione, situata nel centro abitato I di Milano (Stazione Centrale). Ma l'assunto della difesa all'Amministrazione non pu� essere condiviso. � noto che concretandosi il controllo di legittimit� nella revisione della pronu.ncia di merito in rapporto alla regolarit� formale del proces Iso, ed alle ragioni di: diritto prospettate e vagliate, resta precluso in Cassazione l'esame di questioni giuridiche nuove le quali non siano rilevabili d'ufficio e non si risolvano in censura ai principi di diritto enunciati ed applicati dal giudice nella sentenza impugnata; non pos I sono cio� essere sollevate in sede di legittimit� censure che presurppongono, e �comunque richiedano, nuovi accertamenti di fatti non dedotti davanti ai giudici di merito, mentre � consentito, fermi gli elementi di I fatto gi� dedotti, prospettare nuovi profili di diritto. f Nella specie, la sentenza impugnata davanti al S.C. � incentrata f \ ~. sul duplice rilievo che non veniva in esame la dedotta incompetenza 11 !: 783 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE del Sindaco di regolamentare la so�sta dei veicoli nella zona considerata, essendosi accertato in fatto che questi non aveva emanato alcuna ordinanza al riguardo, e che legittimamente era stata riservata la facolt� di sosta (fra l'altro) alle autovetture delle Autorit�, con provvedimento, . dell'organo competente, e cio� del Direttore compartimentale delle Ferrovie. Il ricorrente ritenendo, invece, che 1a legge non consenta a quell'organo di .emettere un provvedimento siffatto, svolge per la prima volta nel ricorso le argomentazioni giuridiche a sostegno del proprio assunto (del resto gi� sommariamente adombrato nella comparsa di replica nel giudizio pretorile) censurando la motivazi?ne in diritto del Pretore. E non vi � dubbio che ci� possa fare, essendo la funzione del ricorso per cassazione proprio quella di verificare J.a correttezza giuridica della decisione sottoposta al vaglio di legittimit� del S.C. La questione giuridica proposta in questa sede � tutt'altro che nuova, investendo per confutarla, la ratio decidendi della sentenza impugnata: nuove sono se mai soltanto le argomentazioni giuridiche prospettate dal ricorrente nel rispetto dei limiti del giudizio di legittimit�, e che colgono nel segno, metterndo in luce l'errore di lettura delle norme del codice della strada in .cui � nella specie incorso il Pretore. Quel giudice, chiamato a decidere, se l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato fosse competente a disciplinare, la sosta dei veicoli in un'area di s.ua propriet� all'ingresso della stazione centrale di Milano, aperta alla pubblica circolazione, ha ritenuto infatti che la competenza sussistesse, applicando la nol'ma di cui all'art. 3, comma 3, lett. a) del codice della strada (trascrivendo addirittura. in sentenza il contenuto), ma dimenticando di prendere in considerazione la rubrica del suddetto articolo � obblighi, divieti e limitazioni relativi alla circolazione fuori dei centri abitati�.� N� potrebbe ipotizzarsi che il Pretore abbia implicitamente ritenuto che la stazione centrale di Milano si trovi fuori del centro abitato della citt�, sicch� la disciplina del traffico relativo rientrerebbe nella previsione normativa del .richiamato art. 3 del codice stradale. Un travisamento di fatto cos� diverso dalla realt� non viene, del resto, rnemmeno adombrato dalla difesa dello Stato e trova, comunque, puntuale smentita nella piana interpretazione della sentenza impugnata. Deve quindi tenersi per fermo che l'art. 3 del codice stradale (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393) riguarda solo la circolazione extraurbana e che le ordinanze che l'Ente proprietario della strada � �competente ad emanare, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo. riguardano esclusivamente le strade extraurbane. Per quelle urbane, che si snodano entro 784 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO i centri abitati, la competenza alla emanazione deHe ordinanze disciplinatrici del traffico � normalmente attribuita al Sindaco, ed all'ente proprietario spetta solo la potest� di disporre la sospensione temporanea della circolazione per la tutela del patrimonio stradale, o per �esigenze di carattere tecnico. Questa evidente soluzione si ricava dal raffronto dell'art. 3 con il successivo articolo 4 che sotto la rubrica � obblighi divieti e limitazioni relativi alla �circolazione nei centri abitati�, al comma 3 stabilisce fra l'altro -che per i tmtti di strade non comunali che attraversano centri abitati solo i provvedimenti indicati nell'art. 3 comma 3 lett. d) sono di competenza dell'ente proprietario della strada. Ne consegue che dei provvedimenti di cui all'art. 3 comma 3 riservati per la circolazione �extraurbane alla competenza dell'ente proprietario ed affidati al Sindaco nella circolazione urbana, gli enti proprietari (diversi dal Comune), possono adottare per i tratti di strada che attraverso centri abitati solo quelli ora specificati, ed indicati nella lett. d) del comma 3 dell'art. 3. E non � necessario approfondire l'esegesi della disposizione per concludere che la disciplina della sosta dei veicoli non pu� farsi rientrare nella sospensione temporanea della circolazione per i fini indicati. E, del resto, nell'art. 4 citato la disciplina dei divieti di sosta trova ampio spazio ed � attribuita espressamente alla competenza del Sindaco (cfr. comma 1 lett. b del citato art. 3). Le precedenti considerazioni permettono di affermare con sicurezza che la disciplina della sosta dei veicoli entro un'area stradale aperta alla pubblica circolazione sita nel perimetro della stazione di Milano, non poteva essere effettuata con ordinanza dell'amministrazione ferroviaria, n� ai sensi dell'art. 3, invocato dal Pretore, n� ai sensi dell'art. 4 che circoscrive i poteri di ordinanza dell'ente proprietario nella circolazione urbana ad una sola ipotesi, cui � estranea la regolamentazione della sosta. Il Pretore ha dunque �errato :nell'affermare 1a competenza del direttore compartimentale delle Ferrovie al riguardo, conseguentemente negando la disapplicazione di quella ordinanza. Il provvedimento, invece, essendo illegittimo, perch� viziato da incompetenza, avrebbe dovuto essere disapplicato. Non vi � dubbio, infatti, che la ravvisata illegittimit� si risolva in un vizio di incompetenza rendendo� superfluo ogni approfondimento sulla problematica della disapplicazione (postulato all'opposto da una qualificazione come �eccesso di potere). Non � necessario al riguardo enucleare la tipologia deLla incompetenza, della violazione di legge �e dell'eccesso di potere, essendo sufficiente fissare i connotati del vizio di incompetenza per trarre conferma dell'esattezza della qualificazione accolta. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Tradizionahnente l'incompetenza � il vizio che riguarda la provenienza dell'atto amministrativo, e la .si riscontra og.ni qualvolta l'atto che si considera costituisca esercizio di attribuzioni che, per ragioni di materia, di territorio, o di .grado, spettano ad un'autorit� amministrativa diversa da quella che .lo ha emanato. Il vizio di incompetenza, pertanto, ricorr�e allorch� l'autorit� amministrativa abbia esorbitato dai limiti della propria competenza, invadendo la sfera di attribuzioni di un'al:tra autorit� amministrativa. Intesa la competenza come sfera di attribuzioni di un .soggetto, l'esame del contenuto degli artt. 3 e 4 del codice .stradale rende evidente che negli �stessi, in relazione �lla riconosciuta necessit� di integrare la disciplina della circolazione, sono dettate disposizioni che stabiUscono, distinguendo la circolazione urbana da quella extraurbana, chi possa emettere le ordinanze discipHnatrici e quale ne possa essere il contenuto. Si ha quindi tipica attribuzione di sfere di competenza, esorbitando dalle quali i singoli soggetti incorrono perci� nel vizio di incompetenza. Indubbiamente, tn senso lato, l'organo che compie un atto non rientrante nella sfera delle sue attribuzioni esercita un potere che non gli spetta, .e quindi eccede dai suoi poteri. Ma nell'accezione di cui all'art. 26 del t.u. delle leggi .sul Consiglio di Stato, secondo unanime riconoscimento, l'eccesso di potere ha un significato pi� ristretto e viene a riguardare un'attribuzione di competenza comportante una. sfera pi� o meno ampia di discrezionalit�, e pi� particolarmente l'uso del potere discrezionale fatto per un fine diverso da quello in. vista dei quali il potere � stato attribuito (il c.d. d�tournement de pouvoir del1a dottrina francese). Da questa pur sommaria puntualizzazione consegue che in prindpio le manifestazioni dell'eccesso di potere si hanno all'interno della sfera di attribuzioni ris�ervata ad un certo organo e riguardano il modo di esercizio di talune delle attribuzioni conferite, e le valutazioni all'uopo compiute. � peraltro possibile che si verifichi sovrapposizione di suddetti vizi quando la valutazione discrezionale sia compiuta con divergenza dai fini rispetto ad un'attribuzione che non sia affidata dall'ordinamento all'organo che ha emesso l'atto. Facendo applicazione di questi principi al caso di specie non � dubbio che lo stabilire se la disciplina con ordinanza della circolazione su strade di propriet� non comunale nei centri urbani spetti al Sindaco od. all'ente proprietario per quanto riguarda la regolamentazione della sosta, significa verificare a quale organo viene affidata la relativa compete: nza. E la disapplicazione dell'atto amministrativo compiuto da organo incompetente rientra de plano nei poteri del giudice ordinario, restando assorbito nel riconoscimento della incompetenza ogni ulteriore censura 786 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO circa il contenuto di quanto disposto e quindi circa la possibile sovrapposizione di un eventuale ,eccesso di p�tere all'accertata incompetenza. Le conclusioni cui si � giunti partono dal presupposto, insindacabilmente accertato dal Pretore e posto a fondamento dela �sua decisio:ne che, l'area costituente la c.d. �Galleria delle Carrozze�, sia una strada aperta all'uso pubblico e che, pertanto all'area medesima siano applicabili le norme del codice della strada, il quale riguarda appunto (art. 1) la circolazione dei pedoni, degli animali, e dei veicoli sulle strade. La stessa Avvocatura dello Stato, del resto, ha riconosciuto sin dalla OQ:m,parsa presentata del giudizio pretorile, ed anche in questa sede, che rettamente v.enivano in cons�iderazione le norme del codice stradale, in quanto trattasi area che, pur essendo di pertinenza della St�zione ferroviaria, � caratterizzata dalla specifica finalit� di consentire la circolazione pubblica nell'accesso della stazione,� in vista della quale la sosta � stata permessa solo a determinate categorie di utenti. La difesa dell'Amministrazione, anche davanti alla S.C., ribadisce tale specifica finalit� per contrastare il buon fondamento del secondo motivo di ricorso, �e giustificare l'apposizione di cartelli non rispondenti puntualmente all'elencazione di cui all'art. 59 comma 7 del il'egolamento di esecuzione del codice della strada. Ma, a prescindere dallo scopo perseguito, tali rilievi �comportano l'ammissione esplicita, che l'applicazione della disciplina della circolazione pubblica non trova ostacolo nel carattere di demanialit� del bene. Il che basta a dispensare da ogni rilievo al riguardo. In base alle consriderazioni che precedono il primo motivo del ricorso deve perci� essere accolto, (rimanendo assorbito il secondo motivo) e la causa va rinviata, per nuovo esame, al Pretore dii Monza �che si atterr� al ,seguente principio di diritto: La disciplina, con ordinanza, della sosta dei veicoli su un'area stradale di propriet� della pubblica amministrazione, sita all'interno di un centro urbano, e adibita �all'uso pubblico della circolazione (nella specie: per agevolare l'accesso ad una stazione ferroviaria) rientra nella competenza esclusiva del Sindaco del Comune, ai sensi dell'art. 4 del vigente codice della strada (d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393). � pertanto illegittima, per incompet�enza, e va disapplicata dal Pretore investito, ai sensi dell'art. 9 della 1. 3 maggio 1967, n. 317, dell'opposizfo. ne all'ingiunzione di pagamento di somma a titolo di sanzione amministrativa per la violazione dli disposizioni in essa contenute, l'ordinanza emessa dal legale rappresentante della P. A. medesima, con l� quale si pretende di regolamentare la sosta dei veicoli su quell'area, riservandola a determinate. categorie di utenti. La competenza a diisciiplinare la sosta spetta all'ente proprietario della strada, ai sens'i dell'art. 3 comma 3, lett. a) cod. stradale, esclusivamente con riguardo alla circolazione extraurbana; mentre rispetto ai tratti di strada che attraversano PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 787 centri abitati l'ente medesimo pu� emanare solo ordina:nze di sospensione temporanee della -circolazione per la tutela del patrimonio stradali;!, o per esigenz� di �carattere tecnico (art. 3, comma 3, lett. a) in relazione all'art. 4, comma 3 cod. stradale). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 26 giugno 1972, n. 2165 -Pres. Gionfrida -Est. P.arisi -P.M. Minetti -(conf.) -Malfar� (avv. Lucci) c. Ministero Interno (avv. Stato Terranova). Responsabilit� civile -Responsabilit� della P. A. per danni ai propri dipendenti -Norme limitative -Incostituzionalit� -Risarcimento Prescrizione -Decorrenza. (Cost., artt. 28, 136; r.d.1. 6 febbraio 1936, n. 313, art. 1 eonv. in I. 28 maggio 1936, n. 1126, e.e. artt. 2935, 2947). Le disposizioni limitative della responsabilit� dello Stato per gli infortuni occorsi ai propri dipendenti per causa od in occasione di servizio (r.d. 6 febbraio 1936, n. 9.13, conv. in legge 28 maggio 1936, n. 1126), di poi dichiarate costituzionalmente illegittime, determinavano una mera difficolt� di fatto e non un impedimento legale all'esercizio dejt disconosciuto diritto ai risarcimento det danno~ sicch� ii decorso della prescrizione iniziava dal giorno in cui tale diritto poteva farsi valere (sempre~ch� il fatto costitutivo della responsabilit� si fosse verificato dopo l'entrata in vigore della Costituzione) e non dalla data della declaratoria di illegittimit� costituzionale della norma (1). Co:n l'unico mezzo proposto dal Mafar� si denuncia la violazione e 'falsa applicazione degli artt. 2935, 2947 �cod. civ. d~ll'art. 136 della Costituzione e dell'art. 30 della legge 11 marzo 195�3, n. 87, e si deduce che, nella specie, avrebbe dovuto escludersi l'avvenuto decorso della (1) Ofr. Cass., 23 maggio 1972, n. 1581; 18 settembre 1970, n. 1568; 4 giugno 1969, n. 1959 in questa Rassegna, 1969, I, 1953, con nota di CoLETTA. Sui limiti di efficacia della .pronunzia della Corte Costituzionale cfr. Cass., 11 giugno 1971, n. 1767, per la quale in conformit� di un principio ormai acquisito, situazioni giuridiche definitivamente .esaurite e come tali insensibili rispetto agli effetti di una pronunzia della Corte Costituzionale, sono soltanto quelle ormai consolidate ed intangibili, cio� non suscettibili di rimozione o di diversa regolamentazione, sia� per .effetto di preclusione 788 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prescrizione, posto che le limitazioni sancite dalla legge 28 maggio 1936, n. 1126, escludendo in maniera tassativa che i dipendenti delle Amministrazfoni dello Stato potessero richiedere il risarcimento dei danni sofferti a causa o in occasione del servizio da essi prestato alla Amministrazione, che non Tisultassero gi� coperti da�l trattamento previsto dalle norme regolatrici del rispettivo rapporto di servizio o di quiescenza e concretavano, quindi, un impedimento di carattere assoluto a che il diritto che era stato azionato nell'attuale giudizio potesse essere esercitato dal Malfar� prima che le citate norme venissero private della loro efficacia per effetto della sente:nza della Corte Costituzionale n. 1 del 30 gennaio 1962: e ci� sia per la difficolt� di individuare, prima che fosse pronunciata tale sentenza, le ragioni della lorro illegittimit� costituzionale, che avrebbero dovuto essere addotte per giustificare la prospettazione della loro incostituzionalit� -:ragioni che sono state acclarate ed accertate co:n grado di certenza solo a seguito del giudizio che � stato compiuto al riguardo dalla Corte Costituzionale -; sia per i non indifferenti oneri 'inerenti a tale prospettazione, sia infine perch� '1'accertamento dell'eventuale incostituzionalit� delle disposizioni legislative � riservato alia competneza della Corte Costituzionale che pu� procedervi 'solo nel caso che la questione di incostituzionalit� sia ritenuta non manifestamente infondata dall'organo giurisdizionale, non potenzo 1a Corte Costituzion'ale essere adita direttamente dietro semplice istanza dell'interessato. Il motivo � infondato. � noto invero che per gli articoli 136 della Costituzione e 30, comma III, della legge 11 marzo 1953, n. 87, J.a norma dichiarata incostituzionale deve essere disapplicata, anche di ufficio, dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della decisfone della Corte Costituzionale, con la conseguenza �Che il giudice, nel pronunciare sul rapporto sottoposto al suo esame, deve, anche di ufficio, tenere conto della intervenuta dichiarazione di incostituzionalit� in ogni stato e grado del giudizio la dichiarazione intervenga, importando la sentenza della Corte Costituzionale, per la sua portata di ordine generale e la nascente da giudicato, sia per effetto di atti amministrativi non pi� impu. gnabili a causa del decorso dei termini di prescrizione o decadenza oppure in dipendenza di atti negoziali od altri fatti o atti che, al riguardo, siano rilevanti sul piano sostanziale o su quel.lo processuale. Alla dichiarazione di incostituzionalit� degli atti aventi forza di legge, si riconosce natura ontologicamente diversa cos� dall'abrogazione che dallo ius superveniens, cfr. Cass., 23 maggio 1972, n. 1581, rientrando nella categoria degli accertamenti costitutivi volti a dichiarare, con efficacia erga omnes, la invalidit� della norma per un vizio intrinseco ed originario di contrasto con il precetto costituzionale. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE particolare natura del vizio che mediante essa viene dichiarato, la definitiva e integrale eleminazione della norma incosti.tuzionale, con efficacia erga omnes e con effetti che, retroagiscono sino al momento stesso in cui � venuto a determinarsi il suo contrasto con il precetto costituzionale. � noto altres� che la retroattivit� non pu� tuttavia spiegare i suoi effetti dspetto a quei casi concreti in cui si siano determinate situazioni giuridiche co:nsolidate ed intangibili, suscettbili come tali di essere diversamente regolate prescindendo dalla norma che � stata dichiarata incostituzionale; situazioni giuridiche,� il cui accertamento positivo da parte del giudice precede in ordine logico e preclude, per la sua conseguente irrilevanza, l'esame della questione su cui incide la dichiarazione di incostituzionalit�, come si verifica nel caso d!i rapporti gi� definiti, anteriormente alla pronuncia di illegittimit�, costituzionale, in base a giudicato o ad atti amministrativi non pi� impugnabili o ad altri atti o fatti -quali la prescrizione o la decadenza -di cui siano interarmente esauriti gli effetti e che siano rilevanti sul ,pia~o sostanziale o processuale, nonnostante la inefficacia della norma dichiarata incostituzionale (V. sentenza nn. 578, 582, 1959, 2275, 3779, 3877, del 1969, n. 540, 1181, 2381, 2587, del 1970; nn. 943, 1515, 1872, del 1971). Ora � evidente che le limitazioni sancite dapprima col decreto luogotenenziale 21 ottobre 1915, n. 1558 e poi con r.d.l. 6 febbraio 1936, n. 313, convertito nella I. 2.8 maggi,o 1936, n. 1126 -con cui fu e,scluso che i dipendenti delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, potessero richiedere all'Amministrazione dei danni sofferti a causa o in occasione del servizio da essi prestato, che fossero coperti dal trattamento previcsto dalle norme regolatrici del rispettivo rapporto di servizio o di quiescenza -contrariamente a quanto assume il ricorrente, anche prima che fosse dichiarata la loro incostituzionalit�, non costituivano, una volta entrata in vigore la nuova Costituzione, un impedimento di carattere assoluto a che il medesimo ricorrente potesse esercitare iil diritto da lui vantato, e'ssendo noto che al fine di escludere il decorso della prescrizione sono rilevanti soltanto quelle situazioni che rendono giuridicamente impossibile l'esercizio del diritto. L'articolo 2935 cod. civ., disponendo che la prescrizione comincia a decorrere dal gio11no in cui il diritto pu� essere :l�atto valere, si riferisce infatti, secondo l'interpretazione costantemente seguita dalla giurisprudenza di questo Collegio, soltanto alla possibilit� legale e non anche alla possibilit� materiale di esercitare il diritto, con la conseguenza che agli effetti previsti da detta norma non pu� attribuirsi rilievo, onde escludere il decorso della prescrizione, ai semplici impedimenti di fatto, che non siano espressamente previsti dalla legge qualii cause impeditive deUa prescrizione, tra cui non rientra la mancata conoscenza del pro 790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prio diritto da parte del rispettivo titolare .L_ sia essa colpepole o meno -che non sia imputabile al fatto doloso della contropaTte (v. sent. 18 maggio 1951, n. 1482; 12 settembre 1970, n. 1401; 17 luglio 1969, n. 2638; 5 maggio 1�967, n. 873; 24 novembre 1966, n. 2797; 25 ottobre 1966, n. 2592; 30 luglio 1966 ,n. 2130). Ne deriva che il risarcimento dei danni che non erano stati coperti dal trattamento pensionistico che fu riservato al Malfar� -sempre che H fatto costitutivo della pretesa .responsabilit� dell'Amministrazione si fosse verificato dopo il 1� gennaio 1948, data di entrata in vigore della nuova Costituzione, in guisa da ricadere sotto 1a disciplina delle relative norme e giustificare cos� la pretesa avanzata dall'attuale ricorrente in relazione alla sopravvenuta illegittimit� costituzionale delle preesistenti limitazioni .sancite al riguardo dalle sop.ra richiamate disposizioni legislative vigenti in materia -avrebbe potuto essere legittimamente riichiesto dal Malfar� anche prima che venisse dichiarata la illegittimit� costituzionale di queste ultime disposizioni. Al fine di escludere l'esperibilit� dell'azione e le conseguenze che, agli effetti della prescrizione, sono .state riconnesse al suo mancato esercizio, a nulla rileva poi che, nella specie, l'accoglimento della domanda avrebbe dovuto essere preceduto dalla declaratoria di illegittimit� delle citate norme, possibile peraltro -dopo l'entrata .in funzione defila Corte Costituzionale -solo se la questione �li incostituzionalit� fosse stata ritenuta non manifestamente infondata dall'organo giurisdizionale. Ed invero � irrHevante il fatto che il Malfar� non potesse esperire un'azione autonoma di accertamento della illegittimit� costituzionale della norma, giacch� egli avirebbe potuto impedire il verificarsi della prescrizione mediante l'esercizio dell'azione giudiziale tendente al risarcimento del danno e facendo s� che la questione di incostituzionalit� venisse per tal via portata al giudizio deHa Corte Costituzionale. N� vale il dire che il giudice avr.ebbe potuto di�hiarar�e la questione manifestamente infondata, giacch� il giudizio di manifesta infondatezza non implica esercizio di potere meramente discrezionale e l'eventualit� che esso si risolva anche in ultima istanza in senso sfavorevole a chi ha promosso il giudizio soHevando la relativa questione non pu� considerarsi un impedimento giuridico all'esercizio del diritto ed impedire il decorso della prescrizione, cosi come non potrebbe impedirlo, nel caso di mancato tempestivo �esercizio dell'azione rispetto a diritti per i quali non si presentino problemi di carattere costituzionale la circostanza che l'astensione dal tempestivo esercizio dell'azione fosse determinata dalla eventualit� che il giudice rigettasse la domanda ritenendo infondato il presupposto giuridico di essa in base a un'orientamento giurisprudenziale, e che tale orientamento fosse stato poi abbandonato nel momento in cui l'azione viene esercitata. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 791 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 giugno 1972, n. 2207 -Pres. Cortesani -Est. Ferrero -P. M. Mililotti (conf.) -S.p.A. Montedison (avv. Salvucci e Cisotti) c. Ministero dei Trasporti (avv. Stato Gentile). Trasporto -Trasporto ferroviario di cose -Convenzione internazionale per il trasporto delle merci -Interruzione di linea nel corso della spedizione -Disciplina -Istruzioni del mittente al di fuori delle facolt� previste -Tassa di sosta -Applicabilit�. (C.I.M. 25 febbraio 1961, art. 54 ratificata con legge 2 marzo 1963, n. 806; Condizioni e Tariffe per il trasporto delle cose sulle F. S. d.lg. 30 marzo 1961, n. 19� -artt. 38 par. 2 lett. a); 43 par. 1, lett. d). In forza dell'art. 54 della Convenzione Internazionale per il trasporto delle merci per ferrovia (C.l.M.) deL 25 febbraio 1961, ratificata con legge 2 marzo 1963, n. 806, gli impedimenti al trasporto delle merci per interruzione di linea notificati dopo l'accettazione deHa spedizione, sono regolati dalLa norma di cui alL'art. 38 delle Condizioni e Tariffe per iL trasporto delle cose sulle F.S. Per essa spetta aLL'utente, ai quaLe l'Azienda F.S. abbia chiesto istruzioni, L'alternativa facolt� di far proseguire il trasporto per altra via libera, senza aggravio di spese, oppure disporne la restituzione alla stazione di partenza od altra intermedia, restando obbLigato al pagamento della tassa di porto fino aUa stazione in cui il trasporto si � fermato. Qualora invece l'utente, impartendo istruzioni al di fuori di tale sua alternativa facolt�, disponga che i carri ferroviari siano trattenuti in sosta fino al termine deU'interruzione deUa linea per essere poi avviati a destinazione, sono a suo carico le tasse' di sosta previste dalL'art. 43 par. 10 lett. d) delle Condizioni e Tariffe, per l'intero periodo di giacenza delle merci (1). (1) 'Non constano precedenti in termini, ma la sentenza appare rigorosamente ,aderente alla dtscipl!Lna 1stabhlita daWLe Condizioni e Tariffe peir i:l tria.sporto delle cose sulle F.S. (r.d.l. 25 gennaio 1940, n. 9 e succ. mod.), che dettano un organico sistema e nel cui ambito vanno ricercati i principi che regolano la materia. Le tasse di sosta assumono, in siffatta regolamentazione, materia di corrispettivo peil" l'UISO, non compll.'eso nel contratto dii trasporto, de1le ~ee ferroviarie in genere, dei carri e delle conseguenti prestazioni di custodia delle cose e sono dovute, in linea di principio, le quante volte la giacenza non sia imputabile all'Amministrazione (art. 43 lett. b) Cond. e Tariffe). La normativa dettata dall'art. 38, par. 2, lett. a) delle Condizioni e Tariffe si pone come disciplina speciale rispetto a quella generale prevista dall'art. 1686 ,c, civ. 1e ,contempera, Ln vista della complessa a'l'tioolazdone del 5 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 792 (Omissis). -La societ� ricorrente, con unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione: degli artt. 24 e 54 della Convenzione internazionale per il trasporto delle merci per ferrovia (C.I.M.) di cui fu autorizzata la ratifica ,con legge 2 marzo 1963, n. 806; degli artt. 24, 35, 38, 42 e 43 delle Condizioni e Tariffe per i trasporti delle cose sulle ferrovie dello Stato, approvate con r.d.I. 25 gennaio 1940, n. 9 e successive modificazioni; nonch� dell'art. 1686 c'.c. Al riguardo la ricorrente sostiene che sono applicabili le norme anzidette della C.I.M., ma . . che, non prevedendo e.sse la materia della so.sta, questa � disciplinata dalle norme nazionali di ciascun Stato. E nella specie le tasse di sosta non sarebbero dovute perch� l'art. 43 delle Condizioni e Tariffe sopra citate regola le ipotesi di ritardo che possano verificarsi ahl'inizto e dopo l'esecuzione del trasporto, restando al di fuori d�ella sua normativa i ritardi durante il percorso (sosta nelle stazioni intermedie). Il motivo non � fondato. Anzitutto, va precisato che -come � pacifico, ir�. forza dell'art. !)4 della Convenzione :internazionale (C.I.M.) pi� sopra ricordata -il caso di specie � regolato �dalla legge italiana. Al riguardo � da specificare che esso � sussumibile nell'ambito previsionale del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 avente per oggetto: �Revisione delle Condizioni per il trasporto delle cose sulle ferropie dello Stato�. Ol'lbene, l'art. 38 di tale decreto disciplina gli � impedimenti al trasporto � e, lllel suo paragrafo n. 2 considera specificamente l'ipotesi di � interruzione di linea � nel cui ambito, come non � controverso, rientra appunto la fattispecie. Sotto la lettera a) del detto paragrafo si considerano le � spedizioni accettate prima della notifica dell'illlterruzione � e tale era quella oggetto deHa lite. In proposito la norma citata (art. 38, par 2, lett. a) dispone testualmente: � Se la spedizione, accettata prima della notifica dell'interruzione, pu� aver corso per altra linea dell'Amministrazione, questa decide se ,sfa nell'illlteresse del mittente farla proseguire per altra l:inea rimasta libera, oppure tratten�rla per chiedergli istruzioni. Se il trasporto ha corso per altra liinea, agli effetti del computo della tassa di porto, non si tiene �conto del prolungamento di percorso determinato dall'interruzione. Ove il mittente disponga la restituzione della spedizione alla stazione di partenza o ad aUra intermedia, possa il trasporto aver corso �o meno per altra linea rimasta libera, le tasse di porto sono dovute fino alla stazione in cui il trasporto � stato fermato, ed H percorso di ritorno viene eseguito in esenzione di tasse�� servizio ferroviario, gli interessi dell'Amministrazione con quelli dell'utente per i casi di interruzione di linea, sicch� solo nell'ambito di tale disposizione l'utente pu� essere sollevato dall'obbligo del pagamento delle tasse per la sosta resasi necessaria. PARTE I, SEZ. III; GIURISPRUDENZA CIVILE Dalla suesposta normativa si evince, a chiare note, che -di fronte alla scelta operata dall'Amministrazione ferroviaria (cio� proseguimento al mittente con richiesta di istruzioni) :__ l'utente, quando (come nella specie) gli siano state chieste le istruzioni, ha la facolt� alternativa di fare proseguire il trasporto per altra via libera senza aggravio di spese, oppure disporne la restituzione alla sta�zione di partenza o ad altra inter media, restando egH tenuto, in tali ipotesi, a pagare la tassa di porto soltanto fino alla stazione in cui il trasporto � stato fermato. Con la regolamentazione in parola la legge ha sicuramente inteso con.temperare gli interessi contrapposti dell'Amministrazione e dell'uten te in una .situazione di emergenza determinata da eventi improvvisi ed imprepedibili. Orbene, da tale regolamentazione risulta per certo escluso che il mittente �possa pretendere che i carri ferroviari siano trattenuti in so�sta __ fino alla �cessazione dell'interruzione della linea per essere, poi, avviati alla stazione terminale. Pertanto (avendo la societ� ricorrente scelto quest'ultima soluzione non prevista dall'�art. 38 citato tra quelle dianzi indicate, ne consegue -come rettamente ha argomentato la sentenza qui dl?nunziata -l'as sunzione, a carico della societ� stessa, �degli oneri causati dal soddisfa cimento della sua richiesta, in essi inclusa la corresponsione della tassa cli sosta per il periodo di giacenza della spedizione in attesa del ripd stino della linea �. Questa decisione trova ulteriore conforto nel disposto dell'art. 43 dello stesso d.P.R. n. 197 del 1961 che disciplin� la � Giacenza delle cose su sede ferroviaria� e le �Tasse di sosta�. Tale norma, nel suo primo paragrafo -riguardante � Casi di giacenza ed applicazione delle tasse di sosta � -statuisce: � Quando, per una delle cause di �seguito indicate, le cose rimangono giacenti nelle stazioni, sui carri, nelle agen zie, o, in qualsiasi altro locale od area della Amministrazione, sono do vute le tasse di sosta previste dall'allegato 1 �. E, alla lettera d), il pa ragrafo stesso tra le ipotesi in parola specifica testualmente: �ogni altra causa indipendente dalla Amministrazione compresi i sequestri ed i pi gnoramenti, nonch� per ogni fatto od omissione imputabili all'utente �. Ora non pare dubbi-o che il �comportamento attuato dalla ricorrente -con il dare alle Ferrovie dispo�sizioni diverse da quelle sole, sopra in dicate, che era facoltizzata ad impartire in forza dell'art. 38 citato integri proprio gli estremi di un fatto imputabile ad essa utente, giusta la previsione normativa test� richiamata (art. 43, par 1, lett. d). Pertanto il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente, societ� per azioni Montecatini-Edison S.p.A. condannata alla perdita del deposito effettuato per il caso di soccombenza. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1972, n. 2225 -Pres. Favara -Est. Valore -P. M. Chir� (conf.) -Fallimento Mangiarotti (avv. Paola e Nicol�) c. Ministero Difesa-Esercito (avv. Stato Coronas). Obbligazioni e contratti -Risoluzione per inadempimento -Risarcimento del danno -Presupposto. (c. civ., art. 1453). Obbligazioni e contratti -Inadempimento -Acquiescenza della parte interessata -Successiva impugnativa -Inammissibilit�. (c. civ., artt. 1218, 1453). Poich� ii risarcimento del danno presuppone un inadempimento imputabile, consegue che quando sia da rigettare la domanda di risoluzione del contratto per mancanza di colpa nell'inadempimento o per la scarsa importanza di esso, viene meno il presupposto per l'accogiimento della domanda accessoria di risarcimento. La parte che presta completa acquiescenza alta violazione di un obbligo contrattuale posto in essere daWaltro contraente, non pu�' pi� addurre tale violazione come motivo di inadempimento (1). Con il primo mezzo di ricorso il fallimento -den.unziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1218 e 1181 e.e. in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. -censura la decisione della Corte di merito per avere a torto ritenuto che l'azione di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale presuppone, come quella di risoluzione, un inadempimento di non scarsa importanza e sostiene che la valu (1) Circa l'incidenza deili'iml.denn[limento nell'economiia contrattuale, agli effetti della domanda di risoluzione, dal legislatore voluta � di non scarsa importanza� art. 1455 e.e., si concorda che a tal fine non si debba far capo alla presumibile volont� dell'interessato, ma tener conto dell'inadempimento in relazione alla concr.eta situazione contrattuale. Cfr. Cass., 28 novembre 1955, n. 3809; 9 maggio 1956, n. 1518; 3() maggio 1959, n. 1636, ecc. ecc. In ordine poi .ad �cri.ted che valg�ano ad !Ldentiftoaire !l'imporitanza o la gravit� dell'inadempimento, la giurisprudenza non offre elementi certi, riferendosi al pregiudizio della finalit� economica che le parti ebbero di mira od all'impedimento del normale svolgimento del rapporto secondo l'intenzione dei contraenti, ovvero al perturbamento della sostanza del contratto. In particolare, cfr. Cass., 21 ottobre 1955, n. 3406; 24 febbraio 1958, n. 607; 3 aprile 1959, n. 988, ecc. � stato sottolineato, occorre aver riguardo anche al comportamento tollerante del creditore in quanto, denunziando uno scarso interesse all'adempimento nei precisi termini contrattuali, pu� essere valutato ai fini del giudizio sulla gravit� dell'inadempimento. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE zione che va fatta dell'inadempimento ai fini risolutori del collltratto � diversa da quella che viene in rilievo allorquando si lamenti la inesatta esecuzione di esso che abbia provocato danno. La doglianza non � fondata. Come questa Suprema Corte' ha gi� altre volte ritenuto (sentenze nn. 2723 del 1968 e 1645 del 1962), secondo i principi generali sulla responsabilit� per inadempimento (art. 1453 in relazione aill'art. �1218 e.e.) il risarcimento del danno presuppone un inadempimento imputabile, con la conseguenza che allorquando sia da rigettare la domanda di risoluzione del contratto per mancanza di colposit� nell'inadempimento o per la scarsa importooza di esso, viene meno il presupposto per l'accoglimento della domanda accessoria di risarcimento. E poich� la valutazione dell'importanza dell'inadempimento costituisce una questione di mero fatto devoluta al giudice di merito la cui soluzione si sottrae al controllo di legittimit� quando come nella specie sia sorretta da adeguata motivazione, fa dedotta violazione di legge � insussistente. Nella specie, peraltro, va considerato che la Corte di appello, attraverso la incensurabile valutazione degli atti e del comportamento delle parti, ha in definitiva ritenuto l'insussistenza dell'inadempimento in quanto ne ha es.eluso ogni rilevanza apprezzabi:le attrav�erso la considerazione che neppure l!a parte interessata aveva creduto di avvalersene n� sotto il profilo dell'art. 1453, n� sotto quello dell'art. 1455, n� sotto quello dell'art. 1460 e.e. (� execeptio inadimpleti contractus � o, pi� esattamente, �non rite adimpleti contractus �), n� facendo ricorso al mezza di coazione previsto dagli artt. 39 e 40 delle condizioni generali d'oneri, applicabile anche al somministrante, mezzo che d� alLa parte il potere di non provvedere alla fornitura successiva fin quando quella preceednte non sia stata esattamente adempiuta. Escluso l'inadempimento, perde perci� stesso di ogni rilievo anche iil richiamo che il ricorrente fa dell'art. 1218 e.e. (�il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta � tenuto al risarcimento del danno�) per sostenere, anche sulla base dell'art. 1453 e.e. che l'inadempimento di scarsa importanza, se non pu� dar luogo a risoluzione, fa sorgere per� un'azione per il risarcimento dell danno. Ma la censura che ne occupa appare priva di consistenza anche per un altro assorbente motivo. Invero, anche ad ammettere che un inadempimento vi sia stato da parte dell'Amministrazione deHa Difesa c�ol richfodere al somministrante .in contratto, non per questo la sentenza impugnata potrebbe essere cassata. Con apprezzamento esauriente e giuridicamente corretto delle circostanze di fatto, la decisione denunciata ha infatti posto in rilievo che 796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il somministrante, pur di fronte alla ricorrente violazione dell'obbligo periodico di richiesta da parte della somministrata, non sollev� mai alcuna protesta e forni le quantit� minori man mano che venivano !l'ichieste, senza obiezione alcuna acconsentendo cos� ad un adempimento inc�ompleto. Ora, � proprio questa accettazione incondizionata e protratta nel tempo che infirma la ricostruzione giuridica prospettata dal ricorrente. Viene, infatti, a perdere anche sotto questo aspetto o~i rilievo la importanza maggiore o minore dell'inadempimento (ed �, perci�, superfluo l'�esame del secondo motivo col quale si denlliilcia una ulteriore violazione degli articoli sopra citati e l'erroneit� del procedimento logico-giruridico attraverso il quale la Corte del merito � pervenuta a convincersi della scarsa importanza dell'inadempimento), giacch�, come � di tutta evidenza o come questa suprema Corte ha gi� afferma �to (cass. 214 �settembre 1971, n. 2:570~ la parte che ha prestato �completa acquiescenza alla violazione di un obbligo contrattauale posto in essere dall'altro contraente non pu� addurre tale violazione come motivo di inademp~mento, e ci� per avvenuta rinuncia. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 11 luglio 1972, n. 2333 -Pres. Maccarone ~ Est. De Biasi -P. M. Cutrupia (diff.) -Ministero dei Trasporti (avv. Stato Agr�) c. Viglienti (avv. Tranquilli e Aurelj). Responsabilit� civile -Assicurazione obbli~atoria del personale fer roviario contro ~li infortuni sul lavoro -Limita~ione di responsa bilit� dell'Amministrazione -Sussiste. (Cost., art. 28; r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 e d.P. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10; r.d.� 10 marzo 1938, n. 1054, art. 1). Infortunio sul lavoro -Illecito costituente reato -Responsabilit� civile del datore di lavoro -Declaratoria di non doversi procedere Poteri del Giudice civile. \ (r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, comma quinto; d.P. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, comma quinto). La limitazione di responsabilit� del datore di lavoro, prevista dall'ai, rt. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 10 d.P. 30 giugno 1965, n. 1124) recante disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro, sussiste anche n.ei confronti dello Stato e degli Enti pubblici soggetti a tale assicurazione (1). (1) Cfr. Cass., 7 luglio 1962, n. 1761, in Foro It., 1963, I, 107; 11 dicembre 1964, n. 2862, in Giust. Civ., 1965, I, 991, con la quale la Corte di Cassazione ha riconosciuto che l'esonero di responsabilit� del datore di lavoro PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 797 Nell'ambito della previsione di cui all'art. 4, r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art 10 d.P. 30.giugno 1965, n. 1124) spetta ai giudice civile di accertare se il fatto costituisca reato, agii effetti dell'eventuaie risarcimento dei danno da parte del datore di lavoro per L'infortunio sul Lavoro sub�to dal dipendente, non soitanto nei caso di declaratoria di non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia, ma in ogni aitra ipotesi in cui ii giudice penaie non abbia potuto accertare la sussistenza dei reato per estinzione dello stesso o per mancata identificazione dei suoi autori (1). -(Omissis). (Omissis). -La Corte di merito ha ritenuto non applicabile all'Amministrazione delle FF.SS. l'art. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sulle assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e ne ha emesso la condanna al risarcimento dei danni non a norma del terzo e quarto comma di detto articolo bens� in aderenza ai principi generali della responsabilit� civile, nell'ambito precettivo dell'art. 28 della Costituzione. L'Amministrazione rtcorrente, con l'unico motivo di censura, deduce l'applicabilit� ad essa del menzionato articolo 4, in particolare delle norme sul lavoro compreso nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria (caso di specie), e, quale effetto conse,guenziale riflesso di questa tesi giuridica (disattesa dal giudice di flPPello), invoca l'annullamonto di entrambe le sentenze impugnate. La tesi di premessa � esatta ma ad essa non consegue l'accoglimento della i'stanza ,conclusiva di ricorso (art. 384 c.p.c.). Questa Corte Suprema con .sentenze 7 luglio 1962, n. 1761 e 30 maggio 1969, n. 1931, dissentendo dal contrario indirizzo giurisprudenziale espresso dalla sua precedente gentehza del 27 marzo 1962, n. 615, ha dichiarato che l'art. 4 del r.d. 18 aprile 1935, n. 1765 � invocabile anche quando 1l'infortunio sul lavoro sia stato provocato da fatto illecito del dipendente dello Stato o di ente �pubblico e, nel caso di specie, il Collegio ritiene di dover aderire a questa ultima enuneiazione di diritto, ancorata; fra le altre evidenziate in .sentenza 1761 del 1962, alle seguenti considerazioni essenziali: previsto dall'art. 4 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sussiste anche nell'ipotesi di responsabilit� nascente dalla violazione degli obblighi sulla tutela delle condizioni di lavoro (art. 2087 e.e.). (1) Cfr. in questa Rassegna, 1967, I, 198 1a senten:ra della Corte Costituazionale 9 marzo. 1967, n. 22 con la quale � stata dichiarata la incostituzionalit� del comma 5 art. 4 r,d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 10 comma quinto d.P. 1965, n. 1125) per il quale veniva demandato al giudice civile il potere di accertare se il fatto generatore dell'infortunio sul lavoro costituisse reato, nelle sole ipotesi di estinzione del reato per morte dell'imputato o per amnistia. 798 RA.SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il r.d. 10 marzo 1938, n. 1054, nel dichiarare �il persona�le delle ferrovie dello Stato compreso nell'assicurazione obbligatoria contro ..... di cui al r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 �, ha inteso, in mancanza di disposizioni contrarie, estendere al personale stesso tutta la disciplina giuridica dettata dal decreto del 1935; anche quella particolare, cio�, relativa agli effetti dell'assicurazione obbligatoria sulla responsabnit� civile sussidiaria dei datori di lavoro (art. 4); -la norma dell'art. 28 de1la costituzione pTevede la responsabilit� generale dello Stato e degli Enti pubblici nelle ipotesi di atti illeciti compiuti da � loro funzionari e dipendenti � ma non tende affatto ad aillilullare le limitazioni di questa responsabilit� previste ragionevolmente dalla legge sulle assicurazioni obbligatorie degli infortuni sul lavoro; -l'esclusione dello Stato e degli Enti pubblici dane limitazioni di responsabilit� disciplinate dall'art. 4 dle r.d. 1765/35 creerebbe una -ingiunstificabile disparit� di trattamento tra datori di lavoro pubblici e privati che :siano egualmente soggetti all'obbligo dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. Peraltro, la ritenuta applicabilit� dell'art. 4 all'Amministrazione ricorrente non'determina, come gi� detto, l'annul!lamento della impugnata sentenza nei capi ammissivi di re�sponsabilit� civile dell'Amministrazione stessa per l'infortunio df specie, bens� soltanto la correzione dell'errore di diritto integrato dalla negazione di tale appli.cabilit�. Ed invero: A) L',art. 4, pi� volte menzionato, autorizza il Giudice civile a decidere se � per il fatto che avrebbe cos.tituito reato sussista la responsabilit� civile � del datore di lavoro � qualora sia stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per morte dell'imputato o per amnistia ., ma a queste esplicite ipotesi di dichiarata ammissibilit� di indagine e pronuncia del Giudice civile deve aggiungersi non solo quella di sentenza di n.d.p. per prescrizione del reato (in aderenza alla sentenza 9 marzo 1967, n. 22 della Corte Costituzionale) bens� anche l'altra di sentenza di n.d.p. per essere rimasti ignoti gli autori del reato stesso: sempre che, -come nelfipotesi di responsabilit� dell'Amministrazione dello Stato�:___ per l'affermazione di tale responsabilit� non sia indispensabile l'idenificazione della persona che abbia commesso l'illecito penale accertato nella sua concretezza obiettiva. E tanto perch�, in interpretazione estensiva del dettato normativo dell'art. 4, nell'ambito della sua previsione devono comprendersi tutte le ipotesi fo cui il Giudice penale non abbia potuto accertare la sussistenza del reato per estinzione dello stesso o per mancata identificazione dei suoi autori. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 346 -Pres. Potenza Est. F~lici -Ruzzuto (avv.ti Stancanelli, Bongiorno e Gorgone) c. Commissione Centrale vigilanza edHizia popolare ed: economica (avv. Stato Terranova), Soc. Coop. edil. � La Nuova tecnica � (avv. Virga), Ferrone ed altri (n. c.). Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio -Giurisdizione del Consiglio di Stato. Competenza e giurisdizione -Edilizia popolare ed economica -Alloggi cooperativi -Controversia sull'assegnazione di alloggio -Ricorso contro pronuncia della Commissione centrale di vigilanza -Giurisdizione del Consiglio di Stato. Edilizia popolare ed economica -Alloggi cooperativi -Morte di un socio -Successione -Data di consegna -Omessa redazione del verbale di consegna -Irrilevanza. La pretesa del socio di una Cooperativa aU'acquisto dell'alloggio, seco,ndo le norme vigenti sull'edilizia povolare ed economica, inerisce ad un interesse legittimo e non ad un diritto soggettivo; pertanto, appart�ene alla giurisdizione del Co'l'l,siglio di Stato la controversia attinente all'esistenza o meno del titolo a conseguire l'assegnazione di un appartamento e all'eventuale subingresso da parte degli eredi nella posizione di un socio defunto (1). Rispetto alle varie specie di pronunce comp1�ese nella sfera delle attribuzioni detla Commissione centrale di vigilanza per l'edilizia popolare ed economica, la giurisdizione del giudice amministrativo discende dalla natura della situazione fatta valere dall'istante nei confronti della determinazione specifica adottata dal predetto organo; pertanto, � ammis-� sibile il ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato proposto contro la pronuncia della Commissione centrale che, senza disporre l'annullamento di un atto giuridico, abbia stabilito l'esistenza o l'inesistenza del (1-3) Massime esatte. 800 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO titolo all'attribuzione deU'alloggio sociale (o all'eventuale subingresso, da parte degli eredi, nella posizione del socio defunto), ledendo l'interesse legittimo di uno o pi� soggetti (2). Ai sensi dell'art 116, primo comma, t.u. 28 aprile 1165, secondo cui nelle Cooperative a propriet� individuale a contributo erariale al socio che muoia dopo la consegna dell'alloggio di cui all'art. 98 t.u. cit. succedono i suoi eredi secondo il diritto comune, � previsto uno stretto collegamento fra la consegna dell'alloggio e la data della morte del socio, ammettendo il subingresso quando la prima preceda la seconda ed escludendolo nell'ipotesi opposta, sempre in presenza di elementi idonei a qualificare la liceit� della immissione nel possesso del socio defunto; pertanto, poich� il richiamo fra le due norme suddette concerne l'aspetto concreto della consegna, consistente nell'effettiva attribuzione del godimento concesso in modo lecito, e cio� in conformit� deUa scelta compiuta dall'organo sociale, nessuna rilevanza assorbente pu� assumere, ai fini della trasmissibilit� del titolo agli eredi, la redazione del verbale di consegna, che � inidonea ad ostacolare la successione degli eredi stessi, derivante dalla specifica situazione propria del defunto, e che deve essere consentita nei confronti di coloro che hanno titolo al subingresso quando la morte del socio abbia impedito la compilazione del verbale stesso (3). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 2 maggio 1972, n. 347 -Pres. Meregazzi -Est. Schinaia -Breida (avv.ti Zini Lamberti e Pulvirenti) c. Comune di Nichelino (avv. Dal Piaz), Ministe,ro lavori pubblici (avv. Stato Petrone) e Ufficio tecnico erariale di Torino (n. c.). Edilizia popolare ed economica -Piano di zona -Termine per l'impu gnazione -Proprietari delle aree� incluse nel piano -Decorrenza dalla notificazione. Edilizia popolare ed economica -Piani ex 1. n. 167 del 1962 -Deposito del piano -Notifica -Termine -Non � perentorio. Edilizia popolare ed economica -Piani ex L. n. 167 del 1962 -Progetto Allegati -Elenco dei proprietari -Elenco non aggiornato -Illegit timit�. Ai sensi dell'art. 8, utimo comma, legge 18 aprile 1962, n. 167, ai proprietari delle aree incluse nel piano di zona per l'edilizia economica e popolare deve essere notificato L'avviso di deposito del decreto di approvazione del piano e degli atti allegati, presso la segreteria comunale; pertanto, per detti soggetti, il termine per l'impugnativa del decreto PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 801 ministeriale di approvazione del piano e della delibera comunale di adozione del medesimo decorre dalla data della predetta notificazione, e non dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione nella Gazzetta Ufficiale (1). Il termine entro il quale il Sindaco, ai sensi dell'art. 8, legge 18 aprile 1962, n. 167, deve provvedere alla notifica del deposito del piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare, decorrente dall'inserzione del decreto di approvazione nella Gazzetta Ufficiale, non ha carattere perentorio, essendo diretto a sollecitare le Amministrazioni comunali a promuovere la pubblicazione e la notificazione del piano stesso, in modo che gli interessati ne abbiano conoscenza; pertanto, il superamento di detto termine non implica di per s� l'illegittimit� o l'inefficacia del piano (2). Ai fini della valida adozione del piano delle zone da destinare alla edilizia economica e popolare, il Comune ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, deve allegare al progetto di piano gli elenchi catastali delle propriet� comprese nel piano che corrispondano allo stato delle propriet� nel momento i.n cui il progetto medesimo viene elaborato, in quanto tale esatta corrispondenza risponde alla duplice finalit� di fa1� riscontrare ulteriormente al Comune lo stato attuale dei suoli da esproprim �e e di permettere ai proprietari dei suoli inclusi nel progetto, giusta il disposto dell'art. 6 legge cit., di presentare le proprie opposizioni; pertanto, � iLlegittimo il piano di zona, ove il Comune, negli elenchi catastali da allegare al progetto, abbia erroneamente riportato un fondo intestato ai vecchi proprietari, ma trasferito anteriormente all'adozione del piano, e sul quale insisteva uno stabilimento industriale costruito dal nuovo proprietario sempre in data anteriore a detta adozione (3). (1-3) Per riferimenti, cfr. Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 37, Il Consiglio di Stato, 1971, I, 23. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 9 maggio 1972, n. 363 -Pres. Meregazzi -Est. Battara -Cocciani (avv.ti Colzi e Ciantelli) c. Prefetto di Firenze (avv. Stato Vitucci), Comune di Scandicci (avv.ti Predieri e Lorenzoni) e Provveditore regionale 00.PP. per la Toscana (avv. Stato Vitucci). Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica -Presupposto -Dichiarazione di indifferibilit� ed urgenza -Mancanza -Illegittimit� dell'occupazione. 802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST~TO Espropriazione per pubblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Edilizia scolastica -Presupposti -Dichiarazione di indifferibilit� ed ur genza -Parere della Commissione provinciale sul progetto -Non � tale. Il decreto prefettizio che, ai sensi dell'art. 71, legge 25 giugno 1865, n. 2359, autorizza i'occupazione temporanea di un'area pe1� la costruzione di un edificio scolastico ha come suo presupposto che i lavori siano stati approvati dal Provveditore regionale alle opere pubbliche, dichiarando l'opera di pubblica utilit� e i lavori indijjeribiii ed urgenti ai sensi dell'art. 14, legge 28 luglio 19.67, n._ 641; pertanto, tale decreto � illegittimo, ove il Provveditore regionale alle 00.PP. si sia limitato ad imporre il vincolo dell'area, derivando da ci� la dichiarazione di p.u. dell'opera ma non anche la dichiarazione di urgenza e indifferibilit�, che consegue, per l'art. 14, soltanto all'approvazione del progetto (1). Ai sensi dell'art. 21, legge 28 luglio 19.67, n. 641, la Commissione provinciale per l'edilizia scolastica esprime solo un parere nel caso in cui il Comune intenda eseguire a proprie cure e spese il completamento, la costruzione o il riattamento di un edificio scolastico; pertanto, ai fini della legittimit� de�l decreto prefettizi� di occupazione temporanea dell'area prescelta, tale parere non pu� in nessun modo equivalere all'approvazione del progetto, cui consegue, ai sensi dell'art. 14, la dichiarazione di urgenza e indifferibilit�, che � presupposto del decreto prefettizio in parola (2). (1-2) Esatta applicazione delle norme racchiuse negli artt. 14 e 21, legge 28 luglio 1967, n. 641. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 maggio 1972, n. 414 -Pres. BaTraCaracciolo -Est. De Roberto -Paoletti (avv. Guarino) c. Ministero sanit� (avv. Stafo Dallari), Vetere ed altri (avv. Schiller), Spaltin ed altri (n. c.). Impiego pubblico -Consi~io di amministrazione -Composizione Ministero sanit� -Partecipazione del Direttore generale dell'Istituto superiore di sani~� -Illegittimit�. Impiego pubblico -Consiglio di amministrazione -Composizione Rappresentante del personale -Dipendente di carriera inferiore a quella da amministrare -Illegittimit�. Ai sensi dell'art. 146 t.u., 10 gennaio 19.57, n. 3, il Consiglio di amministrazione dei Ministeri � costituito, tra l'altro, dai direttori generali e dagli impiegati con qualifica superiore che hanno l'effettiva direzione PARTE I, SEZ. IV, 'GIURISPRUDENZA AMMIN�STRATIVA 803 di un servizio centrale; pertanto, illegittimamente fa parte del Consiglio di amministrazione del Ministero della sanit� il Direttore generale dell'Istituto superiore di sanit�, costituendo tale Istituto una peculiare unit� tecnico-amministrativa la quale -per la sua composizione e per i compiti dei quali � investita -non costituisce una Direzione generale (1). � iilegittima la nomina in seno al Consiglio di amministrazione di un Ministero, in qualit� di rappresentante del personale, di un dipendente di carriera (nella specie, ausiliaria) diversa ed inferiore a quelle che il Consiglio stesso � chiamato ad amministrare (nella spec~e, carriere direttive, di concetto ed esecutiva) (2). (1-2) Su entrambe le massime, �l'orientamento del Consiglio di Stato � difforme: suhla prima cfr. prurerie, Sez. II, 25 giugno 1968, n. 657, Il Consiglio di Stato, 1969, I, 1495; su~la seconda, Sez. VI, 21 novembre 1967, n. 777, ivi, 1967, I, 2306. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 468 ~ Pres. Merega.: i -Est. Battara -Agudio Ca11pani (avv. Sciacca) c. Ministero della Difesa (avv. Stato di Tarsia). Militare -Ufficiali -Promozioni -Graduatoria ex art. 31 I. n. 1137 del 1955 -Impugnativa -Inammissibilit�. In base alla legge sull'avanzamento degli ufficiali per gradi elevati (legge 12 novembre 19_55, n. 1137) che non prevede la formazione dei quadri di avanzamento a scadenza annuale, ma dispone (art. 31), per gli anni in cui non sono previste promozioni, l'approvazione di graduatorie, con � quadri di avanzamento solo se nel corso dell'anno vengono a verificarsi vacanze nei gradi rispettivamente superiori ,, , tali graduatorie non ledono direttamente interessi tutelabili in sede giurisdizionale prima che esse diano luogo alla formazione di un quadro di avanzamento a seguito di vacanze determinatesi nell'anno; pertanto, il ricorso proposto contro di esse, in tali condizioni, non � ammissibile, per carenza di una lesione diretta e attuale delL'interesse (1). (Omissis). -Il ricorrente, valutato per il 1970 ai sensi dell'art. 31 della legge n. 1137 del 19�55, � stato giudicato idoneo all'avanzamento al 6� posto della graduatoria di merito. Poich� per l'anno in questione non (1) Questione nuova, per quanto consta, e di particolare interesse. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 804 vi � luogo a formazione del quadro di avanzamento, il ricorrente impugna, sotto il profi.lo della violazione di legge ed eccesso di potere, la graduatoria chiedendone l'annullamento. Ritiene il Collegio che la questione del tutto nuova sollevata con il ricorso de quo richieda alcuni chiarimenti preliminari. Come � noto, la legge sull'avanzamento degli ufficiali per i gradi elevati di alcuni ruoli non prevede la fovmazione dei quadri di avanzamento a scadenza annuale, ma l'art. 31 della ~tessa legge dispone che � per gli anni in cui non sono previste rpromozioni � il Ministro � aipprova ugualmente le graduatorie, ma forma i quadri di avanzamento solo nel cor3o. dell'anno vengono a verificarsi vacanze nei gradi rispettivamente superiori � � A differenza quindi dalle procedure di avanzamento disposte ai sensi dell'art. 25 della legge, che d�nno luogo nella ptima fase ad un giudizio sulla .idoneit� degli ufficiali all'avanzamento e nella seconda fase alla formazione di una graduatoria di merito che comporta l'iscrizione in quadro di avanzamento dei primi graduati, la procedura prevista dall'art. 31 implica che alla graduatoria di merito,.non segua immediatamente la formazione di un quadro di avanzamento. Tale diversit� dei due procedimenti comporta rsostanziali diversit� dal punto di vista della impugnabilit� degli atti relativi alla formazione delle .graduatorie nei due casi. Infatti, nei casi di impugnativa dei giudizi di avanzamento, quando in base al punteggio viene formata la graduatoria ed in base ad essa si procede alla iscrizione in quadro di avanzamento dei primi graduati, in via normale la procedura di avanzamento pu� essere impugnata sia per i1legittimit� del giudizio di �non idoneit� all'avanzamento� sia per la mancata iscrizione sul quadro di avanzamento. In entrambi i casi l'impugnativa investe il solo giudizio pronunciato nei confronti del sin- J golo valutato e non anche la graduatoria di merito, in quanto l'avanzamento degli ufficiali ha luogo a scelta e non per merito comparativo e la legge (art. 4 in relazione all'art. 49) prevede che in caso di annullamento del giudizio, in sede di ricorso straordinario al Capo dello� stato od in sede giurisdizionale, il giudizio deve essere rinnovato e l'uffi.ciale, con il punteggio conseguito nella nuova valutazione si inserisce nella graduatoria relativa a.Ua preci;:dente valutazione. Dal �sistema della legge consegue quindi che dalle impugnative dei giudizi di avanzamento dei singoli ufficiali valutati non possono derivare lesioni di interessi legittimi degli altri valutati, posto che l'eventuale annullamento dei giudizi stessi non incide sulla graduatoria e sul quadro di avanzamento formatosi a seguito di essa. Ci� non significa evidentemente, come gi� �altre volte affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che in casi particolari non possa essere impugnata la graduatoria insieme al quadro di avanzamento per PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRU.DENZA AMMINISTRATIVA uno dei motivi che possono viziare la legittill:nit� della procedura, come, ad esempio, quando la procedura di avanzamento sia censurata sotto il profilo della iUegittimit� nella composizion.e della Commissione di Avanzamento. In tal caso evidentemente 'il rico.rso deve essere notificato a tutti gli ufficiali valutati in quanto l'eventuale annullamento della graduat'Oria e del quadro di avanzamento lede direttamente ed in modo attuale i loro inte�ressi. Sia nel caso di impugnativa dei singoli giudizi di avanzamento, sia in quello eccezionale di impugnativa -unitamente ad essi -delle graduatorie formate ai sensi dell'art. 25 della legge di avanzamento, l'iimpugnativa � rivolta all'annullamento di una graduatoria o di una posizione di un singolo ufficiale nella graduatoria stessa. in quanto dal posto occupato nella graduatoria deriva -come necessario presupposto -la inclusione o la esclusione dal quadro di avanzamento. In sostanza dal sistema della legge appare che la lesione diretta ed immediata derivante dalla formazione della �graduatoria degli idonei all'avanzamento ha riferimento unicamente alla mancata iscrizione in quadro dell'ufficiale. C~� 1premesso, la questione che sorge in ordine al ricorso de quo � se la formazione di una graduatoria ai sensi dell'art. 31, prima che si formi il quadro di avanzamento per effetto delle vacanze determinatesi nell'anno, sia impugnabile ex se, in quanto idonea a provocare una lesione diretta ed attuale degli interessi di uno dei valutati. Il Collegio non ritiene che le graduatorie formate ai �sensi dell'art. 31 della legge n. 1137 del 1955 ledano direttamente interessi tutelabili in questa sede, prima che esse. diano luogo alla formazione di un quadro di avanzamento a seguito di vacanze determinatesi nell'anno e pertanto non ritiene ammissibile il ricorso rivolto contro la sola graduatoria di merito. Ritiene infatti il Collegio che la graduatoria in s� e per s� considerata non determini una lesiqne di un interesse diretto ed attuale. Non sembra infatti, che ai fini del sindacato di legittimit� possano trovare applicazione per le promozioni a scelta degli ufficiali e per le graduatorie nelle quali esse vengono compresi quei criteri, sempre affermati dal.fa .giurisprudenza, relativi all'interesse ad impugnare le graduatorie per le promozioni per merito comparativo anche ai soli fini del miglioramento della 1posizione nella graduatoria, indipendentemente dalla possibilit� di conseguire la pr�mozi�one. Nelle promozioni per merito comparativo l'impugnabilit� della posizione nel.la graduatoria, a prescindere dalla 1possibHit� di conseguire la promozione, deriva dal sistema della comparazione che rende immediata e diretta la lesione del pretermesso. Nel caso invece delle promozioni a scelta non essendo formata la graduatoria di merito attraverso una comparazione dei valutati, la posi 806 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione dei singoli �ufficiali � sindacabile soltanto per gli effetti che la posizione nella graduatoria ha sulla formazione del quadro di avanzamento. Va anche rprecisato che se si ammettesse che le graduatorie formate ai sensi dell'art. 31 possano essere impugnate a prescindere dalla formazione di un quadro di avanzamento, dovrebbe ammettersi che sono impugnabili anch.e le posizioni delle graduatorie 'formate ai sensi dell'art. 25 della legge ai soli fini di migliorare la posizione nella gr�duatoria anche se tale miglioramento non tmplichi la inclusione nel quadro di avanzamento. N� il Collegio rpu� condividere la tesi sostenuta dal ricorrente circa la pretesa lesione che dalla graduatoria formata ai sensi dell'art. 31 gli deriverebbe, in quanto essa influirebbe sulla graduatoria deH'anno successivo. L'argomento in questione dimostrerebbe gi� di rper s� che il ricor�rente denuncia no? una lesione attuale, ma una lesione futura non tutelabile in sede di sindacato di legtttimit�; ma vi � di pi�, in quanto l'ammettere che la graduatoria fovmata per un anno possa influire su graduato�rie future, significa, in buona sostanza, negare quella autonomia dei giudizi di avanzamento che � sempre stata affermata dalla giurisprudenza in tema di rprocedura di avanzamento degli ufficiali. Per i motivi esposti, non :potendo H Collegio !riconoscere l'esistenza di una lesione diretta ed attuale dell'interesse del ricorrente conseguente alla formazione della graduatoria prima della formazione di un quadro di avanzamento impugnabile, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 30 maggio 1972, n. 486 -Pres. Meregazzi -Est. Granata -Comune di Conca dei Marini (avv. Volpe) e Beneficio parrocchiale di Conca dei Marini (avv.ti Caterina e Messina) c. Ministero pubblica istruzion.e (avv. Stato Terranova). Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 -Contrasto con l'art. 9 Cost. -Manifesta infondatezza. Demanio e patrimonio -f.Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939 -Contrasto con l'art. 53 Cost. -Manifesta infondatezza. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico ed artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939 -Contrasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. - PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 807 Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Zona di rispetto -Le~ittimit� -Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico Zona di rispetto -Preesistenza vincolo paesistico -Irrilevanza. Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Zona di rispetto .. Carattere monumentale del bene protetto -Valutazione discrezionale della P. A. Demanio e patrimonio -Dem�nio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Discrezionalit� -Insindacabilit�. Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Competenza -Zona di demanio marittimo -Concerto col Ministero marina mercantile -Non occorre. La facolt� concessa aL Ministro per La pubblica istruzione di prescrivere le misure atte a salvaguardare l'integrit� delle cose immobili, evitando che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, �. oCYTllfoll'me aUa Lettera e ano, spirito d.eUa Costituzione, secondo cui. (art. 9.) la Repubblica tuteLa il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione; pertanto, � ma'f!,ifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 21, legge 1� giugno 1939, n. 1089, per contrasto .con L'art . .~ cit. (1). Nel caso che si voglia vedere nei vincolo di interesse storico e artistico imposto con ,l'art. 21, legge 1� .giugno 1939, n..1089 una prestazione, deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 21 cit.,. per contrasto oon l'art. 23 Cost., in .quanto in tale disposizione consiste la norma di legge cui il. dettato costituzionale fa rinvio per la legittimit� dell'imposizione di una prestazione personale o patrimoniale (2). Il vincolo di interesse storico e artistico imposto con l'art. 21, legge 1� giugno 19.39:, n. 1089, non costituis.ce una espropriazion� totale o. parziale, ma una mera limitazione imposta al diritto di propriet�; peTtanto, � manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della citata norma, per contrasto cc:m. l'art. 42 Cost., tenuto C0'nto che, quand'anche si trattasse, nell'! specie, di una espropriazione, la riserva (1-8) Cfr. Corte Cost. 29 maggio 1968, n. 56, in questa Rassegna 1968, I, 450. 6 808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prevista dal terzo comma di detto precetto costituzionale non vieterebbe che la legge ordinaria possa conferire alla P. A. poteri discrezionali (3). L'art. 21, legge l� giugno 1939, n. 1089, opera come vincolo indipendente dall'espropriazione disciplinata dal successivo art. 55, in quanto esso non espropria il bene da tutelare, ma stabilisce una limitazione legale del diritto di propriet� per la tutela della prospettiva e della luce della cosa o delle sue condizioni di ambiente o di decoro; pertanto, spettando all'Amministrazione, per la finalit� della citata legge e per l'ampia port.ata dell'art. 21 suddetto, la potest� di dettare misure e prescrizioni di qualsivoglia natura, legittimamente l'Amministrazione dispone la �ostituzione di zone di rispetto, anzich� procedere all'espropriazione degli immobili circostanti il bene da tutelare (4). La legge 1� giugno 1939, n. 1089, che tutela una cosa immobile sotto i profili di prospettiva, di ambiente e di decoro, opera indipendentemente, e con finalit� diverse, dalla legge 29 giugno 19.39, n. 1497, che tutela una zona costituente bellezza naturale in s� e per s�, indipendentemente dalla circostanza che in essa esista o no una cosa di interesse storico e artistico; pertanto, l'esistenza di un vincolo di bellezza naturale gi� imposto ai sensi della legge n. 1497 del 1939, non preclude la possibilit� di stabilire un successivo vincolo sul medesimo immobile per interesse storico e artistico, a norma della richiamata legge n. 1089 del 19.39 (5). La circostanza che il complesso tutelato ai sensi dell'art. 21, legge 1� giugno 1939, n. 1089, sia effettivamente �monumentale� costituisce un giudizio tecnico che rientra nella valutazione discrezionale della P. A. (6). La P. A. al fine di tutelare il patrimonio storico e artistico della Nazione, deve essere libera tanto nella scelta del vincolo da imporre e . del momento dell'imposizione, quanto nella determinazione dell'estensione territoriale del vincolo stesso, in relazione alle effettive esigenze di interesse pubblico che essa � chiamata a tutelare; pertanto, sono insindacabili in sede di legittimit�, perch� rientranti nell'apprezzamento di merito dell'Amministrazione, le considerazioni in base alle quali viene vincolato l'ambiente circostante un'opera di interesse storico e artistico (7). A differenza dell'art. 13, legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla tutela delle bellezze naturali, l'art. 21, legge 1� giugno� 1939, n. 1089', non richiede che i provvedimenti di imposizione di vincolo storico e artistico su beni compresi nell'ambito del demanio marittimo siano emanati dal Ministro per la pubblica istruzione di concerto con quello della marina mercantile; pertanto, legittimamente il provvedimento di imposizione del vincolo ex art. 21 cit., � adottato dal solo Ministro per la pubblica istruzi'one (8). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINU;jTRATIVA 809 . CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 giugno 1972, n. 5317 -Pres. Po. tenza -Est. Benvenuto -Costanzo (avv. Prosperetti W.) c. Ministero grazia e giustizia (avv. Stato Zagari). Impiego pubblico -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura -Valutazione -Insindacabilit�. Impiego pubblico -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura -Annullamento dell'elaborato -Copiatura di una od altra parte del tema -Irrilevanza. Impiego pubblico -Concorso -Prove di esame -Prove scritte -Copiatura -Annullamento dell'elaborato -Obbligo della Commissione � Sussiste -Motivazione -Criterio. n valutare se un candidato ad un pubblico concorso od esame (nella specie, aU'esame di procuratore legale) abbia copiato in parte una prova scrit~a costituisce apprezzamento tecnico, non censurabile in sede di legittimit� se non per illogicit� macroscopiche (1). Ai sensi dell'art. 23, terzo comma, r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, per l'annullamento di un elaborato scritto in sede di p.bblico concorso od esame (nella specie, a procuratore legale) � irrilevante che sia stata copiata la parte fondamentale del tema o altra parte di questo, di carattere meramente introduttivo (2). La Commissione giudicatrice di un concorso, una volta convintasi dell'avvenuta copiatura parziale dell'elaborato, � vincol�ta all'annullamento di questo, senza che debba o possa indagare se la restante parte del compito consenta il giudizio di maturit� intellettuale e di idoneit� del candidato (nella specie, esami a procuratore legale); pertanto, il verbale della Commissione di esame che annulla un elaborato scritto di un candidato � legittimamente motivato col rilievo che il lavoro era parzialmente copiato e con l'indicazione specifica (e cio� dell'Autore dell'opera e del luogo) a cui il candidato aveva attinto (3). (Omissis). -1. -I due motivi_ di impugnazione -che, per es~re strettamente collegati, vanno congiuntamente esaminati -sono entrambi da disattendere. In proposito deve anzitutto rilevarsi �Che il valutare se un candidato all'esame di procuratore legale abbia copiato in par,te una prova d'esame scritto costituisce, .alla stregua della giurisprudenza di questo 1 (1-2-3) Cfr. IV Sez., 23 ottobre 1963, n. 638 e 14 luglio 1967, n. 326, 1l Consiglio di Stato 1963; I, 1326, 1967, I, 1161. 810 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Consiglio, un apprezzamento tecnico, non censurabile, in questa sede di mera legittimit�, se non per illogicit� macroscopiche, che nella specie non ricorrono. Circa, poi, l'assunto secondo cui, nell'.iipotesi di c�piatura non integrale, la normativa valevole per l'esame di che trattasi (art. 23, comma terzo, del �r.d. 2,2 gennaio 1934, n. 37) consentirebbe l'annullamento dell'elabornto solo quando tale copiatura riguardi la parte centrale del tema, e non pure, quindi, quando concerna la parte introduttiva o preliminare di esso, � da dire che trattasi di una distinzione che !'-indicata normativa non fa. Alla stregua di questa, invero, � irrilevante, per l'annullamento dell'elaborato, la circostanza che sia stata copiata la parte fondamentale del tema o altra parte di questo, di carattere meramente introduttivo. Quanto ai restanti profili di .censura, � da osservare che l'tmpugnato provvedimento � legittimamente motivato con il rilievo che il lavoro era parzialmente copiato e coll'indicazione specifica della fonte (e cio� dell'Autore, dell'ope�ra e del luogo) a cui il candidato aveva attinto. Null'altro la Commissione giudicatrice doveva aggiungere. Essa, inoltre, non era tenuta ad indagare se la restante parte dell'elaborato (-quella ritenuta. non copiata) consentisse di formulare, nei confronti del �Candidato, un giudizio di maturit� intellettuale e di idoneit� all'esercizio della professione. A tacer d'altro, � da osservare in proposito che, come � 'stato gi� affermato dal Consiglio (v., in particolare, le decisioni di questa Sezione 14 luglio 1967, n. 326, e 23 ottobre 1963, n. 6318), la Commissione di esami, una volta convintasi dell'avvenuta copiatura parzfale dell'elaborato, � vincolata all'annullamento di questo, senza che, quindi, debba o possa sobbarcarsi all'indagine se la restante parte del compito consente il 1summenzionato giudizio di maturit� e idoneit�. -(Omissis). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 20 giugno 1972., n. 5'40 -Pres. Meregazzi -Est. Qua.ranta -Boscarino (avv.ti Midini e Sciacca N.) c. Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Terranova). Demanio e patrimonio -Demanio storico ed artistico -Vincolo storico e artistico -Modificazione�-Diniego -Motivazione per relationem Legittimit�. Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -�Vincolo storico e artistico -Discrezionalit� -Insindacabilit�. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Sll Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e artistico -Norme applicabili -Art. 21 L. n. 1089 del 1939. -Con trasto con l'art. 42 Cost. -Manifesta infondatezza. Il provvedimento col quale il Ministero della pubblica istruzione dichiara di non voler modificare il vincolo di interesse storico e artistico imposto, ai sensi deUa legge 1� giugno 1939, n. 10&.9, su un terreno privato (in quanto neUa relativa zona si estendeva 'parte di u~a necropoli e sussistevano resti cospicui di abitazioni eUeniche e romane con tratti di antiche strade), dopo gli scavi effettuati dal proprietario sulla base di una convenzione intervenuta con l'Amministrazione, � legittimamente motivato per relationem al parere del Consiglio superiore delle antichit� e �elle arti. Esula dal giudizio di legittimit� l'indagine in ordine alla maggiore o minore importanza di reperti archeologici rinvenuti nel corso di alcuni scavi e�all'opportunit� o meno che essi siano salvaguardati col vincolo previsto dalla legge 1� giugno 1939, n. 10&9, trattandosi di valutazioni attinenti al merito amministrativo e, pi� in particolare, alla ci.iscre. / . zionalit� tecnica dell'Amministrazione. � marnifestamente infondata la questione .di legittimit� costitu zionale della legge 1� giugno 1939, n. 1089, sul vincolo delle cose di inte1�esse storico e artistico, per contrasto con l'art. 42 Cast. (1). (Omissis). -1. -Come si � esposto in narrativa, con d.m. 15 settembre 1951 veniva sottoposto alle disposizioni della legge 1� giugno 1939, n. 1089, il terreno indicato nel ricorso ora di propriet� dei ricorrenti, sito in Siracusa, in quanto neHa relativa zona si estendeva ;parte della Necropoli Arcaia e sussistevano cospicui resti di abitazioni elleniche e romane con tratti di antiche strade. Il predetto decreto veniva notificato il 3 ottobre 1951 e trascritto il 2.0 deUo stesso mese. Nel 1900 i ricorrenti chiedevano alla Sopraintendenza alle Antichit� di Siracusa di poter procedere a lavori di �Scavo per mettere in luce eventuali resti archeologici e potere utiliziare l'area di risulta per la costruzione di villette condominiali di limitata altezza e Hmitato volume, circondate .da verde, da ubicare in rapporto agli eventuali rinvenimenti archeo~ogici. Veniva cos� stiipulata una convenzione tra l'Amministrazione e i richiedenti con la quale, tra l'altro, si prevedeva che il piano generale (1) Giurisprudenza costante. C'fr., fra le tante, Sez. VI, 3 novembre 1970, n. 710, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 2024. 812 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d1 sistemazione della zona sarebbe stato sottoposto all'approvazione del Ministero della Pubblica Istruzione, previo parere del Consiglio Supe riore delle Antichit� e Belle Arti. Effettuati gli scavi, i ,ricorrenti presentavano un � progetto di mas siJma � per la costruzione, anzich� di villette condominiali, di un albergo e di altri manufatti nella zona, che veniva sottoposto al parere del Consiglio Superiore. Sulla base di tale parere, il Ministro, con atto del 2 settembre 1964, n. 158'6, comunicava di non :poter modificare in alcuna parte il vincolo . esistente. L'attuale impugnativa, proposta dagli interessati., � rivolta sia contro l'indicato provvedimento del 2 settembre 1964, sia contro il d.m. 15 settembre 1951. 2. -Ci� premesso, appare evidente innanzitutto, come siano irricevibili 'per ta�rdivit� l'impugnativa de�l citato d.m. 15 settembre 195�1 e, quindi, tutte le censure Ili!-osse dai ricorrenti avverso tale atto a pi� di tredici anni di diistanza dell'emanazione, notificazione e trascrizione. In particolare, deve essere dichiarata irricevibile la prima censura del primo motivo che � diretta all'annullamento dell'originario decreto di vincolo. Ricevibile �, invece, la seconda �censura di tale mezzo che � rivolta contro il provvedimento del 2 settembre 1964 con il quale l'Ammini strazione ha dichiarato di non voler modificare il vincolo preesistente, dopo gli scavi .effettuati dagli interessati sulla base della convenzione intervenuta inter partes. Con la predetta censura, ulteriormente sviluppata ed integrata con il secondo motivo del rico!'lso introduttivo e con il secondo ed il terzo motivo ag.giun1o, i ricorrenti censurano la determinazione ministeriale e, quindi il parere reso dal Consiglio Superiore delle Antichit� �e Belle .A:r.ti la cui motivazione � per reiationem richiamata ne'n'impugnato provvedimento, sotto i profili del difetto di motivazione, del difetto di istruttoria, nonch� dell'eccesso di potere per non aver disposto, almeno in parte, la modificazione del precedente vincolo. La censura � destituita di fondamento sotto tutti gli indicati profili. In primo luogo, sotto il profilo meramente formale, non pu� rite nersi che sussista la denunciata mancanza di motivazione, giacch� come si � accennato -questa � contenuta nel parere del Consiglio Superiore che per relationem � richiamato nell'atto. Non ,sussiste, in secondo luogo_. il difetto di motivazione denunciato, in quanto il Consiglio Superiore � pervenuto alla conclusione circa la inopportunit� della modifica del vincolo richiesta dai ricor~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA renti, in base sia alla relazione dell'Ispettore Centrale Pirof. Degrassi, che si era recato sul posto per specifico incar\co di esamina,re e riferire, sia ai irisultati degli scavi che avevano me'sso in luce � importanti resti della Siracusa romana �. Risulta, quindi, smentita dagli atti l'affermazione dei ricorrenti secondo la quale non �sarebbero stati rinvenuti, ~el corso degli scavi, resti archeologici; ed � chiaro come esuli dal giudizio di legittimit� l'indagine, sostanzialmente sollecitata dai ricorrenti medesimi, in ordine alla maggiore o minore i!mportanza dei �reperti rinvenuti ed all'opportunit� o meno che essi fossero salvagua,rdati con il vincolo di cui alla legge 1� giugno 1939, n. 1089, trattandosi di valutazioni attinenti al merito amministrativo e ipi� in particolare alla discrezionalit� tecnica dell'Amministrazione che non � per certo sindacabile in sede di legitUmit�. N� la convenzione stipulata dai ricorrenti con l'Ammini:strazione conferiva ai primi � il diritto� alla rimozione totale o parziale del vincolo, giacch� essa lasciava ovviamente libera l'Amministrazione di valutare diLsC!fezionalmente !':importanza ed il rilievo archieologico degli eventuali reperti, al fine di stabilire se e per quanta parte il terreno potesse essere utilizzato per finalit� private. Oltre tutto, poi, mentre nella convenzione si faceva riferimento alla possibilit� di costruzione di villette condominiali, H progetto di massima presentato dagli interessati riguardav:;i la costruzione di un albergo e di un fabbricato per abitazione. Sotto a1tro profilo, i ricorrenti denunciano il difetto di istruttoria e di motivazione del parere, e quindi, del provvedimento, in quanto osservano che il Consiglio Superiore non poteva basare il suo assunto sulla relazione dell'Ispettore Cenkale Degrassi che non era componente delfa Sezione prima. L'assunto � destituito. di fondamento, in quanto ben poteva l'Amministrazione incaricare un suo funzionario di procedere ad accertamenti istruttori e di riferire poi in ordine ai risultati di siffatti accertamenti all'or1gano collegiale investito della funzione consultiva, perch� questo potesse avere a disposizione tutti gli elementi di giudizio necessari. N� era necessaria la verbalizzazione della relazione, cio� l'inserimento del testo di que,sta nel verbale della seduta del Consiglio Superiore, essendo sufficiente il riferimento nel parere, alla relazione stessa e la sua allegazione agli atti. Non sussiste poi il denunciato contrasto di valutazioni, e quindi, il difetto di motivazion� del parere, tra la citata relazione e le osservazioni del Sopraintendente alle Antichit� di Siracusa Prof. Bernab� Brea. '814 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anzitutto, lo stesso Sopraintendente, nella sua .�relazione trasmessa al Ministero il 24 aprile 1964, precisava che gli scavi erano stati visitati anche dall'Ispettore Centrale Degrassi che avrebbe rpotuto � riferire pi� ampiamente al Ministero �. In secondo luogo, lo stesso Sopraintendente, anche se aveva espre�sso l'avviso che a suo giudizio non poteva esclu dersi del �tutto la possibilit� di una edificazione nell'area dei ricorrenti, non aveva affatto escluso l'esistenza dei reperti archeologici, tanto � vero che la sua osservazione concludeva nel senso che in ogni caso av�rebbe dovuto essere � assicurata la salvaguard~a o il recupero dei resti pi� importanti �. E d'altronde, la valutazione dell'importanza dei predetti reperti e quindi dell'opportuni�t� di rimuovere in tutto o in parte il vincolo preesistente era riservata, anche sulla base deUa convenzione inter partes, al Ministero deHa Pubblica Istruzione. Del pari infondata �, infine, la �censura secondo la quale il prov vevdimento sarebbe illegitt1mo per non avere, se n�on rimosso, almeno modificato il vinc�}o. La relativa valutazione, rimessa al discrezionale apprezzamento dell'Amministrazione non sindacabile in sede di legit timit�, appare congruamente motivata, sicch� deve escludersi la sus sistenza del denunciato vizio. 3. -Con il terzo motivo del rico�rso introduttivo i ricorrenti deducono l'incompetenza del Ministro ad imporre H vincolo, sotto il profilo che nel territorio della Regione siciliana la relativa competenza spetta agli organi region;:ili. Innanzitutto, la censura � irricevibile perch� � rivolta avver.so il d.m. 15 settembre 1950; essa, comunque, � anche infondata, giacch� il vincolo in questione � stato conva.Udato in via autonoma con provvedimento 2 gennaio 1965 dal Presidente della Regione siciliana. E il citato provvedimento, esibito in giudizio dalla difesa dell'Amministrazione fin dal 5 novembre 1965, non � stato impugnato dagli interessati. 4. -Con il quarto motivi del ricorso si prospetta una questione di legittimit� costituzionale dell'intera legge 1� giugno 1939, n. 1089, in relazione al precetto costituzionale contenuto nell'art. 42 della Carta, sotto il �profilo della mancanza di previsione di un indennizzo per i vincoli di inedificabilit� posti dall'art. 21 della legge stessa. La questione, da un lato, � irrHevante giacch� � mancata -come si � gi� detto -la tempestiva impugnazi-one del decreto ministeriale di vincolo, sicch� l'eventuale declaratoria di illegittimit� costituzionale della leg.ge non gioverebbe ai ricorrenti; dall'altro, � anche manifestamente infondata, come ha gi� ripetutamente ritenuto questo Consiglio -senza che sia neanche il caso di ritornare sull'argomento, attesa PARTE I, SEZ. IV, GIU:RISPRUDENZA AMMINISTRATIVA anche la indicata f.rrilevanza . ai fini del presente giudizio, con decisione 3 novembre 1970, n. 710 (Sez. VI), 25 luglio 1970, n. 583 (Sez. IV), 6 marzo 1970, n. 1513 (Sez. IV) e 23 novembre 1966, n. 834 (Sez. IV). 5. -Resta, infine, da esaminare� l'ultima �censura proposta con il rpdmo motivo aggiunto, con la quale si deduce l'Hlegittimi.t� della composizione della Sezione prima del Consiglio Superiore dell'Antichit� e Belle Arti e, in particolare, della sostituzione del Segretario, assente giustificato, con altro funzionario. La censura � infondata, in quanto dalla documentazione esibita in data 2 n�vembre 1965 dell'Avvocatura Generale dello Stato, e relativa alla composizione delle cinque Sezioni del Consiglio Superiore dell'Anti.chit� e Belle Arti (d.m. 10 luglio 1962 e d.m. 14 maggio 1963,), risulta che il predetto. organo collegiale � stato regolarmente composto a1lorch� ha emesso il parere sul quale si � basato l'atto impugnato. N� alcuna illegittimit� � .ravvisabile nella temporanea sostituzione del segretario della Sezione prima, data l'assenza giustificata del titolare della carica. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1683 -Pres. !cardi -Est. Elia -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Maraldi (avv. Fraccaroli) .c. Ministero delle FiJnanze (avv. Stato Soprano). �mposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Comunicazione della data dell'udienza -Notifica -� regolare. (I. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 50). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commis.sioni Comunicazione della data dell'udienza -Consegna a persona addetta all'Ufficio -Prova del rapporto di dipendenza -� a carico della parte notificante. (c. p. c. artt. 139 e 145). La comunicazione della data dell'udienza della commissione, che pru.� essere fatta con piego raccomandato con avviso di ricevimento, � valida anche se eseguita con atto notificato (1). Ove la comunicazione sia eseguita mediante consegna a persona ad.detta all'ufficio o all'azienda o addetta alla sede delle persone giuridiche, se la parte intimata non compare, deve la parte notificante dimostrare l'esistenza del rapporto di dipendenza o di destinazione del consegnatario dell'atto rispetto al destinatario della notificazione (2). (Omissis). -Col primo motivo del dcorso la ricorrente denuncia violazione dell'art. 50 della �I. 5 gennaio 1956, n. 1, in relaziorne all'articolo 360 c.rp.c. ed a11'art. 111 della Costituzione, deducendo che la data dell'udienza di discussione del ricorso davanti la Commissione. Provinciale doveva essere comunicata al contribuente mediante piego racco (1-2) Ci sembra che il formalismo che si vorrebbe instaurare nel procedimento dinanzi alle Commissioni sia eccessivo e tale da paralizzarne il funzionamento. Se per la comunicazione della data dell'udienza � sufficiente la spedizione di un plico raccomandato, pretendere che, ove si ricorra alla notifica, sia data la prova del rapporto di dipendenza o di destinazione della persona addetta all'ufficio, all'azienda o alla sede (e, per le stesse considerazioni, anche della persona addetta alla casa o della persona di famiglia) tutte le volte che il destinatario della comunicazione non compare, � molto di pi� di .quanto si fa nel giudizio ordinario e per gli atti che richiedono una vera e propria notificazione. La stessa cosa, ovviamente, dovrebbe dirsi per le comunicazioni fatte a mezzo di raccomandata, non potendosi supporre che il portalettere ga PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 817 mandato con avviso di ricevimento, e tale mezzo di notifica, richiesto daUa disposizione speciale del citato articolo 50, rendeva inoperanti i mezzi di notifica previsti dalla norma generale dell'art. 139 c.p.c. La censura � infondata. L'art. 139 c.p..c. stabiHsce che se la notificazione non avviene in mruni proprie, in riferimento all'art. 138 c.p.c., pu� essere fatta; nella sede dell'azienda: mediante consegna a persona addetta all'azienda medesima, non minore degli anni quattordici e non palesemente incapace. L'art. 50 deNa I. 5 gennaio 1956, n. 1, che si applica ai procedimenti tributari davanti alle Commissioni Provinciali delle Imposte Indirette (Cass. 15 luglio 1968, n. 2527), nel prescrivere che la comunicazione al contribuente della data di discussione del ricorso davanti le dette Commisioni sia fatta mediante invio di piego raccomandato con awiso di ricevimento, non intende derogare alle disposizioni generaU del diritto processuale comune in materia di notificazione a mani proprie o mediante consegna a dipendente addetto all'azienda dagli articoli 13i8 e 139 c.p.c. Infatti �al processo tributario si applicano le disposizioni generali del diritto processuale comune che non siano contrastanti ed inconciliabili con .le forme fiscali e con le finalit� proprie ai procedimenti tributari (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2706). La norma dell'art. 50 della legge n. 1 del 1956, intende di offrire all'Amministrazione una possibilit� di pi� comoda comunicazione, e, nello stesso tempo, di garantire i diritti del contribuente, esigendo che 1'uso di tale facolt� da parte degli Uffici Tributari sia disciplinato da garanzie particolari (avviso di ricevimento e raccom�llildazione del piego).. Ma la notifica a mani proprie o mediante consegna al!l'ad!detto all'azienda del contribuente non � inconciliabile con tale facolt�, ed assicura, anzi, al contribuente, maggiori garanzie che 1non quelle offerte dal servizio postale. Pertanto l'art. 50 citato non esclude che lAmministrazione possa comunicare l'avviso dell'udienza di _discussione del ricorso davanti la Commissione Provinciale delle Imposte Indirette al contribuente anche mediante notifica ai sensi degli articoli 138 e 139 c.p.c. rantisca una regolare consegna meglio dell'Ufficiale giudiziario. Tutto questo significa che in ogni seduta di commissione buona parte dei ricorsi fissati non possono essere trattati. Se � vero che l'Ufficiale giudiziario non fa un accertamento definitivo del rapporto tra la persona a cui consegna l'atto e quella cui la notificazione � diretta, si che � consentito contestare il detto rapporto, non si pu� tuttavia affermare che quanto risulta dalla relazione dell'Ufficiale giudiziario in ordine al rapporto sia del tutto irrilevante; la relata quanto meno certifica che la persona a cui l'atto � stato consegnato � stata rinvenuta nella casa, nell'ufficio, nell'azienda o nella sede sociale e si � qualificata per persona di famiglia o addetta alla casa, all'ufficio ecc. E ci� � pi� che sufficiente per presumere la regolarit� della notifica ove non sia contestata. Ma sopratutto bisogna considerare che trattasi di una comunicazione per la quale (art. 136 c.p.c.) non si richiedono le forme della notificazione. 818 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O Pertanto il primo motivo del ricorso deve essere (['igettato, non sus sistendo il divieto di notifica dell'atto di avviso dell'udienza di discus sione nelle forme previste dagli articoli 138 e 139 c.p.c., per i proce dimenti davanti le Commissioni tributarie, alle quali � applicabile anche l'art. 50 della legge n. 1, del 1956, citata. Il primo motivo perci� non pu� essere accolto. Col secondo motivo la societ� ricorrente deduce che poich� la no tifica dell'atto era stata compiuta mediante consegna ad un �impie gato�, l'Amministrazione notificante doveva dimostrare, data la man cata comparizione del contribuente, destinatario dell'avviso di udienza, la ,sussistenza dei presupposti relativi alla applicabilit� del�'art. 139 c.p.c., e, �Cio�, che effettivamente il consegnatario dell'atto Si trovasse in rapporto di dipendenza con la societ� contribuente, .e fosse un addetto �U'azienda ,sociale presso cui veniv~ eseguita la notificazione. La cen sura, implicante denuncia di violazione degli articoli 139 e 145 c.p.c., � pienamente fondata. Per il combinato disposto degli articoli 24 rr.d. 8 luglio 1937, n. 1516 e 50 della I. 5 gennaio 1956, n. 1, il contribuente ha �diritto ad avere regolare comunicazione dell'udienza per la discussione del ricorso da vanti la Commissione tributada distrettuale e provinciale. Tale comunicazione pu� avvenire mediante raccomandata con avvi\ so di ricevimento, a termini dell'art. 50 della legge n. 1, del 1956, oppu; re nei modi e forme previsti dal codice di procedura civile. L'Amministrazione pu�, dunque, in relazione agli articoli 139 e 145 c.p.c., notificare l'atto mediante consegna a dipendente addetto all'azien da del contribuente o alla 'sede di una societ�. Senonch�, l'ufficiale notif�c,atore non � tenuto ad indagare se sussi sta il rapporto di dipendenza e di destinazione o alla sede (Cass. 28 apri le 1965, n. 1177) e dunque la relazione dell'ufficiale giudiziario non fa prova incontrovertibile della veridicit� di tale rapporto, pre,supposto della legittimit� della notificazione (Cass. 7 gennaio 1957, n. 7). Se tale rapporto venga contestato, spetta al notificante dimostrare l'esistenza dei presupposti dell'applicabilit� dell'art. 139 e dell'ar,t. 145 c.p.c., e, cio�, dell'esistenza del rapporto di dipendenza o di destinazione del consegnafario dell'atto, rispetto al destinatario della notificazione (Cass. 15 febbraio 1960, n. 525). In ipotesi di mancata comparizione della parte desitnataria della notificazione, non essendo certo che l'atto abbia raggiunto H suo scopo, ossia che �siano state �raggiunte le finalit� obbiettive richieste dalla legge (Cass. 26 ottobre 1960, n. 290�9), deve la parte notificante dimostrare che tali finalit� di legge furono raggiunte, dando la prova della regolarit� della notificazione e della sussistenza dei suoi presupposti legali (Cass. 11 maggio 1963, n. 1160). \ PARTE I, SE;Z. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 819 Nella decisione impugnata, mentre si afferma apoditticamente �non comparso il contribuente quantunque regolarmente avvertito � non si d� modo di seguire l'iter logico per giungere a tale apprezzamento, n� si fa alcun riferimento ad indagini svolte in merito, o alle 1prove .suffr.aganti tale affermazione immotivata. Non essendovi la prova della regolarit� della notificazione dell'avviso di udienza richesto dalla legge, la Commissione avrebbe dovuto darne atto, e, se riteneva che tale prova vi fosse, avrebbe dovuto esporre sia pur sommariamente i motivi di .tale convincimento. Comunque, la violazione di legge � nel fatto che n� la Amministrazione, n� la Commissione, si diedero carico dell'onere probatorio, della regolarit� dell'avviso. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1972, n. 1687 -Pres. Giannattasio -Est. Elia -P. M. Martinelli (conf.). -Soc. Mineraria Ferromin (avv. Guidi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato AngeliniRota). Imposta di registro -Diritti di escavazione mineraria -Trasferimento Natura immobiliare -Valutazione di congruit� -Vi sono soggetti. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15). I diritti di escavazione mineraria, bench� si esercitino su beni demaniali e siano trasferibili cori limitazioni, costituiscono una utilit� economica di natura immobiliare (frutti naturali non separati) che, in caso di trasferimento, � soggetta a valutazione di congruit� a norma dell'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 (1). (Omissis). -Col primo mezzo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 15 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in relazione ~ll'art. 360, n. 3, c.p.'c. ed omessa motivazione su un punto decisivo, in rapporto all'articolo ,360, n. 5, c.p.c., deducendo che il contratto, soggetto all'imposta, aveva per oggetto trasferimento di un diritto personale e non reale e, conseguentemente non era consentito il procedimento di valutazione .previsto dal citato art. 15 del d.l. del 193�6, per il trasferimento di un diritto reale. La censura � infondata. Come, con ,congrua e corretta motivazione, pose in evidenza la Corte di merito, nella spede, �erano stati ceduti i diritti di escavazione dei minerali,. diritti che avevano per oggetto materiali non separati dal .suolo e, dunque, aventi natura immobiliare. Per l'art. 820 c..c., infatti, i prodotti delle miniere sono frutti naturali e, finch� non separati, formano parte della cosa immobile che li produce. Pertanto il contratto di escavazione � da considerarsi nello (1) Massima esattissima: Non constano precedenti in. termini. 820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO schema di una vendita immobiliare se le parti considerarono il giacimento nella sua unit� (Cass. 9 ottobre 19516, n. 3413). E proprio perch� la norma tributaria non pu� mai �Conferire al negozio una configurazione diversa da queHa stabilita dail codice civile (Cass. 16 luglio 1965, n. 1573), nella vigente legge di registro sopra richiamata, � espressamente assog.gettata alla stessa imposta, stabilita per le cessioni di diritti reali immobiliari e per le vendite di immobili, la cessione di diritti di escavazione mineraria, aventi natur1a reale immobiliare. Il primo motivo del ricorso va perci� rigettato. Col secondo� motivo si denuncia violazione degli articoli 15 e 16 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 1in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., deducendosi dalla ricorrente che, poich� il diritto di escavazione mineraria ha per oggetto lo sfruttamento di un bene demaniale e non pu� formare oggetto di trasferimento, se non nei limiti fossati dagli atti amministrativi di concessione e di autorizzazione, ta'1e situazione giuridica esclude la possibilit� concreta di <ricorso al sistema estimativo mediante commisurazione dell'imposta a un valore venale e che non pu� esistere per i diritti minerari. Anche questa censura � infondata. Nei limiti fissati dagli atti amministrativi e dalla legge, i diritti di sfruttamento minerari possono essere ceduti, secondo un corrispettivo economico; indipendentemente da ogni cessione, i detti diritti pr~sentano, comunque, una utilit� economica, un valore economico apprezzabile, che prescinde dalla concreta utilizzazione (Cass. 10 maggio 1940, n. 1488) e rispetto al quale � sempre possibile .stabilirne il valore venale. Tale valore venale � non solo relativo alle cessioni autorizzate ma alla utilizzazione potenziale della miniera, considerata in relazione anche al mercato dei prodotti minerari. Infatti, il concetto di vcalore venale � sempre presuntivo, e si risolve, appunto, in un giudizio� estimatorio, di valore, ossia in una valutazione, che non equivale mai ad una constatazione matematica, ma implica un apprezzamento, in definitiva, opinabile. Anche il secondo motivo del ricorso va rigettato. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 giugno 1972, n. 1890 -Pres. Pece -Est. Miele -P. M. Trotta (conf) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini) c. Fallimento Soc. New Star (avv. de Anna). Imposta di registro -Locazioni pluriennali -Sistema di tassazione ex lege 23 dicembre 1962, n. 1744 -Risoluzione del contratto -Effetti. (1. 23 dicembre 1962, n. 1744, artt. 1 e 2). La legge 29 dicembre 1962, n. 1744, deroga, quanto ai contratti di locazione immobiliati pluriennali urbani, alle norme degli artico.Li 54 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 821 e 12 della legge di registro, sostituendo al pricipio della liquidazione dell'imposta per tutta la durata del contratto, quello della periodicit� della liquidazione con riferimento alie� singole annualit� di effettiva attuazione del rapporto locatizio. Pertanto, nel caso di risoluzione del contratto, l'imposta non � dovuta per gli anni successivi a quello in cui si � verificata la risoluzione (1). (Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1 e 2 della 1. 23 dicembre 1962, n. 1744; 8 e 12 della J. di Re:gtstro di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; 12 delle disposizioni della legge in ,generale e per omessa o quantomeno insufficiente motivazione su punti decisivi. La Corte Costituzionale con la sentenza 29 dicembre 1962, n. 1744, ha ritenuto incostituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'art. 2, comma .secondo, della 1. 21 dicembre 1962, n. 1744, �contenente nuove disposizioni per la applicazione delle leggi di Registro e del- 1'1.G.E. ai contratti di locazione dei beni immobili urbani, nella parte in cui consente, per i contratti di locazione pluriennali, la pel'cezione annuale d�ll'I.G.E. anche nella ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente. L'Amministrazione ricorrente afferma che a seguito della predetta sentenza della Corte Costituzionale resta bens� �caducato il diritto della finanza a percepire l'I.G.E. �per gli anni successivi a quello in -0ui si.asi verificata la, risoluzione del contratto di locazione, ma resta integro il diritto della Finanza a percepire l'imposta di Registro in relazione alfa intera durata convenuta inizialmente per il rapporto locatizio nel �contratto, essendo l'imposta di Registro, per sua natura, imposta di atto. Per la pratica quantificazione e percezione della imposta di Registro con riferimento agli anni successivi a quello della risoluzione de�l rapporto locatizio, l'Amministrazione ricorrente aveva prospettato ai giudici del merito diversi .criteri onde pervenire a stabilire la parte del tributo, considerato unitariamente (l.G.E. ed imposta d� registro) dall'art.. 1 della legge n. 1744 del 1962, che doveva ritenersi imputabi~e e�sclusivamente a titolo di imposta di Registro. La ricorrente si duole, in questa 1sede, �che a torto la sentenza impugnata abbia ritenuta giuiidicamente impossibile l'adozione dei prospettati criteri, i quali -al contrario -essendo desumibm, a parere di essa ricorrente, dalla legge, rientravano nei compiti di interpretazione della legge istituzionalmente devoluti al giudice. (1) Sui precedenti e sui particolari agpetti della importante questione decisa dalla presente sentenza e dalle altre, di identico tenore, nn. 1891, 1892 e 1893, si � ampiamente riferito della Relazione Avv. Stato 1966-70, 2, pag. 719 ss. Ora le SS.UU. della C:assazione hanno disatteso le tesi svolte dal!l'Avvocatum, e di ci� non pu� non prendersi atto. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La censhra � infondata. � La pretesa dell'Ammin~strazione finanziaria perch� venga riconosciuto il suo diritto a per.cepire l'imposta di registro sul contratto di locazione in questione (importo da determinare, con depurazione dell'imposta sull'entrata, in un'O dei modi proposti da es,sa amministrazione ricorrente)�. non ha fondamento giuridico. A parte l'arbitrariet� dei criteri da essa PTOposti per determinare l'importo della sola imposta di registro, la pretesa dell'Amministrazione poggia sul presupposto che la c.d. imposta sulle locazioni immobiliari regolata dalla legge n. 1744 del 1962 sia aderente al sistema generale di cui alle norme degli articoli 54 e 12 della legge di registro r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, relativi ai� contratti di locazione. n�che invece non � esatto. Invero le menzionate norme della legge organica di registro non trovano pi� applicaZ:ione per le locazioni immobiliari urbane per le quali, invece, la legge n. 1744 del 1962 ha predisposto un diverso ed innovativo regolamento che deroga alle norme generali della legge organica di Registro in tema di locazione di cose. Il sistema della legge di registro a riguardo della sudetta locazione si desume dall'art. 54, in relazione agli articoli 8 e 12 della stessa legge e agli articoli 44 e 45 deHa tariffa ali. A. �Nel caso di locazioni a tempo deteI'miriato l'imposta viene lLquidata e percetta �sull'intero dei prezzi e dei corrispettivi pattuiti per il previsto periodo di durata del contratto. Al momento della registrazione viene quhldi determinato tale imponibile e ad esso � appljcata 1'ali:qu9ta d'1mposta. L'art. 12 della legge organica di Registro precisa che, UJna volta pagata l'imposta di registro in tal modo determinata, la somma percetta dall'ufficio non pu� essere restituita in caso di riforma, ris�l�zione, rescisisone del contratto anche per effetto� de11:'avverarsi di condizione risolutiv~ alla quale l'atto si trovasse vincolato, n�, in via .generale, per qualsiasi evento successivo eocettuati i �casi tassativ;amente indicati dall'art. 14 (della stessa legge di Registro). Pertanto, ai fini della determinazione dell'imponibile, non ha tanto importanza la durata .del contratto di locazione qua,le fissata nella convenzione, quanto pi~ttosto l'ammontare d,el corrispettivo pattuito per 1a intera durata convenzionale della locazione stessa. Ai fini della tassazione, essendo la impo~t~ di Registro tassa d'atto, il contratto di locazione � considerato con contenuto unico ed .inscindibUe, con riferimento alla intera durata che per esso le pai"ti hanno preventivata. Anche il pagamento dell'imposta liquidata secondo il criterio predetto deve essere effettuato 1per intero al momento della registrazione (art. 91 legge di reg. salvo che 111on .venga concesso al contribuente di pagarla ratealmente -art. 92)~ PARTE I, SEZ. V, GIU:RISPRUDENZA TRIBUTARIA Tale sistema di tassazione viene completamente innovato dalla legge n. 1744 del 1962 relativamente ai contratti di locazione di immobili urbani. Innanzitutto su tali contratti l'imposta di registro viene conglobata con quella sulla entrata (art. 1) 1stabilendosi un'unica aliquota complessiva, la quale � determinata non con procedimento di addizione delle aliquote delle rispettive imposte, ma di fusione, non precisando la legge fiscale del 1962 in quale percentuale le singole imposte di Registro e sull'entrata concorrono alla formazione della nuova aliquota. Anche la base imponibile non � costituita dall'importo del corrispettivo pattuito per tutta la durata del contratto ma dal corrispettivo pattuito, per un anno. Nel caso poi in cui ,l'immobile sia censito, non si tiene conto dei corrispettivi pattuiti ma della rendita catastale sempre riferita ad un anno o a frazione di anno (art. 1). Pertanto ai fini della tassazione si tien conto, in cigt.?-i caso, di un periodo annuale di durata del .contratto (art. 2); di conseguenza l'imposta dovuta viene liquidata anno per anno attraverso un ,contenggio separato e distinto in relazione a cia.scun anno. A tal riguardo non potrebbe fondatamente sostenersi che si abbia solo una ripartizione nella percezione dell'imposta di registro per i vari anni di durata del contratto, mentre resterebbe unica per tutto il periodo .convenzionale di du!'ata l'imposta del contratto stesso, �cos� come avviene per i contratti di locazione in genere, secondo l'art. 54 della legge di registro. Si tratta al contrario, di accertamenti delfimposta limitati alfa durata di un anno (nei contratti pluriennali) e con contenuto che pu� anche essere diverso in relazione all'eventuale variazione della rendita catastale o dei corrispettivi dovuti per quell'anno, il che esclude che possa parlarsi di importo unico di imposta ripartito per i vari anni di durata d�l contratto. Ci� � dimostrato, fra l'altro, dal fatto, che pu� variare anche l'aliquota dell'imposta nel ,caso, ad esempio, in cui l'immobile, dapprima non censito, sia stato nel corso della locazione incluso nel castasto; il che innova al sistema della fogge di registro secondo cui fa liquidazione dell'imposta ha luogo con l'applicazione dell'aliquota vigente al momento della registrazione e ci� anche per il caso di �contratto sottoposto a condizione sospensiva (artt. 91, 150 e 17 deHa leg.ge di Registro). Poich� secondo la legge del 1962, n. 1744, nel caso di locazioni pluriennali la liquidazione dell'imposta avviene anno �per anno, si spiega la norma dell'art. 5 della legge predetta, secondo cui in caso di omesso o ritardato pagamento dell'imposta, il �contribuente � tenuto al pagamento di una soprattassa, senza che possa trovare applicazione il principio della decadenza dal beneficio della rateizzazione, e di cui all'articolo 92 della legge di Registro dato che detto principio presuppone 824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la unicit� della liquidazione della imposta dovuta e il frazionamento nel tempo del pagamento della predetta imposta. Correlativo all'ac.certamento annuale dell'imposta di registro sui contratti di locazione immobiliare ne viene che � necessario, ai fini della legittimit� della liquidazione, che sussista ,j,J presupposto dell'imposta al momento della liquidazione, cio� che il contratto di locazione, al momento della liquidazione, sia tuttora in corso e non sia sfato risolto. D'altronde la liquidazione viene effettuata in base alla rendita catastale o ai corrispettivi relativi all'anno di riferimento della liquidazione, il che presuppone un contratto in corso. Si aggiunga che, in base all'art. 2 cpv. della legge in esame del 1962, il pagamento dell'imposta va fatto entro venti giorni dalla data di inizio dell'annata �locatizia stabilita in contratto, ed anche ci� presuppone logicamente la persistenza del contratto al momento in cui sor ge l'obbligo del pagamento. La spiegazione di tali radicali innovazioni pu� trovarsi nel fatto che secondo la legge del 1962, l'imposta di registro � comprensiva anche dell'imposta sull'entrata la quale per sua natura � dovuta solo in relazione ad una effettiva entrata percepita dal contribuente, cos� come ha messo in rilievo la sentenza citata della Corte Costituzionale. La legge speciale del 1962 ha voluto, in definitiva conciliare, attraverso il sistema della limitazione del periodo di liquidazione., la. divergente natura deH'imposta di reg.istro (che �� tassa di atto) e dell'imposta sull'entrata (che presuppone, �come si � detto, la gi� avvenuta percezione dell'entrata). Pertanto la 1. 2,9 dicembre 1962., n. 1744�, deroga, quanto ai contratti di locazione immobiliari pluriennali urbani, alle norme degli articoli 54 e 12 della legge di r~gistro, sostituendo al pricipio della unitariet� della liquidazione dell'imposta per tutta la durata del contratto, quello della periodicit� della liquidazione con riferimento alle singole annualit� di effettiva attuazione del raipporto locatizio, con tutte le conseguenze che si sono sopra precisate. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 giugno 1972, 1981 -Pres. Pece Est. Milano -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Mantegna (avv. Sangiorgi). Imposte e tasse in genere -Decisioi;ii delle Commissioni -Ricorso per Cassazione -Definitivit� -Concetto -Decisione che decide parzialmente la controversia -Impugnabilit�. (Cost., art. 111). � impugnabile con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cast., la decisione delLa Commissione che abbia camttere decisOl/'io e definitivo; � PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 decisoria la pronunzia che contiene, anche se solo parzialme,nte, il regolamento del rapporto dedotto in giudizio ed � definitiva .la decisione contro la quale non � ammessa ulteriore impugnazione in se�de di giurisdizione speciale. Pertanto, la decisione della Commissione centrale che non esaurisce la materia controversa, mentre non � impugnabile per tutto quanto concerne i provvedimenti ordinatori, deve essere impugnata con ricorso per Cassazione nel termine perentorio per quanto attiene alle statuizioni di contenuto decisorio, anche se queste non esauriscono la materia controversa e la Commissione si � riservata di emettere nuova successiva decisione (1). (Omissis). -Le eccezioni di ordine processuale sollevate dalla ricorrente incidentale vanno disattese, perch� destituite di fondamen:to. Non pu�, infatti, contestarsi l'ammissibilit� del ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 111 della Costituzione sotto il profilo �che le Commissioni tributarie delle imposte e, quindi, anche la Commissione Centrale, .sarebbero organi amministrativi. Una volta riconosciuto il caratere di giurisdizioni speciali alle Commissioni tributarie, come la giurisprudenza di quest11 Corte Suprema ha costantemente affermato con molteplicit� di argomentazioni, ribadite di recente da queste S.U. (sent. nn. 2175, 2176, 2177 e 2201 del 1969; nn. 105, 106, 374 e 1181 del 1970), la esperibrlit� contro le loro pronunce definitive e decisorie del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art, 111 della Costituzione per violazione di 1. non pu� non essere affermata, come infatti � stata affermata da questa Suprema Corte con numerose .qectsioni (cfr. da ultimo sentenze nn. 940, 975 e 976 del 1970). Parimenti a torto la ricorrente incidentale eccepisce '1'inammissfoi lit� del ricorso sotto il profilo che l'impugnata decisione della Com missione Centrale non � definitiva, dovendo sul rapporto nuovamente rpronuncia11si la stessa Commissione Centrale per il definitivo accer tamento della materia imponibile. (1) Conformi sono le sentenze di pari data n. 1978, 1979, 1980. Decisione esattissima che opportunamente chiarisce il sempre difficile problema dell'impugnabilit� delle decisioni che non definiscono integraln~ ente il iproce,sso. Se �d'un ,canto Ja ded:sdone avente conteniurto CY.rdinatm'io non � mai impugnabile, la decisione che derime anche solo parzialmente la lite, anche se pronunzia soltanto su questioni di rito (Cass., 5 luglio 1971, n. 2082 in .questa Rassegna, 1971, I, 1216) � invece sempre impugnabile (v. Relazione Avv. Stato, 1966-70, II, 512). In definitiva vale in questo campo la regola del processo civile ordinario che si impernia sulla distinzione tra sentenza e ordinanza; ma occorre precisare che per le pronunzie che non esauriscono la controversia, il procedimento speciale tributario non ammette In :impugnazione diffedta, si che per evitair�e :iJl giudicaito La dec:ilSl:iJOIIle pairzdaie deve sempre essere immediatamente impugnata. 826 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � esatto, invero che, nelle �Controversie in materia d� imposte erariali, per poter adire l'autorit� giudiziaria ordinaria occorre attendere la definizione del procedimento .innanzi alle commissioni tributarie, definizione che pu� verificarsi sia perch� sulla materia si sono pronunciati tutti gli organi ai quali � demandato conoscere dei reclami, sia perch� � inutilmente decorso il termine iper la impugnativa della decisione del giudice .speciale. Senonch� quello proposto dall'Amministrazione finanziaria � un ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, �Che consente di denunciare in Cassazione per violazione di legge tutte le �sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali e, come ripetutamente ha avuto occasione di affermare questa Corte Suprema (sentenze n. 14 del 1965, n. 2501 e 3720 del 1968 e n. 940 del 1970) per l'ammisibilit� d:i tale ricorso contro una decisione della Commissione Centrale delle imposte non � necessario che la decisione abbia esaurito il rapporto controverso pronunciando su tutte le questioni insorte, essendo 1nvece sufficien~e che la pronuncia abbia carattere decisorio e definitivo. Tali requisiti ricorrono indubbiamente nella impugnata decisione. Invero essa ha carattere definitivo perch� non � ammessa ulteriore impugnazi�ne in sede di giurisdizione .speciale contro la predetta decisione, sicch� l'unico rimedio esperibile per evitare il giudicato formale � il ricorso per cassazione ai �sensi della citata norma costituzionale. Riguardo, poi, alla decisivit�, essa si deve ammett-ere relativamente ai punti in cui la pronuncia ha affer~ato la validit� dell'a. ccertamento d'imposta, del reclamo e del concordato, in quanto su tali punti vi � un accertamento parziale, che concerne la disciplina giuridica del rapporto dedotto in causa e che ha carattere definitivo ed incontestabile, sicch� la decisione contiene gi� una parte del regolamento definitivo del rapporto destinato a completarsi con la successiva pronuncia che la Commissione centrale si � riservata di emettere dopo lo espletamento di una ulteriore istruttoria. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I,. 22 giugno 1972, n. 2046 -Pres. Favara -Est. Spadara -P. M. Del Grosso (conf.) -Soc. Interfan (avv. Maiolo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Termine triennale per la dimostrazione della realizzazione del fine industriale -Produzione all'Ufficio della certificazione -Necessit�. (d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, art. 5; I. 5 ottobre 1962, n. 1492, art. 1). Per fruire dell'agevolazione per l'industrializazione del Mezzogiorno prevista nell'art. 5 del d.l. 14 dicembre 1947, n. 1598, � necessario che ---I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 nel triennio sia non soitanto in concreto realizzato il fine industriale, ma sia anche presentata all'Uffieio del registro la relativa ce1�tificazione rilasciata dalla Camera di Commercio (1). (Omissis). -Con l'unico motivo, la ricorrente Societ� Interfan, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, secondo comma, del D.L�.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, in relazione all'~rt. 360, n. 3 c.p.c., censura la impugnata sentenza per avere ritenuto che, ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali previste dal detto d.l. n. 1598 del 1947, il certificato, attestante l'avvenuta realizzazione del nuovo impianto industriale, dovesse essere prodotto entro il triennio dall'acquisto della relativa area. In particolare, ri'levando che la, �ratio �, dalla quale risulta ispirata la concessione delle anzidette agevolazioni fiscali, risiede nella esigenza di promuovere, incoraggiare e sviluppare riuove iniziative industriali1 e che, perci�, a.I conseguimento di questa finalit� occorre aver riguardo per la concessione di tale beneficio, sostiene che il triennio, previsto dalla legge, co�stituisce il termine, entro il quale la detta finalit�, ossia la progettata, nuova iniziativa 'industriale, deve essere realizzata, e non gi� quello, entro il quale deve essere prodotta la relativa certificazione. Il motivo � infondato. La questione, prospettata con la esposta censura, ha gi� formato oggetto di esame da parte di questa Corte Suprema, la quale, in pi� di una decisione, dopo avere rilevato che, ai fini dell'applicazione dell'imposta fissa di registro prevista dall'art. 5 del D.L.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1598, la dimostrazione della realizzazione della nuova iniziativa industriale, avente i requisiti indicati dalla legge, deve essere data con la presentazione della relativa attestazione del Ministro dell'Industria e Commercio (ed ora della Camera di commercio per la 1. 5 ottobre 1962, n. 1492) entro il perentorio tremine di tre anni dalla registrazione dell'atto di tr~sferimento della propriet� delle aree e dei fabbricati, occorrenti per il conseguimento della iniziativa stessa, ha affermato che la presentazione, oltre tale termine, di detta attestazione legittima il fisco a liquidare e riscuotere la imposta normale di regi:stro, a nulla rilevando, ai fini del beneficio fiscale in argomento, che nell'attestazione stessa, esibita tardivamente, risulti �certificato che lo scopo � stato sostanzialmente conseguito entro il predetto termine (Cass. 27 ottobre 1965, n. 2276; 15 luglio 1965, n. 1548 e 6 novembre 19<68, n. 3662). Non ba�sta, pertanto, che entro il triennio, di cui sopra, venga .costruito il nuovo impianto industriale, ma �,, altres�, necessario che, entro lo stesso termine, sia presentato il certificato attestante l'avvenuta realizazione di esso. (1) Conforme � la decisione in pari data n. 2047. V. Cass., 6 novembre 1968, n. 3662, in questa Rassegna, 1963, I, 1053. 828 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Questo principio trova valido fondamento giuridico sia nel testo lettera1e della disposizione, contenuta nell'art. 5 del citato D.L.C.P.S., n. 1598 del 1947, modificato e sostituito dall'art. 1 della legge 5 ottobre 1962, n. 1492, che nella �ratio� dalla quale la disposizione .stessa risulta determinata. Infatti, mentre la norma, stabilendo testualmente che � l'imposta � dovuta nella misura normale, qualora, entro H termine di tre anni� dalla registrazione dell'atto, non sia dimostrato, con dichiarazione da rilasciarsi..., che il fine dell'acquisto sia stato �conseguito�, pone il detto termine in funzione ed in rapporto esclusivo e specifico con la prova concernente il conseguimento della finalit�, costituita dalla realizzazione della :nuova iniziativa industriale, la esigenza di dare rapido impulso a questa iniziativa e di definire sollecitamente le posizioni tributarie, rimaste sospese in funzione della realizzazione delle iniziative stesse e sin dal momento della registrazione degli �tti di acquisto delle aree e fabbrkati all'uopo occorrenti, ben giusti.fica, anche sotto il profilo della immediatezza di un efficace controllo, il diretto e specifico collegamento della certificazione attestante la �conseguita realizzazione di tali iniziative, a quel termine. D'altra parte, un'ulteriore conferma alla validit� dell'illustrato principio giurisprudenziale si trae dalla 1. n. 1492 del 1962, la quale, dopo avere attribuito alla Camera di Commercio la competenza per il rilascio dell'attestazione, che apparteneva prima al Ministero dell'Industria, ha, rispetto agli atti per i ,quali il triennio fosse gi� scaduto, accordata una sanatoria, concedendo agli interessati, che avessero nel termine anzidetto consegui<to il fine dell'acquisto, la possibilit� di presentare quella attestazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa e di ottenere in tal modo la conferma delle agevolazioni fiscali; il che comprova che il termine triennale era configurato dalla precedente legge come termine di decadenza per la presentazione dell'anzidetta attestazione e che tale configurazione � stata confermata dalla nuova legge. Concludendo, deve affermarsi che non sussiste alcuna V'.alida ragione che possa indurre questa Corte a discootarsi dal richiamato ;principio giurisprudenziale, talch� la impugnata sentenza, che ad esso s'� pienamente uniformata, non merita la prospettata censura. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 giugno 1972, n. 2094 -Pres. Favara -Est. Montanari ViscG -P. M. Antoci (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio) c. Celentano. Imposte e tasse in ~en:ere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Sottoscrizione del ricorso dell'Ufficio -Funzionario preposto al reparto -Validit�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 829 Imposte e tasse in genere -Accertamento -Sottoscrizione -Funzionario preposto al riparto -Validit�. Validamente il ricorso dell'Amministrazione alle Commissioni � sotto. scritto dal funzionario preposto al reparto competente che sia abilitato a firmare in vece del titolare, essendo la potest� di impugnare le deci-� sioni attribuita genericamente all'Ufficio finanziario e non specifica-. mente alla perso'na fisica del titolare (1). Validamente l'accertamento in rettifica degli imponibili dichiarati e il relativo avvis� sono sottoscritti dal capo reparto abilitato a svolgere funzioni vicarie, perch� competente ad accertare i redditi � l'Ufficio distrettuale delle Imposte dirette e non personalmente il suo titolare (2). (Omissis). -Con il primo motivo �l'Amministrazione ricorrente in via principale lamenta la violazione dell'art. 38 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, deducendo che la competenza a proporre l'appello avanti la Commissione Provinciale delle imposte non apparteneva a1l solo titolare dell'Ufficio finanziario, m� anche al capo reparto �che -nella specie aveva firmato l'atto di impugnativa in luogo del dirigente. Con il secondo mezzo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 45 del r.d. 8 �luglio 1937 e dei principi sulla formazione del giudicato, assumendo che, essendo mancata un'impugnazione cH parte �sul punto, la questione della ritualit� dell'appello era coperta dal giudicato e che quindi alla Commissione Centrale sarebbe �stato precluso l'esame di ufficio della questione stessa. "' Mentre va rilevata l'infondatezza di tale ultima censura, ,giacch� pu� sempre rilevarsi di ufficio l'inammissibilit� dell'appello (a prescindere dalle eccezioni od impugnazioni proposte dalle parti) per la ragione che le relative questioni attengono alla regolare costituzione del rapporto processuale di secondo grado, il primo motivo di gravame deve essere accolto. Gi� questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato che nei pTocessi tributari davanti alle Commissioni la sottoscrizione del titolare dell'Ufficio non � condizione .di validit� dell'impugnazione, essendo la potest� di impugnare le decisioni delle Commissioni attribuita .genericamente all'Ufficio finanziario e non gi� specifi.camente alla persona fisica del titolare, cosicch� � sufficiente che l'atto sia firmato da un (1-2) Sulla prima massima v. Cass., 14 dicembre 1970, n. 2658 e 29 maggio 1971, n. 1613, in questa Rassegna, 1971, I, 172 e 1114; importante � l'applicazione dello stesso principio all'atto sostanziale di accertamento. 830 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO funzionario preposto al reparto competente a trattare la materia con troversa e che sia abilitato a firmare per il titolare e cio� in sua vece e luogo. Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria deve essere perci� ac. colto, con cassazione della decisione impugnata e rinvio del processo ad altra �sezione della istessa Commissione Centrale. Il Celenta:no ha proposto a sua volta ricorso incidentale contro la decisione della Commissione Centrale, dato che questa ha comunque disatteso, dopo averlo esaminato, il primo motivo del ricorso di esso contribuente e relativo all'asserita nullit� dell'avviso di aecertamento, per�ch� sottoscritto da un funzionario diverso dal titolare dell'Ufficio finanziario. Il ricorrente incidentale deduce che l'atto di accertamento dell'ob bliga.z.ione tributaria involge un aspetto sostanziale e che ha errato la Commissione centrale nel limitare le sue considerazioni all'aspetto pro cessuale dell'avviso di accertamento, quale �provocatio ad oppo nendum �. La Commissione centrale ha, al riguardo, affermato che l'avviso, da comunicarsi all'interessato ai fini dell'eventuale impugnazione, � sol tanto il documento nel quale sono descritti gli estremi dell'atto formale di accertamento e che quindi non � IIlecessario che il titolare dell'Ufficio esplichi personalmente l'attivit� prescritta per la comunicazione, po tendo invece provvedervi altri funzionari deH'Ufficio in via di delega o sostituzione secondo le esigenze dell'Ufficio stesso e nel rispetto del l'ordinamento interno. In proposito va rilevato che, se � vero che l'avviso di accertamento assume -come deduce il Celentano -due aspetti, l'uno sostanziale e l'altro processuale, contenendo l'avviso l'affermazione in concreto della pretesa tributaria dell'Amministraziene, pretesa che acquista definiti vit� con il mancato esperimento dei mezzi di ricorso o con la decisione di rigetto dell'impugnazione proposta, ci� non ha valore determinante per la decisione della questione in esame. Invero, a norma degli artt. 31 e 33 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, competente all'accertamento in rettifica degli imponibili dichiarati e all'accertamento d'ufficio di quelli omessi, nonch� alla comunicazione al contribuente mediante notifica dell'apposito avviso, � l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette. A:nche in tale caso non deve perci� ritenersi necessaria la sottoscrizione qell'avviso di accertamento da parte del titolare dell'Ufficio, essendo invece sufficiente la sottoscrizione da parte del capo reparto, abHitato a svolgere funzioni vicarie in luogo del titolare dell'ufficio e che firmi in vece di quest'ultimo (come si � verificato nella specie, nella quale l'avviso � stato sottoscritto per il direttore capo dal capo reparto dott. Scalisi). Essenziale PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 831 agli effetti della validit� dell'avviso di accertamento -� soltanto una sicura provenienza dell'atto e cio� la sua riferibilit� all'Ufficio impositore. Tale provenienza � nella specie attestata ed assicurata, oltrech� dall'apposizione della firma del funzionario, dal timbro o bollo dell'Ufficio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2234 -Pres. Giannattasio -Est. Giuliano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv: Stato Savarese) c. Tadini. Imposta di successione -Deduzione dall'attivo dell'imposta sul valore glotiale -Deducibilit� della sola imposta in concreto corrisposta. (d.l. 8 marzo 1945, n. 9, artt. 8 e 13). . L'imposta sul valore globale deducibile dall'attivo .dell'asse ereditario ai fini della liquidazione dell'imposta di successione � quella in concreto pagata e non quella astrattamente dovuta netl'ipotesi normale (1). (Omissis). -La ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del d.l. 8 marzo 1945, n. 90, lamenta che la Commissione Centrale, anzich� tener conto della � incidenza effettiva � dell'imposta sul valore globale, ha sancito la detraibilit� dell'imposta medesima nella m~sura �teoricamente dovuta�, pari, in concreto, al doppio di quella effettivamente gravante sull'erede. La doglianza � fondata. Invero, la norma suindicata, disponendo che � ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni � dedotto dall'imponibile l'ammontare dell'imposta sul valore .globale deH'asse ereditario�, ha inteso far gravare l'imposta di successione sulla sostanza che pervenga all'erede dopo il prelievo, da parte del fisco, dell'impos.ta sul valore gfobale. Perci� alla misura del prelievo stesso occorre aver riguardo; e ove, come nella spceie, l'erede, per effetto di una' norma agevolativa, sia tenuto a pagare l'imposta sul valore globale in misura mi:nore di quella stabilita, in principio, dalla legge, dev'essere detratto dall'as,se, rper la determinazione dell'imponibi'l.e dell'altro tributo, solo quanto sia dall'erede, a quel titolo, effettivamente dovuto. (1) Giurisprudenza ormai pacifica: cfr. Cass., 24 marzo 1971, n. 820 in questa Rassegna, 1971, I, 682, con richiami. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 832 Ci� � stato sancito da numerose sentenze di questa Corte Suprema (cfr. da ultimo la n. 820 del 1971). Gli argomenti addotti in contl'.ario dalla decisione impugnata non hanno 'pregio. Essa, infatti, ha anzitutto posto in evidenza la differenza tra i due tributi; ma da ci� non pu� trarsi alcun lume per la soluzione del problema. Ha poi rilevato che, secondo l'art. 8 del d.l. 8 marzo 1945 n. 90, l'ammontare complessivo dell'imposta globale dev'esisere diviso in parti proporzionali al valore delle singole quote o legati e che la quota proporzionale attribuita a ciascun erede o legatario deve �infine� essere eliminata o ridotta quando concorrano le condizioni richieste per l'esenzione o la riduzione, e dal �fatto che l'eliminazione o la riduzione sia menzionta da ultimo ha dedotto che la � strutturazione � dell'imposta sul valore globale suffraga la sua decisione. Ma l'ordine delle operazioni disposte dal citato art. 8 concerne il momento dell'appUcazione dell'imposta .sul valore global~, mentre l'art. 13 postula che tale applicazione sia gi� avvenuta e discipli:na la determinazione dell'imponibile dell'altro tributo. La Commissione Centrale, infine, ha osservato che l'art. 13 ha � re cepito � l'art. 1 del d.l. 4 maggio 1942, n. 434, istitutivo dell'imposta sul �valore globale, e ha affevmato che tal norma � stabiliva che l'ammontare dell'imposta in parola era deducibile nel suo integrale ammontare ai fini dell'applicazione della normale imposta successoria�. Per altro, il ricordato art. 1 disponeva la deduzione dell'� ammontare dell'imposta dovuta sull'asse ereditario�, e il termine �dovuta� mostra appunto che si doveva, per quella norma, cos� come per la norma oggi in vigore, considerare .soltanto l'effettiva incidenza del tributo. Si deve pertanto, in .accoglimento del ricorso, cassare la decisione impugnata e rinviare la causa alla .stessa Commissione Centrale per l'applicazione del principio dinanzi enunciato. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2235 -Pres. !cardi Est. Elia -P. M. Pascalino. (conf.) -Ministero , delle Finanze (avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Soc. SET (avv. Vitali). Imposta di registro -Trasferimento di diritto reale immobiliare Cessione di cubatura prevista dal Piano regolatore di Torino � tale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 8 e tariffa A, art. 1). Le cessioni di cubatura previste dal piano regolatore della citt� di Torino approvato con d.p. 6 ottobre 1959 (cessione a titolo 'oneroso del diritto di costruire sul proprio suolo per una determinata cubatura in favore di altro soggetto che acquista iZ diritto di costruire sul suo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 833 suolo per una corrispondente cubatura in aggiunta a querla consentita darle norme di piano) costituiscono atti con effetti analoghi a quem propri dei trasferimenti di diritti reati immobitiari e sono quindi soggetti aH'imposta dell'art. 1 tariffa A della i. di registro (1). (Omissis). -Coi primi due motivi del ricorso principale l'Amministrazione delle Finanze denuncia violazione degli artt. 8, 9, 17 ed 81 r.d.. 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch� degli articoli I della Tariffa allegata alla citata legge di, registro n. 31269 del 1923, 1027, 1072, 1325, 1343, 1345 e.e. e 6, 18 e 19 del d.p. 6 ottobre 1959 che approva il Piano regolatore della Citt� di Torino, per avere la Corte di merito esclusa l'applicabilit� dell'aliquota previ�sta dall'art. 1 della Tariffa Allegato A a'lla 1. di registro, pur ammettendo che il trasferimento di cubatura raggiunge gli effetti pratici di una servit� � non aedificandi ., mentre invece per l'art. 8 della stessa legge di registro le tasse sono appUcate secondo gli effetti degli atti, se anche non vi corrisponda il titolo e ~a forma apparente. Deduce la ricorrente che la circostanza che il trasferimento della cubatura fosse compreso nello stesso atto col quale si cedeva un'area al Comune � irrilevante ai fini dell'applicabilit� del �l'art. 1 della citata Tariffa, in quanto per l'art. 9 della legge di registro richiiilllata se in un atto sono comprese pi� disposizioni indipendenti o non derivanti necessariamente le m;1e dalle. altre, ciascuna di esse � assoggettata come se formasse un atto distinto. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione del citato art. 8 della legge di registro e dell'art. 1 della Tariffa allegata, in quanto il diritto di costruzione trasferito, mediante cessione di cubatura, al fondo di' propriet� della Set, era di natura reale, perch� inerente, con permanente efficacia � erga omnes ., all'area della Set, ed era iper�ci� soggetto all'art. 1 della Tariffa, anche i:n considerazione agli effetti dell'atto ed alla sua intrinseca natura. Con i primi due motivi, che � opportuno trattare unitariamente, la ricorrente deduce che il trasferimento di cubatura a titolo oneroso aveva l'efficacia traslativa di un diritto real.e immobiliare, ed, anche in relazione al cita:to art. 8 della legge di 1;egistro, soggiaceva all'aliquota di cui all'ar.t. 1 deHa Tariffa citata, onde erroneamente la Corte di merLto ritenne non applicabile tale aliquota d'imposta, chiesta con l'ingiunzione. H Piano regolatore della citt� di Torino, agli artt. 6, 18, 19 e 34, stabilisce la densit� di costruzioni edilizie consentita per alcune zone, espressa in metri cubi per metro quadrato di suolo edificatorio. La facolt� di costruire, con riguardo a tale densit� media, riferibile a tutta la zona, costituisce la �cubatura� spettante a ciascuna area edificabile, singolarmente considerata. Poich� la densit� fissata per la zona rappre (1) Questione originale esattamente risolta. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO senta una media, complessiva, la cubatura spettante a ciascuna area edificabile pu� essere trasferita ad altre aree, e cio�, su diversa propriet�, col consenso del Comune. Per effetto di tale trapasso di � cubatura �, il proprietario dell'area, alla quale ineriva la cubatura ceduta, perde il diritto di costruire su detta .area, e tale diritto acquista, invece, il proprietario del fondo a cui viene trasferita la cubatura. Attraverso H consenso del Comune, ,si verifica, per volont� dei privati contraenti, il trasferimento di una delle facolt� in cui si estrinseca la propriet� fondiaria, e, cio�, della facolt� di costruire, onde il cessionario della cubatura pu� costruire sul suo fondo, nei maggiori limiti consentiti dalla cessione, e vendere a terzi le costruzioni, con una innegabile efficacia � erga omnes � del trasferimento, che viene, cos�, permanentemente ad inerire, sull'area edificabile di propriet� del cessionario. Gli effetti reali dell'oggetto della cessione, che viene .ad accrescere le facolt� di edificare spettanti al proprietario, dell'area ceduta, con efficacia �erga omnes �, sono analoghi a quelli dei trasferimenti a titolo oneroso di diritti reali immobiliari, previsti dall'art. 1 della Tariffa, onde, per l'art. 8 della legge di registro, vanno assoggettati all'aliquota ivi prevista. Dispone infatti il citato .art. 8 che un atto il quale produca effetti previsti dall'art. 4 della stessa legge (trasmissioni di diritti reali, o obbligazione di somme o prestazioni, o dichiarazione o attribuzione di valori o diritti, o efficacia di titolo o di documentazione legale) e che non si trovi nominalmente indicato nella Tariffa, soggiace alla tassa che la Tariffa prevede per l'atto col quale, per la sua natura e per i suoi effetti, ha maggiore analogia. L'analisi delle pattuizioni po�ste in essere, quanto alla �cubatura-�, cio� quanto alla facolt� di edificare, dall'atto notarile 11 marzo 1963, in relazione con la scrittura regist,rata il 26 ,giugno 1962, e come, in punto di fatto, furono accertate dai giudici di merito, porta a qualificare la convenzione come cessione del diritto di costruzione rappresen'tato dalla cubatura, con 'effetti analoghi a quelli di un atto traslativo di diritti reali immobiliari, previsto dall'art. 1 della Tariffa. La norma dell'art. 8 della legge speciale, che assoggetta all'imposta prevista per i trasferimenti di diritti immobiliari, anche atti che producano effetti analoghi a tali trasferimenti, rende irrilevanti le questioni attinenti alla precisa qualificazione dell'atto, dal momento che tali effetti, analoghi a quelli propri delle cessioni dei diritti reali, sussistono in relazione non solo alla volont� delle parti, ma alle norme del Piano regolatore, sopra richiamate. � esatto che i diritti :r:eali, i quali sono suscettibili di possesso giuridico tecnico (Cass. 11 ,giugno 1943, n. 1448), soggiacciono al principio del �numerus clausus � e devono dunque essere sussumibili nei paradigmi legislativi che compongono tale �numerus� (Cass. 22 ottobre 1959, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA n. 3035), ma la classificazione prevista dall'art. 813 e.e. pu� essere derogata da norme .speciali, e comunque per l'art. 8 l'analogia di efficacia di un atto rende applicabile l'aliquota tariffaria indipendentemente dalla esatta sussunzione dell'atto medesimo in uno dei paradigmi legislativi che classificano i diritti reali immobiliari. Irrilevante � dunque ai fini di applicabilit� del tributo la difficolt� di qualificare come servit�, in base ad una � utilitas � fornita dal fondo servente (Cass. 27 gennaio 196,2, n. 153) con carattere di permanenza, un rapporto che si sostanzia in una facolt� di" costruire, da esercitarsi �una tantum�, o di riscontrare una ipotesi di diritto di superficie in relazione all'art. 952 e.e. un diritto di costruzione che non grava su cosa altrui (Cass. 1 giugno 1953, n. 1655). Di certo si � in presenza di una rinuncia a costruire che trova causa in un corrispettivo, e dunque assume il carattere indubbio di una cessione di diritto, con efficacia traslativa, non automatica, ma volontaria, a favore di un soggetto prescelto, il quale paga un corrispettivo non irrilevante, onde la cessione � a titolo oneroso, e produce nel cessionario una facolt� di edificare con effetti � erga omnes �, analoghi agli effetti dei trasferimenti di diritti reali, onde prende vigore il l'invio dell'art. 8 della legge all'aliquota tariffaria dell'art. 1, prevista per tali trasferimenti di diritti reali. Erroneamente dunque la Corte di appello neg� l'applicabilit� dell'aliquota prevista dall'art. 1 della Tariffa, onde il ricorso princi'pale merita, per ci�, accoglimento e la sentenza deve essere cassata con rinvio, ad altra Corte di merito, che provveder� sulle �spese, e si atterr� al seguente principio di diritto. Le cessioni di cubatura previste dal Piano regolatore della citt� di Torino approvato con d.p. 6 ottobre 1959 costituiscono atti con effetti analoghi a quelli propri dei trasferimenti di diritti reali immobiliari considerati dall'art. I della Tariffa allegata alla legge di registro, per cui sono soggetti all'aliquota d'imposta di registro stabilita per tali atti. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 2239 -Pres. leardi Est. Elia -P. M. Pascalino (conf.) -Banco di Sicilia (avv. Dezzi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani d'Agliano). Imposta sui fabbricati -Esenzione venticinquennale ex art. 69, 1. 27 dicembre 1953, n. ?68 -Fabbricato costruito in sostituzione di edificio distrutto da eventi bellici -Idoneit� a sostituire nella sua funzione abitativa l'edificio distrutto. (1. 27 dicembre 1953, n. 968, art. 69). Per fruire dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati a norma dell'art. 69 delLa l. 27 dicembre 1953, n. 968, il fabbricato 836 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricostruito deve esser obiettivamente idoneo a sostituire neHa sua funzione abitativa l'edificio distrutto dagli eve'nti bellici; non � necessario che a tale idoneit� strut.turale corrisponda una destinazione effettiva al momento deHa ricostruzione, semprech� sia possibile ripristinare la destinazione abitativa senza modificazioni struttv,rali rilevanti (1). (Omissis). -Con >l'unico mezzo di ricorso, il Banco ricorrente denuncia violazione degli artt. 69 e 70 della 1. 27 dicembre 1953, n. 968, per avere la Corte di merito erroneamente negata l'esenzione ~enticinquennale dall'imposta fabbricati per lo s~abile ricostruito su area proveniente da demolizione di un fabbricato gi� adibito a case di abitazione, senza ammettere i mezzi istruttori richiesti per accertare la natura del nuovo fabbricato. La censura � infondata. L.'art. 60 della 1. n. 968 del 1953 dispone l'esenzione venticinquennale dall'imposta sui fabbricati, per gli edifici ricostruiti in sostituzione di quelli distrutti da eventi bellici, qualora il ripristino non sia stato 'a tota~e carico dello Stato. Dalla testuale formulazione legislativa, risulta che ai fini dell'.esenzione il nuovo edifi.cio deve, obiettivamente essere idoneo a sostituire l'edificio distrutto, e, cio�, offra possibilit� obiettive di impiego, tali che consentano la pos�sibilit� che esso sia destinato a ripristinare la funzione alla quale era adibito il fabbricato distrutto. Occorre cio� che, per le sue caratteristiche obiettive, strutturali, il nuovo fabbricato presenti la possibilit� di destinazione funzio~ nale identica a quella dell'edificio distrutto. Il nuovo fabbricato deve dunque essere costruito in modo da poter essere destinat� a fornire gli stessi servizi che venivano forniti dall'edificio distrutto. Tale esigenza legislativa, di strutturale pos�s,ibilit� di impiego identico a quello del fabbricato demolito, non implica, ovviamente, n� che il nuovo fabbricato riproduca esattamente tutte le caratteristiche del- 1'.edificio distrutto, mentre � soltanto nece�ssario che presenti caratteristiche essenziali alla possibilit� di impiego identico a quello del fabbricato scomparso. N�; ovviamente, � nece,ssario che vi sia destinazione effettiva del nuovo edifido agli stessi servizi forniti dal vecchio edificio, mentre � sufficiente �che sia possibile, ancorch� non in atto, tale destinazione, alla stregua delle caratteristiche strutturali del nuovo edificio. Tali caratteristiche devono sussistere all'atto della costruzione del nuovo fabbricato, perch� � in tal momento che �sorge la pretesa d'imposta, e, dunque, il diritto alla esenzione. (1) Cfr. Cass., 24 luglio 1968, n. 2676, Riv. Leg. fisc., 1968, 2493; 3 ot:tobre 1968, n. 3066, ivi, 1969, 333. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Il legislatore, ai fini dell'esenzione, non ha, infatti, considerato l'uso al quale l'edificio nuovo 'sia in concreto destinato, ma solo, la possibilit� che il nuovo immobile possa sostituire l'antico, ripristinandone, all'occorrenza, le funzioni. Ci� che � indispensabile ai fini dell'esenzione � che il nuovo fabbricato prnsenti, al momento della sua ultimazione, struttura e funzionalit� oggettive tali che ne rendano possibile un uso identico a quello cui era destinato il vecchio edificio. (Cass. 24 luglio 1968, n. 2676). Trattandosi di edificio nuovo costruito su area risultante dalla demolizione di un fabbricato destinato ad abitazione � necessario, per aversi l'esenzione, che, indipendentemente dalla sua destinazione con~ creta, il nuovo edificio presenti, al momento della sua ultimazione, struttura e funzionalit� fali da renderne possibile la de,stinazione ad-abitazione (Cass. 3 ottobre 1968, n. 3066). La Corte di merito con congrua e corretta motivazione, ha esattamente richiamati tali principi, ed ha ritenuto, in punto di fatto, con apprezzamento insindacabile, perch� sorretto da motivazione idonea immune da vizi logici e da errori giuridici, che al momento della ultimazione, il fabbricato nuovo non presentava caratteristiche obbiettive che ne rendessero possibile, senza necessit� di modificazioni strutturali rilevanti, la destinazione a ca~e di abitazione cio� alla funzione cui era destinato l'edificio demolito. La Corte di merito ha accertato motivamente che il nuovo edificio � stato costruito con strutture idonee non ad uso di abitazione, ma ad uso di ufficio bancario, ed ha escluso, in punto di fatto, la possibilit� di ambivalenza, cio� di destinazione alternativa a banca o ad abitazione, ritenendo che, allo stato, l'unica possibile destinazione pu� essere quella commerciale, e non ad abitazione, in quanto, fin dal suo sorgere, il nuovo fabbricato fu costruito strutturalmente per destinarvi solo una grande banca, e non presenta possibilit� di destinazione ad abitazione. Per giungere a tali apprezzamenti di fatto insindacabili, 'perch� sorretti da congrua e corretta motivazione, la Corte di merito non ha ritenuto di ricorrere n� a consulenze tecniche, n� ad ordine di esibi zione di documenti, n� ad altri mezzi di prova, ritenendo inconferenti e superflui, e dunque inammissibili, tali mezzi d'indagine. Il giudizio del giudice sulla inammissibilit� di mezzi di prova pu� essere anche implicito (Ca,ss. 24 giugno 1967, n. 1565). L'esercizio del potere di di sporre una consulenza tecnica � rimesso all'apprezzamento discrezio nale del giudice di merito, non sindacabile in sede di iegittimi:t� (Cass. 29 ottobre 1966, n. 2710). Il giudizio sulla rilevanza di un mezzo istrut torio ,attiene alla valutazione dei fatti, onde � compito esclusivo del giudice di merito, la cui valutazfone, di natura discrezionale, non � sog getta al sindacato di legi<ttimit� (Caiss. 5 gennaJo 19.67, n. 2.7). -(Omissis). 838 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1972, n. 23�66 -Pres. Giannattasio -Est. Santosuosso -P. M. Del Grosso (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi) c. Fallimento Lotito. Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Uffici e Negozi -Albergo -Compatibilit� -Limiti. (l. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 13, 14 e 18; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, art. un.). Sussitono i presupposti per l'applicabilit� della agevolazione deUa l. 2 luglio 1949, n. 408, quando al.meno il 50 % pi� uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazione e non pi� del 25 % sia destinata a negozi (intendendo l'espressione �negozi� in senso re. strittivo); � quindi ammissibile che una parte della costruzione, ove siano rispettate le predette condizioni, abbia varie destinazioni editizie come quella ad albergo (dovendosi intendere in senso lato l'espressione � uffici e negozi�) (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 13, 14 e 18 della I 1. n. 408 del 1949, 1� della 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, e dell'art. unico fi f'. della 1. 2 dicembre 1967, n. 1212, sostenendo che a torto, e con motiva I i zione perplessa, la Corte di merito avrebbe esteso il regime agevolativo ad un tipo di beni, destinati ad albergo, non previsti dalle relative leggi. Aggiunge che vano � rilevare come il legislatore abbia concesso i benefici in esame anche per locali di uso associato, quali ospedali, collegi e simili, perch� per questi ultimi esiste un'espressa normativa che manca f.: ' invece quanto agli al�berghi. Questi ultimi, inoltre, per le caratteristiche i . l loro proprie, non dovrebbero potersi assimilare alle categorie privilegiate (case, uffici, negozi). Non potendosi quindi ravvisare nella destinazione ad albergo aicun nesso o legame con le altre ipotesi, prev~ ste ai fini dell'agevolazione, dovevasi riconoscere la legittimit� dell'imposizione. Anzi, secondo la ricorrente, se un nesso di assimtlabilit� volesse proprio scorgersi, esso finirebbe per far risaltare una possibilit� di equiparazione fra la destinazione ad albergo e quella a negozio,� attesoch�, per entrambe le categorie si fa riferimento ad un'attivit� imprenditoriale; con il che, nella specie, sommando le porzioni di immobile (1) Identiche sono le sentenze in pari data n. 2365 e 2367. Non constano precedenti specifici. Va ricordato che agli alberghi in se considerati non compete l'agevolazione (Cass., 21 giugno 1971, n. 1924 e 17 giugno 1971, n. 1841, in questa Rassegna, 1971, I, 1180). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA rispettivamente aventi la prima e la seconda destinazione, si sarebbe superato il limite del 25 % destinabile a . negozi (volendosi intendere questi ultimi in senso lato, come comprensivi anche dell'albergo). La doglianza non appare meritevole di accoglimento. Il problema di fondo ch'essa investe � quello dell'interpretazione delle pertinenti norme contenute nelle 11. 2 luglio 1949, n. 408, 6 otto bre 196,2, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212. Con la prima delle .suddette leggi sono state concesse particolari agevolazioni fiscali -riguardanti, fra le altre, anche l'imposta che ha dato origine all'odierna controversia -con riferimento alle costru zioni edilizie, richiedendo, per�, che si tratti (art. 13) di � case di abi tazione anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carat tere di abitazioni di lusso�. La ,seconda legge (con l'art. 1) ha precisato che il predetto regime agevolativo previsto per le case di abitazio.ne non di lusso � applicabile anche � ai locali destinati ad uffici e negoti quando, a questi ultimL, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale sopra terra�. Con l'ultima legge, del 1967, si � stabilito infine che l'art. 1 predetto � deve intendersi nel senso che le agevolazioni fiscali menzionate nell'articolo .stesso sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici e negozi, quando aL negozi �sia destinata una superficie non eccedente il quarto totale dei piani sopra terra �; ma si � aggiunto che �per la , concessione delle suddeHe agevolazioni �... necessario e 1sufficiente che ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) che almeno il 50 per cento pi� uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazione; b) che non pi� del 25 per cento della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata a negozi �. In proposito questa Suprema Corte ha avuto ripetutamente occa sione di affermare, sia prima che dopo la predetta legge del '67, che ai fini dell'applicazione dei benefici fiscali previsti dalla legge del '49 la espressione �uffici e negozi�, in quest'ultima legge contenuta, va inter pretata in senso lato e non letterale e tassativo, per comprendere quei locali facenti bens� parte di un edificio la cui superficie utile � preva lentemente destinata a dvile abitazione, -ma per ubicazione, strut tura e dimensioni -destinati o da destinare ad uso e capaci di pro durre un reddito diversi da quello delle case di abitazione (cfr., fra le altre, le sentenze n. 2947, del 21 dicembre 1964; 1837, del 7 ottobre 1970; 339, del 10 febbraio 1971). Tale interpretazione questo Supremo Collegio ha fondata non solo sull'esame dei precedenti legtslativi in materia di agevolazioni fiscali per case di abitazione, ma an,che sul riflesso della finalit� della legge, intesa ad agevolare ed incoraggiare la costruzione e ricostruzione di 840 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO case per i meno abbienti; per cui pu� ritenersi che il legislatore abbia, fra l'altro, considerato mezzo idoneo al miglior perseguimento di tale finalit� il consentire l'inclusione, nei costruendi edifici, anche di locali che siano destinati ad usi stru;mentali ed accessori rispetto ai nucleh abitativi nuovi o ricostruiti, o che comunque, per la loro destinazione ad usi diversi e p~� redditizi di quello della abitazione, rendano economicamente pi� vantaggiosa l'attivit� edilizia che il legislatore ha voluto incrementare, giacch� la �sia pur limitata costruzione dei locali anzidetti pu� elevare il redito medio dell'intero edificio la cui prevalente destinazione resta pur sempre quella della civile abitazione. Cosi, ad esempio, nel quadro della suddetta interpretazione, s1 e ritenuto che fra quelli suscetUbili di beneficiare dell'agevolazione rientrino locali destinati a magazzini, laboratori, depositi e simili (cfr. le citat.e sentenze del 1970 e 1971). E in particolare, poi, con riguardo al chiarimento apportato dall'articolo unico della l. n. 12.12 del 1967, nonch� allo .specifico dettato del capoverso della stsesa norma che indica espressamente le condizioni � necessarie e sufficienti � per la concessione dei benefici, questa Suprema Corte ha recentemente affermato altresl (sent. n. 3585, del 26 ottobre 1968) che, fermo rimanendo il limite massimo (25 % ) di superficie destinabile a negozi, e quella minima (51 % ) da destinarsi ad abitazioni, la .superficie destinabile a fini diversi, e quindi anche ad uffici, pu� giungere fino al 24 % del totale (o perfino eccedere tale proporzione, e fino al 49 % , nella misura in cui i negozi non occupino la superficie per essi consentita). L'orientamento giurisprudenziale e�spresso nelle suindicate pronunzie comporta che, ferma restando l'osservanza delle �condizioni necessarie e sufficienti� in precedenza ricoraate (condizioni che nel caso di specie si � incontestatamente accertato essere state osservate), tra i � fini diversi � pocanzi accennati possa rientrare, evidentemente, anche la destinazione ad albergo. N� dal predetto orientamento questa Corte rinviene validi motivi per discostarsi con riferimento al caso che ne occupa. In favore di una diversa soluzione non giova dedurre, come fa in via principale l'Amministrazione ricorrente, che la destinazione1 ad albergo non rientra fra quelle (abitazione, uffici, negozi) espressamente dalla legge contemplate. Si � visto, invero, come con l'espressione �uffici e negozi � il legislatore abbia inteso indicare, praticamente a titolo esemplificativo, una destinazione redditizia diversa da quella del- l'abitazione. N� si vede perch� la destinazione al albergo debba escludersi dal novero di quelle rientranti nella ratio della legge, giacch� questa � intesa, come si � rilevato, a stimolare la costruzione di case, fra l'altro consentendo a tal fine, anche in vista del vantaggio economico del costruttore, una diversificazione degli usi della parte di edificio non PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 841 necessariamente da destinarsi ad abitazione ed a far sorgere abitati gi� aventi a loro servizio locali per attivit� commerciale, artigianale o di altro genere comunque connesse, satelliti o strumentali in ordine ad una integrata funzionalit� sociale dei nuovi o rinnovati insediamenti residenziali. Dalle considerazioni suesposte consegue come naturale corollario il rigetto della tesi subordinata dell'Amminis.trazione, secondo cui i locali destinati ad albergo dovrebbero computarsi per assimiliazione fra quelli destinati a � negozio � ai fini del calcolo del limite massimo del 25 % previsto dalla norma del secondo comma dell'articolo unico della 1. del 1967. A differenza dell'espressione �uffici e negozi� che, come si � osservato richiamando i precedenti giurisprudenziali fn materia, va intesa in senso esemplificativo, in quest'ultima norma invece, avente intento diversificativo, nell'ambito dei locali non destinati ad abitazione, il termine �negozi� va evidentemente interpretato in senso tassativo. Ne consegue l'impossibilit� di equiparare -ai fini del calcolo predetto l'esercizio dell'industria alberghiera a quello commerciale, caratteristico dei negozi, tanto pi� che siffatta equiparazione la ricorrente vorrebbe fondare 'SU un elemento (l'attivit� imprenditoriale in genere) che, dalla legge non previsto, sarebbe arbitrario inserimento nella sua ratio, come sopra delineata, e finirebbe per comprometterne un'applicazione a questa ultima conforme. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 luglio 1972, n. 2391 -Pres. Giannattasio -Est. Granata -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc.. Immobiliare Elba (avv. Vitali) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Accessione -Macchinari di opificio -Concetto di opificio. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47). Agli effetti della presunzione del quinto comma dell'art. 47 della legge di registro, l'opificio cui i macchinari accedono, va inteso come costruzione tecnicamente attrezzata con macchinari idonei allo svolgimento di un'attivit� industriale, sia o no destinata attualmente alla plf'oduzione (1). (Omissis). -Con il primo motivo la societ� ricorrente, rilevato che la sentenza impugnata muove dalla premessa che l'atto di vendita tassato (1) Massima esatta da condividere pienamente. Per la natura della previsione del quinto comma dell'art. 47 della 1. di registro cfr. Cass., 13 maggio 1971, n. 1381, in questa Rassegna, 1971, I, 902. 842 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO concernente un opificio, donde la soggezione di esso alla presunzione (di trasferimento anche dei macchinari) stabilita dall'art. 47 comma 5� della legge di registro, deduce che, mentre per gli effetti anzidetti � essenziale alla nozione di �opificio� il predicato della attualit� (e non mera potenzialit�) di funzionamento, invece la Corte di merito ha ome,sso di motivare .circa la sussistenza nella .specie di un complesso industriale siffatto, e ci� malgrado il convincimento del tutto opposto espresso sul punto, con il corredo di ampia argomentaz.ione, dai Giudici di primo grado (violazione e falsa applicazione degli artt. 47 t.u. legge di registro approvato con r.d. 30 dic�mbre 1923, n. 3269; 72, del t.u. 22 gennaio 19'58, n. 645; 1362, 1363, 1364 e.e.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia; art. 360 nn. 3 e 5 cpc.). La censura � infondata. La decisivit� del fatto, cui si riferisce il difetto di motivazione denunziato, postula all'evidenza una'nozione (giuridica) dell'opificio, inteso come complesso industriale attualmente funzionante, che a giudizio del Collegio non pu� essere condivisa, ond'� che al rifiuto di questa segue la negazione di quella. La ricorrente invoca, a suffragio della sua tesi, la sentenza resa da questa Corte Suprema in data 25 gennaio 1933 nella causa Riffeser c. Comploy, secondo la quale per conferimento in societ� di stabilimenti od opifici industriali, agli effetti del trattamento di favore previsto dall'art. 81 lett. b tariffa all. A della legge di registro, deve intendersi il conferimento (non gi� di un insieme di stabili e di macchinari non costituenti una unit� organica), ma di una o pi� costruzioni, de.stinte all'esercizio di una industria, in cui esistono speciali impianti, forniti di generatori di forza motrice e meccanismi di trasmissione infissi, nelle quali ��si eserciti attualment~ e realmente una determinata industria, diretta a produrre materie o manufatti�. n richiamo non � per� pertinente. La nozione di �opificio� cos� delineata, invero, appare del tutto congrua alla ratio che ispira la particolare disposizione presa in esame in quell'arresto, intesa a c�ncedere -come nella stessa sentenza � ricordato con espresso richiamo alla conforme relazione ministeriale -il beneficio della tassa ridotta al fine di. proteggere l'esercizio della industria nazionale dedita alla produzione: di qui l'esattezza del riferimento al momento dinamico dell'organizzazione produttiva e quindi alla attualit� del funzionamento del complesso industriale, oggetto dell'atto di (trasferimento a titolo di) conferimento societario. Invece affatto diversa � la ratio della disposizione che nel caso presente viene in discussione, essendo l'intera normativa dettata dall'art. 47 -ed in particolare la statuizione del suo 5� comma che pone, come � pacifico (Cass. 13 maggio 1971, / n. 13�81; Cass. 3 luglio 1957, n. 21599; Cass. 16 febbraio 1953, n. 387) una I ~ I II I I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 843 presunzione assoluta -univocamente rivolta ad impedire possibili fenomeni di evasione fiscale, di guisa che rispetto a tal fine l'aspetto dinamico �del (dato di) fatto contemplato -cio� il complesso industriale -� del tutto irrilevante, il pericolo dell'evasione configurandosi anche in relazione soltanto al suo aspetto statico. Ci� � tanto vero, che con altra decisione, �oltre tutto assai meno remota di quella ricordata dalla ricorrente, questa Corte Suprema ha ritenuto costituire �opificio�, proprio agli effetti dell'art. 47 comma quinto qui in esame, � un complesso di costruzioni �tecnicamente attrezzate con macchinari idonei allo svolgimento di una attivit�. industriale � (Cass. n. 387 del 1953 citata), dove � evidente che l'accento � posto non sulla attualit� del funzionamento, ma sulla potenzialit� di esso, assicurata dalla esistenza nell'immobile di una attrezzatura meccanica idonea a consentirne la utilizzazione del complesso come strumento di produzione industriale, a pre�scindere dalla sua esplicazione allo stato. Pari difetto di pertinenza al tema della presente causa, poi, priva di ogni significato il riferimento della ricorrente all'art. 72 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, in cui, ai particolari fini della esenzione della imposta sul redito dei fabbricati, l'esercizio dell'attivit� commerciale � assunto espressamente ad elemento di identificazione della fattispecie normativa ammessa al godimento del trattamento fiscale di favore, per di pi� in considerazipne non della obiettiva e�sistenza del fatto in s�, sebbene della sua imputazione ad un de.terminato soggetto (il possessore) e quindi ancora in contemplazione di una ratio legis ben diversa da quella del pi� volte citato art. 47 della legge di registro. Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 47 della legge di registro. e de.gli artt. 817 e 819 e.e., nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la ricorrente lamenta che la Corte torinese ha omesso di considerare che l'Amministrazione finanziaria aveva ricompreso nell'importo del maggior valore comulativamente accertato non solo i macchinari, ma anche i mobili-e le attrezz�ture che non erano pertinenze dell'immobile e neppure erano annoverabili tra i beni cui si riferisce l'art. 47 della legge di registro. La censura � destituita di giuridico fondamento. � erronea la premessa, giacch� anche i mobili e le attrezzature, se ed in quanto �destinati in modo durevole al servizio�, in tesi, dell'immobile in cui sono contenuti (e nella specie l'esistenza di tale situazione di fatto al momento della stipulazione dell'atto tassato � fuori discussione), costituiscono �pertinenze� in senso tecnico-giuridico, in tale �destinazione di servizio � concretandosi il vincolo pertinenziale che contraddistingue la fattispecie normativa della categoria di beni considerata dagli artt. 817 e 819 e.e. 844 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Errata � am:he la conclusione, giacch�, come pertinenze, pure i beni di cui qui si discute ricadono sotto la disciplina dettata dall'art. 47 della legge di registro, pi� esattamente del suo primo comma, avendo questa Corte Suprema gi� insegnato cb,e allo schema legale del bene �immobile per destinazione � proprio del codice civile previgente -sui canoni concettuali e definitori �si modella la legge di registro in ragione del tempo della sua elaborazione ed emanazione -corrisponde nel codice attuale lo schema normativo del bene �pertinenza� (cfr. Cass. 3 luglio 1957, n. 2599, che meditatamente ripudia la contraria opinione precedentemente accolta da Cass. 27 luglio 1956, n. 2908). N� agli effetti qui considerati rileva in alcun modo che la presunzione di trasferimento stabilita dal citato comma primo dell'art. 47 riguardo agli immobili per destinazione (o pertinenze) sia iuris tantum, mentre quella posta dal successivo comma quinto per i macchinari � iuris et de iure (sentenza n. 1381 del 1971; n. 2599 del 1957; n. 387 del 1953 citate), non avendo mai, durante l'arco dell'intero giudizio, la ricor.rente dedotto, anche in via soltanto assertiva, di essere in grado di fornire la prova contraria tipica prevista dal comma secondo dello stesso articolo. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I~ 14 luglio 1972, n. 2398 -Pres. !cardi Est. Arienzo -P. M. Mililotti (conf.) -Soc. Fiorino c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Possibilit� di costituire sedi e succursali o di partecipare in altre societ� senza limitazione di territorio -Esclusione. (1. 29 luglio 1957, n. 634, artt. 36 e 38). Le agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno di cui agli artt. 36 e 38 della l. 29 luglio 1957, n. 634, sono indissolubilmente legate al fattore territorio, nel senso che sono applicabili solo quando risulta con assoluta certezza che la societ� che le invoca �opera� nel Mezzo,giorno. Tale finalit� non � garantita se le attivit� che si intendono promuovere o incrementare possono, anche solo potenzialmente, sulla base dello statuto o dell'atto costitutivo, svolgersi al di fuori dei limiti territo riali agevolati; la possibilit� di istituire succursali e' assumere interes- It -~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 845 senze e partecipazioni in altre societ� senza limitazione di territorio contrasta con i fini dell'agevolazione, e a nulla rileva che in concreto l'attivit� sia stata svolta nel Mezzogiorno (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1972, n. 22:36 -Pres. leardi Est. Arienzo -P. M. Pascalino (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. ILTAS (avv. Adonnino). Imposta di registro -Agevolazioni per l'industrializzazione del Mezzogiorno -Possibilit� di costituire sedi e succursali e di partecipare in altre societ� senza limitazione di territorio -Non contrasta necessariamente con lo scopo dell'agevolazione -Successiva correzione dello statuto -Ammissibilit� dell'agevolazione. La possibilit�, prevista nello statuto di societ� costituita per incrementare l'industrializzazione del Mezzogiorno, di istitui1'e agenzie, filiali e rappresentanze anche � altrove " e di assumere interessenze e partecipazioni in altre societ�, non dimostra necessariamente un contenuto programmatico di espensione deH'attivit� fuori del territorio agevolato, e pu� essere intesa come possibilit� di espansione nell'ambito del Mezzogiorno; conseguentemente, se dal comportamento della societ�, che oltre a non aver preso iniziative imprenditoriali fuori del Mezzogiorno ha, dopo la contestazione della deoadenza, modificato lo statuto, risulta che l'atto originario pu� essere interpretato come non diretto ,ad espandere l'attivit� sociale fuori del territorio del Mezzogiorno, l'agevolazione pu� essere accordata (2). I (Omissis). -Con il quarto motivo del ricorso, il cui esame � preliminare ed assorbente, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 lett. a 1. 29 luglio 1957, n. 634, 113 e 360 nn. 3 e 5 c.p.c., e si sostiene che la sentenza impugnata, sul presupposto che il beneficio (1-2) La !>['ima massima rica11ca un indiirizzo ormai consolidato (sentt. 12 maggio 1971, n. 1363 in questa Rassegna, 1971, I, 895; 10 novembre 1971, n. 3186, ivi, 1972, I, 106; 11 marzo 1972, n. 706, ivi, 334) e giustamente pone in luce che la semplice possibilit� astratta di aprire sedi o succursali o d� partecipare in altre societ� senza limitazioni di territorio, � di per se incom 848 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge n. 634 del 1957 per incrementare l'industrializzazione del Mezzogiorno e che, quindi, lo stesso trattamento doveva essere esteso alla registrazione dell'atto di aumenta del capitale sociale -, ha considerato che la societ� I.L.T.A.S. aveva operato esclusivamente nel detto ambito territoriale e che, a seguito del r.d. 14 dicembre 1965, aveva regolarizzato gli articoli dell'atto costituitivo e dello statuto in modo da evitare il sospetto della possibile estenzione ad attivit� fuori del territorio agevolato. La decisione impugnata si fonda, soprattutto, sull'interpretazione del contenuto oggettivo dell'atto costitutivo e dello statuto, chiarito dal comportamento della societ� e dalle modifiche apportate ai detti atti. Secondo l'originario testo degli artt. 2 e 5 dello Statuto e dell'atto costitutivo era prevista la possibilit� di istituire � succursali, agenzie, filiali e rappresentanze anche altrove� e di assumere �interessenze, quote e partecipazioni in altre societ� aventi scopi affini �. A qu~ste clausole non poteva attribuirsi necessariamente, come sostiene la ricorrente, un contenuto programmatico di espansione dell'attivit� fuori dell'ambito del territorio agevolato se si considera che la societ�, costituita il 2 luglio 1962, aveva scelto di operare nel Mezzogiorno per usufru.ire del trattamento fiscale pi� favorevole. La portata delle citate clausole deve essere determinata con riguardo alla detta finalit� e, di conseguenza, alla parola � altrove � non pu� attribuirsi il significato di ambito territoriale illimitato, bensi quello di ambito territoriale circoscritto ai paesi fruenti della agevolazione fiscale. E che tale sia il contenuto oggettivo dell'atto � ulteriormente confermato dal comportamento della societ� che non solo non ha preso iniziative imprenditoriali in territorio non agevolato ma che, appena si � manifestato il dubbio sollevato dall'Amministrazione, ha chiarito le citate clausole in modo da evitare ogni possibile equivoco interpretativo. Siffatta puntualizzazione delle clausole dello statuto e dell'atto costitutivo non costituisce, quindi, una modifica dell'originario testo bens� una riformulazione per renderne pi� manifestamente palese l'originario. contenuto oggettivo. Pertanto, poich� l'atto costitutivo e lo statuto della societ� I.L.T.A.S., costituita per operare nel territorio del Mezzogiorno rettamente interpretati non offrivano J:a possibilit�, neanche potenziale, di estendere l'attivit� fuori di detto ambito territoriale, la societ� � ammessa a fruire dei benefici fiscali previsti dalla legge 29 luglio 1957, n. 634. In conseguenza, non ha rilevanza l'argomentazione della sentenza impugnata, censurata col primo motivo -che l'agevolazione fiscale, concessa per l'atto costitutivo andava estesa anche all'aumento del capitale sociale -, atteso che l'errata affermazione, peraltro non necessaria ai fini della decisione, non ha avuto influenza sul dispositivo. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 luglio 1972, n. 2570 -Pres. leardi Est. Alibrandi -P. M. Pascalino (diff.) -Societ� Immobiliare Cesarea (avv. Capaccioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Interessi -Decorrenza. (1. 2 luglio 1949 n. 408. artt. 14 e 20; I. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1; 1. 28 marzo 1962 n. 147). Nel caso di decadenza dai benefici fiscali previsti dall'art. 14 della l. 2 luglio 1949, n. 408, gli interessi sulle imposte in misura ordinaria, dovute dal contribuente amm~sso ai benefici, decorrono dal momento in cui si � verificata la decadenza dagli stessi (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la societ� ricorrente, nel denunziare violazione e falsa applicazione dell'articolo unico della 1. 28 marzo 19612; n. 147, dell'art. 2 della 1. 26 gennaio 1961, n. 29, nonch� degli artt. 14 e 20 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, si duole che la Corte del merito abbia ritenuto che, in caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali disposte dall'art. 14 della 1. n. 408 del 1949, gli interessi sulla somma, dovuta dal contribuente per imposta nella misura ordinaria, decorrono dalla registrazione dell'atto, ammesso al beneficio, e non gi� dal momento in cui si � verHicata la decadenza dai benefici fiscali. Deduce, in particolare, che la ragione addotta dalla sentenza impugnata, secondo cui il diritto della finanza al tributo sorge fin dal momento della registrazione dell'atto, ma resta sospensivamente condizionato alla mancata costruzione della casa non di lusso, � in contrasto con le disposizioni dei citati articoli (1) Di identico tenore � la successiva sentenza n. 2571. L'afformazione contenuta IIlJeilJJa massima non pu� �esse!l'e condivisa e varie sono le perplessit� che suscita la relativa motivazione. In primo luogo non appare pertinente il richiamo alla sentenza della Cassazione, SS.UU. 27 giugno 1969, n. 2311 (in questa Rassegna, 1969, I, 567) la quale non conforta affatfo, ma anzi implicitamente condanna, la tesi secondo cui il diritto al beneficio fiscale sussiste fin dal momento della registrazione dell'atto agevolato e il verificarsi della decadenza determina l'estinzione di tal� diritto. Con tale sentenza, infatti, � stato affermato quanto segue: �Al contrario, deve ritenersi che il rapporto, che si instaura con la concessione (in via provvisoria) dei benefici, abbia per oggetto della imposizione un negozio valido ed efficace (l'acquisto dell'area), e determini pertanta a favore della Finanza il diritto ai tributi nella misura ordinaria; valido, ma non efficace, essendo la sua efficacia subordinata al non adempimento, da parte dell'acquirente, dell'obbligo di costruire, non adempimento che consegue, con effetto immediato e definitivo, alla rivendita o al trasferimento. 850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 14 e 20, dalle quali risulta che il diritto al beneficio esiste fin dal momento della registrazione, pur essendo soggetto a decadenza nei casi previsti dalla legge che accorda le agevolazioni fiscali. Aggiunge la ricorrente che la Corte d'appello ha fatto inesatta applicazione dell'articolo unico della 1. n. 147 del 1962, il quale non si riferisce al tributo complementare che sia rimasto sospeso per disposizione di legge, ma a quello, ben diverso, che non fu possibile determinare al momento della liquidazione principale, per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti. Il motivo � fondato. La legge 2 luglio 1949, n. 408, contenente disposizioni per l'incremento dell'edilizia, mira a favorire la sollecita costruzione (o ricostruzione) di edifici per abitazioni non di lusso, anche con agevolazioni fiscali, tra cui � quella della registrazione a tassa fissa e della riduzione ad un quarto dell'impresa ipotecaria per gli acquisti di aree edificabili (art. 14). La legge prevede, poi,' la decadenza dal beneficio in caso di mancata costruzione o di costruzione non eseguita a norma e nei termini in essa stabiliti (art. 20). La decadenza comminata dalle citate disposizioni (la quale esula dalla previsione dell'art. 110 della legge organica di registro) presuppone l'esistenza del diritto al beneficio. Infatti, l'effetto, in generale, della deca � E che nel caso di alienazione dell'area il diritto della Finanza non sorga, n� trovi la sua causa nell'atto relativo � dimostrato dalla circostanza che l'imposta � dovuta sull'atto di acquisto, e non su quello posteriore di alienazione �. Ora sembra evidente che, se il diritto della Finanza alla percezione del tributo in misura ordinaria sorge fin dal momento <;}ella registrazione dell'atto agevolato, non pu� dirsi che il corrispondente debito del contribuente sorga in un momento diverso, e cio� in quello in cui si � verificata la decadenza. A nostro avviso, la sentenza in esame non ha individuato esattamente la natura ed i, termini del fenomeno esaminato, ed ha utilizzato nozioni generali e principi particolari in modo del tutto inadeguato. � evidente, ad esempio, che il concetto generale di decadenza corrisponde a quello di estinzione della situazione giuridica preesistente, ma tale situazione non � quella del diritto, bens� quella del potere e, nella specie, del potere di neutralizzare definitivamente il diritto della Finanza alla percezione del tributo, mediante la realizzazione della costruzione. Per tale motivo la situazione che corrisponde alla 'concessione del beneficio in sede di registrazone � una situazione provvisoria f> non definitiva, la quale consiste, da un lato, nel diritto della Finanza attuale ma inefficace e, dall'altro lato, nel debito del contribuente condizionato alla mancata realizzazione della costruzione. Tale provvisoriet� era stata esattamente equiparata dalla Corte di merito alla situazione corrispondente alla pendenza della condizione e per negare la estensione al nostro caso del principio della retroattivit� dell'avveramento della condizione non appare esatta la affermazione che nella PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 851 denza non � quello del mancato acquisto di un diritto, ma consiste nell'estinzione di un diritto gi� venuto ad esistenza nel patrimonio giuridico di uri soggetto, come � dato argomentare sia dal coordinato disposto degli artt. 2964 e 2934 e.e., sia da quanto stabilisce l'art. 2967 dello stesso codice. Inoltre, nel sistema delle citate norme della I. n. 408 del 1949, i benefici fiscali competono non a costruzione realizzata, ma fin dal momento della registrazione dell'atto di acquisto dell'area fabbricabile, destinata alla costruzione di case per abitazione non d'i lusso, tanto vero che � da tale momento che il beneficio opera il suo effetto di neutralizzare il diritto della finanza a percepire i tributi di registro e ipotecario nella misura ordinaria. E questo diritto del fis,co -come gi� ha osservato questa Corte Suprema, pronunziando in tema di decorrenza della prescrizione dell'azione della finanza pe;r il pagamento dell'imposta nella misura ordinaria -resta inefficace in pendenza d'el benificio di cui trattasi e pu� essere fatto valere solo al momento in cui si � verificato l'evento che ha provocato la decadenza (cos�, da ultimo, Cass. S.u., sentenza 27 giugno 1969, n. 2311). Tale inefficacia esclude che il trtbuto in misura ordinaria sia esigibile prima dell'avverarsi dell'accennato evento. E po_ich� gli interessi, quale prestazione accessoria, seguono quella principale del pagamento del specie non si tratterebbe di una' condicio facti (o volontaria) bens� di una condicio iuris, perch� l'evento della mancata costruzione � specificamente previsto dalla leg-ge. . Nella condicio iuris, infatti, l'evento non solo deve essere previsto ma anche stabilito dalla legge, nel nostro caso l'evento condizionante, cio� la mancaita reailiz:1lazione dehla costruzione, ddpenden<te esclusivamente dalla volont� del contribuente. Tanto vero che nel caso di forza maggiore (esemp] o: 'espropriazione dell'area) l:a decadenza daiLla agevolazione noo si verifica. Tutto concorre a ritenere, quindi, che � perfettamente conforme alla realt� del particolare fenomeno la circostanza che, una volta risolto lo stadio della provv.isoriet� corrispondente alla richiesta del beneficio in sede di registrazione, la definitiva situazione corrispondente alla decadeilfl dal beneficio sia riferita al momento della registrazione dell'atto. A tale punto doveva per� esaminarsi se tale conclusione, per quanto si riferisce al problema della decorrenza degli interessi, non fosse contrastata dalla speciale disciplina di questi e, in particolare, dalla manca-nza del presupposto della liquidit� ed esigibilit� del credito e dalle norme della 1. n. 147 del 1962 che si riferiscono alle imposte complementari che non poterono essere liquidate integralmente al momento della liquidazione prin-� cipale per mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione. Ma anche tali problemi non possono essere risolti secondo la motivazione della sentenza in esame. In primo luogo, infatti, il richiamo al presupposto della esigibilit� del credito � del tutto ininfluente, dato che nella specie tale presupposto non � rkhiesto dalla 1. n. 147 del 1962. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 852 tributo ordinario (� accessorium sequitur natura �sui principalis �), solo da quando questo � liquidato e diviene esigibile, gli interessi iniziano a decorrere. La Corte del merito ha ritenuto non applicabile tale regola generale ed � pervenuta a contrario avviso, muovendo dal presupposto che il diritto della finanza alla percezione del tributo in misura ordinaria sorge fin dal momento della registrazione dell'atto cui � accordato il beneficio, ma tale diritto -aggiunge la sentenza impugnata -� soggetto alla condizione sospensiva della mancata costruzione dell'edificio previst� dall'art. 13 della 1. 408 del 1949, donde la conseguenza che, allorquando tale evento si verifica, .gli effetti risalgono al giorno della registrazione e, come da questo � dovuta l'imposta nella misura ordinaria, cosi, del pari, sono dovuti i relativi interessi. Ma tale argomentazione non pu� essere condivisa. Infatti, anche a voler ammettere, in ipotesi, che il diritto della finanza al tributo ordinario sorge con la registrazione dell'atto ed � condizionato, in senso sospensivo, � tuttavia sicuramente inesatta la conseguenza cha da tale p.remessa hanno tratto i giudici d'appello a proposito della supposta efficacia �ex tunc � della situazione determinata dall'avveramento della condizione (mancata costruzione dell'edificio non di lusso). Invero, l'errore che si annida in tale deduzione � facilmente rilevabile ove si consideri In secondo luogo, poi, sembra chiaro che, considerando il diritto alla percezione delle normali imposte sull'atto provvisoriamente agevolato come subordinato 1ail non 1adempdmento, da parite del contvibuEIDte, cLell!l'obbiLtgo di costruire, tale inadempimento costituisce un elemento essenziale per la liquidazione e percezione dei detti tributi. Con la conseguenza che, nella pendenza della possibilit� di adempiere all'obbllgo di costruire, sussiste proprio la mancanza di un elemento occorrente alla liquidazione come previsto dalla 1. n. 147 del 1962, e se tale mancanza � imputabile al contribuente (es. caso di rivendita dell'area), gli interessi sono dovuti con decorrenza dal momento della registrazione. Inacc�ttabile, quindi, � il riferimento della presente fattispecie al~ l'altra ipotesi di imposta complementare prevista dall'art. 7 della legge di registro (imposte che, rimaste sospese per disposizione di legge, rappresentano integrazione di tasse gi� riscosse) e non richiamata dalla 1. n. 147 del 1962. Tale ipotesi, difatti, ricorre in casi completamente diversi e in cui, per lo stesso sistema di tassazione stabilito dalla le.gge (es. donazione con riserva di usufrutto ex art. 20 1. registro e per cui cfr. Cass., 29 ottobre 1968, n. 3612, in questa Rassegna, 1968, I, 1046; concessione di pubblici servizi ex art. 56 1. registro), la percezione dell'imposta � parzialmente differita rispetto al momento della registrazione e in cui � del tutto inipotizzabile una imputabilit� al contribuente del fatto che ha determinato tale differimento. Nel caso in esame, invece, tale imputabilit� � la ragione stessa della decadenza dell'agevolazione e della Uquidazione ritardata della normale imposta, ed � proprio con riferimento a tale elemento che le SS.UU. della Cas PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 853 che n diritto della finanza non � soggetto ad una �condicio facti � (o volontaria), ma ad una �condicio iuris �, perch� l'evento della mancata costruzione � sp�ci:ficatamente previsto dalla legge (art. 20 I. n. 408 del 1949). E come � noto, la �condicio iuris �, a differenza della prima (art. 1360, comma primo, e.e.), non � retroattiva. N� pu� condivedersi l'opinione della Corte del merito che ravvisa nella previsione agevolativa del citato art. 14 una fattispecie giuridica a formazione progressiva, per cui gli effetti che conseguono alla dichiarazione delle parti di avvalersi dei benefici fiscali sono soltanto preliminari o atipici. Infatti, ove si consideri che la citata legge, pur prevedendo la decadenza dai benefici (rat. 20), li accorda fin dall'inizio (articolo 14) in tutta la loro estensione (tassa fissa di registrazione e riduzione ad un quarto dell'imposta ipotecaria), non pu� parlarsi di effetti preliminari per loro natura limitati perch� diversi, quantitativamente e qualitativamente, da quelli tipici. Neppure fondato si il'avvisa l'ulteriore argomento addotto dalla Corte del merito per dimostrare l'inapplicabilit� dell'accennata regola generale che presidia la decorrenza degli interessi, argomento tratto dall'articolo unico della legge 28 marzo 1962, n. 147. La I. 26 gennaio 1961, n. 29, nello stabilire l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di omissione di formalit� o di omessa autotassazione o d'insufficiente o mancata denuncia, detti interessi decorrono dal saziane, gi� con la sentenza 12 marzo 1958, n. 831 (in questa Rassegna, 1958, 63), ebbero a qualificare come complementare la imposta liquidata sull'atto per il quale l'Ufficio ha revocato le agevolazioni inizialmente concesse, e ad affermare espressamente che in tale caso il ritardo nella liquidazione ha origine da un. errore oggettivo dipendente dalla mancanza di tutti gli elementi necessari per la Uquidazione. In fine deve anche ribadirsi che, se tutto ci� non fosse esatto, il sistema legislativo delle c.d. � agevolazioni fiscali incentivanti � risulterebbe completamente falsato, permettendo esso, non soltanto il legittimo vantaggio di coloco che conrispondono agli rscorpi del Jeg1Sl1ator�e, ma anche rl'li.lilegirttimo profitto di coloro che, senza corrispondere a tali scopi, otterrebbero una ingiustificata dilazione nel pagamento delle normali imposte. In contrario, difatti, non � sufficiente arrgomenta!l'e, surHe orme della sentel!lza in esame, che a talle possibilit� di abusi suppiLisce [a sopo:atassa di cui ailJ'airt. 20, comma terzo, della 1. n. 408 del 1949, perch�, come � gi� stato affermato (Cass., 7 novembre 1970, n. 1238, in questa Rassegna, 1970, I, 860), � la sopratassa non ha natura punitiva e la sua applicazione segue al semplice verificarsi della situazione oggettiva prevista dalla legge indipendentemente da qualunque inda�gine suli1a �co[rpevo.Jezza del tvasgressore � (cfr. anche illl rproposirto l�a sent. SS.UU. 21 agosrto 1972 n. 2695 che rsegue). Nessun ostacolo quindi a che, nel caso di decadenza dalla agevolazione, oltre alla sopratassa, siano anche dovuti g1i interessi per ritardato pagamento della imposta. G. ANGELINI ROTA 854 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giorno in cui ii{ tassa o la imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia presentata in modo completo e fedele. In riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte predette, cio� a quella parte che non pot� essere liquidata, fin dall'origine, per mancanza od insu.fficienza degli elementi all'uopo occorrenti, la citata legge interpretativa n. 147 del 1962 chiarisce eh egli interessi sono dovuti dalla data d'i esigibilit� del tributo principale, salvo che la mancanza o insufficienza di elementi, che abbiano impedito l'originaria integrale liquidazione, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente, nel qual caso gli interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione. Ora, come � fatto ben chiaro dalla dizione del citato articolo unico, senza che vi sia alcun margine d'i opinabilit�, rilevasi che il primo comma contiene la letterale ripetizione della sola prima ipotesi dell'art. 7, comma secondo, della legge organica dell'imposta di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 32,69) quella cio�, delle tasse complementari � che al momento della liquidazione della tassa principale non poterono essere liquidate integralmente per mancanza o insuficienza degli elementi occorrenti per la liquidazione�. Nessun riferimento fa, invece, la 1. n. 147 del 1962 alla seconda ipotesi del citato art. 7, comma secondo, quella cio� delle tasse .complementari � che, rimaste sospese per disposizione di legge, rappresentano integrazione di tasse gi� riscosse�. E questa �, appunto, l'ipotesi che viene in considerazione nel caso di spe�ie, nel quale pu� parlarsi di imposta � complementare � soltanto nel secondo dei due sensi anzidetti, in quanto il tributo in misura ordinaria era rimasto sospeso per effetto non di mancanza o insufficienza di elementi occorrenti per la sua liquidazione, ma di specifica disposizione di legge (articolo 14 1. 409 del 1949). Pertanto, la Corte del merito, nel ritenere applicabile la citata legge n. 147 del 1962, non ha esattamente inteso il contenuto precettivo della stessa, estendendolo, oltre il significato fatto palese dalla lettera della norma, a ben diversa ipotesi di tributo complementare, che esula dalla previsione della citata legge interpretativa. N� infine, ad orientare in senso diverso il giudizio di questa Corte, vale l'argomento sv<>lto dall'Amministrazione resistente, la quale sostiene che, interpretando il sistema della c.d. �agevolazioni fiscali incentivati� in modo difforme da quello accolto nella sentenza impugnata, esso risulterebbe falsato nella sua pratica applicazione, permettendo l'illegittimo profitto di coloro che, senza perseguire gli scopi della 1. n. 408 d'el 1949, intendono ottenere un'ingiustificata dilazione nel pagamento delle imposte dovute nella misura ordinaria. Infatti, a tale obiezione resta agevole rispondere che l'eventualit� di abusi � stata considerata dal legislatore del 1949 il quale, appunto per impedirne o, quanto meno, ostaco- Iarne la realizzazione, ha comminato, nei casi di decadenza dal beneficio, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 855 la sanzione della sopratassa, pari ad un decimo dell'ammontare delle imposte (art. 20, comma terzo, 1. n. 408 del 1949). Pertanto, in accoglimento del ricorso, l'impugnata sentenza va cas sata con rinvio della causa ad altro giudice di pari grado che, nel riesa minarla, si uniformer� al principio di diritto secondo cui �nel caso di decadenza dai benefici fiscali, previsti dall'art. 14 della 1. 2 luglio 1949, n. 408, gli interessi sulle imposte in misura ordinaria, dovute dal contribuente ammesso ai benefici, decorrono dal momento in cui si � verificata la decadenza degli stessi�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 agosto 1972, n. 2695 -Pres. Pece Est. Milano -P. M. Trotta (conf.). -Ministero delle Finanze (avv. Stato Chiarotti) c. Soc. Immobiliare Carlo Alberto (avv. Manetti). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Imposte complementari sui trasferimenti a titolo oneroso -Interessi a carico del contribuente -Decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale -Limiti. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1, 2 e 3; I. 28 marzo 1962, n. 147, art. un.). Anche nei trasferimenti a titolo oneroso � legittima l'applicazione degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare, salvo che iL contribuente non dimostri che la divergenza tra il prezzo od il corrispettivo dichiarato ed il valore ritenuto daLl'Ufficio in sede di revisione non dipenda dal fatto che gli � imputabile (1). (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente Amm.inistrazio.ne finanziaria denuncia la violazione dell'articolo unico, primo e secondo comma, della legge 28 marzo 1962, n. 147, per avere erroneamente la Corte d'appello ritenuto che nei trasferimenti a titolo oneroso, in rap (1) La importanza della presente sentenza non ha bisogno di essere segnalata. Con essa, faruatti, 1e S�zi<mi Umte halllilO definitivamente stabilito che il presupposto degli mteressi a �oarioo del cQilltriLbuente di cui all1e teggi 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 1962, n. 147 consiste nel semplice ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria, in tal modo confermando la giurisprudenza della Sezione semplice (dr. Cass., 23 novembre 1971, n. 3396 e 18 febbraio 1972, n. 441, in questa Rassegna 1972, I, 115) che aveva ritenuto l'applicabilit� delle dette leggi ai rapporti tributari sorti in epoca precedente alla loro entrata in vigore ed ancora pendenti a tale data. In secondo luogo, poi, e per quanto riguarda l'importante problema specifico affrontato, relativo alla decorrenz~ degli interessi sull'imposta com 856 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO porto ai quali le parti hanno l'obbligo di indicare non il valore venale del bene trasferito, ma il prezzo o corrispettivo pattuito, la mera divergenza tra quest'ultimi ed il valore ritenuto dall'Ufficio in sede di revisione non costituisca, in s� e per s�, imputabile mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione dell'imposta in sede principale, tale da far sorgere l'obbligo degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare di cui all'art. 3 della I. 26 gennaio 1961, n. 29, nell'interpretazione data;ne dall'articolo unico della citata I. n. 147 del 1962. Sostiene in proposito la ricorrente Amministrazione che poich�, sia nei trasferimenti onerosi inter visos che in quelli a titolo gratuito, la base imponibile � il valore venale dei beni oggetto dell'atto, come si deduce dagli artt. 17 d.I. 7 agost(l 1936, n. 1639, 30 e 40 della legge di registro, il contribuente ha l'obbligo .giuridico di dichiarare il valore effettivo del bene, ai fini della determinazione dell'imposta principale, se il prezzo indicato nell'atto sia ad esso inferiore, e che, di conseguenza, la trasgressione di tale obbligo d� sempre luogo ad una mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi occorrenti alla integrale liquidazione dell'imposta in via principale. Peraltro, aggiunge l'Amministrazione ricorrente, la imposizione dell'obbligo degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare trova il suo fondamento, non gi� nell'imputabilit� della incompleta o infedele denuncia -come ritenuto dalla sentenza impugnata -bens� unicamente nel ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria con la conseguenza che l'imputabilit� non deve essere dimostrata dalla Finanza, ma spetta al contribuente la prova della non imputabilit� che sposta la decorrenza degli interessi sul tributo complementare alla data di liquidazione del tributo stesso. La censura cosi riassunta � ammisisbile in rito perch� '-contraria mente a quanto assume in via preliminare la societ� resistente -enuncia i motiv1 per i quali si chiede la cassazione della sentenza ed indica le norme su cui detti effetti si fondano, mentre a nulla rileva che la censura stessa investe soltanto alcune delle argomentazioni su cui � fondata la impugnata sentenza, trattandosi di argomentazioni, non gi� indipendenti ed autonome, ma interdipendenti e tutte insieme concorrenti a sorreg gere l'odottata decisione. plementare di registro e, in genere, sulle imposte relative a trasferimenti a titolo oneroso in cui il prezzo dichiarato dalle parti costituisce la. base imponibile per la liquidazione dell'imposta principale, 1e Sezioni Unite hanno colto esattamente la portata �e la funzione delle norme Jn esame le quali costituiscono un unico e identico sistema di regolamento per tutte le diverse ipotesi in cui i debiti relativi a rapporti tributari di natura indiretta non sono adempiuti tempestivamente, sia da parte del contribuente come da parte della Finanza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La censura medesima �, inoltre, parzialmente fondata nei sensi e nei limiti di cui in appresso. � noto che, in materia di tributi erariali, la determinazione del debi to d'imposta � compiuta in base agli elementi di fatto necessari alla ca ratterizzazione del presupposto ed alla individuazione della base imponi bile. La liquidazione, se gli elementi occorrenti siano mancati od insuf ficienti, non pu� essere eseguita nella giusta misura dovuta, di guisa che, ogni qualvolta quegli elementi vengono acquisiti in un secondo momento, lAmministrazione procede ad una nuova determinazione quantitativa del debito del contribuente, correttiva di quella precedente. Il fenomeno pu� verificarsi in concreto per omissioni o insufficienti dichiarazioni del contribuente e per conseguente non precisa valutazione da parte del l'Ufficio accertatore degli elementi predetti che risultano inesattamente denunciati dalle parti. L'ordinamento tributario tende ad evitare l'incon veniente stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, da parte dei contribuenti, dell'�bbligazione tributaria ed il tempestivo adem pimento, da parte dell'Amministrazione finanziaria, degli obblighi che 1ad essa incombono verso i contribuenti. In tale linea direttiva, per quanto attiene alle imposte e tasse indi rette sugli affari, si inquadra la 1. 26 gennaio 1961, n. 29, nella parte istitutiva dell'obbligazione aegli interessi moratori a carico del contri buente. Detta legge, nello stabilire la misura dei detti interessi, dispone all'art. 3 che, in caso di omissione di formalit� o di omessa autotassazione o di insufficiente o mancata denuncia, gli interessi sulle imposte indirette si computano dal giorno in cui l'imposta �sarebbe stata dovuta�, se la formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e fedele. E con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte indirette, cio� a quella parte del tributo che non pot� essere liquidato, fin dall'origine, per mancanza o insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, l'articolo unico della 1. 8 marzo 1962, n. 147, avente natura interpretativa del citato art. 3, chiarisce che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale (primo comma), salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito la originaria integrale liquidazione, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente (secondo comma) (nel qual caso gli interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione). Ci� posto, non pu� essere condivisa la tesi dell'Amministrazione ricorrente, pi� sopra riassunta, secondo cui, essendo l'imposta di registro commisurata sul valore venale del bene al giorno del trasferimento, il contribuente ha l'obbligo giuridico di indicare tale valore se il prezzo pattuito sia ad esso inferiore e che, conseguentemente, la trasgressione di tale obbligo d� senza altro luogo a quella carenza degli elementi occor .S5S RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO renti alla liquidazione del tributo a cui le� richiamate disposizioni riconnettono l'obbligo degli interessi moratori retroattivi sul tributo complementare. Tale tesi, infatti, � in palese contrasto con le disposizioni degli articoli 73 e segg. della legge organica di registro che prevedono, a carico del contribuente, unicamente l'obbligo di presentazione alla registrazione degli atti passibili del tributo (ovvero di denuncia di contratto verbale) nella loro forma originale e, perci�, nel loro autentico e letterale contenuto, costituito, per quanto particolarmnete riguarda i corrispettivi ed i valori, dagli importi stessi dei �prezzi� trasfusi nel documento (o nella denuncia) esibito alla formalit� della registrazione, sia con la disposi. �:-~ nell'art. 17, n. 1, del citat<? decreto n. 1639 del 1936 (art. 30, n. 1, ' -~+,,hilisce che, quando dall'atto, �o�. l ~�d tri....... J.�, di un prezzo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA che, sebbene reale rispetto a quanto effettivamente convenuto, risulti, poi, difforme dal valore venale in comune commercio, da tale esatta proposizione non deriva la conseguenza, affermata dalla impugnata sentenza, che l'accertamento, in sede di revisione, della divergenza tra prezzo indicato e valore venale del bene, non sia mai di per s� sufficiente a determinare l'obbligo degli interessi moratori. Come gi� questa Carte Suprema ha avuto occasione di affermare in recenti decisioni, riguardanti, peraltro, il diverso problema della decorrenza degli interessi istituiti con la 1. n. 29 del 1961 relativamente ai rapporti sorti anteriormente all'entrat~ in vigore alla legge stessa (Cass. 7 novembre 1970, n. 2273 e 18 febbraio 1972, n. 441), l'imposizione dell'obbligo del pagamento degli interessi moratori sul tributo complementare trova il suo fondamento sufficiente sul ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria di natura complementare rispetto alla data di esigibilit� dell'imposta liquidata in via principale. E ci� perch� i tributi complementari � per essere una integrazione dei tributi principali, formano con questi corpo � (relaz: Min. sul disegno di 1. del 1962). Non � infatti contestabile che la 1. del 1961 ha inteso istituire, in via generale, a carico del contribuente e della stessa Finanza l'onere di veri e propri interessi moratori (artt. 1 e 5) e che interessi della stessa natura siano stati previsti per le ipotesi particolari (art. 3) in cui la percezione dell'unico tributo avvenga in due tempi, o in un momento diverso da quello che, secondo la normalit�, avrebbe dovuto essere, per cui, anche se per quest'ultima ipotesi si � reso necessario stabilire regole speciali, la natura ed il fondamento degli interessi restano immutati. Anche, quindi, per gli interessi retroattivi dovuti sul tributo comple mentare, letteralmente e concettualmente di natura moratoria, � estraneo il carattere di sanzione, cosi come tale carattere � estraneo al principio stabilito dall'art. 1224 e.e., con il quale si � inteso soltanto equilibrare la posizione delle due parti (creditore e debitore) quando vi sia ritardo nella soluzione del debito, ritardo che la legge presume sia fonte di danno per il creditore. Ci�, del resto, si desume anche dall'art. 4 della I. n. 29 del 1961, che pone gli interessi di mora a carico del contribuente in ritardo nel pagamento indipendentemente dall'applicazione di ogni penalit� e so pratassa dalle singole leggi tributarie, posto che le dette penalit� e sopra tasse debbono essere considerate come sanzioni amministrative senza alcun riferimento al danno subito dall'Amministrazione finanziaria per il �tardivo pagamento del tributo. Ci� premesso, per�, va rilevato che gli interessi retroattivi previsti dalla legge speciale, pur non essendo del tutto identici a quelli di mora nelle obbligazioni pecuniarie previsti dall'art. 1224 e.e., distinguendosi da essi per alcuni particolari aspetti, si fondano, tuttavia, come gli inte 860 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ressi previsti dal citato art. 1244 e.e., sulla mora, intesa come ritardo dovuto a causa imputabile al debitore, ai sensi dell'art. 1218 stesso codice (su tale natura degli interessi moratori in genere, Cass. sentenze nn. 2033 del 1967, 3907 del 1957 e 2291 del 1956). Se, pertanto, il fatto, assunto dalle nuove disposizioni a presupposto degli interessi di mora retroattivi sul tributo complementare, � costituito dal ritardo nell'adempimento del debito di imposta, presuntivamente colle, gato con una condotta colposa del contribuente, ne segue che per il sorgere dell'obbligo degli interessi a favore dell'Amministrazione non � necessaria una ulteriore prova della colpa del contribuente, ma incombe a quest'ultimo dimostrare che la non esattezza dei dati sottoposti alla Amministrazione non � imputabile a fatto di esso contribuente. L'esattezza di tale conclusione � confermata dal fatto che la legge interpretativa del 1962 prevede, nel primo comma dell'articolo unico, come regola, che gli interessi sulla imposta complementare decorrono dal giorno in cui � dovuto il tributo principale e, nel capoverso, come eccezione, l'ipotesi che decorrano dal giorno della sua liquidazione. Questa eventualit� �, quindi, configurata come fatto impeditivo della produzione dell'effetto normalmente connesso alla fattispecie, e la dimostrazione di tale eventualit� � a carico del contribuente, esattamente come � a carico del debitore, secondo le norme civilistiche (art. 1218 e.e.), la dimostrazione della impossibilit� dell'adempimento per causa a lui non imputabile. Non va, d'altra parte, trascurato il rilievo che, ritenendo che il pre supposto degli interessi di mora retroattivi sia, non il ritardo nell'adem pimento, ma -come affermato dalla impugnata sentenza -la colpe vole infedelt� della denuncia, si configurerebbe, quanto alla loro appli cazione, una disparit� di trattamento tra i trasferimenti inter vivos e quelli mortis causa e, in genere, nei riguardi di tutti quei casi in cui il contribuente � tenuto a denunciare il valore venale dei beni oggetto di tassazione; disparit� di trattamento non giustificata sul piano giuridico, una volta. che la legge interpretativa, non soltanto non distingue tra tra sferimenti inter vivos e trasferimenti mortis causa, ma parlando, nella intitolazione, di interessi dovuti sulle � tasse indirette sugli affari�, sembra riferirsi pi� ai primi che ai secondi. Tale disparit�, inoltre, contrasta con il fenomeno nella non negabile interdipendenza che, almeno su un piano di normalit�, intercorre tra valore e prezzo, in quanto, salvo casi dovuti al concorso di circostanze particolari, normalmente il prezzo si risolve, da un punto di vista econo mico, nella espressione monetaria del valore di un bene in un deter minato contesto temporale ed ambientale. Tutto quanto si � fin qui detto porta, dunque, a ritenere che, anche nei trasferimenti a titolo oneroso � legittima l'applicazione degli interessi \ ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDE;NZA TRIBUTARIA 861 moratori retroattivi sul tributo complementare, salvo che il contribuente non dimostri che la divergenza tra il prezzo od il corrispettivo dichiarato ed il valore ritenuto dall'Ufficio in sede di revisione non dipende dal fatto che gli � imputabile. Ed al riguardo va precisato che il fenomeno della non imputabilit� al contribuente pu� insorgere -sia pure con effetti limitati -anche in momento successivo alla registrazione dell'atto, cosi come avviene nei casi in cui il contribuente rettifichi, attraverso offerta integrativa e vincolante, i dati relativi al valore risultante dal contenuto dell'atto. Ove ci� si verifichi, l'Amministrazione � posta nella possibilit� di acquisire senz'altro l'ulteriore ammontare dell'imposta ed il pregiudizio economico derivante all'Amministrazione stessa dalla eventuale mancata realizzazione di tale possibilit� non pu� pi� ritenersi imputabile, nei limiti della rettifica effettuata dal contribuente, a fatto del contribuente medesimo e lo affranca, giusta il testuale disposto del secondo comma dell'articolo unico della I. n. 147 del 1962, dall'onere degli interessi a partire dalla data della fatta offerta o rettifica. E cio�, in sintesi, la sopravvenuta offerta vincolante del contribuente, o la d� lui rettifica, circa i dati, da cui desumere il valore del trasferimento, valgono efficacemente a togliere quel carattere di antigiuridicit� della condotta del contribuente, che � invece necessario perch� lo stesso possa essere gravato dagli interessi sull'ammontare del tributo complementare per tut.to il periodo decorrente tra la liquidazione del tributo principale ed il momento della liquidazione del tributo complementare. Pu� anche aggiungersi, sotto il profilo della non imputabilit� a fatto del contribuente, che, tenuto conto che nella dterminazione dal valore venale di uri bene rientra sempre una componente soggettiva, ben pu� ritenersi, come gi� � stato ritenuto da questa Corte (Cass. 28 ottobre 1967, n. 2670 e 23 ottobre 1967, n. 2612), che una modesta differenza tra il valore dichiarato e quello accertato possa essere considerato -secondo l'apprezzamento del giudice di merito nelle singole fattispecie -come fatto non imputabile al contribuente. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPAL Ti E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960 -Pres. Marletta -Est. La Farina -P. M. Tavolaro (conf.) -Impresa Arioli (avv. Piaggio) c. Comune di Roma (avv. Galanti). Arbitrato -Arbitrato rituale -Sentenza arbitrale -Impugnazione per nullit� -Natura. (c.p.c., artt. 827 e segg.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della tempestiva riserva da parte dell'appaltatore -Carattere generale -Sussiste. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Legittima facolt� dell'Amministrazione appaltante di disporla, ove essa sia resa necessario da ragioni obiettive, ovvero sia determinata da motivi di interesse pubblico discrezionalmente apprezzabili -Diritti dell'appaltatore. L'impugnazione della sentenza arbitrale prevista dall'art. 829 c.p.c. non pu� essere considerata una mera querela nullitatis, sia perch� si svoLge dinanzi al giudice avente istituzionalmente funzioni di secondo I grado rispetto a quello che sm�ebbe stato competente in v.ia normale a ili decidere la controversia, sia perch� il giudice dell'impugnazione, quando abbia pronunziato la nullit� del lodo (fase rescindente), estende il suo I esame al merito della controversia (fase rescissoria), utilizzando a tal I ~ fine anche le risultanze del giudizio arbitrale, salvo disporre ulteriore �istruzione. Trattasi di una vera e propria impugnazione, che instaura un procedimento da un lato assimilabile a quello d'appello (in quanto tendente, attraverso un provvedimento intermedio, al riesame del merito) I e dall'altro a quello del ricorso per cassazione (quanto alla disciplina ~= 0 dei motivi) (1). ;:; k'. i:: i=: e ~=: E~~ (1) Sul carattere di vera e propria impugnazione in senso tecnico-i:� processuaiLe de!Ll'azione ex artt. 827 ~. c.p.c. V. anche Corte Appelilo m Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 1969, I, 151 e 156 e segg. r:. .. I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 863 Nel campo degli appalti di opere pubbliche deve ribadirsi il principio attinente al cm�attere generale deH'istituto delle riserve, da formularsi ed esplicarsi, a pena di decadenza, nei modi e tem-pi, prescritti (2). Nei precitati appalti di opere pubbliche, la sospensione dei lavori pu� sempre essere disposta dall'Amministmzione appaltante, per ragioni obiettive, quali casi di forza maggiore, condizioni climatologiche o altri simili circostanze speciali, che impediscano in via temporanea il regolare procedere dei lavori a regola d'arte, ovvero per motivi di interesse pubblico dis.crezionalmente apprezzabiU dalla. stessa P. A.; ed il Capitolato generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, al secondo comma dell'art. 30, disciplina organicamente, distintamente pe.r l'una � per l'altra ipotesi, il se ed i limi.ti della spettanza di compensi aH'appaltatore per effetto deUa sospensione e gli altri diritti attribuiti allo stesso (3). (Omissis). -.Con contratto in forma pubblica del 14 luglio 1955 il Comune di Roma affidava all'impresa di costruzioni del dott. ing. Romano Arioli, in persona del suo omonimo titolare, l'appalto dei lavori per la sistemazione di un tratto di Via Leonardo da Vinci, per l'importo presunto di L. 48.756.000 al netto del ribasso d'asta del 24,10 % . Consegnati ed iniziati i lavori il 14 settembre 1955, essi venivano sospesi il 7 gennaio 1956, esesndosi manifestata la necessit� di apportare alcune varianti al progetto, varianti che, peraltro, comportavano solo una modificazione della distribuzione dei lavori, senza alcun aumento di spese; la relativa perizia approvata dal Consiglio Comunale in data 21 febbraio 1957, con deliberazione n. 455. Nelle more del relativo procedimento, si manifestava, altres�, la necessit� di provvedere al raddoppio di un tratto della via Leonardo da Vinci, tra le vie E. Toti e Costantino, e dell'esecuzione di altre opere, intese ad assicurare la continuit� del traffico, opere comportanti una maggiore spesa di L. 16.166.170, al netto del ribasso d'asta, giusta perizia in data 8 aprile 1957, ;:ipprovata dalla Giunta comunale con deliberazione del 19 maggio 1956, n. 3714. (2) Cfr. Cass., 9 novembre 1971, n. 3161, in questa Rassegna, 1971, I, 1513 �e segg. ed ivi note (1 e 2) di riferimenti ed osservazioni; 5 maggio 1972, n. 1355, id., 1972, I, 508 e segg., ed ivi nota 4. (3) La 1sentenza 28 settembre 1968, n. 2301 dell.ila Corte d'~pello di Roma -afteirmarnte dii: principio che anche le domande relliaitive a[[a ~1egittimit� deU1a sospensione ed alla sua durata vanne� proposte dalll'appaltatore con risenna da i.scrivell'e quanrto meno 1all'atto defila firma dei!: verba!l.e di ripresa dei 1l:arvori e da ripeteq-�e con (La prima fiTma �successiva del Registro di contabiilit� -convafildata d!allla SUtrrirportata pronuncia delle Sezioni Uni.te de1la Co�rte di Cassazione .Jeggesi in questa Rassegna, 1968, I, 1111, 1113 e segg. 864 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Anche l'esecuzione di tali opere era affidata alla stessa impresa Arioli, la quale accettava di eseguire i lavori previsti dalle due perizie, cori atti di sottomissione rispettivamente del 16 maggio 1956 e 9 aprile 1957. In relazione a tali varianti e lavori suppletivi, veniva disposta, in data 7 gennaio 1956, la sospensione dei lavori; la ripresa era, poi, disposta con verbale 10 luglio 1958. I lavori venivano ultimati il 12 settembre 1958, nel termine di esecuzione protratto al 22 settembre 1958. II collaudo delle opere veniva eseguito il 12 novembre 1960 ed approvato dal Comune con delibera Commissariale del 10 novembre 1961, n. 1303. All'atto dela firma del registro di contabilit� per l'emissione dell'ottavo stato di avanzamento -il terzo dopo la ripresa dei lavori il 14 settembre 1959, l'impresa Arioli aveva formulato due riserve, chiedendo, con la prima, il rimborso delle spese sostenute nel corso della sospensione dei lavori, e, con la seconda, il rimborso delle spese per i lavori eseguiti e da eseguire per la manutenzione stradale, per tutto il periodo della ritardata collaudazione. Le riserve venivano ripetute dall'impresa in occasione della firma del conto finale. Con deliberazione della Giunta del 15 genna�o 1961, n. 213, il Comune respingeva entrambe le riserve. L'impresa notificava, allora, al Comune, in data 16 maggio 1964, domanda d'arbitrato, formulando i seguenti quesiti: � 1) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento della somma di L. 6.090.896, per oneri generali sostenuti durante la sospensione dei lavori di giorni 915, ordinata dall'Amministrazione nelle more dell'approvazione di una perizia suppletiva e di variante, perizia resa necessaria dal fatto che le opere previste si rivelavano, in parte, non rispondenti n� qualitativamente n� quantitativamente a quelle necessarie per realizzare la sistemazione stradale oggetto dell'appalto; 2) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento delle opere nel periodo intercorrente dalla data di scadenza del termine contrattuale stabilito per l'effettuazione del collaudo e la data in cui il collaudo � stato effettivamente eseguito (L. 30 per mq. e per mese, per una superficie di mq. 9480); 3) Dica il Collegio se spetti all'impresa il pagamento degli interessi sulle somme che risulteranno dovute, interessi da conteggiare a partire dalla data di pagamento�. Il Collegio arbitrale, costituito ai sensi del capitolato .generale oo.pp., approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, richiamato dal capitolato del Comune, con lodo avente la data di decisione del 27 giugno 1962 sottoscritto il 19 luglio e depositato presso la Cancelleria della Pretura e reso esecutivo il 21 luglio 1962, disattesa l'eccezione del Comune di tardivit� delle riserve di cui al primo quesito, accoglieva ,per intero i capi di domanda contenuti nel primo e nel terzo quesito, e, per quanto PARTE. I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 8e5 di ragione, quello contenuto nel secondo quesito, condannando, quindi, il Comune a pagare all'impresa la somma complessiva di L. 8.176.496, e gli interessi del 15 maggio 1964 al saldo finale. Avverso il lodo, notificato il 21 luglio 1966, il Comune proponeva impugnazione, con atto di citazione del 17 ottobre 1966, dinanzi alla Corte d'appello di Roma deducendo, riguardo al primo quesito, che gli arbitri avessero erroneamente respinto l'eccezione d'improponibilit� della domanda per tardivit� nella formulazione della relativa riserva; in via subordinata, che si sarebbe dovuto dare prevalenza all'art. 24 del Capitolato generale del Comune sulla corrispondente norma del Capitolato .generale per le opere di competenza del Ministero dei LL.PP., trattandosi di norma pattizia che assicurava al Comune una tutela pi� rigorosa di quella prevista dall'art. 16 deJ regolamento del 1895, facultando l'Amministrazione alla sospensione dei lavori non soltanto in presenza di � circostanze speciali � ma per qualsiasi ragione, senza diritto a compensi; per quanto riguardava il secondo quesito, che gli arbitri fossero incorsi in errore nell'interpretare l'art. 10 del Capitolato particolare d'appalto del Comune, stabilendo che all'impresa spettava il risar~ cimento del danno per la manutenzione delle opere durante il periodo di ritardo del collaudo; rilevava, inoltre, il Comune, che, ove l'appello fosse stato accolto in base ai predetti motivi, la domanda contenuta nel terzo quesito sarebbe venuta automaticamente a cadere. Chiedeva, quindi, che, in riforma dell'impugnata sentenza arbitrale, la domanda di arbitrato, riguardo al pdmo quesito, fosse dichiarata improponibile ed irricevibile; nel merito, chiedeva che le domande contenute sia nel primo che nel secondo, e, di conseguenza, nel terzo quesito, venissero respinte. L'impresa eccepiva, in via pregiudiziale, l'inammissibilit� dell'im pugnazione, per essere questa strutturata quale un appello, e non quale un'azione di nullit� ex art. 829 c.p.c.; insisteva, in subordine, per la conferma del lodo. La Corte d'appello di Roma, con sentenza non definitiva del 29 agosto 1968, dichiarava la nullit� del lodo, rimettendo la causa al 1'istruttore. Circa l'eccezione pregiudiziale dell'impresa, la Corte osservava che, pur avendo il Comune denominato l'atto introduttivo dell'impugnazione �atto di appello�, nonch� dichiarato in esso di appellare e richiesta la riforma anzich� l'annullamento del lodo, occorreva indagare se, indipen dentemente dalle espressioni e dalle forme usate, il Comune stesso avesse inteso promuovere il iudicium rescindens, e se l'atto fosse idoneo al rag giungimento di tale scopo. Ora, doveva tenersi conto che, nell'atto stesso, quale premessa della dichiarazione di impugnazione, si affermava essere stato il lodo emanato in violazione di precise disposizioni di legge e principi generali di diritto, e che si faceva, ivi, espresso richiamo 866 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO all'art. 829 ultimo comma c.p.c.; che i motivi a sostegno dell'impugna zione attenevano tutti a violazione di norme giuridiche, in modo che l'ambito del riesame del lodo, sotto il profilo della legittimit�, ne risultava ben delimitato; che il giudice adito era quello competente e che sussisteva la vacatio in ius dinanzi ad esso; ne derivava non essere dubbio che il Comune avesse inteso promuovere il giudizio di nullit� del lodo e che l'atto introduttivo di esso, indipendentemente dai reiterati vizi di forma, fosse idoneo al raggiungimento dello. scopo. Nel merito, la Corte riteneva fondata la censura secondo cui erroneamente gli arbitri avevano respinto l'eccezione di improponibilit� della domanda, di cui al primo quesito, per tardivit� della relativa riserva. Rilevava la Corte che l'inserzione delle riserve � un onere di carattere generale desumibile dal sistema normativo in materia (artt. 20, 23, 36 e 37 reg. 25 maggio 1895, n. 350; artt. 343, 345 l. 20 marzo 1865, n. 2243); che da tali principi deriva l'effetto preclusivo della mancata iscrizione, quanto meno nel verbale di ripresa, delle riserve riguardanti indennizzi per maggiori spese da sospensione dei lavori disposta dall'Amministrazione. Invero, lo scopo fondamentale delle disposizioni riguardanti la contabilizzazione dei lavori � costituito dall'esigenza di permettere alla amministrazione committente di esplicare un continuo ed efficace controllo delle spese mediante la registrazione analitica e tempestiva di ogni fatto dal quale derivi per la P.A. un onere finanziario, per l'esecuzione dell'opera pubblica. Ne consegue, quindi, l'onere dell'appaltatore di tradurre in specifiche riserve, tempestivamente formulate, tutte le sue pretese a compensi maggiori o diversi da quelli riconosciutigli in contabilit� in relazione alle singole unit� di lavoro via via eseguite. Rimane, pertanto, fuori del sistema la possibilit� di configurare ragioni di compenso che a quell'onere siano sottratte, giacch� tanto le questioni cosiddette di interpretazione del contratto, quanto quelle cos� dette generali si ripercuotono tutte sulle singole unit� di lavoro, sicch� soltanto attraverso la loro incidenza sul costo di questo vengono a determinare l'onere economico complessivo sopportato dall'appaltatore per l'esecuzione dell'opera. Anche nel caso di ragioni di compenso e di indennizzo chieste dal l'appaltatore per partite di spese sopportate in dipendenza del prolun gamento dei lavori, per fatto dell'amministrazione, oltre il termine con trattuale, le voci che in tal caso vengono in giuoco non hanno una rile vanza autonoma, ma si riflettono anch'esse sui prezzi calcolati o pattuiti per le singole unit� di lavoro, cosicch� l'onere della riserva diventa attuale nel momento in cui si manifesti la rilevanza causale del fatto generatore della situazione dannosa secondo una valutazione condotta con media diligenza e buona fede. Comunque, pur aderendosi, in ipotesi, ad una .meno rigorosa visione del sistema, sarebbe stato pur sempre PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 867 necessario, a norma del combinato disposto degli artt. 16 e 89 del r. 1895, che, avendo l'impresa, nel verbale di sospensione dei lavori del 7 gennaio 1956, dichiarato di accettare la sospensione senza riserva alcuna, la riserva fosse stata formulata ~-e non lo fu -nel verbale di ripresa dei lavori del 10 luglio 1958. Gli articoli da ultimo citati prevedono, infatti, che l'appaltatore deve sottoscrivere i verbali di sospensione, formulando in essi le sue eventuali riserve, nonch~ quelli di ripresa dei lavori; che, nel caso ricusi la sottoscrizione, debba essere invitato a farlo in un perentorio termine, comminandosi, per il caso dell'inottemperanza, l'insuperabile presunzione di corrispondenza dei fatti alle registrazioni non sottoscritte; che, nel caso di sottoscrizione con riserva, questa debba essere ripetuta, a pena di inefficacia, nel registro di contabilit� nei modi e nei termi!1;i di cui agli artt. 53, 54. Ora, pur non contemplando il regolamento espressamente l'ipotesi che l'appaltatore firmi il verbale di ripresa senza riserva, la dichiarata perentoriet� del termine da assegnarsi all'appaltatore stesso nel caso di mancato intervento alla firma e la sanzione dell'inefficacia espressamente comminata per le eccezioni e le domande .proposte con rituali riserve nei verbali ma non riproposte nei registri di. contabilit�, giustificano, a fortiori, l'affermazione che la firma senza riserva dei verbali di sospensione o di ripresa precluda, al pari dell'inutile decorso del termine di grazia, la facolt� dell'appaltatore di proporre utilmente eccezioni e domande comunque afferenti alla lesittimit� della sospensione e alla sua durata. Infine, la preclusione sussiste, quanto meno, per effetto della mancata iscrizione delle riserve in parole alla prima presentazione del registro di contabilit� successiva alla ri:presa dei lavori. Contro la predetta sentenza della Corte d'appello di Roma, con atto notificato il 26 maggio 1969, l'Impresa Arioli ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di annullamento, ai quali ha resistito il Comune con controricorso. Le parti hanno presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione di legge e l'insufficiente, o, comunque, contraddittoria motivazione, si lamenta che la Corte di merito erroneamente avrebbe respinto l'eccezione di inammi:ssibilit� dell'impugnazione del Comune, affermando che questa aveva raggiunto il suo scopo d'impugnativa di nullit� con la vocatio in ius dinanzi al giudice competente (Corte d'appello) e con il riferimento alla violazione di norme giuridiche in gene 868 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO raie, e ritenendo che le conclusioni del Comune dirette ad ottenere la � riforma � del lodo potessero essere considerate come anticipatrici del judicium rescindens. Secondo il ricorrente, il riferimento, contenuto nell'atto di impugnazione, alla violazione di precise disposizioni di leg.ge e di principi generali di diritto non poteva essere sufficiente a far qualificare l'atto stesso quale azione di nullit�, non essendo tale riferimento univoco e potendo anche l'appello vero e proprio contenere censure riflettenti esclusivamente pretese vio.lazioni di norme di diritto. Ribadisce, poi, la genericit� delle censure, ove non vi sarebbe traccia di specifica violazione di norme legislative, ma unicamente una generica lagnanza circa il presunto contrasto tra le statuizioni del lodo e tutto il sistema dell'ordinamento, che postulerebbe l'onere generale dell'immediata formulazione delle riserve, tanto vero che la stessa Corte era stata costretta a sostituirsi all'impugnante nell'indicare le norme dalle quali scaturirebbe il principio affermato. Deduce, infine, che le conclusioni del Comune dirette ad ottenere la riforma del lodo non potevano valere quali anticipazioni di quelle attinenti all'iudicium rescindens, giacch� tale giudizio non costituisce un secondo grado, rispetto al quale debba essere riformata la prima deci sione, ma funziona come un primo grado di giudizio in un esame ex novo del merito. Il motivo � infondato. Si premette che questa S.C. ha ,potest� di procedere a diretto esame e ad autonoma valutazione dell'atto notificato dal Comune all'impresa Arioli il 17 ottobre 1966; tale indagine -la quale, ovviamente, supera ogni problema di congruit� e logicit� della motivazione, sul punto, della sentenza impugnata -appartiene ai poteri istituzionali del S.C., trattandosi invero di una denunzia di vizio in pirocedendo, che, ove fondata, comporterebbe la nullit�, non sanata e non sanabile, di un atto di parte non idoneo all'instaurazione dell'impugnazione ex art. 829 c.p.c. e, quindi, la necessaria dichiarazione di inammissibilit� dell'impugnazione stessa e la conseguente cassazione senza rinvio da parte dello stesso S.C., 1 della sentenza della Corte di merito. Procedendo a tale indagine, il S.C. osserva che detto atto � intestato effettivamente: � atto di appello �; che, nello stesso atto, dopo l'esposizione delle premesse di fatto e dell'inizio, svolgimento e conclusione del processo davanti al Collegio arbitrale, il Comune � ritenuto che il lodo predetto � iniquo perch� emanato in violazione di precise disposizioni di legge e di principi generali di diritto, ex art. 829 u.c. c.p.c., dichiara testualmente: �appella contro il richiamato lodo arbitrale �, facendo seguire l'esposizione dei motivi; che l'atto � denominato �appello � anche laddove si precisa che: � ove accolto l'appello in relazione .... PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 869 ai due primi quesiti arbitrali cade automaticamente la domanda insita nel terzo quesito�; che le conclusioni formulate in detto atto sono, testualmente, le seguenti: � piaccia alla Corte Eccellentissima, in riforma della sentenza impugnata, dichiarare improponibile e irricevibile la domanda di arbitrato per quanto riguarda il primo quesito. Nel merito, respingere sia il primo che il secondo quesito e di conseguenza il terzo, con vittoria di spese, competenze ed onorari dei due gradi di giudizio �. S'intende che, a seguito dell'immediata eccezione dell'impresa Arioli, la difesa del Comune ebbe, poi, a precisare, nelle sue ulteriori difese e nelle conclusioni per il collegio, che intendeva fare : � dichiarare ai sensi e per gli effetti dell'art. 830 c.p.c. la nullit� del giudizio-arbitrale e conseguentemente dichiarare improponibili le domande, ecc. �. Ora, � ovvio che a norma dell'art. 827 c.p.c. -a parte la revocazione -l'unica impugnazione astrattamente ammissibile contro la sentenza arbitrale era quella per nullit�, da proporsi dinanzi alla Corte d'appello, in quanto, in primo grado, per la causa decisa dal Collegio arbitrale, sarebbe stato competente il Tribunale (art. 828 2� comma c.p.c.). Si trattava, tuttavia, di sapere se, proposta l'impugnazione dinanzi alla Corte d'appello, cio� al giudice competente secondo la norma da ultimo citata, la ripetuta denominazione di appello usata nell'atto, la struttura dei.motivi di doglianza contro la sentenza arbitrale, e il tenore delle richieste rivolte alla Corte d'appello, cio� la natura dei provvedi menti invocati, dovessero indurre a ritenere che l'atto fosse nullo, cio� non avesse l'attitudine ad instaurare una valida impugnazione per nul lit�, difettando dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello 1scopo (art. 156 2� comma c.p.c.), o, comunque, avendo l'atto stesso forma, sostanza e struttura proprie di altra tipica impugnazione (appel lo), essenzialmente divergente (come fattis;pecie legale) da q-.l'!lla spe cifica esclusivamente ammessa per la sentenza arbitrale. A questo riguardo, ritiene la S.C. di dovere confermare il giudizio, espresso dalla Corte di appello, circa l'insussistenza dell'eccepita nullit�, e circa la conseguente ammissibilit� dell'impugnazione. In primo luogo, la denominazione impropria, ripetutamente usata �appello�, anzich� �impugnazione per nullit�� (secondo la termino logia del codice), non pu� avere alcuna rilevanza. Essa, anche perch� temperata e chiarita dal richiamo specifico all'art. 829 c.p.c., appare, pi� che altro, un'innocua eco della definizione dottrinale ed anche giu risprudenziale di � appello limitato � (in quanto ammesso so-ltanto per determinati errores in procedendo specificamente previsti, nonch� per inosservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto, nei limiti indicati dall'art. 829 secondo comma), che viene conferita all'impugna zione per nullit�, quale � stata regolata dal vigente codice di rito; codice che ha fuso in essa, � appena necesario ricordarlo, i due rimedi dell'ap 870 RASSEG'.'lA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � pello illimitato (per ragioni di fatto e di diritto sostanziale), e dell'impugnazione per nullit� (per ragioni eminentemente di rito) gi� previsti separatamente (art. 28 e art. 32) dal codice di procedura civile del 1865. Del resto, tale definizione di � appello limitato �, ancorch� non da tutti condivisa, non pu� dirsi inesatta, non potendo il rimedio di cui all'art. 829 c.p.c. considerarsi una mera querela nullitatis, sia perch~ si svolge (a differenza del rimedio previsto dall'art. 32 c.p.c; 1865) dinanzi al giudice avente istituzionalmente funzioni di secondo grado di fronte a quello che sarebbe stato competente in via normale a decidere la controversia (e non gi� dinanzi al giudice di primo grado), sia perch� U giudice dell'impugnazione, quando abbia pronunciato la nullit� del lodo (fase rescindente), estende il suo esame al merito della controversia (fase rescissoria: art. 83-0 c.p.c.), utilizzando a tal fine anche le risultanze del giudizio arbitrale, salvo che disponga ulteriore istruzione (cfr. Cass. sentenza 4 luglio 1969, n. 2453; sent. 3 ottobre 1966, n. 240-0). Quanto alla censura attinente al requisito della specificit� dei motivi d'appello, vero � che tale requisito � da intendei:si diversamente per .l'atto d'appello in contrapposto all'atto d'impugnazione per nullit�. La specificazione �, bensi, imposta dall'art. 342 c.p.c. anche per ci� che attiene al tipo di impugnazione �appello�, ma ci� non importa la necessit� di una individuazione delle censure di fatto e diritto, essendo sufficiente che le doglianze mosse contro la decisione di primo grado siano indicate in modo da delimitare il campo del riesame della causa, ed attenuandosi tale requisito ulteriormente allorch� dal contesto dell'atto di appello si evinca in modo chiaro ed inequivocabile la volont� dell'appellante di impugnare in toto la sentenza. Tale requisito, invece, per l'atto di impugnazione di nullit�, deve intendersi in modo pi� rigoroso, avvicinandosi, e potendosi assimilare, sotto questo riflesso, l'impugnazione, per la sua stessa struttura e in quanto tende all'iudicium rescindens, alla disciplina del ricorso per cassazione. Essendosi, nella specie, investito con l'atto di impugnazione la sentenza arbitrale per inosservanza delle regole di diritto, ex art. 829 ultimo comma c.p.c., ci si deve richiamare all'insegnamento di questa S.C., per cui l'inosservanza delle regole di diritto, che rende ammissibile l'impugnazione per nullit� della sentenza arbitrale, deve essere intesa nello stesso senso della violazione e falsa applicazione. delle norme di diritto di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c. (Cass. sent. 21 marzo 1969, n. 894; sent. 26 ottobre 1968, n. 3575). In conseguenza, tornano applicabili, con particolare riferimento alla specie, i principi elaborati da questa Corte in tema di specificit� (come richiesta dall'art. 366 n.. 4 c.p.c.) dei motivi del ricorso per cassazione, il quale � sfato ritenuto valido ogni qualvolta siano da esso individuabili le norme che si assumono violate. Cos� � stato ritenuto che non sia necessaria l'indicazione specifica di tali norme, e PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 871 tanto meno l'indicazione degli articoli di legge violati, essendo sufficiente a soddisfare l'esigenza dell'individuazione dei motivi che questi siano chiaramente desumibili dal complesso del ricorso; cosicch�, anche in caso di omessa o inesatta indicazione degli articoli di legge, il ricorso � ammissibile quando dallo svolgimento dei motivi sia dato identificare il principio di diritto che si assume violato o disapplicato, nonch� la ragione giuridka per la quale si chiede la cassazione della sentenza, e sia consentito di precisare l'una o l'altra delle ipotesi previste dall'art. 360 c.p.c. (da ultimo, Cass. sent. 26 mag.gio 1971, n. 1561; sent. 6 aprile 1971, n. 1012). Non rileva, pertanto, l'osservazione secondo la quale la dedu �zione della violazione di norme di diritto non specificate sarebbe insufficiente, in quanto anche l'appello potrebbe essere proposto per gli stessi motivi; essenziale, invece, essendo che i motivi addotti nell'atto de quo si qualificassero nell'ambito dell'art. 829, e fossero, quindi, idonei a conseguire l'effetto di cui all'art. 830 c.p.c. Ora, non pare al S.C. dubbio che tale qualificazione esistesse,� avendo l'impugnante dedotto che il Collegio arbitrale erroneamente aveva respinto l'eccezione di improponibilit� dell'arbitrato, riguardo al primo quesito, per tardivit� della proposizione della relativa riserva, censura, questa, che configurava la violazione di norme di diritto, anche se non era stato espressamente indicato il relativo articolo di legge. D'altra parte, trattavasi di una questione alquanto complessa, come meglio risulter� dall'esame del secondo motivo del ricorso, dovendosi la dedotta violazione del principio di diritto desumere dal coordinamento di molteplici norme, per cui non a torto l'impugnante, dopo avere, come gi� si � visto, espressamente invocato l'art. 829 ultimo comma c.p.c., rilevava che il fondamento della tesi postulante l'inderogabilit� della tempestiva proposizione della riserva non avrebbe potuto evincersi se non da tutto il sistema dell'ordinamento dei pubblici appalti. N� migliore sorte pu� avere la censura secondo la quale l'inammissibilit� dell'impugnazione sarebbe derivata dall'essere stata in essa richiesta la �riforma � della sentenza arbitrale impugnata, anzich� la dichiarazione di nullit� e una nuova pronuncia nel merito. Ricordato, ancora una volta, che l'impugnazione del lodo arbitrale tende ad instaurare un procedimento da un lato assimilabile a quello d'appello (in quanto si vuole ottenere, attraverso un provvedimento intermedio, il riesame del merito) e dall'altro a quello del ricorso per cassazione (quanto alla� disciplina dei motivi), � ovvio che la domanda di riforma (attinente alla fase rescissoria) implica e presuppone, nel meccanismo fissato da.gli artt. 829 e 830 c.p.c., la declaratoria di nullit� del lodo (pronuncia rescindente), che � perci� necessaria, ma meramente strumentale rispetto al riesame della causa, e, quindi, alla pronuncia rescissoria, che sostanzialmente riforma il giudizio logico, anche se non 872 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la pronuncia del giudice arbitrale. Soccorrono, anche qui, i principi fissati dalla giurisprudenza di questa S.C., secondo i quali non � necessario che vi sia una istanza formale o una espressa manifestazione di volont� specificamente contenuta nelle conclusioni, ben potendo la domanda risultare implicitamente o indirettamente dalle deduzioni o richieste delle parti, dal cui contenuto sostanziale possa essere legittimamente desunta (v. da ultimo, Cass. sent. 12 settembre 1970, n. 1393), e secondo cui, in tema di interpretazione delle domande giudiziali, occorre tenere presente che la domanda comprende non soltanto quello che viene espressamente ennuciato nel petitum, ma anche ogni altro provvedimento che ne sia la logica e imprescindibile premessa (Cass. sent. 20 giugno 1968, n. 2052). Nella specie, pertanto, la domanda di riforma poneva in evidenza l'interesse ultimo alla impugnazione (interesse che si sostanziava non in un'astratta dichiarazione del diritto, bens� in una revisione del giudizio logico espresso dagli arbitri), �ed anticipava detto fine, che era quello di ottenere una pronuncia diversa e favorevole attraverso l'implicito passaggio obbligato attraverso la fase rescindente. Ritenute, cos�, la validit� ed efficacia originaria dell'atto di impugnazione, cio� l'insussistenza delle deficienze previste dall'art. 156 secondo comma c.p.c. quali causa di nullit� dell'atto, non vale la pena di soffermarsi sulla tesi alternativa e subordinata, secondo cui l'invalidit� originaria sarebbe stata, comunque, sanata, ex art. 156 terzo comma stesso codice, dall'avere l'atto stesso raggiunto il suo scopo, cio� dall'avere permesso all'Impresa Arioli di costituirsi dinanzi alla Corte di appello, e di ivi efficacemente difendersi nell'ambito di censure di cui aveva potuto, evidentemente, individuare il tenore e la portata. Con il secondo motivo del ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 16, 53, 54 e 89 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c., si lamenta che la Corte di merito abbia affermato l'esistenza, nel sistema normativo in materia di pubblici appalti, del principio che l'onere dell'iscrizione immediata della riserva contenente la richiesta dell'impresa sia di carattere generale, cosicch� ne conseguirebbe un effetto preclusivo delle richieste dell'appaltatore a seguito della mancata iscrizione immediata, in esse compresa quella, ad esempio, riguardante indennizzi per maggiori spese derivate da sospensione disposta dal.I'Amministrazione per fatti addebitabili all'amministrazione stessa. Contesta il ricorrente, anche in base al principio del libero esercizio dei diritti soggettivi -salve le limitazioni derivanti dalla prescrizione e da specifiche decadenze comminate dalla legge, le cui norme andrebbero interpretate restrittivamente -che esista nella legge un onere generale della riserva immediata. All'uopo, pone in evidenza il contenuto -desumibile dai citati artt. 53 e 54, nonch� dagli artt. 36 e 37 del PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 873 predetto regolamento -del registro di contabilit�, nel quale, secondo il principio contestato, dovrebbero essere iscritte immediatamente, a pena di decadenza, tutte le riserve non appena si fossero verificati i fatti che potrebbero dare luogo alle pretese dell'appaltatore. Se � vero (art. 36) che la contabilit� di un'opera ha per oggetto l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti producenti spesa per l'esecuzione dell'opera, che nel costo dell'opera debbono comprendersi non solo le spese per i lavori e per le somministrazioni, ma anche quelle di espropriazione, di assistenza ed ogni altra inerente all'esecuzione e che l'accertamento e la registrazione dei fatti producenti spesa devono procedere di pari passo con il loro accadimento, ne deriverebbe che nel registro di contabilit� non potrebbero essere indicate pretese per oneri e pregiudizi estranei al concetto di spese occorrenti per l'esecuzione dell'opera. Si aggiunge: se l'art. 53 prescrive che al pi� presto siano riportate nel registro di contabilit� le notazioni relative alle partite di lavoro eseguite e alle somministrazioni fatte dal'appaltatore, nonch� le domande che l'appaltatore medesimo crede di fare, dal successivo articolo 54, ove � detto che il registro deve essere firmato dall'appaltatore, con o senza riserve, nel giorno che gli venga presentato, si evincerebbe che, poich� nel registro di contabilit� non possono inserirsi altre voci diverse da quelle afferenti alla contabilit� dell'opera e ai fatti producenti spese per l'esecuzione dell'opera stessa, le riserve non potrebbero che riferirsi alle voci suddette, non potendosi verificare riserve per ci� che non pu� formare oggetto di contabilit�. In altri termini, essendo la finalit� propria del registro di contabilit� quella di documentare cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo, e dovendo le argomentazioni e le riserve da inserire obbligatoriamente nel registro riguardare esclusivamente le partite di lavo�ro eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, le riserve del genere di quelle in contestazione non potrebbero trovare idonea collocazione nel contenuto del registro di contabilit�, non attenendo alle spese per l'esecuzione dell'opera (costituite soltanto dalle somme necessarie ed indispensabili, sia in via immediata che mediata, affinch� il risultato materiale venga raggiunto), le pretese di somme che l'appaltatore avanzi a titolo meramente risarcitorio, cio� di reintegrazione del suo patrimonio per il danno che assuma di avere subito per fatto e per colpa dell'Amministrazione, vale a dire, con riferimento alla specie, a seguito della sospensione temporanea dei lavori, disposta dall'Amministrazione stessa. Nel non avere distinto concettualmente le spese o il costo della costruzione dal maggior compenso globale che pu� spettare all'appaltatore, in parte anche per titoli diversi non registrabili nel libretto delle misure e non contabilizzabili nel registro, consisterebbe l'errore essenziale della sentenza impugnata. 874 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tali censure non appaiono meritevoli di accoglimento. � noto che, nei pubblici appalti, il corrispettivo dovuto all'appaltatore si determina mediante l'accertamento e la registrazione, nei documenti contabili dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese per l'esecuzione dell'opera. Di qui la decisiva importanza che, agli effetti della determinazione dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, hanno le norme specifiche sulla contabilit� dei lavori, compiuta a cura esclusiva dell'Amministrazione (artt. 36 e ss. del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, che approva il regolamento sulla direzione, contabilizzazione e collaudazione dei lavori dello Stato), nonch� le disposizioni che fissano le modalit� per la proposizione di eventuali pretese dell'appaltatore verso l'Amministrazione, che si riferiscano ai fatti registrati, o che, comunque, si risolvano in richieste di ulteriori compensi o indennizzi (artt. 54 e ss. del medesimo regolamento). In materia, � principio di massima che l'appaltatore, ove intenda contestare la contabilizzazione dei corri~ettivi effettuati dall'Amministrazione, sia tenuto ad iscrivere apposita riserva nel registro di contabilit� o in altri documenti contabili; ed esporre, poi, nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella somma, e, infine, confermare la riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale. In termini pi� ampi, l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara di appalto alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione e collaudo, si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si svolge in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare; perci� gli � imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano le sue :prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste. � da notare che, nei primi decenni d'applicazione del predetto regolamento, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti affermarono costantemente il carattere generale della prescrizione relativa alla necessaria formulazione, e successiva quantificazione, nel registro di contabilit�, di tutte le richieste, tali da incidere sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che fossero le componenti e i titoli di tali pretese; soltanto una minoranza di scrittori e di pronunce aderiva, invece, all'opinione, riproposta dal ricorrente con il motivo in esame, secondo cui gli scopi assegnati al registro di contabilit� sarebbero limitati a dimostrare cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo composto di partite di lavoro e di somministrazioni in senso stretto. A sostegno dell'opinione prevalente, si poneva in evidenza che le annotazioni delle partite di lavoro e delle somministrazioni non esauriscono le funzioni del registro. Le stesse sono previste nell'art. 53 del PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 875 regolamento; ma sono le disposizioni del successivo art. 54 che specificamente si occupano delle eccezioni e riserve dell'appaltatore nel registro stesso, stabilendo l'obbligo dell'appaltatore di firmare il registro di contabilit� ogni volta che, nel corso del rapporto, gli viene presentato. Se egli non firma, il direttore dei lavori deve invitarlo a sottoscriverlo entro il termine perentorio di quindici giorni; qualora l'appaltatore persista nell'astensione o nel rifiuto, il direttore ne fa menzione nel registro e si avranno come accertati i fatti registrati e l'appaltatore decadr�. dal diritto di far valere in qualunque tempo e modo riserve e doglianze che ad essi si riferiscono. Nel caso normale, in cui l'appaltatore consenta a sottoscrivere il re.gistro egli pu� firmare con riserva. Allora, entro i quindici giorni successivi, deve esplicare le riserve, scrivendo e firmando nello stesso registro le corrispondenti domande di indennit� e indicando con precisione le cifre di �compenso cui crede di avere diritto e le ragioni di ciascuna domanda. Il direttore dei lavori nei successivi quindici giorni deve scrivere nel registro anzidetto le sue deduzioni. Come per l'omissione, cos� per l'intempestiva esplicazione dell� riserve � disposta la decadenza dell'appaltatore dal diritto di proporre domande fondate sui relativi fatti. Si riteneva che a tali prescrizioni dovesse essere riconosciuta portata generale, in un quadro di coordinazione documentale e di immediatezza temporale, dovendo i documenti contabili essere intesi in senso non meramente ragioneristico, in quanto oggetto della contabilit� � l'accertamento e la registrazione di tutti i fatti producenti spese per l'esecuzione dell'opera; ci� sembrava dimostrato, in primo luogo, dall'art. 89 u.c., secondo cui le riserve e domande iscritte nei documenti contabili che devono essere sottoscritti dall'appaltatore (libretto delle misure, registro di contabilit~ e conto finale: art. 36 u.c.) non avranno efficacia e saranno considerate come non avvenute, ove non siano ripetute nel registro di contabilit�, nonch� dall'art. 64, che vieta all'appaltatore di iscrivere nel conto finale �domande per oggetto o importo diverso da quelle formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori�. Si rilevava, poi, che la prescrizione non era limitata alle sole riserve iscritte negli accennati documenti contabili, perch�: alla iscrizione e alla riproduzione delle riserve nel registro di contabilit� fanno riferimento anche le ipotesi di controversie con l'appaltatore insorte fuori delle formalit� connesse ai ripetuti documenti. Cos� l'art. 23, terzo comma, relativamente tanto alle contestazioni riguardanti l'interpretazione del contratto (primo comma), che a quelle attinenti ai fatti (quarto comma); nonch� l'art. 11 penultimo comma, e l'art. 16 secondo comma per le fasi di consegna e di eventuale sospensione e ripresa dei lavori, che rinviano alle discipline dettate nel citato art. 89 -e perci� implicitamente alla necessit� della ripetizione delle riserve nel registro� di contabilit�; fuori di Pl!ll!lllllllllllllalllll�1111111111llillllll�flll:�llr�llllllllllll1 876 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questo si ritenevano, quindi, ammissibili solo controversie per fatti insorti dopo la firma del conto finale. In conformit� di tale rigoroso orientamento, anche la giurisprudenza meno recente di questa S.C. aveva stabilito che l'onere della riserva ha carattere generale, riferendosi, tra l'altro, sia a fatti transeunti che a fatti continuativi (v. infra), essendo non il solo quantum ma lo stesso diritto. a compenso, quale ne sia lo specifico titolo, sottoposto a decadenza, onde � questo diritto come tale che dev'essere fatto valere nel termine perentorio, specificandosi tanto l'ammontare dei compensi cos� come le cause che ad essi danno luogo (sent. 29 marzo 1943, n. 719, nella quale si �hiariva altresl che lo scopo della riserva � quello che gli organi dell'amministrazione siano prontamente messi al corrente di tutte le domande che tendono ad alterare le basi economiche del contratto). Vero � che, negli ultimi decenni, parte della dottrina, e, sulla sua traccia, la giurisprudenza arbitrale hanno manifestato una progressiva tendenza a ridurre il campo di applicazione dell'onere delle riserve, e ci�, verosimilmente, nell'intento di attuare soluzioni di equit� senza incorrere nelle pastoie della decadenza. In genere, non si � contestato, in linea di principio, il carattere generale del'istituto della riserva; ma si � tentato di individuare una serie di pretese e di controversie nelle quali si � ritenuto che lo scopo e le funzioni delle riserve potessero non venire in considerazione, sicch� sarebbe cessata la ratio stessa dell'istituto; cos� nei casi in cui la pretesa dell'appaltatore non sia incompatibile con gli accertamenti eseguiti in contraddittorio e con le annotazioni del registro di conta1bilit� che l'appaltatore abbia firmato senza riserve, ovvero concernano fattispecie in cui le pretese, pur essendo incompatibili con siffatti accertamenti e annotazioni, si fondino su fatti e situazioni ancora in corso di evoluzione, o, comunque, sempre accertabili; cos�, quando si sollevi una questione di mero diritto o di interpretazione del contratto, ovvero pretese relative non alle singole partite di lavoro riportate di volta in volta nel registro di contabilit�, bens� tali da investire tutto l'andamento dell'appalto, per le quali ultime sarebbe sufficiente l'inserzione della riserva (c.d. generale) prima del conto finale. Anche la giurisprudenza pi� recente di questa S.C. ha risentito del nuovo pi� liberale indirizzo; e sull'effettiva portata delle relative pronunce conviene brevemente soffermarsi, giacch�, nelle ampie difese dell'una e dell'altra parte, tale giurisprudenza � stata menzionata, sia nelle affermazioni di principio -talvolta non determinanti -sia nelle fattispecie concrete, a sostegno delle contrapposte tesi. Cos�, con la sentenza 28 ottobre 1965, n. 2290, la S.C., dopo aver visto, esattamente, nel registro di contabilit� il documento che accentra in s� tutta la contabilizzazione dell'opera e lo � strumento destinato a preparare i dati della liquidazione del compenso complessivo spettante all'appaltatore ,, , ebbe PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 877 ad affermare (in conformit� di pi� antica pronuncia: sent. 8 agosto 1952, n. 26121) che, tuttavia, le richieste dell'appaltatore, di rivalsa dell'I. G.E. sulle singole partite e dell'imposta di registro sul contratto, non andavano formulate ed inserite in tale documento, in quanto estranee alla finalit� del registro di contabilit�, preordinato a dimostrare cronologicamente l'opera nel suo iter esecutivo. Cos�, con la sentenza 4 dicembre 1967, n. 2869, � stato stabilito che la richiesta dei danni causati dalla tardiva consegna dei lavori pu� essere formulata per la prima volta a lavoro eseguito ,anz;ich� alla consegna o nel corso dei lavori stessi, trattandosi di fatti continuativi, ossia in via di svolgimento, di cui il controllo non sarebbe possibile se non ad opera esaurita, vale a dire, consistendo il danno nell'aumento dei prezzi di materiali e della mano d'opera dpercuotentesi sul complesso dei lavori a causa del ritardo frapposto dall'Ente nello stipulare il contratto e nell'effettuare la consegna all'appaltatore, e potendo, quindi, il calcolo del medesimo essere eseguito soltanto ad opera ultimata, n� potendo gli effetti pregiudizievoli ritenersi cessati con l'effettuata tardiva consegna. Nello stesso ordine di idee, la sentenza 30 giugn�i 1969, n. 2393, e la recentissima sentenza 20 marzo 1972, n. 830 stabiliscono che, qualora si tratti di fatto continuativo, l'onere di formulare la riserva sorge al momento in cui si renda manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della situazione onerosa e si disponga di ogni elemento necessario per indicare l'importo del compenso richiesto. D'altra parte, la sentenza 29 dicembre 1969, n. 4046, da un canto, ha ribadito il concetto che l'onere di denuncia di fatti o situazioni che causino aumento di spese nell'esecuzione delle opere � generale e che nessuna ragione di compenso .pretermessa nella contabilit� pu� ritenervisi sottratta (facendone applicazione al caso di obliterazione nel registro di contabilit� di lavori eseguiti), ha ritenuto, tuttavia, l'inapplicabilit� della decadenza, inerente alla mancata riserva, per quanto attiene alla pretesa di interessi moratori per ritardo nei pagamenti, non essendo prevista l'obbligatoria iscrizione nel registro di contabilit� di annotazioni e riserve relative ad oggetti estranei alla finalit� di documentare cronologicamente l'ter esecutivo dell'opera. Infine, con la sentenza 13 maggio 1971, n. 1384, si afferma che, in tema di esecuzione di appalto di opere pubbliche, negli atti contabili, come in ogni altro atto relativo ai rapporti tra pubblica amministrazione e appaltatore, debbono essere inserite obbligatoriamente soltanto le annotazioni e le riserve riguardanti i fatti che attengono direttamente e strettamente all'esecuzione dell'opera, quaili le partite di lavori eseguite e le somministrazioni fatte dall'appaltatore, non per� quelle che abbiano altro oggetto del tutto estraneo allo scopo di documentare cronologicamente l'iter esecutivo dell'opera e di consentire opportuni e tempestivi interventi alla pubblica amministrazione, al fine di 878 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO assicurare la .prova delle sue ragioni per contestare le pretese della controparte, in relazione all'esecuzione dell'opera stessa; essendo il sistema delle riserve predisposto per garantire esclusivamente questi interessi della P.A., e non giustificandosene l'applicazione al di fuori della necessit� di soddisfare questa esigenza, ne deriva che il diritto dell'appaltatore di pretendere il risarcimento dei danni a lui cagionati da ritardi gravemente colposi della stazione appaltante nell'emissione dei certificati di acconto, nella redazione dello stato dei lavori e nell'esecuzione del collaudo, non � precluso dall'omessa formulazione di apposite riserve a norma degli artt. 54, 64 e 107 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, nel corso dell'appalto e all'atto di esecuzione del collaudo (ma cfr., in senso contrario, cio� nel senso della preclusione di ogni pretesa di danni per ritardo del collaudo, a seguito di firma senza riserva del collaudo stesso da parte dell'appaltatore, la posteriore sentenza 22 giugno 1971, n. 1962). Ci� premesso, ritiene questa S.C. che debba essere riconfermato il principio attinente al carattere generale dell'istituto delle riserve, da formularsi e da esplicarsi, a pena di decadenza, nei modi e nei tempi prescritti. Ci� in base ai tradizionali argomenti di ordine esegetico e sistematico sopra esposti; ribadendo i quali, recenti scrittori, nonch� parte della gurisprudenza arbitrale, tendono a fare emergere la ragione fondamentale giustificatrice delle preclusioni esplicite ed implicite nel sistema, cio� la necessit�, nel quadro generale delle esigenze proprie di un bilancio pubblico, della continua evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione (v. art. 37, lettera e, del regolamento del 1895) dei mezzi finanziari del- l'uopo predisposti, nonch� alle altre possibili determinazioni dell'Amministrazione (che possono arrivare fino all'es�ercizio della potest� di risoluzione unilaterale del contratto di appalto : art. 345 della legge sui LL.PP. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) di fronte ad un notevole superamento delle previsioni originarie di spesa, cio� qualora l'onere della costruzione dell'opera rischi di diventare troppo pesante per la collettivit� in relazione alla sua utilit�. Tali scopi sarebbero, invero, frustrati se fosse data facolt� all'appaltatore di richiedere il rimborso di maggiori oneri, a ql,lalsias� titolo, dopo il compimento, o dopo una notevole progressione ulteriore dell'opera, aumentandosene, in tal modo, il costo in una misura che potrebbe infrangere l'equilibrio tra utilit� dell'opera medesima e .sacrificio della collettivit� (inteso come quantit� di denaro pubblico da quell'opera assorbita). Non � il caso, qui, di approfondire, a proposito della presente controversia, se l'ossequio formale a tale principio (carattere generale dell'istituto delle riserve), risultante anche dalla maggior parte delle sopra citate sentenze della Corte Suprema, si coordini, in ogni caso, compiutamente, con le deroghe, in concreto, al principio stesso, ritenute giusti PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 879 ficate, per specifiche fattispecie, dal venire meno della ragione e degli scopi, e, sotto certi aspetti, anche dell'utilit�, dell'opportunit� e della stessa po.ssibilit� pratica di applicazione dell'istituto. Cos� (e a prescindere da altre specie, in cui la diver,genza da quella attualmente in controversia � pi� che palese), a proposito dei cosiddetti fatti continuativi, per i quali, come � esposto con molta chiarezza soprattutto dalla gi� citata, ree.ente sentenza n. 830 del 1972, l'esigenza di un accertamento sicuro, e, nello stesso tempo, pieno e completo, si ritiene soddisfatta con l'iscrizione delle riserve al tempo della cessazione della continuazione, laddove inutili riuscirebbero, a tale scopo, quelle formulate in relazione ad ogni singolo episodio della serie; e ci� in quanto l'incidenza di ciascun fatto continuativo sul prezzo dell'opera ai fini di quelle attivif� e di quegli interventi della P.A. (reperimento di ulteriori fondi, ecc.) assumerebbe rilevanza soltanto a causa della loro ripetizione, mentre i singoli episodi costituenti la serie importere:bbero, ai detti fini, oneri di entit� del tutto trascurabili; cosicch�, n� l'appaltatore sarebbe in grado, prima della cessazione della continuazione, d'indicare, con la precisione richiesta da.i regolamenti e dai capitolati, i compensi ai quali crede di avere diritto, n� l'ufficio sarebbe in grado di emettere gli opportuni provvedimenti, posto che anche tali provvedimenti presuppongono una conoscenza precisa, e in cifre, delle somme che mancano; sicch�, in definitiva, la riserva iscritta per ogni singolo episodio sarebbe sempre inutile, e, per certi aspetti, impossibile (non occorre, nemmeno, soffermarsi sulla consistenza della contrapp.osta tesi, secondo la quale, determinandosi, almeno normalmente, nell'appalto .pubblico il compenso globale dell'appaltatore attraverso l'applicazione, alle par tite di lavoro man mano eseguite, dei prezzi unitari pattuiti e delle loro successive variazioni per qualsiasi titolo, e riflettendosi, quindi, i maggori oneri comunque connessi all'esecuzione dell'appalto sulle singole unit� di lavoro, ne deriverebbe che anche gli oneri ripetuti e continuativi si rifletterebbero sugli stessi prezzi unitari; sicch�, quando nella contabilizzazione questi vengono applicati, l'appaltatore avrebbe l'immediato dovere di denunciare quegli oneri che, a proprio giudizio, ne hanno modificato la remunerativit�, alterando l'equilibrio contrattuale). Cosi pure, a proposito dell'altra recente sentenza, anch'essa sopra citata, n. 1384 del 1971, nella quale sentenza, a parte le dichiarazioni di principio, la sottrazione delle specifiche pretese dell'appaltatore all'onere della riserva viene, sostanzialmente, ancorata al concetto che la riserva deve investire solo i fatti e tutti i fatti che attengono allo svolgimento dell'appalto e costituenti, appunto, oggetto della contabilit� della stessa (art. 36 del Regolamento del 1895), esclusi solo quelli dolosi o gravemente colposi degli organi della stazione appaltante. In tal caso, infatti, � appunto il dolo o la colpa grave che ad esso va equiparata a far esor RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bitare il fatto dalla gestione dell'esecuzione dell'opera pubblica, e, �quindi, dall'iter esecutivo e dal paradigma dell'art. 36 reg. n. 350 del 1895, rispetto al quale solo � destinato ad operare, ovviamente, l'istituto della riserva. Quel che, piuttosto, importa rilevare � che il caso in controversia non � riconducibile in alcuna delle due dette ipotesi, n� in quella dei fatti continuativi, quale comunemente intesa, n� in quella del fatto doloso o gravemente colposo della stazione appaltante. Sotto il primo riflesso, � sufficiente por mente alla natura delle partite di oneri prospettati dall'impresa Arioli in rapporto al periodo di forzata sospensione (spese di guardiania del cantiere, e di cus�todia e di manutenzione delle opere eseguite), per rilevare che, a,nche a voler considerare i ripetuti esborsi a quel titolo quali fatti continuativi nell'accezione sopraccennata, la relativa serie veniva a cessare nel momento stesso della ripresa dei lavori; n� il concetto di fatto continuativo pu� giustificare una deroga cos� lata al principio della decadenza per mancata riserva, da permettere, sino al compimento dell'opera, la denuncia di fatti che, ancorch� non istantanei, bens� protratti e ripetuti, siano ormai cessati; e cio� soltanto perch� i fatti stessi sono pur sempre destinati a ripercuotersi sul costo globale complessivo; aderendosi ad una simile opinione, si correrebbe il rischio di svuotare di ogni contenuto l'istituto stesso della riserva. D'altra parte, anche gli scrittori e la giurisprudenza, che ammettono, particolarmente a proposito dei fatti continuativi, la possibilit� di derogare alle forme e ai termini sia per la proposizione sia per l'esplicazione delle riserve, sono concordi nel seitolineare che la dispensa dall'onere non pu� andare oltre la ragione che la determina; aggiungendo; poi, che, date quelle deroghe temporanee, l'identificazione del momento in cui l'obbligo della riserva diventa attuale, con conseguente preclusione per l'appaltatore che ad esso obbligo non adempia, deve essere agganciata alla possibilit� di una valutazione concreta degli effetti economici derivanti dalla situazione pregiudizievole, considerandosi che, se, da un lato, l'appaltatore non deve essere posto nella condizione, per lui vessatoria, di doversi cautelare avanzando riserva ad ogni registrazione, dall'altro lato, il momento in cui � scatta � l'obbligo per l'appaltatore medesimo deve essere, nelle singole fattispecie, identificato secondo i principi della media diligenza e della buona fede. Ora, in conformit� del logico e congruo a,pprezzamento emergente dalla motivazione della Corte di merito, quanto meno all'atto della ripresa dei lavori o immediatamente dopo (circa la pi� precisa determinazione di questo dato temporale, v. infra) l'Impresa Arioli, adottando il parametro di una media diligenza, sarebbe stata in grado di percepire e di denunciare una situa PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 881 zione ormai esaurita, palesantesi come generatrice di un pregiudizio non soltanto ontologicamente apprezzabile, ma gi� realizzatosi, e contemporaneamente, o a breve scadenza successiva, sarebbe stata anche in grado di definire in somma determinata il pregiudizio medesimo. Non pu�, infine, aderirsi alla tesi che rappresenfa il presupposto esplicito ed implicito di tutto il motivo in esame e di tutte le ulteriori difese del ricorrente; cio� che la pretesa in discussione, relativa ai maggiori oneri, sostenuti dall'appaltatore a seguito e in pendenza della disposta sospensione, s'inquadrerebbe nel concetto di danni contrattuali, derivanti da un fatto imputabile alla stazione appaltante a titolo di colpa grave; sicch�, in conformit� di quanto ha stabilito la gi� pi� volte citata sentenza n. 1384 del 1971, esulerebbe da quel concetto di compenso, sia pure genericamente inteso, rispetto alla cui determinazione si pone l'esigenza della proposizione e dell'esplicazione delle riserve. Invero, l'amministrazione, .nel disporre la sospensione, e,sercita, in genere, legittimamente un diritto attribuitole da norme di diritto obiettivo. Infatti, l'istituto della sospensione dei lavori � previsto come una facolt� dell'Amministrazione dall'art. 16 del regolamento n. 350 del 1895, qualora lo richiedano circostanze .speciali. Parimenti disponeva l'art. 35 del Capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei LL.PP. (d.m. 28 maggio 1895, applicabile obbligatoriamente all'appalto de quo in virt� dell'art. 294 del t.u. della legge comunale e provinciale del 1934, perch� il'appalto stesso era assistito dal contributo statale); e, bench� al caso non sia applicabile, � opportuno ricordare il nuovo capitolato generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, in quanto ribadisce, in ogni caso, la legittimit� della sospensione, sia derivata da ragioni obiettive (art. 30 primo comma), esemplificate in cause di forza maggiore, condizioni climatologiche o altre simili circostanze speciali che impediscono in vita temporanea che i lavori precedano a regola d'arte, sia determinata da motivi di interesse pubblico, discrezional mente apprezzabili della pubblica amministrazione (art. citato, secondo comma; lo stesso nuovo capitolato disciplina meglio e in modo pi� razio nale, di:stintamente per l'una e per l'altra ipotesi, il se e i limiti della spettanza di compensi all'appaltatore per effetto della sospensione, e gli altri diritti attribuiti allo stesso). Il Comune, aveva, inoltre, invocato anche l'art. 24 del Capitolato Generale del Comune di Roma, che faculta l'Amministrazione ad emettere provvedimenti di sospensione dei lavori per qualsiasi ragione ed obbliga l'appaltatore a sottostarvi senza diritto a compensi; la questione se tale norma dovesse essere applicata a pre ferenza di quelle prima indicate, perch� pi� favorevole agli interessi pubblici che ne costituiscono la premessa, non � stata riproposta formal mente in questa sede, e, comunque, perde rilevanza, una volta definita 882 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aliunde, in termin1 generali e nell'ambito del sistema, la legittimit� dei provvedimenti di sospensione. Si aggiunga, che, nella specie, nel verbale di sospensione dei lavori, I l'impresa non ebbe a formulare, come pur avrebbe potuto, alcuna riserva a norma del tedo comma dell'art. 16 del regolamento; il che, secondo gli interpreti pi� rigorosi del sistema, dovrebbe importare, in coordinamento con l'art. 89, da quel comma richiamato, che, non formulata in quella sede e in quel momento, una riserva, almeno generica, sulla illegittimit� della sospensione e sulla sua conseguente potenziale produttivit� di danno, .ogni questione ulteriore sull'illegittimit� originaria del provvedimento ne rimarr�bbe preclusa. A ci� si contrapporrebbe il caso di non immediata evidenza dell'illegittimit� e della sua potenziale produttivit� del pregiudizio, ovvero quello di comportamento illegittimo successivo dell'Amministrazione (ad es., per l'ingiustificata protrazione della sospensione oltre ogni ragionevole e prevedibile limite), casi, come gi� si � detto, nei quali, concretandosi essi in un comportamento gravemente colposo dell'Amministrazione medesima, contrario ai principi di un corretto svolgimento del rapporto, non funzionerebbe, secondo il gi� accennato orientamento, la preclusione connessa alla mancata riserva. Sta, ad ogni modo, di fatto che, se pure nelle sedi di merito l'Impresa Arioli insistette sul lamentato pregiudizio come derivante dal fatto del~ I ~ l'Amministrazione, in quelle sedi non precis�, n� tanto meno si dette fil cura di dimostrare, che si trattasse, e per la determinazione di sospendere e per la durata non necessaria della protratta sospensione, di fatti colposi e gravemente colposi, tali da superare i ragionevoli limiti di discrezionalit� che in materia erano concessi al Comune. In tale situazione, non si vede come -ammesso che, pur tuttavia, l'impresa potesse vantare un diritto al rimborso degli oneri in discussione a titolo diverso da quello del risarcimento di danni -potessero tali sue pretese sfuggire all'onere della riserva in termini. Circa l'identificazione di tale termine, vero � che il pi� volte men- I zionato art. 16 terzo comma non parla di apposizione delle riserve, e tanto menQ a pena di decadenza, nel verbale di ripresa dei lavori. Ma, accolta la pi� ortodossa ampia menzione di documenti contabili, sopra delineata, non pu� essere che ripudiata la tesi che il verbale di ripresa dei lavori non possa -salva la loro riproduzione nel registro di contabilit� -costituire la sede adatta per la formulazione di riserve circa oneri e pregiudizi derivanti e gi� derivati dalla ormai cessata sosperi. !l sione. L'unica alternativa, quindi, che si prospettava, nella specie, se ~~ condo quei sopraindicati parametri di diligenza media e di buona fede era quella: o che la riserva generica dovesse essere formulata in detto 1: verbale, salva successiva tempestiva riproduzione ed esplicazione, o che, invece, l'onere della riserva, ancorch� generica, potesse, sia pure in li I i: PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 883 considerazione di particolari circostanze, che avessero ancora in quel momento resa incerta la prospettiva, non tanto circa l'esistenza dell'onere, quanto circa le sue dimensioni, sia pure approssimative, essere postergato sino alla successiva presentazione e sottoscrizione del registro di contabilit�. Alternativa, peraltro, non risolta in linea di fatto, e, quindi, di non necessaria risoluzione in punto di diritto, giacch�, come si � gi� notato, nessuna riserva fu, nella specie, formulata, n� tanto meno esplicata dall'<Impresa Arioli, n� in sede di verbale di ripresa dei lavori, n� all'immediatamente successiva presentazione e sottoscrizione del registro di contabilit�, essendo, invece, la formulazione avvenuta soltanto in sede di sottoscrizione del registro, ai fini dell'emissione del terzo stato di avanzamento, successivo a quella ripresa. Rigettandosi per le ragioni sopra esposte il ricorso, l'impresa r.icorrente deve essere condannata alla perdita del deposito di soccombenza (artt. 3'81, 471 c.p.c.). -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 4 maggio 1972, n. 2996 -Pres. Grieco - Rel. Pagge -P. M. M.arucci (conf.). -Bianchi e Crimella. Reato -Indulto in materia doganale -Decreto Presidente Repubblica n. 283 del 1970 -Condono -Riduzione alla met� dell'indulto -Inapplicabilit�. Dazi doganali -Art. 145 1. 25 settembre 1940, n. 1424 -Obbligo del pagamento dei diritti doganali -Sequestro della merce contrabbandata -Risarcim.ento del danno -Ammissibilit�. (art. 3 e 6 d.P.R. n. 283 del 1970; art. 145 I. 25 settembre 1940, n. 1424). La disposizione del terzo comma dell'art. 6 del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, secondo la quale l'indulto � ridotto alla met� nei confronti di coloro che per le medseime condanne abbiano usufruito di precedenti indulti, non si applica ai reati in materia doganale per i quali sussiste un'apposita disciplina prevista dall'art. 3 ai quali il primo comma dell'art. 6 fa espressamente rinvio (1). L'esenzione dal pagamento dei diritti doganali disposta dall'art. 145 della l. 25 settembre 1940, n. 1424, si applica in sede di esecuzione, ma non incide sul diritto dell'Amministrazione finanziaria a vedersi risarcire eventuali danni, materiali emorali, che essa abbia subito oitre al mancato pagamento dei diritti di monopolio, a seguito del delitto di contrabbando (2). (1) La massima appare conforme alle disposizioni del decreto concessivo di amnistia e di indulto nel quale i reati in materia tributaria e doganali trovano l.a loro completa disciplina negli artt. 2 e 3. (2) La seconda massima conferma, nonostante le argomentazioni contrarie mosse dalle difese degli i~utati, una gdmds!>['udenza ormai costMJ;te v. Cass., 6 dk-embre 1950, i111 Arch. Pen. 1951, II, 135; 21 ~naio 1963, 7 giugno 1961 in Rassegna di Giur. sulle Leggi tributarie penali, a cura di D'ANIELLO, Giuffr�, 1964, p. 310; Cass., 9 maggio 1957, in Mass. Pen. 1957, n. 232 che -esclude che la disposizione di cui al suddetto art. 145 costituisca regola generale valida per tutte le leggi fiscali; v. C'ass., 13 febbraio 1962, I, Rassegna a cura di D'ANIELLO citata che afferma che l'integrale sequestro della merce non esclude la possibilit� anche di altri danni di diversa natura che siano subiti dall'Amministrazione dello Stato per effetto del delitto di contrabbando. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 885 (Omissis). -Antonio Bianchi e Marco Crimella vennero tratti �al giudizio del Tribunale di Lecco per rispondere del delitto di contrabbando di kg. 143 di tabacco estero lavorato e relativa evasione dell'I.G.E. Con senteza del 23 settembre 1968, il Tribunale afferm� la responsabilit� del Bianchi, e riconosciute sussitere le attenuanti generiche, lo condann� alla pena di giorni 20 di reclusione e L. 4.508.865 di multa, di cui L. 2.250.000 condonate per effetto del decreto 4 giugno 1966, n. 332, nonch� al risarcimento del danno verso l'Amministrazione delle Finanze, costituitasi parte civile; il Crimella venne assotto con formula dubitativa. Avverso tale sentenza appellarono il Procuratore Generale e entrambi gl'imputati. Il Crimella non present� motivi, e nei suoi confronti l'appello venne dichiarato inammissibile. Successivamente la Corte di Milano respinse gli appelli del P.G. e del Bianchi, ma nei confronti di quest'ultimo ritenne spettare, oltre al condono gi� disposto dal Tribunale sulla pena pecuniaria, anche quello disposto dal d.P.R. del 22 maggio 1970 ai sensi dell'art. 3, nn. 2 e 4 lett. b); dichiar�, cosi, interamente condonata l'intera pena detentiva e altre L. 1.125.000 di multa (cosi, in totale, L. 3.375.000); conferm� la condanna del Bianchi al risarcimento del danno e al rimborso delle spese a favore della parte civile. Avverso la sentenza della Corte di Milano proposero ricorso per cassazione il Bianchi e il Crimella. Quest'ultimo non fece seguire il deposito di alcun motivo. Il Bianchi ha denunciato la violazione delle disposizioni del decreto presidenziale di clemenza del 1970, per essere stata a lui condonata la residua met� della pena pecuniaria, anzich� l'intero importo della medesima, con erronea applicazione del terzo comma dell'art. 6 del decreto predetto (riduzione dell'indulto alla met�). Con un secondo motivo, egli ha denunciato la violazione degli artt. 145 legge dog. e 335 del relativo regolamento, per essere stata disposta la sua condanna al risarcimento dei danni a favore dell'Amministrazione finanziaria, nonostante l'avvenuto sequestro della merce contrabbandata. Il ricorso del Crimella � gi� stato dichiarato inammissibile con ordinanza del giudice �a quo> del 25 gennaio 1971. Il P.G. ricorrente ha dichiarato, a sua volta, di rinunciare al ricorso contro il Crimella in data 1� luglio 1971. Il ricorso del P.G., pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Il primo motivo del ricorso del Bianchi � fondato. L'applicazione dell'indulto per i reati in materia doganale � determinato espressamente dal n. 2 dell'art. 3 del d�P.R. n. 283 del 1970. Secondo tale disposizione � condonata la pena detentiva nella misura non superiore a 6 mesi di reclusione. e la pena pecuniaria non superiore a L. 2.250.000 di multa. Ne consegue che al Bianchi, ancora soggetto alla pena pecuniaria di L. 2.258.665 (4.508.665 -2.250.000, a seguito dell'applicazione del'condono concesso col decreto del 4 giugno 1966, n. 332), ri11111111111111111111111rar11111111111111111r1111111r�1111111t1111 886 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S'f~TO doveva essere condonato l'importo di altri 2.250.000 per effetto della disposizione predetta. N� vale obiettare quanto sembra aver ritenuto la sentenza impugnata, che l'indulto dovesse venir ridotto della met� ai sensi dell'art. 6, comma terzo, per avere il ricorrente rgi� usufruito del precedente condono, perch� la dizione espressa del primo comma dell'art. 6 (�salvo quanto gi� disposto nei pre�edenti artt. 3 e 4 �), esclude che le disposizioni dell'art. 6 si applichino ai reati in materia doganale. Il tenore dei paragrafi 5 e 6 del medesimo articolo, dove sono specificati i reati per i quali l'indulto � ridotto alla met�, conforta l'interpretazione sopra indicata, conforme al principio � ubi lex voluit, diit �. Il secondo motivo di ricorso del Bianchi deve essere respinto, perch�, come esattamente ha osservato l'Avvocato dello Stato nella sua difesa, l'esenzione dal pagamento dei diritti doganali disposta dall'art. 145 della 1. 25 settembre 1940 ,n. 1424, si applica in sede di esecuzione, ma non incide sul diritto dell'Amministrazione finanziaria a vedersi risarciti gli eventuale danni, m_ateriali e morali, che essa abbia sub�to, oltre al mancato pagamento dei diritti di monopolio, a seguito del delitto di contrabbando. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 28 luglio 1972, n. 5260 -Pres. Spadaccini -Rel. Moreno -P. M. Longobardi (diff.) -Lelli ed altri. Falso -Falsit� in atti -Stati di avanzamento, libretti delle misura zioni e contabilit� relativa ai lavori dei pubblici appalti -Sono atti pubblici -Non fanno fede fino a querela di falso. (c.p., art. 476). Gli stati di avanzamento, i libretti deUe misurazioni, e la contabilit� relativa ai lavori dati in appalto dalla P. A. sono atti pubblici perch� formati da pubblici ufficiali per costituire la prova di fatti giuridicamente rilevanti dai quali derivano obblighi a carico della P. A., ma non sono documenti di fede privilegiata, poich� le noirme specifiche aLla mate.iria dei lavori pubblici non iriconoscono l'efficacia probatoria particolare ad essi (1). (1) L'affermazione contenuta in questa sentenza � coeriente con l'indirizzo giurisprudenziale in materia di documenti di fede privilegiata: questi sono come � noto individuati in base al duplice critero dell'emanazione dell'atto da un pubblico uffictale qualificato da una speciale potest� certificatrice e dell'attribuzione ,al documento di un'autonoma efficacia probatoria (Cass. 12 ottobre 1967 in Cass. Pen. Mass. annotato 1968 p. 1061 ��1-�':::::"�'������.�,�-:::::���.�:::::� -~-�::::: : .. @..:: .�� .� ............. :-:� e-: .. .., PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PE)NALF. 887 (Omissis). -Con sentenza 18 novembre 1964 il tribunale di Mes sina dichiarava l'ing. Guido Lelli, dirigente l'ufficio opere marittime del Genio civile di Messina,. il geoni. Romanetti Francesco, ed il con tabile Donato Felice colpevoli di falsit� ideologica continuata aggra vata (artt. 479, 61 n. 2, 81 cpv. c.p.) rispettivamente commessa nello stato di avanzamento dei lavori, nei libretti delle misurazioni e nei registri di contabilit�, e con le attenuanti generiche equivalenti alla aggravante per il solo Donato, condannava Lelli ad anni due �di reclu sione, Romanetti ad anni uno e mesi sei di reclusione e Donato ad anni uno e mesi due di reclusione. Avverso tale sentenza gli imputati proponevano appello, e la Corte di Messina, con sentenza 18 aprile 1969, li assolveva dal falso perch� il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo. Li assolveva altresi dalla imputazione di peculato, per cui era stata contestata la aggravante del nesso teleologico e gli imputati avevano riportato con danna in primo grado, perch� il fatto non sussiste. Avverso detta sen tenza ricorreva per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Messina, e la Corte Suprema, con sentenza 6 novembre 1969, dichiarava inammissibile il ricorso del procuratore Generale in ordine alla pronuncia sul peculato, ed in parziale accoglimento dei motivi concernenti il falso annullava il capo relativo a tale reato, rinviando� la causa per nuovo esame alla Corte di Catanzaro. La Corte di rinvio riteneva il reato di falsit� ideologica contestato estinto per prescrizione, ed assolveva gli imputati per tale motivo. Ricorrono per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro, e gli imputati Lelli Guido e Donato Felice. MOTIVI DELLA DECISIONE Il procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro ricorre contro la dichiarazione di estinzione del delitto di falsit� ideo logica, e deduce due motivi. Col primo denuncia la violazione, falsa ed erronea applicazione della legge penale (artt. 524 n. 1, 475 n. 3, 190, 515, 544 c.p.p., 157 m. 1627; 7 ottobre 1969 ivi 1970 p. 1481; 10 maggio 1966, ivi 1967 p. 53 m. 35) onde �esclusa questa efficacia probaitoria del documento, ne resta esolusa anche la sua natura di atto a fede l"ivilegiata. Nella stessa materia la stessa Sezione della Suprema Corte aveva gi� avuto occasione di affermare la natura �di atto pubblico degli stati di avanzamento e dei libretti di misurazione rielativi a lavori commissionati dall'ISES per conto del Ministern dei LL.PP. in un'ipotesi in cui aveva riformato l'aberrante decisione di una Corte di menito che, sulla base di un'incertezza sull'entit� del divarrio tra lavori �eseguiti e .lavori contabiUzzati -divario per altro cel'to e provato -av�eva assoUo per insuffi.cienza di prove imputati per veati di :llalso (Cass. 20 giugno 1972 n ..4312 rie. Senatra e Calcaterra, non massimata). 'Il 111111111111r1111111111111�r1r11tl111111r�~r1111111111.11;111r1,,1ri1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 888 158, 159, 160, 476 cpv., 479 c.ip.) per avere la Corte di appello ritenuto preclusa dalla mancata impugnazione del P. M. la questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto operata dal tribunale di Messina, che aveva pronunciato condanna per una ipotesi di falsit� ideologica in atti pubblici non di fede privilegiata, e sostiene che il ricorso del procuratore Generale di Messina contro la sentenza 18 aprile 1969 aveva rimesso in discussione la intera materia, rendendo possibile una diversa qualificazione del fatto. Col secondo motivo denuncia la violazione, falsa ed erronea applicazione della legge penale (artt. 524 n. 1, 475 n. 3, 190, 515, 544 c.p.p., 157, 158, 159, 160, 476 cpv., 479 c.p.) per avere la Corte di appello omesso di dichiarare. che i falsi ideologici commessi dagli imputati erano punibili ai sensi degli artt. 479, 476 u.p. c.p. e per essi non era ancora decorso il tempo necessario per prescrivere. Il primo motivo � fondato. Non � dubbio che il tribunale di Messina, pur non avendo trattato espressamente la questione relativa alla qualificazione giuridica del fatto, nel pronunciare la sentenza 18 novembre 1964 riteneva che gli imputati dovessero rispondere del delitto previsto dqlla prima parte dell'art. 476 in rel. all'art. 47'9 c.p., e cio� di falsit� ideologica in atti pubblici che non facevano fede sino a querela di falso. Lo si de duce dalle pene inflitte in misura corrispondente a quella prevista dalla prima parte dell'art. 476 c.p. e nettamente inferiore al minimo edittale stabilito dal capoverso di detto articolo. L'appello degli imputati e la mancata impugnazione di detta sentenza da parte del P. M. determinarono una situazione che � espressamente prevista dall'art. 515 c.p.p., e per cui i poteri della Corte di appello trovavano un limite nel divieto della reformatio in peius, divieto che impediva bens� di i�::tfiiggere una pena pi� grave per specie o quantit�, o di revocare benefici eventualmente conce�ssi, ma non impediva di dare al reato una qualificazione giuridica diversa ed anche pi� grave. Gli stessi poteri del giudice di appello competevano al riguardo al giudice di rinvio, sicch� la Corte di Catanzaro, pur non potendo aggravare le pene inflitte dal tribunale di Messina, poteva legittimamente qualificare diversamente il fatto contestato,, e dovendo giudicare sulla eventuale sopravvenienza �di cause estintive, era tenuta a valutare dette cause in relazione alla esatta qualificazione del fatto e non era vincolata dalla precedente pronuncia del tribunale di Messina. Senonch� la qualificazione data al fatto dal tribunale di Messina -alla quale la Corte di rinvio si � adeguata -era corretta, ed il secondo motivo di ricorso del Procuratore Generale di Catanzaro va disatteso. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 889 Il .ragionamento del ricorrente si fonda essenzialmente su due proposizioni: a), gli stati di avanzamento, i libretti delle misurazioni, la contabilit� relativa ai lavori eseguiti, sono atti pubblici; b) detti atti pubblici fanno fede sino a querela di falso. in virt� della norma contenuta nell'art. 2700 e.e. Ora non � dubbio che i predetti documenti siano atti pubblici per ch� formati da pubblici ufficiali per costituire la prova di fatti giuri dicamente rilevanti dai quali~ derivano obblighi a carico della pub blica amministrazione; non tutti gli atti pubblici fanno per� �fede sino a querela di falso in forza dell'art. 2700 e.e., e nella specie non � applicabile detto art. 2700 e.e., che considera essenzialmente la docu mentazione delle situazioni giuridiche e dei fatti che interessano il diritto privato, sebbene le norme specifiche alla materia dei lavori pubblici, contenute nel r.d. 15 dicembre 1895 n. 350 modificato con r.d. 1,5 dicembre 1938, n. 556 e con r.d. 15 aprile 1940 sulla direzione, contabilit� e collaudazione d.ei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici. Gli artt. 30, 38, 47, 52, e le altre norme di detto decreto in tema di documentazione e contabilit� dei lavori, non riconoscono una effi~ cacia probatoria particolare agli stati di avanzamento, ai libretti delle misurazioni ed alla contabilit�, ma consentono ai superiori gerarchici in sede di controllo di apportare correzioni alle eventuali inesattezze dei rilevatori, e quanto all'appaltatore, costui � vincolato alle risultanze dei documenti solo perch� partecipa alla formazione di essi, e li accetta senza riserve con una espressione di volont� a contenuto negoziale, oppure �si ritiene averli accettati per non avere sollevato riserve nel termine perentorio che la norma prevede. Se poi l'appaltatore non ritiene corretto quanto appare dalla con tabilit�, � sufficiente che formuli riserve� tempestive e motivate perch� si proceda a nuovi accertamenti e ad eventuali rettifiche. Tutto ci� dimostra che si � al di fuori dell'ipotesi degli atti pubblici che fanno fede sino a querela di falso; che giustamente il tribunale di Messina prima e la Corte di Appello di Catanzaro poi ritennero applicabili le norme contenute negli artt. 479, 476 prima parte c.p.; e che il ricorso del Procuratore Generale deve essere respinto. � Contro la sentenza 20 ottobre 1971 della Corte di appello di Ca tanzaro hanno proposto ricorso anche gli imputati Lelli Guido e Donato Felice: entrambi denunciano il difetto di motivazione in ordine alla richiesta di assoluzione nel merito a norma dell'art. 152 u.p.; ed il Donato riferisce anche (2� motivo) le ragioni su cui detta ,.richiesta era stata fondata. La doglianza � meritevole di accoglimento. Dal verbale di udienza risulta che al termine della discussdone orale i difensori avevano concluso in via principale per il proscio 890 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO glimento nel merito, e tale richiesta � stata ignorata dalla sentenza impugnata, che non ne parla nella motivazione, sebbene le ragioni addotte. dalla difesa richiedessero un~ trattazione adeguata. In particolare la eccezione del Donato di essere stato un semplice amanuense che aveva compilato una �contabilit� destinata ad assumere rilevanza giuridica solo con la firma del direttore dei lavori, e di essere stato imputato come responsabile unico della falsit� mentre nessuna contestazione era stata fatta al riguardo al suddetto direttore dei lavori, richiedeva un esame sia pure nel ristretto ambito consentito dalla sopravvenuta causa di estinzione. Col terzo motivo Donato FeHce si duole -sotto il profilo della violazione di legge, della mancata modificazione della rubrica con esclusione della aggravante del nesso teleologico, dopo il proscioglimento per insussistenza del fatto dalla imputazione di peculato. La doglianza � fondata ed � evidente l'interesse dell'imputato alla modificazione della r�brica nel senso di una minore gravit�. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 13 agosto 1972, n. 5516 -Pres. Grieco -Rel. Rossi -P. M. Marucci (parz. conf.) -Elias ed altri. Procedimento penale -Insufficiente .indicazione della persona dell'imputato -Non � causa di inesistenza ma di nullit� del rapporto processuale penale. (e.pc., art. 185). ' Procedimento penale -Separazione dei� giudizi -Potere discrezionale del giudice -Ipotesi,di separazione obbligatoria. (c.p.p, art. 414). Procedimento penale -Latitanza -Emissione del decreto che la dichiara per le notificazioni -Non � necessaria -Prova della latitanza. (c.p.p., artt. 17.3 e 268). Procedimento penale -Latitanza -Sentenza di proscioglimento -Imputato all'estero di cui si ignora il preciso indirizzo -Notificazione con il rito degli irreperibili -Obbligo di svolgere accertamenti -Non sussiste. (c.p.p., artt. 268, 170, 1772bis). Nell'ipotesi che negli atti processuali gli imputati siano identificati soltanto con le iniziali, non ci si trova di fronte ad un'ipotesi di sentenza inesistente, ma soltanto viziata da nullit� assoluta ex art. 185 c.p.p. (1). (1) L'identificazione degli imputati con le sole' iniziali � ipotesi ben diversa da quella dell'imputato inesistente, ben inteso purch� nonostante la PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 891 La separazione dei procedimenti � di regola affidata al po�tere _discrezionale del gi'Udice, mentre in taluni casi � obbligatoria, come quando la nullit� di alcuni atti del giudizio di primo grado riguardanti alcuni imputati non sia tale da comunicarsi a tutti gli atti assunti in esso, concernenti gli altri imputati' e in tal caso segua a detta nullit� il proscioglimento degli imputati nei cui confronti la nullit� si � verificata (2);. Per le notificazioni all'imputato latitante, non si richiede, a differenza dell'art. 170 per gli irreperibili, che sia emesso decreto di latitanza. La nozione dello stato di latitanza � data dalt'art. 268 c.p.c. per il quale � latitante chiunque si sottrae ad un procedimento rest<rittivo delLa libert� personale. Per aversi lo stato di latitanza occo1-re, pertanto, l'attuazione�, da parte del soggetto, di un comportamento diretto a frustare l'esecuzione di un ordine o di un mandato di cattura o di carcerazione che � stato o sta per essere emesso nei suoi confronti. La prova documentale deila mancata esecuzione del mandato o dell'ordine � data dal verbale negativo della esecuzione, 'che i funzionari di polizia sono tenuti a comp<ilare (3). Lo stato di latitanza viene meno in seguito alla p'l'onuncia di sentenza di proscioglimento e quando non iisulti dagli atti il pl/"eciso indirizzo dell'imputato all'estero, il giudice deve provvedere per le notificazioni con il rito previsto per gli irreperibili e non ha alcun obbligo di svolgere accertamenti per conoscere il recapito all'estero perch� il richiamo dell'art. 170, co'l),tenuto neH'art. 177 bis concerne solo il sistema della notificazione e non anche il presupposto per la sua applicabilit� (4). insufficienza assoluta dell'indicazione l'imputato sia una persona viva e reale, e che � viceversa causa di giuridica inesistenza della sentenza per mancanza dei presupposti processuali: � stata ritenuta inesistente ,la sentenza che abbia erroneamente condannato l'imputato minore di 14 anni per la sua assoluta inimputabilit� (Cass., 31 gennaio 1958, in Giust. Pen., 1959, 33). (2) V. per l'affermazione che l'ordinanza con la quale il giudice dispone la separazione dei giudizi � provvedimento ordinatorio affidato alla discrezionalit� dello stesso Giudice e contro il quale non � ammessa l'impugnazione per il principio di cui all'art. 190 c.p.p., Cass., 13 ottobre 1965, i.n Cass. Pen. Mass. annotato 1966, 438, m. 655. (3) � stato affermato che, perch� sussista la volontariet� della latitanza, non � indispensabile che l'interessato sia a conoscenza dell'avvenuta emissione a suo carico del provvedimento che ne ordina la cattura l'arresto o la carcerazione o delle ricerche in corso, bastando che si metta in condizione di irreperibilit�, pur sapendo che un ordine o un mandato pu� essere emesso nei suoi confronti (Cass., 30 marzo 1966, in Cass. Pen. Mass. annotato 1967, 151, m. 175). L'ipotesi concreta esaminata dalla sentenza che si annota era stata in precedenza pi� di una volta portata all'esame della Suprema Corte e decisa nello stesso senso: v. Cass., 5 novembre 1955, in Giust. Pen. 1956, III, 195 con norta di SABATINI. ' (4) La giurisprudenza � pacifica nell'affermazione che non esista obbligo di svolgere accertamenti per l'imputato all'estero: Cass., 13 gennaio 1961, in Cass. Pen. M�ass. annotato 1961, 700, m. 1496. � stato altres� affer 892 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con sentenza 4 settembre 1969, il Tribunale di Napoli dichiarava Valle Agufrre Jos� Luis, Ozamis Ognacio, Gonza~o Garabatos, Bilbao Jos� Maria, Abdon Diaz Martinez, Elias Pedro e Villard Pierre colpevoli dei delitti di contrabbando continuato di kg. 4485,5 di tabacco lavorat~ estero, di cui kg. 2058,5 sequestrati (artt. 81 cpv., 8 1. 7 gennaio 1929, nn. 4, 94, 99 lett. a) e b), 110 lett. d), 116, 139, 148 1. 25 agosto 1940, n. 1424, 1, 4, 5, 6 e 12 1. 3 gennaio 1951, n. 27) e di evasione I.G.E. (artt. 17, 18 e 33 1. 19 giugno 1940, n. 762), l'Elias, inoltre, del delitto di contrabbando di quattro accenditori automatici esteri (art. 10, n. 2 r.d.1. 2'6 febbraio 1930, n. 105, modificato dalla 1. 20 agosto 1949, n. 700) e il Valle Aguirre, inoltre, della contravvenzione di inosservanza alle norme per prevenire gli abbordi di mare (artt. 1 e segg. 1. 3 maggio 1966, n. 278, in relazione all'art. 1331 cod. nav.) e condannava i predetti a pen~ varie, nonch�, in solido, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, al rimborso delle spese e al pagamento della somma di L. 52,960.000 per diritti evasi a favore dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, costituitasi parte civile; assolveva Fernandez Tabuada, P. B. Saita, J. D. Boyd e E. K. N:ugba dai menzionati delitti di contrabband~ di tabacco lavorato estero e� di evasione I.G.E. per non avere commesso il fatto, Esposito Enrico, Siciliano Vincenzo, Diffido Andrea ed Esposito Luigi dal delitto di favoreggiamento personale (articolo 478 c.p.) e tutti gli altri imputati dal delitto di associazione per deNugba perch� gli stessi non risultavano compiutamente identificati e rimetteva gli atti relativi ai medesimi al primo giudice; dichiarava non doversi procedere contro Elias Pedro in ordine al deposito di contrabbando di accendisigari e contro Valle Aguirre Jos� Luis in ordine alla contravvenzione ascrittagli perch� estinti i reati per l'amnistia elargita con d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 e riduceva la pena .detentiva inflitta ad Elias Pedro ad un anno di reclusione; condannava tutti gli appellanti, in solito, al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati Elias Pedro, P. B. Saita, J. D. Boyd e E. K. Nugba. DIRITTO L'Elias deduce con il primo motivo del suo ricorso la violazione degli artt. 522, 185 n. 3, 81 e segg. c.p.p. in relazione all'art. 524 stesso codice, per erronea applicazione della legge processuale penale, per avere la mato che quando l'imputato all'estero sia gi� formalmente a conoscenza della pendenza del procedimento penale non � per lui necessario l'avviso previsto dall'art. 177 bis c.p.p. (Oass., 23 marzo 1965, in Cass. Pen. Mass. ann. 1966, 453, m. 682) e che l'avviso non � prescritto pena di nullit� (Cass., 2 novembre 1960 ivi 1961., 113, m. 224). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE Corte di merito limitato la dichiarazione di nullit� del giudizio di primo grado ai coimputati Saita, Boyd e Nugba. Non si era nel campo della sem plice nullit�, sia pure assoluta, ma della vera e propria inesistenza giu ridica della sentenza istruttoria e di quella dibattimentale, che erano sta te pronunziate nei confronti dei tre coimputati, identificati solo con le iniziali, e perci� emesse nei confronti di persone inesistenti; in ogni caso, nell'event_uaUt� che in seguito verr� accertato essere proprio i tre non compiutamente identificati gli �rganizzatori dell'operazione contrabban diera, si prospettava la necessit� di far rivalutare la posizione proces suale dell'Elias, consider�to dalla sentenza dei primi giudici come l'ani matore della losca impresa. Il motivo � infondato. La sentenza � inesistente quando in essa.non si riscontrano gli ele menti essenziali perch� l'atto possa sorgere. L'inesistenza della sentenza travolge lo sbarramento della cosa giu dicata e si verifica nei casi di mancanza dei presupposti processuali, che consistono nelle condizioni da cui dipende l'instaurazione del rapporto processuale e si riferiscono al promovimento dell'azione penale da parte dell'organo titolare del diritto di azione, all'esistenza dell'organo avente giurisdizione penale e all'esistenza di un imputato capace di essere parte. Nel caso in esame non si pone il problema dell'esistenza della sentenza perch� sussistono i requisiti affinch� il processo possa costituirsi e svol gersi. L'esigenza che l'azione penale si diriga contro una persona deter minata � soddisfatta in quanto le persone indiciate come Saita, Boyd e Nugba sono coloro che, secondo l'accusa, sono indiziati quali autori dei reati loro rispettivamente ascritti. Al fine menzionato non � necessario che l'imputato sia stato identificato nominativamente. I requisiti di esistenza del rapporto processuale non vanno confusi con i requisiti voluti dalla legge per la Vfl,lidit� del rapporto stesso, che si identificano con le tre categorie indicate nell'art. 185 c.p.p. come causa di nullit� assoluta, la cui mancanza pu� essere dedotta e rilevata in ogni stato e grado del giudizio�. Nella fattispecie ricorre la nullit� di cui al n. 3 dell'art. 185, che ri guarda l'intervento dell'imputato nelle forme che la legge stabilisce, non �essendo state accertate complete generalit� degli imputati. La nullit� della sentenza per l'ipotesi di insufficiente indicazione della persona dell'imputato � prevista specificatamente dall'art. 475, n. 1, c.p.p. Detta nullit� concerne solo l'interesse degli imputati Saita, Boyd e Nugba cui si riferisce e perci� non si estende agli altri imputati, compreso l'Elias, nei cui confronti nessuna nullit� del genere si � Verificata. L'Elias deduce,con il secondo motivo la violazione degli artt. 522, 497 e 498 c.p.p., in relazione all'art. 5214, n. 3, stesso codice, per �rronea applicazione della legge processuale penale, per avere la Corte di merito 894 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ritenuto di poter. disporre la separazione dei giudizi in una ipotesi in cui questa non era consentita. Il penultimo comma dell'art. 497 c.p.p. stabi lisce che la separazione dei procedimenti nel giudizio in contumacia � possibile solo in caso di legittimo impedimento di uno degli imputati, mentre tassativamente lo vieta nel caso di nullit� della vacatio in in dicium e ci� costituirebbe una norma eccezionale che deroga al principio generai~, stabilito nell'art. 414 c.p.p., secondo cui la separazione dei giu dizi, in quanto provvedimento collegiale e non presidenziale, � possibile solo nel corso del giudizio. Il motivo � privo di fondamento. Il codice di rito mantiene in vita il cumulo.dei procedimenti �connessi finch� siano soddisfatte le esigenze di economia processuale e di speditezza dei procedimenti. La separazione dei procedimenti di regola eaffirata al potere discrezionale del giudice. Anche in .grado di appello � possibile la separazione discrezionale dei procedimenti connessi, ai sensi dell'art. 519 c.p.p. La separazione in alcuni casi �, invece, obbligatoria. Una delle ipotesi di separazione obbligatoria ricorre quando, come nella specie, la nullit� di alcuni atti del giudizio di primo grado, riguardanti alcuni imputati, non sia tale da comunicarsi a tutti gli atti assunti in esso, concernenti gli altri imputati, segua a detta nullit� il proscioglimento degli imputati nei cui confronti la nullit� si � verificata oppure la rimessione degli atti ad essi relativi al P.M. o ad altro giudice. Il vizio denunciato, pertanto, non sussiste. L'Elias deduce con il terzo motivo la violazoine degli artt. 500, 170, 173 e 179 c.p.p., in relazione all'art. 5�24, n. 3, stesso codice, per erronea applicazione della legge processuale penale, per non avere la Corte di merito preso atto della nullit� della noU.ficazione dell'estratto contumaciale ad esso Elias. Questi era stato assistito nel giudizio di primo grado dall'avv. Pansini, in sostituzione del difensore di fiducia prof. Sabatini, mentre in precedenza gli era stato nominato difensore di ufficio l'avv. Vit-torio Botti; ora, sia che si voglia ravvisare nell'avv. Pansini il Titolare del diritto all'avviso di cui all'art. 170 c.p.p., sia che si voglia ritenere titolare di tale diritto non il sostituto, ma il sostituito (prop. Sabatini), sia che si voglia r~putare invalida la nomina del difensore di fiducia, in assenza di un formale atto di nomina, e tuttora persistente la nomina del difensore di ufficio (avv. Botti), l'unico al quale non spettava il diritto era il difensore al quale, invece, l'avviso � stato dato, cio� l'avv. Plinio Manca, del foro di Genova, difesnsore di altri imputati, anche perch� lo stesso, non risiedendo nel luogo del procedimento, non poteva assumere la qualifica di difensore d'ufficio. La mancanza di un valido avviso di deposito in cancelleria della copia notificata a norma dell'art. 170 c.p.p., dtermina, ai sensi dell'art. 179 c.p.p., la nullit� della notificazione e ci� avrebbe dovuto indurre la Corte PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE di merito a dichiarare tale nullit�, ordinando la trasmissione degli atti al primo giudice per la rinotificazione dell'estratto della sentenza all'Elias. Il motivo, pur essendo in parte fondato, � irrilevante. All'Elias, resosi latitante, fu nominato difensore di ufficio, nella fase istruttoria, l'avv. Vittorio Botti. Questi, quantunque debitamente citato, non comparve nel dibattimento di prirrio grado e assunse la difesa dell'Elias l'avv. Gustavo Pansini come sostituto del prof. Sabatini, che figurava quale difensore dl fiducia dell'Elias. La nomina del difensore di fiducia, per la delicatezza delle funzioni con essa conferite, deve risultare da una dichiarazione fatta dalla parte interessata nei modi fissati nell'art. 134 c�p.p. e, se la nomina non � avvenuta in uno dei predetti modi, non pu� presumersi �he l'imputato sia assistito da un difensore di fiducia. Pertanto, in mancanza di una formale dichiarazione di nomina da parte dell'Elias, l'avv. Sabatini non poteva rivestire la qualifica di difensore di fiducia dello stesso e l'avv. Pansini quella di sostituto del prof. Sabatini; l'avv. Pansini � da ritenersi nominato difensore di ufficio dell'Elias in sostituzione del precedente difensore di utficio avv. Botti. Nel caso in cui al latitante sia nominato di ufficio un difensore, che poi sia stato sost�uito all'udienza da altro difensore pure ufficioso, la notificazione dell'avviso di deposito deve essere eseguita al difensore presente alla udienza in cui fu pronunziata la sentenza (articolo 192 c.p.p.). All'avv. Pansini doveva, in conseguenza, essere dato l'avviso di deposito in cancelleria dell'estratto della sentenza contumaciale, e a ci� non � stato adempiuto. L.'avviso dell'avvenuto deposito al difensore dell'imputato latitante � una formalit� essenziale, poich� la data della notificazione concide con quella dell'avviso al difensore, e, qualora, tale formalit� non sia stata espletata, la notificazione � nulla. Nella specie, peraltro, l'avviso di deposito era del tutto superfluo e non poteva esplicare giuridica rilevanza. Infatti, l'avv. Pansini, qualificandosi esattamente difensore ufficioso dell'Elias, propose appello nell'interesse dello stesso e formul� i motivi a sostegno dell'impugnazione, dimostrando in tal guisa di avere avuto piena cognizi�ne di provvedimento impugnato. La nullit� rilevata rimane esclusa dalla circostanza che la conoscenza concreta di un determinato provvedimento equivale alla conoscenza legale derivante dalla regolare notificazione del provvedimento stesso. � altres� da considerare che l'imputato � titolare del diritto di impugnazione, mentre l'esercizio di tale diritto spetta anche al difensore, che � il legale rappresentante dell'imputato. La soggettivit� del diritto di impugnazione � quindi unica e ne deriva che, ove l'impugnazione sia stata presentata' solo dal difensore del contumace e sia stata rigettata nel me 896 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rito, il diritto di impugnazione si � consumato e ne � precluso il suo ulteriore esercizio. Sull'impugnazione � ammissibile un solo giudizio di merito. L'Elias deduce con il quarto motivo la violazione degli artt. 522, 412, 173 e 179 c.p.p., in relazione all'art. 524, n. 2, stesso codice, per erronea applicazione della legge processuale penale, per non avere la Corte di merito dichiarato la nullit� del giudizio di primo grado nei confronti di esso Elias, che non era stato ritualmente c�tato in giudizio. La c�tazione davanti ai primi giudici venne fatta col rito previsto per i latitanti, mentre l'Elias non poteva essere considerato tale, non esistendo negli atti la prova di una sua volontaria sottrazione alla cattura. L'Elias risultava risiedere all'estero e il giudice istruttore aveva sentito la necessit� di inviare �copia del mandato all'Interpol, onde, in mancanza di una attestazione dell'Interpol delle compiute ricerche, non poteva ritenersi raggiunta la certezza de1la sottra~ione dell'Elias alla cattura; il verbale di vane ricerche risulta steso, invece, soltanto dalla Guardia di .Finanza, che ebbe ad eseguire le indagini solo in Napoli. La censura � priva di corisistenza giuridica. L'art. 173 c.p.p. dispone che all'imputato latitante le notificazioni si eseguono mediante deposito nella cancelleria o segreteria, nel modo indicato dal primo capoverso dell'art. 170 stesso codice. Non si richiede, a differenza di quanto dispone l'art.� 170 per gli irreperibili, che sia emesso decreto di latitanza. La nozione dello stato di latitanza � data dall'art. 268 c.p.p., per il quale � latitante chiunque volontariamente si sottrae all'ese I I .� cuzione di un provvedimento restrittivo della libert� personale. Per aversi lo stato di latitanza occorre, pertanto, .l'attuazione, da parte del soggetto, di un comportamento diretto a frustrare l'esecuzione di un mandato od ordine di cattura o di carcerazione che � stato o sta per essere emesso nei suoi confronti. La prova documentale della mancata I esecuzione del mandato o dell'ordine � dato dal ver:bale negativo del- l'esecuzione, che i funzionari di polizia sono tenuti a compilare. Nella specie, come ha posto in risalto la sentenza impugnata, l'Elias dimor� a Napoli all'Albergo Paradiso dal giorno 12 alle primissime ore I del giorno 16 novembre 1968, quando se ne allontan� precipitosamente, ~ ffi lasciandovi i bagagli, perch� aveva avuto sentore delle operazioni della I ~= Guardia di Finanza, e ripar� in Belgio, telefonando da Bruxelles all'al ~\ bergo Paradiso il pomeriggio del giorno 16. Le ricerche effettuate dalla Guardia di Finanza in tutta Italia per rintracciarlo furono infruttuose. La volontaria sottrazione dell'Elias alla esecuzione del mandato di cattura pu� dirsi sicuramente raggiunta per ch� essa si desume dalla condotta dell'Elias, che � fuggito all'estero, in I ... I PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE attuazione di un .proponimento rivolto a rendere vano il comando del l'autorit�, e ci� anche se pu� essere nota la residenza dell'Elias all'estero. Lo Stato di latitanza dell'Elias � documentato dal verbale di vane ricerche compilato dalla Guardia di Finanza. Ai fini del raggiungimento della certezza dello stato di latitanza dell'Elias � del tutto irrilevante l'assenz.a di un'attestazione negativa delle ricerche compiute dall'Interpol. Legittimamente, pertanto, la citazione in grudizio dell'Elias fu ese guita con le forme previste per i latitanti. L'Elias deduce con l'ultimo motivo la violazione degli artt. 173, 522, 372 e 128 c.p.p., in relazione all'art. 524 n. 3 stesso codice, per erronea applicazione della legge :Procesuale penale, per non avere la Corte di merito dichiarato la nullit� della sentenza istruttoria per omesso avviso di. deposito degli atti al difensore di esso Elias. Subito dopo l'emissione del mandato di catt~ra, all'Elias fu nominato un dife~sore di ufficio nella persona dell'avv. Vittorio Botti e tale nomina � viziata di nullit� perch� la nomina del difensore di ufficio per il latitante pu� avvenire solo nel momento in cui si certifica, attraverso il verbale di va:qe ricerche, che il mandato od ordine restrittivo della sua libert� personale sia rimasto senza effetto. Il motivo non ha fondamento. L'Elias non ha mai nominato un difensore di fiducia. In data 19 dicembre 1968 fu emesso mandato di cattura a carico dell'Elias e in data 23 dicembre 1968 il giudice istruttore nomin� all'Elias, ritenuto irreperibile, un difensore di ufficio nella persona dell'avvocato Vittorio Botti. A seguito del verbale di vane ricerche redatto in data 20 marzo 1969 alla Guardia di Finanza, l'Elias fu considerato latitante e le notificazioni nei suoi confronti furono eseguite ai sensi dell'art. 173 c.p.p., cio� me �diante deposito degli atti in cancelleria e avviso del deposito all'avvo cato Botti. In base al disposto dello stesso art. 173, il giudice nomina un difen sore all'imputato che ne sia privo e il momento della nomina del difen sore di ufficio si identifica con quello in cui risulta, tramite il verbale di vane ricerche, la latitanza dell'imputato. Nella specie, pei:altro, il gfu~ice istruttore intese mantenere ferma la nomina gi� fatta in precedenza dell'avv. Botti quale difensore di ufficio dell'Elias e perci� il precetto della legge � stato adempiuto. Il ricorso dell'Elias, pertanto, deve essere rigettato, con la condanna dell'Elias al pagamento delle spese processuali, nonch� al rimborso delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile che si liquidano in com plessive lire centocinquantamila, oltre quelle prenotata a debito. Si stima, poi, condannare l'Elias al �pagamento della somma di lire duecen tomila alla Cassa delle Ammende. 898 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �Saita, Boyd e Nugba deducono con i �primi due motivi del loro ricorso la violazione dell'art. 524 n. 1 e 3 c.p.p., per erronea applicazione della legge processuale penale in relazione all'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Napoli, in quanto l'impugnazione � stata notificata � in ottemperanza e agli effetti dell'art. 173 c.p.p. ., �he regola le notificazioni all'imputato latitante, mentre, per effetto del loro pro~ scioglimento pronunziato con sentenza 4 settembre 1969 del Tribunale di Napoli e della conseguente revoca del mandato di cattura pronunziata con ordinanza 19 settembre 1969 dello stesso Tribunale, era cessato lo stato di latitanza. Deducono, poi, con il terzo motivo uguale violazione della legge processuale penale, in relazione all'appello proposto dal Procuratore Generale della Repubblica di Napoli, per irritualit� della notificazione effettuata i:h data 8 ottobre 1969 nella cancelleria del Tribunale per gli imputati a norma dell'art. 173 c.p.p. e in data 23 dicembre 1968 al difensore a norma dell'art. 170 c.p.p. Gli imputati, in tal guisa, sarebbero sfati ritenuti latitanti per il deposito dell'atfo di appello in cancelleria e irreperibili per l'avviso di deposito al difensore, senza tener conto del provvedimento di revoca del mandato di cattura, del decreto di irreperibilit� che porta la data del 30 settembre 1967, della circostanza che la prima forma di notificazione non poteva pi� considerare latitanti degli imputati che erano stati assolti con formula piena e che la seconda forma di notificazione non poteva fondarsi su un decreto di irreperibilit� emesso senza le nuove necesarie ricerche. La notificazione al difensore sarebbe, inoltre, nulla perch� eseguita � in data 23 dicembre 1969, fuori del termine di 3-0 giorni dalla sua pro posizione e dal deposito in cancelleria. Di conseguenza, la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare !'�inam missibilit� di entrambi gli appelli e confermare la sentenza di primo grado, essendole precluso ogni giudizio in merito ad una sentenza passata in cosa giudicata. L.a censura � fondata, per ragioni in parte diverse da quelle esposte nei motivi di gravame. Ai sensi dell'art. 2:68, comma secondo, c.:p.p. lo stato di latitanza permane, tra l'altro, �fino a che sia pronunziata sentenza di proscioglimento �. Venuto meno, in seguito al proscioglimento, l'estremo della latitanza, quando non risulti dagli atti il preciso indirizzo dell'imputato all'estero, il giudice deve provvedere per le notificazioni, a norma dell'art. 177 bis c.p.p., con il rito previsto dall'art. 170 c.p.p. per gli irreperibili, mediante. emissione del decreto di irreperibilit� e deposito degli atti in cancelleria. Non esiste obbligo di svolgere accertamenti per conoscere il recapito dell'imputato all'estero perch�, come ha pi� volte statuito questa Suprema Corte, il richiamo dell'art. 170, contenuto nell'art. 117 bis, con PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE S99 cerne solo il sistema della notificazione e non anche il presu,pposto per la sua applicabilit�. Ci� premesso, si rileva che gli imputati Saita, Boyd e Nugba sono stati assolti con la sentenza 4 settembre 1949 del Tribunale di Napoli dal delitto di associazione per delinquere perch� il fatto non sussiste e dai delitti di contrabbando e di evasione I.G.E. per non avere commesso il fatto e, per effetto automatico di detto proscioglimento, cess� il loro stato di latitanza. Quanto all'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di. Napoli, esso � stato notificato agli imputati con le forme previste per i latitanti, mediante deposito della dichiarazione di impugnazione nella cancelleria del Tribunale di Napoli in data 11 settembre 1969 e avviso del deposito al difensore in data 19 settembre 1969. Essendo cessato, con la sentenza di proscioglimento, lo stato di latitanza, avrebbe dovuto procedersi alla notificazione con il rito degli irreperibili, .previa emissione del decreto di irreperibilit�. La notificazione eseguita �, pertanto, radicalmente nulla. Ne consegue l'inammissibilit� dell'appello. Circa l'appello proposto dal Procuratore Generale della Repubblica di Napoli, la dichiarazione di impugnazione � stata presentata tempestivamente il 2 ottobre 1969, poich� la durata del termine per il procuratore generale, che intende impugnare un provedimento emesso in udienza da qualsiasi giudice del suo distretto diverso dalla corte di appello, ~ di trenta giorni dalla pronunzia del provvedimento. Legittimo appare poi il sistema degli irreperibili adottato per la notificazione dell'appello. In d�ta 30 settembre 1967 fu emesso decreto di irreperibilit� dei tre imputati e non era necessario, alla stregua dei principi .giuridici enunciati, che esso� fosse preceduto dallo svolgimento di indagini dirette ad accertare l� loro dimora all'estero. La notificazione f. effettuata in data 8 ottobre 1969 col deposito della dichiarazione di impugnazione nella cancelleria del Tribunale di Napoli e in data 23 dicembre 1969 con.avviso del deposito al difensore, ma l'avviso � stato eseguito oltre il termine di trenta giorni dalla proposizione dell'impugnazione, termine prescritto a pena di inammissibilit� dall'art. 199 bis c.p.p. Il principio che la notificazione all'imputato irreperibile non � produttiva di effetti fino a quando dell'atto non sia stato dato avviso al difensore � applicabile anche alla notificazione prevista dal cennato art. 199 bis e perci� la data della notificazione coincide con quella dell'avviso al difensore. Pertanto, anche l'appello del Procuratore Generale della Repubblica di Napoli � inammissibile. Data l'inammissibilit� degli appelli proposti, la sentenza di primo grado � passata in giudizio. Non ha alcuna rilevanza la nullit� assoluta, 900 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO verificatasi nella stessa sentenza a causa della insufficiente indicazione degli im,putati, perch� il passaggio in giudicato della sentenza medesima copre detta nullit�. Di conseguenza, in accoglimento del ricorso proposto dagli imputati Saita, Moyd e Nugba deve annullarsi senza rinvio nei loro confronti la sentenza impugnata e ordinarsi l'esecuzione della sentenza di primo grado. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 11 ottobre 1972, n. 6571 -Pres. Velati -Rel. D'Ottavi -P. M. Lombardi (conf.) -Reggiani. Peculato e malversazione -D.P.R. 22 maggio 1970 n. 283 che concede amnistia per il solo peculato per distrazione -Eccezione di incostituzionalit� -Infondatezza. (c.p., art. 314; d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 5). Reato -Peculato -Possesso per ragioni di uffic~o o servizio -Occasionalit� tra l'ufficio e il possesso -Nozione. I (c.p., art. 314). � manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalitd del I l'art.� 5 lett. e) del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 nella pa1�te in cui tale ~=: articolo concede amnistia per il delitto� di pecula.to solo nel caso che, esclusa l'ipotesi di appropriazione, risulti c�he la det.razione del danaro I =~ o altra cosa mobile sia .stata compiuta per finalit� non estranee a quelle della P. A. in relazione all'art. 3 della Costit111,zione, poich� le due ipotesi di peculato disciplinate daLl'art. 431 c.p. riguardano interr<essi suscettibili di diversa valutazione (1). Per la sussistenza del delitto di peculato� � sufficiente la mera occasionalit� tra il posses�so del danaro e l'eserdzio della funzione o prestazione di servizio mentre questa ricoTre � anche nei frequenti casi di tolle.ranza di prassi che diverga dalla regolarit� forma.le, esclusa soltanto l'ipotesi dell'usurpazione delle funzioni pubbliche (2). (1) La setlltenz�a della Corte Costituzionale richiamata dalla decisione che si annota, � pubblicata in questa Rassegna 1971, p. 1298. In quella sede la Col'tte Costituzionale non ha �esaminato il probJ.ema di cui si interessa la Supi!lema Cor�te di Cassazione ma, esaminando l'analoga questione di amniistiablillit� del. reato di truffa e non di quel1o meno grave di frode in commercio, ha affermato che la scelta del� criterio di discriminazione fra reaiti .amni.stabili e non, non � necessariamente le.gata alla entit� della pena edittale, ma pu� farsi discendere da considerazioni di divel'ISo ordine, come la mag.gior diffusione di aJ.cuni reati in certi momenti e H conseguente PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE ' 901 (Omissis). -Reggiani Alberto, impiegato del Comune di Bondeno, e, come tale, messo del locale Ufficio di conciliazione, riceveva dall'Ufficio del Registro di Ferrara ingiunzioni di pagamento relative all'imposta generale sull'entrata (l.G.E.), da notificare a contribuenti morosi. Avveniva che costoro versassero le somme dovute nelle mani dello stesso Reggiani. Essendo risultato che non sempre questi aveva rimesso all'Ufficio del Registro le somme cos� riscosse, il Proctlratore della Repubblica di Ferrara procedeva contro di lui in ordine al delitto di peculato continuato previsto e punito dagli artt. 314 e 81 c.p. per essersi negli anni 1961 e 1962 appropriato con pi� azioni esecutive del medesimo disegno criminoso delle somme di L. 170.000, 36.300, 45.000 e 30.000 circa, appartenenti alla P. A. e di cui aveva il posses~o per ragioni del suo ufficio di messo di conciliazione. Con sentenza in data 10 luglio 1970, il Tribunale, previa mo-_ difica del titolo del reato in ,quello di appropriazione indebita aggravata ai sensi degli artt. 646' e 61 n. 11 c.p., riconosciuto il concorso delle circostanze attenuanti generiche, che giudicava equivalenti all'aggravante di cui all'art. 61 n. 11 c.p., dichiarava estinto il reato per effetto dell'art. 5 lett. a) del decreto di amnistia 4 giugno 1966, n. 332. A seguito di appello del Procuratore della Repubblica la Co~te d'Appello di Bologna con sentenza in data 25 novembre 1971, in riforma di quella del Tribunale, dichiarava 'il Teggiani colpevole del delitto originariamente ascrittogli in concorso delle circostanze atte nuanti generiche, e lo condannava alla pena di anni due e giorni quin dici di reclusione con le conseguenze di legge; dichiarava condonati un maggdor allarme sociale, tale da �sconsigliare per essi 'l'adozione di un atto di clemenza. Vero � che nella stessa sentenza la Corte Costituzionale aveva espresso una rise:rva, affermando che una irrazionalit� avi:rebbe potuto prospettail'si sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, quando i1a diffevente discipl].i111a II':i.gua1rdiasse reati J.esivi dello stesso bene voluto piroteggere, sicch� sembrerebbe prima facil'e che il diverso tratrtamento usat� dal ilegisLaitore per fil reato di pecuilato� per appropriazione rispetto a quello di peculato per distrazdone non avrebbe dovuto sfuggire alla censura di illegittimit� costituzionale, ma la diversa conclusione cui � giunta la Sup:rema C<>rte di Cassazione appare sicuramente pi� accettabdle, tenuto conto della minor gravit� e de�l minor allarme sociale che il peculato per distrazione comporta e della conseguente possibilit� per il giudice ordinario di avvale:rsi dei poteri di:screzionali per graduare J.a pena nei limiti stabiliti dalfa leg,ge. Ci� tanto pi� che la costante interpretazione giurisprudenziale di una nmma di legge � questione, come � noto, rilevante agU effetti del sindacato di legittimit� costituzionale: l'indirizzo giudsprudenzia�le � invero indulgente in materia di peculato per distrazione, fino ad escluderlo, sia pur fra contrastanti decisioni, nelle ipotesi in cui. la distrazione sia disposta �a favore di istituto rientrante nella pubblica amministrazione con destinazione al pubblico RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 902 anno di reclusione e l'intera multa per effetto del D.P. 4 giugno 1966, n. 332 ed un altro anno di reclusione per effetto del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, il cui difensore preliminarmente insiste nel chiedere, come aveva fatto dinanzi la Corte d'Appello, che sia ritenuta non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalit� dell'art, 5 lett. e), del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283 nella parte in cui detto articolo, dopo aver detto che � concessa amnistia per il delitto di cui all'art. 314 c.p., aggiunge l'inciso � quando, esclusa l'ipotesi di appropriazione, risulti che la detrazione del denaro o altra cosa mobile sia stata compiuta per finalit� non estranee a quelle della P. A. �; conseguentemente rinnova la richiesta che sia ordinata la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ci� perch� -si dice -se il legislatore ha voluto comprendere nell'amnistia generale di cui all'art. 5 il reato di peculato, come era nei suoi poteri sovrani di farlo, l'inciso su riportato viola il .principio di eguaglianza di tutti i cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione, in quanto avendo l'art. 314 c.p., posto sullo stesso piano sia gli autori del peculato mediante appropriazione, sia quelli per distrazione, illegittima � la discriminazione contenuta nell'art. 5 lett. c) del decreto di amnistia. Senonch� �non si pu� dubitare della. manifesta infondatezza della eccezione. Invero l'ipotesi �di peculato per approprizione e l'ipotesi di peculato per distrazione per finalit� non estranee a quelle della P. A. riguardano interessi suscettibili di diversa valutazione, per cui, come � stato ritenuto dalla stessa Corte costituzionale che la scelta del criterio di discriminazione fra reati amnistiabili e reati che non lo sono, interesse (Cass. 6 febbr�ado 1968 in Cass. Pen. Mass. annotato 1969, p. 252 m. 337; 15 maggio 1963 ivi 1963 p. 881 m .1607. Contra, per�, v. Cass. 18 novembre 1969 in Cass. Pen. Mass. annotata 1970 p. 1499 m. 2238; l.9 novembre 1968 ivi 1969 p. 1350 m. 2068; 14 giugno 1969 in questa Rassegna 1969 p. 602, che confermano un indirizzo che sembra prevalere). (2) Con questa sentenza in tema di possesso per ragioni di ufficio o servizio la Cassazione conf.erma que1l'indirizzo che tende a dare una nozione l1ata deili1a rag�one di ufficio, fi.no a comIJ['Emdel'Vi a!llJche H rappOll'to di mera occaisional.iit�, �giustificato dia una toliLeranza o da llll!a prassi, ivi compil"endendovi quindi anche i casi in cui vi .sia un affidamento al pubblico funzionario di mansioni esorbitanti dalle funzioni a lui formal~ nente attri:buite e con esclusione perci� soltanto della ipotesi dl usurpazione di funzione pubblica. V. in questo senso Cass. 26 ottobre 1968 in Cass. Pen. Mass. annotato 1969 p. 1351, m. 2069 con ampia nota di richiami giurisprudenziali e dottrinari. Per la sussistenza del reato di peculato nell'appropriazione commessa dall'esattOll'e delle imposte v. Cass. 1 dicembre 1966 in Cass. Pen. Mass. annotato 1967 p. 952 m. 1479. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE non � necessariamente legata all'entit� della pena edittale prevista, ma pu� farsi discendere da considerazioni d� diverso ordine (sentenza n. 175 d�l 1971), cos� deve ritenersi non irrazionale la scelta operata nella lettera e) dell'art. 5 del d.P.R. n. 283 �del 1970. Se 1poi, come ha ritenuto la giurisprudenza di questo Supremo Collegio,' resta escluso il reato di peculato ogni qualvolta al danno della P. A. faccia riscontro un vantaggio per la stessa (Sez. III, 12 dicembre 1966 rie.� Biani}, da ci� potr� discendere, se mai, la conseguenza che sia stato superfluo elargire il beneficio di clemenza di cui alla ripetuta lett. e) dell'art. 5 del decreto su mentivato, ma non si potr� certo inferire che un volta concessa l'amnistia limitatamente a quel caso, essa debbe essere estesa per ragione di legittimit� costituzionale a casi .di peculato per distrazione in genere, e, quel che � peggio, a casi di peculato per appropriazione. A sostegno del ricorso il patrono dell'imputato adduce due motivi. Con il primo si denunzia la violazione dell'art. 524 n. 1 c.p.p. in relazione agli artt. 314 e 646 c.p. in primo luogo perch� il Reggiani avrebbe avuto soltanto il compito di portare .a conoscenza degli intimati, come un semplice missus, mediante notifica, la ingiunzione per gli omessi versamenti I.G.E., in secondo luogo perch�, a tutto concedere, non sarebbe. stata fatta nel caiso in esame esatta applicazione del principio giusta il quale per la sussistenza del delitto di peculato � sufficiente la .mera occasionalit� tra il possesso del denaro e l'esercizio della funzione o prestazione di servizio, in quanto il Reggiani nella sua veste di messo di conciliazione, ossia di dipendente del Comune, era del tutto estraneo agli ambienti dell'Amministrazione finanziaria. Ma si dimentica: -che a norma del t.u. 14 giugno 1910, n. 639, recante disposizioni di legge relativa alla procedura coattiva per la riscossione di entrate dello Stato e di altri ,enti pubblici, il messo dell'ufficio di conciliazione � autorizzato non solo a notificare le ingiunzioni di pagamento emesse dall'Ufficio del Registro (art. 2), ma anche a procedere a pignoramento dei mobili (art. 5). -che a norma dell'art. 494 c.p.c., l'ufficiale giudiziario, e quindi anche il messo deil'ufficio di conciliazione nel caso suaccennato, � legittimato a ricevere il pagam.ento per conto dell'Ente, creditore nel cui interesse deve eseguire il pignoramento, potendo il debitore evitare l'esecuzione coattiva �con il deposito nelle mani di detto pubblico ufficiale di una somma di denaro eguale all'importo del credito per cui si procede. Comunque, � del tutto arbitrario restringere, come si vorrebbe, il concetto di occasionalit�, giacch� � costante giurisprudenza di questa Suprema Corte che il peculato ricorre anche quando, esclusa l'ipotesi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 904 della usurpazione delle funzioni pubbliche, si versi in una dei frequenti casi di tolleranza di prassi che diverga dalla regolarit� formale deUe disposizioni sulla esazione delle pubbliche entrate, sia o non sia l'autore del reato dipendente del particolare settore della P. A. che viene a risentire offesa. Con il secondo motivo si denunzia la mancanza di motivazione nella sentenza impugnata sotto duplice profilo. Innanzi tutto, per avere la Corte di merito omesso l'indagine sulla sussistenza dei fatti, nonostante che il Tribunale avesse sollevato dei d�bbi, rilevando che molti contribuenti avevano di�hiarato lealmente di non aver pagato il tributo, e nonostante che di quelli che avevano dichiarato di averlo pagato il tributo al Reggiani non tutti fossero riusciti a dare la prova. Senonch� � da osservare innanzi tutto, che nella formulazione del capo di imputazione ascritto al Reggiani non si teneva conto di quegli episodi per i quali gi� le pri:rp.e indagini di polizia gudizaria avevano escluso che l'mputato si fosse appropTiato delle somme. Gli altri quattro episodi che diedero luogo alla compilazione della rubrica, sono stati singolarmente esaminati nella sua sentenza dalla Corte di merito, che ha esposto le ragioni per cui, nel suo libero convincimento, li ha ritenuti sussistenti. Cosicch� la nullit� ai sensi dell'art. 475 n. 3 c.p.p. non ha ragione di essere dedotta.. Sotto altro profilo si censura la sentenza di appello, pevch� -si dice -ammesso che si debba ritenere sussistente l'episodio dell'omesso versamento all'Ufficio del Registro. da parte del Reggiani di somma che egli aveva riscosso dal Cral,. avrebbero dovuti applicarsi le circostanze attenuanti previste dagli artt. 62 n. 4 e n. 6 p.p., essendo stato dall'imputato risardto il danno, che, comunque, era di particolare tenuit�.� Ma una tale censura � inammissibile in questa sede, di controllo di legittimit�, dato che dai relativi verbali non risulta che dinanzi ai giudici di merito siano state neppure chieste le accennate attenuanti. -(Omissis). PAR TE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 215 ~art. 29 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 24 aprile 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. codice civile, ort. 244 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 28 marzo 1972; G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. codice civile, art. 284, n. 2 (artt. 3 e 30 della Costituzione). Corte d'Appello di Bo~ogna, ordinanza 19 aprile 197~, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. codice civile, art. 539 (artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Messina, ordinanza 9 maggio 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. codice civile, artt. 1105, quarto comma, 1129, primo comma (artt. 3 fil 24 della Costituzione). Tribunale di Verbania, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. codice di procedura civile, art. 247 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma della Costituzione). Tribunale di Bari, ordinanza 15 maggio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. � codice di procedura civile, artt. 737 e seguenti (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Verbania, ordinanza 9 marzo 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. � codice penale, art. 162, primo comma (art..3 della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. 138 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 165 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Gorizia, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. codice penale, art. 216 (artt. 38, secondo comma, 3, primo �e secondo comma della Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribunale di Firenze, ordinanza 2 agosto 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. codice penale, art. 341 (artt. 1, 3 e 4, secondo comma della Costituzione). Pretore di Lungro, ordinanza 29 maggio 1972, G. U. 6 settembre 1972, n; 233. codice penale, art. 542, 1� cpv: (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siracusa, ordinanza 6 giugno 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. codice penale, art. 636, urtimo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di S. Angelo dei Lombardi, ordinanza 16 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. codice penale, art. 670 (art. 2 della Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 16 marzo 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. codice di procedura penale, disp. att., art. 64, primo comma (artt. 2, 3, 4,, 25, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 27 settembre� 1972, n. 254. codice di proced�ra penale, art. 177~his, secondo comma (artt. 24, 3 e 10 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 10 luglio 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. codice di .procedura penale, art. 185 (art. 24 della Costituzione). Corte di cassazione, sesta sezione �penale, ordinanza 3 marzo 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. c�od�ice di procedura penale, art. 304-his (art. 24, cap. della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 16 maggio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 356 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. codice di procedura penale, art. 369 (artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanze 6 aprile 1972 (due), G. U. 13 settembre 1972, n. 240. cod�ice di procedura penale, artt. 378, 479, 604 e 606 (artt. 2, 3, 4, 25, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 11 luglio 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. codice di procedura penale, art. 453, terzo comma (art. .3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 13 settembre 1972; n. 240. codice di procedura penale, art. 462, n. 3 (art. 24, cap., �della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 16 maggio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. codice di procedura penale, artt. 462, primo comma, n. 3, e 463, primo comma (art. 24, secondo comma della Costituzione). ' Tribunale di Sanremo, ordinanza 19 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n .. 279. codice di procedura penale, art. 465, sec�ondo comma (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. l codice della navigazione, art. H 64 (artt. 25 e 70 della Costituzione). Pretore di Viareggio, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. codice penale militare di .pace, art. ~48, terzo comma (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale militare. di Cagliari, ordinanza 23 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. contratto collettivo nazionale di. lavoro 28 febbraio 1941, art. 88 (art. 36 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 17 aprile 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. 140 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.I. 9 luglio 1926, n. 1331 (artt. 13 e 18 della Costituzione). Tribunale di Ascoli Piceno, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 30, 31, 32 e 33 (art. 24 della Costituzione). � Tribunale di Pistoia, ordinanza 25 febbraio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. legge 7 gennaio 1929, 'n. 4, artt. 56, �secondo comma, e 58, primo comma (art. 113, primo e secondo ,comma, della Costituzione). Pretore di Recanati, ordinanza 31 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. r.d. 18 giuC<lno 1931, n. 773, art. 113, quinto comma (artt. 3 e 21 della Corte Costituzionale). Pretore di Modena, ordinanza 19 maggio .1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. ' r.d. 18 giugno "931, n. 773, art. 152 (artt. 3 primo comma, 16, primo comma, 102, primo comm~, 24, secondo comma, e 25, terzo comma, della Costituzione). � Pretore di Siracusa, ordinanza 24 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. r.d. 14 'settembre 1931, n. 1175, art. 285, primo comma (art. 113 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 6 luglio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. r.d. 30 ottobre 1933, n. 16ll, art. 44 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Ronciglione, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Tricase, ordinanza 17 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. r.d. 27 febbraio 1936, n. 635, artt. 1, 156 e t.78 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore, di Bologna, ordinanza 6 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 110, lettera c (artt. 3 e 27, secondo capoverso della Costituzione). Tribunale di Sondrio, ordinanza 7 aprile 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 120, 1� cpv. (art. 27 della Costituzione). Tribunale di Crotone; ordinanza 21 luglio 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 101, secondo comma (artt. 105 e 107, primo comma, dell� Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 217, secondo comma (artt. 76 e 77 della Costituzione). Pretore di Castelbaronia, ordinanza 26 aprile 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge 13 giugno 1942, n. 749, artt. 28 e 29 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunale di Velletri, ordinanza 15 marzo 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 2:>4. d.lg. 3 maggio 1945, n. 232, art. 2, primo comma (artt. 105 e 107. primo comma, della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ol'dinanze 10 e� 22 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. d.lg. 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, u.c. (art. 36 della Cositituzione). Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 22 febbraio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. legge 8 febbraio 1948, n. 47, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 20 giugno 1972, n. 233. legge 5 marzo 1951, n. 190, art. 1 (art. 105 e 107, primo comma, della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. legge 4 marzo 1952, n. 196, artt. 1 e 3 (artt. 21 e 43 della Costituzione). Pretore di Fidenza, ordinanza 27 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge 4 agosto 1955, n. 692 (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanze 10-15 maggio 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. 142 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 21 dicembre 1971, G:U. 6 settembre 1972, n. 233. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243 (art. 76 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, sezione distaccata di Salerno, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. d.P.R. 29 genna,io 1958, n. 645, art. 243, secondo comma (art. 76 della Costituzione). Corte di appello di Napoli, ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. legge 20 febbrai�o 1958, n. 75, art. 3, n. 5 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Napoli, .ordinanza 10 aprile 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, art. 63, secondo comma (artt. 105 e 107, primo comma della Costituzione). Pretore di Pergine Valsugana, ordinanze 10 e 22 giugno 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233 e 27 settembre 1972, n. 254. d.P.R. � S giugno 1959, n 393, art. 83, sesto comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 14 giugno 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 102 u.p. (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Larino, ordinanza 5 luglio 1972, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. d.P.R. 25' settembre 1960, n. 1433, art. 1, secondo comma (artt. 3, primo comma, 25, secondo .comma, e 101, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Orvieto, ordinanza 23 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, nella parte in cui rende efficace erga omnes l'art. 14, sesto comma, del contratto collettivo 10 giugno 1952 (art. 76 della Costituzione). Corte di appello di Firenze, ordinanza 28 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. -~ PARTE Il, LEGISLAZIONE legge 5 aprile 196J, n. 322, articolo unico, primo comma (artt. 3, 24 secondo comma, 27 terzo comma, 53 primo comma, 97 primo comma a 98 primo. comma, della Costituzione). Pretore di Cingoli, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 5 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 2 maggio 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. legge 4 aprile 1964, n. 171, art. 7 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pontremoli, ordinanza 19 maggio 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 77, primo comma (artt. 3, 24 secondo comma, 27, terzo comma, 53 primo comma, 97 primo comma e 98 primo comma, della Costituzione). Pretore di Cingoli, ordinanza 3 maggio 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. d.P.R. 5 giugn�o 1965, n. 749, art. 25 secondo e terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 17 marzo 1972, G. U. 6 settembre 1972, rL 233. d.P.R. 4 giugno 1966, n. 332, art. 9, n. 2 lettera a (artt. 3, primo comma e 27 secondo comma della Costituzione). Corte di appello di Bari, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. legge 15 luglio 1966, n. 604 art. 11 (art. 3 della Costituzione). Pret.ore di Montagnana, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. legge 24 febbraio 1967, n. 62, art. 12, quarto comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 17 marzo 1972, G. U. 6 settembi'� 1972, n. 233. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). Corte d'appello di Potenza, ordinanza 21 dicembre 1971, G. U. 6 settembre 1972, n. 233. d.P.R. 30 aprile 1969, n. 639, art. 33 (art. 87 della Costituzione). Tribunale di Trapani, ordinanza 30 dicembre 1971, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. 144 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 novembre 1969, n.� 833, art. 1, secondo comma (art. 24 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 4 maggio 1972, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Lodi, ordinanza 5 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 46 (art. 24 della Costituzione). Tribunale di Trapani, ordinanza 30 dicembre 1971, G. U. 13 settembre 1972, n. 240. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35 primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Montagnano, ordinanza 27 maggio 1972, G. U. 27 settembre 1972, n. 254. d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 4 n. 2 (artt. 3, primo �comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Corte di appello di Bari, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247.� d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, art. 4, n. 2 lettera al (artt. 3, iprimo comma e 27, secondo comma, deUa Costituzione). Corte di appello di Bari, ordinanza 19 aprile 1972, G. U. 13 settembre 1972; n. 240. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 32 (art. 3, 41, 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanze 27 aprile 1972 (due), G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge 1� dicembre 19ro. n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 8 giug~o 1972, G. U. 25 pttobre 1972, n. 279. legge 18 dicembre 1970, n. 1035, articolo. unico (art. 3, 41, 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanze 27 aprile 1972 (due), G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 3 (art. 31 41 e 42 della Costituzione). Corte di appello di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1971, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. \ PARTE II, LEGISLAZIONE 145 leijge n febbraio 1971, n. 11, art. 3 primo e secondo comma (artt. 3, 42, secondo e terzo comma, e art. 43 della Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 20 giugno 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. leijge 1� CJiugno 1971, n. 425 (art. 41 della Costituzione). Pretore di Forll, ordinanza 26 .giugn,o 1972, G. U. 6 settembre 1'972, n. 233. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13 (art. 113, secondo comma, della Costituzione). Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 18 aprile 1972, G. U. 27 1settembre 1972, n. 254. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 13, quarto comma (artt. 113, 24 e 103 della Costituzione). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ovdinanza 15 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. I legge reg. sic.mana 31 marzo 1972, n. 19, art. 9, nono comma (artt. 113, 24 e 103 della Costituzione e artt. 14 e 17 dello Statuto della Regione siciliana). Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, ordinanza 15 giugno 1972, G. U. 25 ottobre 1972, n. 279. legge reg. Puglia 22 aprile 1972, riappr. 21 luglio 1972. Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso depositato il 19 agos~o 1972, G. U. 20 settembre 1972, n. 247. INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acquisite alla biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato D'ANGELO P. -MAZZANTINI M., Trattato di Tecnica Bancaria vol I Vallardi Milano, 1972, X ediz. ' � ' ' LEONE Giovanni, Manuale di Diritto Processuale Penale Jovene Napoli, 1971, VIII ediz. ' ' ANNUNZIATA Michele, La legge sulla riforma della Casa Jovene Napoli, 1972. ' ' BONACCORSI P. -LANZARO S., La legge per la Casa G. Pastena Ed. Roma 1972. ' ' ' CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA Accademie Belle Arti -Coservatori Musica -Accademia Nazionale Arte Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (legge 2 marzo 1963, n. 262; legge 9 aprile 1962, n. 163). S�e alle Accademie di Belle Arti, ai Conservatori di Musica, all'Acca demia Nazionale di Arte Drammatica ed all'Accademia Nazionale di Danza spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 356). Se agli Istituti ed alle Scuole d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 356). Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura dello Stato (artt. 102 e107 r.d. 30 ap1�ile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno 1940, n. 779). Se alla Casse scolastiche erette in enti morali spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 357). ASSICURAZIONE Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato ecc. -Limitazioni al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 e 21 legge 24 dicembre 1969, n. 390). Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21 legge 24 dicembre 1969, n. 990, rper i danni prodotti da veicoli o natante non identificato, non assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, possano estendersi in via analogica al risarc'imento di danni di cui non sia tenuto a rispondere in Fondo di garanzia per le vittime della strada ovvero di danni prodotti da sinistri ferroviari (n. 84). COMMERCIO Commercio -Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzioni -Conciliazione amministrativa (artt. 9 e 14 l. 30 settembre 1920, n.1349; artt. 38 e 39 l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 126 c.p.). Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione all'obbligo di indicare i prezzi delle merci esposte per la vendita, infrazione prevista....dall'art. 38 I. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo art. 39 (n. 28). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DAZI DOGANALI Spedizioniere doganale -Rilascio patente ex d.P.R. 18 febbraio 1.971, n. 18 Spedizioniere non ancora accreditato -Estensibilit� (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 art: 125). � � Se la patente a validit� illimitata da rilasciarsi a norma dell'art. 125 d.P.R. 18 :febbraio 1971, n. 18 agli spedizionieri doganali gi� accreditati alla data del 30 giugno 19711, possa essere conferita a spedizionieri che abbiano gi� presentato a tale data la richiesta di accveditamento senza peraltro aver ancora ottenuto il relativo provvedimento (n. 63). DEMANIO �Concessione di servizio di bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione dei canoni -Competenza. Se i canoni relativi alla concessione del servizio bar-ristorante in una :stazione ferroviaria debbano essere percepiti dalla Amministrazione dei Tra: sporti o dalla Amministrazione delle Finanze (n. 248). 'Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili dello Stato siti in comprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, n. 215). � Se sono dovuti �da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla �spesa di esecuzione, manutenzione �ed esercizio delle opere di bonifica e i �contributi �consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet� dello Stato siti in comprensori di bonifica (n. 249). -Oggetti di interesse storico, qrcheologico ed artistico -Rinvenimento fortuito -Diritto al premio -Prescrizione -(art. 49, 2� e 3� comma l. :1 giugno 1939, n. 1089; art. 2946 cod. civ.). Se il diritto alla �Corresponsione dei premi per il rinvenimento fortuito di oggetti d'interesse storico, archeologico ed artistico si prescriva nell'ordinario termine decennale (n. 250). Servit�. militari -Indennizzo -ius superveniens -(art. 1 l. 8 marzo 1960 n. 130). Se, in virt� della legge 8 marzo 1968, n. 180, l'indennizzo annuo .previsto dall'art. 1 sia dovuto; per quanto riguarda le servit� militari a carat �tere espropriativo imposta in data anteriore all'entrata in vigore della legge medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, ovvero anche per il periodo precedente (n. 251). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Espropriazione per piibblica utilit� -Occupazione d'urgenza -Aree edificaqili -Gescal -Procedimento -Successione di leggi -(l. 18 aprile 1962, n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Questione varie in mat~ria di $UCcessione di leggi che disciplinano' l'occupazione d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili in favore della Gescal (n. 237). PARTE II, CONSULTAZIONI ESECUZIONE FISCALE Esecuzione ex T. U. 14 aprile 1910, n. 639 -Diserzione incanto -Vendita a trattativa privata -Ammissibilitd -(T.U. 14 aprile 1910 n. 639, art. 11; R.D. 15 settembre 1923 n. 2090, art. 64; T. U. 29 gennaio 1958 :n: 645, art. 227). Se, nel caso in cui, nel corso di una procedura esecutiva mobiliare promossa ai sensi del T.U. 14 aprile 1910 n. 639, anche il secondo incanto fissato per la vendita dei mobili vada deserto, possa applicarsi analogica mente il disposto dell'art. 64 R.D. 15 settembre 1923, n. 2090 (oggi art. 227 T.U. n. 645/1958 1SllJLle imposte diiriette) seooindo cui i beini dnvenduti va!l1[lo consegnati al Sindaco perch� alla vendita a trattativa privata senza limitazione di prezzo (n. 85). FERROVIE Concessione di servizio di bar-ristorante in stazione ferroviaria -Percezione dei canoni -Competenza. S'e i canoni relativi alla concessione del servizio bar-ristorante in una stazione ferroviaria debbano essere percepiti dall'Amministrazione dei Trasporti o dall'Amministrazione delle Finanze (n. 420). Danni prodotti da veicolo non identificato, non assicurato ecc. -Limitazioni al risarcimento -Danni da sinistri ferroviari -Analogia (artt. 19 e 2._1 l. 24 dicembre 1969, n. 390). Se le limitazioni al risarcimento, stabilite nell'art. 21 1. 24 dicembre 1969, n. 990, per i danni prodotti da veicolo o natante non identificato, non assicurato o assicurato presso impresa in stato di liquidazione coatta, possano estendersi in via analoga al risarcimento di danni di cui non sia tenuto a rispondere in Fondo di garanzia per le vittime della strada ovvero di danni prodotti da sinistri ferroviari (n. 421). IMPIEGO PUBBLICO Dipendente �militare -Invaliditd imputabile .alla Amministrazione -Equo indennizzo ex l. 23 dicembre 1970, n. 1094 -Risarcimento danni -Cumulabilitd (l. 23 dicembre� 1970, n. 1094; t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 68). Se, nel caso di im.viailidirt� subita da un irnilitan:e im. 1setrvizio per :liatto iirnputabile all'Amministrazione, la concessione dell'equo indennizzo di cui alla 1. 23 dicembre 1970, n. 1094 escluda il diritto anche al risarcimento del danno (n. 737). Indennit� di buonuscita -Riscatto servizi utili -Domanda -Termine -Cessazione dal servizio -Interdizione legale del dipendente (l. 6 dicembre 1965, n. 1368; art. 32, terzo comma, c.p.; art. 587c.p.p.; art. 2942 cod. civ.). Se si!a a.mmtssibiLe J.a domanda di rioonosciimento dei 1servizi uttl:i ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita proposta dopo la cessazione dal servizio (n. 739). RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO Se sia ammissibile la domanda di riconoscimento dei servizi utili ai fini della liquidazione dell'indennit� d buonuscita proposta dopo la cessazione dal servizio da parte di dipendente pubblico che, prima ed all'atto della destituzione dall'impiego, versava in stato di interdizione legale a seguito di condanna penale (n. 739). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Spedizioniere doganale -Rilascio patente ex d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 Spedizioniere non ancora accreditato -Estensibilit� (d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18, art. 125). Se la patente a validit� illimitata da rilasciarsi a norma dell'art. 125 d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 agli spedizionieri doganali gi� accreditati alla data del 30 giugno 1971, possa essere conferita a spedizionieri che abbiano gi� presentato a tale dafa la richiesta di accveditamento senza peraltro aver ancora ottenuto il relativo provvedimento (n. 66). IMPOSTA CONCESSIONI GOVERNATIVE Tassa concessione governativa -Licenze autorizzazioni e concessioni autotrasporto merci -Ius superveniens -Tassa annuale -Diritto transitorio (t.u. 1 marzo 1961, n. 121, tab. A n. 124; art. 14, terzo comma l. 18 marzo 1968, n. 413). Se la tassa di concessione governativa su licenze, autorizzazioni e concessioni di servizi autotraspocto merci, di cui al n. 124 della tabella all. A al t.ru. 1 marzo 1961, n. 1'21 skcome modificato daill'art. 14 il. 18 marzo 1968, n. 413 -entrata in vigol'e il 2 maggio 1968 --,. sia dovuta anche sulle licenze per autotrasporto merci rilasciate tra il 1 gennaio e il 2 maggio 1968 (n. 2). IMPOSTA DI CONSUMO Tributi locali -Imposta di consumo -Quota partecipazione tassa circola-. zione autoveicoli -Delegazioni a garanzia ex l. 22 dicembre 1969, n. 964 -Limiti precedenti -Applicabilit� (l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15; t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; l. 18 dicembre 1959, n. 1079). Se le delegazioni di tributi locali, fatte da Comuni e Province ai sensi dell'art. 15 1. 22 dicembre 1969, n. 964 a garanzia dei finanziamenti delle opere pubbliche di loro competenza, siano sottoposte, quando concernano tributi la cui delegabilit� era gi� pr�evista da pr.ecedente legislazione (imposta di consumo e quota di partec1pazione .alle. tasse di circolazione sugli autoveicoli) ai111e (lOillJdizioni e lliimiti fissati da tailie legLslazione (rj,spettivamente art. 94 t.u. 14 settembr�e 1931, n. 1175 sulla finanza locale modificato dall'art. 11 1. 18 dicembre 1959, n. 1079; e articolo unico 1. 21 marzo 1958, n. 336) (n. 23). PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOSTA DI SUCCESSIONE .Imposta di successione -Danni di guerra -Perditia di nave -Indennizzo Morte del titolare -Tassabilit� (l. 26 ottobre 1940, n. 1543; l. 27 dicembre 1953, n. 968; l. 29 settembre 1967, n. 655). Se sia dovuta l'imposta di su�cessione su di un credito di indennizzo per danno di guerra relativo all� perdita di una nave, nel caso in cui il proprietario del bene ,sia morto ine:l 1953, prima defila 1iJquidazione deil!l'indennizzo (n. 74). IMPOSTE DIRETTE Matrimonio -Scioglimento� -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, quarto comma, l. 1 dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c., t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Se l'assegno di mantenimento dovuto a seguito di sentenza di scioglimento del matrimonio costituisca reddito tassabile ai fini delle imposte di ricchezza mobile e complementare sul reddito (n. 8). IMPOSTE E TASSE Matrimonio -Scioglimento -Assegno di mantenimento -Imposta R.M. Imposta complementare sul reddito -Tassabilit� (art. 5, quarto comma, l. 1 dicembre 1970, n. 898; artt. 85, 91 e 138, u.c., t.u. 29 gennaio 1958, n. 645). Se l'assegno di manteniment~ dovuto a seguito di sentenza di scioglimento del matrimonio costituisca reddito� tassabile ai fini delle imposte di ricchezza mobile e complementare sul reddito '(n. 561). Tassa coni;:essione governativa -Licenza autorizzazioni e concessioni autotrasporto merci -Iius swpervendens -Tassa annuale -Diritto transitorio (t.u. 1 marzo 1961, n. 121, tab. A n. 124; art. 14, terzo comma, l .. 18 marzo 1968, n. 413). Se la tassa di cc;mcessione governativa su licenze, autorizzazioni e con- cessioni di servizi autotrasporto merci, di cui al n. 124 della tabella all. A al t.u. 1 marzo 1961, n. 121 siccome modificato dall'art. 14 1. 18 marzo. 1968, n. 413 -entrata in vigore il 2 maggio 1968 -sia dovuta anche sulle licenze per autotrasporto merci rilasciate tra il 1 gennaio e il 2 maggio 1968 (n. 562). IMPOSTE VARIE -Contributi per le opere di bonifica e contributi consortili ordinari -Immobili dello Stato siti in cgmprensori di bonifica (r.d. 13 luglio 1933, n. 215). Se sono dovuti da parte dell'Amministrazione i contributi relativi alla spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e i -contributi consortili ordinari, in relazione a fabbricati di propriet�� dello Stato siti in comprensori di bonifica (n. 64). 154 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ISTRUZIONE ,Accademia Belle Arti � Conservatori Musica -Accademia Nazionale Arte Drammatica -Accademia Nazionale Danza -Istituti e Scuole d'Arte Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura Stato (l. 2 marzo1963, n. 262; l. 9 aprile 1962, n. 163). Se alil.'Accaidemia di BelJlie .Arti, ai Conservatori di Muskia, all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica ed all'Accademia Nazionale di Danza spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 24). Se agli Istituti ed alle S:cu'ale d'Arte spetti il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 24). Casse scolastiche -Rappresentanza ed assistenza in giudizio -Avvocatura dello Stato (artt. 102 e 107 r.d.. 30 aprile 1924, n. 965; r.d. 8 giugno� 1940, n. 779). Se alle Casse scolastiche ,erette in enti morali spetti il patrocinio della. Avv�catura dello Stato (n. 25). MATRIMONIO Pensione -Assegno di mantenimento in base a separazione consensuale dei coniugi -Trattenuta -Successivo annullamento del matrimonio -Effetti. Se qualora il matrimonio sia stato annullato con sentenza passata in giudicato, debba cessare la trattenuta operata sulla pensione del marito, gi� disposta in base ai patti di separazione consensuale al fine di corrispondere l'assegno di mantenimento alla moglie ed alla figlia minore (n. 25). MILITARI Combattenti -Aumenti 'periodici di stipendio -Applicazione -Misura (articolo 3, u.c., l. 9 ottobre 1971, n. 824;. artt. 1 e 2 l. 24 maggio 1970, n. 366). Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti pubblici ex combattenti od assimiliati dall'art. 3 u.c. I. 9 ottobre 1971, n. 824, siano comunque dovuti anche in aggiunta a quelli previs,ti e consentiti dai singoli ordinamenti e contratti collettivi (n. 25). Se gli aumenti periodici di stipendio previsti in favore dei dipendenti pubblici ex combattenti od assimilati dall'art. 3 u.c. I. 9 ottobre 1971, n. 824 vadano attribuiti in misura uniforme ed obiettiva, cio� pari a quella degli aumenti dovuti per altra causa, ovvero possano essere attribuiti in mi~ di~~~~. ' Servit� militari -Indennizzo -Ius superveniens (art. 1 l. 8 marzo 1960, n. 130). � Se, in virt� della I. 8 marzo 1968, n. 180, l'indennizzo annuo previsto dall'art. 1 sia dovuto; per quanto riguarda le servit� militari a carattere f. I espropriativo imposta in data anteriore all'entrata in vigore della legge ~ medesima, soltanto con decorrenza dalla suddetta entrata in vigore, ovvero, anche per il periodo precedente (n. 26). I I PARTE II, CONSULTAZIONI 155 OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Vendita -Errore sul valore del bene trasferito -Annullabilitd (art. 1429 e.e.). Se l'errore del venditore sul valore del bene venduto possa costituire causa di annullamento della compravendita per errore (n. 54). OCCUPAZIONE Espropriazione per pubbLica utilitd -Occupazione d'urgenza -Aree edificabili -Gescal -Procedimento -Successione di legge (l. 18 aprile 1962, n. 167; l. 14 febbraio 1963, n. 60; l. 22 ottobre 1971, n. 865). Questioni varie in materia di successione di leggi che disciplinano l'occupazione d'urgenza e la conseguente espropriazione di aree edificabili in :favore della Gescal (n. 7). �OPERE PUBBLICHE Appalto opera pubblica -Revisione prezzi -Costo della mano d'apera Aumento -Contrattazione aziendale -Rilevanza -Clausola -Legittimitd (d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501; l. 17 febbraio 1968, n. 93; l. 19 febbraio 1970, n. 76). Se, neiLl'appailto di opera, possa concOil.'r'ere ad iaUlffientaire i cosrti dell'opera medesima -ai fini della revisione dei prezzi -l'onere derivante ;all'appaltatore da accordi aziendali che, in deroga ai contratti collettivi, fissano maggiori liv�elli retributivi per i dip�endenti dell'appaltatore (n. 99). Se in un contratto d'appalto d'opera pubblica possa pattuirsi una clau. sola di revisione prezzi che tenga conto delle variazioni del costo della mano d'opera dipendenti da accordi aziendali in forza dei quali, derogando dai >Contratti collettivi, vengano fissati maggiori livelli retributivi per i dipendenti dell'appaltatore (n. 99). Costruzione di opere pubbliche -Aree non demaniali -Licenza edilizia - Necessitd (l. 17 agosto 1942, n. 1150 artt. 29 e 32; l. 6 agosto 1967 n. 765, art. 10). Se 1'Amministrazione debba munirsi della licenza edilizia o almeno sentire il Comune interessato per l'esecuzione di opere su beni patrimoniali dello Stato e su beni privati, ai sensi della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, dopo le modifiche apportate dall'art. 10 della 1. 6 agosto 1967, n. 765 alla legge predetta (n. 100). :PENA Commercio -'Merci esposte per la vendita -Obbligo di indicare i prezzi Sanzione -Conciliazione amministrativa (art. 9 e 14 l. 30 settembre 1920, n. 1349; artt. 38 e 39 l. 11 giugno 1971, n. 426; art. 126 c.p.). Se sia ammissibile la conciliazione in via amministrativa dell'infrazione all'obbligo di indicare i prezzi delle merci esposte per la vendita, infrazione prevista dall'art. 38 1. 11 giugno 1971, n. 426 e punita dal successivo arti ocolo 39 (n. 22).