NO XX -N. 5 SETTEMBRE -OTTOBRE 1968 


RASSEGNA 


>ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

l 9 6 8 


ABBONAMENTI 

ANNO L. 7.500 
UN NUMERO SEPARATO � . . � . . . . . . � . . . . .. . � 1.300 


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LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
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Stampato in Italia ' Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


('8121'1223) 1Roma, 1968 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 


INDICE 


Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISP1RUDENZA COSTITUZIONA.LE E INTERNA


ZIONALE pag. 661 
Sezione seconda: GIURl5PRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURIS0.1ZIONE 
)) 721 
Sezione terza: GIURISPiRUDENZA CIVILE . )) 731 

Sezione quarta: 
GIURISP.RUDENZA AMMINISTRATIVA )) 761 

Sezione qui.nta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA )) 774 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PU<BBUCHE, 
A:PiPALTI E FORNITUR.E )) 842 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA PENALE )) 852 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

QUESTIONI pag. 173 
RASSEGNA DI DOTTRINA )) 181 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE )) 183 
CONSULTAZIONI )) 206 
NOTIZIARIO )) 220 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagli avvocati: 

Michele Savarese, Benedetto Baccari, Pietro De Francisci, Ugo Gargiulo, Leonida 
Correale, Franco Carus�i, Antonino Terranova 

Le rassegne di dottrina e legislazione dagli avvocati: 
Luig�i Mazzella e Arturo Marza.no 



ARTICOLI, NOTE. OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

BAFILE C., L'efficacia deHe indicazioni urbanistiche suH'indennit� 
di espropriazione . . . . . . . . . . . . . . . . II, 173 

FRENI A., Disciplina dei licenziamenti individuali e rapporti 
di impiego dei dipendenti da enti pubblici . . . . . . . I, 756 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA i

1 

!\PPALTO 

-Appalto di opere .pubbliche -Appalti 
stipulati dalla Cassa per il 
Mezzogiorno o suoi concessionari 
-Assimilazione a quelli stipulati 
dallo Stato ai fini dell'applicabilit� 
ai medesimi delle norme regolamentari 
del Capitolato generale 
oo,pp. statale -Sussiste Capitolato 
generale oo.pp. dello 
Stato -Natura di regolamento 
esterno -Sussiste -Valore suppletivo 
del Capitolato generale 
della Cassa per il Mezzogiorno Esclusione 
-Validit� nell'ambito 
delle regole del Capitolato generale 
oo.pp. statale aventi carattere 
dispositivo -Sussiste -Derogabilit� 
delle norme del Capitolato 
generale oo.pp. dello Stato 
relative all'arbitrato -Esclusione 
-Fattispecie, 842. 

-Appalto di opere pubbliche Capitolato 
generale d'appalto 
per le opere di competenza del 
Ministero LL.PP. -Efficacia imperativa 
esterna delle sue norme 
non solo per le opere statali ma 
anche per le opere di competenza 
di enti pubblici diversi dallo Stato, 
allorch� il Capitolato Generale 
statale sia richiamato per 
legge -Sussiste, 842. 

-Appalto d'opere pubbliche -Capitolato 
generale oo.pp. -Azioni 
dell'appaltatore a tutela delle sue 
pretese -Presupposto per il loro 
esperiimento -Esaurimento del 
previo :procedimento amministrativo 
relativo all'esame delle pretese 
dell'appaltatore e al collaudo 
dell'opera -Mancanza -Conseguenze 
-Improponibilit� della 
azione -Eccezioni, 848. 

� 
V. anche Imposta di registro, Obbligazioni 
e contratti. 

TTO AMMINISTRATIVO 

� Nullit� -Presupposti -Annullamento 
-Divieto per il giudice ordinario, 
751. 

I 
I 
-~ 

BELLEZZE NATURALI 

-Violazione delle norme relative 
alla protezione -Indennit� -Procedimento 
peritale di determinazione 
-Illegittimit� costituzio


I 

nale -Esclusione, 688. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Danni di guerra -Indennizzo a 
favore dei proprietari di navi requisite 
o noleggiate dallo Stato Interesse 
legittimo -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato, 722. 

-Enti pubblici -Legge 15 luglio 
1966, n. 604 sulla giusta causa nei 
licenziamenti individuali -Controversie 
-Competenza del Pretore 
-Non sussiste, con nota di 
FRENI, 756. 

-Farmacia -Situazione soggettiva 
del concessionario -Poteri della 

P. A. -Limiti ed effetti, 725. 
-Impiego pubblico -Giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato Estensione 
e limiti, 721. � 

-Impiego pubblico -Pensione e 
quiescenza -Riconoscimento di 
servizi -Iscritti alla Cassa Dipendenti 
Enti locali -Giurisdizione 
della Corte dei Conti, 773. 

-Impugnazioni .. civili -Ricorso in 
Cassazione avverso le decisioni 
del Consiglio di Stato -Termini 
-Decorrenza, 722. 

-Sentenza che abbia pronunziato 
sulla competenza e sul merito 
della causa -Regolamento necessario 
di competenza -Limiti, 

744. 
-Universit� -Ente nubblico non 
economico -Rapporto di impiego 
-Controversie -Giurisdizione 
del giudice amministrativo, con 
nota di A. FRENI, 756. 

-V. anche Atto Amministrativo. 


VI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COMUNIONE E CONDOMINIO 

-Concessione � ad aedif�candum � 
tra condomini -Trasformazione 
e non acquisto di diritto reale, 

789. 
CONTRATTI AGRARI 

-Legge regionale siciliana -Questione 
infondata di costituzionalit�, 
684. 

-Legge regionale siciliana -Ripartizione 
dei prodotti -Questione 
infondata di costituzionalit�, 

684. 
-Legge regionale siciliana 16 marzo 
1964, n. 4 -Questione infondata 
di costituzionalit�, 684. 

-Legge regionale siciliana 3 giu,
gno 1966, n. 13 -Questione infondata 
di costituzionalit�, 684. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Leggi abrogate -Questione di 
costituzionalit� -Proponibilit� Pronunzia 
di illegittimit� costituzionale 
-Efficacia retroattiva 
-Limiti, 751. 

COSA GIUDICATA 

-Limiti -Efficacia riflessa -Presupposti 
-Prove raccolte in diverso 
processo -Poteri del giudice, 
735. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-V. Bellezze Naturali, Contratti 
agrari, Credito fondiario, Ferrovie, 
Imposte e tasse, Infortuni 
sul lavoro, Manicomio, Piano regolatore, 
Procedimento civile, 
Procedimento penp,le, Rapporto 
di lavoro, Sicilia, Societ�, Sicurezza 
pubbl~oa, Trentino AltoAdige, 
Valle d'Aosta. 

mutuatario -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 686. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio storico e artistico -Vincolo 
storico -Costruzione edilizia 
-Ordine di demolizione Legittimit� 
-Fattispecie, 772. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-V. Espropriazione per p. u. 

ENFITEUSI 

-V. Imposta di registro. 

ENTI PUBBLICI 

-Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla 
giusta causa nei licenziamenti 
individuali -Inapplicabilit�, con 
nota di A. FRENI, 756. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILIT� 

-Edilizia popolare ed economica Espropriazione 
per programma 
edilizio di vasta portata -Inammissibilit�, 
763. 

-Espropriazione -Ricorso avverso 
il decreto prefettizio che dic,hiara 
la p. u.. -Richiesta ,di annullamento 
degli atti preparatori Ammissibilit�, 
763. 

-Espropriazione -Ricorso contro 
il decreto prefettizio che dichiara 
la p. u. -Pronuncia del Provveditore 
alle 00.PP. -Natura Notificazione 
del ricorso al Provveditore 
-Non occorre, 762. 

CREDITO FONDIARIO 
FARMACIA 
-Espropriazione -Successori a titolo 
universale e particolare del -V. Competenza e giurisdizione. 



INDICE 
VII 

FERROVIE 

-Legge sui lavori pubblici -Regolamento 
di esecuzione -Sanzioni 
penali -Questione inammissibile 
di costituzionalit�, 696. 

-Legge sui lavori pubblici -Regolamento 
di esecuzione -Sanzioni 
penali -Questione infondata 
di costituzionalit�, 696. 

-Regolamento di polizia ferroviaria 
-Multa -Questione inammissibile 
di costituzionalit�, 696. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 


-Atto definitivo -Requisizione del 
sindaco ex art. 7 legge sul contenzioso 
amministrativo -Ricorso 
gerarchico -Decisione del prefetto 
-� atto definitivo, 772. 

-Ricorso giurisdizionale -Principio 
di prova -Mancanza -Motivi 
generici -Inammissibilit�, 

761. 
- 
Ricorso giurisdizionale -Termini 
processuali -Sospensione durante 
il periodo feriale, 761. 

GUERRA 

-Trattato di pace -Esenzione tributaria 
prevista per i sudditi ex 
nemici -Israeliti di esclusiva cittadinanza 
italiana -Esclusione, 

744. 
- 
V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPIEGO PUBBLICO 

- 
V. Competenza e giurisdizione. 

CMPOSTA COMPLEMENTARE 

-Societ� familiare -Reddito sociale 
concordato inferiore a quello 
risultante dal bilancio -Attribuzione 
proporzionale di esso al 
reddito individuale del socio Legittimit�, 
778. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazione fiscale ex articolo 
unico legge 28 giugno 1943, numero 
666 -Trasferimento di aree 
destinate all'edificazione privata 
-Inapplicabilit�, con nota di F. 
FAVARA, 798. 

-Agevolazioni per la costruzione 
di case di abitazione non di lusso 
-Contratto di appalto relativo 
alla costruzione dell'intera opera 
-Successivi contratti stipulati 
con altri appaltatori relativamente 
alla stessa opera -Benefici Applicabilit�, 
802. 

-Appalto -Vendita -Distinzione 
-Criteri di cui alla legge 19 luglio 
1941, n. 771, con nota di R. 
SEMBIANTE, 774. 

-Appalto -Vendita -Distinzione Dichiarazioni 
delle parti contenute 
in contratto circa il valore 
del dare e del fare -Irrilevanza 
-Criterio di cui all'art. 4 della 
legge 19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit�, 
con nota di R. SEMBIANTE, 
774. 

-Atto di sottomissione e garanzia 
in materia di dilazione del pagamento 
dell'imposta di successione 
-Garanzie prestate da un 
terzo -Imposta fissa di registro, 

835. 
-Diritto di superficie -Agevolazioni 
tributarie per la costruzione 
di case di abitazioni -Applicabilit� 
-Limiti, 789. 

-Enfiteusi -Accertamento di valore 
-Ammissibilit� -Trasferimento 
a titolo oneroso dell'utile 
dominio -Valore imponibile -� 
dato dal corrispettivo pattuito Trasferimento 
a titolo gratuito 
dell'utile dominio -Valore imponibile 
-� dato dal valore della 
piena propriet� detratto l'annuo 
canone legalmente capitalizzato, 

811. 
-Enunciazione di convenzione verbale 
-Tassabilit� -Condizioni Applicazione 
in tema di enunciazione 
di convenzione relativa 
a disponibilit� di somma sul 
presupposto di contratto di conto 
corrente di corrispondenza, 838. 


Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Prescrizione -Prescrizione ventennale 
-Atto presunto esistente 
ai sensi dell'art. 18 I. r. e non 
enunciato in altro atto registrato 
-Applicabilit�, 782. 

-Presunzione di trasferimento ex 
art. 47 legge registro -Deroga 
prevista dalla legge 24 gennaio 
1962, n. 23 -Natura -Applicabilit� 
agli atti di acquisto e agli 
atti di appalto dei Comuni Esclusione, 
814. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Prescrizione -Rateizzazione del 
pagamento dell'imposta -Accordo 
di dilazione -Mancato pagamento 
di una sola rata -Decadenza 
dalla dilazione -Tolleranza 
da parte della Finanza nell'agire 
nei confronti del debitore 
-Irrilevanza -Cessazione della 
interruzione della prescrizione Decorrenza 
di nuovo termine di 
prescrizione anche nei confronti 
della Finanza, 800. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


IMPOSTA STRAORIDINARIA PROGRESSIVA 
SUL PATRIMONIO 

-Esenzione ex art. 78, n. 6 e 9 
del Trattato di pace -Persone 
considerate come nemiche -Cittadini 
italiani di razza ebraica Non 
sono tali, con nota di C. 
BAFILE, 827. 

-Esenzione ex art. 78, n. 6 e 9 del 
Trattato di pace -Persone considerate 
come nemiche -Risoluzioni 
delle Commissioni di conciliazione 
-Valore interpretativo 
vincolante -Esclusione, con nota 
di C. BAFILE, 827. 

IMPOSTA SUI FABBRICATI 

�-Case di abitazione non di lusso Destinazione 
ad uso diverso dall'abitazione 
Discriminazione 
obiettiva e strutturale -Necessit� 
per l'esenzione venticinquennale, 
820. 

IMPOSTA SULLE SOCIET� 

-Soggetti passivi -Azienda appartenente 
a istituzione pubblica 
di assistenza e beneficenza -Requisiti 
per l'applicazione dell'imposta, 
con nota di F. FAVARA, 793. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Prescrizione -Diritti dovuti in 
relazione a fatti costituenti reato 
-Norma che stabilisce la decorrenza 
del termine prescrizionale 
dalla data in cui la sentenza 
penale diviene irrevocabile -Applicabilit� 
al caso di sentenza 
penale che dichiara estinto il 
reato per prescrizione -Disciplina 
generale di cui all'art. 2947 

c. c. ultima parte -Inapplicabilit�, 
804. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

Commissione Centrale -Potere 
di accertamento dei fatti che costituiscono 
il presupposto per � 
l'applicazione delle norme di legge 
-Sussistenza, 820. 

-Imposta di successione -Imposta 
complementare -Liquidazione in 
tempi diversi e con atti distinti Legittimit� 
-Condizioni -Notifica 
di ingiunzione invece dell'avviso 
di accertamento -Conversione 
-Ammissibilit�, 824. 

-Imposta di successione -Imposta 
1princirpale, imposta complementare, 
imposta suppletiva -Distinzione 
-Imposta complementare 
e imposta suppletiva -Modalit� 
e tempi di liquidazione, 

824. 
-I.G.E. -Estimazione semplice Riscossione
� non in abbonamento 
-Difetto di tutela giurisdizionale 
-Illegittimit� �ostituzionale 
-Esclusione, 707. 

-Imposte indirette -Valutazione 
fondi rustici e aree fabbricabili Nozione 
degli uni e delle altre Tassazione, 
807. 

- 
Imposte indirette sui trasferimenti 
-Decisioni delle Commissioni 


INDICE 
IX 

in tema di valutazione -Legittimit� 
-Condizioni, 831. 

-Imposte indirette sui trasferimenti 
-Giudizio dinanzi ai Tribunali 
ordinari ex art. 29, 3 comma d. 1. 

n. 1639 del 1936 sulla legittimit� 
delle decisioni delle Commissioni 
tributarie in tema di valutazione 
-Apprezzamento sul calcolo 
dei valori -Esclusione, 832. 
-Prescrizione breve dei crediti 
� per interessi ed altre prestazioni 
periodiche -Fondamento -Inapplicabilit� 
riguardo a debiti unici 
rateizzati ed ai relativi interessi 
a scalare -Decorrenza del 
termine di prescrizione, 784.. 

-Procedimento innanzi alle Commissioni 
-Impugnazioni -Impugnazione 
proposta dall'Ufficio 
con atto diretto alla Commissione 
cui spetta decidere nel termine 
di trenta giorni dalla notificazione 
della decisione al 
contribuente -Legittimit� -Comunicazione 
entro lo stesso termine 
al contribuente del proposto 
gravame e dei relativi motivi 
contestualmente con la notificazione 
della decisione (utilizzando 
il mod. c. d. 108) o separatamente 
con atto distinto, 816. 

- 
Riscossione -Ingiunzione a norma 
art. 92 r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3270 -Caratteristiche e formalit� 
-Motivazione -Necessit� 
-Limiti, 783. 
- 
Riscossione -Ingiunzione a norma 
art. 92 r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3270 -Natura ed effetti -Opposizione 
giudiziaria -Effetti Posizione 
processuale delle parti 
-Differenze rispetto al procedimento 
monitorio ordinario, 783. 
MPUGNAZIONI 

-Giudizio in contumacia -Esecuzione 
-Incidente di esecuzione e 
impugnazione proposti contro la 
sentenza contumaciale -Decisione 
del giudice della esecuzione Non 
vincola il giudice della impugna~
ione, 854. 

-Giudizio in contumacia -Inammissibilit� 
dell'appello dichiarata 
con sentenza del giudice � ad 

quem � -Nullit� del giudizio contumaciale 
-Tutela dei diritti dell'imputato, 
855. 

-Parte civile -Impugnazione di 
disposizioni penali della sentenza 
anche se con riflessi sugli interessi 
civili -Inammissibilit�, 

853. 
INDUSTRIA E COMMERICIO 

-Industrie saccarifere � -Prodotto 
collocabile sul mercato interno 
della C.E.E. -Ripartizione fra le 
singole imprese -Sistema instaurato 
dalla legge 6 agosto 1967, 

n. 655 -Interpretazione con circolare 
ministeriale -Legittimit�, 
762. 
INFORTUNI SUL LAVORO 

-Rendita ai superstiti -Presentazione 
della domanda -Termine 
di trenta giorni -Illegittimit� costituzionale, 
con nota di R. CANANZI, 
713. 

INGIUNZIONE 

-Procedimento coattivo per la riscossione 
delle entrate dello Stato 
e degli altri Enti pubblici minori 
previsti dal t. u. 14 aprile 
1910, n. 639 -Opposizione giudiziaria 
del debitore -Giudizio di 
cognizione -Rinunzia alla ingiunzione 
-Accettazione dell'opponente 
-Necessit� -Limiti, 749. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


ISTITUZIONE DI ASSISTENZA E 
BENEFICENZA . 

-V. Imposta sulle Societ�. 

LAVORO 

-V. Competenza e giurisdizione, 
Rapporto di lavoro. 

LEGGI E REGOLAMENTI 

-V. Corte Costituzionale. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MANICOMIO 

-Internamento degli alienati negli 
ospedali psichiatrici -Questione 
infondata di costituzionalit�, 698. 

-Norme sul procedimento dell'internamento 
provvisorio -Questione 
di legittimit� costituzionale 
-Parzialmente fon�lata, 698. 

-Norme sul procedimento di ricovero 
-Diritto di difesa -Illegittimit� 
costituzionale, 698. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Capitolati di a'.Ppalto -Danni verso 
terzi da illecito -Responsabilit� 
dell'Amministrazione appaltante 
per il fatto commesso in 
concorso con l'appaltatore o per 
quello proprio di costui -Clausola 
di rivalsa a carico dell'appaltatore 
-Ammissibilit�. 735. 

-Persona giuridica -Partito fascista 
-Acquisto di immobili Autorizzazione 
del segretario del 
partito -Sufficienza, 751. 

OPERE PUBBLICHE 

-V. Appalto. 

PENSIONI 

-V. Competenza e giurisdizione. 

PIANO REGOLATORE 

-Citt� di Roma -Costruzione vie 
e piazze -Cessione di suolo -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
703. 

-Citt� di Roma -Indennit� di 
espropriazione e contributi di miglioria 
-Collegio arbitrale -Questioni 
infondate di costituzionalit�, 
704. 

-Vincoli -Legge urbanistica Esclusione 
di indennizzo -Ipotesi 
di incostituzionalit�, 661. 

PRESCRIZIONE 

-V. Imposte doganaLi, Imposta di 
successione, Imposte e tasse in 
genere. 

PRIVATIVE INDUSTRIALI 

-Commissione dei ricorsi in materia 
di brevetti -Ricorso avverso 
la decisione dell'Ufficio centrale 
dei brevetti -Omessa specificazione 
dei motivi -Irrilevanza, 

740. 
PROCEDlMENTO CIVILE 

-Interdizione e inabilitazione Immedi,
ato rigetto dell'istanza su 
richiesta del Pubblico Ministero 
-Illegittimit� costituzionale, 719. 

-Responsabilit� civile -Qualificazione 
giuridica della controversia 
-Modificazione -Ammissibilit�, 
731. � 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Declaratoria immediata di cause 
di non punibilit� -Querela -Difetto 
di querela -Pregiudizialit� 
della pronuncia di improcedibilit� 
rispetto ,a qualunque pronuncia 
in merito -Procedimento per 
reato perseguibile di ufficio Successiva 
definizione del fatto 
come reato perseguibile a querela 
-Pregiudizialit� della questione 
di procedibilit�, 852. 

-Forme dell'istruttoria sommaria 
-Riferimento all'istruzione preliminare 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 715. 

-Giudizio in contumacia -Ordinanza 
dichiarativa della contumacia 
-Impugnazioni -Difetto 
di motivazione circa l'impedimento 
a comparire -Necessit� 
di impugnazione specifica dell'ordinanza, 
852. 

-Istruzione formale e sommaria 
senza previa contestazione del 
fatto o interrogatorio dell'imputato 
-Proscioglimento -Interesse 
al giusto procedimento -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 

715. 

INDICE Xl 

-Istruzione preliminare -Atti di 
polizia giudiziaria del procuratore 
della Repubblica -Questione 
di costituzionalit� -Parzialmente 
fondata, 715. 

-Istruzione preliminare -Sommarie 
informazioni della polizia giudiziaria 
-Illegittimit� costituzionale 
parziale, 715. 

-Parte civile -Intervenuta transazione 
sul danno tra la parte 
civile ed il civilmente responsabile 
-Decadenza della costituzione 
di parte civile anche nei 
confronti dell'imputato con nota 
di G. MANDO', 855. 

-Provvedimento del giudice della 
esecuzione -Istanza di sospensione 
della esecuzione -Decreto 
di rigetto -Inoppugnabilit� -Obbligo 
di notifica all'interessato Esclusione, 
854. 

-Testimoni -Assunzioni di grandi 
Ufficiali dello Stato ed assimilati 
-Regole particolari -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
700. 

-V. anche Impugnazione. 

RAPPORTO DI LAVORO 

-Licenziamento per colpa del lavoratore 
o dimissioni volontarie Perdite 
dell'indennit� di anzianit� 
-Illegittimit� costituzionale, 

699. 
-V. anche Sicilia. 
REQUISIZIONE 

-Requisizione ex art. 7, legge sul 
contenzioso amministrativo 
Rinnovazione -Limiti -Fattispecie, 
772. 

-V. anche Giustizia amministrativa. 


RESPONSABILIT� CIVILE 

-Cose in custodia -Beni demaniali 
-Presunzione di colpa a carico 
della P. A. -Sussiste, 731. 

-V. anche Procedimento civile. 

SENTENZA 

-Difetto di motivazione circa la 
qualificazione giuridica dei fatti Deducibilit� 
in Cassazione 
Esclusione, 788. 

-Motivazione -Obbligo -Confutazione 
minuziosa e specifica di 
tutti gli argomenti dedotti dalla 
difesa -Esclusione, 778. 

SICILIA 

-Conflitto di attribuzione -Poteri 
di decidere i ricorsi gerarchici 
degli Esattori delle imposte avverso 
le ordinanze dell'Intendente 
di Finanza che irrogano pene ;pecuniarie 
-Spetta agli organi dello 
Stato, non della regione, 710. 

-Conflitto di attribuzione con lo 
Stato -Rapporti di lavoro Autorizzazioni 
all'appalto in deroga 
al divieto di intermediazione 
-Revoca dell'autorizzazione. -Ricorso 
gerarchico -Decisione Spetta 
alla regione, 692. 

-Conflitto di .attribuzione con lo 
Stato -Tassa speciale per le merci 
;provenienti dall'estero che si 
sbarcano nei porti e nelle spiagge 
-Diritto di imbarco e sbarco 
negli aerodromi di merce destinata 
all'estero o proveniente dall'estero 
-Spettano allo Stato, con 
nota di R. CANANZI, 690. 

-V. anche Contratti agrari. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Sala da giuoco -Tabella di giuochi 
vietati -Obbligo di esposizione 
-Sanzione nenale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
719. 

SOCIET� 

-Societ� per azioni -Nomina di 
liquidatori -Decreto del Presidente 
del Tribunale -Illlegitti



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mit� costituzionale -Esclusione, UNIVERSIT� 
700. 
-V. anche Imposta sulle societ�. -V. Competenza e giurisdizione. 

TRATTATO DI PACE 
VALLE D'AOSTA 

-V. Imposta straordinaria sul pa- 
-Consiglio Regionale -Funzioni 

trimonio. 
relative al contenzioso elettorale 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
con nota di R. CA


TRENTINO-ALTO ADIGE NANZI, 680. 

-Provincia di Bolzano -Bellezze 

naturali -Imposizione di vincoli VENDITA 

-Contributo -Illegittimit� costi


tuzionale -Esclusione, 662. - 
V. Imposta di registro. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

29 maggio 1968, n. 55 pag. 661 
29 maggio 1968, n. 56 662 
6 giugno 1968, n. 59 680 
6 giugno 1968, n. 60 684 
6 giugno 1968, n. 61 686 
6 giugno 1968, n. 62 688 
6 giugno 1968, n. 63 690 
L 7 giugno 1968, n. 69 692 
!7 giugno 1968, n. 73 696 
!7 giugno 1968, n. 74 698 
!7 giugno 1968, n. 75 699 
!7 giugno 1968, n. 76 700 
!7 giugno 1968, n. 77 700 
!7 giugno 1968, n. 78 703 
5 luglio 1968, n. 83 707 
5 luglio 1968, n. 84 710 
5 luglio 1968, n. 85 713 
5 luglio 1968, n. 86 715 
5 luglio 1968, n. 87 719 
5 luglio 1968, n. 88 719 
5 luglio 1968, n. 89 704 

GIURISDIZIONI CIVILI 

~ORTE DI CASSAZIONE 

!ez. III, 18 marzo 1968, n. 882 . pag. 731 
!ez. I, 27 aprile 1968, n. 1308 . 774 
!ez. I, 24 maggio 1968, n. 1579 . 778 
lez. III, 1 giugno 1968, n. 1646 735 
!ez. I, 19 giugno 1968, n. 2033 . 740 
!ez. I, 22 giugno 1968, n. 2073 . 744 
!ez. I, 22 giugno 1968, n. 2079 782 
lez. I, 3 luglio 1968, n. 2214 . . 783 
lez. I, 6 luglio 1968, n. 2297 . . 788 
lez. I, 8 luglio 1968, n. 2337 . . 793 
lez. I, 10 luglio 1968, n. 2395 . 798 
iez. I, 13 luglio 1968, n. 2490 . 800 
iez. I, 13 luglio 1968, n. 2493 . 802 
iez. I, 13 luglio 1968, n. 2495 . 804 
:ez. I, 17 luglio 1968, n. 2584 . 807 
:ez. I, 2 agosto 1968, n. 2745 . 811 
',ez. I, 6 settembre 1968, n. 2878 .. 842 
,ez. I, 9 settembre 1968, n. 2917 . 814 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. Un. 30 settembre 1968, n. 3022 . 
Sez. Un. 30 settembre 1968, n. 3028 . 
Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3065 . . 
Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3066 . . . 
Sez. Un. 12 ottobre 1968, n. 3232 . . 
Sez. III, 12 ottobre 1968, n. 3257 . . 
Sez. Un. 15 ottobre 1968, n. 3292 . 
Sez. I, 23 ottobre 1968, n. 3414 . 
Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3519 . 
Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3560 . 
Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3568 . 
Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3611 . 
Sez. I, 30 ottobre 1968, n. 3637 . 


PRETURA 


Roma, Sez. Lavoro, 31 maggio 1968, n. 572 . . . . . . . . . . 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen. 25 settembre 1968, n. 24 . 
Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 503 . 
Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 512 . 
Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 515 . 
Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 524 . 
Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 529 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. II, 23 novembre 1966, n. 949 . 

Sez. II, 25 novembre 1966, n. 1032 . 

Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 901 

Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 3485 

Sez. II, 23 dicembre 1966, n. 1147 

Sez. IV, 19 febbraio 1968, n. 468 . 

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pag. 
761 
761 
762 
772 
772 
773 


pag. 
852 
852 
853 
854 
854 
855 




SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


iASSEGNA DI DOTTRINA 

\A. VV., Rapporto fra diritto positivo ed evoluzione dell'economia 
pubblica con riferimento ad alcune forme di tutela penale 
ed al sistema dei controlli, Jasillo editore, Roma, 1968 . pag. 181 
iAINAUT J. P. -JoLLIET R., I contratti della Pubblica Amministrazione 
nel Mercato Comune, Vol. II, Rassegna dei Lavori 
pubblici Editrice, Roma, 1968 . . . . . . . . . . . . . 181 

tASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

foRME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzi01tale . . . . . . . . . . . . . 183 

NDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche 
Aeronautica ed aeromobili 
Agricoltura 
Alberghi 
Amministrazione Pubblica 
. 
Appalto ... 
Assicurazione 
Bellezze Artistiche e 
naturali . 
Bonifica 

'� 

Borsa 
Certificazione 
Cinematografi . 
Circolazione stradale 
Compravendita 
Concessioni amministrative 
. 
Concorsi 
Contrabbando 
Danni 
Danni di guerra 
Demanio 
Difesa dello Stato 
Donazione. 
Edilizia economica e 
popolare ..... . 
Espropriazione per pubblica 
utilit� 

OTIZIARIO 

onvegno di studi . 

pag. 
206 

206 

206 

207 

207 
207 
208 

208 
208 
208 
209 
209 
209 
209 

209 
210 
210 
210 
211 
211 
211 
211 

211 

212 

Fallimento 
Farmacia . 
Ferrovie 
Impiego pubblico 
Imposta di bollo 
Imposta di registro 
Imposta di ricchezza 
mobile 
Imposta generale entrata 
. 
Imposte e tasse 
Imposte varie 
Ipoteche . 
Istruzione superiore 
Leggi e decreti 
Lotto. e lotterie 
Mutuo 
Opere pubbliche 

Pignoramento 
Polizia . 
Previdenza e 
za 
Procedimento 
Propriet� 
Servit� . 
Strade 
Trasporto 
Terremoto. 

assistencivile 


pag. 
212 
212 
213 

213 

213 
214 

214 

215 
215 
215 
216 

216 
216 

216 
216 
217 
217 
218 

218 
218 
218 
218 
219 
219 
219 

220 


PARTE PRIMA 



I I 

SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE* 


I 

~ORTE COSTITUZIONALE, 29 maggio 1968, n. 55 -Pres. SanduHi -
Rel. Oggioni -Airoldi ed altri, Mastrogiovanni, Soc. Raytheon -
Elsi ed altri, Caruso ed altri, Pottino ed altri (avv. Aula, Maniscalco 
Basile, Orlando Cascio) c. Pres. Regione Siciliana (Sost. 
avv. gen. dello Stato Tracanna), Comune di Palermo (avv. Ausiello 
Orlando) -Imp. Riccitelli (n. c.) Presidente Consiglio dei 
Ministri (n. c.). 

'iano regolatore -Vincoli -Legge Urbanistica -Esclusione di indennizzo 
-Ipotesi di incostituzionalit�. 
(Cost., art. 42, 2� e 3� comma; 1. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, nn. 2-3-4, 40). 

In riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, � fonata 
la questione di legittimit� ,costituzionale deqJ numeri 2, 3, 4 delart. 
7 e dell'art. 40 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, 
ella parte. in cui non prevedono un indennizzo per l'imposizione di 
mitazione operanti immediatamente e a tempo indeterminato nei con�
onti di diritti reali, quando le limitazioni stesse abbiano contenuto 
~propriativo, quali le imposizioni di vincoli temporanei -ma senza 
miti prestabiliti -preordinati al successivo ma incerto trasferimento 
el bene per ragioni di interesse genera.le nonch� le imposizioni di 
incoli che, pur consentendo la conservazione della titolarit� del bene, 
mo tuttavia destinati ad operare immedriatamente una definitiva incione 
profonda, al di l� dei limiti connaturaU, sulle facolt� di utilizibilit� 
sussistenti al momento deWimposi.cione, senza previsione di 
idennizzo, anzi, per l'art. 40 della legge urbanistica, con contraria 
revisione (1). 

(1-2) Per l'importanza delle questioni trattate e per i richiami dei pre!
denti, si !riporta integralmente il testo della sentenza n. 55. In argomento, 

� AZla redazione delle massime e deZle note di questa Sezione ha collaborato 
!Che !'avv. RAFFAELE CANANZI. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 maggio 1968, n. 56 -Pres. Sandull1 -
Rel. Fragali -Menegot (avv. Facchini) c. Provincia di Bolzano 
(avv. G. Creasino). 

Regione Trentino-Alto Adige -Provincia di Bolzano -Bellezze na


turali -Imposizione di vincoli -Contributo -Illegittimit� co


stituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 42, 3� comma; l. prov. Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, art. 15, 2� comma). 

In riferimento aU'art. 42, terzo comma, Cost., � infondata la questione 
di costituzionaLit� delL'art. 15, secondo comma, legge prov. di 
Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, per it quale pu� essere concesso un contributo, 
previa perizia estimativa deli'ufficio tecnico provinciale, a vantaggio 
del proprietario di aree colpite da vincoli a tutela del paesaggio, 
soltanto nel caso di divieto assoluto di costruire sopra aree da considerarsi 
fabbricabili e nei Limiti della somma da stanziarsi in appos.ito 
articoio del bilancio provinciale (2). 

I 

(Omissis). -Con decreto 28 giugno 1962 del Presidente della 
Regione siciliana veniva approvato il piano regolatore generale della 
citt� di Palermo. Il piano contiene l'indicazione dei caratteri e dei 
vincoli di zona da osservare nell'edificazione nonch� l'indicazione delle 
aree destinate a formare spazi di uso pubblico e di quelle riservate a 
verde pubblico, a verde privato, a verde agricolo o ad edificazione di 
interesse pubblico (edilizia scolastica, conservazione di edifici storicomonumentali, 
ecc.). Il tutto a termine dell'art. 7, nn. 2, 3, 4 della legge 
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150. 

cfr. la sentenza n. 64 del 1963, Foro it., 1963, I, 1036; sentenza n. 6 del 1966, 

in questa Rassegna, 1966, I, 15, con nota e richiami; sentenza n. 38 e ordi


nanza n. 39 del 1966, ibidem, 507, 508, con nota e richiami; sentenza n. 20 

del 1967; ibidem, 1967, I, 193, con nota e richiami; sentenza n. 119 del 1967, 

ibidem, 928. 

Il giudizio di cui alla sentenza n. 55 � stato promosso con ordinanza 

emessa il 27 ottobre 1966 dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la 

Regione siciliana (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25) e con ordinanza 

emessa il 2 maggio 1966 dal pretore di Campobasso (Gazzetta Ufficiale 

23 luglio 1966, n. 182). 

Non avevano ritenuto fondata la questione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 feb


braio 1959, n. 269, n Consiglio di Stato, 1959, I, 173; 10 novembre 1965, n. 679, 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 663 

Cinque gruppi di proprietari di zone di terreno comprese nel perimetro 
del piano regolatore generale predetto e soggette, in vario modo 
e misura, ai vincoli sopradetti, hanno impugnato davanti al Consiglio 
di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e nei confronti della 
Regione e del Comune, il decreto del Presidente, chiedendone l'annullamento 
per illegittimit� dell'art. 7 della legge urbanistica in base 
:tl quale il piano � stato predisposto, sia per l'indeterminatezza legisla~
iva dei vincoli, sia per trattarsi di vincoli imposti senza la garanzia di 
:orrispondere indennit�. 

Con cinque ordinanze emesse in data diversa nel primo semestre 
L964, il Consiglio di giustizia adito sollevava questione di legittimit� 
:ostituzionale del citato art. 7 della legge urbanistica con riferimento 
ill'art. 42, commi secondo e terzo, della Costituzione. 

Il Consiglio, ci.rea la non manifesta infondatezza ha considerato: 
i) che, mentre l'art. 42, comma secondo, della Costituzione prescrive 
:he i limiti alla propriet� privata, per assicurarne la funzione sociale, 
levono essere determinati per legge, viceversa nell'art. 7, n. 2, della 
egge urbanistica, questa determinazione circa le caratteristiche e la 
tmpiezza dei vincoli, manca: mancanza tanto pi� rilevante, in quanto 
'art. 40 della stessa legge esclude l'indennizzabilit� per i vincoli di 
:ona e per gli oneri relativi all'allineamento edilizio delle nuove cotruzioni; 
b) che, mentre l'art. 42, comma terzo, della Costituzione, 
:onsente l'espropriazione della propriet� privata, ma fa salvo l'inden�zzo, 
viceversa, nel sistema della legge urbanistica, si ha che con 
'approvazione del piano regolatore generale, questo ha vigore immeliato 
ed a tempo indeterminato ed i beni restano assoggetta�ti subito a 
incoli e limitazioni che ne sopprimono l'utilizzazione ed il godimento, 
on effetto uguale a quello del futuro procedimento formale di espro1riazione 
conseguente alla formazione �di piani particolareggiati: ci� 
enza che sia .previsto alcun indennizzo per l'immobilizzazione del bene 
nche nel periodo intermedio. In proposito, il Consiglio di giustizia 
ilevava anche che, dai precetti dell'art. 42 della Costituzione, emerge 
nplicita l'esigenza in linea generale, che non indennizzabili sono 
oltanto quelle limitazioni che non incidono radicalmente sul conte-

i questa Rassegna, 1966, I, 141; 17 dicembre 1965, n. 954, Foro amm., 1965, 
2, 1959; 25 mairzo 1964, n. 156, Riv. giur. ed., 1964, I, 779; 10 luglio 1963, 
. 338, Riv. giur. ed., 1963, I, 1248. 

La questione trattata nella sentenza n. 56 � stata introdotta con ordianza 
emessa il 13 maggio 1966 ~al Consiglio di Stato, Sez~ V (Gazzetta 
Jficiale 15 ottobre 1966, n. 258). 

In seguito alla sentenza n. 55 del 1968 della Corte Costituzionale alla 
!gge urbanistica n. 1150 del 1942 sono state apportate modifiche ed interazioni 
con I. 19 novembre 1968, n. 1187. 


664 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nut9 del diritto di propriet�; e) in particolare, ed in relazione a fattispecie 
in esame, l'imposizione -sine die -di vincoli a verde pubblico, 
a verde privato, a verde agricolo su aree di natura pacificamente 
edificatoria, per effetto del solo piano regolatore generale, in 
� attesa della espropriazione, sembrava dover importare il verificarsi del 


principio di indennizzabilit�. 

Questa Corte, riunite tutte le cause provenienti dalle cinque ordi


nanze di rinvio, con sentenza � 3 maggio 1966, n. 38, dichiarava non 

fondata la questione sollevata contro l'art. 7, n. 2 citato, sotto il dedotto 

profilo della violazione della riserva di legge di cui all'art. 42, secondo 

comma, della Costituzione, questione comune a tutte le pa.rti interes


sate, ritenendo che alla garanzia di questa riserva si era, nel caso, 

ottemperato dal legislatore mediante norme sufficientemente individua


trici dei vincoil di zona e di quelli riguardanti la costruzione dei fab


bricati, la loro natura ed i controlli a tutela della propriet� privata. 

Per quanto riguarda l'altra questione sollevata contro i nn. 3 e 4 del


l'art. 7 stesso, con ordinanza n. 39 emessa in pari data, questa Corte, 

considerato che non risultava chiara. la rilevanza � in relazione all'as


serita mancata indennizzabilit� dei vincoli� previsti dalle norme sud


dette (nel caso, � detto nell'ordinanza, vincoli di terreni a verde pub


blico, verde privato, verde agricolo ed impianti pubblici) e ravvisando 

conseguentemente necessario � un esame pi� approfondito, sotto l'aspet


to ora indicato, della questione sollevata �, ordinava la restituzione 

degli atti al Consiglio regionale di giustizia amministrativa. 

Con ordinanza emessa il 27 ottobre 1966 il Consiglio (decidendo 

su tutti i ricorsi riuniti) ha precisato che, risolta la questione relativa 

alla violazione dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione, di por


tata generale, sulla riserva di legge, occorreva procedere ad un esame 

della rilevanza delle altre questioni concernenti la violazione del


l'art. 42, terzo comma, della Costituzione da parte dell'art. 7, nn. 2, 3 

e 4, della legge urbanistica, in relazione ai singoli ricorsi avanti ad 

esso Consiglio pendenti, tenendo conto non soltanto della natura della 

lesione patita da ciascuno dei ricorrenti, ma anche dei motivi di impu


gnazione. Perci�, il Consiglio ha dapprima effettuato uno stralcio di 

quei ricorsi nei quali si era proposta unicamente la questione della 

riserva di legge in relazione a fattispecie riguardanti dimensioni di 

edificabilit�, allineamento di edifici e simili, trattenendo detti ricorsi 

a s� per l'esame di merito. 

Ha osservato poi il Consiglio, procedendo all'esame degli altri ri


corsi riguardanti destinazioni a verde, ad edificio scolastico, a con


servazione di fabbricato monumentale, che l'indennizzabilit� dei vin


coli di zona alla propriet� privata di cui all'art. 7, n. 2, della legge 

urbanistica risulta testualmente esclusa dall'art. 40 della stessa legge, 

mentre l'indennizzabilit� espropriativa, nei casi di cui ai nn. 3 e 4 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 665 

dell'art. 7 sarebbe dovuta soltanto quando la destinazione prevista dal 
piano regolatore generale venga in seguito di tempo, attraverso piani 
regolatori particolareggiati, attuata dal Comune, che peraltro non sarebbe 
vincolato al riguardo a termini di sorta. Onde, anche in questo 
caso, dall'approvazione del piano regolatore generale deriverebbe immediatamente 
una compressione del diritto di propriet�, concretantesi 
nella impossibilit� di rilascio di licenze edilizie in contrasto con le destinazioni 
sancite dal piano generale ai sensi delle dette disposizioni. 
Il che porterebbe a ritenere non infondatamente che le disposizioni 
stesse siano in contrasto con il terzo comma dell'art. 42 della Costituzione. 


Il Consiglio quindi, dopo avere precisato essersi sostenuto dai ricorrenti 
che il .piano regolatore � de quo � � viziato per avere, conformandosi 
alla legge urbanistica, imposto forme di sostanziale espropriazione 
senza indennizzo, ha rinviato gli atti a questa Corte, investendola 
espressamente della questione di legittimit� costituzionale dell'art. 7, 
nn. 2, 3, 4 e dell'art. 40 della legge predetta, in relazione all'art. 42, 
terzo comma, della Costituzione. 

L'ordinanza, notificata alle parti private il 6, 7 e 13 dicembre 
1966; al Comune di Palermo e alla Regione siciliana lo stesso 6 dicembre, 
ed il 9 dicembre successivo al Presidente del Consiglio dei Ministri, 
� stata comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento 
come per legge e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica 

n. 25 del 28 gennaio 1967. 
Avanti alla Corte costituzionale, si sono costituiti, delle parti private, 
gli eredi Ajroldi, Lucio Mastrogiovanni Tasca, Societ� RaytheonElsi, 
Compagnia Italiana Jolly Hotels, gi� CIATSA, Banca Commerciale, 
Cassa di Risparmio V. E., Banco di Sicilia, tutte interessate alla, 
questione riguardante, secondo i casi, sia la destinazione di terreni a 
verde, pubblico, privato, agricolo, sia la destinazione ad edificio scolastico, 
sia la conservazione di un edificio di interesse monumentale. 

Si sono anche costituiti la Regione siciliana, il Comune di Palermo 
e il Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Le difese delle parti private, facendo proprie le ragioni esposte 
nell'ordinanza di rinvio, chiedono dichiararsi la illegittimit� costituzionale 
degli articoli denunciati, cio� l'art. 7, nn. 2, 3, 4 e l'art. 40. 
In particolare, osservano che l'ordinanza ha esattamente dimostrato 
la rilevanza della questione sollevata, in quanto ogni vincolo alla propriet� 
privata che ne assorba o riduca sensibilmente il contenuto economico, 
incidendo sulla facolt� di disposizione e godimento del bene, 
costituisce, sostanzialmente, espropriazione, obbligatoriamente indennizzabile 
ai sensi dell'art. 42 della Costituzione, mentre le norme denunziate, 
su cui si � basato il piano generale urbanistico, nel caso, escludendo 
l'indennizzo, sarebbero viziate di illegittimit�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dalle parti pubbliche, particolarmente dall'Avvocatura dello Stato 
si � dedotto quanto segue. 

In linea preliminare, si � eccepito che il Consiglio di giustizia amministrativa 
non ha compiuto quell'approfondito esame delle questioni 
di legittimit�, richiesto da questa Corte con la precedente ordinanza, 
in quanto non solo non ha precisato, in relazione ai singoli ricorsi 
giurisdizionali vertenti, di quali vincoli si tratti n� in che consista, in 
relazione a ciascun tipo di vincolo, l'asserita soppressione del diritto 
di propriet�, ma per di pi� non ha dato ra.gione della rilevanza della 
questione nei ricorsi pendenti, oggetto dei quali � soltanto la tutela 
dell'interesse dei ricorrenti alla legittimit� del decreto di approvazione 
del piano regolatore generale e non gi� la tutela di un diritto soggettivo 
alla percezione della indennit� di espropriazione. In base a questa 
argomentazione si prospetta la necessit� che la Corte rimetta di nuovo 
gli atti al Consiglio di giustizia amministrativa per un riesame della 
rilevanza della questione. 

In se�ondo luogo, e sempre in via preliminare, l'Avvocatura sottopone 
alla Corte .la valutazione dell'ammissibilit� in questa fase di 
giudizio dell'estensione della censura di illegittimit� al. n. 2 dell'art. 7 
in relazione all'art. 40 della legge urbanistica, sul quale n. 2 dell'art. 7 
questa Corte si � gi� pronunciata con la precedente sentenza, negandone 
l'incostituzionalit�. 

Nel merito, l'Avvocatura, insistendo nella tesi gi� svolta, rileva 
che i limiti allo � ius aedificandi �, predeterminati come categorie e 
come tipi, sono stabiliti con carattere di generalit�, e definiscono la 
propriet� urbana al fine di soddisfare il pubblico interesse alla disciplina 
dell'assetto dei centri abitati. 

I piani regolatori rappresenterebbero una regolamentazione preventiva 
e g.enerale dell'attivit� edilizia, dettata in via concreta dalla 
Pubblica Amministrazione in attuazione delle norme legislative in materia. 
Pertanto, come ritenuto per il passato anche dal Consiglio di 
Stato in armonia col principio dottrinario della diversit� del regime 
di appartenenza dei beni in funzione dei pubblici interessi, dovrebbe 
escludersi l'indennizzabilit� dei vincoli in esame, perch� inerenti al 
contenuto del diritto di propriet� delle aree urbane, e tale esclusione 
non sarebbe in contrasto con la garanzia costituzionale dell'indennizzo, 
trattandosi appunto di limiti rientranti nelle previsioni del secondo 
comma dell'art. 42 della Costituzione, e non di espropriazioni. 

Tali concetti del resto sarebbero stati anche accolti dalla Corte 
costituzionale con la sentenza n. 6 del 1966, la quale avrebbe precisato 
in via generale che il problema della indennizzabilit� sorgerebbe soltanto 
in relazione a quei limiti che non sono connaturati alla particolare 
categoria dei beni, ma sono imposti come sacrificio particolare a 
carico di singoli soggetti o gruppi di soggetti. 

I li� 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 667 

In subordine, l'Avvocatura sostiene poi che i vincoli di cui al.'
art. 7, n. 2, della legge urbanistica non importerebbero, di per s�, una 
!Spropriazione intesa nel senso delineato dalla ripetuta sentenza n. 6 
iel 1966 della Corte, cio� non importerebbero alcuna limitazione ap)
rezzabile del contenuto della propriet� privata, poich� la loro attuadone 
attraverso il piano regolatore, non farebbe che specificare un 
.imite connaturato allo �status � giuridico del bene. E ci� sarebbe 
!onfermato dalle disposizioni dell'art. 11 della legge urbanistica, che 
)revede l'efficacia immediata delle �linee e prescrizioni di zona � e 
;olo per queste e non per altri vincoli di destinazione e dell'art. 40 
mpugnato, che ne esclude l'indennizzabilit�. 

D'altra parte l'imposizione in sede di piano regolatore generale dei 
;incoli di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 7 (spazi di uso pubblico, aree riser;
ate a edifici e impianti di interesse pubblico generale) avrebbe la 
[unzione di non disporre ma di �preannunciare� l'espropriazione, che 
;i concreterebbe solo in un secondo tempo, con l'adozione del piano 
;iarticolareggiato. 

N� il fatto che, in realt�, l'esproprio, con la conseguente corre;
ponsione dell'indennit�, venga fatto in concreto a notevole distanza 
:ii tempo dall'approvazione del piano, potrebbe indurre, secondo l'Av110catura, 
a ravvisare, relativamente al detto periodo intermedio, una 
Eorma di esproprio sostanziale senza indennizzo. Invero, anzitutto l'in:
ieterminatezza temporale sarebbe di natura non assoluta, giacch� ben 
potrebbe il privato avvalersi delle normali garanzie giurisdizionali in 
~aso di ingiustificata inerzia dell'Amminstrazione; e, d'altra parte, il 
Lamentato nocumento collegato alla inutilizzabilit� dell'area nel periodo 
intercorrente fra l'approvazione del piano regolatore generale e 
l'esproprio effettivo, dovrebbe essere considerato in relazione alla possibile 
utilizzazione edilizia del bene nel periodo medesimo, che sarebbe 
peraltro sempre condizionata dal rilascio della licenza, concessa di 
r�gola non in .presenza della semplice inclusione dell'area nel perimetro 
urbano, ma subordinatamente alla esistenza quanto meno di un sufficiente 
grado di urbanizzazione e dei servizi pubblici essenziali. 

L'Avvocatura conclude pertanto che la Corte, ove non ritenga di 
rimettere nuovamente gli atti al giudice a quo, dichiari infondata la 
questione sollevata. 

Per le parti private costituite, � stata presentata in termini una 
memoria illustrativa congiunta. 

In essa si ribadiscono le deduzioni gi� svolte e, in particolare, si 
precisa che secondo quanto stabilito con la sentenza n. 6 del 1966 
della Corte, l'obbligo di indennizzo sussisterebbe tutte le volte che la 
imposizione dei vincoli urbanistici non abbia carattere generale ed 
obbiettivo, comportando un sacrificio per singoli soggetti o gruppi di 
soggetti, e concreti d'altra parte una compressione del contenuto eco



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nomico del diritto di propriet�. Pertanto, mentre potrebbe anche esclu


dersi l'obbligo di indennizzo per quei vincoli che stabiliscono, ad esem


pio, in determinate zone, limiti di altezza, di cubatura ecc. nella co


struzione, in quanto diretti ad una generalit� di soggetti, lo stesso ob


bligo dovrebbe invece riconoscersi in relazione ai vincoli a verde pub


blico o privato, che colpirebbero i singoli proprietari dei terreni con


templati nei provvedimenti, creando una precisa differenza fra loro 

e la generalit� degli altri poprietari limitrofi. 

Osserva inoltre la difesa che i vincoli urbanistici a verde pubblico 

o privato o agricolo porrebbero in essere una espropriazione non soltanto 
sostanziale, ma anche formale, giacch�, attraverso la loro imposizione, 
si concreterebbe una situazione giuridica che, attraverso la 
costituzione di un diritto di godimento pubblico, incide sul diritto privato 
di propriet� e lo limita anche sul piano formale. Tale fattispecie, 
verificandosi d'imperio della pubblica autorit�, assumerebbe il valore 
�formale di una espropriazione, ed anche sotto questo profilo pertanto 
la questione sollevata sarebbe fondata. 

Anche la difesa degli eredi Ajroldi ha presentato una memoria con 

cui ribadisce, spiega e illustra le considerazioni gi� esposte a sostegno 

della rilevanza della questione. 

L'Avvocatura dello Stato ha pure depositato una memoria illu


strativa, svolgendo le tesi difensive pregiudiziali e di merito gi� pro


poste ed insistendo quindi nel chiedere che la Corte voglia dichiarare 

infondate le questioni proposte, ove non ritenga di rimettere nuova


mente gli atti al giudice a quo. 

Anche la difesa del Comune di Palermo ha depositato una memoria 

con cui nega la rilevanza della questione con argomenti analoghi a 

quelli svolti dall'Avvocatura dello Stato e, nel merito, illustra i mo


tivi che sosterrebbero il riconoscimento della legittimit� delle norme 

impugnate. 

Nel corso del procedimento penale a carico dell'imprenditore edile 
Riccitelli Francesco imputato della contravvenzione ,di cui all'art. 41 
lett. b della legge 17 agosto 1942, n. 1150, per avere proseguito i lavori 
nonostante gli ordini di sospensione intimatigli dal Sindaco a causa 
della violazione da parte di esso Riccitelli d~eprescdzi~ni dettate nella 
licenza edilizia in conformit� del piano regolatore generale comunale 
(layori consistenti in costruzione di edificio con piani in pi� dei quattro 
previsti nel progetto approvato con licenza edilizia), il pretore di Campobasso 
ha sollevato d'ufficio questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 7 nn. 2, 3 e 4 della legge urbanistica sotto il profilo della violazione 
della riserva di legge di cui all'art. 42, secondo comma, della 
Costituzione e della violazione della garanzia all'indennizzo di cui al 
terzo comma dello stesso art. 42 in termini analoghi a quelli gi� svolti 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 669 

ielle ordinanze di rinvio del Consiglio di giustizia amministrativa 
1opra menzionate. 
Il pretore ha altres� �rilevato che le disposizioni di cui ai nn. 3 e 

I: del ripetuto art. 7 pongono limiti che, pur essendo immediatamente. 
~fficaci, non sono soggetti ad un termine finale di operativit�, onde la 
~ropriet� privata verrebbe sottoposta a vincoli per un periodo di tempo 
.a cui durata sarebbe rimessa alla incensurabile discrezionalit� della 
Pubblica Amministrazione, il che concreterebbe una violazione della 
garanzia costituzionale del rispetto della propriet� privata di cui all'art. 
42, secondo comma, della Costituzione. 
Quanto alla rilevanza, il pretore afferma che dalla eventuale illegittimit� 
delle norme impugnate discenderebbe la illegittimit� delle 
disposizioni amministrative violate dall'imputato, il che inciderebbe 
sulla configurabilit� del reato ascrittogli. 

Il giudice a quo pertanto ha sospeso il giudizio principale, e rimesso 
gli atti a questa Corte per la decisione delle questioni sollevate. 

L'ordinanza, emessa in udienza alla presenza dell'imputato, � stata 
notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 6 maggio 1966, 
comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicata 
sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 23 luglio 1966. 

Non vi � stata costituzione di parti avanti questa Corte. 

CONSIDERATO IN DIRITTO: 

Le due cause, che derivano rispettivamente dalle ordinanze di rinvio 
del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana e 
del pretore di Campobasso, riguardando le stesse questioni di principio, 
possono essere riunite e decise con unica sentenza. 

1. -L'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta per il Presidente 
del Consiglio dei Ministri nella causa conseguente alla ordinanza 
di rinvio del Consiglio di giustizia amministrativa, eccepisce in linea 
preliminare che il giudizo di rilevanza, nuovamente espresso dal Consiglio, 
non risponde n� alla esigenza di approfondimento gi� sollecitata 
da questa Corte nella precedente fase in relazione alla presunta 
illegittimit� di ciascun tipo di vincolo in concreto: n�, soprattutto, 
risponde alla esigenza primaria di dimostrare la rilevanza del giudizio 
di legittimit� costituzionale ai fini concreti della risoluzione delle questioni 
di merito: rilevanza �che qui sarebbe senz'altro da escludersi, 
discutendosi davanti al Consiglio soltanto della legittimit� degli atti 
amministrativi di imposizione dei vincoli in s� considerati, a tutela degli 
interessi dei :;;ingoli e non gi� della corresponsione di indennizzi a 
soddisfacimento di pretesi diritti soggettivi. 
L'eccezione non � fondata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'ordinanza di rinvio ha, nel caso, sufficientemente posto in evidenza 
il contenuto ed i limiti del giudizio di rilevanza, cosi come dedotto. 
Pur senza scendere a dettagli, l'ordinanza non ha trascurato di 
rapportare gli effetti di questo giudizio a quanto forma oggetto dei 
singoli giudizi di impugnazione pendenti davanti al Consiglio, per dedurne 
la pregiudizialit�; ed ha, poi, chiaramente delineato la questione 
di legittimit� costituzionale che si � inteso proporre, in relazione a 
quelle norme della legge urbanistica sui piani regolatori generali comportanti 
compressioni del diritto di propriet� senza corrispondente indennizzo. 
Nell'ambito del giudizio volto ad impugnare un piano regolatore 
generale (quello di Palermo) formato sulla base della legge urbanistica 
e con espresso richiamo alla stessa, si �, pertanto, ritenuto di 
inserire la proposizione della questione di legittimit� costituzionale di 
quelle norme dalle quali il piano deriva e sulle quali si reg.ge. 

Di conseguenza, la Corte, riscontrato che un giudizio di rilevanza, 
di pertinenza del giudice a quo � stato compiuto ed in modo sufficientemente 
motivato, deve ritenere ammissibile, sotto il profilo in esame, 
il giudizio qui instaurato. 

La stessa Avvocatura generale dello Stato, sempre in linea preliminare, 
ma senza farne oggetto di formale eccezione, sottopone alla 
Corte il quesito se sia ammissibile la rimessione, operata con l'ordinanza 
di rinvio, del giudizio di legittimit� costituzonale sull'art. 7, 

n. 2, della legge urbanistica in relazione all'art. 40 stessa legge, dopo 
che sulla legittimit� di detto numero dell'articolo, questa Corte si � 
pronunciata con la precedente sentenza. Si aggiunge che il giudizio 
dovrebbe ora mantenersi circoscritto ai numeri 3 e 4 dell'art. 7, in 
ordine ai quali la precedente ordinanza ha indirizzato il riesame della 
rilevanza. 
La Corte osserva che, in questa seconda fase, la prospettazione, da 
parte del Consiglio di giustizia amministrativa, della legittimit� costituzionale 
dell'art. 7, n. 2, � stata compiuta in base a motivi che sono 
essenzialmente nuovi e diversi da quelli gi� in precedenza dedotti e 
decisi e riguardano ora il sistema organico, sul punto, della legge nelle 
sue varie articolazioni, l'una all'altra connesse. Ed in caso di restituzione 
degli atti al giudice a quo, questi ha potest� piena di riesaminare 
tutte le questioni non decise (sentenza n. 56 del 1960). 

Non sussiste, quindi, la lamentata preclusione. 

D'altra parte, anche con l'ordinanza del pretore di Campobasso, 
che ha dato luogo alla riunione delle cause, si � denunciata l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 7 in ordine a tutti i tre numeri suindicati. 

Il contenuto e l'ampiezza dei giudizi restano, pertanto, chiaramente 
definiti. 

2. -L'ordinanza del pretore di Campobasso prospetta, come primo 
motivo di incostituzionalit�, l'indeterminatezza dei criteri e delle mo

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 671 

alit� della disciplina urbanistica di cui all'art. 7, per cui non potrebbe 

itenersi osservato l'art. 42, commi secondo e terzo, della Costituzione, 

he riserva alla legge di regolare compiutamente l'esercizio di detto 

otere di disciplina. 

La stessa questione, gi� proposta negli stessi termini con la prima 

rdinanza del Consiglio di giustizia amministrativa, � stata esaminata 

.a questa Corte con la sentenza n. 38 del 1966 e dichiarata non fon


.ata, in base a molteplici argomenti che dimostrano la sufficiente in


lividuazione, da parte del legislatore, dei vincoli posti sulla propriet� 

trivata a fini urbanistici e dei relativi controlli posti �a garanzia della 

1ropriet� stessa. 

L'ordinanza non contiene alcun nuovo argomento, valido a con


lurre, sul punto, a decisione della questione, diversa da quella della 

ri� riconosciuta infondatezza, che qui va, conseguentemente, con


I 


ermata. 

3. -Entrambe le ordinanze devolvono. alla Corte altra questione 
I


:os� . puntualizzata: se la mancanza di previsione, nella legge urbani


tica, di un termine finale di effettiva operativit� dei vincoli ricondu


I 


:ibili nell'a�mbito delle disposizioni di un piano regolatore generale e, 

I


iello stesso tempo, l'operativit� immediata, senza il riconoscimento di 
tlcun compenso, dei vincoli imposti dal piano stesso -taluni ordinati I 
11 mantenimento obbligatorio dell'attuale utilizzazione privata o alla 
�ealizzazione obbligatoria di una diversa utilizzazione privata, altri 
>rdinati a future destinazioni concrete, da realizzare attraverso interrenti 
pubblici incerti an e quando, -siano conformi all'art. 42, terzo 

I 
:omma, della Costituzione che condiziona l'assoggettamento a e.Spro;
iriazione della propriet� privata, per motivi d'interesse generale, al.'
attribuzione di un corrispondente indennizzo. 

Cosi delineata la questione, la Corte rileva anzitutto che il sistema, 
;ul punto, della legge n. 1150 del 1942 corrisponde a quanto accennato 
:i.elle ordinanze di rinvio. 

Una volta approvato il piano regolatore generale, questo ha vigore 
:t tempo indeterminato (art. 11). E la .giurisprudenza ha costantemente 
affermato che non soltanto i vincoli indicati nel n. 2 dell'art. 7 (come 
si pu� ricavare dagli artt. 11 e 17) ma altresi quelli indicati nei nn. 3 
e 4 dell'art. 7 sono immediatamente operativi e validi a tempo indeterminato. 


In questo sistema (che la recente legge di modific�a e integrazio1;1i 

n. 765 del 1967 ha �conservato, ribadendo anche l'intervento di misure 
di salvaguardia nelle more di approvazione del piano e dichiarandole 
anzi obbligatorie -art. 3 ultimo comma -) viene a determinarsi 
-salvo per quanto riguarda quei vincoli che sono ordinati al mantenimento 
di destinazioni attuali della propriet� -un distacco tra 
l'operativit� immediata dei vin�oli previsti dal piano regolatore gene

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rale ed il conseguimento del risultato finale. Quest'ultimo, quando 
presupponga trasferimenti di propriet� (e quindi per la generalit� delle 

� 
aree da destinare a opere e usi pubblici), e inoltre quando presupponga 
trasformazioni ad opera dei proprietari, � infatti dilazionato a data 
incerta e imprevista e imprevedibile nel suo verificarsi (quella in cui 
potranno essere eventualmente approvati e attuati i piani particolareggiati). 


Orbene, per nessuno dei riferiti vincoli in relazione alla descritta 
situazione viene, nel sistema della legge, ipotizzato �un indennizzo. 
Vero che, in questo sistema, rientrano talune previsioni di indennizzo. 
Ma, a parte i casi di trasferimento di propriet�, un indennizzo non � 
previsto, fuorch�, a titolo di assoluta eccezione, nell'ipotesi considerata 
dall'art. 25. Quanto poi ai casi di trasferimenti coattivi, la leg.ge, mentre 
pel trasferimento non fissa alcun termine decorrente dall'entrata in 
vigore del piano generale, non contempla alcun indennizzo per il vin


. 
colo di immodificabilit� cui il proprietario � tenuto a sottostare per 
il tempo, illimitato, durante il quale rimarr� in attesa del trasferimento. 
Per contro, quando il trasferimento coattivo abbia poi luogo, 
la propriet� verr� indennizzata � allo stato �, e cio� con riferimento ai 
valori del momento (ci� pel richiamo che l'art. 37 della legge fa alla 
legge generale sulle espropriazioni). 

L'ordinanza del pretore di Campobasso, quale argomento di rincalzo 
per dimostrare la carenza del sistema, indica anche l'art. 30 della 
legge, dove non � previsto per l'attuazione del piano generale alcun 
corredo di piano finanziario, se non per l'ipotesi delle zone di espansione 
di cui all'art. 18, destinate a essere espropriate prima della formazione 
dei piani particolareggiati. 

Il rilievo � esatto. Anzi il citato art. 30 � ora sostituito dall'art. 9 
della legge di modifica n. 765 del 1967 dove l'esigenza del piano finanziario, 
gi� prevista per i soli piani particolare~giati e per le zone di 
espansione, � sostituita con quella di una semplice � relazione di previsione 
di massima delle spese occorrenti per l'acquisizione delle 
aree �. Tutto questo per� nulla aggiunge di decisivo al gi� detto; e anzi 
si inquadra perfettamente in esso. 

4. -Per escludere il dubbio di illegittimit� della legge urbanistica 
nella parte dianzi descritta, prospettata dall'ordinanza del Consiglio di 
giustizia amministrativa, in relazione all'art. 42, terzo comma, della 
Costituzione, la difesa delle parti pubbliche sostiene che detto articolo 
e comma si riferiscono esclusivamente all'ipotesi di una espropriazione 
immediatamente traslativa, cui soltanto corrisponderebbe la garanzia 
di un indennizzo. 
Questa tesi ha gi� formato oggetto di esame della Corte con la 
sentenza n. 6 del 1966. 


PARTE I, SEZ. I, �GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 673 

Premesso che l'istituto della propriet� privata � garantito dalla 
:ostituzione e regolato dalla legge nei modi di acquisto, di godimento 

nei limiti, la Corte ha osservato che tale garanzia � menomata qua>
ra singoli diritti, che all'istituto si ricollegano (naturalmente secondo 
l regime di appartenenza dei beni �onftgurato dalle norme in vigore), 
engano compressi o soppressi senza indennizzo, mediante atti di impoizione 
che, indipendentemente dalla loro forma, conducano tanto ad 
!Ila� traslazione totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuota11ento 
di rilevante entit� ed incisivit� del suo contenuto, pur rima1endo 
intatta l'appartenenza del diritto e la sottoposizione a tutti� gli 
neri, anche fiscali, riguardanti la propriet� fondiaria. Anche tali atti 
�anno considerati di natura espropriativa. 

La Corte ha, peraltro ritenuto che il principio della neces�sit� del'
indennizzo non opera nel caso di disposizioni le quali si riferiscano a 
ntere c�ategorie di beni (e perci� interessino la generalit� dei soggetti), 
ottoponendo in tal modo tutti i beni della categoria senza distinzione 
1d un particolare regime di appartenenza. 

Successivamente alla citata sentenza e conformandosi ai principi 
vi affermati e direttamente o indirettamente richiamati, questa Corte 
ta deciso altre particolari questioni con le sentenze n. 20 e n. 119 
lel 1967. 

Questi motivati concetti di base vanno tenuti presenti e consilerati 
operanti per decidere sulla questione ora proposta. 

Per superare la conseguenzialit� derivante dalla interpretazione 
:ome sopra data dalla Corte al com~a terzo della'rt. 42 della Costi.
uzone, si vorrebbe ricondurre l'esame al comma precedente, sul punto 
n cui � proclamata ed assicurata la funzione sociale della propriet�, 
nediante limitazioni disposte per legge. 

Senza dubbio la garanzia della propriet� privata � condizionata, 
iel sistema della Costituzione, dagli articoli 41 al 44, alla subordina~
ione a fini, dichiarati ora di utilit� sociale, ora di funzione sociale, 
>-ra di equi rapporti sociali, ora di interesse ed utilit� generale. Ci� 
:on maggiore ampiezza e vigore di quanto � stabilito dagli artt. 832 e 
345 del codice civile, i quali, per il contenuto del diritto di propriet� 
tondiaria in particolare,.richiamano, rispettivamente, i limiti e gli obbli~
hi stabiliti � dall'ordinamento giuridico � e le regole particolari per 
;copi di pubblico interesse. 

Ma, pur tutto ci� ammesso e riconosciuto, la questione in esame 
11on si risolve, circoscrivendola nell'ambito del secondo comma dell'art. 
42. 

Secondo i concetti, sempre pi� progredienti, di solidariet� sociale, 
resta �scluso che il diritto di propriet� possa venire inteso come dominio 
assoluto ed illimitato sui beni propri, dovendosi invece ritenerlo 
caratterizzato dall'attitudine di essere sottoposto nel suo contenuto, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ad un regime che la Costituzione lascia al legislatore di determinare. 
Nel determinare tale regime, il legislatore pu� persino escludere la 
propriet� privata di certe .categorie di beni, come pure pu� imporre, 
sempre per categorie di beni, talune limitazioni in via generale, ovvero 
autorizzare imposizioni a titolo ;particolare, con diversa gradazione e 
pi� o meno accentuata restrizione delle facolt� di godimento e di disposizione. 
Ma tali imposizioni a tLtolo particolare non possono mai eccedere, 
senza indennizzo, quella portata, al di l� della quale il sacrificio 
imposto venga a incidere sul bene, oltre ci� che � connaturale al diritto 
dominicale, quale viene riconosciuto nell'attuale momento storico. Al 
di l� di tale confine, essa assume carattere espropriativo. 

I commi secondo e terzo dell'art. 42 (e quest'ultimo come gi� 
interpretato dalla Corte) vanno insieme considerati e �coordinati, per 
ricavarne, -alla stregua di quello che, in base all'ordinamento giuridico 
attuale, rappresenta il vigente, concreto regime di appartenenza 
dei beni (art. 42, secondo comma) -l'identificazione dei casi, nei 
quali, incidendo essi negativamente, a titolo individuale, sulla propriet� 
riconosciuta secondo il regime stesso, occorre far luogo all'indennizzo 
(art. 42, terzo comma). 

5. -Secondo il regime di appartenenza, quale risulta dalla vigente 
legislazione, e dalla stessa legislazione urbanistica, i beni immobili che 
ricadono nella sfera d'applicazione di quest'ultima, continuano ad essere 
considerati, in via di principio ed in �conformit� della tradizione, di 
pertinenza del proprietario, con gli attributi inerenti alla loro possibilit� 
di utilizzazione. Come � stato posto in evidenza al n. 3, � la 
stessa vigente legge urbanistica a considerare inerente esclusivamente 
alla propriet� ogni attributo dell'immobile: non altrimenti dai proprietari 
non assoggettati da quella legge ad alcun vincolo, anche i proprietari 
che vengono a subire un trasferimento coattivo conseguono il 
valore venale attuale dei beni (art. 37). 
Per evitare lo sconfinato arbitrio del singolo e disciplinarne l'esercizio 
del diritto, e per dare un ordine e un'armonia allo sviluppo dei 
centri abitati, la propriet� in questione � tuttavia sottoposta ad alcuni 
limiti, in relazione alla funzione sociale propria di essa. Tra questi 
limiti vanno senz'altro ritenuti legittimi, prima di tutto, perch� compatibili 
con l'anzidetto sistema, quelli che possono esser .considerati connessi 
e connaturali a detta propriet�, in quanto hanno per scopo una 
disciplina dell'edilizia urbana nei suoi molteplici� aspetti (inerenti all'intensit� 
estensiva e volumetrica, alla localizzazione, al decoro e simili), 
quali questa Corte ha gi� avuto occasione di indicare con la sentenza 

n. 38 del 1966 emessa nella ;prima fase di questo giudizio. In questo 
senso e con questo significato, la Corte, fin dalla sentenza n. 64 del 1963, 
con riferimento alla legge urbanistica ed all'art. 42 secondo comma 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 675 

lella Costituzione, ha, appunto perci�, riconosciuta legittima costituionalmente 
l'imposizione di siffatti limiti. 

Tra i limiti legittimi, in quanto connaturali alle anzidette esigenze 
e storicamente tramandati), deve farsi rientrare anche l'assoggettariento 
a vincolo di immodificabilit� per la limitata durata (purch� 
agionevole) dei piani particolareggiati, di quelle aree che i piani stessi 
lestinano al trasferimento in vista delle programmate trasformazioni 

� diverse utilizzazioni. E ci� in considerazione della particolare natura 
� funzione dei piani stessi. 
Peraltro, la questione che ora la Corte � chiamata a decidere � 
li diversa portata: cio�, se sia costituzionalmente legittimo sottrarre 
.d indennizzo, fin dal momento in cui intervenga, l'imposizione, in 
ede di piano regolatore generale, di vincoli urbanistici immediatariente 
operanti, quando, ben pi� che disciplinare (come quei vincoli di 
ui or ora si � parlato) le modalit� di utilizzazione della propriet�, 

� limitarne l'impiego per il tempo normalmente necessario a una 
�rossima diversa utilizzazione previo passaggio ad altre mani (come 
' proprio dei piani particolareggiati), comprimano a titolo particolare 
a propriet� in modo rilevante. In altre parole, � da accertare se il 
ottrarre senza un indennizzo gli immobili, quando essi siano da coniderarsi 
edificabili in base all'ordinamento vigente nel momento in 
ui il vincolo intervenga, alla pos.<;ibilit� di utilizzazione rappresentata 
lalla destinazione (che peraltro, a seconda dei casi, pu� essere inteniva 
o meno intensiva, od estensiva, o addirittura rada) a nuove 
'ostruzioni o comunque ad altri proficui impieghi di ordine urbanistico, 
ia o meno costituzionalmente legittimo. 
Tale questione presenta due aspetti, l'uno all'altro connesso. L'uno 
iguarda l'indennizzabilit�, l'altro il tempo dell'indennizzo. 

Sotto il primo aspetto, la questione, in via di principio, non pu� 
~ssere risolta che in conformit� della gi� richiamata giurisprudenza di 
1uesta Corte, in base alla quale ogni incisione operata a titolo indiviluale 
sul godimento del singolo bene, la quale penetri al di l� di 
1uei limiti che la legislazione stessa abbia configurato in via generale 
ai sensi dell'art. 42, secondo comma, Cost.) come propri di tale godinento 
in relazione alla categoria dei beni di cui trattisi, e annulli o 
liminuisca notevolmente il valore di scambio, deve essere indenniZ:
ato. L'interesse del privato � subordinato all'interesse generale della 
:ollettivit� per quanto riguarda la sottoposizione a siffatti vincoli: 
10n per quanto riguarda le pi� gravi conseguenze economiche che 
ie derivano sul patrimonio, non di tutti in egual modo e misura, ma 
li alcuni soltanto dei componenti la collettivit� destinataria della legge. 
)e, come si � pi� sopra ricordato, la legge urbanistica prevede l'inden1izzo 
secondo il valore venale per gli immobili dei quali viene imposto 
1 trasferimento per finalit� urbanistica -con ci� stesso dando una 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

certa configurazione alla propriet� urbana dei singoli -, � evidente 
il contrasto di ci� col mancato indennizzo delle diminuzioni imposte 
per la medesima finalit� alla propriet� privata senza operare un trasferimento, 
ovvero in attesa di operare un trasferimento incerto nel � se � 

o nel � quando �. 
Sotto il secondo aspetto, la risoluzione della questione si collega 
alla prima e ne dipende, nel senso che, una volta riconosciuto il diritto 
ad un indennizzo, questo dev'essere razionalmente riferito a punti cronologici 
di operativit�, senza creare vuoti che dis~iungano illimitatamente 
la sottomissione immediata del bene dal compenso per la sua 
perdita, effettiva o virtuale, dilazionando, solo per ci� che riguarda 
l'onere cui l'Amministrazione � tenuta, l'efficacia dell'atto impositivo. 

Questa Corte, con sentenza n. 90 del 1966, ,con riferimento alla 
legge regionale siciliana n. 20 del 1951 autorizzativa di espropriazione 
di aree per consentire la costruzione del palazzo della Regione, ne ha 
ravvisato l'illegittimit�, appunto per non essersi fissato alcun termine 
per il compimento della procedura espropriativa, mentre (ha osservato 
testualmente la, sentenza) i tempi delle espropriazioni e realizzazioni 
rappresentano, nel sistema, una garanzia essenziale. 

6. -A questi principi di base va rapportato l'esame di costituzionalit� 
delle norme denunciate. 
�, anzitutto, da rilevare, per trarne una prima conseguenza, 
che, mentre i numeri 3, 4 dell'art. 7 contengono un riferimento a ben 
determinate indicazioni essenziali che debbono essere contenute in 
un piano regolatore generale, il numero 2, pur integrandosi nel sistema, 
mantiene una certa latitudine di contorni per quanto riguarda 
l'ambito della categoria dei �vincoli di zona da osservare nell'edificazione�, 
specie se confrontato con l'art. 25 che parla genericamente 
di � vincoli di zona � distinguendoli dalle limitazioni relative all'allineamento 
edilizio. 

Ai fini del giudizio di costituzionalit�, non spetta, tuttavia, alla 
Corte, in ,via interpretativa della norma dell'art. 7 n. 2, verificarne, 
col contenuto, i precisi confini di operativit�. Rappresenta un punto 
fermo il concetto che non possono farsi rientrare nelle fattispecie 
espropriative le limitazioni del genere di quelle' ammesse senza indennizzo 
dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, e, quindi, tra 
l'altro, quelle che fissano gli indici di fabbricabilit� delle singole 
propriet� immobiliari, anche quando tali indici possono assumere 
valori particolarmente bassi (come nel caso di edilizia urbana estensiva 
e persino rada, del tipo di costruzioni circondate da ampi e predominanti 
spazi verdi). Pur essendo imposte nei confronti di singoli 
beni, tali limitazioni sono da considerare, infatti, operate ,sulla base 
di quel carattere tradizionale e connaturale delle aree urbane, basato 
su quelle esigenze di ordine ed euritmia nell'edilizia di cui si � detto. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 677 

A parte l'anzidetto punto fermo, spetta per� agli o~gani di giurisdizione 
ordinaria desumere dalla casistica delle imposizioni, riferite 

a. fattispecie variabili con la variabilit� dei casi concreti, la rispettiva 
inserzione nella categoria dei vincoli di zona contemplati nell'anzidetto 
n. 2 ovvero in una delle altre categorie, indicate nelle diverse 
numerazioni di cui l'art. 7 si compone. 
Quello che � invece necessario e sufficiente qui rilevare � che 
l'art. 7 contempla, nella sua articolata formulazione, un complesso di 
imposizioni, immediatamente operative, tutte collegate dal fine della 
legge (art. 1) di dare assetto ai centri abitati: tra le quali imposizioni 
sono sicuramente comprese, sia ipotesi di vincoli temporanei (ma di 
durata illimitata), preordinati al successivo (ma incerto) trasferimento 
del bene per ragioni 'di interesse generale, sia ipotesi di vincoli 
che, pur consentendo la conservazione della titolarit� del bene, sono 
tuttavia destinati a operare immediatamente una definitiva incisione 
profonda, al di l� dei limiti connaturali, sulla facolt� di �utilizzabilit� 
sussistenti al momento dell'imposizione. Tutto ci� senza la previsione 
di indennizzo, ed anzi, nel senso che si � detto, con una previsione 
del contrario (art. 40), tanto nel caso di vincoli di durata, predisposti 
Ln correlazione a trasferimenti di propriet� differenti (ma incerti an 
e quando), quanto nel caso di vincoli immediatamente definitivi inerenti 
a propriet� non destinate a esser trasferite. E, una volta riconogciuta 
la carenza della previsione leg~slativa, nemmeno spetta alla 
Corte .procedere in questa sede all'esame delle modalit� con cui 
all'indennizzo dovrebbe e potrebbe in simili casi p,rovvedersi, in special 
modo con riguardo all'ipotesi di vincoli temporanei preordinati 
a successivi trasferimenti di propriet�. � certo per� che la legislazione 
gi� conosce in materia appropriati strumenti. 

Da tutto ci� consegue la dichiarazione di illegittimit�, per contraddizione 
con l'art. 42, comma terzo, della Costituzione, delle norme 
denunciate, limitatamente alla parte in cui consentono, senza indennizzo, 
limitazioni temporanee o definitive a diritti reali, di contenuto 
espropriativo e immediatamente operative. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -4. -Nel merito la Corte rileva che i beni immobili 
::i.ualificati di bellezza naturale hanno valore paesistico .per una circostanza 
che dipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione 
in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit� indicate dalla 
legge. Costituiscono cio� una categoria che. originariamente � di inte~ 
resse pubblico, e l'amministrazione, operando nei modi descritti dalla 
legge rispetto ai beni che la compongono, non ne modifica la situa



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle concrete sue 
qualit� alla prescrizione normativa. Individua il bene che essenzialmente 
� soggetto al controllo amministrativo del suo uso, in modo 
che si fissi in �esso il contrassegno giuridico espresso dalla sua natura 
e il bene assuma l'indice che ne rivela all'esterno le qualit�; e in 
modo che sia specificata la maniera di' incidenza di tali qualit� sull'uso 
del bene medesimo. 

L'atto amministrativo svolge, vale a dire, una funzione che � 
correlativa ai caratteri propri dei beni naturalmente paesistici e perci� 
non � accostabile ad un atto espropriativo: non pone in moto, vale 
a dire, la garanzia di indennizzo apprestata dall'art. 42, terzo comma, 
della Costituzione. Espropriazione presupposta in questo articolo non 
v'�, come mostra di credere la provincia di Bolzano, soltanto quando 
v'� coattivo trasferimento ad un soggetto legittimato a dare un'ulteriore 
destinazione ad un bene nell'interesse pubblico, ma v'� in ogni 
caso in cui si autorizza la pubblica amministrazione ad incidere un 
diritto relativo a quel bene, sottraendone il godimento, in tutto o in 
parte, al suo titolare (sentenza 19 gennaio 1966, n. 6); cio� v'� espropriazione 
pure in ogni caso in cui la menomazione del diritto sia 
l'effetto dell'esercizio della :potest� amministrativa di ridurre l'uso 
di un bene originariamente a godimento integrale, cos� da restringerne 
il contenuto essenziale, oltre che nel caso di trasferimento in mano 
pubblica della disponibilit� di un bene per la realizzazione di un 
pubblico interesse. E infatti non si � mai dubitato che espropriazione 
per pubblico interesse vi sia nell'imposizione di una servit�, il cui 
esercizio non implica compimento di un'attivit� �di risultato da parte 
della pubblica amministrazione. 

Nell'ipotesi di vincolo paesistico su beni che hanno il �carattere 
di bellezza naturale, la pubblica amministrazione, dichiarando i.in bene 
di pubblico interesse o includendolo in un elenco, non fa che esercitare 
una potest� che le � attribuita dallo stesso regime di .godimento 
di quel bene, cos� che le sia consentito di �confrontare il modp di 
esercizio di alcune facolt� inerenti a quel godimento con l'esigenza. 
di conservare le qualit� che il bene ha connaturali secondo il regime 
che gli � proprio e di prescrivere adempimenti coordinati e correlativi 
a tali esigenze. L'amministrazione pu� anche proibire in modo 
assoluto di edificare sulle aree vincolate che siano considerate fabbricabili 
(art. 15 secondo �comma). Ma, in tal caso, essa non comprime 
il diritto sull'area, perch� questo diritto � nato con il corrispondente 
limite e con quel limite vive; n� aggiunge al bene qualit� di pubblico 
interesse non indicate dalla sua indole e acquistate per la sola forza 
di un atto amministrativo discrezionale, com'� nel caso dell'espropriazione 
considerata nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sacrifi



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 679 

:ando una situazione patrimoniale per un interesse pubblico che vi 
;ta fuori e vi si contrappone (sentenza 9 marzo 1967, n. 20). 

Che non vi sia .garanzia costituzionale di un indennizzo per la 
.imitazione implicata dall'indole del bene non � tanto, nella specie, 
.'effetto di una prevalenza dell'art. 9 della Costituzione sul succes�sivo 
1rt. 42, terzo comma, come sostiene la provincia, ma deriva dall'esiere 
il regime paesistico dei diritti immobiliari del tutto estraneo alla 
nateria dell'espropriazione per pubblico interesse quando corrisponde 
1lle caratteristiche interiori di ci� che � oggetto di quei diritti, e dal 
:ostituire tale regime un complesso normativo che determina il modo 
ii essere e di godere dei diritti stessi, legittimato dall'art. 42, secondo 
:omma, della Costituzione. 

5. -Le ragioni esposte escludono perci� consistenza al dubbio sol.
evato nell'ordinanza che ha promosco questo giudizio. 
Gi� nella citata sentenza 19 .gennaio 1966, n. 6, la Corte ha rilernto 
� che la legge pu� non disporre indennizzi quando i modi e i 
.im.iti che essa segna ai diritti reali attengono in maniera obiettiva, 
~ispetto alla generalit� dei soggetti, al regime di appartenenza o ai 
nodi di godimento dei beni in .generale o di intere categorie di beni, 
>Vvero quando essa regola la situazione che i beni stessi abbiano 
1spetto a beni o ad interessi della pubblica amministrazione; nel 
;iuale caso la legge imprime, per cos� dire, un certo carattere a deterninate 
categorie di beni, identificabili a priori per caratteristiche in;
rinseche, salva la possibilit� di accertare, con atti amministrativi di 
lestinazione ~ndividuale, l'esistenza delle situazioni presupposte ri;
petto a singoli soggetti e a singoli beni. Solo per le imposizioni che 
~omportano un sacrificio riguardo a beni che non si trovino nella 
;.ituazione suddetta sorge, secondo la predetta sentenza, il problema 
iell'indennizzabilit�; e i beni che formano il patrimonio paesistico 
lella comunit� costituiscono essi stessi una categoria a contorni certi, 
iato il carattere tecnico del giudizio che la pubblica amministrazione 
~ chiamata ad emettere per delinearla in concreto, e che � suscettiJile 
di sindacato giurisdizionale. 

L'altra citata sentenza del 9 marzo 1967, n. 20, a proposito del 
;>otere statale di dare in concessione le cave che non siano coltivate 
ial proprietario del fondo, ha affermato che, nella strnttura del dicitto 
di quest'ultimo su quei beni, si inseriscono limiti impressi dalla 
loro rilevanza pubblica, che lo caratterizzano nella loro giuridica es;
enza, cosicch� la possibilit� di avocare alla mano pubblica la singola 
~ava quando il proprietario del fondo non la utilizza nell'interesse ge!
lerale, � sviluppo naturale e normale del rapporto da cui il diritto 
lel privato trae origine, e non induce acquisizione di un valore da 
parte dello Stato n� implica obbltgo di un indennizzo: fatte le debite 


680 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

differenze, anche per i beni che costituiscono patrimonio paesistico, le 
limitazioni al loro godimento che derivano dalla dichiarazione di pubblico 
interesse o dalla iscrizione negli elenchi svolgono il limite connesso 
al regime di quei beni come categoria, per la loro inerenza ad un 
interesse della comunit�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 59 -Pres. Sandulli 
Rel. De Marco -Peaquin Romano (n. c.) c. Personettaz Arlina e 
Regione autonoma della Valle d'Aosta. 

Valle d'Aosta -Consi~lio Re~ionale -Funzioni relative al contenzioso 

elettorale -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 108, I. 5 agosto 1962 n. 1257, artt. 21 a 27). 

Poich� i ricorsi in materia eiettorale al Consiglio Reg.ionale della 
Valle d'Aosta, previsti dagLi artt. 21, 26 e 29 deLia legge 5 agosto 1962, 

n. 1257, hanno carattere amministrativo e non giurisdizionaLe, � infondata 
la questione di costituzionalit� degli artt. da 21 a 27 di detta legge 
in riferimento all'art. 108 della Costituzione (1). 
(Omissis). -1. -L'ordinanza di rinvio � fondata sul presupposto 
che le attribuzioni, in materia di contenzioso elettorale, �conferite al 
Consiglio regionale della Valle d'Aosta dagli artt. 21 e 26 della legge 
5 agosto 1962, n. 1257, abbiano carattere giurisdiziona:i.e. L'esistenza 
di tale presupposto non � stata, peraltro, autonomamente motivata, ma 
� stata desunta dalle considerazioni, contenute nella sentenza di questa 
Corte 27 dicembre 1965, n. 93, riguardante le analoghe attribuzioni 
dei Consigli comunali e provinciali. 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza 8 luglio 1966 della 
Corte di Appello di Torino (Gazzetta Ufficiale, 29 ottobre 1966, n. 271). 
La Corte d'Appello di Torino ha sollevato la questione di legittimit� 
costituzionale sul presupposto che le attribuzioni, in materia di contenzioso 
elettorale, conferite al Consiglio Regionale della Valle d'Aosta abbiano 
carattere giurisdizionale. Tale presupposto non ha per� costituito oggetto 

�di .particolare disamina e motivazione nell'ordinanza di rinvio ma � stato 
desunto -come � detto anche nella motivazione della sentenza in rassegna 
-dalle considerazioni contenute in altre sentenze della Corte Costituzionale 
concernenti le analoghe attribuzioni dei Consigli Comunali e 
Provinciali. 

Come � noto, la Corte Costituzionale, in contrasto con la prevalente 
dottrina, ebbe ad affermare la natura giurisdizionale delle funzioni esercitate 
dai Consigli comunali e ;provinciali in tema di contenzioso elettorale 
(sentenza 11 luglio 1961, nn. 42, 43 e 44, Giur. it., 1961, I, 1, 1246 e segg.) rico



PARTE l, SEZ. l, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 681 

2. -Essenziale, ai fini del giudizio, �, pertanto, l'accertamento dell 
!

'esattezza di quel presupposto. 
In effetti, per quanto riguarda le attribuzioni dei Consigli comu1ali 
e provinciali, in materia di contenzioso elettorale, la giurispru


1 
lenza sia dell'autorit� giudiziaria ordinaria, sia degli organi giurisdi:
ionali amministrativi, anteriormente alla soppressione, avvenuta nel I 

l 

l925-26, dei detti organi, si era orientata nel senso di riconoscerne il I 
:arattere giurisdizionale. I 
Tale orientamento � stato, poi, confermato anche dopo il ripri-l 
1tino degli ordinamenti democratici. 

I 

Dopo l'entrata in vigore della Costituzione, poi, non potendosi 
iisconoscere che, in quanto investiti di quelle attribuzioni, i Consigli 

I

:omunali e provinciali costituissero organi speciali di giurisdizione, 
:ome tali non ammessi dall'art. 102 della Costituzione, se ne � .giusti'
icata la persistenza in vita, in base alla VI disposizione transitoria. 

I 

A . tale giurisprudenza, in sostanza, ebbe ad aderire questa Corte, 
10n sol.tanto con la decisione n. 93 del 1965, richiamata con l'ordi1anza 
di rinvio, ma, soprattutto, con quella del 3 luglio 1961, n. 42, 
:he aveva affrontato espressamente il problema. 
Ai fini del presente giudizio basta ricordare che la Corte pervenne 
1 tale soluzione, affermando che traesse conferma, oltre che dalla traiizione 
quasi secolare, dal sistema adottato ,nelle varie disposizioni 
.egislative, che, fino a quelle vigenti, sono state emanate per le ele:
ioni comunali e provinciali. 

Seguendo questo precedente, il giudice di rinvio, prima di affernare, 
sic et simpUcite.r, l'estensione al Consiglio regionale della Valle 
i'Aosta dei principi elaborati dalla giurisprudenza, anche costituzio1ale, 
con riferimento ai Consigli comunali e provinciali, avrebbe do


ioscendone la legittimit� costituzionale con riferimento la divieto di isUtu:
ione di giurisdizioni speciali (sent. 22 novembre 1962, n. 92, in questa 
'tassegna, I, 134, con nota di GuGLIELMI). 

All'indagine costituzionale, in riferimento all'art. 108 della Costituzione, 
ia resi'Stito il ricorso di .cui all'art. 75 del t. u. 16 maggio 1960, n. 570 sotto 
1 profilo che i Consigli Comunali e Provinciali giudicano non su una con;
rapposizione di interessi ma sulla legittimit� della propria ct>mposizione, 
londe il carattere amministrativo dell'eventuale reclamo. In relazione alla 
nedesima norma costituzionale, non hanno inve�e superato il giudizio di 
.egittimit� gli artt. 82 e 83 dello stesso t. u;, in quanto la Corte Costituzio1ale 
(sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, in questa Rassegna, 1965, I, 1112) ha 
~ibadito il carattere ,giurisdizionale dei ricorsi di cui ai citati articoM ed ha 
1ffermato che i Consigli comunali e provinciali non possono assolvere alla 
:unzione giU!risdizionale perch� carenti dei requisiti di indipendenza e 
mparzialit� (sull'attivit� dei Consigli comunali e provinciali in sede di 
~ontenzioso elettorale: Juso, n contenzioso elettorale amministrativo, 1959; 
POTOTSCHNIC, Giur. cost., 1961, 1161, e 1965, 1291; PIZZORUSSO, Giur. it., 1961, 


682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vuto accertare se vi fosse, se non proprio una identit�, almeno una 
stretta analogia di situazione. 

A tale accertamento deve procedersi, dunque, in questa sede. 

3. -Gli articoli da 21 a 33 della legge 5 agosto 1962, n. 1257, 
disciplinano un sistema organico di impugnathl'e, espressamente distinte 
in due categorie: ricorsi amministrativi e ricorsi giurisdizionali, 
i primi attribUiti alla competenza del Consiglio regionale, gli altri, 
rispettivamente, alla Corte d'al}pello di Torino, se concernono la materia 
di eleggibilit�, al Consiglio di Stato, se concernono la materia 
delle operazioni elettorali. Dato che le singole norme disciplinanti 
i ricorsi al Consiglio regionale, a parte la espressa definizione di � ricorso 
amministrativo ., sono redatte in termini presso che identic.i a 
quelli delle norme relative ai ricorsi ai Consigli comunali e provinciali, 
potrebbe sorgere il dubbio che la definizione � amministrativo � non 
corrisponda alla sostanza, cosicch� rimarrebbe fermo il carattere giurisdizionale, 
riconosciuto tradizionalmente a questa ultima categoria 
di ricorsi. 
Ma un siffatto dubbio non risulta fondato. 

Dai lavori preparatori della legge in questione (Relazione della 
I Commissione permanente della Camera dei Deputati dell'8 marzo 
1961) risulta chiaramente il proposito di tenere separata l,ma fase meramente 
amministrativa ed una fase .giurisdizionale, nel contenzioso 
elettorale. Non solo, ma a meglio dimostrare quale sia l'indirizzo del 
Legislatore, vale il fatto che anche la pi� recente legge 3 febbraio 
1964, n. 3, sulla elezione del Consiglio re.gionale del Friuli-Venezia 
Giulia, nel disciplinare il contenzioso, qualifica come � amministrativi 
� i ricorsi in materia elettorale al Consiglio regionale (artt. 32, 
37, 40). 

I, 1; 1247 e 1962, I, 1, 1301; M. S. GIANNINI, Giur. cost., 1963, 50; V. CAIANELLO, 
Foro it., 1965, III, 425 con molti richiami). 

La Corte Costituzionale, con la sentenza annotata ha escluso che i ri


corsi di cui agli artt. 21, 26 e 29 della legge 5 agosto 1962 n. 1257, abbiano 

natura giurisdizionale, in quanto la detta legge statuendo su un sistema 

organico di impugnative, distingue due categorie: ricorsi amministrativi, 

attribuiti alla competenza del Consiglio regionale; e ricorsi giurisdizionali, 

attribuiti alla Corte d'Appello di Torino, in materia di eleggibilit�, e al 

Consiglio di Stato, in materia di operazioni elettocali. 

La Corte ha affermato la natura amministrativa dei ricorsi, riferendosi 

non solo alla dizione letterale della legge in questione e di quella (3 feb


braio 1964, n. 3) sull'elezione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia 

Giulia (con ci� espressamente ammettendo che anche i ricorsi attribuiti alla 

competenza di quest'ultimo Consiglio regionale sono amministrativi), ma 

esaminando se la definizione � amministrativo � corrisponda alla sostanza 

del ricorso. Sotto tale profilo, la Corte ha dichiarato che non muta il carat


tere amministrativo del ricorso n� la natura contenziosa del procedimento 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 683 

Indirizzo reso necessario dalla considerazione che, come i Con;
igli regionali sono organi nuovi rispetto all'ordinamento, vigente il 
iuale ed in riferimento al qmtle, si � formata e riaffermata la giuri;
prudenza che ritiene la giurisdizionalit�, nuovo sarebbe anche il con:
erimento ad essi di attribuzioni giurisdizionali, con la conseguenza 
:he sarebbe stato violato l'art. 102 della Costituzione, non essendo invocabile, 
data la novit�, la VI disposizione transitoria. 

Obbiettivamente considerate, poi, le norme in questione non pre;
entano alcun aspetto, che contrasti con la definizione di � amministra;
ivo � data al ricorso al Consiglio regionale da esse preveduto. 

In particolare, per quanto riguarda il contraddittorio, tale normativa 
non si �discosta in nulla da quella instaurata, per il ricorso gerar:
hico, dall'art. 5 del t. u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 
1934, n. 383. 

Ed altrettanto dicasi per le dispo.sizioni (art. 21, comma secondo, 
e 26, comma secondo) che ammettono la immediata proponibilit� del 
ricorso giurisdizionale quando il Consiglio regionale non provvede 
entro un certo termine sul ricorso ad esso proposto : anche se, con la 
pi� autorevole dottrina, si escluda che ci si trovi in presenza di casi 
di impugnativa di silenzio rifiuto o di silenzio rigetto, non pu� negarsi, 
che, di fronte all'inerzia dell'organo tenuto a pronunciarsi, si produce 
l'effetto dell'ammissione del ricorso in via giurisdizionale. 

4. -In 'base alle considerazioni che precedono si deve concludere, 
che, in coincidenza con la definizione ad essi data dalla legge, i ricorsi 
al Consiglio regionale della Valle d'Aosta, preveduti dagli artt. 21, 26 
e 29 della legge 5 agosto 1962, n. 1257, hanno carattere amministrativo 
e non giurisdizionale. 
In conseguenza la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 
da 21 a 27 di detta legge, in riferimento all'art. 108 della Costituzione, 
risulta non fondata. -(Omissis). 

n� la possibilit� di avvalersi del ricorso giUTisdizionale quando il Consiglio 
regionale non provveda entro un certo termine sul ricorso ad esso proposto. 

Mentre tali argomentazioni sono veramente ineccepibili, ci sia consentito 
rilevare che pari pregio non pu� annettersi all'altra argomentazione 
svolta in sentenza secondo cui la necessit� di configurare come amministrativi 
i ricorsi al Consiglio regional,e discende dalla impossibilit� di conferire 
attribuzioni giurisdizionali allo stesso Consiglio per il divieto posto dall'art. 
102 della Costituzione. Cosi prospettato il problema di fondo viene 
ad essere eluso. Non si tratta, infatti, di riguardare la costituzionalit� delle 
norme sottoposte a giudizio in relazione all'indirizzo che il legislatore 
avrebbe dovuto tenere ma si tratta di stabilire se il legislatore, dettando le 
dette norme, in s� considerate, abbia osservato le disposizioni costituzionali. 
Ci� che, invero, la Corte ha anche fatto con quella parte della motivazione 
alla quale pi� sopra abbiamo accennato. 

R. CANANZI 

684 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 60 -Pres. Sandulli -
Rel. Mortati -Bruno (n. c.) c. Rustico (n. c.); Adragna (n. c.) c. 
Zirro ed altri (n. c.); Patern� (avv. Torrisi) c. Puglisi (avv. Stella); 
Di Giovanni (n. c.) c. lmpellizz.eri; Adragna (n. c.) c. Chiaramonte 
ed altri (n. c.); Consiglio e Carpinteri (avv. Torrisi) c. Musco ed 
altri (avv. Stella); interv. Presidente Regione Siciliana (avv. Orlando 
e Sost. avv. gen. dello Stato Guglielmi). 

Contratti agrari -Legge regionale siciliana 16 marzo 1964, n. 4 -QuestiOne 
infondata di costituzionalit�. 

(St. spec. Reg. sic., art. 14, lett. a); I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4). 

Contratti agr�ri -Legge regione siciliana 3 giugno 1966, n. 13 -Questione 
infondata di costituzionalit�. 

(St. spec. Reg. sic., art. 14, lett. a); 1. 15 settembre 1964, n. 756; I. Reg. sic. 
3 giugno 1966, n. 13). 

Contratti agrari -Legge regionale siciliana -Questione infondata di 
costituzionalit�. 

(Cost., artt. 3, 39, 41, 42, 44, 116 e 117; I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4). 

Contratti agrari -Legge regionale siciliana -Ripartizione dei prodotti Questione 
infondata di costituzionalit�. 

(Cost., art. 3; I. Reg. sic. 16 marzo 1964, n. 4, art. 4, 2� comma). 

Non � in contrasto con l'art. 14, lett. a) deUa legge costituzionale 

n. 2 del 1948 (conversione in legge delLo Statuto della Regione Siciliana) 
la legge regionale 16 marzo .1964, n. 4, in quanto, pur disciplinando 
ma.teria relativa a rapporti di diritto privato (contratti agrari), 
presenta i requisiti della tempor<aneit� ed eccezionalit� (1). 
(1-4) Le questioni sono state proposte con le seguenti ordinanze: 27 ottobre 
1966 del Pretore di Noto (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 1967, n. 25); 
16 gennaio 1967 del Pretore di Mazara del Vallo (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 
1967, n. 51); 28 novemb:re 1966 del Pretore di Lentini (Gazzetta Ufficiale 
8 aprile 1967, n. 89); 3 marzo 1967 del giudice conciliatore di Alcamo 

(Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1967, n. 132); 2 aprile 1967 del Pretore di 
Partanna (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 1967, n. 282); 25 settembre 1967 
del Tribunale di Siracusa (Gazzetta Ufficiale 24 febbraio 1968, n. 50). 

La Corte ha affermato sempre che l'interv�ento legislativo della Regione 
in materia di rapporti intersubiettivi � legittimato soltanto dalla sussistenza 
degli estremi della �temporaneit�� ed �eccezionalit�� (24 gennaio 1957, 

n. 35 e 36; 27 giugno 1957, n. 109; 24 gennaio 1958, n. 6; 10 aprile 1962, n. 34; 
I 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 685 

La legge regicmale siciLiana 16 marzo 1964, n. 4, ha conservato 
fficacia anche dopo l'entrata in vigore (7 ottobre 1964) della legge 
tatale 15 settembre 1964, n. 756, in virt� dell'art. 15 di tale ultima 
egge e non della legge regionale siciliana 3 giugno 1966, n. 13, la quale 
.on ha portato alcun mutamento in ordine alla situazione normativa 
ri tema di contratti agrari, avendo avuto esctusiv.amente carattere dihiarativo 
di effetti gi� verificatisi all'infuori di essa e ad essa in nesun 
modo collegati (2). 

La legge regionale siciliana 16 marzo 1964, n. 4, non contrasta 
on gli articoli 39, 41, 42, 44, 116 e 117 della Costituzioine (3). 

� infondata la questione di costituzionalit� in riferimento all'art. 3 
:ella Costituzione, dell'art. 4, secondo comma, della legge regionale 
iciLiana 16 marzo 1964, n. 4, che stabilisce, per i rapporti di colonia 
elativi a coUure arboree od arbustive, oltre all'aumento del 5% della 
1uo>ta pattuita a favore del colono, l'obbligo di determinare in ogni 
aso quest'ultima in una misura non inferiore al 50 % dell'intera pro:
uzione (4). 

�. Relazione Avv. Stato, vol. I, I giudizi di costituzionalit�, 1961-65, 322 
egg.). 
Nella motivazione della sentenza si legge ,in piena aderenza a quanto 
ostenuto dall'Avvocatura, che le norme della legge regionale n. 4 del 1964, 

o. quanto contenenti disposizioni pi� favorevoli al mezzadro, avrebbero, 
omunque, mantenuto efficacia anche dopo l'entrata in vigore della legge 
tatale 756/1964, pur in mancanza dell'art. 15 di tale ultima legge, in virt� 
~ell'art. 1 della stessa legge statale, il quale fa salvi i rapporti derivanti da 
ontratti collettivi o da norm:e consuetudinarie sempre che dispongano in 
11odo pi� favorevole per il colono. La Corte ha argomentato che, a -causa 
!ella mancata applicazione dell'art. 39 della Costituzione (sentenza n. 106 
lel 19 dicembre 1962, nel citato volume: I giudizi di costituzionalit�, 
961-65, 242 segg.) pu� attribuirsi alla disciplina regionale dei rapporti di 
olonia parziaria, in quanto ispirata a maggior favore per i coloni, efficacia 
quiparabile a quella delle altre fonti menzionate nell'art. 1. 
Sulla interpretazione degli articoli 41, 42 �e 44 della Costituzione cfr. 
~orte Cost., sentenze nn. 7 del 1956; 35, 36 e 10 del 1957; 7, 8, 34 e 53 del 

962. 
Sulla questione di cui all'ultima massima, la Corte ha sostanzialmente 
.ccolto la �tesi dell'Avvocatul'a, secondo la quale, l'art. 4 della legge regiotale, 
lungi dal violare, il precetto dettato dall'art. 3 della Costituzione, ne 
a appicazione elevando per tutti i compartecipanti il limite minimo al 50 % 
~d eliminando cosi una ingiustificata disparit� di trattamento fra i comparecipanti 
peggio trattati rispetto a quelli meglio trattati. 

L'aumento percentuale della quota � uguale per tutti (5 % ) purch� la 
1uota precedentemente fissata, aumentata di questa percentuale, non sia 
nferiore e quel 50 % che il legislatore, nell'esercizio del suo potere discreJonale, 
ritiene sia il minimo consentito dall'esigenza di ridurre ad equit� il 
ontratto e di tutelare la dignit� del lavoro umano. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 61 -Pre's. Sandulli -
Rel. Trimarchi -Di Dio ed altri (n. c.) c. Banca Nazionale del 
Lavoro (avv. Cosenza) -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Agr�). 

Credito fondiario -Espropriazione -Successori a titolo universale e 

particolare del mutuatario -llle~ittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., art. 24, 2� comma; r. d. 16 luglio 1905, n. 646, art. 20, 4� e 5� comma). 

In riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, � 
infondata la questione di legittimit� cosmtuZ!iornale dell'art. 20, quarto 
e quinto comma, del t. u. delie leggi sul credito fondiario, in virt� del 
quale l'istituto mutuante, in difetto della notiffoazfone dell'intervenuta 
successione, pu� dirigere gli atti contro il debitore iscritto, anche se 
nel frattempo quest.i sia deceduto e senza obbligo di chiamare in causa 
i suoi successori (1). 

(Omissis). -Cosi impostato il problema, non dovrebbe dar luogo 
a fondate perplessit� il fatto che l'istituto mutuante possa dirigere gli 
atti giudiziari contro il debitore iscritto, ancorch� deceduto, e possa 
quindi promuovere contro di lui la esecuzione immobiliare, senza obbligo 
di � citare in causa � i suoi successori. Va, anzitutto, �rilevato che 
le relative disposizioni non riflettono un'ipotesi isolata dell'ordinamento 
giuridico. In tema di espropriazione per pubblica utilit� � infatti 
parimenti consentito che il procedimento si instauri nei confronti 
del proprietario iscritto nei registri catastali ed in difetto nei ruoli 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza del Tribunale di Benevento 
emessa il 1� giugno 1966 (Gazzetta Ufficiale 24 settembre 1966, n. 239). 
La sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 1963 � pubblicata in 
Foro it., 1964, I, 206. 
Sull'argomento in dottrina cfr. MOGLIE, Manuale del credito fondiario, 
1966, 111. 
L'Avvocatura dello Stato con le deduzioni svolte, giustificata la particolarit� 
del procedimento al fine di consentire agli istituti il pi� celere 
recupero dei loro crediti, ha osservato, in ordine all'art. 20, 4� e 5� comma, 
che tale norma non pone alcun impedimento al successore di avvalersi di 
tutti quei mezzi processuali che egli ritenga idonei alla sua difesa nei 
confronti del creditore espropriante, ben potendo il successore intervenire 
n�l giudizio �ed, in mancanza dell'intervento volontario, ben potendo il 
giudice, conosciuta la reale situazione di fatto, ordinare la notificazione degli 
atti ai successori (artt. 110 e 299 c. p. c.) o ordinarre l'integrazione del contraddittorio 
(art. 102 c. p. c.) nei confronti dei terzi acquirenti del fondo o 
datori di ipoteca. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 687 

lella imposta fondiaria (art. 16 della legge 25 giugno 1865, n. 2359). 

E va ancora osservato che, nell'ipotesi di morte del debitore 
scritto, quella facolt� esiste e permane se e fino a quando i successori 
, titolo universale o .particolare del debitore e gli aventi causa non 
wtifichino giudizialmente all'istituto �come essi sono sottentrati nel 
)Ossesso e godimento del fondo ipotecato �, con elezione di domicilio 
tel luogo del. tribunale nel cui circondario � situato il fondo (art. 20, 
:ommi primo e terzo, cit. t. u.). 

L'istituto mutuante, da un canto, ed i successori ed aventi causa 
lel debitore iscritto gi� deceduto, dall'altro, trovano, in tal modo, nelle 
:itate disposizioni, una ,corretta ed equilibrata tutela dei rispettivi inte
�essi. In particolare, la norma che condiziona la possibilit� di diretta 
~d immediata conoscenza del processo esecutivo da parte dei detti 
:uccessori ed aventi causa, all'adempimento dell'indicato onere, non 
m� dirsi posta in violazione dell'art. 24, comma secondo, della Costiuzione 
ed anzi rientra,' come � stato esattamente notato dalla difesa 
Lella Sezione di �credito fondiario e dall'Avvocatura dello Stato, in un 
:omplesso di disposizioni (contenute nel citato testo unico) e dirette 
td assicurare attraverso la pi� rapida ed a.gevole realizzazione il buon 
'unzionamento del meccanismo del credito, e ritenute da questa Corte 
:onformi al dettato costituzionale (sentenza n. 166 del 1963). Ma se il 
�ipetuto onere non viene osservato e quindi l'istituto mutUante dirige 
ili atti giudiziari contro il debitore iscritto, anco�rch� deceduto, non � 
:onsentito vedere in ci� una compressione o menomazione del diritto 
li difesa dei successori ed averi.ti causa. Effettuata dal debitore origi-, 
iario l'elezione di domicilio (giusta l'implicito disposto dell'art. 43, 
mmma secondo, del citato testo unico), la notificazione degli atti (ed 
n caso di esecuzione immobiliare, del precetto, del pignoramento, del.'
istanza di vendita, ecc.) deve aver luogo � al domicilio eletto nello 
strumento di mutuo � e la consegna viene legittimamente fatta alle 
>ersone previste dalle norme e dai principi di diritto comune. Tutto 
!i� rende possibile e comunque non esclude che gli interessati abbiano 
liretta conoscenza del processo esecutivo che li riguardi. Ma ove non 
>astasse, soccorrono altri strumenti ed accorgimenti, che, saggiamente 
isati, integrano il sistema in modo tale che non risulta impedito n� 
riene reso difficile l'esercizio del diritto di difesa da parte dei soggetti 
;ostanzialmente esecutati e dei successori nell'originario debito. Rientra 
!ertaniente, infatti, e tra l'altro, tra i poteri del giudice quello di 
iisporre, ad es., che il precetto ed il pignoramento consegnati a per;
ona qualificatasi come erede del de cuius (come � avvenuto nella 
;pecie), siano notificati nuovamente ed a detta persona, nella qualit�. 

E non si perviene a differenti conclusioni, neppure se si ipotizzi 
.l caso che la morte del debitore originario si verifichi in circostanze 
)ggettive e soggettive tali per cui i successori e .gli aventi .causa la 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ignorino, con la conseguenza di non essere in fatto a conoscenza (interessata) 
dell'iniziata e proseguita esecuzione immobiliare. Pur nella 
mancanza di una notifica del titolo esecutivo (che non � necessaria 
-come dice espressamente l'art. 43, comma primo, del citato testo 
unico -nei conf.ronti del debitore originario) ai successori ed aventi 
causa del defunto, � attraverso il compimento degli atti (anche se sono 
stati diretti a sensi del testo unico) della procedura esecutiva, che i 
successori ed aventi causa vengono ad essere ad~guatamente posti in 
grado di aver conoscenza della procedura esecutiva stessa e di proporre 
nel processo esecutivo o in quello di opposizione, le loro ragioni e 
difese. Per convincersi di ci�, basti pensare al fatto che il pignoramento 
va trascritto (art. 555 del codice di procedura civile) e che 
l'acquirente del b�ne ipotecato, il quale non abbia curato di farsi conoscere 
dal'istituto mutuante, ha interesse ad accertare se intervengano 
trascrizioni contro il suo dante causa ed a favore del detto istituto; 
che dell'istanza di vendita deve essere data pubblica notizia a norma 
dell'art. 490 del codice di procedura civile (art. 173 delle disposizioni 
d'attuazione di detto codice); che alla determinazione del valore dell'immobile 
pignorato (sempre che l'istituto mutuante non si avvalga 
della valutazione fattane nel contratto di mutuo) si procede dal giudice 
anche a mezzo di un esperto da lui nominato (art. 568 del codice di 

procedura civile); e che alla pubblicit� prevista dal citato art. 490 � 
soggetta l'ordinanza di vendita. 

In tal modo, i successori .e gli aventi causa dell'originario debitore 
hanno larghe possibilit� di venire a conoscenza della procedura esecutiva. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 62 -Pres. Sandulli -
Rel. Capalozza -Rigacci (n. c.) c. Ministero Pubblica Istruzione e 
Ministero Tesoro (sost. avv. gen. dello Stato Agr�). 

Bellezze naturali -Violazione delle norme relative alla protezione 


Indennit� -Procedimento peritale di determinazione -Ille~itti


mit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 102; 1. 29 giugno 1939, n. 1497, art. 15, 40 comma). 

L'art. 15, quarto comma, detia legge 29 giugno 1939, n. 1497, che 
demanda ad un coUeigio di tre per>iti, da nominarsi uno dal Ministro, 
l'altro dal trasgressoire ed il terzo dal presidente del Tribunale, la 
determinazione dell'indennit�, eventualmente dovuta in sostituzione 
della demolizione dell'opera., da chi abbia eseguito costruzioni in vio



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 689 

tizione delle norme sulla protezione deHe beLZezze naturali, non conrasta 
con l'a1�t. 102 della Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione propone fl problema 
!ella conformit� all'art. 102 della Costituzione dell'attribuzione dell'acertamento 
e della determinazione, rispettivamente, del danno e della 
tidennit�, al collegio dei periti previsto dall'art. 15, quarto comma, 
lella legge 29 giugno 1939, n. 1497. 

Quest'ultima disposizione configurerebbe, si assume, un arbitrato 
Lecessario; e ci�, comportando l'imposizione di una deroga alla giuridizione, 
sarebbe in contrasto col menzionato art. 102 della Costituzione. 

2. -Non � necessario affrontare in questa sede la questione se 
ffettivamente l'art. 102 della Costituzione escluda l'ammissibilit� degli 
.rbitrati necessari. Nella specie non rkorre, infatti, una figura di ardtrato. 
Il procedimento previsto dai commi secondo e successivi dell'aricolo 
15 della legge n. 1497 del 1939 prevede che, quando non accetti 
a misura dell'indennit� liquidata dal Ministro ai sensi del terzo comtia, 
il soggetto obbligato a pagarla possa chiedere che, in ordine alla 
.deguatezza di tale misura, si pronunci un collegio di tre periti, desi


(1) La questione � stata sollevata d'ufficio dal Tribunale di Firenze 
on ordinanza 26 maggio 1966 (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). 
Il Tribunale ha proposto la questione ritenendo che la procedura di 
ui alla norma denunziata darebbe luogo ad un arbitrato necessario e non 
.d una ipotesi di giurisdizione speciale (sul punto cfr. BIAMONTI, Arbitrato, 
!nciclopedia del diritto, II, 1958, 931-933) 'e fondando tale conclusione essenialmente 
sul fatto che, per il quinto comma dello stesso art. 15, il collegio 
1eritale � chiamato a formulare � un giudizio �. 

La Corte, come si legge nella motivazione riportata nel testo, ha rigetato 
tale interpretazione, pienamente condividendo le tesi sostenute dalla 
~vvocatura, le quali possono, per quanto attiene alla natura del procediaento 
in questione, cos� sommariamente enunciarsi: la scelta fra l'obbligo 
li demolizione ed il pagamento dell'indennit�-sanzione � manifestazione 
ipica di un potere discrezionale, che sfocia nell'atto finale del procedimento, 
appresentato dal decreto ministeriale; non sussiste, pertanto, alcuna situaione 
di diritto soggettivo; il � giudizio� dei periti deve interpretarsi come 

apprezzamento � o � valutazione � e non � certo manifestazione dell'eserizio 
di un potere giurisdizionale, per cui il procedimento ;peritale non d� 
uogo ad un arbitrato ma rappresenta una fase (facoltativa) del procediaento 
amministrativo e pi� precisamente un atto interno di carattere pre>
aratorio del decreto ministeriale; la procedura, per la nomina del collegio 
1eritale, lungi dall'essere dettata per la costituzione di un collegio arbitrale, 
, in piena aderenza col dov�ere di imparzialit� proclamato dall'art. 97 della 
~ostituzione; il decreto ministeriale, quale atto conclusivo del procedimento 
:mministrativo, � impugnabile nella sua unicit� ed indivisibilit�, secondo 

normali rimedi stabiliti dalla legge. 


690 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gnati uno da lui stesso, uno qal Ministro e il terzo dal presidente del 
tribunale. Il quarto comma precisa che la pronuncia del collegio � 
insindacabile, e il sesto comma aggiunge che il provvedimento del 
Ministro, che, a seguito di tale pronuncia, dispone il pagamento, � immediatamente 
esecutivo. 

Si tratta, ad avviso della Corte, di un procedimento amministrativo, 
che si svolge in funzione di un provvedimento ministeriale (quello 
previsto dal sesto comma), rispetto al quale la pronuncia del collegio 
peritale -al cui merito il Ministro � obbligato ad attenersi: (e invero 
il quarto comma la dichiara insindacabile, escludendone in tal modo 
ogni riesame in sede amministrativa) -esplica una funzione determinante, 
si, ma strumentale. N� a far attribuire a questa pronuncia carattere 
di sentenza o di lodo arbitrale pu� bastare il dato, puramente 
formale, che il quinto comma dell'art. 15 parli df � giudizio del collegio 
peritale �. 

La .disposizione denunciata non incide, dunque, nel campo della 
giurisdizione. Contro il provvedimento ministeriale adottato in conformit� 
della pronuncia peritale �, anzi, aperta, per gli interessati, la via 
ai comuni rimedi giurisdizionali, inderogabili ai sensi dell'art. 113 
della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 giugno 1968, n. 63 -Pres. Sandulli -
Ret. Branca -Presidente Regione Siciliana (Avv.ti Sorrentino e 
Virga) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. gen. dello 
Stato Guglielmi). 

Sicilia -Conflitto di attribuzione con lo Stato -Tassa speciale per le 
merci provenienti dall'estero che si sbarcano nei porti e nelle 
spia~~e -Diritto di imbarco e sbarco ne~li aerodromi di merce 
destinata all'estero o proveniente dall'estero -Spettano allo Stato. 

{Stat. spec. Reg. sic., artt. 36 e 39; d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074; d. 1. 12 
aprile 1948, n. 507; r. d. l. 21 dicembre 1931, n. 1592, art. 1; 1. 9 gennaio 
1956, n. 24, art. 7). 

La tassa speciale per le merci provenienti dall'estero che si sbarcano 
neii porti e nelle spiiagge e il diritto di imbarco e di sbarco negLi 
aerodromi di merce destinata atl'estero e proveniente dall'estero, qualunque 
sia la loro natura giuridica, spettano allo Stato (1). 

(1) Questa sentenza � applicazione del principio enunciato dalla Corte 
Costituzi�nale nella sentenza n. 146 del 1967 secondo cui gli articoli 36 e 
39 dello Statuto della Regione siciliana non attribuiscono direttamente alcuna 
tassa o imposta indiretta erariale ma indicano soltanto le entrate erariali 
che lo Stato non pu� attribuire alla Regione (imposte di produzione, 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 691 

(Omissis). -La Regione siciliana, ricorrendo per conflitto d'atribuzione 
contro le due circolari del Ministero per le finanze, riven� 
lica la fassa di sbarco, nei porti e nelle spiagge, di merci provenienti 
!all'estero e il �diritto di sbarco e imba;rco, negli aerodromi, di merci 
1rovenienti dall'estero o destinate a:ll'estero. 

Il ricorso non pu� essere accolto. 

La tassa relativa ai porti e alle spiagge � per la dottrina, ab aniquo 
e pacificamente, un tributo doganale, mentire nel bilancio dello 
;tato figura fra le entrate extratributarie. L'analogo diritto relativo 
Lgli aerodromi � invece configurato nella legge 9 gennaio 1956, n. 24, 
1ei lavori prepa;ratori e nel bilancio statale .come il corrispettivo, a 
:arattere extratributario, d'un uso SPeciale degli aeroporti (art. 701 
:od. nav.), mentre la dottrina non si � sostanzialmente pronunciata. 

La Corte non ritiene che occorra prendere posizione sul problema 
>oich�, comunque lo si risolva, la conclusione, ai fini della causa, � 
a stessa. 

1roventi doganali, entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto), con la 
:onseguenza che le altre entrate erariali possono, e non debbono, essere 
.ttribuite alla Regione dalle norme di attuazione. Solo limitatamente alle 
,ntrate erariali attribuite dalle norme di attuazione la Regione ha potest�, 
egislativa ed amministrativa concorrente, ai sensi dell'art. 36 S. S. Sic. 
,a Corte ha escluso che la tassa e il diritto in questione siano state att].'.i1uite 
alla Regione con le norme di attuazione dello Statuto siciliano di cui 
1 d.P.R. 1965, n. 1074. 

L'Avvocatura ha sostenuto la natura extra tributaria dei due cespiti 
n contestazione, rilevando che, ove ad essi fosse riconosciuta natura tribuaria, 
dovrebbe ugualmente escludersene l'attr~buzione alla Regione, poich� 
ton figurano tra quei proventi doganali eccezionalmente devoluti alla Rerione 
e tassativamente elencati nella tabella D) annessa al citato d.P.R. 
:6 luglio 1965, n. 1074; n� possono essere ricompresi nei � proventi evenuali 
� (indicati all'art. 1 lett. h), all'art. 2 lett. F) e nel punto 5) della citata 
~abella D) dello stesso decreto presidenziale) in quanto provento evenuale 
� quell'entrata innominata ed incerta, che � dovuta solo eventualnente, 
quando cio� concorrano particolari circostanze (interessi, spese, 
liritti accessori, ecc.), non quella, ben definita e nominata, che � dovuta 
1gni qualvolta si verifichi il presupposto del tributo. 

� interessante notare che la Corte, affermata la compilazione della 
abella D) sul modello del quadro di classificazione delle entrate dello 
;tato, ha escluso che la tassa e il diritto in questione possano ricomprenlersi 
nelle voci generiche della predetta tabella in quanto essi risultano 
:pecificamente menzionati in capitoli diversi da quelli relativi alle predette 
rod generiche nel quadro di classificazione delle entrate dello Stato. 

Da ci� sembra potersi trarre il principio generale che i gettiti dei 
:espiti specificamente menzionati nei capitoli del quadro di classificazione 
lelle entrate dello Stato possono ritenersi attribuiti alla Regione solo nella 
potesi in cui siano specificamente menzionati nelle norme di attuazione 
lello Statuto e nelle tabelle annesse alle norme stesse. 

R. CANANZI 

692 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti, costituiscano tributi doganali o proventi extratributari, 
quella tassa e quel diritto non sono stati mai attribuiii dalle� norme di 
attuazione alla Regione siciliana: i proventi doganali e i diritti marittimi, 
che le vennero conferiti, sono quelli elencati nella tabella D, 
annessa alle norme, nella quale non figurano espressamente n� la tassa 
n� il diritto di sbarco o di imbarco. Neanche le voci generiche �diritti 
(marittimi) diversi � e � entrate... diverse concernenti... le dogane 
� li ricomprendono: la tabella, notoriamente, � stata compilata 
sul modello del � Quadro di classificazione delle entrate � dello Stato 

(cap. 1451-53, 1459,61, 1463, 1600, 2004, 2010-12), di cui ricalca le 
voci, la loro numerazione con lettere o cifre, perfino (entro certi 
limiti) l'ordine di elencazione; nel � Quadro � i � diritti diversi � e le 

� entrate... diverse concernenti... le dogane ., quale che sia il foro 
contenuto (soprattassa di ancoraggio, tassa di ammissione ad esami per 
il conseguimento di titoli professionali marittimi, diritti di licenza ecc.), 
non si riferiscono n� alla tassa n� al diritto contestati in questa causa: 
tassa e diritto rientrano infatti in altri capitoli (cap. 2065, n. 3 e 
2162, n. 3). 
Ne deriva che i due proventi, essendo estranei alle norme di attuazione, 
non sono stati attribuiti alfa Regione siciliana e perci� restano 
allo Stato (v. sentenza n. 146 del 1967 della Corte costituzionale). 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 giugno 1968, n. 69 -Pres. Sandulli -
Rel. De Marco -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
dello Stato Coronas) c. Presidente Regione Siciliana (avv.ti La 
Loggia e Villari). 

Sicilia -Conflitto di attribuzioni con lo Stato -Rapporti di lavoro Autorizzazioni 
all'appalto in deroga al divieto di intermediazione Revoca 
dell'autorizzazione -Ricorso gerarchico -Decisione Spetta 
alla Regione. 
(St. reg. sic., art. 17, lett. f e 20; d.P.R. 25 giugno 1952, n. 1138, artt. 1 e 2; 

d. P. R. 10 marzo 1955, n. 520, art. 10, l. 23 ottobre 1960, n. 1369, artt. 1, 3, 527). 
La decisione sui ricorsi gerarchici avverso i provvedimenti degli 
ispettorati provinciali del lavoro, emanati nel territorio regionale, in 
matera di �rapporti di lavoro � spetta alla Regione (Assessorato del 
Lavoro e della Cooperazione) e non allo Stato (1). 

(1) Come si desume dalla massima la Corte ha risolto il caso di specie 
enunciando un principio di carattere generale, ,enucleato dalla interpreta

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 693 

(Omissis). -2. -Come si � esposto in narrativa, col ricorso si 
iga tale competenza sotto tre aspetti: 
a) La vigilanza nell'applicazione della legislazione sociale nazio


lle � d'interesse nazionale e non locale, spetta istituzionalmente al:
spettorato del lavoro e il suo esercizio comporta precise responsalit�, 
anche d'ordine penale, per gli Ispettori. Non sembra, quindi, 
Le, in questa materia, alla competenza .generale amministrativa del 
inistero del lavoro e della previdenza sociale, possa essere subenata, 
in Sicilia, una competenza della Regione, che si sia aggiunta a 
tella riguardante l'attuazione della legislazione regionale. 

In particolare, per l'art. 7 della legge 23 ottobre 1960, la vigilanza 
lll'applicazione di tale legge � � affidata al Ministero del lavoro e 
�la previdenza sociale, che la esercita attraverso l'Ispettorato del 

voro �� 
b) Le norme della legislazione sociale pongono in atto comessi 
rapporti giuridici tra cittadino e Stato e, in caso di inosservanza, 
addirittura specifici rapporti punitivi, che, come tali, restano esclu~
amente rapporti tra Stato e cittadino, �cosicch� tutti i rapporti giudici, 
che necessariamente li presuppongono e ne condizionano il sor!
Te, non possono essere trasferiti sotto gli agpetti e per gli effetti 
nmin~strativi alla Regione �. 
c) Le funzioni istituzionali di vigilanza sull'applicazione delle 
ggi statali, proprie dell'Ispettorato del lavoro rendono necessaria la 
pendenza gerarchica e funzionale dal Governo centrale e, quindi, dal 
inistero del lavoro. 

j 

Prima di esaminare in particolare le tre tesi prospettate col ricorso, �

j

~orre stabilire quali siano il contenuto ed i limiti della competenza 

1

nministrativa, spettante in materia di legislazione sociale alla Reone 
siciliana. 

I

3. -Per l'art. 17, lett. f, dello Statuto, la Regione siciliana ha 
~mpetenza legislativa concorrente e non esclusiva, per quanto attiene 
:me degli articoli 17, lett. f) e 20 dello Statuto della Regione siciliana e 
1ll'art. 1 delle norme di attuazione (d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138). 

L'Avvocatura aveva richiamato il principio, costantemente affermato 
illa Corte (vedansi da ultimo sentenze n. 116 e n. 145 del 1967 rispettivaente 
in questa Rassegna, 1967, I, 923 e 1968, I, 2), della �puntuale corriondenza 
tra potere legislativo �e potere amministrativo � per cui si po~
bbe dire che alla Regione spetti tanto di amministraZione quanto di 
gislazione >. 

Sembra, per�, che la sentenza annotata abbia fatto giustizia di tale 
incipio per un verso dimostrandone la .superfluit� e per altro verso la 
>n aderenza alla realt� giuridica; infatti il principio � superfluo nell'ipotesi 

legislazione esclusiva e non trova sempre attuazione nell'ipotesi 

legislazione concorrente. Pi� che di un principio ha da parlarsi di una 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IIm 

alla legislazione sociale, in materia di �rapporti di lavoro, previdenza 
ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello 

Stato�. Nella stessa materia poi, per l'art. 20 dello Statuto, la Re


gione ha competenza esecutiva ed amministrativa e, �n forza dell'art. 1 

delle norme di attuazione (d. P. R. 25 giugno 1952, n. 1138) esercita, 
~=-: 

nel territorio regionale, le attribuzioni del Ministero del lavoro e della 
previdenza sociale. 

Infine, ai sensi dell'art. 2, primo comma, delle ,citate norme di 
attuazione, per l'esercizio delle funzioni amministrative, spettanti alla 
Regione nella materia di cui sopra, gli Uffici periferici del Ministero 
del lavoro e della previdenza sociale, esistenti nella Regione, � dipendono 
da questa �. 

Dall'armonico contenuto di tali norme, risulta, quindi, in modo 
incontestabile che la Regione, in materia di � rapporti di lavoro ., a 
parte la potest� legislativa concorrente, ha una competenza amministrativa, 
che. consiste nell'esercizio, nel territorio regionale, delle attri:buzioni 
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 

Questa competenza, evidentemente, non ha altro limite di estensione, 
che non sia quello determinato dalla materia amministrativa. 

Nella materia dei � rappl}rti di lavoro., per�, non c'� nella legi-_ 
slazione, che ne disciplina l'attribuzione alla competenza amministrativa 
della Regione, alcun addentellato che possa far ritenere riservato 
un margine di competenza al Ministero del lavoro e della previdenza 
sociale, e pertanto le attribuzioni di quest'ultimo, ripetesi, senza alcuna 
distinzione o riserva, nel territorio regionale, sono esercitate dalla 
Regione. 

� ben vero che, con la sentenza n. 120 del 1963, questa Corte ha 
affermato che la legge 23 ottobre 1960, n. 1369, ha voluto instaurare 
�un sistema di garanzie, per impedire l'elusione delle norme protettive 
del lavoro attraverso l'intermediazione (il � marchandage du travail � 
colpito anche dalle legislazioni straniere), ma la Corte ha pure affermato 
nella stessa sentenza che, per ci� stesso, la legge ha per oggetto 
la tutela del rapporto di lavoro. 

direttiva di massima talvolta, come nella SPecie, derogata dal legislatore 

costituzionale. 

Per qualche ri:lieTimento alla sentenza in Rassegna, cfr. Corte Cost., 

9 luglio 1963, n. 120, Foro it., 1963, I, 1327 circa le questioni di legittimit� 

costituzionale relative alla legge 23 ottobre 1960, n. 1369; Corte Cost., lo feb


braio 1964, n. 3, in questa Rassegna, 1964, I, 12, relativa alla competenza a 

decidere sui ricorsi g,erarchici degli insegnanti elementari in materia di 

concorsi banditi nelle province siciliane; Corte Cost., 26 giugno 1965, n. 48, 

in questa Rassegna, 1965, I, 865 in tema di competenza a decidere Sui ricorsi 

gerarchici degli Esattori delle imposte avverso le ordinanze dell'Intendente 

di Finanza che irrogano pene pecuniarie. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 695 

La materia � rapporti di lavoro ., come sopra si � posto in rilievo, 
entra nella previsione di cui alla lettera f dell'art. 17 dello Statuto 
ciliano; dunque � materia nella quale la Regione ha competenza legiativa 
concorrente, in forza della quale potrebbe addirittura, ove se 
i'l manifestasse la opportunit�, emanare anche norme dkette a soddi
�are particolari esigenze regionali, compatibili con l'interesse nazio:
tle, ed in conseguenza, per l'art. 20 dello Statuto, piena competenza 
nministrativa. 

Ovviamente, poi, cosi la vigilanza, come la tutela rientrano nel:
tttivit� amministrativa, secondo quanto risulta dall'art. 3 delle pi� 
)}te citate norme di attuazione. Quando una materia � attribuita alla 
>mpetenza amministrativa di un Ente, non � possibile scindere da 
;sa, senza una espressa norma di legge che lo disponga e che nella 
>ecie manca, una sfera di attivit�, come quella di vigilanza, che in 
;sa rientra, per ritenerla riservata ad altro Ente, sia pure lo Stato. 

Concludendo, l'attivit� istituzionale di vigilanza degli Ispettorati 
~l lavoro, quindi, per quanto attiene alla materia � rapporti di la)
rO. ben s'inquadra tra quelle attribuzioni del Ministero del lavoro 
le, come sopra si � dimostrato, nel territorio regionale, sono esercitate 
�la Regione e che, sempre per quanto attiene alla materia dei � rap)
rti di lavoro � gli Ispettorati provinciali del lavoro vanno compresi 
a .gli Uffici periferici del Ministero del lavoro, esistenti nella Regione, 
le � dipendono da questa �, in forza dell'art. 2 delle norme di attazione. 


Ed allora, se tali Ispettorati esercitano funzioni di competenza re.
onale ed, in quanto le esercitano, dipendono dalla Regione, non pu� 
ibitarsi che sui loro atti e provvedimenti, emessi nell'esercizio di dette 
mzioni, la Regione, che nel suo territorio, esercita le attribuzioni del 
:inistero del lavoro, a buon diritto esercita anche quella attivit� di 
mtrollo di legittimit� di merito, che si attua attraverso il ricorso 

~rarchico. 

4. -Le considerazioni che precedono conducono, pertanto, ad esclu~
re la fondatezza del ricorso sotto tutti gli aspetti con esso pro>
ettati: 
a) Come si � visto, �col fatto stesso che � stata trasferita alla 
>mpetenza regionale, la materia � rapporti di lavoro � non presenta 
.cun aspetto di interesse nazionale, cosi rilevante, da rendere necesLria 
una riserva di attribuzioni statali. Del resto, nella specie questa 
serva non � preveduta dalla legge �e non pu� desumersi da alcun 
rincipio generale. 

N� a contrario avviso pu� condurre la formulazione dell'art. 7 della 
�gge 23 ottobre 1960, n. 1369, che riserva la vigilanza all'Ispettorato 
~l lavoro, giacch�, evidentemente, tra le attribuzioni del Ministero 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del lavoro, devolute, per il territorio regionale, alla Regione sono comprese 
anche quelle di vigilanza, esercitate a mezzo dell'Ispettorato 
stesso. 

b) Che, poi, l'inosservanza di taluni precetti delle leggi sociali 
costituisca reato, non basta ad attribuire carattere diverso, da quello 
meramente amministrativo, alle attribuzioni degli uffici preposti alla 
vigilanza �per l'osservanza di tali leggi: il rapporto tra cittadino e Stato 
a carattere punitivo sorge solo come effetto della constatazione dell'inosservanza 
della legge, verificatasi nell'esercizio della funzione di 
vigilanza e non � presupposto di tale funzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 .giugno 1968, n. 73 -Pres. Sandulli -
Rel. Bonifacio -Imp. Tabegna (avv. Mazzei), Flenghi ed altri 

(n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello 
Stato Peronaci). 
Ferrovie -Legge sui lavori pubblici -Regolamento di esecuzione 


Sanzioni penali -Questione inammissibile di costituzionalit�. 

{Cost., artt. 1, 2� comma, 13, 2� comma, 25, 2� comma, 70, 76, 77; 1. 20 marzo 

1865, n. 2248, all. F, art. 317, 2� comma). 

Ferrovie -Legge sui lavori pubblici -Regolamento di esecuzione 


Sanzioni penali -Questione infondata di costituzionalit�. 

{Cost., artt. 2, 13, 16, 41; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, art. 317, 2� comma). 

Ferrovie -Regolamento di polizia .ferroviaria -Multa -Questione 

inammissibile di costituzionalit�. 

(Cost., artt. 2, 13, 16 e 41; r. d. 131 ottobre 1873, n. 1687, artt. 51 e 64). 

Pokh� l'art. 317, secondo comma, legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. F, ha conferito al Governo la facolt� di emanare un regolamento 
riguardante la polizia e la sicurezza delle strode ferrate, prevedendo 
che detto regolamento potesse comminare pene dri. polizia e multe fino 
alla somma di lire mine, e poiiich� tale facolt� � stata esercitata dal 
Governo con provvedimento (r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687) anteriore 
all'entrata in vigore della Costituzione, � inammissibile, per assoluto 
difetto di riievanza, la questione di legittimit� costituzionale del citato 
art. 317 in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 13, secondo comma, 
25, secondo comma, 70, 76 e 77 Costituzione (1). 

(1-3) Con questa sentenza la Corte ha riunito i giudizi di costituzionalit� 
promossi con le seguenti ordinanze: 7 giugno 1966 del Pretore di 
Priverno (Gazzetta Ufficiale 10 settembr�e 1966, n. 226); 5 ottobre 1966 del 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 697 

La questione di legittJimitd costituzionale, concernente l'obbligo 
>enalmente imposto ai cittadini di informarsi alle avvertenze ed agli 
nviti Loro rivolti dal personale delle FF. SS. durante il viaggio sui 
:onvogli, in quanto diretta contro l'art. 317, secondo comma, legge 20 
narzo 1865, n. 2.248, alZ. F, � palesemente infondata, in riferimento agli 
~rtt. 2, 13, 16 e 41 della Costituzione, perch� la norma impugnata non 
~ contenuta in queHa disposizione dii legge (2). 

� inammissibile, perch� ha ad oggetto un atto non avente forza di 
.egge, la questione di costituzionalitd relativa agli artt. 51 e 64 del 
�egolamento per la polizia delle strade ferrate, OJpprovato con r. d. 31 
>ttobre 1873, n..1687, in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 della Co:
tituzione (3). 

(Omissis). -4. -La Corte ritiene, tuttavia, �che la questione di 
egittimit� costituzionale dell'art. 317, secondo comma, della citata 
.egge, valutata in riferimento allo scopo in vista del quale viene sollerata, 
appaia manifestamente irrilevante. Ed infatti si deve \l.'ecisamente 
*!eludere che l'eventuale suo ac�coglimento possa avere effetti sulla 
ralidit� delle norme penali �contenute nel decreto del 1873. 

Giova all'uopo tener presente che sia la legge impugnata sia il 
~egolamento 1n forza di essa .emanato sono anteriori alla Costituzione. 
!\ccertare se la prima, nel conferire al Governo un potere normativo 
.n materia penale, .abbia rispettato o abbia violato il sistema delle com;>
etenze previsto dall'ordinamento costituzionale del tempo, � pro:>
lerna che non forma oggetto del presente giudizio. Quel che le ordi-.. 
1anze chiedono � solo la verifica della conformit� della legge del 186�5 
ti principi sanciti dmla vigente Carta costituzionale. 

Pretore di Busto Arsizio (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 1966, n. 324); 
L3 gennaio 1967 del Pretore di Pavia (Gazzetta Ufficiale 8 aprile 1967, 

n. 89); 9 febbraio 1967 del Pretore di Borgo San Lorenzo (Gazzetta Ufficiale 
~2 aprile 1967, n. 102); 25 febbraio 1967 del Pretore di Caltanissetta (Gazi:
etta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157); 10 novembre 1967 del Pretoo-e di 
Cagli (Gazzetta Ufficiate 24 febbraio 1968, n. 50). Con l'ordinanza emessa 
:ial Pretore di Busto Arsizio � stato introdotto il giudizio di legittimit� 
~ostituzionale dell'art. 9, secondo comma, del r. d. 15 marzo 1923, n. 692, 
~onvertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, (limitazione dell'orario di lavoro 
per gli operai ed impiegati delle aziende industriali e commerciali). 
La questione cosi sollevata � stata dichiarata dalla Corte inammissibile per 
difetto assoluto di rilevanza per le medesime ragioni in virt� delle quali � 
stato enunciato il principio di cui alla prima massima riportata in Rassegna. 
Su detta massima, per profili integrativi, analoghi o contrastanti, vedi 
Corte Cost., 23 marzo 1966, n. 26 in questa Rassegna, 1966, I, 489, con 
richiami in dottrina e giurisprudenza ivi riportati; Corte Cost., 19 maggio 
1964, n. 36 e 26 novembre 1964, n. 96, in questa Rassegna, 1964, I, 630 
e 1001. 


�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

A tal proposito � da osservare che se una legge, emanata durante 
la vigenza del vecchio Statuto, avesse attribuito poteri che la successiva 
Costituzione della Repubblica non consentirebbe di conferire, 
ed avesse continuato ad operare dopo l'entrata in vigore di questa, 
essa dovrebbe per ci� essere dichiarata costituzionalmente illegittima. 
Tuttavia, trattandosi di illegittimit� sopravvenuta, gli effetti di tale 
dichiarazone non potrebbero retroagire ad un momento anteriore a 
quello nel quale la legge � divenuta incompatibile con i nuovi precetti 
costituzionali, e, quindi, non sarebbero destinati ad incidere sulla 
validit� degli atti che nell'esercizio della competenza attribuita da � 
quella legge fossero stati posti in essere prima del 1? gennaio 1948. 

All� luce di tau principi appare superfluo accertare se a quella 
data la legge impugnata fosse ancora in vigore e se da essa derivasse 
una perdurante legittimazione del Governo ad emanare norme penali 
con una latitudine di poteri non compatibile con la riserva di legge 
stabilita dalla Costituzione. � certo, infatti, che se anche ad entrambi 
i quesiti si dovesse dare risposta affermativa, la dichiarazione di i11egittimit� 
costituzionale non travolgerebbe la legittimit� del regolamento 
del 1873, che deve essere valutata, e non da questa Corte, con 
riferimento al sistema ed alle leg:gi vigenti al momento della sua emanazione. 


Queste considerazioni giustificano la dichiarazione di inammissibilit�, 
per assoluto difetto di rilevanza, della questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 317, secondo comma, della legge 20 marzo� 1865, 

n. 2248, all. F, sollevata nei termini innanzi indicati. -(Omissis). 
CORTE. COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 74 -Pres. Sandulli Rei. 
Fragali -Mingozzi, Dragoni ed altri (n. c.) -Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Carafa). 

Manicomio -Norme sul procedimento di ricovero -Diritto di difesa 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 24, 2� comma; 1.3, 3� comma; I. 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, 

20 comma). 

Manicomio -Norme sul procedimento dell'internamento provvisorio 


Questione di legittimit� costituzionale -Parzialmente fondata. 

(Cost., art. 13, 3� comma; I. 14 febbraio 1904, n. 36, art. 2, 3� Mmma). 

Manicomio -Internamento degli alienati negli ospedali psichiatrici 


Questione infondata di costituzionalit�. 

(Cost., artt. 2, 3, 1.3, 24, 32; I. 14 febbraio 1904, n. 36). 

L'art. 2, secondo comma, l. 14 febbraio 1904, n. 36, non collide 
con l'art. 13 delkt Costituzfone ma, ltimitatamente alkt parte in cui 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 699 

on permette la difesa deWinfermo nel procedimento che si svolge inanzi 
al Tribunale ai fini dell'emanazione del decreto di ricovero de.
nitivo, � illegittimo in riferimento all'art. 24, secondo comma, delLa 
'ostituzione (1). 

� incostituzionale l'art. 2, terzo comma, della stessa legge, limitatmente 
alla parte in cui dispone che l'autorit� di pubblica sicurezza, 
uando ordina il ricovero provvisorio pu� riferire al Procuratore deUa 
.epubblica in un termine supe1�iore alle quarantotto ore, in riferimento 
Wart. 13, terzo comma, della Costituzione (2). 

Sono infondate le questioni di legittimit� in ordine : 

a) alle rimanenti parti dell'art. 2, secondo comma, della mede:
ma legge, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 delLa Costituzione; 
b) alle rimanenti parti dell'art..2, terzo comma, della stessa 
!gge, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 32 della Costituzione; 

c) all'art. 3, q.into comma, della me�desima e alle altre disposiioni 
di essa cui non si riferisce la dichiarazione di illegittimit� costitzionale 
che precede, in riferimento all'art. 13, primo, secondo e terzo 
omma della Costituzione (3). 

(1-3 ) Le questioni sono state introdotte con un ordinanza del 30 lulio 
1966 e con tre ordinanze del 18 agosto 1966 emesse dal Tribunale di 
errara (Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1966, n. 284). 

~ORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 75 -Pres. Sandulli -
Rel. Mortati-Gualtieri (avv. D'Abbino) c. Soc. � Docere � (avv. Ci.
pollone); Gallo (avv. D'Abbino) c. Istituto � Mons. E. Tozzi� (avvocato 
Cipollone); Ghiribelli c. Castelli Manolosi; Giannini c. Cerrini; 
Cremonesi (avv. Di Segni) c. Azienda Tranviaria Municipale 
di Milano; Bertuccio (avv. Di Stefano) c. Abbate. 

~apporto di lavoro -Licenziamento per colpa del lavoratore o dimissioni 
volontarie -Perdita dell'indennit� di anzianit� -Illegittimit� 
costituzionale. 

(Cost. artt. 3, 36; cod. civ.� art. 2120, 10 comma). 

� in contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione l'art. 2120, 
rimo comma, cod. civ. (abrogato con l'art. 9 legge 15 luglio 1966, 
.. 604) nelia parte in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro ad 
.na indennit� proporzionale agli anni di servizio, quando la cessazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del contratto di lavoro a tempo indeterminato �derivi da Licenziamento 
per colpa del lavoratore o da dimissioni volontarie (1). 

(1) La questione � stata proposta con le seguenti ordinanze: 4 luglio 
1966 del Tribunal�e di Roma (Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 1966, n. 324); 
19 novembre 1966 del Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 
1967, n. 51); 4 ottobre 1967 del Tribunale di Siena (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 
1967, n. 321); 14 novembre 1967 del Tribunale di Lucca (Gazzetta 
Ufficiale 27 gennaio 1968, n. 24); 10 e 17 novembre 1967 della Corte di Cassazione 
(Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1968, n. 65). 
Sul carattere retributivo della indennit� di anzianit�, le Corte si era 
gi� pronunciata con sentenza 3 luglio 1967, n. 68 in questa Rassegna, 1967, 
I, 505 con richiami. 

In dottrina cfr. V. NATALI, Enciclopedia del diritto, II, 1958, 574. 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 76 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Imp. Agnozzi (n. �C.). 

Procedimento penale -Testimoni -Assunzione di grandi Ufliciali 
dello Stato ed assimilati -Re~ole particolari -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 3; c. p. p. art. 356). 

L'art. 356 c. p. p., disponendo particolari modalit� per l'assunzione 
quali testi nel processo penale di grandi Ufficiati dello Stato o di categorie 
di soggetti ad essi assimilati, non. � in contrasto con l'art. 3 della 
Costituzione (1). 

(1) L'ordinanza del Pretore di Fermo, emessa il 27 dicembre 1965 (Gazzetta 
Ufficiale 12 marzo 1966, n. 64) con la quale � stata proposta la questione, 
� commentata da MADDALENA, Riv. it. dir. proc. pen., 1966, 1070. 
CORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 77 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Piazza (n. c.) Di Sarro Crespi ed altri (avv. Boneschi 
e Mazzei); Sirtori (n. c.) c. Masuelli e D'Addario (n. c.) -Presidente 
Consiglio Ministri (Sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). 

Societ� -Societ� per azioni -Nomina di liquidatori -Decreto del Presidente 
del Tribunale -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 24; c. c. art. 2450, 3� comma). 

L'art..2450, terzo comma, del codcie civile, conferendo nei casi 
espressamente previsti dalla legge al Presidente del Tribunale il potere 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 701 

ti nominare i Uquid.ator.i, non contrasta con le. norme dell'art. 3 e 24 

:lella Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -� stato denunciato l'art. 2450, terzo comma, del 
:odice civile perch� attribuisce al Presidente del Tribunale il potere di 
1ominare i liquidatori anche quando si contesti l'avvenuto scioglinento 
della societ� per impossibilit� di funzionamento o per inarttivit� 
iell'assemblea: dato che il provvedimento pu� non essere preceduto da 
:ontraddittorio, non � motivato e non � reclamabile al collegio ex arti~
olo 739 c. p. c., la norma violerebbe il diritto di difesa dei soci e 
iella societ�. 

La questione � infondata. 

Quale che sia la natura del procedimento � certo che esso non 
1a effetti decisori rispetto allo scioglimento della societ�: il Presidente, 
:lopo un'indagine sommaria analoga a quella che precede le misure 
~autelari, pu� nominare i liquidatori sul presupposto che J.a societ� si 
;;ia sciolta per impossibilit� di funzionamento o per inattivit� dell'asremhlea; 
ma; senza dubbio, non accerta n� l'avvenuto scioglimento n� 
le cause che lo avrebbero prodotto: tanto � vero che sulla questione 
llilO qualunque degli interessati (presente o non presente) potr� promuovre 
un giudizio ordi:qario e, provata l'insussistenza delle cause di 
;cioglimento, ottenere la rimozione degli effetti del decreto presidenziale. 


In realt�, diversamente dal provvedimento previsto dall'art. 274, 

j

secondo comma, del codice civile (sentenza 1965, n. 70), quel decreto ~ 

I

non preclude n� compromette l'esercizio dell'azione in sede contentlosa. 
Le parti private, sull'eco dell'ordinanza di rinvio, lamentano la 
non reclamabilit� del decreto; ma non tengono conto di ci�, che, se 
esso fosse reclamabile sul punto dello scioglimento, il reclamo dovrebbe 
esser proposto entro termine breve e darebbe luogo a pronunzia in 
camera di consiglio (art. 739 c. p. c.): sotto questo aspetto invece 
il .sistema vigente offre ai dissenzienti una tutela maggiore poich� 
permette loro di esercitare l'azione ordinaria senza termini di decadenza 
e di difendrsi con la garanzia d'un pi� aperto contraddittorio. 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza del Presidente del 
Tribunale di Milano emessa il 14 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 
1967, n. 25) e con ordinanza del Tribunale di Milano emessa il 13 gennaio 
1967 (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1967, n. 170). 
La Corte ha aderito alla tesi prospettata dall'Avvocatura sull'art. 2450 

c. c.; per quanto concerne le questioni trattate in sentenza, vedi: Cass. 6 febbraio 
1957, n. 472; Cass. 25 ottobre 1958, n. 3473; Cass. 8 novembre 1967, 
n. 2703; in dottrina, FR�, Commentario a cura di Scialoia e Branca, 1966, 
sub art. 2450, 686. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per concludere, poch� il giudizio sullo scioglimento della societ� 
si svolge in un secondo tempo dinanzi al giudice competente, il fatto 
che in precedenza possa essere mancato il contraddittorio non colpisce 
l'art. 24 della Costituzione. 

2. -Una delle ordinanze e le parti private accennano al pericolo 
derivante dall'immediata esecuzione del decreto di nomina del liquidatore: 
tra l'altro questi, nel legittimo esercizio del suo potere, potrebbe 
anche disperdere i beni sociali compromettendo in qualche modo 
la futura ripresa dell'attivit� imprenditrice alla quale frattanto apra 
la via la pronuncia favorevole del giudice dell'accertamento. 
Questa situazione, ovviamente, pu� prodursi solo se non si accolga 
l'indirizzo, seguito anche da talune Corti, secondo cui l'esercizio dell'azione 
nelle vie ordinarie sospende il procedimento dinanzi al Presidente. 
Tuttavia, anche esclusa la sospensione, a parte che il sorgere 
.della lite induce il liquidatore ad estrema prudenza nello svolgimento 
della sua attivit�, il pericolo � di quelli a cui � dato porre rimedio. 
Infatti chi contesta in sede contenziosa l'avvenuto scioglimento della 
societ� pu� chieder� � i provvedimenti d'urgenza... pi� idonei ad assicurare 
gli effetti della decisione di merito � posto che, nel caso ipotizzato: 
vi sia minaccia d' � un pregiudizio imminente e irreparabile � 
(art. 700 c. p. c.). 

Del resto non si pu� tacere da un canto che, perfino se il decreto 
di nomina fosse reclamabile, il reclamo non ne sospenderebbe sempre 
l'efficacia (v. art. 741, secondo comma; c. p. c.);� dall'altro, che, comunque, 
la pronuncia favorevole in sede contenziosa obbliga al risarcimento 
dei danni, derivati dalla liquidazione, chi aveva chiesto tale 
nomina. La situazione � ben diversa da quella del presunto infermo di 
mente che un decreto camerale abbia privato della libert� col pericolo 
di cagionargli un danno, per la natura del diritto colpito, assolutamente 
irreparabile (sent. n. 74 di pari data). 

3. -Si � sostenuto in corso di causa che il decreto presidenziale non 
offra .garanzie proprio perch� viene preso in assenza della societ� e 
all'insaputa dei soci. 
Se con questo si intende ripetere che manca il contraddittorio, a 
ci� s'� data risposta pi� sopra. Se invece si vuol denunciare la segretezza 
del procedimento che non assicura n� alla societ� n� ai soci la 
conoscenza di quanto vi � si sta preparando � e la possibilit� di difesa 
tempestiva nelle vie ordinarie, si cade in un equivoco. Infatti � da dire 
innanzi tutto che non si emana il decreto di nomina senza aver informato 
almeno il rappresentante legale della societ�; ma specialmente 
si pu� osservare come sia inverosimile l'ipotesi che gli amministratori 
sociali rimangano all'oscuro del provvedimento o della sua esecuzione. 
Quanto ai soci, basti rilevare che, neanche se il procedimento di nomina 
si svolgesse col rito normale, dovrebbero essere citati o informati. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 703 

Perci� gli uni e gli altri, se non promuovono in tempo il giudizio di 
!ognizione, potranno rimproverare soltanto se stessi. 

4. -L'art. 2450 c. c. � stato denunciato anche per violazione del 
;>rincipio d'uguaglianza (art. 3 Cost.) : non si giustificherebbe come, se 
;>resupposto della liquidazione � l'inefficienza dell'assemblea, sia il 
Presidente a provvedere, mentre negli altri casi di scioglimento della 
;ociet� si procede colle forme ordinarie. 
Anche questa denuncia � infondata. Il legislatore � partito dalla 
!onsiderazione che l'inefficienza dell'assemblea, cio� la impossibilit� 
:li funzionamento o l'inattivit�, sia facilmente constatabile e produca 
ma situazione cosi critica da richiedere l'intervento immediato dei 
liquidatori. L'opportunit� della norma � stata �discussa e pu� essere 
:liscutibile ma con un giudizio che questa Corte non potrebbe emet;
ere senza colpire la discrezionalit� del legislatore. -(Omissis). 

I 

:::!ORTE COSTITUZIONALE, 27 giugno 1968, n. 78 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Soc. it. Beni Immobili (n. c.) c. Prefetto di Roma 

(n. c.) e Comune di Roma (avv. Marchetti) -Presidente Consiglio 
dei Ministri -(Sost. avv..gen. Stato Peronaci). 
t>iano regolatore -Citt� di Roma -Costruzione vie e piazze -Cessione 
di suolo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 42, 3� comma; r. d. 6 luglio 1931, n. 981, art. 6). 

L'art. 6 del r. d. l. 6 luglio 1931, n. 981, convertito nella legge 24 
marzo 1932, n. 355, che impone ai proprietari di terreni necessari per 
~ costruzione di nuove vie o piazze la cessione del suolo, nella sussi'I. 
1tenza di determinati presupposti nella medesima norma specificati, 
rion contrasta, con l'art. 42, terzo comma della Costituzione, in quanto 
~'obbligo di trasferimento gratuito, ai sensi del successivo art. 7, non 
~ in realt� senza corrispettivo (1). 

(1-2) I giudizi sono stati promossi con ordinanza emessa il 7 aprile 1967 

ial Consiglio di Stato, Sez. IV (Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 1967, n. 321) 

~ con ordinanza del Collegio arbitrale presso la Corte di Appello di Roma 

~messa il 10 gennaio 1968 (Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1968, n. 65). 

Sull'argomento cfr. Cass., Sez. un. 7 ottobre 1964, n. 2545, in Foro it., 

Rep. 1964, voce Piano regolatore, n. 142. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 89 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Di Fani ed altri (avv. Sorrentino, Sammartino) c. 
Comune di Roma (avv. Rago) -Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. avv. 1gen. Stato Peronaci). 

Piano regolatore -Citt� di Roma -Indennit� di espropriazione e 

contributi di miglioria -Collegio arbitrale -Questioni infonda


te di costituzionalit�. 

(Cost., artt. 3, 102, disp. trans. VI; d. I. 29 marzo 1966, n. 128, art. l, 3� comma; 

I. 26 maggio 1966, n. 311, art. unico; r. d. I. 6 luglio 1931, n. 981, artt. 4, 5, 
6, 7, 11). 
Somo infondate le questioni di costituzionalit�: 

a) in riferimento all'art. 3 delia Costituzione, dell'art. 1, terzo 
comma, decreto legge 29 marzo 1966, n. 128, convertito con modificazioni 
nella legge 26 maggio 1966, n. 311, per la parte in cui rende 
applicabili alle espropriazioni commesse alle esecuzioni dei piani particolareggiati 
indicati nel primo comma, gli artt. 4, 5, 6 e 7 del r. d. l. 
6 luglio 1931, n. 981, convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 
1932, n. 355, che disciplinano le indennit� di espropriazione e i contributi 
di miglioria da corrispondere in rapporto alt'attuazione del piano 
regolatore de.Ua citt� di Roma; 

b) in riferimento all'art. 102 e alla VI disposizione transitoria 
della Costituzione, deLZ'articolo unico della legge 26 maggio 1966, numero 
311, per la parte in cui estende alle espropriazioni stesse l'applicazione 
dell'art. 11 del r. d. l. 6 luglio 1931, n. 981, che prevede 
la competenza di un collegio arbitrale per la risoluzione delle controversie 
(2). 

I 

(Omissis). -La questione � priva di fondamento. 

L'obbligo di trasferimento gratuito previsto dall'art. 6 del r. d. 1. 
6 luglio 1931, n. 981, che approva il piano regolatore di Roma, in 
realt� non � senza corrispettivo. 

Esso sussiste unicamente se al proprietario rimane 'una parte non 
inferiore alla met� dell'area residua (terzo comma del predetto art. 6); 
e quando esiste, il proprietario beneficia, in compenso, di una riduzione 
del contributo di miglioria imponibile sulla parte residua, in 
mistira equivalente al valore dell'area trasferita (art. 7, primo comma). 
Cosicch� in effetti egli, mediante la riduzione del contl'libuto suddetto, 
viene ad essere indennizzato per la perdita patrimoniale subita. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 705 

Il Comune, in forza dell'art. 1 del r. d. 1. 17 ottobre 1935, n. 1987, 

tenuto ad imporre questo contributo; e pertanto non � supponibile 
le in concreto il diritto del proprietario resti pregiudicato; tanto pi� 
le il logico presupposto della legge � che il contributo di miglioria 
1lla parte della propriet� che rimane dopo il trasferimento, sia di 
fmma superiore o uguale al valore della parte trasferita. 

� il caso di aggiungere che l'art. 24, primo comma, della legge 
rbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, invece dell'obbligo di cui s� tratta, 
atuisce che il Comune pu� imporre il trasferimento a scomputo del 
>ntributo di miglioria; e, pur essendo vero che la norma non .si aplica 
in relazione al piano regolatore di Roma del 1931, essa potrebbe 
nanco lasciare arguire che la disposizione impugnata stia fuori dal:>
rbita dell'art. 42 della Costituzione, per essere un modo di adempi.
ento dell'obbligazione inerente al contributo di miglioria. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -2. -Il dubbio esposto nell'ordinanza prese corpo 
~rch� il collegio speciale non intese congruamente la lettera e la soanza 
.del decreto-legge denunciato. 

Questo altro non fece che determinare l'influenza del nuovo piano 
igolatore su quelli particolareggiati ancora in pendenza di escuzione. 
ra, regolare l'incidenza di un sistema normativo nuovo su una situaone 
giuridica costituitasi in precedenza, non vuol dire distaccare la 
essa dal suo nesso di derivazione, neanche se alla medesima viene 
;tesa l'applicazione della legge nuova. Tanto pi� quando, come nella 
>ecie, la situazione � mantenuta in collegamento con la legge ante.
ore, sia pure entro certi limiti, come risulta dal terzo comma delart. 
1 del decreto-legge in esame, che ha lasciato sotto il regime di 
uello del 1931 i piani particolareggiati suddetti, nelle, parti non dif>
rmi da alcune prescrizioni del nuovo piano. In tal modo l'ordinaLento 
ha rivelato la volont� di non novare la fonte giuridica dei piani, 
ur riducendone il contenuto; e ha escluso che l'approvazione del nuovo 
iano regolatore abbia causato la caducazione di quello precedente, 
�va la pi� ristretta efficacia dei piani particolareggiati che vi si 
ppoggiavano. 

Il piano generale del 1965 trov� in fase avanzata di esecuzione 
uello del 1931; sul fondamento di quest'ultimo gi� da tempo si erano 
>stituiti vincoli alla propriet� privata, e il decreto legge del 1966 non 
oteva non tenerli fermi fino al massimo possibile, ad evitare il preiudizio 
che avrebbe potuto derivare, all'interesse pubblico, dal vuoto 
iuridico che, nel caso in cui i piani particolareggiati pendenti fossero 
ivenuti in tutto inefficaci, si sarebbe prodotto fino a quando non aves



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sero avuto effetto quelli nuovii: di regola, del resto, ogni situazione 
giuridica � governata dalla legge del tempo in cui ebbe a costituirsi. 

Non � sostenibile, come invece si � sostenuto, che il decreto-legge 
impugnato ha inteso negare efficacia a tali piani per il fatto di essersi 
riferito. unicaID:ente ad alcune e non a tutte le loro previsioni, o che 
esso ha voluto estinguere gli effetti del precedente piano regolatore 
generale non avendo nominato questo piano, come in altra occasione 
aveva fatto l'art. 18 del decreto-legge del 1931. Il richiamo solo ad 
una parte del contenuto dei piani esecutivi ben si spiega: essi venivano 
�parzialmente tenuti in vita, e comunque era sostanzialmente 
richiamo a tali piani, tanto vero �che ai medesimi il decreto-legge impugnato 
ritorna a riferirsi nel terzo comma del suo art. 1. L'affermazione 
della persistente efficacia del piano regolatore del 1909, invece 
che dei suoi piani esecutivi, contiene per implicito l'enunciazione 
del continuato effetto dei piani medesimi; senza dire che, attorno al 
1909, i piani regolatori erano soltanto particolareggiati. 

3. -Cos� essendo, non si pu� discorrere di estensione della giurisdizione 
del collegio speciale a controversie nuove, a parte il decidere 
se controversie nuove possono ritenersi, a tal fine, quelle che potessero 
proporsi a proposito del piano regolatore nuovo. Le controversie che 
il decreto-legge denunciato mantiene nella sfera della potest� giurisdizionale 
del collegio riguardano sempre gli indennizzi per le espropriazioni 
disposte in dip~denza del piano regolatore del 1931; tanto pi� 
che ogni contesa circa i limiti di tale riduzione non rientra nella competenza 
del collegio speciale, non avendo .per oggetto una questione 
di indennit�. Inutilmente perci� il comune ha sollevato il dubbio sulla 
natura del collegio speciale; dubbio, del resto, infondato, perch� non 
basta a fare ritenere che quell'organo giurisdizionale sia stato inserito 
nella struttura della Corte d'appello di Roma la circostanza che esso 
� � funzionante presso � la medesima e che il suo presidente � � designato 
� dal primo presidente della stessa. 
Le indennit� poi che, secondo la legge di conversione, devono 
essere liquidate sulla base delle regole stabilite nel decreto-legge del 
1931, riguardano ugualmente le �espropriazioni disposte in forza dei 
piani particolareggiati dipendenti da quello regolatore approvato con 
detto decreto, perch� il terzo comma del d. 1. del 1966, nel testo modificato 
in sede di conversione, applica gli artt. 4, 5, 6, 7 e 11 del decreto 
del 1931 � alle espropriazioni occorrenti alle attuazioni dei piani 
particolareggiati di cui ai commi precedenti �, e quindi ai piani del 
1931 rimasti in vigore o ridotti di effetto, non a quelli che derivano 
dal piano nuovo. Il quale entra in .giuoco unicamente come misura dell'effetto 
ulteriore dei primi, .per la relatio che si fa ad es;so entro un 
ambito determinato. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 707 

Al postutto, se .pure i piani particolareggiati del 1931 fossero 
;ati attratti in quello generale del 1965, vi starebbero in posizione 

s� stante, tanto che, non solo le previsioni conformi al piano nuovo 
i rimarrebbero, ma anche le altre che, pur contrastando con questo, 
on sarebbero fra quelle alle quali il primo comma del decreto-legge 
enunciato ha tolto valore. E non �, d'altronde, in s� �ssurdo che, pur 
no stesso piano regolatore generale, si cOilltemplino trattamenti dif~
renziati in corrispondenza a situazioni ritenute diverse: nella specie 
on sarebbe assurdo che i piani particolareggiati pendenti al tempo 
ell'approvazione di quello generale del 1965, fossero ritenuti in esso 
mestati con l'intero assetto che ricevevano secondo il decreto-legge del 
931, perch� l'inserzione si dovrebbe ravvisare rivolta a porre i piani 
endenti nella cornice dei limiti ai quali si intendeva farli sottostare, 

non altro che a questo. Cosicch� pure sotto questo profilo l'inserione 
stessa, n� farebbe divenire materia relativa al nuovo piano quella 
he ha per oggetto le controversie sull'indennit� dovuta per le esproriazioni 
di immobili compresi nel piano antico, perch� nessuna norma 
.ettata per il piano nuovo regola la liquidazione delle indennit�, n� 
ifferenzierebbe irrazionalmente i criteri stabiliti per tale liquidazione, 
e diverso � il tempo al quale si deve far risalire l'imposizione dei 
'incoli di piano esecutivo, a seconda che essi si sorreggano su quello 
enerale del 1931 o sull'altro del 1965. 

La deduzione dei proprietari espropriati circa una pretesa irrisoiet� 
dell'indennizzo previsto dal decreto-legge del 1931, non. solo in se 
tesso, ma anche nel confronto con i criteri applicabili al piano del 
965, non forma oggetto dei profili prospettati dal collegio speciale, e 
.on pu� essere discussa nell'odierno giudizio. -(Omissis). 

:ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 83 -Pres. Sandulli -

Rel. Verzl -Latteria Sociale di Brignano Gera d'Adda c. Mini


stero Finanze (Sost. avv. .gen. Stato Coronas). 

mposte e Tasse -I.G.E. -Estimazione semplice -Riscossione non in 

abbonamento -Difetto di tutela giurisdizionale -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24 e 113; r. d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52; r. d. 1. 7 agosto 
1936, n. 1639, art. 22; d. I. 3 maggio 1948, n. 799, art. 18). 

Poich� la legislazione v�igente mantiene implicitamente ferma la 
ompetenza del giudice ordinario per le controversie relative alla im>
osta generale sull'entrata corrisposta mediante marche o versamenti 


RASSEG:NA DELL'AVVOCATURA DELLP STATO 

in conto corrente postale, comprese queiie di estimazione semplice, non 
� fondata La questione di legittimit� costituzionale degli articoli 52 del 

r. d. l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, 
22 del r. d. l. 7 agosto 1936, n..1639, convertito in legge 7 giugno 
1937, n. 1016 e modificato con r. d. l. 27 ottobre 1937, n. 2013, 18 del 
d. l. 3 maggio 1948, n. 79.9, in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 
della Costituzione (1). 
(Omissis). -L'oroinanza di rimessiooe ritiene che, in materia tributaria, 
le controversie, le quali abbiano per oggetto la estimazione 
semplice per valutazti.one induttiva in fatto dei cespiti imponibili, siano 
tutte escluse dalla competenza della, autorit� giudizia.ria, senza alcuna 
distinzione fra imposte dirette ed imposte indirette, compresa l'I.G.E. 
E poich� per le controversei relative all'I.G.E. corrisposta mediante 
applicazti.one di marche o mediante versamento in conto corrente non 
� ammesso neppure il ricorso alle Commissioni tributarie, previsto dall'art. 
18 del d. I. 9 maggio 1948, n. 799, limitatamente all'I.G.E. corrisposta 
in abbonamento, mancherebbe, in tali ipotesi, la tutela giurisdizionale 
dei diritti derivanti da una eventuale imposizione fiscale 
basata su una stima erronea, con violazione dei principi enunciati 
negli artt. 113, 3 e 24 della Costituzione. 

La questione non � fondata. 

La Corte ritiene che alla imposta generale sulla entrata non sono 
applicabili n� la norma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E, che esclude dalla competenza della autorit� giudiziaria le questiooi 
relative all'estimo catastale, ed al riparto di quota e tutte le 
altre sulle imposte dirette sino a che non abbia avuto luogo la pubblicazione 
dei ruoli; n� la norma dell'art. 22 del r. d. 1. 7 agosto 1936, 

n. 1639, convertito in legge 7 giugno 1937, n. 1016, e modifilcato con 
(1) La questione � stata sollevata d'ufficio con ordinanza emessa il 
23 giugno 1966 dal Tribunale di Brescia (Gazzetta Ufficiale 15 ottobre 1966, 
n. 258). 
L'Amministrazione delle Finanze, innanzi alla Corte Costituzionale, ha 
dedotto l'infondatezza della questione, richiamando il consolidato orientamento 
giurisprudenziale secondo il quale, in tema di I.G.E. riscossa non in 
abbonamento, anche per le questioni di estimazione semplice, resta stabilita 
la competenza dell'A.G.0. in virt� del disposto del 2� comma dell'art. 52 
legge 762/1940. 

La Cassazione ha, infatti, statuito detto principio con numerose sentenze 
delle Sezioni Unite (27 luglio 1962, n. 2173; 24 giugno 1965, n. 1322; 27 gennaio 
1966, n. 315; 3 marzo 1966, n. 628; 12 dicembre 1966, n. 2888). 

In dottrina, vedi: MAGNANI, Dir. e pratica trib., 1962, II, 528, BRESCIA, 
Giur. it., 1965, I, 1, 235. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 709 

. d. 1. 27 ottobre 1937, n. 2013, che mantiene la co:qipetenza della 
utorit� giudiziaria su ogni controvevsia che non si riferisca a semplice 
stimazione di redditi. 

Per quanto la Corte di cassazione abbia ritenuto nel .passato il 
ontrario, numerose recenti sentenze pronunziate a sezioni unite e la 
1i� autorevole dottrina aff.ermano che, in materia di I.G.E. -nelle 
potesi nelle quali non � previsto il ricorso alle Commissioni tributaie 
-le questioni di estimazione semplice rientrano nella giurisdizione 
lel giudice ordinario. Ed invero i sopraindicati articoli 6 e 22 -enrambi 
dettati con riferimento aUe imposte dirette -non riguardano 
.ffatto l'imposta sull'entrata e comunque per essa non sussistono quelle 
agioni che hanno indotto dl legislatore ad emanare le 'ricovdate dispo~ 
izioni. L'estimo catastale, infatti, richiede complessi accertamenti tecdci 
per stabilire il reddito medio, ordinario e continuativo; il riparto 
li quota va fatto in base ai vari catasti per provincia e per comuni, 
icch� non consente alcun accertamento singolo; e le imposte dirette 
olpiscono il reddito, inteso come periodico aumento di ricchezza. Quete 
ragioni, che determinano l'esclusione della competenza della autoit� 
.giudiziaria, non valgono affatto per l'l.G.E., che � una imposta 
lldiretta, la quale colpisc.e l'entrata in denaro cooseguita da persone 
isiche, da persone giuridiche o da enti, nonch� alcuni atti economici 
�elativi al commercio di materie, merci e prodotti. 

Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale dei diritti ed inte
�essi relativi all'l.G.E., le norme da applicare sono l'art. 52 del r. d. 1. 9 
rennaio 1940, n. 2, convertito in legge 19 giugno 1940, n. 762, il quale, 
enza enunciare alcuna limitazione, espressamente stabilisce che contro 
'ordinanza dell'Intendente di :finanza e contro il decreto del Ministro 
1er le finanze � consentito .gravame dinanzi all'autorit� giudiziaria in 
ede civile; l'ait't. 18 del d. 1. 9 maggio 1948, n. 799, che, affidando alle 
~ommissiOilli tributarie distrettuali e provinciali la risoluzione in via 
1mministrativa delle controversie relative all'applicazione della imposta 
ull'entrata corrisposta mediante abbonamento, mantiene implicitanente 
ferma la competenza del giudice ordinario per le controversie 
�elative alla imposta corrisposta mediante marche o versamenti in 
~onto corrente postale comprese quelle di estimaziooe semplice; e lo 
1rt. 28 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, che conferma le disposizioni 
rigenti (e cio� quelle relative alla competenza dell'autorit� giudiziaria 
frdinaria), per quanto concerne la risoluzione delle controversie in 
nateria di tassa scambi, che in epoca successiva � stata sostituita dalla 
mposta sull'entrata. 

Risultando da quanto sopra esposto che, in materia dd estimazione 

:emplice di imposta sull"entrata per le ipotesi sopraindicate, � con


:entita l'aziooe davanti al giudice ordinario, la legge assicura la tutela 

tiurisdizionale di cui l'ordinanza lamenta la carenza. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 84 -Pres. Sandulli -
Rel. Manca -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
Stato Agr�) c. Presidente Regione Siciliana (avv. Virga). 

Sicilia -Conflitto di attribuzione -Poteri di decidere i ricorsi gerarchici 
degli Esattori delle imposte avverso le ordinanze dell'Intendente 
di Finanza che irrogano pene pecuniarie -Spetta agli 
organi dello Stato, non della Regione. 

(d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 38; 1. 7 gennaio 1929, n. 4; d. P. R. 
15 maggio 1963, n. 858, art. 150; d. 1. 6 novembre 1930, n. 1465, art., 24). 
Poich� la devoluzione alla Regione Siciliana delle entrate derivanti 
dall'applicazione di sanzioni pecuniarie non implica la legittimazione 
della Regione stessa alla irrogazione delle sanzioni che a tali 
entrate danno luogo, ne consegue che l'Intendent~ di Finanza, nell'applicazione 
delle sanzioni, svolge una funzione statale, non trasferita 
alla Regione, e che appartiene al Ministro delle Finanze la competenza 
a decidere i ricorsi avverso le oTdinanze dell'Intendente di Finanza (1). 

(Omissis). -2. -Osserva la Corte che la questione fondamentale 
per la risoluzione del conflitto � se la devoluzione alla Regione delle 
entrata derivanti dall'applicazione di sanzioni pecuniarie implichi la 
legittimazione della Regione stessa alla irrogazione delle sanzioni che a 
tali entrate danno luogo. 

Ritiene la Corte che al quesito debba darsi risposta negativa. 

L'assegnazione dei proventi di determinate pene pecuniarie ad un 
ente, anche se fornito, come la Regione, di potest� legislativa e tributaria, 
non � attribuzione all'ente del potere di irrogare le pene stesse. � 
appena il caso di osservare che se, per ipotesi, fosse attribuito a un determinato 
ente pubblico il provento di multe o ammende previste dalla 
legge penale, non per questo sarebbe attribuita all'ente la potest� pu


. 

(1) Il conflitto � sorto a seguito della circolare dell'assessore per le 
finanze 21 luglio 1967, n. 18459, con la quale si affermava la competenza 
dell'Assessorato Regionale per le Finanze a decidere i ricorsi avverso le 
ordinanze degli Intendenti di Finanza. Tale circolare � stata dalla Corte 
annullata con la sentenza in rassegna. 
Prima dell'entrata in vigore del d. P. R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente 
norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia 
finanziaria, e nella vigenza del d. lg. 12 aprile 1948, n. 507, la Corte aveva 
risolto analogo conflitto, con sentenza del 24 giugno 1965, n. 48 (in questa 
Rassegna, 1965, I, 865), affermando sempre la competenza statale. Cfr. pure 
le sentenze 26 gennaio 1957, n. 11 e 16 novembre 1960, n. 61 in Foro it., 
1957, I, 340 e 1960, I, 1855. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 711 

itiva, anche a prescindere dal carattere esclusivamente statale di tale 
otest�. 

N� si potrebbe, nel caso in esame, invocare il parallelismo, gi� 
ilevato in precedenti sentenze di questa Corte, tra spettanza di un 
:ibuto e potest� tributaria, inteso nel senso che, di massima, l'ente a 
Lli spetta il tributo pu� disporre intorno ad esso, sempre nei limiti e 
~condo i principi dell'ordinamento tributario generale, e svolgere la 
onnessa attivit� amministrativa. A parte che � da distinguere la po~
st� di imposizione dal diritto al provento di un tributo imposto da 
n altro ente, nel caso in esame non si tratta di entrate tributarie, e 
eanche connesse a tributi (come le sopratasse e .gli interessi di mora, 

carico del contribuente), ma si tratta di proventi derivanti dall'eserlzio 
di una potest� divel'sa dalla �tributaria, e precisamente dall'eserlzio 
di un potere sanzionatorio, che, se ha per oggetto attivit� che si 
volgono in materia tributaria, si distingue per� dal potere di impo.
zione e di riscossione di tributi, ed � regolato da un proprio ordiamento. 


Nessun argomento pu� trarsi, pertanto, dalla considerazione che 

decreto n. 1074 de.I 1965 ha trasferito alla Regione le funzioni esecu.
ve ed amministrative ad essa spettanti in materia tributaria, per cui 
opo l'entrata in vigore di esso, gli esattori non riscuoterebbero pi� 
:ibuti di spettanza statale e competerebbe alla Regione ogni potest� 
mministraitiva connessa alle imposte dirette. 

Gi� nella sentenza n. 48 del 1965 fu rilevato che, pur essendo pas:
tta alla Regione siciliana la materia della riscossione dei tributi e la 
rg�anizzazione del servizio esattoria.le, nella materia trasferita non 
rano comprese quelle funzioni di sorveglianza sull'esecuzione del raporto 
esattoriale che danno luogo all'applicazione di sanzioni ammini~
rative, e in particolare alla irrogazione delle cosiddette pene pecuiarie, 
e che costituiscono un sistema, unitariamente disciplinato, di 
ttivit� sopraordinate al servizio di riscossione, nel quale non possono 
ssere considerate confuse. Pertanto, si ritenne che alla Regione non 
>ssero state attribuite le funzioni relative all'irrogazione delle dette 
mzioni, non .gi� per la ragione che non fossero state ancora trasferite 
~ funzioni spettanti alla Regione in materia tributaria, e neanche per 
i ragione che l'applicazione ~ quelle sanzioni sia di esclusiva compe:
mza dello Stato (questione rimasta al di fuori della pronuncia), ma 

�erch� esse sono funzioni sostanzialmente distinte da quelle che aveano 
formato oggetto del trasferimento. E ci� si deduceva dalla sostaniale 
diversit� dell'attivit� sanzionatoria e dell'attivit� di riscossione, 
isalente alla distinzione tra potest� sanzionatoria e potest� tribu:
tria; dal diverso livello a cui si esplicano le predette attivit�; dal 
araittere unitario dell'ordinamento delle attivit� sanzionatorie in ma~
ria fiscale, che costituisce un sistema organico, differenziato dall'or

712 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dinamento dell'imposizione e della esazione dei tributi, e che ha il 
suo testo fondamentale nella legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente 

� norme generali � per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie. 
Le stesse ragioni valgono rispetto alla norma dell'art. 3 del decreto 

n. 1074 del 1965, che si � limitata ad assegnare alla Regione le entrate 
derivanti dall'applicazione di sanzioni pecuniarie. 
Anche se, per ipotesi, il trasferimento alla Regione del predetto 
potere �sanzionatorio fosse consentito dall'ordinamento generale, esso 
avrebbe richiesto una esplicita attribuzione, che non � compresa nell'attribuzione 
dei proventi. Vi � un salto logico nel pa�ssa.ggio dalla esatta 
affermazione che il citato art. 3 ha derogato, per quanto riguarda la 
Regione siciliana, agli artt. 24 del d. 1. n. 1465 del 1930 e 150 del 

d. P. R. n. 858 del 1963 (che attribuiscono quei proventi allo Stato) 
a.Ila affermazione che sia stato trasferito il potere di applicare le sanzioni, 
come vi � un salto logico nel passaggio dall'affermazione che, 
col decreto n. 1074 del 1965, si � avuto il trasferimento delle funzioni 
spettanti alla Regione, all'affermazione che sia di spettanza di questa, 
non il provento, ma l'applicazione delle sanzioni. 
Non pu� pertanto ritenersi che l'esercizio del potere sanzionatorio, 
pvevisto e regolato dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, a cui si richiama 
l'art. 20 del t. u. sulla riscossione delle imposte dirette (d. 1. 6 novembre 
1930, n. 1465), abbia formato oggetto delle norme di attuazione 
dello Statuto siciliano in esame, allo stesso modo che non aveva formato 
oggetto delle precedenti norme sul regolamento provvisorio dei 
rapporti tra Stato e Regione in materia finanziaria. 

Ne consegue che l'Intendente CM finanza, nell'applicazione delle 
sanzioni, svolge una funzione statale non trasferita alla Regione. 
� inoltre da tener presente che le funzioni esattoriali non riguardano 
soltanto la riscossione di tributi di spettanza re.gionale. 

4. -Ulteriore, e diretta, conseguenza delle esposte considerazioni 
� che appartiene tuttora al Ministero delle finanze la competenza a 
decidere i ricorsi in materia. 
Va osservato a questo proposito che non � pertinente, ai fini del 
presente giudizio, stabilire se, col disporre che la Regione si avvale 
degli organi periferici dello Stato per l'esercizio delle funzioni ad essa 
spettanti, si sia istituito un rapporto di dipendenza gerarchdca. A parte 
che la questione non avrebbe in nessun caso rilievo, perch� un ricorso 
amministrativo potrebbe essere stabilito dall'ordinamento anche in mancanza 
dii esso (cosiddetto ricorso gerarchico improprio), la definizione 
del rapporto tra organi dello Stato e Regione pu� avere importanza in 
relazione alle funzioni di spettanza di quest'ultima svolte dai primi, 
non gi� in relazione a quelle funzioni che, per essere rimaste dello 

l 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 713 

;ato, non possono essere svolte che dagli organi dello Stato come 
li, e non come organi di cui si avvale la Regione. 

Ugualmente estranea alla presente controversia � la classificazione 
~ll'atto dell'Intendente come atto amm1nistrativo o come atto paraurisdizionale. 
Certo la Regione pu� avvalersi deglli organi dello Stato 
ilo per lo svolgimento di attivit� amministrative ( � per l'esercizio delle 
mzioni esecutive ed amminist:r~ative., dice l'art. 8); ma non basta la 
1tura amministrativa dell'atto per dedurne la competenza della Reone, 
richiedendosi che si tratti di attivit� amministrativa a questa 
spettante�. 

Le ra~oni innanzi indicate escludono che tale sia l'attivit� dell'Inndente 
nell'applicazione delle sanzioni, in qualunque modo .possa 
:sere qualificata, non essendo passata alla Regione la competenza rela\
7a per effetto di una norma che ha soltanto disposto l'attribuzione 
la Regione delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni 
esse. 

Si deve dunque concludere che, ferma restando la competenza 
~lla Regione in materia di .riscossione dei tributi ad essa assegnati, 
iich� l'attivit� relativa all'applicazione delle pene pecuniarie di cui 
la legge n. 4 del 1929, richiamata dall'art. 150 t. u. del 1963 sulla 
scossione delle imposte dirette, � rimasta attivit� statale, l'Intendente 

finanza agisce, nello svolgimento di essa, come organo dello Stato 
~ll'esercizio fil itna funzione statale. Spetta quindi al Milliistro delle 
tianze la decisione dei ricorsi contro i suo atti, come disposto dal1rt. 
24, quarto comma, del d. 1. 6 novembre 1930, n. 1465. -(Omissis). 

DRTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 85 -Pres. Sandulli -
Rel. Manca -Caserotti (avv. Bussi) c. I.N.A.I.L. (avv. Flamini, 
Magno, Cataldi) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. 
gen. Stato Coronas). 

lortuni sul lavoro -Rendita ai superstiti -Presentazione della do


manda -Termine di trenta giorni� -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 24, 38, 113; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 28). 

In riferimento agli articoti 24, primo comma, e 38 della Costituone, 
� incostituzionale l'art. 28 del r. d. 17 agosto� 1935, n. 1765 
�ontenente disposizioni per l'assicuT'azione obbligatoria degli infortuni 
~l lavoro e delle malattie profesS'Lonali) nella parte in cui stabilisce 
ie la domanda gei superstiti del lavomtore deceduto a causa dell'in



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fortunio, deve essere propo�sta, a pena di decadenza, entro un mese 
daUa data della morte (1). 

(Omissis). -2. -Osserva la Corte che, prescindendo dall'art. 113 
della Costituzione, non applicabile al caso (poich� non ricorre l'ipotesi 
di impugnazione di un atto amministrativo), il dubbio deve ritenersi 
fondato, contrariamente all'assunto della difesa dell'Istituto e 
dell'Avvocatura dello� Stato, in riferimento alle altre norme costituzionali, 
richiamate dal tribunale: all'art. 24 che, nel primo comma, 
concerne, in via generale, la tutela giurisdizionaie dei diritti e degli 
interessi (vedasi la sentenza di questa Corte n. 83 del 1966); ed all'art. 
38, in quanto i precetti, in esso contenuti, sono dettati per assicurare 
ai lavoratori infortunati e, indirettamente ai loro superstiti, 
le provvidenze assistenziali nell'articolo stesso menzionate. 

3. -Al riguardo non si pu� disconoscere la validit� delle ragioni 
addotte nell'ordinanza. 
Si accenna, infatti, al turbamento di carattere psicologico ed affettivo 
che la morte di un congiunto suscita, di norma, nell'ambito della 

(1) Il giudizio � stato introdotto con ordinanza emessa il 7 luglio 1966 
del 
Tribunale di Trento (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). 
L'Avvocatura ha rilevato, in via preliminare, che l'art. 28 del r. d. 

n. 1765/35 resta al di fuori del campo di applicazione degli articoli 24 e 113 
della Costituzione, in quanto mentre tali norme costituzionali si riferiscono 
alla tutela giurisdizionale, esso si esaurisce nell'assoggettare ad un congruo 
termine di decadenza la presentazione di una domanda diretta ad ottenere 
l'emanazione di un provvedimento cui l'interessato ritenga di avere diritto, 
salvo, ove il contenuto di tale provvedimento non sia favorevole all'istante 
l'esperimento dei mezzi di itutela giuridica consentiti dalla legg�e. Il termine, 
cio�, non attiene ad un procedimento giurisdizionale ma amministrativo. 
La Corte non ha ritenuto di dover motivare specificamente sul punto 
ma, affermata la fondatezza della questione in riferimento all'art. 24, primo 
comma, si � limit~ta a richiamare, in parentesi, la sentenza n. 83 del 1966 

(in questa .Rassegna, 1966, I, 780). 

Nella sentenza citata in motivazione concernente la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 236 t. u. delle imposte dirette -il quale vieta 
al debitore esecutato ogni contestazione sul valore dei beni staggiti nella � 
esecuzione esattoriale -, il principio di cui al primo comma dell'art. 24 
Cost. � posto in stretta correlazione all'art. 113 Cost., nel senso che, quando 
si contesti la legittimit� di un atto amministrativo non pu� essere esclusa 

o limitata la tutela giU!I'isdizionale. 
Sembra, perci�, che :il richiamo alla sentenza n. 83 del 196!) non sia, 
nella fattispecie, conferente, soprattutto in considerazione del fatto che la 
Corte ha escluso l'applicabilit� al caso in esame dell'art. 113 della Costituzione. 


Ci� non esclude che l'illegittimit� costituzionale della norma sia stata 
esattamente dichiarata sotto il profilo della violazione dell'art. 38 della 
Costituzione. 

R. CANANZI 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 715 

amiglia, con ripercussioni innegabili sull'attivit� che i superstiti de
�ono svolgere sollecitamente, per salvaguardare i loro interessi rpatri1oniali, 
ricollegati all'evento luttuoso; attivit� che pu� trovare magiore 
difficolt� di espletamento, anche nell'eventuale scarsa conoscenza 
.elle disposizioni legislative e regolamentari da parte dei superstiti. 
tagioni queste che gi� concorrono a far fondatamente dubitare della 
ongruit� del termine di un mese stabilito dalla disposizione impu:
nata, ed assumono, nel caso, maggiore rilievo se si considera che 
letto termine decorre dalla data della morte del lavoratore che gi� 
:ode della rendita. Da un elemento di fatto cio� che prescinde dalla 
1ossibilit� che del decesso non sia pervenuta tempestivamente notizia 
.gli interessati. Il che pu� accadere quando, come nella specie, fa 
aorte avvenga in localit� diversa da quella dell'abituale residenza 
lell'infortunato, ovvero quando l'evento si � verificato in circost_anze 
ali da renderne difficile la conoscenza da parte della stessa pubblica 
~utorit�. -(Omissis). 

~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 86 -Pres. Sandulli -
Rel. Branca -Amaducci ed altri (n. c.). 

>rocedimento penale -Istruzione prelim�i.are -Atti di polizia giudiziaria 
del procuratore della Repubblica -Questione di costituzionalit� 
-Parzialmente fondata. 

(Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 232). 

>rocedimento penale -Istruzione preliminare -Sommariainformazioni 
della polizia giudiziaria -Illegittimit� costituzionale parziale. 
(Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 225). 

>tocedimento penale -Forme dell'istruttoria sommaria -Riferimento 

all'istruzione preliminare -Illegittimit� costituzionale -Esclu


sione. 

(Cost., artt. 3, 24; c. p. p. art. 392, 1� comma). 

?rocedimento penale -Istruzione formale e sommaria senza previa 
contestazione del fatto o interrogatorio dell'imputato -Proscioglimento 
-Interesse al giusto procedimento -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; c. p. p. 395). 

� incostituzionale l'art. 232 c. p. p., in riferimento all'art. 24 della 
::ostituzione nella parte in cui consente al procuratore della Repub!>
Mca il compimento di atti di polizia giudiziaria senza l'applicazione 
iegli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale (1). 

(1-4) Le Questioni sono state sollevate con ordinanze del giudice istruttore 
del Tribunale di Bologna del 18 novembre 1966 (Gazzetta UfficiaLe 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Anche l'art. 225 c. p. p., sempre in riferimento all'art. 24 della 
Costituzione, � incostituzionale nei medesimi limiti (2). 

La questione di costituzionaUt� dell'art. 39.2, primo comma, � manifestamente 
infondata, in quanto tale articolo, a seguito della sentenza 

n. 52 del 1965 della Corte Costituzionale e della dichiarata incostituzionalit� 
parziale degli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale, 
rende estensibile le garanzie degli artt. 304 bis, ter e quater delLo stesso 
codice alla istruzione sommaria e, perci�, anche alle indagini di polizia 
giudiziaria (3). 
� manifestamente infondata la questione di costituzionalit� dell'art. 
395, ultimo comma, del codice cLi procedura penale che ammetteva, 
fuori dei tre casi ivi indicati, il proscioglimento senza interrogato!
l'io e senza contestazione del fatto, in conseguenza della sentenza 

n. 151 del 1967 delLa Corte Costituzianale e della dichiarata incostituzionalit� 
parziale degli artt. 225 e 232 c. p. p. (4). 
(Omissis). -2. -L'art. 232 del codice di procedura penale � denunciato 
perch� consente al procuratore della Repubblica di procedere 
a quegli atti di polizia giudiziaria che si svolgono senza le garanzie 
prevedute, per l'istruzione formale, dagli artt. 304, 304 quater c. p. p .. 

Si tratta delle c. d. indagini preliminari che il P. M. avvia subito 
dopo la notitia criminis e che precedono la vera e propria fase istruttoria, 
formale o sommaria. Esse, notoriamente, possono limitarsi alla 
assunzione o �lla ricerca di indizi o di sommarie informazioni testimoniali; 
ma spesso consistono in tipici atti istruttori (interrogatorio, 
ricognizioni, ispezioni, confronti, perquisizioni) che danno luogo a processi 
verbali direttamente utilizzabili nel corso ulteriore del giudizio. 

Questi atti, a parte certa loro sommariet�, non differiscono sostanzialmente 
da quelli in cui si concreta la vera e propria istruzione e 
perci� possono condurre il processo su binad dai quali pi� tardi non 
sa.r� facile uscire: basti pensare a ispezioni non facilmente ripetibili, 
a ricognizioni compiute nell'ansi�a di individuare rapidamente il colpevole, 
a interrogatori condotti febbrilmente nel clima d'allarme cagio


25 marzo 1967, n. 77), del 30 gennaio 1967 (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, 

n. 157) e del 31 gennaio 1967 (Gazzetta Ufficiale 10 giugno 1967, n. 144). 
La sentenza della Corte Costituzionale n. 52 del 1961 � pubblicata in 
Foro it., 1965, I, 1160; la sentenza n. 151 del 1967 � pubblicata in questa 
Rassegna, 1968, I, 11. 

In dottrina, sulle .garanzie del prevenuto nell'istruzione preliminare, 

v. BELLAVISTA, Studi sul processo penale, 1952, 121; G. FOSCHINI, Sistema del 
diritto processuale penale, 1968, II, 41 segg.; G. LEONE, Trattato dir. proc. 
penale, I, 83. 
La sentenza � stata annotata da G. FoscHINI, Diritti della difesa ed 
istruzione preliminare (L'incidente di istruzione), Foro it., 1968, I, 2047. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 717 

ato dal delitto. Il modo come le indagini vengono eseguite, gli stru1enti 
dei quali � costretto a servirsi l'inquirente, l'assenza di vera col1borazione 
da parte dell'indiziato (se c'�) e di chi lo assiste possono 
>mpromettere irrimediabilmente la sorte del giudizio. Invece, se 
llegli stessi atti fossero compiuti nel corso dell'istruzione formale, si 
rolgerebbero quasi tutti alla presenza dei difensori delle parti e i 
ocumenti, che ne registrano l'andamento e le conclusioni, compresi i 
rocessi verbali degli interrogatori, sarebbero depositati presso la can~
lleria a presidio d'un aperto esercizio del diritto di difesa; nel' nome 
el quale un'analoga disciplina accompagna necessariamente anche la 
:truzione sommaria in virt� dell'art. 390 c. p. p. e dopo che questa 
orte ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale parziale dell'art. 392, 
rimo comma, c. p. p. (sentenza n. 52 del 1965). 

La differenza tra la fase dell'istruzione sommaria, che offre al 
revenuto (se c'� un prevenuto) le .garanzie previste negli artt. 390, 
04 bis e 304 quater, e quella .precedente, che le ignora, non trova 
deguata giustificazione dinanzi all'art. 24, secondo comma, della Coituzione: 
non � giustificata dall'urgenza di raccolta delle prove poich� 
1 norma impugnata si applica anche fuori dei casi che esigono rapidi 
iterventi, mentre a tali casi provvede comunque l'art. 304 ter del 
:>dice di procedura penale; n� dalla natura delle operazioni, dato che 
sse non differiscono da quelle di cui � fatta l'istruttoria, n� dalla loro 
retesa estraneit� al vero e proprio giudizio, ch� questo sarebbe un 
iotivo troppo formalistico, per di pi� contraddetto dalla partecipaione 
del magistrato a quegli atti. 

Anzi proprio il .potere, conferito dalla legge al P. M., di compierli 
ella fase preparatoria invece che durante l'istruzione (il cui inizio 
iolto spesso �. difficile da cogliere) accentua l'incostituzionalit� della 
orma denunciata: l'ampiezza del diritto di difesa, che la Costituzione 
axantisce in ogni stato e grado del procedimento, non pu� dipendere 
alla mera discrezionalit� dell'inquir�ente, portato dalla natura delle 
lle stesse funzioni ad allungare talvolta la fase preliminare in conronto 
con quella istruttoria. Il che ha avvertito esattamente l'ordianza 
di rinvio. Perci� la denuncia � da accogliere, purch� si avverta 
ome, quanto alla nomina del difensore, la norma, che occorre appliare 
nella fase preparatoria, sia l'art. 390, dettato appunto per l'istruione 
condotta dal P. M., e non l'art. 304, relativo a \iuella del giudice. 

3. -L'incostituzionalit� parziale dell'art. 232 travolge parzialmente 
nche un'altra delle norme impugnate, cio� l'art. 225 del codice di 
1rocedura penale che, in �erti casi, consente il compimento �di veri e 
1ropri atti istruttori ad iniziativa degli ufficiali di polizia giudiziaria. 
Qui la gravit� degli interventi non promossi dal P. M. sembrerebbe 
ustificata dalle ragioni della flagranza o dell'urgenza, mentre la vioazione 
del diritto di difesa parrebbe evitata dall'obbligo di osservare 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le norme sull'istruzione formale e di trasmettere gli atti al .procuratore 
della Repubblica; ma la realt� � ben diversa. 

La tensione derivante dalla delicatezza delle funzioni, il .proposito 
di scoprire rapidamente i colpevoli, accentuato in soggetti che con 
l'attivit� di .polizia giudiziaria alternano compiti di polizia di sicurezza, 
il timore (connaturato a questa stessa situazione) di non reperire 

o perdere le prove, la difficolt� d'uno stretto controllo da parte del 
procuratore della Repubblica portano spesso, nell'applicazione pratica, 
ad allargare il concetto d'urgenza o di flagranza: si che, al di l� della 
previsione legislativa, il diritto di difesa � sacrificato a esigenze che 
si rivelano talora insussistenti e per le quali d'altra parte bastano le 
norme dell'istruzione, saggiamente conciliando l'esercizio di quel diritto 
con le assolute nec�essit� del processo, .comprese quelle dell'urgenza 
(art. 304 ter, ultimo comma, e 304 quater, penultimo comma). 
Inoltre secondo la norma impugnata la disciplina dell'istruzione 
formale pu� estendersi alle indagini preliminari solo � .per quanto � 
possibile., cio� praticamente a discrezione dell'autorit� di .polizia giudiziaria; 
tanto � vero che, per le ragioni dell'urgenza e sull'esempio 
delle operazioni compiute .per incarico del P. M., si nega proprio l'applicabilit�, 
a quelle indagini, degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater 

c. p. p., vale a dire delle norme che sono state introdotte recentemente 
a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa: e non � dubbio che ci� 
contrasti con l'art. 24 della Costituzione; cos� come vi contrasta l'affermata 
inestensibilit�, ricavabile a quanto pare dalla stessa disposizi�me 
impugnata, del precetto relativo alla nomina del difensore (precetto 
che tuttavia, in una fase di indagini analoghe a quelle del P. M., 
� anche in questo caso l'art. 390, non l'art. 304 additato dal .giudice 
a quo). 

Per sfuggire alla denuncia di incostituzionalit� non varrebbe rilevare 
che quelle operazioni, compiendosi prima del .giudizio, sarebbero 
fuori da � ogni stato e grado� del processo: all'opposto, a parte che 
quanto s'� detto sull'attivit� del P. M. pu� ripetersi a fortiori per le 
iniziative della polizia giudiziaria, tali atti non sono estranei al giudizio 
poich� rientrano in indagini preordinate a una pronuncia penale e si 
traducono in processi verbali di cui � consentita la lettura nel dibattimento 
(art. 463 c. p. p.). 

D'altronde la dichiarazione di illegittimit� parziale dell'art. 225 
non preclude alla polizia giudiziaria lo svolgimento. di .proprie indagini, 
ma pone limiti a quelle che si risolvono in veri e propri atti istruttori 
da utilizzare direttamente nel processo. A questo proposito vedr� il 
giudice ordinario come la disciplina dell'istruzione e il precetto dell'art. 
390 si possano realizzare, soprattutto nell'eventualit� che il prevenuto 
non risponda all'invito di scegliersi un difensore; ad ogni modo, 
anche se risultasse che di regola occorrer� l'intervento del� magistrato, 

J 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 719 

inconveniente, a giudicare dall'esperienza d'altri Paesi, non sarebbe 
'eccessiva gravit�: il diritto di difesa, in un ordinamento che vieta 
i considerare colpevole chi non abbia subito una condanna definitiva, 
al bene il sacrificio d'una maggiore speditezza delle indagini. 


Omissis). 

~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 87 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Cavalca (n. c.) c. Cavalca (n. c.). 

'rocedimento civile -Interdizione e inabilitazione -Immediato rigetto 
dell'istanza su richiesta del Pubblico .Ministero -Illegittimit� 
costituzionale. 

(Cost., artt. 24, 2� comma, e 111; c. p. c., art. 713, 1� comma). 

� incostituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo comma, delLa 
~ostituzione, l'art. 713, primo comma, secondo periodo, del codice di 
>rocedura civile, nella parte in cui permette al Tribunale di rigettare 
enz'altro, e cio� senza istituire il contraddittorio con la parte istante, 
:i domanda di interdizione o di inabilitazione ove il pubblico minitero 
ne faccia richiesta (1). 

(1) La questione � stata sollevata con ordinanza 14 luglio 1967 dal preidente 
del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 9 dicembre 1967, n. 307) 
decisa con procedimento in camera di consiglio non essendovi stata costillZione 
di parte. 
La Corte richiama la precedente sentenza, 12 luglio 1965, n. 70 concerente, 
in materia di filiazione, il giudizio di delibazione della domanda di 
ichiarazione giudiziale di paternit� (art. 274 c. p. c.). Tale ultima sentenza 

pubblicata in questa Rassegna, 1965, I, 886, con nota. In dottrina, sui due 
lpi di provvedimenti, cfr. ANDRIOLI, Commento, IV, 1964, 355. 

~ORTE COSTITUZIONALE, 5 luglio 1968, n. 88 -Pres. Sandulli -
Rel. Capalozza -imp. Bettuzzi, Capelli (n. c.) -Presidente Consi.
glio dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Casamassima). 

'.icurezza pubblica -Sala da giuoco -Tabella di giuocW vietati -Obbligo 
di esposizione -Sanzione penale -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 25, 2� comma; r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, 1� comma). 

� infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 110, 
>rimo comma, del t. u. delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con 


720 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773, il quale impone all'esercente di una sala 
da bigliardo o da giuoco di tenere esposta la tabella, vidimata dal questore, 
con l'indicazione dei giuochi d'azzardo e di quelli vietati nel 
pubblico intere'sse, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della 
Costituzione (1). 
(Omissis). -2. -Nel merito la questione � infondata. 

La denunziata disposizione, infatti, impone allo esercente di una 
sala da bigliardo o da giuoco di tenere esposta la tabella, vidimata dal 
questore, con l'indicazione dei giuochi d'azzardo e di quelli vietati 
nel pubblico interesse. Si tratta di un obbligo di fare che prescinde dal 
contenuto (pur se fosse pa.rzialmente illegittimo) della tabella stessa. 

Ne consegue che, ai fini del giudizio, non sorge il problema della 
legittimit� dell'attribuzione al questore del .potere di compilare -in 
un modo che � solo .parzialmente discrezionale -la tabella dei giuochi 
d'azzardo e di quelli vietati nel pubblico interesse. 

D'altro canto, l'obbligo di esposizione della tabella -nella quale, 
ai sensi del secondo comma dell'a;rt. 110 del t. u., deve essere fatta 
espressa menzione del divieto delle scommesse -si il'isolve in una 
garanzia sia per l'esercente che per il giuocatore per lo meno per 
quanto concerne l'avvertimento che taluni -giuochi sono vietati. 

Se, poi, la tabella del questore includa, illegittimamente, tra i 
giuochi non consentiti, un giuoco che non possa essere considerato tale, 
soccorre, in favore del trasgressore alle prescrizioni della tabella, la 
garanzia giurisdizionale del sindacato dello stesso giudice penale. 

Quanto, poi, all'esercente, egli ha la possibilit� di impugnare la 
indabita inclusione di un giuoco nella tabella, attraverso i normali 
rimedi giurisdizionali. -(Omissis). 

(1) La questione � stata introdotta con ordinanza emessa il 23 novembre 
1966 dal pretore di Imola (Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, n. 51). 
Vedi in argomento: Corte Cost., 23 marzo 1966, n. 26, Corte Cost. 27 
giugno 1966, n. 73, in questa Rassegna, 1966, I, 489, con nota di ricMami. 
Sull'art. 110 t. u. delle leggi di P. S., vedi Corte Cost. 9 luglio 1963, 

n. 125. 

SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3022 -Pres. 

Scarpello -Rel. D'Armiento -P. M. Pedote (conf.) -Fucciarelli 

(avv. Cochetti) c. Ministero Difesa (avv. Stato Soprano). 

1>mpetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Giurisdizione esclusiva 
del Consiglio di Stato -Estensione e limiti. 

(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 1). 
La giurisdizione esclusiv.a del Giudice amministrativo in materia 
. pubblico impiego si estende a tutte le controversie anche di conte-
1,to patrimoniale, le quali nel rapporto di impiego trovano il loro 
~olo necessario, ossia a tutte le controversie, in cui il rapporto me~
simo,�considerato nella sua costituzione e nel suo svolgimento, funona 
da momento genetico diretto ed immediato della pretesa fatta 
~lere in giudizio; detta giuriSdizione deve invece negarsi tutte le 
>lte che la pretesa fatta valere in giudizio sia basata non gid sulla 
olazione di diritti nascenti da quel rapporto, bens� sulla violazione 
ii diritti assoluti alla vita ed all'integritd personale, pure se connessi 
m il rappol/'to stesso: in tal caso il rapporto di impiego non pu� 
>rsi a fondamento della domanda perch� va considerato come una 
era occasione rispetto al petitum sostanziale, il quale trova la sua 
.usa nella violazione del generale principio del neminem laedere, alla 
1i osservanza � tenuta pure la pubblica Amministrazione (1). 

(1) In questa massima si ribadisce un principio pi� volte affermato 
.Ile Sezioni unite della Corte di Cassazione: cfr. Cass., Sez. un., 17 feb
�aio 1964, n. 349, in Foro it.� 1964, I, 1178 ed ivi nota 1; nonch�, Cass., Sez. 
t., 22 luglio 1966, n. 1988, in Giur. it., 1967, I, 1925 ed ivi nota 1. � impor11te 
peraltro rilevare che la pratica applicazione di tale principio pu� facilente 
ricondurre alla teoria della prospettazione ed a conseguenze inaccetbili: 
v. in proposito nota 1 a Cass., Sez. un., 20 dicembre 1967, n. 2981, 
questa Rassegna, 1967, I, 974. Nella specie, comunque, del principio in 
lestione � stata :liatta ineccepibile applicazione con l'affermazione della 
llrisdizione esclusiva per un caso, in cui si chiedeva il risarcimento del 
nno in relazione al mancato riconoscimento, da parte degli organi saniri 
preposti alla funzione di controllo, di uno stato di malatUa del dipennte, 
che, dopo aver ripreso servizio, aveva avuto un aggravamento, 
cedendo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 settembre 1968, n. 3028 -
Pres. Tavolaro S. -ReZ. Speziale -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero 
del T�soro (avv. Stato Bronzini N.) c. Giovamrini (avv. Danese) 
Bertozzi ed altri (avv. E. e F. Biamonti). 

Competenza e giurisdizione -Impugnazioni civili -Ricorso in Cassazione 
avverso le decisioni del Consiglio di Stato -Termini -Decorrenza. 


(Cost., art. 111; c. p ..c.� artt. 325 secondo comma, 326, 360, n. 1, e 362, primo 
comma; r. d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 87, primo e secondo comma). 

Competenza e giurisdizione -Danni di guerra -Indennizzo a favore 
dei proprietari di navi requisite o noleggiate dallo Stato -Interesse 
legittimo -Giurisdizione del Consiglio di Stato. 

(r. d. I., 28 aprile 1937, n. 707; 1. 13 luglio 1939, n. 1154; r. d. I. 23 novembre 
1939, n. 1939; 1. 3 aprile 1941, n. 499; r. d. 2 febbraio 1943, n. 127; 1. 17 �dicembre 
1953, n. 968; 1. 29 settembre 1967, n. 955). 
Le decisioni dei Giudici speciali sono impugnabili mediante ricorso 
per cassazione nei termine di sessanta giorni decorrenti datta 
notifica della decisione ad istanza di parte e non datta semplice comunicazione 
informativa (per estratto) detta decisione stessa (1). 

Sussiste ta giurisdizione dei Consiglio di Stato in ordine atta applicabitit� 
delle provvidenze, dettate per i danni di guerra, alle navi 
e ai galleggianti requisiti �in uso o noteggiati con assunzione dei rischi 
di guerra da parte detto Stato o comunque assicuroti contro tali rischi 
nonch� atte navi requisite per acqui$to (2). 

(Omissis). -Il Giovannini ha eccepito, nella memoria, la irricevibilit� 
del ricorso, assumendo che esso avrebbe dovuto essere proposto 
nel termine di 60 giorni dalla comunicazione fatta, d'ufficio, all'Autorit� 
amministrartiva interessata, a cura della seg.reteria del Consiglio di 
Stato, ai sensi dell'art. 87, primo comma, del Regolamento di procedura 
per i giudizi dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, 

(1) Giurisprudenza ormai costante delle Sezioni unite della Corte di 
Cassaz10ne. Cfr., oltre alla sentenza citata in quella di cui si tratta, Ca:ls., 
Sez. un., 15 giugno 1967, n. 1391, in questa Rassegna, 1967, I, 750, ed ivi 751, 
nota 1, con ampi richiami giurisprudenziali e di dottrina anche sull'applicabilit� 
o meno alle decisioni del Consiglio di Sato del termine di decadenza, 
di cui all'art. 327 c. p. c. 
(2) La questione sollevata dall'Amministrazione ricorrente in ordine 
alla improponibilit� delle domande tendenti ad ottenere l'indennizzo per i 
danni di guerra nei casi di cui si tratta � venuta meno con la pubblicazione 
della legge n. 955 del 1967, della quale le Sezioni unite della Corte di Cas

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

;>provato con r. d. 17 agosto 1907, n. 642. Nella specie tale comunitzione 
� stata fatta il 6 aprile 1966, mentre il ricorso � stato notificato 
4 aprile 1967, quando i 60 giorni erano abbondantemente decorsi. 

uindi il ricorso sarebbe stato proposto tardivamente. 

L'eccezione � assolutamente priva di fondamento. Invero, secondo 

disposto dell'art. 362 c. p. c., le decisioni dei giudici speciali sono 
npugnabili mediante ricorso per cassazione nel termine di cui alart. 
325, secondo comma, dello stesso codice, cio� nel termine di 60 
~orni decorrente dalla notificazione della sentenza. Coordinando tale 
isposizione con quelle del ricordaito RegoJ.amento, che anch'esso preede 
la notifica della decisione da farsi ad istanza delle parti interes1te 
(secondo comma dell'art. 87), � da ritenere �Che il termine per 
roporre ,ricorso contro le decisioilli del Consiglio di Stato decorra non 
alla comunicazione prevista dal primo comma dell'art. 87, .che ha una 
mzione meramente informativa, ma dalla notificazione prevista dal 
~condo comma dello stesso articolo, come � stato sempre ritenuto da 
uesta Suprema Corte (v. da ultimo: Cass., S. U., 21 giugno 1968, nu1ero 
2072). 

Nel caso in esame la decisione del Consiglio di Stato non � stata 
otificata: quindi, al momento della proposizione del ricorso, la decorenza 
del termine di 60 giorni non si era neppure iniziata. 

Con l'unico mezzo il ricorrente, premesso che, �di fronte ad una 
omanda proposta contro la Pubblica Amministrazione, � preliminare 
esame della sua proponibilit� attraverso un'indagine diretta �a stabilire 
e esista una fattispecie astratta entro cui possa ricondursi quella conreta, 
si da potersi ipotizzare un diritto o un interesse legittimo che 
~ossa essere fatto valere nei confronti dell'Amministrazione stessa, 
leduce che, a tal fine, si deve riesaminare la questione sulla quale si 
, pronunziato il Consiglio di Stato, e do� se �una volta chiuso il rap1orto 
tra la Pubblica Amministrazione e i proprietari delle navi noeggiate 
o requisite, e perdute per cause di guerra, mediante la liquilazione 
degli indennizzi previ�sti dalle leg,gi speciali concernenti il 
toleggio, la requisizione e l'assicurazione obbligatoria per i rischi di 

azione hanno fatto applicazione in questa e nell'altra sentenza di pari 
Lata n. 3025 sulla base dei principi dell'jus superveniens nei sensi precisati 
n motivazione. Di tale legge le sezioni unite hanno pure affermato il caratere 
retroattivo. Dunque, il principio riportato in massima, con riferimento 
tll'accennata questione, comprende pure per implicito l'affermazione del'
applicabilit� nei casi anzidetti dell'indennizzo per danni di guerra, con 
ietrazione, comune, di quanto gi� percepito dagli interessati, ad altro 
:itolo, cos� come � stabilito espressamente nella legge citata. La questione, 
>eraltro, era stata gi� affermativamente risolta dal Consiglio di Stato (Ad. 
>len. 5 aprile 1966, n. 10, in questa Rassegna, 1966, I, 877 e, per esteso, in 
!i'oro it., 1967, III, 15, con nota di G. C.). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

guerra, i proprietari possano chiedere una nuova liquidazione, in base 
alla legge 27 dicembre 1953, n. 968, a titolo di danni di guerra. Questo, 
secondo il ricorrente, sarebbe da escludere e quindi ricorrerebbe una 
ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per improponibilit� della 
domanda. 

La questione sollevata dal ricorrente deve ormai ritenersi superata, 
a seguito della emanazione, nelle more del giudizio, della legge 29 settmbre 
1967, con la quale sono state apportate modifiche e integrazioni 
alle ,disposizioni concernenti la concessione di indennizzi e contributi 
per danni di guerra. L'art. 8, primo comma, stabilisce: �Le disposizioni 
della legge 27 dicembre 1953, n. 968, si applicano anche ai danni 
subiti dalle navi e dai galleggianti requisiti in uso o noleggiati con 
assunzione dei rischi di guerra da parte dello Stato o, comunque, assicurati 
contro i detti rischi, nonch� alle navi requisite per acquisto, ai 
sensi del quinto comma dell'art. 1 del r. d. 2 febbraio 1943, n. 127. 
Le indennit� gi� percepite sono detraibili, ai sensi dell'art. 11 della 
legge 27 dicembre 1953, n. 968, dall'indennizo o dal contributo, da 
liquidare per ogni singolo natante da considerarsi unico cespite �. 

Quale che fosse, in base alle disposizioni anteriori, la soluzione da 
dare al quesito che il Consiglio di Stato � chiamato a risolver�e, cio� 
se i proprietari di navi requisite in uso o noleggiate dallo Stato, e andate 
perdute per cause belliche (come quelle di cui si discute), potessero 
invocare l'applicazione a proprio favore delle disposizioni relative 
al risarcimento dei danni di guerra, � ormai evidente che tale possibilit� 
non pu� pi� essere contestata. Nella sua relazione al disegno di , 
legge il Ministro proponente -dopo aver posto in ,rilievo l'opportunit� 
di provvedere ad una pi� completa disciplina della materia relativa 
ai danni derivati da fatti �di guerra durante l'ultimo conflitto, per eliminare 
lacune e contrasti di inter;pretazione, e dopo avere riferito le. 
differenti opinioni che si erano manifestate circa l'applicabilit� della 
legge 27 dicembre 1953, n. 968 alle navi requisite in uso o noleggiate 
dallo Stato ed a quelle obbligatoriamente assicurate contro i rischi di 
guerra -rilevava che le indennit� a suo tempo corrisposte per la perdita 
dei nataniti in questione, sulla base delle disposizioni concernenti 
ia requisizione o il noleggio di navi da parte dello Stato, ovvero l'assicurazione 
obbligatoria delle stesse, non coprivano interamente il danno 
subito, trattandosi di provvidenze iimitate ad una certa quota del valore 
del natante. Si reputava, perci�, giustifilcaito un intervento risarcitodo 
per la parte residua, secondo i criteri fissati dalla legge n. 968 del 1953. 

La intenzione chiaramente espressa dal proponente trova esatto 
riscontro nella norma emanata. 
Si discute, fra le parti, se si tratta di una disposizione innovativa 

o initerpretativa. Ma la questione non ha alcuna rilevanza, nella specie, 
poich� quello che importa, ai fini della decisione, � che si tratta di 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 725 

o.a norma indubbiamente retroattiva, essendo diretta a regolare situa.
oni determinatesi nel corso del passato conflitto. N� pu� contestarsi 
1e di tale sopravvenuta disposizione si debba tener conto, poich� 
� ius superveniens (da intendere, qui, non nel senso classico di mutatento, 
verificatosd nel costo del giudizio, delle condizioni di fatto 
a cui dipende la sussistenza del diritto controverso, ma in quello, 
rmai comunemente usato sia in dottrina che in giurisprudenza, di 
~gge sopravvenuta) pu� essere dedotto e rilevato d'ufficio anche nel 
iudizio di cassazione; e ci� perch� il giudice deve applicare alla que;
ione sottopostiJ.gli la legge vigente in quel momento, sicch�, ove sfa 
itervenuta una nuova legge, potr� e dovr� applicarla, per decidere 
1 causa secundum ius: sempre che si tratti, naturalmente, di una 
~gge applicabile al caso. 
Orbene, poich� il Consiglio di Stato, nell'impugnata decisione, si 

limitato ad affermare -per la parte che qui interessa, siccome 
ttinente al problema della giurisdizione -l'applicabilit� delle providenze 
dettate per i danni di guerra alle navi requisite in, uso o 
oleggiate dallo Stato ed a quelle obbligatoriamente assicurate contro 
rischi di guer.ra, in base alle disposizioni allora vigenti, la success[va 
manazione della legge n. 955 del 1967 importa che l'applicabilit� delle 
ette disposizioni � ormai divenuta incontestabile e che la tesi dello 
ssoluto difetto di giurisdizione per improponibilit� della �domanda non 

pi� sostenibile, anche se (in ipotesi) la decisione del Consiglio di 
.tato fosse da ritenre, in relazione al momento in cui fu emessa, non 
onforme al diritto. 

In base ai suesposti rilievi, che per il loro carattere assorbente 
ispensano da ogni altra indagine, il ricorso va rigettato. 

In considerazione della peculiarit� del caso, si ritiene di dover 
ompensare interamente le spese del presente giudizio di cassaione. 
-(Omissis). 

:ORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 ottobre 1968, n. 3292 -Pres. 

Flore -Rel. Iannuzzi -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero della 

Sanit� (avv. Stato Gargiulo) c. Petrellese (avv. Fragola). 

lompetenza e giurisdizione -Farmacia -Situazione soggettiva del 
concessionario -Poteri della P. A. -Limiti ed effetti. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 4; t. u. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 123 
e segg.). 
L'autorizzazione a gestire una farmacia conferisce al titolare la 
acoltd di esercitare l'attivitd professionale inerente alla distribuzione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO 

dei medicinali aiia popolazione e, quindi, il diritto aiia conservazione 
ed ail'esercizio esdusivo di tale attivit� per una determinata zona: 
pertanto, al di fuori dei casi nei quali � ammessa l'ingerenza della 
pubbZica Amministrazione nello svolgimento del servizio, ogn.i eventuale 
provvedimento diretto ad annullare od a limitare l'esercizio del 
diritto del concessionario deve qualificarsi illecito e lesivo di un diritto 
soggettivo (1). 

(O~issis). -Con citazione 19 maggio 1964, il dott. Antonio Pe


trellese, titolare della farmacia sita in Napoli in via Chiaia n. 153, 

esponeva che, dal gennaio 1960, anche a seguito dei ricol1Si proposti da 

un farmacista �concorrente, il medico provinciale di Napoli gli aveva 

intimato varie diffide a limitare la vendita, nella predetta farmacia, 

ai prodotti � omeopatici �, con esclusione di quelli � allopatici ., nel


l'erroneo presupposto che, trattandosi di � farmacia omeopatica �, 

l'istante non fosse abilitato a vendere prodotti � allopatici �. Inoltre l'au


torit� sanitaria aveva sollecitato un provvedimento di polizia nei con


fronti del Petrellese, ed il 19 aprile 1962 erano stati apposti i sigilli 

a 29 scaffali della farmacia contenenti prodotti � allopatici ., con 

denunzia al pretore di Napoli della di lui moglie e di una farmacista 

per esercizio abusivo della professione. 

L'istante aveva proposto distinti ricorsi al Consiglio di Stato 

contro i vari provvedimenti delle autorit� sanitarie; i ricorsi erano 

stati accolti; gli atti impugnati eran0; stati annullati con i .provvedi


menti conseguenziali ed il Ministero era stato condannato alle spese 

in solido ad un altro farmacista controinteressato. 

A seguito di tali de�isioni, nonch� della sentenza di assoluzione 

pronunciata dal pretore, l'ufficio sanitario ave~a sollecitato la rimo


zione dei sigilli, che era stata effettuata il 7 luglio 1962. 

(1) In materia di concessi�ni delle farmacie, particolarmente per la 
distinzione tra le varie categorie, cfr. Cass., Sez. un., 14 giugno 1967, 
n. 1328, in questa Rassegna, 1967, I, 775. Circa la natura dei provvedimenti 
del medico provinciale in materia di apertura di farmacie, cfr. Cons. di 
� Stato, Ad. plen., 16 
marzo 1966, n. 8, in questa Rassegna, 1966, I, 876 ed 
ivi nota 1. In senso ranalogo alla sentenza, di cui si tratta, cfr., poi, Cass., 
Sez. I, 29 gennaio 1964, n. 233, in .questa Rassegna, 1964, I, 327 ed ivi, 323, 
nota 1, e 329-331, nota 2. Le riserve che si posero nelle citate note e particolarmente 
in quella sub 2 valgono a maggior ragione di fronte alla 
sentenza, di cui si tratta, che, a parte l'inquadramento del caso di specie 
nell'ambito del principio riportato in massima con la statuizione dell'obbligo 
dell'Amministrazione a risarcire i danni, ha premesso affermazioni 
di carattere generale, le quali come tali specialmente non possono condividersi, 
senza dire che esse appaiono non pertinenti ed alquanto apodittiche. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Ci� ,premesso, il Petrellese conveniva il Ministero della Sanit� 
ubblica davanti al Tribunale di Napoli e ne chiedeva la condanna al 
sarcimento dei danni dipendenti dalla lesione del suo diritto all'eserzio 
della professione di farmacista, danni che indicava nella somma 
l L. 59.900.000, con gli interessi legali. 

L'Amministrazione sanitaria, oostituitasi in giudizio, eccepiva in 
la pregiudiziale il �difetto di giurisdizione del giudice ordina<rio, dellcendo 
che il preteso danno non derivava dalla lesione �di un diritto 
>ggettivo, ma di un interesse legittimo. 

Nel corso del giudizio, essendo l'istante deceduto, si costituivano 
figlio Luigi e la vedova,. Assunta Palumbo, anche in rappresentanza 
~ figlio minore Vittorio. 

Istruita la causa con l'assunzione di una prova testimoniale e 
esibizione di documenti, il Txibunale di Napoili, con sentenza 10 mar> 
-10 giugno 1966, respingeva l'eccezione di difetto �di giurisdizione, 
!coglieva la domanda e condannava l'amministrazione convenuta al 
:lgamento della somma �di L. 2.500.000, oltre a.gli interessi ed al 
mborso parziale delle spese. 

Appellavano in via .principale gli eredi Petrellese che lamentavano 
insufficiente liquidazfone dei danni, ed in via incidentale I'Amminirazione, 
che ri-pvoponeva la eccezione di difetto di giurisdizione e 
~ difese non accolte dai giudici di primo .grado. 

La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza 22 marzo -10 giurio 
1967, confermava la decisione impugnata sul punto relativo alla 
conosciuta giurisdizione della autorit� giudiziaria ordinaria; accolieva 
parzialmente l'appello principale e condannava l'Amministra.
one alla maggior somma di L. 7 .376.000 per risarcimento dei danni 
ltre agli interessi ed alle spese. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo motivo il Ministero ricorrente, denunciando la violZione 
dell'art. 123 e seg. del t. u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934 
. 1265, dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all E e dell'arcolo 
360 n. 3 c. p. c.; deduce che sarebbe erronea l'affermazione della 
mtenza impugnata che, cio�, la concessione dell'esercizio di una 
trmacia attribuisca al gestore un diritto soggettivo la cui lesione 
o�ssa da.r luogo ad un'azione per risarcimento dei danni. 

Osserva che solo quando nel rapporto giuridico di concessione si 
u� distinguere un aspetto privatistico ricollegabile ad una convenzione 
lla quale partecipi anche il privato concessionario -ipotesi della 

d. concessione-contratto -� dato riscontrare un diritto soggettivo; 
t mancanza, la posizione del concessionario rimane interamente su

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bordinata e condizionata al pubblico interesse e non viene ad esistenza 
un tale diritto. 

Ora nella concessione all'esercizio di una farmacia, che si qualifica 
come concessione in senso proprio, non pu� trovare luogo un rapporto 
di natura privatistica e contrattuale fra l'Amministrazione ed il farmacista 
concessionario e, quindi, si deve escludere l'insorgenza di un 
diritto soggettivo. 

In ogni caso, sostiene il Ministero licoN'ente, il provvedimento denuncfato 
come lesivo del preteso didtto d'ell'istante fu adottato dal1'
Amministrazione nell'esercizio del potere .disciplinare e di controllo 
che le compete nell'interesse pubblico; pertanto tale provvedimento 
poteva incidere solo su una posizione di interesse legittimo, che non 
consente un'azione di risarcimento di danni. 

Osserva la Corte Suprema che tutte le concessioni, e non solo quelle 
denominate dal ricorrente come concessioni-contratto, creano diritti 
soggettivi a :favore dei concessionari. Invero, sia che si tratti di concessioni 
traslative o costitutive, sia che esse abbiano per oggetto il 
godimento di beni o la gestione di pubblici servizi, sia che i poteri e 
gli obblighi dell'autort� concedente e del concessionario siano esclusivamente 
o prevalentemente predeterminati dalla legge o stabiliti in 
atti o convenzioni particolari, in ogni caso sono attribuite al c;oncessionario 
un complesso di facolt� concernenti l'utilizzazione dei beni 

o la gestione del servizo, che concretano diritti soggettivi. Si tratta 
bensi di diritti subordinati o condizionati all'interesse pubblico che la 
autorit� concedente tende a realizzare, indirettamente, mediante l'esplicazione 
della attivit� privata potenziata dal conferimento delle nuove 
facolt�; ma ci� importa solo che la pubblica amministrazione possa 
modificare o revocare la concessione ovvero possa ingerirsi con un 
proprio atto nell'esercizio di essa nei casi in cui si manifesti una situazione 
di contrasto con il pubblico interesse, e non anche che possa 
limitare i poteri conferiti o impedirne l'attuazione al di fuori dell'ipotesi 
considerata o comunque dell'inosservanza dei doveri imposti al 
concessionario. Quando ci� accade, l'atto della Pubblica Amministrazione 
diretto ad ingerir.si nello svolgimento del rapporto risulta esorbitante 
dai poteri dell'Amministrazione e perci� non idoneo a modificare 
la posizione soggettiva del prvato, che resta immutata nel contenuto 
fissato dalla concessione; pertanto esso deve qualificarsi illecito 
e lesivo del diritto di godimento dei beni o di esercizio di una determinata 
attivit� conferita con la concessione stessa. 
L'autorizzazione a gestire una farmacia, che secondo la comune 
opinione ha natura di concessione e rientra nella categoria delle concessioni 
di un pubblico servizio, conferisce al titolare la facolt� di 
esercitare l'attivit� professionale inerente alla �distribuzione dei medicinali 
alla popolazione, e quindi il diritto alla conservazione ed allo 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 729 

;ercizio � esclusivo di tale attivit� per una determinata zona. Le moalit� 
di esercizio della farmacia sono fissate dalla legge, che detertina 
altresl i doveri del concessionario ed i poteri di vigilanza e di 
mtrollo della Pubblica Amministrazione diretti ad assicurare la .ree>
larit� e la efficienza del servizio. Al di fuori dei casi nei quali � 
mmessa l'ingerenza della Amministrazione nello svolgimento del ser1z10 
ogni eventuale provvedimento diretto ad annullare o a limitare 
esercizio del diritto del concessionario deve qualificarsi illecito e 
isivo del diritto soggettivo. 

Ci� si � verificato nella specie, perch� il provvedimento dell'Amtinistrazione 
ebbe per oggetto il divieto imposto all'istante di vendere 

prodotti �allopatici� nell'erroneo presupposto che la farmacia da 
ti gestita potesse distribuire soltanto prodotti � omeopatici �. Tale 
rovvedimento -giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato perch� 
t legge sanitaria prescrive la vendita di tutti i farmaci previsti dalla 
armacopea, mentre nei confronti dell'istante s'era limitato il conteuto 
della� concessione ad alcuni di essi -importava un'arbitraria re~
rizione delle facolt� rientranti, secondo legge, nell'ambito della con~
ssione, e pertanto costituiva lesione del diritto sog,gettivo dell'istante, 
l quale legittima l'azione per il risa,rcimento dei danni. 

Il Ministero ricorrente deduce che il predetto provvedimento non 
vrebbe potuto determinare la lesione di un diritto soggettivo anche 
erch� esso importava la violazione dell'art. 123 e segg. del t. u. n. 1265 
el 1934, cio� �di norme rivolte direttamente alla tutela dell'interesse 
ubblico connesso alla vendita dei medicinali, e solo indirettamente 
lla tutela dell'interesse del concessionario. Ma la norma la quale pre~
rive l'obbligo del farmacista di tenere tutte le sostanze medicinali 
idicate come obbligatorie nella Farmacopea ufficiale, pur essendo prealentemente 
diretta ad assicurare la soddisfazione del bisogno di meicinali 
della popolazione, determina, nel contempo, l'ambito del po~
e di vendita che spetta al gestore della farmacia, nel senso che esso 
i estende, quanto meno, alle sostanze medicinali predette. Pertanto 
:t restrizione della vendita ad alcuni prodotti esula dai poteri dell'am1inistrazione, 
giac.ch� importerebbe la limitazione di una facolt� rico.
osciuta e predeterminata dalla legge, nella quale si concreta l'eserizio 
del diritto attribuito dalla concessione; n� pu� trovar posto alcun 
iargine di discrezionalit� della Pubblica Amministrazione relativa~ 
iente ad un aspetto �di un'attivit� interamente regolato dalla legge. 

Con il secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 360, 

l. 
5, c. p. c., il Ministero ricorrente deduce che la motivazione della 
entenza sarebbe illogica e �COn~raddittoria sul punto della determina1ione 
e liquidazione del danno. Osserva che la Corte di Appello ha 
levato a L. 30.000 senza dare alcuna dimostrazione, non potendosi 
ll'uopo ritenere sufficiente l'indicazione dell'ubicazione della farma



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

eia, e trascurando l'esame delle deposizioni dei testimoni, che avevano 
descritto il volume degli affari ed il movimento di vend~ta della farmacia. 
Inoltre la sentenza impugnata ha liquidato il danno per lucro 
cessante riferendosi ad un criterio di comune esperienza, senza tenere 
conto dei dati risultanti dai certificati dell'ufficio delle imposte; ha 
attribuito all'istante L. 500.000 quale importo di un maggior tasso di 
interessi pagati su mutui �contratti con terzi, essendo venuto meno il 
fido bancario, senza reridersi conto che tale liquidazione costituiva 
una duplicazione del danno inerente alle maggiori spese subite dallo 
istante dopo il sequestro. 

Neanche tale censura � fondata. 

Invero la sentenza impugnata ha accertato il volume degli affari 
della farmacia tenendo conto di tutti gli elementi affiorati al processo, 
e cio� non soltanto dell'ubicazione della farmacia, situata nella zona 
pi� centrale ed affollata della citt�, ma anche dei molti anni di esercizio, 
della vendita giornaliera di medicinali, com'era risultata provata 
d~lla deposizione dei rappresentanti e dei grossisti, nonch� dell'elevato 
canone mensile di locazione e della necessit� della collabo.razione di 
altro farmacista. 

Le altre componenti del danno sono state ammesse dalla sentenza 
impugnata ugualmente previa valutazione delle risultanze probatorie 
e con adeguata motivazione. La Corte di appello ha osservato che la 
apposizione dei sigilli agli scaffali della farmacia e la pubblicit�, 
vistosa ma non sempre obbiettiva, data al fatto dalla stampa avevano 
causato lo sviamento della clientela, la riduzione delle forniture, la 
perdita del cr-edito bancario ed il ricorso a quello privato. A tale conclusione 
la Corte � pervenuta non solo in base a presunzioni basate 
sull'id quod plerumque acoidit, ma anche in base all'esame della deposizione 
dei testimoni e dei numerosi protesti cambiari subiti dall'istante 
per debiti contratti con prvati. Non � esatto, infine, che l'attribuzione 
della somma di L. 500.000 -per il maggior tasso di interessi pa.gato 
sui mutui con privati -costituisce una duplicazione del danno gi� liquidato 
per le maggiori spese. Ci� non risulta dalla sentenza impugnata, la 
quale ha attribuito la somma predetta all'istante per un danno distinto 
da quelli gi� considerati e costituito dal maggior tasso di interessi e 
dal disagio economico in genere che egli aveva dovuto subire in conseguenza 
dei fatti dedotti in causa. Trattasi, anche in questo caso, di 
un apprezzamento di merito, che � incensurabile in questa sede, perch� 
congruamente motivato ed immune da vizi. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

:ORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 marzo 1968, n. 882 -Pres. Va


lillo -Est. Sa�lerno -P. M. Chir� (diff.). -Albisinni (avv. Picaro) c. 

Azienda Naz. Autonoma Strade Statali (avv. Stato Gargiulo). 

'rocedimento civile -Responsabilit� civile -Qualificazione giuridica 
della controversia -Modificazione -Ammissibilit�. 

(c. p. c. artt. 184, 345). 
~esponsabilit� civile -Cose in custodia -Beni demaniali -Presunzione 
di colpa a carico della P. A. -Sussiste. 

(c. c. art. 2051). 
Spetta al giudice di individuare la norma regolatrice delta conroversia 
onde, fermi restando petitum e causa petendi, anche in sede 
:i comparsa .conclusionaLe in grado di appeito pu� ta parte modificare 
~ profilo giuridico detta domanda, ove si richiami ai medesimi elementi 
:i fatto prospettati inizialmente e che hanno formato oggetto di indaine 
istruttoria (1). 

La presunzione di responsabilit� a carico del custode per i danni 
rrovocati dalta cosa stessa, sussiste anche nei confronti delta P. A. per 

(1) Giurisprudenza pacifica. I concetti di mutatio libelli, con cui si inroduce 
una domanda nuova e di emendatio libeUi, che si verifica invece 
lUalora siano dedotte ulteriori circostanze di fatto a sostegno della origitaria 
domanda, sono ormai ben precisi nella elaborazione della dottrina e 
:iurisprudenza, cfr. per il primo Cass. 20 luglio 1966, n. 1954; 21 gennaio 
967, n. 196; 11 maggio 1967, n. 966, ecc., e per il secondo, Cass., 21 mag:
io 1966, n. 1316. 
In dipendenza dei principi all'uopo elaborati, la parte che abbia accetato 
il contraddittorio su di una domanda nuova non pu� poi invocare la 

�reclusione, in quanto non sussiste quella irregolarit� del contraddittorio 
:he il divieto contenuto nell'art. 184 c. p. c. tende ad impedire (cfr. Cass., 
1 gennaio 1967, n. 90), n� � dato al giudice di rilevare di Ufficio il divieto 
n parola, �sancito nell'interesse esclusivo della parte (cfr. Cass., 7 luglio 
.966, n. 1785). 
� invece consentito alle parti, ai sensi degli artt. 183-184 c. p. c. oltre 
:he precisare e chiarire il nomen iuris della azione, di modificare le donande 
e le eccezioni e di variare la causa petendi, nei predisposti limiti, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i danni cagionati agii utenti dai beni demaniali (fattispecie in tema di 
danni riportati da un automobilista per l'abbattersi di un albero impiantato 
lungo il cigiio deila strada) (2). 

(Omissis). -Il ricorrente sostiene che la sua domanda di risarcimento 
doveva essere esaminata anche sotto il profilo della responsabilit� 
ex art. 2051 del codice, come. era stato prospettato con la comparsa 
conclusionale in appello. 

Oppone l'amministrazione della ANAS che, nelle fasi di merito, 
la contestazione era stata circoscritta alla responsabilit� da fatto illecito, 
ex art. 2043 (essendosi addebitato all'ente proprietario della 
strada omissione di vigilanza sulle condizioni di � ancoraggio� dell'apparato 
radicale del pino, abbattutosi improvvisamente sulla strada, 
e mancato uso, nella manutenzione della strada, degli accorgimenti atti 
ad evitare la caduta della pianta) e soltanto con la comparsa conclusionale 
presentata in appello, l'istante si era richiamato anche alla 
responsabilit� per danni da cose in custodia, richiamo da considerarsi 
tardivo, in quanto costituiva un diverso ed autonomo sistema difensivo, 
precedentemente non discusso, il quale introdurrebbe ora una 
questione nuova, non ammissibile in questa sede. Inoltre, secondo la 
parte resistente, attraverso il richiamo dell'art. 2051 citato, si investirebbero, 
direttamente ed immediatamente, apprezzamenti di mero fatto; 
d'altra parte, le condizioni atsmosferiche e particolarmente inclementi � ' 
poste in relazione all'accertata impossibilit�, nei limiti della normale 
diligenza, di accertare lo stato precario dell'apparato radicale del pino 
successivamente caduto, ed in !relazione al fatto che tutti gli altri alberi 
esistenti lungo la strada Lecce-Taranto, erano risulta.ti ben confitti al 
suolo. (avendo alcuni ceduto, in passato, soltanto per effetto di � tempeste 
d'a.ria � ), sono circostanze di fatto che spiegherebbero il riferimento 
puramente indiretto, da parte del giudice di appello, al caso 
fortuito. 

.L'eccezione della parte resistente non pu� avere accoglimento. 

ove ci� non si traduca in una radicale trasformazione dell'ori0ginaria pretesa 
(cfr. Cass. 20 luglio 1967, n. 1868). 

Spetta in ogni caso al giudice, tra l'altro, di provvedere alla qualificazione 
giuridica della domanda, sulla base dei fatti prospettati, anche prescindendo 
dalla denominazione eventualmente erronea che sia stata usata 
negli atti del giudizio, con il solo limite della corrispondenza �tra la domanda 
e la pronunzia, in relazione alla situazione di fatto acclarata ed alle conseguenze 
giuridiche di cui si pretende l'attuazione (cfr. Cass., 20 maggio 1967, 

n. 1098; 16 febbraio 1966, n. 484). 
(2) Il princi[:>io contenuto nella seconda massima non sembra possa 
essere condiviso e comunque, in vista anche della intuitiva rilevanza delle 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 733 

Invero, l'appellato Albisinni, con le difese scritte, richiam� anche 
~d anzitutto) la norma dell'art. 2051, ed il giudice di merito non 
vrebbe potuto esimersi d�ll'esaminare la causa anche sotto tale prolo 
giuridico, rientrando siffatto esame nel suo diritto-dovere di idenfica,
re la norma applicabile al caso concreto. N� pu� ritenersi che lo 
:tante, invocando detta norma, in aggiunta a quella dell'art. 2043, 
vesse posto in essere una modificazione non consentita della domanda. 
�on vi era stato, invero, mutamento, n� del petitum n� della causa pemdi 
in quanto l'appellato Albisinni, sostenendo, con le difese davanti 
LCollegio, l'applicabilit� della norma dell'art. 2051, si era richiamato 
i medesimi �elementi di fatto posti a fondamento della pretesa iniziale 

che avevano formato oggetto di indagine, nella fase di istruzione proatoria, 
in primo e secondo grado. 

In sostanza, l'Albisinni non aveva fatto altro che sottolineare 11 
rofilo giuridico della controversia, con il richiamo ad una configuraione 
speciale della obbligazione da illecito (art. 2051 c. v.), anzich� a 
uella di carattere generale (art. 2043 c. c.), precisazione e richiamo, 
eraltro, superflui, spettando al giudice, come si � detto, individuare 
1 norma regolatrice della fattispecie sottoposta alla sua decisione, 
iusta quanto questa Corte ha avuto occasione di affermare, con reente 
decisione, in caso analogo a questo (Cass. sent. n. 703 delanno 
1966). 

L'eccezione di inammissihilit� del motivo va, pertanto, d~sattesa, 

deve riconoscersi che, esaminandosi la controversia sotto il profilo 
.ella responsabilit� ex art. 2051 del codice, cio� della norma la cui 
pplicazione � stata anche invocata, dall'istante, in sede di appello, 
:i decisione di rigetto della domanda non si giustifica. 

Com'� noto, la responsabilit� per il danno ca.gionato da cose in 
ustodia, stabilita all'art. 2051 citato, si fonda su di una presunzione 
1 colpa, juris tantum, nei confronti di colui che ha il dovere di cutodia 
della cosa, in relazione all'obbligo di diligentemente vigilare, 

ue conseguerize, � auspicabile che sia ulteriormente riesaminato dalla Corte 
i Cassazione. 

Al riguardo vale osservare, senza tuttavia la pretesa di esaurire l'argoo.
ento che meriterebbe ben altro approfondimento trascendente i limiti di 
.na nota, che la responsabilit� per danni ex art. 2051 c. c., cagionati dalle 
ose in custodia, derivando da una presunzione di colpa a carico di chi, per 
l peculiare potere fisico, di governo o di uso, ha il dovere di vigilare (cfr. 
:ass., 1960, n. 857; 1962, n. 1991, ecc.), mal si attaglia alla P. A. la cui 
ondotta � regolata, nei suoi vari aspetti e modalit�, da un complesso di 
1orme (leggi, regolamenti, circolari, istruzioni, ecc.), intese a garantire in 
o.odo sufficiente ed idoneo la buona amministrazione della cosa pubblica. 

Tali precetti, che vincolano in ogni caso i pubblici dipendenti ancorch� 
manati, come le istruzioni, nella esplicazione del potere gerarchico (cfr. 


�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

affinch� la cosa stessa non rechi danno, ed in relazione all'obbligo di 
conservare il potere di controllo su di essa; e .tale responsabilit� ricorre 
non soltanto per le cose atte a nuocere per s� stesse, le quali 
hanno, cio�, una naturale attitudine a produrre danno, bensi anche 
per le altre, non aventi tale attitudine, sicch� � stato gi� ritenuto, da 
questa Corte, che la norma in questione � applicabile anche nel caso 
di danno da incendio sviluppatosi in casa di abitazione (vedi, ad es., 
sent. n. 3203 dell'anno 1955). Il concetto di cosa in custodia, ai fini 
della responsabilit� prevista con detta norma e che trova applicazione 
semprech� si tratti di beni suscettibili di costituire oggetto di un 
diritto, presuppone la esistenza di un effettivo potere fisico sulla cosa, 
un governo su di essa, un uso, cui sia collegato il dovere di vigilare 
affinch�, dalla medesima, per sua natura o per particolari contingenze, 
non derivi pregiudizio ad altri (Cass. sent. n. 324 dell'anno 1960). 
E non giova, ad esimere da responsabilit�, l'ignoranza dello stato della 
cosa, come la dimostrazione di avere adottato misure per impedirlo, 
potendo il custode liberarsi dalla responsabilit� soltanto con la prova 
del fortuito, inteso in senso lato, comprensivo, cio�, della colpa del 
danneggiato, o del fatto del terzo, fatto che sia dota,to di impulso 
causale autonomo e con carattere di inevitabilit�, rispetto alla sfera 
di azione del custode. 

Nella specie, il giudice di merito, riferendosi e facendo proprio 
l'esito degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico, ha ritenuto, 
in punto di fatto, che l'albero cadde per effetto di due cause concorrenti: 
il forte vento ed il � marciume � esteso ai due terzi di tutto 
l'apparato radicale; e, dopo avere escluso che il primo elemento cailsale 
(vento) potesse porsi in relazione a comportamento colposo dell'amministrazione 
convenuta, ha ritenuto che neppure l'alterazione delle 
radici delal pianta �fosse addebitabile alla Anas, non potendo farsi 
carico alla medesima di non essersene accorta, dato che la pericolosit� 
delal pianta medesima non poteva essere accertata, secondo quanto 
aveva riferito il consulente, � a prima vista �, presentandosi la pianta, 

Cass., 28 ottobre 1966, n. 2693) nell'ambito di un ~prezzamento discrezionale 
insindacabile dal giudice ordinario, prescrivendo .le cautele da adottarsi 
nelle varie manifestazioni ,dell'attivit� amministrativa, postulano a loro 
volta una presunzione di idoneit� anche per assicurare una efficace vigilanza 
dei beni ad opera delle singole Amministrazioni, cui sono attribuiti per 
l'adempimento dei loro fini istituzionali. 

Pertanto, dovendo la condotta delle Amministrazioni conformarsi alle 
suddette norme, che compiutamente e senza alcun margine la regolano, 
discende che una questione di responsabilit� per danni a terzi pu� porsi 
unicamente come violazione delle ripetute norme, al di fuori cio� della 
presunzione di cui all'art. 2051 c. c. e nell'ambito della pi� generale disposizione 
contenuta nell'art. 2043 c. c. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 735 

L apparenza, in buono stato di vegetazione, cireostanza, quest'ultima 
le la Corte di merito ha considerata decisiva, ritenendo non potersi 
>mprendere, fra i doveri di sorveglianza incombenti al custode, anche 
1~lo di controllare lo stato �di conserv:azione delle radici. 

Senonch�, vertendosi, come si � detto, nel campo di applicazione 
~ll'art. 2051, soltanto il fortuito poteva esimere l'amministrazione 
:tll'obbligo del risarcimento, mentre in tale concetto non rientrava, 
~condo la stessa Corte di merito, la alterazione dell'apparato radicale, 
' quanto non � stato considerato fatto a�ssolutamente imprevedibile. 

D'altra pa.rte, non poteva escludersi la colpa dell'amministrazione 
chiamandosi alla difficolt� della sorveglianza sull'apparato ra.dicale 
~gli alberi, poich� questa Corte ha gi� avuto occasione di affermare, 
. relaziona all'obbligo di osservare le norme di comune prudenza, che 
mtit� e la complessit� degli accertamenti intesi a controllare, in deter.
inate circostanze, il margine di �sicurezza e la stabilit� dell'opera publica, 
non costituiscono ragioni valide per privare di tutela il �diritto 

�ndamentale, da parte degli utenti dell'opera medesima, alla incolucit� 
personale, dovendo svolgersi l'attivit� della pubblica amministraone, 
anche nel campo della pura discrezionalit�, nei limiti posti, oltre 
le dalla legge, dalla norma primaria e fondamentale del neminem 
:edere (Cass. sent. n. 1061 dell'anno 1964 e n. 394 dell'anno 1960). )
missis). 
ORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 1� giugno 1968, n. 1646 -Pres. Laporta 
-Est. La Farina -P. M. Sciaraffia (conf.). Fallimento della 
Soc. Azienda Generale Italiana Recuperi -A.G.I.R. (avv. Iacobelli) 
c. Ministero della Difesa (avv. Stato R. Bronzini). 

>sa giudicata -Limiti -Efficacia riflessa -Presupposti -Prove raccolte 
in diverso processo -Poteri del giudice. 

(c. c. art. 2909; c. p. c. art. 115). 
bbligazioni e contratti -Capitolati di appalto -Danni verso terzi da 
illecito -Responsabilit� dell'Amministrazione appaltante per il 
fatto commesso in concorso con l'appaltatore o per quello proprio 
di costui -Clausola di rivalsa a carico dell'appaltatore -Ammissibilit�. 


(C. C. artt. 1229, 2055). 
L'autorit� della cosa giudicata, a parte la sua efficacia riflessa 
:i,alora si abbia un collegamento giuridico tra ii rapporto deciso e 
Lello di cui il terzo � soggetto, spiega effetti in un successivo giudizio 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

solo ove ricorra la identit� dei soggetti e del rapporto giuridico; tuttavia, 
anche in difetto di questi requisiti il giudice pu� ben basare il 
suo cCYnvincimento, in tutto od in parte, sugli elementi probatori risultanti 
da altra sentenza (1). 

Qualora, in dipendenza dell'esecuziol/1,e di un contratto, la p. a. sia 
tenuta a rispondere verso i terzi danneggiati del fatto illecito commesso 
in cCYncorso con l'aitro contraente o per quello proprio di costui, � valido 
il patto, usualmente inserito nei capitolati di appalto della P. A., 
con cui, senza eliminare o limitare il diritto del terzo ad agire nei 
confronti di quest'ultima, si addossi aWaltro contraente l'onere integrale 
dei danni (2). 

(Omisms). -Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 360 e 5 c. p. c., in 
relazione all'art. 324 stesso codice e 2909 c. c., la violazione della cosa 
giudicata, nonch� erroneit�, manchevole e contraddittoriet� della motivazione, 
il fallimento della soc. AGIR si duole che la corte di 

(1) Il problema dei limiti soggettivi del giudicato trascende l'identificazione 
dei soggetti-parti del rapporto deciso e si pone come un peculiare 
aspetto della pi� genel'ale teorica degli effetti riflessi dei fatti giuridici. 
Per tal profilo occorre considerare che mentre la efficacia diretta del 
giudicato si �estende a taluni terzi (art. 2909 c. c.), d'altra parte vi sono 
soggetti nei cui confronti questo spiega una influenza di mero fatto; la 
quale, per ci� stesso, non pu� essere considel'ata come manifestazione di 
efficacia riflessa del giudicato. 

In dottrina la questione ha formato oggetto di ampi dibattiti (tra i 
numerosi autori, cfr. CARNELUTTI, Efficacia diretta ed efficacia riflessa della 
cosa giudicata, in Studi diritto processuale, 1925, Vol. I; ALLORIO, La cosa 
giudicata rispetto ai terzi). 

La elaborazione giurisprudenziale, che dapprima aveva contenuto a 
quelli menzionati dall'art. 2909 c. c., i soggetti nei cui confronti incide il 
giudicato (cfr. Cass., 11 ottobre 1958, n. 3213; 29 settembre 1959, n. 2630; 
30 novembre 1962, n. 3237), appare ormai orientata nel riconoscere la possibilit� 
di una efficacia riflessa del giudicato anche nei confronti di taluni 
terzi estranei al giudizio (cfr. Cass., 3 dicembre 1959, n. 3493; 16 maggio 
1963, n. 1247, in Giur. it., 1961, I, 1, 64) in quei determinati casi, cio�, � 
in cui sussista un collegamento giuridico tra il rapporto deciso. e quello di 
cui il terzo � soggetto; nei quali, in altri termini, .come si esprime la sentenza 
che si annota � l'autonomia tra il rapporto giudicato e quello da giudicarsi 
in qualche modo si attenua �. 

Sulla seconda parte della massima la giurisprudenza � pacifica (cfr. 
Cass., 10 gennaio 1966, n. 199; 14 giugno 1967, n. 1334). 

(2) Con la seconda massima la Corte di Cassazione ancora una volta 
ha confermato i suoi precedenti insegnamenti (cfr. Cass., 18 maggio 1954, 
n. 1580, Giur. it., 1954, I, 1, 694) ribadendo la validit� della clausola, cosi 
detta di manleva, �con cui nell'ambito di un pi� ampio rapporto obbligatorio 
le parti convengono di addossare ad una di esse l'onere dell'inte

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Letjto non abbia ritenuto vincolante un giudicato emesso dalla corte 
appello di Perugia, in causa per responsabilit� civile tra l'amminirazione 
militare e i parenti delle vittime dello scoppio, e affermante 
:!Sclusiva responsabilit� dell'amministrazione. 

Ritenendo di poter rivalutare ,gli stessi fatti, perch� l'AGIR non 
reva partecipato a quel giudizio, la Corte di appello di Roma avrebbe 
.olato i princip� che regolano la cosa giudicata in senso sostanziale 
~r quanto si riferisce ai suoi effetti riflessi, cio� al suo valore di 
fermazione oggettiva di verit�, efficace anche nei riguardi di terzi 
~tranei al .giudizio. 

Il motivo difetta di consistenza. 

Sul piano dei princip� generali, il giudicato sostanziale, per spietre 
efficacia in un altro ~udizio, deve rispondere ai requisiti della 
.entit� oggettiva e soggettiva: requisiti di identit� soggettiva e og,getva 
che certamente non sussistevano tra il giudicato invocato e l'atLale 
controversia. Invero, oltre alla mancanza dell'identit� soggettiva 
~ssendo pacifico che il fallimento della Soc. AGIR, non fu parte nel 
udizio definitivo dalla Corte d'appello di Perugia), manca l'identit� 
~I rapporto giuridico, ed anzi, sussistono autonomia e diversit� di 
:pporti, in quanto i terzi danneggiarti dall'esplosione agivano contro 
tmministrazione militare per responsabilit� da colpa aquiliana, mene, 
nell'attuale giudizio, si controverte esclusivamente sulla responbilit� 
contrattuale della soc. AGIR nei confronti dell'amministra


ale risarcimento dei danni che, durante la esecuzione del contratto, siano 

.gionati a terzi per fatto illecito, ancorch� in dipendenza di colpa grave, 

entrambe le parti nella causazione dell'evento ovvero della parte stessa 

Le si assume l'onere della rivalsa, ma di cui anche l'altra sia tenuta a 

;pondere. 

I requisiti di validit� della clausola sono stati identificati nella presenza 

un interesse della parte che si addossa l'onere, e che valga a giustificare 

patto (Cass., 1954, n. 1580) e nella salvaguardia dei diritti del terzo dan


~g.giato verso il diretto responsabile dell'evento lesivo. 

In tali limiti, la clausola non urta contro alcun principio generale, dap


>icch� il nostro ordinamento ammette sia la rivalsa per i danni cagionati 

colpa grave (art. 1900 c. c.) sia dd quelli dipendenti da responsabilit� 

vile ~art. 1917 c. c.) mentre, pur ,spiegando efficacia il principio contenuto 

U'art. 1229 c. c. anche in tema di responsabilit� aquiliana (Cass., 18 aprile 

39, n. 1243; 18 maggio ~954, n. 1580), la clausola di manleva non contraata 

n siffatta norma, diretta a limitare le ,clausole di esonero di responsabilit� 

vista di una maggiore protezione del creditore danneggiato, in quanto 

r essa quest'ultimo non subisce alcun pregiudizio ma riceve, semmai, una 

ll. ampia tutela. 

In dottrina, cfr. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, 1959, 
,I. II, 174) che ravvisa nella clausola di manleva una peculiare fideiussio 
rlemnitatis. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione committente. Cosicch�, in base a quei principi generali, non 
poteva affermarsi che quel .giudicato esterno, avente diverso oggetto 
giuridico, e formatosi tra soggetti parzialmente diversi, facesse stato 
nell'attuale giudizio, �pur non essendo vietato al giudice di fondare, in 
tutto o in parte, il suo libero convincimento intorno alla verit� dei 
fatti da porre a base della sua pronuncia, su elementi probatori risultanti 
da quella sentenza (cass. sent. 30 luglio 1952, n. 2406). Comunque, 
ove fosse ammessa l'efficacia riflessa del giudicato, �efficacia riconosciuta 
dalla giurisprudenza di questo S. C. in taluni casi determinati, 
in cui l'autonomia tra il rapporto giudicato e quello da giudicarsi in 
qualche modo si attenua, con 'particolare riguardo ai principi sanciti 
nell'art. 1306 c. c. in tema di responsabilit� solidale, dovrebbe, comunque, 
essere respinta la tesi del fallimento AGIR, secondo la quale, 
mentre la soc. stessa (non intervenuta nel giudizio a quo) avrebbe 
avuto il potere di disconoscere il giudicato e di ottenere la rivalutazione 
dei fatti in esso accertati, l'amministrazione militare, invece, 
avendo partecipato al .giudizio a quo, promosso da terzi danneggiati, 
avrebbe dovuto subirne l'efficacia anche nei confronti del fallimento 
AGIR; in altri termini, non potrebbe darsi accesso all'asserito principio 
secondo cui il terzo potrebbe opporre la parte del giudicato a lui favorevole, 
e respingere, invece, la parte a lui contraria. Sicch�, esattamente 
la Corte d'appello ha rilevato che, qualora dalla pronuncia 
emessa dalla Corte d'appello di Perugia potessero desumersi elementi 
di giudizio per la decisione in ordine alla responsabilit� del sinistro, 

detti elementi sarebbero favorevoli, non gi� alla soc. AGIR, ma al 
Ministero della Difesa, poich�, essendo stato detto Ministero ritenuto 
responsabile per culpa in vigilando, impUcito era il riconoscimento 
della colpevolezza del vigilato, consistente nel sistema di lavorazione 
adottato con imprudenza e negligenza dalla ditta assuntrice dei lavori 
di svuotamento delle munizioni. 

Con U terzo motivo del ricorso principale, si sostiene che erroneamente 
la Corte di Roma avrebbe ritenuto la ;responsabilit�, sia pure 
concorrente, della soc. AGIR perch� questa, nei contratti intercorsi con 
l'amministrazione, aveva dichiarato di assumersi ogni e qualsiasi responsabilit� 
per infortuni, disg�razie e danni, ed erroneamente avrebbe 
posto a carico della stessa societ� la prova di aver adottato tutte le 
misure e le precauzioni per evitare il danno. Viceversa, la clausola 
avrebbe avuto il solo scopo di sollevare l'amministrazione dall'onere 
del risarcimento dei danni nei confronti dei terzi. Vi sarebbe, quindi, 
un errore logico e giuridico nell'interpretazione della volont� delle 
parti, risolventesi in una violazione dell'art. 2697 c. c. (violazione e 
falsa applicazione delle stesse disposizioni di legge denunciate con il 
motivo precedente e dell'art. 360 n. 5 c. p. c., in relazione agli artt. 1223 
e segg., 2043 c. c. ed ai capitolati di oneri approvati con D. M. 9 agosto 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 739 

J37, n. 84 e successivamente: violazione dell'art. 2697 e 2043 c. c. e 
il r. d. 18 ottobre 1923, n. 2440; motivazione errata, illogica, conaddittoria 
e manchevole, in ordine alle disposizioni che disciplinano 
lnterpretazione dei contratti, il principio di causalit� e la valutazione 
~l grado di responsabilit� nella co1pa). 

Neanche questo motivo merita accoglimento. 

Effettivamente, la sentenza impugnata potrebbe apparire non im.
une da censura, in quella parte della sua motivazione, dove, per risol~
e il punto attinente alla responsabilit� dell'appaltatrice verso la 
. A. committente, e alla conseguenziale legittima .pretesa della stessa 
. A. al risarcimento dei danni, alla risoluzione unilaterale del conatto 
e alla confisca della cauzione, sembra far leva prevalentemente 
1ll'art. 5 del contratto stesso, in base al quale la soc. AGIR si era 
;pressamente assunta ogni e qualsiasi responsabilit� per infortunio, 
lsgrazie e danni che potessero verificarsi agli operai, ai terzi e aJ.le 
ise durante l'esecuzione dei lavori; laddove, cio�, la sentenza stessa 
~mbra desumere dala citata c.Iausola contrattuale, e solo da tale 
ausola, l'onere della soc. AGIR di provare di avere adottato, neladempimento 
del contratto medesimo, tutte le misure e le precauzioni 
lonee �a prevenire il danno, e che le misure stesse fossero state rese 
me soltanto da fatto fortuito o forza maggiove, o, comunque, da fatto 
i essa societ� non imputabile. Invero, nella sentenza impugnata non 
;iste alcuna CO<llcreta dimostrazione che la clausola in oggetto, avesse, 
ella specie, una funzione diversa e pi� ampia da quella tipica che 
terisce all'inserzione usuale di simili clausole nei contratti e nei capi>
lati d'appalto della P. A.. Tale funzfone, �, normalmente, soltanto 
uella di assicurare alla P. A., chiamata, in ipotesi, a .ri�spondere verso 

terzi dei fatti illeciti dell'appaltatore, e anche nel caso che vi sia 
>ncorso di incuria o di imprudenza della stazione appaltante, la rivalsa 
ttegrale dei danni stessi nei confronti dell'appaltatore medesimo. Tali 
lausole, che non appaiono dirette in alcun modo ad eliminare o a 
mitare il diritto del terzo danneggiato di chiedere conto direttamente 
lla P. A. di tutti i danni derivatigli, tendono, in sostanza, a regolare 
azione interna di regresso, tra i due cor.responsabili del fatto illecito, 
l modo difforme da quanto prescritto dall'art. 2055, secondo e terzo 
t>mma c. c., addossando, esclusivamente nei rapporti interni, tutto 
onere della responsabilit� ad uno dei soggetti, cio� all'appaltatore. 
imili clausole -salve riserve da farsi ove la responsabilit� verso i 
~rzi derivasse da dolo -sono in s� perfettamente lecite e ammissiili, 
giacch� i criteri fissati per l'azione di regresso dai due commi 
itati hanno carattere semplicemente dispositivo, e sono, quindi, conenzionalmente 
derogabili, discendendo dai principi la validit� del 
atto che, nei rapporti interni, consenta al responsabile di riversare 
u un altro soggetto, corresponsabile o meno, tutti gli oneri derivanti 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla propria responsabilit� (arg. ex artt. � 1229, 1900, 1917 c. c., cfr., 
specialmente, cass. sent. 22 maggio 1959, n. 1542). Tuttavia, se questi 
concetti sono significativi di una normale estraneit� di una clausola 
quale quella dell'art. 5 del contratto al ,problema di accertare a quale 
dei due soggetti (se all'amministrazione o all'appaltatore) risalga, nei 
rapporti interni, la responsabilit� per l'inadempimento o il difettoso 
adempimento del contratto, deve, d'altra .parte, riconoscersi che il 
richiamo formale a detta clausola non ha avuto efficacia determinante 
della decisione: , questa, invero, si sorregge in base al concetto, comunque 
bene indiv.iduato dalla impugnata sentenza, che !'AGIR avrebbe 
dovuto dimostrare che l'inadempienza ai suoi obblighi d'appaltatore 
(obbUghi che si cumulavano, nella specie, con quelli di acquirente, 
giacch� il contratto de quo oltre la vendita del materiale di risulta, 
contemplava anche l'assunzione, da parte della societ�, dei preventivi 
lavori di svuotamento delle munizioni), inadempienza palesemente dimostrata, 
dal punto di vista oggettivo, dal luttuoso episodio dello scoppio, 
fosse dovuto a fatto estraneo a lei non imputabile, superandosi, 
cosi, la normale presunzione �di colpa contrattuale; dimostrazione non 
fornita nella specie, in cui � stata raggiunta, invece, la prova positiva 
di una negligenza e di una imprudenza addebitabili all'appaltatore. (
Omissis). " 

CQRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1968, n. 2033 -Pres. Malfitano 
-Est. Berardm::ci -P. M. Toro (diff.). Soc. Therachemie 
Chemisch Therapeutiche Geselleschaft mit Beschrankter Halftung 
(avv. Santelli e Luzzatto) c. Ministero dell'Industria e del Commercio 
(avv. Stato Tracanna). 

Impugnazione -Privative industriali -Commissione dei ricorsi in 
materia di br:evctti -Ricorso avverso la decisione dell'Ufficio 
centrale dei brevetti -Omessa specificazione dei motivi -Irrile


vanza. 

(r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, art. 35; r. d. 31 ottobre 1941, n. 1354, artt. 76 
e segg.). 
Per l'ammissibititd del ricorso alla prevista Commissione avverso 
le decisioni dell'Ufficio Centrale dei brevetti, la cui disciplina si informa 
al principio deil'effetto devolutivo ed automatico de.ZZ'appeillo 
non occorre la enunciazione, nell'atto stesso, dei motivi di impugnazione, 
essendo a tal fine sufficiente la generica richiesta di. rifoirma del 
provvedimento impugnato (1). 

(1) Non risultano precedenti in termini. 
L'opinione prevalente annovera l'att~ di concessione di brevetto, con 

PARTE J, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(Omissis). -Con il motivo dedotto si denuncia la violazione degli 
rticoli 35, 36 e 72 del r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, e dell'art. 79 del 

d. 31 ottobre 1941, n. 1354, e si sostiene che, contrariamente a quanto 
tenuto dalla sentenza impugnata, non � inammissibile il. ricorso alla 
ommissione dei ricorsi in materia di brevetti, nel quale manchi l'inicazione 
specifica dei motivi, perch� l'esistenza di norme relative ai 
rocedimenti dinanzi a detta Commissione (articoli 76, 88 r. d. 31 ot1bre 
1941, n. 1354) esclude la possibilit� di applicazione del],e dispozioni 
del codice di procedura civile. 
Tale Inapplicabilit� -si afferma -�, peraltro, sancita espressaLente 
dall'art. 72 r. d. 29 giugno 1939, n. 1127, che precisa un solo 
i.so di applicabilit�, in via di eccezione, delle norme del codice di 
rocedura civile, disponendo che � nelle sentenze e nelle altre decisioni 
ella Commissione dei ricorsi debbono osservarsi, in quanto applicaLLi, 
le disposizioni del codice di procedura civile relative alla prounciazione 
e alla forma delle �sentenze e delle ordinanze �. Si agiunge 
che, nella specie, i motivi si dovevano considerare specifica1ente 
indicati nel ricomo, nel quale erano richiamate la Ministeriale 
ost. n. 2620/59 del 25 febbraio 1960 dell'Ufficio Centrale Brevetti, 
esposizione di risposta della ricorrente in data 10 agosto 1960 e la 
~conda ministeriale del 5 agosto 1963. Con ci� -si conclude -erano 
:ipressamente richiamati, con le ragioni addotte dall'Ufficio per re;
rlngere la domanda, i motivi con cui la ricorrente si era opposta al 
ifiuto dell'Ufficio, i quali motivi venivano, in tal modo, necessariatente 
riproposti davanti alla Commissione. 

La censura � fondata. 

Invero, la sentenza impugnata non porta alcun serio argomento a 
lstegno della tesi secondo cui la specificazione dei motivi nel ricorso 
vverso la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, nonostante che 

quale la P. A. ricollega il relativo diritto alla accertata esistenza dei 
ecessari presupposti obbiettivi, nella categoria degli accertamenti costituvi 
e la giurisprudenza (cfr. Cass. 10 marzo 1960, n. 458) attribui.sce e:fficaia 
costitutiva al relativo procedimento, disciplinato con il r. d. 29 giugno 
}39, n. 1127 �e con il regolamento 31 ottobre 1941, n. 1354, pur non manmdo 
qualche pronunzia che ne �sottolinea invece la natura dichiarativa, 
rgomentando che il diritto di esclusiva sorge per il solo fatto dell'inven!
one (cfr. Cass., 4 marzo 1957, n. 758). 

Il provvedimento dell'Ufficio centrale dei brevetti ha, comunque, natura 
i atto amministrativo e la impugnativa avverso il rigetto o il non integrale 
~coglimento della domanda che, secondo i principi generali, avrebbe dovuto 
roporsi al Consiglio di Stato, si �aziona invece dinanzi ad una apposita 
~ommissione cui, in materia, vanno ormai pacificamente riconosciute funloni 
giurisdizionali (cfr. Sez. Un., 17 gennaio 1951, n. 109, Sez. Un., 17 febraio 
1954, n. 404. In dottrina, cfr. ROTONDI, Riv. dir. comm., 1954, II, 397). 


742 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 


I m 
nulla si dica in proposito nella legge, sarebbe richiesta a pena di inammissibilit� 
dello stesso ricorso. Si limita, infatti, ad affermare, detta 
sentenza, che il giudizio della Commissione dei ricorsi in materia di 
brevetti � limitato al riesame della controversia nei limiti stabiliti dai 
motivi di impugnazione, onde l'esercizio del potere alla stessa Commissione 
conferito non � possibile senza la specificazione, nel ricorso, dei 
detti motivi, una volta che tale specificazione non pu� essere fatta 
nella successiva memoria scritta, la quaJ.e ha solo funzione illustrativa 
e chiarificatrice. In altri� termini, secondo la sentenza impugnata, 
la esigenza della specificazione dei motivi nel ricorso avverso la de-' 
cisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, sebbene non risulti, in modo 
esplicito, dal r. d. 29 .giugno 1939, n. 1127, che prevede il detto ricorso, 
e dal relativo regolamento di esecuzione di cui al �r. d. 31 ottobre 
1941, n. 1354, la si deve ritenere sussistente in virt� del principio 

�tantum devolutum quantum appellatum., per effetto del quale il riesame 
della causa non pu� avvenire che nei limiti stabiliti dai motivi 
di impugnazione. Senonch� i giudici del merito non spiegano da quali 
elementi abbiano tratto il convincimento che, nel giudizio che si svolge 
innanzi alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti, vigga l'anzidetto 
principiO. E la ragione di tale mancata spiegazione � di intuitiva 
evidenza, considerando che invano si cercano tali elementi nelle norme 
espresse nei due decreti sopra menzionati. Tant'� che I'Amministrazione 
resistente, nel tentativo di sorreggere la tesi accolta dalla sentenza 
impugnata, altro non ha potuto fare che ricorrere ai principi 
generali in tema di impugnazioni. Ma � opinione di questa Corte Suprema 
che tali principi, anzich� la �dimostrazione dell'esattezza della 
tesi sopra esposta, forniscano la conferma di quanto gi� risulta dalla 
inequivoca formulazione J.etterale della legge, laddove questa, trattando 
del ricorso avverso la decisione dell'Ufficio centrale dei brevetti, 
non esige che i relativi motivi siano specificati nel ricorso medesimo. 
Da quanto innanzi consegue che non sembra possa condividersi il principio 
.affermato dalla Cassazione con la sentenza che si annota, perocch� il 
procedimento dinanzi alla Commissione dei ricorsi in materia di brevetti 
non pu� essere assimilato a quello afferente ad un giudizio di appello mancando, 
oltre tutto, una decisione impugnata, n� inquadrarsi nell'ambito 
delle norme contenute nel codice di procedura �civile del 1865, richiamate 
solo in ben ristretti limiti ed in via del tutto eccezionale (art. 72 r. d. 1939, 

n. 127). 
� dato piuttosto di ritenere che, esercitandosi il potere di controllo 
(giurisdizionale) della ripetuta Commissione sull'atto amministrativo in 
maniera analoga al pi� generale potere di controllo del Consiglio di Stato 
sugli atti amministrativi, debba espletarsi nell'ambito delle ragioni addotte 
dal ricorrente, espresse appunto nei motivi, con la conseguente inammissibilit� 
del ricorso ove questi non siano stati indicati. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 743 

Niun dubbio, invero, che il ricorso alla Commissione dei ricorsi 
t materia di brevetti, anche se ha ad oggetto un provvedimento di 
i.rattere amministrativo e non giurisdizionale, quale la decisione delUfficio 
centrale dei brevetti, dia J.uogo ad un giudizio che, sotto certi 
~petti, pu� assimilarsi ad un giudizio d'appello. 

Niun dubbio, del pari, che i principi generali cui deve farsi ricorso 
l fine di interpretare una legge il cui testo non sia stato possibile 
1terpretare con .gli altri criteri di ermeneutica (cfr. art. 12 delle dispozioni 
sulla fogge in generale), siano quelli vigenti al momento della 
>rmazione della legge medesima, �ossia quei principi ,che servirono di 
llida al legislatore nel comporre la legge oggetto della interpretazione. 

Ci� posto, deve rilevarsi che, nel caso di specie, al momento della 
>rmazione dei due decreti in questione, era in vigore il vecchio codice 
i procedura civile del 1865, il quale, diversamente dal nuovo codice 
i rito, entrato in vigore il 21 aprile 1942, era info.rmafo al principio 
ell'effetto devolutivo ed automatico dell'appello, che non richiedeva 
t specificazione dei motivi di gravame, in quanto che l'atto di appello 
nportava una rinnovazione integrale del giudizio di primo grado, di 
llisa che, rimanendo inalterato il rapporto processuale nella sua esten.
one obiettiva ed essendo al giudice di secondo grado conferito il po)
re-dovere di conoscere di tutta la controversia quale era stata esamiata 
e decisa dal giudice di primo grado -tranne nel caso previsto 
ella prima parte del secondo comma dell'art. 486, quando di una senmza 
contenente pi� capi fosse stato impugnato solo alcuno di questi ra 
sufficiente che l'atto di appello contenesse il generico petitum della 
:forma della sentenza impugnata. 

Questo essendo il principio vigente nel processo civile d'appello 
U'epoca della formazione dei due decreti in questione, ne risulta 
v-idente, quindi, la dimostrazione che unicamente da esso il legisla>
re fu ispirato, allorquando, prevedendo il ricorso contro la decisione 
ell'Ufficio centrale dei brevetti, non statui l'obbligo della specificaio~
e, nel ,ricorso medesimo, dei motivi di impugnazione. E che questo 
a il principio informatore del giudizio innanzi alla Commissione dei 
icorsi in materia di brevetti si desume, peraltro, dal complesso delle 
orme di procedura per esso dettate dal regolamento di esecuzione 
i cui al r. d. del 1941, n. 1354, le quali forniscono un quadro di tale 
iudizio improntato ad un'ampia libert� di estensione dell'oggetto della 
iscussione. Si consideri, tra le altre, la norma del secondo comma 
ell'art. 85, la quale consente alla Commissione di portare il suo esame 
, quindi, di giudicare sui fatti nuovi emersi durante la discussione, 
tiche, quindi, se :p.on denunciati nel ricorso. 

Tutto ci� considerato, non giova opporre, come fa l'Amministra


:one resistente, che l'obbligo. della specificazione dei motivi nel ricorso 

i.rebbe collegato con la perentoriet� del termine stabilito per la pre� 


744 RASSEGNA DELL'AVVOGATURA DELLO STATO 

sentazione della impugnazione, chiaro essendo che tale perentoriet� va 
intesa con riferimento alla presentazione del ricorso contenente la mera 
manifestazione di volont� dell'interessato di impugnare la decisione 
dell'Ufficio centrale dei brevetti, e che, pertanto, essa non importa 
l'inammissibilit� del ricorso ove tale manifestazione non sia accompagnata 
dalla specifica enunciazione dei motivi di impugnazione. 

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, deve concludersi che 
le norme legislative contenute nel r. d. 29 giugho 1939, n. 1127, .e nel 

r. d. 31 ottobre 1941, n. 1354, che prevedono e disdplinano il ricorso 
contro le decisioni dell'Ufficio centrale dei brevetti, non richiedono 
la enunciazione, nel ricorso stesso, dei motivi di impugnazione, e 
che, pertanto, la mancata enunciazione di detti motivi non importa 
la inammissibilit� del ricorso. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 giugno 1968, n. 2073 -Pres. Favara 
-Est. Miele -P. M. Silocchi (conf.). Treves De Bondili (avvocati 
Ras�, Profili Camporese, Celio) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Varvesi). 

Guerra -Trattato di pace -Esenzione tributaria prevista per i sudditi 
ex nemici -Israeliti di esclusiva cittadinanza italiana -Esclusione. 

(r. d. 8 luglio 1938, n. 1415, artt.. 3 e segg.; legge 16 dicembre 1940, n. 1909, 
art. 2). 
Competenza e giurisdizione -Sentenza che abbia pronunziato sulla 

competenza e sul merito della causa -Regolamento necessario 

di competenza -Limiti. 

L'esenzione tributa.ria e le restituzioni previste� dall'art. 78 del 
Trattato di Pace 10 febbraio 1947 reso esecutivo con D.L.P.S. 28 novembre 
1947, n. 1430, compete ai cittadini di ognuna delle Nazioni 
Unite belligeranti con l'ItaLia, nonch� atie persone fisiche, societ� ed 
associazioni, le quali, in base a.ila legislazione italiana in vigore durante 
la guerra, siano state cons�iderate come sudditi nemici.. A tali effebti 
non spetta la qualificazione giuridica di � nemico � agli appartenenti 
alla razza ebraica aventi la sola cittadinanza italiana, in quanto 
nessuna disposizione ha loro esteso il trattamento previsto per le persone 
nemiche (1). 

(1) Con la sentenza che si annota la Cassazione ha riaffermato, tra 
l'altro, il principio per il quale i trattati internazionali creano obbligazioni 
esclusivamente� sul piano internazionale nei confronti degli altri Stati con

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 745 

Per l'ammissibilit� degli ordinari mezzi di impugnazione in luogo 
el regolamento necessario di competenza, � sufficiente che il Giudice 
bbia deciso oltre che sulla competenza su qualsiasi altra questione, anorch� 
preliminare di merito o pregiudiziale di rito (2). 
j 
I 
�I 
l; 
(Omissis). -Con l'unico motivo Elsa Treves deduce la violazione 
la falsa applicazione dell'art. 78, n. 6, e 9 del Trattato di pace, in 
elazione all'ar.t. 360, n. 3 e 5 .cod. proc. civ. sostenendo che, apodittiamente 
ed inesattamente, la Corte di Roma� ha ritenuto che le norme 
manate dal governo di Sal� non abbiano avuto vigore durante la 1guerra 
�er gli effetti �di cui al paragrafo 9 dell'art. 78 del Trattato di pace 
1 quanto lo stato di guerra ha avuto termine solo con il trattato stesso 
:aenti, laddove i rapporti giuridici tra lo Stato ed i cittadini insorgono 
sclusivamente in base alla normativa eventualmente emanata in adempi1ento 
dei trattati medesimi (cfr. Cass., 1942, n. 1266; Sez. Un., 1955, n. 4572, 
1 F'oro it., 1956, I, 721; Sez. Un., 1958, n. 2872). 
In conformit� di siffatto principio gli obblighi assunti dall'Italia nei 
ari accordi sono stati adempiuti merc� l'emanazione di specifiche leggi 
legge 24 novembre 1948, n. 1493 in relazione all'accordo italo-americano 
4 agosto 1947 reso esecutivo con d.1. 31 dicembre 1947, n. 1747; legge 
gennaio 1951, n. 10, in relazione all'art. 76 del trattato di pace; legge 
1 agosto 1949, n. 610, in relazione all'art. 2 dell'accordo italo-egiziano 
Osettembre 1946 reso esecutivo con legge 10 maggio 1947, n. 512, ecc.). 
Occorre infatti considerare che il trasferimento dell'accordo internazioale 
in diritto interno, merc� la ratifica, non ha lo scopq di creare automaicamente 
rapporti giuridici tra i singoli e lo Stato, ma tende a legittimare 
ul piano interno i provvedimenti normativi che, nell'ambito del trattato, 
ovranno adottarsi. 
La opinione di qualche scrittore (cfr. CoNsACCHI, L'esenzione degli 
sraeliti italiani dall'imposta straordinaria sul patrimonio in base all'art. 78 
:el trattato di Pace, in Diritto e pratica tributaria, 1960, II, 230 e segg.; 
fr. altres� Foro Pad., 1966, I, 61 segg.), secondo cui le norme del trattato 
.i Pace sarebbero divenute norme interne dell'ordinamento italiano in base 
1 D.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, di esecuzione, � nettamente respinta 
alla Corte di Cassazione (cfr. sent. 1955, n. 3572 cit.). 
In relazione a tali concetti, con la sentenza che si annota, la Corte di 
:assazione ha puntualizzato l'ambito di applicazione dei benefici previsti 
lal par. 9 dell'art. 78 del trattato di pace, ed in particolare il concetto di 
persone fisiche, societ� o associazioni che, ai sensi della legislazione in 
�igore in Italia durante la guerra siano state trattate come nemiche ., preisando 
che tra queste non possono ricomprendersi gil appartenenti alla 
�azza ebraica di esclusiva nazionalit� italiana, non ricorrendo i presupposti 
ichiesti dalle leggi al riguardo (art. 3 r. d. 8 luglio 1935, n. 1415 modificato 
lalla legge 16 dicembre 1940, n. 1902, art. 2), alla cui esclusiva interpretafone 
ed aoplicazione sono vincolati i giudici nazionali (cfr. Cass., 14 mag~
io 1942, n. 1266). 
(2) Il regolamento di competenza, secondo la prevalente dottrina e 
:iurisprudenza (cfr. ANDRIOLI, Commento c. p. c., vol. I, 151, con richiami), 

I 

l 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e. non con l'armistizio; n� d'altl'o canto potrebbe farsi distinzione tra 
la legislazione del governo illegittimo di Sal� e quella del governo legittimo. 
Inoltre la Corte di merito non av�rebbe dato rilievo alla espressione 
� cittadini delle Nazioni unite� che nella sua genericit� e senza 
una vera corrispondenza ad una realt� giuridica (non esistendo una 
cittadinanza delle Nazioni unite) era atta a ricomprendere tutti coloro 
che, anche senza appartenere per cittadinanza ad una delle potenze 
alleate, vennero considerati come nemici della legislazione vigente in 
Italia durante la guerra. Erroneamente, poi, la Corte di merito ha 
ritenuto necessario lo status di persona nemica mentre questo non � 
richiesto, giacch� altrimenti il paragrafo 9 sarebbe inutile, gi� provvedendo 
la legge di guerra italiana a precisare quali persone dovessero 
essere considerate nemiche. 
La censura � infondata. 

Va premesso che il trattato di pace 10 febbraio 194.7, reso esecutivo 
con d.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1430, all'art. 78 stabilisce l'esenzione 
dei cittadini delle Nazioni Unite e dei loro beni da ogni impos�ta 

o contributo di .carattere straordinario a cui il governo italiano o altra 
autorit� italiana abbia sottoposto i loro caipitali in Italia nel periodo 
compreso tra il 3 settembre 1943 e J.a data di entrata in vigore del 
trattato allo scopo specifico di coprire spese risultanti dalla .guerra o 
per far fronte al costo delle forze di occupazione o delle riparazioni 
da pagarsi a qualsiasi delle Nazioni Unite. Nel paragrafo 9, definendosi 
i cittadini delle Nazioni Unite, iJ. trattato vi comprende anche le persone 
che, quantunque non cittadini di una delle nazioni unite,: � siano state 
considerate come nemiche dalla legislazione in vigore in Italia durante 
la guerra�. 
Per adeguata interpretazione del contenuto e della portata del 
termine � nemico � ivi adoperato, va tenuto conto della natura dell'atto 
in cui � inserito, e del suo contenuto normativo. Sotto il primo profilo 
va osservato che, trattandosi di un atto di diritto internazionale che 
pone fine allo stato di guerra tra l'Italia e gli altri stati belligeranti, 
al termine in questione si deve attribuire dl suo significato preciso 
secondo il diritto internazionale, con esclusione di quello traslato o 

sia esso necessario o facoltativo, costituisce un mezzo d'impugnazione diretto 
a risolvere rapidamente, omisso medio, le controversie in tema di competenza. 


Circa la nozione di �merito� intesa a delfmitare l'ambito del regolamento 
di competenza, l'orientamento prevalente � per una eccezione molto 
larga (cfr. Cass., 23 ottobre 1965, n. 2215), comprendendovi ogni questione� 
preliminare di merito o pregiudiziale di rito (Cass., 5 dicembre 1961, n. 2765), 
tranne che la sentenza di primo grado non abbia esaminato tali questioni 
incidentalmente, ai soli fini della pronunzia sulla competenza (Cass., 16 luglio 
1965, n. 1565, Foro it., 1966, I, 616 con nota di richiami e riferimenti). 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 747 

tterario. Sono tali i cittadini delle nazionti belligeranti con l'Italia (i 
ttadini delle Nazioni Unite, cio� di una delle Nazioni Unite) e per 
~spresso richiamo del paragrafo 9 anche le persone :flisiche (e societ�) 
quali, ai sensi della legislazione in vigore in Italia durante la guerra 
mo considerate (o, . meglio e pi� esattamente, � trattate �) come neiche. 
Con riferimento all'ordinamento giuridico italiano �, pertanto, 
levante solo la legislazione italiana, cio� occorre che la definizione 
nemico .derivi da una disposi:zJione di legge, con escl�sione di valutaoni 
scaturenti da espressioni, opinioni politiche o di altro genere. 
:isi limitato l'ambito di indagine, va osservato che la legislazione itama 
al riguardo � costituita dall'art. 3 e segg. della legge di guerra; 

d. 8 luglio 1938, n. 1415 (modificato dall'art. 2 della leggei 16 dimbre 
1940, n. 1902) i quali definiscono il � suddito nemico � sulla 
1se di vari presupposti. In nessun caso per� vi � comunque compreso 
cittadino italiano che abbia solo tale cittadinanza, come � appunto 
~l caso di specie non discutendosi che Elsa Treves fosse cittadina itama 
senza mai perdere tale cittadinanza od acqutistarne altra di una 
~Ile Nazioni Unite, col che, tra l'altro, si esclude anche ogni efficacia 
specie al richiamo che, nella materia, a volte si fa in dottrina altrt. 
83 del trattato di pace. Ora solo al suddito nemico cosi definito 
applicano le particolari limitazioni personali e patrimoniali (art. 292 
segg. legge cit.), onde non pu� ricavarsi la qualit� di � nemico � da 
i particolare trattamento :viservato alla persona, in assenza dei rela1Ti 
presupposti, quali sopra si sono ricol'dati in base all'ordinamento 
udirico vigente. La legislazione successiva non ha derogato a tale prinpio 
e anche quella dell'illegittimo governo fasciata (a parte ogni queione 
sulla sua rilevanza giuridica) non ha ampliato le categorie, inclumdovi 
i cittadini italiani di cosiddetta razza ebraica, i quali, pertanto, 
mch� sottoposti a gravi limitazioni personali e patrimoniali, non hanno 
ai acquistato la qualificazione giuridica di � nem~co � n� agli effetti 
~Ila legislazione interna n� del diritto internazionale, o del trattato 
. pace. 

Si aggiunga che il trattato di pace regola solo i rapporti tra lo 
rato italiano e gli altri stati belligeranti (n� a diversa conclusione 
)trebbe giungersi in base alla legge 1� dicembre 1949, n. 908) e non 

occupa di quelli tra lo Stato italiano ed i suoi cittadini_, onde, obblimdo 
il trattato solo nei limiti delle sue statuizioni, si avrebbe una 
:tensione ingiustificata e non dovuta del trattamento di esenzione a 
ttegorie di cittadini italiani non contemplate espressamente n� dal 
attato stesso, n� meno ancora, dalla legge interna. 

Si obbietta dalla ricorrente che una siffatta interpretazione, for.
alistica e restrittiva, renderebbe pleonastico il paragrafo 9 suddetto, 
1acch�, diventando il trattato di pace la legge dello Stato, la esenone 
fiscale si sarebbe dovuta applicare senza bisogno di specifica



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione, automaticamente, a tutte le persone che, secondo Ja leg,ge italiana, 
fossero state considerate nemiche. Pertanto l'espressa previsione 
di questa categoria porta fondamente a ritenere che il termine � nemico� 
debba essere interpretato nel senso da lei propugnato. Cosi 
ragionando la ricorrente trascura per� di considerare che il trattato 
di pace obbliga lo Stato italiano solo nei limiti delle sue statuizioni, 
ondese il trattato si fos'se limitato a prevedere l'esenzione per i cittadini 
delle Nazioni Unite, lo Stato italiano av,rebbe dovuto �riconoscere 
il privilegio solo agli a'ppartenenti ad una delle Nazioni Unite e non 
invece anche a coloro, che, quantunque non cittadini delle Nazioni 
Unite, avesse considerati, in base alle ,sue leggi, sudditi �nemici�. 

Pertanto la sentenza impugnata, escludendo gli ebrei italiani dalla 
esenzione tributaria, ha motivato conseguentemente e non contraddittoriamente. 


Col 'SUO unico motivo il ricorrente Emanuele Treves, denunziando 
la violazione e la falsa applicazione degli articoli 42, 91, 100 c. p. c. in 
relazione all'art. 360 n. 2, 3, 5 c. p. c., assume che la sentenza del T:ri


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bunale n�n avendo deciso il merito della causa era solo impugnabile 
� col regolamento ,di competenza. Mancava inoltr,e l'interesse :della Amministrazione 
finanziaria all'impugnazione essendo stata accolta la sua 
eccezione d'incompetenza. La Corte ,di merito aveva compensate le 
spese del giudizio, pur essendo stata l'Amministrazione finanziaria totalmente 
soccombente, onde vi era stata violazione dell'art. 91 c. ;p. c.. 


Le censure sono infondate. La espressione � merito della causa � 

usata nell'art. 42 c. p. c. � di ampio contenuto, cosicch� per escludere 

il �regolamento necessario di competenza e per farsi luogo all'ammis


sibilit� dei mezzi ordinari di impugnazione � sufficiente che il giudice 

abbia deciso insieme a quella della competenza, una qualsiasi altra 

questione, anche preliminare di merito od una questione pregiudiziale 

di rito diversa da quella sua competenza. Avendo pertanto il Tribu


nale deciso insieme con la questione di competenza quella della sussi


stenza del diritto azionabile e quella della validit� della citazione, 

contestata dalla convenuta amministrazione, l'appello era ammissi


bile. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 12 ottobre 1968, n. 3257 -Pres. 
Vinci -Est. Miani -P. M. Gedda (conf.). Ministeri delle Finanze e 
del Tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti) c. Chiappini Luigi ed altri 
(avv. D'Ottavi). 

Ingiunzione -Procedimento coattivo per la riscossione delle entrate 
dello Stato e degli altri Enti pubblici minori previsti dal t. u. 14 


PARTE 1, SEZ. 111, GIURISPRUDENZA CIVILE 749 

prile 1910, n. 639 -Opposizione giudiziaria del debitore -Giudizio 

di cognizione -Rinunzia alla ingiunzione -Accettazione dell'op


ponente -Necessit� -Limiti. 

(r. d. 14 aprile 1910, n. 639, artt. 2, 3; c. p. c. art. 629). 
Nell'ambito del procedimento coattivo disciplinato dal t. u. 14 aprile 
~10, n. 639, avente i caratteri di un procedimento esecutivo, la oppo,
zione all'ingiunzione di pagamento costituisce domanda giudiziale, 
itroduttiva di un ordinario giudizio di cognizione diretta a far dichia:
ire la inesistenza della pretesa a riscuotere deU'Ammin.istrazione, onde 
i rinunzia da parte di quest'uitima all'ingiunzione stessa, ove non 
nporti rinunzia aiia pretesa creditoria, richiede, perch� possa dich:ia:
irsi cessata la materia del COl/1,tendere, l'accettazione dell'opponente (1). 

(Omissis). -L'opposizione proponibile, a norma dell'art. 3 del 

u. 14 aprile 1910, n. 639, avverso l'ingiunzione fiscale di cui all'art. 2 
ella stessa leg.ge, costituisce domanda giudiziale che introduce un 
rdinario giudizio di cognizione (in cui attore � l'opponente e convenuta 
l'Amministrazione che ha emesso l'ingiunzione) avente per oggetto 
azione che tende a far �dichiarare illegittima la pretesa dell'Amminilirazione 
di riscuotere, mediante la speciale procedura coattiva prevista 
.alle norme surrichiamate, il credito indicato� nell'ingiunzione. Perci�, 
e, a tale fine, l'attore -opponente ha chiesto che venga accertata e 
1chiarata l'inesistenza del credito stesso, la materia del contendere 
rappresentata da tale accertamento, ed in tanto la si pu� dire cessata 
ri quanto eventi sopravvenuti abbiano fatto venir meno la necessit� 

(1) La sentenza che si annota � conforme ai principi ormai consolidati 
n materia. 
Sulla natura dell'ingiunzione di pagamento disciplinata dal t. u. 14 
1prile 1910, n. 639, quale atto amministrativo promanante dal potere di 
1utoaccertamento della P. A., e sulla natura dell'opposizione giudiziaria 
:on cui, instaurandosi un ordinario giudizio di cognizione, si impugna 
'esistenza o l'ammontare del credito della P. A. ovvero la procedura 
:eguita, con la conseguente posizione processuale delle parti, che risulta 
1er tal modo invertita rispetto all'ordinario processo monitorio, che da 
tuello nettamente si differenzia, l� giurisprudenza � ormai pacifica. 

Per i vari profili cfr. Relazione Avvocatura Stato, 1961-65, vol. II, 762 
~ segg.; Cass., �6 giugno 1964, n. 1397, in .questa Rassegna, 1964, I, 777; 12 
~iugno 1965, n. 2356, in questa Rassegna, 1965, I, 1196; 10 gennaio 1966, 

i. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458, con note di riferimento e richiami. 
Circa la rinunzia agli atti del giudizio, negozio dispositivo del processo 
td opera dell'attore, che prescindendo da ogni valutazione sul fondamento 
Lella domanda, non spiega influenza alcuna in ordine alla potest� di agire, 
a quale potr�, quindi, ulteriormente venire esercitata ove non vi ostino 
mpedimenti di diversa natura, cfr. Cass., 27 maggio 1955, n. 207, in cui 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di una pronunzia giudiziale sull'esistenza del credito. Una stifatta 
situazione. si sarebbe senza dubbio verificata nella fattispecie se l'Amministrazione, 
riconoscendo la fondatezz�a della tesi dell'opponente, 
avesse senz'altro rinunziato alla pretesa creditoria per il cui soddisfacimento 
aveva emesso l'ingiunzione. Ma ci� non era in concreto, avvenuto, 
perch� nel dichiarare �di rinunziare all'ingiunzione stessa (il che 
implicava soltanto la rinunzia ad avvalersi attualmente di tale atto per 
procedere alla riscossione coattiva), i Ministeri interessati avevano contemporaneamente 
fatto espressa riserva di emettere, quando fosse stato 
liquidato il contributo, una nuova ingiunzione, riaffermando cosi quella 
pretesa creditoria per l'accertamento della cui illegittimit�, in quanto 
lesiva di un suo diritto soggettivo, il Chiappini aveva instaurato il 
giudizio di opposizione. L'anzidetta rinunzia non eliminava, pertanto, 
la controversia dedotta in giudizio dall'opponente stesso, n� faceva venir 
meno il suo interesse ad ottenere una pronunzia giudiziale che la 
risolvesse. Esattamente, perci�, la sentenza impugnata ha negato che, 
per effetto della rinunzia in parola, fosse cess�ata la materia del contendere. 


N� vale obiettare che, avendo il procedimento coattivo previsto 
dal t. u. 14 aprile 1910, n. 639 i caratteri di un procedimento esecutivo, 
rispetto al quale !'in.giunzione fiscale tiene luogo del titolo esecutivo 
e del precetto, si dovrebbe, analogamente a quanto stabilito dall'art. 629 

c. p. c. per il caso di rinunzia al pignoramento e a quanto ritenuto dalla 
giurisprudenza (Cass. 14 agosto 1947, n. 1532) per la rinunzia al precetto, 
escludere il diritto del debitore di insistere nel giudizio di opposi 
sottolinea altres� la necessit�, per la estinzione del processo, dell'accettazione 
delle parti costituite, che potrebbero avere invece interesse alla pro� 
secuzione del giudizio. 

Sul contenuto di un tale interesse, cfr. Cass., 12 maggio 1956, n. 1548, 
per la quale un mero interesse alle spese non giustifica tale prosecuzione; 
Cass. 27 aprile 1963, n. 1033 per cui l'interesse alla prosecuzione sussiste 
qualora il convenuto abbia richiesto una pronunzia di merito o proposto 
domanda riconvenzionale. 

�Non richiede invece accettazione la rinunzia alla pretesa di diritto sostanziale 
in quanto, avendo efficacia analoga ad una pronunzia di rigetto 
della domanda, vien meno per ci� stesso ogni interesse delle altre parti 
alla prosecuzione del processo, cfr. Cass. 5 maggio 1962, n. 890, in cui si 
sottolinea altres� che l'identificazione dell'oggetto della rinunzia costituisce 
un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimit�. 

Per quel che attiene alla rinunzia al pignoramento ex art. 629 c. p. c. 
ed al precetto e sulla necessit� dell'accettazione del convenuto avente interesse 
alla prosecuzione del processo, cfr. Cass., 14 agosto 1947, n. 1532; 25 
marzo 1949, n. 683, in Foro it., 1950, I, 795; 9 marzo 1951, n. 584. 

In dottrina, cfr. ANDRIOLI, Commento c. p. c., 1957, voi. III, 389 ed autori 
ivi indicati. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 751 

done, essendo con le anzidette rinunzie venuto a cessare tutto il 
udizio esecutivo. Tali principi valgono infatti per il caso in cui la 
riunzia al precetto, o al pignoramento, o in genere agli atti del prosso 
esecutivo, sia stata accettata dalle parti costituite che potrebbero 
'er interesse alla prosecuzione (e, infatti, l'invocata sentenza n. 1532 
~1 1947 si riferisce alla rinunzia al precetto � chiesta e ottenuta) � e 
necessit� dell'accettazione del1a rinunzia al pignoramento � stata 
badita con la sent. n. 584 del 1951 di questa Suprema Corte, mentre 
~1 caso in esame si trattava di �una rinunzia unilaterale, non accettata 
Lll'opponente, il quale aveva interesse ad ottenere una pronunzia 

merito. ...:_ (Omissis). 

JRTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 ottobre 1968, n. 3414 -Pres. Favara 
-Est. Berarducci -P. M. Trotta (conf.). -Edda e Brunella 
Menza�ni (avv. Dallari) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Gargiulo). 

l>bligazioni e contratti -Persona giuridica -Partito fascista -Acquisto 
di immobili -Autorizzazione del segretario del partito -Sufficienza, 


(legge 5 giugno 1850, n. 1037; legge 30 dicembre 1937, n. 2484). 

>rte Costituzionale -Leggi abrogate -Questione di costituzionalit� Proponibilit� 
-Pronunzia di illegittimit� costituzionale -Efficacia 
retroattiva -Limiti. 
(Cost., artt. 134 e 136; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30). 

tto amministrativo -N�llit� -Presupposti -Annullamento -Divieto 
per il giudice ordinario. 
(legge 20 marzo 1965, n. 2248, all. E, art. 4). 

La legge 13 dicembre 1937 n. 2484, ispirata al concetto di una 
�esunta coincidenza dei fini dello Stato con quella del partito fascista, 
>be svincolare quest'ultimo da ogni ingeremza e controUo statale, e 
~rtanto gli acquisti di immobili operati dal predetto partito si sotaevano 
alla normativa di cui alla legge 5 giugno 1850, n. 1037 richiemdosi 
come condizioni di efficacia dei relativi negozi la so�la autoc:
zazione del segretario del partito o di quello amministrativo dal 
�imo delegato (1). 

(1) In senso conforme Cass., 21 febbraio 1966, n. 532; cfr. altres� Relaone 
Avvocatura dello Stato, 1951-55, vol. II, 669 e giurisprudenza ivi riLiamata. 

752 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pronunzia di inegittimit� costituzionale delle leggi e degli atti 
aventi forza di legge, che pu� concernere anche una legge abrogata. 
purch� permangano situazioni giuridiche che la giustificano, operando 
retroattivamente sui rapporti non ancora esauriti, lascia inalterati quegli 
atti che, emanati in base alla legge costituzionalmente illegittima, 
abbiano esaurito ogni loro effetto (2). 

L'istituto della nullit�, elaborato per i nego�zi di diritto privato, 
si applica solo limitatamente agli atti amministrativi per i quali, tranne 
il caso di inesistenza o di mancanza di oggetto o della forma richiesta 
ad substantam, vige il pr.incipio della illegittimit� che ne determina 
l'annullabilit�. 

Non pu� quindi il giudice ordinario, per il divieto sancito nell'art. 4: 
della legge 1865 n. 224:8 aboiitiva del contenzioso amministrativo, neppure 
indirettamente procederne all'annullamento, attraverso una pronunzia 
diretta a neutralizzarne le situazioni e gli effetti giuridici e che 
l'atto impugnato era direttamente ed immediatamente destinato a 
produrre (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunciandosi violazione e 
falsa applicazione dell'art. 15 preleggi e dei principi generali in materia 
di nullit� ed inefficacia dei contratti per trasgressioni di norme imperative, 
si sostiene che la legge 13 dicembre 1937, n. 2484, la quale richiedeva 
l'autorizzazione del segretario del partito fascista -o del segretario 
amministrativo quando ne fosse stato delegato -per gli acquisti 
di beni immobili da parte dei fasci di combattimento, non avrebbe 

(2) Sulla prima parte della massima, cfr. Cassazione, ordinanza n. 123 
del 12 aprile 1966, Mass. F. I.; cfr. altresi Corte Costituzionale 17 aprile 1968, 
n. 24, in questa Rassegna, 1968, I, 176. In dottrina, cfr. ESPOSITO, Controllo di 
costituzionalit� di leggi abrogate, Giur. Cost., 1959, 25; Relazione Avvocatura 
dello Stato, voi. I, 53 e giurisprudenza ivi richiamata. 
Sulla seconda parte della massima, cfr. Cass., 30 dicembre 1965, n. 2425. 
In dottrina, cfr. PIERANDREI, Enciclopedia del diritto, voce Corte Cost., 973, 

n. 49, con ampio richiamo di dottrina e giurisprudenza; Relazione cit., 
1961-65, vol. I, 78. 
(3) Sull'ambito di applicazione dell'istituto della nullit� agli atti ammintstrativi 
e sul concetto stesso di annullabilit� riferito a tali atti, che la pi� 
recente dottrina ritiene di dover ,svincolare dagli schemi privatistici, cfr. 
BENVENUTI F., Inefficienza e caducazione degli atti amministrativi, in Giur. 
cass. civ., 1950, 914; DE GENNARO G., A proposito di nuHit� ed annullabilit� 
dell'atto amministrativo, Giur. cass. civ., 1952, II, 139; GIANNINI M. S., Atto 
amministrativo, Enciclopedia del diritto, p. 183. 
Cfr. altres� Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 1961, n. 478; Ad. gen., 7 
aprile 1960, n. 171. 
Sulla seconda parte della massima, per la quale non sussistano dissensi 
di fondo, cfr. Cass., 2 febbraio 1963, n. 179; 30 maggio 1966, n. 1417. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 753 

>rogato, come erroneamente ritenuto dalla corte di merito, la legge 
giugno 1850, n. 1037. La legge n. 2484 del 1937 -si afferma -si 
fferenziava per finalit�, oggetto e stI"Uttura, dalla legge n. 1037, del 
150, giacch�, mentre questa ha lo scopo di impedire la concentrazione 

immobilizzi e, quindi, di limitare il patrimonio immobiliare delle 
~rsone giuridiche, onde essa riiguarda gli acquisti a titolo gratuito 
mch� le eredit� ed i legati, quella, invece, aveva lo ,scopo di tutere 
l'integrit� patrimoniale delle organizzazioni fasciste, mediante un 
mtrollo preventivo, affidato al segretario del partito fascista, sugli atti 
:cedenti l'ordinaria amministrazione, comprese le alienazioni e le 
crizioni ipotecarie. Ne consegue -si conclude -che la corte di 
,erito avrebbe dovuto applicare la sanzione di nullit� connessa alla 
.olazione delle norme imperative contenute nella legge n. 1037 
~I 1950. 

Il motivo non � fondato. 

Invero, come affermato altre volte da questo supremo collegio 
:fr., tra le altre, sent. n. 532 del 1966) la ratio della legge n. 2484 
~I 1937 fu quella di creare, in materia di acquisti di beni immobili da 
1rte del partito nazionale fascista, un regolamento speciale per detto 
lrtito, svincolandolo da qualsiasi ,controllo da parte dello Stato e 
mcedendogli una completa ed assoluta autonomia, che trovava spie1zione 
sia nella ideologia sia nel sistema in quel tempo imperanti, 
mdati su una presunta coincidenza tra i fini dello Stato e quelli del 
1rtito fascista. Ci�, in considerazione dell'intento specifico cui � 
reordinata l'autorizzazione all'acquisto di beni immobili da parte 
l persone giuridiche, richiesta dalla legge n. 1037 del 1850, e in 
msiderazione altresl dell'assetto economico del partito fascista, implica, 
m la esclusione di qualsiasi interferenza dello Stato negli acquisti di 
mi immobili da parte di detto partito, la inapplicabilit� della citata 
igge del 1850; con la conseguenza che, per l'efficacia di tali acquisti, 
:a condizione sufficiente l'autorizzazione del segretario del partito 
tscista, o del segretario amministrativo dello stesso partito, quando 
:i.I primo ne fosse stato delegato. 

Con il secondo motivo, denunciandosi violazlone dell'art. 97 della 
ostituzione dello Stato, si sostiene che la corte di appello avrebbe 
~ribuito alla legge n. 2484 del 1937 una funzione di sostituzione 
i quella del 1850 riguardo al potere di dispensa dal divieto di manotorta, 
con l'assicurazione di una posizione di privilegio alle organizza.
oni fasciste, e si aggiunge che, con siffatto contenuto, la legge del 
}37 sarebbe in manifesto contrasto con l'inderogabile principio della 
nparzialit� a cui l'art. 97 della Costituzione ha assoggettato l'orgaizzazione 
di tutti i pubblici uffici. 

Il motivo non merita accoglimento. 


754 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� indubbiamente esatto che la questione di illegittimit� costituzionale 
pu� essere proposta anche rispetto ad una legge anteriore alla 
Costituzione e sinanche ad una legge non potendosi escludere che, 
nonostante la dichiarazione di abrogazione di una norma, permangono, 
nel campo giuridico, situazioni tali, la cui rilevanza, sul piano 
costituzionale, giustifichi la proponibilit� della questione d illegittimit� 
(cfr. sent. cass. 12 aprile 1966, n. 123). Ma, nel caso di specie, 
prima ancora di esaminare se la questione .proposta dalle ricorrenti sia, 

o non manifestamente infondata, si impone l'osservazione che tale questione 
� priva di qualsiasi rilevanza ai fini della decisione della lite. 
Detta questione � proposta, invero, in via incidentale, allo scopo di ottenere 
la dichiarazione di nullit� dell'autorizzazione amministrativa a 
stipula:r:e il contratto in questione e, conseguentemente, la dichiarazione 
di nullit� di detto contratto per mancanza dell'autorizzazione di cui 
alla legge n. 1037 del 1850. 
Senonch� � da rilevare che la dichiarazione di illegittimit� costi


tuzionale ha per oggetto la norma �di leg.ge ritenuta illegittima e pro


duce, quindi, la caducazione di tale norma, ma non ha od oggetto gli 

atti amministrativi che su di essa si fondano, i quali, pertanto, non 

essendo influenzati dalla caducazione deJ.la norma in base alla quale 

sono stati emanati, devono considerarsi esistenti, e, quindi, pienamente 

efficaci sino a quando non siano rimossi con i mezzi a ci� idonei (cfr. 

Cass. 30 dicembre 1965, n. 2485). 

Devesi, peraltro, aggiungere che nell'art. 136 della Costituzione 
� stato accolto il principio secondo cui la .pronuncia di illegittimit� 
costituzionale di una norma di legge ha efficacia dal giorno successivo 
alla pubblicazione della decisione, per cui, sebbene operi retroattivamente 
nel senso che spiega i suoi effetti sui rapporti che non siano 
. ancora esauriti, lascia pur s�empre in�alterati quegli atti che, emanati 
in base alla legge costituzionalmente illegittima, abbiano ormai esau


rito ogni loro effetto. 

NeJ. caso di specie, pertanto, pur.nella ipotesi che fosse pronunciata 
la illegittimit� costituzionale della legge n. 2484 del 1937, tale pronuncia 
non inciderebbe sulla validit� dell'atto amministrativo, la cui 
nullit�, secondo le ricorrenti, importerebbe la nullit� del contratto di 
compravendita in questione. E di qui l'irrilevanza della proposta 
questione di illegittimit� costituzionale. -(Omissis). 

(Omissis). -� la tesi principale delle ricorrenti � impostata su 
una assoluta assimilazione degli atti amministrativi ai negozi giuridici 
di diritto privato, mentre � noto che i principi racchiusi nelle formule 
di diritto pubblico non sempre concordano con quelli del diritto prjvato. 
L'istituto della nullit�, che � quello che interessa nel caso particolare, 
si atteggia, invero, in modo parzialmente diverso nel campo del 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 755 

ritto pubblico, in quanto ad esso si riconducono unicamente i pochi 
,si di inesistenza dell'atto amministrativo, inesistenza che, ad esempio, 

ha allorquando, pure avendosi una manifestazione di volont� o di 
fgnizione, questa non sia riferibile alla pubblica amministrazione, o 
iando manchi l'oggetto, o manchi la forma scritta prescritta ad 
~bstantiain dalla legge, mentre, invece, non sono riconducibili all'isti� 
:to della nullit�, bensi a quello della illegittimit� degli atti ammi� 
strativi, i casi in cui l'atto ,giuridicamente esista, ma sia incapace di 
fetti giuridici normali, pereh� non conforme alla legge, in quanto 
nesso da organo della pubblica amministrazione diverso da quello 
unito del potere di compiere l'atto :in relazione alle norme sull'atibuzione 
e sul reparto dei .compiti amministrativi (incompetenza 
fativa), o. emesso fuori dei casi e per fini diversi da quelli consentiti 
tlla legge (eccesso o sviamento di potere), o emesso in violazione 
llle norme relative alla forma -che non sia quella scritta richiesta 
i substantiam -e al procedimento costitutivo dell'atto o al suo 
fntenuto (violazione �di legge). 

Alla luce di tali principi �, pertanto, evidente che i vizi dalle 
correnti attribuiti all'atto amministrativo in questione (per essere 
ata l'autorizzazione di cui alla legge n. 2484 del 1937 rilasciata, su 
ilega del segretario del partito fascista, del capo dei servizi ammistrativi 
di detto partito, come richiesto da detta legge, e per essere 
ata la delega di che sopra rilasciata nella forma privatistica di una 
~ocura notarile) non possono essere considerati causa di nullit�, ma, 
' mai, di illegittimit� (per incompetenza e violazione di legge) e, 
iindi, di annullabilit� dell'atto. Il che, pur ammesso, per ipotesi, 
te sussistono i vizi denunciati e, quindi, l'illegittimit� dell'atto aministrativo 
in questione (ma � da rilevare che, quanto all'organo 
te poteva essere delegato dal segretario del partito fascista a concelre 
l'autorizzazione � stato sostanzialmente accertato, nel giudizio 
. merito, che, al tempo che interessa la lite, le funzioni del segretario 
nm:inistrativo, in mancanza di questo, venivano esercitate di fatto 

di diritto dal capo dei servizi amministrativi del partito, cio� dal 
onte:fusco, e che, quanto alle modalit� con cui la delega doveva essere 
mferita, la legge n. 2484 del 1937 non prescriveva alcuna determinata 
'rma) implica, ,come riconosciuto dalla corte del merito, l'impossibilit� 
ll giudice ordinario di procedere alla disappUcazione di detto atto. 

L'autorit� giudiziaria ordinaria ha, invero, il potere di decidere 
illa legittimit� degli atti posti in essere dalla ,pubblica amministraone 
per .accertare se il diritto del privato esiste e sia stato leso, con le 
mseguenti pronunzie di carattere patrimoniale ove detti atti siano 
conosciuti illegittimi, ma non pu�, per il divieto sancito dall'art. 4 
>gge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, annullare o revocare, sia pure 
cdirettamente, l'atto amministrativo. E ricoirre, indubbiamente, l'ipo



�~� 756 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tesi dell'annullamen~o indiretto dell'atto amministrativo, anzich� quella 
della semplice disapplica zione, ed �, quindi, operante l'anzidetto 
divieto, ogni qualvolta si domandi al giudice una statuizione la cui 
portata -come nel caso che ne occupa -sia tale da neutralizzare le 
situazioni e ,gli effetti giuridici che l'atto impugnatO\ era direttamente 
ed immediatamente destinato a produrre (cfr. Cass. 2 febbraio 1963, 

n. 179). -(Omissis). 
PRETURA DI ROMA, Sez. Lavoro, 31 maggio 1968, n. 572 -Pret. 
Vucich -Giardini Alberto (avv. Bottino) c. Universit� degli Studi 
di Roma (avv. Stato C~occhi). 

Competenza e giurisdizione -Universit� -Ente pubblico non economico 
-Rapporto di impiego -Controversie -Giurisdizione del 
giudice amministrativo. 

Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti 
individuali -Inapplicabilit�. 

Competenza e giurisdizione -Enti pubblici -Legge 15 luglio 1966, n. 
604 sulla giusta causa nei licenziamenti individuali -Controversie Competenza 
del Pretore -Non sussiste. 

Le Universitd statali sono enti pubbUci non ecoinomici e pertanto 
le controversie relative ai rapporti di lavoro o di impiego dei loro dipendenti 
appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo (1). 

La l~gge 15 luglio 1966 n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti 
individuali si applica so.io ai rapporti di lavoro delLe aziende private 
e degli enti pubblici economici (2). 

La noma dell'art 6 della legge n. 604 del 1966 opera all'interno 
della giurisdizione ordinaria, attribuendo, anche in deroga all'art. 434 

c. p. c., le controversie sull'applicazione della legge stessa alla competenza 
del Pretore; essa non riguarda invece le controversie che esulano 
dalla giurisdizione ordinaria, come quelle relative ai rapporti di impiego 
dei dipendenti da enti pubblici non economici (3). 
(Omissis). -In via preliminare, si osserva che la eccezione di 
difetto .di giurisdizione del giudice adito, sollevata dalla convenuta, 

(1-3) Disciplina dei licenziamenti individuali e rapporti di impiego 'dei 
dipendenti da enti pubblici. 

1. -La legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licenziamenti 
individuali, mutuandolo dalla disciplina dettata dagli accordi interconfederali 
sui licenziamenti individuali nell'industria -dei quali quello del 
18 ottobre 1950 era stato recepito nella legge delegata 14 luglio 1960, n. 1011 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

>pare fondata e, pertanto, va attesa. Invero, non vi pu� essere dubbio 
cuno (Dottrina e Giurisprudenza sono concordi) sulla natura di ente 
ibblico non economico delle Universit� degli Studi in generale, e 
. quella convenuta in particolare, trattandosi di istituzioni tendenti 
conseguire finalit� di istruzione superiore e di preparazione culturale 
professionale dei cittadini al di fuori e al di sopra di qualsiasi scopo 
l lucro. Ci� � tanto vero che le Universit� non sono n� sono mai 
ate inquadrate nelle associazioni sindacali esistenti fre le imprese, 
7ivate e pubbliche, n� operano in campo economico e in regime di 
mcorrenza. 

l'ultimo del 29 aprile 1965 costituiva la sostanza del disegno di legge 
~esentato dal governo il 15 giugno 1965 -introduce e generalizza, sia 
ire a limitati effetti, il principio del controllo del potere di licenziamento. 
L tal modo segna un ulteriore passo in avanti l'auspicata evoluzione in 
'nso unitario della disciplina dei rapporti di lavoro, privati o ad essi 
iuiparati e pubblici. 

Com'� noto, infatti, in relazione ai rapporti privati di lavoro, la con~
zione tradizionale, ancor oggi dominante nella giurisprudenza e in larga 
u-te della dottrina, � restia ad ammettere un controllo dei poteri del datore 
l lavoro, ad essa intesi come attribuiti a tutela di un interesse esclusivacente 
proprio del titolare. Solo in tempi pi� recenti, con diverse accentuaoni 
e sfumature, ha cominciato a farsi strada la concezione di tali poteri 
ime attribuiti a tutela di un interesse che non �, o almeno non � esclusi:
tmente, del titolare del potere, ma di una comunit� organizzata della 
11ale il titolare del potere � partecipe, e di conseguenza ad ipotizzarsi la 
>ssibilit� di un controllo sulla rispondenza dell'esercizio del potere alla 
mzione alla quale � preordinato. 

Viceversa, nei rapporti di pubblico impiego, come in genere in tutti i 
~pporti di diritto pubblico, in considerazione degli interessi che essi sono 
:ilti a soddisfare .e per la cui realizzazione i correlativi poteri sono preordi:
iti, il sindacato dell'esercizio del potere per accertarne la rispondenza al 
ne �, sin da tempi ormai remoti, del tutto norma.le ed � assicurato dal 
mtrollo, incisivo e penetrante, esercitato, anche sotto il profilo dell'eccesso 
l potere, dagli organi di giustizia amministrativa. 

Nel sistema realizzato dalla legge n. 604 del 1966 il controllo del potere 
el datore di lavoro, come si � gi� accennato, � per� ancora limitato al solo 
otere di licenziamento -mentre nei rapporti di impiego pubbli�o investe 
esercizio di tutti i poteri inerenti allo svolgimento del rapporto -e non 
1cide sulla validit� dell'atto. 

La legge infatti, per l'ipotesi che risulti accertato che non ricorrono 
Li estremi del licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo 
revede a carico del datore di lavoro alternativamente l'obbUgazione di 
.assumere il lavoratore o di risarcirgli il danno versando .una indennit� 
a un minimo di cinque ad un massimo di dodici mensilit�. 

Invece, nei rapporti di impiego pubblico, il controllo non investe la 
tera liceit� dell'atto di esercizio del potere ma la legittimit� e incide sulla 
alidit� dell'atto, potendo giungere all'annullamento, totale o parziale, delatto 
stesso. 


758 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ne consegue che, ai sensi dell'art. 429, n. 3 c.p.c., le controversie 
relative ai rapporti di lavoro o di impiego tra l'Universit� e i suoi 
dipendenti non sono di competenza del giudice ordinario, bensi di 
quello anrmnistrativo. Questa norma, che trae la sua ragione e la 
sua opinione dal fondamentale principio della divisione dei poteri, non 
� stata modificata dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, la quale per la 
sua stessa formulazione (cfr. art. 2: � L'imprenditoire deve �; art. 7: 

� Le parti possono farsi assisteire dalle associazioni sindacali a cui 
sono iscritte �; art. 12: � Sono fatte salve le disposizioni di contratti 
collettivi �e acco,rdi sindacali �; inoltire l'art. 10 fa riferimento esplicito 
Come � agevole constatare la disciplina privatistica �, almeno in que,sta 
materia, ancora lungi dall'assicurare al lavoratore le garanzie della disciplina 
pubblicistica, sebbene sia fuori di ogni possibile contestazione la 
carica innovativa e la portata indubbiamente positiva della legge sulla 
giusta causa nei licenziamenti individuali. 

S'intende perci� come debba senz'altro giudicarsi positivamente la 
sentenza che ha offerto lo spunto a queste considerazioni e che ha negato 
l'applicabilit� della legge n. 604 del 1966 ai rapporti di impiego dei dipendenti 
da enti pubblici non economici. 

Non sfugge a chi ha sensibilit� di questi problemi come dall'applicazione 
della suddetta legge i dipendenti da enti pubblici non economici 
avrebbero tratto svantaggio e avrebbe fu-atto svantaggio la stessa tutela 
dell'interesse pubblico. 

2. -Va dato atto al Pretore di aver saputo sceverare la disciplina sottoposta 
al suo esame e di averne saputo cogliere l'essenza. 
Invero, ad una prima e superficiale lettura della legge, potrebbe sembrare 
che nessun problema possa porsi in ordine all'applicabilit� della legge 
ai rapporti di lavoro con enti pubblici economici e non. 

L'art. 1 della legge fa infatti riferimento ai rapporti di lavoro a tempo 
indeterminato intercedenti con datori di lavoro privati o con enti pubblici, 
.senza porre rigururdo a questi ultimi alcuna specificazione. 

Ci�, per�, non pu� essere senz'altro assunto come indicativo dell'appli


cabilit� della legge ai rapporti di lavoro degli enti pubblici, indipendente


mente dal carattere economico degli stessi. 

Vi osta i nnanzitutto la genericit� del riferimento, la quale con


traddice la possibilit� di dare allo stesso una significazione senza riscontro 

nel sistema, che � tutto improntato dalla dicotomia, nell'ambito dei rap


porti di lavoro dei dipendenti da enti pubblici, tra rapporti equiparabili 

(ed equiparati), in ragione dell'attivit� (economica) dell'ente pubblico, a 

quelli con gli imprenditori privati che svolgono la stessa attivit�, parimenti 

�suscettibili di regolamentazione collettiva e attribuiti alla stessa giurisdizione 
del giudice ordinario, e rapporti non equiparabili, in ragione dell'attivit� 
(non economica) dell'ente pubblico, a quelli con i privati, i quali rapporti, 
ancorch� non abbiano una speciale disciplina e sl.ano soggetti alle 
norme sull'impiego privato (art. 2129 c. c.), peraltro con gli adattamenti 
derivanti dalla natura pubblica dell'ente, rimangono attribuiti alla giurisdizione 
esclusiva degli organi di giustizia amministrativa. Invece, il 
contemporaneo riferimento ai rapporti di lavoro con datori di lavoro pri



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 759 

l'art. 2095 e.e. il quale non si applica ai dipendenti da enti pubblici, 
.usto il disposto dell'art. 2129 dello stesso codice; l'art. 11, poi, mal 

adatta a enti pubblici non economici; ecc.) dimostra di rivolgersi 
:elusivamente alle imprese private e a quelle pubbliche inquadrate 
~Ile associazioni sindacali (cio� enti pubblici economici). 

La tesi contraria dell'attore, secondo cui l'art. 6 della legge n. 604 
i derogato al principio sopra ricordato, devolvendo ogni controversia 
~lativa ai licenziamenti individuali alla competenza del Pretore, non 
1� essere accolta, la disposizione contenuta nell'art. 6, infatti, si rifesce 
alla competenza intesa in senso stretto, non alla giurisdizione; 

iti e con enti pubblici � significativo del rispetto del sistema e indicativo 
~Ila eadem ratio che presiede all'unicit� di disciplina e che dsiede apmto 
nella assenza di qualsiasi motivo di differenziazione nella regola.
entazione de irapporti di lvaoro dei datori di lvaoro privati e degli enti 
1bblici economici, i quali svolgono la stessa attivit� economica. Di ci� � 
~l resto conferma nella stessa derivazione della legge dagli accordi intermfederali 
sui licenziamenti, applicabili ai rapporti di lavoro privati e a 
1elli con gli enti pubblici economici. 

Nello stesso art. 1 della legge in esame vi � poi un altro indice della 
>tio legis, nei sensi accennati, il quale � costituito dall'esclusione dei rap>
rti ove la stabilit� sia assicurata da norme di legge, di regolamento e 

contratto collettivo o individuale, cio� dei rapporti in relazione ai quali 
potere di recesso dell'imprenditore, essendo condizionato, � suscettibile 
. controllo anche in sede giurisdizionale. Ci� sta a significare che la ratio 
illa legge � stata appunto quella di consentire un controllo, sia rpure ai 
rnitati effetti di cui all'art. 8, del potere di recesso dell'imprenditore, lad>
ve un siffatto controllo non fosse gi� possibile. La necessit� di introdurre 
i tale controllo non sussisteva (e non sussiste) invece in ordine ai rapporti 

lavoro dei dipendenti da enti pubblici non economici. Questi rapporti, 
.fatti, ancorch� privi della stabilit�, in quanto attribuiti alla giursdizione 
1clusiva del Consiglio di Stato, per il sindacato in tale sede esercitabile 
ii provvedimenti ad essi inerenti sotto il profilo non solo dell'incompenza 
e della violazione di legge ma altresi dell'eccesso. di potere, gi� avemo 
come tuttora hanno una tutela maggiore e pi� penetrante di quella 
~cordata agli altri rapporti di lavoro anche secondo le norme della legge 
. esame: tutela che pu� condurre all'annullamento dei provvedimenti, 
.entre ci� � interdetto all'a. g. o. secondo il fondamentale principio espresso 
ill'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248. 

3. -Soccorrono poi nel senso qui sostenuto anche le altre norme della 
essa legge richiamate dal Pretore. Cosi quell adell'art. 2 �che onnicomprenvamente 
qualifica come imprenditori i datori di lavoro privati e gli enti 
lbblici distintamente indicati nell'art. 1. Cosi le disposizioni che prevedono 
�ocedure conciliative e interventi delle associazioni sindacali. Cosi la norma 
~ll'art. 10, la quale stabilisce che � le norme della presente leg;ge si applimo 
nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di 
ipiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 del Codice civile... �. Tale 
sposizione costituisce una ulteriore conferma dell'inapplicabili!� della 
gge ai dipendenti da enti pubblici non economici. Infatti ai suddetti di

760 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essa p.ertanto opera all'interno della giurisdizione ordinaria, disponendo, 
in deroga all'art. 434 c.p.c., che tutte le controversie, appartenenti 
alla cognizione del giudice ordinario, siano assegnate alla competenza 
del pretore, ma non riguarda, evidentemente, le controversie 
che, come la presente, esulano dalla cognizione dell'autorit� 1giudiziaria 
ordinaria (art. 429 n. 3 c.p.c.). 

Tutto ci� premesso, essendo precluso ogni esame ulteriore in ordine 
alla domanda va senz'altro dichiarato il difetto di giurisdizione del 
giudice adito relativamente alla controversia in oggetto. -(Omissis). 

pendent sono bens� applicabili, in forza del disposto dell'art. 2129 c. c., e 
salvo che il rapporto sia diversamente regolato dalla legge, le norme che 
regolano i rapporti di lavoro privati, ma limitatamente a quelle contenute 
nella sezione III del capo I Titolo II del Libro V del Lavoro (artt. 2096-2129); 
mentre la norma dell'art. 2095, collocata nella Sezione II, � applicabile, in 
virt� del disposto dell'art. 2093,,solo ai rapporti di lavoro degli enti pubblici 
inquadrati nelle associazioni professionali (cio� degli enti pubblici economiei) 
e degli enti pubblici non inquadrati (cio� degli enti pubblici non 
economici) limitatamente alle imprese da essi esercitate. 

Cos� ancora la norma dell'art. 12 che fa salve le disposiziol}.i dei contratti 
collettivi e accordi sindacali che contengano, per la materia disciplinata 
dalla legge, condizioni pi� favorevoll ai prestatori di lavoro. 

Cos�, la norma dell'art. 6, la quale stabilisce che � a conoscere delle 
controversie derivanti dalla presente legge � competente il pretore �. Tale 
norma, come esattamente ha ritenuto il Pretore � chiaramente una norma 
sulla competenza. Essa infatti fissa un mero criterio di coi;npetenza, in deroga 
a quello dettato dall'art. 434 c. p. c., cio� detta una regola sulla ripartizione 
o distribuzione dell'esercizio della giurisdizione tra i diversi organi 
dell'autorit� giudiziaria ordinaria. � qundi una norma che pu� trovare applicazione 
limitatamente alle controversie in ordine alle quali sussiste -in 
base ad altre norme -la giurisdizione del giudice ordinario, della quale, 
ripetesi, fissa un criterio di distribuzione. In materia di controversie individuali 
di lavoro sono, com'� noto, attribuite alla giurisdizione dell'a. g. o. 
soltanto le controverse relative ai rapporti di lavoro considerati nell'art. 429 

c. p. c. e cio� quelle relative ai rapporti privati di lavoro o ai rapporti dei 
dipendenti da enti pubblici, mentre le controversie relative ai rapporti di 
lavoro dei dipendenti da enti pubblici non economici appartengono alla 
giurisdizione esclusiva degli organi della giurisdizione amministrativa. 
Perci� rispetto a tali ultime controversie non potrebbe trovare applicazione 
la regola di competenza enunciata dall'art. 6 della legge n. 604 del 
1966. Ci� che costituisce un ulteriore indice dell'inapplicabilit� della legge 
ai rapporti di impiego dei dipendenti da enti pubblici economici. 
4. -La� sentenza del Pretore merita quindi per questa parte incondizionata 
adesione. Sembra invece che un appunto le si possa fare per aver 
dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, anzich� l'improponibilit� 
della domanda per la rilevata inapplicabilit� della legge. Ma si 
tratta di un appunto marginale che nulla toglie alla sostanza della decisione, 
la quale anche formalmente � pregevole per l'incisiva chiarezza e la 
lucida sobriet� della motivazione. 
ANTONIO FRENI 

I 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

ONSIGLIO DI STATO, Ad. plen. 25 settembre 1968, n. 24 -Pres. 
Bozzi -Est. Daniele -Palatiello (avv. Sivieri) c. Commissione vigilanza 
edilizia popolare ed economica (Coop. ed. � Cisanni � ed 
altri (n. c.) e Cattalinich (avv. Lorenzoni). 

iustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Termini processuali 
-Sospensione durante il periodo feriale. 

La sospensione del corso dei termini processuali scadenti tra il 
'agosto ed il 15 settembre, ai sensi dell'art. 1 l. 14 luglio 1965, n. 818, 
on riguarda tutti i termini processuali che siano comunque in corso 
E?l periodo anzidetto, ma concerne esclusivamente i termini che scaono 
nel periodo stesso (1). 

(1) In tal modo l'Adunanza plenaria, sanando il contrasto esistente, in 
mo al Consiglio di Stato, sulla interpretazione del cit. art. 1 della legge 
818, si � uniformata alla giurisprudenza della Cassazione (5 gennaio 1967, 
31 e 2 maggio 1967, n. 813); v. anche, sulla efficacia retroattiva del cit. 

:t. 1 art. 1, Cass., 7 gennaio 1967, n. 74, in questa Rassegna, 1967, I, 253, con 
)ta, e, sui limiti di applicabilit� agli atti processuali della citata norma, cfr. 
ez. IV, 31 maggio 1967, n. 202, ivi 1967, I, 625. 

ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 503 -Pres. 
Papaldo -Est. Laschena -Compagnia industrie saccarifere S. Eufemia 
Lamezia (avv. Selvaggi) .c. Ministeri agricoltura e foreste, industria, 
commercio e artigianato e finanze (avv. dello Stato Giorgio 
Azzariti), S.p.a. Zuccherifici meridionali (avv. Fresa e Ferrari), 
Soc. Zuccherificio di Avezzano ed altri (n. c.) con intervento della 
Soc. romana zucchero (avv. Sorrentino); S.p.a. Zuccherificio Castiglionese 
(avv. Putzolu) c. Ministero finanze (avv. dello Stato 
Giorgio Azzariti), S.p.a. Zuccherifici meridionali (avv. Fresa e Ferrari), 
Soc. Zuccherificio di Avezzano ed altri (n. c.) con intervento 
della Soc. Romana zucchero (avv. Sorrentino) e Compagnia industrie 
saccal"�fere S. Eufemia Lamezia (avv. Selvaggi). 

~iustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Principio di prova 
-Mancanza -Motivi generici -Inammissibilit�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Industria e commercio -Industrie saccarifere -Prodotto collocabile 
sul mercato interno della C.E.E. -Ripartizione fra le singole imprese 
-Sistema instaurato dalla legge 6 agosto 1967, n. 655 -Interpretazione 
con circolare ministeriale -Legittimit�. 

Sebbene anche ne�l processo amministrativo viga la regola generale 
che pone l'onere della prova a carico della parte che� fa l'affermazione 
dalla quale pretende di trarre giovamento, tuttavia l'adozione del metodo 
acquisitivo nell'istruttoria consente che l'onere stesso possa ritenersi 
adempiuto quando sia stato foirnito almeno un principio di prova, 
essendo affidato al giudice il compito di integrare e supplire l'attivit� 
istruttoria delle parti; pertanto, deve ritenersi inammissibile il motivo 
di ricorso che risulti affatto generico, sfornito, cio�, del bench� minimo 
principio di prova (1). 

Nel sistema instaurato con la l. 6 agosto 1967, n. 655, la ripartizione 
tra le singole imprese produttrici di zucchero della quantit� del prodotto 
collocabile sul mercato interno della e.E.E. a partire dal 1 � luglio 
1967 'Jll.On attribuisce il diritto di vendere imme�iatamente lo zucchero 
prodotto, ma sofo il diritto di produrre un determinato quantitativo a 
prezzo garantito, sul quale vengono stabilite le scorte d'obbligo da 
ripo'l"tare alla campagna successiva ai sensi dell'art. 2 l. cit.; pertanto, 
� legittima la circolare ministeriale che, in applicaZ1ioine dei criteri fissati 
dalla l. cit., reca un elenco delle imprese saccarifere� e l'indicazioine 
dei quantitativi di zucchero che possono essere estratti dai rispettivi 
magazzini fiduciari nel periodo 1� luglio 1967-30 giugno 1968, quantitativi 
determinati sottraendo dal cointingente complessivo assegnato a 
ciascuna impresa quello costituente le scorte di obbligo da riportare 
alla nuova campagna, oitre le giacenze esistenti al 30 giugno 1967 (2). 

(1-2) SUJ1la prima massima, che applica un princ1p10 pacifico cfr. 
Sez. IV, 18 maggio 1956, n. 417, Foro amm., 1956, I, 2, 780. Sulla seconda 
massima non constano precedenti. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 512 -Pres. 
Potenza -Est. Benvenuto -Ursi ed altri (avv.ti Jaccarino e Abbamonte) 
c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Casamassima), Comune 
di Portici e Ufficio Genio Civile di Napoli (n. c.) Soc. Meridionale 
edilizia cooperativa (avv. Gava) e Cammarota (n. c.). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Ricorso contro 
il decreto prefettizio che dichiara la p. u. -Pronuncia del Provveditore 
alle 00.PP. -Natura -Notificazione del ricorso al Provveditore 
-Non occorre. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 763 

1propriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Ricorso av


verso il decreto prefettizio che qichiara la. p. u. -Richiesta di an


nullamento degli atti preparatori -Ammissibilit�. 

1propriazione per pubblica utilit� -Edilizia popolare ed economica 


Espropriazione per programma edilizio di vasta portata -Inam


missibilit�. 

La pronuncia de'i Provveditore regionale alle 00. PP. richiamata 
~l decreto prefettizio che dAchiara la pubblica utilitd di alcune opere, 
~ natura di atto preparatorio, e cio� ha. natura di atto consultivo, 

�n la conseguenza che, in sede di impugnativa di tale decreto, non 
:ssiste l'onere nei ricorrenti di notificazione del gravame al predetto 
�ovveditorato (1). 
L'atto meramente preparatorio � soggetto a caduoazione in dipenmza 
dell'efficacia espansiva (interna) dell'annullamento del provvediento 
finale; pertanto, in sede di impugnativa del decreto prefettizio 
>e dichiara la pubblica utilitd di un'opera, il ricorrente pu� conclu~
re per l'annullamento della delibera comunale (di approvaz!ione del 
ano dei lavori), anche se non ha all'wopo formulato motivi di do.
ianza (2). 

Le dispo'Sizioni contenute nel t. u. 28 aprile 1938, n. 1165 e ne�lla 

2 luglio 1949, n. 408, che prevedono l'espropriazione per pubblica 
;ilitd cl.i terreni occMrenti per la costruzione di case popolari ed 
:onomiche, debbono essere intese nel senso che agli Enti e�dilizi di 
ii all'art. 16 nn. 7 e 13 t. u. cit., � comsentiito di ottenere la dichiaraone 
di p. u., ai fini dell'e'Sproprio, oltrech� delle aree su cui dovranno 
>isistere dette case, anche dei confinanti suoli indispensabili per l'ac~
sso ed i distacchi e per la normale funzionalitd delle case stesse, 
.a non possono essere interpretate nel senso che sia consentita l' emisone 
-su istanza degli Enti stessi -della dichiarazione di p. u. 
> ordine ad un programma edilizio di" tale entitd e complessitd da 
1mprendere un intero quartie1�e, con imponenti e svariatissime opere 
: urbanizz.azione primaria e secondaria, e ci� -oltre che per l'esimza 
di impedire indebiti spostamenti nell'adempimento di compiti 
tituzionali -anche al fine di impedire che detti Enti possano snatuirsi 
e venir meno alla puntuale aderenza ai loro fini, per effetto 
~ll'attuazione di opere di urbanizzazione che importano, tra l'altro, 

(1-3) Massime esatte, sia per quanto concerne la natura della pronuncia 
~1 Provveditore alle 00. PP., sia per quanto riguarda la ammissibilit� della 
~hiesta di annullamento di atti preparatori, sia per ci� che concerne, spef�camente, 
la interpretazione delle espropriazioni consentite dal t. u. 28 
1rile 1938, n. 1165, sull'edilizia popolare ed economica. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I


I

l'assunzione di spropositati oneri finanziari; pertanto, � illegittima la 
dichiarazione di p. u. concernente il programma di costruzione di un 

Il 

intero quartiere, comprensivo della esecuzione diretta, da parte della f 
societd cooperativa richiedente, di tutte le opere di urbanizzazione 

�

primaria e secondaria. 

(Omissis). -Il): a) Delle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla 
controinteressata SMEC vanno anzitutto esaminate quelle con cui si 
deduce l'inammissibilit� in toto dei 3 ricorsi del primo gruppo -sul 
viflesso che ciascuno di questi impugna pi� provvedimenti non collegati, 
provenienti da autorit� diverse -e quella con cui viene opposta 
la mancata notificazione dei ricorsi stessi a taluna delle autorit� emananti 
(Provvedit. alle 00.PP.). 

La prima delle esposte eccezioni, cosi come formulata, � da disattendere. 


Va osservato, .invero, che ciascuno dei J:icorsi dell'indicato gruppo 
� diretto ad impugnare � in modo palesemente preminente � il decreto 
prefettizio n. 63481 del 9 agosto 1967 -contenente, tra l'altro, la dichiarazione 
di pubblica utilit� del programma costruttivo della S.M.E.C. 
-nonch� gli atti (.compresi, tra essi, il parere del Genio civile e 
la deliberazione comunale n. 801 del 28 luglio 1967) che costituiscono, 
alla stregua della normativa e dei principi in materia, atti 
meramente preparatori rispetto a detto decreto. 

Atteso ci�, all'ammissibilit� dell'impugnativa. contro l'indicato decreto 
prefettizio del 9 agosto 1967 (in uno con i relativi atti preparatori) 
non nuoce la circostanza che ciascuno di detti tre ricorsi abbia, in 
via del tutto accessoria, indicato, come oggetto di impugnativa, anche 
atti estranei alla� procedura di dichiarazione di pubblica utilit�, e cio� 
anche gli atti esclusivamente attinenti alla lottizzazione Cammarota 
(delibera consiliare n. 108 del 22 novembre 1966 e autorizzazione .sindacale 
n. 3 del 5 aprile 1967), i quali, del resto, sono stati impugnati 
per mero tuziorismo e per scrupolo �di complefezza, stante che essi 
venivano espressamente richiamati .nel suddetto decreto prefettizio e 
negli atti preparatori di questo con formule che, a prima vista~ si prestavano 
ad in.generare l'illazione circa !'�esistenza di un collegamento, 
di carattere negozial.e, tra le determinazioni richiamanti e quelle richiamate; 
come pure non nuoce la circostanza che nella parte destinata ad 
indicare l'oggetto dell'impugnativa figuri anche, marginalmente, la 
deliberazione consiliare di adozione del P.E.E.P., deliberazione che, 
del resto, � stata ivi indicata non per farne oggetto di impugnazione 
vera e propria, ma semplicemente per sottolin�earne la inoperativit� 
per la ritenuta mancata approvazione da parte dell'Amministrazione 
dei LL.PP. e, quindi, per dedurre da ci� che la declaratoria di .pubblica 
utilit� era da considerare carente di uno dei presupposti previsti dalla 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 765 

1gge n. 217 del 1965 (primo comma dell',art. 1 in relazione al terzo 

mma dello stesso articolo e all'art. 3). 

Relativamente all'altra delle suesposte eccezioni va osservato che, 

~lla specie, la pronuncia del Provveditorato alle 00.PP. di Napoli, di 

� alla nota 15 luglio 1967 richiamata nel decreto prefettizio impu


1ato, ha chiaramente natura di atto meramente preparatorio e pre


samente di manifestazione di attivit� consultiva posta in essere in 

lsta dell'emanazione di tale decreto prefettizio; onde i ricorrenti non 

revano, ovviamente, l'onere di notificare i ricorsi anche a detto Prov


~itorato. 

b) Quanto all'eccezio:p.e con cui la S.M.E.C., facendo leva sull'as~
rita omessa impugnativa della dichiarazione di urgenza e indifferillit�, 
deduce che tale omissione impedisce che all'eventuale annullaLento 
della dichiaraZione di .pubblica utilit� possa seguire la caducaone, 
per invalidit� derivata, della suddetta dichiarazione �di urgenza 

indifferibilit� e del conseguenziale decreto di occupazione, il Col,
go ritiene che l'esame dell'eccezione stessa vada riservata al prosie110 
(v. lettera D della successiva parte terza). 

e) Che nessuno dei suddetti tre ricorsi abbia formulato motivi 
i doglianza specificatamente riguardanti la citata deliberazione comuale 
n. 801 del 1967, � circostanza che -contrariamente a quanto si 
;sume con la restante eccezione pregiudiziale della S.M.E.C. -non 
recludeva ai ricorrenti la facolt� di concludere per l'annullamento 
riche di tale deliberazione. 

Questa, invero, �, come si � gi� notato, un atto meramente prepa:
i.torio del decreto prefettizio del 9 agosto 1967, onde essa � soggetta 
caducazione in dipendenza dell'efficacia espansiva (interna) dell'an


ullamento del decreto stesso. 

d) Quanto, infine, all'eccezione pregiudiziale sollevata dall'Avvo:
i.tura generale dello Stato nella memoria riguardante il secondo gruppo 
i ricorsi, � da rilevare che il fatto che il decreto del 18 ottobre 1967, 
on cui il Prefetto di Napoli ha approvato il piano particolare delle 
ree e aggiunte � disponendone la pubblicazione, abbia ev�entualmente 
l natura giuridica di mero atto della complessa procedura (non prouttivo, 
in s� e per s� considerato, di lesione diretta delle situazioni 
iuridiche dei ricorrenti e quindi non suscettible di autonoma impunativa) 
non toglie che anch'esso sia assoggettato all'efficacia espansiva 
ell'annullamento delle determinazioni a carattere finale e autonomo, 
arimenti impugnate. 

III) : Quanto al merito dei ricorsi, sono da esaminare con preceenza 
il secondo motivo del primo gruppo di ricorsi -motivo con cui 
iene sostanzialmente dedotto che illegittimamente, e cio� con violaione 
della normativa richiamata e con eccesso di potere, � stata emessa 
:i. dichiarazione di pubblica utilit� in ordine al programma costruttivo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Soc. Cooperativa S.M.E.C., diretto alla costruzione di un intero 
quartiere con tutte le opere di urbanizzazione, primaria e secondaria, 
da eseguirsi, per giunta senza rivalsa, a cura della stessa S.M.E.C. nonch� 
quella parte del terzo e del quarto motivo, (degli stessi ricorsi), 
nella quale vengono riprese le censure gi� ,enunciate con il suddetto 
secondo motivo. 

Poich� la dichiarazione di pubblica utilit� � stata, nella specie, 
chiesta ed emessa con richiamo a pi� fonti normative (T. U. 28 aprile 
1938, n. 1165, in relazione all'art. 21 della 1. n. 408 del 2 luglio 1949; 
artt. 1 e 3 della 1. 29 marzo 1965 n. 217, in relazione all'art. 10 terzo 
comma della 1. n. 167 del 18 aprile 1962), s'appalesa l'esigenza che 
l'esame del secondo motivo e della menzionata parte del terzo e quarto 
motivo sia condotto con l'iguardo a tutte le suddette fonti. 

A tale esame � da premettere il chiarimento che le considerazioni 
che seguono valgono egualmente sia che la S.M.E.C. debba qualificarsi, 

� senz'altro �, come una delle Cooperative ex n. 7 deH'art. 16 del T. U. 
n. 1165 del 1938 ed ex lettera d) dell'art. 10, terzo comma, della legge 
n. 167 del 1962, sia che invece1 debba considerarsi (sulla falsariga di 
quanto emerge, tra l'altro, dal tenore della domanda della S.M.E.C. 
e della dichiarazione di pubblica utilit�) come societ� cooperativa 
con caratteri particolari, astra,ttamente riconducibile, in ogni caso, alla 
categoria di enti privati prevista dal n. 13 del citato art. 16, come modificato 
con l'art. 2 della legge n. 408 del 1949, e dalla lettera f) del 
summenzionato art. 10. 
A) In base alle norme contenute nel T.U. n. 1165 del 1938 e nella 
legge n. 408 del 1949, gli enti edilizi di cui al n. 7 e al n. 13 del 
gi� citato art. 16 non sono legittimati ad ottenere la dichiarazione di 
pubblica utilit� in ordine ad un programma costruttivo di un intero 
quartere (come quello di specie -riguardante il rione S. Ciro di 
Portici -che interessa oltre 50 mila mq.) con tutte le opere di urbanizzazione 
primaria e secondada. 

Nell'ambito del test� indicato primo gruppo di norme, questa conclusione 
trova base, in primo luogo, negli artt. 46 e segg. del T.U. 

n. 1165 e nell'art. 21 della legge n. 408 del 1949; <lisposizioni, tutte 
queste, che prevedono la dichiarazione di pubblica utilit� agli effetti 
dell'esproprio di terreni ecc. � occorrenti per la costruzione di case 
popolari od economiche� (v., in particolare, il primo comma del 
citato art. 46). 
Secondo l'orientamento desumibile dalla corrente giurisprudenza 
di questo Consiglio, la formula or o:ra riportata pu� essere, s�, intesa 
nel senso che consenta a detti enti privati di ottenere la dichiarazione 
di pubblica utilit� ai fini dell'esproprio, oltre che delle aree su cui 
dovranno insistere dette case, anche dei confinanti suoli indispensabili 
per l'accesso e i distacchi e per la normale funzionalit� delle case 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

esse; ma non pu� gi� essere interpretata nel senso che consenta 
~sione -su istanza degli enti stessi -della dichiarazione di 
ibblica utilit� in ordine ad un programma edilizio di tale vastit� e com.
essit� da comprendere, come nel caso, un intero quartiere con impomti 
e svariatissime opere di urbanizzazione primaria e secondaria. 

L'esclusione della possibilit� di emettere la dichiarazione di pubica 
utilit� in ordine ad un siffatto programma � indirettamente con1rmata 
dall'articolo 50, ultimo comma, dello stesso T. U., 'laddove la 
�ssibilit� di consentire la costruzione di ambienti destinati a scopi 

igiene, assistenza ed educazione, � ammessa, come d'argomento dal 
nore delle formule adottate, solo sotto l'aspetto di locali inseriti nel 
1rpo stesso degli edifici destinati a case popolari od economiche. 

L'accennata conclusione si desume ancora dall'art. 44 del medesimo 
u., che prevede l'obbligo del Comune di provvedere �a proprie 
>ese. -�contemporaneamente alla costruzione delle case� da parte 
~gli enti edilizi -alle sistemazioni di carattere generale. 

La disposizione citata, anche per la sua posizione sistematica (attech� 
si tratta di una disposizione inserita in una legge fondamentale 
:ir la materia qual'� il t. u. n. 1165 del 1938 e in apertura del capo 
�ecificamente destinato a regolare, da una parte, i � compiti dei Couni 
� e, dall'altra, le espropriazioni degli enti edilizi), s'appalesa quale 
pressione di un principio basilare, il quale, a sua volta, � giustificato 
-oltre che dall'esigenza di impedire indebiti spostamenti nell'ademmento 
di compiti istituzionali -anche da quella di impedire che detti 
tti (in particolare le cooperative di cui al n. 7 dell'art. 16 e gli enti 
�ivati senza fine di lucro di cui al n. 13 dello stesso art.) possano 
aturarsi e venir meno alla puntuale aderenza ai loro fini per effetto 
!ll'attuazione di opere di urbanizzazione comportanti, tra l'altro, 
tssunzione di spropositati oneri finanziari. 

A questo riguardo � da chiarire che i suddetti enti edilizi hanno 

~r scopo essenziale quello di appagare il bisogno di alloggio degli ap


trtenenti alle categorie degli av�enti 'titolo (persone meno abbienti 

in genere lavoratori) in modo da soddisfare il maggior numero pos


t>ile di soggetti appartenenti a dette categorie e da accordare la pre


renza, nell'ambito delle� categorie stesse, a quelli le cui condizioni eco


�miche siano pi� deboli. Ora, la citata normativa, in quanto esclude 

1e i programmi edilizi degli indicati enti possano comprendere no


voli opere di urbanizzazione e correlativamente importare l'assunzione, 

carico di questi, degli inerenti pesantissimi oneri, mira, appunto, 

l evitare, soprattutto, che gli enti stessi possano venire a trovarsi 


n deviazione dalla puntuale aderenza al fine istituzionale -nella 

cresciosa situazione, tra l'altro, di dover offrire .gli alloggi a condizioni 

avose, si che essi potrebbero essere richiesti solo da coloro che, 

~n'ambito delle categorie degli aventi titolo (categorie che, anche legi



768 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

slativamente, hanno talora contorni piuttosto lati e sfumati), siano i pi� 
forniti di mezzi finanziari. 

Certo, non vuol negarsi che �taluni� degli enti di cui al precitato 
art. 16 del t. u. n. 1165 del 1938 siano legittimati a conseguire la dichi~razione 
di pubblica utilit� in ordine a programmi aventi respiro alquanto 
pi� largo rispetto a quelli consentiti alla stregua delle surriportate 
norme del t. u. stesso. Ma detti enti sono, di regola, o gli stessi 
Comuni, titolari dei compiti inerenti all'urbanizzazione, oppure altre 
persone giuridiche pubbliche, istituzionalmente qualificate e abilitate 
a provvedere al bisogno di case popolari od economiche su pi� vasta 
scala, e in base a pi� complessa programmazione, come emerge dalla 
normativa � speciale � che, in aggiunta alla suesposta normativa generale 
e anche a parziale modificazione di essa, disciplina la loro azione: 
enti che, per la loro qualit� pubblicistica, danno maggior affidamento 
di retta aderenza al fine e di poss1bilit� di ricorso di mezzi e congegni 
atti a neutralizzare possibili inconvenienti e che, inoltre, sono pi� 
strettamente coordinati all'azione dell'autorit� governativa e in modo 
pi� penetrante ed organico sottoposti ai controlli di questa. Nell'ambito 
di quegli enti che poi sono abilitati ad ottenere la dichiarazione di pubblica 
utilit� per programmi di pi� largo respiro possono, eccezionalmente, 
rientrare anche persone giuridiche di carattere privato, ma ci� 
soltanto per effetto di �espressa ed inequivoca dichiarazione legislativa, 
cosi come accade per gli enti previsti dall'art. 16 n. 12, del t. u. del 1938 
(cosi come modificato dall'art. 2 della J.. n, 408 del 1949), i quali, 
anche .se rivestano natura privata, sono esplicitamente ammessi a programmare 
la costruzione di intere � borgate rurali �. 

Fuori delle accennate �ipotesi, riprende vigore il principio precedentemente 
�esposto: Questo, proprio perch� di carattere fondamentale 
e generale, non solo spiega il suo incondizionato vigore in tutti i casi 
in cui non 'sia da considerare chiaramente derogato per effetto di pari 
ticolari norme, ma anche laddove la deroga operi � da tener .presente 
come elemento sistematico per individuare la portata, la funzione e i 
limiti della deroga stessa. 

I

B) Passando, ora, all'esame delle restanti disposizioni richiamate 
dalle impugnate determinazioni prefettizie, cio� di quelle che si raccordano 
al sistema normativo istituito dalla legge n. 167 del 18 aprile 1962 
-e, tra esse, in particolare, delle norme di cui alla legge n. 217 del 
29 marzo 1965 -, � da osservare, anzitutto, che il principio in precedenza 
illustrato sta alla base, come regola fondamentale e generale, 

di un assieme di varie norme che si collegano a detto sistema. 
L'art. 19 della legge n. 167 del 1962 espressamente dispone che 

� i Comuni sono obbligati a provvedere, con prforit� rispetto ad altre 
zone, alla sistemazione della rete viaria, alla dotazione dei necessari 
� servizi igienici e all'allacciamento alla rete dei pubblici servizi delle 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 769 

tle incluse nei piani, utilizzati in proprio dagli enti di cui al terzo comi 
dell'art. 10 � ; l'art. 5 n. 5 della stessa legge stabilisce la necessit� 

prevedere, nella relazione comunale al P.E.E.P., la �spesa occorrente 
r le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano �; l'arolo 
6, primo comma, della 1. n. 904 del 21 luglio 1965 chiarisce che 
.e spesa fa carico al Comune; l'art. 1 della 1. 29 settembre 1964 n. 847, 
evede i mezzi di finanziamento a favore dei Comuni per la spesa 
e questi debbono .affrontare in ordine all'urbanizzazione primaria 
secondaria. 

L'art. 2. della legge n. 217 del 1965 (disposizione che trova applica>
ne -� appena il caso di notarlo -anche in quella, tra le ipotesi 
Gtemplate dall'art. 1, che concerne la possibilit� che i programmi 
ilizi degli enti ex art. 10, terzo comma, della legge n. 167 del 1962 
ngano attuati nell'ambito del P.E.E.P., ancorch� questo non sia stato 
.cora approvato dalla competente autorit� dell'Amministrazione dei 

�.PP.) -per quanto concerne l'urbanizzazione primaria -ha appor;
o all'indicato principio una deroga, l� quale, per�, se, per un verso, 
di estesa portata (in quanto valevole per tutti gli enti ex precitato 
t. 10, terzo 'comma, anche se di carattere privato), �, per l'altro, 
riamente circoscritta, in quanto, oltre che a limitazione temporale, � 
ttoposta ai limiti che verranno illustrati nelle considerazioni che 
~uono. 

Ma, prima di esporre queste, � da chiarire, in ordine alle opere di 
banizzazione secondaria, che detto articolo 2 non contiene alcuna 
�rma che disponga che i programmi degli enti edilizi ivi previsti 
issano comprendere anche tali opere. In questo articolo, quindi, non 
L� trovarsi la base per affermare che �qualunque. degli enti ivi 
:hiamati sia legittimato li presentare, ai fini della dichiarazione di 
1bblica utilit�, programmi comprensivi anche di opere di urbanizza)
ne secondaria. 

Nel silenzio non pu�, ai fini del!la soluzione affermativa, trarsi 

gomento dalla norma dettata per la Gescal dall'art. 14, secondo 

mma, della 1. 14 febbraio 1963, n. 60, norma secondo cui il pro


amma decennale ivi indfoato deve prevedere anche l'esecuzione di 

.ere rientranti nel novero di quelle qualificabili come opere di urba


zzazione secondaria. Ed invero, la posizione della Gescal -ente 

lbblico espressamente abilitato ad operare, nel campo specifico, addi


:tura sul piano nazionale -e del relativo Comitato centrale -organo 

ltale, ad essa coordinato, che formula detto programma -e la na


ra, organicit� ed estensione temporale del programma stesso sono 

li da differenziarsi in modo nett�, rispettivamente, dalla posizione 

~gli enti edilizi di carattere privato e dalla natura dei loro program


i. Il citato art. 14, che trova la sua giustificazione nella peculiarit� 
~lla Gescal, oltre che, del suo programma, costituisce, quindi, una 

770 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma di tale carattere da non poter essere estesa agli enti privati di 
cui alle lettere d) ed f) dell'art. 10 terzo comma della legge n. 167 
del 1962. 

Esponendo ora le preannunciate considerazioni circa le opere di 
urbanizzazione primaria, si rileva che l'art. 2 della legge n. 217 del 
1965 � formulato, si, in modo da doversi ritenere che detti enti possano 
conseguire la dichiarazione di pubblica utilit� in ordine a programmi 
edilizi comprensivi di queste opere; ma tale deroga al prncipio precedentemente 
illustrato si accompagna alla norma che prevede la � rivalsa 
nei confronti dei Comuni �. 

Ora, contrariamente a quanto assumono le parti resistenti, quest'ultima 
norma non � a carattere dispositivo, s� che gli enti edilizi ex 
precitato terzo comma dell'art. 10 possano, ove vogliano, accollarsi il 
finanziamento o l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria 
rinunciando alla rivalsa verso il Comune. 

Ed invero l'ultimo comma dell'art. 2 -nel disciplinare il possibile 
contenuto dell'apposita convenzione, destinata a regolare, tra l'altro, 
la rivalsa verso il Comune -, prevede che detta convenzione potr� 
stabilire � i termini e le modalit� � della rivalsa stessa, adottando, cosi, 
una formula che mostra di escludere che il contenuto della convenzione 
possa spingersi sino all'eliminazione della rivalsa. 

Il fatto che la legge abbia assegnato alla norma sulla rivalsa carattere 
cogente si spiega, tra l'altro, col duplice rilievo che gli enti 
edilizi ex terzo comma dell'art. 10 sono generalmente enti le cui 
disponibilit� finanziarie sono soggette alla regola della destinazione 
vincolata a scopi specificatamente predeterminati e che debbono costruire 
a costi piuttosto bassi onde poter offrire, come si � gi� accennato, 
il maggior numero possibile di alloggi, a condizioni di particolare vantaggio 
economico, con preferenza per quelli che sono i pi� bisognosi 
nell'ambito della categoria degli aventi titolo. 

C) Dopo quanto si � sinora esposto, appare chiaro che vano � 
richiamarsi, come fanno le parti resistenti, al tenore dell'art. 3 della 
legge n. �904 del 1965 e all'art. 8 della legge n. 765 del 6 agosto 1967, 
disposizioni, queste, che, del resto, si riferiscono ad ipotesi assai diverse 
da quelle di che trattasi. 

D) Per tutte le suenunciate ragioni, la domanda della S.M.E.C. al 
fine di ottenere la dichiarazione di pubblica utilit� in ordine al suo 
programma di costruzione di un intero quartiere -programma comprensivo 
dell'esecuzione diretta, a cura di essa S.M.E.C., di tutte le opere 
di urbanizzazione primaria e secondaria (concernenti, nella specie, tra 
l'altro, oltre al giardino rionale all'inglese e alla viabilit� anche primaria, 
i centri commerciale, sociale, religioso, scolastico, il centro rionale 
per 1 giochi dei bambini e il centro rionale sportivo costituito da 
vari campi di gioco e da piscina) e caratterizzato, per giunta, dall'ac



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 771 

Ilo, senza rivalsa, della spesa relativa a dette opere -s'appalesava in 

ntrasto e con la normativa di cui alla lettera A) di questa terza parte 

~lla motivazione (artt. 44, 46 e segg. e 50 del t. u. del 1938, in rela


one all'art. 21 della I. n. 408 del 1949) e con la normativa di cui alla 

ttera B) della stessa parte (in particolare: con l'art. 2, in relaz~one 

rli articoli 1 e 3 della legge n. 217 del 1965). 

Illegittimamente, quindi, il Prefetto di Napoli con l'impugnato de


eto del 9 agosto 1967 ha emesso la dichiarazione di pubblica utilit� 

ordine a siffatto programma. 

Fondati sono, pertanto, il secondo motivo dei ricorsi n. 1401, 1464 
1472 del 1967 e quella parte del terzo e del quarto motivo dei ricorsi 
essi, nella quale vengono ripr,ese le censure dedotte con il predetto 
condo motivo. L'indicata dichlar:azfone di pubblica utilit�, perci�, deve 
1sere annullata, con la conseguenza della estensione degli effetti delmnullamento 
agli atti meramente preparatori della dichiarazione 
essa. 

Sciogliendo, a questo punto, la riserva formulata nella seconda parte, 
,ttera b), della presente motivazione in diritto, il Collegio rileva che 
-anche a voler prescindere dalle affermazioni contenute nelle decioni 
1� luglio 1964 n. 15, dell'Adunanza plenaria e 22 novembre 1961 

674, di questa stessa IV sezione (in questa Rassegna �1964, I, 1085; 
161, .I, 1880) in punto di ,estensione � automatica � dell'annullamento 
~na dichiarazione di pubblica utilit� alla e conn�essa � dichiarazione 
i urgenza e indifferibilit�, ancorch� non impugnata -questa seconda 
.chiarazione egualmente non sfugge, nella specie, alla conseguenza 
~Il'eliminazione, e ci� in base alle seguenti considera2lioni: che la diliarazione 
di urgenza �e indifferibilit� � contenuta nello stesso decreto 
mtenente la dichiarazione di pubblica utilit�; che, nel ricorrere contro 
ile decreto, i ricorrenti non hanno inteso impugnarlo in parte qua icor:
ch� nell'epigrafe lo abbiano denominato, per mero scopo di sin$
i, come decreto dichiarativo della pubblica utilit� delle opere ~ma 
~ toto come si desume, altres�, dalla circostanza che talune delle cenrre 
riguardano, direttamente, anche la dichiarazione di indifferibilit� 
i urgenza; che, del resto, l'impugnativa di questa � da dtenersi comresa 
nell'ampia formula di .cui alla 1ett. F) dell'epigrafe stessa. Atteso 
.�, va annullata, anche, per invalidit� derivata, la dichiarazione di 
rgenza e indifferibilit� contenuta nel ,citato decreto pref�ttizio del 

agosto 1967, con la conseguenza della estenisione degli effetti dell'anullamento 
anche agli atti meramente perparatori di quest'altra di1iarazione. 


Infine, va annullato anche, per invalidit� derivata, il decreto pre~
ttizio di occupazione di urgenza 20 ottobre 1967, impugnato con il 
~condo gruppo di ricorsi, con la ,conseguenza dell'estensione degli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effetti dell'annullamento ad ogni atto meramente preparatorio del decreto 
stesso. 

Nell'ambito degli atti caducati � compreso il decreto 18 ottobre 
1967, di cui alla parte secornda, lettera d), della presente motivazione 
in dir.Uto. -(Omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 515 -Pres. 
Papaldo -Est. Napolitano -Pirone (avv.ti Moragg-i e Melfa) c. Ministero 
.pubblica istruzione (avv. Stato Gar,giulo) e Prefetto di 
Roma (n. c.). 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico Costruzione 
edilizia -Ordine di demolizione -Legittimit� -Fattispecie. 


� legittimo il provvedimento che ordina l.a demo,tizione di opere 
abusive e la riduzione in pristino dell'opera modificata, ai sensi dell'art. 
59 l. 1� giugno 1939 n. 1089, ove l'opera medesima rechi pregiudizio 
alle condizioni di ambiente e di decoro del bene protetto, come 
individuate nel decreto di vincolo imposto all'area privata (1). 

(1) Massima esatta e conforme alla costante giurisprudenza. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 524 -Pres. 
Chiofalo -Est. Tozzi -Troise ed altri (avv. Jaccarino) c. Ministeri 
Pubblica Istruzione ed Interno e Prefetto di Napoli (avv. Stato 
Casamassima) e Comune di Napoli (avv. Gleijeses). 

Giustizia amministrativa -Atto definitivo -Requisizione del sindaco 
ex art. 7 legge sul contenzioso amministrativo -Ricorso gerarchico 
-Decisione del prefetto -� atto definitivo. 

Requisizione -Requisizione ex art. 7, legge sul contenzioso amministrativo 
-Rinnovazione -Limiti -Fattispecie. 

La pronuncia con l.a quale il Prefetto decide il ricorso gerarchico 
proposto contro un. provvedimento di requisizione adottato dal Sindaco 
ai sensi deil'art. 7 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, � atto definitivo (1). 

(1-2) Sulla definitivit� della pronuncia del Prefetto, cfr. Sez. IV, 5 luglio 
1967, n. 254, Il Consiglio di Stato, 1967, I, 1071. La seconda massima � 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 773 

La requisizione disposta ai sensi dell'art. 7 i. 20 marzo 1865 

2248 all. E � legittima solo quando sia rivolta a soddisfare esigenze 
.dilazionabiii e imprevedibili, e perci� sia di natura temporanea; 
irtanto la requisizione, disposta dal Sindaco (e confermata dal Pre
�tto) per utilizzare un immobile come edificio scolastico, � illegittima 
:uilora essa venga, alla scadenza, varie 'Volte rinnovata e produca, 
>si, effetti permanenti (2). 

:atta: essendo la requisizione giustificata da un'urgente necessit� non pu� 
m prodtlrl'e effetti temporanei, al pari di tutti i provvedimenti di urgente 
~cessit�; se produce effetti permanenti, � illegittima. 

ONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1968, n. 529 -Pres. 
Papaldo -Est. Laschena -Meo (avv.ti Manfredi e Nespeca) c. 
Ministero Tesoro (avv. Stato Dallari). 

ompetenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Pensione e quiescenza 
-Riconoscimento di servizi -Iscritti alla Cassa dipendenti 
Enti locali -Giurisdizione della Corte dei Conti. 

Il sistema dei mezzi di impugnazione, previsto dall'art. 60 e segg. 
el r.d.l. 3 marzo 1938 n. 680 (sull'ordinamento della Cassa di previenza 
dei dipendenti deglti enti locali) contro il decreto concessivo o 
egativo della pensione e contro le deliberazioni relative alle domande 
L riscatto di determinati servizi, � applicabile anche ai provvedimenti 
~lativi al riconoscimento di servizi utili ai fini della pensione (1). 

(1) Interpretazione esatta degli art. 60 e segg. del r. d. 1. n. 680; non vi 
dubbio che, se le controversie inerenti al diritto alla pensione rientrano 
ella giurisdizione della Corte dei Conti, anche le controversie relative al 
iconoscimento dei servizi utili sono sottoposte alla stessa giurisdizione, 
ssendo intimamente connesse col diritto alla pensione. 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 aprile 1968, n. 1308 -Pres. StellaRichter 
-Est. Ferrone Capano -P. M. Colonnese (conf.). -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cavalli) c. Soc. Terni (avv. Cogliati 
Dezzi:i). 

Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Criteri di cui 
alla legge 19 luglio 1941, n. 771. 

(1. 19 luglio 1941, n. 771, art. 1. comma primo e quinto). 
Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Dichiarazioni 
delle parti contenute in contratto circa il valore del dare 
e del fare -Irrilevanza -Criterio di cui all'art. 4 della legge 
19 luglio 1941, n. 771 -Applicabilit�. 

(1. 19 luglio 1941, n. 771, artt. 4 ed 1). 
Per effetto della legge 19 luglio 1941, n. 771, si considerano contratti 
di vendita, ai fini dell'imposta di registro, i contratti misti di 
dare e di fare, nei quali il valore della materia sia prevalente rispetto 
a quello della prestazione d'opera, nonch� i contratti che, indipendentemente 
dal valore della materia impiegata nella lavorazfone, hanno 
pe.r oggetto la fornitura di cose rientranti nell'ordinaria produzione 
dello stesso fornitore, all'uopo organizzato ed attrezzato tecnicamente. 
Sono considerati appalti, invece, i contratti comprendenti, oltre che 
prestazioni d'opera, anche forniture di materie, merci o cose, non rientranti 
nell'ordinaria produzione del fornitore, sempre che il prezzo o 
valore delle materie, merci o prodotti non costituisca la parte prevalente 
del prezzo o valore globale (1). 

Il costo dei materiali impiegati nella costruzione ( � prezzo e valore 
delle materie, merci e prodotti�, secondo la fo!l'mula dell'art. 1, primo 
comma della legge del 1941) deve essere determinato, ai fini della qualificazione 
del contratto e del conseguente trattamento tributario, con 

(1-2) Ambedue le massime sono indubbiamente esatte anche se sussiste 
qualche perplessit� circa la loro applicazione al caso di specie, in ordine 
al quale la Corte Suprema ha ritenuto di non poter interloquire ritenendo 
la decisione impugnata correttamente impostata e motivata e per



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ferimento ai materiati medesimi �nello stato anteriore alla lavoraone 
eseguita in dipendenza del contratto � (art. 4 de�lla predetta legge) 
non in base ai valori indicati nel contmtto per l'esecuzione di singole 
rniture o dell'intera opera (2). 

(Omiss.is). ~Col primo mezzo, nel denunciare la violazione e falsa 
>plicazione degli artt. 1 e 4 legge 19 luglio 1941, n. 771, e dell'art. 22 

1. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� difetto di motivazione, la ricornte 
Amministrazione delle finanze addebita all'impugnata sentenza 
avere � negletto i principi stabiliti dalla 1. 19 luglio 1941, n. 771, 
�ocedendo con criteri arbitrari alla qualificazione del rapporto conattuale 
�. 

La censura � infondata. 

Esattamente la Corte di Appello ha osservato che, per effetto della 
gge 19 luglio 1941, n. 771, si considerano contratti di vendita, ai 
:ii dell'imposta di registro, i contratti misti di dare e di fare, nei quali 

valore della materia sia prevalente rispetto a quello della prestaone 
d'opera (criterio della prevalenza economica), nonch� i contratti 
te, indipendentemente dal valore della materia impiegata nella lairazione, 
hanno per oggetto la fornitura di cose rientranti nell'ordi1ria 
produzione dello stesso fornitore, all'uopo organizzato ed attrez.
to tecnicamente (criterio dell'ordinaria produzione del venditore). 
>no considerati appalti, invece, i contratti comprendenti, oltre che 
�estazioni d'opera, anche forniture di materie, merci o cose, non rienanti 
nell'ordinaria produzione del fornitore, sempre che il prezzo o 
llore delle materie, merci e prodotti non costituisca la parte prevante 
del prezzo o valore ,globale. 

Alla stregua ed in applicazione di codesti criteri, che sono indubamente 
esatti, in quanto rispondenti alle prescrizioni della citata legge 

nto risolvendosi le censure sollevate dalla Finanza in questioni di fatto 
�ecluse all'esame del giudice di legittimit�. 

Per quanto riguarda la prima massima possono consultarsi utilmente 

ass. 25 maggio 1965, n. 1036 (in questa Rassegna 1965, I, 795 con nota 

Le puntualizza lo stato della giurisprudenza in ordine al criterio in base 

quale deve ritenersi sussistere o meno l'ordinaria produzione) e Cass. 

ottobre 1967, n. 2572 (ivi, 1967, I, 1061). 

Sulla seconda massima non constano precedenti, ma sembra indubi


bile che, laddove non ricorra l'ipotesi di lavori speciali, al limite, evi


mtemente, tra le due fattispecie contemplate dalla legge ed in ordine 

quali � rimesso ad un decreto del Ministro delle Finanze la determi


1zione della prevalenza tra il dare ed il fare, il valore o il prezzo delle 

aterie, merci o prodotti debba valutarsi con riferimento alla situazione 

1tecedente alla lavorazione. 

In tali casi, peraltro, allo scopo di evitare facili frodi ai danni della 

nanza, questa, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti conte



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del 1941, la Corte di merito ha proceduto all'esame del contratto intercorso 
fra le parti, al fine di stabilire se esso dovesse qualificarsi, agli 
effetti tributari, come vendita o come appalto. Al riguardo, dopo aver 
premesso che il contratto in questione era intervenuto fra il c.onsorzio 
di bonifica del bacino inferiore del Volturno, quale ente concessionario 
della Cassa per il Mezzogiorno, e la Soc. Terni per l'industria e l'elettricit�, 
quale � appaltatrice �, e che esso aveva per oggetto � non i singoli 
manufatti (paratoie, griglie, panconi metallici, ecc.), ma l'opera 
nella sua complessit� ed unitariet�, considerata come opus perfectum �, 
la Corte di merito ha rilevato che trattavasi di opera di notevole importanza, 
per la quale la Terni aveva compiuto �una minuziosa e laboriosa 
progettazione, con numerosi studi e disegni, e perfino l'allestimento 
di un apposito cantiere per la installazione e la riduzione ad 
unit� organica e funzionale dei vari manufatti e delle varie apparecchiature, 
destinati ad integrare nel loro insieme la diga di sbarramento 
delle acque del fiume Volturno �. Ha inoltre accertato che il contratto 
comprendeva anche la fornitura di apparecchiature (motori, .gomme, 
impianti elettrici e simili) �che non rientravano nell'attivit� di produzione 
della Terni, la quale dovette, perci�, procedere a subappalti, e 
comprendeva altres� i lavori �di montaggio delle dette apparecchiature, 
da eseguirsi sul posto. 

Sulla base di tali accertamenti, e cio� tenendo conto � del complesso 
unitario dell'opera, del rilevante lavoro di progettazione e di 
organizzazione tecnica, indispensabile per la realizzazione ed il montaggio 
di essa, della incidenza del lavoro sul costo della stessa, nonch� 
delle varie apparecchiature di produzione di terzi �, la Corte di merito 
� pervenuta alla conclusione che le prestazioni di facere erano da ritenersi 
prevalentl rispetto a quelle di dare, per cui il contratto era da 
qualificarsi come appalto e non come vendita. 

nute in contratto con riferimento all'esecuzione sia di singole forniture, 
sia dell'intera opera, pu� sottoporre detto valore o prezzo a giudizio di 
congruit� allo scopo di accertare la prevalenza del dare o del fare e 
determinare quindi il criterio di tassaiione. 

Poich� � frequente che o le parti non indichino separatamente il 
prezzo della materia, merci o prodotti rispetto a quello della prestazione 
d'opera o, addirittura, indichino un prezzo dei primi superiorie a quello 
della seconda, sarebbe opportuno che la Finanza, nei termini indicati nel 
secondo comma dell'art. 4 legge n. 771 del 1941, facesse effettivamente 
uso della facolt� accordatale dalla legge, onde non lasciare sfuggire dall'orbita 
del normale trattamento tributario una serie di contratti che, 
giusta i criteri dianzi enunciati, dovrebbero qualificarsi vendite, normalmente 
non agevolate e che, invece, vengono rivestiti delle apparenze 
dell'appalto il quale, come � noto, gode pi� frequentemente di benefici. 

R. SEMBIANTE 
I: 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 777 

Le decisione, correttamente impostata e motivata, si sottrae alla 
1sura contenuta nel primo mezzo di ricorso, non sussistendo n� la 
dotta violazione o falsa applicazione della citata legge n. 771 del 
41, n� l'asserita avbitrariet� dei criteri applicati per la qualificazione 
1 contratto. Si � gi� visto, infatti, che i criteri di valutazione adot;
i dalla Corte di merito, oltre che giuridicamente esatti (come la stessa 
:orrente finisce col riconoscere), sono pienamente giustificati, quanto 
a loro applicazione al caso di specie, dalla motivazione innanzi riastlta, 
la quale non pu� formare oggetto di sindacato in questa sede, 
to che essa si risolve in accertamenti ed apprezzamenti di fatto, 
mpiuti senza vizi logici e senza omissione di punti decisivi, tanto che 
ssuno di siffatti vizi � stato dalla ricorrente prospettato. 

Col secondo e col terzo mezzo, che attengono sostanzialmente ad 
'unica questione, si deduce: 

a) che la qualificazione del contratto (se vendita o appalto) dova 
farsi �sulla base dei valori denunciati nel contratto dalle parti 
tltraenti �; 

b) che dall'art. 9 del contratto, relativo alla analisi dei prezzi, 
deduceva, tenuto conto delle specificazioni contenute negli articoli 
ecedenti, che il costo dei materiali da impiegare nella costruzione 
Ila diga era notevolmente superiore a quello delle .prestazioni d'opera, 
de la prevalenza del dare sul tacere e la conseguente necessit� di 
alificare il contratto� come vendita, tanto pi� che le stesse parti aveno 
determinato l'incidenza della mano d'opera nella misura del 40 % , 

fini della revisione dei prezzi; 

e) che la Corte di merito, anzich� attenersi ai valori indicati nel 
ntratto, avrebbe � preteso di rifare i conti � e sarebbe passata � ad 
atomizzare i prezzi, relativi alle forniture �, violando cosi, a parte 

insufficienza ed illogicit� di motivazione, gli artt. 1 e 4 della pretta 
legge 19 luglio 1941, nonch� gli artt. 1362 e segg. cod. civ. e 
rt. 22 del r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, in 1quanto e ha vailicato il 

o compito di interpretazione del contratto in base ai dati contratali, 
arrogandosi un giudizio di semplice estimazione, che le era sot1tto 
dalla legge e che ha effettuato su base arbitraria �. 
Nessuna di tali censure � fondata. 

Esse prescindono totalmente da un rilievo di carattere fondamenle, 
opportunamente posto in risalto nella denunciata sentenza, e cio� 
.e il costo dei materiali impiegati nella costruzione ( � prezzo o valore 
:Ile materie, merci e prodotti �, secondo la formula dell'art. I, primq 
mma, della legge del 1941) deve essere determinato, ai fini della 
talificazione del contratto e del conseguente trattamento tributario, 
n riferimento ai materiali medesimi �nello stato anteriore alla lavozione 
eseguita in dipendenza del contratto� (art. 4 della predetta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge). Siffatto rilievo svuota di ogni apprezzabile contenuto le censure 
formulate dalla ricorrente, appunto perch� la valutazione del dare va 
fatta, come esattamente ha ritenuto la Corte d'appello, con riferimento 
allo stato dei materiali �anteriore alla lavorazione eseguita in dipendenza 
del contratto� (di quel determinato contratto), e non con riguardo 
ai prezzi stabiliti dalle parti per l'esecuzione di singole forniture 
o dell'intera opera. Le deduzioni della ricorrente, quindi, si esauriscono 
in censure ad apprezzamenti di fatto, che, lungi dall'essere inficiati 
da manchevolezze o illogicit� di motivazione, trovano piena e cor


.retta giustificazione nelle ragioni esposte nella denunciata sentenza, 
secondo cui � nella fattispecie la materia � costituita dal solo materiale 
metallico impiegato, il cui valore � di certo inferiore a quello delle prestazioni 
svolte per condurre a termine un'opera cosi complessa ed importante 
�. I giudici di merito, inoltre, hanno confutato specificamente 
anche il rilievo riguardante la pattuizione relativa all'incidenza della 
mano d'opera, determinata dalle parti nella misura del 40 % ai soli 
fini dell'eventuale revisione dei prezzi pattuiti, motivando anche su 
questo punto con adeguate argomentazioni di fp.tto, incensurabili in 
sede di legittimit�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 maggio 1968, n. 1579 -Pres. 
SteHa-Richter -Est. Geri -P: M. Gentile (conf.). Reich (avv.ti 
Sbarbaro, Manna e Gaeta) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Foligno).� 

Imposta complementare -Societ� familiare -Reddito sociale concordato 
inferiore a quello risultante dal bilancio -Attribuzione proporzionale 
di esso al reddito individuale del socio -Legittimit�. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062 art. 3; art. 2719 cod. civ.). 
Sentenza -Motivazione -Obbligo -Confutazione minuziosa e specifica 
di tutti gli argomenti dedotti dalla difesa -Esclusione. 
(art. 132 n. 4 c. p. c.; art. 118 disp. atti c. p. c.). 

Allorquando a carico dette societ� a ristretta base sociale od a 
carattere famiLiare sia stato induttivamente accertato un reddito diverso 
da quelLo risultante dal bilancio, legittimamente se ne deduce 
che da parte dei soci vi sia. stata una pe'l'lcezione di utiLi superiori a 
quem risultanti dal bilancio sociale medesimo (1). 

Il giudice assolve l'obbligo di motivare la propria decisione anche 
quando non siano stati confutati minuziosamente e specificatamente 

(1) Il principio affermato dalla Cassazione � impOil'tante perch�, a 
quanto consta, � la prima volta che viene affrontato dinanzi all'A.G.O. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 779 

>tti gli argomenti dedotti a difesa, semprech� ne sia stata fatta una 
ilutazione complessiva delle parti essenziali e si riveli adeguata la 
ratio decidendi � (2). 

(Omissis). -Nel primo mezzo sostiene il ricorrente la violaone 
dell'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062 in relazione all'arti>
lo 2729 cod. civ. perch� la Commissione Centrale avrebbe insuffientemente 
e contrariamente (forse si intendeva dire contraddittoriaente) 
valutato la forza delle presunzioni poste a base della pretesa 
ibutaria. 

Ci� sarebbe dimostrato da una serie di fattori ed elementi vari, 
11 ricorrente indicati e da lui ritenuti rilevanti al fine di svalutare 
incidenza delle presunzioni predette. 

In sostanza dunque si tratterebbe di un vizio di omessa, contrad.
ttoria ed insufficiente motivazione su apprezzamenti di carattere 
iscrezionale riservati alla cognizione del giudice di merito. 

In questa sede dunque non resta che esaminare se tali vizi susstano 
e non gi�, come vorrebbe il ricorrente, se la valutazione delle 
sultanze di causa (preclusa in Cassazione) possa giustificare una 
iversa opinione circa la forza delle contrastate presunzioni, che 
1rreggono l'accertamento dell'imponibile. 

La denunziata decisione esattamente afferma anzitutto il principio 
:condo cui, allorquando a carico delle societ� a ristretta base sociale 
:ome nella specie) od a carattere familiare, sia stato induttivamente 
:certato un reddito diverso da quello risultante dal bilancio, legit


problema della formazione del reddito tassabi1e agli effetti della comlementare 
in relazione agli utili a qualunque titolo ed in qualunque 
1rma percepiti dai soci di societ� per azioni, in accomandita per azioni, 

responsabilit� limitata e coopea:ative. 

La Corte Suprema si � adeguata alla giurisprudenza della Commisone 
centrale che nel vigore sia dell'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062, 
a dell'art. 135 lett. c, t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 ha sempre ritenuto 
::omm. Centr., Sez. Un., 1 giugno 1938, n. 6599); id. Sez. II, 24 giugno 1957, 

95274, id. Sez. III, 9 dicembre 1960, n. 35052) che laddove venga accer1to 
nei confronti della societ� un reddito non denunziato o ne venga 
:certato uno diverso da quello dichiarato, � legittima la illazione di una 
.versa ripartizione degli utili fra i soci, particolarmente quando trattisi 
: societ� a ristretta base sociale od a carattere familiare, potendosi da 
ile circostanza trarre fondato motivo di convincimento che i redditi 
fettivi siano stati ripartiti con maggior larghezza, atteso il prevalere 
~ll'interesse economico dei singoli che, nel caso di societ� di comodo, 

l'unico interesse ad avere rilevanza, essendo l'interesse dell'ente-societ� 
~l tutto fittizio ed apparente. 

(2) Giurisprudenza assolutamente costante -Confronta, fra le tante, 
ass. 
19 luglio 1968, n. 2610, id. 17 giugno 1968, n. 1978, id. 25 luglio 1967, 
1946, id. 25 ottobre 1966, n. 2582 (in Riv. Leg. fisc. 1967, n. 399). 


780. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
timamente se ne deduce che da parte dei soci vi sia stata una percezione 
di utili superiori a quelli risultanti dal bilancio sociale medesimo. 


La stessa decisione, quindi, esaminando le modalit� dell'accertamento 
nei confronti della societ�, ha posto in rilievo come ad esso le 
commissioni di merito fossero pervenute dopo accurata e diligente 
istruttoria. Al riguardo anzi ha fatto particolare riferimento alla voce 

� rettifica parte come industriale � di ben L. 78.500.000 -attribuendo 
di tale importo il 60 % all'unico socio Reich Maurizio, che non aveva 
fornito, contro tale attribuzione, adeguate, sufficienti e non .generiche 
prove, dalle quali si potesse sicuramente evincere una precisa analisi 
di spese effettive sostenute dalla societ� a scopo di incremento, 
attinenti ad esercizi precedenti e successivi. 
In difetto di qualsiasi convincente dimos�trazione �sul carattere 
analitico della predetta voce, ove si escludano affermazioni vaghe e 
generiche sull'inizio della crisi nel settore tessile e su altri fattori, 
appare del tutto corretto il trasferimento del reddito di R. M. cosi 
concordato per la societ�, all'unico socio della stessa, ai fini dell'imponibile 
della complementare. Convalida la legittimit� di siffatto trasferimento 
l'attribuzione al contribuente del solo 60 % , ispirata ad 
un criterio di moderata cautela. 

N� giova al ricorrente, nel suo tentativo di analisi della predetta 

voce onde escluderne la trasformazione in utili dell'unico socio, l'ac


cenno agli interessi bancari, alle imposte e tasse e ad altre non me


glio .precisate � erogazioni � di reddito, perch�, mentre degli inte


ressi e delle imposte � possibile una prova documentale (mai fornita 

dal contribuente nel lungo corso della controversia), delle � eroga


zioni � sarebbe stato necessario precisare e quindi dimostrare le com


ponenti specifiche. 

Non soltanto dunque non ricorre il vizio di omessa od insufficiente 
motivazione, ma neppure quello di contraddittoriet�, trattandosi 
di un � iter � logico del tutto coerente ed armonico, a nulla rilevando 
la sinteticit� della motivazione. Occorre infatti ricordare che 
il giudice assolve all'obbligo di motivare la propria decisione, anche 
quando non siano stati confutati minuziosamente e specificatamente 
tutti gli argomenti dedotti a difesa, semprech� ne sia stata fatta una 
valutazione complessiva delle parti essenzi�li e si riveli adeguata la 

� ratio decidendi �. 
Una volta escluso che ricorrano i lamentati vizi, il mezzo deve 
essere rigettato perch� si risolve in una non ammessa censura su 
elementi ed apprezzamenti in punto di fatto, che sfuggono al sindacato 
di legittimit�. 

Nel secondo. motivo del ricorso si sostiene la violazione dell'ar


ticolo 18 I. 11 gennaio 1951, n. 25 (ora abrogato dal t. u. sulle im



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

1ste dirette ai sensi dell'art. 188 e sostituito dall'art. 5, in relazione 
L'art. 3 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3062) (al quale ora corrisponde 
1rt. 135 del t. u. predetto) e dell'art. 2433 cod. civ., perch� l'accermento 
comprenderebbe, illegittimamente, cespiti non .percetti, n� 
1nsiderabili come percetti nell'anno di commisurazione. Inoltre gli 
ili extra~bilancio, come i dividendi, non potrebbero derogare alla 
mune norma della loro distribuzione dopo l'approvazione del bincio 
stesso, mentre ai fini fiscali essi -sarebbero stati erroneamente 
1nsiderati come distribuiti iprima di detta approvazione. 

Neanche questo mezzo � fondato. 

In sostanza con l'invocare le disposizioni di cui agli artt. 2621, 
-2, e 2433 cod. civ. il ricorrente insiste nel concetto che, essendo 
etata la distribuzione di utili fittizi ed in genere la distribuzione 
utili prima dell'approvazione del bilancio, �l Fisco non poteva vice!
rsa ritenerne anteriore la distribuzione, con ci� incidendo sull'anno 

commisurazione. 

Inoltre sarebbe contraddittorio, sostiene altresi. nel foglio di lumi, 
asformare in veri e propri profitti distribuiti agli azionisti (ai fini 
!Ila complementare) spese ritenute � indeducibili � agli effetti delmposta 
di R. M. 

� il caso anzitutto di osservare che il concordato fiscale si ef
�ttu� proprio in base all'occultamento in bilancio di utili ritenuti, 
.sindacabilmente, distribuiti all'unico azionista; ecco perch� non giova 
~a al ricorrente invocare a suo favore una disciplina legale sulla diribuzione 
degli utili stessi, da lui violata, secondo l'accertamento in 
.tto del giudice di merito. 

N� si pu� convenire sulla dedotta contraddittoriet�. Questa sarebbe 
1ssistente soltanto qualora fosse rimasta dimostrata una analitica for.
azione delle singole componenti della voce sopra indicata, sicch� se 
~ potesse sicuramente escludere il carattere di profitti attribuiti alllllico 
azionista. 

Le spese indeducibili agli effetti del reddito di R. M. della societ�, 
L difetto della dimostrazione non equivoca di cui sopra, ben possono 
>stituire profitti attribuiti, con trasparente dissimulazione, agli 
donisti. 

In definitiva quindi anche questo secondo mezzo si risolve in una 
msura in punto di fatto circa l'occultamento del reddito, in una parcolare 
voce del 1bilancio sociale, accertato in sede di merito con aprezzamento 
insindacabile da questa Suprema Corte. 

Ci� tanto in quanto la voce presa in considerazione, in difetto di 
1,gionevoli e specifiche spiegazioni circa la sua funzione nell'ambito 
ella societ�, non si giustifica se non come un mezzo di natura contaile 
per nascondere il reddito ai fini della diversa imposta completentare 
dell'unico azionista della societ� stessa. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 .giugno 1968, n. 2079 -Pres. 
Rossano -Est. Malfitano -P. M. Chir� (conf.). Menichini (avvocato 
Mastroianni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Cerocchi). 

Imposta di registro -Prescrizione -Prescrizione ventennale -Atto 

presunto esistente ai sensi dell'art. 18 1. r. e non enunciato in altro 

atto registrato -Applicabilit�. 

(1. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 18). 
Il diritto delle Finanze a richiedere il pagamento dell'imposta di 
registro si prescrive col decorso di veriti anni qualora Za tassazione 
concerna un atto, non 'registrato, ma assoggettabile a registrazione, di 
cui l'ufficio ha presunto l'esistenza ai sensi dell'art. 18 legge di registro, 
in quanto presupposto �a �altro atto registrato, senza essere nello 
ste�sso enunciato (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunziandosi la violazione 
degli articoli 136 e 138 della legge di registro 30 dicembre 1923, numero 
3269 si censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto 
prescritta l'azione della Finanza. In proposito si deduce che la Corte 
di merito ha erroneamente ritenuto applicabile nella specie la prescrizione 
ventennale perch�, essendo l'imposta richiesta di natura suppletiva, 
la prescJ:izione applicabile era quella triennale prevista dal 
citato art. 136. 

La censura � infondata. 

A norma dell'art. 136 della 'legge di registro l'azione della Finanza 
per il pagamento delle imposte di registro si prescrive, se si tratta di 
supplemento di imposta, con il decorso di tre anni dalla registrazione 
dell'atto o contratto, intesa per registrazione, ai �sensi dell'art. 3 della 
legge medesima, l'annotazione degli atti nei pubblici registri a ci� 
destinati. 

� norma, invece, dell'art. 138 della menzionata legge, si prescrive 
con il decorso di venti anni l'azione della Finanza per il paga


(1) Massima esatta. La Corte Suprema ha ritenuto applicabile, nella� 
particolare specie, la prescrizione di cui all'art. 138 1. r., e non quella di 
cui all'art. 136, escludendo di conseguenza che l'imposta richiesta fosse 
suppletiva. 
Per la giurisprudenza che ritiene applicabile la prescrizione triennale 
qualora la tassa concerna un atto enunciato in altro atto registrato, ma 
non liquidata e richiesta al momento della registrazione dell'atto enunciante 
(cfr. Cass. 10 giugno 1953, n. 1687, Riv. Leg. fisc., 1953, 958; v. anche 
Relazione Avv. Stato, 195�1-55, I, 220; v. anche UcKMAR, La legge di registro, 
III, par. 557. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

~nto delle imposte e sovrimposte dovute sugli atti non registrati. 

In relazione a �tali disposizioni questa Corte Suprema ha altre 
lte affermato che il criterio decisivo per far luogo all'applicazione 
1 termine di prescrizione triennale o di quello ventennale � che 
tto in base al quale sia richiesta l'imposta sia stato o meno preo.
tato al registro (v. sent. n. 347 del 1951). 

Nella specie la Corte di merito ha correttamente ritenuto che 
zione proposta dall'Amministrazione delle finanze non fosse !Preritta 
perch� il termine ad essa applicabile era quello ventennale. 
vero l'imposta e la sovrimposta richieste ai ricorrenti si riferiscono 
n a un atto registrato, bensi a un atto assoggettabile alla registrame, 
di cui l'Ufficio del registro ha presunto l'esistenza ai sensi 
Ila disposizione di cui al secondo comma dell'articolo 18 della legge 

registro. 

N� vale affermare che, avendo l'ufficio del registro desunto la 
tstenza della sublocazione da un contratto -di locazione registrato, dova 
ritenersi applicabile la prescrizione triennale in virt� del prinlio 
pi� volte affermato da questa Corte Suprema secondo cui tale 
escrizione � applicabile all'azione della Finanza rper fa richiesta di 
gamento della imposta di registro relativa agli atti enunciati in atti 
ttoposti alla registrazione, perch�, come � stato accertato dalla 
irte di merito, il contratto di sublocazione per il quale � stata riiesta 
l'imposta non era enunciato nel contratto di locazione stiputo 
tra il Menichini e l'Avallone e i germani Massi, registrato presso 
Jfficio di Napoli, ma era stato da questo presunto esistente, sul rri~
o che i terranei oggetto della locazione erano stati utilizzati dalla 
ciet� � Menichini & C. � per l'esercizio del proprio commercio, an:
h� dai locatari. -(Omissis). 

)RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 luglio 1968, n. 2214 -Pres. Pece Rei. 
Miele -P. M. di Maio (conf.) -D'Ayola di Volvedo (avv. 
Russo) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). 

tposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione a ~orma art. 92 

.r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 -Natura ed effetti -Opposizione 

giudiziaria -Effetti -Posizione processuale delle parti -Differenze 

rispetto al procedimento monitorio ordinario. 

tposte e tasse in genere -Riscossione -Ingiunzione a norma art. 92 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 -Caratteristiche e formalit� Motivazione 
-Necessit� -Limiti. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in ~enere -Prescrizione breve dei crediti per interessi 
ed altre prestazioni periodiche -Fondamento -Inapplicabilit� 
ri~uardo a debiti unici rateizzati ed ai relativi interessi a scalare Decorrenza 
del termine di prescrizione. 

L'ingiunzione fiscale � l'atto foll'male di un procedimento monitoll'io 
sui generis, che concreta in s� le caratteristiche del titolo esecutivo 
stragiudiziale e del precetto, di guisa che l'opposizione del debitore d� 
luogo ad un procedimento di cognizione ordinario, nel quale l'ingiunto 
assume la veste di attore ed ha l'onere di provare la illegittimit� della 
pretesa della Finanza al fine di ottenere, da parte del giudice, l'accertamento 
negativo della predetta pretesa (1). 

L'ingiunzione fiscale predetta, della quale la pubblica Amministrazione 
pu� avvalersi per la riscossione coattiva delle imposte indirette 
e di consumo, determina in concreto il debito di imposta e ne ingiunge 
il pagamento ed in relazione a tale contenuto � sufficiente che essa 
contenga le indicazioni atte ad individuare l'oggetto della pretesa. Una 
dettagliata esposizione della pretesa fiscale, non richiesta dall'art. 92 
del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, non � in effetti indrispensabile all'obbligato 
per adempie1�e oppure per permettergli l'opposizione (2). 

La prescrizione breve, regolata dal n. 1 e dal n. 4 dell'art. 2948 

c. c., concerne prestazioni periodiche dovute in base ad una �causa 
debendi continuativa, nel qual caso le singole scadenze seguono il termine 
per adempiere singole obbligazioni autonome ed indipendenti le 
une dalle altre, onde alle varie scadenze ha inizio il deco'l"so del termine 
di prescrizione per ciascuna delle pred.ette obbligazioni. Se, invece, si 
tratta di debito unico, rateizzato in pi� prestazioni periodiche di uguale 
o di diverso importo, dascuna di queste costituisce l'adempimento parziale 
della unica obbligazione e le varie prestazioni debbono considerarsi 
nel loro insieme, ai fini dell'adempimento dell'unico debito, ond'� 
che, per giudicare sullo stato di insoddisfazione o meno dell'obbliga(
1) Giurisprudenza costante; cfr. retro, 1964, 777; 1965, 713 entrambe 
con note di richiamo. L'ingiunzione fiscale emessa a norma 
dell'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e 144 r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, � l'atto formale che determina in concreto un debito di 
imposta e ne ingiunge il pagamento all'obbligato (cfr. GIANNINI, Istituzioni 
di diritto tributario, 1960, n. 253); assolvendo alla duplice funzione di accertamento 
e di riscossione partecipa alla categoria degli � ordini � emessi dalla 
P. A. (cfr. Cass. Sez. Un., 6 febbraio 1959, n. 381). L'azione giudiziaria, pertanto, 
proposta in opposizione alla ingiunzione predetta d� luogo ad un 
procedimento di cognizione ordinario nel quale l'ingiunto assume la veste 
di attore e l'azione stessa � diretta ad ottenere un accertamento negativo 
della pretesa della Finanza, con conseguente pronunzia di legittimit� o illegittimit� 
della ingiunzione. Ci� quale logica e naturale conseguenza della 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

,one, occorre riferirsi al termine uitimo concesso, per l'adempimento. 
ato ci� e dato che in materia tributaria per l'obbligazione degli inteissi 
su debito di imposta rateizzato, vi � identit� di causa debendi sia 
~r la prestazione principale che per quella accessoria degli interessi, 

termine di prescrizione degli interessi inizia a decorrere dal momento 
~ile per il pagamento dell'ultima rata del debito principale (3). 

(Omissis). -Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violaone 
e falsa applicazione dell'art. 144 del r. d. 30 dicembre 1923, 
, 3269, dell'art. 112 cod. proc. civ. motivazione insufficiente e contradittoria 
(art. 360 n. 3 e 5), sostengono che erroneamente la Corte di 
.erito ha ritenuto sussistente il requisito della indicazione precisa e 
>ecifica della causale della pretesa senza considerare, fra l'altro, che 

riferimento, contenuto nell'ingiunzione, ad un supplemento d'im)
Sta, era erroneo trattandosi della richiesta di pagamento di interessi, 
ide le indicazioni contenute nell'ingiunzione, insufficienti ed erronee, 
>n permettevano al contribuente di conoscere per quale motivo gli 
~niva richiesto quel pagamento; inoltre sostengono i ricorrenti, erro~
amente la Corte di appello ha ritenuto che il vizio denunziato fosse 
ato sanato con la s,econda ingiunzione, che conteneva la specifica 
~posizione del conteggio degli interessi. 

La censura � infondata. L'ingiunzione, di cui la pubblica amm1m


razione pu� avvalersi per la riscossione coattiva delle imposte indi


~tte e di consumo, determina in concreto il debito d'imposta e ne 

1tura di atto amministrativo tipico da essa rivestito (cfr. giurisprudenza 
tata e nota in questa Rassegna sopraindicate; cfr. anche Sez. Un. 9 otto
�e 1957, n. 2339, retro, I, 90, con nota di DI TARSIA, e Sez. Un. 30 marzo 
168, n. 975, ivi, I, 261). 

(2) Le statuizioni di cui alla seconda massima sono anch'esse di indiutibile 
esattezza e, facendo seguito non solo all'indirizzo segnalato al ritardo 
nella Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, vol. II, 837 ed alla 
urisprudenza ivi citata( in particolare Cass. 9 maggio 1956, Riv. leg. fisc., 
'56, 1074), ma anche alle esp1icite, conformi statuizioni contenute nella 
urisprudenza sia delle Corti di merito che della Corte di diritto citata, 
>ssono considerarsi ius receptum. La mancanza di una espressa comminaria 
di nullit� della ingiunzione motivata non in via di dettaglio ed il ragungimento 
dello scopo dell'ingiunzione di far conoscere al contribuente la 
�etesa della Finanza anche con l'indicazione dell'articolo di campione e 
!l caso a cui l'imposta si riferisce, sono due ordini di fattori sufficienti a 
ddisfare il generale precetto della necessit� di motivazione degli atti aministrativi 
e particolarmente degli ordini, alla cui categoria l'ingiunt>
ne partecipa. 
(3) L'affermata disciplina prescrizionale del debito di imposta rateizto 
con la accessoria obbligazione degli interessi non pu� non essere condisa 
e trova riscontro in precedenti gi� segnalati in questa Rassegna, 1965, I, 
,7_ Le riserve contenute nel loco citato riguardano il caso di specie 
ontributi per opere idrauliche di terza categoria). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ingiunge il pagamento ed in relazione a tale contenuto � sufficiente 
che essa contenga le indicazioni atte ad individuare l'oggetto della 
pretesa. Una dettagliatp., esposizione della pretesa fiscale, non richiesta 
dall'art. 92 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, non � in effetti indispensabile 
all'obbligato per adempiEIDe oppure per permettergli l'opposizione. 
Nel caso in esame la Corte di merito ha esattamente ritenuto, 
riportando anche il tenore dell'ingiunzione, che questa soddisfacesse 
a tali requisiti indispensabili, dato che menzionava sia la causa del 
debito sia l'importo di questo, accompagnato anche da una succinta 
distinti:!.. Non � poi esatto il rilievo che l'ingiunzione contenesse .una 
falsa indicazione della causale, indicando come supplemento d'imposta 
quella che inv.ece era obbligazione d'interessi, giacch� questa, nel caso 
in cui il debito d'imposta, a richiesta dell'obbligato, venga dalla amministrazione 
finanziaria rateizzato, integra in definitiva il debito d'imposta 
maggiorandolo, dovendo la corresponsione degli interessi accompagnarsi 
obbli,gatoriamente alla �rateizzazione stessa (art. 65 del r. d. 
30 dicembre 1923, n. 3270). 

Con il secondo motivo i J.'licorrenti deducono la vio1azione e la falsa 
applicazione degli artt. 145 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e degli articoli 
645, 163, 184 e 345 c. p. c., motivazione insufficiente e contraddittoria 
(art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.) e sostengono che erroneamente la Corte 
di merito ha ritenuto tardivamente proposta la confutazione del conto 
della Finan.za perch� esposta nella comparsa conclusionale. 

I ricorrenti precisano che, avendo essi dedotto la nullit� della 
ingiunzione e la inesistenza della pretesa per avere essi tutto pagato, 
come risultava dall'esibito certificato dell'ufficio del registro, potevano 
nel corso del giudizio specificare i motivi di opposizione. D'altro canto, 
avendo essi esposto prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni 
gli elementi di fatto posti a base del conto, potevano nella comparsa 
conclusionale sviluppare tali dati in confutazione del conto rpresentato 
dalla Finanza. In ogni caso, non avendo mutato il petitum e i presupposti 
di fatto, non poteva la Corte di merito ritenere tardiva la deduzione. 

La censura � infondata. � stato pi� volte affermato da questa Suprema 
Corte (da ultimo sent. 16 luglio 1965, n. 1574) che l'ingiunzione 
fiscale � l'atto formale di un procedimento monitorio sui gen�eris, che 
cumula in s� le caratteristiche del titolo esecutivo stragiudiziale �e del 
precetto, di guisa che l'opposizione del debitore d� luogo ad un procedimento 
di cognizione ordinal'io nel quale l'ingiunto assume la veste 
idi attore e ha l'onere di provare l'illegittimit� della pretesa della 
finanza al fine di ottenere, da parte del giudice, l'accertamento negativo 
della predetta pretesa (sent. n. 3065 del 1963). 

Pertanto nel caso di specie .gli opponenti dovevano provare che 
l'amministrazione finanziaria non aveva diritto di pretendere quella 
somma perch� non dovuta o non dovuta in quella misura, proponendo 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

l'uopo specificatamente le opportune deduzioni in contrasto con il 
nteggio esibito dalla finanza. La valutazione degli elementi probatori 
oposti dagli opponenti � poi rimessa alla valutazione esclusiva del 
Lidice di merito, onde la motivazione al riguardo, se sufficiente e non 
data da errori logici o giuridici, si sottrae a riesame in sede di legitnit�. 
Ora, la motivazione della Corte di merito al rguardo non offre 
otivi di critica in tal senso. Innanzitutto � inesatto che la Corte di 
erito abbia rifiutato di esaminare le deduzioni contenute nella com.
rsa conclusionale avanti al collegio per il motivo che sarebbero 
:i.te tardive. Al contrario, la Corte di merito le ha esaminate ed ha 
ncluso che il conteggio esposto non era esauriente n� convincente. 
:i. escluso anche, con argomentazione che non si presta a critiche, 
e il certificato esibito importasse rinunzia a richiedere la differenza 

interessi ancora dovuti. 

Con il terzo motivo, che in parte ripete la censura del secondo 
ezzo, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito abbia �erroneaente 
affermato che, relativamente al conteggio presentato dall'ammistrazione 
finanziaria, sussistesse la presunzione di legittimit� che as:
te gli atti amministrativi, non costituendo il conteggio estrinsecazione 

un'attivit� discrezionale della pubblica amminstrazione. Si dolgono 
1i che la Corte di merito senza m.otivare abbia respinto il loro conggio 
e non abbia disposto una consulenza tecnica al riguardo. 

Sul primo punto della censura va rilevato che una attenta consi~
razione del tenore della sentenza convince che la considerazione in 
:tta sentenza contenuta circa la presunzione di legittimit� del conggfo 
esibito dall'amministrazione, non costituiva la ragione del deci~
re, ma un argomento di conferma della necessit� che, di fronte al 
:ttagliato conteggio offerto dalla pubblica amministrazione, conteggio 
sistito inoltre dalla suddetta presunzione, atteso il carattere di atto 
o.ministrativo dell'ingiunzione fiscale (Sez. Un. sent. n. 1397 del 1964), 
sse necessario da parte degli appellanti una precisa e penetrante 
nfutazione. 

Quanto al secondo punto della censura va richiamato quanto gi� 
servato a proposito dal secondo mezzo, aggiungendosi solo che l'amissione 
della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del 
udice di merito, il quale non ha il dovere di motivare in ordine alla 
a mancata ammissione quando, fondando la propria decisione su altri 
ementi della causa, ha mostrato di ritenere che la consulenza tecnica 
rebbe stata non rilevante. 

Con l'ultimo motivo i ricorrenti denunziano la violazione e la falsa 
1plicazione degli artt. 821, 1944 e 2945 del cod. civ., motivazione 
sufficiente ed omesso esame della convenzione a rogito Palmieri (arti110 
360, n. 3 e 5 c. p. c.) e sostengono che la Corte di merito ha erro~
amente ritenuto che vi fosse stata interruzione della prescrizione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relativa agli interessi ritenendo che questi fossero dovuti non in base 
ad una causa continuativa ma ad un'unica causa, onde il pagamento 
di una rata d'interessi portava all'interruzione della prescrizione della 
obbligazione di interessi. I ricorrenti affermano che, al contrario, l'obbligazione 
d'interessi, contenuta nel rogito Palmieri costituiva un'obbligazione 
autonoma che, quantunque derivante da un unico vinculum 
iuris, dava luogo a molteplici prestazioni con contenuto diverso anche 
perch� gli interessi dovevano corrispondersi � a scalare �. 

Da ci� derivava -secondo i ricorrenti -la decorrenza della prescrizione 
delle singole rate di interessi dalle relative scadenze. 

La censura non appare fondata. Come ha avuto occasione di precisare 
questa Suprema Corte (v. sent. 15 luglio 1965, n. 1546) la 
prescrizione breve, regolata dal n. 1 al n. 4 dell'art. 2948 c. c., concerne 
prestazioni periodiche dovute in base ad una causa debendi cont~uativa, 
nel qual caso le singole scadenze segnano il termine per adempiere 
singole obbligazioni autonome ed indipendenti le une dalle altre, onde 
alle varie scadenze ha inizio il decorso del termine di prescrizione per 
ciascuna delle predette obbligazioni. Se, invece, si tratti di debito unico, 
rateizzato in pi� prestazioni periodiche di eguale o di diverso importo, 
cascuna di queste costituisce l'adempimento parziale dell'unica obbligazione, 
e le varie prestazioni debbono considerarsi nel loro insieme, 
ai fini dell'adempimento dell'unico debito, ond'� che, per giudicare 
sullo stato di insoddisfazione o meno della obbligazione, occorre riferirsi 
al termine ultimo concesso per l'adempimento. 

Posto ci�, e posta la identit� della causa debendi e per la prestazione 
principale e per quella accessoria degli interessi, consegue che il termine 
di prescrizione per il debito degli interessi iniziava a decorrere, 
nella specie, dal momento utile per il pagamento dell'ultima rata del 
debito principale. 

Pertanto, non � necessario esaminare se il pagamento parziale degli 
interessi costituisca o no atto interruttivo della prescrizione, ma � sufficiente 
rilevare che il giudice di merito ha accertato che, con riferimento 
alla scadenza dell'ultima rata del debito principale di imposta, 
non era decorso il termine della prescrizione quinquennale, ritenuta 
applicabile nella specie e per il debito principale e per quello di interessi. 
-(Omiss.is). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 luglio 1968, n. 2297 -Pres. Pece Est. 
Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Boetti ed altri (avv.ti 
Menghini e Sartorio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 


Sentenza -Difetto di motivazione circa la qualificazione giuridica 
dei fatti -Deducibilit� in Cassazione -Esclusione. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 789 

munione e condominio -Concessione� ad aedificandum� tra condomini 
-Trasformazione e non acquisto di diritto reale. 

Lposta di registro -Diritto di superficie -Agevolazioni tributarie 
per la costruzione di case di abitazioni -Applicabilit� -Limiti. 

n difetto di motivazione costituisce motivo dii ricorso per Cassame 
solo per quanto attiene all'accertamento ed alla V�alutazione dei 
;ti di causa rilevanti per la decisione, e non invece per quanto conrne 
l'applicazione di norme di diritto o l'affermaziol/1,e di principi 
iridici, per i quali spetta alla Corte di Cassaziol/1,e solo di controllare 
e il dispositivo sia conforme al diritto, salvo il potere di correzione 
ila motivazione ai sensi dell'art. 384 c. p. c. (1). 

I compartecipanti della propriet� di un suolo, allorch� abbiano 
liberato di costruirvi un edificio in condominio, possono, merc� recioca 
concessione �ad aedificandum �, attribuirsi singolarmente un dito 
reale attuale sul suolo per la costruzione della parte predetermita 
di edificio di spettanza di ciascuno, ponendo per tal modo in essere 
a trasformazione del precedente diritto di ciascuno, potenzialmente 
;eso a tutta la cosa indivisa con i limiti derivanti dal concorso degli 
aloghi diritti altrui, in un determinato e quantificato diritto di surfice 
afferente alle quote ideali degli altri condomini in complesso 
nsiderate (2). 

Le agevolazioni tributarie previste dall'art. 14 della legge 2 lu.
o 1949, n. 408 per l'acquisto di aree fabbricabili, competono anche 
r l'acquisto del solo diritto di superfice o di sopraelevazione del terzo 
oprietario di un'area o di un edificio; non spettano invece nel caso 

reciproca concessione � ad aedificandum � tra comproprietari di una 
ea, non sussistendo nei confronti di costoro il presupposto dell'acquisto 

(1) Giurisprudenza pacifica, che costituisce una esatta applicazione dei 
incipi, cfr. Cass., 12 luglio 1967, n. 1737, Foro it. mass. 1967, 493; Cass., 5 
vembre 1966, n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281 con nota di rifenenti. 
(2) Con la seconda massima la Corte di Cassazione ha ulteriormente 
ntualizzato i principi elaborati, dopo l'entrata in vigore del codice civile 
~ente, in tema di concessione � ad aedificandum �. :� prevalente l'opinione 
e normalmente, per tal modo, si pone in essere un autonomo diritto reale 
cosa altrui, che con la effettuata costruzione si trasforma in un diritto 
propriet� superficiale acquistata, pertanto, a titolo originario dal con


~sionario. 

Non si esclude che le parti possano dar vita invece ad un rapporto menente 
obbligatorio, con l'effetto che il diritto del concessionario sia limi:
o nell'ambito dei rapporti con il concedente (cfr. Cass., 15 luglio 1959, 
2319; Cass., 26 giugno 1961, n. 1533, Foro it., 1961, I, 1885 ed ivi ampia nota 
richiami e riferimenti). In dottrina cfr. SALIS, La superficie, Utet, 1958, 43. 

Per la disciplina dello ius aedificandi tra 'Superficiari, cfr. BIONDI, in 
fa a Cass., 7 luglio 1956, n. 2516, Foro it., 1957, I, 841. 


790 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di un nuovo diritto, ma verificandosi invece la trasformazione del 
precedente diritto spettante a ciascuno sulla quota ideale (3). 

(Omissis). -Col primo mezzo del gravame i ricorrenti, denunziando 
la violazione e falsa applicazione degli articoli 13 e 14 della 
legge 2 luglio 1949, n. 408 e la contraddittoriet� ed insufficienza di 
motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver, con questa, 
la Corte di appello:' a) affermato che il rogito Re del 7 marzo 1959 
conteneva una vendita di quote di compropriet� di area edificabile da 
parte del Costamagna Giovanni e della Sanino agli altri contraenti ed 
una contemporanea costituzione di diritti reciproci di superficie sull'area 
comune risultante, allo scopo di costruire lo stabile in compropriet� 
gi� ripartito nei singoli appartamenti; b) abbia poi escluso che, anche 
ammessa tale definizione giuridica dell'atto, alla concessione � ad aedificandum 
� cosi configurata siano comunque applicabili i benefici fiscali 
previsti dalla legge n. 408/1949. 

Le censure sono infondate. 

Va anzitutto premesso che, trattandosi di questioni di puro diritto 
come quelle che attengono alla applicazione di definizioni .giuridiche 
(censura sub a) o di norme di leg,ge (censura sub b) ad una fattispecie 
assolutamente pacifica per quanto attiene agli estremi del contratto 
ed alla interpretazione della volont� delle parti, intesa alla costruzione 
dell'immobile in condominio, la doglianza di contraddittoriet� o difetto 
di motivazione non pu� essere presa in considerazione, essendo noto che 
tale motivo di ricorso per cassazione (art. 360 n. 5 c. p. c.) non pu� 
concernere l'applicazione di norme di diritto o la soluzione di questioni 
giuridiche, in ordine alle quali questa Suprema Corte ha solo il compito 
di controllare -l'esattezza in diritto del dispositivo, salvo il potere di 
correzione della motivazione ai sensi dell'art. 384 c. p. c. 

Ci� posto, devesi allora ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza 
di questa Corte Suprema, allorch� i partecipanti alla 
comunione di propriet� del suolo deliberano di costruire su questo un 
edificio in condominio, a ciascuno attribuendo il diritto e, correlativamente, 
l'obbligo di procedere a costruire, a proprie spese e per 
proprio conto, la parte predeterminata dell'edificio di sua spettanza, con 
ci� i partecipanti. sostanzialmente fanno una concessione ad aedificandum 
a favore di ciascuno di loro, con gli effetti di cui all'art. 952 c. c. 
quanto all'acquisto della propriet�, attribuiscono cio� a ciascuno partecipante 
un diritto reale attuale sul suolo comune (Cassazione n. 1533 

(3) La interpretazione adottata con la terza massima, relativamente 
all'art. 14 della legge 1949, n. 408 per la costruzione di case di abitazione, 
appare correttamente condotta in base all'applicazione dei criteri di interpretazione 
estensiva e non analogica. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 791 

1 26 giugno 1961; nello stesso senso: n. 2643, n. 2637 e n. 399 
1 1960). 

Contro questa qualificazione o tipizzazione giuridica dell'accordo 
ntrattuale complesso � de qii.o � i ricoNenti portano una sola argomtazione: 
deducono, cio�, che � inconcepibile raffigurare in tale acrdo 
la reciproca costituzione di diritti di superficie, mancando nell'acrdo 
predetto quella contrapposizione fra proprietario del teorreno e 
orprietario dell'edificio che � connaturata al diritto di costruire su 
olo altrui, e rilevano che, invece, � perfettamente concepibile una 
mrtizione .orizzontale della propriet� immobiliare. 

Queste obbiezioni non hanno fondamento. � evidente, infatti, che 
che nell'interno di un rapporto di compropriet� pu� crearsi una contpposizione 
di interessi e di diritti tra uno dei condomini da una 
rte e tutti gli aUri dall'altra; e che quindi, si possono attribuire 

singolo condomino diritti reali sulla cosa in comprorpriet� nei conmti 
degli altri titolari del dominio. Il fatto che tale diritto reale 
l singolo condomino non afferisca alla quota ideale di sua spettanza 
n impedisce che su tutte le altre quote ideali in complesso considete 
il diritto stesso possa concepirsi ed esercitarsi, cos� realizzandosi 
Ila ipotesi della superficie, quella contrapposizione tra proprietario e 
perficfario che indubbiamente � connaturale ad ogni ipotesi di di:
to reale su cosa altrui. 

Quanto, poi, alla possibilit� di divisione di un immobile per piani 
izzontali, la stessa � certamente ipotizzabile; ma -a :parte il fatto 
e nella spece i ricorrenti non hanno mai sostenuto che nel rogito 

quo fosse contenuta una divisione -�la sopra citata giurisprudenza 

questa Corte Suprema si sostanzia proprio nella affermazione che 
1egozi del tipo di quello di cui si discute non contegnono la prevenra 
divisione materiale di una cosa (l'immobile da costruire) che anra 
non esiste, bens� la reciproca attribuzione di concessioni ad aedi:
andum perfettamente concepibili, invece, anche rispetto ad una co~
uzione � in fieri �. 

Ci� posto per quanto concerne la qualificazione giuridica del rap'
rto, resta a vedere se anche alla concessione ad aedificandum come 
Le possano essere estese le agevolazioni fiscali previste dalla legge 
408 del 1949, una volta che le stesse siano gi� state applicate al tra~
rimento di propriet� dell'area nel suo complesso dal terzo al gruppo 
condomini, nel cui seno � poi avvenuta la costituzione dei diritti 

superficie. 

Si sostiene dai ricorrenti, facendo riferimento pure ad una circore 
diramata dal Ministero delle finanze, che anche la concessione 
: aedificandum, essendo destinata alla costruzione di un edificio, rien!
l nella finalit� della legge di agevolazione tributaria e deve quindi 
llire dei benefici relativi. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La proposizione � certamente esatta in questi termini generali, perch� 
indubbiamente anche l'acquisto di un diritto di superficie per edificare 
rientra concettualmente tra gli e acquisti di aree fabbricabili � 
aventi e per oggetto � la costruzione �di case che, ai sensi dell'art. 14 
della legge n. 408, fruiscono delle agevolazioni tributarie. E pertanto 
non si potrebbe negMe che chi acquista dal pvoprietario �di un'area 

o di un edificio il diritto di superficie o di sopraelevazione e direttamente 
edifica su tale area o su tale edificio abbia diritto alle agevolazioni 
stesse. 
Ma la situazione cambia quando il diritto �di superficie sia reciprocamente 
concesso tra i condomini che, con lo stesso o con separato atto, 
abbiano acquistato, in comune, l'area da un terzo mediante un trasferimento 
di propriet� che .gi� fruisce della agevolazione fiscale; in 
questo caso, infatti, mancano entrambi i requisiti richiesti dall'art. 14 
della legge n. 408, e cio� l'acquisto dell'area e l'oggetto (immediato) 
della costruzione della cosa. 

La costituzione del diritto di superficie realizza, infatti, un trasferimento 
di diritti, e cio� un acquisto e solo quando tale .diritto sorge 
su cosa completamente altrui, dalla quale viene distaccata una componente 
del diritto di pa.-opriet� per essere attribuita ad altri. Ma questo 
non avviene nel caso �di concessione reciproca di diritti ad ae.dificandum 
in seno ad un gruppo di condomini, perch� in tale ipotesi ognuno dei 
condomini non si vede trasferire un diritto che pa.-ima non avesse, ma 
vede trasformare in �n determinato e quantificato diritto di superficie 
il suo diritto precedente estendentesi in maniera po�tenziale su tutta 
la cosa indivisa e limitato solo dal concorso delle quote ideali altrui. 
Questa trasformazione del diritto non si concreta, come si � premesso, 
in una divisione, e cio� nella attribuzione di una quota materiale, 
bensl nella sostituzione alla quota ideale di un'altra porzione di 
ct1ritto anche essa indubbiamente ideale, ancorch� delimitata da precisi 
riferimenti quantitativi e spaziali: ma � ugualmente cosa ben dismnta 
dal trasferimento del diritto da un soggetto ad un altro che concreta 
l'a.cquisto di area fabbricabile di cui parla la norma di legge. 

E per le stesse consideraz,:ioni deve escludevsi che la reciproca concessione 
ad edificandum sia un atto che abbia per oggetto immediato 
la costruzione dell'edificio. 

Tale scopo, gi� esauritosi con l'acquisto dell'area in comune dal 
terzo, � solo una finalit� generica e mediata della costituzione del diritto 
di superficie, che invece � destinata a stabilire, preventivamente 
ed ante litteram, per evitare la necessit� di una suc.cessiva divisione, 
la precisa estensione dei reciproci diritti e dei reciproci doveri. E che 
e l'oggetto� della costruzione della casa debba consistere nello scopo 
diretto ed immediato, e non in una generica finalit� dell'atto sembra 
evidente, se non altro per quella impossibilit� di interpretazione ana



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

gica della norma che concede agevolazioni tributarie (Cassazione 
4052 del 1956) cui ha fatto correttamente riferimento la Corte di 
orino. 
Il primo motivo del ricorso deve essere conseguentemente rigettato. 

Col secondo mezzo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa 
;>plicazione dell'art. 9 della legge organica del Registro, nonch� l'intfficienza 
e contraddittoriet� di motivazione, lamentando che la Corte 
l appello non abbia ritenuto che fra il trasferimento della propriet� 
il Costamagna e dalla Sanino alle altre parti e la reciproca concesone 
di diritti ad aedificandum non esistesse quella necessaria ed ininseca 
connessione che, ai sensi del citato art. 9 della Legge di Regi1ro, 
d� luo.go ad una sola tassazione dell'atto contenente le disposioni 
connesse. 

La censura, che, concernendo anche essa un punto di mero diritto, 
cm pu� essere presa in considerazione, per le ragioni gi� vedute, sotto 

profilo del difetto di motivazione, � giuridicamente infondata. Basta 
Lfatti considerare che lo scopo perseguito nella specie dai contraenti, e 
.o� l'acquisto dell'area in comune e la ripartizione degli appartamenti 
a costruire su detta area, poteva benissimo esser raggiunto con due 
~ti distinti di compravendita e di divisione, per escludere che, nel 
iverso strumento giuridico prescelto, invece, con il rogito Re per giunere 
allo stesso risultato, ricorra quella oggettiva necessit� giuridica o 
>ncettuale, di connessione o di compenetrazione che, secondo la co:
ante giurisprudenza di questa Corte Suprema, deve sussistere tra le 
iverse disposizioni di un atto perch� questo possa scontare una sola 
olta la tassa di registro, non essendo all'uopo sufficiente una mera 
mnessione soggettiva, ossia derivante dal mero interesse e dalla mera 
olont� delle parti (in questo senso: sentenze n. 1593, 1560, 496 e 332 
el 1966). -(Omissis). 

ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 luglio 1968, n. 2337 -Pres. Stella 
Richter -Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Ospedale Guicciardini (avv. 
Faraone, Zanetti). 

nposta sulle societ� -Soggetti passivi -Azienda appartenente a istituzione 
pubblica di assistenza e beneficenza -Requisiti per l'applicazione 
dell'imposta. 

(I. 8 agosto 1936, n. 1231, art. 8; d. lgt. 24 agosto 1945, n. 585, artt. 2 e 10; 
I. 6 agosto 1954, n. 606, art. 1). 
L'imposta sulle societ� � applicabile, fino al 30 giugno 1957, 
d una azienda priva di personaiit� giuridica e istituita da un ente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

morale, a condizione che l'azienda abbia autonomia della gesticme e 
del bilancio, oltre che autonomia dello scopo (1). 

(Omissis). -Col primo mezzo di gravame l'Amministrazione 
ricorrente denunzia violazione degli artt. 20 e 21 della 1. 17 luglio 
1890, n. 6972; 13 della 1. 8 giugno 1936, n. 1231; 10 del d. I. 24 agosto 
1947 n. 585; 1 e 3 �della I. 6 agosto 1954, n. 603; 2, 4 e 8 del t. u. 
5 luglio 1951, n. 573, nonch� difetto e contraddittoriet� di motivazione 
(a sensi de1l'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c.), e censura la sentenza 
impugnata: . 

a) perch� la Corte di merito avrebbe errato nell'accertare se 
nella specie vi era (e quale fosse) un ente tassabile in base a bilancio, 
non essendosi attenuta in tale indagine al criterio -stabilito dall'art. 
13 della I. 8 .giugno 1936 n.1231 -e poi ribadito da innumerevoli 
sentenze di questa Corte Suprema e decisioni della Commissione 
centrale delle imposte -secondo cui, per il riconoscimento -ai fini 
tributari -di una soggettivit� separata delle aziende gestite dagli 
enti morali, si richiedevano due sole condizioni: che si fosse trattato 
di una azienda o, pi� esattamente, di una �impresa., e che questa 
fosse � diversa � dall'ente, ossia, perseguisse finalit� proprie ed 
autonome; 

b) e perch� avrebbe comunque errato nella valutazione di fatto, 
dato che la farmacia dell'Ospedale di Valdobbiadene, non solo � 
un'azienda diversa -nel senso ora indicato -dall'Ospedale � Guicciardini 
�, ma, per di pi�, � dotata anche di autonomia di bilancio e 
di organizzazione. 

(1) La sentenza si basa sull'affermazione secondo cui il comma secondo 
dell'art. 13 della legge 8 agosto 1936, n. 1231 sarebbe stato abrogato 
dal comma secondo dell'art. 10 (e dal richiamato art. 2) del d. lgt. 24 agosto 
1945, n. 585 (poi divenuto l'art. 8 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573). A 
tale convincimento la Corte � per� pervenuta senza avere compiuto 
quell'attenta indagine sulla c�mpatibilit� o meno � tra le nuove disposizioni 
e le precedenti � (art. 15 Disposizioni sulla legge in generale) che 
$!Ostituisce il presupposto logico necessari� di ogni affermazione di abrogazione 
implicita, e senza neppure accennare a quel primo comma dell'art. 
24 della legge 5 gennaio 1956, n. 1 sulla perequazione tributaria, nel 
quale il legislatore si � dato cura di disporre l'abrogazione del secondo 
comma del citato art. 13, ovviament� ritenendolo ancora vigente. 
La Corte si � limitata a descrivere la disciplina conseguente dall'art. 
10 del d. lgt. 24 agosto 1945 n. 585 come una � fase di transizione � 
nella evoluzione legislativa della imposizione � eseguita distintamente 
per ogni singola azienda sulla base dei rispettivi bilanci � prevista dall'art. 
13 menzionato, al � regime... della Unicit� delle dichiarazioni e tassazioni 
�, mentre sarebbe stato preferibile che si fosse soffermata a dimo




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 795 

Le due censure sono infondate. 

Come la stessa Amministrazone ricorrente ha esattamente pre=
sso nei cenni illustrativi di questo primo motivo di annullamento, 
concetto tributario di � ente tassabile in base al bilancio � -che 

�vrebbe fornire il criterio risolutivo della presente controversia stituisce 
il risultato di una lunga elaborazione legislativa, la quale, 
ziatasi con la disposizione dell'art. 13, �Secondo comma, della 1. 8 
llgno 1936, n. 603 (per la quale era sufficiente, a legittimare la sepata 
tassazione delle aziende gestite dagli enti morali di ogni genere 
rmti alla compilazione del bilancio, il semplice fatto che l'azienda 
sse diversa, anche se gestita in economia e non dotata di separata 
,rsonalit�), si � conclusa con la legge 5 gennaio 1956, n. 1 che, 
L'art. 24, ha abbandonato ogni distinzione, ai fini della tassazione 
parata, fra redditi degli enti proprietari e redditi delle aziende 
1tonome gestite dagli stessi. 
Si tratta pertanto di individuare -per giudicare della esattezza 
,1 criterio concretamente adottato dalla impugnata sentenza -quale 
sse -relativamente al concetto ora esaminato -lo stato della 
gislazione al momento in cui ebbe a verificarsi la fattispecie costitiva 
della pretesa tributaria in questione. 

Ora, posto che la pretesa ha riferimento agli esercizi anterioi:i 
L'l luglio 1957, � di immediata evidenza ed � d'altronde pacifico 

causa che a quel momento, se non era ancora entrata in vigore 

citata 1. del 5 gennaio 1956, n. 1 (sulla perequazione tributaria), 

.e aveva portato alle sue estreme conseguenze il principio della unit� 
della dichiarazione, abolendo -come si � detto -la distinzione 
a redditi delle aziende autonome e redditi degli enti proprietari 

:are la effettiva prev1s10ne ad opera del legislatore di quella � fase di 
msizione � tanto suggestivamente descritta. 

Invero quando si approfondisce l'esame della compatibilit� o meno 
:t le � nuove disposizioni � introdotte con il d. lgt. n. 585 del 1945 e le 
>recedenti � dettate dall'art. 13 della legge n. 1231 del 1936, riesce 
fficile condividere il � postulato � contenuto nella sentenza in rassegna. 
1a azienda �, per definizione, caratterizzata da una organizzazione indi~
zata ad una specifica finalit� produttiva; finalit� che necessariamente 

pone come � propria � rispetto all'azienda stessa, e che, oltre ad indirizre, 
al tempo stesso unifica e delimita il fenomeno organizzativo per cui 
sa si realizza. Sicch� richiedere che l'azienda abbia � gestione autonoa 
� rispetto all'ente che l'ha costituita, a ben vedere, equivale a richie'
re che esista una azienda individuata come tale, � diversa � rispetto 
L'ente che l'ha costituita, e cio� equivale a richiedere che sia stato 
alizzato un fenomeno organizzatorio, dotato -in vista di una finalit� 
oduttiva � propria � -di quel tanto di individualit� e di � diversit� �, 
;petto alle normali strutture e finalit� dell'ente che l'ha costituito, che 
nsenta di rilevare l'esistenza di una azienda (per una definizione della 


796 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle medesime, neppure poteva dirsi vigente l'art. 13 della legge 

n. 1231 del 1936, dato che con l'art. 10 del d. lgt. del 24 �agosto 1945, 
n. 585, trasfuso poi nell'art. 8 del t. u. 5 luglio 1951, n. 573 (espressamente 
richiamato dalla 1. 5 agosto 1954, n. 606, istitutiva della imposta 
sulle societ�, per la individuazione dei soggetti passivi dell'imposta 
medesima), il concetto di ente tassabile in base a bilancio era 
stato sensibilmente modificato nel senso che in tale novero venivano 
comprese, oltre alle societ� per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilit� 
limitata, alle cooperative ed alle mutue assicuratrici, agli 
istituti di credito ed alle casse di risparmio, alle province ed agli altri 
enti morali tenuti alla compilazione dei bilanci annuali, anche le fondazioni 
e le aziende previste nell'ultima parte dell'art. 2 dello stesso 
Testo Unico, e precisamente e le fondazioni e le aziende aventi finalit� 
proprie, istituite da altri enti, anche se sfornite di personatit� giuridica 
ai sensi della legge civile, quando hanno gestione e bilanci autonomi 
rispetto a quello della persona o dell'ente che le ha costituite�. 
Ed � irragionevole pretendere che, nonostante cosi esplicito tenore 
del testo della norma, la nozione di azienda autonoma fosse rimasta 
sostanzialmente identica e quella prevista dall'art. 13 della I. n. 1231 
del 1936: specie se si considera che l'art. 2 del t. u. 5 luglio 1951, 

n. 573 veniva a porsi logicamente e cronologicamente al centro di quella 
evoluzione legislativa (accennata all'inizio della presente motivazione), 
per cui nella soggetta materia dal regime della molteplicit� o della 
separazione si era via via passati a quello della unicit� delle dichiarazioni 
e tassazioni dei redditi. 
Non pu� invero recare meraviglia che, costituendo una fase di 
transizione dalla disciplina originaria a quella finale, la norma ora 

autonomia organizzatoria come figura organizzatoria � diversa � rispetto 
ad � una serie di organi a regime normale �, cfr. GIANNINI M. S., voce 
Autonomia pubblica, Enc. dir., 362). Ed anche quell'azienda �diversa� 
che l'art. 13 citato descrive come gestita � in economia � non pu� non 
presentare una, seppur pi� limitata, autonomia di gestione rispetto all'ente 
morale che l'ha costituita. 

Ancora pi� evidente � l'impossibilit� di riconoscere al fatto della 
redazione o. della omessa redazione di un � bilancio autonomo �, quella 
rilevanza che la Corte ha ritenuto di dover riconoscere. Anzitutto, � facile 
osservare che � se la tassabilit� separata delle singole aziende fosse condizionata 
alla compilazione di separati bilanci... la tassazione unitaria o 
separata delle varie aziende sarebbe rimessa alla volont� del contribuente� 
(Cass. 27 giugno 1956, n. 2340, Riv. leg. fisc., 1956, 1467); e -va aggiunto 
-questa volont� del contribuente potrebbe variare anno per anno. 

V'� di pi�; l'attribuzione della soggettivit� (ancorch� talvolta a limitata 
rilevanza) ad entit� della realt� extragiuridica che presentino determinati 
caratteri, � uno dei fondamentali compiti dell'ordinamento giuridico; 
ed � impensabile, sul piano politico prima ancora che su quello 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tata si distinguesse da quella del precedente art. 13 della 1. n. 1231 
~l 1936 nel richiedere, per la tassabilit� separata delle aziende in 
iestione, qualcosa di pi� di quanto era richiesto dalla norma precemte: 
i requisiti appunto dell'autonomia della gestione e del bilancio, 
tre a quello della autonomia dello scopo. 

Esattamente adunque ila corte di merito si � attenuta, nella indalne 
di cui si tratta, al criterio pi� restrittivo introdotto dal t. u. 

573 del 1951, ed egualmente corretta ed incensurabile appare la 
;>plicazione che essa ne ha fatto al caso concreto, allorquando ha 
icluso che il conto riassuntivo aziendale, ad uso completament� inTno, 
periodicamente predisposto dai dipendenti della farmacia allo 
:opo esclusivo di informare lAmministrazione dell'Ospedale sull'an:
imento economico della impresa, o che il limitato potere del direttore 
l formulare proposte e raccogliere offerte per l'acquisto dei medici:
ili volta a volta occorrenti, in assenza di ogni altra ingerenza nelamministrazione 
dell'azienda, consentissero di considerare dotata la 
trmacia medesima degli accennati requisiti della autonomia di bi.
ncio e della autonomia di gestione, tecnicamente intesi. 

Che poi la corte di merito abbia tratto codesto suo convincimento 
rea la natura del conto ed i poteri del direttore dalle norme di un 
~golamento (relativo alla disciplina del servizio della farmacia) che 
on era ancora in vigore al tempo cui si riferiva il .giudizio, non 
~mbra motivo idoneo a configurare nella specie quella violazione 
ell'art. 360 n. 5 c. p. c. che la ricorrente denuncia col secondo mezzo 
i gravame, ove si consideri che, non essendo mai stata sollevata a 
.guardo contestazione alcuna dalle parti e non essendosi comunque 

:cnico, che l'ordinamento consenta al singolo di fare e disfare un soggetto 
>n il redigere o meno un bilancio. Peraltro, anche le norme organizzatoe 
dettate dall'ordinamento in relazione al fenomeno dell'impresa prouttiva 
(cfr. art. 2093, comma secondo c. c.) operano, ove si realizzi nella 
~alt� extragiuridica una determinata situazione oggettiva. 

Comunque, la previsione di bilanci separati per ogni singola azienda 
ra contenuta anche nel comma secondo dell'art. 13 citato. E l'art. 2 del 
. lgt. n. 585 del 1945 ha, esso pure, previsto il bilancio autonomo non 
lme ulteriore requisito per la qualificazione dell'azienda come soggetto 
assivo, ma soltanto come documento che deve essere redatto (sia pure, 

volte, solo a fini fiscali) quando un ente morale istituisce una azienda, 

che deve offrire la base per l'imposizione a carico della stessa. 

:i;>er concludere, � auspicabile che la Corte di Cassazione ritorni alla 
i� esatta precedente propria giurisprudenza (oltre alla citata sentenza 
. 2340 del 1956, dr. Cass. 22 giugno 1963 n. 1698, Foro it., 1963, 2033; 
Ltri precedenti di dottrina e giurisprudenza sulla questione sono rinveniili 
in Foro it., 1963, 1847 e 1968, 3009, nonch� in Riv. leg. fisc., 1967, 
034). 

F. FAVARA 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fornita la dimostrazione di un diverso ordinamento della farmacia 
(quella offerta in questa sede essendo intempestiva ed inammissibile), 
i giudici del merito hanno, evidentemente, formato detto loro convincimento 
sull'implicito quanto ragionevole (e per nulla erroneo) supposto 
che l'assetto interno contabile ed amministrativo della azienda 
fosse in tutto corrispondente a quello delineato dal Regolamento, 
ancorch� successivo, concretamene avuto di mira. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 luglio 1968, n. 2395 -Pres. Rossano 
-Est. Malfitano -P. M. Toro (conf.) -S.p.a. Montegrappa 
(avv. Longhini) c. Ministero delle :f'.inanze (Avv. Stato Azzariti). 

Imposta di registro -Agevolazione fiscale ex articolo unico legge 28 
giugno 1943, n. 666 -Trasferimento di aree destinate all'edifica


zione privata -Inapplicabilit~. 

(I. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni; 1. 28 giugno 1943, n. 66). 
Ai fini dell'applicazione delle agevoLazioni fiscali previste dall'articolo 
unico deiLa legge 28 giugno 1943, n. 666, per gli atti di trapasso 
a fav()lf'e di enti o privati di immobiLi occorrenti per l'esecuzio.ne di 
piani regolatori, si considerano compiute � in luogo e vece � dei Comuni 
le costruzioni e ricostruzioni di opere che i Comuni sono obbligati 
ad eseguire perch� rientranti nelle finalit� ad essi demandate 
dalla legge, e non anche le altre costruzioni e ricostruzioni previste 
dai piani regolatori (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, denunziandosi la violazione 
della legge 28 giugno 1943 n. 666 e il difetto di motivazione 
di cui all'art. 360 n. 5 del c. p. c. si censura la sentenza impugnata 

(1) Con la sentenza 27 luglio 1965, n. 1787 (in questa Rassegna, 1966, 
I, 153, con nota di F. FAVARA, e in Foro It., 1965, I, 1968), la Corte di Cassazione 
aveva negato l'applicabilit� delle agevolazioni previste dall'articolo 
unico della legge 28 giugno 1943, n. 666 agli atti di trasferimento di immobili 
per i quali i piani particolareggiati prevedano sistemazioni edilizie 
a carico dei privati. Ora, .Ja Corte di Cassazione, aderendo pienamente 
alla tesi prospettata dall'Avvocatura, ha meglio precisato l'ambito di 
applicazione delle agevolazioni di che trattasi, dettando un criterio unitario 
vuoi per gli � atti di trapasso a favore dei comuni � vuoi per gli 
� atti di trapasso a favore di enti o privati �. 
Per entrambe queste categorie di atti, i benefici sono condizionati a 
che l'immobile trasferito sia non soltanto occorrente per la generica attuazione 
del piano regolatore, ma anche occorrente per la costruzione di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

~r aver ritenuto inapplicabile all'atto di trasferimento del terreno 
il Comune di Milano alla societ� Montegrappa l'agevolazione tribu.
ria prevista dalla legge n. 666 del 1943, sul riflesso che la costruzione 
~ll'edificio che la societ� si era obbligata ad eseguire sul detto terreno 
ise non rientrasse tra le opere che il Comune era tenuto ad eseguire 
L base al piano regolatore. In proposito si deduce che la Corte di 
erito ha erroneamente ritenuto che l'applicazione del beneficio fiscale 
a subordinata alla condizione che la costruzione dell'opera prevista 
il piano regolatore rientri tra le incombenze 'spettanti al Comune 
~r funzione e competenza, perch� la legge richiede soltanto che 
:iipera sia eseguita in luogo e vece del Comune. 

La censura � infondata. 

L'articolo unico della 1. 28 giugno 1943, n. 666 stabilisce che � gli 
;ti di traspasso a favore dei Comuni per l'espropriazione o l'acquisto 
l immobili occorrenti per l'esecuzione di piani regolatori generali 

particolareggiati e gli atti di trapasso a favore di enti o privati che 
ravvedano alle costruzioni o alle ricostruzioni in luogo e vece dei 
omuni in relazione ad apposite convenzioni aventi data certa e stipu1te 
per l'esecuzione dei piani medesimi, sono soggetti alle imposte 
sse minime di registro e di trascrizione nei registri immobiliari per 
~i trasferimento �. 

Ora, affinch� il privato possa usufruire delle agevolazioni tributrie 
previste dalla citata disposizione per l'atto di acquisto di un 
~rreno dal Comune, � necessario che la costruzione o la ricostruzione 
ie egli si sia obbligato ad eseguire su tale immobile costituisca non 
>lo la esecuzione di un piano regolatore, ma anche un'opera che il 

n.'opera di urbanizzazione primaria o secondaria e comunque di un � imianto 
pubblico � la cui realizzazione in esecuzione della pianificazione uranistica 
rientri nelle funzioni istituzionali del comune. Sicch�, l'acquisto 
:t parte � di enti o privati � � equiparato all'acquisto da parte dei comuni, 
ella misura in cui l'ente o il privato si sostituisce al comune, assumendo 
l di s� (mediante apposita convenzione avente data certa) compiti di 
>mpetenza del Comune. 

L'anzidetta unicit� del criterio delimitativo dell'ambito di applicazione 
ei benefici � coerente con l'unit� della ratio legis espressa dall'articolo 
1 esame, e -per di pi� -� strettamente aderente al testo dell'arti)
lo stesso. Esso favorisce gli atti di trasferimento di immobili i quali, 
1 ogni caso, e cio� anche quando il trasferimento avvenga a favore di 
n ente o di un privato, siano � occorrenti per l'esecuzione dei piani rego1tori 
generali e .particolareggiati �; espressione questa nella quale certatente 
non si possono far rientrare tutti gli immobili cui il singolo piano 
~golatore si riferisce, ma solo quelli di tali immobili che siano in una 

articolare relazione strumentale rispetto an'attivit� comunale per la 
ttuazione del piano. 
F. FAVARA 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comune era obbligato ad eseguire perch� rientrante tra i compiti 
inerenti alle funzioni demandategli dalla legge. 

Il legislatore, stabilendo che le costruzioni o le ricostruzioni siano 
fatte dai privati � in luogo e vece dei Comuni � ha inteso riferirsi 
non a qualunque opera prevista dai piani regolatori, ma soltanto a 
quelle la cui esecuzione costituisca l'esercizio dell'attivit� dell'ente 
pubblico diretta al conseguimento dei fini da esso perseguiti. 

Per l'applicazione dei cennati benefici, pertanto, non � sufficiente 
che nell'atto di trasferimento dell'immobile al privato si dichiari che 
l'acquisto viene eseguito per l'esecuzione del piano regolatore e al 
fine di costruire in luogo e vece del Comune venditore, ma � necessario 
che si dimostri che l'opera di cui � prevista la costruzione o la 
ricostruzione a cura del privato rientri tra i compiti di detto ente. 

Nella specie la Corte di merito, accertato con incensurabile apprezzamento 
di fatto, che la costruzione degli edifici che la societ� 
ricorrente si era obbligata ad eseguire sul terreno acquistato dal Comune 
di Milano, pur costituendo esecuzione del piano regolatore, non 
rientrava tra le opere che tale ente era obbligato ad eseguire in 
adempimento delle sue funzioni, ha correttamente ritenuto che all'atto 
di trasferimento del terreno medesimo non fosse applicabile il beneficio 
del .pagamento della tassa fissa di registro. 

N� in contrario vale affermare che la costruzione assunta dalla 
ricorrente dovesse essere obbligatoriamente eseguita dal Comune sol 
perch� prevista dal piano regolatore, in quanto tale previsione implicava 
che essa dovesse essere eseguita in conformit� delle norme stabilite 
dal piano medesimo, ma non pure che rientrasse tra le opere che 
tale ente era obbligato a compiere in adempimento delle funzioni demandategli. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2490 -Pres. Malfitano 
-Est. Geri -P. M. Toro (conf.). Lorenzini (avv. Postiglione) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno). 

Imposta di successione -Prescrizione -Rateizzazione del pagamento 
dell'imposta -Accordo di dilazione -Mancato pagamento di una 
sola rata -Decadenza dalla dilazione -Tolleranza, da parte della 
Finanza, nell'agire nei confronti del debitore -Irrilevanza -Cessazione 
dell'interruzione della prescrizione -Decorrenza di nuovo 
termine di prescrizione anche nei confronti della Finanza. 

(r. d. 23 dicembre 1923, n. 3270, artt. 65, 89). 
La norma dell'art. 65 della legge sulle successioni -secondo la 
quale il contribuente pu� beneficiare di dilazione nel pagamento 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Wimposta mediante rateizzazione e decade dal beneficio se non 
empie al pagamento di una sola rata -ha carattere imperativo e 
lerogabile ed alla sua osservanza sono tenuti sia il contribuente sia 
Finanza, nei conf1�onti della quale, anche nel caso di tolleranza circa 
iadempimenfo del debitore, inizia a decorrere un nuovo termine 
prescrizione non appena l'accordo di dilazione � venuto meno (1). 

(Omissis). -Nel secondo motivo si sostiene la violazione degli 
:t. 2934, 2944 e 1457, secondo comma, cod. civ. e 86 e 65 della legge 
ll'imposta di successione, perch� doveva essere ritenuta fondata la 
~ezione di .prescrizione triennale. Infatti verificatasi la decadenza 
l beneficio del termine, come conseguenza del mancato pagamento, 

nuovo periodo di prescrizione incominciava a decorrere dopo venti 
>rni dalla scadenza della prima rata (26 novembre 1954), senza 
e l'accordo sulla dilazione di pagamento potesse avere effetto soensivo 
permanente, tenuto conto della essenzialit� del termine e 
lla conseguente risoluzione dell'accordo stesso circa il pagamento 
lazionato. Poich� l'ingiunzione fu notificata il 22 settembre 1961, 
l� oltre tre anni dopo l'interruzione di carattere istantaneo, costiita 
dal �patto di dilazione, inteso come riconoscimento del diritto 
Ila Finanza, e anche dopo la decorrenza dei venti giorni succesri 
alla vana scadenza della prima rata, la prescrizione doveva conlerarsi 
ormai maturata con conseguente estinzione del diritto. 

Questo mezzo � sostanzialmente fondato e merita quindi essere 
colto. 

Sono noti, in materia di imposte, i principi di irrinunziabilit� ed 
disponibilit� del tributo, per effetto dei quali anche la p. a. deve 
:enersi rigorosamente vincolata alle norme di legge, n� pu� esortare, 
con atti di volont� bilaterali od unilaterali, oltre i limiti dalle 
~e norme stabiliti. 

L'art. 65 della legge tributaria sulle successioni concede al con.
buente il beneficio di dilazionare il pagamento dell'imposta in un 
dodo di tempo non maggiore di sei anni, mediante rateizzazione 
U'importo dovuto ed altre condizioni espressamente previste in redone 
alla natura immobiliare o mobiliare del cespite. 

L'ottavo comma dello stesso articolo stabilisce che il debitore, 
adempiente al pagamento di una rata oltre venti giorni dalla scanza, 
decade dal beneficio della �dilazione ed � obbligato a pagare 
una sola volta le rate residue, gli interessi maturati e la sopratassa. 
Trattasi evidentemente di una norma inderogabile alla quale non 
1� sottrarsi n� il contribuente n� l'Amministrazione finanziaria, la 

(1) Non constano precedenti. 

802 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quale, tenuta alla sua osservanza, ha il dovere, non appena verificatasi 
la decadenza, di procedere contro il debitore d'imposta ai sensi 
di legge. 

N� vale o.pporre che la predetta disposizione sarebbe stata dettata 
nell'esclusivo interesse della Finanza, con la conseguente facolt� 
di quest'ultima di confermare la concessione del beneficio fino al 
termine ultimo della rateazione. Se cos� fosse la comminatoria di decadenza 
dal patto di dilazione avrebbe dovuto essere affidata al potere 
discrezionale della p. a. e non gi� stabilita dalla legge, con 
rigoroso vincolo per tutti i destinatari della norma, cio� da un lato 
il contribuente e dall'altro I'Amministrazione finanziaria. 

Quest'ultima anzi, omettendo di agire contro il contribuente moroso, 
viola la norma legislativa (che ha indole rigida ed imperativa), 
conferendo carattere di discrezionalit� ad una attivit� vincolata. 

A nulla rileva in base alle illustrate considerazioni, la circostanza 
meramente contingente che la Finanza abbia, in fatto, rispettato per 
intero n termine di dilazione malgrado l'intervenuta decadenza. 

Gli effetti giuridici di quest'ultima, fissati inderogabilmente in 
legge, restano fermi indipendentemente dal comportamento tenuto 
in concreto dal contr�lbuente e dall'Amministrazione finanziaria. 

Uno �di tali effetti � appunto la cessazione, relativamente alla 
interruzione del termine prescrizionale, della permanenza propria dell'accordo 
di dilazione. Questo venuto meno, ope legis, riprende a decorrere 
un nuovo periodo di prescrizione uguale a quello originario 
(art. 89 ultimo comma della legge) non potendosi attribuire effetto 
interruttivo permanente ad un comportamento di tolleranza dell'Ammini:
str�azione vietato dalla legge e quindi carente di conseguenze giuridiche. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2493 -Pres. Favara 
-Est. Perrone-Capano -P. M. Gentile (conf.). Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Societ� Case al Mezzogiorno 
(avv.ti Mossa e Pileri). 

Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione 
non di lusso -Contratto di appalto relativo alla costruzione 
dell'intera opera -Successivi contratti stipulati con altri appaltatori, 
relativamente alla stessa opera -Benefici -Applicabilit�. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 19). 
Le agevolazioni tributa1�ie per la ricostruzione edilizia, previste 
per i contratti di �appalto dagli artt. 14 e 19 l. 2 luglio 1949, n. 408, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 803 

~ono applicarsi anche se ad un primo contratto di appalto, comprenrite 
L'intera opera, si aggiungano successivi e pi� specifici contratti, 
~orch� con diversi appaltatori, intesi in senso unitario col primo e 
:ondizione che L'opera venga compiuta con Le caratteristiche richie


dalia Legge e con L'osservanza dei termini prescritti (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, nel denunciare la vioione 
e falsa applicazione degli articoli 14 e 20 della legge 2 luglio 
W, n. 408, e degli articoli 1 e 8 della legge organica di registro, 
cui al r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, nonch� difetto di motivazione 
ca punti decisivi della controversia, l'Amministrazione delle finanze 
duole che non sia stata riconosciuta la decadenza delle parti (comttente 
e appaltatrice) dai suindicati benefici trilbutari. Essa sostiene 
~ il primo contratto di appalto del 12 gennaio 1952, il quale con-
11:plava la costruzione di un fabbricato di nove piani, non ebbe 
1cuzione che in minima parte, e cio� solo per lo sterro e le fondanta, 
mentre la vera e propria costruzione venne effettuata in ese:
ione dei due successivi contratti di appalto (del 19 aprile e del 21 
ile 1952), l'ultimo dei quali fu stipulato, per giunta, con un'im!
Sa diversa ( � impresa Ciardi in nome collettivo �) da quella che 
~va assunto il primo appalto ( � impresa Ciardi societ� per azioni � ). 

sostanza, la ricorrente sostiene che il primo contratto di appalto 
i ebbe esecuzione, a differenza degli altri due, e che la mancata. 
)arziale esecuzione determin�, limitatamente al primo contratto, la 
:adenza dalle agevolazioni tributarie concesse in sede di regiazione. 


L'assunto non appare fondato. 

� noto che la legge 2 luglio 1949, n. 408, concede il beneficio 

l'imposta fissa di registro per i contratti di appalto che abbiano per 

tetto la costruzione, la ricostruzione o l'ampliamento di case di 

tazione n.on di lusso (anche se comprendenti uffici e negozi), purch� 

opere siano iniziate ed ultimate entro i termini all'uopo stabiliti 

.ccessivamente prorogati e anche con la recente legge 7 febbraio 

i8, n. 1150, diversamente fissati). Dai benefici applicati in sede 

registrazione del contratto di appalto, a nm'llla degli articoli 14 

l9 della legge, si decade, salvo casi di forza maggiore, qualora le 

(1) Il principio enunciato nella sentenza, appare esatto, anche se nella 
cie se ne contestava l'applicazione, in quanto risultava che il secondo 
tratto di appalto aveva modificato e sostituito il primo contratto che, 
t avendo avuto esecuzione, non poteva godere dell'agevolazione. Sulla 
ione di � costruzione � ai fini della legge n. 408 e sull'estensione del:
evolazione ai subappalti, cfr. Cass. 23 marzo 1965, n. 478, in questa 
isegna, 1965, I, 1019. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DJ!.LLO STATO 

nuove costruzioni, le ricostruzioni e .gli ampliamenti non siano compiuti 
� ai sensi ed entro i termini fissati ., giusta il disposto dell'articolo 
20 della legge medesima. La decadenza, dunque, .non � determinata 
da fatti attinenti al contratto di appalto o alla persona dell'appaltatore, 
ma da circostanze obiettive di tutt'altra natura, e cio� per 
non essere l'opera rispondente ai requisiti richiesti dalla legge (case 
di abitazione non di lusso), requisiti che mirano a soddisfare esigenze 
di interesse pubblico e giustificano, perci�, il trattamento tributario 
di favore, o per non essere stata l'opera compiuta nei termini 
stabiliti, i quali mirano a sollecitare l'attuazione delle cennate esigenze 
e conco�rrono cosi, se osservati, a giustificare la concessione delle agevolazioni 
fiscali. La finalit�, infatti, perseguita con la leg.ge Tupini 
del 2 luglio 1949, fu quella di favorire. le costruzioni e ricostruzioni 
di case di abitazione non aventi carattere di lusso, onde incrementare 
sollecitamente il patrimonio edilizio distrutto o danneggiato dagli 
eventi bellici, con particolare riguardo a quello di carattere popolare. 
Per il raggiungimento di tali finalit�, gli unici dati rilevanti sono 
quelli della natura e del tempo della costruzione (o ricostruzione), 
nel senso che l'agevolazione tributaria compete a tutti i contratti di 
appalto, che comunque -isolatamente o nel loro complesso, a mezzo 
di uno solo o di pi� appaltatori -conseguano il risultato di realizzare 
le dette opere con le modalit� e nei termini stabiliti. La stessa 
ricorrente riconosce che � ove l'esecuzione complessiva dell'opera edilizia 
venga frazionata in tanti contratti di appalto, la cui somma dia 
l'intero, l'aigevolazione tributaria spetterebbe a tutti �. Ma alla medesima 
conclusione devesi pervenire anche nel caso in cui, come nella 
specie, ad un primo contratto di appalto, comprendente l'intera opera, 
si aggiungano successivi e pi� specifici contratti, ancol\ch� con altri 
appaltatori, ma riguardanti sempre quella determinata opera, la quale 
venga .poi compiuta (cosi come nella specie fu compiuta) con le caratteristiche 
richieste dalla legge per la concessione dell'agevolazione 
tributaria (caso di abitazione non di lusso) e con l'osservanza dei 

� termini allora all'uopo prescritti. -(Omiss-is). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2495 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. Gedda (conf.). Munari (avv. Palenca) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo). 
Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti 
costituenti reato -Norma che stabilisce la decorrenza del termine 
prescrizionale dalla data in cui la sentenza penale diviene 
irrevocabile -Applicabilit� al caso di sentenza penale che dichiara 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 805 . 

estinto il reato per prescrizione -Disciplina generale di cui all'art. 

2947 c. c. ultima parte -Inapplicabilit�. 

(c. c., art. 2947; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27). 
La dispo�sizione deil'ultimo comma deU'art. 27 della l. 25 settemre 
1940, n. 1424, secondo La quale la prescrizione, per i diritti dogaili 
dovuti in relazione a fatti costituem,ti reato, decorre dalla data in 
Li il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, 
~vengano irrevocabili, � applicabiie anche nell'ipotesi che il procedi.
ento si concluda coin sentenza che dichiari estinto iZ reato per pre~
izione, senza che possa invocarsi l'applicazione dell'art. 2947 c. c. 
~tima parte, rispetto al quale, per La deco'l'renza del termine di pre:
rizione dei diritti doganali evasi per effetto di reato, la norma del 

t. art. 27 costituisce una disciplina eccezionale ed autonoma (1). 
(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso si deduce la falsa 
;>plicazione dell'art. 27, ultimo comma, della legge doganale 25 set~
mbre 1940, n. 1424 con riferimento all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. 

si sostiene che la Corte del merito ha errato nel ritenere che fra 

' sentenze in detta norma richiamate debbano ricomprendersi anche 

' sentenze di proscioglimento, mentre al contrario si deve aver ri


1ard� alle sole sentenze di condanna. L'ipotesi di � diritti aventi 

tusa in un reato ., prevista nell'art. 27 cit., ricorre se il reato sia stato 

:certato, mentre, nel caso in esame, tale presupposto, come pm am


lamente deduce il ricorrente nella memoria, non avrebbe formato 

~�getto di a.ccertamento. 

La doglianza, che nell'ultima parte enuncia un3: censura nuova 

:m dedotta in sede di merito, � infondata. 

La sentenza impugnata ha ritenuto che l'art. 27 della legge doga


:i.le, -nello stabilire che il termine di prescrizione dell'azione per 

riscossione dei diritti doganali decorre dalla data in cui il decreto 

la sentenza, .pronunciati nel procedimento penale, siano divenuti 

revocabili, non consente di escludere, a. causa della sua ampia for


culazione e in mancanza di alcuna specificazione, dalla previsione 

~Ila norma le sentenze di proscioglimento e, fra queste, quelle di pro


:ioglimento per intervenuta prescrizione. La soluzione adottata in 

de di merito, conforme all'indirizzo di questa C. S. (Cassi. 20 feb


:aio 1967, n. 415), trova la sua giustificazione non solo nella for


Lulazione letterale della norma, ma anche nel suo contenuto logico 

;sendosi con la locuzione, � abbia causa da un reato�, voluto far 

ferimento non all'esistenza di un reato irrevocabilmente accertato 

(1) In tal senso l'orientamento della giurisprudenza � ormai costante: 
r. Cass. 20 febbraio 1967, n. 415, in questa Rassegna 1967, I, 155, con 
>ta. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bens� ai casi di aziooe penale, instaurata per il fatto commesso per 
evadere il pagamento, totale o parziale, dei diritti doganali e conclusasi 
con sentenza irrevocabile di condanna o di ;proscioglimento. Pertanto, 
il caso concreto sottoposto all'esame dei giudici di merito, di 
proscioglimento del ricorrente con sentenza che ha' dichiarato estinto 
per prescriziooe il fatto costituente il reato in cui trovava causa il 
mancato pa,gamento dei diritti doganali, rientra nella previsione dell'art. 
27, ultimo comma, della le~ge doganale, non essendo consentita 
l'interpretazione, sostenuta dal ricorrente, che restringe l'applicabilit� 
della norma ai soli casi di definiziooe del procedimento penale 
con sentenza di condanna. Con riguardo, poi, all'assunto, per la prima 
volta dedotto in questa sede di legittimit�, secondo cui nel caso concreto, 
mancherebbe l'accertamento della diversa destinazione data alla 
merce importata in esenzione � sufficiente rilevare che tale circostanza 
non richiedeva una specifica indagine, essendo pacifico e non controverso 
fra le parti che il fatto attribuito al ricorrente costituisse 
reato di contrabbando, come risultava anche accertato in sede penale 
prima dell'emanazione della sentenza di proscioglimento per la so~ 
pravvenuta prescrizione. 

Le esposte considerazioni dimostrano anche la infondatezza del 
secondo motivo del ricoTso con il quale si sostiene un'ulteriore violazione 
dell'art. 27 cit. per aver la sentenza impugnata ritenuto che 
la pendenza del procedimento penale produca un impedimento all'esercizio 
dell'azione civile, mentre, costituendosi parte civile, l'Amministrazione 
delle dogane avrebbe impedito il verificarsi della prescrizione. 
Infatti, dalla premessa che, a' sensi dell'art. 27 cit., il termine 
di prescrizione per la riscossione dei diritti doganali evasi decorre 
dalla data in cui il decreto o la sentenza, che definiscono il procedimento 
penale, diventano irrevocabili, consegue che, in via generale, 
la detta Amrhinistrazione non � tenuta a costituirsi parte civile, 
ben potendo attendere la definizione del procedimento penale per poi 
richiedere, nel termine di prescrizione di cui all'art. 27 cit., il pagamento 
dei diritti do.ganali evasi. 

Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazion� dell'art. 2947 

ultima parte cod. civ. e del mancato coordinamento della norma do


ganale con quella generale per la quale .i termini di prescrizione ci


vile cominciano a decorrere dopo il passag,gio in giudicato della sen


tenza penale purch� non intervenga prescrizione in sede penale, si 

sostiene' che la Corte del merito abbia erroneamente ritenuto che i 

termini di prescrizione possano interamente decorrere due volte, prima 

in sede penale e poi in sede civile. E, infine, con il quarto motivo, 

si deduce la nullit� della sentenza per contraddittoriet� della moti


vazione per aver la Corte del merito prima ritenuto che non vi fosse 

stata prescrizione, perch� il pagamento dei diritti doganali traeva 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ausa da un reato ed era applicabile l'art. 27 1. d. e poi sostenuto 
ivece, che non trattavasi di risarcimento del danno da fatto illecito 
ensi di autonomo diritto dello Stato sorto in dipendenza del pas1.
g.gio della merce attraverso la linea di confine. 

La do.glianza non � fondata. La sentenza impugnata non ha 
messo l'esame del coUe.gamento tra l'art. 27 1. d. e l'art. 2947, ultima 
arte, cod. civ., ma ha ritenuto che la prima e non la seconda norma 
ovesse re.golare il caso concreto, atteso il carattere particolare della 
isciplina della decorrenza del termine di prescrizione dei diritti doanali 
evasi per effetto di reato e l'autonomia nell'ordinamento .giuldico 
della -leg.ge doganale, contenente un insieme organico di norme 
una disciplina unitaria a se stante. Non pu�, quindi, revocarsi in 
11bbio che la p,articolare norma doganale, -non eliminata dall'orinamento 
.giuridico da una espressa disposizione abrogratrice ed anzi 
>nservata dall'art. 248 disp. att. cod. civ. in quanto l'art. 27 1. d. 
~gola unitariamente il termine di prescrizione dei diritti doganali 
la sua decorrenza -debba regolare la fattispecie in cui l'azione 
ello Stato per la riscossione dei diritti doganali sorga da un fatto 
:istituente reato, senza che possa utilmente invocarsi la norma gene:
ile contenuta nell'art. 2947 ultima parte cod. civ.. Dovendosi, quini, 
applicare al caso concreto l'art. 27 1. d., -secondo il quale la 
rescrizione quinquennale per i diritti doganali dovuti in relazione 

fatti costituenti reati decorre dalla data della sentenza penale irreJcabile 
anche se, come sopra detto, di proscioglimento per essersi il 
mto estinto per prescrizione -, la contraddizione in cui sarebbe 
Lcorsa la sentenza non investe un punto decisivo della causa perch�, 
a che ven.ga configurato come titolo alla riscossione dei diritti domali 
(art. 4 1. doganale) ovvero, secondo il .generale orientamento 
~Ila dottrina e della .giurisprudenza (cass. 17 novembre 1962, n. 3136), 
>me titolo al risarcimento del danno in conseguenza del reato, la 
isciplina applicabile � sempre, in entrambi i casi, quella dettata dalart. 
27 cit. -(Omissis). 

ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 luglio 1968, n. 2584 -Pres. 
Pece -Est. Loria -P. M. Toiro (conf.). Boni (avv. Dallari) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato S0prano). 

nposte e tasse in genere -Imposte indirette -Valutazione fondi rustici 
e aree fabbricabili -Nozione degli uni e delle altre -Tassazione. 


(1. 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 1; r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 16). 
Il sistema di tassazione tabeUare, previsto daita legge 20 ottobre 
~54, n. 1044, art. 1, � appiicabiie unicamente ai fondi rusticri, ai 


808 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fondi, cio�, che, al momento deU'imposiziol/1,e sono utilizzabili per soli 
fini agricoli; non �, invece, applicabiie ai terreni che rientrano nel 
concetto di � aree fabbricabili., a quelli, cio�, che, per i lo1"o caratteri, 
sono utilizzabili per costruzioni ad uso civiie e per costruzioni 
ad uso industriale, e nemmeno ai terreni destinati a qualsiasi diversa 
utilizzazione, che impedisca di caratterizzarli come fondi rustici (1). 

(Omissis). -I primi tre motivi del ricorso, involgendo un unitario 
complesso di censure circa i criteri se.guiti dalla Commissione 
Provinciale nella determinazione del valore dell'immobile in contestazione, 
possono essere presi in esame congiuntamente. 

Con essi si denuncia la violazione dell'art. 1 della leg,ge 20 ottobre 
1954, n. 1044, assumendosi (primo motivo) che la Commissione 
p,rovinciale avrebbe contravvenuto al divieto di procedere all'accertamento 
di valore nei confronti dei fondi rustici, in ordine ai quali 
vige il principio della tassazione sul valore dichiarato quando esso 
non risulti inferiore a quello calcolato in base alle tabelle compilate 
dalla Commissione censuaria centrale per l'applicazione dell'imposta 
progressiva straovdinaria sul patrimonio con riferimento al reddito 
catastale aggiornato secondo determinati coefficienti. La pretesa attitudine 
edificatoria dell'immobile di cui trattasi, ritenuta dalla Commissione 
tributaria, avrebbe egualmente precluso la commisurazione della 
tassazione al valore di mercato, dovendosi, per la applicazione dell'imposta 
di successione, aver riguardo allo stato oggettivo attuale di 
fondo rustico di esso e non gi� ad eventuali possibili future sue utilizzazioni 
extra agrarie. 

Altra violazione della stessa norma (motivo secondo) consisterebbe, 
a dire dei ricorrenti, nell'avere la Commissione Provinciale 
confuso la nozione di area fabbricabile, che presuppone necessariamente 
la inclusione di questa in un piano regolatore urbanistico, con 
quella di fondo rustico suscettibile di sfruttamento industriale edilizio. 

Infine i ricorrenti sostengono (motivo terzo) che, in violazione 
de,gli artt. 10 e 11 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e degli artt. 10 
a 20 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, la Commissione Provinciale 
avrebbe errato nel fondare la nozione di fabbricabilit� dell'immobile 
ereditario sulla vi,genza, al tempo dell'apertura della succes


(1) Massima di particolare interesse. Per quanto concerne i limiti di 
applicabiHt� del1a legge n. 1044 cfr. Cass. 29 novembre 1963, n. 3062, in 
questa Rassegna, 1964, I, 167 e per la destinazione dell'immobile come decisiva 
ai fini del criterio di determinazione del valore venale cfr. Cass. 
9 marzo 1964, n. 513, ivi, 1964, I, 764. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

one, di un piano regolatore del Comune di Ravenna, tale piano rego1tore 
essendo entrato in vigore solo tre anni dopo mediante publicazione 
sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ;presidenziale approativo 
di esso. 

Le doglianze sono da disattendere. 

La decisione impugnata si sostanzia, per quel che attiene al punto 
tvestito dalle critiche come sopra rivoltele dai ricorrenti, nel diniego 
ie al terreno posto nell'ambito del Comune di Ravenna e facente 
:irte dei cespiti ereditari della successione Boni potesse riconoscersi, 
lche se alla data dell'apertura della successione era, come lo era 
11r sempre, � coltivato con produzioni q.gricole �, la natura di fondo 
:istico. 

Secondo l'assunto dei contribuenti, trattandosi di fondo rustico, 
~a assoggettabile, per gli effetti dell'imposta di successione, non ad 
:certamento di valore ma a quella forma di tassazione su un valore 
tpportato al reddito catastale e stabilito con il sistema tabellare, 
11ale previsto e disciplinato dall'art. 1 della legge n. 1044 del 1954. 

La Commissione motiv� la .propria decisione rilevando: a) che il 
�rreno era indicato nel piano regolatore generale del Comune di 
avelina, adottato nell'aprile del 1962, come zona industriale; b) che 
1so era adiacente al Consorzio Agrario e di fronte all'Agip Mineraria, 
o� in vicinanza di altri terreni �gi� utilizzati a scopi industriali; c) che 
reva un fronte, sia pure limitato, sul Canale Candiana (Porto di 
avenna), e ci� ne esaltava l'utilizzazione accennata. Conseguenteente, 
dato atto come risultasse che nel novembre del 1961 un terreno 
iiacente e press'a poco di eguale estensione era stato venduto a scopo 
dustriale per il. prezzo di lire 3.500 al metro quadrato e tenuto prente, 
d'altro canto, che parte del terreno in questione era dal piano 
1golatore destinato a verde, procedette all'accertamento del valore 
~l terreno predetto determinandolo nella misura di lire 3.500 al me-

o quadrato. 
L'impugnazione proposta dai ricorrenti, nelle varie censure in 
ti si articolano nel loro insieme i primi tre mezzi qui considerati, 
uove fondamentalmente dall'idea che il terreno ad essi ricorrenti 
�ccato in eredit� non potesse, ai fini dell'imposta di successione, 
cevere alternativamente altra classificazione all'infuori di quella di 
ndo rustico o di area fabbricabile, giusta la distinzione contenuta 
~ll'art. 1 della citata legge n. 1044, ove nei primi due commi si discilina 
il particolare sistema di tassazione tabellare per i fondi rustici, 
.entre nell'ultimo comma si dichiara che restano ferme le disposioni 
degli artt. 15 e seguenti del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 per 
ianto riguarda la valutazione dei boschi e delle aree fabbricabili. 

Secondo i ricorrenti, la qualit� di fondo rustico avrebbe dovuto 
:sere riconosciuta al loro terreno in considerazione della utilizzazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

agraria che ne era fatta mentre non esistevano le condizioni perch� 
lo si potesse qualificare area fabbricabile, speCificano i ricorrenti che 
il carattere di area fabbricabile pu� essere attribuita soltanto a quelle 
superfici di terreno che, per la loro ubicazione, per la loro distinzione 
in lotti, per essere dotate di infrastrutture urbanistiche, e soprattutto 
per essere comprese in un piano regolatore urbano debitamente approvato 
---'-elementi tutti non esistenti nella specie -manifestino la funzione, 
cui in atto ed immediatamente sono predisposti ad assolvere, 
dell'insediamento in essi di nuclei residenziali. 

L'errore della decisione impugnata sarebbe consistito appunto 
nell'avere attribuita la natura di area fabbricabile ad un terreno di 
cui � stata ravvisata solo la idoneit� ad accogliere la installazione 
di impianti industriali, laddove � la fabbricabilit� presa in considerazione 
dalla le~ge del 1954 � esclusivamente quella per costruzioni 
civili �. 

La Corte non ritiene di poter condividere queste argomentazioni 
e principalmente non ritiene di poter accettare l'opinione che, nell'ambito 
della materia regolata dal testo legislativo pi� volte ricordato, 
in contrapposizione alla categoria dei fondi rustici stia esclusi-. 
vamente quella delle aree fabbricabili (estranea alla controversia � la 
categoria dei boschi, pure contemplata dalla stessa norma). 

Infatti, pu� anche ammettersi che il concetto pi� comune di area 
fabbricabile, secondo la normale accezione, riferentesi alla costruzione 
di edifici destinati ad uso civile (.per alloggio di persone, per uffici, 
per studi professionali e simili) sia quello additato dai ricorrenti; ma 
non sembra sostenibile, che nella legge 1954, tale concetto di area 
fabbricaibile sia stato recepito in senso assoluto. 

� da credere, invece, che la locuzione usata dalla menzionata 
legge del 1954 stia ad indicare un .genus, comprensivo di pi� species, 
nel senso cio�, che il concetto di area fabbricabile comprenda e quei 
terreni che per i loro caratteri sono utilizzabili per costruzioni ad 
uso civile e quelli che lo sono in funzione di un uso industriale, sicch� 
non possono, in nessun caso, essere considerati fondi rustici. 

Ad avviso 'del Collegio, dunque, la interpretazione della legge in 
esame conduce ad affermare che il sistema di tassazione tabellare da 
essa legge previsto non pu� essere applicato n� per aree fabbricaibili 
-nell'ampio significato sipettante, come test� precisato, a questa 
locuzione -n� per ogni altro terreno il quale sia destinato ad una 
qualsivoglia diversa utilizzazione che impedisca di caratterizzarlo come 
fondo rustico. In tali ipotesi, quindi, la valutazione dell'immobile non 
pu� compiersi se non addivenendo all'accertamento del valore venale 
in comune commercio con i criteri ordinari dettati in materia di trasferimento 
della ricchezza (art. 16 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Invero, diversamente opinando, si .giungerebbe all'assurdo di do~
r ammettere che qualsiasi estensione di terreno non destinata ad 
�o agricolo ma ad un uso diverso, non rispondente al concetto comun1e 
inteso della fabbricabilit�, debba avvantaggiarsi di quel particore 
trattamento che, ai fini dell'imposta di successione, il legislatore 
�. voluto riservare unicamente ai fondi rustici, vale a dire a quegli 
:imobili offrenti, almeno nelle condizioni che li caratterizzano al 
omento della imposizione fiscale, possibilit� di sola utilizzazione 

~cola. 

La decisione della Commissione Provincia:le di Ravenna si addiostra 
ispirata ai criteri sopra esposti. 
Contrariamente a quanto costituisce il presupposto di tutte le 

�servazioni sviluppate dai ricorrenti e nel ricorso e nella memoria 
lustrativa nonch� nella discussione orale, la predetta decisione non 
'ferm� gi� che il terreno ricevuto in eredit� dalla Boni Maria Teresa 
dail Boni Giovanni fosse da classificare come area fabbricabile, ma 
ie esso � non pu� essere considerato agricolo ai sensi della legge 
) ottobre 1954, n. 1044 �. Ritenne, in altri termini, la Commissione 
rovinciale, che, per tutte le ragioni da essa specificamente indicate, 
terreno suddetto avesse perduto il carattere di fondo rustico ed 
resse assunto, non in vista di future eventuali possibilit� di utilizt:
ziione, ma in virt� di uno stato di cose gi� in atto ed afferente 
l'intera zona in cui trovavasi compreso, una diversa idoneit� che 
~ aveva sostanzialmente mutato la natura economica, cosii da esserne 
$0 inapplicabile ad esso il sistema della valutazione tabellare di>
osto per i soli fondi rustici. 

Non sussistono, pertanto, gli errori e le violazioni di legge adde.
tati con i tre primi motivi alla decisione impUJgnata. -(Omissis). 

ORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2745 -Pres. Pece 
-Est. Spagnoletti -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Cavallo (avv. 
Agostino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). 

nposta di registro -Enfiteusi -Accertamento di valore -Ammissibilit� 
-Trasferimento a titolo oneroso dell'utile dominio -Valore 
imponibile -� dato dal corrispettivo pattuito. -Trasferimento a 
titolo gratuito dell'utile dominio -Valore imponibile -� dato dal 
valore della piena propriet� detratto l'annuo canone legalmente 
capitalizzato. 

(I. 30 dicembre 1923, n. 3268, art. 28, 1� comma, artt. 30 e 43; r. d. I. 7 agosto 
1936, n. 1639, artt. 15, 16, 20). 
Nelie concessioni di enfiteusi, ai fini den'appiicazione dell'imposta 
registro, � ammi>Ssibile ii proceidimento di stima che, enunciato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IIcome prr�noipio generale degm artt. 30 e 43 legge di registro e dagli 
artt. 15, 16, 20 r. d. i. 7 agosto 1936, n. 1639, non subisce deroghe 

;li~ 

e che, ai sensi dell'art. 28 i. cit., ha per oggetto, nel trasferimento a 

. 

titolo oneroso dell'utilo dominio, la verifica deila congruit� del corrispettivo 
pattuito tra le parti, nel troofer�mento a titolo gratuito, il valore 1::1 
della piena propriet� del fondo enfiteutico, detratto l'annuo mnone legalM 
mente capitalizzato (1). 


(Omissis). -Con il ricorso il Cavallo sostiene che la Commissione 
Centrale avrebbe interpretato l'art. 28 della legge di registro in 
maniera palesemente contraria al testo della disposizione in esso contenuta 
che, rapportando espressamente, per i trasferimenti a titolo 
oneroso del diritto dell'enfiteuta, l'imposta al corrispettivo pattuito, 
escluderebbe, per ci� stesso, qigni possibilit� di commisurare l'imposta 
al valore effettivo del fondo enfiteutico, come in realt� si finisce con 
il fare quando si assoggetta a giudizio di congruit� il corrispettivo 
pattuito. 

L'interpretazione data dalla Commissione Centrale al citato articolo 
28 sarebbe altres� in contrasto con la logica interna di tale norma 
(essendosi infatti in tal modo parificato praticamente il trattamento 
tributario dei trasferimenti a titolo oneroso dell'utile dominio con 
quelli a titolo gratuito; mentre invece l'art. 28 distingue in maniera 
netta ed espressa i due tipi di trasferimento, dettando per ciascuno di 
essi una diversa disciplina) sia con la � ratio � di tutto l'art. 28, che � 
quello di creare per l'enfiteusi un trattamento tributario di favore. 

Inoltre la Commissione Centrale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile 
la domanda nuova proposta dall'Ufficio in appello (valutazione 
del corrispettivo in luogo della valutazione della piena propriet� 
come richiesto in prime cure) e decaduto l'Ufficio da quest'ultima 
domanda per non averla riproposta in appello. 

Le censure sono infondate. 

Il problema principale che si sottopone all'esame di questa S. C. 
� se, nella concessione enfiteutica, l'imposta di registro va commisurata 
sempre al valore della piena propriet� del fondo enfiteutico, detratto 
l'annuo canone legalmente capitalizzato, come sostiene l'Amministrazione 
Finanziaria, ovvero se, come assume ex adverso il ricorrente, in 
caso di trasferimento a titolo oneroso dell'utile dominio, l'imposta di 
registro vada applicabile solo sul corrispettivo pattuito. 

(1) � la prima volta che la Cassazione si � pronunziata nella questione 
oggetto della massima e la decisione � esatta e conforme alle 
sentenze delle Corti di merito: v. C. Appello Roma 30 dicembre 1964, 
n. 2604, in questa Rassegna, 1965, I, 220. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 813 

La questione � stata oggetto di contrastanti opinioni, ma deve 
sere risolta nel senso favorevole all'Amministrazione finanziaria, dap1ich� 
solo la tesi della Finanza realizza integralmente lo scopo della 
gge di registro, che � quello di colpire l'effettivo ed intero vare 
del fondo. 

Trattasi, in sostanza, di una applicazione del principio generale 
~r cui l'accertamento di valore importa sempre, in ogni fattispecie 
gale, un procedimento di stima inteso a controllare ed a verificare 

congruit� del corrispettivo dichiarato dalle parti. 

Non giova obiettare, come fa il ricorrente, che dalla formulazione 
tterale dell'art. 28 della legge di registro si evincerebbe che il legi:
ttore ha voluto escludere la possibilit� di ricavare l'imponibile dal 
tlore effettivo del fondo enfiteutico. 

� vero, infatti, che la citata norma (quarto com.ma dell'art. 28 
~Ila legge di registro) dichiara che per i trasferimenti a titolo one


�SO del diritto dell'enfiteuta, � l'imposta si applica al corrispettivo 
tttuito �, mentre nell'ipotesi di trasferimento a titolo gratuito l'utile 
>minio si considera corrispondente al valore con le detrazioni indite 
nello stesso art. 28 della piena propriet�, ina il legislatore non
0

1 inteso dettare una discriminazione, ai fini della possibilit� dello 
certamento di valore, rispetto agli altri casi di trasferimento di beni. 

La contrapposizione tra il valore della piena propriet� (con le 
~trazioni di cui sopra) ed il corrispettivo pattuito attiene alla diversa 
~terminazione, nei due casi di trasferimento dell'utile dominio, del 
tlore imponibile e lascia impregiudicato il diverso .problema della 
:soggettabilit�, nell'una e nell'altra ipotesi, a giudizio .fil congruit� 
~i valori denunziati dalle parti. 

Il riferimento, in ambedue le ipotesi, ai valori denunziati o pat.
iti dalle parti mira a porre l'ufficio del registro nella .possibilit� di 
ssare l'atto entro il termine di tre giorni di cui all'art. 88 della 
enzionata legge di registro. Ci� non significa per�, che il valore 
munziato dalle parti o il corrispettivo tra esse pattuito siano vinconti 
per l'ufficio del Registro e �precludano a quest'ultimo quella ulteore 
procedura di accertamento che si evince, quale principio geneLle 
dagli artt. 30 e 43 della legge di Registro, nonch� dagli artt. 15, 
� e 20 del r. d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639 sulla riforma degli ordirmenti 
tributari. Infatti, se il legislatore avesse voluto derogare (e 
)Il se ne vedrebbe il motivo) allo accennato principio generale, 
rrebbe dettata esplicitamente tale deroga nell'art. 28 della legge, cosi 
ime ha fatto, ad es. nell'art. 50 per le vendite ai pubblici incanti. 

Il ricorrente, nella memoria illustrativa del ricorso, ha rilevato 
te il riferimento dell'art. 28 della legge di Registro al corrispettivo 
ittuito tra le parti, ai fini di determinare l'imponibile nella ipotesi 
. trasferimento dell'utile dominio a titolo oneroso, si addimostrerebbe 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l 


I ~ 

pleonastico ove tale corrispettivo non dovesse intendersi vincolante ?. 
anche per l'Ufficio del Registro. Obietta, infatti, il ricorrente che 
avrebbe potuto soccorrere la disposizione generale di cui all'art. 43 
della legge di Registro. e 

Per confutare tale rilievo � sufficiente osservare che lo specifico f1-: 
riferimento al � corrispettivo pattuito � � stato reso necessario nell'articolo 
28 per contrapporre la base imponibile nella ipotesi di trasferimento 
dell'utile dominio a titolo oneroso alla diversa base imponibile 
nella ipotesi di trasferimento a titolo gratuito dell'utile dominio. M:a 
si � gi� detto come la diversit� della base imponibile nella ;prima e 
nella seconda ipotesi non tocchi il diverso problema circa lo assoggettamento 
a giudizio di congruit� da parte dell'Ufficio del Registro, e 
nell'una e nell'altra ipotesi, del valore denunziato o del corrispettivo 
pattuito dalle parti. 

Devesi, pertanto, concludere che la legge di Registro con la disposizioni 
di cui al quarto comma dell'art. 28 non ha inteso escludere il 
procedimento di stima avent~ per oggetto la valutazione del corrispettivo 
dichiarato dalle parti, cosi come esattamente ha ritenuto la impugnata 
decisione della Commissione Centrale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 settembre 1968, n. 2917 -Pres. 
Rossano -Est. Miele -P. M. Caccioppoli (conf.) -Comune di 
Medesano (avv. Jannone) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Soprano). 

Imposta di registro -Presunzione di trasferimento ex art. 47 legge 
registro -Deroga prevista dalla legge 24 gennaio 1962, n. 23 -Natura 
-Applicabilit� agli atti di acquisto e agli atti di appalto dei 
Comuni -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 47; I. 24 gennaio 1962, n. 23, art. unico). 
Ai sensi della legge .24 gennaio 1962 n. 23, a.rt. unico, la deroga 
della presunzione stabilita dall'art. 47 del r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269, riguarda due casi distinti e diversi sia per i soggetti sia per 
gli atti considerati: l'uno, di natura temporanea, concerne le delibere 
adottate prima dell'entrata in vigore della legge da Comuni e Provincie, 
con le quali vengono autorizzate le vendite di terreni non edificati 
a coloro che poi hanno stipulato l'atto di acquisto, con facoU� 
per gli acquire'liti di edificare nel frattempo; l'altro, di carattere non 
transitorio, concerne i contratti di appalto stipuLati dagli Istituti delle 
Case popolari per costruzioni su terreni poi acquistati; e, trattandosi 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 815 

norma eccezionale, non pu� estendersi a casi simili e perci� n� agli 
i di acquisto, n� agli atti di appalto dei Comuni (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Comune deduce la 
>!azione dell'art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla falsa ed errata 
plicazione dell'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale con 
:erimento all'art. 47 del t. u. r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269 e 
'articolo unico della legge 24 gennaio 1962 n. 23; la violazione dello 
�sso art. 360 n. 5 c.p.c. per contraddittoriet� della motivazione e 
>l�zione del principio generale di diritto che ci� che non � logico 
n � giuridico e sostiene che la Corte di merito ha erroneamente 
erpretato la seconda parte dell'articolo unico della legge n. 23 del 
62, limitandola letteralmente alla sola ipotesi ivi indicata dei conttti 
di appalto stipulati dagli istituti autonomi per le Case popolari, 
ermando erroneamente che l'estensione della agevolazione ai Comi 
� stata possibile solo mediante una interpretazione analogica, 

escludere nel 'caso di specie trattandosi di disposizioni tassative, 
ldove, sostiene il ricorrente, si tratta solo di interpretazione esten'
a, possibile anche per leggi a contenuto tassativo. In tal senso 
e la Corte di merito avesse considerato che scopo della legge � 
tto quello di favorire l'incremento delle costruzioni di nuovi edifici 
!he l'agevolazione fiscale venne concessa dal legislatore non in virt� 
lla particolare natura dell'Ente o in virt� di particolari sue bene~
renze tecniche, politiche o sociali, ma solo ed esclusivamente in 
rizione delle sue attivit� e dei suoi fini istituzionali. 

La censura � infondata. L'articolo unico della legge 24 gennaio 
62, n. 23 esclude la presunzione di accessione stabilita dall'art. 47 
l r. d. 30 dicembre 1923, n. 326�9 in due casi: l'uno, avente carat~
e temporaneo, riguarda le delibere adottate, prima dell'entrata in 
~ore della legge, dai Comuni e dalle Provincie, con le quali venno 
autorizzate le vendite di terreni non edificati a coloro che 
ccessivamente haruio stipulato il contratto d'acquisto, con facolt� 
r gli acquirenti di edificare nel trattempo; l'altro, avente carattere 

n. transitorio, riguarda i contratti di appalto stipulati da1gli istituti 
.tonomi per le case popolari per costruzioni su terreni successiva~
nte acquistati. Si tratta di due ipotesi nettamente distinte sia per 
soggetti �considerati sia per la natura degli atti idonei a vincere la 
esunzione di accessione. 
(1) Il carattere innovativo ed eccezionale della 1. 14 gennaio 1962, 
23 � stato gi� affermato dalla Cassazio:rie con le sentenze: 18 diceme 
1964, n. 2902, in questa Rassegna, 1964, I, 1155 e 29 ottobre 1966, 
2713, ivi, 1966, I, 1355, con nota. 
In relazione alla citata legge n. 23, cfr. inoltre Cass. 4 giugno 1968, 
1688, retro, 486. 


816 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Bench� anche in materia di leggi tributarie sia possibile la 
interpretazione estensiva, portando questa solo ad attribuire alla norma 
il suo significato pieno in base alla sua ratio, e non ad estenderne 
la portata a casi simili, non pu� affermarsi che la ratio della norma in 
questione risieda nel fine di agevolare la costruzione delle case economiche 
e popolari come sostiene il Comune ricorrente, onde anche i 
comuni, bench� non espressamente menzionati, debbono beneficiare 
della disposizione della seconda parte dell'articolo. Invece il legislatore 
ha voluto tener conto del fatto che gli istituti autonomi per 
le case popolari, creati istituzionalmente iper la costruzione di case 
di questo tipo, ordinariamente procedono agli appalti e quindi alle 
costruzioni degli edifici anche prima dell'acquisto del suolo e ci� per 
ragioni di celerit�, in considerazione degli adempimenti da osservare 
per gli acquisti, per cui non ricorre nei riguardi di tali .enti quella 
situazione che � presupposto della presunzione regolata dall'art. 47 
della legge di registro: cio� che, procedendosi ordinariamente alla costruzione 
dopo l'acquisto del suolo, gli immobili esistenti al momento 
della vendita si debbano ritenere anche essi venduti col suolo. Invece 
i Comuni e le �provincie solo occasionalmente provvedono alle costruzioni 
economiche e popolari, questo non essendo il loro fine istituzionale, 
onde rpossono disporre di altri istrumenti idonei a vincere 
la presunzione. Non � poi inutile rilevare che se il legislatore avesse 
voluto includere tali enti nella disposizione in questione, la quale � 
contenuta non solo nell'unico articolo di cui si compone la legge, ma 
immediatamente dopo quella riguardante � comuni e le provincie, 
non avrebbe mancato, per una elementare tecnica legislativa, di 
menzionarli. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3065 -Pres. 
Scarpello -Est. Loria -P. M. Pascalino (diff.). Ministero delle 
Finanze (avv. Stato �arusi) c. Soc. Bocchi e Negri (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento innanzi alle Commissioni Impugnazioni 
-Impugnazione proposta dall'ufficio con atto diretto 
alla Commissione cui spetta decidere, nel termine di trenta 
giorni dalla notificazione della decisione al contribuente -Legittimit� 
-Comunicazione entro lo stesso termine al contribuente 
del proposto gravame e dei relativi motivi contestualmente con 
la notificazione della decisione (utilizzando il mod. c. d. 108) o separatamente 
con atto distinto. 

(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 35, 38 e 45). 
NeHe controversie davanti aHe Commissioni tributarie, le impugnaz.
ioni, secondo il sistema legislativo previsto dagii artt. 35, 38 e 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

del r. d. l. 8 luglio 1937, n. 1516, si propo'ligono con atto che l'uf:
io e il contribuente devono far pervenire aila Commissione cui 
etta de'Cidere, nel termine di trenta giorni dalla notificazione deila 
dsione stessa al contribuente. e con atto di comunicazione che 
,eWimpugnazione e dei motivi) l'ufficio, entro lo stesso termine, 
ve dare al contribuente sia sepa'l'atamente sia contestualmente (meante 
il c .. d. mod. 108) alla notificaztLone della decisione (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'Amministrazione 
~ne finanze denuncia la violazione degli artt. 45, 35 e 38 del r. d. 1. 
luglio 1937, n. 1516 in relazione all'art. 360 n. 3, cod. proc. civ., de1cendo 
che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione 
IDtrale, il ricorso avvevso la decisione della Commissione Provinale 
di Mantova era stato dall'Ufficio del registro proposto col pieno 
spetto delle modalit� e dei termini :prescritti dal combinato disposto 
!Ile norme su richiamate per le imrpugnazioni davanti alle commis3'
ni tributarie. 

Il motivo � fondato. 

In punto di fatto devesi premettere che, come risulta dall'esame 
~gli atti (non interdetto alla Corte di Cassazione quando sia chiaata 
ad accertare, e lo � nella specie, la sussistenza o meno di l\lil 
munziato errore � in procedendo �)', l'Ufficio del registro di Manva, 
cui il 1� settemoce 1962 era .pervenuta la decisione emessa dalla 
3'mmissione Provinciale su ricorso dell'impresa Bocchi e Negri e 
ma Cooperativa edilizia � Leonardo ., ne notific� all'impresa anzi~
tta, il 16 dello stesso mese di settembre, la parte dispositiva sul 
odello ufficiale n. 108, facendovi seguire l'avvertenza che contro 

decisione medesima esso Ufficio �ha interposto appello alla Comissione 
Centrale � per i motivi che, sempre di seguito, nello stesso 
:to, erano diffusamente enunciati. Nella successiva data del 19 setmoce, 
,poi, l'Ufficio del Registro inviava alla Commissione Centrale, 
ie lo riceveva due giorni dopo (21 settembre), .un atto contenente 

dichiarazione di rproposizione di appello avverso la ,su indicata 

(1-2) Statuizioni di indiscutibile esattezza. Ad esse i giudici di diritto 
mo pervenuti attraverso un'accurata e diligente disamina delle disposioni 
che regolano la materia dei ricorsi alle Commissioni tributarie 
T.dd. 7 agosto 1936, n. 1639 e 8 luglio 1937, n. 1516. 

Nessun dubbio che l'atto di impugnazione � quello che viene indirizltO 
alla Commissione di grado superiore a quella che ha pronunciato la 
!cisione impugnata, sia da parte dell'ufficio che del contribuente, nel 
rmine perentorio di 30 giorni dalla notifica della decisione stessa. Nei 
lSi in cui impugnante � l'ufficio, l'atto di impugnazione non si identifica 
fatto n� potrebbe identificarsi con il mod. 108, che, contenendo la parte 
.spositiva della decisione, � l'atto con il quale si attua la notifica al con



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decisione della Commissiooe Provinciale, con la esposizione dei relativi 
motivi, la cui formulazione consisteva nella letterale trascrizione 
di quelli .gi� comunicati alla contribuente �societ� Bocchi e Negri. 

Stando �cosi le cose, � indubitabile che la proposizione del gravame 
avvenne in maniera del tutto regolare e che ne avesse la Commissione 
Centrale ritenuta la irritualit� per inosservanza del termine 
di impugnazione, con la conseguente dichiarazione di inammissibilit�, 
fu soltanto il frutto di una errata interpretazione delle disposizioni 
di legge di cui non a torto l'Amministrazione ricorrente lamenta 
la violazione. 

Invero, l'art. 45 del r. d. I. 8 luglio 1937, n. 1516 sancisce che 
contro la decisione della Commissione Provinciale possono ricorrere 
tanto il contribuente quanto l'Ufficio nel termine di giorni trenta dalla 
notificazione della decisione (questa, come � noto, deve essere notificata 
a cura dell'Ufficio, entro 60 ,giorni dalla ricezione: art. 35 del 
citato r. d. 1.). In merito a:I ricorso dell'Ufficio, lo stesso art. 45 richiama, 
per quanto concerne il termine della notificazione e le comunicazioni 
al contribuente, le norme del precedente art. 38, ove, mentre 
nel primo comma prescrivesi che l'atto di impugnazione deve 
giungere alla Commissione di appello entro 30 giorni dall'avvenuta 
notificazione della decisione, nel capoverso dichiarasi che � dell'appello 
e dei motivi su cui questo si fonda, l'Ufficio deve dare comunicazione 
al contribuente entro lo stesso termine, salvo che non l'abbia 
fatto con lo stesso avviso di notificazione della decisione di prima 
istanza�. 

Dall'insieme di queste norme, chiaramente si desume che, secondo 
il sistema adottato dal legislatore, nelle controversie davanti 
alle Commissioni .tributarie le impugnazioni si propongono, da parte 
del fisco (ma in egual modo da parte del contribuente) mediante un 
atto indirizzato alla Commissione di grado superiore a quella da cui 
fu emessa la decisione impugnata (Provinciale o Centrale), alla quale 

tribuente. E ci� anche nel caso in cui il mod. 108 stesso contenga la comunicazione 
dell'intento di impugnare la decisione e ne indichi i motivi. 

La comunicazione � atto dovuto, ma, come giustamente ha affermato 
la Cassazione, pu� essere separata dal mod. 108 ed � diretta a instaurare 
il contraddittorio nel giudizio di impugnazione. Con identica motivazione 
sono le sentenze Cass. 7 ottobre 1968, nn. 3120, 3121, 3122, 3123, 3124, 3125. 

Nello stesso senso, cfr. Cass. 25 maggio 1966, n. 1330, in questa Rassegna, 
1966, I, 1297, con nota di richiami e di esatta critica sul punto della 
nullit� che, nel caso di comunicazione al contribuente contestuale alla 
notifica della decisione, la Cassazione, con la citata sentenza n. 1330, ha 
esteso all'intero atto (notifica e comunicazione); v. anche Relazione Avv. 
Stato, 1960-65, II, 330 e segg. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ve pervenke entro il termine di trenta giorni dalla notificazione 
Ila decisione stessa al contribuente. 

L'Ufficio, ;peraltro, entro il medesimo termine, deve dare al conbuente 
� comunicazione � del gravame proposto e dei relativi mo


�i, ma ci� pu� fare contestualmente con la notificazione della decime 
suddetta, con il che rimane dispensato dal dover ;procedere ad 
.a ulteriore distinta comunicazione. 
Quest'ultima disposizione, ovviamente, � da intendere nel senso 
e la comunicazione dell'impugnazione e dei motivi data al contribuente 

contestualit� con la notificazione della decisione investita dal grame, 
possa avvenire, e normalmente avvenga, quando ancora l'atto 
rmale di impugnazione da indirizzare alla Commissione competente 
conoscere del gravame non sia stato ad essa inviato e possa addi:
tura non essere stato ancora nemmeno materialmente compilato. 

tali ipotesi, la comunicazione assume il valore del .preannuncio 
Ila impugnazione che l'Ufficio, non intendendo accettare la decime 
(cosi � testualmente detto nel primo coonma del su citato artilo 
38) andr� ad istituire, il che dovr� fare nel termine 'prescritto, 

quale prender� inizio dalla stessa data di quella comunicazione, in 
!anto avvenuta contemporaneamente con la notificazione della derlone 
-e riella forma voluta, ossia con un atto da inviare all'orno 
competente, nel quale, come � ovvio, il contenuto del .gravame 
n potr� ricevere alcuna modifica od alcun ampliamento nel senso 
>�, .che vi si debbono riprodu:r:re quegli stessi motivi .gi� portati a 
noscenza del contribuente. 

La regolarit� della impugnazione, dunque, nel meccanismo alLopo 
predisposto in � subiecta materia � altro non richiede se non 
e si sia provveduto ai test� indicati adempimenti e si sia soddi1tto, 
nel tempo e nel modo stabiliti dal legislatore, alla fondamentale 
lgenza di garantire il diritto di difesa del contribuente. 

Nella specie � reso evidente, da quanto si � sopra rilevato con 
'erimento alle risultanze degli atti, che le regole come innanzi 
iarite avevano ricevuto puntuale osservanza da parte dell'Ufficio 
1 registro di Mantova. 

L'errore nel quale incorse la Commissione Centrale consistette 
U'avere ritenuto �che l'atto di appello, la cui ricezione sarebbe dolta 
avvenire entro il termine di trenta giorni, si identificasse for~
lmente con l'originale dell'atto notificato al contribuente (atto che, 
me si � visto, assolveva al duplice compito di notificazione della 
cisione e di .comunicazione del .gravame e dei motivi), e nel non 
3ersi avveduta che, invece, esso era costituito da quell'altro atto 
rnpestivamente pervenutole il 21 settembre, il quale, stilato sotto 

data del 19 nella forma di una nota di ufficio, conteneva la dichiazione 
di proposizione del .gravame e la trascrizione letterale dei 


820 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

motivi comunicati al contribuente contemporaneamente con la notificazione 
della decisione impugnata. Osserv�, infatti, la Commissione 
nella motivazione della sua pronuncia, con palese confusione di concetti, 
che � il mod. 108 notificato al contribuente il 15 settembre 1962 
� pervenuto alla Commissione Centrale il 25 ottobre 1962, cio� dopo 
pi� di trenta giorni dalla notificazione � e che � la decadenza non 
pu� intendersi sanata dalla circostanza che a questa Commissione era 
gi� pervenuto il 21 settembre 1962 un rapporto dell'Ufficio con riserva 
di successiva rimessione del fascicolo �, osservazioni tutte, codeste, 
muoventi dal falso presupposto, ;pure esplicitamente enunciato, 
che l'atto introduttivo dell'appello era da ravvisare nel su indicato 
mod. 108. 

Non consider�, invece, la Commissione Centrale, che l'invio di 

questo atto era servito solo per documentare come l'ufficio avesse 

dato al contribuente comunicazione dell'appello e dei motivi contem


poxaneamente con la notificazione della decisione impugnata e che, 

oltre all'obbligo di detta comunicazione in quel modo debitamente 

soddisfatto, l'Ufficio si era del pari debitamente attenuto a tutte le 

altre disposizioni le quali, per la validit� dell'impugnazione, gli im


ponevano di far pervenire al giudice che doveva conoscerne l'atto ad 

esso ,giudice rivolto (non l'identico atto, quindi, notificato al contri


buente) enunciante la volont� di gravar:si per quei medesimi motivi 

gi� al contribuente resi ritualmente noti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 ottobre 1968, n. 3066 -Pres. Favara 
-Est. Iannuzzi -P. M. Colonnese (conf.) -Fallimento Simonelli 
(avv. Paneri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Imposte e tasse in genere -Commissione Centrale -Potere di accertamento 
dei fatti che costituiscono il presupposto per l'applicazione 
delle norme di legge -Sussistenza. 

Imposta sui fabbricati -Case di abitazione non di lusso -Destinazione 
ad uso diverso dall'abitazione -Discriminazione obiettiva e strutturale 
-Necessit� per l'esenzione venticinquennale. 

La Commissione Centrate deUe imposte, nei giudicare in se,�e di 
legittimit�, ha il potere di accertare i fatti che costituiscono le premesse 
per l'appLicaz.ione della legge (1). 

(1-2) Il potere della Commissione Centrale di procedere, quando giudica 
in sede di legittimit�, all'accertamento dei fatti che costituiscono la premessa 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ai fini deU'esenzione venticinquennale della imposta sui fabbricati 

sensi dell'art. 13 deUa legge 2 lugLio 1949, n. 4�08, non si deve consi~
rare l'uso al quale l'edificio venga destinato in concreto dopo il suo 
mipletamento, che pu� variare, ma occorre avere rigua.rdo alla destiizione 
oggettiva e funzionale dell'edificio stesso, che si desume dalle 
~e caratteristiche strutturali (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando la 
.olazione della legge 2 luglio 1949, n. 408 e successive modificazioni, 
~duce che la Commissione centrale delle imposte avrebbe dovuto avere 
guardo, al fine di ammettere l'esenzione dall'imposta sui fabbricati, 
le caratteristiche strutturali della nuova costruzione e non gi� all'uso 
mtingente al quale essa era stata abilitata dopo l'ultimazione. Invero 
~Ila specie la costruzione, oltre che agli altri requisiti prescritti dalla 

�gge, aveva i caratteri strutturali delle case di abitazione, come era 
ato riconosciuto dalla Commissione distrettuale delle imposte e non 
~a stato mai contestato dall'ufficio. 
La censura non � fondata. 

L'ufficio delle imposte ha sempre sostenuto nella sede dell'accer.
mento del reddito ai fini dell'imposta sui fabbricati e, poi, nei vari 
~adi del contenzioso davanti alle Commissioni tributarie, che il fabdcato, 
prima dell'ultimazione, era stato trasformato da casa di civile 
>itazione in uffici, in base ad una modificazione del progetto originao, 
approvata dal competente ufficio tecnico comunale; che, conseguen~
mente, il fabbricato doveva essere classificato solo per vani quattro, 
:libiti ad abitazione del custode, nella cat. A/4, mentre, per l'assoluta 

~r l'applicazione della legge � stato gi� affermato nella sentenza 19 luglio 
165, n. 1621. (in questa Rassegna, 1965, I, 1220). In quell'occasione la Castzione 
ebbe a precisare che i poteri, nel settore che interessa, della Com.
issione Centrale non � si identificano con quelli che, nella giurisdizione 
~dinaria, spettano alla Corte di Cassazione, ed � invece principio condiviso 
iche dalla migliore dottrina che essi si estendono all'accertamento dei fatti 
le costituiscono la premessa necessaria per l'applicazione della legge, 
cch�, �se un paragone � dato fare, esso � legittimo piuttosto con quelli 
le in materia tributaria, sono i poteri dei giudici ordinari di merito �. 

Nella sentenza in nota il potere predetto � dato per pacifico. 

Non si nasconde il carattere inquisitorio del processo tributario n� il 
merale principio per il quale il giudizio �sar� indirizzato esclusivamente 
!l'applicazione della legge in base alla obbiettiva considerazione dei fatti, 
elle circostanze e degli elementi tutti di apprezzamento di cui i compoenti 
della Commissione siano a conoscenzia � (art. 27 r. d. 7 agosto 1936, 
. 1639), n� infine la specifica norma per la quale le Commissioni di merito 
anno facolt� di indagine, di accesso, di controllo, di richiesta di dati e di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

maggioranza degli altri vani, salvo altro piccolo spazio adibito a labo_
ratorio ed a �rimessa, esso :doveva essere classificato nella cat. BI4, in 
quanto destinato ad uffici in base alla predetta trasformazione incidente 
nel corso della costruzione. 

La Commissione distrettuale ritenne di dare atto, nel dispositivo, 
che l� costruzione avrebbe potuto essere � trasformata in casa di civile 
abitazione senza radicali trasformazioni, perch� strutturalmente edificata 
come tale �, ma l'ufficio, nei motivi di appello, richiam� le argomentazioni 
suindicate per sostenere che il fabbricato doveva essere 
classificato come innanzi. 

La Commissione provinciale non fu altrettanto esplicita nella descrizione 
e qualificazione del fabbricato; ma nei motivi di ricorso alla 
Commissione centrale l'ufficio delle imposte dedusse e precis� ancora 
che si trattava di un edificio di sette piani, con una superficie di 
mc.7622, adibito esclusivamente, �prima di essere ultimato� a ufficio 
pubblico e che, pertanto, se i proprietari avessero voluto adibirlo a 
casa di abitazione, avrebbero dovuto eseguire radicali trasformazioni 
allo stesso modo di quelle operate relativamente al progetto originario 
per l'adattamento inverso dell'edificio. 

La Commissione centrale delle imposte -alla quale spetta il 

potere di accertare i fatti che costituiscono la premessa per l'applica


zione della legge, quando essa giudica in sede di legittimit� (sentenza 

n. 1621 del 19 luglio 1965) -ha esaminato il ricorso dell'ufficio in 
base alla predetta specifica deduzione, sintetizzata in questa proposizione 
informazioni e di chiarimenti, conferite dalle singole leggi di imposta ai 
funzionari di Imposte Dirette e del Registro (art. 25, r. d. 8 luglio 1937, 

n. 1516). La recisa affermazione fatta dalla Cassazione determina per� perplessit�. 
Non solo, infatti, questi ultimi poteri sembrano riferirsi esclusiva-' 
mente alle Commissioni di merito, ma sta di fatto che alla Commissione 
Centrale che giudica in sede di legittimit� il processo tributario giunge 
istruito, nel contraddittorio delle parti, con l'esercizio dei ricordati poteri 
delle Commissioni di merito, ed essa � chiamata a controllare l'esattezza 
delle norme e dei principi di diritto applicati ai fatti succitati. Pi� aderente 
al sistema, pertanto, per il quale, in mancanza di deroga espressa e tacita 
alle norme del codice di procedura civile, si oppone l'affermazione auspicabile, 
per la quale la Commissione Centrale richiami per le sue decisioni 
i fatti gi� accertati e dagli stessi non si discosti, fondando su di essi la 
propria decisione, sempre che siano sufficientemente valutati. Il rimedio 
della cassazione con rinvio appare al riguardo sufficiente per la necessaria 
tutela dei diritti del contribuente da una parte e dell'Amministrazione finanziaria 
dell'altra. In argomento cfr. anche Relazione Avv. Stato, 1961-65, 
II, 321, nonch�, con riferimento alle controversie nelle quali la Commissione 
Centrale ha cognizione piena, nota a Cass. 22 marzo 1967, n. 644, in questa 
Rassegna, 1967, I, 670. 
(2) Il criterio della destinazione oggettiva-funzionale dell'edificio di 
nuova costruzione, che determina il trattamento di favore recato dalla 
legge n. 408 del 1949 e successive modifiche i;>er l'imposta sui :liabbricati, da 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 823 

illa decisione impugnata: � che la costruzione, .prima della sua ultiazione 
come casa di civile abitazione, era stata trasformata e destitta 
ad uffici e precisamente a sede dell'ufficio tecnico erariale �. 

In riferimento a tale deduzione ed all'esame degli atti, la Comissione 
centrale ha ritenuto che l'edificio, nella sua parte principale 
non totale, era costituito da locali destinati ad uffici e solo in pic
�la parte da locali destinati ad alloggio del portiere. E non pare dub


o che, quando la decisione impugnata �parla di destinazione, ha inteso 
Eerirsi ad una destinazione oggettivata in elementi strutturali e fun:
mali dell'edificio, e non ad una destinazione soggettiva o temporanea. 
vero l'indagine proposta dall'ufficio ricorrente riguardava appunto 
ia destinazione del fabbricato ad uffici in base ad una trasformaone 
strutturale operata riel corso della costruzione; inoltre la decisione 
~ le espressioni � costruzfone destinata ad ufficio � e � costruzione 
case di abitazione �, le quali riguardano specificamente la fase di 
bbricazione dell'edificio e non quella successiva al suo completamento. 
Ci� posto, la decisione impugnata ha fatto esatta applicazione del 
incipio fissato dalla giurisprudenza di questa corte suprema, secondo 
1i, ai fini dell'esenzione venticinquennale dall'impo:sta sui fabbricati 
sensi dell'art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, non si deve conderare 
l'uso al quale l'edificio venga destinato in concreto dopo il 
:o completamento, che pu� variare, ma occorre avere riguardo alla 
~stinazione oggettiva e funzionale dell'edificio stesso, che si desume 
tlle sue caratteristiche strutturali. Pertanto il primo motivo deve 
sere �respinto. -(Omissis). 

:sumersi dalle caratteristiche strutturali dell'immobile -uffici e case di 

titazione -� stato ripetutamente aff.ermato dalla Corte di Cassazione 

1 dicembre 1964, n. 2947, in questa Rassegna, 1965, I, 202). Nella sentenza 

nota il principio � stato ribadito con espresso richiamo al cennato indi


~zo giurisprudenziale. 

La qual cos�, nel caso concreto in cui la destinazione ad uffici era stata 

tuata nel corso della costruzione con modifica del progetto originario, � 

solutamente esatta. Le perplessit� sorgono allorquando si tratti di edificio 

cui destinazione ad uffici � di carattere soggettivo. Le ragioni sono quelle 

1ste in evidenza in nota alla ricordata sentenza 2947 con nota critica di 

UMARA. Non sembra, infatti, che la soluzione adottata abbia esaminato il 

�oblema in profondit� e in relazione alla finalit� della norma. Questa favo


;ce le case di abitazione e la legge che reca la norma stessa ebbe lo scopo, 

pressamente desumibile dai lavori parlamentari, di risolvere nel periodo 

1st bellico la crisi degli alloggi con particolare riguardo alle abitazioni 

!r le classi popolari ed il ceto medio, nonch� di provvedere alla tutela 

d senza tetto. La destinazione anche temporanea della casa di abitazione 

soli uffici non sembra soddisfare tale esigenza. Tuttavia il cennato indi


lZO giurisprudenziale sembra consolidato e non pare facile conseguirne 

i mutamento del genere auspicabile. V. anche di recente Cass. 24 lu


io 1968, n. 2676. 


824 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3519 -Pres. 
Stella-Richter -Rel. Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.). Musolino 
(avv. Lania) c. Ministero delle Finanze (aw. Stato Foligno). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Imposta principale, 
imposta complementare, imposta supplettiva -Distinzione Imposta 
complementare e imposta supplettiva -Modalit� e tempi 
di liquidazione. 

(r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 17 e segg.). 
Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Imposta complementare 
-Liquidazione in tempi diversi e con atti distinti Legittimit� 
-Condizioni -Notifica di ingiunzione invece dell'avviso 
di accertamento -Conversione -Ammissibilit�. 

(r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 20 e 21; d. I. 21 gennaio 1947, n. 25). 
Dopo la liquidazione della imposta principale, che viene fatta 
sulla denuncia di successione in base ai valori dichiarati dal denunziante 
o accertati inizialmente ai sensi dell'art. 17 r. d. l. 7 agosto 
1936, n. 1639, l'ufficio pu� richiedere imposte complementari, non 
potute accertare in sede di prima liquidazione, le quali si d~terminano 
in base alla revisione prevista dagli artt. 20 e 21 del cit. r. d. l. numero 
1639 mediante la notifica di accertamento di maggior valore, 
oppure pu� richiedere imposte suppletive, le quali si determinano 
correggendo gli errori e le omissioni eseguite nel Liquidare la imposta 
su denuncia mediante la notifica di ingiunzione fiscale senza che sia 
preceduta dalla notifica delL'accertamento previsto dai cit. artt. 20 
e 21 (1). 

Le imposte complementari possono essere liquidate in tempi diversi 
con atti distinti, purch� venga osservato il termine dell'anno 
dal pagamento dell'imposta principale previsto dall'art. 21 r. d. l. cit. 

n. 1639, mod. dal d. l. 21 gennaio 1947, n. 25 e pu� valere come 
avviso di accertamento di dette imposte l'ingiunzione fiscale notificata 
entro il predetto termine (2). 
(Omissis). -Col primo mezzo. del suo gravame l'avv. Muso.Uno, 
denunziando la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, terzo comma, 

(1-2) Massime esatte che trovano un precedente in termini nella sentenza 
Cass. 22 marzo 1967, n. 652, in questa Rassegna 1967, I, 460, con 
nota di CONTI. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 825 

~Ila legge tributaria suHe successioni approvata con r. d. 30 dicem~
e 1923, n. 3270, lamenta che la Commissione Centrale abbia ritenuto 
gittima la ingiunzione fiscale �de qua " come richiesta di supple.
ento di imposta di successione, mentre, invece, l'errore che l'Ufficio 
rrebbe, per ipotesi, commesso non sarebbe occorso nella liquidazione 
~lla tassa su denuncia, ma, se mai, nel successivo accertamento cornuto 
dall'ufficio stesso ai sensi degli artt. 20 e 21 del r. d. 1. 7 agosto 
136, n. 1639; rendendosi cosi necessario, tutt'al pi�, un accertamento 
~ppletivo nelle stesse foil'me. 

La censura � fondata e deve essere accolta. 

� noto, infatti, che dopo la liquidazione della tassa principale, che 
:ene fatta sulla denuncia di successione in �base ai valori dichiarati 
:i.l denunziante od accertati inizialmente in uno dei modi previsti 
:i.ll'art. 17 del r. d. 1. n. 1639 del 1936, l'Ufficio pu� richiedere tasse 
>mplementari liquidate in base ad accertamenti che non si poterono 
1re in sede di prima liquidazione, e cio� in base alla revisione prelsta 
e regolata dagli artt. 20 e 21 dello stesso r. d. 1., e che si attua 
1ediante la notifica di accertamento del maggior valore, con possibit� 
di concordato fiscale o di ricorso da .parte del contribuente; opll.
re richiedere tasse suppletive, che sono quelle, invece, � che si ri1iedono 
quando l'Ufficio del registro sia incorso, nella liquidazione 
~lla tassa su denuncia, in errore od omissione ., e che non debbono 
;sere procedute dalla notifica dell'accertamento di cui agli artt. 20 

21 del r. d. 1. 1639 del 1936, ma possono formare oggetto di ingiun.
one fiscale. 

Ovbene, nella specie, l'errore denunziato dall'Ufficio non sarebbe 
:>munque caduto sulla liquidazione su denuncia della tassa princiale, 
bensi sarebbe, se mai, occo~so nell'accertamento della imposta 
Jmplementare di cui all'avv!so di aumento di valore notificato ai 
>eredi il 19 giugno 1958, accertamento che si sarebbe basato su di 
na inesatta applicazione alla determinazione dell'imponibile della 
~g.ge 20 ottobre 1!;154, n. 1044; e pertanto qui non si verte nella ipotesi 
i richiesta di imposta suppletiva, bens� di richiesta di ulteriore impo;
a complementare non compresa, �per errore, nel precedente avviso di 
"certamento. 

Nulla vieta evidentemente, secondo quanto ha affermato, con la 
~cente sentenza n. 652 del 22 marzo 1967, questa Corte Suprema, che 
Ufficio possa procedere alla liquidazione di imposte complementari 
1 tempi diversi, emendando le deficienze di un primo accertamento 
on altro successivo, purch�, naturalmente, ci� faccia entro il termine 
i prescrizione dell'anno dal pagamento della imposta principale preisto 
dal d. 1. 21 gennaio 1947, n. 25, che cosi ha modificato l'artiolo 
21 del r. d. 1. del 1936; la legge, infatti, non prescrive che 
accertamento del maggior valore venga fatto necessariamente con 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un solo atto, precludendo qualsiasi ripensamento da parte del fisco. 
Ma il nuovo accertamento -che pu� definirsi, se si vuole, supplementare, 
purch� si tenga il concetto ben distinto da quello della imposta 
suppletiva -deve naturalmente esser fatto anch'esso nelle . 
forme e nei tempi di cui agli artt. 20 e 21 del r. d. 1. 1639 del 1936, 
proprio perch� sempre di accertamento di maggior valore, e non di 
supplemento di imposta, trattasi. Irrituale, quindi, fu la emissione 
della ingiunzione fiscale; e la ragione della irritualit� � da rinvenirsi 
probabilmente nel fatto che detta ingiunzione fu notificata il 
25 giugno 1959, e cio� molto tempo dopo la presumibile scadenza del 
termine annuale prefisso per l'accertamento di mag,gior valore (il 
primo accertamento, necessariamente successivo alla liquidazione della 
tassa principale, fu infatti notificato il 19 giugno 1958). Tale estremo 
di fatto temporale dovr� essere comunque valutato dalla Commissione 
Centrale nel caso che si voglia prospettare, come nuovo :profilo giuridico 
da esaminare in sede di rinvio, .una ccmversione della in.giunzione 
fiscale in avviso di accertamento in base al principio � utile per 
inutile non vitiatur �, giungendosi dalla Finanza, per questa via, ad 
affermare che i coeredi avrebbero dovuto, comunque, rivolgere altro 
ricorso alla Commissione Distrettuale in sede di accertamento dei 
va:lori, e non gi� ricorso alla Commissione Provinciale -Sezione di diritto, 
dato che quello ad essi notificato era, in realt�, un altro avviso 

di accertamento di valore. 

In conclusione, quindi, in accoglimento del primo motivo del rricorso, 
e restando conseguentemente assorbito il secondo motivo, la 
decisione impugnata deve �essere cassata e la controversia rimessa per 
nuovo esame alla stessa Commissione Centrale delle Imposte, la quale 
applicher� i seguenti principi �di diritto: � l'Ufficio del registro che 
abbia commesso un errore nel notificarre al contribuente, ai sensi dell'ultimo 
comma dell'art. 20 del r. d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, il 
valore venale che l'Amministrazione reputa doversi attribuire ai beni 
caduti in una successione, agli effetti della liquidazione della relativa 
imposta complementare, pu� notificare all'uopo altro avviso integrativo 
di accertamento al contribuente, pmch� ci� faccia nei modi ed 
entro i termini stabiliti dagli artt. 20 e 21 del r. d. 1. suddetto e da:ll'art. 
1 del d. I. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25, fermo restando che 
trattasi sempre di imposta complementare e non di imposta suppletiva. 


Agli stessi effetti non pu� quindi valere come accertamento del 
maggior valore venale attribuito ai beni la notifica di ingiunzione del 
pagamento della imposta relativa a tale mag,gior valore quando sia 
decorso il termine annuale di prescrizione �stabilito dall'art. 1 del 

d. 1. C. P. S. 21 gennaio 1947, n. 25 predetto�. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 827 

)RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3560 -Pres. Fa


vara -Est. Miele -P. M. Del Grosso (conf.). Ghiron (avv. An


drioli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Varvesi). 

iposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Esenzione ex 
art. 78, n. 6 e 9 del Trattato di pace -Persone considerate come 
nemiche -Cittadini italiani di razza ebraica -Non sono tali. 

(d. I. 28 novembre 1947, n. 1430, art. 78, n. 6 e 9). 
iposta straordinaria progressiva sul patrimonio -Esenzione ex 
art. 78, n. 6 e 9 del Trattato di pace -Persone considerate come 
nemiche -Risoluzioni delle Commissioni di conciliazione -Valore 
interpretativo vincolante -�Esclusione. 

(d. I. 28 novembre 1947, n. 1430, artt. 78 n. 6 e 9, 83). 
L'esenzione dall'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio 
ibilita dail'art. 78, nn. 6 e 9 del Trattato di pace tra l'Italia e ie 
1tenze alleate e associate (re�so ese�cutivo con d. l. 28 novembre 1947, 

1430) a favore di cittadini delle Nazioni Unite e di altre persone 
nsiderate come nemiche dalia legislazione vigente in Italia durante 
guerra, non si estende ai cittadini italiani di � razza ebraica � che la 

7islazione italiana non ha mai considerato come nemici (1). 

Le risoluzioni delle Commissioni di conciliazione di cui all'art. 83 
l Trattato di pace tra l'Italia e le Potenze alleate e associate (reso 
ecutivo con d. i. 28 novembre 1947, n. 1430) non contengono una 
terpretazione avente valore integrativo del Trattato e pertanto non 
rw vincolanti oltre il caso deciso (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo il Ghiron deduce la violazione 
falsa applicazione di norme di diritto (art. 76, nn. 6 e 9, del Trat;
o di pace reso esecutivo con d. I. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430; 

(1-2) Con la sentenza che pubblichiamo � stata risolta dalla C. S. 

questione assai dibattuta e variamente risolta dai giudici di merito. 
!l senso della soggezione all'imposta si erano pronunciati oltre alla 
irte di Genova con la sentenza ora confermata e con l'altra 5 gennaio 
65 (Foro pad., 1966, I, 61 con nota contraria di G. CANSACCHI, Sull'app.zibilit� 
della imposta straordinaria sul patrimonio nei confronti degli 
aeliti), App. Firenze 15 gennaio 1965 (ivi, 1966, I, 59), Comm. centle, 
14 febbraio 1962, n. 54718 (Riv. leg. fisc., 1963, 2371); nel senso delsenzione 
Trib. Torino 7 novembre 1966 (Giur. it., 1967, I, 2, 1) e 2 
nnaio 1967 (Foro it., 1967, I, 2226). La dottrina � decisamente orientata 
r l'esenzione: cfr. dello stesso CANSACCHI, L'esenzione degli israeliti 
liani dall'imposta straordinaria sul patrimonio in base all'art. 78 n. 6 e 
:lel Trattato di pace, in Dir. e prat. trib., 1960, II, 230; CONTINENZA, Inap



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

art. 3 r. d. 8 luglio 1938, n. 1419; art. 12 disposizioni sulla legge in 
generale; art. 24 e segg. Statuto 4 marzo 1848; art. 3 Costituzione della 
Repubblica; r. d. l. 5 ottobre 1938 sulla difesa della razza e provvedimenti 
vari sulla difesa della razza in particolare art. 10 lett. a) r. d. L 
17 novembre 1938; d. 1. della R. S. I. del 4 gennaio 1944; art. 360, n. 3, 

c. p. c.) e sostiene che la Corte di merito ha erroneamente interpretato 
il para.grafo 9 art. 78 del Trattato di pace, sino a privarlo di ogni 
effettiva portata normativa: l'ampio riferimento alla � legislazione 
in vigore in Italia durante la guerra � non poteva essere circoscritto 
alla sola legge di gruerra. Quest'ultima d'altra parte non distingue tra 
sudditi nemici e �persone considerate come nemiche., ma ha riguardo 
sostanzialmente ad 1.l!Il'unica categoria di � sudditi nemici � nella quale 
ricomprende tutte le persone e gli enti di cui agli artt. 3 e 5; per conseguenza, 
le restituzioni, le provvidenze e i �benefici previsti nell'art. 78 
del trattato di pace si sarebbero estesi automaticamente a tali .persone 
ed enti, senz'uopo della equipaTazione dal citato paragrafo 9. Bench� 
sia esatto che con l'espressione � considerati come nemici � non si vollero 
designare coloro che .subirono di fatto persecuzioni e confische, 
nei riguardi degli ebrei italiani il trattamento � come nemici � fu sancito 
da norme positive che ebbero appunto vigore durante la guerra. 
Tutto il tenore dell'art. 78 del trattato di pace � conclama che le 
parti contraenti vollero tenere .presenti, accanto ai cittadini delle Nazioni 
Unite, quei cittadini italiani che la legislazione in vigore durante 
la guerra ebbe a trattare come nemici �. Il paragrafo nove non prevede 
solo l'esenzione tributaria, ma anche il ripristino di tutti i legittimi 
diritti ed interessi delle Nazioni Unite e dei loro cittadini in Italia in 
quanto gi� l'Italia non lo avesse operato. 
Se dunque per gli ebrei, con diversi provvedimenti, tale ripristino 
venne attuato (in conformit� all'art. 15 dello stesso trattato di .pace) 

plicabilit� dell'imposta straordinaria sul patrim01iio nei confronti degli 
israeliti anche se italiani, ivi, 1959, II, 183; SPECCHIO, Assimilazione dei 
perseguitati razziali ai cittadini delle Nazioni Unite agli effetti dell'imposta 
straordinaria sul patrimonio, ivi, 1958, II, 80; G10RGETT:i:, Di una 
esenzione fiscale a favore di alcuni cittadini italiani di razza ebraica, 
trattati come nemici nell'ultimo conflitto, in Riv. dir. fin. e se. fin., 
1960, I, 92. 

La S. C. ha risolto linearmente la grave questione con diretto riferimento 
all'art. 78, n. 9 del Trattato di pace, che assimila ai cittadini delle 
Nazioni Unite le persone, fisiche e giuridiche, che, ai sensi della legislazione 
in vigore in Italia durante la guerra, siano state considerate (trattate) 
come nemiche; una norma di legge (e non solo una direttiva politica 

o un'azione materiale) deve considerare le persone specificamente � nemiche� 
e non altrimenti soggette. a limitazioni o persecuzioni che possono 
essere state dirette anche ad altre categorie di cittadini italiani. Per la 
definizione di � nemico � pu� quindi essere utilizzata soltanto la legge 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 829 

1' tutti ,gli aspetti considerati nei numeri 1, 3, 4 e 5 cit. art. 78, non 
scorge il motivo per il quale dovrebbe negarsi loro la detta esenme, 
prevista nel par. 6. 

La censura � infondata. Va premesso che il Trattato di pace 10 
:>braio 1947, reso esecutivo con d. 11. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430, 
l'art. 78 stabilisce, fra l'altro, l'esenzione dei cittadini delle Nazioni 
iite e dei loro beni da ogni imposta o contributo di carattere straor11ario 
a cui il Governo italiano, o altra autorit� italiana abbia sotto
�sto i loro capitali in Italia nel periodo compreso tra il 3 settembre 
43 e la data di entrata in vigore del trattato allo scopo specifico di 
prire spese risultanti dalla guera-a o per fare fronte al costo delle 
rze di occupazione, o delle riparazioni da pagarsi ad una qualsiasi 
Ue Nazioni Unite. Nel paragrafo 9, definendosi i cittadini delle Na>
ni Unite, il Trattato comprende in tale espressione anche le persone 
e, quantunque non cittadini di una delle Nazioni Unite: �siano state 
nsiderate come nemiche dalla legislazione in vigore in Italia durante 

guer.ra �. 

Per l'adeguata interpretazione del contenuto e della portata del 
rnnine � nemico � ivi adoperato, va tenuto conto della natura delitto 
in cui � inserito, e del suo conteI11Uto normativo. Sotto il primo 
ofilo va osservato che, trattandosi di un atto di diritto internazionale 
.e pone fine allo stato di guerra tra l'Italia e gli altri stati belligenti, 
al termine in questione si deve attribuire il suo significato proio 
secondo il diritto internazionale, con esclusione, pertanto, di quello 
3:slato, o letterario. Sono tali i cittadini delle nazioni belligeranti con 
talia (i cittadini delle Nazioni Unite) e per l'espresso richiamo del 
IJ:". 9 anche le .persone fisiche (o societ�) le quali, ai sensi della legi:
tz:ione in vigore in Italia durante la guerra, siano state considerate 

guerra 8 luglio 1938, n. 1415; le leggi antiebraiche, anteriori alla dichiazione 
di guerra, e che sono dirette contro cittadini italiani, non conl.
erano i soggetti di razza ebraica nemici dello Stato italiano, meno 
.e mai nel senso proprio del diritto internazionale che caratterizza la 
orma del Trattato di pace. 

Sul secondo punto (una delle risoluzioni della Commissione di 
nciliazione 24 settembre 1956 � riportata in Dir. e prat. trib., 1958, II, 80) 

sentenza ha risolto succintamente la questione considerando che l'artilo 
83 del Trattato di pace, , nel dichiarare definitiva ed obbligatoria 
vviamente fra gli Stati interessati) la risoluzione della Commissione di 
nciliazione, non stabilisce che la risoluzione stessa abbia carattere 
tegrativo del Trattato e sia quindi valida per tutte le controversie del 
1nere. Ed infatti nei rapporti fra Stato italiano e cittadino italiano non 
1� essere vincolante la risoluzione di un organo internazionale, emessa 
1lla controversia fra due Stati, non avente valore normativo. 

C. BAFILE 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(o, meglio e pi� esattamente, �trattate�) come nemiche. Con riferimento 
all'ordinamento giuridico italiano �, pertanto, rilevante solo la 
legislazione italiana, cio� occorre che la definizione di nemico derivi 
da una disposizione di legge, con esclusione di valutazioni scaturenti 
da espressioni, opinioni politiche o di altro genere. Cos� limitato l'ambito 
di indagine, va osservato che la legislazione al riguardo � costituita 
dagli articoli 3 e segg. della legge di guerra, r. d. 8 luglio, n. 1415 
(modificato dall'art. 2 della legge 16 dicembre 1940, n. 1902) i quali 
definiscono il � suddito nemico � sulla base .di varri presupposti. 

In nessun caso � considerato tale il cittadino italiano che albbia 

� solo tale cittadinanza, come � appunto nel caso di specie, non discutendosi 
che Adriano Ghiron fosse cittadino italiano, senza mai pe11dere 
la cittadinanza stessa od acquistarne altra di una delle Nazioni Unite; 
col che, tra l'altro, si esclude anche ogni efficacia di specie al richiamo 
che, nella materia, a v�lte si fa in dottrina all'art. 83 del trattato di 
pace. 
Ora, solo al suddito nemico, cos� ivi definito, si applicano le particolari 
limitazioni personali e patrimoniali (articoli 292 e segg. della 
legge cit.), onde non pu� ricavarsi la qualit� di � nemico � da un 
particolare trattamento riservato alla persona, in assenza dei relativi 
presupposti, quali sopra si sono ricordati, in base all'ordinamento giuridico 
vigente. 
N� la legislazione successiva ha derogato ai principi della legge 
di guerra cit. ed anche quella dell'illegittimo governo fascista (d. 1. del 
duce 4 gennaio 1944, n. 2, a parte Q�gni questione della sua irrilevanza 
giuridica) non ha ampliato le categorie dei � sudditi nemici � includendovi 
anche i cittadini italiani di cosiddetta razza ebraica, i quali, pertanto, 
bench� sottoposti a gravi limitazioni personali e patrimoniali 
(il che, come si � osservato, non � sufficiente per la qualificazione di 
nemico), non sono stati qualificati � nemici ., n� a.gli effetti della legislazione 
interna, n� meno ancora del diritto internazionale o del trattato 
di pace. Si aggiunga che il trattato di pace regola solo i rapporti tra 
lo Stato italiano e gli altri Stati belligeranti. N� a diversa conclusione 
potrebbe giungersi in base alla legge tra lo Stato italiano ed 
i suoi cittadini, onde, obbligando esso solo nei limiti delle sue statuizioni 
(e ci� vale tanto pi� se al trattato di pace si vuole negare carattere 
convenzionale, come libera determinazione della parte, per attribuirgli 
solo, come pure sostiene la valorosa difesa del ricorrente, carattere 
di imposizione unilaterale del vincitore al vinto), si avrebbe 
una estensione ingiustificata e non dovuta del trattamento di esenzione 
a categorie di cittadini non contemplate dal trattato stesso n�, 
meno ancora, dalla legge interna. 

Si obbietta dal ricorrente anche in sede di discussione della causa, 
che la adottata interpretazione renderebbe pleonastico il paragrafo 9 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ddetto, .giacch�, divenendo il trattato di pace legge dello Stato, la 
~nzione fiscale si sarebbe dovuta applicare, automaticamente, a tutte 
persone che secondo la legge italiana fossero da considerarsi nemiche. 

Per cui, l'espressa previsione di questa categoria fa ritenere che 
-termine � considerato nemico � debba interipretarsi nel senso da lui 
;tenuto. Peraltro, cos� ragionando, il ricocrente trascura di considere, 
come si � gi� osservato, ohe il tl'attato di pace obbliga lo Stato 
.liano solo nei limiti delle sue statuizioni, onde, se fosse mancata 
ella specificazione, lo Stato italiano avrebbe dovuto riconoscere il 
ivilegio ai nemici in senso proprio (appartenenti ad una delle nazioni 
lligeranti) e non invece a coloro che, quantunque non cittadini di 
a delle Nazioni Unite, avesse considerato, in base alle sue leggi, sud;
i �nemici�. 

Con il secondo motivo il .ricorrente, denunziando la violazione e 

falsa applicazione dell'art. 83 del Trattato di pace sostiene che la 

�rte di Genova, senza alcuna motivazione, ha escluso valore interetativo 
della norma in questione alle decisioni della Commissione di 
nciliazione istituite per l'art. 83 del Trattato di .pace, mentre, al 
ntrario, delegando l'art. 83 espressamente alle Commissioni l'interetazione 
degli artt. 75 e 78 del Trattato, la interpretazione da queste 
ottate, obbligatoria sul piano internazionale, lo � anche nell'ordinamto 
interno, in seguito alla legge che rende esecutivo il trattato 
lSSO. 

La censura � infondata. L'art. 83 del Trattato di pace ha devoluto 
.e commissioni di conciliazione la risoluzione delle controversie che 
ssono sorgere a proposito dell'applicazione degli articoli 75, 78 e di 
;re disposizioni del Trattato stesso, ma non ha stabilito che l'interetazione 
adottata per la risoluzione delle controvwsie valga anche 
r tutte le altre controversie di e.guai genere. Pertanto, la interpre~
ione adottata dalla Commissione, non avendo valore integrativo del 
attato, non estende la sua efficp.cia oltre il caso deciso. -(Omissis). 

>RTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1968, n. 3568 -Pres. Favara 
-Est. Milano -P. M. Toro (conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Castiglione-Morelli) c. Bosi (avv. Porto). 

tposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Decisioni 
delle Commissioni in tema di valutazione -Legittimit� Condizioni. 


(r. d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). 

RASSEGNA ~ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette sui trasferimenti -Giudizio 
dinanzi ai Tribunali ordinari ex art. 29, 3 comma d. l. n. 1639 
del 1936 sulla legittimit� delle decisioni delle Commissioni tributarie 
in tema di valutazione -Apprezzamento sul calcolo dei 
valori -Esclusione. 

(r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
Le decisioni delle Commissioni provinciaU deUe imposte in materia 
di vaiutazione devono contenere, a norma dell'art. 42 del r. d. 8 
lugiio 1937, n. 1516, una sommaria motivazione che indichi specificamente 
i dati in base ai quali si � proceduto al catcolo del valore imponibile, 
precisando a quale dei criteri stabiliti nelle lettere a) e b) dell'art. 
16 dei r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 si � attenuta e in che modo 
agti stessi abbia fatto riferimento. � peraltrio consentito alLe Commissioni 
fare ricoTso a criteri divers�i da quelti menzionati in detta norma, 
ma in tal caso devono farsi risultare, almeno per impllicito, le ragioni 
della scelta di quei detell'minato sistema che, inoltre, deve essere idoneo 
allo scopo e non contrario alla legge (1). 

n controllo demandato al giudice ordinario dall'art. 29 del r. d. 7 
agosto 1936, n. 1639 sulle decisioni delle Commissioni provinciali di 
valutazione � !imitato alla cognizione di legittimit� concernente il solo 
giudizio rescindente; pertanto, il giudice che accerti l'invalidit� della 
decisione non ha il potere di procedere aila risoluzione dei temi che 
avevano costituito oggetto del giudizio della Commissione e di apprezzare 
il calcolo dei valori, apprestando alla decisione impugnata la motivazione 
mancante, ma deve !imitarsi ad annullare la decisione 
stessa (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione 
ricorrente denuncia la violazione degli artt. 15, 16 e 29 r. d. 7 agosto 
1936, n. 1639, 42 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 ed 1 d. I. 5 marzo 1942, 

n. 186 e censura la sentenza della Corte di merito per avere escluso 
la dedotta nullit� della decisione della Commissione provinciale. Sostiene 
che tale nullit� sussiste perch� la Commissione, oltre ad essere 
incorsa in grave ed evidente errore di apprezzamento, aveva ritenuto 
lecito, ai fini della determinazione del valore imponibile, il ricorso 
(1-2) Sull'abbondante. giurisprudenza in materia � sufficiente il rinvio 
a Cass. 28 marzo 196�6, n. 819 in questa Rassegna, 1966, I, 912, con note di 
richiami. � da rilevare peraltro la precisione con cui in questa� pronuncia 
si riafferma l'obbligo dell'osservanza dell'art. 16 del r. d. 7 agosto 1936, 

n. 1639 e si definiscono i limiti entro i quali � ammesso il ricorso ad altri 
criteri da considerarsi eccezionali, Su1la non tassativit� dei criteri fissati 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

valore di mercato di cui all'art. 1 r. d. 5 marzo 1942, n. 186, valido, 

vece, per i soli trasferimenti per atto tra vivi e, in ogni caso, non 

�eva, neppure implicitamente, spiegato quale, nella specie, sarebbe 

ita la impossibilit� di valutare i beni con riferimento al valore com


.rativo e della capitalizzazione del reddito, come prescritto dalle 

ttere a) e b) dell'art. 16 r. d. n. 1639 del 1936. 

La censura � fondata. 

L'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 prescrive che le deci>
ni delle commissioni distrettuali e provinciali in materia di imposte 
i trasferimenti di ricchezza debbono contenere una sommaria moti1zione 
dalla quale risultino .gli elementi di fatto tenuti a calcolo della 
~erminazione dei valori imponibili. Tale disposizione � stata da questa 
>rte Suprema inte!1pretata nel senso che per potere ritenere una de~
ione emessa da una commissione tributaria, sia pure sommariamente, 
otivata � necessario che la stessa indichi specificamente i dati in base 
quali si � proceduto al calcolo del valore imponibile, .precisando a 
tale dei criteri previsti e stabiliti dalle lettere a) e b) dell'art. 16 del 
tato decreto n. 1639 del 1936 si � attenuta, e in che modo agli stessi 
1bia fatto riferimento. 

Vero � che � consentito all'Amministrazione e, quindi, anche alle 
immissioni tributarie di fare ricorso a criteri diversi da quelli men[)
nati dalla richiamata disposizione, applicabile non solo ai trasferienti 
di immobili per atto tra vivi, ma anche a quelli mortis causa, 
guardando l'art. 1 del r. d. 5 marzo 1942, n. 186, richiamato dalla 
[!Orrente amministrazione, i trasferimenti di immobili gi� soggetti 
l'abolita imposta speciale di registro sul plusvalore. Ma, come .pi� 
>lte � stato ritenuto, in tale caso, devono farsi risultare, almeno per 
iplicito, le ragioni della scelta di quel determinato sistema, il quale, 
oltre, deve essere idoneo allo scopo e non contrario alla legge. 

Orbene, nel caso in esame, la Corte di merito, rilevando che la 
~mmissione .provinciale, ai fini della determinazione del valore da 
tribuire agli immobili caduti nella successione, aveva indubbiamente 
teso fare riferimento ai valori di mercato, ha ritenuto che il ricorso 
tale criterio di valutazione, anzich� a quelli previsti dalla legge, era 
~Ila specie pienamente giustificato dall'impossibilit� di tener conto 
ii valori accertati dalla Finanza in altre contrattazfoni relative a fondi 
te si differenziavano per caratteristiche oggettive da quelli in esame 

!ll'art. 16 cfr. in particolare Cass. 8 luglio 1963 n. 1855, Riv. leg. fisc., 
163, 2274 e 2 ottobre 1962, n. 2800, ivi, 1963, 625. 

La seconda massima definisce con molta chiarezza il potere del 
udice di impugnazione nel iudicium rescindens e pone bene in guardia 
1ntro la... tentazione di integrare la mancante motivazione della deci::
me impugnata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(valore comparativo), e dall'assoluta inadeguatezza della capitalizzazione 
del reddito per le aree fabbricabili. 

Senonch� dall'esame del testo della impugnata decisione della 
commissione provinciale -esame consentito in questa sede, essendo 
stato denunciato un eN."or in procedendo -nulla �di tutto ci� risulta, 
in quanto nella stessa, non soltanto non vi � alcun accenno ai .prezzi 
di mercato e in comune commercio dei beni oggetto di valutazione, 
avendo al riguardo la Commissione proceduto in base a criteri generici 
e sommari, senza alcuna indicazione ed elaborazione di elementi 
e di calcolo, ma neppure, .per implicito, viene giustificata la mancata 
adozione dei due criteri stabiliti sia pure a scopo puramente indicativo 
dalla legge. 

Appare, quindi, chia.ro che la Corte di merito, con il sopperire con 
propria motivazione al difetto di attivit� della commissione tributaria, 
non si � mantenuta nei limiti del proprio compito, che era 
unicamente quello volto all'esame della conformit� della decisione della 
commissione, o pi� propriamente dell'attivit� del giudicare svolta dalla 
commissione, alle norme di legge ed ai criteri di logica cui tale attivit� 
deve attenersi. 

Secondo, infatti, il fermo indirizzo della giurisprudenza di questa 
Suprema Corte e l'opinione dominante in dottrina, il controllo demandato 
al giudice ordinario, sul giudizio di valutazione reso dalla 
commissione provinciale, non si estende al merito, ma si esplica nel 
pi� ristretto ambito di una cognizione di legittimit�, dando luogo ad 
un giudizio di gravame limitato al rescindente, per l'eventuale annullamento 
della decisione amministrativa che si appalesi gravemente 
erronea nell'apprezzamento o manchevole nel calcolo. Il giudice, pertanto, 
il quale accerti l'invalidit� della decisione della commissione tributaria, 
non ha il potere di procedere egli stesso alla risoluzione dei 
temi che avevano costituito l'oggetto del giudizio di merito della pronuncia 
impugnata, vale a dire all'apprezzamento del calcolo dei valori, 
apprestando alla decisione la motivazione mancante, nia deve limitarsi 
ad annullare la decisione stessa. 

Nella. specie, pertanto, posto che la decisione impugnata difettava 
dell'enunciazione sufficiente degli elementi tenuti a calcolo, non era 
consentito alla Corte di merito accertare, per altra via, la sostanziale 
esattezza dell'apprezzamento, come del pari, ai fini del riscontro del 
dedotto errore di apprezzamento, e d~lla sua gravit� ed evidenza, la 
Corte stessa avrebbe dovuto limitarsi ad accertare se tale vizio si appalesasse 
direttamente all'esame del testo della decisione impugnata, 
e non .gi� escluderne la sussistenza con l'affermare che le valutazioni 
acquisite al procedimento si riferivano a fondi obiettivamente diversi, 
importando anche tale affermazione un'inammissibile autonoma indagine 
su fatti rilevanti per la questione .di valutazione. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

)RTK DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 3611 -Pres. 
Favara -Est. Della Valle -P. M. Colonnese (conf.). Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Cavalli) c. De Mauro (avv. Du Bess�). 

iposta di registro -Atto di sottomissione e garanzia in materia di 
dilazione del pagamento dell'imposta di successione -Garanzie 
prestate da un terzo -Imposta fissa di registro. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 65: r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa 
A, art. 55). 
L'atto di sottomissione a garanzia che accede aiia concessione di 
!azione. del pagamento dell'imposta di successione �, a norma del>
rt. 65 della legge organica sulle successioni, in ogni caso soggetto 
ia tassa fissa di registro di cui aH'art. 55 della tariffa A, anche quando 

garanzia reale e personale sia prestata da terzi (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo dedotto la ricorrente Ammini~
azione finanziaria dello Stato, denunciando la violazione dell'artilo 
65 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e degli articoli 54 e 55 Tariffa 
ll. A r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in relazione all'art. 360, nn. 3 

5 c. p. c., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che 
1tto di sottomissione a garanzia di cui all'art. 65 del r. d. 30 dicem


(1) Questione nuova per la S. C. risolta in modo assai poco persuam. 
Non sembra in primo luogo esatto, sul piano esegetico, che l'art. 65 
Ila legge sulle successioni contenga un rinvio e per relationem � al.
rt. 55 tariffa A della legge di registro, cio� non un rinvio all'intero 
ntenuto della norma, ma solo un riferimento e per indicare il tipo e 
misura dell'imposta dovuta per tutti indistintamente gli atti di sottolssione 
a garanzia �. Poich� il concetto di imposta fissa di registro � ben 
faro, non era necessaria la citazione dell'art. 55 tariffa A (una delle 
tmerosissime norme che prevedono l'imposta fissa) solo per richiamare 
l tipo e la misura � dell'imposta, cosi come non sono stati ritenuti 
~cessari rinvii ad altre norme per dichiarare l'esenzione dalle imposte 
bollo e ipotecaria. Sembra al contrario da escludere che una norma 
~Ila legge sulle successioni, col menzionare una norma specifica della 
gge di registro, abbia creato un'agevolazione sul normale tributo di 
gistro. Se l'atto di sottomissione, per quanto inerente alla riscossione 
altra imposta, � tuttavia dichiarato soggetto all'imposta di registro 
condo 1'e intrinseca natura � (il rinvio all'art. 55 della tariffa abbraccia 
1indi l'intera norma richiamata) � da escludere che la legge sulle sucssioni 
abbia inteso modificare la legge di registro. 

Ancor meno convincente � la considerazione che l'art. 65 della legge 
tlle successioni rinvii soltanto all'art. 55 della tariffa A e non anche 
l'art. 54. Evidentemente l'art. 65 si riferisce all'ipotesi normale in cui 

debitore (comma VII) sottoscriva l'atto col quale viene iscritta ipoteca 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bre 1923, n. 3270 debba essere assoggettato alla tassa fissa: di cui 
all'art. 55 della Tariffa All. A della legge di registro n. 3269 del 
1923, invece �che a quella graduale di cui al precedente art. 54, anche 
nel caso in cui a prestare la fideiussione a favore dell'ufficio finanziario 
per la dilazione del pagamento dell'imposta di successione sia 
non lo stesso obbligato, ma un terzo. 

All'uopo -premesso che gli articoli 54 e 55 Tariffa All. A sopraindicati 
tengono nettamente distinta l'ipotesi della garanzia prestata 
dal terzo da quella della garanzia prestata dallo stesso obbligato, 
assoggettando la prima a tassa graduale e la seconda a tassa fissa sostiene 
che l'art. 65 della legge n. 3270 del 1923 sulle tasse di successione 
non contiene alcuna deroga a tale prescrizione, e che pertanto 
la norma di cui al penultimo capoverso di detto articolo -secondo la 
quale e l'atto di sottomissione a garanzia � soggetto all'imposta fissa 
di cui all'acrt. 55 della Tariffa All. A � -va riferita unicamente al 
caso nOi'Illale di garanzia prestata dall'obbligato. 

La censura � priva di giuridico fondamento. 

Il ;problema, che si presenta per la prima volta a questa Suprema 
Corte, consiste nel determinare l'esatta portata dell'art. 65 della suindicata 
legge tributaria delle successioni, e pi� precisamente nello 
stabilire se il richiamo ivi fatto all'ari. 55 Tariffa All. A della legge 
di registro debba intendersi riferito al solo caso della garanzia prestata 
dall'obbligato diretto, od anche a quello della garanzia prestata 
dal terzo. 

sugli immobili ereditari (comma IV); ma quando si �ricorre ad altre garanzie, 
realizzabili attraverso un gran numero di possibili negozi, risulter� 
applicabile la norma specifica pertinente al caso, che non :pu� ovviamente 
trovarsi richiamata nell'art. 65 della legge sulle successioni; non � quindi 
soltanto l'art. 54 che non � richiamato, ma anche tante altre norme che 
regolano i negozi di garanzia (ad esempio cessione di credito, polizza 
fideiussoria, ecc.). Non va dimenticato che una norma sostanzialmente 
identica a quella dell'art. 65 della legge sulle successioni � contenuta 
nell'art. 92 della legge di registro (quest'ultima per� non fa cenno ad 
ogni altra idonea garanzia); in questo caso � ancor pi� evidente che la 
norma della legge di registro che, come in infinite altre ipotesi, richiama 
un articolo della tariffa, conferma e non modifica la norma richiamata. 

L'ultimo argomento basato sull'utilit� sociale e l'equit� � troppo fragile 
di fronte alla norma che chiaramente esprime una diversa volont� legislativa; 
ma esso non trova riscontro nemmeno sul piano concreto perch� 
in altri simili casi, come per l'I.G.E. (art. 46 I. 19 giugno 1940, n. 762 e 
art. 117 reg. 26 gennaio 1940, n. 10), nessun particolare rinvio � fatto 
all'art. 55 della tariffa A della legge di registro sicch�, indubbiamente, 
l'atto di sottomissione a garanzia � .soggetto al normale regime e quindi 
all'imposta dell'art. 54, nel caso che la garanzia reale o personale sia 
prestata da terzi, e delle norme specifiche in ogni altro caso di garanzia 
sussidiaria a quella data dal contribuente. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 837 

E la soluzione di esso non pu� essere che quella accolta dalla 
>rte catanese nella decisione impugnata. 

Nel consentire ai debitori dell'imposta di successione il pa.gamento 
teale l'art. 65 della citata legge n. 3270 del 1923, dopo avere stabi.
o -nel penultimo comma, che a tutela del credito dilazionato deve 
sere iscritta ipoteca rugli immobili ereditari ed � assunta ogni altra 
lranzia a giudizio dell'Amministrazione �, -il che significa che in 
:giunta a quella dell'obbligato diretto pu� essere chiesta anche la 
lranzia del terzo -, avverte invero, nell'ultimo comma, con espres)
ne generica e senza distinguere t�ra l'una e l'altra forma di ga.
nzia -quella cio� prestata dal debitore diretto e quella prestata 
LI terzo -che � l'atto di sottomissione a garanzia � soggetto alla 
ssa fissa di cui all'art. 55 della Tariffa All. A alla leg.ge di registro 
I � esente dalle tasse di bollo e ipotecarie �. 

Vero � bensi che nell'art. 55 sono :previsti, come si � detto, solnto 
� gli atti di cauzione o di sottomissione prestati dall'obbUgato 
~incipale � e che le � cauzioni mallevadorie, fidejussioni anche solitli 
di somme e valori prestate da una o pi� persone cumulativamente 
~r �una terza persona � sono prevedute viceversa nel precedente ar~
olo 54; ma tale rilievo -che l'Amministrazione ricorrente assume 

caposaldo della propria tesi -� in realt� privo di significato giudico, 
essendo evidente -(e la stessa espressione della legge lo 
vela) -che il rinvio all'art. 55 � stato fatto � per relationem ., e 
o� non per richiamare l'intero contenuto della norma, con riferilento 
soprattutto ai soggetti dai quali :provengono gli atti che essa 
>ntempla -( � il diretto obbli~ato � o � il terzo �) -ma unicamente 
~r indicare il tipo e la misura dell'imposta dovuta per tutti indiintamente 
gli atti di sottomissione a garanzia, da chiunque e comun11e 
prestati, a tutela dell'imposta di successione dilazionata. Ed a 
>nferma della esattezza dell'interipretazione accolta va considerato 
1e altra sarebbe stata certamente la dizione della legge se si fosse 
e>luto -come sostiene l'Amministrazione ricocrente -assoggettare 
atto di sottomissione di cui all'art. 65 alle normali imposte previste 
alla legge di registro, che non avrebbe mancato in tal caso il legi.
atore di richiamare ad un tempo l'art. 55 e 54 perch� fosse appli:
tto l'uno -(che prevede l'imposta fissa) -o l'altro -(che :preede 
quella graduale) -a seconda dei casi. 

Senza dire poi che �una �diversa interpretazione, oJ.tre che con 
t lettera, contrasterebbe con lo spirito della disposizione e con la 
11uit�, giacch� da una parte, con lo scoraggiare i terzi dal farsi gaanti 
dell'altrui debito d'impo:sta, renderebbe pi� difficile l'otteni1ento 
di quella duplice garanzia che costituisce per l'Erario una milior 
tutela del credito �dilazionato e che viene perci� solitamente 
ichiesta e, dall'altra, verrebbe a negare il beneficio dell'imposizione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minima qual'� quella dell'imposta fissa -proprio a coloro che, 
per il fatto stesso di rendersi responsabili verso l'Erario di un'obbligazione 
non propria, ne appaiono viceversa maggiormente meritevoli. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 ottobre 1968, n. 3637 -Pres. 
Scar.pello -Est. Usai -P. M. Tuttolomondo -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Varvesi) c. Banca Agricoltura (avv. Alcandri). 

Imposta di registro -Enunciazione di convenzione verbale -Tassa


bilit� -Condizioni -Applicazione in tema di eunciazione di con


venzione relativa a disponibilit� di somma sul presupposto di 

contratto di conto corrente di corrispondenza. 

(art. 1852 c. c.; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62, 2� comma e art. 28 
tariffa, ali. A). 

Per la tassabilitd, a norma dell'art. 62, comma secondo, r. d. 30 
dic�mbre 1923, n. 3269, delle convenzioni verbali enunciate in atto 
presentato per la registrazione, oltre ai requisiti indispensabiU della 
sussistenza della convenzione enunciata e della connessione diretta fra 
questa e le disposizioni dell'atto che la contiene, � richiesto che l'atto 
enunciante consenta la possibilitd di identificare. la convenzione in ordine 
ai soggetti, al contenuto oggettivo ed alla sua reale p�'l'tata, in 
guisa da costituire ndn solo la prova della sua esistenza, ma addirittura 
il titolo. Il concorso di tali requisiti va accertato anche se si 
discute della tassabiiitd di una convenzione enunciata rivolta a creare 
una disponibilitd di somma di danaro, nonostante l'ampia formulazione 
dell'art. 28 della tariffa all. A alla legge di registro nella quale 
essa va inquadrata, e anche se si riconosce l'esistenza, come presupposto, 
di un contratto di conto corrente di corrispondenza, rispetto alia 
quale essa � funzionalmente collegata, pur essendo autonoma (1). 

(Omissis). -La ricorrente, deducendo la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 8 e 62 della legge di registro approvata col r. d. 
30 dicembre 1923, n. 3269 e dell'art. 28 della stessa legge in relazione 
all'art. 360, n. 3 e 5 cod. proc. civ., sostiene che la Corte del merito 

(1) La massima applica un orientamento .ormai costante, anche se 
contrastato alle convenzioni che sono rivolte a creare disponibilit� di somme 
e che pvesuppongono un contratto di conto corrente di corrispondenza, 
col quale sono funzionalmente collegate. Sul detto orientamento cfr. PAGANO, 
Enunciativa di convenzione verbale e suoi profili tributari, in quest� 
Rassegna 1966, I, 1301; Io., Osservazioni a Cass. 8 gennaio 1968, n. 32, 
retro, 457. 
V. Cass. 25 maggio 1966, n. 1340, c. p. e loc. sopracitate. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ile sue esatte premesse non ha tratto le dovute conseguenze perch� 

�n ha tenuto presente che l'art. 28 della .tariffa all. A alla legge di 
gistro non sottopone ad imposta proporzionale le sole aperture di 
edito, ma in genere � le obbligazioni di somme di danaro, i ~estiti, 
ricognizioni di debito e tutti gli atti e contratti che contengano obbligo 
somma�. 

Infatti non si poteva negare che nel ricorso rper decreto ingiunro, 
anche ad escludere che fosse contenuto alcun riferimento ad un 
.gozio di apertura di credito, esistesse l'enunciazione di una obbligame 
di somma di danaro, fatta in modo tale da consentire di identi:
a;re, attraverso il solo atto enunciante, la sostanza e .gli estremi catteristici 
della convenzione enunciata sia in ordine ai soggetti, sia in 
dine al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata. 

La ricorrente sostiene inoltre che la sentenza impugnata � con:
tddittoria quando afferma l'equivocit� e la conseguente irrilevanza 

fini della imposta di registro dell'enunciazione solo perch� al finan:
tmento del conto corrente potevano aver dato luogo negozi di diversa 
tura. La sentenza stessa, invero, dopo aver posto in rilievo :J.'auto'
mia del conto corrente rispetto a quelli che ne costituivano i presup>
Sti, non poteva pi� negare rilevanza giuridica alle obbligazioni che 
dvavano dal conto corrente. e sostenere che erano valide le sole 

�bligazioni che risultavano collegate al contratto di apertura di creto, 
di anticipazione o di deposito. 
La Corte d'Appello av.rebbe, infine, dovuto rilevare che nel citato 

t. 
28 era espressamente stabilito che l'imposta si applicava anche 
rapporti con gli istituti di credito, quando non risultavano deposito 
pegno di titoli, e che l'enunciazione in esame non menzionava una 
nile eventualit�. 

Il 
motivo � infondato. 

La Corte del merito ha, invero, basato la sua decisione sul prin;>
io che per la tassabilit�, a norma dell'art. 62, comma secondo, della 
gge di registro approvata con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, deNe 
nvenzioni verbali enunciate in un atto presentato per la registrazione, 
tre a.gli altri requisiti indispensabili, � richiesto che l'atto enunciante 
nsenta la possibilit� di identificare la convenzione in ordine ai sog
�tti, al contenuto oggettivo e alla sua reale portata, in .guisa da forre, 
non solo la prova della sua esistenza, ma addirittura il titolo. 
1gione .per cui non � sufficiente che l'atto enunciante faccia presumere 
.e altro diverso rapporto siasi costituito fra le stesse parti, ma � nessario 
che contenga elementi che rivelino il contenuto dell'atto enun:
tto in modo da consentire di identificarlo. E sull'esattezza di tali 
incipi, da questa Suprema Corte anche di recente .ribaditi (Cass. 
~z. Unite 14 giugno 1967, n. 1331; Cass. 7 ottobre 1967, n. 2291; 
tss. 25 mag.gio 1966, n. 1340), non viene mossa alcuna censura. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte di Torino ha, poi, accertato che l'enunciazione per cui � 
causa deve essere ritenuta irrilevante ai fini dell'imposta di registro 
perch� non con:sente l'individuazione univoca del contratto enunciato, 
e questo apprezzamento del giudice di merito � insindacabile in cassazione 
se adeguatamente e correttamente motivato (Cass. 25 maggio 
1966, n. 1340). 

Contro tale giudizio, col quale viene esclusa la tassabilit� della 
enunciazione, non pu� essere invocata l'ampia dizione dell'art. 28 della 
tariffa all. A alla leg.ge di registro, che comprende non solo le aperture 
di credito, ma in genere � le obbligazioni di somme �di danaro, i 
prestiti, le ricognizioni di debito e tutti gli atti e contratti che contengono 
obbligo di somme �. Ci� in quanto la questione da decidere 
non ha .per oggetto lo stabilire, attraverso la ricerca dell'articolo di 
tariffa da applicM"e, quale imposta di registro deve essere pagata, bensi 
l'accertare se un'imposta di registro sia dovuta. 

L'ampia e comprensiva dizione dell'art. 28 della tariffa all. A consentirebbe, 
infatti, se fosse accertato che per .I'eniUilciazione �di cui 
trattasi � dovuta l'imposta di registro, di stabilire l'ammontare di tale 
imposta, anche senza sapere con precisione quale fosse il contratto 
enunciato, ma non si pu� certo utilizzare l'ampiezza e la genericit� di 
tale norma anche per stabilire che l'imposta � dovuta, dato che nella 
specie, trattandosi di enunciazione di �convenzione verbale oc�corre, invece, 
al detto scopo, come s'� visto, che la enunciazione sia tale da consentire 
di identificare in modo specifico la sostanza e gli estremi caratteristici 
della convenzione enunciata. 

N� l'imposta richiesta con l'ingiunzione fiscale della cui opposizione 
si .tratta pu� essere giustificata dall'accertata esistenza di un 
contratto .di conto corrente di corrispondenza e dalla autonomia, esattamente 
riconosciuta dalla sentenza impugnata a tale contratto, ri�spetto 
a quello con cui era stata creata la disponibilit�, che del conto corrente 
di corrispondenza costituiva il presupposto. 

Infatti l'imposta di registro di cui trattasi non ha per ?ggetto 
l'enunciazione del contratto di conto corrente di corrispondenza, bensi 
quella del contratto, non precisato, col quale era stata costituita la 
relativa disponibilit�. ' 

Il conto corrente di corrispondenza, detto anche conto corrente 
bancario, �, invero, un contratto per effetto del quale la banca, nel 
presupposto dell'esistenza .presso di s� di una disponibilit� a favo�re del 
cliente, si obbliga a prestare a questo un servizio, consistente in sostanza 
in un servizio di cassa, ossia nel provvedere per conto del cliente 
correntista, su suo ordine diretto e indiretto e con le sue disponibilit� 
ai pagamenti e alle riscossioni. 

In tale contratto, ben diverso da quello di conto corrente, la creazione 
della disponibilit� pu� essere l'effetto di un deposito bancario, 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

un'apertura di credito, di un'anticipazione bancaria o �di altro con1tto 
bancario (art. 1852 cod. civ.). E i due negozi: quello di conto 
~rente di corrispondenza e quello diretto alla creazione della dispo>
ilit�, sono strutturalmente autonomi, bench� funzionalmente col~
ati. 

Quindi al conto corrente di corrispondenza deve essere riconouta 
natura di contratto misto, alla cui costituzione concorrono, inme 
coi principi del mandato, che hanno una posizione preminente 
lla sua struttura e disciplina, anche elementi di altri negozi. 

Da tutto ci� consegue che l'enunciazione del contratto di conto 
~rente di corrispondenza, contenuta nel ricorso per decreto ingiuno, 
non poteva giustificare la tassazione del mag,gior credito di lire 
).282.354, evidentemente concesso in base al contratto, ignoto nel suo 
~iso contenuto, col quale era stata creata la disponibilit�, che costi.
va il presupposto del conto corrente di corrispondenza, dovendo 
:ludersi che la inclusione del credito nel conto corrente di corrisponn.
za produca novazione, dato che tale inclusione non rompe il legame 
1 il credito e il titolo dal quale ha avuto origine. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 settembre 1968, n. 2878 -Pres. 
Favara -Est. D'Orsi -P. M. Trotta (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(Avv. Stato Gargiulo) c. �Impresa Cidonio (avv. Mascioli). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalti stipulati dalla Cassa 
per il Mezzogiorno o suoi concessionari -Assimilazione a quelli 
stipulati dallo Stato ai fini dell'applicabilit� ai medesimi delle 
norme regolamentari del Capitolato generale oo.pp. dello Stato Sussiste 
-Capitolato generale oo.pp. dello Stato -Natura di 
regolamento esterno -Sussiste -Valore suppletivo del Capitolato 
generale della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione -Validit� 
nell'ambito delle regole del Capitolato generale oo.pp. dello Stato 
aventi carattere dispositivo -Sussiste -Derogabilit� delle norme 
del Capitolato generale oo.pp. dello Stato relative all'arbitrato Esclusione 
-Fattispecie. 

(1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d. P. R. 161 luglio 1962, n. 1063, art. 5.1). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Capitolato gener�le d'appalto 
per le opere di competenza del Ministero LL.PP. -Efficacia imperativa 
esterna delle sue norme non solo per le opere statali 
ma anche per le opere di competenza di enti pubblici diversi 
dallo Stato, allorch� il Capitolato generale statale sia richiamato 
per legge -Sussiste. 

(d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063). 
In virt� deZl'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646, gU.. appalti stipulati 
dalla Cassa per it Mezzogiorno e da enti suoi concessionari sono considerati 
alla stessa stregua di quelli stipulati dallo Stato e ad essi debbono 
applicarsi le norme contenute nei Capitolati generali per le opere 
pubbliche detlo Stato. Deve escludersi che le norme del Capitolato 
generale della Cassa per il Mezzogiorno possano sostituire quelle del 
Capitolato generale oo. pp., non avendo� come le prime il carattere 
dell'imperativit� esterna proprio delle norme di dir,itto obiettivo, ma 
solo efficacia vincolante interna. Epper�, in ordine agli appalti della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 843 

issa per il Mezzogiorno o suoi concessionari, l'obbligo p�r l'appaltatore 
unifMmarsi aLle disposizioni del Capitolato generale della Cassa 
verse rispetto a quezie del vigente Capitalo generale oo. pp. dello Stato 
t� valere soltanto nell'ambito delle regole di quest'ultimo aventi 
:rattere dispositivo, fra le quali non possono annoverarsi le norme 
:lL'arbitrato (applicazione in tema di impugnabiLit� de'l lodo per 
errores in judicando � ai sensi dell'art. 51 Cap. gen. oo. pp. 1962 (1). 
Il principio secondo cui il Capitolato generale d'appalto per le 
>ere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici ha valore normatio 
regolamentare per le opere che interessano� lo Stato e non per 
Lelle di enti pubblici divers.i � valido in linea ge.nerale, ma non nei 
~i in cui l'applicazione del Capitolato suddetto ad un ente pubblico 
ve.rso dallo Stato sia stata prevista da una norma di legge. Peraltro, in 
li casi, poich� le norme del Capitolato generale medesimo hanno di per 

valore cogente, essendo dotate dell'efficacia imperativa esterna propria 
ille norme di diritto obiettivo, resta irrilevante che esse siano state 
chiamate anche da una dausola� contrattuale (2). 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con il primo mezzo la Cassa per il Mezzogiorno lamenta la 
.Isa applicazione di numerose disposizioni di legge e regolamentari ed 
:ferma che erroneamente la Corle d'appello aveva ritenuto di dovere 
1tegrare il Capitolato generale della Cassa perch� questo non regolava 
1 alcun modo il -procedimento arbitrale ed erroneamente, in base al 
rinvio alla legge sui lavori pubblici � fatto dal Capitolato generale 

(1-2) L'insegnamento della Corte di Cassazione nella sentenza in 
tssegna sulla natura e l'efficacia delle norme del Cap. gen. oo. pp. appr. 
>n d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 � di particolare importanza: superandosi 
:<ecedenti pronunce, in cui si parla di regolamento interno (v. Cass., 13 
~bbraio 1968, nn. 494 e 495, Giur. it., Mass., 1968, 166), qui si afferma 
;plicitamente che le norme del Capitolato Generale oo. pp. hanno natura 
~golamentare esterna e perci� efficacia di norme di diritto obiettivo 
.n contrapposto a quelle del Capitolato generale della Cassa per il Mez>
giorno, al quale si attribuisce, viceversa, natura di regolamento in~
rno). Lo stesso valore di norme di diritto obiettivo si riconosce alle 
orme del Capitolato Generale oo. pp. anche relativamente agli appalti di 
nti pubblici diversi dallo Stato, allorch� esse siano richiamate per 
,gge. Sull'art. 8 1. 10 agosto 1950, n. 646, nonch�, in particolare, sul raporto 
fra Capitolato Generale oo. pp. e Capitolato Generale della Cassa 
er il Mezzogiorno, v. gi� Cass., 6 aprile 1966, n. 909, in questa Rassegna, 
166, I, 843 e segg. ed ivi ulteriori riferimenti. Sulla immediata operativit� 
elle norme processuali contenute nel capitolato generale oo. pp. 1962 
i in ispecie sulla applicabilit� dell'art. 51 anche agli arbitrati definiti 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Cassa, aveva applicato l'art. 49 del Capitolato generale d'appalto 
per le opere di competenza del Ministero dei LL. PP. approvato con 

D. M. 28 maggio 1895, il quale sanciva la non impugnabilit� del lodo. 
Viceversa, il Capitolato generale della Cassa avrebbe una propria 
autonomia e una propria struttura e, .regolando l'intera materia, non 
abbisognerebbe di integrazione alcuna. La legittimit� del Capitola.to 
generale della Cassa discenderebbe, poi, dall'art. 8 della legge istitutiva 
10 agosto 1950, n. 646; da tale articolo, infatti, si risalirebbe alle 
norme sulla contabilit� generale dello Stato, e, in particolare, all'art. 45 
del Regolamento, che prevede, per ogni genere di lavori, i capitolati 
d'oneri, i quali possono dividersi -ove sia necessario -in generale e 
speciali e sono approntati da ciascun Ministero. 
Con l'approvazione del proprio Capitolato generale la Cassa avrebbe 
fatto uso della facolt� conferitale e il rinvio op~rato dall'art. 8 della 
leg1ge istitutiva alle norme vigenti per l'esecuzione delle opere pubbliche 
di competenza del Ministero dei LL. PP. non si estenderebbe fino a 
ricomprendere le norme del capitolato generale di tale Ministero, la 
cui applicaJbilit�, per i lavori della Cassa, sarebbe venuta meno nel 
momento in cui la Cassa aveva istituito il suo capitolato. 

Il mezzo � infondato. 

La Corte d'appello parti dalla premessa che l'art. 22 del capitolato 
speciale disponeva che le controversie non definite in via amministrativa 
sarebbero state risolute da collegi e con le procedure stabilite 
agli artt. 39, 40, 41, 42 e 43 del Capitolato generale della Cassa; 
aggiunse che tali ar.ticoli, pur regolando la composizione del Collegio 
arbit.rale, le modalit� e i termini per la proposizione della domanda 

con lodo pubblicato a partire dal 1� settembre 1962, v. anche Cass., 
9 aprile 1965, n. 623, in questa Rassegna, 1965, I, 414 e segg.; 6 aprile 1966, 

n. 909 cit., id., 1966, 843, sub 2. Sulla natura e sulla legittimit� del Cap. 
Gen. oo. pp. 1962, v. Cass., 9 aprile 1965, n. 623 innanzi citata, Zoe. cit., 418, 
la quale, a differenza delle pronunce della Cassazione sopra citate, parla 
pur sempre di regolamento di organizzazione, ma ne intende la natura 
� normativa� di diritto obiettivo (cfr. Cass., 23 luglio 1964, n. 1989, in 
questa Rassegna, 1964, I, 971). � noto, infatti, che anche i regolamenti c. d. 
di organizzazione possono recare vere e proprie norme esterne: cfr. VITTA, 
Diritto amministrativo, Torino, 1949, 59, nota 1; sulla natura regolamentare 
(esterna) del capitolato generale oo. pp., v. anche CARUSI, Spunti ecc., 
in questa Rassegna, 1965, I, 226 e segg. Per quanto attiene, .poi, alla posizione 
della Cassa per il Mezzogiorno, � opportuno, invece, avvertire, ad 
ogni buon fine, che, se pur dotata formalmente di personalit� giuridica, 
essa persegue unicamente � finalit� proprie dello Stato ., con mezzi � di 
pertinenza statale ., epper� � organo dello Stato: cosi Cass., Sez. Un., 29 dicembre 
1967, n. 3025, in questa Rassegna, 1968, I, 405 (nella motivazione). 
Per questo verso, pertanto, le argomentazioni della sentenza in rassegna 
sul valore del Capitolato generale della Cassa non appaiono centrate. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 845 

la facolt� di escludere la competenza arbitrale, non disciplinavano 
acun modo il procedimento arbitrale. In virt�, quindi, dell'art. 45 
no stesso Capitolato generale, secondo cui nei rapporti tra la Cassa 
l'appaltatore si osservano, oltre alle disposizioni ivi contenute e a 
telle dei singoli capitolati .speciali, le norme per l'esecuzione delle 
1ere pubbliche di competenza del Ministero dei LL. PP. e, in particore, 
quelle contenute nel Capitolato generale di appalto approvato con 

M. 28 maggio 1895, applic� l'art. 49, secondo comma, di tale Capilato, 
il quale 1prevede l'espressa rinuncia delle parti ai rimedi deltppello 
e del ricorso per cassazione. Richiam�, poi, la giurisprudenza 
questa Corte Suprema, secondo cui la rinuncia deve intendersi .limita 
ai soli errori in iudicando e non a quelli in procedendo e decise 

conformit�, limitanto l'esame ai soli errori in procedendo. 

Cosi decidendo la Corte d'appello -pur attribuendo erronea


ente valore negoziale al Capitolato generale d'appalto per le opere 

1bbliche dipendenti dal Ministero dei LL. PP., come si veW-� nell'esa


e del secondo motivo del �ricor.so -ha ritenuto esattamente che 

tlla specie dovesse appicarsi il Capitolato generale suddetto. 

Questa Suprema Corte ha, infatti, costantemente ritenuto: 

a) che, in virt� dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646, 
i appalti stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno e da enti suoi con~
ssionari sono considerati alla stessa stregua cli quelli stpulati dallo 
;ato e che ad essi debbono applicarsi le norme contenute nei capitoli 
merali per le opere pubbliche dello Stato, che hanno natura regomentare; 


b) che in siffatti appalti l'obbligo di uniformarsi alle difformi 
.sposizioni del capitolato della Ca,ssa per il Mezzogiorno !PU� valere 
11tanto nell'ambito delle regole del capitolato per le opere pubbliche 
renti carattere dispositivo e che fra queste non sono da annoverare le 
)l'lffie sull'arbitrato (sentt. 6 aprile 1966, n. 909; 14 giugno 1965, 

1198; 18 maggio 1965, n. 956). 

Non pu�, quindi, essere condivisa la contraria interpretazione data 
:i.lla ricorrente all'art. 8, secondo cui questo, nell'ultimo comma, avreb~ 
attribuito alla Cassa la stessa facolt� normativa riconosciuta al 
[inistero dei LL. PP., ponendo in una posizione parallela tanto la 
assa, quanto il Ministero dei LL. PP., e attribuendo alle norme da 
Llest'ultimo emanate solo funzione suppletiva. 

Il richiamo, come del resto appare dalla stessa formulazione della 
orma, � fatto alla disciplina in concreto vigente per l'esecuzione delle 
pere pubbliche e non alle norme generali, da cui il Ministero ha 
erivato la propria potest� normativa. Ed � arbitrario il porre sullo 
;esso piano la Cassa, avente una .propria personalit� giuridica, ed il 
[inistero, organismo statale. Ma la impossibilit� di attribui-re funzione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

suppletiva alle norme del Capitolato generale oo. pp. discende dal 
loro diverso valore giuridico, rispetto al Capitolato della Cassa. Solo 
le prime, infatti, hanno il carattere dell'imperativit� esterna, ~oprio 
delle norme di diritto obiettivo, laddove alle seconde, in viTt� dei 
poteri d'autonomia degli enti pubblici, pi� solo riconoscersi efficacia 
vincolante interna. 

Con il �secondo mezzo la ricorirente si duole che la Corte d'appello, 
una volta riconosciuta l'applicazione del Capitolato generale per le 
oo. pp., non. abbia tenuto conto che, durante lo svolgimento del rapporto 
e prima del giudizio arbitrale, era stato emanato il nuovo Capitolato, 
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 
1962, n. 1063. 

Il mezzo, la cui esattezza � stata riconosciuta anche dalla resistente 
nella memoria illustrativa e nella discussione orale, � fondato. 

La Corte d'appello escluse l'applicabilit� del nuovo Capitolato generale 
di appalto per le oo. pp. al rapporto in questione sulla base 
della doppia considerazione che le clausole del Capitolato generale 
delle oo. pp. debbono essere qualificate come norme giuridiche nei 
contratti con lo Stato e non in quelli che non interessano lo Stato, 
ove hanno valore contrattuale, e che le parti, con il dare valm:e contrattuale 
al Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno (che 
richiama quello delle oo. pp.), si erano impegnate ad osservare tutte 
le clausole in esso contenute, per cui, anche a voler attribuirre valore 
normativo alla disposizione dell'art. 49 del Capitolato generale, il suo 
contenuto era stato completamente assunto nella volont� contrattuale 
ed in questa assorbito, di guisa che la disposizione medesima dovevasi 
cOillsiderare meramente contrattuale, essendo stata del tutto dimenticata 
nella libera determinazione delle parti la sua origine normativa. 

Entrambe le proposizioni sono erronee. 

Quanto alla prima, va rilevato che il principio, secondo cui il 
Capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero 
dei LL. PP. ha valore normativo regolamentare per le opere che 
int&essano lo Stato e non per quelle di enti pubblici diversi dallo 
Stato, � valido in linea generale; ma non nei casi in cui, come nella 
specie, l'applicazione del Capitolato suddetto ad un ente pubblico diverso 
dallo Stato sia prevista da una norma di legge. 

Quanto alla seconda, va osservato che una norma avente efficacia 
imperativa esterna ha di per s� valore cogente, pe!r cui la sua efficacia 
nei confronti dei destinatari opera indipendentemente dal richiamo che 
ad essa viene fatto. E, se le parti nella loro autonomia negoziale prevedono 
tale norme come clausola contrattuale, non per questo essa perde 
il suo intrinseco carattere cogente per desumere la forza vincolante 
unicamente dalla volont� delle parti. Questa, infatti, pu� avere crilevanza 
in ordine alle norme dispositive; ma non per quelle imperative. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 847 

In conformit� alla costante giurisprudenza di questa Corte deve 
tenersi che nella specie trovi applicazione il nuovo Capitolato d'aptlto 
per le oo. pp. approvato con decreto del Presidente della Repubica 
16 luglio 1962, n. 1063, le cui norme regolanti il modus procemdi, 
in quanto norme processuali, sono di immediata applicazione e 
~golano anche rapporti ,sorti anteriormente alla data dell'l settem
�e 1962 di entrata in vigore del Capitolato stesso, con la conseguenza 
te il lodo arbitrale, pronunciato dopo la data predetta in ordine a 
pporti sorti nel vigore del precedente Capitolato generale, � soggetto, 
ianto alle impugnazioni, alle norme dell'art. 51 del nuovo Capitolato, 
1rogativo dei precedenti limiti di impugnabilit�. 

La resistente, concordando su questo punto, ha, nella memoria 
:ustrativa del ricorso, sollecitato l'uso del potere di correzione della 
ntenza da parte di questa Corte, allo scopo di evitare la fa.se di 
nvio e all'uopo ha fatto presente che i tre motivi di pretesa nullit� 
~l lodo, non esaminati dalla Corte d'appello perch� riguardanti errori 

.iudicando e relativi all'inapplicabilit� ai pubblici appalti dell'arti


�O 1664, secondo comma, cod. civ., alla detrazione del ribasso d'asta 
tll'equo compenso determinato ai sensi dello stesso articolo e alla 
olazione del principio della soccombenza in ordine alle �spese, dovreb!
ll'O, comunque, essere 'rigettati per manifesta infondatezza. Secondo 
resistente il potere di sostituzione previsto dall'art. 384, secondo 
1mma, cod. proc. civ. potrebbe nella specie essere esercitato, perch� 
>ill vi sarebbe necessit� n� di correggere il dispositivo, n� di compiere 
cuna indagine o valutazione di fatto, n� di pronunciare su eccezioni 
>n .pro,poste dalle parti e non ,rilevabili d'ufficio. 

Tale assunto non pu� essere condiviso. 

L'art. 384. �cod. proc. civ. consente a questa Corte di correggere la 
otivazione della sentenza, senza cassarla, quando il dispositivo sia conrme 
al diritto, ma sia erronea la motivazione. E questa facolt� -che 
ppresenta applicazione del principio iura novit curia (Cass., 30 ottobre 
165, n. 2530) -presuppone che non vi sia necessit� di dare pratica 
tuazione al caso concreto del principio sostituito a quello erroneo (Cass., 
I luglio 1951, n. 2178). 

Ora � evidente che l'esame della portata di una d~cisione non pu� 
sere fatto soltanto in base al dispositivo; ma va compiuto rponendo 
correlazione la motivazione col dispositivo, perch� solo dal collegaento 
dell'una con l'altro risulta la volont� concreta di legge attuata 

sentenza. 

Un tale principio appare in tutta la sua evidenza nella decisione 
1pugnata, nella quale, in una generica declaratoria di rigetto, sono, 
realt�, contenute due d.istinte pronunce, una di rigetto per infonttezm 
ed un'altra di inammissibilit�, e il trasformare -come vorrebbe 
resistente -la pronuncia di inammissibilit� in pronuncia di rigetto 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per infondatezza implicherebbe non una mera correzione della motivazione; 
ma una modifica del dispositivo e, per di pi�, anche un esame 
di fatti e circostanze -sia pure in base agli atti -incompatibile con 
la natura e la funzione del giudizio di legittimit�. Si � fuori, quindi, 
della semplice correzione del principio di diritto e si � fuori della 
portata dell'art. 384 cod. proc. civ. 
La sentenza va, quindi, cassata in relazione al mezzo accolto. -
(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 ottobre 1968, n. 3232 -Pres. 
Flore -Est. Pedroni -P. M. Tavolaro (conf.) -Florio (avv. Zevola) 
c. Giovent� Italiana (avv. Stato Casamassima). 
Appalto -Appalto d'opere pubbliche -Capitolato generale oo. pp. Azioni 
dell'appaltatore a tutela delle sue pretese -Presupposto 
per il loro esperimento -Esaurimento del previo procedimento 
.amministrativo, relativo all'esame delle pretese dell'appaltatore 
e al collaudo dell'opera -Mancanza -Conseguenze -Improponibilit� 
dell'azione -EcceziOni. 
(Cap. gen. oo. pp. appr. con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 42 e segg.). 
La regola sancita dal Capitolato generale oo. pp., approvato con 
d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, impone che l'appaltatore esegua 
l'opera e soltanto successivamente possa agire in sede giudiziaria a 
tutela delle sue pretese, e ci� all'evidente scopo di consentire l'esaurimento 
del previo procedimento amministrativo, relativo al controllo 
ed alle rilevazioni tecnico-contabiii del collaudatore, ai pareri degli 
Oll'gani consultivi ed alle detell'minazioni degli &gani competenti, in 
mancanza di che l'azione � improponibile. L'improponibilit� prima 
del collaudo, tuttavia, non opera: quando esista acco1Tdo delle parti 
a non .differire la risoluzione della controversia; quando la natura 
e la rilevanza economica deLLa controversia, obiettivamente valutata 
dal Giudice del merito, non consentano tale differimento; quando si 
tratti di azioni relative a diritti che per il loro contenuto particolare 
resterebbero scoperti di tutela, se non fosse consentito l'immediato 
esperimento detl'azione (com'�, �d esempio, per il pagamento degli 
acconti prestabiliti in corso d'opera), ovvero di azioni dirette ad ottenere 
una pronuncia del giudice inconciliabile con l'intervento del collaudo 
(com'�, ad esempio, per la risoluzione per inadempimento deU'Amministrazione, 
per l'ipotesi di nuUit� del contratto e cos� via) (1). 
(1) Occorre, adunque, il collaudo, perch� possa dirsi esaurito, come intendono 
le Sezioni Unite, nella sentenza sopra massimata, il procedimento I 
ili;:
i: 
f: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 849 

(Omiss.is). -Col ricorso per regolamento preventivo di giurisdione 
si deduce: 

1) che il richiamo al Capitolato gen. oo. pp., contenuto nel 
mtratto di appalto de quo, ha natura meramente contrattuale, per 
Li la clausola onerosa, che vieta la immediata adizione del giudice, 
rebbe inefficace, perch� non approvata specificamente a termini 
lll'art. 1341 c. c. 

2) che, quand'anche gli artt. 42 e segg. di tale Capitolato fosro 
applicabili, malgrado il difetto di specifica .approvazione, la disaina 
delle domande proposte avanti al .giudice rimarrebbe svinc.oJata 
�le operazioni di collaudo, riguiwdando il pagamento degli acconti 
>vuti in corso d'opera, e scaduti, ed il risarcimento di danni deterinati 
da .sospensione dei lavori per fatti ascrivibili a colpa della 
mministrazione. 

3) che, quando il titolo della competenza interna o giurisdizionale 
Lel caso il collaudo) intervenga in un momento successivo alla prorpolione 
della domanda, cessa l'originario difetto di giurisdizione. 

4) che sulla nullit� del collaudo, dedotta in coirSO di causa, avrebl 
piena giurisdizione il G. O. 
Il ricorso per regolamento di giurisdizione, proposto nella forma 
nei termini suindicati, va dichiarato inammissibile. 

Invero, anche se il divieto imposto all'appaltatore dal Capitolato 
merale per l'appalto delle opere pubbliche, di esercitare le azioni 
tutela delle sue ;pretese prima che l'opera sia stata collaudata, � stato 
1nfigurato, nella ormai superata elaboraziooe dottrinale e giurispru


11ministrativo, costituente nel suo complesso, rispetto all'azione, presup1sto 
e che ne condiziona l'esperimento �. Cosi, peraltro, configurano le 
~sse Sezioni Unite la fattispecie normativa considerata, dicendola, � estra:
a al tema della giurisdizione, in ordine alla quale possa configurarsi 
Lmmissibilit� di un regolamento preventivo della stessa, quasi che esista 
1 altro giudice, diverso da quello ordinario, cui possa essere devoluta la 
1testas judicandi �. L'importnaza della massima, che qui si segnala, apire, 
comunque, consistere nella conferma della cumulativit� dei due pre~
ratoria judicii, pronuncia amministrativa sulle riserve e collaudo (rectius: 
1provazione del collaudo) dell'opera, ai fini della proponibilit� dell'azione 
udiziaria; il .che -se vi fosse dubbio -emerge dal riferimento all'art. 42 
~p. gen. 1962, nonch� dalla chiara menzione della necessit� che sia conntito 
�all'Amministrazione di e interloquire. sulle pretese dell'appaltatore 
si desume, altres�, dall'esplicita avvertenza delle Sezioni Unite, che il 
vieto imposto all'appaltatore, di esercitare le azioni a tutela delle sue 
�etese prima che l'opera sia stata collaudata, � rappresenta una caratteriica 
del contratto di appalto (d'opera pubblica), in quanto soddisfa l'esimza 
di evitare che una illimitata e non moderata facoltd dell'appaltatore 

agire in giudizio contro l'Amministrazione determini un pregiudizio sulla 
>rmale esecuzione dell'opera �. 


II

850 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ffi

denziale, come un difetto temporaneo di giurisdizione del giudice ordinario, 
� tuttavia da ritenere, in aderenza al pi� recente orientamento, 
che quella limitazione realizzi piuttosto una ipotesi d'improcedibilit� 

o improponibilit� dell'azione, per difetto di un presupposto che ne 
~ 

condiziona l'esperimento. 

Tale posizione gimidica, che pu� essere, sul piano sistematico, 
accostata a quella disciplinata dall'art. 460 c. p. c., che impone, prima 
della istituzione della fase contenziosa avanti al giudice, l'esperimento 
dei procedimenti amministrativi prescritti per le controversie 
in materia di previdenza ed assistenza obbUgatoria, va.ppresenta una 
caratteristica del contratto di appalto, in quanto soddisfa l'esigenza 
di evita<re che una illimitata e non moderata facolt� dell'appaltatore 
di agire in giudizio contro lAmministrazione determini un pregiudizio 
sulla normale esecuzione dell'opera. 

Il che equivale a dire che la regola sancita nell'art. 43 del Capitolato 
generale oo . .pp., approvato con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
impone che l'appaltatore anzitutto adempia la propria obbligazione e 
cio� ese.gua l'opera e soltanto successivamente possa agire in sede giudiziaria 
a tutela delle sue pretese e ci� all'evidente scopo di consentire 
che lAmministrazione interloquisca preventivamente in sede di collaudo 
su tali pretese, attraverso le determinazioni dei suoi organi rappresentativi, 
i pareri dei suoi organi consultivi ed il controllo e le rilevazioni 
tecnico-contabili del collaudatore, e ci� per portare ad esaurimento il 
previo procedimento amministrativo, che ha carattere preliminare rispetto 
all'esperimento dell'azione girudiziaria a norma dell'art. 42 del 
menzionato decreto 16 luglio 1962, n. 1063. 

Del resto la conferma puntuale che l'ostacolo costituito dal divieto 
di adire il .giudice prima del collaudo concreta una fattispecie normativa 
di semplice improponibilit� dell'azione, come tale estranea al tema 
della giurisdizione, in ordine alla quale possa configurarsi l'ammissibilit� 
di un regolamento preventivo della stessa, quasi cihe esista un 
altro giudice diverso da quello ordinario cui rpossa essere devoluta la 
potestas iudioandi, � offerta dalle molteplici eccezioni all'impedimento 
poste dall'art. 44 del testo di legge pi� volte citato, che consente il 
ricorso alla procedura .giudiziaria quando esista l'accordo delle pail"ti a 
non differire la risoluzione della controversia; quando, per la natura e 
la rilevanza economica, la controv&sia, ad avviso di una delle due 
parti, non consenta differimento: natura e <rilevanza economica che 
debbono essere valutate dal giudice del merito. La improponibilit� 
rprima del collaudo non opera, altresi, di fronte alle azioni relative a 
diritti che per il loro contenuto particolare debbono essere riconosciuti 
e 1soddisfatti prima del collaudo e che resterebbero scoperti di tutela 
se non fosse consentito l'immediato esperimento dell'azione, qual'� quella 
diretta ad ottenere il pagamento degli acconti prestabiliti in corso 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 851 

opera; di fronte alle azioni dirette ad ottenere Uila pronUilcia del 
.udice inconciliabile con l'intervento del collaudo, come quella di 
soluzione per inadempimento dell'Amministrazione, di'nullit� del con
�atto d'appalto e cosi via. 

Non vertendosi, adUilque, in tema di giurisdizione, il ricorso per 
~golamento preventivo deve, come gi� detto, essere dichiarato inamiissibile, 
con la conseguente perdita del deposito per soccombenza. )
missis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 23 nov1embre 1966, n. 949 -Pres. 
D'Amario -Rei. Gianturco -P. M. Reviglio (coni.) Rie. Graziano 
Prisco. 

Procedimento penale -Giudizio in contumacia -Ordinanza dichiarativa 
della contumacia -Impugnazioni -Difetto di motivazione 
circa l'impedimento a comparire -Necessit� di impugnazione 
specifica dell'ordinanza. 

(c. p._ p. artt. 200, 498). 
La d�glianza relativa ai difetto di motivazione dell'ordinanza dichiarativa 
di contumacia circa l'impedimento addotto dail'imputato deve 
essere proposta mediante impugnazione specifica della stessa ordinanza, 
secondo quanto prescritto, a pena di inammissibiLit�, dall'art. 200 

c. p. p. (1). 
(1) V. nello stesso senso Cass. II, 30 marzo 1966, n. 101004, II, 1 agosto 
1966, n. 102357; in senso contrario: II, 18 febbraio 1966, n. 100551. In dottrina 
v. CoNso, Le nuHit� assolute deHe ordinanze di fatti mentali, in Arch. 
pen., 1960, II, p. 205; SIRACUSANO, in Riv. �t. dir. e proc. pen., 1960, p. 1040; 
PANSINI, La contumacia nel diritto processuale penale, 1963, 210. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 25 novembre 1966, n. 1032 -Pres. 
I;>'Amario -Rel. Sebastio -P. M. Bracci (coni.). Rie. D'Ambrosio. 

Procedimento penale -Declaratoria immediata di cause di non punibilit� 
-Querela -Difetto di querela -Pregiudizialit� della pronuncia 
di improcedibilit� rispetto a qualunque pronuncia in merito 
-Procedimento per reato perseguibile d'Ufficio -Successiva 
definizione del fatto come reato perseguibile a querela -Pregiudizialit� 
della questione di procedibilit�. 

(c. c. p. artt. 9, 152). 
La pronuncia di improcedibilit� delL'azione penale per difetto di 
querela � sempre pregiudiziale a qualunque pronuncia sul merito: 
rispetto ad essa non pu� trovare appLiciazione l'art. 152 capov. c. p. p., 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 853 

ferendosi queista norma aUe sole cause di estinzione del reato, il cui 
~certamento presuppone una azione penale ritualmente instaurata ed 

quindi logicamente successiva all'indagine sulla esistenza delle .con:
zioni di proced.ibilitd. La dichiamzione di improcedibilitd ha carattere 
'egiudiziale rispetto al proscioglimento in merito anche quando, essen)
si proceduto per un delitto perseguibile di ufficio, il giudice abbia 
~ccessivamente ravvisato nel fatto gli e�stremi di un delitto persegui:
Ze a querela e rilevato la mancata presentazione della querela da 
irte dell'offeso (1). 

(1) Giurisprudenza consolidata: v. nello stesso senso: Cass. II, 6 maggio 
166, n. 101350; IV, 27 settembre 1966, n. 102565; I, 24 ottobre 1966, n. 102758; 
, 12 giugno 1964, in Cass. pen. massimario annotato, 1965, p. 169, n. 269; 
iz. Un., 9 m�ggio 1964, ivi, 1965, p. 73, n. 96; I,. 2 dicembre 1964, ivi, 1965, 
388, n. 691. 

ORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 901 -Pres. 
D'Amario -Rel. Cassise -P. M. Marucci (parz. diff.). Rie. P. M. 
e parte civile in proc. Fusaro. 

npugnazioni -Parte civile -Impugnazione di disposizioni penali 
della sentenza anche se con riflessi sugli interessi civili -Inammissibilit�. 


(c. p. p. artt. 195, 202, 382, 482). 
� inammissibile l'impugnazione, proposta dalla parte civile, che 

veste le dispooizioni della sentenza impugnata attinenti all'oggetto 

~ll'azione penale, anche se contempMane�amente incide, nei suoi riflessi, 

>gli interessi civili della parte privata medesima. 

Infatti, se � vero che, ai sensi del combinato d.isposto degli art.i1li 
482, 382, 202 e 195 c. c. p., la parte civile (tanto pq,� se querelante) 

legittimata all'impugnazione della sentenza portante condanna nei 

.oi confronti, tuttavia l'interesse pubblicistico insito nel processo 

male e l'esclusivitd con la quale � devoluto al pubblico ministero, 

tale organo deUo Stato, l'esercizio della pretesa punitiva, impongono 

ritenere che l'impugnazione .anzidetta, in astratto ammissibile, trovi 

ia limitazione connaturale nei menzionati poteri attribuiti, per fini 

.periori dell'ordinamento, all'anzidetto Ol/"gano, con la conseguenza che 

'ni disposizione che abbia contenuto penale � sottratta alle parti pri


ite, le cui impugnazioni devono ritenersi consentite soltanto per i 

:si in cui la tutela dei loro interessi privatistic~ possa conseguirsi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indipendentemente dalla modificazione delle statuizioni deH.a sentenza 
in ordine alla pretesa punitiva (1). 

(1) V. nello stesso senso Cass. 16 marzo 1965 in Cost. pen. massimario 
annotato, 1965, p. 729, n. 1299. Prevalgono peraltro le decisioni contrarie: 
S. U. 24 febbraio 1964, ivi, 1964, p, 902, n. 1615; 16 novembre 1963, ivi, 1964, 
p. 576, n. 974; 15 maggio 1963, ivi, 1963, p. 1003, n. 1839; in dottrina nel senso 
della massima v. FERRANTE, Sulle disposizioni della sentenza di condanna 
impugnabiH dalla parte civite, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, p. 622; 
SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali nel processo penale, 1953, 
337; SELLAROLI, I limiti dell'impugnazione della parte civile, in Giust. pen., 
1964, III, c. 23. In senso ,contrario: v. DuNI, Limiti dell'impugnazione della 
parte civile, in Riv. giur. Circol. e Trasp., 1961, p. 4; FoscHINI, Limiti dell'impugnazione 
della parte civile, ivi, p. 19; MARTINETTO, Concorso di colpa 
della parte civile e limiti di impugnabiHt�, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 
p. 1201. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 15 dicembre 1966, n. 3485 -Pres. 
Mongiardo -Rel. Manca -Bitti -P. M. (conf.). Rie. Picchieri. 

Procedimento penale -Provvedimento del giudice dell'esecuzione Istanza 
di sospensione della esecuzione -Decreto di rigetto -Inoppugnabilit� 
-Obbligo di notifica all'interessato -Esclusione. 

(Cast., art. 111; c. p. p. artt. 190, 631). 

Il decreto con il quale il giudice dell'esecuzioine rigetta l'istanza 
di sospensione dell'esecuzioine di un proprio precedente provvedimento, 
in peindenza del ricorso contro lo stesso, � iinoppugnabile anche in base 
ail'art. 111 deH.a Costituzioine e, quiindi, inoin deve essere notificato agli 
interessati (1). 

(1) Confr. nello stesso senso Cass. II, 31 agosto 1966, n. 102456; II, 
31 agosto 1966, n. 102362. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 23 dicembre 1966, n. 1147 -Pres. 
Mongiardo -Rel. Mosillo -P. M. Marucci (conf.) Rie. Caielli. 

Impugnazioni -Giudizio in contumacia -Esecuzione -Incidente di 
esecuzione e impugnazione proposti contro la sentenza contumaciale 
-Decisione del giudice della esecuzione -Non vincola il giudice 
della impugnazione. 

(c. p. p. artt. 500, 628 e segg.). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 855 

1pugnazioni -Giudizio in contumacia -Inammissibilit� dell'appello 

dichiarata con sentenza del giudice� ad quem� -Nullit� del giu


dizio contumaciale -Tutela dei diritti dell'imputato. 

(c. p. p. artt. 209, 500). 
La decisione del giudice dell'esecuzione, nel procedimento incimtale 
di opposiz.ione contro l'ordine di carcerazione per l'espiazione 

pena inflitta con sentenza contuml1!ciale, non ha alcuna autorit� di 
udicato nel procedimento di impugnazione tardiva promosso dall'imitato 
contro la medesima sentenza. 

La nullit� del giudizio contumaciale non compoirta la nullit� della 
!Cisione di inammissibilit� dell'appello emessa dal giudice ad quem 
n sentenza dibattimentale, perch�, essendo prescritta in materia la 
�onuncia in camera di consiglio con oirdinanza, la sentenza suddetta 
i il valore di ordinanza in came'T'a di consiglio, contro cui l'imputato 
tutelato dal diritto di averne notifica nonch� di impugnarla con ricorso 
:r cassazione (1). 

(1) V. nello stesso senso: Cass. III, 4 giugno 1966, n. 101673. 
)RTE DI CASSAZIONE, Sez. IV pen., 19 febbraio 1968, n. 468 -
Pres. Castaldi -Rel. Martuscelli -P. M. Danzi (concl. conf.). Rie. 
Pittolo. 

1rte civile -Interv.enuta transazione sul danno tra la parte civile ed 

il civilmente responsabile -Decadenza della costituzione di parte 

civile anche nei confronti dell'imputato. 

(c. p. p. art. 22, 91 c. c., art. 1965). 
La transazione effettuata dal condebitore solidale (nella specie 
il civilmente responsabile per i dannri) con i danneggiati, vale a libetre 
anche il condebitoire imputato di reato di omicidio col.poso, sicch� 
i annullata la sentenza con la quale il giudice di appello, nonostante 
. intervenuta transazione, confermi ia sentenza di primo grmlo anche 
?lla parte concernente la condanna al risarcimento in favol/"e della 
irte civile, la quale, per effetto della transazione, � decaduta dalla 
~lativa costituzione (1). 

(1) Di particolare interesse � l'affermazione della sentenza secondo cui, 
1 caso di intervenuta transazione tra le parti civili e la persona civilmente 
:sponsabile per il risarcimento dei danni derivanti dal reato (anche se non 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ha assunto nel processo la parte di responsabilit� civile), l'azione civile 
inserita in sede penale con la costituzione di p. c. non pu� essere proseguita 
neppure nei confronti dell'imputato, anche rispetto al quale si verifica la 
decadenza dalla detta costituzione. 

Sulla questione -in ordine alla quale si rinvengono pochi e non recenti 
precedenti giurisprudenziali (Cass. 10 ottobre 1951, rie. Lerato in Giust. epn. 
1952, III, 282 con nota di G. SABATINI; Cass. 26 aprile 1940, rie. Brazzini, 
in Giust. pen., 1940, IV, 493), la motivazione della sentenza in rasegn� (che 
pure � pervenuta ad esatte conclusioni nel caso concreto in cui l'imputato 
doveva ritenersi aver manifestato di voler profittare della transazione intervenuta 
tra la parte civile ed il civilmente l'esponsabile) necessita di alcune 
puntualizzazioni. 

Ed invero: 

a) l'affermazione secondo cui �la transazione effettuata dal condebitore 
solidale con i danneggiati vale a liberare anche il condebitore imputato 
� non appare certo esatta nella sua assolutezza ove si dcordi il disposto 
dell'art. 1304 c. c., secondo cui la transazione fatta dal creditore con uno 
rlei debitori solidali non produce effetto nei confronti degli altri, se questi 
non dichiarano di volerne profittare (� quindi necessario, al suindicato fine, 
una positiva manifestazione di volont� in tal �senso e non � sufficiente -contrariamente 
a quanto sembra sostenere il SABATINI, loc. cit. -che il condebitore 
estraneo alla transazione non dichiari di non voler profittare degli 
effetti del contratto). 

Non fissando la legge alcun termine, n� stabilendo alcuna forma per 
la detta dichiarazione (Cass. 15 giugno 1961, n. 1396), � da dtenersi che 
essa possa essere fatta sino a che noi:i sia intervenuta una pronuncia giudiziaria, 
e, quanto alla forma, che essa possa avvenire in tutti i modi generalmente 
ammessi per la dichiarazione di volont� (D'ONOFRIO, Commentario 

c. c., a cura di ScIALOJA e BRANCA, sub art. 1966, 202) e quindi sia esplicitamente, 
per iscritto, od anche verbalmente, ad opera della parte personalmente 
od anche del suo procuratore ad litem, pur senza mandato speciale 
(Cass. 29 aprile 1953, n. 1187, Foro it., 1953, 243), sia tacitamente ad es. con 
l'esecuzione della transazione stessa. 
il: quindi certo che, in difetto della prevista dichiarazione del condebitore 
solidale non stipulante (sia che tale dichiarazione debba configurarsi 
come adesione ad un contrasto aperto alla adesione del terzo, sia che essa 
sia da assimilarsi ad una ratifica della gestione rappresentativa non utiliter 
coepta: cfr. sul punto RUBINO, Commentario cit. sub art. 1304, 229), la 
transazione stipulata tra la parte civile ed il civilmente responsabile per i 
danni � inefficace nei confronti dell'imputato condebitore solidale, e tale 
inefficacia concerne, non solo il rapporto interno tra condebitori, ma anche, 
ed anzi in primo luogo, il rapporto creditore -condebitore non stipulante; 
sicch�, fino a quando non intervenga (o, meglio, non sia �comunicata alle 
altre parti, trattandosi di negozio unilaterale recettizio) la dichiarazione di 

� voler profittare della transazione � da parte dell'imputato, non pu� ravvisarsi 
causa soPravvenuta di decadenza della costituzione di parte civile 
nei confronti dell'imputato stesso, permanendo il diritto di esercitare l'azione 
civile da parte del danneggiato (artt. 22 e 91 c.p.p.) nei suoi confronti. 
All'incontro, ove la transazione sia intervenuta tra la parte civile e l'imputato, 
senza che il responsabile civile abbia dichiarato di volervi aderire, 
diventa improponibile od improseguibile (s'intende nel processo penale) 
l'azione della parte civile contro il responsabile civile, citato od intervenuto 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

l processo, atteso che tale azione presuppone l'esistenza di una costitu'
ne di parte civile contro l'imputato; 

b) indipendentemente dalla dichiarazione di adesione del condebitore 
idale, � peraltro evidente che -non avendo diritto di �costituirsi parte 
�ile e di proseguire nella relativa azione colui che ha gi� avuto integral~
nte risarcito il danno ed essendo unico l'oggetto della prestazione delbbligazione 
solida1e -il danneggiato decade dalla costituzione di parte 
�ile anche nei confronti dell'imputato ove, per effetto ed in esecuzione 
Ila transazione stipulata con il civilmente responsabile, egli abbia otte-� 
to l'integrale risarcimento del danno subito, senza che possa aver in 
itrario rilievo una eventuale riserva di costituzione di parte civile che 
i abbia fatto (MANZINI, Trattato, II, 1949, 364). 

� peraltro chiaro che -nella ipotesi ora in parola -la decadenza 
.la parte civile nei confronti dell'imputato � effetto, non gi� della transane 
stipulata con il responsabile civile, bensi dell'intervenuto adempimento 
l'obbligazione da parte del condebitore solidale (art. 1292 cod. civ.): 
n'� altrettanto evidente che, in caso di contestazione sulla ammissibilit� 
.la parte civile, spetta al Giudice penale (e non diversamente da quanto 
viene, ad esempio, ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62 
6 c.p.), se la somma corrisposta al danneggiato sia tale da coprire intetlmente 
il danno subito per effetto del reato; 

e) diversa questione � quella relativa all'efficacia del patto inserito 

l'atto di transazione tra il danneggiato e il civilmente responsabile e 

itenente la esplicita riserva di ulteriore azione e diritti del danneggiato 

confronti dell'imputato. 

La Cassazione penale con la citata sentenza 10 ottobre 1951, ha ritenuto 

! tale patto sia efficace e che pertanto la parte civile, avendovi l'interesse, 

:ittimamente permanga nel giudizio penale: ovviamente, per la realizza


ne di quella parte del proprio credito che non sia estinto per effetto del


iempimento da parte del -condebitore che ha transatto, non potendo certo 

:reditore indebitamente arricchirsi di una duplice prestazione. � 

Anche la Cassazione civile, con sentenza 10 agosto 1943 (Foro it., 1943, 

voce obbligazione n. 369/372), ha ritenuto che la transazione possa essere 

ta con espressa riserva dei diritti del creditore nei confronti degli altri 

tdebitori, che non potrebbero quindi giovarsi degli effetti della transa


ne stessa. Pi� di recente, la stessa Cassazione, con sentenza 19 dicembre 

i8, n. 3919, Mass. Foro it., 1958, 812, ha ribadito che il creditore transin


tte pu� impedite l'esercizio della facolt� del condebitore non stipulante 

profittare della transazione, .semprech�, beninteso, il debito non sia stato 

egralmente estinto con la somma transatta. 

La questione non � pacifica in dottrina, ritenendosi da alcuni Autori 

r, CARRESI, La transazione, 185; VALSECCHI, La transazione, 317) che gli 

mlanti la transazione possano togliere al condebitore non contraente, con 

tlicita clausola, il diritto di profittare della transazione o, il che si equi


e, possano riservare al creditore il diritto verso i .condebitori non tran


enti. 

Senonch�, in contrario, sembra da osservarsi -innanzi alla chiara 

ione dell'art. 1304 che attribuisce al condebitore solidale non transigente 

vero e proprio diritto potestativo di estendere alla propria sfera giuridica 

effetti della stipulata transazione (anche nei rapporti creditore-condebi


i solidali e non solo nei rapporti tra condebitori) -che non possano, 

~almente, gli stipulanti la transazione eliminare (arg. ex art. 1372 c.p.v. 

I. civ.) tale diritto potestativo che la legge attribuisce direttamente ed 

858 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esclusivamente al terzo (in tal senso, D'ONOFRIO, cit. sub art. 1966, 202; 
RUBINO, Commentario cit. sub art. 1304, 229): sicch� una clausola del genere 
di quella in esame non dovrebbe impedire al condebitore .non stipulante la 
facolt� di dichiarare di voler profittare della stipulata transazione, con la 
conseguente preclusione per il danneggiato del potere di iniziare o proseguire 
l'azione civile anche in sede penale. 

�, peraltro, da precisare che tale effetto non si verifica quando trattisi 
di transazione che comporta novazione, stante il disposto dell'art. 1300, 
1� comma c. c., o quando, sia pur sotto la forma di transazione, l'atto sia da 
qualificarsi giuridicamente come remissione nei confronti di un solo condebitore, 
i cui limitati effetti sono riconosciuti dall'art. 1301 c. c., in presenza 
di esplicita riserva del diritto del creditore verso gli altri condebitori 
solidali. 

G. MANDO' 

PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


L'EFFICACIA DELLE INDICAZIONI URBANISTICHE 
SULL'INDENNIT� DI ESPROPRIAZONE 

I. -Nel tempo meno recente era pacifico che le prescrizioni urba;
tiche (di ogni natura) fossero rilevanti ai fini della determinazione 
ll'indennit� di espropriazione. Tutte 1e nocme che definiscono o limi110 
l'utilizzabilit� della propriet� privata, in quanto vincolanti per i 
oprietari, condizionano indubbiamente il mercato e determinano la 
rmazione dei prezzi nelle libere contrattazioni; quindi, proprio in ossernza 
dell'art. 39 della legge fondamentale sulle espropriazioni, non pu� 
escindersi dalle prescdzioni urbanistiche (oltre che da tutte le altre 
irme di varia natura che interessano l'edilizia) per liquidare l'indennit� 
condo i caratter.i obbiettivi del bene considerato. 
Questo concetto era talmente evidente che quasi non si rinvengono 
1 punto pronunzie giurisprudenziali remote; si dava per certo che una 
stinazione urbanistica che esclude la edificabilit� riduce, anche se non 
lllUlla, il valore del fondo gravato del vincolo (Cass. 7 ottobre 1955, 

2874, Mass. Giur. it., 1955, 695; 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro It., 1961, 
) come pure era indiscusso che i limiti posti all'impiego del bene (al~
ze, distanze, rapporti di, copertura, di volume, ecc.) dovessero servire 
me base necessaria per impostare la stima dell'indennit�. 

Per le espropriazioni disposte in attuazione dei piani regolatori si 
1neva altro distinto problema nascente dall'art. 38 della legge 17 ago>
1942, n. 1150; gli incrementi di valore attribuibili all'approvazione del 
ano regolatore ed alla sua attuazione, relativamente all'espropriazione 
,ne aree urbane definite nell'art. 18, sono esclusi dall'indennizzo. In 
1esto caso una norma speciale e di portata limitata esclude dall'indenzzo 
un valore che sarebbe realizzabile in una libera contrattazione di 
ercato. Questa particolare limitazione si affianca alla generale applica>
ne del'art. 39 della legge fondamentale: le prescrizioni di piano e tutte 

altre limitazioni in materia edilizia concorrono a formare il valore ai 
li dell'indennit� allo stesso modo in cui influiscono sul prezzo del libero 
ercato; inoltre per talune espropriazioni debbono essere esclusi alcuni 
ll'ticolari incrementi di valore. 

Dopo il 1960 si � per� avviata una nuova tendenza giurisprudenziale 
Le ha progressivamente ripudiato l'elementare convincimento ora riasnto 
e, senza riuscire ad affermare un unitario criterio di valutazione, � 
unta a conclusioni che si rivelano in aperto contrasto con espresse norme 

legge. Le prescrizioni urbanistiche sono state sempre pi� svalutate fino 
far diventare l'indennit� di espropriazione completamente disancorata 
tll',esistenza dei piani regolatori e quindi del tutto dissociata dal giusto 
�ezzo della libera contrattazione di compravendita, che ovviamente si 
rma principalmente in ragione delle norme urbanistiche. 

Sembra quindi opportuno ricostruire lo svolgimento di questa singore 
elaborazione giurisprudenziale per tentare di comprenderne la vera 
>rtata e per verificaT,e se le conclusioni, alquanto sconcertanti, possono 
1cora reggere di fronte agli eventi pi� recenti. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II. -Il punto di partenza del nuovo indirizzo della giurisprudenza � 
da rinvenire nella interpretazione dell'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, 
n. 1402 sui piani di ricostruzione. 
Sebbene ai piani di ricostruzione fosse assicurata efficacia di piani 
regolatori particolareggiati (art. 3) e sebbene le disposizioni della legge 
urbanistica fossero dichiarate applicabili nei comuni provvisti di piano 
di ricostruzione (art. 12), la giurisprudenza non esit� ad affermare che 
alle espropriazioni dipendenti dai piani di rie.ostruzione fosse inapplicabile 
l'art. 38 della legge urbanistica. Fu infatti considerato che l'art. 9 della 
legge sui piani di ricostruzione non contiene nessun r.iferimento diretto 
alla legge urbanistica mentre fa un espresso riferimento alla legge fondamentale. 
(Cass. 14 dicembre 1962, n. 3352, Foro Amm., 1963, II, 257; 
12 aprile 1965, n. 661, ivi, 1965, II, 251). 

Con una motivazione piuttosto formalistica si � cos� impedita l'applicazione 
dell'art. 38 della legge del 1942 proprio nella materia dei piani 
di ricostruzione che costituisce la pi� ampia branca della attivit� urbanistica 
concretamente realizzata. Fino a questo punto la interpretazione 
� ancora sostenibile, anche se testimonia sin dalle prime manifestazioni 
lo sforzo evidente di contenere il pi� possibile gli effetti restrittivi delle 
norme urbanistiche. L'inapplicabilit� dell'art. 38 (di cui si � precisato il 
contenuto) non significa ancora che le prescrizioni di piano di ricostruzione 
debbano essere ignorate nella determinazione dell'indennit�. 

Ma � stato presto fatto un ulteriore passo. Ripetendo la stessa motivazione 
delle sentenze ora citate, varie successive pronunzie della Corte 
Suprema hanno affermato che, sebbene il piano di ricostruzione vincoli 
incontestabilmente l'immobile alla sua destinazione fin dal momento della 
pubblicazione, la indennitii di espropriazione va determinata � al di fuori 
e indipendentemente dal dflesso e dall'influenza che sul valor�e dell'immobile 
spiega il provvedimento di approvazione del piano di ricostruzione 
� (Cass. 7 febbraio 1963, n. 206, Foro Amm., 1963, II, 337; nello 
stesso senso 14. dicembr�e 1963, n. 3166, Rassegna Avv. Stato, 1964, I, 113; 
16 luglio 1963, n. 1946, Mass. Giur. It., 1963, n. 665). Di questa affermazione 
non si da motivazione; � chiaro che l'inapplicabilit� dell'art. 38 della legge 
urbanistica ai piani di ricostruzione non basta per escludere la ri1evanza 
di tutte le prescrizioni di piano e soprattutto per giustificare una tale 
irrilevanza ai fini espropriativi di regole di cui non si contesta la validit� 
nei rapporti privati; ed � altrettanto chiaro che non costituisce motivazione 
sufficiente il richiamo dell'art. 39 della legge sulle espropriazioni, 
perch� proprio questa norma viene apertamente violata quando si stabiliscono 
per l'indennit� di espropriazione criteri di valutazione diversi da 
quelli che regolano i valori di mercato, facendo diventare irdlevanti le 
prescrizioni che hanno un effetto decisivo nella formazione dei prezzi 
delle libere contrattazioni. 

Nonostante questa grave lacuna il principio giurisprudenziale si � 
affermato ,e consolidato, tanto che, quanto � emersa evidente la supervalutazione 
che l'indennit� veniva a ricevere (con il non considerare le 
prescrizioni di piano comportanti limitazioni e tenendo conto invece degli 
incrementi derivanti dal piano stesso) si � tentato, senza tornare indietro, 
di adottare un singolare temperamento. Alcune decisioni hanno infatti 
affermato che, sempre in materia di piani di ricostruzione, l'indennit� 
va determinata secondo i valori di mercato, ma facendo astrazione sia 
dalle' diminuzioni sia dagli aumenti dipendenti dal piano, cio� come se 
il piano non esistesse (Cass. 10 luglio 1961, n. 1644, Giust. Civ., 1961, I, 
1564; 7 maggio 1963, n. 1124, Riv. Giur. Edil., 1963, I, 968; 11 marzo 1964, 


PARTE II, QUESTIONI 175 

527, Giust. Civ., 1964, I, 723; 26 aprile 1968, n. 1285, Foro lt., 1968, I, 
'8). Questa proposizione, che � peraltro rimasta allo stato di un enunto 
teorico non tradotto in pratica, � anch'essa poco convincente: a parte 
parziale contraddizione col gi� esposto principio che, escludendo l'estenne 
dell'art. 38 della legge urbanistica, vuole compreso nella indennit� 
Lcremento conseguente alla adozione del piano di ricostruzione, il pretdere 
di impostare la stima come se il piano non esistesse comporta, 
re alla ingiustificabile negazione di un atto a carattere normativo di 

non si contesta l'efficacia, la creazione di un metodo di valutazione 
~ non ha nessuna base legislativa. Dopo che un piano di ricostruzione 

operato per vari anni incidendo profondamente sull'assetto edilizio, 
ttare di stabilire il valore di una area inclusa del piano ignorando l'esinza 
del piano stesso, � un'impresa impossibile dal punto di vista pratico 
ecnico; qualunque determinazione sarebbe arbitraria in quanto fondata 
lusivamente su ipotesi astratte. Ma sopratutto pretendere che la stima 
esegua in tal modo significa dissociare in modo radicale e definitivo 
tdennit� dal valore di mercato ponendo l'indennit� su di un piano di 
rattezza in nessun modo ravvicinabile alla realt� del momento. E la 
:a pi� sorprendente � che una tale conclusione si vuole giustificare con 
:t. 39 della legge fondamentale, proprio la norma che con il proposto 
tema di stima viene ,scardinata dalle fondamenta. 

Sembrerebbe che la Suprema Corte dia per ammessa una interpreione 
tutta particolare dell'art. 39: il sol fatto che l'art. 39 venga 
hiamato (come nell'art. 9 della legge sui piani di ricostruzione e nel:
t. 37 della legge urbanistica) starebbe a significare che le prescrizioni 
>anistiche vanno obliterate, quasi che per � libera � contrattazione di 
npravendita debba intendersi la contrattazione esente da qualunque 
:olamentazione edilizia. Che questo non sia il significato della libera 
itrattazione non � necessario dimostrarlo, come � superfluo ripetere 
~ l'art. 39 si proietta sul fenomeno reale e concreto del mercato e non 
la situazione che si sarebbe avuta qualora (ma l'ipotesi � impossibile) 
l fossero mai intervenute le prescrizioni urbanistiche. � chiaro che non 
) �esservi libera contrattazione ipotetica perch� non nasce mercato su 

che non � reale. Tuttavia, senza alcun approfondimento critico, la 
risprudenza considera sufficiente l'obbligo dell'osservanza dell'art. 39 
l solo per ritene!'e inapplicabili gli eccezionali criteri di valutazione 

t. 38 1egge urbanistica) che escludono dall'indennizzo taluni valori di 
reato, ma anche per eliminare tutte le limitazioni dipendenti dall'esinza 
del piano. 
Dopo aver elaborato in materia di piani di ricostruzione i concetti che 
>iamo riassunti, l'ultima giurisprudenza non ha avuto esitazione a comre 
un ulteriore grande passo, estendendo anche ai piani regolatori gli 
ssi principi; quindi in tutta la materia urbanistica, salva l'applicazione 
l'art. 38 (la cui portata � stata peraltro molto ristretta) non contano 
fini delle espropriazioni tutte le prescrizioni di piano, si che non pu� 
ersi conto della diminuzione di valore subita in conseguenza del provlimento 
che ha imposto la limitazione. (Cass. 27 gennaio 1967, n. 224, 
:ss. Giur. lt., 1967, 84; 28 marzo 1966, n. 821, Foro Amm., 1966, I, 320; 
,gennaio 1965, n. 119, ivi 1965, 49; 16 luglio 1963, n. 1943, Mass. Giur. 

1963, 664; 19 giugno 1962, n. 1560, Foro Amm., 1963, II, 69). 

Questa volta la motivazione che si riesce ad offrire � che le norme 
legge di approvazione di singoli piani regolatori che contengono par>
lari criteri per la determinazione dell'indennit� (come ad esempio La 
ge 24 marzo 1932, n. 355 sul piano regolatore di Roma) sono �eccezionali 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e non estens�bili; da ci� si deduce per contrapposto il contenuto della 
. norma generale. Non vi � dubbio che le norme dei singoli piani siano 
ecezionali, ma non � detto che la norma eccezionale sia sempre diametralmente 
opposta ,a quella generale. Tvalasciate le norme eccezionali, � 
necessario indagare sulla norma ordinaria, che non ammette di certo che 
l'indennit� di espropriazione possa fissarsi, astrusamente in misura superiore 
al valore che il bene ,avrebbe avuto in una libera contrattazione 

di mercato. 

� ormai incontestabile che fa giurisprudenza sia tenacemente orien


tata nei sensi suespressi. Non � superfluo considerare che le ultime deci


sioni citate hanno statuito ,che le espropriazioni disposte in esecuzione 

dei piani regolatori sono regolate dal �principio generale � contenuto 

nell'art. 9 della legge sui piani di ricostruzione: si � partiti dai piani di 

ricostruzione in quanto soggetti ad un regime particolare div.erso da 

quello ordinario dei piani regolatori e si � giunti alla conclusione che il 

principio genevale valido per i piani regolatori va individuato nella norma 

sui piani di ricostruzione; insomma l'art. 9 della legge 27 ottobre 1951, 

n. 1402 � ad un tempo eccezionale e generale. Questa cosi forzata costruzione 
(peraltro inutile perch� l'art. 9 primo comma della legge sui piani 
di ricostruzione � sostanzialmente identico all'art. 37 della legge urbanistica) 
sta a dimostrare come gradualmente, e senza una visione unitaria, 
si sia scivolati verso una conclusione che, se ha un ben preciso intendimento 
sociale ed economico, non pu� essere sorretta da una base giuridica. 
La sola manifestazione �di resipiscenza da questo marcato orienta


mento si rinviene nella decisione 16 maggio 1967, n. 1019 (Foro It., 1968, 

I, 517) secondo la quale, nel caso in cui la destinazione urbanistka sia 

anteriore all'espropriazione, la determinazione dell'indennit� ottenuta con


siderando !'.esistenza del vincolo equivale alla stima del terreno secondo 

la sua esatta natura e secondo il suo giusto prezzo in una libera contrat


tazione alla data del provvedimento ablativo; ma sembra che questa unica 

affermazione di un elementare principio giuridico e di buon senso sia 

destinata a rimanere isolata. 

Abbiamo gi� messo in luce l'insostenibilit� della tesi prevalentemente 

affermata dalla giurisprudenza che snatura l'art. 39 della legge fonda


mentale sul quale vorrebbe invece basarsi. 

Ma vi sono altre incongruenze. 

Innanzi tutto la giurisprudenza passata in rassegna non si conforma 
all'indirizzo legislativo in mateda urbanistica: la stessa legge 27 ottobre 
1951, n. 1402 sui piani di ricostruzione, le leggi 31 novembre 1952, 

n. 1902, 21 dicembre 1955, n. 1357, 30 luglio 1959, n. 615 e 5 luglio 1966, 
n. 517, che hanno istituito ed ampliato le misure di salvaguardia, le leggi 
20 aprile 1952, n. 524' e successive e 21 dicembre 1955, che hanno prorogato 
il termine �di validit� dei piani rego1atol'li e dei piani di ricostruzione esistenti, 
la legge 18 aprile 1962, n. 167 sui piani di zona per l'edilizia economica 
e popolare, documentano la continuit� dello sforzo leglislativo, 
culminato nella Legge ponte 6 agosto 1967, n. 765, �di affermare una efficiente 
disciplina urbanistica; di fronte a questa chiara volont� legislativa, 
il non ,celato proposito di annacquamento delle prescrizioni urbanistiche 
si rivela azzardato. 
Ancor pi� contraddittorio � l'apprezzamento che si fa delle norme 
urbanistiche rispetto a tutte le altre norme che influiscono sulla attivit� 
edilima. Non si � mai contestato e non si contesta tuttora che influiscano 
sulla determinazione dell'indennit� le servit� pubbliche e private e le 


PARTE II, QUESTIONI 

nitazioni al diritto di propriet� imposte da un gran numero di norme 
verse da quelle urbanistiche; si pensi alle limitazioni stabilite a rispetto 
strade, ferrovie, porti, �aeroporti, cimiteri, opere idrauliche, elettrodotti, 
'ere militari, ecc., ai vincoli panoramici, monumentali, idrogeologici; alle 

�rme antisismiche ecc. In questi casi nessuno osa pensare che debba 
dennizzarsi come esente da limitazioni un terreno soggetto a vincoli di 
irio gener�e che non avrebbe appetibilit� nel comune mercato. Pedino 
�lla specifica materia �edilizia si' riconosce che le norme dei regolamenti 
munali sono determinanti per la valutazione della indennit� di �esproiazione 
(Cass. 21 ottobre 1965, n. 2173, Foro Amm., 1965, I, 629). Diventa 
lora una vera assurdit� considerare in modo difforme le prescrizioni 
banistiche che, in sede pi� specifica, hanno J.o stesso contenuto. E ci� 
nto pi� perch� le prescrizioni urbanistiche per lo pi� si 1adeguano alle 
bre norme: il piano regolatore si sforza sempre di corrispondere ai vari 
Li. perseguiti dalle singole leggi e quindi prevede zone di rispetto �attorno 
cimiteri, lungo le strade, le ferrovie e gli elettrodotti, stabilisce norme 
.e non contrastano con la tutela paesistica e monumentale, si 1aLlinea 
le limitazioni antisismiche e cosi via; sembra dunque incongruo, quando 
procede alla determinazione della indennit�, ignorare le prescrizioni ur.
nistiche, ma tuttavia sottostare �alle singole disposizioni speciaili di eguale 
ntenuto. 

Un'ultima grave conseguenza de1la voluta eliminamone in sede di 
propriazione delle indicazioni urbanistiche si rinviene nella creazione 
tificiosa di zone non soggette ad alcuna normativa. Nell'ambito di un 
ano (e nel caso del piano regolatore generale in tutto il territorrio 
munale) ogni metro quadrato ha la sua destinazione ed � soggetto ad una 
terminata disciplina; ma quando si afferma che in �sede di espropriazione 

indicazioni urbanistiche non contano, si crea per le aree da espropriare 
ta esenzione assoluta (come una zona bianca) che si pone in netto con:
isto con tutto il sistema urbanistico: e cosi, ad esempio, per una strada 
.e disimpegna i lotti di una zona estensiva con accentuate limitazioni di 
~uttamento deve stabilirsi il valore con riferimento ad un'intensa (anzi 
imitata) utilizzazione, si che proprio l'esistenza del vincolo di destilZione 
crea un valore espropriativo di molte volte superiore a quello 
'i lotti edificabili. 

In conclusione per una serie di ragioni l'orientamento giurispruden1le 
esaminato si rivela difficilmente giustificabile sul piano giuridico; 
non si pu� tacere che l'evoluzione giurisprudenziale, scavalcando audamente 
la legge, ha sempre manifestato apertamente la tendenza a proteg
�re }'.espropriato. 

Questa constatazione induce a ricercare una particolare ragione, ca.
ce di giustificare un'.interpretazione elastica della norma giuridica porta 
oltre i limiti consueti. 

III. Oggi non � difficile spiegare il fenomeno, considerando che la 
1prema Corte, conscia della gravit� del principio della totale non indenzzabilit� 
dei vincoli urbanistici, si � sfor:z;ata, attraverso le singole 
�onunce e con mezzi certamente inadeguati allo scopo, di mitigare la 
U"ezza di quel principio, tendendo a r.estituire in sede di espropriazione 
tanto al proprietario era stato sottratto in sede di approvazione del 
ano. Il giudiuce ordinario ha insomma anticipato, nei limiti in cui � stato 
�ssibile, la pronuncia di illegittimit� costituzionale. 
Ora, senza voler dissertare sulla opportunit� di siff�atta opera giuriirudenziale, 
non pu� farsi a meno di considerare che la realt� � radi



178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

calmente mutata e che di conseguenza tutta la giurisprudenza presa in 
esame deve inevitabilmente essere rivista dal principio. 
La ormai celebre sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 1968, 

n. 55 ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 7, n. 2, 3 e 4 e 
dell'art. 40 della legge urbanistica. La sentenza � partita dalla premessa 
che i vincoli previsti neH'ar-t. 7 sono immediatamente operativi e validi 
a tempo indeterminato ed ha ritenuto che l'operativit� a tempo indeterminato 
di taluni vincoli ha contenuto sostanziale di espropriazione; di 
conseguenza ha affermato �che per poter imporre un vincolo di destinazione, 
che incida gravemente sulla. disponibilit� del bene, la legge deve 
pr�evedere la corresponsione di un indennizzo � razionalmente riferito ai 
punti cronologici di operativit�, senza creare vuoti che. disgiungano illimitatamente 
la sottomissione immediata del bene dal� compenso per la 
sua perdita �; ha ritenuto, per�, legittimi i vincoli �gratuiti di durata 
limitata (quali quelli nascenti dai piani regolatori particolar-eggiati). 
La recentissima legge 19 novembre 1968, n. 1187 non ha preso in 
considevazione la possibilit� dell'indennizzo per l'imposizione dei vincoli 
e confermando, inve�e, che nessun indennizzo � dovuto per le limitazioni 
ed i vincoli previsti dal piano, ha stabilito che le indicazioni di piano 
regolatore generale, nella parte in cui assoggettano beni determinati a 
vincoli preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilit�, 
perdono efficacia se entro cinque anni dalla data di approvazione del piano 
regolatore generale non siano approvati i piani regolatori particolareggiati 

o autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati; se sopravvengono i piani 
particolareggiati o i piani di lottizzazione, la efficacia dei vincoli non pu� 
protrarsi oltre il termine (massimo dieci anni) per l'attuazdone di essi. 
Dopo questi fatti nuovi il problema delle espropriazioni si ripmpone 
assai chiarificato. 

La Corte Costituzionale ha dato della norma dichiarata illegittima 
una interpretazione assai diversa da quella adottata dalla Corte di Cassazione 
ed ha particolarmente posto in evidenza il legame tra l'imposizione 
dei vincoli e la futura espropriazione, individuando proprio in questo 
legame la ragione della illegittimit� costituzionale, data la illimitata validit� 
nel tempo dei vincoli gratuitamente imposti e la conseguente disgiunzione 
tva � l�i. sottomissione immediata del bene e il compenso per la sua 
perdita �. � quindi chiaro che i vincoli urbanistici condizdonano la futura 
espropriazione e proprio per questo hanno un contenuto limitativo del 
diritto di propriet�; sarebbe st�ito assai difficile pervenire alle conclusioni 
affermate dalla Corte Costituzionale (almeno per i vincoli preordinati alla 
futura espropriazione) se si fosse partiti dalla premessa che in sede di 
espropriazione le indicazioni urbanistiche non sono rilevanti .sulla determinazione 
della indennit�. � 

Ora, pertanto, non pu� non darsi delle norme urbanistiche un'interpretazione 
diversa da quella che ha giustificato la dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale; mantenendo ferma la funzione e la ragion d'essere 
delle indicazioni urbanistiche, ne va considerata la portata ridotta (limitazione 
nel tempo) che � stata stabilita per ricondurre la norma nei limiti 
costituzionali. In sostanza la efficienza delle indicazioni urbanistiche, a 
seguito della legge 19 .novembre 1968, n. 1187, � rimasta quella di un 
tempo, salvi i limiti di durata; trattasi cio� di norme che impongono limitazioni 
non trascurabi1i al diritto di propriet� e che, se non avessero un 
termine di validit�, avrebbero un contenuto addirittura espropriativo. 
Queste norme per� sono ormai contenute ne1la legittimit� costituzionale 


PARTE II, QUESTIONI 179 

vanno applicate dal giudice ordinario ormai liberato da ogni preoccu1zione 
di contenuto metagiuridico. 
In particolare la recente legge deliberata per colmare il vuoto creato 

�lla pronuncia costituzionale ha espressamente disciplinato i vincoli 
�eordinati aUa futura espropriazione, sull'evidente presupposto della 
l�cienza di essi sulla misura della futura indennit�; per questa ragione 
li vincoli devono essere, per non violare il diritto di propriet�, conte~
ti entro limiti. Tutto questo lavorio del giudice costituzionale e del 
gislatore non avrebbe senso se -l'indennit� di espropriazione dovesse 
:terminarsi in misura mai inferiore e per lo pi� notevolmente superiore 
valore della libera contrattaziione di mercato. 

Deve quindi senza esitazione affermarsi che non pu� esser posto a 
tse della determinazione dell'indennit� di espropriazione un uso del 
me che si configura come un'attivit� vietata, oggi soggetta ad una severa 
pressione. 

Se le prescrizioni urbanistiche, in quanto disciplinano o limitano senza 
eluderla la possibilit� di edificazione, non sono soggette alle limitazioni 
i:p.porali ora introdotte, esse si incorporano nel carattere obiettivo del 
~ne e ne determinano l'attitudine d'uso. 

Per le altre prescrizioni non pu� avere importanza ai fini delJ.'espro
�iazione !'�eventualit� che esse perdano efficacia, perch� l'espropriazione 
i� intervenire soltanto prima che tale inefficacia sopravvenga (il decorso 
~l termine per l'attuazione del piano particolareggiato fa venir meno 

dichiarazione di pubblica utilit� e quindi del potere di esp.rop:riare). 
ertanto, finch� perdurano i vincoli, la espropriazione non pu� non tener 
mto della condizione obiettiva dei beni nel momento in cui essa inrviene. 


Riguardo poi ai vincoli preordinati alla espropriazione, va anco�ra 
msiderato che essi per buona parte concernono le aree destinate alla 
:banizzazione primaria (strade, spazi di sosta e di parcheggio, spazi di 
~rde attrezzato) definita nell'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847; 
a poich� in base alla vigente norma urbanistica (art. 8 della legge 8 
~osto 1967, n. 765, che ha modificato l'art. 28 della legge del 1942) per 
:ocedere alle lottizzazioni convenzionate i proprietari hanno l'obbligo 

cedere gratuitamente le aree necessarie per l'urbanizzazione primaria e 
1che quello di assumere a proprio carico gli oneri nece�ssari per attrez~
rle, sarebbe sommamente ingiusto in sede di attuazione dei piani parti>
lareggiati indennizzare i �proprietari come se le aree destinate all'urbalzzazione 
primaria non fosseil'o soggette ad alcuna limitazione. 

In sede di espropriazione non si pone come si � detto il problema che 
)tr� presentarsi �allorch� i vincoli perderanno efficacia per decorso del 
~rmine; ma se, in base ad altre norme di legge eventualmente da emaare, 
secondo l'indicazione della pronunzia costituzionale, si potr� avan1re 
l'ipotesi della sopravvivenza dei vincoli dietro corresponsione di un 
Ldennizzo, ancor meglio risulter� evidente che i vincoli indennizzati doranno 
essere influenti nella determinazione dell'indennit� di espropriacone, 
altrimenti essa, liquidata come se le indicazioni urbanistiche non 
iistessero, si aggiungerebbe all'indennizzo gi� corrisposto per l'imposi.
one dei vincoli, con una evidente duplicazione di ricchezza a favore 
ell'espropriato. 

Ne risulta quindi che, in ogni caso le prescrizioni urbanistiche, siano 
;;se di durata limitata o di efficacia a tempo indeterminato, e specialtente 
quelle che impongono vincoli preordinati all'espropriazione, debono 
costituire la base su cui impostare la determinazione dell'indennit� 


180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di espropriazione secondo i caratteri obiettivi e l'attitudine d'uso del 
bene espropriato, in applicazione dell'art. 39 della legge fondamentale 
sulle espropriazioni da :riportare al suo vero e originario valore; solo cosi 
l'indennit� di espropriazione consister� nel giusto prezzo che l'immobile 
avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita. E ci� va1e 
sia per i pfani regolatori che per i piani di ricostruzione. 

Questa conclusione si deve estendere, evidentemente, anche alle espropriazioni 
gi� pronunziate prima dell'entrata in vigore della legge 19 novembre 
1968, n. 1187; la condizione posta per l'effi.caci1a dei vincoU (espropriazione) 
si � gi� verificata, si che non � da parlarsi di una loro possibile 
irrilevanza. 

Ber i piani regolatori, inoltre, va osservato il principio dell'art. 38 
della legge urbanistica riguardo agli incrementi di valore che i beni 
espropriati hanno ricevuto in conseguenza della approvazione del piano 
e della sua attuazione. Tale norma non sarebbe invece applicabile ai piani 
di ricostruzione; ma anche su questo punto la giurisprudenza, eccessivamente 
formalistica e .condizionata� dal fine di riequilibrare 1a compressione 
del diritto di propriet�, andrebbe rivista. 

CARLO BAFILE 


RASSEGNA DI DOTTRINA 


A. VV., Rapporto fra diritto positivo ed evoluzione dell'economia pubblica 
con riferimento ad alcune forme di tutela penale ed al sistema 
dei controlli. Jasillo Editore. Roma, 1968, pagg, 425. 
Il volume in rassegna contiene le relazioni, le comunicazioni e gli 
iterventi al Quinto convegno nazionale dei Comitati d'azione per la Giu:
izia. I temi trattati nel corso della conferenza sono stati introdotti da 
l\LVATORE BuscEMA ( � Lineamenti per un adeguamento del sistema dei 
:>ntrolli � ), da RuGGIERo FmRAo (. Lineamenti per una rifarma dei delitti 
i peculato e di interesse privato in atti di ufficio �) �e da GIUSEPPE GuA:
No ( � Sulla utilizzazione di modelli differenziati nell'organizzazione pub!
ica �) mentre interventi, particolarmente incisivi e significativi, sono 
;ati effettuati da CAPACCIOLI, CONCI, DE LUCA e SANTANIELLO. 

L'importanza degli �argomenti discussi e l'interesse che le soluzioni 
roposte nel �corso del dibattito hanno suscitato non solo nell'ambiente 
~onomico e giudiziario, ma anch~ in quello parlamentare ed universitario 
anno indotto gli organizzatori a pubblicare, in buona e moderna veste 
pografica, i lavori del Convegno. Per rappresentare in un'efficace sintesi 

coro di voci emerso dal dibattito e lo spirito che ha aleggiato nel 
c>nvegno, tendenti, entrambi, ad una rapida e costante sincronizzazione 
egli istituti legislativi all'evoluzione della societ� �e della vita, i compi1tori 
della raccolta hanno pubblicato sul risvolto del volume un incisivo 
rano del compianto SALVATORE GIALLOMBARDO. Esso dice testualmente: 
La generale non corrispondenza delle decisioni giudiziarie a quella che 

l'aspettativa della collettivit� ha la sua radice in un ordinamento giuriico 
in contrasto con le esigenze sociali. Sono le vecchie strutture che non 

1. adattano pi� alle moderne :llunzioni dello Stato. � il vecchio concetto 
\cobino 
del diritto subiettivo, individualizzato e privatistico che non 
'~atta ai tempi nuovi �. 

L. M. 
-AINAUT -R. JoLLIET, I contratti della Pubblica Amministrazione nel 
Mercato Comune. Vol. II. Rassegna dei Lavori Pubblici Editrice. Roma, 
1968, pagg. 314. 

In questa Rassegna (1967, II, 222) abbiamo gi� segnalato ai lettori 
! p11imo volume dell'opera dei due giovani studiosi belgi; esso riguardava 
1 disciplina giuridica dei contratti di lavoro e di forniture della Pubblica 
umninistrazione in Beliio, Francia ed Iitalia. Questo secondo volume esa1ina 
la medesima materia relativamente agli ordinamenti giuddici della 
~ermania, del Lussemburgo e dell'Olanda. Mentre, per�, il primo volume 
v�eva soltanto un carattere di comparazione delle tre legislazioni p!rese in 
same, il libro in rassegna ha, invece1 anche uno sviluppo descrittivo, in 
1uanto nella legislazione in esso contemplata i contratti di lavoro e di 
orniture della P. A. sono istituti di diritto privato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I


I

Gli AA. a chiusura del volume, espongono altresi la materia cosi ?:: 
come � stata recepita nel Trattato di Unione economica del Benelux e 
eome ha inteso assimilarla il Trattato di Roma, istitutivo della Comunit� 
Economica Europea. In un titolo a s� stante vengono, infine, esposti i principi 
del diritto comunitario dei Contratti della Pubblka Amministrazione, 
quali possono dedursi dalle varie fonti che hanno dato vita alla legisla


I

zione che disciplina la C.E.E. 
Anche per questo volume la versione italiana � stata curata dal dott. 
L"Qigi Romei. 

L. M. 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


NORME SO'l'TOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * 


NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Statuto della Regione slc:iliana (approvato con r. d. lg. 15 maggio 
'46, n. 445, convertito nella leg,ge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), 
rtt. 26 e 27, se ed in quanto l'Alta Corte .per la Sicilia, pur avendo 
erduto il carattere di organo di giurisdizione costituzionale (sentenza 

marzo 1957, n. 38 della Corte costituzionale), conservi la compemza 
a giudicare dai reati commessi dal Presidente e dagli assessori 
~gionali nell'esercizio delle loro funzioni (art. 102, secondo comma, 
ella Costituzione e legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2). 

Giudice istruttore del tribunale di Palermo, ordinanza 9 maggio 
t>68, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

Disposizioni sulla legge in generale, art. 11 (Efficacia della legge nel 
impo), se ed in quanto idoneo a far escludere la efficacia della 
eclaratoria di illegittimit� costituzionale di norme processuali relavamente 
agli atti del processo gi� compiuti alla data di pu:bblica:
one della decisione della Corte costituzionale (art. 136, primo corata, 
della Costituzione). 

Tribunale di Ferrqra, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot>
bre 1968, n. 275. 

c:odic:e c:lvile, art. 156 (Effetti della separazione), ultimo c:omma, in 
uanto previsto a tutela della onorabilit� solo d�l marito (art. 29 
ella Costituzione) (1). 

Tribunale di Milano, ordinanza 14 febbraio 1968, G. U. 26 ottore 
1968, n. 275. 

(�) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento ai 
uali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Questione nuova. L'art. 156, primo comma, del codice civile, � stato dichiaito 
incostituzionale, con sentenza 23 maggio 1966, n. 46, � nella parte in cui pone 
carico del marito, in regime di separazione consensuale senza colpa di nessuno dei 
miugi, l'obbligo di somministrare alla moglie, tutto ci� che � necessario ai bisogni 
ella vita, indipendentemente dalle condizioni economiche di costei �. Analoga que;
ione � stata poi numerose volte proposta per l'ipote,si di separazione per colpa del 
iarito (v. retro, II, 140, e 43, nota 1, e in questa Rassegna, 1967, II, 230, 186 e 15). 


184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice civile, art. 1751 (Indennit� per io sciogLimento dei contratto), 
primo comma, in quanto prevede il diritto dell'agente all'indennit� 
solo per la ipotesi che il contratto di agenzia a tempo indeterminato 
si sciolga per fatto non imputabile all'agente (a.rtt. 3 e 6 della 
Costituzione) (2). 

Corte di cassazione, terza, sezione civile, ordinanza 3 luglio 1968, 

G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
codice di procedura civile, art. 545 (Crediti impignorabiii), quarto 
comma, in quanto predetermina nella misura del quinto la quota della 
retribuzi.one suscettibile di pignoramento (art. 3 della Costituzione) (3). 

Pretore di Pinerolo, ordinanza 21 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, lll. 261. 

codice di procedura civile, art. 553 (Assegnazione e vendita di crediti), 
in quanto, nell'imporre al pretore �di� assegnare la somma pignorata 
nella misura richiesta dal creditore, e anche relativamente a 
retribuzioni :liuture, � suscettibile di ridurre la retribuzione :percipienda 
dal debitore al disotto del minimo necessario per assicurare 
a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 della 
Costituzione). 

Pretore di Pinerolo, ordinanza 21 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

codice di .procedura civile, art. 707 (Comparizione personaie deUe 
parti), primo comma,, in quanto esclude l'assistenza del difensore nella 
comparizione dei coniugi dinanzi al presidente (art. 24, secondo comma, 
della Costituzione) (4). 

Giudice istruttore del tribunale di Milano, ordinanza 26 aprile 
1968, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 

(2) Sotto analogo profilo la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale 
l'art. 2120, primo comma, del codice civile, e limitatamente alla parte in cui, nel 
caso di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, esclude il diritto 
de! prestatore di lavoro ad una indennit� proporzionale agli anni di servizio, allorquando 
la cessazione stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni 
volontarie � (sentenza 27 giugno 1968, n. 75). 
(3) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 marzo 1968, n. 20. 
Altra questione di legittimit� costituzionale della norma, proposta per la divexsit� 
di disciplina rispetto a quella stabilita, dall'art. 1 della legge 5 gennaio 1950, 
n. 180, per i dipendenti da pubbliche Amministrazioni, � stata dichiarata inammissibile 
con ordinanza 15 novembre 1967, n. 131. La questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1 della legge 5 gennaio 1950, n. 180, dichiata non fondata, in riferimento 
agli artt. 3 e 28 della Costituzione, con sentenza 9 giugno 1963, n. 88, � 
stata riproposta, sotto l'indicato profilo e in riferimento all'art. ,3 della Costituzione, 
dal tribunale di Milano (ordinanza 29 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261, e 
infra). 
(4) Questione gi� proposta dallo stesso giudice istruttore con ordinanza 12 febbraio 
1968 (G. U. 13 luglio 1968, n. 177, e retro, II, 141). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice penale, art. 207 (Revoca delle misure di s.icurezza personaii), 
condo e terzo comma, in quanto consente ad autorit� diversa da quella 
udiziaria, e che non esercita pi� la sorveglianza sui giudici, di 
~vocare, con .provvedimento anche non motivato, le misure di sicu~
zza (art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Fog.gia, ordinanza 
giugno 1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

codice penale, art. 559 (Adulterio), in quanto punisce l'adulterio 
rio della moglie (artt. 3 e 9 della Costituzione) (5). 

Pretore di Iglesias, ordinanza 27 giugno 1968, G. U. 28 settem~
e 1968, n. 248. 
Pretore di Bologna, ordinanza 9 luglio 1968, G. U. 28 settembre 
168, n. 248. 

codice penale, art. 574 (Sottrazione di persone incapaci), in quanto, 
1n disparit� di trattamento tra i coniugi, consente di ravvisare gli 
tremi del reato nella condotta del .genitore non esercente la patria 
ttest�, escludendo invece la �possibilit� di incriminare il genitore 
ercente la patria potest� (art. 29, secondo comma, della Costituone) 
(6). 

Pretore di Roma, ordinanza 15 maggio 1968, G. U. 28 settembre 
168, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 15 (AutOll"izzazione a procedere), 
imo comma, in quanto, nel condizionare all'autorizzazione la conte;
izione dell'accusa con mandato e l'interrogatorio dell'imputato, esclu~ 
il contatto diretto fra imputato ed organo dell'azione penale e la 
~ssibilit� di offrire elementi per un proscioglimento in istruttoria, 

(5) Questione dichiarata non fondata con sentenza 28 dicembre 1961, n. 64 e 
i riproposta dal tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza 13 ottobre 1965 (G. U. 
gennaio 1966, n. 25, e in questa Rassegna, 1965, II, 22), dal pretore di Biella con 
liinanza 18 febbraio 1966 (G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 
66, II, 154), dal pretore di Bologna con ordinanza 3 giugno 1966 (G. U. 10 setteme 
1966, n. 226, e in questa Rassegna, 1966, Il, 247), dal pretore di Torino con 
:iinanza 7 ottobre 1967 (G. U. 23 dicembre 1967, n. 321, e in questa Rassegna, 
67, Il, 232), dal pretore di Orbetello con ordinanza 19 gennaio 1968 (G. U. 9 mar


1968, n. 65, e retro, Il, 44), dal tribunale di Roma con ordinanza 2 aprile 1968 

f. U. 15 giugno 1968, n. 152, e retro, Il, 141), dal pretore di Viareggio con ordinanza 
aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, Il, 141), dal pretore di Milano 
n ordinanza 13 maggio 1968 (G. U. 20 luglio 1968, n. 184, e retro, Il, 141), e dal 
bunale di Busto Arsizio con ordinanza 28 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, 

�etro, II, 141 ). 
(6) Questione gi� proposta dal pretore di Gavirate con ordinanza 29 maggio 
67 (G. U. 2 settembre 1967, n. 221, e in questa Rassegna, 1967, Il, 187) e dal pretore 
Roma con ordinanza 29 aprile 1968 (G. U. 20 luglio 1968, n. 184, e retro, II, 142). 
u-t. 574 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 22 febaio 
1964, n. 9, nella parte in cui limitav�a il diritto di querela al genitore esercente 
patria potest�. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consentito invece anche in mancanza di autorizzazione (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione); quinto comma, in quanto, con ingiustificata 
disparit� di trattamento tra i cittad�ni (art. 3 della Costituzione), 
non pone limite al ,ritardo nella concessione dell'autorizzazione 
a procedere (art. 68 della Costituzione) e consente un giustificato 
impedimento all'esercizio dell'azione penale (art. 112 della 
Costituzione) (7). 

Pretore di Novara, ordinanza 24 giugno 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 128 (Nomina del difensore di ufficio) 
(8) e art. 130 (Rapporto al Consiglio dell'Ordine a carico del 
difensore dell'imputato che abbandona la difesa -Provvedimenti per 
la sostituzione), in quanto prevedono la obbligatoriet� e la gratuit� 
della difesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre 
1968, !Il. 248. 

codice in procedura penale, art. 168 (Notificazioni all'imputato detenuto), 
secondo comma, in quanto subordina l'obbligo della notificazione 
in mani proprie dell'imputato alla condizione che lo stato di 
detenzione risulti dagli atti del procedimento (art. 24 della Costituzione). 


Pretore di Empoli, ordinanza 25 aprile 1968, G. U. 14 settembre 
1968, n. 235. 

codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), 
primo comma, e art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento con 
istruzione sommaria), secondo comma, se ed in quanto consentono al 
pretore di procedere o meno all'istruzione somma,ria (artt. 24, secondo 
comma, e 3 della Costituzione) (9). 

(7) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 15 del codice di procedura 
penale � stata dichiarata non fondata, in .riferimento agli artt. 3 e 28 della 
Costituzione, con sentenza 27 dicembre 1965, n. 99. 
(8) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 128, secondo comma, e 131, 
secondo comma, del codice di procedura penale, ed in riferimento agli artt. 24, 
terzo comma, e 35, primo comma, della Costituzione, con sentenza 22 dicembre 1964, 
n. 114. 
(9) Questione gi� proposta, per l'art. 398, secondo comma, del codice di procedura 
penale, dello stesso pretore con ordinanza 6 marzo 1968 (G. U. �15 giugno 1968, 
n. '152, e retro, Il, 96). La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 231 del 
codice di procedura penale, nella parte in cui attribuisce al pretore la facolt� di 
emettere il decreto di citazione per il giudizio, senza compiere atti di istruzione 
sommaria, � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, 
con sentenza 18 ap:i;ile 1967, n. 46. L'art. 398 del codice di procedura penale, 
� limitatamente alte parti in cui, nei procedimenti di competenza del pretore, non 
prevede la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda 
al compimento di atti di istruzione ., � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Pretore di Roma, ordinanza 14 maggio 1968, G. U. 12 ottoibre 
168, n. 261 (10). 

codice di procedura penale, art. 272 (Provvedimenti relativi alla 
irata della custodia preventiva), primo comma, e art. 375 (Provvedienti 
relativi alla libert� personale deU'imputato in caso, di rinvio 

giudizio), secondo comma, prima parte, in quanto consentono, per le 
otesi in cui sia obbligatoria la emissione del mandato di cattura, il 
�otrarsi a tempo indeterminato della carcerazione preventiv;a (art. 13 
~ua Costituzione) (11). 

Tribunale di Torino, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 setmbre 
1968, n. 248. 

codice di proce.dura penale, art. 304 (Nomina de�l difensoll'�e), in 
ianto, nel prevedere la nomina del difensore � nel primo atto del 
�ocedimento in cui � presente l'imputato., compromette i diritti 
~ila difesa relativamente agli atti, cui essa ha diritto di intervenire, 
1mpiuti prima che la pel'!sona indiziata abbia assunto la qualifica di 
1putato (art. 24 della Costituzione). 

T.ribunale di Tempio Parusania, ordinanza 5 giugno 1968, G. U. 
settembre 1968, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 372 (Deposito, in cancelleria e fa>
lt� dei difensori), art. 392 (Forme, .avocazione e trasfo1Tmaziorne 
~zia istmzione sommaria) (12), e art. 398 (Poteri del pretolTe nel pro


: aprile 1966, n. 33. La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 398, nella 
U"te in cui non prevede l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda 
compimento di atti di istruzione, � stata invece dichiarata non fondata, in riferiento 
all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, 

46. 
(10) Con la stessa ordinanza il pretore di Roma ha dichiarato manifestamente 
.fondate le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 225 e 409 del codice 
. procedura penale, proposte in riferimento agli articoli, rispettivamente, 24, secondo 
>mma, e 111 della Costituzione. 
(1) Il secondo comma dell'art. 272 del codice di procedura penale, �in quanto 
msente al ;procuratore generale che ha assunto o avocato a s� l'istruzione sommaria 
illa causa, di rimettere gli atti del processo alla Sezione istruttoria ., � stato dichiatto 
incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n. 32. 
(12) L'art. 392, primo comma, del codice di procedura penale, �nella parte in 
d, con l'inciso "in quanto applicabili", rende possibile non applicare alla istru:
one sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, ter, quater c. p. p . �. � stato dichiaito 
incostituzionale con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. Il terzo comma, ultima 
arte, della stessa disposizione, in quanto consentiva al procuratore generale che 
l'esse assunto o avvocato a s� l'istruzione sommaria della causa di rimettere gli 
tti del processo alla sezione istruttoria, � stato dichiarato incostituzionale con sen~
nza 2 aprile 1964, n. 32. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cedimento con istruzione sommaria) (13), terzo comma, in quanto in 
determinati casi escludono, in relazione alla inapplicabilit� dell'art. 372 
del codice di procedura penale nel caso di passaggio dall'istruzione 
sommaria alla fase del giudizio, la possibilit� di garantire all'imputato 
la difesa nell'istruzione sommaria (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). (14). 

Pretore di Pa_dova, ordinanza 22 aprile 1968, G. U. 14 settembre 
1968, ([l. 235. 

codice di procedura penale, art. 374 (Sentenza di rinvio a giudizio), 

in quanto consente al giudice istruttore di provvedere all'istruzione 
per reati di competenza del pretore (art. 25 della Costituzione) e di 
rinviare l'imputato dinanzi al pretore (al quale viene preclruso di 
compiere attivit� istruttoria e di emettere eventualmente sentenza 
istruttoria di proscioglimento) senza che sia stato compiuto alcun atto 
istruttorio (art. 3 della Costituzione). 

Pretore �di San Giovanni Rotondo, ordinanza 8 maggio 1968, G. U. 
14 settembre 1968, n. 235. 

codice di procedura penale, comb. dlsp. art. 407 (Requisito del� decreto 
di citazione davanti al tribunale) e art. 412 (Nuziit� del decreto 
di citazione), in quanto non prevede la nullit� del decreto di citazione 
per il caso di omessa indicazione della generalit� delle parti diverse 
dall'imputato (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Lanciano, o~dinanza 24 giugno 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

codice di procedura penale, art. 422 (Sanatoria delle nuzitt� verificatesi 
negli atti preliminari al giudizio), in quanto consente la sanatoria 
della nullit� relativa alla mancata citazione della parte offesa 
dal reato (art. 24, primo comma, della Costituzione) (15). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

(13) L'art. 398 del codice di procedura penale, � limitatamente alle parti in cui, 
nei procedimenti di competenza del pretore, non prevede la contestazione del fatto 
e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento di atti di istru. 
zione �, � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 28 aprile 1866, n. 33. La 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 398, nella parte in cui non prevede 
l'obbligo della contestazione del fatto qualora non si proceda al compimento di atti 
di istruzione, � stata invece dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo 
comma della Costituzione, con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
(14) Questione dichiarata non fondata, per quanto concerne 0 l'inciso �in quanto 
applicabili � dell'art. 392 del codice di procedura penale, con sentenza 29 dicembre 
1966, n. 127, considerata peraltro � incompleta � dal pretore di Padova. 
(15) Questione gi� proposta dallo stesso tribunale con ordinanza 24 novembre 
1967 (G. U. 24 febbraio 1968, n. 50, e retro, II, 11). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 189 

codice di procedura .penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), 
�tt. 4 e 5, in �quanto prevedono la obbligatoriet� e la gratuit� della 
ifesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre 
)68, n. 248. 

codice di procedura .penale, disp. att. (r. d. 28 maggio 1931, n. 602), 
-t. 65, se ed in quanto idoneo a far escludere la efficacia della declaLtoria 
di illegittimit� costituzionale di norme processuali relativamente 
~li atti del processo gi� compiuti alla data di pubblicazione della decione 
della Corte costituzionale (art. 136, primo comma, della Costitzione). 


Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot1bre 
1968, n. 275. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (Legge sui lavori pubblici), 
�t. 317, in quanto consente al Governo, senza indicazione di principi 
criteri direttivi, di emanare norme penali nell'esercizio della potest� 

~golameritare (art. 25 della Costituzione) (16). 

Tribunale per i minorenni di Firenze, ordinanza 26 aprile 1968, 
. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
Pretore di Pontremoli, ordinanza 14 giugno 1968, G. U. 14 set~
mbre 1968, n. 235. 
Pretore di Firenze, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
~68, n. 261. 

legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Disciplina delle espropriazioni forzate 
er pubblica utiiit�), art. 46, terzo comma, in quanto esclude l'applicailit� 
delle disposizioni di cui ai primi due commi alle servit� stabite 
da leggi speciali, con ingiustificata disparit� di trattamento (art. 3, 
rimo comma, della Costituzione) ed impedimento alla possibilit� di 
esumere dai primi due commi la necessit� di indennizzare le servit� 
er le quali la legge speciale non preveda espressamente una indenit� 
(art. 42, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 25 marzo 1968, G. U. 28 settemre 
1968, n. 248. 

legge 20 marzo 1913, n. 272 (Ordinamento deUe Borse di commer~
o, dell'ese1�cizio della mediazione e deUe tasse sui contratti di borsa), 
rt. 51. in quanto condiziona l'esercizio dall'azione giudiziaria al pa


(16) Questione dichiarata non fondata (in riferimento agli artt. 2, 13, 16 e 41 
ella Costituzione) e inammissibile (in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 13, 
icondo comma, 25, secondo comma, 70, 76 e 77 della Costituzione) con sentenza 
1 giugno 1968, n. 73). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gamento delle tasse dovute su contratti di borsa (art. 24 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 3 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), artt. 106 e 118, 
in quanto vietano di far valere in giudizio atti soggetti a registrazione 
e non registrati e di emettere provvedimenti giudiziali in base ad atti 
soggetti a registrazione e non registrati (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione) 
(17). 
Tribunale di Locri, ordinanza 7 agosto 1968, G. U. 12 ottobre 1968, 

n. 261. 
I 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), 
art. 31, primo, secondo e terzo comma, in quanto pone la presunzione 
I

juris et de jure di esistenza di un predeterminato .quantitativo di .gioielli, 
denaro e mobili nel patrimonio ereditario (artt. 3 e 53 della Co


I 

stituzione) (18). 

i 

Commissione provinciale delle imposte di Bari, ordinanza 11 mag


I ~ 

gio 1967, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 2378 (recte: n. 3278) (Le�gge delie tasse sui 
contratti di borsa), art. 19, in quanto condiziona l'esercizio dell'azione 
Ir

giudiziaria al pagamento delle tasse dorvute sui contratti di borsa (articolo 
24 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 3 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. ~ 

r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033 (NOlf'me per la repressione deile flf'odi 
nella preparazione e .nel commelf'cio di sostanze di uso� agr�ario e di plf'odotti 
agrari), artt. 41, 43, 44, 45 e 46, in quanto, nel disciplinare la proIIcedura 
per i prelevamenti e le analisi chimiche delle sostanze di uso 
agrario e dei prodotti agrari, non provvedono l'intervento dell'interes-

I

(17) Questione gi� dichiarata non fondata, contestualmente a quelle relative 
agli artt. 85, 108, 121 e 122 della legge. del registro, con sentenza 9 aprile 1963, n. 45. 
Analoga questione � stata proposta dal tribunale di Ferrara, anche per l'art. 108, in 
I riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 24, primo comma, e 101, secondo 
comma, della Costituzione (ordinanza 23 gennaio 1968, G. U. 11 maggio 1968, n. 120, 
e retro, II, 96), e dalla corte di appello di Bologna, limitatamente alla prima parte 

I dell'art. 118, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (ordinanza 3 no~ 
vembre 1967, G. U. 18 maggio 1968, n. 127, e retro, Il, 97). ~~ 

(18) Questione dichiarata non fondata con sentenza 12 luglio 1967, n. 109. I lii:primi due commi della disposizione, dichiarati incostituzionali con sentenza 12 lui: 
glio 1965, n. 69 � in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento disposto ~~ 
per Le aziende industriaLi e commerciali�, sono stati sostituiti con legge 31 ottobre 
1966, n. 948. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

tto (art. 24, secondo .comma, della Costituzione), con disparit� di trattmento 
rispetto a quello previsto dal codice di procedura penale per 
li atti di polizia giudiziaria (art. 3, primo �Comma, della Costituone) 
(19). 

Pretore di Brescia, ordinanza 15 giugno 1968, G. U. 14 settembre 
~68, n. 235. 

legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del 
oncordato deH'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Itaiiia, neUa 
irte relativa al matrimonio), art. 16, in quanto, in relazione all'art. 12, 
cm consente l'annullamento della trascrizione nella ipotesi di matri1onio 
canonico contratto dall'incapace di intendere e di volere (art. 3, 
rima parte, della Costituzione). 

Tr~bunale di Milano, ordinanza 10 aprile 1968, G. U. 28 settemre 
1968, n. 248. 

r. d. 28 maggio 1931, n�. 602 (Disposizioni di attuazione del codice 
i procedura penale), artt. 4 e 5, in quanto prevedono la obbligatoriet� 
la .gratuit� della difesa di ufficio (artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 della Coituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 17 aprile 1968, G. U. 28 settembre 
)68, n. 248. 

r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazio11ie del codice di 
rocedu'l'a penale), art. 65, se ed in quanto idoneo a far escludere la 
'ficacia della declaratoria di illegittimit� costituzionale di no�rme pro$
SUali relativamente agli atti del processo gi� compiuti alla data di 
JJbblicazione della decisione della Corte costituzionale (art. 136, primo 
>mma, della Costituzione). 
Tdbunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ot~
bre 1968, n. 275. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico deLle leggi di pubblica sitrezza), 
art. 18, terzo comma, in quanto estende la sanzione prevista 
~r i �promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al publico, 
che non ne abbiano dato preavviso alle autorit�, anche a coloro 
(19) La questione di legittimit� co.stituzionale dell'art. 44, terzo e quarto comma, 
~l r. d. 15 ottobre 1925, n. 2033, sollevata per la parte in cui la disposizione, nel 
sto sostituito dall'art. 1 della legge 27 febbraio 1958, n. 190 prevede l'obbligo di 
t preventivo deposito di somme per la richiesta di revisione di analisi, � stata 
chiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, con 
ntenza 19 febbraio 1965, n. 6. La questione di legittimit� costituzionale degli 
tt. 49 e 54 dello stesso decreto � stata dichiarata non fondata con le sentenze, riettivamente, 
8 giugno 1963, n. 79 e 15 maggio 1963, n. 67. 

192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che �bbiano preso la parola in riunioni non preavvisate (art. 21 della 
Costituzione) (20). 

Pretore di Brindisi, ordinanza 10 giugno 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubbiica sicurezza), 
art. 156, in quanto la regolamentazione della questura risulta 
differenziata a seconda del .perseguimento o meno di finalit� religiose 
(art. 3 della Costituzione) (21). 
Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), 
modificato dalla legge 27 .giugno 1942, n. 851 e dalla legge 9 
giugno 1947, n. 530, art. 99, nel testo sostituito con l'art. 6 della legge 9 
giugno 1947, n. 530, e art. 103, in quanto contemplano un controllo di 
merito tale da impedire definitivamente l'efficacia degli atti non approvati 
(art. 5, 128 e 130 della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 giugno 1968, G. U. 26 ottobre 
1968, n. 275 (2.2). 

(20) L'art. 18 del r. d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui stabilisce 
l'obbligo d1, preavviso e le relative sanzioni per l'inosservanza, in relazione a riunioni 
tenute in luogo aperto al pubblico o non pubblico, � stato gi� dichiarato incostituzionale, 
in riferimento all'art. 17 dalla Corte costituzionale, con sentenza 31 marzo 
1958, n. 27. In argomento, per quanto concerne la implicita declaratoria di illegittimit� 
costituzionale contenuta, per il richiamo alla sentenza 19 giugno 1956, n. 9, 
nell'ordinanza 7 giugno 1957, n. 91, cfr. Ret. Avv. Stato, 1956-1960, I, 178 ss. 
(21) La questione di legittimit� costituzionale della disposizione, in riferimento 
agli artt. 17, 18, 19, 21, 33, 39, 45 e 49 della Costituzione, � stata dichiarata non 
.fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso sopra indicato, la questione 
� stata gi� proposta dal tribunale di Reggio Emilia in riferimento agli artt. 2, 3 
e 21 della Costituzione (ordinanza 12 febbraio 1965, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 48), dal pretore di Avezzano in riferimento all'art. 
3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal tribunale di Brescia in riferimento all'art. 3 
della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in 
questa Rassegna, 1965, II, 143), dal pretore di Gonzaga in riferimento agli artt. 2, 3, 
18, 21 e 49 della Costituzione (ordinanza 19 �novembre 1965, G. U. 12 marzo 1966, 
n 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 103), dal pretore di Mantova in riferimento 
agli artt. 3, 2, 18, 38 e 39 della Costituzione (ordinanza 15 dicembre 1965, G. U. 
14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal tribunale di Grosseto 
in riferimento agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 
1966, G. U. 21 maggio 1966, n. 124, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal pretore 
di Lucera in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 aprile 1966, G. U. 
11 giugno 1966, n. 143, e in questa Rassegna, 1966, II, 158), dal pretore di Bari in 
riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 27 agosto 
1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 204), dal pretore di Bologna in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 4 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, 
n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 252), e dal pretore di Ragusa in riferimento 
agli artt. 3, 21, primo e secondo comma, e 2 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 
1967, G. U. 2 settembre 1967, n. 221, e in questa Rassegna, 1967, II, 190). 
(22) Con la stessa ordinanza il tribunale di Ferrara ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 14, 15 e 19 del r. d. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbliitoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 
1lnto comma, in quanto stabilisce il termine di un anno, a pena di detdenza, 
per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento di danni 
~rivanti da infortuni sul lavoro (artt. 3, primo e secondo comma, 35, 
~imo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione) (23). 
Tribunale di Roma, ordinanza 3 febbraio 1968, G. U. 14 settembre 
168, n. 235. 

r. d. I. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento 
~Zla previdenza sociale), art. 40, n. 6, in quanto esclude l'assicurazione 
~r coloro che prestano la loro opera alle dipendenze di persone tenute 
~rso di essi alla somministrazione degli alimenti' (artt. 3 e 38 della 
ostituzione) (24). 
Tribunale di Cosenza, ordinanza 26 aprile 1968, G. U. 12 ottobre 
168, n. 261. 

r. d. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del t. u. 
giugno 1931, n. 773, sulle leggi di pubblica sicurezza), artt. 285 e 
16, in quanto la regolamentazione della questua risulta differenziata 
seconda del perseguimento o meno di finalit� religiose (art. 3 della 
ostituzione) (25). 

Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
168, n. 261. 

febbraio 1911, n. 297 e degli articoli da 9 a 12 del d. 1. 4 aprile 1944, n. 111, in 
cerimento agli artt. 128 e130 della Costituzione. 

(23) Il terzo comma (� nella parte i.n cui limita la responsabilit� civile del datore 
lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato, all'ipotesi in cui questo sia 
zto commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza del lavoro e non anche 
1gli altri dipendenti, del cui fatto debba rispondere secondo il Codice civile �) e il 
tinto comma (e in quanto consente che il giudice civile possa accertare che il fatto 
ce ha provocato l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione 
'!l'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare l'ipotesi 

prescrizione del reato�), sono stati diC'hiarati incostituzionali con sentenza 9 marze 
67, n. 22. Le disposizioni sono riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del 
l?.R. 'ilO giugno 1965, n. 1124, dichiarato incostituzionale, con la stessa sentenza e 

�gli stessi limiti, a norma dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
111 la stessa sentenza � stata dichiarata invece non fondata, in riferimento agli 
tt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della Costituzione, la questione di legittimit� 
stituzionale del primo e del secondo comma della disposizione. La questione soprf' 
dicata � analoga, sotto alcuni aspetti, a quella proposta per l'art. 28 del r. d. 
agosto 1925, n. 1765, �dichiarato incostituzionale, con sentenza 5 luglio 1968, n. 85 
11,ella parte in cui stabilisce che la domanda dei superstiti del lavoratore deceduto 
causa dell'infortunio deve essere proposta, a pena di decadenza, entro un mese 
illa data della morte .. 

(24) r.'art. 40, n. 6 del r. d. 1. 4 ottobre 1935, n. 1827 � stato dichiarato incostizionale 
c0n sentenza 16 luglio 1968, n. 103. 
125) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza 26 gennaio 1957, n. 2. Nel senso 
pra indicato, la questione � stata gi� riproposta dal pretore di Avezzano in riferiento 
all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 giugno 1965, G. U. 28 agosto 1035, 


194 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto di autore e di 
altri diritti connessi al suo esercizio), in quanto non prevede criteri 
idonei a deliminare la discrezionalit� dell'ente impositore (art. 23 della 
Costituzione) (26). 

Pretore di Barra, ordinanza 15 giugno 1968, G. U. 14 settembre 
1968, n. 235 (27). 

r. d. I. 19 agosto 1943, n. 737 (Nuovi provvedimenti in materia di 
imposta di registro), art. 4, in quanto, con disciplina diversa da quella 
prevista dall'art. 50 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 per le vendite 
dei beni ai pubblici incanti (28), consente all'Amministrazione finanziaria 
di procedura all'accertamento del valore dei beni aggiudicati in 
seguito a vendite coatte promosse in dipendenza di mutui in danaro 
(art. 3 della Costituzione) (28 bis). 
Tribunale di Caltanissetta, ordinanza 4 giugno 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

r. d. lg. 15 mqggio 1946, n. 445 (Approv,azione dello Statuto della 
Regione siciLiana), convertito nella leg,ge costituzionale 26 febbraio 
1948, n. 2, articolo unico, per la parte in cui approva gli art. 26 e 27 
dello Statuto della Regione siciliana, se ed in quanto l'Alta Corte per fa 
Sicilia, pur avendo perduto il carattere di organo di giurisdizione costituzionale 
(sentenza 9 marzo 1957, n. 38 della Corte costituzionale), 
conservi la competenza a giudicare dei reati commessi dal Presidente 
e dagli assessori regionali nell'esercizio delle loro funzioni (art. 102, 
secondo comma, della Costituzione e legge costituzionale 26 febbraio 
1948, n. 2). 
Giudice istruttore del tribunale di Palermo, ordinanza 9 maggio 
1968, G. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

r. d~ lg. 1� giugno 1946, n. 539 (Trattamento economico del persoflale 
non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole �e negli istituti 
n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 108), dal tribunale di Brescia in riferim.ento 
all'art. 3 della Costituzione (ordinanza 14 settembre 1965, G. U. 30 ottobre 1965, 
n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143), dal tribunale di Grosseto in riferimento 
agli artt. 3 e 38, ultimo comma, della Costituzione (ordinanza 7 marzo 1966, G. U. 
21 maggio l.966, n. 184, e in questa Rassegna, 1966, Il, 160) e dal pretore di Bari 
in riferimento agli artt. 3. e 2 della Costituzione (ordinanza 4 maggio 1966, G. U. 
27 agc.sto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, Il, 206). 
(26) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 180 della legge 22 aprile 
1941, n. 633, proposta dal giudice conciliatore di Milano in riferimento all'art. 18 
della Cost1tuzic>ne, � stata richiarata non fondata con sentenza 17 aprii~ l!J68, n. 25. 
(27) C.�n h stessa ordinanza il pretore di Barra ha dichiarato manifestamente 
infondata la queRtione di legittimit� costituzionale della legge 22 aprile 1941, n. 633 
in riferimento agli artt. 18 e 41 della Costituzione. 
(28) La q.iebi.ione di legittimit� costituzionale dell'art. 50, secondo CCJmma, del 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, � stata dichiarata non fondata. in riferimento agli 
artt. 3 e 53 della Costituzione, con sentenza 6 luglio 1965, n. 62. 
(28 bis) Questione gi� proposta. Cfr. in questa Rassegna, 1967, II, 153, e 
retro, Il, 97. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 195 

'istruzione media), art. 3 (nel testo sostituito dall'art. 1 del d. l. C. P. S. 
1 dicembre 1947, n. 1687), quarto comma, e successive modificazioni 
ut. 20 del d. P. R. 11 gennaio 1956, n. 19, art. 13 del d. P. R. 21 
prile 1965, n. 373, e art. 24 del d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749), in 
uanto stabilisce una retribuzione ridotta per i professori incaricati 

supplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle dipenenze 
dello Stato o di altri enti pubblici, con disparit� di trattamento 
ra i professori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta alinsegnamento, 
un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, 
�rimo comma, e 36, .primo comma, della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, 
:. U. 14 settembre 1968, n. 235. 

legge 9 giugno 1947, n. 530 (Modificazioni al testo unico della legge 
vrovinciale e comunale, approvato con regio decreto 3 marzo� 1964, 
;. 383, e successive modificazioni), art. 6, che ha sostituito l'art. 99 
lel r. d. 3 marzo 1934, n. 383, in quanto contempla un controllo di 
11erito tale da impedire definitivamente l'efficacia degli atti non ap1rovati 
(artt. 5, 128 e 130 della Costituzione). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 giugno 1968, G. U. 26 otobre 
1968, n. 275. 

d. I. C. P. S. 29 luglio 1947, n. 804 (Riconoscimento giuricLico degli 
stituti di patronato e di assistenza sociale), art. 1, in quanto, nel riserrare 
agli istituti legalmente riconosciuti la tutela in sede amministraiva 
dei diritti del lavoratore, impone praticamente al lavoratore �di 
tffidare la tutela dei diritti che intenda far valere ad uno dei patronati 
egalmente riconosciuti, limitando la facolt� di scelta dell'interessato e 
riolando il diritto di qualsiasi sog.getto che si proponga di tutelare 
lavoratori (art. 39, primo comma, della Costituzione) (29). 

Pretore di Prato, ordinanza 4 luglio 1968, G. U. 28 settembre 
.968, n. 248. 

d. I. C. P. S. 31 dicembre 1947, n. 1687 (Nuove norme sul trattamento 
~conomico del personale non di ruo.io degli istituti e delle scuole di 
struzione media), art. 1, che sostituisce l'art. 3 del r. d. lg. 1� giugno 
l946, n. 539, e successive modificazioni (art. 20 del d. P. R. 11 gen1aio 
1956, n. 19, art. 13 del d. P. R. 21 aprile 1965, n. 373, e art. 24 
iel d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749), in quanto stabilisce una retribuiione 
ridotta per i .professori incaricati o supplenti che abbiano un imJiego 
di ruolo o non di ruolo alle dipendenze dello Stato o di altri enti 
129) Questione gi� propo$ta, sotto differente profilo e in riferimento agli artt. 97, 
;erzo comma, 51, primo. comma, 98, primo comma, e 41, primo e secondo comma, 
iella Costituzione, dal tribunale di Ferrara (ordinanza 5 aprile l!l66, G. U. :&7 agosto 
l966, n. 213, in qnesta Rassegna, 1966, II, 208). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblici, con disparit� di trattamento tra i professori non di ruolo, a 
seconda che abbiano, in aggiunta all'insegnamento, un impiego privato 

o un impiego pubblico (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della 
Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, G. U. 
14 settembre 1968, n. 235. 

legge 5 gennaio 1950, n. 180 (T. u. delZe leggi concernenti il sequestro, 
il pignoramento e la cessione degii stipendi, salari e pensioni dei 
dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni), art. 1, in quanto, con 
disciplina �diversa da quella stabilita per i dipendenti privati dall'articolo 
545 del codice di procedura civile, esclude il pignoramento della 
retribuzione dei dipendenti da pubbliche Amministrazioni (art. 3 della 
Costituzione) (30). 

Tribunale di Milano, ordinanza 29 mag,gio 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, nella interpretazione che ne 
viene data, con efficacia vincolante per il giudice di rinvio, dalla Corte 
di cassazione (art. 136, primo comma, della Costituzione (31). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 
1968, n. 275. 

d. P. R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione, transitorie e di 
coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517, contenente modificazioni 
al Codice di procedura penale), art. 16, se ed in quanto idoneo 
a far escludere l'efficacia della declaratoria di illegittimit� costituzionale 
di norme processuali relativamente agli atti del processo gi� 
compiuti alla data di pubblicazione della decisione della Corte costituzionale 
(art. 136, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Ferrara, ordinanza 12 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 
1968, n. 275. 

legge 5 gennaio 1956, n. 1 (Norme integrative della legge 11 gennaio 
1951, n. 25 sulla perequazione tributaria), artt. 7, quarto comma, 
e 8, ultimo comma, riprodotti nell'art. 109 del d. P. R. 29 gennaio 1958, 

n. 645, in quanto �condizionano la detraibilit� di ammortamenti e spese 
(30) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. :; e 28 della 
Costituzior.e, r.on sentenza 9 giugno 1963, 11. 88. La questi<>ne reciproca, sollevata 
cio� per l'art. 545 del codice di procedura civile, � stata dichiarata inammissibile 
con ordinanza 15 novembre 1967, n. 131. 
131) Questione dichiarata non fondata, �n riferimento agli artt. 24. secondo 
comma, e 136, primo comma, della Costituzione, con sentenza 29 dicembre 1966, 

n. 127. Analoga questione � stata riproposta, in riferimento all'art. 53 della Costituzione, 
dalla commissione provinciale delle imposte di Milano (ordinanza 8 marzo 
1967, G. U. 29 luglio 1967, n. 190, e in questa Rassegna, 1967, II, 154). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 197 

lla osservanza di determinate norme di procedura (artt. 53 e 3 della 
.ostituzione). 

Commissione distrettuale d~lle imposte di Vasto, ordinanze 15 lulio 
1968 (due), G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. 

d. P. R. 11 gennaio 1956, n. 19 (Conglobamento totale del trattamento 
r::onomico del personale statale), art. 20 (quinto comma), in quanto 
~abilisce una retribuzione ridotta per i professori incaricati o suplenti 
�che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle dipendenze 
ello Stato o di altri enti pubblici, con disparit� di trattamento tra i 
rofessori non di ruolo, a seconda che abbiano, in aggiunta all'insenamento, 
un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, primo 
omma, e 36, primo comma, della Costituzione). 
Consiglio di stato, sesta sezione, ordinanza 3 novembre 1967, 

1. U. 14 settembre 1968, n. 235. 
legge 14 aprile 1966, n. 307 (Determinazione o modificazione deHe 
iisure dei contributi e delle 1Jariffe dei premi per le assicurazioni soiali 
obbligatorie, nonch� pe.r gli assegni familiari, per la integrazione 
.ei guadagni degli operai deH'industria, e per l'ass.istenza .agli orfani 
.ei lavoratori italiani), art. 1, in quanto, nell'indicare quale criterio per 
:i determinazione dei contributi le esigenze delle g�estioni di bilancio 
egli istituti assistenziali, non delimita in modo idoneo la discrezionalt� 
dell'esercizio del potere di imposizione (artt. 23 e 76 della Costiuzione) 
(32). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 27 febbraio 1968, G. U. 14 setembre 
1968, n. 235. 
Tribunale di Genova, ordinanze 16 aprile 1968 e 14 mag,gio 1968, 
;. U. 28 settembre 1968, n. 248 (33). 
Tribunale di Varese, ordinanze 29 maggio 1968 (due), G. U. 14 
ettembre 1968, n. 235 e 12 ottobre 1968, n. 261. 
Pretore di Piacenza, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 settembre 
.968, n. 248. 

legge 1� dlc:embre 1956, n. 1426 (Compensi spettanti ai periti, conulenti 
te�nici, �interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a ri:
hiesta deU'autorit� giudiziaria), artt. 2, 3, e 4, in quanto prevedono 
:ompensi inadeguati alle prestazioni e inferiori a quelli stabiliti dalle 
ariffe professionali (art. 36, primo comma, della Costituzione) (34). 

(32) Questione gi� proposta dal tribunale di Imperia con ordinanza 10 aprile 
.963 \G. V. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 146). 
\33) Nella ordinanza del tribunale di Genova la questione risulta proposta in 
�iferimento al solo art. 76 della Costituzione. 

(34) Analoga questione -proposta, per la legge 15 aprile 1961, n. 291 e per 
'art. 8 dlO'lla legge 2 marzo 1963, n. 320, dal consigliere istruttore 1f1>lla sezione spe:
ializzata agraria della corte di appello di Milano -� stata dichiarata inammissibile 
~<,n sentenza 5 luglio 1968, n. 90. 

198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giudice istruttore del tribunale di Ferrara, ordinanza 30 ,giugno 
1968, G. U. 12 ottobre 1968, n. 261. 

d. P. R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico deUe leggi recanti nol/"1ne 
per la elezione della Camera dei deputati), art. 113, quinto c:omma, in 
quanto esclude per i reati elettorali l'applicabilit� delle disposizioni del 
codice penale e del codice di procedura penale relative alla sospensione 
dell'esecuzione della condanna ed alla non menzione della condanna 
nel certificato del casellario giudiziale (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Stradella, ordinanza 27 maggio 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

d. P. R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 109, in quanto condiziona la detra1bilit� di ammortamenti 
e spese alla osservanza di determinate norme di procedura 
(artt. 53 e 3 della Costituzione). 
Commissione distrettuale delle imposte di Vasto, or1dinanze 15 
luglio 1968 (due), G. U. 12 ott.obre 1968, n. 261. 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico de:Lle leggi per la composizione 
e la elezione degli o!l'gani delle Amministrazioni comunali), 
art. 15, n. 3, in quanto non disciplina autonomamente le modalit� di 
cessazione delle funzioni inerenti alle cariche previste come cause di 
inelleggibilit�, che rimarrebbero operanti .quando dimissioni tempestivamente 
presentate non fossero accettate in tempo utile (artt. 3 e 51 
della Costituzione) (35). � 

Corte di appello di Napoli, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 12 
ottobre 1968, n. 261. 

legge 24 luglio 1961, n. 729 (Piano di nuove costruzion.i stradali ed 
autostradali), art.. 9, primo c:omma, in quanto non prevede indennizzo 
per il divieto di edificazione imposto ai proprietari degli immobili 
ubicati lungo il tracciato delle autostrade (art. 42, terzo comma, della 
Costituzione) (36). 

Tribunale di. Genova, ordinanza 25 marzo 1968, G. U. 28 settembre 
1968, n. 248. 

(35) Altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 15, n. 3, del d. P. R. 
16 maggio. l !?60, n. 570 sono state dichiarate non fondate con sentenza 11 luglio 1961, 
n. 42 e con ordinanza 27 marzo 1962, n. 25, e manifestamente infondate, � ai sensi 
della sentenza n. 93 del. 16 dicembre 1965 � (pubblicata il 27 dicembre 1965), con 
ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17. Per le altre questioni di legittimit� costituzionale 
dall'art. 15 del d.P.R. 16 maggio J.960, n. 570 (nei vari numeri della disposizione), cfr. 
in questa Rassegna, 1964, II, 134, 1965, II, 49, 80, 110 e 143, e 1966, II, 24, 110, e 166). 
(36) Questione gi� proposta dal tribunale di Catanzaro, con ordinanza 24 febbraio 
1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258, e in questa Rassegna, 1967, II, 193). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 31 dicembre 1961, n. 1443 (Norme per il funzionamento deUe 
�restazioni per l'.assistenza di malattia ai pensionati), art. 5 (37), in 
uanto, nell'indicare �come criterio di determinazione dei contributi il 
abbisogno dell'assistenza di maattia ai pensionati, non delimita in 
1odo idoneo la discrezionalit� dell'esercizio del potere di imposizione 
artt. 23 e 76 della Costituzione) (38). 

Tribunale di Livorno, ordinanza 27 febbraio 1968, G. U. 14 setembre 
1968, n. 235. 
Tribunale di Genova, ordinanze 16 aprile 1968 e 14 maggio 1968, 
:. U. 28 settembre 1968, n. 248 (39). 
Tribunale di Varese, ordinanze 29 maggio 1968 (due), G. U. 14 setembre 
1968, n. 235, e 12 ottobre 1968, n. 261. 
Pretore di Piacenza, ordinanza 31 maggio 1968, G. U. 28 sietembre 
1968, n. 248. 

d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 481 (Norme sul trattamento economico e 
ormativo dei dipendenti da imprese commerciali), articolo unico, in 
uanto rende obbligatorie erga omnes le clausole di cui agli articoli 
1, 96 e 97 del contratto coHettivo nazionale di lavoro 28 giugno 1958, 
on eccesso dei limiti della delega conferita con gli artt. 1 e 8 della 
egge 14 luglio 1959, n. 741 (art. 76 della Costituzione) (40). 
Pretore di Arezzo, ordinanza 19 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
968, n. 261. 

d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 912 (Norme sul trattamento economico e 
ormativo� degli impiegati di 1" e di ,2" oat�gO'l"ia, del personale subal~
rno, degli opemi, deUe guardie notturne e del personale di fatica, 
ipendenti dalle Casse di risparmio, Monti di credito su pegno di prima 
11,tegoria ed Enti equiparati), articolo unico, in quanto rende obbligatorio 
rga omnes il nono comma dell'art. 36 del contratto collettivo nazioale 
28 febbraio 1941 per il personale dipendente da istituti di credito 
d enti equiparati (nel testo modificato con l'art. 14 della convenzione 
ollettiva 14 ottobre 1953), con il quale si impone agli istituti di credito 
i dare del lavoro straordinario preventiva segnalazione alla rappresenmza 
del personale (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Mantova, ordinanza 23 maggio 1968, G. U. 28 settembre 
968, n. 248. 

(37) Nelle ordinanze dei tribunali di Genova e Varese la questione � proposta 
er il terzo comma della disposizione. 
(38) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano con, ordinanza 10 gennaio 
968, dal tribunale di Imperia con ordinanza 10 aprile 1968, e dalla corte di appello 
i Caltanissetta con ordinanza 22 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, 
:, 148). 
(38) Nelle ordinanze del tribunale di Genova la questione risulta proposta in 
iforimento al solo art. 76 della Costituzione. 
(40) Nell'ordinanza di rimessione la questione risulta proposta direttamente 
er gli artt. 91, 96 e 97 del contratto collettivo di lavoro 28 giugno 1958. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 29 settembre 1962, n. 1462 (Norme di modifica ed integrazione 
delle leggi 10 agosto 1950, n. 646, 29 luglio 1957, n. 634, e 18 luglio 
1959, n. 555, recanti provvedimenti per il Mezzogiorno), art. 2, ultimo 
comma, in quanto consente di determina~e la indennit� di espropriazione 
secondo valori calcolati con riferimento ad epoca fino a dodici 
anni anteriore al provvedimento espro;priativo (artt. 42, terzo comma, e 
3 della Costituzione) (41). 

Tribunale di Bari, ordinanze 2 maggio 1968 (due), 16 maggio 1968, 
30 maggio 1968 (due), 6 giugno 1968 e 15 giugno 1968, G. U.. 26 ottobre 
1968, n. 275. 

legge 9 gennaio 1963, n. 7 (Divieto di licenziamento delle lavoratrici 
per causa di matrimonio e modifiche alla le�gge 26 agosto 1950, n. 860: 
< Tu.tela fisica ed ' economica delle lavoratrici madri � ), art. 1, ultimo 

I!
comma, in quanto presume juris et de jure, per tutte le ipotesi diverse 
da quelle per le quali si ammette la prova contraria, che il matrimo


I 

nio della lavoratrice sia stato il motivo del licenziamento (artt. 3, 37 
e 41 della Costituzione) (42). 

1

Tribunale di Genova, ordinanza 14 maggio 1968, G. U. �28 settembre 
1968, n. 248. 

f 

legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordtinamento della professione di gior� 
nalista), art. 46, in quanto impone al direttore ed al vice direttore ref 
gsponsabili di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa 
l'obbligo, penalmente sanzionato, , di iscrizione nell'albo dei giornalisti 
(art. 21 della Costituzione) (~3). 

I 

Pretore di Firenze, ordinanza 7 giugno 1968, G. U. 14 settembre 
1968, n. 235. 

I

d. P. R. 17 marzo 1965, n. 144 (Norme sul trattamento previdenziale 
del personale dipendente dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica 

! 

I 
~ 

(41) Questione proposta nel presupposto che l� disposizione si applichi ai rapporti 
in contestazione tra le parti, escludendosi cio� la retroattivit� delle norme che 
hanno modificato e sostituito l'art. 2, ultimo comma, della Iegge 29 settembre 1962, 
I ~ 

n. 1462. La disposizione, infatti, � stata modificata con l'art. 6 della legge 6 lug}io 
1964, n. 608 e sostituita poi con l'art. 31 della legge 25 giugno 1965, n. 717, che 
rinvia, quanto alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, alla legge 18 
aprile 1962, n. 162, e quindi anche all'art. 12, secondo comma, prima parte, che, 
i

dichiarato illegittimo con sentenza 9 aprile 1965, n. 22, � stato sostituito, con le 
altre disposizioni della legge 18 aprile 1962, n. 167 relative alla determinazione 
dell'indennizzo, dalla legge 21 luglio 1965, n. 904. 

(42) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 2 della Costituzione, 
dal tribunale di Como (ordinanza 9 gennaio 1967, G. U. 24 giugno 1967, n. 157, e 
in questa Rassegna, 1967, I, 107). 
(43) Questione dichiarata non fondata con sentenza 10 luglio 1968, n. 98 (in 
motivazione). L'art. 46, primo comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69 � stato 
invece dichiarato illegittimo, con la stessa decisione, � limitatamente alla parte in 
cui esclude che il direttoT:e ed il vice direttore responsabile di un giornale quotidiano 
o di un periodico o agenzia di stampa di cui al primo comma dell'art. 34 possa essere 
iscritto nell'elenco dei pubblicisti �. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

:NEL) in applicazione della delega contenuta nell'art. 13 deUa legge 
dicembre 1962, n. 1643), art. 9, ultimo comma, nella parte in cui limita 
periodi di contribuzione validi per il conseguimento delle prestazioni 
�eviste dall'art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 a quelli derivanti 

versamenti volontari anteriori al 12 maggio 1956, con eccesso dai 
niti della delega conferita con l'art. 13 della legge 6 dicembre 1962, 

1643 (art. 76 della Costituzione). 

Tribunale di Venezia, ordinanza 10 giugno 1968, G. U. 28 settem
�e 1968, n. 248. 

d. P. R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative della legge 6 dimbre 
1962, n. 1643 e norme relative al coordinamento e all'esercizio 
~ne attivit� elettriche esercitate da enti ed imprese diversi dall'Ente 
izionale per l'Energia Elettrica), art. 3, per eccesso dai limiti della 
!lla delega conferita con gli artt. 2 della legge 6 dicembre 1962, 
1643, e 1 della legge 27 giugno 1964, n. 452, in quanto consente 
trasferimento all'Enel degli impianti di distribuzione di imprese per 
quali l'art. 4, n. 6, lettera a) della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 

eludeva il trasferimento (artt. 76 e 77 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, quarta sezione, ordinanza 2 aprile 1968, G. U. 
ottobre 1968, n. 275. 

d. P. R. 21 aprile 1965, n. 373 (Conglo�bamento dell'assegno temponeo 
negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in apicazione 
della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), art. 13, (quarto com!
i), in quanto stabilisce una retribuzione ridotta per i professori inca:
ati o supplenti che abbiano un impiego di ruolo o non di ruolo alle 
pendenze dello Stato o di altri enti pubblici, con disparit� di trattaento 
tra i professori non di ruolo a seconda che abbiano, in aggiunta 
l'insegnamento, un impiego privato o un impiego pubblico (artt. 3, 
imo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, senza sezione, oo:dinanza 3 novembre 1967, G. U. 
settembre 1968, n. 235. 

legge 20 maggio 1965, n. 507 (Divieto di uso degli apparecchi autoitici 
da giuoco nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli 

associazioni di qualsiasi genere), art. 1, in quanto vieta l'uso degli 
parecchi automatici da giuoco anche per vincite in forma di consu1zione 
o di ripetizione di partita (artt. 3 e 41 della Costituzione) (44). 

Pretore di Padova, ordinanza 29 marzo 1968, G. U. 14 settembre 
68, n. 235. 

(44) Questione gi� proposta, in riferimento agli artt. 18 e 41 della Costituzione, 
I tribunale di Milano (ordinanza 24 novembre 1967, G. U. 15 giugno 1968, n. 152, 
�etro, II, 100. 

202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 6 (recte: 26) maggio 1965, n. 595 (Caratteristiche tecniche e 
requisiti dei leganti idraulici), artt. 4 e 5, in quanto, nello stabilire un 
termine di decadenza per la contestazione dei vizi del prodotto operante 
anche quando l'acquirente non abbia richiesto gli S1pecifici accertamenti 
prescritti, impediscono al compratore di far valere in giudizio i propri 
diritti quando la scoperta del vizio avvenga dopo la scadenza del termine 
di decadenza (art. 24 della Costituzione). 

Tribunale di Pistoia, ordinanza 18 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

d. P. R. 5 giugno 1965, n. 749 (Coingtobamento deU'assegno mensile 
e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale 
statale, in applicazione dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1964, n. 1.268), 
art. 24 (quinto comma), in quanto stabilisce una retribuzione ridotta 
per i professori incaricati o supplenti che abbiano un impiego di ruolo 

o non di ruolo alle dipendenze dello Stato o di altri enti pubblici, con 
disparit� di trattamento tra i .professori non di ruolo, a seconda che abbiano, 
in aggiunta all'insegnamento, un impoiego privato o un impiego 
pubblico (artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione). 
Consiglio di Stato, sesta se:aione, ordinanza 3 novembre 1967, G. U. 
14 settembre 1968, n. 235. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuati), 
art. 11, in quanto limita l'a.pplicazione della legge ai datori di lavoro 
che occupano pi� di trentacinque dipendenti (art. 3 della Costituzione) 
(45). 

Pretore di Trieste, ordinanza 5 giugno 1968, G. U. 14 settembre 
1968, n. 235. 
Pretore di Giulianova, ordinanza 30 giugno 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

legge 22 luglio 196, n. 607 (Norme in materia di enfiteusri e prestazioini 
foindiarie perpetue), art. 1 (artt. 3 e 42, secondo e terzo comma, 
della Costituzione) (46). 

Pretore di Chieti, ordinanza 18 dicembre 1967, G. U. 26 ottobre 
1968, n. 275. 

(45) Questione gi� proposta dal pretore di Vicenza con ordinanza 31 maggio 
1967 (G. U. 14 ottobre 1967, n. 258 e in questa Rassegna, 1967, II, 198), dal pretore 
di Cuneo con ordinanza 29 aprile 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150), 
dal pretore di Roma con ordinanza 3 maggio 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e 
retro, II, 150), e, in riferimento anche agli artt. 4 e 35 della Costituzione, dal pretore 
di Napoli con ordinanza 3 giugno 1967 (G. U. 11 novembre 1967, n. 282, e in questa 
Rassegna, 1967, II, 238), e dal pretore di Pistoia con ordinanza 20 luglio 1967 (G. U. 
11 novembre 1967, n. 282, e in questa Rassegna, 1967, II, 238). 
(46) Questione gi� proposta; per le altre numerose ordinanze di rimessione, v. in 
questa Rass.egna, 1967, II, 72-73, 108-109, 157-161, 198-200, 238-2.39, e retro, II, 17, 
101 e 150. In particolare, sui vari profili prospettati v. in questa Rassegna, 1967, II, 
72-73, 108-109, 157-161 e 198-200. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 203 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestaicmi 
fondiarie perpetue), art. 1 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione) (46). 

Pretore di Tione ordinanza 6 luglio 1968, G. U. 28 settembre 
968, n. 248. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestaicmi 
fondiarie perpetue), artt. 1, 8 e 9 (art. 42 della Costituzione) (46). � 

Pretori di Capri, ordinanza 31 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 1968, 

l. 261. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta:
ioni fondiarie perpetue), artt. 1, 15 e 18 (artt. 3, 41, 42 e 44 della Co:
tituzione) (46). _,.. 

Corte di appello di Catania, ordinanza 22 luglio 1968, G. U. 12 
>ttobre 1968, n. 261. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e presta:
ioni fcmdiarie perpetue), artt. 4, 5, 6 e 7 (artt. 24, primo e secondo 
:omma, e 3, primo e terzo comma, della Costituzione); art. 8 (artt. 41, 
~2 e 44 della Costituzione), e art. 1 (artt. 3, 41 e 42 della Costitu:
ione) (46). 

Pretore di Agropoli, ordinanza 7 giugno 1968, G. U. 28 settem>
re 1968, n. 248. 


d. P. R. 20 marzo 1967, n. 223 (Testo unico deUe leggi recanti norme 
!)er la disci.plrina deU'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione 
:leUe Uste elettorali), art. 7, sec:ondo c:�omma, in quanto differisce al l 0 
luglio e al 1� gennaio l'effetto della iscrizione nelle liste elettorali 
mche per coloro che, gi� maggiorenni e nelle condizioni previste dall'art. 
4, abbiano diritto ad essere iscritti o reiscritti nelle liste elettorali 
(artt. 3 e 48 della Costituzione). 
Corte di appello di Roma, ordinanza 18 maggio 1968, G. U. 28 
>ettembre 1968, n. 248. 

legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazicmi al sistema sanzionatorio 
cl,elle norme in tema di circoi~cme stradale e de1Ue norme di regolamenti 
locali), art. 9, c:omma quarto e seguenti., in quanto, nel prevedere 
un'azione formalmente diretta contro l'ingiunzione di pagamento ma 
sostanzialmente rivolta contro l'ordinanza del prefetto, consente il sindacato 
del giudice ordinario sulla legittimit� di provvedimenti amministrativi 
di fronte ai quali manca un diritto soggettivo perfetto, e sottrae 
l'ordinanza del prefetto ad ogni impugnativa autonoma (principio 
ex art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, �allegato E, artt. 113, terzo 
comma, e 24 della Costituzione) (47). 

(47) Questione gi� proposta dallo stesso pretore con ordinanze 27 maggio e 
6 giugno 1968 (G. U. 31 agosto 1968, n. 222, e retro, II, 150). 
17 


2()4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pretore di Prato, ordinanza 26 giugno 1968, G. U. 14 settembre 
1968, n. 235. 

legge 3 maggio 1967, n. 317 (Modificazioni al sistema sanzionatorio 
detle norme in tema di circolazione stradale e de'lle norme di regolamenti 
locali), art. 9, sesto comma, in quanto autorizza la parte privata a 
stare in giudizio senza l'assistenza di un difensore (artt. 24 e 25 della 
Costituzione) �48). 

Pretore di Stradella, ordinanza 28 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

legge 9 luglio 1967, n. 572 (Modifica agli articoli 57 e 91 del testo 
unico sult� circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente 
della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), art. 1, secondo (?) comma (artt. 
24 e 25 della Costituzione) (49). 

Pretore di Stradella, ordinanza 28 maggio 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

legge 18 marzo 1968, n. 238 (Nuovi termini per l'emanazione dei 
provvedimenti di cui all'art. 39 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e 
norme integrative della medesima), art. 5, in quanto esclude, e per i 
soli pensionati del settore industriale e commerciale, la commutabilit�, 
della pensione di anzianit� con la retribuzione, con disparit� di trattamento 
tra i pensionati, a seconda che prestino o no attivit� lavorativa 
alle dipendenze di terzi (artt. 3 e 36 della Costituzione), e sostanziale 
limitazione all'esercizio del diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 
4, 35 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Firenze, ordinanza 13 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 
1968, n. 261. 

d. P. R. ,27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo 
deUe pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), artt. 20, 
21 e 23 (50), in quanto escludono, e p.er i soH pensionati del settore 
industriale e commerciale, la cumulabilit� della pensione di anzianit� 
con la retribuzione, con disparit� di trattamento tra i pensionati, a se(
48) Questione la cui proposizione � desumibile, peraltro, dalla sola parte dell'ordinanza 
in cui si rl&>ortano le argomentazioni del ricorrente. Sia dalle premesse 
in fatto che dal dispositivo del provvedimento, infatti, la questione di legittimit� 
costituzionale risulta proposta relativamente all'art. 1, secondo comma (che non 
esiste), della legge 9 luglio 1967, n. 572 (relativa alle variazioni stabilite, con modifica 
degli artt. 57 e 91 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, per il trasporto non autorizzato 
di cose e per l'uso pubblico di veicolo destinato ad uso pri\1ato), per ravvisato contrasto 
con gli artt. 24 e 25 della Costituzione: contrasto -si precisa nell'ordinanza 
di rimessione -che � appare ictu oculi evidente ad una semptice lettura del comma 
secondo dell'art. 1 della detta l. n. 572 � (!). 
(49) V. nota precedente. 
(50) Per l'art. 23 la questione � stata proposta solo dal pretore di Cagliari. 

PARTE ~J, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 205 

mda che prestino o no attivit� lavorativa alle dipendenze di terzi 
1rtt. 3 e 36 della Costituzione), e sostanziale limitazione all'esercizio 
el diritto al lavoro (artt. 3, secondo comma, 4, 35 e 38 della Costi1zione) 
(51). � 

Pretore di Firenze, ordinanza 13 luglio 1968, G. U. 12 ottobre 
968, n. 261. 
Pretore di Venezia, ordinanze 2 agosto 1968 (due), G. U. 12 ot>
bre 1968, n. 261 (52). 
Pretore di Cagliari, ordinanza 28 agosto 1968, G. U. 26 ottobre 
968, n.275. 

(51) Nell'ordinanza del pretore di Cagliari il contrasto con gli artt. 35 e 38 
ella Costituzione viene specificato con riferimento, rispettivamente, al primo comma 
d al secondo comma delle disposizioni. 
(52) In tali ordinanze, nelle quali la questione sopra indicata viene sollevata con 
articolare riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, risulta prospettato il 
ontrasto delle disposizioni anche con l'art. 42 della Costituzione, e non invece con 
art. 38 della Costituzione. 

CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Autorizzazione a costruire a distanze inferiori a quelle di cui all'art. 96 

T.U. -Opere idrauliche -Necessit� di concessione -Non sussiste. 
Se per le autorizzazioni a costruire a distanze inferiori a quelle stabilite 
dall'art. 96 lett. F del t. u. sulle opere idrauliche occorra un decreto di 
concessione del competente Genio Civile o del Ministero (n. 97). 

Se nel provvedimento di concessione debba essere indicata la scadenza 
oppure sia sufficiente la precisazione che � sempre revocabile per ragioni 
di pubblico interesse (n. 97). 

Se dal provvedimento di concessione derivi il pagamento di un canone 
annuo o solo il versamento di una tassa di concessione governativa (n. 97). 
Se ad emettere J.a autorizzazione in deroga sia competente l'Ufficio del 

Genio Civile competente o il Ministero dei LL.PP. (n. 97). 

Se per le autorizzazioni a costruire a distanze inferiori a quelle stabilite 
dall'art. 96 lett. F t. u. opere idrauliche su di un terreno demaniale, occorra 
un decreto di concessione della P.A. (n. 97). 

AERONAUTICA ED AEROMOBILI 

Successione di leggi nel tempo. 

Se la legge 18 maggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di 
un premio in vece degli oggetti rinvenuti, sia applicabile al caso in cui il 
rinvenimento sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 23). 

AGRICOLTURA 

Consorzi agrari -Bilanci -Procedimento per la loro pubblicazione. 

Quale sia il procedimento per la pubblicazione del bilancio dei Con:. 
sorzi Agrari nel Bollettino Ufficiale delle Societ� per Azioni (n. 57). 

Provvedimenti tributari; legge 18 novembre 1964, n. 1271. 

�Se a norma dell'art. 2 della legge 18 novembre 1964, n. 1271, gli ispettorati 
dell'Agricoltura, trovandosi di fronte ad una richiesta di certificazione 
basata su un atto validamente compiuto, possano e debbano estendere la 
valutazione ai requisiti e alle condizioni cui la legge subordina la concessione 
di una particolare agevolazione fiscale (n. 58). 

Requisiti per le domande di integrazione prezzo dell'olio di oliva. 

Se, per le domande d'integrazione prezzo ai sensi del d. 1. 9 novembre 
1966, n. 912, sia legittimo richiedere le indicazioni relative alla via e numero 
civico dei singoli conduttori deJ.le aziende di provenienza delle olive (n. 59). 


PARTE II, CONSULTAZIONl 207 

erritori depressi dell'Itatia Centro Settentrionale. 

Se le dichiarazioni ed i riconoscimenti di localit� economicamente de~
esse, effettuati in applicazione dell'art. 1 legge n. 647 del 1950 e successive 
.odifiche continuino ad avere valore agli effetti dei benefici previsti nelart. 
17 della legge 27 ottobre 1966, n. 910 (n. 60). 

LBERGHI 

ontributi previsti dalla l. 15 febbraio 1962, n. 68 -Trasferibilit�. 

Se i contributi alberghieri (L. 15 febbraio 1962, n. 68) possano essere 
;tribuiti a persone diverse dall'originario richiedente e a questi subentrate 

1. 17). 
MMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ollegi a carattere rappresentativo -Delibere circa il quorum nece$sario. 

Se siano legittime le delibere di un organo collegiale a carattere rappremtativo 
(nella specie, Comitato per il Credito Agrario di Esercizio) che 
abiliscono, in difetto di disposizioni normative, un numero di presenze 
ecessarie per la validit� delle adunanze, inferiore al plenum (n. 338). 

utela del segreto di atti d'ufficio della P.A. nei confronti di pubblici dipendenti 
-di privati. 

Quali misure siano previste dalla legge a tutela del segreto di taluni 
;ti d'ufficio della P.A., e nei confronti di pubblici dipendenti, e di privati 
le illegittimamente ne divulghino il contenuto (n. 339). 

PPALTO 

ppalto opere pubbliche statali -Capitolato generale -Valore. 

Il capitolato generale oo.pp. statali (una volta d. m. 28 maggio 1895, oggi 
. P. R. 16 luglio 1962) non pu� ritenersi un mero regolamento interno, di 
~ganizzazione, poich� suoi destinatari non sono tanto funzionari apparteanti 
alla P.A., quanto soggetti (contrattanti o contraenti) estranei alla 
1edesima, epper� le sue norme vanno annoverate fra quella della legislaone 
materiale dello Stato (n. 321). 

evisione dei prezzi -Natura. 

Sulla natura della � facolt� � di rev1s1one dei prezzi di appalto di 
;>ere pubbliche, prevista dai d.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modif. con 
!gge 9 maggio 1950, n. 329; legge 23 ottobre 1963, n. 1481; legge 21 giugno 
}64, n. 463, e legge 17 febbraio 1968, n. 93 (n. 322). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Riserve -Tempestivit� -Rilevanza. 

Se le riserve sollevate nell'adempimento di un contratto d'appalto, per 
poter essere accolte, debbano essere iscritte nel registro di contabilit� al 
momento in cui il preteso onere ebbe a verificarsi, e non alla fine dei lavori 

(n. 323). 
Termine per la registrazione di contratto d'appalto in cui il Comune agisce 
come stazione appaltante della GESCAL. 

Quale sia il dies a quo da �cui decorre il termine per la registrazione 
dei contratti di appalto per la GESCAL nel caso in cui, in veste di stazione 
appaltante della Gestione agisca un Comune (n. 324). 

ASSICURAZIONE 

Mutue assicuratrici o Casse volontarie per lavoratori senza personalit� giuridica 
-Poteri di vigilanza su di esse. 

Se al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale competa la vigilanza 
sulle mutue assicuratrici o casse volontarie fra lavoratori, che non 
abbiano personalit� giuridica, a' sensi della legge 15 aprile 1886, n. 3818 
e d.1.1. 10 agosto 1945, n. 474 (n. 78). 

BELLEZZE ARTISTICHE E NATURALI 

Sospensione feriale dei termini e giudizio peritale. 

Se la sospensione dei termini prevista dall'art. 5 legge 14 luglio 1965, 

n. 818 si applichi anche al termine per la provocazione del giudizio peritale, 
di cui all'art. 15 legge 29� giugno 1939, n. 1497 (n. 19). 
BONIFICA 

Consorzi di bonifica -Applicabilit� del contributo alla P.A. 

Se l'Amministrazione proprietaria di terreni facenti parte del comprensorio 
di un con�orzio di bonifica debba il contributo fissato in via provvisoria 
ai sensi degli artt. 11 e 12 r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 (n. 5). 

Elezioni dei Consigli dei delegati. 

Se, in base alla legge 2 giugno 1961, n. 459, sia possibile l'assegnazione 
di un voto frazionario ai piccoli proprietari facenti parte dei Consorzi di 
bonifica, quando essi non raggiungono il voto intero (n. 6). 

BORSA 

Art. 10 legge 20 marzo 1913, n. 272. 

Se gli Agenti di Cambio siano tenuti al pagamento di diritti per l'accesso 
in borsa e per il rilascio della relativa tessera (n. 26). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 209 

!ERTIFICAZIONE 

>bbligo del Conservatore dei RR.II. di consentire l'esame delle note e dei 
titoli. 

Se il Conservatore dei Registri Immobiliari abbia o meno l'obbligo di 
onsentire, in sede di ispezione dei registri in senso proprio, anche l'esame 
lelle note e dei titoli depositati (n. 2). 

:INEMATOGRAFI 

,avori di rimodernazione -Autorizzazione all'aumento del numero dei 
posti -Calcolo del decennio di attivit�. 

Se nel decennio di attivit�, previsto dall'art. 8 d. m. 18 aprile 1966 per le 
oncessioni della autorizzazione all'ampliamento del numero dei posti, in 
aso di lavori di ammodernamento, possa calcolarsi anche il periodo di 
.ttivit� in locali diversi, da cui il cinema sia stato poi trasferito nell'attuale 
mmobile (n. 40). 

:IRCOLAZIONE STRADALE 

>ivieto di sorpasso -Striscia di mezzeria continua -Diversit� di funzione Sussiste. 


Se con la sussistenza della striscia di mezzeria continua (� segnale oriz:
ontale che attiene alla disciplina dell'oltrepasso e non a quella del sorpasso) 
>u� coesistere la facolt� di sorpasso, e se con la sussistenza del segnale di 
livieto di sorpasso pu� coesistere la facolt� di oltrepassare la linea di mez:
eria discontinua per effettuare il cambio di direzione previsto dall'art. 111 
.u. n. 393 del 1959 (n. 13). 

:::OMPRAVENDITA 

"erreni abusivamente lottizzati -Invalidit� del contratto. 

Se i contratti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a 
:copo residenziale, in mancanza del requisito previsto dall'art. 10 legge 
l agosto 1967, n. 765, siano nulli. o annullabili (n. 4). 

:::ONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

<lzienda concessionaria di pubblico servizio di trasporto -Gestione governativa 
-Potere di riduzione del danno cagionato dal personale. 

Se la Gestione Governativa di un'Azienda concessionaria di pubblici 
;ervizi di trasporto abbia nei confronti del danno cagionato dai propri di?
endenti il potere di riduzione previsto dall'art. 38 r. d. 8 gennaio 1931, 

1. 148, come modif. dal1a legge 3 novembre 1957, n. 1982 e, nell'affermativa, 
;e tale potere possa essere disciplinato con riferimento alle norme che 
:egolano l'analoga materia per il personale delle Ferrovie dello Stato (n. 87). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONCORSI 

Elevazione del limite di et� per alcune categorie. 

Quale sia il limite di et� per l'ammissione a pubblici concorsi; a) dei 
mutilati ed invalidi civili (le~ge 1962, n. 1539); b) vedove ed orfani di caduti 
in guerr� o per servizio (legge 1965, n. 1288); c) mutilati ed invalidi del 
lavoro, orfani e vedove di caduti sul lavoro (legge 1966, n. 851); d) invalidi 
di guerra (legge 1963, n. 367) (n. 13). 

CONTRABBANDO 

Condanne per contrabbando per quantitativo non accertato art. 109 legge 
doganale -Risarcimento del danno. 

Se sulla base della sentenza penale di condanna passata in giudicato, 
con la quale gli imputati siano stati condannati, a norma dell'art. 109 legge 
doganale, per contrabbando per quantitativo non accertato, possa chiedersi 
in sede civile, il risarcimento del danno da il.iquidarsi in via equitativa a 
norma dell'art. 1226 c. c. (n. 44). 

Se, per il risarcimento del danno possa procedersi con l'ingiunzione 
fiscale (n. 44). 

Confisca di merce contrabbandata -Assoluzione con formula dubitativa Diritto 
alla restituzione del deposito cauzionale -Non sussiste. 

Se la confisca della merce, seguita all'assoluzione dell'importatore imputato 
del delitto df,contrabbando per insufficienza di prove sul dolo, possa 
farsi rientrare fra le cause di forza maggiore che, a norma dei paragrafi 3 
e 4 art. 6 Reg. e.E.E. n. 136/64 del 12 ottobre 1964, legittimano alla restituzione 
del deposito cauzionale giusto il disposto dello stesso art. 6, paragrafo 
2 (n. 45). 

DANNI 

Contributi per danni alluvione -Concetto di capo-famiglia ex legge 

n. 1162/1966. 
Se i contributi previsti dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1142 competano 
anche ai capi-famiglia che siano soli o ai loro aventi causa (n. 5). 

Contributo per danni da alluvione -Acquirenti di alloggi con riserva di 
propriet� (legge 1966 n. 1162). 

Se il contributo previsto dall'art. 7 d. 1. 18 novembre 1966, n. 976 (modif. 
dalla legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1142) competa anche agli 
assegnatari -acquirenti di alloggi -con patto di riservato dominio (n. 6). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

>ANNI DI GUERRA 

,iqui�azione a favore di eredit� giacente. 

Se possano essere emessi provvedimenti formali di liquidazione di inlennizzi 
e di contributi per danni di guerra a favore di una �eredit� giaente 
� e se si possa procedere al pagamento delle somme liquidate a favore 
lel curatore della eredit� stesa (n. 132). 

>EMANIO 

:trade statali attraversanti comuni con meno di 20.000 abitanti -Necessit� 
di un provvedimento di classificazione, perch� il tratto urbano appartenga 
al demanio statale. 

Se, nonostante la mancanza di un decreto ministeriale di classificazione 
li un tratto di strada statale attraversante l'abitato di un Comune con meno 
li 20.000 abitanti, tale tratto debba considerarsi appartenente al demanio 
tatale o comunale (n. 226). 

>IFESA DELLO STATO 

~cuole aventi finalit� ed ordinamenti sq>eciali. Art. 9. ultimo comma, della 
legge 21 settembre 1938, n. 2038. 

Se le scuole aventi finalit� ed ordinamento speciali di cui all'art. 9, 
tltimo comma, della legge 21 settembre 1938, n. 2038, possano, a seconda 
lelle caratteristiche, essere ricomprese fra le scuole industriali e commeriali 
di cui al n. 22 del r. d. 8 giugno 1940, n. 779 (n. 11). 

>ONAZIONE 

lutorizzazione Presidenziale per l'accettazione di donazioni. 

Se nel caso di donazione di area all'Amministrazione, per la costruzione 
li alloggi popolari, sia necessaria l'autorizzazione presidenziale o sia suffiiente 
la generica autorizzazione di cui alla legge n. 315 del 1958 (n. 39). 

mILIZIA ECONOMICA POPOLARE 

~ontributo per danni di alluvione -Acquirenti di alloggi con riserva di 
propriet� (legge 1966, n. 1162). 

Se il contributo previsto dall'art. 7 d. 1. 18 novembre 1966, n. 976 
modif. dalla legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1142) competa anche 
1gli assegnatari -acquirenti di alloggi -con patto di riservato dominio 
:n. 207). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mutui ipotecari, riscatto, cancellazione de'lle ipoteche. 

Se sia ammissibHe la cancellazione delle ipoteche iscritte a favore della 
Cassa depositi e prestiti per mutui destinati all'edilizia economica e popolare 
richiesta dagli istituti mutuatari a norma dell'art. 10 della legge 27 
aprile 1962, n. 231 per gli allog,gi riscattati, nel caso in cui il piano di 
ripartizione del debito � richiesto a vendita avvenuta (n. 298). 

Se possa effettuarsi la liberazione dalle ipoteche anche degli alloggi 
in corso di riscatto con pagamento rateale da parte dell'acquirente, quando 
l'Ente mutuatario provveda al versamento presso la Cassa mutuante dell'intera 
somma corrispondente al prezzo del riscatto medesimo (n. 298). 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Esproprio a sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 -Procedimento da seg�ire 
-Necessit� di apporre i termini per il completamento dei lavari 
e delle espropriazioni. 

Se per l'esproprio di aree incluse in piani di zona a sensi della legge 
18 aprile 1962, n. 167 sia necessario seguire la procedura ordinaria prevista 
dalla legge del 1865 o sia invece sufficiente seguire la procedura stabilita 
dalla stessa legge n. 167 (n. 266). 

Se sia necessario stabilire i termini per il completamento dei lavori e 
delle espropriazioni (n. 266). 

FALLIMENTO 

Concordato successivo -Responsabilit� del garante per crediti tributari nei 
confronti del fallito -Possibilit� di pignoramento dello stipendio del 
garante, che sia dipendente statale. 

Se a sensi dell'art. 2 n. 3 legge 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi 
coattivamente sullo stipendio di un dipendente statale .per crediti tributari 
nei confronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del concordato 
fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 114). 

FARMACIA 

Potere di determinare gli orari di apertura e chiusura. 

A quale Autorit� spetti il potere di sostituirsi al Sindaco qualora questi 
ometta di determinare gli orari �relativi all'apertura e chiusura delle f�armacie 
ai sensi dell'art. 119 t.u. com. e prov. e successive modificazioni 

(n. 19). 
Revoca per perdurante sostituzione del titolare per motivi di famiglia. 

Se possa legittimamente revocarsi l'autorizzazione dell'esercizio farmaceutico 
in caso di perd�urante sostituzione del titolare per motivi di salute 

(n. 20). 

PARTE II, CONSULTAZIONI 

~ERROVIE 

Agevolazioni fiscali previste dal d. l. 14 dicembre 1967, n. 1598 -Applicabilitd 
ad impianti ferroviari. 

Se ai fini dell'ammissione ai benefici fiscali portati dal d. I. 14 dicembre 
L967, n. 1598 possa essere considerato �stabilimento tecnicamente organiz~
ato � un impianto ferroviario (n. 398). 

'.::ompatibilitd di una tassa minima sulle tariffe internazionali con il Trattato 
Istitutivo della C.E.C.A. 

Se sia compatibile con le clausole del Trattato istitutivo della C.E.C.A., 
l'imposizione di una tassa minima di lire 12.000 a carro ferroviario con 
:iecorrenza 1 luglio 1965, sulle tariffe internazionali per i trasporti carbosi:
ierurgici con gli altri paesi della Comunit� (n. 399). 

'.::ontributo per danni da alluvione -Acquirenti di atloggi con riserva di 
proprietd (legge 1966, n. 1162). 

Se il contributo previsto dall'art. 7 d. I. 18 novembre 1966, n. 976 
(modif. dalla legge di conversione 23 dicembre 1966, n. 1142) competa anche 
:igli assegnatari -acquirenti di alloggi -con patto di riservato dominio 

(n. 400). 
Sindacato di costituzionalitd delle condizioni e tariffe di trasporto approvate 
con d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197. 

Se il d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 approvante la revisione delle condidoni 
e tariffe ferroviarie sia soggetto al sindacato di legittimit� costituzionale 
(n. 401). 

[MPIEGO PUBBLICO 

Dipendenti dell'ex M.A.I. -Se ad essi competa la indennitd integrativa. 

Se si possa estendere a tutto il personale ex dipendente del M.A.I., 
che abbia prestato servizio presso uffici del Governo Federale della Libia 
e dell'Eritrea, la concessione della indennit� integrativa del trattamento 
economico percepito (n. 684). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Esenzione della Gestione Governativa delle Ferrovie Calabro Lucane. 

Se gli atti posti in essere e le certificazioni e copie richie,ste ad altre 
Amministrazioni dello Stato dalla Gestione Commissariale Governativa 
delle Ferrovie Calabro Lucane siano esenti dall'imposta di bollo (n. 39). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali previste dal d. l. 14 dicembre 1967, n. 1598 -Applicabilitd 
ad impianti ferroviari. 

Se ai fini dell'ammissione ai benefici fiscali portati dal d. 1. 14 dicembre 
1967, n. 1598 possa essere considerato � stabilimento tecnicamente organizzato 
� un impianto ferroviario (n. 293). 

Decreto ingiuntivo. Cancellazione dal ruolo del processo di estinzione. 

Se siano dovute le imposte di registro graduali e di titolo su decreto 
ingiuntivo giudizialmente opposto, quando il processo di opposizione sia 
stato cancellato dal ruolo e non ne sia stata dichiarata, successivamente, 
l'estinzione nelle forme di rito (n. 294). 

Se l'estinzione del processo di opposizione a decreto ingiuntivo possa 
essere dichiarata, in via di accertamento incidentale, dal giudice investito 
della lite tributaria avente ad oggetto l'imposta di registro dovuta sul decreto 
medesimo (n. 294). 

Imposta di titolo -Riforma della sentenza. 

Se l'imposta di titolo su enunciazione di convenzioni contenute in sentenza 
debba essere rimborsata in caso di riforma in sede di impugnazione 

(n. 295). 
Termine per la registrazione di contratto d'appalto in cui il Comune agisce 
come stazione appaltante della GESCAL. 

Quale sia il dies a quo da cui decorre il termine per la registrazione dei 
contratti di appalto per la GESCAL nel caso in cui, in veste di stazione 
appaltante della Gestione agisca un Comune (n. 296). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Ritenuta d'acconto L. 21 aprile 1962, n. 226 -Ambito di applicazione. 

A quali categorie di prestatori di opere e servizi, dei quali si valgono 
gli Enti che svolgono attivit� nel campo dello spettacolo, possa applicarsi 
la ritenuta d'acconto di cui alla L. 21 aprile 1962, n. 226 (n. 39). 

Vendita dei beni in sede fallimentare, plusvalore, tassabilitd. 

Se i maggiori valori, costituiti dalla differenza tra il costo di determinati 
beni di una societ� ed il ricavo della vendita effettuatane in sede fallimentare, 
per la liquidazione dell'attivo, siano o meno da considerare redditi 
soggetti all'imposta di ricchezza mobile (n. 140). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 215 

:MPOSTA GENERALE ENTRATA 

<lgevolazioni fiscali previste dal D. L. 14 dicembre 1967, n. 1598 -Applicabilit� 
ad impianti ferroviari. 

Se ai fini dell'ammissione ai benefi.ci fiscali portati dal D. L. 14 dicem>
re 1967, n. 1598, possa essere considerato �stabilimento tecnicamente orga1izzato 
� un impianto ferroviario (n. 130). 

:MPOSTE E TASSE 

::oncordato successivo -ReSPonsabilit� del garante per crediti tributari nei 
confronti del fallito -Possibilit� di pignoramento dello stipendio del 
garante, che sia dipendente statale. 

Se a sensi dell'art. 2 n. 3 L. 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi 
:oattivamente sullo stipendio di un dipendente statale per crediti tributari 
iei confronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del con:
ordato fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 484). 

::ondono delle sanzioni non penali, mancato pagamento degli interessi di 
mora. 

Se, quando per cause non imputabili al contribuente ma dipendenti ogrettivamente 
dalla difficolt� dei relativi conteggi, gli interessi di mora 
LCcedenti al tributo non risultino corrisposti, in tutto o in ;parte, entro il 
ermine di 120 giorni stabilito dall'art. 3 della legge 23 dicembre 1966, 

1. 1139, il beneficio del condono delle sanzioni non penali previste in detta 
egge debba trovare applicazione, essendo stato pagato il tributo entro quel 
ermine e previo il recupero dell'intero importo, successivamente accertato 
!egli i�nteressi di mora (n. 485). 
:ontributi di miglioria. 

Se contro la delibera comunale istitutiva di un contributo di miglioria 
pecifica, possa essere esperito il rimedio di cui all'art. 36 della legge n. 246 
lei 1963 (n. 486). 

mposte doganali -Rimborso diritti doganali non dovuti perch� corrisposti 
su merci esenti -Prescrizione -Termine. 

Se la esenzione doganale ex art. 12 statuto vegionale sardo 26 feb1raio 
1948, n. 3 sia stata abrogata da disposizioni successive (legge 29 di
�embre 1948, n. 1482, e legge 26 giugno 1965, n. 717) (n. 487). 

MPOSTE VARIE 

CAP -Legittimit� dell'iscrizione su ruoli autonomi da parte dei Comuni, 
nel caso di redditi esenti da tributo erariale. 

Se siano legittime le iscrizioni in ruoli autonomi, operate dai Comuni 
nteressati, per imposta sulle industrie, commercio, arti e professioni CAP 
-dovuta per redditi accertati dall'Ufficio distrettuale delle Imposte 
lirette, ma esenti da tributo erariale (n. 16). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IPOTECHE 
Obbligo dei Conservatore dei RR. II. di consentire l'esame deHe note e 
titoli. � 
dei 
Se il Conservatore dei Registri Immobiliari abbia o meno l'obbligo di 
consentire, in sede di ispezione dei registri in senso proprio, anche l'esame 
delle note e dei titoli depositati (n. 20). 
ISTRUZIONE SUPERIORE 
Istituti superiori di educazione fisica �pareggiati� Patrocinio deH'AvvocatuTa 
deHo Stato. 
Se un istituto superiore di educazione fisica � pareggiato � possa avvalersi 
del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (n. 19). 
LEGGI E DECRETI 
Successione di leggi nei tempo. 
Se la legge 18 maiggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di un 
premio in vece degli oggetti rinvenuti, sia applicabile al caso in cui il 
rinvenimento �sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 15). 
LOTTO E LOTTERIE 
Termine di prescrizione per ia presentazione deHa boHetta� di vincita. 
Se il termine di prescrizione di cui all'art. 26 r. d. l. 19 ottobre 1938, 
n. 1933 debba considerarsi prorogato nel caso di inosservanza dipendente da 
sciopero del personale dell'Azienda di Credito in possesso della bolletta 
di vincita (n. 31). 
Se, nel caso di proroga, questa debba decorrere, ex art. 1 d. 1. 15 gennaio 
1948, n. 1, dal giorno della materiale riapertura degli sportelli, o dalla 
cessazione degli eventi �eccezionali che ne avevano determinato la chiusura 
(n. 31). 
.-}
��: 
MUTUO 
Sovvenzione ex legge 19 ottobre 1956, 
Estinzione dei debito. 
n. 1224 -Morte del mutuatario -
Se, a sensi dell'art. 22 legge 26 luglio 1965, n. 965, si abbia estinzione 
del debito per sovvenzione concessa a sensi della leg.ge 19 ottobre 1956, 
n. 1224, quando sopravvenga in qualsiasi momento, la morte del mutuatario 
dopo la concessione del prestito, o solo quando sopravvenga dopo l'inizio 
dell'ammortamento (n. 9). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

1PERE PUBBLICHE 

iteressi sull'imparto dovuto per revisione prezzi. 

Se siano dovuti gli interessi corrispettivi previsti dalla legge 9 magio 
1950, n. 329, sull'importo dovuto per la revisione dei prezzi di appalto 
i opere pubbliche della Regione siciliana (n. 75). 

endenza di procedimento penale e sospensione dall'Albo degli Appaltatori 
della Regione siciliana. 

Se ai sensi della legge regionale siciliana 9 marzo 1953, n. 7, la pendenza 
. procedimento penale per delitto contro il partimonio e la pubblica Aministrazione 
importi la scispensione dall'Albo degli Appaltatori della Reone 
(n. 76). 

egione siciliana -Applicabilit� del nu9vo capitolato ai contratti di appalto 
stipulati in base a quello del 1895. 

Se le norme del nuovo capitolato generale di appalto, relative ai ritardi 
~i pagamenti, siano aplicabili ai contratti stipulati sotto il vigore del precemte 
capitolato, per opere di competenza della Regione siciliana (n. 77). 

misione dei prezzi -Istanze anteriori alla legge 23 ottobre 1963, n. 1481. 

Se le istanze di revisione dei prezzi presentate dagli appaltatori prima 
U'entrata in vigore della legge 23 ottobre 1963, n. 1481, che ha stabilito 
LOVi termini, debbano essere rinnovate (n. 78). � 

~visione dei prezzi -Natura. 

Sulla natura della � facolt� > di revisione dei prezzi di appalto di opere 
.bbliche, prevista dai d. I. C. p. S. 6 dicembre 1947, n. 1501, modificati con 
~ge 9 maggio 1950, n. 329; legge 23 ottobre 1963, n. 1481; legge 21 giugno 
64, n. 463, e leg�ge 17 febbraio 1968, n. 93 (n. 79). 

GNORAMENTO 

incordato successivo -Responsabiiit� del garante per crediti tributari nei 
confronti del fallito -Possibilit� di pignoramento dello stipendio del 
garante, che sia dipendente statale. 

Se a sensi dell'art. 2 legge 5 gennaio 1950, n. 180, possa procedersi coat
�amente sullo stipendio di un dipendente statale per crediti tributari nei 
lfronti di un fallito, nel caso in cui egli si sia fatto garante del concorto 
fallimentare, del quale non siano stati rispettati i termini (n. 15).' 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

POLIZIA 

Applicabilit� degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41 del relativo regolamento 
al transito di armi e munizioni provenienti dall'estero per via aerea. 

Se debba essere sottoposto a licenza del Ministero dell'Interno, a sensi 
degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento di esecuzione, 
il trasporto di materiale bellico per via aerea proveniente dall'estero (n. 38). 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Contributi Cassa Architetti e Ingegneri: pagamento da parte di enti pubblici. 

Se un ente pubblico (ISES) per i cui tecnici dipendenti (architetti ed 
ingegneri) non "Sussista un divieto legislativo di esercitare la professione 
debba corrispondere il contributo alla Cassa di previdenza degli ingegneri 
ed architetti a norma dell'art. 3 della legge istitutiva della Cassa, anche nel 
caso di lavori eseguiti per conto dello Stato e in sostituzione dei Comuni, e 
anche quando i calcoli del cemento armato siano stati predisposti da Imprese 
private (n. 61). 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Sospensione feriale dei termini e giudizio peritale. 

Se la sospensione dei termini prevista dall'art. 5 legge 14 luglio 1965, 

n. 818 si applichi anche aJ. termine per la provocazione del giudizio peritale, 
di cui all'art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497 (n. 41). 
PROPRIET� 

Successione di leggi nel tempo. 

Se la legge 18 maggio 1967, n. 401, che prevede la corresponsione di un 
premio in vece degli oggetti rinvenuti, si!a applicabile al caso in cui il 
rinvenimento sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore (n. 45). 

SERVITU' 

Servit� militari -Inte,,.pretazione deH'art. 5 ultimo comma -Regolamento 
di esecuzione legge 20 dicembre 1932, n. 1849. 

Se sia illegittimo un decreto ministeriale di imposizione definitiva di 
servit� militari su una zona demaniale, interessante altre amministrazioni, 
nel caso non siano stati aggregati alla Commissione tecnico consultiva i 
rappresentanti di quest'ultima, come previsto dall'art. 5 ultimo comma, 
Regolamento di esecuzione legge 20 dicembre 1932, n. 1849 (n. 48). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 219 

STRADE 

Potere del Comune di disciplinare la circolazione su certe strade private. 

Se sia legittima l'ordinanza comunale diretta a disciplinare la circolazione 
in strade di propriet� privata, non vicinali, soggette al pubblico uso, 
senza che questo si fondi su un titolo derivativo od originario (n. 73). 

Strade statali attraversanti comuni con meno di 20.000 abitanti -Necessit� 
di un p1�ovvedimento di classificazione, perch� il tratto urbano appartenga 
al demanio statale. 

Se, nonostante la mancanza di un decreto ministeriale di classificazione 
di un tratto di strada statale attraversante l'abitato di un Comune con meno 
.di 20.000 abitanti, tale tratto debba considerarsi appartenente al demanio 

statale o comunale (n. 74). 

TRASPORTO 

Applicabilit� degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento 
al transito di armi e munizioni provenienti dall'estero per via aerea. 

Se debba essere sottoposto a licenza del Ministero dell'Interno, a sensi 
degli artt. 28 e 50 t. u. P. S. e 40 e 41, del relativo regolamento di esecuzione, 
il trasporto di materiale bellico per via aerea proveniente dall'estero (n. 66). 

Proroga di contratti per il servizio dei trasporti. 

Se i contratti (c. d. aperti) per il servizio di trasporto dell'Esercito e 
della manovalanza connessa ai trasporti siano prorogabili ex art. 37 delle 
Condizioni Generali approvate con d. m. 20 gennaio 1930, n. 35 (n. 67). 

TERREMOTO 

Immobili sinistrati -Ricostruzione -Aree non idonee -Trasferimento di 
comuni -Provvedimento amministrativo di accertamento -Necessit�. 

Se sia necessario, per attuare il trasferimento ai Comuni delle aree non 
idonee, per motivi tecnici, alla ricostruzione di immobili sinistrati (art. 6 
legge 5 ottobre 1962, n. 1431) procedere all'emanazione di uno specifico provvedimento 
amministrativo, che accerti, caso per caso, la sussistenza delle 
condizioni richieste dalla legge per giustificare il trasferimento e dia atto 
del suo verificarsi (n. 22). 


I ~ 

NOTIZIARIO 

I 
.
I

CONVEGNO DI STUDI 

Nei giorni 25-29 settembre 1968 � stata tenuta a Stresa la XXV Confe


~ 

renza del Traffico e della Circolazione, organizzata dall'Automobil Club di 
Milano. Continuando nella sua opera di propaganda, di previsione e di formazione 
dell'opinione pubblica sui problemi inerenti alla circolazione 
stradale, questa venticinquesima edizione della Conferenza si � interessata 
di turismo e viabilit�, di organizzazione del soccorso stradale e di evoluzione 
della disciplina della circolazione, con particolare riguardo alla normativa 
internazionale. 

Quest'ultimo tema, particolarmente importante per i cultori del diritto, 
� stato trattato dal prof. Pietro Nuvolone, ordinario di diritto penale nel


fil

l'Universit� di Milano, il quale ha sottolineato che l'aspetto pi� delicato del 

I ~ 

problema delle norme sulla circolazione stradale � quello della sanzione : 
se, cio�, sia oportuno seguire il criterio della depenalizzazione, come � avvenuto 
in alcuni Stati, oppure insistere nella sanzione penale, anzi procedere 
a taluni aggravamenti, come altri Stati, invece, sotto la spinta della 
dottrina, sarebbero inclini a fare, creando al posto delle contravvenzioni 

I 

dei veri e propri delits-obstacles con finalit� chiaramente intimidative. 
Altri problemi affrontati dal N. sono stati quelli relativi alle dimensioni 
della proposta di riforma del codice stradale (revisione ab imis o 

I Icorrezioni particolari), quelli concernenti la tecnica legislativa (norme sintetiche, 
pluricomprensive o elencazione analitica di divieti) e quelli, infine, 
riguardanti le singole norme di comportamento (velocit�, mano da tenere, 
precedenza, sorpasso, stazionamento di veicoli). 

I lavori della Conferenza saranno prossimamente pubblicati in volume. -: